XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 266 di martedì 15 gennaio 2008

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 14,10.

GIUSEPPE MARIA REINA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, gli onorevoli Bonelli, Brugger, Bruno, Castagnetti, Colucci, Cordoni, Del Mese, Evangelisti, Fabris, Galati, La Malfa, Letta, Lion, Lucà, Lusetti, Mattarella, Mazzocchi, Meta, Migliore, Mura, Mussi, Oliva, Palumbo, Pinotti, Piscitello, Scajola, Spini, Stucchi, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Su un lutto del deputato Cinzia Maria Fontana.

PRESIDENTE. Comunico che l'onorevole Cinzia Maria Fontana è stata colpita da un grave lutto: la perdita del padre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire alla collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00261, La Russa ed altri n. 1-00265 e Cirino Pomicino ed altri n. 1-00266 sulla vicenda della cessione della compagnia aerea Alitalia (ore 14,13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00261 (Nuova formulazione), La Russa ed altri n. 1-00265 e Cirino Pomicino ed altri n. 1-00266 sulla vicenda della cessione della compagnia aerea Alitalia (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 9 gennaio 2008.
Avverto che in data odierna sono state altresì presentate le mozioni Elio Vito ed altri n. 1-00267 e Barbi ed altri n. 1-00268, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno discusse congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Gibelli, che illustrerà anche la mozione Maroni ed altri n. 1-00261 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

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ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, la Lega Nord ha il merito politico di aver riportato nelle aule parlamentari una questione fondamentale per il Paese, una questione spinosa e che non fa onore a un Governo che, ancora una volta, dimostra di essere semplicemente un liquidatore dei beni dello Stato.
La vicenda di Alitalia può essere inquadrabile solo nella logica portata nel Governo da Romano Prodi, che sostanzialmente si inserisce in quel solco che vede la parte migliore - dovuta agli investimenti compiuti da tanti contribuenti - delle aziende pubbliche, in passato come oggi, svenduta da chi regala patrimonio pubblico strategico e oggi pensa di trovare un salvatore della patria.
Quindi, la definizione di liquidatore di Stato oggi deve rimanere agli atti del Parlamento, perché si scrive una tristissima pagina di tutti gli sforzi che fino ad ora sono stati compiuti.
Non ci appassionano, a noi del Nord in particolare, le vicende di Alitalia come compagnia aerea, che non ci ha mai rappresentato se non negli apporti di milioni di contribuenti padani che, con le loro tasse, hanno pagato un'azienda tecnicamente fallita da anni, che ha avuto una logica «romanocentrica» in passato e che è sempre stata vista come un modo per sistemare gente, personale e persone che, in maniera assolutamente improduttiva, non hanno contribuito allo sviluppo di questo Paese. Su ventunomila dipendenti, diciottomila abitano nel Lazio: questa è una vera vergogna, dal momento che qualcuno ancora la chiama un'azienda italiana.
Oggi siamo di fronte ad una decisione suicida, da parte di un Governo che compie una scelta politica ben precisa: decide di mortificare la parte sana e produttiva del Paese, che gravita attorno all'aeroporto di Malpensa, per tentare di salvare quella parte marcia e improduttiva che gravita attorno a Fiumicino. Questo, Ministro, lei dovrebbe ben segnarselo, perché rappresenta una pagina tristissima del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Ancora una volta, si nutre la speranza che arrivi qualcuno al di là delle Alpi a salvare il salvabile, che vi sia qualcuno che venga qui a salvare ancora un pezzo di economia «drogata» da finanziamenti pubblici, come si diceva; oggi, invece, i fatti dimostreranno che Malpensa e la sua sana economia, nei prossimi anni, sopravviveranno a questa sberla!
L'economia del Lazio, al contrario, drogata da un'Alitalia assistita dallo Stato, soccomberà, perché non c'è nessuna economia, in un'Europa che si dice tale, dove si possa pretendere di avere delle isole assolutamente protette come quelle che voi, in questo caso, tentate di salvaguardare.
Chiediamo semplicemente, nel dibattito, in maniera molto serena, che il Governo prenda posizione sui punti che abbiamo elencato che sono strutturati in maniera tale da togliere dall'imbarazzo il Ministro nel fornire le risposte complessive.
Chiediamo sostanzialmente molte cose, ma una in maniera particolare: visto che si decide politicamente di definire e di cancellare, con un colpo di penna, un hub, chiediamo che questo processo sia graduale. Chiediamo al Governo di prendere un impegno, con un sussulto di dignità, affinché introduca la possibilità di una moratoria che consenta un passaggio graduale di rotte da Milano a Roma in maniera tale che il sistema economico e gli asset industriali che gravitano intorno a Malpensa siano nelle condizioni di poter assorbire un colpo così pesante.
Tutto ciò non vuol dire, signor Ministro, accontentarsi, ma si tratta di un atteggiamento assolutamente pragmatico. Vogliamo e speriamo che ci sia da parte vostra la volontà di garantire condizioni che permettano a una sana economia di proseguire un proprio percorso anche senza di voi e senza le vostre scellerate scelte politiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Airaghi, che illustrerà anche la mozione La Russa ed altri n. 1-00265, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

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MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il salvataggio della compagnia Alitalia costituisce sicuramente un progetto di importante interesse nazionale. Si tratta di un progetto su cui è assolutamente doveroso che il nostro Parlamento abbia la possibilità di esprimere il proprio orientamento.
Signor Ministro, lo scopo della vendita della quota di proprietà dello Stato non può ovviamente, essere solamente quello, come sempre avviene da parte del vostro Governo, di fare cassa. La vendita deve essere orientata a restituire una concreta competitività alla nostra compagnia di bandiera che rappresenta un asset che nessuno dei grandi Paesi europei ha inteso cedere e che riteniamo costituisca un motore fondamentale dell'industria e un traino del turismo e dell'economia nazionale.
L'obiettivo riguardo il futuro della compagnia di bandiera deve essere, ovviamente, quello di individuare il partner industriale in grado di garantirne non solamente il risanamento ma uno sviluppo e una crescita.
Mentre Air One, nella propria offerta, ha presentato linee guida strategiche, ci sembra che vi sia assolutamente poca chiarezza nell'offerta di Air France-Klm e tutto ciò, a maggior ragione, viene avvalorato dal fatto che, nei giorni scorsi, l'amministratore delegato di Air France, Spinetta, ha riferito di ignorare quasi del tutto interi capitoli della tragica vicenda di Alitalia.
In particolare, pretendiamo che il Parlamento sia informato dettagliatamente circa le azioni che saranno intraprese per garantire il risanamento della compagnia Alitalia e gli investimenti previsti almeno nell'arco dei cinque anni e, possibilmente, nel medio e lungo termine.
Vogliamo conoscere la strategia di rilancio, le caratteristiche di network delle due proposte e che sviluppo o contenimento sia previsto per il network domestico, internazionale o intercontinentale.
È importante conoscere quale sia l'orientamento e l'implicazione di questo piano per lo scalo di Malpensa in termini di taglio di destinazioni, di rotte e di ridimensionamento del personale.
Vogliamo conoscere, infine, quali siano le destinazioni e le rotte che si vogliono caricare ulteriormente sullo scalo di Fiumicino e quali mantengano lo stesso scalo.
Vogliamo conoscere in che modo ciascuna delle due proposte intenda tutelare le attività di terra di AZ Servizi a cui fa capo circa il 50 per cento della forza lavoro di Alitalia.
L'impegno che noi chiediamo, quindi, al Governo è di riferire immediatamente in ordine a tutti questi interrogativi, soprattutto alla luce del fatto che la paventata e folle scelta di rinunciare allo sviluppo dello scalo milanese di Malpensa comporterebbe un danno al sistema economico nazionale, non solo del nord d'Italia, calcolato in non meno di 15 miliardi di euro l'anno, dal momento che nell'area di pertinenza dell'hub di Malpensa si registra il più alto tasso di crescita di domanda della mobilità aerea, e che proprio nello stesso scalo si è consolidata, per oltre il 60 per cento, la domanda di mobilità aeroportuale intercontinentale.
In fin dei conti che cosa succederà con questa cessione ad Air France? L'Italia rimarrà priva della compagnia di bandiera e, parallelamente, Malpensa perderà il suo vettore di riferimento.
Posso capire la scelta che fa il nostro Governo, che è felice di liberarsi di Alitalia, perché ritiene che, cedendo Alitalia, ci si liberi finalmente di questo carrozzone vecchio e insostenibile, che è stato gonfiato oltre misura da una sindacalizzazione esasperata e da anni di incredibili privilegi consociativi. Questo carrozzone pesa sulle tasche dei contribuenti italiani per circa un milione di euro al giorno; pertanto, come parlamentare del nord, e quindi dei maggiori contribuenti, dovrei in qualche modo non essere preoccupato da questa rinuncia ad avere l'asset della compagnia di bandiera. Tuttavia, il problema che comunque mi preoccupa - e ci preoccupa - riguarda una scelta che danneggia non solo il nord - lo ripeto - ma tutta l'Italia. Infatti, la politica economica ci insegna che sono lePag. 4imprese a spostarsi sui mercati e non viceversa, come vorrebbe dirigisticamente imporre questo attuale, disastroso Governo.
Da questo punto di vista, voglio ricordare, ancora una volta, che Malpensa possiede un'attrattiva formidabile, quella di essere al centro di una delle aree produttive più ricche e dinamiche dell'intero pianeta, a pochi chilometri dal maggior ente fieristico d'Europa, e, se tutto andrà bene - se questo Governo non farà cadere ulteriormente la credibilità nazionale - dalla città che potrà ospitare l'Expo del 2015.
L'area geografica di riferimento dell'aeroporto di Malpensa produce il 31 per cento del prodotto interno lordo nazionale; vi è attivo il 24 per cento delle imprese italiane e genera il 47 per cento dell'import e il 41 per cento dell'export della nostra nazione.
Fare una scelta che non tenga conto di questi dati, oggettivamente forti, è assolutamente folle, e di tale scelta noi vogliamo conoscere ogni ragione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani, che illustrerà anche la mozione Cirino Pomicino n. 1-00266, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, a nome del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, diciamo in sintesi che Air France è una scelta obbligata. È quanto dichiarato in un articolo, scritto dal primo firmatario della mozione che illustro - l'onorevole Cirino Pomicino -, apparso su il Giornale, nel quale è stato ben spiegato perché si tratta di una scelta obbligata, e che comunque non si tratta di una vendita, bensì di qualcosa di molto più importante, anche se tardiva.
Comunque, il caso Alitalia può essere esaminato sotto luci differenti. Da un lato, le vicende della compagnia di bandiera assomigliano a quelle di tanti vettori aerei, gloriosi negli anni Cinquanta e Sessanta, ma che non hanno compreso le trasformazioni in atto del mercato internazionale sin dagli anni Settanta. Si può ricordare la Pan Am, la TWA e la Swissair. Da un altro lato, l'Alitalia story rammenta le vicende dei mastodonti delle società a partecipazione statale, ed è al tempo stesso erede di complicati compromessi partitocratici e oggetto di privilegi da favola.
Da un altro lato ancora, gli sviluppi da azienda vanto a impresa di cui si parla con imbarazzo sono un esempio, tra i più eloquenti, di una politica industriale con la «P» maiuscola che non c'è e che molto verosimilmente non c'è mai stata, nonostante l'aggrovigliarsi di normative spesso contraddittorie su incentivi, ristrutturazioni e promozioni.
A questo quadro di insieme dobbiamo aggiungere un Governo - quello Prodi - che in un anno non ha saputo fare nient'altro che ridicolizzare la compagnia di bandiera italiana sui mercati. Finalmente - dico finalmente - a proposito della vicenda Alitalia non c'è alcun dubbio che sia arrivata l'offerta migliore, quella di cui parlavo in premessa, ossia quella di Air France-Klm. Quest'ultima è la prima compagnia aerea al mondo per ricavi e per trasporto merci ed è la prima in Europa per quote di mercato.
Ci troviamo davanti ad un colosso internazionale che sul piano industriale e su quello finanziario dà garanzie di assoluta qualità, ma si tratta pur sempre della vendita della nostra compagnia di bandiera, e mantenere in vita, non solo il marchio, ma anche una presenza italiana nella compagine azionaria diventa essenziale.
L'italianità, infatti, nel processo di privatizzazione delle aziende pubbliche sembra sia tornata ad essere veramente un valore. La proposta francese, infatti, si basa su un'offerta pubblica di scambio, non di vendita; è un OPS, cioè «carta contro carta», per cui il 49 per cento di azioni Alitalia nelle mani del Ministero dell'economia e delle finanze si trasformerebbero nel 3 per cento delle azioni della holding Air France-Klm. Se si tiene conto del fatto che l'azionista di riferimento di Air France è lo Stato francese con il 17 per cento, in presenza di un flottante del 70 per cento, lo Stato italiano,Pag. 5con il 3 per cento, sarebbe il secondo azionista. In una vera e propria trattativa tra Governi - che si sarebbe dovuta fare fin dall'inizio - questa quota ovviamente potrà aumentare, sia ritoccando il valore delle azioni Alitalia, sia garantendo al Ministero dell'economia e delle finanze una maggior quota dell'aumento di capitale di 750 milioni di euro. Al termine della giostra, quindi, quel 3 per cento potrebbe diventare il 5, il 7 o l'8 per cento, ed a questo punto ci troveremmo non più dinanzi ad una vendita a uno straniero, ma ad un processo di internazionalizzazione attiva della nostra compagnia di bandiera nella quale la presenza italiana verrebbe garantita, nella qualità di secondo azionista, dal Ministero dell'economia e delle finanze e da una grande Banca italiana. È questo il percorso virtuoso per un grande Paese nella stagione della globalizzazione.
Non ci sfugge che esiste anche la questione Malpensa: riteniamo che il mercato abbia pur sempre una sua forza e una sua legittimità. Se l'accordo tra Air France-Klm ed Alitalia lascia insoddisfatta una parte della domanda lombarda e nordista relativa ai collegamenti internazionali e intercontinentali non c'è dubbio che altre compagnie acquisterebbero subito quegli slot lasciati liberi da Alitalia a cominciare dalla stessa Air One che potrebbe così crescere ancora di più e dalla Lufthansa, per non parlare delle compagnie orientali che guardano con grande interesse ai nostri mercati.
Insomma, una cosa è assicurare un destino utile alla nostra compagnia di bandiera, altra cosa è impegnarsi a garantire a Malpensa quel ruolo per cui è stata costruita.
Questa seconda esigenza la può soddisfare pienamente il mercato tanto più che se dovesse prevalere l'altra offerta - quella di Air One - a soffrire in maniera ancora più grave sarebbe Linate perché l'Autorità antitrust non potrebbe consentire alla nuova società una posizione dominante: circa l'80 per cento della tratta Roma-Milano.
Quindi, per concludere, se la domanda intercontinentale può essere appetibile per le grandi compagnie internazionali, le tratte domestiche avrebbero senz'altro minore appeal con tutte le inevitabili conseguenze.
Come si può constatare la strada dell'accordo con Air France è una scelta obbligata a condizione, però, che il Governo sappia condurre con Sarkozy una trattativa alta, rapida ed intelligente. Verrebbe spontaneo dire: come ha fatto lo stesso Sarkozy con l'italiana che ha sposato con le nuove nozze! Lui l'ha saputo fare!
Per concludere, signor Ministro, riteniamo che, così facendo e con tale scelta obbligata, il Governo e il Presidente Prodi potrebbero riscattarsi, considerato che, quando era presidente dell'IRI, lo stesso Prodi ha condotto politiche di cessione disastrose, come quella con la quale regalò l'Alfa Romeo alla FIAT anziché cederla alla Ford. Tale scelta deleteria sclerotizzò il mercato dell'auto togliendo alla FIAT il pungolo della concorrenza.
In base a tali riflessioni riteniamo che il Governo, ancorché tardivamente, debba obbligatoriamente e velocemente fare in modo che si realizzi la OPS con Air France-Klm nell'interesse della nostra compagnia di bandiera, che rimarrebbe nostra. Ovviamente, per i dipendenti occorre mettere in campo tutti gli ammortizzatori sociali per cercare di rispondere al problema degli esuberi che inevitabilmente si determineranno; infatti, tali esuberi non potranno sicuramente «pagare» per errori compiuti in passato.
Per tali ragioni riteniamo giusto l'accordo con Air France che rappresenta una scelta obbligata, come sostenevo all'inizio del mio intervento. Bene si è espresso Geronimo in un'intervista al quotidiano il Giornale evidenziando le motivazioni che sono del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Nuovo PSI (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lupi, che illustrerà anche laPag. 6mozione Elio Vito ed altri n. 1-00267, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, signor Ministro, nell'illustrare la mozione che ha come primo firmatario il collega e capogruppo Elio Vito - nonché, come cofirmatari, i colleghi Mariastella Gelmini, Paolo Romani e altri -, mi permetto di svolgere alcune premesse fondamentali. Infatti, bisogna capire e capirsi in ordine al tema che da mesi stiamo affrontando e discutendo.
Innanzitutto, riteniamo fondamentale e strategico per il sistema Italia e per il nostro Paese il settore di cui discutiamo, cioè quello del trasporto aereo. Tutti noi, dibattendone e compiendo scelte in tal senso, abbiamo certamente ritenuto per anni Alitalia un bene per il Paese poiché rappresenta una funzione strategica, nonostante i limiti e le modalità gravissime con cui tale compagnia aerea è stata gestita. Infine, aggiungo come ulteriore premessa che non abbiamo mai voluto né pensato, nella discussione di tale argomento, di immaginare un Paese diviso in due, contrapponendo nord e sud oppure i vari scali del Paese, ad esempio Fiumicino contro Malpensa. Abbiamo e siamo sempre partiti da una constatazione: il nostro Paese ha delle risorse fondamentali e tutti noi dobbiamo avere a cuore il suo sviluppo economico e industriale. In tal senso, sebbene con funzioni diverse, Malpensa e Fiumicino negli ultimi anni hanno avuto uno sviluppo; non è un caso che gli ultimi dati danno addirittura, per l'aeroporto di Malpensa, un totale di 24 milioni di passeggeri, che rappresenta un incremento record, il 9 per cento in più rispetto all'anno precedente. Peraltro, le tipologie di passeggeri, tra l'aeroporto di Malpensa e quello di Fiumicino, sono completamente diverse.
Intendo svolgere un'altra premessa con tutta la chiarezza che deve contraddistinguere i nostri rapporti, caro Ministro. In tale contesto abbiamo percepito la scelta compiuta dal Governo, dal Presidente Prodi e da lei come oggettivamente poco trasparente e, mi permetta di dirlo, anche arrogante. Vorrei in questa sede ricordare, perché tutti noi abbiamo partecipato alle riunioni delle Commissioni competenti e l'abbiamo ascoltata anche più volte durante le audizioni in Commissione, la storia di tale scelta. Più volte, in ordine alla privatizzazione di Alitalia, lei e il Presidente del Consiglio avevate parlato di un grande modello di privatizzazione: si sarebbe seguito il migliore e più invidiato modello di privatizzazione.
Abbiamo assistito ad una gara, della quale ci avete riferito, che ha finito per rassomigliare al racconto dei dieci piccoli indiani i quali prima erano dieci e poi, uno dopo l'altro, diventavano sempre meno.
Se ricorda bene, in Commissione, circa nove mesi fa e con molta chiarezza, avevamo chiesto a lei e al Presidente del Consiglio se fosse intenzione del Governo vendere Alitalia ad Air France ovvero trovare sul mercato il miglior acquirente o partner industriale in grado di garantire gli obiettivi da noi tutti condivisi di una scelta strategica. Più volte ci era stato detto che non era intenzione del Governo andare verso Air France; guarda caso - e al riguardo, si evidenzia la poca trasparenza degli atti -, signor Ministro, Air France non ha mai partecipato né ha mai dato dimostrazione di interesse nei confronti di nessun atto procedurale che questo Governo ha posto in essere.
Dunque, i casi sono due: o Air France non era mai stata interessata all'acquisto di Alitalia e quindi non era assolutamente coinvolta in questo processo, oppure forse sapeva che quel processo di privatizzazione trasparente di cui vi eravate vantati sarebbe fallito e che, alla fine, come si era previsto nove mesi fa, la vendita di Alitalia sarebbe andata ad Air France.
Siccome la realtà è la realtà, o si contestano i fatti, oppure c'è qualcosa che non torna. Non torna neanche, la coerenza, con le dichiarazioni che lo stesso Ministro dell'economia e il Presidente del Consiglio avevano reso alcuni giorni prima della presentazione delle offerte, affermando che il Governo si sarebbe preso tutto il tempo per valutare le offertePag. 7pervenute in un rapporto trasparente con il Parlamento nella valutazione non solo delle offerte economiche - non sono parole mie, ma espressioni agli atti delle audizioni presso le Commissioni competenti - ma anche e anzitutto dei piani industriali presentati.
Questa è la premessa forte da cui partire ed è il motivo per cui oggi siamo in questa sede a discutere delle mozioni presentate. Certamente su una questione di tale fondamentale importanza ed interesse qualcosa di poco trasparente è avvenuto. Ancora oggi, qualcuno conosce poco le proposte ed i contenuti del piano industriale di Air France. Solo alla fine di dicembre, prima di Natale, si dichiarava che la proposta di Air France avrebbe portato una riduzione di qualche decina di voli da Malpensa. Il piano Alitalia presentato dal presidente e amministratore delegato Prato prevedeva, per l'appunto, una dismissione di alcuni voli da parte dell'aeroporto di Malpensa e oggi scopriamo addirittura che vi sarà una riduzione drastica e totale dei voli da Malpensa.
Data la premessa - da noi tutti (maggioranza e opposizione) sempre condivisa - che quell'aeroporto rappresentava un punto fondamentale per il nostro sistema-Paese, qual è allora il motivo di questa drastica scelta di riduzione contenuta nel piano? Per sistemare i conti di qualcuno o perché il progetto è valutare non la strategicità delle scelte da prendere né cosa sia meglio per lo sviluppo industriale del Paese, ma forse quanto è meglio per qualcun altro?
È evidente che con una simile scelta si penalizza Malpensa e lo si fa non per ridurre un aeroporto, ma per ridurre la compagnia di bandiera, l'Alitalia, ad una compagnia regionale. È evidente che Malpensa può essere un concorrente per Parigi e che essa, in termini di complessivo trasporto aereo, può assumere una funzione importante.
Signor Presidente, signor Ministro, cosa anzitutto chiediamo con la mozione da noi presentata? In primo luogo - ci auguriamo che ciò emerga nel dibattito e negli atti successivi -, che si comunichi alla Camera dei deputati, con la massima trasparenza, qual è il contenuto della proposta presentata da Air France, ma non con riferimento a quella in divenire, alla trattativa privata, a due, che adesso state facendo, bensì specificando quali furono e quali sono le differenze sostanziali presentate da Air France nella proposta iniziale rispetto all'altro concorrente.
Quindi, in primo luogo chiediamo con forza di sapere quali siano i criteri di natura industriale che hanno determinato le scelte di avviare una trattativa con la sola compagnia francese. Credo che questo sia un atto dovuto e doveroso, proprio per evitare quelle percezioni di poca trasparenza, di atto arrogante, derivanti anche - mi permetta: a pensar male si fa peccato, ma... - dal fatto che per mesi noi avevamo detto (e molti giornali avevano ripetuto) che l'interesse di questo Governo era vendere la compagnia di bandiera ad Air France e alla fine puntualmente si è deciso di vendere la compagnia di bandiera ad Air France.
Il secondo punto trattato dalla mozione è finalizzato ad ottenere che il Governo comunichi sempre ed immediatamente alla Camera dei deputati (per la trasparenza che è dovuta nei riguardi di quest'organo, essendo Alitalia non una proprietà del Presidente Prodi o del ministro Padoa Schioppa, ma un bene del Paese) quale tipo di società verrà costituita e chiarisca che tipo di rappresentanza sarà individuata in seno a tale società.
In terzo luogo, chiediamo di sapere chi conduce la trattativa, se la sta conducendo il presidente di Alitalia o direttamente il Governo. Se si tratta di un interesse strategico del Paese, è evidente che la trattativa deve essere condotta direttamente dal Governo e dal Ministro con la piena responsabilità degli atti conseguenti che ne deriveranno. Il gioco delle due parti non funziona, così come non funziona il gioco dello scaricabarile tra una società quotata in borsa, un amministratore che deve rispondere agli azionisti e un Governo che fornisce degli indirizzi, si tira indietro ePag. 8poi interviene scegliendo. Ci sia un'assunzione diretta di responsabilità da parte del Governo.
Vi è un ulteriore elemento, che è fondamentale perché altrimenti non si comprende cosa sta accadendo. Si è aperta una trattativa privata direttamente tra Alitalia e Air France; sussisteva un piano industriale proposto da Alitalia, che prevedeva la dismissione di alcuni voli da parte della compagnia di bandiera e il presidente ed amministratore delegato, in sede di Commissione, aveva dichiarato chiaramente che questo piano di dismissione era legato non ad un piano industriale di sviluppo, ma ad un problema di sopravvivenza della compagnia di bandiera. Vi era cioè la possibilità, dal punto di vista del bilancio, di permettere che la compagnia di bandiera non andasse verso il fallimento. Questa è stata la dichiarazione del presidente e amministratore delegato di Alitalia, Prato. Oggi le condizioni sono diverse, nel senso che siamo in una fase di acquisizione di Alitalia da parte di un nuovo soggetto industriale.
A questo punto, le richieste che derivavano da quel territorio, dal nord, da Malpensa possono tornare ad essere prese in considerazione, non tanto per accontentare un segmento del Paese, quanto per rispondere all'esigenza vera, industriale e imprenditoriale, di risorsa economica che un pezzo di questo Paese avverte. La dismissione dello scalo di Malpensa - lo sa bene il Ministro Padoa Schioppa - rappresenta una perdita dell'1 per cento del PIL del Paese. Ciò può non interessare al Presidente Prodi o al ministro Padoa Schioppa, ma deve invece interessare tutti noi.
Quindi, al di là dello scontro tra maggioranza e opposizione, la nostra richiesta è volta a sapere se questo Governo - signor Ministro, visto che lei ha questa responsabilità, mi perdoni, ma richiamo la sua attenzione sulla circostanza che stiamo discutendo la mozione presentata dal più importante gruppo dell'opposizione alla Camera dei deputati - nella trattativa che si aprirà avrà il coraggio di verificare prima la funzione strategica di Malpensa e non il problema degli ammortizzatori sociali, che oggi si concedono a chiunque. Mi riferisco, nel secondo caso, all'ipotesi secondo la quale, per quanto riguarda Malpensa e la SEA, si dovranno mettere in cassa integrazione i dipendenti in esubero; questa rappresenta una scelta bassa, minima, che non riguarda l'interesse del Paese. In secondo luogo, in ogni caso, laddove la scelta del partner da voi individuato e di cui vi assumete la responsabilità fosse confermata, si renderebbe necessaria una moratoria (ormai è un termine che si usa per qualsiasi argomento) per chiedere che la dismissione di Malpensa, la dismissione di quello scalo da parte di Alitalia e del nuovo soggetto comprato da Air France, possa essere graduale, non partendo dal primo aprile. Tutto ciò non sarebbe un contentino - poi vedremo gli altri punti della nostra mozione - ma avrebbe la finalità di permettere, come qualsiasi sistema industriale o impresa richiede, la possibilità di aprirsi nuovamente al mercato, di riconvertirsi e di giocare in ogni caso le proprie carte industriali.
Non è concepibile per nessuna azienda l'ipotesi che da un giorno all'altro si possa chiudere e che nello stesso tempo si sostenga di volerla valorizzare. Sebbene da noi non condivisa, era però comprensibile la posizione di Prato che dichiarava di dover portare i libri in tribunale e di poter fare unicamente in modo da risparmiare immediatamente 100 o 200 milioni di euro. È invece incomprensibile e ingiustificabile che nella trattativa tra Alitalia e Air France da parte di questo Governo non si prenda in considerazione seriamente una dismissione graduale o una moratoria per un periodo di tempo serio tale da permettere, qualora fosse questa la scelta (che noi non auspichiamo), allo scalo di Malpensa di ripensare industrialmente le strategie di alleanze e di avere opportunità nuove.
Vi è un ulteriore punto che noi chiediamo a questo Governo e anche a questa maggioranza attraverso la presente mozione. Abbiamo sentito per un anno e mezzo, o meglio per due anni, il MinistroPag. 9Bersani e molti altri Ministri di questo Governo parlare di liberalizzazione e di libero mercato. Tutti sappiamo, almeno chi conosce il sistema del trasporto aereo, che in questo settore non c'è un libero mercato. Recentemente abbiamo assistito alla vendita dei diritti di volo da parte di Alitalia sul mercato con un ricavo di circa 95-98 milioni di euro. Ebbene, la questione che noi sosteniamo, qualora si dovesse proseguire su questa strada, è che si debba dare la possibilità a Malpensa e a quel segmento di Paese di ripensare il proprio futuro: noi chiediamo che, a proposito di libero mercato, gli slot che non saranno più utilizzati da Alitalia possano essere messi da subito a disposizione delle compagnie aeree che volessero servirsene per realizzare nuovi progetti.
Vi è un secondo elemento fondamentale: noi chiediamo allo Stato di confermare gli investimenti infrastrutturali intrapresi per consentire a questa parte strategica delle infrastrutture del Paese di continuare a giocare la propria partita, sempre riguardo al libero mercato. Altrimenti, ciò vorrebbe dire che noi stiamo facendo un regalo ad Air France, è evidente a tutti: penalizziamo Malpensa, facciamo perdere un punto percentuale di PIL al Paese, trasformiamo Alitalia in una compagnia regionale. Parigi, Amsterdam, Fiumicino: è ovvio che tutto il mercato del nord, in particolar modo per quanto riguarda il settore del business, quello che conta, secondo la strategia di Air France deve essere convogliato su Parigi. Tanto ciò è vero che ci sembra di aver letto indiscrezioni che prevedono da Malpensa solo voli europei, facendo passare tutto il volo di affari, quello redditizio, da Parigi perché possa poi dirigersi verso i diversi scali. In tal modo, paradossalmente, un imprenditore lombardo, veneto o quant'altro, se deve raggiungere Shangai o la Cina deve prima passare per Parigi per poi recarsi verso l'Oriente. Tanto per parlare di razionalizzazione e di possibilità di incentivazione dello sviluppo industriale del Paese!
Noi vi chiediamo di rivedere gli accordi bilaterali internazionali per il traffico aereo, al fine di favorire la «libertà di volo» dei cittadini, se veramente crediamo a questa espressione, e di promuovere una sostanziale liberalizzazione del mercato, intervenendo presso le competenti istituzioni europee e modificando le normative nazionali, relative ai diritti di traffico e alla assegnazione degli slot, in senso più liberistico e nella direzione del mercato.
Infine, e concludo, la nostra mozione contiene, Ministro, una menzione non solo «polemica», nel senso politico del termine, ma anche una richiesta dura di chiarimento delle procedure che si sono seguite. Perché non può rimanere questo dubbio, lo ripeto, non si possono lasciare questo dubbio e questa ombra rispetto alle procedure usate per la scelta del partner. Credo che ciò sia interesse anzitutto vostro, di questa maggioranza e di questo Governo. Chiediamo che si chiarisca, nel piano industriale prospettato dai possibili partner, le eventuali necessità di ridimensionamento del personale e che si prevedano - in tal caso, sì: a conclusione del percorso, e non come unica e semplice richiesta - gli eventuali ammortizzatori sociali, tenendo conto della preoccupazione per il tema dell'occupazione all'interno di quel territorio.
Infine, vi è un ultimo criterio, inserito proprio perché ci sembra che in questo momento la scelta di Air France da parte di questo Governo sia decisa e si vada in un'unica direzione.
Noi crediamo che, se è vero quanto dichiarato dal Ministro Padoa Schioppa, e cioè che si è aperta una fase di verifica della proposta avanzata da Air France (verifica che credo sia seria), potrebbero emergere per Air France dati che non conosceva (penso a valutazioni che non erano state fatte, a buchi maggiori di quelli presenti nei bilanci dell'azienda). State facendo una due diligence, e immagino che stiate lavorando per comprendere a fondo il progetto presentato.
Dunque, si chiede di riconsiderare la decisione assunta in assenza di criteri di scelta in merito all'individuazione della società Air France-Klm quale partner unico con cui proseguire la fase di trattativaPag. 10e di consentire, in ogni caso, anche ad Ap holding, proprio per la procedura anomala che è stata seguita, di presentare eventualmente una propria proposta vincolante, da tenere in considerazione qualora, come credo, la trattativa con Air France potesse avere problemi legati all'accesso di Air France alla visione complessiva e completa dei dati a disposizione del mercato.
Non vorremmo, in sintesi, che questa scelta, che porta a una trattativa privata, fosse vincolante sempre e comunque, in ogni caso: abbiamo deciso di dargliela a qualsiasi condizione e a qualsiasi costo. Crediamo sia utile, anche per il Governo, avere comunque un secondo partner interessato, una proposta vincolante con cui il Governo stesso, prima di scegliere Air France, possa sempre effettuare un confronto e il Parlamento possa essere sempre messo nelle condizioni di essere certo che si faccia una scelta nell'interesse del Paese, e non nell'interesse di qualcuno o, per esempio, di Air France (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00268. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, la mozione che illustro è sottoscritta da esponenti del Partito Democratico-L'Ulivo, di Rifondazione Comunista, della Sinistra Democratica, della Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e della componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto.
Consentitemi una premessa: è la terza volta, in poco più di un anno, che affrontiamo in quest'Aula le vicende che riguardano il trasporto aereo nel nostro Paese, a partire dalla situazione drammatica di Alitalia. Da un lato, è il segno che il Parlamento dedica davvero l'attenzione dovuta ad una grande questione nazionale; dall'altro, è anche il segno delle difficoltà che incontriamo, e non da oggi o da un solo anno, sia nell'individuare le risposte da dare ad una crisi evidente sia nel prendere le decisioni necessarie.
Si tratta di decisioni complesse che devono permetterci - questo è il senso della nostra mozione - di perseguire insieme tre obiettivi distinti, ma tra loro collegati: cedere la quota di riferimento di Alitalia, assicurando una prospettiva di sviluppo alla compagnia; fare fronte agli eventuali squilibri su Malpensa e porre mano al riordino del sistema aeroportuale milanese; procedere ad un riordino organico e complessivo del sistema del trasporto aereo nazionale.
È vero che le decisioni da prendere sono difficili, ma sono necessarie. Lo dicevamo in questa sede già a settembre: gran parte dei problemi che abbiamo, gran parte dei problemi di Alitalia e del trasporto aereo sono stati generati da indecisioni ovvero da decisioni sbagliate e mai corrette e dalla preferenza, che abbiamo avuto troppo a lungo, per le illusioni.
In effetti, in certi casi, è più comodo cullarsi nelle illusioni piuttosto che fare i conti con i dati della realtà. Era un'illusione pensare che Alitalia potesse rimanere un vettore globale, capace di operare sul sempre più competitivo mercato internazionale senza profondi cambiamenti aziendali e societari; era un'illusione pensare che Alitalia potesse essere il vettore di riferimento per i collegamenti intercontinentali sia di Fiumicino sia di Malpensa.
Si tratta di due grandi aeroporti, entrambi necessari per l'Italia, ma troppo grandi perché Alitalia potesse farsi carico del peso e delle ambizioni di entrambi, tanto più nella situazione reale del trasporto aereo italiano, che non metteva certamente Alitalia nelle condizioni migliori (pensiamo soltanto al rapporto Malpensa-Linate, su cui ritornerò) per svolgere una missione pressoché impossibile, anche per vettori con le spalle più larghe di Alitalia.
Occorre dunque il coraggio della verità e della discontinuità, e a me pare, e lo riconosciamo nella nostra mozione, che il Governo abbia avuto questo coraggio. Il Governo dell'Unione, dopo anni di temporeggiamenti costosissimi, ha posto le condizioni per arrivare alla risoluzione delPag. 11problema Alitalia, e più in generale per affrontare i problemi del trasporto aereo del Paese.
Ci auguriamo che la conclusione del processo di cessione della quota di controllo di Alitalia sia vicina. Colleghi dell'opposizione, che parlate di svendita: Alitalia non è in svendita. Alitalia, che grazie al piano di emergenza deciso dall'attuale management ha posto un argine alla dissipazione di risorse ingenti ed ha indicato una prospettiva credibile e sostenibile di riorganizzazione della propria rete di collegamenti, può aspirare all'integrazione in un grande gruppo mondiale per continuare ad essere compagnia di bandiera con il proprio marchio, in grado di assicurare - cito un'intervista del Ministro Tommaso Padoa Schioppa - «il massimo dei collegamenti aerei all'interno del Paese e verso l'esterno per le persone e per le merci».
Dopo la decisione del Governo di privatizzare la compagnia e dopo l'insuccesso della prima procedura di gara, ora sono state presentate due proposte, e il consiglio di amministrazione di Alitalia ha valutato come più conveniente la proposta non vincolante di Air France-Klm, ritenendola - cito la deliberazione del CDA - «la soluzione appropriata per la salvaguardia del complessivo patrimonio dell'azienda e per promuovere il suo rapido e duraturo risanamento, grazie al beneficio delle sinergie derivanti dall'integrazione in un rilevante contesto internazionale di trasporto aereo». Ora sono il Governo e lo Stato italiano a dover sovrintendere e a verificare, ricorrendo alla trattativa in esclusiva, se il piano industriale proposto da Air France sia quello più conveniente per Alitalia e se esso sia compatibile con gli interessi generali del Paese.
È per questo che nella mozione chiediamo al Governo l'impegno a fare sì che la trattativa per la cessione della quota di riferimento avvenga tenendo conto dell'importanza che il brand Alitalia avrà nel futuro: un passaggio per certi versi scontato, che tende tuttavia a sottolineare come al percorso economico-finanziario debba seguire un altrettanto importante percorso di valorizzazione del ruolo futuro di questo importante soggetto economico nazionale; per intendersi: una vendita con prospettive industriali serie, e non una svendita del mercato nazionale, degli slot oggi in mano ad Alitalia.
Forse possiamo ammettere oggi che la libertà che è stata lasciata al management della compagnia di fare le proprie scelte ed interpretare le regole del mercato ha fatto fare importanti e fruttuosi passi avanti (al contrario di vecchie logiche, che vedevano i CDA della compagnia completamente vincolati nel proprio agire dal dover interpretare il volere di questo o di quell'altro soggetto politico o interesse localistico). Ci attendiamo di avere in proposito dal Governo le necessarie delucidazioni; ci attendiamo di poter riporre nel Governo una fiducia consapevole, e perciò di conoscere le grandi linee di questa delicata trattativa, per gli impegni di investimento, per l'occupazione, e, non ultimo, per la forma societaria.
Ci chiediamo se in una grande compagnia internazionale quotata, che non sia di proprietà di uno Stato e di cui dovesse far parte Alitalia, non sarebbe appropriato che vi fosse una quota pubblica di partecipazione italiana. Sappiamo che ad Alitalia il Paese ha chiesto di essere qualcosa di diverso e di più di una semplice azienda con i conti in ordine ed in grado di competere sul mercato.
Ridare un futuro economicamente sostenibile ad Alitalia comporta quindi squilibri, almeno temporanei, che vanno gestiti e che richiedono però un ripensamento dell'intero sistema. Lo sciopero dei dipendenti della SEA di Milano, provocato dalla decisione di Alitalia di ridurre i voli su Malpensa, è l'indice più immediato ed evidente di questo stato di cose, certamente frutto di preoccupazioni sociali, ma anche conferma che in realtà ad Alitalia non è richiesto semplicemente di posizionarsi sul mercato ma anche di farlo sopportando il peso di essere perno di un intero sistema (un perno tanto importante che qualora venisse «sfilato» o modificato potrebbe provocare una crisi, almeno parziale).Pag. 12
È proprio di questo che crediamo debba farsi carico il Governo, insieme alle istituzioni locali e alle parti sociali: per questo, abbiamo chiesto la riattivazione a Palazzo Chigi del «tavolo per Milano» (e ci fa piacere che proprio oggi si sia svolto un primo incontro); per questo, abbiamo sollecitato il Governo a sentire in materia i sindacati.
È evidente che alla situazione di Malpensa va prestata un'attenzione speciale: anche in questo caso, però, occorre muovere dal riconoscimento che, nonostante la straordinaria rilevanza economico-sociale del territorio di riferimento, finora Malpensa non ha potuto sviluppare appieno le proprie potenzialità (come evidenzia il fatto che già oggi sono disponibili slot inutilizzati). Le cause sono molte, come molte sono le responsabilità: si pensi alle scelte contraddittorie sul ruolo dei diversi scali lombardi, a partire dall'irrisolto rapporto fra Linate e Malpensa (anche di questo occorre parlare), e ai ritardi nella destinazione delle risorse e nella realizzazione delle infrastrutture di interconnessione viaria e ferroviaria (basti pensare che le risorse per l'autostrada pedemontana lombarda sono state individuate solo con la legge finanziaria 2007, mentre la regione Lombardia non ha ancora approvato il progetto per l'individuazione del tracciato definitivo).
Per guardare in avanti, va intensificato l'impegno del Governo e delle amministrazioni locali per la definizione di un quadro di interventi che consenta una prospettiva di sviluppo dello scalo lombardo, indipendentemente dalle strategie di una singola compagnia aerea. Nel confronto con le istituzioni della Lombardia e con la società di gestione aeroportuale SEA Spa va finalmente affrontato il tema del rapporto fra gli scali di Malpensa e di Linate. Ciò è fondamentale: se infatti si vuole dare un futuro vero a Malpensa, non è pensabile che Linate continui a crescere trasportando un terzo dei suoi 9 milioni di passeggeri l'anno verso hub nordeuropei. Né è possibile dimenticare il contesto: grazie al tumultuoso quanto disordinato sviluppo degli aeroporti del nord Italia, Malpensa ha ridotto la propria quota di mercato nel nord del Paese dal 50 per cento nel 2000 al 39 per cento nel 2007 (è vero, come è stato ricordato, che i passeggeri di Malpensa sono aumentati in valore assoluto, ma la quota di mercato di Malpensa è diminuita).
Per invertire questa tendenza occorre avere il coraggio di riprogettare il futuro e di riprogrammarlo: fino a quando Malpensa non sarà al centro del Corridoio 5, collegata e integrata nella rete ferroviaria e autostradale anche dal punto di vista del trasporto merci e della logistica, fino a quando non si potrà andare da Torino o Verona a Malpensa come se si prendesse un autobus cittadino, non otterremo i risultati desiderati; e così anche fino a quando Linate non sarà trasformato in quello che dovrebbe essere, un city airport con pochi essenziali collegamenti. Ci si muova dunque fin d'ora in questa direzione: si individuino un preciso calendario di interventi, le corrispondenti risorse finanziarie e le responsabilità dei diversi livelli, anche al fine di rafforzare la candidatura del capoluogo lombardo per l'Expo mondiale del 2015 e lo sviluppo del polo espositivo di Rho-Pero.
Occorre unità: unità fra i diversi livelli istituzionali del Paese ed unità anche fra le forze politiche. In questo senso - me lo si lasci dire - è positivo che anche la Lega abbia colto, se ho ben compreso, il rischio che una pura protesta senza proposte promossa intorno allo scalo di Malpensa possa danneggiare la stessa candidatura di Milano per l'Expo mondiale del 2015.
Per fortuna, le prospettive di crescita del mercato del trasporto aereo sono positive (un fatto importante, proprio nel momento in cui è l'intero sistema aeroportuale nazionale che va sottoposto a verifiche e ripensato). Non tutto è però andato per il verso giusto in questi anni di liberalizzazione del mercato: in particolare, non ci si spiega per quali ragioni Air France abbia ancor oggi il 90 per cento del suo mercato nazionale e Lufthansa oltre il 60 per cento del proprio, mentre Alitalia fatica a tenere il 40 per cento. Qualcosa non torna in queste asimmetrie. Non so sePag. 13il punto sia che noi abbiamo fatto bene o troppo bene e loro hanno agito male o troppo male, o viceversa: comunque, una certa frammentarietà ed incoerenza delle politiche nazionali vi è stata, con il risultato che sono soddisfatti tutti quei soggetti che per anni hanno avuto modo di incrementare i propri introiti attirando un mercato low-cost che pagava - e paga ancora - tariffe inferiori fino ad un terzo rispetto a quelle pagate da Alitalia.
Per non parlare degli aspetti sociali, visto che sono sempre di più i vettori stranieri che operano stabilmente nel nostro Paese, assumendo personale italiano ed applicando ad esso contratti di altre nazionalità. Anche a tale proposito il Governo è intervenuto nel complesso del sistema, e nel corso della discussione della riforma del settore al Senato ha evidenziato la necessità di intervenire velocemente su tali clamorose disparità di trattamento.
Al futuro di Alitalia si lega naturalmente il futuro di molti vettori che operano nel nostro Paese. È per questo che, al di là delle soluzioni che troverà il problema, non va dimenticato che il settore dell'aviazione civile del Paese ha un urgente bisogno di riordino, utile a definire - coerentemente a quanto sta già avvenendo in Europa, dove già si sta lavorando alla rivisitazione del cielo unico europeo - un assetto futuro capace di bilanciare capacità di traffico più elevate e sicurezza. È per questo che nella nostra mozione chiediamo al Governo di accelerare l'elaborazione e la conseguente presentazione al Parlamento del piano nazionale degli aeroporti, al fine di indicare una strategia coerente di sviluppo del sistema aeroportuale italiano, con particolare riguardo al nord Italia e alla Lombardia, tenendo conto delle previsioni di crescita del mercato nazionale. Queste sono le linee della nostra mozione, questi gli impegni che chiediamo al Governo di assumersi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Socialisti e Radicali-RNP e Verdi).

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le mozioni Volontè ed altri n. 1-00269 e Fabris ed altri n. 1-00270, i cui testi sono in distribuzione, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno discusse congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
È iscritto a parlare l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.

RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il futuro di Alitalia e la ricaduta di certe scelte sul destino dello scalo di Malpensa - lo ha detto qualcuno prima di me - non è questione campanilistica: non si tratta di difendere il nord contro il sud, non è l'ennesimo scontro tra Roma e Milano. Chi in questi giorni ha tentato di dare questa interpretazione dei fatti si è sbagliato di grosso, e sbagliano coloro che non riescono a vedere le conseguenze su vasta scala nazionale delle scelte che si stanno ipotizzando per Alitalia, conseguenze che riguarderanno tutto il Paese e non solo Milano, la Lombardia o il nord.
Signor Ministro, da mesi, oramai, le istituzioni lombarde e milanesi in prima fila, insieme a tutta la classe politica del nord, di ogni schieramento, e con l'appoggio di molti esponenti del mondo economico, accademico e industriale, stanno cercando di far comprendere al Governo - ma a lei in particolare, Ministro Padoa Schioppa - quanto disastrosa sarebbe per il nostro Paese una scelta che per salvare Alitalia vedesse ridotto il ruolo di hub di Malpensa. Il Governo non si è curato finora di consultare tutte le istituzioni del nord né di confrontarsi con esse sulla questione, e il grido è rimasto inascoltato.
Poche ore fa lei ha incontrato il presidente della regione, il sindaco di Milano e il presidente della provincia, ma abbiamo la sensazione, signor Ministro Padoa Schioppa, che lei non abbia molto chiari i dati sulla questione in campo che riguarda Malpensa. I punti su cui rimangono, come lei sa, forti dubbi e perplessità sono numerosi, e scaturiscono tutti dalPag. 14medesimo atteggiamento del Governo, che finora non ha spiegato o non ha saputo o voluto spiegare i motivi del suo orientamento...

ANDREA RONCHI. Ministro, sta parlando un deputato, lo ascolti!

RICCARDO DE CORATO. Signor Ministro, la pregherei di ascoltare, anche perché credo che qualche dato le manchi rispetto a quello che ha detto poco fa nell'incontro con il presidente della regione, il sindaco di Milano e il presidente della provincia, e quindi probabilmente farebbe bene ad ascoltare qualcosa.
Come dicevo, il Governo finora non ha spiegato o non ha saputo o voluto spiegare i motivi del suo orientamento per una trattativa riservata con Air France-Klm, né - cosa ancor più grave - lei, signor Ministro, ha spiegato come intende intervenire per contenere i danni provocati dal ridimensionamento di Malpensa conseguenti a certe scelte.
In primo luogo, le ricordo che la dismissione di partecipazioni pubbliche è operazione da farsi nella maniera più trasparente possibile.
In ragione di questa trasparenza lei avrebbe dovuto esporre le caratteristiche dei due diversi piani e, soprattutto, spiegare le ragioni di una eventuale scelta in favore di Air France-Klm, se è vero (come è vero) che il salvataggio di Alitalia rappresenta un obiettivo di interesse nazionale, secondo quanto lei ha affermato. Credo, dunque, signor Ministro, che il Governo avrebbe dovuto esprimere la propria posizione e la sua strategia, ma nulla di tutto ciò è avvenuto, neppure nell'incontro tenutosi poco fa dal quale, ancora una volta, è emerso che, rispetto al problema di cui ci stiamo occupando, la posizione sua e dell'Esecutivo è, nella migliore delle ipotesi, interlocutoria.
In secondo luogo, laddove si optasse definitivamente per l'ipotesi Air France, è ormai chiaro che il ruolo di Malpensa sarebbe fortemente ridotto e penalizzato con un danno per l'intero sistema economico nazionale stimato in una cifra non inferiore a 15 miliardi di euro l'anno. Sarebbe una conseguenza disastrosa che l'attuale Governo sembra ignorare, evitando di fare chiarezza non solo sul piano di risanamento e rilancio di Alitalia, ma anche sul futuro dello scalo milanese e, quindi, del Paese.
Signor Ministro, questo è un atteggiamento ancor più grave se consideriamo le implicazioni, che il piano per Alitalia avrebbe in termini di ridimensionamento di Malpensa, che hanno destato forti preoccupazioni soprattutto per il futuro di molti lavoratori: si parla di ben 8 mila posti di lavoro a rischio. Signor Ministro, farebbe bene a ricordare alcuni di questi dati! Vi sono persone, quindi, che potrebbero perdere il proprio posto di lavoro. A tal proposito, quali misure sarebbero quindi messe in campo dal Governo, ad esempio, in termini di ammortizzatori sociali?
Come lei sa, sono vicesindaco di Milano e mi preoccupo perché la SEA deve gestire uno scalo aeroportuale che solo pochi anni fa ha effettuato notevoli assunzioni in vista dello sviluppo di quell'aeroporto. Allora dovete cominciare a spiegare - non solo al Parlamento, ma ai sindacati che sono molto più preoccupati di noi e dello stesso Governo - in che modo intendiate procedere e attraverso quali ammortizzatori sociali, se questi tagli dovessero arrivare, come purtroppo ormai molti hanno previsto.
Milano e la Lombardia costituiscono il traino economico del Paese; non è infatti casuale che nell'area geografica di pertinenza di Malpensa si registri il più alto tasso di crescita della mobilità aerea del Paese. Senza dubbio una regione che svolge tale ruolo non può fare a meno di un hub. Per trasformare Malpensa in hub sono stati investiti 1,3 miliardi di euro. Signor Ministro, come può pensare di buttare via questi soldi che sono del contribuente italiano? Come si può svendere un asset che nessun Paese europeo ha ceduto, con un atteggiamento, come quello tenuto dal Governo, che è rinunciatario in partenza? Ancor peggio: come si possono mandare in fumo le potenzialità di un aeroporto che cresce di anno in anno? Si tratta di un dato che lei ignora, perché hoPag. 15appreso che, nell'incontro avvenuto poco fa con il sindaco di Milano, il presidente della regione e quello della provincia, ha affermato esattamente il contrario.
Signor ministro Padoa Schioppa, la informo che quello di Malpensa è un aeroporto che cresce, non diminuisce; lo ribadisco: cresce di anno in anno. Quindi, non si possono vanificare gli sforzi di crescita di tutti gli imprenditori del nord e di una città - Milano - che, a vantaggio dell'intero Paese, sta cercando di ottenere l'Expo 2015. È indispensabile che Malpensa continui ad essere all'altezza del ruolo centrale che Milano riveste in Italia, in Europa e nel mondo come catalizzatore di grandi eventi e investimenti. La candidatura all'Expo 2015 è solo uno degli scenari che potrebbero aprirsi con un considerevole aumento di passeggeri in transito, nonché del traffico cargo destinato all'evento.
Signor Ministro, lo scenario è senza dubbio complesso, ma richiede decisioni che non danneggino il Paese e, soprattutto, una conoscenza di dati di cui, forse, ancora oggi, il Governo e lei personalmente, non disponete in misura piena. È di queste decisioni che noi chiederemo conto al Governo, qualsiasi esse saranno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, il ruolo strategico di Milano e della Lombardia per lo sviluppo dell'Italia è indiscutibile. Il ruolo che ha avuto nei quasi dieci anni di vita l'aeroporto di Malpensa è stato inferiore alle sue potenzialità a causa, a mio avviso, delle mancate e contraddittorie scelte operate nel passato, a livello nazionale e locale, in ordine ai diversi ruoli dei vari scali lombardi del nord Italia e al problema delle infrastrutture.
Credo che si concordi sulla necessità di trovare una soluzione che rilanci Malpensa. A mio avviso, la convocazione del tavolo per Milano di questa mattina dimostra l'impegno del Governo, già evidenziatosi concretamente nei mesi scorsi con le risorse messe a disposizione per la pedemontana. Si tratta, quindi, di un impegno concreto e vero. Tuttavia per trovare non una soluzione qualsiasi, ma una buona soluzione si deve rifuggire da atteggiamenti demagogici e da affermazioni ideologiche - come è capitato di sentire in queste settimane - e si devono anche riconoscere, come nel caso di Alitalia, gli errori e le omissioni di questi anni: non mi soffermo su questo aspetto, in quanto il collega Barbi lo ha già evidenziato molto bene nel suo intervento.
Oggettivamente dal punto di vista economico - poi vedremo nel dettaglio il piano industriale - mi sento di poter dire che l'ipotesi di Air France è solida, in quanto si fonda comunque su un'analisi puntuale del mercato italiano e non solo della compagnia Alitalia. Quindi, non può essere contestata ideologicamente - come mi è sembrato di percepire, ma ora non c'è il tempo per argomentare - ma credo che si possa condividere la scelta operata fin qui dal Governo e, in modo particolare, dal Ministro Padoa Schioppa.
Siamo a conoscenza di alcuni problemi di Malpensa in quanto hub: era privo di una compagnia aerea di riferimento che puntasse solamente su quell'aeroporto (essendoci in Italia anche l'aeroporto di Fiumicino), ma soprattutto mancava di un feederaggio ricco, ovvero di quegli aeroporti che alimentano l'hub da cui poi partono i voli intercontinentali. In questi anni è accaduto che Alitalia avesse pochi di questi voli e, inoltre, che Linate mantenesse molti voli per i principali aeroporti europei, hub inclusi, che sono stati così alimentati dal secondo aeroporto milanese. È necessario, inoltre, riflettere - soprattutto noi al nord - e studiare i diversi ruoli degli scali settentrionali che sono undici e che in questi ultimi anni sono cresciuti moltissimo, soprattutto grazie ai voli low-cost, ma anche - cito ad esempio Venezia - con qualche tratta intercontinentale di estremo interesse. Tutti, quindi, impianti aeroportuali di fatto concorrenti con Malpensa.Pag. 16
Chiudo su questo aspetto ricordando il problema del territorio e delle infrastrutture efficienti asservite all'aeroporto hub. A quasi dieci anni dall'inaugurazione ci ritroviamo con infrastrutture largamente inadeguate, tant'è vero che il primo vero intervento è stato quello sulla pedemontana in termini di risorse economiche garantite dal Governo Prodi.
Ricordo solo l'esempio eclatante del «trenino» - come lo chiamiamo al nord - che collega la città di Milano con Malpensa e che non parte nemmeno dalla stazione principale (la Stazione centrale), ma da una stazione secondaria, ovvero quella delle ferrovie locali della Lombardia settentrionale. Il risultato è che il «trenino» è utilizzato solo dall'8 per cento dei passeggeri totali di Malpensa.
Ora, al di là delle polemiche, credo che un mercato in crescita esponenziale come quello aereo vada aggredito con una strategia di marketing accorta e con offerte di un prodotto (ivi incluse le infrastrutture) di qualità. Il ricco settore dei voli business e dei voli top class hanno nel nord Italia uno spazio notevole se è vero che già oggi il 70 per cento dei biglietti business italiani è staccato in quest'area del Paese. Così come sono ubicati per lo più al nord i passeggeri cosidetti high yield, ovvero quelli ad elevata resa economica, i quali oggi utilizzano per lo più la compagnia Lufthansa via Monaco-Francoforte. Credo che questa clientela d'affari necessiti spesso di voli la mattina presto e la sera tardi, point to point, per andare in Europa, a svolgere riunioni e concludere affari e poi ritornare. Quindi gli aerei devono essere a Malpensa, pronti all'uso e non parcheggiati la notte in qualche altro aeroporto alimentatore di un hub che al momento non è tale.
I collegamenti su gomma ma soprattutto su ferro, devono essere esemplari (cosa che oggi non sono). Le infrastrutture adeguate e moderne, infatti, favoriranno la manifestazione di interesse che già c'è (e lo sappiamo) da parte di vettori consapevoli delle potenzialità di business insite in Malpensa.
È con la consapevolezza che esiste uno spazio di mercato da conquistare, e poi da consolidare, che ha senso la richiesta di un pronto impiego degli slot non più utilizzati da Alitalia e della definizione di un periodo di transizione che avvii con gradualità, ma con certezza, la nuova situazione di concorrenza da tanti auspicata.
In conclusione, si tratta di un periodo durante il quale gestire le possibili ricadute occupazionali attraverso il ricorso alle note forme di tutela sociale per i lavoratori coinvolti dal processo di ristrutturazione. Ritengo che al termine di tale periodo (lo testimonia il buono stato di salute dell'economia del nord del Paese), se si sarà operato bene, nell'interesse non solo del nord ma di tutta l'Italia, sarà possibile recuperare anche un dato occupazionale importante e significativo per i territori interessati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, il gruppo de La Rosa nel Pugno ha sottoscritto e sostiene la mozione presentata dai colleghi della maggioranza. Ne condividiamo, infatti, il contenuto e, soprattutto, condividiamo l'azione del Governo sulla vicenda della compagnia Alitalia. Rivendico che il nostro è il primo Governo nella storia del Paese a darsi da fare, dal mese di dicembre 2006, per risolvere concretamente la questione Alitalia, che significa poi risolvere la questione del trasporto aereo e quella dello sviluppo economico del nostro Paese.
Alitalia ha per anni assorbito un'incredibile quantità di risorse economiche degli italiani, che sono state dilapidate in nome di conservatorismi e, soprattutto, di derive sindacal-corporative che hanno consentito una gestione della compagnia non conforme ai criteri di mercato e dell'economia. È stata la politica - questa politica e questi partiti - a determinare lo sfascio di Alitalia. La responsabilità non è di questo Governo, che semmai ha cercato di porre rimedio alla vicenda. La situazione, invece,Pag. 17è risalente negli anni e questo Governo si è trovato ad ereditarla e a gestirla.
Vi è stato dapprima un tentativo di privatizzazione, a nostro avviso, fallito - come abbiamo sostenuto - anche per responsabilità del Governo, perché troppi «paletti» erano stati posti agli acquirenti. Si è addivenuti, ora, ad un altro tipo di procedura e si è scelta Air France-Klm. Siamo contenti che il Governo abbia deciso di optare per tale scelta - che condividiamo - perché essa, sul piano industriale, è indubbiamente molto più forte dell'opzione Air One, semplicemente perché Air France è un grande vettore e ha dimostrato di saper competere sui mercati internazionali, ciò di cui Alitalia ha bisogno.
Solo privatizzando la compagnia con un grande vettore internazionale possiamo sperare di rilanciarla. La causa del trasporto aereo in Italia non sarà mai servita da una compagnia gestita in modo inefficiente e sull'orlo del fallimento, che, in tal modo, oltre a gettare nella spazzatura i soldi degli italiani, non tutela nemmeno i lavoratori di Alitalia e non è in grado di tutelare la sicurezza nel trasporto aereo. È importante, quindi, che il Governo si muova in questa direzione.
Per quanto riguarda Malpensa, è bene affermare molto chiaramente che la sua sorte non è legata a quella di Alitalia. Malpensa è stato voluto dalla politica come un hub, ma in realtà, per ragioni di mercato, non è mai stato un hub. Il fatto che Alitalia rinunci eventualmente a voli internazionali non impedisce che altre compagnie, per ragioni di mercato, la sostituiscano, tant'è vero che risulta che Alitalia sia assolutamente disponibile a lasciare gli slot che non intende più utilizzare.
Quindi, altri concorrenti contribuiranno allo sviluppo di Alitalia e, soprattutto, nella mozione della maggioranza si impegna in maniera chiara il Governo a provvedere, naturalmente con gli enti locali competenti, alle infrastrutture che servono a Malpensa, che oggi mancano e che ne hanno ostacolato la figura di hub. Il tutto, poi, si inserisce nel quadro di un piano nazionale degli aeroporti. Colleghi, voi sapete che nel nord d'Italia vi sono tantissimi miniaeroporti e i ruoli rispettivi di Malpensa e di questi piccoli aeroporti non sono mai stati valutati, per la semplice ragione che non vi è mai stato un piano complessivo. Ebbene, il Governo oggi intende dotarsi di tale piano e, quindi, intende assicurare le condizioni strutturali affinché Malpensa, indipendentemente dalle scelte di Alitalia, possa finalmente svolgere quel ruolo che dall'inizio si è delineato per questo aeroporto.
In conclusione, ripeto, abbiamo sottoscritto e voteremo a favore della mozione Barbi n. 1-00268 perché è completa in quanto vi è tutto ciò che vi deve essere e, soprattutto, consente e favorisce la continuazione del percorso che il Governo ha scelto per Alitalia, che ci auguriamo possa essere portato a compimento e non sia ostacolato dalle ennesime scelte politiche e partitiche, anche quando queste ultime esprimono interessi territoriali in sé legittimi (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Affronti, che illustrerà anche la mozione Fabris ed altri n. 1-00270, di cui è cofirmatario.

PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, signor Ministro, signori rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, l'oggetto delle mozioni che stiamo discutendo oggi concerne un tema troppo delicato, che non può essere liquidato con una semplice contrapposizione fra nord e sud, tra Fiumicino e Malpensa: ciò è stato sottolineato anche da esponenti di altri gruppi e da altri oratori che mi hanno preceduto. Non tenere presente quali siano realmente gli interessi del nostro Paese, di Alitalia e delle condizioni di mercato in cui questa dovrà operare in Italia, significherebbe fare demagogia
Siamo assolutamente certi che non sia più rinviabile il momento delle scelte. Dopo un quindicennio di non scelte - ovvero di scelte apparenti, ovvero di scelte disattese - l'individuazione di un interlocutorePag. 18con il quale avviare una trattativa si è dimostrata una scelta comunque da operare, perché i limiti di sopravvivenza di Alitalia, in questi anni, si sono sempre più assottigliati.
Una compagnia come Alitalia, che ha una grande storia e una grande tradizione, ha perduto occasioni, stretto alleanze internazionali andate male, coltivato modelli organizzativi invecchiati e utilizzato capitali e aumenti di capitali per ripianare perdite, anziché per effettuare investimenti e per rinnovare la flotta aerea. Oggi, quindi, la situazione è di estrema crisi e ciò è facilmente riscontrabile. A noi pare sia giunto il tempo di chiudere quella storia e di voltare pagina.
La decisione del Governo, di ricorrere ad un processo trasparente e non discriminatorio per l'ingresso in Alitalia di nuovi soggetti industriali e finanziari, rappresenta un primo passo verso quel risanamento che noi tutti riteniamo necessario. Un passo sulla strada del risanamento che rompe la strategia di alcuni vettori, che aspettavano ulteriori peggioramenti della situazione di Alitalia, per poi negoziare il salvataggio da posizioni di maggior forza. Ma si tratta solo di un primo passo e il raggiungimento dell'obiettivo finale, che poi dovrebbe essere un aumento del benessere dei consumatori, mantiene tutte le sue difficoltà.
I problemi sino ad oggi causati dalla struttura dell'azionariato, a cui il Governo vuole porre rimedio, sono noti: un elevato turnover di amministratori delegati, che ha sottoposto l'azienda a troppe discontinuità strategiche; l'imposizione della scelta organizzativa, costosa e inefficiente, di due semi-hub, Fiumicino e Malpensa, che ha pesato sulle sorti dell'azienda.
L'Alitalia è un patrimonio del nostro Paese e voler semplificare la crisi che la sta travolgendo, facendone uno scontro tra i due scali di Malpensa e Fiumicino, o meglio tra Roma e Milano, mi sembra assolutamente non condivisibile. Alitalia, come tutte le aziende normali, deve lavorare non per favorire questa o quella città, ma essenzialmente per il proprio sviluppo aziendale e deve essere guidata da criteri tecnici ed economici in funzione di un maggior ricavo possibile e non da criteri che nulla hanno a che fare con le ragioni dell'economia.
L'interesse manifestato da alcune compagnie nei confronti di Alitalia dimostra come l'azienda, nonostante tutto, sia ancora appetibile e come il trasporto aereo costituisca, comunque, un mercato in crescita, in espansione e anche remunerativo a fronte, però, di scelte industriali coerenti e oculate. Occorre, perciò, garantire le necessarie azioni per un potenziamento armonico di questi due principali scali aeroportuali italiani nell'ambito del riconoscimento delle loro specifiche vocazioni e naturali funzioni territoriali e a tal proposito il Governo ha sempre sottolineato come Malpensa sia parte integrante del futuro nel nostro Paese. Appare incongruo, tuttavia, richiedere ad Alitalia di salvare Malpensa. La convocazione del tavolo per Milano è un fatto importante e positivo e rimarca come il Governo sia interessato al futuro dell'aeroporto internazionale lombardo e voglia discuterne con gli enti locali per concertare insieme una strategia per mantenere e sviluppare il ruolo di Malpensa. In questa sede non possiamo, comunque, esimerci dal rilevare che la regione Lombardia, che oggi si agita giustamente, ha le proprie responsabilità per non aver fatto scelte chiare e per non aver garantito quelle infrastrutture indispensabili a collegamenti più veloci. Si tratta di quei collegamenti da Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Alessandria e Pavia, cui alludeva precedentemente un altro collega, che sono il presupposto indispensabile per far decollare l'hub di Malpensa. Linate e Bergamo, di fatto, hanno contribuito in mancanza di scelte precise soprattutto della regione Lombardia, ad indebolire la posizione di Malpensa, provocando una frammentazione deleteria allo sviluppo internazionale dell'hub lombardo nel suo complesso.
A valle della privatizzazione dell'Alitalia sarà necessario misurare le politiche aeroportuali da intraprendere, accelerando la presentazione in Parlamento dell'annunciato piano degli aeroporti, perPag. 19assicurare un sistema di trasporto aereo funzionale di qualità che consenta al nostro Paese di essere competitivo sul piano internazionale.
Per tutte queste ragioni, il mio gruppo, Popolari-Udeur, ha presentato una propria mozione che indica gli obiettivi da noi ritenuti prioritari nella gestione della trattativa con Air France nei cui confronti non esiste da parte nostra alcuna posizione pregiudiziale tanto che teniamo ad esprimere, al contrario, la fiducia nelle capacità imprenditoriali e gestionali dei suoi dirigenti che potranno condurre Alitalia verso un reale processo d'internazionalizzazione. In particolare, riteniamo essenziale che il Governo informi il Parlamento della concreta portata dell'offerta di Air France su Alitalia prima che si proceda alla effettiva cessione delle azioni, al fine di rendere edotto il massimo organo rappresentativo del nostro Paese circa le implicazioni che questa offerta avrà sui livelli occupazionali e sull'assetto del mercato nazionale del trasporto aereo.
Inoltre, chiediamo al Governo di tutelare gli interessi italiani sia evitando speculazioni finanziarie sul titolo Alitalia e salvaguardando i posti di lavoro, sia impegnandosi a rilanciare e a superare la grave crisi che oggi registra Malpensa attraverso un piano per il suo adeguamento infrastrutturale, sia infine sostenendo lo sviluppo di altre compagnie aeree nazionali al fine di promuovere l'effettiva concorrenza nel settore della mobilità aerea.
Queste sono le linee espresse nella nostra mozione ed è questo l'impegno che noi richiediamo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti di una classe dell'Istituto Comprensivo Don Milani di Caivano, Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Pedrini. Ne ha facoltà.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, ho a disposizione quattordici minuti di tempo complessivi sia per l'intervento in discussione sulle linee generali sia per lo svolgimento della mia dichiarazione di voto. Utilizzerò questa parte del mio primo intervento per rivolgere al Governo alcune domande specifiche relative all'iter intrapreso.
Signor Ministro, più volte le abbiamo chiesto di riferire in questo Parlamento per capire quanto stava facendo e per comprendere - purtroppo avevamo già capito - i disastri che si stavano commettendo. Abbiamo tollerato disastri di questo tipo, quando, sotto gli occhi di tutti si stava ponendo in essere il «risanamento» delle Ferrovie (naturalmente in merito a tale argomento sono ironico). Vorrei chiedere al Governo, signor Ministro - mi dispiace ma si tratta di un fatto indicativo di per sé - come mai, in questa sede, sui banchi dell'Esecutivo non sia presente il Ministro dei trasporti; con la presenza del Ministro Padoa Schioppa si dimostra che si tratta di un'operazione di carattere economico, senza rispetto per il diritto alla mobilità dei cittadini di cui all'articolo 16 della Costituzione. Per tale ragione, credo che il Ministro Bianchi soffrirà, se continuerà a svolgere la sua funzione in questa maniera.
Vorrei chiedere al Governo se sia al corrente delle criticità giuridiche del processo intrapreso, se sia stato valutato il problema del meccanismo degli accordi aerei bilaterali e se si sia verificata l'impossibilità pratica di alcune affermazioni contenute nelle offerte pervenute.
Capisco, signor Ministro, Padoa Schioppa, che la sua collega avrà qualcosa di più interessante da dirle, e la ringrazio, ma trovo che, rispetto ad un interesse come quello in esame, il fatto che il Ministro Padoa Schioppa non venga a riferire in Parlamento sull'argomento e, oggi, ci chieda di votare una mozione, senza conoscere da parte nostra i contenuti della proposta che lo stesso Ministro si appresta ad avallare, non possa non mettere in difficoltà qualsiasi parlamentare nello svolgimento della sua funzione. Quindi, la pregherei, per cortesia, di prestare attenzione - ammesso che vogliaPag. 20ascoltarci - perché questa privatizzazione, così come si sta sviluppando, presenta alcune criticità dal punto di vista operativo e giuridico, in merito ad un sistema - a tal proposito vorrei chiamare a testimonianza il Presidente Tremonti rispetto a quanto accaduto quando era al Governo durante la scorsa legislatura - per il quale abbiamo ricevuto, a livello di Stato italiano, pesanti ingerenze da parte dell'Unione europea, perché avremmo dovuto dismettere per privatizzare e mettere sul mercato le quote di Alitalia.
Oggi stiamo operando una privatizzazione, con la statalizzazione di una compagnia aerea nell'ambito di un altro Paese. Di questo si tratta perché se lei scompone l'assetto societario di Air France non deve fare riferimento solo al 18,6 per cento del capitale societario mantenuto direttamente dal Governo francese, ma anche agli istituti finanziari, alla loro proprietà e al loro assetto societario, quindi al restante 70 per cento.
Rispetto a tale situazione non vorrei che quello di Alitalia sia un modo di privatizzare, statalizzando - per di più sotto altri Paesi - se non arrivando addirittura, come si è fatto per altri settori, a privatizzare sostituendo i monopoli pubblici con quelli privati, in cui il cittadino è sempre meno persona umana e sempre più cliente.
Vorrei sapere se poi il Governo ci può dire se sia vera la disinvoltura di chi opera per lo Stato italiano, ma fa il consulente, promuovendo, di fatto, gli interessi dei governi stranieri e se i manager a cui oggi viene affidata questa situazione non siano gli stessi che hanno partecipato a quel processo che ha portato oggi il Governo a prendere in considerazione questo atto di privatizzazione.
Non si può - come viene riportato in alcune indicazioni - affidare ai manager dell'azienda una valutazione su ciò che c'è da fare mentre è il Governo che deve svolgere una valutazione di carattere generale, non solamente di carattere economico, ma anche una valutazione degli aspetti di carattere - naturalmente economico - ma anche politici e sociali.
Concludo, affermando che non si dovrebbe fare l'errore di collegare Malpensa a Fiumicino e neppure quello di collegare Malpensa ad Alitalia. Il problema è che sono stati spesi quarantamila miliardi dei contribuenti e dei cittadini ed oggi, senza una politica di strategia, si rischia di buttare a mare quarantamila miliardi per la parte di investimenti pregressi, oltre naturalmente a tutto quello che poi va ad incidere sull'aspetto gestionale ed economico, con tutte quelle situazioni in cui, ancora una volta, si rischia di privatizzare, privatizzando gli aspetti positivi e socializzando le perdite.
Vorrei sapere, signor Ministro, se il Governo ha valutato questi aspetti perché si rischia che tale processo vada a finire ancora una volta in tribunale in quanto non è operativo dal punto di vista giuridico e rischia di non essere operativo neppure dal punto di vista pratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente è giusto che il Parlamento si occupi di un settore decisivo per il futuro del nostro Paese qual è il trasporto aereo. L'aumento del prezzo del petrolio, i rischi di recessione dell'economia americana e la ripresa dell'inflazione costringono l'Italia a concentrare ogni sforzo per rilanciare lo sviluppo. Ciò non può prescindere dall'apporto delle regioni più dinamiche come quelle del nord-ovest: oltre il 20 per cento del PIL nazionale è realizzato in Lombardia e la stessa concorre per oltre il 30 per cento per l'export, dato che Prodi ha giustamente valorizzato in questi giorni.
Nella sola provincia di Varese, nel 2006, le esportazioni sono state pari a 8.500 milioni di euro e nel 2007 si sfonderanno i 9.000; si tratta di una risorsa indispensabile che però ha bisogno di infrastrutture materiali ed immateriali adatte ad affrontare le sfide della competizione ed un moderno sistema aeroportuale ne costituisce una condizione indispensabile.
Il senso del mio intervento vuole essere quello di chi pensa a dare un maggiorPag. 21valore aggiunto al nostro Paese con un'idea di coesione dello stesso.
La decisione del Governo di privatizzare Alitalia è giusta: nel 2003 ha perso oltre 520 milioni di euro e nel 2004 858 milioni. Nel 2005 Berlusconi non privatizza, ma destina grandi risorse per la sua ricapitalizzazione senza delineare un piano industriale convincente. Stretta tra i grandi vettori europei e l'aggressività delle compagnie low cost Alitalia brucia rapidamente quelle risorse e si ritrova in mezzo al guado.
Il Presidente del Consiglio, il Ministro dell'economia ed il Ministro dei trasporti dell'epoca erano tre lombardi: serve a poco recriminare sul passato. Sarebbe agevole ricordare al centrodestra che la difesa del ruolo di Linate ha pugnalato Malpensa e favorito sfacciatamente le compagnie aeree straniere o che il comune di Milano ha utilizzato in gran parte gli utili SEA per le casse del comune, sottraendole ad investimenti sull'aeroporto o che la stessa Lega ha avuto il presidente di Alitalia senza che ciò abbia dato luogo a risultati eclatanti o che la regione Lombardia, fino a pochi anni fa, pensava di realizzare un secondo hub a Montichiari.
Sarebbe tempo perso; conta invece sapere che sette italiani su dieci che viaggiano su voli intercontinentali non partono né da Fiumicino né da Malpensa. Le responsabilità del management Alitalia sono enormi; mi chiedo, però, se la strategia del trasporto aereo di un Paese che fa parte del G8 debba essere decisa dal dottor Prato.
Abbiamo appena approvato una legge finanziaria in cui sono stati destinati i sessantanove miliardi di euro per pagare gli interessi sul debito: senza il rilancio dello sviluppo l'Italia non può vincere le sfide che ha davanti a sé.
Il ruolo del nord è decisivo. Ricordo la figura del piccolo imprenditore che da Malpensa parte con lo sua valigetta per conquistare clienti e mercati in America e in Asia e che paga le tasse. Vi è cultura del lavoro, voglia di innovazione e senso civico. Tali persone e i loro dipendenti, progettisti, tecnici e operai, costituiscono una risorsa preziosa dell'Italia. Il Ministro Padoa Schioppa che proviene da quelle parti e che ringrazio per la sua presenza lo sa e per tali ragioni occorre che agisca, pur nella scelta di fondo, per modificare il piano industriale originario. Pertanto, senza giri di parole, Air France ceda ad altri vettori gli slot lasciati liberi a Malpensa, procedendo anche ad una gestione graduale della nuova organizzazione e dei volumi di traffico. Va riconsiderato e rafforzato il ruolo di Cargocity, sapendo che le merci ad alto valore aggiunto esportate che non partono da Malpensa, perché si sopprimono i voli, non partiranno mai da Fiumicino ma da Francoforte, colpendo al cuore la competitività dell'apparato produttivo del Paese.
Il confronto con Air France dovrà risolvere anche altri nodi, primo fra tutti il destino di migliaia di lavoratori, che riteniamo un punto decisivo. Come si vede non facciamo alcuna richiesta che abbia il sapore di assistenzialismo in salsa padana. Sappiamo che l'accessibilità a Malpensa deve essere migliorata. Nel marzo del 1999 il Governo di centrosinistra destinò al riguardo 5.280 miliardi di lire e l'anno scorso il Governo ha concretamente finanziato un'infrastruttura che il nord attende da anni, come la pedemontana. Purtroppo, tra il 2001 e il 2006 il Governo di centrodestra ci ha regalato solo disegnini di ponti, strade e ferrovie sulla lavagnetta di Bruno Vespa e molti cartelli stradali in dialetto.
Sappiamo invece che Malpensa è stata pensata come parte integrante nel Corridoio n. 5 di un sistema intermodale che comprende alta capacità ferroviaria e autostrade. Pertanto, le istituzioni hanno il dovere di decidere, guardando gli scenari dei prossimi decenni e non dei prossimi dieci minuti. Fra due mesi Malpensa sarà collegata all'autostrada Milano-Torino; fra un anno vi sarà il collegamento ferroviario alla stazione centrale. Con l'alta capacità a regime una popolazione di 18 milioni di persone potrà raggiungere Malpensa in un'ora e mezza. Con l'alta capacità tra Roma e Milano la tratta aerea più redditizia e costosa del mondo, Linate-Fiumicino, perderà peso e valore.Pag. 22
Come possiamo non tenere conto di questi scenari? A pochi chilometri da Malpensa sorge la più grande fiera d'Europa. Ci auguriamo che l'Italia e Milano vincano anche la sfida difficile per l'assegnazione dell'Expo 2015. È in tale contesto che assume senso la proposta contenuta nella mozione del centrosinistra di agire con intelligenza sugli slot non utilizzati a Malpensa, procedendo anche ad una gestione graduale della nuova organizzazione e dei volumi di traffico.
In conclusione, ricordo, caro Ministro Padoa Schioppa, che il Governo della piccola Olanda ha saputo a suo tempo incidere sulle scelte di Air France in occasione dell'intesa con Klm. Noi chiediamo al Governo di fare altrettanto. Niente di più, ma anche niente di meno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.

ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, solo nel giro di pochi mesi è la terza volta in cui discutiamo di mozioni su Alitalia e Malpensa. Se a tale circostanza aggiungiamo una serie di audizioni svolte sia alla Camera sia al Senato in ordine a tale problema, che è rilevante e che merita tutta l'attenzione del Parlamento, risulta che ne abbiamo discusso ogni 20 giorni.
È sicuramente un fatto positivo, perché dimostra attenzione per le questioni del Paese, ma è anche un fatto negativo, perché significa che tale problema è ancora lontano dalla soluzione e ciò ci preoccupa fortemente. Ora siamo in presenza di un fatto nuovo. Il Governo ha dato via libera ad Alitalia per portare avanti una trattativa esclusiva con Air France, che - io personalmente e tutto il gruppo di Sinistra Democratica - ci auguriamo che si concluda rapidamente e positivamente nell'interesse di Alitalia e del Paese.
Voglio anche ricordare, perché ho colto qualche eco nel dibattito finora svolto, che la decisione di procedere ad una trattativa con Air France non è frutto né del caso, né di arbitrio.
Piuttosto essa è il frutto di una valutazione attenta dei progetti industriali che sono stati presentati da chi ha manifestato interesse e che hanno portato il consiglio di amministrazione di Alitalia all'unanimità a decidere per la validità delle proposte di Air France, confermata anche dagli stessi advisor indipendenti che hanno valutato le proposte. Pertanto i sospetti e le idee che ci fossero teoremi o progetti inventati chissà da quanto tempo non reggono la prova dei fatti.
Ora bisogna procedere, mi auguro rapidamente, perché - qualcuno lo ha ricordato, ma io voglio sottolinearlo - ogni giorno che passa Alitalia perde circa due milioni di euro. Credo che per rispetto dei cittadini e per un buon uso del pubblico danaro si debba concludere la vicenda al più presto. È di questo che dovremmo parlare, tuttavia il dibattito si è spostato (forse inevitabilmente) sulla «questione Malpensa» che, pur essendo sicuramente intrecciata con la vicenda Alitalia, ne costituisce soltanto una parte e nemmeno la più importante, per quanto cercherò di dire.
Qual è il rapporto tra Malpensa ed Alitalia oggi, quello che con tanto calore difendono Formigoni, il sindaco di Milano e i colleghi della Lega? Alitalia, dopo l'improvvida scelta di spostare una parte del suo operativo su Malpensa, perde circa 220 milioni di euro l'anno. La SEA, la società di gestione dell'aeroporto di Malpensa, guadagna circa 90 milioni di euro l'anno e il comune di Milano e gli altri soci azionisti hanno recuperato e portato nelle loro casse circa 200 milioni di euro. Si sta difendendo quella che potrebbe essere definita una gallina dalle uova d'oro (va bene, è giusto), ma a spese di chi? Dei contribuenti, dell'interesse del Paese e a spese del vettore. Non si tratta di una posizione nell'interesse del Paese - lo si dica con chiarezza - ma di una posizione che difende interessi precisi, che è legittima, ma che noi non possiamo né difendere, né sostenere.
Per questo motivo andava presa una decisione e anch'io voglio apprezzare il fatto che finalmente il Governo lo abbiaPag. 23fatto. Questo Governo ha preso una decisione. La questione di Alitalia è vecchia e quella di Malpensa lo è ancor di più (se ne parla dal 1998); sono stati spesi tanti soldi pubblici, sono state effettuate ricapitalizzazioni, sono stati cambiati nove manager e tuttavia il risultato è quello che abbiamo di fronte agli occhi.
Si afferma di tutto su Malpensa, che sia decollata, che non lo sia, che cresca e che perda e sono stati commessi gravi errori, addirittura in fase di progettazione. È un aeroporto nato «vecchio» dal punto di vista logistico, ma gli errori più gravi sono stati compiuti dalle istituzioni lombarde che si sono accanite a difendere e a sostenere contemporaneamente Malpensa, Linate, Orio al Serio, Brescia Montichiari e quant'altro. La Lombardia ha tre grandi aeroporti, a cui va aggiunto un altro che potrebbe diventare un quarto aeroporto. Pertanto è del tutto evidente che i numeri non potevano che essere questi.
Chi continua a parlare di hub lo fa in modo improprio contrastando sia la teoria, sia la pratica. L'Italia, ad oggi, non ha nessun grande hub; lo potrà diventare Fiumicino - lo si vedrà perché non è automatico - ma sicuramente non Malpensa.
Vi è anche da considerare che il nord del Paese è cresciuto in un modo disordinato, ma che oggi giudico positivamente. È un dato di fatto: abbiamo un aeroporto ogni 50 chilometri, signor Presidente. Stiamo parlando di grandi aeroporti che realizzano utili, nei quali sono impegnati gli enti locali, i privati e che trasportano milioni di passeggeri. Non credo che si abbia intenzione di rinunciare al loro ruolo per far spazio ad un hub unico, come Malpensa. Chiedetelo ai veneti o ai torinesi se, per far crescere Malpensa, sono disponibili a rinunciare ai loro investimenti e ad avere grandi aeroporti con collegamenti punto-punto. Vi diranno di no e sono disposto ad accettare scommesse.
Il nord è infrastrutturato, ha una enorme potenzialità e probabilmente non è un male, perché le tendenze mondiali del trasporto aereo sono tali per cui ogni chilometro di pista sarà oro da qui a dieci anni. Anche quando parliamo di piano nazionale degli aeroporti, che comunque andrà realizzato, si dovrà ben ragionare ed approfondire per vedere che cosa intendiamo. Sicuramente non può trattarsi della cancellazione dell'esistente, ma di un suo potenziamento, di una sua razionalizzazione e specializzazione. Quindi, la responsabilità sul mancato decollo di Malpensa sono tante ed ognuno prenda le proprie.
Inoltre, Malpensa non deve essere assolutamente abbandonata. Penso che abbia un grande futuro come aeroporto del nord e vi sono tutte le condizioni. Ovviamente va ricollocata e ne vanno ripensati ruoli e funzioni. Questo è il compito delle istituzioni locali e del management, che ha incassato centinaia di milioni di euro di utili e ora è il caso che incominci a ragionare su come promuovere Malpensa in un contesto completamente diverso. Del resto, avevamo già deciso di spostare un certo numero di voli da Malpensa a Fiumicino (la mozione che avevamo discusso già qualche mese fa diceva esattamente questo), senza che ciò fosse legato alla decisione di accelerare la trattativa con Air France. Era una decisione già assunta e non si capisce perché oggi dovremmo tornare indietro.
Inoltre, voglio dire al Governo che non è solo la «questione Malpensa» che deve tenere banco in questa complessa vicenda, ma ci sono anche altre questioni che interessano particolarmente e che pongo nell'ordine.
Signor Ministro, credo che vada innanzitutto proposto il mantenimento di una presenza pubblica nel capitale. Lo Stato francese detiene una quota abbastanza rilevante di Air France e ciò non ha impedito a tale compagnia di diventare uno dei più grandi vettori del mondo insieme a Klm. Non lo dico perché la sinistra vuole a tutti i costi la presenza dello Stato nel capitale, ma perché ci riteniamo più garantiti e crediamo che una presenza di capitale pubblico nazionale, in questo grande vettore che ci auguriamo stia per nascere (e in cui acPag. 24canto ad Air France e Klm entrerà anche Alitalia, con il suo marchio, le sue caratteristiche e tradizioni), sia un fatto positivo.
Vi è il problema, signor Ministro, dell'occupazione di cui vorremmo capire di più. Ci preoccupa la questione del lavoro e dei lavoratori. Vogliamo capire se ci sono ipotesi di sviluppo o di contrazione al di là dei flussi di traffico. Si è parlato poco di ciò e vorremmo saperne di più.
Vorremmo che finalmente il Governo affrontasse il problema del contratto unico di settore, che non esiste. È una questione delicata, soprattutto perché consente alle compagnie low cost, che hanno contratti completamente diversi, addirittura di Paesi stranieri che operano in Italia, di fare una concorrenza che non voglio definire sleale, ma che le pone in una posizione di grande vantaggio rispetto ai vettori che operano in base ai contratti nazionali.
Si potrebbe approfondire il modello francese, che sulla questione ha già realizzato qualcosa di positivo, e anche su questo argomento chiediamo al Ministro delle risposte.
Vi è un'ultima questione e concludo. Sarebbe ora, signor Ministro, che il Parlamento sia messo a conoscenza almeno dei punti essenziali, delle linee guida, del progetto industriale di cui sia tra noi sia in Alitalia si sta discutendo. Lo dico non per sfiducia, signor Ministro, nei confronti del consiglio di amministrazione che ha ricevuto un mandato dal Ministro e dal Governo per trattare, ma perché finalmente in questo modo si potranno fugare dubbi, perplessità, ambiguità e qualche zona di opacità. La comunicazione è importante; il Paese vuole sapere cosa stiamo facendo. Io credo che agire nella chiarezza aiuti il Governo e aiuti tutti noi e i cittadini a comprendere (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Volontè, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00269. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, il destino di Alitalia e l'importanza strategica del settore del trasporto aereo necessitano di un approfondimento e non possono pertanto essere sottratti al confronto parlamentare, onorevole Ministro. Il primo elemento di questa discussione ha però una lacuna oggettiva dato che, tra i molti impegni che noi chiediamo che il Governo assuma, se potrà farlo nel caso in cui venissero accettate le nostre mozioni, vi è quello di fornire le comunicazioni dopo la votazione di questi documenti. La prima lacuna non indifferente nella discussione odierna è rappresentata dall'aver dovuto leggere e approfondire le offerte e le riunioni di consigli di amministrazione da importanti quotidiani italiani, senza averne avuto pressoché alcuna notizia nelle Commissioni parlamentari.
L'impegno che noi chiediamo al Governo è molto chiaro: fornire immediatamente ogni utile informazione relativa all'offerta di acquisto presentata dalla società Air France-Klm, il relativo piano industriale, ma anche tutte le altre offerte di acquisto pervenute in relazione all'ipotizzata acquisizione delle quote di Alitalia; precisare quali siano stati i motivi di natura industriale che hanno determinato la scelta di avviare le trattative esclusivamente con la compagnia francese e se si tratti di una cessione soltanto parziale o totale delle azioni possedute dall'azionista di riferimento; tutelare il patrimonio di investimenti intrapresi dagli enti interessati in termini di infrastrutture legate alla cosiddetta catchment area di Malpensa, invitando a partecipare all'eventuale trattativa di cessione di Alitalia i soggetti interessati sul territorio, tra cui la regione Lombardia, la provincia di Varese e, quanto meno, il comune di Milano, enti locali che lei ha incontrato qualche ora fa; chiarire qual è e quale sarà il ruolo di Alitalia nella proposta di Air France-Klm, per esempio informando il Parlamento sulla base di quali criteri siano stati venduti gli slot di Alitalia a London Heathrow e secondo quale visione strategica, atteso che tale cessione avviene proprio durante il processo di vendita della compagnia.Pag. 25
Le chiediamo di specificare quali criteri sono stati adottati dal Governo per convalidare la decisione tecnica del consiglio di amministrazione di Alitalia e di specificare e precisare ulteriormente se intende rispettare i principi di trasparenza e non discriminazione, sanciti dalla normativa vigente in tema di dismissione di pubbliche partecipazioni, ed espressione del principio costituzionale di imparzialità. Chiediamo di assumere ogni utile iniziativa per il rilancio di Alitalia nell'ambito di un quadro più ampio di riforma del trasporto aereo del nostro Paese già avviato la scorsa legislatura, che però va completato, come hanno chiesto anche esponenti della sua maggioranza, con scelte chiare anche rispetto ai diversi asset infrastrutturali: il piano aeroportuale per esempio del nostro Paese e non solo del nord.
Sono da prevedere, onorevole Ministro dell'economia e delle finanze, interventi volti a valorizzare gli attuali asset infrastrutturali, garantendo, ad esempio, per Malpensa l'immediato rilascio degli slot non più utilizzati da Alitalia, affinché possano essere messi da subito a disposizione delle compagnie che volessero servirsene per realizzare nuovi collegamenti. C'è da valutare una revisione degli accordi bilaterali internazionali per il traffico, al fine di favorire la «libertà di volo» dei cittadini e promuovere - perché no! -, attraverso il nostro Ministro per le politiche comunitarie, una sostanziale liberalizzazione del mercato, intervenendo presso le competenti istituzioni europee e modificando le normative nazionali, relative ai diritti di traffico e all'assegnazione degli slot, in senso più liberistico e nella direzione del mercato. Sono da valutare in modo serio e approfondito tutte le offerte di acquisto pervenute su Alitalia al fine di verificare la presenza e l'attendibilità nelle proposte e quindi, nei rispettivi piani industriali, di quegli elementi in grado di raggiungere effettivamente gli obiettivi di risanamento e di rilancio della compagnia di bandiera. Sono assolutamente da scongiurare, come ho detto anche per gli asset infrastrutturali, ridimensionamenti dei livelli occupazionali per i lavoratori di Malpensa e del sistema economico indotto in quella realtà.
Onorevole Ministro dell'economia e delle finanze, la scelta di fare di Malpensa un hub venne compiuta da un Governo di centrosinistra, per esplicita volontà dell'allora Ministro Bersani. Era, e abbiamo creduto tutti fosse, una straordinaria occasione di sviluppo; Malpensa era identificato come l'hub di sviluppo meridionale dell'intera Europa.
Ora, da questo punto di vista e senza avere per nulla un recondito pensiero di volere, in funzione dello sviluppo di Malpensa, una diminuzione della centralità di Fiumicino, c'è bisogno che sull'intera vicenda, a partire dal piano aeroportuale nazionale e dalle certezze che, purtroppo, mancano al Parlamento di un confronto serrato con lei e con il Governo rispetto alle offerte che sono pervenute (Air France-Klm, ma non solo), ci sia una riflessione impegnativa, seria e completa che consenta, da un lato, un ulteriore sviluppo di un hub internazionale e, dall'altro, un ulteriore e forte sviluppo della centralità dell'aeroporto di Fiumicino, ma, soprattutto, uno sviluppo più serio, più equilibrato e trasparente - mi consenta di dirlo - rispetto a una vicenda sulla quale gravano ombre, anche di comunicazione, che purtroppo non possono essere svelate oggi, ma che confidiamo lei voglia svelarci, in un confronto dialettico nelle Commissioni competenti, fin dalle prossime ore [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.

MARIO RICCI. Signor Presidente, signor Ministro, cari colleghi e care colleghe, sia in queste ultime settimane sia oggi mi pare di ascoltare una discussione che, a mio avviso, ha un vizio di origine. Anche noi non nascondiamo che la vicenda Alitalia e le sue prospettive si connettono strettamente anche con la vicenda di Malpensa (direi di più: si tratta di una vicendaPag. 26che attiene all'intero sistema aeroportuale del nostro Paese).
Però questa associazione è in parte fuorviante, perché, se questo Governo ha un merito, è proprio quello di avere determinato un'accelerazione finale, con scelte condivisibili o meno, per uscire da un calvario e da una dispersione di energie pubbliche ingenti ai quali è stata sottoposta Alitalia nel corso di questi ormai lunghi quindici anni.
Non vogliamo riportare la discussione indietro, perché oggi ci preme poter dare il nostro contributo affinché la trattativa avviata per iniziare un processo di risanamento della compagnia e collocarla in una condizione a livello mondiale, anche per garantire lo sviluppo del nostro mercato nazionale nel trasporto aereo, possa concludersi e, in questo senso, attendiamo con grande interesse anche l'informazione che, credo, il Ministro Padoa Schioppa vorrà dare sullo stato delle trattative con Air France alla fine di questo dibattito.
Dicevo che non vogliamo riportare la discussione indietro, ma la vicenda Alitalia - lo ricordiamo - dovrebbe in qualche modo farci fare tesoro di un'esperienza abbastanza drammatica dal punto di vista degli investimenti pubblici e dal punto di vista della conduzione di un servizio pubblico fondamentale, che, come già qualcuno richiamava, riguarda un diritto previsto dall'articolo 16 della Costituzione, ossia il diritto alla mobilità dei cittadini.
Voglio dire che Alitalia, a differenza di Air France, negli anni Novanta ha conosciuto un Governo che galleggiava sulla sua difficoltà finanziaria senza riuscire o volere riuscire a decidere le prospettive di questa grande compagnia aerea. A quel tempo si stavano sviluppando processi di profonda trasformazione nel trasporto aereo a livello mondiale e cresceva la domanda dell'utenza in questo segmento: Air France, che oggi pare essere una compagnia di livello mondiale, entro la quale può trovare soluzione anche il risanamento di Alitalia, ha prodotto un grande sforzo con il Governo francese, attraverso un piano industriale e un ingente investimento di oltre 3 mila miliardi, per avviare una nuova strategia che sapesse aggredire i nuovi fenomeni relativi allo sviluppo del trasporto aereo a livello nazionale e internazionale. Il meccanismo è stato ricordato, anche se in modo abbastanza impreciso: attraverso questo piano di investimenti e una ricapitalizzazione con la ricerca di nuovi soci azionisti, sono stati drenati sul mercato 3 mila miliardi, oltretutto rimanendo soggetto pubblico, con il Governo francese azionista di riferimento e di controllo della compagnia. Tutto ciò è avvenuto, dunque, attraverso la moltiplicazione dell'azionariato, con la creazione di public company e così via, tant'è che con il 18,4 per cento il Governo ha mantenuto il controllo della società. Air France è diventata una grande compagnia a livello mondiale; Alitalia, invece - come dicevo prima - galleggiava e ha investito ingenti risorse finanziarie per arrivare al limite del fallimento.
Intendo dire che i processi di privatizzazione che il nostro Paese ha avviato, a cominciare da Alitalia, danno questi risultati. La quotazione in borsa di Alitalia è stato il primo grande vizio di forma per una grande azienda di servizi pubblici fondamentali. Lo voglio ricordare perché i nostri Governi e il nostro Paese non abbiano a continuare questa pratica, che comporta la dispersione di ingenti mezzi finanziari e, comunque, non organizza, all'altezza della richiesta e dei bisogni, un servizio che deve garantire un diritto a carattere universale come la mobilità o come, in altri settori, il soddisfacimento dei bisogni delle classi popolari e dell'intero Paese.
Quindi, si tratta di una lezione che dovremmo trarre per non commettere gli stessi errori. Mi viene da chiedermi cosa faremo di Poste Spa nel nostro Paese, se procederemo alla privatizzazione o meno, e così delle ferrovie: la vicenda di Alitalia rappresenta uno spunto di riflessione che anche in questa discussione vogliamo rappresentare.
Non si possono associare le difficoltà, il mancato sviluppo e valorizzazione delle potenzialità di Malpensa con la crisi finanziaria di Alitalia, anche se le cose siPag. 27intrecciano. Infatti, come è già stato detto, voglio sottolineare che le difficoltà di Malpensa dipendono esclusivamente, secondo il nostro punto di vista, da tre elementi abbastanza semplici. In primo luogo, il mancato adeguamento, attraverso un piano di sviluppo, della infrastrutturazione tale da collegare la stessa città di Milano con l'aeroporto di Malpensa.
In proposito, desidero sottolineare - come richiamava il collega e compagno Attili - che la SEA Spa, che gestisce l'aeroporto di Malpensa insieme agli enti locali, negli ultimi sette o otto anni ha incassato quasi 2 mila miliardi di profitti, ma non ha investito (come invece avrebbe dovuto) per adeguare lo scalo di Malpensa alle necessità del caso, né ha prodotto alcun piano di investimento.
Secondo elemento assai chiaro da sottolineare è la proliferazione degli aeroporti in Lombardia e in generale nel territorio del nord. Credo che, nel quadro della rivisitazione programmatoria del sistema aeroportuale italiano, dobbiamo svolgere su questo aspetto una riflessione di merito. Il nostro Paese e il suo Governo, in primo luogo hanno fin qui delegato alle compagnie più forti (soprattutto quelle low-cost) la programmazione per quanto riguarda il settore del trasporto aereo italiano: occorre uscire da questa negligenza e riprendere la capacità di una politica di programmazione.
Infine, si parla sempre di mercato, di produttività e dell'esigenza di non proseguire sulla strada di una spesa pubblica che fa capo alle necessità dell'adeguamento dei servizi e delle aziende pubblici: bene, ma la produttività delle aziende deve essere tenuta in considerazione sempre, non solo quando fa comodo. La produttività dell'azienda Malpensa è ad un tasso basso: come anche qui si è ricordato, per organizzare e attrarre l'utenza sui voli intercontinentali (non solo dalla Lombardia, ma da tutto il nord del Paese), Alitalia spendeva ed aveva un deficit di oltre 200 milioni di euro l'anno (o queste cifre sono smentite oppure dobbiamo assumere anch'esse come elemento di riflessione).
È questo il dato di merito che vogliamo sottolineare: da parte del piano industriale di Alitalia non vi è alcuna volontà di penalizzare Malpensa. Aggiungiamo di più: noi, che - per così dire - dissacriamo il mercato, affermiamo comunque che, se il mercato davvero presenta una capacità di attrazione nell'organizzazione dei voli da Malpensa verso le destinazioni intercontinentali, allora, una volta che Alitalia si sia liberata da questo compito incombente, le altre compagnie si accomodino pure per organizzare questi voli, cosicché passi anche da qui la possibilità di un utilizzo e di una valorizzazione delle attuali potenzialità di Malpensa.
In conclusione, al punto in cui siamo crediamo che questa soluzione possa in qualche modo far uscire dalle secche una vicenda che il Paese si trascina da oltre quindici anni. In proposito, abbiamo esposto la nostra posizione e vorremmo ribadirla: noi eravamo contrari alla privatizzazione, ma siamo riusciti a far inserire nella mozione un punto che riteniamo importante anche ai fini della garanzia dello sviluppo del mercato nazionale del trasporto aereo, ossia che in questa nuova operazione resti comunque una presenza pubblica italiana in grado di incidere su questi processi. Ciò riguarda soprattutto la fase di trapasso dell'Alitalia verso il nuovo gruppo Air France-Klm: il governo di tali fasi, infatti, sarà complesso, presenterà momenti difficili e determinerà anche tensioni sociali; la nostra presenza, la presenza del Governo italiano, potrà dunque favorire in maniera compiuta e positiva anche il superamento e la soluzione di queste tensioni. Penso ai possibili, eventuali esuberi, a come gestire la questione del personale, alla necessità di garantire che in Italia rimanga soprattutto quella nicchia di politica industriale legata allo sviluppo della manutenzione che si era sviluppata nel corso di questi straordinari anni di esperienza di Alitalia nel nostro Paese.
In questo senso noi vigileremo: non abbiamo infatti rinunciato alla nostra impostazione di fondo, ma dal momento che siamo un partito che guarda ai fatti inPag. 28maniera concreta, con la sottoscrizione della mozione determiniamo oggi un contributo che va in questa direzione.
Saremo attenti però, come dicevamo, a non procedere - come si è fatto per Alitalia - a processi di privatizzazione che in qualche modo comportino un ulteriore contributo al possibile declino del Paese nello sviluppo e nello svolgimento dei servizi pubblici fondamentali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, affrontiamo la discussione su questo tema - e non è la prima volta, anzi è la terza in meno di un anno - in un clima singolare: aumentano i tassi di crescita della domanda di trasporto aereo nel nostro Paese; aumentano i volumi di traffico sia di Malpensa (più di tutti gli altri), sia di Fiumicino; aumenta il prodotto interno lordo delle regioni del nord rispetto al resto del Paese; è aumentato in maniera esponenziale nelle scorse leggi finanziarie l'investimento del Governo - di questo Governo - per le infrastrutture della Lombardia, in particolare per quelle legate allo sviluppo e alla connessione con l'aeroporto di Malpensa.
Noi, il Governo e la maggioranza che lo sostiene, però, in presenza di tutte queste condizioni strutturali oggettivamente positive, abbiamo ereditato una situazione deteriorata sia per ciò che riguarda la compagnia di bandiera Alitalia, sia per quanto concerne il rapporto tra questa e l'aeroporto di Malpensa.
A noi che presentiamo la mozione di maggioranza interessa il futuro dell'aeroporto di Malpensa ed il futuro dei lavoratori della società che serve l'esercizio aeroportuale di quell'aeroporto; a noi interessa il futuro infrastrutturale, economico e di sviluppo del nord del Paese. Tuttavia, tutte queste definizioni, pur se articolatamente contenute nella nostra mozione, sono riduttive rispetto ad una definizione politica - ma anche economica - più generale, che deve indurre tutti coloro che siedono in questo Parlamento, a prescindere dagli schieramenti, a considerare la questione Alitalia o Malpensa come una grande questione nazionale.
Solo considerando questa sua dimensione nazionale, possiamo determinare le condizioni oggettivamente difficili - molto difficili - per una risoluzione del problema. Onorevole De Corato, io e lei eravamo insieme nell'aula di Palazzo Marino al consiglio comunale di Milano (lei era vicesindaco ed io consigliere comunale capogruppo dei Democratici di Sinistra), quando lei e il sindaco Albertini difendevate la quota di mercato milanese dell'aeroporto di Linate, determinando una delle condizioni di danneggiamento delle quote di mercato di Malpensa, di cui oggi paghiamo le conseguenze.
Veda, onorevole De Corato, io ero nell'aula del consiglio comunale di Milano quando ingenti somme derivanti dagli utili della SEA venivano utilizzate per il bilancio del comune di Milano e non per investimenti utili a riaffermare il ruolo di Malpensa. Io c'ero, ma noi eravamo su due fronti diversi: lei votò a favore ed io contro!
In quella vicenda - mi rivolgo a lei, onorevole De Corato, perché ho ascoltato con attenzione il suo intervento, ma ciò riguarderebbe anche altri interventi che ho ascoltato da parte del centrodestra - si evidenzia che una pura, mera difesa localistica di alcune delle questioni legate a questo problema non serve a risolvere il problema.
Non ho capito, rispetto ad altre critiche che sono state rivolte al Governo, che cosa avrebbero voluto che si facesse coloro che da sempre si richiamano al liberismo economico: avrebbero voluto che noi continuassimo a drogare un'azienda pubblica decotta con iniezioni di denaro pubblico, come è stato fatto negli anni scorsi, tra il 2004 e il 2005?
Oppure - mi rivolgo a coloro che da anni lottano contro lo statalismo centralista romano - avrebbero voluto che le decisioni di politica aziendale venisseroPag. 29assunte, con prese di posizione politiche o partitiche, dal Governo? No, noi abbiamo un'idea diversa.
Con la mozione che abbiamo presentato, noi rivendichiamo il ruolo del Governo nello scegliere logiche di mercato per la risoluzione del problema Alitalia, non consumando più denaro pubblico (come è stato fatto in passato) per ricapitalizzare un'azienda che non poteva sopravvivere.
Invitiamo il Governo ad accelerare l'elaborazione e la presentazione di un piano nazionale aeroportuale, con particolare riguardo alla questione del nord e della Lombardia, e incentiviamo il Governo affinché continui in maniera proficua il rapporto con le istituzioni milanesi - città, provincia e regione - al fine di adottare insieme le iniziative più utili, necessarie per risolvere il problema che abbiamo di fronte.
Con una logica che guarda al mercato, chiediamo che vengano liberati gli slot inutilizzati di Malpensa per chiedere al mercato di sostituire ciò che Alitalia non ha saputo o non ha voluto sfruttare delle sue potenzialità, perché crediamo comunque nel futuro di questo scalo, a prescindere da quale sarà il futuro di Alitalia e dalle scelte che il Governo assumerà nella privatizzazione di tale azienda, che riteniamo giusta e nella quale confidiamo.
Chiediamo al Governo di adottare tutte le più utili iniziative al fine di sviluppare la funzione di Malpensa come cargo city (aeroporto delle merci), perché comunque abbiamo a cuore la vocazione di Malpensa, inscritta in maniera centrale nel reticolo economico industriale di quell'aerea fondamentale del Paese.
Solo separando le vicende delle scelte che hanno ad oggetto il futuro di Alitalia dalle vicende che riguardano il dovere di questo o di qualsiasi Governo nazionale e di questo o di qualsiasi Parlamento italiano di tenere a cuore lo sviluppo del nord, della Lombardia e dell'insieme del Paese, nonché il futuro di Malpensa e le sue molte possibilità e prerogative, che non sono più cancellabili, e solo con una logica nazionale che guardi al mercato, potremo salvaguardare, da un lato, il futuro del trasporto aereo del Paese e, dall'altro lato, il futuro dello sviluppo economico di una parte così rilevante della nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, la decisione di ridimensionare l'aeroporto di Malpensa rappresenta due cose nello stesso tempo. È un danno all'economia del nord, un gigantesco danno, che si può quantificare in 15 miliardi di euro, ossia in un punto percentuale del PIL o in migliaia di posti di lavoro che vanno in fumo; ma è anche un'altra cosa: è la spia, l'ulteriore spia, della questione settentrionale, che è esplosa ed è ormai indifferibile e che lo Stato non vuole affrontare.
Ministro Padoa Schioppa, lo Stato, dopo averci preso i soldi attraverso le tasse che si pagano in Padania per finanziare, anno dopo anno, i buchi di Alitalia, adesso vuole svendere l'aeroporto - esatto: l'aeroporto -, proprio attraverso le rotte che Air France, con il piano industriale in discussione, vorrebbe trasferire all'aeroporto di Fiumicino per poi riportarle, in realtà, sull'aeroporto di Parigi.
Ciò che sta accadendo è incredibile! Anche in quest'Aula non vedo una sufficiente consapevolezza del passaggio politico che stiamo vivendo; si svende, come si suol dire, la nostra argenteria, perché è chiaro a tutti che siamo di fronte a un'operazione di questo tipo.
Il problema non è Alitalia, ma è Malpensa con le sue rotte.
Le rotte rappresentano qualcosa di molto importante, in quanto potremmo dire che sono il corrispettivo di un diritto di proprietà, ovvero della possibilità di partire e di atterrare su un determinato territorio. Queste rotte non sono di proprietà di Alitalia e dello Stato, non possono essere di proprietà di Air France, ma devono essere di proprietà del territorio e dell'aeroporto di Malpensa e il territorioPag. 30deve essere in grado di poterle collocare. È questo che noi chiediamo. Alitalia (dopo che l'abbiamo pagata non una, ma 10-100 volte) deve lasciarci queste rotte e deve poterci dare - su tale aspetto è indispensabile l'azione del Governo - il tempo e il modo per poter collocare le rotte; il tempo e il modo, come si è verificato in altre occasioni. Ricordo che quando si è trattato di realizzare la fusione tra Klm e Air France per l'aeroporto di Amsterdam si è ottenuta una moratoria di ben sette anni, che ha consentito di gestire quella fase molto difficile. Su questo aspetto non avete detto niente, oltre ad non avere reso noto nei dettagli il piano industriale sotteso alla possibile e ormai quasi certa cessione di Alitalia.
Vorrei rimarcare un altro aspetto, ovvero che, essendo il problema di Malpensa una delle spie sia della questione settentrionale sia della disattenzione che il Governo ha dimostrato e dimostra nei confronti del nord, a fronte di ciò voi cercate di sminuire la realtà e di fare i furbi. Affermate, infatti, che Malpensa non è così importante - lo ha detto anche l'amministratore delegato di Air France, sostenendo che Malpensa ha fatto il male di Alitalia - quando invece Malpensa era l'unico strumento positivo che in qualche modo riusciva a tenere in piedi Alitalia. Come un'azienda che ha due rami: un ramo che va male (come l'aeroporto di Fiumicino, che non ha le caratteristiche per essere un hub) e un ramo che va bene (ovvero l'aeroporto di Malpensa che, invece, ha tutte le caratteristiche per essere un hub e svilupparsi). Voi pensate di avallare una scelta che taglia il ramo d'azienda che va bene, mentre cerca di investire sul ramo di azienda che va male. Questa è la prima falsità.
La seconda falsità, detta e scritta grazie ad una stampa compiacente e ad alcuni quotidiani che fanno sistematicamente gli interessi di Roma, è stata quella di sostenere che Malpensa non sarebbe l'aeroporto della Padania, bensì solo l'aeroporto della Lombardia, o meglio della provincia di Varese. Ciò non è assolutamente vero! Malpensa è l'aeroporto della Padania e di tutto il nord, tant'è che la mobilitazione vi è stata non soltanto in Lombardia, ma anche in Piemonte.
Ricordo, ad esempio, una riunione della settimana scorsa, svoltasi a Novara, organizzata dalle categorie produttive, in cui erano presenti appunto tutte le categorie produttive. È intervenuto anche l'onorevole Bossi, cui tutti gli intervenuti hanno conferito apposito mandato, in quanto è stato identificato non solo come leader della Lega, ma anche come leader del nord e dell'unica forza politica che in Parlamento fa sentire la voce del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Infatti, ci piacerebbe sentire anche la voce degli altri parlamentari eletti al nord! Oggi state dicendo frasi di circostanza e state tenendo un atteggiamento appiattito sulla posizione del Governo, mentre sarebbe stato il caso di sentire la vostra voce su questo aspetto e la vostra vera posizione. Infatti, ciò che dite sul territorio o ciò che raccontate nei corridoi è diverso da quello che sostenete nell'ufficialità dell'Aula. Abbiate il coraggio di dire la verità e di far sentire la vostra voce in difesa degli interessi di un territorio che raggruppa venticinque milioni di persone, milioni di imprese e di lavoratori! Si tratta proprio di quei lavoratori che voi, a parole dite di voler tutelare, ma solo per riempirvi la bocca.
Quello che sta accadendo è l'ennesimo schiaffo al nord. Stiamo provando in ogni modo a far assumere al Governo una posizione responsabile. Signor Ministro, se così non dovesse essere, sappia che siamo stufi di porgere sempre l'altra guancia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti del liceo classico Varrone di Rieti, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, rispondo subito all'invito dell'onorevole Cota, facendo sentire la voce fortePag. 31di Forza Italia in segno di protesta, anche soltanto per il modo in cui oggi è stato trattato il «governatore» della regione Lombardia Formigoni, il quale ha già lamentato, secondo quanto riportato da tutte le agenzie giornalistiche il fatto che le sue istanze nei suoi confronti, signor Ministro, siano rimaste assolutamente inascoltate. Sinceramente, ciò che noi lamentiamo nelle vicenda Alitalia - siamo certi che lei potrà capirlo, per il suo cursus e per il suo curriculum, con grande onestà - è l'assoluta mancanza di trasparenza. L'asta è stata condotta con canoni non accettabili, trattandosi di un'azienda così importante, un'azienda di Stato che ha rilevanti connessioni e implicazioni con il sistema Paese e con il sistema dei trasporti italiano.
È assente il Ministro Bianchi, che, come sappiamo, è stato esautorato in buona parte nelle sue decisioni, ma riteniamo che il Governo abbia deciso per Air France prima ancora di condurre in porto l'asta (gestita in due momenti, entrambi fallimentari), che, di certo, dell'asta ha solo i costi (professionali, di advisor, per le valutazioni, contemporanei e successivi), mentre per ora, signor Ministro, presenta davvero pochi e limitati vantaggi per il Paese. Nella vicenda relativa alla Guardia di finanza l'abbiamo sentita rivendicare l'importanza, per un Governo, di poter decidere in autonomia. È vero, signor Ministro: certamente un Governo deve decidere riguardo alle nomine e ai diversi temi delicati per un Paese, come il nostro, in piena autonomia e in totale autorevolezza, ma in uno Stato di diritto il Governo risponde al Parlamento e un Ministro è ancora più autorevole se viene eletto. Mi consenta: un Ministro, quando è tecnico, deve rispondere ancora più fortemente alle istanze del Parlamento. Siete venuti in Parlamento a spiegare la vicenda Alitalia con gravissimo ritardo e solamente dopo decine di istanze provenute da tutti i banchi della maggioranza e dell'opposizione. Ciò non è corretto e soprattutto, tornando alla premessa, non è trasparente nei confronti del sistema Paese, del sistema dei trasporti e delle migliaia di azionisti di Alitalia, che hanno visto scendere di diversi punti percentuali, di giorno in giorno, il titolo quotato in borsa, fino ad arrivare, nelle offerte presentate dai competitor attualmente presenti all'asta, ad una soglia vicina allo zero.
Signor Ministro, crediamo davvero che non si possa condurre una cessione così delicata in questo modo e che non si possa trattare una parte del Paese, quella più produttiva, in tal modo. Il nord non può servire per raccogliere i fondi e le tasse e poi per essere la «discarica» dei problemi del Paese, non solo in senso figurato (mi riferisco anche ai recenti problemi che ben conosciamo). Malpensa non può essere cancellato improvvisamente tout court, senza tenere in considerazione le ricadute in termini tecnici e in termini di sistema dei trasporti, di infrastrutture, di gestione dei dipendenti e del personale di tutto l'indotto. Si calcola che solamente l'ipotesi di chiusura di Malpensa potrebbe portare ad un calo degli occupati di ottomila unità, in aggiunta agli oltre duemila direttamente collegati a Malpensa. Diecimila persone dipendono dalle sorti della predetta asta, gestita in modo clamorosamente fallimentare. Inoltre, oggi, in Parlamento (quindi, non in un contesto qualsiasi), siamo nell'impossibilità di confrontare le due ipotesi di cessione.
Mentre Air One - e il sottoscritto non è mai stato tenero nei confronti di Air One: sono stato critico fin dall'inizio, ho rilevato alcuni elementi di debolezza dell'altra compagnia italiana - ha fornito, in maniera chiara, i punti salienti sul piano industriale, ancora non conosciamo in modo trasparente le offerte reali e concrete di Air France. Se oggi si dovesse cercare un confronto trasparente tra i due piani, signor Ministro, non si troverebbero punti di raffronto davvero concreti e fattivi. Mentre Ap holding, per esempio, prevede l'integrazione tra due compagnie che sono entrambe italiane e si prevede un piano che è estremamente chiaro in questa stessa integrazione, non è affatto chiaro che cosa succede nella realtà con il piano di Air France. Air France sembra riprendere ciò che era previsto da Alitalia nelPag. 32suo attuale vertice, cioè un piano di cosiddetta sopravvivenza e transizione, il che è molto diverso dal prevedere un reale e strategico piano industriale.
Air One prevedeva sinergie che forse si possono realizzare, vi sono certamente punti interrogativi sulla tenuta finanziaria, ma almeno vi sono sinergie chiare, mentre non sono chiare le sinergie che propone Air France. Anche riguardo al risanamento: lei sa che Ap holding prevede investimenti annunciati per 5,3 miliardi di euro entro il 2012, con un aumento di capitale di un miliardo di euro. Si prevedono 130 nuovi aeroplani, si porta la flotta a 220 aerei, con 40 aerei previsti per il lungo raggio. Molto meno chiaro è ciò che prevede, sotto questo profilo - squisitamente tecnico, ma come lei capisce, estremamente importante nella strategia industriale - Air France, che parla di investimenti distribuiti in un piano di addirittura quindici anni. Lei sa, signor Ministro, che quindici anni, per un settore come quello aeronautico, sono una cifra temporale davvero rilevante.
Poi, se si fosse optato per Air One, si sarebbe scelto comunque un vettore, o meglio un'integrazione tra due vettori, che sarebbero diventati sicuramente il quarto vettore a livello continentale dopo Air France, British Airways, e Lufthansa. Dando invece la «palla» a Air France, non è assolutamente chiaro ciò che succede. Di chiaro vi è che vi sarebbe un drastico taglio del ruolo di Alitalia, non solo nel nostro Paese, ma anche a livello europeo. Poi vi è il modello operativo: Air One - signor Ministro, sono costretto a fare confronti che non hanno la dignità del confronto, perché mentre Air One ha posto questi punti chiaramente sul tavolo, dobbiamo quasi dedurre quelli di Air France da alcune dichiarazioni - prevede un modello operativo a sei basi (Milano, Roma, Catania, Venezia, Napoli e Torino) e due aeroporti di pari entità (nemmeno a dirlo, Fiumicino e Malpensa), non è affatto chiaro quanto prevede Air France a proposito di tale modello a più basi. Ciò che è evidente, però, è che si prevede una drastica riduzione del ruolo di Malpensa, con le conseguenze che ho ricordato in premessa, ma che sono ancora tutte da valutare all'interno di un sistema aeroportuale non solo nazionale, ma europeo. È chiaro che Air France ha tutto il vantaggio ad annullare Malpensa: così facendo, amplificherà il ruolo di Parigi ed evidentemente un qualsiasi cittadino del nord, che dovrà raggiungere destinazioni intercontinentali, vi si dovrà recare facendo scalo a Parigi, usufruendo, chissà perché, direttamente dei voli Air France.
Sappiamo che Air One prevede, entro il 2012, collegamenti intercontinentali tra Milano e sedici destinazioni e tra Roma e diciassette destinazioni, mentre il piano di cui si parla per Air France prevede un drastico ridimensionamento di tali collegamenti internazionali. In un momento in cui la globalizzazione, non solo tra i cittadini, ma delle merci, delle aziende e di tutto il sistema economico, è all'ordine del giorno in tutti i Paesi del mondo, in un momento in cui tutti i Paesi cercano di collegarsi al meglio, in un momento in cui l'export sta diventando sempre più fondamentale per il nostro Paese, che è un Paese trasformatore per definizione, noi cosa facciamo? Riduciamo il ruolo della nostra compagnia di bandiera, a tutto sfavore dei possibili collegamenti con l'estero! Poi, signor Ministro, quando ha tempo di ascoltare anche gli interlocutori in Parlamento... Credo che, non recandosi spesso in Parlamento, se i Ministri del Governo, quando sono presenti, dedicassero un po' di attenzione, sarebbe comunque una nota positiva. Air France prevede, anche a livello decisionale, che la «testa pensante», il ruolo direttivo, le sedi centrali e le sedi direzionali siano tutte spostate a Parigi.
Tutto ciò può non avere implicazioni reali e strategiche nei primissimi mesi o nei primi anni di gestione della flotta, ma lei capisce, signor Ministro, che spostando il ruolo decisionale nella capitale francese di una compagnia che è francese da sempre, certamente anche le decisioni non saranno prese in favore del nostro territorio. Vi è inoltre il nodo vero, uno dei nodi più importanti, che è quello dell'AZPag. 33Service. Su questo argomento vorrei proprio che il Governo, lei signor Ministro e il Ministro Bianchi, ci deste risposte illuminanti. AZ Service, tanto per ricordarlo ai colleghi parlamentari e ai sindacati che ho visto un po' assenti in questa diatriba, è l'azienda di servizi che occupa circa la metà dei dipendenti del gruppo Alitalia e che quindi non può essere trascurata. Mentre è chiaro quello che vorrebbe Air One per AZ Service, come ad esempio alcuni ridimensionamenti, l'amministratore delegato di Air France, Spinetta, ha dichiarato: «Il nodo Alitalia servizi è un argomento che domino male ma che cercherò di approfondire il più in fretta possibile per trovare una soluzione economicamente solida e socialmente accettabile». Lei mi dica, signor Ministro, anche sulla base della sua autorevolezza, se noi come parlamentari, il Parlamento e i sindacati possiamo accettare che un tema che riguarda la metà dei dipendenti dell'Alitalia e l'intero sistema dei servizi gestito da una compagnia di bandiera nazionale possa essere affrontato con una superficialità di questo tipo e se noi possiamo accettare che l'amministratore delegato della società che sta acquistando Alitalia ci dica che deve ancora studiare un tema che rappresenta il nodo centrale e di non saperne ancora nulla. Noi veniamo in Parlamento, oggi, ad affrontare una questione di questo tipo, con le implicazioni che ha in termini di personale, di ricadute economiche sul sistema dei trasporti e sul sistema economico italiano, senza neppure sapere quale sia il pensiero dell'amministratore delegato di Air France. È questa la mancanza di trasparenza che lamentavo all'inizio del mio intervento, è questo ciò che trovo assolutamente indecoroso da parte vostra, come Esecutivo. Quali sono gli sviluppi di questi punti? Quali sono le soluzioni? Che cosa si vuole fare di AZ Service? Si vuole vendere? Cedere? Si cancella? Si utilizza? Si integra con Air France o rimane semplicemente un contenitore che si vuole svuotare? Qual è la soluzione proposta?
Se vi fosse un'integrazione con Air One - lei, signor Ministro, lo sa bene - bisognerebbe sottoporre questa possibile acquisizione al vaglio dell'Antitrust nazionale dato che è chiaro che si tratterebbe della classica acquisizione che merita uno studio da parte dell'Antitrust italiano. Al riguardo, esisterebbe il problema che l'Antitrust italiano, per prendere una decisione, avrebbe bisogno, in termini temporali, di circa un mese o di qualche settimana e questo implicherebbe, comunque, lo spostamento del piano industriale nel tempo. Durante questo spostamento temporale l'Alitalia perderebbe, comunque, del denaro e i soldi degli azionisti e dei cittadini italiani. Se, però, l'acquirente dovesse essere Air France, l'Antitrust non sarebbe più quello nazionale, ma quello europeo che nella media dei dispositivi fino ad ora emanati ha necessitato, per una pronuncia, di un lasso tempo di circa sei mesi che, per un'acquisizione di questo tipo, potrebbe slittare a sei o a nove mesi. In un arco temporale certo non breve, in cui l'Antitrust continentale dovrebbe prendere in esame questo argomento e vagliarlo con la necessaria delicatezza, mi chiedo: quale sarebbe il piano industriale adottato? Quali sarebbero le soluzioni proposte e quale è oggi il pensiero di Air France e del nostro Governo riguardo alle possibili ipotesi di contestazione di una integrazione così importante e rilevante?
Credo che il modello Air One passi attraverso alcuni punti di forza che sono comunque chiari, come quelli che riguardano l'integrazione tra due operatori nazionali, lo sviluppo di un nuovo modello di business, il rinnovo della flotta, un piano di investimenti che quantomeno viene enunciato, una ristrutturazione di AZ Service e nuova riorganizzazione della manutenzione. Quello che è chiaro, per ora, del piano di Air France, che comunque non ha ancora sviluppato con la necessaria trasparenza il futuro della nostra compagnia, sono i seguenti punti: un disimpegno di Malpensa, un parziale sviluppo di Fiumicino, una riduzione della flotta, un insufficiente rinnovo degli aeromobili, perlomeno fino al 2015, un investimento sul capitale di 750 milioni di euro da confrontarsi ai mille milioni di euro propostiPag. 34da Air One e la rinuncia annunciata, anche se non formalizzata, al ruolo di AZ Service.
Tuttavia, signor Ministro, con la stessa serietà le dico che questo Parlamento non è messo, perlomeno ad oggi, nelle condizioni di votare serenamente la vostra mozione, perché, per i motivi che ho illustrato, non vi sono le condizioni per valutare soprattutto il piano strategico di Air France.
Inoltre, ricordo il comportamento di taluni membri dell'Esecutivo - lo ricordo in particolare al Ministro, considerato che è maestro di economia - i quali talvolta sono intervenuti a mercati aperti, danneggiando così il valore delle azioni, quindi gli investitori, cittadini italiani. Credo che ciò non debba più avvenire. Il Ministro sa bene che ciò è accaduto anche all'inizio della legislatura, tanto che il Presidente del Consiglio ha più volte richiamato i membri dell'Esecutivo a stare attenti alle dichiarazioni rilasciate a mercati aperti.
Inoltre credo che su argomenti di questo tipo occorra avere la consapevolezza che il criterio guida, quando si tratta di una compagnia e di una società che riguarda tutto il Paese, debba essere quello della trasparenza. Il primo e più grande rilievo che noi facciamo a questo Governo, con la massima convinzione, è di non aver agito con la necessaria trasparenza e di non aver coinvolto il Parlamento, sino ad oggi, in una decisione che non è vostra, ma che riguarda tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti di una classe della scuola media statale «Don Gaudiano» di Pesaro, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, i problemi dell'Alitalia hanno radici molto lontane. Mi riferisco ad una fallimentare gestione da parte dei vari management che si sono avvicendati negli ultimi quindici anni, se vogliamo esprimere un limite e un tempo ovviamente sempre variabile. Si tratta dunque di una crisi dovuta all'assenza di un progetto industriale, con una politica - è bene dirlo perché è necessario fare autocritica in questa sede (la politica deve fare autocritica) - che ha invaso quell'azienda, privandola di prospettive e di futuro. Già alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta vi erano i primi segnali della crisi industriale e finanziaria della compagnia di bandiera. Possiamo individuare il simbolo di questa crisi nel fatto che, mentre tutte le compagnie aeree mondiali cominciavano a rinnovare le proprie flotte, Alitalia avviava la disdetta di commesse per l'acquisto di aeromobili. Si tratta di un segno del fallimento perché una compagnia di bandiera è chiamata, per la propria ragione sociale, a volare, e se non ha aeromobili non vola, così perdendo, ovviamente, quote di mercato.
Il risultato di quella politica industriale fallimentare è che oggi Alitalia ha una flotta vecchia, quanto meno non competitiva, composta in maggioranza - per chi è addetto ai lavori - da MD80, aeromobili certamente non competitivi.
Il secondo aspetto dell'argomento in esame - che dobbiamo affrontare in maniera, anche in questo caso, laica dal punto di vista dell'approccio politico e di quello industriale e a tal proposito ritengo che l'opposizione, con troppo campanilismo, non aiuti ad esaminare il problema con lucidità - riguarda la questione di Milano Malpensa. Se verifichiamo quanto accade in tanti altri Paesi europei possiamo vedere come due hub - in questo caso Roma Fiumicino e Milano Malpensa - non hanno precedenti. Ad esempio in Germania ne esiste uno solo, a Francoforte, e lo stesso accade in Gran Bretagna con Heathrow e in Francia con il Charles de Gaulle di Parigi. Dunque su tale aspetto è stata compiuta una scelta sbagliata che ha penalizzato la nostra compagnia di bandiera, resa ulteriormente meno competitiva nel trasporto aereo mondiale, che si andava a rinnovare anche dopo la grave crisi dell'11 settembre, conPag. 35compagnie che hanno avuto la capacità di ristrutturarsi rispetto alla sempre più crescente richiesta da parte di cittadini utenti di trasporto aereo.
È questa la contraddizione incredibile e grave del fallimento di una compagnia di bandiera che - come ho già affermato - ha precedenti e ragioni negli anni passati. Mi riferisco al fatto che aumentano i debiti malgrado l'aumento della richiesta di trasporto aereo.
A ciò dobbiamo fornire una risposta e le critiche del centrodestra che abbiamo sentito in quest'aula - ma anche in queste settimane e negli ultimi mesi - contro il Governo Prodi e contro il Ministro dell'economia, Padoa Schioppa, sul fatto che si starebbe svendendo Alitalia non fanno i conti con questo quadro.
È come se non si voglia vedere una triste realtà e ciò anche da parte di chi ha governato per cinque anni, di esimi Ministri intervenuti nel dibattito politico, schierandosi come se dovessimo affrontare una partita di calcio: da una parte una squadra e dall'altra parte un'altra, senza guardare, invece, all'interesse generale del Paese, ossia quello di tutelare i livelli occupazionali e far sì che Alitalia possa continuare ad essere competitiva nel mondo.
Di quale svendita si parla? Per cinque anni avete governato, non avete fatto nulla e avete portato la situazione di Alitalia verso il fallimento, a meno che - diciamolo chiaramente - il progetto politico di una parte dell'opposizione fosse proprio il fallimento di Alitalia per poi creare (e devo dire che questo la Lega non lo ha mai nascosto) una sorta di vettore del nord, alla faccia di chi oggi parla della svendita di Alitalia!
Penso che chi ha un minimo di onestà intellettuale (e ve ne sono molti nell'opposizione) non possa non riconoscere che questo Governo - il Governo Prodi, con il Ministro dell'economia Padoa Schioppa e il Ministro dei trasporti Bianchi - sta imprimendo una svolta decisiva per far uscire Alitalia da una situazione di rischio e di fallimento, salvaguardare i livelli occupazionali in accordo con i sindacati e mettere Alitalia al centro di un grande progetto industriale che possa essere forte.
Riteniamo che la proposta avanzata da Air France sia seria dal punto di vista della politica industriale. Da una parte vi è Air One e dall'altra Air France; quando ci si schiera, osservando che dall'altra parte vi sono gli imprenditori italiani, è troppo facile dire che le banche, i sistemi finanziari da soli non realizzano un progetto industriale e che non possiamo solo attraverso una proposta meramente finanziaria con una cordata di banche che sta dietro a questa compagnia - Air One - mettere al centro una politica industriale di rilancio di Alitalia.
Le banche da sole non realizzano un progetto industriale, lo abbiamo visto in tante situazioni che hanno portato al fallimento molte aziende italiane. Evitiamo di commettere errori che questo Paese ha commesso, facendoli pagare ai cittadini, ma anche ai lavoratori e a chi lavora dentro quell'azienda.
Il progetto Air France è un progetto serio, ma anche dal punto di vista finanziario, con riferimento a chi oggi interviene, occorre assolutamente svolgere delle verifiche; è necessario che anche l'opposizione rifletta al riguardo. Come è possibile che, a fronte di una proposta sul pacchetto azionario di 0,35 centesimi di euro avanzata da Air France-Klm si abbia, invece, una proposta sul pacchetto azionario, avanzata da Air One con la cordata di banche ad essa collegata, di 0,01 centesimi di euro?
È evidente che vi è una proposta che porta al ribasso la capacità di intervento di Alitalia, anche rispetto a quei risparmiatori che hanno investito in borsa e non solo.
Vorrei svolgere un'ulteriore osservazione ed in questo caso mi rivolgo, a nome del gruppo dei Verdi, al Governo: la proposta di Air France, ossia la proposta di scambio del pacchetto azionario, è interessante perché consente (e ciò è menzionato, signor Ministro, nella mozione presentata dalla maggioranza) al MinisteroPag. 36dell'economia e delle finanze di mantenere una propria presenza nell'operazione che si sta determinando.
Si tratta di un elemento molto importante perché consente a questo Paese, dopo una situazione di difficoltà e di fallimento, di essere protagonista, di essere parte diligente del rilancio della compagnia di bandiera, insieme ad Air France-Klm, e quindi di non soccombere rispetto ai grandi colossi del trasporto aereo.
È fondamentale mantenere una presenza azionaria del Ministero dell'economia e delle finanze. Al riguardo invitiamo anche il Ministro dell'economia a fornire una risposta su quanto ho appena chiesto.
Ovviamente, sul futuro di Milano Malpensa ci rifacciamo a quanto è previsto nella nostra mozione e agli interventi che gli altri colleghi della maggioranza hanno svolto, ricordando però un aspetto fondamentale: Milano Malpensa necessita di tutta una serie di verifiche anche in relazione all'aumento del trasporto aereo e degli slot di cui prima si parlava e di una più attenta verifica delle compatibilità ambientali nonché degli interventi in linea con le direttive comunitarie.
Chiediamo che venga istituito anche un osservatorio sull'incidenza dell'inquinamento acustico rispetto alle popolazioni limitrofe; è bene che sia istituito, aspetto che invece non è stato curato in maniera compiuta in precedenza anche per la scarsa collaborazione degli enti gestori degli aeroporti. Mentre in molti aeroporti d'Europa ciò accade (ad esempio ad Heathrow, a Francoforte) e vi sono sanzioni laddove gli aeromobili violano le procedure di atterraggio e di decollo in ordine al rispetto dell'inquinamento e dell'impronta acustica e quindi a tutela delle popolazioni limitrofe, invece in molti aeroporti d'Italia, tra cui Roma Fiumicino ma anche Milano Malpensa, ciò non accade per cui le tracce del passaggio degli aeroplani allorché violano le rotte che producono meno inquinamento non vengono sanzionate.
Occorre introdurre tali elementi come avviene a Heathrow e a Francoforte per far sì che i cittadini non subiscano l'aumento del trasporto aereo sulla propria pelle e sulla propria salute. Si tratta di un elemento fondamentale che chiediamo, abbiamo chiesto e che la maggioranza ha inserito nella mozione in esame.
Concludendo il mio intervento, vorrei dire che il gruppo parlamentare dei Verdi apprezza la linea adottata dal Governo che pone fine ad una situazione di crisi e di stallo ed offre una prospettiva ed un futuro ad Alitalia. In conclusione, signor Ministro, la prego di prestare grande attenzione ai lavoratori di Alitalia Service. Infatti, è necessario, nella proposta che Air France ha presentato, che vi sia più attenzione per una maggiore garanzia dei livelli occupazionali (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'economia e delle finanze che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, questo dibattito e le mozioni presentate riguardano Alitalia, ma riguardano anche Malpensa, due realtà economiche di vitale importanza per il Paese. Nella mia replica parlerò di entrambi i temi nella convinzione che essi meritino uguale attenzione, ma anche nella convinzione che ciascuno abbia ormai bisogno di un suo trattamento specifico, soprattutto nella convinzione che sarebbe una completa stortura trasformare tale dibattito in un dualismo tra Milano e Roma.
Quale milanese per origine familiare e per formazione mi riesce molto difficile capire che scelte ardue, compiute secondo criteri di buona amministrazione e di rispetto del mercato, possano essere nocive per la città dalla quale provengo. PrenderòPag. 37le mosse dalla questione Alitalia. In precedenti audizioni presso il Parlamento ho più volte rappresentato lo stato di acuta difficoltà in cui l'azienda Alitalia versa da anni, uno stato che trova le sue radici in errori di valutazione e di comportamento protrattisi nel tempo e compiuti da tutti gli attori coinvolti direttamente o indirettamente nella questione del trasporto aereo: l'azienda, il Governo azionista e regolatore, i poteri locali, i sindacati.
La lunga e irrisolta crisi di Alitalia che abbiamo dovuto affrontare è figlia di risposte inadeguate alla crescente concorrenza del mercato, di progressiva frammentazione del nostro sistema aeroportuale, di grave carenza delle infrastrutture di collegamento, di inefficienza della regolamentazione. Da almeno vent'anni - forse di più - il cosiddetto sistema Italia è stato incapace di fare della propria società di bandiera, l'Alitalia, una delle grandi compagnie del mondo.
In Europa ci sono più di 30 Paesi, ma ci sono al massimo tre grandi compagnie aeree internazionali, punti di riferimento di altrettante alleanze operative su scala mondiale: British Airways con Oneworld, Lufthansa con Star Alliance e Air France-Klm con SkyTeam. Lo spirito di verità ci impone di riconoscere che da tempo, purtroppo, Alitalia non è una di queste.
Fin dall'inizio del suo mandato l'Esecutivo (ed io stesso quale Ministro dell'economia e delle finanze e detentore del 49,9 per cento della proprietà) si è proposto di dare una risposta definitiva alla questione Alitalia. Mi sono rifiutato di ripetere, ancora una volta, il rito sacrificale di un avvicendamento al vertice con il quale governi e sindacati avevano per anni cercato di nascondere le proprie responsabilità nella crisi.
Negli ultimi 15 anni in Alitalia si sono avvicendati 9 amministratori delegati; in Air France e in Lufthansa due. Mi sono reso conto che la proprietà, più ancora del management e del sindacato, aveva troppo a lungo mancato di svolgere il proprio compito con lucidità e coraggio. L'esistenza stessa di un'impresa si giustifica con la sua capacità di produrre ricchezza. Quando il proprietario dell'impresa è un soggetto pubblico egli deve sapere che il mantenimento di questa capacità segna un limite al suo diritto di far valere, come proprietario, quello che si chiama il primato della politica, soprattutto se quella impresa opera in un mercato concorrenziale; soprattutto se metà delle azioni sono in mano a risparmiatori privati; soprattutto se norme europee vietano il cosiddetto aiuto di Stato.
Quel limite era stato ignorato da anni per l'ultima volta dal Governo della passata legislatura. I bilanci di Alitalia si sono chiusi in costante perdita negli ultimi cinque anni. Negli ultimi otto anni solo il 2002 ha registrato un utile peraltro limitato. Dobbiamo dirci con franchezza che lo Stato italiano senza distinzione di parte politica al Governo del Paese si è mostrato, negli anni, un pessimo proprietario della società Alitalia.
Che fine fanno, se lo Stato decide di vendere, due nozioni, due valori quali quelli di «compagnia di bandiera» e di «interesse nazionale»? È fondato il timore tanto spesso manifestato che entrambi andrebbero perduti nel momento stesso in cui si privatizzasse? Assolutamente «no». L'Italia ha una sua compagnia di bandiera: Alitalia e continuerà ad averla se un nuovo azionista di controllo avrà la capacità industriale e finanziaria, nonché ben inteso la volontà, di risanare e poi di sviluppare la società.
Ho più volte affermato che compagnia di bandiera non necessariamente implica proprietà pubblica. Lufthansa non è di proprietà pubblica; Air France ha una proprietà pubblica del 15 per cento delle sue azioni. Guardando in altri campi vediamo che Microsoft, FIAT, Siemens, Sony, autentiche bandiere dei rispettivi Paesi, non sono di proprietà pubblica.
Nel trasporto aereo la compagnia di bandiera è quella che per le persone e per le merci assicura la maggior parte dei collegamenti aerei all'interno di un Paese e verso l'esterno. Per noi questa è Alitalia e resterà Alitalia, col suo nome, col suo marchio, anche se il soggetto di controllo non sarà più lo Stato, ma un altro soggetto.Pag. 38
E l'interesse generale? Come definirlo e come tutelarlo se la proprietà viene ceduta? Già il 13 dicembre 2006 detti una definizione nel corso della mia audizione presso le Commissioni riunite IX della Camera e VIII del Senato: nel caso del trasporto aereo l'interesse generale è che le merci e le persone viaggianti entro, da e verso l'Italia, abbiano un servizio di trasporto aereo efficiente, sicuro e poco costoso. Una offerta di servizi e una copertura del territorio adeguate sono parte di questo interesse.
La compagnia di bandiera è lo strumento per ottenere ciò, non è un fine in sé, né un lusso, né la beneficiaria di qualche forma di mecenatismo.
Vi sono poi altre dimensioni dell'interesse generale presenti nel settore del trasporto aereo, non in forza della sua attività specifica, bensì in quanto esso è parte della vita economica e sociale.
In ogni momento, ad esempio, il Governo presta attenzione ai problemi sociali e di occupazione, in particolare a quelli che una privatizzazione può comportare. È per questo che fin dall'anno scorso il Governo, consapevole che sarebbe stato altrimenti impossibile vendere una società in profonda crisi industriale e finanziaria, assicurò la disponibilità dei necessari ammortizzatori sociali. A tal proposito, confermo che il Governo si farà naturalmente carico di eventuali criticità occupazionali che dovessero coinvolgere la società SEA, allo stesso modo di come farà per Alitalia. Non è perché esso è azionista dell'una e non dell'altra che SEA e Alitalia debbano avere diverso titolo ai provvedimenti che si renderanno necessari per il superamento di problematiche sociali derivanti dalla ristrutturazione del settore.
Per quanto riguarda le procedure di vendita del Ministero, non è superfluo ricordare che ogni procedura deve necessariamente essere impostata e svolgersi nel pieno rispetto delle norme che in particolare prescrivono modalità trasparenti e non discriminatorie, né è superfluo richiamare il fatto che la vendita non può prescindere dai vincoli europei in tema di aiuti di Stato, per cui non è possibile, ad esempio, conferire una cosiddetta dote alla società posta in vendita. Vi è ancora l'obbligo giuridico di assicurare in ogni caso piena autonomia gestionale ed imprenditoriale ai soggetti coinvolti, anche se controllati dallo Stato, Alitalia, Fintecna e Alitalia Servizi.
Vale la pena, infine, di ricordare le caratteristiche che fanno di questa privatizzazione un unicum rispetto a tutte quelle di cui abbiamo fatto l'esperienza in Italia. In primo luogo, la società è da anni cronicamente in rosso e con un capitale in via di esaurimento, non guadagna come guadagnavano le banche e le assicurazioni privatizzate in passato.
In secondo luogo, la società è direttamente controllata dal Ministero, non da una holding come fu l'IRI per il settore siderurgico, anch'esso in grave crisi industriale e finanziaria.
In terzo luogo, il settore è caratterizzato da una forte concorrenza e l'impresa che si mette in vendita non gode di rendite monopolistiche come ne godevano imprese privatizzate operanti nel campo energetico o delle telecomunicazioni.
In quarto luogo, la società è già quotata in borsa, sicché la vendita è soggetta a vincoli normativi molto più stringenti di quelli vigenti per le imprese non quotate o che andarono in borsa in coincidenza con la privatizzazione. Insomma, una specie di missione impossibile che per di più deve essere svolta in gara contro il tempo. Non è vero che il Governo, come qualche superficiale commento ha suggerito, abbia modificato la linea di fondo dopo l'esito inconcludente della prima procedura e allentato vincoli soffocanti che avrebbero scoraggiato qualche pretendente dal farsi avanti.
Ferma la volontà di vendere tempestivamente Alitalia, è ora la società stessa a condurre le più opportune iniziative di ricerca di un partner industriale e finanziario. Nell'ambito di tali iniziative, potrà realizzarsi la privatizzazione della compagnia. Il 31 luglio il Ministero azionista designò il dottor Maurizio Prato quale nuovo presidente di Alitalia ed espresse l'auspicio che il nuovo vertice aziendalePag. 39provvedesse «a individuare tempestivamente soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società e ad assumere l'impegno a promuovere il risanamento, lo sviluppo e il rilancio di Alitalia, tenendo conto dei profili di interesse generale ritenuti imprescindibili da parte del Governo in un'ottica di continuità e adeguatezza del servizio del trasporto aereo in Italia».
Il Ministero si riservava di valutare, con piena disponibilità, le modalità tecniche di gestione del controllo che la società formulerà ai propri azionisti.
Finché era in corso la procedura di vendita condotta direttamente dal Ministero e nel presupposto fondato di un suo imminente esito positivo era stato possibile per il consiglio di Alitalia differire l'approvazione di un piano industriale. Venuti meno quei presupposti, un ulteriore differimento avrebbe comportato una pesante riduzione di valori di bilancio con la conseguenza probabile di far precipitare lo stato della compagnia. Doveva dunque essere predisposto immediatamente un nuovo piano industriale che arrestasse o frenasse, senza cullarsi in illusioni di possibili recuperi, l'emorragia patrimoniale e finanziaria. E ciò indipendentemente, lo sottolineo, dalla possibilità di attivare ulteriori trattative di vendita.
In miei precedenti interventi al Parlamento ho illustrato le linee di fondo di quel piano che il Governo ha sostanzialmente condiviso. Gli obiettivi possono essere così riassunti: modificare e ridimensionare l'assetto industriale di Alitalia in modo da renderlo più sostenibile da un punto di vista economico-finanziario in un contesto di migliore efficienza operativa; salvaguardare il valore del marchio Alitalia attraverso la ridefinizione della missione industriale e di un profilo competitivo distintivo; cercare l'ingresso di soggetti terzi dotati di competenze industriali specifiche e di adeguate risorse finanziarie da destinare al risanamento e allo sviluppo della società.
Le azioni previste dalla società furono rappresentate dal presidente Prato nella sua audizione presso la Commissione VIII del Senato nel settembre scorso e presso le Commissioni riunite IX e X della Camera nell'ottobre scorso. Si trattava di scelte obbligate dettate da stringenti valutazioni tecnico-economiche che si possono così riassumere: le perdite accumulate e prospettiche e la grave situazione finanziaria non sono compatibili con la sopravvivenza della società; l'alternativa al piano sarebbe un precipitare della situazione con un ben maggiore impatto sui complessivi assetti industriali, sociali e in termini di ricadute sul territorio.
Nel contesto attuale Alitalia non è in grado di alimentare in modo efficiente e produttivo due hub, come non sono in grado di farlo la maggior parte dei vettori nei loro mercati di riferimento. Si impongono un rapido ridimensionamento della società, un suo riposizionamento e una modifica del suo assetto industriale attraverso interventi sulla rete, sulla qualità del prodotto, sui costi operativi e sull'organizzazione. Tali interventi sono oggi resi più urgenti e incisivi dalla necessità di far fronte al negativo andamento del costo del carburante.
Il piano industriale fu a giusto titolo definito di sopravvivenza e transizione. Esso mirava a coniugare per Alitalia l'esigenza di interventi tempestivi per preservare il valore dell'azienda, rallentando il flusso delle perdite e l'erosione della liquidità, con la necessità di individuare rapidamente soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo.
Vorrei ora soffermarmi sulla questione Malpensa ed aeroporti del nord, una questione che per il Paese e per il Governo non è meno rilevante della questione Alitalia alla quale è connessa e dalla quale tuttavia va tenuta ben distinta. Il piano di sopravvivenza e transizione già considerava in modo rilevante il posizionamento operativo di Alitalia su Malpensa. L'analisi svolta dalla società dimostrava in modo conclusivo come la rete dei collegamenti con cui operava Alitalia fosse del tutto insostenibile.
Le determinanti di questa situazione apparivano numerose e possono essere così elencate: in primo luogo, l'incrementoPag. 40dei voli punto a punto tra città italiane nel nord (Torino, Genova, Linate, Bergamo, Verona, Bologna, Venezia, Trieste) induce i viaggiatori da e per l'Italia a scavalcare Malpensa per recarsi direttamente ai grandi hub transalpini (Francoforte, Parigi, Londra).
Per Malpensa la carenza di infrastrutture per rapidi accessi in treno e in auto fa sì che il principale mezzo di alimentazione resti l'aereo. La presenza di Linate obbliga l'Italia a duplicare una parte importante delle proprie rotte da e per Milano, sia su Linate sia su Malpensa, per servire sia il traffico punto a punto sulla città sia il traffico di alimentazione dell'hub per ulteriori destinazioni.

ELIO VITO. Signor Presidente!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Malpensa non offre un'adeguata massa di voli intercontinentali: 17 destinazioni contro le oltre 100 di altri hub europei.

ELIO VITO. Signor Ministro!

EMANUELE FIANO. Silenzio!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Un volo al giorno di Alitalia contro i quattro o cinque dei principali vettori europei sui propri hub. La concorrenza tra aeroporti del nord Italia ha spesso favorito le compagnie a basso costo. Nelle ore di punta Malpensa ha limitazioni operative dovute a motivi ambientali che non consentono un'adeguata offerta, soprattutto alla clientela business.

ELIO VITO. Chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Il dato che meglio illustra la situazione è che solo il 38 per cento dei passeggeri originanti da Milano e solo l'8 per cento di quelli originanti dal resto del nord Italia vola verso le proprie destinazioni intercontinentali utilizzando Malpensa. Quella di Malpensa non si identifica, da queste cifre, con la questione settentrionale.

IGNAZIO LA RUSSA. È successa una cosa molto grave, signor Presidente!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. In tale contesto...

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la prego di interrompere!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. ...al momento in cui formulava il proprio piano di sopravvivenza...

IGNAZIO LA RUSSA. È successa una cosa gravissima!

EMANUELE FIANO. Basta!

ANDREA RONCHI. Certo, per voi non è una cosa grave!

PRESIDENTE. Suggerisco di lasciar concludere l'intervento del signor Ministro.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. In tale contesto...

IGNAZIO LA RUSSA. È successa una cosa molto grave!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. ...al momento in cui formulava il proprio piano di sopravvivenza e di transizione, Alitalia deteneva una quota di mercato del traffico intercontinentale da e per l'Italia solo del 22 per cento circa e subiva perdite estremamente elevate dall'attività di alimentazione di Malpensa con oltre 150 voli al giorno da tutte le destinazioni nazionali e internazionali, peraltro spesso in sovrapposizione ai voli da e per Linate.

Pag. 41

PRESIDENTE. Signor Ministro, se avesse la cortesia di chiudere in un tempo relativamente breve (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Un punto deve essere affermato con chiarezza.

RICCARDO PEDRIZZI. Basta, basta!

IGNAZIO LA RUSSA. Volete interrompere per favore?

MARIO RICCI. Smettetela!

ELIAS VACCA. Lasciatelo parlare!

IGNAZIO LA RUSSA. Padoa Schioppa sì e il papa no?

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Un punto deve essere affermato con chiarezza: l'obiettivo di una piena realizzazione di Malpensa come hub è stato mancato non per le recenti decisioni di Alitalia, ma assai prima per il concorso di un insieme di altre cause che ho prima elencato. Quelle stesse cause hanno concorso a indebolire anche Alitalia. L'impostazione del piano di Alitalia è la conseguenza, assai più che la causa, del fatto che Malpensa non è un hub internazionale di rilevanza comparabile a Parigi, Londra o Francoforte.
Il permanere di Alitalia a Malpensa non risolve i problemi di quell'aeroporto, mentre aggrava irreversibilmente la situazione economica della società. I dati oggettivi e concreti che ho ora rappresentato bastano a comprendere quanto siano infondate alcune delle argomentazioni delle ultime settimane sul tema di Malpensa (Deputati dei gruppi Forza Italia e Misto-La Destra battono le mani ritmicamente).
Dobbiamo concludere che il piano di Alitalia è senza conseguenze per Malpensa? Che le sorti di questo aeroporto e quella della SEA, la società che lo gestisce insieme con quelli di Linate e di Orio al Serio, non hanno rilevanza per il Paese o che non stanno a cuore al Governo? Certamente no. Il Governo è tanto consapevole quanto lo è la società SEA, quanto lo sono gli amministratori lombardi nei comuni, nelle province e nella regione, delle difficoltà che l'applicazione del piano di sopravvivenza per Alitalia è destinata a generare al traffico di Malpensa.
Ciò premesso, ricordo che il Governo si è adoperato per la salvaguardia e lo sviluppo di Malpensa e dichiaro qui, in modo esplicito, che esso continuerà ad adoperarsi nelle nuove circostanze che vanno prendendo forma. Enumero le iniziative di questo Governo: migliorare l'accesso a Malpensa su strada e su ferrovia attraverso importanti investimenti; valutare positivamente richieste di diritto di traffico a favore di altri operatori qualificati del settore che volessero operare nuove rotte originate da Malpensa (è un punto importante, anche se ricordo come già oggi molti collegamenti internazionali siano in regime di open sky, mentre quelli governati da accordi bilaterali non risultano in molti casi oggi saturi); realizzare un assetto più coerente e funzionale del sistema aeroportuale italiano; assicurare adeguati strumenti per gestire eventuali ricadute occupazionali. Alitalia, da parte sua, si è dichiarata pronta a rilasciare sollecitamente, già entro il 31 gennaio, gli slot su Malpensa che non intende utilizzare per effetto della revisione della sua rete di collegamenti. Secondo le procedure previste, tali slot potranno essere assegnati alle compagnie che intenderanno avvalersene.
Il 21 dicembre, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha deliberato all'unanimità di ritenere la proposta non vincolante di Air France-Klm, quella che offre alla società la soluzione appropriata per la salvaguardia del complessivo patrimonio dell'azienda e per promuovere il suo rapido e duraturo risanamento, grazie al beneficio delle sinergie derivanti dall'integrazione in un rilevante contesto internazionale del trasporto aereo.
Il 28 dicembre, sentito il Presidente del Consiglio dei ministri, ho espresso un orientamento favorevole all'avvio da partePag. 42di Alitalia di una trattativa in esclusiva con Air France, finalizzata alla definizione di un'offerta vincolante di acquisto della società; in quello stesso giorno, il Consiglio dei ministri mi ha dato mandato di seguire per conto del Governo gli sviluppi della trattativa.
Quali considerazioni hanno portato a quelle decisioni? Un primo ordine di considerazioni riguarda l'evoluzione del mercato del trasporto aereo. Un secondo riguarda le caratteristiche delle due offerte non vincolanti, ritenute meritevoli di considerazione dal consiglio di Alitalia. Quanto al primo ordine di considerazioni, occorre chiedersi quali siano le prospettive e le alternative che si presentano a una compagnia regionale di dimensioni piuttosto modeste qual è ormai Alitalia, che non sia in grado di assurgere al rango di grande compagnia internazionale. Il mercato del trasporto aereo...

ELIO VITO. Sospendiamo, Ministro!

PIETRO ARMANI. Basta!

PRESIDENTE. La preghiera è di lasciar concludere il signor Ministro!

ROBERTO VILLETTI. Non si può far finta di nulla!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Il mercato del trasporto aereo vale circa 500 miliardi di euro a livello mondiale, e presenta per le compagnie margini netti spesso negativi o positivi solo di pochi punti percentuali. La difficoltà strutturale del settore è accresciuta sia dalla significativa ciclicità, sia da un'elevata componente di costi fissi.
A testimonianza di ciò, si registra un numero di ingressi e uscite di compagnie aeree dal mercato superiore a quello di qualsiasi altro settore.
In tale contesto, si sono affermati nel mercato due modelli industriali: i grandi vettori internazionali, che beneficiano di una rete multi-hub, e i vettori a basso costo, che beneficiano di una struttura di costi estremamente contenuti.
I vettori regionali - come Alitalia - sono sempre più schiacciati dagli altri due modelli operativi, volti ad offrire alla propria clientela l'uno un vantaggio di prodotto e l'altro un vantaggio di prezzo grazie a prodotti altamente standardizzati.

ELIO VITO. Ministro, la preghiamo!

PIETRO ARMANI. Basta!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. I progressi della tecnologia aeronautica - ad esempio, l'introduzione dell'A380 - accentuano la polarizzazione nei due modelli dominanti, con un effetto ulteriormente negativo per Alitalia e per le altre compagnie regionali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 17,40)

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Il secondo ordine di considerazioni nasce dallo specifico confronto fra le due offerte non vincolanti. I principali elementi che caratterizzano la proposta non vincolante del gruppo franco-olandese possono essere, in estrema sintesi, così riassunti. Primo: il gruppo Air France-Klm è la più grande compagnia aerea del mondo ed una delle tre in Europa ad avere un sistema completo di collegamenti transcontinentali con le principali destinazioni del globo. Secondo: il gruppo ha un'eccellente esperienza di integrazioni industriali. Terzo: il piano industriale risulta credibile e idoneo a risolvere le criticità strutturali di Alitalia, e prevede soluzioni efficaci per ridurre il deflusso di traffico intercontinentale da e per l'Italia a favore dei grandi hub europei. Quarto: il progetto di integrazione evidenzia significative sinergie e rilevanti economie di scala attraverso l'ingresso nel sistema multi-hub della principale compagnia aerea del mondo. Quinto: Alitalia èPag. 43già parte dell'alleanza SkyTeam. Sesto: le condizioni finanziarie, rispetto alla proposta di Air One, sono migliori per gli azionisti e per gli obbligazionisti

ELIO VITO. Signor Ministro, sospenda!

PIETRO ARMANI. Basta!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Settimo: l'affidabilità finanziaria dell'offerta è elevata e il rischio antitrust appare limitato. Ottavo: gli esuberi stimati sono sostanzialmente in linea con il piano di sopravvivenza e transizione predisposto nei mesi scorsi da Alitalia. Infine, la proposta Air France-Klm consentirà allo Stato italiano di divenire azionista della holding che controllerà l'intero gruppo con una quota tutt'altro che trascurabile.
Dall'analisi della proposta non vincolante di Air One emergono i seguenti elementi. La proposta di piano industriale - pur apprezzabile in termini di taluni contenuti industriali - non risponde in modo concreto alle forti criticità che caratterizzano oggi la situazione di Alitalia e appare caratterizzata da elementi eccessivamente ottimistici. La crescita della flotta e del network ipotizzata risulta molto aggressiva e non appare facilmente perseguibile nel contesto competitivo attuale e prospettico. La crescita della redditività sulle rotte domestiche, in chiara controtendenza rispetto alla tendenza storica, presuppone non solo che le delibere antitrust consentano di gestire pienamente il traffico sull'importante rotta Linate-Fiumicino, ma anche che la concorrenza in Italia agisca in modo molto limitato. L'ipotizzata contrazione della flotta di breve e medio raggio potrebbe compromettere la capacità di alimentazione degli hub di operatività di Alitalia. La possibilità di mantenere il posizionamento di Alitalia su due hub non appare sostenuta da un'adeguata ed economica alimentazione degli stessi. Air One, poi, è un operatore regionale privo di esperienza nella gestione sia di hub sia di integrazioni industriali.
In termini di prezzo e di affidabilità finanziaria, l'offerta economica è nettamente inferiore a quella del gruppo franco-olandese: la valutazione finanziaria di Alitalia è impossibile da accettare per il Ministero e per gli altri azionisti di fronte a un'offerta alternativa molto superiore; non vi sono impegni concreti - lo ripeto: non vi sono impegni concreti - per il finanziamento da parte delle banche; i tempi di conclusione dell'operazione di acquisto risultano incerti, anche in relazione alle rilevanti problematiche antitrust nazionali; le ricadute in termini di occupazione risultano superiori a quelle previste dal piano Alitalia.
Alitalia avvia ora una trattativa in esclusiva. L'ordine naturale delle cose - e anche il mio auspicio - è che essa si concluda con la presentazione di un'offerta vincolante che il Governo possa giudicare accettabile perché corrispondente alla sua valutazione dell'interesse generale del Paese.
Il Ministero esaminerà in modo compiuto l'offerta vincolante che Air France-Klm presenterà al termine della trattativa e, con l'aiuto dei propri consulenti e del comitato per le privatizzazioni, si pronuncerà in via definitiva sulla cessione della partecipazione dello Stato italiano in Alitalia.
L'offerta sarà esaminata nel suo complesso e in ogni aspetto che riguardi il governo della società, il piano industriale e le condizioni finanziarie. A tale proposito e con riferimento alle osservazioni avanzate sulla portata economica dell'offerta Air France-Klm, non credo abbia ragionato bene chi ha parlato di svendita. Fermo restando il parere di congruità del prezzo - che sarà rilasciato dai consulenti del Ministero -, ricordo che già da un anno il Governo cerca il miglior offerente. Se qualcuno avesse avuto da offrire condizioni migliori di quelle che in questo momento sono state prospettate, questo sarebbe stato il momento per farsi avanti. Può ben essere che le condizioni sembrino meno buone di quelle che speravamo: è umano. Ogni mamma, dicono a Napoli,Pag. 44trova stupendo il proprio bambino, ma c'è svendita solo se tra più offerte non si sceglie la più alta.
Giorni fa ho scritto al presidente di Alitalia per confermare l'orientamento favorevole del Governo a che Alitalia avvii una trattativa in esclusiva con Air France-Klm finalizzata alla formulazione di una proposta vincolante di integrazione tra i due gruppi. In tale fase, che l'azienda prevede possa concludersi nell'arco di circa due mesi, oltre alla due diligence, le due società condivideranno un piano industriale definitivo, attivando nel frattempo un dialogo con le organizzazioni sindacali. Nello stesso arco di tempo verranno definiti termini e struttura dell'operazione, predisponendo un contratto di partnership nel cui ambito Air FranceKlm probabilmente si obbligherà a lanciare un'offerta pubblica sulle azioni e sulle obbligazioni Alitalia e a realizzare le iniziative previste nella propria proposta, tra le quali l'aumento del capitale della società.
Ho sottolineato al presidente di Alitalia l'importanza che, nella definizione degli accordi con Air France-Klm e nell'elaborazione del piano industriale, siano tenuti in piena considerazione i profili di interesse generale ritenuti imprescindibili dal Governo al fine di garantire la continuità e l'adeguatezza del servizio di trasporto aereo in Italia. La conduzione delle trattative rimane, comunque, di esclusiva competenza di Alitalia.
Ciò premesso, le modalità con le quali si provvederà alla salvaguardia dei profili di interesse generale, saranno oggetto di analisi e considerazione nello svolgimento del mandato - che ho ricevuto dal Governo - di seguire gli sviluppi della trattativa.
In tale contesto e sulla base della valutazione di come i citati profili vengono salvaguardati, verrà assunta la decisione definitiva se cedere nell'offerta pubblica la quota di partecipazione in Alitalia detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Vorrei sottolineare, anche se potrebbe apparire superfluo, che la politica del trasporto aereo è una componente della più ampia politica dei trasporti propria di ogni nazione; essa è un'attribuzione specifica del Governo che rimane separata e indipendente dalle vicende delle singole società, anche quando queste assumono il rilievo di compagnia di bandiera, come nel caso di Alitalia. Il disegno e l'attuazione del piano strategico degli aeroporti e delle infrastrutture al loro servizio, la definizione delle regole che presiedono all'attività e alla sicurezza dei vettori, nonché all'accesso agli aeroporti e la negoziazione degli accordi internazionali rimangono prerogative del Governo e non sono in alcun modo intaccate dalla privatizzazione di Alitalia. Gli unici vincoli che l'azione del Governo trova in queste materie sono la coerenza con le regole europee e i trattati internazionali, nonché il rispetto della disciplina della concorrenza in un mercato caratterizzato da un elevato grado di apertura.
Infine, ancora un cenno sul processo decisionale. La privatizzazione di Alitalia ricade nella disciplina generale che regola le privatizzazioni delle società dello Stato; il Ministero deve attenersi alle indicazioni che nel 2005 il Governo fornì in merito alle modalità con le quali realizzare la vendita. Non mi sfugge di certo il rilievo che la vendita di Alitalia riveste per il nostro sistema di trasporto aereo, sia in termini di infrastrutture aeroportuali, sia di mobilità della popolazione; né mi sfugge l'importanza di salvaguardare un cespite strategico per il Paese - che per alcuni è addirittura un elemento dell'identità nazionale - e con esso i livelli di impiego diretti e indotti. Il Governo di certo si adopererà per favorire una transizione graduale verso un nuovo assetto dei voli da Malpensa, ma a tali elementi se ne aggiungono di altrettanto importanti.
Alitalia è una società quotata e lo Stato, al di là dei propri interessi generali, non può prescindere dall'esigenza, propria del consiglio di amministrazione della società, di tutelare migliaia di risparmiatori, azionisti e obbligazionisti. Alitalia non è, purtroppo, un'azienda sana né industrialmente né finanziariamente e, finché rimanePag. 45in tale condizione, non può costituire una prospettiva solida neppure per Malpensa. Alitalia, infine, non opera in un contesto di monopolio o di oligopolio, anzi è continuamente costretta a un duro confronto con i suoi concorrenti, sia in Italia sia in Europa. Ricordiamolo: un'impresa cronicamente in perdita non crea ricchezza per il Paese, ma distrugge la ricchezza del Paese.
Sono perciò tutte queste tipicità che hanno determinato un'informazione e una condivisione con i colleghi di Governo delle scelte più importanti ed è in questo spirito che io ed altri rappresentanti dell'Esecutivo, più volte e tempestivamente, abbiamo riferito al Parlamento in Aula o in Commissione, in merito ai diversi passaggi di questa vicenda. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Comunisti Italiani e Verdi).
Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario sulle mozioni Maroni ed altri n. 1-00261 (Nuova formulazione)...

FEDERICO BRICOLO. Vergogna!

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. ...La Russa ed altri n. 1-00265, Vito ed altri n. 1-00267, Volontè ed altri n. 1-00269 e Fabris ed altri n. 1-00270.
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Barbi ed altri n. 1-00268. Il Governo esprime altresì parere favorevole sulla mozione Cirino Pomicino ed altri n. 1-00266, purché venga soppresso il terzo capoverso della premessa (ossia dalle parole: «si rilevano i gravi ritardi del Governo» fino alle seguenti: «non poteva decidere»), e purché il primo capoverso del dispositivo venga sostituito dal seguente: «a sollecitare Alitalia a concludere nei tempi previsti la trattativa con il gruppo Air France-Klm e a perseguire l'obiettivo di diventare il secondo azionista dopo lo Stato francese, anche al fine di tutelare gli interessi di fondo dell'Italia» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Socialisti e Radicali-RNP e Verdi).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,50).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, credo che vi siano delle occasioni - i colleghi mi conoscono e sanno che non sono pratico di intemperanze - nelle quali è necessario che anche il Parlamento manifesti la propria indignazione e abbia uno scatto di dignità, di orgoglio e di intelligenza.
Signor Presidente, noi chiediamo - e per questo invitiamo a riunire subito la Conferenza dei presidenti di gruppo - di sospendere il seguito dell'esame delle mozioni e che il Governo venga immediatamente alla Camera a riferire nelle persone del Ministro dell'interno e del Ministro dell'università per reagire alla gravissima notizia che umilia tutti (laici, cattolici e tutti gli appartenenti al nostro Paese) e che è stata resa nota poco fa [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania]: il Vaticano ha dovuto, si è visto costretto ad annullare la visita del Santo Padre all'università «La Sapienza».
Credo che, al di là delle opinioni di ciascuno di noi, questo Paese è stato noto al mondo per le caratteristiche di civiltà, di tolleranza e di democrazia...

DARIO RIVOLTA. Ma chi se ne frega! È una roba da Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)?

PRESIDENTE. Colleghi, per favore fate silenzio.

ELIO VITO. ...mentre oggi rischiamo di essere conosciuti dinanzi al mondo per delle caratteristiche di inciviltà, di intolleranza e di mancanza di democrazia.
Quali sono i Paesi al mondo in cui oggi è impedito al Papa di parlare e di potersi recare a parlare? Quali sono i Paesi al mondo in cui vi sono manifestazioni diPag. 46intolleranza nei confronti delle parole del Papa, che le si condividano o che non le si condividano? Credo che si tratti di Paesi caratterizzati da inciviltà e mancanza di democrazia e che si distinguono per la propria intolleranza.
Per questo, noi ci sentiamo profondamente umiliati, dopo che vi era stato un pubblico invito da parte del rettore della Sapienza, per il dibattito improprio che si è creato e per le modalità con le quali esso si è svolto, per le manifestazioni che sono state annunciate e per il fatto che il Pontefice si è visto costretto ad annullare la sua visita e a rinunciare a pronunciare il suo discorso all'università.
La tolleranza nei confronti di tutti nelle nostre libere università è sempre stata motivo di orgoglio per il libero insegnamento di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Oggi ci distinguiamo per il massimo dell'intolleranza nei confronti del Pontefice e credo che ciò non vada ad orgoglio dell'Italia e dell'università italiana, sia che ciò avvenga per ragioni di ordine pubblico o meno, o per ragioni che riguardano il libero insegnamento all'interno delle università, le quali in periodi bui hanno sofferto dell'impossibilità per liberi rettori e per liberi studenti di professare le loro idee nell'aula dell'università (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
Perciò chiediamo che il Governo venga subito a riferire alla Camera. Se domani o giovedì il Pontefice non sarà libero di pronunciare il discorso che vuole (che può piacere o meno), dopodomani nessuno di noi sarà libero di insegnare o di studiare nelle aule delle università italiane.
Questo è un problema fondamentale di democrazia e di civiltà [Vivi applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania]! Nessuno di noi, neanche il più laico e il più integralista dei laici può essere oggi soddisfatto per aver impedito al Papa di parlare nelle nostre università, nella Sapienza di Roma [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania].
Questo ci preoccupa, non il discorso che il Papa avrebbe voluto pronunciare, né le sue parole che si possono più o meno condividere [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani]. Non ci sentiamo più liberi neanche in quest'Aula, signor Presidente, se a qualcuno viene impedito di parlare per i contenuti del suo discorso nelle aule delle università italiane.
Per questo motivo, signor Presidente, l'unica reazione che possiamo avere è quella di non dividerci su quelle parole, ma sul fatto che a tutti deve essere consentito parlare nelle nostre università.
Perciò, signor Presidente, vorrei che fosse accolta da tutti la mia richiesta di sospendere immediatamente i nostri lavori, di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo e di acquisire l'immediata disponibilità del Ministro dell'interno e del Ministro dell'università e della ricerca a riferire in Parlamento. Concludo, signor Presidente: quale altra notizia può essere più grave di questa? In una nostra università si sono create le condizioni per le quali il Sommo Pontefice non è libero di pronunciare il discorso al quale era stato invitato dallo stesso Rettore [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Congratulazioni].

ANDREA RONCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale si associa completamente alle parole del presidente Elio Vito. Mi permetto soltanto di precisarePag. 47e di aggiungere che vorremmo che in quest'Aula venisse anche il Ministro degli esteri D'Alema (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo). Ridete, ridete! Sghignazzate!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore... Onorevole Ronchi, prosegua il suo intervento e si rivolga alla Presidenza.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, mi permetta di notare il silenzio imbarazzato (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo)... complimenti, siete anche molto educati! Il presidente Elio Vito ha pronunciato parole oggettivamente condivisibili: non avete manifestato, in questo momento, neanche un applauso o un segno di condivisione. Ciò rispetto ad una delle pagine più brutte della nostra storia di questi ultimi anni (Commenti dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo), perché, in realtà, siete d'accordo con chi, in queste settimane, ha manifestato contro il Santo Padre. Vi dovete vergognare! Il vostro silenzio vi condanna moralmente e culturalmente [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Congratulazioni]! Per questo motivo, signor Presidente, chiediamo che in Aula venga anche il Ministro degli esteri D'Alema...

ENRICO BUEMI. Anche il Ministro della difesa!

ANDREA RONCHI. ...perché è la prima volta dalla firma dei Patti lateranensi che viene compiuto un simile vulnus e che si impedisce al Santo Padre di entrare in un'università italiana. Resta un'amara considerazione: ancora una volta, nel nostro Paese, torna l'ombra dell'oscurantismo, dell'intolleranza e della paura degli altri, del dialogo e del confronto. Si tratta di una cultura vetero-marxista ancora presente nella cultura italiana (Commenti dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo), di cui voi siete i veri testimonial e corresponsabili [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania]! Per questo motivo chiediamo che il Parlamento, in un sussulto di dignità, si interroghi e, in modo unanime, chieda scusa al Santo Padre per tale vulnus e per questa grande brutta pagina che, prima di essere politica, è culturale e, se mi permette, morale [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania - Commenti di deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP].

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

ANDREA RONCHI. Ci vai tu! Come ti permetti?

PRESIDENTE. Onorevole Ronchi!

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, abbiamo avuto modo di esprimere, in questi giorni, in più occasioni, un giudizio non equivocabile e negativo per la scelta operata da una parte assolutamente minoritaria del corpo docente dell'ateneo romano La Sapienza, relativamente alla presenza del Pontefice in quell'università. Consideriamo molto grave tale comportamento, le ragioni che lo hanno sostenuto e l'effetto che esso ha prodotto (ossia la rinuncia, da parte del Papa, alla sua presenza fisica nel predetto ateneo romano): essi pongono, infatti, una questione che riguarda da vicino il profilo della cultura democratica del nostro Paese [Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)] e trasmettono al mondo un'immagine che non corrisponde alla civiltà del dialogo e alla tradizionePag. 48della democrazia e della tolleranza, che fanno parte del DNA della democrazia italiana.

IGNAZIO LA RUSSA. Sembra!

ANTONELLO SORO. Più grave è che ciò avvenga all'interno dell'università, luogo strutturalmente e costituzionalmente elettivo per il dibattito, il confronto delle idee, la contestazione delle idee stesse, anche nelle forme più ferme e più decise. Non era e non è in discussione, ovviamente, il giudizio nel merito delle opinioni espresse, nel suo alto magistero, dall'attuale Pontefice. Non è in discussione perché nel nostro Paese ciò avviene quotidianamente: vi è la libertà di critica, non solo per le opinioni espresse dal Pontefice, ma da qualunque altra autorità o singolo cittadino italiano, per cui non solo è possibile, ma si sviluppa quotidianamente un confronto libero, privo di qualunque freno. Ma oggi si è posta in questione la libertà del Pontefice, autorità di rango universale sul terreno morale e culturale, di partecipare, all'interno dell'università, per esprimere le proprie idee.
L'esercizio di intolleranza che si è sviluppato, come credo ha efficacemente definito il rettore dell'università romana, attraverso una posizione da «cattivi maestri» (Applausi del deputato Lupi), costituisce una posizione che genera intolleranza, estremismo, chiusura, arretramento del dialogo.
In un tempo nel quale noi, gli italiani, abbiamo rifiutato l'idea di una guerra di civiltà, abbiamo rifiutato l'idea che nel mondo le differenze di religione possano essere motivo di una guerra come quella che da qualche parte del mondo si verifica e che noi contestiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo), pensiamo che il rischio alto, in queste posizioni, sia quello di interrompere il processo del dialogo fra le religioni, che invece consideriamo fattore di pace. Per tali ragioni e con tali motivazioni, consideriamo una grande opportunità perduta, per l'università romana, l'occasione di un confronto con l'attuale Pontefice, ma ancora più ci turba l'idea che al mondo si possa trasmettere l'idea di un'Italia diversa da quella che pensiamo di rappresentare e che gli italiani pensano di vivere quotidianamente, nel rispetto e nella tolleranza reciproca (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori e Verdi).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, molte volte si parla di un Parlamento che è lo specchio del Paese, o peggio di un Parlamento che non è all'altezza del Paese. Vorrei ricordare quando, in sede di Ufficio di Presidenza, trovandomi pro tempore a presiedere la Camera dei deputati, si avanzò la proposta - in coerenza con quanto già avevano fatto il Presidente Violante, mio predecessore, e il Presidente Mancino - di rivolgere al Santo Padre, Giovanni Paolo II, l'invito ad essere presente nel nostro Parlamento. Diverse sono le posizioni che qui si rispecchiano: posizioni attente al mondo cattolico, posizioni di cattolici e posizioni anche assai lontane e assai critiche verso la Chiesa e verso il mondo cattolico italiano. Nella suddetta occasione fu unanime la scelta dell'Ufficio di Presidenza e tutti noi - la maggior parte di noi che era qui e anche chi, quel giorno, non ebbe la fortuna di essere in Aula - abbiamo nitido ricordo di quanto composta, attenta e commossa fu la reazione di tutta l'Assemblea alle parole di Giovanni Paolo II [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale].
Credo che quel giorno l'Italia, rappresentata in quest'Aula dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, diede la dimostrazione di un grande Paese laico, che basa la sua laicità sul concetto di libertà.
Onorevoli colleghi, che senso ha parlare di laicità dello Stato se essa non si basa sul presupposto della libertà [Applausi dei deputatiPag. 49dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Lega Nord Padania]? Avrebbe veramente poco senso ritenere un valore la laicità dello Stato se non si coniugasse con il concetto di libertà. Libertà per tutti (Applausi del deputato Bianco), per il mondo cattolico, per la Conferenza episcopale italiana, per i cardinali, per i vescovi, libertà per il Santo Padre di esprimersi senza limitazioni. Questa è la grande ricchezza che ha portato i nostri costituenti a scrivere nella Costituzione il valore di tale laicità. A tale riguardo penso alle primarie americane dove, in questi giorni, i repubblicani e i democratici, pur essendo distanti tra loro e su posizioni anche opposte, riescono a mettere al centro della loro competizione elettorale un concetto fondamentale: l'occidente e il bisogno di religiosità dell'essere umano.
Il valore della laicità dello Stato è tale se si basa sul concetto di libertà: guai a un fraintendimento del concetto della laicità dello Stato che trasformasse le nostre istituzioni non più in istituzioni autonome ma in istituzioni laiciste, che non consentono al bisogno di religiosità della persona di esprimersi liberamente. Questo è purtroppo l'esempio che ci è venuto da una università che in base a una concezione unilateralistica porterà, a mio parere, un'onda di vergogna sull'università italiana; se questi sono i nostri maestri vi è da preoccuparsi per i nostri figli! Se questi sono gli esempi di tolleranza, quale futuro potranno avere le giovani generazioni in Italia [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania]? Sono convinto che il Parlamento italiano, nelle forme e nei modi che il Presidente Bertinotti vorrà decidere, abbia il dovere morale di sanare il vulnus che si è aperto e di dimostrare che oggi l'Italia è un Paese libero soprattutto per l'esistenza di grandi testimonianze spirituali. Qualcuno vorrebbe ridurre la Chiesa italiana e la testimonianza cristiana parificandole forse a quelle di una grande ONG che parla solamente di pace, di solidarietà ai poveri. Se la Chiesa parla di pace e di solidarietà nei confronti dei poveri va benissimo, ma per alcuni non è accettabile che parli di altri grandi argomenti che riguardano il futuro dell'uomo e che sollevi la grande questione antropologica.

PRESIDENTE. Onorevole Casini, deve concludere.

PIER FERDINANDO CASINI. Concludo affermando ciò: guai ad una società, come quella che si sta profilando dalla testimonianza folle della Sapienza, che in nome di un doppiopesismo e di un unilateralismo obbliga al silenzio le grandi voci spirituali del nostro tempo. Questa società è una società povera, destinata irrimediabilmente al declino [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo].

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi voglio innanzitutto rivolgere alla sinistra. Vedete, colleghi di sinistra, non è stato colpito solo il simbolo supremo del cattolicesimo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 18,10)

TEODORO BUONTEMPO. Riflettete sul fatto che è stata colpita la libertà di parola.
Una persona può essere laica o cattolica, credente o no, ma deve temere un Paese nel quale nella prima università, nella università della capitale, si impedisce al Santo Pontefice di parlare dei valori della Chiesa. Vedete, dovreste ricordare che quei cattivi maestri ieri erano a sinistra. Oggi, onorevole Soro, secondo lei,Pag. 50quei cattivi maestri, che hanno fatto montare la protesta per la visita del Santo Pontefice, sono a sinistra o a destra? Secondo me sono tutti di sinistra, così come lo è questo signor Francesco Raparelli, portavoce dei collettivi universitari, che afferma che la rinuncia del Papa è una vittoria politica ma è anche una politica culturale, la vittoria culturale della sinistra, con la sua intolleranza. La collega Santanchè diceva poc'anzi che il Papa ha parlato in Turchia e gli si impedisce di parlare nella capitale del cattolicesimo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Destra e Forza Italia).
Roma non è solo capitale d'Italia, è capitale del Vaticano e faccio notare il silenzio del sindaco ipocrita, del presidente della provincia e di quello della regione, che ogni anno vanno in visita al Pontefice, rappresentando l'incontro tra laicità e chi professa una fede religiosa, e che ogni anno vanno lì per accreditarsi. Questo loro silenzio, oggi che dovevano levare forte la voce anche dell'Italia laica delle istituzioni, nella capitale che vede un perenne gemellaggio tra Campidoglio e Vaticano, è indegno e vergognoso e deve essere condannato nella maniera più ferma, senza timori, senza ipocrisie e senza che si levino voci sorridenti. Vergognatevi! Vi ho visto sorridere e sghignazzare, ed essere contenti di quello che è avvenuto. Quindi, signor Presidente - concludo - credo che il Parlamento non possa far finta di niente e tornare al tema dell'Alitalia, e ritengo che nel nostro Paese, con quello che è avvenuto, si metta a rischio la libertà di religione. Non si tratta di un fatto di cronaca. Chi è democratico, anche chi la pensa diversamente da un cattolico, di fronte all'intolleranza ed al fatto che si vuole vietare ad altri di sostenere le proprie tesi (anche non condivise), deve difendere la libertà di parola di chi non la pensa come lui. Oggi si vede il discrimine tra una sinistra intollerante e la sinistra moderata, che rotola, ricattata e condizionata dalla sinistra violenta. Se così non è, fate sentire la vostra voce, e, siccome vi sono molti rappresentanti del Governo, a cominciare dal Ministro Mussi, vogliamo sentire cosa dice il Governo di questa indegna vicenda (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Destra e Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è stato richiesto al Governo di riferire in Aula su questa vicenda. Il Governo ha fatto sapere alla Presidenza la propria disponibilità a riferire immediatamente. A me pare che, per l'economia dei nostri lavori sia giusto dare la parola al Governo; successivamente un deputato per gruppo potrà intervenire sull'informativa del Governo.

Informativa urgente del Governo sull'annullamento della visita del Papa Benedetto XVI all'Università La Sapienza di Roma.

PRESIDENTE. Come annunciato, avrà luogo l'informativa urgente del Governo sull'annullamento della visita del Papa Benedetto XVI all'Università La Sapienza di Roma.

(Intervento del Ministro dell'università e della ricerca)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Ciò che è avvenuto all'università «La Sapienza» di Roma e che ha portato alla rinuncia del Papa Benedetto XVI a prendere la parola nella cerimonia di giovedì è grave e gravemente sbagliato, sbagliato per la natura dell'università, per la sua missione [Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale]...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avete richiesto al Governo di riferire ed il GovernoPag. 51lo sta facendo. Avete il dovere di lasciarlo parlare! Per favore, prosegua onorevole Mussi.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Non ho aspettato la rinuncia del Papa per esprimermi. Mi sono espresso oggi in una conferenza stampa in cui ho detto in anticipo quanto ora vi sto riferendo (Commenti dei deputati La Russa e Ronchi)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, lasciate parlare il Ministro!

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Quello che vi riferisco è non solo la posizione del Governo, ma un parere personale sincero ed autentico (Commenti del deputato Ronchi)...

PRESIDENTE. Onorevole Ronchi, la prego di lasciar parlare il Ministro. Lei ha già parlato ed ha già espresso la sua opinione al riguardo. Se si vuole conoscere l'opinione del Governo, il Governo la sta esprimendo; se si vuole invece promuovere una gazzarra che sul tema non è assolutamente opportuna, allora lo si dica! (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Verdi - Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Onorevole La Russa, la prego! Onorevole Gasparri, la prego! Non capisco su cosa polemizzate! Onorevole Mussi, prosegua, per cortesia.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Quando il rettore Guarini ha chiesto al Ministro di partecipare all'inaugurazione dell'anno accademico - cerimonia nella quale era stata prevista la presenza del Papa che avrebbe preso la parola - ho accettato immediatamente l'invito ed ho ritenuto non solo giusta la presenza del Ministro, ma interessante poter partecipare ad una cerimonia, ad una manifestazione, nella quale una grande personalità come quella di Benedetto XVI avrebbe preso la parola.
Il Papa ha il diritto di parlare all'università [Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori e Verdi e di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! Tutti naturalmente hanno il diritto di esprimere posizioni critiche, anche su quelle che assume il Papa, perché questo fa parte della dialettica democratica, ma (Commenti del deputato Gasparri)... Onorevole Gasparri, è quello che sto dicendo! Io non contesto il fatto che vi siano delle personalità della cultura, degli intellettuali e dei professori che affermano di non condividere la «Spe Salvi», di non essere d'accordo con l'enciclica del Papa o con le sue affermazioni. Questo fa parte del discorso sulla libertà che stiamo svolgendo in questa sede. È sbagliato chiedere che il Papa non parli! Qui è l'errore [Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori e Verdi e di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)] che ritengo grave e che deve essere richiamato, affinché non si ripeta! L'università è laica perché è il luogo della libertà e ciò richiede la parola non il silenzio! [Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. E la libertà comporta la tolleranza, ma la tolleranza è poco!
Comporta inoltre la disponibilità al confronto, al dialogo, al rapporto tra concezioni, visioni, teorie, filosofie e religioni diverse, perché senza questa apertura al dialogo e al confronto la libertà perde un suo fondamentale statuto, perde di basi e di fondamento. Tra l'altro, si è fatto un grande scandalo della presenza del Papa alla cerimonia della Sapienza. Intanto, voglio ricordare che l'assemblea con la quale si celebra ogni anno l'apertura degli anni accademici è, in tutti gli atenei d'Italia, di laici e di chierici, tanto è vero che nel protocollo, allorché ci si rivolge, si utilizzano espressioni del tipo: «magnifico rettore,Pag. 52signori professori, signori studenti». Poi ci si rivolge e si dice: «autorità civili, militari e religiose», perché dunque vi è anche il vescovo o un suo rappresentante. Fino a prova contraria il Papa è anche vescovo di Roma.
Poi vorrei dire ai professori e agli studenti (Commenti). ..

RICCARDO PEDRIZZI. Guarda di là!

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Guardo anche di là, ma ...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciare continuare il Ministro!

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Forse, presumo che l'Assemblea sia largamente d'accordo con quanto sto affermando. Tra l'altro non è un unicum, un evento inaspettato, perché senza tornare a tempi più antichi, ovviamente, il 14 marzo del 1964 Paolo VI ha tenuto un'omelia alla Sapienza di Roma; il 28 aprile 1991 Giovanni Paolo II ha tenuto un discorso all'università degli studi di Potenza; il 23 gennaio 2002, all'università di Roma Tre, Giovanni Paolo II ha partecipato all'inaugurazione dell'anno accademico, prendendo la parola; l'anno scorso, il 23 aprile 2007, Benedetto XVI ha preso la parola all'università di Pavia.
È normale, è naturale e fa parte della storia il fatto che anche le grandi autorità religiose prendano la parola all'università e si confrontino con quelli che la pensano legittimamente in modo diverso e ne contestano anche le tesi (Commenti del deputato Tremaglia).
Per tale ragione penso che sia stato commesso un errore, creando il clima che ha spinto il Papa a rinunciare alla presenza alla Sapienza di Roma. Non è un bel servizio reso all'università italiana ...

MAURIZIO GASPARRI. All'Italia!

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. ... che deve essere il luogo in cui tutte le posizioni liberamente si confrontano e nel dialogo, nel confronto e nel conflitto intellettuale e culturale matura la civiltà di una società e di un Paese. Pertanto, non posso che esprimere grande e sincero rammarico per come sono andate le cose e richiamare un manifesto errore che spero che l'università italiana non commetterà mai più (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori, Verdi, Popolari-Udeur, Misto-Minoranze linguistiche e di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Misto-Movimento per l'Autonomia).

MIRKO TREMAGLIA. Voi non avete garantito la parola al Papa!

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dell'università, onorevole Mussi. Secondo la prassi darò ora la parola ad un deputato per gruppo e per tutte le componenti politiche del gruppo Misto per cinque minuti.

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Mussi per quanto ha affermato. Onorevoli colleghi, io non sono cattolico, ma guardo con attenzione alle questioni della Chiesa cattolica e credo che oggi non si sia celebrata una pagina di laicità, ma del peggiore oscurantismo della Repubblica italiana [Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania]. Infatti, quando si impedisce a chi ha opinioni diverse, ed è comunque una grande autorità spirituale, di esprimere la propria posizione, si precipita in qualcosa che è il contrario dell'università. Mi preoccupo di un aspetto in particolare: come hanno sostenuto il Ministro Mussi ed altri colleghi, qual è l'idea che si trasmette dell'università con questoPag. 53atto, con l'impedimento a parlare? Cos'è l'università? Il luogo in cui si misurano le opinioni diverse in una affannosa ricerca di un punto di equilibrio e di verità o un luogo in cui si combatte per bandiere ideologiche?
Credo che vi sia una deprivazione del senso fondamentale della conoscenza e della trasmissione dei valori che è propria dell'università e questo ci deve preoccupare. Non so in quale modo si possa recuperare questo segno, ma certamente è un segno negativo che deve essere recuperato. L'università è qualcosa di diverso dal luogo in cui si impedisce a qualcuno di parlare.
Vorrei aggiungere, molto brevemente, che questo pontefice sta compiendo lo sforzo - che chi si occupa di queste cose può apprezzare in modo particolare - di coniugare fede e ragione. È un uomo che sta cercando di legarle insieme nello sforzo razionale di arrivare al metafisico con il principio religioso.
Credo che, soprattutto in una università, questo sforzo dovrebbe essere apprezzato. Si può essere d'accordo o meno, ma senza privare della possibilità di parlare in quel luogo a chi sta cercando, con uno sforzo certamente moderno e nuovo, di legare queste due questioni, a chi nei suoi interventi sta segnalando quali possono essere i punti di debolezza del nostro mondo in questo momento ed ha sempre più spesso segnalato la necessità della sapienza e della cultura come strumento di ricollocazione dell'uomo nel mondo. Credo che si sarebbe dovuto valorizzare tutto questo con molta forza, anche da parte di chi non era d'accordo.
Non occorrono cerimonie espiatorie o riparatorie; non è questo che serve in un Paese democratico e laico, ma secondo me la stigmatizzazione operata in questa sede e le parole giuste ed equilibrate che ha detto il Ministro tempestivamente - come è stato riconosciuto prima che questa questione «scoppiasse» - sono un segno di ribaltamento dell'immagine.
Spero che si affermi un ribaltamento del segno. Non vogliamo che l'università sia questo. Vogliamo che l'università educhi al confronto di opinioni diverse e che a nessuno sia impedito di parlare nell'università. Non vogliamo precipitare in una forma di oscurantismo presentata come modernità, peggiore di cose che ci siamo lasciati alle spalle.
Colleghi, credo che dobbiamo evitare l'errore di considerare questa questione il terreno per un tentativo di scontro tra di noi. Non si tratta di questo. Mi pare che chi ha parlato sinora abbia manifestato opinioni convergenti e se ve ne saranno di divergenti le rispetteremo. Mi sembra, tuttavia, che la grande maggioranza di questo Parlamento ha considerato come un'offesa al Paese e alla sua storia democratica l'impedimento ad un uomo - che è una grande autorità spirituale e che sta compiendo uno sforzo culturale enorme in questo momento - di intervenire laddove forse avrebbe potuto dire parole ed esprimere valori che potevano interessare ciascuno di noi, laico o cattolico che fosse (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tremonti. Ne ha facoltà.

GIULIO TREMONTI. Signor Presidente, questa sera, in quest'Aula, stiamo svolgendo un discorso sulla libertà. Non si tratta di un discorso sulla religione, ma sulla libertà. La nostra Costituzione recita all'articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Vi è una frase che da secoli è alla base del discorso sulla libertà, per la libertà e nella libertà: non condivido le tue idee, ma sono disposto a morire per difenderle.
Non è andata esattamente così (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)! C'è stata, c'è e c'è il rischio che vi sia un'applicazione troppo selettiva di questo principio.
In quest'epoca, in questo Paese e in questa città, il discorso sulla libertà si sta interrompendo. Signor Ministro, lei dicePag. 54che tutti hanno il diritto di parlare ed è un'affermazione importante, ma forse va completata: tutti hanno il diritto di parlare, ma lei ha il dovere di garantire che tutti possano parlare [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania].
L'università è libera, ma tra le sue funzioni e i suoi doveri vi è anche pre cisamente quello di evitare che fenomeni di questo tipo abbiano ad accadere. Si può affermare che si tratta soltanto di 67 professori su un corpo accademico composto da tremila docenti. Ciò significa che una minoranza ha avuto la possibilità di battere la stragrande maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Lei può dire che si tratta di una minoranza piccola, forse non qualificata, ma credo che per lei sia una minoranza in qualche modo qualificata. Credo che - ma la verifica può essere fatta in tempo reale - tra i professori illustri firmatari del testo contrario alla manifestazione di pensiero da parte di Benedetto XVI vi sia un docente che lei ha appena nominato come presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale). Molti complimenti! Se questi sono la Weltanschauung, la prospettiva e il futuro che l'università e la ricerca, per opera di questo Governo, garantiscono al Paese, credo che ci sia ragione per essere preoccupati.
Infine, che cosa sarà dopodomani quell'inaugurazione? Lei ci sarà? Che cosa dirà in quella sede? Noi possiamo dire una cosa molto semplice: il nome antico di quella università è: «La Sapienza», ma tutto è o sta diventando quell'università, tranne che una sede di sapienza [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania]!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in Aula questa vicenda è esplosa con l'intervento per primo dell'onorevole Elio Vito. Si è trattato di un intervento che si può definire in ogni modo, tranne che di taglio clericale o confessionale. Coloro che sono intervenuti dopo di lui, anche a sinistra, hanno subito fatto comprendere che l'umiliazione che proviamo come italiani (non è un problema solo dell'università, ma del Paese, della nazione, della patria e del sistema Italia), la proviamo a prescindere dal fatto che si creda o meno in Dio o dalla condivisione o meno che ciascuno di voi può avere delle affermazioni che il Papa in ogni occasione può rivolgere non solo ai fedeli, ma - credo ne abbia il diritto - a tutti.
Si tratta di un dato assodato e mi ha meravigliato molto che, Ministro Mussi, perfino il suo intervento, che cercava, rivolgendosi a noi, di spiegarci l'ovvio - ossia di dirci che era un errore non far parlare il Papa; grazie, ma l'abbiamo capito! - non sia stato neanche applaudito da una fetta considerevole proprio dell'area politica cui lei appartiene. Questo è un dato che lei deve tener presente. Quindi, non si tratta in questa occasione di un gruppo extraparlamentare o solo dei collettivi e nemmeno - mi riferisco e mi rivolgo all'onorevole Luxuria, che pure in tante occasioni ho apprezzato per i suoi interventi politici - di cose incredibilmente orribili come il preannunziare la «frocessione» in concomitanza con la visita del Papa all'università, cioè una sfilata di omosessuali contro il Pontefice.
Siamo veramente all'incredibile! La «frocessione», è su tutti i giornali. Si tratta, invece, di qualche cosa di meno fanciullesco e di meno buffonesco, si tratta dell'iniziativa - lei lo sa bene, signor Ministro - prima di tutto di dieci «scienziati», di dieci «professoroni» che si sono riuniti in una stanza, hanno cogitato e hanno deciso (quei dieci) con parole durissime, che il Papa non doveva parlare nella «loro» università: «che ci viene a fare questo?» Poi hanno detto loro che quello che avevano scritto forse era un po'Pag. 55troppo duro e allora hanno cambiato qualche virgola, hanno modificato qualche aggettivo e, così facendo, hanno dato l'opportunità a quelli che nel proprio cuore erano già convinti della bontà di quell'orribile scritto a firmare quello un po' più morbido. Così sono diventati 57 i professori universitari o 67, forse sono in via di crescita e qualche deputato dell'estrema sinistra è pronto ad aggiungere la propria firma.

KATIA BELLILLO. Sicuro!

IGNAZIO LA RUSSA. Ecco, uno l'ho trovato, abbiamo trovato anche qui uno scienziato, e noi che non lo sapevamo che c'era uno scienziato! Abbiamo trovato lo scienziato (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!
Caro Presidente, mi rivolgo a lei perché in qualità di Presidente della Camera faccia qualcosa. Questa è un'istituzione che ha invitato, come ha ricordato Casini, il Papa. Non so se è il caso che, per riparare, il Presidente della Camera valuti un nuovo invito al Papa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale), il quale rappresenta non solo la cristianità, ma una voce che tante volte sento invocare anche a sinistra, quando conviene o fa comodo.
Mi rivolgo più modestamente al Ministro. Vede Ministro, lei quando vuole fa la voce grossa, revoca lauree ad honorem, batte i pugni all'università. Oltre all'intervento di adesso, visto che questo fatto dura da un mese ed era prevista una settimana di mobilitazione contro il Papa, che cosa ha fatto per far sì che l'università fosse un luogo di libertà e non un luogo di vergogna, come quello che è diventato?
Non spetta al Governo darci lezioni di laicismo, dicendo che c'è il diritto di tutti e, quindi, ancora di più del Papa di parlare. Spetta al Governo garantire che questa libertà possa essere esercitata; lei non lo ha fatto, il Governo non lo ha fatto: dimettetevi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, noi ci rammarichiamo che il Papa abbia deciso di non partecipare più all'inaugurazione... (Commenti)

MAURIZIO ENZO LUPI. La colpa è del Papa?

ANTONELLO FALOMI. Ci rammarichiamo che il Papa abbia deciso di non partecipare più all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università La Sapienza di Roma. Ci rammarichiamo perché noi siamo convinti che il Papa abbia tutto il diritto di andare dove crede e di dire ciò che ritiene giusto. In Italia non si può certo affermare che questo diritto non sia ampiamente esercitato. Credo che non vi sia Paese al mondo in cui questo diritto sia garantito come avviene in Italia.
Non c'è radio, non c'è televisione pubblica o privata, non vi è organo di informazione che non dia conto quotidianamente di ciò che dice e di ciò che fa il Papa. Per questo non condividiamo queste rappresentazioni grottesche che vengono date da parte dell'opposizione di quanto sta accadendo in questo momento (Commenti del deputato La Russa).

MAURIZIO ENZO LUPI. Ma cosa stai dicendo?

ANTONELLO FALOMI. E se nei confronti di ciò che il Papa dice vi sono critiche e contestazioni, anche quando provengono da minoranze, noi pensiamo che queste critiche e queste contestazioni, se manifestate in forme civili e senza che a nessuno sia tolta o impedita la parola, abbiano il diritto di esprimersi.
Questo, onorevole Tremonti, è il discorso sulla libertà, perché pensiamo che libertà sia diritto di parola per il Papa, ma anche per coloro che criticano il Papa: questa è la libertà.

ELISABETTA GARDINI. Non aveva ancora parlato. È censura preventiva!

ANTONELLO FALOMI. Lo abbiamo detto: ci rammarichiamo per quello che èPag. 56accaduto, ma pensiamo che in questo nostro Paese non si possa trasformare la critica alle posizioni che esprime il Papa in una sorta di reato di opinione...

MAURIZIO ENZO LUPI. Ma ti sei accorto di cosa è successo?

ANTONELLO FALOMI. ...come qualcosa che va impedito e bloccato. Questo non è accettabile per uno Stato laico (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Socialisti e Radicali-RNP e Comunisti Italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, preferisco cogliere gli aspetti positivi di questa discussione, che non ho ritrovato in nessuna delle parole del collega Falomi, per tante ragioni. Non stiamo, infatti, parlando del diritto di critica, ma di manifestazioni che ho chiamato grottesche, di insegnanti, fra cui il candidato alla presidenza del CNR, che prima firma e poi ritira la firma per mantenere la candidatura e di decani di facoltà come il professor Ferrarotti, che conosco, avendo fatto scienze politiche all'Università Statale (conosco la sua liberalità).
Si tratta di capire se sia indispensabile intervenire, onorevole Ministro, per garantire che nelle università italiane lo stesso diritto che ha Oreste Scalzone di andare a fare assemblee lo abbia anche il rappresentante di uno Stato come lo Stato pontificio, cioè il vescovo di Roma.
Si osanna un ex terrorista non pentito e si impedisce di parlare al Papa, non con un diritto di critica, perché basta guardare cosa c'era scritto sui siti Internet (evidentemente, anche questo ha indotto il Santo Padre a non partecipare all'inaugurazione dell'anno accademico all'università La Sapienza).
Ci sarebbero molte cose da dire, onorevole Ministro: ci sarebbe da capire come mai sia avvenuto ciò; chi ha assecondato il diritto di chiudere la bocca al Pontefice in quella sede; chi ha strumentalizzato in malafede quella frase che non era del Santo Padre e neanche del cardinale Ratzinger, ma di un filosofo citato. Il Santo Padre, a conclusione di quel discorso, diceva esattamente il contrario e davanti a questa pubblica menzogna si è proseguito con una «nenia» che ormai dura da sette giorni, non da un giorno.
È dall'11 gennaio che questa pantomima percorre i quotidiani italiani; è dall'11 gennaio che ci sono esponenti politici - evidentemente in ampio dissenso rispetto a gran parte dell'Assemblea, non solo all'opposizione - che giustificano non solo la critica e la menzogna, ma anche questi tipi di atti intimidatori.
Onorevole Ministro Mussi, la apprezzo per le cose che oggi ha detto - riconosco che sono cose di ragione e di cuore - ma, evidentemente, c'è in discussione ben altro. La nostra università e i nostri docenti universitari hanno chiaro che l'università è quello che dice lei, cioè il confronto di ragioni, l'accettazione di opinioni diverse, l'ipotesi, anche per gli studiosi di fisica, per poter scoprire qualcosa in più, e non la ripetizione pedissequa di formule?
Penso che ci sia un corpo docente, oltre che un corpo di studenti, che non hanno nessuna opinione su queste semplici considerazioni della ragione e penso anche - di questo sarei preoccupato e spero che lei lo sia con me - che sia intollerabile in uno Stato democratico non solo, onorevole Violante, che dentro l'università non si possa approfondire con la ragione le ipotesi delle varie dottrine, ma che ci sia uno Stato che non interviene per consentire che si possa usare la ragione dentro l'università, che si possa liberamente esprimere un'opinione, che si possa, come dice il ministro Ferrero, essere cristiani - valdesi nel suo caso - o cattolici e poter svolgere un'attività pubblica senza vergognarsene.
Questo, infatti, è quello che sta al fondo di alcune dichiarazioni degli ultimi giorni; questo è quello che sta al fondo di alcuni articoli di molti giornali degli ultimi mesi: la fede cattolica, il Papa, il cardinal Ruini, i cattolici, a tutti loro deve essere impedito di parlare in pubblico perché pretendono di avere una verità che sia contro laPag. 57democrazia. È qui che nasce l'humus da cui proviene questa manifestazione di intolleranza, qui nasce il buio di questa giornata.
Nel riprendere la proposta del presidente Casini, la invito, onorevole Ministro Mussi, a far presente all'università italiana, non solo alla Sapienza, che ciò che ha detto lei e ciò che ha ascoltato la gran parte del Parlamento è la regola dentro l'università, dentro una democrazia, se non vuole trasformarsi nella tirannide di una minoranza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCA VOLONTÈ. E ritengo anche - e ho concluso - che il Presidente del Consiglio, che ha addotto ragioni di Stato per non poter ricevere un altro capo religioso, il Dalai Lama, proprio per le stesse ragioni di Stato si debba sentire in obbligo di dimostrare al mondo che siamo una democrazia, e quindi che egli, insieme alle altre istituzioni della Repubblica, compia quel gesto riparatore che non è, onorevoli colleghi, nei confronti del Papa: è nei confronti della stessa laicità e dello stesso diritto di libertà che sono a fondamento della nostra democrazia repubblicana [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevole Ministro, abbiamo ascoltato con attenzione il suo tempestivo intervento, ma avremmo preferito, come Lega Nord, che in Aula al suo posto fosse venuto a riferire il Presidente del Consiglio.
Quello che è accaduto oggi è un fatto, per sua stessa ammissione, definito grave, gravissimo. Dobbiamo avere il coraggio di dire che si è trattato di un episodio vergognoso, di cui tutti noi dovremmo veramente avere un grande, un grandissimo imbarazzo! Quello che è accaduto, questo atto profondo, gravissimo di censura non è degno di un paese civile!
Il Pontefice ha potuto parlare in Turchia e gli è stato impedito di parlare in Italia, gli è stato impedito di parlare a Roma, nella sua città! Onorevole Ministro mi ascolti, capisco che è distratto col relatore della legge finanziaria. Signor Ministro, è stato ricordato il significato di quella laicità, alla quale si sono appellati anche questi emeriti, io dico sedicenti, cattedratici, come sedicenti sono i rappresentanti di questi comitati collettivi studenteschi.
Uno Stato laico si fonda sui principi di libertà, di democrazia, la libertà di espressione e di confronto dovrebbe essere garantita; e lei, signor Ministro, ci dice che certo, in un'università, questo dovrebbe essere ancora più valido. L'università, il luogo del confronto, il luogo della tolleranza: della tolleranza a senso unico, signor Ministro, perché mi chiedo che cosa si insegna nelle università italiane, dove è consentito parlare, appunto come è stato ricordato, ad ex brigatisti ma si mette il bavaglio al Papa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), perché magari si teme che quello che verrà a dire è scomodo per il pensiero unico che sta albeggiando in modo grave, signor Ministro, nelle nostre università. Perché qui si è leso il diritto del Papa, ma anche dei tanti studenti che avrebbero voluto ascoltare le parole del Sommo Pontefice su una questione importante come quella della pena di morte, dove penso non ci possa essere fonte più autorevole di quella di Papa Benedetto XVI.
Abbiamo visto veramente che lei signor Ministro fa un po' «melina», dice: «il diritto dovrebbe essere riconosciuto»; però di fatto è stato impedito al Papa di parlare, e lei, signor Ministro, quindi il Governo, non è intervenuto! Si interviene adesso; l'onorevole Violante dice di non farne un terreno di scontro.
Ma lo scontro c'è, perché l'episodio di oggi è il segno di quello che si verifica da tempo in Italia, di una deriva laicista che è nel Paese, nelle università e nel mondo giovanile, ma che è presente anche inPag. 58questo Parlamento: da parte di autorevoli colleghi sono infatti giunti più volte attacchi al Papa e alla Chiesa, rea di richiamare espressamente al rispetto di taluni valori. Ma proprio questo è il ruolo della Chiesa! Non si può impedirle di fare richiami espressi sulla tutela della vita: proprio questo è il ruolo che le compete! In un Paese laico, lo Stato si deve rapportare con la Chiesa, la si deve ascoltare e vi è il confronto: perché si può non condividere quel che essa afferma, ma non si può impedirle di esercitare il proprio ruolo.
Signor Ministro, lei dice che «non si vuole fare terreno di scontro»: però abbiamo ascoltato qualche esponente di Rifondazione Comunista che ha già solidarizzato con i manifestanti, ed ho potuto leggere una dichiarazione dell'onorevole Grillini che afferma che è bene la contestazione al Papa e che il Papa è un dittatore.
Voi ora venite qui a cercare di mettere il silenziatore su quanto è accaduto, perché siete in forte imbarazzo, perché non sapete come risanare questa ferita, questo vulnus aperto con la vostra componente cattolica. Questo però voi - soprattutto voi della sinistra che vi fate paladini della democrazia e della tolleranza! - non avreste veramente dovuto consentirlo.
Tutto ciò è il segno del degrado del Paese: un degrado che si evince dalla situazione dei rifiuti a Napoli e nella Campania, un degrado che il sommo Pontefice ha denunciato anche con riferimento alla città di Roma. Ma la città di Roma non solo è degradata: è una città che è divenuta aperta per i rom, per gli extracomunitari, ma non per il Papa. Oggi, Roma è più che mai la città dell'intolleranza: e questo è vergognoso e inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

TITTI DI SALVO. Signor Presidente, quando Papa Benedetto XVI ha annunciato che, in luogo della sua presenza, avrebbe inviato una copia scritta del suo intervento, ha anche invitato a non strumentalizzare questa scelta. Avendo ascoltato con molta attenzione il dibattito che si è svolto in questi minuti in Assemblea, posso dire che questo invito non è stato accolto. Si è profusa strumentalità a piene mani. Il Ministro Mussi ha dichiarato, in modo inequivocabile ed apprezzato anche in qualche intervento, che il Papa aveva diritto di parlare alla Sapienza: eppure, un'affermazione così importante e netta non è stata apprezzata dall'opposizione. Davvero consiglierei di ascoltare l'invito del Papa a non strumentalizzare la sua scelta né il contesto nella quale essa è avvenuta.

ELISABETTA GARDINI. Ridicoli!

TITTI DI SALVO. Naturalmente, desidero esprimere sull'argomento l'opinione mia e del mio gruppo. In proposito, condivido quanto detto dal Ministro: si è trattato di un errore e aggiungo che a noi e a me dispiace molto la scelta che Papa Benedetto XVI ha annunciato. Il punto, però, se si vuole uscire dalla strumentalità, è che bisogna argomentare le motivazioni.
Tutto questo a noi dispiace per due ragioni. Ci dispiace perché l'università non è soltanto il luogo del confronto e del sapere; è di più (vedo che questo punto non è stato ascoltato): è il luogo della produzione della cultura. E le culture si producono se si incontrano, anche se sono diverse. Questa è la ragione principale per cui tutto ciò ci dispiace: ci dispiace perché la Sapienza è un luogo simbolico, e ci dispiace perché la laicità è libertà.
Ho ascoltato questa affermazione fatta dall'onorevole Casini. Ho buona memoria e la ricorderò, poiché sono assolutamente convinta che la laicità è libertà: e lo sono più che mai oggi che ci troviamo in una società aperta, in cui la compresenza di più culture e religioni obbliga alla laicità come all'unica scelta in grado di far sopravvivere la nostra società. Alla laicità noi siamo obbligati e destinati, e su di essa dobbiamo scommettere.
Ma naturalmente avrei voluto che dai banchi di quest'Aula ci si fosse posti unaPag. 59domanda semplice. Ho prima voluto dire le cose che ho detto perché non fossero ulteriormente strumentalizzate, ma mi piacerebbe che ci si fosse posti una domanda: perché i laici oggi in questo Paese si sentono minacciati? Perché bisogna dire che la laicità è libertà e, mentre lo si dice, si cancella dalla propria lettura di quel che succede il fatto che oggi le donne sono accusate di essere assassine se abortiscono (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea), cioè se compiono un atto di libertà e di autodeterminazione che è consentito loro da una legge dello Stato, un atto dolorosissimo? È offensivo della libertà e del rispetto tra le persone mettere insieme il dolore dell'aborto con l'accusa di aver compiuto un reato e di essere assassine.
Penso, allora, che oggi è una giornata non bella, ma che possa essere una giornata utile se libertà come laicità diventa il tema che il Parlamento, e in particolare la Camera, si impegna ad affrontare con quell'onestà intellettuale che sarebbe necessaria.
Concludo ribadendo con nettezza ciò che è stato detto da molti altri del centrosinistra e che voglio ripetere: ci dispiace molto che il diritto del Pontefice a parlare all'università non sia stato esercitato, ma ci dispiace ancora di più che il suo invito a non strumentalizzarlo non sia stato accolto. Ci fa invece piacere e rivendichiamo il diritto alla laicità come libertà. Chiediamo a tutti di interrogarsi sul motivo per cui in questo Paese le donne e gli uomini si sentono minacciati se sono laici (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Vai dai collettivi de «La Sapienza»!

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, lasci parlare l'onorevole Villetti. Prego, onorevole Villetti, ha facoltà di parlare.

ROBERTO VILLETTI. Su una questione di tale rilevanza che coinvolge i principi di libertà - su questo aspetto concordo con l'affermazione iniziale dell'onorevole Tremonti - non vi possono essere ambiguità, ma rilevo nel dibattito parlamentare molte ambiguità, molti opportunismi ed anche molte riserve non dette.
È assolutamente evidente il diritto del Papa di parlare all'ateneo romano «La Sapienza», come di parlare ovunque: ci mancherebbe altro che non avesse questo diritto! Mi sono battuto perché il Dalai Lama non venisse accolto in una sala - quella della Lupa - ma nell'Aula della Camera dei deputati, perché rappresentava una minoranza che lotta per un diritto di libertà. Figuriamoci se sono favorevole a mettere il bavaglio al Papa a «La Sapienza»!
Attenzione, però - il Ministro Mussi l'ha detto chiaramente -, al fatto che lo stesso diritto appartiene a coloro che criticano il Papa e che tanto più il Papa entra in argomenti fondamentali della politica italiana e della vita della gente e delle persone, come la sessualità e la libertà della scienza, tanto più si espone a critiche, che vengono assicurate dalla nostra Costituzione e non dalla Camera dei deputati.
Vi è stata, quindi, una serie di atteggiamenti nel dibattito parlamentare che tendono in qualche modo a mettere sotto il processo - non dico del Sant'Uffizio - i sessantasette professori. I sessantasette professori hanno espresso una critica al Papa: si può non condividere quella critica, ma i toni che sono provenuti dai banchi dell'opposizione quando si è accusato il Ministro Mussi di alcune nomine, sono i toni di coloro che vogliono punire una libertà di critica con la destituzione, affermando che questi sessantasette non possono appartenere al corpo docente e che se vi appartengono si hanno dei cattivi maestri (Applausi dei deputati dei gruppi Socialisti e Radicali RNP, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani)!Pag. 60
Io mi sono battuto perché anche professori fascisti, dichiaratamente fascisti e, dunque, totalitari, potessero seguitare a insegnare, perché la libertà di pensiero riguarda tutti e non si può affermare che i sessantasette docenti costituiscono un disonore dell'università (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Nell'università italiana vi è un pluralismo, vi sono tutti e tutti devono avere la possibilità e la libertà di critica. Questo è il punto.
Sinceramente, usare un tono come se, per quanto riguarda Benedetto XVI, ci trovassimo nella stessa condizione in cui si trovò Pio IX che, dopo la presa di Roma da parte dei bersaglieri, si ritirò in Vaticano, e pensare che siamo ritornati a quei tempi - che, tra l'altro, riguardavano la classe dirigente liberale - mi sembra francamente esagerato! Se c'è un Paese che offre tutti i mezzi di comunicazione al Papa e contemporaneamente non li offre a chi lo critica, è il nostro (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP)! È questo il problema che vi dovete porre: non solo esiste un diritto del Papa ad esprimersi, ma vi è anche un diritto che deve essere riconosciuto pienamente a chi critica il Papa!
Tenete presente che ciò che sta accadendo non è una deriva laicista - l'ha ricordato Titti Di Salvo -, ma è un'offensiva integralista e fondamentalista che viene portata avanti dalla Chiesa cattolica e dal Papa contro leggi civili dello Stato italiano! Questo è il punto [Applausi dei deputati dei gruppi Socialisti e Radicali-RNP, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani - Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! Ecco come voi rispettate il diritto di parola: voi volete dare il diritto di parola al Papa in un ateneo, ma impedite a un deputato della Repubblica di poter parlare! Bravi, bravi! Dovete ascoltare le voci di dissenso.
Rispetto il diritto del Pontefice a parlare ovunque, anche presso l'ateneo, però vi invito a riflettere su una questione con la quale concludo il mio intervento. Ho ascoltato il presidente Casini ricordare l'accoglienza che ha ricevuto Papa Woityla; colleghi, non tutti i Papi sono uguali, c'è chi ha più popolarità e chi ne ha meno, ma ognuno se la deve conquistare, non solo all'interno della propria Chiesa, ma anche nella comunità nazionale...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Villetti.

ROBERTO VILLETTI. ...e ritengo che l'intervento della Chiesa nella politica italiana non porti maggiore popolarità al Pontefice.
Detto questo, sono e sarò sempre per la difesa del diritto di libertà di tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Socialisti e Radicali-RNP, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tranfaglia. Ne ha facoltà.

NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, il dibattito di questa sera sull'incidente avvenuto presso «La Sapienza» impone a tutti, da qualsiasi parte stiano, di conoscere bene i fatti e di riferirsi ad essi. Per essere precisi, devo prima di tutto ricordare che in un primo tempo il rettore dell'università «La Sapienza» ha chiesto al Pontefice di tenere una lectio magistralis durante l'inaugurazione dell'anno accademico.
Sono pienamente d'accordo con il Ministro Mussi a proposito del fatto che il Papa ha il diritto di intervenire e di parlare, però, chi conosce le università, sa bene che pronunciare una lectio magistralis durante l'inaugurazione assume un significato diverso: significa che l'università accetta l'indirizzo espresso in quella lectio magistralis da parte dei professori e degli studenti (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). Non possiamo dimenticarlo; questo non interviene sulla libertà!Pag. 61
Sono del tutto d'accordo sul fatto che, come sempre è avvenuto in tutte le università, le autorità religiose possano intervenire e sono convinto che ciò rappresenti un fatto positivo, perché sappiamo bene che viviamo in un Paese in cui la maggioranza, almeno secondo le statistiche, è cattolica.
Quindi, dobbiamo fare in modo di convivere tra laici e cattolici, ma ciò non può significare, a mio avviso, che l'Italia, a livello di università, debba esprimere la maggioranza dei cittadini cattolici. L'università deve essere come lo Stato, ovvero un organismo laico, che consente parità - come, peraltro, ci dice la Costituzione repubblicana - a tutte le religioni, a tutte le fedi e a tutte le diverse modalità di espressione.
Questo elemento deve essere fondamentale, perché questa è la democrazia. Se vi è stato un errore, lo ha compiuto effettivamente il rettore in un primo momento. Successivamente, a mio avviso, si è determinata in qualche modo una sorta di equivoco e coloro che hanno affermato di non volere assolutamente il Papa durante l'inaugurazione non hanno avuto ragione. È bene che ciò non accada, in quanto è bene che il Papa possa andare dove vuole.
Tuttavia, fare del Papa o della religione cattolica in questo Paese una vittima non corrisponde alla realtà, in quanto il nostro è un Paese in cui tutti i mezzi di comunicazione, a cominciare dalle televisioni, danno grande spazio alla Chiesa e alle espressioni del Papa, anzi, devo dire che in alcuni casi esagerano (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Dunque, non siamo assolutamente in una situazione in cui il Papa o la Chiesa cattolica possano considerarsi vittime del sistema delle comunicazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Socialisti e Radicali-RNP). Questo aspetto mi sembra fondamentale. Ricordo che sono stato d'accordo del tutto con l'onorevole Villetti quando vi è stata la battaglia a proposito del Dalai Lama, in quanto non possiamo distinguere tra le religioni e sostenere che, se la religione è quella maggioritaria dell'Italia, dobbiamo rispettarla, invece, se vi sono altre religioni nel mondo, siamo esentati dal rispetto. Se si vuole la democrazia, questa deve essere estesa ad ogni parte.
In ordine all'università, a mio avviso, essendo stato quarant'anni nelle università italiane, non mi pare affatto che in esse vi sia un atteggiamento maggioritario contro la Chiesa o contro la religione cattolica. Ho sempre insegnato insieme con tanti professori cattolico-democratici, mi sono trovato benissimo e non ho avuto nessun problema su questo piano.
Quindi, francamente, non capisco una battaglia politica per chiedere al Ministro di intervenire sulle università quando l'Aula ha approvato a suo tempo una legge sull'autonomia degli atenei, ossia il principio secondo cui il Ministro interviene per il rispetto della legge e per realizzare delle riforme, non sull'andamento specifico e quotidiano delle università...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

NICOLA TRANFAGLIA. ...in una situazione in cui, nelle università, gli studenti cattolici convivono con quelli laici e si distinguono non per ragioni di religione, ma per le idee sull'università e sull'istruzione. Abbiamo studenti divisi su questo aspetto, non per altro. Quindi, ciò mi sembra sbagliato (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Socialisti e Radicali-RNP).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori intendo esprimere innanzitutto un rammarico profondo e sincero per i fatti e le affermazioni che hanno portato il Pontefice a rinunciare alla visita e al suo intervento all'università «La Sapienza». Si tratta di un rammarico per ciò che considero innanzitutto e profondamente un brutto momento e una brutta pagina della cultura e dell'università italiana.Pag. 62
Qualcuno ha parlato di vittime. Sinceramente, ritengo che, se in tutta questa vicenda vi è una vittima - ed è proprio questo aspetto, forse, che la rende ancora più grave -, quella vittima è proprio quello spirito di laicità in nome del quale, impropriamente e in modo totalmente errato e non condivisibile, qualcuno ha ritenuto di porre in essere fatti e iniziative che hanno impedito al Pontefice di parlare in quella che (dobbiamo ricordarlo) non solo è una delle più grandi università italiane, ma è un'università statale, pubblica. Lo spirito laico e la laicità sono innanzitutto apertura, dialogo e disponibilità, sempre e comunque, al confronto. La critica, certo, ne è una parte integrante, considerato che - come alcuni colleghi ricordavano in quest'Aula - laicità e libertà sono non solo concetti inscindibili, ma due aspetti di uno stesso fondamentale principio. La critica, però, si esprime rispetto alle idee, non rispetto al diritto e alla facoltà di esprimerle. Non è stato un atto di laicità, ma un atto di profonda intolleranza aver impedito che esse venissero espresse in un consesso e in un luogo che ha rappresentato sempre, nella storia dell'umanità e della cultura dell'umanità, un luogo in cui, anche nei momenti più bui e duri, di guerra e di conflitti, uomini di cultura, di fede, di storia e di tradizioni diverse si sono sempre incontrati e confrontati ed hanno sempre parlato): non è stato un atto di critica, ma puramente e semplicemente un atto di oscurantismo.
Sempre dal punto di vista della cultura laica, si è impedito a un uomo (che è comunque una delle più grandi autorità morali del nostro tempo e del nostro pianeta ed è un uomo di grande cultura), di esprimere il suo pensiero e il suo messaggio agli studenti italiani. Lo si è fatto - lo ribadisco, perché ritengo che ciò sia in assoluto l'aspetto più grave, che coinvolge aspetti di viltà - utilizzando un'istituzione pubblica. Ritengo che siano importanti, pertanto, le parole di condanna e di critica giunte da quest'Aula, così come sono state importanti e chiare le parole pronunciate dal Ministro Mussi. Concludo il mio intervento auspicando soltanto che la Presidenza della Camera sappia e possa trovare le forme, gli strumenti e le parole per esprimere un sentimento che mi sembra sia ampio, comune e pienamente condiviso e - come tutti i grandi sentimenti fatti di cultura e di valori morali ed etici - assolutamente trasversale, di condanna e di piena solidarietà al Pontefice per quanto il medesimo ha subito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e del deputato Bianco).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, riteniamo che l'episodio di oggi all'Università La Sapienza e la rinuncia del Papa costituiscano un grave errore. Innanzitutto ringraziamo il Ministro Mussi per la puntualità con la quale è venuto in Parlamento ad esprimere la posizione del Governo su quanto è avvenuto. Noi Verdi riteniamo che vi siano due valori fondanti, sanciti dalla nostra Costituzione, che l'episodio di oggi ha appannato. Il primo è il valore della laicità: una conquista fondamentale della nostra storia e un discrimine chiave nel nostro credo politico. Laicità dello Stato e delle istituzioni non significa laicismo e non significa trasformare la laicità in una gabbia e in una fortezza assediata. La laicità è un valore che può e deve coniugarsi con l'altro grande valore fondante che è la tolleranza (ossia il rispetto della libera espressione del pensiero di tutti e di ognuno), che nessuno meglio di Voltaire, che qualcuno ha citato, ha saputo esprimere. In tale fase, quindi, la politica ha il dovere e il ruolo di difendere questi due valori.
Noi Verdi, da sempre, abbiamo difeso questi diritti, nella libertà di tutti, di ogni minoranza e di ogni persona. Ovviamente ci auguriamo che tutti, a partire dal Papa, abbiano la possibilità di esprimersi in qualunque luogo e in qualunque momento. Tuttavia, vogliamo anche affermare che è bene che si evitino strumentalizzazioni da parte del centrodestra. Abbiamo ascoltato qui pronunciare parole abbastanzaPag. 63gravi, come la richiesta, avanzata al Ministro Mussi, di intervenire presso i sessantasette docenti. Se parliamo di libertà e di libera università, una libera università è tale perché anche la politica non interviene nella libera espressione dell'università; la politica non può mai intervenire nel dire ai docenti ciò che devono o non devono fare: anche quando non condividiamo, esercitano un libero diritto alla critica.
Oggi noi prendiamo una posizione e affermiamo che questo è stato un grave errore, un errore che certamente non fa bene alla laicità dello Stato; tuttavia, devo dire che l'onorevole Titti Di Salvo ha fatto bene a ricordare quanto sta accadendo negli ultimi giorni e nelle ultime settimane, vale a dire il fatto che si discute di quelle conquiste laiche, di quelle conquiste di diritti sociali che sono state fondamentali per la Repubblica italiana (non mi riferisco solo alla legge n. 194 del 1978, ma anche a quelle battaglie che in molti oggi stanno compiendo per il riconoscimento dei diritti civili a molti cittadini italiani, diritti civili che sono già una conquista e una normalità in tanti Paesi d'Europa). Nel concludere e nel riconoscerci pienamente nelle parole del Ministro Mussi, ribadiamo che quanto accaduto oggi è stato un grave errore, ma chi professa la libertà di esprimersi deve anche accettare il fatto che nel Paese può essere criticato liberamente (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, signor Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, in primo luogo vorrei ringraziare tutti i presenti per l'ampio ripasso sulle libertà e sulla valenza dello Stato democratico e laico che ci è stato fornito e mi è stato fornito, anche in considerazione della mia ancora giovane età, come a ribadire i principi fondamentali - che tutti hanno richiamato - espressi dalla Costituzione della Repubblica, che sono verità invariate, presenti e vive come erano sessanta anni fa.
Ciò detto, non può non apprezzarsi meglio, più integralmente, totalmente direi, la gravità dei fatti sui quali oggi stiamo discutendo. Si tratta di fatti estremamente significativi, in quanto - e ciò è stato ben descritto - in buona sostanza è accaduto che una modestissima minoranza del corpo accademico italiano potesse mettere in discussione - lo hanno affermato anche molti colleghi - l'autorità del Santo Padre. La dittatura della minoranza è un fenomeno antidemocratico, così come antidemocratici e preoccupanti sono alcuni atteggiamenti postsessantottini, o forse addirittura presessantottini, o ancora pienamente sessantottini, che purtroppo - e sottolineo purtroppo - ho dovuto ascoltare in questa sede.
Alcune persone e larga parte della sinistra radicale ignorano quanto abbia dato il cristianesimo alla società italiana nei suoi valori fondamentali (quando parlo di società italiana mi riferisco, ovviamente, anche e largamente a quella Carta costituzionale alla quale tutti hanno affermato di richiamarsi). Allora, vi deve essere coerenza e vi deve essere capacità di uscire da una visione eccessivamente parziaria, come è stato riconosciuto in primis dallo stesso Ministro, il quale si deve assumere tutta la responsabilità di aver parlato troppo tardi, troppo poco e troppo timidamente. In buona sostanza, il Ministro ci deve rispondere di una situazione di fatto veramente singolare: questo Governo... se poi mi volesse ascoltare, anziché parlare col presidente di altro gruppo parlamentare ai banchi del Governo... ringrazierei la Presidenza della Camera... va bene, ha deciso di non ascoltarci e se ne occuperà successivamente.
Questo Ministro deve anche rispondere del fatto che si è verificato un fenomeno che è quasi ridicolo: si è potuto verificare in Italia che il Papa, che è un'autorità morale, spirituale, accademica e intellettuale riconosciuta a livello mondiale, come da tutti affermato e non ultimo dallo stesso Ministro, si sia trovato nella condizione di farsi dire di «no» dal, con tutto il rispetto, professor Asor Rosa. Si tratta di un fatto che passerà veramente alla storia perché èPag. 64come se una squadra molto quotata di serie A si fosse trovata nella condizione di non poter affrontare una squadra di calciatori super dilettanti; si tratta di un paradosso più unico che raro e anche di questo il Ministro ci deve rispondere.
Considerato che vi è una grande partecipazione sui temi della libertà e della laicità e una grande consapevolezza del vulnus democratico, dell'offesa alla coscienza accademica nazionale, ritengo che vada dato seguito a questa consapevolezza, per capire quello che si può concretamente fare. Ritengo che il Ministro potrebbe seriamente prendere in considerazione l'idea di reiterare l'invito al Santo Padre o di concordare un'altra circostanza affinché queste situazioni spiacevoli sotto il profilo nazionale e internazionale, come è stato ripetuto da molti colleghi prima di me, non abbiano più a verificarsi e restino fenomeni isolati. Voglio concludere ricordando, soprattutto agli amici della sinistra radicale, una frase del senatore Andreotti: Roma e il Papa si vogliono bene e stanno insieme da sempre.
Questa consapevolezza ancora più seraficamente e olimpicamente può dare modo al Governo e al Ministro di attivarsi per recuperare una situazione veramente difficile (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirino Pomicino. Ne ha facoltà.

PAOLO CIRINO POMICINO. Signor Presidente, lo hanno già affermato tutti i colleghi che ciò che è accaduto rappresenta una ferita grave per la democrazia italiana e io aggiungo che si tratta di un'offesa altrettanto grave e violenta alla coscienza della stragrande maggioranza degli italiani. Non commettiamo, però, l'errore di confondere una minoranza agguerrita con la stragrande maggioranza del mondo accademico e del mondo studentesco. Non daremo a questa minoranza la patente di rappresentare il mondo accademico italiano. Alla stessa maniera, però, dobbiamo dire che non possiamo far passare sotto silenzio quello che è accaduto e quest'Aula, al riguardo, si sta esprimendo in maniera chiara e precisa, bacchettando quelli che vogliono trasformare la culla del sapere in una culla dell'illiberalità e dell'ignoranza democratica.
Vi è in giro, sotto questa minoranza attiva, una sorta di fondamentalismo laico. Voglio dire con molta serenità agli onorevoli Villetti e Di Salvo che la laicità del cattolicesimo politico ha radicato la libertà nel Paese e ha contagiato tutti con il profondo senso di libertà che oggi viviamo e che minoranze agguerrite e stupide hanno già nel passato tentato, in qualche maniera, di sovvertire. Su questo versante, sul terreno dei valori democratici, quest'Aula - lo dico al Ministro Mussi e ai colleghi che sono intervenuti - non può dividersi perché quando la divisione è avvenuta, sul Paese è scesa una lunga notte. Non possiamo più non sentire un afflato comune nel testimoniare il valore della grande democrazia che abbiamo costruito insieme. Per tali motivi, in poche battute, senza assumere toni comiziali, le dico, Ministro Mussi, che lei deve, se mi posso permettere di usare questo verbo, andare all'inaugurazione dell'anno accademico.
Ci deve andare perché è il Ministro della ricerca e dell'università, ma deve avere in quella sede - e certamente lo avrà - quel coraggio e quella onestà intellettuale che abbiamo apprezzato quando qui ha criticato in maniera dura e decisa le iniziative di minoranze del mondo accademico che hanno determinato l'avvenimento del quale discutiamo.
Mi consenta di concludere dicendo che, nello stesso modo in cui lei va - e deve andare, a mio giudizio - all'Università La Sapienza, deve valutare con il Presidente del Consiglio se non è nelle condizioni di poter rappresentare, come Governo, non solo la voce della stragrande maggioranza dell'università italiana, ma anche la voce alta e forte di quest'Aula parlamentare, che è l'Aula della sovranità popolare e che, nel suo complesso, ha condannato le iniziative a seguito delle quali si è scatenato il rifiuto del Santo Padre di recarsi all'inaugurazione dell'anno accademico della detta università.
Deve altresì valutare, con il Presidente del Consiglio, l'opportunità di andare inPag. 65Vaticano a rappresentare e testimoniare la voce democratica dell'università italiana, della società italiana e del Parlamento. Io so che la sua onestà intellettuale e il suo coraggio, che questa sera abbiamo apprezzato, non avranno la preoccupazione di vedere appannata la sua identità laica, perché l'identità, quando sussiste ed è forte, non si appanna qualora, in qualsiasi maniera, venga omaggiata la libertà.
In questo senso la invito a riflettere, insieme al Presidente del Consiglio, sul fatto che, all'indomani dell'inaugurazione dell'anno accademico presso l'Università La Sapienza, una sua visita in Vaticano può dare il senso forte e alto della protesta dell'Aula del Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molto spesso noi, riferendoci ai centri di ricerca del nostro Paese - agli atenei, per intenderci - li definiamo «università», ma omettiamo di completare la definizione dicendo che si tratta di università degli studi. In altre parole, non sono semplicemente dei luoghi dove si va per acquisire una conoscenza più specialistica, ma sono anche e soprattutto dei luoghi dove si esercita il confronto delle idee.
Pertanto, quanto è accaduto è grave al di là delle affermazioni, dei giudizi e del dibattito che dentro quest'Aula si è sviluppato. Mi fa specie immaginare che qualche collega, riferendosi al concetto di lectio magistralis con riguardo alla funzione che doveva avere la presenza del Papa nel momento dell'inaugurazione dell'anno accademico, abbia potuto immaginare che - lectio magistralis o meno - le parole del Papa potessero in qualche modo essere trattenute dall'azione di questi sedicenti docenti universitari e dai cancelli dell'università, come se il chiuso di un'aula, o, di converso, un cancello possano frenare il flusso delle idee. Questo modo di pensare non è solo ristretto ma anche irreale.
Le università sono i luoghi dove si insegna perché ci sono i docenti, parola che è stata abusata negli altri sotto-ordini di insegnamento e che spesso è utilizzata a sproposito, mentre dovrebbe essere riferita più specificamente all'università proprio perché nella docenza non vi è solo il sapore, il significato e la consapevolezza di un sapere più specializzato, ma vi è anche il senso di un equilibrio che il soggetto che si fregia di questo titolo deve possedere per dialogare con i giovani e per creare un momento di confronto nell'educazione. Se questi signori non hanno questa capacità, sono loro a mettersi fuori.
Non è il Parlamento che può invitare il Ministro a mettere fuori questa gente, sono loro che hanno dimostrato di non avere l'equilibrio, la dignità e il livello per essere definiti docenti universitari! Questo è il tema di fondo, in un Paese che è sempre più degradato.

PRESIDENTE. Onorevole Reina, concluda.

GIUSEPPE MARIA REINA. Vorrei concludere, Presidente, ricordando - io che vengo dal profondo sud, dalla Sicilia - che intorno all'anno mille, in Sicilia, esisteva un regno che assicurava un'università che era un faro che gettava luce nel Mediterraneo, nella quale si trovavano a convivere opinioni, non solo diverse, ma anche contrastanti per quel periodo storico e nella quale c'erano insegnanti arabi ed insegnanti europei (o comunque appartenenti ad aree di quella che oggi definiamo, in modo più ampio, Europa). Ciò avveniva nella Sicilia del milleduecento...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Reina, deve concludere.

GIUSEPPE MARIA REINA. ...nella Sicilia del milletrecento, mentre nella Roma di oggi si impedisce al Santo Padre di poter esprimere valutazioni che certamente potrebbe esprimere anche al di fuori dell'università, ma che fanno paura. Chi ha paura delle idee non ha diritto di opporvisi in questi termini, impedendo aiPag. 66giovani di avere la possibilità di confrontarsi con esempi, dimensioni, disegni e modelli di vita diversi da quelli che la società ogni giorno ci propina (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, abbiamo sicuramente apprezzato le parole del Ministro Mussi, anche se ha detto che parlava a titolo personale. Abbiamo apprezzato la sua volontà e abbiamo capito anche il profondo disagio che deve provare sedendo in quest'Aula tra la maggioranza del Parlamento e rappresentando il Governo.
Vede, Ministro Mussi, credo alla sua buona fede, ma non permetteremo né a lei né ad altri di lavarsi la faccia nel Parlamento. Cosa dice sul fatto che ieri un Ministro del suo Governo, Emma Bonino, a Radio radicale ha affermato testualmente di essersi schierata sul fronte di coloro per i quali sarebbe meglio che all'università il Santo Padre non ci mettesse proprio piede? Che cosa ci dice, Ministro Mussi, lei che rappresenta l'università in quest'Aula, di un suo collega Ministro che si schiera in maniera così aperta, non per un problema religioso, ma di libertà della nazione? Non ci possono convincere le sue parole, ma soprattutto non convinceranno le italiane e gli italiani della sua buona fede, signor Ministro. Non potranno assolutamente convincerli, perché vorrei sapere...

PRESIDENTE. Onorevole Garnero Santanchè, concluda.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ... che cosa ha fatto lei e cosa hanno fatto il Governo e questa maggioranza dal momento che le persone che hanno impedito al Santo Padre di recarsi giovedì all'università sono della vostra matrice politica e portano avanti il vostro pensiero unico su queste tematiche. Che cosa avete fatto? È troppo comodo venire in quest'Aula e lavarsi la faccia, perché oggi nessuno di voi potrebbe sostenere una tesi contraria a quella della libertà della parola. Troppo comodo! Noi non ci stiamo!

PRESIDENTE. Onorevole Garnero Santanchè, la prego di concludere.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Concludo dicendo che non ci uniamo a questo coro di ipocrisia, che non ci stupiamo di voi che predicate tanto la libertà per coloro che predicano l'odio nei confronti dell'occidente, non ci stupisce questo che è l'ultimo atto di quella politica sull'intolleranza che state portando avanti nel Parlamento e nel Paese. Vogliamo i fatti e non le parole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Destra)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, condivido quanto ha affermato l'onorevole Tremonti. Non si tratta di un problema di religione, ma di libertà e in tale senso oggi andava affrontata la discussione. Una sede universitaria è di per sé, o almeno dovrebbe essere per tabulas, il simbolo della libertà perché è in quei luoghi che nasce la classe dirigente del futuro e se tra trenta o quaranta anni troveremo i giovanotti che hanno presentato la predetta proposta e hanno impedito al Papa di parlare, pensate a quale futuro è affidata la libertà del Paese!
Non sono un frequentatore di chiese. Appartengo ad un partito laico, talmente laico da pensare in ogni momento che il mio interlocutore possa avere ragione ed io torto. Appartengo ad una tradizione, però, che nello Statuto della Repubblica romana garantiva al Papa le guarentigie per esercitare il suo alto magistero religioso. All'ateneo di Roma è stata scritta una brutta pagina sulla libertà del Paese. Auguriamoci che non sia l'inizio per ricordare altre pagine orribili degli anni Settanta e Ottanta. Al collega Villetti, che veniva calorosamente applaudito dalla sinistraPag. 67e dall'estrema sinistra voglio dire che non dovrebbe essere contento di tali applausi perché sono gli applausi di quei colleghi deputati che hanno votato contro l'emendamento che prevedeva il pagamento dell'ICI da parte della Chiesa.
Ho apprezzato l'intervento del Ministro Mussi e mi dispiace che altri colleghi dell'opposizione non abbiano fatto altrettanto. Al Ministro Mussi voglio però ricordare quanto affermava il mio maestro, Ugo La Malfa: «La politica si fa con agli atti e con i fatti, perché se agli atti non seguono i fatti, sono solo chiacchiere». Siamo certi che la serietà del Ministro Mussi lo porterà a far seguire i fatti alle parole che ha detto oggi.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,39).

PRESIDENTE. Considerata l'ora e la situazione che ha caratterizzato oggi i nostri lavori, ritengo che l'orientamento generale sia nel senso di aggiornarli alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 16 gennaio 2008, alle 10,40:

1. - Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

2. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria (3324).

3. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza (3325).

4. - Seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00261, La Russa ed altri n. 1-00265, Cirino Pomicino ed altri n. 1-00266, Elio Vito ed altri n. 1-00267, Barbi ed altri n. 1-00268, Volontè ed altri n. 1-00269 e Fabris ed altri n. 1-00270 sulla vicenda della cessione della compagnia aerea Alitalia.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge e del documento:
S. 1448 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2007 (Approvato dal Senato) (3062-A).
- Relatore: Bimbi.

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n. 2).
- Relatore: Frigato.

6. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione del III Protocollo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo, fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005 (2782).
- Relatore: Khalil detto Alì Rashid.

Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionalePag. 68per la protezione delle Alpi, con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (2861)

e delle abbinate proposte di legge: BOATO; ZELLER ed altri; ZELLER ed altri (188-583-661).
- Relatore: De Brasi.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, firmato a Roma il 31 ottobre 2006 (3094).
- Relatore: Narducci.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (3095).
- Relatore: Cioffi.

S. 1602 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Bulgaria sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Sofia il 22 novembre 2005 (Approvato dal Senato) (3081).
- Relatore: Picchi.

Ratifica ed esecuzione del Trattato per l'assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002 (3022).
- Relatore: Ranieri.

La seduta termina alle 19,40.