XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 250 di giovedì 19 novembre 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,10.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 13 novembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brancher, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Consolo, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, De Biasi, Donadi, Fitto, Franceschini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Migliori, Molgora, Mussolini, Nucara, Pescante, Roccella, Ronchi, Rotondi, Scajola, Stefani, Stucchi, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,13).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo brevemente, perché credo sia doveroso sollevare qui in Aula una questione che purtroppo non è legata ad un caso singolo, che pure di per sé è drammatico perché è l'ennesimo.
Signor Presidente, mi riferisco alla notizia della morte suicida in un carcere minorile di Firenze di un ragazzo di 17 anni marocchino, che era stato arrestato il 3 agosto 2009, quindi tre mesi fa, e che dopo tre mesi in attesa di giudizio - e anche di processo ovviamente - si è tolto la vita in carcere, si è suicidato.
Quando parliamo di giustizia ci riferiamo a tutte le problematiche che ruotano intorno all'esigenza che vi sia giustizia, anche rapida, nei confronti di chi è coinvolto in questioni giudiziarie. Si tratta di un problema che però ne pone sicuramente anche tanti altri: il tema della carcerazione preventiva, di come vengono seguiti i detenuti, in particolare quelli più fragili e deboli, nelle carceri, siano esse minorili o per adulti.
Questo ragazzo era stato arrestato per il tentato furto di un orologio in un negozio, se non erro. Lo segnalo perché credo abbia un certo rilievo: una delle ragioni per le quali questo ragazzo è stato condotto e tenuto in un carcere, ancorché minorile, viene giustificata dal direttore del carcere minorile Cerruto con la frase, almeno quella che riportano i giornali: non volevamo lasciarlo per strada. Se si conoscesse la situazione delle carceri, a prescindere da quello che significa per un ragazzo o per soggetti deboli finire in un carcere magari incensurati e per un reato tutto sommato non di straordinaria rilevanza, forse probabilmente ci si renderebbe conto che è molto meglio lasciarli Pag. 2per strada piuttosto che condurli in un carcere dove inevitabilmente arriva la morte.
Il garante dei diritti dei detenuti di Firenze, Franco Corleone, che tra l'altro è un nostro ex collega, ha dichiarato che un italiano non sarebbe mai finito in carcere per un tentato furto, mentre la misura detentiva è sempre più utilizzata per soggetti deboli e per quelli più esposti della società. Ovviamente non intendo fare considerazioni politiche, perché non è questo il momento. Però questo è il sessantacinquesimo suicidio che si realizza e che viene compiuto nelle carceri italiane nel 2009. E a questo aggiungiamo casi che non sono suicidi, ma non per questo sono meno gravi, pensiamo all'ultimo caso del giovane Stefano Cucchi, sul quale ovviamente aspettiamo giustizia e sul quale la magistratura sta operando ancora in queste ore.
Sappiamo però che difficilmente si potrà dimostrare che non abbia subito delle lesioni e delle percosse. Si tratta di una vicenda che, come sappiano, l'ha condotto poi alla morte. Se noi guardiamo alla situazione drammatica che vivono le carceri di oggi, ci rendiamo conto che probabilmente una iniziativa, che non può essere solo ed esclusivamente finalizzata al sistema carcerario ma che deve avere possibilmente un po' più di lungimiranza, sia ormai irrinunciabile.
La collega Bernardini, che peraltro ha iniziato uno sciopero della fame su questo tema, ha presentato una mozione, che credo sia stata firmata da molti colleghi sia della maggioranza che dell'opposizione, proprio affinché sia affrontato rapidamente il tema del sistema carcerario.
Voglio semplicemente chiedere un intervento non necessariamente immediato del Ministro Alfano sulla situazione delle carceri, per sapere soprattutto come si intende procedere per fare in modo che episodi di questo genere non si verifichino più e perché ci sia una particolare attenzione e vigilanza su quello che accade nelle carceri.
Credo che quando, spero presto, affronteremo la mozione firmata da parlamentari in modo trasversale possa essere quella l'occasione per il Ministro della giustizia per darci qualche linea in più su come intende intervenire il Governo; mi auguro che non sia soltanto una replica di alcune risposte, a mio avviso assolutamente inadeguate, che sono state date in questi mesi, che indicavano l'aumento del numero delle carceri.
Questo caso, ho concluso e la ringrazio signor Presidente, dimostra che purtroppo il tema dell'esigenza di costruire altre carceri non solo non è risolutivo per questioni e casi drammatici come quello che abbiamo visto, ma probabilmente non è neanche adeguato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie onorevole Giachetti per aver richiamato l'attenzione della Camera su questa drammatica situazione.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, intanto mi associo a quanto ha detto ora il collega Giachetti, sono cose apprezzabili e giuste. Io però vorrei fare anche un pochino di storia e dire che sono anni che noi abbiamo un primato assai triste in quanto a suicidi in carcere, non sono cose di oggi. Purtroppo abbiamo una storia talmente indecente che siamo al di sotto, pensate, delle famigerate carceri turche; un tempo si usava dire che il carcere turco fosse una sorta di inferno.
Possiamo fare molte cose, però intanto è importante dire che noi stiamo usando il carcere come un cassonetto indifferenziato. Noi stiamo attenti a distinguere carta, plastica e altro, e invece usiamo il carcere per tutto. Abbiamo promesso da anni di depenalizzare, abbiamo promesso da anni le pene alternative, invece il carcere è il cassonetto per ogni cosa.
Allora accade, questo va detto alto e forte, che in carcere siano finiti coloro che un tempo erano in manicomio, quindi Pag. 3quella legge che avrebbe dovuto affrancarci da uno strumento barbarico in realtà si è tradotta in pratica nel carcere come sostituto. In carcere ci sono drogati, ci sono malati di mente, tutte persone che credo avrebbero il diritto di stare altrove, ovvero di essere curate e assistite.
Quindi i suicidi non dipendono dal singolo carcere o dalla malvagità interna al carcere, dipendono da una serie di cose strutturali. Cosa chiedo a tutti noi? Anche uno sforzo intellettuale, nel senso che noi, quando siamo a quel punto perché spesso neanche ci siamo, siamo rimasti fermi a Beccaria. Non c'è mai più stato un ragionamento approfondito sul significato del carcere e su cosa possiamo fare per allontanare quei soggetti che sono oggettivamente pericolosi, creando invece forme di pene alternative e rieducative per la maggioranza, perché i casi di soggetti realmente pericolosi per la società sono statisticamente assai bassi.
Pertanto, al di là delle contrapposizioni anche logiche fra schieramenti, chiedo uno sforzo intellettuale: andiamo a ragionarci sopra, è possibile che siamo fermi al Settecento e talora neanche ci siamo? Credo che al legislatore sia utile, per l'appunto, un grande sforzo culturale, intellettuale, filosofico e giuridico.

AUGUSTO DI STANISLAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, intervengo in ordine ad alcune riflessioni svolte dal collega Giachetti e dal collega del Popolo della Libertà sulle quali in qualche modo mi ritrovo perché le mie visite al carcere di Teramo, tristemente famoso negli ultimi tempi, confermano quanto affermato da loro, ma c'è un elemento in più di riflessione.
Se è vero che le carceri sono dei contenitori indistinti di contraddizioni, di vite spezzate, è anche vero che il Governo non si preoccupa minimamente di mettere in campo un modello rieducativo che abbia il peso e il senso di questa parola.
Il dato è che mettere insieme tante contraddizioni fa diventare le carceri una realtà esplosiva ed evidentemente una proposta di carattere immobiliare, nel senso di costruire altre carceri, se non vi è un modello di recupero e di rieducazione, non serve assolutamente a nulla.
Nel carcere di Teramo, ad esempio, vi sono sessanta sieropositivi ai quali non si riesce a dare risposte, che convivono con altre persone, anche con bambini di uno o due anni che stanno con le madri fino a tre anni di età.
Se le carceri non sono propriamente un contenitore simile al manicomio vecchia maniera (quello prima della legge Basaglia), sicuramente rappresentano un coacervo non solo delle contraddizioni di questa nostra civiltà, di questa nostra nazione, di questo Stato, ma rappresentano anche la contraddizione di chi non vuole entrare nel merito e assumere finalmente dei provvedimenti che forniscano delle soluzioni.
Tutto il lavoro che viene svolto sul piano della rieducazione, della prevenzione, del recupero, infatti, non viene assolutamente messo in campo all'interno delle carceri. Quindi credo che bisogna domandarsi se ci sia una possibilità, un percorso da istruire e penso che la risposta debba andare in tal senso e che sia necessario sollecitare il Governo in questo modo.
Altre soluzioni non ci sono perché non c'è alcuna possibilità di creare ambienti separati e diversi. Io ho visto che a Teramo, ad esempio, in una camerata di dieci metri per due i detenuti fanno i colloqui tutti insieme, senza - non parlo di privacy - la possibilità di poter guardare negli occhi i propri cari, i propri congiunti ed è evidente che così il carcere diventa una polveriera.
Rispetto a questo, occorre che qualcuno fornisca delle contromisure in termini positivi e propositivi che diano il senso alla cifra della civiltà del nostro Stato e della nostra nazione. Credo che il Ministro se ne debba far carico prima ancora di mettere in campo delle nuove opzioni, che sono le costruzioni di nuove Pag. 4carceri: se non c'è un modello rieducativo, è evidente che c'è un vulnus in partenza e che qualcuno se ne deve far carico.
Io ho chiesto che vi sia una Commissione di inchiesta parlamentare sulle carceri perché Teramo è la punta dell'iceberg della situazione nazionale.
Vorrei tanto che il Ministro venisse a visitare quel carcere in una mezza giornata per capire che quel carcere, che era un modello e in cui si sono spesi tantissimi miliardi, evidentemente rappresenta la punta di contraddizione di questa nostra nazione, che finalmente va affrontata in termini programmatici, pianificatori, ma anche utilizzando un modello, per far capire che siamo in linea non con i dettami europei, ma con la nostra storia e la nostra cultura che è tutta italiana e che è stata di insegnamento a tanti altri nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intervengo brevemente perché, pur condividendo alcune affermazioni che sono state svolte dai colleghi, non ci sentiamo, però, di accodarci in termini di buonismo e un po' di - perdonate il termine - pressappochismo dell'analisi che viene fatta.
Il problema delle carceri è complesso, vi è un problema di sovraffollamento e ai problemi di sovraffollamento si risponde, come sta facendo giustamente il nostro Governo, dando delle nuove strutture, costruendo anche nuove carceri.
Se ci sono altri problemi questi vanno affrontati, ma non va fatta di tutta l'erba un fascio, trattandoli con posizioni che sono veramente di buonismo esagerato. Non vorrei che questo fosse prodromico ad altri provvedimenti a cui il nostro movimento si è sempre opposto con forza perché i problemi delle carceri non si risolvono con gli indulti, con le scarcerazioni, ma si risolvono pensando, come sta facendo questo Governo, ad un sistema carcerario più efficiente di quello che abbiamo ereditato.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1784 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (Approvato dal Senato) (A.C. 2897) (ore 9,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Ricordo che nella seduta di ieri è stata votata la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti ed articoli aggiuntivi dell'articolo unico e si è svolto l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2897)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, il decreto-legge è un provvedimento sbagliato nella forma e nella sostanza e produrrà effetti negativi per i cittadini. In particolare, l'articolo 15 contiene disposizioni sui servizi pubblici locali che provocheranno danni seri alle comunità e agli enti locali. Si tratta di disposizioni che costituiscono un vero e proprio colpo di mano contro le autonomie e contro l'organizzazione federale dello Stato. Pag. 5
Il decreto-legge dimostra che quando il Governo passa dalle chiacchiere ai fatti concreti, emerge con forza la visione centralista e autoritaria. Inoltre, le forze, come la Lega Nord, che a parole e nei programmi sono federaliste, vanno in difficoltà, protestano un po', magari presentano qualche ordine del giorno, ma poi, come abbiamo già visto accadere in altre occasioni, chinano la testa, si adeguano e soccombono proprio quando si tratta di federalismo e di poteri dei comuni e delle province.
Tre sono le ragioni principali della nostra opposizione e del nostro voto contrario. Innanzitutto, l'articolo 15 stabilisce di privatizzare la gestione del servizio idrico integrato attraverso procedure che favoriranno gli interessi degli operatori privati a scapito degli interessi pubblici.
In particolare, vengono penalizzati alcuni interessi pubblici ben definiti: l'interesse pubblico di garantire l'universalità del servizio, la trasparenza e l'equità delle tariffe; l'interesse pubblico ad avere un servizio erogato senza interruzioni o sprechi e con efficienza; l'interesse pubblico che il servizio sia erogato seguendo l'evoluzione industriale e tecnologica attraverso interventi e investimenti che ne mantengano elevata la qualità.
Questi interessi pubblici si tutelano con adeguate norme di regolazione e controllo dei mercati, soprattutto in ambiti come quello dell'acqua, dove ci sono situazioni consolidate di monopolio. Gli interessi pubblici si tutelano anche con un'autorità di regolazione indipendente.
Invece, il decreto-legge va nella direzione opposta ed elimina le competenze della Commissione nazionale per la vigilanza delle risorse idriche sul parere preventivo per le concessioni e gli affidamenti in house.
Infine, gli interessi pubblici si tutelano assegnando un ruolo importante di programmazione e di controllo agli enti locali che hanno dimostrato, in larga parte del Paese, di avere capacità e competenze.
In modo immotivato il decreto-legge sceglie la strada della gestione privata del sistema idrico integrato. La realtà e l'esperienza di questi anni, però, ci dicono che le gestioni pubbliche del servizio idrico hanno conseguito risultati molto positivi: 58 ambiti acquedottistici territoriali ottimali (gli ATO) su 114, introdotti dalla legge Galli n. 36 del 1994 (ovvero il 51 per cento del totale), hanno gestioni pubbliche; 47 di queste 58 gestioni riguardano l'Italia settentrionale. La stragrande maggioranza di queste sono esempi di buona gestione con livelli di efficienza elevatissimi e di gran lunga superiori a molti ATO che hanno gestioni con soci privati. Questi, infatti, hanno bilanci attivi, investimenti e interventi di manutenzione costanti, impianti di depurazione che funzionano, qualità ottima del prodotto e tariffe contenute.
Questi fatti incontestabili dimostrano che non è la gestione privata di per sé a risolvere le inefficienze e dimostrano anche che le gestioni pubbliche, se bene amministrate, possono raggiungere ottimi risultati.
Il secondo argomento è che il decreto-legge contiene delle deroghe ed esclude dalla privatizzazione alcuni settori: la distribuzione del gas e il trasporto regionale. In pratica, il Governo salva le aziende statali pubbliche (ENI, Italgas e Trenitalia) e impone la privatizzazione alle aziende dei comuni.
Dopo la presa in giro dell'ICI sulle abitazioni principali - che, è bene ricordare sempre non è stata restituita ai comuni - i comuni, soprattutto quelli virtuosi e amministrati meglio, perdono un'altra funzione e vedono una riduzione del loro ruolo.
Il decreto-legge prevede la privatizzazione delle società quotate in borsa, derogando all'obbligo della gara. Infatti, la partecipazione pubblica nelle società quotate dovrà ridursi progressivamente fino ad una quota non superiore al 30 per cento, anche attraverso forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali.
In pratica, si introduce la possibilità di privatizzare senza concorrenza e senza prima liberalizzare. I privati potranno comprare quote di società che hanno concessioni Pag. 6di servizi pubblici locali e in questo modo le concessioni non verranno messe in gara e verranno trasferite ai nuovi acquirenti. La privatizzazione così si svolge senza gara e senza autorità di garanzia per i cittadini.
La norma è evidentemente a vantaggio dei privati che vogliono comprare e a danno dei comuni che devono vendere senza utilizzare strumenti di concorrenza e di controllo.
Infine, esistono due questioni di forma che rendono inaccettabile il provvedimento. In primo luogo, il decreto-legge si occupa di questioni che non c'entrano nulla con il titolo e con l'oggetto della norma (obblighi comunitari) e che non hanno alcun presupposto di straordinaria necessità ed urgenza.
È il caso delle disposizioni sulle concessioni autostradali, sull'Expo 2015 a Milano, sull'etichettatura dei prodotti del made in Italy e sul commercio di medicinali. Queste materie non hanno i requisiti né per essere contenute in un provvedimento sugli obblighi comunitari, né per essere normate con lo strumento del decreto-legge. In secondo luogo, il Governo ha aggravato la situazione decidendo di porre la questione di fiducia, impedendo così di fatto alla Camera di svolgere la propria funzione. Colleghi della maggioranza e della Lega Nord, è evidente che la fiducia - anche l'andamento dei lavori di ieri sugli ordini del giorno lo dimostra - non è stata posta per l'ostruzionismo del Partito Democratico, ma per impedire di introdurre modifiche significative che anche alcuni parlamentari della maggioranza ritengono necessarie. Per questi motivi di sostanza e di forma, voteremo contro il decreto-legge e continueremo a batterci perché la materia dei servizi pubblici locali venga affrontata con un testo unico specifico, che istituisca un'autorità di regolazione indipendente che rispetti e valorizzi il ruolo e le funzioni delle autonomie locali, dei comuni, delle province e delle regioni, mettendole in condizione di poter scegliere le forme migliori di gestione dei servizi pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 135 del 2009 è l'ennesimo decreto-legge omnibus su cui il Governo ha posto la questione di fiducia. Nel passaggio al Senato ha visto aggiungersi ben tredici articoli rispetto ai ventuno originari. Così, ancora una volta, si è sottoposto all'esame della Camera un testo che comprende un complesso di norme non più finalizzate soltanto agli obblighi comunitari, ma eterogenee e in molti casi prive dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, come richiesto dall'articolo 77 della Costituzione, che questo Governo continua a violare, come se si trattasse non di un vincolo preciso di legge, ma di una norma superabile a propria e totale discrezione. Il Governo ha giustificato il ricorso alla fiducia sostenendo che i tempi a disposizione erano ridotti e si rischiava la decadenza del decreto-legge. Non è vero: i tempi per la discussione e approvazione erano assolutamente sufficienti. In realtà, si è voluto ancora una volta evitare il confronto in Aula, forse temendo che su alcuni articoli la maggioranza non sarebbe stata compatta, impedendo così a questo ramo del Parlamento di migliorare il testo, dibattendo le proposte emendative dell'opposizione - ma alcune anche di maggioranza - in particolare quelle avanzate dal nostro gruppo. Ancora una volta, il Parlamento è stato svuotato delle sue funzioni, perché a questo Governo il confronto, tanto declamato a parole, nei fatti non interessa, anzi viene considerato un intralcio, una perdita di tempo. Così come non risponde a verità l'esigenza di rispettare precisi obblighi comunitari, come nel caso dell'articolo 15, su cui mi soffermerò, relativo alla disciplina dei servizi pubblici locali, perché la stessa sentenza europea, richiamata dal Governo durante la discussione in Commissione affari costituzionali della Camera, è stata emanata in una data successiva alla stessa emanazione del decreto-legge. Comunque, il termine che dovrebbe Pag. 7giustificare l'urgenza del decreto-legge fa riferimento ad una data di scadenza non anteriore al dicembre 2010. Inoltre, tra tutte le procedure di infrazione che riguardano le tematiche ambientali che si riferiscono al nostro Paese, non ve ne è una che faccia riferimento alla Corte di giustizia sul tema dei servizi pubblici locali che possa giustificare la necessità e l'urgenza di inserire un tema tanto complesso e delicato quale quello normato dall'articolo 15. Non sono stati affrontati temi quali quello della distribuzione del gas e dell'energia elettrica, del trasporto ferroviario regionale e della gestione delle farmacie comunali, ma il tema delle risorse idriche sì. Questo tema meritava e merita una riflessione molto più articolata, quindi vi erano tutte le motivazioni per stralciare questa questione dal tema dei servizi pubblici locali, mentre invece su questo si è voluto procedere a tutti costi.
Riguardo alla tutela e all'uso delle risorse idriche, ricordo che il decreto-legge n. 152 del 2006 stabiliva norme precise in riferimento alla proprietà da parte dello Stato e richiamava il valore della risorsa acqua, da tutelare con criteri di solidarietà, per salvaguardare i diritti delle future generazioni. La disposizione inserita nel decreto-legge in esame non consente di fare riferimento ad un quadro organico chiaro e completo per quanto riguarda le risorse idriche e non viene nemmeno definita una questione centrale in riferimento ad un'autorità indipendente, come garante dei diritti e degli interessi in gioco.
Questo è un fatto molto grave, accentuato dal fatto che si riduce il tema ad una questione di carattere eminentemente economico e concorrenziale, affidando la competenza non alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, di cui si elimina la competenza in modo assolutamente totale, ma all'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Parlare di acqua significa parlare di futuro, di quale futuro si immagina e si prevede per quella che è considerata una risorsa non infinita, che rientra a pieno titolo nella tutela delle risorse naturali, di cui abbiamo l'obbligo di preservare l'integrità, il risparmio e la tutela. Per questo, sono necessarie regole comuni e chiarezza nelle competenze istituzionali, in particolare tra Stato, regioni ed enti locali.
Per questo e per definire quale deve essere il ruolo pubblico, per definirlo equamente e una volta per tutte, abbiamo chiesto di stralciare l'articolo 15 del decreto-legge. Quella approvata è, infatti, una norma confusa, che creerà problemi al sistema istituzionale del Paese e che non definisce il quadro giuridico necessario.
È questo, infatti, e solo questo, un sistema di regolazione ben definito, che può affiancare l'idea di liberalizzazione che avete introdotto, perché la verità semplice, che non volete riconoscere, è che, in realtà, non si tratta di liberalizzazione, ma di privatizzazione. Esclusivamente di questo si tratta, come hanno ribadito le categorie audite al Senato, sociali, industriali ed economiche, con le quali alla Camera non è stato assolutamente possibile il confronto.
Nel nostro Paese vi sono differenze molto forti tra le diverse regioni in termini di tariffe e di qualità dei servizi offerti. Stiamo parlando di acqua, cioè di una parte fondamentale che attiene alla salute dei cittadini; stiamo parlando di un servizio essenziale che avrà sicuramente, con l'approvazione di questo provvedimento, un aumento di costi.
Il punto è: chi offre il servizio, con quali garanzie, con quali obiettivi, per quali finalità? Questa domanda deve precedere la definizione della natura del servizio, pubblico o privato. In realtà, si avrà un grande business di miliardi, di cui beneficeranno tre o quattro grandi gruppi economici e che vedrà l'aumento del costo del servizio ricadere sui cittadini.
Non vi siete preoccupati degli enti locali, che saranno in grave difficoltà a gestire questo passaggio e che saranno obbligati ad applicare le norme a prescindere dalla questione se abbiano gestito bene o male le risorse idriche del loro territorio. Non avete interesse a creare un quadro di regole chiaro, non vi interessa Pag. 8offrire organicità a questo settore, ma vi interessa solo favorire alcuni gruppi economici.
Questo Governo e questa maggioranza si assumono la responsabilità di avere approvato una pseudoriforma dei servizi pubblici locali, senza preoccuparsi che un'autorità indipendente possa garantire i cittadini sull'universalità dei servizi e sull'equità delle tariffe.
Il nostro dissenso e la nostra contrarietà derivano dal fatto che con questa norma l'effetto sarà di sostituire monopoli pubblici con monopoli privati, senza alcun vantaggio per gli utenti. Sulla gestione delle risorse idriche era necessario un percorso di elaborazione e valutazione privo di preclusioni ideologiche. A questo percorso il Partito Democratico era disponibile - ho finito, signor Presidente - ponendo, però, come elemento non mediabile il diritto dei cittadini e dei consumatori ad un bene, l'acqua, che va garantito.
È per questo motivo che votiamo contro ed è per questo motivo che vi richiamiamo alle vostre responsabilità su un provvedimento che non farà affatto il bene e l'interesse del Paese, ma esattamente il contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, altri si sono soffermati - io lo farò brevemente solo per ricordarlo, perché penso che sia giusto non omettere questo aspetto - sull'inopportunità del ricorso al decreto-legge operato dal Governo su questo provvedimento.
Con esso si sono introdotte norme che modificano sostanzialmente la regolazione di alcuni settori importanti nella vita del nostro Paese e non se ne è discusso. Abbiamo partecipato alla discussione nella I Commissione e la discussione di merito è sostanzialmente durata un'ora, un'ora e dieci minuti.
Capite che questo, di fatto, crea un ulteriore vulnus - siamo al ricorso, per la diciottesima volta, al voto di fiducia in Aula - per settori importanti e strategici del nostro Paese. Rilevato, quindi, questo primo aspetto, che è di ordine formale, ma che naturalmente evidenzia sotto una sostanza molto importante, e che va quindi censurato da parte nostra, vorrei soffermarmi brevemente su due punti dirimenti: la questione dell'acqua e la questione del settore autostradale.
Sulla prima gli interventi sono stati molti, importanti, numerosi, e vorrei che il Governo cercasse di ascoltare, che noi tutti ascoltassimo la voce che viene dal Paese: con molta tranquillità - su questo non vi è alcuna strumentalizzazione da parte di alcuno - sta sorgendo su tali aspetti un movimento spontaneo nel Paese. E non c'è neanche, come ho sentito dire ieri da parte di autorevoli esponenti della maggioranza, il tentativo di mistificare una realtà, perché abbiamo cercato di approfondire l'argomento, di andare sul merito, di stare sul tema; e nonostante gli emendamenti posti al Senato, quando stabiliamo che da parte di coloro i quali parteciperanno alle gare dev'essere acquisito almeno il 40 per cento della proprietà delle società che le bandiscono, è evidente che si parla di privatizzazione. Non stiamo liberalizzando, la liberalizzazione è un'altra cosa: vuol dire mettere il servizio nella disponibilità di privati, come peraltro già accade in molte parti del Paese, con la possibilità di confrontare i diversi metodi di gestione. E nel confronto, quello che accade oggi nel Paese, in moltissime parti della nostra realtà, è che il sistema idrico gestito dalla mano pubblica funziona certamente meglio di quello dei privati. Certo, vi sono alcune realtà che vanno censurate, che vanno modificate, rispetto alle quali possiamo anche mettere in concorrenza i soggetti pubblici con quelli privati, non vi è nessun problema; ma da questo a dire che buttiamo un patrimonio di esperienze, di capacità amministrative, di buona amministrazione ce ne passa.
E questo spiace vederlo realizzato da un Governo che ricomprende con un ruolo Pag. 9importante un partito che richiama il federalismo, come la Lega, come la propria matrice fondamentale, che vorrebbe che questo Paese diventasse federale in tutte le sue manifestazioni. I provvedimenti che vengono emanati da questo Governo continuamente ci richiamano invece ad una realtà diversa, ad un accentramento di poteri, o, come nel caso specifico, ad una privatizzazione di servizi pubblici.
E su questo tema, su questo sottile filo rosso che lega alcuni degli articoli contenuti nel provvedimento, mi richiamo a quanto riguarda invece il settore autostradale. Anche in questo caso, sembra si tratti di un piccolo intervento; al Senato addirittura esso è stato «stoppato», in maniera molto evidente, rispetto all'indirizzo che era stato dato con un emendamento della maggioranza, quello di chiudere sostanzialmente le società autostradali che il decreto-legge n. 296 del 2007 del Governo Prodi aveva avviato, cioè il cosiddetto federalismo autostradale. Tutto ciò è stato sventato dal Governo, ma di fatto si finisce qui; quanto è stato fatto fino adesso va bene, ma andando avanti: fine del federalismo autostradale.
Anche in questo settore, si è andati verso una privatizzazione senza controllo, e da questo punto di vista il Governo, il Paese, questo Parlamento hanno il dovere di porre alcune condizioni fondamentali, importanti nel controllo dei beni pubblici, dei monopoli pubblici, che vengono messi in qualche misura nella disponibilità del privato. Nessuno vuole tornare indietro, i concessionari devono fare il proprio lavoro, ma vi dev'essere un controllo.
Ecco perché ieri noi, tra le altre cose, con un ordine del giorno abbiamo chiesto al Governo l'impegno affinché si istituisca nel nostro Paese un'authority di controllo sul sistema autostradale: oggi esso è completamente fuori controllo, sia per quanto riguarda le tariffe, sia per quanto riguarda gli investimenti dei concessionari, sia per quanto riguarda la messa in gara delle stesse concessioni. Insomma, siamo completamente fuori controllo, e proprio per questo il Partito Democratico ha chiesto con l'ordine del giorno di ieri di andare rapidamente verso l'istituzione di un'authority su questo sistema. Tale ordine del giorno è tra quelli approvati, non accettati dal Governo, approvati dall'Aula, e il Partito Democratico presenterà su ciò un progetto di legge: mentre abbiamo bisogno di liberare dai vincoli il Paese, non possiamo privatizzare il sistema pubblico del Paese. Per questi motivi, per il fatto che sempre di più si va verso una perdita di controllo da parte del sistema pubblico e degli enti locali, noi voteremo convintamente contro l'approvazione del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Causi, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, come deputati del gruppo del Partito Democratico appartenenti alla Commissione Bilancio abbiamo chiesto di intervenire in sede di dichiarazione di voto oltre che per esprimere il nostro voto contrario al provvedimento, per dar conto di quanto è successo in sede di Commissione in relazione al medesimo provvedimento. Quanto sta accadendo in generale coinvolge un po' tutte le Commissioni, ma in particolare ci sembra preoccupante quel che è successo in sede di Commissione Bilancio. Siamo parlando di un provvedimento molto importante: il nostro Paese si sta adeguando a disposizioni comunitarie, sta adeguando il proprio ordinamento alla sentenza della Corte di giustizia, ci siamo impegnando al rispetto di obblighi comunitari.
La rilevanza del provvedimento è data dal fatto che il Governo ha ritenuto addirittura di porre su questo argomento la questione di fiducia. Ebbene, signor Presidente, voglio ricordarle che il provvedimento in esame è entrato in quest'Aula per la discussione generale lunedì mattina, Pag. 10che per martedì alle ore 15 era previsto l'inizio della discussione e delle votazioni sulle proposte emendative, pur limitate e parziali. Debbo denunciarle che la Commissione bilancio ha avviato l'esame di questo provvedimento alle ore 14 di martedì scorso, il che vuol dire un'ora prima del suo ingresso in Aula. Le chiedo se ciò sia degno del Parlamento della Repubblica italiana.
Questo esame non era scontato: il Servizio Studi aveva preparato un dossier di 76 pagine con osservazioni del tutto pertinenti. Desidero richiamarne alcune: in relazione all'articolo 17 si diceva, con riferimento al comma 5, che l'utilizzo di maggiori entrate realizzate nel corso dell'esercizio 2009 per il finanziamento di spese da sostenere nel 2010 non appariva conforme al principio dell'annualità di bilancio; potrei citare ancora l'articolo 19-ter, concernente la liberalizzazione delle rotte marittime in merito al quale il Servizio studi, con la relazione fatta propria - lo sottolineo - dal relatore, ha evidenziato che si stavano utilizzando residui che erano già impegnati per altri interventi.
Come sappiamo la Commissione Bilancio è l'unica che può condizionare l'iter di un provvedimento richiamandosi all'articolo 81, comma 4, della Carta costituzionale. Neanche il Governo è esente dal rispetto del medesimo articolo. La Commissione non l'ha fatto e, benché le risposte del Governo fossero state parziali, nel giro di mezz'ora ha chiuso il parere su un provvedimento di questa portata. C'è stato quindi un esame sommario e lacunoso, c'è stata la non volontà di farci discutere, non sono state rispettate le prerogative del Parlamento e dei singoli parlamentari.
La maggioranza avalla un disegno, quello del Governo, di svuotare completamente il Parlamento del suo ruolo. Lo ripeto solo la Commissione Bilancio avrebbe potuto incidere sul provvedimento richiamandosi al rispetto della Carta costituzionale ma si è voluta fare complice di questa pericolosa deriva che sta seguendo questo nostro Paese.
Lei mi dirà che queste sono osservazioni sul metodo seguito per il provvedimento. Molti colleghi hanno invece già formulato - altri lo faranno in seguito - differenti e molto pertinenti valutazioni di merito. Come si possa dire, ad esempio, che molti articoli non abbiano effetti sulla finanza pubblica, come è stato dichiarato in particolare riguardo all'articolo 15, concernente i servizi pubblici locali, che è in questa sede oggetto di ampia osservazione e discussione.

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, la invito a concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Il Governo conferma una volta per tutte, come del resto fece questa maggioranza di centrodestra nelle precedenti legislature, che non ha alcuna volontà di liberalizzare, ma solo la voglia di privatizzare, di sostituire monopoli misti pubblico-privati agli attuali monopoli pubblici, non certo nell'interesse del mercato, della concorrenza e dei cittadini.
Per tali motivi, il nostro voto sarà contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, il disegno di legge di conversione che stiamo per approvare alla Camera offre almeno quattro problemi di metodo. Il primo è che va salvaguardata la specificità della gestione del bene acqua, che non può essere considerato alla stregua degli altri servizi pubblici locali di rilevanza economica, ma che anzi per noi, in quanto bene per sua natura vitale ed inalienabile, non può far parte di tale categoria di servizi.
La stessa XIV Commissione nel parere afferma che l'articolo 15 non è teso ad attuare specifici obblighi giuridici discendenti da atti normativi comunitari ed osserva che questi temi avrebbero dovuto essere auspicabilmente sottoposti all'attenzione Pag. 11della Commissione ambiente. Il terzo problema è che si procede con la decretazione d'urgenza su un tema invece fondamentale ed importante, che meriterebbe ben altra riflessione e ben altro approfondimento.
Il quarto è un problema di metodo ed attiene ovviamente all'ennesimo ricorso alla fiducia (il ventiseiesimo): mandati al macero tutti i nostri emendamenti all'articolo 15, perché è stata posta la questione di fiducia? Per capirne la ragione basta aver letto la Repubblica di ieri, nella quale il collega Reguzzoni della Lega, affermando che l'acqua è un bene pubblico e tale deve rimanere, ha aggiunto che si modificherà questo testo alla prossima occasione. È evidente che, se non fosse stata posta la questione di fiducia, la Lega avrebbe avuto problemi a votare il testo così com'è.
Da qui il ricorso alla fiducia, anche per la fretta di fare un favore ai soggetti privati: martedì il vicecapogruppo Marina Sereni ha infatti detto chiaramente che si tratta di una legge che fa fare affari a pochi grandi gruppi, scaricandone i costi su tutti i cittadini.
La situazione attuale del servizio idrico in Italia va monitorata in maniera attenta. Il Blue Book redatto da Federutility evidenzia che si tratta di un giro d'affari di 5 miliardi all'anno; ancora le reti hanno una percentuale di perdite pari al 34 per cento con punte anche vicine al 50 per cento, come ad esempio nel caso dell'acquedotto pugliese (ma non dell'80 per cento come ha affermato ieri la collega Carlucci citando una cifra assolutamente spropositata, anche se comunque si tratta di perdite notevoli); il 30 per cento della popolazione gode di un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente e il 96 per cento è servito dall'acquedotto ma solo l'84,7 per cento da fognature ed il 70 per cento da depuratori (ciò significa che al 15 per cento dei cittadini mancano le fogne, al 30 per cento i depuratori).
Dal 2002 al 2008 si è registrato un aumento delle tariffe pari al 30 per cento ed un contemporaneo peggioramento dei servizi; tra il 1990 ed il 2000 vi è stato un calo degli investimenti del 70 per cento (si è passati dai 2 miliardi del 1990 ai 600 milioni del 2000).
Ma che cosa è successo laddove operano le gestioni dei privati? Ad Aprilia, dove vi sono privati tra cui Veolia, le tariffe sono aumentate del 300 per cento in pochi anni. In Italia i lavori necessari per le infrastrutture idriche ammontano a 62 miliardi: è questo che interessa alle imprese private? È per questo che vogliono entrare obbligatoriamente nel sistema? E chi li pagherà questi 62 miliardi? I cittadini, attraverso le tariffe. Parigi in questo momento torna indietro, chiude con Veolia e Suez e costituisce una società tutta pubblica dal bel nome Eau de Paris che consentirà 30 milioni di euro all'anno di risparmio.
Questo decreto-legge presenta una visione centralista, come al solito antitetica al federalismo, predicato e non praticato: è necessario invece garantire libertà di scelta alle diverse comunità, come avviene in Europa, in Francia, in Germania.
Anche in questo caso, infatti, le regioni stanno impugnando questo decreto-legge. La Puglia l'ha già fatto, considerato che proprio l'Acquedotto pugliese sta facendo il percorso inverso, passando da una società per azioni ad un ente pubblico non privatizzabile.
Perché vietare, poi, al pubblico di conservare la maggioranza delle società? Vi sono tantissimi esempi virtuosi in giro per l'Italia, al nord, ma anche al sud. Nella piccola Basilicata, l'Acquedotto lucano, che è una società tutta pubblica con capitale attribuito alla regione e ai comuni, funziona bene. Peraltro, proprio sull'affidamento all'Acquedotto lucano, l'infrazione che era stata sollevata da alcune società è stata smentita in sede di Corte di giustizia delle Comunità europee: infatti, il 7 giugno 2007, la Corte ha archiviato la procedura d'infrazione. Ciò significa esattamente che questo argomento non doveva essere previsto in un decreto-legge che si occupa delle infrazioni alle norme europee.
Inoltre, l'articolo 15 rischia di determinare una paralisi nell'intero settore. Vi Pag. 12sono finanziamenti programmati, manutenzioni, programmi trentennali che vanno in fumo. Insomma siamo fermi ad alcuni principi: la specificità del bene acqua rispetto ad altri servizi; la proprietà totalmente pubblica, che rappresenta un approccio non ideologico, ma è, invece, la valorizzazione delle esperienze maturate, in modo da garantire l'autonomia dei territori delle regioni attraverso degli ambiti ottimali; sono fondamentali i controlli (abbiamo, infatti, proposto, attraverso emendamenti che non abbiamo potuto discutere, l'Authority per la regolazione dei servizi); una tariffa sostenibile per garantire l'accesso alla risorsa per tutti i cittadini con pochi euro, per poi far pagare di più ai cittadini che consumano di più, perché il bene acqua è inalienabile, e anche per questo è giusto che chi lo spreca lo paghi, ma è anche giusto che tutti i cittadini, soprattutto i meno abbienti, vi abbiano accesso in modo semplice e non reso complesso dal riferimento al reddito.
Insomma, questo - è il caso di dire - è un decreto-legge «non potabile», ed è per questo che voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bratti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, come lei sa, spesso, la legge comunitaria è stata votata all'unanimità dal Parlamento. Il titolo di questo provvedimento farebbe pensare ai cittadini italiani che così dovrebbe essere, poiché il titolo cita obblighi e adempimenti legati alla nostra partecipazione all'Unione europea. Perché, invece, nell'ultimo periodo continua a verificarsi una situazione diversa? Perché è invalsa una maniera di legiferare che espropria il Parlamento, rende poco trasparente il dibattito e crea problemi molto seri. Ciò accade con la legge comunitaria e con altri provvedimenti (in questo momento vi è la discussione in Commissione di un testo sulla questione degli stadi, che spero possa essere risolta, che è praticamente una specie di «tana libera tutti» dal punto di vista urbanistico, se rimane così com'è).
Accade che le lobby, per aggirare un confronto parlamentare trasparente, legato anche alla nostra possibilità di adempiere al mandato che ci hanno dato i nostri elettori (motivo per cui siamo sostanzialmente pagati dai cittadini italiani), tendono a far inserire in provvedimenti non attinenti, articoli, posizioni e cambiamenti anche molto pesanti. È il caso di questo provvedimento. In questa legge, ovviamente, vi sono degli atti dovuti, e anche alcuni provvedimenti positivi - penso ad alcune norme sul made in Italy - ma vi è anche l'articolo 15 sull'acqua, che è veramente sconcertante.
In un articolo inserito in una legge che non c'entra nulla (ricordava l'onorevole Margiotta che non esiste alcuna procedura di infrazione su questo tema, anzi la Corte di giustizia delle Comunità europee ha ritenuto legittimo il procedimento di affidamento in house adottato dall'Italia in tante occasioni) viene inserita non la possibilità di ricorrere ai privati, ma l'obbligo di privatizzazione in maniera molto pesante. Si prevede che oltre il 50 per cento dei comuni italiani debbano, entro pochi anni, cedere oltre il 70 per cento della propria proprietà della gestione dell'acqua e, quindi, svendere. Sappiamo tutti che quando vi l'obbligo di vendita di un prodotto, quale esso sia, in poco tempo, si abbassano i prezzi e colui che è costretto a vendere ha meno potere contrattuale.
Non stiamo parlando di un prodotto qualsiasi: stiamo parlando di una questione vitale per il futuro e di una risorsa molto delicata. Si tratta di una questione molto centrale per la vita e per la qualità della vita dei cittadini. Il fatto è veramente sconcertante perché da questa discussione sui servizi pubblici locali sono stati esclusi l'elettricità, il gas, il trasporto ferroviario, le farmacie comunali, e viene invece inserita l'acqua. Pag. 13
Francamente riesco ad immaginare un cittadino che cambia farmacia, ma faccio fatica ad immaginare un cittadino che cambia acquedotto, anche se conosco ottime gestioni pubbliche di farmacie comunali. Ma allora la nostra battaglia e la nostra opposizione sono legate alla difesa del sistema così com'è? Sicuramente no. Nessuno difende gli sprechi di un sistema di gestione pubblica dell'acqua che spesso è inefficiente. Ieri un collega della maggioranza ricordava la celebre battuta sull'acquedotto pugliese, che avrebbe dato più da mangiare che da bere - una battuta antica, non legata sicuramente all'ultima gestione della regione, in quanto riguarda problemi antichi -, ma la verità è che qui si butta il bambino con l'acqua sporca (è il caso di dirlo). Non è che si creano le condizioni per rendere efficienti le gestioni per rispondere a politiche di interesse generale, siano esse pubbliche o private, ma si aggrediscono anche le gestioni pubbliche efficienti (ce ne sono tante in Italia). Sono questioni importanti e riguardano, per esempio, una grande quantità di comuni montani in cui la risorsa acqua viene conservata e preservata, e in cui la creazione di sistemi lontani rende il servizio del cittadino molto meno efficiente oltre che più costoso. Capiscono tutti che riparare un acquedotto in un piccolo comune, quando si sa dove è la tubatura, è una cosa; riparare un acquedotto quando vi è un soggetto lontano, interessato solo a lucrare sulle tariffe, diventa un problema anche dal punto di vista della qualità del servizio e - lo ricordava il collega Margiotta - le gestioni private già presenti in Italia non è che abbiano brillato da questo punto di vista. L'onorevole Margiotta ricordava il caso di Acqualatina, una partecipata di Veolia, che ha aumentato del 300 per cento le tariffe e non è migliorata certo la gestione delle risorse. Ricordo che il comune di Latina, ad esempio, perde oltre il 60 per cento della sua acqua in rete (e le perdite in rete sono il problema serio in tante parti d'Italia).
Quindi siamo di fronte ad un procedimento che non tutela l'interesse generale. Ci sono altri casi persino più paradossali. Sappiamo che questa è una risorsa preziosa, quindi nessuno difende anche le tariffe basse e noi sappiamo che in Italia si paga molto meno che in altri Paesi. Può essere ragionevole innalzare le tariffe, se è necessario fare investimenti, ma l'innalzamento delle tariffe senza un aumento della qualità del servizio e l'innalzamento delle tariffe senza una politica diventa deleterio. C'è per esempio una società che opera nel Lazio, la CREA, che ha innalzato di molto le tariffe. Il servizio non è migliorato né peggiorato, e come ha innalzato queste tariffe? Facendo pagare di meno chi consuma di più: il contrario di quello che bisogna fare; bisognerebbe garantire i consumi essenziali, renderli magari gratuiti per quello che riguarda la vita elementare dei cittadini e far pagare chi consuma di più, se vogliamo salvaguardare le risorse.
Insomma nella sostanza, signor Presidente, siamo di fronte ad un articolo inserito in maniera fraudolenta in un provvedimento, che non c'entra nulla con il suo contenuto e che non ha come bussola la salvaguardia di una risorsa preziosa, l'interesse dei cittadini e l'interesse generale, ma che risponde a pochi, precisi e limitati interessi che non sono assolutamente in linea con quello che la politica dovrebbe fare per rendere migliore il futuro. Per questo voteremo contro il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per sottolineare un aspetto che non è stato oggetto di grande dibattito, ma che è contenuto all'interno di questo provvedimento, è molto positivo e riguarda il trasporto aereo. Infatti, finalmente, adeguandoci ad una direttiva comunitaria, anche nel nostro Paese si includono le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra. Ciò si Pag. 14tradurrà nella necessità da parte delle compagnie aeree di avere una sorta di buono per gli aerei che volano, e se questi ultimi sono inquinanti dovranno pagare profumatamente il danno ambientale che causano.
Credo che questo sia un provvedimento giusto, sia una parte importante e che con tale provvedimento si determini davvero la responsabilizzazione di chi inquina, nonché l'incentivo a inquinare di meno. In tutto il problema che c'è stato e che c'è riguardo al trasporto aereo italiano (che anche in queste ore vive dei momenti davvero drammatici) dobbiamo registrare un fatto positivo, cioè che la conclusione della vicenda Alitalia - che si trascinava da decenni - ha portato, ad esempio, ad una riduzione degli aerei più inquinanti, gli aerei «fracassoni», i famosi MD80, che sono stati in gran parte dismessi, che oggi non volano più e che saranno totalmente sostituiti.
Credo che sia un effetto positivo sia per l'inquinamento acustico sia per l'inquinamento di tipo ambientale.
Ritengo, inoltre, che sia necessario proseguire sulla strada della liberalizzazione del trasporto aereo e il decreto-legge contiene elementi anche in questa direzione, perché stabilisce che i permessi gratuiti saranno assegnati in base all'effettivo grado di inquinamento, privilegiando una situazione di assoluta concorrenzialità tra i vettori.
Devo anche registrare con grande soddisfazione, ringraziando il Governo, il parere espresso sull'ordine del giorno da noi presentato in materia, che ieri il Governo ha deciso di accettare, e con il quale si è impegnato a promuovere gli opportuni strumenti, anche di carattere legislativo, per poter destinare parte dei fondi raccolti grazie a questi buoni ai comuni aeroportuali per iniziative connesse al ripristino del danno ambientale. È un elemento di grande civiltà che va sicuramente nel senso del federalismo che noi vogliamo promuovere proprio perché per la prima volta, rispetto al danno commesso nell'esercizio del trasporto aereo, c'è un riconoscimento diretto ai comuni che subiscono tale danno. Ritengo che sia importante, giusto e doveroso ringraziare il Governo per tale impegno.
Per concludere, in tutta la vicenda riguardante il trasporto, credo davvero che non sia voce sprecata rinnovare l'ennesimo appello per procedere sempre più speditamente verso la liberalizzazione, che è stata deliberata ed è oggetto di numerosi ordini del giorno e provvedimenti, perché è soltanto con la fine dei monopoli che in questo Paese si potrà avere un sistema di trasporto aereo efficiente e che non crea disagi, come accade ai cittadini in questo momento all'interno degli aeroporti. Registro in questo senso che sono stati ben dieci gli accordi bilaterali che il Governo è riuscito a modificare nel senso della liberalizzazione da quando è iniziata questa legislatura. Quindi al Ministro Frattini e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rivolgo un sentito ringraziamento anche per l'impegno che in questo senso il Governo sta mantenendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Esposito. Ne ha facoltà.

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, un tema di importanza strategica per la modernizzazione del Paese, peraltro attesa da moltissimi anni, viene liquidata da questa maggioranza con un solo articolo inserito in un decreto-legge che concerne tutt'altra materia e tutt'altra finalità. Questo è un inganno e un tradimento delle aspettative intorno ad una materia strategica. Nonostante che avessimo offerto alla maggioranza la nostra disponibilità ad un'approvazione rapida di una norma dedicata al tema delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, il Governo ha scelto di rispondere con l'ennesima fiducia, la ventiseiesima. Non si è voluto dedicare la necessaria cura e il necessario approfondimento a questa materia, che sarebbe stato corretto discutere insieme alla riforma e al riordino delle funzioni degli enti locali, che ci auguriamo non si voglia approvare, come si sente Pag. 15vociferare, con un emendamento alla prossima legge finanziaria. Sarebbe un gravissimo colpo di mano, l'ennesimo di questa legislatura.
Sul merito, in questo articolo, l'unica cosa chiara e limpida è la scelta di privatizzare e svendere il patrimonio pubblico, costruito in tanti anni dal sistema degli enti locali. Noi non siamo mai stati favorevoli a mantenere il monopolio pubblico (si parla dell'acqua, ma la questione riguarda anche altri segmenti dedicati, dal punto di vista delle funzioni e dei servizi ai cittadini), ma neanche siamo a favore di una scelta come quella che è stata fatta, che assomiglia molto ad un regalo ad un privato - peraltro spesso estero, d'oltralpe - di un patrimonio strategico di questo Paese.
Vede, signor Presidente, ieri si è sviluppata una discussione partendo dall'acquedotto pugliese. Dunque chiedo a questa maggioranza: chi farà gli investimenti sulla rete? Infatti, se oggi il tema - e noi non lo neghiamo - è legato ad alcune situazioni che provocano lo spreco dell'acqua, perché a causa delle reti fatiscenti questo è un limite nella gestione pubblica, mi chiedo: con la vendita, ad esempio, delle società quotate in borsa e con la discesa entro il 2015 al 30 per cento della parte pubblica, chi si occuperà di fare la manutenzione delle reti? Questo è il vero tema, se si vuole mettere mano in maniera seria ad un servizio che sia più efficiente.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno raccontato la storia degli aumenti del 300 per cento delle tariffe in alcune realtà dove il privato è già stato inserito. Ma voi pensate che questo 300 per cento vada a finire nella manutenzione delle reti, nello sviluppo, nella cura di un patrimonio o sarà semplicemente utilizzato per fare utili all'interno del bilancio?
Dunque, è proprio per questo che era stato proposto anche un emendamento - che naturalmente è venuto meno a causa dell'ennesima posizione della questione di fiducia - nel quale si chiedeva la possibilità di dare alle aziende pubbliche che oggi operano in house la possibilità di fare la scelta di quotarsi in borsa, consentendo al nostro Paese - infatti, queste sono infrastrutture del nostro Paese, che non appartengono né alla destra né alla sinistra - di poter essere competitivo sul mercato. Ecco dove sta il limite: non si è voluto liberalizzare - scelta sulla quale noi saremmo stati completamente d'accordo - ma si è voluto privatizzare, si è voluto mettere il sistema pubblico nelle condizioni di non poter operare se non sul proprio territorio, si è voluta fare la scelta di utilizzare l'acqua per favorire l'aumento dei bilanci dei privati che entreranno, ed entreranno praticamente pagando due lire.
Signor Presidente, questa è una scelta che pagheremo e pagheranno molto i cittadini. In questi giorni ognuno di noi è stato raggiunto da centinaia di e-mail di cittadini preoccupati. Il disinteresse nei confronti di queste preoccupazioni lo verificheremo nei prossimi anni.
Riguardo all'associazione dei comuni e delle province, in quest'aula è stato detto, non in maniera del tutto precisa, che abbia dato il via libera a questa norma: è stato dato un via libera sul metodo, non sul merito. Soprattutto, si vuole continuare a costruire un'idea di un Paese che ha un'infrastrutturazione legata alle società realizzate in tanti anni dagli enti locali sui servizi pubblici locali che non funziona. Non è vero: vi sono situazioni dove le cose non funzionano, ma vi sono situazioni in cui le cose funzionano e funzionano bene.
Signor Presidente, la scelta è stata fatta, la fiducia è stata votata e vedremo oggi il voto finale, ma credo che dovremo riprendere questo tema e credo che lo riprenderemo anche molto rapidamente, perché con questa scelta - lo dico ai colleghi della Lega - al nord avremo situazioni nelle quali le aziende che hanno ben operato si ritroveranno in una situazione di impossibilità di investimenti e vedrete che anche i colleghi della Lega arriveranno a ripensare la loro scelta e a fare la richiesta di revisione. Noi per questo votiamo intanto oggi in maniera contraria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, il provvedimento in esame si intitola: «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» e nella relazione si legge che lo scopo è di rendere compatibile la normativa italiana con la giurisprudenza della Corte di giustizia. Questo non è vero. Non è vero perché i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia non impongono affatto ai Paesi di considerare l'erogazione di beni primari come l'acqua come servizi pubblici a rilevanza economica e solo nel caso di servizi pubblici a rilevanza economica la Corte di giustizia definisce i criteri che sono volti al rispetto esclusivamente della concorrenza. Peraltro, anche nell'ambito dei servizi pubblici a rilevanza economica, la giurisprudenza della Corte di giustizia, a partire dalla famosa sentenza Teckal a tutt'oggi, non ha mai posto il divieto dell'affidamento in gestione a società pubbliche, ma ha solo previsto limiti.
Questi limiti sono rappresentati dall'esistenza di un socio pubblico di maggioranza con una percentuale almeno del 51 per cento, dalla scelta del socio privato attraverso procedure di gara, dall'esistenza del controllo cosiddetto analogo a quello esercitato dal soggetto pubblico sui propri organismi interni e dall'esistenza di un'attività prevalente, da parte della società che eroga il servizio, a favore del socio pubblico.
Con questo provvedimento si fa esattamente il contrario: non si tutelano questi princìpi, ma si stracciano e, paradossalmente, piuttosto che un limite alla quota del socio privato nel massimo, lo si impone nel minimo, cosa che non ha assolutamente alcuna ragionevolezza secondo i princìpi elaborati dalla Corte di giustizia. Perché mai il socio privato può non aver meno del 40 per cento? Qual è l'interesse pubblico che tutela questa norma? Qual è il principio della Corte di giustizia cui si ispira, visto che i princìpi dettati dalla Corte impongono, invece, che non superi il 49 per cento?
Pertanto, evidentemente, l'intento è un altro e non è neanche quello di uniformarsi ai princìpi della giurisprudenza italiana, a quelli emanati dal Consiglio di Stato in attuazione dei princìpi della Corte di giustizia europea, e meno che mai a quell'adunanza plenaria che ha ribadito questi princìpi, come peraltro aveva già fatto nel 2004 la Corte costituzionale, la quale aveva definito il potere dei singoli soggetti pubblici di intervenire a disciplinare i servizi - se a rilevanza economica o non a rilevanza economica, a seconda che fosse seguito o meno uno scopo di lucro - e aveva limitato la possibilità di intervenire da parte della disciplina statale nella materia dei servizi pubblici e solo nell'ambito dei servizi pubblici a rilevanza economica, nell'ambito esclusivo della disciplina diretta a regolare la concorrenza.
Di fatto, invece, questo provvedimento vieta l'affidamento in house del servizio, divieto che non è contemplato. Infatti, il Consiglio di Stato, con una sentenza recentissima, la n. 5501 del 15 settembre 2009, ha riconosciuto che i singoli comuni hanno autonomia decisionale su come procedere alla convenzione e non possono essere obbligati a convenzionarsi con società miste.
Pertanto, l'intento di questo provvedimento non è quello di disciplinare la concorrenza - e, quindi, non vi è competenza statale - ma piuttosto quello di violarla. L'intento è quello di violare la concorrenza perché, quando si costringono i soggetti pubblici in forma di società che hanno erogato il servizio fino ad oggi, a cederlo entro un dato termine, li si obbliga a cederlo a qualsiasi condizione, sia la quota che i servizi, perché sappiamo che è una gara che prevedrà tutte e due le cose.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CINZIA CAPANO. Utilizzo quest'ultimo minuto per dire una cosa: non provi nessuno a prendere l'acquedotto pugliese Pag. 17come alibi di questa privatizzazione selvaggia, perché sono stati forniti dati falsi o, forse, falsi per la storia attuale dell'acquedotto pugliese.
L'acquedotto pugliese perde il 35 per cento attualmente, è nella media nazionale, e questo grazie al recupero che, di questo, ha fatto l'amministrazione Vendola; si pensi che, mentre nel periodo 2003-2005, vi erano investimenti per 20 milioni di euro, nel solo 2008 sono andati a consuntivo 200 milioni di euro e quelle perdite sono state ridotte, recuperando 40 milioni di metri cubi d'acqua; forse, una volta, dava «da mangiare», ma il personale è stato riorganizzato: è stato diminuito di molte unità e alla fascia più bassa (133 dipendenti), però quel personale è stato specializzato, formato con corsi di riqualificazione. È stato ristrutturato il debito nei confronti della Merrill Lynch, rendendo quel debito, adesso, assistito, perché possibile con investimenti solo in titoli di Stato.
Pertanto, non si utilizzi l'acquedotto pugliese come alibi: esso è stato quel che è stato nel corso di molti decenni, ma da cinque anni a questa parte è andato su un'altra strada.
Questo provvedimento blocca le strade virtuose, quelle delle pubbliche amministrazioni che assumono sulle proprie spalle la responsabilità di invertire processi di degenerazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, stiamo intervenendo su un provvedimento blindato su cui il Governo, ancora una volta, ha posto imperdonabilmente la questione di fiducia, mortificando, per l'ennesima volta, questo Parlamento. Lasciatemi esprimere, da parlamentare, il senso di frustrazione e di delusione per un Parlamento di fatto esautorato delle sue funzioni, in cui non è possibile discutere e modificare provvedimenti del Governo e in cui si va avanti a furia di colpi di mano, con riflessi penalizzanti per il confronto politico e con conseguenze serissime per la democrazia di questo Paese.
Lasciatemi ribadire anche il nostro dissenso forte rispetto non solo al metodo, ma anche al merito di questo provvedimento. Nel corso della discussione sulle linee generali i colleghi del Partito Democratico, l'onorevole Zaccaria, l'onorevole Mariani e l'onorevole Causi, avevano fatto una richiesta chiara e precisa, quella di stralciare dal procedimento l'articolo 15 che disciplina i servizi pubblici locali e, in particolare, il servizio idrico, motivandola efficacemente e compiutamente.
Le ragioni esposte sono sia di natura costituzionale - e non a caso vi è già l'annuncio di ricorso alla Corte costituzionale da parte di alcune regioni, tra cui la Puglia - sia di natura sostanziale. Si è evidenziato che non stiamo liberalizzando, ma privatizzando un servizio pubblico essenziale come il servizio idrico e, questo, senza la garanzia di un'adeguata regolazione del mercato, senza un'autorità di controllo che garantisca i cittadini di fronte ai monopoli e agli oligopoli (siano essi pubblici o privati) e che garantisca la qualità del servizio e la congruità delle tariffe, anche rispetto agli investimenti infrastrutturali, realizzati o no, che sono determinanti per l'efficienza di questi settori. Si è evidenziato come si sia derogato sulla distribuzione del gas e sul trasporto regionale e non invece sull'acqua, sull'ambiente, sul servizio pubblico locale, salvando l'ENI, l'Italgas e Trenitalia e chiedendo, invece, la liberalizzazione solo ai comuni. Si è evidenziato, infine, con numerosi esempi, che le società miste, rispetto a quelle in house, non sempre garantiscono maggiore efficienza e maggiori investimenti, nonché migliori tariffe sugli utenti, anzi, tutt'altro. A Latina la multinazionale che gestisce l'acqua locale ha aumentato le bollette del 300 per cento e i consumatori che protestano si vedono arrivare i vigilanti a casa, pronti a staccare il contatore. In Toscana, dove sono già Pag. 18cominciate le prime privatizzazioni, le tariffe sono aumentate in maniera esponenziale.
La proposta del Partito Democratico era di buon senso: condividere un percorso senza ostacoli ideologici che ci portasse a chiarire ed a creare regole, dando un quadro organico ai settori dei servizi pubblici locali, nell'interesse prioritario ed esclusivo dei cittadini e delle comunità locali, anziché dei pochi gruppi che si avvantaggeranno di questo provvedimento. Dentro un quadro di regole efficaci, si proponeva inoltre di lasciare libertà alle collettività locali di scegliere per la gestione mista o pubblica del servizio.
Invece, questo Governo federalista dimentica - quando gli fa comodo - che non si può legiferare su materie così importanti e delicate, violando la competenza delle regioni e degli enti locali. Le conseguenze potrebbero essere devastanti.
Vediamo il caso dell'acquedotto pugliese, citato da tanti colleghi della maggioranza polemicamente nella discussione di ieri. L'acquedotto pugliese, appartenente al 95 per cento alla regione Puglia e per il 5 per cento alla Basilicata, gestisce il servizio idrico in house, in virtù di una legge dello Stato, sino al 2018. In base a questa legge, le due regioni dovranno cedere ai privati il 70 per cento delle quote azionarie. Non vi sarà obbligatorietà di offerta pubblica, poiché la quota si potrà cedere anche a trattativa privata, cosa che in alcune aree, fortunatamente non nel caso della Puglia, potrà favorire l'ingresso in quei settori strategici della criminalità organizzata, che acquisirà queste partecipazioni e farà affari d'oro, a discapito dei cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe dell'acqua. Tutto questo nel momento in cui la giunta pugliese ha deliberato di rimunicipalizzare l'azienda idrica, cioè di trasformare l'acquedotto pugliese in un soggetto di diritto pubblico e di cambiare il sistema delle tariffe, basandolo sul reddito familiare: a redditi bassi corrisponderanno conti più bassi. Si tratta di un provvedimento che per la giunta pugliese va nella direzione della tutela dell'acqua come bene comune e come diritto umano inalienabile.
Guardate che non è affatto vero, lo diceva bene l'onorevole Capano prima di me, come alcuni colleghi di maggioranza, fra cui l'onorevole Carlucci e l'onorevole Sisto, ieri hanno faziosamente sostenuto, che la gestione pubblica del servizio idrico dell'acquedotto pugliese sia fallimentare. I dati che ha citato l'onorevole Capano sono assolutamente significativi: l'aumento degli investimenti da 20 milioni a 200 milioni, la riduzione consistente delle perdite fisiche (40 milioni di metri cubi risparmiati), le tariffe che sono rimaste invariate dal 2006.

PRESIDENTE. Onorevole Mastromauro, la prego di concludere.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Concludo, dunque, signor Presidente, ribadendo che la nostra proposta era seria ed equilibrata, a favore dell'autonomia delle comunità locali e dei cittadini. Prendiamo atto che questo Governo, ancora una volta, ha deciso di agire in direzione opposta rispetto al bene e all'interesse della collettività e, soprattutto, ancora una volta, in dispregio di questo Parlamento. È per questo che il nostro voto non potrà che essere contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Montagnoli, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io voglio intervenire in questo dibattito con una mia dichiarazione di voto contro l'approvazione di questo provvedimento. La legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009 è l'ennesimo calderone preparato questa volta sotto il cappello dell'attuazione degli obblighi comunitari e dell'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia Pag. 19delle Comunità europee, mettendo insieme materie disparate e tuttavia di grande portata: un atteggiamento che rivela ancora una volta, come ricordava nei giorni scorsi l'onorevole Zaccaria, l'utilizzo improprio di provvedimenti omnibus che sottraggono al Parlamento la possibilità di ogni discussione e di qualsiasi potere emendativo su temi che pure sono di assoluta rilevanza.
Tale condizione è aggravata, anche in questa occasione, per la ventiseiesima volta dall'insediamento di questo Governo, dalla posizione della questione di fiducia, certamente non determinata da ragioni di urgenza, ma dalla necessità di blindare una maggioranza sempre più allo sbando. Ciò è testimoniato dalle tensioni politiche che da giorni riempiono le pagine dei quotidiani e dagli scivoloni che ieri in Assemblea abbiamo più volte registrato sulla votazione degli ordini del giorno, attorno ad un provvedimento che vi pone in una condizione di oggettiva difficoltà. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 15 di questo decreto-legge, quello che rimanda alla riforma dei servizi pubblici locali e che trova nel disegno di privatizzazione dell'acqua che voi proponete un terreno di scontro non solo all'interno di quest'aula, ma dell'intero Paese.
Nel dibattito si è ricordato più volte in questi giorni il ricorso strumentale ad un provvedimento come il decreto-legge per riformare il sistema dei servizi pubblici locali, dal momento che non esiste alcuna procedura di infrazione comunitaria aperta su questo argomento (ne esistono, invece, molte in materia ambientale, sulle quali invece ad oggi tutto tace), né tantomeno un riferimento a pronunce della Corte di giustizia europea.
Siamo perciò di fronte ad un'evidente forzatura e, quindi, questo fatto non può esimerci dall'interrogarci sul perché di tale forzatura, sul perché di una scelta contraddittoria rispetto all'esito di una discussione seria ed approfondita, fatta non più tardi di un mese fa proprio in quest'aula sulle mozioni presentate e largamente condivise dai vari gruppi in tema di riforma dei servizi pubblici locali; sul perché di un provvedimento che agisce in maniera così approssimativa su un settore, quello della gestione delle risorse idriche tanto delicato, quando invece ad esempio, si sceglie di escludere dalla disciplina generale altri settori: la distribuzione del gas e dell'energia e il trasporto ferroviario regionale.
È l'esatto opposto di quello che fece il Governo precedente, che saggiamente decise di escludere dalla disciplina di valenza generale proprio il settore della gestione integrata delle risorse idriche, in ragione della sua complessità e della molteplicità di fattori che entrano in gioco di natura, economica, ambientale ed anche sociale. Già con il famoso articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, sul quale - è bene ricordarlo ancora una volta - il Partito Democratico aveva espresso un voto contrario, avevate intrapreso questa strada a nostro avviso scorretta.
Ora a poco più di un anno, rimettete mano a quella norma scritta da voi stessi, sprecando anche in questa occasione la possibilità di rimediare ad un errore compiuto. Intervenite con misure di carattere apparentemente tecnico, riscrivendo tra le altre cose le scadenze per il superamento delle gestioni in house. Su questo punto ai colleghi della Lega Nord dico che a noi toccherà spiegare sui territori anche ai vostri amministratori locali, a parole impegnati in una vera e propria battaglia per la difesa dell'acqua pubblica, le conseguenze del vostro voto favorevole.
Ma a voi lasciamo la responsabilità di fornire tutte le spiegazioni del caso, spiegazioni che però io ritengo non potranno essere la generica promessa di un prossimo nuovo intervento correttivo, perché questo rischia di essere un po' confuso politicamente parlando, per dirla con un'espressione usata ieri dall'onorevole Dussin.
In realtà con questo articolo, nonostante alcune correzioni introdotte al Senato, mettete in seria discussione la disponibilità piena e libera per i cittadini di un bene essenziale quale è l'acqua, un bene scarso e prezioso per il quale è fondamentale riuscire a centrare l'obiettivo primo di un uso efficiente e razionale. Pag. 20
Questo è il nocciolo della questione nel nostro Paese, dove 8 milioni di cittadini non hanno accesso all'acqua potabile, 18 milioni bevono acqua non depurata e le perdite del sistema idrico hanno raggiunto il livello preoccupante del 37 per cento, con punte altissime al sud, mentre da più di vent'anni gli investimenti e le manutenzioni si sono via via ridotti.
Credete davvero di riuscire a centrare questi obiettivi con un provvedimento del genere? Un provvedimento che, come hanno ricordato molti, non sottende nessun reale disegno di riforma organica ma solo la volontà di privatizzare alcuni settori dei servizi pubblici locali, tra cui appunto l'acqua, nell'interesse di pochi grandi gruppi che consolideranno nuovi monopoli privati o magari misti pubblici e privati, a danno di comuni virtuosi e dei cittadini che vedranno schizzare verso l'alto il livello delle tariffe, in assenza di reali garanzie in termini di miglioramento del servizio.
Non a caso il profilarsi concreto di questo rischio ha mobilitato nei giorni scorsi milioni di cittadini che proprio ieri hanno annunciato, attraverso le proprie forme di rappresentanza, una raccolta di firme per abrogare la norma che voi oggi vi apprestate ad approvare.
Parlavo prima di privatizzazione e non di liberalizzazione, perché questo processo di apertura o meglio di svendita del patrimonio pubblico ai privati rischia di svolgersi in assenza di un sistema di garanzie adeguato e di un contesto di rispetto delle regole necessarie a far sì che un processo di liberalizzazione avvenga in un quadro di giusta ed equilibrata composizione degli interessi delle parti, cittadini, enti locali e imprese.
Questa è l'altra grande carenza di questo articolo 15 che segna la prevalenza di poteri e lobby molto influenti, che pongono in una condizione di debolezza utenti e cittadini; e la mancanza di un'autorità di regolazione indipendente non può lasciarci tranquilli, perché dimostra quanto poco consideriate importanti in questo passaggio decisivo gli organismi terzi di regolazione che operano a garanzia della qualità del servizio, dell'equità delle tariffe e della certezza di adeguati investimenti.
Su queste e altre questioni di sostanza vi abbiamo invitato in più occasioni a stralciare l'articolo 15 del decreto-legge e ad avviare da subito un confronto per arrivare a un percorso di riforma condiviso e ponderato, nell'interesse primario dei cittadini che tutti noi qui siamo tenuti a rappresentare.
Ancora una volta, purtroppo, vi siete dimostrati sordi ed arroganti e questa volta su un fronte che peserà direttamente sui cittadini italiani, sulle imprese e sugli enti locali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CHIARA BRAGA. Concludo Presidente. Ciò comporterà, in nome di qualche interesse ben tutelato, molti rischi e disagi di cui sarete presto chiamati ad assumervi tutte le responsabilità.
Per questo motivo il nostro voto non può che essere negativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il tema dei servizi pubblici locali è certamente complesso, lo dimostrano anche i tentativi di intervenire fatti nel passato e non sempre riusciti.
Quando si parla di servizi pubblici locali si parla di servizi che vanno a soddisfare bisogni fondamentali della collettività, pertanto è importante, da un lato, lavorare per un approccio organico - e certamente l'articolo inserito in un decreto-legge non rappresenta un approccio organico - ma è anche importante capire cosa si mette al centro.
Io credo che, se si vuole affrontare correttamente questo tema, al centro bisogna mettere il cittadino e il suo diritto ad avere servizi di buona qualità ad un prezzo corretto, il minimo possibile. Pag. 21
Da questo punto di vista, quando si ragiona di questo tema, il dilemma è sempre quello: privatizzazione-liberalizzazione, perché la teoria ci dice che bisogna prima liberalizzare e poi privatizzare, altrimenti, se si fa il contrario, cioè prima si privatizza e poi si liberalizza, si corre il rischio o di trasferire una rendita di monopolio dal pubblico al privato, oppure sostanzialmente di far fallire il mercato.
Da questo punto di vista, quello che a me pare manchi in questo intervento sono interventi seri proprio sul fronte delle liberalizzazioni. Cosa non ha funzionato nelle liberalizzazioni in Italia? Non ha funzionato, ad esempio, tutto il tema delle gare: molto spesso abbiamo a che fare con gare che sono assolutamente non vere e ciò dipende anche dal fatto che i soggetti che sono chiamati a bandire le gare, da un lato, non hanno le competenze per poterlo fare, dall'altro, molto spesso sono in palese conflitto di interessi rispetto chi si aggiudicherà la gara.
Inoltre, vi è la questione dell'autorità di regolazione, nel senso che la concorrenza perfetta non è uno stato naturale del mercato; le imprese vanno alla ricerca di un vantaggio competitivo nei confronti delle altre, e quindi bisogna realizzare interventi affinché la concorrenza venga mantenuta.
Voi con questo provvedimento ragionate al contrario, ossia ponete dei vincoli molto rigidi in tema di privatizzazione, e quindi l'effetto che si ottiene pare essere più quello, diciamo così, di spartire la rendita di monopolio del pubblico con qualche privato, il tutto senza alcun vantaggio certo e chiaro per i cittadini e per i consumatori.
Questo, se volete, è reso evidente dal fatto che le concessioni date in house vanno a scadenza purché nel soggetto pubblico che ne è titolare entri il privato almeno per il 40 per cento. Quindi, in questo modo, invece di stabilire di bandire una gara, visto che si tratta di una concessione in house e che magari chi ha vinto la gara poteva non essere il soggetto che dava la migliore qualità e il miglior prezzo ai cittadini, si prevede di fare entrare un privato e questo, di per sé, sana la questione.
L'approccio al tema, invece, dovrebbe essere profondamente diverso: occorre mettere al centro i consumatori sapendo che dobbiamo affrontare una questione delicatissima, che è quella degli investimenti che bisogna effettuare nel nostro Paese. Ieri c'è stata una querelle, iniziata con alcune dichiarazioni di tenore molto basso e strumentale, sul livello delle perdite di qualche acquedotto nel nostro Paese, tuttavia, il dato di oltre il 30 per cento di perdite in Italia è realistico.
Occorre, dunque, fare investimenti e che questi siano finanziati: sia che li faccia il pubblico, sia che li faccia il privato, gli investimenti devono avere dietro un finanziamento. Se il finanziamento è a carico della fiscalità generale, dobbiamo avere il coraggio di andare a dire che la fiscalità generale probabilmente deve crescere o diventare più efficiente per finanziare gli investimenti nell'acqua; se gli investimenti devono essere finanziati dal settore privato, dobbiamo sapere che probabilmente le tariffe sono destinate a crescere perché dobbiamo investire parecchio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO TESTA. Quindi, l'autorità indipendente di garanzia è importante proprio perché, nel momento in cui si vanno a chiedere maggiori risorse ai cittadini per finanziare gli investimenti, è fondamentale che tali maggiori risorse vadano alla destinazione richiesta e non vadano, invece, a costituire profitto o sprechi.
Da questo punto di vista, forse, la scelta migliore era quella di non perseguire un approccio ideologico, a mio modo di vedere, qual è quello che si è voluto assumere, ma, invece, di mettere correttamente in competizione pubblico e privato allo scopo di garantire la qualità e il servizio migliore ai cittadini.
In questo senso credo che, un'altra volta, si sia persa un'occasione importante per intervenire in un settore che, proprio Pag. 22perché riguarda i bisogni fondamentali dei cittadini, è assolutamente importante e rilevante per tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che nell'elenco a disposizione della Presidenza figura l'onorevole Gidoni, il quale, però, rinuncia a favore del collega Montagnoli che viene quindi reinserito nell'ordine, benché precedentemente dichiarato decaduto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, intervengo sul decreto-legge n. 135, sicuramente importante relativamente agli obblighi comunitari e alle infrazioni. Ho già avuto modo ieri, a nome del gruppo della Lega Nord, di illustrare, anche se velocemente, un ordine del giorno che noi riteniamo fondamentale per la tutela dei servizi pubblici locali.
La Lega, ovvero il movimento che difende gli enti locali non solo in questa materia, ma anche nel famoso Patto di stabilità, da tempo si batte affinché si tenga conto della migliore gestione di chi negli anni ha amministrato bene le risorse pubbliche. Il voto di fiducia non ci ha consentito di migliorare questo testo per rappresentare la nostra posizione storica; ho sentito molti spot e chiacchiere anche dalla sinistra, ma la medesima operazione era già stata tentata dal Governo Prodi nel 2006.
L'articolo 15, su cui mi soffermerò per la maggior parte del mio intervento, propone che entro il 2011 venga assegnato almeno il 50 per cento del capitale a soggetti privati. Si tratta di un affare che solo con riferimento al servizio idrico si aggira intorno ai 6 miliardi di euro con 60 miliardi di euro di investimenti nei prossimi trent'anni, su cui soprattutto società estere, come Veolia e Suez, riteniamo che la faranno da padrone.
Ricordo qualche dato per capire com'è la galassia dei servizi pubblici locali. Oggi, in Italia ci sono 951 aziende con 171 mila addetti e 39,3 miliardi di euro di fatturato: il 25,4 nel gas; il 17,3 nell'acqua; il 17,1 nel trasporto pubblico; il 13,4 nell'energia elettrica e poi farmacie e case popolari. Sappiamo che il decreto-legge esclude il gas, l'energia elettrica e parte del trasporto pubblico locale dalla privatizzazione. La differenza, però, nelle problematiche in questo settore, come ho avuto modo di dire ieri, è la mancata attuazione fino ad oggi del federalismo fiscale.
Mi riferisco al federalismo fiscale e politico che, soprattutto, significa maggiore gestione a livello locale, migliore gestione e trasparenza e soprattutto responsabilità. Se oggi ci fosse il federalismo - l'unico politico che da decenni lo sta portando avanti in maniera costante e convinta è Umberto Bossi - non avremmo queste cattive gestioni.
Anche in questo caso, il nostro Paese è ben diviso e la galassia dei servizi pubblici locali rappresenta una netta distinzione di gestione nel Nord e nel Sud del Paese. Ciò rappresenta, alla fine, il contributo dello spirito del federalismo fiscale, ovvero il passaggio dalla spesa storica ai costi standard e che vale anche in questi settori. I dati pubblicati da Confartigianato e da Cittadinanzattiva dicono che le imprese del Nord che gestiscono servizi pubblici hanno avuto negli ultimi anni un utile medio di 369 mila euro, mentre le aziende del Sud una perdita media di 251 mila euro, e si tratta di dati rilevati tra il 2003 e il 2007.
L'utile nelle aziende del Nord è cresciuto del 159 per cento, mentre al Sud la perdita media si è ampliata del 18,5 per cento.
Inoltre, le imprese del Nord hanno anche seguito l'impostazione dello Stato centrale con una riduzione del costo del lavoro del 5,8 per cento, mentre quelle meridionali l'hanno notevolmente aumentato di un altro 14,7 per cento.
Dunque, anche in questi settori è fondamentale la gestione. Visto che siamo in un periodo in cui rispetto alla cosiddetta casta se ne dicono di tutti i colori sui politici, l'assurdo è che dove si amministra peggio gli amministratori sono più pagati, perché la media della retribuzione degli Pag. 23amministratori del Mezzogiorno è di 73.537 euro nelle isole e di 44.559 euro nel Nord del Paese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. In ordine ai servizi pubblici, se andiamo a vedere il costo pro capite, vediamo in cima una città come Palermo con 2.581 euro, Napoli e, infine, le realtà del nord.
Ieri siamo stati ben chiari nell'ordine del giorno circa la volontà della Lega di difendere i servizi pubblici locali. Utilizziamo i regolamenti per stabilire delle soglie minime in cui sia possibile ancora la gestione in house con dei criteri ben chiari che noi abbiamo indicato: la chiusura di bilanci inutili; il reinvestimento di almeno l'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento; l'applicazione della tariffa media inferiore alla media del settore.
Quindi con criteri di efficienza, economicità e trasparenza, chiediamo al Governo, che su questo si è impegnato, che i servizi in house vengano mantenuti. La Lega sicuramente continuerà con forza questa battaglia, in Parlamento e anche all'interno degli enti locali.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Montagnoli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che l'onorevole Froner, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, rinuncia a favore dell'onorevole Bratti, che era stato dichiarato decaduto. Prego, onorevole Bratti, ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, mi scuso, ma ero impegnato nei lavori di una Commissione bicamerale. Come è noto, spesso i lavori delle Commissioni bicamerali si sovrappongono a quelli dell'Aula.
Il decreto-legge n. 135 del 2009, di attuazione degli obblighi comunitari, come è stato più volte ribadito, è una sorta di decreto-legge omnibus, che, al di là dell'articolo 15, su cui purtroppo si è discusso molto più fuori da quest'Aula e sui giornali che al suo interno, contiene comunque anche altri articoli che riguardano la legislazione ambientale, che probabilmente meritano di essere approfonditi.
A questo riguardo, quindi, non mi soffermerò su una serie di questioni legate al tema della privatizzazione dell'acqua, perché i colleghi prima di me hanno ribadito e sottolineato l'inadeguatezza di questo provvedimento, ma vorrei soffermarmi anche su altri aspetti, in modo particolare sui commi 3, 4 e 5 dell'articolo 4, che reca: misure urgenti per il recepimento della direttiva 2008/101/CE.
Questa tipologia di autorizzazione si riferisce, infatti, all'autorizzazione ambientale integrata, che è oggi sicuramente una delle autorizzazioni più avanzate a livello europeo, in quanto non è basata sulla filosofia del comando e controllo, ma prevede un'interazione positiva tra impresa e controllore, al fine di migliorare le performance degli impianti industriali.
È un'autorizzazione che ha già quasi una ventina d'anni, che è stata recepita con enorme ritardo dal nostro Paese. Questo ritardo ha portato all'attivazione di tutta una serie di procedure di infrazione. Questa purtroppo non è una novità, perché, delle circa cento infrazioni a livello comunitario, circa il 40 per cento sono appunto infrazioni ambientali.
Sulla vicenda della commissione che è stata costituita per l'autorizzazione ambientale integrata, abbiamo assistito anche qui a un susseguirsi di provvedimenti, che poi sono stati annullati. Infatti, questa commissione si è instaurata assolutamente in ritardo, a causa dell'inerzia del Governo condotto dall'attuale maggioranza negli anni 2002-2006.
Poi, una volta che il Governo Prodi aveva nominato i nuovi commissari, il Ministro Prestigiacomo, nel momento in cui è diventata responsabile del dicastero dell'ambiente, nel decreto-legge n. 112 del 2008 ha proposto lo scioglimento di questa commissione. Questa commissione è stata Pag. 24sciolta e i suoi componenti hanno fatto ricorso al TAR del Lazio, che ha dato ragione a queste persone, che erano state sostituite.
Quindi, oggi ci troviamo in una situazione un po' paradossale, in cui questa commissione importantissima sta continuando ad autorizzare impianti di una certa rilevanza in una sorta di limbo normativo.
Il tentativo di annullare e asservire alla volontà di questo Governo queste importanti commissioni tecniche, che dovrebbero in realtà essere super partes, è un po' una costante delle politiche ambientali cui abbiamo assistito. Infatti, questo Governo, dopo aver sciolto la Commissione AIA, il Covis e la Commissione per la valutazione di impatto ambientale, commissariato l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e, da ultimo in ordine cronologico, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, trasforma di fatto delle strutture di garanzia in uffici del Ministero. Anche questo credo che sia un dato politico da cui non si possa sfuggire.
Per tornare al provvedimento in esame, non è chiaro cosa sia questo decreto che viene annunciato e che, a fronte di interventi ambientali sugli impianti, come meccanismo premiale per le imprese, consentirebbe di allungare la validità dell'autorizzazione. Ciò che sembra chiaro è che, poiché questa autorizzazione è di fatto complessa, si cerchi di trovare una sorta di escamotage, non tanto per attrezzarsi tecnicamente ad affrontarla, ma semplicemente cercando di applicarla il meno possibile, annunciando l'emanazione di un decreto, che, così come esposto, non si capisce se poi riuscirà a raggiungere l'obiettivo che qui viene riportato.
Per finire, vorrei poi ricordare il comma 2-bis dell'articolo 15, che, ancora una volta, in assenza del decreto che riguarda i criteri di assimilazione ai rifiuti urbani, prevede un'ulteriore proroga di sei mesi; una proroga necessaria, che però, in realtà, non risolve un problema ormai cronico, che speriamo, con la revisione del codice ambientale, possa trovare una soluzione definitiva.
Anche il comma 2-ter rappresenta un'ulteriore deroga riguardo al fatto che si possano conferire in discarica rifiuti con potere calorifico elevato. Si è costretti a derogare perché, sostanzialmente, mancano gli impianti di smaltimento dei rifiuti riguardo a diverse tipologie di essi. Abbiamo sollecitato a varie riprese un confronto serio per rivedere il sistema della gestione dei rifiuti in Italia, un sistema che non esiste, di fatto, in metà del Paese e che rischia di collassare anche al centronord e al nord. Anche se la programmazione della gestione dei rifiuti è in capo alle regioni abbiamo chiesto al Governo di esercitare la funzione di coordinamento e impulso prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
Signor Presidente, e concludo, questi sono alcuni temi che sarebbe stato interessante discutere al fine di poter contribuire, credo, a migliorare questo provvedimento legislativo, che, come è stato ricordato a più riprese, stralciando l'articolo 15 e con opportuni chiarimenti, avremmo potuto votare favorevolmente e che, invece, siamo costretti a votare in maniera negativa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo (vedo che si alternano: una volta c'è qualcuno, un'altra volta c'è qualcun altro), speriamo che il filo dell'argomento e del discorso possa essere recepito anche dalla maggioranza e dal Governo per fare, quanto meno, delle riflessioni, perché, allo stato attuale, ormai la situazione è quella che è.
La decisione da parte della maggioranza è stata presa: è quella di approvare, senza avere possibilità di discussione, il decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, chiamato decreto Ronchi.
L'argomento che è stato punto di discussione in questa Assemblea, nella Camera dei deputati, e anche la chiacchierata Pag. 25che è stata fatta in questi giorni dai giornali si sono estrinsecati in modo particolare sull'argomento dell'acqua. Mi dispiace scomodare o citare qualcuno, in modo particolare Salomone, quando, all'interno dell'Ecclesiaste, afferma che tutto è già successo, tutto continua ad essere e tutto continuerà a succedere, vale a dire che nulla cambia e tutto si ripresenta e continuerà ad essere nello stesso modo.
Mi dispiace fare questa riflessione, ma è quello che è successo all'interno di questo Parlamento, e non succede oggi, ma è già successo precedentemente, negli anni passati, e continuerà ad essere sempre così, e mi dispiace. Non vi è, infatti, volontà politica da parte della maggioranza, ma non vi è neanche da una parte dell'opposizione, di far decollare un sistema diverso. Prima di parlare di acqua, dobbiamo capire quello che sta succedendo, e voi lo sapete bene, cari colleghi, quello che sta succedendo oggi in Italia, in Europa e nel mondo.
Vi sono, lo dicevo ieri, due grandi blocchi, che si sono formati nella società civile e che parlano un linguaggio completamente diverso. Un blocco forte, che riesce a farsi capire e ad essere presente, è il blocco che parla il linguaggio della produttività ad ogni costo, che parla il linguaggio del dio denaro, del guadagno, e non ha altri pensieri che non siano quello di avere un ritorno sotto il profilo economico.
Vi è poi un blocco che parla il linguaggio della solidarietà sociale, ma che diventa difficile poter ascoltare, perché non ha bocca per parlare, ha difficoltà ad essere presente, e molte volte i partiti politici, che dovrebbero dargli voce, hanno qualche difficoltà, perché pensano a strategie diverse e non a creare veramente un'opposizione chiara e concreta in alternativa a quel sistema e a quel blocco che, giorno dopo giorno, conquista non soltanto l'Italia, ma l'Europa e il mondo.
Perché è importante svolgere questa riflessione, prima di entrare nell'argomento servizi idrici ed acqua? È inconcepibile sentire affermazioni, in cui si parla di acqua come bene pubblico ma a gestione privata: come se a proposito dell'acqua, bene pubblico, che viene delle sorgenti, chi parla ci volesse quasi far capire che i cittadini che abitano a Roma, siccome si tratta di un bene pubblico, l'indomani mattina, non accettando quel tipo di gestione, prenderebbero il secchio e andrebbero direttamente alla sorgente per rifornirsi d'acqua! Ma cari amici, di cosa stiamo parlando? Siamo convinti di ciò che diciamo, siamo responsabili e consapevoli delle parole che usiamo, oppure non siamo perfettamente coscienti di ciò che diciamo, e siamo servi sciocchi solo ed esclusivamente di alcune lobby di potere?
È allora opportuno riflettere su quanti sono i cittadini che potrebbero essere in difficoltà non disponendo di quel bene pubblico essenziale della vita che si chiama acqua, quanti saranno in Italia e nel mondo i cittadini che non avranno la possibilità, oppure, per altre esigenze particolari, non sono o non saranno in condizione di pagare la bolletta dell'acqua. E in quel momento cosa farà lo Stato? Che cosa farà il privato, e conseguentemente lo Stato? Il privato non farà altro che tagliare il rubinetto che fornisce acqua potabile. E il cittadino senz'acqua potabile cosa deve fare? L'unica cosa che resta è morire, perché senza gas e riscaldamento si può vivere, senza benzina, possiamo anche non muovere le nostre macchine camminando a piedi; ma senz'acqua, come si potrà vivere? Deve allora intervenire lo Stato! E lo Stato come deve intervenire? Nel modo più semplice, pagando la bolletta o prendendo una cisterna piena d'acqua e mandandola a casa del cittadino che non ha pagato quella benedetta bolletta. Quanto costerà tutto ciò allo Stato?
Ma non è questa la domanda, caro rappresentante del Governo. Parliamo di solidarietà, e non di produttività: solidarietà significa che lo Stato deve intervenire e garantire, con un minimo di guadagno che potrebbe reinvestire nelle strutture degli acquedotti. Quando parliamo invece di produttività, di cosa parliamo? Di gruppi che creano speculazione. Ma vi siete chiesti perché a Latina l'acqua potabile costa 300 volte più dell'acqua normale? Pag. 26Vi siete chiesti perché a Firenze l'acqua costa 20 volte più di quanto dovrebbe costare? E il manager, colui il quale rappresenta la società, si giustifica dichiarando che questa sorta di aumento è un fatto normale, perché nel momento in cui non vi è il guadagno che dovrebbe esserci da parte delle società che investono il 20 per cento, aumentano le tariffe, ma si tratta di un fatto fisiologico e normale.
Dobbiamo allora farci una domanda; e ringrazio veramente di cuore il presidente della Commissione ambiente, che è un leghista, che ha dato la possibilità, insieme ai colleghi della Commissione ambiente stessa, di inserire all'ordine del giorno, nominando un relatore, la proposta di legge di iniziativa popolare sulla ripubblicizzazione del servizio idrico. Il presidente leghista della Commissione l'ha tuttavia inserita, ha nominato il relatore e si cominciava a parlare di quell'importante tema, che doveva essere argomento di discussione, di dibattito approfondito e di scontri, in un ambito così serio e profondo, in cui c'è di mezzo la vita del cittadino; però da parte del Governo, caro rappresentante del Governo e colleghi della maggioranza, non è stata tenuta in giusta considerazione, non hanno dato alla questione la giusta interpretazione e validità, perché nel decreto-legge cosiddetto Ronchi hanno messo di tutto e anche la problematica del servizio idrico, privatizzando e scavalcando il lavoro che stava svolgendo la Commissione ambiente. E allora, caro rappresentante del Governo, la risposta che lei oggi deve dare non è soltanto ed esclusivamente all'interno del Parlamento: lei dovrà rispondere ai cittadini, ai 500 mila e passa cittadini che hanno fatto una raccolta di firme per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare alla Camera dei deputati, e conseguentemente volevano che essa fosse discussa ampiamente, per dare delle risposte concrete.
Allora che cosa dobbiamo pensare? Qual è la riflessione che noi parlamentari dobbiamo fare oggi e che potrebbe essere di indirizzo per il futuro? Crediamo veramente alla buona fede dei colleghi leghisti quando si battono per alcuni argomenti...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Sto per concludere, signor Presidente, le chiedo ancora trenta secondi. Tuttavia non possiamo credere all'atteggiamento assunto dal Governo e dalla maggioranza. Quando diciamo che l'acqua è fonte di vita significa che essa è vita, che l'87 per cento del nostro corpo è acqua, il 96 per cento del midollo osseo e del cervello è acqua. Come si può vivere senza acqua? Oggi voi ne avete decretato la privatizzazione.
Concludo dicendo che nella riforma che avete previsto per il 2011 dovrà quasi obbligatoriamente scomparire ciò che è pubblico e si dovrà devolvere una quota almeno pari al 40 per cento ai privati. Ma la cosa più grave è che all'interno di questo Parlamento nell'ambito della medesima discussione, è stata presentata una proposta emendativa che prevede che l'acqua debba essere pubblica mentre la gestione debba essere privata. Ciò vuol dire che la gestione dell'acqua deve essere privata perché i guadagni devono essere dei privati mentre la rete idrica deve essere pubblica perché la manutenzione non deve garantirla il gestore privato ma il settore pubblico. Dunque il cittadino deve pagare e un gruppo di persone deve ingrassare - scusate l'espressione, non vorrei essere né pesante né volgare - sulle spalle dei cittadini. Mi auguro allora che quello che noi, come gruppo dell'Italia dei Valori stiamo lanciando in questi giorni, ovvero un referendum per quanto riguarda tale argomento che è di importanza vitale per i cittadini, trovi la maggior convergenza possibile non soltanto tra i gruppi presenti in quest'Aula, ma in modo particolare tra i cittadini singoli, le associazioni e i movimenti, allo scopo di condurre una battaglia di democrazia e di discussione e affinché su tale argomento siano i cittadini a decidere e non soltanto alcuni parlamentari o una parte del Governo che rappresenta lobby nascoste e Pag. 27interessi personali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattesini. Ne ha facoltà.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, è con profonda amarezza, ma anche con molta preoccupazione che sottolineo l'ennesima occasione mancata per fare esercitare al Parlamento il ruolo che gli compete. Un Parlamento umiliato dalla prepotenza ma anche dalla insipienza di una maggioranza e di un Governo ormai scricchiolante e in stato confusionale. Siamo alla ventiseiesima fiducia e mi piace ricordare che ieri pomeriggio la maggioranza è andata sotto per ben sei volte. Si dirà che in fondo erano solo ordini del giorno ma a tale banalizzazione non regge di fronte ad una chiara ed evidente tensione che ormai è presente nella vostra maggioranza, una tensione che si sviluppa su tanti temi, dalla giustizia all'immigrazione, dalla legge finanziaria al testamento biologico.
Mi rivolgo ai colleghi della Lega. Voi potete pur far finta di niente, ma è ormai evidente a tutti che alla prova dei fatti dimostrate, di provvedimento in provvedimento, quanto le autonomie locali o regionali siano per voi solo un optional, di provvedimento in provvedimento votate contro i pareri della Conferenza Stato-regioni anche quando portano il voto delle regioni da voi amministrate. Devo dire che mai come negli ultimi anni si è affermato concretamente un centralismo davvero soffocante. E non basta certo - come è avvenuto ieri dopo il voto di fiducia - che autorevoli colleghi della maggioranza abbiano detto che il provvedimento che oggi andremo definitivamente a votare vada cambiato.
Non è giustificabile un legislatore che di volta in volta sottrae alla chiarezza delle regole comuni e delle competenze istituzionali - e mi riferisco ancora una volta ad esempio alla Conferenza Stato-regioni oltre che al Parlamento - la definizione di norme, e di norme così delicate come quelle contenute in questo decreto-legge. Si tratta di norme come quelle contenute nell'articolo 15, che rimandano non solo al principio guida proconcorrenziale, ma che richiamano anche altri interessi pubblici che possono essere equiparati ad esso sia dal punto di vista della priorità politica sia del rango costituzionale.
Parlo dell'interesse pubblico per garantire l'universalità dei diritti del servizio, la trasparenza e l'equità delle tariffe oppure l'interesse da parte dei sindaci a dover minimizzare i rischi di interruzione e di discontinuità nell'erogazione dei servizi che hanno rilievo nella vita della comunità.
Il provvedimento in esame prende a pretesto la normativa comunitaria usandola come uno scudo per traghettare invece altri tipi di provvedimenti che non hanno nulla a che fare con l'ottemperanza alle direttive comunitarie e che introducono fatti, questioni e temi che dovrebbero piuttosto essere oggetto di valutazioni complessive sul piano legislativo.
Se è vero che un decreto-legge si adotta quando sono in corso procedure di infrazione e quando vi è la necessità di un adeguamento alla disciplina comunitaria, è ormai evidente che in questo decreto-legge - in gran parte dei suoi contenuti - non vi è nessuna direttiva comunitaria cui corrispondere.
Si tratta di un provvedimento eterogeneo che sapevamo essere blindato, sul quale ha avuto luogo uno scampolo di discussione. Si è giustificato tutto questo e la posizione della questione di fiducia con il tema dell'urgenza, ma se è il tempo a determinare la blindatura, la fiducia e l'urgenza allora chiedo al Governo di rispondere anche alla domanda rivolta da tanti altri colleghi: perché si adotta un decreto d'urgenza quando poi si rinvia di uno o due anni l'ottemperanza di alcune norme? Insisto: altro che ottemperanza agli obblighi comunitari, con questo decreto-legge si fa male all'Europa, un'Europa che è - per questa maggioranza - soltanto la scusa per varare provvedimenti che magari non hanno trovato spazio nel disegno di legge finanziaria. Pag. 28
Mi soffermo sull'articolo 15. Il Partito Democratico ha chiesto lo stralcio di questo articolo proprio perché manca qualunque ragione di urgenza ed ha dato la disponibilità per lavorare intorno ad uno specifico provvedimento, un testo unico per i servizi pubblici a rilevanza economica perché è indispensabile un approccio che tenga conto della complessità, della differenziazione merceologica tra i diversi settori e della necessità di nuovi apparati di regolazione (insomma, una riforma organica e puntuale del sistema dei servizi collegata al riordino delle funzioni degli enti locali ed alla definizione della carta delle autonomie, nonché alla riorganizzazione delle funzioni stesse).
Invece ci troviamo di fronte, come diceva ieri il collega Fontanelli, ad un ennesimo pasticcio, un testo che corregge un altro testo, e quindi stiamo davvero procedendo in modo drammatico per progressive approssimazioni, per correzioni su correzioni. Insomma, il Parlamento approva di continuo testi sbagliati, confusi e contraddittori su cui bisogna tornare e che mettono in grande difficoltà anche gli enti locali e le autonomie che debbono poi applicare tali norme: altro che efficienza della pubblica amministrazione, altro che le faccine sorridenti del Ministro Brunetta!
Lo dico anche così: altro che liberalizzazioni, non ve n'è traccia in questo provvedimento, questa maggioranza vuole solo privatizzare alcuni settori secondo una logica che non è certamente quella dell'efficienza dei servizi. D'altra parte, l'attacco alla pubblica amministrazione e ai servizi pubblici - non solo attraverso questo decreto-legge - è un tratto identitario di questo Governo. Faccio un esempio: anche la sanità, le politiche sociali e la previdenza subiscono tale scellerata scelta.

PRESIDENTE. Onorevole Mattesini, deve concludere.

DONELLA MATTESINI. Una vera politica di riorganizzazione e di modernizzazione - e concludo - non può procedere senza una forte politica di regolazione che è totalmente assente in questo decreto-legge e che, se presente, lo è in modo disorganico. Chiedo dunque alla maggioranza: ma secondo voi chi garantisce i cittadini di fronte ai monopoli, siano essi pubblici o privati?
Dobbiamo invece stabilire organismi di garanzia della qualità del servizio, delle carte dei servizi e dei sistemi tariffari che siano terzi ed indipendenti (indipendenti rispetto all'autorità pubblica appaltante ed al fornitore).
Insomma, questo decreto-legge è concepito in modo confuso e fuori da qualunque presupposto di urgenza, e soprattutto consegnerà a processi di privatizzazione fuori da qualunque regolazione settori importanti sui quali invece occorre avere un atteggiamento serio e rigoroso che possa dare a questa materia una organicità e non appunto questa disorganicità e questa consegna di servizi pubblici importanti ad un mercato non regolato. Per tali ragioni, preannunzio il voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, colleghi, un osservatore esterno e un po' disattento potrebbe pensare che il nostro Paese in questi giorni è attraversato da un'improvvisa ondata di euroscetticismo, in quanto facciamo ricorso alla decretazione d'urgenza ed al voto di fiducia per approvare una serie di attuazioni di obblighi comunitari e di esecuzioni di sentenze della Corte europea.
Come al solito, all'interno di un provvedimento ordinario, ancorché difficilmente si riesca a capire il ricorso alla decretazione, si inserisce qualcosa di strano (in questo caso, la questione dei servizi pubblici locali). Si tratta di una questione che a questo osservatore, che magari si è fatto più attento, suona un po' strana proprio nella sua impostazione teorica di fondo. Non si capisce come il Pag. 29Governo faccia a predicare, dopo un anno e mezzo di questa crisi, e dopo che il Ministro dell'economia e delle finanze in carica sia stato l'unico, e il primo, a prevederne la gravità e i risultati, l'affidamento della gestione di un bene primario come l'acqua ad un mercato totalmente non regolato. Dubito che il Ministro Tremonti abbia letto il testo di questo decreto-legge, perché altrimenti gli chiederei come si concilia una posizione che prevede che si costituisca ex novo un mercato al di fuori di ogni regolazione.
Noi da anni, ma anche il centrodestra da poco, siamo arrivati all'idea che il mercato esiste solo in quanto esistono le forme che lo costituiscono, ossia le regole. Non può esistere un mercato dell'acqua fuori dalle regole. Non è sufficiente mettere in campo le regole per il mercato, come la selezione dei soggetti che possono partecipare alla gestione di un monopolio naturale come la gestione delle risorse idriche. Ci vogliono anche le regole del mercato e nel mercato. Chi verifica le tariffe? Chi ne impone i limiti all'incremento? Chi regola il rapporto tra le esigenze di programmazione e di investimento e quanto di questo va alla fiscalità generale e quanto alle tariffe? Chi ha potere sanzionatorio nei confronti del gestore? Tutto questo è completamente assente.
Personalmente, sono stato e sono tuttora tra quelli favorevoli all'idea che anche mercati difficili come i monopoli naturali, e nello specifico l'acqua, possano vedere il concorso dei privati nella gestione; non mi spaventa, anzi ne sono stato un fautore fin dai tempi del primo Governo Prodi. Ma stiamo parlando di un mercato, non di una svendita non regolata ad un soggetto privato, non del fatto che priviamo di qualsiasi forma di controllo gli enti locali e, in ultima istanza, i cittadini e i consumatori.
È del tutto evidente allora che predichiamo la nuova Bretton Woods, i nuovi legal standard a livello internazionale quando parliamo di finanza, e poi ce ne dimentichiamo quando parliamo di una questione che interessa assai di più della finanza i cittadini e i lavoratori di questo settore. Non è un caso che vi è un grande allarme sociale su questo tema e che già ieri i lavoratori del settore hanno scioperato.
Non vi è differenza, peraltro, tra un mercato che non pone regole standard e una programmazione di investimento, e la finanza allegra che ci ha portato sul baratro della crisi economica di questi giorni. Quello che stiamo facendo è rendere di nuovo «finanziarizzabile» un settore collegato ad un bene primario come l'acqua, nulla di più.
Credo che il Governo su questi temi farebbe bene a darsi una linea coerente, evitando di predicare anche bene, in maniera condivisibile, sull'esigenza di ridare regole e controllo all'attività del mercato, per poi praticare, invece, il peggio con decreti-legge come questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, il voto del gruppo dell'Italia dei Valori sarà contrario a questo provvedimento per molteplici motivi. La maggioranza ha respinto la questione pregiudiziale di costituzionalità su un provvedimento palesemente incostituzionale. La maggioranza ha dato la fiducia al Governo su un provvedimento palesemente incostituzionale e palesemente sbagliato.
Come ho fatto in ogni intervento su questa materia, non posso che lamentare ancora una volta lo svuotamento volontariamente perpetrato dalla maggioranza e dal Governo del ruolo del Parlamento. Non posso dimenticare che siamo stati costretti a svolgere la discussione generale dopo che è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti. Credo che sia uno scandalo, credo che sia materia per la Giunta per il Regolamento, perché ritengo che non sia possibile che un Regolamento parlamentare possa prevedere che la discussione generale avvenga dopo la presentazione degli emendamenti, Pag. 30quando gli emendamenti dovrebbero essere uno dei frutti della discussione generale stessa.
Questo provvedimento è incostituzionale ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, in quanto in contrasto con l'articolo citato poiché non vi sono assolutamente i requisiti di necessità e di urgenza colà previsti. È anche in contrasto con la normativa sulla legge comunitaria in quanto prevede in sé - e al Senato gli articoli sono stati quasi raddoppiati - norme che nulla hanno a che vedere con le infrazioni comunitarie o con l'adeguamento delle normative cosiddette domestiche a provvedimenti di autorità giurisdizionali comunitarie e non.
Quindi si tratta di un provvedimento che va bocciato addirittura nei suoi elementi preliminari, proprio - come si dice in diritto - in limine litis, ma è un provvedimento assolutamente sbagliato anche nel merito di alcuni dei suoi punti principali. Non v'è dubbio che il punto principale sia l'articolo 15, quello che reca una nuova regolamentazione dei servizi pubblici, quello che privatizza e non apre alla concorrenza nell'ambito della gestione dei servizi pubblici, che privatizza in maniera selvaggia perché non prevede (e ieri è stato respinto un nostro ordine del giorno in materia) nemmeno un'autorità seria di regolamentazione del mercato del servizio pubblico principe, che è quello dell'acqua. È pur vero che l'acqua rimane pubblica nelle sue strutture ed infrastrutture, ma viene assolutamente privatizzata nella gestione, che è poi il cuore dell'utilizzo di questo servizio.
Credo che sia un errore gravissimo, al di là di chi è favorevole agli affidamenti in house e di chi è contrario. Mi chiedo anche: se le aziende pubbliche che parteciperanno alle gare che sono previste da questa legge non vinceranno, che ne sarà dei dipendenti di queste aziende pubbliche. Non credo certo che verranno riassorbiti tutti dalle aziende private, che penseranno ovviamente alla speculazione più bieca in questa materia (che non andrebbe assolutamente sottoposta alla speculazione).
Allo stesso modo non condivido minimamente l'impianto che spinge gli enti pubblici ad alienare - con una pistola puntata alla tempia si sa che le alienazioni non vengono fatte al meglio - le proprie quote nelle società cosiddette di multi-utilities.
Quindi ritengo il provvedimento in esame completamente contrario all'interesse pubblico, soprattutto contrario all'interesse pubblico primario della pubblica gestione dell'acqua, che in Paesi civili quantomeno come il nostro (come la Svizzera, gli Stati Uniti e come tanti Paesi dell'America latina) è pubblica.
Ritengo, inoltre, che sia stato un errore abolire quel federalismo infrastrutturale che era stato introdotto nella scorsa legislatura, perché, pur salvando ciò che è stato fatto soprattutto in Veneto e in Lombardia, si privano le regioni di un introito economico che, in questi momenti di tagli ai trasferimenti, è tanto più necessario per gli enti locali e della possibilità di dire una parola, di effettuare un controllo sulle infrastrutture che percorrono i loro territori.
Che dire poi del made in Italy (articolo 16), una normativa che aspettavamo da tempo, ma che non toglie il dubbio principale: il concetto di lavorazione non viene esplicitato come noi avevamo chiesto anche di nuovo ieri con un ordine del giorno che è stato respinto. Non viene esplicitato il concetto di lavorazione, lasciando quindi la possibilità ad un'interpretazione estensiva che consenta di fare pezzi di lavorazione all'estero e assemblaggio in Italia o viceversa: ciò chiaramente non tutela completamente il made in Italy e non soddisfa quell'esigenza di tracciabilità che la nostra piccola e media impresa da tempo sta chiedendo a gran voce e che viene bloccata dalle lobby delle grandi imprese.
Da ultimo, non condividiamo nemmeno la strutturazione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, in quanto non è sufficientemente svincolata, sia come fondi sia come personale, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, quindi, lascia - ma questa è una situazione Pag. 31alla quale questa maggioranza ci ha abituato - il controllore quasi completamente in mano al controllato.
Abbiamo patito anche una violenza politica - se così vogliamo chiamarla -, in quanto assieme ai colleghi del Partito Democratico avevamo chiesto lo stralcio dell'articolo 15 sui servizi pubblici, che ben poteva essere oggetto di una normativa a parte che avremmo potuto discutere in maniera più approfondita, ma non si è voluto nemmeno questo. Si è voluto andare avanti senza che vi fossero i requisiti di necessità e urgenza in maniera evidente, per arrivare ad adottare una legge che credo non sia una buona legge e che soprattutto, per quanto riguarda i servizi pubblici, creerà un danno rilevante all'utente. Riteniamo che la qualità dei servizi peggiorerà, che i costi aumenteranno e che vi sarà, come accennavo prima, un pesante problema occupazionale e di speculazione. Speriamo che ve ne rendiate conto e che si possa correre ai ripari.
Confermo, in conclusione, che il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro questo provvedimento contro il quale credo sia necessario che tutta l'Italia, che crede veramente in un servizio pubblico efficiente, si unisca alla grande protesta che sta salendo dal Paese con raccolta di firme e con mozioni approvate nei consigli comunali e provinciali e con manifestazioni che dovrebbero farvi pensare che state compiendo un clamoroso errore.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media superiore «Gaetano Salvemini» di San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, mi rivolgo al signor sottosegretario, ma vorrei farlo al signor Ministro, ma non lo vedo e mi sembra grave la sua assenza - era presente l'altro giorno in sede di discussione generale - questa mattina, nell'ambito di una discussione su una legge che reca praticamente il suo nome. Pazienza, anche perché è una normativa che prevede diverse anomalie ed in sede di discussione generale i gruppi di opposizione non hanno mancato di evidenziarle. Dopodiché, come era inevitabile anche a fronte della forte mobilitazione di numerosissimi cittadini nel nostro Paese, l'attenzione principale si è concentrata, soprattutto da parte dei mezzi di comunicazione, ma anche qui nel nostro dibattito, sul tema della privatizzazione dell'acqua.
Abbiamo visto ieri quello che sarebbe accaduto se si fosse aperto un confronto in Aula sugli emendamenti: una maggioranza ormai slabbrata - me lo faccia dire, signor sottosegretario -, incapace di mascherare le proprie divisioni, insicura e quindi necessitata a ricorrere per una volta ancora al voto di fiducia. Infatti, questa mattina, a parte qualche collega della Lega, c'è solo un collega del Popolo della Libertà in Aula da quando stiamo dibattendo, cioè dalle 9.
È evidente che, aldilà dei problemi politici all'interno del centrodestra, alcuni decreti-legge che il Governo porta all'esame del Parlamento per una loro rapida approvazione sono obiettivamente delle forzature sotto il profilo delle effettive caratteristiche di urgenza e di necessità e spesso anche sotto l'aspetto dei contenuti.
Il presente decreto-legge è uno di quei casi. La questione dei servizi pubblici locali, all'interno della quale rientra la grave questione dell'acqua, andava affrontata con un provvedimento legislativo ad hoc: troppo importante e troppo complessa per essere inserita con un articolo in un decreto-legge che tratta di tutt'altro.
L'articolo 15 - lo abbiamo ripetuto fino alla noia - andava stralciato. Non c'entra nulla con un provvedimento che si occupa dell'adempimento di «obblighi comunitari». L'articolo 15 non dà attuazione ad una direttiva comunitaria rispetto alla quale l'Italia sia eventualmente inadempiente, né vi è una sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea che imponga in maniera cogente un determinato intervento. Pag. 32
Sono anche altre e importanti le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, senza che vi sia un riferimento ad una direttiva comunitaria o ad una sentenza della Corte di giustizia. Ricordo qui l'articolo 3-quinquies, che si occupa di come garantire la trasparenza e la libera concorrenza nella realizzazione delle opere e degli interventi connessi allo svolgimento dell'Expo 2015, tema per me particolarmente interessante ed importante, provenendo io dall'area milanese, ma che non ha connessione con gli obblighi comunitari e che quindi andava affrontato con apposito decreto-legge, se si riteneva l'effettiva sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza, ma non dentro il decreto-legge in esame.
Potrei citare anche, per palese carenza di collegamento con obblighi comunitari, l'articolo 19-bis, che si propone il perseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità e crescita, nonché del coordinamento informativo, statistico, informatico e dei dati concernenti i bilanci delle amministrazioni regionali e locali; o ancora l'articolo 20, pure importante - lo ricordava prima il collega Realacci - sull'attività di distribuzione dei medicinali o l'articolo 16 sui prodotti interamente italiani e la tutela del made in Italy. Qui non siamo nel campo del salva-infrazione, come si è voluto chiamare da parte della pubblicistica il decreto-legge in esame: siamo fuori dal terreno di gioco, se così si può dire mutuando l'espressione dal linguaggio sportivo. Questa distorsione si riverbera sulla legge comunitaria, cioè quella legge annuale il cui fine è esattamente adempiere agli obblighi comunitari e che viene, così procedendo, progressivamente svuotata.
Signor Presidente, quando si inseriscono in un decreto-legge articoli come il 5, sulla semplificazione in materia di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche, e il 6, sull'etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari, che sono di identico tenore - badi bene - rispetto agli articoli 14 e 15 del disegno di legge comunitaria 2009, che noi qui in questa Camera abbiamo già approvato e che ora è all'esame del Senato, si opera di fatto un deciso ridimensionamento della legge comunitaria annuale, quale strumento ordinario di adeguamento dell'ordinamento italiano a quello comunitario, ma soprattutto - e questo è il punto principale - si ledono ulteriormente le prerogative parlamentari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,30)

ENRICO FARINONE. Infatti, è evidente che la legge comunitaria è una legge e, quindi, prevede un dibattito parlamentare non strozzato, per così dire, dalla scadenza dei sessanta giorni, come invece accade con i decreti-legge. È evidente e confermato l'indirizzo governativo: ridurre gli spazi e i tempi del confronto parlamentare.
In conclusione, signor Presidente, decretazione d'urgenza priva in diversi casi dei requisiti e dei presupposti di necessità; mancanza in taluni casi di qualsiasi effettivo riferimento a direttive o sentenze della Corte di giustizia europea, tali da giustificare l'inserimento in un provvedimento che cita specificamente, appunto, gli obblighi comunitari; intervento tramite decreto-legge laddove, per la maggioranza degli articoli dei quali si compone, si sarebbe potuta e dovuta utilizzare una legge ordinaria preposta allo scopo (appunto la legge comunitaria); inserimento nel decreto-legge di tematiche che necessiterebbero di una via legislativa specifica e ordinaria per poterle esaminare e approfondire adeguatamente; questi sono alcuni degli elementi di valutazione negativa - ed io mi sono soffermato su quelli che hanno più attinenza agli obblighi comunitari - che motivano il voto contrario del Partito Democratico a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

Pag. 33

SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci risiamo: ancora una volta avete caricato il treno europeo di merce clandestina e avariata; ancora una volta avete strumentalizzato gli impegni europei per vostri interessi di bottega, di piccola bottega, con effetti però molti negativi su tutti i cittadini; ancora una volta dimostrate il vostro totale disinteresse per una vera modernizzazione del Paese e il vostro spregio nei confronti del Parlamento.
Anch'io come il collega Farinone non capisco, tra l'altro, l'assenza del Ministro Ronchi, o forse sì: ciò conferma che in realtà l'Europa c'entra poco o nulla in questo provvedimento e che sono ben altri i fini che il Governo sta perseguendo.
Ma vediamo come avete tentato, da lunedì pomeriggio ad oggi, di giustificare questo pasticcio. Per cominciare, voi conducete l'adozione del provvedimento all'articolo 10 della legge n. 11 del 2005, in base al quale il Governo può adottare: «provvedimenti, anche urgenti, necessari a fronte di atti normativi e di sentenze degli organi giurisdizionali delle Comunità europee e dell'Unione europea che comportano obblighi statali di adeguamento solo qualora la scadenza risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria relativa all'anno in corso». Peccato, però, che poi abbiate farcito il decreto-legge con ingredienti che lo rendono del tutto indigesto, perché non soddisfano affatto l'esigenza di adeguamento del nostro ordinamento ad obblighi comunitari di imminente scadenza, ma perseguono ben altri fini, estranei alla natura del veicolo legislativo che state utilizzando.
Si dice che, per capire se il budino è venuto bene, va assaggiato: ebbene, colleghi, il vostro non è proprio commestibile. Non siete riusciti in tre giorni a spiegarci che cosa c'entrino alcune disposizioni come l'EXPO di Milano del 2015, i servizi pubblici locali, il made in Italy, le farmacie, con l'esigenza di urgenza dello strumento che state utilizzando. Dov'è questo carattere di urgenza? Dove sono le infrazioni da cui, secondo voi, dovremmo salvarci? E perché, per evitare le possibili infrazioni, non usate la legge comunitaria?
Vorrei riprendere, in particolare, due o tre punti dell'onorevole Bernini Bovicelli (che è arrivata in Aula e magari può anche ascoltare, forse, è molto impegnata, sì), alla quale vorrei dire innanzitutto che i numeri hanno un peso e un significato ben preciso. La collega, facendo riferimento alle procedure di infrazione, dice testualmente nel suo intervento di martedì che oggi le procedure di infrazione sono 155, contro le quasi 280 del Governo Prodi.
Ebbene, signor Presidente, nel 2006, l'anno in cui fu costituito il Governo Prodi, le procedure di infrazione che la precedente gestione di Berlusconi aveva lasciato erano effettivamente 280 (275, per la precisione) e fu per questo che il Ministro Bonino istituì allora la struttura di missione sul contenzioso comunitario e le procedure di infrazione.
Grazie all'attività di questa missione, le procedure di infrazione si ridussero a 181 nel giugno 2008: in soli due anni di Governo Prodi abbiamo ridotto di 100 unità le procedure aperte dall'Europa nei nostri confronti, inaugurando per la prima volta nel nostro Paese un decisivo cambiamento di rotta, una valida testimonianza della nuova attenzione che il nostro Governo rivolgeva all'Europa e alla necessità di adeguare efficacemente il nostro ordinamento alle norme europee.
Dal giugno 2008 ad oggi, cioè dall'insediamento dell'attuale Governo ad oggi, si è passati da 181 a 155, con una riduzione ulteriore di 26 unità sul totale delle procedure. Quindi, seppure in misura molto più ridotta rispetto a quanto il nostro Governo aveva fatto, questo Governo ha avuto almeno il buonsenso di mantenere la struttura che avevamo creato proprio per ridurre il carico del contenzioso comunitario. È quella innovazione, che, lo ripeto, il nostro Governo aveva inserito, ad aver permesso, nel periodo di cui parlava la collega Bernini, di passare dalle 275 alle 155 attuali; questo dicono i numeri nella loro interezza.
Si è detto in quest'Aula, e lo ha ribadito la collega nel suo intervento, che l'inserimento Pag. 34di tali disposizioni consente un approccio rapido e preventivo del Governo nei confronti delle norme europee. Aiutatemi a capire: come si può affrontare preventivamente una procedura di infrazione? Se la procedura è già stata aperta e vi è un obbligo in imminente scadenza da recepire, allora non è preventiva. Oppure, la collega intendeva dire che siamo così virtuosi da volerci adeguare all'Europa prima che si apra un nuovo contenzioso nei nostri confronti? Ebbene, se questo è vero, e noi siamo assolutamente d'accordo nel voler essere così virtuosi, allora si sarebbe dovuto legiferare con gli strumenti ordinari, non con un provvedimento d'urgenza.
Vorrei ricordare alla maggioranza e al Governo che esiste uno strumento legislativo ad hoc che si chiama legge comunitaria, proprio quella licenziata dalla Camera a settembre e ancora ferma al Senato. Quella, signor Presidente, la legge comunitaria, sarebbe dovuta essere il contenitore di tutte quelle norme che con un eufemismo abbiamo definito eterogenee con questo decreto-legge. Introducendo, invece, nel decreto-legge misure che non corrispondono direttamente né al criterio dell'urgenza, né a quello della necessità avete reso la legge comunitaria annuale, lo strumento ordinario di adeguamento all'ordinamento comunitario, sempre più irrilevante. Non venite poi a raccontarci che volete rafforzare il ruolo del Parlamento nel campo europeo, perché questo lo si fa con i fatti e non con le parole e i fatti parlano contro di voi.
Signor Presidente, devo sottolineare che anche le scelte assunte dalla Presidenza in questo frangente sono molto discutibili (ma neanche lei, signor Presidente, mi ascolta perché è impegnato al telefono). Infatti, è sbagliata la mancata assegnazione del provvedimento alla Commissione XIV in sede referente, considerato che si tratta dell'esame di un provvedimento recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari, anche alla luce degli accresciuti poteri che il Trattato di Lisbona attribuisce ai Parlamenti nazionali, nonché della recente pronuncia, in via interpretativa, della Giunta per il Regolamento. Ma facciamo sul serio o scherziamo in materia europea in questo Parlamento? Vogliamo adattarci veramente alla nuova realtà europea nei fatti o vogliamo farlo solo a parole in bellissimi discorsi di retorica europea che ormai hanno stancato tutti? Vogliamo scuoterci da vecchie abitudini procedurali e liberarci da precedenti ottocenteschi che con zelo in questa Camera vengono ripetutamente richiamati e impediscono al Parlamento di svolgere un vero ruolo in materia europea?
È perfettamente inutile discutere di Lisbona e prepararsi alla sua entrata in vigore se continuano a prevalere in questo Parlamento interpretazioni del tutto inadeguate che sembrano addirittura non solo ignorare il Trattato di Lisbona, ma l'Unione Europea in quanto tale. Forse dovremmo avviare un corso di formazione accelerato per tutti in questa Camera, parlamentari e funzionari, per ricordare quale dovrebbe essere il ruolo di una Camera dei deputati nel sistema politico europeo nel 2009, non più nel 1957.
Ricordo, infine, che il contenzioso comunitario può comportare conseguenze finanziarie rilevanti nel caso in cui si arrivi alla fase del secondo ricorso alla Corte di giustizia, ai sensi dell'articolo 228 del Trattato comunitario, per mancata esecuzione della prima sentenza di condanna. Tra l'altro, in base al Trattato di Lisbona tale procedura sarà molto più celere.
Delle sedici procedure di infrazione ex articolo 228 (cioè per non adeguamento alla prima sentenza di condanna della Corte di giustizia) che risultano oggi aperte nei confronti dell'Italia, solamente due sono oggetto di specifiche disposizioni in questo decreto-legge e quindi permangono obblighi di adeguamento dell'Italia in imminente scadenza e ne rimangono esattamente quattordici.
Il Governo, quindi, giustifica le forzature di questo decreto-legge, dicendo che addirittura non solo vuole sanare le infrazioni presenti, ma addirittura vuole prevenire le infrazioni che verranno (concetto Pag. 35molto originale che il Governo ha elaborato), ma si dimentica che vi sono quattordici infrazioni che il decreto-legge avrebbe certamente potuto recepire - perché siamo già alla procedura che porterà alla seconda condanna della Corte - e che, invece, il decreto-legge ignora totalmente.
Insomma, è un budino totalmente indigesto, cui potrebbe seguire una medicina molto amara a carico del bilancio dello Stato, cioè dei cittadini, che non solo magari pagheranno molto di più l'acqua che dovranno bere, ma dovranno anche pagare molto di più - visto il bilancio dello Stato - le multe che dovremmo pagare per quelle 14 infrazioni che avete ignorato. Ma perché le avete ignorate? Perché dell'Europa non vi importa nulla in questo decreto-legge. Lo ripeto: voi state perseguendo fini del tutto diversi e avete preso ancora una volta il primo treno utile che passava.

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, la prego di concludere.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, mi fa piacere che ha ripreso ad ascoltare i lavori dell'Assemblea: mi sono rivolto a lei due volte, ma era molto impegnato a parlare al telefono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, non stavo parlando al telefono, ma con un collega che mi aveva chiesto una cosa. Comunque, le chiedo scusa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Abbiamo ancora tempo disponibile: pertanto, in via eccezionale, autorizzo interventi per una durata massima non superiore ai quattro minuti, perché - come è noto - dobbiamo interrompere la seduta per poi procedere alla diretta televisiva delle dichiarazioni di voto finale. Ha facoltà di parlare.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, l'articolo 15 di questo decreto-legge è uno sbaglio dannoso per il Paese. Non contiene una vera strategia di liberalizzazione, regolazione e modernizzazione dei servizi pubblici locali. Si tratta purtroppo di un pasticcio sgangherato che produrrà problemi agli amministratori locali, maggiori costi per i cittadini, vantaggi per pochi gruppi finanziari e industriali. Signori del Governo e colleghi della maggioranza, tutte le opposizioni unite vi hanno proposto di stralciare questo articolo e di aprire un vero confronto per una vera riforma.
La nostra è una proposta credibile: l'opposizione democratica è pronta ad ogni sfida riformista per il bene del Paese. Lo abbiamo dimostrato con la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale e con la riforma della legge di contabilità e di finanza pubblica. Tuttavia, in questo caso il Governo non ha voluto scegliere la strada del confronto e di una vera riforma che, accanto all'apertura dei mercati, regolamentasse questi settori, rendesse più trasparenti le tariffe, introducesse forme di agenzie e di controllo tramite authority.
Per motivare questa scelta sbagliata avete fatto ricorso ad una serie di bugie con ciò raddoppiando il vostro errore perché le bugie hanno le gambe corte. La prima bugia è che non c'è nessun obbligo, né nessuna infrazione comunitaria a cui il nostro Paese debba rispondere. La seconda bugia è che la sentenza dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, a cui fate riferimento come obbligo, si occupa di società miste e non pubbliche. La terza bugia: il Ministro Fitto dichiara che negli ultimi anni avremmo assistito a vergognose politiche di pubblicizzazione del settore dell'acqua. Questa è una bugia davvero grossa, dato che negli ultimi 15 anni, su 114 ATO, 56 sono passati a gestioni miste e soltanto 58 hanno gestioni pubbliche.
Peraltro, non so se il Ministro lo sa, ma le gestioni pubbliche sono più numerose nel centro-nord che nel centro-sud e, poiché la percezione comune, anche quella politica, è che nel centro-nord il servizio idrico funzioni meglio che al sud, ne dovrebbe seguire che le gestioni pubbliche sono in media migliori. Questo forse potrebbe giustificare le centinaia di e-mail che abbiamo ricevuto e le proteste di tanti Pag. 36sindaci che non vogliono essere costretti a cercarsi soci privati per gestire il loro acquedotto.
La quarta bugia è che il Governo propaganda che i cittadini avranno solo vantaggio da questa riforma. Basta leggere che cosa ha dichiarato il presidente di Federutility: «Se non si aumentano i prezzi non si riescono ad attrarre i privati». Quindi, questo è un provvedimento che aprirà la strada all'aumento delle tariffe e, quindi, metterete le mani nelle tasche degli italiani tramite le tariffe.
In conclusione, mi vorrei rivolgere direttamente al Governo, al Ministro Fitto, al Ministro Ronchi. Vorrei domandare loro quale è la coesione e la volontà del Governo e della sua maggioranza parlamentare intorno a questo articolo? Per quanto riguarda la maggioranza, sono emerse numerose perplessità, come dimostrano i voti sugli ordini del giorno di ieri. Ma vi domando se c'è condivisione su questa linea all'interno del Governo. C'è ancora, insomma, una politica economica del Governo? Oppure andate avanti senza parlare tra voi Ministri, privi insomma di una strategia per il Paese?
Come si concilia questo articolo 15, questa liberalizzazione senza regole, con la filosofia antimercatista che il Ministro dell'economia propone da due anni? Come si concilia questa linea di abbandono da parte dello Stato di servizi essenziali, quale acqua e ambiente, con l'interventismo neostatalista del Ministro dell'economia, per esempio sulla Banca del Sud? C'è ancora, signori del Governo, una linea di politica economica di questo Governo? Francamente non sembra, questa sì è una questione importante per un Paese che soffre una grave crisi economica e occupazionale a cui il vostro Governo ha finora risposto con coriandoli di provvedimenti, ma che da oggi con questo decreto diventano coriandoli impazziti che fanno a pugni l'uno con l'altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Froner. Ne ha facoltà per quattro minuti.

LAURA FRONER. Signor Presidente, cercherò di essere estremamente sintetica anche perché molti colleghi si sono già espressi sulla stessa materia, ma è opportuno non perdere alcuna occasione per esprimere la nostra contrarietà verso questo provvedimento, innanzitutto per la scelta di metodo operata in questi giorni di blindare il lavoro della Camera e di ricorrere per la ventiseiesima volta al voto di fiducia.
Le motivazioni di necessità e di urgenza a cui il Governo ha fatto ricorso si rivelano molto labili e tendono a nascondere i veri motivi riconducibili allo stato di incertezza in cui versa la maggioranza al proprio interno. Lo stravolgimento delle procedure legislative, soprattutto nel caso di alcune misure contenute all'interno di questo provvedimento che cercherò di illustrare brevemente, non sono assolutamente giustificabili. Il Parlamento viene privato non solo della propria funzione legislativa, ma anche della possibilità di discutere e di perfezionare materie che sono di comune interesse e sulle quali i cittadini si aspettano da noi misure migliorative che garantiscano i loro diritti fondamentali. Anche alcuni deputati della maggioranza nei giorni scorsi avevano auspicato la possibilità di intervenire nel merito di alcune decisioni prese forse con superficialità e frettolosamente.
Ma entriamo nel merito, vorrei parlare anch'io del contenuto degli articoli, soprattutto gli articoli 15 e 16 del provvedimento in esame. Con l'articolo 15, come è già stato detto, si è persa l'occasione di operare una riforma condivisa a proposito della gestione dei pubblici servizi locali. Da molti anni si discute di questo argomento e tante volte in passato si è cercato di intervenire senza esiti positivi. Il gruppo del Partito Democratico aveva proposto di stralciare questo articolo, anche in considerazione del fatto che non sussiste alcun motivo di intervenire con urgenza per adempiere ad obblighi comunitari in questo caso, a sentenze della Corte di giustizia o a procedure di infrazione. In particolare, è stato osservato come la questione delle risorse idriche contenuta nell'articolo 15, Pag. 37proprio per la natura stessa di un bene indispensabile e vitale come l'acqua, il cui accesso va garantito a tutti i cittadini, andava disciplinata separatamente rispetto agli altri servizi pubblici locali. Invece, il contenuto che il Governo ci ha voluto imporre, ricorrendo all'ennesimo voto di fiducia, è inaccettabile: non affronta con cura e in modo approfondito una riforma organica e puntuale del sistema dei servizi, una riforma collegata al riordino delle funzioni degli enti locali, alla definizione della carta delle autonomie e alla riorganizzazione delle funzioni stesse, come bene ha ricordato ieri il collega Fontanelli. Invece ci troviamo di fronte ad un altro pasticcio, un testo che corregge un altro testo, la legge n. 133 del 2008, ispirato anch'esso da una fretta ingiustificata.
Questo modo di procedere per approssimazioni ci spinge ad approvare testi spesso confusi e contraddittori su cui inevitabilmente siamo costretti ad intervenire successivamente. Rinunciare al confronto parlamentare non significa solo muoversi in senso contrario rispetto ad una riforma organica, come dicevo, nel campo del sistema dei servizi pubblici locali a cui si poteva arrivare in modo condiviso, ma soprattutto agire a favore della privatizzazione di settori economicamente rilevanti, quale l'acqua ed i rifiuti, secondo una logica che porta ad anteporre l'esigenza del maggior guadagno a quella dell'efficienza nella gestione, senza preoccuparsi di garantirci da ciò che potrebbe derivare da una spinta eccessiva verso la privatizzazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LAURA FRONER. Mi avvio alla conclusione. Per tutelare i diritti dei cittadini e delle comunità locali, a nostro parere, sarebbe stata quanto meno necessaria l'istituzione di un'autorità di regolazione con poteri di vigilanza sulle tariffe e sulle attività dei gestori che, in quanto maggiormente privatistici, saranno prevedibilmente meno sensibili alle esigenze della collettività, ma anche in questo senso da parte del Governo è mancata qualsiasi disponibilità ad accogliere i nostri suggerimenti.
Vi è stato, dunque, un atteggiamento di palese disinteresse nei confronti delle difficoltà che potranno sorgere soprattutto per i soggetti e i territori più svantaggiati del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,55).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Poiché le dichiarazioni di voto finale di un rappresentante per gruppo e per ciascuna delle componenti politiche del gruppo Misto per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta avranno inizio, come concordato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, alle ore 12, sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 2897)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà per tre minuti.

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DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi Liberal Democratici voteremo «no» al provvedimento oggi in votazione non solo perché non ne condividiamo lo strumento legislativo adottato e l'approccio fideistico operato per la ventiseiesima volta dal Governo che si traduce nell'abusato schema decreto-legge omnibus (con buona pace dei requisiti costituzionali per la sua adozione), fiducia «blinda tutto» e rapido voto, ma anche e soprattutto perché non ne condividiamo il merito.
Infatti, l'articolo 15, che rappresenta il punto nevralgico del provvedimento in esame, è una norma di alto impatto in relazione alla gestione dei servizi pubblici locali (acqua compresa), non già nell'ottica di una liberalizzazione auspicata da tempo e realisticamente auspicabile, bensì in quella che può in concreto definirsi un'autentica e sconsiderata privatizzazione del bene per eccellenza di tutti: l'acqua.
Viene subito da chiedersi: la privatizzazione dell'acqua cui prodest? Mi sembra che il Governo, in un business come quello dell'acqua che vale qualcosa come 5 miliardi di euro l'anno, si sia ancora una volta dato da fare per regalare investimenti miliardari a pochi in danno di tutti gli altri.
Noi Liberal Democratici non siamo in maniera aprioristica coloro che respingono al mittente qualsiasi ipotesi di gestione di un soggetto privato del servizio idrico. Siamo, infatti, a favore delle liberalizzazioni autentiche, cioè quelle che si inseriscono in un mercato libero, trasparente, sano e con regole certe e concrete. Ad esempio, riteniamo che l'affidamento del servizio idrico ad evidenza pubblica non è necessariamente sinonimo di qualità e non mette certo al riparo da furbate o fughe speculative, senza contare che nulla si è detto della norma in questione sui subaffidatari. Sappiamo benissimo che essi possono essere l'anello di congiunzione in cui si vanno ad inserire le associazioni di stampo mafioso.
Noi ci rendiamo conto che il costo del servizio idrico ricade sulla fiscalità generale, anziché ricadere sull'utente finale. Si tratta di un sistema che difficilmente sarà sostenibile, se pensiamo che l'ultimo adeguamento prezzi era stato previsto nel 1996.
Al tempo stesso, riteniamo che non sono stati esaminati ulteriori pericoli, se consideriamo che il gestore avrebbe facilità, se non adeguatamente controllato, di scaricare i costi di propria pertinenza sull'utente finale con l'effetto di far schizzare l'entità della tariffa anche nell'ipotesi di un servizio di qualità inferiore.
I comuni hanno organi in grado di monitorare la qualità del servizio? Noi non lo crediamo. Esiste ad oggi nel nostro Paese un sistema di controllo efficace che possa vincolare quel soggetto privato al rispetto dell'interesse generale? Questo è il punto! Manca un'authority che fissi per legge i prezzi e le tariffe legate all'acqua e che si faccia carico delle operazioni di controllo.
Noi avremmo voluto un dibattito serio sul tema dei controlli in primis e, poi, sulle modalità di concessione e gestione. Nulla di questo è stato fatto ed è per questo motivo che voteremo «no» a questo ennesimo buco nell'acqua - mi passi l'espressione Presidente - di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà per tre minuti.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, come abbiamo preannunciato già ieri in occasione del voto di fiducia, i deputati delle Minoranze Linguistiche voteranno contro il provvedimento in esame.
Non ci convince, infatti, la cosiddetta liberalizzazione dei servizi pubblici locali come proposta da questo provvedimento. Vi sono, infatti, importanti ed essenziali differenze tra i servizi di fornitura di acqua potabile e altri settori, come ad esempio il gas, l'energia elettrica e il trasporto pubblico, nei quali è sicuramente possibile realizzare una situazione concorrenziale, perché ogni utente, senza Pag. 39grandi disagi, può effettivamente scegliere il proprio fornitore. Ogni cittadino, infatti, ha una facoltà di scelta e può esercitarla.
Così non è, invece, per l'acqua e per i rifiuti solidi urbani. Il cittadino non ha la facoltà di scelta e non può cambiare fornitore: si tratta di beni essenziali di primaria importanza per la qualità della vita dei cittadini, cui non si possono applicare astrattamente le regole del libero mercato. Infatti, gli esempi dati fino ad oggi della gestione privata di questi servizi non hanno dato proprio risultati molto lusinghieri. Leggiamo oggi su Il Sole 24 Ore che, ad esempio, ad Arezzo la tariffa è aumentata del 60 per cento.
Non si comprende, quindi, per quali ragioni il Governo intenda ora costringere i comuni a privatizzare anche servizi che sono ben funzionanti, forniti a tariffa bassa e con alta qualità.
Tale obiettivo mal si concilia anche con il federalismo, sempre invocato da questo Governo come obiettivo primario. Con questa riforma, infatti, si sottrae ogni autonomia ai comuni, che finora hanno deciso se gestire in proprio il servizio o affidarlo a mezzo gara.
È questo il punto cruciale di questo provvedimento. Può essere conforme a Costituzione una tale imposizione? La risposta è «no». Non lo dico io, ma la Corte costituzionale, che in una recente sentenza, la n. 439 del 2008, ha chiarito, richiamandosi appunto alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche autoprodurre beni e servizi anche mediante soggetti in house. Secondo la Corte - cito - «la pubblica amministrazione può decidere (...) prestazioni di servizi a favore degli utenti mediante proprie strutture organizzative, senza dover ricorrere, per lo svolgimento di tali prestazioni, ad operatori economici attraverso il mercato».
Questo provvedimento, che impone una scelta dall'alto, è in palese conflitto, perché propone la logica opposta all'orientamento espresso dalla Corte. La presente legge non farà, quindi, tanta strada. Riuscirete a farla passare in quest'Aula, ma fra pochi mesi il cuore di questa norma verrà dichiarato incostituzionale e, dunque, cancellato dalla Corte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà, per tre minuti.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, il mio intervento su una materia così importante, quale quella delle liberalizzazioni nel nostro Paese, vuole riscoprire il senso pubblico di questo provvedimento, ma soprattutto l'interesse e il bene comune che vuole raggiungere, non solo in linea con gli indirizzi dell'Unione europea. Infatti, mi sembra un po' poco che il Governo e molti esponenti della maggioranza affermino che questo provvedimento è dettato da un'indicazione europea, giustificando così l'azione di questo decreto-legge.
Credo che questo provvedimento sia una scelta politica ben precisa, anche se timida: la scelta politica di liberalizzare i servizi pubblici, molti servizi pubblici nel nostro Paese, affinché creino soprattutto un vantaggio all'utente finale, cioè il cittadino.
Voglio ribadire che questo timido tentativo da parte del Governo per noi è un aspetto positivo, un incoraggiamento ad andare avanti su questa strada, perché riteniamo che, dietro ogni scelta politica, ci debba essere una persona in carne ed ossa, con la consapevolezza che dietro queste scelte c'è l'utente finale. Lo ricordava il mio collega Nucara proprio ieri e noi, come cristiano popolari nel Popolo della Libertà, in questa fase di liberalizzazione - non solo dell'acqua, in questo provvedimento si affrontano altri temi molto importanti, come le concessioni autostradali e quant'altro - vogliamo tranquillizzare anche i cittadini che le liberalizzazioni che sono state fatte garantiscono anche l'uso pubblico dell'acqua, ma certamente la gestione privata, perché molte diramazioni, molti esercizi, molte gestioni di questo bene primario sono carenti di infrastrutture organizzative e logistiche.
Per questa ragione, signor Presidente, noi esprimiamo un voto favorevole, un Pag. 40voto di incoraggiamento a fare meglio, perché riteniamo che sia un passo in avanti, perché in politica le azioni del Governo sono comunque tese a realizzare dei piccoli passi in avanti. In politica, quando si fa un passo in avanti, anche se piccolo, è un successo. L'importante è non andare mai indietro (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e del deputato Nucara).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà, per sei minuti.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tempo a disposizione non mi permette di addentrarmi nel merito degli interventi settoriali disciplinati dal provvedimento, che, trasversalmente, interessano diversi settori di politica pubblica, tutti punti nevralgici della vita produttiva del Paese.
Voglio, però, soffermarmi su quella che può definirsi una norma di portata storica: la riforma della gestione dei servizi pubblici locali e una loro maggiore liberalizzazione. È un tema discusso in Parlamento nel corso di varie legislature, senza trovare, però, anche a causa di opposizioni ideologiche, un'adeguata soluzione normativa.
I servizi pubblici locali rappresentano un settore strategico per la modernizzazione del Paese e una leva formidabile per soddisfare i bisogni delle famiglie, risollevandone il potere di acquisto, e per contribuire, venendo incontro alle sollecitazioni provenienti dal mondo delle imprese, al rilancio del nostro sistema produttivo.
È noto che negli ultimi otto anni sono state approvate ben quattro riforme, ma anche che la privatizzazione e la liberalizzazione del settore non sempre si sono tradotte in una riduzione dei costi per l'utenza e nell'effettivo soddisfacimento dei cittadini.
Quando una riforma tocca un argomento di vitale importanza, quale la gestione delle risorse idriche, inevitabilmente si stabilisce una rivoluzione nella concezione del bene comune. A proposito di servizi idrici, il provvedimento prevede che le risorse delle reti idriche debbano essere di piena ed esclusiva proprietà pubblica e che saranno le istituzioni pubbliche a governare la qualità e il prezzo dell'acqua, garantendo così il diritto all'universalità e all'accessibilità di questo bene.
Ciò ci ha convinto, anche se aspettiamo di vedere che in sede di definizione del decreto attuativo non sia permessa alcuna privatizzazione indiscriminata e venga stabilito il criterio che il servizio vada affidato a chi offre condizioni di efficienza e di costo più convenienti per il cittadino. Anche in questa occasione ci sia consentito di invocare l'adozione di un piano straordinario delle infrastrutture per il meridione, ove si registra una dispersione media del 30 per cento dell'acqua che scorre nella rete, ovviamente con le conseguenze di ordine economico che possiamo immaginare.
Tutte le perplessità, che sul piano metodologico sono state sbandierate in questi giorni dall'opposizione, relative al ricorso alla decretazione d'urgenza non possono mettere in secondo piano i vantaggi di una riforma auspicata e a lungo ricercata da quasi tutte le forze politiche e i risultati virtuosi di cui potranno godere gli utenti dei servizi stessi e il sistema economico in generale.
Sebbene il Governo in carica abbia ridotto le procedure di infrazione comminate dalle istituzioni europee ed ancora pendenti nei confronti dell'Italia, il nostro Paese vanta un triste primato: non avere adempiuto a numerosi obblighi comunitari.
Questa inerzia nell'adeguamento alla normativa comunitaria ha prodotto negli ultimi anni rilevanti conseguenze di tipo economico, essendo stata riconosciuta alla Corte di giustizia europea la facoltà di applicare sanzioni finanziarie sin dal momento della constatazione dell'infrazione.
L'approvazione del decreto-legge è volta proprio ad evitare che il ritardo negli adempimenti comunitari possa costare all'Italia il pagamento di ulteriori sanzioni Pag. 41da parte delle istituzioni europee, con conseguenti ripercussioni negative sul bilancio statale.
Per queste ragioni, signor Presidente, la componente del gruppo Misto Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud, nel formulare un giudizio positivo sull'intero provvedimento e sul suo impianto, dichiara di esprimere su di esso voto favorevole, auspicando che la nuova disciplina possa effettivamente contribuire a salvaguardare sia l'istanza di concorrenzialità del mercato sia l'esigenza, che in questo settore appare prioritaria, di tutela degli interessi pubblici nella regolazione dei servizi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà per dieci minuti.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio che non c'è, noi dell'Italia dei Valori diciamo «no» a questo Governo e «no» a questo decreto-legge che privatizza alcuni servizi, e tra questi l'acqua.
Diciamo «no» a questo Governo perché non fa altro che fare leggi schifezze, che nemmeno la sua maggioranza voterebbe se non fosse sotto il ricatto permanente della ricandidatura e del voto anticipato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Infatti, il vero problema è che questa legge elettorale permette a questo Parlamento di essere composto da persone nominate dal sultano di turno e non dal popolo italiano.
Noi diciamo «no» a questo Governo, perché oltre a privatizzare beni essenziali come l'acqua privatizza anche la legge, perché utilizza il Parlamento per portare avanti interessi privati invece che pubblici interessi. Diciamo «no» a questo Governo delle centrali nucleari, «no» a questo Governo che privatizza tutto ciò che è in regime di monopolio naturale, e che quindi trasforma i monopoli pubblici in monopoli privati, anzi in propri monopoli privati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Diciamo «no» a questo Governo che privatizza la legge, e che dal lodo Alfano al lodo Schifani, e dallo scudo fiscale arriva alla fine al processo breve, che serve solo a sé, a Lei, Presidente del Consiglio, e ai Suoi amici criminali. Diciamo «no» a questo Governo, che col sistema della privatizzazione ha ridotto la giustizia sociale allo sfascio, e diciamo «no» a questo Governo a nome e per conto dei precari della scuola, dei lavoratori e dei dipendenti di Omega, di Eutelia, di Agila e di Finmedia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), della Cantieri Napoli di Castellammare e della Finmeccanica, della FIAT di Termini Imerese, di Pomigliano d'Arco, dei lavoratori della Dalmine, della MAC-Iveco di Brescia, dei lavoratori della Merloni, dei lavoratori di Alitalia, delle aziende dell'indotto di Malpensa, dei lavoratori della chimica di Porto Torres e di Marghera, dei lavoratori dell'alluminio dell'Alcoa in Sardegna, di quella della Sellfit di Caserta, della Lasme di Melfi e, da domani, anche della Safilo del nord.
Diciamo «no» a questo Governo, ai decreti-legge che servono per trasformare in servizi quelli che sono diritti; perché si afferma, con il decreto-legge in esame, di privatizzare il servizio dell'acqua, ma l'acqua non è un servizio, è un diritto di per sé, che spetta a tutti, per il solo fatto di esistere: non è che uno può bere se ha i soldi, e muore di sete se non ha una lira (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Diciamo «no» a questo Governo, e lo diremo con tre referendum che subito dopo, da qui, indiremo mano a mano che vengono promulgate queste leggi. «No» alle centrali nucleari, che non servono al pubblico interesse, perché oltre a rubare l'acqua ruberanno anche l'aria per respirare, anche l'ambiente, anche la vita (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Diciamo «no», con un altro referendum, appunto al decreto-legge in esame, che privatizza l'acqua; e diremo «no» Pag. 42anche alla legge sulle prescrizioni dei reati che, come da Lei stesso ammesso, Presidente del Consiglio che non c'è, Presidente del Consiglio latitante, serve a Lei perché non vuole essere processato: io vorrei un Presidente del Consiglio che non commette reati, non che non vuole essere processato!
È per questo che noi dell'Italia dei Valori parteciperemo tutti e da singoli alla manifestazione del 5 dicembre. Vi parteciperemo in quanto cittadini, parteciperemo lasciando che a questa manifestazione sia la rete, siano i cittadini direttamente, a prescindere dalle bandiere e dalle ideologie di appartenenza, a metterci la faccia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), a salire sul palco; salgano gli operai di Eutelia, salgano i lavoratori precari della scuola, salgano coloro che non hanno voce, a cui noi vogliamo dare voce, a cui Lei toglie il diritto anche di bere, anche il diritto di respirare.
Noi, signor Presidente del Consiglio, diciamo «no» a questa deriva delle privatizzazioni. Noi siamo liberali, democratici e riformatori europei, siamo per il libero mercato, siamo per la libera concorrenza; ma che libera concorrenza c'è, quando dal monopolio pubblico si passa al monopolio, all'oligopolio privato? Quando dalla globalizzazione si passa alla colonizzazione? Quando vengono venduti solo beni e servizi che le multinazionali vogliono, solo al prezzo che vogliono, solo con la qualità che vogliono? Che libero mercato, che libera concorrenza, che migliore economia c'è, se vengono coltivati solo i prodotti nei luoghi e nei territori che vogliono le multinazionali, solo i prodotti che servono per far diventare ricchi alcuni territori e rimanere poveri altri, nei territori scelti dalla multinazionale, che deve decidere chi deve mangiare, dove deve mangiare e dove deve bere?
Noi siamo convinti che si stia arrivando a una deriva di questa privatizzazione. Pensate che, di privatizzazione in privatizzazione, da ultimo siamo arrivati alla privatizzazione della guerra. Ora la guerra si affida a contractor privati, si paga a tiro, a pallottola, a morto ammazzato. A questa privatizzazione siamo contrari. Noi siamo per la privatizzazione dei servizi ma non possiamo accettare che si privatizzino i servizi unici ai quali ci si affida e quello c'è, come l'acqua che quella è perché il fiume quello è. Lo puoi privatizzare come ti pare e piace, ma alla fine chi ha in mano il rubinetto decide se devi bere o non devi bere.
Allora mi chiedo: perché Lei, signor Presidente del Consiglio che non c'è, si mette a fare questa privatizzazione? A chi giova? Giova, lo ripeto, a quelle multinazionali delle quali Lei fa parte con le sue imprese private, in pieno conflitto di interessi. Giova a quelle lobby del potere economico che decidono chi deve vivere e chi deve morire, chi deve respirare e chi deve bere. Noi a questa privatizzazione non ci possiamo stare perché non si tratta di privatizzazione, ma di un'eliminazione dei diritti inalienabili che spettano a ciascuno di noi per il solo fatto di esistere e di stare al mondo. È questa esasperazione del capitalismo che vogliamo contrastare noi liberali, noi che crediamo nel libero mercato e che non vogliamo trasformare la proprietà dei mezzi di produzione in proprietà dei mezzi di sussistenza, perché la sussistenza è un bene che deve spettare a tutti.
Allora, signor Presidente del Consiglio, Lei continuerà, fino a quando starà qui a fare il corruttore giudiziario, l'evasore fiscale impunito, il falsificatore di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), l'uomo contiguo ai mafiosi, ma noi La contrasteremo sempre, dentro questo palazzo e fuori, manifestando con i cittadini per invogliarli a comprendere, a capire e a non lasciarsi più imbonire dai Suoi organi di informazione e dal Suo modo di rappresentare la verità. Lei deve andare a casa il più presto possibile perché prima Lei va a casa, prima il nostro Paese riconquisterà la democrazia e la pace sociale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

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MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ieri - non possiamo dimenticarlo - è stata una giornata triste per quest'Aula perché un Governo senza numeri ha deciso di rinunciare alle proprie convinzioni. Ieri, viste le numerose bocciature subite, avete deciso di accogliere tutti i rimanenti ordini del giorno - che erano tanti - e sui quali era stato appena espresso, con fermezza e con convinzione, un parere totalmente di segno opposto. O vi eravate sbagliati - e allora bisognerebbe fare un'autoanalisi sulla capacità di governare - o il Governo si è arreso e questo ci rammarica un po' perché dopo tante richieste di dialogo sui temi concreti che sono venute dalla nostra parte politica e alle quali voi avete risposto nei fatti con dei muri ovvero con provvedimenti che erano blindati, siete andati oltre e vi siete arresi direttamente. Si direbbe dalle mie parti «Troppa grazia, Sant'Antonio»! Oppure il mio timore è che non abbiate alcuna considerazione di quanto si discute e si decide in quest'Aula. Tra il silenzio assordante dei parlamentari di maggioranza almeno noi abbiamo la possibilità e la libertà di dire quello che pensiamo e di spiegare le nostre idee. Si è trattato di un silenzio grave, coperto totalmente dagli organi di informazione che ieri sera non hanno fatto sapere nulla - e sottolineo nulla - ai cittadini italiani di quanto avveniva in quest'Aula.
Però devo dire che questo provvedimento è coerente con la vostra azione di Governo e dimostra continuità nella totale incapacità di fare le grandi riforme organiche, quelle riforme che vuole quella parte del Paese che guarda avanti, quella parte del mondo produttivo che non vuole vivere in riserva ma competere in tutto il mondo e che vogliono le famiglie perché hanno veramente a cuore il futuro dei propri figli, quelle riforme che non avete ancora saputo realizzare.
Allora continuate con coerenza, come dicevo, nella frammentarietà degli interventi - un pezzettino qua, un pezzettino là - e senza coraggio inserite quello che cercate di vendere come un manifesto politico nei provvedimenti che arrivano. Ma quando non c'è organicità di idee ed organizzazione del lavoro si va poco lontano, e ieri avete dimostrato tutto questo: bene lo ha detto il collega Tassone quando vi ha chiarito che non c'erano i requisiti d'urgenza perché i provvedimenti molte volte, anzi quasi sempre, dormono nei due rami del Parlamento, a seconda di dove avviene l'avvio dell'iter, per colpe della maggioranza. Non c'era nemmeno la necessità di inserire norme estranee in questo provvedimento, che diventa come quei tram su cui salgono tutti: voi volete tener fuori gli extracomunitari, ma sulle vostre leggi sale di tutto!
Dunque, quando non si discute sui temi importanti e non si entra nel merito succede quello che è successo ieri: si torna ad un dibattito totalmente ideologico (lo abbiamo visto), un dibattito che non serve ai cittadini ma solo a scontrarci un po' in queste Aule.
L'UdC - lo ribadiamo - ritiene che l'acqua sia un bene importantissimo e necessario, come riconosciuto da tutti, alla vita dell'uomo; e proprio per questo, a differenza degli altri, vogliamo che sia erogato della qualità migliore e ai costi migliori.
Visto che siamo abituati alle domande, vorrei allora fare qualche domanda anche ai fautori del pubblico a tutti i costi. Vorrei che si domandassero come mai, quando si gira per il mondo e si va nei grandi alberghi a cinque stelle, troviamo la caraffa d'acqua del rubinetto sul tavolino in camera; o come mai le multiutility investono in tutti i rami tranne che in quello dell'acqua; o come mai i Governi - tutti i Governi, quello di Prodi l'altra volta a fronte di miei emendamenti ed il vostro - non investono sulla manutenzione delle condotte dell'acqua, dove la perdita è superiore al 30 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Ma come mai in Italia il consumo di acqua minerale è più del doppio di quello del secondo consumatore europeo? Un motivo ci sarà, e lo chiedo ai sostenitori del pubblico, ma questo dimostra che il dibattito è finto perché la discussione non Pag. 44è tra pubblicizzare e privatizzare: la discussione deve essere riportata sulle modalità di gestione.
Le ideologie si sono palesate anche nel dibattito di ieri. Guardate, io dico quasi tutti - perché magari ne ho perso qualcuno - ma coloro che sono intervenuti ieri hanno parlato tutti di privatizzazione, quasi nessuno di liberalizzazione.
Noi che abbiamo sostenuto e continuiamo a ripetere che in ogni campo non si può passare dal monopolio pubblico al monopolio privato, vogliamo ribadire alcuni concetti.
Lo ha detto bene ieri l'onorevole Galletti: il pubblico affida tramite gare trasparenti, senza monopoli precostituiti come esistono già adesso, con regole chiare; il privato gestisce. Il pubblico controlla e revoca le concessioni se il privato non segue i canoni stabiliti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
È questo passaggio che manca, ma che non può essere inserito in una legge come questa: ci vuole un dibattito serio e tutti quelli che la pensano così si devono ritrovare su una modalità di erogare un servizio che non può che migliorare la concorrenza ed avviare quella competizione positiva per dare una risposta - lo dico a tutti - a quelle famiglie che diciamo sempre che fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma cui tocca comprarsi l'acqua minerale! Ed invece potrebbero spendere molto, molto di meno pagando l'acqua del rubinetto un euro, un euro mezzo - o quello che è - al metro cubo, il che vuol dire un millesimo di euro a litro: anche questo sarebbe un segnale di attenzione a chi sta meno bene in questo Paese, invece lo scontro ideologico ci porta ancora o di qua o di là.
Signori del Governo, signor Presidente, voteremo contro questo provvedimento perché peggiora la situazione e non risolve i problemi, mantiene i monopoli che qualcuno dice che verrebbero scardinati ed un sistema vincolato che non permette la concorrenza. Noi speravamo - lo abbiamo sperato dal primo giorno di questo Governo - di poter contribuire dal nostro ruolo di opposizione costruttiva e seria ad adottare provvedimenti che potessero servire a migliorare la vivibilità in questo Paese.
Dopo, ormai, quasi due anni di Governo, ci rendiamo conto che voi non siete in grado di darci il minimo appiglio per collaborare a migliorare la situazione di un Paese che continua ad annaspare. Per questo motivo voteremo «no» su questo provvedimento, e siamo pronti ad aprire un confronto se si vorrà, nel futuro, dare veramente una soluzione ad un problema, a un tema vitale come quello della mancanza di acqua, della qualità che non è ancora ai livelli che vogliamo, di un servizio che deve essere fornito alle famiglie che dite sempre di voler aiutare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando si tratta di adeguarsi alle normative comunitarie, noi nutriamo sempre una certa diffidenza perché percepiamo, e lo vediamo dagli atti normativi che ci arrivano, l'Europa come distante e burocratica. In più, sappiamo che le decisioni che vengono prese a livello di Unione europea sono decisioni dove vi è un forte deficit di democrazia. Ma proprio perché sappiamo tutto ciò, cerchiamo di prestare la massima attenzione quando arrivano i provvedimenti in questo Parlamento. Abbiamo sempre cercato, cerchiamo, e cercheremo, di migliorarli, di migliorare la qualità normativa e di introdurre nel nostro ordinamento delle norme migliori rispetto a quelle che arrivano da Strasburgo. Il provvedimento che oggi esaminiamo è un provvedimento non lungo, ma estremamente eterogeneo, dove si mischiano norme di carattere tecnico, di dettaglio, con disposizioni particolari ed importanti che hanno un certo peso e che sono frutto di scelte di una certa importanza.
Vorrei prendere in esame in questo breve intervento tre aspetti. Quello legato Pag. 45ai servizi pubblici locali (l'articolo 15), quello legato alla difesa del made in Italy (l'articolo 16) e quello legato all'introduzione di norme che renderanno possibile l'attuazione del federalismo fiscale (l'articolo 19-bis). Per quanto riguarda l'articolo 15, questo disciplina la gestione dei servizi pubblici locali. In particolare, il dibattito di quest'Aula si è concentrato sulla questione dell'acqua, e non sulla questione della proprietà dell'acqua. Vorrei ribadirlo: grazie alla Lega, alla precisazione che la Lega ha voluto fare, si definisce chiaramente nel provvedimento che l'acqua è pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e che dev'essere garantito il diritto all'universalità e all'accessibilità del suo servizio. L'acqua è, quindi, pubblica e di nostra proprietà. Non potrà mai venire alcun Governo o multinazionale straniera a prenderci, a «rubarci» la nostra acqua (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se mai discutiamo oggi di come gestire il servizio della distribuzione dell'acqua. Questo servizio anche oggi viene gestito con un meccanismo di tipo contrattuale, per cui si fa un contratto con un soggetto che distribuisce l'acqua ai cittadini e che deve rispettare determinate condizioni, altrimenti questo contratto potrà essere, ovviamente, revocato e si farà un altro contratto. I problemi, allora, quali sono? Da un lato, è necessario procedere ai bandi, ovvero ricorrere al mercato, per poter assicurare l'efficienza del servizio e una diminuzione dei costi nell'interesse dei cittadini. Dall'altro, dobbiamo stare attenti a che questo ricorso indiscriminato al mercato non consenta che arrivino da noi grandi multinazionali che facciano del nostro mercato un terreno di conquista, andando contro gli interessi dei cittadini, della nostra gente, quindi, contro gli interessi legati all'efficienza del servizio e all'economicità del costo.
Quindi dobbiamo stare attenti a salvaguardare il patrimonio rappresentato dalle nostre aziende pubbliche ex municipalizzate, che sono radicate sul territorio e che sanno coniugare efficienza del servizio e costi soprattutto in alcune realtà. Noi questo abbiamo fatto e lo abbiamo fatto in maniera costruttiva. Facendo che cosa? Ebbene, innanzitutto stabilendo che esiste una modalità di gestione ordinaria con bando pubblico, o senza bando laddove però esista un socio privato all'interno di una società pubblico-privata che deve essere scelto con meccanismi trasparenti, e cioè con meccanismi di gara pubblica, e prevedendo anche la possibilità di ricorrere alla cosiddetta gestione in house (e cioè di utilizzare le nostre società pubbliche), quando particolari condizioni legate al territorio lo richiedano. Noi questo elemento lo abbiamo fatto inserire per tutelare il patrimonio delle nostre aziende pubbliche, lo abbiamo fatto inserire prevedendo che non sia un'autorità burocratica come l'Antitrust a decidere quando questo si può fare, ma sia un regolamento deciso e redatto dal Governo e quindi anche esaminato dal Parlamento.
In più, abbiamo fatto approvare ieri un ordine del giorno che pone al Governo dei criteri, proprio perché riteniamo che in alcune situazioni la gestione in house, cioè la gestione pubblica, sia assolutamente la migliore nell'interesse della gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questo è stato fatto grazie al lavoro della Lega.
Inoltre, l'altro aspetto che vorrei prendere in esame è quello della tutela del made in Italy, magari velocemente perché il tempo si esaurisce. Qui sono inserite due norme che stabiliscono le modalità con le quali possiamo utilizzare il marchio del made in Italy, e un'altra norma con la quale si punisce chi utilizza abusivamente il marchio made in Italy. Questo è un tema molto importante che si ricollega al tema dell'obbligo di etichettatura di origine dei prodotti. Le nostre aziende sono stufe di subire la concorrenza sleale che arriva dalla Cina e dagli altri Paesi, che hanno mano d'opera a basso costo e prodotti a bassa qualità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), con prodotti quindi che vengono immessi nel nostro mercato in un regime di concorrenza sleale; inoltre oltre al danno vi è la beffa, perché ci mettono anche l'etichetta con Pag. 46scritto made in Italy, che quindi identifica una qualità che questi prodotti non hanno. Ciò è inserito nel testo, ma soprattutto vorrei ricordare all'Aula che tra 15 giorni qui verrà discussa una legge di nostra iniziativa che stabilisce una cosa più importante, ovverosia l'obbligo di etichettatura di origine dei prodotti. Chi porta prodotti sul nostro territorio deve indicare da dove provengono.
L'ultimo aspetto è quello relativo al federalismo fiscale. È prevista dall'articolo 19-bis una banca dati per avere tutti i conti delle regioni. Questo è indispensabile per poter fare il passaggio dalla spesa cosiddetta storica alla spesa cosiddetta standard.
Allora, caro onorevole Bersani, ho sentito che all'indomani del suo congresso - noi speravamo anche in un apporto costruttivo da parte del Partito Democratico - lei ha detto che questo federalismo non si vedrà e che sono tutte frottole. Volevo segnalare, a lei e ad altri distratti, che questo è un altro tassello per arrivare all'attuazione di quello che abbiamo previsto nella legge sul federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
In buona sostanza c'è chi fa polemica e chi lavora. Anche per quanto riguarda questa polemica sull'acqua, mi chiedo: ma proprio voi che avete portato avanti per anni le teorie sulla liberalizzazione selvaggia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Allora, ci vuole anche coerenza in politica. Noi siamo sempre stati coerenti e abbiamo sempre portato avanti - provvedimento dopo provvedimento - le nostre posizioni.
Insomma qui c'è bisogno di fare e non di polemica, c'è bisogno di dare risposte alla gente ed è quello che noi vogliamo fare. La gente vuole che questo Governo cambi il Paese e noi siamo con loro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, quale segnale stiamo dando ai cittadini italiani? Avete inserito la materia che riguarda l'acqua e i servizi ad essa collegati all'interno di un provvedimento che, più in generale, deve adeguare la normativa italiana a quella europea, ma non esiste alcun obbligo comunitario, nessuna procedura di infrazione è stata avviata nei confronti dell'Italia in riferimento all'affidamento dei servizi pubblici locali, tanto meno di quello idrico integrato.
Dunque, non ci possiamo spiegare il motivo di una decisione forzata, di una discussione affrettata, molto sommaria, culminata nella scelta del voto di fiducia. Non c'è una ragione plausibile, rilevabile con chiarezza, se non la necessità di risolvere in fretta un problema che ha suscitato molte perplessità anche nella vostra maggioranza e che per la gravità delle sue ricadute sta allarmando molti settori istituzionali ed economici.
State obbligando i comuni a vendere quote delle aziende che gestiscono i servizi idrici integrati indipendentemente dalla programmazione, dalla qualità del funzionamento, dal grado di soddisfazione delle comunità locali. Li state costringendo ad accelerare la trasformazione in società per azioni. Lo fate sapendo - questo sì - che pochissimi grandi gruppi privati potranno avvantaggiarsi di una svendita di tale portata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e lo fate, onorevole Cota, sapendo che quei gruppi sono anche dei gruppi stranieri. Oggi le pagine dei giornali italiani sono pieni dei nomi di quei gruppi. Cito soltanto Suez e Veolia. Questi sono dati concreti.
L'appello che vi abbiamo rivolto in queste ore, nel pochissimo tempo riservato alla Camera dei deputati, non era quello di rimuovere il tema in discussione, ma di affrontarlo nella maniera giusta, con tempi giusti, in modo vero e serio e all'interno di un quadro legislativo e organico, semplificato, con regole certe e trasparenti. Si può riformare il sistema di gestione dell'acqua, ma a partire da alcuni punti fermi che a nostro avviso sono: il Pag. 47riconoscimento del valore pubblico dell'acqua e delle infrastrutture idriche, cioè acquedotti, fognature, impianti di depurazione (è vero, abbiamo dovuto ribadirlo nella discussione al Senato, ma l'ha fatto il Partito Democratico, onorevole Cota, con un emendamento firmato dal senatore Bubbico); la valutazione più attuale del costo della risorsa anche nell'ottica di un uso più oculato; il controllo, la tutela, la valorizzazione, il risparmio della risorsa idrica da utilizzare con criteri di solidarietà anche salvaguardando aspettative e diritti delle generazioni future, anche facendo riferimento al patrimonio ambientale; la necessità di investimenti certi che - lo sappiamo bene - non possono derivare esclusivamente dalla tariffa a carico dei cittadini-contribuenti-consumatori; infine, la definizione di un rigoroso meccanismo di controllo, la costituzione di un'autorità terza che vigili proprio sull'andamento delle tariffe in rapporto alla qualità dei servizi erogati e alla loro efficienza, un'autorità indipendente a tutela dell'interesse pubblico.
Perché forzare l'autonomia e la scelta dei comuni? Oggi nel nostro Paese, come documentano molti organismi di informazione e come i cittadini sanno bene, esiste una situazione molto caotica che vede tariffe differenti da un estremo all'altro dello stivale e servizi erogati la cui qualità non è proporzionale al prezzo richiesto alle comunità locali. Non sempre alle tariffe più alte corrispondono i migliori servizi, anzi molto raramente. Esempi di buongoverno dei servizi idrici esistono e dobbiamo onestamente rilevare che la loro qualità è assolutamente riscontrabile sia presso i gestori a titolarità esclusivamente pubblica, sia presso gestori a titolarità mista, pubblica e privata.
Gestione pubblica dei servizi non è per definizione sinonimo di efficienza: lo sappiamo bene, ma è vero anche il contrario. Non sempre una gestione di tipo privatistico corrisponde ad un servizio efficiente, un servizio complesso a costi congrui per il cittadino. Modelli europei testimoniano scelte differenti nella gestione, con sistemi che passano dalla gestione interamente pubblica ed efficiente (vedi la Germania), a forme miste come quelle francesi, fino ad arrivare a gestioni interamente private. Ma in tutti i grandi Paesi, nei Paesi moderni, si è costituito tuttavia un sistema di controllo pubblico molto forte a tutela dell'interesse generale.
Cosa manca al nostro Paese? Mancano ancora infrastrutture idriche complete e, dove esistono, il loro stato fatiscente provoca una dispersione della risorsa pari a circa il 30 per cento del totale dell'acqua immessa in rete. Molti cittadini italiani, esattamente più della metà, cari colleghi, non godono ancora di un sistema di depurazione nei loro territori.
Questo ha a che fare con la loro salute, con la qualità dell'ambiente che li circonda. Mancano ancora meccanismi efficaci per la verifica delle evasioni tariffarie, dei prelievi abusivi. Lo sapete, colleghi, che in molte delle nostre città non esiste un sistema fognario degno di un Paese civile? Insomma, siamo molto lontani da livelli accettabili di organizzazione dei servizi idrici.
Il gruppo del Partito Democratico ha cercato di uscire quindi dalla discussione teorica. Avremmo volentieri affrontato un tema complesso, con la consapevolezza che si possono offrire soluzioni articolate a tutela dell'interesse dei cittadini. Lo scempio normativo che state compiendo fa trasparire la volontà di favorire interessi ristretti. Perché dovremmo fidarci di un Governo che ha ceduto alle richieste di importanti monopolisti privati, garantendo aumenti tariffari in questi mesi, senza alcun rispetto per i cittadini, come nel caso dei concessionari autostradali e dei servizi aeroportuali? È un Governo amico di pochi, che fa pagare a tutti il costo degli investimenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Sono tariffe, ma possiamo chiamarle tasse, e queste sì che aumentano, cari colleghi. È un Governo che non ha predisposto per le gare obbligatorie strumenti che rendano trasparenti i futuri piani industriali delle aziende, le condizioni di aumento delle tariffe, i limiti temporali e le sanzioni che possono arginare comportamenti Pag. 48illeciti a svantaggio della comunità. Non ci tranquillizza certo sentirci dire dalla Lega che farete dopo i regolamenti, magari da soli, senza l'aiuto del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Sarebbe stata invece possibile una riforma che sperimentasse, in positivo diciamo noi, un nuovo modello di gestione economica, che segnasse davvero una svolta rispetto al fallimento di molte esperienze di servizi pubblici locali. Vi avevamo proposto per questo lo stralcio dell'articolo 15, vi avevamo proposto per questo l'istituzione di un'authority. Non veniteci a dire che l'accettazione di un nostro ordine del giorno, per lo più riformulato, basta ad affermare la volontà del Governo di istituirla. Quando verrà istituita? Avrebbe avuto un senso farlo congiuntamente all'avvio del pericoloso sistema che avete messo in moto.
Vi avevamo chiesto di lasciare liberi i comuni di scegliere: perché non avete avuto il coraggio di far scegliere le comunità locali? Parlate di federalismo, ma imponete ai comuni addirittura le percentuali di quote delle aziende pubbliche da cedere ai privati, indipendentemente dall'efficienza, dalla qualità e dalla soddisfazione dei cittadini amministrati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Oggi è su tutti i giornali di nuovo la notizia che molte delle nostre regioni, quelle che hanno sistemi efficienti, per questo motivo ricorreranno alla Consulta. Lo sapete che molti cittadini insoddisfatti rimpiangono l'antica gestione diretta dei comuni? Vi era sempre un interlocutore a cui rivolgersi se il servizio non funzionava. Degli 8.000 comuni, per la maggior parte piccoli, del nostro Paese nessuno sembra curarsi in questo Governo. Non vogliamo cavalcare nostalgie, vogliamo servizi moderni, vogliamo poter favorire investimenti che i comuni da soli non possono più sostenere. Lo sa bene il Ministro Tremonti, che impedisce anche ai comuni, alle province e alle regioni virtuose di utilizzare le risorse che hanno a disposizione per i loro territori ed anzi, alla vigilia della discussione della legge finanziaria, non possiamo non cogliere l'occasione per ribadire la richiesta di un allentamento del Patto di stabilità per quelle amministrazioni che hanno saputo gestire bene le loro finanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È questo il vostro aiuto agli enti locali? Complimenti. Le ricadute negative del vostro provvedimento, però, non si fermeranno solo ai cittadini e alle loro famiglie, ma riguarderanno molte piccole e medie imprese che operano nell'indotto dei servizi idrici. Infatti, il periodo di transizione e di instabilità che si aprirà con l'approvazione del decreto-legge in esame ha già portato il sistema bancario a negare finanziamenti agli attuali enti gestori, con conseguenze pesanti su artigiani e lavoratori del settore. Niente di nuovo: il Governo risponde alla crisi con misure che sospendono l'operatività di aziende ed il sistema finanziario degli enti pubblici. Aspettiamoci pure conseguenze negative su occupazione e tenuta di molte piccole imprese.
Ho concluso, signor Presidente: altro che riforme, insomma, altro che critica al mercatismo! Privatizzazione senza regola, senza trasparenza! Questa legge è sbagliata, avete perso un'occasione importante, non avete riconosciuto il valore assoluto di una risorsa preziosa come l'acqua, avete trascurato un sistema che attendeva aiuti, riforme, vigilanza dello Stato e per questo il gruppo del Partito Democratico voterà convintamente contro il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge risponde alla necessità di adempiere ad obblighi comunitari già giunti a scadenza e, dunque, si inquadra nell'ambito di misure necessarie a garantire quanto previsto dall'articolo 117 della Costituzione, Pag. 49che, come è noto, impone al legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.
La necessità e l'urgenza di provvedere, che giustificano il ricorso alla decretazione d'urgenza, nascono non solo dalla pendenza di diverse procedure di infrazione avviate nei confronti dell'Italia, ma anche dalla necessità, una volta tanto, di prevenirne l'apertura di fronte a situazioni di accertata impossibilità ad adempiere.
Fino a qualche mese fa, erano 155 le procedure di infrazione a carico dell'Italia: un numero sicuramente ancora elevato, ma certamente minore delle 274 procedure aperte durante l'ultimo Governo Prodi, periodo in cui l'Italia aveva questo poco invidiabile primato nella classifica europea delle infrazioni comunitarie. Gli effetti del procedimento di infrazione dovrebbero far sì che i Paesi si conformino il più rapidamente possibile, magari già in sede di pre-infrazione. Dunque, pur a fronte di una legge comunitaria già approvata, molti articoli di questo provvedimento anticipano soluzioni, per evidenti ragioni di necessità e di urgenza, in ossequio al dettato costituzionale e sempre nell'interesse dei cittadini.
Onorevoli colleghi, riguardo agli obblighi comunitari, il Governo aveva il dovere di legiferare e lo ha fatto nei tempi rapidi richiesti. L'Europa non può essere considerata come strumento di propaganda politica, da utilizzare secondo le convenienze di parte. L'Europa è un grande sogno, ma anche una sfida necessaria e ciò comporta l'assunzione di precise responsabilità. Nel tempo stesso, il Governo ha avuto il coraggio - quando si è reso necessario per la tutela dell'interesse nazionale - di esprimere perplessità e dubbi nei confronti delle politiche dell'Unione europea, proprio, per esempio, come è avvenuto in tema di politiche per l'immigrazione, in cui l'Unione europea si dimostra ogni giorno sempre più inadeguata, senza tuttavia mai mancare ai doveri cui l'Europa stessa ci chiama.
Siamo convinti della necessità di instaurare un rapporto dialettico anche critico, ma pur sempre positivo nei confronti dell'Europa. A questo approccio e non ad altro risponde questo provvedimento, alla necessità di rispondere alle reali esigenze dei cittadini, con la ferma volontà di coordinarle con i necessari vincoli comunitari.
Nel poco tempo che ho a disposizione vorrei tentare di fare chiarezza sulla norma relativa ai servizi pubblici locali, la cui portata positiva non si vuole fino ad ora comprendere. Essa contiene finalmente i primi elementi di un'effettiva riforma della gestione dei servizi pubblici locali e di una loro maggiore liberalizzazione: una questione sino ad oggi discussa, senza trovare alcuna decisione. Si tratta, ad avviso di questa maggioranza, di garantire una gestione più efficiente e più attenta al mercato, di combattere i monopoli locali a crescente estensione sul territorio, le distorsioni, le inefficienze, gli sprechi di pubbliche risorse, soprattutto per beni indispensabili che costituiscono un diritto universale come l'acqua.
L'obiettivo di questa maggioranza è, dunque, quello di dare una svolta di modernità, senza ledere in alcun modo i diritti dei cittadini ed anzi rafforzandoli, per garantire loro una migliore qualità dei servizi pubblici a tariffe minori.
Soprattutto in questi giorni si è scatenata una propaganda davvero immotivata sul tema della cosiddetta privatizzazione dell'acqua. È stato chiarito più e più volte dalla maggioranza, dal Governo e, soprattutto, dal Ministro Ronchi: l'acqua è un bene pubblico e il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire non ne prevede in alcun modo la privatizzazione (d'altronde, basta leggere: c'è scritto nel decreto-legge, al comma 1-ter dell'articolo 15)! È evidente: quando non si vogliono vedere i fatti, si scende nella propaganda!
Questa riforma - perché il Governo e questa maggioranza stanno facendo le riforme, cercando di rispettare gradualmente tutti gli impegni presi con gli elettori - mira innanzitutto a ridurre al massimo l'affidamento in house della gestione del servizio idrico. Fino ad oggi, infatti, la maggior parte dei comuni ha messo le reti idriche nelle mani di società Pag. 50a totale capitale pubblico, prive di ogni disciplina finanziaria e spesso gestite in modo poco trasparente. L'obiettivo da parte nostra, invece, è di aprire il mercato a soggetti diversi, non solo privati, ma anche pubblici, ma che sappiano svolgere questo compito in maniera migliore.
La rete idrica non è replicabile, si tratta di un monopolio tecnico; ciò che bisogna fare per garantire al massimo la qualità, l'efficacia e l'efficienza del servizio è creare concorrenza dove concorrenza non c'è. È questa la logica che ci porta, in linea con quanto stabilito a livello europeo circa il mercato, la concorrenza e la tutela del bene pubblico per eccellenza, che è l'interesse dei cittadini. Tale logica di intervento si inserisce in un disegno organico di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, un comparto essenziale per tutta l'economia italiana, per le nostre imprese e per i consumatori. Bisogna costruire una cornice regolatoria solida, efficace e funzionale per gli interessi dei cittadini, per la garanzia dei loro diritti che comprendono - è bene ricordarlo ancora una volta - anche il diritto ad un servizio efficiente che abbia poco a che fare con quella logica degli sprechi che sembra aver dominato fino ad oggi l'intero settore dei servizi pubblici locali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In Italia, per fare un esempio, ogni cento litri di acqua 34 vengono sprecati. È questo il dato che deve far riflettere per capire che le cose così come oggi stanno non funzionano. La Puglia, ad esempio, il cui governatore, il vostro governatore, continua ad indignarsi è, dati alla mano, tra le regioni che usa peggio le sue risorse e che, nel contempo, utilizza le aziende e le società interamente pubbliche anche a fini clientelari e magari di ricollocazione di politici «trombati».
È davvero paradossale oggi sentirsi puntare il dito nel momento in cui si tenta concretamente la liberalizzazione, si tenta di slegare la politica dalla gestione dei servizi pubblici locali, l'interesse dei cittadini dal clientelismo locale, la trasparenza dai veri conflitti di interesse (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Ecco perché pensavamo che un'opposizione responsabile potesse condividere questa riforma. Quali sono, dunque, gli aspetti così scandalosi di questa riforma? Passa anche da questo tipo di servizi la vita produttiva del Paese, che ora più che mai abbiamo il dovere e la necessità di tutelare.
Sempre seguendo la stessa logica di sostegno alla produttività del Paese, le norme incidono in ambito ambientale, ma soprattutto di grande rilievo sono le norme relative al made in Italy, quelle relative all'etichettatura, alla presentazione e alla pubblicità dei prodotti alimentari, ai controlli di sicurezza alimentare e alla difesa del made in Italy, una norma attesa da anni da oltre 480 mila piccole e medie imprese che noi intendiamo difendere e aiutare in un momento di grande difficoltà per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Finalmente, con la conversione di questo decreto-legge avremo l'introduzione di una effettiva sanzione penale per l'uso di un'indicazione che costituisca inganno nei confronti dei consumatori, norma voluta dal Governo e dalla maggioranza e in primo luogo dal Ministro Ronchi che noi ringraziamo. Mercato, concorrenza, legalità, diritti dei cittadini: sono queste le parole d'ordine di questo provvedimento.
Per la tutela e la garanzia dell'autentico made in Italy molti sono i provvedimenti che il Governo ha già prodotto e sta producendo; non soltanto questo decreto-legge, ma le norme sull'etichettatura della legge n. 99 di quest'anno, quelle di rafforzamento della competitività del settore agroalimentare già incardinate in quest'Aula e alcune norme contenute nella legge finanziaria. Esse dimostrano in maniera inequivocabile l'impegno continuo e costante del Governo e della maggioranza in questo settore.
Allora, garantire la qualità dei servizi, l'utilizzo efficiente delle risorse e la produttività del Paese in un quadro di norme chiare ed efficaci, perfettamente inserite nell'ordinamento comunitario senza mai tralasciare la tutela dell'interesse nazionale, sono gli obiettivi di questo provvedimento Pag. 51che il gruppo del Popolo della Libertà sosterrà convintamente con il proprio voto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2897)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 2897, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lupi... Onorevole Antonino Russo... Onorevole Tremaglia... Onorevole Iannuzzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1784 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» (Approvato dal Senato) (2897):

Presenti e votanti 565
Maggioranza 283
Hanno votato 302
Hanno votato no 263

Prendo atto che il deputato Aracri ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Colombo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - I deputati del gruppo Italia dei Valori esibiscono manifesti raffiguranti la cartina dell'Italia e recanti la scritta: «Giù le mani dall'acqua» - Vedi votazionia ).

Onorevoli colleghi, vi prego di togliere quei manifestini! Prego i commessi di provvedere (I commessi ottemperano all'invito del Presidente - Dai banchi del gruppo del Popolo della Libertà si grida: «Scemi! Scemi!»). Onorevoli colleghi, vi prego di mantenere un contegno degno di quest'Aula!

FRANCESCO BARBATO. Don Silvio, baciamo le mani!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego!

Sull'ordine dei lavori (ore 13,08).

SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, magari aspettiamo che escano quelli che vogliono uscire...
Signor Presidente, si celebra domani anche nel nostro Paese la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'ONU il 20 novembre 1989. Questa occasione, più che un momento semplicemente celebrativo, dovrebbe essere un momento utile a fare il punto dello stato dell'infanzia e dell'adolescenza in ogni paese.
Da celebrare, in effetti, qui abbiamo veramente poco... Io credo che vi dovrebbe interessare il tema dei bambini nel nostro Paese! Io credo che sia un segno di civiltà l'attenzione ai minori!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Zampa. Pregherei i colleghi che non intendono seguire i lavori di uscire sollecitamente dall'aula.

SANDRA ZAMPA. In effetti, in Italia c'è veramente poco da celebrare, non solo per Pag. 52il perdurare degli inadempimenti storici, come per esempio il Piano nazionale per l'infanzia, che continua a non arrivare o l'istituzione di un vero Garante per l'infanzia. Ma c'è poco da celebrare alla luce delle notizie che anche oggi siamo costretti a leggere sui nostri quotidiani: notizie come quelle delle bambine rumene di Crescenzago che fanno i compiti accampate tra le tombe, alla luce delle candele.
C'è poco da celebrare se i minori stranieri in Italia continuano a scomparire, senza trovare nessuna accoglienza in una delle potenze economiche del mondo. C'è poco da festeggiare quando si sente bocciare con disprezzo volgare, come fanno ancora i leghisti, la proposta di dare cittadinanza ai bambini stranieri che crescono nel nostro Paese e che qui resteranno.
C'è poco da celebrare se un diciassettenne, che tra qualche giorno avrebbe compiuto il suo diciottesimo anno di vita, voglio dire il suo nome Yassine El Baghdadi, si impicca in un carcere minorile per avere tentato un furto. C'è poco da festeggiare quando si leggono i dati sulla povertà minorile in Italia, quelli che ieri la Conferenza nazionale dell'infanzia di Napoli ci ha fornito, secondo i quali un milione e settecentomila minori sono costretti alla povertà e sono naturalmente purtroppo concentrati nel sud d'Italia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 13,10)

SANDRA ZAMPA. C'è veramente poco da festeggiare se, di fronte a tutto questo, il Governo non comprende che, in una congiuntura economica drammatica, come quella che il nostro Paese sta vivendo, occorreva stanziare risorse per sostenere e aiutare quelle famiglie povere, perché quei bambini non siano ancora più penalizzati, o almeno non adottare tagli ai fondi destinati alle case famiglia.
Io capisco che ieri non si sia presentato nessun esponente del Governo: di fronte a questi dati siamo tutti colpevoli, ma le responsabilità sono dell'Esecutivo e in questo momento occorre davvero che troviate il coraggio per fare quello che siete stati chiamati a fare. I bambini non possono pagare il prezzo dell'inefficienza ancora più di quanto già avviene (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

ANITA DI GIUSEPPE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, certo è che in questi due giorni il Governo è stato talmente impegnato a mettere le mani su un bene comune, l'acqua, per renderla commerciabile che la Conferenza sull'infanzia è passata in secondo piano. Le osservazioni addotte dall'onorevole Zampa mi trovano perfettamente d'accordo: mancava il Ministro Carfagna a questa Conferenza, mentre il presidente dell'UNICEF italiano è stato mortificato dall'assenza del Ministro.

RENATO CAMBURSANO. La Ministra se ne è andata!

ANITA DI GIUSEPPE. Il fatto è che si sta facendo molto poco in Italia per tutelare i minori e non ci si può giustificare, affermando che si sta facendo un Piano per l'infanzia. È prioritario il piano per l'infanzia e dire che lo stiamo facendo ci sembra veramente troppo poco. Occorre soprattutto che la legge finanziaria preveda le risorse idonee ad offrire i servizi essenziali all'infanzia e alle famiglie, agli adolescenti e ai ragazzi che soprattutto devono essere tutelati dallo Stato.
Per favore, tirate fuori la testa dalle vostre stanze, uscite e vi renderete conto delle difficoltà che il Paese sta affrontando, come le famiglie siano in difficoltà, come sono in difficoltà i nostri adolescenti, i nostri ragazzi. Occorrono fatti e non più proclami, Ministro Carfagna. Questa volta è il Ministro Carfagna che non c'è (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

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LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anch'io voglio prendere spunto dalle osservazioni fatte dai nostri colleghi, a proposito della circostanza direi non felicissima della Conferenza di ieri, per ricordare alcuni aspetti di questa vicenda. Innanzitutto la data: domani si celebrano i vent'anni della Convenzione per i diritti del fanciullo e questo dovrebbe interrogarci non solo attraverso conferenze e programmi che si stanno preparando, ma anche sulla reale parità dei diritti che hanno i fanciulli che nascono oggi nel nostro Paese come nel resto d'Europa.
Sono partito da questo fatto perché tutti conosciamo le emergenze, molte sono state sottolineate finora, noi abbiamo ribadito in più di un'occasione la straordinaria emergenza educativa, che è sotto gli occhi di tutti e che interessa il nostro al pari degli altri Paesi del mondo occidentale e sulla quale sarebbe utile, come abbiamo chiesto sei mesi fa, un dibattito, una riflessione, un confronto, se ci fosse almeno questa possibilità.
Tuttavia, ricordate le grandi questioni che sono state anticipate dagli interventi precedenti; vorrei cogliere questa straordinaria occasione per ricordare - il partito dell'UdC l'ha fatto ieri attraverso una conferenza stampa e appoggiando pubblicamente una proposta di legge del Movimento per la vita italiano aperto al consenso e all'appoggio di tutti - che, in quella Convenzione, in quel documento internazionale c'è scritto esplicitamente che la tutela della vita deve essere fatta prima e dopo la nascita.
Il nascituro e il nato hanno gli stessi diritti e di questo si deve occupare anche il nostro Paese, perciò abbiamo ribadito, e lo voglio ricordare in questa occasione, l'importanza della modifica del codice civile che riconosca, esattamente come viene detto in questa Convenzione, i diritti anche del nascituro. Pertanto, penso che, per andare in fondo e per poter dare vero risalto a questa commemorazione dei vent'anni della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, sia importante partire dal principio della vita, principio che appunto è stato messo alla base della Convenzione internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, si è parlato e si sta parlando di infanzia e di bambini. Voglio preannunziare la presentazione di un atto di sindacato ispettivo su una vicenda drammatica: questa mattina è morta una bambina di quindici mesi all'ospedale «Pugliese» di Catanzaro e sembra che non sia stata neanche visitata nel corso della nottata. Questa bambina è di Petronà, il medico del luogo, che è una signora, ha detto alla famiglia: andate in ospedale perché io ho problemi familiari e non ho tempo di visitare questa bambina. La bambina è andata in ospedale e non avrebbe avuto nemmeno il conforto di un'attenzione e di una visita, sia pur generica.
Questo fatto che sottopongo alla Sua attenzione, signor Presidente, traduce in modo concreto ed emblematico le questioni che i colleghi hanno affrontato poco fa in quest'Aula. Il fatto è veramente drammatico, sconvolgente, non soltanto per chi è padre o chi nonno, ma perché siamo qui, impegnati da tanti giorni ad affrontare i problemi del Paese, e poi ci troviamo di fronte a queste vicende, a questi fatti esecrandi che non possono avere alcuna copertura, alcuna giustificazione alcuna tolleranza. Nel mio atto di sindacato ispettivo, infatti, chiederò proprio che i responsabili vengano individuati ed esemplarmente puniti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

LAURA MOLTENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, vorrei rispondere alle osservazioni che Pag. 54hanno svolto alcuni colleghi oggi in Aula sulla questione del Piano nazionale dell'infanzia. Ebbene, cari colleghi, se ci sarà un Piano nazionale per l'infanzia è grazie a questo Governo, perché non mi risulta che sia stato fatto il Piano nazionale per l'infanzia sotto il vostro Governo. C'è una bozza che è in discussione con lo stesso Osservatorio per l'infanzia, ci sono dei lavori in corso che credo debbano concludersi intorno a gennaio con un documento definitivo.
Stessa cosa vale per la Conferenza nazionale per l'infanzia. In questi giorni, a Napoli, è in corso la Conferenza nazionale per l'infanzia e vi erano presenti sia il sottosegretario Giovanardi, sia il sottosegretario Roccella. Altri colleghi del Governo non erano presenti perché erano qui a votare la fiducia, ma se in questi giorni c'è la Conferenza nazionale per l'infanzia anche questo è grazie a questo Governo, perché non mi risulta che dal 2002 si siano svolte altre Conferenze nazionali per l'infanzia.
Quindi, a me pare che questi attacchi fatti oggi sulla questione del Piano nazionale dell'infanzia e sulla Conferenza nazionale per l'infanzia siano del tutto gratuiti, strumentali e ultronei visto l'impegno concreto, fattivo, reale e sotto gli occhi di tutti del Governo proprio su questo tema. Erano anni, infatti, che non venivano portati avanti questi aspetti relativi alla attivazione della famosa legge n. 285 del 1997. E se si sta facendo qualcosa è grazie a questo Governo e che sia chiaro a tutti! (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Effetti sul sistema giudiziario delle norme contenute nel disegno di legge sul cosiddetto «processo breve» - n. 3-00777)

PRESIDENTE. L'onorevole Palomba ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-00777, concernente effetti sul sistema giudiziario delle norme contenute nel disegno di legge sul cosiddetto «processo breve» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor Ministro, ad ogni fibrillazione del Presidente del Consiglio per i suoi guai giudiziari, come è avvenuto dopo la bocciatura del lodo Alfano, puntualmente la maggioranza accorre per fargli scudo e per evitare a lui il processo, cui invece tutti i cittadini normali sarebbero sottoposti. Lo fate con diverse ipocrisie: in primo luogo, il Governo non si espone, il lavoro sporco lo fa il pacchetto di mischia di Gasparri e dei suoi compagni; in secondo luogo, lo chiamate disegno di legge «sul processo breve», mentre dovreste chiamarlo disegno di legge «sull'eutanasia del processo».
Noi non chiediamo al Governo se è d'accordo, perché sappiamo che lo è: chiediamo soltanto di sapere quanti processi moriranno per asfissia insieme a quelli del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti mi chiedono se sia stato valutato l'impatto del disegno di legge n. 1180 sui procedimenti penali e sull'intero sistema giudiziario. Pag. 55
Va doverosamente premesso che questo disegno di legge è un atto di iniziativa parlamentare depositato presso il Senato della Repubblica ed assegnato il 2 novembre scorso alla 2a Commissione permanente, che non ha ancora avviato l'esame del testo, previsto a partire dal 24 novembre.
Ciò premesso, la valutazione dell'impatto delle norme, ancora in fase di studio preliminare presso il Senato della Repubblica, è molto complessa, tant'è che il Consiglio superiore della magistratura ha avviato un'indagine a campione, cui abbiamo offerto la collaborazione del Ministero della giustizia, tramite la direzione generale della statistica. La complessità della valutazione dell'impatto deriva: dal termine biennale che è previsto per la declaratoria di estinzione del processo, che deve tenere conto degli eventuali provvedimenti di sospensione del dibattimento disposti dal giudice, così come previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera b), del disegno di legge; dalle disposizioni che non si applicano ai recidivi e dal fatto che, alla previsione di applicabilità delle nuove disposizioni soltanto ai processi per reati puniti con pene inferiori nel massimo ai dieci anni, si aggiunge un nutrito elenco di reati che fanno eccezione a tale regola ed il cui ipotizzabile mutamento, in sede di approvazione della legge, inciderebbe sul calcolo in maniera determinante. In altri termini, le esclusioni oggettive fanno significativamente diminuire le possibilità di prescrizione.
Sorprende, dunque, e non poco, che nell'immediatezza della presentazione del testo di legge siano state formulate, anche da fonti autorevoli, previsioni catastrofiche, senza tuttavia fornire spiegazioni ragionevoli rispetto ai dati numerici segnalati, un po' come accadde in occasione della «legge Cirielli» che, a fronte del catastrofismo annunziato, produsse invece notevoli benefici al sistema penale.
Alla data del 31 dicembre 2008, risultavano pendenti al dibattimento di primo grado 391.917 processi, di cui circa 94 mila da oltre due anni, pari circa al 24 per cento. A questo numero, per un primo fondamentale passaggio funzionale ad una corretta stima di impatto delle norme proposte, deve essere sottratto il dato relativo ai recidivi, poiché dal casellario giudiziario risulta che l'incidenza percentuale della recidiva è stimabile nella misura del 45 per cento dei soggetti condannati.
Voglio ripetermi: occorre poi escludere ulteriormente tutti i procedimenti per reati per i quali la normativa non risulta applicabile. È questo uno dei passaggi più delicati, considerato che la variegata vastità delle eccezioni previste dalla normativa non consente di effettuare valutazioni definitive sulla base dei dati disponibili, ma rende necessario un approfondimento che possa riferirsi almeno ad un campione sufficientemente rappresentativo della tipologia di processi attualmente in fase dibattimentale. Tale campione - l'ho detto già prima - è allo studio della direzione generale della statistica, in piena e fattiva collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura.
Dunque, senza pretese di definitività e di assolutezza, per le ragioni di cui in premessa, si può stimare che, all'esito delle concrete modalità di applicazione dell'istituto della prescrizione del processo, nella forma oggi presentata al Senato, i procedimenti che si prescriveranno saranno contenuti in una percentuale collocata nell'intorno dell'1 per cento del totale dei procedimenti penali pendenti oggi in Italia, senza calcolare naturalmente l'incidenza delle assoluzioni.
Questi, dunque, i numeri attualmente a disposizione, dai quali si può fin da ora desumere un impatto molto meno traumatico, anzi, rispetto a quello da più parti, forse troppo enfaticamente, certamente in modo intempestivo, ipotizzato.

PRESIDENTE. L'onorevole Palomba ha facoltà di replicare.

FEDERICO PALOMBA. Signor Ministro, siamo totalmente insoddisfatti della risposta. Intanto, siamo noi sorpresi dal fatto che possa andare avanti una legge di un tale incredibile impatto e di resa di Pag. 56fronte alla lotta alla criminalità, senza che il Governo abbia dato notizie precise sull'impatto stesso.
Credo che il Governo farà bene, andando al Senato, a dire «fermi tutti prima che noi e il CSM avremo dato dei dati precisi», altrimenti sarebbe irresponsabile governare così.
Siamo molto preoccupati, avreste dovuto fare l'opposto: avreste dovuto prima dare i mezzi perché la giustizia funzioni e poi, casomai, garantire la celerità dei processi; altrimenti, come ho detto, diventa una morte dei processi. Ma voi avete fatto l'opposto, perché alla giustizia nel 2009 avete tolto 220 milioni di euro, nel 2010 avete tolto 262 milioni di euro e per il 2011 contate di toglierne 454.
Sarebbe come se diceste che, dopo tre ore, un'operazione chirurgica deve finire, non importa se il malato muore. In questo caso stiamo accoppando il processo e, insieme al processo, stiamo accoppando anche le vittime e la lotta più dura e più intransigente nei confronti della criminalità.
Questa è la questione: tra scudi fiscali, scudi giudiziari e scudi legali non se ne può più. La criminalità circola libera, l'1 per cento dei 3 milioni e 500 mila processi oggi pendenti - ammesso che questo sia un dato preciso - rappresenta una cifra rilevante. E comunque anche diverse decine di migliaia di processi che muoiono soltanto per fare un piacere al Presidente del Consiglio, cosa che neanche voi oggi negate, che nessuno della maggioranza nega, sarebbe comunque una resa della civiltà giuridica di fronte alla criminalità (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

(Impatto della normativa riguardante il cosiddetto «processo breve» sui procedimenti penali in corso, con particolare riferimento ai processi in fase dibattimentale di primo grado - n. 3-00778)

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00778, concernente l'impatto della normativa riguardante il cosiddetto «processo breve» sui procedimenti penali in corso, con particolare riferimento ai processi in fase dibattimentale di primo grado (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DONATELLA FERRANTI. Signor Ministro, finalmente si è deciso a venire in Parlamento ad esporre quello che pensa il Governo, perché - parliamoci chiaro - sappiamo benissimo che questo testo sul processo breve, che porta la firma di Gasparri e Quagliariello, è solo formalmente un testo di natura parlamentare, mentre è chiaro a tutti che rappresenta la linea dell'Esecutivo scritta a Palazzo Grazioli. È quindi giusto che sia lei in prima persona ad esporlo e a farsi carico delle conseguenze sul sistema giudiziario.
È un testo odioso, che nasce per interrompere due processi che tolgono il sonno al Presidente del Consiglio, ma attenta ai diritti di tutti.
Siamo d'accordo che il processo debba essere breve: i cittadini sono stanchi delle lungaggini, ma sono anche stanchi delle strumentalizzazioni, e, pur di raggiungere uno scopo, che è quello di tutelare gli interessi processuali di Berlusconi, si mettono a repentaglio processi importanti, per truffa aggravata, frodi fiscali e corruzioni.
Signor Ministro, oggi le chiediamo di dire con esattezza, e non a campione, quanti e quali processi saranno gettati al macero, quante e quali vittime non vedranno mai la giustizia, senza trincerarsi dietro allo scudo del CSM.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, innanzitutto ripeto all'onorevole Ferranti che il disegno di legge è stato presentato al Senato e non alla Camera il 12 novembre, cioè giovedì scorso. Questo è il primo question time successivo; forse, avrei dovuto fare un'audizione domiciliare presso la sua residenza privata. La prima occasione utile è questa, Pag. 57quando dovevo venire? Per di più, il disegno di legge è all'altro ramo del Parlamento.
Ciò premesso, sui dati statistici ho riferito rispondendo all'onorevole Palomba. Voglio qui ribadire che il vero problema della giustizia penale italiana è rappresentato dallo spaventoso numero di prescrizioni che ogni giorno, anche adesso, mentre parlo, vengono dichiarate dai giudici.
Anche adesso, mentre parlo, si vanno prescrivendo processi. Ciò significa che l'organizzazione giudiziaria occupa una parte delle proprie risorse per celebrare processi che si prescriveranno, generando sfiducia nella certezza della pena e indebolendo la capacità della norma penale di operare come deterrente.
Nell'ultimo quinquennio, cioè nel periodo 2004-2008, il sistema penale italiano ha bruciato, a causa della prescrizione, 850 mila procedimenti, con una media di circa 170 mila procedimenti penali ogni anno.
Lo dico per inciso: la giustizia penale è costata nel 2008 un miliardo e 640 milioni di euro. Aggiungo, inoltre, che da questi semplici dati si ricava che il processo penale attualmente vigente sperpera oltre 80 milioni di euro l'anno di risorse dei contribuenti per girare a vuoto, cioè per fare processi che si prescrivono, che non portano a niente, né all'assoluzione né alla condanna; tutto ciò oggi, non domani.
Il disegno di legge in esame sotto questo profilo permette di raggiungere tre effetti indiscutibilmente positivi: un risparmio di spesa per i processi inutilmente celebrati, in quanto destinati all'ineluttabile prescrizione; un risparmio di giorni di lavoro e di risorse umane che, non più impegnati in celebrazioni di processi inutili, potranno meglio gestire i procedimenti pendenti, con un virtuoso abbattimento dei tempi di definizione della prescrizione nel prossimo futuro; l'adeguamento del sistema al principio della ragionevole durata del processo, con ulteriori risparmi di spesa conseguenti all'azzeramento del rischio della cosiddetta legge «Pinto», perché appare utile ricordare che anche per i reati dichiarati prescritti il cittadino ha titolo per chiedere l'indennizzo conseguente alla durata irragionevole del processo.
A ciò si aggiunga che il disegno di legge soddisfa, da un lato, l'aspettativa dell'imputato che il processo si concluda entro un tempo ragionevole e, dall'altro, quella dell'apparato giudiziale e della società civile ad ottenere una giustizia finalmente effettiva.
Per tali ragioni, il diritto dell'imputato a non restare sotto la soggezione del processo per un periodo di tempo troppo lungo può essere pienamente soddisfatto prevedendo ex lege termini di durata massima dei diversi gradi di giudizio, il cui superamento obbliga il giudice della fase a pronunciare una sentenza di «non doversi procedere».

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Questa fondamentale esigenza di garanzia e di civiltà è stata avvertita anche nel corso della precedente legislatura, allorquando il Governo Prodi istituì, il 27 luglio 2006, una commissione dando mandato di introdurre nel codice di procedura penale l'istituto della prescrizione processuale, al fine di determinare precisi tempi di durata del processo in linea con il principio costituzionale della sua ragionevole durata.
Infine, l'introduzione di termini di durata massima dei diversi gradi di giudizio e la previsione dell'improcedibilità del processo per violazione di tali termini era stata prevista in tre disegni di legge presentati nella XIV e XV legislatura dai senatori Fassone, Ayala, Brutti, Calvi, Maritati, ed anche un altro dello stesso senatore Brutti e della senatrice Finocchiaro.

PRESIDENTE. Signor Ministro...

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Concludo assicurando che tutti gli spunti che perverranno in Parlamento Pag. 58per il miglioramento del testo saranno accolti, ma che noi riteniamo come Governo che sei anni...

PRESIDENTE. Grazie, Ministro, deve concludere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. ...per un processo penale, più le indagini, cioè circa otto anni, è un tempo sufficiente per tenere un cittadino sotto la giurisdizione dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Melis, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, signor Ministro, noi siamo radicalmente insoddisfatti e anche un po' stupiti, perché Lei ci ha detto praticamente tutto quello che succedeva nel passato (e siamo d'accordo che la situazione ha una sua patologia che va affrontata, vedremo poi come), ma non sa assolutamente quello che accadrà con il provvedimento in esame. Il Ministro della giustizia è all'oscuro: si va avanti così! Non so che Paese siamo, un Paese dove si fa un provvedimento di questa portata e non si sa quali saranno i processi che verranno fermati, quanti saranno fermati, se perderemo interi processi.
Questo è un provvedimento che avete abilmente chiamato del processo breve: ma quale processo breve? Questo è il processo interruptus, signor Ministro, questo è un provvedimento che mira a bloccare i processi, a non farli fare e che crea quindi un vulnus gravissimo sul piano della giustizia, con aspetti anche di incostituzionalità molto evidenti.
Mi sarei aspettato che Lei avesse fatto in questa occasione il Ministro della giustizia, ci avesse dato dei numeri: i Suoi uffici devono avere contezza di quanto accade quando un provvedimento viene presentato. Invece ci viene a dire che non sappiamo che cosa accade, che lo sapremo in futuro: ma il provvedimento è in discussione da tanto tempo, se ne è parlato sui giornali in molte sedi improprie da almeno un mese a questa parte. In Commissione giustizia abbiamo chiesto il Suo intervento ripetutamente: Lei non è venuto; se fosse venuto forse avremmo potuto discuterne prima, avremmo potuto mettere in atto prima le indagini di cui lei parla e avremmo potuto forse avere questi dati fondamentali per poter decidere.
Il Parlamento dovrebbe affrontare tale disegno di legge all'oscuro, senza sapere quello che accadrà. Penso che questo provvedimento miri esclusivamente ad uno scopo e sappiamo qual è: bloccare determinati processi che riguardano il Presidente del Consiglio dei ministri; ed è gravissimo che si crei un vulnus così profondo alla certezza del nostro diritto, al nostro sistema processuale, strumentalizzando una situazione grave che va affrontata in termini di organizzazione della giustizia! Bisogna spendere di più, bisogna fare più organizzazione, bisogna avere più risorse per la giustizia, e non tagliarle, come fate invece quotidianamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

(Iniziative per ridurre la durata del processo civile - n. 3-00779)

PRESIDENTE. L'onorevole Sisto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00779, concernente iniziative per ridurre la durata del processo civile (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, signor Ministro, siamo abituati a scelte di carattere sistematico, che il Ministero da lei diretto privilegia sul piano dell'efficienza e soprattutto della rapidità.
Il processo civile ha costituito sotto questo profilo un esempio assolutamente evidente. La riforma della legge 18 giugno 2009, n. 69, ed in particolare quanto previsto dall'articolo 60 con lo schema di decreto legislativo del 28 ottobre 2009, pongono indubbiamente un problema di Pag. 59interattività tra queste scelte sistematiche del processo civile e la mediazione. Si tratta di una scelta multimediale che, nel rispetto della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008, introduce quell'alternative dispute resolution alla quale dobbiamo abituarci.
Le chiediamo, signor Ministro, di chiarire quali possano essere, da questo punto di vista, gli strumenti ulteriori ed attuativi ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO PAOLO SISTO. ... di queste scelte multimediali - lo ripeto - che, in qualche modo, consentono di intervenire su un tema assai sentito dalla gente, ovvero la durata degli affari civili piccoli, relativamente rilevanti e gli indubbi riflessi anche sul processo penale, perché più efficienza...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sisto.
Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, voglio preliminarmente ringraziare l'onorevole Sisto di questa interrogazione, che mi permette di ricordare che - così com'è Lei ha fatto peraltro - alla fine di ottobre il Governo ha licenziato lo schema di decreto attuativo nascente dalla delega conferita dal Parlamento al Governo stesso, relativa alla cosiddetta mediazione civile.
In sostanza, per alcune materie particolarmente conflittuali, le parti dovranno obbligatoriamente tentare la strada della mediazione prima di arrivare al giudizio civile Con ciò affermiamo il principio che non tutto e non sempre deve andare in tribunale; ciò per favorire una logica di soluzione delle controversie che non necessariamente deve portare il contenzioso davanti al giudice, ma che anzi può favorire una mediazione tendente a fare in modo che le parti continuino a collaborare dopo avere ottenuto un risultato positivo di mediazione. Si pensi alle liti in materia di condominio, locazione, responsabilità medica e ai contratti bancari, finanziari e assicurativi.
In tutte le altre materie, invece, le parti potranno liberamente esperire il procedimento di mediazione. Parimenti il medesimo strumento potrà essere attivato su invito del giudice, che, nel corso di un processo, ritenga possibile pervenire a una conciliazione tra le parti e le esorti a trovare una mediazione entro centoventi giorni.
Se pensiamo alla durata media decennale dei processi civili e la paragoniamo ai centoventi giorni entro i quali proponiamo di risolvere le controversie possibili tra le parti, ci si rende conto di quanto questo strumento possa deflazionare la giustizia civile.
È chiaro che serve un salto culturale ed è per questo che occorrerà promuovere tale strumento che, a sua volta, creerà amplissimi spazi di mercato per alcune professioni - a cominciare da quelle dell'avvocatura - le quali potranno seguire questa strada. Gli organismi dovranno essere specializzati nella mediazione, i dati saranno protetti e riservati e vi è una norma che prevede che, nel momento in cui, a fronte di una mediazione possibile, una delle parti rifiuti, si vada davanti al giudice e il giudice riconosca il contenuto della soluzione esattamente coincidente con quello della rifiutata mediazione; la parte che ha rifiutato quell'onorevole mediazione sarà costretta a pagare le spese del processo. Si tratta cioè di un incentivo ad evitare rifiuti fraudolenti del procedimento della mediazione.
Tutto ciò si incastona nell'ambito di una riforma del processo civile che ha posto alcune norme base per la deflazione in materia di giustizia. Mi riferisco, in primo luogo, a un grande investimento normativo in materia di digitalizzazione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. ... e all'introduzione della regola che non tutto e non sempre deve andare in Cassazione. Pag. 60
Concludo questa mia risposta dicendo che la nuova missione in materia civile che il Governo si dà è quella di un piano straordinario di abbattimento dell'arretrato civile, perché non è possibile fare correre la giustizia italiana avendo sulle spalle lo zaino di piombo di oltre cinque milioni di processi civili arretrati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Sisto ha facoltà di replicare.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, la soddisfazione derivante dalla conferma delle premesse che avevo posto nel mio intervento fa il paio con una considerazione: i tempi estremamente ristretti (le Commissioni dovranno infatti esprimere il parere entro il 10 dicembre) sono ovviamente, ancora una volta, il segnale di un'attenzione per i micro-interessi, ma importanti, della gente comune.
Ma soprattutto mi preme rammentare che siamo di fronte alla conferma di quella logica delle piccole riforme utili che, piccole o più piccole, probabilmente riescono a modificare un sistema molto più efficacemente di interventi dal respiro spesso troppo ampio per poter poi essere compatibili con i tempi della giustizia stessa.
Signor Ministro, noi la ringraziamo e quando dico «noi» ovviamente non intendo un plurale maiestatis quanto piuttosto il segnale chiaro e netto di una soddisfazione che le viene da tutti coloro che operano al suo fianco, cercando una giustizia più corretta, più opportuna, più efficace e più rapida (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative del Ministro della giustizia per assicurare la piena operatività della norma che prevede il reato di immigrazione clandestina - n. 3-00780)

PRESIDENTE. L'onorevole Paolini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00780, concernente iniziative del Ministro della giustizia per assicurare la piena operatività della norma che prevede il reato di immigrazione clandestina (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario, per un minuto.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, signor Ministro, il Parlamento, con l'approvazione della legge 15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza (il cosiddetto pacchetto sicurezza), ha introdotto nel nostro ordinamento il nuovo reato di immigrazione clandestina.
L'applicazione di tale nuova fattispecie criminosa rischia di essere pregiudicata dalle prese di posizione di alcuni procuratori della Repubblica, che hanno sostenuto che il reato in oggetto andrebbe perseguito solo nei casi di concorso con altro reato.
Da una provvisoria ed esigua casistica circa l'applicazione del nuovo reato si rileva un'asserita difficoltà di coordinamento tra il nuovo reato e l'aggravante della condizione di clandestinità, introdotta dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, il quale ha inserito nell'articolo 61 del codice penale (quello sulle circostanze aggravanti comuni) il n. 11-bis («se il fatto è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale»).

PRESIDENTE. Onorevole Paolini, deve concludere.

LUCA RODOLFO PAOLINI. In ordine alla nuova circostanza aggravante, ad oggi risultano sollevate diverse questioni di legittimità. Quanto illustrato evidenzia il rischio di una sostanziale disapplicazione e quindi si chiede al Ministro della giustizia se sia a conoscenza di quanto sopra illustrato e quali iniziative, anche legislative, intenda assumere.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha facoltà di rispondere.

Pag. 61

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, l'interrogazione in discussione dà eco ai timori di alcuni settori politici e di larga parte dell'opinione pubblica in merito ad un paventato contrasto tra il reato di ingresso e soggiorno illegale nello Stato italiano, di cui all'articolo 10 del Testo unico sull'immigrazione, e la circostanza aggravante comune già prevista con l'articolo 61, n. 11-bis, del codice penale in caso di presenza illegale del reo sul territorio.
Tali timori, peraltro, troverebbero conferma in alcune ordinanze dei giudici di merito che hanno investito la Corte costituzionale per i profili attinenti alla legittimità costituzionale della legge in questione.
Come è noto, le problematiche concernenti il nuovo reato di clandestinità si riconnettono al cosiddetto fenomeno del concorso apparente di norme ed al principio di specialità previsto all'articolo 15 del codice penale.
Si tratta di un fenomeno di particolare complessità su cui dottrina e giurisprudenza nemmeno in passato hanno assunto posizioni univoche, ritenendosi da alcuni che unico criterio per chiarire i casi di concorso apparente tra norme sia il principio di specialità, mentre, da altri, che la specialità tra norme sia il principio guida da integrare con parametri ulteriori.
In tal senso, rammento che anche la Corte di Cassazione ha assunto orientamenti diversi sui criteri di selezione cui ricorrere per risolvere casi di concorso apparente tra norme, e se talvolta si è pronunciata nel senso della non ammissibilità di criteri diversi da quello di specialità in senso stretto, altre volte ha riconosciuto la legittimità del ricorso al criterio di consunzione quale criterio ulteriore per risolvere il conflitto di norme, rinvenendone il fondamento giuridico nello stesso articolo 15 del codice penale o nel principio generale del cosiddetto ne bis in idem sostanziale.
È di tutta evidenza, quindi, che alla complessità della materia dell'immigrazione clandestina si aggiunge la questione meramente interpretativa sottesa all'apparente concorso tra norme in materia di immigrazione.
Tuttavia, per quanto sia complessa la materia il Governo non intende sottrarsi dal riflettere su eventuali incertezze interpretative. Infatti, non è certo la prima volta, e non sarà nemmeno l'ultima, che si discute sulla portata applicativa di una norma ovvero sulla sua legittimità costituzionale.
Dico ciò perché l'autorità giudiziaria ha il dovere istituzionale di applicare la legge ed i margini interpretativi entro i quali le è consentito muoversi non possono forzare il dato testuale di una norma sino a vanificarlo, ma soprattutto non possono non considerare la volontà del legislatore che, all'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione, ha chiaramente introdotto un reato contravvenzionale e non una semplice circostanza aggravante.
In estrema sintesi, intendo ribadire che la volontà sanzionatoria del legislatore nel caso di reato di immigrazione clandestina è stata chiara ed inequivoca, e non lascia spazio a dubbi interpretativi sulla qualificazione giuridica da dare alla clandestinità.

PRESIDENTE. L'onorevole Paolini ha facoltà di replicare.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Ministro la ringrazio, è stato molto esauriente e chiaro. Prendo atto, quindi, della volontà del Governo di proseguire sulla strada della maggior chiarezza, e, soprattutto, di chiarire che le leggi si fanno in Parlamento e non nelle aule di giustizia, dove le predette leggi dovrebbero essere solo applicate.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Paolini, per il record di sintesi.

(Criteri in base ai quali sono stati estromessi dal cosiddetto «cratere sismico» i comuni dell'Abruzzo ricadenti nell'area Peligna - n. 3-00781)

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 62n. 3-00781, concernente criteri in base ai quali sono stati estromessi dal cosiddetto «cratere sismico» i comuni dell'Abruzzo ricadenti nell'area Peligna, per un minuto (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

DANIELA MELCHIORRE. Signor Ministro, il terremoto che ha colpito l'Abruzzo la mattina del 6 aprile ultimo scorso ha avuto, come è noto, conseguenze devastanti in termini di vite umane e di danni materiali. Il Commissario delegato al terremoto ha provveduto ad individuare con due decreti, il primo, il n. 3 dell'aprile 2009, ed il secondo, il n. 11 del luglio 2009, la lista di comuni che ricadono nel perimetro del cosiddetto «cratere sismico», ovvero quella porzione di territorio abruzzese che, avendo subito un'intensità del terremoto uguale o superiore al VI grado della scala Mercalli, è stata riconosciuta beneficiaria delle misure per la riattivazione del tessuto socio-economico previste dalla legge. Inaspettatamente, nonostante i danni gravi subiti, i comuni ricadenti nell'area del centro-Abruzzo, segnatamente i comuni dell'area Peligna, sono stati estromessi dal cosiddetto «cratere sismico», nonostante tali centri avessero riportato danni analoghi o superiori rispetto ai centri inclusi nelle anzidette liste. Chiediamo, pertanto, al Governo se intenda spiegare le ragioni che hanno condotto all'esclusione dei comuni dell'area Peligna.

PRESIDENTE. Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come l'onorevole Melchiorre ricorderà, l'ambito di applicazione delle ordinanze di Protezione civile per il recente sisma in Abruzzo è stato stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge sul sisma, il n. 39 del 2009, come convertito dal Parlamento con la legge n. 77 del 2009. È stato, quindi, il Parlamento a prevedere definitivamente quest'ambito di applicazione - come lei ha correttamente ricordato - relativo ai territori dei comuni che abbiano risentito di un'intensità del sisma uguale o superiore al VI grado della scala Mercalli. Come è noto, la scala Mercalli misura l'intensità macrosismica di un terremoto valutata in base agli effetti e ai danni prodotti dallo stesso che vengono organizzati in una serie di quadri descrittivi tipici. In particolare, il VI grado rappresenta statisticamente la soglia oltre la quale vengono rilevati i danni secondo un crescente livello di severità.
Con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2009, immediatamente successiva al sisma, era stato assunto tale valore di riferimento per l'operatività delle prime misure di intervento, e con i successivi decreti commissariali, ai quali lei ha fatto riferimento, del 16 aprile e del 17 luglio, sono stati specificamente individuati i comuni interessati. Per quanto riguarda l'attribuzione dei valori d'intensità ai centri abitati, è stato attivato un team di esperti di rilevamento, con l'obiettivo di raccogliere informazioni sugli effetti causati dal terremoto sul territorio e di rendere disponibile un quadro attendibile. Successivamente, tale rilievo è stato ripetuto con verifiche incrociate, in modo da acquisire una valutazione ancora più affidabile e condivisa. L'attività è stata condotta da operatori di diversi enti, appartenenti alle sezioni dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Bologna, all'ENEA, ad un team dell'università della Basilicata, al CNR, all'Istituto di metodologie per l'analisi ambientale.
Infine, onorevole Melchiorre, per quanto riguarda la situazione del danno in cui versano i comuni dell'area Peligna, alla quale ha fatto riferimento, pare opportuno rappresentare che lo stesso decreto-legge, come convertito dal Parlamento, ha espressamente previsto all'articolo 1, comma 3, anche per questi comuni «fuori cratere», l'estensione dei contributi per la ricostruzione, o riparazione, sia delle abitazioni private, che degli immobili ad uso non abitativo, oltre che degli indennizzi in Pag. 63favore delle attività produttive per la costruzione e riparazione dei beni mobili danneggiati.
Evidentemente l'unica condizione necessaria per accedere a tali contributi è la presenza di un nesso di causalità diretto tra il danno subito e l'evento sismico, ma su questo credo che saremo tutti d'accordo.

PRESIDENTE. L'onorevole Melchiorre ha facoltà di replicare.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, inviterei il Ministro Vito a dare risposte in un linguaggio meno burocratico, o non in burocratese, dal momento che la situazione è veramente grave, ancora grave, proprio nelle zone della valle Peligna. Si pensi che soltanto poche ore fa, alle 13,25, vi è stata un'altra scossa a Sulmona di 2,5 gradi della scala Mercalli. Parliamo di un'area che non è stata assolutamente presa in considerazione nel cratere sismico. La ringrazio anche per la lezione di diritto costituzionale, ma lei sa benissimo che i decreti sono una maniera di normare che deriva direttamente dal Governo, quindi sono scelte di indirizzo politico ben precise di questo Governo. Quanto alle discriminazioni, ebbene, esistono valutazioni di esperti - benissimo - esistono le valutazioni ed una tabella che è stata redatta proprio dal centro operativo misto che è in capo alla Protezione civile, e che quindi è un organo che si è occupato attivamente di fare queste rilevazioni e che ha riscontrato come nell'ambito della stessa valle Peligna vi siano stati comuni trattati bene e comuni che non sono stati proprio considerati, la maggior parte. Faccio soltanto alcuni esempi da dati che voi dovreste conoscere ancora meglio di me. Pensiamo al comune di Cocullo, che ha riportato l'inagibilità di 65 abitazioni, un fabbricato pubblico e due attività produttive; al comune di Corfinio, che ha riportato l'inagibilità di 111 abitazioni, quattro edifici pubblici, cinque attività produttive. Benissimo il primo è rientrato nei piani di aiuto di tipo socio-economico previsti dal cratere sismico, il secondo no. Lo stesso vale per Pratola Peligna, per Sulmona; addirittura Sulmona ha riportato inagibilità di 371 abitazioni, 97 edifici, e diciotto attività produttive. Quello che voglio dire sicuramente è che questi sono dati obiettivi rilevati - lo ripeto - dallo stesso istituto che lavora presso la Protezione civile. Purtroppo non sono stati minimamente presi in considerazione. Queste persone, gli abitanti di questi comuni, si trovano a non comprendere come mai non sono state aiutate alla pari degli altri, pur avendo subito in alcuni casi danni maggiori a distanza di pochi chilometri.

PRESIDENTE. Deve concludere.

DANIELA MELCHIORRE. Ma soprattutto si chiedono - concludo - come mai ci si ostini a non guardare il problema nella sua realtà. Parliamo di persone che subiscono ancora gli effetti negativi delle scosse sismiche, come ho detto poc'anzi (Commenti del deputato Mario Pepe (PDL).

(Iniziative per la convocazione di un tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in merito alla crisi Eutelia-Agile - n. 3-00782)

PRESIDENTE. L'onorevole Pezzotta ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vietti n. 3-00782 concernente iniziative per la convocazione di un tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in merito alla crisi Eutelia-Agile (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, la richiesta che noi avevamo avanzato nella giornata di ieri nasceva dal fatto che migliaia di lavoratori, provenienti dalla Calabria, da Padova, da altre parti d'Italia, stavano protestando per quanto riguardava la questione della Omega ex Eutelia. Sappiamo che il Governo ha convocato per domani un incontro, però io vorrei sottolineare che vicende di questo genere si stanno costantemente ripetendo, perché Pag. 64oltre alla Omega ieri erano in piazza i lavoratori di Portovesme, della Sardegna (situazione quella della Sardegna pesante, di cui non discute nessuno), ma abbiamo segnali che costantemente la tensione sociale sul terreno dell'occupazione continuerà ad aumentare.
Io spero che l'intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri sia in grado di affrontare il nodo delle proprietà, delle logiche delle operazioni condotte sulle spalle dei lavoratori e della collettività, e di salvaguardare le attività presenti in questa azienda e in questo gruppo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, come ha ricordato opportunamente l'onorevole Pezzotta, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, dottor Gianni Letta, ha ricevuto a Palazzo Chigi nella giornata di martedì scorso una delegazione di rappresentanti sindacali dell'azienda ex-Eutelia. A seguito di tale incontro, d'intesa con i segretari confederali della CGIL, UIL, CISL e UGL, già incontrati nella scorsa settimana, è stata prevista la convocazione delle parti per il prossimo 26 novembre. Tale iniziativa della Presidenza del Consiglio, comunque, si inserisce nel complesso delle attività già poste in essere, in particolare, dal Ministero dello sviluppo economico. Infatti, a seguito della denuncia da parte della società dello stato di crisi aziendale sin dal maggio 2008, l'amministrazione ha convocato le prime riunioni invitando l'azienda a presentare il piano industriale. Nel gennaio 2009 l'azienda comunicò che il consiglio di amministrazione aveva deciso di focalizzare la propria attività sulle telecomunicazioni, uscendo pertanto dal settore delle tecnologie dell'informazione. Dopo altri diversi incontri susseguitisi con scadenza quindicinale, il 15 giugno 2009, Eutelia, pur convocata al tavolo di confronto del Ministero dello sviluppo economico, non si presentò a concludere la complessa trattativa le cui linee erano state peraltro condivise anche con il sindacato e contestualmente attuò la cessione del ramo d'azienda del settore informatico alla propria controllata, Agile Srl, trasferendone oltre duemila dipendenti e immediatamente quanto inaspettatamente vendendo quest'ultima a Omega, società terza operante nel settore dei servizi. Tale cessione peraltro fu inizialmente valutata positivamente anche dalle organizzazioni sindacali e di categoria sulla base dell'annuncio che la nuova proprietà non avrebbe fatto ricorso alla cassa integrazione. Peraltro la cessione è avvenuta senza alcuna comunicazione preventiva né al tavolo di trattativa né alle istituzioni centrali. Nell'incontro tenutosi nel luglio di questo anno e richiesto dalle organizzazioni sindacali con la stessa società Omega gli uffici del Ministero dello sviluppo economico hanno chiesto che fosse illustrato il piano industriale, ma questo non è a tutt'oggi né presentato, né comunque disponibile, anche se ultimamente risulterebbe in fase di elaborazione. Il Ministero comunque si è raccordato con la Presidenza del Consiglio per aumentare la pressione sull'azienda. Al momento, il Ministero dello sviluppo economico ha verificato che la notizia relativa alla redazione in corso del piano industriale corrisponde ad un effettivo impegno in questo senso e ha quindi ribadito all'azienda l'esigenza che nell'arco di poche settimane lo stesso venga presentato.

PRESIDENTE. La prego di concludere, Ministro Vito.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il futuro della realtà economica e occupazionale, dell'azienda, onorevole Pezzotta, è quindi stato seguito, come Le ho ricordato, con costante attenzione da parte del Governo, come del resto è stato riconosciuto, e Le posso assicurare che questo accadrà anche nel prossimo futuro attivando tutti gli strumenti che sono a disposizione del Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Pezzotta ha facoltà di replicare per due minuti.

Pag. 65

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, ne impiegherò molti meno. Ringrazio il Ministro e prendo atto delle sue dichiarazioni. Continuo a sottolineare che la vicenda mette in condizioni di grande difficoltà oltre settemila famiglie. Spero che il Governo riesca finalmente a sbloccare una situazione, che altrimenti rischia veramente di essere deleteria non solo per l'azienda, ma anche per il ruolo che un'azienda di questo genere gioca all'interno di un settore tecnologicamente importante per lo sviluppo del nostro Paese. Torno a richiamare l'attenzione del Ministro sull'insieme della situazione occupazionale. Stiamo andando verso un inverno che, al di là delle dichiarazioni in merito all'uscita dalla crisi, da questo punto di vista sarà durissimo con elementi di tensione sociale che tenderanno ad aumentare, come abbiamo visto ieri davanti a Palazzo Chigi con i lavoratori sardi. Credo che sarebbe arrivato il tempo di aprire un dibattito parlamentare sulla questione occupazionale nel nostro Paese, anche per capire quali possano essere gli elementi da mettere in campo per accompagnare una situazione che si renderà sempre più difficile. Mi riservo di esprimere una valutazione complessiva sulla vicenda dopo l'incontro che avverrà con le parti sociali.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Casero, Cicchitto, Colucci, Cota, Craxi, Crimi, Donadi, Fitto, Franceschini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Migliori, Molgora, Nucara, Palumbo, Pescante, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche inerenti alla chiusura disposta dall'Enac dello spazio aereo controllato da radar denominato Garda 1 - n. 2-00538)

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00538, concernente problematiche inerenti alla chiusura disposta dall'ENAC dello spazio aereo controllato da radar denominato Garda 1 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, ho presentato questa interpellanza urgente, insieme ad altri parlamentari, su un problema che è sicuramente complesso - di questo ne sono convinto - riguardante il traffico aereo operante in condizione di volo a vista dello spazio aereo controllato, da radar, il cosiddetto CTR denominato Garda 1.
Con atti esclusivamente amministrativi l'ENAC, l'Ente nazionale aviazione civile, ha stabilito la chiusura, con effetto immediato, del summenzionato spazio aereo escludendo, quindi, il volo a vista dalla fruibilità dello spazio aereo controllato da radar. Il suddetto spazio aereo si estende su una vasta porzione del cielo sopra la Pianura padana orientale, vale a dire sull'area che abbraccia le province di Brescia, Verona e verso sud sino alla zona del Po. Giova ricordare che il suddetto spazio aereo, fin dalla fine della II guerra mondiale, era sempre stato aperto al traffico Pag. 66aereo di ogni tipo. Il divieto dell'attraversamento del CTR Garda 1 in condizioni di volo a vista avrebbe dovuto avere, stante l'apposita Notam, una durata di tre mesi, ma è stata effettivamente prorogata per ulteriori tre mesi sino al 30 novembre, nonostante le ferme e ripetute prese di posizione dell'AOPA, l'associazione dei piloti e proprietari di aerei. Detta associazione non ha mancato di evidenziare che trattasi di una bega fra l'Aeronautica militare, l'ENAC e il Ministero dell'economia e delle finanze che vede chi vola in condizioni di volo a vista come capro espiatorio.
Prima di andare avanti, vorrei veramente sapere, dal rappresentante del Governo, cosa si intende fare e quali iniziative si intendono mettere in campo, con una certa urgenza, per la cessazione di quanto sopra esposto e per arrivare al ripristino della fruibilità dello spazio aereo controllato da radar Garda 1 per il volo a vista e all'adeguamento alle raccomandazioni di sicurezza per il volo a vista emesse dal 2006 da ANSV e sinora del tutto disattese dall'ENAC.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Narducci, per la cortesia della sintesi nell'illustrazione della sua interpellanza urgente.
Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il problema del trasferimento di competenza della gestione dello spazio aereo di Garda avvicinamento (CTR 1 Garda) da Aeronautica militare ad ENAV è legato in parte sia al cambio di status dell'aeroporto di Verona, da militare a civile, sia ai problemi logistico-operativi, impiantistici e finanziari che l'Aeronautica militare deve affrontare per garantire, in generale, il servizio di navigazione aerea per l'aviazione civile e, in particolare, per il sito di Garda avvicinamento.
È indubbio che tale operazione coinvolge complessi aspetti legati sia alle infrastrutture, che devono garantire la sicurezza del volo, sia all'impiego di idoneo personale specificatamente addestrato e anche a questioni di competenza nel delicato sistema dello spazio aereo nazionale.
A tal fine, per il prossimo 3 dicembre 2009 è prevista una riunione a carattere tecnico del comitato di coordinamento operativo per l'uso dello spazio aereo dalla quale ci si attende la definizione degli aspetti squisitamente tecnici della questione ed eventuali proposte per la definizione giuridica del passaggio di competenze.
Contestualmente, nelle varie sedi istituzionali e internazionali, si sta discutendo attorno alle modalità per il passaggio della competenza relativa allo spazio aereo del servizio di navigazione aerea dell'area del Garda. Tale aspetto, considerato il notevole numero di normative emanate, sia a livello europeo, sia a livello nazionale, necessita la predisposizione di accurate procedure e provvedimenti normativi condivisi. Comunque, al fine di agevolare il quadro economico dell'operazione in base a quanto previsto dall'articolo 4-ter, comma 3, della legge n. 102 del 2009, si sta valutando l'opportunità di utilizzare una parte dei fondi stanziati proprio per tale finalità.
Considerate, poi, le rappresentate esigenze dell'Aviazione militare per incrementare le risorse destinate ai servizi di navigazione aerea per l'aviazione civile, con decreto ministeriale n. 874 del 26 ottobre 2009 è stato previsto di utilizzare l'avanzo di amministrazione ENAC non vincolato dell'esercizio 2008, pari ad euro 9.960.000, per l'acquisto di apparecchiature e per l'ammodernamento degli impianti operativi sugli aeroporti gestiti dall'Aviazione militare aventi un preminente interesse per l'aviazione civile, secondo le disposizioni contenute nell'atto d'intesa sottoscritto dall'ENAC e dall'Aviazione militare in data 22 ottobre 2007 ed approvato dai Ministeri competenti con decreto ministeriale del 5 novembre 2008.
Per quanto riguarda, quindi, gli aspetti più specificatamente attinenti il traffico Pag. 67aereo, si evidenzia che, a seguito della volontà di ridurre i servizi di navigazione aerea presso gli aeroporti militari transitati all'Aviazione civile, a partire dal lo giugno 2009, l'ENAC ha posto in essere una serie di iniziative per individuare le azioni volte a limitare le penalizzazioni al traffico civile, con particolare riferimento a quello commerciale, tenuto conto dell'impossibilità di rinegoziare con le compagnie la pianificazione dei voli fissati per la stagione estiva.
Nell'ambito di tali iniziative, l'ENAC ha provveduto ad effettuare, tra aprile e luglio 2009, numerose riunioni con i fornitori di servizi, le società di gestione e le direzioni aeroportuali in cui sono state individuate alcune modalità per permettere la migliore razionalizzazione dei voli negli spazi aerei interessati, stante la ferma posizione dell'Aeronautica militare di non ripristinare le capacità operative iniziali, tra l'altro mantenute fino al 30 maggio 2009.
L'Aeronautica militare ha provveduto ad emanare i necessari Notam che, introducendo alcune limitazioni di carattere operativo, hanno meglio disciplinato il traffico che interessava l'intero CTR 1 di Garda. Una successiva serie di Notam, intervenendo sulla configurazione geografica del CTR, apportava significativi miglioramenti al traffico aereo generale.
È da evidenziare, tuttavia, che resta prerogativa e responsabilità del fornitore dei servizi designato, nella fattispecie l'Aeronautica militare, definire le capacità operative in funzione del numero e dell'addestramento del personale, della tecnologia in uso e delle procedure approvate.
L'ENAC, consapevole delle conseguenti ripercussioni sul piano economico e non ultimo su quello prevedibile dell'ordine pubblico, ha posto in essere alcune iniziative che hanno portato l'Aeronautica militare ad inviare personale di supporto per garantire livelli operativi accettabili dalle diverse società di gestione.
Inoltre, in accordo con un apposito atto di intesa con la Forza armata, sono state accelerate le azioni per il trasferimento di risorse finanziarie per l'adeguamento di alcuni sistemi operativi divenuti ormai obsoleti. Sulla base degli elementi disponibili, le condizioni di fruibilità del CTR potranno verosimilmente essere ripristinate entro il prossimo mese di giugno.
In relazione alla richiesta di adeguamento alle raccomandazioni di sicurezza per il volo a vista emesse dall'ANSV, si evidenzia che queste sono gestite dall'ENAC con la massima attenzione.
Circa la richiesta di eliminazione degli spazi aerei sottoposti a controllo radar militare, si ricorda, da ultimo, che la difesa dello spazio aereo è ancora una missione attuale per qualunque Stato moderno per cui la presenza di enti di controllo sotto la gestione diretta dell'Aeronautica militare risponde tutt'ora a criteri di efficacia.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Narducci, per dichiarare se sia soddisfatto o meno della risposta alla sua interpellanza, saluto gli studenti della scuola media «Luigi Antonelli» di Pescara, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Ricordo loro che stiamo svolgendo interpellanze urgenti e che, pertanto, in Aula sono presenti, oltre al rappresentante dal Governo, solo i parlamentari che illustrano l'interpellanza e replicano al rappresentante del Governo.
L'onorevole Narducci ha facoltà di replicare.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, prima di pronunciare la fatidica e canonica frase, soddisfatto o non soddisfatto, voglio ringraziare il sottosegretario per questa ampia informazione in risposta all'interpellanza. Oltre a ribadire ovviamente i ruoli di responsabilità che hanno le Forze armate e l'Aeronautica militare bisogna considerare che siamo nell'Unione europea e ci sono una serie di questioni che non riguardano solo i piloti italiani. In vista di questa riunione del 3 dicembre che Lei ha citato nella risposta, signor sottosegretario, voglio ricordare che occorre considerare che questo provvedimento limita la libertà di spostamento dei Pag. 68cittadini, tanto italiani quanto europei. Anche questa è la ragione del mio interessamento, visto che sono un parlamentare eletto all'estero. Si crea di fatto uno spazio aereo di classe alfa dove non c'è.
Il provvedimento non solo crea dei seri problemi a chi vola da est a ovest e viceversa, costringendo a lunghe deviazioni di rotta, ma è potenzialmente pericoloso in condizioni meteo limite soprattutto per chi arriva da nord ad alta quota sulle montagne, sulle Alpi, e viene in malo modo costretto a pericolose discese a millecinquecento piedi ancora sulle colline, senza possibilità di arrivare alla pianura, perché vietata all'interno del CTR. Viceversa per chi da sud vola verso nord non è più possibile iniziare la salita attraverso il CTR e, dunque, si è costretti ad entrare nella valle dell'Adige o lungo il lago di Garda a bassa quota, cercando di guadagnare quota prima dello sbarramento causato dalle montagne.
Quindi, prendo atto della sua risposta che valuto sicuramente positivamente, ma vorrei sottolineare che si tratta di un'area di traffico che ha forti interessi fieristici ed economici per il nostro Paese. Pertanto l'esclusione di alcuni voli, soprattutto quelli di piccoli cabotaggio, crea senz'altro uno svantaggio di carattere economico per il nostro Paese. Si dovrebbe ristabilire la situazione in tempi rapidi, promuovendo in tal modo qualcosa per il bene della nostra economia.

(Stato di avanzamento dei lavori relativi al piano strategico delle infrastrutture - n. 2-00544)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00544, concernente lo stato di avanzamento dei lavori relativi al piano strategico delle infrastrutture (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, intervengo molto brevemente perché l'interpellanza ci sembra particolarmente chiara. Nei giorni scorsi l'ACI ha diffuso una serie di dati che in pratica andavano nel senso opposto rispetto a quanto sbandierato dal Governo nell'ultimo anno e mezzo, dall'inizio della legislatura. I dati dicono che i lavori che sono stati annunciati sono ancora di là da venire; infatti la ricerca dimostra che il 43 per cento delle opere annunciate è ancora senza copertura finanziaria. Senza andare oltre, noi chiediamo al Governo l'effettivo stato di avanzamento di questi lavori e ci riserviamo in fase di replica di intervenire ulteriormente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, la programmazione economica e finanziaria connessa alla realizzazione di complessi programmi infrastrutturali è un processo continuo, quotidiano, un processo che è inevitabilmente specchio del Paese, un processo di programmazione economica che, in quanto tale, è esposto a scelte di politica economica assunte anche in altri settori di intervento pubblico, e che è quindi sensibile ai cicli finanziari.
Compito di chi governa, è minimizzare in un quadro certo di regole e di risorse le interferenze esogene che impediscono la realizzazione, nei fatti, di ogni processo di infrastrutturazione organica e di scontare, al prezzo più basso possibile, rallentamenti che derivano da anni di immobilismo anche politico.
Per questi motivi è necessario ricostruire, per dare una risposta più compiuta agli onorevoli interpellanti, il quadro programmatico e gli sforzi ad esso connessi senza i quali non ha alcun senso poter fornire una risposta per noi effettivamente compiuta.
Con la delibera del CIPE del 6 marzo 2009, n. 10, il CIPE approvava la «Relazione sull'attuazione del Programma infrastrutture strategiche», individuando la variazione della dimensione strategica del Pag. 69programma tra il 2001 ed il 2008 per effetto dell'inserimento nel Programma infrastrutture strategiche di nuove opere secondo le modalità di legge e dell'aggiornamento dei costi.
Sulla base della rilevazione effettuata, il valore complessivo del programma approvato dal CIPE è pari a circa 116,8 miliardi di euro, la copertura finanziaria è pari al 57 per cento, pari a 66,9 miliardi di euro, articolata per 41,1 miliardi di euro in finanziamenti di tipo pubblico e 25,8 miliardi di euro di origine privata. Il fabbisogno residuo, alla data del marzo 2009, era quantificabile in 49,9 miliardi di euro.
Lo stato di avanzamento lavori sul «perimetro CIPE», pari a 116, 8 miliardi di euro, rappresentava la seguente situazione. Alla data di marzo 2009, il valore nazionale delle opere o dei progetti considerati in stato di attuazione è per il 13 per cento completato, per il 17 per cento in gara, per il 6,6 per cento affidato e per il 62 per cento con lavori in corso di attuazione.
Nella stessa seduta del 6 marzo 2009, il CIPE ha deliberato in materia di azioni programmatiche del Governo, assegnando 18.053 milioni di euro del FAS ai fondi nazionali per la realizzazione delle politiche economiche nazionali - tra cui quelle infrastrutturali - determinando, relativamente al Fondo infrastrutture, un'ulteriore integrazione di 5 miliardi di euro, di cui 200 milioni di euro destinati al Piano dell'edilizia carceraria e 1 miliardo di euro al Piano dell'edilizia scolastica.
In quella stessa riunione, su proposta dello stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il CIPE ha preso atto del quadro degli interventi del Programma delle infrastrutture strategiche da attivare nel periodo tra il 2009 ed il 2013, interventi scelti dando preminenza alle opere immediatamente attivabili e ripristinando le minime condizioni programmatiche per la ripresa delle attività di programmazione relativamente alle grandi opere.
Il Fondo infrastrutture, istituito ai sensi dell'articolo 6-quinquies del decreto-legge n. 112 del 2008, ed il quadro di dettaglio delle opere della manovra triennale 2009-2011 sono stati esaminati nella seduta del 26 giugno 2009, in cui il CIPE, con delibera n. 52 del 2009, ha quantificato l'importo di dotazione del Fondo infrastrutture di «origine FAS» in 7.121 milioni di euro.
A tale importo vanno aggiunti circa 2,3 miliardi di euro di fondi derivanti dalla «legge obiettivo» e ricarica dello stesso secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 112 del 2008, ulteriori finanziamenti quantificati in 460 milioni a favore di RFI Spa derivanti dal decreto interministeriale di attuazione dell'articolo 25 del decreto-legge n. 112 del 2008 ed una importante componente di finanziamenti privati, quantificati in circa 18.172 milioni di euro e riferiti essenzialmente ad opere autostradali.
In sintesi, la delibera n. 52 del 2009, che riepiloga le disponibilità a favore delle opere della manovra triennale, quantifica nel modo seguente le coperture della manovra triennale, per un totale di 30.694,2 milioni di euro, così articolati: 2.450 milioni di euro dalla legge obiettivo o riallocazione di fondi di RFI; 1.068 milioni di euro dal 15 per cento del FAS per il centro nord; 6.052 milioni di euro dal FAS per il Mezzogiorno; 18.172 da privati e 2.951 da programmare oltre il 2010.
Rispetto al fabbisogno finanziario quantificato nel perimetro CIPE con delibera n. 10 del 2009 pari a 49,9 miliardi di euro, sul valore complessivo di coperture e progetti previsti dalla manovra triennale 2009-2011, l'inserimento di nuove opere consiste in circa 600 milioni di euro, di cui oltre 400 dedicate a piccoli interventi nel Mezzogiorno immediatamente cantierabili. La rimanente copertura, pari a 30 miliardi di euro, è destinata ad opere del perimetro e, quindi, destinata ad abbattere per oltre il 60 per cento proprio quel fabbisogno di 49,9 miliardi di euro. Questa è la programmazione finanziaria strategica voluta dal titolare del Ministero, il senatore Matteoli, queste le coperture, in assenza ancora della legge finanziaria per il 2010, individuate dallo stesso Dicastero e questo è lo sforzo programmatico che complessivamente Pag. 70il Governo ha offerto al Paese in un periodo di crisi finanziaria e di stagnazione economica.
Dei circa 30 miliardi di euro a disposizione della manovra triennale, oltre 18 miliardi, cioè oltre il 50 per cento, sono risorse private e di tutta la manovra il riassetto del sistema stradale vale oltre 20 miliardi di euro; il riassetto complessivo del sistema ferroviario vale oltre 6 miliardi di euro e quello delle aree metropolitane oltre 2 miliardi di euro.
Da ultimo, va osservato che tra il 6 marzo 2009 e il 6 novembre 2009, ultima seduta in ordine temporale del CIPE, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha portato all'attenzione ed ha ottenuto l'approvazione del CIPE di lavori ferroviari per circa 11 miliardi di euro, lavori in aree metropolitane e piccoli interventi per circa 2 miliardi di euro e lavori autostradali per circa 6 miliardi di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, noi ci dichiariamo parzialmente soddisfatti per la buona volontà del Governo di spiegarci per filo e per segno quali sono le cifre. Poi bisognerà entrare nel merito, ma lo faremo in altra seduta, anche perché siamo molto dubbiosi su tutti quei fondi che dovrebbero provenire dalla parte privata.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Libè per la sintesi e la cortesia che ha fatto alla Presidenza.

(Iniziative per consentire all'INPS di procedere all'assunzione dei vincitori del concorso pubblico a 293 posti di ispettore di vigilanza bandito nel 2007 - n. 2-00532)

PRESIDENTE. L'onorevole Occhiuto ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00532, concernente iniziative per consentire all'INPS di procedere all'assunzione dei vincitori del concorso pubblico a 293 posti di ispettore di vigilanza bandito nel 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, illustro brevemente l'interpellanza che ha per oggetto, come da lei detto, il concorso bandito dall'INPS nel 2007 per 293 ispettori di vigilanza. Questo concorso si è concluso nel luglio del 2009 e 800 giovani laureati sono stati giudicati idonei dopo aver sostenuto tre prove. Poi, con il decreto-legge cosiddetto anticrisi sono state bloccate le assunzioni, in particolare con il comma 7 dell'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2009; ciò in presenza di una certificata carenza da parte dell'INPS di ispettori di vigilanza. L'INPS ha stimato che ne manchino circa mille e vorrei segnalare che la ratio del decreto-legge cosiddetto anticrisi, nella parte che bloccava le assunzioni, era di far contenere in qualche modo i costi dell'apparato pubblico. Tuttavia, gli ispettori di vigilanza non sono semplicemente un costo, ma anche una risorsa.
Infatti, nel bilancio dell'INPS le somme recuperate grazie all'attività di ispezione e di vigilanza sono circa un miliardo e mezzo all'anno (questo secondo la relazione del commissario Mastropasqua) e si occupano, come è evidente, di recuperare sacche importanti di evasione, di elusione, di contrastare il lavoro nero, di vigilare affinché vi sia la garanzia della sicurezza sul lavoro.
Vorrei infine segnalare che l'INPS ha stanziato risorse per avviare al lavoro questi giovani ed ha avviato prepensionamenti in previsione del concorso. Quindi, se non si facesse qualcosa per riparare all'errore prodotto dal legislatore con questa norma vi sarebbe un grave danno per questi giovani, ma soprattutto un grave danno per l'erario, perché verrebbe significativamente limitata la capacità dell'INPS di contrastare il lavoro nero e di recuperare l'evasione contributiva. Con l'interpellanza urgente in esame, quindi, abbiamo inteso stimolare una risposta da parte del Governo su questa vicenda, che come dicevo prima riguarda quasi 1.000 Pag. 71giovani e soprattutto riguarda la possibilità dello Stato di contrastare un problema, quello del sommerso, che vale circa il 30 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, con il documento parlamentare di cui qui si discute gli onorevoli interroganti chiedono se si intendano intraprendere eventuali iniziative per consentire all'INPS di procedere all'assunzione dei vincitori del concorso pubblico per esami a 293 posti nel profilo di ispettore di vigilanza, area funzionale C, posizione economica C1. Al riguardo, il competente dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha reso noto che con decreto del Presidente della Repubblica del 28 agosto 2009 l'istituto in parola è stato autorizzato ad assumere, per l'anno 2009, 95 unità di personale, di cui 65 ispettori di vigilanza e, con DPCM del 17 settembre 2009, attualmente alla firma del Ministro dell'economia e delle finanze, ulteriori 245 unità. Il dipartimento citato ha precisato in proposito che, nell'ambito delle 245 unità vanno ricompresi anche parte degli idonei del concorso in parola, per i quali l'istituto aveva inoltrato richiesta di autorizzazione ad assumere.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, nel confermare che il provvedimento di autorizzazione ad assumere è in fase di perfezionamento, ha comunque ribadito che l'effettiva assunzione, allo stato della normativa vigente, risulta subordinata all'attuazione dell'articolo 17, comma 3, del decreto-legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, ovvero al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa assegnati a ciascuna amministrazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Occhiuto ha facoltà di replicare.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatto perché almeno qualcosa si muove stando a quello che dice il sottosegretario, poiché vi è questa previsione, che però non riguarda il complesso degli idonei né il complesso dei vincitori, ma solo una parte di quelle 245 unità autorizzate per l'assunzione.
In ordine poi alla prevista subordinazione di questa autorizzazione al comma 3 dell'articolo 17, vorrei segnalare che qui si tratta di intervenire affinché queste unità di personale siano risorse utili a recuperare risorse, quindi in qualche modo il fatto di condizionare questo all'ottenimento di risultati dal punto di vista della gestione e sotto il profilo del contenimento dei costi mi pare assolutamente inutile.
Per il resto ringrazio il rappresentante del Governo, però mi auguro che a breve vi possa essere la possibilità di procedere all'assunzione di tutti gli idonei, come richiesto peraltro in più interrogazioni parlamentari, stimolate da questi giovani, che si sono perfino uniti in un'associazione chiamata Cofive.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Donadi n. 2-00545)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso del presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Donadi n. 2-00545, concernente misure per sostenere la produzione dello stabilimento Alcoa di Portovesme, è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la V Commissione permanente (Bilancio) ha proceduto all'elezione Pag. 72del deputato Gian Luca Galletti a vicepresidente, in sostituzione del deputato Bruno Tabacci, dimissionario dalla carica.

In morte dell'onorevole Giulio Caradonna.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Giulio Caradonna, già membro della Camera dei deputati nelle legislature III, IV, V, VI, VIII, IX, X e XI.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari l'espressione della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome di tutta l'Assemblea.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 24 novembre 2009, alle 12:

1. - Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione delle mozioni Soro ed altri n. 1-00260, Di Pietro ed altri n. 1-00230, Pezzotta ed altri n. 1-00266 e Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00275 concernenti iniziative in materia di contrasto dell'immigrazione clandestina e per assicurare il rispetto delle norme costituzionali e internazionali, con particolare riferimento alle operazioni di respingimento.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Ciocchetti ed altri n. 1-00222, Zazzera ed altri n. 1-00274 e Pescante, Grimoldi, Iannaccone ed altri n. 1-00286 concernenti iniziative a favore delle associazioni sportive che promuovono le formazioni giovanili e per la tutela dei cosiddetti vivai nazionali.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Donadi ed altri n. 1-00271, Cazzola, Commercio ed altri n. 1-00279, Pezzotta ed altri n. 1-00280 e Fluvi ed altri n. 1-00284 concernenti iniziative per il sostegno dei redditi da lavoro e da pensione.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Casini ed altri n. 1-00264, Ghiglia, Alessandri, Iannaccone ed altri n. 1-00270, Realacci ed altri n. 1-00272, Piffari ed altri n. 1-00273 e Zamparutti ed altri n. 1-00278 sui cambiamenti climatici e sulle connesse politiche pubbliche.

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Nuova disciplina del commercio interno del riso (1991-A).
- Relatore: Rosso.

La seduta termina alle 16,15.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ALESSANDRO MONTAGNOLI SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2897

ALESSANDRO MONTAGNOLI. A nome della Lega Nord Padania, intervengo per illustrare questo ordine del giorno sul decreto-legge n. 135 in particolare sull'articolo 15 che modifica la disciplina sui servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Purtroppo il voto di fiducia non ci ha consentito di migliorare questo testo per rappresentare la posizione storica della Lega su questi temi.
Lega che è da sempre l'unico movimento che difende gli enti locali: qui ricordo al di là delle tante chiacchiere e spot che anche la sinistra nel 2006 aveva tentato la medesima operazione durante il Governo Prodi ma la Lega si era opposta.
L'articolo 15 propone che entro il 2011 venga assegnato almeno il 40 per cento del capitale a soggetti privati: un affare che Pag. 73solo nel servizio idrico si aggira sui 6 miliardi di euro con 60 miliardi di investimenti nei prossimi trent'anni su cui società estere come Veolia e Suez la faranno da padrone.
In materia di servizi pubblici locali è utile qualche appunto: oggi ci sono 951 aziende con 171 mila addetti e 39,3 miliardi di fatturato: il 25,4 per cento gas, 17 per cento in acqua, il 17,1 per cento in trasporto pubblico, il 13,4 per cento in energia elettrica poi farmacie e case popolari.
La differenza delle problematiche di questi settori ha un solo denominatore: mancanza di approvazione del federalismo; solo questa è la medicina che può portare ad una maggior efficienza, trasparenza e responsabilità.
Solo Umberto Bossi l'unico leader politico lungimirante, aveva capito e solo ora con questo Governo la riforma federale che cambierà il paese vedrà la luce.
Alcuni dati per capire come è la situazione (fonte confartigianato e cittadinanza attiva): nei servizi locali le imprese del nord hanno un utile medio di 369 mila euro, quelle del sud una perdita media di 251 mila euro tra il 2003 ed il 2007.
L'utile medio delle aziende in Padania è cresciuto del 159 per cento mentre al sud la perdita media si è ampliata del 18,5 per cento nelle stesso periodo e le imprese del nord hanno ridotto il costo del lavoro del 5,8 per cento; quelle meridionali l'hanno aumentato del 14,6 per cento, pertanto è la gestione che fa la differenza.
L'assurdo poi è che la remunerazione degli amministratori è mediamente più alta nel Mezzogiorno: 73.537 nelle isole, 44.559 nel nord.
Inoltre il costo medio pro capite dei servizi vede Palermo in testa con 2.581 euro per abitante, Napoli 2.378, Milano e Venezia 2.114 e Trieste meno cara con 2.111.
In materia di servizio idrico ci sono inoltre perdite e prelievi abusivi: perdite che al sud sono del 37,4 per cento, al nord ovest del 23,4 per cento, Puglia con il 46,3 Sardegna con il 43,2, Abruzzo con il 40,9 il record è dell'acquedotto pugliese che nel 2006 ha avuto perdite del 50,3 contro la municipalizzata di Milano. Con il 10,3 vi è anche il costo più caro dei servizi che è dell'azienda con le maggiori perdite e più bassa produttività: a Vendola diciamo che invece di pensare alla ripubblicizzazione si dovrebbe dimettere per i danni arrecati ai cittadini pugliesi.
Una valutazione il Governo la deve fare per l'acqua, considerando che negli altri paesi europei si sta ripensando il modello di privatizzazione: città francesi hanno deciso di ripubblicizzare il servizio, mentre l'Olanda e la Svizzera hanno una legge che vieta la privatizzazione del servizio.
Ma anche in altri settori invito il Governo a riflettere considerato che per lo smaltimento dei rifiuti in Sicilia la spazzatura costa il 32 per cento più che in Lombardia, che a Trento il 56.1 per cento fa la raccolta differenziata, in Lombardia il 44 per cento, in Sicilia il 6,1 per cento e che la soddisfazione dei cittadini al nord è del 60 per cento.
A Brescia si bruciano i rifiuti e si produce energia e calore pagando 112 euro mentre a Roma i rifiuti vanno in discarica ed i cittadini pagano 276 euro.
Per non parlare del dramma attuale di Palermo, dove dopo un buco di 120 milioni di euro la procura ha chiesto il fallimento.
Oltre a ciò occorre una riflessione sul trasporto pubblico locale che questo decreto lascia inalterato nelle regioni a statuto speciale: no a differenze tra enti e cittadini.
Tenuto conto che il comma 4-bis modificato al Senato affida a regolamenti l'individuazione di soglie minime al di sotto delle quali non diventa necessario il parere dell'Antitrust ai fini dell'affidamento dei servizi pubblici locali a società con i requisiti per l'house; tenuto conto che il comma 1-ter ha ribadito il principio fondamentale sulle risorse idriche riteniamo che possano essere assunte alcune condizioni per l'efficienza di gestione e l'economicità del servizio rendendo la gestione in house non dispersiva della concorrenza.
Pag. 74Le soluzioni possono essere ad esempio la chiusura di bilanci in utile ed il reinvestimento di almeno 1'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento, l'applicazione della tariffa media inferiore alle medie di settore, oppure il raggiungimento di costi operativi medi annui con un incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto delle medie di settore.
Pertanto chiediamo con forza al Governo di valorizzare specifiche condizioni di efficienza che, soprattutto nel settore idrico, ma non solo, rendono la gestione in house non distorsiva della concorrenza e dunque comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto ad un'altra forma di gestione dei servizi pubblici locali.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2897 - voto finale 565 565 283 302 263 25 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.