XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 278 di giovedì 4 febbraio 2010

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bossi, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Evangelisti, Farinone, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Lo Monte, Lucà, Mantovano, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Molgora, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Sardelli, Scajola, Stefani, Tabacci, Tremonti, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 10,08).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta ad una mia interrogazione da parte del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Si tratta di un'importante interrogazione presentata sulla crisi agrumicola siciliana. Vi sono migliaia di quintali di prodotto invenduto in Sicilia, il poco viene acquistato ad un prezzo irrisorio da parte dei commercianti ed è in atto, probabilmente, un fenomeno speculativo. Chiediamo interventi tempestivi da parte del Governo, la dichiarazione dello stato di crisi di mercato (come fu fatto nel 2000 dal Governo di centrosinistra allora in carica), un decreto-legge urgente per applicare il doppio prezzo (il prezzo d'acquisto e quello di vendita), interventi sul credito per il ripianamento dei debiti, sui costi di produzione (la riduzione dell'accisa della benzina agricola) e sui costi dell'energia.
Signor Presidente, chiediamo però di fare presto perché potrebbero entrare in crisi circa 35 mila aziende e si avrebbero ripercussioni economiche e sociali notevoli: il Ministro è stato particolarmente attento alle problematiche dell'agricoltura del nord del Paese, chiediamo la stessa attenzione anche per il sud e per l'agrumicoltura siciliana.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Burtone, la sua sollecitazione sarà trasmessa al Governo.

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Sull'ordine dei lavori (ore 10,10).

LINO DUILIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, approfitto anch'io di questa circostanza per una osservazione che rimetto a lei per le valutazioni che riterrà circa l'esito delle interrogazioni che presentiamo in Parlamento.
Ieri ho ricevuto la risposta ad una mia interrogazione riguardante i disservizi postali in un comune in provincia di Milano (Solaro), peraltro molto articolata (due pagine e mezzo), con il piccolo dettaglio che avevo presentato questa interrogazione il 9 marzo del 2009 e la risposta è arrivata ieri, cioè il 3 febbraio del 2010.
Rimetterei dunque alla Presidenza la valutazione circa l'opportunità di chiedere che il Governo, in particolare quando vengono segnalati determinati problemi (in questo caso, quello di disservizi postali che riguardano i cittadini), oltre ad intervenire - se lo ritiene, evidentemente - dia al parlamentare una risposta in tempi non messianici, altrimenti credo che anche l'istituto delle interrogazioni fondamentalmente risulti vanificato dai tempi che il Governo osserva.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Duilio, la sua osservazione è assolutamente condivisibile.
Saluto i docenti e gli studenti del liceo scientifico «Isacco Newton» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (A.C. 3084-A) (ore 10,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi seduti al banco del Comitato dei nove, questo disegno di legge presentava una livrea bianca: finalmente ci occupavamo dei problemi veri della giustizia, di come far funzionare la giustizia e non di come bloccarla. Noi dell'Italia dei Valori ci siamo messi subito di impegno per dare una mano e collaborare. In questo senso desidero esprimere un apprezzamento al collega Alfonso Papa, il relatore, che si è impegnato in questa direzione.
Tuttavia, in questa livrea bianca c'era una macchia. L'articolo 1, sulla proroga per i giudici onorari, andava bene; l'articolo 2, circa l'individuazione di un numero di sedi disagiate superiore a quello attuale, considerato che l'indice di scopertura in quelle sedi cresce, andava bene. L'articolo 4, sulla digitalizzazione, andava bene. Ma l'articolo 3 per noi presentava rischi seri, nel senso che per risolvere un problema vero, ossia la scopertura delle sedi giudiziarie, rischiava di lambire l'orlo della non costituzionalità e per questo l'Italia dei Valori ha presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità. Infatti, finché si può, si deve evitare il rischio di violare la Costituzione, in particolare il principio di inamovibilità dei magistrati, o della non funzionalità dei ricorsi giurisdizionali collegati alla eccessiva arbitrarietà nella determinazione del magistrato da trasferire da scegliere in una platea molto ampia. Pag. 3Di fronte a questo abbiamo riproposto una soluzione che già proponemmo al Governo quando fu proposto il precedente tentativo di risolvere il problema delle sedi disagiate con gli incentivi economici. Già allora dicemmo che non avrebbe funzionato e di fatto non ha funzionato.
In questa stessa direzione di collaborazione abbiamo proposto l'abrogazione del comma 2 dell'articolo 13 della nuova disciplina dell'accesso in magistratura, che impedisce ai magistrati di prima nomina di prendere possesso delle funzioni monocratiche. Vi sono funzioni monocratiche civili, ma anche funzioni monocratiche penali.
Abbiamo ragionato sul fatto che i magistrati sono nominati tali passando attraverso un concorso selettivo, al quale si è ammessi per secondo grado, e hanno svolto un tirocinio. Pertanto non vedevamo l'esigenza di mantenere una limitazione che, peraltro, questo Governo non è responsabile di aver determinato, poiché la modifica dell'ordinamento giudiziario risaliva al precedente Governo di centrosinistra.
Su questa macchia è intervenuto il Governo nel senso di approvare positivamente - e noi siamo stati d'accordo - una disposizione «tampone», la quale prevede che, fino a quando non sia a regime la questione dell'assegnazione dei magistrati, si potrà fare ricorso ad un concorso in atto almeno per l'assegnazione alle sedi di procura.
Avremmo gradito un passettino più in là, perché questa disposizione che abbiamo approvato andava nel senso che noi abbiamo indicato. Infatti, una disposizione eccezionale e temporanea non può divenire generale. Il Governo ha accettato responsabilmente di discutere di questo problema e ha accolto una soluzione, seppure in via transitoria. Avremmo preferito che questa soluzione venisse adottata in via definitiva, soprattutto per gli uffici di procura, così come il Governo ha fatto accettando l'emendamento presentato dalle opposizioni e da noi fatto proprio.
Infatti, negli uffici di procura possono essere assegnati magistrati di prima nomina, che non abbiano superato la valutazione di idoneità dopo i primi quattro anni, perché tali uffici sono gerarchicamente ordinati. Infatti, in essi, vi sono tutele e garanzie, affinché i magistrati assegnati siano seguiti nel proprio iter giudiziario, sia nell'assegnazione della tipologia di processi adatti ed adeguati, sia nell'affiancamento durante la loro attività professionale. Pertanto, consideriamo questa «macchia» parzialmente lavata dalla lavanderia della Commissione, con il consenso del Governo. Naturalmente, non rinunciamo alla nostra ipotesi e, cioè, che in via di principio, sia stabilita la possibilità di assegnare i magistrati di prima nomina a funzioni monocratiche (a tale proposito, abbiamo già pronto una proposta di legge). Tuttavia, questa soluzione temporanea, che va nel senso di accogliere le nostre proposte, ci soddisfa e, quanto meno, ci consentirà di votare a favore del provvedimento in esame.
Successivamente, è intervenuta un'altra «macchiolina», con un emendamento presentato dal Governo concernente le scuole. In esso - siamo sicuri della volontà del Governo - era prevista una valutazione di idoneità, volta ad incidere sulla professionalità dei magistrati, emessa da un organo amministrativo estraneo all'organo di autogoverno della magistratura. Anche in ordine a questo aspetto, abbiamo rilevato i rischi possibili. Diamo atto al Governo, ed esprimiamo apprezzamento, del fatto che, attraverso un emendamento successivo, questo rischio è stato rimosso. Infatti, le scuole di formazione, e il comitato relativo che le dirige, non effettueranno valutazioni di idoneità, ma forniranno elementi al Consiglio superiore della magistratura per svolgere il proprio mestiere, che è quello di organo di governo autonomo della magistratura.
Con queste precisazioni, l'Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento in esame, rilevando che erigiamo barricate e trincee, non quando si parla di funzionalità della giustizia ma quando si parla di provvedimenti che riguardano Pag. 4una sola persona e la disfunzionalità della giustizia, cioè l'impedimento per la giustizia di funzionare.
Allo stesso modo, erigeremo una trincea, con i mezzi che abbiamo, con i mezzi della ragione, e con i mezzi tecnici del riferimento alla Costituzione, quando e se dovesse giungere all'esame di quest'Assemblea il provvedimento relativo al cosiddetto processo breve (che qualcuno ha definito «ammazza processi»). Vogliamo rilevare che l'Italia dei Valori è e sarà sempre presente, quando si tratta di discutere questioni che riguardano tutti i cittadini e il modo migliore per far funzionare la giustizia in loro favore (dall'inizio della legislatura, abbiamo presentato ventuno proposte di legge proprio per modificare la legislazione). Non chiedeteci, però, di approvare provvedimenti che riguardano singole persone, o l'impedimento - che, a nostro giudizio, è illegittimo - di qualche persona a presentarsi, come tutte le altre, di fronte alla giustizia, che speriamo, diventi più efficiente, perché questo è l'effettivo interesse dei cittadini.
Pertanto, il Governo ci troverà al suo fianco tutte le volte in cui proporrà riforme nell'interesse di tutti i cittadini. Per questo motivo, l'Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, signor sottosegretario, riteniamo che il voto espresso ieri dall'Assemblea sul legittimo impedimento, comunque lo si giudichi - e comunque lo si sia giudicato, anche oggi, sulle pagine dei giornali -, vista la forte contrapposizione che vi è stata in quest'Aula, non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche all'interno della stessa opposizione, possa segnare - e speriamo che segni - una sorta di spartiacque positivo negli interventi legislativi nel settore della giustizia.
Da oggi è possibile, finalmente, senza più alibi e in attesa di confrontarci su una riforma costituzionale che dia un senso - superandola - alla legge votata ieri e che dovrà ancora essere approvata dal Senato, impegnare il Parlamento e quest'Assemblea ad affrontare i problemi reali della giustizia e passare dalle leggi ad personam a norme erga omnes, nell'interesse di una migliore funzionalità del sistema giudiziario e quindi del bisogno di giustizia, mai più derogata e mai più denegata, quella, sì, degna del Gabon citato dal presidente Carbone in apertura dell'anno giudiziario.
Questo primo provvedimento opportuno, a nostro avviso, che casualmente ci troviamo ad approvare oggi, in una sorta di day after, con il fallout che si sta ancora depositando dopo le polemiche di ieri, può rappresentare plasticamente l'inizio di un nuovo corso e, signor Ministro, noi lo speriamo vivamente.
Stiamo per approvare, non a caso probabilmente all'unanimità - è giusto riconoscerlo alle opposizioni tutte e siamo certi che lei lo farà - un primo esempio di intervento di sistema nel campo giudiziario. Già all'inizio della legislatura altri importanti provvedimenti - penso alla legge sullo stalking e sulla violenza sessuale - avevano trovato il concorso di maggioranza ed opposizione e, nel frattempo, questi provvedimenti hanno già dispiegato i loro frutti. Certamente, però, il disegno di legge che oggi ci accingiamo ad approvare è diverso per complessità e incidenza sul sistema giudiziario; soprattutto (questo riteniamo sia il dato principale), esso inaugura una stagione positiva di confronto costruttivo nel rispetto dei ruoli e del principio di leale collaborazione fra tutti i principali attori del settore: il Governo con la sua maggioranza, le opposizioni tutte e i magistrati.
Questa è davvero una novità apprezzabile e, in questo caso, tutti sono scesi dalle barricate, grazie anche al nostro contributo di mediazione. Il Governo - questo va detto senza timore e senza remore - ha mostrato attenzione, rispetto e capacità di ascolto, cosa che non Pag. 5sempre è avvenuta; le opposizioni hanno dimostrato una qualificata capacità di proposta; i magistrati, dal canto loro, hanno dimostrato una capacità di interlocuzione che è andata oltre la protesta e la non condivisibile minaccia di sciopero (per fortuna rientrato), dimostrando senso di responsabilità.
Se queste condizioni verranno a ripetersi anche per i prossimi importanti provvedimenti sul sistema giudiziario, allora sarà forse possibile, a distanza di quasi venti anni, approvare quella tanto attesa riforma complessiva che i cittadini attendono ormai con scetticismo e alla quale molto spesso il Ministro Alfano stesso dichiara essere pronto.
Il testo oggi proposto alla nostra attenzione recupera le premesse, pure positive, contenute nel decreto-legge: si pensi alla proroga dei magistrati onorari, fondata sull'esigenza di evitare un vuoto normativo suscettibile di pregiudicare l'efficienza degli uffici giudiziari, in attesa della tanto auspicata riforma organica della magistratura onoraria, sulla quale è dall'inizio della legislatura che ci inseguiamo di ordine del giorno in rinvio. Gli interventi straordinari e transitori sulle sedi disagiate rispondono all'esigenza di assicurare la copertura delle stesse, concentrate soprattutto nel sud d'Italia, che si trovano in condizione di non poter più operare per carenza di magistrati. Le disposizioni sul processo telematico mirano, infine, ad una più efficiente allocazione delle risorse, alla luce del pregiudizio per la finanza pubblica conseguente all'incremento degli esborsi subiti in conseguenza della violazione del principio di ragionevole durata del processo e delle connesse infrazioni degli obblighi assunti in sede comunitaria.
Il punto delicato di questo provvedimento, però, riguardava il trasferimento coattivo dei magistrati - qualcuno aveva perfino parlato di deportazione - nelle sedi disagiate degli uffici di procura. È evidente che il Governo prende atto che vi è un problema e che il decreto legislativo n. 160 del 2006, che ha introdotto una serie di divieti per la copertura di quei posti, non funziona e quelle sedi sono ancora, purtroppo, vuote. Ciò vuol dire che la norma che ha causato questa vacanza degli organici è una norma sbagliata e che il Governo ne prende atto, comprensibilmente senza enfasi, ma questa è una buona cosa.
Per questo, anziché prevedere un termine a dicembre 2014, ossia cinque anni di regime transitorio in cui trasferire d'imperio i magistrati, si è richiesto, in sede di discussione sulle questioni pregiudiziali, il parere favorevole alla proposta di legge Vietti, con cui semplicemente si rimuoveva il divieto di destinare i magistrati di prima nomina agli uffici di procura delle sedi disagiate.
Signor Ministro, l'intervento normativo dell'Unione di Centro, contraria per principio al trasferimento d'ufficio, ha il pregio di contribuire a colmare l'ormai cronico vuoto riscontrato negli organici della magistratura o, comunque, a distribuire in maniera più razionale le risorse umane a disposizione, senza pregiudizio per il corretto esercizio di alcune delle funzioni monocratiche, che tornerebbero a poter essere assegnate anche a magistrati di prima nomina.
Comunque, questa soluzione temporanea, seppure apprezzabile, non risolve in maniera esaustiva questa vera e propria emergenza, perché ostacola una razionale distribuzione delle risorse umane a disposizione. Per questo abbiamo presentato un ordine del giorno, accettato dal Governo, con cui si impegna l'Esecutivo a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti che consentano l'assegnazione a regime dei magistrati, al termine del tirocinio, alle funzioni requirenti.
Ancora una volta, su questo provvedimento dobbiamo quindi sottolineare una nuova attenzione del Governo e della maggioranza alle proposte delle opposizioni. Abbiamo sempre detto che il Parlamento, sede naturale del confronto politico, non deve essere vissuto dalla maggioranza come luogo delle imboscate politiche né deve generare paura, perché se vi è consapevolezza della necessità di fare riforme e di approvare norme nell'interesse dei Pag. 6cittadini la storia repubblicana dimostra come il Parlamento riesca a produrre, con il concorso di tutti e nel rispetto dei diversi ruoli, leggi più giuste, più efficaci e più utili per risolvere i problemi del Paese. Consideriamo importante il fatto che vi sia stato spazio per condividere un risultato nell'interesse della buona amministrazione della giustizia.
Oggi, signor Ministro, possiamo davvero definirlo, senza correre il rischio di eccedere nella retorica, come un provvedimento finalmente condiviso, patrimonio comune dell'Assemblea, di cui sarebbe difficile e ingiusto attribuire la paternità a questo o quello. Il nostro è un atteggiamento improntato, come sempre abbiamo fatto in quest'Aula, ad un modello di opposizione repubblicana che sappia tenere distinta l'asprezza della conflittualità politica, anche in tema di giustizia, da quella che deve essere una lucida e intellettualmente onesta analisi delle norme che andiamo a votare, discernendo sempre quelle che riteniamo contenere elementi positivi per la vita dei cittadini e per i loro diritti da quelle che, invece, riteniamo inutili, se non dannose. Tutto ciò deve avvenire in un clima di collaborazione e non di conflitto permanente tra politica e magistratura, nell'intento comune della classe politica e dei magistrati di servire il cittadino, che ha il sacrosanto diritto ad avere una giustizia rapida, efficiente, severa, quando deve esserlo, senza corsie preferenziali, uguale per tutti e, soprattutto, possibilmente giusta.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, riteniamo davvero che la giornata di ieri possa essere uno spartiacque positivo perché la politica sulla giustizia smetta di vedere su fronti contrapposti maggioranza e opposizione, berlusconiani e antiberlusconiani, magistrati contro avvocati. Oggi abbiamo la dimostrazione che fare buona politica è possibile e spetta a tutti, in primo luogo alla maggioranza e a chi svolge il ruolo di indirizzo e di governo, dimostrare di saper andare avanti su questa strada.
Signor Presidente, signor Ministro - e con questo mi accingo a concludere - l'organizzazione del servizio giustizia deve essere obiettivo comune di politica e giustizia nell'interesse dei cittadini. È un servizio, come ricordava ieri un autorevole consigliere del CSM, e non clava ideologica da agitare gli uni contro gli altri. La giustizia è un servizio che se è inefficiente fa pagare i suoi costi ai più deboli e alle vittime. La giustizia è un servizio la cui qualità dipende per gran parte dal nostro agire, dalla nostra capacità di saper fare buone leggi. Dobbiamo esserne consapevoli, dobbiamo essere capaci di assumerci questa responsabilità, procedendo con questo spirito e capacità di confronto anche sui prossimi provvedimenti che interessano il settore. Il nostro voto favorevole è, quindi, anche una nostra assunzione di responsabilità e, come sempre, siamo pronti a fare la nostra parte fine in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a votare non è - né ha la pretesa di esserlo - una riforma di sistema. D'altra parte, la storia del nostro Paese è costellata di tentativi di Pag. 7riforme del sistema giustizia tutti falliti per una ragione o per l'altra, non ultima per le resistenze puramente corporative dei vari soggetti che ne fanno parte.
Si tratta invece, come recita il titolo, di interventi urgenti che servono a risolvere alcuni problemi immediati di funzionalità del sistema, ma lo scopo finale di questo provvedimento è anche quello di dare un impulso nuovo, di costituire un primo passo in direzione di una riforma della giustizia che la Lega Nord auspica con sempre maggior forza ed è anche convinta che questa riforma questo Governo, che si è caratterizzato come il Governo del fare, la darà al nostro Paese.
Gliela darà non solo perché noi crediamo, più che ai dibattiti teorici, alle cose fatte (come anche questo Governo, lo ripeto), ma soprattutto perché non possiamo permetterci una giustizia che gareggia, non sempre con successo, con l'Africa, mentre il nostro sistema produttivo deve attrarre investimenti e confrontarsi con i Paesi più efficienti del vecchio, nuovo e perfino terzo mondo.
Mentre ci perdiamo nei dibattiti teorici - conferenze, commissioni, simposi, tavole rotonde, convegni - tedeschi, inglesi, svedesi, spagnoli, francesi, olandesi, croati, svizzeri, americani, indiani offrono nei loro tribunali un prodotto giustizia forse meno raffinato sul piano dottrinale, ma di gran lunga più efficiente e tempestivo, il tutto senza significative differenze di costi in termini di PIL.
Il decreto-legge n. 193 del 2009, che oggi ci accingiamo a convertire in legge come migliorato dal lavoro in Commissione e in assemblea, è solo il primo mattone di un processo che inizia qui e oggi ponendo le basi su cui poggerà la riforma della giustizia.
La proroga delle funzioni di magistrati onorari giudicanti e requirenti; la parziale riforma della legge n. 133 del 1998 per fronteggiare le carenze di organico in talune sedi cosiddette disagiate; l'introduzione di una disciplina transitoria in materia di trasferimento d'ufficio che recepisce le indicazioni del CSM, consentendo di utilizzare in modo meno vincolato i magistrati nominati con i decreti ministeriali 23 aprile e 2 ottobre 2009; la previsione di corsi di formazione per magistrati che aspirino al conferimento di incarichi direttivi e l'ulteriore impulso ad una sempre più diffusa digitalizzazione delle procedure non sono azioni estemporanee, ma passi iniziali di un percorso articolato e virtuoso.
Sorprendono, quindi, certe resistenze di settori della magistratura, certi allarmi che appaiono infondati, eccessivi e corporativi. Non si vede come leda l'indipendenza della magistratura pretendere che i suoi - suoi e non altri - organi di autogoverno si assumano l'onere e la responsabilità di garantire un'adeguata e uniforme copertura degli uffici giudiziari sul territorio del Paese, certo scontentando qualche collega per qualche tempo, ma chi altri può e deve assumersi questo onere?
È sicuro che fare il magistrato, non solo penale, ma anche civile sia chiaro, in certe zone è più difficile, meno comodo e senz'altro più pericoloso che in altre, ma anche fare il poliziotto, il carabiniere, il finanziere, il direttore dell'ufficio delle entrate, il direttore sanitario e perfino il parlamentare in certe zone è più difficile, meno comodo e senz'altro più pericoloso che in altre.
Dietro quelle divise, quelle funzioni e quegli incarichi elettivi vi sono persone in carne ed ossa come i magistrati, con famiglia come i magistrati, con affetti, amicizie, abitudini come i magistrati, vincitori di concorso o di elezioni come i magistrati, quasi sempre meno pagati dei magistrati che non se lo sognano neppure e possono dire: no, lì non ci voglio andare, mandate un altro, magari un giovane, al posto mio.
Concludo, quindi, auspicando, anche a nome della Lega Nord, che il provvedimento che andiamo ad approvare oggi sia il momento di inizio di un percorso di rinnovata e leale collaborazione tra poteri e ordini dello Stato, finalizzato alla cultura del risultato concreto e non dell'annuncio, all'ottimizzazione delle risorse che Pag. 8ci sono, come momento legittimante per richiederne di nuove, al dialogo piuttosto che allo scontro.
In questo contesto ogni passo indietro dei singoli è in realtà un grande passo avanti per il Paese. La Lega Nord voterà quindi a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo molto brevemente perché l'intervento del collega Paolini è stato esaustivo.
Volevo dire solo una cosa: siamo costretti ad approvare questo provvedimento e abbiamo impegnato l'Assemblea della Camera, invece di occuparci dei morti per infortuni sul lavoro o dei problemi della disoccupazione o del fatto che le famiglie non arrivano a fine mese. Stiamo perdendo tempo perché il Consiglio superiore non fa il suo lavoro, che è quello di assegnare i magistrati e di occupare le sedi avendo un numero di magistrati più che esaustivo per tale fatto.
Il Consiglio superiore - e soprattutto l'Associazione nazionale magistrati - stanno occupando ed invadendo degli spazi che a loro non spettano. Mi riferisco all'ultima cosa che abbiamo letto di Palamara, il quale dice: «Diremo sempre »no« a leggi che non rispettano la Costituzione». Palamara così offende la Corte costituzionale, che è l'organo ex auctoritate principis delegato a dire «sì» o «no» alle leggi, e soprattutto si pone non come ordine, ma come potere sovraordinato alla legge, mentre la Costituzione dispone chiaramente che la magistratura deve essere sempre al di sotto della legge. Palamara dice ancora: «Siamo un interlocutore ineludibile». Chiedo all'intera Assemblea (e non faccio perdere ulteriore tempo): da quando in qua la magistratura è diventato un interlocutore per la formazione delle leggi?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, credo che sia importante sottolineare il valore di ciò che stiamo per votare. Si tratta di un intervento che una volta tanto ha una conformità tra il titolo e il contenuto. Si occupa, infatti, effettivamente di funzionalità della giustizia. Si occupa davvero - se dovessimo dargli un sottotitolo - di come si possono rendere i processi più brevi. È merito sicuramente del lavoro svolto in Commissione e voglio ringraziare in primo luogo la collega Ferranti e naturalmente tutti gli altri componenti del mio gruppo, ma è merito anche della capacità di dialogo tra le forze politiche e, in questo caso, di ascolto e di confronto con il Governo.
Se questa vicenda deve plasticamente dimostrare qualcosa, è che quando non ci si occupa delle questioni di uno, ma delle questioni di tutti, è effettivamente possibile trovare intese che superino anche resistenze conservatrici e che realizzino degli obiettivi condivisi. In questo senso sarebbe importante - l'ho sentito anche questa mattina - che, quando si affrontano questi temi, si abbandoni la tentazione di definire gli interventi pro o contro qualcuno, di assegnargli un carattere punitivo, di accompagnarli con l'invettiva a questo o a quell'ordine dello Stato.
Credo che sarebbe davvero un passo avanti se, a fianco della capacità anche di intervenire sul sistema giudiziario, si sviluppasse anche questo tipo di argomentazioni (o meglio venissero meno quelle dette in precedenza). Noi, signor Ministro, ci rendiamo disponibili ad affrontare anche altri temi che davvero guardino alla funzionalità della giustizia. Intervengo esclusivamente per richiamarli, perché poi la collega Ferranti entrerà nel merito della valutazione che noi diamo di questo provvedimento.
Se davvero vogliamo occuparci di processi brevi e non di come far venire meno alcuni processi, noi siamo a disposizione Pag. 9per discutere di revisione delle circoscrizioni giudiziarie; per discutere e per confrontarci su come proseguire un processo di informatizzazione; inoltre, siamo ansiosi, signor Ministro, di sapere quale è la proposta nel merito sul piano carceri che lei ha annunciato nel dibattito sullo stato della giustizia. Vedrà che, se queste carte saranno messe sul tavolo, non incontrerà alcun elemento di resistenza ideologica.
Ma se invece quest'Aula sarà ancora impegnata ad affrontare i temi che purtroppo è stata costretta a discutere ieri, allora io credo che davvero parlare di confronto e di condivisione diventerà un'impresa abbastanza improba. Insomma, noi vogliamo lavorare insieme sull'obiettivo che in sostanza è contenuto in questo provvedimento, almeno così come è stato modificato attraverso il passaggio in Commissione: processi più rapidi che arrivano a sentenza e che si fanno senza pregiudicare i diritti di nessuno e senza dare il senso di impunità, che spesso caratterizza le proposte della maggioranza, purtroppo talvolta con la paternità del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, questo decreto quando è approdato in Commissione giustizia sembrava ancora una volta nato sotto sfavorevoli auspici, pervaso come era in alcune parti da una logica, permettetemi di dire, quasi punitiva. Infatti, dopo il fallimento del recente analogo intervento legislativo, la legge n. 181 del 2008, che aveva puntato sul trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate sulla base di incentivi economici e di carriera; si era posto l'obiettivo di realizzare comunque la copertura delle sedi, laddove le scoperture di organico arrivavano ormai quasi all'80 per cento, attraverso il trasferimento cosiddetto coatto, volto a realizzare d'autorità il trasferimento di giovani magistrati soprattutto, quelli che avevano superato la prima o la seconda valutazione, quindi con massimo otto anni di anzianità, strappati al loro ufficio prevalentemente giudicante, civile o penale, per andare a ricoprire gli uffici di procura individuati a copertura immediata, magari in regioni limitrofe.
In realtà, il sistema del trasferimento coatto, sia pur previsto in questo decreto in via transitoria fino al 2014, non risolveva secondo noi, e non può risolvere, i problemi di una coperta troppo corta: ci sono mille posti in meno ricoperti che derivano, non dalla miopia di questo Governo, ma dal fatto che negli anni 2001 e 2002 vi è stato il blocco dei concorsi, e quindi ciò è dovuto all'altro Governo di centrodestra. Inoltre, a fronte del divieto per i magistrati giovani di ricoprire le funzioni requirenti si è creato questo vuoto presso gli uffici di procura. Così come un'altra causa che doveva essere prevista è il percorso tendenzialmente distinto tra giudici e pubblici ministeri tracciato dalla legge n. 111 del 2007 sul nuovo ordinamento giudiziario. Si sono andate acuendo le rilevanti carenze d'organico proprio nelle procure con scoperture più forti, soprattutto al sud e nelle isole, ma anche al nord, che minano di fatto il sistema dell'obbligatorietà dell'azione penale e che danno l'impressione - anzi, è la realtà - di una giustizia denegata. Il Governo, quindi, nell'originaria versione del decreto aveva pensato di risolvere il problema aumentando le sedi disagiate a 80 e aumentando il numero dei magistrati trasferiti d'ufficio a 150.
Con la proposta che le opposizioni si sono fatte carico di presentare al Governo si è offerta la possibilità di una soluzione immediata ed efficace, positiva: attingere immediatamente alle risorse umane dei vincitori di concorso già in servizio. Orgogliosamente noi delle opposizioni tutte diciamo che l'articolo 3-bis di questo decreto è il frutto di quanto da noi suggerito al Governo e che il Governo con intelligenza ha saputo far proprio, utilizzando anche l'ulteriore testo della nostra proposta di legge, quella che il Partito Democratico Pag. 10proponeva, come la normativa a regime che prevede un affiancamento dei magistrati giovani da parte di quelli più anziani, i procuratori della Repubblica e i procuratori aggiunti, almeno nella prima fase di avvio del loro percorso professionale di esercizio della giurisdizione.
L'altro punto che è stato oggetto di dibattito, e che ha portato ad un risultato di mediazione condivisibile, è quello riguardante la Scuola superiore della magistratura. Il Governo, con un emendamento non presente nel testo originario, nell'ambito delle competenze della Scuola superiore di cui da tempo si attende l'avvio, aveva previsto che, accanto alla formazione di magistrati per gli incarichi direttivi di primo e secondo grado, il comitato direttivo esprimesse anche un giudizio di idoneità al conferimento degli incarichi. Si trattava, dunque, di una norma in chiaro contrasto con l'articolo 105 della Costituzione in quanto atto valutativo che incide sullo stato dei magistrati ai fini della promozione e del trasferimento.
L'emendamento formulato dal Governo è stato suggerito dal nostro gruppo in Commissione giustizia, e per questo ringrazio tutti i colleghi della Commissione, proprio all'esito di un'audizione di componenti del tavolo tecnico fra CSM e Ministero, audizione per la quale ringrazio la sensibilità della presidente, onorevole Bongiorno. Questa Commissione evidenziava, appunto, ieri, l'anomalia di una sovrapposizione tra formazione e valutazione, sulla quale si era già espresso il CSM in una seduta straordinaria, con un ordine del giorno firmato, e quindi avallato, anche dal Capo dello Stato. È dunque con orgoglio che possiamo dire che attraverso un voto condivisibile si è arrivati a far sì che quella norma fosse formulata in un modo compatibile con il decreto costituzionale. Tale formulazione, però, al contempo, comunque assicura garanzia e fa sì che restino inalterati e intatti i poteri di autogoverno tracciati dalla nostra Costituzione.
Avviandomi alla conclusione, sottolineo, però, che continuano ad esserci degli aspetti critici. Mi riferisco, in particolare, alle problematiche connesse alla digitalizzazione, all'inadeguatezza degli organici del personale che dovrà provvedere alla stessa, nonché alle carenze di mezzi e di risorse informatiche derivanti dai tagli di spesa al settore giustizia, ai tagli delle piante organiche che è avvenuto in forza dell'articolo 74 della legge n. 133 del 2008. A fronte di una scopertura del 20 per cento infatti, improvvisamente, quelle piante organiche - parlo del personale della giustizia - sono diventate, attraverso quel taglio, a pieno regime.
Quindi, signori del Governo, signori della maggioranza, il nostro voto favorevole a questo provvedimento è più che altro il frutto del rilievo che vogliamo dare al positivo confronto su aspetti essenziali del funzionamento della giustizia, ma è anche un importante atto di fiducia per il futuro ed ha un forte significato simbolico. Dopo una pagina così nera, scritta ieri, in cui si è approvata una legge dichiaratamente ad personam, quella sul legittimo impedimento, ci auguriamo che il problema della giustizia esca dall'emergenza, dai condizionamenti e dai pregiudizi ideologici.
Auspichiamo che si pensi ad una valorizzazione e ad una distribuzione razionale delle risorse, che si esca dalla logica dei decreti-legge contenitori e si persegua la finalità di una giustizia che tenga conto di tutti gli operatori della giustizia e delle esigenze dei cittadini. Vogliamo un servizio efficiente ed efficace e quindi interventi normativi che siano esenti da insidie a quel principio di indipendenza della giurisdizione che è poi la garanzia del principio di uguaglianza di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, il voto favorevole del Popolo della Libertà proviene dalla consapevolezza, in questo caso, ma non solo in questo, di avere ragionato a testa alta. Pag. 11
Utilizzo il termine «ragionato» perché questo provvedimento si colloca nella scia di quelle piccole riforme utili che hanno una caratteristica, quella di essere in joint venture, di essere legate e connesse a delle riforme strutturali di più ampio respiro sia sotto il profilo semantico, sia sotto il profilo della coerenza.
Voglio essere più chiaro per dare l'idea di come il fil rouge che noi seguiamo è assolutamente coerente e unitario. Si tratta di riforme in continuità con l'esistente e, in questo, l'attenzione della Commissione è stata di particolare rilevanza, in quanto si tratta di principi che non si collocano in discontinuità, in distonia e in contrasto neanche apparente con quello che c'è. Inoltre, sono principi che sono in attesa prodromica rispetto alle riforme e, quindi, si tratta di un momento di progresso nella continuità senza dismettere una capacità di essere coerente con l'esistente. Questa ricerca della funzionalità e dell'efficienza mai come in questo caso si è manifestata - e direi che è un segnale estremamente rilevante - su tre settori, tutti e tre di grande importanza strategica.
Il primo profilo attiene alla necessità di dare alla magistratura onoraria un respiro capace di garantire la continuità dell'efficienza, in attesa sempre di una riforma organica.
Il secondo profilo attiene alla necessità, senza abrogare i principi del decreto legislativo n. 160 del 2006, di colmare delle carenze di organico relativamente alle sedi disagiate. Su questo aspetto vorrei dire che dobbiamo smetterla di difendere corporativisticamente determinate categorie, in quanto, a mio avviso, il problema giustizia non è dei magistrati, ma dei cittadini. Credo che questa sia una prospettiva che va dismessa, chiarita e in qualche modo razionalizzata sull'utenza e meno che mai su coloro che, da posizioni di sicuro privilegio, sono operatori di qualsiasi tipo e orbitano nell'ambito della giustizia: è come dire che nel diritto alla salute è il paziente che va privilegiato rispetto al medico. Se è vero il principio che il Governo ha assunto nel propugnare questo tipo di riforme, diventa assolutamente utile segnalare che la terapia di urgenza con riferimento alle sedi disagiate è stata essenzialmente rispettosa delle esigenze di tutti. Anche nelle circolari del Consiglio superiore le esigenze sono state perfettamente valutate perché potessero essere incluse tra le scelte condivisibili, perché coerenti, del Governo.
A questi due importanti capisaldi, ovvero la proroga dell'efficienza della magistratura onoraria e la necessità di dare una risposta efficiente ma non derogatoria e meno che mai abrogativa alle carenze di organico nelle sedi disagiate, si aggiunge quella che definisco una vera e propria rivoluzione copernicana nell'ambito della giustizia. Finalmente il processo di digitalizzazione delle comunicazioni e notificazioni diventa realtà, affidato a decreti del Ministro che possano in qualche modo semplificare, snellire, dare spinta e flusso ad un sistema che molto spesso - e coloro che sono nella quotidianità della giustizia mi comprendono - si blocca per ragioni squisitamente formali. Tali ragioni sono legate a disguidi che definire occasionali e cartacei è riduttivo, e sono anche spiacevoli in un sistema che deve fare del funzionamento di sé stesso il principale obiettivo. La digitalizzazione della giustizia, della comunicazione e della notificazione nel processo civile e penale è indubbiamente un passaggio di enorme rilevanza.
Se questo è il segnale, la risposta è stata ovviamente conforme. Al gran lavoro in Commissione ha risposto un'inaspettata sinergia: dico inaspettata perché poche volte abbiamo visto «sorridere» l'opposizione come è capitato per questo provvedimento. «Sorridere» vuol dire che vi è stata la capacità di comprendere come la spinta del Governo e della maggioranza andasse verso gli interessi concreti dei cittadini. Allora, è un ragionamento fondato su questa continuità verso riforme organiche e senza dismettere un'attenzione tecnica alla capacità di questi provvedimenti di incastonarsi nell'esistente, ma, aggiungo, ragioniamo a testa alta. Perché a testa alta? Perché abbiamo consapevolezza Pag. 12del sistema (e il Ministro Alfano dà costante rilievo a questo tipo di impostazione) e quotidiana consapevolezza del sistema stesso e delle sue caratteristiche. Quindi si tratta di una coscienza del sistema efficace e super partes, ma soprattutto ci sentiamo a testa alta perché forti dentro di uno spirito di attenzione alle esigenze del Paese.
Io mi sono chiesto perché la giustizia vada a due velocità: vi è una giustizia che non si ritiene condivisibile - come affermava prima l'onorevole Orlando - e vi è una giustizia più condivisa. Credo che la risposta sia estremamente semplice. Lo affermava ieri il presidente Cicchitto: quando vi è l'uso politico della giustizia, è evidente che questo non è in linea con la Costituzione. Se la giustizia ha un uso politico, non vi potrà mai essere alcuna condivisione da parte di questi banchi ad un uso della giustizia che non sia in linea con i principi della Costituzione. Ecco perché vi è una diversità di impostazione, perché qualsiasi attacco ai principi costituzionali va respinto in difesa legittima, se non in legittima difesa.
Da questo punto di vista, mi sembra che il provvedimento in esame, in qualche modo, confermi che, allorquando non vi è la lente che distorce e che fa sì che si deformino le letture di provvedimenti, la giustizia funziona e non diventa il principale obiettivo di questo Paese. La giustizia diventa un obiettivo di primaria rilevanza, allorquando tende a scardinare il consenso popolare e tende, con strumenti che non sono consentiti, a capovolgere l'assetto istituzionale di questo Paese.
L'articolo 101 della Costituzione va richiamato sempre, fortemente e in ogni momento in quest'Aula, allorquando va ribadito che la legge costituisce il principale, unico ed esaustivo baluardo di questo Paese (e, con la legge, il Parlamento). Se allora questi sono i principi e si ha la capacità di leggere il provvedimento in esame come un provvedimento qualsiasi, ossia capace di garantire efficienza nel rispetto della continuità e dei presupposti, gli interventi vanno salutati in modo assolutamente unanime, come è accaduto.
Se, quindi, il richiamo alla Costituzione deve costituire, ragionando a testa alta, il filo conduttore dell'efficienza e della funzionalità - non ci sono efficienza e funzionalità se esse non sono figlie dei principi costituzionali -, mi sembra che la derivazione causale di tutto ciò che stiamo affermando non possa che essere l'equilibrio fra i poteri. Da questo punto di vista, il voto favorevole di questi banchi non può che significare forte richiamo ai principi costituzionali e sicuro impegno del Popolo della libertà a rispettare la Costituzione nelle sue riforme (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti del liceo scientifico «Ettore Majorana» di Scordia (CT), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ALFONSO PAPA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFONSO PAPA, Relatore. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere un ringraziamento all'ufficio della Commissione, alla Presidenza, ai gruppi e al Governo per la sensibilità dimostrata in lavori che costituiscono un piccolo miracolo, atteso che, nel momento in cui vi è un'azione riorganizzativa nel campo della giustizia e su temi importanti, registriamo una convergenza che sintetizza, al di là delle polemiche politiche che spesso si sentono e si leggono, una volontà comune nel percorrere un cammino finalizzato ad una maggiore efficienza di servizi fondamentali, che sono sentiti da tutti, evidentemente, con la stessa sensibilità.

(Coordinamento formale - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato. Pag. 13
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3084-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3084-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Onorevoli Vico, Calearo Ciman, Sardelli, Luciano Rossi, Vietti, Pizzolante, Nizzi, Rampelli, Lenzi, Donadi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario» (3084-A):
Presenti e votanti 502
Maggioranza 252
Hanno votato 502
(La Camera approva - Applausi - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Ciocchetti, Graziano, Pisacane e Causi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 11,05).

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, chiedo ai colleghi dell'Aula un attimo di attenzione, perché nei giorni scorsi il Premier e il Consiglio dei ministri si sono riuniti a Reggio Calabria, sottolineando per l'ennesima volta che la Calabria è una priorità di questo Governo. Allora, chiediamo che alle parole seguano i fatti e che il Governo non sia sordo e lontano dai problemi di quattrocento lavoratori del porto di Gioia Tauro e delle loro famiglie, che stanno rischiando di andare in cassa integrazione.
Sono due giorni che alcuni lavoratori, in rappresentanza di tutti gli altri, sono su una gru a quarantaquattro metri di altezza. Non è accettabile che la politica miope del Governo non solo metta a rischio il lavoro di millecinquecento persone, ma addirittura rischi di pregiudicare il futuro del porto. La tensione è molto alta e questo Governo dovrebbe convocare immediatamente un tavolo tra le parti, tra l'azienda, i sindacati e i lavoratori, per una rapida soluzione della vertenza. Consideriamo che il porto di Gioia Tauro è l'unica infrastruttura reale presente in Calabria e che può portare sviluppo a quella regione, ma è anche un'infrastruttura importante per l'intero Paese. Infatti, se non si mette in piedi una politica competitiva nei confronti degli altri porti europei e dei porti extracomunitari, non solo il porto di Gioia Tauro perderà la possibilità di avere transiti, ma tutti i porti italiani e l'intero Mediterraneo.
Chiediamo che ci sia una politica strategica del Governo, che faccia come la Merkel in Germania, che provochi una detassazione del 50 per cento, come è avvenuto, per esempio, per il porto di Amburgo. È l'unica possibilità che si ha perché il nostro Mediterraneo non venga tagliato fuori dai traffici internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANGELA NAPOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, mi associo alla richiesta e all'appello rivolto dalla collega Calipari, perché credo Pag. 14che quanto stia accadendo nell'ambito del porto di Gioia Tauro debba destare preoccupazione; è una situazione davvero allarmante che sta per creare ulteriori crisi lavorative in un territorio dove già è altissimo il tasso di disoccupazione, così come è altissima, nello stesso territorio, la pervasività e la potenzialità della criminalità organizzata.
In ordine al porto di Gioia Tauro non vi è stata mai una politica che possa definirsi effettivamente strategica per lo sviluppo dello stesso porto, dello stesso territorio e dell'intera Calabria. Abbiamo al riguardo sempre assistito a tavoli disgiunti tanto da parte dell'attività regionale quanto di quella nazionale.
Non vi è mai stata una programmazione effettivamente unitaria; e devo dire - voglio evidenziarlo - che spererei che il Governo nazionale, una volta per tutte, prestasse attenzione a questa allarmante situazione. Anzi, proprio questa mancanza di strategie unitarie e di programmazione unitaria ha portato alla mancanza di polifunzionalità del porto stesso, con tutte le conseguenze che oggi sono alla nostra attenzione e che richiamano l'attenzione generale con grande preoccupazione.
So, e lo voglio denunciare in quest'Aula, signor Presidente, affinché il Governo affronti la situazione, che, per molto tempo, su quel porto l'attenzione è stata mirata semplicemente a mantenere incarichi di commissari, di autorità portuali e di sottosegretari regionali, che hanno portato semplicemente allo sperpero di denaro pubblico, ma non alla garanzia del livello occupazionale.
È assurdo che la Contship, unica società che è diventata, si può dire, proprietaria, attraverso una convenzione, della quasi totalità della banchina di quel porto, oggi, dopo avere avuto per tanti anni i finanziamenti pubblici, metta sul lastrico ben 400 unità lavorative.
Credo che, di fronte a questa vergogna, nessuno possa più chiudere gli occhi: siamo chiamati tutti, davvero, ad attenzionare la situazione. Non lamentiamoci poi e non richiamiamo solo la figura della nostra Calabria quando in Calabria, di fronte a queste situazioni, si evidenzia e aumenta l'escalation della criminalità organizzata, perché se oggi chiudiamo gli occhi di fronte a questo nuovo dramma, davvero significa aprire la strada ad ulteriori potenzialità della 'ndrangheta in Calabria.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, dall'inizio della legislatura ho presentato al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti 24 interrogazioni a risposta scritta, alcune delle quali molto delicate.
In una, prima ancora che intervenisse la magistratura, si documentava che due grandi banche italiane, con una sola operazione, avevano eluso/evaso 30 milioni di tasse; in un'altra, si documentava, ancora un anno fa, la decisione della FIAT di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese.
Signor Presidente, a nessuna delle 24 interrogazioni il Ministro dell'economia e delle finanze ha ancora risposto, rivelandosi davvero uno di quei fannulloni che indica di solito il suo collega Ministro. L'atto ispettivo è un diritto del parlamentare; è, tuttavia, un diritto che resta vuoto se chi deve rispondere, in questo caso il Ministro Tremonti, finge, fa orecchie da mercante e non risponde mai.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la sua sollecitazione sarà fatta presente al Ministro dell'economia e delle finanze.

AUGUSTO DI STANISLAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo per segnalarle un aspetto che diventa sempre più allarmante in Abruzzo. Siamo di fronte ad oltre 20 mila posti di lavoro a rischio, in particolare Pag. 15a 3 mila posti di lavoro a rischio in Val di Sangro presso la Sevel e, da oggi, la situazione è incresciosa ed oltremodo allarmante anche per la Samputensili, un'azienda del gruppo Maccaferri i cui 139 operai sono a rischio lavoro: 20 di questi operai da due giorni protestano sul tetto dell'azienda per recriminare per le loro giuste ragioni.
Mi auguro che il Ministro Scajola, nell'ambito dei tanti tavoli che ha aperto per la concertazione, per la risoluzione, per i confronti e per i dialoghi, abbia la forza e la volontà di aprire finalmente la vertenza Abruzzo e di cominciare a fornire quelle risposte non più rinviabili; perché credo che come il Governo è stato così solerte nell'intervenire per i problemi del Premier Silvio Berlusconi, così debba esserlo, intervenendo anche su tali questioni. È in ballo non solo la dignità, la vita e la sopravvivenza di tanti operai e delle loro famiglie, ma anche la dignità e la serietà dell'intero Governo e dell'intero Parlamento.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei riportarmi alle cose che hanno già detto i miei colleghi: mi riferisco ovviamente alla vicenda del porto di Gioia Tauro. Possiamo tranquillamente affermare che vi sono state delle disattenzioni del Governo centrale, delle disattenzioni da parte della regione. Il porto di Gioia Tauro era «vocato» a svolgere un ruolo importante per quanto riguarda il trans-shipment nell'area del Mediterraneo: aveva superato molti porti, per quanto riguarda l'attività e una serie di impegni svolti, e aveva quindi raggiunto livelli molto alti e significativi.
Oggi ci troviamo di fronte alla crisi dello scarico e carico delle merci, ma ci troviamo anche di fronte all'ottusità con cui questo porto è stato concepito e gestito. Lo hanno detto anche gli amici e colleghi: vi è stata una società, la Media Center, che ha pensato che il porto fosse di sua proprietà; ma vi è stata anche una cattiva gestione. E quando noi parliamo di «sua proprietà», faccio presente che per quanto riguarda gli sforzi che sono stati fatti per dotarlo di un carattere di polifunzionalità, tale obiettivo non è stato assolutamente né raggiunto, ma nemmeno perseguito. Vi è stata una situazione veramente bloccata, che sta creando un disagio enorme, perché oggi abbiamo la minaccia della perdita di quattrocento posti di lavoro, ma vi è anche una minaccia per altre centinaia e centinaia di posti di lavoro. Il porto, per la concorrenza di altri porti del Mediterraneo, rischia di sprofondare e di essere un momento tragico nella vita di questa regione, già così difficile.
Ma vi è poi un altro dato. Vi è una relazione della Commissione antimafia, licenziata nella scorsa legislatura, nella quale si afferma chiaramente, dopo una visita fatta dalla stessa, che il 95-97 per cento dell'attività portuale a Gioia Tauro è condizionata e controllata dall'organizzazione criminale, da famiglie di cui si sa nome e cognome. Anche il Ministro dell'interno si è recato a Reggio Calabria; vi è stata poi l'allerta nei confronti di Rosarno, ma vi sono problemi di criminalità organizzata diffusa, e vi sono «incrostazioni» che non c'è intenzione di rimuovere e non c'è la volontà di operare in termini di giustizia e di civiltà.
Signor Presidente, lo so che è un rituale prendere la parola a fine seduta, ma il problema del porto di Gioia Tauro riguarda il Mediterraneo, visto e considerato che, molte volte, abbiamo enfatizzato il ruolo di questo porto che abbiamo detto essere un punto di riferimento importante non soltanto per il Mezzogiorno d'Italia e per l'Italia stessa, ma soprattutto per l'area del Mediterraneo.
Vi è anche un problema di carattere politico, di politica estera complessiva e generale, ma vi è soprattutto la prospettiva di un'ulteriore mortificazione per la Calabria. Chiedo dunque, se fosse possibile, che intervengano il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti o, per altri versi, il Ministro dell'interno: signor Presidente, Pag. 16non possiamo intervenire poi di fronte all'esplosione delle emergenze. Le vicende di Rosarno e di Reggio Calabria sono i prodromi di un'esplosione ma vi saranno altre esplosioni, un aggravamento della situazione e lacerazioni ulteriori anche nella realtà di quella regione. Vedo nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti molta assenza, molta apatia, molta indifferenza, molta burocratizzazione e nulla più: non c'è uno slancio, una tensione sul piano politico. Nella regione Calabria ho potuto vedere in passato miopie ed il porto - ripeto - è soggetto ad una cattiva gestione, né lungimirante né illuminante (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei per precisare alcuni elementi che sono emersi nel corso della discussione in quest'Aula il 27 gennaio. Mi riferisco alla costituzione della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale.
In quel dibattito in Assemblea sulle relative comunicazioni vi è stata una sequenza di eventi che vorrei richiamare all'attenzione della Presidenza di questa Camera.
Il presidente del gruppo del PD, onorevole Dario Franceschini, ha fatto presente di aver appreso da agenzie di stampa la nomina dell'onorevole La Loggia quale presidente della Commissione. Successivamente il Vicepresidente, onorevole Buttiglione, ha comunicato all'Assemblea la composizione della suddetta con riferimento sia ai deputati sia ai senatori. Ai deputati segnalati in Assemblea non ha fatto seguito alcun atto di nomina da parte di codesta Presidenza, e lo può testimoniare qualunque parlamentare lì segnalato (addirittura io ho riavuto la lettera il giorno successivo e l'ho riconsegnata a codesta Presidenza senza aprirla, conoscendone forse anche il contenuto).
Non è corretto ciò che ha affermato il Vicepresidente, onorevole Buttiglione, quando ha detto che agli interessati è stata data tempestiva comunicazione da parte del Presidente tramite lettera.
Mi chiedo allora se, al limite della correttezza istituzionale e della prassi in materia di costituzione delle Commissioni, è coerente nominare un presidente quando ancora non è stata nominata la Commissione oggetto della medesima costituzione.
Abbiamo cioè appreso dalle agenzie la nomina del presidente da parte dei Presidenti del Senato e della Camera (iniziativa politica che si allontana dagli indirizzi della legge n. 42 del 2009); ricordo che la maggioranza ha la responsabilità di governo e giustamente, per avere la presenza dell'opposizione forse alla stessa correttamente poteva essere affidata la presidenza. Ma questa è una scelta politica, mentre io pongo una domanda formale: se non esistano cioè difetti nella costituzione della Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, organo che a noi interessa notevolmente perché i decreti attuativi, a seguito della proroga, saranno adottati entro maggio.
Siamo interessati al suo lavoro come abbiamo dimostrato con il nostro atteggiamento nel corso dei lavori parlamentari; quindi rivolgo a questa Presidenza una domanda espressa, cioè se la nomina di una Commissione possa avvenire senza alcuna segnalazione agli interessati e se sia legittimo nominarne il presidente senza che in generale i membri ne siano a conoscenza.
Prendo la data del 27 gennaio - e questo è un altro elemento - perché è allora che l'onorevole Buttiglione ha segnalato la composizione della Commissione: a partire da tale data assumo quindi, come tutti i nostri parlamentari, quella segnalazione come atto di nomina.
Prima di questo non abbiamo nessun atto di nomina perché, anche se si appongono le date nelle lettere, la consegna dell'atto di nomina deve essere fatta in modo molto più rigoroso. Ma io credo che vi possa essere una via d'uscita. Pag. 17
I due Presidenti del Senato e della Camera, dopo aver costituito la Commissione, si ritrovino e procedano di nuovo alla nomina, anche se vogliono nominare La Loggia; faremo una battaglia di tipo politico, ma un passaggio formale è necessario perché non c'è rispetto della costituzione delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Nannicini. Riferirò al Presidente circa le sue riflessioni e le sue domande e sarà cura del Presidente rispondere a quanto lei ha giustamente chiesto.

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, durante la trasmissione Le Iene (ringrazio le «Iene») andata in onda ieri sera, il 3 febbraio 2010, è stato raccontato il calvario del signor Salvatore, affetto da una gravissima infermità che lo ha portato a desiderare la morte. Il signor Salvatore, infatti, sopravvive con la sola assistenza della madre anziana e senza nessun altro aiuto. Non possiamo permettere che un cittadino cerchi l'eutanasia in un altro Paese come il Belgio (infatti il signor Salvatore era pronto a farlo), perché non riesce a sopravvivere con dignità nel proprio.
Caro Presidente, facciamo qualcosa. Vorrei anche richiamare l'attenzione del sottosegretario della salute: facciamo qualcosa per Salvatore e per tutti coloro che vivono lo stesso dramma delle malattie e delle infermità, e mi riferisco anche ai malati di mente lasciati abbandonati alle famiglie senza alcun aiuto: certo non vogliamo i lager ma almeno centri di accoglienza dove queste famiglie possano trovare aiuto, nonché assistenza da parte di tutti noi che rappresentiamo lo Stato, il Governo; siamo parlamentari. Infatti, è vergognoso quanto ho visto ieri nella trasmissione Le Iene. È vergognoso che una persona che si trova in quella situazione e risponde soltanto con gli occhi, aperti e chiusi, abbia chiesto di recarsi in Belgio per avere l'eutanasia. Invece noi dobbiamo combattere questi viaggi e combattere il fatto che queste persone non vengano aiutate e assistite (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GAETANO PORCINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, c'è una legge già scaduta che prevedeva benefici previdenziali per tutti i lavoratori che erano stati esposti all'amianto e che avevano avuto occasione di essere addetti in lavorazioni che li esponevano al rischio di amianto. Tale legge prevedeva una esposizione della durata di dieci anni per poter riconoscere a questi lavoratori i benefici assistenziali che la norma prevedeva.
La legge è scaduta. Dal calcolo che abbiamo fatto vi sono più o meno 65 mila lavoratori che solo per il fatto che la legge è scaduta non hanno più la possibilità di vedersi riconosciuto il sacrosanto diritto di fare domanda perché vengano loro riconosciuti questi benefici assistenziali.
Signor Presidente, io e altri colleghi, come il collega Evangelisti, abbiamo presentato, già nel 2008, una nuova norma che ripropone quella vecchia con alcuni correttivi. A due anni di distanza non abbiamo avuto ancora la possibilità, nonostante i mille solleciti, di vedere arrivare questa proposta di legge almeno in Commissione per iniziare le audizioni e la discussione.
Signor Presidente, questo è insopportabile. Non si può non dare la possibilità a 65 mila lavoratori, che hanno dato l'anima, hanno lavorato e hanno avuto la sfortuna di contrarre delle patologie gravi, di vedere i propri diritti almeno discussi, se non riconosciuti. Nel frattempo, tanta gente affetta da queste patologie è deceduta, senza neanche avere avuto la possibilità di vedere discussi i propri problemi. Questo è inaccettabile. Pag. 18
Penso che i parlamentari e i gruppi parlamentari abbiano il diritto di utilizzare tutti i tempi tecnici dovuti, ma due anni mi sembrano un tempo eccessivo. Pertanto, chiedo a lei se può farsi carico di sollecitare il Presidente e i presidenti di Commissione, perché è intollerabile che, dopo due anni dalla presentazione di una proposta di legge, essa non venga presa in minima considerazione.
Non vorremmo arrivare a gesti eclatanti e portare queste migliaia di lavoratori, visto che il Ministro del welfare e il Governo intero sono latitanti, a manifestare davanti al portone di Montecitorio, come, ormai, sono costretti a fare tutti i giorni.
Signor Presidente, vorrei esporre un'altra questione. Un decreto del Ministero del welfare, che, se non vado errato, riguarda 1.055 medici fiscali, aveva aggiornato le tariffe e previsto alcune procedure per la loro attività sul territorio. Il decreto non è mai stato applicato nel modo previsto. È vergognoso ed inaccettabile. Erano state previste sei visite al giorno, ma il decreto non è stato mai applicato dall'INPS, né sollecitato dal Ministero. Abbiamo fatto solleciti all'INPS e abbiamo più volte chiesto spiegazioni al Ministero. Inoltre, il decreto in oggetto è scaduto: non si preoccupano né di rinnovarlo, né tanto meno di farlo applicare.
Stanno portando alcuni medici all'esasperazione, quasi alla fame. Infatti, pur essendovi una norma che li tutela, questa viene disapplicata, portando un medico che lavora, in esclusiva, come medico fiscale dell'INPS, un medico professionista, a non avere uno stipendio, quantomeno dignitoso, che gli consenta di far valere la professione che deve esercitare.
Signor Presidente, la prego di farsi carico anche di questa richiesta, nella speranza che il sottosegretario delegato e il Ministro del welfare vogliano prendere in considerazione una questione che è di loro specifica competenza e pertinenza.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Porcino, lei sa però che la sede più opportuna per fare queste sollecitazioni è la Commissione di merito. Comunque, la Presidenza si farà carico delle sue richieste.

DOMENICO SCILIPOTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere una riflessione che ho svolto più volte all'interno di quest'Aula - colgo, quindi, l'occasione per esporla nuovamente - in relazione a ciò che si sta verificando, e che si è verificato, in questi giorni al Senato. Mi riferisco alla presentazione di un emendamento da parte della maggioranza relativo al provvedimento «milleproroghe», che è restrittivo ed umiliante per coloro che sono vittime dell'amianto. Si tratta di persone che hanno perso la vita a causa di ciò e dei loro parenti. Tale emendamento è veramente vergognoso, perché restringe soltanto a quindici siti i benefici dei contributi relativi all'amianto.
Perché diventa facile, e quasi normale, da parte di alcuni parlamentari fare ciò? Perché diventa facile presentare degli emendamenti che vanno contro le persone che hanno lavorato e hanno dato la vita al servizio del popolo italiano e del lavoro? Diventa facile, perché vi è una cultura che ci contraddistingue: da una parte, noi che apparteniamo ad una cultura di centro e di sinistra e, dall'altra, coloro che appartengono ad una cultura di centro e centrodestra. Si tratta di due culture diverse, che si contrappongono e si scontrano su determinate questioni.
All'interno di questo Parlamento, abbiamo portato all'attenzione dei colleghi il fatto che la vita è sacra e che non è possibile che si intervenga attraverso atti che potrebbero essere mortificanti e potrebbero distruggerla. Ciò può avvenire anche legiferando in un determinato modo: infatti, legiferare in un determinato modo significa mortificare e togliere a tanti lavoratori che hanno lavorato, non solo la vita, ma anche la speranza e la Pag. 19possibilità di essere reintegrati in quella società che dovrebbe accoglierli e utilizzarli al meglio.
Quando in Commissione al Senato si presenta un emendamento per ridurre i siti rispetto ai quali le persone possono far valere il fatto che durante lo svolgimento del proprio lavoro sono state esposte ad una sostanza che si chiama amianto (sostanza che si deposita nei polmoni e che in qualsiasi momento potrebbe determinare una neoplasia e conseguentemente un tumore, cioè togliere la vita), vuol dire che esiste una maggioranza che prende posizione sostenendo che coloro che sono stati sottoposti nel loro lavoro al rischio vivo dell'amianto non sono fra loro persone uguali, ma vi sono persone di serie A ed altre di serie B. È veramente un fatto gravissimo per coloro che questo pensano, senza scriverlo negli emendamenti che poi presentano in Commissione per farli approvare. Questa è la vergogna per coloro che si assumono la responsabilità di dire che se ci sono due persone che hanno lavorato, di cui una è al nord e l'altra al sud, a quella che si trova al nord viene riconosciuta la necessità e la legittimazione del rischio dell'amianto e conseguentemente il contributo e tutti i riconoscimenti dovuti, mentre a quella che si trova in un altro sito, in un'altra parte d'Italia, la stessa necessità e legittimazione vengono negati, solo ed esclusivamente con la giustificazione della necessità che la spesa pubblica sia ridotta e il denaro dello Stato non sia concesso senza riflettere. Cosa significa non riflettere, signor Presidente? Forse vuol dire che, avendo due malati di tumore, per quello al nord va bene il riconoscimento del contributo mentre per l'altro, perché si trova al sud, nella zona di Priolo o del Milazzese, il riconoscimento non vi deve essere?
È questa la riflessione che abbiamo posto in questi giorni nell'ambito della discussione che si è svolta all'interno di questo Parlamento. Ci sono dei parlamentari all'interno di questo Parlamento che non sono liberi di esercitare il proprio ruolo, perché esistono delle baronie - che oggi non sono più chiamate così, ma «logiche di potere» - per le quali una persona ha il diritto di eleggere i propri rappresentanti anche se si tratta di asini! Questo è il problema vero e reale che esiste in questo Parlamento e la conseguenza sono gli emendamenti scandalosi che vengono presentati al Senato, che non vengono pensati con la testa, ma vengono dettati da una lobby di potere, che ha come interesse solo ed esclusivamente il ritorno economico.
Concludo, signor Presidente, dicendo che sarebbe bene che coloro che amano veramente le istituzioni e coloro che sostengono di essere i rappresentanti del popolo abbiano il coraggio di approvare la riforma elettorale, non di parlare di riduzione dei parlamentari, di non indicare la preferenza, degli sbarramenti all'8 per cento, ma di ridare al popolo la dignità di eleggere il proprio rappresentante: in questo Parlamento ci devono essere delle teste pensanti e non degli asini e dei ciucci con le orecchie lunghe (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, la ringrazio per il suo appassionato intervento, ma queste sono considerazioni di natura politica, di fronte alle quali la Presidenza non può che rimettersi all'iniziativa dei gruppi parlamentari, come lei sa.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, prendo la parola per chiederle di intervenire presso il Governo per sollecitare la risposta alla mia interrogazione che riguarda la situazione di degrado in cui versa la città fortezza di Palmanova. Le mura che cingono questa città stellata, unica in Italia, sono di pertinenza del demanio, in parte civile e in parte militare, ed è una situazione assolutamente inaccettabile, quindi la prego di intervenire affinché vi sia una risposta alla mia interrogazione. Pag. 20
Colgo, inoltre, l'occasione, signor Presidente, per segnalare anche la necessità che il Governo renda un'informativa e prenda una chiara posizione su una vicenda che in questi giorni è sotto l'attenzione e la pressione di gruppi economici e finanziari, vale a dire la vicenda Telecom-Telefonica.
È una questione di rilevanza strategica per il futuro di questo nostro Paese, rispetto alla quale è importante che il Governo chiarisca la sua posizione e cosa intende fare, soprattutto perché sappiamo che questa vicenda s'intreccia, ancora una volta, con il conflitto di interessi che riguarda aziende del Presidente del Consiglio che sono direttamente collegate a questa importante partita.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 11,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative a favore dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Fondazione Santa Lucia di Roma - n. 2-00586)

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00586, concernente iniziative a favore dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Fondazione Santa Lucia di Roma (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, non so se questa sia la quarta o quinta interrogazione o interpellanza che rivolgo e che ha come oggetto il Santa Lucia. Credo che ormai siamo arrivati ad un punto di svolta, perché o qui si fanno le cose serie o il Santa Lucia chiude, per parafrasare una frase storica importante. Sono contenta e ringrazio il Ministro della sua presenza perché credo che questa situazione debba essere monitorata e osservata con grandissima attenzione dal Ministro Fazio.
Voglio anche ricapitolare, per chi non lo sapesse - ma sono pochi -, di che cosa parliamo. Il Santa Lucia è un IRCCS, quindi un 'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, una struttura di eccellenza non solo della regione Lazio, ma nazionale ed europea. Si parla tanto di malasanità, ma una volta tanto possiamo essere orgogliosi di un'ottima sanità. Essa ha un rilievo internazionale nel campo delle neuroscienze e, dal 1994, una sentenza della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato dopo hanno equiparato il Santa Lucia ad un servizio sanitario pubblico. Dal 2005 al 2009 non sono stati riconosciuti al Santa Lucia solo 60 milioni di euro, perché vi è stato un errore grossolano - e sono buona nell'usare questo termine -, in quanto la regione Lazio ha inteso equiparare la fondazione Santa Lucia, un IRCCS, ad una casa di cura privata convenzionata.
Quali sono i rischi che oggi corriamo? Il primo riguarda i livelli occupazionali, poiché sono stati annunciati 250 licenziamenti. Pertanto, la funzionalità è a rischio, con grave pregiudizio per l'assistenza ai cittadini. Dal 2007 l'ente è stato riconosciuto da tutti come una struttura di cui non si può fare a meno; regioni, Ministri, sottosegretari e parlamentari, che si affannano a fare la passerella al Santa Lucia in campagna elettorale, da tutti costoro è stato garantito un sostegno.
Per far capire di cosa parliamo, in termini di risposta ad un bisogno di una sanità particolare, voglio ricordare che vi sono state 110 mila giornate di degenza per 2.500 pazienti, di cui il 20 per cento provenienti da fuori regione e, quindi, con un introito per la regione Lazio. Nei poliambulatori specialistici sono offerte 250 mila prestazioni, per una media di 200 pazienti al giorno. Vi sono 750 dipendenti, molti operatori delle università e strutture di ricerca con 450 studenti ai corsi di laurea di professioni sanitarie.
Vi è stato un rimpallo, signor Ministro, signor Presidente, fra la regione e il commissario di Governo, mandato come commissario ad acta a controllare i conti della regione Lazio. Quindi, vi sono stati il Pag. 21commissario, il subcommissario e la regione. Chi dice «tocca a noi» e chi dice «tocca al Governo». Tutti si affannano a dire che è colpa dell'altro.
Voglio anche dire un'altra cosa, signor Ministro.
Nel pubblico oggi ci sono molti operatori del Santa Lucia, ma soprattutto molti ragazzi che frequentano il Santa Lucia e molti genitori sono disperati perché, se chiude il Santa Lucia, questi ragazzi trovano un muro! Ho qui una copia del Corriere della Sera dove c'è una lettera di due genitori intitolata «nostra figlia e altri centocinquanta bambini resteranno senza cure». Questo non è uno Stato giusto se non provvede (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Voglio anche parlare dell'aspetto sociale del Santa Lucia: ha creato un gruppo di atleti diversamente abili impegnati nello sport e ha vinto con la sua squadra di basket 17 campionati d'Italia, è stato tre volte campione d'Europa e due volte si è classificato secondo; ma la cosa più bella che da mamma voglio dire, non da parlamentare, è che ha messo su una scuola per ragazzi dagli 8 ai 16 anni per farli diventare campioni di basket e questa piccola squadra di grandi ragazzi (così amo definirla) oggi è prima in classifica, unica squadra di basket per diversamente abili del centro-sud.
Quindi non si tratta solo di cura, ma anche di sport, integrazione sociale e di una risposta di vita a chi non la aveva. Sapete cosa significa per un giovane disabile potersi realizzare nello sport? Provate a spiegarlo alle mamme che sono troppe le prestazioni che il Santa Lucia eroga! Provate a spiegare alle mamme di questi ragazzi, ai papà di questi ragazzi, che il Santa Lucia non può fare più questo tipo di attività sportiva per i ragazzi che stanno lottando dopo essere usciti dal coma per avere una speranza di una vita decente!
Signor Ministro, una mamma disperata per un figlio è capace di fare qualunque cosa e lo dico da mamma, non da parlamentare. Allora, signor Ministro, mi rivolgo a lei con tutta la sensibilità che le riconosco: non ci serve un «pannicello caldo», non ci serve un provvedimento tampone. Tutti insieme, tutti i Ministri di questo Governo devono riunirsi oggi, perché domani potrebbe essere tardi. Il Santa Lucia non è un patrimonio della regione Lazio, ma è un patrimonio di questo Paese.
Inoltre - non ho paura a dirlo - in quest'Aula non c'è giorno che passi che un collega non mi chieda un ricovero al Santa Lucia! È riconosciuta da tutti la professionalità di questo istituto! Allora, se questo è, rimbocchiamoci le maniche, facciamo una legge ad hoc e risolviamo una volta per sempre una situazione che non può essere un problema, perché parliamo di una struttura di eccellenza della quale tutti dobbiamo essere orgogliosi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli interroganti, che mi danno la possibilità di riferire su una tematica che investe particolare rilevanza per il Ministero della salute e di cui sono a personale conoscenza da anni e già da prima di assumere l'incarico di Governo.
Ricordo, in via preliminare, che, come ha già peraltro ricordato l'onorevole Formisano, la questione è di particolare delicatezza, in quanto riguarda una problematica di materia concorrente e quindi vorrei precisare che necessariamente la risposta del Governo si potrà limitare alle iniziative che il Governo può assumere per risolvere questo problema.
È noto che l'istituto fondazione Santa Lucia è un ente a rilevanza nazionale, come ha sottolineato l'onorevole Formisano, che persegue finalità di ricerca, prevalentemente clinica e transazionale, unitamente a prestazioni di ricovero e cura e di altre specialità. Quindi si è consapevoli del danno connesso alla limitazione delle attività svolte dallo stesso istituto, sia per Pag. 22gli aspetti di assistenza, sia per gli aspetti di ricerca, tralasciando altri aspetti di non indifferente importanza, come quelli citati dall'onorevole, che attengono per esempio alle gare paraolimpiche.
Il Ministero della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze sono attualmente impegnati in maniera costante con la regione Lazio nell'ambito delle attività previste dalla normativa sui piani di rientro - questo naturalmente è il quadro normativo - ai fini della garanzia dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini, da erogarsi nell'ambito dei vincoli economici, con particolare riguardo a soluzioni favorevoli all'Istituto-Fondazione in questione.
In quest'ottica va visto il decreto del commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario del 21 gennaio 2010 con cui la regione Lazio, per venire incontro alle richieste rappresentate dalla Fondazione, ha previsto per gli IRCCS - gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - l'adozione in tempi brevi di un apposito e specifico provvedimento ricognitivo e disciplinante il sistema di remunerazione a funzione, nel rispetto delle disposizioni vigenti con particolare riferimento alle tariffe massime ministeriali e alle relative tipologie assistenziali.
A tal fine, è in via di emanazione una specifica determinazione dirigenziale per la costituzione di una apposita commissione tecnica e assicuro personalmente che garantiremo che questo avvenga in tempi assolutamente brevi e non lunghi. A sostegno di quanto sopra riferito, anticipo - come prospettiva futura, ma non irrilevante, perché dobbiamo pensare che le cose non vanno risolte temporalmente, ma vanno messe a sistema - l'adozione di un decreto che, nel rispetto della cornice normativa vigente, preveda una diversa modulazione tariffaria riferita alla maggiore o minore complessità delle prestazioni.
Riassumendo i termini delle valutazioni sopra formulate, preso anche atto delle problematiche connesse agli IRCCS, anticipo che il Ministero della salute sta valutando la perseguibilità di appositi interventi normativi, adeguati a risolvere la problematica in esame, fermo restando, però, che la regione, già attualmente, può, nel rispetto delle disposizioni vigenti, garantire la corretta remunerazione delle strutture in relazione all'appropriatezza delle prestazioni rese. Tutto ciò premesso e per concludere, vorrei comunque assicurare che la questione è realmente, e non solo come manifesto, all'attenzione del Ministero e mia personale: mi sono occupato e mi sto occupando in questi giorni della questione in una serie di incontri al più alto livello istituzionale. Inoltre, resta fermo il mio impegno a risolvere la questione in tempi brevi.

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di replicare.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro, però a me le parole «tempi brevi» fanno paura. Purtroppo o per fortuna, mi occupo di politica da qualche anno e 32 anni di esperienza mi dicono che «tempi brevi» senza una data certa è poca cosa.
Quindi, se mi consentono il Ministro e il signor Presidente, vorrei sottolineare alcuni punti: il 29 gennaio il TAR dà ragione al Santa Lucia rispetto ai decreti che la regione Lazio ha emanato sul sistema di remunerazione dei posti letto, ergo la regione Lazio deve revocare il decreto. Mi risulta che i funzionari della regione abbiano predisposto la revoca, ma il Commissario del Governo ancora non ha firmato.
Se questo è, signor Ministro, chiami il Commissario di Governo, perché ciò significa essere operativi. Che il Commissario di Governo firmi questa benedetta revoca! Già sarebbe un passo avanti. Non glielo devo ricordare, però questa non è una questione che stiamo analizzando oggi perché c'è un'interpellanza urgente. Lei, signor Ministro, il 7 maggio 2009 ha dichiarato sul caso Santa Lucia che stava trattando con la regione per impegnare il Governo perché non «siamo sordi alle lettere dei lavoratori». Se la regione Lazio, Pag. 23insieme al Commissario di Governo, non revocano immediatamente quel decreto partono 250 lettere di licenziamento già concordate con la prefettura. Parte l'istituto del licenziamento: senza soldi - come si dice al mio paese - non si cantano messe e qui non ce ne sono.
Allora rivolgo un appello e una preghiera: ho capito dalle parole del Ministro che vuole veramente occuparsi in maniera concreta degli IRCCS, e in particolare di questo IRCCS, che è un po' diverso, consentitemelo, da tutti gli altri. Però acceleriamo i tempi, signor Ministro, non c'è tempo da perdere. Le commissioni, le unità di crisi, le valutazioni, quando si vogliono accelerare si accelerano. Credo che su questa questione ci sia la volontà trasversale di tutti, dall'estrema sinistra all'estrema destra, perché stiamo parlando di una struttura che serve, stiamo parlando di un caso di eccellenza nazionale ed europeo. Non permettiamo che una struttura realizzata con tanta fatica dai responsabili della Fondazione, dai medici che ci lavorano, dagli assistenti, dai fisioterapisti, dal personale non infermieristico, da tutti, sostenuta da tantissime associazione di volontariato che hanno trovato una boccata d'ossigeno in questa struttura, possa finire in maniera poco onorevole.
Signor Ministro, non dubito delle sue parole, ma mi aspetto - e glielo dico con molta franchezza - che entro una settimana alle parole seguano i fatti, perché questi sono provvedimenti che non possono più aspettare. Eliminiamo «in via di emanazione», «in via di approvazione», muoviamoci, lei ha il potere di farlo come Ministro di questo Governo, ma anche perché ha un suo Commissario nella regione Lazio, il Commissario del Governo. Diamo una risposta a quei tanti ragazzi e a quelle tante famiglie che operano con grande sacrificio ogni giorno e che non possono trovarsi la porta del Santa Lucia chiusa, sarebbe un delitto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Iniziative del Governo nell'ambito dell'anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale - n. 2-00578)

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00578, concernente iniziative del Governo nell'ambito dell'anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene. Il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Signor Presidente, rispondo all'interpellanza dell'onorevole Volontè sulla base delle informazioni acquisite presso gli uffici dell'amministrazione che oggi rappresento e di quelle fornite dall'INPS e dal Ministero dell'economia e delle finanze. L'obiettivo perseguito nel 2010, designato dalla Commissione europea «Anno europeo per la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale», è quello di realizzare una campagna coordinata di azioni rivolte alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica, dei media, degli operatori e dei rappresentanti della politica in tutte le articolazioni istituzionali nei confronti delle persone in stato di povertà e di esclusione sociale. In tale contesto bisogna tener conto della rilevanza della sfavorevole congiuntura economica internazionale che ha aggravato la situazione di difficoltà delle fasce più deboli.
Attraverso il rapporto strategico nazionale 2008-2010 il nostro Paese ha lanciato una complessa sfida progettuale e culturale nell'ottica di dar vita al nuovo modello di welfare che permetta di contrastare la povertà e di sviluppare processi di Pag. 24inclusione attiva. Il Libro bianco, in particolare, rivolge uno sguardo alla povertà assoluta, cioè a coloro che vivono al di sotto del minimo socialmente accettabile, e sollecita l'attuazione di concrete soluzioni ai bisogni degli ultimi come primo obiettivo di una società coesa.
Il Ministro Sacconi aprirà l'anno europeo il 15 febbraio 2010 a Milano in armonia col programma nazionale approvato e cofinanziato dalla Commissione europea.
Nel corso dell'evento, il Ministro presenterà l'Agenda contro la povertà, in cui verranno esposti il programma di iniziative dell'Anno europeo e un pacchetto di nuove azioni governative contro la povertà.
La direttiva del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per la presentazione di proposte progettuali finalizzate alla realizzazione del programma nazionale per il 2010, apre la proposta di azioni progettuali sia alle pubbliche amministrazioni sia al terzo settore, promuovendo, in particolare, la costituzione o il rafforzamento di reti territoriali, stimola sui territori l'implementazione di interventi sperimentali di lotta alla povertà e all'esclusione sociale ed il coinvolgimento delle scuole con azioni formative mirate all'aumento della conoscenza del fenomeno della povertà in Italia e degli strumenti per contrastarlo. Le azioni progettuali, inoltre, possono essere finalizzate ad incrementare gli elementi conoscitivi del fenomeno attraverso studi e ricerche e alla realizzazione di eventi di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
Sono inoltre in fase di realizzazione un sito dedicato all'Anno europeo, nel quale sarà possibile reperire tutte le informazioni relative agli eventi organizzati, alle misure di contrasto della povertà, ai progetti finanziati, ed una campagna mediatica di sensibilizzazione.
Durante il corrente anno sono, infine, previsti diversi appuntamenti per il confronto con gli operatori, la società civile ed il terzo settore.
Per quanto concerne le misure dirette al sostegno al reddito delle famiglie maggiormente disagiate, ricordo che il Governo ha adottato, nel 2008 e poi riconfermato nel 2009, la carta acquisti - o social card - rivolta ai cittadini che versano in condizioni di maggiore disagio economico. La social card consente, per una parte, di usufruire di una vera e propria carta prepagata finalizzata all'acquisto di beni alimentari o farmaceutici e al pagamento delle tariffe per le utenze domestiche, per l'altra, di beneficiare, nell'acquisto di prodotti alimentari o parafarmaceutici, di sconti che l'Esecutivo ha negoziato con le principali reti di distribuzione e di produzione.
In tale contesto assume altresì particolare rilievo l'implementazione del Fondo per le non autosufficienze, distribuito alle regioni e alle province autonome, le cui risorse sono destinate alla presa in carico della persona non autosufficiente anche con piani individualizzati di assistenza. Il Fondo predetto, come è noto, è stato incrementato nella legge finanziaria per il 2010.
La legge finanziaria per il 2010 contiene, inoltre, una serie di disposizioni volte a tutelare i diritti dei precari, a garantire gli ammortizzatori sociali per i lavoratori in difficoltà, nonché a sostenere i consumi delle famiglie.
In particolare, a supporto delle famiglie e delle altre categorie sociali, si prevede la proroga della detassazione del salario di produttività, con assoggettamento ad un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento delle somme erogate a livello aziendale; più tutele per i lavoratori a progetto con l'indennità di disoccupazione innalzata dal 20 al 30 per cento del reddito dell'anno precedente; incentivi per le agenzie di lavoro che riescono a collocare persone nel mondo del lavoro; riduzione contributiva per i datori che assumono disoccupati over 50, nonché incentivi erogati dall'INPS per i datori le cui aziende non abbiano effettuato nei 12 mesi precedenti riduzioni di personale o che assumano lavoratori destinatari dell'indennità di disoccupazione involontaria; proroga di alcune disposizioni dell'articolo Pag. 2519 del decreto-legge n. 185 del 2008 che erogavano specifici ammortizzatori sociali per il 2009; reintroduzione, nell'ambito dei contratti di somministrazione, dello staff leasing, contratto di somministrazione a tempo indeterminato per la realizzazione di servizi o attività espressamente individuate dalla legge o dalla contrattazione collettiva, già previsto dal decreto legislativo n. 276 del 2003.
Inoltre, si prevede la semplificazione dei requisiti di accesso all'indennità di occupazione, prevedendo che per l'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali si computino anche i periodi svolti nel periodo precedente sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nella misura massima di tredici settimane; indicizzazione del 100 per cento dell'indennità di disoccupazione edile; 370 milioni di euro per la stabilizzazione degli LSU di Napoli, Palermo e occupati presso gli istituti scolastici.
Per sostenere i consumi delle famiglie, inoltre, la manovra economica ha stanziato 130 milioni di euro per assicurare la gratuità parziale dei libri di testo, mentre vengono prorogate al 2012 le detrazioni IRPEF del 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie; anche per il 2010 viene confermato il Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli che sono occupati con rapporto di lavoro a termine e il Fondo nazionale per le comunità giovanili, per la realizzazione di azioni di promozione e valorizzazione delle attività delle comunità giovanili.
Il decreto-legge n. 78 del 2009, inoltre, anticipando l'attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale, secondo quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, stanzia 300 milioni di euro per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale allo scopo di assicurare la tutela dei diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Il decreto del Ministero dell'economia con cui si procede al riparto delle risorse tra le regioni sarà adottato di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Infine, voglio ricordare che, per l'attuazione delle politiche sociali, (ivi comprese quelle rivolte a favore delle famiglie più povere), e di contrasto alla povertà infantile, la legge n. 328 del 2000 ha istituito il Fondo nazionale per le politiche sociali, che viene distribuito dallo Stato, senza vincolo di destinazione, alle regioni e da queste ultime ai comuni.

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano, ha facoltà di replicare.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, ovviamente non sono soddisfatta perché le cose di cui ha parlato il Ministro Fazio, che chi vi parla conosce molto bene avendo fatto il coordinatore nazionale degli assessori ai servizi sociali per qualche anno in questo Paese e avendo avuto per cinque anni la delega ai servizi sociali in questa regione, sa bene quali sono i compiti della legge n. 328 del 2000 e quali sono i finanziamenti che deve avere una regione e come può spalmarli sul territorio. Tuttavia, io e il collega Volontè abbiamo posto un'altra domanda. Non mi interessa la social card perché potremmo parlare anche di questo, di quanto molte volte gli utenti della social card la utilizzano e la trovano scoperta, magari se avessimo impegnato meno unità nei back office o nei call center della social card avremmo avuto più risorse per la social card stessa. Non è questo che mi interessa e non era questo che volevo sentire dal Ministro Fazio.
La mia era, ed è, una domanda precisa alla quale il Ministro non ha risposto. Il 2010 è stato dichiarato dalla Comunità europea anno delle povertà. Allora, secondo lei, signor Ministro, questa fascia interessa quelli che possono chiedere il mutuo per la prima casa? Io non credo. La domanda da noi fatta è molto semplice, ma lo vorremmo sapere non a Pag. 26fine 2010, come troppo spesso accade, perché altrimenti non abbiamo adempiuto alle indicazioni della Comunità europea che vuole che questo sia l'anno nel quale i Governi mettano in atto delle politiche per la povertà. Noi abbiamo individuato un segmento preciso, infatti abbiamo chiesto quali iniziative intenda intraprendere questo Governo per la reale applicazione degli impegni assunti a livello europeo per aiutare le persone che vivono in povertà ad avere maggiore fiducia in sé stesse, dando loro accesso ad un reddito dignitoso e a servizi di interesse generale. Quali misure, inoltre, si intendano adottare per contrastare la povertà infantile, compresa la trasmissione intergenerazionale della povertà, nonché la povertà all'interno della famiglia, prestando un'attenzione particolare alle famiglie numerose, che in questo Paese continuano a pagare più tasse di tutti gli altri Paesi europei. Alle famiglie monoparentali, a quelle famiglie che hanno in carico una persona disabile o anziana, nonché la povertà vissuta negli istituti. Signor Ministro, mi spiace dirlo, ma non ho ascoltato una parola rispetto a queste tematiche. Tutte le cose che abbiamo ascoltato e sentito in quest'Aula sono un déjà vu e relative all'anno passato.
Continuiamo ad approvare le proroghe. Non mi sembra una risposta alla povertà la quasi totalità della gratuità del sussidiario, che c'era già ai miei tempi: non abbiamo scoperto nulla, anzi, qualcuno voleva anche abolirla nell'ultima legge finanziaria. Noi parliamo di misure concrete, perché la Comunità europea ci chiede segnali di attenzione precisi e noi abbiamo individuato le fasce più deboli in assoluto: le famiglie numerose, i bambini in istituto, le famiglie che si fanno carico di un anziano e di un disabile.
Spero che da domani si possa pensare di organizzare non il solito convegno, che non serve, perché invece servono risorse precise, assegnate in maniera precisa a particolari situazioni che noi abbiamo evidenziato. Allora mi riterrò soddisfatta.

(Intendimenti del Governo in merito alla crisi haitiana, con particolare riferimento alla ripartizione delle somme a favore di enti e organizzazioni e all'adozione di minori - n. 2-00597)

PRESIDENTE. L'onorevole Bucchino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00597, concernente intendimenti del Governo in merito alla crisi haitiana, con particolare riferimento alla ripartizione delle somme a favore di enti e organizzazioni e all'adozione di minori (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GINO BUCCHINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, il terremoto di Haiti è stato una tragedia di dimensioni così vaste che ancora oggi, ad oltre tre settimane dall'evento, nessuno è ancora in grado di stimare un bilancio, sia pure approssimativo, dei danni che si sono verificati e delle conseguenze che ne sono derivate, sia di quelle già evidenti ai nostri occhi sia di quelle destinate a manifestarsi nel tempo.
È davvero concreto il rischio che, attenuatasi a livello mondiale l'attenzione mediatica che si è riversata sull'evento nei momenti più drammatici e scemata l'onda emozionale che con essa si è intrecciata, gli haitiani siano lasciati, nonostante le dichiarazioni diverse che si susseguono, al loro carico di dolore e di problemi, senza che le strutture di quello Stato abbiano, per antiche e nuove ragioni, la possibilità di fronteggiare una situazione tanto complessa e difficile.
In questo quadro di forte preoccupazione, purtroppo, abbiamo una certezza, che riguarda i bambini e i ragazzi di Haiti: per loro l'atavica diffusa condizione di disagio, di marginalità e di abbandono, con il terremoto si è trasformata in vera e acuta emergenza. Nelle prime settimane si è cercato di tamponare questa emergenza tramite la presenza e l'attivismo delle organizzazioni umanitarie già operanti nell'isola e intervenute subito dopo, ma è facile prevedere che, se non si pongono oggi le basi di una soluzione più Pag. 27organica che vada al di là dell'emergenza, è possibile, anzi è molto probabile, che questi soggetti, tra i più deboli della società haitiana, ricadano nel disagio e nell'abbandono, con l'aggravante di non trovare più nemmeno le reti minimi di assistenza e di protezione che il terremoto ha letteralmente dissestato.
Come abbiamo visto nelle settimane passate, nei confronti dei bambini e dei ragazzi di Haiti si sono manifestate, in ambito internazionale, già due risposte, di segno, però, molto diverso tra di loro. La prima è quella appassionata e generosa delle migliaia di famiglie che si sono dichiarate disponibili ad accogliere gli orfani, sia in modo permanente, con un atto di adozione, sia temporaneamente, con una soluzione di affidamento.
La seconda risposta, che dà un'idea concreta delle insidiose crepe sociali che il terremoto ha approfondito, riguarda le notizie riportate dai canali informativi di tutto il mondo sulla sparizione di decine di bambini dagli ospedali haitiani e sul trasferimento all'estero di ragazzi, anche non orfani, destinati ad alimentare il traffico delle adozioni clandestine.
Le esigenze che si profilano, dunque, sono evidenti: la preparazione di soluzioni di medio e lungo periodo, che abbiano alla base non solo le necessità della sopravvivenza, ma anche il bisogno di stabilità e di relazione che un adolescente manifesta nella fase più delicata della sua formazione; inoltre, il contrasto deciso e coordinato ad ogni forma di traffico e di mercato dei bambini, qualunque sia la destinazione finale degli stessi: si tratta di un impegno che non può essere rimesso esclusivamente alle autorità haitiane, ma che deve necessariamente trovare un livello di saldatura internazionale, sul piano organizzativo e su quello operativo.
Infine, occorre ricercare soluzioni transitorie, che aiutino a superare l'emergenza in modo controllato e serio, senza che si determinino per i bambini esperienze traumatiche e laceranti. Si tratta di soluzioni di buon senso, che possono sembrare distaccate e fredde a chi guarda al disagio e allo sbandamento dei bambini haitiani, con l'impulso di sentimenti generosi e con l'emotività determinata da eventi tanto drammatici. Queste soluzioni, invece, possono rappresentare una seria base di impostazione per un intervento che - lo ripeto ancora una volta, non solo da parlamentare eletto nell'area in cui la stessa Haiti è collocata, ma anche, se mi è consentito, da medico - non perda di vista l'interesse primario della tutela e del benessere dei bambini.
Vorrei aggiungere, inoltre, che un serio rispetto delle procedure previste dalle adozioni, oltre a garantire i minori, serve non meno a tutelare coloro che compiono le adozioni. L'adozione, infatti, è un atto che coinvolge la vita di più persone, compresi gli adottanti, la cui vita cambia profondamente in conseguenza dell'ingresso nella loro esistenza di un'altra persona, che loro hanno la responsabilità di allevare, formare e inserire nella più ampia compagine sociale. Tutti sappiamo quanto bene possa fare un'adozione riuscita, ma anche quanti drammi umani si accompagnano ad adozioni fatte in modo superficiale e senza i necessari approfondimenti ed ancoraggi. Non a caso, la legge richiede, come condizioni essenziali all'atto di adozione, la dichiarazione formale di adottabilità del minore, fatta dalle autorità del Paese in cui il minore si trova, e l'altrettanto formale e importante dichiarazione di idoneità della coppia adottante ad assumersi questa responsabilità. Non si tratta di un perverso circuito burocratico, fatto apposta per rendere difficoltoso il cammino di atti che spesso si riferiscono a situazioni dolorose ed urgenti, ma di precise garanzie per fare il bene dei bambini e di coloro che decidono di adottarli.
Nella specifica situazione di Haiti, una riflessione non meno attenta merita l'esperienza maturata nel recente passato in merito alle adozioni internazionali in quel Paese. A questo proposito, nell'interpellanza abbiamo ricordato le dichiarazioni della dirigente dell'organizzazione italiana di Nova che, dopo aver portato dal 2002 al 2008 trentanove bambini haitiani in Italia, ha dovuto sospendere le adozioni, a causa Pag. 28- cito testualmente - delle difficoltà burocratiche talvolta insormontabili di fatto incontrate.
Nella nostra interpellanza urgente, signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo voluto prima di tutto riaffermare una questione di metodo, che però ha valore di sostanza, vale a dire l'esigenza del più attento rispetto della legge e delle procedure di garanzia previste a tutela dei minori adottabili e delle coppie che intendono adottare. Di fronte all'immane tragedia di Haiti, immane per vastità e per implicazioni umane e sociali, è necessario che l'Italia si muova, nella sua azione diretta e nella sua attività di coordinamento con gli altri partner internazionali, con una bussola che indichi la strada di fondo da percorrere in modo preciso.
Non ci pare dubbio, per le cose dette e per le autorevoli voci che si sono levate in tal senso in queste settimane, che questa strada debba essere quella di favorire in tutte le forme possibili le adozioni in loco con l'ausilio e la vigilanza delle organizzazioni umanitarie, delle quali vanno promosse e favorite l'efficienza, la sinergia ed una diffusa presenza nel vivo della società haitiana.
Anche se le condizioni sociali esistenti nell'isola sono di estrema acutezza, soprattutto per i minori, e rischiano di aggravarsi a seguito del terremoto, la scelta più responsabile e più fruttuosa che si possa compiere verso i bambini haitiani è quella di fare in modo che il loro legame con l'ambiente, nel quale sono maturati i loro affetti e le loro relazioni umane, non sia reciso, nemmeno di fronte ad una prospettiva di maggiore benessere e di allontanamento dall'indigenza. Facendo uno sforzo in questa direzione, è dunque preferibile che essi siano aiutati a crescere nella realtà in cui hanno le loro radici e hanno intrecciato, bene o male, i loro rapporti di affetto e di conoscenza. Ciò non toglie naturalmente che possano essere ricercate soluzioni ragionevoli per affrontare la drammatica emergenza che la società haitiana sta vivendo. In questo senso, si possono certamente cercare modi di sveltire le pratiche di adozione per le situazioni già verificate e legalmente definite, così come andrebbero concentrati gli sforzi nel favorire e soprattutto nell'accelerare le pratiche di affidamento che siano state a loro volta seriamente filtrate dalle autorità competenti.
Di fronte a una situazione così grave, dai risvolti umani così complessi e delicati, ci è sembrato, signor Presidente, signor sottosegretario, che il Parlamento non potesse o dovesse limitarsi ad apprendere dai giornali quanto si stava e si sta predisponendo per portare il contributo dell'Italia, ma che si dovesse avere un momento di riflessione e di confronto anche in questa nostra sede.
Come lei sa, infine, le opzioni di ordine generale, signor sottosegretario, naturalmente lasciano il tempo che trovano, se non si traducono in atti conseguenti di carattere istituzionale operativo.
Per questo, chiediamo anche al Governo di sapere se, nello stanziamento annunciato di 1,8 milioni di euro a favore dell'intervento umanitario ad Haiti, si sia tenuto conto per i trasferimenti già deliberati e si terrà conto per quelli da decidere degli orientamenti esposti nel nostro atto parlamentare e dei criteri che da essi scaturiscono.
In particolare, è opportuno che il Parlamento conosca se al milione di euro ripartito tra Caritas, UNICEF e Save the children sia stato dato qualche indirizzo preferenziale sul modo come utilizzare i fondi e, per la somma restante, che ci si propone di ripartire fra le organizzazioni che richiedono di intervenire ad Haiti, se siano già stati definiti criteri precisi che consentano di massimizzare l'efficacia delle azioni umanitarie ed evitare dispersioni di risorse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.Pag. 29Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Bucchino e gli altri deputati firmatari dell'interpellanza urgente, perché danno modo al Governo di approfondire, in collaborazione con il Parlamento, questa tematica così delicata ed importante, come del resto sa chi presiede, l'onorevole Rosy Bindi, che è stata nella precedente legislatura presidente della Commissione per le adozioni internazionali, che in questa legislatura ho l'onore di presiedere, devo dire anche con la continuità, cui io tengo molto per la mia cultura politica, della collaborazione con la vicepresidente Bacchetta e la direttrice Vinci, che sono straordinariamente attente e a conoscenza della delicatezza dell'argomento di cui stiamo parlando, che è quello delle adozioni internazionali.
Su tale argomento, purtroppo, molto spesso le informazioni o le correnti emozionali che agitano l'opinione pubblica sono frutto di scarsa conoscenza della delicatezza di questo meccanismo. Dico con orgoglio che, se l'Italia è seconda solo agli Stati Uniti come numero di bambini adottati - anche nell'anno che è finito siamo arrivati quasi a 4 mila: 3.960 - è perché l'Italia si è conquistata nel campo, negli ultimi anni, una fama di affidabilità e di credibilità proprio per le procedure interne di selezione delle coppie adottanti.
Non a caso, la Federazione Russa, proprio l'anno scorso, ha firmato con l'Italia un accordo bilaterale - è l'unico Paese con il quale la Federazione Russa finora ha firmato un accordo - proprio nella consapevolezza che i bambini, che da ben 62 Paesi nel mondo vengono affidati alle coppie italiane, trovano qui una procedura che, naturalmente, può anche sfociare qualche volta, vista la delicatezza della materia, in adozioni non riuscite, ma che, nella stragrande maggioranza dei casi, essendo le coppie seguite prima, durante e dopo l'adozione da personale specializzato, che le mette anche in guardia e le prepara alle difficoltà che derivano dall'adozione stessa, ci ha consentito di garantire, anche quando sono venute qui le delegazioni russe e cambogiane nell'ambito di questa così densa attività internazionale, la capacità di dare una risposta alle esigenze di questi bambini.
Bisogna, però, tenere conto di una cosa che spesso sfugge all'opinione pubblica: dobbiamo rapportarci a quei Paesi con le regole che ognuno di quei Paesi ha al suo interno per quanto riguarda le adozioni.
Faccio solo un esempio, per parlare della difficoltà di rapporti: solo l'anno scorso la Commissione ha avuto incontri bilaterali con Nepal, Slovacchia, Burkina Faso, Gambia, Filippine, Guatemala, Federazione Russa, Cile, Burundi, Bulgaria, Francia, Colombia, Cambogia, Bolivia, Madagascar, Repubblica popolare cinese, Mongolia, Ungheria, Vietnam e Brasile, e delle delegazioni della Commissione si sono recate in Brasile, Colombia, Federazione Russa, Vietnam, Ucraina, Cambogia, Polonia, India, Nepal e Macedonia, anche per verificare sul posto - vedi il caso del Vietnam - tutta una serie di criticità che erano state sottolineate relativamente al rispetto della Convenzione dell'Aja e alla sicurezza, nell'interesse soprattutto del bambino, e che si trattasse davvero di adozioni di bambini adottabili e non, invece, di situazioni sospette rispetto a chi sfrutta la possibilità di far adottare bambini che adottabili non erano.
In questa attività internazionale siamo suffragati dai 72 enti italiani, che fanno da intermediari del Governo: sapete che le adozioni internazionali in Italia sono collegate al fatto che questi enti devono svolgere attività di cooperazione internazionale nei Paesi terzi. Ne abbiamo parlato anche in Burkina Faso a dicembre: noi siamo stati coorganizzatori, la commissione italiana e il Burkina Faso, di una Conferenza interafricana che si è svolta nella capitale del Burkina. Hanno partecipato una quindicina di Paesi africani: Algeria, Benin, Burkina Faso, Congo, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal, Sierra Leone e Togo; vi erano poi Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Svizzera. Nell'ambito della Conferenza abbiamo sottolineato come la cooperazione internazionale sia importante. Vi Pag. 30era anche una delegazione della regione Piemonte, regione che ha realizzato la cosiddetta École Maternelle, uno degli orfanotrofi più belli e più efficienti della capitale del Burkina Faso. È chiaro infatti che idealmente l'obiettivo da raggiungere sarebbe quello di permettere ad ogni bambino, passata una fase transitoria di accoglienza, di trovare una famiglia nel suo Paese. Questo sarebbe l'obiettivo ottimale; che però si scontra con realtà nel mondo di centinaia di migliaia, e forse di milioni, di bambini che non possono raggiungere questa possibilità.
Ecco quindi l'esigenza di dar loro una risposta. Ho ricordato più volte che per noi l'infanzia è un periodo eterno, quello che va dai 3 ai 10 anni (quando sei bambino; quando sei adulto 10 anni passano in un attimo!); ma è eterno per il bambino, non oggettivamente: se noi non diamo una risposta a questi bambini quando hanno dai 3 ai 7-8 anni la loro infanzia è perduta. Se passano l'infanzia in un orfanotrofio, rischiano di essere segnati da questa esperienza.
Voi tutti sapete che vi sono situazioni difficili, anche angoscianti, come quella della Romania, che è entrata nell'Unione europea e da quando è entrata ha deciso che i suoi bambini non sono più adottabili. Vi sono 80 mila bambini negli orfanotrofi rumeni, che hanno situazioni di difficoltà che tutti conosciamo, ma finora anche le energiche prese di posizione del nostro Governo sulle autorità rumene non hanno trovato una risposta positiva; che abbiamo avuto invece dalla Cambogia, che proprio in questa settimana, su pressione del Governo italiano, ha deciso di soprassedere ad una sospensione delle adozioni, consentendo ai bambini di avere l'espatrio, e di ricongiungersi alle famiglie adottanti. Dico però queste cose perché se i cinesi, che hanno aperto all'Italia l'anno scorso, ci richiedono coppie regolarmente sposate, con un reddito medio-alto e con nessuno dei due genitori sovrappeso, perché altrimenti i bambini non li danno, è evidente che se noi vogliamo adottare bambini cinesi dobbiamo rapportarci alle loro regole.
In questi giorni è alla ribalta il tema di Haiti: Haiti, se non cambia regolamentazione, richiede coppie sposate da almeno dieci anni, oppure sposate da cinque anni con cinque anni di convivenza prima, e senza altri bambini. Queste sono le condizioni con cui Haiti, prima del terremoto, concedeva i bambini in adozione. Dico tutto ciò perché, nella consapevolezza che i risultati che otteniamo derivano da questa credibilità storica che ci siamo acquistati, è sbagliata l'idea un po' disinvolta e superficiale di dire: adesso in Italia cambiamo le procedure. Difatti, quando queste procedure riguardano l'adottabilità, la selezione delle coppie, ciò rischierebbe, a livello internazionale, di trasformarsi in un boomerang; perché, attenzione - ed è giusto che sia così -, anche il Paese più povero della terra, quando dà i suoi bambini in adozione in un altro Paese, è attentissimo alle condizioni di questi bambini. Non è che si possa dire: vengono da un Paese disagiato, quindi è tutto facile. Qualche volta per nazionalismo, e qualche volta per un fatto giusto e legittimo, vogliono venire qui; ed abbiamo anche organizzato dei grandi incontri con i russi, con i cambogiani, con decine, centinaia di famiglie italiane, con i bambini provenienti da quei Paesi, per far loro toccare con mano come nell'amore e nell'affetto di queste famiglie essi si siano perfettamente integrati. Attenzione quindi, perché ritoccare (anche se si può sempre migliorare) i fondamentali di questo meccanismo potrebbe voler dire che, invece di adottare 4 mila bambini, magari ne adottiamo la metà. Sarebbe controproducente!
Dico un'ultima parola in generale sugli enti: capisco che vi è sempre la polemica di qualche ente che dice che settanta enti sono troppi e che bisognerebbe eliminarli, ma purtroppo chi si esprime in questo modo vuole sempre eliminare gli altri enti ma non è disposto a sciogliere il suo. Pag. 31
Poiché l'Italia è un Paese straordinario, nel quale la generosità delle persone che hanno adottato porta gli adottanti a costituire associazioni sul territorio (la maggioranza delle quali sono pubbliche o senza scopo di lucro, e noi monitoriamo attentamente chi sgarra per radiarlo dall'albo), è evidente che questa può essere una debolezza ma anche una forza perché la coppia che vuole adottare a Torino, a Roma o a Palermo, se trova un ente territorialmente vicino che gli dà assistenza prima, durante e dopo, è sicuramente più avvantaggiata rispetto al fatto che l'ente possa trovarsi invece a 300 chilometri di distanza.
Abbiamo dunque una rete di enti che forniscono tali garanzie anche attraverso un regolamento con il quale adesso cerchiamo, nella consulta per le adozioni internazionali, di coniugare la presenza territoriale con sinergie tra gli enti che possono in qualche modo svolgere più efficacemente cooperazione internazionale all'estero e di razionalizzare la presenza sul nostro territorio.
In tutto questo quadro si è inserito il problema haitiano, con riferimento al quale - come ha giustamente affermato l'interpellante - l'Italia aveva cercato di operare attraverso un'associazione che, tuttavia, si era trovata di fronte a problemi pressoché insormontabili poiché si tratta di un Paese in cui l'anagrafe c'è e non c'è e dove i bambini abbandonati sono centinaia di migliaia.
Come sapete, quando c'è stato il terremoto è stato segnalato il caso di due bambini che erano stati adottati cinque anni fa ed erano già figli di italiani, perché la coppia era già andata lì ed aveva già conosciuto i bambini; poi c'è stato un incendio durante la rivoluzione che costrinse alla fuga il Presidente Aristide nel quale sono andati bruciati - così dicono - i documenti e, malgrado l'intervento della Farnesina e della chiesa locale, le cose si sono protratte fino ad un punto tale che, solo dopo il terremoto, il nostro ambasciatore a San Salvador, con cui ho parlato, è riuscito ad andare a farsi firmare dal Primo Ministro un permesso di espatrio; è andato personalmente a prendere i bambini con la sua automobile in questo orfanotrofio che fortunatamente non era crollato e li ha portati a San Salvador. Proprio ieri pomeriggio sono arrivati a Venezia; la coppia è andata a prenderli e sono riusciti ad arrivare in Italia. Non vi dico l'angoscia di pensare a due bambini che già cinque anni fa avevano completato l'iter di adozione ed hanno passato altri quattro, cinque anni della loro vita in un orfanotrofio per inghippi burocratici!
Dico ciò perché questo ente italiano aveva rinunciato ad avere rapporti con Haiti proprio a seguito di tali difficoltà. Davanti a questa situazione abbiamo cercato di muoverci anzitutto in piena sintonia con la comunità internazionale subito dopo il terremoto, anche rispetto a questioni emozionali.
Vi è stata ad esempio la direttrice di un orfanotrofio ad Haiti che ha detto di venire a prendere i bambini: non era né un'autorità, né una organizzazione internazionale, non era nessuno, però questo appello è rimbalzato nel mondo e chiaramente ha suscitato una grande emozione e quindi l'idea di una sorta di «auto da fé» nel senso di: «andiamo a prendere i bambini» (una cosa totalmente fuori dalla realtà).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,30)

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ma l'UNICEF ha subito detto che l'affido familiare e l'adozione internazionale saranno probabilmente tra le misure che saranno intraprese per garantire un futuro ai bambini di Haiti, ma che il dibattito su queste possibilità è prematuro; è assai probabile che un numero elevato di bambini sia rimasto separato dai propri genitori o tutori per effetto del sisma. Dobbiamo subito trovare questi bambini, registrarli, assicurare loro beni per la sopravvenienza, il cibo, le cure mediche, un rifugio sicuro. Il prossimo passo sarà quello di tentare di ricongiungere i bambini Pag. 32rimasti soli ai loro parenti ogni volta che ciò sarà possibile, quindi la priorità assoluta è fornire rapidamente aiuti all'emergenza e protezione a questi bambini nei luoghi in cui essi si trovano.
Dobbiamo fare il massimo - aggiunge l'UNICEF - per identificarli e proteggerli fino a quando non potranno essere prese decisioni definitive. Il Servizio sociale internazionale ha trasmesso un comunicato a tutte le autorità centrali come la Commissione, che a sua volta ha segnalato come comportarsi in caso di terremoto o inondazione. Si veda il caso del terremoto e dello tsunami del 2004 quando, a consuntivo, si scoprì che il 98 per cento dei bambini che si pensava fossero rimasti orfani in realtà aveva un padre, una madre o dei parenti in loco e quindi tutte le autorità centrali furono invitate a concentrarsi su queste attività di monitoraggio in loco.
Considerazioni analoghe sono state espresse dal bureau permanente della Conferenza dell'AIA. Alla luce di questi orientamenti internazionali, della presenza a Parigi nostra e della vicepresidente Bacchetta nell'ambito del coordinamento che si è svolto pochi giorni dopo il terremoto, come commissione adozioni internazionali abbiamo subito stanziato (tralascio gli aiuti italiani della Protezione civile che sono stati inviati là, ma parlo nell'ottica delle adozioni) un milione e 800 mila euro, dei quali 350 mila euro sono andati per finanziare il progetto Save the children, volto ad agevolare il ricongiungimento dei bambini con i familiari dispersi e feriti; 350 mila euro per finanziare il progetto della Caritas italiana volto ad assicurare assistenza sanitaria, igienica e di sopravvivenza per ventimila famiglie con bambini assistiti dalla Caritas italiana - ne abbiamo parlato ieri con il vescovo Pierre Dumas che è in visita in Italia e che naturalmente conosce benissimo la situazione di questa realtà, delle realtà salesiane e delle realtà che sono operanti ad Haiti - e 300 mila euro per assistere i bambini ospiti in orfanotrofi e strutture temporanee che l'UNICEF sta allestendo in quel Paese.
Vogliamo stanziare gli altri 800 mila euro in favore di quegli enti autorizzati che stanno già intervenendo ad Haiti, che sono già in loco e che lì hanno già loro emanazioni, ad esempio l'associazione Francesca Rava presente da moltissimi anni a Haiti, per favorire e agevolare immediatamente gli aiuti e le azioni che loro stanno compiendo.
Inoltre, come servizio civile nazionale stiamo lavorando per un progetto, in questo caso insieme ai salesiani, per inviare venti giovani volontari ad Haiti, nell'ambito del progetto speciale del servizio civile nazionale, per aiutare la ricostruzione di quelle realtà scolastiche: infatti, sapete che i salesiani hanno avuto quasi 500 ragazzi morti nei crolli, soltanto poche strutture si sono salvate e, quindi, hanno un grande lavoro da svolgere.
Per quanto riguarda, le adozioni internazionali, non devono essere confuse con quello che, invece, viene chiamato l'affido temporaneo. Quest'ultima espressione è una denominazione fuorviante: non esiste l'affido internazionale ma esistono meccanismi di accoglienza temporanea per ragioni sanitarie o per ragioni umanitarie non disciplinate a livello internazionale. Parliamo anzitutto delle adozioni: stiamo parlando di bambini che, una volta dichiarati adottabili dal Paese di provenienza, in questo caso Haiti, diventano italiani e figli della coppia italiana che li adotta. Anche in questo caso né scorciatoie né facilitazione. Che cosa abbiamo fatto subito? Un censimento tra le seimila-settemila coppie italiane che sono già dichiarate idonee, che hanno già scelto l'ente e sono in attesa di accogliere un bambino da quei 62 famosi Paesi del mondo, e che ci dicono che, nel momento in cui il Governo haitiano renderà noto l'elenco dei bambini adottabili, saranno disponibili ad adottare un bambino haitiano. Lo abbiamo detto anche ieri al vescovo, al quale abbiamo chiesto di sollecitare il Governo haitiano in questo senso, nel momento in cui le organizzazioni internazionali e Haiti ci garantiranno che i bambini che vengono adottati sono veramente Pag. 33adottabili. Infatti, la vicenda tra Hutu e Tutsi del Burundi e del Rwanda, quando vennero portati in Italia bambini senza aver fatto questa verifica, ha ancora oggi strascichi dal punto di vista internazionale. Infatti c'è chi si è presentato rivendicando quei bambini, con tutta una serie di complicazioni anche angoscianti.
Per quanto riguarda le coppie che mi chiedono di voler adottare un bambino haitiano, è necessario che intraprendano la loro procedura presso il tribunale dei minorenni per essere dichiarate coppie idonee ad adottare. Si devono porre in condizione di poter adottare un bambino.
Cosa diversa è, invece, la cosiddetta accoglienza temporanea, sotto due profili: uno è il profilo sanitario, ad esempio, le protesi. L'Italia ha una grande esperienza e una grande tradizione di recupero attraverso l'INAIL; tuttavia le autorità haitiane e anche il vescovo ieri ci dicevano che non è semplice ipotizzare il trasporto di un bambino se non vi è un minimo di rete di assistenza, di identificazione che possa funzionare. Anche le sale operatorie della portaerei portate là sono nell'ottica di cercare di offrire l'assistenza sanitaria immediata negli ospedali in loco.
Tuttavia, abbiamo già detto che siamo pronti sia per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, le protesi e le cure, sia per quanto riguarda la possibilità che il Governo haitiano possa dire: vi è una situazione di emergenza, una situazione economica disastrosa e vi possono essere luoghi in cui vi sono anche problemi di violenza e difficoltà di tutelare la sicurezza dei bambini.
Come avete visto, bambini che erano stati dichiarati scomparsi, in realtà, non lo erano, ma erano stati spostati da un'altra parte. Tuttavia, se qualcuno, come i missionari americani, si reca in quei luoghi, prende con sé dei bambini e cerca di uscire, si creano una confusione ed un ginepraio da cui non si esce più. Quindi, le autorità haitiane potrebbero decidere di togliere - attenzione - temporaneamente, i bambini da una determinata realtà.
A tale proposito, mi viene in mente l'esperienza di Zara. Quando Zara era sotto bombardamento da parte dei serbi, attraverso la Croce rossa, portammo in Italia parecchie centinaia di bambini zaratini, per toglierli dal pericolo dei bombardamenti. Quando, poi, la situazione si è evoluta e Zara non è stata più bombardata, essi sono stati riportati immediatamente a casa loro. Quindi, parlo di temporaneità, riferendomi anche ad una riflessione che abbiamo svolto circa l'esperienza della Bielorussia, che, come sapete, è un'esperienza angosciante che viviamo oggi. Infatti, centinaia di coppie aspettano di adottare un bambino bielorusso, ma la Bielorussia ha bloccato le adozioni; qualche volta fa un'eccezione, si è mossa la Segreteria di stato vaticana, Berlusconi ha incontrato il Premier qualche mese fa, e sembra che adesso si apra qualche speranza per coloro che sono in fila, da anni, per aspettare questi bambini.
In Italia sono venuti circa 20-30 mila bambini che, naturalmente, hanno potuto conoscere efficaci cure per le loro patologie e famiglie generose che li hanno accolti. Ciò ha creato un fenomeno bilateralmente angoscioso: le famiglie si sono affezionate e si sono convinte di poter adottare quei bambini, ma erano bambini non adottabili, perché avevano parenti nel loro Paese. I bambini, per anni, sono venuti in Italia per Natale e, poi, sono tornati in orfanotrofio; sono tornati qui in estate e, poi, sono tornati in orfanotrofio, passando da una situazione ottimale ad una situazione con tutti i problemi che nascono negli orfanotrofi di tanti Paesi.
Pertanto, quell'esperienza angosciante ci ha portato a dire che, se il Governo haitiano intende portare in Italia, e ci chiede di accogliere, dei bambini, dovremo organizzarci con le case famiglia, con le strutture dei comuni, delle regioni e delle province (tantissimi si sono fatti avanti). Infatti, deve essere chiaro che si tratta di un'accoglienza temporanea, che serve per il periodo delle cure, che serve solo per un periodo, cioè per togliere quei bambini dai pericoli della guerra, della violenza o della Pag. 34fame. Si tratta di una parentesi che si chiude con il ritorno al loro Paese. Altrimenti, sinceramente, non saremo in grado di gestire il problema e metteremo in moto un meccanismo che, allora, al tempo della Bielorussia, non si conosceva, mentre oggi, si conosce bene e ci induce a non ripercorrere, non tanto gli errori del passato, ma le situazioni che nessuno poteva immaginare si evolvessero in questa situazione.
Pertanto, ribadisco i tre punti fondamentali della nostra politica per Haiti, riconfermando l'indirizzo generale dell'attività della Commissione per le adozioni internazionali, che è il seguente: lo stretto rispetto della Convenzione dell'Aja e la serietà assoluta del meccanismo delle adozioni; intervenire subito, aiutando chi già lavora in quei luoghi; essere pronti con un elenco di famiglie idonee per accogliere immediatamente ed adottare i bambini che sono adottabili; in prospettiva, se ce lo chiederanno, essere pronti anche ad accogliere temporaneamente bambini haitiani per ragioni di cura o di permanenza temporanea nel nostro Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbrollini, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'attenzione che ha voluto dare con la sua sollecita e cortese risposta a questo importante problema. Vorrei ricordare, come diceva anche lei, che parliamo di uno dei Paesi più poveri dell'emisfero occidentale - l'85 per cento della popolazione vive in estrema povertà - e che, ovviamente, questo terremoto non ha fatto altro che peggiorare una situazione già drammatica.
Del resto, non si tratta solo di riflessioni e sollecitazioni che con questa iniziativa trasversale i numerosi proponenti - approfitto per ringraziare tutti i miei colleghi e colleghe che hanno firmato questa interpellanza urgente - hanno voluto portare all'attenzione del Parlamento italiano, ma anche di esplicite valutazioni manifestate nell'occasione dalle maggiori organizzazioni internazionali, come la Caritas, l'UNICEF, Save the children e tante altre che operano in prima linea nel campo dell'emergenza e degli aiuti umanitari, in particolare proprio all'infanzia, alle quali va il nostro ringraziamento per il lavoro straordinario che svolgono in questi giorni in quei territori e, purtroppo, in tante altre parti del mondo colpite da queste immani tragedie.
Mi permetto di ricordare, a questo proposito, che appena una decina di giorni fa fu proprio un altro rappresentante dell'UNICEF a dire testualmente che è necessario muoversi con consapevolezza e prudenza, perché qualsiasi precipitazione nel campo dell'adozione dei bambini haitiani potrebbe essere dannosa, proprio a causa della situazione di estrema confusione provocata dall'ampiezza della catastrofe; tanto più che, come diceva anche lei, signor sottosegretario, non tutti gli orfani sono adottabili e non tutti sono necessariamente abbandonati. Si tratta di un motivo di riflessione ribadito, peraltro, da altre organizzazioni ed esperti di queste problematiche che nessuno, quindi, può eludere o edulcorare con atteggiamenti motivati da disponibilità umana ed emotività.
È da ricordare, per questo, che il sistema delle adozioni è formalmente regolato a livello nazionale e internazionale da norme precise, finalizzate proprio a garantire la legalità di tali operazioni e la tutela dell'equilibrio e dello sviluppo psicofisico dei bambini. È per questo che, come diceva anche lei poco fa, signor sottosegretario, chiediamo di lavorare molto insieme alla comunità internazionale e agli enti preposti per fare un censimento attento dei bambini adottabili.
La questione reale, come è stato già detto dal mio collega, onorevole Bucchino, ma che mi sembra doveroso ancora una volta sottolineare, visto che faccio parte anche della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, è che nei limiti del possibile sia superato, con l'aiuto delle organizzazioni umanitarie e delle strutture di servizio sociale locali, lo stato di abbandono Pag. 35e talvolta di sfruttamento che i minori haitiani subiscono. Non dobbiamo, spinti dall'emotività e dalla fretta, cadere in gravissimi e devastanti errori. Ci sono, purtroppo, dei precedenti in questo senso (penso alla situazione di Chernobyl e ai Paesi colpiti dallo tsunami) ai quali ci si può utilmente riferire sia per replicare le esperienze positive realizzate in passato, sia per evitare approssimazioni e sofferenze che, sia pure senza volerlo, si sono però riversate sui bambini affidati e sulle coppie affidatarie.
Voglio, allora, ringraziare lei, signor sottosegretario, e ringraziare ancora tutti i colleghi e le colleghe di diverso orientamento politico che hanno voluto condividere con noi questa esigenza e permettere questo costruttivo dialogo da realizzare per ragioni davvero squisitamente umanitarie. È questo anche, forse soprattutto, il motivo della nostra interpellanza urgente. Proprio per evitare che l'attenzione del Parlamento possa esaurirsi in uno sbrigativo scambio di battute, abbiamo voluto impegnare il Governo a monitorare le situazioni che si verificheranno in merito all'adozione e agli affidamenti di bambini haitiani e, soprattutto, a riferirne poi alle Commissioni competenti (sia alla Commissione bicamerale per l'infanzia, sia alla Commissione affari sociali e alle altre competenti in questo tema), in modo da rendere costante e attiva l'attenzione per gli sviluppi che si verificheranno in merito a questa delicata vicenda.
Voglio ricordare, infine, che l'Italia deve continuare a promuovere azioni di sensibilizzazione, oltre che di aiuti e di raccolta di fondi, come il nostro Paese straordinariamente è abituato a fare.
Ma occorre anche esercitare - questo sì come Governo - una pressione politica sui temi della povertà globale e dell'ingiustizia, proprio affinché queste situazioni e queste tragedie umane, che purtroppo si vivono in tante parti del nostro Paese e della nostra comunità internazionale, non si ripetano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

(Intendimenti del Governo circa l'adozione di un provvedimento in materia di incentivi al consumo a favore del settore automobilistico - n. 2-00601)

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di illustrare l'interpellanza Vietti n. 2-00601, concernente intendimenti del Governo circa l'adozione di un provvedimento in materia di incentivi al consumo a favore del settore automobilistico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intanto esprimo rammarico perché mi sarebbe piaciuto che fosse stato presente in Aula a rispondere a questa interpellanza urgente - nulla togliendo al sottosegretario che rappresenta il Governo - il Ministro Scajola o, in sua vece, un sottosegretario competente nella materia. Ci accontentiamo e andiamo avanti, sperando che questa voce dal sottosegretario presente possa arrivare a chi materialmente deve operare.
L'interpellanza urgente, presentata da me e dal collega Vietti e che, per ovvie ragioni territoriali, è sottoscritta da entrambi (Vietti è di Torino, io sono di Cassino), riguarda, per l'ennesima volta, la FIAT.
Il 31 dicembre sono scaduti gli ecoincentivi che hanno permesso agli italiani di acquistare oltre un milione di autovetture. Il Governo ha subito annunciato un pacchetto di misure al fine di rafforzare la crescita e, ovviamente, il rilancio di questo settore, ma ad oggi nulla è accaduto. La FIAT, nel frattempo, ha annunciato la chiusura, alla fine del 2011, dello stabilimento di Termini Imerese e, a tale riguardo, basta accendere qualsiasi canale televisivo o aprire qualsiasi quotidiano e questo fatto è alla nostra attenzione ogni giorno.
Il nostro Ministro Scajola, interpellato dopo l'appello del Pontefice affinché vengano tutelati i livelli occupazionali, si è affannato a dichiarare che il Governo Berlusconi è già fortemente impegnato a tutelare il sistema industriale italiano per Pag. 36garantire i posti di lavoro. Tuttavia, poiché ad oggi mi sembra che nulla sia accaduto, la nostra interpellanza urgente chiede proprio questo ai Ministri interessati, vale a dire di procedere, senza ulteriori indugi e senza ingiustificati ritardi, con quanto promesso dal Governo Berlusconi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a causa dell'impossibilità dei rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico di partecipare all'odierna seduta, leggo il testo della risposta predisposto dal medesimo Ministero.
Il settore dell'auto, analogamente a molti altri comparti industriali, ha subito gli effetti della recessione economica, che ha accelerato una sua ristrutturazione su scala globale. Per quanto riguarda le preoccupazioni espresse dagli interpellanti, si sottolinea che il Ministero dello sviluppo economico ha affrontato con la FIAT, impegnata nella ridefinizione della propria strategia aziendale, la questione del mantenimento degli impianti, della salvaguardia dell'occupazione e della crescita dei volumi di produzione in Italia. Nei primi mesi del 2009 il mercato stava registrando una contrazione della domanda di oltre il 30 per cento, accentuando le difficoltà di un settore che già si trovava in una situazione globale di eccesso di capacità produttiva.
Il Governo, come è noto agli interpellanti, è intervenuto nel quadro di una più complessiva strategia europea attraverso misure di sostegno alla domanda, consentendo una decisa ripresa dei consumi di auto. Il 2009 si è infatti chiuso con gli stessi livelli di vendita del 2008 - circa 2,2 milioni di auto -, effetto che si è trascinato anche nel mese di gennaio, che ha registrato un incremento delle vendite di circa il 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009.
Parallelamente all'attuazione di queste misure il Governo ha avviato un tavolo di confronto con la FIAT sul piano industriale per l'Italia, presentato dall'azienda il 22 dicembre, nel corso di un incontro a Palazzo Chigi. Durante quella riunione sono emersi alcune elementi positivi, quali la futura crescita del numero delle auto prodotte in Italia e l'impegno dell'azienda a concentrare sul nostro Paese due terzi degli investimenti di 8 miliardi di euro previsti per il prossimo biennio.
D'altra parte, mentre la Fiat ha annunciato che riporterà in Italia la produzione della nuova Panda, consentendo una prospettiva allo stabilimento di Pomigliano, contemporaneamente ha confermato la volontà di chiudere l'attività a Termini Imerese a partire dal gennaio 2012.
Il Governo non ha accettato questa decisione come dato di fatto, avviando subito due iniziative: da un lato, la verifica con l'azienda sull'aumento dei volumi di produzione in Italia e, dall'altro, chiarendo che Termini Imerese dovrebbe restare un polo industriale possibilmente collegato alla produzione di auto.
Questi temi sono stati ripresi ed approfonditi il 29 gennaio nel corso di un incontro presso il Ministero per lo sviluppo economico con le parti sociali, le istituzioni e la FIAT. Nel corso dell'incontro il Ministro per lo sviluppo economico ha richiesto alla FIAT i piani operativi dell'azienda, con particolare riferimento alle prospettive dello stabilimento di Pomigliano, per il quale è previsto il cambiamento più rilevante.
Per quel che riguarda Termini Imerese, è stata istituita una task force presso il Ministero con il compito di individuare nuovi investitori, a partire dalla valorizzazione degli asset industriali e delle competenze professionali presenti sul territorio. La prima riunione della task force è già stata convocata per il 5 febbraio prossimo venturo.
In merito al tema degli incentivi alla domanda, che sono legati prevalentemente ad obiettivi di carattere ambientale e di incremento della sicurezza stradale, il Governo sta valutando le misure di quei Paesi europei che intendono continuare le politiche di incentivazione. Pag. 37
Questi temi saranno, infatti, affrontati nella prossima riunione informale dei Ministri europei sul futuro dell'auto che si terrà l'8 e il 9 febbraio a San Sebastian. Sulla base di questo confronto, e dei criteri che devono guidare un percorso di uscita dal sistema di incentivi alla domanda per non alterare il mercato, verranno prese a breve le decisioni relative alla proroga di tali incentivi.
In questo quadro, il Ministero sta anche monitorando attentamente l'andamento congiunturale di altri settori produttivi, al fine di valutare un eventuale allargamento dell'area di intervento ad altri comparti che possano contribuire ad una strategia di sviluppo sostenibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Teresa Formisano ha facoltà di replicare.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, ovviamente non sono soddisfatta, perché non c'è stata risposta alla domanda. Saranno valutate le misure l'8 e il 9 febbraio: questo ci ha comunicato il «comunicato» (passatemi il termine) del Ministero per lo sviluppo economico.
La FIAT ha annunciato che bloccherà tutti gli stabilimenti dal 22 febbraio al 5 marzo. Ma vi dirò di più! Questa è la rassegna stampa di oggi: Scajola, valutiamo lo stop agli incentivi, il provvedimento dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri del 10 e dell'11 febbraio, ma il Governo frena. L'importante, dice il Ministro, è decidere in fretta, perché l'aspettativa di incentivi frena il mercato, che così potrebbe essere penalizzato due volte (è sempre lo stesso Ministro).
Il Sole 24 Ore (cito la rassegna stampa del 4 febbraio): in forse gli incentivi auto; Scajola, utilità da valutare. Il Ministro chiede un'armonizzazione con l'Unione europea. Sempre dalla rassegna stampa del 4 febbraio: Marchionne, FIAT, il mercato dell'auto scenderà quest'anno di una percentuale tra il 12 e il 16 per cento, che significa tra 1,5 e 2 milioni di macchine in meno, tante quante ne vende la FIAT nel Continente. Scajola: la FIAT è un valore per l'Italia; riannodare con il Lingotto. Dalla rassegna stampa del 1o febbraio: la FIAT è un valore per l'Italia, la FIAT nel settore automobilistico si è impegnata con prodotti innovativi, è cresciuta in Italia ed è cresciuta nel mondo.
Allora, voglio fare due osservazioni molto semplici, ma molto concrete. La fine dei precedenti ecoincentivi, sommata al quasi certo arrivo di nuovi ecoincentivi, ha fatto bruscamente, come ci ha detto il sottosegretario, frenare la vendita dell'auto, e questo era normale. Non possiamo fare un raffronto, perché gli ordini sono crollati (meno 10 per cento rispetto al 2009, che già è stato un anno disastroso).
Allora, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, qui parliamo della grande azienda automobilistica italiana, di centinaia di migliaia di famiglie che vivono tra la FIAT e il suo indotto e sono legate a questi incentivi. Noi non possiamo permetterci il lusso, perché siamo tutti bravi e consapevoli della crisi mondiale e nazionale che stiamo vivendo (fortunatamente ogni tanto ci ricordiamo di dire che non è finita, perché questi sono i fatti che lo certificano), ma non possiamo giocare.
Questo non può diventare il Paese dove le problematiche si risolvono se quattro operai disperati salgono su un tetto. Qui bisogna fare un'azione coordinata e concreta di interventi. Parliamo oltretutto di incentivi che sono a tutela dell'ambiente, di cui tutti parliamo e ci riempiamo la bocca ogni giorno. Quindi, se c'è una vera e concreta intenzione di reintrodurre incentivi come quelli del 2009, che hanno dato risultati (di questo siamo tutti consapevoli), lo si faccia «ieri», perché domani potrebbe essere già tardi.
Quindi, un ultimo invito, signor Presidente, signor rappresentante del Governo: credo che gli incentivi non vadano annunziati, ma introdotti. Ci aspettiamo che questo Governo lo faccia al più presto.

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(Iniziative per lo sgombero dell'ex Palazzo delle Poste a Bologna - n. 2-00569)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00569, concernente iniziative per lo sgombero dell'ex Palazzo delle Poste a Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Prendo atto che l'onorevole Raisi si riserva di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto assicurare che il 28 dicembre scorso personale della questura di Bologna, con il concorso della locale polizia municipale, ha provveduto allo sgombero dell'immobile, sito a Bologna e di proprietà della società «Larga immobiliare», dopo aver preso atto della persistenza del reato di occupazione di terreni ed edifici - per il quale la società proprietaria aveva presentato denuncia-querela - nonché delle precarie condizioni di sicurezza ed igienico-sanitarie.
Fin dal 15 dicembre scorso il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, appositamente convocato, aveva affrontato la questione. Nell'occasione, il prefetto di Bologna, dopo una disamina della situazione, aveva chiesto all'amministrazione comunale di effettuare una verifica delle condizioni di sicurezza ed igienico-sanitarie dello stabile. Tali condizioni sono risultate assai precarie dal sopralluogo effettuato il successivo 18 dicembre.
Al termine delle operazioni di sgombero, la società proprietaria ha proceduto alla chiusura di tutti gli accessi dello stabile e ne ha riassunto formalmente il possesso. L'immobile è risultato occupato da dieci persone, tutte di nazionalità rumena, tra le quali due minori. Gli stranieri sono stati deferiti in stato di libertà all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 633 del codice penale, mentre i minori sono stati affidati ai servizi sociali del comune.
Appare evidente come anche in questo caso sia prevalso l'orientamento che il Governo tiene riguardo alle occupazioni abusive di immobili, che vede le forze dell'ordine impegnate al ripristino delle condizioni di legalità nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, debbo dire che, valutando le date, è una delle poche volte che forse le interpellanze sono servite a qualcosa, dal momento che il risultato è stato immediato: l'interpellanza è stata presentata il 15 dicembre, il 18 vi è stata la verifica e il 28 si è proceduto allo sgombero. Quindi, ovviamente sono molto soddisfatto della risposta del Governo e la ringrazio.
Se proprio volessi trovare un motivo di critica è che non ho capito bene se i rumeni erano clandestini o meno. Questa era l'unica cosa che non era stata valutata. Ho capito che sono stati denunciati e rimessi in libertà, però nella relazione non c'è questa precisazione, che secondo me era comunque importante.
Detto questo, è ovvio che parliamo di niente rispetto all'ottimo risultato delle forze dell'ordine e del rappresentante del Governo, che voglio ringraziare in questa sede per avere effettivamente eliminato da subito un problema che nel tempo poteva diventare grave. Già avevamo dei riscontri di episodi negativi. Credo che la tempestività dell'intervento sia sicuramente molto positiva per tutta la città.

(Verifiche di competenza in ordine alle dichiarazioni del presidente della provincia di Latina relative all'attività svolta dal prefetto di Latina e dalla commissione d'accesso agli atti del comune di Fondi - n. 2-00594)

PRESIDENTE. L'onorevole Amici ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 39n. 2-00594, riguardante verifiche di competenza in ordine alle dichiarazioni del presidente della provincia di Latina relative all'attività svolta dal prefetto di Latina e dalla commissione d'accesso agli atti del comune di Fondi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SESA AMICI. Signor Presidente, utilizzerò sicuramente meno del tempo a disposizione, visto che il testo che abbiamo sottoposto per questa interpellanza presenta già tutti gli elementi necessari e mi auguro che al riguardo ci sia una risposta adeguata da parte del Governo. Prendo spunto da una riflessione: in quest'Aula la sottoscritta è già stata protagonista di una serie di interpellanze relative alla questione del comune di Fondi su cui era stata predisposta una commissione di accesso dall'allora prefetto, dottor Bruno Frattasi; è stato investito direttamente il Ministro dell'interno che su alcune interrogazioni ha anche risposto direttamente. La vicenda di quella città si è conclusa con lo scioglimento del consiglio comunale, non per infiltrazioni mafiose, ma con un normale procedimento a causa delle dimissioni del sindaco e della sua giunta pervenute all'indomani della decisione del Consiglio dei Ministri. Oggi quella città è impegnata nello svolgimento della campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative che avverranno contestualmente a quelle regionali.
Credo che la vicenda sulla quale abbiamo posto delle interrogazioni e dei quesiti ponga un tema più generale: il rapporto corretto tra le istituzioni e chi quelle istituzioni rappresenta. Le dichiarazioni che sono state rese attraverso una televisione locale da parte del presidente della provincia di Latina, dottore Armando Cusani, testimoniano invece una situazione che determina ferite profonde nel rapporto tra lo Stato, i suoi funzionari e i suoi organi periferici.
In quella trasmissione la relazione della commissione d'accesso, che è stata alla base della richiesta del Ministro Maroni di scioglimento per infiltrazioni mafiose e camorristiche in quella città, è stata definita come costruita da pezzi deviati dello Stato. La gravità di questa affermazione credo che sia del tutto evidente. È molto grave inoltre che ciò avviene proprio all'indomani dell'inizio della campagna elettorale e soprattutto perché lede non solo la responsabilità di chi quella commissione ha indetto, ma investe le persone che ancora oggi rivestono incarichi importanti per conto dello Stato italiano. Lo dico soprattutto in riferimento al viceprefetto vicario, al primo dirigente della squadra mobile, al tenente della finanza, vale a dire tutti funzionari dello Stato. Dire che una relazione è costruita, relazione sulla quale il Ministro ha posto la sua firma condividendola, da pezzi deviati dello Stato allude al fatto che questa vicenda coinvolga piste di grandi segreti di questa nazione.
Se il presidente di quella provincia, che rappresenta non solo l'interesse del comune di Fondi, ma anche di 33 comuni di quella provincia, fa queste affermazioni credo che a queste vadano date risposte adeguate. Inoltre, ma questo so che non è competenza del Governo, se è in grado di dimostrare la validità di quelle affermazioni esistono altri organismi: la procura della Repubblica. Ma io credo che, proprio alla luce di quello che è successo in quella realtà, per la democrazia e per un corretto svolgimento di quelle elezioni comunali, sia necessario che venga fatta la chiarezza più estrema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, confermo che nella vicenda che ha interessato il comune di Fondi il Ministro dell'interno ha pienamente condiviso la relazione che il prefetto Frattasi aveva elaborato sulla base dei lavori della commissione di accesso agli atti del comune, portandone le conclusioni al Consiglio dei Ministri. Come già chiarito in quest'Aula in occasione della Pag. 40risposta fornita all'interpellanza urgente dell'onorevole Laura Garavini il 15 ottobre scorso, a procedimento ancora aperto, è intervenuto un fatto nuovo: le dimissioni rassegnate lo scorso 3 ottobre dal sindaco e da 16 consiglieri comunali su 30.
Pertanto, valutate le condizioni di fatto determinatesi, il Consiglio dei Ministri, nella seduta del successivo 9 ottobre, ha preso atto che il prefetto di Latina aveva sospeso sindaco, consiglio e giunta comunale e aveva nominato il commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente nella persona del prefetto Guido Nardone.
Il prefetto Frattasi non è stato affatto «rimosso dall'incarico»: al contrario, dopo oltre due anni di permanenza nella sede di Latina, è stato destinato a ricoprire un incarico particolarmente delicato ed importante quale quello di direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia presso il dipartimento della pubblica sicurezza.
Il nuovo incarico ha incontrato il compiacimento e la soddisfazione del prefetto Frattasi, tanto più se si considera che è avvenuto in occasione di un più generale avvicendamento di prefetti, nell'ambito del quale il precedente titolare è stato nominato vice capo della polizia.
Quanto alle dichiarazioni del presidente della provincia, il Ministro dell'interno ne è a conoscenza, ma le ritiene assolutamente prive di qualsiasi fondamento. Il questore di Latina ha comunicato che gli articoli di stampa che riportano tali dichiarazioni sono stati trasmessi all'autorità giudiziaria «per le ritenute determinazioni».

PRESIDENTE. L'onorevole Amici ha facoltà di replicare.

SESA AMICI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Davico perché queste dichiarazioni corrispondono esattamente ad una correzione che era stata anche introdotta riguardo alla rimozione del dottor Bruno Frattasi che invece oggi, a seguito dell'avvicendamento, ha l'incarico di coordinamento e di pianificazione delle forze di polizia e sono, inoltre, la testimonianza, proprio per il ruolo così rilevante all'interno della struttura del Viminale, di un'operazione che in qualche modo testimonia la correttezza con cui ha svolto la sua precedente funzione di prefetto della città di Latina. È del tutto evidente che la risposta che il sottosegretario mi sottopone testimonia che l'infondatezza di quelle questioni e la conoscenza da parte del titolare del Ministero dell'interno saranno al vaglio dell'autorità giudiziaria.
Io credo, e sono molto convinta di questo, che sia necessario che in queste situazioni venga mantenuto un profilo di grande istituzionalizzazione nei rapporti tra i vari organismi statuali, e soprattutto che vi sia il monito che, di fronte alle situazioni nelle quali la battaglia politica a volte rende ciechi rispetto alle questioni di merito, non venga in alcun modo tralasciato il fatto che si possono fare delle affermazioni che infondono nell'opinione pubblica elementi di preoccupazione che non hanno fondamento, ma proprio per questo vanno immediatamente perseguite affinché venga in qualche modo resa giustizia a chi ha operato in nome e per conto dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Problematiche inerenti all'eventuale introduzione negli aeroporti dei cosiddetti body scanner - n. 2-00603)

PRESIDENTE. L'onorevole Gozi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00603, concernente problematiche inerenti all'eventuale introduzione negli aeroporti dei cosiddetti body scanner (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SANDRO GOZI. Signor Presidente, a seguito del fallito attentato terroristico contro il volo Amsterdam-Detroit lo scorso Natale, si è tenuta il 21 gennaio 2010, a Toledo, una riunione informale dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, con la partecipazione del Ministro per la sicurezza interna dell'amministrazione degli Pag. 41Stati Uniti, Janet Napolitano, per affrontare, tra le altre, anche la questione relativa alla possibile introduzione dei cosiddetti body scanner in tutti gli aeroporti europei.
La Presidenza spagnola di turno dell'Unione europea aveva fortemente auspicato l'assunzione di una posizione comune da parte dell'Unione europea, a fronte della sollecita richiesta proveniente dall'amministrazione americana affinché tali dispositivi, che già esistono negli Stati Uniti, fossero introdotti anche in Europa.
Proprio i delicati problemi sotto il profilo della tutela della privacy, della protezione dei dati personali e della salute hanno suggerito ai Ministri europei nell'incontro informale di rinviare l'assunzione di una decisione immediata sull'introduzione di queste tecnologie in tutti gli aeroporti europei, mentre si sta considerando nel frattempo la possibile introduzione di agenti di sicurezza sugli aerei, secondo un modello già ampiamente sperimentato negli Stati Uniti da anni.
In particolare, la Presidenza di turno spagnola ha affermato che l'Unione europea non prenderà una decisione prima di conoscere i risultati di un rapporto affidato alla Commissione europea, che analizzerà gli aspetti legati a salute, privacy e sicurezza. Vorrei ricordare che la stessa Commissione europea aveva avanzato l'ipotesi di inserimento dei body scanner nei sistemi di sicurezza, previe apposite verifiche, ma che il Parlamento europeo, proprio in mancanza di certezze su aspetti come salute e sicurezza, aveva respinto la proposta.
Secondo quanto riportato da agenzie di stampa, il direttore del dipartimento di oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Aviano, Umberto Tirelli, avrebbe dichiarato che «è di prioritaria importanza una esplicita dichiarazione delle autorità sanitarie internazionali sulla sicurezza dei body scanner, viste le quantità di raggi X che dovrebbero essere utilizzati per determinare la presenza di oggetti pericolosi nascosti nel corpo e la frequenza del loro impiego in persone a rischio», specie alla luce dei risultati di uno studio americano che ipotizza un legame fra le TAC eseguite negli Stati Uniti nel 2007 e 30 mila casi di tumori negli anni successivi.
Tuttavia, nella giornata dell'incontro europeo, il Ministro dell'interno Maroni, proprio dopo aver partecipato a quell'incontro, rilasciava una dichiarazione in cui annunciava che gli aeroporti italiani collegati con gli Stati Uniti saranno dotati per il momento di circa quindici body scanner e preannunciava il via libera all'utilizzo del dispositivo in via sperimentale a Malpensa, Fiumicino e Venezia. Nella giornata del 22 gennaio 2010, anche il Ministro della salute - che in un'intervista dell'8 gennaio aveva espresso perplessità sugli effetti delle radiazioni e invocato cautela sull'introduzione di questi strumenti - dichiarava, a soli quattordici giorni di distanza dalla prima dichiarazione e nonostante le perplessità espresse dagli altri Paesi europei, che si poteva procedere: «in assoluta tranquillità per i cittadini all'utilizzo dei body scanner». Ci risulta che il Ministro abbia chiesto ai produttori dei body scanner di fornire i dati tecnici sui propri macchinari e ci chiediamo cosa il Ministro si aspetti che i produttori dicano. Noi chiediamo un parere terzo ed indipendente ad esperti medici sugli effetti sulla salute. Lo stesso commissario europeo Tajani il 29 gennaio scorso dichiarava che, fino a quando non saranno eliminate tutte le perplessità in materia di salute e di privacy, non potrà essere riproposto l'impiego di body scanner che sarebbe necessario in un sistema europeo omogeneo.
Per questo motivo, chiediamo al Ministro se e quali misure relative a garantire adeguatamente la tutela della salute e della privacy siano state adottate dai Ministri interpellati in considerazione della prossima utilizzazione di questa tecnologia in via sperimentale, nonché le ragioni per cui hanno ritenuto non indispensabile attenersi ad un approccio coordinato a livello europeo, specie alla luce dell'inefficacia conseguente all'adozione di queste tecnologie solo in alcuni aeroporti italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il fallito attentato sul volo Amsterdam-Detroit del 25 dicembre scorso ha riproposto al centro del dibattito internazionale il tema della lotta al terrorismo, inducendo la Presidenza spagnola dell'Unione Europea ad inserire l'argomento nell'agenda del Consiglio informale giustizia ed affari interni che si è svolto a Toledo il 21 e 22 gennaio scorsi. A tale sessione di lavoro ha preso parte anche il Segretario americano alla sicurezza interna, Janet Napolitano. In tale circostanza, il Ministro dell'interno Maroni ha fatto presente che la protezione delle nostre comunità dalla minaccia del terrorismo internazionale costituisce un obiettivo prioritario da perseguire con strategie concrete ed efficaci, in grado di adeguare continuamente la capacità di prevenzione e risposta alla continua evoluzione - anche tecnologica - della minaccia.
Per il Governo italiano, infatti, la tutela della vita dei nostri cittadini non può fermarsi di fronte ad altre pur legittime ed importanti esigenze, che vanno anch'esse tenute in debita considerazione, quale la tutela della privacy.
Il fallito attentato aereo di dicembre, inoltre, ha confermato che la collaborazione tra l'Europa e gli Stati Uniti svolge un ruolo fondamentale per prevenire e contrastare il terrorismo e che un ruolo chiave nella prevenzione della minaccia lo svolge proprio il ricorso a tutte le potenzialità della tecnologia. In tale quadro, il ricorso ai body scanner può rivelarsi particolarmente efficace nell'elevare gli standard di sicurezza del trasporto aereo e, in questa direzione, auspichiamo uno specifico intervento della Commissione europea. La possibilità di utilizzo dei body scanner negli aeroporti non costituisce un elemento di novità in ambito europeo. Infatti, già nel 2008 la Commissione aveva avviato una proposta legislativa sull'argomento e, proprio in vista del suddetto appuntamento di Toledo, aveva manifestato l'intento di riavviare il processo normativo per l'approvazione di uno specifico regolamento europeo in materia, che tenesse conto anche degli effetti sulla privacy e sugli aspetti sanitari.
L'Unione europea ha avviato un'istruttoria per decidere, entro aprile, se rendere obbligatorio l'utilizzo dei body scanner in tutti gli aeroporti. È in tale contesto che, in Italia, partirà a giorni una prima fase della sperimentazione negli scali aeroportuali di Roma, Milano e Venezia che hanno stabilmente voli verso gli Stati Uniti.
Anche la Gran Bretagna e i Paesi Bassi hanno già deciso di dotare gli scali aeroportuali di body scanner, mentre la Francia ha manifestato l'intenzione di avviare una sperimentazione in alcuni aeroporti.
Una posizione favorevole è stata manifestata anche dal Ministro delle infrastrutture spagnolo, così come la Germania (in un primo momento molto prudente sull'argomento), che ha mostrato una posizione di maggiore apertura.
Proprio a Toledo, la rappresentante degli Stati Uniti ha annunciato il passaggio dagli attuali quaranta body scanner in uso negli scali aeroportuali americani ad almeno trecento nel 2010. La sperimentazione è stata avviata sulla base di alcune valutazioni del Comitato interministeriale per la sicurezza del trasporto aereo e degli aeroporti, che ha preso atto della relazione presentata dal Comitato ristretto per la valutazione dei body scanner, riunitosi lo scorso 7 gennaio presso l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile.
Tale Comitato - costituito da rappresentanti delle diverse amministrazioni interessate, tra le quali il Ministero della salute, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero degli affari esteri - ha preso in esame i diversi aspetti connessi all'impiego dei predetti dispositivi di sicurezza, valutando le caratteristiche tecniche e funzionali degli apparati presenti sul mercato, nonché la loro compatibilità con le prescrizioni vigenti in materia di tutela della salute e della privacy. Pag. 43
In tale contesto, l'ENAC ha acquisito direttamente dalle ditte costruttrici tutta la documentazione necessaria per una valutazione congiunta, considerando come propedeutico il parere del Ministro della salute per valutare la compatibilità di tale sistema di controllo con l'interesse primario alla tutela della salute, sia dei passeggeri sottoposti a controllo sia degli operatori impiegati nell'utilizzazione degli apparati.
Il Comitato interministeriale ha deciso di escludere tassativamente l'impiego di sistemi a raggi X e di ritenere possibile l'avvio della sperimentazione di sistemi attivi e passivi ad onde elettromagnetiche millimetriche che, secondo il Ministero della salute, non hanno effetti nocivi per la salute delle persone.
Inoltre - anche grazie ai contributi che ci ha fornito il Garante per la protezione dei dati personali -, con una soluzione concreta ed equilibrata i body scanner potranno essere utilizzati nel rispetto, oltre che della salute, anche della privacy. Verranno infatti utilizzati scanner poco invasivi della figura del corpo del passeggero, che apparirà opacizzato all'operatore, ma essi saranno in grado di rilevare qualunque anomalia, come la presenza di un sacchetto o di un oggetto.
L'aver affrontato e risolto tutte le questioni legate alla tutela della salute e della privacy ci ha confortato nella scelta di percorrere la strada della sperimentazione dei body scanner, il cui utilizzo ci consentirà di aumentare i controlli in ambito aeroportuale per la sicurezza dei passeggeri, che costituisce un bene primario e irrinunciabile.

PRESIDENTE. L'onorevole Gozi ha facoltà di replicare.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo per vari motivi, legati alla salute e alla privacy, ma anche alla reale efficacia di questo sistema, in assenza di altri strumenti e di altri interventi, soprattutto in materia di formazione del personale addetto agli aeroporti.
Vorrei innanzitutto ricordare che la nuova responsabile per i body scanner, la commissaria per la giustizia Reding, nella sua audizione recente al Parlamento europeo, ha di nuovo espresso la propria contrarietà rispetto ai body scanner: immagino lo abbia fatto anche alla luce dell'esperienza e di alcune verifiche che alcuni Stati europei stanno effettuando in ordine alle questioni legate sia alla salute sia alla privacy.
Il secondo aspetto che mi lascia molto perplesso riguarda le ragioni per le quali il Governo italiano non consideri la necessità di procedere attraverso un approccio comune europeo e non in via bilaterale. Nello spazio comune europeo servirebbe ben poco installare body scanner nei tre aeroporti italiani collegati con gli Stati Uniti, se ciò non viene accompagnato da interventi simili negli altri Paesi europei: sarebbe molto facile spostarsi da Roma a Madrid e poi da Madrid andare a Washington.
Credo, quindi, che prima di prendere certe iniziative, se siete così convinti di quanto avete riferito in materia di assenza totale di rischi per la salute, potreste utilizzare questi elementi per convincere i Governi che invece su questo aspetto continuano ad avere molti dubbi.
Per quanto riguarda il rispetto della privacy, le regole alle quali il rappresentante del Governo faceva riferimento sono molto più precise e vincolanti, sia quelle indicate dal Garante italiano sia quelle indicate dai Garanti europei.
Lei ha ricordato che la scansione dovrà avvenire solo del contorno del corpo, senza rilevare parti anatomiche o organi interni, però occorre anche - anche su questo il Governo dovrebbe essere molto più preciso - che l'operatore, che avrà il monitor davanti, sia in un'altra stanza, in quanto non dovrà avere davanti a sé la persona e le immagini non rilevanti andranno subito cancellate. Questi sono gli impegni specifici che il Garante europeo ha indicato. Su questo non ci risulta che ci sia un impegno formale netto da parte del Governo. Vengo alla questione centrale, non insisto su quanto ha detto il Pag. 44rappresentante del Governo in merito alla salute, perché vorrei poi esaminare i risultati di questo comitato a cui ha partecipato l'ENAC.
La questione centrale è quella della sicurezza e dell'efficacia dello strumento del body scanner, efficacia che non è stata provata. Molto si è discusso a seguito dell'attentato di Detroit proprio sull'efficacia di questi strumenti. Secondo numerosi esperti che si sono espressi in materia, questi strumenti non sarebbero in grado di rilevare polveri o liquidi all'interno del corpo umano o materiale simile sulla pelle. Non rileverebbero, ad esempio, fiale contenenti esplosivo ingurgitate come fanno i corrieri della droga, solo per fare un esempio. Il secondo aspetto l'ho già ricordato: questa misura può aumentare in modo relativo e non assoluto l'efficacia, solo se adottata almeno nello spazio Schengen da tutti i Paesi europei e non solo da uno, due o tre. Ci sono questioni di costi, ma i costi certamente, rispetto alla necessità di avere la sicurezza, sarebbero un problema del tutto relativo. Il problema è che non abbiamo la certezza della reale efficacia dello strumento.
Su questo ci sono varie questioni che rimangono aperte. Faccio solo un esempio molto semplice: la risposta visiva di un assorbente igienico o di un cerottone con garza, magari di quelli che si mettono in seguito ad una operazione di appendicite, anche con il body scanner secondo gli esperti è la stessa di una busta che contiene dell'esplosivo. Come si possono discriminare? C'è bisogno ovviamente di un'ulteriore verifica, ad esempio attraverso lo sniffaggio elettronico o attraverso misure di perquisizione diretta e intima. Ammesso di notare un oggetto anomalo, chi lo riconosce? È questa la questione centrale. Anche i body scanner, che tra l'altro non assicurano un'efficacia assoluta dal punto di vista della sicurezza, se non sono accompagnati da ciò di cui il Governo non si occupa, cioè una migliore formazione del personale addetto alla security aeroportuale, sono una misura insufficiente.
Sappiamo tutti che - basta guardare altri modelli o ispirarsi al modello migliore, quello israeliano - la formazione del personale italiano è oggettivamente arretrata e insufficiente.
Tra l'altro, il numero di ore che vengono utilizzate per formare il personale - e i body scanner nulla cambieranno in merito - è molto esiguo e spazia dalla giurisprudenza alle armi, dalla esplosivistica civile e militare alla psicologia e all'uso degli apparati tecnici. È chiaro che questa preparazione superficiale è insufficiente. È chiaro anche che, se il Governo vuole seriamente affrontare e aumentare il livello di sicurezza, una volta che abbiamo tutte le garanzie cui il rappresentante del Governo oggi faceva riferimento per quanto riguarda la salute, occorrerebbe che anche l'introduzione di body scanner venisse accompagnata da due tipi di misure: la prima, una migliore formazione del personale; la seconda, l'introduzione di altri strumenti che possano risolvere i casi che ho citato nell'esempio, e ce ne sono altri. Penso a scanner a raggi X per i bagagli, a metal detector sotto forma di portali a mano, ai cosiddetti sniffer a scansione ionica e ai sistemi EMA per i liquidi, sistemi e apparati italiani, che attraverso un campo elettromagnetico, discriminano i liquidi alimentari dalle sostanze pericolose, oltre alle unità cinofile cosiddette K9, cioè i cani da esplosivo e da acceleranti. Tutte queste misure insieme, anche in assenza di body scanner, oggi aumenterebbero in maniera sostanziale la sicurezza nei nostri aeroporti e certamente rimangono fondamentali anche con l'introduzione dei body scanner. Infine, ci sono ancora due punti: il lavoro di intelligence e lo scambio di informazioni. Tutto è partito da quel volo famoso Amsterdam-Detroit, però in quell'occasione il capo dell'Interpol ha affermato che nel loro database ci sono 11 milioni di passaporti smarriti o rubati.
Già il condividere queste informazioni - anche su questo, magari, il Ministro Maroni potrebbe parlare con il suo omologo Janet Napolitano, e non solo di come individuare l'impresa da cui acquistare i Pag. 45body scanner - incrociandole con i dati dei passeggeri, aiuterebbe certamente molto.
Ricordo che l'attentatore di Detroit era nella famosa black list americana e che il padre lo aveva addirittura segnalato alla polizia, temendo che potesse compiere un attentato; si sarebbe potuto fermarlo molto prima, indipendentemente dai body scanner.
Infine, la domanda alla quale non è stata data risposta e sulla quale sarebbe necessario avere un'indicazione chiara, per ragioni di trasparenza, da parte del Governo è come ha identificato questa impresa, registrata, ci risulta, negli Stati Uniti, e come ha identificato il distributore italiano che dovrebbe fornire questi body scanner. Anche questa scelta dovrebbe essere fatta in piena trasparenza, almeno rispetto a questo Parlamento.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30 con lo svolgimento delle ulteriori interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Brugger, Casero, Cicchitto, Colucci, Cota, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Melchiorre, Milanato, Nucara, Pescante, Sardelli, Tabacci, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per garantire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali nella regione Calabria, alla luce dell'ipotesi di modifica della legge elettorale regionale - n. 2-00605)

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00605, concernente iniziative per garantire il corretto svolgimento delle operazioni elettorali nella regione Calabria, alla luce dell'ipotesi di modifica della legge elettorale regionale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, i nostri politici del consiglio regionale complicano la vita dei calabresi, come se la Calabria avesse già pochi problemi. Infatti, a partita già iniziata, si vorrebbe modificare la legge elettorale regionale. Pochi giorni or sono, vi è stata una deliberazione della conferenza dei presidenti di gruppo: si vorrebbe modificare la legge in questione, specie in alcune sue parti importanti.
Credo che i tempi siano, ormai, scaduti e che, molto verosimilmente, questo tentativo fallirà (non si sa, infatti, da cosa sia dettato, visto che vi sono stati diversi anni per potervi procedere, ma non è stato fatto).
Voglio chiedere al Ministro dell'interno se siamo pronti ad evitare gravi conseguenze per il popolo calabrese. Mi preoccupo, infatti, dei cittadini della Calabria che, ancora una volta, nel momento in cui vengono assunte dalla politica queste prese di posizione, che ritengo folli, si trovano in condizioni diverse rispetto ai cittadini delle altre regioni.
Vorrei capire se il Ministero è pronto a far fronte a tutte le esigenze di carattere tecnico e se non ritenga che vi siano violazioni, anche di natura costituzionale, che potrebbero inficiare il provvedimento. Infatti, potrebbero accadere due cose: che le elezioni non vengano effettuate alla data Pag. 46in cui si vota in tutte le altre regioni; oppure, che, successivamente, vengano annullate per varie eccezioni e vari ricorsi che saranno sicuramente proposti da chi ha interesse.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, lo scorso 2 febbraio è stato siglato presso la prefettura di Catanzaro un atto di intesa tra il presidente della regione Calabria ed i prefetti delle cinque province calabresi avente ad oggetto la gestione amministrativa del procedimento relativo alle prossime consultazioni elettorali regionali che si terranno il 28 e il 29 marzo prossimi.
La predetta intesa, che è stata oggetto di approvazione da parte di questo Ministero, stabilisce quali operazioni tecnico-organizzative inerenti le elezioni in questione saranno curate delle prefetture calabresi. Queste ultime si occuperanno, in particolare, dei seguenti adempimenti: consulenza tecnico-giuridica in materia elettorale, ferma restando la competenza interpretativa della regione in ordine alla normativa che regola il procedimento; stampa delle schede di votazione dei manifesti contenenti le candidature e le liste definitivamente ammesse; distribuzione del materiale necessario per lo svolgimento delle operazioni di voto; acquisizione dai comuni dei risultati ufficiosi delle consultazioni e loro comunicazione alla regione, che fornirà apposita postazione informatica; altre incombenze tecnico-organizzative ordinariamente svolte dalle prefetture in precedenti elezioni regionali, quali, ad esempio, la fornitura delle matite copiative, delle urne, dei timbri in uso presso i seggi elettorali.
Gli adempimenti non espressamente attribuiti alle prefetture saranno curati direttamente dalla regione Calabria, alla quale competono la gestione amministrativa del procedimento elettorale, l'adozione di direttive e circolari in merito, nonché la predisposizione e la stampa delle pubblicazioni, della modulistica, dei verbali, delle tabelle di scrutinio e di quant'altro sia necessario per l'attuazione della normativa elettorale regionale.
Nell'ambito dell'intesa è stata altresì prevista l'istituzione di un apposito organismo di raccordo, composto da rappresentanti della regione Calabria e delle prefetture calabresi con il compito di curare nel dettaglio l'attuazione dell'intesa, risolvendo, nel rispetto del principio di leale collaborazione, i dubbi interpretativi eventualmente sorti.
Quanto alla modifica in itinere della normativa elettorale al momento vigente nella regione Calabria, risulta al Ministero dell'interno che la proposta di legge n. 388/8, intitolata «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 - Norme per l'elezione del presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale» è al primo punto dell'ordine del giorno della seduta del Consiglio regionale convocata per domani, 5 febbraio, alle ore 15.
Ove la regione Calabria, nell'esercizio della sua autonomia costituzionalmente garantita, dovesse effettivamente modificare la propria legge elettorale, non sarebbe possibile in ogni caso per il Governo e, per esso, per il Ministero dell'interno emanare alcun atto interpretativo e linee di indirizzo sullo svolgimento delle operazioni elettorali, per il rispetto dovuto alle competenze istituzionali riconosciute alla regione nella materia.
Resta peraltro chiaro che, nella emanazione della legislazione in materia elettorale, la regione deve osservare il limite rappresentato dai principi fondamentali posti con legge dello Stato ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione.
In presenza, quindi, di una ripartizione così chiara delle competenze tra Stato e Regione nella materia, resta affidato al Governo, e per esso alla competente Prefettura - che sul territorio rappresenta lo Stato nella sua organizzazione unitaria -, svolgere tutti quei compiti di collaborazione Pag. 47che si renderanno necessari per il corretto svolgimento delle operazioni elettorali in Calabria.
Giova comunque precisare che, come sottolineato in sede di approvazione ministeriale dell'intesa in oggetto, qualora fossero apportate sostanziali modifiche alla legge elettorale della regione Calabria, tutto ciò potrebbe ripercuotersi sul contenuto dell'intesa, esigendone eventualmente un aggiornamento in ossequio al mutato quadro normativo.
Peraltro, essendo ancora il procedimento legislativo in corso, non possono essere mosse eventuali censure preventive circa la legittimità costituzionale della nuova normativa elettorale calabrese.

PRESIDENTE. L'onorevole Belcastro ha facoltà di replicare.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta del sottosegretario, ferma restando la mia grave preoccupazione se la procedura dovesse andare avanti e se la volontà del Consiglio regionale dovesse essere quella di attuare questa norma per le prossime elezioni. In teoria, infatti, potrebbe anche essere possibile approvare una norma che poi troverà efficacia in occasione delle successive elezioni regionali. Pertanto, invito il Ministero, così come sta facendo, a continuare a vigilare sul regolare svolgimento delle vicende politiche calabresi.

(Iniziative di competenza per assicurare il corretto e regolare esercizio del diritto di voto in caso di concomitanza delle elezioni regionali e di quelle per i consigli di quartiere del comune di Cesena - n. 2-00606)

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00606, concernente iniziative di competenza per assicurare il corretto e regolare esercizio del diritto di voto in caso di concomitanza delle elezioni regionali e di quelle per i consigli di quartiere del comune di Cesena (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, faccio un breve excursus della situazione abbastanza complicata in cui la attuale giunta del comune di Cesena ha operato per cercare di accorpare delle consultazioni (come ricordava lei con riferimento al titolo dell'interpellanza) di quartiere con quelle regionali. La legge n. 244 del 2007 ha sostanzialmente rivisto l'organizzazione e le funzioni di tutta una serie di istituti di decentramento e, in virtù di questa revisione, il comune di Cesena, che ha un numero di abitanti inferiore ai 100 mila, ha rivisto a sua volta l'organizzazione e le funzioni dei suoi quartieri, trasformandoli di fatto da organismi di decentramento a organismi di partecipazione, con riferimento in particolare all'articolo 8 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, riguardante la «partecipazione popolare».
Il sindaco del comune di Cesena, in maniera estemporanea, senza aver ancora dato seguito ad una serie di atti che erano necessari per poter confortare tale affermazione, ha comunque a suo tempo dichiarato pubblicamente sugli organi di stampa locali che le elezioni dei consigli di quartiere si sarebbero tenute assieme a quelle regionali del 21 e 22 marzo 2010; ciò perché, all'epoca, quella era la data ipotizzata, poi spostata al 28 e 29 marzo, come tutti sanno. Faccio presente che la partecipazione popolare prevista dall'articolo 8 del Testo unico si articola principalmente su istanze, petizioni e proposte, oltre a forme di consultazione, anche su base di quartieri e libere forme associative, come il referendum, elemento più consistente in termini di coinvolgimento popolare, per cui si può dire che il referendum comunale rappresenta il riferimento principe per le altre componenti della partecipazione popolare. I comuni sono tenuti a prevedere, nei loro statuti, le forme partecipative e a definirne gli opportuni regolamenti, in primis quello del referendum.
Il regolamento dei quartieri del comune di Cesena non stabilisce né tempi né regole elettorali, mentre il regolamento comunale, così come previsto dalla Pag. 48citata legge, relativo al referendum consultivo, cioè l'elemento partecipativo più vicino alle elezioni degli organi rappresentativi cui si faceva riferimento, stabilisce espressamente che esso non può essere tenuto nei tre mesi antecedenti alla data fissata per le elezioni politiche, amministrative o referendarie. È chiaro che le elezioni regionali, essendo la regione un ente amministrativo, ricadono pienamente in tale casistica di impossibilità di concomitanza.
A conferma dell'enunciato precedente, è di questi giorni fra l'altro l'annuncio, da parte della giunta comunale di Cesena, della volontà di modificare il regolamento per i quartieri. Ciò avviene a meno di un anno dalla sua originaria approvazione, e viene «spinto» dalla giunta del sindaco Lucchi solo ed esclusivamente per introdurre la possibilità di convocare le relative elezioni in concomitanza di tornate elettorali regionali.
Noi riteniamo che le consultazioni relative ai quartieri non potrebbero comunque svolgersi negli stessi seggi ove si svolgono le consultazioni regionali, e pertanto a nulla può valere la tesi - anche questa resa pubblica dallo stesso sindaco - di un ipotetico risparmio di costi. Al contrario, la valutazione va esattamente nel senso opposto: vi è comunque da considerare il fatto che vi è una potenziale moltiplicazione di seggi nella città. Ciò comporterebbe l'impiego di un numero abnorme di forze dell'ordine, mettendo di fatto a rischio la copertura dei seggi istituzionali ove si svolgeranno le consultazioni regionali.
Inoltre (cerco di abbreviare il tempo del mio intervento, senza usare tutto quello a mia disposizione), ad avviso degli interpellanti si configura un certo deficit di democrazia, intesa quale possibilità di espressione politica, in termini di uomini e mezzi, a seguito della limitazione che si procura ai piccoli partiti, soprattutto in relazione al reperimento di candidati e rappresentanti di lista per le consultazioni elettorali contemporanee, ma non congiunte, anche se svolte giustamente in seggi e sezioni dislocati in luoghi diversi e separati.
In sostanza, signor Presidente, rappresentante del Governo, noi abbiamo molti dubbi sull'opportunità di svolgere in concomitanza le elezioni di quartiere e le elezioni regionali del comune di Cesena. Questa corsa frenetica da parte della giunta Lucchi, per modificare, a pochi giorni dall'ipotetico voto, il regolamento, ci lascia molto perplessi su tutta una serie di profili; e riteniamo anche che lo stesso prefetto di Forlì-Cesena, più volte interpellato, come sappiamo anche in questo caso da notizie di stampa, non abbia fornito al Ministero dell'interno tutte le indicazioni utili a consentire una valutazione puntuale e precisa. Per questo, al di là della risposta che il Ministero adesso renderà all'Aula, proprio nella giornata odierna sono emersi altri elementi di incongruità, e quindi già adesso preannunzio che, nella prossima seduta dedicata alle interpellanze urgenti, verrà svolta nuovamente un'interpellanza relativa a tale argomento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, le preoccupazioni espresse dall'onorevole interpellante sono da tempo seguite con particolare attenzione dal Ministero dell'interno per il tramite della prefettura.
In data 9 settembre 2009, il comune di Cesena ha formulato alla competente prefettura una richiesta di parere in ordine alla possibilità di svolgere l'elezione dei consigli di quartiere nella medesima data fissata per le consultazioni regionali.
Della questione è stato investito il competente dipartimento del Ministero dell'interno, che ha espresso parere favorevole allo svolgimento della consultazione nei medesimi giorni previsti per le elezioni regionali, a condizione che le operazioni elettorali si svolgano in uffici di sezione Pag. 49diversi da quelli istituiti per quelle regionali e non interferiscano con il relativo procedimento.
Tale ultima soluzione organizzativa è resa necessaria dalla circostanza che la vigente normativa non prevede meccanismi di raccordo dei due diversi procedimenti elettorali.
Inoltre i consigli di quartiere sono organismi di partecipazione istituiti dal comune di Cesena con propria delibera di modifica dello statuto. Essi hanno natura giuridica diversa dagli organi del decentramento comunale, configurandosi come organismi popolari associativi, portatori di interessi della collettività di riferimento, con funzioni prettamente propositive, di istanza e consultive.
La loro disciplina è pertanto rimessa - ai sensi dell'articolo 8 del Testo unico degli enti locali - alla autonomia statutaria e organizzatoria di questi ultimi, le cui scelte normative ed operative sono sottratte al controllo di questo Ministero.
Il comma 4 del detto articolo 8, tra l'altro, non esclude lo svolgimento delle consultazioni in questione in coincidenza con elezioni regionali.
L'amministrazione comunale di Cesena ha fornito al prefetto di Forlì-Cesena ampie assicurazioni che la concomitanza delle operazioni elettorali non pone rilevanti difficoltà di carattere organizzativo e che non vi sarà alcuna interferenza delle elezioni dei consigli di quartiere con le consultazioni regionali.
In particolare, il comune intende utilizzare autonome ubicazioni di ambienti, distinti rispetto ai seggi in cui avranno luogo le elezioni regionali.
L'amministrazione comunale, inoltre, esclude in modo categorico di richiedere l'assistenza di questo Ministero per presidiare i luoghi delle elezioni di quartiere con personale di pubblica sicurezza, stante la natura partecipativa delle dette consultazioni.
Ciò non esclude che le autorità di pubblica sicurezza, nell'ambito delle loro competenze istituzionali, non verranno meno, anche in questa circostanza, al loro compito di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Secondo il regolamento in corso di approvazione, lo spoglio delle schede per le consultazioni dei quartieri dovrebbe avvenire presso l'edificio comunale solo dopo la conclusione di quello relativo alle elezioni regionali.
Si è inoltre stabilito che il personale impiegato nei seggi delle consultazioni di quartiere sia volontario e diverso da scrutatori e presidenti designati per le elezioni regionali.
In relazione alle perplessità espresse dall'onorevole interpellante circa il disagio causato ai piccoli partiti, il comune di Cesena ha evidenziato che, in base al regolamento comunale sui quartieri, i partiti già presenti nel consiglio comunale potranno inviare loro liste, senza previa raccolta di firme. I partiti o i gruppi di cittadini non presenti in consiglio comunale potranno comunque presentare proprie liste per quartiere, sottoscritte da un numero ridotto di cittadini (da un minimo di venti ad un massimo di cinquanta, a seconda del numero di residenti del relativo quartiere). I seggi previsti per le elezioni dei quartieri sono pari a trentacinque.

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di replicare.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta nella misura in cui il Ministero dell'interno ha anzitutto fatto chiarezza rispetto ad un punto sul quale, in realtà, la giunta Lucchi ha sempre fatto e creato molta confusione, affrontando il tema in maniera molto - se mi passa il termine - pasticciona. Vi sono state infatti dichiarazioni che un giorno dicevano una cosa e il giorno dopo la smentivano; tuttora mi sembra che proprio nella giornata di oggi sia convocato un consiglio comunale volto a modificare ulteriormente, anche rispetto agli intendimenti iniziali, i paletti di questo regolamento. A me sembra - ripeto - un grosso pasticcio quello che la giunta Lucchi sta Pag. 50combinando in tema di partecipazione democratica.
Capisco e apprezzo la puntuale verifica svolta dagli uffici del Ministero dell'interno sulle rassicurazioni che la giunta ha dato, attraverso il prefetto, allo stesso Viminale. Però, sottosegretario Davico, le posso assicurare che tanto di quello che le è stato riferito è assolutamente falso. Lo ripeto, alla luce di queste informazioni, che sono state falsamente riportate al Ministero dell'interno attraverso il prefetto, depositeremo un'ulteriore interpellanza urgente, a dimostrazione del fatto che qui si sta cercando di giocare con dei cavilli burocratici per cercare di limitare pesantemente quella che è la reale partecipazione democratica dei cittadini ad una consultazione che si potrebbe svolgere serenamente al di fuori delle consultazioni politiche regionali.
Si tratta di una consultazione regolata da un testo che ancora non è disponibile, a meno di sessanta giorni dal voto. Un testo che è stato reso disponibile ai consiglieri comunali che partecipano oggi al consiglio convocato dal sindaco Lucchi per cercare di dirimere la questione e che, in realtà, non chiarisce tanti aspetti fumosi che riguardano le modalità con cui i cittadini possono partecipare e che tipo di controlli ci possono essere. Lei stesso, signor sottosegretario, ha detto che sì effettivamente il comune di Cesena ha dato rassicurazioni sul fatto che non verranno impiegati uomini delle forze dell'ordine, ma non si può non pensare che le forze dell'ordine, qualora chiamate, debbano distrarre la loro attenzione dai seggi istituzionali per recarsi là. Anche qui, da parte del comune di Cesena, vi è un gioco a confondere le acque e non si capisce bene questa testardaggine nel voler obbligatoriamente accorpare queste elezioni. Anche perché la questione, come lei ha giustamente sottolineato, dell'impossibilità di svolgere le elezioni nei medesimi plessi, nei medesimi ambienti, nei medesimi seggi, non porta ad alcun tipo di risparmio, che era il motivo principale con cui inizialmente il sindaco di Cesena aveva argomentato questa scelta, che io ritengo folle. Ma quello che mi meraviglia ancora di più, e lo sottolineo, è che le informazioni che le sono state fornite, in termini di rassicurazioni, da parte del comune di Cesena, siano state riportate da un prefetto che non le ha assolutamente verificate. Questo lo ritengo gravissimo.

(Orientamenti e iniziative del Governo in merito all'ipotesi di fusione tra Telefonica e Telecom Italia - n. 2-00602)

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00602, concernente orientamenti e iniziative del Governo in merito all'ipotesi di fusione tra Telefonica e Telecom Italia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, si è parlato molto nelle ultime settimane sulla stampa finanziaria internazionale e sui giornali italiani di un'ipotesi di fusione tra Telefonica e Telecom Italia. Naturalmente si tratta di due aziende, purtroppo, di dimensioni assai diverse, nel senso che mentre dieci anni fa Telecom Italia era quattro volte quella spagnola, oggi la capitalizzazione in Borsa è a parti rovesciate.
Quando si discute di questa ipotesi, quindi, si discute della possibilità che un'eventuale fusione porti, ovviamente, ad un controllo di maggioranza da parte di Telefonica. Ce ne occupiamo perché si tratta di un settore fondamentale per le dimensioni: il settore delle telecomunicazioni fattura circa 45 miliardi di euro in Italia, impiega centinaia di migliaia di addetti e naturalmente Telecom Italia né è l'azienda di gran lunga fondamentale, oltre ad essere l'unica, tra le grandi aziende, ad essere rimasta a proprietà prevalentemente italiana (nel resto del settore prevalgono le aziende di proprietà straniera). Ma ce ne occupiamo non solo per le dimensioni, ma anche perché dalla Telecom Italia dipende l'infrastruttura delle nostre comunicazioni, che non è più Pag. 51quella vecchia, da cui passavano le conversazioni telefoniche, ma è quella moderna, quella da cui passa Internet, che è diventata, quindi, il sistema nervoso della nostra economia.
Quindi, l'idea che un'infrastruttura così strategica possa fare una fine negativa, cioè possa non essere più controllata da una azienda italiana, non avere più gli investimenti di cui ha bisogno e non essere più, come avviene in tutti i grandi Paesi, nazionale, è una prospettiva che ci preoccupa.
Il Governo - anche se si tratta di un'azienda privata, quotata in Borsa - sicuramente esercita un ruolo, da due punti di vista. In primo luogo, perché quello in questione è un settore molto regolato; pertanto, le istituzioni pubbliche svolgono un ruolo importantissimo. In secondo luogo, perché residuano in capo al Ministero dell'economia e delle finanze quei poteri speciali di cui alla ex golden share, che hanno subito diverse vicissitudini nel corso degli anni (da ultimo, nel novembre 2009 vi è stata al riguardo una nuova sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee), ma che, comunque, per la legge italiana restano ancora dentro Telecom Italia in capo al Ministero dell'economia e delle finanze.
La nostra interpellanza pone quindi tre domande. La prima domanda è quale sia l'atteggiamento del Governo di fronte a questa ipotesi di fusione tra Telefonica e Telecom Italia. Certamente si può rispondere che il Governo non commenta delle ipotesi, però è un'ipotesi di cui discutono i mercati e gli addetti ai lavori da settimane in mezzo mondo. Non credo sia sostenibile un atteggiamento di puro laissez-faire, e comunque chiedo al Governo se il suo sia un atteggiamento di puro laissez-faire, anche perché il Ministro dell'economia e delle finanze più volte ha ripetuto negli ultimi mesi che non si può lasciar fare all'economia e che ci vuole un ruolo della politica, dei Governi, e ha sostenuto l'importanza di un intervento. Quindi, chiediamo anzitutto qual è l'atteggiamento del Governo rispetto a questa ipotesi.
In secondo luogo, vorremmo sapere quali sono le condizioni che il Governo intende porre, di fronte a generiche ipotesi che riguardino l'assetto di Telecom Italia, sulla continuità degli investimenti e della gestione della rete. Questo è un problema che invece riguarda l'Italia. Quale che sia la sorte delle imprese, che succede della rete, della sua gestione e degli investimenti che la riguardano?
In terzo luogo, chiediamo quali iniziative il Governo intenda adottare anzitutto per combattere l'esclusione digitale. Non so se il sottosegretario Casero ci può dare una notizia positiva rispetto a questi investimenti del CIPE che sono stati più volte messi all'ordine del giorno, ma che non sono stati mai deliberati, per quanto riguarda l'esclusione dall'accesso ad Internet, e, più in generale, per gli investimenti sulle reti di prossima generazione, sulla fibra ottica e sull'ipotesi (che ha avanzato di recente anche il Ministro dello sviluppo economico, Scajola) che il Governo possa promuovere una società ad hoc per la gestione della rete, coinvolgendo anche altri operatori delle telecomunicazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'onorevole Gentiloni Silveri con questa interpellanza pone l'attenzione su un tema discusso, molto discusso in questi giorni all'interno del Paese; un tema che potrebbe essere strategico per l'economia e per lo sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, che richiederebbe sicuramente attenzione, molta attenzione, anche al di fuori di questa interpellanza, dal dibattito cioè che si svolge oggi in Aula su questo tema.
L'onorevole Gentiloni Silveri pone un serie di quesiti in ordine alla presunta operazione di fusione tra Telecom Italia e la compagnia spagnola Telefonica. Al riguardo si fa presente che il Ministero dell'economia e delle finanze non riveste più il ruolo di azionista di Telecom Italia Pag. 52Spa, avendo già provveduto alla cessione della totalità delle azioni della società in suo possesso.
Per quanto attiene invece all'esercizio dei poteri speciali (l'ex golden share, come citato dall'interpellante) da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, si comunica che l'articolo 22 dello statuto di Telecom Italia Spa prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico - ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332 (quello famoso sulla golden share), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474 - è titolare, tra gli altri, del potere di veto, debitamente motivato, in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato, all'adozione delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale, di modifica dello statuto, che sopprimono o modificano gli stessi poteri previsti dalle predette norme statutarie.
In proposito, si fa presente di non essere stati, al momento, investiti in merito ad alcuna iniziativa inerente l'operazione di fusione tra Telecom Italia e la compagnia spagnola Telefonica. Qualora dovessero verificarsi i presupposti per la concreta realizzazione di tale operazione, dopo le rispettive decisioni delle società coinvolte in ordine all'approvazione dello specifico progetto, i relativi termini saranno comunicati al Governo (solo dopo prevede la procedura); solo in tale fase, qualora dovesse verificarsi - parliamo però solo di supposizioni - il Ministero dell'economia e delle finanze potrà valutare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, se ed in quale misura esercitare i relativi poteri speciali previsti dalla normativa vigente e recepiti nello statuto di Telecom Italia Spa. C'è dunque una risposta sul fatto che esiste questo intendimento europeo di contrasto, ma lo statuto di Telecom contiene però questa serie di elementi: pertanto, il potere di golden share esiste.
Per quanto riguarda, invece, la necessità di assicurare, da parte di Telecom Italia Spa, la continuità di investimenti sulla rete, l'attività di ricerca ed il mantenimento dei livelli occupazionali, si fa presente che tali aspetti attengono a decisioni di esclusiva competenza degli azionisti, nonché, sotto il profilo più strettamente politico-istituzionale, del Ministero dello Sviluppo Economico.
Sulla questione, il Ministero dello sviluppo economico, nel confermare che le notizie diffuse dalla stampa sull'operazione di fusione tra la società Telecom e la spagnola Telefonica sono prive di fondamento, tuttavia condivide che la rete Telecom è asset strategico per l'Italia e per il suo sviluppo futuro.
L'importanza della rete di telecomunicazioni è dimostrato anche dall'impegno profuso dal Ministero dello sviluppo economico e dal Governo nel progetto banda larga «Italia a 20 megabit», che sta mettendo in moto consistenti investimenti ed è un fondamentale contributo per il consolidamento dell'industria nazionale delle telecomunicazioni.
Il Ministero dello sviluppo economico ha precisato, inoltre, di operare per il completamento del piano nazionale sulla banda larga, messo a punto per azzerare il divario digitale italiano.
In attesa delle delibere CIPE, che dovranno essere fatte, come chiedeva l'interpellante, il citato Dicastero sta mettendo in campo innovativi strumenti di finanziamento che permetteranno di aggiungere ai quasi 500 milioni di euro, oggi disponibili, quasi altrettanti per i prossimi due anni. Procedono, inoltre, gli accordi di cofinanziamento con tutte le regioni. Oltre 500 cantieri sono stati già avviati, impegnando e assegnando con gara nel corso del 2009 oltre 130 milioni di curo e prevedendo di impegnare nel 2010 ulteriori 200 milioni di euro.
Si aggiunge, infine, come sempre è stato detto dall'interpellante, che il Governo sta valutando la possibilità di promuovere uno strumento che potrebbe assumere la forma di una società ad hoc per la rete in Pag. 53fibra ottica, in grado di coinvolgere il maggior numero di operatori del settore.
Secondo il Ministero dello sviluppo economico una «società di rete» potrebbe svolgere un ruolo da protagonista nella costruzione dell'infrastruttura evoluta in fibra, di cui il Paese ha bisogno e che è fondamentale per lo sviluppo futuro, con il coinvolgimento di tutti gli operatori, a partire da Telecom, e le istituzioni, fra le quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Gentiloni Silveri ha facoltà di replicare.

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor Presidente, speravo in una risposta in più che speravo arrivasse ma nel complesso, comunque, ringrazio il sottosegretario Casero di alcuni dei chiarimenti che ha fornito.
Speravo in una risposta in più sulle famose delibere del CIPE, ma mi rendo conto che la linea del Governo su questo punto - che io non condivido - è quella di rinviare a dopo il superamento della crisi gli investimenti sulla banda larga; è un peccato, perché molti altri Paesi simili al nostro stanno investendo proprio in questo settore.
Ritengo utile, e ringrazio di questo il sottosegretario, il chiarimento che è stato fornito sull'esercizio dei poteri speciali. Se ho ben capito, nonostante la sentenza del novembre 2009 della Corte europea, in ragione dello statuto di Telecom e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 giugno 2004, che resta comunque in vigore, esistono in capo al Ministero dell'economia e delle finanze poteri speciali che si possono esercitare anche in caso di fusioni, per l'appunto, naturalmente dopo la comunicazione delle notizie e degli atti relativi.
Credo che questo chiarimento sia importante, così come la conferma sia della strategicità della rete come asse fondamentale per l'economia italiana del futuro, sia del fatto che il Governo guarda con favore l'ipotesi di una società della rete, anche se mi auguro che future occasioni di dibattito, anche in Parlamento, ci consentano di entrare più nel merito di questa prospettiva.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Brigandì - n. 2-00585)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brigandì ed altri n. 2-00585, riguardante elementi e verifiche di competenza in merito al regime fiscale applicabile ai fondi percepiti dall'associazione «Italia dei Valori».
Prendo atto che l'onorevole Brigandì rinunzia ad illustrare la sua interpellanza.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in relazione alla presente interpellanza urgente, non posso fornire alcun elemento, perché l'Agenzia delle entrate non ha ancora comunicato, pur avendone avuta richiesta, i dati necessari per una risposta compiuta.

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza e al sottosegretario Caliendo di valutare l'ipotesi di un rinvio dell'interpellanza alla prossima settimana, quando arriveranno queste informazioni, onde evitare di dover presentare nuovamente la stessa interpellanza martedì prossimo, tenendo conto anche del fatto che la stessa non è stata presentata questa settimana, ma quella precedente. Inoltre, mi riservo di produrre una memoria e della documentazione nelle giornate di lunedì o martedì della prossima settimana, perché si tratta di un'interpellanza seria alla quale occorre fornire una risposta seria.

PRESIDENTE. Il Governo concorda con la richiesta di rinvio?

Pag. 54

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, è preferibile un rinvio di almeno 15 giorni, tenuto conto anche della presentazione della memoria. Io ho riferito quanto mi è stato comunicato dal sottosegretario Molgora che doveva venire oggi. Io sono venuto al suo posto.

PRESIDENTE. Sta bene. Gli uffici del Governo e della Camera prenderanno contatti per provvedere nuovamente alla calendarizzazione dell'interpellanza dell'onorevole Brigandì.

(Iniziative di competenza in relazione all'ordinanza di rinvio a giudizio nell'ambito del procedimento contro le cosiddette «camicie verdi» - n. 2-00593)

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00593 riguardante iniziative di competenza in relazione all'ordinanza di rinvio a giudizio nell'ambito del procedimento contro le cosiddette «camicie verdi» (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, signor sottosegretario, questa è una situazione che vale la pena illustrare nella giusta ricchezza di particolari. Una mattina di settembre, davanti alla sede del partito cui ho l'onore di appartenere, arrivano cellulari della polizia ed altro per eseguire un ordine di perquisizione nella sede del partito e, in particolare, in una stanza che si presumeva (vedremo poi che questa presunzione era errata) essere in uso ad un militante della Lega Nord.
La prima questione è che, sollevate determinate eccezioni, queste furono superate nel primo pomeriggio della stessa giornata. La sede del partito della Lega Nord è molto grande e ha diverse pertinenze e diverse ubicazioni nonché un centinaio di dipendenti. Sarebbe evidente agli occhi di chiunque che stare davanti ad una porta, lasciandone libere altre tre con una situazione di tal fatta, avrebbe portato non solo all'eventuale rimozione di qualsiasi cosa potesse essere utile all'indagine, ma anche all'imbiancamento della stanza che gli agenti avrebbero dovuto verificare. Quindi, era sotto gli occhi di tutti che si stava facendo un sopruso, perché quell'attività di indagine certamente non avrebbe potuto dare - come in effetti non ha dato, ma non certo perché sia stato rimosso alcunché - alcun effetto.
Stavo, dunque, dicendo che la polizia è entrata ed è andata dinanzi all'ufficio. Ma a questo punto vorrei essere più preciso, citando le parole di una sentenza della Corte costituzionale, perché la Corte costituzionale si è occupata ex professo di questo problema: «la polizia giudiziaria, entrata nell'ufficio, perveniva ad un corridoio che portava al seminterrato e al locale da perquisire. All'ingresso di tale corridoio, su una porta a vetri chiusa a chiave, rinveniva un foglio di carta fissato con nastro adesivo, recante, come dicitura, l'indicazione dell'ufficio dell'onorevole Maroni». Quindi, in quel momento la polizia arriva davanti al luogo che riteneva dovesse essere di pertinenza del senatore Marchini, che non è più senatore e, quindi, non gode più di alcuna guarentigia e, invece, trova un foglio di carta con la dicitura «ufficio dell'onorevole Maroni».
Il procuratore della Repubblica di Verona, consultato per telefono dal funzionario procedente, confermava l'ordine di eseguire la perquisizione, ritenendo che il foglio apposto sulla porta costituisse un sotterfugio. La polizia giudiziaria entrava allora nel corridoio sul quale si affacciavano vari locali e sulla porta di uno di questi rinveniva un altro foglio di carta, con la dicitura «Lega Nord, segreteria politica, ufficio dell'onorevole Maroni». La polizia entrava in quella stanza ed effettuava la perquisizione che non aveva esito perché il locale, al di là dell'arredo, era in sostanza vuoto.
Questo significa che il procuratore della Repubblica, nonostante la chiara indicazione che quella stanza era l'ufficio di un parlamentare e contro, come vedremo meglio, il dettato dell'articolo 68 della Costituzione, Pag. 55entrava tranquillamente, sostenendo che si trattava di un sotterfugio.
La Corte costituzionale afferma che gli immobili utilizzati per le necessità di un partito sono anche naturaliter un potenziale luogo di esercizio del mandato parlamentare, al di fuori della sede delle Camere e, quindi, esiste la ragionevole probabilità, non mera possibilità, che uno o più locali di tali immobili, specie se destinati ad attività di livello nazionale o di primaria importanza, siano nella disponibilità di questo o quel parlamentare, costituendone così il domicilio.
La Corte costituzionale afferma ancora che l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione - basta leggerlo e quindi la Corte lo ricorda - dispone tra l'altro che «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare (...)». La norma intende garantire al parlamentare l'inviolabilità della sua residenza e anche gli spazi ulteriori identificabili come domicilio, e la sede di un partito ben può ospitare il domicilio di un parlamentare.
Dunque, la prerogativa in esame è lesa per il solo fatto che una perquisizione sia disposta o eseguita nel domicilio di un parlamentare, senza autorizzazione della Camera di appartenenza.
La Corte costituzionale, pertanto, ritiene che le lesioni siano state comprovate ad opera dell'autorità giudiziaria e, quindi, la prerogativa garantita dall'articolo 68, secondo comma, della Costituzione sia stata violata.
Dice ancora la Corte che l'autorità giudiziaria avrebbe dovuto sospendere l'esecuzione della perquisizione e chiedere alla Camera la necessaria autorizzazione o, in alternativa, ove avesse nutrito dubbi sull'attendibilità del contenuto dei cartelli, avrebbe potuto disporre gli accertamenti del caso e poi eventualmente procedere contro chi quei cartelli aveva collocato.
L'unica scelta - dice la Corte - sicuramente preclusa all'autorità giudiziaria era di confermare verbalmente l'ordine di eseguire la perquisizione nonostante la segnalazione, ritenendola falsa senza alcuna verifica sul punto e senza neppure trarre le conseguenze di tale falsità, e per questo motivo ha dichiarato l'esistenza del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato.
Che vuol dire? Vuole dire che in quel processo alla fine Bossi Umberto venne assolto nel merito, perché la corte d'appello di Milano disse che, essendo quello pacificamente l'ufficio di un parlamentare, Bossi Umberto aveva fatto null'altro che difendere l'ufficio di un parlamentare, ponendo quindi la scriminante a fondamento della pronuncia di assoluzione.
Il problema è questo: nel momento in cui si dice che vi è stata una legittima difesa da parte di Bossi che legittimamente era ricorso alle maniere forti per difendere il meccanismo del domicilio di un parlamentare, è evidente (secondo una logica lapalissiana) che, a fronte della legittima difesa, c'è una illegittima offesa, e lo dice la corte d'appello di Milano nell'assolvere.
Ora, se entro a casa di una persona qualunque, commetto una violazione di domicilio. Se entro a casa di un parlamentare commetto, quanto meno, violazione di domicilio. Mi pare un principio normale che i parlamentari abbiano le prerogative di tutti gli altri cittadini; quindi, non avendo osservato le guarentigie, è stata commessa una violazione di domicilio.
Inoltre, nell'entrare nel domicilio di un parlamentare - perché poi alla fine hanno picchiato Maroni e l'hanno mandato all'ospedale - c'è qualcosa in più e quel qualcosa in più potrebbe essere un attentato alla Costituzione. Capisco che la parola sia grossa in sé e per sé, ma credo che, se vi è una guarentigia specifica nella Costituzione e questa è buttata nella spazzatura, ciò vuol dire che è stato leso il domicilio di Maroni, ma anche il dettato costituzionale. Almeno c'è violazione di domicilio.
Inoltre, dice la Corte costituzionale - ed è perfettamente logico e condivisibile - che, nel momento in cui il procuratore della Repubblica dice: «vai, tanto lì c'è un falso e quel foglio lì non conta nulla», se Pag. 56è vero quello che dice il procuratore della Repubblica (e non è vero: è evidente che lo dice lui che c'è un falso), secondo un principio generale del diritto per cui non c'è disponibilità dell'azione penale, ma il dovere dell'esercizio dell'azione penale, questa avrebbe dovuto essere iniziata, quanto meno contro ignoti, nei confronti di chi avrebbe messo quell'elemento di falsità sulla porta.
Per cui, fate attenzione, potrebbe non esserci il dolo nel momento in cui uno afferma «quello è senz'altro falso, quindi entra pure» e commette una violazione di domicilio pensando di esercitare un proprio diritto il procuratore della Repubblica di Verona; ma se questo è vero, egli ha omesso gli atti del proprio ufficio, quanto meno nel non perseguire chi aveva attaccato il foglio falso, cercando così oltretutto di impedire un'attività legittima compiuta dal magistrato.
Ebbene, in questa situazione è necessario dare una risposta perché, a fronte di ciò e a fronte della decisione che ad ottobre di quest'anno ha mandato al processo di primo grado le «camicie verdi» per stabilire quanto siano terroristi, c'è stata una promozione di questo specchiatissimo magistrato, che è diventato procuratore generale di Brescia.
Allora è evidente che noi dobbiamo sapere, intanto, se la procura della Repubblica ha svolto il proprio lavoro a seguito della sentenza della Corte costituzionale, e quindi se ha iniziato un'azione penale; se il Ministro intenda proporre azione disciplinare e se, quando il magistrato in questione è stato proposto come procuratore generale di Brescia, il Consiglio superiore della magistratura abbia valutato il suo comportamento, che ormai è stato reso pubblico dalla sentenza della Corte costituzionale.
Questo elemento è molto importante ed interessante perché è evidente che una promozione a fronte di un comportamento di questo tipo, o la mancata valutazione del comportamento stesso, significa una cosa che ormai è sotto gli occhi di tutti: una certa magistratura - non mi riferisco a tutti i magistrati, infatti, noi ci togliamo il cappello davanti a quasi tutti i magistrati -, quei duecento magistrati che appartengono ad una corrente di magistratura militante fanno un'attività di guerra all'assetto dello Stato e quindi hanno una natura di carattere eversivo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nel rispondere all'onorevole Brigandì e agli altri interpellanti, mi corre l'obbligo di procedere ad alcune precisazioni. L'affermazione della responsabilità disciplinare del magistrato - così come delineata dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, recante «la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità» - è evento destinato a rimanere nell'ambito del rapporto di servizio esistente tra il magistrato-pubblico dipendente e lo Stato-datore di lavoro. Tale responsabilità, pertanto, ove accertata, dà luogo a sanzioni di carattere amministrativo, che dispiegano i propri effetti esclusivamente nell'ambito di detto rapporto.
Pur nondimeno, il ruolo che la Costituzione assegna alla giurisdizione e a coloro che di questa sono interpreti, connota la responsabilità disciplinare dei magistrati in maniera diversa rispetto alle altre categorie di dipendenti pubblici, richiedendosi che, accanto alla tutela dei diritti del singolo magistrato, venga sempre assicurata la salvaguardia del dovere di imparzialità e l'esigenza di credibilità che si collegano all'esercizio della funzione giudiziaria.
Il Ministro della Giustizia, in quanto titolare dell'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, è vigile del buon andamento e del prestigio dell'ordine giudiziario e, con il promuovere l'azione disciplinare nei confronti del magistrato, dà inizio ad un giudizio di responsabilità, che si svolge secondo un modulo giurisdizionale aperto al contraddittorio, Pag. 57ma anche scandito da limiti rigorosi e termini di legge. Tra questi il disposto dell'articolo 15, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 109 del 2006, inserito dall'articolo 1, comma 3, della legge n. 269 del 2006, secondo il quale «non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto», con conseguente preclusione di qualsivoglia valutazione disciplinare da parte dei titolari dell'azione disciplinare e conseguentemente da parte del Ministro Guardasigilli.
Dico ciò per chiarire i limiti dell'auspicato intervento ministeriale e perché ritengo che il richiamo al contenuto del predetto decreto legislativo risulti assorbente ai fini della valutazione della condotta del dottor Papalia: il comportamento di quest'ultimo, infatti, è datato settembre 1996 e, in ragione della maturata prescrizione decennale, risulta oggi insuscettibile di valutazione disciplinare per espresso divieto di legge, sia da parte del Ministro della giustizia, sia da parte del Procuratore generale della Corte di cassazione.
Ciò posto è tuttavia opportuno segnalare che il comportamento del dottor Papalia, ancor prima dello spirare dei termini di preclusione di cui al comma 1-bis dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 109 del 2006, è stato oggetto di pronuncia con sentenza n. 58 del 2004 della Corte costituzionale, che ha citato anche l'onorevole Brigandì.
Non mi dilungherò in questa sede sul contenuto della decisione della Corte, ben conosciuto dagli onorevoli interpellanti, ma mi limiterò ad evidenziare che soltanto con la sentenza del più alto giudice delle norme, e a ben otto anni di distanza dal fatto contestato al dottor Papalia, è stata riconosciuta al parlamentare «l'inviolabilità della sua residenza ed anche di spazi ulteriori (...), in vista della tutela dell'interesse del Parlamento al pieno dispiegamento della propria autonomia, che si esplica rispetto agli altri poteri dello Stato, anche nel libero esercizio del mandato parlamentare», ed è stata quindi ipotizzata l'illegittimità, per il futuro, di qualsivoglia comportamento violativo della garanzia costituzionalmente riconosciuta.
Ad ogni buon conto, giova evidenziare che, anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 109 del 2006, nel giudizio di responsabilità del magistrato trovava applicazione il principio consolidato della Corte di cassazione secondo cui «le incolpazioni che ineriscono a provvedimenti emanati nell'esercizio delle funzioni non devono trasferire, sul piano del procedimento disciplinare, il sindacato sull'applicazione dei corretti principi giuridici, bensì cogliere la più peculiare manifestazione della condotta del magistrato che, indipendentemente dalle soluzioni raggiunte, dimostri di essersi mosso con grave negligenza e superficialità o comunque in modo arbitrario».
A riprova di quanto detto, segnalo infatti che, secondo le informazioni comunicate dalla procura generale presso la corte di appello di Trento, competente ex articolo 11 del codice di procedura penale sui fatti commessi nel distretto veneto, a carico del dottor Papalia non risultano procedimenti penali per i fatti oggetto della presente interpellanza.
Quanto, infine, al conferimento dell'incarico di procuratore generale presso la corte di appello di Brescia, faccio presente che il concerto per la predetta nomina è stato concesso dal Ministro non solo al dottor Papalia, ma anche ad altro magistrato concorrente per il medesimo incarico. Il concerto è intervenuto all'esito del previsto accertamento attestante, per entrambi i magistrati, la mancanza di procedimenti ostativi al conferimento dell'incarico in questione ed è stato, quindi, trasmesso al Consiglio superiore della magistratura per le determinazioni finali di sua esclusiva competenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ringrazio il senatore Caliendo e mi dichiaro parzialmente soddisfatto della risposta che mi ha dato.
Abbiamo due dati certi. Il primo è che la Corte costituzionale accerta un qualche Pag. 58reato e una qualche irregolarità, ma la magistratura nel modo più assoluto non procede. Si tratta di quella magistratura così solerte da procedere nei confronti di chi gira con una camicia verde che ha comprato su una bancarella. Poiché stiamo parlando di questo aspetto, è come gli operai della FIAT che comprano le macchine con lo sconto. I magistrati - e ne abbiamo degli esempi in quest'Aula - una volta imputati dai colleghi, alla faccia del conflitto di interessi, vengono automaticamente e quasi sempre assolti, a meno che non la facciano in modo talmente grande e spudorato per cui non si possono assolvere. Questa è la verità.
Il soggetto in questione ha commesso quanto meno violazione di domicilio e la procura della Repubblica, che aveva l'onere di iniziare l'azione penale, non l'ha fatto e questo è un dato oggettivo.
Questo fatto è notorio e lo sanno tutti, ma non è stato notato, e guarda caso da chi? Dal Consiglio superiore della magistratura, ovvero da un organismo che, in realtà, è un parlamentino, è diviso per correnti, assegna gli uffici direttivi a seconda di una divisione per la quale l'onorevole Cencelli è una mammoletta.
Evidentemente, il Consiglio superiore della magistratura assegna gli uffici direttivi facendo finta di non sapere che questo magistrato ha posto in essere dei fatti di reato. Chi pone in essere dei fatti di reato delinque e, quindi, è delinquente (participio presente).
In ordine all'altro aspetto di cui sono parzialmente soddisfatto, è che io ho chiesto cozze e lei ha risposto lanterne. Ciò significa che, quando chiedo se c'è un meccanismo di sanzione disciplinare, che ci sia una prescrizione è un dato oggettivo e questo lo sapevo anch'io. Il problema, però, è che questa è l'Aula della Camera dove normalmente si fa politica. Quindi, mi sarei aspettato da codesto Ministero una valutazione politica del comportamento. Il Ministero mi dica: «Ha fatto bene Papalia, è un eroe della patria e doveva anche spaccare la faccia all'onorevole Maroni dopo che gli ha rotto quasi l'osso del collo ed è andato a finire all'ospedale». Questa è una posizione politica.
L'altra posizione: vista la sentenza della Corte costituzionale, forse Papalia non si è comportato come un gentiluomo e forse neanche come una persona rispettosa della legge. Ciò nonostante, non si può fare nulla perché è prescritto. Lei, senatore e sottosegretario, si è limitato a spiegarmi che c'è una sentenza (ma l'ho detto anche io nella mia interpellanza, quindi non avevo bisogno che me lo spiegasse) e che c'è una prescrizione. Siccome sono andato anche io a scuola - certo con meno autorevolezza di altri - lo sapevo. Quindi, una presa di posizione politica sul merito sarebbe stata gradita.

(Iniziative di carattere ispettivo in merito ad un'indagine della procura di Ravenna relativa alla formazione della lista della Lega Nord Romagna, presentata per le elezioni amministrative del giugno 2009 del comune di Sant'Agata sul Santerno (Ravenna) - n. 2-00607)

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00607, concernente iniziative di carattere ispettivo in merito ad un'indagine della procura di Ravenna relativa alla formazione della lista della Lega Nord Romagna, presentata per le elezioni amministrative del giugno 2009 del comune di Sant'Agata sul Santerno (Ravenna) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, cercherò di essere sintetico, ma ritengo necessario che questa interpellanza vada spiegata nel dettaglio, anche se in un'Aula vuota. Riguarda un caso che è già stato accennato, sia dal sottoscritto, sia dal collega Albonetti, la settimana scorsa, che a mio avviso è di una gravità assoluta in un sistema democratico, che deve attestare le ipotesi di reato, ma anche garantire una certa ponderatezza e congruità dei mezzi che vengono utilizzati allo scopo delle indagini. Pag. 59
Tralascio tutta una serie di premesse che sono già citate nel testo dell'interpellanza per far presente che, in sostanza, siamo in presenza di un'indagine istruttoria da parte della procura di Ravenna. A quanto risulta dalle informazioni riferite dalla stampa e negli ultimi giorni reperite anche direttamente dalle persone indagate e dai loro legali, si configura un'ipotesi di reato prevista nel Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, che riguarda appunto le false attestazioni e le false promozioni di liste. Il tutto sembra vertere su quattro firme, su un totale di trentacinque, che parrebbero non essere conformi alle norme previste per la formazione e la sottoscrizione delle liste. Per quattro firme - questa è una risultanza ormai evidente - la procura di Ravenna pare avere impiegato venti uomini per otto mesi, aver sottoposto ad interrogatori, prima come persone informate dei fatti, poi addirittura come imputati, tutti i sottoscrittori della lista, ponendo sotto intercettazione sia ambientale che telefonica un numero non ben precisato di persone (che pare abbia portato alla produzione di oltre cinquecento pagine di trascrizione di intercettazioni telefoniche ed ambientali) ed effettuando una perquisizione alle 6,30 della mattina a casa di privati cittadini per acquisire copie di liste, che tranquillamente si potevano acquisire con la semplice richiesta sia dal comune sia dalla commissione elettorale circondariale, sia anche dalla segreteria della Lega Nord, che non è mai stata interpellata e coinvolta sul tema. Si è cercato, a mio avviso, di fare del vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti dei sottoscrittori di questa lista.
Vi sono rilievi che mi ricordano tanto certe situazioni del passato, che nessuno vorrebbe più rivivere. Abbiamo contezza del fatto che, durante la fase istruttoria delle indagini, ci sono stati interrogatori nei confronti delle persone informate dei fatti, non di persone indagate - ma anche se fossero stati effettuati nei confronti di persone indagate sarebbe stato grave lo stesso - e non solo gli è stato chiesto di riconoscere o meno la firma, ma l'orientamento politico e di voto.
Signor Presidente, capisce che qui siamo veramente sul confine del lecito e della tutela di un diritto costituzionale fondamentale, quello della libertà di espressione del proprio voto e del proprio pensiero politico.
Al di là di quelle che sono le naturali - nessuno qui le viene a sindacare - funzioni dell'ordinamento giudiziario nello svolgere indagini, se qualcuno ha compiuto degli errori o dei reati, noi riteniamo che si sia andati ben oltre il lecito e si sia agito nella fase istruttoria con un utilizzo spropositato e abnorme di uomini e mezzi, che potevano essere tranquillamente impiegati in altra maniera per contrastare su quel territorio, ma non solo su quello, la criminalità, che, purtroppo, i numeri ci dicono in forte crescita.
Chiedo al Governo se intenda acquisire gli elementi per aprire un'istruttoria su questi fatti, non tanto (questo nessuno se lo pone come obiettivo, tanto meno la Lega) per andare a sindacare sulla libertà e sull'obbligatorietà dell'azione penale da parte della magistratura, visto che mi risulta esserci una querela di parte sul tema, ma per indagare sull'utilizzo, ripeto, abnorme e spropositato, veramente inusuale, di mezzi, e se intenda, inoltre, nell'istruttoria, valutare anche un dato che, secondo noi, è molto delicato, cioè quello di un'eccessiva vicinanza o amicizia fra il querelante e uno degli uomini incaricati delle indagini, che pare essere particolarmente attivo nelle fasi di interrogatorio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con l'atto di sindacato ispettivo in discussione vengono riferite anomalie riscontrate nella perquisizione effettuata il 26 gennaio ultimo scorso dal comando provinciale dei Pag. 60carabinieri di Ravenna, su ordine del sostituto procuratore dottor Daniele Barberini, presso le abitazioni ed altri locali nella disponibilità di sottoscrittori della lista Lega Nord Romagna, presentata per le elezioni amministrative del giugno 2009.
In particolare, oltre a contestare le modalità di svolgimento della perquisizione, gli interroganti deducono la sussistenza di irregolarità riguardanti anche il relativo procedimento penale aperto presso la procura di Ravenna, che, stando alle notizie di stampa, sarebbe peraltro pendente per l'ipotesi di reato di cui al comma 2 dell'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, depenalizzata con legge n. 61 del 2004, su cui sarebbe successivamente intervenuta la Corte costituzionale con sentenza n. 394 del 2006.
Si chiede, pertanto, se, per tali fatti, il Ministro della giustizia intenda avviare iniziative di carattere ispettivo ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di sua competenza. Al riguardo, si segnala che, alla luce di tali rilievi formulati dagli interroganti, le competenti articolazioni ministeriali hanno avviato l'istruttoria necessaria per acquisire i dati informativi indispensabili per ricostruire compiutamente la vicenda processuale.
Dagli elementi sino ad ora pervenuti risulta che il procedimento penale a cui si riferisce l'interpellanza, in relazione al quale la procura della Repubblica di Ravenna non ha, allo stato, precisato quale sia il titolo di reato contestato agli indagati, ha avuto origine da un esposto di alcuni privati cittadini del comune di Sant'Agata sul Santerno, nel quale si rappresentava la possibile falsità di alcune sottoscrizioni presenti nelle liste elettorali della Lega Nord relative alle elezioni amministrative del comune di Sant'Agata sul Santerno del 6 e 7 giugno 2009.
Sempre in tale esposto, con riferimento ad altre sottoscrizioni, si sosteneva che la firma non era stata apposta innanzi al pubblico ufficiale, contrariamente a quanto lo stesso aveva attestato. A seguito dell'esposto, la procura di Ravenna delegava delle indagini alla sezione polizia giudiziaria della procura di Ravenna e al nucleo operativo della compagnia dei carabinieri di Lugo.
La polizia giudiziaria ha pertanto sentito le persone che figuravano quali sottoscrittori delle liste in ordine alla autenticità delle firme ed alle modalità di apposizione delle stesse. All'esito dell'esame di questi testi, la polizia giudiziaria ha rappresentato la necessità di procedere alla perquisizione di alcuni indagati al fine di rinvenire eventuale documentazione che consentisse di accertare l'attività svolta da tali indagati in relazione alle modalità di apposizione di alcune firme e di falsificazione di altre nella lista elettorale.
A seguito di ciò, in data 21 gennaio 2010 è stato emesso un decreto di perquisizione nei confronti di tre indagati per ricercare e sequestrare la documentazione sopra indicata, poi eseguito il successivo 26 gennaio, alle ore 7 del mattino, alla presenza di quattro operanti.
Ciò premesso, deve precisarsi che attualmente le competenti articolazioni ministeriali stanno ancora procedendo all'istruttoria. Una volta che la stessa sarà terminata, le sue risultanze saranno oggetto di attento vaglio e, compiute le necessarie valutazioni, il Ministro potrà assumere ogni determinazione di sua competenza e valutare, altresì, l'eventualità di disporre, per il tramite del competente Ispettorato generale, accertamenti preliminari.

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di replicare.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, sono pienamente soddisfatto della risposta, perché è chiaro che a questo punto vi sono elementi che lasciano perplessi anche gli uffici del Ministero per quanto riguarda questa vicenda. Ringrazio per la puntualità delle informazioni acquisite, nonostante il poco tempo che il Ministero aveva. Prendo atto che l'ipotesi di reato non è ancora configurata da parte della procura e, quindi, ci sono a maggior ragione molti più dubbi sull'utilizzo - lo ripeto - per otto mesi di venti persone e Pag. 61di mezzi di intercettazione ambientale per capire se quattro firme sono vere o false.
Di questi casi, purtroppo, in questo Paese negli ultimi anni se ne sono verificati tanti, incongruenze, alcune firme che potevano essere false, qualcuno che ha firmato una cosa mentre pensava di averne firmata un'altra; oppure ha firmato davanti ad una persona, ma questa non la conosceva come ufficiale incaricato dell'autentica e, magari, non si è ricordato, una volta interpellato dall'autorità giudiziaria, se quella era presente o meno. Comunque sia, si tratta di casi che potrebbero configurare un'ipotesi di reato, che, come lei ha giustamente ricordato, è stato depenalizzato con voto unanime con la legge n. 61 del 2004 (poi la Corte costituzionale è intervenuta in parte su questa norma). Quindi, si tratta di un reato che non crea sicuramente allarme sociale. Certamente è un reato e, se qualcuno lo ha commesso, va perseguito.
Tuttavia, non ricordo obiettivamente un dispiegamento di forze così nemmeno per i fatti più atroci che la provincia di Ravenna ha vissuto negli ultimi anni. Quindi, c'è qualcosa che veramente rimane sospetta, lo si lasci dire. È chiaro che un punto su cui attenderò con impazienza la definizione degli elementi dell'istruttoria, che ringrazio il Ministero di aver avviato in maniera così rapida, è l'amicizia e la contiguità tra uno dei querelanti e uno dei personaggi più attivi nelle indagini svolte sulla vicenda dal PM incaricato Daniele Barberini, ai quali non muoviamo nessun tipo di rilievo, che invece muoviamo sulle modalità operative delle persone che sono state incaricate delle indagini.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 8 febbraio 2010, alle 15:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa (3097-A).
- Relatori: Stefani, per la III Commissione; Cirielli, per la IV Commissione.

2. - Discussione dei progetti di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese concernente la mutua assistenza in materia penale, fatto a Roma il 28 ottobre 1998 (2934-A).
- Relatore: Pianetta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, fatto a Roma il 31 ottobre 2006 (2935-A).
e dell'abbinata proposta di legge: NICCO ed altri (1608).
- Relatore: Narducci.

S. 1828 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno di Norvegia, per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Oslo il 16 giugno 2004 (Approvato dal Senato) (3071).
- Relatore: Pini. Pag. 62
S. 1829 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002 (Approvato dal Senato) (3072).
- Relatore: Pini.

S. 1830 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova sulla collaborazione nel settore del turismo, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (Approvato dal Senato) (3073).
- Relatore: Barbi.

3. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BRANDOLINI ed altri; RAINIERI ed altri: Disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma (975-2513-A).
- Relatore: Beccalossi.

La seduta termina alle 15,50.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3084-A - voto finale 502 502 252 502 50 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.