XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 284 di mercoledì 17 febbraio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,10.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Baretta, Bossi, Brancher, Bratti, Caparini, Cazzola, Cicchitto, Cirielli, Cota, D'Alema, D'Amico, Donadi, Fava, Franceschini, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Martini, Mecacci, Migliori, Molgora, Leoluca Orlando, Pescante, Sardelli, Tabacci e Vernetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sostituzione di un componente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 16 febbraio 2010, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE il senatore Mauro Del Vecchio, in sostituzione del senatore Carlo Pegorer, dimissionario.

Sull'ordine dei lavori.

ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Occhiuto, su che cosa?

ROBERTO OCCHIUTO. Sull'ordine dei lavori, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Occhiuto, glielo posso anche concedere, però non vorrei che diventasse un'abitudine. Si tratta di interventi da svolgere a fine seduta. Prego, onorevole Occhiuto, ha facoltà di parlare.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo, approfittando della presenza del sottosegretario Bertolaso, per sollevare una questione che ha già avuto grande enfasi sulla stampa nazionale negli ultimi giorni. Si tratta della questione del dissesto idrogeologico in alcune regioni, in Sicilia e in Calabria.
Abbiamo assistito, nelle trasmissioni televisive dei giorni passati, a eventi che la dicono tutta sull'incuria che c'è stata nel governo del territorio. Oggi noi parliamo di protezione civile e spero che l'occasione serva anche al Governo per far sentire la sua voce in ordine a questo problema, che dipende certamente non solo dalle responsabilità dell'Esecutivo stesso, ma anche dalla qualità della gestione del territorio da parte di alcune regioni nel corso degli anni. Pag. 2
Sarebbe utile che tali questioni si affrontassero non solo quando le emergenze si verificano ma si affrontassero predisponendo veri e propri piani decennali di difesa del suolo. È una questione che riguarda gran parte del Paese; sono intervenuto per sollevarla perché so che il sottosegretario Bertolaso - che già negli anni passati ha dimostrato attenzione verso questo problema - potrà darci nel corso della discussione anche la sua opinione e potrà dirci quello che il suo Dipartimento sta realizzando in questa direzione.

DORIS LO MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, mi ricollego all'intervento del collega Occhiuto. Tra l'altro poco fa abbiamo parlato con il sottosegretario Bertolaso dell'emergenza Calabria e Sicilia, però, entrando nello specifico, vorrei porre un problema molto pratico che ha attinenza con la discussione all'ordine del giorno, e che non poteva essere posto neanche durante i lavori nelle Commissioni nei giorni precedenti perché è nato e sorto in queste ore, in questi giorni.
Ricordo a tutti che l'articolo 17 del provvedimento tra poco all'esame dell'Assemblea prevede la possibilità di nomina di commissari straordinari nelle zone interessate in presenza di particolari circostanze (mi riferisco evidentemente al dissesto idrogeologico), e prevede anche (al comma 2-bis) la possibilità di finanziamenti per alcune circostanze che si sono verificate in altre regioni a fine dicembre 2009, in altri periodi, nei mesi pregressi.
Mi chiedo se non sia serio e opportuno - lo chiedo al Governo innanzitutto, perché ancora la discussione si dovrà svolgere e questo provvedimento dovrà tornare comunque al Senato - e se non sia giusto e corretto un gesto di attenzione immediato nei confronti della Calabria e della Sicilia. Parlo in particolare per la Calabria, per quello che sta succedendo a Maierato in provincia di Vibo Valentia, ma anche nella provincia di Cosenza. La Calabria sta franando in questo momento.
Mi chiedo, quindi, se non sia giusto e corretto intervenire con immediatezza, farlo come Governo, come maggioranza e come minoranza (non mi interessa alcuna primogenitura in questa direzione), se non sia giusto intervenire nel provvedimento inserendo con immediatezza delle somme a disposizione (da quantificare evidentemente con gli strumenti che ha a disposizione il Governo, e non certo chi vi sta parlando) a favore della Calabria perché vi sia poi l'opportunità di intervenire con immediatezza.
Credo che la Calabria meriti questo gesto di attenzione. Quello che sta succedendo richiederebbe la presenza - lo dicevo allo stesso rappresentante del Governo - immediata e diretta del sottosegretario Bertolaso in Calabria in queste ore. Mi rendo conto che probabilmente vi sono delle priorità.
La mia priorità - devo essere sincera fino in fondo - sarebbe sapere il capo della Protezione civile in Calabria; ma la sua presenza in questa sede serva anche a generare una modifica immediata del provvedimento concordata con tutti - perché ancora siamo in questa fase - che metta a disposizione della Calabria un commissario e i fondi per affrontare questa situazione.

FRANCESCO NUCARA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, anche io vorrei fare riferimento a quanto sta accadendo in Calabria ed in Sicilia. In televisione, in questi giorni e in queste ore, abbiamo assistito a quell'immagine veramente drammatica di una persona che grida: correte, correte, correte, perché sembra che venga giù il finimondo! Tutti avremmo immaginato - malgrado il provvedimento che oggi è all'ordine del giorno dell'Assemblea - di vedere il sottosegretario Bertolaso, con la sua felpa, sul luogo del disastro. Pag. 3
Mi rivolgo a lei, signor sottosegretario, non tanto come capo della Protezione civile, ma come rappresentante del Governo: il problema della Calabria - come, più volte, ho avuto modo di affermare in Commissione - non è di tipo emergenziale, ma è un problema strutturale. Questo è noto alla regione, tuttavia le risorse finanziarie - tra la Protezione civile e il Ministero che si affidano alla regione, e la regione stessa - spesso, vengono sperperate. Le risorse finanziarie che abbiamo sono poche e dovrebbero essere utilizzate per ridurre il rischio molto elevato.
In Commissione ambiente abbiamo svolto un'ampia indagine conoscitiva, che è durata un anno, e abbiamo ascoltato anche lei, signor sottosegretario. Il problema va affrontato nella sua interezza: oggi vi è la frana di Maierato, due anni fa vi è stata l'alluvione a Vibo Valentia, dieci anni fa vi è stato il problema di Soverato, e i morti sull'autostrada. È una situazione permanente: in Calabria non vi sono emergenze, ma problemi strutturali, che è necessario pensare a risolvere. Signor sottosegretario, mi auguro che, anche malgrado la sua assenza, almeno il mio amico De Bernardinis, sia già in quei luoghi, per vedere cosa sta accadendo e riparare i primi danni.
Signor sottosegretario, si tratta di un problema che deve porre al Governo nella sua interezza: esso coinvolge il Ministero delle infrastrutture, quando realizza le strade, il Ministero dell'ambiente e, persino, il Ministero dello sviluppo economico.
È necessario che il Governo abbia un quadro complessivo per la Calabria, come per la Sicilia, cioè per le zone ad altissimo rischio idrogeologico. Si faccia portavoce, se le è possibile, di questa richiesta presso il Governo, affinché il problema venga affrontato in modo collegiale, e non solo affidando, di volta in volta, le poche risorse alla Protezione civile per riparare un danno che è già stato fatto e che non è possibile eliminare.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, credo che tutti gli onorevoli che sono intervenuti sappiano che, con riferimento sia alla vicenda di San Fratello in provincia di Messina, sia a tutte le problematiche, che nell'arco delle ultime quarantotto ore hanno coinvolto la Calabria (a Vibo Valentia, a Maierato, a Catanzaro, in provincia di Cosenza, e in tante diverse situazioni), il Dipartimento della protezione civile è intervenuto, sin dai primi istanti, dopo aver predisposto, preventivamente, uno stato di attenzione e di allarme per il rischio idrogeologico.
Purtroppo, sappiamo bene - è stato già ricordato dagli onorevoli che sono intervenuti - quale sia la situazione di dissesto idrogeologico sia della Sicilia, che della Calabria. Ne abbiamo parlato diverse volte presso la Commissione ambiente di questa Camera, ma anche del Senato; sono venuto a riferire, più volte, sulle tragedie che si sono verificate e, da ultimo, ovviamente, sulle vicende di Giampilieri e di Scaletta Zanclea, in provincia di Messina, lo scorso mese di ottobre.
È un problema, ormai, storico, strutturale, che riguarda, soprattutto, queste due regioni (ma non solo) e che deve essere affrontato con interventi di medio e lungo termine, di prevenzione e di investimento sulla difesa del suolo. Ora, non voglio fare alcuna valutazione specifica.
La Calabria sta franando da diversi anni, non sta franando oggi: questa è la verità vera. Abbiamo monitorato tutte le situazioni di vero rischio. L'anno scorso, con il presidente della regione, abbiamo cercato di impostare un piano per intervenire nelle situazioni più urgenti, dopo i drammatici fatti del gennaio 2009, che tutti ricorderanno. Adesso cerchiamo di fronteggiare la situazione di emergenza, soprattutto per i comuni che sono stati completamente evacuati, quantomeno, rispetto Pag. 4al passato, con la positiva valutazione che non vi sono stati problemi alle persone, ma solamente danni, anche ingenti, alle cose: questo è già un passo avanti rispetto a vicende che sono state ricordate anche dall'onorevole Nucara.
Come dicevo, il Dipartimento è stato presente sin dai primi minuti della vicenda; tecnici della nostra struttura sono presenti sia in Calabria, che in provincia di Messina; il professor De Bernardinis, dopo aver lavorato in coordinamento con le due realtà regionali, sta andando sul posto; ho parlato con i vari sindaci della provincia della Calabria, dei vari comuni interessati; questa mattina, prestissimo, ho sentito il presidente Loiero, a cui ho riferito che nella mattina di oggi avevo questo importante impegno istituzionale.
Sono abituato a seguire punto per punto tutti i lavori dei provvedimenti che mi riguardano e, così come ho fatto in Senato, ritenevo di essere qui presente oggi e nei giorni prossimi, secondo il calendario che voi deciderete. Se siete d'accordo, se l'Assemblea me lo consentirà, penso di poter rimanere qui, questa mattina, per ascoltare la discussione generale e poi, dopo la conclusione della parte antimeridiana della seduta, recarmi in Calabria per fare un sopralluogo e vedere esattamente quali altri interventi devono essere adottati con immediatezza, per poi magari riferire anche domani, al mio rientro, sugli esiti di questo sopralluogo sui primi interventi urgenti che il Governo intende, sicuramente, porre in essere. La ringrazio, signor Presidente. (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro)

PRESIDENTE. Noi ringraziamo lei, signor sottosegretario.

Discussione del disegno di legge: S. 1956 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile (Approvato dal Senato) (A.C. 3196-A) (ore 10,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3196-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Ghiglia, ha facoltà di svolgere la relazione.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame nasce dall'esigenza di approntare misure urgenti di immediata operatività in relazione a tre diverse fattispecie emergenziali: il sisma in Abruzzo, dove, conclusa la fase di prima emergenza, si definiscono nuovi ambiti di competenza, al fine di raccordare le iniziative avviate con quelle per la ricostruzione; l'emergenza rifiuti in Campania, dove il 31 dicembre 2009 si è conclusa la dichiarazione di stato di emergenza nel settore rifiuti; infine, la realizzazione di interventi Pag. 5urgenti nelle situazioni di rischio idrogeologico, per i quali è prevista la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di commissari straordinari.
Il decreto-legge, anche a seguito di numerose modifiche introdotte nel corso dell'esame al Senato, reca inoltre interventi volti a potenziare l'assetto del servizio nazionale di protezione civile, norme sull'attività del soccorso alpino, nonché disposizioni sul numero dei membri del Governo e sul cosiddetto piano carceri.
La VIII Commissione ha approvato alcune modifiche di cui darò conto nel corso dell'esposizione. Sono stati, altresì, acquisiti i pareri del Comitato per la legislazione, delle Commissioni I, II, IV, VI, VII, X, XI, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
In merito al contenuto delle disposizioni, ricordo che l'articolo 1, approvato senza modifiche dalla Commissione, disciplina - a decorrere dal 1o febbraio 2010 e per l'intera durata dello stato di emergenza, ossia fino al 31 dicembre 2010 - il subentro del presidente della regione Abruzzo nelle funzioni dell'attuale commissario delegato, al fine di assicurare che gli interventi di ricostruzione e quelli di assistenza alla popolazione siano posti in essere dalle amministrazioni territoriali, le quali possono assicurare il miglior coordinamento delle azioni finalizzate al ritorno alle normali condizioni di vita.
Restano affidate al dipartimento della Protezione civile le competenze già attribuite dal decreto-legge n. 39 del 2009 per il completamento delle abitazioni da destinare alla popolazione. Con una modifica introdotta al Senato il commissario delegato può nominare quali sub-commissari i sindaci e i presidenti delle province interessati per le rispettive competenze.
Con gli articoli dal 2 al 13 il Governo pone termine al momento emergenziale e affida nuovamente alle autonomie locali la gestione della vicenda dei rifiuti in Campania. Trattandosi, tuttavia, di una vicenda molto complessa che dura da sedici anni, la fase di passaggio dall'emergenza all'ordinarietà non può non comportare una fase di transizione per risolvere il delicato intreccio tra gestioni commissariali, leggi regionali sui rifiuti (di cui nel frattempo la regione Campania si è dotata), esigenze della cittadinanza e delle autonomie locali e necessità di porre un punto di chiarezza e di svolta nella materia.
Vengono, quindi, costituite due unità operative per facilitare il subentro delle autonomie locali e definire i compiti e le funzioni delle province per la programmazione e l'ordinaria gestione del ciclo integrato dei rifiuti, nonché attribuire le risorse umane e finanziarie occorrenti per l'assolvimento delle obbligazioni riconducibili alle società provinciali.
Nel corso dell'esame al Senato sono stati introdotti numerosi emendamenti volti a garantire il coinvolgimento del sistema delle autonomie locali in tutte le dinamiche connesse alla nuova fase.
In particolare, l'articolo 2 demanda ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'istituzione, nell'ambito del dipartimento della Protezione civile, di una unità stralcio e di una unità operativa, nonché l'individuazione di contabilità speciali per il funzionamento e la gestione di tali unità.
L'articolo 3 assegna all'unità stralcio il compito prioritario di definire le situazioni creditorie e debitorie derivanti dalle pregresse gestioni dell'emergenza rifiuti, predisponendo i piani di estinzione delle passività e provvedendo al pagamento dei debiti.
La Commissione ha modificato il comma 5 dell'articolo 3, specificando che le azioni giudiziarie che non possono essere intraprese nei confronti delle strutture commissariali sono quelle civili, amministrative ed arbitrali.
L'articolo 4 definisce i compiti dell'unità operativa, ivi inclusa la determinazione dei costi di conferimento dei rifiuti, tenuto conto, nelle more del definitivo piano regionale, delle linee guida emanate dal sottosegretario il 20 ottobre 2009 e - secondo un emendamento introdotto al Senato - sentite le rappresentanze degli enti locali.
L'articolo 5 autorizza la salvaguardia delle aree di interesse strategico nazionale Pag. 6mediante l'impiego di 250 unità delle Forze armate. Il comma 2 prevede la cessazione di efficacia delle ordinanze di Protezione civile emanate per fronteggiare l'emergenza rifiuti in Campania, con salvezza dei rapporti giuridici in corso.
L'articolo 5-bis, introdotto al Senato, reca disposizioni riguardanti il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico.
L'articolo 6 definisce, al primo periodo, i criteri per la determinazione del valore dell'impianto del termovalorizzatore di Acerra. Voglio ricordare che tale impianto, in costruzione da anni e messo in funzione da questo Governo, è fra i più moderni di tutta Italia e anche d'Europa. Esso brucia oltre 1.800 tonnellate di rifiuti ogni giorno, produce energia elettrica e sta già realizzando diversi milioni di euro di guadagno per l'energia elettrica che viene prodotta. La Commissione ha approvato una modifica all'articolo, nel senso di specificare che il valore dell'impianto, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, è determinato in 355 milioni di euro.
L'articolo 7 disciplina il trasferimento alla regione della proprietà del termovalorizzatore mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 31 dicembre 2011. Il comma 1-bis è stato soppresso dalla Commissione. Ricordo che tale disposizione prevedeva che se il trasferimento non fosse avvenuto entro il 31 gennaio 2012, la proprietà dovesse comunque essere trasferita al dipartimento della Protezione civile. È stato, inoltre, previsto al comma 4 che il contratto di affitto dell'impianto potrà avere una durata fino a 15 anni.
Nelle more del trasferimento, il dipartimento della Protezione civile è autorizzato a stipulare un contratto di affitto ad un canone pari a due milioni e mezzo di euro mensili. Il dipartimento mantiene, quindi, la disponibilità dell'impianto, nonché i ricavi spettanti per la cessione dell'energia elettrica prodotta.
L'articolo 8 disciplina le procedure di collaudo. Ove quest'ultimo non intervenga nel termine stabilito dall'articolo 7, il soggetto aggiudicatario del servizio di gestione assume comunque la gestione piena dell'impianto.
L'articolo 9 assicura la prosecuzione di attività di presidio antincendio e di sicurezza da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il medesimo articolo stabilisce che ASIA Spa, società in house del comune di Napoli, assicuri la necessaria funzionalità degli impianti di gestione rifiuti ubicati nella provincia e non solo nel comune, come previsto nel testo originario.
L'articolo 10 disciplina le successive fasi gestorie dei rifiuti allocati presso le aree di deposito e stoccaggio temporaneo e dispone, entro il 30 giugno 2010, il collaudo degli impianti di discarica per il subentro da parte delle province o delle società provinciali. Inoltre, autorizza l'estensione dei siti destinati a discarica nei territori adiacenti, ricompresi nell'ambito di competenza di altri enti locali. Nelle more del completamento degli impianti di compostaggio, fino al 31 dicembre 2011, gli impianti in esercizio sul territorio nazionale possono aumentare la propria capacità ricettiva e di trattamento fino all'8 per cento. Rispetto, invece, al termovalorizzatore nella provincia di Salerno, si prevede che la provincia ponga in essere le procedure occorrenti al fine di dotare il territorio della necessaria impiantistica. Pertanto, sono revocati gli atti compiuti laddove non confermati dal presidente della provincia.
Il comma 6-bis, introdotto dal Senato, reca disposizioni finalizzate ad assicurare l'attuazione del comma 1-bis dell'articolo 8 del decreto-legge n. 90 del 2008, per la progettazione, realizzazione e gestione di un ulteriore impianto di recupero dei rifiuti già prodotti e stoccati per la produzione di energia.
L'articolo 10-bis, introdotto al Senato, detta disposizioni sanzionatorie applicabili nei territori già destinatari della declaratoria dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, per la durata di dodici mesi dalla cessazione dello stato di emergenza. La Commissione ha soppresso il comma 2, secondo il quale, ai fini Pag. 7dell'individuazione dell'autorità giudiziaria competente per i procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania, doveva continuare ad applicarsi quanto disposto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2008.
L'articolo 11 reca norme sulla programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti finalizzate ad accelerare la costituzione e l'avvio delle società provinciali, quali l'attribuzione in capo ai presidenti della provincia, fino al 30 settembre 2010, dei compiti di programmazione del servizio, nonché la facoltà per le società provinciali di affidare il servizio di gestione dei rifiuti a soggetti privati, ovvero di avvalersi dei soggetti pubblici e privati che attualmente attendono ai predetti compiti, mediante proroga dei contratti in essere.
Il comma 2-ter, inserito dal Senato, reca una norma transitoria secondo cui, sino al 31 dicembre 2010, le attività di raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti, smaltimento o recupero degli inerti e la raccolta differenziata continuano ad essere gestite dai comuni. Il comma 3 assicura l'integrale copertura dei costi del ciclo dei rifiuti tramite l'imposizione dei relativi oneri a carico dell'utenza. La Commissione ha inteso specificare che nei costi devono intendersi compresi anche quelli derivanti dall'attuazione dell'articolo 13, comma 1, relativo al personale dei consorzi. A tal riguardo, le società provinciali agiscono anche come soggetti preposti all'accertamento e alla riscossione dei relativi tributi o tariffe e attivano azioni di recupero degli importi evasi.
A tal fine, i comuni trasmettono alle società provinciali e agli archivi della TARSU e della TIA, i dati afferenti alla raccolta dei rifiuti, nonché le informazioni derivanti dall'anagrafe della popolazione. In caso di inosservanza, il prefetto provvede anche attraverso la nomina di apposito commissario ad acta e, contestualmente, attiva le procedure di cui all'articolo 142 del TUEL, in materia di rimozione e sospensione di amministratori.
Al comma 4 la Commissione ha specificato che le province possono richiedere, ai fini dell'accesso alle informazioni relative ai contratti di erogazione dell'energia elettrica, del gas e dell'acqua, l'ausilio degli organi di polizia tributaria.
I commi da 5-bis a 5-quater, introdotti dal Senato, recano disposizioni in materia di accertamento e riscossione della tassa o tariffa per lo smaltimento dei rifiuti. In particolare, si prevede un metodo di calcolo, in via sperimentale e per il solo anno 2010, articolato in due parti, elaborate distintamente dalle province e dai comuni per gli oneri di rispettiva competenza, che confluiscono in un unico titolo di pagamento.
Alle province è inoltre assegnata la gestione dei siti per i quali è pendente contenzioso in ordine alla relativa titolarità, fino all'esito dello stesso.
Il comma 8, secondo una modifica approvata in Commissione, prevede il trasferimento del personale operante presso gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti di Santa Maria Capua Vetere, Battipaglia, Casalduni e Pianodardine alle competenti società provinciali, senza instaurazione di un rapporto di pubblico impiego con tali società. È stato inoltre specificato che nelle more del trasferimento, nei limiti di legge e delle risorse allo scopo finalizzate, tale personale è assegnato con contratto a tempo determinato alle province. È quindi assegnata in via straordinaria a favore della province una somma pari ad euro 1,50 per ogni contribuente residente. Il Presidente della provincia è autorizzato a revocare gli impegni assunti fino alla concorrenza del predetto importo, con vincolo di destinazione al patrimonio delle società provinciali.
L'articolo 11-bis, introdotto al Senato, prevede un accordo di programma tra il Ministro dell'ambiente e soggetti pubblici, aziende acquedottistiche, associazioni di settore, finalizzato a aumentare il consumo di acqua potabile di rete.
L'articolo 12, per consentire la riscossione dei crediti vantati nei confronti dei comuni da parte dei consorzi operanti nell'ambito del ciclo di gestione dei rifiuti, autorizza la conclusione di transazioni Pag. 8prevedenti l'abbattimento degli oneri accessori dei predetti crediti. I presidenti delle province nominano un soggetto liquidatore a cui, secondo una modifica introdotta al Senato, sono altresì conferiti compiti di gestione in via ordinaria dei consorzi e di amministrazione dei relativi beni, da svolgere in termini funzionali al subentro da parte delle province. Infine, si prevede che le somme dovute dai comuni alla struttura del sottosegretario sono recuperate mediante riduzione dei trasferimenti erariali, nonché in sede di erogazione di quanto dovuto per la compartecipazione al gettito IRPEF e per la devoluzione del gettito d'imposta per la responsabilità civile auto.
L'articolo 13 disciplina la definizione della dotazione organica del personale dei consorzi delle province campane, che deve essere approvata dal capo del Dipartimento della protezione civile. I consorzi provvedono all'assunzione a tempo indeterminato del personale in servizio fino alla data del 31 dicembre 2008, dando priorità al personale già in servizio al 31 dicembre 2001. La Commissione ha specificato che il consorzio provvede alla copertura dei posti anche in soprannumero con il riassorbimento del personale in servizio. È stato inoltre specificato che a detto personale dei consorzi che risulta in esubero si applicano le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, in deroga all'articolo 2, comma 36, della legge n. 203 del 2008, fermo restando l'attivazione di misure di politica attiva anche in applicazione dell'accordo tra Governo, regioni e province autonome del 12 febbraio 2009.
Quanto alle norme riguardanti il Dipartimento di protezione civile, l'articolo 14 autorizza l'avvio di procedure straordinarie di reclutamento di personale a tempo indeterminato, riguardanti i titolari di contratto a tempo determinato o di collaborazione, in deroga alla normativa vigente in materia di reclutamento, limitazioni del turn over e stabilizzazioni nella pubblica amministrazione.
L'articolo 14-bis, introdotto al Senato, estende al personale dei vigili del fuoco l'indennità di trasferimento prevista dalla legge n. 86 del 2001.
L'articolo 15 prevede, fino al 31 dicembre 2010, un sottosegretario di Stato incaricato del coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo e internazionale rispetto a eventi di interesse di protezione civile. L'ultimo periodo del comma 1, introdotto al Senato, dispone che il capo del Dipartimento della protezione civile, per lo svolgimento delle funzioni di sottosegretario, non debba percepire ulteriori emolumenti. La norma, poi, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano definiti i livelli minimi dell'organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile e degli enti cui spetta il governo, nonché la gestione del sistema di allertamento nazionale e il coordinamento in caso di emergenza.
Con un emendamento introdotto al Senato è previsto l'aumento del numero dei componenti del Governo, da 63 a 65. Il comma 3-bis, anch'esso introdotto al Senato, attribuiva al Dipartimento della protezione civile le funzioni di vigilanza sulla Croce Rossa Italiana, attualmente spettanti al Ministero della difesa. La Commissione ha approvato un emendamento soppressivo dell'articolo 15-bis, introdotto dal Senato, che recava norme in materia di formazione continua di pubblici dipendenti.
L'articolo 15-ter, introdotto al Senato, apporta alcune modifiche relative all'uso del logo della Protezione civile e dei vigili del fuoco.
L'articolo 16 è stato modificato integralmente dalla Commissione mantenendo le disposizioni di cui ai commi 4 e 4-ter, riguardanti la gestione della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile, e sopprimendo le altre disposizioni contenute nei restanti commi.
L'articolo 17 contiene importanti disposizioni per l'attuazione della norma contenuta nella legge finanziaria per il 2010 che ha stanziato un miliardo di euro per interventi urgenti diretti a rimuovere situazioni Pag. 9di rischio idrogeologico. Si prevede la possibilità di nominare commissari straordinari con gli stessi poteri dei commissari nominati per la realizzazione delle opere strategiche dalla cosiddetta «legge obiettivo», che attuano interventi di difesa del suolo, provvedono alle azioni di indirizzo e di supporto, promuovono le intese tra soggetti pubblici e privati interessati e curano tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie alla realizzazione degli interventi nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi, ove necessario, dei poteri di sostituzione e di deroga. Si tratta di un primo intervento significativo del Governo per la messa in sicurezza del Paese che questa Commissione ha più volte sollecitato, sia durante l'indagine conoscitiva sulla difesa del suolo, sia in occasione dell'approvazione di alcune risoluzioni per la messa in sicurezza del nostro territorio.
La Commissione ha modificato parzialmente il comma 2 relativamente alla parte riguardante gli oneri finanziari e la copertura della spesa e ha aggiunto un nuovo comma 2-quater che, modificando l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze può essere disposta la sospensione o il differimento dei termini per gli adempimenti per i versamenti tributari e contributivi dovuti dai soggetti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili che subiscono danni riconducibili all'evento.
Il Senato ha inoltre introdotto un finanziamento a favore dei territori delle regioni Emilia Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici eccezionali del dicembre scorso.
L'articolo 17-bis, introdotto al Senato, modifica la denominazione della Scuola di specializzazione sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica in «Scuola di specializzazione in discipline ambientali».
L'articolo 17-ter, introdotto al Senato, reca misure per la realizzazione del Piano carceri, introducendo un iter più snello per la localizzazione e le espropriazioni delle aree ove realizzate le nuove strutture. A tal fine il commissario straordinario può avvalersi del Dipartimento della protezione civile.
L'articolo 17-quater, introdotto al Senato, in relazione alla costruzione delle nuove strutture carcerarie, reca una disciplina analoga a quella introdotta dall'articolo 16 del primo decreto-legge sull'Abruzzo per la prevenzione di infiltrazioni della criminalità organizzata.
L'articolo 17-quinquies, introdotto al Senato, disponeva la non applicazione della disciplina sui commissari di Governo ai commissari straordinari per le reti dell'energia.
L'articolo 18 contiene, infine, le norme di copertura finanziaria, in parte mutate dalla Commissione anche in relazione alle modifiche apportate.
Desidero, infine, ringraziare il sottosegretario Bertolaso per l'attenzione continua non solo ai lavori della Commissione, ma anche per la sua presenza continua in Aula in un momento sicuramente delicato in cui lo stiamo anche distogliendo ad un dovere primario, che è quello di essere sul campo rispetto agli accadimenti della Calabria. Vorrei perciò ringraziarlo particolarmente perché anche in questo momento, lo ripeto, molto delicato e per cui esprimiamo tutta la nostra più incondizionata solidarietà, ha voluto essere qui presente senza farsi sostituire da un altro membro del Governo. Credo che questo gli faccia particolarmente onore.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, vorrei innanzitutto dire che la sua presenza in Aula questa mattina le fa sicuramente onore. Io rispetto sempre coloro che ci mettono la «faccia», specie quando sono nella bufera, quindi da questo punto di vista la ringrazio di esserci. Questo naturalmente non mi esimerà, nel corso del mio intervento, dal parlare anche di vicende che fanno da Pag. 10sfondo a questo decreto-legge e delle quali tutti i contorni ancora non sono chiari.
Signor Presidente, vorrei peraltro partire da una prima considerazione che riguarda il provvedimento nel suo complesso, quindi non l'aspetto specifico che riguarda la Protezione civile. Noi riteniamo che questo decreto-legge presenti palesi elementi di illegittimità costituzionale, perché crediamo che non sempre - in alcune norme sì, ma in altre molto meno - si ravvisi la sussistenza di quei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che la Costituzione richiede. Inoltre, vengono violate, in primo luogo, le prescrizioni dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988 in base alle quali i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Ora non v'è chi non veda che questo decreto-legge contiene numerose norme sulla omogeneità delle quali credo sia difficile poter convenire. Il termine dell'emergenza rifiuti in Campania al 31 dicembre 2009 è stato fissato attraverso un altro decreto-legge, il n. 90 del 2008, quindi più di un anno e mezzo fa. Di conseguenza, non siamo certo in presenza di un'urgenza imprevista e imprevedibile, ma, a questo punto, dovremmo persino dire, procurata. Anche con riguardo alla situazione della regione Abruzzo, poiché si tratta della fase post emergenziale non si capisce cosa c'entrino i requisiti di necessità e urgenza che la Costituzione richiede.
Ieri sono state apportate significative modificazioni al testo originario del decreto-legge di cui ho preso nota e spero che non mi sia sfuggito qualcosa; in caso contrario chiedo venia già in anticipo.
È evidente che vi sono altre norme che, da questo punto di vista, sono censurabili. L'articolo 5-bis in materia di attività del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico va a modificare la legge n. 74 del 2001 per la previsione dell'utilizzo di strumentazioni tecnologicamente avanzate per rendere più efficaci i servizi di elisoccorso. Mi domando cosa c'entri ciò con la straordinaria necessità ed urgenza richiesta dalla Costituzione.
Gli articoli 6, 7 e 8, concernono le norme relative al trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra a soggetti pubblici o privati mediante un provvedimento da adottarsi entro il 31 dicembre 2011. Allora, se è un provvedimento da adottare nel 2011, mi chiedo ancora una volta cosa c'entri una questione di straordinaria necessità ed urgenza, in quanto addirittura abbiamo un termine di due anni dalla data di oggi. Un'affermazione di questo tipo sembra quasi una presa in giro della Carta costituzionale e non è che l'aver fissato ieri l'importo e il valore cambi o modifichi la questione.
L'articolo 11-bis prevede che il Ministero dell'ambiente può promuovere un accordo di programma con aziende acquedottistiche, soggetti pubblici e società che operano nel settore idrico al fine di aumentare gli erogatori di acqua potabile nelle aree pubbliche. Ancora una volta mi domando cosa c'entrino i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza. Come sappiamo, l'articolo 16 è stato modificato, mentre l'articolo 17-bis è di natura ordinamentale e modifica denominazione, natura e struttura della Scuola di specializzazione post universitaria sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica. Mi chiedo cosa c'entri ciò, nell'organicità e nell'omogeneità del decreto-legge, con la straordinaria necessità ed urgenza.
Questo modo di procedere configura un vero e proprio stravolgimento dell'istituto del decreto-legge che non è conforme ai principi contenuti nell'articolo 77 della Costituzione e alle norme, come citavo prima, della legge n. 400 del 1988. Tale legge, pur essendo ordinaria, ha un suo valore ordinamentale perché posto a far sì che la decretazione d'urgenza avvenga secondo canoni di impiego ordinato.
L'articolo 15, comma 1, rappresenta un escamotage che rischia di perpetuare ciò che, in via di assoluta irripetibilità e straordinarietà e per il solo 2009 era stato adottato in deroga e a stravolgimento della Pag. 11legge n. 400 e della legge n. 215 del 2004 sul conflitto di interessi. Allora si diceva che lo si era fatto in via di assoluta irripetibilità, eppure siamo qui di nuovo con questo tipo di norma. Quelle norme configurano una proroga del medesimo incarico assegnato in capo alla medesima persona attraverso una modifica della definizione dell'incarico che è del tutto generica e, quindi, assolutamente priva di coordinamento con la vigente normativa relativa alla composizione del Governo. Di conseguenza, siamo di fronte ad una sua modifica surrettizia. I principi cardine della legge n. 400 del 1988 sono ancora in qualche modo violati dall'articolo 17-quinquies che deroga espressamente ad essi e ne esclude l'applicazione con riguardo alle procedure prescritte per le nomine commissariali.
Forse questa norma è stata in parte modificata ieri e quindi può darsi che oggi non sia più applicabile, ma certamente fino a ieri sera lo era.
Il comma 5 dell'articolo 3, con una formulazione assolutamente ambigua, è un'ulteriore norma grave, iniqua e lesiva dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e di certezza del diritto: è vero che ieri è stata eliminata la parte peggiore che riguarda le questioni penali, ma ciò non toglie che siamo in presenza, di fatto, di un'irresponsabilità di determinati soggetti, che è inaccettabile. Le deroghe introdotte da questa norma, che limitano l'esercizio del diritto inviolabile della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, rappresentano una compressione del diritto alla tutela nelle forme diverse da quella giurisdizionale. L'articolo 14 omette di fare riferimento esplicito alle procedure concorsuali che sono previste dalle norme vigenti e dall'articolo 97 della Costituzione (la questione riguardante la Protezione civile, ovviamente, è stata eliminata). Tra l'altro, anche sulla copertura finanziaria di questo provvedimento c'è assai da discutere.
Ciò che emerge, al di là degli aspetti tecnici, è l'idea e il pensiero di questo Governo sul federalismo, perché vi sono provvedimenti sul federalismo fiscale e provvedimenti che vanno totalmente in senso contrario. Basterebbe leggere l'articolo 11 sul trasferimento a società provinciali di compiti e funzioni propri dei comuni, in barba al federalismo che si continua a sbandierare come elemento fondante e costituente di questo Governo. In Aula non ci sono i colleghi della Lega, ma è a loro che dobbiamo rendere conto di questo aspetto, soprattutto quando il sabato e la domenica, nel nord Italia, vanno a fare la campagna elettorale basandosi su questi elementi.
In barba al federalismo, siamo di fronte ad un provvedimento in cui si ricorre troppo - ma su questo aspetto tornerò tra breve - alla scelta facile del commissariamento. Si commissariano, di fatto, i comuni campani ad opera della provincia, relativamente alla gestione del ciclo dei rifiuti e alla riscossione delle tasse; si prevede la nomina di un commissario ad acta nel caso in cui i comuni non forniscano alle province i dati relativi agli archivi TARSU e TIA e la banca dati dell'anagrafe della popolazione ai fini del recupero dell'evaso; si propongono tre nuovi commissari ad acta per l'emergenza in materia di dissesto idrogeologico e di difesa del suolo.
Riguardo ai commissariamenti, si tratta di una questione assolutamente incredibile. Qualcuno ha provato a fare dei conti: questo Governo è quello che usa il commissariamento come la colazione del mattino, ossia ne fa uno al giorno, se va bene, qualche volta in modo scandaloso. Sto pensando al caso di Mario Resca, nominato commissario per l'organizzazione della Grande Brera, con un compenso previsto di 2,5 milioni di euro.
Un noto giornalista ha scritto recentemente che siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e anche di commissari (ovviamente non quelli di polizia, dei quali ci sarebbe bisogno, ma che in realtà non vengono assunti). Nella pubblica amministrazione, ormai, sono onnipresenti: cito l'Agenzia spaziale italiana, il CNR, l'Istituto di astrofisica, l'Istituto di ricerca metereologica, l'INAIL, l'INPS, l'ENPALS, l'ISTAT, l'Isfol, l'Ipsema, l'Istituto di previdenza Pag. 12per il settore marittimo, l'Istituto per il commercio estero, l'Ente italiano per il turismo, sei parchi su ventidue, l'Aero Club d'Italia, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, l'Ente irriguo umbro-toscano (sul quale torneremo quando discuteremo il decreto cosiddetto milleproroghe), l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, gli IACP di quasi tutta la Puglia, la Federazione scacchistica (pensate), l'Ente risi, l'Ente sviluppo agricolo, l'Anagrafe bovina, la SIAE, l'Unire, l'ENAV, l'Ente per il controllo aereo, l'Associazione cavalieri italiani del sovrano ordine di Malta, la Croce rossa. Non parliamo dei vari commissari per i rifiuti, per finire con i «Commissari speciali» per le grandi opere istituite dal Governo Berlusconi con il decreto-legge n. 185 del 2008.
Quasi sempre, signor Presidente, siamo in presenza di personalità scelte tra politici ed ex politici, specie se «trombati» in qualche elezione. Vorrei ricordare casi eclatanti, non solo del centrodestra naturalmente: Antonio Bargone, ex sottosegretario diessino ai lavori pubblici per l'autostrada tirrenica Cecina-Civitavecchia; Mauro Fabris, ex sottosegretario UDEUR ai lavori pubblici e capogruppo UDEUR in passato, per la galleria del Brennero e le opere adduttrici; Vincenzo Pozzi, ex presidente dell'ANAS, di cui ricordiamo la liquidazione miliardaria per la nuova Pontina; il progetto del terzo valico ferroviario tra Milano e Genova all'ex provveditore alle opere pubbliche di Liguria e Lombardia Walter Lupi, peraltro già indagato per abuso d'ufficio davanti al GIP di Genova. Commissari straordinari che per definizione dovrebbero durare poco e risolvere problemi, quasi mai invece li risolvono realmente e spesso la straordinarietà diventa poi gestione ordinaria con lievitazione inimmaginabile dei costi. Anche qui non ne faccio un problema di centrodestra o di centrosinistra, ma è la realtà.
La Corte dei conti con una relazione monumentale ha cercato di capire come siano stati utilizzati, ad esempio, i fondi gestiti dai commissari straordinari del Governo in questi tredici anni di cosiddetta emergenza ordinaria, visto che siamo di fatto all'emergenza ordinaria. Il risultato è che, per ripulire Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Lazio, alla fine del 2005 erano stati spesi 1.800 milioni di euro, quasi 2 miliardi di euro, di questi quasi 400 milioni erano stati impiegati solo per pagare stipendi e uffici, una montagna di soldi quindi sommersa, come si dice, dalla spazzatura, senza che quegli obiettivi siano stati raggiunti.
Dieci anni fa, smaltire i rifiuti a Napoli e provincia costava 15 euro a tonnellata, ora se ne spendono 130 e con il trasporto all'estero via nave il prezzo salirà a 150 euro a tonnellata. Ma quanto costano i commissari? Ecco, secondo qualcuno il costo non sarebbe inferiore a 1 miliardo di euro all'anno. È evidente che siamo in presenza anche qui di costi e sprechi della politica.
Poi in questa vicenda della Protezione civile siamo in presenza di uno spaccato molto grave. Per quanto riguarda la privatizzazione, è vero che è stata stralciata, ma immaginiamo che per il Governo il progetto sia solo accantonato. Lo dico perché, nel mese di novembre, fummo i primi, prima ancora che il decreto-legge fosse oggetto di approvazione da parte del Governo, a sollevare questo problema. In questa sede il Ministro Vito, rispondendo a quella interrogazione, ci disse quanto era importante, utile e valido. La verità è che i commissariamenti, in particolare quello che riguarda la Protezione civile, hanno permesso di allargare il campo in capo ad una persona sola. Non c'è niente di peggio perché, quando tutto viene concentrato su una persona, i commissariamenti sono per forza fonte di comportamenti, anche se non necessariamente voluti dal capo o dal responsabile principale. Il fatto è che comunque chi sta a capo, chi è commissario, deve sempre assumersi le sue responsabilità, anche nella scelta dei suoi collaboratori. Se assume dei collaboratori incapaci, deve accorgersene prima e mandarli via per tempo, prima che facciano danni, se è in grado di farlo. Infatti, Pag. 13solo questo lo mette nella condizione di poter opporre poi, anche sul piano politico, i suoi comportamenti.
È evidente che nella Protezione civile siamo in presenza di una multinazionale da settecento dipendenti, che ha cambiato volto in questi nove anni. Vi è una escalation di ordinanze del Presidente del Consiglio: trecentotrenta furono emanate dal Governo Berlusconi nel 2001-2006 (qualcuna è stata emanata anche dal Governo Prodi: soltanto quarantasei), più di duecentocinquanta in queste nuovi due anni di Governo Berlusconi.
Per cui, sotto il cappello del supercommissario è finito di tutto, dai lavori per mettere in sicurezza gli scavi di Pompei ai festeggiamenti, pensate, per il 400o anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino, dalle piscine dei mondiali di nuoto alla riesumazione delle spoglie di Padre Pio. Siamo di fronte a delle cose che non stanno né in cielo né in terra!
Bisogna dire chiaramente che qui si approfitta dell'esistenza di questa struttura per fare di tutto e di più al di fuori della legge e della legalità. È questo il vero problema che i commissariamenti fanno nascere, in particolare un commissariamento di queste dimensioni.
Probabilmente, il sottosegretario Bertolaso lo sa meglio di me, ma si parla di almeno 10 miliardi di euro transitati attraverso questa struttura in dieci anni. È una stima, perché più del 20 per cento delle ordinanze governative non quantifica neppure gli stanziamenti pubblici, denaro che spesso viene speso a pioggia, senza controlli, in deroga, in nome della cultura emergenziale, a piani regolatori e a norme di trasparenza negli appalti, che vengono, di fatto, aggirate.
Certamente vi sono opere necessarie, come le case a L'Aquila, ma ve ne sono altre, come le cattedrali nel deserto di La Maddalena, i provvedimenti sul traffico di Napoli, i rifiuti di Palermo, le gondole e i vaporetti a Venezia, persino, l'anno giubilare paolino, le rotonde dei mondiali di ciclismo di Varese. È questa la straordinarietà che determina l'affidamento ad un commissario di questa rilevanza? Alla faccia del federalismo!
D'altronde, è evidente una relazione diretta tra le improvvise fortune private di qualcuno e gli appalti legati alla Protezione civile e alla cosiddetta «emergenza». Guardiamo le vicende, perché voglio veramente dire una cosa: io osservo le cose sotto il profilo sociologico e in questo momento non guardo ad aspetti strettamente giuridici o legali. Non voglio andare a guardare se vi sarà la «prova provata» secondo la norma della prova penalmente valida; non mi interessa. Io guardo da un punto di vista sociologico e quello che viene fuori da queste vicende è uno spaccato gravissimo. Lo voglio guardare come un semplice cittadino, che riflette su quello che stiamo leggendo, e le intercettazioni le leggiamo; non è che vi sia un'interpretazione strana di qualcuno. Penso che in questa vicenda ci sia dentro Tangentopoli, Vallettopoli, Parentopoli, c'è dentro di tutto. È una summa, una sintesi di un modo illegale di operare, che, peraltro, la Corte dei conti segnala in continuazione e riporta che tutti gli anni, in Italia, si pagano 60 miliardi di euro di tangenti; ci dice che nell'anno 2009, rispetto al 2008, vi è stata un'impressionante crescita di denunce per corruzione e concussione. Questo dice la Corte dei conti!
Parlavo delle fortune improvvise che qualcuno ha: pensiamo all'Anemone di Grottaferrata, che ha visto il suo giro di affari, in un solo anno, passare da 10 milioni a 37 milioni, in forza - lo spiegano nella relazione di gestione - degli appalti della pubblica amministrazione. Pensiamo alla Giafi di Firenze, del gruppo Carducci, che si è consolata con lavori per un appalto del G8: i suoi ricavi, in due anni, sono passati da 40 a 88 milioni di euro. Nella relazione ne assegnano il merito: grazie al Governo in carica. Lo scrivono, perché, forse, c'è l'idea di un'impunità totale, ma scrivono che il Governo in carica mostra di aver preso coscienza del fatto che bisogna colmare il gap infrastrutturale del Paese (così lo chiamano). Pag. 14
È evidente che siamo in presenza di un boom di entrate per molti altri: per esempio, la IGIT, che ha ristrutturato l'aeroporto perugino di Sant'Egidio per 25 milioni e il carcere di Sassari, e la Archea Associati, lo studio fiorentino dell'architetto Casamonti, da cui è partita l'inchiesta di cui stiamo parlando.
Siamo quindi ad un intreccio, come dicevo, tra alti burocrati delle opere pubbliche e alcune imprese; ed è chiaro che siamo in presenza di una vicenda che getta sconforto nell'opinione pubblica. Ripeto, le prove sociologiche di quello che è avvenuto vi sono già; le prove penali seguiranno poi la loro strada e un altro percorso, però credo che sul piano sociologico vi siano cose evidenti e cose molto gravi presenti in questa vicenda.
Credo che, anche con le modifiche che sono state apportate ieri, vi siano questioni di assoluta rilevanza che dovrebbero essere considerate: rimane infatti tutta una serie di elementi. Noi stessi abbiamo presentato una serie di emendamenti, un serie di proposte, che ci auguriamo possa essere ulteriormente presa in considerazione; perché restiamo dell'idea che vi siano molte cose cruciali, molte cose discutibili che sono rimaste in essere anche nel decreto-legge così come resta dopo gli interventi che sono stati introdotti.
Il nostro giudizio (mi avvio alla conclusione) è quindi negativo, un giudizio rivelatore di una situazione, di uno stato gravissimo della moralità nella gestione della cosa pubblica. Noi ci auguriamo naturalmente che lo stralcio che è avvenuto per la Protezione civile sia uno stralcio definitivo, e non invece un qualche cosa da rinviare a quando i tempi saranno più tranquilli. Vorrei ricordare che nel provvedimento restano tutta una serie di questioni: penso alle assunzioni, per esempio, nella Protezione civile, addirittura con la creazione in modo arbitrario di due blocchi distinti del personale, uno dentro ed uno fuori dalle procedure di reclutamento e di stabilizzazione.
E anche qui, mi dispiace, ma vi sono amici che sono stati favoriti. Signor sottosegretario, le dico che le fa onore essere qui stamattina, però non posso esimermi dal ribadire che lei ha favorito un suo cognato, e lo ha fatto dall'alto del potere che le derivava dall'essere in grado di agire in dispregio della legalità.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, vorrei innanzitutto dire che la sua presenza in Aula questa mattina le fa sicuramente onore. Io rispetto sempre coloro che ci mettono la «faccia», specie quando sono nella bufera, quindi da questo punto di vista la ringrazio di esserci. Questo naturalmente non mi esimerà, nel corso del mio intervento, dal parlare anche di vicende che fanno da Pag. 10sfondo a questo decreto-legge e delle quali tutti i contorni ancora non sono chiari.
Signor Presidente, vorrei peraltro partire da una prima considerazione che riguarda il provvedimento nel suo complesso, quindi non l'aspetto specifico che riguarda la Protezione civile. Noi riteniamo che questo decreto-legge presenti palesi elementi di illegittimità costituzionale, perché crediamo che non sempre - in alcune norme sì, ma in altre molto meno - si ravvisi la sussistenza di quei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che la Costituzione richiede. Inoltre, vengono violate, in primo luogo, le prescrizioni dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988 in base alle quali i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Ora non v'è chi non veda che questo decreto-legge contiene numerose norme sulla omogeneità delle quali credo sia difficile poter convenire. Il termine dell'emergenza rifiuti in Campania al 31 dicembre 2009 è stato fissato attraverso un altro decreto-legge, il n. 90 del 2008, quindi più di un anno e mezzo fa. Di conseguenza, non siamo certo in presenza di un'urgenza imprevista e imprevedibile, ma, a questo punto, dovremmo persino dire, procurata. Anche con riguardo alla situazione della regione Abruzzo, poiché si tratta della fase post emergenziale non si capisce cosa c'entrino i requisiti di necessità e urgenza che la Costituzione richiede.
Ieri sono state apportate significative modificazioni al testo originario del decreto-legge di cui ho preso nota e spero che non mi sia sfuggito qualcosa; in caso contrario chiedo venia già in anticipo.
È evidente che vi sono altre norme che, da questo punto di vista, sono censurabili. L'articolo 5-bis in materia di attività del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico va a modificare la legge n. 74 del 2001 per la previsione dell'utilizzo di strumentazioni tecnologicamente avanzate per rendere più efficaci i servizi di elisoccorso. Mi domando cosa c'entri ciò con la straordinaria necessità ed urgenza richiesta dalla Costituzione.
Gli articoli 6, 7 e 8, concernono le norme relative al trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra a soggetti pubblici o privati mediante un provvedimento da adottarsi entro il 31 dicembre 2011. Allora, se è un provvedimento da adottare nel 2011, mi chiedo ancora una volta cosa c'entri una questione di straordinaria necessità ed urgenza, in quanto addirittura abbiamo un termine di due anni dalla data di oggi. Un'affermazione di questo tipo sembra quasi una presa in giro della Carta costituzionale e non è che l'aver fissato ieri l'importo e il valore cambi o modifichi la questione.
L'articolo 11-bis prevede che il Ministero dell'ambiente può promuovere un accordo di programma con aziende acquedottistiche, soggetti pubblici e società che operano nel settore idrico al fine di aumentare gli erogatori di acqua potabile nelle aree pubbliche. Ancora una volta mi domando cosa c'entrino i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza. Come sappiamo, l'articolo 16 è stato modificato, mentre l'articolo 17-bis è di natura ordinamentale e modifica denominazione, natura e struttura della Scuola di specializzazione post universitaria sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica. Mi chiedo cosa c'entri ciò, nell'organicità e nell'omogeneità del decreto-legge, con la straordinaria necessità ed urgenza.
Questo modo di procedere configura un vero e proprio stravolgimento dell'istituto del decreto-legge che non è conforme ai principi contenuti nell'articolo 77 della Costituzione e alle norme, come citavo prima, della legge n. 400 del 1988. Tale legge, pur essendo ordinaria, ha un suo valore ordinamentale perché posto a far sì che la decretazione d'urgenza avvenga secondo canoni di impiego ordinato.
L'articolo 15, comma 1, rappresenta un escamotage che rischia di perpetuare ciò che, in via di assoluta irripetibilità e straordinarietà e per il solo 2009 era stato adottato in deroga e a stravolgimento della Pag. 11legge n. 400 e della legge n. 215 del 2004 sul conflitto di interessi. Allora si diceva che lo si era fatto in via di assoluta irripetibilità, eppure siamo qui di nuovo con questo tipo di norma. Quelle norme configurano una proroga del medesimo incarico assegnato in capo alla medesima persona attraverso una modifica della definizione dell'incarico che è del tutto generica e, quindi, assolutamente priva di coordinamento con la vigente normativa relativa alla composizione del Governo. Di conseguenza, siamo di fronte ad una sua modifica surrettizia. I principi cardine della legge n. 400 del 1988 sono ancora in qualche modo violati dall'articolo 17-quinquies che deroga espressamente ad essi e ne esclude l'applicazione con riguardo alle procedure prescritte per le nomine commissariali.
Forse questa norma è stata in parte modificata ieri e quindi può darsi che oggi non sia più applicabile, ma certamente fino a ieri sera lo era.
Il comma 5 dell'articolo 3, con una formulazione assolutamente ambigua, è un'ulteriore norma grave, iniqua e lesiva dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e di certezza del diritto: è vero che ieri è stata eliminata la parte peggiore che riguarda le questioni penali, ma ciò non toglie che siamo in presenza, di fatto, di un'irresponsabilità di determinati soggetti, che è inaccettabile. Le deroghe introdotte da questa norma, che limitano l'esercizio del diritto inviolabile della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, rappresentano una compressione del diritto alla tutela nelle forme diverse da quella giurisdizionale. L'articolo 14 omette di fare riferimento esplicito alle procedure concorsuali che sono previste dalle norme vigenti e dall'articolo 97 della Costituzione (la questione riguardante la Protezione civile, ovviamente, è stata eliminata). Tra l'altro, anche sulla copertura finanziaria di questo provvedimento c'è assai da discutere.
Ciò che emerge, al di là degli aspetti tecnici, è l'idea e il pensiero di questo Governo sul federalismo, perché vi sono provvedimenti sul federalismo fiscale e provvedimenti che vanno totalmente in senso contrario. Basterebbe leggere l'articolo 11 sul trasferimento a società provinciali di compiti e funzioni propri dei comuni, in barba al federalismo che si continua a sbandierare come elemento fondante e costituente di questo Governo. In Aula non ci sono i colleghi della Lega, ma è a loro che dobbiamo chiedere di rendere conto di questo aspetto, soprattutto quando il sabato e la domenica, nel nord Italia, vanno a fare la campagna elettorale basandosi su questi elementi.
In barba al federalismo, siamo di fronte ad un provvedimento in cui si ricorre troppo - ma su questo aspetto tornerò tra breve - alla scelta facile del commissariamento. Si commissariano, di fatto, i comuni campani ad opera della provincia, relativamente alla gestione del ciclo dei rifiuti e alla riscossione delle tasse; si prevede la nomina di un commissario ad acta nel caso in cui i comuni non forniscano alle province i dati relativi agli archivi TARSU e TIA e la banca dati dell'anagrafe della popolazione ai fini del recupero dell'evaso; si propongono tre nuovi commissari ad acta per l'emergenza in materia di dissesto idrogeologico e di difesa del suolo.
Riguardo ai commissariamenti, si tratta di una questione assolutamente incredibile. Qualcuno ha provato a fare dei conti: questo Governo è quello che usa il commissariamento come la colazione del mattino, ossia ne fa uno al giorno, se va bene, qualche volta in modo scandaloso. Sto pensando al caso di Mario Resca, nominato commissario per l'organizzazione della Grande Brera, con un compenso previsto di 2,5 milioni di euro.
Un noto giornalista ha scritto recentemente che siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e anche di commissari (ovviamente non quelli di polizia, dei quali ci sarebbe bisogno, ma che in realtà non vengono assunti). Nella pubblica amministrazione, ormai, sono onnipresenti: cito l'Agenzia spaziale italiana, il CNR, l'Istituto di astrofisica, l'Istituto di ricerca metereologica, l'INAIL, l'INPS, l'ENPALS, l'ISTAT, l'Isfol, l'Ipsema, l'Istituto di previdenza Pag. 12per il settore marittimo, l'Istituto per il commercio estero, l'Ente italiano per il turismo, sei parchi su ventidue, l'Aero Club d'Italia, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, l'Ente irriguo umbro-toscano (sul quale torneremo quando discuteremo il decreto cosiddetto milleproroghe), l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, gli IACP di quasi tutta la Puglia, la Federazione scacchistica (pensate), l'Ente risi, l'Ente sviluppo agricolo, l'Anagrafe bovina, la SIAE, l'Unire, l'ENAV, l'Ente per il controllo aereo, l'Associazione cavalieri italiani del sovrano ordine di Malta, la Croce rossa. Non parliamo dei vari commissari per i rifiuti, per finire con i «Commissari speciali» per le grandi opere istituite dal Governo Berlusconi con il decreto-legge n. 185 del 2008.
Quasi sempre, signor Presidente, siamo in presenza di personalità scelte tra politici ed ex politici, specie se «trombati» in qualche elezione. Vorrei ricordare casi eclatanti, non solo del centrodestra naturalmente: Antonio Bargone, ex sottosegretario diessino ai lavori pubblici per l'autostrada tirrenica Cecina-Civitavecchia; Mauro Fabris, ex sottosegretario UDEUR ai lavori pubblici e capogruppo UDEUR in passato, per la galleria del Brennero e le opere adduttrici; Vincenzo Pozzi, ex presidente dell'ANAS, di cui ricordiamo la liquidazione miliardaria per la nuova Pontina; il progetto del terzo valico ferroviario tra Milano e Genova all'ex provveditore alle opere pubbliche di Liguria e Lombardia Walter Lupi, peraltro già indagato per abuso d'ufficio davanti al GIP di Genova. Commissari straordinari che per definizione dovrebbero durare poco e risolvere problemi, quasi mai invece li risolvono realmente e spesso la straordinarietà diventa poi gestione ordinaria con lievitazione inimmaginabile dei costi. Anche qui non ne faccio un problema di centrodestra o di centrosinistra, ma è la realtà.
La Corte dei conti con una relazione monumentale ha cercato di capire come siano stati utilizzati, ad esempio, i fondi gestiti dai commissari straordinari del Governo in questi tredici anni di cosiddetta emergenza ordinaria, visto che siamo di fatto all'emergenza ordinaria. Il risultato è che, per ripulire Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Lazio, alla fine del 2005 erano stati spesi 1.800 milioni di euro, quasi 2 miliardi di euro, di questi quasi 400 milioni erano stati impiegati solo per pagare stipendi e uffici, una montagna di soldi quindi sommersa, come si dice, dalla spazzatura, senza che quegli obiettivi siano stati raggiunti.
Dieci anni fa, smaltire i rifiuti a Napoli e provincia costava 15 euro a tonnellata, ora se ne spendono 130 e con il trasporto all'estero via nave il prezzo salirà a 150 euro a tonnellata. Ma quanto costano i commissari? Ecco, secondo qualcuno il costo non sarebbe inferiore a 1 miliardo di euro all'anno. È evidente che siamo in presenza anche qui di costi e sprechi della politica.
Poi in questa vicenda della Protezione civile siamo in presenza di uno spaccato molto grave. Per quanto riguarda la privatizzazione, è vero che è stata stralciata, ma immaginiamo che per il Governo il progetto sia solo accantonato. Lo dico perché, nel mese di novembre, fummo i primi, prima ancora che il decreto-legge fosse oggetto di approvazione da parte del Governo, a sollevare questo problema. In questa sede il Ministro Vito, rispondendo a quella interrogazione, ci disse quanto era importante, utile e valido. La verità è che i commissariamenti, in particolare quello che riguarda la Protezione civile, hanno permesso di allargare il campo in capo ad una persona sola. Non c'è niente di peggio perché, quando tutto viene concentrato su una persona, i commissariamenti sono per forza fonte di comportamenti, anche se non necessariamente voluti dal capo o dal responsabile principale. Il fatto è che comunque chi sta a capo, chi è commissario, deve sempre assumersi le sue responsabilità, anche nella scelta dei suoi collaboratori. Se assume dei collaboratori incapaci, deve accorgersene prima e mandarli via per tempo, prima che facciano danni, se è in grado di farlo. Infatti, Pag. 13solo questo lo mette nella condizione di poter opporre poi, anche sul piano politico, i suoi comportamenti.
È evidente che nella Protezione civile siamo in presenza di una multinazionale da settecento dipendenti, che ha cambiato volto in questi nove anni. Vi è una escalation di ordinanze del Presidente del Consiglio: trecentotrenta furono emanate dal Governo Berlusconi nel 2001-2006 (qualcuna è stata emanata anche dal Governo Prodi: soltanto quarantasei), più di duecentocinquanta in queste nuovi due anni di Governo Berlusconi.
Per cui, sotto il cappello del supercommissario è finito di tutto, dai lavori per mettere in sicurezza gli scavi di Pompei ai festeggiamenti, pensate, per il 400o anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino, dalle piscine dei mondiali di nuoto alla riesumazione delle spoglie di Padre Pio. Siamo di fronte a delle cose che non stanno né in cielo né in terra!
Bisogna dire chiaramente che qui si approfitta dell'esistenza di questa struttura per fare di tutto e di più al di fuori della legge e della legalità. È questo il vero problema che i commissariamenti fanno nascere, in particolare un commissariamento di queste dimensioni.
Probabilmente, il sottosegretario Bertolaso lo sa meglio di me, ma si parla di almeno 10 miliardi di euro transitati attraverso questa struttura in dieci anni. È una stima, perché più del 20 per cento delle ordinanze governative non quantifica neppure gli stanziamenti pubblici, denaro che spesso viene speso a pioggia, senza controlli, in deroga, in nome della cultura emergenziale, a piani regolatori e a norme di trasparenza negli appalti, che vengono, di fatto, aggirate.
Certamente vi sono opere necessarie, come le case a L'Aquila, ma ve ne sono altre, come le cattedrali nel deserto di La Maddalena, i provvedimenti sul traffico di Napoli, i rifiuti di Palermo, le gondole e i vaporetti a Venezia, persino, l'anno giubilare paolino, le rotonde dei mondiali di ciclismo di Varese. È questa la straordinarietà che determina l'affidamento ad un commissario di questa rilevanza? Alla faccia del federalismo!
D'altronde, è evidente una relazione diretta tra le improvvise fortune private di qualcuno e gli appalti legati alla Protezione civile e alla cosiddetta «emergenza». Guardiamo le vicende, perché voglio veramente dire una cosa: io osservo le cose sotto il profilo sociologico e in questo momento non guardo ad aspetti strettamente giuridici o legali. Non voglio andare a guardare se vi sarà la «prova provata» secondo la norma della prova penalmente valida; non mi interessa. Io guardo da un punto di vista sociologico e quello che viene fuori da queste vicende è uno spaccato gravissimo. Lo voglio guardare come un semplice cittadino, che riflette su quello che stiamo leggendo, e le intercettazioni le leggiamo; non è che vi sia un'interpretazione strana di qualcuno. Penso che in questa vicenda ci sia dentro Tangentopoli, Vallettopoli, Parentopoli, c'è dentro di tutto. È una summa, una sintesi di un modo illegale di operare, che, peraltro, la Corte dei conti segnala in continuazione e riporta che tutti gli anni, in Italia, si pagano 60 miliardi di euro di tangenti; ci dice che nell'anno 2009, rispetto al 2008, vi è stata un'impressionante crescita di denunce per corruzione e concussione. Questo dice la Corte dei conti!
Parlavo delle fortune improvvise che qualcuno ha: pensiamo all'Anemone di Grottaferrata, che ha visto il suo giro di affari, in un solo anno, passare da 10 milioni a 37 milioni, in forza - lo spiegano nella relazione di gestione - degli appalti della pubblica amministrazione. Pensiamo alla Giafi di Firenze, del gruppo Carducci, che si è consolata con lavori per un appalto del G8: i suoi ricavi, in due anni, sono passati da 40 a 88 milioni di euro. Nella relazione ne assegnano il merito: grazie al Governo in carica. Lo scrivono, perché, forse, c'è l'idea di un'impunità totale, ma scrivono che il Governo in carica mostra di aver preso coscienza del fatto che bisogna colmare il gap infrastrutturale del Paese (così lo chiamano). Pag. 14
È evidente che siamo in presenza di un boom di entrate per molti altri: per esempio, la IGIT, che ha ristrutturato l'aeroporto perugino di Sant'Egidio per 25 milioni e il carcere di Sassari, e la Archea Associati, lo studio fiorentino dell'architetto Casamonti, da cui è partita l'inchiesta di cui stiamo parlando.
Siamo quindi ad un intreccio, come dicevo, tra alti burocrati delle opere pubbliche e alcune imprese; ed è chiaro che siamo in presenza di una vicenda che getta sconforto nell'opinione pubblica. Ripeto, le prove sociologiche di quello che è avvenuto vi sono già; le prove penali seguiranno poi la loro strada e un altro percorso, però credo che sul piano sociologico vi siano cose evidenti e cose molto gravi presenti in questa vicenda.
Credo che, anche con le modifiche che sono state apportate ieri, vi siano questioni di assoluta rilevanza che dovrebbero essere considerate: rimane infatti tutta una serie di elementi. Noi stessi abbiamo presentato una serie di emendamenti, un serie di proposte, che ci auguriamo possa essere ulteriormente presa in considerazione; perché restiamo dell'idea che vi siano molte cose cruciali, molte cose discutibili che sono rimaste in essere anche nel decreto-legge così come resta dopo gli interventi che sono stati introdotti.
Il nostro giudizio (mi avvio alla conclusione) è quindi negativo, un giudizio rivelatore di una situazione, di uno stato gravissimo della moralità nella gestione della cosa pubblica. Noi ci auguriamo naturalmente che lo stralcio che è avvenuto per la Protezione civile sia uno stralcio definitivo, e non invece un qualche cosa da rinviare a quando i tempi saranno più tranquilli. Vorrei ricordare che nel provvedimento restano tutta una serie di questioni: penso alle assunzioni, per esempio, nella Protezione civile, addirittura con la creazione in modo arbitrario di due blocchi distinti del personale, uno dentro ed uno fuori dalle procedure di reclutamento e di stabilizzazione.
E anche qui, mi dispiace, ma vi sono amici che sono stati favoriti. Signor sottosegretario, le dico che le fa onore essere qui stamattina, però non posso esimermi dal ribadire che lei ha favorito un suo cognato, e lo ha fatto dall'alto del potere che le derivava dall'essere in grado di agire in dispregio della legalità.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, non travalichi le regole, per cortesia, e i contenuti del provvedimento.

ANTONIO BORGHESI. Concludo. Ma di cosa stiamo parlando, scusi?

PRESIDENTE. Stiamo parlando non di quello che ha detto prima, stiamo parlando di un provvedimento.

ANTONIO BORGHESI. Stiamo parlando della Protezione civile e di un commissario che ha...

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la richiamo comunque.

ANTONIO BORGHESI. Comunque concludo, ricordando che le stesse norme che restano... Signor Presidente, prendo atto e mi rimetto al suo richiamo, ma credo che quando si parla di temi come questi non vi sia un problema in Aula di trincerarci dietro false ipocrisie: se uno deve dire una cosa la dice, e credo che sia giusto farlo, signor Presidente.
Mi avvio alla conclusione. Dicevo che resta tutta la normativa che aumenta di almeno un milione di euro la spesa pubblica, introducendo nuovi sottosegretari. Avete avviato questa legislatura dicendo: che bravi che siamo, e in due anni avete già accresciuto sensibilmente il numero dei sottosegretari, avete costituito dei Ministeri nuovi in dispregio invece di un bisogno, che il Paese avverte, di moderazione nelle spese, e possibilmente di riduzione. Il nostro giudizio quindi, signor Presidente, è complessivamente negativo.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, il decreto-legge n. 195 del 2009 che Pag. 15andiamo a convertire offre uno spaccato molto chiaro di ciò che la legislazione di emergenza è divenuta, e delle sue applicazioni molto ampie, che vanno oltre, assai oltre, alle situazioni di calamità naturale.
Questo ramo del Parlamento affronta la discussione in gran fretta: dall'emanazione del 29 dicembre abbiamo ricevuto in seconda lettura il provvedimento cinque giorni fa, con l'assillo di un rapido esame che permetta comunque di licenziarlo entro la data della scadenza, il 28 febbraio.
Al nostro lavoro, all'esercizio delle funzioni che questa Assemblea dovrebbe poter esercitare in piena e legittima tranquillità sono attribuite scarsa importanza e, soprattutto, poche e residue prerogative: i provvedimenti arrivano pressoché blindati e molto spesso assistiamo alla rinuncia, anche da parte della maggioranza parlamentare, alla facoltà di apportare modifiche e alla quasi impossibilità di entrare nel merito. Ma nella discussione di questo decreto-legge non è andato tutto come il Governo aveva previsto e noi contiamo di emendarlo ancora, soprattutto in riferimento alla questione della legislazione conseguente alla dichiarazione dello stato di emergenza che ha superato, dal nostro punto di vista, i limiti accettabili.
Signor Presidente, la straordinarietà degli strumenti legislativi, che diventa normalità, richiede una riflessione molto seria: è necessario fermarsi, interrogarsi, perché il Parlamento ed il Governo possono e devono porre rimedio ad una degenerazione della produzione normativa che mette in discussione le funzioni, i ruoli di indirizzo e di controllo e che esclude sistematicamente il contributo che la struttura dello Stato nei suoi organismi articolati, a partire dai Ministeri fino agli enti locali (e ci chiediamo perché questi contributi non vengano più dati e perché si rinunci a darli), può offrire per affrontare e risolvere il tema della semplificazione normativa che, soprattutto ad esempio in riferimento alla gestione dei lavori pubblici e dell'ambiente, costituisce un impulso anche alla ripresa economica.
Non vi è traccia, nel lavoro che il Governo sta facendo, di una volontà concreta in questa direzione: molti slogan, poche risorse, blocco delle strutture ministeriali che, caso mai, si organizzano attraverso gestioni commissariali o magari (a qualcuno è riuscito, penso al Ministero della difesa) producono e costruiscono società in house.
In questa legislatura si continua a restituire, secondo un disegno che il Governo Berlusconi aveva già individuato nella passata legislatura (vedi il caso di Infrastrutture Spa o di Patrimonio Spa), l'idea che un piglio aziendale e meno burocrazia funzionino meglio e siano più efficaci per il Paese: fate funzionare i vostri apparati, rispondiamo noi, ridiscutiamo insieme di come semplificare alcune delle regole fondamentali che ostacolano, ad esempio, il sistema dei lavori pubblici.
Il decreto-legge è tempestato da deroghe, ma vi pare possibile che noi, il Parlamento, possiamo offrire ai cittadini italiani la certezza che vi sono sempre due binari su cui impostare il rispetto delle leggi: uno quello per tutti, per i comuni mortali, quello fatto di ostacoli e di burocrazia, molto lento e costoso, quello che voi cercate di rifuggire, l'altro per i furbi, magari per gli amici, accelerato, senza vincoli, veloce e che fa anche guadagnare?
Ciò non è possibile, dobbiamo fermarci, entrare nei contenuti ed iniziare a dimostrare che per il bene del nostro Paese è urgente provvedere. Il decreto-legge in esame affronta alcune delle principali situazioni legate alle calamità naturali e su questo non abbiamo mai sollevato problemi, non c'è niente da dire. Penso all'Abruzzo, alla ricostruzione, alla prima fase dell'emergenza ma anche ai più recenti episodi alluvionali abbattutisi sulle nostre regioni (sulla mia Toscana, la Liguria, l'Emilia): con una certa scorrevolezza, questi provvedimenti hanno portato beneficio alle popolazioni ed hanno permesso di agire nell'emergenza immediata, nella ricostruzione e nell'avvio di misure che hanno anche un valore preventivo. Non parliamo di questo, rispetto a cui riteniamo importante il contributo del Dipartimento della Protezione civile e restituiamo al suo capo, Bertolaso, tutto il Pag. 16merito e tutta la stima per il lavoro compiuto in collaborazione e in coerenza con le altre istituzioni dello Stato (anche quelle regionali e locali, i comuni, le province e le comunità montane): in quel senso funziona l'apparato pubblico, e così vorremmo che andasse avanti.
Ma il passaggio delle competenze e della gestione delle emergenze (dalla ricostruzione alla definizione delle risorse, su cui tornerò ma che in definitiva non sono presenti) richiede anche altri approfondimenti. Ravvisiamo anomalie sugli altri articoli, non su quelli che fanno riferimento a questi temi, alle alluvioni e alla ricostruzione in Abruzzo.
A noi preme invece sottolineare tutto ciò che è contenuto impropriamente nel provvedimento e che attiene alla volontà di uscire, come dicevo, da quei binari dell'ordinario anche a scapito della trasparenza e del rispetto dell'ordinamento.
È inutile ripartire dalla storia della gestione straordinaria commissariale dei rifiuti della Campania, ma il passaggio a quella ordinaria comporta oggi il trasferimento, ad esempio, della proprietà del termovalorizzatore di Acerra e la sottrazione ai comuni della gestione della TARSU e della TIA in favore delle province, l'organizzazione dei consorzi, del personale e vogliamo mettere in evidenza anche alcune delle cose che dal nostro punto di vista sono esattamente fuori dall'ordinarietà.
In questo senso il riferimento al comma 3 dell'articolo 5, relativo all'unità stralcio per la chiusura della gestione commissariale in Campania, configura una violazione dell'articolo 113 della Costituzione sulla tutela giurisdizionale dei diritti. Tale articolo recita: «Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre - sottolineo sempre - ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa». Per dare l'idea della tassatività di questo articolo basti ricordare che nella nostra Costituzione il termine «sempre» è impiegato solo in altri due articoli: il 72 e il 111. Vorrà pur dire qualcosa quel «sempre», vorrà pur dire il ricorso all'ordinarietà della pubblica amministrazione alla tutela giurisdizionale per tutti che questo comma non è possibile mantenerlo. Noi abbiamo chiesto di sopprimerlo e questo blocco dell'azione giudiziaria sia civile che amministrativa, così come l'ha ridefinita ieri il Governo, a noi non soddisfa ancora.
L'articolo 6, sempre in riferimento alle questioni dei rifiuti in Campania, determina il valore del termovalorizzatore di Acerra, quantificandolo in 355 milioni di euro, da riconoscere alla proprietaria dell'impianto. Non si è mai visto nell'articolato di una legge definire il prezzo di una transazione e, a questo proposito, molto criticabile è anche la copertura ricavata nell'ambito del Fondo aree sottoutilizzate (FAS) per l'anno 2011. Addirittura, la Commissione bilancio del Senato ha osservato che non è possibile non rilevare un deterioramento rispetto all'uso delle risorse stanziate nel Fondo in questione. È un profilo di dequalificazione della spesa, attesa la pratica ormai invalsa di coprire oneri di parte corrente a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate che prevedeva investimenti e idee anche per il futuro di quei territori.
L'articolo 11, nel definire un passaggio del sistema di gestione dei rifiuti alle società provinciali, ne addebita i costi ai cittadini che, oltre ad aver assistito all'emergenza per oltre 14 anni, sono ora costretti a pagare nuove tasse. Sempre riguardo alle società provinciali non sembra che la disciplina prevista risponda ai requisiti dell'articolo 15 del decreto-legge n. 135 del 2009. Penso al famoso decreto Ronchi di cui tanto si è parlato con riferimento alla privatizzazione dell'acqua su cui tornerò.
L'articolo 14 autorizza procedure straordinarie per il reclutamento del personale a tempo indeterminato ed elimina con tutta evidenza il vincolo dell'articolo 97 della Costituzione laddove si stabilisce il reclutamento del personale pubblico attraverso concorso pubblico. Signor sottosegretario, signor Presidente, noi in questa legislatura abbiamo assistito a molte difficoltà in relazione alla gestione dei Pag. 17ministeri, di molti enti locali e di molte regioni. Per tutti la risposta è stata il blocco del turn over, la impossibilità ad inserire figure qualificate anche in merito alle nuove competenze attribuite a diversi enti. A tutti si è risposto che non era possibile, data la situazione economica, procedere a nuove assunzioni, anche attraverso concorsi pubblici per selezioni.
La più eclatante è stata la vicenda dei precari dell'ISPRA lasciati sul tetto del loro istituto per oltre 40 giorni senza nessuna risposta. Senza dare alcuna speranza a quei precari si è data solo l'opportunità dell'apertura di un tavolo che non fornisce ancora soluzioni chiare. Anche quelle persone sono ricercatori di valore e hanno svolto nell'ambito della loro competenza un'ottima funzione e hanno realizzato per quegli istituti importanti contributi che hanno potuto essere testimoniati anche dall'utilizzo dei ministeri e delle regioni.
Per loro non c'è stata una deroga alla normativa in atto, per loro (ma per molti altri dipendenti pubblici) non vi è stata questa opportunità e oggi, nello sfacelo della gestione degli enti locali e delle regioni, si risponde con un rallentamento complessivo della funzione attribuita a quegli enti che ricade sui cittadini, sulle imprese, a dimostrare (se ve ne fosse bisogno, e forse questo sta anche nel disegno diabolico - dico ironicamente - del Governo) che tutto quello che è burocrazia, che tutto quello che gli enti devono poter produrre anche più efficacemente e più al servizio dei cittadini non può funzionare. Quindi, è giocoforza, in un circuito vizioso, ricorrere alla decretazione d'urgenza e alla deroga alle norme. L'articolo 15 istituisce la figura del sottosegretario di Stato per il coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo e internazionale rispetto agli eventi di protezione civile. La norma, anche in questo caso, deroga ad una legge, la n. 215 del 2004, la cosiddetta legge Frattini in materia di risoluzione dei conflitti di interesse, ai sensi della quale il titolare di cariche di Governo non può esercitare qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico. Questo vale per tutti, non vale solo per un caso specifico, non vale solo nel caso del Dipartimento della protezione civile, vale anche per un funzionario minimo del più piccolo comune del nostro Paese, e quello che è più grave è che questa disposizione introduce una deroga al principio di separazione tra la funzione di indirizzo politico e la gestione amministrativa.
Perché - diciamo noi - un simile precedente? A che scopo mescolare le competenze? Non vi erano limiti all'azione del Capo del Dipartimento della protezione civile. Ci chiediamo anche, nella difficile situazione di questi giorni, a chi giovi questa scelta. Non certo all'autorevolezza e all'imparzialità di una funzione riconosciuta come fondamentale, utile ed efficace per la gestione delle emergenze e delle calamità, in tutto il nostro Paese, indistintamente dalle forze politiche. Perché inserire quella norma e creare così un'opacità ulteriore? L'articolo 16 - lo menziono anche se è stato corretto dal Governo - disponeva l'affidamento diretto alla società in house, cioè la Protezione civile Spa, delle funzioni strumentali all'attività del Dipartimento di protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo ritenevamo il cuore del provvedimento, Presidente, e quella disposizione - lo abbiamo detto fin dall'inizio - non aveva nessun compatibilità con le norme, peraltro attuative del decreto comunitario, sancite dal Codice dei contratti pubblici in relazione alle modalità di affidamento delle prestazione di pubblica utilità e al di fuori, ovviamente, delle ipotesi relative ai servizi pubblici locali. Il Consiglio di Stato e la Corte costituzionale hanno ripetutamente affermato che la modalità in house non può essere utilizzata senza gare per lavori, servizi, forniture che ben potrebbero essere oggetto di contratti di appalto, né può rappresentare lo strumento idoneo a consentire alle autorità pubbliche di svolgere attività di impresa in violazione delle regole concorrenziali finalizzate a garantire il principio della parità di trattamento tra imprese pubbliche e private. Tra l'altro questo tema è stato Pag. 18avvertito, anche dal punto di vista dei possibili conflitti di interesse, altresì dalle associazioni di categoria dei costruttori, soprattutto dei costruttori edili, in quanto la società Protezione civile spa avrebbe rischiato di costituire un intervento che poteva ledere il mercato e la concorrenza. Già l'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, adottato da questo Governo, aveva sottratto le ordinanze della Protezione civile al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti previsto da una legge del 1994 (la legge n. 20), e in questo nuovo assetto le attività legate a qualsiasi emergenza o grande evento sarebbero del tutto sottratte a qualsiasi forma di controllo. Perché, diciamo noi? Perché ci soffermiamo ancora su questo articolo che è stato soppresso parzialmente? A noi serve per sottolineare l'atteggiamento di un Governo, il Governo del fare, che ha stabilito attraverso deroghe alla normativa vigente un'evidente disparità di trattamento tra Stato centrale ed enti locali, tra il complesso delle imprese e quelle imprese (le più fortunate) che a detta dei nostri Ministri e del Presidente del Consiglio hanno dimostrato professionalità e competenza, una disparità nei riguardi di quei professionisti, i pochissimi eletti, anche essi molto competenti, che in spregio alle regole hanno ottenuto di lavorare nelle principali progettazioni. Può andare avanti un'Italia così? Vorrei solo elencare le ultime mosse a partire dalla vicenda più eclatante, quella che ha riguardato il decreto Ronchi. In quel caso si è stabilito con una norma di limitare le scelte delle autonomie locali, del sistema pubblico, anche per favorire l'inserimento del sistema privato nella gestione pubblica, in quel caso, dell'acqua. Sì, si è impedita la gestione in house tutta pubblica del sistema idrico integrato, in quel caso, ma gli italiani hanno capito anche in quella circostanza che i benefici di tali norme sarebbero stati riservati a pochissimi grandi gestori oltre che al Governo del fare, che a noi sembra un Governo del dare a questo punto, ma del dare a pochi purtroppo. Vogliamo parlare...
Vogliamo parlare degli arbitrati? La nostra parte politica afferma, dall'inizio della legislatura, quanto sia ancora devastante questa norma. Lo abbiamo detto e abbiamo, persino, ricevuto rassicurazioni da parte del Governo - dal Ministro delle infrastrutture e dal sottosegretario competente - che una riforma prontamente messa in atto avrebbe risolto tale questione. Ma sapete dove siamo? Siamo tornati al palo: siamo nuovamente alla gestione dei contenziosi tra le imprese attraverso arbitrati, e siamo ancora a ridefinire le parcelle degli arbitri, tornando così all'originaria impostazione, quella per cui tutti avevano deciso di battersi.
E che dire dell'incapacità di individuare le risorse necessarie a risolvere i problemi legati effettivamente alle emergenze naturali? Anche quest'anno, il Governo ci ripete, in una litania irricevibile, che non vi sono le risorse, che non è possibile farsi carico dei danni provocati dagli eventi calamitosi.
Questa mattina, abbiamo sentito parlare della Calabria e della Sicilia e da settimane parliamo degli eventi che si sono verificati in Toscana, in Emilia-Romagna e in Liguria, tuttavia, al contempo, vengono reperite centinaia di milioni di euro da impiegare per grandi eventi. Il G8 de La Maddalena è solo un esempio: per quei lavori, sono stati stanziati 300 milioni di euro, mentre oggi accettiamo 100 milioni di euro delle risorse necessarie per le regioni colpite dagli eventi alluvionali del dicembre del 2009. E dobbiamo accontentarci, in rispetto del fatto che questa crisi non permette al Governo di fare investimenti.
Nulla per la prevenzione, niente ai piccoli comuni, nessuna risorsa destinata all'assetto idrogeologico. I cittadini saranno contenti? Il Parlamento si è espresso su questo? Chi ha deciso che quei milioni dovevano essere destinati a grandi eventi e alla costruzione di piscine, e non alla messa in sicurezza del nostro territorio?
L'articolo 17 del provvedimento in esame, da questo punto di vista, rappresenta Pag. 19uno spaccato molto eclatante. Le regioni hanno preannunciato di fare ricorso presso la Corte costituzionale contro questa norma. Infatti, per risolvere il tema della ridefinizione di un grande piano per la messa in sicurezza idrogeologica, il Ministro dell'ambiente individua tre commissari. Vengono sottratti circa 700 mila euro dalle risorse destinate alle aree protette, alla commissione VIA e al controllo sulle sostanze inquinanti. In altri termini, vengono sottratti circa 700 mila euro al bilancio del Ministero dell'ambiente, che è assai risicato, per individuare un ispettore che controlli tre commissari. Dei mille milioni di euro destinati nella legge finanziaria all'assetto del piano idrogeologico - vorrei precisarlo - in tre anni (molti meno dei 500 milioni l'anno che il Governo Prodi aveva lasciato per questo tema), oggi, si sottraggono 100 milioni per rispondere alle prime emergenze delle nostre regioni.
Ma rispetto a tutto il resto, rispetto al fabbisogno importantissimo che esiste nel nostro Paese, quali sono le risposte? Potremmo spiegare agli italiani che, magari, rispetto a qualche evento importante, che darebbe lustro alle nostre città, in una fase di così grande difficoltà, si potrebbe anche rinunciare e destinare quelle risorse alla messa in sicurezza? Spetta al Governo decidere questo: noi saremmo d'accordo, fateci qualche proposta e, da questo punto di vista, non avremmo dubbi.
Il comma 2-bis dell'articolo 17 del provvedimento in discussione prevede interventi urgenti per le regioni colpite dagli eventi del 25 dicembre scorso. Dei 700 milioni di euro di fabbisogno stimati dalle regioni, il Governo ha destinato solo i 100 milioni di cui abbiamo parlato finora. Abbiamo chiesto, almeno, di definire questi 100 milioni di euro come una prima fase del finanziamento corrente. Ci basterebbe la menzione che si tratti di un primo stralcio. Ma vi è di più.
Avevamo chiesto il differimento dei termini per gli adempimenti dei versamenti tributari e contributivi: una sospensione di soli sei mesi per quegli adempimenti è quanto oggi il Governo ci offre, da farsi in ventiquattro rate. A noi sembra un po' poco: anche in questo caso, dobbiamo, purtroppo, fare riferimento ad una gestione tra figli e figliastri. Nei precedenti casi di calamità naturali, queste giuste e - dal nostro punto di vista - doverose forme di ritardo di contribuzione sono state gestite nell'arco di anni e con innumerevoli rate.
Perché oggi vessare e non aiutare quelle imprese e le migliaia di operai che dipendono da esse a ripartire velocemente riguardo ad un sistema che, invece, chiede ancora adempimenti e non offre risposte definitive?
L'ultima questione che vogliamo rimarcare di questo decreto-legge riguarda l'articolo 17-ter, ove si definisce, anche in questo caso, la necessità di un commissario per l'emergenza carcere, un commissario che provveda ad un piano per la realizzazione urgente di istituti penitenziari, in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e a tutta un'altra serie di norme che riguardano appalti e definizione dei lavori.
In sostanza, signor Presidente, a noi preme affermare che in questo decreto-legge è utile inserire alcune correzioni: intanto, l'abolizione dell'equiparazione dei grandi eventi agli stati di emergenza, come inserito nel decreto-legge n. 343 del 2001. Forse allora il Governo ebbe, come dire, un'illuminazione: dal suo punto di vista - quello del Governo del fare - ebbe un'illuminazione nell'equiparare quella menzione, ossia «grandi eventi», allo stato di calamità. Ma effettivamente non possiamo più permettere che questa cosa vada avanti: il nostro gruppo chiederà con forza che questa distinzione venga fatta.
Si tratta, insomma, di evitare delle scorciatoie, di affrontare il buon funzionamento di uno Stato moderno. Mettiamoci tutti insieme a correggere quelle norme che hanno creato tanta diffidenza rispetto ai nostri cittadini, alle imprese e al sistema economico. Proviamoci. Sono regole che devono essere uguali per tutti, sono garanzie di equità e trasparenza, sono anche regole che richiedono, per chi riveste responsabilità importanti, sicuramente Pag. 20tutele e anche garanzie, anche per coloro che devono gestire tali responsabilità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,35)

RAFFAELLA MARIANI. Non sfugge a nessuno che la gestione di tali questioni necessiti della tutela di alcune regole, che d'altronde la Commissione europea aveva chiesto di introdurre e di ripristinare. Nel 2004, la Commissione europea, a seguito dell'inserimento della nozione di «grandi eventi» nei provvedimenti equiparabili alle emergenze, aprì una procedura di infrazione e chiese al nostro Governo di organizzarsi, affinché fossero limitate al massimo le «sbavature», chiamiamole così, rispetto a questa gestione.
La risposta del Governo fu la definizione di una direttiva, che spiegava molto bene quali dovevano essere i limiti dell'applicazione di quella norma. Tuttavia, quella direttiva - la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre del 2004, che dava indirizzi in materia di protezione civile in relazione all'attività contrattuale riguardante gli appalti - non consentiva di ampliare così tanto le possibilità di utilizzo della normativa delle emergenze. In quella direttiva si recitava: «Nell'ipotesi di assoluta eccezionalità dell'emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita umana, il capo del Dipartimento della protezione civile può essere (...) autorizzato a procedere ad affidamenti diretti in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture (...)». Questo per chiedere al capo del Dipartimento della protezione civile e a questo Governo se in alcuni casi questa assoluta eccezionalità dell'emergenza, questa valutazione della compromissione dell'integrità della vita umana non sia stata esageratamente ampliata. Noi crediamo di sì.
Continuiamo ad affermare che su questo, se la buona volontà e la buona fede che concediamo ancora al capo del Dipartimento della protezione civile esiste (e vorremmo poterlo valutare nella maggioranza e nel Governo), tutti insieme dobbiamo provare a correggere questo argomento: facciamolo per il bene degli italiani, soprattutto per l'equità, la giustizia la trasparenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, vorrei intanto ringraziare il sottosegretario che in questi giorni è presente e non si sottrae al fuoco di fila dei dubbi, delle domande e degli approfondimenti: ciò mi sembra un dato importante, anche se di dovere, ma è un fatto importante, soprattutto in questa occasione.
Rimarco un aspetto che diventa sempre più inquietante per quest'Assemblea: gran parte di un dibattito così forte, profondo e importante viene svolto prima ancora nel Paese, nei mass media, in quelli che contano e in coloro i quali devono poi indirizzare le informazioni, piuttosto che, prioritariamente, attraverso il Parlamento, e quando mi riferisco al Parlamento, evidentemente, mi riferisco anche alla Commissione e a tutto il lavoro di corollario, precedente alla composizione degli atti che arrivano in Parlamento.
Questo è oltremodo mortificante per l'attività di ognuno di noi, sia egli parlamentare di maggioranza o di opposizione, sia membro del Governo. In questa occasione, forse, ognuno dovrebbe riprendersi il proprio senso di responsabilità e far diventare quest'Aula il punto di snodo e di ripartenza di una serie di tematiche che sono fondamentali per il nostro Paese. Infatti, il tema che stiamo dibattendo è, dal punto di vista politico, assolutamente strategico, anche se ci vogliono costringere a ragionare in termini di parcellizzazione di interventi, così come è avvenuto per altre attività, quali la Difesa servizi Spa e quant'altro.
Rivolgendomi al Presidente e al sottosegretario, riprendo le considerazioni e le riflessioni svolte ieri durante il mio intervento Pag. 21in Commissione e ne rendo partecipi anche gli altri. Noi avvertivamo il timore, abbiamo annusato il pericolo; lo abbiamo pensato e lo abbiamo anche detto e ora, con rammarico e senza alcuna soddisfazione, prendiamo brutalmente atto di quanto è successo.
La Protezione civile ha deragliato, prendendo altre traiettorie. Credo che questo sia snodo, un dato fondamentalmente politico; tutto il resto è, credo, avanspettacolo. Vi è il rischio che ognuno di noi, o parte delle parti in causa, in chiave ideologica o demagogica voglia iscriversi al partito dei giustizialisti, al quale mi sottraggo e non partecipo assolutamente, un giustizialismo a buon mercato e, soprattutto, dell'ultima ora, come succede spesso in Italia, al quale poi ci si dimentica di aver partecipato.
Vorrei che sulle responsabilità di quanto è successo - che sono personali e anche penali - si occupasse in maniera seria, profonda e soprattutto autonoma la magistratura.
Altre sono le cose che interessano noi. Voglio parlare di quello che mi appartiene e che dovrebbe appartenere ad ognuno di noi in questo Parlamento: voglio parlare della politica e del suo ruolo, spesso ceduto - come in questa occasione - troppo allegramente e facilmente agli strumenti da essa stessa messi in campo, in questo caso mi riferisco allo strumento della Protezione civile.
Voglio anche parlare di qualcosa che ieri a qualche collega della Lega Nord non è piaciuto, perché si tratta di qualcosa che a loro non appartiene, purtroppo, nel senso di humus costitutivo di una presenza all'interno della massima istituzione nazionale, vale a dire il Parlamento, ma non solo, anche alle sue declinazioni.
Voglio parlare, infine, di una cultura di governo che oggi, purtroppo, diventa il nervo scoperto di questo Governo, poiché si sta affermando sempre più una sottocultura della deroga, di cui è infarcita e di cui si è alimentata in questi mesi e anni la Protezione civile.
Dovremmo fare in modo che la politica recuperi le proprie prerogative, di cui non può fare a meno; se la politica non ne avesse fatto a meno, oggi non saremmo qui a discutere di questo deragliamento e di queste traiettorie prese così facilmente.
Credo che il dato essenzialmente rimanga politico, anche se necessariamente ne deriva una declinazione tecnica e metodologica, e credo che su questo tema dovremmo confrontarci. Abbiamo rimarcato in maniera molto puntuale e precisa che siamo assolutamente contrari a questo provvedimento, che noi riteniamo assolutamente incostituzionale: il suo tratto distintivo è proprio questo, la sua incostituzionalità. Altri elementi riguardano le declinazioni e la messa in campo di un articolato - lasciatemelo dire - francamente disarticolato, e non è un gioco di parole.
Chiedo al capo della Protezione civile - e, in questo caso, anche al sottosegretario - ma anche alla maggioranza e al Governo come applicheranno questo strumento di lavoro che approveranno attraverso la questione di fiducia. Come farete concretamente? Ditecelo! Questo è uno strumento di lavoro - con questo articolato rabberciato, così come avete fatto - che è assolutamente inapplicabile e ve ne renderete conto e avrete fatto, oltre al danno, anche la beffa rispetto a questa grande ambizione che si dà il Governo e che non riesce a mantenere, perché poi non è all'altezza delle proprie ambizioni né con la Protezione civile Spa, né con la Difesa servizi Spa, né con tutta questa strumentazione fantascientifica che, invece, avrebbe bisogno solamente di essere rimessa nel solco della ordinarietà, così come si fa in tutte le democrazie occidentali.
Allora, la nostra contrarietà è quasi un atto dovuto, come le dimissioni del sottosegretario, che ho apprezzato come gesto politico importante e serio, in relazione soprattutto a questa tranche di degenerazione che è venuta fuori dai mass media e di cui l'opinione pubblica ha preso consapevolezza.
Noi rappresentiamo una grande contrarietà che riguarda il metodo a nostro avviso aperto a troppa discrezionalità. Pochi Pag. 22e scarsi sono stati - e continuano a esserlo - i controlli e, dunque, vi sono grandi rischi di assegnare appalti secondo procedure non trasparenti, metodo che il Governo vuole applicare anche ad altri settori e che non condividiamo assolutamente.
Il Governo dei fatti rischia, dunque, di diventare il Governo dei fatti propri. Si è applicato un metodo e un meccanismo discutibile con i quali sono stati sì bruciati i tempi, ma anche tanti soldi pubblici e questo è assolutamente inaccettabile.
Un dubbio si insinua e lo porgo al sottosegretario, al Governo e anche ai parlamentari della maggioranza. Penso che non si sia trattato solo di un'emergenza di far presto e bene, ma anche di un alibi per coprire sacche di affarismo elette a sistema di corruttela.
Credo che su questo punto dovremmo ragionare e su questo la politica si debba anche interrogare. Ripropongo una domanda che ho già fatto ieri al sottosegretario, ma in questo caso la rivolgo al capo della Protezione civile. Infatti, se si è capo di qualcosa lo si è sempre, altrimenti non lo si è mai e, quindi, vanno assunte tutte le responsabilità, sia nel bene sia nel male. Chiedevo ieri e chiedo ancora una volta in quest'Aula, che pensavo un po' più solenne e più partecipe rispetto a questo dibattito, ma poiché esso si è già consumato tra le righe della stampa e dei mass media, evidentemente saremo qui a ratificare e a compiere un rito vuoto. Tuttavia, lo ripropongo tale interrogativo affinché rimanga agli atti e perché ieri il sottosegretario, nonché capo della Protezione civile, non mi ha risposto e mi auguro che lo faccia oggi. Rivolgo, dunque, la stessa domanda: poteva Bertolaso, capo della Protezione civile, rinunciare a questo carico di lavoro ulteriore per la Protezione civile? Penso che doveva rifiutarsi, perché avrebbe dovuto mantenere la Protezione civile dentro quell'alveo, quella vocazione e quella capacità per cui si è contraddistinta a livello nazionale e internazionale, quella vocazione inimitabile e importante in modo da esasperarla nei suoi contenuti di eccellenza.
Invece, non ha mantenuto la barra dritta dicendo: «No, la Protezione civile fa solo questo e nient'altro!». Dunque, ripropongo questa domanda, perché secondo me avrebbe dovuto rifiutarsi assolutamente, perché così facendo ha snaturato la linea guida della Protezione civile, la sua originaria vocazione e, soprattutto, ne ha snaturato profondamente la mission.
È solo di questo che dobbiamo discutere, per capire se in questo Parlamento, attraverso un dibattito serio che non si è osato fare, si poteva ricondurre, sulla base di quanto sta avvenendo fuori, la Protezione civile dentro questo solco che è stato importante, qualificante e ritengo, senza alcun dubbio, d'eccellenza. Dico questo senza «se» e senza «ma», perché riconosco il valore di una serie di iniziative messe in campo in maniera metodologicamente e tecnicamente ineccepibili.
Credo che, pur senza sposare tutte le varie alchimie e notizie di gossip che si sono messe in campo in questa Italia cui piace tanto poter non parlare ma soprattutto sparlare, al netto di queste cose, forse dovremmo approfittare di questa occasione e, soprattutto, fare in modo che il capo della Protezione civile ci dica oggi se intenda ricondurre in quell'alveo la Protezione civile, che pure tanto bene ha fatto quando ha svolto il proprio mestiere.
Allora dovremmo cercare di mettere in campo anche altre opzioni, che sono quelle antiche, non quelle nuove: le innovazioni non si fanno snaturando l'ordinamento istituzionale e costituzionale, ma sfruttando la capacità di essere veloci nel fare alcune scelte e nell'applicazione degli strumenti. Questa è la diversità necessaria, ossia quella di utilizzare gli schemi che sono da sempre patrimonio di questo Parlamento e delle nostre istituzioni a tutti i livelli.
Non si può accettare l'ordinanza come strumento ordinario, è inaccettabile, anche perché c'è una competizione verso il basso che gli enti locali non possono sopportare. Infatti, in questo modo, caro sottosegretario (non più Capo della Protezione civile), avremmo a che fare con due velocità che Pag. 23i cittadini non riescono più a capire. Il Governo le vuole mettere in campo confusamente per creare una identificazione nel senso che gli enti locali sono degli incapaci, non sanno spendere, non sanno fare, non sanno dare delle risposte, mentre la Protezione civile riesce a fare in brevissimo tempo quello che ha fatto a L'Aquila. Non è serio, perché se mettiamo sempre nella corsia di sorpasso la Protezione civile, mentre facciamo usare agli enti locali i soliti ferri vecchi e il solito armamentario, evidentemente questi ultimi non usciranno mai ad essere efficaci e sarà sempre necessario utilizzare le ordinanze, la Protezione civile e i vari commissariamenti, che costano tanto e non so quanto riescano a fare del bene per la collettività.
Se la straordinarietà dell'ordinanza diventa regola, molto probabilmente questo Governo, questo Parlamento e questo Stato retrocederanno ad una condizione che non è indice di uno Stato moderno e democraticamente avanzato. Credo che, invece, bisogna dire che la Protezione civile debba continuare a fare il lavoro che ha sempre fatto, nel rispetto della regole, anche con luci e ombre.
Vorrei segnalare alcuni aspetti e non mi attardo nelle declinazioni che ho sentito sull'articolato, che ritengo siano anche poca cosa: se bisogna creare degli strumenti, bisogna farlo in maniera inequivocabile. Tuttavia, mi soffermo su alcuni elementi che riguardano il rapporto tra la Protezione civile e gli enti locali, ossia le istituzioni che sono deputate per norma costituzionale e per legge a garantire ai cittadini una risposta ai loro bisogni. Se il principio della sussidiarietà è declinato a livello europeo ed è assunto anche nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 267 del 2000, che è il Testo unico sugli enti locali, evidentemente sono essi deputati ad intervenire piuttosto che la Protezione civile. Laddove esistono delle urgenze e delle emergenze è bene che ci sia la Protezione civile, ma non come ha fatto e come vuole continuare a fare. Credo infatti che sia assolutamente inaccettabile un dato che si ripropone anche per quanto riguarda l'emergenza Abruzzo, quando si continua a dire che si nominano finalmente i commissari, i quali possono utilizzare i subcommissari. Si dice sempre «possono»: io dico che in questo caso «devono» utilizzare il territorio, perché chi meglio dei sindaci e di quegli uffici conoscono le dinamiche, la storia, la prospettiva e anche le regole edilizie e urbanistiche per poter mettere in campo questi interventi?
All'articolo 4 si legge, al comma 2: «sentite le rappresentanze degli enti locali». Ma «sentite» che cosa? Queste cose si fanno «di intesa» con gli enti locali, non «sentiti». Che termine è dal punto di vista giuridico e normativo? Bisogna fare le intese. Questo è un esproprio funzionale delle prerogative degli enti locali e degli amministratori locali.
Bisogna anche fare in modo che si adottino delle diverse filosofie nella guida di questo Paese. È inaccettabile la filosofia che fa costantemente riferimento alla deroga, facendola assurgere ad un ruolo di ordinarietà, quasi che tutti ne abbiano bisogno perché altrimenti questo Paese non funziona. È inaccettabile l'applicabilità dell'ordinanza e della straordinarietà rispetto a temi fondamentali che alcuni colleghi hanno trattato. Ne dico un paio, innanzitutto il dissesto idrogeologico.
Da oltre cento anni sappiamo che l'Italia è costituita per il 70 per cento di territorio sottoposto a rischio idrogeologico e a frane, lo sappiamo da sempre: allora qual è l'urgenza, qual è l'emergenza? L'urgenza e l'emergenza erano quelle di mettere in campo uno strumento di lavoro che pianificasse e programmasse attraverso tecnici - quelli sì, seri -, che avesse una compatibilità, anche ambientale, rispetto agli interventi da realizzare e da mettere in campo, che utilizzassero schemi di lavoro appostando fondi a loro riservati.
Se è vero quello che dice lei, sottosegretario, bene ha fatto a quelle popolazioni e a quelle imprese in Toscana, quando ha detto che, di fronte al rischio di licenziamento di 2-3 mila operai, si è fatto carico di utilizzare fondi della Protezione Pag. 24civile per far sì che il licenziamento non avvenisse. Allora, per evitare che rispetto ad un dato che non è emergenziale, ma è strutturale, perché questa è la composizione del nostro Paese, occorrevano dei fondi destinati agli enti locali affinché approntassero strumenti sotto linee guida del Governo nazionale, piuttosto che fare di ognuno di questi enti locali, che in Italia sono 8.100, delle repubbliche a parte, che utilizzano fondi a seconda della loro discrezionalità; lì ci voleva un Governo serio, una Protezione civile che dettasse regole e occorreva che si appostassero anche fondi importanti del bilancio dello Stato.
Allo stesso modo è inaccettabile che si ragioni in termini di Piano carceri su un tema che, in sé, non ha bisogno di essere trattato in termini di emergenza e di urgenza. Segnalo che in Italia abbiamo sessantatré istituti penitenziari non completati che potrebbero benissimo essere utilizzati se vi fosse un intervento immediato che li rendesse agibili dando, in tal modo, una risposta alla popolazione carceraria.
Pertanto, in relazione a questi due elementi - ce ne sarebbero tanti altri, ma mi soffermo in particolare su di essi perché hanno una portata prevalentemente ed eminentemente politica - al Governo, attraverso il sottosegretario, chiedo in questa fase non in maniera tattica, ma politicamente, di rinunciare ad avocare alla Protezione civile una serie di attività che sono improprie con disposizioni che, come abbiamo detto in occasione dell'esame di tante norme in questo Parlamento, rappresentano delle norme intruse rispetto alla propria vocazione e alla propria missione. Credo che ne guadagnerebbe non solo l'immagine del sottosegretario, ma ne guadagnerebbe in termini di contenuto uno strumento fondamentale che poteva essere il punto di riferimento per mettere in campo altre opportunità ed altre opzioni.
Allora, se il tema è quello dell'accelerazione, della fretta, delle risposte, dell'utilizzo giusto delle risorse, procediamo a uno snellimento per quanto riguarda le regole che devono essere uguali per tutti, Protezione civile in primis, affinché tutti possano beneficiare di uno strumento di lavoro che accorci i tempi e che dia risposte e soddisfazione ai cittadini. Ritengo che su questo dovremmo interrogarci.
Oggi noi svolgiamo un'attività di riflessione, di confronto aspro e serrato e segnaliamo alcune cose che non sono utili al Governo, alla Protezione civile e diciamo anche che forse questa strumentazione di bordo, quando arriva, è di parte; non è una strumentazione di cui si appropria l'intero Parlamento e di cui il Paese può andare fiero.
Sulla base di quanto è accaduto e delle cose fatte, con luci ed ombre, da parte della Protezione civile, se dobbiamo realizzare, ancora una volta, un'attività che dia delle corsie preferenziali alla Protezione civile e che serva da grimaldello anche per altre attività, quale Difesa Spa e quant'altro, noi diciamo assolutamente «no» e faremo battaglie ed anche barricate al di fuori del Parlamento, visto che quest'ultimo, come dicevo, è mortificato in quanto ormai ha assunto il ruolo di «ratificatore». Tuttavia, credo che se verranno messi in campo questi strumenti per la Protezione civile, allora dovremmo andare a riconsiderare anche la strumentazione di bordo a favore degli enti locali e delle istituzioni che sono chiamati, per loro diritto, alla sussidiarietà e che devono dare risposte perché ne hanno anche grande capacità.
Mi avvio a concludere dicendo che vi sono degli elementi che ci possono dare delle risposte anche importanti e ritengo che di questo dato dovremmo anche farne oggetto di ulteriore approfondimento e dibattito perché non possiamo pensare di avere esaurito in questa fase il nostro dibattito, il nostro approfondimento.
Dovremmo fare in modo che vi siano degli altri appuntamenti attraverso i quali si fissino dei punti importanti, un percorso condiviso, una collegialità e anche la partecipazione dell'intero Parlamento e delle opposizioni. Non si può, infatti, dire che l'opposizione è buona solo quando lo decide Pag. 25il Governo: se l'opposizione è utile e svolge un ruolo in termini importanti e fondamentali, credo che lo debba fare sempre. Inoltre, credo che debba essere sempre richiesto, soprattutto in questi casi in cui lo strumento è del Paese e non del Governo, al Parlamento cosa voglia fare e se voglia partecipare al fine di mettere in campo uno strumento che non deve essere né di Bertolaso, né di Berlusconi, ma dell'intero Governo.
Leggevo che in alcune realtà del Paese è iniziata la raccolta di migliaia e migliaia di firme per far sì che la Protezione civile rientri nel suo vecchio alveo, quello originario e più importante. È quello che vorremmo fare noi unitamente al Paese reale che ci chiede una presenza forte e importante e ci dice di ragionare in termini politici e istituzionali piuttosto che in termini di gossip.
Noi vogliamo rafforzare la Protezione civile affinché costituisca, ancora una volta e sempre di più, una risorsa del Paese per far fronte ai disastri e alle calamità. Vorremmo anche che si fermassero gli abusi della legge che generano corruzione e favoritismi e che non venga più messa in campo una pratica che danneggia anche il mercato, così com'è successo leggendo alcune cose. Attraverso la Protezione civile, inoltre, vorremmo ritornare a quegli aspetti di legalità a cui questo Stato non ha mai rinunciato.
Davanti a questo scandalo, l'Italia ha bisogno di trasparenza e verità, non di segreti e deroghe alle leggi. Mi auguro che ne faccia tesoro il sottosegretario e capo della Protezione civile perché in questo caso può contare, come sempre, su un'opposizione seria e responsabile perché sono convinto che di questo dobbiamo ragionare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, per chi ci ascolta dico che il dibattito che stiamo svolgendo è importante e giustifica anche il fatto che l'opposizione, il Partito Democratico intendono onorarlo con molti interventi, anche in una situazione in cui sappiamo che oggi la presenza dei colleghi è molto scarsa perché non sono previste votazioni.
Si tratta di un dibattito molto importante perché parla di uno degli argomenti del futuro del Paese, ovvero una delle cose che la gente ha più a cuore: la sicurezza e il sistema della Protezione civile. Si parla molto in Italia a proposito (e qualche volta anche a sproposito) di riforme condivise. Se c'è una cosa che va condivisa in questo Paese è proprio quel sistema di regole, di apparati, di servitori pubblici e di volontariato che intorno alla Protezione civile ha garantito all'Italia dei miglioramenti nel corso di questi anni. Di questo va dato atto e merito al sottosegretario Bertolaso, anzi al responsabile della Protezione civile Bertolaso che negli ultimi anni ha svolto in materia un lavoro sicuramente positivo.
È questo il tema al centro del dibattito, anche se il provvedimento, come spesso capita, parla di molte questioni. In maniera egregia la collega Mariani ha ripercorso in modo puntuale gli aspetti del provvedimento e i tanti punti che non ci convincono e su cui si concentreranno i nostri emendamenti. Mi auguro che ci sia la possibilità di votarli con attenzione anche da parte della maggioranza e di modificare gli aspetti che meno ci convincono di questo provvedimento nelle varie questioni che affronta e che caratterizzano anche il rientro dall'emergenza rifiuti in Campania. Su tale aspetto ci sono molte cose discutibili, come il rischio che le raccolte differenziate dei comuni vengano indebolite dal passaggio alle province; la bizzarria di fissare - ricordo francamente per la prima volta - per legge il prezzo di un impianto da rimborsare ad una società privata. In Abruzzo, vi sono molti problemi, ma sicuramente un problema di misure volte a far ripartire l'economia abruzzese, in quanto la ricostruzione delle case, senza la ricostruzione del tessuto economico e sociale delle comunità, sicuramente viene indebolita.
Le alluvioni che hanno colpito Toscana, Emilia e Liguria rappresentano situazioni rispetto alle quali nel provvedimento si Pag. 26compiono alcuni primi passi avanti, che riteniamo insufficienti. Lo ricordava la collega Mariani: ciò vale per gli stanziamenti (100 milioni di euro) e per la sospensione dei tributi che, nella forma in cui attualmente viene presentata, è incompleta e, peraltro, necessita di un ulteriore intervento da parte del Ministro Tremonti.
Ricordo che esponenti del Governo, anche il sottosegretario Bertolaso e il Ministro Matteoli, si sono recati da tempo presso quelle imprese garantendo loro (il Ministro Matteoli lo ha fatto anche in maniera spettacolare, con una chiamata in diretta con il Ministro Tremonti) che la sospensione dei tributi sarebbe stata immediatamente applicata. Non è ancora accaduto: vi sono imprese che hanno perso macchinari e oltre duemila posti di lavoro sono a rischio: è necessario non solo avere più risorse, ma essere anche tempestivi.
Ci sono altri punti del provvedimento, che sono stati sottolineati, che francamente vogliamo cambiare radicalmente e che appartengono già, però, al tipo di logica su cui dobbiamo confrontarci e che parte dalla vicenda della Protezione civile Spa (che è stata accantonata). La Protezione civile Spa, però, non era che l'industrializzazione di una deformazione, avvenuta nel corso di questi anni, dei metodi e degli strumenti della Protezione civile, al fine di estenderli ad altri campi.
Prima si è parlato del «piano carceri», che non si capisce perché debba essere pensato in questa maniera. Peraltro, il collega Di Stanislao ha ragione nel ricordare che in Italia abbiamo moltissime carceri incompiute: si parte dal censire gli sprechi del nostro Paese per affrontare le questioni aperte e si passa anche alla misura, francamente incomprensibile, attraverso la quale il Ministero dell'ambiente ipotizza di nominare centralmente alcuni commissari straordinari per il rischio idrogeologico, chiamati ad investire fondi che sono stati reperiti dal CIPE (non si capisce, francamente, incardinando in che modo questa nuova figura di commissario straordinario nelle competenze dell'Autorità di bacino, delle regioni e delle stesse strutture ministeriali). Per capirci, sembra che ogni Ministero debba costruirsi un suo «giocattolo» per piazzare qualche persona e per avere qualche stipendio in più, il che va ad intasare ulteriormente la struttura della macchina pubblica e crea ulteriore opacità nella scelta su come investire i fondi.
Questo è uno dei cuori del problema: dobbiamo batterci perché lo Stato sia efficiente e perché la macchina politica funzioni o dobbiamo dare per scontato che questa è una partita persa e che non si può che aggirare il meccanismo di determinazione trasparente delle scelte per ricorrere sempre a procedure di emergenza?
Le accelerazioni propagandistiche che in questa direzione sono state compiute negli anni passati si sono spesso rivelate clamorosi bluff. Fra il 2001 e il 2006 - lo ricorderanno anche i colleghi della maggioranza, foltamente presenti - ci fu una grande enfasi sulla vicenda di Infrastrutture Spa e di Patrimonio Spa. Queste due strutture erano presentate come strutture con compiti taumaturgici: esse avrebbero reperito capitali privati, consentito di accelerare la costruzione di opere pubbliche e permesso di utilizzare meglio il patrimonio dello Stato. Ebbene, queste due infrastrutture, presentate in più occasioni come la panacea, sono scomparse nel nulla: una è stata sciolta, l'altra è stata assorbita da Fintecna. Probabilmente esse hanno distribuito, nel corso della loro breve vita, lauti compensi, ma sicuramente non hanno prodotto nulla di nuovo.
Ho sentito l'altra sera in televisione un autorevole esponente della maggioranza attribuire al centrosinistra i mostruosi ritardi nella realizzazione della Salerno-Reggio Calabria. Questo è un caso di scuola da molti punti di vista: la Salerno-Reggio Calabria è un'opera voluta da tutti. Il Governo di centrodestra, nel 2001, nel DPEF affermò che quell'opera sarebbe stata ultimata nel 2006 (difatti io pensai, lo dico con franchezza, «bravo Berlusconi: ha un suo spot propagandistico prima delle elezioni e inaugurerà finalmente la Salerno-Reggio Calabria»). Non è stato così: la Salerno-Reggio Calabria è ancora Pag. 27un'incompiuta: si ipotizza adesso che possa essere terminata nel 2012 o nel 2013 (il collega Iannuzzi, che è un «mastino» di questa vicenda, lo saprà meglio di me e spiega come vi siano ritardi costanti nella realizzazione anche di opere di interesse comune, dovuti alla lentezza della macchina dello Stato).
Se questo è il tema affrontiamolo assieme: capiamo dove va riformato il codice degli appalti, dove siamo di fronte a procedure che garantiscono l'interesse generale o di fronte a procedure che semplicemente complicano la vita ai cittadini, alle imprese e alle istituzioni. Del resto, abbiamo due Ministri che dovrebbero fare questo, che altrimenti sarebbe utile si dimettessero. Sia il Ministro Brunetta sia il Ministro Calderoli devono far funzionare la macchina pubblica e procedere alla semplificazione. Ci facciano delle proposte, siamo prontissimi a esaminarle, invece si è scelta negli anni passati una strada diversa, quella degli annunci. Questo vale per le opere pubbliche. Pensiamo tutti alla cosiddetta legge «obiettivo», a quante cose sono state annunciate e poi non finanziate e quindi non realizzate, all'utilizzo della Protezione civile come scorciatoia per realizzare anche cose che non avevano nulla a che vedere con la Protezione civile. Qui c'è il nodo del problema. Lo dico a Bertolaso perché ho stima di lui. Voglio dirlo con franchezza: continuo a pensare che Bertolaso dimostrerà la sua totale estraneità ai fatti che abbiamo letto sui giornali, se ciò non accadesse riterrei questa una ferita per l'Italia e per gli italiani. Infatti, Bertolaso, da commissario della Protezione civile, ha acquisito - lo ricordo spesso - una credibilità meritata e, se risultasse coinvolto in questa vicenda, sarebbe, se mi è consentito un paragone indebito, un po' come quando abbiamo scoperto che Pantani si drogava. È stata una ferita per tutti quelli che amano lo sport nel suo Paese e amavano quel tipo di figura. Penso che Bertolaso saprà dimostrare la sua estraneità ai fatti, ma c'è un cancro che in questi anni si è inserito nel sistema di Protezione civile, che è un sistema di straordinaria importanza. Voglio ricordare che è un sistema in cui c'è lo Stato, i vigili del fuoco, tanti funzionari, un'ottima squadra che lavora intorno a Bertolaso, ci sono migliaia di associazioni di Protezione civile. So che il Presidente è sensibile a questo tessuto: sono 1 milione 300 mila volontari, 300 mila dei quali in grado di muoversi con elevato livello di professionalità e di raggiungere rapidamente i punti colpiti, spesso anche all'estero. Sono un parlamentare toscano e so, per esempio, che con la collaborazione della Protezione civile vi è una équipe medica di emergenza che è stata in grado di raggiungere rapidamente Haiti dall'ospedale di Pisa, così come era stata in grado di raggiungere rapidamente le zone colpite dallo tsunami che colpì l'Asia qualche anno fa.
Questo sistema straordinario è un pezzo della fiducia dell'Italia nelle istituzioni. Questo sistema è stato stravolto. Non importa molto - lo dico con franchezza - se questo stravolgimento - anzi importa e lo possiamo acquisire - abbia attraversato i vari Governi - sicuramente anche i Governi di centrosinistra hanno adoperato a sproposito il sistema di Protezione civile - riconosciamolo - ma il Governo di centrodestra di Berlusconi ha esasperato questa tendenza.
La Protezione civile Spa era l'industrializzazione di questa tendenza, che tende ad utilizzare meccanismi, ordinanze e metodi, che sono ipergiustificabili in condizioni di emergenza, anche per cose che non hanno nulla a che vedere con l'emergenza. Questo sistema utilizza anche questa parte della nostra società, che è la parte migliore della società - nessuno è perfetto, ma 1 milione 300 mila volontari sono sicuramente un punto di forza del Paese - per coprire dinamiche che poi arrivano fino a quelli che ridono nella notte mentre c'è il terremoto a L'Aquila.
Ho già detto più volte che immagino che sicuramente Bertolaso in quel momento stesse già partendo e mettendo in moto i volontari. C'era chi rideva nella notte perché si era messo in un sistema di procedure opache, di interessi e di corruzione - vi segnalo che oggi la Corte dei Pag. 28conti ha annunciato che l'anno scorso le denunce per corruzione nel nostro Paese sono aumentate del 226 per cento - e aveva messo mano, anche attraverso quelle procedure, attraverso i grandi eventi, dentro il sistema di Protezione civile o perlomeno può mettervi mano, poi la magistratura accerterà. Allora, cosa chiediamo noi con grande semplicità? Che ci si fermi, che si distingua nettamente il sistema di Protezione civile dalla questione dei grandi eventi e dell'emergenza.
La collega Mariani ha già letto un brano eloquente di quando, nel 2004, il Presidente Berlusconi emanò una direttiva molto netta, per rispondere a una procedura di infrazione dell'Unione europea, che sostanzialmente è analoga alla protesta che, per esempio, è venuta fuori dal mondo dei costruttori sulla vicenda del piano carceri, sulla Protezione civile Spa e su tante vicende, per cui si diceva che c'era opacità, che si distruggeva la competizione, che non si facevano gli interessi del pubblico e che si aggredivano gli interessi collettivi.
Vi leggo solo una frase: questa direttiva parlava della possibilità di utilizzare quei metodi e quei meccanismi soltanto in occasione di interventi che non fossero giustificati da situazioni di inerzia o da ritardi, comunque determinatisi, e nell'ipotesi di assoluta eccezionalità dell'emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita umana. Sappiamo come è andata dopo. Francamente, faccio fatica a immaginare quale compromissione dell'integrità della vita umana sia connessa all'Expo 2015, alla Vuitton Cup o ai mondiali di nuoto. Non è così che si fa l'interesse del Paese, non è così che si difende un patrimonio comune!
Penso che il sottosegretario Bertolaso, proprio per il ruolo che ha avuto in questa vicenda, dovrebbe fare un passo indietro, distinguere nettamente le questioni dette e dare all'Italia la certezza che il sistema della Protezione civile è un patrimonio comune e che i mercanti sono fuori dal tempio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, noi dell'opposizione o delle opposizioni siamo iscritti in 224 a parlare contro questo provvedimento, che riteniamo indecente. Il numero e la qualità degli interventi testimoniano lo sdegno con il quale abbiamo accolto questo ennesimo decreto-legge, che stravolge ogni regola, secondo la consuetudine di questo Governo, e che avrebbe voluto stravolgerla ancora di più, se il Governo stesso non si fosse affrettato, trovato con le dita nella marmellata e sull'onda della pressione dell'opinione pubblica, indignata, ad eliminare l'articolo 16, che rappresentava il culmine di un disegno di cui poi parlerò.
L'Italia dei Valori partecipa a questa opposizione, a questa trincea, a questa barriera, che vorremmo e che vogliamo opporre al provvedimento con i nostri interventi, che crediamo siano ragionati e ragionevoli e che tendono non tanto a mettere in difficoltà il Governo e questa maggioranza, perché in difficoltà sono già chiarissimamente, ma soltanto a fare luce su una pericolosa deviazione che si sta producendo all'interno del nostro ordinamento relativamente alle regole.
Questo decreto-legge continua il malvezzo di formulare provvedimenti omnibus, in cui è contenuto di tutto, che sono al di fuori di ogni ipotesi di urgenza e che servono soltanto per agganciare vagoncini in corsa, e così ingannare anche il Presidente della Repubblica, che ha firmato un testo e vede uscirne dalle Camere un altro, molto diverso. Lo diciamo per inciso: siamo qui ad esercitare un diritto di critica, che risponde al diritto di mugugno che tutti i cittadini hanno di fronte a situazioni di questo genere.
Vorrei dire però che diversa è la nostra responsabilità di parlamentari di opposizione, diversa è la considerazione in cui si deve tenere il diritto di critica e di sdegno dei cittadini rispetto ad un dovere che hanno alcuni esponenti delle istituzioni, non tanto di parlare e di criticare in termini generali, quanto di operare e di Pag. 29agire. Perché di fronte a provvedimenti che, secondo quanto tali alti esponenti istituzionali affermano, violano, sono in contrasto con le norme della Costituzione, e comunque introducono prassi deviate nel corretto rapporto tra Governo e Camere, essi dovrebbero fare seguito alle denunce pubbliche che esprimono, ed agire con le armi e con gli strumenti che la Costituzione e i Regolamenti parlamentari mettono a loro disposizione.
Il provvedimento in esame è un decreto-legge. Come si sa i decreti-legge sono basati sulla straordinaria necessità ed urgenza di provvedere in determinati settori. In questo caso sembra davvero una beffa, perché abbiamo un decreto-legge che reca disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti: c'è bisogno di ricorrere ad un decreto-legge, e cioè all'urgenza, per dire che un'emergenza sta finendo. Paradossale, per non dire altro! Inoltre, nel decreto-legge vi sono disposizioni per l'avvio della fase post-emergenziale nel territorio della regione Abruzzo: ma di quale urgenza stiamo parlando? Qui vi è semplicemente un'emergenza, o più emergenze che stanno venendo meno, e si vuole regolare il passaggio dalla fase emergenziale ad una fase post-emergenziale attraverso uno strumento come il decreto-legge, che è previsto invece per i casi di urgenza. Sembra veramente incredibile che si possa prospettare in questi termini la necessità di un decreto-legge; ma di questo parleremo meglio domani, quando esporremo la pregiudiziale di costituzionalità, per denunciare i tanti vizi sotto questo profilo che il provvedimento contiene.
Esso poi, nell'evoluzione che ha avuto, denota e denuncia con chiarezza inesorabile lo stato confusionale in cui il Governo e la maggioranza si trovano. Non parliamo dell'iter che ha subito al Senato, con tutte le modifiche cui è stato sottoposto; e non parliamo neppure per il momento, per carità di patria, della soppressione del vergognoso articolo 16, su cui ritorneremo dopo. Parliamo però di continui emendamenti, che lo stesso Governo ha presentato (o il Governo o il relatore, è la stessa cosa); per cui ci troveremo a discutere e a votare da domani un provvedimento che è profondamente diverso in alcuni punti rispetto a come era nato ed era stato concepito. Non vediamo una resipiscenza operosa in tutto ciò: vediamo soltanto un tentativo di rimediare in corso d'opera ad aberrazioni che erano contenute nel provvedimento. Ma se un muro nasce storto è difficile che con una «raspatina» od una cosa messa da una parte ridiventi dritto: sempre storto rimarrà.
Il provvedimento conferma una tendenza di questo Governo e di questa maggioranza a fare un'operazione molto semplice, ma truffaldina rispetto all'impianto ordinamentale e costituzionale. Vi è un fiume che dovrebbe scorrere nel suo letto, un fiume che è costituito dalla normalità delle competenze della pubblica amministrazione.
Oltre a questo fiume si vuole creare artificialmente un altro fiume carsico che ne scorre a fianco o sotto, che non si vede, non si sa dove o cosa porta ma che ha l'unico obiettivo di prosciugare il fiume vero: fuori di metafora, siamo di fronte - ormai in maniera costante - ad un tentativo da parte di questa maggioranza di sottrarre le ordinarie competenze della pubblica amministrazione, che ripetono la loro origine dalla Costituzione e che, ai sensi della legge n. 400 del 1988 e delle altre varie leggi che regolano le competenze della pubblica amministrazione, dovrebbero svolgersi e poter rispondere all'interesse pubblico secondo norme e regole prestabilite.
Che cosa si vuole fare invece, che cosa sta facendo da tempo questa maggioranza? Essa sta espropriando la pubblica amministrazione dei propri poteri e li sta conferendo fuori della pubblica amministrazione, sta privatizzando cioè le funzioni pubbliche al solo scopo di sottrarle ai controlli ai quali la pubblica amministrazione deve normalmente soggiacere: questa è un'operazione da imbroglio che non possiamo accettare e che dobbiamo anzi denunciare.
Direi che non siamo solo noi a denunciarla, giacché tale tendenza all'accorpamento Pag. 30di funzioni in capo ad una persona, o in capo ad un apparato identificato con una certa persona, con la formazione successiva di una società che agisce in regime privatistico ed al di fuori dei normali, ordinari, necessari controlli (ad esempio quelli relativi agli appalti, che anche l'Unione europea ci impone), costituisce un'operazione che francamente si muove nello stesso segno di ciò che il Governo ci ha propinato più volte e che l'Italia dei Valori costantemente denuncia, cioè quello della sottrazione dell'azione di Governo ad ogni controllo, ad ogni regola, ad ogni possibilità che vi siano norme ed istituzioni che controllano l'esercizio del potere della pubblica amministrazione e, soprattutto, del Governo.
Lo abbiamo visto con l'insofferenza nei confronti della magistratura e delle altre istituzioni di controllo e di garanzia, a cominciare da quelle massime, lo abbiamo visto quando in tema di Corte dei conti si è voluto limitare il potere di indagine della Corte dei conti stessa stabilendo la necessità che le denunce siano precise e circostanziate, ossia che chi denuncia debba praticamente avere già in mano la sentenza di condanna per danno erariale.
La privatizzazione di funzioni pubbliche non solo contrasta con l'articolo 97 della Costituzione, nel senso che la struttura privatistica che sostituisce le funzioni pubbliche verrebbe a ricoprire una funzione che non può esser esercitata secondo i canoni previsti dall'articolo 97 della Costituzione stessa (che sono quelli della buona amministrazione e della imparzialità), ma si presta anche alle infiltrazioni di faccendieri, di sedicenti imprenditori che sfruttano tutte le maglie che questa organizzazione lascia, per inserirsi nella struttura stessa ed approfittare del denaro pubblico per fini personali.
Questo è avvenuto, noi lo sapevamo e l'abbiamo già denunciato quando vi è stata la vicenda del G8 che per noi era prodromica e significativa (ma ne parlerò dopo): questo è ciò che sta venendo fuori da un pentolone ribollente che emette miasmi insopportabili.
Non mi riferisco alle questioni dei pettegolezzi privati. Mi riferisco soltanto al fatto che ci sono personaggi che, con la connivenza o meno di chi dovrebbe controllare (ma questo non spetta a noi dirlo), comunque si inseriscono in questo fiume carsico, possibilmente senza farsi vedere, salvo poi attraverso le intercettazioni venire alla luce e sono sempre gli stessi. Infatti, quando uno o più «imprenditori sparvieri» mettono le mani sulle cose è facile a quel punto essere sempre gli stessi. Anche recentemente un fatto di questo genere è stato denunciato nella stampa locale a proposito del G8. Sono sempre gli stessi nomi, sempre le stesse imprese che, grazie agli affidamenti privati, gestiscono tutte le grandi opere.
È l'impossibilità materiale e giuridica dei controlli che rende questa procedura inaccettabile in uno Stato di diritto. È un'impossibilità giuridica perché nelle ordinanze è scritto esplicitamente che si possono derogare tutta una serie di norme e sono proprio quelle che prevedono controlli e procedure. È un'impossibilità di fatto, politica, perché la rete di connivenze e connessioni che si crea a un certo punto induce ad una minore vigilanza o sorveglianza su quello che accade. C'è anche un'impossibilità materiale, perché più crescono le competenze e i carichi di responsabilità che vengono fatti calare su determinate strutture, come in questo caso la Protezione civile, più diviene difficile controllare e verificare le cose. Noi dell'Italia dei Valori, insieme alle altre opposizioni, vogliamo denunciare questa perversione delle regole democratiche che si sta verificando nell'azione di governo di questa maggioranza.
Vorrei soffermarmi brevemente su alcuni pochi punti, due essenzialmente: una è la vicenda del G8, l'altra riguarda l'emergenza penitenziaria, per poi concludere con alcune osservazioni sulla posizione di Bertolaso.
Sul G8 noi siamo stati i primi a capire che c'era un puzzo maleodorante che usciva da tutta quella situazione. Noi sardi lo abbiamo capito da subito perché abbiamo potuto constatare in loco che le Pag. 31opere non marciavano e non camminavano. Quindi, ecco che c'è stato un terremoto, un'occasione offerta, una ciambella di salvataggio per una situazione nella quale il G8 a La Maddalena si ravvisava sempre più difficile da tenere. Già il 10 giugno io ebbi occasione di denunciare questo fatto, quando dissi che l'ipotesi, la pensata intelligente (anche in questo caso con il gioco delle tre carte) di spostare il G8 da La Maddalena a L'Aquila aveva molteplici ragioni.
La prima era quella di evitare una figuraccia pessima. Le opere non erano pronte, moltissime opere non erano pronte per accogliere un evento di quel genere. L'Italia, se avesse continuato in quella linea, avrebbe fatto una pessima figura sulla scena internazionale. Alcune opere sono state finite e sono state date a prezzo vile ai soliti noti. Si veda quel grande albergo a cinque stelle dato in concessione al gruppo Marcegaglia a prezzo assolutamente stracciato.
Molte altre opere erano in una condizione penosa, e comunque vi era una confusione contabile e amministrativa straordinaria, con aumenti di prezzi, con imprenditori che si vedevano revocati gli incarichi, con imprese soltanto esterne alla regione (e non sarde) che avevano avuto l'incarico di eseguire i lavori. Già da allora io dissi - noi dell'Italia dei Valori dicemmo - che c'era il trucco. Il trucco non era costituito dall'azione benefica per cui si voleva far credere che l'Abruzzo, così duramente e pesantemente colpito, avrebbe avuto un vantaggio dal trasferimento in quel territorio del G8. Il trucco stava invece nel presentare come azione benefica quella che invece era una necessità e che derivava dal fatto che le opere non erano concluse minimamente e che non si sapeva come andare avanti. Giacché c'erano, per fare un'opera benefica hanno portato via tutti i fondi che erano necessari per opere importanti, come la strada Sassari-Olbia (la cosiddetta strada della morte). Dunque ne hanno approfittato per portarci via anche quei pochi soldi e senza lasciare un posto di lavoro in Sardegna. La conclusione è stata che i sardi sono rimasti più poveri e che gli aquilani non sono certamente diventati più ricchi di quanto fossero.
La vicenda del G8 mette in assoluta evidenza le gravissime irregolarità che la Protezione civile - la Protezione civile, lo sottolineo - ha commesso in quel territorio. Noi da subito abbiamo detto che tale questione doveva essere sottoposta all'attenzione dalla Corte dei conti e questo accadrà perché abbiamo in corso avanzato di elaborazione una dettagliata denuncia alla magistratura contabile affinché emergano le gravissime irregolarità che ci sono state. Ma tutto ciò è una chiara dimostrazione del fatto che non si può caricare una struttura, che è nata e ha operato positivamente per le vere emergenze, anche di compiti ed incarichi per gestire situazioni ed eventi che invece non hanno niente a che vedere l'emergenza stessa.
Per tali motivi noi non possiamo che dire che quello che avevamo previsto e denunciato, anche in questa Aula, si è drammaticamente verificato. Non siamo qui a fare un processo; non sappiamo se Bertolaso sarà ritenuto responsabile o meno, e se gli altri saranno ritenuti responsabili o meno. Sappiamo che l'articolo 40 del codice penale, sul rapporto di causalità, dispone che non impedire un evento che si ha il dovere di impedire equivale a cagionarlo, ma noi non vogliamo entrare nel merito di questo aspetto. Vogliamo fare un ragionamento politico e dire che chi aveva il dovere di controllare e verificare e non lo ha fatto risponde politicamente e amministrativamente del disastro che è successo. Ne deve rispondere, deve assumersi la sua responsabilità, la responsabilità di non aver quanto meno sufficientemente controllato le opere, le iniziative e le procedure che egli metteva in movimento.
Questo fatto - lo discuteremo in una prossima occasione, in cui chiederemo le dimissioni del sottosegretario-Capo del dipartimento nella sua doppia veste - sotto questo profilo dimostra che comunque l'ingordigia, la bulimia crea indigestione o difficoltà di gestione, però chi mangia troppo pianga se stesso. Il Capo della Pag. 32Protezione civile ha assunto compiti eccessivi rispetto alla sua capacità di gestirli; in questo senso, egli ne deve rispondere politicamente e amministrativamente (non spetta a noi dire se anche penalmente).
Questo ci dispiace, perché la Protezione civile è una ditta di cui noi italiani siamo giustamente orgogliosi e alla quale collaborano un milione 200 mila persone. Conosco tantissimi della mia Sardegna che sono pronti ad accorrere, in ogni momento, in occasione di calamità, di incendi e di inondazioni; che sono andati a Sarno, in Piemonte, e che si recano ovunque si verifichi una vera emergenza. Ebbene, sono stati provocati schizzi di fango su un'istituzione benemerita (che bene meritava e bene merita tuttora).
L'ultima questione che vorrei esaminare è quella che riguarda l'emergenza penitenziaria. Anche in questo caso, parlare di «emergenza» penitenziaria mi sembra alquanto curioso e bizzarro. Le emergenze, infatti, sono situazioni che non sono fronteggiabili, né calcolabili dall'uomo, che si verificano improvvisamente e si abbattono su un territorio, su una comunità, su una collettività, e che esigono interventi emergenziali, di fronte ai quali è legittimo, se non doveroso, ricorrere ad ogni strumento di intervento, anche oltre le regole normali.
Tuttavia, quando non vi è l'emergenza e quando l'uomo può, e avrebbe potuto, fronteggiare, da tempo, le situazioni e fare in modo che non si verificassero, non si può parlare di emergenza. Si può parlare, tutt'al più, di incapacità dell'uomo di provvedere per tempo, affinché le situazioni non precipitassero nell'urgenza.
La questione penitenziaria è effettivamente molto grave, perché ne va di mezzo la dignità di tante persone e di tanti uomini; tuttavia, l'Italia dei Valori combatte e contrasta l'ipotesi che è stata prospettata nel provvedimento in oggetto. Ci fa piacere vedere che è stato eliminato da tale normativa il riferimento alla Protezione civile, ma noi l'avremmo, comunque, contrastata.
Infatti, se qualcuno deve oltrepassare le regole, ci fidiamo di più di un magistrato, che è il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, piuttosto che della pubblica amministrazione, che nei fatti, ha concretamente dimostrato di non essere capace di gestire, né di controllare questi impegni.
Signor Presidente, concludo il mio intervento, rivolgendomi a questo Governo e a questa maggioranza: smettetela di costruire un sistema che favorisce, obbiettivamente, le derive criminali; tornate al sistema dei controlli e, caso mai, intervenite sull'efficienza della pubblica amministrazione: noi vi saremo vicini. Ma nel momento in cui continuate a favorire sistemi che portano fuori dal controllo e dalle normali competenze istituzionali la competenza a gestire interventi essenziali dello Stato, ci troverete fortemente contrari.
Noi denunceremo costantemente nelle piazze che si sta verificando una pericolosa deriva, per cui tutto è perdonabile, tutto è condonabile e, soprattutto, niente deve essere controllabile. Lo avete fatto con riferimento allo scudo fiscale, prevedendo l'anonimato, in modo che anche i fondi di provenienza illecita non potessero essere sottoposti ad una verifica né da parte dell'autorità giudiziaria ordinaria, né da parte della Corte dei conti. Lo state facendo continuamente e costantemente.
Vi invitiamo a finirla con questa prassi, che sta sconvolgendo e stravolgendo le nostre istituzioni...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO PALOMBA. ...e che trova contrari, prima di tutto, molti esponenti della vostra stessa maggioranza, i quali non sopportano che ad una persona sola vengano attribuiti compiti, a scapito di altri importanti Ministeri, come il Ministero dell'economia e delle finanze, quello delle infrastrutture e dei trasporti, e tanti altri. Smettetela almeno per questo, perché, altrimenti, anche questo fatto vi porterà alla consunzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Colleghi, ritengo di dover sospendere per alcuni minuti la seduta, Pag. 33in quanto il sottosegretario Brancher deve recarsi ai funerali del collega Balocchi. Ritengo che noi glielo dobbiamo consentire. Il sottosegretario Giachino ancora non è arrivato, pertanto dobbiamo sospendere la seduta per alcuni minuti per assenza del Governo.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente non è questo il momento di fare una polemica, tuttavia faccio presente che il Governo è ampiamente, lungamente e largamente rappresentato. Questa cosa si sapeva dall'inizio. C'era stata una richiesta da parte del sottosegretario Bertolaso, il quale doveva presenziare ai nostri lavori, e siamo venuti incontro a quella richiesta.
Francamente, come lei sa perfettamente, questo è tempo che si toglie agli oratori per poter parlare e andare avanti con i nostri lavori. Ovviamente, la motivazione non solo è nobile, ma molto comprensibile; tuttavia, francamente, troviamo assolutamente meno comprensibile che il Governo non sia in grado di trovare uno, tra tutti i suoi numerosi rappresentanti, che venga a presenziare in Aula, che è cosa - credo - altrettanto importante.

PRESIDENTE. La sua considerazione, onorevole Giachetti, è obiettiva. D'altra parte, la Presidenza non può che procedere alla sospensione della seduta per alcuni minuti in attesa dell'arrivo del sottosegretario Giachino. Sospendo, quindi, la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,45 è ripresa alle 12,55.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, sarebbe bastato un po' di buonsenso, normale buonsenso, quello che ci dice che per tutti la giornata è fatta di ventiquattro ore e per vedere che c'è una notevole diversità tra l'occuparsi di catastrofi, di frane e di gravi danni ambientali e l'occuparsi invece (leggo una breve sintesi non complessiva delle nomine e incarichi al commissario) della regata della XXXII coppa America, dell'incontro nazionale dell'Azione cattolica, dei campionati del mondo di ciclismo, del cinquantesimo anniversario della firma del Trattato di Roma, dell'agorà dei giovani italiani, dei centocinquanta anni dell'unità d'Italia, dell'expo, dei mondiali di nuoto, della visita del Papa ad Assisi; devo dire che le visite papali hanno provocato notevole sovvertimento, perché ci sono anche quelle a Castrignano del Capo, in provincia di Lecce, a Savona e a Genova. Ci sono poi il forum universale delle culture, il congresso eucaristico nazionale, il vertice intergovernativo italo-russo e ancora ne avrei da elencare.
Situazioni drasticamente diverse; ad ogni evidenza è una diversa scala di valori quella che giustifica l'eccezionale potere e la deroga normativa per motivi di incolumità pubblica e di tutela della salute. Dall'altra parte vi sono interessi legittimi, economici, culturali, sportivi e religiosi, normali, che andrebbero affrontati con normative adeguate in modo normale, come avviene in tutti i normali Paesi europei.
In questi giorni abbiamo sentito il sottosegretario dichiarare più volte che si è trattato sempre di risolvere problemi di tempo e di scadenze ravvicinate da rispettare. Vorrei ricordare a quest'Assemblea che vi sono mille opere in Italia che si dovrebbero fare in tempo: penso all'adeguamento della sicurezza nelle scuole, a tratte autostradali che attendono da decenni, a frane meno note e meno sponsorizzate, tutte opere meritevoli di essere portate a termine in una cultura del fare che dovrebbe essere una caratteristica dell'intero Paese. Ci si chiede come fanno tutti gli altri Paesi ad affrontare questi temi senza ricorrere all'emergenza con regole chiare, gare trasparenti e responsabilità certe. Pag. 34
Ma allora perché fare carico di tutto questo alla Protezione civile e sottrarre così tempo, ore, attenzione e risorse in primo luogo proprio al capo dipartimento? Perché farne carico alla Protezione civile e non lasciare che, invece, essa si dedichi alla propria missione originaria, quella indicata dal suo nome?
Vorrei ricordare che questo allargamento delle funzioni al settore degli eventi si deve al secondo Governo Berlusconi, con il decreto-legge n. 343 del 2001. Si dirà: ne avete fatto voi uso anche voi nei 20 mesi del Governo Prodi. È vero e non vogliamo sottrarci alla responsabilità politica. Vorrei, però, anche dire che questo non ci porta da nessuna parte e non mi sembra una ragione sufficiente per continuare così. Non è forse giunto il momento di prendere atto che su questa strada si continua a creare un clima falsamente emergenziale e si è lontani dall'uso del buon senso?
Se anche i Governi, tutti i Governi, fossero tentati di prendere la scorciatoia della legge straordinaria e della deroga - e hanno tutti usato e ampiamente abusato del potere di ordinanza, arrivando a 605 ordinanze in otto anni - non toccherebbe forse a noi, al potere legislativo, autonomo e autorevole, dire basta e ridefinire i confini dell'emergenza, ridare una chiara definizione giuridica, procedere ad una profonda riforma della pubblica amministrazione?
Tocca a noi, a questa Assemblea, ed è nostra responsabilità riportare la Protezione civile, i suoi dipendenti, il corpo straordinario dei volontari, la fantastica e generosa gara che si crea tra le realtà regionali in una positiva competizione tra di loro a chi fa meglio, nell'alveo delle proprie competenze, delle funzioni proprie e far sì che si occupino solo dell'incolumità e della salute di ciascuno di noi lasciando ad altri il compito più facile di costruire piscine.
Negli ultimi otto anni la Protezione civile ha potuto crescere e stabilizzarsi grazie alla continuità che ha avuto nella guida. Questo è un bene di cui tutti noi dovremmo riconoscere l'utilità, perché in settori così delicati i dirigenti e i servitori dello Stato dovrebbero essere sottratti all'incerto alternarsi dei Governi.
I più saggi di loro si tengono poi distanti dal diretto impegno in politica. Quest'ultimo Governo, il quarto Governo Berlusconi, ha invece deciso, con il decreto-legge n. 90 del 2008, di nominare il capo del Dipartimento della protezione civile sottosegretario di Stato per la soluzione dell'emergenza dei rifiuti. Oggi, con questo provvedimento in esame in quest'Aula, è arrivato a scadenza quell'incarico.
Tuttavia, nello stesso provvedimento si propone la nomina a sottosegretario di Stato per il coordinamento degli interventi di protezione civile in ambito europeo ed internazionale - e già tale definizione meriterebbe una qualche spiegazione sul suo significato - in deroga alla legge n. 215 del 2004 in materia di conflitto di interessi, perché nel frattempo si mantengono in capo alla stessa persona le rilevanti responsabilità amministrative di capo del Dipartimento della protezione civile e le conseguenti numerose nomine a commissario straordinario.
Tuttavia, così facendo si rompe un principio cardine delle democrazie moderne, su cui si basa il fondamento stesso del diritto amministrativo, vale a dire la distinzione tra funzione politica, che risponde al Parlamento, e quella amministrativa, che risponde alle leggi e all'Esecutivo.
Nel 1865, centocinquanta anni fa, la pubblica amministrazione fu sottratta all'unica decisione del re e, quindi, all'arbitrio, e si stabilì allora che essa sarebbe dipesa dalle leggi e gli interessi che si configuravano in capo ai cittadini avrebbero potuto essere difesi nei tribunali. Nel 1865, con quella legge che ancora oggi non è stata abolita, per fortuna, neanche dal Ministro Calderoli, i sudditi sono diventati cittadini. Con il diritto amministrativo si tutela l'interesse legittimo alle pari condizioni nelle gare d'appalto, alle pari condizioni nei concorsi pubblici per le assunzioni. Si garantisce la trasparenza di ogni scelta e si sottopone il controllo della Pag. 35spesa alla vigilanza della Corte dei conti. Queste norme tutelano anche i funzionari pubblici e tutelerebbero anche il sottosegretario Bertolaso perché con quelle norme si definiscono procedure e si ripartiscono responsabilità. Ma a quelle norme si è voluto derogare e al controllo della Corte dei conti ci si è voluti sottrarre.
Dobbiamo, quindi, mettere insieme tutto questo, tra cui il conflitto in atto tra il ruolo di controllore e quello di controllato, insito nel doppio incarico che viene ribadito in questo decreto-legge e a cui continuiamo ad essere contrari.
Il venir meno del controllo preventivo della Corte dei conti, la deroga ad un così ampio numero di leggi che è impossibile elencare in un intervento (sia pure di mezz'ora), il sottrarsi attraverso il «blocca processi» alla magistratura, addirittura alla magistratura civile per cui un povero cristo che impugna l'espropriazione del proprio terreno non avrà sede per far valere il proprio diritto - torniamo così ad essere sudditi e non cittadini -, il moltiplicarsi delle ordinanze e dei decreti-legge che tra di loro si sovrappongono e a volte si contraddicono, il sommarsi degli incarichi di commissario: se mettiamo insieme tutto questo ci troviamo di fronte ad un grande cambiamento di sistema di cui solo adesso forse cogliamo l'insito pericolo.
È difficile sostenere che una volta data, con la fiducia di tutti noi, una così grande responsabilità, una così grande discrezionalità, una così grande autonomia, non debba poi conseguire una responsabilità oggettiva sulle conseguenze delle scelte che sono state compiute, scelte di persone e di organizzazione.
Per questo noi chiediamo soprattutto due cose: la distinzione tra il ruolo della Protezione civile e la gestione dei grandi eventi, con l'uscita del settore dei grandi eventi da una visione emergenziale; chiediamo, inoltre, la separazione tra il ruolo politico e il ruolo amministrativo, con un rientro in una situazione di normalità e di separatezza tra la politica e l'amministrazione.
È chiaro che noi continuiamo ad insistere e a credere che sarebbe opportuno che quest'Aula in modo collaborativo affrontasse il tema di una riforma vera della pubblica amministrazione, ripartendo e magari aggiornando la riforma delle leggi Bassanini, l'ultimo momento fortemente riformatore, che faccia del nostro Paese, e non di uno solo, il Paese del fare; che faccia di questo la regola e non l'eccezione.
Continuiamo a chiedere una politica ambientale che si occupi finalmente di prevenire il dissesto idrogeologico, invece di continuare a metterci di fronte alla necessità di affrontare emergenze, non ultima quella della Calabria denunciata oggi. Tutto ciò nella speranza di un Paese normale, un Paese che non ha bisogno di eroi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, la conversione in legge del decreto-legge n. 195 mette fine a quel 2009 che gli annali ricorderanno come un anno che ci ha riservato tre grandi e purtroppo tristi eventi: il terremoto in Abruzzo, l'emergenza rifiuti in Campania e, non ultima, l'alluvione di Messina. Non possiamo dimenticare e non ricordare le scene terribili che hanno sconvolto la regione Abruzzo. Dobbiamo dire che a questo tragico e luttuoso evento il Governo ha fatto fronte con una straordinaria celerità e capacità operativa.
Bisogna dare merito alla grande esperienza e professionalità del sottosegretario Bertolaso che ha saputo affrontare la gravità dell'emergenza più con i fatti che con le parole. Dopo pochi mesi dall'evento calamitoso si avvia ormai la chiusura della fase emergenziale con la consegna delle ultime case provvisorie. Inizia, quindi, una nuova fase della ricostruzione con l'assegnazione delle funzioni commissariali al presidente della regione Abruzzo.
Purtroppo come sappiamo l'Italia è un Paese che per le sue caratteristiche geomorfologiche è soggetto a calamità naturali, come terremoti, frane e alluvioni. Su Pag. 36quest'ultimo aspetto non possiamo non ricordare l'alluvione di Messina - oltre tutto io sono messinese - un evento tremendo. Come abbiamo visto è venuta giù mezza montagna che ha spaccato in due un centro abitato; ci sono case che sono state seppellite da quasi dieci metri di fango. I morti sono stati più di 30 e ancora ci sono dei dispersi. Purtroppo dietro questo disastro si nasconde anche l'incuria dell'uomo che, tra l'ignoranza e la noncuranza, non si avvede che il dissesto idrogeologico del territorio italiano è ai limiti del collasso.
La cementificazione irrazionale del Paese ha turbato quel delicato equilibrio rispetto a cui il nostro territorio, nel suo genere, è fragile.
Vorrei ricordare, anche se non è argomento di cui trattiamo in termini specifici, ma comunque è analogo come materia, gli eventi franosi di questi giorni che hanno colpito la Calabria e il comprensorio dei Nebrodi del messinese. Per tali eventi rivolgo un appello anche al Governo e al sottosegretario Bertolaso che pochi minuti fa mi ha rassicurato su questo; la sua assenza in Aula è dovuta proprio al fatto che doveva raggiungere quei luoghi della Calabria e della Sicilia, in particolare del messinese, dove si sono verificate le frane. A tal proposito ho anche presentato un'interrogazione chiedendo al Governo di dichiarare lo stato di calamità naturale.
Proprio con riferimento alle norme per affrontare il rischio idrogeologico occorre notare che la legge finanziaria per il 2010, per la prima volta negli ultimi anni, ha autorizzato un finanziamento sostanzioso pari a un miliardo di euro per gli interventi più urgenti, per la messa in sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale.
Inoltre, in questo decreto-legge si prevede la nomina di commissari straordinari per gli interventi da effettuare nelle aree del settentrione, nelle aree centrali e del Meridione con gli stessi poteri di deroga dei commissari nominati per accelerare quelle opere che sono considerate strategiche dalla cosiddetta legge obiettivo.
In merito all'annosa situazione dei rifiuti in Campania, che è un problema reale, è doveroso ricordare che il Governo si è interessato, sin dalla prima seduta del Consiglio dei Ministri, di quella situazione drammatica che era sotto gli occhi di tutti e che sembrava irrisolvibile. Non possiamo dimenticare quelle immagini di Napoli e della Campania che hanno fatto il giro del mondo e che di certo non hanno fatto una buona pubblicità alla nostra bella Italia. Eppure, anche in questo caso si è arrivati ad una soluzione, una soluzione raggiunta con vari metodi, spesso anche contrastati dall'opposizione, ma che si sono rilevati poi vincenti, come la decisione di coinvolgere anche l'esercito.
In realtà, il 31 dicembre 2009 si è concluso, dopo ben sedici anni, ossia dopo un periodo lunghissimo, quello stato di emergenza nel settore dei rifiuti della regione Campania: oggi una vicenda risalente al lontano febbraio 1994 ormai giunge, finalmente, a conclusione grazie all'azione di questo Governo e anche del Parlamento che ha fornito in modo rapido ed efficiente quegli strumenti legislativi necessari a consentire al Dipartimento della protezione civile di operare.
Con il presente decreto-legge gli enti competenti della gestione del ciclo dei rifiuti, quali la regione Campania e le province, subentrano nelle attività fino ad oggi svolte dalle strutture commissariali e a tal fine questo Governo prevede la costituzione di due unità operative per il passaggio dalla gestione di emergenze a quella a regime per la definizione delle modalità di accertamento delle situazioni creditorie e debitorie esistenti, nonché per gli interventi urgenti che sono necessari alla funzionalità a regime dell'impiantistica e delle infrastrutture a servizio del complessivo ciclo dei rifiuti.
Bisogna ricordare alcuni passaggi fondamentali del testo, come la norma che prevede il recupero delle somme dovute dai comuni inadempienti alla struttura del sottosegretariato in relazione al ciclo della gestione dei rifiuti mediante riduzione dei Pag. 37trasferimenti erariali di tali comuni e di quanto dovuto per la rimozione e sospensione degli amministratori locali.
Un'altra esigenza che il Governo e la maggioranza hanno affrontato in Campania è rappresentata dall'impianto di termovalorizzazione che è tra i più moderni che abbiamo in Italia e che brucia, ad oggi, oltre 1.800 tonnellate di rifiuti ogni giorno, producendo energia elettrica che poi viene anche messa in rete. Questo impianto smaltisce 600 mila tonnellate all'anno di rifiuti ed evita che ogni anno vengano costruite discariche per uno smaltimento di tali dimensioni.
In aggiunta a tale impianto ci sono già altre sette discariche che funzionano e altre due che sono in procinto di essere aperte per garantire alla Campania una prospettiva di sicurezza per ben cinque anni nelle more della realizzazione di altri impianti di termovalorizzazione che sono previsti a Salerno e a Napoli.
Con questo decreto-legge si riconosce la grande professionalità del Dipartimento della protezione civile e ovviamente anche del sottosegretario Bertolaso, che con la sua azione di coordinamento con gli enti statali, regionali e locali ha saputo superare egregiamente queste grandi e gravi emergenze. Per questo credo che noi tutti lo ringraziamo, ma soprattutto lo ringrazia l'Italia che ha sofferto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io sono un deputato civico e, quindi, venire dal mondo civico e dal civismo è qualcosa che mi fa allertare tantissimo quando sento questa parola che ritorna nella Protezione civile, perché riguarda i cittadini. Per questa ragione, anche se ho fatto la promessa di iscrivermi ad un partito e prenderne la tessera (ovvero il partito del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori di cui già faccio parte), immediatamente indulgo in una riflessione. Non è possibile sporcare una cosa così bella, così importante e così pulita quale è la Protezione civile che dà uno spaccato di un'Italia umana, della solidarietà, del soccorso e dell'aiuto.
Sono un milione e 289 mila gli uomini e le donne iscritti alle varie associazioni e organizzazioni di volontariato che partecipano alla Protezione civile, di cui addirittura un quarto è immediatamente operativo in caso di calamità e di intervento immediato sia a livello nazionale che all'estero.
Non è possibile, quindi, strumentalizzare e sporcare la Protezione civile, ovvero un pezzo di questo Stato e di questo Paese che non può essere inquinato da scelte sbagliate e da una gestione impropria di questo Governo.
Per come il Governo sta conducendo la Protezione civile, non è possibile che questa venga assimilata, come è scritto sui giornali, a un comitato di affari, anzi il comitato d'affari. È così che viene considerata ingiustamente la Protezione civile, quella che noi conosciamo e amiamo.
La verità, tuttavia, è un'altra, ovvero che si stanno esasperando le attività, l'impegno, il lavoro e il ruolo della Protezione civile con un suo uso distorto e cattivo. Infatti, con la Protezione civile si fa tutto e tra poco si organizzeranno anche i campionati di pallavolo, forse qualche campionato di tennis e quant'altro. Ciò accade perché la Protezione civile è diventato il bancomat del Governo Berlusconi, a causa della modalità con la quale il Governo Berlusconi e la maggioranza del PdL utilizza malamente la Protezione civile, deviandola e distorcendola. Addirittura si parla di tangente RAI: secondo le indagini anche una tangente RAI è stata pagata. Nelle intercettazioni, infatti, emerge l'intreccio tra raccomandazioni e appartamenti e la casa in cui vive Masi, già presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e oggi membro del Consiglio di amministrazione della RAI, è del figlio di Balducci. Ciò lo dicono i giornali e sono fatti pubblici. Insomma, questo dà il senso della deriva che sta veramente prendendo la Protezione civile a causa del Governo.
È questa la ragione per la quale il sottosegretario Bertolaso deve immediatamente Pag. 38dimettersi, perché, tra l'altro, egli cumula la funzione e la carica di sottosegretario del Governo con quella di capo della Protezione civile: è improprio che chi governa la Protezione civile, un apparato amministrativo dello Stato, abbia poi anche una funzione di Governo. Sicuramente, poiché ci sono responsabilità politiche, immediatamente deve lasciare la poltrona di sottosegretario alla Protezione civile...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego: non stiamo discutendo una mozione di sfiducia al sottosegretario Bertolaso...

FRANCESCO BARBATO. Io sto parlando di Protezione civile e vorrei continuare a farlo...

PRESIDENTE. La prego di svolgere il suo intervento, in sede di discussione sulle linee generali del decreto-legge sulla Protezione civile, del quale si discute la conversione in legge.

FRANCESCO BARBATO. Grazie, signor Presidente: l'ascolterò. Ribadisco comunque che il mio ragionamento sulla Protezione civile serve per dire che l'uso che se ne sta facendo è improprio, tant'è vero che all'interno dello stesso decreto-legge oggi in conversione e, più precisamente, all'articolo 9, comma 2, sono contenute norme davvero inenarrabili, che in un Paese normale non si sarebbero mai sognati di inserire.
È mai possibile che per il termovalorizzatore di Acerra venga previsto dalla Commissione un pagamento, un costo di 355 milioni di euro, disattendendo la precedente indicazione che individuava nell'ENEA l'organismo adatto per la quantificazione del prezzo, dell'importo da pagarsi? Ci troviamo sempre a dover rincorrere i danni che si stanno arrecando a questo Paese: è il caso di ricordare che il termovalorizzatore di Acerra sta inquinando quella parte del Paese, perché ci sono impianti che l'ARPAC Campania ha insediato lì, apponendo colonnine che misurano la qualità dell'ambiente, dell'aria. Queste centraline hanno monitorato che intorno al termovalorizzatore di Acerra è stato abbondantemente sforato il limite previsto per le PM10, come vengono chiamate le polveri sottili. Ciò significa che il termovalorizzatore di Acerra, per il quale il Governo e la maggioranza hanno predisposto il decreto-legge oggi in discussione, vuole dare alla Fibe, ad Impregilo, ossia ai responsabili di quel disastro, 355 milioni di euro sulla pelle dei cittadini. Il Governo, anziché preoccuparsi - come dovrebbero fare un buon Governo e una buona Protezione civile - della salute degli italiani, dei cittadini di Aversa, di Nola, di Marigliano e di tutti quei cittadini campani che stanno pagando con tumori e malattie la loro vicinanza a quel «mostro», al termovalorizzatore di Acerra, invece ci dice che dobbiamo dare 355 milioni di euro. Questo, secondo me, non è il Governo del fare: probabilmente è stata dimenticata una «a», che bisogna aggiungere, perché questo è il Governo «dell'affare», degli affari e dell'arraffare.
Non è possibile tenere in piedi un'emergenza e nascondersi dietro questa emergenza, come quella dei rifiuti in Campania, per tenere in piedi per diversi anni un carrozzone, costituito nel 1996, quando è stato affidato il commissariato straordinario all'onorevole Rastrelli, che è passato successivamente alla gestione del presidente Bassolino.
Questi hanno commesso proprio un'infinità di guai, con un'emergenza che è costata «solo» 2 miliardi di euro al nostro Paese e ai nostri contribuenti e ci ha fatto trarre oggi questa conclusione: anziché fare degli interventi con la Protezione civile per tutelare la salute, l'ambiente e la vita dei cittadini, qui invece si vanno a fare delle sanatorie.
Per i lavori pubblici, per le ditte che partecipano agli appalti, dopo l'aggiudicazione degli stessi, l'esecuzione e la consegna dei lavori, è previsto addirittura che ci sia una responsabilità postuma. Ciò significa che nei dieci anni successivi esse rispondono ancora delle opere e dei lavori realizzati. Significa che se il lavoro non è Pag. 39stato fatto bene, previa fideiussione, lo Stato e gli enti locali possono incamerare il danno che si è verificato. Invece qui, con il decreto-legge che oggi discutiamo e domani approveremo, si prevede semplicemente un piccolo sfoltimento, un piccolo taglio dei capelli, di quei 355 milioni che si vogliono dare a Fibe e Impregilo, anche se continueranno a intossicare i cittadini campani, anche se l'opera non è efficiente e continua ad emettere nanoparticelle e polveri sottili che avvelenano e causano le peggiori malattie, i tumori. Già in quell'area c'è il più alto tasso di morti per tumori, per malattie cancerogene.
Ecco a cosa serve l'emergenza e la straordinarietà: ad ammazzare i cittadini. Non si aiuta la salute dei cittadini, ma si ammazzano. Si fa un regalo di 355 milioni alla Fibe e all'Impregilo, anziché chiedere i danni per tutte le inadempienze che si sono verificate negli anni, che sono state anche accertate ed acclarate. Gli appalti sono stati fatti in un modo e conclusi in modo completamente diverso, dopo che al commissariato emergenza rifiuti vi è stato un continuo pellegrinaggio degli uomini berlusconiani e degli uomini bassoliniani. Questa è stata l'emergenza rifiuti per sedici anni in Campania. Ebbene, come avviene la conclusione? Con questa operazione con la quale si cerca di bonificare, di creare una sanatoria, di dare anche agli amici, ai soliti furbetti, a tutti quelli che hanno visto cosa è diventata oggi la Protezione civile: è un carro dove andare all'arrembaggio. Abbiamo visto come i soliti speculatori ridono e si sfregano le mani quando succede una tragedia come quella del terremoto de L'Aquila, quando si verifica un'emergenza in Campania od ogni altra emergenza.
Abbiamo visto quale è l'attività dei vari «Tarantini», che vanno a chiedere al Presidente del Consiglio il «contatto» con Bertolaso, perché hanno capito che oggi è lì che bisogna mettere le mani in pasta. Infatti, non basta più il denaro pubblico della sanità, dove si fanno affari e si possono fare delle ruberie, ma si devono mettere le mani nella Protezione civile, perché questa è una bella mucca da mungere, dove si superano tutte le norme, tutte le regole, si è al di sopra della legge, ci sono gli affidamenti diretti, come è avvenuto per esempio anche a Napoli, sempre con la gestione del commissariato emergenza rifiuti, con Bertolaso, delle cave di Chiaiano, che sono state trasformate in discarica nel centro di Napoli.
Ebbene, perché Berlusconi e i suoi amici non vanno a fare ora la campagna elettorale a Chiaiano, a Mugnano, a Marano, a Pianura, in tutto l'alto napoletano, perché non si presentano e vanno a fare qualche comizio lì, per presentare i loro candidati alla presidenza della regione Campania? Perché non vengono a dirci, invece, tutti i danni che hanno fatto a quei cittadini con la discarica che hanno realizzato a Chiaiano, dove noi avevamo proposto delle alternative insieme ai cittadini e agli amministratori, agli uomini del posto.
Era folle realizzare quella struttura a 300 metri dal policlinico di Napoli, dagli altri ospedali e dalle case, dove, addirittura, non vengono rispettate le leggi, dove viene scoperto dell'amianto e dove, poi, con una trattativa privata, senza avere le certificazioni antimafia, si portano a lavorare per lo Stato, utilizzando soldi pubblici, delle imprese in subappalto senza conoscere la loro storia e il loro certificato antimafia.
Questa è l'emergenza? Così si gestisce il commissariato straordinario e la protezione civile, come hanno fatto a Chiaiano, a Napoli, dove, solo pochi mesi fa, è stata sequestrata una parte di una cava che era destinata a discarica, perché non rispettano le leggi?
Se la protezione civile e il decreto-legge al nostro esame devono servire a questo Governo per continuare a ritagliare del nostro Paese un'immagine e un modello di società in cui si calpestano i valori umani, la salute e la vita dei cittadini, semplicemente perché bisogna favorire gli affari, il profitto e i soliti furbetti, che devono mettere mano sul danaro pubblico, superando le leggi e fregando tutti, allora noi non siamo d'accordo a un'impostazione in tal senso. Soprattutto, non siamo d'accordo Pag. 40su una manipolazione della protezione civile. L'anno scorso, durante le elezioni europee, venne fatto un uso, se non privatistico, politico delle strutture del commissariato per l'emergenza rifiuti a Napoli.
Addirittura, un agriturismo - Tirone - vicino alle cave di Chiaiano, che era stato requisito dal commissariato per l'emergenza rifiuti, venne utilizzato da un candidato del PdL alle europee, Malvano, per fare una riunione politica e incontrare delle persone. È un uso veramente incredibile che si fa della protezione civile e delle sue strutture!
Questo dà il grado di inquinamento della politica, che sta inquinando anche la Protezione civile, perché, addirittura, vengono usate le sue strutture per farvi campagna elettorale! È la stessa persona che è assessore nella giunta provinciale dell'onorevole Cesaro, il cui nome pure compare in questa inchiesta insieme ad altri nomi ancora. Come riportato dai giornali, abbiamo visto questi uomini della Protezione civile, che la stanno facendo tremare insieme al Governo, tipo il funzionario Di Nardo, che viene detto chiaramente essere in rapporti con il clan dei casalesi.
Come Italia dei Valori, cerchiamo di tenere la barra dritta, perché la politica deve riavvicinarsi all'etica e alla morale, e su questo non ci sposteremo di un millimetro, perché non faremo sconti a questo tipo di politica.
Non è possibile vedere, come apprendiamo oggi sui giornali, che questo Di Nardo della protezione civile era con il clan dei casalesi, perché socio di una società che si chiama «Soa nazionale costruttori», che ha sede a Sondrio, dove, addirittura, fra i soci figura, tra gli altri, anche il parlamentare del PdL, Paolo Russo. Ve ne ho parlato l'altro giorno, era il parlamentare che vi dicevo che minacciava le persone, le faceva minacciare dai camorristi se votavano diversamente dalle sue indicazioni.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato (Commenti dei deputati dei gruppo Popolo della Libertà)!

FRANCESCO BARBATO. Questo per dirvi che la Protezione civile è una cosa troppo seria e importante; soprattutto, noi dell'Italia dei Valori vi contrasteremo su questo tipo di società e di modello di società che volete realizzare in Italia.
In questo modo, state avvelenando il Paese, state ammazzando le persone, state danneggiando i cittadini; insomma, questa Protezione civile è qualcosa che serve ai furbetti, agli imbroglioni, a quelli che vogliono fregare gli altri, che serve al clan dei casalesi. Come si evince oggi dall'inchiesta in corso, purtroppo tale clan è presente qui in Parlamento con alcuni parlamentari. Detto ciò, rispetto a tutto questo, ci opponiamo fermamente a questo decreto-legge, che è veramente inaccettabile.

AMEDEO LABOCCETTA. Basta con queste sciocchezze!

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per chiedere alla Presidenza di verificare il contenuto delle affermazioni dell'onorevole Barbato, che mi sembrano diffamatorie nei confronti del Governo e dei colleghi di quest'Aula, la cui onorabilità va comunque tutelata. Mi riferisco anche ai toni: «State ammazzando la gente». Signor Presidente, faccio appello alla sua esperienza e al suo buonsenso.

PRESIDENTE. Onorevole, ha visto che ho richiamato due volte l'onorevole Barbato ad attenersi al contenuto della discussione sulle linee generali del decreto-legge previsto dall'ordine del giorno; poi, sulle dichiarazioni che riguardano singoli parlamentari, vi sarà la verifica.

SIMONE BALDELLI. E non le può fare, signor Presidente!

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non facciamo botta e risposta.

Pag. 41

PRESIDENTE. Non è vero che non le può fare: se ne assumerà le responsabilità, nel caso in cui si verifichi che non rispondono al vero. Sarà soprattutto l'interessato che si preoccuperà di questo.
È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, stiamo esaminando un provvedimento in qualche modo atipico; e parlare di atipicità, in questo frangente, è già un po' inusuale. È stato presentato un decreto-legge, e ne abbiamo tanti: ogni giorno li contiamo, e siamo a oltre 55, ma non è questo il problema. Questo è un decreto-legge all'interno del quale vi sono tante cose, però vi è sostanzialmente la ripresa di un tema che riguarda il sistema della Protezione civile, riguarda la Campania, l'Abruzzo, la Presidenza del Consiglio. I titoli dei decreti-legge (ricordo a me stesso, perché queste considerazioni sono ormai quasi inutili) dovrebbero descriverne il contenuto; una volta si pensava che il decreto-legge fosse monografico, e quindi si diceva: decreto-legge per quella situazione emergenziale. Adesso i decreti-legge notoriamente non sono più omogenei e monografici, ma sono delle piccole enciclopedie, all'interno di un decreto-legge vi è un po' di tutto; però noi abbiamo avvertito che il titolo è inesatto. Ce lo ricorda anche la legge n. 400 del 1988: dovremmo far corrispondere il titolo al contenuto. Questo lo dico in discussione sulle linee generali tra tante altre cose, però sommessamente l'aveva rilevato il Comitato per la legislazione.
Vi è un fatto nuovo. Il Comitato per la legislazione è un organismo significativo, ma che vive in realtà una vita difficile, perché richiama costantemente ad una serie questioni. Stamattina noi abbiamo per la prima volta applicato una regola nuova, che la Giunta per il Regolamento ci ha consentito di applicare: abbiamo dato due volte il parere sul provvedimento in esame. Cosa vuol dire dare due volte il parere sul provvedimento? Vuol dire che il decreto-legge, che «entra» in un certo modo, viene modificato in misura rilevante, e quindi il parere del Comitato deve essere nuovamente espresso, perché altrimenti le modifiche sostanzialmente non sarebbero sottoposte al suo vaglio.
Vi sono tante cose da dire, ma ricordo che del decreto-legge in esame il Comitato dice: è fortemente eterogeneo. Un decreto-legge fortemente eterogeneo è un elemento che dovrebbe far riflettere. Attenzione: «fortemente eterogeneo» non è necessariamente il decreto-legge quando nasce, nella catena di montaggio che parte dal Governo e arriva al controllo del Capo dello Stato; la forte eterogeneità scaturisce successivamente: scaturisce dall'intervento che compie il Senato. Ormai è un elemento abbastanza costante: i decreti-legge, soprattutto quelli che bisogna modificare in maniera «dura», vengono portati al Senato; il Senato, che ha un Regolamento notoriamente più permissivo, inserisce nel decreto-legge tante altre cose, cioè sostanzialmente ne raddoppia il contenuto, a volte lo triplica.
Questa volta è successo un fatto nuovo perché anche la Camera lo ha modificato in misura rilevante. Vi ricordo che tale tipo di intervento, ossia l'eterogeneità del decreto-legge successiva alla firma del Presidente della Repubblica, costituisce un elemento assolutamente preoccupante perché determina un aggiramento delle prerogative del Capo dello Stato.
Ricordo che nel 2002 il Presidente Ciampi rinviò con un messaggio alle Camere, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, un decreto-legge che era finalizzato a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico (ma che pure era abbastanza circoscritto), lamentando il fatto che questi decreti-legge venivano appesantiti durante i lavori parlamentari e ciò impediva poi al Presidente della Repubblica di esercitare le sue prerogative in maniera pertinente (chiedendo pertanto ai Presidenti delle Camere ed al Governo di evitare simili operazioni).
Questo era il messaggio di Ciampi nel 2002, ma sostanzialmente dopo di allora è successo di tutto e di più. Al punto che il Presidente Napolitano, non con un messaggio di rinvio, ma attraverso la forma Pag. 42più garbata di una lettera ai Presidenti del Senato, della Camera, del Consiglio dei ministri ed al Ministro dell'economia e delle finanze, sul «decreto-legge anticrisi» il 9 aprile del 2009, ha affermato che sottoporre al Presidente della Repubblica per la promulgazione, in prossimità della scadenza del termine costituzionalmente previsto (ciò che accadrà anche per questo decreto-legge che scade, mi pare, il 28 febbraio, deve ancora essere approvato dalla Camera e poi esaminato dal Senato poiché è stato modificato, arrivando così a tale situazione) una legge che converte un decreto-legge notevolmente diverso da quello emanato a suo tempo (a suo tempo, ciò vuol dire nel termine dei sessanta giorni) non gli consente (al Presidente della Repubblica) l'ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia che la Costituzione gli affida, con particolare riguardo alla verifica della sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza (sia chiaro che la straordinaria necessità ed urgenza non riguarda soltanto il decreto-legge originario, ma tutti gli emendamenti a tale provvedimento perché ogni emendamento deve presentare tali caratteristiche).
Il Presidente della Repubblica Napolitano, dunque, il 9 aprile del 2009 ha in pratica detto: state un po' attenti, non abusate di questo potere emendativo e soprattutto non trasmettetemi il decreto-legge il giorno prima perché così si eludono le prerogative del Capo dello Stato.
Mi rendo conto che parliamo sempre in punta di penna del Capo dello Stato, ma qui siamo in una situazione tipica in cui stiamo deliberando - vorrei dire, state deliberando - la conversione di un decreto-legge che si è «arricchito» di tali e tanti contenuti da rendere probabilmente questo decreto-legge uno strumento che il Presidente della Repubblica non potrà adeguatamente sindacare.
Dico questo perché il Presidente della Repubblica il 21 dicembre del 2009 (ho citato prima un intervento di aprile, adesso ne cito uno di dicembre) ha affermato, durante l'incontro con le alte magistrature della Repubblica (immagino dunque che davanti a lui sedessero i Presidenti del Senato, della Camera, del Consiglio dei ministri, ma non è detto che fosse presente in quella circostanza, ed una serie di alte autorità, come la Corte costituzionale), che il continuo succedersi dei decreti-legge (a quel tempo eravamo a quota 47, ma adesso siamo arrivati a 10 in più), il loro divenire sempre più sovraccarichi ed eterogenei nel corso dell'iter parlamentare di conversione, la pratica del ricorso, in fase conclusiva, ad abnormi accorpamenti di norme in maxi-articoli su cui apporre la fiducia, hanno continuato a produrre evidenti distorsioni negli equilibri istituzionali e nelle possibilità di ordinato funzionamento dello Stato, dell'amministrazione chiamata ad attuare le leggi e dell'amministrazione della giustizia.
Si tratta - lo ribadisco, aggiungendolo io - di fenomeni che non sono nati nel 2009, ma che si sono vistosamente aggravati.
La prima considerazione che vorrei fosse tenuta presente è che noi stiamo dando vita ad un monstrum, cioè sostanzialmente a qualcosa che il Presidente della Repubblica ha già detto che così non si fa, non per quanto riguarda il contenuto, ma per il metodo, la scatola. C'è però qualcosa di molto più inquietante nel meccanismo del quale noi parliamo in questi giorni.
Vorrei iniziare con una considerazione, che sembra storica ma è anche abbastanza significativa. Un tempo, nell'ordinamento costituzionale - sembra di raccontare una favola - il decreto-legge costituiva la fonte tipica dell'emergenza, in quanto, ex articolo 77, si provvede in questo modo quando si è in presenza di straordinarie condizioni di necessità e urgenza. Il decreto-legge era questo, al punto che il professore Rescigno, osservatore attento di queste cose, commentando il fenomeno delle ordinanze di protezione civile e le ordinanze di urgenza (alle quali arriverò tra un attimo), diceva che il ricorso straordinario a questo strumento è una cosa abbastanza strana nel nostro ordinamento e si chiedeva come mai ciò avvenisse in caso di calamità naturali. Pag. 43
Secondo Rescigno, il Consiglio dei ministri avrebbe potuto disporre - sembra quasi un ingenuo questo professore, che pure scrive e studia il diritto costituzionale - del decreto-legge, che è stato pensato per questo. Egli osservava che, facendo così, cioè ricorrendo ad un altro strumento, il Governo elude contemporaneamente la Costituzione sotto quattro profili. Si limita a dichiarare lo stato di emergenza demandando ad altre autorità il compito di decidere sulle ordinanze. Quindi, il Consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza però poi decidono altri sul contenuto dei provvedimenti. Fa sì che tale decisione, venendo disposta con atti ritenuti dalla Corte privi di forza di legge, come sono le ordinanze e i regolamenti, sfugga al controllo di costituzionalità della Corte costituzionale. Attenzione perché è interessante quello che scrive Rescigno elencando i problemi che sorgono. In terzo luogo, esclude il Parlamento dalla vicenda. Ormai questa è una cosa alla quale siamo abituati, ma certamente il Parlamento sulle ordinanze non mette bocca. Sottrae, infine, anche al Presidente della Repubblica, che non emana la dichiarazione di emergenza né le ordinanze, ogni possibilità di intervento in materia.
Quindi, come scriveva Rescigno già anni fa, lo strumento dell'ordinanza di protezione civile così come definita nella legge del 1992 gli pareva elusiva della Costituzione perché, per quelle situazioni, è previsto il decreto-legge. La cosa importante è che le trasformazioni degli ultimi vent'anni hanno caratterizzato il sistema delle fonti e condotto il decreto-legge in una dimensione che ormai è estranea all'area dell'emergenza.
Il decreto-legge è diventato un ordinario strumento per realizzare il programma di Governo. Questo lo riporta anche il Rapporto sullo stato della legislazione, così come mi pare che sia stato detto in un dibattito presso la Sala della Lupa. La legge formale non deve interessare più, è un ricordo del passato, la approva il Parlamento, che dovrebbe essere eletto dai cittadini e, quindi, dovrebbe detenere questo potere fondamentale, ma ormai lo strumento con il quale si attua il programma di Governo non è la legge ma il decreto-legge. Il decreto-legge rappresenta oggi la fonte a cui il Governo ricorre per gestire quella che è stata definita come l'«emergenza infinita». Non mi approprio dei termini di altri, questa definizione è di Simoncini, che è un professore di Firenze.
Il decreto-legge quindi si è «spostato» e vi è uno scorrimento nel sistema delle fonti. La legge è un reperto storico, non si usa più. L'abbiamo visto anche qui, noi praticamente la usiamo soltanto in quei casi in cui proprio non se ne può fare a meno, o per proclamare le giornate della memoria di qualche evento particolare, o per istituire qualche Commissione d'inchiesta, e poi per provvedimenti come il legittimo impedimento e il lodo Alfano. La legge ormai non c'è più come strumento normale.
Il decreto-legge è passato di grado, in qualche modo, è diventato uno strumento d'urgenza per «passare» in Parlamento nei modi in cui lo vediamo. A volte non lo vediamo neppure, perché ci sono decreti-legge che naturalmente non «vediamo», sappiamo che passano e ce ne sono alcuni annunciati; ad esempio il «decreto milleproroghe» sappiamo che è annunciato, sappiamo che passerà in Parlamento, ma quest'Aula sa bene che non potrà farci niente, lo vede «sfilare» - lo dicevo l'altra volta - come passano gli Eurostar nelle stazioni di provincia, come passava il Rex tutto illuminato davanti alla spiaggia di Rimini, ma non ci si può salire.
Inoltre, vi è il problema delle ordinanze. Sulle ordinanze dobbiamo fare un lavoro di comprensione. Credo che i colleghi che mi hanno preceduto (la collega Mariani, la collega Lenzi, il collega Realacci) abbiano bene illustrato la situazione di questi provvedimenti. Mi riferisco alle ordinanze della Protezione civile. Nascono nel 1992, hanno una loro disciplina di cui anche la Corte costituzionale non si lamenta granché e però qualcosa dice (parliamo della Corte costituzionale, non è che sia importantissimo, almeno secondo alcuni degli estensori di questi provvedimenti). La Corte afferma: attenzione, voi Pag. 44emanate degli atti amministrativi che possono essere in deroga a certe leggi, però deve essere chiaro il relativo presupposto: deve sussistere l'emergenza, e questa deve essere dichiarata e deve essere tale; poi è pacifico che questo tipo di provvedimenti non può toccare le riserve di legge, soprattutto quelle assolute (la nozione di riserva di legge è un po' oscura, però vuol dire semplicemente che su quelle questioni dovrebbe decidere il Parlamento, o almeno una volta voleva dire questo); inoltre non si possono toccare i principi generali dell'ordinamento. Quindi non è che si può proprio derogare a tutto. Ci sono delle condizioni, ci deve essere anche una motivazione e ci deve essere una pubblicità.
Questo valeva all'inizio, nel 1992, ma in quell'anno si pensava realmente che fossero gli strumenti concreti per intervenire di fronte alle calamità naturali. Dovevano essere secondo Rescigno i decreti-legge, ma visto che i decreti-legge servono oggi ad altro si è passati a quest'altro strumento. Nel 2001, tuttavia, il decreto-legge n. 343 cambia un po' le cose. Visto che questo strumento - non si pensava a Rescigno - consente di eludere il Capo dello Stato, il Parlamento, i controlli, cerchiamo di renderlo un pochino più frequente. Così all'articolo 5-bis di quel decreto-legge si estendono i presupposti sostanziali delle ordinanze in questione, disponendo che le norme di cui all'articolo 5 si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile. In altre parole vi è un primo allargamento. Questo decreto-legge è stato emanato dal Governo Berlusconi nel 2001 (poi a giugno è cambiato il Governo e si è andati a settembre con il decreto-legge). Si capisce che il giochino può essere utile tanto per eludere certe cose.
Poi vi è un altro decreto-legge, il n. 245 del 2002 - attenzione si tratta di un gioco di prestigio, è interessante - intitolato «Ordinanze prima della dichiarazione dello stato d'emergenza». Prima c'era il presupposto a cui si era riferita la Corte costituzionale: per avere una moneta che vale di più di quello che dovrebbe valere, ci devono essere degli elementi di contorno.
In questo caso, prima si estende la normativa ai grandi eventi, che - come tutti hanno detto molto bene - non hanno niente a che fare con le calamità naturali; poi, agli articoli 2 e 3 del decreto-legge in oggetto, si autorizza il capo del Dipartimento della protezione civile ad adottare ordinanze, anche prima della dichiarazione dello stato di emergenza.
Siamo ad una situazione un po' particolare, perché vi è una «licenza di uccidere» (Scalfari aveva parlato semplicemente di «licenza di passare con il rosso»), ma prima della dichiarazione di emergenza. Quindi, non si parla solo dei grandi eventi. In altre parole, abbiamo costruito... Devo procedere rapidamente, perché penso di essere avanti con il tempo...

PRESIDENTE. Onorevole Zaccaria, ha ancora dieci minuti.

ROBERTO ZACCARIA. Bene, signor Presidente, mi servono per concludere. In seguito, vi sono stati altri interventi, tutti datati in un periodo in cui mi sembra - non sono sicuro, è necessario controllare - che il Governo fosse guidato da Berlusconi. Mi riferisco al decreto-legge n. 90 del 2005, che riguarda interventi all'estero della Protezione civile. Quindi, si estende la nozione al di fuori dei confini nazionali.
Si parte, dunque, da una norma circoscritta e perimetrata, che può avere una giustificazione nella sua eccezionalità, e si tende, via via, a renderla ordinaria. Non ho il tempo di ripercorrere - ma lo faranno molti colleghi - i grandi eventi che vengono considerati tali per operare in deroga ad ogni legge esistente nel nostro ordinamento. Tuttavia, vorrei ricordare che la Corte costituzionale aveva parlato di deroghe giustificate, motivate e trasparenti, e di rispetto delle riserve di legge e dei principi fondamentali dell'ordinamento. Quindi, la norma viene estesa all'estero (mi sembra che anche ad Haiti vi sia stata qualche incursione in questo Pag. 45senso). In seguito, è stato emanato un altro decreto-legge, quello del 23 maggio 2008, n. 90. Si potrebbe dire che, con riferimento alle emergenze, il Governo «se la suona e se la canta», perché si fanno deroghe alla legge nazionale sullo stato di emergenza attraverso decreti-legge, che non sono più atti emergenziali, ma sono diventati atti ordinari dell'azione di Governo.
Nel decreto-legge n. 90 del 2008 - questa è una piccola perla - si parla di sottrazione delle ordinanze di protezione civile o, comunque, dei grandi eventi, al controllo preventivo della Corte dei conti. In qualche modo, vi sono dei giudici che controllano qualcosa. Qual è, dunque, il fenomeno? Il fenomeno - l'ho citato diverse volte - è il seguente: se in un primo periodo, tra il 1994 e il 2001, cioè quando la legge era nella sua dimensione originaria, sono state emanate una, o al massimo, due ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri all'anno, a partire dal 2001, il sistema si allarga e le ordinanze sono emanate «a grappoli». Ho a disposizione i dati, ma non voglio annoiare: nel 2002, sono state 40; nel 2003, 72; nel 2004, 59; nel 2005, 99 (lo strumento inizia ad essere interessante); si riducono un po' nel 2006 e nel 2007, perché il Governo di centrosinistra, statisticamente, è stato forse un pochino più prudente; nel 2008 e nel 2009 esplodono di nuovo e, in questi due anni, ne sono state emanate circa 220.
Queste ordinanze non sono più circoscritte come aveva previsto la Corte costituzionale, ma sono diventate strumenti normativi veri e propri. Non vi sarà sfuggita la vicenda dei mondiali di nuoto a Roma. Basta leggere le due ordinanze che inquadrano il problema, per capire che non sono atti amministrativi, ma leggi.
Infatti, esse hanno una struttura generale. La prima ordinanza risale al 2005 e viene emanata per lo svolgimento dei mondiali di nuoto che si sarebbero tenuti nel 2009 (perciò quattro anni prima). Essa consente di derogare ad un sacco di cose: non si tratta più di una deroga puntuale ad un settore urbanistico, eccetera. No! Consente di derogare a quasi tutto. Poi, succede quel che succede: si tengono i mondiali di nuoto e in fretta e furia, all'ultimo momento, vengono realizzate le piscine, e vengono costruite in una serie di circoli privati, sulla sponda del Tevere. Ormai vi sono costruzioni e piscine dove è assolutamente vietato edificare anche un alberello. Ebbene, è pieno di piscine costruite non nell'ambito dei giochi, ma a lato di essi. Naturalmente, la magistratura si «attenziona» un po' (come si dice nel linguaggio burocratico), guarda queste cose e mette sotto sequestro tutte queste piscine che non c'entravano niente con i mondiali di nuoto, ma che li avevano a pretesto.
Prestate attenzione, perché il fatto è paradossale: mentre la magistratura sta facendo questo (quindi, non la Corte dei conti, perché non ci può mettere bocca, né nessun altro, e la magistratura si sta muovendo in sede penale), il 30 giugno 2009 viene emanata un'altra ordinanza di protezione civile, con la quale si ripete il contenuto dell'ordinanza originaria, ma, con riferimento al piano delle opere e degli interventi, si aggiunge: «pubblici e privati».
In altre parole, è il meccanismo della doppia ordinanza, un meccanismo a sandwich: prima c'è un'ordinanza che ti consente di fare tutto o quasi tutto; se poi fai un po' più del quasi tutto, c'è un'altra ordinanza che, dopo gli interventi della magistratura, dice ai giudici di ritornare alle loro carte ordinarie e di lasciare stare queste cose, perché con la nuova ordinanza sostanzialmente si rimette in regola chi in regola non era.
Dico questo perché, sostanzialmente, abbiamo costruito un sistema che consente di operare ordinariamente in condizioni di emergenza, in deroga ad ogni norma vigente. In tali condizioni, qualcosa può scappare, in quanto non c'è il controllo del Parlamento, né del Capo dello Stato, né del Consiglio dei ministri, né della Corte dei conti. Perciò, ripeto, qualcosa può scappare. Ebbene, in tal caso, c'è un aspetto interessante che mi suggeriva il collega Melis, e cioè: possiamo almeno sapere quello che succede? Non vogliamo controllare, impedire, vietare, ma almeno sapere! Pag. 46
Esiste un provvedimento del TAR per il quale, semplicemente, con riferimento agli appalti per le carceri - perché anche di questo parleremo - non si può neanche sapere quello che succede. Sappiamo adesso che vengono emanate le ordinanze, le possiamo capire; facciamo fatica a sapere quanti sono i commissari, ma se poi vogliamo sapere a chi sono stati assegnati certi appalti, questo è diventato segreto, non c'è neanche la possibilità di sapere. Si tratta di un meccanismo perfetto dal punto di vista di chi voleva sostenere che lo Stato di diritto è un giocattolo archiviato: sostanzialmente, non ci può essere neanche più il controllo della pubblica opinione, dando luogo così a una degenerazione dello strumento.
Mi sono occupato di questo tema e ho scritto anche per alcune riviste scientifiche, provando a sollevare il problema ai miei colleghi costituzionalisti, ma devo dire che io stesso oggi mi rendo conto che stiamo conoscendo la punta dell'iceberg. Rispetto ad un sistema che è stato costruito e oliato perfettamente per fare in modo che le leggi non siano da rispettare, che si possa fare ciò che si vuole e che non ci siano controlli di nessun tipo, chi disturba il manovratore, rispetto a tutti questi uomini del fare, che cosa è? Non lo so più cosa siamo, dico semplicemente che se questa è la punta dell'iceberg, la metastasi è grave, quindi qualcuno, forse anche in questo Parlamento, deve occuparsene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Elementi in merito ai tassi di assenteismo del personale della pubblica amministrazione, con riguardo alle recenti iniziative del Governo in materia - n. 3-00915)

PRESIDENTE. L'onorevole De Girolamo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00915, concernente elementi in merito ai tassi di assenteismo del personale della pubblica amministrazione, con riguardo alle recenti iniziative del Governo in materia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, premetto che al fine di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico fra i suoi principali impegni va annoverata l'azione volta a ridurre i tassi di assenteismo del personale dipendente della pubblica amministrazione. Pertanto, vorremmo sapere quali sono gli elementi di novità nelle dinamiche della pubblica amministrazione anche per quanto concerne l'andamento delle assenze, in virtù delle modifiche apportate attraverso il decreto ministeriale 18 dicembre 2009 n. 206 e il decreto legislativo n. 150 del 2009.

PRESIDENTE. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, ha facoltà di rispondere.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Signor Presidente, sul fronte dell'assenteismo, come Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono intervenuto con iniziative di carattere normativo - il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009 e il decreto legislativo n. 150 del 2009 - provvedimenti che hanno fortemente disincentivato Pag. 47il ricorso opportunistico alle assenze per malattia, facendo registrare il 40 per cento di riduzione media dei tassi di assenteismo.
Le novità più importanti in materia di assenze per malattia, contenute nel decreto legislativo n. 150 del 2009, riguardano: l'invio dei certificati medici per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria pubblica all'INPS, che poi provvederà ad inoltrarlo all'amministrazione di appartenenza e così facendo si ridurranno di 200 milioni di fogli l'anno i pezzi di carta che transiteranno dai medici all'INPS; la necessità del certificato della struttura sanitaria pubblica o del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per le assenze protratte per più di dieci giorni e dopo il secondo evento; la responsabilizzazione del dirigente nell'applicazione delle disposizioni che contrastano l'assenteismo, con sanzioni disciplinari nel caso di mancata vigilanza.
La colpevole violazione del dovere di vigilanza sull'osservanza delle norme sulle assenze può dar luogo a responsabilità del dirigente e comportare l'applicazione di sanzioni a suo carico, con decurtazione della retribuzione di risultato anche fino all'80 per cento, la mancata attribuzione della stessa o la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione.
In ordine alla responsabilizzazione del dipendente, sono previste sanzioni disciplinari nel caso di falsa attestazione della presenza e di certificazione medica falsa, nonché l'attribuzione al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione del compito di fissare le fasce orarie di reperibilità.
Con riferimento a quest'ultimo punto, il 20 gennaio 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione nel quale vengono indicate nuove fasce orarie di reperibilità (sette ore al posto delle precedenti quattro), il che ha portato nuovamente alla fisiologica riduzione dei tassi di assenteismo, ritornando alla virtuosità dell'anno precedente.
Pertanto, possiamo dire che l'insieme della normativa realizzata e applicata ha prodotto riduzioni dei tassi di assenteismo tali da portarli a livelli simili a quelli del settore privato. Si tratta di un risultato di grandissimo rilievo.

PRESIDENTE. L'onorevole De Girolamo ha facoltà di replicare.

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per la risposta, che riteniamo assolutamente esaustiva, e per quanto lei e questo Governo state facendo per l'attuazione reale dei criteri dell'efficienza, dell'efficacia e della trasparenza della pubblica amministrazione.
I suoi dati dimostrano quanto questo Governo e lei, signor Ministro, state attuando in termini di responsabilità, meritocrazia e qualità, il tutto nell'interesse dei cittadini che hanno il diritto di trovare, quando si recano presso la pubblica amministrazione, agli sportelli e negli uffici, personale adeguato al quale va riconosciuto, grazie alla sua azione, anche un risultato e un premio in termini di meritocrazia.

(Iniziative per la dichiarazione dello stato di calamità per il territorio dei Nebrodi (Messina) e misure per far fronte al dissesto idrogeologico in tale area geografica - n. 3-00916)

PRESIDENTE. L'onorevole Latteri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00916, concernente iniziative per la dichiarazione dello stato di calamità per il territorio dei Nebrodi (Messina) e misure per far fronte al dissesto idrogeologico in tale area geografica (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FERDINANDO LATTERI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, le piogge torrenziali dell'ultimo periodo hanno ancora una volta devastato il territorio nebroideo nella provincia di Messina; importanti arterie stradali sono chiuse a causa di frane e centri abitati sono in evidente stato di rischio. La situazione Pag. 48dei comuni nel territorio dei Nebrodi si aggrava sempre di più. San Fratello, duramente colpito dalla frana, è un paese fantasma: gli sfollati sono più di duemila.
Il Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud chiede al Governo se non ritenga necessario e improrogabile, anche alla luce della recente tragedia di Messina, dichiarare immediatamente lo stato di calamità e di emergenza e decidere un intervento dell'esercito, indispensabile in questo momento di crisi e che dovrebbe restare in loco fino a quando la situazione non si stabilizza, e, al contempo, assumere le iniziative necessarie per finanziare con almeno 100 milioni di euro i primi interventi per la messa in sicurezza del territorio e per la tutela dei cittadini interessati.
Inoltre, visto il persistente quadro idrogeologico della provincia messinese, se non ritenga opportuno attrezzare il territorio con strutture adatte (ad esempio laboratori di ricerca) per uno studio e monitoraggio continuo del territorio dei Nebrodi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FERDINANDO LATTERI. Chiediamo, inoltre, al Governo di concedere agevolazioni normative e fiscali per San Fratello e gli altri comuni dei Nebrodi per poter aiutare la popolazione a superare questo momento difficile e tornare presto a vivere serenamente negli stessi comuni.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, effettivamente, come ha ricordato l'onorevole Latteri nella sua interrogazione (ve ne sono anche altre sullo stesso tema), l'area siciliana dei Nebrodi sul versante tirrenico della provincia di Messina è da mesi soggetta ad un susseguirsi di fenomeni meteorologici avversi, con delle precipitazioni che negli ultimi due mesi hanno raggiunto anche i 500 millimetri, pari a circa il doppio della media storica del periodo. Tale situazione idrogeologica sfavorevole è associata, peraltro, ad una elevata predisposizione ai dissesti indotta anche dalle particolari condizioni geologiche dei luoghi.
Per quanto concerne le attività volte all'assistenza e alla tutela dell'incolumità della popolazione, la situazione ad oggi è stata fronteggiata dal comune, dalla regione e dalla prefettura in stretto raccordo con il Dipartimento della protezione civile, che ha inviato sul posto anche una squadra di tecnici per affiancare e supportare l'azione degli enti locali.
In relazione poi alla necessità di interventi per la messa in sicurezza del territorio, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con la regione Sicilia e con la collaborazione del Dipartimento della protezione civile, sta già avviando la definizione dell'accordo di programma per il coordinamento degli interventi, ciò anche al fine di rendere più efficace l'intervento di protezione civile nei territori, come detto, più vulnerabili, dei Nebrodi. Saranno a tal fine utilizzati fondi previsti dall'ultima legge finanziaria pari complessivamente a un miliardo di euro.
Quindi, posso rassicurare l'onorevole Latteri sul fatto che il Governo segue costantemente la vicenda con la massima attenzione e che saranno assunte prontamente tutte le iniziative che si renderanno necessarie, come poi d'altra parte, signor Presidente, se permette, richiamerò anche nella risposta all'altra interrogazione a risposta immediata che è stata presentata sullo stesso tema.

PRESIDENTE. L'onorevole Latteri ha facoltà di replicare.

FERDINANDO LATTERI. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro. Non siamo molto soddisfatti della risposta però vorrei sottolineare che già il 3 febbraio i deputati dell'MpA-Sud avevano presentato un'interrogazione parlamentare sul dissesto idrogeologico dei comuni dei Nebrodi, chiedendo un intervento del Governo nazionale Pag. 49con l'attivazione della Protezione civile per attuare un piano di interventi immediati e iniziative di verifiche idrogeologiche al fine di prevenire ulteriori danni.
Negli ultimi giorni la situazione si è aggravata specie in alcuni comuni e, in particolare, a San Fratello. Vi è stato un intervento immediato della regione e, purtroppo, il Governo nazionale non ha attivato interventi, come tante volte è stato fatto invece per altre regioni. A parte il comune di San Fratello, le situazioni di allarme sono numerose. Fra i comuni di Gioiosa, Piraino, Brolo e Capo d'Orlando la strada statale è interrotta in più punti. Numerose famiglie nei comuni di Brolo e Piraino risultano praticamente isolate per l'interruzione della strada provinciale. A Ucria la strada provinciale per Raccuja è stata completamente travolta dalla frana. A Raccuja, nella frazione Zappa, una frana ha compromesso la stabilità di numerosi fabbricati. La strada provinciale tra Frazzanò, Longi e Galate è interrotta. Nel comune di Sinagra vi è una notevole frana.
A Sinagra, Tortorici, Sant'Angelo di Brolo, Librizzi, Piraino, San Piero Patti e Falcone e in molti altri comuni nebroidei risultano interrotte al transito molte strade provinciali e rurali. A San Salvatore di Fitalia vi è un gravissimo rischio di stabilità, specie in alcune contrade. Nel comune di Ficarra si è verificata una frana di notevole intensità. A Tortorici, Galati, Tusa e Sant'Angelo di Brolo numerose famiglie sono state evacuate per la lesione dei fabbricati. Le fiumare di Rosmarino, Zappulla, Naso-Sinagra vedono compromesse in molti punti il regolare deflusso, rendendo probabile il rischio di esondazione. Anche nei comuni di Alcara, Basicò, San Teodoro, Cesarò, Capizzi, Santo Stefano, Montalbano e Reitano si sono manifestate numerose frane. Nel comune di Militello è in pericolo la chiesa madre. Notevoli sono i danni alle strade di Pettineo e Castel di Lucio.
In sintesi tutti i comuni afferenti all'area territoriale dei Nebrodi sono in sofferenza e numerosi danni sono stati prodotti dalle recenti e abbondanti piogge. Occorrono interventi immediati e occorre soprattutto dimostrare che lo Stato sa essere vicino ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

(Iniziative in relazione agli eventi calamitosi che hanno recentemente colpito la provincia di Messina, con particolare riferimento allo stanziamento di risorse adeguate per la prevenzione del rischio idrogeologico - n. 3-00917)

PRESIDENTE. L'onorevole Causi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00917, concernente iniziative in relazione agli eventi calamitosi che hanno recentemente colpito la provincia di Messina, con particolare riferimento allo stanziamento di risorse adeguate per la prevenzione del rischio idrogeologico (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

MARCO CAUSI. Signor Presidente, continua lo stillicidio delle frane: l'altro ieri in provincia di Messina, ieri in Calabria a Maierato. La regione siciliana chiede al Governo la dichiarazione dello stato di emergenza e abbiamo sentito la risposta. Interventi urgenti e di emergenza vanno sicuramente fatti - e questo ci ricorda a cosa serve davvero la Protezione civile, su cosa dovrebbe sempre più concentrarsi - ma non usciremo mai dal circolo vizioso dell'emergenza senza un intervento di prevenzione pianificato e organizzato nel breve, nel medio e nel lungo termine.
Il Ministro Prestigiacomo in quest'Aula, dopo i fatti di Giampilieri, disse che era necessario predisporre un piano che stabilisse quali sono le priorità di intervento. Ora chiediamo al Governo: a che punto siamo con questo piano? C'è urgenza non solo di interventi di emergenza, ma di un vero piano ben strutturato che nasca da un forte accordo fra Stato e regioni e che dia un ruolo ai comuni, anche offrendo loro l'assistenza tecnica. Il presidente del consiglio nazionale dell'ANCI, Alemanno, Pag. 50ha dichiarato ieri - e io concordo con lui - che non possiamo agire solo in emergenza con la Protezione civile, ma dobbiamo avere anche un ruolo per i comuni. Occorre un piano che sia dotato di risorse finanziarie vere e adeguate.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, anche in questo caso posso rispondere all'onorevole Causi e all'onorevole D'Antoni, che dopo replicherà, nel senso di rassicurare sul fatto che la prevenzione del rischio idrogeologico rappresenta un impegno prioritario dell'intero Governo e che a tal fine è stata elaborata una strategia complessiva di intervento con lo stanziamento di rilevanti risorse.
In particolare, come ricordavo già prima, con l'ultima finanziaria sono state stanziate risorse pari a un miliardo di euro per la realizzazione di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale. Le risorse disponibili possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente, così definendo le quote di cofinanziamento regionale. Lo strumento dell'accordo di programma consentirà di convogliare all'interno di un unico piano preordinato sia le risorse statali sia quelle di pertinenza regionale, evitando quindi duplicazioni di interventi e frammentazioni della spesa. Il Ministero dell'ambiente ha già avviato apposite consultazioni con tutte le regioni, le autorità di bacino ed il Dipartimento della protezione civile al fine di avviare celermente la definizione e sottoscrizione su base regionale degli accordi di programma.
Per quanto riguarda in particolare il territorio a cui lei, onorevole Causi, ha fatto specifico riferimento, nel piano dell'assetto idrogeologico della regione siciliana su 108 comuni della provincia di Messina ne risultano 90 con aree ad alta criticità idrogeologica. Il Governo, come ricordavo prima, si è già prontamente attivato per affrontare la situazione che si è determinata con i nuovi strumenti e i fondi ricordati. Segnalo inoltre che un incontro con la regione Sicilia per la definizione dell'accordo di programma per il coordinamento degli interventi è stato fissato proprio per domani mattina, alle ore 10, presso la competente direzione generale del Ministero dell'ambiente a Roma.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Antoni, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatto della risposta perché, a fronte di situazioni drammatiche che vediamo in maniera tangibile, sia nella vicenda della provincia di Messina, prima a Giampilieri, ora a San Fratello, sia nella vicenda calabrese, con interi comuni che rischiano di essere spazzati via, qui abbiamo avuto una promessa generica di un eventuale piano. Noi abbiamo bisogno, invece, di un intervento che sia immediato e che metta in sicurezza i territori. Ricordo al Ministro le parole del Presidente della Repubblica che disse: «le sciagure non si evitano con opere faraoniche, ma costruendo con responsabilità e mettendo in sicurezza i territori». Ora penso che sia arrivato il momento per voi di uscire dalla propaganda e di fare le cose in maniera coerente e seria.
Due giorni fa, il Ministro Matteoli, che dovrebbe occuparsi anche di questo, è andato a Messina, nel pieno di questa tragedia, ed ha garantito ai siciliani e ai calabresi che avranno il ponte sullo Stretto dal 1o gennaio 2017. Quindi ci si mobilita in maniera clamorosa, con un ponte che non ha né progetto esecutivo né piano finanziario (lasciamo perdere lo spot che è contenuto in queste parole) e, mentre c'è un territorio che va in malora, voi fate queste grandi operazioni propagandistiche. Non è arrivato il momento di smettere di fare operazioni propagandistiche e di presentare piani precisi con risorse Pag. 51adeguate per mettere in sicurezza il territorio, per dare garanzia al Mezzogiorno, ai siciliani, ai calabresi che solo così avranno un futuro nei loro territori? È possibile garantire la sicurezza a questi cittadini che altrimenti perdono tutto con riferimento alle strade che non funzionano, alle ferrovie che non esistono, ai servizi che danno prova di essere assolutamente insufficienti? Credo che questa sia la vera domanda e prima vi svegliate meglio è per il Mezzogiorno e per tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza del Governo in relazione alle ispezioni presso le sedi estere dei patronati, con particolare riferimento a quello dell'Inca CGIL di Zurigo - n. 3-00918)

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-00918, concernente iniziative di competenza del Governo in relazione alle ispezioni presso le sedi estere dei patronati, con particolare riferimento a quello dell'Inca CGIL di Zurigo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signor Ministro, nel giugno 2009, circa un centinaio di pensionati hanno scoperto di essere stati derubati dall'Inca CGIL di Zurigo. I pensionati in questione si erano rivolti a quella sede dell'Inca per farsi aiutare nelle pratiche di pensionamento, ma a loro insaputa i soldi della cassa pensione sono stati trasferiti su conti intestati all'Inca CGIL. Il comitato per la difesa delle famiglie derubate dei pensionati stima in circa 6,5 milioni di franchi, quasi 4,5 milioni di euro, la somma mancante. Sul caso ho presentato un'interrogazione a risposta scritta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ma non ho ancora ottenuto dal Ministro interpellato alcuna risposta.
Sono state riscontrate dalle autorità svizzere numerose irregolarità contabili-amministrative presso il patronato Inca di Zurigo nella persona del signor Giacchetta il quale è stato tratto in arresto una prima volta ed una seconda volta recentemente. Ricevuti gli accrediti sul proprio conto corrente, l'Inca non li girava all'avente diritto, ma provvedeva a ritenerli in modo indebito, appropriandosene di fatto, senza nemmeno avvertire, in molti casi, l'interessato.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Razzi.

ANTONIO RAZZI. Ogni patronato ha l'obbligo, ex articolo 14, di fornire entro il 30 aprile di ogni anno...

PRESIDENTE. Deve fare la domanda, altrimenti deve concludere, prego onorevole Razzi.

ANTONIO RAZZI. ... di procedere alle ispezioni e così via. Ciò premesso, chiediamo quali attività abbia intrapreso il Governo italiano per controllare i tempi, la frequenza, le modalità, eventuali omissioni e responsabilità nelle ispezioni ...

PRESIDENTE. La ringrazio. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, con riferimento alla vicenda segnalata con l'interrogazione adesso illustrata dall'onorevole Razzi e a prima firma dell'onorevole Di Pietro, ricordo innanzitutto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esercita in via ordinaria un controllo a campione sulle sedi estere degli istituti di patronato e di assistenza sociale nell'ambito delle competenze attribuite dalla legge. In particolare, si prevede che il controllo sull'attività degli istituti sia essenzialmente diretto alla verifica del volume di pratiche dichiarato ai fini della ripartizione del Fondo patronati.
Per quanto concerne l'attività di vigilanza nei riguardi della sede Inca di Zurigo, il 15 ottobre del 2008 si è svolto un Pag. 52accertamento ordinario riferito all'anno 2007. In questa sede gli ispettori, tra l'altro, hanno provveduto ad annullare alcuni atti non conformi ai criteri dettati dalla normativa per la ripartizione dei fondi. Per quanto riguarda il Ministero degli affari esteri richiamato da precedenti interrogazioni, con elementi forniti dal Ministero del lavoro si fa presente che gli addebiti relativi al responsabile pro tempore della sede Inca sono oggetto di un'indagine giudiziaria tuttora in corso e che, comunque, la presidenza del patronato, nel mettersi a disposizione degli organi inquirenti e dei Ministeri vigilanti, ha già provveduto alla rimozione del responsabile pro tempore della sede.
Nello scorso mese di novembre si è provveduto ad effettuare una verifica ispettiva straordinaria. Nel corso degli accertamenti sono state annullate alcune pratiche ed è stata acquisita una relazione della coordinatrice della sede Inca di Zurigo. In questo quadro l'Inca della Svizzera ha messo a disposizione dei soggetti, interessati dalla vicenda e che hanno costituito un apposito comitato, un servizio gratuito di assistenza in ambito fiscale nelle operazioni di denuncia alle competenti autorità. Il nostro consolato generale a Zurigo, comunque, ha manifestato la sua disponibilità a concedere sussidi secondo le disposizioni vigenti su richiesta dei singoli interessati. A tale riguardo, il Ministero degli affari esteri ha già provveduto ad accordare un'integrazione sul relativo capitolo di bilancio del consolato generale. Assicuro, quindi, gli onorevoli interroganti che le amministrazioni vigilanti continueranno ad effettuare, con la dovuta attenzione, la loro azione di tutela per gli italiani residenti all'estero e per prevenire e reprimere le truffe ai loro danni.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ci fa piacere, signor Ministro, che il Governo abbia capito esattamente il problema; peccato che non l'abbia risolto e non abbia alcuna intenzione di risolverlo. Il problema è molto semplice: vi sono centinaia di famiglie che sono state letteralmente truffate. Da chi? Da un ufficio che svolge funzioni per conto del Governo italiano, il patronato Inca, che deve prendere dei soldi da queste famiglie per poi restituirli sotto forma di pensioni, ma qualcuno se le è fregate. Allora, noi non chiediamo l'assistenza legale perché è stato già fatto e già sono state presentate le denunce; non chiediamo l'attività di bilancio e la rimozione degli interessati perché è già avvenuto. Preso atto che la vigilanza non c'è stata in via preventiva; preso atto di una responsabilità oggettiva; preso atto che vi sono cento famiglie italiane che stanno con il sedere per terra e non ricevono neanche il necessario per sopravvivere, chiediamo un esercizio specifico. Chiediamo la manleva da parte del Governo italiano rispetto ai contributi e ai soldi che sta dando all'Inca nella misura del 2 per cento per poter permettere di lavorare. Il Governo attribuisca immediatamente questi quattro milioni e mezzo di euro a queste vittime del reato e si faccia esso stesso surroga di questo credito nei confronti dei truffatori e metta le famiglie in condizione di continuare ad avere ciò che a loro spetta. Noi chiediamo, quindi, un'azione concreta del Governo che non è un sussidio a richiesta dell'interessato, ma l'esercizio di un diritto che questo interessato ha già acquisito e di cui il Governo italiano è responsabile quanto meno sul piano oggettivo e civile. Il Governo, infatti, ha mandato una persona e ha dato un'autorizzazione ad un istituto che, invece di compiere il suo dovere, si è fregato letteralmente i soldi e se ne è andato via, tant'è vero che hanno dovuto arrestare il responsabile. Inoltre, il Governo italiano, o direttamente il patronato Inca, si costituisca parte civile nei confronti degli autori del reato per avere indietro questo denaro. Il Governo non lasci cento famiglie italiane nella condizione di impossibilità di sopravvivere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 53

(Tempi per la realizzazione delle infrastrutture di alta velocità/alta capacità nel Nord Italia - n. 3-00919)

PRESIDENTE. L'onorevole Montagnoli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00919, concernente i tempi per la realizzazione delle infrastrutture di alta velocità/alta capacità nel Nord Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor Ministro, il sistema ferroviario alta velocità/alta capacità si sviluppa per quasi mille chilometri in sei regioni e in oltre 150 comuni: la direttrice nord-sud Milano-Roma-Napoli e quella nord-est Torino-Verona-Venezia-Trieste. Le tratte fino ad oggi completate sono sicuramente un risultato importante in termini di mobilità e anche di passeggeri, ad esempio sulla tratta Milano-Roma.
È fondamentale pensare ad una realtà importantissima per il nostro Paese, quale è il nord-est, che oggi ancora vede la mancanza di queste opere fondamentali: la tratta da Verona a Trieste, parte integrante del Corridoio 5, che dovrebbe collegare definitivamente Lione a Trieste, per proseguire poi in direzione di Lubiana e Budapest. Inoltre, pensiamo al potenziamento della tratta merci tra Novara e Domodossola, alla realizzazione delle linee tra Torino e Nizza e tra Milano e Genova, con gli snodi di Alessandria e Novi Ligure. Infine, vi sono gli interventi legati all'Expo 2015, con la necessità di collegamenti tra il polo fieristico, la città di Milano e il resto del Paese. Chiediamo, pertanto, al Governo tempi certi e chiari per la realizzazione di queste opere fondamentali per l'economia del nord del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come ha ricordato l'onorevole Montagnoli, il grande progetto dell'alta velocità e dell'alta capacità ferroviaria consentirà all'Italia di inserirsi nel contesto delle grandi reti europee di comunicazione. Si tratterà, dunque, di un'opera che segnerà un momento di svolta nel sistema dei trasporti del Paese e il Governo ha posto questo progetto al centro del suo programma e lo sta perseguendo con determinazione. Con riferimento alle opere da lei in particolare indicate, onorevole Montagnoli, cioè circa il completamento della tratta Verona-Trieste, le posso ricordare che sino a Padova è stata completata la progettazione preliminare; sino a Venezia è già in esercizio il quadruplicamento della linea; che per la tratta Venezia-Ronchi è stato completato lo studio di fattibilità e che per la tratta Ronchi-Trieste la progettazione preliminare sarà rivista secondo le prescrizioni del Ministero dell'ambiente. Per la tratta Trieste - Divaca è stato completato lo studio di fattibilità. Per quanto riguarda poi la velocizzazione delle linee storiche ad uso del trasporto merci, il traffico merci circolante potrà avvalersi della maggiore capacità disponibile con l'incremento della velocità commerciale. In merito allo sviluppo del traffico merci nell'ambito dei corridoi europei, si sta definendo un progetto per l'accesso dei treni esteri alla rete italiana e viceversa. Sono allo studio interventi di adeguamento infrastrutturale anche per le linee di corridoio, fra le quali la Novara-Domodossola, alla quale lei ha fatto riferimento, per consentire l'incremento del traffico merci su tali direttrici. Per il potenziamento poi dei collegamenti ferroviari del polo fieristico di Milano, come lei ha richiamato, per l'esposizione del 2015, è stata definita una bozza di accordo di programma insieme con la regione Lombardia, il comune e la provincia interessata.
Nel 2015 sarà, quindi, possibile un significativo incremento dei servizi di collegamento con la città di Milano ed il territorio circostante. Le posso assicurare, quindi, in conclusione, onorevole Montagnoli, che l'obiettivo di rafforzare le infrastrutture ferroviarie è al centro dell'attenzione del Governo, che continuerà ad Pag. 54operare in questo senso negli interessi dello sviluppo economico e sociale dell'intero Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Montagnoli ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor Ministro, è stato chiaro nell'elenco delle opere per quanto riguarda le progettazioni. Sono però parzialmente soddisfatto, in quanto per me è fondamentale che vi siano tempi certi anche in base alle considerazioni espresse prima. L'Expo 2015 prevede, solo nella realtà del nord del Paese, 21 milioni di persone in sei mesi e ci auguriamo anche che le Olimpiadi del 2016 vengano assegnate a Venezia, quindi sono opere veramente fondamentali. A breve, vi saranno anche le elezioni regionali e penso che anche questo sia un tema fondamentale nell'accordo tra il Governo centrale e quelle locali, con un presidente del Veneto nuovo, che sarà operativo, che magari andrà meno a pescare, ed un presidente vicino, collegato con il nostro territorio, come il presidente Cota, che non è succube come la Bresso in questi anni dei No-TAV della sinistra. Penso che un collegamento a livello locale con il livello nazionale possa garantire tempi certissimi.
Oggi in Commissione abbiamo approvato il documento sugli aeroporti italiani: il dato oggettivo e le stime danno, da qui al 2020, circa 100 milioni di passeggeri in più. Orbene, ad oggi dei nostri aeroporti nessuno ha collegamenti TAV, ma solo sei collegamenti ferroviari. Se vogliamo stare al passo con gli altri Paesi europei sono opere fondamentali, ma i tempi fanno la differenza. Non vogliamo altre Salerno-Reggio Calabria, per cui è fondamentale che il Governo si impegni in sede nazionale ed europea per far sì che l'economia del nord, l'economia della Padania e la gestione del Paese stia al passo con gli altri Paesi, altrimenti, soprattutto in questi momenti difficilissimi per l'economia, penso che il problema sarà a livello italiano.
Pertanto, invito lei e il Ministro Matteoli a fare veramente il massimo, oltre al Ministro Tremonti che gestisce le casse del nostro Stato, per far sì che opere fondamentali siano a beneficio delle aziende e dei cittadini.
Su questi argomenti, anche le associazioni degli industriali sono con noi; il fatto della tempistica certa, è uno dei gravissimi problemi della burocrazia.
Per questo, sicuramente saremo vigili qui a Roma, ma saremo vigili anche sul territorio con Cota, da una parte, e con il futuro presidente del Veneto, Zaia, dall'altra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Orientamenti del Governo in materia di politiche per l'immigrazione - n. 3-00920)

PRESIDENTE. L'onorevole Pezzotta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00920, concernente orientamenti del Governo in materia di politiche per l'immigrazione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, come tutti sappiamo, nella notte di sabato 13 febbraio 2010 si sono verificati in via Padova, a Milano, alcuni scontri tra bande di immigrati nordafricani e sudamericani, che hanno causato la morte di un giovane egiziano. I fatti di via Padova non possono, però, essere derubricati: rappresentano, a mio parere, un epifenomeno di una situazione che rischia di essere più diffusa di quanto non appaia.
A seguito di questi fatti, il sindaco di Milano ha chiesto e ricevuto dal Governo un aumento delle forze di polizia. Quello che mi domando è come mai, quando noi abbiamo chiesto in quest'Aula di avere un rafforzamento della polizia, invece di fare le ronde, non eravamo stati ascoltati.
In particolare, quello che chiediamo è come il Governo si impegna ad evitare le forme di ghettizzazione già presenti nelle aree metropolitane, come porta avanti una politica che non alimenti le paure, senza certamente andare a perquisire casa per casa, e come affronta le questioni che sono emerse in queste ore nella città di Milano.

Pag. 55

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, partirò proprio da quest'ultima affermazione dell'onorevole Pezzotta. Come egli ricorda nella sua interrogazione, il fenomeno dell'immigrazione non può essere disgiunto dalla dovuta attenzione alla politica dell'integrazione.
A ciò il Governo, e su questo mi soffermerò, ha posto particolare attenzione, mediante un complesso di interventi, che qui rapidamente sintetizzo. Nell'anno 2009 sono stati assegnati al fondo nazionale per le politiche migratorie più di 27 milioni di euro, destinati alla realizzazione di interventi di integrazione sociale degli immigrati.
Gli interventi hanno riguardato principalmente le seguenti grandi aree tematiche: gli interventi a favore delle donne immigrate, la diffusione delle informazioni relative all'accesso ai servizi pubblici, relativamente alla lingua italiana e relativamente alla tutela dei minori stranieri non accompagnati. Inoltre, sono stati concessi contributi a favore degli enti e delle associazioni che svolgono delle attività in favore degli immigrati.
Sono stati inoltre sottoscritti degli accordi di programma con le regioni per la realizzazione di corsi di lingua italiana rivolti ai cittadini extracomunitari regolarmente presenti sul territorio nazionale. Si segnalano inoltre, sempre sul terreno delle politiche per l'integrazione, le attività avviate nell'ambito del Programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», programma che prevede un apposito Fondo per l'integrazione dei cittadini dei Paesi terzi.
Infine, in base alla legge n. 94 del 2009 (il cosiddetto pacchetto sicurezza), al momento della presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, il cittadino straniero sottoscrive un accordo di integrazione articolato per crediti, con l'impegno a raggiungere specifici obiettivi di integrazione; il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'interno e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stanno quindi predisponendo il relativo regolamento d'attuazione. Con tale accordo lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero attraverso l'assunzione di ogni idonea iniziativa in raccordo non solo con le regioni e gli enti locali, ma anche con il terzo settore, cioè con il mondo del volontariato.
Si prevede inoltre (e concludo, signor Presidente) la partecipazione a corsi di formazione linguistica e civica, aspetti che senz'altro - e lei converrà - sono fondamentali per una politica di corretta integrazione. Si ritiene quindi che questa sia la strada che possa contribuire anche alla riduzione, all'eliminazione dei fenomeni ai quali ha fatto riferimento l'onorevole Pezzotta.

PRESIDENTE. L'onorevole Pezzotta ha facoltà di replicare.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, signor Ministro, mi dispiace, ma mi dichiaro completamente e profondamente insoddisfatto. La sua mi è sembrata una risposta eccessivamente burocratica rispetto ad un fenomeno che ha visto l'uccisione di una persona. Credo che bisognava probabilmente fornire una risposta più approfondita, perché ciò che è successo in Via Padova non si può dire è capitato «per caso»: se è successo vuol dire che, da tempo, le politiche migratorie e di integrazione di questo Governo non stanno funzionando, perché, altrimenti, non sarebbe successo! Mi aspettavo allora da lei che mi avrebbe risposto diversamente, che avrebbe analizzato maggiormente la situazione, che avrebbe visto le responsabilità di chi è al governo in Lombardia, di chi è al governo al comune di Milano; che non sono lì da oggi, ma da 15 anni alcuni, e quasi 15 anche gli altri, e che pertanto non sono stati in grado di capire che cosa succedeva in quella via!
Bisogna allora anche avere il coraggio ogni tanto di dire di chi è la responsabilità, Pag. 56e in questo caso le responsabilità locali e nazionali sono altissime. Spero che tutti traiamo lezione da quanto è avvenuto; la politica sull'immigrazione non può essere solo quella della repressione, dell'utilizzo della forza, dei respingimenti: quella che manca è una politica dell'integrazione interculturale, che sia in grado di far stare bene tutti, i cittadini italiani e i cittadini stranieri, in modo che la sicurezza sia garantita da questo!
Sono insoddisfatto per il tipo di risposta che mi viene fornita, perché non coglie la situazione, non coglie la drammaticità di quanto è avvenuto! Certo, bisogna anche dire a qualcuno che sarebbe meglio tacere, invece di eccitare gli animi.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

SAVINO PEZZOTTA. Poi si possono correggere, ma quello che conta è l'eccitazione degli animi, come è avvenuto in questa vicenda. Se l'onorevole Salvini ogni tanto si correggesse la lingua, se fosse più temperato, sarebbe bene per lui e sarebbe bene per la città di Milano, sarebbe bene per tutti! Mi dichiaro profondamente insoddisfatto della sua risposta (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Sospendo la seduta, per qualche minuto, che riprenderà con la prosecuzione della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di protezione civile alle ore 15,50.

La seduta, sospesa alle 15,40, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Picchi e Zacchera sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3196-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi in discussione sulle linee generali. È iscritto a parlare l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, il decreto-legge approda alla nostra discussione in Assemblea dopo un faticoso e confuso dibattito ieri in Commissione e dopo che non sono stati risolti i problemi principali che abbiamo evidenziato e che sono ancora contenuti nell'attuale disegno di legge di conversione del decreto-legge.
È bene dire che si tratta di un decreto-legge di cui stiamo discutendo sotto i riflettori - giustamente - dell'opinione pubblica e dei cittadini onesti che si stanno chiedendo che cosa sta accadendo, ed è giusto ricordare che questo decreto-legge è stato già approvato al Senato con la nostra opposizione, ma anche con molte riserve e molti contrasti all'interno della maggioranza.
È un pessimo provvedimento: lo abbiamo detto fin dall'inizio ed intendiamo ribadirlo, come hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto durante la discussione sulle linee generali che stiamo svolgendo.
È un pessimo provvedimento sul quale abbiamo espresso tutta la nostra contrarietà e di cui in questi giorni abbiamo chiesto il ritiro. Signor sottosegretario, non so se lei sia competente in tema di protezione Pag. 57civile (e ci dispiace che non sia presente il sottosegretario Bertolaso), ma riteniamo che l'emergenza abbia bisogno di procedure snelle e di decisioni rapide: tuttavia, proprio non riteniamo fosse giustificata la trasformazione della Protezione civile in una società per azioni, in una società privata con capitale pubblico sottratta per legge a qualsiasi tipo di sorveglianza e di controllo.
Abbiamo ritenuto questa una scelta sbagliata e tuttavia, anche di fronte ad un Governo che oggi fa marcia indietro rispetto a tale scelta, non possiamo che continuare a manifestare tutte le nostre preoccupazioni per un sistema profondamente sbagliato.
Questo decreto-legge, del resto, giunge alla nostra discussione e alla nostra valutazione dopo che nel frattempo è emerso tutto quello che sappiamo dal punto di vista giudiziario con le inchieste che si sono aperte per gli appalti sul G8 della Maddalena, sui mondiali di nuoto di Roma, con il coinvolgimento dei vertici della Protezione civile e con la possibilità di nuovi ed eclatanti sviluppi.
Tutto ciò, tutto quello che è avvenuto, deve prevedere in primo luogo un'operazione verità nell'interesse dei cittadini, dei contribuenti ed anche nei confronti della storia e dell'onore di quel grande patrimonio del nostro Paese che è la Protezione civile: un patrimonio costituito da oltre un milione e duecentomila volontari onesti, cittadini per bene che hanno dato un contributo straordinario di coraggio, di sacrificio e di abnegazione in occasione delle purtroppo numerose calamità che hanno colpito l'Italia nel corso di questi anni, contribuendo in modo determinante con il loro lavoro alla sicurezza dei cittadini e della popolazione.
L'operazione verità va fatta anche nei loro confronti: l'abbiamo chiesta e la stiamo chiedendo durante questa discussione sulle linee generali mentre, per la verità, non sappiamo ancora quale sarà il prosieguo del provvedimento.
Non ci è dato sapere se vi sarà un maxiemendamento del Governo o se, ancora una volta, verrà delegittimato il Parlamento ponendo la questione di fiducia.
Però, è bene dire una cosa con chiarezza: il Governo ha già dovuto fare una sostanziale marcia indietro, che tuttavia - come ho già detto - non è ancora sufficiente, perché, anche se non vi sarà più lo strumento della Protezione civile trasformata in Spa, la procedura rimane poco trasparente, aperta ad irregolarità e al possibile venir meno di alcune condizioni fondamentali di legalità che riguardano il mercato, i cittadini, le imprese e tantissime opere pubbliche del nostro Paese. Tuttavia, una marcia indietro è stata fatta e il sottosegretario Letta ha dovuto fare, con un equilibrismo ancora più raffinato del solito, una virata, proponendo, quindi, un cambio radicale della filosofia e dello spirito del provvedimento stesso.
Ieri, il sottosegretario Bertolaso, in Commissione, con molto imbarazzo, ha annunciato la volontà del Governo di rinunciare all'articolo 16, di fatto, smentendo se stesso, smentendo l'impianto su cui aveva lavorato nel corso delle ultime settimane e smentendo anche l'accorata difesa fatta in Senato qualche giorno fa della Protezione civile Spa. Non siamo abituati a vedere il sottosegretario Bertolaso con queste incertezze e con questo imbarazzo. Riteniamo che il risultato di ritirare l'articolo 16 sia, in primo luogo, il frutto della nostra opposizione e della denuncia fatta da tanti cittadini, che si inquadra, tuttavia, ancora in un provvedimento ricco di contraddizioni e di pericolose disposizioni normative, che abbiamo proposto di modificare radicalmente attraverso i nostri emendamenti.
Signor Presidente, la nostra contrarietà poggia su un punto fermo e diventa ancora più netta, perché questo provvedimento rappresenta un modello di governo che non è assolutamente possibile accettare. Si tratta di un modello di governo che si libera dei controlli, che in nome dell'emergenza può procedere oltrepassando le leggi, le norme, i regolamenti, e che in nome dell'efficienza rischia di premiare l'illegalità e di far dilagare la corruzione. Pag. 58
Certo, la magistratura farà le inchieste che deve fare e le responsabilità saranno verificate, ma non è accettabile che lo Stato sia appaltato, con o senza Protezione civile Spa, ad una struttura che opera fuori da ogni controllo e che risulta di fatto dipendente solo dal potere esecutivo, cioè dal Presidente del Consiglio.
È evidente come da questo provvedimento emerge la cultura politica di questo Governo e del Presidente del Consiglio, ovvero l'idea di uno Stato che ricerca le scorciatoie, che elude ogni tipo di controllo e che si vuole dotare di una sorta di braccio operativo sottratto per legge al controllo delle leggi vigenti, della Corte dei conti e a quello dell'Autorità per i lavori pubblici. È una sorta di braccio operativo che può agire al di fuori e al di sopra delle disposizioni di legge per tutto ciò che riguarda il mercato, la trasparenza, la concorrenza, la legge sugli appalti, sull'adeguamento delle tariffe, sui prezzi, sulle varianti e, naturalmente, sulla progettazione.
Questo decreto-legge, come hanno spiegato gli altri colleghi che sono intervenuti e come faremo noi domani esaminando la questione pregiudiziale di incostituzionalità, è anche palesemente incostituzionale. Ma anche questa incostituzionalità risponde ad una logica precisa, cara al Presidente del Consiglio, che prevede l'accrescimento dei poteri del Presidente stesso, magari attraverso una forma più o meno velata, che prevede la sua insindacabilità, accompagnata dall'indebolimento dei controlli e dei poteri di garanzia.
Questa cultura l'abbiamo vista praticare in quest'Aula. È la cultura dell'uso enorme dei decreti-legge, come se il potere legislativo fosse prerogativa dell'Esecutivo e non del Parlamento.
Questa cultura l'abbiamo vista praticare con il continuo ricorso al voto di fiducia, ed oggi la si vorrebbe praticare in maniera ancora più sofisticata - lo si è fatto già nel corso di questi anni - con l'idea dell'ordinanza di protezione civile, di cui si è già ampiamente abusato, e che oggi si voleva affidare per legge non a un dipartimento dello Stato, ma ad una società per azioni.
Noi vogliamo essere chiari da questo punto di vista: non discutiamo la possibilità di affidarsi a procedure d'urgenza in presenza di una calamità, ma non possiamo accettare che le procedure d'urgenza siano seguite per occasioni programmate da tempo e che nulla hanno a che fare con l'emergenza. Mi riferisco ai mondiali di ciclismo di Varese per esempio, ai mondiali di nuoto a Roma, alla Conferenza episcopale che si terrà nelle Marche nel 2011 o alla prossima Luis Vuitton cup, di cui lo stesso Bertolaso è Commissario; o ancora, mi riferisco agli appalti per le carceri o a quelli per le centrali nucleari. È del tutto naturale - è bene dirlo ancora una volta - che una scelta di questo tipo alimenti il sospetto che si crei un sistema opaco, sottratto ai controlli, in cui gli appalti possono essere facilmente pilotati ed in cui il denaro pubblico può non essere speso correttamente.
Per quanto ci riguarda questa logica deve essere rifiutata e questa pratica deve essere immediatamente interrotta. Di fatto negli ultimi anni, dal 2001 in poi, l'ordinanza di protezione civile si è trasformata in una sorta di strumento ordinario di governo, applicato a tutto ciò che il Governo decide arbitrariamente di definire quale «grande evento», sia esso un evento sportivo, una manifestazione popolare, una celebrazione religiosa, un raduno di giovani o un'attività istituzionale. Il Governo decide quale sia questo grande evento ed equipara il grande evento a quelli che sono frutto di calamità naturali, quindi eventi eccezionali, tra l'altro avendo stabilito con una ulteriore normativa del 2008 non solo l'equiparazione, già avvenuta nel 2002, ma anche che - ed è ancora più grave - per i cosiddetti grandi eventi non vi sia il controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei conti. Si tratta di eventi molti dei quali difficilmente sono da considerare grandi eventi e che sono stati equiparati a terremoti distruttivi o ad alluvioni, senza neanche il Pag. 59rispetto per il dolore, la sofferenza che calamità naturali di questo genere hanno creato in grande parte della nostra popolazione. Insomma, il Governo ha scelto di considerare la logica dell'emergenza e quella dei grandi eventi, insieme, come un sistema sostitutivo di governo della cosa pubblica rispetto alla gestione ordinaria, eludendo quei requisiti di trasparenza e di procedura che invece sono necessari e che noi vogliamo ribadire essere centrali in una procedura di questo genere.
Noi pensiamo dunque che vi sia stato un uso improprio, o meglio, un abuso degli strumenti di protezione civile, e pensiamo che l'utilizzo debba essere ricondotto e limitato all'attuazione degli interventi di emergenza. Questo è un punto fondamentale. Non è sufficiente rinunciare all'articolo 16 e non costituire la Protezione civile Spa. Noi riteniamo che debba essere abrogato l'articolo 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, poi convertito in legge, che di fatto ha esteso i poteri di ordinanza ad eventi diversi da quelli per i quali si rende necessaria la deliberazione dello stato di emergenza. È questo il punto fondamentale. Bisogna abrogare quella normativa, ritornare ad una deliberazione di eventi eccezionali che rappresenti davvero criteri e requisiti che possano determinare la sua eccezionalità, senza pensare che ciò possa essere deciso secondo l'arbitro di qualcuno, che magari non deve rispondere a nessuno. Infatti, in questi anni il numero delle ordinanze è stato altissimo, e mentre tra il 1994 e il 2001 ne sono state emanate circa un paio all'anno, nel 2002 sono state quaranta, nel 2003 settantadue, nel 2004 cinquantanove, nel 2005 novantanove, nel 2006 settantuno, e ancora nel 2007 e poi nel 2008 ottantasette, e infine settantanove solo fino al mese di ottobre del 2009: un uso spropositato di ordinanze, che - come ho detto - derogano alle leggi vigenti, non hanno bisogno né di firma del Presidente della Repubblica, né di approvazione del Parlamento, ma sono esclusivo appannaggio del Presidente del Consiglio, e delle quali ordinanze molto spesso non si sa nulla.
In nome dell'efficienza e della cultura del fare o, meglio, della retorica del fare, si sono confiscati i compiti del Parlamento e si sono sottratti pezzi di istituzioni al controllo del diritto pubblico. Come le vicende giudiziarie dimostrano, la deroga alle regole previste dalla legge su tutta la materia degli appalti e della trasparenza delle procedure determina un rischio troppo alto di discrezionalità e il confine tra discrezionalità e arbitrarietà è labilissimo e può fare emergere comportamenti illegali, aumento dei prezzi delle opere pubbliche, favori personali, corruzione. Questo confine così labile va eliminato e non è possibile che, in nome dell'emergenza, vi sia l'arbitrarietà.
Non è un caso che molti, a partire da Confindustria, ad esempio, abbiano denunciato questo sistema che sottrae il mercato degli appalti ai normali criteri di trasparenza e concorrenza, perché è il Governo che decide quale sia un grande evento, come lo si definisca e di conseguenza a chi venga applicata l'emergenza.
Ma non è finita. Il provvedimento contiene altre norme incostituzionali che noi riteniamo debbano essere abrogate e sulle quali, come sul tema di cui ho parlato adesso dell'equiparazione tra grandi eventi e fatti eccezionali, abbiamo presentato i nostri emendamenti.
Il dottor Bertolaso ha annunziato le sue dimissioni nel corso di questi giorni e il Presidente del Consiglio le ha respinte, con tanto di applausi da parte del Consiglio dei ministri. Ritengo - e vorrei dirlo al dottor Bertolaso - che sarebbe invece un gesto di correttezza e di chiarezza da parte sua dare seguito a quell'annuncio. Certo, in questi giorni il dottor Bertolaso ha parlato sicuramente - evidentemente questo era un annuncio più vero di quello che ha fatto circa le sue dimissioni - della possibilità che egli lasci l'incarico di Capo del Dipartimento della protezione civile.
Ma in questo provvedimento, signor Presidente - cosa che è davvero grave, singolare e incostituzionale - si prevede la compatibilità tra ruolo di sottosegretario alla protezione civile e direttore del Dipartimento, anzi si prevede proprio la Pag. 60fusione della carica di sottosegretario con quella di Capo del Dipartimento della protezione civile. Tale previsione introduce un'ulteriore deroga: viola il principio della separazione tra funzioni di indirizzo politico e gestione amministrativa e, come se non bastasse, deroga alla legge n. 215 del 2004 in materia di conflitto di interessi, ai sensi della quale il titolare di incarichi di governo non può esercitare qualsiasi tipo di impiego o di lavoro pubblico. Questa carica non può essere esercitata né dal dottor Bertolaso né da qualunque suo successore.
È vero che la legge n. 215 del 2004 riguardante la risoluzione del conflitto di interessi omette in maniera gigantesca l'enorme conflitto di interessi del Presidente del Consiglio Berlusconi, ma è del tutto vero che qui siamo al limite della provocazione, perché la legge è tassativa sul punto delle incompatibilità tra la funzione di governo e la funzione amministrativa. Insomma, si viola un principio basilare degli Stati moderni e democratici, oltre che di una cultura politica, e si costituisce l'ennesima deroga alla normativa sul conflitto di interessi.
Questa legge, così com'è, non può essere approvata e noi faremo tutto il possibile dal punto di vista parlamentare perché la si possa ulteriormente cambiare e perché, oltre alla rinuncia all'articolo 16, si attuino gli altri interventi che possono rendere questo provvedimento meno grave di quello che oggi appare.
Nel testo è persino previsto uno scudo giudiziario. Siamo abbastanza abituati in questo periodo al fatto che lo scudo giudiziario venga posto per il Presidente del Consiglio, ma qui si pone una scudo anche a protezione dei vertici della Protezione civile sino al 2011. Se mettiamo insieme lo scudo giudiziario con l'uso continuo e ricorrente dell'arbitrato per risolvere il contenzioso, avremo la conseguenza che, come sempre, a pagare saranno i cittadini, il pubblico perderà le cause e qualcuno si metterà d'accordo, e questo non è assolutamente accettabile.
Infine, questo provvedimento si muove in disaccordo con il modello di protezione civile che si è costituito in questi anni.
Vorrei dire al dottor Bertolaso, che oggi ha scritto a tutti i dipendenti, i lavoratori ed e i volontari della Protezione civile, che la Protezione civile che noi intendiamo è quella incentrata sul principio di sussidiarietà, che ha il suo cardine nel sindaco e nel comune, che si sviluppa a livello provinciale e che trova la sua sintesi in un articolato rapporto paritario tra le regioni e lo Stato; una Protezione civile capace di valorizzare tutte le componenti del sistema, a partire dai vigili del fuoco, dalle forze di polizia, dalle Forze armate, dalle società di servizi e soprattutto dal volontariato, il cui ruolo non è più di supplenza, ma è integrato al sistema come protagonista istituzionale; non una Protezione civile, come vorrebbe qualcuno, come potente apparato centrale dello Stato centrale, che vi sia o meno la Protezione civile Spa, senza alcun vincolo, indipendente da ogni forma di interazione con le autonomie locali e regionali. Non è questa la forma di protezione civile a cui pensiamo, non è questo il modello a cui si è lavorato nel corso di questi anni nel nostro Paese, non è questo il modello a cui hanno lavorato tanti volontari e le forze di polizia, le forze dell'ordine ed i vigili del fuoco nel nostro Paese.
Mi auguro che Bertolaso possa dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati (questo lo si vedrà, più che un augurio non può essere). Certo, non è accettabile che il dottor Bertolaso dica in Commissione ed in Parlamento cose diverse da quelle che poi va dicendo nelle agenzie. Non è accettabile - lo dico come parlamentare della Repubblica e come cittadino - che il dottor Bertolaso in questa vicenda si consideri, come leggo dalle agenzie, una parte lesa, non un colpevole, ma un coimputato in una situazione in cui prova un senso di ingiustizia e si sente come un alluvionato. Ma che sta dicendo, dottor Bertolaso? Si vuole paragonare ai terremotati o agli alluvionati? Risponderà, se vi sono, delle proprie responsabilità soggettive ed oggettive, ma Pag. 61non può certamente dire qui in Parlamento che è parte lesa e non può certo attaccare il Parlamento dicendo che è inutile rispondere! Non può certo pensare di far schierare dalla parte sua migliaia e migliaia di cittadini, che invece oggi chiedono che si faccia chiarezza intorno a tutto questo!
Non so se Bertolaso diventerà Ministro della Repubblica, come ha annunciato il Presidente Berlusconi qualche giorno fa per premiare il suo lavoro. Non credo lo diventerà, lo vedremo. Certo, oggi capiamo, come qualcuno ha detto, quale fosse il motivo di quella annunciata promozione; il motivo vero è aver dato esemplificazione, aver dato corso, aver reso pragmatico, operativo e concreto quel modello di Governo a cui prima mi sono riferito, costruendo qualcosa che si è perfezionato nel corso di questi anni, attraverso uno strumento che potesse bypassare le leggi, suggerendo un modello di Stato che è quello che Berlusconi preferisce: un modello di Stato che utilizza l'emergenza ed i condoni e attraverso il quale (mediante l'eccezionalità) si scavano le regole su cui si regge la Repubblica e si stravolgono dietro lo slogan del fare le basi giuridiche dell'ordinamento del nostro Stato. Questa è un'idea inaccettabile ed attorno a questo e su questo noi faremo sempre il massimo della battaglia, a cominciare dalle ulteriori modifiche che vanno apportate al provvedimento in esame.
È un bene che il Governo abbia fatto marcia indietro sull'articolo 16 ma, come ho detto, ciò non è sufficiente: è un risultato per noi, che per primi abbiamo denunciato il tentativo del Governo di costruire un suo braccio operativo fuori da ogni controllo, ma non è ancora un risultato sufficiente. Però aver levato di mezzo la società che si voleva costruire, avere fatto in modo che il Governo si ritirasse da questa misura, significa aver già cambiato in parte il decreto-legge in esame (che vogliamo continuare a cambiare), significa realmente aver già fatto una battaglia importante a favore della nostra democrazia, a favore dei nostri cittadini e dei tanti volontari della Protezione civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, lei mi consentirà, per i rapporti di stima reciproca - lo spero, i miei sicuro - un piccolo preambolo: il provvedimento non prevede sicuramente una sfiducia al dottor Bertolaso, ma è chiaro che rispetto a questa vicenda un preambolo va fatto e lei me lo consentirà.
So che il Presidente di turno che l'ha preceduta ha puntualizzato al mio collega, che faceva qualche appunto, che il tema non era pertinente.

PRESIDENTE. Lo prevede il Regolamento. Fra l'altro, il suo gruppo ha presentato un documento ad hoc e in quel momento potrà esprimersi.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, posso anticipare brevemente la questione ed entrare subito nel tema.

PRESIDENTE. Dipende da ciò che dice, onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, sicuramente la Protezione civile era il fiore all'occhiello del nostro bel Paese. Anche le opposizioni, naturalmente, avrebbero sottoscritto questa affermazione - sebbene con qualche dubbio -, perché sicuramente essa aveva dato prova di efficienza e di efficacia su tutto il territorio nazionale a fronte di emergenze e calamità, anche perché lo spirito delle emergenze e delle calamità è tale. Pertanto, non è stato bello approfittare di quello spirito e le persone che ne hanno approfittato, in quell'evenienza e in quel momento storico, sicuramente avranno anche sulla coscienza - se pure la hanno - alcune dichiarazioni che sono state poi rese pubbliche dai giornali.
È chiaro che questa fase istruttoria che la magistratura ha aperto sulla vicenda Pag. 62drammatica di tangenti e di speculazioni non è chiusa, anzi direi che entra adesso nel vivo e probabilmente ci saranno degli sviluppi gravissimi, che sicuramente non danno ragione della concreta realtà del nostro Paese. Credo che siamo rimasti tutti allibiti a fronte di dichiarazioni e di circostanze che tutti i giornali del mondo hanno registrato. Non ci facciamo una bella figura.
Per entrare, comunque, nel merito del provvedimento, faccio presente che con questo decreto-legge abbiamo finalmente capito quale sia l'idea di federalismo del nostro Governo, anzi del vostro Governo. Essa va nella direzione opposta. In barba al tanto sbandierato federalismo, siamo di fronte ad un provvedimento dove ricorre fin troppo - ma a questo il Governo ci ha abituati da tanto tempo - la scelta facile del commissariamento. Si commissariano, difatti, i comuni campani, per opera delle province, nella gestione del ciclo dei rifiuti. Si prevede la nomina di un commissario ad acta per il recupero dell'evaso. Si propongono ben tre nuovi commissari ad acta per le emergenze in materia di dissesto idrogeologico e di difesa del suolo, per non parlare del maggior rafforzamento del potere, ormai enorme - si tratta di un vero e proprio potere parallelo -, del commissario per antonomasia, Guido Bertolaso.
Sui rifiuti sono stati esautorati i comuni campani, compresi quelli virtuosi. Poi, però, non si comprende perché non applichiamo queste regole alle isole minori e vorremmo capire quale differenza vi sia fra le isole minori e i comuni che si sono comportati correttamente nel corso degli anni e hanno fatto anche la raccolta differenziata.
In ordine alla gestione dei rifiuti in Campania, la previsione dell'uscita dall'emergenza sembra essere poco più di un'illusione. Abbiamo sbandierato, già un anno fa, che si era risolto il problema in Campania dei rifiuti. Le immagini - probabilmente di Piazza Plebiscito - davano quasi chiaramente risolto il problema, ma non sta lì il problema. Esso è nelle periferie e nelle altre province. I comuni della Campania vengono trattati, con palese incostituzionalità, in modo completamente diverso rispetto agli altri comuni del Paese, che sono di fronte anch'essi a simili emergenze e, forse in alcune città e province, ad emergenze peggiori. Questi luoghi, per il momento, non sono visitati dalle trasmissioni televisive, ma lo saranno in seguito e vi sarà un altro Bertolaso di turno probabilmente che andrà a risolvere i problemi con l'Esercito.
Per la Campania il decreto-legge propone, fin dal 30 settembre 2010, la provincializzazione dei rifiuti, ossia il previsto trasferimento di competenze in materia di rifiuti a nuove società provinciali, con l'attribuzione ai presidenti della provincia di compiti e funzioni in materia di gestione dei rifiuti. Per esempio, la TARSU (la tassa di scopo dei rifiuti) sarà riscossa e, soprattutto, gestita non più dai comuni, ma dalle province, cui spetta la gestione dei rifiuti. Forte in questi giorni è la protesta di tutti i sindaci, che si troveranno poi con un problema di bilancio. Dovranno far fronte ai bilanci che sforeranno e, dunque, i patti di stabilità dovranno saltare o, meglio, saranno costretti a saltare.
Così si fa carta straccia di diverse esperienze positive da parte di amministratori comunali in materia di gestione del ciclo dei rifiuti dove non pochi comuni hanno conseguito significativi miglioramenti in termini anche di raccolta differenziata e rispetto a città e paesi avanzati del nord.
La figura di Bertolaso. Il doppio Bertolaso. Il Bertolaso sottosegretario. Il Bertolaso sottosegretario nazionale, sottosegretario internazionale e probabilmente Ministro.
Un provvedimento che crea un nuovo sottosegretario senza alcuna straordinaria necessità ed urgenza. Il nuovo sottosegretario Bertolaso alla protezione civile subentra al vecchio sottosegretario e dice che non c'è alcun conflitto di interesse rispetto all'incarico da egli stesso ricoperto come capo di Dipartimento della protezione civile. Pag. 63
Si aumentano i membri di Governo, facendo spendere alle casse dello Stato un milione di euro in più, per non parlare dello scudo giudiziario (sino al 31 gennaio 2011 non possono essere intraprese azioni giudiziarie ed arbitrali nei confronti delle strutture commissariali e della unità stralcio). Si stabilisce, quindi, non solo il divieto di intraprendere azioni giudiziarie fino al 2011, ma anche la sospensione dei procedimenti. Dette strutture vengono così messe al riparo da qualsiasi procedimento giudiziario.
L'articolo 17 riguarda gli interventi in materia di dissesto idrogeologico e si propone pari pari un emendamento presentato alla Camera dal Governo durante l'esame della scorsa legge finanziaria dichiarato però inammissibile dalla Presidenza della Camera. Ancora una volta, in barba al fin troppo sbandierato federalismo, si dà al Ministero dell'ambiente il potere di nominare tre commissari straordinari ad acta (nord, centro e sud).
Chiaramente a questi commissari sono attribuiti i poteri degli organi ordinari e straordinari in deroga alle disposizioni vigenti pur nel rispetto delle disposizioni comunitarie. In pratica avranno ampi margini di gestione e si potranno sostituire agli enti locali nell'emanare gli atti necessari a realizzare le opere. Tutto ciò che concerne la messa in sicurezza, la collaborazione e le autorità di bacino, sono clausole ed impedimenti saltati.
La realizzazione urgente di istituti penitenziari e tutta la procedura della localizzazione e la costruzione avvengono in deroga a tutte le normative vigenti in materia di urbanistica e costituiscono variante degli stessi strumenti urbanistici vigenti. Un collega che mi ha preceduto (non ricordo più chi) dava la disponibilità sul territorio di una cinquantina o sessantina di istituti non finiti o comunque abbandonati. Sarebbe il caso forse di rivedere questo elenco e di rendere operative queste strutture che sono molto spesso cattedrali nel deserto.
A proposito di inchiesta giudiziaria, il GIP definisce gelatinosa una storia di ordinaria corruzione. Sistema gelatinoso non è l'unica definizione del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Infatti, la struttura cosiddetta della Ferratella, luogo dove ha sede il dipartimento di cui fanno parte Balducci, De Santis e Della Giovampaola, viene definita dagli organi di informazione senza mezzi termini, dalle molto istruttive conversazioni telefoniche intercettate: cricca di banditi, banda di banditi, task-force unita e compatta, squadra collaudatissima, combriccola, bulldozer, veri banditi, gente che ruba tutto il rubabile, persone da carcerare. Sono parole che lasciano perplessi.
Gli appalti e il prezzo della costruzione. Nell'elenco che fa il GIP ci sono cinque appalti pilotati da Balducci e dalla sua combriccola (come la definiscono): lo stadio centrale del tennis del Foro Italico, il nuovo museo dello sport italiano di Tor Vergata, il completamento dell'aeroporto internazionale dell'Umbria Sant'Egidio, la realizzazione del palazzo della conferenza e area delegati per il G8 alla Maddalena, la residenza dell'Arsenale alla Maddalena.
Il prezzo della corruzione sono ristrutturazioni di immobili, auto di lusso a sbafo, assunzioni di domestici e di figli, favori sessuali con pagamento di escort a domicilio: credo che sia un po' eccessivo.
Le responsabilità. Il dottor Bertolaso è corresponsabile politicamente e responsabile in prima persona come esecutore materiale, in quanto a capo della Protezione civile, e come commissario in tanti interventi emergenziali. Bertolaso ora dice che non poteva sorvegliare tutto, che nulla sapeva di appalti e appaltatori, che forse è caduto in una trappola. Non crediamo che questa sua difesa corrisponda a verità. Le intercettazioni della procura di Firenze e le indagini della guardia di finanza disposte dalla procura di Roma prospettano una verità completamente diversa. Ma quand'anche Bertolaso fosse caduto in una trappola è lui stesso ad averla preparata. Non si possono giudicare altrimenti i lavori della Maddalena, quelli de L'Aquila, quelli di Haiti, la preparazione del convegno eucaristico, i mondiali di nuoto di Pag. 64Roma, i rifiuti di Napoli, Palermo, le colate di fango a Messina, i mondiali di ciclismo a Varese e infine tutte le ondate di maltempo. Come può, senza perdere la faccia, dire di non aver saputo? Non si può. La relazione tra i soggetti attuatori dei progetti della Protezione civile, imprenditori come Diego Anemone, il potere senza controllo e le risorse senza fondi di Guido Bertolaso, definito l'uomo dalle mani d'oro... Ho ancora qualche minuto, Presidente?

PRESIDENTE. Per la verità il suo gruppo ci aveva indicato che lei avrebbe parlato per dieci minuti, che sono già decorsi. Prego.

GABRIELE CIMADORO. Bertolaso si chiama fuori da tutto questo. Gli uomini che ha scelto erano al di sopra di ogni sospetto e in ogni caso egli non ha mai messo becco negli appalti. Sono argomenti molto fragili. Nell'affollato intreccio di interessi pubblici, privati e familiari si intravedono ambiguità - se misfatti penali lo si accerterà - ma senza dubbio Bertolaso avrebbe dovuto trarre già da tempo elementi sufficienti per una qualche differenza che invece, contro ogni evidenza, nega ancora oggi. Bisogna chiedersi il perché. La ragione può essere questa: anche Bertolaso partecipa al disinvolto coinvolgimento della sua famiglia nelle emergenze affrontate dalla Protezione civile?

PRESIDENTE. Onorevole Cimadoro...

GABRIELE CIMADORO. Chiudo Presidente, avrei molto altro da dire, ma chiudo su Bertolaso. Bertolaso non ha esitato a prendere su di sé troppi poteri. Con quelle parole: nulla so di appalti, rifiuta curiosamente di assumersi responsabilità di cui dovrebbe farsi carico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, cari colleghi, la lettura dei giornali in questi giorni è per me particolarmente dolorosa. Conoscendo direttamente il dolore e il disagio dei miei concittadini, leggere che dei lestofanti hanno potuto pensare di approfittare di questa vicenda per fini speculativi è una cosa che fa un po' orrore, anche sul piano personale. Insieme a tanti altri miei concittadini la mia famiglia è stata colpita da lutti pesanti durante il terremoto; come quella di altri migliaia di miei concittadini la mia casa è distrutta; pensare che mentre noi subivamo queste cose qualcheduno rideva è una cosa che fa veramente orrore.
Quello che dobbiamo fare qui è alzare la guardia, non certo abbassarla. Essere più scrupolosi nei controlli quando succedono cose di questo genere, vicende così tristi. Che poi cose brutte come queste possano (uso il termine «possano» perché naturalmente nessuno di noi qui è autorizzato ad emettere sentenze) addirittura toccare la Protezione civile è una cosa che, voi capite, mi addolora ancora di più. Tuttavia non mi impedisce di fare un ragionamento, spero, sereno su questo provvedimento e sulla stessa Protezione civile.
Io senza retorica, avendola vista all'opera in questi mesi, mi sento di dire che la Protezione civile è una cosa seria. La Protezione civile è composta da persone mosse da grande passione civile e anche da grande competenze. Voi capite che in Italia, dove l'amministrazione pubblica spesso ha un rapporto con i cittadini poco rispettoso e agisce con grandi lentezze, avere un settore della pubblica amministrazione che si muove con grande motivazione e con grandi competenze è una cosa che naturalmente fa piacere.
Insomma, quando la Protezione civile si applica alle cose per le quali è nata, funziona, poi naturalmente fa le sue scelte, molte delle quali, anche quelle che ha compiuto a L'Aquila, non mi hanno visto d'accordo, le ho ritenute criticabili, ma questo non mi impedisce di ripetere che la Protezione civile è una cosa seria. Penso che un Paese, quando ha una struttura Pag. 65seria, che funziona, deve cercare di salvaguardarla e, semmai, di migliorarla, di potenziarla. Invece noi - dico noi, perché poi spiegherò che non voglio dare una connotazione tutta politica a questo mio ragionamento - in questi anni, al contrario, con una serie di atti e di scelte, piuttosto abbiamo snaturato la Protezione civile e questo decreto-legge rischia di dare una specie di colpo di grazia alla sua natura.
Voglio fare qualche esempio di quello che è accaduto in questi anni e di come, secondo me, rischiamo di snaturare la Protezione civile. La prima cosa che facciamo di male alla Protezione civile è annegarla in questa melassa di retorica della quale non se ne può più: sapete qual è il termine più usato quando si parla della Protezione civile? «Miracolo». Ora, continuare a dire che la Protezione civile fa miracoli intanto induce un primo effetto: qualcuno comincia a crederci e, di conseguenza, si sente, come dire, proiettato in una dimensione sovrannaturale nella quale si perde il senso dei propri limiti e della propria fallibilità, ma soprattutto, continuando a parlare di miracoli, si dà un cattivo messaggio ai cittadini i quali, quando subiscono una calamità, sono in attesa che qualcuno gli faccia un miracolo, che qualcuno gli porti dei doni. Ebbene, la Protezione civile non fa miracoli; la Protezione civile, quando opera, fa il proprio dovere e i cittadini ricevono quello che corrisponde ai loro diritti.
Ieri mi è dispiaciuto sentire un esponente della maggioranza che, parlando de L'Aquila, ha detto che il miracolo è che sono scomparse le tende: ma perché qualcuno pensava che ci facevano passare l'inverno dentro alle tende? Questo è un miracolo? Il fatto che in occasione di altri terremoti le cose siano andate peggio a me non interessa; ciò che mi interessa affermare qui è che la Protezione civile non è fatta di eroi, è fatta di persone serie che fanno il proprio dovere. Contesto anche il termine per cui tutto è «straordinario»: no, quello che fa la Protezione civile è ordinario, semmai il resto del Paese dovrebbe cercare di adeguarsi al fatto che la normalità è che le cose funzionino. Quindi basta con la retorica.
Il secondo danno che facciamo alla Protezione civile è questa politicizzazione della stessa. Ho ascoltato anche il Presidente del Consiglio dire: noi siamo il Governo del fare che interviene nelle emergenze e la sinistra non so cosa sia. Una volta per tutte dico che la Protezione civile è uno strumento dello Stato, non è uno strumento del Governo, e continuare a fare confusione vuol dire fare danni alla Protezione civile. Purtroppo la scelta di aver nominato sottosegretario il titolare della Protezione civile ha enormemente aumentato questa confusione.
A parte altri aspetti di questa vicenda su cui sono intervenuti i miei colleghi e sui quali, perciò, non intendo dilungarmi, la politica deve stare fuori dalla Protezione civile. Tra l'altro, se considerate l'esempio della mia città, proprio per questo eccesso di politicizzazione, adesso bisogna dire che a L'Aquila va tutto bene. Ciò non è vero, ma non perché la Protezione civile abbia operato male; la Protezione civile, anche se, lo ripeto, ha compiuto qualche scelta sbagliata, tutto sommato ha fatto quello che poteva, ma ciononostante vi assicuro che non va tutto bene a L'Aquila, non va tutto bene per niente: la città è piena di macerie, c'è ancora la gente... D'altra parte la situazione era talmente complicata che probabilmente era impossibile pensare di risolverla solo nei mesi che abbiamo avuto a disposizione, però bisogna continuare a trasmettere questo messaggio che lì è tutto risolto, ma non è vero. Questo è un altro degli effetti dell'uso politico della Protezione civile. Decidiamo, allora, tutti insieme di tenere fuori dalla politica, una volta per sempre, la Protezione civile, che è uno strumento dello Stato, non dei partiti, non dei Governi, non delle forze politiche.
Il terzo danno, forse il più grosso, che abbiamo prodotto è quello di cercare di utilizzare la Protezione civile per fare tutt'altro. Qui si è molto parlato di questo, io vorrei dire la mia con qualche ragionamento e qualche esempio specifico. Pag. 66Questa situazione va avanti da un po' di tempo: è iniziata con la legge cosiddetta sui grandi eventi del 2001, che io definisco sciagurata, sbagliata, che è stata varata dal Governo Berlusconi dell'epoca; il Governo di centrosinistra ci ha messo del suo nei due anni in cui ha governato; negli ultimi due anni questa vicenda si è ulteriormente accentuata e adesso con questo decreto-legge si fa il salto di qualità.
Secondo me l'errore - vorrei ragionare e non fare un comizio - consiste nel mischiare due aspetti: anche con questo provvedimento si vogliono affrontare due problemi, a mio avviso entrambi seri ma che tra di loro non c'entrano niente. Da una parte, provare a rafforzare la Protezione civile (e poi dirò se questo avviene o meno con il decreto-legge); dall'altra, affrontare il grande monumentale problema italiano, ovvero la lentezza dell'intervento dei pubblici amministratori. Questi due problemi, presi ciascuno per conto proprio, devono essere discussi seriamente. Sono d'accordissimo e prontissimo a discutere con tutti voi su come migliorare la Protezione civile, come sono altrettanto dispostissimo a ragionare sul fatto che oggi in Italia i pubblici amministratori (dal Ministro delle infrastrutture fino al sindaco del più piccolo comune italiano) sono alle prese con un sistema legislativo e con procedure complicatissime. Di conseguenza, ciascuno di noi, quando amministra, magari riconosce un problema, individua la soluzione, ma per renderla concretamente operativa passa un tempo eccessivo. Vi è una farraginosità del sistema legislativo italiano che è troppo complessa e anche lo stesso sistema di controlli, così complicato, non funziona neanche tanto bene. Lo sappiamo tutti che anche nelle procedure ordinarie capita spessissimo che qualche imbroglione possa fare la sua parte. Questo problema è serio, ma affrontiamolo noi. Siamo l'organo legislativo, cambiamo le leggi e semplifichiamole, rendiamo il sistema dei controlli più moderno: facciamolo noi. Non capisco invece perché, anziché affrontare questo problema seriamente, abbiamo trovato la scorciatoia. E qual è? Visto che le cose sono complicate, prendiamo la Protezione civile che può giustamente utilizzare procedure più snelle, che può agire in deroga e che ha un sistema di controlli molto più leggero, e facciamogli fare quasi tutto. Non voglio farvi l'elenco, da altri stilato, di tutto quello che è entrato in questi anni nel concetto di grande evento. Voglio piuttosto ragionare sulle motivazioni che ho ascoltato qui per cercare di confutarne qualched'una. Ho ascoltato anche il dottor Bertolaso dire una cosa ragionevole: si è dovuto fare così perché ci sono degli eventi che hanno tempi fissi e che non possono essere affrontati con le procedure ordinarie. Questo è un argomento ragionevole ma molto pericoloso. Cari colleghi, questo problema si può estendere quasi a tutto, in quanto la variabile tempo conta in maniera decisiva. Allora perché non si può altrettanto dire che la costruzione di una scuola deve avere tempi certi, o che l'intervento su un'azienda in crisi deve avere tempi certi? E chi sceglie, chi decide quando queste cose debbono essere qualificate come interventi straordinari attraverso la Protezione civile? Lo decide il Parlamento? No, come abbiamo capito molto bene, lo decide la Presidenza del Consiglio. Quindi noi avremo un mondo a due velocità: da una parte ci sta quello che può fare un Ministro, un parlamentare, un presidente di regione, un sindaco, che per dare risposte ai cittadini è costretto ad arrabattarsi con la complicatezza delle leggi ordinarie. Poi vi è un altro, ovvero la Presidenza del Consiglio, che può intervenire a sua discrezione sulle cose che sceglie come importanti in maniera rapidissima ed efficacissima. Voi capite che questo, intanto, è uno stravolgimento gravissimo dell'ordinamento del nostro Paese. Soprattutto, è una cosa che fa un pessimo servizio alla Protezione civile e al suo sistema, perché la costringe ad occuparsi di cose per le quali non è vocata, sulle quali non è competente e sulle quali, in definitiva, non c'entra niente.
Il nodo è quello delle procedure e lo capisco benissimo. Lo voglio dire con chiarezza perché ho sentito anche qualche collega della mia parte politica dire cose Pag. 67che non condivido. Ritengo sia giusto che la Protezione civile nelle emergenze utilizzi tutti gli strumenti agevolativi che ha: ci mancherebbe altro che quando c'è la gente sotto le macerie, la Protezione civile per intervenire si debba mettere a rispettare le leggi e le strutture ordinarie. Nessuno di noi deve essere ipocrita, in quanto sappiamo tutti che la Protezione civile è fatta da essere umani, quindi quando si possono utilizzare procedure così snelle è possibile che succeda qualcosa come quelle che stiamo leggendo. Naturalmente, per limitare questi rischi è necessario che ci sia più controllo e più trasparenza, ma diciamo che c'è uno scopo in tutto questo.
Quando prendiamo queste stesse procedure e le applichiamo a tutt'altro, i rischi che qualche delinquente si introduca aumentano a dismisura e la motivazione non c'è o è talmente labile che davvero non si capiscono i motivi. Tra l'altro, si espone, anzi si è già esposta, la Protezione civile a grandi responsabilità. Di alcune cose ho conoscenza diretta anche nella mia veste di sottosegretario allo sport. Ci sono alcune materie di questi grandi eventi nei quali - ha ragione Bertolaso quando lo dice - la Protezione civile, pensiamo ai mondiali di nuoto, ai Giochi del Mediterraneo, ha indicato un commissario, peraltro concordato con Governo ed enti locali, al quale sono stati trasferiti i poteri straordinari della Protezione civile, la quale poi ha esercitato dei controlli. Quindi, ha avuto un ruolo limitatissimo in questo tipo di grande evento. Tuttavia, oggi si ritrova, come vediamo, caricata di tutte le responsabilità e coinvolta fino in fondo. Poi ci sono altri grandi eventi, per esempio il G8, nei quali invece la Protezione civile ha un ruolo diretto e si trova a svolgere un mestiere che non è il suo e che - diciamocela tutta - non sa fare e, infatti, non l'ha saputo fare.
Allora, la domanda è: perché vogliamo prendere una cosa seria come la Protezione civile e coinvolgerla in vicende di questo genere? Addirittura nel decreto-legge, poi per fortuna modificato, si prevedeva di trasformarla in una società per azioni. Anche su questo vi sono alcune argomentazioni. Ho sentito il sottosegretario ed altri dire che è un provvedimento minore, tecnico, che in fondo è una tempesta in un bicchiere d'acqua. Siccome so abbastanza bene come sono andate le cose, vi comunico che il Governo ha dovuto fare sette diverse riunioni, con sette diverse bozze, prima di arrivare alla bozza definitiva. Stiamo parlando di quel Governo che si vanta di aver deciso la finanziaria in nove minuti e che ci ha messo sette diverse sedute per decidere su una materia di questo genere, segno che non si tratta di una tempesta in un bicchiere d'acqua, di una cosa tecnica, ma di una cosa molto pesante.
Per quanto riguarda l'altro argomento, secondo cui si fa per risolvere alcuni aspetti molto concreti della Protezione civile, per esempio la gestione della flotta, siccome possiedo le sei copie precedenti, quelle che si sono succedute fino a quella finale, vi comunico che il problema della flotta compare dalla terza e dalla quarta copia in poi. All'inizio neanche era contemplato, quindi non è vero che il provvedimento si è fatto per dare una soluzione alla flotta.
Parliamoci chiaro: questa iniziativa era stata fatta per tutt'altro motivo, per cose che con la Protezione civile, secondo me, in definitiva c'entrano assai poco, per costruire un modello che non è un modello di Protezione civile, ma di Stato. I giornali l'hanno chiamata la Bertolaso Spa, oppure la Protezione civile Spa, ma si doveva chiamare la Presidenza del Consiglio Spa, la Palazzo Chigi Spa, cioè uno strumento attraverso il quale si opera davvero una riforma istituzionale. Parliamo sempre, qui, di riforme istituzionali: questa è una riforma pesante e materiale. È un presidenzialismo, di quelli assai forti. Non a caso, miei cari colleghi, è l'unica Spa che non sta sotto il Ministero dell'economia e delle finanze, ma sotto la Presidenza del Consiglio. Non a caso, tra l'altro, si estende il concetto di emergenza ad emergenza sociale ed economica, cioè praticamente a qualunque cosa a discrezione, con la copertura del marchio della Protezione civile, quindi anche dell'appealPag. 68che ha in tutto il Paese questa organizzazione di persone serie e brave, di volontari e così via.
Questo metodo, tra l'altro, chiaramente allarga gli spazi a qualche lestofante, ma questo è un aspetto. Penso che sia ancora più grave un aspetto di fondo: si disarticola l'ordinamento, oggi a vantaggio di Berlusconi che governa, che è Presidente del Consiglio, domani a vantaggio di chiunque altro. Non si possono fare le riforme così, senza dirlo, senza discuterle, in maniera quasi surrettizia. Ora per fortuna una parte di questo provvedimento è stata cambiata. Adesso tutti dicono «no» alla privatizzazione, nessuno osa pensare alla privatizzazione. Meno male, perché ci si era pensato. È rimasto con una certa coerenza, che gli riconosco, il povero Bertolaso, da solo, a provare a spiegare perché l'avrebbe fatto.
Gli vorrei dire: ma perché? Caro Bertolaso, ma perché? Dal tuo punto di vista della Protezione civile, a che serviva tutto questo? A snellire? Una cosa più rapida della Protezione civile? A sistemare il personale? Sì, diciamo che 100 persone circa vengono stabilizzate, chiamate tutte per chiamata nominativa, nessuna delle quali ha fatto un regolare percorso concorsuale. Lasciamo perdere questo aspetto (Applausi della deputata Villecco Calipari)!
Vogliamo parlare di rafforzare la Protezione civile? Eccoci qua! Ve le dico io due o tre cose, se lo vogliamo fare seriamente: primo, vi sono i vigili del fuoco, cioè il reparto strategico della Protezione civile. Siamo un po' «stitici» con questo provvedimento, perché finalmente gli riconosciamo l'indennità di trasferimento. Sapete che i vigili del fuoco ancora non «beccano» l'indennità notturna e feriale come ce l'hanno la polizia o i carabinieri? Sapete che vi sono 5 mila posti in organico che il turnover non ha coperto (abbiamo recentemente fatto un piccolissimo passaggio)? Lo sapete che quelli che sono in prima linea usano mezzi obsoleti, vecchissimi? Vogliamo riformare la Protezione civile? Partiamo dai vigili del fuoco, dalle ordinanze. Proviamo a mettere ordine, perché questa idea che con le ordinanze si possa fare qualunque cosa, poi fa succedere i disastri, come quello che affronteremo fra qualche ora, fra qualche giorno, quando arriverà qui il decreto cosiddetto milleproroghe. Con esso anche noi parlamentari scopriremo quello che hanno scoperto i senatori, e cioè che la dilazione del pagamento delle tasse in Abruzzo con un'ordinanza di protezione civile, ovviamente - cosa che tutti potevano immaginare - non ha trovato la copertura finanziaria.
Sapete, quindi, adesso cosa dovremo fare noi aquilani, se non interviene un provvedimento diverso (non certo un'ordinanza, ma una norma)? Nel secondo semestre di quest'anno dovremo pagare il doppio delle tasse, perché entro il 2010 bisogna ovviamente coprire quella misura. Vogliamo parlare di queste cose? Vogliamo parlare della trasparenza necessaria? Ascolto il sottosegretario e gli voglio riconoscere tutta la buona fede, quando dice: ho istituito una serie di comitati che vigilano. Ma te li sei fatti tu; la trasparenza e i controlli si devono fare a norma di legge, non perché uno è così bravo che si sceglie i comitati. Tra l'altro, anche lì avvengono cose! Sapete che i circa 80 milioni di euro delle donazioni private fatte in Italia sono stati destinati in gran parte al piano casa, quello che era finanziato dallo Stato? La ritengo una cosa proprio sbagliata. Si può provare a discutere? Ultimo punto: vogliamo parlare di Protezione civile? Parliamo di quello che manca non alla Protezione civile, ma a tutti noi, che è la prevenzione. È la cosa sulla quale non lavoriamo mai o lavoriamo pochissimo; riorganizziamoci perché in Italia si faccia una seria prevenzione. Insomma, cari colleghi, voglio una Protezione civile dedicata a fare quello che sa fare e a farlo nelle migliori condizioni possibili, ancorata fino alle radici alla sua funzione pubblica (lasciamo perdere le privatizzazioni), nel massimo di trasparenza possibile a beneficio dei cittadini e della medesima Protezione civile, che è fatta in gran parte - anzi, nella totalità - da galantuomini, per carità. Questo dobbiamo fare; poi, se volete, discutiamo dello Pag. 69snellimento delle procedure attraverso le quali funzionano lo Stato, il Parlamento, la pubblica amministrazione, ma troviamo allora strumenti propri e norme proprie, senza pensare di utilizzare la Protezione civile per fare cose che con essa non c'entrano niente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo chiamati ad esprimere una valutazione su un decreto-legge entro i termini previsti per la sua conversione. Credo che non si possa definire questo decreto-legge in maniera diversa che come un tentativo di mettere in sicurezza un sistema che dovrebbe, invece, occuparsi della sicurezza dei cittadini.
È un provvedimento che cerca di consolidare un sistema e di legalizzare anomalie e illegalità; una sorta di rete fermafrane o di struttura frangiflutti, a tutela di un sistema.
È un sistema complesso, quello della Protezione civile, nella quale vi sono presenze che meritano il nostro apprezzamento (pensiamo ai volontari e alla dedizione dei vigili del fuoco), ma, al tempo stesso, è un sistema pregevole sul quale si è calata una cupola, un sistema che finisce con l'essere oggettivamente fonte di deviazioni e di illegalità.
Da mesi, come gruppo Italia dei Valori, noi denunciamo questo sistema, e lo denunciamo a prescindere dai profili di responsabilità penale di singoli comportamenti: è il sistema, che un collega prima di me ha definito eversivo, e che io confermo essere tale, di un modo di intendere lo Stato, la necessaria distinzione tra pubblico e privato, con una confusione tra fini e risorse pubbliche ed interessi privati che costituisce la vera anomalia.
Abbiamo dunque da mesi denunciato le anomalie di questo sistema; abbiamo anche vissuto l'esperienza di vedere annullata un'assemblea sindacale, alla quale era prevista la nostra partecipazione, presso il comando dei vigili del fuoco di Roma alcuni mesi fa, perché l'oggetto di quell'incontro era parlare di come il sistema Bertolaso finisse sostanzialmente con il mortificare la professionalità dei vigili del fuoco. Parecchie settimane fa, ancor prima che la cronaca giudiziaria ci portasse a conoscenza di un quadro inquietante, avevamo presentato un'interpellanza che reca tutti i punti di anomalia di questo sistema, che peraltro la libera stampa ha da tempo provveduto a denunciare.
In che cosa consiste tale anomalia? Consiste innanzitutto nella modifica del progetto immaginato dall'onorevole Zamberletti, che viene considerato il padre della Protezione civile nel nostro Paese. Quando nacque la Protezione civile, nacque come una funzione statale, pubblica, assolutamente temporanea e assolutamente limitata all'intervento straordinario, con procedure straordinarie in caso di eventi straordinari. Questo sistema è stato profondamente modificato il 7 settembre 2001, quando si è aggiunta alle emergenze vere anche la categoria dei grandi eventi. Da quel momento, il sistema è diventato oggettivamente criminogeno; perché basta esaminare quelle norme, se uno è esperto di diritto (e a me capita di non essere purtroppo esperto di musica), per capire una cosa: è evidente che vale il principio per cui, come diceva Goethe, alla fine dipendiamo dalle creature che abbiamo creato: se metti in moto quel meccanismo, tu che pensi di essere il dominus finisci con l'essere, quali che siano le tue responsabilità personali, prigioniero delle tue creature.
Da questo punto di vista, basta scorrere l'elenco delle anomalie. Basti pensare come, con quella norma del 7 settembre 2001 e la nomina del dottor Bertolaso a responsabile del Dipartimento, vengono considerati grandi eventi imprevedibili eventi assolutamente prevedibili. Non soltanto eventi sportivi, non soltanto pellegrinaggi che vengono celebrati con ampia previsione, perché ricorre un anniversario per il quale quel pellegrinaggio viene compiuto, ma vi è tra i tanti casi una «preziosità». Pag. 70 Essa ricorre accanto alla gara velica, accanto ai mondiali di nuoto, per poter costruire una piscina che tutti sanno che poi non si è costruita, e che quindi è rimasta lì assolutamente inutilizzata, come la libera stampa ha denunciato; ma nel frattempo la perversione vi è stata, si sono consumati questi passaggi senza controlli, si sono aggiudicate le gare senza procedura. Si applica infatti tale normativa straordinaria, e si considera un grande evento imprevedibile la celebrazione del quattrocentesimo anniversario della morte di un santo; credo invece che il quattrocentesimo anniversario della morte di un santo può essere previsto dal momento in cui il santo muore, quindi già quattrocento anni prima si poteva immaginare che sarebbe arrivato il quarto centenario della sua morte. E si applica lì questo sistema senza regole: un sistema sottratto al controllo della Corte dei conti, un sistema applicato a gare veliche, un sistema applicato al traffico in città del nostro Paese, un sistema esteso alle scelte nucleari del nostro Paese.
Vorrei inoltre ricordare che, con il decreto-legge cosiddetto anticrisi del 27 giugno 2008, che è stato evidentemente anch'esso approvato con il voto di fiducia, senza dibattito parlamentare, si considera grande evento la realizzazione delle reti per la trasmissione e distribuzione dell'energia realizzate con capitale prevalentemente pubblico: si potrà realizzare come se fosse un grande evento, cioè come se fosse un'emergenza da terremoto, il sistema delle centrali nucleari del nostro Paese.
Abbiamo presentato un emendamento, ovviamente decaduto perché è stata posta la questione di fiducia, nonché un ordine del giorno, che ha ricevuto parere contrario del Governo, con cui chiedevamo l'assicurazione che non si applicasse questa procedura alla centrale nucleare del nostro Paese.
Voglio ancora ricordare come alcune norme stabiliscano, per esempio con riferimento alla realtà abruzzese, la possibilità di arrivare sino al 50 per cento dell'importo dell'aggiudicazione degli appalti in subappalto. A questo punto ci si pone la domanda: ma chi è l'appaltatore? È il soggetto che figura o il soggetto che viene scelto senza controlli e senza verifiche dal soggetto appaltatore? E ora è questo sistema che noi denunciamo con forza, un sistema oggettivamente corruttivo e criminogeno, un sistema che è stato disvelato nella sua dimensione di sistema.
Voglio, infatti, ricordare che l'inchiesta giudiziaria non è partita da un appalto che riguarda la Protezione civile; segno che quel gruppo, che i magistrati definiscono «di banditi», ha esteso la sua attività anche con riferimento ai normali appalti, a normali attività che nulla hanno a che fare con la Protezione civile.
L'aspetto istituzionalmente inquietante è dato da quelle risate drammatiche di quella notte del 6 aprile, dove l'aspetto inquietante non è tanto la bestialità di quella risata, la mancanza di rispetto per il dolore, ma, sotto il profilo istituzionale, quello che sta dietro quella risata, la certezza che, se c'è un terremoto, l'appalto «lo prendo io»; questo in termini istituzionali è inaccettabile, oltre che essere inaccettabile questo modo di esprimere la soddisfazione sulle morti di tanti abruzzesi. La certezza, cioè, che quell'appalto verrà assegnato nel momento stesso in cui accade un'emergenza; stiamo parlando di appalti per normali opere di costruzione e non di appalti altamente specializzati per cui è prevedibile che, da parte dell'impresa unica titolare di un know-how, toccherà a lei essere assegnataria.
È la conferma, quindi, di quella confusione che esiste tra pubblico e privato e della distruzione delle regole di mercato, come denunciato dall'Associazione nazionale dei costruttori. Cioè i costruttori edili hanno detto quanto rappresenti una vergogna questo sistema, e lo hanno detto in tempi non sospetti vale a dire quando non c'era ancora alcuna indagine giudiziaria che riguardava la Protezione civile.
Questo perché è il sistema in sé a rappresentare la mortificazione del libero mercato, un sistema di confusione tra pubblico e privato, di conflitto d'interesse, di confusione tra Stato e mercato. Pag. 71
Anni fa venne chiesto ad un saggio esponente politico se lui ritenesse che ci volessero nel nostro Paese più Stato o più mercato e questi rispose che occorreva nel nostro Paese, da una parte, più Stato nello Stato e più mercato nel mercato e, dall'altra, meno mercato nello Stato e meno Stato nel mercato.
Noi siamo di fronte esattamente a questo, che non è un episodio, perché, come è stato denunciato, siamo di fronte ad una concezione dello Stato che è la stessa che ha portato troppo mercato nello Stato come nel caso di Alitalia e di tanti altri casi che si potrebbero citare.
Rispetto a questo sistema, fa ridere la tangente perché, paradossalmente, la tangente è la conferma che esiste una distinzione tra il pubblico ed il privato; il pagamento della tangente è la conferma che c'è un mercato di qualcuno che vende il suo ruolo pubblico e commette un reato.
Qui siamo in una materia nella quale, quand'anche non si accertasse nessuna tangente, e pare che purtroppo si stia accertando che vi siano tangenti, esiste un sistema di corruzione che è ancora più profondo in quanto manca la distinzione tra pubblico e privato e quando vi è confusione tra pubblico e privato come tra Stato e mercato non c'è qualcuno che vende una funzione pubblica perché vi è identità tra controllore e controllato, tra il venditore ed il compratore, tra colui che dovrebbe verificare e colui che invece dovrebbe realizzare.
Da questo punto di vista questo decreto-legge mette in sicurezza, legalizzando l'illegalità e rendendo ordinarie le anomalie, esattamente come una rete che frena le frane o una struttura frangiflutti.
Da tale punto di vista, in questo momento vi sono persone che fuggono per la paura e il Governo che fugge le sue responsabilità: penso al caso della Calabria o a quello della Sicilia, penso a Giampilieri, cioè a quell'intervento che avrebbe dovuto farsi e ancora non si è fatto in provincia di Messina.
Ricordo ancora una polemica che ebbi con il sottosegretario Bertolaso alcuni mesi fa e vi assicuro che il commento di chi sentiva me polemizzare con Bertolaso era: ma come, fai polemica con Bertolaso? Ed io ho risposto: faccio polemica con un soggetto che è l'espressione di un sistema oggettivamente produttivo di anomalie.
Da questo punto di vista, insistiamo, da parte nostra, nel chiedere la dichiarazione di incostituzionalità di queste norme: basti pensare a come viene «strappato» l'articolo 97 della Costituzione, derogando al principio dei pubblici concorsi. Ed insistiamo, ovviamente, perché si provveda a ritirare questo decreto-legge, il quale reca una preziosità che voglio sottolineare: in questo decreto-legge viene infatti espressamente dichiarato che, in deroga alla normativa in materia di conflitto di interessi (cioè, il cumulo degli incarichi) - così si legge - e di pensionamento nella pubblica amministrazione, potrà ricoprire questo nuovo incarico anche chi riveste la carica di capo della Protezione civile. Non è uno scherzo, signor Presidente, è scritto nella norma, esattamente così: si stabilisce cioè fino in fondo il senso di questo intervento di legge, quello di fare in modo che il conflitto di interessi non sia soltanto la lamentela di qualcuno ma la regola ed il comportamento della pubblica amministrazione.
Per questo, sensibilità istituzionale vorrebbe che il Presidente Berlusconi prendesse atto di quello che sta accadendo e che il dottor Bertolaso rassegnasse responsabilmente le sue dimissioni, perché la sua presenza alla guida di questo dipartimento è un oggettivo tappo che impedisce alla Protezione civile - a quella vera, quella pubblica e per fini pubblici - di funzionare (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, la Protezione civile italiana è un patrimonio del Paese. Gli italiani l'hanno vista all'opera nei momenti più drammatici, intervenire per salvare vite umane e per portare aiuto e conforto alle persone colpite da catastrofi Pag. 72immani; gli italiani hanno imparato a riconoscere nella Protezione civile un punto di riferimento solido, affidabile, lo Stato che ti è vicino nei momenti difficili, lo Stato intorno al quale si mobilita la solidarietà dei cittadini, la generosità del nostro popolo.
E le strutture pubbliche, insieme alle migliaia di volontari che tutti abbiamo visto impegnarsi senza risparmio di energie nelle situazioni più estreme, hanno fatto sì che gli italiani - almeno per una volta - fossero orgogliosi del loro Stato, di una pubblica amministrazione capace di rispondere con tempestività, con professionalità ma anche con profonda umanità ai bisogni dei cittadini in situazioni di sofferenza.
Guido Bertolaso ha il merito di aver costruito con il suo lavoro tutto questo e di essere riuscito a superare la frammentazione e l'autoreferenzialità delle numerose strutture operative che, nei vari settori dell'amministrazione centrale e nei diversi livelli istituzionali, operano sul territorio nelle situazioni di emergenza e nella gestione dei rischi idrogeologici; ed ha avuto il merito di infondere in tutti coloro che operano nella Protezione civile orgoglio per la propria missione e spirito di corpo.
Di questo credo tutti noi dobbiamo riconoscere merito a Bertolaso, perché aver realizzato questo in Italia - e penso che chiunque abbia operato nella pubblica amministrazione lo sa e ne è consapevole - non è per niente banale, per niente scontato, anzi è una missione che a prima vista potrebbe apparire quasi impossibile.
Bisogna anche dare atto a Bertolaso - al quale personalmente voglio esprimere la mia stima per aver collaborato con lui negli anni in cui ero a Palazzo Chigi, prima come segretario generale e poi come Ministro, e per averne apprezzato in quegli anni la sua onestà - che, per realizzare quella missione, avere cioè una Protezione civile in grado di fronteggiare le emergenze e le catastrofi, ha utilizzato al meglio i poteri della Protezione civile.
E proprio per l'importanza di questa realtà istituzionale, e per la fiducia che in essa ripongono i cittadini, sarebbe irresponsabile trascinarla in un'opera di indiscriminata delegittimazione. Fare questo sarebbe un ulteriore colpo alla credibilità delle istituzioni, sarebbe un modo per scavare e rendere ancora più profondo il solco tra cittadini e Stato, e minare definitivamente la loro fiducia nella possibilità di avere una pubblica amministrazione efficiente, trasparente, operosa ed onesta. Nessuno, credo (ne sono convinta) può volere un risultato di questo genere, né la maggioranza, né l'opposizione, perché sarebbe una sconfitta per tutti, una sconfitta per l'Italia. Ma perché questo non accada, non si può solo ostinatamente difendere l'esistente, come hanno fatto il Governo e lo stesso Bertolaso; bisogna fermarsi, analizzare le cause che hanno consentito le distorsioni e le degenerazioni e che sono alla base delle inchieste e dei fatti gravi che stanno emergendo nell'inchiesta di Firenze. Questo decreto-legge era e può ancora essere - faccio appello al Governo e alla maggioranza perché questo sia ancora possibile - l'occasione per farlo, perché non si può intervenire sulla Protezione civile in questo momento e ignorare ciò che sta avvenendo fuori di qui.
Certo, avere rinunciato a societarizzare gran parte delle attività della Protezione civile è stata una decisione di buon senso, perché quel meccanismo che era previsto nel decreto-legge originario avrebbe realizzato un terzo livello di opacità. Dobbiamo ricordare che il bilancio della Presidenza del Consiglio è un bilancio opaco che non viene «aperto» al Parlamento (al quale viene comunicato un unico stanziamento aggregato, senza la sua allocazione alle singole poste di bilancio) e non è sottoposto al suo controllo come tutti gli altri stati di previsione del Ministero. Sotto questo livello di opacità vi sarebbe stata l'opacità del bilancio della Protezione civile, perché al terzo livello vi sarebbe stata l'opacità della società per azioni. Dunque, è stata una scelta di buon senso, ma non si può pensare che con questo il problema sia risolto, perché quello che sta emergendo in questi giorni è accaduto senza la società per azioni, è accaduto con la Pag. 73Protezione civile così com'è e come rimarrà allo stato di questo provvedimento. Dunque, il problema c'è e rimane e per affrontare il nodo del problema va, innanzitutto, respinta la cultura che si è impadronita della Protezione civile, espressa in più occasioni e in molte dichiarazioni dal sottosegretario Bertolaso (da ultimo anche nelle risposte alle dieci domande di Eugenio Scalfari), ovvero l'idea che l'efficienza, il fare, possano essere perseguiti sempre, in tutte le situazioni, e non solo in caso di assoluta necessità, anche a scapito delle regole, delle leggi, dei principi costituzionali che regolano il nostro ordinamento. È questa idea di fondo che va respinta: l'idea che alla Protezione civile tutto sia consentito e che quel settore della pubblica amministrazione è sottratto alle norme della Costituzione e che chi ha lavorato per la Protezione civile ha acquisito meriti, veri, ma che comunque legittimano trattamenti speciali. Lo ripeto: il riconoscimento del valore del lavoro del Dipartimento e dei volontari è fuori discussione, ma ricordo al sottosegretario Bertolaso che l'inosservanza del principio di separazione tra politica e amministrazione, che impedisce ad un membro di Governo di essere capo di una struttura amministrativa che dipende dal Governo stesso, oltre a violare molte norme di legge, impedisce che, nella sostanza, nel concreto operare di ogni giorno, si realizzi quel bilanciamento di poteri ed interessi che garantisce il buon funzionamento degli uffici pubblici. Dunque, questa non è una formalità, un'invenzione, ma è un'esigenza di buon funzionamento dei meccanismi amministrativi. La distinzione di ruoli non è un fatto formale, è il meccanismo che impedisce alla politica di abusare dell'amministrazione, perché non è vero, come il sottosegretario Bertolaso ha affermato più volte, che si può fare tutto quello che l'autorità politica ordina. I funzionari hanno il diritto, ma prima di tutto il dovere di opporsi alle direttive dell'autorità politica se queste sono in contrasto con legge, perché i dirigenti, i funzionari, hanno una responsabilità autonoma che deriva dalla Costituzione e dalle leggi.
È certo che tutto quello che è stato affidato a lei, sottosegretario Bertolaso, e tutto quello che è stato ordinato di fare nella gestione dei grandi eventi fosse davvero rispondente all'interesse pubblico? E ancora: certo, i dipendenti della Protezione civile hanno grandi meriti ma in nome di quale specialità loro (piuttosto che altre migliaia di persone che da anni svolgono un servizio prezioso per lo Stato), i suoi collaboratori, devono essere stabilizzati e immessi in ruolo in deroga a norme e a sentenze della Corte costituzionale?
Credo che i successi, i riconoscimenti che sono arrivati al sottosegretario Bertolaso e alla Protezione civile abbiano forse fatto perdere il senso della misura e abbiano portato questa struttura e il Presidente del Consiglio a vedere realizzata nella Protezione civile l'idea di uno Stato che in nome del fare può derogare ad ogni regola.
Io considero l'efficienza dello Stato e della pubblica amministrazione un obiettivo strategico per un Paese moderno che voglia essere competitivo sul piano economico e giusto sul piano sociale, ma ritengo anche che in uno Stato democratico questo obiettivo debba essere perseguito nel rispetto della legge. Avviene nei più grandi Paesi occidentali, deve essere possibile anche in Italia affinché ci sia anche nel nostro Paese una democrazia alla pari delle altre grandi democrazie europee. Questo deve essere l'obiettivo di un Governo riformatore, e invece nulla è stato fatto in questo senso dal Governo Berlusconi nei sette anni in cui ha operato dal 2001 in poi, con buona pace del Ministro Brunetta e del Ministro Calderoli, il quale dovrebbe semplificare l'attività dell'amministrazione pubblica.
Ma non è stato sempre così. La Protezione civile non è stata sempre questo. Non si sono fatti Protezione civile e grandi eventi in un unico connubio. Come credo Bertolaso ricorderà bene, il grande Giubileo del 2000, che fu sul piano organizzativo un grandissimo successo, tanto che proprio da quel successo partì e si alimentò la fama di Bertolaso quale grande Pag. 74organizzatore cui affidare la gestione delle situazioni più difficili, fu gestito tutto con poteri ordinari. Con le procedure ordinarie furono realizzati i lavori a Roma e nel resto d'Italia. Con i poteri ordinari furono gestiti gli eventi eccezionali come il grande incontro di Giovanni Paolo II con i giovani a Tor Vergata nell'agosto del 2000. Ma nel 2001, insediatosi il Governo Berlusconi, in vista del G8 di Genova, la cui organizzazione il Governo Amato aveva avviato con i poteri ordinari, fu introdotta la legislazione sui grandi eventi, ovvero l'estensione dei poteri di ordinanza e di deroga a tutte le norme amministrative e contabili ad eventi non imprevisti e catastrofici. Da qui è partita - io credo - la degenerazione del sistema, un sistema censurato dall'Unione europea con l'avvio di una procedura di infrazione, a fronte della quale il Governo italiano nel 2004 - lo hanno ricordato stamattina l'onorevole Realacci ed altri colleghi - si era impegnato a ripristinare i limiti originali della normativa sulla Protezione civile. Ma questo non è stato fatto perché troppo grande è stata la pressione della politica a potersi avvalere per qualsiasi evento dei poteri eccezionali.
Però, credo che qui, Presidente, sottosegretario, bisogna essere molto chiari e ognuno si deve assumere le proprie responsabilità, perché la pressione ad utilizzare i poteri straordinari all'origine non nasce dalla perversa volontà di fare affari. Questa è la conseguenza, l'effetto finale, ma ciò che spinge Presidenti del Consiglio, sindaci di grandi città, presidenti di regione, di ogni schieramento, a chiedere la legislazione sui grandi eventi è la fuga dalle procedure ordinarie, da tutti a ragione considerate una trappola mortale da cui è quasi impossibile uscire con opere di qualità realizzate nei tempi programmati.
Allora, innanzitutto è di questo che bisogna parlare, di una legislazione urbanistica, di una legislazione sulle opere pubbliche che ha stravolto la Merloni, di una legislazione vincolistica e interdittiva il cui risultato è stato la spinta a fuggire verso la straordinarietà e ad aumentare la corruzione, perché ogni passaggio, ogni barriera burocratica inevitabilmente genera intermediazione politica e corruzione.
Quindi, chi sinceramente con onestà mentale chiede di uscire dalla logica dei poteri straordinari, deve però nello stesso tempo affrontare il tema della semplificazione delle procedure ordinarie, dei controlli, abbandonando la politica del «no», la cultura del «no» e permeando le procedure ordinarie della cultura del risultato, della valutazione dei risultati in termini di qualità ed economicità, di rispetto dei tempi e dei costi, e non solo di legalità, senza essere intimidita da estremisti e giustizialismi.
Se non si è disposti a mettere al centro dell'agenda parlamentare in modo concreto, serio ed aperto questo tema, la discussione che stiamo facendo oggi rischia di essere pura demagogia.
È quello però che ci saremmo aspettati dal Governo all'indomani dell'inizio dello tsunami che sta investendo la Protezione civile: difendere ciò che di buono c'è e tutto ciò che di ottimo è stato fatto, ma affrontare il tema centrale, cioè escludere i poteri straordinari per i grandi eventi, riformare subito le procedure ordinarie, avviare una ricognizione di quanto si sta facendo con i poteri di emergenza, instaurare un sistema di controllo sui risultati su quei lavori che sono in corso, avvicendare i funzionari che da troppi anni rivestono i medesimi incarichi e che anche solo per questo producono incrostazioni di potere che vanno immediatamente rimosse.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,30)

LINDA LANZILLOTTA. Il sottosegretario Bertolaso ha scelto di rimanere al suo posto: una scelta che io rispetto, ma lo ha scelto autonomamente, perché nessuno io credo possa essere coartato nella propria volontà, ma questa sua permanenza potrà avere un senso positivo, a mio parere, solo se lo stesso Bertolaso si farà promotore di una riflessione critica su come si è andata modificando la Protezione civile e contribuirà Pag. 75a riportare la sua azione, l'azione del dipartimento e di tutta la struttura nell'ambito che le è proprio, ristabilendo un assetto equilibrato e scegliendo lui stesso tra ruolo politico e ruolo amministrativo, perché, come ho detto prima, le due cose sono funzionali all'equilibrio del sistema, non sono un fatto puramente formale o un orpello giuridico inutile.
Il primo segno di questo nuovo orientamento per essere credibile, però, dovrà vedersi già in questo decreto-legge. Temo che ciò non avverrà e noi ci auguriamo che invece vi siano ancora da parte della maggioranza una valutazione e una riflessione sui punti che sono emersi in questa discussione. Ritengo che uno dei punti centrali che debbono essere corretti del decreto-legge sia quello dell'eliminazione dell'applicazione della vigilanza della Protezione civile ai grandi eventi che sono stati estesi oltre ogni ordine di ragionevolezza; e per applicare questo nuovo criterio occorre eliminare l'articolo che estende quei poteri straordinari al piano carceri: si tratta di altre centinaia di milioni di euro che verrebbero gestiti con poteri speciali, senza controlli e senza procedure garantite.
Se così non sarà, il nostro giudizio sul decreto-legge sarà fortemente negativo e, pur riconoscendo i meriti del sottosegretario Bertolaso, non potremmo non attribuire anche a lui, alle sue scelte e alla sua responsabilità l'anomalo e distorto utilizzo dei poteri straordinari e le degenerazioni che possono derivare da una concentrazione così grande di potere nelle mani di un uomo solo, che forse con un eccesso di ubris ritiene di poter fare a meno delle regole e dei controlli che l'ordinamento pone a presidio della legalità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, nel mio intervento intendo evidenziare tutta una serie di ambiguità, anomalie, contraddizioni e incongruenze che caratterizzano questo provvedimento per manifestare, come Italia dei Valori, tutta la nostra contrarietà al decreto-legge e alla conversione dello stesso che vi apprestate a compiere.
Per elencare le anomalie che ritengo siano contenute in questo decreto-legge, vorrei iniziare citando la Corte costituzionale, che aveva stabilito, con una sentenza del 1956 più volte ribadita in casi successivi, che le ordinanze devono rispondere ai canoni dell'efficacia limitati nel tempo in relazione ai dettami di necessità, urgenza e dell'adeguata motivazione. Quindi, i cardini dovrebbero essere la necessità, l'urgenza e l'adeguata motivazione.
Se andiamo ad esaminare il decreto-legge in esame che, come dicevo prima, siete in procinto di convertire in legge, mancano i requisiti di necessità e urgenza. Tra le norme che troviamo in questo decreto-legge in più stridente contrasto con i requisiti richiesti proprio dall'articolo 77 della Costituzione, potremmo citare un'infinità di articoli. Mi limito a citarne alcuni per chi ci sta ascoltando, giusto per dare l'idea di cosa voglia dire. Ad esempio, l'articolo 5-bis in materia di attività del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico; gli articoli 6, 7 e 8 recanti le norme rivolte al trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra; l'articolo 17-bis.
Con particolare riguardo al comma 1 dell'articolo 5, le disposizioni ivi contenute rappresentano un autentico escamotage che rischia di perpetuare ciò che, in via di assoluta irripetibilità e straordinarietà e solo per il 2009, è stato adottato in deroga e stravolgimento della legge n. 400 del 1988 e della disciplina in materia di pensionamento.
Le suddette norme, signor Presidente, configurano una mera proroga del medesimo incarico assegnato in capo alla medesima persona (stiamo parlando del sottosegretario Bertolaso) attraverso una modifica della definizione dell'incarico del tutto generica e priva di coordinamento con la normativa vigente sulla composizione del Governo ed a sua surrettizia modifica.
Poi vi sono alcuni articoli che, secondo noi, sono lesivi di principi e di articoli Pag. 76della Costituzione, come il comma 5 dell'articolo 3, che, nell'ambiguità della sua formulazione, si profila quale ulteriore norma gravemente iniqua e lesiva dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e certezza del diritto, al pari dei vari lodi che sono stati perpetrati nel corso di questa legislatura. Per non dire poi del fatto che alcune norme sono addirittura in contrasto e configurano una violazione dell'articolo 113 della Costituzione.
Volevo fare un accenno, visto che è tema tanto caro agli amici della Lega, anche al federalismo, perché anche in questo decreto-legge vi sono accenni che rappresentano esattamente il contrario di quello che il federalismo vuole invece perseguire. Con il decreto-legge in esame abbiamo finalmente capito quale sia l'idea ed il pensiero di questo Governo sul federalismo, e andiamo nella direzione esattamente opposta all'idea reale del federalismo. Basterebbe leggere l'articolo 11, riguardante il trasferimento a società provinciali di compiti e funzioni propri dei comuni, oppure gli articoli 16 e 17 sulla Protezione civile Spa (anche se adesso, con gli emendamenti che sono stati approvati, pare che il Governo si sia ravveduto su questa società e che finalmente abbia deciso e capito che non è una cosa che va bene e che funzioni).
In barba al tanto sbandierato federalismo, come dicevo prima, siamo di fronte ad un provvedimento in cui si ricorre fin troppo - ma a questo ormai il Governo ci ha abituati già da un po' di tempo - alla scelta facile del commissariamento. Si commissariano, infatti, i comuni campani, si prevede la nomina di un commissario ad acta nel caso in cui i comuni non forniscano alle province i dati relativi agli archivi Tarsu, Tia e via dicendo, si propongono ben tre nuovi commissari ad acta.
A proposito di Tarsu e di rifiuti (nel decreto-legge in esame si parla anche di rifiuti), noi riteniamo che alcuni comuni campani, specialmente i comuni virtuosi, siano stati esautorati della loro potestà. Il Governo, infatti, non ha voluto accogliere una proposta emendativa che avevamo presentato, che era di assoluto buonsenso e con la quale si chiedeva di non esautorare dei loro compiti e competenze i comuni campani che hanno rispettato, raggiunto e superato i livelli di raccolta differenziata e gli standard di gestione del servizio integrato di gestione dei rifiuti, a beneficio di società provinciali che moltiplicano i costi e non hanno una consolidata esperienza sul campo. Quindi i comuni della Campania vengono trattati con palese incostituzionalità, in modo completamente diverso rispetto agli altri comuni del Paese, che sono di fronte anch'essi a simili emergenze rifiuti.
Per la Campania il decreto-legge in esame, all'articolo 11, propone fino al 30 di settembre di quest'anno la provincializzazione dei rifiuti, cioè il previsto trasferimento di competenze in materia di rifiuti a nuove società provinciali, con l'attribuzione ai presidenti della provincia di compiti e funzioni in materia di gestione dei rifiuti. La Tarsu (la tassa di scopo sui rifiuti) verrà riscossa e soprattutto gestita non più dai comuni, ma dalle province, a cui tocca la gestione di rifiuti, quindi vi è uno stravolgimento totale di quello che dovrebbe essere il principio federalista.
Così, caro Presidente, si fa carta straccia delle diverse esperienze positive da parte delle amministrazioni comunali in materia di gestione del ciclo dei rifiuti, dove non pochi comuni hanno conseguito significativi miglioramenti in termini di pianificazione di obiettivi e di raccolta differenziata.
Ma passiamo ad altro, per parlare delle anomalie e delle incongruenze che rileviamo nel decreto-legge in esame. Vorrei fare una brevissima analisi della legislazione emergenziale: già dal 1992 - giusto per fare una sintesi e sempre per chi ci ascolta magari da casa - l'ordinamento prevede che la Protezione civile possa muoversi in deroga ad ogni disposizione vigente, ed è giusto così, nelle vere emergenze però, perché di emergenze si deve trattare. Dal 2001 si sta ultra-abusando di questo sistema senza pudore sia per l'ampiezza Pag. 77delle deroghe, sia per il numero dei casi nei quali si interviene senza che vi siano emergenze.
Negli ultimi dieci anni si è instaurata una vera e propria legislazione d'urgenza, che ha prodotto centinaia di dichiarazioni di stato di emergenza. Tra il 2001 - quando il dottor Bertolaso viene nominato a capo della Protezione civile - e i primi cinque mesi del 2009, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha varato 587 ordinanze - non mi sono sbagliato, sono 587 ordinanze emergenziali - di cui solo una fa riferimento a calamità naturali.
Pertanto, il nodo politico ed istituzionale di questa vicenda è da ricercarsi nelle disposizioni legislative che equiparano le emergenze post-calamità naturali ai cosiddetti grandi eventi. Il nodo è proprio qui: i grandi eventi. La Protezione civile ha coordinato e gestito l'organizzazione dei grandi eventi, che non determinavano affatto situazioni di grave rischio, né rivestivano quei tre caratteri che ho ricordato all'inizio del mio intervento, citando la Corte costituzionale. E così, anche per prassi pluriennale, l'ordinanza di protezione civile è diventato uno strumento utile per poter derogare a decine di leggi, senza nessun effettivo controllo sulle spese effettuate. Basta, infatti, un'ordinanza emergenziale per aggirare gare, norme di salvaguardia e controlli contabili. Tutto, oltre alle vere emergenze, si è trasformato in stato di necessità. Ne potrei ricordare una serie, ma lo evito per non tediarvi. In realtà, potremmo fare un elenco infinito delle ordinanze che sono state adottate e tutto si è trasformato in stato di necessità.
È evidente che la Protezione civile viene utilizzata in maniera del tutto impropria anche per eventi che sono stati programmati da lunghissimo tempo. Addirittura alcuni eventi sono stati previsti anni prima e nulla hanno a che fare con l'emergenzialità. Si utilizzano le ordinanze della Protezione civile per deroghe di qualsiasi genere, ad esempio, alla normativa ambientale e persino nel caso delle bonifiche e, come è stato richiesto in alcuni casi, anche per l'Expo di Milano del 2015. L'ordinanza di Protezione civile è diventata uno strumento ordinario di gran parte dell'azione di governo.
Ho già ricordato il numero delle ordinanze. L'aumento delle ordinanze va di pari passo con l'estensione dell'attività protettiva ai cosiddetti grandi eventi, al di fuori delle catastrofi naturali. L'emissione di ordinanze non è più subordinata a criteri specifici, ma alla discrezione del Consiglio dei ministri, con una vera e propria confisca dei poteri legislativi e di controllo del Parlamento ed anche del Capo dello Stato, perché le ordinanze sono esclusivo appannaggio del Presidente del Consiglio in quanto atti puramente amministrativi e, quindi, anche in questo senso il Parlamento viene esautorato e scavalcato e i controlli vengono esautorati e scavalcati.
Ma veniamo ora ai controlli, visto che stavamo proprio parlando dei controlli. Le ordinanze di Protezione civile sono state sottratte sia al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, sia a quello dell'Autorità per i lavori pubblici.
L'Autorità, un anno fa, ha scritto al Parlamento, ma la sua protesta è stata archiviata. Il dottor Bertolaso ha parlato più volte di autorevolissimi comitati di garanti cui ha affidato il compito di monitorare il lavoro. Ci ha detto anche di avere una buona interlocuzione con la Corte dei conti. Tutto va bene e ne prendiamo atto, ma fatto sta che i monitoraggi discrezionali non possono sostituire i controlli formali previsti dall'ordinamento. Infatti, tali monitoraggi discrezionali si possono mettere in atto come si vuole, se si vuole e quando si vuole.
Poiché sono stati presentati degli emendamenti, vi volevo citare le ultime anomalie e le ultime correzioni che sono state apportate a questo decreto-legge. Intanto, visto che ormai siamo abituati ad avere decreti omnibus, dove si infila di tutto e di più, volevo dire ai nostri cittadini italiani, che ci ascoltano, che si fa tanto parlare, si fa tanto dire e si fanno tanti proclami e poi, invece, nei fatti, poco alla volta, a passetti, a step uno alla volta, si viola costantemente tutto quello che normalmente Pag. 78viene detto per fare soltanto pubblicità. I componenti del Governo, signor Presidente, dovevano essere pochi, dovevano essere ridotti, dovevamo ridurre le spese e questo doveva essere un Governo di contenimento, di snellezza e di efficienza.
Il comma 1 dispone l'istituzione di un nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per tutto il 2010, incaricato del coordinamento degli interventi di protezione in ambito europeo e internazionale rispetto ad eventi di interesse di protezione civile, in deroga alla normativa in materia di conflitto di interessi, cumulo di incarichi e di pensionamento nella pubblica amministrazione.
Potrà ricoprire questo nuovo incarico anche chi riveste già la carica di capo della Protezione civile. Con legge istitutiva del Ministero della salute (la n. 272 del 2009) lo scorso novembre il Governo ha provveduto a modificare la legge finanziaria per il 2008 innalzando da 60 a 63 il numero dei componenti dell'Esecutivo. Che vuoi che siano tre in più?
Un emendamento approvato ieri al Senato, se non vado errato, ha disposto un incremento del numero dei componenti del Governo da 63 a 65. E che vuoi che siano, anche qui, altri due in più? Peccato però che con questo emendamento si salirebbe a 65 (più uno che riportavo, come si dice, a 66) e la spesa causata dall'innalzamento del numero dei componenti del Governo è pari a oltre un altro milioncino di euro, a decorrere dal 2010 e chiaramente a carico degli italiani.
Non mi dilungo a dire altro, signor Presidente. Voglio fare un'ultima battuta perché sono state fatte delle variazioni e concludo così. Ci sono tre emendamenti che sono stati presentati dal gruppo e, rispettivamente: reintroducono il controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei Conti sui grandi eventi (e meno male!) e sopprimono la mutazione genetica della Protezione civile derivante dall'inserimento nel decreto-legge n. 343 del settembre 2001 dei grandi eventi tra le competenze della medesima e l'estensione ad essi del potere di ordinanza.
Concludo dicendo, dopo aver rilevato tutte queste piccole, che poi sono grandi, incongruenze, grandi anomalie e gravi disattenzioni verso gli italiani, che noi, come Italia dei Valori non siamo per niente d'accordo, anzi siamo estremamente contrari, a tutto quello che si è fatto in questo decreto-legge e a tutto quello che si tenterà di fare domani magari con l'ennesima fiducia per convertirlo in legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ginoble. Ne ha facoltà.

TOMMASO GINOBLE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò in breve di sviluppare alcune considerazioni su questo provvedimento di conversione del decreto-legge n. 195 del 2009, un decreto di grande importanza che tratta una delle parti più rispettate dal senso comune e dalle persone, ossia la Protezione civile, che è considerata come una cosa propria, una cosa che funziona, una cosa che è vicina.
Tratterò questo argomento facendo riferimento in maniera particolare all'articolo 16, cui il Governo ha rinunciato, ma che ieri all'inizio della seduta della Commissione faceva ancora parte del provvedimento in discussione, nonostante vi fossero state dichiarazioni di autorevoli personaggi della maggioranza. Mi riferisco al sottosegretario Letta e al Presidente della Camera, onorevole Fini, che mostravano la loro contrarietà alla privatizzazione della Protezione civile.
Con questa contrarietà dimostravano quello che noi da tempo andavamo dicendo, ossia che con questo provvedimento di fatto si andava verso la privatizzazione della Protezione civile. Ma come definire quello che è successo ieri in Commissione? I miei colleghi di Commissione sapranno dirlo come e meglio di me: vi era la confusione più totale e il presidente della Commissione ha iniziato senza avere formalmente nessuna modifica da parte del Governo.
Il rappresentante del Governo, che non c'era, poi è arrivato con delle modifiche: Pag. 79alcune parti sono state ritirate e altre sono state aggiunte. Ma com'è possibile che su un argomento così importante si lavori in maniera così pressappochistica, superficiale, confusa e, mi permetta di dire, anche arrogante e prepotente? Com'è possibile prima difendere in maniera molto insistente un provvedimento e poi in un attimo modificarlo? Quali sono i motivi? È giusto che su questa storia qualcuno abbia il coraggio di dire perché l'indirizzo della maggioranza si è modificato. È giusto che in una democrazia queste cose vengano spiegate non solo ai componenti di quest'Aula, ma all'intero corpo della cittadinanza: che si chiariscano queste cose.
In realtà con il provvedimento, soprattutto con ciò che era contenuto nell'articolo 16, si voleva la privatizzazione vera e propria della Protezione civile, tant'è vero che erano previste anche delle parti economiche che andavano verso la costituzione della Protezione civile Spa. D'altra parte, la creazione delle società per azioni fa parte dello stile, delle convinzioni e del sentimento di questo Governo e di questa maggioranza: per fare più in fretta, per non avere chi disturba, secondo il detto «non disturbate il manovratore». D'altronde dobbiamo dire che le privatizzazioni e la ricerca della societarizzazione della Protezione civile e delle pubbliche amministrazione è una mania continua del Presidente del Consiglio Berlusconi.
Questo è un provvedimento che vede tutta la nostra contrarietà: siamo contrari sia sul piano formale che su quello dei contenuti. Con l'istituzione della Protezione civile Spa si stava continuando l'operazione di smantellamento che da tempo pervicacemente questo Governo persegue: lo smantellamento della pubblica amministrazione che questo Governo aveva iniziato in occasione dell'ultima legge finanziaria quando ha istituito la Difesa Spa. Ma lo aveva fatto anche nel primo Governo, con un provvedimento analogo: Infrastrutture Spa. Come abbiamo fatto in quella occasione, anche qui dobbiamo rilevare e sottolineare come questo Governo tradisca nei fatti e manifesti una vera e propria orticaria nei confronti dell'apparato servente dello Stato (come è definita dalla nostra Costituzione la pubblica amministrazione) in nome di una non meglio chiarita ricerca di economicità e di efficienza (su cui potremmo aprire un capitolo a parte), di un modernismo aziendale che pare debba sostituire il buonsenso - oserei dire il buon gusto - il rispetto delle regole e la conseguente trasparenza degli atti di chi cura la pubblica amministrazione.
Si ricorre di fatto ad una vera e propria privatizzazione ed esternalizzazione. Dicevo prima che anni fa il Governo Berlusconi volle la Patrimonio Spa e Infrastrutture Spa; coloro che hanno una lunga militanza magari lo ricorderanno anche meglio di me. Infrastrutture Spa, che fu vantata come un qualcosa che avrebbe risolto un po' tutti i problemi, è sparita dalla circolazione, se ne cercano notizie.
La Patrimonio Spa, invece, è stata assorbita dalla Fintecna, adesso c'è la Difesa Spa, poi ci sarà la Protezione civile Spa. Questi sono atti legislativi che ci danno l'idea del modo di fare, dell'effettiva intenzione di questo Governo di procedere ad una vera, continua e celere sostituzione della pubblica amministrazione con una serie di società che, ancorché dichiarate pubbliche, sono, di fatto, strutturate, rincorrendo, come dicevo, una presunta efficacia, efficienza ed economicità, in base ad un modello privatistico. Quindi, parte dell'apparato della difesa è scomparso come segmento importante del Governo, dello Stato, e al suo posto c'è un consiglio di amministrazione di Difesa Servizi Spa ad occuparsi delle tante proprietà poste sotto la responsabilità del Ministero della difesa.
Inoltre, la Protezione civile, come l'abbiamo conosciuta noi, non sarebbe stata più quella perché, a dispetto di quello che taluni dicevano e anche dello sforzo comprensibile, ma dal mio punto di vista inutile e vano, di tanti della maggioranza di farci credere che questa società è perfettamente inserita in un contesto pubblicistico, la verità è che sarebbe stata tutta un'altra cosa. Pag. 80
La verità è che facendo leva sulla criticità, sulle emergenze, che per definizione vengono ad essere governate dalla Protezione civile, si faceva leva su questo per imporre un sistema abusato di ordinanze perché ormai la maggior parte degli atti di Governo si riduce ad ordinanze. Questo per me costituisce il completamento di una strategia: il Parlamento, di fatto, è tenuto fuori, è espropriato dal suo ruolo con il sistema eccessivo ed ipocrita delle ordinanze, considerato che, come è stato già sottolineato, abbiamo avuto 587 ordinanze emergenziali, di cui pochissime riferite a calamità naturali. 587 ordinanze in otto anni e mezzo sono sicuramente sufficienti a creare un blocco di potere indistruttibile, così viene alterata la fisiologia del buon governo, che forma e informa la composizione delle leggi.
La parola ordinanza sembra dire tutto: un ordine imperativo in deroga alle norme vigenti eseguito da un commissario straordinario trasformando, in sostanza, qualunque fatto ordinario in un fatto straordinario o emergenziale. In tal modo ci sarà sempre più di frequente un fatto più urgente, ci sarà sempre qualcosa di cui non si potrà fare a meno e questa è la nuova tecnica con la quale si sostituiscono norme, regolamenti, leggi, e con cui si spoglia lo stesso Parlamento delle sue funzioni con buona pace dei valori di partecipazione democratica.
Questo decreto-legge riguarda la Protezione civile ma è stato considerato un po' come un provvedimento omnibus, c'è stato messo di tutto. Oltre all'articolo 16, di cui vi parlavo poc'anzi, noi non possiamo che rifiutare l'idea di un'Italia governata ovunque da commissari di Governo, ciò per i rischi ideologici, ma anche sotto questo profilo abbiamo un'Italia divisa in tre, con tre commissari straordinari. È ora che questo Paese abbia una normativa chiara, che distingua le situazioni emergenziali, che in quanto tali hanno diritto a deroghe, da quelli che invece sono considerati i grandi eventi. Ma come si può considerare una situazione emergenziale un campionato di nuoto assegnato anni prima?
Come si può considerare una situazione emergenziale il G8? Su questo sarebbe bene vedere se ci fornissero i dati su quanto è stato speso a La Maddalena: come, perché, quale ritorno socio-economico. Sono 340 milioni di euro per quello che ci è dato sapere. Poi un'impennata e una fantasia e l'evento si sposta a L'Aquila, in quanto si dice che l'evento avrebbe portato attenzione sulla nostra città e che gli altri Capi di Stato avrebbero partecipato alla sua ricostruzione. Sarebbe simpatico sapere, rispetto ai 60-70 milioni di euro aggiuntivi spesi per spostare il G8 a L'Aquila, a quanto ammonta finora la cifra: quanti denari, quanti euro, quanti milioni di euro e a quali opere siano stati destinati questi aiuti dai partner che hanno partecipato al G8.
In questo decreto-legge è simpatico vedere l'assegnazione dei compiti in occasione delle emergenze e dei grandi eventi. Poi c'è anche una frase sibillina: tutte le condizioni in cui ci sono situazioni di emergenza socio-economico-ambientali. Questa è una frase che credo comprenda tutto; con questo si autorizzava la Protezione civile Spa a intervenire comunque e dovunque, come sul piano carceri e su altre parti improprie. Non credo che questo Paese sia così in emergenza come qualcuno vuole farlo apparire. È con preoccupazione - permettetemi di dire come diceva il collega Lolli - e con sofferenza personale, avendo ricoperto per un lungo periodo l'incarico di assessore regionale con delega alla protezione civile, che osservo questo brutale tentativo di ridurre a spezzatino questo straordinario mondo. È un mondo formato da uomini e donne, volontarie e volontari, fatto di tante generosità, responsabilità, partecipazione corale, tanti altruismi e solidarietà. In breve, è uno straordinario mondo che soprattutto nelle situazioni particolari, emergenziali e di grandi catastrofi riesce a dare il meglio di sé e che tutto il mondo ci invidia. Questa è la Protezione civile che conosciamo, vogliamo che rimanga tale, che si arricchisca e si irrobustisca. Questo è il patrimonio del nostro Paese e permettetemi di invitare voi del Governo, in Pag. 81quanto avete il dovere di far sì che rimanga tale. Mi dispiace che non ci sia in questo momento il sottosegretario Bertolaso con cui ho avuto modo di lavorare per l'emergenza della mia regione: alluvioni, incendi nel 2007. La conosco sottosegretario e so di quale caparbietà è dotato, di quale capacità e quale volontà sappia mettere in campo. La prego di non far passare il pensiero della indispensabilità personale. Questo vale per tutti e anche per lei. La Protezione civile è un orgoglio nazionale sin dalla sua nascita e con il suo fare umano e capace ha conquistato la stima e il «grazie» di tante persone: sia di coloro che sono state vittime di drammi, sia di coloro che hanno avuto modo di vedere come una comunità nel momento della necessità sapesse dare il meglio di sé stessa. Ma sappiamo che se una cosa funziona bene, non la si deve sovraccaricare con compiti impropri che vanno ben oltre i propri doveri (che sono quelli dell'emergenza).
I controlli qualche volta sono anche pesanti e gravosi, ma sono anche il tratto distintivo delle cose fatte in regola, della trasparenza, di quello che può essere spiegato. Questi controlli sono necessari in un Paese democratico, in cui il gioco dei pesi e contrappesi è sempre un po' il sale. Se non succede questo, anche una cosa bella corre il rischio magari di soffrire e di finire. Non si possono usare l'efficienza e la rapidità come scappatoia per sottrarre pezzi di istituzioni alle regole di diritto pubblico. Qualcuno anche autorevole in questi giorni ha definito la Protezione civile un facilitatore, ma nel nostro ordinamento giuridico non è prevista nessuna funzione di facilitatore, anche perché da facilitatore a facilitatore è semplice arrivare a situazioni come quelle che sono oggetto in questi giorni di continui e imbarazzanti retroscena ed anche, purtroppo, di atti giudiziari. Ed è per questo che vi chiediamo di rinunciare o di modificare questo provvedimento, perché sono sicuro che in quest'Aula ci sono le sensibilità necessarie, tante perplessità e non, indipendentemente dall'estrazione politica, che non vorrebbero mai che lo Stato e la Protezione civile fossero ridotti a situazioni confuse. Ci si trova di fronte ad un errore, ad un'impostazione sbagliata. In politica cambiare opinione non è un atto di debolezza, ma un'assunzione piena di responsabilità. Questo vi chiediamo, questo ci aspettiamo, ma questo credo soprattutto vi chiede l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, questo decreto-legge presenta, come ormai siamo abituati, la solita mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza e alcune disposizioni incostituzionali, ma presenta anche alcune altre straordinarietà, che mi fanno sentire intimamente necessario in primis rivolgere un sentimento di solidarietà a quel mondo straordinario dei volontari della Protezione civile, che sicuramente in queste ore si sentiranno sporcati da quanto sta avvenendo.
Poi mi viene da fare un'altra riflessione: la cosa più brutta di questa vicenda è rappresentata da quelle norme che giunte qui alla Camera dal Senato la maggioranza si è affrettata a cancellare con un colpo di mano, contrariamente a ciò a cui siamo abituati. Infatti, siamo abituati a colpi di mano per inserire cose strane e anche questo avete fatto, ma principalmente avete avuto fretta di togliere delle cose, come la Spa, o di chiarire delle altre, come se la sospensione delle azioni giudiziarie non riguardava il penale, forse perché avevate in mente questo e vi siete vergognati di portarlo avanti. Credo che quello che la nazione deve osservare in questa vicenda è che vi siete sentiti colti con le mani nella marmellata e siete corsi ai ripari, quando ormai i buoi erano scappati, unicamente per motivi elettorali. Probabilmente avete sentito addosso anche la protesta dell'elettorato di destra e, quindi, nell'imminenza delle elezioni regionali, avete avuto paura di andare avanti con le cose strane che fin dall'inizio della legislatura state facendo. Pag. 82
Dicevo che, come sempre, in questo decreto-legge mancano i requisiti di necessità e urgenza in tantissime norme, come in materia di attività del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, in cui modificate la legge n. 74 del 2001 (non c'era certo bisogno di un decreto-legge), o - questa è veramente straordinaria - con riguardo agli articoli 6, 7 e 8, le norme rivolte al trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra (con un emendamento che avete presentato avete stimato 355 milioni di euro; vorremmo vedere a chi andranno in tasca e da chi verranno tirati fuori), con un provvedimento da adottarsi entro il 31 dicembre 2011, che è un termine che addirittura suona come uno scherno della Carta costituzionale. Vi era bisogno di un decreto-legge per adottare un provvedimento che va preso entro il 31 dicembre 2011, cioè tra circa due anni! Vi è anche l'articolo 11-bis, che ha il fine di promuovere un accordo di programma tra aziende acquedottistiche, soggetti pubblici e società varie che operano nel settore idrico, al fine di aumentare gli erogatori d'acqua potabile nelle aree pubbliche.
Vi è, inoltre, tutta una serie di altri articoli, che non sto a citare, nei quali mancano con evidenza i requisiti di necessità e urgenza. Abbiamo, poi, una serie di disposizioni lesive di principi e di articoli costituzionali, come l'articolo 3, comma 5, di cui parlavo prima, ma di cui parlerò a breve approfonditamente. È quello che impedisce la tutela giurisdizionale di chi si sente leso dalle attività del commissario per i rifiuti. Vi sono deroghe, introdotte dalla norma suddetta, che limitano i diritti costituzionalmente protetti dall'articolo 113 della Costituzione, oppure l'articolo 14, nella parte in cui omette di fare esplicito riferimento alle procedure concorsuali previste dalle norme vigenti e dall'articolo 97 della Costituzione, che non appare compatibile con il principio dell'indipendenza della pubblica amministrazione e con le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Infine, ma anche a questo siamo abituati, non appare sempre correttamente definita la copertura finanziaria complessiva del provvedimento. Ma, a parte questo, che farà parte domani della nostra eccezione di costituzionalità, che, come al solito, boccerete in attesa che la Corte costituzionale faccia giustizia delle leggi, regolarmente incostituzionali, che ci presentate, dicevo prima che una grandissima opacità era rappresentata dalla Protezione civile Spa. Sarebbe stato l'ultimo tassello per legalizzare quello che, probabilmente - lo diranno i giudici, ma appare abbastanza evidente dalle cose che si vanno leggendo - era un sistema che era stato messo in piedi.
Sotto la somma urgenza degli eventi straordinari, che poi nella gran parte straordinari non erano (visite del Papa, costruzione di impianti sportivi per manifestazioni internazionali), sotto il cappello bonario dell'ordinanza di protezione civile, avete messo tutta una serie di attività che -parliamoci chiaro - tendevano ad eludere la normativa sugli appalti sotto il cappello del fare, e fare in fretta. Ma vi è stata addirittura proposta una censura da un'istituzione tutto sommato amica, com'è la Confindustria, il cui vertice ha più volte denunciato questo modo di sottrarre al mercato appalti di altissimo valore economico. La creazione della Spa avrebbe, in qualche modo, legalizzato quello che, probabilmente, oggi sentite come precario, come i tanti giovani lavoratori che state mantenendo precari e senza lavoro; un sistema precario che era abbastanza vulnerabile.
Sotto una società per azioni di diritto privato, a quel punto qualsiasi cosa sarebbe stata possibile. Questo è il motivo per cui siete corsi ai ripari: non per una resipiscenza morale o etica, ma per un mero calcolo elettorale avete tolto tale disposizione in Commissione, chissà, forse con l'ambiguo retropensiero di ripresentarla in un qualche futuro decreto-legge.
L'attività centrale nella nuova società per azioni sarebbe stata quella di svolgere funzioni strumentali al Dipartimento della protezione civile, ma soprattutto Pag. 83quella di divenire un centro di gare d'appalto: sarebbe spettata a questa società la progettazione, la scelta del contraente, la direzione dei lavori, la vigilanza sugli interventi strutturali ed infrastrutturali, nonché l'acquisizione di forniture o servizi. Parliamo quindi di un business assolutamente milionario, le cui ombre cominciamo a vedere in questi giorni, attraverso le indagini della magistratura.
Credo che abbiate fatto bene, indipendentemente dalle motivazioni morali che vi abbiano mosso a far ciò, a sopprimere l'articolo 16; ma credo che, tolto l'articolo 16, vada rivisitato tutto il sistema della Protezione civile: essa dev'essere un ente che, da una parte, fa prevenzione, dall'altra, interviene per sollevare, per alleviare le popolazioni colpite da catastrofi, fino al momento in cui non possa subentrare, passata l'immediatezza, l'ordinario competente in materia. È abbastanza noto che la Protezione civile abbia spogliato nel tempo dei propri poteri tutta una serie di Ministeri, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero per i beni e le attività culturali, al Ministero della salute, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, alla stessa Presidenza del Consiglio e allo stesso Parlamento. Noi crediamo che sia il caso che la Protezione civile, splendida struttura soprattutto nei suoi volontari, rientri nei ranghi; che la filosofia dell'emergenzialità, che la straordinarietà, l'emergenzialità siano diventate sostanzialmente una regola che ha però opacizzato tutto, soprattutto l'affidamento degli appalti, crediamo che sia opportuno che ciò venga superato, e si restituisca ai Ministeri competenti l'ordinaria attività, che ovviamente dev'essere svolta con più velocità, dev'essere svolta con uno snellimento dell'attività della pubblica amministrazione.
Un altro provvedimento che è inaccettabile e vergognoso, che grida vendetta, è questo cui avevo accennato, contenuto nel comma 5 dell'articolo 3. In esso si prevede che fino al 31 gennaio 2011 non possano essere intraprese azioni giudiziarie ed arbitrali nei confronti delle strutture commissariali; addirittura credo che vi sia un emendamento che, nella volontà di chiarire che il penale non è ricompreso in questo blocco, in questa sospensione, chiarisce che nemmeno i ricorsi amministrativi possono essere fatti. Si stabilisce quindi non solo il divieto di intraprendere azioni giudiziarie fino a tutto il 2011, ma anche la sospensione dei procedimenti giudiziari pendenti nei confronti delle strutture commissariali dell'emergenza rifiuti in Campania: dette strutture vengono così messe al riparo da qualsiasi procedimento giudiziario. È chiaro che ciò è assolutamente lesivo del diritto costituzionalmente protetto, e che non può essere violato nemmeno temporalmente. Tra l'altro, in questo caso sarebbero addirittura due anni, quindi non è nemmeno un tempo di cui si può dire: un'emergenzialità di tre mesi potrebbe essere tollerabile; no, sono quasi due anni, nei quali pubbliche amministrazioni, cittadini, aziende, imprese vengono bloccati nella tutela dei propri diritti.
Ciò significa che le strutture commissariali possono non pagare più nessuno perché nessuno può fare un decreto ingiuntivo, nessuno può pretendere di avere i propri danari. Mi chiedo come chi non faccia parte della cricca e quindi sappia di poter ricevere i propri soldi altrimenti, come chiunque possa negoziare con queste strutture commissariali quando sa che per principio non potrà discutere né una delibera, né un provvedimento, né un'ordinanza, né un inadempimento, né una morosità. Bene, credo che soltanto chi sa o chi ne ha la possibilità potrà contrarre con questi commissari. Credo veramente che sia una normativa vergognosa.
Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in Campania, i comuni campani, e credo che gli amici e colleghi della Campania vorranno insorgere come e più di me avverso questa normativa, vengono trattati con palese incostituzionalità ed in modo completamente diverso rispetto agli altri comuni del Paese ed anche quelli che sono di fronte a simili emergenze rifiuti od altro, anche perché poi le emergenze sono tutte uguali. Ad esempio la TARSU, la tassa di scopo sui rifiuti, verrà riscossa e soprattutto gestita non più dai comuni, ma Pag. 84dalle province, a cui tocca la gestione dei rifiuti, e quindi accadrà che senza questa entrata in bilancio, se non verranno modificati i parametri, verranno sforati tutti i Patti di stabilità. Tra l'altro ieri il sottosegretario Vegas si diceva, trattando di altra materia, contrario a sbloccare il Patto di stabilità anche per i comuni virtuosi; qui non solo non viene sbloccato il Patto di stabilità per i comuni virtuosi, ma viene tolta un'entrata probabilmente già prevista in tantissimi bilanci comunali che, se levata, andrà ad aggravare ancora di più il Patto di stabilità, rendendo impossibile a questi comuni investire e dare servizi, cioè svolgere la propria ordinaria attività.
Altra disposizione censurabile è quella dell'articolo 17 sui dissesti idrogeologici; qui ci sarebbe, come dire, in nuce un elemento positivo, una delle cose che la Protezione civile dovrebbe fare, cioè gestire la prevenzione o comunque concorrere alla gestione della prevenzione come argomento e materia anche di altri Ministeri. Ad esempio, ricordo che uno scienziato - da parte di alcuni è stato definito presunto tale - aveva in qualche modo previsto l'eventualità del terremoto in Abruzzo; non è stato considerato con argomentazioni scientifiche che non sta a me valutare, ma comunque questa previsione c'era stata e prevenzione in quel caso non c'è stata.
In caso di dissesti idrogeologici potrebbe provvedersi in concorrenza tra i Ministeri competenti insieme con la Protezione civile, ma non con l'esclusività prevista dall'articolo 17, ad una prevenzione, che però dovrebbe essere svolta da tre commissari straordinari ad acta per ciascuna delle macroaree geografiche - nord, centro e sud -, il problema è che la nomina di questi cosiddetti macrocommissari da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non richiede nemmeno le necessarie intese con i presidenti delle regioni interessate dalla nomina dello stesso commissario per quell'area, e quindi essi agiranno totalmente svincolati dal consenso delle regioni. Chiaramente, a questi commissari saranno attribuiti i poteri degli organi ordinari e straordinari, anche in sostituzione di essi, e in deroga alle disposizioni vigenti, pur nel rispetto delle disposizioni comunitarie.
Ci sembra che questo Governo, che vive di emergenzialità per comodità, stia prevaricando su ogni potere, compreso quello degli enti locali, ed anche quella normale concertazione richiesta nel trattare anche argomenti legislativamente previsti con le comunità locali.
Non vorremmo che, di passo in passo, dal federalismo si giunga (già siamo sommersi) ad un pesantissimo neocentralismo, e quindi ci sentiamo come destinati a veder catapultate dall'alto iniziative che distruggono l'ambiente e i nostri territori (come potrebbe accadere, ad esempio, con le centrali nucleari) senza che gli organismi istituzionalmente rappresentativi delle comunità locali possano farci nulla.
Un'altra straordinaria perla è quella rappresentata dall'articolo 17-ter, concernente la realizzazione urgente di istituti penitenziari: non vi è dubbio che questa sia un'emergenza del Paese e che vi sia bisogno di nuovi istituti penitenziari, ma come sempre il metodo è censurabile.
Tutta la procedura, dalla localizzazione alla costruzione, avviene in deroga a tutte le normative vigenti in materia urbanistica e costituisce variante degli stessi strumenti urbanistici vigenti. Certo, abbiamo già visto in passato questo tipo di normativa, ma per situazioni di straordinario e vero interesse pubblico come le grandi arterie infrastrutturali; in questo caso non ci sembra che si possa giungere ad abusare di ogni strumento, ivi compresi i piani regolatori dei comuni ove il Governo riterrà di far sorgere queste strutture penitenziarie e non vorremmo ritrovarci - poiché ne abbiamo sentito parlare - con la proposta di una sorta di cogestione tra pubblico e privato anche degli istituti penitenziari. Né vorremmo che - intorno a questi istituti penitenziari, magari a rispettosa distanza - per poter fare project financing, simbiosi o concorrenza tra pubblico e privato, venissero adottate varianti di piano regolatore che prevedano non solo la costruzione del penitenziario, Pag. 85ma anche di abitazioni e di quartieri residenziali (la fantasia di questo Governo quando legifera è infatti veramente infinita).
Si tratta quindi di un provvedimento che non può trovare in alcun caso la nostra approvazione, nemmeno per esempio quando eleva i membri del Governo da 63 a 65, lasciando sempre fuori però, guarda caso, il sottosegretario alla Protezione civile, il quale, siccome doveva giungere a scadenza in maniera assolutamente irrevocabile, viene prorogato (ma in questo caso si tratta di un nuovo sottosegretario, il cui nome tanto nuovo però non sembra essere) per tutto il 2010 secondo una dizione diversa, perché questa volta viene incaricato del coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo ed internazionale rispetto ad eventi di interesse nell'ambito della protezione civile.
Ma se per caso sarà il dottor Bertolaso, in deroga al conflitto di interessi ed al cumulo degli incarichi, egli potrà ricoprire ancora la carica di capo della Protezione civile.
Non crediamo che questo modo di legiferare sia corretto, così come auspichiamo (nella speranza, come dicevamo prima, che si ritorni nei giusti binari) che pure il regime delle ordinanze di protezione civile venga superato, perché ci sembra che tale strumento sia stato male utilizzato a 360 gradi.
Ma vogliamo limitarci a dire che ne è stata abusata la natura giuridica: tali ordinanze consentono di superare - è vero - la frammentazione dei poteri, le lungaggini burocratiche ed i potenziali conflitti tra istituzioni e livelli di comando, ma il sacrificio in termini di legittimità è evidente.
Solo circostanze davvero eccezionali, a nostro giudizio, possono consentire di bypassare il controllo del Capo dello Stato, il voto del Parlamento, l'esame preventivo della Corte dei conti. Affermiamo ciò, perché queste ordinanze sono diventate dei veri e propri decreti-legge, vere e proprie norme, e non atti amministrativi come dovrebbe essere. Quindi, se accanto all'utilizzo micidiale del combinato disposto, da noi più volte denunciato, di decreti-legge, di maxiemendamenti, di voti di fiducia, ed accanto all'uso indefinito della delega legislativa, ci mettiamo l'abuso di potere dell'ordinanza di protezione civile, ci troviamo davanti all'ultima modalità del processo di scardinamento del sistema delle fonti del diritto su cui si regge la nostra Repubblica.
Per cui il nostro accorato appello è quello di ritirare in toto questo provvedimento che prevede, come abbiamo visto, altre nefandezze pari a quelle che sono state, con la coscienza sporca e con le mani nella marmellata, ritirate. Crediamo, quindi, che, non essendovi alcuna urgenza, ma essendovi, invece, grandi elementi di incostituzionalità all'interno di questa normativa, questo decreto-legge non dovrebbe essere approvato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le faccio presente che per tutto l'intervento dell'onorevole Favia siamo stati felicemente da soli in Aula, senza un rappresentante della maggioranza, e, cosa ancora più grave, senza un rappresentante della Commissione. Voglio lasciare agli atti che sarebbe utile - saluto il relatore Ghiglia che arriva in questo momento - che tutti noi ci ricordassimo che oggi, come è noto, non sono previste votazioni; vi sono, tuttavia, tanti aspetti procedurali sui quali anche pochi deputati in più possono, in qualche modo, contribuire a che il rilassamento della maggioranza arrivi fino in fondo. La pregherei di fare in modo di far sapere che nel momento in cui o manca il Governo o un componente della Commissione, per quanto ci riguarda, fermeremo i nostri interventi e chiederemo di sospendere la seduta.
Se questo è il modo in cui la maggioranza ritiene di onorare la discussione che stiamo svolgendo su un tema così importante, Pag. 86su un decreto-legge che dovrebbe essere così importante, ne prendiamo atto e ci comporteremo di conseguenza.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, non ho voluto interrompere l'onorevole Favia che svolgeva il suo intervento; tuttavia, avevo notato l'assenza dei membri della Commissione e avevo provveduto a richiamare i suoi componenti. Nel frattempo è arrivato il relatore. La ringrazio, comunque, per la sua osservazione.
È iscritto a parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, questo è un dibattito particolarmente significativo e importante per i temi che stiamo affrontando e per la rilevanza che ha la Protezione civile nel Paese, nella nostra vita quotidiana; lo dimostrano le continue emergenze che questo Paese vive. Questo non è un processo fuori dall'aula giudiziaria a Guido Bertolaso. Credo che criminalizzare il suo lavoro svolto in tanti anni al servizio delle istituzioni sia sbagliato, così come sia sbagliato il suo porsi come vittima rispetto a questioni che attengono alle indagini che la magistratura sta svolgendo. Noi, invece, abbiamo un lavoro delicato e difficile da svolgere che è quello di valutare nel merito un provvedimento che il Governo ha proposto, e che noi riteniamo sbagliato, di riforma organica (almeno questo era l'ambizione) della Protezione civile, con il senso di responsabilità che ci spinge nella consapevolezza della rilevanza degli aspetti che stiamo affrontando. Il sistema di Protezione civile è un meccanismo essenziale, il suo funzionamento è essenziale per la sicurezza all'interno di questo Paese. Giustamente ci è stata più volte additata come motivo di orgoglio da parte delle istituzioni internazionali l'efficienza che abbiamo saputo dimostrare in tante circostanze in Italia, così come all'estero. Di tutto questo non dobbiamo buttare via nulla; dobbiamo conservare tutto quello che di buono ha funzionato e tutto ciò che di importante, di valido, in pieno spirito solidaristico, tanti uomini e donne della Protezione civile in questo Paese hanno fatto. Il decreto-legge è sbagliato non semplicemente perché noi siamo all'opposizione, ma perché non affronta la verità dei problemi della Protezione civile.
Il primo aspetto da considerare è che il decreto-legge non interviene sulla criticità che oggi rileviamo tutti (ma non l'abbiamo rilevata solo da oggi): la commistione tra fatti molto diversi, tutti accentrati in un'unica struttura, che non sono solo le emergenze rispetto ai grandi eventi, che già di per sé si presentano come fatti assolutamente non omologabili se non nell'esigenza di una attività di coordinamento. Ma vi è il grande tema della ricostruzione, che nulla ha a che fare con la Protezione civile di per sé. Allo stesso modo, la lista dei grandi problemi di questo Paese, che potrebbe essere affidata (in una logica che è quella che il Governo ha posto) alla Protezione civile è infinita. Infatti, le vicende a cui abbiamo assistito in questi mesi ci hanno dimostrato come si è passati dai rifiuti della Campania (e non so perché non quelli della Sicilia) al piano carceri, agli ospedali calabresi (e tante altre sono le disfunzioni che potevano essere affidate alla Protezione civile con questa logica) e agli incendi boschivi. Si tratta di situazioni molte diverse che non hanno legami logici per stare insieme, e quindi questa doveva essere l'occasione per riflettere su un riordino ispirato ad un primo principio, quello del federalismo. Infatti, ciò che in questo provvedimento si denota come assolutamente dimenticato, come radicalmente disatteso, è il principio del federalismo. Il federalismo è essenziale ancor di più nel sistema della protezione civile, perché la protezione civile funziona se funzionano le autonomie locali, se i sindaci fanno funzionare la protezione civile nel loro comune, se le squadre di volontari funzionano perché nel loro comune, nel loro territorio, conoscono e sanno mettere insieme quel sistema di solidarietà, di prontezza, di emergenza, che consenta efficienza del soccorso nel loro territorio, o anche capacità di risposta quando bisogna andare a soccorrere popolazioni vicine. Questo è testimoniato Pag. 87dall'articolo 17 - lo cito come esempio - con il quale, invece di rafforzare il senso di responsabilità delle regioni e delle autonomie locali sul rischio idrogeologico, si pensa ad accentrare nel Dipartimento di protezione civile o nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei casi indicati, con la nomina di commissari ad acta, quei problemi che invece possono essere risolti con efficienza solo se affrontati su scala locale e con le responsabilità e le normative che sono di per sé costruite intorno alle regioni. Credo che questo primo errore pesi sul funzionamento del sistema della protezione civile, e lo abbiamo visto in tantissime occasioni, anche nella differenza tra alcuni casi di eccellenza presenti forse (anzi sicuramente) più al nord - ahimè - in questo Paese, ma presenti anche in alcune regioni del sud, e l'assoluta trasparenza delle strutture di Protezione civile che esistono in altre parti del Paese. Dobbiamo evitare questo, quindi quando arriva il Capo della Protezione civile deve trovare un sistema che sul territorio si è già attivato, non pensare di poter attivare, sempre in un regime solidaristico, strumenti che arrivano da fuori.
Il terzo problema riguarda il fatto che vi sono norme in questo decreto-legge che rendono il sistema della Protezione civile ancora meno trasparente e ancora meno efficace. La soluzione della società per azioni è in contraddizione con la capacità di un sistema pubblico di dare risposte emergenziali, perché la forma della società per azioni serve per fare utili, non per rendere più efficiente un sistema. Qual è il senso di una società per azioni nell'attivare il soccorso? Quale può essere il senso? Nessuno. Le procedure non diventano più trasparenti passando attraverso una società per azioni; diventano meno trasparenti e più complicate, non meno complicate. Lo strumento delle ordinanze, uno strumento importante che deve essere utilizzato con intelligenza e con capacità nel momento in cui le ordinanze servono, non ha bisogno di una società per azioni per essere efficace, ma di un territorio che le recepisca e che le richiede quando servono, nonché di una struttura centrale che sia capace di renderle operative.
Molte volte in questo periodo abbiamo visto ordinanze senza risorse, ordinanze che decretavano l'emergenza, che suscitavano grandi aspettative nelle popolazioni coinvolte da eventi catastrofici e che non mettevano a disposizione le risorse. La Spa non risolve tale questione ma la complica soltanto.
Inoltre, le norme che sono introdotte hanno tutte uno stesso segno, quello di uscire da una logica in cui l'azione della pubblica amministrazione è indirizzata a tutela della collettività, in cui le questioni sono bilanciate rispetto ai diritti e ai doveri: diritti di chi è destinatario di un provvedimento, diritti di chi ha diritto a ricevere un soccorso adeguato in tempi certi, diritti di chi è committente e di chi lavora per la pubblica amministrazione.
Al contrario, ci troviamo di fronte a norme assurde, come quelle relative al termovalorizzatore di Acerra, che vengono inserite nel decreto-legge senza alcuna motivazione, ma credo che lo abbia detto in modo molto dettagliato l'onorevole Zaccaria questa mattina. Si emana un decreto-legge per stabilire che, entro il 31 dicembre, deve essere emanato un altro provvedimento e, quindi, non se ne ravvede l'urgenza. Per la prima volta - a mia memoria ma posso essere smentito - viene stabilito con un provvedimento legislativo il valore di un bene per il quale, invece, doveva essere seguito tutto un altro iter che prevedesse una perizia. Emerge con grande chiarezza che, mentre abbiamo letto - ahimè cito l'attualità - di intercettazioni in cui imprenditori sottolineavano come riuscivano a ricevere i pagamenti in pochi minuti, scadenzando i secondi dalla Banca d'Italia ai conti correnti della società, con il provvedimento in esame si blocca il diritto delle imprese che hanno lavorato per conto della Protezione civile persino ad aprire un procedimento giudiziario in sede civile rispetto ad un diritto che loro ritengono di avere.
Tali contraddizioni non sono assolutamente accettabili e, quindi, il senso generale Pag. 88del provvedimento è sbagliato e confuso e serve semplicemente a coprire l'inefficacia di alcune questioni, di alcuni aspetti che, anche in noi, avevano suscitato speranze. La situazione dei rifiuti in Campania, al di là di quanto ci vuole mostrare qualche telegiornale, non è molto diversa. La situazione dei terremotati dell'Abruzzo - ce lo hanno relazionato - non sotto il profilo dell'emergenza e di quanto hanno fatto gli uomini del sistema della Protezione civile quando sono intervenuti nell'emergenza, ma sotto il profilo della ricostruzione, va a rilento e non ci si è fatti carico di recepire tutti i bisogni; l'unica azione veramente rilevante è stata quella di nascondere le cose che non funzionano. Ritengo che questo sia un problema che non può essere affrontato e risolto semplicemente con un provvedimento che muta la natura giuridica del sistema della Protezione civile.
Vorrei ricordare quelli che devono essere i tre pilastri del sistema di Protezione civile. Anzitutto (questa doveva essere la natura reale del provvedimento), una struttura di emergenza efficiente ed efficace dotata di strumenti adeguati che va dal sistema dell'emergenza sanitaria, di competenza diretta delle regioni, ai vigili del fuoco che dipendono dal Ministero dell'interno, ai prefetti che sono le autorità sul territorio per quanto attiene la rappresentanza dello Stato anche su tutti i temi di difesa e protezione civile. Questo sistema andava potenziato con gli strumenti adeguati. Abbiamo visto in queste leggi finanziarie tagliare le risorse per i vigili del fuoco. Abbiamo visto ordini del giorno, proclami, comunicati stampa, solidarietà espressa ma non abbiamo viste le risorse per i vigili del fuoco, per far funzionare meglio la prima risposta a qualsiasi emergenza. In Abruzzo i primi uomini che sono arrivati a soccorrere i terremotati naturalmente erano i vigili del fuoco che dopo cinque minuti erano fuori dalle caserme.
La Protezione civile - perché è naturale che sia così - è arrivata il giorno dopo. La Protezione civile è un'etichetta, che è costituita da tanti uomini e da tante donne che lavorano nelle forze di polizia quando servono, che intervengono a portare la loro solidarietà, che stanno nelle squadre di volontariato, nelle Misericordie, nella Croce Rossa, che stanno appunto, come ricordavo prima, nei vigili del fuoco. Questo è il sistema da potenziare, questo è il sistema che oggi richiedeva un intervento urgente, e non di costruire una società per azioni, che per tutto questo non serve a niente: non garantirebbe un secondo in più di efficienza al sistema di protezione civile e alla risposta alle emergenze dei nostri concittadini.
La seconda questione è quella della territorio e la ricordavo prima rispetto alle competenze dei prefetti. Vi sono ancora regioni che non hanno un sistema di protezione civile regionale che non sia solo l'etichetta e lo dico anche per esperienza personale, poiché mi occupavo di questo. Su questo dovevamo fare leva per riuscire a stimolare e a costruire un sistema in grado di dare risposte immediate. Infatti, l'emergenza funziona se le risposte sono immediate. In questo senso, la funzione del Dipartimento di protezione civile doveva e deve essere diversa; qui non sto rimproverando Bertolaso quando interviene, ma rimprovero un sistema che cerca di accentrare ancora di più, invece di responsabilizzare il territorio. Perché in Calabria il sistema di protezione civile è ancora inefficace? Perché in Campania vi sono ancora tante lacune nel sistema di protezione civile? Perché la Sicilia, che investe tantissime risorse sul sistema di protezione civile, ha un sistema così disarticolato e così inefficace? Sono questioni a cui dovevamo dare una risposta più chiara.
La terza questione è quella relativa al volontariato: il volontariato in questo Paese consente di dire che abbiamo un sistema di protezione civile efficiente. Infatti, la differenza fra il lavoro del Ministero dell'interno e dei vigili del fuoco e quello più generale della Protezione civile è che, accanto ai vigili del fuoco vi sono i volontari, che vanno da quelli più specialistici ed organizzati del CAI a quelli delle Misericordie e delle tantissime migliaia di Pag. 89squadre di protezione civile che sono in tanti comuni. Nella mia regione vi sono 218 comuni e vi sono 218 squadre di protezione civile. Purtroppo, il terremoto del Friuli ha costruito un modello di protezione civile su una tragedia. Quello che dobbiamo fare è costruire modelli di protezione civile non sempre sulle tragedie (poi abbiamo anche visto tante tragedie che non hanno costruito alcun modello).
Volevo fare anche una sottolineatura sull'attualità e su Guido Bertolaso, con cui peraltro ho anche lavorato, anche con soddisfazione. Guido Bertolaso non è diverso dal Guido Bertolaso che ha lavorato anche con i Governi precedenti, compreso il Governo di centrosinistra. È diverso completamente però il suo rapporto con la politica, per responsabilità della politica e di questo Governo, che ha eliminato il suo ruolo di capo del Dipartimento di protezione civile e di alto funzionario dello Stato, con prerogative esclusivamente tecniche, per dargli una nomina con caratteristiche politiche e attribuirgli altri compiti: far funzionare un sistema di protezione civile, ma non solo consentire che, quando il Presidente Berlusconi andava in Abruzzo, vi fosse sempre una casetta pronta e nuova, una maceria spostata da un luogo all'altro, curare l'immagine del Governo e non solo occuparsi dei problemi della Protezione civile. Questa è una responsabilità tutta in capo al Governo Berlusconi, perché la professionalità di Guido Bertolaso non è cambiata negli ultimi anni: son cambiati completamente il ruolo e le cose che gli è stato chiesto di fare. Tale aspetto nel provvedimento in esame viene ancora più accentuato, viene messo a sistema ed è profondamente sbagliato. Tutto l'ordinamento che abbiamo costruito nella pubblica amministrazione in questi anni è quello della separazione netta tra politica ed amministrazione: perché vi dovrebbe essere un'eccezione nella Protezione civile? Qual è il senso dell'eccezione nella Protezione civile sulla separazione tra ruoli politici e ruoli di pubblico funzionario-amministratore? Non ha alcun senso. È stata una responsabilità precisa e diretta di questo Governo quella di voler creare una commistione ed oggi ne paga le conseguenze. Oggi a pagarne le conseguenze è il sistema, un sistema che deve essere autorevole nei confronti del Paese, che deve dare serenità ai sindaci e agli amministratori, che sanno di poter chiamare la Protezione civile a prescindere da chi è al Governo.
Infatti, sanno che hanno una risposta pronta e tecnica e non una risposta politica e chi ne ha fatto le spese è stato anche Guido Bertolaso.
Credo che una questione vada ancora affrontata, ma questo provvedimento non l'affronta con colpevolezza. Si tratta della sistemazione delle competenze nell'ambito della protezione civile. In questo ambito abbiamo competenze dei sindaci, delle regioni, delle province, dello Stato e dell'autorità prefettizia nell'ambito di prevenzione. Queste competenze ancora oggi sembrano confuse al Governo, che ci propone un emendamento in modo da poter intervenire con i commissari - che sembrano la salvezza per qualsiasi problema - sull'emergenza idrogeologica. Le competenze non sono chiare e si è creata una colpevole proliferazione di competenze anche nella legislazione, che non è frutto solo dell'attività legislativa di questo Governo o di questo Parlamento, ma di anni di incapacità di mettere a regime un sistema.
Voglio citare, a tale proposito, la questione degli incendi boschivi e la ricordo in questa stagione, quando gli incendi boschivi fortunatamente ancora non avvengono. In questo campo abbiamo la competenza del Corpo forestale che, purtroppo, lavora dodici ore al giorno e non ventiquattro. Pertanto, gli incentivi dovrebbero riguardare solo il giorno, mentre per quelli notturni ci si deve rivolgere ad un altro soggetto. Vi è, inoltre, la competenza delle regioni, che per legge sono responsabili degli incendi boschivi; vi è la competenza dei comuni, con le squadre dei volontari antincendio boschivi comunali; abbiamo la competenza del Dipartimento nazionale della protezione civile, in ordine all'invio dei mezzi aerei; abbiamo la competenza dei vigili del fuoco, in Pag. 90quanto ogni incendio boschivo che avviene in prossimità di presenza umana richiede l'intervento dei vigili del fuoco e, in un Paese antropizzato come il nostro, naturalmente questo avviene nel 99 per cento dei casi. In questa somma di incompetenze - perché quando la competenza è di tutti la competenza è di nessuno - vi è uno spreco di risorse.
Dunque, il problema non è assegnare alla Protezione civile la gestione della flotta aerea con un supermanager che garantisca che gli aerei volino in condizioni adeguate, che pure è importante e va fatto. I Canadair hanno dimostrato di essere utili ed efficienti, ma il problema è mettere a sistema tutte le risorse di cui disponiamo, che pure ci sono, e farle funzionare in maniera adeguata.
Mi sarei aspettato quindi - e mi accingo a terminare il mio intervento - che questo provvedimento contenesse delle misure importanti per far funzionare meglio un sistema che, come affermavo all'inizio del mio intervento, è essenziale per il Paese, perché vi è la prevenzione e poi l'emergenza. Nell'emergenza vi è bisogno di una guida autorevole e i riconoscimenti a Guido Bertolaso sono stati fatti sempre da tutti e da tutti gli amministratori, e credo che questo oggi non vada dimenticato. Tuttavia, vi è la necessità di un sistema che abbia la capacità di rispondere con efficacia ad emergenze sempre diverse e sempre più ampie, che riguardano i rischi ambientali o, ad esempio, il trasporto di materiali tossici. Ricordo che questo Paese è rimasto bloccato in più occasioni per il ribaltamento di una cisterna sulla A4 nel nodo di Bologna. Questo Paese è a rischio per mille problemi e non solo per i rischi idrogeologici. Questo Paese ha bisogno di una Protezione civile che venga spoliticizzata e non che diventi più politica. Ha bisogno di un sistema che sia più efficiente e più partecipato dal territorio, in grado di responsabilizzare e non di deresponsabilizzare chi sul territorio deve farvi ricorso e costruirlo nella quotidianità.
Per tali ragioni, credo che questo decreto-legge sia molto sbagliato, sia nel metodo sia nei contenuti. I passi indietro che il Governo ha fatto sono rilevanti e va riconosciuto. È chiaro che non è sufficiente, perché ci sono una serie di problemi, che abbiamo sottolineato in tutti i nostri interventi, che evidenziano che questo decreto-legge ancora non è adeguato. Tuttavia, anche nel caso in cui tale provvedimento fosse depurato da tutte le richieste di emendamento volte a cassare cose che non funzionano, comunque sarebbe un provvedimento carente nel risolvere quei problemi sistemici che io e i miei colleghi abbiamo evidenziato nei nostri interventi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ho qui con me una copia del Messaggero Veneto del 7 maggio 1976 dedicata al catastrofico terremoto in Friuli, che la notte precedente rase al suolo molte cittadine della mia terra, seminando morte e distruzione. Nei sottotitoli di questo giornale si evoca la generosa opera di soccorso per estrarre le vittime dalle macerie e la foto documenta lo sforzo di alpini, congiunto a quello di vigili del fuoco e di semplici cittadini, che sono intenti a scavare tra i detriti in cerca di feriti.
Da questa esperienza nacque presto il volontariato regionale di protezione civile nel Friuli-Venezia Giulia. La voglia di fare e di dare una mano di migliaia di persone ha permesso di mettere in moto quella macchina di solidarietà su cui si è fondato tutto l'impegno per promuovere la ricostruzione del Friuli, oggi portata a modello e in una singola parte - forse l'unica che salvo di questo provvedimento che andiamo a discutere - emulata nella norma che affida al presidente della regione Abruzzo e, in subordine, ai sindaci il ruolo di commissario di Governo per proseguire nella faticosa opera di ripresa della normalità in quella regione.
Spesso le tragedie dimostrano l'importanza dell'apporto di persone che volontariamente Pag. 91e gratuitamente si mettono al servizio degli altri in momenti di emergenza. Il ruolo cruciale svolto dal volontariato in queste situazioni ha spinto la nostra regione a valorizzare questa forza al servizio della tutela dell'incolumità pubblica, pensando ad un volontariato di protezione civile non più improvvisato sulla base di spinte emozionali, ma strutturato ed inserito in un sistema regionale integrato di protezione civile, costituito da soggetti ben definiti e soprattutto abituati a collaborare non solo nell'emergenza, ma anche nella quotidianità.
Nella mia regione nacque così la prima legge in Italia che organizzò le strutture di protezione civile, la legge regionale n. 64 del 31 dicembre 1986. Sei anni più tardi questo Parlamento istituì la Protezione civile nazionale, con la legge n. 225 del 24 febbraio 1992, servizio che fa capo al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale provvede al coordinamento e alla promozione della protezione civile e delle sue molteplici attività attraverso il Dipartimento della protezione civile.
Il risultato di questa organizzazione flessibile garantisce tempi di risposta brevissimi in caso di calamità, come abbiamo visto anche in Abruzzo e, di recente, in Sicilia o in Calabria, ma soprattutto assicura un controllo e un lavoro di prevenzione costante, contribuendo a ridurre l'impatto delle catastrofi, di qualunque natura esse siano.
La Protezione civile, insieme al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, delle Forze armate, del Corpo forestale dello Stato e della Croce rossa, può vantare tra le proprie risorse più importanti la professionalità e la preparazione dei propri addetti, dimostrando in ogni occasione grandi doti di capacità, generosità e disponibilità a disposizione dei cittadini.
Una menzione a parte meritano i volontari della Protezione civile, che costituiscono nelle situazioni in cui si verificano le calamità oltre la metà degli effettivi che intervengono sul teatro delle operazioni. La Protezione civile ha organizzato i volontari su base regionale e oggi può vantare oltre un milione 200 mila membri pronti ad intervenire e addestrati a fronteggiare qualunque evenienza.
Con questo decreto-legge il Governo snatura la Protezione civile e la sfrutta per finalità ben diverse: non più soltanto un rimedio strumentale per l'emergenza contro le calamità naturali, ma una sorta di agenzia d'affari per grandi opere o grandi eventi, in cui far confluire fiumi di denaro nella opacità dei controlli e in una sorta di zona grigia, dove si impedisce alla Corte dei conti di vigilare preventivamente, in cui le leggi di settore diventano un optional derogabile e dove si procede con ordinanze e commissari.
Volevate fare della Protezione civile una società per azioni, qualcosa che per sua definizione (richiamo gli articoli 2325 e seguenti del codice civile) persegue profitti e distribuisce utili: esattamente il contrario di ciò che anima il volontariato che innerva questa meritoria istituzione nazionale.
Su questa idea della società per azioni avete fatto marcia indietro solo dopo le nostre vibrate proteste e la provvidenziale inchiesta (ammesso che si possa così aggettivare un'indagine penale che ha denudato le insidie gelatinose di un modello così virtuoso) dei giudici fiorentini, che hanno svelato cosa si possa annidare dietro i giganteschi interessi economici legati al soccorso delle popolazioni colpite dalla natura o, con minor scandalo etico ma identica illiceità penale e amministrativa, collegati alla realizzazione di eventi sportivi come i mondiali di nuoto o di convention internazionali come il G8.
Ciò che sconcerta è che, di fronte all'evidenza delle intercettazioni telefoniche che documentano la corruzione - che gli stessi protagonisti disegnano nelle loro telefonate parlando della cricca di banditi della Ferratella oppure con le immagini eloquenti di una combriccola, di una banda di banditi, di una task force unita e compatta, di una squadra collaudatissima, qualificando i componenti Balducci, De Santis e Della Giovampaola come bulldozer, veri banditi, gente che ruba tutto il rubabile, persone da carcerare -, il Premier abbia di nuovo offeso Pag. 92i magistrati in una proterva difesa dei malfattori che, anziché servire lo Stato, pensavano agli affari loro e a quelli della loro famiglia.
Ve lo ricordate il Cavaliere? È sbottato con una frase che dice: «che ci sia una categoria di persone pagate con i soldi dei contribuenti, che si esercita a perseguitare con processi sempre e comunque infondati, è un male italiano che mi sento di denunciare». Eppure le trascrizioni e i riscontri emersi dall'ordinanza del GIP di Firenze Rosario Lupo ci dicono che il solo Balducci ricavò dagli appalti addomesticati il personale di servizio e la fornitura di mobili, un divano e due poltrone nella sua proprietà di Montepulciano; l'uso di un'autovettura BMW Serie 5; due utenze di cellulari; la messa a disposizione a favore della moglie di una FIAT 500; l'esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione dei suoi immobili di Roma e di Montepulciano; l'assunzione del figlio Filippo Balducci e la messa a disposizione dello stesso di un'autovettura BMW del valore di 71 mila euro; e già che c'era i lavori di ristrutturazione per l'appartamento dello stesso figlio in via Latina a Roma, con la fornitura di materiali di arredo in legno e tessuti; nonché viaggi a bordo di aerei privati; numerosi soggiorni su sua richiesta all'hotel Il Pellicano a Porto Santo Stefano e altro ancora.
Sui media televisivi però si è sviata l'attenzione da queste profittevoli convenienze guardando alle escort e alle pruderie sessuali, centrando le notizie sull'interpretazione di ambigue intercettazioni a carico di Bertolaso, come del resto è avvenuto per la D'Addario rispetto al problema della sanità pugliese corrotta e scialacquatrice del denaro dei cittadini. È come se le TV ci invitassero a guardare il dito mentre questo indica la luna. Ma forse pensano che i telespettatori siano tutti degli stolti?
Vero è che a bocce ferme l'atteggiamento del Governo non è poi sostanzialmente cambiato: in questa brutta legge di conversione si è cancellata la Spa, forse per convenienza elettorale, come ha già ricordato qualcuno, ma si lasciano gli scudi giudiziari, inizialmente il lodo Alfano, adesso limitati alle controversie civili e amministrative; si cancella il controllo preventivo della Corte dei conti e ci si accaparra la gestione «no law» dei grandi eventi.
Poi dietro l'angolo spunta il rimedio sovrano: è di oggi la notizia che il Premier abbia preteso dai suoi sodali di accelerare al Senato l'approvazione della legge contro le intercettazioni telefoniche. I magistrati e le forze di polizia giudiziaria non potranno più così investigare sulle tentacolari infiltrazioni di quelle frange di imprenditoria e di politica corrotta.
Sull'altare o meglio sull'altarino della politica del fare si sacrificano i controlli sulla spesa pubblica al punto da far passare l'idea che il malaffare possa essere anche accettato come una sorta di male minore, rispetto ai roboanti risultati di celerità delle realizzazioni. La politica del fare, le realizzazioni: ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Alla Maddalena la Protezione civile ha speso in pochi mesi 327 milioni di euro in appalti per il G8 fantasma. Oggi l'isola è lì a chiedere al Governo di far risorgere il suo sogno, mentre è costretta, lei come tutti noi italiani, a languire nel degrado e nell'abbandono di questi manufatti.
La sola bonifica dell'ex arsenale militare è costata 30 milioni di euro, cioè circa 58 miliardi di lire: doveva diventare un albergo di lusso, o meglio, visto quanto è costata, forse la residenza di Re Mida; ma dall'estate scorsa ad oggi è già lì che perde i pezzi. I soldi dei contribuenti, sempre meno per la verità quelli destinati alla giustizia, secondo il Cavaliere non dovrebbero essere più sperperati per gli stipendi dei magistrati che indagano sulla corruzione; molto meglio che i soldi pubblici siano destinati a garantire affari d'oro per gli appaltatori amici, tanto poi in un modo o nell'altro questi ricambiano per bene i favori ricevuti.
Già che ci siamo, facciamo anche del piano carceri un business con appalti in deroga e la secretazione della procedure. Ma cosa c'entrano le carceri con i terremoti e le alluvioni? Ecco cosa fa questo Pag. 93provvedimento: equipara l'emergenza all'urgenza, con un condono indulgente delle inefficienze del Governo.
In altre parole, se non siamo in grado di programmare investimenti sui grandi eventi, di solito annunciati con anni ed anni di anticipo, o se non siamo in grado di programmare l'ammodernamento delle strutture carcerarie obsolete e inadeguate da decenni, trasformiamo una pecca di tutti, l'incuria della pubblica amministrazione, in una risorsa per alcuni: per il commissario di turno e i fortunati imprenditori a lui collegati.
Un'altra singolare deroga al sistema della pubblica amministrazione è questa commistione tra il ruolo politico, che è tipico del sottosegretario di Stato, con quello amministrativo, qual è quello del capo Dipartimento della protezione civile: chi controlla, se il controllore è anche il controllato?
Quanto agli espropri e ai diritti dei cittadini che saranno interessati dalle ordinanze commissariali, voi negate loro persino la possibilità di agire in giudizio; siamo tornati sudditi, non siamo più cittadini. Nel Regno d'Italia il Parlamento dello statuto albertino varò una legge che è ancora oggi un caposaldo del diritto amministrativo, la legge n. 2248 del 20 marzo 1865 sul contenzioso amministrativo, che dava al cittadino leso dall'abuso della pubblica autorità un giudice in grado di tutelarne gli interessi. Oggi, o tempora, il Parlamento della Repubblica democratica italiana inserisce un'ulteriore deroga pericolosa al principio di legalità, sospendendo il sistema dei controlli e di bilanciamento degli interessi tra lo Stato e il cittadino, imbavagliando il cittadino di fronte al diritto sacrosanto, costituzionalmente tutelato, di protestare davanti ad un giudice per la lesione dei suoi diritti ed interessi legittimi. Attenzione, però, nel Paese emerge un deciso aumento delle denunce per fatti di corruzione e di concussione accertati, con un incremento tra il 2008 e il 2009 rispettivamente del 229 per cento e del 153 per cento: questo non ve lo dico io, è la denuncia del Procuratore generale della Corte dei conti, dottor Mario Ristuccia, espressa in occasione del suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2010.
Noi dell'Italia dei Valori vi diciamo di «no» e «no» vi dicono anche i cittadini onesti e quel milione e 200 mila volontari della Protezione civile che oggi si sentono disorientati e sbigottiti dal fango che questa volta non è il rigurgito rovinoso di una delle tante frane del dissesto idrogeologico italiano contro il quale i volontari sono abituati a lottare, ma è quello virtuale e ben più vischioso che rischia di sommergere l'istituzione della Protezione civile, tra le più prestigiose e stimate nel nostro Paese. Voi della maggioranza neppure restate a guardare, ma vi chiudete gli occhi e vorreste che li chiudessimo tutti. Noi no, noi li teniamo e li terremo bene aperti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, in questo decreto-legge, fino a ieri mattina vi era un articolo, l'articolo 16, che poi è stato soppresso su iniziativa della stessa maggioranza, ma per merito, come dirò, della battaglia dell'opposizione, un articolo che prevedeva la trasformazione della Protezione civile in Spa. Di qui un primo paradosso: se la Protezione civile funziona, come tutti abbiamo detto in quest'Aula, qual è l'urgenza di trasformarla in Protezione civile Spa, e quindi cosa giustifica l'adozione di un provvedimento di questo tipo all'interno di un decreto-legge? Ovviamente nulla. Siamo, invece, a questo perché il binomio decretazione d'urgenza-fiducia - temiamo, infatti, che domani sia anche posta la questione di fiducia su questo provvedimento - è chiaramente la cifra di questo Governo e di questa maggioranza nell'azione legiferante: le leggi si fanno così, a colpi di decreti-legge e poi di fiducia. Questa è la vostra mentalità, questo il modo con il quale si vuole strozzare il dibattito, soffocare la democrazia, atrofizzare il Parlamento, rendere inutile il lavoro che proviamo a compiere in queste Aule. Pag. 94
Domani ci verranno a dire che l'ingorgo tra questo decreto-legge e il decreto-legge mille proroghe richiede per necessità l'adozione o l'imposizione della questione di fiducia.
Ma sappiamo bene che se si è a questo ingorgo, ciò non è causa del caso ma di una scelta politica di questo Governo. Anzitutto, il Governo ha inizialmente mandato entrambi i decreti-legge al Senato, mentre, da che mondo è mondo, quando vengono emanati due decreti-legge, ognuno dei due ha un ramo del Parlamento che è il primo ad analizzarlo: questa volta no. La seconda circostanza (che rende chiaro il motivo della prima che ho illustrato) è che la prima settimana del mese di febbraio è stata dedicata da quest'Aula al legittimo impedimento. Il capogruppo del PD, Dario Franceschini, aveva chiesto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo che, essendoci decreti-legge in via di scadenza, li si esaminasse prima del legittimo impedimento. Ma è evidente che per questo Governo e per questa maggioranza la priorità tra le priorità era il legittimo impedimento, quindi adesso siamo a dover convertire in legge ben due decreti-legge in pochi giorni.
Questo decreto-legge tratta materie importanti, sulle quali abbiamo fatto opposizione di merito. Oggi nel primo intervento di questa lunga maratona il capogruppo del PD in Commissione, l'onorevole Raffaella Mariani, ha spiegato puntigliosamente e con dovizia di particolari tutti i motivi per cui il PD si oppone a questo decreto-legge. Voglio ricordare che si tratta di un'opposizione di merito, iniziata in Senato con uguale durezza ben prima che uscissero sulla stampa le notizie dell'indagine giudiziaria. Certo, tali notizie fanno apparire tutto l'argomento di cui discutiamo sotto un'altra luce, però non erano necessarie affinché il PD si opponesse a questo decreto-legge per tutte le negatività che esso comporta. Proverò ad esaminare alcuni aspetti, proprio perché i colleghi si sono già soffermati bene su una serie di altre questioni. In ordine ai rifiuti in Campania non abbiamo difficoltà a riconoscere che il capo del dipartimento della Protezione civile - in questa veste gli voglio attribuire meriti, meno, come dirò, nella veste di sottosegretario - ha operato bene nei primi mesi dell'emergenza in Campania e non abbiamo difficoltà a riconoscerlo. D'altra parte, Bertolaso era stato individuato come commissario straordinario per la medesima emergenza già dal Governo Prodi poi le cose non funzionarono come avrebbero dovuto, ma questa volta certamente sono andate meglio. Tuttavia, una serie di impegni anche in relazione all'emergenza rifiuti in Campania rimangono disattesi. È stata superata l'emergenza e dai dati appresi da un'audizione dello stesso Bertolaso in Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti viene fuori che ad oggi sono disponibili 4,5 tonnellate come volume delle discariche, mentre la produzione è di 2,2 tonnellate annue. Ciò significa che in Campania abbiamo raggiunto un'autosufficienza di circa due anni. Dopo cosa accadrà? Solo se saranno realizzati i termovalorizzatori si potrà dire che la situazione in Campania tornerà alla normalità e sarà sotto controllo. Questo era uno dei compiti che era stato assegnato al dipartimento della Protezione civile per la cessazione dell'emergenza. Qual è la situazione dei termovalorizzatori? Il primo, quello di Acerra, rischia in questo momento di rimanere anche l'ultimo. Ad un certo punto ci hanno detto che bisognava costruirne cinque (c'era scritto questo nel precedente decreto-legge esaminato da questo Parlamento). Ora si dice che forse se ne faranno tre, ma l'unica cosa certa è che ne è pronto uno solo ancora non collaudato definitivamente. Inoltre, c'è il paradosso fin qui rimarcato di questo articolo aggiunto ieri a correzione di un precedente articolo circa il prezzo del termovalorizzatore di Acerra. In precedenza, c'era scritto che l'ENEA avrebbe valutato il prezzo che lo Stato dovrà corrispondere ad un'impresa privata per acquisire la proprietà del termovalorizzatore.
Però, alla fine dell'articolo stesso si diceva che nel frattempo si mettevano da parte 355 milioni di euro a valere naturalmente Pag. 95sui fondi FAS, perché l'altra costante di questo Governo è che, appena ha necessità di trovare una copertura finanziaria ad un proprio provvedimento, la prende dai soldi per il Mezzogiorno, almeno in questo caso il termovalorizzatore è ubicato nel Mezzogiorno.
Dopodiché, questo articolo viene corretto: si sopprime tutta la parte introduttiva relativa al lavoro che ENEA avrebbe dovuto fare per valutare il costo del termovalorizzatore e si dice seccamente che il termovalorizzatore vale 355 milioni di euro, un valore istituito per legge, una cosa grave, un precedente anche un po' paradossale, se volete. A Salerno bisogna costruire il secondo termovalorizzatore: la prima gara è andata deserta e lo stesso Bertolaso, ancora il 29 luglio 2009, ha spiegato che probabilmente c'è un problema di numeri, per cui questa gara è andata deserta. Le imprese che dovrebbero partecipare attraverso il project financing al cofinanziamento dell'opera richiederebbero almeno 450 mila tonnellate annue come capacità produttiva del termovalorizzatore e, anche perché sta funzionando bene la raccolta differenziata, questi quantitativi di rifiuti non si riescono a garantire.
Dopodiché, sarebbe necessario che almeno tre province conferissero tali rifiuti nel termovalorizzatore di Salerno, almeno Salerno, Caserta e Benevento, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Dunque, sulla stessa praticabilità della costruzione del termovalorizzatore di Salerno nessuno si impegna, nessuno ci dice che veramente un giorno questo termovalorizzatore sarà realizzato. Si diceva che dovesse essere realizzato un termovalorizzatore a Napoli, ma solo pochi giorni fa si è individuato il sito. Siamo ancora quindi ai primi passi ed è facilissimo prevedere che tra due anni avremo un unico termovalorizzatore - speriamo collaudato, perché anche le operazioni di collaudo comportano lungaggini e quando i collaudi diventano lunghi c'è sempre qualcosa che non va - ed entreremo nuovamente in emergenza, anche perché, in assenza di tre termovalorizzatori, non sarà possibile lo smaltimento dei 7,2 milioni di tonnellate di ecoballe che ancora insistono sul territorio.
La seconda questione, inaccettabile dal nostro punto di vista in relazione alla gestione dei rifiuti in Campania, è la scelta di provincializzare la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, proprio mentre numerosi comuni ottengono grandi risultati sul ciclo integrato, in particolar modo sulla raccolta differenziata: Salerno, Avellino, Benevento, Nocera Inferiore, Giffoni Valle Piana, Ottaviano, San Sebastiano, Bacoli, Quarto, Procida e Castellammare di Stabia, amministrazioni di colore differente, perché è evidente che l'efficienza e l'efficacia di una amministrazione comunale non sono patrimonio di una parte politica. Sono amministrazioni di segno differente, che ottengono buoni risultati, sviluppano know how, dimostrano di essere capaci di svolgere questo servizio, e si decide di espropriarle delle competenze che hanno maturato e di affidare tutto alle province.
Stridente poi è ciò che accade in merito al termovalorizzatore di Salerno, per il quale l'anno scorso, anzi nel 2008, questa maggioranza ha individuato il sindaco di Salerno De Luca quale commissario straordinario per la realizzazione del termovalorizzatore, mentre adesso questa stessa maggioranza decide che non deve essere più lui ad occuparsene, ma il presidente della provincia di Salerno. Si è troppo maliziosi se si pensa che ciò è dovuto semplicemente al fatto che dalle scorse amministrative il presidente della provincia di Salerno non è più uomo del centrosinistra, ma è diventato uomo omogeneo a questa maggioranza di governo? Si è troppo maliziosi se si pensa che si è voluta depotenziare l'azione di un candidato alle elezioni regionali? Forse si è troppo maliziosi.
Certamente, però, si è nel vero se si dice che sottrarre queste competenze al comune per intestarle alla provincia porterà risultati assolutamente negativi in quanto alla speditezza delle procedure per realizzare l'opera. Pag. 96
Peraltro, ancora Bertolaso - sono parole sue - il 29 luglio 2009, in un'audizione alla Commissione bicamerale, affermava: è un errore che le province si occupino non solo di sorveglianza e controllo, ma anche di gestione.
Lo diceva anche lui che è molto più giusto che siano i comuni ad occuparsene; non si capisce perché il decreto-legge abbia voluto stravolgere una nozione sulla quale lo stesso Bertolaso era assolutamente d'accordo con il nostro modo di vedere.
Terza questione, che trovo assolutamente inaccettabile, per qualche verso resa ancora più inaccettabile dalla correzione fatta ieri, è quella del comma 5 dell'articolo 3. Inizialmente era peggio del lodo Alfano, una vera e propria immunità preventiva e pregressa; ora, anche dopo avere escluso i procedimenti di tipo penale, si continua a dire che la struttura commissariale è assolutamente intangibile: non si possono avviare procedimenti né di tipo civile né di tipo amministrativo per ieri, per oggi e per domani, fino al 2011.
È una concezione assolutamente contraria al modo ordinario di pensare ad uno Stato di diritto che funzioni. Cosa significa, che un'impresa che ha perso una gara perché vi è stato un errore o un dolo sul piano amministrativo non possa fare ricorso al TAR per avere riconosciuti i propri diritti?
Significa che un'impresa che è creditrice dello Stato e della struttura commissariale non può, attraverso un procedimento civile, ottenere quello che merita di ottenere? Significa tutto questo? Significa che vi sono zone franche, intangibili sotto il profilo civile o amministrativo?
Dal mio punto di vista, è una vera e propria bestialità! Non ci basta che ieri, solo ieri - al Senato l'avevano tenuta in piedi - abbiano capito, evidentemente, questa volta sì, sotto l'influenza delle notizie di stampa, che l'avevano fatta grossa. Solo ieri hanno deciso di espungere i procedimenti penali, ma il comma 5 dell'articolo 3 rimane inaccettabile anche solo con riferimento ai processi civili, amministrativi e contabili.
Sulla Protezione civile, anche qui - lo dicevo in premessa - non vi è difficoltà nel riconoscere il buon lavoro fatto in questi anni da Bertolaso, ma anche dai suoi predecessori negli ultimi anni.
Sono lucano, nel 1980 avevo 16 anni: ricordo bene quel terremoto, l'inefficienza dei soccorsi e lo sfogo del Presidente della Repubblica dell'epoca, Pertini, a proposito dell'assoluta incapacità dello Stato di intervenire in tempi brevi nei comuni disastrati di quelle aree.
Oggi, trenta anni dopo, abbiamo una Protezione civile che è un modellino che funziona, anche grazie al lavoro di tantissimi cittadini volontari. Il sistema è cambiato: a L'Aquila ha dato ottima prova di sé; se si pensa a come la Protezione civile americana è intervenuta a New Orleans, a seguito dell'uragano Katrina, ma anche ad Haiti di recente, non vi è dubbio che il paragone sia tutto a vantaggio della nostra Protezione civile.
E però, se questo è vero, quale era la necessità di prevedere questa trasformazione in Protezione civile Spa? Non insisto su questo, perché vi è stato un rinsavimento del Governo, che attribuisco fortemente all'azione dell'opposizione, di tutta l'opposizione in questa Camera.
Ieri abbiamo fatto un grande lavoro in Commissione; pur nella confusione dovuta al Governo, alla quale faceva riferimento poc'anzi il collega Ginoble, si è riusciti ad ottenere la cancellazione e la soppressione dell'articolo 16.
Non si capiva perché, se la Protezione civile già funzionava bene, la si volesse trasformare attraverso modifiche che incidevano, riducendole ancora di più, sulle garanzie di trasparenza nelle procedure per le assunzioni, per i concorsi, per gli affidamenti, per gli appalti, cioè esattamente per tutte quelle procedure descritte con il termine «gelatinoso» dai pm che indagano su alcune delle vicende che hanno riguardato esattamente la Protezione civile.
Se già, quindi, con le procedure attuali le garanzie non funzionavano, figuratevi cosa sarebbe successo se l'obiettivo iniziale del Governo, di trasformare la Protezione Pag. 97civile in società per azioni, fosse stato raggiunto. Tutti sanno che le società per azioni, sia pure a capitale interamente pubblico, godono di una discrezionalità assolutamente più ampia in tutte le azioni a cui ho fatto prima riferimento: immaginate che cosa sarebbe successo se quel sistema gelatinoso avesse potuto contare su altre armi, su armi più potenti per estendersi e per radicarsi.
Rimane inaccettabile poi - è stato detto, ed è uno degli elementi distintivi dell'opposizione che stiamo compiendo in Aula - l'errore del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito nella legge n. 401 dello stesso anno, che prevede la possibilità di affidare ogni evento alla Protezione civile, purché esso venga dichiarato grande; e tale dichiarazione è a totale discrezionalità della Presidenza del Consiglio, che decide quale situazione possa essere ritenuta un grande evento, e da quel punto in poi, affidandola alla Protezione civile o ad altro commissario, la gestisce con procedure assolutamente d'urgenza. Sono diventati tali negli ultimi anni, o stanno per diventare tali, grandi eventi da far gestire alla Protezione civile, la Vuitton Cup in Sardegna, come prima la Vuitton Cup a Trapani, i Mondiali di Nuoto a Roma, i Giochi del Mediterraneo, l'esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Copertino, le visite del Papa a Brindisi e a Cagliari, gli appalti per le carceri (ci tornerò), l'Expo di Milano, la beatificazione di Padre Pio, l'Area archeologica romana, persino un lotto della Salerno-Reggio Calabria, e tanto altro, tanto altro ancora. Troppo! Quando si dilatano le competenze affidate in capo ad una sola struttura, e per certi versi ad un solo uomo, i rischi di incorrere negli errori o nelle colpe a cui abbiamo assistito e stiamo assistendo, è ovvio che aumenta.
E peraltro non è un caso che le indagini siano concentrate non tanto sul core business dell'attività, per così dire, della Protezione civile: anche le indagini di questi giorni non parlano dell'emergenza a L'Aquila o di altre emergenze, o del momento emergenziale relativo alle alluvioni, dove è naturale e giusto che si proceda d'urgenza e con procedure assolutamente straordinarie. Riguardano invece proprio tutti questi eventi di contorno: i Mondiali di Nuoto, il G8 alla Maddalena, e così via; attività collaterali che naturalmente sono affidate a strutture create ad hoc, che usufruiscono di amplissimi margini di discrezionalità, e quindi anche dell'inevitabile tentazione ad agire in modo non corretto.
Si affida tutto alla Protezione civile, si fa diventare ogni cosa un grande evento. Qui c'è un tema politico serio che riguarda il Parlamento: lo Stato rinuncia a priori all'efficienza e all'efficacia della pubblica amministrazione, aggira il problema affidandosi alla Protezione civile anziché incidere sul sistema di leggi, sulle regole, sulla pubblica amministrazione, sulle persone che dovrebbero in condizioni ordinarie svolgere bene il loro lavoro e garantire che si facciano bene le cose. Conosco bene, anche per mia esperienza professionale, quanto sia difficile realizzare un'opera pubblica in Italia; e però la soluzione non può essere quella di affidarsi sempre all'«uomo della Provvidenza»: la soluzione dev'essere quella di far funzionare bene nell'ordinario pubblica amministrazione, enti locali, stazioni appaltanti, con regole certe, trasparenti ed efficaci affinché si possa realizzare bene ciò che va realizzato bene. Da questo punto di vista per noi è qualificante l'emendamento cosiddetto Bersani, che prevede che la Protezione civile torni a fare la Protezione civile e non si occupi di altro. Inaccettabile è poi sommare la funzione di capo Dipartimento a quella di sottosegretario.
In questo caso, direbbe Dante Alighieri, «per la contradizion che nol consente», una contraddizione evidente: l'uno, il capo Dipartimento, sulla base del fondamentale principio di imparzialità della pubblica amministrazione, è servitore dello Stato apolitico ed imparziale; l'altro, il sottosegretario, è ruolo sommamente politico, parte del Governo e, dunque, espressione della maggioranza che lo sostiene e pertanto non è possibile che la stessa persona sia contemporaneamente alto funzionario Pag. 98e sottosegretario; non è mai stato possibile in questo Paese e non è possibile per nessun altro. Non c'è motivo per cui si facciano eccezioni per Bertolaso o per chiunque altro; si torni seriamente e correttamente alla separazione chiara e netta delle funzioni.
Altre questioni sono inaccettabili, le elenco velocemente. L'insufficienza dei fondi destinati alle alluvioni: 100 milioni di euro non sono sufficienti a far fronte ai disastri prodotti da tali eventi; poi i supercommissari sul rischio idrogeologico. Ci risiamo, ricadiamo sempre nello stesso errore. Ma perché un piano di interventi sul dissesto idrogeologico non deve poter essere fatto dalle autorità di bacino che esistono in tutta Italia e che hanno esattamente questo tra i compiti essenziali da dover svolgere. Ma perché mai, perché mai non dovrebbe essere possibile a tali autorità, di concerto con il Ministero, stabilire quali siano le opere da fare? Perché bisogna nominare tre supercommissari che debbono sovrintendere a tutta questa materia? Anche qui il sospetto viene: sono supercommissari a cui si daranno superpoteri per superscegliere le opere da fare e poi magari anche per decidere come gestire le procedure che portano a tali opere? Il dubbio è assolutamente legittimo. Si torni all'ordinario, siano le autorità di bacino, sono nate per questo con la legge n. 183 del 1989, perché lo si vuol far fare ad altri?
Le carceri. Quando in quest'Aula il ministro Alfano ci preannunziò che avrebbe dichiarato lo stato di emergenza per le carceri, fu ancora il capogruppo del PD, Franceschini, ad intervenire subito con un ammonimento al Governo affinché questa non fosse la scusa per realizzare le carceri non in regime di concorrenza, non seguendo le regole degli appalti che si seguono per ciascuna opera. Ed invece sta accadendo proprio questo, non c'è trasparenza, c'è elusione delle norme, le imprese si lamentano perché già si capisce che esisteranno delle cordate privilegiate. Pensate che saranno secretati persino gli atti di gara per gli affidamenti; le imprese che non vinceranno non potranno neanche ricorrere al TAR perché non avranno la possibilità di vedere le carte sulla base delle quali è stato deciso che un appalto debba essere giudicato all'una o all'altra cordata. Così com'è non si pensa, lo ha detto bene oggi il collega Realacci, a recuperare le opere già realizzate ed incompiute. Ce ne sono tante di carceri iniziate e non concluse che andrebbero invece recuperate e realizzate.
Mi auguro che possa emergere, e fino adesso così non è stato, la volontà da parte del Governo di recepire alcune delle nostre proposte emendative. Ieri in Commissione ambiente l'opposizione ha presentato 400 emendamenti. So che si potrebbe lavorare per ridurre il numero di tali emendamenti per favorire la discussione se ci fosse solo la volontà da parte del Governo di lavorare per il miglioramento di questo brutto, brutto decreto-legge. Decreto che, così com'è oggi, anche dopo i miglioramenti che abbiamo apportato ieri in Commissione, è assolutamente inaccettabile. Non sono solo i recenti fatti giudiziari a spingere il PD ad avversare questo decreto-legge, ma è l'essenza stessa di esso, la visione di Stato e di pubblica amministrazione che trasuda da esso ad essere di segno totalmente contrario alla nostra visione di Stato e di diritto. Per questi motivi diamo battaglia in Aula per arrestare la folle corsa di un treno di sventura.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, da questa mattina i colleghi dell'opposizione stanno svolgendo interventi nell'assoluta assenza dei colleghi della maggioranza, con l'impossibilità di avere, anche nell'ambito della discussione sulle linee generali, elementi di confronto nel merito.
Gli interventi che stiamo svolgendo sono infatti tutti uniti da un elemento importante, quello di dichiarare gli aspetti di criticità di questo provvedimento e di inserirli all'interno di un giudizio molto critico per ciò che sta avvenendo.
Il tempo è sempre un elemento positivo nella valutazione, e credo che vi sarà un Pag. 99tempo per la riflessione, lo studio e l'apprendimento che permetterà ai cultori della materia, ai notisti della politica di riflettere su quanto sta accadendo, perché questo disegno di legge di conversione è esattamente l'elogio di un manifesto del potere assoluto nelle mani di un solo uomo e della filosofia che ha pervaso sin dall'inizio l'intero provvedimento.
Vorrei che i colleghi riflettessero su tale considerazione perché arriviamo a questo provvedimento dopo che già al Senato le opposizioni ne avevano mostrato gli elementi negativi e si erano concentrate sul punto dell'articolo 16. Quello stesso articolo, che trasformava la Protezione civile in una società per azioni, era stato oggetto anche di alcuni atteggiamenti di insofferenza da parte della maggioranza (sebbene non espressi, o espressi solo dopo). Anche nel corso di quel dibattito al Senato il tema era nettamente distinto tra l'idea di protezione civile ed il riconoscimento ai volontari ed alle persone che lavorano con competenza e serietà dentro quella struttura, da un lato, e l'utilizzo che spesso ne fanno i capi di quella stessa struttura, dall'altro.
Noi vogliamo mantenere questa distinzione, anche alla luce delle vicende giudiziarie che sono all'attenzione di questi giorni, e la cosa da cui vogliamo partire è proprio questa perché nella valutazione di una politica e del nostro voto fortemente contrario a questo decreto-legge non ci annebbia, né ci fa velo la discussione sulle cose che stanno accadendo: anzi, vogliamo mantenerle distinte, ma dentro quella distinzione vogliamo individuare le responsabilità, che sono tutte di ordine politico e che sono la fonte oggettiva di chi ha concepito questo decreto-legge.
Questa mattina il collega Zaccaria nel suo intervento ha tracciato gli elementi in base ai quali siamo di fronte ad una trasformazione di fatto dell'uso della governance in questo Paese: oggi siamo messi nelle condizioni per cui dentro l'idea delle ordinanze e del decreto-legge che produce ordinanze vi è esattamente il fuoriuscire dall'idea della legge. La legge non è più il vincolo attraverso il quale si producono atti normativi, ma diventa un impaccio che va aggirato ed una facile scorciatoia.
Ma la scorciatoia è esattamente il terreno scivoloso su cui questo decreto-legge continua a mantenere, nonostante le modifiche apportate dalla Commissione ambiente, quegli elementi che ci portano a dire che dovreste ancora riflettere ed avere la responsabilità politica di chi svolge una funzione vera di governo e non esercita un potere assoluto, ossia dovreste avere la disponibilità a confrontarvi. Ma voi non accettate il confronto, è un'abitudine che ci avete imposto dall'inizio di questa legislatura e dentro questa legislatura viene avanti in maniera quasi ossessiva l'idea che la legge deve valere solo per alcuni, per altri devono invece valere le norme che la aggirano. E le norme che la aggirano avvengono in uno dei settori più delicati, ma anche più importanti della funzione dello Stato nei confronti dei cittadini, quello della Protezione civile. Quando quest'ultima interviene dentro le catastrofi naturali, dà esattamente il senso con cui lo Stato fa percepire la sua presenza, ma anche la forza di rinsaldare un patto con i propri cittadini. Ricordo le immagini drammatiche che vengono proiettate davanti ai nostri occhi solo nei momenti in cui quelle catastrofi accadono, e se le andiamo a ripercorrere, ad iniziare proprio dal terremoto dell'Abruzzo, la frase che più veniva ripetuta dai cittadini allo Stato era: non lasciateci soli. Dentro quell'atteggiamento vi era cioè il rinvigorire di un patto con lo Stato che diventa, proprio per sua natura, uno Stato di tutti, e quello Stato di tutti ha solo un elemento: non aggirare la legge, ma avere la legge dalla sua parte. Invece, in nome di una propaganda dell'emergenza e - dentro l'emergenza, dell'enfatizzazione dell'efficienza - state producendo non l'efficienza, ma esattamente la propaganda dell'efficienza.
Questo decreto-legge è pervaso in tutti i suoi articoli, anche in quelli che sono più lesivi di articoli della nostra Costituzione, da questa idea, che bisogna aggirare gli ostacoli. Allora, questi ostacoli diventano Pag. 100l'elemento sul quale credo che sia necessario ancora riflettere. Avete rimosso proprio l'idea per cui nell'etica pubblica la responsabilità, la capacità, la velocità della decisione deve avvenire di pari passo con l'assunzione di responsabilità collettiva; non c'è più questo nell'azione del vostro Governo. L'azione collettiva viene, di fatto, aggirata dall'idea che un uomo solo, soprattutto se ha la possibilità di non avere lacci e lacciuoli, possa rappresentare per il Paese e per i cittadini l'efficienza dell'azione di decisione. Non è così, e lo testimoniano proprio le vicende di questi giorni dove emerge con grande nettezza che proprio dietro quell'efficienza vi sono poi appalti truccati, gare non fatte, soldi investiti da parte dello Stato, senza che vi sia la capacità di avere rapporti anche con altri Ministeri. Ed è singolare che questo è l'unico settore nel quale il Ministro dell'economia e delle finanze, che impedisce a questo Parlamento di legiferare su tanti provvedimenti che non possono giungere all'Aula per mancanza di copertura, permette di avere mano libera sulle missioni nel bilancio. Questo settore, se ha bisogno di soldi, li trova a prescindere dalle coperture. Non è un caso che l'intera copertura di questo provvedimento va a discapito delle risorse del FAS, di questo Fondo che è diventato una sorta di Pozzo di San Patrizio, dal quale si attinge per tutto e che non viene utilizzato per le aree sottosviluppate di questo Paese, ovvero per l'obiettivo prioritario che si era dato.
Ebbene, dietro quella propaganda dell'emergenza e della decisione dell'emergenza si stanno commettendo alcuni dei fatti più negativi della storia del diritto di questa nazione. Il primo, e lo ribadiremo domani nella discussione della questione pregiudiziale di costituzionalità, è che siamo di fronte ad un decreto-legge che aggira, e non è la prima volta, l'articolo 77 della Costituzione, che prevede che la decretazione d'urgenza deve avere, proprio per sua definizione, direi quasi lessicale, un dato oggettivo. Ma se l'emergenza e l'urgenza vengono dettati da una scelta politica, così come avviene in questo decreto-legge, e in tutti i 55 decreti-legge che ci avete fatto votare, spesso anche con la posizione della questione di fiducia, è del tutto evidente che quell'articolo della Costituzione viene completamente aggirato perché l'urgenza diventa una scelta del Governo che stabilisce di far avanzare il suo programma esattamente attraverso l'utilizzo di un articolo della Costituzione. Non è un caso che questo decreto-legge, come emerge dalla relazione illustrativa, nasce dall'esigenza di apportare misure urgenti in relazione a tre fattispecie emergenziali da voi stabilite: il sisma in Abruzzo, l'emergenza rifiuti in Campania, la realizzazione di interventi urgenti nella situazione di rischio idrogeologico. Proprio con la realizzazione di interventi urgenti nella situazione di rischio idrogeologico avete previsto la nomina di commissari straordinari attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Anche questa è una novità che ormai è diventata usuale: è la norma. Anche questo è un elemento di sottrazione alle regole del Parlamento. Ma il decreto-legge reca, tra l'altro, delle norme sul personale della Protezione civile, sull'attività del soccorso alpino, dei vigili del fuoco, nonché delle disposizioni sul numero dei membri del Governo e sul cosiddetto piano carceri. Non vi è solo la violazione dell'articolo 77, attraverso la disomogeneità di materie, e l'azione avvenuta al Senato non ha fatto altro che appesantire questo stesso decreto, perché molti degli articoli sono stati aggiunti durante la discussione al Senato. Proprio partendo da questi tre elementi, vorrei soffermarmi su un aspetto. Vedete, colleghi, l'articolo 14 che prevede, sempre in deroga a qualsiasi tipo di legge, l'assunzione e il reclutamento del personale, lo fa sulla base di un ragionamento anche questo emergenziale, e lo fa aggirando l'articolo 97 della Costituzione, che prevede che nella pubblica amministrazione si accede per concorso.
Questa è la classica norma con la quale si è costruito, nello stesso sistema della Protezione civile, un elemento basato su un assoluto potere discrezionale, e lo si fa sulla base del ragionamento per il quale in questo Paese i concorsi nella pubblica Pag. 101amministrazione non si fanno; si aggira il turn over, si nega cioè la possibilità ai giovani (donne e uomini) di avere un'opportunità vera nell'accesso ai concorsi. Lo fate con la disinvoltura propria di chi mette in atto la propaganda dell'emergenza, anche per quanto riguarda il personale, che dovrebbe servire ad una struttura che si occupa della sicurezza dei cittadini, che interviene in casi necessari, a meno che (è qui si svela la filosofia di questo provvedimento) l'assunzione in deroga di personale possa avvenire non per le catastrofi, per le finalità proprie della Protezione civile che concerne appunto le catastrofi naturali, ma per i grandi eventi.
Noi su questo punto continuiamo a mantenere non una distinzione ideologica. Il problema è che dobbiamo capire cosa intendiamo per Protezione civile. Se essa rimane nei confini stabiliti all'origine della legge del 1992, adeguata al trascorrere del tempo dal 1992 in poi, o se invece alle competenze previste dalla legge che fissava il perimetro dell'intervento della Protezione civile (anche quando era a rischio la vita delle persone) si è aggiunta quella relativa ai grandi eventi.
I grandi eventi, per loro definizione, hanno una temporalità che non è data dal caso; sono eventi prevedibili e, come tutti gli eventi prevedibili, hanno un tempo rispetto al quale il concetto di emergenza non è assolutamente essenziale; anzi, si utilizzano proprio i grandi eventi perché, in tale ambito, potrebbe essere sviluppato un lavoro di programmazione tale da poter mettere insieme tutte le forze che compongono lo Stato (ad esempio i comuni, le associazioni) e costruire in tale contesto un rapporto di relazione.
Questa cultura degli eventi e questa propaganda dell'emergenza vengono anche definite come cultura del fare. Questo elogio della cultura del fare è assai singolare. Lo dico perché una delle caratteristiche distintive delle donne, da quando sono entrata in politica, rispetto agli uomini è la maggior concretezza; le donne hanno il gusto del fare, devono tenere insieme tanti lavori, tanti saperi, e questa cultura della concretezza era quasi una caratteristica di differenza rispetto all'altro genere.
Il problema è che nelle donne la concretezza era legata ad un altro aggettivo, che diventa sostantivo: erano concrete perché sapevano stare in relazione con gli altri e la loro relazione era la loro forza nella capacità di essere soggetti attivi. Non è un caso che, nonostante tutti questi apprezzamenti, ogni qual volta si parla delle donne e della loro capacità di stare in politica, poi ci siano poche donne, proprio perché qualcuno della relazione del fare pone solo una questione: il fare significa darsi da fare, essere decisionisti. Quella decisione se viene assunta fuori da un contesto di relazione, diventa una decisione a volte sbagliata.
Oggi su La Repubblica è apparso un articolo molto bello di una filosofa, Nadia Urbinati, che pone una questione: il costituzionalismo liberale nasce a seguito di una critica molto dura e molto netta contro l'antico regime in relazione ai poteri della monarchia. Infatti, si sapeva che il monarca, essendo da solo, spesso e volentieri non agiva nell'interesse della propria collettività, facendo di quel potere una sorta di autoidentificazione. Il costituzionalismo liberale e moderno pone alla base di questo concetto esattamente il tema della divisione dei poteri, perché riassume in sé in quell'elemento l'idea che in politica chi ha soprattutto una funzione di governo non può decidere da solo. Infatti, anche nelle migliori intenzioni di quella decisione solitaria, l'essere umano diventa prevalente; si può fare una valutazione sbagliata, non c'è mai il confronto, e dunque le decisioni che si assumono in perfetta solitudine possono diventare un elemento dannoso non solo per chi le assume ma anche e soprattutto per i soggetti cui sono riferite.
E ancora, siamo di fronte all'idea di uno Stato e di una filosofia che nega il ruolo del Parlamento; si aggira la legge, si legifera con decreto-legge - che era una fonte normativa molto parziale e circoscritta - e poi si aggira lo stesso decreto-legge perché si prevede l'ordinanza ossia Pag. 102uno strumento attraverso il quale vengono completamente negati i controlli. Non c'è alcuna decisione, per quanto efficace, che non debba essere controllata e ogni decisione è efficace alla sola condizione che possa essere controllata. Se non c'è il controllo quella non è decisione e si nega in questo Paese una nuova stagione delle politiche pubbliche.
Infatti, colleghi, non abbiamo soltanto un abbassamento dell'etica pubblica, anche con riferimento alle responsabilità di chi assume ruoli all'interno delle dinamiche del Governo. Vi è un ulteriore dislevamento sul piano delle regole della democrazia che è dato dal fatto che, in mancanza di responsabilità pubblica, vi è anche l'idea che è la politica che produce corruzione, perché troppo lenta, e che, quindi, l'efficienza di un Paese si misura se le sue procedure sono sempre più veloci. Ma allora il tema è un altro: non si tratta dei poteri dell'ordinanza, ma di ciò che ci ha detto la collega Mariani questa mattina. Se si vuole ragionare sulle opere pubbliche, di come si abbattono alcuni elementi di procedura, va bene, discutiamo di tale aspetto, ma tale discussione deve avvenire alla luce del sole, nel rispetto dei criteri di trasparenza, di competitività ma soprattutto di garanzia per chi concorre per quelle opere pubbliche. Invece no, la scelta di questo decreto-legge è esattamente quella di continuare ad insistere sul fatto che l'emergenza e l'ordinanza rappresentano l'unico strumento che permette a questo Paese di essere competitivo, ma è una falsità: la competizione è frutto del rispetto delle regole e si è tanto più competitivi quanto più quelle regole sono certe e chiare per tutti. Quando le regole diventano opache o addirittura non vi sono, si entra nel regno del grigiore e nel grigiore si consumano i drammi e i vizi di questo Paese.
Ritengo, dunque, che la risposta che abbiamo cercato di fornire, non solo con gli emendamenti presentati in Commissione, ma continuando a ripetere in maniera quasi ossessiva le criticità di questo provvedimento, sia legata alla capacità dell'ascolto che dobbiamo avere in questa situazione. Non ho conosciuto il sottosegretario Bertolaso, non ho avuto rapporti con lui come molti colleghi hanno testimoniato in quest'Aula. Tuttavia, il tema oggi non è se il sottosegretario Bertolaso sia messo in discussione per quanto riguarda le sue capacità e il suo merito nel costruire il sistema della Protezione civile. Quello che di questa vicenda è in discussione oggi è che con questo decreto-legge si lede un altro principio di grande valore: l'imparzialità della pubblica amministrazione. Far coincidere il ruolo di sottosegretario con quello di capo del Dipartimento della protezione civile è un elemento su cui riflettere con grande attenzione. Infatti, essere sottosegretario significa per definizione svolgere una funzione politica, rispondendo al programma di Governo e - come lui ha affermato nell'intervista - all'unico Presidente del Consiglio, al Presidente Silvio Berlusconi. Essere capo di un Dipartimento di protezione civile significa valorizzare il lavoro, l'esperienza, la costruzione di quella struttura. Ritengo allora che aver voluto sommare i due ruoli non sia solo negativo ma la dica lunga su quale idea di politiche di governo si ha in questo Paese.
Per questi motivi - mi avvio alla conclusione - nella disamina di questo provvedimento continuiamo ad avere una speranza: che l'attuale maggioranza si ravveda nella sua decisione anche se soltanto dopo l'emersione di fatti giudiziari. La vicenda della Spa era stata ampiamente criticata e discussa al Senato; se ne erano individuati i limiti, gli elementi negativi e già allora era possibile da parte della stessa maggioranza avere la capacità di capire in quale direzione si andava. No, in quella situazione ha prevalso la logica dei numeri; si è andati avanti a testa bassa perché si era convinti che quella strada avrebbe continuato a portare un aumento di potere nella decisione di alcuni importanti questioni.
Ci sono voluti gli avvenimenti di questi giorni per spingere la maggioranza ad eliminare dal decreto-legge in esame l'articolo 16 sulla Spa. Credo che anche questa sia una sconfitta della politica e Pag. 103questo succede quando non si vuole ascoltare. A volte l'opposizione non è fatta perché siamo in schieramenti diversi; se si avessero la forza e la capacità di ragionare, molti provvedimenti di questi anni di Governo di centrodestra avrebbero potuto trovare altro indirizzo ed altra via: non ce li avete fatti mai discutere e nei momenti decisivi avete sempre posto la questione di fiducia. La questione di fiducia e la decretazione di urgenza stanno minando al cuore il sistema parlamentare, il sistema del controllo da parte del Parlamento e minano di fatto l'idea stessa di questo nostro Stato. Infatti, con quella forbice drammatica decreto-ordinanza-fiducia, pensate che questo Paese possa avere un'opposizione che non parla, che sia muta. È un'idea sbagliata della democrazia. Quando si discute, quando si fa opposizione a livelli diversi, il punto vero è che chi la fa, se ha una responsabilità e se ha l'etica pubblica della responsabilità, la fa con forza e determinazione, nell'interesse di tutti e non della propria parte.
Non ci avete voluto ascoltare al Senato ed oggi avete fatto marcia indietro, ma l'avete fatta sulla base di ragionamenti che testimoniano la capacità e la lungimiranza di questa opposizione quando vi ha detto che stavate sbagliando. Non è questione di chi si prende i meriti, se sia rinsavita la maggioranza o se sia una vittoria dell'opposizione. È sicuramente la vittoria di chi aveva visto in quell'articolo il venir meno di un'idea di Protezione civile legata proprio alla tutela dei cittadini. Lo abbiamo fatto perché abbiamo ancora l'idea che questa Protezione civile debba mantenere i suoi profili, ma li debba rafforzare dentro un ragionamento volto al rapporto con gli enti locali. È proprio sul versante degli enti locali, che nei momenti essenziali chiamano a raccolta i volontari, li organizzano ed hanno un monitoraggio vero del territorio, che vi è un altro elemento di incostituzionalità drammatica: l'articolo 17 del decreto-legge in esame pone in essere una questione che non è facilmente risolvibile. Stiamo ragionando di materie concorrenti tra Stato e regioni e si è deciso, con quell'articolo, di aggirare anche questo. Non è presente in aula alcun rappresentante della Lega, quella forza politica che ha fatto del federalismo una sorta quasi di profilo identitario e non si può stare silenti in ordine a questo aspetto. Infatti, quando si interviene su materie concorrenti, dove si dovrebbero applicare l'articolo 117 e 118 della Costituzione, quando si parla di federalismo fiscale e poi si sottrae alle regioni una competenza e lo si fa alla luce di un'ordinanza, credo che ci si assuma anche la responsabilità politica di predicare bene ma di razzolare male. È per questo che con riferimento al decreto-legge in esame ribadiamo tutti gli elementi evidenziati dai colleghi, soprattutto quelli della Commissione ambiente, che nel merito li hanno affrontati con grande attenzione. E il fatto che si interviene in tanti sul provvedimento in esame è la forma più seria per testimoniare che su una vicenda come questa la nostra funzione, anche da nominati, come si suol dire, deve essere legata alla capacità di parlare all'intero Paese, di denunciare i limiti del provvedimento in esame, ma soprattutto di denunciare una tendenza di chi vorrebbe che in questo Paese le leggi non debbano più essere fatte, perché vi può essere un solo uomo e tanti commissari che possono agire con decreti e con ordinanze al di fuori della legge e vincere con una scorciatoia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor sottosegretario Giovanardi e onorevoli colleghi, sul provvedimento in esame vi sono alcune questioni di merito e di contenuto che non abbiamo condiviso e continuiamo a non condividere.
Mi riferisco all'idea di utilizzare, ancora una volta, un decreto-legge, che deve avere straordinari requisiti «di necessità e di urgenza», come recita l'articolo 77 della Costituzione, troppo spesso dimenticata in quest'Aula, per ampliare l'oggetto della disciplina e introdurre norme che con le Pag. 104finalità per le quali il decreto-legge è stato adottato non hanno nulla a che vedere. Questo ormai è chiaro a tutti.
A seguito delle note e clamorose vicende che per molti versi hanno coinvolto la magistratura in questi ultimi giorni, il Governo - e di questo prendiamo atto con soddisfazione - ha preferito, per evidenti ragioni di opportunità politica, modificare profondamente il testo già in Commissione. Siamo soddisfatti di questa scelta, non lo nascondiamo, e abbiamo operato affinché questa scelta avvenisse, a testimonianza di come il dibattito parlamentare sia sempre utile, soprattutto quando la maggioranza interpreta il confronto in Commissione e nelle aule come un valore e un metodo per migliorare i provvedimenti, senza paura di imboscate da parte delle opposizioni o con la volontà di rinviare sine die la risoluzione dei problemi.
Rimangono, però, alcune criticità e speriamo che la posizione della questione di fiducia non tronchi un dibattito che può essere ancora utile e proficuo a quest'Aula. È bene aver eliminato le norme che aumentavano il numero dei sottosegretari, quelle riguardanti i poteri dei commissari straordinari per l'energia, quelle relative all'aggiornamento professionale dei dipendenti della pubblica amministrazione e alla Croce rossa italiana. Il tutto è stato impropriamente inserito in un contesto legislativo finalizzato alla risoluzione di emergenze quali i rifiuti in Campania e il terremoto dell'Abruzzo che, evidentemente, con questi argomenti poco avevano a che fare.
Poiché riteniamo che bisogna assumersi la responsabilità anche di sostenere il Governo quando ci sono eventi che interessano il Paese e sono affrontati con provvedimenti condivisibili, riteniamo utile la parte di questo provvedimento che consente un rientro dalla fase emergenziale che riguarda i rifiuti in Campania e il terremoto in Abruzzo, provvedimenti che abbiamo sempre sostenuto con convinzione o, come è uso dire, «senza se e senza ma». Esprimiamo forti perplessità, invece, sulla modalità con cui si prevede l'attribuzione della proprietà del termovalorizzatore di Acerra e la determinazione del suo costo, né possiamo certo condividere l'inserimento di norme che, presentando un'evidente estraneità di materia, trasformano il decreto-legge nell'ennesimo provvedimento omnibus.
Quando in queste materie si è costretti ad intervenire con una legislazione speciale ed eccezionale significa che l'ordinarietà dell'amministrazione pubblica non funziona. Se siamo costretti ad intervenire, questo significa che si sta verificando il fallimento di una classe di Governo e - dobbiamo essere onesti - non solo di questo Governo. Di questo tutti dobbiamo assumerci le responsabilità per la parte almeno che ci compete, visto che i partiti rappresentati in quest'Aula, tutti alternativamente, sono passati nel Governo delle municipalità, delle regioni e dell'Italia. Dobbiamo assumerci la responsabilità di questo fallimento, cercando di capire perché siamo stati costretti a ricorrere a strumenti eccezionali per risolvere problemi che, nel passato, non sono mai emersi con questo vigore. Forse perché vi era una cultura di Governo e della buona amministrazione che da troppi anni a questa parte non esiste più.
A fronte di questo stato di cose, dobbiamo assumerci anche la responsabilità di prevedere e sostenere una normativa eccezionale. Tuttavia, non possiamo assolutamente permettere che si trasformino situazioni ordinarie in emergenziali. Riteniamo che tutto ciò che deve essere disciplinato in deroga alla legislazione ordinaria debba essere esclusivamente riferito alle vere e proprie emergenze ambientali e territoriali del Paese. Parliamo di alluvioni, frane, sismi e non certamente di organizzazione di eventi o di altre manifestazioni considerate in maniera un po' ottimistica rilevanti. Non possiamo correre il rischio che passi l'idea che, per poter fare, in questo Paese occorra sempre agire al di fuori o al di sopra delle norme. Vi è la tentazione di dire - e questa estate lo abbiamo affermato più volte - che il Governo Berlusconi sia diventato il Governo Bertolaso. Non ce ne voglia il sottosegretario, Pag. 105ma è davvero singolare che, in questi due anni di Governo, ogni situazione di emergenza o di grande difficoltà sia stata affrontata, chiamando in servizio sempre e soltanto la Protezione civile. In altre parole, si è data l'idea che, così come per le leggi, è meglio non coinvolgere il Parlamento, con le sue lungaggini e con le doppie letture che, invece, già in diverse occasioni hanno svolto un ruolo decisivo per migliorare e condividere anche diverse leggi importanti. Si è preferito, quindi, sovrautilizzare lo strumento dei decreti-legge, sui quali apporre in fase finale addirittura la questione di fiducia a colpi di maxiemendamenti. Allo stesso modo, per risolvere i problemi si è data l'idea che questo Stato non possa agire in via ordinaria, con gli anticorpi dei suoi apparati ordinari della pubblica amministrazione, ma possa e debba sempre agire in deroga.
E quando si agisce in questo modo, al di là delle intenzioni dei singoli, spesso si rischia di determinare delle zone border-line in cui c'è un'aspettativa ed anche un ruolo per chi si permette di gioire per una catastrofe e per le vittime di un terremoto, come è accaduto per i fatti di L'Aquila.
Se però fosse solo questa la nostra valutazione sulla Protezione civile sarebbe certamente ingenerosa. Diciamolo chiaramente: il sistema della Protezione civile nel nostro Paese si chiama oggi Bertolaso. La cultura della protezione civile in Italia è cresciuta ed è stata costruita grazie allo sforzo che proprio il dottor Bertolaso e i suoi collaboratori, e soprattutto i tanti volontari, hanno compiuto in questi anni. Di questo bisogna dargliene atto, con serietà e responsabilità, direi con onestà, e riconoscere che, al netto dei fenomeni patologici che si annidano in determinate situazioni in deroga alle leggi, il saldo delle realizzazioni positive è enormemente superiore a quello degli scandali emersi in questi giorni.
È un atto di onestà anche da parte del sottosegretario aver voluto spiegare le ragioni per le quali si è immaginato di costruire questa struttura amministrativa, anche in funzione di un avvicendamento nella responsabilità amministrativa del settore. Il rischio è che nel tempo la polverizzazione di questo sistema a regime non funzioni. Si rischia, cioè, che funzioni in presenza solo dello sforzo di persone che a questo si sono dedicate e si dedicano 24 ore al giorno durante le emergenze, mentre il sistema, per essere efficiente, deve funzionare nella sua ordinarietà anche quando persone come il dottor Bertolaso faranno altro.
Il sistema deve funzionare sapendo che vi sono parti importanti di questo sistema che stanno insieme oggi in virtù di una cultura del coordinamento e dell'autorevolezza della attività che viene puntualmente svolta. Queste strutture della Protezione civile devono funzionare a prescindere da chi le dirige e per funzionare devono stare insieme e devono essere integrate con funzioni e competenze chiare in un sistema normativo e costituzionale che competenze e funzioni chiare finora non ne dà.
L'articolo 117 della Costituzione, ad esempio, attribuendo anche alle regioni la competenza in materia di protezione civile, non facilita il compito a queste e al sistema di tutela dell'interesse nazionale, poiché crea una serie di strutture che fra di loro in questi anni in molti casi non si sono mai coordinate. Il più delle volte, quando il sistema non ha funzionato, è stato perché non vi era alcun tipo di sintonia e di omogeneità di azioni e di intenti da parte dei vari livelli territoriali e di governo di un fenomeno così complesso come quello della protezione civile.
Detto questo, è chiaro che l'introduzione di norme che riguardano il personale dell'amministrazione dello Stato o di norme che derogano alla contrattazione collettiva, in un decreto la cui serietà ed importanza non è qui messa in discussione, ovviamente ci mette in una condizione di forte perplessità sul metodo che il Governo ha seguito.
Su un altro punto poi non possiamo non manifestare le nostre perplessità. È un tema che ho seguito in Commissione giustizia sin dall'inizio di questa legislatura. In Italia è sempre stato evidente a tutti che la questione del sovraffollamento Pag. 106delle carceri stava diventando una vera e propria emergenza, ma si è preferito fare finta di non vedere, anche per i primi due anni di questo Governo, e poi si è passati alla fase degli annunci, dei proclami, dei grandi piani per superare la situazione insostenibile che si è venuta a determinare, senza aprire quel confronto parlamentare, che tante volte abbiamo auspicato, su quelle poche ma utili norme che, se approvate, avrebbero potuto ridurre la portata del problema.
L'immobilismo di questi due anni sulla politica carceraria, mentre altri provvedimenti correvano velocissimi, perché evidentemente erano più cogenti (anche se erano provvedimenti molto settoriali, alcuni dei quali addirittura ad personam), lo paghiamo e cerchiamo di porvi rimedio con delle norme ad hoc, che evidentemente creano problemi significativi.
Vorrei soffermarmi sulla semplificazione emergenziale della procedura della localizzazione urbanistica delle nuove carceri, così com'è stata regolata dall'articolo 17-ter del decreto-legge, che comporta una serie di rischi in mancanza di una ragionata intesa sulle aree con i comuni di riferimento di cui si sente soltanto il parere non vincolante.
La scelta dell'individuazione dei luoghi idonei alle nuove carceri rischia di essere effettuata in mancanza di una condivisione con l'ente locale, che si sentirebbe anche di fatto espropriato delle sue competenze, e quindi rischierebbe di inficiare quel necessario stabilirsi di legami con la collettività esterna al carcere su cui sono consolidati principi, prassi e funzionalità delle strutture carcerarie, oltre ad essere il più delle volte in contrasto con le previsioni urbanistiche, ponendosi in maniera disarmonica rispetto agli indirizzi di sviluppo delle città interessate.
Nell'urgenza emergenziale potrebbe essere carente quella qualità informativa sui nuovi siti che un processo più meditato, attraverso, magari, una conoscenza urbanistica e fisica più approfondita del territorio, potrebbe invece fornire, e così evitare tante criticità all'atto della realizzazione di queste nuove strutture carcerarie.
Nel caso dell'ampliamento delle strutture esistenti, invece, c'è il rischio di una scarsa valutazione dei processi di densificazione, sia in termini di insufficienza delle reti impiantistiche esistenti a sostenere i nuovi carichi, sia in termini di pesanti riflessi sulla condizione di vita della popolazione detenuta e di quella di lavoro degli operatori.
I rischi di opacità nella scelta dei progettisti, delle imprese realizzatrici e dei soggetti deputati al controllo sono, come sembra emergere purtroppo in questi giorni dalla lettura dei giornali, fin troppo evidenti e contrastano nettamente con la necessaria richiesta di trasparenza degli atti progettuali e realizzativi.
Insomma, signor Presidente, signor sottosegretario, non bastano tutti i poteri che erano stati già attribuiti al commissario straordinario? Aveva bisogno anche di questi? Di fronte a quello che sta emergendo, non bisogna dimenticare che l'edilizia penitenziaria è da sempre un settore a rischio in materia di appalti pubblici, non solo per i precedenti che tutti ricordiamo - le famose carceri d'oro degli anni Ottanta -, ma anche perché sono sottratte a qualsiasi controllo sociale. Se il passante di Mestre è fatto male, se ne accorgono subito milioni di persone che protestano durante i grandi esodi; se un carcere è fatto male, se ne accorgono purtroppo soltanto i detenuti e chi lavora in quel carcere, e nessuno protesta.
Che ci facciamo di tutta questa urgenza di costruire carceri, poi, se nulla ancora si muove per l'assunzione del personale necessario ad aprire quelle già pronte? Che ne è delle altre norme annunciate dal Ministro Alfano, come la messa alla prova per gli adulti e la detenzione domiciliare semiautomatica che, al contrario della costruzione di nuovi istituti, darebbero risultati immediati nella riduzione del sovraffollamento carcerario?
Signor Presidente, mi avvio a conclusione: nell'opera di Brecht «Vita di Galileo», Galileo stesso a un certo punto Pag. 107afferma: «felice quel Paese che non ha bisogno di eroi». È un'affermazione che ha suscitato sempre molte suggestioni. Noi più semplicemente pensiamo che in Italia ci sia sempre bisogno dell'eroismo paziente e quotidiano dei tanti servitori dello Stato che fanno fino in fondo il loro dovere, nonostante un sistema inefficiente e disorganizzato renda loro sempre più complesso adempiervi ogni giorno. Penso alle forze dell'ordine, a dipendenti pubblici che non sono quella minoranza che in maniera caricaturale spesso dipinge il Ministro Brunetta. La maggioranza della pubblica amministrazione di questo Paese e dei suoi dipendenti ama l'Italia e vuole servire le istituzioni e vorrebbe che noi, dopo anni di proclami sulla grande riforma della pubblica amministrazione, fossimo capaci di confrontarci in Parlamento evitando gli spot sui tornelli, sui cartellini di riconoscimento, sul blocco all'accesso a Internet, e lavorassimo tutti insieme, maggioranza e opposizione, per far sì che l'Italia sia grande anche nella normalità e che il sistema Paese funzioni e sia all'altezza di dare risposte; un'Italia che per funzionare non agisca in deroga, come uno Stato parallelo svincolato dalle norme e al riparo dai controlli.
Signor Presidente, l'Unione di Centro esprime su questo provvedimento una forte contrarietà e spera che nell'esame degli emendamenti vi sia quel segno di disponibilità al confronto e di assunzione di responsabilità collettiva rispetto alle questioni affrontate e condivise, invitando nuovamente Governo e maggioranza all'opera paziente dell'ordinarietà. Per fare bene non dobbiamo essere obbligati a inventare procedure speciali e autorità straordinarie: il nostro sistema va aggiornato, non aggirato. Il luogo dove farlo è proprio questo, il Parlamento. L'invito al Governo è a non aver paura del Parlamento. In quest'Aula c'è un opposizione seria e responsabile, lo hanno dimostrato i tanti interventi delle opposizioni in questo dibattito e l'atteggiamento dell'opposizione che ha ritirato la quasi totalità dei suoi emendamenti: ne sono rimasti soltanto 40, signor sottosegretario. Confrontiamoci su questi, miglioriamo questa legge, difendiamo insieme una Protezione civile che ha ancora molto da dare a questo Paese e di cui tutti abbiamo bisogno.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 21,15.

La seduta, sospesa alle 20,15, è ripresa alle 21,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa notturna della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3196-A)

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, guardando le agenzie di stampa, leggo un'agenzia ANSA delle 20,28 che, tra l'altro, facendo il quadro della programmazione dei nostri lavori, scrive che la discussione riprenderà domani mattina alle 9. Allora, le vorrei chiedere delucidazioni, perché ho qui lo speech che è stato elaborato al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, che si è tenuta ieri, secondo il quale la seduta domani mattina comincerà alle 10 con il seguito della discussione.
Ora, è chiaro che si possono sempre cambiare gli orari della seduta, però credo che il bon ton parlamentare e anche la prassi normalmente comportino che i gruppi vengano interpellati in questo Pag. 108senso. Pertanto, vorrei chiederle se si introduce una nuova prassi, oppure se questa agenzia afferma cose che non sono vere o se ciò risponda effettivamente all'intenzione della Presidenza, in maniera tale che anche il gruppo del Partito Democratico possa essere coinvolto in una decisione che, al momento, non corrisponde a quello che è stato deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo e non dal Presidenza di turno.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la seduta domani mattina inizierà alle 10. Non so chi abbia dato la notizia alle agenzie di stampa, ma non sono intervenute variazioni rispetto a quanto è stato deciso dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
È iscritta a parlare l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame nell'intento del Governo doveva chiudere le emergenze dei terremoti in Abruzzo e dei rifiuti in Campania ed avviare a soluzione altre emergenze. È, invece, un insieme di norme che, da un lato, pongono problemi molto seri di costituzionalità e, dall'altro, di opportunità politica.
La prima lettura al Senato non ha certo migliorato il testo, anzi, le vicende che occupano le prime pagine dei giornali e la nostra ferma denuncia hanno costretto il Governo a stralciare in questo ramo del Parlamento alcune parti, in particolare l'articolo 16 relativo alla costituzione della Protezione civile Spa, inserita appunto al Senato, e a modificare altre parti del provvedimento. È il caso anche dell'articolo 3, che prevede uno scudo giudiziario, modificato da un emendamento del relatore presentato in VIII Commissione, che esclude le azioni giudiziarie penali dalla sospensione, ma che impedirà la possibilità a soggetti titolati di presentare ricorso al TAR nei confronti delle strutture commissariali.
C'è allora una logica, un filo conduttore in questo provvedimento che prevede una moltiplicazione di poteri straordinari commissariali senza più distinguere tra emergenze vere e grandi eventi, e lo strumento delle ordinanze, che di fatto esautora l'attività parlamentare. Questo regime delle ordinanze della Protezione civile è semplice: niente controlli e deroga a decine e decine di leggi. Le ordinanze di Protezione civile sono state sottratte sia al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, sia a quello dell'Autorità per i lavori pubblici. L'Autorità un anno fa lo ha segnalato al Parlamento, ma la sua protesta è stata archiviata.
I controlli e le funzioni di garanzia svolte dalla Corte dei conti non possono essere affidati esclusivamente ai buoni rapporti, alle intese informali o alla buona volontà delle persone incaricate di gestire queste delicate partite. Per fare un esempio, basta considerare cosa riporta l'ordinanza del 12 gennaio con la quale il capo della Protezione civile è stato nominato commissario della Vuitton Cup a La Maddalena, che è stata classificata come grande evento, per cui, conseguentemente, viene applicato il regime dell'emergenza. Chiedo: che c'entra una gara velistica con le emergenze?
Comunque, in quell'ordinanza ci sono deroghe praticamente all'intero corpus legislativo sugli appalti, alla concorrenza, alla trasparenza, ai controlli, alla vigilanza da parte dell'Autorità per i lavori pubblici, alle procedure di affidamento, ai controlli dei requisiti per i contratti, all'oggetto del contratto e alla procedura per la scelta del contraente, alla pubblicazione dei bandi di gara, agli avvisi, agli inviti, ai termini, ai criteri di selezione delle offerte, alla progettazione, alle verifiche archeologiche, al subappalto, alle varianti in corso d'opera, alle penali, all'adeguamento dei prezzi, ed altro ancora. Se questo impianto servisse per terremoti ed alluvioni, nulla davvero avremmo da obiettare, ma cosa c'entra la Vuitton Cup con l'emergenza?
Oltre al tema delle ordinanze, in questo provvedimento, all'articolo 14 e all'articolo 17 vi è una palese violazione di principi costituzionali. Il Governo è arrivato al punto di voler determinare per legge, con l'articolo 6, il prezzo del termovalorizzatore Pag. 109di Acerra, predeterminandone l'importo in 355 milioni di euro: vi pare possibile, colleghi, onestamente possibile, questo fatto?
Il Governo ha dato l'idea di un Paese in cui tutto è emergenza, salvo poi dimenticarsi di quella più pesante per i lavoratori, le famiglie e le imprese: la crisi economica; ma su questo punto tutto rientra nella normalità per Governo e maggioranza, nonostante i dati ufficiali dicano il contrario.
Ancora una volta il Governo ha dato la copertura ad un provvedimento attingendo ai fondi FAS, il bancomat del Ministro dell'economia, che dovrebbero, al contrario essere utilizzati per intervenire nelle aree svantaggiate del Paese, dove la crisi economica, il dissesto del territorio, la mancanza di infrastrutture e la carenza dei servizi renderebbero indispensabile un utilizzo mirato di queste risorse e finalmente risolutivo di problemi storici.
Il gruppo del Partito Democratico ha riconosciuto meriti e capacità straordinarie negli interventi posti in essere dalla Protezione civile con la direzione del sottosegretario Bertolaso e riconfermiamo anche ora questo giudizio. Tuttavia, nulla può giustificare lo stravolgimento di regole e di controlli previsti dalle norme vigenti al punto di scardinare il sistema delle fonti su cui si regge la Repubblica. La deroga non può essere il principio ordinatore di uno Stato e l'esperienza dovrebbe insegnare qualcosa.
Anni fa, il Presidente Berlusconi aveva voluto la Patrimonio Spa e la Infrastrutture Spa: quest'ultima è sparita dall'orizzonte, mentre la Patrimonio Spa è stata assorbita da Fintecna: due idee evidentemente fallimentari. Ma nessuno, né del Governo, né di questa maggioranza, ne parla più e tanto meno si assume la responsabilità di scelte sbagliate.
Tornando al merito più specifico del decreto-legge, vorrei soffermarmi in particolare sull'articolo 17, che presenta notevoli criticità, non in linea con il dettato costituzionale. L'articolo 17, relativo ad interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico, rischia di avere effetti negativi sulle modalità e i criteri di organizzazione del programma di messa in sicurezza del territorio, sia rispetto al rischio idrogeologico, sia, più in generale, rispetto al rischio ambientale. Infatti si compie la scelta di chiamare «emergenza» la messa in sicurezza del territorio, che è un problema, purtroppo, non di oggi, né inedito. Le misure previste rischiano di espropriare le regioni, le autorità di bacino e i futuri distretti idrografici delle competenze che la Costituzione e la legge ordinaria assegnano loro.
Si vuole dare con questo provvedimento rapidità ed efficienza agli investimenti, con le risorse stanziate dal CIPE, che ammontano a quasi un miliardo di euro, ma la verità è che si aprirà un contenzioso tra i diversi livelli istituzionali: è proprio così e lo vedremo nei fatti.
Al comma 1 dell'articolo 17, si prevede la possibilità di nominare tre commissari straordinari: uno per il nord, uno per il centro e uno per il Mezzogiorno. Il testo recita: «sentite le regioni» e non, invece, «di concerto» con le regioni, come sarebbe logico e previsto dalle norme vigenti. Ciò significa che ogni regione avrà sul territorio un commissario ad acta nominato senza poter incidere sulla sua scelta. Tali commissari potranno intervenire sull'adozione di piani straordinari per contrastare il rischio idrogeologico, con competenze amplissime, potere di attuare gli interventi, di provvedere all'azione di indirizzo e supporto, di emanare se nel caso gli atti e i provvedimenti di competenza delle amministrazioni pubbliche, agendo anche in deroga alle disposizioni vigenti.
Ma è questo il federalismo che questo Governo intende attuare? Le decisioni su materie concorrenti, sempre più spesso, sono assunte a livello centrale e questo è il punto e ciò che sta succedendo nel nostro Paese, senza alcuna preoccupazione delle conseguenze che le stesse producono sui territori e nel rapporto con le amministrazioni.
Al comma 2 dell'articolo 17, si prevede la creazione di un ispettorato presso il Ministero dell'ambiente. In realtà il Governo, di fatto, intende riscrivere l'organizzazione Pag. 110del Ministero stesso. È una riorganizzazione varata - non dimentichiamolo, colleghi - dal Governo soltanto pochi mesi fa, con la quale si individuava nella direzione per le acque e la difesa del territorio la struttura competente per questi interventi. In un decreto-legge che si occupa di Protezione civile (e anche di tanto altro) si interviene anche sul Ministero dell'ambiente.
Immagino che il Ministro Prestigiacomo condivida, ma allora dovrebbe fornire una spiegazione anche in quest'Aula, perché delle due l'una: o la precedente riorganizzazione era sbagliata o con queste norme si trova una collocazione a qualche dirigente, per non dire di peggio. Secondo la normativa europea sulle acque, che l'Italia ha recepito, non dovrebbero essere i distretti idrografici i luoghi fondamentali di decisione relativamente agli interventi di messa in sicurezza del territorio? I distretti peraltro non sono ancora stati attuati, in quei distretti Stato e regione dovrebbero concordare sulle materie su cui hanno specifiche competenze, appunto materie concorrenti. Dove sono dunque l'esigenza e la necessità tali da giustificare un simile riordino in un decreto-legge? Con queste norme si determina nei territori una sovrapposizione con le strutture della Protezione civile, che si occupano già di alcune emergenze derivanti dal dissesto idrogeologico e nell'articolo 17 non vi è alcuna disposizione che stabilisca in modo chiaro chi fa che cosa, cosa compete al Ministro dell'ambiente con i suoi commissari, cosa alla Protezione civile, cosa all'Ispettorato generale, alla faccia dell'efficienza e della semplificazione. Altro tema: l'articolo 17-ter interviene sugli istituti penitenziari, anche in questo caso un commissario provvede ad adempimenti quali la localizzazione delle aree destinate all'edificazione di nuove strutture penitenziarie, in deroga alle vigenti prescrizioni urbanistiche. Anche questa previsione è dettata dall'emergenza? Il comma 7 consente modifiche all'articolo 18 dei contratti pubblici, su questa norme l'ANCE nazionale, l'associazione nazionale dei costruttori edili, si è rivolta all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per segnalare come queste disposizioni alterino le regole del mercato. C'è anche un elemento che noi non nascondiamo, chiamiamolo di positività, che riguarda il comma 2-bis dell'articolo 17, perché in questo comma, che è stato introdotto dal Senato, si stanziano 100 milioni di euro per l'anno 2010 sul Fondo per la Protezione civile, per affrontare i danni gravissimi arrecati dall'alluvione che ha colpito tre regioni tra la vigilia di Natale 2009 e il gennaio ultimo scorso. Le regioni sono Toscana, Emilia Romagna e Liguria. In particolare, sono state colpite Lucca, le province di La Spezia, Pisa e Parma. L'emergenza è stata affrontata dalle regioni e dalle amministrazioni locali, province e comuni, per ripristinare prontamente le infrastrutture distrutte o danneggiate. Molti sono i danni subiti dall'imprenditoria locale, che è il nerbo del tessuto economico di queste realtà (mi riferisco alle piccole e medie imprese). Sono state colpite gravemente le abitazioni di tante famiglie. Molte opere sono già partite, ma è impensabile che gli elevatissimi costi stimati ricadano sulle istituzioni locali, già penalizzate dal taglio dei trasferimenti da parte dello Stato. Ammontano a diverse centinaia di milioni i danni stimati dalle regioni. I 100 milioni sono sicuramente un segnale positivo, ma sono decisamente insufficienti. Lo dico non per giustificare le nostre richieste di aumento dei fondi, che abbiamo previsto nelle nostre proposte emendative, ma perché al sottosegretario Bertolaso, nell'informativa urgente del Governo del 21 gennaio scorso, su questi eventi, come gruppo del Partito Democratico, avevamo già rappresentato la situazione e la necessità di un intervento straordinario, in grado di affrontare situazioni, queste sì, di vera emergenza, che necessitano di interventi adeguati e risolutivi. Credo sia interesse di tutti spendere bene le risorse. Credo che i territori interessati ne abbiano dato prova e meritino di essere sostenuti. Il sottosegretario Bertolaso lo sa bene, perché ha visitato quei territori. A questo proposito, viene previsto sempre nel provvedimento, a proposito di risorse ben spese, un differimento Pag. 111dei termini per gli adempimenti contributivi e fiscali di soli sei mesi. Sottolineo di nuovo, come hanno fatto altri colleghi nel corso di questa discussione, che è poco. Non ci possono essere emergenze di serie A ed emergenze di serie B. Questo differimento deve essere assolutamente prolungato, pena davvero l'incapacità per molte aziende di poter riprendere la loro attività normale.
Aggiungo che non lo faccio per spirito campanilistico, ma vorrei portare un esempio per meglio spiegare quello che intendevo. Riguarda la provincia da cui provengo, la provincia di Parma, che è stata colpita nel dicembre del 2008 da un terremoto, per il quale, ancora oggi, non sono stati sbloccati i primi 15 milioni di euro di somma urgenza.
Il 27 e il 28 aprile 2009 essa ha subito piogge torrenziali, che hanno causato frane e smottamenti in tutto l'Appennino parmense, con oltre 100 milioni di danni, e nessuna risorsa è stata ancora erogata, nonostante siano stati presentati atti parlamentari (ordini del giorno e risoluzioni in Commissione) che dovevano portare all'erogazione di questi fondi. Infine, vi sono stati gli eccezionali eventi meteorologici di fine anno 2009, con altri 60 milioni di danni.
Sono eventi che la regione Emilia Romagna e gli enti locali hanno fronteggiato per la prima emergenza, ma per i quali occorrono interventi duraturi per la difesa del suolo. Queste e le altre situazioni della regione Toscana e della Liguria sono tra le emergenza vere, su cui intervenire tempestivamente per sostenere il tessuto economico e produttivo, gli abitanti delle zone più colpite e le amministrazioni che, da sole, non riescono più a drenare risorse dai propri bilanci.
Tutto questo il sottosegretario Bertolaso lo sa e io spero che da parte sua, da parte del Governo e da parte di questa maggioranza si accolgano le nostre proposte emendative, che vanno nella direzione di dare un concreto segnale a chi, in prima linea, ha tentato di intervenire su queste gravissime emergenze.
Mi avvio alla conclusione con l'auspicio che il Governo non ponga la fiducia sul provvedimento in esame e consenta il confronto parlamentare. Il Partito Democratico è convinto che occorrano significative modifiche al decreto-legge e per questo è impegnato con le proprie proposte emendative, che attengono tutte al merito del provvedimento.
Sta al Governo e alla maggioranza dimostrare nei fatti che si vuole il confronto. Noi siamo pronti, come sempre, nell'interesse del Paese, a cui oggi, più che mai, dovremmo tutti garantire un futuro più normale e meno eccezionale, perché le istituzioni, i cittadini, i lavoratori e le imprese hanno bisogno di questo, e non di effetti speciali; anzi, mi arrischio a dire che di effetti speciali non ne possono proprio più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, dopo un'intera giornata di discussione non vi è alcuna ragione di dubitare delle intenzioni del Governo che sottendono al testo che stiamo esaminando. Abbiamo, infatti, compreso tutti a cosa esso è funzionale e in quale logica si muove.
È un provvedimento che racchiude in sé luci ed ombre, aspetti anche condivisibili ed altri meno, ma che pure ci siamo sforzati di comprendere. Il fatto è che il testo non deve essere valutato esclusivamente in rapporto alle sue intenzioni, ma in rapporto a quello che in esso vi è scritto.
Né è qui in discussione, come abbiamo sottolineato in tanti, il lavoro svolto in questi anni dal sottosegretario Bertolaso: lo ha condotto con grande impegno e con grande serietà, così come con grande impegno e serietà ha affrontato questi due giorni di lavoro parlamentare, presenziando quasi sempre le aule parlamentari, interloquendo e attivandosi per fornire preziosi chiarimenti su diverse questioni, anche molto complesse.
Ma veniamo alle questioni di metodo e di merito che qui ci interessano. Il decreto-legge Pag. 112n. 195 del 2009, che oggi stiamo esaminando, ha tentato di sancire una trasformazione radicale, verrebbe da dire una mutazione genetica del sistema di protezione civile di questo Paese.
Una struttura fortemente specialistica, istituzionalmente dedicata a conferire maggiori livelli di sicurezza alla popolazione rispetto alle molte calamità che colpiscono il Paese, ha corso il rischio di essere trasformata nel braccio operativo di un sistema di Governo fondato sull'assunto che il raggiungimento di un obiettivo, solo in qualche caso riconducibile all'azione di protezione civile, si possa perseguire sospendendo l'efficacia del corpo normativo vigente, sostituendolo con una legislazione straordinaria fondata sul potere di indirizzo e sull'utilizzo di alcuni strumenti semplificativi, e talvolta coercitivi.
Con l'istituzione della società Protezione civile servizi Spa si sarebbe nella sostanza dato seguito a quell'operazione di smantellamento della pubblica amministrazione che questo Governo ha iniziato in occasione delle ultime leggi finanziarie, in particolare l'ultima allorché ha propinato al Parlamento la società Difesa servizi Spa. Così come abbiamo fatto in quella circostanza, anche in questa è agevole sottolineare che la volontà del Governo dimostra di tradire nei fatti un sostanziale fastidio nei confronti dell'apparato servente dello Stato, così come la Costituzione definisce la pubblica amministrazione, in nome di una non meglio chiarita e definita ricerca di economicità e di efficienza, di un modernismo aziendale che pare debba soppiantare il buonsenso e il buongusto di chi cura la pubblica amministrazione; di fatto, si è tentato nuovamente di ricorrere all'esternalizzazione. In questo paese abbiamo già due esempi concreti che ci danno la cifra dell'effettiva intenzione di questo Governo di procedere ad una sostituzione della pubblica amministrazione con tutta una serie di società che, ancorché dichiarate pubbliche, di fatto sono strutturate per agire proprio rincorrendo la presunta efficienza, efficacia ed economicità secondo un modello privatistico.
A ben vedere - lo ricordo brevemente - tutto è iniziato con un altro decreto-legge, il n. 343 convertito nella legge n. 401. Era il settembre del 2001: si aboliva l'Agenzia di protezione civile e si ripristinava il Dipartimento della protezione civile, facendo morire sul nascere il tentativo di renderla autonoma pur in un quadro di sempre forte dipendenza dall'Esecutivo, senza però la messa a sistema della deroga dai vincoli di garanzia delle leggi e dei regolamenti. In quello stesso decreto-legge, però, la vera novità era contenuta soltanto in poche righe, nelle quali si diceva che le prerogative riservate ad alluvioni e terremoti si sarebbero potute usare anche per ogni cosa che dal Consiglio dei ministri, su proposta del suo Presidente, venisse dichiarata grande evento, e quindi precisamente per tutto, e tutto è stato. Mai una Protezione civile che si fosse interessata davvero solo di alluvioni e terremoti avrebbe avuto i soldi, le risorse umane, i gradi di libertà, in molti casi i livelli di arroganza che sono stati assicurati a questo Dipartimento.
Grandi eventi, si è detto. È praticamente impossibile dar conto della smisurata mole di ordinanze emanate: si va dai grandi eventi istituzionali a raduni religiosi, da manifestazioni sportive all'incredibile commissariamento delle soprintendenze di Pompei e dei fori romani di Ostia Antica; il tutto facendo ricorso a somme notevoli, tutte poste a carico del Fondo per la protezione civile.
È questo il modus operandi utilizzato per i rifiuti a Napoli, governato con la durezza del confronto negato ai cittadini, quello della preparazione del G8 a La Maddalena, della gestione dell'infrastrutturazione per i mondiali di nuoto del 2009 a Roma, dai contorni di una gigantesca stazione d'appalto ancorché poco affidabile. Si è così trasformato ciò che era stato fino ad allora considerato un fatto lecito solo nella contingenza della catastrofe in una disinvolta normalità applicabile a mille altre situazioni assolutamente estranee Pag. 113a qualunque evento calamitoso. Insomma, la straordinarietà come regola che si pone, ancora una volta, in palese violazione dell'articolo 77 della nostra Carta Costituzionale. Il difetto principale di questo decreto-legge è che è figlio di un'idea secondo la quale in questo Paese non si riesce più ad organizzare e a risolvere le situazioni per via ordinaria, motivo per il quale c'è sempre bisogno di una dichiarazione d'emergenza che superi le pastoie burocratiche e risolva il problema. Per quale motivo, invece della semplificazione delle vie ordinarie per intervenire efficacemente in moltissimi dei problemi irrisolti di questo Paese, si pensa sempre di poter ricorrere all'emergenza eliminando, quindi, anche talune delle tutele che le vie ordinarie dovrebbero garantire? Credo che questo sia il vizio di fondo che dovremmo affrontare e risolvere una volta per tutte, anche perché non è dichiarando automaticamente lo stato di emergenza che si risolve il problema; la soluzione, è stato detto nella giornata di oggi tante volte, non è rappresentata dalle scorciatoie. In tale direzione ricordo per tutte una legge che ha dato pessima prova di sé, la legge obiettivo, che il Governo Berlusconi approvò nella sua prima esperienza, laddove si riteneva che semplificando e tagliando alcune procedure ordinarie si sarebbe data la stura e si sarebbero realizzate grandissime e straordinarie opere infrastrutturali in tutto il Paese. Così non è stato, e questo è sotto gli occhi di tutto, perché sono ben altri i problemi. Una volta per tutte dovremmo rinunciare ad utilizzare in maniera impropria lo strumento dei provvedimenti d'urgenza per andare invece verso una semplificazione organica del nostro quadro legislativo. Il Governo, dunque, ci ha ormai abituato a dare le sue risposte ai problemi seri e reali del nostro Paese con il ricorso irresponsabile a decreti omnibus che divengono contenitori di tutto e di nulla. Sembra, infatti, essere invalsa un'abitudine direi persino peggiore di quella di utilizzare il decreto-legge quale strumento per legiferare in via ordinaria, vale a dire quella di veicolare, attraverso un decreto-legge, norme che nulla hanno a che vedere non solo con il titolo ma anche con quanto è stato fatto firmare dal Presidente della Repubblica prima di essere portato in Parlamento. Un Parlamento che di fatto è stato espropriato delle sue funzioni poiché chiamato soltanto a ratificare i decreti-legge, anche perché con il sistema ipocrita e pericoloso delle ordinanze, di fatto viene alterata la fisiologia che governa e che informa la costruzione delle leggi. Serve un'ordinanza, qualcosa che sia contingibile ed urgente, qualcosa del quale non si può fare a meno e quindi con quella nuova tecnica, che con una brutta parola potremmo definire «ordinanzacrazia» di fatto si altera, si espropria, si sostituisce il Parlamento con buona pace dei livelli di partecipazione democratica.
Penso in sostanza che oggi sia un'altra di quelle occasioni che il Parlamento ha perso per avviare una legislazione nuova e per far sì che le invocate riforme passassero anche attraverso la riforma vera della Protezione civile. Il sottosegretario Bertolaso ricorderà bene che la legge n. 225 del 1992 è stata approvata quasi all'unanimità dal Parlamento; a distanza di circa venti anni era a mio parere necessario che insieme - stiamo parlando, cari colleghi, di protezione civile, di sofferenza, di solidarietà - ci sedessimo ad un tavolo per modificare e modernizzare quella normativa, come il nostro gruppo ha tentato di fare sin dall'inizio dell'esame di questo provvedimento, che ha iniziato il suo iter nelle Commissioni di merito del Senato, assumendo una posizione trasparente e dando dimostrazione ancora una volta di grande responsabilità nel tentativo di migliorare questo testo.
Al contrario, dobbiamo constatare che finora non abbiamo fatto altro che assistere a norme «spezzettate», norme dedicate ad ogni singola comunità e non norme di ordine generale come avrebbe consigliato il buonsenso.
Omettiamo in questa fase - lo hanno già fatto in tanti - di parlare dell'articolo 17, che riguarda il dissesto idrogeologico, emergenza gravissima che avrebbe bisogno di risorse ben più ingenti di quelle sulle Pag. 114quali si può contare e di norme più stringenti, anziché della nomina di nuovi commissari straordinari con altrettanti apparati di gestione, come è invece previsto dal decreto-legge n. 195 del 2009. L'emergenza viene in tal caso utilizzata anche per creare nuove figure dirigenziali nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che aveva appena ristrutturato il proprio assetto di direzione, cui ora si affianca un ispettorato che non si comprende come possa coordinarsi con il resto della struttura ministeriale già competente in materia di difesa del suolo e di assetto dei bacini idrici.
Credo che dovremmo invertire la rotta, non possiamo avere un Governo «spezzatino»: su ogni calamità naturale e su ogni disastro c'è qualcosa legato a quell'emergenza, non c'è una visione complessiva dello Stato. Tra l'altro, nelle materie ambientali vi è non solo l'aggressione della criminalità organizzata e delle mafie, ma anche il rischio di non cogliere un'occasione di sviluppo attraverso la questione ambientale, che credo sia oggi una delle condizioni prioritarie che dovremmo utilizzare come proposta sul piano più generale.
Avviandomi alla conclusione, mi vorrei soffermare su alcune norme che a mio avviso sono state inserite in questo provvedimento in maniera del tutto surrettizia ed improvvida da parte della maggioranza e del Governo. Ne cito solo alcune, come l'aumento del numero dei sottosegretari che non si capisce proprio per quale motivo dovrebbe essere legato a questioni di emergenza e di protezione civile.
Come è evidente si tratta di una misura particolarmente grave perché più volte è stato evidenziato dalla più alta carica dello Stato il fatto che il numero dei sottosegretari e dei Ministri deve essere un elemento da tenere sotto controllo. E ancora, come fa il Ministro della giustizia ad affidarsi ad un articolo di un altro decreto-legge per affrontare l'annosa emergenza delle carceri? È forse questo l'ennesimo terreno per l'utilizzo dei poteri emergenziali?
Si tratta di una materia, quella del settore carcerario, che necessita di un diverso intervento e che necessiterebbe, in questo caso, di uno stralcio. Il piano carceri che è stato proposto appare del tutto inadeguato allo scopo, in particolare il riferimento all'edilizia penitenziaria contenuto in questo decreto-legge richiederebbe un intervento più rapido ed efficace oltre che meno costoso, perché si dovrebbe rivolgere innanzitutto alle molte strutture pronte che sono magari già arredate e che non sono mai state utilizzate (e comunque, a tutte le strutture chiuse a causa della mancanza di personale di polizia penitenziaria).
Detto ciò, le disposizioni introdotte sono inaccettabili, perché legittimano il commissario straordinario a provvedere ad adempimenti quali la localizzazione delle aree destinate all'edificazione di nuove strutture penitenziarie, anche in deroga alle vigenti prescrizioni urbanistiche, nonché in deroga alle disposizioni della legge n. 241 del 1990 volte a consentire agli interessati la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo. Perché poi introdurre in questo decreto norme che riguardano il personale dell'amministrazione dello Stato e norme che disciplinano la contrattazione collettiva in un decreto-legge la cui serietà ed importanza non è messa in discussione? Cosa c'entrano con i requisiti di necessità e urgenza le disposizioni contenute ad esempio all'articolo 5-bis riguardanti il corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, o all'articolo 7, che disciplina il trasferimento alla regione della proprietà del termovalorizzatore da adottare entro il 31 dicembre del 2011, per non parlare dell'articolo 11-bis atto a prevedere un accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e soggetti pubblici, finalizzato ad aumentare il consumo di acqua potabile di rete? Queste sono alcune delle questioni che avrebbero meritato di non ricorrere ad un decreto-legge, ma ad un iter legislativo ordinario e che ci auguriamo possano essere affrontate in Pag. 115una serena discussione, in un sereno esame degli emendamenti che pure noi abbiamo presentato.
Concludo, cercando di cogliere questa ennesima occasione per auspicare che in quest'Aula e nel Paese vi sia un sussulto di responsabilità democratica. Non è più sostenibile affrontare ogni emergenza, dimenticando la Carta costituzionale e il rispetto della democrazia rappresentativa. Il provvedimento in esame ci deve far recuperare una condizione di legittimità e di forza del tessuto democratico anche rispetto al primo livello che l'articolazione dello Stato propone, ossia il comune. Non possiamo creare le condizioni per cui i comuni della Campania restino sine die una cosa diversa rispetto agli altri comuni del Paese. In questo modo non solo non raggiungiamo il risultato, ma rischiamo di svuotare ancora di più il senso della democrazia e di abbandonare a loro stessi quei territori, quelle realtà e quelle comunità, soprattutto nel Mezzogiorno, spesso in mano alla criminalità organizzata. Si tratta, insomma, di evitare delle scorciatoie, e di affrontare il buon funzionamento di uno Stato moderno. Mettiamoci tutti insieme a correggere quelle norme che hanno creato tanta diffidenza nei nostri cittadini, nelle imprese e nel sistema economico. Noi vogliamo rafforzare la Protezione civile affinché costituisca, ancora una volta, e sempre di più, una risorsa del Paese per far fronte ai disastri e alle calamità. Noi continueremo con il nostro impegno ad insistere e a credere nell'opportunità di affrontare in modo collaborativo il tema di una riforma organica e rigorosa della pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signora Presidente, oggi, in una lettera aperta indirizzata agli uomini e alle donne della Protezione civile, il sottosegretario Bertolaso fa alcune considerazioni su tutta la vicenda, che io rispetto in toto, essendo la sua opinione. Mi permetto, però, di rispondere a due punti che ritengo molto gravi per tutti noi.
Anzitutto il dottor Bertolaso scrive: mi batterò per la verità anche se non interessa a nessuno tranne che a me, alla mia famiglia e a molti di voi (rivolgendosi agli uomini e alle donne della Protezione civile). Ebbene, vorrei dire da questo banco: caro Bertolaso, la verità interessa a tutti, e interessa prima di tutto a questo Parlamento; quindi ristabiliamo anche alcuni termini di civiltà dei rapporti e di rispetto delle funzioni e del ruolo in particolare, in questo caso, del Parlamento. In secondo luogo, voglio sempre dire al dottor Bertolaso che nelle nostre parole non c'è mai stato e non ci sarà mai un attacco alle persone che lavorano nella Protezione civile, per le quali abbiamo il massimo rispetto e la massima considerazione proprio in virtù del lavoro davvero straordinario che svolgono. Ma questa è un'altra vicenda rispetto alle persone che lavorano nella Protezione civile. Qui stiamo parlando di un'inchiesta, e nello specifico siamo discutendo un provvedimento, un decreto-legge, per cui «a ciascuno il suo», e cerchiamo di restare sul punto, come si suol dire. Il terzo elemento di questa lettera è che il dottor Bertolaso afferma: sono questi i pensieri che considero possibili e legittimi da parte di chi ancora crede che sia verità ciò che viene raccontato in televisione. È una sua opinione naturalmente, ma mi permetto di ricordare che nell'ultimo decreto sui rifiuti in Campania c'era un intero articolo che noi abbiamo provveduto ad eliminare con la collaborazione del Governo e che proprio poneva al centro la televisione e le trasmissioni televisive da realizzare sui rifiuti. Tant'è vero che io dissi che non potevamo passare da Un posto al sole a «Un posto al cassonetto». Quindi, anche in questo caso le televisioni e la verità televisiva servono evidentemente a seconda delle situazioni.
Dico questo perché il provvedimento che abbiamo in discussione è un provvedimento di straordinaria gravità per un primo elemento: anzitutto perché fa diventare straordinario ciò che dovrebbe essere ordinario, e quando si diventa straordinari in questo Paese e nella vita in Pag. 116generale è del tutto chiaro che tutto diventa più opaco e sicuramente meno trasparente. C'è un tema molto importante, che è quello della semplificazione normativa, ma mi permetto di ricordare che c'è addirittura un Ministero che dovrebbe occuparsi di questo, che latita completamente e rispetto al quale non si sa assolutamente quali siano i provvedimenti presi fino adesso. Capisco che in alcuni casi la procedura d'urgenza comporti uno sveltimento, ma quando questa procedura d'urgenza diventa la prassi allora tutto ciò si traduce nell'aggiramento delle leggi, delle normative e degli ordinamenti attuali, e certamente non nella scelta di canali preferenziali dati e dettati dall'urgenza. Del resto, come ha detto molto bene e molto meglio la collega Mariani oggi, nel suo intervento, si creano in questo modo due canali, uno lento per i cittadini, che si dovranno «beccare» tutte le burocrazie e le lentezze possibili e immaginabili, e uno invece veloce. La collega ha usato l'espressione «per i furbi», ma non saprei dire se per i furbi o per taluni poteri, assai opachi, che quindi hanno un interesse obiettivo perché le cose si facciano molto rapidamente. Ma su questo mi auguro che la magistratura possa fare molto velocemente tutta la chiarezza possibile e immaginabile. È evidente che le calamità sono una disgrazia e che quindi abbisognano del rispetto e della velocità, ma un'altra cosa mi pare di capire che sia l'establishment di una burocrazia che può scegliere l'aggiramento delle leggi. Allora, penso che vi sia un problema di costituzionalità - l'hanno detto molti colleghi ed io lo condivido - in moltissimi articoli, e penso che siamo anche di fronte ad un fatto grave: questa Costituzione continua ad essere modificata di fatto. Non c'è una legge che modifica la Costituzione, non c'è un dibattito per una modifica costituzionale, ma di fatto nell'ordinamento, pezzo per pezzo, si tende a disattendere la Costituzione, e questo è quanto più vero in questo decreto-legge. Cosa dire dell'equiparazione fra i grandi eventi e gli stati di emergenza? Ebbene, penso che sia davvero di straordinaria gravità, anzitutto per i motivi che sono stati esposti dai miei colleghi, ma dal mio punto di vista l'equiparazione tra grandi eventi e stati di emergenza è molto grave anche per un altro motivo. È il motivo che attiene all'articolo 14, sul quale vorrei concentrare il mio intervento.
Nell'articolo 14, in completa violazione della Costituzione, si dice che bisogna procedere ad un reclutamento di personale a tempo indeterminato per le complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale. Modestamente faccio parte della Commissione cultura e cerco di informarmi perché non sempre le informazioni ci sono. Vorrei sapere quali sono le complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale poiché per quel che riguarda la tutela del paesaggio che dovrebbe afferire a questo decreto-legge, l'unica cosa che sappiamo è che è stata abolita la direzione generale; è stato tagliato nel bilancio dello Stato un pezzo consistente del finanziamento per la tutela del paesaggio; c'è una riduzione delle direzioni territoriali; tutto è stato avocato nelle mani del direttore generale per il patrimonio, Resca; il Ministro Bondi in una risposta che mi ha dato in Commissione e che è agli atti, mi ha risposto che non vedeva alcuna connessione tra il paesaggio e tutto ciò che è a noi contemporaneo; l'applicazione del codice del paesaggio fa fatica ad esserci perché ha bisogno di personale territoriale; il concetto di tutela del paesaggio e dei beni culturali si è sfarinato sotto i tagli che sono stati fatti a questo Ministero. Tuttavia in questo decreto-legge c'è scritto che vi sono complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale. Qual è il motivo per il quale si devono definire complesse iniziative quelle che dovrebbero essere iniziative ordinarie di tutela che dovrebbero essere compiute dal Ministero che ha al suo interno importanti competenze? Per quale motivo, se non uno molto chiaro e molto evidente: la scelta di questo Governo di svuotare il Ministero per i beni e le attività culturali procedendo ad una non reimmissione e ad un non aggiornamento del turnover, al fatto che moltissime persone Pag. 117vanno in pensione e non vengono sostituite e alla scelta di procedere attraverso commissariamenti, attraverso direttori generali - pochi - che evidentemente garantiscano fedeltà al Governo? Tutto questo mi sembra vagamente contrario a qualunque scelta democratica.
Tornando all'articolo 14, il secondo elemento riguarda una norma che di fatto è una norma ad personam che concerne l'immissione in ruolo a tempo indeterminato con determinati parametri di una persona che è l'unica che in quel Ministero corrisponde a quei parametri: una persona che attualmente è direttore generale del settore spettacolo, capo di gabinetto del Ministro, commissario straordinario di un certo numero di fondazioni lirico-sinfoniche, un signore potentissimo dalla capacità di lavoro di 25 ore al giorno. Lo dico con grande serenità perché ho presentato un'interrogazione in merito e la risposta non è stata certo soddisfacente. Dunque si procede con un premio, possiamo definirlo un premio per il grande lavoro che viene svolto da questa persona? Inoltre, le conseguenze quali sono? Per l'immissione a tempo indeterminato di questo dirigente vi sarà il taglio di 2-3 posti di direzione, il che significa depotenziare ulteriormente le capacità di intervento del Ministero.
È chiara dunque la strategia: lo svuotamento del Ministero. La definizione di alcune direzioni generali che rispondono direttamente al Ministro. Vorrei ricordare e mi auguro che domani il Ministro risponderà all'ennesima interrogazione che è stata rivolta da noi sul direttore generale del patrimonio, dottor Resca, che ha nelle sue mani il progetto «Grande Brera» pare con almeno 2-3 milioni di euro che potrà amministrare anche per consulenze, come meglio preferirà e che percepirà una percentuale di questi 2-3 milioni di euro, quando noi sappiamo perfettamente quali sono gli stipendi di un direttore di museo e quali sono gli stipendi di un sovrintendente e quali sono in generale gli stipendi che si percepiscono nel Ministero dei beni e delle attività culturali.
Dunque pochi direttori, un network non trasparente e i tagli del Ministero alla riduzione del personale vanno in qualche modo giustificati: li si giustifica affermando che non solo si fa una grande riforma, ma si stabilizza anche una persona, con quali indirizzi non si sa, non si sa che cosa passerà da quelle direzioni e da quella direzione che verrà se questo sciagurato decreto-legge sarà convertito così com'è, in un coerente disegno.
L'Italia possiede il 52 per cento (sono dati Unesco) del patrimonio artistico mondiale e di questo 52 per cento si intende che ne venga amministrato un pezzo dalla Protezione civile, secondo grandi eventi ed urgenze, un pezzo da una direzione che risponde direttamente al Ministro, che è quella dello spettacolo, un pezzo da una direzione che risponde direttamente al Ministro, che è quella del patrimonio, in barba a tutte le necessità urgenti di tutela che avverte il paesaggio italiano; si tratta di un paesaggio straordinario, ma se non vi sono le persone che effettivamente applicano le normative e se non lo si fa giorno per giorno in relazione ai territori, alle direzioni regionali ed agli enti locali, questo patrimonio finirà per scomparire e scomparirà sotto il peso degli abusi edilizi, dell'ambiente distrutto e dell'inquinamento. Allora sì, a quel punto, vi sarà l'emergenza e l'urgenza, allora sì potremo parlare di catastrofe. Vogliamo arrivare a questo? Questo è un Paese davvero strano e questo Governo, in alcuni momenti, mi pare che lo interpreti fin troppo bene, ma questo 52 per cento del patrimonio culturale è di fatto ridotto a grande evento o a calamità naturale o ad entrambi.
Per quale motivo la Protezione civile ha la potestà di intervenire sulla pinacoteca di Brera e sul progetto della grande Brera a Milano, sulle aree archeologiche di Ostia, Roma, Napoli e Pompei e sulla ricostruzione del centro storico de L'Aquila? Dalle mie parti si dice offelè fa el tò mestè cioè ognuno deve fare il suo mestiere. Per carità, la Protezione civile è importantissima, l'Italia purtroppo è un Paese di territori dissestati e di calamità, ma non vi è alcuna calamità nelle aree archeologiche di Ostia, Roma, Napoli e Pompei: vi è un'inefficienza di questo Governo che non Pag. 118finanzia il personale e non mette a posto ciò che dovrebbe mettere a posto, cioè il rapporto con le direzioni regionali, in una scelta di maggiore tutela.
Cosa dire della ricostruzione del centro storico de L'Aquila? A tale riguardo, molto francamente, siamo al limite della strumentalità, perché sovrapporre elementi tra loro così diversi credo che non porterà alcun vantaggio a nessuno e tanto lavoro anche generoso rischierà di venire vanificato. A me piacerebbe che la cultura venisse definita un'urgenza e anche un'emergenza, perché abbiamo bisogno di lanciare un allarme. Ma questo allarme non è per le misure che sono previste nell'articolo 14: è per quel miserabile 0,3 per cento di finanziamento alla cultura. Da questo elemento partirei, non dall'infinità di soldi che arriveranno alla Protezione civile senza nessuna trasparenza. E non è l'unico atto che viene fatto: voglio ricordare anche in questa sede che vi è stata la privatizzazione del MAXXI, cioè del museo di arte contemporanea più importante d'Italia, trasformato arbitrariamente in fondazione di diritto privato senza che si sappia ancora chi sono i partner privati che comporranno questa fondazione. Dunque, di che cosa stiamo parlando? Diciamo la verità: l'esigenza è quella di mettere a posto un funzionario dello Stato? Ma allora si chiamiamo le cose con il loro nome, non si interpelli la cultura, non si faccia riferimento alle catastrofi e ai grandi eventi.
Io sono spaventata: grande evento sarà l'Expo 2015 nella mia città, a Milano, ma io non mi sento alla pari di persone che hanno un dramma enorme, che è quello di un terremoto o di un alluvione. Ma per quale motivo una città come Milano deve finire sotto la Protezione civile? Ma cosa abbiamo fatto di male? È una città che funziona male, è governata male, ma - per carità - ha ancora alcuni elementi di civiltà ed alcuni elementi di sopravvivenza; il territorio è quello che è, ma per fortuna non abbiamo le alluvioni; vi è il Seveso che esonda qualche volta, ma non vorrei che arrivasse l'intera Protezione civile per aprire i tombini di Milano. Cerchiamo anche di dare un minimo di misura a ciò che viene fatto. Dunque penso davvero che sarebbe bene lanciare l'allarme per la cultura per quello 0,3 per cento del prodotto interno lordo che consegna il Paese, che ha il 52 per cento del patrimonio artistico mondiale, al grande evento, all'eventismo che è effimero, transitorio, discrezionale ed opaco, come il potere senza principi di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, la delicatezza del provvedimento in discussione e la prudenza con cui occorre trattare vicende giudiziarie concernenti persone di cui è doveroso presumere l'innocenza, fino a prova del contrario, consigliano di non eccedere nel ricorso al registro dell'ironia. Così non fosse, potremmo dire che il decreto-legge n. 195, qui presentato per la conversione, mira a un obiettivo ben preciso: fare compiere al nostro Paese un passo assai significativo sulla strada del suo commissariamento. Questo resta valido anche una volta preso atto della rinunzia ad uno degli articoli più contestati. Infatti, mentre il Ministro Brunetta, un giorno sì e l'altro pure, minaccia tuoni e fulmini contro le diverse categorie di dipendenti pubblici ed annuncia epocali riforme della pubblica amministrazione, altri più concretamente stanno già ponendo mano ad un'opera di smantellamento della macchina amministrativa.
Senza risalire troppo indietro nel tempo non è forse senza significato ricordare che nella recente legge finanziaria 2010 - la legge n. 191 del 2009 - all'articolo 2 è già stata creata, nel silenzio pressoché generale, la Difesa servizi Spa, d'ora innanzi braccio operativo del sensibilissimo comparto difesa, ponendo le sue azioni nella disponibilità del Ministro di settore. Ma questa operazione impallidisce di fronte a quella da tempo in atto nell'area della Protezione civile perché, come Pag. 119è stato da più parti evidenziato, quello della Protezione civile è il settore che maggiormente si presta ad essere declinato con un istituto prepotentemente entrato con un ruolo da protagonista assoluto nelle nostre vicende politiche ed istituzionali: quello dell'emergenza.
Non voglio ripetere affermazioni che ormai rimbalzano dalle pagine di quasi tutti i quotidiani, ma è evidente che la radice del problema è tutta qui. Se non si pone una rigorosa linea di demarcazione fra l'emergenza autentica, quella prodotta da eventi naturali, e l'emergenza indotta, quella provocata dall'uomo per mancanza di programmazione o per inerzia, passivamente accettata o scientemente precostituita, è evidente che tutto si presta ad essere giocato in chiave emergenziale, con il risultato che quel che era stato disciplinato inizialmente come percorso straordinario tende a diventare ordinario e viceversa, con una singolare inversione dei ruoli che mina al cuore il regolare funzionamento delle strutture statali e, in genere, delle strutture pubbliche.
Non è certamente un caso che la prima legge intervenuta in materia sia stata la legge n. 225 del 1992, il cui articolo 5 disciplina le ordinanze di Protezione civile, condizionandole alla previa deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri in presenza di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. Tale provvedimento ha in due circostanze - sentenze n. 418 del 1992 e n. 127 del 1995 - superato il controllo di costituzionalità della Consulta, pur prevedendo tale legge la possibilità di emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, a dimostrazione che nessuno pensa seriamente di fronteggiare l'inondazione, tamponando l'acqua a mani nude.
Il problema nasce, invece, quando il regime previsto dalla legge del 1992 viene esteso, con il decreto-legge n. 343 del 2001, convertito in legge n. 401 del 2001, ai cosiddetti grandi eventi e la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri dello stato di emergenza viene sostituita, appunto, dalla dichiarazione di grande evento.
A questa dichiarazione il Governo ha fatto e fa ricorso discrezionalmente con riferimento ad eventi della più varia natura, tra cui sportiva, come i mondiali di nuoto, religiosa, come i viaggi papali o l'esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Copertino, storico-culturale, il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, e così via di fatto trasforma in emergenza ciò che emergenza non è e legittima l'emanazione di ordinanze, il cui trasparente obiettivo è solo quello di superare in blocco tutti i controlli ordinari che la legge prevede, quelle garanzie di legalità e di trasparenza che in realtà sono proprio dello Stato di diritto.
Come ha scritto proprio oggi Pietro Ichino, la societarizzazione di interi segmenti della struttura dello Stato mira a renderli più efficienti, sottraendoli ad ogni controllo, per esempio del Parlamento e della Corte dei conti, con il risultato che il solo controllo possibile è quello esercitato dall'autorità giudiziaria laddove si ravvisino ipotesi di reato, salvo gridare poi al giustizialismo appena un pubblico ministero avvia un'indagine. Ma non è forse la cancellazione totale dei controlli amministrativi che finisce, osserva ancora Ichino, col dilatare innaturalmente il ruolo del controllo giudiziario?
Per non parlare - ma solo perché l'argomento meriterebbe un esame analitico a sé stante che qui non si rende possibile svolgere non fosse altro per economia di tempo - dello stravolgimento del sistema delle fonti del diritto che, per effetto di queste prassi, si produce con un altro bene assolutamente primario del nostro sistema ordinamentale di cui si fa impietosamente scempio. Basti unicamente richiamare, senza volerla buttare in filosofia o aprire un dialogo sui massimi sistemi, il processo di erosione - ma forse si dovrebbe parlare di vero e proprio snaturamento - che così agendo si produce a carico della nozione stessa di legge.
Infatti, a ben vedere la legge nasce storicamente come argine nei confronti di Pag. 120chi esercita il pubblico potere. Serve, cioè, a perimetrare l'ambito dei poteri di chi è investito di responsabilità pubbliche indicando ciò che egli legittimamente può fare e, per converso, ciò che non gli è consentito di fare, i limiti che non può valicare. Fare quindi una legge per far venire meno questi limiti, dicendo sostanzialmente al pubblico funzionario «fa' quello che vuoi», è quasi un ossimoro. Normativamente è una sorta di atto contro natura che, se può trovare una sua giustificazione dinanzi ad una emergenza calamitosa non diversamente fronteggiabile, certamente è inconcepibile di fronte alla gestione di un qualsiasi grande evento.
Senza voler contraddire quanto detto in apertura in ordine al rispetto che si deve alle persone coinvolte nelle inchieste aperte dalla magistratura, ma limitandomi ad esaminare i soli profili istituzionali della questione, non si può non osservare come, a rendere il quadro ancor più nebuloso e ambiguo, abbia contribuito la scelta del Governo di affidare la responsabilità politica della guida del settore a chi già era ed è rimasto titolare della carica di capo del Dipartimento della Protezione civile, con tanti saluti al principio della separazione tra la funzione di indirizzo politico e quella di gestione amministrativa con il quale abbiamo riempito pagine di Gazzette ufficiali e intere biblioteche.
Per paradosso, il sottosegretario con delega al settore, vestendosi della sua autorità politica, potrebbe indirizzare una direttiva a sé medesimo in quanto capo del Dipartimento, una situazione che, da qualunque parte la si osservi, si traduce in un gran pasticcio e che sarebbe stato assai meglio evitare alla radice.
Per dirla tutta, non sono affatto convinto che questa legge, come quella che ha esteso le procedure di emergenza ai grandi eventi, potrebbe superare un tutt'altro che improbabile sindacato di costituzionalità come invece è accaduto per la primigenia legge riguardante la protezione civile. Voglio solo ricordare che quando la Corte costituzionale, stanca delle ripetute reiterazioni dei decreti-legge, decise di intervenire sancì che l'urgenza, che dei decreti costituisce necessario presupposto, doveva essere una urgenza obiettiva e non un'urgenza indotta da comportamenti o omissioni degli uomini.
Sfido chiunque a dimostrare che, intorno alla questione della gestione dei grandi eventi, non possa riproporsi mutatis mutandis lo stesso schema di ragionamento con lo stesso effetto di legittimità costituzionale. Vorrei richiamare, infine, il parere reso al riguardo dalla Commissione finanze del Senato nella seduta del 21 gennaio scorso che, pur essendo formalmente riferito alla crescente tendenza normativa a dar vita ad appositi organismi societari, si presta a mio modo di vedere assai bene ad essere esteso all'intero pacchetto normativo in esame.
Bene, detto parere invita a guardarsi dal rischio di dilatare ulteriormente il volume globale dei costi storici relativi alle spese per consumi intermedi della pubblica amministrazione, rallentando il processo di attuazione del federalismo fiscale e vanificando l'obiettivo di sostituire al criterio della spesa storica quello dei costi standard, nell'ambito dell'autonomia e della responsabilizzazione finanziaria degli enti pubblici. Se queste sono alcune delle preoccupazioni della maggioranza è davvero incomprensibile l'ostinazione nel voler condurre in porto il provvedimento.
In sintesi, credo che non solo non vi siano le condizioni per andare avanti nell'approvazione di questa proposta, ma ritengo indispensabile arrestare la macchina per avviare un'equilibrata, ma puntuale riflessione sul bilancio ad oggi delle gestioni commissariali ed emergenziali, per trarne indicazioni precise per il futuro assetto del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, discutiamo in quest'Aula di questo decreto così rilevante e delicato rispetto al quale la posizione del gruppo del Partito Democratico è stata molto chiara e netta sin dalla Pag. 121fase del primo esame al Senato e nelle giornate che ci hanno preceduto in Commissione ambiente della Camera. Abbiamo espresso un giudizio motivatamente e fortemente critico e negativo sul decreto, sia per la parte concernente la normativa sulla conclusione della gestione commissariale straordinaria relativa alla materia dei rifiuti in Campania, sia per la parte attinente alla sciagurata norma dell'articolo 16 su Protezione civile Spa e più in generale su tutte le norme dirette ancora una volta ad ampliare e dilatare il ruolo della Protezione civile.
Abbiamo espresso una posizione chiara e grazie alla nostra opposizione ferma e convinta si è arrivati ieri all'eliminazione dell'articolo 16 su Protezione civile Spa. Ma il giudizio su questo decreto continua a rimanere fortemente e assolutamente negativo e critico perché ancora una volta il Governo e la maggioranza trascurano di dire una parola chiara sul ruolo della Protezione civile, di dire cioè una parola conclusiva su questo processo di continuo allargamento delle sue competenze. Ne è derivato uno snaturamento pericoloso, assolutamente anomalo, del ruolo e delle funzione della Protezione civile.
Infatti, il ricorso a procedure eccezionali ed urgenti che possono derogare alla normativa vigente può e deve essere consentito quando siamo di fronte a situazioni assolutamente straordinarie, impreviste e imprevedibili, come le grandi calamità naturali, i grandi eventi alluvionali, le grandi tragedie della natura che si abbattono sulle nostre comunità. Ma non si può addivenire al ricorso a procedure extra ordinem, il che significa lo scavalcamento del controllo e del ruolo del Parlamento e, quindi, il ricorso allo strumento delle ordinanze e non al controllo della legge, per situazioni come i cosiddetti grandi eventi, che poi hanno avuto ed hanno un'applicazione enorme; infatti, la stessa casistica dei grandi eventi è sempre di più aumentata, comprendendo situazioni che invece sono assolutamente prevedibili e che si legano a scadenze temporali precise rispetto alle quali può e deve essere invece attivato il ricorso alle procedure ordinarie.
Procedere con ordinanze non significa soltanto sottrarsi al controllo e al primato della legge, ma significa anche attivare procedure in deroga alla normativa urbanistica vigente o in deroga alla normativa sugli appalti pubblici o alla normativa sulla scelta del contraente privato cui affidare l'esecuzione di opere o di interventi. Significa cioè sottrarre l'azione del soggetto che interviene ad una serie di controlli amministrativi e contabili. In tal modo, si sottrae al sindacato di legalità un'area di attività immensa, di enorme portata, che viene di fatto in maniera strisciante privatizzata e portata al di fuori delle attività che sono e devono rimanere di competenza dello Stato e delle istituzioni pubbliche. Si crea inevitabilmente così una sorta di azione amplissima inevitabilmente caratterizzata da grande opacità che è premessa ineluttabile di patologie, con rischi enormi di illegalità, come le vicende di questi giorni stanno evidenziando.
Io mi soffermerò con qualche rapida considerazione sulle norme del decreto, gli articoli dal 2 al 13, che riguardano la conclusione della gestione legata all'emergenza rifiuti in Campania.
Si tratta di una fase lunga, straordinaria ed eccezionale di commissariamenti, che è durata più di sedici anni e che giustamente deve essere portata a conclusione. Porre fine alla fase straordinaria commissariale è un obiettivo giusto, assolutamente condivisibile. Dobbiamo però sottolineare che, innanzitutto, anche se il Governo ha adottato questo provvedimento con cui formalmente si fuoriesce dalla fase dell'emergenza, rimane una condizione di forte criticità legata alla situazione dell'impiantistica inerente al ciclo dei rifiuti in Campania, in primo luogo per quanto riguarda la questione così delicata e rilevante dei termovalorizzatori.
Il Governo ne aveva previsti, in un crescendo nei mesi scorsi, tre, quattro, cinque; poi abbiamo posto uno stop, perché con il precedente decreto-legge fu approvato un nostro emendamento relativo all'ipotesi del quinto termovalorizzatore. Per quanto concerne il termovalorizzatore Pag. 122di Acerra, siamo in attesa nelle prossime settimane, come c'è stato detto ieri dal sottosegretario Bertolaso, del collaudo definitivo e soltanto allora avremo anche un'indicazione definitiva e precisa delle capacità di smaltimento e di funzionamento di quell'impianto; per gli altri tre impianti, ossia in provincia di Caserta, in provincia di Napoli e nella città di Napoli, non abbiamo assolutamente alcuna notizia precisa relativa all'identificazione di un progetto specifico per la loro costruzione.
Rimane la questione del termovalorizzatore di Salerno, sul quale si interviene con questo decreto-legge unicamente per revocare i poteri commissariali, conferiti con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che dal Governo Prodi al Governo Berlusconi sono stati confermati al sindaco di Salerno, laddove soltanto per questo secondo termovalorizzatore è stata prevista la localizzazione, è stato previsto ed approvato un progetto ed è stata attivata una prima procedura di gara che poi è andata deserta. Ebbene, si interviene soltanto su questo termovalorizzatore con una misura che appare dettata unicamente da intenti punitivi e di logica politica elettorale per revocare - non si capisce bene il motivo - i poteri commissariati conferiti al sindaco di Salerno dai Governi precedenti e per attribuirli al presidente della provincia, che come primo atto di esercizio delle norme previste dal decreto, ha riconfermato in blocco gli atti che erano stati adottati dal sindaco commissario, in precedenza investito di tale ruolo.
Al di là dello stato dell'impiantistica del ciclo dei rifiuti in Campania, che quindi rimane ancora critico, sottolineiamo come sull'obiettivo di superare l'emergenza ci siamo mossi ed impegnati con grande determinazione. Voglio ricordare le posizioni che abbiamo assunto con nettezza e chiarezza per l'apertura delle discariche, che poi non è avvenuta, a Pianura e quella di Chiaiano, per concludere con la massima celerità i lavori del termovalorizzatore di Acerra, per definire un piano completo di impianti di termovalorizzazione in Campania, per la concessione degli incentivi CIP 6 allo scopo di favorire ed agevolare la costruzione di questi impianti, battaglia che è stata sostenuta in quest'Aula dal gruppo del PD.
Quindi siamo assolutamente d'accordo sul fatto che bisogna addivenire alla conclusione della fase commissariale, ma come si può uscire da tale fase e addivenire ad una fase, per così dire, ordinaria? È necessario un sistema di norme equilibrato, adeguato, coerente, che innanzitutto si muova nel rispetto del sistema delle competenze dei diversi livelli di governo, che rispetti la disciplina costituzionale e l'ordinamento delle autonomie locali vigenti. Che cosa, invece, è stato fatto con questo decreto-legge? Si è adottata una normativa confusa, inadeguata, contraddittoria, che in molte parti è inattuabile, che è mossa soltanto da intenti strumentali, da volontà più politiche ed elettorali che non da quella di definire un sistema ordinario e funzionante di ritorno alle competenze ordinarie nel campo della gestione integrata del ciclo dei rifiuti.
Soprattutto, viene violata in maniera netta e chiara la filiera istituzionale delle competenze dei diversi enti pubblici a vario titolo coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti. Viene, innanzitutto, mortificato e sacrificato il ruolo delle autonomie comunali nel disegnare il nuovo sistema ordinario delle competenze, e tutto questo con un meccanismo assolutamente farraginoso e pericoloso che pone le premesse per nuove crisi, per nuove difficoltà, per nuovi e grandi problemi. Si opera una grande forzatura legale anche con un metodo di totale approssimazione e confusione.
Tra l'altro, viene applicato in maniera sbagliata e strumentale il principio di provincializzazione nella gestione del ciclo dei rifiuti, che è sancito anche dalla legge regionale della Campania n. 4 del 2007. Tale principio va inteso nella sua esatta portata e nel suo vero significato, che è quello di attribuire alla provincia la competenza per la scelta e la decisione sul numero e sulla tipologia di impianti, strutture e siti legati al ciclo dei rifiuti, per la localizzazione di tali impianti e di tali strutture. Ben diversa, invece, è la competenza Pag. 123per le singole e specifiche attività di raccolta e di trasporto dei rifiuti in ciascun territorio comunale e le diverse attività inerenti alla raccolta differenziata, che non può che essere affidata ai comuni, singoli e associati.
Cosa si fa, invece, con il decreto-legge e qual è la soluzione che viene prevista? Si opera una pericolosa e grave centralizzazione in capo a società provinciali: una società provinciale per ciascun territorio delle cinque province campane. Ciò determina un rischio grave, concreto e, purtroppo, assolutamente certo, di creare con queste società provinciali, in realtà, soltanto delle megastrutture improduttive, degli ingestibili carrozzoni burocratici, delle asfissianti ed immense strutture che dal livello provinciale dovrebbero organizzare e gestire, con puntualità ed efficienza, non soltanto le attività legate alla localizzazione e alla gestione degli impianti, ma anche le specifiche e le singole attività di raccolta differenziata e di trasporto in ciascun territorio comunale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 22,30)

TINO IANNUZZI. Così viene violato e clamorosamente contraddetto il principio di doverosa e leale collaborazione istituzionale tra i differenti livelli di governo pubblico. Si tratta di quel principio che esige, invece, flessibilità, intelligente elasticità di modelli organizzativi e, soprattutto, non può non tener conto, ancor di più in una realtà così delicata e travagliata da questo punto di vista come la Campania, delle realtà concrete e delle esperienze positive maturate in questi anni sul terreno della gestione dei rifiuti.
Ecco perché noi diciamo che vanno distinte nettamente le attività di organizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti e del relativo trasporto e smaltimento dei singoli comuni e tutte le attività connesse alla raccolta differenziata dai compiti relativi, invece, alla programmazione delle strutture e degli impianti dei siti indispensabili per un moderno e funzionale ciclo di rifiuti e per le relative localizzazioni, che vanno attribuite in capo alle province. Tutto questo non è accaduto.
Vengono così mortificate le autonomie comunali e ancor di più si giunge al paradosso che vengono penalizzati e sacrificati i comuni virtuosi, quei comuni virtuosi che hanno fatto grandi passi avanti anche nella frontiera così delicata e decisiva della raccolta differenziata.
Fu lo stesso sottosegretario Bertolaso, in audizione davanti alla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, qualche mese fa, a sottolineare come, sul fronte della raccolta differenziata, tanti comuni, anche di dimensioni grandi e medie, avevano compiuto grandi e significativi passi in avanti. Già prima in Campania avevamo una realtà in cui c'erano comuni piccoli e medi che avevano raggiunto percentuali di assoluto rilievo nazionale sul fronte della raccolta differenziata, ma in quell'occasione il sottosegretario Bertolaso rilevò come tanti altri comuni (Salerno, Avellino, Benevento, Nocera inferiore e Castellammare di Stabia) avevano compiuto veri e propri balzi in avanti nella raccolta differenziata, raggiungendo percentuali di assoluto rilievo. Invece, si distruggono e si azzerano le esperienze positive maturate in questi campi da parte di tanti comuni.
Ben diverso e anche giusto è il discorso di prevedere meccanismi sanzionatori per i comuni inadempienti e su questo terreno non ci siamo mai sottratti e abbiamo fatto valere appieno la nostra posizione, perché questo è un meccanismo giusto che va previsto, realizzato e attuato con determinazione.
Tra l'altro, si ignora, nella foga e nel disordine di dettare questa normativa, anche che nella legge regionale della Campania n. 4 del 2007, con cui deve coordinarsi la normativa statale di uscita dall'emergenza e dalla fase commissariale, con la finanziaria per l'anno 2010, entrata in vigore qualche settimana or sono, si sono previste la salvezza e la salvaguardia in capo ai comuni, singoli o associati, di compiti e funzioni legate al servizio di gestione integrata dei rifiuti, purché siano Pag. 124realizzati secondo criteri e parametri di qualità e di adeguatezza e secondo il principio della sussidiarietà e del decentramento.
Ebbene, ancora di più viene operata una sottrazione illegittima e gravissima in capo ai comuni della riscossione, dell'accertamento e della gestione della TARSU e della TIA.
Si operano cioè lo svuotamento e la distruzione del principio dell'autonomia impositiva, fondamento della vita dei comuni, alla luce dell'ordinamento vigente degli enti locali.
Sottolineiamo che abbiamo presentato una serie di emendamenti per porre rimedio a questa situazione così grave, difficile e confusa e vogliamo anche evidenziare come voi stessi vi siete resi conto al Senato che il meccanismo che avete messo in campo è di enorme pericolo. Tant'è vero che con l'articolo 11, con i commi 2-ter, 5-bis e 5-ter, avete previsto un regime transitorio solo per il 2010, salvaguardando il ruolo e l'autonomia impositiva dei comuni con una duplice destinazione, in parte in capo ai comuni, in parte in capo alle province, della TARSU e della TIA, per poi giungere al regime disastroso nel 2011, con l'affermazione totale di competenze e di potere impositivo per TARSU e TIA soltanto in capo alle amministrazioni provinciali.
Questo regime, invece, deve diventare permanente, stabile e definitivo, perché solo così si può salvaguardare il principio costituzionale e legislativo di salvaguardia del ruolo dei comuni, quel principio, tra l'altro, di salvaguardia della loro autonomia e potestà impositiva che trova anche fondamento costituzionale preciso negli articoli 5, 117 e 118 della nostra Carta costituzionale.
Va poi eliminata, come detto, la norma assolutamente ingiustificata e sbagliata del comma 6 dell'articolo 10 sulla revoca dei poteri commissariali per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno in capo al sindaco della città.
Va poi sottolineato come avete determinato - con un unicum che non trova esempi e precedenti nell'esperienza legislativa, ossia ex lege, con il nuovo articolo 6, apoditticamente, senza dare conto di un procedimento inevitabilmente complesso e delicato e di un'istruttoria che dovrebbe essere quanto mai attenta, verificata e anche estremamente ponderata - in 355 milioni di euro il prezzo del termovalorizzatore di Acerra.
Va poi sottolineato che è necessario rendere stabile e definitivo l'articolo 11, comma 2-ter, che salvaguarda le attività attualmente gestite e condotte, nelle forme organizzative e procedimentali vigenti, da comuni singoli o associati nel campo delle attività di raccolta, trasporto, smaltimento dei rifiuti e delle funzioni così rilevanti per la raccolta differenziata. Infine, con lo stesso articolo 12, comma 2, prevedete un meccanismo apodittico di recupero delle somme dovute dai comuni rispetto alle strutture commissariali, senza alcuna verifica e senza alcun accertamento attento di tutto quello che è accaduto, di tutte le spese che realmente sono state sostenute in questi anni. È una norma che inevitabilmente produrrà un contenzioso infinito e defatigante, senza prevedere meccanismi di compensazione per somme che quei comuni continuano a non ricevere e a non poter riscuotere, sia a titolo di somme dovute per la soppressione delle entrate legate all'ICI, sia per quanto riguarda il recupero delle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari.
Infine, avete previsto la norma dell'articolo 3, comma 5. Aveva pensato bene il nostro capogruppo, Dario Franceschini, quando aveva rilevato che con quella norma voi volevate realizzare uno scudo di immunità totale, comprendente anche la materia penale, per le strutture commissariali, in contrasto evidente con gli articoli 24 e 113 della Carta costituzionale. Tant'è vero che avete dovuto modificare l'impostazione originaria di quella norma, per sottolineare che il divieto di intraprendere azioni giudiziarie e la sospensione di quelle in itinere riguarda la sfera della giurisdizione civile ed amministrativa, oltre che i procedimenti arbitrali. Ma questa previsione legislativa è assolutamente in conflitto con il sistema costituzionale, poiché Pag. 125blocca per un anno, per una quantità di destinatari enorme e vastissima, qualunque procedimento giurisdizionale, amministrativo e civile. È una norma inammissibile e ingiustificata, che sostanzialmente vanifica e priva i cittadini, i soggetti che hanno rapporti con le strutture commissariali, di qualunque forma di tutela giurisdizionale, anche in palese violazione del principio costituzionale di cui all'articolo 24 e all'articolo 113, circa il diritto alla tutela giurisdizionale di ciascun soggetto titolare di una posizione giuridica rilevante nei confronti degli atti e dei provvedimenti della pubblica amministrazione.
Su tutti questi argomenti abbiamo presentato proposte emendative serie e motivate, che vanno al cuore della discussione e del confronto. Questo decreto-legge esige una revisione profonda e radicale, una modifica forte, per la quale ci siamo battuti, argomentando in maniera seria e compiuta le nostre ragioni e chiedendo un confronto di merito.
Su questo terreno continueremo a batterci con ogni energia, per evitare che venga convertito un decreto-legge che è assolutamente pessimo e che rischia di produrre conseguenze disastrose per le comunità interessate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, in questi giorni mi sono interrogato sul significato della parola «emergenza» e sull'esatta definizione dell'espressione «stato di emergenza». È un vocabolo che forse meriterebbe sul piano lessicale e semantico qualche approfondimento, perché «emergenza» ha un significato preciso e non si può usare per tutti gli usi.
Per esempio, non vuol dire urgenza. Emergenza - leggo su un vocabolario della lingua italiana - significa circostanza, difficoltà imprevista o, ancora, situazione critica, di grave pericolo, da cui deriva lo stato di emergenza.
Urgenza significa, invece, obbligo di immediata attuazione o intervento, da cui deriva procedura di urgenza. Sono due termini diversi ed è evidente che il primo, l'emergenza, nasce in situazioni eccezionali, di enfatizzazione estrema dello stato di urgenza; nasce in ragione di un'imprevedibilità dell'evento (in questo il dizionario è chiarissimo) ed è caratterizzata dalla presenza di un grave pericolo.
Entrambe le situazioni devono essere affrontate naturalmente con tempestività estrema, ma la prima, l'emergenza, consente e suggerisce l'uso di mezzi eccezionali (la proclamazione dello stato di emergenza lo è), la seconda no.
Ora, voi avete fatto della Protezione civile in Italia non più l'apparato che fronteggia le emergenze, le situazioni di pericolo, le situazioni critiche e le drammatiche emergenze, come sono le catastrofi naturali o come è stato il terribile terremoto in Abruzzo, ma ne avete fatto e ne state facendo lo strumento da mobilitare ordinariamente ogni volta che si profila una qualunque urgenza.
A volte viene utilizzato per urgenze, come fossero emergenze, in tutte le situazioni più disparate, fino a svilire lo strumento e a farne un mezzo di ordinario intervento. Ma cosa tiene insieme queste urgenze, che voi chiamate anche, con una definizione pomposa, ma che è anche molto ambigua sul piano lessicale, «i grandi eventi»? Qual è l'attinenza che esiste tra materie così diverse come, da una parte, i terremoti, le alluvioni, le catastrofi e i grandi disastri naturali, e, dall'altra parte, le gare sportive, sia pure impegnative, le sagre dei santi patroni, i pellegrinaggi, i funerali dei Papi o anche il piano carceri, che è stato definito come una situazione di emergenza?
Adesso l'ho capito, perché l'altro giorno ho letto sul giornale della mia città, La Nuova Sardegna di Sassari, una cronaca che vorrei riferire. Sulla base di una documentazione inequivocabile, i giornalisti de La Nuova Sardegna hanno scoperto che le carceri in costruzione in Sardegna, in particolare a Cagliari, Sassari e Tempio, sono state appaltate con affidamento dei lavori coperti da segreto di Stato, con gare secretate, precisamente alle seguenti imprese: Pag. 126Opere Pubbliche Spa, alias Gariazzo, Anemone Srl (sappiamo di cosa stiamo parlando) e Gia.Fi costruzioni Spa (sappiamo di cosa stiamo parlando). Sono esattamente le tre imprese che sono sulle prime pagine dei giornali per aver appaltato i più significativi lavori de La Maddalena a condizioni esorbitanti nell'ambito del G8, poi spostato a L'Aquila.
Mi viene in mente questa considerazione: quello che tiene unito questo composito minestrone di materie, che voi chiamate grandi eventi, è soltanto un fattore, e cioè che in tutti i casi i destinatari degli appalti sono - mi verrebbe da dire saranno - sempre gli stessi, più o meno la stessa platea.
Insisto anche sulle modalità: cosa accomuna tutte queste cose? Niente bandi nella Gazzetta Ufficiale, in nome del decreto del 2003 dell'allora Ministro Castelli, che stabilisce che gli appalti carcerari si possono fare con particolare misure di sicurezza, cioè segretamente. Gare veloci, velocissime, il più delle volte con un solo concorrente, gestite, anche queste delle carceri come quelle altre, dal SIIT del Lazio, Servizio integrato infrastrutture e trasporti, braccio operativo del Ministero delle infrastrutture, con decisore ultimo - manco a farlo apposta - il signor Angelo Balducci.
Una società esclusa dagli appalti delle carceri sarde, la Pizzarotti Spa, ha presentato al TAR del Lazio un ricorso, lamentando di essere stata esclusa dall'accesso agli atti della gara per le carceri di Sassari. Il ricorso è stato respinto dal TAR perché «la costruzione di un penitenziario può essere secretata». Stiamo parlando, signor Presidente, di appalti per milioni di euro di tre grandi istituti penitenziari nella sola Sardegna: chissà cosa sta succedendo nel resto del Paese, e cosa succederà col Piano carceri, se il Piano carceri, come sembra, verrà messo sotto l'ombrello della Protezione civile.
Vorrei parlare, in questo intervento, di una prassi amministrativa: di un nucleo ristretto, ristrettissimo di decisori, sempre gli stessi, e di una piccola platea di interessi, sempre gli stessi. Piccola la platea, perché i nomi di questi imprenditori, appunto, ricorrono in tutti gli appalti, e chissà in quali altri settori, legati per più fili a chi decide l'appalto. In giugno Alberto Statera, uno dei nostri migliori giornalisti, ha pubblicato un libro, significativamente intitolato Il termitaio. Alle pagine 57-59 di quel libro, che è uscito prima che scoppiasse lo scandalo attuale, già si parlava con nome e cognome di Alberto Balducci, e si diceva che la residenza della società del signor Anemone a Grottaferrata, via IV Novembre 32, coincideva per indirizzo guarda caso con la sede della Rt film Spa, la cui proprietaria era ed è la moglie del signor Balducci, la signora Tau, socia a sua volta della signora Pascucci, amministratore unico di un'altra impresa edile legata al signor Anemone, la Redim 2002; a sua volta socia, la Pascucci, dell'Arsenale scarl, società costituita appunto per il cantiere dell'ex arsenale de La Maddalena: curiose, vero, queste coincidenze? È possibile che nessuno, al Dipartimento della protezione civile o altrove, al Governo, se ne sia incuriosito, che nessuno si sia insospettito? Ho la massima stima di quanto ha fatto in passato il dottor Bertolaso, ma è possibile che il dottor Bertolaso non abbia letto questo libro, che il suo ufficio stampa non gliel'abbia segnalato?
Penso, signor Presidente, che siamo di fronte in realtà ad una situazione molto grave. Si dice: ma la corruzione è sempre esistita. È vero, almeno in parte questo è vero. Tuttavia vi sono state epoche nella nostra storia, anche recente, nelle quali la corruzione, pur presente ed attiva, è stata combattuta, con norme efficaci, con controlli ispettivi penetranti e soprattutto con il conforto di una moralità pubblica, in primo luogo del personale politico, che ne ha isolato gli effetti e che ha condannato i protagonisti prima ancora che intervenissero le condanne del giudice: perché una buona pubblica amministrazione sa agire prima che intervenga il giudice. Quello a cui stiamo assistendo da qualche tempo, da qualche decennio almeno con ricadute sistematiche, è invece l'instaurarsi di un sistema corruttivo che ha creato intorno a sé connivenza e consenso, che si avvale dell'inerzia della pubblica amministrazione, che prospera sulla fragilità morale di un Pag. 127ceto amministrativo e politico che non sa trovare in sé la forza di reagire, e che invece di apprestare rimedi preventivi indulge in tentazioni, come è questa sciagurata tentazione, per fortuna da noi scongiurata, della Protezione civile Spa. Scongiurata per ora, ma non sappiamo se la riproporrete in qualche provvedimento futuro.
La ricerca dell'efficienza e della rapidità esecutiva nei pubblici apparati è un obiettivo sacrosanto, è fuori di discussione: tutti noi lo sentiamo come prioritario. Anni fa ho avuto la fortunata occasione di stare accanto all'allora Ministro della funzione pubblica Sabino Cassese, in un'epoca molto difficile del Governo Ciampi - molti di voi la ricorderanno -, nella quale tuttavia già si individuava saggiamente nella riforma dell'amministrazione una delle chiavi di volta, se non la chiave di volta principale, per uscire dalla crisi italiana. Ricordo benissimo quella stagione vissuta a Palazzo Vidoni, e soprattutto la resistenza contro quella politica riformatrice del Ministro, enorme resistenza, bipartisan: i sindacati del pubblico impiego, preoccupati che non venissero violati certi santuari; e la classe politica. Uno degli avversari era l'attuale Ministro Sacconi, che allora militava in altra parte politica. Ricordo benissimo l'alleanza tra la cattiva burocrazia e la cattiva politica, che fronteggiò quel coraggioso tentativo fatto quasi senz'armi: il Governo Ciampi era un Governo provvisorio, Cassese era un Ministro prestato alla politica, che visse solo quella stagione al vertice della funzione pubblica.
In realtà è un antico vizio del nostro sistema, di fronte alle inefficienze e alle lentezze della burocrazia, di non affrontarle mai di petto, di fare i compromessi con la burocrazia, di non mettere mai in campo adeguate e coraggiose politiche di riforma, bensì di aggirare i problemi lasciando vivere, anzi vivacchiare l'esistente, creando fuori dall'amministrazione un'altra amministrazione. Questo gli studiosi lo sanno: la chiamano da tanti anni l'amministrazione parallela.
È un tema antico, lo ha fatto persino Giolitti, che per fronteggiare il terribile terremoto di Messina nel 1908 creò poteri ed uffici speciali e persino un ente pubblico, l'Unione edilizia messinese, che poi divenne Unione edilizia italiana (perché questi enti, uffici ed apparati nascono e poi si stabiliscono, mettono radici e non c'è più verso di spostarli dall'ordinamento), che sopravvisse infatti a lungo all'emergenza che aveva creato e naturalmente con esiti non certo brillanti dal punto di vista dei risultati e dell'efficienza. In altri Paesi, quando si verifica un'emergenza, una grande catastrofe, questa serve da stimolo per migliorare l'amministrazione esistente; se ci si rende conto che l'amministrazione non funziona ci si mette mano e nel giro di pochi anni la si mette in grado di lavorare. Da noi le emergenze servono per creare continuamente nuove amministrazioni lasciando vegetare le vecchie nella loro inerzia e nel loro lassismo. La «fuga dello Stato», così è stata definita da Cassese questa tendenza; l'outsourcing, si direbbe oggi, con un linguaggio contemporaneo. Protezione civile Spa, a quanto si capisce dal provvedimento in oggetto, avrebbe dovuto essere una sorta di braccio esecutivo del Dipartimento a sua volta gerarchicamente soggetto alla Presidenza del Consiglio: Dipartimento che già oggi è dotato di poteri autonomi oltre che di una discreta agilità esecutiva. Il Dipartimento della protezione civile che ha una breve ed abbastanza dignitosa storia alle spalle soprattutto negli anni, lo riconosciamo volentieri, in cui lo ha guidato Guido Bertolaso, non ha dato cattiva prova di sé. Fino a quando si è occupato del suo mestiere, cioè le emergenze, solo di emergenze, e non di urgenza e grandi eventi o chissà che, anzi è apparso perfettamente in grado di fronteggiarle. Perché allora smontare questa macchina così soddisfacente per ricostituirla priva di regole senza capire se con gli stessi criteri organizzativi o con altre modalità. Mi viene un sospetto, signor Presidente, che i veri motivi di questa repentina fuga dallo Stato non siano nel bisogno di una maggiore efficienza come ci si è detto ma in altri meno nobili e più reconditi scopi. E ritorno al tema dei destinatari, che forse il mio collega Ghedini chiamerebbe «gli utilizzatori Pag. 128finali» del flusso di danaro pubblico gestito dalla Protezione civile. Questo Governo proseguendo con maggiore spudoratezza una linea già annunciatasi in occasione delle precedenti esperienze degli esecutivi Berlusconi, mira in realtà ad un unico scopo che io chiamerei la riforma istituzionale strisciante. Lo scopo è svuotare lo Stato, svuotare le amministrazioni dello Stato, farle funzionare ancora peggio di come funzionano adesso lasciando soltanto il guscio e trasportare tutte le funzioni che contano, specialmente quelle che implicano rapporti stretti con gli interessi privati, diciamo così, quelle che fruttano, in uno Stato parallelo costituito ad hoc senza più controlli né vincoli, direttamente gestito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo si voleva fare con la Protezione civile, lo si farà col Piano carceri, lo si sta facendo con la polizia a vantaggio persino adesso delle agenzie private di vigilanza che vengono immesse in compiti per i quali non sono preparate e che a loro non spettano; lo si vuol fare con la difesa. È un'epidemia, signor Presidente, l'epidemia della fuga dallo Stato e nella fattispecie dalle regole dello Stato, dalla legalità, dai controlli contabili, dai giudici dello Stato e mi aspetto che prima o poi avremo una magistratura parallela che servirà per bypassare la magistratura attuale. È in atto, se sappiamo leggerla, una grande manovra che sarebbe bene non sottovalutare e che si basa su tre punti salienti che riassumerei così. Il primo: l'Esecutivo deve avere per sé tutto il potere senza più quel sistema di pesi e contrappesi che caratterizza ovunque in Occidente il funzionamento delle democrazie contemporanee, riducendo il Parlamento, e sta succedendo, a mera camera di registrazione delle decisioni governative e deve quindi dotarsi di apparati esecutivi particolarmente efficienti.
Secondo: la riforma della pubblica amministrazione in nome dell'efficienza, mi perdonerà il ministro Brunetta se mi ascolta, è puro solo fumo negli occhi; mentre ci si trastulla sui fannulloni e si fanno grandi battaglie per mettere i cartellini agli impiegati, tutte le attività rilevanti della pubblica amministrazione tendono a passare ad altri soggetti ad essa estranei.
Terzo: l'outsourcing appunto, che un tempo era l'eccezione, diventa la regola; in quasi tutti i ministeri qualunque grande evento diventa campo per l'intervento di nuovi soggetti svincolati dalle regole e dai controlli; si utilizzano poteri eccezionali, si concentrano risorse finanziarie eccezionali e si procede con modalità di spesa eccezionali.
In realtà si sta svuotando lo Stato, si sta svuotando quella che era un tempo l'amministrazione per ministeri, quella che è descritta nella Costituzione della Repubblica.
La si sta sostituendo con soggetti di diritto privato sottoposti a controlli a consuntivo di problematica efficacia portando in questi soggetti, quasi fossero contenitori privi di una precisa missione, quante più funzioni pubbliche si riesce a portarvi (alla rinfusa, come dimostra il provvedimento, poi ritirato, sulla Protezione civile Spa).
Non a caso protestano tutti i corpi che si occupano di queste cose: vi è una protesta tra i vigili del fuoco, esprime dubbi seri la Croce rossa (che, tra l'altro, è un'organizzazione internazionale e mal tollera di essere subordinata a soggetti forti e così incontrollati), non a caso si dissociano le regioni (alcune regioni), non a caso prendono le distanze associazioni di categoria e sindacati che sul territorio esercitano preziose funzioni.
L'indeterminatezza stessa della norma genera dubbi e resistenze perché qui non si parla più di emergenza e di politiche di coordinamento in vista dell'emergenza; qui si predispongono in realtà strumenti autonomi, acefali, nelle mani - ripeto - del Presidente del Consiglio, neanche del Ministero dell'economia e delle finanze che normalmente controlla le società per azioni (questa società per azioni - che ripeto per fortuna è caduta, ma che chissà che non rispunti da qualche altra parte - dipendeva infatti direttamente dal Presidente del Consiglio).
Si tratta di strumenti impiegabili a discrezione quando il Presidente lo decida, senza più confini di materia o di scopo né Pag. 129gradazione di bisogni o valutazione di opportunità sottoposte a qualsivoglia controllo o autorizzazione.
L'amministrazione tradizionale - si è sempre detto - era ed è troppo circoscritta, era ed è troppo imbalsamata dalle norme, ma qui si inventa un soggetto libero di fare quello che vuole senza criteri di sorta che non siano la volontà politica del Governo, che ne detiene - soggetto unico e a sua volta incontrollato - il controllo.
Sono soggetti pericolosi, questi, quando si radicano nell'ordinamento perché alla fine, alla lunga, quando si moltiplicano tendono a scardinare l'ordinamento nei suoi gangli costituzionali.
Noi - lo ripetiamo al Ministro Brunetta - siamo, come lui dice di essere, per una amministrazione che funzioni, per un'amministrazione pubblica moderna al passo con gli apparati amministrativi dei grandi Stati (d'Europa ed altrove), rispettosa della legalità ed al servizio dei cittadini, che dell'amministrazione in ultima analisi - non dovremmo mai dimenticarcelo - sono gli unici, veri padroni.
Su una sola cosa siamo in radicale dissenso e non consentiremo mai questo, cioè il fatto che in nome di presunte modernizzazioni o peggio strumentalizzando il giusto bisogno di efficienza espresso da tutto il Paese (dal sistema delle imprese, dall'economia, dai cittadini) si smantelli la struttura pubblica svendendo intere funzioni dello Stato e professionalità a lungo coltivate nella struttura pubblica a soggetti esterni incontrollati e incontrollabili.
Questo non lo possiamo ammettere: noi pensiamo che lo scopo, anziché di realizzare l'interesse pubblico dei molti, di soddisfare quello privato dei pochi non deve passare. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, siamo in quest'Aula a discutere di un provvedimento che un Governo ed una maggioranza responsabili non avrebbero dovuto presentare e che, sull'onda delle proteste e dell'indignazione non solo dell'opposizione ma di molti cittadini, sono ora costretti a modificare in maniera sostanziale.
Quel che è successo è che all'interno della stessa maggioranza e del Governo si sono gradualmente fatti strada dubbi, perplessità e prese di distanza su un provvedimento che già dall'inizio sembrava inopportuno, a cominciare dalla questione della trasformazione in società per azioni della Protezione civile.
Evidentemente si è finalmente ravvisato in questa privatizzazione - come più volte abbiamo denunciato noi del gruppo del PD anche in Commissione ambiente nelle settimane scorse - quel pericolo di eccesso di potere e di sottrazione al controllo pubblico che stiamo denunciando e che le inchieste, purtroppo, sembrano portare alla luce e confermare.
I gravissimi reati di cui sono accusati gli arrestati, le indagini della magistratura impongono un momento ed una pausa di riflessione: va fatta chiarezza sul sistema di appalti (soprattutto degli appalti pilotati), di corruzione, di favori che le indagini stanno pian piano delineando.
La trasparenza delle procedure dovrebbe essere un obbligo sempre, lo ripetiamo dal momento in cui questo decreto-legge è stato emanato, ma ora è assolutamente imprescindibile pretenderla per dar conto ai cittadini di come vengono spesi i loro soldi.
Sappiamo tutti, lo abbiamo ribadito anche ieri in Commissione alla presenza del sottosegretario Bertolaso, che la Protezione civile è un'istituzione a cui gli italiani sono affezionati, a cui credono, per quello che ha saputo fare in tante situazioni difficili e luttuose, per la competenza e l'umanità dei suoi operatori. Disperdere questo patrimonio di fiducia e rispetto è un vero e proprio delitto in un Paese dove è così raro che i cittadini dimostrino affezione e sostegno ad un'istituzione pubblica. Non possiamo permettere che una gestione sconsiderata delle ordinanze di protezione civile metta a repentaglio un condiviso punto di riferimento Pag. 130per l'intero Paese. Vanno radicalmente ripensati metodi e procedure della Protezione civile, non certo per indebolirne la struttura, ma per garantire anche nelle vere emergenze, e nelle deroghe alle procedure ordinarie, la trasparenza di incarichi, appalti e risorse.
Ma per prima cosa va sottratta alla Presidenza del Consiglio l'assoluta discrezionalità nella dichiarazione dello stato di emergenza, perché è evidente che il problema è nato ed è cresciuto con l'incontrollabile espandersi negli ultimi anni di questo strumento alle situazioni più disparate. Il Partito Democratico, anche per questa ragioni, ha presentato nei giorni scorsi, una proposta di legge che vuole impedire l'equiparazione tra emergenza e grandi eventi, per porre regole precise all'emanazione di ordinanze di protezione civile e arginare la possibilità che intervengano episodi di corruzione e di malaffare. Il Governo, invece, prosegue nella direzione opposta, presentando un emendamento che equipara, ai fini del Patto di stabilità interno dei comuni, grandi eventi ed emergenze, confermando così un meccanismo perverso messo in atto negli ultimi anni che ha portato a confondere urgenze ed emergenze, mettendo sullo stesso piano emergenze reali ed eventi programmati con largo anticipo, ma per i quali era più comodo usare l'iter accelerato del grande evento, aprendo in questo modo la strada alle distorsioni e ai reati che le indagini, purtroppo, stanno svelando in queste ore e in questi giorni. Questa mossa del Governo ha il sapore di una sfida di cui non si sente alcun bisogno. Noi esponiamo con forza la nostra contrarietà: è questa l'origine della degenerazione a cui stiamo assistendo. Lo ripetiamo: bisogna fermarsi. La prima cosa, infatti, che salta agli occhi riguardo a questo decreto è la filosofia che lo ispira, che evidenzia quei pericoli di cui abbiamo detto. È la filosofia dell'emergenza, della deroga, del commissariamento indiscriminato. Il decreto-legge in esame vuole allargare senza pudore la maglia di poteri straordinari che in uno Stato di diritto dovrebbero essere usati, invece, col contagocce. Dal 2002 ad oggi, lo stato di emergenza nel Paese è stato dichiarato per circa 500 volte, confondendo emergenze vere con eventi sociali, religiosi e sportivi. Un vero e proprio abuso di potere perpetrato da un Presidente del Consiglio che, sotto l'affermazione, il vento di una malintesa volontà di efficienza e pragmatismo, nasconde in realtà il disprezzo per le regole e gli indispensabili strumenti della democrazia parlamentare. Non è un caso che per la prima volta nella storia del nostro Paese, e probabilmente anche unico caso in Europa, le azioni della Spa sarebbero state in capo al cento per cento alla Presidenza del Consiglio e non al Ministro dell'economia e delle finanze a cui tutte le partecipazioni statali fanno capo in maniera specifica. Era, quindi, piuttosto scoperta la volontà di fare di questa Spa una sorta di strumento esclusivo nelle mani del Presidente del Consiglio, una creatura da dirigere e plasmare senza interferenze di Ministri o delle Aule parlamentari, insomma una zona franca. Si trattava di una operazione insostenibile e inaccettabile. Siamo contenti di aver contribuito a scardinarla. Resta in luce il problema fondamentale ovvero l'ordinanza di protezione civile come strumento ordinario dell'azione Governo.
Già dal 1992 l'ordinamento prevede che la Protezione civile possa muoversi in deroga ad ogni disposizione vigente. Le ordinanze di Protezione civile sono state sottratte sia al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sia a quello dell'Autorità per i lavori pubblici, ma queste disposizioni eccezionali dovevano essere limitate a far fronte ad eventi eccezionali, nel momento in cui a causa dell'emergenza si deve intervenire in maniera rapida e non si possono seguire le procedure ordinarie. Invece, nel giro di pochi anni sono diventate la regola. Il 12 gennaio scorso Bertolaso viene nominato commissario a La Maddalena, che è stata classificata come grande evento, per cui è stato applicato il regime dell'emergenza. Nell'ordinanza che lo nomina commissario sono previste deroghe praticamente all'intero corpus legislativo: sugli appalti, alla Pag. 131concorrenza, alla trasparenza, ai controlli; deroghe alla vigilanza dell'Autorità sui lavori pubblici, alle procedure di affidamento, ai controlli dei requisiti per i contratti, all'oggetto della gara, agli avvisi, agli inviti, ai termini, ai criteri di selezione delle offerte, alla progettazione, alle verifiche archeologiche, al subappalto, alle varianti in corso d'opera, alle penali e all'adeguamento dei prezzi.
Non stupisce che una situazione simile inviti a nozze imprenditori senza scrupoli e funzionari corrotti, tanto meno stupisce che i vertici della Confindustria abbiano più volte denunciato questo modo di sottrarre al mercato appalti di altissimo valore economico. Il nostro rispetto per la Costituzione ci vede sollevati per aver visto attenuare quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 3, quando prevedeva che «fino al 31 gennaio 2011, non possono essere intraprese azioni giudiziarie ed arbitrali nei confronti delle strutture commissariali e dell'unità stralcio e quelle pendenti sono sospese». Ma non è sufficiente. Anche le azioni giudiziarie civili e amministrative non possono essere bloccate. Chiediamo che l'intero comma venga definitivamente soppresso, come è stato soppresso il comma 2 dell'articolo 10-bis, che prevedeva la proroga per 12 mesi del regime giudiziario speciale in materia di rifiuti in Campania. L'articolo 15 contiene un'altra pietra dello scandalo. Bertolaso cumula, in deroga alla legge n. 215 del 2004 sul conflitto di interessi, la carica di Capo del Dipartimento della protezione civile - incarico tecnico - con l'incarico politico di sottosegretario di Stato per il coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo ed internazionale. Si tratta con tutta evidenza - come è stato sottolineato anche stasera da chi mi ha preceduto - di due cariche non sovrapponibili, dal momento che si crea una opaca promiscuità tra il ruolo tecnico di funzionario super partes e quello politico di rappresentante dell'attuale maggioranza di Governo. Se si vuole che la trasparenza si affianchi all'efficienza i due ruoli vanno tenuti distinti, come dice la legge, e questa norma va cancellata. L'articolo 16 poi, quello che prevedeva la costituzione della Protezione civile servizi Spa, dopo settimane di polemiche è stato soppresso, come sappiamo, e sostituito dall'articolo 16 attuale, che prevede di dare un incarico di 250 mila euro l'anno a un dipendente pubblico per la gestione della flotta aerea della Protezione civile. Se si ritiene assolutamente indispensabile istituire questa nuova figura lo si faccia almeno senza ulteriori oneri a carico dello Stato. Un altro aspetto rilevante riguarda l'articolo 17 e le modalità e i criteri di organizzazione del programma di messa in sicurezza del territorio rispetto al rischio idrogeologico e alle altre categorie di rischio ambientale. Si compie la scelta di chiamare emergenza la messa in sicurezza del territorio, che non è certo un problema inedito nel nostro Paese, ma - come tutti sappiamo - annoso e cronico. Non è questo il modo di affrontarlo.
Stiamo aprendo un'emergenza che potrebbe durare come quella dei rifiuti in Campania, cioè dieci-quindici anni, che esproprierebbe in particolare le regioni, ma anche le autorità di bacino e i distretti idrografici delle competenze che la Costituzione in senso generale e la legislazione ordinaria assegnano loro. Ciò rischia di aprire un contenzioso tra diversi livelli istituzionali.
Per tutte queste ragioni, per dare al nostro sistema le garanzie che sono necessarie, vorremmo che in questa sede, oggi e domani, il Parlamento potesse apportare quelle modifiche che restituiscano soprattutto alle leggi, al Parlamento, agli organi competenti la possibilità, il diritto e il dovere di pianificare e soprattutto di creare quelle condizioni per un'Italia più giusta e che sappia costruire meglio il proprio futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge è arrivato alla discussione dell'Aula dopo un lungo iter che si è svolto nell'altro ramo Pag. 132del Parlamento ed invece un costretto e convulso passaggio nelle Commissioni parlamentari di questa Camera iniziato e concluso nell'arco di poche ore. Credo sia doveroso, a introduzione di questo intervento, stigmatizzare le modalità con cui un provvedimento di tale rilevanza è stato calendarizzato nei nostri lavori dopo che - è bene ricordarlo - quest'Aula è stata concentrata per settimane quasi esclusivamente su provvedimenti volti a risolvere i noti problemi giudiziari del Presidente del Consiglio. Questa scelta imposta dalla maggioranza ha comportato un vero e proprio ingolfamento dei lavori della Camera, con la sovrapposizione di decreti-legge in scadenza che hanno ancora una volta penalizzato i lavori delle Commissioni e dell'Aula. Al limite dei tempi ristrettissimi concessi per l'esame del provvedimento si è aggiunta l'incertezza, protrattasi sino all'ultimo, circa le modifiche decise dal Governo nel merito della parte più discussa e contestata del provvedimento, la costituzione della società Protezione civile e servizi Spa. Nonostante le autorevoli anticipazioni di importanti esponenti del Governo e persino del Presidente Fini, solo nella tarda mattinata di ieri, nel corso della discussione in Commissione ambiente, abbiamo potuto prendere atto della soppressione quasi integrale dell'articolo 16 del provvedimento e di altre modifiche, alcune parzialmente migliorative, che sono state introdotte nel testo licenziato in prima lettura dal Senato. Lo stralcio dell'articolo istitutivo della Protezione civile e servizi Spa ha rappresentato un risultato importante, frutto di un'azione di contrasto che il nostro gruppo, prima al Senato e poi alla Camera, ha condotto in queste settimane con grande convinzione. Si è scongiurato il rischio, colto e rappresentato da più parti anche all'interno della maggioranza, di un progressivo svuotamento di funzioni fondamentali della pubblica amministrazione che ha avuto inizio nell'ultima legge finanziaria con la costituzione della Difesa servizi Spa e che questa operazione di esternalizzazione di funzioni operative della Protezione civile avrebbe ulteriormente avvalorato. Sarei tuttavia più tranquilla se avessi la certezza che la decisione a cui si è giunti non è semplicemente l'eco di una vicenda giudiziaria che chiama in causa il sistema della Protezione civile nel nostro Paese, ma deriva invece dalla consapevolezza che questa impostazione non può essere la risposta ordinaria alle esigenze di funzionamento della pubblica amministrazione, così come non può essere condivisibile la crescita esponenziale che si è registrata in questi anni dell'uso dello strumento delle ordinanze di protezione civile per la gestione non soltanto delle emergenze, come è legittimo che sia, ma di un lunghissimo elenco di iniziative classificate, in base al decreto-legge n. 343 del 2001, come grandi eventi. Un cappello - lo abbiamo sentito dire in molti interventi dei colleghi che mi hanno preceduto - sotto il quale abbiamo visto collocarsi iniziative tra le più disparate: dalle visite papali nelle province italiane sino ad arrivare ad Expo 2015. Su Expo 2015 vorrei fare un appunto più specifico perché lo stesso sottosegretario Bertolaso ci ha ricordato che l'esposizione di Milano è sì un grande evento, ma che verrà gestito non dal sottosegretario bensì dal sindaco Moratti. Il problema non cambia, perché le regole saranno sempre quelle eccezionali e straordinarie delle ordinanze di protezione civile. Tutti questi interventi sono stati qualificati come grandi eventi, ma sicuramente non ne hanno le caratteristiche. Quello che è certo è che hanno goduto, spesso in maniera ingiustificata, di deroghe vastissime in materia di appalti, di concorrenza e di trasparenza e di una totale assenza di controlli preventivi da parte della Corte dei conti e dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, una condizione di privilegio evidente e non motivata da quelle esigenze di celerità e tempestività che sono state auspicate e ricordate anche in una nota ufficiale che l'Autorità di vigilanza ha trasmesso nell'aprile del 2008 al Governo e al Parlamento.
È stata una situazione che ha contribuito a creare quelle zone di ombra e di opacità che hanno finito per ingenerare Pag. 133effetti anche molto negativi e perversi, come è emerso in queste settimane. È per questo che con forza chiediamo che si rimedi a questa impropria equiparazione tra grandi eventi ed emergenze nazionali e che si ponga un argine a questa prassi ormai degenerata, modificando significativamente il decreto-legge in esame. Voglio infatti precisare che le modifiche parziali che sono state introdotte al decreto-legge, seppure importanti, non risolvono certamente tutte le criticità che vi sono contenute e sulle quali vorremmo che in quest'Aula si riuscisse ad impostare un confronto costruttivo con la maggioranza ed il Governo. Mi limiterò ad illustrarne alcune, riferite in particolare alle disposizioni in materia di Protezione civile.
L'articolo 14 autorizza l'avvio di procedure straordinarie di reclutamento di personale a tempo indeterminato del Dipartimento di protezione civile, in deroga a tutta la normativa di riferimento che riguarda appunto il reclutamento di personale, le limitazioni del turnover, i meccanismi di stabilizzazione della pubblica amministrazione fissati - lo voglio ricordare - da questo stesso Governo. Noi riteniamo che questa misura sia contestabile sia nel metodo sia nel merito, perché introduce un elemento di assoluta eccezionalità, non contemplato ad esempio per altre situazioni simili che si sono verificate nelle scorse settimane - penso al caso dei precari dell'ISPRA - e che si somma all'eccezionalità in cui già opera la Protezione civile. Sappiamo che negli ultimi anni il Dipartimento ha provveduto a diversi cicli di assunzione, quasi sempre con lo strumento delle ordinanze e senza mai ricorrere a procedure concorsuali pubbliche, motivando questa procedura con l'esistenza di specifiche professionalità acquisite, di cui - voglio precisarlo - nessuno mette in discussione l'esistenza ed il valore, ma che non risultano definite in termini oggettivi in alcuna sede ed in alcun modo. Addirittura l'articolo 14 prevede che le modalità valutative di reclutamento del personale in deroga siano definite da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui non si conoscono i termini di emanazione, in deroga a tutte le procedure di stabilizzazione vigenti.
Queste norme rischiano di aprire la strada e di legittimare logiche di progressivo indebolimento dell'imparzialità della pubblica amministrazione, di cui al contrario anche i fatti di questi giorni dimostrano l'importanza.
L'altro articolo su cui vorrei soffermarmi e sul quale manteniamo forti riserve è l'articolo 15, che al primo comma istituisce, fino al 31 dicembre di quest'anno, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la figura del sottosegretario di Stato incaricato del coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo ed internazionale rispetto ad eventi di interesse di protezione civile. Voglio ribadire anche in questa occasione che la questione che poniamo non riguarda assolutamente la persona del sottosegretario Bertolaso, che peraltro ha già ricoperto questo doppio incarico fino al 31 dicembre 2009 per la gestione di una reale emergenza, quale era quella dei rifiuti in Campania. Questo articolo però presenta diversi profili di criticità.
Il primo e più rilevante è quello che fa riferimento alla possibilità di sommare due cariche, quella di sottosegretario e quella di capo di Dipartimento, che hanno natura e prerogative differenti, prima di tutto per imparzialità ed autonomia rispetto alla linea politica del Governo. Questa norma sancisce una compatibilità che il nostro ordinamento non prevede in alcun modo e deroga espressamente alla legge Frattini in materia di risoluzione dei conflitti di interesse, che prevede appunto l'impossibilità, per i titolari di incarichi di Governo, nello svolgimento del proprio mandato, di esercitare altri incarichi di carattere pubblico. Non solo si viola un principio fondamentale degli Stati democratici contemporanei, ma creando questa deroga ad hoc rischiamo veramente di generare effetti perversi: la prossima volta potremmo trovarci di fronte ad una legge che unifica la carica di Capo della polizia con quella di Ministro dell'interno. È una deroga assai pesante al principio di separazione fra funzioni di responsabilità Pag. 134politica e di gestione amministrativa che non possiamo assolutamente condividere, perché incide pesantemente sulle fondamenta stesse su cui si basa il nostro sistema istituzionale, ma, ancora di più, per una realtà importante e di grande impatto sociale qual è la Protezione civile apre la strada ad una deriva che rischia di confondere pericolosamente le regole ed i rapporti tra poteri e responsabilità differenti.
Questo aspetto è stato apertamente contestato anche in Senato ed anche da esponenti importanti della maggioranza, che vi hanno intravisto correttamente i rischi di una grave negazione delle regole di imparzialità e di separazione tra controllore e controllato. L'articolo 15 del provvedimento in esame, al comma 2, introduce poi un'altra disposizione, perché demandando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con la sola intesa della Conferenza unificata, la definizione dei livelli minimi di organizzazione delle strutture territoriali della Protezione civile, prefigura un altro pezzo di riforma del sistema della Protezione civile con uno strumento legislativo che è assolutamente inadeguato.
Esso lede in maniera evidente il diritto di compartecipazione delle regioni, che hanno in materia, appunto, competenza concorrente e che, quindi, dovrebbero essere adeguatamente coinvolte. Ci chiediamo se questa è l'idea di federalismo che ha in mente questo Governo. Crediamo che non sia così e che si debba, invece, intervenire perché le funzioni delle strutture territoriali di organizzazione del nostro sistema istituzionale siano pienamente riconosciute.
Un altro passaggio critico dell'articolo è quello contenuto al comma 3, che prevede la nullità di compromessi e clausole compromissorie inserite nei contratti stipulati per la realizzazione di interventi connessi alle dichiarazioni di stato di emergenza e ai grandi eventi. Nonostante l'emendamento correttivo, che è stato introdotto al Senato, rimane aperto l'aspetto critico che nega, nei fatti, le modalità di risoluzione delle controversie inerenti i contratti pubblici, con l'effetto perverso di comportare una cancellazione, peraltro retroattiva, di diritti acquisiti dai cittadini ed imprese a vedere riconosciuta la possibilità di una tutela giurisdizionale.
Voglio fare poi un altro accenno, anche se breve, all'articolo 17 di questo decreto-legge, che fa riferimento ad interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico. Questo articolo, a integrazione della legge finanziaria per il 2010 che introduce lo strumento dei piani straordinari per il contrasto del rischio idrogeologico, prevede la possibilità di nomina di commissari straordinari per le tre macroaree del Paese a cui vengono concessi poteri amplissimi di attuazione degli interventi, in deroga alle disposizioni normative vigenti. Questa misura si caratterizza per palesi aspetti di incostituzionalità. Infatti, la nomina di questi cosiddetti macrocommissari che vengono, appunto, nominati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non richiede nemmeno la necessaria intesa con i presidenti delle regioni interessate dalla nomina del commissario di quell'area.
Tutti noi sappiamo che il tema della difesa del suolo è una materia che la nostra Costituzione assegna per competenza alla legislazione concorrente di Stato e regioni e, quindi, è altrettanto evidente che vi è una palese negazione del rispetto delle competenze anche delle regioni, al punto che diverse ragioni, appunto, hanno annunciato che opporranno ricorso presso la Corte costituzionale. Questa eventualità rischia di aprire un contenzioso paradossale con le regioni, ma anche di porre dei problemi evidenti con un altro pezzo del sistema di gestione del territorio, che è la pianificazione di bacino. Le Autorità di bacino, oggi distretti, non possono essere escluse da questo procedimento che consentirà - è bene ricordarlo - di investire risorse ingenti pari a un miliardo di euro. Siamo contenti che siano state previste queste risorse che comunque - è bene ricordarlo - sono sempre inferiori ai 500 milioni di euro stanziati annualmente dal Governo precedente. Tuttavia, è fondamentale che queste risorse siano utilizzate e spese in maniera rispettosa delle norme Pag. 135costituzionali, comunitarie e nazionali vigenti. Tutti questi aspetti hanno messo in evidenza dei punti di assoluta criticità rispetto anche ad un intervento importante, che è quello previsto all'articolo 17.
Voglio poi precisare e ricordare che quest'Aula, non più tardi di un mese fa, ha approvato all'unanimità una mozione proprio su questo tema, quello degli interventi per far fronte alla piaga del dissesto idrogeologico del nostro Paese. Credo che continuare a rappresentare il tema del dissesto come un'emergenza straordinaria sia perlomeno inopportuno, perché da anni se ne ha la consapevolezza e il tentativo di costruire un sistema di gestione ordinaria di questo problema dovrebbe essere, invece, il primo obiettivo cui tendere per conseguire un'efficace ed effettiva azione specie per gli interventi di prevenzione e di riduzione del rischio.
Infine, vorrei soffermarmi sull'articolo 17-ter, riferito al cosiddetto piano carceri. Voglio dire che pur con le modifiche che sono derivate dalla soppressione della Protezione civile Spa, restano ancora sul campo tutte le perplessità riguardo ai poteri assegnati al commissario straordinario che, a sua volta, potrà avvalersi del Dipartimento della protezione civile e potrà ricorrere, ancora una volta e anche qui, alle procedure di emergenza conseguenti, che prevedono per la localizzazione e l'espropriazione delle aree su cui realizzare le nuove strutture deroghe non solo alle normative urbanistiche, ma anche alle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo, alle modalità di esproprio e al limite consentito per il subappalto dei lavori.
Vorrei dire che questa è una misura particolarmente grave, perché si pone in netta contraddizione rispetto ai contenuti di una mozione che è stata proposta dal capogruppo del Partito Democratico - che è stata approvata praticamente all'unanimità in quest'Aula e accettata dal Governo - che impegnava espressamente il Governo a rispettare criteri di trasparenza e di pubblicità delle procedure e di evitare il ricorso a procedure straordinarie, cosa che invece puntualmente è avvenuta con questo decreto.
Ho cercato di evidenziare, signor Presidente, soltanto alcuni dei passaggi critici che sono ancora contenuti nel provvedimento in esame, ma voglio dire chiaramente in termini più generali la logica sottesa a questo decreto, che non possiamo condividere. In questa legislatura abbiamo visto diventare ordinario lo straordinario, anche nel funzionamento di questo Parlamento e delle stesse istruzioni dello Stato.
Il massiccio utilizzo dei decreti-legge e dei maxiemendamenti del Governo che riscrivono completamente dei provvedimenti; il ricorso al voto di fiducia; l'uso indefinito della delega legislativa e il ricorso smisurato a provvedimenti emergenziali, a procedure in deroga, alle figure dei commissari e allo strumento delle ordinanze che vedono nella Protezione civile, purtroppo, la loro rappresentazione più coerente non solo rischiano di configurare un progressivo scardinamento del sistema normativo e istituzionale del Paese, ma tradiscono complessivamente l'idea di una diffusa e strisciante sfiducia rispetto alle capacità di buon funzionamento della pubblica amministrazione e, più in generale, dello Stato. Cosa ancora più grave, essi rivelano la rinuncia implicita a mettere mano a un processo certamente difficile e ambizioso di vera riforma della pubblica amministrazione che vada nella direzione di un reale aumento dell'efficienza e di un alleggerimento burocratico ben più consistente degli annunci estemporanei a cui ormai siamo abituati. Ed è proprio in questo atteggiamento - che non esiterei a definire rinunciatario rispetto alla possibilità di cambiare in positivo lo stato delle cose - che trova spazio ed agibilità il ricorso sempre più esteso a procedure eccezionali fuori dal sistema di regole e di controlli.
Tali regole e tali controlli non devono servire ad ingabbiare l'operato della pubblica amministrazione, ma a garantire correttezza e trasparenza, questo sì, garanzie di cui invece anche i fatti di questi giorni Pag. 136ci hanno ricordato con forza la necessità e l'importanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, questa nostra discussione cade in un momento di grande attenzione dell'opinione pubblica al tema che stiamo trattando. Non sempre succede così; spesso quello che discutiamo e approviamo in quest'Aula non è seguito con tanta attenzione e non è tanto atteso da parte dei mezzi di informazione e da parte di tutti i cittadini. Fanno naturalmente eccezione, come sappiamo, i numerosi provvedimenti che riguardano le vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio che quest'Aula è stata chiamata a discutere ed approvare, che si sono meritati altrettanta attenzione.
Ora, signor Presidente, penso che debba essere dato atto all'opposizione da parte della maggioranza che tutti i nostri interventi si sono concentrati nel merito del provvedimento che stiamo discutendo e che nessuno di noi è stato rapito dalla tentazione di portare in quest'Aula il tema delle indagini giudiziarie in corso che hanno coinvolto i vertici della Protezione civile, a partire dal suo capo, il dottor Bertolaso, o peggio dalla tentazione di celebrare il processo a Guido Bertolaso e ai suoi collaboratori in quest'Aula.
Per noi la politica non ha e non può avere il compito di accertare la sussistenza di comportamenti illeciti. Questa funzione spetta ai giudici e in quell'ambito naturalmente deve rimanere. Però, quello che succede in ambito giudiziario non solo solleva il tema delle responsabilità politiche, che è cosa diversa dalle responsabilità giudiziarie e penali, ma soprattutto solleva il tema che è il cuore della proposta politica che come opposizione e come Partito Democratico stiamo avanzando in questi giorni di discussione sul provvedimento che disciplina, come sappiamo, le azioni della Protezione civile in Campania post-emergenza rifiuti, le azioni sulla ricostruzione in Abruzzo e, nell'ultimo articolo del provvedimento, le funzioni che deve assolvere la Protezione civile per fare fronte al meglio ai suoi compiti.
Parlo cioè, signor Presidente, dell'idea di fondo che ha ispirato l'azione della Protezione civile su mandato del Presidente del consiglio e del Governo in questi anni, un'idea basata su un assunto fondamentale che è questo: lo schema di azione, il lavoro brillante ed efficiente che crea consenso e soddisfazione tra le popolazioni portato avanti dalla Protezione civile per intervenire sulle calamità naturali, dalle alluvioni al terremoto in Abruzzo, è lo schema giusto per rispondere alla domanda di efficienza dei cittadini in ogni dove dell'agire dello Stato e della pubblica amministrazione, di manifestazione in sintesi del potere pubblico in ogni campo.
Ebbene questa idea, questa pratica, questa filosofia, alla luce delle inchieste giudiziarie in corso, ma anche delle inchieste portate avanti dalla stampa nazionale su alcuni eventi gestiti dalla Protezione civile e delle verifiche che ogni parlamentare ha potuto fare sul risultato di alcuni grandi eventi gestiti dalla Protezione civile - dai mondiali di nuoto al mancato G8 de La Maddalena e anche nella stessa gestione dell'emergenza rifiuti in Campania - ha dimostrato che questa filosofia non può essere la soluzione ai problemi di efficienza del nostro Paese. Non può esser lo schema per una ragione molto semplice, non solo per i motivi di costituzionalità e per un'idea di potere pubblico che dovrebbe ispirare uno Stato democratico, un'idea di pubblica amministrazione che molti colleghi hanno richiamato, un'idea molto diversa dalla filosofia che si è voluto affermare in questi anni. Ma soprattutto per una ragione molto semplice: e cioè che l'efficienza non c'è stata, e se c'è stata in parte è anche vero che ha creato tali e tanti problemi che ci impongono quantomeno una riflessione sulla necessità di cambiare strada.
Signor Presidente, questo lo dico da parlamentare sardo che era convinto, e che rimane tuttora convinto, che i lavori del G8 a La Maddalena (lo dico anche in dissenso da alcuni colleghi del mio partito Pag. 137che sono intervenuti su questo punto) andavano fatti necessariamente con le procedure accelerate degli interventi tipici della Protezione civile. Lì si trattava di fare importanti opere di ristrutturazione di edifici militari imponenti, dismessi dallo Stato in accordo con la regione Sardegna, per essere destinati al mercato turistico internazionale. Si trattava di realizzare importanti opere infrastrutturali per l'isola de la Maddalena, di fare una grande modifica ambientale e tutto doveva essere fatto in poco tempo. Sono perciò fra quelli che non giudicano uno spreco quel tipo di intervento infrastrutturale nell'isola de la Maddalena, anche se il G8 non c'è stato. Uno spreco sarà nel momento in cui non si riuscirà nell'obiettivo di riconversione dell'economia dell'isola de La Maddalena, un'economia di tipo militare che deve diventare un'economia di tipo civile basata sulla valorizzazione dello straordinario valore ambientale di quell'isola che come tutti sappiamo rappresenta un patrimonio a livello mondiale.
Il rischio c'è naturalmente ed è forte, visto che il duo Berlusconi e Cappellacci non crede a questo obiettivo quanto ci credeva il duo Prodi e Soru, ma ancora non siamo a quel punto. Tuttavia al di là di questo, signor Presidente, sono emersi in queste settimane alcuni problemi che rappresentano la cartina di tornasole di un intervento che non può essere modello da seguire per futuri interventi, addirittura il modello per eccellenza di intervento dello Stato.
Ad oggi, per stare a La Maddalena e ai fatti concreti e per non parlare solo della contrapposizione tra la nostra idea di Stato e di pubblica amministrazione e quella che il Governo vuole affermare, ad oggi non sappiamo qual è lo stato dei beni, delle opere, delle strutture ricettive nell'isola de La Maddalena, quelle strutture che erano inizialmente destinate ad ospitare il vertice del G8. Non sappiamo se corrispondono al vero le notizie riportate dagli organi di informazione, nazionali e sardi, sullo stato di abbandono di quelle strutture, sui costi eccessivi della loro messa in opera; non sappiamo se le ditte appaltatrici e subappaltatrici hanno messo cartapesta al posto di cemento armato. Sappiamo dell'assenza di trasparenza per quanto riguarda l'aggiudicazione dei lavori, assenza di trasparenza ammessa dallo stesso sottosegretario Bertolaso; della diffusione del lavoro nero durante l'esecuzione dei lavori; della mancata effettuazione del collaudo delle opere stesse, come risulta pare dalle intercettazioni telefoniche; della poca trasparenza e dell'assenza di un'intesa formalmente necessaria per l'emanazione dei bandi per la gestione delle strutture destinate a finalità turistiche una volta che le strutture sono state fatte; sul mancato rispetto, ai sensi dell'accordo Stato-regione dell'ottobre 2007, dell'assicurazione di una quota dei lavori alle imprese sarde.
Oggi ci interroghiamo sulla presumibile non idoneità di quelle strutture ad essere pienamente funzionali per futuri avvenimenti e vertici internazionali. Penso anche ai mondiali di nuoto, per parlare di Roma, del Lazio: piscine costruite in deroga alla pianificazione paesaggistica, dove nessun atleta ha mai nuotato, strutture ricettive proliferate senza che nessun atleta e neanche alcuno spettatore le potesse utilizzare, perché non servivano. Tutto per fare piacere, invece, all'amico dell'amico dell'amico, per alimentare con fiumi di denaro assicurazioni di lavoro in deroga al regime di concorrenza, un sistema di clientela riservato ed esclusivo, basato sul rapporto di comparaggio e fedeltà politica, prima di tutto.
Signor Presidente, si è dimostrato nei fatti che questa idea, questa pratica, questa filosofia non può essere implementata dalla Protezione civile, che è un'istituzione che fa bene le cose e svolge bene il suo compito, anzi, vi è di più: essa rappresenta il fiore all'occhiello dell'Italia quando si tratta di rispondere a calamità naturali e ad eventi eccezionali ai quali bisogna rispondere con tempestività ed urgenza, ma fa male quando si deve sostituire ad altri organi dello Stato.
Penso anche agli interventi all'estero. Credo che la Protezione civile non possa sostituirsi agli organismi internazionali, per esempio, in alcune operazioni necessarie Pag. 138per intervenire su emergenze internazionali e lo dico citando un fatto. Ricordo, per esempio, l'esperienza negativa della Protezione civile in Albania e non governava allora il Governo Berlusconi.
La Protezione civile, insomma, non può essere lo strumento attraverso cui si compensano problemi di lentezza, di inefficienza dell'amministrazione dello Stato negli enti locali, ma ciò non giova neanche alla Protezione civile, come diceva con chiarezza nel suo intervento il collega Lolli. Per tutti noi la Protezione civile, signor Presidente, è patrimonio dell'Italia; gli italiani l'hanno conosciuta nei momenti più drammatici della loro storia. Di fronte alle più grandi tragedie del Paese è stata l'emblema positivo di uno Stato che c'era, di uno Stato spesso assente, ma che magari, quando ci si aspettava che non ci fosse, invece era presente con efficienza e con grande umanità, era presente sapendo di costruire un ponte con quel moto spontaneo di solidarietà, di umanità e di fratellanza che il popolo italiano ha sempre dimostrato di essere capace di mobilitare quando il nostro Paese, purtroppo, come sappiamo, in maniera frequente, è stato colpito da gravi lutti e immense tragedie. La Protezione civile è una di quelle poche cose, da nord a sud, che ci ha dato l'orgoglio di sentirci italiani; allora io dico, teniamola là, interrompiamo questo processo di deformazione, di mutazione genetica.
Signor Presidente, noi non mettiamo in discussione la Protezione civile e la professionalità di chi la dirige: quella professionalità non è cambiata, ma è cambiato quello che il Governo chiede alla Protezione civile, perché si vuole una Protezione civile che leghi l'asino dove vuole il padrone, e quindi una Protezione civile attenta a curare l'immagine del Presidente del Consiglio, attenta alla propaganda del Governo, uno strumento, quindi, che da patrimonio di tutti finisce per essere patrimonio di chi governa, solo di una parte del Paese. Insomma, Berlusconi, dopo aver soffocato nel 1994 in molti di noi l'urlo di «forza Italia», oggi vuole soffocare questo sentimento di appartenenza alla Protezione civile che è di tutto il popolo italiano, di tutte le forze politiche, di tutte le forze sociali, avocando solo a sé, al Governo, quel sentimento di appartenenza.
Quindi, noi vogliamo interrompere questa mutazione genetica iniziata nel 2001, modificando le prescrizioni della legge del 1992, che limitava gli interventi della Protezione civile alle calamità naturali o a situazioni emergenziali assimilabili. Abbiamo presente l'introduzione nel 2001, con il decreto-legge n. 343, della nozione di grande evento, conosciamo le nuove disposizioni varate nel 2005 per gli interventi all'estero della Protezione civile e sappiamo come nella prassi si sia andata consolidando una dichiarazione di grande evento in maniera molto estensiva, con riferimento ad iniziative la cui realizzazione risultava molto differita temporalmente rispetto alla data di attribuzione del compito assegnato alla Protezione civile per curare l'organizzazione di quell'evento, in assenza quindi di ogni presupposto di urgenza e necessità.
Si è arrivato all'assurdo che nel corso di questa legislatura sono state introdotte, attraverso decreti-legge convertiti in legge dalle Camere, alcune disposizioni che prevedono le ordinanze di protezione civile per l'attuazione dei decreti-legge.
Quale distorsione più grande? In sintesi, l'esercizio del potere della Protezione civile in ogni luogo, anche per attuare una fonte del diritto quale il decreto-legge. Non si tratta, però, del decreto-legge dell'articolo 77 della Costituzione, ma è il decreto-legge che state utilizzando, ovvero quel decreto-legge che utilizzate come fonte sostitutiva dell'iniziativa legislativa delle Camere, determinando quindi un mix esplosivo fra decreti-legge, maxiemendamenti, voti di fiducia, uso indefinito della delega legislativa e potere di ordinanza della Protezione civile. Quale sistema migliore per scardinare il sistema delle fonti di diritto su cui si regge la Repubblica? È una licenza di uccidere generalizzata dunque; una licenza di passare sempre con il rosso, come ha scritto Eugenio Scalfari. Così le ordinanze assumono il ruolo di Pag. 139provvedimenti di attuazione di disposizioni il cui contenuto non necessariamente ha natura emergenziale.
Come hanno ricordato molti colleghi, il regime dell'ordinanza di Protezione civile è molto semplice: niente controlli e deroghe a decine e decine di leggi. Ogni anno la Protezione civile emana un centinaio di ordinanze: 500 dal 2002 ad oggi. È vero che alcune sono state emanate anche dai Governi di centrosinistra, ma non c'è paragone tra quelle fatte da voi e quelle fatte dal Governo Prodi. Basta guardare la curva del numero di ordinanze approvate dal 2001 al 2006; quelle approvate dal 2006 al 2008 e quelle approvate dal 2008 ad oggi. Si tratta di una curva che sembra disegnare una tipica valle alpina. Le ordinanze derogano alla legge come derogano i decreti-legge; derogano a tutto e non hanno bisogno né di firma del Presidente della Repubblica, né dell'approvazione del Parlamento; sono state sottratte al controllo della Corte dei conti e a quello dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici. Il tema dei controlli e delle funzioni di garanzia è unicamente assegnato alla buona volontà di chi comanda la Protezione civile e sono ammissioni dello stesso sottosegretario Bertolaso. Inoltre, sul tema delle deroghe, come hanno ricordato molti colleghi, c'è la licenza di uccidere su tutto e basta vedere una qualsiasi ordinanza. Ho visto e studiato bene le ordinanze prima sul G8 de La Maddalena e poi sulla Vuitton Cup: deroga alla concorrenza, alla trasparenza e ai controlli. Lo hanno ricordato altri colleghi e non ci voglio tornare, ma cito soltanto una disposizione di un'ordinanza di protezione civile, una delle tante ordinanze sul G8. Signor Presidente, ne ho vista una che in astratto dava autorizzazione ipotetica alla Protezione civile di spostare la tomba di Garibaldi da Caprera a Villa Certosa. Cito testualmente: veniva data autorizzazione ad interventi di demolizione, rimozione definitiva da eseguirsi sui beni architettonici, storici, artistici ed etnoantropologici in deroga ai Codici Urbani. Quindi, il prezzo che la politica paga per questo tipo di politiche è troppo alto. La politica del fare non può giustificare lo stravolgimento dell'ordinamento proprio di uno Stato democratico. È vero che la pubblica amministrazione è troppo lenta e gli enti locali spesso lo sono ancora di più. Tuttavia, la via del fare non può essere portata avanti attribuendo discrezionalità assoluta al Presidente del Consiglio su quello che si può fare con velocità ed efficienza e quello che, invece, non si fa o si fa con lentezza, visti i vincoli della pubblica amministrazione e degli enti locali. Ciò con uno svuotamento del ruolo del Parlamento; con il segreto e l'assenza assoluta di trasparenza riguardo alle politiche pubbliche; con la distruzione del libero mercato; con la sottrazione del regime di concorrenza delle gare di appalto per le opere più importanti del Paese; con la mortificazione degli enti locali; con la messa in mora del principio di imparzialità della pubblica amministrazione; con l'idea che un Paese europeo per funzionare ha bisogno di smentire le leggi che nella sovranità del popolo, che si esprime attraverso il Parlamento, ha deciso di darsi. Inoltre, con la messa in mora delle politiche pubbliche di bilancio, del controllo del Parlamento e dello stesso Ministero dell'economia sugli interventi in regime di ordinanza di protezione civile.
Insomma, signor Presidente, noi abbiamo una riserva di fondo sulla filosofia che ispira questo provvedimento. Tuttavia, nel merito del provvedimento abbiamo avanzato più di 200 emendamenti ed è di oggi una dichiarazione del nostro capogruppo Franceschini il quale dice che siamo disponibili a ridurli sino a sedici. Allora, noi rivendichiamo con una nostra battaglia vinta la soppressione del vecchio articolo 16 e abbiamo riserve sul provvedimento (ne abbiamo molte e le confermiamo tutte). Ma diciamo anche che il nostro atteggiamento sarebbe diverso se intervenissero alcune modifiche sui punti del provvedimento che non sono solo sbagliati, ma non sono proprio digeribili.
Quali sono? Lo ricordava adesso la collega Braga. Il primo punto riguarda la possibilità di assommare in un'unica figura il ruolo di Capo del Dipartimento Pag. 140della Protezione civile e quello di sottosegretario; il secondo punto riguarda la norma che dà al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il potere di nominare tre commissari straordinari ad acta per gestire il dissesto idrogeologico di cui soffre il Paese; il terzo punto riguarda la norma che assimila i grandi eventi alle catastrofi naturali o ad altre emergenze assimilabili. La nostra posizione è chiara: la Protezione civile non si deve occupare di cose che spettano ad altri organi dello Stato. Al Senato abbiamo presentato un disegno di legge che cancella le cooperazioni tra grandi eventi ed emergenze. L'uso a dismisura di ordinanze per eventi che con la Protezione civile hanno poco a che fare ha determinato un'opacità del sistema non più sopportabile, però diciamo anche che, se si vuole mantenere la nozione di grande evento, si dia un ruolo al Parlamento, si ripristini il controllo della Corte dei conti, si riconosca il potere di controllo dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, contratti, servizi e forniture, si impongano procedure di trasparenza. Anche questo sarebbe un passo in avanti. Il quarto punto riguarda la norma che stabilisce lo scudo giudiziario per i commissari straordinari che si sono occupati dell'emergenza rifiuti in Campania; il quinto punto riguarda l'applicazione della fattispecie all'emergenza per il piano carceri; il sesto riguarda la stabilizzazione dei dipendenti della Protezione civile, in deroga al regime dei concorsi cui devono ottemperare tutte le amministrazioni pubbliche dello Stato. Signor Presidente, se ci fossero aperture su questi punti, noi non voteremmo sicuramente a favore del provvedimento, perché per noi questo testo era da ritirare e lo consideriamo quasi inemendabile, ma sicuramente sarebbero diversi il nostro giudizio e il nostro atteggiamento in Aula.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, intendiamo ringraziare il sottosegretario Bertolaso per aver partecipato al dibattito e lo diciamo scevri da ogni pregiudizio di sorta, con grande rispetto per la persona.
Ringraziamo anche i sottosegretari che lo hanno sostituito, ma riscontriamo il totale abbandono, politico e umano, che ha caratterizzato la presenza dei diversi sottosegretari oggi. Evidentemente, lo stesso Governo prende le distanze da questa vicenda. Il nostro intervento verte solo ed esclusivamente sul tema della protezione civile, senza alcun pregiudizio ideologico e senza alcun riferimento alle vicende che pure in questi giorni abbiamo letto sui giornali e che, per quanto ci riguarda, in questo momento appartengono ad altra sfera istituzionale.
Facciamo una premessa metodologica: queste narrazioni giornalistiche sono successive alle nostre valutazioni, che erano negative già in occasione della prima lettura del provvedimento. Già il titolo del provvedimento dimostra giuridicamente la totale confusione del provvedimento stesso. Si parte dalla situazione delle regioni Campania ed Abruzzo per giungere poi di fatto ad una ridefinizione totale del sistema della protezione civile. È una tecnica legislativa completamente errata. Direi che si tratta del solito espediente di un provvedimento omnibus, nel quale si sottace o viene posta in subordine la parte principale, per fare emergere invece lo scopo reale della volontà del provvedimento, che è tutt'altra.
È un provvedimento sulla Protezione civile con il quale addirittura si aumenta il numero dei sottosegretari. Al di là della tecnica legislativa sbagliata, direi che manca anche il buon senso. I presupposti sui quali gran parte del provvedimento si basa sono quelli della celerità dei lavori, dell'efficienza, dell'immediata risposta alla soluzione di problemi drammatici, quasi a dire con un provvedimento legislativo che in Italia l'ordinarietà non esiste e non si possa programmare e realizzare nulla senza la teoria dell'emergenza. Nel testo del decreto-legge esiste una descrizione emergenziale, che porta a giustificare provvedimenti che di fatto sono frutto dell'immediato intervento. Ricordiamo che Pag. 141dal lontano 1992 la Protezione civile ha la possibilità di operare in deroga ad ogni disposizione vigente.
Ovviamente, questo può essere fatto soltanto in presenza di una vera emergenza. Facciamo riferimento ai cosiddetti - ripeto, non a caso, cosiddetti - grandi eventi, per i quali sono previste corsie preferenziali particolari.
Rammentiamo che le ordinanze di protezione civile possono derogare, e il sottosegretario Bertolaso ha fatto sempre ricorso a questa prerogativa, alle vigenti leggi dello Stato. Possiamo dire con tranquillità che non sempre questa esigenza è stata giustificata dagli eventi. Anzitutto, contestiamo la definizione di «grande evento», spesso ricondotta a vicende ordinarie al solo fine di accelerare la prassi di intervento e aggirare i vincoli della legge.
Attenzione alla teoria del vincolo: spesso quello che viene considerato vincolo non è tale, ma è norma di salvaguardia del diritto per le imprese, per i cittadini e per gli stessi operatori. Appare evidente, anche agli occhi di uno sprovveduto, che tali requisiti sono soltanto una fictio juris, finalizzata a giustificare comportamenti anomali e di deroga alla legislazione vigente.
Qui si pone un problema più ampio e di portata generale: nella pubblica amministrazione, e anche nella politica, spesso si registra la volontà e la necessità che, per accelerare i percorsi, si debba fare riferimento all'eccezionalità dell'evento.
Ne deriva che il Governo usa i decreti-legge per aggirare i tempi lunghi del Parlamento, svuotandone la funzione e irridendo gli stessi parlamentari. A questo, poi, consegue che lo stesso Governo, sempre per accelerare i tempi, fa uso e abuso del voto di fiducia, sempre sulla base della logica dei tempi lunghi e delle scorciatoie.
Il risultato è che l'accelerazione dei tempi conduce soltanto alla riduzione della legalità: si sacrifica la legalità e si deprime il ruolo del Parlamento sulla base di una presunta emergenza. Crediamo che anche l'efficienza sia danneggiata, e qualcosa possiamo registrarla leggendo i giornali.
Questa è una strada pericolosa, che, oltre a svilire il ruolo delle istituzioni, comprime la teoria dei pesi e contrappesi e la divisione dei poteri, che in uno Stato democratico sono alla base del buon funzionamento dei diversi organi dello Stato.
Alcuni esempi: sino all'entrata in vigore della legge 142 del 1990 sull'ordinamento delle autonomie locali, le giunte comunali e provinciali, usufruendo e appropriandosi, in alcuni casi legittimamente e in altri casi illegittimamente, dei poteri dei consigli comunali e provinciali, deliberavano sostituendo gli stessi consigli comunali e provinciali.
Cosa si verificava? Spesso si creavano debiti fuori bilancio e spesso alcune deliberazioni non ratificate dai consigli erano sottoposte alla Corte dei conti, con responsabilità penale ed economica di coloro i quali avevano assunto quelle delibere.
Quella era una logica basata sull'emergenza. Poi, con la legge n. 142 del 1990, con distinti poteri tra consiglio e giunta, questo non è più successo. Questo succede sempre in Italia: la logica dell'emergenza.
Addirittura, il provvedimento in esame parla sfacciatamente, direi io, di superamento della prima fase di emergenza, in evidente contrasto con l'articolo 77 della Costituzione; lo fa sottovoce, quasi per far passare in silenzio una teoria che è scabrosa e che può sottendere ad altri obiettivi.
Il Governo, con il provvedimento in esame, compie anche il miracolo di autocertificarsi le emergenze, in evidente e palese contrasto con le dichiarazioni della Corte costituzionale. Siamo, quindi, in presenza di un Governo che, da un lato, aggira le leggi vigenti, e, dall'altro, compie i miracoli.
Si tratta di un miracolo, però, che è sempre indirizzato non al bene comune dei cittadini, ma all'aggiramento spudorato ed avvilente della legge stessa. Questa è l'impostazione generale del provvedimento: aggirare la legge.
Per dimostrarlo, faccio altri esempi: dove esiste nel nostro ordinamento la possibilità unilaterale di annullare o sospendere l'efficacia e gli effetti di contratti reciprocamente sottoscritti? Soltanto nella Pag. 142Protezione civile, dove ignari fornitori, in una possibile posizione di soggezione economica e giuridica, possono vedersi annullati i contratti stipulati bilateralmente.
Dove esiste, nel nostro ordinamento, la possibilità di commistione di ruolo tra potere di indirizzo e potere di gestione? Soltanto nella Protezione civile, lì dove il capo del Dipartimento è anche il sottosegretario, e assomma su di sé funzioni diverse e contrapposte, che nella logica di uno Stato moderno non sono intralcio, ma sono garanzia.
Quando poi si va a commisurare l'indennità del capo della Protezione civile al numero dei commissariamenti, attraverso un evidente lapsus freudiano si dimostra qual è il vero obiettivo del provvedimento: snellire le procedure e commissariare l'Italia, attraverso un commissariamento generale. Come si può pensare di racchiudere nelle mani di una sola persona compiti così diversi? La teoria dell'emergenza non è quella di uno Stato di diritto!
Noi siamo grati alla Protezione civile per quello che ha fatto negli eventi eccezionali che il Paese ha subito, ma non possiamo accettare, nemmeno in presenza di una bellissima Protezione civile, che la stessa diventi una zona franca, che agisce fuori dalle regole dello Stato e spesso contro le regole dello Stato. Questa situazione non fa bene allo Stato, ai cittadini, al Governo, e nemmeno alla Protezione civile; consentitemi di aggiungere che secondo me non fa bene nemmeno al sottosegretario Bertolaso.
Continuiamo con qualche esempio. Si prevede di nominare tre commissari ad acta sul dissesto idrogeologico, tre commissari con poteri straordinari, che scendono dal cielo e non sono sottoposti a nessuna valutazione, e che racchiudono in sé poteri di regioni e di comuni: è evidente che, essendo quella del dissesto idrogeologico o della cura del territorio e del suolo legislazione concorrente tra Stato e regione, la norma appaia incostituzionale; consentitemi di aggiungere che è anche illogica, antidemocratica e foriera di guai diversi, a partire dal conflitto di interessi.
Ma qual è la risposta del Governo? È quella del coordinamento, della celerità, della prevenzione. Noi vogliamo che coordinamento, celerità e prevenzione siano salvaguardati all'interno della Costituzione e all'interno delle leggi dello Stato: le scorciatoie sono pericolose. Mi rendo conto però - e mi avvio alla conclusione - che la filosofia intera del provvedimento è la scorciatoia. Quando la filosofia è quella della scorciatoia, viene da pensare che siamo in presenza di una mentalità pericolosa e deviata, siamo in presenza di un neocentralismo arrogante e disumano: da un lato questo Governo parla di federalismo, e lo fa per giustificare spesso di riconoscere, a chi ha già tanto, ulteriore benessere, dimenticando quelli che hanno meno; dall'altro lato questo stesso Governo prevede un soffocamento, un annientamento totale delle autonomie locali, spesso riconducibili - lo dico storicamente - soltanto allo Stato albertino. Nessuno, nemmeno il Partito Democratico, condanna l'eccezionalità di procedure straordinarie in presenza di eventi straordinari; quando però il lettore, o se volete il parlamentare, legge di identiche procedure a proposito di eventi che riguardano San Giuseppe da Copertino (e qui voglio ricordare che San Giuseppe da Copertino è il protettore degli studenti: lo dico per sottolineare che chi ha preparato questo provvedimento ha poco a che fare con lo studio serio); o lo stesso elettore e lo stesso parlamentare legge che le procedure eccezionali sono attuate per Vuitton Cup, si chiede in quale Stato vive.
La possibilità dei grandi eventi, o dei piccoli eventi, gestiti dalla Protezione civile, è un'aberrazione istituzionale e giuridica, perché porta all'esproprio totale delle competenze istituzionali attraverso l'avocazione a sé di eventi che intendono privilegiare alcune regioni, alcune province, alcuni comuni. Parliamo di Europa, di libera concorrenza, di trasparenza, di liberalizzazione; poi troviamo un provvedimento di tal fatta, che fa inorridire anche la Confindustria, molto preoccupata della riduzione di appalti dagli importi esosi al libero mercato. Siamo in presenza Pag. 143di un eccesso di statalismo, quello peggiore: uno Stato che si sostituisce alle leggi, alla libera concorrenza, alla creatività, alla fantasia del popolo italiano; uno Stato che vuole predeterminare tutto, indirizzare tutto, decidere tutto e controllare tutto; uno Stato padrone, uno Stato che mangia i propri figli, e lo fa irridendo regioni, province e comuni; uno Stato che soffoca i cittadini e riduce libertà e democrazia ad una visione egocentrica e personale del signore che governa; un Stato dove chi comanda è depositario di una sorta di ius primae noctis su determinate opere pubbliche.
L'Italia dev'essere fiera di quanto fatto dalla Protezione civile; e qui voglio ricordare il padre della Protezione civile, l'onorevole Giuseppe Zamberletti, che agiva in condizioni completamente diverse da quelle di oggi, ma che pure raggiunse, tanti anni or sono, risultati eccellenti.
Gli italiani devono essere contenti di un sistema efficace ed apprezzato da tutti quale quello della Protezione civile. Tutto questo però gli italiani ed il Governo devono farlo nello Stato e non fuori da esso, devono farlo attraverso le leggi e non contro le leggi. Il provvedimento in discussione evidenzia il totale disprezzo delle leggi e delle regole, rende eccezionale l'ordinario, prevede scorciatoie piene di interessi poco chiari, offusca l'immagine positiva della Protezione civile, delinea un quadro antidemocratico verso le istituzioni, i cittadini e gli enti locali. Per tutti questi motivi, se rimane ancora buonsenso e rispetto delle istituzioni, benché in molte occasioni è legittimo dubitarne, invito il Governo ed il sottosegretario Bertolaso ad avere il coraggio, direi l'intelligenza di ritirare le parti del decreto che offendono anzitutto chi le ha pensate, poi chi le ha scritte ed infine mortificano lo Stato, quello di diritto e quello etico cui noi ci rivolgiamo. Concludiamo dicendo che questo decreto mortifica anche l'intelligenza della persona nella sua libertà e nell'idea di democrazia, che non dovrebbero essere un optional né tanto meno dovrebbero essere discusse in questa prestigiosa Aula perché calpestate da un siffatto decreto. Noi del gruppo del Partito Democratico abbiamo fiducia che il Governo voglia ragionare, almeno una volta.

PRESIDENTE. La mezzanotte è scoccata, dobbiamo sospendere a questo punto la seduta, essendovi ancora ulteriori deputati iscritti a parlare. Il seguito delle discussione sulle linee generali è pertanto rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 18 febbraio 2010, alle 10:

Seguito della discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione generale e, previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate, per il seguito dell'esame):
S. 1956 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile (Approvato dal Senato) (3196-A).
- Relatore: Ghiglia.

La seduta termina alle 0,05 del 18 febbraio 2010.