XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 330 di martedì 1 giugno 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 11.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 maggio 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Barbieri, Berlusconi, Bonaiuti, Bosi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Consiglio, Cosentino, Cossiga, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, De Torre, Duilio, Renato Farina, Farinone, Fassino, Fitto, Formichella, Franceschini, Frattini, Ghizzoni, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Goisis, La Russa, Leone, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Nirenstein, Leoluca Orlando, Pianetta, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Stefani, Stucchi, Tempestini, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 11,05).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge:
LORENZO DEPANIS, da Scurzolengo (Asti), chiede norme per regolamentare l'uso di un fanalino indicatore obbligatorio per i veicoli a doppia alimentazione (966) - alla IX Commissione (Trasporti);
GASPARE LA TORRE, da Scandicci (Firenze), chiede nuove norme in materia di trattamento di quiescenza dei segretari comunali comandati presso le amministrazioni regionali (967) - alla XI Commissione (Lavoro);
COSIMO DE VINCENTIIS, da Taranto, chiede di fissare un limite temporale per l'obbligo di mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni disoccupati (968) - alla II Commissione (Giustizia);
ANDREA POGGI, da Carmignano (Prato), chiede disposizioni per favorire l'utilizzazione di lampade ad energia solare per alimentare le lampade votive dei loculi cimiteriali (969) - alla X Commissione (Attività produttive);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'istituzione di una Commissione parlamentare per il monitoraggio della spesa di regioni ed enti locali (970) - alla V Commissione (Bilancio);
che gli incarichi dirigenziali e di consulenza presso le strutture governative Pag. 2possano essere conferiti anche a soggetti non laureati (971) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
interventi per garantire la trasparenza dei bilanci comunali (972) - alla V Commissione (Bilancio);
nuove norme in materia di cumulo tra i trattamenti erogati dall'INPS e dagli enti previdenziali svizzeri (973) - alla XI Commissione (Lavoro);
che nell'attuazione del federalismo fiscale siano assicurati adeguati meccanismi perequativi tra le regioni (974) - alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze);
l'introduzione di meccanismi di controllo sull'operato dei parlamentari e dei membri del Governo titolari di più di un incarico pubblico (975) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma, chiede:
nuove norme in materia di pagamento delle spese processuali (976)- alla II Commissione (Giustizia);
la soppressione della società Equitalia Spa (977) - alla VI Commissione (Finanze);
che non si possano iscrivere ipoteche immobiliari per importi inferiori a 8.000 euro (978) - alla II Commissione (Giustizia);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
l'abolizione del canone di abbonamento alla RAI (979) - alla IX Commissione (Trasporti);
provvedimenti per promuovere la videosorveglianza nei luoghi di lavoro (980) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure per promuovere i prodotti e lo stile di vita italiani nelle scuole e tra le famiglie (981) - alla X Commissione (Attività produttive);
CARLA FORCOLIN, da Venezia, e numerosi altri cittadini chiedono norme a tutela dei diritti e dei sentimenti dei minori in affidamento e delle famiglie affidatarie in caso di adozione dei minori stessi (982) - alla II Commissione (Giustizia);
PIETRO LEGOVINI, da Trieste, chiede l'abrogazione degli articoli 64 e 66, comma 3, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 507 del 1993, concernenti la tassa sui rifiuti solidi urbani (983) - alla VI Commissione (Finanze);
SANDRO VALLETTA, da Collelongo (L'Aquila), chiede l'istituzione di un registro dove i genitori possano iscrivere, con attribuzione di un nome, il concepito non nato e norme per consentirne la sepoltura (984) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:
l'attribuzione ai religiosi di tutte le confessioni di funzioni di gestione dei fondi pubblici destinati allo sviluppo del Mezzogiorno (985) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio);
l'istituzione di una fondazione per l'assistenza alle persone senza fissa dimora (986) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'avvio di un programma per la donazione di una bicicletta a ciascun cittadino dei Paesi in via di sviluppo (987) - alla III Commissione (Affari esteri).

Cessazione del mandato parlamentare del deputato Marino Zorzato.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta al Presidente della Camera in data 27 maggio 2010, il deputato Marino Zorzato ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di deputato a seguito della sua proclamazione a consigliere regionale del Veneto e della sua successiva nomina a vicepresidente della Giunta regionale del Veneto. Pag. 3
Trattandosi di un caso di incompatibilità ai sensi dell'articolo 122, secondo comma, della Costituzione, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Zorzato dal mandato parlamentare.
All'onorevole Zorzato facciamo i migliori auguri per i sui nuovi compiti.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni del deputato Marino Zorzato, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta dell'8 ottobre 2008 - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - che la candidata che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 6 - il Popolo della Libertà nella medesima VII Circoscrizione Veneto 1, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Elisabetta Gardini.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputata, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la VII Circoscrizione Veneto 1, Elisabetta Gardini.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.
All'onorevole Gardini facciamo i migliori auguri nell'espletamento del suo compito.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,15).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, come è noto nella giornata di ieri si è verificato un fatto di estrema gravità e mi riferisco all'assalto dei militari israeliani alla flottiglia pacifista diretta a Gaza.
L'esito di questa azione - che tutti ormai hanno definito una azione militare - è stato già stigmatizzato e condannato nella giornata di ieri, per quanto ci riguarda, per il Partito Democratico, dall'onorevole Fassino e ricordiamo che questa operazione, rivolta verso civili e realizzata da militari israeliani, ha comportato un bilancio gravissimo: si parla di 16 morti, sono 45 i pacifisti ricoverati negli ospedali, ci sono stati 480 arresti e 48 espulsioni. Peraltro, all'interno di questa delegazione di pacifisti sembra vi fossero sei pacifisti di nazionalità italiana, tutti arrestati e tutti al momento pare non si siano resi disponibili all'espulsione e quindi risultano ancora agli arresti.
Signor Presidente, come è noto, addirittura si è già riunita l'ONU, c'è stata una condanna da parte delle Nazioni Unite. È generale la condanna internazionale e, dopo avere espresso ovviamente il dolore per le vittime e la solidarietà per le loro famiglie, il Partito Democratico oggi qui in aula chiede - come ha fatto anche ieri attraverso i mezzi di comunicazione, ma oggi siamo nella sede formale - che il Ministro degli esteri Frattini venga a rispondere in Parlamento a dire e a raccontare ciò che sa a proposito di quanto accaduto.
Ovviamente, signor Presidente, sappiamo che c'è una disponibilità per la prossima settimana da parte del Ministro degli esteri, ma noi crediamo che il fatto sia di una gravità eccezionale e soprattutto che ancora sono molto incerte le notizie che arrivano da Israele e che probabilmente ciò rende ancor più necessario l'intervento di Frattini. Sappiamo che oggi il delegato dell'ambasciata italiana dovrebbe incontrare i sei arrestati italiani. Ovviamente in questa situazione il problema non è solo - ma anche - quello dei nostri connazionali. È molto e sicuramente più importante che il Ministro degli esteri venga in Aula, non solo ovviamente, Pag. 4se possibile, a renderci informazioni aggiornate sullo stato dell'arte per quanto riguarda gli arresti e le conseguenze di questa iniziativa, ma soprattutto - ed è quello su cui si interroga la comunità internazionale - su quali implicazioni politiche può e potrà avere l'azione che si è realizzata nel contesto di chi lavora per la pace in Israele e ovviamente per quel che riguarda il livello di tensione che è aumentato a causa di questa azione.
Come sa, signor Presidente, noi giovedì prossimo abbiamo una seduta con votazioni che vedrà alcuni argomenti all'ordine del giorno, abbiamo anche la previsione dello svolgimento di interpellanze urgenti. Noi crediamo che, attraverso la Presidenza, sia necessario chiedere al Ministro Frattini di venire a rispondere giovedì in Assemblea perché i tempi e le esigenze di informazione riguardo a quanto accaduto sono sicuramente molto più immediati di quanto non sia nelle previsioni del Governo. Di qui a otto giorni non sappiamo bene che cosa potrà ulteriormente succedere, quindi - lo ripeto - per noi è molto importante non solo, ovviamente, avere informazioni su quanto avvenuto, ma soprattutto in prospettiva conoscere quali sono le valutazioni del Governo non solo rispetto alla cronaca, ma anche alla politica.

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per associarmi alla richiesta appena fatta dal collega Giachetti riguardante la necessità che il Governo, il prima possibile (ad esempio, già giovedì prossimo), riferisca in Parlamento sulla gravissima vicenda che si è svolta nelle acque internazionali di fronte a Israele nella nottata che ha preceduto la giornata di ieri.
Signor Presidente, anche coloro che hanno sempre compreso e difeso le ragioni di Israele non possono non considerare - per quello che possiamo apprendere dalle cronache dei giornali e dalle reti televisive - questo come un tragico errore commesso dal Governo israeliano, di cui deve dar conto in primo luogo ai Paesi amici, come noi, come l'Italia. Le conseguenze di atti di questo genere possono essere drammatiche in tutto il mondo e, in particolare, nel Medio Oriente e non credo che sia nell'interesse di un piccolo Paese democratico come Israele porsi in una condizione di isolamento totale rispetto alla comunità internazionale.
Per questo, nell'associarmi alla richiesta del collega, chiedo che il Governo nell'intervenire alle Camere non si limiti alla ricostruzione dei fatti, ma estenda il suo sguardo ai problemi politici che si aprono oggi, all'indomani di questa vicenda, e che si spinga a considerare anche il ruolo di un Paese importante come la Turchia. Infatti la nave che è stata oggetto dell'assalto partiva da un porto turco ed era una nave turca. Il tema su cui l'Europa si dovrà interrogare è se noi non incominciamo a pagare in tutta questa vicenda le conseguenze di un grave ritardo del decidere di accogliere la Turchia in seno all'Unione europea; mi chiedo cioè se quello che sta avvenendo in quest'area in qualche modo non sia anche il frutto di quello che considero un errore che alcuni grandi Paesi europei stanno compiendo su questa materia. Dico tutto questo, signor Presidente, non per ampliare eccessivamente il tema della futura informativa del Governo ma perché oggi si aprono scenari politici molto ampi che dovranno essere considerati con grande attenzione.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, i colleghi che mi hanno proceduto hanno già individuato le esigenze che ci sono di fronte e che non consistono soltanto nella ricostruzione, un dato assolutamente importante, tant'è che il Consiglio di sicurezza dell'ONU chiede che sia aperta un'inchiesta completa sugli eventi e Pag. 5che questa inchiesta sia rapida, imparziale, autorevole e trasparente. Noi dobbiamo associarci a questa richiesta, ma non c'è soltanto questa necessità primaria, c'è anche la necessità che le rappresentanze diplomatiche possano contattare quelle italiane e gli italiani le altre rappresentanze dei rispettivi feriti per recuperare i corpi dei morti e avere notizie di chi adesso da civile è trattenuto in Israele. Sono però soprattutto le esigenze politiche che stanno di fronte a noi. Si tratta di capire con il Governo italiano qual è la valutazione che si dà di questi fatti, le gravi ripercussioni che si possono determinare in quell'area che da sempre sappiamo essere il focolaio delle tensioni che vanno anche oltre il Medio Oriente.
Rispetto a questo le chiedo, signor Presidente, di riferire al Ministro e al Governo di venire qui a chiarire anche di una certa superficialità che nell'immediatezza si è manifestata. Non mi riferisco tanto ai titoli e agli articoli di alcuni giornali vicini al Presidente del Consiglio, con toni assolutamente sconsiderati, mi riferisco alle dichiarazioni che sono state rilasciate nella giornata di ieri dal sottosegretario agli esteri, senatore Mantica, che hanno contraddetto la linea di condanna, di fermezza e di ragionevolezza assunta dal nostro Ministro degli esteri, per una volta tanto. Anche su questo le chiediamo che ci sia una risposta che venga riferita all'Aula e al Parlamento.

MARGHERITA BONIVER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, intervengo per esprimere anche a nome del mio gruppo innanzitutto un grandissimo dolore per la perdita delle vite umane provocate da un episodio che consideriamo, alla stregua di molte altre nazioni, di una gravità assoluta.
Tuttavia, al contempo, intervengo per esprimere l'auspicio che questo gravissimo episodio, sul quale ci auguriamo che il Governo israeliano possa fare chiarezza fino in fondo attraverso i metodi e i mezzi che esso possiede e che ha già utilizzato in passato anche per aprire una finestra di riflessione e soprattutto per accendere un riflettore sulle azioni del suo esercito, non debba ulteriormente indebolire quel già debole filo di dialogo dei proximity talks che con molta fatica erano stati innescati, proprio non molto tempo fa, dopo un lunghissimo periodo di stallo.
Nessuno di noi evidentemente vuole nascondersi dietro giustificazioni di alcuna sorta nei confronti di un atto gravissimo che ha portato alla perdita di vite umane; tuttavia, ci auguriamo che il dialogo, che in queste ore dovrebbe essere finito nel dimenticatoio soprattutto dopo le sconsiderate considerazioni fatte da molti Paesi di quella regione nei confronti dei veri intenti di Israele, in qualche modo, invece, possa continuare.
Sappiamo che il Ministro degli affari esteri italiano ha già dato la sua disponibilità a riferire di fronte alle Commissioni riunite di Camera e Senato. Tuttavia, se ciò fosse possibile, ci auguriamo di poter anticipare il dibattito a giovedì di questa settimana, perché crediamo che l'episodio meriti davvero una riflessione da svolgere tutti insieme sul significato del processo di pace messo certamente in pericolo da quanto è accaduto, ma anche sulla necessità che il processo di pace non venga in alcun modo interrotto malgrado, lo ripeto ancora una volta, la gravissima situazione che si è creata con la giornata di ieri.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Boniver. Provvederò a mettere al corrente il Presidente della Camera purché interessi il Ministro degli affari esteri delle richieste che lei e gli altri colleghi avete avanzato.
Credo di poter esprimere non solo a titolo personale, ma a nome di tutta l'Assemblea, il cordoglio per le vittime di questo terribile episodio di violenza e gli auguri di pronta guarigione per i tanti feriti, per qualcuno dei quali pare si temano possibili conseguenze letali.

Pag. 6

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Bergamini; Velo ed altri; Poli ed altri: Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio (A.C. 3007-3171-3198-A) (ore 11,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Bergamini; Velo ed altri; Poli ed altri: Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3007-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i Presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Bergamini, ha facoltà di svolgere la relazione.

DEBORAH BERGAMINI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disastro ferroviario del 29 giugno scorso è ancora per Viareggio, a distanza di quasi un anno, una profonda ferita aperta. I trentadue morti, i feriti, gli sfollati, le case e le attività distrutte sono il costo pesantissimo del dramma che ha travolto la città.
Ad oggi, appare ancora lungo il tempo che occorrerà per comprendere se e come si siano verificate insufficienze di manutenzione, carenze di controlli, inadeguatezza di mezzi tali da sconvolgere improvvisamente tante vite e tante famiglie portando morte e distruzione.
La città di Viareggio aspetta ancora la verità sull'accaduto. L'accertamento della verità è elemento fondante di ogni democrazia, così come il principio eterno della giustizia.
Nel mio intervento in Aula nei giorni immediatamente successivi alla tragedia avevo auspicato che, di fronte ad un lutto terribile che ha trascinato il dolore di Viareggio nel cuore dell'Italia, si riuscisse, in tempi brevi, a dare una risposta concreta ai nostri concittadini vittime di questo disastro e l'avevo fatto richiamando il Parlamento, e noi tutti, a quel senso dello Stato che, svuotato di ogni retorica strumentale, rimane il più alto punto di sintesi delle garanzie istituzionali e il più alto elemento di formazione di quella coscienza civile che è fondamento della nostra comunità.
Nelle ore immediatamente successive al disastro e nei giorni successivi, lo Stato fu presente in maniera encomiabile, con le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, la Protezione civile e le associazioni di volontariato, attraverso la presenza costante delle istituzioni territoriali, a partire dalla regione Toscana, e dal Governo, che mai ha abbandonato Viareggio e i suoi cittadini.
In questi mesi, ho immaginato che la presenza dello Stato potesse diventare ulteriormente tangibile, anche attraverso un aiuto concreto, che consentisse alle famiglie delle vittime di affrontare con forse minore difficoltà il dramma subito.
Le famiglie delle vittime, come coloro che hanno subito lesioni nella persona e danni nei loro beni, hanno sicuramente titolo a ricevere i risarcimenti previsti dalla Costituzione e dalla legge.
L'ordinanza del Presidente del Consiglio del 6 agosto 2009, nel nominare il presidente della giunta regionale della Toscana commissario delegato, è stata la prima misura di emergenza, finalizzata ad interventi di soccorso e di assistenza, a quelli sanitari, ai primi interventi per la ricostruzione delle abitazioni e degli immobili Pag. 7destinati allo svolgimento di attività produttive e per la ripresa di queste attività.
L'opera di ricostruzione, pure essenziale, non basta tuttavia a fronteggiare le conseguenze psicologiche e materiali che la morte di familiari o gravi lesioni inevitabilmente provocano. A ciò si aggiunga il fatto che le procedure per il conseguimento dei risarcimenti dovuti risultano comunque lente.
Per questa ragione, la proposta di legge da me inizialmente presentata e il testo predisposto dalla Commissione trasporti, che oggi è all'esame dell'Assemblea, sono rivolti a perseguire un obiettivo che è chiaramente definito ed è quello di assicurare nel modo più rapido possibile un sostegno a coloro che nel disastro hanno perduto i propri cari o hanno subito lesioni gravi o gravissime alla persona.
Il testo prevede che un importo complessivo di 10 milioni di euro sia destinato a contributi da erogare alle famiglie delle vittime del disastro di Viareggio e a coloro che, a causa del disastro, hanno riportato lesioni gravi e gravissime. Si fissa in 200 mila euro l'importo minimo del contributo che dovrà essere attribuito alle famiglie delle vittime. La previsione di questa soglia minima risponde allo scopo di assicurare che, nell'ambito dell'importo complessivo assegnato al commissario delegato, la parte prevalente sia comunque destinata alle elargizioni per le vittime. Si stabilisce che il sindaco del comune di Viareggio, di intesa con il commissario delegato, provvederà ad individuare i beneficiari dei contributi e a determinare la somma ad essi spettante, tenendo conto anche dello stato di effettiva necessità e, nel caso di superstiti, della gravità delle lesioni subite.
È essenziale chiarire che questi contributi non hanno in alcun modo una funzione risarcitoria. Come è espressamente disposto, queste somme, oltre ad essere esenti da ogni imposta, sono assegnate in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo, ai sensi della normativa vigente.
Nel parere espresso dalla Commissione bilancio era contenuta un'osservazione con la quale si invitava la Commissione trasporti a prevedere che, a seguito della corresponsione delle elargizioni, lo Stato subentrasse ai beneficiari per la somma assegnata rispetto ai loro diritti sulle somme dovute a titolo di risarcimento dei danni subiti. In sostanza, con questa osservazione la Commissione bilancio chiedeva che l'importo assegnato alle famiglie delle vittime si configurasse come un'anticipazione rispetto a quanto queste percepiranno a titolo di risarcimento dalle società di assicurazione. L'osservazione non è stata accolta dalla Commissione trasporti proprio perché risultava in evidente contrasto con le finalità di questo testo.
Nel preparare la proposta di legge su cui questo testo si fonda avevo assunto come modello la legge 27 febbraio 2003, n. 33, che ha previsto elargizioni a favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Linate dell'8 ottobre 2001. Anche in quel caso si trattò di un disastro terribile che per cause sicuramente evitabili costò la vita ad oltre cento persone. Anche in quel caso, si presentò con forza l'esigenza di offrire un aiuto concreto alle famiglie colpite, al di là di quanto sarebbe ad esse spettato come risarcimento, e di mettere a disposizione questo aiuto in tempi brevi, anziché con la lentezza delle procedure risarcitorie.
L'intervento che viene proposto con questo provvedimento, quindi, non ha per oggetto ciò che spetta giuridicamente sulla base di diritti indiscutibili, dal momento che i risarcimenti e gli indennizzi saranno definiti in altre sedi. Il fine di questo provvedimento è un fine solidaristico, di aiuto tempestivo per quanto possibile a chi ha avuto vittime all'interno della propria famiglia o ha subito lesioni gravi, tra cui debbono ritenersi senza dubbio incluse anche le lesioni psichiche.
Proprio per la natura dell'intervento, d'altra parte, è risultato necessario definire la platea dei beneficiari nei termini più precisi possibile.
Onorevoli colleghi, dopo aver specificato le finalità di questo testo, mi pare Pag. 8opportuno ricapitolare, anche brevemente, lo svolgimento dell'esame in Commissione.
La volontà di pervenire, quanto prima, alla definizione e all'approvazione dell'intervento mi ha indotto - non appena la proposta di legge a mia firma è stata assegnata alla Commissione trasporti - a sollecitarne l'avvio dell'esame.
Sono, quindi, state presentate e abbinate le proposte di legge di cui sono primi firmatari, rispettivamente, la collega Silvia Velo ed il collega Nedo Poli. Merita sottolineare che gran parte del lavoro relativo alla predisposizione del testo è stata svolta in tempi rapidi, in sede di Comitato ristretto.
Ciò dimostra non solo la generale condivisione degli obiettivi del provvedimento, ma anche la chiara volontà comune di definire insieme un testo in cui tutti i gruppi potessero riconoscersi. Mi auguro che questa volontà si mantenga anche nella fase di esame da parte dell'Assemblea.
Il Comitato ristretto ha individuato nell'efficacia e nella tempestività dell'intervento gli obiettivi da perseguire in via prioritaria. Per questo il testo unificato, elaborato in quella sede, si è concentrato sulle previsioni relative al sostegno alle famiglie delle vittime e a coloro che hanno riportato lesioni gravi o gravissime.
Si è, invece, rinunciato ad interventi - come il finanziamento di iniziative di commemorazione proposte dal comitato interistituzionale o l'istituzione di un centro studi - che, sia pure significativi e certamente meritevoli, rischiavano di rendere più complesso il testo del provvedimento e di allungare i tempi dell'iter di esame.
Gli altri due aspetti, sui quali si è impegnato il Comitato ristretto, hanno riguardato l'individuazione delle modalità e delle competenze in materia di erogazione delle elargizioni, e la determinazione dei beneficiari, in particolare dei soggetti che debbono ritenersi, ai fini dell'assegnazione dei contributi, familiari delle vittime.
Per quanto concerne l'individuazione dei beneficiari e l'erogazione delle elargizioni, ricordo che, nel caso del disastro di Linate, questi compiti erano stati affidati al prefetto di Milano. La scelta si era dimostrata efficace, ai fini di una tempestiva corresponsione delle somme.
Nell'ambito del Comitato ristretto si è, tuttavia, convenuto sull'opportunità di coinvolgere direttamente gli enti territoriali competenti, in particolare il comune di Viareggio, riconoscendo, al tempo stesso, il ruolo specifico attribuito dalla citata ordinanza (del 6 agosto del 2009) al presidente della giunta regionale della Toscana, in qualità di commissario delegato a fronteggiare la situazione di emergenza.
Per questo, il testo unificato dispone che la somma complessiva venga assegnata al commissario delegato, che adotterà i relativi provvedimenti di elargizione.
A questo punto, peraltro, è emersa l'esigenza di individuare il soggetto competente a svolgere la necessaria attività istruttoria.
Proprio la natura del disastro ed il modo in cui esso ha così gravemente ferito la città, hanno reso opportuno che l'individuazione dei soggetti beneficiari e delle somme ad essi spettanti fosse affidata al sindaco che, ai fini dell'adozione del relativo atto, acquisirà l'intesa con il commissario delegato.
Una piena collaborazione tra i due rappresentanti istituzionali permetterà di evitare qualunque ritardo od ostacolo, nello svolgimento della procedura di assegnazione ed erogazione dei contributi.
Nell'individuazione dei familiari beneficiari sono stati ripresi i criteri generalmente seguiti, definiti nell'ambito della normativa in materia di elargizione a favore delle vittime del terrorismo. Tali criteri sono stati peraltro precisati al fine di tener conto dello stato di fatto e di attribuire rilevanza a situazioni di convivenza con la vittima del disastro e di dipendenza economica da essa.
Per questo, per un verso, con una scelta anche innovativa, sono stati esclusi i soggetti per i quali la condizione di comunanza di vita aveva cessato di esistere, come l'ex coniuge divorziato o colui nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza di divorzio, anche non passata in Pag. 9giudicato, o il coniuge al quale sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato.
Per altro verso, riprendendo una previsione contenuta nella proposta di legge di cui è prima firmataria la collega Velo, sono stati individuati - tra i familiari delle vittime che possono beneficiare dell'erogazione - dopo il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e sorelle a carico, anche i conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l'evento ed il convivente more uxorio. La copertura dell'onere è stata individuata a valere su un fondo di riserva, in modo da evitare di utilizzare risorse già destinate ad altre finalità.
La Commissione, dopo aver adottato il testo unificato predisposto dal Comitato ristretto, ha introdotto alcune precisazioni. Nella fase di esame si è anche cercato di prevedere un ulteriore stanziamento di 10 milioni di euro, per il completamento degli interventi di ricostruzione e per il finanziamento di iniziative proposte dal comitato istituzionale.
Questa previsione è stata successivamente eliminata, su richiesta della Commissione bilancio, dal momento che le risorse individuate per la copertura finanziaria, appartenenti al fondo per le attività del servizio della Protezione civile, pur essendo iscritte a bilancio, sono vincolate all'ammortamento di mutui già stipulati.
L'esame in Commissione bilancio ha richiesto un certo tempo ed è stato ostacolato dal difficile contesto economico e finanziario.
A maggior ragione bisogna, dunque, considerare come un risultato assolutamente positivo il fatto che, al termine di tale esame, il testo abbia mantenuto i suoi elementi fondamentali.
In conclusione, si può dire senza dubbio che i lavori della Commissione su questo provvedimento sono stati caratterizzati, nonostante le difficoltà alle quali ho fatto cenno, dalla rapidità dei tempi e dalla condivisione pressoché unanime.
Nel momento in cui si avvia la discussione in Assemblea, non posso che ribadire l'auspicio che anche in questa sede il testo predisposto dalla Commissione venga approvato con il più ampio consenso possibile e, dopo l'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento, possa divenire rapidamente legge. La velocità di attuazione di questa legge è importante al pari del contenuto della legge stessa, per consentire di dare in tempi rapidi un segno effettivo di solidarietà nei confronti di persone e famiglie tragicamente colpite.
A Viareggio, lo ricordo, si è consumato il più grave disastro ferroviario del nostro Paese. Quel senso dello Stato che richiamavo all'inizio si è manifestato con grande responsabilità in questi mesi anche nel modo in cui i colleghi parlamentari di maggioranza e opposizione hanno saputo lavorare insieme, al fine di garantire quel dovere della solidarietà che è il fondamento di ogni nazione civile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, l'intervento molto ampio e anche molto significativo dell'onorevole Bergamini è completo e potrebbe anche esimermi dall'enunciare le nostre considerazioni, però voglio comunque aggiungere alcune cose.
Il disastro ferroviario di Viareggio ci interpella tutti per assumere tutte le iniziative per la sicurezza del trasporto di merci pericolose su strada e su rotaia; lo dobbiamo alle vittime e ai loro parenti.
Il Governo è impegnato in ogni modo, come ha detto l'onorevole Bergamini, a partire dal Presidente del Consiglio e dal mio Ministro, Matteoli, per accertare la verità e per assumere tutte le iniziative verso le famiglie e, in particolare, verso un'organizzazione del trasporto delle merci pericolose sempre più sicura.
In questa legislatura si è proceduto ad assegnare personale all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria e - lo voglio ricordare, anche se non è stato sufficientemente valutato - con il recente provvedimento presentato dall'onorevole Meta ed Pag. 10altri, la Camera, votando solo l'articolo 2, che modifica l'articolo 4 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, consente, di fatto, all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria di aumentare notevolmente il suo organico, e quindi dà un rilievo particolare a quel provvedimento.
Non do conto qui degli interventi promossi dal Ministro Matteoli e dall'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria per il controllo degli assili che potevano trovarsi in condizioni simili: sono stati controllati, infatti, 18 carri Gatx e il 26 agosto 2009 è stato chiesto a tutte le imprese ferroviarie in possesso di certificato di sicurezza per il trasporto di merci di effettuare i relativi controlli, così come ritengo importanti la direttiva del 22 febbraio 2010 dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria e il decreto del Ministero dell'ambiente del 20 ottobre 1998.
Il provvedimento in discussione è importante per le misure previste, ma anche per il modo con il quale è stato portato avanti dalle forze politiche in Commissione trasporti, con la quale mi complimento veramente per la grande sensibilità umana e politica.
Per quanto mi riguarda, nell'elaborazione del Piano nazionale della logistica da parte della Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica, che ho l'onore di presiedere come sottosegretario delegato, il trasporto delle merci pericolose troverà un approfondimento e una definizione del tutto nuova, per garantire la sicurezza di questo importante compito del nostro trasporto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, interveniamo anche noi dell'Italia dei Valori innanzitutto per esprimere soddisfazione, perché, a meno di un anno dalla tragedia di Viareggio, il provvedimento in esame è arrivato in Assemblea dopo un lavoro molto attivo e fattivo della Commissione di cui faccio parte, che ha trovato forte condivisione sia sul testo base elaborato dal comitato ristretto, sia sulle proposte emendative che già la collega Bergamini ha evocato. Tali proposte cercano di dare una risposta che sia più al passo con i tempi nella scelta dei beneficiari, soprattutto in riferimento a coloro che hanno perso in questo incidente ferroviario persone care, attribuendo quindi valenza anche ai rapporti di convivenza di fatto, piuttosto che a rapporti di coniugio magari già compromessi da sentenze di divorzio, ancorché non definitive, o da sentenze di separazione con addebito, che denotano la frattura dei significativi rapporti affettivi e di convivenza che dovrebbero presiedere a tale tipo di elargizione.
Vi è, a monte di questa tragedia, un problema irrisolto, che non è ascrivibile a responsabilità di questo specifico Governo, ma che ci pone interrogativi sulla tempestività con cui il Parlamento e il Governo di fronte a questi eventi sono chiamati a rispondere a delle domande, che sono ancora irrisolte.
In Svizzera dal 2003 è vigente una normativa che vuole evitare i rischi non tollerabili nel trasporto ferroviario di merci pericolose ed esiste una disciplina che impone l'attivazione di dispositivi antisvio dei carri merci pericolosi, che impediscano il rovesciamento del carro e consentano una tempestiva fermata del treno o del convoglio.
Vi è effettivamente bisogno di una disciplina europea, di una authority europea, così come avviene in alcuni settori dell'aviazione civile, che renda più garantita e più solerte l'attività di verifica e di controllo sulla sicurezza dei trasporti ferroviari. Il nostro Paese si è in qualche modo attrezzato, anche con l'ultima innovativa legge che trasferisce all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria nuove competenze e nuove attribuzioni, ma certo è che dobbiamo ancora impegnarci affinché eventi di questo tipo non abbiano più a verificarsi o si cerchi di evitarli con una maggiore capacità di prevenzione e di controllo.
Sottosegretario Giachino, se è vero che ce lo chiedono le vittime e i parenti delle vittime di questa immane tragedia, ce lo Pag. 11chiedono anche tutti i cittadini italiani, e non solo, che utilizzano le nostre ferrovie e che sono potenzialmente esposti al rischio di eventi sinistrosi quali quelli verificatisi a Viareggio, ma certamente ve ne sono stati nella storia delle ferrovie altri ugualmente gravi: penso all'Italicus, anche se era ascrivibile ad un fatto di terrorismo, ma certo è che incidenti ferroviari ne abbiamo avuti purtroppo tanti.
Allora, vi è bisogno di una rinnovata attenzione da parte del Parlamento e del Governo su questa tematica e sulla sensibilizzazione dell'Unione europea a far sì che questa authority ci garantisca per il futuro in maniera uniforme nei vari Paesi; anche perché le liberalizzazioni, che sono ormai state attuate anche nel settore dei trasporti ferroviari, hanno portato con sé una certa opacità dei controlli, che rimangono affidati alle stesse società o alle stesse entità che già svolgono lavori e commissionano servizi di trasporto, per cui si ha una sovrapposizione ambigua e certamente da evitare tra controllore e controllato.
L'auspicio è quindi che - al di là di questo importante testo unificato, che offre una risposta di solidarietà a coloro che in questo incidente ferroviario hanno subìto perdite umane o danni gravi o gravissimi alle loro persone - venga posta all'ordine del giorno (archiviato ripeto, spero presto, questo provvedimento legislativo) l'altra tematica, che non deve assolutamente essere abbandonata una volta raggiunto questo scopo, sia pur importante, ma di immediato periodo.
L'auspicio che formulo è dunque che il Senato della Repubblica possa, entro la data del 29 giugno 2010, licenziare definitivamente questo provvedimento, perché ciò costituirebbe una risposta simbolica anche molto forte verso tutte le persone che hanno subìto danni da questa disgrazia.
D'altra parte, occorre svolgere anche un ragionamento più ampio legato all'opinabilità di provvedimenti legislativi che, sull'onda dell'emozione rispetto a gravi tragedie come quella di Viareggio, provvedono con interventi ad hoc, mentre abbiamo conosciuto in passato eventi riguardanti sinistri altrettanto importanti che però non hanno ricevuto analoga attenzione. Penso all'incendio del traghetto Moby Prince o ad altre situazioni che hanno segnato le cronache nere degli ultimi anni, per alcune delle quali vi è stata una sensibilità da parte del Parlamento (penso agli indennizzi per l'incidente della funivia del Cermis o per il disastro aereo occorso a Verona ed è stato già citato il disastro aereo di Linate).
Questo modo di legiferare ad hoc per singoli eventi non mi pare molto coerente e condivisibile: a mio giudizio - come ho detto pure in Commissione - si tratterebbe di valutare un intervento strutturale più generalizzato (del tipo di quello che abbiamo predisposto con riferimento alle vittime del terrorismo o dell'usura), per garantire tutta una platea di potenziali soggetti che necessitano di una vicinanza da parte dello Stato e di una solidarietà da parte della comunità nazionale (soprattutto in casi come quelli che abbiamo evocato), affinché vi sia una tempestività maggiore da parte dell'intervento legislativo.
Se infatti vi fosse una legge quadro che già fornisse criteri e indicazioni su come provvedere agli indennizzi, non dovremmo ogni anno od ogni tot di tempo attardare le nostre attività per modulare un intervento ad hoc, che è pur sempre opinabile e perfettibile.
Ad esempio, nella legge n. 33 del 2003 sulle vittime del disastro aereo di Linate (in quel caso le vittime furono 118) furono stanziati 12 milioni e 500 mila euro: se vogliamo non vi è una proporzione diretta ed immediata tra quel tipo di intervento indennitario e quello di cui oggi stiamo discutendo; probabilmente la stessa discrasia e lo stesso non allineamento di criteri ed indennizzi lo ritroviamo se andassimo a confrontare questo provvedimento con le precedenti leggi nn. 497 e 436 del 1999, che si riferivano rispettivamente alla tragedia del Cermis e al disastro aereo di Verona.
A mio giudizio, quindi, servirebbe proprio uno sforzo del Parlamento teso ad Pag. 12individuare una sorta di quadro generale per esprimere la solidarietà dovuta da parte dello Stato ed in quel contesto potrebbero essere valorizzate anche le richieste, le segnalazioni e le osservazioni della Commissione bilancio, che in qualche modo ha sottolineato come tali elargizioni potessero essere ipotizzate anche come una sorta di anticipazione.
Se è vero infatti che, in assenza di una norma quadro o di una cornice di riferimento, è giusto viceversa che da parte nostra sia concessa oggi questa elargizione a fondo perduto, che non ha alcuna attinenza con il criterio del risarcimento del danno, così come del resto è stato fatto anche per le vittime di Linate (per cui non avrebbe senso oggi discriminare le vittime di Viareggio rispetto a quelle di Milano), è anche vero che la finalità effettiva, che personalmente individuo in siffatti interventi solidaristici dello Stato, dovrebbe essere innanzitutto quella di far sentire lo Stato vicino, subito e bene alle famiglie delle vittime o ai danneggiati da questi eventi. Infatti, anche il tempo di un anno o un anno e mezzo, come si sta concretizzando per questo provvedimento e come si è già concretizzato in passato per quelli citati, è un periodo troppo lungo per le esigenze contingenti in cui si trovano le vittime di tali tragedie.
È dunque giusto che vi sia un tempestivo e vicino intervento solidaristico dello Stato, ma, nel momento in cui i tempi maturano, le assicurazioni provvedono, i soggetti responsabili pagano (anche se spesse volte tale prassi non è molto rispettata in questo Paese), se e quando vi sia la disponibilità di somme che vadano a risarcire quel danno che lo Stato provvede ad anticipare stando vicino ai suoi concittadini, è certo anche ragionevole pensare che vi sia una sorta di compensazione e di rimborso: diversamente verrebbe infatti in qualche modo scardinato il principio che presiede il fatto illecito nelle sue più vaste articolazioni. Sia nel caso di un fatto illecito civilistico, piuttosto che di natura penale, il criterio solitamente è appunto sempre quello di reintegrare la vittima o il danneggiato con una sorta di compensazione pecuniaria che sia satisfattoria o comunque consolatoria. Non si vede per quale motivo in alcuni casi lo Stato debba fare dei «regali» in più, che in altre situazioni non fa o che in passato non ha fatto.
La vicenda di Viareggio dunque, che pur ci lascia frastornati e per la quale continuiamo ad esprimere solidarietà e vicinanza a tutte le vittime e a coloro che hanno subìto danni da questa immane tragedia, tuttavia come legislatori non ci esime dall'interrogarci, de iure condendo, su quale possa essere la soluzione più adeguata, ragionevole, logica e compatibile con un bilancio dello Stato che, purtroppo, ancora oggi mostra gravi criticità.
Posso avanzare poi un'ultima valutazione sulla novità dell'ultima ora, ovvero il taglio che, rispetto al provvedimento licenziato in Commissione, abbiamo dovuto subire su segnalazione della Commissione bilancio, con riferimento ai 10 milioni di euro che dovevano essere destinati alla ricostruzione di questo importante quartiere di Viareggio che è stato praticamente sventrato dall'esplosione del 29 giugno 2009.
A tale riguardo noi dell'Italia dei Valori abbiamo proposto degli emendamenti tesi a ricostituire il fondo di 10 milioni di euro, individuando coperture diverse da quelle che la Commissione bilancio, su segnalazione del Governo, aveva individuato come critiche, determinando così la cassazione del provvedimento per la parte riferita alla ricostruzione.
Se è vero che quei fondi che avevamo ipotizzato e che facevano riferimento alla Protezione civile sono già impegnati per mutui pregressi, è anche vero - e voglio ricordarlo - che il 1o luglio dell'anno scorso, a trenta ore dalla disgrazia, proprio in quest'Aula, il Ministro Matteoli ricordò che il Presidente del Consiglio Berlusconi andò in quella stessa giornata a Viareggio e formalmente si impegnò a trovare le risorse, affinché fosse fatto tutto ciò che fosse ritenuto necessario per superare le emergenze e per ricostruire, a spese del Governo, gli edifici e le strutture andati distrutte.

Pag. 13

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO MONAI. Allora è anche un obbligo di coscienza, prima ancora che politico, da parte del Governo trovare quelle risorse che il Presidente Berlusconi ha garantito dovessero essere trovate all'indomani di questa disgrazia. Se così non fosse, dovremmo mettere in discussione la credibilità della parola del Presidente del Consiglio, che, di fronte alla gravità di questi eventi, certamente confidiamo manterrà fede alle promesse fatte e consentirà a questo provvedimento di essere licenziato nella sua interezza.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i professori del Liceo classico e scientifico Leonardo Murialdo di Albano Laziale, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). È bello avere il nome di un grande torinese ad Albano Laziale, è un segno anche di unità di questo nostro Paese. Bravi.
È iscritta a parlare l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è stato già ricordato dalla relatrice e negli interventi precedenti, siamo chiamati a discutere l'approvazione di un provvedimento relativo ad una delle più grandi tragedie avvenute nel nostro Paese: il 29 giugno del 2009 a Viareggio un incidente ferroviario causato dal deragliamento del treno Trecate-Gricignano, con la successiva fuoriuscita del gas da una cisterna contenente GPL e l'innesco dell'incendio nella stazione di Viareggio; una strage con 32 morti e 4 feriti gravi.
Credo - è già stato fatto - che in questa sede sia giusto anche ricordare e rendere omaggio alla prontezza dei macchinisti, che hanno tentato di portare il treno merci più lontano possibile dalla stazione di Viareggio, evitando in questo modo che le vittime fossero assai più numerose.
Però - anche questo è stato detto più volte - è giusto ricordare in questa sede che nel periodo recente antecedente a questo incidente si sono verificati diversi incidenti ferroviari che riguardavano il trasporto merci nel nostro Paese. Ne cito alcuni: il 16 marzo nella galleria San Martino, tra Genova Brignole e Genova Sturla, l'incendio del locomotore di un treno merci che trasportava sostanze pericolose; il 19 maggio 2009, un treno merci deragliato alla stazione di Sesto Calende; il 6 giugno 2009, tra Migliarino e Pisa San Rossore, un carro in composizione ad un treno merci era deragliato, spaccando le traverse di cemento per circa cinque chilometri; proprio pochi giorni prima della tragedia di Viareggio, il 22 giugno 2009, sulla linea ferroviaria Firenze-Bologna, nel comune di Prato, due vagoni di un convoglio merci (uno dei quali trasportava acido fluoridrico) hanno urtato il locomotore di un treno passeggeri regionale che sopraggiungeva in senso opposto.
Di questa serie di eventi si è molto parlato sulla stampa, sui mezzi d'informazione e qui in sede parlamentare, ed è bene continuare a parlarne, rammentando - lo faccio con orgoglio nazionale - tuttavia che il trasporto ferroviario in Italia, sia merci che persone, resta - statistiche alla mano - il più sicuro o fra i più sicuri in Europa, quindi tra i più sicuri al mondo.
Tuttavia, come è stato detto, siamo di fronte ad un'importante liberalizzazione della circolazione del materiale ferroviario in Europa. Si tratta di un fatto, anch'esso, senz'altro positivo, perché ha portato a una semplificazione dei traffici, ma la liberalizzazione (e in questa occasione è bene riflettere e lavorare tutti insieme) necessita sicuramente della messa in atto di misure adeguate: l'emanazione di norme cogenti ed univoche su tutto il territorio comunitario che evitino il calo della qualità delle procedure e dei controlli, la difformità delle norme e, soprattutto - in questo caso se ne stanno vedendo chiaramente gli effetti -, l'incertezza e la difficoltà dell'accertamento delle responsabilità.
La magistratura, peraltro, su questa vicenda, sta lavorando con serietà e professionalità, ma in condizioni non facili, Pag. 14perché si tratta di un'indagine complessa in cui sono necessarie rogatorie internazionali e questo può rendere lungo l'espletamento delle indagini, e infinita, o difficilmente sopportabile, l'attesa di una risposta di giustizia da parte dei familiari delle vittime e di tutta la comunità viareggina.
Ci tengo anche a ricordare - è già stato fatto - l'impegno che tutto il Parlamento ha messo in campo su questo tema. Noi del PD abbiamo presentato una risoluzione in Commissione, votata all'unanimità, che ha portato, la settimana scorsa, all'emanazione di una norma che consente l'assunzione del personale necessario per attivare l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. A questo punto, noi ci auguriamo che il Governo proceda il più rapidamente possibile - siamo in forte ritardo - al completamento dell'organico di questo ente, perché solo un organico a pieno regime, effettivo ed autonomo dall'ente controllato, può garantire lo svolgimento a pieno titolo del compito del controllo della sicurezza ferroviaria (un legame di dipendenza del personale tra ente controllore e controllato non ne garantirebbe l'autonomia).
Il sottosegretario ha citato il piano generale dei trasporti e della logistica, che prevede una parte relativa anche al trasporto delle merci pericolose; ne siamo contenti, lo attendiamo da tempo. Questa pianificazione, in generale, richiede nel nostro Paese tempi lunghissimi, in questo caso, spero che la discussione serva a sollecitare la sua approvazione.
Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, ci siamo riferiti alla legge a sostegno delle vittime del disastro aereo di Linate, abbiamo quindi lavorato in maniera omogenea, analoga, siamo stati molto uniti e collaborativi in Commissione trasporti, partendo da proposte di legge avanzate da parte di tutti gruppi di maggioranza e opposizione. Insieme abbiamo condiviso l'obiettivo di attivare la costituzione di un Fondo a sostegno delle vittime, dei superstiti e delle famiglie colpite dal disastro ferroviario di Viareggio. Si tratta di un contributo che consente loro di affrontare le difficoltà anche di natura economica che si sono determinate a seguito dell'incidente. È un contributo - anche questo è stato già detto - che consideriamo aggiuntivo a quanto previsto dal nostro ordinamento e garantito dalla Costituzione, ovvero il risarcimento del danno psicofisico, analogamente a quanto è stato fatto a Linate. È un'idea, un'impostazione che parte anche dalla consapevolezza che, come dicevo prima, in questo caso è stato evidente fin dall'inizio che l'accertamento delle responsabilità di questa tragedia richiederà tempi lunghi e, quindi, cerchiamo di evitare un'attesa infinita alle famiglie e ai superstiti.
Con questo provvedimento il Parlamento si fa carico, quindi, dell'individuazione di un Fondo di 10 milioni di euro a titolo di elargizione e in qualche modo - è bene ricordarlo e il collega Monai l'ha già accennato - sopperiamo a un impegno che il Governo ad oggi non aveva mantenuto. Le ore successive al disastro hanno visto una grande partecipazione da parte del Presidente del Consiglio, del Ministro dei trasporti, che venne a riferire anche in Aula e di altri Ministri, che si recarono sul ruolo del disastro, impegnandosi a garantire finanziamenti per il sostegno alle vittime e per la ricostruzione. Ad oggi, è stata garantita solo una parte delle risorse necessarie alla ricostruzione, e non tutte, mentre per le vittime ancora non vi è nulla. Come Parlamento, dunque, sopperiamo a questo ritardo, a questo deficit. Nel frattempo, avevano preso anche le Ferrovie dello Stato un impegno in questo senso, e mi risulta abbiano già provveduto ad erogare una parte di queste risorse. Anche la cifra a cui siamo arrivati - è bene ricordarlo - è frutto di un dibattito approfondito. Si era partiti da ipotesi lontane tra loro: l'onorevole Bergamini aveva proposto 5 milioni di euro, noi del PD 20 milioni. Siamo orgogliosi, quindi, di poter dire di aver contribuito attraverso le nostre argomentazioni, la discussione in Commissione e nel comitato ristretto, ad arrivare a una cifra che sicuramente non è sufficiente, ma comunque più dignitosa per il risarcimento delle vittime. Pag. 15
Un altro punto che ci ha visto impegnati nella discussione ha riguardato l'individuazione del soggetto assegnatario dei contributi. Anche in questo do atto alla collega Bergamini di aver tenuto conto dei nostri rilievi in modo da arrivare ad una riformulazione che tiene conto delle istanze avanzate dal PD e dai partiti dell'opposizione. In particolare, è stato individuato, come soggetto assegnatario delle risorse, il commissario delegato di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3800 del 6 agosto 2009 e, cioè, il Presidente della regione Toscana. Inoltre, il sindaco di Viareggio, d'intesa con il commissario, individuerà le famiglie delle vittime e i soggetti che hanno riportato lesioni gravi e gravissime, a cui verranno erogati questi contributi.
Si riconosce, quindi, un ruolo di protagonisti agli enti locali che, in prima fila, si sono impegnati, fin dalle fasi iniziali del disastro, e, in particolare, al Presidente della regione Toscana in qualità di commissario delegato. Su questa formulazione non possiamo che esprimere la nostra piena soddisfazione. Auspichiamo, a questo punto, anche noi, che l'iter del provvedimento in esame si completi il più rapidamente possibile e che altrettanto rapidamente il Governo arrivi ad erogare alle famiglie le somme previste, perché questo è l'obiettivo che tutti ci siamo dati fin dall'inizio. In questa sede, invece, non possiamo sottacere un forte rammarico da parte nostra, cioè il mancato accoglimento, a causa del parere negativo di Governo e Commissione bilancio, della previsione di ulteriori 10 milioni di euro destinati al completamento del finanziamento delle spese necessarie alle opere di ricostruzione. Questo tema è sentito dalle vittime, dai superstiti, dai familiari, dalla comunità viareggina, in maniera altrettanto forte quanto quello precedente, del risarcimento del danno.
Ad oggi, le risorse stanziate da Governo e regione non sono sufficienti a garantire il completo recupero dell'area colpita e la sua messa in sicurezza. Naturalmente, ci rendiamo conto che stiamo attraversando una fase assai complicata per la carenza di risorse pubbliche e siamo alle prese con una manovra finanziaria, come quella approvata nei giorni scorsi dal Governo, che è pesantissima. Tuttavia, visto che avevamo individuato come copertura i fondi stanziati sulla Protezione civile, non si può non manifestare qualche dubbio rispetto a quanto abbiamo letto nelle cronache di stampa, nelle cronache giudiziarie, nei mesi scorsi, nelle settimane scorse, rispetto alle cifre gonfiate a dismisura per finanziare opere che, poi, si sono rivelate inutili. Solo per fare alcuni esempi: le opere previste per il G8 della Maddalena - che, poi, non si è mai realizzato -, oppure costi che avrebbero potuto essere più contenuti per la ricostruzione delle famose «casette» all'Aquila e le opere collegate al terremoto.
A noi risulta evidente che se si fossero utilizzate, in questi casi e in molti altri, procedure concorrenziali più trasparenti, si sarebbero potute risparmiare risorse assai più consistenti di quelle che ad oggi mancano per finanziare questa parte della nostra proposta, cioè la ricostruzione. Per questo, abbiamo presentato per l'esame in Aula, di nuovo, l'emendamento relativo al finanziamento delle spese necessarie alla ricostruzione, peraltro correggendo la cifra inizialmente prevista, che era di 10 milioni, perché domenica scorsa il Presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, in un incontro pubblico con il Capo del Dipartimento della protezione civile, il sottosegretario Bertolaso, ha denunciato pubblicamente la totale inadeguatezza di questi fondi (ne mancano 7,4 milioni). È questa la cifra, quindi, a cui facciamo riferimento nel nostro emendamento. Accanto a questo mancano i fondi promessi, nell'inverno scorso, per l'alluvione in Toscana. Su questi temi, quindi, credo che l'Aula debba fare una riflessione e uno sforzo.
Ci auguriamo, avendo presentato di nuovo l'emendamento, che l'Aula, nel suo plenum e nella sua autonomia, sappia valutare con la necessaria serietà e sensibilità la fondatezza di questa richiesta anche per tutelare il Governo stesso: infatti, la massima rappresentanza del Governo, Pag. 16con il Presidente del Consiglio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a suo tempo hanno subito espresso il loro impegno per il pieno finanziamento anche delle opere di ricostruzione e sarebbe bene che queste promesse, con l'aiuto di tutti, venissero mantenute (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Desiderati. Ne ha facoltà.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò di essere breve anche per non ripetermi rispetto a quanto detto dai colleghi. Pertanto non ricorderò il disastro di Viareggio ed il trauma che ha comportato. Vorrei, invece, come hanno fatto anche i colleghi, soffermarmi su alcuni punti del provvedimento in esame, il primo dei quali ritengo debba essere, anche per la Commissione trasporti, il tema della sicurezza e, in particolare, quello delle merci pericolose.
Abbiamo visto in questi anni come le liberalizzazioni che dovevano portare a un mercato più libero, a più concorrenza e, quindi, a più efficienza, spesso invece in molti settori, anche in quello finanziario, hanno portato a risultati drammatici dal punto di vista dell'economia. Ritengo che noi, come Parlamento e, in particolare, come Commissione trasporti, dovremmo tener conto di questo e fare in modo che tutto quanto comporta il trasporto di passeggeri e di merci sia sempre più sicuro e, quindi, tutelato dal Parlamento italiano.
Vi sono state forse - ma questo lo accerteranno le indagini in corso - gravi carenze di controlli, inadeguatezza di mezzi che hanno causato morte e dolore. Quindi noi, oggi, come Parlamento siamo chiamati a dare una risposta: infatti, purtroppo sappiamo come spesso, in Italia, la giustizia, che farà il suo corso, sa essere lunga e non c'è niente di più ingiusto che una giustizia che arriva troppo tardi. Quindi, oggi siamo chiamati a dare un segnale alle famiglie di Viareggio e non soltanto a loro, ma a tutti gli italiani: il Parlamento che spesso è definito così lontano dagli italiani e dal territorio oggi, invece, deve dare un segnale di vicinanza e di partecipazione al dolore.
Per questo vorrei sottolineare un passaggio del provvedimento che afferma chiaramente che la provvisionale e le somme sono assegnate in aggiunta ad ogni altra somma a quei soggetti beneficiari che ne abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.
Ho seguito con attenzione - è stato un dibattito che abbiamo tenuto anche in Commissione - quanto ha detto l'onorevole Monai circa il fatto che per il futuro dovremmo ragionare su una sorta di provvedimento automatico. Ho qualche dubbio sul fatto che questo tuttavia possa andare a iscriversi nella casella dei risarcimenti dovuti per legge, nel senso che proprio anche per effetto delle liberalizzazioni c'è qualcuno che è responsabile di questi disastri. Qualcuno ha permesso che avvenisse questo disastro tremendo a Viareggio, qualcuno che non ha controllato, qualcuno che doveva fare il suo lavoro in modo professionale e corretto non l'ha saputo fare e credo che, quindi, il Parlamento non possa entrare nel merito dei risarcimenti, ma debba inviare altri segnali, che sono quelli della solidarietà, della vicinanza, fatte salve tutte le evidenze giuridiche che poi usciranno dai processi. Come ha ricordato l'onorevole Monai - lo faccio anch'io non è la prima volta - c'è stato un disastro purtroppo recente, nel 2001, a Linate che ha colpito gli italiani, in particolare il milanese e la Brianza, della quale sono un esponente. Quindi, non è la prima volta che il Parlamento procede in questo senso. Ritengo che sia un segnale corretto che noi siamo tenuti a dare.
Inoltre, come ha detto bene la relatrice, onorevole Bergamini, abbiamo aperto lo spazio, la provvisionale delle somme ai familiari delle vittime, individuando il coniuge, i figli a carico, i figli in assenza del coniuge, i genitori, i fratelli e le sorelle a carico, i conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l'evento e anche il convivente more uxorio. Abbiamo quindi aperto a una platea molto ampia proprio perché Pag. 17non vogliamo che qualcuno interpreti queste somme, che andremo a elargire proprio con il fine della solidarietà, come un anticipo di risarcimento. I processi faranno il loro corso, le assicurazioni pagheranno, ci auguriamo che i responsabili paghino non solo economicamente ma anche penalmente, perché non si può pensare che non ci siano responsabili, che qualcuno la passi liscia.
Con questa si speranza, spesso in Italia rimane solo una speranza, io esprimo la soddisfazione su questo provvedimento anche perché, al di là del fatto che potranno esserci o meno emendamenti che verranno discussi, è comunque una proposta unitaria. È un testo unificato, ci sono state varie proposte, tutta la Commissione ha condiviso la ratio di questo provvedimento e quindi siamo assolutamente soddisfatti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.

NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, sono passati ormai undici mesi da quella tragica notte del 29 giugno 2009, quando un treno merci, composto da 14 carri cisterna trasportanti butano, usciva dalle rotaie del binario dispari immediatamente dopo la stazione di Viareggio. In conseguenza di questo deragliamento due dei vagoni cisterna carichi di gas esplosero nella stazione distruggendo gran parte dell'abitato limitrofo e causando la morte di trentadue persone oltre a numerosi feriti.
In questo non certo breve lasso di tempo, le ferite che le persone coinvolte, le vittime e i loro familiari, hanno subìto sono rimaste ancora dolorosamente aperte perché tra loro, in particolare, ma anche tra tutta la cittadinanza di Viareggio, più in generale, è diffuso uno sconcertante sentimento di abbandono. Un sentimento di abbandono fortemente condiviso da tutti, da chi ha subìto lutti e perdite gravi, dagli imprenditori danneggiati che rischiano di vedere la fine della loro attività, dai lavoratori che rischiano il licenziamento in un così particolare momento di crisi, dalle famiglie che sono state colpite nelle cose più care, per finire ai rappresentanti degli enti locali che hanno fatto quanto di loro competenza per ripristinare le infrastrutture danneggiate. Un sentimento di abbandono che rischia oggi di venire ulteriormente alimentato dalla delusione di una risposta legislativa assolutamente insufficiente ed inadeguata nei modi come nelle misure.
Giova, invero, precisare che non è compito di un'Aula parlamentare sostituirsi alla magistratura nell'individuazione delle responsabilità e nella corresponsione di un indennizzo. Del resto, altre sono le sedi per censurare la lentezza di un'inchiesta che, pur nella complessità della tragedia, stenta a ricostruire le possibili dinamiche e di conseguenza a individuare i presunti colpevoli. Mentre è del tutto evidente che gli indennizzi previsti da questo provvedimento sono assegnati in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto, a qualsiasi titolo, ai sensi della normativa vigente.
Bene ha fatto la Commissione di merito a ribadire come inaccettabili e del tutto contrastanti con le finalità del presente provvedimento i rilievi avanzati dalla Commissione bilancio, che suggeriva di ritenere il contributo alle famiglie delle vittime come un'anticipazione delle somme che percepiranno dalle società di assicurazioni. Lo scopo che ha mosso invece alcuni parlamentari di diversi schieramenti a presentare varie proposte di legge i cui contenuti sono poi stati unificati in Commissione, nel testo che oggi ci apprestiamo a discutere, è il fine esclusivamente di matrice solidale di aiuto tempestivo e risolutivo.
Con questo provvedimento si vogliono mettere in condizioni le istituzioni e il Governo di offrire un sostegno concreto a chi, per cause sicuramente evitabili, ha subìto una violenza tanto incredibile quanto paradossale per la drammatica concatenazione degli eventi. Che si sia rotto un asse per cedimento strutturale o Pag. 18che si sia rotto perché uscito della fabbrica già difettoso e chi doveva controllare non lo ha fatto in quest'Aula non ha particolare rilevanza, così come non ha rilevanza la composizione del convoglio ovvero l'assenza di eventuali carri cuscinetto. Non siamo qui chiamati per suggerire una lista di indagati o per evidenziare il coinvolgimento di altre società, oltre quelle già individuate dalla magistratura, ma siamo qui per invocare un'altra presenza fortemente simbolica, quella di un Paese che attraverso il suo organo peculiare di sovranità legislativa, il Parlamento, si stringe intorno a una cittadinanza ferita partecipe del suo dolore.
In un momento politico così difficile, quando fin troppo spesso quest'Aula viene avvilita dal rispetto rigido e impersonale di criteri contabili estranei e autoreferenziali, questa può diventare l'occasione per reperire una presenza autorevole e significativa. Di un simile risultato vi erano le premesse e, bisogna sottolinearlo, vi erano anche le intenzioni ed almeno per una parte del testo del provvedimento queste si sono trasformate in norme potenzialmente condivisibili da tutti proprio con riferimento al sostegno alle famiglie delle vittime e a coloro che hanno riportato lesioni gravi o gravissime. Le norme relative all'individuazione delle modalità e delle competenze in materia di erogazione dell'elargizione e quelle relative alla determinazione dei beneficiari e, in particolare, dei soggetti che devono essere indicati ai fini dell'assegnazione del contributo familiari delle vittime sono disposizioni che hanno trovato una sostanziale concordia in Commissione e che possono trovare un largo consenso in Aula.
In particolare, va rilevato che per quanto concerne le competenze si è convenuto sull'opportunità di coinvolgere direttamente gli enti territoriali competenti, ovvero la regione e il comune di Viareggio, riconoscendo al tempo stesso un ruolo specifico da attribuire al presidente della giunta regionale della Toscana, in qualità di commissario delegato a fronteggiare la situazione di emergenza. Al sindaco del comune di Viareggio, d'intesa con il commissario delegato, verrà affidata l'individuazione dei soggetti beneficiari e delle somme ad essi spettanti, mentre la somma nel suo complesso sarà assegnata al commissario delegato che adotterà i relativi provvedimenti di elargizione.
In tal senso la piena collaborazione tra due rappresentanti istituzionali dovrebbe escludere ipotetiche situazioni di blocco della procedura di assegnazione ed erogazione. Tuttavia, nel provvedimento che fin qui ha trovato un generale consenso nella Commissione va segnalata una grave assenza, quella di una norma che avevamo evidenziato nella nostra proposta di legge relativa allo stanziamento di un importo, per lo meno analogo a quello previsto per le famiglie, pari a 10 milioni di euro per il completamento della ricostruzione e per il finanziamento di iniziative proposte dal comitato istituzionale per gli interventi urgenti dopo il disastro.
Senza volere entrare nel merito della polemica che in questi giorni divide il commissario straordinario per Viareggio, Enrico Rossi, dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, oggi sembra che possano bastare circa sette milioni di euro per completare l'opera di ricostruzione. Non si tratta certo di mettere in dubbio l'opera provvidenziale che i volontari della Protezione civile hanno saputo svolgere, sia in occasione del tragico incidente di Viareggio sia nelle alluvioni che hanno colpito la Lucchesia lo scorso inverno - e colgo anzi l'occasione per ringraziarli, ancora una volta, per la grande professionalità e per la nobile generosità che anima ogni loro intervento - quanto piuttosto di evitare i consueti e tristi balletti di cifre che si prestano a misere strumentalizzazioni e fanno perdere di vista il fine comune e, per quanto sinora visto, anche condiviso.
Tornando alla disposizione a nostro avviso mancante, credo sia opportuno ribadire l'importanza di provvedere a reperire le necessarie risorse per aiutare coloro che hanno subìto danni alle loro abitazioni e ad altri beni di loro proprietà e, soprattutto, alle infrastrutture delle loro attività economiche. Pag. 19
Solo con l'inserimento di un emendamento che vada in tal senso si potrebbe veramente contribuire al raggiungimento dell'obiettivo fondamentale della proposta, che non deve essere solo quello di dare in tempi rapidi un segno tangibile di sollievo a famiglie gravemente colpite, ma deve contribuire in maniera significativa anche alla ricostruzione di tutto il tessuto imprenditoriale ed urbanistico del comune toscano così duramente colpito.
Auspico pertanto che, attraverso il dibattito in Aula, si possa trovare quella serenità di giudizio che dovrebbe caratterizzare l'approccio ad una simile materia e procedere alla formulazione di risposte ai cittadini che non siano solo congrue rispetto ai vincoli contabili e finanziari, ma soprattutto più adeguate e più vicine rispetto alle reali disgrazie che hanno subìto (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, innanzitutto un ringraziamento doveroso al relatore e anche ai colleghi Velo e Poli. Loro tre hanno presentato le proposte di legge che ci accingiamo a votare nei prossimi giorni.
Il sottoscritto parla certamente in qualità di deputato, di toscano e, se posso aggiungere, anche di relatore in Commissione bilancio della seguente proposta di legge.
Molto si è detto anche oggi del ruolo della Commissione bilancio, e qui vorrei ribadire ciò che a voi è già noto, ovvero che la Commissione bilancio cerca di non entrare nel merito delle proposte che esamina, ma quantifica e verifica. Quantifica la norma e ciò che economicamente può derivare dai vari aspetti di una normativa e verifica la copertura economica.
Si tratta di un compito spesso ingrato ma, devo dire, anche doveroso perché è la stessa Costituzione che dà al Parlamento, e quindi anche alla Commissione bilancio, questo ruolo.
Nello specifico, la normativa aveva due colonne portanti (giustamente, aggiungo, conoscendo anche la vicenda di Viareggio). La prima consisteva in un indennizzo, un aiuto reale e concreto alle famiglie delle vittime e ai feriti gravi e gravissimi; un'altra, ugualmente giusta, era volta a terminare gli investimenti di una zona devastata. Chi è stato come me in quella zona può capire che la parola che descrive meglio di ogni altra la situazione è «devastazione». È bruciato tutto e ci possiamo immaginare ciò che produce il fuoco a quelle temperature.
Ebbene, su questa seconda colonna la nostra Commissione, supportata anche da tutte le relazioni tecniche che abbiamo chiesto e suggerito al Governo, ha dato parere negativo perché quei 10 milioni di euro sono ed erano già stati iscritti integralmente per far fronte alle rate di ammortamento dei mutui pregressi. Pertanto, la riduzione dell'autorizzazione di spesa avrebbe portato al pagamento di rate di mutui determinando un incremento del debito, e questo non era possibile. Questa è stata da sempre la motivazione tecnica della Commissione sul parere negativo ai 10 milioni di euro per l'investimento.
In ordine alla parte centrale della proposta, riferita all'aiuto economico ai familiari delle vittime e dei feriti gravi e gravissimi, molto si è detto sulla destinazione delle risorse. Con riguardo allo stanziamento, due erano le modalità a fondo perduto.
È stato in questa sede ricordato giustamente il caso della tragedia aerea dell'aeroporto di Linate. Abbiamo ricordato anche storicamente un altro esempio, ovvero quello concreto di un'altra strage conosciuta, quella del Cermis, per la quale invece lo Stato italiano e il Parlamento decisero di effettuare un'anticipazione. In questo caso, lo vorrei ricordare, sarebbe lo Stato italiano a subentrare nei diritti dei beneficiari sulle somme eventualmente da essi corrisposte a titolo di risarcimento. La V Commissione (Bilancio) ha tecnicamente voluto solo ribadire quali erano le due possibilità. Questo ha fatto e la Commissione di merito ha deciso in questo senso.
Sul punto degli investimenti, anche oggi molte cifre sono state dette. Vorrei però Pag. 20ricordare qual è la cifra reale che ancora manca, secondo quanto sostenuto dal commissario, ovvero il governatore della Toscana, per gli investimenti. Si tratta di 6,8 milioni di euro. Lo ha detto ieri in conferenza stampa: 27,2 milioni è il totale degli investimenti necessari; 20,4 milioni sono già stati attribuiti al governatore per la ricostruzione e manca questa cifra. Il Governo nella stessa V Commissione (Bilancio) ha detto che, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e con la situazione economica generale del nostro Paese, l'Esecutivo - e anche il Parlamento aggiungerei - farà la sua parte. Però non è assolutamente vero che lo Stato italiano non si è fatto sentire. Ho sentito anche in quest'Aula che il Governo italiano è stato presente sul posto nei giorni successivi alla strage e poi nessuno è intervenuto. Queste cifre e questa legge dimostrano l'esatto contrario.
Per dimostrare, però, signor Presidente, perché questa legge è giusta, oltre all'aspetto economico e contabile, dovremmo forse semplicemente leggere i racconti dei sopravvissuti o le storie dei deceduti, oppure i semplici gesti di chi ha perso la vita salvando, per esempio, un figlio, oppure la storia semplice e normale di alcune famiglie che avevano la sfortuna di abitare nella zona colpita di via Ponchielli. Sono storie che andrebbero conosciute e fatte conoscere, sia perché ci riportano alla realtà (e penso che la politica abbia bisogno di realismo), sia perché sono storie vere nel senso che si capisce che cosa abbia veramente un valore, oltre ai numeri e alla calcolatrice che dobbiamo tenere presente soprattutto in questi momenti.
I problemi economici c'erano e ci sono, eppure - è un dato di fatto - questa legge sta per essere approvata dal Parlamento e anche questo è un altro dato di fatto. Quindi, è vero che la calcolatrice deve essere tenuta presente, ma chi fa la politica è uomo e deve tenere presente che cosa accade nella realtà. Alla fine anche in Commissione la situazione si è sbloccata grazie a tutti i componenti, grazie al Governo e grazie anche al fatto che molte delle storie dei deceduti o dei feriti o dei sopravvissuti sono conosciute.
Per esempio, a me ha colpito molto la storia di Marco Piagentini, raccontata in un articolo del Corriere della Sera da Giusi Fasano. Marco Piagentini è stato in coma un mese e mezzo, poi sei mesi di camera sterile, operazioni, dolore fisico, ustioni di secondo e terzo grado sul 90 per cento del corpo. Quella sera gli sono morti la moglie di quarant'anni e due dei suoi tre figli. Leggo un breve passaggio dell'articolo: «Lui era lì, c'era sua moglie Stefania, quarant'anni, e c'erano i suoi tre figli: Lorenzo, due anni; Luca, quattro anni e mezzo; Leonardo, che oggi ha 9 anni. Dopo il rumore del treno che deraglia e dopo quell'odore fortissimo di gas - dice Marco nell'articolo - avevo capito che eravamo tutti in pericolo. Ho strappato Luca dal letto mentre dormiva e sono corso fuori. Si è svegliato un momento e mi ha guardato. L'istinto mi ha detto di metterlo in macchina e così ho fatto. Li ho lasciati lì fuori e sono corso in casa di nuovo a prendere Leonardo. In quel momento è stato il finimondo».
Adesso, prima di uscire ogni mattina, Marco deve medicarsi e farsi aiutare per indossare i tutori che proteggono tutta la pelle, ne porta uno anche sul volto, trasparente ma non abbastanza perché qualcuno non si volti a guardarlo. «Non ci faccio caso. Esco e faccio una vita il più possibile normale, non posso arrendermi e chiudermi in casa, buttarmi via sarebbe un gesto che Stefania e i bambini non meritano. Io sono cattolico, loro sono qui accanto a me e non posso deluderli».
Ecco, signor Presidente, perché nonostante tutte le difficoltà emerse e tutte quelle che potranno emergere ancora, questa legge è assolutamente giusta (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, non credo ci sia ancora bisogno di descrivere l'incidente di Viareggio, Pag. 21lo abbiamo tante volte descritto e commentato. Penso che tutti in questo momento debbano apprezzare il lavoro svolto dai componenti della IX Commissione della Camera e in particolare il lavoro dei presentatori delle proposte di legge e soprattutto quello del relatore, l'onorevole Bergamini, e del sottosegretario Giachino che segue sempre il lavoro di questa Commissione con particolare competenza e, qualche volta, con pazienza.
Dobbiamo inquadrare questo incidente nell'ambito delle cose umane che possono avvenire, ma nel momento in cui valutiamo e approviamo, spero, un provvedimento di solidarietà verso le vittime e i parenti delle vittime, noi non possiamo non pensare anche al fatto che occorre avere la capacità, come Governo e come Parlamento del Paese, di ridurre a zero, o almeno ad un numero tendente allo zero, il rischio di nuovi incidenti dello stesso tipo. I provvedimenti vengono sempre presi dopo gli incidenti e dopo gli avvenimenti luttuosi, purtroppo è così, noi però abbiamo l'obbligo di cercare di intervenire per ridurli ancora. Non dobbiamo solo essere orgogliosi - mi rivolgo all'amica Velo che gode della mia profonda stima - del fatto che l'Italia ha un sistema ferroviario, sia per i passeggeri sia per le merci, che ha provocato un numero minore di incidenti rispetto ai sistemi degli altri Paesi, questo non ci deve inorgoglire. Questo ci fa dire che gli altri Paesi dovranno in qualche modo migliorare le condizioni del loro sistema ferroviario più di noi, ma anche noi dobbiamo ancora migliorarlo.
Sappiamo benissimo quanti incidenti avvengono, li hanno citati diversi interventi in questo dibattito, e che coinvolgono le merci ma anche i treni per trasporto di persone. Noi dobbiamo pensare che i cambiamenti avvenuti nel trasporto, sia ferroviario sia su gomma, sono enormi e si accentuano di anno in anno, sia per la composizione dei materiali degli stessi mezzi, sia per gli oggetti trasportati, i quali oggetti e materiali sono incendiabili.
Ciò è dovuto soprattutto ai cambiamenti che sono intervenuti: pensate ad esempio all'aumento del numero dei distributori di GPL nel nostro Paese per le auto di nuova generazione, per le cosiddette ecomacchine, che però produrrà la conseguenza che il trasporto del GPL nel nostro Paese sarà incrementato enormemente, come già sta avvenendo, di giorno in giorno, di anno in anno.
Dobbiamo quindi avere la capacità di prevenire e non soltanto di realizzare interventi di protezione civile, vale a dire successivi all'evento, e se dobbiamo prevenire occorre capire che è necessario intervenire strutturalmente, ossia non soltanto sulle modalità con cui il mezzo si muove, vicino alle stazioni oppure sulla sicurezza dei carri ferroviari.
È giusto considerare tali aspetti e considero anche un fatto positivo l'aver istituito l'Agenzia italiana per la sicurezza delle ferrovie, però è chiaro che dobbiamo istituire un'Agenzia della sicurezza europea, come avviene per i mezzi aerei, e che occorre anche affrontare un problema strutturale, più ampio.
Dobbiamo sapere che per quanto concerne le linee ferroviarie servono anche i quadruplicamenti ferroviari, e dobbiamo lavorare affinché intere zone del Paese non siano escluse da questo rinnovamento, come invece è accaduto finora per le aree del Paese che vanno da Napoli a Trapani, anche con riferimento alle progettazioni. Dobbiamo sapere che il trasporto di merci sempre più incendiarie oppure che possono provocare esplosioni, che saranno sempre più frequenti, deve avvenire in condizioni di sicurezza totale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo, signor Presidente. Intorno ai centri abitati è necessaria una programmazione per realizzare i «bypass» di tutti i centri abitati, magari si procederà lentamente, però alla fine questo deve essere il nostro obiettivo.
Pertanto, saremo certamente favorevoli agli emendamenti che tenderanno a riportare i fondi anche alle necessità per la ricostruzione, pari a sei milioni 800 mila Pag. 22euro, però sappiamo che quelli sono fondi che possono essere stanziati anche senza ricorrere a leggi approvate dal Parlamento. Quindi, chiediamo al Governo di utilizzarli immediatamente. Ricordo, infatti, che anche per altri eventi luttuosi, come quello di Giampilieri, in provincia di Messina, dove ci sono state decine di morti, abbiamo bisogno della stessa unità di questo Parlamento. Dunque, se si può, auspichiamo che si intervenga nei tempi giusti, anzi immediatamente, anche non ricorrendo a leggi del Parlamento, considerato che lo può fare l'Esecutivo stesso (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, i colleghi che mi hanno preceduto hanno giustamente ricostruito persino le dinamiche dell'incidente e i progressi per cui oggi, finalmente, a undici mesi da quella tragedia, siamo arrivati a definire un primo provvedimento di quello che impropriamente possiamo definire un risarcimento.
In molti hanno detto che non si tratta soltanto di numeri: ecco, appunto, non si tratta soltanto di numeri, ma voglio partire proprio da questi. Attualmente i morti sono trentadue, di cui ventidue italiani, sette marocchini, due ecuadoriani ed un rumeno, e ci sono venticinque feriti. A undici mesi di distanza uso l'espressione impropria: i morti «attualmente» sono trentadue, perché ci sono anche feriti che da undici mesi combattono tra la vita e la morte in un letto d'ospedale.
Questi sono i numeri, le cifre che dobbiamo avere presenti. Poi però ci sono i nomi: Hamza Ayad, di 17 anni, Nadia Bernacchi di 59, Claudio Bonuccelli di 60, Rosario Campo di 42, Maria Luisa Carmazzi di 49, Andrea Falorni di 50, Antonio Farnocchia di 51, Ana Habic di 42, Ilaria Mazzoni di 36, Michela Mazzoni di 33, Luca Piagentini di 4 anni, Mario Pucci di 80, Elena Iacopini di 32, Magdalena Cruz Ruiz Oliva di 40, Iman Ayad di 3 anni, Lorenzo Piagentini di 2, Aziza Aboutalib, di 46, Mohammed Ayad di 51, Nouredine Boumalhaf di 29, Rachid Moussafar di 25, Abdellatif Boumalhaf di 34, Stefania Maccioni di 40, Emanuela Milazzo di 63 anni, Sara Orsi di 24, Alessandro Farnocchia di 45, Federico Battistini di 32, Roberta Calzoni di 54, Mauro Iacopini di 60, Emanuela Menichetti di 21, Marina Galano di 45, Elisabeth Silva Teran Guadalupe di 36, Angela Monelli di 69 anni.
Voglio anche ricordare il caso di Italo Ferrari, di 73 anni. Non è inserito nella lista ufficiale delle vittime, né tanto meno in quella ufficiosa, ma è stato colto da un attacco cardiaco, alla vista delle scene del disastro ed è deceduto all'ospedale di Versilia, dopo tre giorni, il 2 luglio.
Ho voluto ricordare questi nomi perché da essi si capisce anche che, in questa circostanza, sono scomparsi interi nuclei familiari.
Ebbene, di fronte a questa tragedia - 57 tra morti e feriti - stanziamo 10 milioni di euro, con un calcolo assolutamente improprio ed improponibile. Voglio segnalare che dobbiamo essere contenti di aver compiuto un primo passo, tuttavia 10 milioni di euro diviso 57 vittime sono appena 175.438 euro a testa.
Dobbiamo tener presente questo dato per capire che quello che stiamo facendo non è un grosso sforzo o un grosso sacrificio. Se oggi siamo qui a discuterne, finalmente pronti a licenziare questo provvedimento, dobbiamo ringraziare il Governo ed in primo luogo il Presidente della Camera Fini che, dieci giorni fa, ci ha ricevuto insieme ad una delegazione di familiari delle vittime di Viareggio, ed è intervenuto perché il provvedimento potesse trovare un'accelerazione nei lavori parlamentari.
Si sono previste altre cifre e si è detto che questo è un primo risarcimento, che potremmo definire morale. L'espressione è impropria, tuttavia possiamo provarci. Peraltro, dobbiamo tenere fermo e presente il dato concernente la giustizia ed i risarcimenti dei danni che dovranno essere erogati. Dobbiamo sperare che, ancora una volta, a fronte di lunghe vicende processuali e giudiziarie, l'azienda responsabile, Pag. 23facendo leva sul bisogno dei familiari, non liquidi con poche centinaia di migliaia di euro queste numerose vittime.
Il cantiere Viareggio - come qui è stato ricordato - prevede la ricostruzione totale o parziale di 51 abitazioni. Ad oggi risultano aperti venti diversi cantieri. Nove proprietari si sono già trasferiti altrove, tre hanno acquistato un nuovo immobile e tre hanno firmato un preliminare. Qui - come ricordato proprio questa mattina - ha avuto luogo il passaggio di consegne tra il presidente Claudio Martini e il nuovo presidente Enrico Rossi, che quindi sarà il nuovo commissario alla ricostruzione, ed è stato detto che mancano circa 7 milioni di euro. Per giustificare questa assenza, questo stralcio, rispetto alle proposte che erano state portate in Commissione perché ci potesse essere almeno un impegno per 20 milioni di euro per quella tragedia, voglio soltanto ricordare che il presidente Berlusconi, quando si recò a Viareggio il giorno dopo la strage, non disse che ci sarebbe stato un rimborso ed un'assistenza compatibilmente con le esigenze di bilancio. Vorrei soltanto che questo fosse messo a verbale e ricordato.
Ciò ovviamente non farà comunque mancare il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori su questo provvedimento - che spero sia soltanto il primo - facendo in questo modo sentire la vicinanza ai familiari delle vittime.
Infatti, noi saremo vicini a loro anche nel lungo iter che dovrà portare al vero risarcimento da parte dei responsabili di questa tragedia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3007-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano ad intervenire in sede di replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00359, Bosi ed altri n. 1-00369 e Boniver, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00370 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare (ore 13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00359 (Nuova formulazione), Bosi ed altri n. 1-00369 e Boniver, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00370, concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare (Vedi l'allegato A - Mozioni).
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che è stata testé presentata la mozione Misiti ed altri n. 1-00372, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Mogherini Rebesani, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00359 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, l'iniziativa di questa mozione, che volutamente non è stata un'iniziativa di un unico gruppo parlamentare, ma ha cercato un'intesa più ampia possibile su dei contenuti pur non di compromesso, nasce dalla straordinarietà, Pag. 24in qualche modo, dell'anno che stiamo vivendo sui temi del disarmo e della non proliferazione nucleare.
Se guardiamo soltanto a dieci anni fa, al 2000-2001, è evidente che il contesto globale in cui ci muoviamo su questo tema è radicalmente cambiato. Sono nuovi i rischi percepiti alla sicurezza globale e quelli reali, in effetti, tanto che, nella nuova National security strategy statunitense, rilasciata soltanto qualche giorno fa, viene indicato, come il rischio probabilmente più grave, non più il terrorismo internazionale, che pure continua a rappresentare una minaccia per tutti noi molto seria, ma la minaccia che armi nucleari o armi sporche, armi di distruzione di massa in qualche modo, possano cadere nelle mani sbagliate, o di singoli o di organizzazioni o di entità statali (ma sempre meno si parla di entità statali).
Siamo, quindi, di fronte ad un quadro che, dal punto di vista della sicurezza o della insicurezza internazionale, sta cambiando molto velocemente ed è chiaro che vi è a livello globale una percezione, almeno a livello di politica nazionale ed internazionale, molto più consapevole oggi di quanto non fosse dieci anni fa del rischio nucleare e di quanto questo sia mutato nell'arco degli ultimi anni e decenni.
Infatti, se è vero che, con la fine della guerra fredda e il crollo del muro di Berlino, era stato avviato un processo di disarmo, che è stato chiaramente conseguente ad una revisione delle strategie di relazioni internazionali, in particolare tra Stati Uniti e Russia, è pure evidente che oggi siamo di fronte ad un nuovo punto di svolta nella percezione di quali siano e dovrebbero essere le politiche che guidano le strategie di disarmo e di non proliferazione nucleare.
Sono nuovi i rischi: non più e non tanto quello di uno scontro tra potenze nucleari, quanto quello che le bombe nucleari possano essere utilizzate da soggetti non statali. Sono nuove le strategie che si stanno iniziando a mettere in campo per rispondere a queste nuove minacce: dopo il fallimento di quelle tentate negli anni dell'amministrazione Bush, dal 2001 in poi - penso alla guerra preventiva, allo scontro di civiltà, all'unilateralismo, anche, in qualche modo, alla minaccia dell'uso del nucleare contro entità non statali o contro Stati non nucleari, che pure era presente nella strategia nucleare degli anni di Bush, e quindi degli anni passati, - oggi gli Stati Uniti, sicuramente, con la Presidenza Obama, hanno avviato una nuova stagione di fiducia e di costruzione in prima persona dell'impegno per il disarmo e la non proliferazione nucleare.
Sicuramente una pietra miliare di tale passaggio è stato il discorso che il Presidente Obama ha tenuto a Praga un anno e qualche mese fa, in cui sposava in pieno l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, quindi dell'opzione zero: di arrivare ad eliminare dalla faccia del mondo le armi di distruzione di massa. Sicuramente è stato un punto fondamentale il fatto di aver fatto seguire all'enunciazione di tali impegni (presi comunque simbolicamente e politicamente in modo molto forte in una città, Praga, che oltretutto è stata ed è ancora simbolo del confine, della cerniera tra i due mondi che hanno dato vita alle maggiori tensioni sul versante nucleare nei decenni della Guerra fredda, nel secolo passato) fatti molto concreti in questi ultimi mesi.
In primo luogo, è stata approvata negli Stati Uniti la Nuclear Posture Review. Ogni Presidente americano ne elabora una all'inizio del suo mandato. Quella del Presidente Obama compie chiaramente una svolta: riduzione del ruolo strategico del nucleare nella politica di sicurezza americana; impegno a ratificare il CTBT, il Trattato che impegna a non testare ulteriori armamenti (quindi vi è anche implicitamente l'impegno a non produrne ulteriori); soprattutto la firma del Trattato START con la Russia, che era scaduto alla fine del 2009 (ed è stato complicato arrivare ad una sua revisione, che pure vi è stata ed è stata anche piuttosto coraggiosa); soprattutto uno spirito di fondo, che viene evidentemente riconosciuto (da ultimo lo è stato in questi giorni a New York), che lega sempre di più l'impegno Pag. 25concreto al disarmo da parte delle potenze nucleari all'incentivazione della non proliferazione da parte delle potenze che nucleari non sono: l'idea è che quanto più le potenze nucleari si rendono credibili di fronte alle potenze non nucleari, tanto più è probabile che queste provino ad evitare di ricorrere all'arma nucleare.
È chiaro che vi è qui una nuova strategia, una nuova visione, basata sulla diplomazia e sul dialogo, ma anche sulla consapevolezza di un mondo che non è non solo più bipolare, ma non è neanche più unipolare. Non è quindi per caso che si sia arrivati proprio negli ultimi mesi, da marzo ad oggi, alla firma del Trattato tra Stati Uniti e Russia, START, e soprattutto a New York (venerdì scorso, quindi soltanto qualche giorno fa) ad una dichiarazione consensuale alla Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione. La Conferenza nell'ambito delle Nazioni Unite è durata quasi un mese e l'ultima volta che si era tenuta - ricordiamolo - aveva prodotto un nulla di fatto, un blocco, una serie di veti incrociati, facendo pensare che il regime di governo della non proliferazione nucleare e del disarmo del Trattato di non proliferazione fosse arrivato sostanzialmente ad un punto morto.
Il fatto che venerdì scorso vi sia stata una dichiarazione consensuale, presa all'unanimità, con alcuni punti di merito piuttosto consistenti ed importanti, sicuramente non è frutto del caso, ma di una nuova stagione di impegno politico, di consapevolezza e di leadership politica globale, che ha potuto portare a questo risultato.
Credo che si debba esprimere una valutazione sostanzialmente positiva, anche riconoscendo chiaramente molti limiti, della dichiarazione rilasciata a New York alla Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione, se non altro perché già il fatto di avere una dichiarazione è un risultato storico (è dal 2000 che non vi era un passaggio di questo tipo), e perché in caso contrario si sarebbe parlato di morte del Trattato di non proliferazione e quindi della necessità di rimettere in piedi un assetto condiviso e multilaterale di gestione del processo di disarmo e di non proliferazione.
Sicuramente da questo punto di vista si tratta di un successo, anche perché la dichiarazione richiama in modo chiaro la necessità di implementare la risoluzione del 1995 sul Medio Oriente, rimasta lettera morta per così tanto tempo, con l'impegno ad organizzare una conferenza nel 2012 per realizzare un Medio Oriente libero da armi nucleari e da armi di distruzione di massa, con l'indicazione di un facilitatore che concretamente e praticamente avvii questo percorso e con l'invito rivolto ad Israele di aderire al Trattato di non proliferazione.
È evidente che nella dichiarazione finale vi sono dei limiti, delle omissioni e delle lacune, che non sfuggono neanche qui, in particolare rispetto all'Iran, alla Corea del nord, al Pakistan e all'India in quanto Stati non aderenti al Trattato di non proliferazione, ma sicuramente dalla Conferenza di New York e dalla sua dichiarazione finale proviene in modo evidente un passo in avanti, anche perché essa include - tra le altre misure - un impegno al disarmo in tempi certi e sulla base di un calendario e prevede trasparenza per i Paesi nucleari (tant'è che la Gran Bretagna ha già dato atto di questa svolta e dichiarato il numero di testate in suo possesso, fatto storico che non era mai avvenuto prima).
Tra le altre cose positive che provengono da New York credo si debbano anche ricordare l'accenno ed il richiamo alle cinque proposte del Segretario generale delle Nazioni Unite, tra le quali figura anche la Convenzione sulle armi nucleari (che ritengo sarebbe un ottimo passo avanti se avvenisse nel prossimo, immediato futuro).
Il 2010 ci offre dunque molte occasioni internazionali di avanzamento sul tema del disarmo e della non proliferazione nucleare, con un'opinione pubblica che negli altri Paesi europei e in parte anche negli Stati Uniti ritrova una relazione con la leadership politica nonché un interessamento, un coinvolgimento ed una mobilitazione Pag. 26su questi temi (ricordiamo che si tratta di temi che riguardano la sicurezza per ognuno di noi, per i cittadini, perché un'arma nucleare in ogni caso rappresenta un rischio e una minaccia per la sicurezza degli individui), e con un ruolo dell'Italia che con questa mozione abbiamo voluto provare a mettere un poco di più al centro, più a fuoco, convinti che sia appropriato che ciò avvenga attraverso un'iniziativa parlamentare.
Il tema del disarmo e della non proliferazione nucleare concerne soprattutto - come è evidente - gli Stati Uniti e la Russia, ma vi è un ruolo da giocare anche per l'Europa e per l'Italia ed è bene farlo - crediamo - nel modo più trasversale, più unitario, pubblico e trasparente possibile.
Vi è poi un tema legato in particolare a cosa avviene nella NATO e a cosa avviene in Europa: sappiamo bene che due Paesi europei sono potenze nucleari e che esistono sul territorio europeo armi nucleari tattiche statunitensi, la cui gestione è evidentemente regolata da accordi in sede NATO.
Proprio in questo 2010 (un anno così ricco simbolicamente e politicamente di iniziative su tale tema) siamo chiamati alla revisione del concetto strategico della NATO: questa rappresenta un'occasione unica ed importante nella quale il Parlamento italiano può giocare un ruolo per ridefinire anche l'aspetto della non proliferazione e del disarmo nucleare. Si tratta ovvero di capire se la NATO nella revisione del suo concetto strategico accoglierà - in che modo e in quali forme - questa nuova consapevolezza della necessità di diminuire il ruolo strategico delle armi nucleari, e quindi si tratta di capire quale ruolo l'Italia potrà rivestire anche in questo passaggio.
Negli ultimi mesi, tra febbraio e marzo, sono accadute un paio di cose. A febbraio vi è stata un'iniziativa dei Ministri degli esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia (tre di questi Paesi ospitano armi nucleari tattiche americane sul proprio territorio), con la quale è stato chiesto al Segretario generale della NATO di avviare una riflessione al proprio interno sulla necessità di superare questo stato di cose (ovviamente in modo concordato e consensuale).
A marzo il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione all'unanimità (che credo sia molto importante), nella quale testualmente «si richiama l'attenzione sull'anacronismo strategico delle armi tattiche nucleari e sulla necessità che l'Europa contribuisca alla loro riduzione ed eliminazione dal proprio territorio nel contesto di un dialogo di più ampio respiro con la Russia».
Il punto qui non è affrontare un dibattito ideologico sulla presenza delle armi nucleari tattiche statunitensi sul territorio europeo.
Il punto è affrontare un dibattito sereno e utile, soprattutto in vista della migliore e maggiore sicurezza dei cittadini europei e dei Paesi NATO, su quali siano effettivamente l'efficacia, il valore e l'utilità di queste armi sul territorio europeo e, quindi, in un modo che effettivamente sembra essere anche in linea con la nuova amministrazione americana, su quali possano essere, nei Paesi europei in particolare, le nuove strategie della NATO per sostituire questo tipo di copertura.
Peraltro - e ci tengo a sottolinearlo - qualche mese fa proprio in alcuni locali della Camera abbiamo avuto l'occasione di ospitare una conferenza con l'intervento di Hans Blix, già direttore generale dell'AIEA e presidente della Commissione sulle armi di distruzione di massa, persona dunque ben informata dei fatti e assai competente in materia. In tale occasione Blix ha dichiarato testualmente che queste armi possono essere sganciate da aerei secondo procedure così complesse da essere considerate attuabili non in pochi minuti, ma in pochi mesi; sono state impiegate durante la Guerra fredda e la maggior parte degli esperti concordano sul fatto che oramai oggi non hanno più una funzione reale nelle relazioni tra est ed ovest - tanto più che l'Alleanza può essere protetta dalle armi nucleari strategiche statunitensi. Pag. 27
La presente mozione quindi vuole essere un contributo parlamentare e, se possibile, trasversale perché, presa visione del testo delle mozioni che anche gli altri gruppi hanno presentato, credo che vi sia una condivisione molto consistente dello spirito di fondo e anche degli obiettivi su cui impegnare il Governo. È appunto un modo di sostenere, con un'iniziativa parlamentare forte e possibilmente unanime, un'azione in tal senso del Governo italiano per arrivare a una migliore definizione delle strategie di sicurezza anche in Europa, secondo un criterio non ideologico, ma molto concreto e al tempo stesso libero da preconcetti e da schemi mentali che ormai appartengono al secolo scorso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00370. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, oserei dire che è del tutto evidente che il disarmo generale rimane un obiettivo assolutamente fondamentale e anche prioritario per la politica estera del nostro Paese, il cui conseguimento passa attraverso il raggiungimento di obiettivi intermedi. Sotto questo profilo assume infatti grande rilevanza il Trattato per la completa sospensione degli esperimenti nucleari il cui testo definitivo, negoziato in seno alla conferenza per il disarmo di Ginevra, è stato siglato il 25 settembre del lontano 1996 a New York da 55 nazioni, tra cui cinque stati militarmente nucleari e l'Italia.
Negli anni più recenti si è assistito ad un radicale processo di disarmo, frutto evidentemente anche della fine della cosiddetta guerra fredda e della riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze, che rimangono ovviamente i due principali attori, anche se non i soli, di questo ambizioso progetto.
I risultati raggiunti in tutti questi decenni di negoziati non devono però indurre ad abbassare la guardia e a sottovalutare la reale entità del rischio nucleare per la sicurezza mondiale, che si nasconde costantemente sotto diverse spoglie (così, ad esempio, l'ipotesi drammatica di un Iran che si doti di armi nucleari, malgrado gli sforzi dell'AIEA, toglie il sonno la notte a molte diplomazie e non soltanto del Medio Oriente).
Se il processo di disarmo potrà quindi procedere speditamente, la comunità internazionale sarà sempre meno disposta a condonare l'eventuale accesso da parte di nuovi Stati all'opzione nucleare. Anche questo è un punto, se vogliamo, più politico che pratico, di cui nondimeno dobbiamo ricordarci sempre.
Soltanto negli ultimi mesi di quest'anno, a partire proprio dall'inizio del 2010, si sono registrate delle novità molto importanti. Il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno chiesto al Segretario generale della NATO l'apertura di un rinnovato dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del successivo 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi che sono ancora presenti sul territorio europeo.
Il 10 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato con voto bipartisan una risoluzione molto importante sul Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Nell'aprile di quest'anno - quindi un mese fa - è stato varato negli Stati Uniti il Nuclear posture review (cioè una revisione della posizione nucleare), atteso oramai da molto tempo, che presenta alcune novità interessanti, tra le quali l'ipotesi che la dottrina nucleare degli Stati Uniti venga inquadrata all'interno dell'obiettivo globale di un mondo libero da armi nucleari, secondo lo storico discorso del Presidente americano a Praga del 5 aprile 2009.
L'8 aprile 2010 è stato firmato a Praga dal Presidente americano Obama e da quello russo Medvedev l'Accordo Start II: l'Accordo è il risultato di un lunghissimo processo di avvicinamento della Russia all'Occidente e deve ricordarsi a tal proposito il ruolo svolto dal precedente Governo Pag. 28Berlusconi che a Pratica di Mare è riuscito a congiungere il Consiglio NATO-Russia, fatto precedere da una dichiarazione molto importante; quindi l'Esecutivo citato ha svolto un ruolo assolutamente preminente nell'interesse della pace e del disarmo universale, ruolo che ancora oggi viene riconosciuto in occasione di colloqui bilaterali sia con la Russia sia con gli Stati Uniti.
Il 13 aprile di quest'anno si è tenuto a Washington il vertice sulla sicurezza nucleare, a cui hanno partecipato 47 Stati: l'obiettivo in quella discussione era quello di portare avanti, con molta più determinazione di quanto non fosse stato fatto fino a quell'epoca, un consesso multilaterale e di realizzare entro quattro anni un regime di messa in sicurezza di tutto il materiale fissile presente sul pianeta. Sono stati realizzati in quell'occasione degli importantissimi accordi bilaterali, del tutto innovativi, sebbene l'accordo più generale tra tutti gli Stati presenti ancora non configuri un trattato vincolante (tutto ciò diventerà materia da affrontare in futuro).
L'Italia quindi ha svolto - ci tengo a sottolinearlo - un ruolo di tutto rispetto e di primo piano, sin dagli albori del dibattito sul disarmo nucleare, e ha svolto - come abbiamo sottolineato - un ruolo di grande spessore politico nel processo di riavvicinamento tra le due grandi potenze, in particolare anche con riferimento al processo di una totale smilitarizzazione nucleare.
Venendo al dibattito sulle mozioni in esame e al dispositivo della nostra mozione, a noi - lo dico subito - interessa moltissimo non soltanto poter svolgere queste mozioni, suscitando così un dibattito che è sempre interessante, anche per via degli aggiornamenti costanti, ma ci interessa moltissimo anche arrivare ad un voto il più possibile unanime su una materia che ovviamente è considerata prioritaria e meritevole di tutto il rispetto e di un approccio il più equilibrato, il più unanime, il più bipartisan possibile.
Ricordiamo anche che proprio in questo ramo del Parlamento, il 23 giugno del 2009 (al Senato il 17 dicembre del 2009), si è svolta una discussione simile con la presentazione di mozioni distinte, ma non contrapposte, che hanno avuto tutte «la luce verde» del voto positivo. Questo è il nostro approccio oggi, e vorrei sottolineare che, o attraverso l'integrazione delle varie mozioni, mantenendo però più o meno intatto il dispositivo che ora mi onoro di illustrare, oppure attraverso un voto favorevole, ma disgiunto, sulle mozioni di tutti gli altri colleghi (si tratta di mozioni assolutamente condivisibili), è auspicabile che sia possibile arrivare ad un voto solenne di questa Camera sull'argomento, importantissimo, di un ulteriore e progressivo disarmo bilanciato e verificabile.
Il dispositivo della nostra mozione impegna, infatti, il Governo italiano a svolgere un ruolo sempre più attivo, che confermi e rafforzi soprattutto la visione sancita dal vertice G8 de L'Aquila per un mondo senza armi nucleari. La seconda parte del dispositivo impegna il Governo: a sostenere, in primo luogo, tutti i passi concreti per il rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione di cui il Trattato di non proliferazione rappresenta tuttora la pietra angolare; in secondo luogo, a sostenere l'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle sperimentazione nucleari; in terzo luogo, a sostenere l'avvio di negoziati per la messa al bando della produzione materiale fissile; infine, in quarto luogo, per l'adozione universale del protocollo aggiuntivo dell'AIEA, con l'obiettivo di consolidare le capacità ispettive dell'Agenzia viennese che se da un lato possono e devono essere rafforzate, dall'altro hanno dimostrato, nella lunghissima vicenda con l'Iran, le proprie fragilità e opacità. Infine, invitiamo il Governo ad approfondire con gli alleati, nel quadro del nuovo concetto strategico della NATO di prossima approvazione, il ruolo delle armi nucleari substrategiche, presenti sul territorio europeo, e non solo, volte a garantire la sicurezza collettiva nello spazio euro-atlantico, con l'obiettivo finale di una loro progressiva ed ulteriore riduzione in aderenza all'obiettivo di assicurare un equilibrio degli armamenti nucleari al più basso livello possibile. Pag. 29Si tratta, quindi, di obiettivi tutti francamente raggiungibili con una buona politica, un buon approccio e molto pragmatismo, sapendo che evidentemente questo tipo di trattative e di dibattiti non riguardano più soltanto, come una volta, soltanto le due superpotenze, ma riguardano in generale sia le nazioni già aderenti al Trattato di non proliferazione, sia quelle che non hanno aderito, ma soprattutto dovrebbe riguardare quelle nazioni che stanno costruendosi illegalmente delle armi nucleari in barba a tutti i trattati internazionali. Bisogna capire che è assolutamente necessario, in contemporanea a questa trattativa tra le due superpotenze, svolgere anche trattative a livello regionale, perché moltissimi sono diventati, dalla fine della guerra fredda, i luoghi e le regioni strategiche entro i quali un dibattito sul disarmo nucleare è assolutamente necessario più che mai. Vi è questa diversa visione della sicurezza globale, che da un lato ci obbliga a seguire il Trattato fortemente voluto dalla NATO, dall'altro ci obbliga contemporaneamente a guardare con molto interesse a quello che succede nel subcontinente indiano, in Medio Oriente, e così via, proprio per cercare di raggiungere più rapidamente e sicuramente possibile l'obiettivo generale a cui accennavo all'inizio di questa esposizione, ovvero un mondo senza armi nucleari (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e del deputato La Malfa).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00372. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, dalla lettura delle varie mozioni mi ritengo molto soddisfatto e contento, perché mi sembra che possano effettivamente essere tutte quante votate favorevolmente. Negli ultimi anni, si è gradualmente avviata una nuova stagione, caratterizzata da una serie di accordi, che ha determinato un'importante riduzione delle armi di distruzione di massa esistenti sul nostro pianeta. Il Trattato di non proliferazione fu uno dei primi importanti passi nella direzione del disarmo. Il testo definitivo è del 1968 e fu aperto alla firma di altri Stati, oltre agli Stati Uniti d'America e all'allora Unione Sovietica. È necessario sottolineare, però, che, seppure moltissimi Stati hanno sottoscritto quel Trattato, molti altri sono rimasti fuori e, soprattutto, non sono stati dotati di peso politico e militare di livello perlomeno regionale. L'assenza di Israele, India e Pakistan dal novero degli Stati contraenti rischia, infatti, di minare alla base il Trattato e segnala le lacune del regime di non proliferazione.
I casi recenti dell'Iran e della Corea del Nord hanno evidenziato anche punti deboli nel sistema dei controlli, di cui è incaricata l'Agenzia AIEA, la quale si è dimostrata impotente di fronte ai sotterfugi usati da qualche Paese. È auspicabile, quindi, attribuire maggiori poteri all'Agenzia e, in particolare, sul piano istituzionale, è necessario che l'Agenzia operi in presa diretta con il Consiglio di sicurezza dell'ONU. Negli anni più recenti, si è assistito anche ad un radicale processo di disarmo e di riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze e questo, evidentemente, è un bene, un fatto positivo. In Europa, negli ultimi mesi, si sono registrate novità importanti: la Germania, i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo e la Norvegia, come è stato già riferito, hanno chiesto, infatti, al Segretario generale della NATO l'apertura di un dibattito, già in corso, per verificare se è necessario ancora far permanere ordigni nucleari sul suolo europeo, stante anche il fatto che il 10 marzo 2010 - come è stato ricordato - il Parlamento europeo ha approvato, con voto unanime, bipartisan, una risoluzione sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari.
L'Italia ha offerto un suo contributo sui temi del disarmo e della non proliferazione, anche con la pubblicazione, il 24 luglio 2008, di un appello firmato dai deputati D'Alema, Fini, Parisi, La Malfa e da altri deputati ed ex ministri e via dicendo che, praticamente, chiedeva la totale eliminazione delle armi nucleari. L'8 aprile 2010 è stato firmato, a Praga, dal Pag. 30Presidente statunitense Obama e da quello russo Medvedev, l'Accordo Start II, favorito proprio dalla nascita, nel 2002, a Pratica di Mare, del Consiglio NATO-Russia, preparato da incontri bilaterali al massimo livello tra Italia e Russia, i cui risultati sono stati confermati e apprezzati dai leader del G8 riuniti l'anno scorso a L'Aquila. Nonostante la cosiddetta guerra fredda sia finita da oltre 20 anni e il rischio di un conflitto nucleare tra nazioni sia diminuito, si deve però registrare l'aumento del rischio di attacchi atomici da parte di nuove potenze ed organizzazioni terroristiche, come dimostrano i numerosi casi di sequestro di materiale radioattivo destinato al mercato nero.
Tanto noi chiediamo al Governo, che si impegni proprio sui punti che sono stati qui citati dalle due precedenti mozioni ma presenti anche nella terza mozione presentata dall'UdC, punti che noi riteniamo sia necessario senz'altro ridurre in sostanza a tre: a sostenere ed incoraggiare la richiesta dell'apertura di un dibattito in sede NATO sulla presenza di armi nucleari sul territorio europeo; a sostenere passi concreti per il rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione né sperimentazione né produzione di materiale fissile e a svolgere un ruolo attivo che confermi e rafforzi la visione uscita dal vertice del G8 de L'Aquila per un mondo senza armi nucleari, facendo leva sull'importante passo avanti registrato con la firma del nuovo Trattato Start 2 ma anche sull'esigenza di favorire processi di disarmo che includano negoziati sulla riduzione delle armi non strategiche. In questo quadro c'è bisogno di un rafforzamento effettivo dell'agenzia AIEA con l'obiettivo di consolidare le capacità ispettive dell'Agenzia viennese senza creare ostacoli per l'intrusione nei vari Stati. Ritengo che le quattro mozioni possano ridursi sostanzialmente ad una, se leggiamo proprio il dispositivo della mozione sottoscritta da me e da altri amici deputati, che si possa approvare tutti insieme - sarebbe un messaggio internazionale importantissimo - un'unica mozione all'unanimità da parte di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, sono cofirmatario della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00359 (Nuova formulazione) e in chiusura spiegherò i motivi. In questa prima parte mi sforzerò di inquadrare il contesto di riferimento partendo proprio dalla risoluzione n. 1887 adottata lo scorso settembre dal Consiglio di sicurezza dell'ONU che prefigura un mondo senza armi atomiche, come ricordavano la collega Boniver e gli altri colleghi che mi hanno preceduto, e che esorta tutti i Paesi a rafforzare i Trattati di non proliferazione nucleare. Il documento di cinque pagine preparato negli Stati Uniti e negoziato al Palazzo di Vetro «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Trattato di non proliferazione di entrare nel Trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data più che mai prossima».
Il primo pilastro del Trattato di non proliferazione nucleare è il disarmo nucleare. Si tratta di un Trattato discriminatorio: i cinque Paesi che avevano effettuato un test nucleare prima del 1o gennaio 1967 e che sono anche i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, sono autorizzati a possedere le armi nucleari, mentre ciò è interdetto agli altri Paesi aderenti al Trattato, che sono perciò definiti Paesi non nucleari nel Trattato stesso. Nello spirito del Trattato di non proliferazione questa discriminazione è provvisoria. I Paesi nucleari sono, infatti, tenuti a procedere speditamente e in buona fede alle trattative per la eliminazione delle loro armi nucleari.
Il secondo pilastro è la non proliferazione: a nessun Paese membro del Trattato è consentito trasferire o ricevere armi od esplosivi nucleari o parti di esse. Nessun Paese nucleare può fornire assistenza per la costruzione di esplosivi nucleari a Pag. 31Paesi non nucleari né affidare il controllo diretto o indiretto di armi nucleari a Paesi non nucleari. Inoltre, tutti i Paesi non nucleari devono concordare con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica di Vienna le procedure di controllo delle proprie attività nucleari pacifiche.
Infine, il terzo pilastro del Trattato riguarda il diritto inalienabile dei Paesi membri del Trattato a sviluppare energie nucleari per scopi pacifici e a ricevere l'assistenza relativa. Secondo gli analisti esistono attualmente circa 200 armi nucleari tattiche americane in Europa. Francia e Regno Unito hanno il loro autonomo deterrente nucleare.
Le armi nucleari americane sono stazionate in cinque Paesi della NATO: Belgio, Germania, Italia (che, a quanto pare, ne avrebbe un numero cospicuo nelle due basi di Aviano e Ghedi Torre), Olanda e Turchia. In questo scenario il Governo di coalizione tedesca ha elaborato una proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono stati poi i Paesi del Benelux, primo tra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul proprio territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito. In Italia il Governo non ha ancora preso alcuna posizione concreta. L'unico Paese ad aver assunto la stessa posizione dell'Italia finora è la Turchia che, in quanto vicina all'Iran, ha interessi strategici diversi da quelli dell'Italia.
La Corte internazionale di giustizia nel parere del 1996 sulle armi nucleari ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario.
L'Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armi nucleari, è costretta ad effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. La dichiarazione dovrebbe essere revocata.
Inoltre c'è l'obbligo di uno Stato non nucleare, membro del Trattato di non proliferazione nucleare, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate, rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto del Trattato di non proliferazione nucleare.
Tra l'altro, l'attuale posizione dell'Italia non è in sintonia con alcuni recenti atti della politica estera italiana, come il Trattato italo-libico del 2008 che all'articolo 21 impegna i due Paesi a fare del Mediterraneo una regione priva di armi di distruzione di massa. È evidente che le armi nucleari tattiche che stazionano sul territorio italiano sono inutili e che l'Italia dovrebbe unirsi alla Germania e agli altri Paesi continentali che ne chiedono una rimozione, tranne che non voglia invece chiederne - per paradosso - un ammodernamento.
Il 28 maggio scorso, dopo quasi un mese di lavori, si è conclusa a New York la Conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare; i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di ventotto pagine, nel quale si dettagliano i passi successivi nella strada verso il disarmo globale. In sostanza, le cinque potenze nucleari, Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina si impegnano ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire l'importanza strategica delle armi nucleari e a presentare un rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014. Inoltre, viene indetta per il 2012 una Conferenza internazionale per la «denuclearizzazione del Medio Oriente» e l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa. Sabato Israele ha chiarito che non parteciperà e non accetterà di essere sottoposto a ispezioni, lo ha affermato in un comunicato ufficiale Nir Hefetz, consigliere per la stampa del premier Netanyahu. Il documento finale dell'ONU auspica che Israele aderisca al Trattato di non proliferazione nucleare mettendo le sue testate nucleari, mai dichiarate ufficialmente, sotto il controllo Pag. 32dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Il Presidente degli Stati Uniti Obama ha accolto con soddisfazione l'Accordo, definito equilibrato e realista, ma ha sottolineato che il proprio forte disaccordo con il fatto che Israele sia l'unico Paese menzionato nella sezione dedicata alla denuclearizzazione del Medio Oriente può essere un impedimento.
Una notizia appresa dai giornali di questi giorni è che il senatore del Popolo della Libertà Luigi Compagna, componente della Commissione esteri di palazzo Madama si schiera dalla parte di Israele e accusa il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon di essere il continuatore di Kurt Waldheim, l'austriaco che aveva fatto parte dell'esercito nazista e che poi fu anche Segretario generale delle Nazione Unite tra il 1972 e il 1981. Una dichiarazione forte, a maggior ragione se è l'unica, fino a questo momento, o quasi, emersa nel post-Conferenza da parte del Governo italiano. Il 4 aprile 2010 si è celebrata la «giornata internazionale per la sensibilizzazione sul problema delle mine e sostegno alla mine action». Il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha definito le mine antipersona come «armi dall'utilizzo indiscriminato che causano gravi mutilazioni, uccidono ed ostacolano la ricostruzione nelle aree devastate dai conflitti». L'Italia è stata uno dei maggiori esportatori mondiali di mine fino alla messa al bando della loro produzione, nel 1994. La presidenza del gruppo EveryOne, una organizzazione al di fuori di ogni corrente politica, che opera a livello internazionale per la tutela dei diritti umani e civili, ha sottolineato che, a dispetto degli impegni assunti, il Governo italiano ha smesso da alcuni anni di destinare fondi alle operazioni di bonifica delle mine antiuomo e ha limitato gli aiuti destinati all'assistenza delle vittime. Ancora il gruppo EveryOne denuncia che l'Italia ha proseguito nella produzione dei componenti che servono per assemblare le mine. In un comunicato l'associazione chiede che apposite commissioni internazionali effettuino controlli presso le aziende di componenti elettronici e di produzione di armamenti - per esempio in provincia di Brescia - per evitare un traffico di morte che non si è mai fermato.
Le schede che permettono il funzionamento di queste mine - afferma sempre EveryOne, riprendendo le osservazioni di padre Marcello Storgato, missionario saveriano di Brescia e animatore della campagna contro le mine - vengono prodotte ufficialmente per altri usi ma sappiamo che poi finiscono - dice Marcello Storgato - all'estero, dove rientrano nella fabbricazione di micidiali ordigni. Una tecnica, quella della produzione di componenti e assemblaggio in diversi Paesi, già in uso per aggirare alcune proibizioni in atto prima dell'entrata in vigore della messa al bando delle mine antipersona. Va ricordato che le mine Valmara 69, meglio conosciute come V-69, di fabbricazione della ditta bresciana Valsella, non sono più prodotte in Italia ma tuttora numerose copie sono prodotte in altri Paesi (faccio solo il nome di Singapore). Il Governo, quindi, dovrà chiarire l'attuale posizione assunta in merito ai fondi nelle operazioni di bonifica delle mine antiuomo e agli aiuti destinati all'assistenza delle vittime.
In quest'ambito, altrettanto importante è il controllo degli investimenti nei settori delle mine antiuomo e delle bombe a grappolo effettuati dai gruppi bancari e finanziari internazionali. Il 29 marzo di quest'anno il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato il Rapporto annuale sulle linee di politica del Governo in materia di controllo dell'esportazione, dell'importazione e del transito dei materiali d'armamento. In esso sono riportati i principi, i divieti e i vincoli posti alla base delle valutazioni per il rilascio delle autorizzazioni nonché una sintesi dei dati e delle attività svolte nel 2009 sia in ambito nazionale sia internazionale. Nel rapporto della Presidenza del Consiglio vi sono decine di tabelle che indicano autorizzazioni, destinatari e committenti, proprio come previsto dalla legge n. 185 del 1990. Ne manca una sola e lo ripeto ancora adesso avendolo già detto qualche tempo fa in quest'Aula. Non è presente la tabella Pag. 33che riporta l'elenco dettagliato delle banche attraverso cui sono realizzate le operazioni. Questa lista manca dal 2008, ossia dall'anno di entrata in carica di questo Governo. In quella tabella vi era il nome della banca, il valore della commessa e il Paese destinatario. Incrociando questi dati con quelli del Ministero degli affari esteri si poteva capire quale tipo di armi era stato fornito.
Tuttavia, un quadro può essere poi fatto meglio, e ancor meglio utilizzato, analizzando alcuni dati forniti dall'Ires Toscana, che è un ente di ricerca no profit. Dal 2001 al 2008 più del 60 per cento delle operazioni di incassi per esportazione di armamenti italiani è stato effettuato da tre gruppi bancari: BNP Paribas, per 2 miliardi e 300 milioni di euro; Intesa Sanpaolo, per 2 miliardi e 200 milioni di euro; Unicredit, per 2 miliardi di euro.
La tabella delle operazioni bancarie dovrebbe - ma, a mio avviso, deve - essere riportata nella più ampia relazione in Parlamento e mi auguro che quanto prima il Governo venga in Aula a riferire su questo dato su cui si è impegnato non solo formalmente. Al momento non vi sono segnali di distensione in questo senso e di disponibilità, né vi è l'elenco dettagliato delle singole utilizzazioni rilasciate dalle banche, ossia l'elenco di riepilogo da cui si possa capire in che modo questi istituti entrano così prepotentemente all'interno di questi elementi che abbiamo sempre affermato di mettere al bando. Soprattutto, non si dà la possibilità, in termini di trasparenza e di controllo, alla società civile di poter entrare non solo in possesso di tali dati, ma di averne il controllo democratico.
Nel 2009 dopo Rete Disarmo anche la campagna di pressione delle banche armate con un comunicato stampa commentò e prese posizione sul rapporto del Presidente del Consiglio sull'esportazione degli armamenti relativi all'anno 2008. Nel comunicato la campagna, tra l'altro, si riteneva fortemente preoccupata per il consistente incremento delle esportazioni di armamenti, constatando un'ingiustificata mancanza nel rapporto della tabella riassuntiva del valore degli importi autorizzati agli istituti di credito di cui sopra. Il Governo dovrebbe spiegare finalmente quali sono i motivi che lo hanno portato ad eliminare dal Rapporto annuale sulle linee di politica del Governo in materia di controllo delle esportazioni, delle importazioni e del transito di materiale d'armamento la tabella che riporta l'elenco dettagliato delle banche attraverso cui sono state realizzate le operazioni e dovrebbe pensare di reinserirla per dare finalmente una chiara volontà di trasparenza su tutti i settore dell'esportazione di armamenti.
Un altro tema molto importante è quello delle cluster bombs. Nel maggio 2008, 109 nazioni hanno firmato a Dublino la Convenzione internazionale per la messa al bando delle bombe a grappolo, i micidiali ordigni che contengono al loro interno centinaia di bombe più piccole e che si sparpagliano sul territorio creando molti più danni a cose e a persone. Il Trattato è stato ufficialmente firmato a Oslo a dicembre dello stesso anno e impegna i firmatari a non usare in alcuna circostanza le cosiddette cluster bombs, né a produrre, acquistare, conservare o trasferire a chiunque, direttamente o indirettamente, questo tipo di armi.
L'accordo impegna altresì i Paesi firmatari all'assistenza delle vittime e alla bonifica delle aree interessate e a prevedere anche la distruzione degli arsenali nel giro di otto anni, ma lascerebbe la possibilità di impiego di bombe a grappolo più piccole di nuova generazione, in grado di colpire gli obiettivi con maggiore precisione, e provviste di un maggiore potenziale di autodistruzione. I Paesi aderenti al Trattato possono continuare a operare nel settore della difesa con Paesi non firmatari.
Con le ultime ratifiche del Trattato da parte del Burkina Faso e della Moldavia, la convenzione dell'ONU ha raggiunto il quorum dei 30 Stati ratificanti necessari per la sua entrata in vigore che avverrà il prossimo agosto. Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha definito questo traguardo come un passo fondamentale nell'agenda del disarmo mondiale e ha Pag. 34detto che la ratifica dimostra la repulsione nei confronti di queste armi, inaffidabili e inaccurate.
Sebbene l'Italia abbia firmato il Trattato a Oslo nel dicembre 2008, non è tra i primi 30 Paesi che lo hanno ratificato. Inoltre, da un documento di Human Right Watch, l'Italia risulta tra i Paesi che in passato hanno prodotto munizioni cluster e possono averne stoccate un'ampia quantità. Nel 2006 un rapporto dell'associazione Handicap International evidenzia che sarebbero circa 100 milioni le bombe a grappolo rimaste inesplose nel mondo delle oltre 440 milioni che risalgono al 1965. Da allora oltre 100 mila persone, nella quasi totalità civili, sono state uccise o mutilate dagli ordigni a grappolo e più di un quarto sono bambini che scambiano le bombe per giocattoli o per lattine.
Il 16 gennaio 2007 la Commissione difesa della Camera ha approvato la risoluzione 8/00027 ed impegnato il Governo, tra l'altro, ad assumere le necessarie iniziative per procedere alla ratifica del protocollo V annesso alla Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati fatta a Ginevra nell'ottobre 1980 e per promuovere una decisa azione diplomatica per la creazione di un protocollo VI da annettere alla predetta convenzione che vieti senza ambiguità la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l'uso delle munizioni a grappolo.
Voglio ricordare anche un ulteriore dato in merito a questo. A fine 2007, dopo anni di attesa, il Ministero della difesa ha per la prima volta quantificato la dotazione delle nostre forze armate: 5 mila bombe cluster fra razzi che erano appannaggio dell'esercito, dell'aeronautica e della marina. Ma nella relazione è contenuta una sgradita sorpresa. Accanto alla stima del costo di 10 milioni di euro in tre anni per dismetterle, si indica anche un'altra cifra: 160 milioni di euro che «servirebbero» (il condizionale non lo uso io, ma il Ministero della difesa) per sostituire le bombe cluster con nuove armi. La richiesta suonava paradossale già allora. Perché dei finanziamenti così cospicui per sostituire armi già bandite dai trattati internazionali, come il trattato di Oslo che l'Italia aveva già firmato? E poi non vi è alcun nesso tra lo smaltimento delle bombe con l'acquisto di nuove armi. Tra l'altro, pare che oggi di questa relazione non vi sia traccia. Dunque rimane un mistero la mancata ratifica di un accordo firmato ormai da anni.
Ultimamente sono stati tanti gli appuntamenti a livello internazionale: il 6 aprile 2010 il dipartimento della difesa degli Stati Uniti ha presentato la Nuclear posture review che, in coerenza con l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari (come si diceva prima), ridefinisce la politica statunitense in materia, a partire dalla riduzione del ruolo e del numero delle armi nucleari nella strategia di sicurezza nazionale e dalla decisione di non usare né di minacciare l'uso di armi nucleari contro Paesi non nucleari, membri del trattato di non proliferazione ed in regola con l'impegno per la non proliferazione; l'8 aprile 2010 a Praga è stato sottoscritto dal presidente americano Obama e dal presidente russo il nuovo trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari che succede al trattato Start, scaduto nel dicembre 2009, che consentirà di compiere un ulteriore significativo passo nella prospettiva di un completo disarmo nucleare; il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al Segretario generale della NATO per richiedere l'apertura formale di un dibattito già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri, che si è tenuta il 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo.
L'istanza avanzata da cinque paesi europei sembra collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia tracciata da Obama. In conclusione, voglio dire che, avendo cofirmato e sostenuto la mozione Mogherini Rebesani n. 1-00359, evidentemente lavoro unitamente al mio Pag. 35gruppo affinché si raggiungano quei risultati che tutti hanno auspicato nelle mozioni illustrate prima che io parlassi, ma credo che ci debba essere anche l'impegno forte del Governo affinché persegua effettivamente questi atti attraverso comportamenti, iniziative e con il coinvolgimento pieno delle opposizioni e, soprattutto, del Parlamento.
Credo che ci debba essere in questa fase, attraverso la presentazione delle mozioni, una sintesi forte. Noi l'abbiamo già fatto: come gruppo parlamentare di Italia dei Valori abbiamo già fatto una sintesi nostra, cofirmando la mozione Mogherini Rebesani n. 1-00359, perché riteniamo che da qui debba partire il messaggio. Infatti, oggi una mozione unitaria di maggioranza e opposizione rappresenterebbe una ritrovata unitarietà che dà un segnale fortissimo a livello internazionale di condivisione e di percezione di una strategia che deve essere necessariamente condivisa da tutti.
Non solo: credo che in questa occasione con questo dibattito di alto profilo, con la presenza di personaggi che hanno fatto anche in qualche modo la storia di questo Parlamento, si debba cominciare a lavorare non all'interno delle divisioni, ma affinché su elementi così sensibili di principio, che danno l'ossatura forte di uno Stato e di una Nazione, l'intero Parlamento - attraverso il prolungamento che è il Governo - si possa riconoscere attraverso una serie di atti, fatti e comportamenti inequivocabili che non diano la possibilità di poter avere retropensieri o torcicollismi. Auspichiamo che finalmente, pur partendo da posizioni diverse, si raggiunga una condivisione necessaria perché non solo gli italiani e i nostri concittadini, non solo questo Parlamento, ma l'intera comunità internazionale vorrebbe finalmente un Paese unito e un Parlamento degno di questo nome.
Mi auguro che questo sforzo venga prodotto e che giovedì tutti insieme si possa votare una mozione unitaria che appartenga all'intero Parlamento e non ad una delle parti (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, l'onorevole Mogherini Rebesani ha illustrato la mozione n. 1-00359 della quale sono cofirmatario, quindi mi rimetto alla sua illustrazione. Voglio soltanto dire, avendo ascoltato il dibattito, che le due diverse mozioni presentate sollevano due punti politici sui quali bisogna essere molto chiari.
Riguardo al primo noi conveniamo sul fatto che la decisione riguardante questa classe di armi nucleari deve essere presa in sede NATO e, quindi, si tratta di una decisione che non può essere unilaterale né degli Stati Uniti, né del paese ospitante queste armi. Dovendo avvenire con le procedure della NATO, si tratta quindi di una decisione che deve raggiungere il consenso tra i paesi.
In secondo luogo, tuttavia, in quella sede noi vorremmo impegnare il Governo italiano a sostenere la possibilità di eliminare queste armi. Se questi due punti sono acquisiti e posti al centro delle varie mozioni, possiamo giungere - come io spero - ad una mozione unica, che dica con chiarezza queste due cose e che, quindi, dia all'Italia un ruolo chiaro nel prosieguo di questa discussione.
Mi riservo, signor Presidente, di intervenire per dichiarazione di voto per dare un giudizio se sia stato raggiunto o meno questo obiettivo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Sospendo adesso la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e, a Pag. 36partire dalle ore 16, con la discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della difesa e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Chiarimenti in merito ad un'operazione condotta da militari italiani nella zona di Bala Murghab in Afghanistan - n. 3-01096)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01096, concernente chiarimenti in merito ad un'operazione condotta da militari italiani nella zona di Bala Murghab in Afghanistan (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, come gruppo dell'Italia dei Valori chiediamo al Ministro La Russa di riferire, confermare o smentire quanto rivelato in questi giorni dal settimanale L'espresso circa un'operazione condotta il 18 maggio scorso da nostri alpini paracadutisti accompagnati da marines americani e da commandos afgani contro un accampamento talebano nei pressi di Bala Murghab. Se questo fosse vero si tratterebbe di un'azione di ritorsione, un'operazione - a quanto riferisce il settimanale con dovizia di particolari - che avrebbe avuto luogo il giorno dopo l'attentato nel quale hanno perso tragicamente la vita due alpini italiani. Questa azione avrebbe quindi avuto i contorni di una vera e propria azione di guerra autorizzata dal Ministro La Russa in persona.
Se ciò fosse vero, com'è evidente, saremmo di fronte ad un teatro di guerra e non ad una missione di pace, come abbiamo sempre sostenuto e votato in quest'Aula e saremmo in contraddizione con il dettato dell'articolo 11 della Costituzione che dice che l'Italia ripudia la guerra.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha facoltà di rispondere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevole Evangelisti, come lei sa ho già diramato una nota in risposta a questo articoletto de L'espresso che, sia detto per inciso, ha omesso di fare una delle cose più semplici del mondo prima di pubblicare: chiedere informazioni al Ministero. Avrebbe avuto non una replica, ma un'informazione quanto meno da mettere insieme alla presunta notizia.
Le dico subito in forma chiara che le forze speciali nella giornata del 18 maggio, ovvero il giorno dopo il tragico evento che è costato la vita a due alpini della Taurinense, non sono state impiegate in alcun modo nel distretto di Bala Murghab. Invece le truppe normali, non le truppe speciali, sono state impiegate il 17, il 18 e il 19 in attività operative programmate da tempo. Quindi escludo nella maniera più categorica che abbia un benché minimo fondamento la notizia suggestiva de L'espresso in base alla quale vi sarebbe stata un'azione di ritorsione. La normale attività operativa programmata da tempo prevede, come lei sa, l'uso della forza secondo le regole di ingaggio che non vengono fissate dalla singola forza, tanto meno dal Ministro della difesa italiana, ma sono dettate dagli organismi internazionali. Semmai qualcuno può sottrarsi a delle regole, ma non può certamente aggiungerne.
Quindi la notizia è ancora più destituita di fondamento e, se non fosse in prossimità di una notizia tragica qual è quella dell'uccisione dei nostri due militari vigliaccamente colpiti il giorno 17, verrebbe da ridere a pensare che un Ministro della difesa possa intervenire, ordinare o Pag. 37comunque autorizzare azioni di ritorsione. Mi richiamo alle parole del Presidente della Repubblica che è stato chiaro nel ricordare il senso alto del nostro impegno in Afghanistan per la pace in quegli sfortunati territori, per garantire all'Italia un plus di sicurezza contro il terrorismo e per assolvere ad un impegno sottoscritto a livello internazionale. Il Presidente della Repubblica Napolitano, non solo il Governo, non solo il ministro e non solo qualunque ragazzo al primo anno di università, sa che la nostra Costituzione prevede che vi sia il ripudio della guerra e prevede inoltre nel comma immediatamente successivo la possibilità di aderire ad organismi internazionali per il conseguimento della pace: esattamente quello che sta avvenendo nelle missioni internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro, ma ci riteniamo assolutamente insoddisfatti perché forse è la risposta del Ministro altrettanto inquietante. Noi, infatti, ci riferiamo ad un qualcosa che è successo e chiediamo semplicemente se all'interno di questo fatto vi siano ancora i presupposti affinché questo Stato, questa nazione, questo Parlamento (dunque non solo il Governo e non solo il Ministro) possano ritenere che questa sia ancora una missione di peacekeeping, che mantenga al suo interno l'addestramento, la ricostruzione, la sicurezza nell'ambito dell'obiettivo della stabilità.
Noi siamo costretti a svolgere questi interventi nel question time e nelle interrogazioni perché lei, ancora una volta, caro Ministro, si rifiuta di venire in Aula a rappresentarci qual è la situazione, come abbiamo chiesto a più riprese, nel recente passato, in occasione del dibattito sulle missioni internazionali, sulla loro messa in campo, e quindi sul rifinanziamento. Abbiamo chiesto più volte che venisse in Aula a riferirci qual è lo stato dell'arte, e soprattutto se la situazione, nella prospettiva che concerne la stabilità dell'Afghanistan, riguarda ancora questi elementi della nostra missione che si devono contraddistinguere per quei connotati di peacekeeping.
Ritengo che noi stiamo facendo completamente il nostro dovere, il nostro mestiere, come truppe stiamo assolutamente dalla parte degli alpini, dalla parte delle famiglie e delle persone colpite, ma sicuramente lei non sta facendo il suo dovere sotto il profilo della trasparenza, dell'informazione e del rendere il Parlamento partecipe di questo stato dell'arte.
Credo che sia una prerogativa del Parlamento essere informato costantemente sulle missioni internazionali e soprattutto sullo stato dell'arte della missione in Afghanistan. Lei si sottrae costantemente, noi costantemente la portiamo qui a riflettere e vorremmo che quanto prima lei venisse, come dire, non «spintaneamente», ma spontaneamente a riferire in Aula sullo stato delle missioni internazionali e soprattutto sullo stato dell'arte della missione in Afghanistan. Grazie e speriamo che sia l'ultima volta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per la revisione della qualità della spesa del Ministero della difesa, anche al fine di valorizzare il ruolo internazionale dell'Italia - n. 3-01097)

PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01097, concernente iniziative per la revisione della qualità della spesa del Ministero della difesa, anche al fine di valorizzare il ruolo internazionale dell'Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, come gruppo di Alleanza per l'Italia chiediamo al Ministro se intenda avviare con il Parlamento una revisione della qualità della spesa relativa al suo dicastero, in modo particolare con riferimento alle risorse destinate al personale, Pag. 38che coprono il 75 per cento della disponibilità, e le spese di equipaggiamento che racchiudono il rimanente. Ciò solo per affermare che in questo momento sarebbero necessari una tecnologia e un ruolo dell'Italia più adeguati a livello internazionale. Il riferimento è ai Balcani, al Kosovo, ossia ad un'area che per l'Italia riveste un'importanza strategica e primaria, dove la pacificazione interetnica è molto lontana da venire. Pertanto vorremmo capire dal Ministro se intenda procedere in tal senso.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha facoltà di rispondere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Mosella per la domanda che mi dà la possibilità, come sempre, di rispondere con assoluta trasparenza ed assoluta puntualità.
Presidente, io richiedo a lei - credo che non sia un fuor d'opera - di intervenire, perché questo è un dovere anche del Presidente - mi permetto di dirglielo -, quando un deputato dice delle cose assolutamente così mendaci, quale quella di accusare un Ministro di sottrarsi ad una richiesta. Lei, essendo Presidente, sa benissimo che non è mai capitato che il Governo, e in particolare questo Ministro, si sia sottratto alla richiesta di venire in Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), come sto facendo in questo caso per un'interrogazione, come abbiamo sempre fatto in Commissione e in Aula tutte le volte e anche quando non è stato richiesto, per esempio in occasione ...

ROBERTO GIACHETTI. Questo non è accettabile!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa.... per esempio in occasione del finanziamento delle missioni.

ROBERTO GIACHETTI. Abbassa la voce! Non sei in caserma!

AUGUSTO DI STANISLAO. Questo non lo puoi dire!

PRESIDENTE. Per favore...

ROBERTO GIACHETTI. Ci manca solo che il Ministro dica cosa deve fare il Presidente!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Chiedo al Presidente di intervenire.

ROBERTO GIACHETTI. Ma fai il tuo compito!

PRESIDENTE. Lasciate parlare il Ministro, il Presidente a suo tempo dirà il suo punto di vista.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Bene. Non è mai capitato che non siamo intervenuti, le bugie hanno le gambe corte, non basta avere la televisione davanti.
Rispondendo a questa interrogazione nel tempo che mi rimane, per la quale ringrazio l'onorevole interrogante, in relazione alla missione NATO in Kosovo, l'Alleanza da alcuni mesi ha approvato, con il nostro sostegno, il piano di riduzione della presenza, la cosiddetta deterrence presence, che prevede una riduzione in tre fasi della forza multinazionale KFOR destinata a ridursi dalle attuali 14 mila unità a circa 2.250. È già iniziato il primo gate, ce ne saranno altri due per ridurre drasticamente e poi annullare la necessità della missione, proprio perché abbiamo raggiunto enormi risultati.
Quindi, le posso confermare che la riduzione non dipende dalla mancanza di risorse, ma dall'organizzazione internazionale, che ha deciso e valutato che si può finalmente effettuare tale riduzione. Questo è chiaro e ci fa spendere anche una minore quantità di risorse: ne siamo lieti, ma se ci fosse stato bisogno di rimanere, noi non avremmo compiuto alcuna scelta unilaterale. L'Italia si vanta, in tutte le missioni internazionali, di non essere mai andata via unilateralmente, ma di avere Pag. 39rispettato sempre gli impegni presi, esattamente come è avvenuto e come sta avvenendo nei Balcani.
Una sua seconda domanda, alla quale non voglio sfuggire, è relativa alla qualità della spesa del mio Dicastero. Lei ha affermato che la spesa per il personale raggiunge il 75 per cento: questa affermazione non è corretta. Voglio comunque precisare che la Difesa, fermo restando il mantenimento dei parametri standard internazionali, è impegnata a perseguire tutte le opportunità di efficientamento che scaturiranno dall'attuazione del progetto di riorganizzazione e di ristrutturazione, mirato ad un'incisiva razionalizzazione delle strutture e dei processi.

PRESIDENTE. Signor Ministro, mi capita di avere sotto mano il Regolamento della Camera dei deputati, che all'articolo 59 stabilisce: «Se un deputato pronunzia parole sconvenienti oppure turba col suo contegno la libertà delle discussioni o l'ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo». Non vi sono altri casi nei quali il Presidente è abilitato ad intervenire sui deputati.
Non fa parte dei compiti della Presidenza ristabilire la verità dei fatti, perché la verità dei fatti è oggetto di giudizio politico e ad alcuni può apparire in un modo, ad altri in un altro. La Presidenza ha il dovere di tutelare la libertà di ogni deputato di sostenere il modo in cui vede i fatti, fatto salvo il divieto di insultare altri soggetti, deputati o non deputati, all'interno di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

AUGUSTO DI STANISLAO. Applaudo alle sue parole, ma questo lo deve dire al Ministro!

PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di replicare.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, prendo atto che, in maniera abbastanza irrituale, la metà del tempo a disposizione del Ministro è stata utilizzata per replicare al collega. Non mi ritengo soddisfatto della risposta, per due motivi. Innanzitutto, per la rapidità con la quale la questione è stata risolta in termini amministrativi: le cifre sono quelle pubblicate, ma avremo modo di tornare sul punto.
Non a caso, ho ripreso il tema dei Balcani, perché nel Kosovo è alle stelle la tensione tra la componente serba e la componente kosovara di origine albanese. Nonostante l'ormai quasi decennale presenza dei nostri militari, non sembrano nemmeno sopirsi gli odi fra le due fazioni che abitano in quella che da molti, ormai, è denominata la Gerusalemme d'Europa. Si tratta di un tema delicato e complesso, che richiederebbe ben altra trattazione.
Tuttavia, vorremmo far notare che, oltre ad un costante taglio delle risorse finanziarie del suo Ministero, che sta portando automaticamente (credo che i cittadini e l'Assemblea lo comprendano benissimo) a decurtare missioni delicate, vi sono focolai molto vicini a noi, ai quali poniamo grande attenzione per le ripercussioni che si possono generare (l'area dei Balcani è un esempio). Le missioni dovrebbero ricevere investimenti molto più seri e razionali, sia a tutela dei nostri soldati, per la loro sicurezza, sia per uscire da una crisi che, francamente, essendo alle porte di casa, dovrebbe interessarci.
Si tratta di una situazione tesa. Non sono mai state così distanti le posizioni fra le due fazioni: da un lato il Governo ufficiale del Kosovo, che ribadisce la sua autonomia e indipendenza, che traspare chiaramente anche dalle parole dell'ambasciatore del Kosovo in Italia, e dall'altro lato la Serbia, che ha ormai perso ogni diritto per governare sul popolo kosovaro. Si tratta di un tema che ci sta a cuore e ci auguriamo che possa trovare in lei un riscontro più puntuale.

(Iniziative del Ministero della difesa in occasione della Festa nazionale della Repubblica italiana - n. 3-01098)

PRESIDENTE. L'onorevole Moles ha facoltà di illustrare l'interrogazione Baldelli Pag. 40n. 3-01098, concernente iniziative del Ministero della difesa in occasione della festa nazionale della Repubblica italiana (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MOLES. Signor Presidente, domani, 2 giugno, le Forze armate italiane celebreranno il sessantaquattresimo anniversario della fondazione della Repubblica. La festa della Repubblica rappresenta non soltanto una ricorrenza dal senso profondo e dall'altissimo valore etico e storico, ma è intesa quale momento di affermazione e diffusione degli altissimi valori e principi di democrazia, libertà, uguaglianza e giustizia, di cui la nostra Costituzione è portatrice, condizione e guida per un'Italia coesa, prospera e solidale.
Le Forze armate italiane, strumento di cooperazione per la costruzione e il mantenimento della pace e della sicurezza collettiva, sono da anni in prima linea nei tanti teatri di crisi, dove sono calpestati diritti umani e libertà civili ed economiche.
Attraverso la sfilata del 2 giugno, che quest'anno ha come tema proprio la Repubblica e le sue Forze armate, il personale delle Forze armate, delle forze di polizia e dei corpi dello Stato rendono omaggio alla Repubblica italiana, ma allo stesso tempo ricevono la gratitudine e la vicinanza dei cittadini e delle istituzioni democratiche per il loro impegno, dedizione e senso del dovere, purtroppo a volte fino al sacrificio della vita.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il senso dell'interrogazione che abbiamo inteso rivolgere al Ministro della difesa è quello di conoscere se lo spirito di questa manifestazione celebrativa è in piena sintonia con quanto esposto e, nel contempo, di sapere quale sarà l'impegno organizzativo per realizzare l'evento.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha facoltà di rispondere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Moles per l'interrogazione. Posso confermare che l'intento della celebrazione del 2 giugno è quello di celebrare il sessantaquattresimo anniversario della proclamazione della Repubblica, che è un passaggio decisivo nel cammino che l'Italia ha percorso per fare propri i principi di democrazia e libertà sui quali si fonda la nostra Costituzione.
Credo, però, che la celebrazione del 2 giugno vada oltre e sia oggi testimonianza di una coesione nazionale indispensabile per potere affrontare in tutti i modi le sfide del presente e del futuro, anche in un momento difficile quale è l'attuale congiuntura economica internazionale.
Solo il sentirsi figli della stessa storia, dello stesso destino e della stessa patria, e solo il saper riconoscere i motivi fondanti della nostra unità, cui molto hanno concorso in ogni epoca le Forze armate con il loro sacrificio, la loro dedizione, il loro attaccamento e amore per la patria, credo sia alla base della celebrazione e delle ragioni per cui occorre continuare a considerare quest'evento un momento centrale.
Le do qualche ragguaglio, visto che me lo ha chiesto, anche sui dati organizzativi: la parata avrà inizio alle ore 9,10 con la deposizione di una corona d'alloro all'altare della patria da parte del Presidente della Repubblica, con l'alzabandiera. Come negli anni passati, vi saranno vari settori: diciotto delegazioni estere, undici organizzazioni internazionali, che parteciperanno insieme naturalmente a tutte le Forze armate, ai rappresentanti delle organizzazioni civili, dei corpi armati dello Stato, dell'ordinamento sia civile che militare. Inoltre, sfileranno circa 5.600 militari, 442 civili, 260 mezzi e anche 210 quadrupedi.
Alle ore 12,30 - lo dico anche per i giornalisti, questa è una novità assoluta che è collegata al fatto che già quest'anno avviamo le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario - al termine della sfilata, sull'area antistante la scalea del Vittoriano, cioè l'altare della patria, si terrà un concerto aperto al pubblico da parte di un complesso musicale composto Pag. 41da settantacinque elementi, quindici per ciascuna banda militare, Esercito, Marina, Aeronautica, carabinieri e guardia di finanza, diretto alternativamente dai rispettivi maestri e direttori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, solo un secondo ancora. Credo si tratti di una manifestazione che ci consentirà di unirci ai piedi dell'altare della patria per celebrare un momento importante, con il pensiero rivolto ai tanti caduti che hanno dato la vita per edificare l'unità dell'Italia, la nostra Repubblica, e per rispettare i valori della nostra patria (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Moles ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MOLES. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, sia per la presenza sempre puntuale, sia in Commissione che in Aula - checché se ne dica - sia per la risposta che ha voluto fornire, di cui mi dichiaro pienamente soddisfatto, avendone apprezzato la chiarezza e la coerenza.
In primo luogo, desidero esprimere - anche a nome del gruppo che rappresento - l'apprezzamento per la sensibilità che lei, signor Ministro, ha dimostrato proprio in relazione alla difficile contingenza che il Paese sta attraversando, adottando - come ha fatto osservare - coerenti misure per conferire un'adeguata sobrietà alla manifestazione, analogamente, peraltro, a quanto già operato in occasioni precedenti.
Celebrando il 2 giugno, le Forze armate rinnovano idealmente il giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione, adempiendo con disciplina ed onore al dovere di difendere la patria e salvaguardarne le libere istituzioni.
Quindi, agli uomini e alle donne delle Forze armate, va il convinto riconoscimento proprio delle istituzioni, per il loro costante impegno al servizio della nazione, a tutela della sovranità e della sicurezza nazionale e nell'ambito della partecipazione alle varie missioni di pace alle quali prendiamo parte. Questo impegno ha consentito all'Italia di acquisire un ruolo e un'immagine di primissimo piano all'interno della comunità internazionale, nell'ambito delle iniziative di contrasto al terrorismo, al fine di garantire prospettive di effettivo sviluppo e pacifica convivenza tra i popoli.
La Difesa e le Forze armate sono lo Stato e, quindi, ci deve confortare la consapevolezza che le nostre Forze armate - preziosa ed insostituibile risorsa - sono davvero motivo di orgoglio profondo per tutti noi e rappresentano degnamente l'Italia intera (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative di competenza del Ministero della difesa in relazione alla presenza di sostanze inquinanti nelle acque del lago di Vico - n. 3-01099)

PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01099, concernente iniziative di competenza del Ministero della difesa in relazione alla presenza di sostanze inquinanti nelle acque del lago di Vico (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro, la situazione del lago di Vico, che - per chi non lo conoscesse - è un bellissimo lago vulcanico in provincia di Viterbo, appare decisamente preoccupante.
Si è scoperto recentemente che le sue acque sono ricche di arsenico - elemento classificato come cancerogeno dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro - e le relazioni dell'Arpa Lazio dimostrano che, da qualche anno, vi fiorisce anche una pericolosa alga, detta anche «alga rossa», produttrice di una tossina cancerogena.
Lei dirà : «Cosa c'entro io?». Questi valori - tutti ben al di sopra di quanto previsto dalla normativa vigente, al netto Pag. 42delle deroghe di cui in Italia, purtroppo, spesso si abusa - risulterebbero anche da un'indagine commissionata dal Ministero della difesa.
Tale indagine individua, tra le cause, tonnellate di pericolosi materiali interrati nei pressi del magazzino - materiali di difesa Nbc (ossia nucleare, batteriologica e chimica) - di Ronciglione, il cui confine è proprio a ridosso delle sponde del lago.
Signor Ministro - e mi avvio alla conclusione - gli abitanti dei due comuni, di cui il lago è l'unica risorsa idrica anche potabile, vorrebbero sapere come stanno realmente le cose, se lei ed i vertici militari siate a conoscenza della situazione, quali siano i rischi - ad oggi e nel futuro - per la popolazione, e come il Ministero intenda procedere per bonificare totalmente e - se possibile - definitivamente l'area.

PRESIDENTE. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha facoltà di rispondere.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevole Rao, l'ex magazzino materiali per la difesa Nbc (nucleare, batteriologica, chimica) di Ronciglione è stato realizzato negli anni trenta per la produzione, lo stoccaggio e il caricamento di gas fosgene presumibilmente per il solo caricamento di ordigni bellici. È stato inserito nel 2007 tra i beni dismissibili della Difesa e - prima di procedere alla sua alienazione - è stato deciso di effettuare un rilevamento preliminare dell'area per quantificare eventuali attività di bonifica da porre in essere.
A tale scopo la Difesa ha dato incarico ad una società privata, la Soing, di identificare masse metalliche non eventualmente presenti in profondità. Ciò è avvenuto tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008. Gli esiti di tale indagine geofisica hanno evidenziato la presenza di masse interrate di varia tipologia, tra cui alcune di natura ferro-magnetica, riconducibili anche ad eventuali ordigni inesplosi, un livello appena superiore - in tre dei dieci campioni di terreno prelevati - ai valori di concentrazione consentiti dalla legge n. 152 del 2006.
La situazione è stata notificata agli enti locali: alla regione Lazio, alla provincia di Viterbo, al comune di Ronciglione, evidenziando, in particolare, che la contaminazione del sito ha origine storiche e si è conclusa comunque al termine della seconda guerra mondiale con lo stoccaggio di munizionamento.
Considerato il tempo trascorso - sono più di sessant'anni - mi consenta di dire che non sussistono elementi per supporre che la contaminazione possa essere suscettibile di ulteriore aggravamento e, pertanto, non appare necessario procedere con la messa in sicurezza di emergenza. La competente direzione generale degli armamenti ha tuttavia preparato uno studio per verificare come e quanto costa intervenire.
Faccio presente inoltre che al comune di Ronciglione il direttore tecnico e logistico di Interforze ha precisato che non esiste correlazione tra l'inquinamento del sito militare e quello del lago, in quanto il superamento del valore di soglia per l'arsenico, di poche parti per milione, presso il sito militare non può giustificare l'alta concentrazione rinvenuta nel sedime al centro del lago. Inoltre nel lago sono state rinvenute anche altre concentrazioni di nichel e cadmio, che sicuramente non hanno alcuna relazione con le attività militari presenti o passate. La fonte di contaminazione dev'essere dunque ricercata altrove. Non si è proceduto ancora con la messa in sicurezza di emergenza del sito poiché è previsto obbligatoriamente per legge solo nei casi di contaminazione presenti laddove il tempestivo intervento è mirato a confinare o a porre rimedio alle cause dell'inquinamento.
A tale caratterizzazione la Difesa provvederà comunque, quanto prima (trattandosi di contaminazione storica è prevista esclusivamente la caratterizzazione dell'area cui provvederemo quanto prima). Tali interventi - mi preme sottolinearlo - sarebbero stati condotti a prescindere dai rilevamenti condotti dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente.

Pag. 43

PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di replicare.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, il quale ci dice praticamente che il lago è inquinato di suo. Tutto ciò ci tranquillizza sotto il profilo della Difesa, ma, siccome anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interrogato per le problematiche di competenza, ha risposto in maniera articolata, ma non ha fugato alcun dubbio, restano le preoccupazioni di chi beve quell'acqua, che di fatto - anche lei oggi lo conferma - è inquinata di suo.
Per quanto le compete, la contaminazione è storica, ma, signor Ministro, c'è. Quindi anche per questo apprezzo il fatto che al più presto sia prevista la bonifica, anche perché lei ha parlato di gas fosgene che praticamente, se viene utilizzato nei bombardamenti, siamo al limite delle violazioni di tutte le convenzioni internazionali. Sarebbe stato interrato, chiaramente non utilizzato, però vuol dire che sta lì sotto. Mi dicono, signor Ministro, che dalla Difesa era stato effettuato un carotaggio ad un metro e mezzo, ma siccome ora il Demanio giustamente deve vendere tale area è stato chiesto un carotaggio più in basso e a cinque metri hanno trovato queste casse con tonnellate di sostanze che riteniamo almeno pericolose. Per evitare che tali sostanze percolino pian piano verso il lago o le falde idriche, sarebbe opportuno - come lei giustamente ha anche ricordato - intervenire al più presto anche in emergenza, seppure non siamo nella proclamazione ordinaria dell'emergenza.
Certamente l'arsenico può derivare anche dall'origine vulcanica della zona, però sono certo che la popolazione dei comuni di Ronciglione e Caprarola, in particolare, nel periodo estivo, i ragazzi e le persone che fanno il bagno in quel lago vorrebbero essere tranquilli che nella zona non ci sia tra un po' di tempo un totale divieto di balneazione o qualcosa di peggio che potrebbe verificarsi negli anni.
Per quanto rientra nei suoi poteri ci aspettiamo un impegno ancora più concreto, finora però dobbiamo renderci conto che tutti gli organi di governo, nazionale e locale, sembrano aver trascurato il problema e non aver dato adeguata informazione alla popolazione. È il momento di agire con trasparenza, come oggi lei ha fatto, per porre rimedio, anche per quanto le compete, a una situazione che sta a cuore certamente a me come a lei (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

(Iniziative per assicurare l'efficienza dei controlli fiscali sui proventi derivanti dall'utilizzo degli apparecchi per il gioco d'azzardo e per il recupero delle somme evase - n. 3-01100)

PRESIDENTE. L'onorevole Desiderati ha facoltà di illustrare l'interrogazione Reguzzoni n. 3-01100, concernente iniziative per assicurare l'efficienza dei controlli fiscali sui proventi derivanti dall'utilizzo degli apparecchi per il gioco d'azzardo e per il recupero delle somme evase (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARCO DESIDERATI. Signor Presidente, signor Ministro, un'indagine condotta nel 2007 da una commissione ministeriale aveva evidenziato un'enorme truffa ai danni dello Stato per una cifra ammontante a svariati miliardi di euro. L'indagine sopra citata avrebbe evidenziato che circa i due terzi delle slot machine per il gioco d'azzardo non risulterebbero collegati al sistema informatico della SOGEI, sicché si evidenzierebbe uno scostamento tra le risultanze ufficiali della «raccolta di gioco» e il volume di affari reale, con una conseguente massiccia evasione d'imposta.
Gli espedienti utilizzati per far risultare un volume d'affari inferiore a quello reale da parte delle aziende concessionarie risulterebbero i più diversi. I fatti citati hanno determinato una rilevante evasione del prelievo erariale cui è assoggettato il giro d'affari derivante dalle slot machine e dagli apparecchi simili. Pag. 44
Si chiede, signor Ministro, quali misure il Governo abbia adottato o intenda adottare per porre fine alle gravi anomalie denunciate in premessa e per procedere al recupero delle rilevanti somme evase.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, nella sua interrogazione l'onorevole Desiderati e il gruppo della Lega Nord chiedono di conoscere le misure che sono state adottate e che si intendano adottare per fronteggiare le anomalie riscontrate nella gestione della rete telematica degli apparecchi da gioco e per procedere al recupero delle somme evase.
In via preliminare l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentita dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha precisato che i casi in questione non sono direttamente connessi a fenomeni di evasione fiscale, bensì si configurano come presunte inadempienze contrattuali dei concessionari da cui discende l'applicazione di apposite sanzioni. A tale proposito l'amministrazione ha provveduto ad erogare specifiche penali con una serie di provvedimenti di cui alcuni sono state ritenuti pienamente legittimi dal giudice amministrativo ed altri invece annullati.
Circa le problematiche della sicurezza, dell'ordine pubblico e della certezza dell'imposizione fiscale nel settore degli apparecchi da divertimento, questi aspetti sono oggetto da tempo dell'attenzione del Governo. In particolare, nel decreto-legge n. 78 del 2009, cosiddetto anticrisi, sono state previste forme di stretta collaborazione tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le forze dell'ordine, quali il comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale e la sicurezza del gioco e la tutela dei minori. Questo comitato ha il compito di sovraintendere alla definizione di strategie e di indirizzi per interventi organici, sistematici e capillari sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda le azioni poste in essere dall'Amministrazione, essa ha attivamente partecipato, in coordinamento con l'autorità giudiziaria e di pubblica sicurezza, ad una serie di attività volte al contrasto e alla repressione delle varie forme di illegalità manifestatesi nel relativo comparto.
In questo quadro si è chiesto alla Guardia di finanza di condurre indagini presso i dieci concessionari del gioco al fine di confermarne la relativa affidabilità soggettiva e sono state promosse opportune sinergie con le forze dell'ordine al fine di intensificare l'attività di controllo e di indagine.
Da ultimo, onorevole Desiderati, segnalo che all'interno del processo di trasformazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in agenzia fiscale sarà istituito un ufficio di auditing interno, volto ad assicurare la conformità dei comportamenti del personale alle norme vigenti e agli indirizzi emanati.

PRESIDENTE. L'onorevole Desiderati ha facoltà di replicare.

MARCO DESIDERATI. La ringrazio, signor Ministro, e ringrazio il Governo per l'attenzione che è stata posta su questi temi.
Siamo in un periodo di congiuntura sfavorevole - lo sappiamo tutti - e vorrei ricollegarmi a quanto detto ieri dal Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, il quale, dopo aver fatto i complimenti al Governo per la manovra economica, dura ma necessaria, ha anche richiamato l'attenzione sull'evasione fiscale. Egli ha detto che buona parte della macelleria sociale o comunque dei sacrifici a cui dovremo andare incontro per rimettere in piedi i conti dello Stato sono dovuti all'evasione fiscale e ha ben detto lei, signor Ministro, che qua non si tratta di semplice evasione fiscale. Non si tratta dell'artigiano o del negoziante che non stacca uno scontrino per sopravvivenza, per così dire. In questo caso si tratta di truffe vere e proprie, organizzate da poche aziende con centinaia di slot machine, che non compiono l'evasione, che comunque va stigmatizzata e il più possibile ridotta, ma in Pag. 45questo caso si tratta di aziende organizzate per la truffa che eserciscono centinaia di macchinette e che fanno la loro ricchezza sulla pelle di tutti i cittadini.
Le chiedo assolutamente, signor Ministro - sono certo che lei lo farà, perché lo state già facendo con grande attenzione -, di dare un segnale anche agli italiani. Chiediamo un sacrificio a tutti, facciamo in modo che tutti contribuiscano al benessere della Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Orientamenti del Governo in merito alla destinazione ai nuovi servizi di telecomunicazione di parte delle frequenze liberate dalla transizione dall'analogico al digitale delle trasmissioni televisive - n. 3-01101)

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01101, concernente orientamenti del Governo in merito alla destinazione ai nuovi servizi di telecomunicazione di parte delle frequenze liberate dalla transizione dall'analogico al digitale delle trasmissioni televisive (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, signor Ministro, la scorsa settimana si è conclusa in Germania l'asta pubblica per l'assegnazione delle frequenze che si liberano per il passaggio della televisione dall'analogico al digitale.
Allo Stato tedesco quest'asta ha procurato 4 miliardi e 400 milioni di euro. Non è una piccola cifra, visto che, considerando la manovra che stiamo facendo qui in Italia, ci consentirebbe di evitare il blocco degli stipendi pubblici oppure di evitare un ennesimo condono.
Chiedo al Governo perché, in Italia, non è prevista un'iniziativa di questo genere e si lasciano, di fatto gratuitamente, agli editori della vecchia televisione, tutte queste frequenze. Non è il Governo preoccupato, da un lato, per il mancato introito e, dall'altro, per il fatto che i collegamenti a Internet, dai nuovi telefonini e dall'iPad, rischiano di diventare più complicati in mancanza di queste frequenze?

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, sul tema da lei sollevato, onorevole Gentiloni Silveri, vi è da tempo attenzione da parte del Governo.
La necessità di consentire un'equilibrata transizione alla nuova tecnologia televisiva, nel particolare contesto del nostro Paese - che d'altra parte lei conosce bene e che vede la presenza di quasi 600 emittenti locali e 21 reti nazionali - ha imposto cautela esclusivamente sulla tempistica della diversa allocazione della banda di frequenze che, anche in Italia, potrà essere destinata ai nuovi servizi di telecomunicazione e che, in attesa di essere liberata, viene attualmente utilizzata per la radiodiffusione televisiva.
In particolare, il Ministero dello sviluppo economico ha reso noto che si stanno studiando, anche di concerto con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nuovi criteri di efficientamento dello spettro radioelettrico già assegnato o da assegnare nelle aree televisive digitalizzate e in quelle ancora da digitalizzare. Tra l'altro, si ipotizzano misure idonee a recuperare capacità trasmissiva non utilizzata, così favorendo, eventualmente, processi di condivisione dei multiplex da destinare o già destinati agli operatori di rete in ambito locale.
Il fine è quello di consentire la razionale e non discriminatoria assegnazione al comparto radiotelevisivo di risorse frequenziali per la diffusione di un numero di contenuti adeguato. Al tempo stesso, si potranno accelerare le procedure per la destinazione del dividendo di spettro a nuovi servizi di telecomunicazione, con possibili fonti di ricavo derivanti dalla messa a gara ad offerta economica di tali risorse.
Quanto al cosiddetto beauty contest - pure richiamato nella sua interrogazione Pag. 46-, le modalità di gara e il quantitativo delle relative risorse (pari a sei frequenze da assegnare per i nuovi entranti) sono stati individuati dalla Commissione europea nell'ambito delle trattative per la chiusura della procedura di infrazione n. 2005/5086.
Infine, onorevole Gentiloni Silveri, seppure la grave crisi globale abbia obbligato al congelamento momentaneo dei fondi stanziati con la legge n. 69 del 2009, il Piano nazionale banda larga sta andando avanti velocemente. Si sono ottimizzate le risorse a disposizione, portando la banda larga a 2,6 milioni di cittadini finora esclusi dal servizio e, in questi due anni, sono stati siglati accordi con quasi tutte le regioni italiane, prevedendo bandi di gara per complessivi 275 milioni di euro.
Inoltre, entro l'estate vi è l'intenzione di mettere al bando ulteriori 200 milioni di euro per portare la banda larga nelle aree rurali e nei distretti industriali, raggiungendo così altri 2 milioni di nostri cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri ha facoltà di replicare.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, la risposta del Ministro conferma purtroppo le mie preoccupazioni.
Il Governo dice di non escludere in futuro di poter ricavare qualche cosa da queste frequenze, ma per il momento non c'è una data e non c'è un impegno certo su questo traguardo. Il Governo dice di non essere in grado di mettere una lira per il collegamento a Internet, ma, comunque, spera che si vada avanti con le risorse del mercato.
Ho l'impressione che questa impostazione confermi le preoccupazioni del Partito Democratico e dell'opposizione e, cioè, confermi una gravissima sottovalutazione di quanto sarebbe importante, proprio in un momento di difficoltà economica, - come hanno fatto tutte le grandi economie occidentali - investire su Internet e sulla connessione alla banda larga.
Pensate che gli economisti ritengono che questi investimenti, che si possono fare molto rapidamente - si tratta infatti di scavare delle trincee e di diffondere fibra -, hanno, in termini occupazionali, un moltiplicatore economico di due, tre o quattro volte; non è un caso che durante la crisi, gli Stati Uniti, la Francia, per non parlare della Cina e del Giappone, investono proprio su Internet.
La verità è, signor Ministro, che temo che questo sia un Governo troppo televisivo, perché, nel difendere gli interessi del vecchio club della televisione, rischia di far perdere al Paese una grande occasione di modernizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16.

La seduta, sospesa alle 15,45 è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 3402 ed abbinata e 3447.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame di tali disegni di legge è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Pag. 47

Discussione del disegno di legge: S. 2043 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato) (A.C. 3402) e dell'abbinata proposta di legge Maran ed altri (A.C. 1917).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Maran ed altri.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3402)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione giustizia, l'onorevole Angela Napoli, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, nella qualità di relatore per la II Commissione illustrerò le disposizioni della Convenzione e del disegno di legge di ratifica, adottato dalle Commissioni riunite quale testo base non modificato, specialmente riconducibili agli ambiti di competenza della Commissione giustizia.
In particolare, gli articoli dal 18 al 26, capitolo IV, della Convenzione dispongono in materia di diritto penale sostanziale.
L'articolo 18 stabilisce che ciascuna delle parti adotti le misure legislative e le altre misure necessarie a conferire il carattere di reato agli atti enunciati all'articolo 4 della Convenzione in esame se commessi intenzionalmente. L'articolo 4 della Convenzione, come sicuramente illustrerà il relatore della III Commissione, contiene, in particolare, la definizione di tratta di esseri umani. La relazione illustrativa del disegno di legge governativo precisa che la definizione di tratta accolta nella Convenzione di Varsavia è già stata recepita dalla legge 16 marzo 2006 n. 146, che ha ratificato il Protocollo di Palermo e l'annessa Convenzione ONU sul crimine transnazionale organizzato.
Ai sensi dell'articolo 19 ciascuna delle parti prevede di adottare misure legislative e di altro tipo necessarie per definire reato, in conformità alla propria legge nazionale, l'utilizzo di servizi che sono oggetto dello sfruttamento di cui all'articolo 4, paragrafo a), della Convenzione, sapendo che la persona in questione è vittima della tratta di esseri umani. La relazione illustrativa del disegno di legge governativo evidenzia che le recenti modifiche della legislazione penale, in occasione dell'attuazione di importanti strumenti internazionali in materia di tratta degli esseri umani, assicurano la sostanziale conformità dell'ordinamento interno alla Convenzione. Le condotte in esame sono già sanzionate dagli articoli 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi) e 416, comma 6 (associazione per delinquere diretta a commettere taluno di tali delitti), del codice penale e dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (favoreggiamento dell'immigrazione irregolare).
Inoltre, con gli articoli 3 e 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146, relativa alla ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazione Unite contro il crimine organizzato transnazionale, sono state introdotte sia la nozione di reato transnazionale, sia una circostanza aggravante speciale in caso di delitti nella Pag. 48commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati.
L'articolo 20, che dispone in tema di criminalizzazione di atti relativi ai documenti di viaggio o di identità, stabilisce che ciascuna delle Parti adotti le misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato ai seguenti atti se intenzionalmente commessi allo scopo di rendere possibile la tratta di esseri umani; a) realizzare un documento di viaggio o di identità falso, b) procurare o fornire tale documento, c) trattenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere il documento di viaggio o di identità di un'altra persona.
La rilevanza di tali previsioni risiede nel fatto che l'adozione di misure di siffatta natura potrebbe costituire un efficace deterrente per l'acquisto di servizi o per la fruizione delle prestazioni fornite dalle vittime di tratta. Con riferimento a tale disposizione, sussiste l'esigenza di un adeguamento dell'ordinamento interno; la relazione illustrativa del disegno di legge di ratifica propone a tal fine l'introduzione nel codice penale dell'articolo 602-ter il quale prevede una nuova circostanza aggravante, della quale dirò più avanti.
L'articolo 21 si riferisce al concorso di reato e al tentato reato; anche in relazione a tale previsione l'ordinamento italiano risulta esaustivo attesi gli articoli 110 (pena per coloro che concorrono nel reato), 112 (circostanze aggravanti) e 56 (delitto tentato) del codice penale. L'articolo 22 disciplina la responsabilità penale, civile o amministrativa delle persone giuridiche in relazione a reati commessi per conto delle medesime da persone fisiche che, agendo individualmente o in quanto membri dell'organo, esercitino un potere direttivo nel suo ambito. Si estende inoltre tale responsabilità al caso in cui l'assenza di sorveglianza o di controllo da parte della persona fisica abbia reso possibile la commissione del reato. Come precisato anche nella relazione illustrativa al disegno di legge governativo, nell'ordinamento italiano l'articolo 25-quinquies del decreto legislativo n. 231 dell'8 giugno 2001 prevede la responsabilità degli enti e delle persone giuridiche nel cui interesse sono commessi i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale. Con la sentenza di condanna il giudice può applicare all'ente una sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.
L'articolo 23 detta il criterio dell'adozione nei confronti delle persone giuridiche di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, incluse sanzioni pecuniarie. In proposito, sempre la relazione illustrativa richiama gli strumenti già previsti dall'ordinamento per l'applicazione sia delle pene detentive, sia delle pene di natura diversa.
L'articolo 24 della Convenzione individua quali circostanze aggravanti del delitto di tratta il fatto che sia stata messa in pericolo la vita della vittima, deliberatamente o per grave negligenza, o che il reato sia stato commesso nei confronti di un minore o da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni o nell'ambito di una organizzazione criminale. Anche tale disposizione richiede un intervento di adeguamento dell'ordinamento interno - come dirò - in relazione all'articolo 3 del provvedimento in esame. L'articolo 25 rimette agli Stati la possibilità di tener conto, ai fini della determinazione della pena, di condanne anteriori definitive pronunciate in un'altra Parte.
L'articolo 26 prevede la possibilità di non imporre alcuna sanzione alle vittime per aver preso parte ad attività illecite se sono state costrette a farlo.
Il capitolo V della Convenzione - costituito dagli articoli da 27 a 31, relativi alle indagini, procedimenti e diritto procedurale - impegna gli Stati aderenti a predisporre misure che garantiscano idonei strumenti investigativi e processuali per la persecuzione della tratta di esseri umani e per la protezione delle vittime e di coloro che collaborano con la giustizia.
L'articolo 27 prevede, tra l'altro, che sia garantita la perseguibilità di tali reati, a prescindere da una dichiarazione o da Pag. 49un'accusa da parte della vittima, almeno quando il reato è stato commesso, in toto o in parte, sul suo territorio.
L'articolo 28 impegna le parti a prendere le necessarie misure al fine di assicurare una protezione effettiva ed appropriata: alle vittime, ai collaboratori di giustizia solo in quanto opportuno, ai testimoni e ai membri della famiglia di vittime e testimoni, solo se necessario. La relazione illustrativa del disegno di legge - richiamando a tal proposito il decreto-legge n. 8 del 1991, che già prevede speciali misure di protezione in favore dei collaboratori e dei testimoni di giustizia - esclude la necessità dell'impegno di ulteriori risorse. Sempre l'articolo 28 reca, poi, ulteriori disposizioni volte a prevedere misure speciali di protezione a favore della vittima minore, nonché misure di protezione a favore di enti ed altre organizzazioni che mirano a combattere la tratta degli esseri umani o a proteggere i diritti umani.
L'articolo 29 interviene in materia di autorità specializzate e organismi di coordinamento. In proposito, la relazione illustrativa al disegno di legge precisa che l'attuazione della disposizione non richiede particolari adempimenti in quanto, nello Stato italiano, l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato e la guardia di finanza dispongono di persone specializzate nella lotta alla tratta degli esseri umani.
L'articolo 30 stabilisce che - nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - le Parti debbano garantire nel corso dei procedimenti giudiziari: a) la protezione della vita privata delle vittime e, ove necessario, della loro identità; b) la sicurezza delle vittime e la loro protezione dalle intimidazioni alle condizioni previste dalle norme nazionali. Una particolare attenzione dev'essere dedicata alle esigenze dei minori, anche in considerazione del fatto che essi hanno diritto a specifiche misure di protezione.
L'articolo 31 prevede la giurisdizione della singola Parte secondo i principi di territorialità, nazionalità e legittimazione passiva. Le Parti, in conformità alla propria legislazione nazionale, possono stabilire altri tipi di competenza penale.
Dall'esame del contenuto della Convenzione emerge, pertanto, che le esigenze di adeguamento dell'ordinamento interno si pongono essenzialmente con riferimento agli articoli 20 e 24 della Convenzione. Ricordo, in particolare, che l'articolo 20 riguarda la criminalizzazione di atti relativi ai documenti di viaggio o di identità; l'articolo 24, invece, individua talune circostanze aggravanti del delitto di tratta: messa in pericolo della vita della vittima deliberatamente o per grave negligenza, reato commesso nei confronti di un minore, reato commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni e, infine, reato commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale.
L'articolo 3 del provvedimento in esame reca disposizioni di adeguamento dell'ordinamento penale interno, intervenendo in primo luogo sul regime delle aggravanti. In particolare, come ho detto in precedenza, si introduce nel codice penale un nuovo articolo, 602-ter, che, al primo comma, disciplina in generale le circostanze aggravanti dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù (articolo 600), tratta di persone (articolo 601) e acquisto e alienazione di schiavi (articolo 602).
Per tali fattispecie di reato (tutte punite con la reclusione da 8 a 20 anni), attualmente il terzo comma dell'articolo 600, il secondo comma dell'articolo 601, e il secondo comma dell'articolo 602, prevedono le medesime circostanze aggravanti, da cui deriva all'aumento della pena da un terzo alla metà. In particolare, la pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore di anni 18, o se sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.
Il nuovo articolo 602-ter, comma primo, lettere a) e b), del codice penale, in relazione ai citati delitti, conferma l'aumento da un terzo alla metà della pena, nelle ipotesi già previste e conseguentemente Pag. 50annulla le corrispondenti norme contenute negli articoli 600, 601 e 602. Conformemente all'articolo 24, lettera a) della Convenzione, l'articolo 602-ter, comma primo, lettera c), introduce un'ulteriore circostanza aggravante: se dal fatto derivi un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
Quanto all'intervento in tema di delitti in materia di falsità, ricordo che l'articolo 20 della Convenzione impegna le Parti ad attribuire rilevanza penale ai seguenti atti, in quanto commessi intenzionalmente al fine di consentire la tratta degli esseri umani: fabbricare un documento di viaggio o di identità falso; procurare o fornire un documento di tale tipo; detenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere un documento di viaggio o di identità di un'altra persona.
L'articolo 602-ter, comma secondo, introdotto dall'articolo 3 del provvedimento in esame, introduce una nuova circostanza aggravante applicabile ai delitti di falsità in atti di cui al Titolo VII, capo III, del libro II: reati di falsità materiale, di falsità ideologica posti in essere da parte del pubblico ufficiale o dal privato. In particolare, si prevede un aumento delle pene da un terzo alla metà nel caso in cui tali fatti siano commessi al fine di realizzare o agevolare i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone e acquisto e alienazione di schiavi.
Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, voglio ricordare, a conclusione della mia relazione, che la tratta degli esseri umani rientra a pieno titolo nel perimetro delle minacce asimmetriche di cui occorre considerare gli effetti di grave e intollerabile violazione di fondamentali diritti umani come testimoniato da numerose e significative decisioni assunte nelle principali sedi internazionali: dall'Organizzazione delle Nazioni Unite al Consiglio d'Europa.
Questo vile fenomeno alimenta un mercato che rende alle organizzazioni criminali diversi miliardi di dollari l'anno: una cifra inferiore soltanto al traffico di stupefacenti e di armi. Va pertanto auspicata una concreta collaborazione internazionale, e la Convenzione del Consiglio Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005 (il cui iter di ratifica prosegue oggi in questo ramo del Parlamento), rappresenta sicuramente un adeguato strumento, il cui campo di applicazione tende, tra l'altro, proprio a promuovere tale cooperazione internazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Maran, relatore per la Commissione affari esteri, ha facoltà di svolgere la relazione.

ALESSANDRO MARAN, Relatore per III Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, 12 milioni e 300 mila persone - secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni - sono sottoposte, oggi, a sfruttamento lavorativo e sessuale, di cui 500 mila solo in Europa.
Circa 800 mila persone sono trasportate ogni anno oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi. L'80 per cento delle vittime è costituito da donne e ragazze e in più del 50 per cento dei casi si tratta di minorenni.
Nel nostro Paese, secondo quanto riporta un'accuratissima relazione presentata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, tra il 2000 e il 2008 quasi 50 mila persone sono state vittime di sfruttamento a scopo di prostituzione. Nello stesso periodo di riferimento sono stati realizzati 13.517 programmi di sostegno a vittime di tratta, dei quali 938 a favore di minori. È significativo che nella normativa nazionale e internazionale vigente in materia si sottolinei il nesso funzionale tra tratta di persone e schiavitù, ove la prima rappresenta alternativamente il presupposto e il referente teleologico della seconda. Più precisamente, la tratta delle persone costituisce oggi una delle più diffuse e insidiose forme di neoschiavismo, oggetto di denuncia, contrasto e repressione a livello internazionale in quanto crimine contro l'umanità e, segnatamente, lesivo della dignità e dello status libertatis della persona.
La rilevanza politico-criminale del contrasto al fenomeno della tratta di persone, Pag. 51quale espressione di una politica internazionale volta alla salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, emerge in maniera emblematica nella trama normativa della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia al 16 maggio 2005 e firmata dall'Italia in data 8 giugno 2005, di cui il presente disegno di legge prevede la ratifica in ottemperanza all'obbligo politico di natura internazionale assunto dal nostro Paese all'atto della firma della Convenzione stessa.
Venendo ai profili di competenza della Commissione affari esteri si deve evidenziare, in primo luogo, che la Convenzione, attualmente ratificata da 27 Stati, disciplina da un lato il fenomeno della tratta nel suo complesso, considerandola una violazione di diritti umani e un affronto alla dignità e all'integrità delle persone individuando misure finalizzate a prevenire e a contrastare il fenomeno; dall'altro lato, garantisce alle vittime standard di tutela ispirati al principio del riconoscimento dei diritti fondamentali dell'individuo. Gli obiettivi sono: prevenire e combattere la tratta di esseri umani, garantendo la parità fra le donne e gli uomini; proteggere i diritti delle vittime della tratta delineando un quadro completo per la protezione e l'assistenza delle vittime e ai testimoni garantendo, altresì, la parità tra le donne e gli uomini in modo da assicurare indagini e procedimenti giudiziari efficaci; infine, promuovere la cooperazione internazionale nel campo della lotta alla tratta di esseri umani.
Per assicurare una messa in opera efficace delle disposizioni la Convenzione stabilisce, inoltre, uno specifico meccanismo di monitoraggio e di controllo indipendente. L'accordo non si riferisce unicamente alla tratta ai fini di sfruttamento sessuale, ma anche al lavoro forzato e ad altre pratiche di traffico illecito delle persone. Il principio fondamentale riguarda, quindi, la protezione e la promozione dei diritti delle vittime, che devono essere assicurate senza alcuna discriminazione di sesso, razza, colore, lingua, religione e opinioni politiche, difendendo la propria origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, la proprietà, la nascita od altra situazione. Nessun altro testo internazionale, prima di questo documento, aveva fissato una definizione di vittima in quanto veniva lasciato a ciascuno Stato il compito di definire chi doveva essere considerato una vittima, potendo quindi usufruire delle misure di tutela e di assistenza.
Nella Convenzione del Consiglio di Europa si definisce, invece, vittima ogni persona oggetto di tratta e viene stabilito, inoltre, un elenco di disposizioni obbligatorie di assistenza a favore delle vittime della tratta. In particolare, le vittime della tratta devono ottenere un'assistenza materiale e psicologica e un supporto per il loro reinserimento nella società. Tra le misure previste sono indicate le cure mediche, le consulenze legali, le informazioni e la sistemazione in un alloggio adeguato. Si prevede, inoltre, un risarcimento per un periodo di ristabilimento e di riflessione di almeno 30 giorni. Vi è anche la possibilità di rilasciare dei permessi di soggiorno alle vittime della tratta o per ragioni umanitarie o nel quadro della loro cooperazione con le autorità giudiziarie. La Convenzione prevede anche una possibile scriminante per il coinvolgimento delle vittime della tratta in attività illegali, nella misura in cui vi siano state costrette.
In tale contesto si inquadra un'efficace sistema di assistenza alle vittime del trafficking che comprende la concessione de iure di permessi di soggiorno per ragioni umanitarie, come già previsto dal nostro ordinamento, di ammissione al gratuito patrocinio nonché al Fondo per le vittime della tratta già istituito, peraltro, dall'Italia con la legge n. 228 del 2003. Non basta, infatti, rafforzare maggiormente la cooperazione per il contrasto del fenomeno criminale da parte delle forze dell'ordine e della magistratura ma anche, parallelamente, potenziare la capacità di risposta dei servizi sociali. Occorre pensare, ad esempio, a nuove strategie di scambio, di buone prassi di protezione sociale e di prevenzione. Per fare un solo esempio cito Pag. 52il problema dell'accoglienza alle ex vittime che intendono tornare al loro Paese e reinserirsi adeguatamente.
La ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa - che ho voluto sollecitare insieme ad altri colleghi del mio gruppo con la presentazione di un distinto progetto di legge depositato prima del testo governativo - rappresenta quindi non soltanto un obbligo di ordine internazionale che l'Italia deve adempiere al più presto, ma anche e soprattutto uno strumento efficace e ineliminabile per tutelare adeguatamente i diritti e le libertà fondamentali delle persone.
Osservo conclusivamente che all'Assemblea spetta verificare se siano necessari ulteriori norme di adeguamento all'ordinamento interno, non tanto sotto il profilo formale ma sotto quello della prevenzione e dell'assistenza.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, in esordio desidero sollevare una questione di cui anche lei è stato testimone qualche tempo fa, perché proprio nel corso della discussione di un provvedimento di politica estera nell'ambito di una seduta da lei presieduta, ebbi a porre la questione che il Governo era rappresentato da un sottosegretario non competente in materia.
Lei mi rispose che l'osservazione era corretta e che, in effetti, quanto meno il Ministro per i rapporti con il Parlamento, che ha il mandato generale di rappresentare il Governo su tutte le tematiche, dovesse essere presente.
Quindi la questione che pongo evidentemente non riguarda la persona del sottosegretario Pizza - al quale va anche la mia solidarietà per essere invitato ad occuparsi di temi che non rientrano nel suo mandato - però, visto che questa è una prassi ormai consolidata da parte del Governo, forse la Presidenza della Camera, attraverso di lei, dovrebbe intervenire nei confronti del dicastero competente, e più in generale nei confronti del Governo, per porre una questione di forma che però, in questi casi, è evidentemente anche questione di sostanza.
Infatti, stiamo discutendo un provvedimento importante che ha anche all'interno del nostro ordinamento effetti che non sono irrilevanti soprattutto perché hanno un significato politico. Questo provvedimento - che riguarda appunto la Convenzione contro la tratta degli esseri umani - è stato approvato da tutti gli Stati del Consiglio d'Europa (quindi anche il Governo italiano ha partecipato al momento della sua redazione e lo ha poi firmato) ed ha un approccio alle tematiche dell'immigrazione, del rispetto dei diritti umani, del traffico delle persone che è onnicomprensivo perché si occupa delle questioni della prevenzione, della repressione, della protezione delle vittime e di tutti gli aspetti che appunto riguardano questo fenomeno.
Sappiamo invece che nel corso di questa legislatura l'attuale Governo ha portato in quest'Aula provvedimenti - da quelli relativi al pacchetto sulla sicurezza a quelli che hanno visto la ratifica del Trattato con la Libia - che hanno affrontato tematiche collegate a quella in esame con un approccio meramente repressivo, con indiscriminati aumenti delle pene, con la criminalizzazione dello status di immigrato nel nostro Paese. Pertanto, va sicuramente accolta positivamente la decisione dei capigruppo e poi del Parlamento (per ora dal ramo del Senato) di approvare questo provvedimento che invece riflette quelli che sono i trend e gli standard che vigono a livello internazionale su questi temi.
Si tratta, per l'appunto, di normative che affrontano fenomeni sociali di questa portata, come ci ha ricordato il collega Maran anche nelle sue dimensioni (solo Pag. 53nel Continente europeo si parla di circa 500 mila persone vittime, in un modo o nell'altro, di traffico di esseri umani) e di una questione che non può essere risolta solo con misure penali e misure da «Stato di polizia».
Credo sia importante che anche il Governo chiarisca la propria posizione rispetto a questo tipo di provvedimenti e chiarisca anche, ad esempio, rispetto all'articolo 13 della Convenzione il quale prevede che, laddove vi sia una ragionevole valutazione che una persona sia vittima di traffico di esseri umani e si trovi nel nostro Paese, questa persona non possa essere immediatamente espulsa dal nostro Paese ed abbia almeno 30 giorni di tempo nel corso dei quali deve essere assistita e tutelata anche per espletare le richieste possibili ai sensi del nostro ordinamento come quella di protezione internazionale, di diritto d'asilo e, quindi, di avere una protezione che altrimenti non avrebbe se fosse espulsa immediatamente.
Quindi, signor Presidente, quando noi abbiamo decine, centinaia di persone che arrivano nel nostro Paese attraverso delle imbarcazioni che provengono dalla Libia o da altri paesi del bacino sud del Mediterraneo, queste persone vengono intercettate e rimandate sul territorio della Libia chi è nel Governo che può farsi garante del fatto che non vi sia il ragionevole dubbio che molte o alcune di quelle persone siano anche vittime di tratta di esseri umani?
Quindi, quando si approva un provvedimento, se si recepiscono all'interno del nostro ordinamento delle norme, come abbiamo fatto anche nel caso del trattato tra Italia e Libia, è bene essere certi che poi queste norme vengano applicate in modo corretto. Siccome è noto ai colleghi che vi sono alcune procure della Repubblica che hanno aperto dei procedimenti penali nei confronti anche di esponenti e funzionari che fanno capo al Ministero dell'interno e di comandanti delle navi che hanno rimandato indietro questi barconi provenienti dalla Libia, allora se noi introduciamo nel nostro ordinamento queste norme che tutelano le vittime della tratta di esseri umani facciamo una cosa che poi deve essere rispettata dalle nostre autorità.
Quindi, credo che, attraverso di lei, signor Presidente, si debba cercare di tornare ad una discussione sulle linee generali dei provvedimenti in cui non solo al momento della votazione, ma anche prima, quando si tratta di provvedimenti importanti, si possa udire la voce del Governo sui provvedimenti che andiamo ad approvare e non un rituale rinvio a quanto sarà fatto nei prossimi giorni, in questo caso giovedì.
Quindi, mi rivolgo a lei affinché questa mia richiesta possa giungere, attraverso il Presidente della Camera al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Mecacci, prendo atto della sua richiesta e anche della citazione che lei ha fatto di alcune affermazioni che non ricordo, per la verità, di avere pronunciato almeno non in quella forma, perché all'interno del nostro Regolamento il Governo è abilitato a farsi rappresentare da uno qualunque dei suoi rappresentanti quale che sia. Si intende, al di là della sua personale cultura pur vasta, che ogni membro del Governo sia investito in qualche modo di una specie di onniscienza per la quale può rispondere su tutto. Detto questo, non possiamo vincolare il Governo a qualcosa a cui non è tenuto.
Qui iure suo utitur neminem laedet, chi fa uso del proprio diritto non fa danno a nessuno, né può essere richiamato a un dovere che non ha. Invece, è cosa diversa (questo forse ho detto in altra occasione) il far presente alla cortesia del Governo che non è un sintomo di un rispetto molto elevato per il Parlamento non essere presente con i titolari specifici di quella delega, perché il Parlamento si aspetta risposte puntuali che dipendono non solo dalla cultura personale del rappresentante del Governo, ma anche dal fatto che lui ha una responsabilità politica in quell'ambito e, quindi, più esattamente e più approfonditamente con più efficacia può rappresentare la posizione politica del Governo Pag. 54in quel determinato ambito. Questo è probabile che io l'abbia detto, l'altra cosa no e, se l'avessi detta, avrei comunque sbagliato, perché non corrisponde alle norme regolamentari che orientano l'attività del nostro Parlamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervenendo sull'ordine dei lavori, le vorrei assicurare che, nelle intenzioni del collega Mecacci, il richiamo alle sue valutazioni - peraltro non solo opportune ma perfettamente aderenti al Regolamento e che io sottoscrivo - ovviamente ripartiva da un problema che esiste e che, per chiarirci, non riguarda solamente questo Governo. Tuttavia dato che noi chiediamo sempre una valorizzazione del Parlamento, acquisito tutto ciò che ha detto che è assolutamente aderente al Regolamento e senz'altro giusto, c'è anche un problema: se vogliamo tentare di andare in controtendenza rispetto a quello che accade, con la valorizzazione del lavoro che si fa in quest'Aula, è chiaro che, al di là della stima che ciascuno di noi può avere nei confronti del sottosegretario all'istruzione, questi dibattiti dovrebbero prevedere anche una forma di dialogo che è regolata dal Regolamento attraverso la replica del Governo e possibili occasioni di incontro e di valutazione.
È del tutto evidente che la onniscienza formale del Governo, il quale garantisce la sua presenza in Aula, non può essere altrettanto utilizzata nel momento in cui questi dibattiti, soprattutto su argomenti così particolari e delicati, dovrebbero consentire che vi sia una replica, un ragionamento, un confronto. Quindi le parole dell'onorevole Mecacci vanno intese come una valutazione di ordine chiaramente politico sul fatto che in dibattiti così importanti noi riteniamo, con un ragionamento che per essere chiari va oltre qualunque contingenza, che sarebbe utile la presenza in Aula di un rappresentante del Governo nelle condizioni, non solo fisiche ma anche politiche di interloquire con l'opposizione, con la maggioranza e con quello che accade in quest'Aula. Altrimenti accadrà quello che inevitabilmente accadrà alla fine della seduta: infatti, quando lei chiederà al rappresentante del Governo se vuole replicare presumo, senza avere la palla di vetro, che il sottosegretario Pizza difficilmente replicherà. Se invece replica e mi smentisce sono contentissimo, però questo è il tema e non è assolutamente in antitesi con quello che stava sostenendo, signor Presidente. Il collega Mecacci non voleva assolutamente metterla a disagio, le valutazioni che lei ha fatto erano anche le sue (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, vorrei scusarmi del fatto che sostituisco il collega del Ministero degli affari esteri, ma al di là di quello che ha brillantemente detto il Presidente Buttiglione, che qualsiasi membro del Governo lo rappresenta legittimamente, vorrei dire che c'è un particolare problema di lavoro per i sottosegretari del Ministero degli affari esteri per cui svolgo questa attività di supplenza. Ciò è dovuto, come ho avuto modo di ribadire diverse volte, anche all'esiguità numerica di questo Governo: infatti il numero dei Ministri e dei sottosegretari è il più basso della storia della Repubblica e quindi c'è una grande difficoltà ad assicurare la presenza dei responsabili dei vari dicasteri.
Quello che poi ha detto l'onorevole Giachetti è estremamente azzardato perché non deve ritenere che il sottosegretario alla pubblica istruzione conosce solo i temi dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Se il Presidente me lo consentirà farò con piacere un accenno di replica su un argomento estremamente importante e che conosco perfettamente.

Pag. 55

PRESIDENTE. Grazie signor sottosegretario, il Governo non ha il dovere di dimostrare nulla. Ascolteremo certamente con grande interesse la sua replica: è un atto di cortesia da parte sua che sappiamo apprezzare.
È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, non dubito della sua argomentata replica e proprio perché so quanto lei sia attento anche a questi temi indugerò con alcune riflessioni che faccio a nome dell'Italia dei valori. In realtà questa Convenzione ci ha visti già sensibili su questo tema, perché una volta tanto l'Italia è stata un po' precorritrice di queste tematiche, se è vero che già nel 2003 con la legge n. 228 adottò misure contro la tratta di persone. Nel 2005 poi a Varsavia il 16 maggio fu varata questa Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani.
Essa in qualche modo garantisce una tutela internazionale avverso questo deprecabile e purtroppo ancora frequente disegno criminoso che ha riproposto, anche in età contemporanea, quei modelli di schiavismo che ormai da alcuni secoli non sembravano più degni di essere utilizzati nel mondo civile.
Abbiamo già affrontato in altre occasioni la questione delle ratifiche di convenzioni internazionali che avvengono a distanza di anni da quando furono firmate dal Governo italiano ed anche questa Convenzione ha un destino altrettanto infausto, perché sono passati ormai cinque anni dalla firma e soltanto oggi ci troviamo a discutere della sua ratifica.
Con riferimento alla tratta di esseri umani, questa Convenzione ci aiuta a non fare confusione tra le vittime ed i carnefici, consentendoci di tutelare le vittime offrendo loro la protezione ed il soccorso di cui hanno bisogno e definendo gli strumenti di intervento secondo degli standard che sono quelli che la comunità internazionale ha ritenuto opportuno adottare e sui quali occorre prevedere una sistematica verifica da parte di un'autorità indipendente in grado di valutare se il principio della protezione della vittima sia effettivamente rispettato o meno.
Quando parliamo di schiavitù e di tratta di esseri umani il pensiero va indistintamente a sistemi di sfruttamento schiavistico associato a epoche tanto buie quanto remote della storia dell'umanità. Senza voler evocare la storia antica con gli schiavi, i liberti e il pater familias sui iuris della storia romana che tradizionalmente fu la più schiavista della storia antica, sebbene anche in Grecia vi furono periodi in cui lo schiavismo fu molto praticato, anche nella storia moderna ricordiamo il colonialismo dei tempi ottocenteschi, e prima ancora la tratta degli schiavi neri tra l'Africa e le Americhe.
Questa visione della schiavitù, che ormai è superata dalla storia, porta con sé l'idea che la società contemporanea sia ormai liberata da questa ignominiosa barbarie e che i valori di libertà e di uguaglianza su cui essa si fonda, sanciti solennemente nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, siano ormai saldamente alla base di ogni sistema statale e sociale. Purtroppo non è così: ancora oggi in alcune aree del globo, penso ad alcune parti dell'India, come pure al Pakistan, alla Mauritania o all'Afghanistan, sopravvivono ancora sistemi di schiavitù, anche se la comunità internazionale li ha banditi ormai da tempo.
Ciò che sopravvive, purtroppo, è la sostanza della schiavitù, che ha assunto forme diverse: non più esplicite e alla luce del sole, ma ugualmente caratterizzate da violenza e privazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Oggi la fenomenologia della schiavitù ci porta l'esempio della prostituzione forzata, della pedofilia, della servitù domestica, dello sfruttamento della manodopera clandestina soprattutto nell'agricoltura, piuttosto che del racket dell'elemosina, dell'immigrazione clandestina e dei suoi traffici anch'essi clandestini.
Il perdurare delle disuguaglianze economiche e culturali a livello globale permette che si mantenga questo nuovo modello di schiavitù neocoloniale basato sul Pag. 56dominio economico, psicologico e culturale. Non è un caso che i nuovi schiavi provengano dalle aree geografiche più arretrate, da situazioni di guerra o da sistemi di forte disagio culturale e sociale e, come i negrieri di un tempo, oggi gruppi più o meno organizzati di criminali si impossessano della libertà personale delle proprie vittime con la forza o con i mezzi più subdoli, come l'inganno, la minaccia, l'abuso delle condizioni di vulnerabilità, la somministrazione di droghe e si occupano del trasferimento della «merce», cosiddetta tale, verso i sistemi economici dove esiste quella domanda, come purtroppo in Italia, e ne gestiscono lo sfruttamento.
Comunque, a partire dagli anni Novanta, la comunità internazionale ha preso atto del fenomeno e delle sue vaste proporzioni e si è dotata di strumenti giuridici e di mezzi concreti per reprimere e prevenire questo particolare commercio. Sono state varate normative che vanno in questa direzione, capaci di garantire la punibilità dei trafficanti. La Convenzione di Varsavia rappresenta un ulteriore tassello che permetterà - almeno così auspichiamo - lo sradicamento efficace di questa tratta.
In Europa, l'azione è stata guidata da tre importanti principi: la prevenzione della tratta, la protezione e il sostegno alle vittime e l'efficacia dei procedimenti penali contro i mercanti di esseri umani. È anche migliorato il coordinamento delle attività di vari organismi pubblici ed è aumentata la cooperazione fra le agenzie pubbliche competenti e le organizzazioni della società civile.
Nel merito, il provvedimento al nostro esame definisce innanzitutto le misure e le attività volte a prevenire la tratta di esseri umani e a perseguire i responsabili, l'adozione delle procedure per identificare le vittime attraverso l'impiego di personale qualificato, assicurando a quanti sono stati vittime di tratta di non essere espulsi fino a quando il processo di identificazione non sia stato completato, e, nel contempo, garantendo misure di protezione e di assistenza, fra le quali una soluzione abitativa sicura, un'assistenza psicologica e medica di emergenza, servizi di traduzione e di interpretariato, l'informazione sui propri diritti. Infine, si prevede che la vittima della tratta abbia diritto ad una compensazione e che il suo rimpatrio si debba realizzare nel rispetto dei diritti della sicurezza e della dignità.
Come già affermavo, la normativa italiana contiene già precise norme che puniscono il fenomeno. Il nostro codice penale prevede, infatti, che «chiunque riduca e mantenga una persona in schiavitù», oppure «alieni o acquisti o ceda una persona in stato di schiavitù» o, ancora, «mediante violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, costringa o induca una o più persone a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato, o a trasferirsi all'interno dello stesso, al fine di sottoporla a schiavitù o al lavoro forzato o all'accattonaggio o a sfruttamento di prestazioni sessuali o al prelievo di organi o comunque a una condizione di servitù» verrà punito con la reclusione da otto a venti anni.
Quindi, vi è già un impianto normativo che permette la definizione del reato di schiavitù, con pene severe e autorità di pubblica sicurezza preposte all'accertamento dei fenomeni criminali e alla prevenzione alle frontiere dei flussi di schiavi.
Eppure, questa teorica capacità di agire, nella realtà, sconta una difficoltà operativa, se è vero che nel nostro Paese la tratta di esseri umani arriva ad interessare ancora oggi più di trentamila persone.
Ricordo che il Consiglio per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, a Ginevra, nel febbraio di quest'anno, ha adottato il progetto di rapporto e le raccomandazioni sull'Italia, frutto dell'esame periodico universale svoltosi il 9 febbraio in presenza del sottosegretario per gli affari esteri Vincenzo Scotti, al quale è sottoposto ogni Paese dell'Onu. In Italia sono giunte novantadue raccomandazioni, appunto formulate da questo organismo: molte di esse chiedono all'Italia di accrescere la lotta al razzismo e alla discriminazione, soprattutto nei confronti dei rom, e, inoltre, di Pag. 57agire per favorire l'integrazione interculturale e la parità tra uomo e donna e di lottare contro l'istigazione all'odio.
Sono ben venticinque i Paesi che hanno chiesto al Governo italiano di adempiere alla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1993 e di costituire, senza ulteriori ritardi, una Commissione nazionale indipendente per i diritti umani, in linea con i principi di Parigi in merito all'indipendenza, all'autorevolezza e all'effettività. Così è stato sottolineato da una delegazione del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, che è una rete di ottantuno organizzazioni non governative italiane.
Da questo punto di vista, il nostro Paese deve ancora fare molto. Le ragioni di questa sostanziale sconfitta dello Stato italiano nella lotta alla schiavitù sono svariate, alcune strettamente connesse alla natura illegale, sommersa e sfuggente del fenomeno, altre imputabili anche all'atteggiamento con cui questa maggioranza politica si approccia al fenomeno della migrazione clandestina e della prostituzione.
Si tratta di un atteggiamento che, a nostro giudizio, potrebbe aggravare la situazione già di per sé drammatica e sollecitiamo, per questo, un cambio di paradigma nel modo di pensare e di risolvere l'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani da parte del Governo e di questa maggioranza, prima che sia troppo tardi.
È stato già ricordato dall'onorevole Mecacci che il Governo ha fatto poco e male. In primis ci sono stati i tagli alle forze dell'ordine, che certo non hanno aiutato a raggiungere i risultati sperati. Inoltre, il successo delle operazioni contro le organizzazioni criminali che trattano esseri umani è dovuto sostanzialmente alle forze dell'ordine e alla magistratura, che continuano ad essere leali allo Stato, nonostante il Governo si appunti al petto medaglie sulla sicurezza, che non ha motivo di vantare, visto il danno che sta continuando ad infliggere al Paese con leggi come quella sul processo breve, che in realtà accelera la prescrizione di gravi delitti, o con il bavaglio sulle intercettazioni telefoniche o con i condoni fiscali - adesso si parla di quelli edilizi, in passato ne abbiamo già visti tanti - o con quella specie di sconto di pena detentiva che abbiamo approvato qualche settimana fa.
Guardiamo anche ai fatti di Rosarno: gli immigrati a Rosarno e in cento altre Rosarno d'Italia vivono in condizioni disumane. Sono stati portati spesso con l'inganno nel nostro Paese e vengono terrorizzati con lo spettro della denuncia o dell'espulsione se provano a ribellarsi ai caporalati mafiosi. Non hanno diritti e non hanno futuro. Vengono insomma trattati, come recita l'articolo 600 del codice penale, come merce, su cui si esercita un potere corrispondente al diritto di proprietà.
Allora, cosa è stato fatto dopo lo scandalo che ha colpito l'opinione pubblica, dopo quelle immagini che ci hanno mostrato come vivono e soffrono questi uomini e queste donne? Il Ministro Maroni ha concesso il permesso di soggiorno a fini umanitari soltanto a undici delle centinaia di sfruttati in rivolta, senza proporre soluzioni globali per risolvere le tante situazioni critiche. Appena un mese dopo la tragedia, ha proposto questa bella trovata del permesso a punti, che renderà la merce umana degli immigrati addirittura una merce umana da supermercato, che potrà sottrarsi al lavoro nero e alla schiavitù soltanto collezionando i bollini del Governo: tre per due a chi parla padano?
Oggi, in realtà, è diventato un problema anche ottenere un visto per entrare in Italia per motivi turistici. C'è una sorta di compiacente subordinazione dei nostri pubblici funzionari, delle questure piuttosto che dei consolati, che quasi fanno a gara per chi è più osservante dei desiderata del Ministro Maroni o dei Ministri leghisti.
Allora, cari colleghi, anche l'Italia dei Valori voterà a favore di questo provvedimento, come anche la maggioranza che governa questo Paese si accinge a fare, ma mi sia consentito pensare che voi darete questo voto favorevole con una doppia faccia, che oggi fa finta di adeguarsi alle norme internazionali, ma che in realtà è quella stessa che poi dà da mangiare pane Pag. 58e acqua ai bambini immigrati in una scuola di Varese con un sindaco leghista o quella stessa che in Friuli Venezia Giulia, la mia regione, ha negato l'assistenza socio-sanitaria agli immigrati o anche agli italiani di altre regioni, richiedendo trentasei mesi di residenza per poter accedere a questi benefici.
Una nota di merito va al Ministro Sacconi e al Ministro Fitto, perché si sono fatti paladini di un ricorso alla Corte costituzionale contro questa legge iniqua, che la Lega Nord ha imposto nella nostra regione.
Credo - e concludo - che le piccole vittorie elettorali di oggi non possano essere scambiate con la tenuta democratica del Paese di domani, che è basata su valori come l'accoglienza, la solidarietà, la cooperazione tra gli uomini, ma soprattutto sulla dignità della vita umana, che la Convenzione di Varsavia sancisce, ma che per troppi, anche in questo Parlamento, rimane un bene accessorio e trascurabile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'obiettivo della Convenzione di Varsavia, che è stata sottoscritta il 16 maggio 2005, è la prevenzione e la lotta contro la tratta degli esseri umani in tutte le sue forme. Essa non riguarda unicamente la tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma anche ai fini del lavoro forzato e di altre pratiche di traffico illecito delle persone.
La Convenzione di Varsavia - che ci apprestiamo a ratificare e sulla quale il Movimento per le Autonomie esprimerà certamente un voto favorevole - pone in risalto il fatto che la tratta costituisce una violazione dei diritti umani e un affronto alla dignità e all'integrità delle persone e che, in tal senso, occorre intensificare la protezione di tutte le sue vittime.
Nella Convenzione del Consiglio d'Europa si definisce vittima ogni persona oggetto di tratta e viene, inoltre, previsto un elenco di disposizioni obbligatorie di assistenza a favore delle vittime della tratta. Si prevede anche la possibilità di non punire le vittime per il loro coinvolgimento in attività illegali, nella misura in cui vi siano state costrette.
Possiamo dire che la Convenzione di Varsavia costituisce oggi uno degli strumenti internazionali più completi ed aderenti alla complessità del fenomeno, affiancandosi al Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazione Unite sulla criminalità transnazionale, firmata a Palermo nel 2000, ed alla decisione quadro del 2002 dell'Unione europea.
Così il fenomeno «tratta» potrebbe essere letto come una violazione dei diritti umani. L'Italia rappresenta l'unico Paese europeo che considera la tratta un fenomeno contemporaneo di schiavitù. I principali strumenti da utilizzare per contrastare tale pratica sono contenuti già nella legge n. 228 dell'11 agosto 2003 - che modifica gli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, riscrivendo le definizioni di riduzione in schiavitù o in servitù, di acquisto e alienazione di schiavi e ridefinendo il concetto di tratta di persone -, nella cosiddetta legge Merlin del 1958 sullo sfruttamento della prostituzione altrui, negli articoli 605 e 630 del codice penale relativi al sequestro di persone.
In tale contesto normativo si inseriscono le modifiche al codice penale previste con la ratifica della Convenzione, oggetto della discussione odierna. In particolare si prevede una modifica del regime delle aggravanti, per quanto riguarda i reati di cui sopra, introducendo un nuovo articolo 602-ter: così nelle ipotesi di reato previste agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale, sanzionate con la reclusione da otto a vent'anni, la pena è aumentata da un terzo alla metà, nel caso in cui dal fatto derivi un grave pericolo per la vita o per l'integrità fisica o psichica della persona.
L'esperienza dimostra che, per intraprendere il cammino verso la libertà e l'indipendenza dai trafficanti, occorre consentire alle vittime trafficate di poter subito fruire dell'accoglienza, della prima Pag. 59assistenza e del permesso di soggiorno, che le toglie dallo stato di illegalità involontario in cui si trovano.
L'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione interviene proprio in questo contesto, prevedendo anche l'istituzione di programmi di assistenza e di integrazione sociale, insomma programmi di protezione sociale per soggetti stranieri, in particolare donne e minori, che intendano sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti di personaggi dediti al traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale.
Certamente, il cammino verso l'interruzione delle rotte del traffico degli esseri umani è ancora lungo, ma di certo in Italia è stata intrapresa la strada giusta e la ratifica oggi di questa Convenzione è l'ennesima constatazione di come il nostro Paese intenda contrastare una pratica che sminuisce la dignità, la libertà e l'integrità della vita.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Pizza, il provvedimento che la nostra Assemblea oggi sta discutendo mira ad offrire una soluzione legislativa transnazionale e adeguare così il nostro impianto preventivo e repressivo rispetto ad una questione di rilevante importanza, che tocca i diritti umani fondamentali di milioni di persone.
L'onorevole Maran nella sua relazione ha citato le cifre di questo fenomeno, le cui proporzioni aumentano di anno in anno di pari passo con i progressi del fenomeno della globalizzazione, che realizza sostanzialmente una maggiore unificazione dello spazio planetario grazie alla velocità dei trasporti e ai nuovi mezzi di informazione, che permettono quindi alle multinazionali del crimine di agire in maniera davvero trasversale.
L'Italia - anche questo aspetto è stato ricordato - ha firmato l'8 giugno del 2005 la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno; nella citata Convenzione la tratta nel suo complesso viene considerata una violazione dei diritti umani e un affronto alla dignità e all'integrità delle persone, individuando misure finalizzate a prevenire e contrastare il fenomeno, nonché a garantire alle vittime standard di tutela ispirati al principio - questo è molto importante - di riconoscimento dei diritti fondamentali dell'individuo secondo anche quanto previsto dalla nostra Costituzione all'articolo 2.
Si tratta dunque di prevenire e di combattere la tratta degli esseri umani, garantendo la parità tra le donne e gli uomini, di proteggere i diritti umani delle vittime della tratta, delineando un quadro completo qual è quello della protezione e della assistenza alle vittime e ai testimoni (garantendo anche qui la parità tra le donne e gli uomini), in modo da assicurare indagini e procedimenti giudiziari efficaci. Infine, si tratta di promuovere la cooperazione internazionale (essendo appunto un fenomeno transnazionale) nel campo della lotta alla tratta degli esseri umani.
Quindi, è un provvedimento di particolare delicatezza giuridica e normativa. Sono state ricordate da chi mi ha preceduto, dall'onorevole Mecacci, le ripercussioni anche sulle politiche dell'immigrazione nel nostro Paese.
Va detto in premessa che a livello internazionale è consuetudine distinguere tra immigrazione illegale (illegal migration, dove il crimine è posto in essere da una persona che attraversa con i propri mezzi il confine con un altro Stato in maniera illegale) e il traffico di migranti, considerata come una forma specifica di immigrazione illegale, dove però il migrante per raggiungere il territorio di un altro Stato si affida ad un'organizzazione criminale, che trasporta illegalmente oltre il confine la persona o un gruppo di persone. Infine - è la fattispecie oggetto della nostra Convenzione - vi è la tratta di esseri umani, definita dalle Nazioni Unite come quella attività che consiste nel reclutamento, Pag. 60nel trasporto, nel trasferimento e nell'ospitare o accogliere persone tramite l'impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, di frode, inganno, abuso di potere, o di una posizione di vulnerabilità, o tramite il dare o il ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, e tutto questo a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento - anche questo è stato ricordato - include lo sfruttamento della prostituzione altrui, altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, la servitù e la rimozione di organi (quest'ultimo è un fenomeno in grande espansione).
Ognuna di queste fattispecie mette in luce un diverso bene giuridico aggredito. Nel caso della tratta di esseri umani ad essere calpestati ed offesi sono i diritti degli esseri umani oggetto delle violenze connesse alla tratta. Entrando nel merito della materia di competenza della Commissione giustizia, di cui faccio parte, potrei dire che il nostro ordinamento interno si è già adeguato alle norme contenute nella Convenzione. Lo ricordava prima l'onorevole Angela Napoli.
Va detto preliminarmente che la disciplina nazionale prevista dal codice di diritto penale già prevede e disciplina nel dettaglio le fattispecie di reato dirette e connesse alla tratta di esseri umani.
La legge n. 228 del 2003, all'articolo 1 ha introdotto una nuova formulazione dell'articolo 600 del codice penale, ove si punisce, al primo comma, «chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento». Inoltre, al secondo comma, si specifica che «la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona».
L'articolo 2 della stessa legge n. 228 del 2003, modifica l'articolo 601 del codice penale, segnatamente rubricato: «Tratta di persone», che al primo comma definisce le azioni materiali da ricondurre sotto la specie della tratta di persone con rimando testuale all'articolo 600, mentre, al secondo comma, prevede un aumento di pena «da un terzo alla metà se i delitti sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi». Il quadro, infine, è completato dall'articolo 602 del codice penale, modificato dall'articolo 3 della legge n. 228 del 2003, e specificatamente rubricato: «Acquisto e alienazione di schiavi».
Per avere un quadro completo sulla sensibilità complessiva del nostro ordinamento, nei confronti della lotta alla tratta, va ricordata anche la nota sentenza della Corte Costituzionale che, nel 1996, e, cioè, prima della novella del 2003, affermò che la condizione analoga alla schiavitù, di cui agli articoli 600 e 602 del codice penale, non si identifica necessariamente con una situazione di diritto e, cioè, normativamente prevista, bensì anche con qualunque situazione di fatto in cui la condotta dell'agente abbia per effetto la riduzione della persona offesa nella condizione materiale dello schiavo.
In questo corpo di norme penali sostanziali, preesistente alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, è ampiamente agevolato il lavoro di adeguamento interno del legislatore italiano. Il disegno di legge del Governo, all'articolo 3, introduce nel codice penale un nuovo articolo - citato prima dalla collega Angela Napoli e sul quale, quindi, non tornerò -, volto ad adeguare la normativa, in modo sempre più completo e puntuale, a questa Convenzione. Pag. 61
In conclusione, signor Presidente, il disegno di legge di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e le relative norme di adattamento dell'ordinamento italiano costituiscono un importante momento di convergenza tra maggioranza ed opposizione su un tema così delicato. I delitti di cui trattiamo in questo provvedimento sono tra i più detestabili, perché mirano a coartare con inaudita violenza la dignità della persona, quella persona che trova, nella nostra Costituzione, una tutela universale, prevista dall'articolo 2 della Costituzione repubblicana che, tra l'altro, non parla dei diritti del cittadino, ma, in modo estremamente puntuale, dei diritti della persona. Tali diritti, quindi, appartengono, signor Presidente, alla persona in quanto persona, diritto connaturato.
Con questo strumento di coordinamento e con le altre discipline comunitarie che andremo ad adottare, forniremo un ulteriore strumento di lotta e contrasto alle organizzazioni criminali nazionali che, d'intesa con le grandi mafie internazionali, lucrano sulla disperazione di donne e di uomini. È chiaro, però - e vado a concludere, signor Presidente -, che non basta - lo si ricordava prima - l'impianto normativo ed è importante che il Governo possa associare, in modo più ampio, i corpi intermedi della società del volontariato, che lavorano sul terreno per l'integrazione e l'assistenza sociale di queste persone.
Vorrei, infine, ricordare come, con questo provvedimento - ed è un punto politico di primaria importanza - l'immigrato viene riconosciuto prima di tutto come persona. In un Parlamento dove si fa un gran parlare della difesa della vita, questo provvedimento ci ricorda che la vita è tutta, non solo l'embrione e il malato terminale, ma anche le vite di mezzo, i diritti delle quali troppo spesso vengono calpestati.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3402)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo brevemente per ringraziare i colleghi che sono intervenuti e il relatore della III Commissione e per ribadire che, anche se ratificata con ritardo, la Convenzione del Consiglio d'Europa, fatta a Varsavia nel 2005, di fatto non solo il Governo, ma l'Italia - infatti quando ci sono norme vigenti è l'intero Paese ad operare - aveva comunque già predisposto dei provvedimenti legislativi nel merito dal punto di vista giudiziario. D'altra parte anche i colleghi che sono intervenuti lo hanno evidenziato, tant'è che l'ordinamento interno viene sollecitato e rivisitato soltanto con l'introduzione di un nuovo reato: ciò significa che l'Italia era già in stato avanzato rispetto a questo grave fenomeno.
Personalmente non vi è dubbio che concordo sulla necessità che si debba davvero predisporre tutto quanto è necessario per tutelare le vittime di questo grave fenomeno, ma anche in tal senso la Convenzione è sicuramente ben adeguata. Vorrei invitare i colleghi tutti a giungere velocemente alla ratifica di questa Convenzione, anzitutto perché la stessa è già stata approvata dall'altro ramo del Parlamento - non dimentichiamo che arriva in questa sede già approvata dal Senato - ma anche perché, in effetti, come ho detto prima, pur avendo norme già adeguate, il nostro Paese è in ritardo rispetto alla ratifica.
Mi permetto di proporre ai colleghi, che hanno evidenziato determinate esigenze sotto l'aspetto della tutela delle vittime, eventualmente di presentare un ordine del giorno che possa impegnare il Governo a valutare attentamente gli interventi che sono necessari in tal senso.

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Maran, rinunzia alla replica.
Pag. 62
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. La ratifica e l'esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, sono particolarmente importanti perché rappresentano un ulteriore tassello nell'ambito dell'azione internazionale dell'Italia per la tutela dei diritti e della libertà delle persone.
Ciò anche in vista della sessione plenaria del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, che si terrà a Ginevra, come ricordava il rappresentante dell'Italia dei Valori, nei prossimi giorni e durante la quale l'Italia sarà sottoposta alla procedura d'esame della situazione dei diritti umani, denominata «revisione periodica universale».
Si tratta - come è noto - di una materia dove vi è un'ampia e diffusa sensibilità parlamentare. Il Governo ha fatto la sua parte con il disegno di legge che già al Senato lo scorso 14 aprile è stato approvato all'unanimità.
Il Governo reputa il provvedimento estremamente importante per svariati motivi: le disposizioni della Convenzione sono volte a realizzare un efficace contrasto del trafficking, tutelando i diritti delle vittime secondo un approccio non discriminatorio, che tenga in adeguata considerazione tanto la prospettiva di genere, quanto la protezione dei diritti dei minori, più vulnerabili alla tratta ovviamente; si prevede un efficace sistema di assistenza alle vittime, con misure per la tutela dei dati personali e di concessione de iure di permessi di soggiorno, di ammissione al gratuito patrocinio, nonché al fondo per le misure antitratta.
La Convenzione sancisce inoltre un obbligo di incriminazione di alcune specifiche fattispecie rilevanti in materia: il delitto di tratta è descritto secondo una formulazione conforme all'articolo 601 del codice penale, a sua volta in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e la decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea del 2002.
La Convenzione - ed è anche questo estremamente importante - prevede l'obbligo di incriminazione delle condotte di falsificazione, occultamento, soppressione, detenzione, procacciamento di documenti d'identità di viaggio commesse al fine di realizzare o di agevolare il delitto di tratta, introducendo inoltre la previsione di alcune circostanze aggravanti solo in parte coincidenti con quelle determinate dal primo comma dell'articolo 600 del codice penale.
Le altre fattispecie incriminatrici previste dalla Convenzione, introdotte per ottemperare ad altri impegni internazionali assunti, risultano invece fortunatamente già presenti nel nostro ordinamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ringraziare l'onorevole Pizza. Evidentemente ci siamo intesi su che cosa noi intendevamo per replica e al formalismo è stato aggiunto formalismo: ci ha letto due paginette che le ha trasmesso evidentemente il sottosegretario competente. Io sottolineo il valore delle argomentazioni - a cominciare dal lavoro fatto dai relatori, che ovviamente riportano il lavoro svolto nelle Commissioni e quindi vi è stato un lavoro intenso da parte di tutti i deputati - che sono state sottolineate in tutti gli interventi che vi sono stati, per quanto mi riguarda, ma ovviamente sto facendo un ragionamento politico e non formale. Formalmente non solo il collega Pizza era qui, formalmente ci ha letto anche le paginette attraverso le quali il Governo replica a questo dibattito. Chi ha potuto ascoltare questo dibattito, con tutto il rispetto per l'onorevole Pizza, ha anche potuto ascoltare la qualità, politicamente parlando Pag. 63ovviamente, delle argomentazioni che sono state portate. Quello che noi pensavamo è che dibattiti di questa natura probabilmente meriterebbero qualcosa di più, non certo per chi pronuncia determinati discorsi, ma perché evidentemente ciascuno di noi, impegnato dalla mattina alla sera su determinati argomenti, quando sente determinate argomentazioni magari sa anche meglio replicare e argomentare. Ma questo non è possibile pretenderlo ed allora rimane un auspicio per la prossima «puntata».

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, queste sono ovviamente sue valutazioni politiche, sulle quali la Presidenza non ha titolo per esprimersi.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2024 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo dello Stato del Qatar per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale, con Protocollo Aggiuntivo, fatta a Roma il 15 ottobre 2002 e del Protocollo di rettifica del testo in lingua italiana della Convenzione e del suo Protocollo Aggiuntivo, fatto a Doha il 19 marzo 2007 (Approvato dal Senato) (A.C. 3447) (ore 17,26).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo dello Stato del Qatar per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale, con Protocollo Aggiuntivo, fatta a Roma il 15 ottobre 2002 e del Protocollo di rettifica del testo in lingua italiana della Convenzione e del suo Protocollo Aggiuntivo, fatto a Doha il 19 marzo 2007.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3447)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Maran, ha facoltà di svolgere la relazione.

ALESSANDRO MARAN, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Convenzione e l'annesso Protocollo, firmato a Roma il 15 ottobre 2002, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Qatar, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto il reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso.
Ricordo che il Qatar sta acquisendo in questi ultimi anni ulteriore rilevanza geopolitica grazie al progressivo aumento dell'importanza del gas naturale come risorsa energetica. A ciò si aggiunge il crescente ruolo di polo diplomatico regionale svolto dall'emirato, come nel caso del conflitto sudanese.
Ricordo, inoltre, che nel gennaio scorso, nel corso suo viaggio nel Qatar, la speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, ha ringraziato il Premier qatariota per la cooperazione in materia di sicurezza fornita agli Stati Uniti in occasione del fallito tentativo di esplosione dell'aereo di linea in volo da Amsterdam a Detroit lo scorso 25 dicembre.
La Convenzione al nostro esame mantiene la struttura fondamentale del modello predisposto dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e si applica esclusivamente all'imposizione sul reddito.
Segnalo che all'articolo 23 viene definito il metodo per evitare le doppie imposizioni, che per entrambi i contraenti è quello dell'imputazione ordinaria. È naturalmente ribadito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non Pag. 64possono pertanto subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa rispetto a quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato.
Si prevede lo scambio di informazioni tra le rispettive autorità per facilitare l'applicazione dell'Accordo e per prevenire l'evasione, l'elusione e la frode fiscale. Lo scambio di informazioni potrà riguardare ogni tipo di imposta e non solo quelle incluse nella Convenzione. Le informazioni ricevute saranno tenute segrete e comunicate solo a persone o ad autorità incaricate dell'accertamento o della riscossione delle imposte.
Il disegno di legge approvato dal Senato il 28 aprile scorso consta di quattro articoli, recanti il primo l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione, il secondo l'ordine di esecuzione e il quarto l'entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 3 contiene la clausola di copertura degli oneri finanziari, valutati in 43 mila euro per il 2010 e in 158 mila euro annui a partire dal 2011, reperiti con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 4 giugno 1997, n. 170, riguardante la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione. Il Governo si è impegnato a non ricorrere più a tale copertura, pur avendolo fatto più volte in passato sottolineando che si incideva sui residui amministrativi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,30).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario Pizza, come è già accaduto nel caso di altre Convenzioni, anche questa che oggi è alla nostra attenzione ha quale ratio la necessità di evitare la duplicazione di imposizioni fiscali sugli stessi fenomeni economici e giuridici.
La Convenzione tra il nostro Paese e il Qatar intende contribuire a rafforzare l'insieme dei rapporti finanziari e commerciali intrattenuti dall'Italia con i Paesi del Medio Oriente. È uno strumento che mira a incrementare le opportunità di investimento per gli operatori economici italiani in condizioni di maggiore competitività con le imprese concorrenti degli altri Paesi industrializzati, perché il Qatar sta ampliando la propria rete di accordi con i Paesi appartenenti all'Unione europea.
Inoltre, questa Convenzione agevolerà i già proficui rapporti bilaterali e la cooperazione economica tra Italia e Qatar e risulta attesa dalle autorità di tale Paese.
Ricordo che il Qatar è diventato indipendente solo 39 anni fa, il 3 settembre del 1971 e diversamente dalla maggior parte dei vicini Emirati, ha rifiutato di diventare parte dell'Arabia Saudita o degli Emirati Arabi Uniti.
Tra le sue problematiche la più rilevante afferisce al rifornimento di derrate alimentari, facendo affidamento quasi esclusivamente sulle importazioni, in quanto la superficie messa a coltura è ridottissima e l'acqua molto scarsa poiché le falde freatiche sono inutilizzabili a causa dell'alto contenuto di minerali. La desalinizzazione dell'acqua marina costituisce infatti l'unico rimedio alla mancanza di risorse idriche. Il Governo del Qatar ha ratificato in tal senso accordi internazionali sull'ambiente, in materia di biodiversità, desertificazione e protezione dell'atmosfera. Lo Stato del Qatar ha un'economia di volume consistente, legata allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale, creando anche un collegamento diretto per il trasporto di gas verso l'Italia e recentemente ha assunto una posizione centrale nel contesto dei Paesi arabi.
Dico ciò perché l'avvio di progetti per la realizzazione di importanti opere infrastrutturali, di cui questo Paese necessita, costituirà un'opportunità fondamentale anche per le imprese italiane con un Paese Pag. 65che, sebbene stia affrontando una difficile congiuntura economica (e, ahimé, è in buona compagnia vista la manovra che il Governo si accinge a varare anche in Italia) presenta comunque un tasso di crescita che ben si accompagna alla decisione di impiegare ingenti investimenti all'estero. Possiamo certamente dire che la struttura della Convenzione ricalca gli schemi più recenti accolti sul piano internazionale dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la sua sfera soggettiva di applicazione è costituita dalle persone fisiche e giuridiche residenti in uno o entrambi gli Stati contraenti e tra le imposte considerate figurano per l'Italia l'IRPEF, l'IRPEG e l'IRAP. Particolarmente interessante in materia di scambio di informazioni, ai sensi dell'articolo 26 di questo accordo appare la relativa clausola adottata nella più recente versione prevista dal modello OCSE, la quale estende lo scambio di informazioni ad ogni tipo di imposta, non solo a quelle incluse nella Convenzione, per così rafforzare gli strumenti per la lotta all'evasione fiscale. Evidenzio peraltro l'inserimento di un inciso nel paragrafo 1 in base al quale detto scambio di informazioni deve avere anche la più generale funzione di prevenire l'evasione fiscale.
Il provvedimento di autorizzazione alla ratifica comprende anche un Protocollo di rettifica alla Convenzione, firmato a Doha il 19 marzo 2007, infatti, dopo la firma di questa Convenzione, il Ministero dell'economia e delle finanze ha evidenziato l'esistenza di alcune difformità sia lessicali che sostanziali fra il testo in lingua italiana e quello in lingua inglese, peraltro facente fede in caso di divergenza interpretative. Per avviare le procedure di ratifica da parte italiana si è reso pertanto necessario apportare delle modifiche al testo originale in lingua italiana in modo da correggere le parti che si presentavano difformi dal testo in lingua inglese e che avrebbero potuto creare delle difficoltà applicative.
Concludo, confermando fin da ora il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori per la ratifica di questa Convenzione, malgrado debba di nuovo stigmatizzare il fatto che la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione di questo importante Accordo - che sono valutati in 43 mila euro per l'anno 2010 e in 158 mila euro per il 2011 e per gli anni successivi - si provvederà ancora una volta con la corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 3 della legge 4 giugno 1997, n. 170 (riguardante la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e dalla desertificazione).
In questo senso ricordo come anche la Commissione bilancio aveva espresso parere favorevole con una osservazione che invocava una diversa copertura da parte del Governo che, peraltro, mi pare rimanga sordo a questa sollecitazione. Confido che ci sia un ripensamento, cammin facendo, rispetto a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3447)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sostituzione di un deputato componente della Delegazione presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE) e convocazione della stessa Delegazione per l'elezione del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato l'onorevole Roberto Antonione a far parte della Delegazione presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE), in sostituzione dell'onorevole Laura Ravetto, Pag. 66già presidente della Delegazione stessa, entrata a far parte del Governo.
Comunico altresì che, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, la Delegazione è convocata per mercoledì 9 giugno, alle ore 8,45, presso la sede di palazzo Valdina, per procedere all'elezione del presidente.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di giovedì 3 giugno 2010 l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla VII Commissione (Cultura):
S. 1006-1036 - senatori Vittoria Franco ed altri; senatori Asciutti ed altri: «Nuove norme in materia di difficoltà specifiche di apprendimento» (approvata, in un testo unificato, dalla 7a Commissione permanente del Senato) (2459) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge: Anna Teresa Formisano e Nunzio Francesco Testa: «Disposizioni in materia di difficoltà evolutive specifiche di apprendimento» (479); Ghizzoni ed altri: «Norme in materia di disturbi specifici di apprendimento» (994) e Angela Napoli: «Norme in materia di difficoltà specifiche di apprendimento» (1001).

Per la risposta ad uno strumento di sindacato ispettivo (ore 17,35).

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare, per suo tramite, la risposta da parte del Governo - in questo caso da parte del Ministro dell'interno - ad un'interrogazione presentata e sottoscritta non solo da me, ma anche da altri colleghi della mia regione, relativamente a fatti, tensioni e problematiche che si sono verificati all'interno del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca di Isonzo.
Questa interrogazione risale all'ottobre dello scorso anno. Tuttavia, nel frattempo si sono verificati altri episodi che destano preoccupazione non solo tra le persone deputate alla gestione del Centro, ma anche dell'amministrazione comunale e dei cittadini di quella comunità.
Ricordo, peraltro, che il rapporto tra l'amministrazione e la comunità di Gradisca di Isonzo e gli ospiti del centro è sempre stato abbastanza buono. Pertanto, il problema non è tanto legato a questo rapporto, ma alla preoccupazione circa una situazione che, all'interno, va assolutamente rivista con un chiarimento da parte del Ministro dell'interno.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, sarà compito della Presidenza sollecitare al riguardo il Ministero competente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 3 giugno 2010, alle 10:

1. - Informativa urgente del Governo sull'azione condotta da militari israeliani nei confronti di una nave recante aiuti umanitari diretta a Gaza che ha causato la morte di dieci civili.

Pag. 67

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge C. 2459 ed abbinate.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BERGAMINI; VELO ed altri; POLI ed altri: Disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio (C. 3007-3171-3198-A).
- Relatore: Bergamini.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00359, Bosi ed altri n. 1-00369, Boniver, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00370 e Misiti ed altri n. 1-00372 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare.

5. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 2043 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato) (C. 3402);
e dell'abbinata proposta di legge: MARAN ed altri (C. 1917).
- Relatori: Angela Napoli, per la II Commissione; Maran, per la III Commissione.
S. 2024 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo dello Stato del Qatar per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale, con Protocollo Aggiuntivo, fatta a Roma il 15 ottobre 2002 e del Protocollo di rettifica del testo in lingua italiana della Convenzione e del suo Protocollo Aggiuntivo, fatto a Doha il 19 marzo 2007 (Approvato dal Senato) (C. 3447).
- Relatore: Maran.

(al termine delle votazioni)

6. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VII Commissione (Cultura):
S. 1006-1036. - Senatori FRANCO VITTORIA ed altri; Senatori ASCIUTTI ed altri: «Nuove norme in materia di difficoltà specifiche d'apprendimento» (approvata, in un testo unificato, dalla 7a Commissione permanente del Senato) (C. 2459).

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge: ANNA TERESA FORMISANO e NUNZIO FRANCESCO TESTA: «Disposizioni in materia di difficoltà evolutive specifiche di apprendimento» (C. 479), GHIZZONI ed altri: «Norme in materia di disturbi specifici di apprendimento» (C. 994) e ANGELA NAPOLI: «Norme in materia di difficoltà specifiche di apprendimento» (C. 1001).

La seduta termina alle 17,40.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 27 maggio 2010, a pagina 41, seconda colonna, diciannovesima riga le prime tre parole si intendono sostituite dalle seguenti: «Al suddetto deputato».