XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 243 di giovedì 15 novembre 2007

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[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 9,40.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buonfiglio, Gasparri, Lion, Maderloni, Maroni, Ranieri, Rigoni e Servodio sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1819 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (Approvato dal Senato) (A.C. 3194-A) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione sulle linee generali, con lo svolgimento di alcuni interventi. Come già comunicato all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del Regolamento, secondo le iscrizioni che risultano alla Presidenza, nella seduta odierna potranno svolgersi ulteriori trentaquattro interventi.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3194-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, il decreto-legge di cui ci stiamo occupando viene definito impropriamente «decreto fiscale».
Se andiamo a vedere i contenuti del provvedimento, vediamo che le norme fiscali non sono molto rilevanti. Notiamo, invece, una serie di norme che riguardano la spesa, che trovano il loro fondamento e il loro radicamento nel cosiddetto tesoretto.
Il tesoretto è un neologismo che non è stato neanche granché apprezzato dall'Unione europea. «Tesoretto» significa avere avuto più gettito rispetto alle previsioni. La prima osservazione che va fatta è che le previsioni, forse, non erano molto accorte. Ricordo che la Commissione Faini, nel settembre dello scorso anno, aveva messo in evidenza che le valutazioni non erano in linea con il lavoro che era stato posto in essere.
L'aspetto primario che deve essere evidenziato, quindi, è che si è andato formandoPag. 2un tesoretto, ossia una ricchezza non preventivata dal Governo. Da che cosa discende, allora, il tesoretto?
Si sostiene che esso discende dalla lotta all'evasione fiscale. Ebbene, chi si occupa di queste materie sa che l'evasione fiscale si combatte in un certo lasso temporale. L'amministrazione finanziaria, sia essa civile o militare, nel momento in cui intraprende un'azione di accertamento predispone degli atti, che sono i processi verbali di constatazione.
Dalla predisposizione del processo verbale di constatazione all'atto di accertamento, che è l'atto con il quale si fa valere la pretesa tributaria, passa molto tempo. Successivamente, c'è tutto l'iter contenzioso. Ci sono tre gradi di giudizio (commissione di primo grado, commissione di secondo grado e Corte di cassazione) ed è verosimile che i contribuenti esperiscano tutto l'iter giurisdizionale. Parlare, quindi, di lotta all'evasione in un lasso temporale così ristretto, da giugno del 2006 sino al 2007, mi sembra improprio.
Il tesoretto, allora, forse discende da altri fattori. Da che cosa può discendere? Innanzitutto dalla crescita economica: non dimentichiamoci che dall'inizio del 2006, rispetto agli anni di stagnazione nei quali aveva governato il centrodestra, abbiamo avuto una ripresa dell'economia. L'effetto sui conti pubblici e, in particolare, sulle entrate tributarie si sarebbe verificato quasi automaticamente. Bastava seguire l'andamento della crescita economica per capire che ci sarebbe stato sicuramente un incremento di entrate erariali. Invece, così non si è fatto.
Si è scelta la strada della penalizzazione dei contribuenti. Sono stati approvati tre provvedimenti (il decreto-legge Visco-Bersani, il cosiddetto collegato fiscale del novembre 2006 e, infine, la legge finanziaria per il 2007), che hanno rappresentato una grossa penalizzazione per i contribuenti e un conseguente incremento di entrate erariali.
In che cosa è consistito l'intervento? Basti pensare a quello che è accaduto per le imprese: esse hanno visto allargare a dismisura la base imponibile, vale a dire il quantum su cui si applica l'imposta. Le imprese hanno constatato che molti componenti negativi del loro reddito non erano più deducibili, non si potevano portare in deduzione alcuni costi.
Ricordo quanto è avvenuto con il decreto Visco-Bersani e con il collegato fiscale relativamente agli immobili, un bene strumentale fondamentale per le imprese. Si è detto: l'immobile non può essere più ammortizzato, non si possono più dedurre i costi in modo analitico; l'immobile può essere ammortizzato scorporando la parte relativa al terreno sottostante. Guarda caso, la parte relativa al terreno sottostante era pari al 30 per cento del valore: quindi, se un imprenditore aveva acquistato un fabbricato pagandolo 100 poteva dedurre solamente 70, mentre 30 non erano deducibili.
Penso che qualsiasi persona che si occupi di questa materia si renda perfettamente conto che il valore del terreno sottostante il fabbricato non potrà mai essere quotato, stimato e valutato nel 30 per cento del costo complessivo. Quindi, qual è stato l'effetto? L'effetto è stato quello di aver penalizzato le imprese, che non hanno potuto dedurre il costo del fabbricato.
La situazione è stata ancora più rilevante sul versante delle auto aziendali. Sappiamo tutti che cosa è successo per le auto aziendali: c'è stata una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la cosiddetta sentenza Strada asfalti, che ha affermato, in linea con le direttive comunitarie, che l'IVA relativa alle auto aziendali doveva essere dedotta. Il Governo ha sostenuto che è stata un'eredità del Governo precedente e che il Governo Berlusconi avrebbe dovuto pensarci. Questa indeducibilità, invece, affonda le radici nel tempo, perché risale al 1979; quindi dare responsabilità al Governo Berlusconi per fatti che risalgono nel tempo mi sembra non corretto.
Dunque, la sentenza Strada asfalti ha comportato che lo Stato doveva rimborsare in parte l'IVA sulle auto aziendali. Il Governo ha detto: il quantum generale del rimborso si attesta su 5 miliardi di euroPag. 3(sono le affermazioni che ha reso il Viceministro dell'economia, onorevole Visco); siccome dobbiamo restituire 5 miliardi di euro, dobbiamo prendere le risorse dallo stesso comparto e, quindi, stabiliamo che non si può dedurre più nulla, a decorrere dal 1o gennaio del 2006, per quanto le riguarda le auto: non si può più dedurre il costo ai fini delle imposte dirette e ai fini dell'IRAP.
Cosa è successo alle imprese? Le imprese non hanno più dedotto nulla: nessuna auto, bene strumentale per svolgimento dell'attività, è stata dedotta nel 2006. Il rimborso, però, non è stato dato: esso poteva essere richiesto previa presentazione di un'istanza, ma l'iter si è protratto nel tempo.
Ecco il tesoretto da cosa nasce, dall'indeducibilità di un costo! L'impresa non ha potuto dedurre assolutamente nulla e intanto il rimborso è di là da venire. Il rimborso è stato previsto sulla base della presentazione di un'istanza all'amministrazione finanziaria che, peraltro, era estremamente complessa da presentare: tanti imprenditori hanno rinunciato a chiedere il rimborso perché dovevano considerare certi aspetti, vale a dire l'indeducibilità, la deducibilità che era stata data relativamente all'IVA capitalizzata sul bene strumentale e altre technicality che non sto qui a dire. Il risultato è stato che, dal punto di vista delle imposte sui redditi, non c'è stata nessuna deduzione e il rimborso dell'IVA non è stato dato. L'effetto di questa operazione ha comportato un incameramento di entrate da parte dello Stato per circa 2-3 miliardi e un esborso, che non si è realizzato, di circa 800 milioni: ecco il tesoretto! Ecco come vengono fuori le risorse!
A questo fattore aggiungiamo l'effetto, ancora più pernicioso per le imprese, che è stato prodotto dagli studi di settore. La legge finanziaria del 2007 ha rivisto il meccanismo degli studi di settore, introducendo i cosiddetti indici di normalità economica. Si tratta di meccanismi attraverso i quali l'imprenditore deve integrare i ricavi congrui: se ha dei ricavi pari a 100, deve pagare necessariamente di più perché ope legis si dice che il ricavo, così come determinato, non va bene, quindi bisogna incrementarlo.
Cito i dati del Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa. Ricordiamoci che al 99,8 per cento delle imprese italiane si applicano gli studi di settore.
Il 99,8 per cento delle imprese italiane ha pagato più tasse e si è registrato un incremento di gettito derivante dagli studi di settore del 25 per cento. Non si tratta, però, di un incremento fisiologico dovuto al fatto che le imprese hanno prodotto maggiori ricavi, bensì di un incremento statistico, dal momento che, attraverso gli studi di settore, si dice che bisogna incrementare in via statistica i ricavi delle imprese. Quindi, le imprese hanno pagato più tasse e, di conseguenza, si è determinato il tesoretto.
Come terzo fattore ricordiamo quanto è successo sul versante delle complicazioni. Sono stati reintrodotti gli elenchi clienti e fornitori, le indagini finanziarie e una serie di monitoraggi dei conti delle imprese e dei professionisti.
Soprattutto con riferimento a quest'ultima categoria di soggetti - i professionisti -, attraverso le indagini finanziarie si è sostenuto che, nel momento in cui si viene a conoscenza di tutti i dati bancari del contribuente e si osserva che dal conto corrente bancario il contribuente, il professionista, ha prelevato delle somme, quel prelievo di somme equivale ad un ricavo sottratto a tassazione.
Ma noi sappiamo che molto spesso il professionista ha un conto che ospita sia i movimenti professionali sia quelli personali. È chiaro che un professionista che dispone di un unico conto non vive di aria, ma dovrà prelevare somme da quel conto anche per le esigenze personali e familiari.
Ebbene, con la normativa che è stata introdotta si stabilisce, invece, che quel prelievo diventa un ricavo qualora il contribuente non sia in grado di giustificarlo, addirittura, per annualità pregresse, in relazione alle quali egli è nell'impossibilità oggettiva di ricostruire i movimenti.
Attraverso tali norme si è creato il gettito: possiamo, dunque, parlare di lottaPag. 4all'evasione? Ammettiamo, piuttosto, che tutto ciò che è stato realizzato in più e che ha formato oggetto dei due provvedimenti - quello di giugno e quello che stiamo discutendo - è il frutto dell'inasprimento del carico fiscale sia sulle imprese, sia sui lavoratori dipendenti.
Non dimentichiamo, infatti, che il meccanismo introdotto con la legge finanziaria dello scorso anno - vale a dire la sostituzione delle deduzioni dall'imponibile con delle detrazioni di imposta - ha inciso pesantemente anche sui lavoratori dipendenti.
Ricordo che alcuni lavoratori dipendenti, addirittura iscritti ad un sindacato vicino alla sinistra (la CGIL), sono andati con le buste paga dinanzi al sindacato a protestare dicendo: che ci avete combinato? Noi che abbiamo redditi addirittura inferiori a 20 mila euro, abbiamo subito una penalizzazione in termini di imposizione. Infatti, andando a vedere le loro buste paga, essi hanno constatato un'impennata delle addizionali locali (comunale e regionale) e hanno visto che il loro reddito disponibile si è assottigliato.
Questi sono i dati preoccupanti: vi è stato un incremento del gettito che però non è derivato dalla lotta all'evasione, bensì da un carico fiscale sicuramente più penalizzante.
I dati de Il Sole 24 Ore dell'altro giorno indicano che sulle imprese (e, dunque, su soggetti IRES interessati dall'imposta sul reddito delle società) vi è stato un inasprimento del carico fiscale del 25 per cento. Possiamo chiamarla «lotta all'evasione»?
Possiamo, piuttosto, dire che la lotta all'evasione si è fatta, ma si è fatta sostenendo che il Governo di centrodestra aveva messo in piedi i cosiddetti condoni fiscali, mentre adesso di condoni non ve ne sono più. È stata un'opera meritoria, perché anche io sono convinto che di condoni non si debba più parlare. Però, dobbiamo essere corretti e dire che oggi i condoni hanno altri nomi e sono prospettati sotto altre sembianze: non si chiamano «condoni fiscali», bensì «accertamenti con adesione».
Anche a tale riguardo debbo citare alcuni dati de Il Sole 24 Ore del 3 settembre di quest'anno. Noi sappiamo che in tutti gli uffici finanziari d'Italia (al nord, al centro e al sud), di tutti gli accertamenti fiscali effettuati, il 50-60 per cento forma oggetto di accertamento con adesione. L'accertamento con adesione consiste in una riduzione dell'imposta dovuta dai contribuenti.
Quindi, se ad avviso degli uffici finanziari si sono evase imposte per un importo pari a 100, si trova un accordo e, anziché pagare 100, si paga 50, 30 o 40. Non vogliamo chiamare questa operazione un «condono mascherato»?
Attenzione: tale fenomeno si sta verificando in tutti gli uffici finanziari d'Italia. Tutti i contribuenti dapprima ricevono un accertamento tributario, ma successivamente l'ufficio finanziario chiama il contribuente e gli propone di sedersi dinanzi ad un tavolo e concludere una sorta di patteggiamento, di transazione.
A tale proposito, voglio ricordare un caso emblematico: un noto sportivo, la scorsa estate, ha ricevuto un accertamento pari a 18 milioni di euro. La materia del contendere riguardava la residenza di questo soggetto, ossia se egli fosse residente a Montecarlo oppure in Italia. I casi sono due: se il contribuente era residente in Italia, avrebbe dovuto pagare tutti i 18 milioni di euro contestati. Se, invece, era residente a Montecarlo, non avrebbe dovuto pagare niente, perché il soggetto residente fuori dal territorio nazionale non è tenuto al pagamento delle imposte.
Come è finita questa vicenda? Si è proposto a tale soggetto di pagare non 18 milioni di euro, ma solo 3 milioni e mezzo. Pertanto, è stato fatto uno sconto, un regalo. A riprova di ciò, recentemente, un altro personaggio sportivo ha seguito la stessa strada compiuta dall'altro soggetto e quindi anche egli fruisce di sconti, di agevolazioni.
Si tratta di lotta all'evasione oppure di un condono mascherato? Su tali punti ci si deve interrogare e si deve riflettere, perché corriamo il rischio di presentare tali misure, che sono state adottate daiPag. 5decreti Visco-Bersani e da quelli successivi, come strumenti di effettivo contrasto all'evasione fiscale.
In realtà, le cose non stanno così e per comprenderlo basta andare in giro, sentire i professionisti e parlare con gli uffici finanziari. Anche loro dicono che, purtroppo, sotto la pressione degli obiettivi e dei risultati che devono ottenere entro la fine anno, sono costretti a fare degli sconti. Se prendiamo atto di tale situazione, siamo in grado di capire come è stato ottenuto il tesoretto e come si sta contrastando l'evasione fiscale: si deve fare, si deve porre un argine, ma non con questi metodi e modalità.
Il punto sul quale intendo richiamare l'attenzione dei colleghi e del Governo è che tali aspetti vanno chiamati con il loro nome. Non si sta lottando contro l'evasione fiscale, ma solo inasprendo il carico fiscale, facendo pagare più tasse ai contribuenti e, automaticamente, si realizzano risorse aggiuntive che non sono destinate alla riduzione dell'indebitamento e del debito, bensì alla spesa.
Veniamo appunto alla spesa. Se indirizzassimo le maggiori risorse alla spesa produttiva, da parte del centrodestra non vi sarebbero né obiezioni né contestazioni. Il problema è che indirizziamo le maggiori risorse, il cosiddetto tesoretto, verso finalità che non sono produttive. Pertanto, deve necessariamente esservi una presa di distanza da parte dell'opposizione. Infatti, laddove tali misure venissero indirizzate e convogliate verso obiettivi di produzione che, soprattutto nell'attuale fase del ciclo economico, che è abbastanza complessa, devono sostenere la crescita economica, ritengo che vi potrebbe essere condivisione e unanimità, da parte di tutto il Parlamento, sull'utilizzo delle risorse in tal senso. Ma nel momento in cui tali risorse vengono destinate solo alla spesa corrente, credo che tale percorso non si possa seguire.
Veniamo ora all'analisi del provvedimento. Esso reca tante disposizioni di spesa e poche disposizioni fiscali e queste ultime, peraltro, sono sbagliate dal punto di vista tecnico. In particolare, mi riferisco alla disposizione più contestata, quella relativa agli incapienti. Sappiamo tutti che vi sono delle categorie di soggetti, non solo i titolari di reddito di lavoro dipendente, ma anche i titolari di reddito di lavoro autonomo, di immobili e via dicendo, che per una serie di circostanze, di oneri deducibili, di costi, eccetera, non devono pagare le imposte. Tali soggetti, i cosiddetti incapienti, vengono beneficiati, giustamente e correttamente, attraverso un bonus che viene loro attribuito perché non sono obbligati al pagamento dell'imposta.
Sappiamo tutti quali sono state le vicende parlamentari: al Senato un emendamento di un esponente della sinistra ha sovvertito l'impianto originario della norma, prevedendo che ai ricordati soggetti spetta una detrazione fiscale di 300 euro. Nel testo licenziato dalla Commissione bilancio, la norma ha assunto addirittura livelli di totale incomprensione e di netta distanza dai principi fondamentali della scienza delle finanze e del diritto tributario. Infatti, si fa riferimento all'introduzione di una disciplina organica delle misure fiscali volte ad assicurare il riconoscimento dell'imposta negativa. Ma, signori miei, sappiamo cos'è un'imposta? Un'imposta è un prelievo coattivo cui è tenuto il contribuente per far fronte alle spese di natura pubblica indivisibili. È un prelievo coattivo che consiste nell'applicazione di un'aliquota su una base imponibile. Le imposte negative cosa sono? In nessun trattato di scienza delle finanze e di diritto tributario si parla mai di imposta negativa. Forse esiste solo nella mente del Viceministro Visco. L'imposta è un prelievo e l'imposta negativa non esiste. Se vi è una cifra negativa si è in presenza di un bonus, ovvero di una somma che deve essere conferita al contribuente, ma non di un'imposta negativa.
Ancora più grave è aver previsto il riconoscimento ai suddetti soggetti di una detrazione fiscale. Occorre considerare che si tratta di un errore palese. Come si può parlare di detrazione fiscale, quando non c'è imposta? La detrazione fiscale esiste nel momento in cui vi è un'imposta da pagare. Per fare un esempio, se io devoPag. 6100 di imposta, da questa somma tolgo 40 di detrazione fiscale e devo un'imposta di 60. Ma nel momento in cui l'imposta netta è pari a zero quale detrazione fiscale posso riconoscere? Si tratta di un'ulteriore lacuna che emerge dal dettato normativo e spero che il provvedimento venga corretto perché, altrimenti, è tecnicamente ingestibile. Non so come faranno gli uffici ad applicare correttamente tale norma. Inoltre, la stessa norma prevede che la detrazione fiscale venga applicata attraverso il sostituto d'imposta. Pertanto, è il soggetto che eroga le somme che deve dare il bonus; non deve applicare ovviamente l'imposta perché in questo caso l'imposta netta non c'è. Sappiamo, tuttavia, che esistono molti casi in cui non vi è il sostituto d'imposta, ossia un soggetto obbligato per legge ad effettuare ritenute alla fonte. Si pensi al caso delle badanti. Cosa succede per le badanti? Chi deve dare loro queste somme? Il datore di lavoro, che non è sostituto d'imposta?
Tutti i problemi che ho richiamato non sono affrontati nel provvedimento, eppure si tratta di problemi reali. Pertanto, invito il Governo a verificare le suddette disposizioni perché si parla di un'imposta negativa che non esiste e di detrazione fiscale quando non c'è imposta da pagare e a verificare come disciplinare i compensi per le badanti o per altri soggetti senza sostituto d'imposta. Si tratta di strafalcioni tecnici che devono essere sicuramente corretti, altrimenti si rischia di non dare nulla a persone che si trovano nell'identica situazione reddituale di altre.
Vi sono altre disposizioni nel provvedimento in esame. Per citarne una, vi è la norma che prevede il parziale finanziamento del cosiddetto 5 per mille. Ebbene, sul 5 per mille occorre uscire dagli equivoci. Si tratta, infatti, di una norma di democrazia, molto apprezzabile perché il cittadino, con lo strumento della dichiarazione dei redditi, può indirizzare risorse verso associazioni e organismi che hanno specifiche finalità (si pensi all'associazione per la ricerca sul cancro). Dobbiamo fare in modo che tali somme siano attribuite alle predette associazioni senza limiti. Il tetto è il 5 per mille, e basta. Una volta stabilito il tetto del 5 per mille non si può prevedere un'ulteriore splafonamento di risorse attraverso le entrate da attribuire.
Infatti, il cittadino vuole sapere come e a cosa vengono destinate le imposte che lo stesso è tenuto a pagare. Quindi, bisogna attribuire tali risorse, una volta stabilito il tetto del 5 per mille, senza limiti. Bisogna fare in modo che si eviti questo meccanismo perverso. Inoltre, ci vuole contestualità, tra il momento in cui si esprime la scelta e quello in cui vengono attribuite le risorse. Trascorre un lasso temporale enorme tra il momento della scelta e il momento in cui vengono attribuite le risorse: ci sono lungaggini burocratiche. Dobbiamo fare in modo di evitare che ciò avvenga. So che nel disegno di legge finanziaria si sta pensando di intervenire in qualche modo. Questo potrebbe essere un argomento bipartisan da trattare, che veramente fornisce una soluzione concreta a problemi reali dei cittadini. Ho cercato di illustrare gli aspetti di maggior rilievo contenuti nel decreto-legge in esame. Ho dichiarato che il provvedimento al nostro esame viene impropriamente chiamato fiscale, ma in realtà è un decreto-legge di spesa e di gestione del tesoretto.
Concludo trattando un altro aspetto. Ci stiamo prefigurando lo scenario italiano come la quintessenza della perfezione in materia tributaria. Stiamo dicendo a tutti che le norme fiscali funzionano e siamo apprezzati dal mondo intero. Allora, vi ricordo che di recente una associazione di rilievo, quale è Business International, ha svolto un'indagine pubblicata sul Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa. Sul versante della competitività tale indagine ha potuto evidenziare che, su ottantadue Paesi, l'Italia si piazza al quarantesimo posto in materia di competitività e il dato più allarmante è che si colloca all'ottantaduesimo posto, l'ultimo della classifica, in materia fiscale. Quindi, ci rendiamo conto che non stiamo facendo interventi seri in materia fiscale? Si sta dicendo ora con il disegno di legge finanziaria che cambieremo le cose, ridurremo l'imposta sul reddito delle società, abbasseremo l'aliquotaPag. 7dal 33 al 27,5 per cento. Ma abbiamo considerato come stiamo allargando la base imponibile? Abbiamo considerato che stiamo rendendo indeducibili gli ammortamenti e gli interessi passivi? Cosa diciamo alle piccole imprese (soprattutto quelle che si sono indebitate per acquistare beni strumentali in un momento di crescita), che gli rendiamo indeducibili i costi? Mascheriamo tutto ciò come allargamento della base imponibile?
Poi, ci dicono che si stanno favorendo le imprese, perché addirittura si prevede, per i piccoli imprenditori, una tassazione forfettaria del 20 per cento, laddove non si avvalgano di dipendenti e quando non abbiano alcun collaboratore. Mi dite qual è il piccolo imprenditore che non ha almeno un collaboratore? Non è un piccolo imprenditore, diventa un lavoratore autonomo! Quindi, il beneficio non lo avvertirà nessuno e allora non possiamo dire alle piccole e medie imprese, agli artigiani e ai commercianti che abbiamo ridotto la tassazione. Gli dobbiamo dire le cose come stanno: non avrete alcuna riduzione del carico fiscale, perché questa norma non si applica a voi. Ecco ciò che si sta generando in materia fiscale. È necessario uscire dalle menzogne e dal cosiddetto effetto placebo, vale a dire riduzione delle aliquote e allargamento della base imponibile. Dobbiamo parlare chiaro agli italiani, perché capiscano esattamente che quando vanno a pagare le tasse e presentano la loro dichiarazione dei redditi questo Governo ha solo inasprito e reso più pesante il carico fiscale, senza dare alcun beneficio (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signora Presidente, onorevole relatore, ho alcune considerazioni da aggiungere a quelle che sono state svolte, in particolare ieri, e questa mattina dall'onorevole Leo. Volevo iniziare con qualche considerazione di ordine generale. In primo luogo, sulla correttezza di fondo dell'utilizzo di maggiori entrate a copertura del provvedimento normativo al nostro esame. È la seconda volta che accade quest'anno, dopo il decreto-legge dello scorso giugno. Lo stesso servizio studi della Camera (è persino riportato nelle schede di lettura del provvedimento) ha cercato di trovare in qualche modo una soluzione a tale modo molto «garibaldino» di utilizzare presunte entrate extra.
Anche perché fino alla fine dell'anno, da un punto di vista formale, è difficile considerare gli «extra» rispetto alle previsioni delle entrate, perché non si sa come andranno le entrate negli ultimi mesi. Pertanto, si tratta di un modo di procedere del tutto improprio. Il servizio studi della Camera ha cercato di individuare quanto meno un elemento di tenuta, vale a dire il riferimento alla legge finanziaria del 2007, la quale, all'articolo 1, comma 5, disciplina l'utilizzo delle maggiori entrate rispetto alle previsioni di bilancio a legislatura vigente, partendo dal presupposto - ripeto - che sia possibile, e che sia corretto, definire nel corso dell'esercizio quote di entrate extra rispetto alle previsioni di bilancio; una considerazione contabile che per correttezza, non solo formale, andrebbe fatta al termine dell'esercizio, e non durante lo stesso, credo che questo sia evidente a tutti.
Si era individuato questo articolo 1, comma 5, della legge finanziaria 2007 perché aveva posto alcune condizioni per l'utilizzo di eventuali extra gettiti. I primi due requisiti consistevano nel fatto che fossero comunque tutelati i saldi e che le maggiori entrate derivassero dalla lotta all'evasione. E su questi punti dirò due cose, perché lo stesso relatore Di Gioia, nel suo intervento di ieri, è stato giustamente molto prudente nella definizione delle maggiori entrate, quali entrate derivanti dalla lotta all'evasione. Il terzo elemento era che la destinazione dell'extra gettito andasse alla riduzione della pressione fiscale, con priorità per misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti. Di fatto, nessuno di questi punti è stato rispettato, se mai è stato individuato un'ancoraggioPag. 8per spendere oggi (come avete già fatto a giugno) soldi di un presunto extra gettito che - lo ripeto per l'ennesima volta - andrà verificato a consuntivo e non in itinere, per ragioni formali ma anche per ragioni di sostanza.
La manovra, che è dichiaratamente espansiva, viola gli obiettivi di saldo derivanti dal patto di stabilità, laddove esso impone agli Stati membri di perseguire una riduzione annuale, dello 0,5 per cento del PIL, del disavanzo di bilancio corretto per gli effetti del ciclo economico, non del disavanzo stimato l'anno prima. Pertanto, giustificare il peggioramento nel rapporto deficit/PIL dicendo «comunque noi siamo dentro i parametri del patto di stabilità» è sbagliato, nel momento in cui il patto di stabilità europeo, a maggior ragione negli anni positivi, imporrebbe di diminuire rispetto all'anno precedente dello 0,5 per cento il disavanzo. In più c'è una considerazione che il relatore fa nel suo intervento: siamo in un anno positivo in termini di crescita e di ciclo economico, ma ci prepariamo ad un 2008, e ancor più un 2009, nei quali le previsioni di crescita - ce lo dice in tono preoccupato lo stesso relatore - sono al ribasso. Ciò avrebbe dovuto costituire una ragione per intervenire in termini di riduzione sensibile del deficit in quest'anno, quindi lasciando le cose scorrere, e utilizzando l'eventuale extra gettito per ridurre il deficit.
Tornando ai punti fissati nella legge finanziaria dell'anno precedente, sulla natura dell'extra gettito è tutto da dimostrare quanta parte di esso sia frutto della lotta all'evasione. Ribadisco che su tale argomento l'intervento di ieri del relatore è stato molto puntuale, in quanto ha scorporato, in qualche modo, in singole voci - ovviamente si tratta di stime - le maggiori entrate, distinguendole tra strutturali, permanenti e non permanenti, e definendo quali di tali entrate siano imputabili alla lotta all'evasione. Ritengo che su tale aspetto il Governo debba presentare, con una precisione maggiore rispetto a quanto ha fatto fino ad oggi, la relazione sui risultati derivanti dalla lotta all'evasione, prevista nella legge finanziaria per il 2007. Il collega Leo, che mi ha preceduto, è stato molto puntuale sul tema. Sarebbe stato quanto mai opportuno che gli esiti di tale relazione - ammesso che, mi rivolgo Governo, sia stata redatta - fosse stata sottoposta all'attenzione del Parlamento in questa sede, perché ci basiamo sulle parole del relatore, che ha cercato di dare un quadro della natura delle entrate straordinarie.
A tal proposito, apro una parentesi: la mia convinzione, che ho ribadito più volte in questa sede, è che in realtà il Governo abbia adottato una tattica molto discutibile, consistita, fin dalla legge finanziaria per il 2007, nel sottostimare le entrate, per avere la possibilità di recuperare con le entrate maggiori del previsto - non maggiori del prevedibile - che sono state utilizzate per tornare, di fatto, sui tagli di spesa previsti nella legge finanziaria per il 2007 e rifinanziare le spese di cui si è detto. Quindi, alla fine di tale gioco, neanche poi così coperto, di fatto si potrebbe tornare a riscrivere la legge finanziaria per il 2007, eliminando i tagli previsti allora semplicemente con una previsione più adeguata delle entrate per l'anno successivo. Chiudo la parentesi che non è polemica, perché quelli che ho esposto sono i dati di fatto: oggi spendiamo delle somme chiamandole entrate straordinarie, rifinanziando spese e sapendo benissimo che in buona parte, anzi, in buonissima parte, tali entrate potevano essere previste già un anno fa. Preannuncio, dunque, la presentazione di un ordine del giorno con il quale chiediamo al Governo di presentare una relazione dettagliata e urgente sulla natura di tali entrate straordinarie, perché sull'aspetto ricordato va fatta maggiore chiarezza.
Paradossalmente, ma non troppo, solo una delle spese previste nel decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, rientra nei limiti posti dalla legge finanziaria per il 2007 alla spesa di eventuali entrate definite allora come straordinarie: si tratta dell'utilizzo dei fondi per il cosiddetto bonus per gli incapienti. Sull'argomento, rispetto a ciò che ha affermato il collega Leo in precedenza, al di là delle questioni squisitamentePag. 9tecniche, ritengo che il principio dell'imposta negativa appartenga alla cultura e alla tradizione liberista, anche di Friedman; quindi, non trovo nulla di scandaloso nel prevedere un'imposta negativa.
Prevista in questo modo, non è un'imposta negativa, bensì un regalo. Tuttavia, qualora vi fosse una riforma fiscale seria con un abbattimento delle aliquote, questo tipo di previsione non dovrebbe destare scandalo.
Tornando al punto, l'intervento di 150 euro - dal mio punto di vista, se si fosse mantenuta la cifra di 300 euro non vi sarebbe stato scandalo - rispetto agli incapienti rappresenta l'unico elemento di spesa contenuto nel decreto-legge in esame che fornisce un riscontro positivo alle previsioni della legge finanziaria per l'anno 2007. Tutto il resto credo che sia assai discutibile nel metodo e nel merito.
Da un punto di vista più generale, il risultato dell'intervento contenuto nel decreto-legge è costituito da un aumento della spesa corrente e da una diminuzione di quella in conto capitale. Secondo un articolo firmato per la rivista on-line lavoce.info da Tito Boeri e Pietro Garibaldi, l'extragettito fiscale (misurato come differenza tra le cifre indicate nella relazione previsionale e programmatica del settembre 2006 e l'aggiornamento al DPEF del settembre 2007) è stato pari a 16,5 miliardi di euro. Di tale somma, secondo questa distinzione, sono stati destinati 9,6 miliardi di euro alla spesa pubblica corrente, 1,7 miliardi di euro agli interessi passivi sul debito pubblico, 5,8 miliardi di euro alla riduzione dello stock del debito. Sconcertante è il fatto che la spesa in conto capitale, nel corso dei dodici mesi considerati e al di là delle redistribuzioni operate e delle destinazioni specifiche - come i 7 milioni di euro per 7 chilometri di semaforizzazione previsti dal decreto-legge in esame - sia diminuita di 1,8 miliardi di euro. Questi sono i dati di fatto a consuntivo.
Siamo di fronte ad un caso di scuola di tax push, ovvero di un incremento di gettito che alimenta nuove spese. Questa è la gravità del metodo scelto dal Governo per condurre la politica economica e fiscale. Io non ero presente, ma nei cinque anni precedenti abbiamo assistito ad ogni sorta di accusa nei confronti della gestione economico-finanziaria del precedente Governo e mi riferisco alla finanza creativa e a tutte le altre belle cose che ci ricordiamo perfettamente. Oggi, assistiamo ad una strategia - parlo in generale e non solo in ordine al provvedimento in esame, che pure costituisce uno degli elementi centrali di questa strategia - assolutamente dissennata. In un momento, infatti, di ciclo favorevole si presenta una finanziaria in cui si sottostimano le entrate. Nel momento in cui le entrate (prevedibili ma non previste) si manifestano, anziché essere utilizzate (proprio perché ci troviamo in una fase positiva del ciclo) per interventi seri e drastici a riduzione del deficit e del debito, sono utilizzate, prima ancora della fine del bilancio di esercizio (cosa assolutamente grave in termini formali e non solo) per finanziare maggiori spese. Ciò è accaduto a giugno e con questo decreto-legge, nell'ambito di una strategia che porta ad una diminuzione della spesa in conto capitale e ad un aumento della spesa di parte corrente.
Quindi, siamo di fronte alla sconfitta sonora di chi, come Prodi, Visco e Padoa Schioppa, continua a pensare che si possano risanare i conti pubblici attraverso l'inasprimento fiscale. Vi è, infatti, un dato da cui non possiamo assolutamente prescindere: nel 2007 la pressione fiscale ha raggiunto livelli record. Questo è il dato di fatto, al di là delle analisi microeconomiche sulle aliquote, svolte in precedenza, su come gli inasprimenti fiscali contenuti nella legge finanziaria 2007 abbiano giocato in termini di fisco a livello centrale e locale. Siete arrivati al record di tassazione in una situazione di congiuntura positiva e, anziché fare tesoro di questo aumento per intervenire sul deficit, con questo escamotage di non prevedere subito le entrate, avete giocato sul fronte delle spese. E questi sono dati di fatto.
L'anno prossimo - lo dice il relatore - la previsione è di una diminuzione della crescita economica e questa strategia dissennataPag. 10si manifesterà in tutta la sua compiutezza. Pertanto, è stato buttato al vento un anno che poteva essere quello più prezioso per il risanamento dei conti pubblici.
Quindi, ci troveremo in una situazione in cui si dirà che siamo in una fase di recessione e di difficoltà e pertanto non sarà possibile abbattere la pressione fiscale; ciò anche perché, al di là del tentativo di spiegare, anche da parte del relatore, che questo decreto-legge produce effetti di spesa solo nell'anno corrente e che non vi saranno effetti di trascinamento (le entrate straordinarie verranno utilizzate per far fronte a spese straordinarie prive di effetti di trascinamento in termini di maggiori spese negli esercizi successivi), sappiamo che è vero il contrario, ossia che, comunque, questi interventi di spesa produrranno aumenti di spesa strutturali per gli anni successivi. Ci troveremo ad affrontare una congiuntura che potrebbe - queste sono ormai le previsioni di consenso - volgere al brutto. Dunque, attraverso questa manovra dissennata, avremmo prodotto un gradino di nuovo al rialzo in termini di spesa pubblica e di tassazione.
Vorrei concludere con una considerazione sull'articolo 26 del decreto-legge, voluto dal Ministro Pecoraro Scanio, che prevede che, dal prossimo anno, il DPEF contenga un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di CO2 derivanti dal Protocollo di Kyoto. Credo che l'intento di portare all'attenzione del Parlamento e del Governo, che ha la responsabilità del DPEF, ma, per quanto mi riguarda, soprattutto del Parlamento, che lo analizza, i dati relativi all'attuazione del Protocollo di Kyoto, sia molto importante, perché soprattutto nella seconda fase dell'attuazione del Protocollo di Kyoto vi sarà molto da valutare e da verificare.
Credo, però, che il Ministro Pecoraro Scanio abbia fatto una richiesta monca: se è importante - lo ripeto - che nel DPEF si valuti lo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni derivanti dal Protocollo di Kyoto, credo che sia ancora più importante, oltre che fare il quadro dello stato di attuazione, che il Governo presenti anche un'analisi in termini di costi-benefici, o semplicemente in termini di costi, che mostri quanto lo stato di attuazione degli impegni di riduzione delle emissioni derivanti dal Protocollo di Kyoto stia costando al sistema delle imprese e al bilancio pubblico. A mio avviso, del Protocollo di Kyoto si parla spesso e male, anteponendo una visione dell'ambiente ideologica, antindustriale, antimercato e, alla fine, spesso anche antiamericana alla realtà dei fatti.
In Italia e nel resto d'Europa la prima fase di applicazione del Protocollo di Kyoto - come ben sappiamo - è stata un fallimento evidente. Si sono fissate quote di emissione superiori alle emissioni stesse; di fatto il protocollo è stato vanificato. Si è aderito ideologicamente al Protocollo di Kyoto e ci si è subito preoccupati però di evitare che avesse un impatto serio sulle emissioni e soprattutto sull'economia dei Paesi europei. In futuro, nella seconda fase, dove i vincoli diventeranno più stringenti, le prospettive saranno invece molto meno rosee perché è possibile che saranno necessari interventi veri e costosi rispetto ad una diminuzione delle emissioni. Diminuzione che rappresenta un obiettivo lodevole in sé ma che, con gli strumenti previsti dal Protocollo di Kyoto, rischia di avere effetti pressoché nulli rispetto all'obiettivo generale del cambiamento climatico e di produrre al contrario effetti molto incisivi in termini di costo sulle aziende e sui bilanci pubblici. Per tali ragioni ritengo che, per completare la richiesta prevista dall'articolo 26 di questo decreto-legge, occorra inserire nel DPEF una stima dei costi sostenuti dal sistema produttivo per l'adempimento del protocollo, nonché una stima degli oneri della finanza pubblica. Tutto ciò è necessario anche perché, in previsione, nella seconda fase, l'acquisto dei titoli di emissione da parte delle aziende o dello Stato per far funzionare il meccanismo del cap and trade dovrà avere inizio davvero e in quel caso vi saranno costi molto sensibili.Pag. 11
Tra l'altro, se questo provvedimento legislativo avesse avuto un andamento normale, avrebbe previsto una certa stima dei costi (su questo tema sono intervenuti più volte i colleghi e anch'io avevo presentato un emendamento che ovviamente non verrà in alcun modo discusso e, pertanto, presenterò un ordine del giorno perché è un aspetto essenziale). Chiedere che nel DPEF si faccia lo stato dell'arte del Protocollo di Kyoto in termini di misure per il raggiungimento degli obiettivi senza una valutazione obiettiva dei costi che questo comporta ritengo sia una grave lacuna che vada colmata.
In conclusione, credo che questo decreto sia assolutamente discutibile nel metodo perché vengono utilizzati dei soldi che potrebbero in realtà non risultare alla fine dell'anno come il frutto totale o parziale di entrate straordinarie, ma magari solamente di una distribuzione diversa nel corso dell'anno delle entrate. Il provvedimento inoltre non risponde nemmeno ai criteri che erano stati posti nella legge finanziaria per la spesa di eventuali entrate straordinarie; mina la stabilità dei conti pubblici, perché in un anno positivo del ciclo economico viene attuata una politica espansiva che inevitabilmente si trasferirà in buona parte sull'anno successivo, nonostante tutti i tentativi e tutti gli escamotage che possono essere individuati. Un tale aumento di spese, conseguente ad un aumento di tasse, si trasferirà sugli esercizi successivi: il ciclo calerà, le entrate potrebbero essere minori, le spese sconteranno questo gradino verso l'alto e quindi a maggior ragione potrebbero non esservi i margini per diminuire le entrate. Alla luce di ciò, esiste il rischio che noi oggi stiamo ponendo le basi per ulteriori e insostenibili aggravi della pressione fiscale.
Ritengo che ciò rappresenti il quadro complessivo e assolutamente negativo: quest'anno stiamo facendo un uso improprio nel metodo e dissennato nel merito del gettito fiscale. È stato detto che si tratta di una finanziaria - il decreto-legge in esame lo possiamo considerare a tutti gli effetti una componente del disegno di legge finanziaria - elettorale: vi sono le finanziare elettorali che servono ai governi a fine mandato per preparare o tentare di preparare una conferma dello stesso Governo e della stessa maggioranza nelle elezioni che si devono tenere dopo poco. Quella presentata è una finanziaria elettorale nel senso che è costruita per tentare di scongiurare le elezioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, lo sostituisco volentieri. Mi piacerebbe inviare qualche messaggio al Governo per richiamare l'attenzione su alcuni articoli che mi sembra lascino molte perplessità, soprattutto considerando che nelle modifiche introdotte al Senato qualcosa è stato aggiustato. Ma devo dire che circa la spesa farmaceutica e soprattutto sui debiti contratti dalle regioni come Sicilia, Campania e Lazio, in particolare, vi sono, secondo me, ancora parecchie riflessioni da fare.
Faccio una premessa, partendo anche dalle considerazioni svolte precedentemente dal collega Leo. È giusto rilevare - sarà giusto farlo anche nei prossimi mesi di fronte ai nostri elettori - che in questo momento lo Stato ha dichiarato di aver aumentato le tasse. Vi è stata una spesa di recupero da parte dell'anagrafe tributaria come mai si è vista negli ultimi anni. Però credo che tale fenomeno sottostia a un disegno ben logico: non credo che siate impazziti dall'oggi al domani.
Negli ultimi interventi, come la legge Visco-Bersani, sono stati dati segnali ben chiari come anche la legge finanziaria dello scorso anno. Di fatto, anche il disegno di legge finanziaria per il 2008, seppur piuttosto contenuta nei proclami, prevede spese correnti molto forti. Non mi sembra che si vada ad incidere per davvero sulla spesa pubblica - vedremo come finirà nel secondo passaggio al Senato con l'approvazione del disegno di legge finanziaria riguardo alla spesa pubblica - ma piuttosto mi sembra che si emani un decretoPag. 12come quello in esame che poteva tranquillamente essere inserito all'interno della legge finanziaria, tramutandolo in un allegato senza dover emanare un decreto-legge.
Onestamente i motivi di necessità ed urgenza all'interno di questo decreto non vi sono. Vi sono solo alcuni appunti sui nodi infrastrutturali, su interventi dell'ANAS, su comparti in particolare delle infrastrutture viarie. Le restanti previsioni avrebbero dovuto essere inserite all'interno di una discussione ampia sul disegno di legge finanziaria.
Credo che non siate impazziti perché vi deve essere un disegno dietro quello che state combinando contro la nostra gente. Parto proprio dall'anagrafe tributaria. Da un lato, invito questo Governo, magari quando è possibile, ad uscire dalle stanze del palazzo per andare in mezzo alla gente e a chi lavora, in mezzo alle partite IVA. Sei o sette mesi fa da parte del Ministro Visco si è cominciato a dire che le partite IVA sono criminali e che costituiscono il problema di questo Paese.
Mi rendo conto che per chi come voi, in buona parte, svolge il ruolo di funzionario di partito, sia difficile capire cosa vuol dire avere ereditato dai padri e dai nonni una partita IVA, alzarsi la mattina presto per recarsi a lavoro prima degli operai e andarsene a casa dopo, rischiare del proprio, reinvestire tutto l'utile, magari guadagnando il 5-7 per cento del fatturato in nero che spesso non basta neanche per pagare una parte delle spese deducibili, considerato che in questo Paese non è ammesso dedurre quasi nulla, rischiando di fare ciò che molte aziende oggi stanno facendo e che credo sia allucinante (è questo uno dei principali problemi che dovreste porvi): andare in banca a chiedere un mutuo per pagare le tasse. Quando si arriva al punto di recarsi in banca per pagare le tasse allo Stato ed ipotecare la casa per chiedere mutuo, vuol dire che non c'è altro da fare. Vuol dire che la cremagliera è arrivata alla fine della corsa e che vi è molta gente disperata che non crede più in uno Stato che li lasci lavorare e che li aiuti a lavorare. Non dico di arrivare tout court, immediatamente, ad un modello che, a mio avviso, è il migliore come punto di riferimento, quello irlandese.
In Irlanda le spese deducibili sono altissime per chi lavora, ma soprattutto, come sapete bene, vi è una flat tax la cui aliquota è del 12 per cento; non si paga niente di più e, una volta pagato quel 12 per cento, sicuramente si ha cura di non guadagnare alcun euro in nero: a chi conviene evadere quando si paga il 12 per cento? Perché si deve rischiare? Ma soprattutto, l'artigiano, il commerciante o il piccolo e medio imprenditore, poiché possono «scaricare» anche le spese per la casa e quelle personali, pretendono il rilascio della fattura. Questo è un sistema che funziona.
Voi, invece, avete congegnato un sistema completamente diverso: non avete impostato un rapporto con il cittadino e con chi lavora, non avete investito su questi valori, ma avete pensato in maniera «sovietica» (a mio avviso, perché qualcosa di sovietico vi rimane nelle vene, e anche nella testa)! Non raccontiamoci storie: in questo Paese, una grande parte dell'evasione fiscale proviene da traffici come droga, prostituzione, riciclaggio, malaffare, spesso gestiti dalla mafia. Uno Stato serio, ritenendo che una grande e enorme parte dell'evasione fiscale provenga da tali fattori, investirebbe di più nelle forze dell'ordine, farebbe una guerra forte alla mafia, non solo al sud, ma anche al centronord, considerato che, ormai, essa è ramificata anche da noi. In questo modo, recupererebbe gran parte dell'evasione. Ma, tutto questo, voi non lo fate!
Sembra che degli 800 milioni di euro promessi ad agosto, per «mettere a tacere» momentaneamente le forze dell'ordine, ne rimangano solo 100 milioni. In uno Stato in cui non si investe nei settori di contrasto all'illegalità, si crea una situazione difficile. Tuttavia, se venisse recuperato «il nero» che proviene dai traffici della mafia, altro che i 31 miliardi di euro di cui parlava Visco o i 27 miliardiPag. 13di euro di cui parlava Padoa Schioppa! Si recupererebbe quasi tutta l'evasione fiscale! Ma non volete farlo.
Inoltre, vi è quanto entra nel porto franco di Napoli. Alcune pubblicazioni (tra cui anche un libro) hanno affermato in modo chiaro che basterebbe svolgere i dovuti accertamenti, che si tratta di un porto franco, in cui entra molta merce proveniente dalla camorra e dalla contraffazione eseguita in Cina. Uno Stato serio assumerebbe un bel po' di finanzieri, blinderebbe il porto franco di Napoli, in modo da non far entrare più nulla che possa creare evasione, non pagando né le tasse in entrata né l'IVA né altri balzelli. Uno Stato serio farebbe ciò, ma questo Governo non lo fa: in questo modo, non recupera una parte importante dell'evasione fiscale.
Vi è, inoltre, la questione gli evasori totali che, spesso, rappresentano il 90 per cento al sud; forse il dieci per cento sono al nord, ma, anche in questo caso, provengono dal sud, perché si tratta comunque dei soldi della mafia da riciclare. In Padania, chi investe in un'azienda, ha intestato la casa, il fabbricato, il camioncino ai figli che vanno scuola: non è un evasore totale, non potrà mai esserlo. Ma lo può essere chi viene da fuori con soldi da riciclare.
Pertanto, anche riguardo agli evasori totali, è necessario un investimento nelle forze dell'ordine, che devono compiere tale lavoro. Non si recupera l'evasione totale con l'anagrafe dei conti correnti, perché queste persone, spesso, non lavorano utilizzando conti correnti, ma solo contanti. Non si fa così il recupero sull'evasione totale! Anche su questo lo Stato allarga le braccia, perché non vuole procedere a questo recupero.
Vi è, altresì, la questione del secondo lavoro in nero. Capisco che i sindacati sono dalla vostra parte ed è difficile «rompere le scatole», ma, a tale proposito, voi cosa fate? Vista l'impossibilità da parte di questo Governo di recuperare l'evasione fiscale laddove è più presente, ovvero laddove sta il 95 per cento dell'evasione fiscale del Paese, vi comportate come banderuole e andate a massacrare quel 5-7-8 per cento di cittadini italiani che già paga le tasse. Voi siete impazziti! Questa gente già paga il 43 per cento di tasse dirette; determinate l'incremento di quelle locali, provocando con la scorsa legge finanziaria - né con la legge finanziaria in corso d'esame modificate questo aspetto - il loro aumento. Avete anzi sostenuto che, poiché lo Stato prendeva, in ipotesi, cento, ora che prende, invece, centocinquanta, agli enti locali non dà più un bel niente! Voi lo avete chiamato «federalismo fiscale», ma più che un «federalismo fiscale», continuo a ripeterlo, è un altro «ff», è una «fregatura fiscale». Infatti, lo Stato si tiene tutto (ed è più di prima), ma obbliga sindaci, presidenti di provincia, presidenti di regione ad aumentare le addizionali, l'ICI e quant'altro. In questo modo, aumentano le tasse che gravano sul cittadino.
Avete realizzato - e tra poco sarà operativa - la revisione degli estimi catastali mentre l'ICI, in alcuni casi, raddoppierà e in altri ancora - abbiamo già fatto i conti - addirittura triplicherà. Si comprende, dunque, come ciò sia veramente una presa in giro per la gente: quando col proprio reddito si paga il 43 per cento di imposte dirette, che sommate a quelle locali, raggiungono il 60-65 per cento, ciò significa lavorare fino alla fine di ottobre per lo Stato.
Ditemi in quale Paese del mondo - neanche in Burkina Faso credo sia possibile prevedere una cosa del genere - si può continuare, in una tale situazione, a investire e a credere di poter lavorare, pensando di guadagnare il giusto per vivere!
Vi sono alcuni dati dell'Agenzia delle entrate, raccolti dall'ex sottosegretario di Stato, Molgora, secondo i quali in regioni come la mia - ossia l'Emilia Romagna - siamo al di sotto del 10 per cento di evasione presunta; vi sono regioni come la Calabria dove siamo intorno al 95 per cento di evasione presunta. Capite bene che non si tratta di massacrare le partite IVA: piuttosto, si tratterebbe di avere unPag. 14po' di coraggio e riconoscere che, sì, l'evasione esiste in questo Paese (ce n'è tanta!), ma bisogna cercarla dov'è!
Se, invece, andate dal «povero Cristo» che fa l'artigiano - il quale guadagna, ad esempio, il 10 per cento in nero (per far fronte, magari, a qualche spesa indeducibile, anche se, ripeto, forse neanche gli basta), ma già paga sul 90 per cento le tasse - e lo massacrate, costui alla fine chiude la propria attività! Egli ha due strade da seguire: o fa più lavoro nero, o chiude! Cosa avete risolto come Stato?
Trasmettete un messaggio completamente sbagliato: siete stati oppressori, avete cercato soltanto di colpire chi era facile da colpire, ossia quanti hanno tutto da perdere, coloro che, se anche li massacrate, pur di non chiudere l'azienda - che, ereditata dal padre e dal nonno, vorrebbero consegnare ai loro figli e nipoti - continuano a pagare e a massacrarsi, ricorrendo persino alle banche per contrarre mutui e pagare le tasse!
Questo sistema non può durare in eterno, ormai sta collassando. Dovreste dare un segnale immediatamente e ammettere di avere sbagliato; dovreste ammettere che, in effetti, l'evasione sta da un'altra parte e fare in modo che paghino tutto, ma paghino tutti, e paghino poco! Questo è il sistema da approntare.
Perché dico che non siete impazziti? Comincio ad avere il sospetto - dato che la cosiddetta legge Visco-Bersani ci aveva inviato qualche segnale al riguardo, ma poi il provvedimento era stato stralciato, perché le «lenzuola» che arrivavano in Assemblea si trasformavano in «fazzolettini di carta» quando ne uscivano - che voi abbiate in testa (se doveste continuare a governare, cosa che non ci auguriamo) di arrivare a mettere talmente in crisi le partite IVA di questo Paese, da lasciare loro l'unica opzione di un sistema cooperativo come soci lavoratori. Ho il sospetto che pensiate di arrivare a fare ciò, come si fece anni fa con la Conad, ossia costringere i piccoli negozianti che non ce la fanno più a riunirsi in un sistema cooperativo.
Temo che questa potrebbe essere una vostra intenzione perché lo stesso Viceministro Visco, nella sua audizione in Parlamento, dichiara che il grande problema di questo Paese consiste nel fatto che l'Italia non riesce a garantire all'Europa di poter controllare l'economia.
Sì, certo, vi sono questi 5 milioni e mezzo di «pazzi» (ossia, di partite IVA), che fanno gli imprenditori e che continuano a voler investire! Capisco che, per un «Governo sovietico», sia difficile pensare di poterli governare e gestire, di poter rendere conto (per conto loro) anche all'Europa, ma grazie al cielo costoro esistono!
Questo Paese, infatti, onestamente, non sta in piedi perché ci sono la FIAT, i Della Valle o i De Benedetti ovvero i grandi gruppi! Al contrario, questi ultimi, spesso, grazie agli ammortizzatori sociali, ottengono più di quello che pagano, molte volte. Questo Paese, invece, sta in piedi proprio perché vi sono queste partite IVA - con i loro dipendenti, il loro indotto e il loro lavoro - che continuano a creare ricchezza. Se continuate a «bastonarli» e questi chiudono, a mio avviso, il Paese è destinato a fallire! Altro che «rischio Argentina»: ci avete fatto rischiare l'Argentina, portandoci in Europa, non tenendocene fuori, senza spiegarci quello che sarebbe successo e senza intervenire quattro o cinque anni prima calmierando i prezzi. Questo è il vero dramma che avete provocato.
In questa condizione, ritengo dunque che sia logico vedere uno Stato oppressore. Leggo che Visco, anche a Reggio Emilia (ha appena iniziato, i primi sono già assunti), vuole assumere 17 mila «007» a suo comando (cioè, risponderanno a lui), attraverso l'anagrafe tributaria, i quali dovranno gestire nuove agenzie di riscossione e saranno pagati con bonus a percentuale. Costoro, dunque, saranno veri agenti vessatori, ma attraverso quale strumento? Ed è qua che arriva la grande frenatura per i cittadini: l'anagrafe dei conti correnti! Non so se la gente si sia ancora interrogata su cosa sia l'anagrafe dei conti correnti, se ci si sia interrogatiPag. 15sui profili strettamente legati alla privacy, ma vi sono risvolti che andrebbero maggiormente esaminati!
Pertanto, abbiamo 17 mila «007» in mano a Visco, con un'anagrafe dei conti correnti, in grado di controllare in via telematica, tramite la Sogei, tutto! Ogni singola spesa! Avete detto che vorreste togliere anche la carta moneta nei pagamenti, per cui tutto sarà pagato con carta di credito e tutto sarà controllato dai vostri computer, attraverso i vostri 17 mila «007». Non è il KGB, questo?
Ciò mi spaventa perché significherebbe aver creato un sistema in cui si controlla chi lavora mettendolo talmente in crisi da obbligarlo ad entrare nel sistema e controllandogli ogni singola spesa. Attraverso la cosiddetta legge «Visco-Bersani», poi, volete controllare anche dove andrà a spendere questi soldi, quel poco che guadagnerà. Tale provvedimento è, infatti, molto chiaro: si chiudono i centri storici (che diventeranno solo dei dormitori) e si creano delle città alternative. Ci saranno Roma 1 e Roma 2, che sarà un centro commerciale; Milano 1 e Milano 2, che sarà, anch'essa, un centro commerciale: in tal modo, voi avrete sempre tutto in mano. Non è un caso che si inizino a vendere farmaci nei centri commerciali (dove l'offerta è migliore e così le farmacie chiudono nel centro storico), si tolgano dalla strada i benzinai per portarli nei centri commerciali, e poi, magari, si farà lo stesso anche con i panettieri.
Avete già iniziato a realizzare tutto ciò e mi aspetto di vedere il resto in una futura legge «Bersani-quater» e nelle eventuali successive.
La gente sta cominciando a percepire tali cambiamenti e in tutta questa logica cosa manca ancora del comunismo? Manca solamente l'insicurezza dei cittadini e, proprio perché riconosco che non siete impazziti, credo che nella vostra logica contorta avete pensato anche a ciò. Da un lato - lo ricordavo prima - il mancato investimento sulle forze dell'ordine, dall'altro, l'investimento, invece, sull'insicurezza.
Non esistono, infatti, direttive chiare date alla magistratura su come applicare le norme e non ci sono più i soldi per le forze dell'ordine: addirittura sono stati chiusi alcuni centri di polizia in tutto il Paese e, guarda caso, la maggior parte, ancora una volta, al nord.
Avete approvato l'indulto scaraventando fuori dal carcere sessantamila criminali condannati - trentamila subito e trentamila grazie agli effetti secondari - che non scontano la loro pena, ma sono in giro. Solo 96 su 60 mila hanno trovato un posto di lavoro, altro che bugie! Degli altri, oltre 50 mila sette-ottomila sono rientrati in carcere per aver commesso un furto, uno stupro o addirittura un omicidio e ci sono 50 mila persone di cui abbiamo perso le tracce. Di tutto ciò dovreste accollarvi la piena responsabilità.
Se ci fosse la possibilità di incriminarvi penalmente per ciò che avete causato con l'indulto credo che ciò sarebbe utile e moralmente giusto nei confronti dei cittadini che stanno subendo questi effetti per colpa vostra. È comunque un segnale chiaro che siamo di fronte ad uno Stato che investe sull'insicurezza.
Abbiamo detto per tempo - ed è un «bel dire» quello del Ministro Amato che sostiene che non è vero: basterebbe al riguardo considerare la «valanga» di atti parlamentari da noi presentati per sollecitare l'adozione di una tale misura - che, prima del 31 dicembre 2006, doveva essere reintrodotto un istituto che noi per primi avevamo introdotto in una prima fase ossia la moratoria. Essa, con riferimento ai rumeni, non doveva essere di soli due anni, ma almeno di sei o sette anni perché sapevamo che avrebbero creato un problema enorme. La Romania, infatti, come fece a suo tempo l'Albania, avrebbe incoraggiato a trasferirsi a casa nostra i peggiori personaggi, quelli che non erano più graditi - a partire dai rom, che gli stessi rumeni non vogliono - e ci sarebbe stata un'invasione.
Silenzio del Governo, silenzio dello Stato e dopo sette mesi il Ministro Amato convoca una conferenza stampa affermando che, in effetti, è in atto un'invasione.Pag. 16È facile dirlo quando le porte della stalla sono aperte e sono usciti tutti fuori, ma poi come fai a chiuderle? Diventa inutile! A quel punto qualcuno dovrebbe di nuovo assumersi la responsabilità di ciò che è accaduto sul territorio e non continuare a far finta di niente. In ciò vedo uno Stato molto «sovietico» ed è un po' la chiusura del cerchio. Voi pensate che la gente possa reagire solo in due modi quando create insicurezza nelle città perché ormai tutti sanno che alle otto di sera, nelle nostre città, non è più possibile uscire per la paura. La gente ha due soluzioni. Una, nella quale sperate, è che si blindi in casa; così, i carcerati, li facciamo noi a casa nostra mentre quelli veri, anziché stare in carcere, sono fuori! Sistemi d'allarme, cani da guardia, inferriate, collegamento con la polizia, alle otto di sera ci chiudiamo in carcere e le città diventano preda di qualcun altro.
Invece mi auguro - e devo dire che sono proprio le reazioni che sto percependo dalla mia gente in questi giorni - che la reazione sia totalmente diversa. La gente ha voglia di reagire, non ha più voglia di chiudersi in casa.
Capisco che quando la gente si chiude in casa chi è al Governo in quel momento diventa più forte e questi sono i conti che avete fatto. La gente non è disposta, però, a chiudersi in casa e a lasciarvi vincere perché questa è ancora casa nostra. In Padania c'è ancora ciò che i nostri padri e i nostri nonni ci hanno consegnato e sarebbe un crimine non lottare al fine di consegnare il tutto, a nostra volta, ai figli e ai nipoti. Per fare ciò dobbiamo, però, riprendere il controllo delle nostre città, farle rivivere, eliminare la delinquenza e investire su ciò è esattamente il contrario di ciò che state facendo voi.
Il cerchio si chiude in un'altra maniera, in maniera, anche questa, molto sovietica (sembra di essere arrivati a riproporre il modello Stalin in questo Paese): dare il voto agli extracomunitari senza cittadinanza se solo dimostrano che da cinque anni sono presenti sul territorio italiano.
Ovviamente, chi lo dimostrerà? I sindaci di sinistra, la CGIL, i sindacati vostri amici, la Caritas, non certo noi. Guardate che è devastante! L'ultimo rapporto della Caritas parla del 7 per cento di immigrati regolari nella popolazione. Poi ci sono gli irregolari: quanti sono già presenti in questo Paese? Il 10, il 15 per cento della popolazione? Se «passa» il cosiddetto disegno di legge «Amato-Ferrero» voi tramutereste in regolari tutti i clandestini presenti oggi in questo Paese, perché quel provvedimento lo prevede, lo avete previsto voi, non ce lo stiamo inventando.
Questo vuol dire che immediatamente siamo già al 20 per cento di immigrati, che per voi, secondo i vostri calcoli contorti, diventano un 20 per cento di votanti. Già il Partito Democratico è nato con una fetta consistente di voti di immigrati che non sono cittadini. Per far votare Veltroni avete fatto votare anche un sacco di immigrati; in certe zone, addirittura, c'è stata la fila.
Guardate che in nessun Paese del mondo uno Stato regala l'unico valore che rimane nel patto tra cittadino e Stato, e non starò ad evocare Rousseau! Guardate che il contratto sociale è basato su questo: si devono assumere non solo i diritti, ma anche i doveri nei confronti degli altri cittadini che già sono tali. Il dovere lo si assume attraverso la cittadinanza: c'è già una legge, prevede dieci anni!
Sapete bene, altrimenti ci raccontiamo favole, che un immigrato che viene a casa nostra lo fa per lavorare, è un lavoratore. Per prima cosa deve essere quindi legato a un lavoro, non può essere legato ad altre cose. Voi prevedete che una persona che venga a casa nostra, con tutti quelli che ci sono e che verranno, possa entrare in attesa di trovare un lavoro.
Ma cosa fanno queste persone se non hanno un lavoro? Possono solo finire, spesso e volentieri, in mano alle mafie. Ancora una volta torniamo sullo stesso punto! Se una persona non ha un lavoro si deve arrangiare in qualche maniera!
Non potete creare una povertà da controllare ai margini e in condizioni pietose a casa nostra solo per fini e calcoli elettorali. Non potete, perché sarebbe davvero un crimine nei confronti di questo popolo,Pag. 17in particolare dei «nostri» in Padania, perché sono quelli che oggi stanno subendo il peso maggiore con l'immigrazione.
La gente deve entrare attraverso un lavoro, deve sapere che, se rimane dieci anni per lavorare - per poi tornare a casa propria con un gruzzoletto in tasca - rimane come lavoratore straniero: non deve avere solo diritti, ma deve avere il dovere di risiedere qui come lavoratore e rispettare le regole del Paese che lo ospita, come fecero i nostri nonni.
Non veniteci a insegnare niente sull'immigrazione! Ho parenti che sono emigrati, molti di noi ce li hanno e ci hanno sempre spiegato che andavano all'estero con il permesso di lavoro e il permesso di soggiorno. Così si fa l'immigrazione, non in un'altra maniera!
Facevano anche la quarantena, aspettavano trent'anni: non gli interessava pretendere nulla, perché sapevano che il loro compito, il loro scopo era andare a casa di altri e integrarsi, cercare di diventare argentini, tedeschi, francesi, svizzeri.
Vi è gente che viene a casa nostra sapendo che c'è un Governo che dice loro: venite qui e fate quello che vi pare, non dovete rispettare alcuna regola; anzi, se ci darete il voto senza cittadinanza, vi daremo tutto: tanto gli italiani tacciono, tanto i padani tacciono e intanto noi vi diamo la possibilità di continuare a seguire le vostre usanze e costumi. Sono contro le nostre leggi? È lo stesso!
Nessuno mi spiega perché il Governo Prodi, in passato, introdusse la possibilità per i sikh di girare con un coltello infilato nella cintola, perché è tradizionale. Ma chi se ne frega! Girare con un coltello è vietato dalle leggi italiane! Queste persone girano con un coltello perché è rituale e, secondo la loro religione, il sikh non può non girare con il coltello in tasca. Ma stiamo scherzando? Il sikh può non girare con il casco in testa perché ha il turbante, ma le leggi italiane non prevedono che bisogna andare in motorino con il casco in testa?
Per quanto riguarda la poligamia, facciamo finta di niente o ammettiamo che ci sono le poligamie in questo Paese? È contro la legge oppure no?
Sull'infibulazione, facciamo finta di niente o ci diciamo un bel giorno che molte ragazzine, che vivono a casa nostra, figlie di immigrati musulmani, vengono infibulate perché lo prevede la loro religione? Accettiamo l'infibulazione, che credo sia il più grande e tragico dei crimini che si possa commettere nei confronti di una ragazzina di dieci o dodici anni, vietandole per tutta la vita di poter provare piacere, perché è questo che prevede il Corano, tagliandole il sesso.
Prevediamo anche le piccole cose quanto al rispetto delle culture altrui.
Vi sono molti musulmani, che voi come Governo continuate a mantenere all'interno della Consulta degli immigrati, l'UCOI, e che spesso e volentieri hanno disprezzato la nostra cultura. Gesù Cristo - hanno detto - è un cadavere appeso su un pezzo di legno e lo scopo fondamentale del buon musulmano - ci hanno ripetuto in tutte le salse - è quello di far prevalere l'Islam e disintegrare gli infedeli; lei, signor Presidente, è infedele, io sono infedele: non ci poniamo qualche problema?
Parliamo poi dei cinesi: avete mai visto la comunità cinese integrarsi davvero? Sono qui per fare gli affari loro.
Non dovete pensare solo a calcoli elettorali. Se volete vincere le elezioni la prossima volta, non dovete regalare il voto a chi cittadino non è. Un soggetto deve compiere un percorso, deve fare una scelta; dopo dieci anni può chiedere la cittadinanza (magari sveltite, allo scadere dei dieci anni, l'iter, ma quello non è un problema) e si assumerà anche dei doveri, non solo i diritti, e deciderà se essere italiano. Vedrete che lo faranno in pochi, perché a loro non interessa essere italiani: a loro interessa venire qui, prendere i soldi, riportarli a casa loro e, dopo dieci anni di lavoro, andare a fare i ricchi a casa loro; a loro non interessa assolutamente niente di stare qui, di rispettare la nostra cultura e di vivere la nostra cittadinanzaPag. 18e la nostra cultura. Prima lo capirete, meglio sarà; sono dieci anni che ve lo diciamo e, nel frattempo, abbiamo perso già dieci anni per la vostra - devo dire - insulsa volontà di non ascoltare. I vostri silenzi sono anche piuttosto irritanti.
Vorreste arrivare, con la legge Amato-Ferrero, a dare il voto agli immigrati. Il nostro sarebbe l'unico Paese al mondo - lo ripeto - nel quale un soggetto vota senza avere contratto nessun tipo di accordo e nessun tipo di cittadinanza. Capisco che sarebbe la fine della politica, ma non pensiate che, di fronte a tutto questo, ci sia della gente disposta a tacere e a non intervenire. Lo ribadisco perché so che quando la Lega prevede queste cose, di solito poi accadono, magari a distanza di anni, sempre troppo tardi per intervenire, mentre all'inizio si poteva ancora farlo.
Se volete entro nel merito dei singoli articoli, che era ciò cui mi stavo preparando. Lasciatemi dire che almeno mi piacerebbe vedere applicate delle sanzioni veramente pesanti. In un articolo le prevedete tramite la nomina del commissario ad acta, ma poi non si capisce come attuarlo davvero in regioni come la Sicilia, la Campania e il Lazio. Parlo di Lazio e Campania, in particolare, perché appena pochi mesi fa avete ripianato un buco, oltre che ad altre due regioni, sulla sanità di oltre 3 miliardi di euro, che sono 6 mila miliardi delle vecchie lire: mentre noi al nord siamo obbligati a rispettare, giustamente, il patto di stabilità e a mantenere i conti in regola, ci sono regioni che continuano ad essere sempre più furbe delle altre e a prevaricarle.
Di fronte a tutto ciò, ci saranno due reazioni, ma lo scenario sarà molto rapido. Vi voglio lanciare un appello affinché sia anche scritto a futura memoria, perché va oltre il contenuto del decreto-legge in esame e della legge finanziaria. Oggi la gente ha bisogno, in primo luogo, di percepire con ottimismo un segnale di fiducia e ha bisogno di percepirlo immediatamente. La mia richiesta - so che siete talmente impasticciati in questo momento all'interno del Governo che non lo farete, ma comunque ve la faccio lo stesso - è quella di prendere ciò che il Senato ha trasmesso alla Camera - magari con un maxiemendamento, con la questione di fiducia, fate ciò che volete -, stravolgerlo e, invece di giocare ancora, cercare di togliere un sacco di tasse alla gente, perché in questo momento ne ha assolutamente bisogno.
Fermate Visco! Fermatelo! Basta con l'anagrafe dei conti correnti e nessuna assunzione degli «007»! Gli studi di settore erano nati per diminuire la burocrazia, sul modello americano: si cerca di stabilire che, se tu hai un certo numero di dipendenti e fai un certo lavoro, pagherai certe tasse, ma lo sai all'inizio dell'anno. Noi abbiamo rappresentato Visco sui manifesti vestito da vampiro, spesso e volentieri: ci sarà un motivo! Se si dà in mano a Visco, questo strumento, che doveva essere di snellimento burocratico, diventa vessatorio. Per forza oggi tutti odiano gli studi di settore! Facciamoli tornare a ciò che erano: un elemento di rapporto serio, anche fraterno, fra il fisco e il cittadino che lavora. Non possono più essere visti come un'imposizione.
Oltre agli studi di settore, si continuano a rompere le scatole a chi, magari, non emette tre scontrini! Decidetevi: o guardi gli scontrini e fai pagare in base ad essi, com'era una volta, oppure fai pagare le tasse in base agli studi di settore. Ma non si possono fare entrambe le cose, magari indirizzando, come avete fatto, circolari alla Guardia di finanza affinché si rechi davanti ai negozi a continuare a rompere le scatole. Se poi qualcuno non emette tre scontrini, magari da un euro, si vede chiuso per quattro o cinque giorni il negozio, sul quale viene apposto un bell'adesivo secondo il quale quel negoziante è un criminale.
Questo sistema è ancora peggio che sovietico! Ho visto cose di questo genere. Ero con il collega Migliore in missione, come osservatore internazionale delle presidenziali venezuelane durante le elezioni di Chavez, e vi erano negozi chiusi con scritto: «Costui non ha pagato le tasse l'anno scorso, è un pericolo per il Paese».Pag. 19Pensavo che queste situazioni appartenessero solo al populismo sudamericano, invece, adesso me le ritrovo anche a casa mia. Credo, allora, che Visco vada davvero fermato!
Vi suggerisco il modello irlandese, nel quale si arriva al 12 per cento.
Ma vi dico un'altra cosa: non pensiate che la gente smetta di reagire. Se dovesse arrivare in Aula il disegno di legge Amato-Ferrero, noi della Lega abbiamo giurato guerra totale su tale provvedimento, perché credo che esso rappresenti la fine della politica, dello Stato e della società italiana.
Vi chiedo di fermarvi prima che sia troppo tardi e finché siamo ancora in tempo! Ma vi prometto anche che, senza la Lega e senza la politica, se continuate di questo passo, entro breve tempo non sarà soltanto quest'Aula a ribellarsi, ma tutto il popolo, a partire dalla Padania, perché davvero ne ha piene le scatole!
Mi feci espellere dall'Aula per un manifesto, ma credo che mai come adesso sia importante ribadirne il contenuto. Signor Presidente, faccia ciò che vuole, ma io lo ripeto: questo è il momento, credo, affinché Prodi se ne vada «fuori dalle balle» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Grazie, signor Presidente, mi rivolgo a lei, comprendendo l'irritualità di intervenire sull'ordine dei lavori in questo momento, ma le chiedo di concedermi dieci secondi.
Al di là degli emendamenti presentati dal Governo nella serata di ieri e delle possibilità subemendative che sono ancora - a quanto mi risulta - possibili, vorrei segnalare a lei e al Governo che, comunque, era stato stabilito un percorso molto lineare - il fatto è politico - all'interno di un dibattito in Commissione, che prevedeva tutta una serie di passaggi che sono stati affrontati e, per ragioni politiche, non risolti. Riteniamo - ma questa è una denuncia esclusivamente politica - che il Governo, presentando in un orario molto particolare una serie di emendamenti «di rincorsa», non abbia rispettato il rapporto, difficile e dialettico, tra maggioranza e opposizione, il cui ruolo consideriamo assolutamente irrinunciabile.
Pertanto, annunciamo che dalla prossima settimana ciò modificherà, in termini politici, al di là dei subemendamenti che presenteremo, il nostro atteggiamento.
Desideravo segnalare questa circostanza e ringrazio il Presidente per avermi concesso, comunque, questa possibilità.

PRESIDENTE. Sottosegretario, se vuole, può prendere la parola adesso, anche se sarebbe un po' irrituale; altrimenti, può farlo in sede di replica, se preferisce.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, avrà la risposta dal Governo in sede la replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, nell'ascoltare gli interventi dei colleghi - ovviamente svolgerò anche io il mio intervento - qualche volta mi sento in dovere di ricordare che l'evasione, magari, si annida e ha un'origine prevalente in qualche zona dell'Italia. Ma trovo sempre «non appassionante» l'idea della Lega in base alla quale l'evasione proverrebbe solo dalla Calabria o dalla Campania.
Vorrei ricordare che in Emilia Romagna - la bella Emilia-Romagna della Padania - vi sono stati quei fenomeni chiamati «Callisto Tanzi», che da solo non soltanto ha evaso miliardi di imposte, ma ha distrutto miliardi e miliardi di euro del risparmio di piccoli risparmiatori cittadini italiani.
Dunque, lottiamo contro l'evasione e i falsi dappertutto, perché abbiamo degli esempi significativi.Pag. 20
Per venire al decreto, signor Presidente, credo che l'attuale legislatura non riscontri un solo precedente nella storia repubblicana della nostra cara e amata Italia. Il danno di immagine, anche all'estero, prodotto dall'attuale maggioranza, composta da frange di estrema sinistra, antioccidentali e anticristiane, schierate contro la proprietà privata e il libero mercato, che vive grazie allo scandaloso e immorale uso del voto dei senatori a vita, sta trasformando l'Italia in quel «paese di Pulcinella» che per tanti anni ci è costato caro e tuttora ci costa, essendo nuovamente sprofondati in termini di credibilità e di prestigio all'estero.
Tuttavia, tornando al provvedimento in esame, scopriamo che esso non è altro che un ragionieristico elenco di numeri, senza un progetto complessivo e un nesso logico, ma una mera sequenza di misure inconsistenti e improduttive. Credo che il dato più rilevante sia proprio questo, ossia la mancanza di un progetto complessivo: si tratta semplicemente di una sorta di lenzuolo di numeri per accontentare ora un soggetto, ora un altro, senza disegnare una rotta né indicare come l'economia dovrebbe essere regolata o quale direzione dovrebbe prendere per favorire una crescita reale della nazione. Non vi è alcuna misura volta a rilanciare l'economia reale o a sostenere l'attività di impresa.
Noi de La Destra - voglio dirlo - siamo assolutamente schierati a favore della tutela del lavoro e del lavoratore, obiettivo da raggiungere attraverso una maggiore retribuzione e remunerazione del lavoro, in grado di dare dignità al lavoro stesso e al lavoratore. Tuttavia, siamo consapevoli del fatto che dobbiamo creare e favorire le condizioni ottimali per le imprese, necessarie a favorirne lo sviluppo e il consolidamento dell'attività, perché senza imprese non vi può essere né creazione di reddito, né di posti di lavoro.
Pertanto, desta stupore il fatto che il provvedimento in esame sia privo, scarno, del tutto assente su tale versante e presenti una grave carenza di occasioni di favore e di ambiente propizio alla creazione delle attività di impresa.
Voglio capire come potremmo mai attrarre capitali in Italia o consolidare e sostenere le attività già storicamente presenti nella nazione se continuiamo a non capire che abbiamo bisogno di diminuire la pressione fiscale sulle imprese, in modo da consentire un'ossigenazione del settore produttivo privato.
Desta stupore - voglio farlo presente al Governo - l'assoluto silenzio con cui cercate di nascondere lo straordinario incremento di gettito derivante dalle maggiori entrate fiscali. Infatti, in questi giorni è stato registrato dal Ministero dell'economia e delle finanze un dato complessivo e progressivo, ad oggi, di maggiori entrate. Parlo di entrate ordinarie e, quindi, non mi riferisco né alle una tantum né ai condoni.
In particolare, alludo alle autotassazioni degli imprenditori e delle persone fisiche in Italia e ritengo che il silenzio su tale punto sia molto fraudolento. Le maggiori entrate, registrate in questi primi dieci mesi dell'anno, sarebbero pari a circa 15,7 miliardi di euro. Si tratta di dati relativi alle maggiori entrate del 2007 rispetto al 2006. Ma, se non sbaglio già nel 2006, rispetto al 2005, erano state registrate maggiori entrate per 13 miliardi di euro. Quindi il 2007, rispetto al 2005, signor Presidente, registrerebbe un incremento di 28 miliardi di euro. Si tratta di una cifra colossale se si pensa che equivale ad un incremento di circa il 6,5-7 per cento di maggiori entrate rispetto al 2005. È noto, inoltre, che il PIL è aumentato all'incirca dell'1 per cento, o addirittura meno, quindi, in termini di maggior gettito, si tratta di una cifra straordinaria, di una quantità di ricchezza colossale che questo Governo non ha assolutamente capacità di impiegare in maniera produttiva. Si tratta di una massa di ricchezza che questo Governo non sa spendere. Un Governo con un minimo di senso logico, considerando l'economia e il bisogno reale di crescita della nazione, dovrebbe impiegare le predette risorse per diminuire di qualche punto la pressione fiscale alle imprese, riducendo l'IRES di uno o due punti e cominciando ad aumentare laPag. 21deducibilità dall'IRAP, abbassando l'imponibile. Infatti, è vero che l'IRAP è al 4,25 per cento, ma viene pagata anche dalle aziende che chiudono in perdita e che non hanno utili perché grava esclusivamente sul costo del lavoro e sull'indebitamento degli interessi passivi delle imprese.
Pertanto, è necessario aumentare la deducibilità dell'IRAP e diminuire l'IRES. Le imprese otterrebbero una boccata di ossigeno e potrebbero impiegare i risparmi in investimenti. Sappiamo, infatti, che gli imprenditori vorrebbero investire, ma non rimane loro una ricchezza di valore aggiunto per poterlo fare. Con una sopravvenienza attiva di 28 miliardi in due anni, è possibile che non si riesca a diminuire di uno o due punti l'IRES? Possibile che non si possa diminuire l'IRAP alle imprese, anche per quelle che chiudono in perdita? Le imprese potrebbero creare nuovi posti di lavoro, investire, aumentare la competitività, di cui si riempie sempre la bocca anche il Presidente del Consiglio, Prodi. Non si prevede, invece, nulla di tutto ciò. Con un simile tesoro di maggiori entrate si potrebbero finire le grandi opere. Per fare alcuni esempi si potrebbero concludere i cantieri dell'alta velocità (che invece languono), si potrebbero terminare i raddoppi autostradali (mentre ci sono sempre i cantieri aperti), si potrebbero addirittura costruire non uno, ma due ponti sullo stretto di Messina. La costruzione del ponte, che costa molti miliardi, sarebbe un ulteriore esempio. Con un simile maggior gettito, lo ripeto, ci sarebbero risorse non per uno, ma per due ponti. Sarebbe meglio che l'Italia scommettesse anche sulle grandi opere e che accettasse queste grandi sfide sulle quali una grande nazione ha l'obbligo di misurarsi.
Talvolta parliamo dei possibili effetti economici della costruzione del ponte sullo stretto di Messina: della creazione di attività o passività, della possibilità di creare disoccupazione ovvero occupazione, ma non si tratta soltanto di questi aspetti. Si pensi che, nonostante il tunnel della Manica tra la Francia e l'Inghilterra probabilmente rimarrà in perdita per anni, tale opera rappresenta una sfida sulla quale le grandi nazioni devono misurarsi. Simili sfide devono essere vinte perché danno il segno di una grande nazione che progetta e realizza il futuro. La modernizzazione del territorio, della società, della comunità, della nazione, sono le sfide che bisognerebbe cogliere e vincere. Il ponte sullo stretto di Messina assume il significato culturale di proiezione in avanti. Lo afferma un piemontese che, tuttavia, guarda simili opere come le grandi sfide che una nazione, lo ripeto, deve cogliere, accettare e vincere proprio per proiettarsi verso il futuro. Invece, nel cosiddetto decreto fiscale in esame vi è soltanto il conferimento di prebende e la previsione di gabelle e di balzelli. Si tratta di termini molto appropriati, che arrivano dalla storia. Apprendo di provvedimenti come il conferimento di un milione di euro alla Lega del filo d'oro e di 15 milioni al Gaslini di Genova. Perché mai non concederli al Fatebenefratelli o alle Molinette di Torino? Forse perché a Genova c'è un sindaco amico di questa maggioranza che ha strappato la concessione della prebenda per il suo ospedale.
Leggo che c'è un'emergenza idrica in Abruzzo. Dove sarà mai l'Abruzzo? In Africa, nel centro Africa oppure non è al centro dell'Italia, nella dorsale appenninica dove ci sono monti, fiumi e neve, e piove? Eppure c'è un'emergenza idrica. Tuttavia, anche per quell'area è stato destinato qualche milione di euro, probabilmente per qualche «carrozzone» pieno di gente che magari non lavora e non metterà a frutto nemmeno tali risorse. Continuate, quindi, con gabelle e balzelli degni della storia e del momento storico dal quale potrebbero essere assunte: i principati e i granducati, magari il Granducato di Mantova o il Principato di Firenze. Credo che sareste proprio degni di governare al tempo di quei secoli, dell'epoca delle signorie e dei comuni, sicuramente non siete degni di governare la sesta potenza industriale del mondo.
Ogni tanto bisognerebbe anche che ce lo ricordassimo: non siamo il Liechtenstein o la Svizzera! Siamo la sesta potenzaPag. 22industriale del mondo e abbiamo un Governo che va avanti con difficoltà e in una situazione di ingovernabilità, con un decreto-legge fiscale che distribuisce un milione qua, due milioni là, senza un progetto complessivo, senza l'accettazione della proiezione verso le sfide forti che una nazione proiettata al futuro deve accettare e vincere. Non so, quindi, se in queste ore qualche senatore, che ancora ha un sussulto di dignità, porrà fine a questa commedia tragica, facendo terminare questa legislatura in cui il Governo Prodi continua a dare una rappresentazione di sé totalmente ed assolutamente inadeguata. Ci troviamo in un biennio di fondamentale comunismo reale. Abbiamo il Presidente della Camera che è un comunista dichiarato, che è contrario alla proprietà privata e al libero mercato, nella maggioranza sono seduti i no global e i Luxuria. Tra le altre cose, signor Presidente, protesto perché ho ricevuto una proposta di legge firmata Luxuria. Ammetto che ci possano essere anche dei diminutivi per non confondere un tizio da un altro. Mi pare che Giuseppe Pisanu sia detto Beppe oppure un altro sia soprannominato Tonino. Tuttavia, protesto per il fatto che ci si possa firmare Luxuria, che è un termine per una perversione sessuale, e vorrei che non ci fosse nemmeno più la possibilità di poter firmare così una proposta di legge. Comunque passo alle conclusioni in questa seduta che tratta di questo decreto-legge fiscale.
Spero che si vada al più presto alle elezioni e si ponga fine al danno di questo biennio di comunismo reale. Credo che sia davanti agli occhi di tutti che l'Italia è stanca. Cari colleghi, l'Italia realmente in questi ultimi mesi sembra smarrita e lo sembrano anche un po' gli italiani. Dopo cinquant'anni di Repubblica ritroviamo il nostro popolo pieno zeppo di poveri e una società assolutamente terrorizzata. Credo che l'Italia meriti qualcosa di diverso e sia un po' stanca, sia arrivata a mostrare tali segni di stanchezza nel vedere che questo Governo non sa governare le realtà difficili e l'economia. Non sa che fare dell'enorme ricchezza che gli italiani onesti mettono nelle mani del Presidente del Consiglio e dei Ministri, vede le liti tra Ministri, un Ministro della giustizia come Mastella, un Ministro delle infrastrutture come Di Pietro, vede che non c'è una rotta, un costrutto, non c'è un progetto complessivo.
Soprattutto, signor Presidente, è un'Italia assolutamente terrorizzata per come questo Governo non riesce a tutelare il territorio e permette che ci sia una violenza diffusa ovunque. Quasi ogni famiglia ormai in Italia viene toccata, se non dalla violenza, dall'intimidazione, dalle aggressioni, dai furti, dagli scippi. Da quando questo Governo è in carica ha lanciato segnali di grande tolleranza e permissività e l'Italia è diventata di nuovo un territorio in cui ci sono scorribande di criminali stranieri.
Credo che ciò sia umiliante, ma anche immeritato da parte di un popolo che non merita certo questo. Allora spero che al Senato ci sia una svolta - non so se sarà possibile in queste ore - che ponga fine a questo disastro e che restituisca presto l'Italia, la nazione e il suo popolo, a un Governo giusto e sano, che sappia guardare al futuro, sappia accettare le sfide, sappia governare, che sia composto di persone con buonsenso, con la testa sulle spalle e che soprattutto si pongano il principale obiettivo di una politica sana, vale a dire gli interessi nazionali e della comunità nazionale.

PRESIDENTE. Sono costretta ad invitare i deputati ad avere rispetto della persona dei colleghi, onorevole Salerno.

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, non mi pare di aver detto alcunché di irrispettoso. È il collega che deve aver rispetto delle istituzioni, non io...

PRESIDENTE. Onorevole Salerno, per cortesia!

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, se lei mi dice di fare qualcosa, le devo rispondere!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

Pag. 23

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, signor relatore, onorevoli colleghi, nell'intervenire sull'esame di questo decreto-legge farò una serie di rilievi che partono dal metodo, per arrivare a qualche constatazione di merito. Nella mia esperienza (credo di essere all'undicesimo esame tra finanziaria e provvedimenti collegati) non era mai accaduto che un decreto-legge che affianca e viaggia in parallelo con la legge finanziaria giungesse da una Camera all'altra, nel nostro caso dal Senato alla Camera dei deputati, con il totale impedimento alla modifica di un qualsivoglia punto. Sono costretta a far rilevare che non solo non sono stati accolti, e neppure esaminati, gli emendamenti presentati in Commissione bilancio, persino quelli della maggioranza, ma anzi la Commissione bilancio è stata chiamata a lavorare in tempi concitati e ristretti per consentire che una volontà sbagliata, a mio parere, politicamente, ma macroscopicamente sbagliata per quanto concerne le coperture, come evidenziato dopo il passaggio del provvedimento al Senato, avesse un qualche rappezzo e che si potesse dire che le misure ci sono e ci devono piacere. Dobbiamo anche correggere le coperture che nella fretta, nella furia, nella concitazione del dialogo politico, non ci sono state. Tale aspetto non è di poco conto, nel momento in cui si esamina una parte rilevante di ciò che sarà l'impianto finanziario, e quindi la linea dell'azione strategica del Paese per il 2008, nel momento in cui nell'altra Camera, al Senato, è in corso una vivace discussione sulla legge finanziaria, vivace perché anche nella maggioranza vi sono molte tesi tra loro contrapposte e i conti - si sa - alla fine devono tornare. Ritengo sia necessario - intendo sottolinearlo con il mio intervento - far constare la nostra assoluta contrarietà all'aspetto di cui ho detto. Si tratta di una contrarietà che mi disturba ancora di più evidenziare perché, onorevoli colleghi, è la conferma totale - mi rivolgo ai colleghi della maggioranza - di quella inutilità che noi avevamo inteso eliminare con le modifiche costituzionali che avevamo introdotto, sottolineando l'affermazione: ma che ce ne facciamo di un bicameralismo perfetto? Ebbene, la maggioranza che oggi governa il Paese ha inteso, con la scelta che ha operato sul referendum, ribadire il bicameralismo perfetto, ma intendendolo di maniera, dato che di fatto lo ha soppresso. Questo è il primo caso evidente dell'assoluta inutilità del bicameralismo.
Nel merito, ho apprezzato molte parti dell'intervento del relatore Di Gioia perché, sebbene possiamo avere talune diversità marginali di vedute sui numeri o sulla distribuzione interna del tetto dell'extragettito che si è realizzato, egli ha svolto un'analisi molto puntuale e lucida su un dato che da nessuno viene negato. Mi riferisco al fatto che, per una serie di circostanze, abbiamo realizzato per gli anni 2006 e 2007 un gettito fiscale ulteriore e maggiore rispetto al previsto e, come risulta dalle affermazioni del relatore, sulle quali concordo, ciò è avvenuto anche e prevalentemente perché siamo riusciti ad agganciare una ripresa economica che ci ha consentito di aumentare la base imponibile sulla quale applicare la tassazione. Vi sono stati anche altri fattori in relazione ai quali, sui numeri che vengono forniti, possiamo trovarci più o meno in sintonia. Citerò solo un dato sul quale non siamo d'accordo: la parte dell'extragettito che viene attribuita alla lotta all'evasione perché, a mio avviso, l'effetto sui conti della lotta all'evasione è uno solo, ossia il ricavato dall'accertamento dell'evasione che sia stato contestato e poi trasferito nelle casse pubbliche, altrimenti lo definisco in un altro modo! Altrimenti, si tratta di una vicenda che sta a latere, per cui posso anche avere scoperto sacche di evasione e tentato di perseguirle per ottenere quanto dovuto, ma sono somme che non sono entrate nei conti pubblici. Sui proventi della lotta all'evasione rammento solo la dichiarazione che rese il dottor Befera (che, com'è noto, è il presidente di Riscossione Spa, oggi Equitalia Spa) nel 2006, in Commissione finanze, dalla quale, se non ricordo male, risultava che dalla lotta all'evasione avevamo ricavato 350Pag. 24milioni di euro, dai quali ne dovevano essere sottratti 200, che erano il costo di esercizio in vita di Equitalia Spa.
Ribadisco, comunque, che ho apprezzato il lucido intervento del relatore perché non ha preso supinamente il provvedimento discussione, ma ha tentato di analizzarne lucidamente le criticità. La prima criticità che viene evidenziata, sulla quale mi associo, è che non abbiamo assolutamente la certezza che questo extragettito abbia valore strutturale. Ciò significa, o dovrebbe significare, che se non abbiamo la certezza del valore strutturale e permanente nel tempo dell'extragettito dovremo stare molto attenti alle voci di spesa, soprattutto a quelle che hanno carattere permanente. Possiamo fingere di dire che costino poco perché le valutiamo per tre mesi, ma sappiamo che, se valutate per la permanenza del valore che hanno, non costano poco, ma decine di miliardi di euro! Nel momento in cui obiettivamente lo stato dei conti pubblici non funziona, si tratta di un'attività doppiamente a rischio perché non si è sufficientemente utilizzato l'extragettito per ridurre il debito - creando con ciò anche un decremento del costo che paghiamo per gli interessi sul debito, oltre alle altre considerazioni che possono essere svolte sul rispetto dei parametri - e perché si vanno ad introdurre voci di spesa rilevanti che non sapremo come pagare.
Quando non si sa come far pagare, la misura immediata è di aumentare il prezzo della benzina (così la pagano tutti) e l'altra, un po' più prossima nel tempo, è di aumentare la pressione fiscale con la legge finanziaria. Credo che il nostro Paese - ma non lo credo solo io, in quanto ritengo di avere troppa compagnia per poter sbagliare - sia schiacciato da una pressione fiscale oppressiva. Temo, inoltre, che una gran parte dell'extragettito non sia dovuta ad un'induzione alla minore evasione, evasione che sarebbe determinata da un approccio, rispetto ad un altro, di un Governo tendenzialmente - si dice e non lo credo - più amico di coloro che non pagano che dei rigoristi. Credo, invece, che sia il frutto di un incremento della pressione fiscale che ha colpito coloro che già pagavano molto. Ritengo che ciò possa essere percepito da ciascuno di noi, in quanto ciascuno di noi è, in primo luogo, un cittadino che vive nella sua comunità, cui capita di andare a fare la spesa e di avere un amico negoziante. Si percepisce che la corda è sul punto di spezzarsi, se non è già spezzata. Intendo dire che le suddette scelte di politica fiscale e di non contenimento della spesa, che determinano il costo di cui ho parlato, rischiano, a mio avviso, di trasformare molti settori marginali (specie quelli piccoli), in cui i soggetti sono in grado di condurre dignitosamente un'esistenza, in settori di povertà o in settori titolari di un diritto e pronti ad essere sussidiati a carico del pubblico. Credo che ciò rappresenti un grande problema da affrontare. Nel Paese vi è, infatti, una logica di contrapposizioni che lo sta danneggiando. Non si può parlare di logiche di convergenza sulle opinioni e su cosa serve al Paese, se non siamo neanche d'accordo nel capire, o se siamo così diversi nella sensibilità per capire cosa stanno vivendo il Paese, i suoi operatori e i suoi cittadini in questo momento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,55)

MARIA TERESA ARMOSINO. Vi è un altro caso che, in relazione a questo aspetto, vorrei citare e che mi ha colpito molto. Si sostiene che si è voluta porre in essere una misura a favore dei piccolissimi imprenditori. È la prima volta che viene introdotta in Italia una flat tax con una misura del 20 per cento per tutti coloro che producono fino a 30 mila euro di reddito l'anno. Penso che dobbiamo verificare in concreto chi produce fino a 30 mila euro di reddito l'anno. Non sono, infatti, imprenditori, in quanto, se si trattasse di imprenditori, avreste concesso la deducibilità di quel minimo strumento di lavoro che serve per l'esercizio dell'impresa, ad esempio, le chiavi inglesi e i bulloni, o la linea telefonica e il computer. Credo che tale previsione - non sapendoPag. 25come diversamente procedere - tenda a chiudere un buco mettendo una pezza su un'altra vicenda, ovvero quella, che tanto contestate, relativa a tutte le forme di lavoro a termine o a progetto. Addirittura, ciò potrebbe diventare la quadra di copertura dell'aspetto ricordato (che dovrebbe essere risolto diversamente) che, nelle difficoltà di trovare una sintesi e una mediazione nella maggioranza, non sapete come risolvere.
Allora vi chiedo: ma che senso ha che un dipendente che percepisce una somma analoga paghi il 27-28 per cento di tasse, mentre quelli che voi chiamate non dipendenti - che non so cosa siano - paghino il 20 per cento? È una questione di equità fiscale, ma forse dietro vi è il problema di identificare davvero cosa intendiamo fare. Certamente, questa non è una misura che è servita ai piccoli imprenditori, necessariamente soggetti a costi per l'esercizio della loro piccola attività. Penso alle attività più marginali: al parrucchiere che non ha un salone incredibile, ma che opera, nei paesi da 400 abitanti, con un phon e cinque spazzole.
Vi sono altri argomenti che vorrei affrontare. Vi è una dichiarazione attribuita a Boeri e Garibaldi, due economisti molto bravi, di cui uno torinese, molto vicini - lo sono stati nei cinque anni in cui noi eravamo al Governo - alle posizioni del centrosinistra, che ci fornisce un dato di redistribuzione dell'extragettito per il 2007. Essi ci dicono che sono stati incassati 16,5 miliardi di euro, di cui 5,8 miliardi sono stati destinati a riduzione del debito, che è stata ridotta di 1,8 miliardi la spesa per investimenti e che 9,6 miliardi sono destinati ad ulteriore spesa pubblica.
Voglio mettere a confronto questo dato con l'analisi lucida svolta dal relatore sulla non sicurezza che l'extragettito abbia valenza strutturale e dare, quindi, la dimensione di ciò che ci troveremo costretti a coprire, laddove sia vero - lo temo ma non lo spero - ciò che anche il Ministro dell'economia e delle finanze afferma, ossia che stiamo lentamente iniziando una nuova fase recessiva, in cui non solo non vi sarà più l'extragettito, ma si potrà avere una diminuzione della base imponibile al di sotto dell'extragettito, perché soggetti in condizione di marginalità potrebbero andare al di sotto della soglia di povertà.
Intendo svolgere solo alcune brevissime considerazioni su alcuni interventi. Credo che durante gli anni del Governo Berlusconi abbiamo sbagliato profondamente - e questa è la mia grande amarezza - in ordine alla politica della casa, nel senso che non siamo stati né efficaci né efficienti. In questo provvedimento, sono previste misure che apparentemente dovrebbero rispondere alla logica di una soluzione in termini di politica abitativa, ma non credo che andranno in quella direzione. Cercherò di spiegarne le ragioni. In primo luogo, credo poco alle dazioni per situazioni emergenziali. Credo che il problema debba essere affrontato in modo strutturale, anche se a piccoli passi, vista la scarsità delle risorse. Anche sulla base di questo provvedimento - se non sarà previsto in questa sede, vedremo se sarà possibile farlo con la legge finanziaria - sarà possibile, con gli stanziamenti previsti, iniziare una piccola attività di costruzione di nuove unità immobiliari nelle aree che siano già immediatamente cantierabili.
Questa potrebbe essere forse proprio la sede per cominciare a parlare seriamente del problema e i dati in nostro possesso ci consentono di farlo (proprio quest'anno l'Agenzia del demanio ha presentato il censimento del patrimonio immobiliare dello Stato). Si potrebbe cominciare attraverso il concorso tra Stato, regioni e comuni a trasferire beni e terreni demaniali. Tali provvedimenti potrebbero con la collaborazione del pubblico e del privato dare sfogo a quella che rappresenta davvero l'esigenza prioritaria della nostra società o quell'elemento che fa sì che chi possiede un salario basso possa o meno sopravvivere e avere la disponibilità della casa a condizioni adeguate al suo reddito. Avevo provato a presentare nell'ambito di questo stanziamento qualche modestissima proposta emendativa, però non so neanche se in merito si potrà aprire oPag. 26meno una discussione perché non ci è stato concesso nemmeno di iniziare ad affrontare il tema.
Vi è un altro dato sul quale sono invece totalmente in disaccordo e riguarda le SIIQ, le società di investimento quotate. Secondo me tali società non risolveranno il problema poiché si andrà a creare una sovrastruttura ulteriore e si appesantirà questo meccanismo. Con la riforma del Titolo V il problema della casa è passato dalla competenza statale a quella regionale e per anni abbiamo capito che occorre discutere su tale aspetto nel senso che, senza il concorso dello Stato, le regioni da sole non potranno risolvere il problema della casa. Sappiamo bene quindi che i provvedimenti devono essere posti in essere attraverso un'azione congiunta dello Stato, delle regioni e dei comuni e tutto ciò dovrà essere fatto nelle sedi abilitate, come ad esempio le Conferenze Stato-città e autonomie locali, Stato-regioni, o in quelle unificate.
Ritengo che un segnale in questo senso dobbiamo provare a fornirlo e dobbiamo altresì chiederci se destinare risorse, come stiamo facendo, per costruire ulteriori osservatori non sia non solo uno spreco inutile di denaro ma anche un qualcosa che temo farà risentire e arrabbiare sensibilmente coloro che, per loro sfortuna, vivono quel problema. Non vi è bisogno di un altro osservatorio per censire questa problematica, sussistendo già una pletora di società e di organizzazioni in grado di farlo. Vi sono i censimenti del demanio, vi è la Patrimonio dello Stato spa, oggi diventata Fintecna, che forse è la migliore delle società dipendenti dal Ministero dell'economia e delle finanze per capacità di azione, di integrazione, di progettazione e di risposta immediata.
Temo che questa misura, oltre ad uno spreco di risorse economiche, possa davvero far sentire ulteriormente offeso e sbeffeggiato colui che, sollevando una questione, si sente rispondere che il suo problema verrà osservato, ma che forse sarebbe stato meglio farlo prima. Ho qualche perplessità sui bonus previsti per gli incapienti, perché mi diventa difficile capire una misura che sia diversa da quella che consente di non pagare le tasse.
Temo inoltre che esistano situazioni di incapienza fittizie. Credo che dovremmo andare a chiedere a quegli istituti che si chiamavano una volta IACP e oggi ATC, ALER, ATER, a seconda delle zone dove sono ubicati, quante sono le famiglie che non hanno più titolo a rimanere in quelle realtà, non presentando più i requisiti di reddito. Sono molte purtroppo. E dico purtroppo perché anche quelle sono situazioni che, se a disposizione, consentirebbero ai reali aventi diritto di beneficiarne. Tuttavia, so anche che le lettere di sfratto non vengono spedite, perché lo dovrebbero fare i comuni e, con il sistema elettorale legato all'espressione della preferenza, a me risulta che nessuna amministrazione, a prescindere dalla sua collocazione politica, si metta a fare queste cose.
Pertanto, sulla base di dati che possediamo, vi sono situazioni di persone che occupano case popolari non avendo più i requisiti di reddito, non perché non li possieda il titolare, ma perché all'interno della famiglia vivono figli adulti che lavorano. La famiglia si evolve e noi auspichiamo che essa, pur partendo con difficoltà (conservando, comunque, grande dignità), poi, rafforzi la sua posizione anche attraverso l'attività dei suoi componenti. Ritengo, dunque, che sia necessario porsi anche questo problema relativo agli utilizzi dei bonus e dei loro beneficiari finali. Attualmente, tali bonus vengono valutati - mi sembra - tornando alla cifra di 150 euro (stimati in 1,9 miliardi di euro), ma, laddove si dovessero riprodurre e fossero misure stabilizzate per risolvere il problema, torno al discorso iniziale: sarebbero necessari, forse, 15 o 20 miliardi di euro. Ciò comporterebbe ulteriori tasse per altri soggetti che, da una condizione, quella di coloro che contribuiscono a pagare, possono passare ad un'altra, quella dei percipienti.
Vorrei esporre un'ulteriore questione. Ho notato che è stato modificato il criterio di definizione della ruralità dei fabbricatiPag. 27- non entro nel merito perché il tema non mi appassiona, pur avendo origini contadine (ma non più attuate!) - ma non è stato modificato il termine per la presentazione delle domande. Ritengo che su questa piccolissima questione, se non adesso, in seguito sarà necessario intervenire, perché se vengono modificate le disposizioni non è pensabile che venga lasciato il termine previgente sulla base delle altre, affinché le persone si adeguino. Affinché la misura sia efficace ritengo che ciò debba essere fatto.
Da piemontese, vorrei svolgere un'ultima considerazione. Sulle infrastrutture, relativamente ai trasporti, si sono premiate tre città. Il Piemonte non ha ricevuto una lira in termini di trasferimenti infrastrutturali: la metropolitana di Torino è stata avviata in occasione delle Olimpiadi, ma è ancora da ultimare. Pertanto, proporremo e tenteremo di ottenere qualcosa di diverso nella legge finanziaria.
Con questa premessa - e concludo - non posso esprimere un parere favorevole sul provvedimento in discussione. Tuttavia, spero che durante l'esame del disegno di legge finanziaria possa esservi una diversa possibilità di discussione e di individuazione delle questioni. Non è facile, ma deve essere possibile, se si invoca e si chiede la capacità di sedersi congiuntamente ad un tavolo per riformare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Maroni, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche noi, come gruppo Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, vogliamo dare il contributo alla discussione sulle linee generali sulla conversione in legge del decreto-legge, recante nel titolo: «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale».

Chi non può essere d'accordo con un titolo così impegnativo? «Interventi urgenti» significa che vi è una politica del Governo di sviluppo e di equità sociale, che è già in essere e ha già una rotta ben definita, sulla quale bisogna intervenire con piccoli interventi, per cercare di modificarla verso un migliore e maggiore sviluppo e verso una migliore equità sociale. Ebbene, di tutto questo non si trova traccia, anche perché è difficile valutare un decreto-legge disgiunto dalla legge finanziaria.
Siamo in presenza di una schizofrenia di questo Governo e di questa maggioranza, in termini di «bulimia legislativa». La bulimia è una patologia psichiatrica, che si può benissimo applicare anche in termini di esagerazione di legiferazione. Vi ricordo che l'anno scorso il disegno di legge finanziaria, sui cui è stata posta la questione di fiducia, ha avuto un articolato di circa 350 pagine. Quest'anno non esiste un unico provvedimento, ma la manovra è scissa in tre - una e trina - per cui abbiamo: un disegno di legge finanziaria di oltre 200 pagine, questo decreto-legge fiscale di oltre 150 pagine e il provvedimento sul welfare con i contributi in arrivo, con il probabile rialzo, con gli incerti risparmi e con il super INPS; addirittura, il servizio bilancio della Camera dei deputati, in merito al Protocollo modificato dal Governo, afferma di avere alcune perplessità, le evidenzia e le certifica.
Si tratta, pertanto, di tre argomenti che riguardano l'ambito economico-finanziario e che non possono essere trattati in modo disgiunto, a compartimenti stagni. L'economia di un Paese è un tutt'uno e questi tre provvedimenti (il primo in discussione al Senato, il secondo adesso qui alla Camera e il terzo arriverà nei prossimi giorni) non possono che essere tenuti ben presenti, altrimenti si perde la rotta e il Paese perde in competitività e modernizzazione.
Cosa succede, dunque, al Paese? Quello che è successo: siamo il fanalino di coda della zona euro, siamo gli ultimi! Il dato parla chiaro. Si dice a volte che unaPag. 28squadra è ultima in classifica, però gioca bene: in tal caso non so se giochi bene, però è ultima! Quindi, il dato concreto, percepito e reale è quello che noi siamo gli ultimi: nella zona euro, siamo quelli che hanno uno sviluppo sotto la media; è aumentata la forbice rispetto a quei Paesi con cui, solamente qualche anno fa, eravamo alla pari, se non superiori; in questo momento stiamo retrocedendo e siamo ultimi in classifica.
Crediamo che questa pletoricità di legiferazione sia il male vero. Infatti, la somma di tutti questi piccoli interventi in tanti settori, non fa una vera manovra! Una rondine non fa primavera! In campo economico-finanziario, per la ripresa dello sviluppo di questo Paese e per una vera equità sociale, abbiamo bisogno veramente di una stagione di primavera e non di un profondo inverno o di un «profondo rosso»!
Per questo motivo, critichiamo la tuttologia e la pluralità di interventi messi a caso, uno dopo l'altro, per tenere insieme la maggioranza. Abbiamo una maggioranza eterogenea, che sta implodendo e non ha più una rotta da seguire, né mete da raggiungere; si cerca di dare il contentino a questo o a quel ministro, a questo o a quel senatore, e a questo o a quel segretario di partito, per fargli votare la finanziaria!
Si tratta di un obbligo e quindi è come quando si tende una corda dove ognuno tira da una parte e ovviamente non c'è un'ottimizzazione, non si ha l'effetto leva - molto conosciuto dai nostri studenti - e si fa tanta fatica e soprattutto la si fa fare ai cittadini italiani. Parlo di fatiche in termini di gettito, di pressione fiscale e di tasse e il tutto si ripercuote negativamente sullo sviluppo del Paese: la spesa non è governata e non viene favorita la crescita e ciò ovviamente porta al declino della nostra economia. Abbiamo «fame» di interventi infrastrutturali: lo sviluppo in un Paese passa anche attraverso le infrastrutture.
Sto preparando un libro bianco sulle opere incompiute: si dice che quando si va «in bianco» con la propria donna, con la propria moglie, c'è qualcosa che non va ed il nostro Ministro delle infrastrutture sta andando «in bianco» con tutti i suoi interventi ministeriali. Le opere infrastrutturali non stanno effettivamente partendo: il corridoio n. 5 non sarà realizzato, così come il ponte sullo Stretto, e le nostre autostrade non saranno modernizzate.
La collega Armosino, intervenuta prima di me, parlava degli interventi sulle case popolari, degli interventi di edilizia residenziale: ci si limita ad una mera enunciazione degli stessi, ma poi, di fatto, non vengono ultimati. Le opere rimangono incompiute e si continua a dire - come ha fatto il Ministro, anche ieri, durante il question time - che la colpa è del Governo precedente. Tra cento anni si dirà ancora che è colpa del Governo Berlusconi e gli si continua a dare la colpa perché la teoria del sospetto è una teoria delle culture comuniste che ancora esistono in questo Parlamento.
Sappiamo che tali culture in economia non ci hanno mai «azzeccato» e che hanno sempre portato alla rovina quei Paesi e noi ne stiamo subendo le conseguenze anche nel campo della sicurezza o meglio dell'insicurezza percepita dai nostri cittadini perché il pericolo viene veramente dall'est. Si tratta di un pericolo costante per il quale i prodotti del comunismo stanno entrando nel nostro Paese ed i peggiori stanno mettendo a rischio la sicurezza di tutti. Ciò che sta accadendo è vergognoso: tutti giorni si legge sui giornali di stupri, rapine, omicidi e via dicendo.
Dicevo che siamo la cenerentola dell'Europa anche in campo di sviluppo infrastrutturale ma soprattutto non si vede la ripresa economica. Ci dicono già fin d'ora che la nostra crescita quest'anno sarà intorno all'1,9 per cento, ma noi crediamo che per il 31 dicembre arriveremo all'1,7 per cento, ossia allo 0,2 per cento in meno, perché questo è un Governo un po' bugiardo. Esso ci dice che il prossimo anno avremo una crescita all'1,5 per cento: pertanto dobbiamo intenderla pari all'1,1-1,2 per cento. Non è vero, quindi, ciò che il relatore Di Gioia esponeva nella relazione illustrando questoPag. 29decreto-legge, ossia che l'extragettito è arrivato dalla ripresa economica. Non godremo più di tale extragettito perché non è strutturale e quindi il prossimo anno la legge finanziaria sarà fatta di «sudore e sangue». Sudore perché i nostri cittadini dovranno lavorare di più - se troveranno il lavoro - ma dovranno pagare anche più tasse. Sangue, ovviamente, per l'insicurezza e per tutto ciò che sta accadendo e soprattutto perché il prelievo fiscale ha raggiunto, ormai, livelli di guardia non più sopportabili.
C'è pertanto una contraddizione: il debito pubblico rimane tale e non si fa nulla per abbassarlo, anzi esso sta crescendo. In un anno e sei mesi di questo Governo il debito pubblico è cresciuto in maniera lenta, ma continua.
Non si cerca di abbassarlo, perché abbassando il debito pubblico ci potrebbe essere la ripresa economica. Come si fa ad abbassare il debito pubblico? Per noi socialisti, credo, la proposta è chiara e lapalissiana: bisogna vendere i gioielli di famiglia! E quali sono? Tutte quelle aree demaniali, tutte quelle case e quelle proprietà demaniali che sono abbandonate a se stesse e non sono utilizzate. Bisogna cercare di renderle produttive, bisogna cercare di metterle sul mercato, cercando di trarne dei benefici, ma non per dare contributi elettorali a pioggia.
Questa, onorevoli colleghi, è una finanziaria elettorale, che ci porterà alle elezioni nella prossima primavera, perché ci saranno le elezioni nella prossima primavera e questa finanziaria lo dice lapalissianamente. Bisogna cercare di impedire questo gettito a pioggia a tutti perché non risolve il problema, non riduce il debito pubblico e, quindi, non c'è ripresa dello sviluppo e, sicuramente, non c'è equità fiscale.
Bisogna, poi, abbassare la pressione fiscale: guardate che abbassando la pressione fiscale, quindi abbassando il livello dell'acqua, emerge l'evasione e c'è la possibilità che questa sia ridotta sensibilmente. L'extragettito è arrivato dal recupero dell'evasione fiscale solo per il 15 per cento: significa che la forbice è ancora larga e, quindi, se abbassiamo la pressione fiscale, emergerà l'evasione. Siamo convinti che la possibilità di avere un maggiore gettito esista veramente. Su questo dobbiamo, ovviamente, lavorare.
Bisogna anche rilanciare gli investimenti privati, facendo l'opposto di quello che sta facendo questo Governo. Abbiamo bisogno di uno shock nell'economia: è necessaria una minore deducibilità degli interessi e un'accelerazione degli ammortamenti; bisogna permettere agevolazioni a tempo per le nostre imprese, per un periodo di 18-24 mesi, per cercare di farle investire, per farle essere competitive con i partners europei.
Soprattutto, abbiamo bisogno, oltre che di competitività, che il Governo garantisca la reciprocità rispetto agli altri Stati, perché quelli più forti riescono a tutelare meglio le loro imprese. Dopo avere sottolineato, in linea generale, la nostra posizione critica, rilevo che anche il relatore Di Gioia è abbastanza critico, perché leggo testualmente dalla trascrizione della sua esposizione che egli afferma che bisogna ridare dignità alla Commissione Bilancio, alle istituzioni e al Parlamento.
Lo dice lui e se lo dice il relatore significa che la Commissione Bilancio non ha fatto il suo dovere, perché il Governo le ha impedito di fare il suo dovere, perché l'ha obbligata, sic et simpliciter, a prendere per buona una manovra che le ha imposto.
Se lo dice il relatore, significa che è vero. Di Gioia continua affermando che siamo in una situazione economica che suscita serie preoccupazioni: significa che anche all'interno della maggioranza si sente il bisogno di dire «basta» a questo Governo, perché non se ne può più e andare avanti così significa veramente la fine.
Anche l'anno scorso siamo stati dei facili profeti, quando abbiamo detto che la legge finanziaria 2007 avrebbe previsto più tasse per tutti, ed è poi quello che è successo: ad ogni famiglia essa è costata di più, le buste paga sono state più magre, più scarne e le famiglie hanno dovuto sopportare rialzi incredibili. Con un petrolio che supera ormai i 100 euro alPag. 30barile, questo Governo, cosa fa? Ci aspetta un inverno freddo e al buio perché la politica energetica non esiste, e, se Dio vuole, fino adesso, che il rapporto euro-dollaro è alto, i rincari del gas o del petrolio, della benzina non si sentono ancora, anche se ci sono; ma se dovesse tornare il rapporto di due anni fa, avremmo la benzina che costerebbe il doppio, avremmo il riscaldamento che costerebbe il doppio, avremmo la bolletta dell'ENEL che costerebbe il doppio. Lo diciamo, questo, ai cittadini? E guardate che non è un bene avere un dollaro in queste condizioni, perché le nostre imprese ovviamente non sono competitive!
Manca quindi una politica energetica, non si vuole ammettere che si è sbagliato quindici, venti anni fa, seguendo il falso populismo di non aver portato avanti una politica energetica e nucleare seria. E ancora: i prodotti agroalimentari, sui nostri mercati, hanno raggiunto costi tali che le nostre famiglie non se li possono più permettere. D'altronde quando un chilo di pane viene a costare quasi 5 euro, di cosa stiamo parlando? Non è possibile sostenere che questo Governo ha fatto una politica economica vera; anzi, ha fatto una politica, come ho già detto, patologica, bulimica, schizofrenica e che sta costando sudore e sangue a tutte le famiglie.
Una riduzione del debito pubblico non c'è e non si intravede, la modernizzazione dello Stato non c'è, siamo la Cenerentola d'Europa. Noi abbiamo cercato di presentare, come gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, degli emendamenti; però riconosciamo che sono solamente palliativi, perché cercano di far soffrire meno le nostre famiglie. Con questo impianto, tuttavia, come vi ho detto, con questa bulimia legislativa, tuttologa e di eccessiva pluralità, c'è poco da fare. Cerchiamo di alleviare le sofferenze con i nostri emendamenti.
A soffrire è veramente l'Italia degli operai, l'Italia delle piccole aziende, delle partita IVA, degli artigiani, dei commercianti, dei ricercatori, degli studenti, che sono attualmente le categorie più in difficoltà e le più vulnerabili, per le quali non facciamo nulla. Abbiamo un capitalismo familiare ma, quanto alle grandi famiglie italiane, anche se le tassate di più, anche se il prelievo è maggiore, è come togliere un bicchiere d'acqua dal mare; chi soffre invece sono le famiglie più povere, le categorie più vulnerabili.
L'Italia dei poteri forti, che trae beneficio da questa legge finanziaria, è l'Italia delle banche, è l'Italia delle cooperative rosse. Non se ne può proprio più: non pagano le tasse, acquistano le grandi imprese, le banche, la grande distribuzione. Sono veramente il potere; e d'altronde questo Governo è la loro espressione, i poteri forti sono in questo Governo. E così i mass media. Essi ovviamente non tremano, state tranquilli: chi trema sono le famiglie più povere, le famiglie che tutti i giorni sanno quanto «sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale», tanto per citare Dante. Abbiamo un'Italia dell'assistenzialismo, dei sindacati, che è premiata nella legge finanziaria e nel decreto-legge in esame: essi la fanno sempre da padroni.
A dimostrazione di ciò, scendo nel particolare dell'articolato. L'articolo 12 - relativo alla scuola ed ai cinquantamila esuberi nel mondo della scuola - ne è la prova: esso prevede lo stanziamento di 150 milioni di euro, mentre con l'articolo 15 si dà un miliardo di euro per i contratti della pubblica amministrazione!
Forse non ve ne siete accorti, ma per la prima volta la spesa pubblica - dall'inizio della Repubblica italiana - ha superato il 50 per cento del PIL: unico caso al mondo! Lo dite voi, non io, come si legge nella vostra relazione. Com'è possibile superare il 50 per cento del PIL in spesa pubblica? Non è possibile, ciò significa che siamo al tracollo, alla rovina. Non si può andare avanti in questo modo.
All'articolo 21 si investe sulle case popolari, magari, come diceva qualche mio collega della Lega, per darle poi agli extracomunitari illegali (a Roma, soprattutto, e nei comuni dove ovviamente la situazione e le criticità sono tali che con il falso populismo non si possono mandarePag. 31via e dunque gli vengono assegnate case popolari), mentre facciamo vivere nelle baracche i nostri cittadini italiani.
Noi siamo per la sussidiarietà e la solidarietà, ma vi è bisogno di criteri e regole: esse non possono tradursi in provvedimenti «a pioggia», solo per fare clientelismo elettorale.
L'articolo 24, poi, rappresenta l'ossigeno per il malgoverno delle regioni e dei comuni. Mi riferisco alla sanità della Campania, ai soldi per i rifiuti in Campania e ai comuni in dissesto finanziario che sono - guarda caso - tutti gestiti dall'Unione. Richiamo, inoltre, gli articoli 27 e 43 sui lavoratori socialmente utili (o inutili).
La dignità del lavoro è altra cosa, amici colleghi: assunzioni senza criteri di merito e senza concorso non si possono fare! È clientelismo, è assistenzialismo! Si tratta di 350 mila persone che voi immettete nella pubblica amministrazione a fare nulla - visto che non vi è nemmeno la possibilità della mobilità tra le pubbliche amministrazioni -, ad incrociare le braccia e a far sì che la spesa pubblica e il debito pubblico continuino a crescere.
Ricordo, inoltre, l'articolo 44, che prevede 150 euro a favore degli incapienti, di coloro cioè - dipendenti, autonomi o assimilati - che non dichiarano reddito. Ma vorrei, al riguardo, una spiegazione: essi erano 300 euro, e poi sono stati dimezzati?
Ma con quali regole vengono distribuite tali risorse? Le date direttamente voi per fare clientelismo o le date ai comuni affinché, con i loro servizi sociali e la polizia municipale, vadano a verificare lo stato di incapienza?
La filosofia del contadino non è quella di seminare a caso, ma di seminare in terreni che debbono essere resi fertili per cercare di superare un problema: deve, cioè, essere ben presente la complessità del problema e non devono essere adottati interventi casuali e improvvisati, che magari non servono a nulla perché non producono nulla.
Lo statalismo in Italia è pletorico, congestionato e non produttivo. L'Italia presenta in Europa la pubblica amministrazione più pletorica e costosa, ma ha il PIL più basso. Come facciamo ad essere competitivi? Come facciamo a perseguire ciò che voi dite - sviluppo ed equità sociale -, se mancano questi punti fondamentali, questi due cardini portanti?
Il collega Garavaglia ieri molto correttamente riportava dei dati allarmanti (che sono stati verificati e risultano, pertanto, veri), che voglio richiamare. In Calabria - diceva - vi è un numero di guardie forestali uguale a quello del Canada. Il Canada intero, cioè, ha guardie forestali in numero pari a quello della regione Calabria. Ma come è possibile?
Eppure, in Calabria si verifica il doppio degli incendi rispetto al Canada.
All'Italia dei poteri forti - mi riferivo alle cooperative rosse, ai capitalisti, ai sindacalisti - stiamo concedendo tutto, mentre all'Italia che «boccheggia» il decreto-legge in materia economica e finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale non dà nulla e perciò quell'Italia continua a soffrire. Si tratta dei precari, degli artigiani, cui rivolgiamo il nostro plauso, dei commercianti, delle piccole e medie aziende, dei ricercatori.
Ricordo che tali categorie, in certi casi, arrivano a pagare fino al 70 per cento di tasse! Si tratta dell'Italia del rischio, perché tali categorie rischiano in proprio, con la loro attività, tutti i giorni e anche dell'Italia del fisco. Bravo, Prodi, complimenti! È riuscito - unico esempio al mondo! - a far sì che tutte le categorie professionali (i commercialisti, gli avvocati, i medici, i farmacisti, i tassisti) si siano riunite a Roma, di fronte al Parlamento, per protestare. Ne hanno tutti i diritti perché costituiscono l'Italia del rischio, perché mettono a rischio i loro capitali e quando si trovano dinanzi uno Stato che non è né madre né padre, ma matrigna o patrigno, sono costrette a chiudere o investire le proprie risorse all'estero, come effettivamente avviene.
Nei Paesi europei le aziende concorrenti alle nostre pagano imposte che vanno dal 25 al 50 per cento, ma mai il 70 per cento. Pertanto, stiamo perdendo in termini di competitività e, come ho già detto,Pag. 32non vi è reciprocità poiché non abbiamo un vero Governo, che, come un allenatore, organizzi la squadra, evitando che ognuno segua la palla, scoprendosi in tutti i settori del campo.
Pertanto, siamo la Cenerentola, il fanalino di coda dell'Europa. Noi Socialisti, ovviamente, non condividiamo l'allargamento dell'Europa al Baltico. Da sempre, la nostra storia è stata fondata sull'area mediterranea e si dovrebbe perseguire una politica con i Paesi che si affacciano su questo lago e con i quali dovremmo avere più dialogo, maggiori scambi commerciali e rapporti, affinché il nostro sviluppo avvenga con i Paesi dell'area mediterranea e non certamente con quelli del Baltico. Se avessimo perseguito tale politica, avremmo più sicurezza, perché non avremmo più il vento dell'Est che ci colpisce, causando insicurezza per le ondate di immigrazione che ci investono.
D'altronde - lo ripeto - siamo in una Camera che ha inasprito, nei confronti degli imprenditori e dei datori di lavoro, le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Pertanto, questi soggetti sono anche preoccupati. È una notizia di ieri che la Cassazione ha condannato un datore di lavoro se per caso si azzarda a riprendere un dipendente, affermando che non fa nulla e usando dei toni un po' forti. In questo caso, deve essere anche condannato al risarcimento civile e a sanzione penale. A tale proposito, apro una parentesi: solo in Italia, rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo, esiste un potere monocratico che ha la forza di arrestare un cittadino che nel 60 per cento dei casi è dichiarato innocente da giudici terzi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, sto per concludere il mio intervento. Pertanto, non si deve parlare più della lotta all'evasione fiscale come la panacea di tutti i mali che vi sono in Italia, ma è necessario abbassare la pressione fiscale, far emergere il sommerso e, solo a quel punto, chi evade le tasse deve essere punito seriamente e severamente con una pena certa, perché altrimenti si continuerebbe ad evadere.

PRESIDENTE. Onorevole Barani...

LUCIO BARANI. Signor Presidente, concludo il mio intervento con un'ultima riflessione di natura macroeconomica...

PRESIDENTE. Onorevole Barani, ha già ampiamente superato il tempo a sua disposizione.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento che stiamo esaminando (atto Camera 3194-A) nel testo pervenutoci dal Senato - diciamolo chiaramente, come molti colleghi hanno già sottolineato - è insoddisfacente.
Esso fotografa lo stato di confusione e di totale irrequietezza (con un termine medico direi di «fibrillazione») di questo Governo che, invece di prendere decisioni coraggiose, necessarie nel momento presente così preoccupante per il nostro Paese non soltanto dal punto di vista economico, pensa a «bivacchiare» e a firmare ogni giorno compromessi pur di sopravvivere.
Inoltre, i continui richiami degli organismi europei - ricordo che facciamo parte integrante e siamo fondatori dell'Unione europea - al risanamento della nostra economia sembrano essere caduti nel vuoto. Ogni volta che veniamo richiamati è come se ciò non riguardasse noi. È il segno di un'assoluta presunzione e dell'instabilità di questo Governo, che è noto ai cittadini soprattutto per il grado di indecisione dei suoi provvedimenti, presi per accontentare ora questa, ora quella componente governativa, multiforme e variegata, denotando, per l'appunto, insicurezza. È un segnale d'allarme molto preoccupante per il futuro del nostro Paese.
Deve essere sottolineato ancora una volta, come abbiamo fatto nelle questioni pregiudiziali da noi presentate, che il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge, collegato alla manovraPag. 33finanziaria per il 2008, non rispetta i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza chiaramente previsti dalla nostra Carta costituzionale per l'emanazione dei decreti-legge, in quanto la maggior parte delle norme in esso contenute potevano e dovevano essere inserite in separati disegni di legge ordinari. Avete scelto di intraprendere una strada che non condividiamo.
Il Senato, rispetto al testo iniziale, ha ulteriormente aggravato la situazione inserendo norme disorganiche, eterogenee e settoriali, il cui effetto reale sarà quello di disperdere risorse finanziarie preziose, come sottolineato dai colleghi che mi hanno preceduto, che dovrebbero invece essere impiegate per rispettare gli impegni di risanamento finanziario assunti nei confronti della Comunità europea e di fronte a tutti i cittadini.
Per effetto della dissipazione delle risorse per complessivi 15 miliardi di euro - ben 15 miliardi di euro! - posta in essere dai testi presentati dal Governo a partire da giugno del 2007 si è procrastinata di un anno la conclusione del processo di azzeramento del disavanzo statale, concordato - lo ricordo - con l'Unione europea.
Inoltre, alcune delle spese aggiuntive introdotte nel corso dell'esame al Senato sono prive di copertura finanziaria adeguata. Ne è un esempio l'articolo 44, sul quale tornerò in seguito, relativo al contributo per gli incapienti, il cui costo è stato raddoppiato dal Senato e finanziato con l'impiego di parte dei depositi dormienti.
Siamo dunque di fronte, signor Presidente, onorevoli colleghi, ad un provvedimento dannoso ed irresponsabile, che rappresenta l'esatto contrario di quanto, invece, sarebbe stato necessario per la nostra economia, per la nostra finanza pubblica e per le tasche dei cittadini, specialmente di quelli più bisognosi.
Mi limiterò ad analizzare alcuni articoli di competenza della Commissione affari sociali, di cui sono componente e capogruppo di Forza Italia.
L'articolo 4, già diffusamente illustrato dall'onorevole Mazzaracchio, reca disposizioni in materia di commissari ad acta per le regioni inadempienti. Si tratta di una misura sicuramente importante, che rischia, tuttavia, di essere vanificata se lo Stato non è in grado di verificare in modo puntuale il rispetto dei piani di rientro concordati con le regioni e questo non lo è. Assistiamo ad un «balletto» in alcune regioni e, in tal senso, anche in quella nella quale vivo.
Si corre, infatti, il rischio di giungere alla nomina di un commissario ad acta soltanto in seguito alla chiusura dell'esercizio finanziario, con la conseguente penalizzazione dei cittadini. Infatti, cosa faranno le regioni? Aumenteranno l'IRAP e utilizzeranno altri balzelli fiscali.
Quanto poi alla possibilità che il commissario ad acta proponga la sostituzione del direttore generale delle ASL (voglio ricordare che avete fatto uno spoil system totale e che molti ricorsi al Consiglio di Stato sono stati vinti, per cui avete dovuto remunerare chi è stato sostituito), tale misura è destinata a rivelarsi del tutto insufficiente se non viene modificata la normativa che attualmente disciplina la nomina dei direttori generali, altrimenti l'atto previsto è giuridicamente non valido. Tale normativa risulta del tutto inadeguata e prevede requisiti decisamente insufficienti per un direttore generale. Per esempio, vengono al contempo esclusi parlamentari e consiglieri regionali cessati dal mandato che, grazie alla loro esperienza, potrebbero rientrare in tale delicato campo e in tale delicata funzione.
Sorvolo, in parte, la particolare e pesante problematica prevista dall'articolo 5 sugli aspetti economici dell'assistenza farmaceutica, ribadita nell'intervento puntuale e chiaro dell'onorevole Chiara Moroni, cui rimando. Desidero però sottolineare - non posso non farlo - che non possiamo continuare a penalizzare la nostra industria farmaceutica, già ridotta al lumicino come risorse e presenza sul mercato (tutte le aziende farmaceutiche sono inglobate nelle multinazionali), come anche è dimostrato, cari colleghi, dalla carenzaPag. 34assoluta in Italia della ricerca di base e dagli studi internazionali, per cui le sperimentazioni in fase uno e in fase due in Italia rappresentano una parte irrisoria della ricerca. Così facendo diventeremo un Paese sempre più dipendente dalle grandi multinazionali estere. Ciò comporterà sicuramente una scarsa possibilità di agire autonomamente, con un conseguente aumento dei costi per lo Stato e, quindi, per la tasca di ogni cittadino. Altro che risparmi sulla spesa farmaceutica, che - come voi indicate - giustamente dovremmo fare, con una campagna anche informativa per il corretto uso dei farmaci da parte di tutti, di chi li prescrive e di chi li utilizza. Quindi, è un problema molto particolare e non potete limitarvi soltanto a stabilire un budget o un tetto senza delle iniziative volte, per esempio, ad una capillare campagna informativa in questo senso.
Invece, voglio riservare uno sguardo particolare all'articolo 20, che riguarda il 5 per mille. Signori miei, è veramente incredibile ciò che è successo. Intanto, voglio ricordare che tale illuminante iniziativa fu presa dal nostro Governo nella passata legislatura con la legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005). Il Fondo che ne deriva è dedicato al volontariato e alla ricerca. Oltre sedici milioni di cittadini spontaneamente, con grande senso di solidarietà, hanno sottoscritto questa brillante e significativa iniziativa, che ha portato nelle casse dello Stato oltre 400 milioni di euro.
Voglio anche ricordare - è importantissimo e i cittadini che ci ascoltano lo debbono sapere - che in Italia oltre sei milioni di cittadini hanno scelto volontariamente di donare una parte del proprio tempo con gratuità e spontaneità come volontari in vari campi, in particolare quello sanitario, con l'ausilio organizzativo di oltre ventimila associazioni di volontariato. È una perla, una gemma particolare. Quindi, ci saremmo aspettati che questo 5 per mille, così generosamente sottoscritto da sedici milioni di cittadini, fosse rapidamente erogato. Invece, questo Governo impiega un anno e mezzo per ripartire le somme secondo la scelta dei cittadini, provocando grandi difficoltà e sofferenze alle organizzazioni di volontariato, che ricordiamo significa gratuità. Ma il Governo ha anche pensato di mettere un tetto, perché questa somma che liberamente il cittadino devolve all'associazione di volontariato, secondo il Governo, sarebbe eccessiva e, quindi, riduce di fatto il 5 per mille al 3 per mille. Ditelo chiaramente! È una vera vergogna che le associazioni di volontariato e del terzo settore ben conoscono e che hanno denunciato clamorosamente.
Lo stesso ragionamento, oltre che per il volontariato, vale per la ricerca. In Italia destiniamo alla ricerca circa l'1 per cento del PIL. In Europa siamo gli ultimi in assoluto; poi ci lamentiamo che i ricercatori vanno all'estero e che dobbiamo importare il know how o altre cose del genere.
La ricerca è la base fondamentale di ogni iniziativa. Quindi, chiediamo con decisione che il Governo rispetti fedelmente la scelta volontaria dei cittadini. Questi cittadini che ancora una volta - lo speriamo nonostante le cocenti delusioni - sottoscriveranno nella prossima dichiarazione dei redditi questo 5 per mille a favore del volontariato e della ricerca.
È un'occasione che non potete perdere, ma probabilmente non sarete voi a guidarla, per fortuna. Per quanto riguarda l'articolo 28, commi 4-bis, 4-ter, 4-quater, concernente l'agenzia nazionale dei giovani, l'articolo 44, che riguarda le misure di sostegno a favore dei contribuenti a basso reddito, e l'articolo 45, che prevede l'integrazione dei finanziamenti ai servizi socio-educativi alla prima infanzia e al Fondo per le politiche sociali, occorre subito sottolineare che questi tre articoli assorbono, quanto a impegno di risorse, circa i due terzi dell'intera manovra in materia sociale prevista dal decreto-legge in esame, ammontante globalmente a 2.920 milioni di euro, lo ripeto, 2.920 milioni di euro: il 31 per cento di tutta la spesa prevista dal decreto-legge nel suo complesso. Questi tre articoli impegnavano, nel testo originario del Governo,Pag. 35circa 1.950 milioni di euro, di cui 1.900 assorbiti dall'articolo 44 che, come ricordavo prima, riguarda le misure di sostegno a favore dei contribuenti a basso reddito. Gli altri 50 milioni di euro erano destinati ad interventi per la prima infanzia e per i giovani.
Entrando nei particolari, per quanto riguarda l'articolo 28, i commi aggiunti al Senato non hanno grande rilevanza; essi riguardano, infatti, la dotazione organica del personale dell'agenzia nazionale per i giovani e attuano una decisione della Commissione europea del 30 aprile 2007, per quanto riguarda il programma europeo Gioventù in azione. In proposito, ricordo che il programma Gioventù in azione riguarda l'impegno dei Paesi membri per il periodo 2007-2013 ed ha un bilancio di 885 milioni di euro. Poiché la norma non ha particolare rilevanza sul piano delle risorse stanziate, si ritiene che si possano accettare gli indirizzi europei, non senza evidenziare però che le maggiori risorse messe a disposizione vengono assorbite dalle strutture che devono gestire i progetti, e quasi nulla - signor sottosegretario, so che lei è sensibile a questi problemi - rimane per i progetti stessi.
L'articolo su cui si deve concentrare in particolare la nostra attenzione è il 44, che stabilisce misure di sostegno per le persone a basso reddito, come è giusto che sia. Al riguardo, occorre osservare che il testo presentato al Senato, vale a dire il testo che il Governo voleva che fosse approvato, differisce dal testo quale risultante dagli emendamenti approvati dal Senato, grazie alla sconfitta del Governo su un emendamento ormai diventato famoso: quello presentato dal senatore Fernando Rossi. Voglio ricordare che il primo testo, quello del Governo, era non solo deludente, ma anche, scusatemi il termine, vergognoso. Infatti, esso prevedeva uno stanziamento globale di 1.900 milioni di euro a favore dei cosiddetti cittadini incapienti, ossia di coloro che non percepiscono i vantaggi delle detrazioni fiscali perché non hanno reddito o hanno un reddito così basso che non sono tassabili, e quindi non hanno possibilità di beneficiare di sgravi fiscali. Ebbene, era previsto un rimborso forfetario, solo per il 2007, di 150 euro, più altri 150 euro per ogni familiare a carico: una miseria. Persino alcuni esponenti della maggioranza al Senato avevano avanzato delle riserve su tale intervento, sostenendo che sarebbe stato necessario restringere la platea dei beneficiari, per evitare il rischio di avvantaggiare gli evasori. Si era fatto notare che la norma impegnava soltanto il 20 per cento e che quindi era quanto mai grottesco parlare di decreto finalizzato all'equità sociale. Essendo stato fissato un tetto di spesa, potevano nascere problemi dal punto di vista dell'accessibilità per coloro che erano interessati da tale norma. Si è anche evidenziato che si trattava di una norma una tantum, valida solo per il 2007. Le persone interessate al provvedimento sarebbero state circa dodici milioni e mezzo, persone che hanno un reddito pari o inferiore, lo ricordo, a 7.550 euro. Nella versione originaria sarebbero stati elargiti verosimilmente 41 centesimi al giorno ciascuno, questa è la vera traduzione: semplicemente ridicolo! Bene ha fatto un collega del Senato, in sede di discussione in Aula, a ricordare ironicamente che alle mucche europee, signor sottosegretario, diamo 3 euro, alle mucche europee; ai cittadini, agli uomini, 41 centesimi al giorno! Era proprio una elemosina, mezzo chilo di pane ogni due giorni, e non al prezzo attuale che corrisponderebbe a molto meno.
Il giudizio sul testo originario presentato dal Governo al Senato non poteva che essere fortemente negativo da parte nostra e, più in generale di tutta l'opposizione. Ad aumentare le risorse a disposizione degli incapienti è intervenuto proprio il citato emendamento del senatore Rossi che ha portato a raddoppiare la misura delle detrazioni fiscali, pari ora a trecento euro sia pro capite sia per ogni familiare a carico. Si tratta comunque di un segnale. È stata quindi modificata la dotazione originaria del Fondo che è stata portata a cinque milioni di euro; è un segnale positivo, anche se non sufficiente. Tale Fondo verrà coperto con l'impiego deiPag. 36cosiddetti depositi dormienti finora trattenuti presso gli istituti di credito assicurativi, che rappresentano una risorsa che abbiamo utilizzato per primi, nella precedente legislatura, avendo il coraggio di evidenziarla come possibile e utilizzabile. Nella sua ultima finanziaria, il nostro Governo aveva destinato tale Fondo, la cui consistenza, però, era ancora tutta da evidenziare, all'indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e che avevano sofferto un ingiusto danno. Mi riferisco, chiaramente, ai risparmiatori danneggiati dalle vicende che hanno investito le società Cirio e Parmalat e i bond argentini, ed altro.
In conclusione, l'emendamento del senatore Rossi approvato dal Senato ha assegnato alle persone non abbienti l'equivalente di mezzo chilo di pane al giorno, ma non ha cambiato comunque lo spirito e il metodo con i quali l'attuale Governo pensa di affrontare l'emergenza povertà, che esso stesso ha accentuato in questo anno e mezzo. L'opposizione ha una visione completamente diversa, essendo convinta che la maggior parte dei cittadini incapienti abbiano orgoglio e dignità, non siano persone di minore valenza e non vogliano l'elemosina, al contrario di quanto accade dandogli qualche centesimo al giorno come fossero mendicanti al semaforo, che vanno ugualmente rispettati! Tali cittadini chiedono allo Stato, e ne hanno un diritto non solo costituzionale, ma anche etico - a tal proposito, voglio ricordare l'enciclica Centesimus annus, del 1991, di Papa Giovanni Paolo II, molto chiara in questo senso - di avere una prospettiva di vita, di lavoro, di inserimento sociale e di una famiglia che oggi, da una parte della vostra maggioranza, viene così fortemente vilipesa e aggredita.
Poi vi è l'articolo 45 del decreto-legge in discussione, che prevede un finanziamento aggiuntivo per il piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. Si tratta di stanziamenti irrisori: appena 25 milioni di euro per gli asili nido, i servizi integrativi, i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e i caseggiati. Si prevedono appena altri 25 milioni di euro per integrare il Fondo per le politiche sociali; lo ripeto: 25 milioni di euro per il Fondo per le politiche sociali! Come è noto, la dotazione di tale Fondo è pari a 1.635 milioni di euro per il 2007, a 1.645 per il 2008 ed a 1.378 per il 2009; quindi è in diminuzione. Nella disponibilità diretta del Ministro della solidarietà sociale, vi sono appena 50 milioni di euro, mentre tutto il resto è assorbito da INPS e regioni. Si tratta, quindi, di una norma insignificante, di cui tra l'altro è incerta anche la copertura finanziaria.
Onorevoli colleghi, ho lasciato per ultimo, perché è molto delicato, il mio intervento sull'articolo 33 del provvedimento in discussione, che contiene le disposizioni a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infette. Il problema merita profonde riflessioni di ordine non solo politico ed economico, ma anche sociale ed etico. Credo sia indispensabile, per far ben comprendere tale complessa problematica, sottolineare che la stessa coinvolge migliaia di cittadini italiani incolpevoli che sono stati colpiti da danni più o meno gravi (purtroppo vi sono stati anche dei morti), causati dalla somministrazione di sangue ed emoderivati infetti da virus pericolosi, che ormai tutti conoscete, quali quello dell'epatite C e quello dell'HIV. La legge n. 210 del 1992 riconosce il diritto a un indennizzo mensile ai cittadini che abbiano subito lesioni irreversibili alla salute a causa di emotrasfusione e vaccinazione, in quanto tali lesioni sono irreversibili e provocano angoscia e sofferenza fisica e psicologica nell'individuo e nella famiglia che lo accoglie. I danneggiati da emotrasfusione, poiché contagiati da epatite C, normalmente ricevono un indennizzo mensile e un vitalizio; i danneggiati da vaccinazioni, invece, oltre al beneficio mensile ricevono anche un assegno una tantum per il periodo compreso tra il manifestarsi del danno e la data di conferimento dell'indennizzo mensile di cui ho già parlato.
Nel 2005 è stata approvata la legge n. 229, che ha aumentato, per i soli danneggiati da vaccino, sia l'assegno mensilePag. 37sia gli arretrati. La stessa legge, giustamente, ha condizionato l'erogazione del beneficio alla chiusura delle liti pendenti. Gli emotrasfusi, invece, sono rimasti «al palo», pur avendo instaurato numerose azioni di risarcimento dei danni e sono stati esclusi dai benefici della stessa legge n. 229 del 2005, al pari dei talassemici. Nel corso del 2005 è stato aperto un tavolo di trattativa con tre categorie di danneggiati: gli emofilici, i talassemici e i vaccinati, che comprendono anche i trasfusi occasionali. Le azioni avviate dagli emotrasfusi, censite dal Ministero della salute alla data del 16 luglio 2007, sono circa 1.500. Gli emotrasfusi sono stati censiti in base alle domande ed alle cause da esse prodotte. Il Ministero della salute, con questo articolo, intende dirimere le controversie, pagando a ciascuno degli interessati cifre non inferiori a quelle stabilite con il decreto del Ministero della salute del 3 novembre 2003, adottato dal nostro Governo. Se il Ministero dovesse pagare ai contagiati le cifre già erogate in forza del decreto richiamato, potrebbe accontentare soltanto 375 domande, in virtù di quanto stanziato dall'articolo 33. I conti sono banali, anche per un ragazzo delle elementari: 375, e le altre 1.225 che fine fanno?
La legge sembra, inoltre, palesemente priva di copertura. Nelle trattative che si sono svolte con il sottosegretario Gaglione e di cui sono al corrente, al Ministero della salute veniva avanzata anche un'importante richiesta, ovvero l'abolizione dei termini per la presentazione delle domande di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 (o la loro riapertura). Non è possibile, infatti, che un cittadino, venuto a conoscenza dopo anni di essere stato contagiato da un virus somministratogli poiché è stato dimostrato il nesso di causalità con la trasfusione o la vaccinazione o l'emoderivato, non possa fare domanda di risarcimento. Il Ministero della salute, infatti, si è rifiutato di prestare il consenso alla riapertura dei termini per i danneggiati da vaccinazioni, asserendo di non conoscere il numero dei possibili aventi diritto: è una falsità assoluta. A prescindere dal fatto che lo stesso Ministero sembra non conoscere neanche il numero degli emotrasfusi (per i quali ha stanziato 150 milioni di euro), il pretesto, lo ripeto, è assurdo, in quanto il rigetto delle domande per decadenza dei termini di presentazione è disposto proprio con decreto firmato da un sottosegretario per la salute dell'attuale Governo. Quindi, per rigettare le domande, evidentemente, il Ministero conosce quante ne sono state presentate.
Il comma 5 dell'articolo 33, inoltre, estende temporalmente il beneficio all'assegno una tantum agli eredi dei deceduti - come ho ricordato precedentemente, si tratta, purtroppo, non soltanto di danni gravi e cronici, ma anche di decessi - prima dell'entrata in vigore della legge n. 229 del 2005, ma soltanto se siano già titolari del beneficio previsto dalla legge n. 210 del 1992. Capisco che si tratta di questioni tecniche, ma ciò è importante.
Sottolineo, inoltre, che, se un cittadino leso da vaccino è deceduto prima di diventare titolare dell'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, ai suoi eredi non spetta proprio nulla. Sebbene il cittadino sia stato danneggiato in modo così grave da perdere la vita, né lui (che è morto), né gli eredi possono vantare alcun diritto. Mi chiedo, dunque, quale sia lo scopo della norma. Si vuol pagare solo chi ha avuto la fortuna di percepire l'indennizzo prima di morire? Che colpa ha - il deceduto o i suoi eredi - se è morto prima di diventare titolare dell'indennizzo? Si tratta di una problematica che non può essere evasa. So bene che era stato raggiunto un accordo con le associazioni rappresentative dei danneggiati, per cui il Ministero della salute avrebbe dovuto presentare una richiesta ben maggiore di 150 milioni di euro, spalmata su un lungo periodo e i danneggiati l'accettavano. Successivamente, il Governo ha tagliato tutto e ha stanziato 150 milioni per il 2007. Non comprendiamo, quindi, perché il Ministero della salute voglia cercare fondi soltanto per far piovere sul bagnato, ovvero a favore di chi ha già avuto, quando vi sono decine di famiglie di danneggiati che siPag. 38trovano ancora nel deserto, in quanto dichiarate decadute dalla possibilità di chiedere l'indennizzo. Ritengo, infine, importante sottolineare ancora che, relativamente al comma 3, sarebbe bene che la riapertura del termine per la presentazione delle domande per accedere all'indennizzo ex lege, ossia al risarcimento previsto dalla legge n. 210 del 1992, sia riconosciuto non solo agli emofilici, ma anche a tutti i danneggiati: ai talassemici e agli altri emoglobinopatici. Si tratta, infatti, di cittadini che hanno pari dignità, quando sia stato riconosciuto il nesso di causalità tra trasfusione ed infezione.
I rappresentanti di tali categorie - lo ripeto - sanno bene che deve essere dimostrato il nesso di casualità e giustamente lo accettano. Essi sono disponibili a un dialogo, ma restano continuamente delusi. Dunque, signor Presidente, signor sottosegretario, bisogna mettere la parola fine a tale annosa situazione e per farlo occorre mantenere le promesse che questo Governo non ha mantenuto e non sa mantenere. Occorre stanziare, spalmandola su un decennio, la somma globale già accettata da tutta la platea dei danneggiati, di 1 miliardo 800 milioni di euro, che, rateizzata in dieci anni, corrisponde a 180 milioni di euro l'anno, ossia a poco più di quanto avete stanziato solo per un anno. Bastano 180 milioni di euro per dieci anni per ottenere il consenso di tutte le organizzazioni che rappresentano le ricordate categorie, che - lo ricordo - sono disponibili a firmare un accordo di questo tipo senza avanzare ulteriori richieste. Presenteremo un emendamento in tal senso e misureremo, così, le vostre sensibilità e capacità. Vedremo come potrete rifiutare un emendamento del genere, che va a favore dei nostri cittadini, così fortemente colpiti da un danno che non avevano assolutamente previsto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, devo dire, con estremo dispiacere, che l'atto Camera n. 3194, così com'è stato approvato dal Senato, rappresenta una drammatica delusione per 22 milioni di famiglie italiane, che ben altro si aspettavano e speravano. Lo dico con la certezza di non essere smentita. In Parlamento è in uso che la maggioranza debba sempre dire che va tutto bene e che tutto ciò che il Governo e la stessa maggioranza fanno sia giusto, mentre l'opposizione ha il dovere di dire che le cose non vanno e denunciare gli errori. Invece, vorrei, se fosse possibile, spezzare questa logica, chiedendo davvero ai colleghi della maggioranza, a quelli intellettualmente onesti e che ragionano con la loro testa, se sono in grado di darmi ragione sul fatto che questo decreto-legge rappresenti una drammatica delusione per le famiglie. Cercherò di spiegare perché, augurandomi davvero che ci sia qualcuno che mi dia ragione.
Non mi aspetto, ovviamente, il consenso del sottosegretario presente in quest'aula, ma almeno un tentativo di lettura onesta di quanto sta succedendo nei confronti delle famiglie. Erano decenni che la finanza pubblica non poteva contare su un arricchimento così cospicuo come quello dell'extragettito, o «tesoretto» che dir si voglia, che assicura alla finanza pubblica una cifra che era impensabile poter raggiungere. Si parlava del «tesoretto» già all'inizio di quest'anno e la cifra è andata gradualmente aumentando con il trascorrere delle settimane e dei mesi, fino a raggiungere l'ammontare, molto rilevante, di quasi 15 miliardi di euro, che corrispondono, per chi come me è una persona anziana e ragiona con i vecchi sistemi, a 30 mila miliardi delle vecchie lire, ossia a un'intera manovra finanziaria che questo Governo si trova a gestire. Non intendo soffermarmi sulle ragioni per cui il Governo si sia trovato a disporre di tale cifra, se per meriti o per demeriti, ma credo sia l'unica volta che è successo nella storia della Repubblica e ritengo, da quanto si legge sui giornali, che non succederà mai più.
Questa cifra rappresenta un momento straordinario e uno strumento decisivo perPag. 39raggiungere gli obiettivi di politica economica che il Governo si era prefissato e per comprendere le logiche che lo guidano. Questa è l'occasione buona per capire quali siano le priorità del Governo, come ragiona e per conoscere la cultura che lo ispira e gli obiettivi che si pone. Si tratta di una cifra non indifferente (30 mila miliardi delle vecchie lire) sulla quale - bisogna riconoscerlo - si sono avventati tutti. Ognuno ha chiesto risorse da questo tesoretto e ha cercato di dirottare questa somma verso il proprio dicastero, i propri interessi e le proprie clientele. Riconosco al Governo la difficoltà di gestire tante richieste e tante esigenze diverse e tuttavia il problema delle scelte del Governo è proprio quello che ha creato la delusione di cui parlavo precedentemente. Le scelte sono state compiute contro le famiglie italiane e spero proprio di essere smentita; mi piacerebbe avere torto anche se sono convinta di avere purtroppo regione.
Il 2007 - lo voglio ricordare affinché rimanga agli atti - verrà ricordato da molti addetti ai lavori, come noi, come l'anno del family day e come l'anno della Conferenza nazionale di Firenze voluta dal Ministro Bindi. Si tratta di due appuntamenti cruciali per l'accendersi delle speranze e delle aspettative di tutti i sostenitori del ruolo sociale della famiglia quale nucleo fondamentale della nostra società. Il popolo del family day, nato in piazza il 12 maggio, aveva chiesto, anche attraverso coloro che si erano avvicendati sul palco per ore davanti a un milione e mezzo di persone, di fare della famiglia una causa nazionale e di stabilire il principio per cui ognuno deve poter avere i figli che vuole, senza che ciò si traduca in un abbassamento del tenore di vita. Non mi sembra che una tale richiesta sia folle o ingiusta. È noto che in Italia e in Europa il numero dei figli desiderato sia superiore a quello dei figli che effettivamente si hanno e che quasi solamente in Italia chi mette al mondo un figlio diventa più povero; non sono dati miei, ma provengono dalle ultime pubblicazioni della Banca d'Italia, dell'Eurispes, dell'ISTAT.
Vale la pena ricordare che si tratta di una richiesta avanzata da sempre dal forum delle famiglie, che chiede anche politiche strutturali e definitive in grado di permettere alle famiglie di contare su interventi seri e strutturali (credo che ci capiamo su cosa si intende per provvedimenti strutturali). Vale la pena ricordare inoltre che oggi un minore su sette vive sotto la soglia della povertà e che la categoria maggiormente a rischio di povertà è quella dei giovani e non degli anziani. Gli anziani non sono la categoria più a rischio di povertà se non altro perché sono più tutelati anche se vi sono sacche di povertà e le pensioni minime fanno testo e sappiamo che dobbiamo intervenire al riguardo. Tuttavia, la categoria maggiormente a rischio di povertà secondo i dati della Banca d'Italia è rappresentata dai minori da zero a quindici anni.
Se tutto questo è vero, e se è vero che chi mette al mondo un figlio abbassa il proprio tenore di vita del 30 per cento (ciò è stato affermato nel corso di un convegno tenutosi un paio di anni fa presso l'Accademia dei Lincei, e non mi pare che le condizioni siano da allora molto cambiate) si comprende bene per quale ragione il popolo del family day ha richiesto politiche specifiche per le famiglie. Ciò significa che si deve trattare, come si usa dire fra gli addetti ai lavori, di politiche distintive e promozionali: distintive nel senso che devono distinguere fra ciò che è famiglia e ciò che famiglia non è; promozionali nel senso che devono promuovere il ruolo della famiglia. Non si deve dunque trattare semplicemente di politiche sociali, poiché tali politiche non sono adeguate alle famiglie, in quanto rispondono a criteri completamente diversi. Né si deve trattare di politiche che fanno una specie di frittata in ordine alla definizione di famiglia, mescolando ciò che famiglia è e ciò che famiglia non è. Non mi pare che si trattasse di richieste assurde.
In particolare, al family day si chiedeva un accompagnamento al processo di generatività, cioè alla voglia di mettere al mondo i figli, aiutando le famiglie a crescerliPag. 40dall'asilo alle elementari, con provvedimenti in tema di istruzione e diritto allo studio e in tema di lavoro dei genitori (poiché sappiamo che in Italia la compatibilità fra tempi di lavoro e tempi della famiglia non esiste); con l'introduzione di una flessibilità per la cura che la famiglia ha nei confronti dei soggetti più deboli; e anche con provvedimenti di sostegno al reddito attraverso politiche fiscali e tariffarie ispirate all'equità. Tutto ciò proprio allo scopo di impedire che chi mette al mondo un figlio oggi in Italia divenga più povero del 30 per cento (con il primo figlio e fino alle scuole medie: ma il dato sale al 40 per cento quando i figli crescono). Vogliamo dunque che coloro che mettono al mondo i figli in Italia siano eroi? Non credo proprio.
Quel che si affermava con queste richiese, in sintesi, è che la vera emergenza sociale oggi in Italia è la famiglia. Mentre ai primi del Novecento, infatti, la grande lotta era sul lavoro, quindi sui sistemi di lavoro e sfruttamento (di qui le grandi encicliche e le prese di posizione di quell'epoca per evitare che la società industriale producesse diseguaglianze profonde e che i lavoratori venissero sfruttati malamente), e si trattò di una battaglia sacrosanta, oggi invece l'emergenza sociale sotto gli occhi di tutti si chiama famiglia. Il nostro welfare va ricentrato sulle esigenze della famiglia: il fatto di centrare le politiche familiari ed il welfare sulla famiglia deve avvenire, che ad essa si creda o meno. Perché se andiamo a leggere le dichiarazioni che politici ed esponenti istituzionali fanno sulla famiglia, si potrebbe pensare che ad essa si creda: nei fatti, invece, questo Governo non ci crede.
Spostiamoci dunque dal family day alla conferenza di Firenze. Il Ministro Bindi ha adoperato parte dei soldi che le erano stati concessi con la legge finanziaria - poiché una cifra non elevata, ma riguardevole, era stata pur attribuita al suo Ministero, anche se dopo un po' di polemiche - per organizzare tale conferenza. Nessuno ha obiettato ad un simile investimento e si badi che lo chiamo «investimento», non «spesa», e tengo a sottolinearlo. In quell'occasione, il ministro Bindi fece sfilare praticamente tutti i membri del Governo: all'apertura, vi fu infatti una platea di altissimo livello, con tutti i rappresentanti del Governo (c'erano tutti!); alla fine della conferenza, poi, chi ne ha chiuso i lavori è stato il Presidente del Consiglio, Romano Prodi (facciamo nomi e cognomi!).
Cosa è risultato dalla Conferenza di Firenze? Il Ministro Bindi affermò che: «Più della metà del tesoretto va destinata alle famiglie». E Romano Prodi rispose: «Lo prometto. I due terzi del tesoretto andranno agli anziani e alle famiglie numerose». Credo che i commenti siano superflui. Dire che il Governo stia tradendo le famiglie italiane è un'affermazione troppo forte o no? A dire il vero, l'unico che prese le distanze da questa entusiastica adesione alle politiche familiari del Ministro Bindi e di Romano Prodi fu il Ministro Padoa Schioppa che, con molta onestà intellettuale - glielo devo riconoscere - disse di non essere d'accordo, perché i soldi del tesoretto erano necessari per abbattere il debito pubblico. Abbattendo il debito, infatti, si sarebbe indirettamente portata avanti una politica familiare, perché i nostri figli avrebbero avuto un debito minore da pagare e, quindi, in qualche modo, una facilitazione fiscale.
Ritengo che tale ragionamento non funzioni, perché le politiche familiari devono essere rivolte alle famiglie e non, per interposta persona, alle future generazioni. Tuttavia, poiché il debito esiste e pesa, avevamo ritenuto che andasse comunque bene, poiché se tale cifra abbatteva effettivamente il debito, i nostri figli avrebbero avuto un carico di debito inferiore da rispettare. Non si tratta, comunque, di politiche familiari; le famiglie non percepiranno una lira e continueranno a rimanere povere se mettono al mondo un figlio, ma, comunque, in futuro e in prospettiva, si può immaginare un abbattimento del debito. Il Ministro Padoa Schioppa fu contestato, ma neanche tanto. Vorrei aggiungere che, a maggio, quando il Ministro Bindi organizzò questa benedetta Conferenza di Firenze, il tesoretto nonPag. 41ammontava a 14 miliardi di euro, ma a molto meno: allora si attestava intorno ad una cifra di 4 miliardi di euro. Pertanto, impegnare due terzi del tesoretto per le famiglie era molto più impegnativo e complicato rispetto ad oggi, considerato che i soldi sono molti di più. Ora vi sono più soldi a disposizione e, pertanto, a rigore di logica, sembrerebbe più facile investirli per le famiglie; altra cosa era impegnare due terzi dei soldi per le famiglie quando erano pochi. Dovrebbe essere più facile, quando sono molti, mantenere quella stessa cifra (è evidente che ci si riferiva ai soldi che erano disponibili in quel momento). Pertanto, le attese - per questo motivo ho premesso che si è trattato di un loro tradimento - erano molte sia, lo ripeto, per gli sforzi di un laicato cattolico che si è mobilitato per difendere le famiglie, sia per un Governo che si era espresso in questo modo. Cosa è accaduto? Che il tesoretto si è disperso in una serie di meandri che con le politiche familiari non hanno assolutamente nulla a che vedere.
Quando affermo ciò - giustamente si discute di questi argomenti - mi si risponde che esiste una misura, cioè quella a favore degli incapienti. A tale proposito, è necessario chiarire la questione, perché in questa sede l'ho ripetuto più volte, ma forse repetita iuvant. È necessario sottolineare con forza che la misura a favore degli incapienti - il collega Di Virgilio ha ripercorso tutta la storia della vicenda relativa ad essi - è una tantum. Ciò significa che non è una misura strutturale e che ci stiamo prendendo in giro. Ricordo - allora non ero in Parlamento e, quindi, anch'io criticai quella misura - i famosi mille euro previsti dal Ministro Maroni per chi nasceva in quell'anno.
Si trattava di mille euro a carattere universale - era, quindi, una misura che valeva per tutti, senza limiti di reddito - ed erano mille euro di «bonus bebè» (così fu chiamato) per i bambini che nascevano quell'anno. Mi ricordo la grande polemica sollevata soprattutto dall'allora opposizione (era una giusta polemica). Si trattava di una misura priva di significato: essa, infatti, non aveva carattere strutturale, in quanto a chi fosse nato il primo gennaio dell'anno successivo, non sarebbero stati riconosciuti quei benedetti mille euro, che pure qualcosa erano! La misura fu, dunque, criticata da tutti - anche da chi non sedeva in quest'aula - e fu criticata giustamente, perché non era una misura strutturale!
Per quanto riguarda la misura a favore degli incapienti, il discorso è lo stesso, con la differenza che si tratta di una misura ridicola in termini di cifre. Il collega ha ricordato che sono 41 centesimi di euro al giorno: una cifra che, veramente, costituisce una sorta di presa in giro anche degli incapienti.
Vorrei ricordare che si tratta di una misura che si rivolge, per definizione, alle persone povere, ossia a coloro che, non pagando le tasse, non hanno alcun vantaggio fiscale. Questo è il suo obiettivo. Pertanto, essendo rivolta alle fasce povere, è una misura di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Si tratta, quindi, di una misura giusta, doverosa e assolutamente necessaria - a parte la ridicola cifra messa in campo - ma non mi si venga a dire che è una misura di politica familiare, perché non lo è! Le politiche familiari, per definizione, danno una mano a chi ha figli (e fanno la differenza tra chi li ha e chi non li ha) e, soprattutto, sono rivolte a tutte le famiglie, non solamente ad alcune, in quanto povere e bisognose.
Inoltre, trattandosi di una misura di questo genere, ho l'impressione (e presenterò un'interrogazione al riguardo, non appena tale previsione verrà approvata e quando il Governo potrà fornirci delle cifre) e sono sicurissima che essa sarà distribuita essenzialmente ai pensionati e ai single: in altre parole, sono assolutamente sicura che le famiglie non vedranno questi soldi!
Pertanto, non mi si venga a dire che si tratta di una misura rivolta alle famiglie e aggiungo che, da quello che si legge sui giornali (io poi non so, ma è quello che si vocifera), il Governo ha intenzione di abbassare a 150 euro, la cifra che fu portataPag. 42a 300 euro dal famoso emendamento presentato da Fernando Rossi e approvato al Senato. Pertanto, se questo è vero, il famoso bonus incapienti di 300 euro - aumentati con il citato emendamento - tornerà ad essere di 150. Non so se ciò sia vero, sono voci e, quindi, staremo a vedere, tuttavia desidero denunciare, in questa sede, l'assoluta incapacità del Governo di affrontare, in maniera seria, questi problemi che sono anche drammatici.
Lo stesso senatore Ripamonti dichiarò che questa era un'iniziativa abbastanza rozza (e tale definizione proviene da persone che non fanno parte dell'opposizione). Pertanto, l'impressione è che - sia nella versione originaria, sia in quella corretta, sia nella misura definitiva che si avrà - si tratta, comunque, di misure che sembrano molto più spot elettorali ed hanno poca sostanza nei confronti delle famiglie.
Per quel che riguarda i famosi depositi dormienti, vorrei ricordare che, su questi ultimi - come sempre avviene, quando si vede qualche soldino - ci si sono avventati sopra in moltissimi, per cercare di ottenerli. Non so cosa succederà a proposito di questi depositi dormienti, tuttavia, per affrontare questa misura si ricorre ai depositi dormienti e, quindi, non si va ad intaccare in maniera seria, in questo decreto-legge, i famosi 14 miliardi di euro di cui si parlava in precedenza.
Non possiamo, quindi, affermare che questa sia una misura di politica familiare, ed è l'unica.
Ricordo che nel disegno di legge finanziaria (non è questa la sede per discuterne, ne parleremo quando tratteremo il provvedimento) esiste una proposta relativa all'ICI. Si potrebbe trattare di una misura a favore delle famiglie e sono consapevole che tale misura esiste, anche se nel disegno di legge finanziaria che non è al nostro esame, per cui se ne parlerà al momento opportuno.
Ricordo anche al sottosegretario - che ringrazio per l'ascolto: può prendere nota di questa mia obiezione - che l'ICI dovrebbe essere calcolata in base ai carichi familiari. Occorre cioè calcolare l'ICI in base al numero degli abitanti di una casa in quanto cento metri quadrati in cui abita una sola persona - che in tale spazio sta bene e gode di un certo privilegio - non possono essere paragonati a cento metri quadrati in cui vivono cinque persone. Esse infatti stanno molto peggio in quanto hanno a disposizione venti metri quadrati ciascuno - al di sotto della soglia del minimo vitale per vivere dignitosamente - e quindi, avendo a disposizione cento metri quadrati in cinque, non dovrebbero pagare l'ICI. Occorrerebbe, pertanto, parametrare l'entità dell'ICI ai carichi familiari: in tal modo anticipo un'obiezione che avanzerò quando discuteremo del disegno di legge finanziaria in questo ramo del Parlamento.
Il problema è che il Governo non sta mettendo in campo delle reali politiche familiari e le misure prese per l'extragettito - quello di cui stiamo parlando - sono la cifra della cultura errata esistente alla base di queste scelte.
È chiaro che se esiste una lettura ed una cultura sbagliata nei confronti della famiglia anche le misure ne subiscono le conseguenze, ovviamente sbagliate anch'esse, a cascata.
I criteri con cui si mettono in campo le politiche familiari sono decisivi e sono molto delusa, non solo dalle misure che sono state presentate in questo decreto-legge, ma anche dalla polemica che il ministro Bindi ha voluto scatenare, in questi ultimi giorni, a proposito di un rapporto presentato a Milano dal Centro internazionale studi famiglia, un centro molto noto, in cui lavorano professori universitari di altissimo livello - né di destra né di sinistra - diretti dal professor Donati, uno dei massimi esperti europei, se non mondiali, sulla famiglia. Esistono, quindi, tutti i presupposti perché questo decimo rapporto sulla famiglia possa diventare veramente un punto di riferimento e una bussola per un Governo che voglia fare politiche familiari.
Il Ministro Bindi ha, invece, deciso di innescare una disputa ideologica assolutamente fuori luogo perché quanto scritto inPag. 43quel rapporto non è un manifesto ideologico, ma semplicemente l'analisi scientifica di ciò che succede in Italia.
Secondo tale rapporto il 93 per cento degli italiani sostiene che gli affetti familiari sono il primo valore della loro vita e che il vincolo stabile tra un uomo e una donna in presenza di figli produce beni sociali in misura molto maggiore rispetto ad ogni altra forma di legame.
Ci sono, poi, due economisti, Bruni e Stanca - che non sono dei vescovi, ma solo degli studiosi - che sostengono che il matrimonio ha un effetto positivo sul benessere individuale. Potrei allungare il discorso con tutti i dati forniti da questo rapporto, per esempio, quello relativo al fatto che il 76 per cento degli italiani non è d'accordo con l'opinione che si tratti di un'istituzione sorpassata: tempo fa era il 73 per cento, quindi è aumentato il numero di quelli che ritengono che il matrimonio ha un importante valore sociale.
E non è vero, come sostengono molti in quest'Aula, e mi dispiace che lo sostenga anche il Ministro Bindi, che la famiglia è luogo di solidarietà e di affetto. Sarà anche così, ma non è sufficiente dire che l'affetto e l'aiuto reciproco siano quelli che stabiliscono il valore di una famiglia.
La famiglia viene definita dagli impegni che assume davanti alla collettività e dall'impegno reciproco che due persone si assumono l'una davanti all'altra. Gli obblighi che la famiglia assume nella società e che i coniugi assumono reciprocamente determinano la definizione di famiglia.
Bisognerebbe avere il coraggio di affermarlo, proprio per il bene delle famiglie italiane, e, invece, non si riconosce che oggi chi si sposa è oberato da rischi, oneri ed incombenze, ben più pesanti di chi non lo fa.

PRESIDENTE. Onorevole Capitanio Santolini, concluda.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Concludo, Presidente. E non vale quello che dice il Ministro Bindi, per cui, allora, non bisogna dare gli asili nido ai figli nati fuori dal matrimonio o bisogna chiedere il certificato di matrimonio se si fa dell'assistenza domiciliare.
Non diciamo stupidaggini! Nessuno chiede una cosa di questo genere, è ovvio. Si tratta solo di distinguere tra chi ha famiglia e chi non è famiglia: l'unica cosa che ha fatto il Governo, da quando è in carica, è la proposta sui Dico, invece di procedere verso l'adozione di concrete politiche familiari.
Concludo dicendo che i sindacati occupano le piazze in continuazione, ma non per questo non vengono presi provvedimenti. Il Ministro Bindi non può dire che, siccome c'è stato il family day, il Governo si preclude ogni possibilità di intervento sulla famiglia, perché non ci sono piazze ideologiche e piazze, invece, legittimate e corrette.
Per questo, mi aspetto dal Ministro Bindi uno scatto di orgoglio e se non è in grado di garantire politiche familiari serie si può anche dimettere, perché è quello che è stato detto al Ministro Amato l'altro giorno a proposito della sicurezza.

PRESIDENTE. Comunico che, al fine di organizzare i nostri lavori, darò adesso la parola all'onorevole Bodega chiesta, e poi sospenderò la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione.
È iscritto a parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, mi impegno a non dilungarmi più di dieci, quindici minuti. Innanzitutto, volevo inquadrare questo mio intervento nell'ambito dell'ammontare complessivo delle risorse su cui interviene questo decreto-legge: stiamo parlando di 8,3 miliardi di euro per il 2007, di 5,4 milioni di euro nel 2008 e di 11,3 milioni di euro nel 2009. Sono cifre che poi sono state aggiornate con alcune proposte emendative approvate dal Senato.
Sono cifre non indifferenti, che comunque trovano la loro copertura in un grosso capitolo, quello dei maggiori oneri entrati nelle casse dello Stato, più altre minori spese per il concorso dell'Italia al bilancio della Comunità europea e altre forme di copertura finanziaria.Pag. 44
È per questo che la Lega in Senato aveva presentato anche delle pregiudiziali di costituzionalità, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Inquadrato, quindi, il contenitore e l'ammontare complessivo delle cifre che sono in gioco in questo decreto-legge, volevo già esprimere un giudizio di forte preoccupazione per le scelte operate dal Governo e da questa maggioranza attraverso questo decreto-legge, che anticipa la manovra di bilancio di cui è parte integrante.
Affrontiamo questo dibattito con la consapevolezza di chi ha voluto e ha cercato il confronto parlamentare, prima al Senato e oggi qui alla Camera (è da ieri che stiamo partecipando alla discussione sulle linee generali). Penso che il complesso delle misure peggiorerà i conti pubblici.
Non c'è stata quella indispensabile, auspicata e incisiva riduzione della spesa che dovrebbe rappresentare l'obiettivo primario e ineludibile della finanza pubblica; tra l'altro le riduzioni più consistenti hanno riguardato la spesa in conto capitale, proprio quella destinata agli investimenti infrastrutturali. Penso quindi che ci sia stato poco impegno per il risanamento dei conti pubblici, e che le scelte contenute nel decreto in esame siano orientate più ad allargare il consenso politico che a parlare agli interessi del Paese: ciò vale soprattutto per le dotazioni infrastrutturali cui accennavo prima. Si è preferito seguire la strada di accontentare un po' tutti, di accontentare con regalie le aziende bancarie (ad esempio, elevando a un euro le commissioni). Ribadisco che queste scelte sono a dir poco rischiose, perché sono fondate su una previsione di spesa, di crescita dell'economia superiore a quanto stabilito dai principali «previsori», per una sovrastima dell'extragettito, per la mancata riduzione della spesa pubblica e per un incremento intollerabile della pressione fiscale.
È stato quindi fatto un uso distorto - sempre usando con le dovute cautele questi termini, fra virgolette - di queste risorse, del «tesoretto», chiamiamolo così: una politica finanziaria un po' irresponsabile, a causa di scelte non orientate allo sviluppo ma più di carattere elettoralistico. E noi abbiamo cercato di apportare delle correzioni, pensiamo migliorative, attraverso le nostre proposte emendative; ma è successo che la maggioranza, già in Commissione, ha impedito qualsiasi serio confronto, com'era invece necessario.
Non è stato affrontato un problema che era molto sentito dai cittadini, e l'ha approfondito lungamente la deputata Capitanio Santolini che mi ha preceduto: quello delle famiglie. La famiglia, come entità fiscale, è la grande assente da queste scelte. Sono poi assenti le misure per contrastare la denatalità e quelle a sostegno delle famiglie, persino quelle per gli asili nido. La stessa prevista riduzione dell'ICI è un'imposizione ideologica: non ha tenuto conto del reddito familiare, dell'ampiezza della famiglia, delle diverse situazioni catastali, della realtà geografica, con il rischio di premiare magari quelli che non devono essere premiati. Quindi una scelta iniqua, perché non tiene conto delle fasce periferiche, delle fasce popolari. La riduzione del tasso di povertà appare assolutamente marginale, così come l'intervento, da tutti ricordato, a favore degli incapienti: quei 150 euro, già diminuiti, che si basano sul concetto di reddito individuale piuttosto che familiare come soggetto unico di imposta. Quindi, un modesto rimborso senza un'adeguata valutazione per il soddisfacimento pieno di un diritto come era invece auspicabile. Gli incentivi con riferimento ai canoni di locazione per i giovani appaiono troppo esigui per indurre un'effettiva fuoriuscita dal nucleo familiare. Non si prevede poi nessuna clausola di salvaguardia rispetto all'incauta azione dei comuni di modificazione delle rendite catastali: molti comuni stanno rivedendo tutte le rendite catastali e i nuovi classamenti, così la piccola detrazione sarà poi vanificata per tanti contribuenti dalla richiesta di arretrati che può farsi risalire fino a cinque anni prima, oltre che da tutti quei costosi adempimenti; sappiamo bene cosa comporta al cittadino andare negli uffici comunali a chiedere chiarimenti sulla quantificazione dell'imposta comunale sugli immobili,Pag. 45a chiedere addirittura una classificazione catastale delle unità immobiliari che a volte difficilmente si riesce a individuare. Una manovra quindi a mio avviso sbagliata e inutile, un'occasione perduta.
Vorrei solo ricordare due o tre argomenti trattati a proposito di questa materia, senza naturalmente approfondirli.
Ad esempio, all'articolo 2, signor sottosegretario, si prevede un'autorizzazione di spesa di 215 milioni di euro per il 2007 per i progetti ricompresi nel piano di investimenti ANAS. Si tratta di opere in corso (stilate naturalmente dall'ANAS in base ai progetti approvati) per 10,5 miliardi di euro, cui si aggiungono le opere che l'ANAS ha previsto di appaltare entro il 2011, corrispondenti ad ulteriori 24,3 miliardi di euro.
Qualcuno ieri - mi sembra dai banchi del gruppo Italia dei valori - ha detto che il precedente Governo si è apprestato a fare inaugurazioni e cerimonie di posa della prima pietra, lasciando l'attuale Governo con spese non coperte da un punto di vista economico-finanziario e con opere pubbliche importanti non finanziate.
Chi ha avuto un minimo di esperienza amministrativa sa bene che non si può procedere ad un inizio di lavori - in base alla legge Merloni sulle opere pubbliche - senza avere la completa copertura finanziaria.
Quindi, l'entità delle risorse messe a disposizione è molto ridotta, ed a volte addirittura discriminante rispetto ad alcune aree geografiche del Paese.
Per non parlare poi del trasporto metropolitano, ossia delle risorse stanziate per l'ampliamento delle metropolitane di Roma, Napoli e Milano (soldi che sono sicuramente necessari - e grazie al cielo che sono stati previsti! -, ma che sicuramente non assicurano una risposta completa).
Dovremmo essere di fronte ad una nuova ondata di misure che, in teoria, dovrebbero favorire anche le iniziative imprenditoriali e diminuire la pressione sulle famiglie. In pratica, invece, ci troviamo di fronte a disposizioni che, tendenzialmente, creano ancora confusione, disordine e sicuramente, come già detto, anche discriminazioni.
Abbiamo ascoltato in Assemblea tante testimonianze al riguardo, e tante altre sono state portate a conoscenza dalla stampa e dalla televisione.
Signor Presidente, le riflessioni contenute - e mi avvio a concludere - in tutti gli interventi che abbiamo ascoltato in Aula, forniscono spunti per tante considerazioni sul provvedimento al nostro esame (magari si entrerà nel dettaglio man mano che si procederà all'esame dei singoli articoli).
Più volte abbiamo sentito ribadire in quest'Aula dal Governo e dalla maggioranza gli obiettivi che si intendono perseguire con queste manovre, per così dire, tutte finanziarie.
Si tratta degli obiettivi del risanamento, dello sviluppo e dell'equità. Abbiamo ascoltato tante volte pronunciare questi obiettivi che sono largamente condivisibili, ma che, in realtà, non sono concretamente realizzabili attraverso le misure predisposte.
In conclusione, va da sé che occorre una politica economica che possa godere di un consenso ampio, proprio quello di cui non dispone questa maggioranza che è costretta a fare sempre acrobazie per far tornare i numeri.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione sulle linee generali.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risultaPag. 46dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 3194-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono proseguiti gli interventi in discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, siamo qui per svolgere il nostro ruolo parlamentare a proposito di un provvedimento del Governo che non abbiamo potuto, per decisione dello stesso Esecutivo e della maggioranza, commentare e cercare di modificare nella sede istituzionale.
Il Governo ha utilizzato lo strumento della decretazione d'urgenza da associare al disegno di legge finanziaria che terminerà oggi la sua discussione al Senato, al fine di accelerare la possibilità di intervento finanziario direttamente nell'anno 2007, utilizzando il tristemente noto «tesoretto».
Pertanto, ha deciso di intervenire, a fine anno, per spendere 8 miliardi e 464 milioni di euro. Lo ha fatto e in tale decisione ha ritenuto che l'apporto che la Camera avrebbe potuto fornire in ordine alla destinazione di tali risorse fosse pari a zero.
Come opposizione abbiamo affrontato il decreto-legge in esame nel modo con cui la Costituzione e il mandato degli elettori ci impongono di fare, presentando emendamenti che tentavano di migliorarlo, criticandone sostanzialmente la struttura. Dopo aver preso atto che la struttura presentata era un atto che la maggioranza poteva imporci, abbiamo cercato di migliorare tale struttura in modo da rendere il decreto-legge comprensibile, attuabile e cercando di piegare il suo contenuto a quelle che sono, a nostro avviso, le esigenze dei cittadini.
Tale compito è risultato impossibile. È stato impossibile, in Commissione, poter intervenire in ordine al contenuto di tale provvedimento. Tuttavia, è stato - ed è questo forse l'aspetto più grave - altresì impossibile per la maggioranza intervenire sul provvedimento in esame. Ci troviamo oggi in Aula con la spada di Damocle di una questione di fiducia che, probabilmente, verrà posta il prossimo lunedì e che renderà impossibile, anche all'Assemblea, intervenire per modificare anche solo una riga di questo provvedimento. O meglio, abbiamo corretto dal punto di vista finanziario una parte degli interventi introdotti dal Senato. Abbiamo utilizzato la Camera dei deputati come camera di compensazione esclusivamente dal punto di vista di pulizia finanziaria di alcuni grossolani errori commessi al Senato.
Di tale fatto sono ben consapevoli il sottosegretario Lettieri, il presidente della Commissione Duilio, il relatore Di Gioia e ritengo che sia lesivo non dei diritti della minoranza ma dell'Assemblea e delle facoltà che la nostra Costituzione le attribuisce.
La Commissione bilancio ha abdicato completamente al ruolo che avrebbe dovuto assumere rispetto al provvedimento in esame e anche l'Assemblea si prepara ad abdicare, senza che vi sia una sola persona, all'interno della maggioranza, che abbia il coraggio di sollevare un dito per denunciare tale fatto. Tuttavia, se si leggono i resoconti parlamentari relativi ai lavori della Commissione si nota che alcuni deputati di maggioranza - penso al collega Crisafulli - hanno avuto il coraggio di denunciare quanto sta avvenendo alla Camera. Ma rimangono mere opinioni personali, racchiuse in un resoconto di Commissione.
Signor sottosegretario Lettieri, ho cercato, leggendo gli articoli del provvedimento in esame, di attribuire una ragione politica, economica e di sostanza agli interventi contenuti nel decreto-legge e cercandoPag. 47di cogliere una connessione con quelli presenti nel disegno di legge finanziaria.
Sembrerebbe, quindi, non esistere una logica, ma, sforzandomi, onorevole Di Gioia, l'ho trovata. Non è una logica politica, né economica, ma etologica. Mi spiego meglio. Sottosegretario Lettieri, lei ha presente cosa succede quando i branchi si muovono? Lei sa perfettamente quanti libri si siano scritti sulla diversa moralità del singolo e del branco. Lei sa che la moralità del singolo - mi scusi se faccio questo paragone molto violento - non consentirebbe mai ad un giovane diciottenne di stuprare la sua compagna di scuola.
Nella logica del branco, la morale cambia e quello che è impossibile per il singolo diventa comprensibile in una morale più ampia e diversa. Quindi, questa è l'unica spiegazione che ho di fronte alla complessa manovra finanziaria da voi posta in essere. Sono cose che singolarmente nessuno di voi farebbe, ma che nella logica di branco del centrosinistra e di questo Governo diventano possibili e moralmente accettabili. Infatti, sono stufo di sentire ognuno di voi in Commissione, nei corridoi, in Transatlantico, tra i banchi, criticare queste manovre o quelle passate e poi vedere compattamente una maggioranza che accetta che queste manovre procedano nel loro iter, diventino leggi e abbiano effetto sullo Stato e sul futuro dei nostri conti pubblici.
Avete vissuto un momento importante: le entrate fiscali sono aumentate. Se non vi fossero stati interventi di spesa, ci saremmo trovati alla fine dell'anno con venti miliardi di euro di entrate non previste. Voi avreste avuto l'occasione di andare in Europa, per spiegare agli italiani che il frutto del lavoro di un anno di Governo Prodi era stato quello di sistemare in modo importante i conti italiani. Noi avremmo sostenuto che non era frutto del vostro lavoro, ma di quello che aveva costruito nei cinque anni precedenti Berlusconi, ma l'effetto finale sarebbe stato quello di trovare un Paese che arrivava in Europa con dignità, dicendo che era stato compiuto un passo importante nel risanamento dei conti pubblici italiani. Vi avrebbe permesso - scusate il termine casereccio - di mettere fieno in cascina per il prossimo anno e, di fronte ad una crisi di domanda che il prossimo anno in qualche modo toccherà l'Europa e, quindi, anche l'Italia (toccherà l'Europa più di ogni altro Paese perché l'Europa è diversa da ogni altra zona del mondo), avreste avuto venti miliardi di euro che il prossimo anno sarebbero diventati trenta per pensare ad interventi importanti da parte dello Stato.
Peraltro, ciò rientra anche nella vostra logica, ovvero nella logica con cui la sinistra pensa che si debba governare l'economia. Così non è stato fatto: non avete pensato di agire in questo modo e avete deciso di spendere in caviale e champagne le maggiori entrate di quest'anno, per usare termini più vicini alla vita di una famiglia: è come se un padre di famiglia, anziché mettere i soldi in banca, pensando che l'anno successivo dovrà pagare le spese per la scuola dei figli o cambiare l'automobile, decide di portare la famiglia a Montecarlo per un fine settimana, spendendosi tutto.
Tuttavia, voi non avete speso risorse in caviale e champagne (sarebbe ancora accettabile), ma avete assunto impegni - e li prenderete con la legge finanziaria per il 2008 - che faranno sì che il caviale e lo champagne dovremmo mangiarlo necessariamente per i prossimi vent'anni.
L'onorevole Garavaglia ieri ha svolto il più bel intervento che abbia sentito fino ad ora su questo punto, partendo da un ragionamento non mio, ma di un serio studioso di sinistra, il professor Ricolfi. Egli divide l'Italia in tre: l'Italia del rischio, l'Italia dei privilegi e l'Italia della forza.
L'Italia del rischio è quella dei lavoratori delle piccole e delle medie imprese, degli imprenditori, degli artigiani e dei commercianti. L'Italia dei privilegi è l'Italia del pubblico impiego, di chi riceve dallo Stato più di quello che dà. L'Italia della forza è drammaticamente quella della malavita organizzata di alcune zone del Paese.Pag. 48
Analizzando gli interventi della finanziaria e di questo decreto-legge nei confronti di queste «tre Italie», ci si accorge di un dato inquietante: la parte prevalente degli interventi del Governo è rivolta all'«Italia dei privilegi» e una parte di questi interventi va all'«Italia della forza», considerato che sono previsti 100 milioni di euro che verranno appaltati senza alcun controllo in determinate zone del Paese. Onorevole Lettieri, lei non potrà esimersi nella sua risposta dal fornire una spiegazione su una questione tecnicamente interessante: come è possibile che, sulla Salerno-Reggio Calabria, vi sia un semaforo ogni venti metri? Dovrà spiegarlo, perché questo le chiedeva il collega Garavaglia!
Dall'altra parte c'è l'«Italia del rischio» che ancora una volta si vede snobbata, perché secondo i dati la pressione fiscale aumenta. La pressione fiscale, lei lo sa bene onorevole Lettieri, non si attesta al 43 per cento, ma al 53 per cento. Il 43 per cento è il dato che emerge, tenendo conto dell'evasione; rappresenta la pressione fiscale su un PIL che non è quello realmente prodotto, ma quello che tiene conto dell'evasione. La pressione fiscale raggiunge il 53 per cento e, calcolando la tassa dei rifiuti, l'ICI, calcolando tutto, sulle piccole e medie imprese arriva al 71 per cento. Se voi pensate che si possa affrontare una sfida globale in questo modo, vi dico che non potrete fare altro che costruire un Paese che, poco per volta, allontana le imprese.
Onorevole Lettieri, la sfida non si vince, aiutando alcune categorie o alcune imprese. La sfida ormai non è tra imprese; esse non hanno più nazionalità. La FIAT, la Ferrero o la General Motors non hanno più una nazionalità: producono dove conviene produrre. La sfida dei Paesi saggi è quella di creare competitività rispetto a quella che si riscontra in altri. Un Paese non si muove per tutelare il proprio sistema industriale, ma cercando di attirare anche le aziende di altri Paesi. Alcuni interventi realizzati su grandi aziende italiane le hanno indotte ad investire in Turchia o in India. Il sistema Paese non deve portare investimenti italiani in Turchia o in India, ma al contrario attrarre gli investimenti da qualunque parte del mondo al suo interno. Ciò che è mancato e continua a mancare in questi interventi di politica economica è questa concezione del mondo.
Noi dobbiamo creare al nostro interno una competitività rispetto agli altri Paesi, cosa che non stiamo facendo. Quando ci ostiniamo a parlare di grandi opere e di alta velocità lo facciamo, avendo presente che ad asempio un Paese a noi vicino carica il pesce a Marsiglia alle sei del mattino e lo scarica e lo consegna a Londra alle 10 e mezzo della stessa mattinata. Poi vediamo quanto ci mette un treno da Reggio Calabria a Torino! Da questo punto di vista, il nostro Paese non è competitivo rispetto alla Francia. Sui trasporti e sull'alta velocità lo stesso raffronto si può fare con Germania e Spagna e sappiamo che per quindici o vent'anni non recupereremo quella competitività. Ragionando da Paese intelligente, bisogna pensare a recuperare competitività in altri settori.
Quando constatiamo che la nostra tassazione sulle piccole imprese è il doppio rispetto alla Spagna sappiamo che anche in quel settore non siamo competitivi e non abbiamo la possibilità di attrarre investimenti: allora dobbiamo agire. Nel momento in cui ci rendiamo conto che la lentezza della burocrazia italiana è quadrupla rispetto agli altri Paesi europei, sappiamo che anche in quel campo ci manca un elemento di competitività. Un Governo serio dovrebbe prendere in mano la situazione, senza attribuire le colpe di ciò che stiamo vivendo a qualcuno nei cinque, dieci o vent'anni precedenti, e proporre soluzioni.
Ciò che io vi contesto non è il fatto di proporre soluzioni che non condivido, ma il fatto di non proporre alcuna soluzione. Se la soluzione dei problemi della competitività del Paese, sottosegretario Lettieri, è regolarizzare 350 mila lavoratori socialmente utili, allora ci troviamo nella stessa situazione di un medico che, volendo curare un paziente, gli inietta qualche virus.Pag. 49
Il pubblico impiego è uno dei nostri problemi. In base ai parametri che voi stessi avete definito per il Ministero della pubblica istruzione, gli esuberi, solo in quel Ministero, ammontano a 43 mila. Inoltre, il Ministro dichiara che vi sono 40 mila esuberi nell'esercito, e con ciò arriviamo a 80 mila! Un Paese serio che vuole essere competitivo prende atto dal fatto che vi sono 80 mila esuberi soltanto in due Ministeri! E invece no, la vostra risposta è aggiungerne 350 mila!
Per fortuna - non prendiamoci in giro, sottosegretario Lettieri - si tratta di una risposta formale, con la quale, probabilmente, potrete «fregare» qualcuno di Rifondazione Comunista. Infatti, se qualcuno che capisca di conti e di bilancio va ad analizzare come avete finanziato l'assunzione di questi 350 mila precari, scopre che avete stanziato 20 milioni di euro e, dunque, comprende che, per fortuna, è una risposta che avete venduto per ottenere il voto di Rifondazione Comunista perché con 20 milioni di euro se ne assumono soltanto mille. Ma il principio che avete scritto, al di là di ciò che avverrà, è questo: i problemi di questo Paese si affrontano, aumentando a dismisura il divario che abbiamo rispetto agli altri Paesi in relazione al pubblico impiego e, quindi, incrementando in modo negativo per noi e per il nostro futuro il pubblico impiego.
Non è questo il modo con cui si affrontano i problemi del Paese, ma purtroppo questo è il modo che voi ci proponete e sappiamo che produrrà i suoi effetti non nell'anno in corso, ma per vent'anni. La nostra opposizione al decreto-legge in esame e al disegno di legge finanziaria, non è pregiudiziale e di parte, ma è motivata dalla volontà di non accettare che inoculiate nel sistema del Paese un virus che durerà vent'anni, perché non ne avete il diritto! Se decidete di farlo, fatelo almeno in modo serio! Iniziamo a spiegare al Paese che vi è una differenza tra interventi sociali e pubblico impiego.
Continuo a dire da anni, inascoltato anche dal mio Governo, che non accetto che vi siano 12 mila forestali in Calabria, ma non ho mai affermato che debbano essere licenziate 11 mila persone. Continuo a dire inascoltato da quattro anni che, se i forestali necessari sono mille, siano mille e gli altri 11 mila non si classifichino come pubblici dipendenti, ma siano, con lo stesso stipendio, «interventi sociali».
Spieghiamo almeno al resto del mondo che abbiamo un pubblico impiego compatibile con le nostre possibilità finanziarie ed interventi sociali per decine e decine di miliardi di euro. Abbiamo il coraggio di chiamare le cose per quello che sono! I 350 mila LSU o precari, che vorreste stabilizzare nella pubblica amministrazione, non devono entrare nel comparto del pubblico impiego, perché sarebbe un insulto a quelli che davvero sono impiegati nel pubblico impiego! Questi lavoratori non andranno a lavorare nel settore pubblico, saranno stabilizzati e pagati dal pubblico, che è un'altra cosa! Stabilizzandoli con la stessa qualifica che riguarda tutti gli altri lavoratori, fate un insulto a chi lavora veramente nel pubblico impiego. Chiamiamoli per quelli che sono: «interventi sociali» e, sottosegretario Lettieri, assumiamoci, però, la responsabilità di essere consapevoli che questo modo di agire prima o poi porterà ad una rottura.
Ieri, in quest'aula, ho ascoltato l'intervento più bello, il più civile e il più serio da parte di un rappresentante della Lega Nord. Sottosegretario Lettieri, lei non può pensare che il Paese accetti questi provvedimenti, se poi dai dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze si apprende che l'evasione IRAP in Lombardia è pari al 13 per cento, ossia inferiore all'evasione che si registra in Francia e in Svezia, mentre in Calabria è del 94 per cento, o in Sicilia è del 60 per cento! Di fronte a questa evasione certificata dal suo Ministero, con riferimento alle regioni che ho menzionato il rapporto tra i pubblici impiegati e la popolazione è di quattro volte superiore: uno in Lombardia e quattro in Calabria. Nonostante i dati siano questi, con il disegno di legge finanziaria il Governo, nella stessa regione, prevedePag. 50una regolarizzazione di LSU che porterà questo rapporto a 5,5. Vi è qualcosa che non funziona in questo Paese!
Non possiamo parlare di spesa pubblica fuori controllo, non possiamo aver passato sei mesi a discutere di quanti soldi sprechiamo, di quanto costiamo, dei barbieri, dei camerieri, dei ristoranti e, poi, far finta di non vedere i dati che il suo Ministero pubblica sul suo sito. Questo è un discorso che dovremmo affrontare, prima o poi, in quest'Aula.
Non possiamo pensare, infatti, che governare voglia dire cercare di comporre, utilizzando il pubblico impiego, le risorse che sono di tutti. Voi e il Ministro non avete il diritto di fare ciò, in quanto avete il diritto di governare il Paese come qualunque amministratore di società ha il diritto di governare una società, ma con una differenza. L'amministratore di una società privata deve rendere conto una volta all'anno ai propri azionisti e, in caso di perdite o nel caso in cui la società non funzioni, viene allontanato.
Pare, invece, che il Governo sia al di fuori di questa logica: ha il diritto di gestire i soldi dello Stato, ma non dovrà mai renderne conto. Vedo che lei fa segno contrario con la testa; infatti, il Governo dovrà rendere conto politicamente, ma il problema non è politico: è economico. Se il Ministro dell'economia, o il suo sottosegretario, fosse giudicato come un qualunque cittadino, un qualunque altro cittadino, a mo' di azionista del Governo, dovrebbe poter esercitare un'azione di responsabilità e chiedere conto di come siano stati spesi i soldi. Neanche un parlamentare può esercitare un'azione di responsabilità per chiedere conto di come siano spesi i soldi, né nei confronti del vostro Governo, né nei confronti del nostro.
Quindi, si ha un'assunzione di responsabilità che è politica e mai economica. Siccome è soltanto una responsabilità politica, ognuno di noi gestisce, a seconda di chi governa, le risorse dello Stato come se fossero una res nullius, un pesce, ovvero qualcosa di non nostro, di cui non si deve rendere conto.
Vi sono, inoltre, fasi di questa logica più o meno evidenti. Il disegno di legge finanziaria e il decreto-legge in esame hanno, a mio avviso, sottosegretario Lettieri, raggiunto il massimo, in quanto non vi è una ratio, un'anima e una logica. Il decreto-legge e il disegno di legge finanziaria all'esame del Senato non hanno un'anima.
Il Ministro Tremonti, con tutti i pregi e i difetti che potevate attribuirgli, aveva seguito una logica politica nell'ambito del suo lavoro. L'evanescente Ministro Padoa Schioppa non segue logiche né politiche, né finanziarie né economiche e produce, come in questo caso, effetti che sono soltanto frutto di pagamenti dati ad uno o ad un altro partito, senza una logica di paese da perseguire.
Con calma e tranquillità continuiamo a svolgere il nostro compito cercando, ogni volta che i vostri atti vengono sottoposti al nostro esame, di migliorarli secondo la nostra logica. Forse non riusciremo a migliorarli, ma vorremmo scoprire, all'interno di queste pagine, una vostra logica, che rappresenti la vostra visione del futuro del Paese e che, in qualche modo, sia perseguita con gli atti del Governo.
Sottosegretario Lettieri, nella sua replica non può non dirmi quale sia la logica seguita. Lei e Padoa Schioppa non potete evitare di riferire alla Camera quale sia la logica della manovra finanziaria. Ieri ho sentito il sottosegretario Letta in una trasmissione televisiva cercare di dare una spiegazione, affermando che la logica era quella, in qualche modo, di diminuire il cuneo fiscale sul lavoro, aumentando, quindi, gli stipendi dei lavoratori dipendenti che sono effettivamente percepiti come troppo bassi. Non partecipavo alla trasmissione, altrimenti avrei chiesto al sottosegretario Letta come mai, a fronte dei 12 o 13 miliardi di euro di aumento delle entrate di quest'anno, non si è destinato neanche un milione di euro per un intervento sul cuneo fiscale. Gli avrei chiesto, inoltre, come mai il Governo stesso si è contraddetto, dalla finanziaria di quest'anno alla decisione del decreto-legge in esame e di quello di luglio, non destinandoPag. 51interamente queste cifre, ad esempio, alla diminuzione delle tasse sui redditi più bassi.
Non capisco perché, dopo aver sentito parlare per mesi del problema dei lavoratori a tempo determinato, il vostro Governo non abbia utilizzato queste risorse, ad esempio, per un intervento fiscale su tali lavoratori. Credo ad esempio che uno dei meccanismi che lo Stato dovrebbe adottare per essere più equo nel rapporto fra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato sia quello di una minore pressione fiscale nei confronti di questi ultimi: avevate 12 o 13 miliardi di euro da poter destinare a questo scopo.
La vostra colpa più grave non è dunque quella di non averci concesso di intervenire, non è quella di aver tappato la bocca alla democrazia in Commissione, così come farete in Aula: è quella di non aver impresso un progetto e un cuore nella legge finanziaria. Non parlo dunque di una colpa nei confronti dell'opposizione, di Forza Italia o degli altri parlamentari, ma di una colpa nei confronti del Paese.
Lo dico sapendo benissimo che questo discorso lo stiamo ascoltando in cinque, e che nessuno di voi ne sarà toccato. Continuo però ostinatamente a pensare che in quest'Aula ognuno di noi dovrebbe, deve dire quel che pensa; continuo ad attribuire a quest'Aula un'importanza rilevante, credendo che ciascuno di noi abbia un ruolo singolarmente e che non esista logica di branco che possa farci dimenticare quello che siamo e quel che vorremmo essere: voi, invece, ve ne siete dimenticati.
Penso che non si possa barattare quel che si è, si è stati, o si vuole essere in cambio di una difesa incondizionata di qualcosa che non si capisce. Qui siamo alla Camera, sottosegretario Lettieri: la differenza non è di un voto, non vi sono senatori a vita novantenni, possiamo andare in bagno anche durante una votazione, a differenza di quel che avviene in Senato. Qui, dunque, possiamo vedere democraticamente, in presenza di una maggioranza forte, che cosa pensa realmente di questa manovra il Parlamento, lasciato alla sua libertà. Avremmo potuto farlo anche su questo decreto-legge e non lo faremo: facciamolo dunque almeno sul disegno di legge finanziaria. Non potete infatti arrogarvi il diritto di non lasciar esercitare in quest'Aula la democrazia: non la «nostra», anche la «vostra» e non potete farlo perché state impedendo questo diritto basandovi sul nulla: su una spesa pura, senz'anima, senza prospettive.
Per queste ragioni, nel corso dell'esame di questo provvedimento in Commissione abbiamo tenuto un atteggiamento di critica forte ma comunque di collaborazione, affinché esso potesse giungere all'esame dell'Assemblea nei tempi che si erano concordati in sede di Conferenza dei capigruppo. Per questo, stiamo proponendo le nostre opinioni in Aula civilmente anche se con durezza. Per questo però - come sanno il relatore Di Gioia e il presidente della Commissione - abbiamo chiesto, fin dall'inizio della discussione di questo provvedimento, che invece in sede di esame del disegno di legge finanziaria voi garantiste alla Camera - non all'opposizione - la possibilità di svolgere una discussione seria. Troppi, infatti, sono i temi che non abbiamo affrontato in questa sede in quanto la maggioranza non voleva o non poteva affrontarli e si tratta di temi che interessano non l'opposizione, ma il Paese. Potrei fare mille esempi: i rigassificatori e quel che essi rappresentano nella situazione economica odierna e dei prossimi anni; i contratti derivati e quello che stanno significando e significheranno per le casse dei nostri enti locali e in futuro anche per i cittadini.
Nel corso della sua replica, sottosegretario Lettieri, si faccia dunque autorizzare dal suo Presidente del Consiglio e dal suo Ministro dell'economia a poter dire a quest'Aula - non solo all'opposizione ma anche alla maggioranza - che il percorso del disegno di legge finanziaria sarà diverso: che sarà un percorso reale e rispettoso della Camera e della democrazia. Questo è quel che noi ci aspettiamo, nello stesso momento in cui calpestate (e calpesterete) la nostra libertà di intervento su di un atto importante qual è questo decreto.Pag. 52Sappiamo così che in quella sede - se così sarà - potremo contribuire a migliorare misure che voi stessi non condividete. Questo è il ruolo che ci hanno affidato i cittadini, questo è quanto vorremmo fare: nulla di più.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Allasia, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, colleghi, con il mio intervento non utilizzerò tutto il tempo a mia disposizione, anche perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno svolto egregiamente una serie di valutazioni politiche assolutamente condivisibili. Non desidero assolutamente ripetermi, perché sono già intervenuto in Commissione e interverrò di nuovo lunedì quando inizieremo l'esame delle proposte emendative, ove il Governo non decida di porre la questione di fiducia. In particolare, oggi tengo a svolgere un intervento tecnico per dimostrare, documentare e spiegare ai colleghi, anche a quelli assenti, che mi auguro leggeranno il resoconto del mio intervento, le contraddizioni, gli errori e lo spirito di questo provvedimento.
Signor Presidente, credo che in politica gli elementi più importanti siano la coerenza dei vari passaggi degli atti parlamentari, il rispetto delle regole, che non appartengono alla sinistra o al centrodestra, ma sono patrimonio di tutti, e della forma, che in politica è sostanza. Per poter analizzare il provvedimento sotto questi due punti di vista vanno fatte due precisazioni. La prima si riferisce a un incontro con il Ministro Padoa Schioppa, avvenuto qui alla Camera il 25 settembre 2007. In quell'occasione il Ministro spiegò in Commissione quali sarebbero stati gli strumenti per la manovra di bilancio. Nel presentarci il suo lavoro, egli disse che vi sarebbero stati un disegno di legge di bilancio, diviso per missioni e programmi, secondo la nuova riclassificazione del bilancio, un disegno di legge finanziaria, con un massimo di cento articoli, e un decreto-legge, che è quello di cui oggi stiamo discutendo. Specificò che questo decreto-legge sarebbe stato fondamentalmente ed esclusivamente mirato a distribuire le maggiori entrate e precisò per iscritto che lo stesso avrebbe avuto effetti soltanto per il 2007.
Questo è il primo punto di un percorso e di una regola. Per quanto riguarda il secondo punto, credo vi sia il bisogno di ricordare all'Aula cos'è un decreto-legge.
Il decreto-legge è un atto con forza di legge, che può essere adottato dal Consiglio dei ministri - e fin qui ci siamo - in casi straordinari di necessità e urgenza. La necessità e l'urgenza possono riferirsi tanto al provvedere, ossia alle disposizioni in esso contenute, quanto al provvedimento nel suo complesso.
La legge n. 400 del 1988, che ne determina i limiti, prescrive che i decreti-legge debbano contenere misure di immediata applicazione e non esclude che il provvedimento sia di per sé capace di risolvere il caso di necessità e urgenza per cui lo stesso venga adottato. La straordinarietà dello strumento normativo si riconduce certamente alla deroga di un principio di rappresentatività, in quanto, sia pure per soli sessanta giorni (mi sembra che il decreto-legge scada il 1o dicembre 2007), espropria il Parlamento dell'esercizio della funzione legislativa (al di là dell'espropriazione ulteriore di cui ha parlato egregiamente l'onorevole Crosetto).
Dunque, vi sono due punti di partenza: l'impegno del Ministro Padoa Schioppa assunto il 25 settembre scorso verso il Parlamento e i limiti che vengono posti alla decretazione d'urgenza. Con riferimento a quest'ultimo punto, si tratta di una regola che non vale certamente solo per una parte politica, ma per tutti.
Analizziamo adesso alcuni aspetti. Appare del tutto evidente che alcune norme, i cui effetti finali sono destinati a prodursi in un momento differito rispetto alla loro entrata in vigore, anche in relazione al richiamato collegamento del decreto-legge con la legge finanziaria, non possono conciliarsi con la decretazione d'urgenza.Pag. 53
Dove sta l'immediata applicabilità? Davvero me lo chiedo, lo chiedo al Sottosegretario e lo chiederei ad ogni singolo deputato, se fossero presenti. Dov'è l'estrema urgenza? Dov'è l'esigenza di immediata applicabilità, in ognuno dei punti del decreto-legge in esame?
Solo a titolo esemplificativo (perché bisognerebbe muovere una critica su ogni singolo punto, dal primo all'ultimo articolo del decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione), cito i più eclatanti; l'articolo 5-bis (recante la rubrica: Disposizioni concernenti il funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco) sposta l'entrata in vigore della previsione di cui al comma 297 della legge finanziaria dell'anno scorso dal primo gennaio del 2006 al primo gennaio del 2008. Ebbene, Il decreto ne prevede l'immediata applicabilità: dov'è l'urgenza di differire la data al 2008? Ciò è da Paese normale? O sarebbe stato più importante e più corretto, anche nei confronti degli utenti finali, che sono - ahimè! - i cittadini, prevedere questa proroga nel contesto di un'altra disposizione?
L'articolo 16 (recante la rubrica: Disposizioni in materia di sistema digitale terrestre) - tralascio di soffermarmi sul fatto che tali norme del decreto-legge, si sovrappongono con quelle recate da provvedimenti già esaminati, attualmente all'esame del Senato: ve n'è uno tuttora pendente in Commissione - individua scadenze addirittura a due mesi, dodici mesi e diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il decreto-legge deve essere immediatamente esecutivo per poter definirsi tale, ma con l'articolo 16 spostiamo di due, dodici e diciotto mesi dalla sua entrata in vigore la vigenza delle disposizioni in esso contenute.
Signori miei, o viviamo in un Paese quanto meno strano o qualcuno deve spiegare quale sia la necessità di intervenire con un decreto-legge per stabilire una proroga di due, dodici e diciotto mesi!
L'articolo 21-bis è ancora peggio: intervenendo in materia di rifinanziamento dei programmi innovativi, i famosi «contratti di quartiere II», rimanda l'applicazione della norma a un decreto del Ministero delle infrastrutture che verrà adottato; non fissa neppure la data entro la quale il Ministero delle infrastrutture deve adottare tale normativa di attuazione, ma ne reca la previsione con decretazione d'urgenza, e nell'articolo citato non si prevede nemmeno, per esempio, che il Ministero delle infrastrutture debba attivarsi entro tre mesi; si prevede semplicemente che in futuro si attiverà, ma lo si stabilisce attraverso la decretazione d'urgenza, con l'immediata applicabilità.
L'articolo 26 (recante la rubrica: Disposizioni in materia di ambiente) - ma non mi soffermerò, sul ruolo centrale, sia nella legge finanziaria sia nel presente decreto-legge, del Ministero dell'ambiente, evidentemente parte predominante, o quanto meno maggiormente condizionante, dell'attuale Governo - attraverso i commi 1, 1-bis e 2 attribuisce a successivi decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, l'adozione di specifiche misure nel settore. Tutto ciò attraverso una decretazione d'urgenza, con immediata efficacia di legge, che rimanda a un tempo indeterminato l'adozione delle norme attuative.
Lo dico per inciso e con la deferenza profonda che nutro per il Presidente della Repubblica, che è persona che ha un grande rispetto del nostro Paese: non so come potrà firmare la legge di conversione del decreto legge in esame!
All'articolo 31, comma 3-quater, continuiamo ad elargire contributi ad enti e ad associazioni: vorrei sapere quale sia l'urgenza di elargire un contributo di uno o due milioni di euro a un'associazione, attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, che viene preferito ad altri, certamente più corretti rispetto ad esso.
Sono contento, quindi, che non abbiamo partecipato alla stesura di questo provvedimento, e ciò risulterà a nostra difesa.
Noi possiamo condividere o meno quanto affermato dal Ministro Padoa Schioppa, ovvero che le maggiori entrate avrebbero avuto effetto solo sull'esercizioPag. 54finanziario 2007. Non saremmo stati d'accordo comunque con il Ministro qualora si fosse limitato a prendere e distribuire i 5 miliardi e 978 milioni di euro del 2007, dato che avremmo certamente preferito che questo importo venisse tutto interamente destinato alla riduzione del debito pubblico; tale operazione finanziaria, peraltro, sarebbe stata estremamente corretta in quanto prevista dalla legge finanziaria dello scorso anno che stabiliva che le maggiori entrate sarebbero dovute essere destinate alla riduzione del debito pubblico.
Il Ministro in questione nelle sue intenzioni iniziali voleva distribuire questi 5 miliardi e 978 milioni di euro, provenienti da maggiori entrate, a favore di esigenze come, ad esempio, la copertura dei debiti del sindaco Veltroni per la realizzazione della metropolitana di Roma o di quelli del sindaco di Bassolino per la metropolitana di Napoli. Ciò poteva essere condivisibile o meno, ma era comunque corretto. Nella realtà è avvenuta un'altra cosa. La cosa pazzesca è che il Ministro si è fatto il giro dei vari Dicasteri per distribuire 5 miliardi 978 milioni, ma ad esso gliene venivano richiesti 8 miliardi 378 milioni. Addirittura, nonostante il Ministro avesse affermato che tali entrate avrebbero avuto effetto solo per il 2007, vi erano delle norme a regime che necessitavano di copertura per gli anni 2008 e il 2009. Cosa si può fare se i Ministri richiedono circa 8 miliardi e 400 milioni e ve ne sono a disposizione solamente 5 miliardi 978 milioni ? Facile, 1,3 miliardi di euro si prelevano dal concorso dell'Italia al finanziamento dell'Unione europea, si prendono da lì e si coprono le esigenze dei Ministri. E poi vi è il «bancomat», che abbiamo già utilizzato, ovvero il Fondo per le aree sottoutilizzate, possiamo prendere le risorse anche da lì: 1 miliardo e 100 milioni per il 2007, 5,4 milioni per il 2008 e 11,3 milioni per il 2009. Possiamo attingere queste somme dal Fondo per le aree sottoutilizzate anche se tali risorse hanno un indirizzo e uno scopo ben preciso, in un secondo momento si vedrà se si potranno restituire.
Ricordo, onorevoli colleghi, che lo scorso anno durante la sessione bilancio il sottosegretario Letta e il Ministro Bersani affermarono che le coperture finanziarie della legge finanziaria ricavate dal Fondo per le aree sottoutilizzate sarebbero state transitorie e sarebbero state rimesse a posto: è passato un anno, ed ancora aspettiamo che ciò avvenga.
Questo è lo scenario con il quale affrontiamo l'esame del disegno di legge di conversione questo decreto-legge.
Un altro aspetto che ritengo assolutamente fondamentale è il corretto passaggio del provvedimento sia in Commissione sia in Assemblea; ciò è necessario, anche per migliorare il testo dello stesso. Il testo infatti non deve essere migliorato solo esclusivamente nei contenuti, ma anche nella forma. Nell'iter legislativo, nei cosiddetti lavori preparatori all'Assemblea, vengono espressi dei pareri da parte delle Commissioni, per quanto riguarda la materia di attinenza della Commissione di merito, e il parere del Comitato per la legislazione, che in questo periodo ho l'onore di presiedere. Ritengo però che né il Governo né il relatore abbiano letto questi pareri che prevedevano una serie di suggerimenti e di correzioni.
Mi preme segnalare questo aspetto con correttezza alla Presidenza, perché il parere del Comitato per la legislazione ha prodotto una serie di emendamenti, contenuti nel fascicolo, non mirati a una modifica o a una scelta politica, bensì diretti a correggere errori madornali presenti all'interno del disegno di legge di conversione in esame. Pertanto, invito il Presidente della Camera, nel momento in cui lunedì dichiarerà le inammissibilità, a prendere in esame tali emendamenti in quanto mirati a migliorare, almeno dal punto di vista estetico, il provvedimento.
Faccio alcuni esempi. In primo luogo, il mio emendamento 3-bis.1 mira ad inserire una modifica nella disposizione prevista dall'articolo 3-bis del decreto, nel testo legislativo, che regola la materia, non modificando direttamente una norma che è stata addirittura abrogata. In altri termini, l'emendamento migliora, pulisce e sistemaPag. 55sul piano formale il disegno di legge. È questo lo scopo per cui è previsto il passaggio e il forte dibattito in Commissione bilancio, e il dibattito in Assemblea: sono passaggi che servono ad intervenire anche sulla forma. Si consideri inoltre l'altro mio emendamento 5.8, che tende a sostituire il termine «sforamento» - usato in modo veramente promiscuo, ora nel senso di eccedenza di spesa, ora nel senso di superamento del limite di spesa, ovverosia due concetti diversi - con un'espressione appropriata ai diversi contesti. In altre parole, se dovete scrivere delle disposizioni, almeno scrivetele bene! Vi sono altri emendamenti che - credetemi - vorrei leggere per intero, alcuni dei quali sono assolutamente palesi. Ho riscontrato una disposizione dove si trova l'espressione «a decorrere dal 2007». Che significa tale espressione? Che avreste dovuto prevedere la copertura finanziaria per il 2007, 2008 e il 2009. Allora sostituite l'espressione «a decorrere dal 2007» con l'espressione «per il 2007», almeno sarete coerenti. Infatti, se l'espressione usata fosse «per il 2007» andrebbe bene la copertura di tale anno, se invece l'espressione fosse «a decorrere dal 2007» dovreste provvedere alla copertura anche per gli anni successivi.
Ho, altresì, presentato emendamenti che riguardano le rubriche degli articoli. Infatti, mi chiedo come potete pensare di mantenere la formulazione della rubrica dell'articolo 27 «Modifiche all'articolo 1, comma 1156, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - LSU Calabria», considerato che dei contributi li avete dati pure alla Campania.
La rubrica dell'articolo 4 recita «Commissari ad acta per le regioni inadempienti» Che significa? Inadempienti in che senso? Occorrerebbe sostituire tale formulazione con «Commissario ad acta per le regioni inadempienti rispetto al piano di rientro dal deficit sanitario». È più logico scriverlo in tale maniera, risultando anche più comprensibile per il cittadino che deve applicare la norma.
Nella rubrica dell'articolo 33 avete usato l'espressione «trasfusioni infette», mentre sarebbe stata più opportuna l'espressione «trattamenti sanitari», che è anche esteticamente più corretta rispetto alla formulazione originaria.
Vi è tutta una serie di emendamenti che mirano a far sì che la Camera possa licenziare un testo accettabile, anche corretto in ordine ad una serie di fatti formali che, a mio avviso, in politica rappresentano anche fatti sostanziali. La forma non è solo forma. La forma è dimostrare che il Parlamento sa legiferare e lo sa fare correttamente. L'elenco di tali proposte emendative è lungo, sottosegretario, e intendo lasciarglielo perché ritengo che rappresenti una serie di emendamenti e suggerimenti che può solo migliorare esteticamente il provvedimento in esame.
In conclusione, poiché vi è poco da dire rispetto a quanto è stato già affermato ieri, ciò che rimane è il rammarico, non la rabbia, di non riuscire ad incidere, di non riuscire a partecipare al miglioramento di un testo legislativo. Il rammarico riguarda il fatto che il Parlamento dovrebbe essere la prima istituzione a rispettare le regole.
Infatti, il messaggio che noi diamo al Paese nel momento in cui utilizziamo la decretazione d'urgenza fuori dai limiti che la legge impone per emanare decreti di urgenza, è il seguente: se noi non rispettiamo la legge, potete non rispettarla anche voi. È il Parlamento che deve per primo applicare la corretta maniera di legiferare! I parametri e le regole che appartengono a tutti non vanno tradite, perché non è tanto grave tradirle quanto è grave il messaggio che il tradimento di questi principi trasmette fuori.
L'antipolitica non nasce per caso, ma nasce fondamentalmente per una carenza di risultati, per un'incapacità di fare leggere le norme in maniera chiara al cittadino. Noi siamo i responsabili: è inutile che ci lamentiamo di Grillo, di Santoro. Se esistono i Grillo, i Santoro, se esiste l'antipolitica, i primi responsabili siamo noi che non agiamo nella maniera in cui dovremmo agire. Caro onorevole Di Gioia, ho apprezzato il suo sforzo. Lo ha detto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ieri lo hanno detto l'onorevole Garavaglia, l'onorevolePag. 56Peretti e l'onorevole Zorzato, che sono i capigruppo in Commissione Bilancio, ma lo voglio aggiungere anche io: se voi lo riterrete opportuno, tutti i partiti della Casa delle libertà saranno disponibili a ridurre al minimo il numero degli emendamenti, se voi ci garantirete un dibattito sereno e costruttivo che restituisca al Parlamento la possibilità di incidere positivamente su questo provvedimento. Mi aspetto da voi uno spirito costruttivo. Non potrete mai dire che da questa parte vi è stato ostruzionismo o che vi è stata una mancanza di volontà a voler migliorare il testo. Da questa parte vi è stata la più ampia collaborazione a svolgere il nostro lavoro in maniera seria e corretta. Adesso la palla è nelle vostre mani. Se voi porrete la questione di fiducia, vuol dire che non vi fiderete della vostra maggioranza perché questa opposizione che vuole ben costruire e ben legiferare, vi ha dato la dimostrazione di voler lavorare seriamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bricolo, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Gardini. Ne ha facoltà.

ELISABETTA GARDINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghe, siamo in questa sede a continuare a riflettere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale. Anche se c'è da chiedersi se il titolo corrisponda a quello che noi troviamo all'interno di questo provvedimento. Infatti, le scelte operate dal Governo e dalla maggioranza con esso ci preoccupano. Potrebbe sembrare un verbo non forte quando dico «ci preoccupano». Invece è un verbo a cui ho pensato e che ho scelto con cura, perché volevo usare una parola che esprimesse insieme alla preoccupazione anche il senso di grande responsabilità che noi come opposizione stiamo dimostrando in questi giorni di lavoro così faticosi e non certo per scelta nostra.
Il decreto-legge in esame è la dimostrazione che il Governo Prodi non può e non sa pensare a medio e lungo termine ma continua a navigare a vista. Non c'è nemmeno l'ombra, infatti, di quella indispensabile, auspicata, doverosa riduzione delle spese e non c'è nessun impegno nel risanamento dei conti pubblici. Non c'è nessuna risposta significativa ai problemi reali e urgenti del Paese e delle famiglie. Anzi, a questo proposito, devo dire che la famiglia è la grande assente: lo ricordava questa mattina l'onorevole Capitanio Santolini. È stata una delusione, in particolare per noi parlamentari donne, vedere come Rosy Bindi, una donna, Ministro per le politiche della famiglia, non sia riuscita a portare a casa una sola cosa per la famiglia.
Ritengo che le sue lamentele appaiano addirittura grottesche, perché lei è il Ministro. Potrebbe dare un segnale forte con le dimissioni, oppure dovrebbe combattere fino a portare a casa qualche risultato. Quando il Ministro Bindi afferma che sta studiando da un anno, per le famiglie numerose, la questione delle tariffe, ebbene, signori, veramente il termine grottesco non basta a descrivere questa situazione! Ricordo che, prima dell'estate, proprio il Ministro Bindi condusse da Prodi l'associazione delle famiglie numerose; tennero anche una conferenza stampa dopo l'incontro e sembrava che si trattasse soltanto di quantificare il «quanto», ma non il «quando»; sembrava che «qualche cosa», almeno nella legge finanziaria, vi sarebbe stata, mentre vedendo ciò che è stato previsto nella manovra, sembra che questo «qualche cosa» sia equivalente allo zero assoluto.
Le vostre scelte sono volte ad allargare il consenso politico, questa è la verità: non potete pensare al bene del Paese. Per tale motivo preferite mantenere e incrementare perfino una pressione fiscale che è già a livelli record. Non so se state vivendo blindati - come in una navicella spaziale o quant'altro - ma guardate che l'opinione pubblica è sbigottita e arrabbiata! Non c'è bisogno di guardare i sondaggi, basta passeggiarePag. 57per una strada e frequentare i luoghi della vita comune della collettività, come un supermercato, un autobus o l'uscita di una scuola.
Ma non vi è solo l'opinione pubblica. I segnali di preoccupazione sono arrivati da molte parti: il Fondo monetario internazionale ha criticato il Governo per le misure adottate per il risanamento del debito e ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Paese. Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha affermato che la manovra finanziaria per il 2008 non sfrutta il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito e non restituisce ai contribuenti una quota significativa degli aumenti di gettito. Il Commissario europeo, Almunia, ha sospeso il giudizio sulla legge finanziaria, ma non gli piace e non lo nasconde. La Banca d'Italia, infine, rileva la necessità di diminuire la pressione fiscale.
Sappiamo tutti che dal 1o gennaio (data del varo della legge finanziaria) al 30 settembre, ogni contribuente italiano - e sono più di 40 milioni - ha pagato 271 euro in più. Il gettito fiscale, dunque, senza calcolare quello derivante dalle imprese, è cresciuto di 11 miliardi di euro: 8 miliardi e mezzo versati nelle casse dell'erario e 2 miliardi e mezzo alle esattorie locali. Ciò è avvenuto perché le tasse locali sono aumentate, in media, del 9,4 per cento e questi sono dati tratti dal bollettino delle entrate fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze. In tutto, quindi, il cosiddetto extragettito, nei primi nove mesi dell'anno, è stato superiore a 15 miliardi di euro.
Il Governo non si è mosso nella direzione indicata dall'Europa: non ha usato ogni euro proveniente dal maggior gettito per la riduzione del deficit, come prevede il Patto di stabilità. No! Il Governo è andato nella direzione opposta: ha tassato maggiormente i cittadini, per poter aumentare la spesa; un «tassa e spendi» contrario non solo alle direttive europee, ma ad ogni principio economico!
Ve lo hanno già ricordato, tuttavia mi sembra un esempio calzante e lo vorrei ripetere: secondo voi, un padre di famiglia fortemente indebitato (e Dio solo sa quanti ce ne sono, in questo periodo, con questi chiari di luna), il quale ricevesse una gratifica, un'entrata extra o una tantum, la utilizzerebbe per ridurre le rate del mutuo, o per comprare qualcosa di superfluo, come un regalo ai figli o alla moglie? Se volesse seguire l'esempio del Governo, comprerebbe il superfluo. Il Governo, infatti, ha speso interamente il gettito aggiuntivo, attraverso i due decreti-legge sui «tesoretti» (quello di luglio e quello che, oggi, è all'esame dell'Assemblea).
Prodi ci sta fornendo un classico esempio di tax push: quando le entrate tributarie aumentano, si finisce sempre per trovare il modo di spendere queste entrate aggiuntive.
Si tratta della semplicissima ragione per la quale un aggiustamento nei conti pubblici incentrato sull'incremento delle entrate non potrà mai essere duraturo. Per sanare i conti pubblici bisogna ridurre la spesa pubblica, non farla viaggiare come un treno in corsa, un treno - badate - ad alta velocità: forse è questa la vostra vera TAV! Avete sprecato la grande occasione della ripresa economica in atto dalla fine del 2005, e i dati di Bruxelles certificano il fallimento della vostra politica economica.
Nel 2008 la crescita dell'Italia sarà la più bassa della zona euro. Stando alle parole del commissario Almunia, che non vede nella legge finanziaria misure convincenti finalizzate a contenere la crescita della spesa, è prevedibile che il prossimo anno non ci sarà nessun miglioramento nel rapporto deficit-PIL: l'avanzo primario rimarrà sostanzialmente invariato e la spesa in interessi aumenterà di un altro 0,1 per cento. Quindi tutto il Paese paga il prezzo del non Governo, il prezzo delle controriforme di Prodi e della sua maggioranza. È normale chiedervi: non vi sembra che le tanto sbandierate lenzuolate di Bersani si infrangano su questi risultati? Dove sono gli effetti di queste straordinarie liberalizzazioni?
In questi ultimi cinque anni abbiamo visto i nostri partner europei implementare riforme strutturali, abbassare le tasse,Pag. 58aumentare la competitività e liberalizzare l'economia. Cosa ha fatto il Governo Prodi? Dobbiamo ricordare che, prima di lui, il Governo Berlusconi aveva inaugurato la grande stagione delle riforme, dalla legge Biagi alle pensioni, alla riduzione della pressione fiscale, alle infrastrutture, nonostante ci trovassimo in un periodo di stagnazione europea. È proprio per questo che Prodi, una volta iniziata la ripresa, ha potuto trovarsi tra le mani i «tesoretti»: altro che Visco! Allora che fa Prodi? Sperpera i «tesoretti» in mille rivoli che non hanno nessun effetto serio, né sulla crescita, né sulle categorie sociali che dovrebbero beneficiarne.
Aveva detto « lasciateci lavorare», un po' tra l'infastidito e il minaccioso, l'ultima volta che Bruxelles aveva sollevato dubbi sulla sua politica economica, ma lo spettacolo che Prodi offre al Paese non è quello di un Governo che lavora, ma quello di un Governo in agonia. Poco importa, a questo punto, se l'agonia dura un'ora, un giorno, una settimana o un mese. Basta leggere i titoli dei giornali (di tutti i giornali, badate bene, non di quelli di parte) delle ultime settimane per non avere dubbi. Basta aver seguito sulla stampa le vicissitudini del famosissimo emendamento Rossi, di cui abbiamo parlato tanto, anche qui in Aula, per capire come funzionano le cose all'interno della maggioranza: il bonus incapienti è stato raddoppiato da 150 a 300 euro; sui giornali un giorno vive, il giorno dopo non c'è più, poi abbiamo notizie su come si pensa di scavalcare l'ostacolo (una volta rivedendo la platea dei beneficiari, un'altra volta spalmando il bonus di 300 euro in due tranche per accollare una parte della copertura sul 2008), poi i dubbi spariscono e si giunge alla conclusione che è meglio ripristinare il dispositivo originario. Comunque Rossi avverte: tanto al Senato devono ripassare, li aspetto. Mi sembra, pertanto, inutile che Prodi e Padoa Schioppa parlino di semplice correzione alla Camera: in ogni caso - su questo Rossi ha ragione - si dovrà tornare al Senato. D'altra parte ricordiamo che fu proprio Prodi a favoleggiare di chissà quali tesori nascosti nei conti dormienti, e il dissidente Rossi non ha fatto altro che dargli retta.
Ebbene, il percorso al Senato di questo decreto-legge non è stato proprio lineare, tanto che, per citare un esempio, il Riformista il 26 ottobre titolava: «Prodi non sa più dove mettere la pezza. L'ennesima giornata nera tra Senato e Palazzo Chigi, il centrosinistra arranca tra agguati, zuffe e proiettili». Mi sembra che oggi al Senato sia andata in scena l'ennesima puntata di questa telenovela senza fine.
Ora però siamo alla Camera, alle prese con questo provvedimento che non rispetta i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dalla Carta costituzionale per l'emanazione dei decreti-legge. È già stato ricordato, infatti, che la maggior parte delle norme potevano e quindi dovevano essere inserite in uno o più disegni di legge ordinari. Evidentemente i criteri d'urgenza sono altri, l'unica urgenza sembra - proprio leggendo l'articolato di questo decreto-legge - quella di assicurarsi il favore delle varie forze politiche, che al Senato diventa anche il favore dei singoli senatori. Il lavoro al Senato, infatti, ha peggiorato e aggravato la situazione, con l'inserimento di norme che altro non faranno che disperdere preziose risorse finanziarie.
Alcune di queste norme sono prive di coperture adeguate: abbiamo ascoltato i colleghi della Commissione Bilancio in Aula, ma già nei resoconti dei loro lavori in Commissione si vede come abbiano ricordato e sottolineato con forza e senso di responsabilità che il Governo non ha dato risposte alle criticità del decreto-legge. In Commissione, infatti, i colleghi hanno sottolineato che le risposte pervenute dal Governo hanno eluso le questioni più importanti, in quanto si riferiscono esclusivamente alle norme già contenute nel testo iniziale del decreto-legge, mentre le risposte alle richieste di chiarimento formulate nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera non sono mai pervenute. Sono pervenute soltanto,Pag. 59quindi, risposte di carattere formale, che non chiariscono i problemi, e dunque assolutamente insoddisfacenti.
Non c'è, soprattutto, alcun riferimento alle questioni più rilevanti, come l'agevolazione per gli incapienti, le disponibilità effettivamente sussistenti sui conti dormienti e la copertura dell'intervento relativo ai residenti del comune di Campione d'Italia. Non erano problemi di carattere politico, ma di carattere tecnico, e l'assenza di una presa di posizione da parte del Governo su tali temi ha complicato il lavoro dei gruppi politici, in particolare di quelli dell'opposizione.
In Commissione, alla fine, questo decreto-legge non è stato votato. Ora siamo molto preoccupati, perché, stando alle voci, sembra che verrà posta la fiducia all'inizio della prossima settimana. Avremo, quindi, una situazione che davvero umilia il ruolo della Camera e che espropria il Parlamento delle sue prerogative: questo decreto-legge verrebbe approvato senza il voto della Commissione e senza il voto in Assemblea. Mi associo all'appello fatto poco fa dal collega Giudice, perché credo, colleghi della maggioranza, signori del Governo, che non dovremmo permettere che si apra un vulnus così pesante nella nostra vita democratica.
Nonostante questo, abbiamo continuato a lavorare nelle Commissioni con impegno, in modo propositivo e costruttivo. Faccio parte della XII Commissione (Affari sociali), e credo che tale Commissione, che si occupa di sanità, di salute e di problemi sociali, sia un po' il cuore della politica. È vero che la cornice la dà l'economia, ma il cuore della politica credo stia nella nostra Commissione: ebbene, anche lì siamo rimasti delusi.
Venendo al merito, mi soffermerò brevemente sull'articolo 4, sul quale è già intervenuto il collega Di Virgilio. La norma relativa alla nomina di un commissario ad acta nelle regioni nei cui confronti si prefiguri il mancato rispetto degli adempimenti relativi ai piani di rientro dai deficit sanitari ci lascia perplessi. Tale misura non si comprende bene, anche perché, quand'anche fosse questa l'interpretazione, essa si concentrerebbe esclusivamente sui profili contabili, senza considerare le regioni che sono inadempienti nell'erogazione di servizi sanitari di carattere essenziale.
Anche l'anno scorso dibattevamo sulle regioni non virtuose: il Servizio sanitario nazionale aveva bisogno di 100 miliardi di euro e il Governo disse che ce n'erano solo 97, salvo, poi, trovare nelle pieghe della finanziaria quei tre miliardi che venivano riservati in esclusiva proprio alle regioni non virtuose. Allora dicemmo che non era possibile dare soltanto i tre miliardi per coprire i buchi senza andare a vedere le ragioni per cui questi buchi si erano verificati, anche perché - lo si continua a ripetere - molto spesso le regioni non virtuose sono quelle che approntano anche i servizi meno efficienti per i loro cittadini.
Quest'anno sento parlare di cifre ancora più grandi: 9 miliardi di euro, da dare sempre alle famose regioni non virtuose. C'è da aggiungere anche che il mancato rispetto dei citati piani di rientro comporta come unica sanzione un inasprimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese, e questo torna a confermare la tendenza di questo Governo all'aumento del prelievo fiscale. È vero che non dubitiamo dell'amore e della passione per le tasse di questo Governo; non lo dubitavamo nemmeno prima che il Ministro Padoa Schioppa facesse quell'outing che ha fatto tanto parlare, affermando che le tasse sono bellissime: avrete visto anche voi, in un programma di satira, come egli veniva poi associato a quel personaggio di un famoso cartoon, il serpente Bis, tratto da Robin Hood, che esultava, anche lui innamoratissimo delle tasse.
Sempre per restare nella sanità, abbiamo il problema relativo all'accreditamento delle strutture sanitarie private che spesso, secondo voi, sono fonte di indebitamento del sistema sanitario; al contrario, i meccanismi di accreditamento possono generare risparmi, come dimostra benissimo, ad esempio, il caso della regione Lombardia.
E poi il fatidico, famigerato 5 per mille dell'IRPEF. Anche in questo caso abbiamoPag. 60ogni anno una storia faticosa: il 5 per mille che non c'è, che poi viene reintrodotto, si mette un tetto, sembra veramente che ci sia una sorta di allergia a riconoscere al contribuente la capacità e la facoltà di destinare una seppur piccolissima parte delle proprie tasse a qualcosa per cui il cittadino ritiene buono e giusto versarle, e che, soprattutto, può vedere, verificare e controllare. Tale istituto, che è nato per finanziare il volontariato e la ricerca, ora viene esteso alle associazioni di carattere sportivo, con il rischio dunque di penalizzare proprio la ricerca. Eppure ricordiamo che il 5 per mille era piaciuto agli italiani: 16 milioni di loro vi avevano aderito.
Un altro argomento di cui si parla molto è quello dei giovani. In televisione il Ministro Melandri sembra sempre molto appassionata alla situazione dei giovani: mi fa piacere; sarei lieta di potermi confrontare più spesso con lei in Commissione, dove non mi è mai capitato di incontrarla, non credo per colpa mia, visto che sono quasi sempre presente.
L'articolo 28 del provvedimento in esame, ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, reca norme sull'Agenzia nazionale per i giovani; in pratica, si attua una decisione della Commissione europea del 30 aprile 2007. Il programma europeo «Gioventù in azione» persegue quattro obiettivi generali importanti: la promozione della cittadinanza attiva dei giovani; lo sviluppo di solidarietà, tolleranza e comprensione; la creazione di sistemi di sostegno; lo sviluppo della cooperazione europea nel settore della gioventù. Tuttavia, le risorse stanziate sono poche: esse vengono praticamente assorbite dalle strutture che devono gestire i progetti, e quasi nulla rimane per i progetti stessi.
Non ritorno sull'emendamento Rossi: ne abbiamo già trattato abbastanza, anche in Commissione. Si tratta di un emendamento che porta l'elargizione agli incapienti da 41 centesimi a 82 centesimi al giorno. Tale importo è stato stimato corrispondente a mezzo chilo o a un chilo di pane. Tra l'altro abbiamo visto che il pane, che è un bene primario, è soggetto oggi ad aumenti che appaiono incontrollati, e l'Authority sta verificando se non ci sia qualcosa di non chiarissimo in questo aumento così sconsiderato; abbiamo visto nei telegiornali un panificio che ne ha fatto una svendita: alla fine hanno detto che non lo avrebbero fatto mai più, perché la fila di persone che si presentavano al panificio non permetteva di far fronte alla grande richiesta.
Quando si formano le code in un Paese, per andare ad una svendita del pane, credo che la situazione sia seria e richieda risposte altrettanto serie.
Vi sono, poi, diversi stanziamenti. Ricordo quello per gli asili nido, di appena 25 milioni di euro. Lo stesso importo è stabilito al fine di integrare il fondo per le politiche sociali. Insomma, si tratta di una congerie di disposizioni dal contenuto limitato, che non permettono di fornire risposte complessive.
In questi giorni, con il Ministro Ferrero, abbiamo tentato di affrontare ed avere delle risposte in ordine ad una copertura finanziaria decente per quanto riguarda il gravissimo problema della non autosufficienza. Ebbene, anche per tale questione vi sono solo parole, tavoli di lavoro, ma nessuna data, cifra e nulla di certo e di concreto.
Con l'articolo 33 del provvedimento in esame il Governo intende dirimere le controversie insorte tra il Ministero della salute e gli emotrasfusi. Anche in questo circostanza abbiamo constatato che l'importo di 150 milioni di euro per il 2007 permette di rispondere solo a 375 soggetti, mentre nulla si dispone per gli altri 1.225 attualmente in causa. Infatti, alla data del 26 luglio 2007, grazie ad un censimento effettuato dallo stesso Ministero, il totale dei casi ammontava a circa millecinquecento.
Noi ci chiediamo e vi domandiamo, soprattutto, per quale ragione non avete affrontato i problemi che allarmano e gravano sulle famiglie. Perché non avete affrontato il problema grave e urgente delle famiglie che hanno acceso mutui a tasso variabile? Ci domandiamo e vi domandiamo per quali motivi non avete datoPag. 61una soluzione alla portabilità dei mutui, questione finita sul binario morto delle liberalizzazioni.
Inoltre, non avete fornito alcuna risposta al problema dei rigassificatori, in quanto l'articolo 46 del provvedimento in esame non sblocca il procedimento per la costruzione e l'esercizio dei rigassificatori, ma lo complica ulteriormente. Vi domandiamo per quali ragioni colpite le piccole e medie imprese, come risulta da tanti articoli, che non vado a citare, e dai tanti conteggi espletati dalle associazioni che si occupano di tali questioni.
Purtroppo, la sinistra radicale ha imposto le sue scelte, anche in ordine alle risorse idriche, facendo prevalere il ritorno all'imprenditoria pubblica. Insomma, nel provvedimento in esame non vi sono interventi volti a produrre sviluppo ed equità. Faccio notare che il titolo del decreto non trova corrispondenza con il suo contenuto. Vi sono solo erogazioni a pioggia, senza affrontare una sola delle grandi questioni che riguardano la famiglia, le infrastrutture, l'energia e la modernizzazione del Paese.
In ordine alle infrastrutture l'onorevole Di Gioia aveva affermato, invece, che uno dei punti qualificanti del provvedimento in esame sta proprio nelle risorse destinate alle infrastrutture, pari a 3 miliardi e mezzo di euro. Nella scorsa legge finanziaria erano stati stanziati anche maggiori fondi e abbiamo riconosciuto che si trattava del 12 per cento in più rispetto a quanto stanziato dal Governo Berlusconi nella sua ultima legge finanziaria. Tuttavia, se i soldi vengono stanziati ma non sono spesi, possiamo affermare di avere investito nelle infrastrutture? Dei 6 miliardi stanziati nella scorsa legge finanziaria, quanti ne sono stati effettivamente erogati? La risposta ufficiale è l'8 per cento ed in effetti la Corte dei Conti ha riconosciuto, nel rapporto sul bilancio 2006, che con il Governo Prodi si è avuta un'inversione di tendenza rispetto al periodo del Governo Berlusconi.
Questo Governo non solo non impegna le risorse ma, purtroppo, sembra che non sappia nemmeno spenderle. Poco fa il collega Giudice ha ricordato la riduzione del FAS, il Fondo aree sottoutilizzate, pari a 1.100 milioni di euro per l'anno in corso. La scusa addotta è che il FAS non riesce a spendere le ingenti risorse messe a disposizione proprio dal Governo Berlusconi.
Potrebbe anche andar bene questa politica di sinistra massimalista, che sembra prevalere ogni giorno e in ogni vostro provvedimento, se le cose fossero state spiegate chiaramente fin dal principio.
Ma credo invece che sul punto ci sia una sorta di inganno, anche rispetto a chi vi ha votato e ciò, dal mio punto di vista, spiega anche questa perdita di consensi. Infatti, nessuno di noi ricorda che Prodi in campagna elettorale - e, ancor prima, durante le primarie - fosse andato a dire che la logica sarebbe stata quella di una sinistra massimalista radicale e, quindi, di una centralizzazione, di uno statalismo, di una burocratizzazione dello Stato. I discorsi erano completamente opposti e si parlava di liberalizzazioni, di una sinistra moderna, europea e liberalizzatrice.
Viceversa, abbiamo il prevalere di una visione veterosindacale spalmata qua e là, che perpetua la divisione della società tra occupati e non occupati, tra garantiti e non garantiti. Continuiamo a sentire raccontata da vari esponenti della vostra maggioranza la vecchia favola della ridistribuzione del reddito. In questo caso, è una redistribuzione di povertà, ma Melograni (una persona certo non di destra, anzi assolutamente di sinistra, credo militasse nel PCI, finché non ci fu l'invasione d'Ungheria: uno dei pochi italiani che aprì gli occhi dopo tale evento) ha affidato ad un libro di qualche anno fa la favola della redistribuzione del reddito come una delle dieci grandi bugie della storia. Egli, con semplici conti aritmetici alla mano, dimostra come non vi sia possibilità di redistribuire qualcosa se non ci sono crescita e sviluppo.
Proprio oggi me lo riportava alla mente Il Foglio, che ha pubblicato un articolo. Si tratta di una traduzione dal The Wall Street Journal dove si spiega proprio che l'America è un Paese con una societàPag. 62fortemente dinamica. L'«ascensore sociale» funziona soprattutto verso l'alto. Non vi leggo i dati, ma fanno veramente invidia. Noi, invece, stiamo morendo di immobilismo, soffocati da una disuguaglianza immobile e non da chances e speranza.
Vi leggo solo poche righe: «La disuguaglianza è un problema solo quando si traduce in stagnazione sociale, che genera una società stratificata da dislivelli economici più o meno permanenti. Questo tipo di società può far nascere inquietudine e risentimenti».

PRESIDENTE. Onorevole Gardini, dovrebbe concludere.

ELISABETTA GARDINI. Sto per concludere, signor Presidente. Quanto ho letto, riporta ad un atteggiamento di questa sinistra massimalista che sembra esattamente rappresentata da un libro di Festa, che ho letto di recente Il partito della decadenza, in cui si afferma proprio che ci sono delle forze politiche, dei poteri che preferiscono un Paese in sofferenza, senza trasparenza, regole chiare, che non dia pari opportunità e possibilità, che non permetta ai giovani di sviluppare i propri talenti e le proprie potenzialità.

PRESIDENTE. Onorevole Gardini, per cortesia, la invito a concludere.

ELISABETTA GARDINI. Sto concludendo, signor Presidente.
Nel 2008 gli italiani pagheranno più tasse e lavoreranno per lo Stato due giorni in più, fino al 20 giugno. Abbiamo sentito anche il discorso sul lavoro nero. Credo che in questo momento avremmo bisogno di un buon Governo, invece abbiamo il Governo Prodi che, allo stesso tempo, è il più mastodontico Governo che l'Italia abbia avuto e anche, purtroppo, il peggiore. Non ci resta che augurarci che l'agonia sia veramente il più breve possibile.

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Brigandì, Cota e Dozzo iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, so di dare un dispiacere al relatore nel non rinunciare al mio intervento...

LELLO DI GIOIA, Relatore. No, è un piacere sentirti, per carità.

SIMONE BALDELLI. ...ma immagino che in questa sede qualche considerazione possa essermi concessa in ordine al provvedimento che stiamo analizzando.
Il decreto-legge, curiosamente, è denominato «interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale». Verrebbe da dire che, se questo è lo sviluppo e questa è l'equità sociale, Dio ci liberi e scampi da questo sviluppo e da questa equità sociale. Si tratta di un decreto-legge che, proprio in quanto tale, dovrebbe avere i presupposti della necessità e dell'urgenza; sorvoliamo sulla solita questione della sussistenza dei requisiti costituzionali, anche se francamente, a guardare articolo per articolo, ci si pone più di qualche dubbio, specie considerando le recenti sentenze della Corte costituzionale.
Il disappunto aumenta se si considera il modo in cui sono stati impegnati e redistribuiti gli 8 miliardi e mezzo di euro, in particolare con un'assenza di progettualità, e con la consapevolezza che alla Camera, a parte qualche modifica di natura tecnica, oltre alla necessaria modifica sulla copertura per gli incapienti (uno scivolone avvenuto al Senato e su cui la Camera ha dovuto riparare), è evidente che non c'è stata e non ci sarà, né in Commissione né in Aula, la possibilità di intervenire attraverso modifiche significative; al di là dell'impianto generale che pure, a nostro avviso, non è condivisibile.
In Commissione lavoro, per la parte di competenza, abbiamo presentato nel merito una proposta di parere contrario che è stata poi preclusa dall'approvazione del parere favorevole della maggioranza, seppure ci è stata in qualche modo riconosciuta la fondatezza di alcuni rilievi, inPag. 63particolare con riferimento ai lavoratori socialmente utili e al fondo di 10 milioni per la regione Campania e 60 per la regione Calabria. Ci chiediamo come nasca e perché ci sia questa disparità di trattamento tra queste due regioni beneficiarie, seppure in misura diseguale, del fondo e le altre regioni che pure hanno lavoratori socialmente utili attivi in questo momento, e che di questo fondo non beneficeranno. Allora forse, si tratta di un accordo politico sottobanco, realizzato con i presidenti e con qualche esponente politico della maggioranza che ha particolarmente a cuore la stabilizzazione e la soluzione dei problemi degli LSU residenti in queste regioni, che ha visto trascurati i lavoratori assunti, per colpa di quella che, oggi, è maggioranza parlamentare e che lo era anche nel 1996.
Questa invenzione geniale dei lavoratori socialmente utili è stata una delle condizioni che allora il Presidente Bertinotti, quando ricopriva il ruolo di segretario del partito di Rifondazione Comunista, pose sul piatto della bilancia al primo Governo Prodi per la sopravvivenza di quella legislatura e di quel Governo. L'istituzione di questa «pagliacciata» di Stato, una formula a metà tra l'assistenzialismo, lo statalismo e la carità, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze fu uno degli elementi di contrattazione accolto dal Governo. Lo stesso Prodi, Presidente del Consiglio ancora molti anni dopo, paga le conseguenze con delle uscite di cassa che, inoltre, creano discriminazioni tra regione e regione. Ricordiamo altresì che, diversi mesi fa, è stato presentato un disegno di legge del Governo addirittura solo per i lavoratori socialmente utili della Calabria.
Quando si parla di diritti dei lavoratori e del miglioramento delle condizioni di un personale che non possiede alte qualifiche, che nella maggior parte dei casi si trova o si trovava in uno stato di semi indigenza e che ha ottenuto questa specie di posto pubblico, il cui costo è stato poi caricato sulle casse delle pubbliche amministrazione e degli enti locali, dobbiamo fare grande attenzione. Occorre, infatti, rispettare queste persone che si trovano in una situazione di aspettativa nella quale il Governo e questa maggioranza li mise allora e che, oggi, quella stessa maggioranza ha il dovere di risolvere.
Sta di fatto che tali cittadini non hanno ottenuto un aiuto, perché non li abbiamo aiutati a pescare; abbiamo semplicemente dato loro del pesce marcio, che stiamo pagando come se fosse pesce fresco! Si tratta di una spesa che lascia fuori, in maniera indiscriminata, ad esempio, gli LSU della Sardegna, della Puglia, della Sicilia o della Basilicata, ma che forse accontenta le pretese del governatore Loiero, di Bassolino o di qualche altro esponente della maggioranza, magari anche di Governo o di un partito di peso, che ha chiesto soldi per la propria regione al fine di impiegarli nella campagna elettorale. Sapendo che non si potrà correggere tale stortura, l'augurio è che almeno queste somme servano a risolvere in via definitiva il problema, anche se abbiamo il sospetto che non vi siano le coperture per gli anni successivi, perché ci pare di comprendere che vi sia una copertura solo per il 2007 e non anche per il 2008, il 2009 e per gli anni a seguire.
L'altro elemento è rappresentato dal contratto dei dipendenti pubblici per i quali si stanzia un miliardo. È evidente che con questo stanziamento si dia luogo - se gli esponenti del Governo e il relatore qui presenti, mi permettono di dirlo - ad una procedura piuttosto atipica perché in una maniera, che credo francamente non sia mai stata seguita prima, si vanno ad appostare dei soldi in un provvedimento attualmente in vigore che, tra l'altro, non sono sufficienti per tutto il comparto pubblico, o per lo meno per il comparto Stato, parastato e scuola. Un miliardo, infatti, non basta a coprire la spesa e, comunque, ribadisco che non si tratta di soldi appostati nel disegno di legge finanziaria, bensì nel decreto fiscale. Registriamo, quindi, un'atipicità di procedura che ci fa supporre che vi sia un'indecisione del Governo e che, come qualcuno sostiene forse a ragione, vi siano altri fondi da destinare alla copertura di una parte del contratto attuale e del prossimo. Vi sarebbe unPag. 64«tesoretto» che non è stato ancora tirato fuori e che uscirà nel mese di dicembre e in fase di contrattazione.
Vi è poi la questione dell'Agenzia nazionale per i giovani, un organismo che abbiamo già definito pletorico, sostanzialmente sovrapponibile all'inutile dipartimento delle politiche giovanili presente nel Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive. Nel provvedimento in discussione si stanziano risorse per tale Agenzia e, per l'assunzione del personale, si ricorre a un fondo la cui ratio è stabilita in maniera chiara, perché si tratta di un fondo previsto per fronteggiare «indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza». Credo che le «indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza» possano essere quelle legate alla sicurezza del territorio, alle forze di polizia, alla giustizia e all'emergenza carceraria; francamente, non mi sembra che l'Agenzia nazionale per i giovani possa in qualche misura rientrare all'interno di queste tipologie. Forse sbaglio, ma non mi sembra.
Vi è poi il fatto che l'Agenzia - guidata, peraltro, da una persona che ha quarantasei anni; quindi, anche sotto questo profilo si evidenzia la sua atipicità - costituirà una specie di portafoglio a sé rispetto al Ministero per le politiche giovanili e attività sportive perché gestirà 56 milioni di euro per il prossimo anno. Si tratta di un organismo sulla cui utilità abbiamo già avanzato, spesso e volentieri, dei dubbi.
È un'Agenzia, inoltre, che andrà ad assumere personale, definito da una parte del Parlamento «precario» (mentre noi, in modo più semplice, lo chiamiamo «flessibile»), ma che, visto l'andazzo - ricordato precedentemente dal collega Crosetto - registrato al Senato in questo senso, finirà per rientrare nella grande sacca dei precari pubblici da stabilizzare prima o poi.
Credo, dunque, che debba essere spesa una parola su un tema, che non è contenuto nel testo del decreto-legge, nel momento in cui si stanziano 8,5 miliardi di euro per riavviare nel Paese, almeno in linea teorica, un meccanismo di competitività. Abbiamo un sistema di pubblica amministrazione che fa registrare circa 400 mila eccedenze. Poche ore fa, al Senato, è stato approvato un emendamento che, seppure con criteri un po' più ragionevoli rispetto a quelli prospettati da Rifondazione Comunista, apre la strada ad un'ulteriore sanatoria. Qualcuno ha sostenuto che non si tratta di una sanatoria indifferenziata - e probabilmente ha ragione - in quanto si tratta di una sanatoria differenziata. I co.co.co, infatti, non sono più sanati tout court, ma vengono forniti gli strumenti per sanarli con un concorso creato ad hoc, dando dei punteggi e riservando loro delle vie preferenziali. Quindi, nei fatti, si turba la regolarità di una prova selettiva aperta, come prevista dalla Costituzione all'articolo 97.
Riteniamo che sia singolare effettuare una sanatoria dei cosiddetti precari presenti nella pubblica amministrazione, la quale, in questo momento, per bocca del Ministro Nicolais, registra oltre 400 mila eccedenze. È singolare non per il fatto che chi è precario non deve essere in qualche modo aiutato, ma perché crediamo che i veri precari debbano essere aiutati. A tal proposito, mi chiedo chi siano i veri precari. Ritengo che possano definirsi tali coloro che, da dieci anni, hanno un rapporto paradipendente con la pubblica amministrazione, e non quelli che hanno un contratto per tre anni a partire da questo settembre. Questi ultimi, infatti, non possono definirsi precari, in quanto, forse, sono amici di qualcuno che ha procurato loro un contratto in un ente pubblico, in un ministero, alla regione o alla provincia.
Si è avuta la buona creanza, rispettando una mozione, di cui io stesso sono stato primo firmatario insieme a tutta la Casa delle libertà, che si opponeva all'assunzione dei portaborse e dei collaboratori dei politici all'interno di questo genere di sanatoria.
Tuttavia, è necessario guardarsi in faccia. Se si vuole intervenire sul precariato, è necessario definire chi sono i veri precari ed è necessario escludere la possibilità che le sacche di precariato si creino di nuovo, a partire dall'Agenzia per i giovani. Quindi, il provvedimento in esame, perPag. 65quanto riguarda la parte sul lavoro, suscita i nostri dubbi e la nostra contrarietà.
Tuttavia, il nocciolo del problema relativo al lavoro non è, probabilmente, questo, visto che presto arriverà in Assemblea un provvedimento collegato alla manovra finanziaria, che toccherà gli importanti argomenti del welfare, del sistema delle pensioni, dei lavori usuranti, della riforma del mercato del lavoro e degli istituti di collocamento previsti dalla legge Biagi. Allora sì che vedremo esplodere (o implodere) le contraddizioni interne di una maggioranza che già da giorni al Senato - e già da mesi sulla politica estera - ha dimostrato di non esserci più.
Quindi, è necessario svolgere una riflessione anche su questo decreto-legge, il quale arriva alla Camera blindato, ritornerà al Senato blindato e rappresenta uno dei tanti elementi indicativi della cifra politica della maggioranza, che non ha più niente da dire a se stessa e niente da dare al Paese. Se, infatti, si danno soldi a un bambino, probabilmente li spenderà tutti in caramelle, mentre se si danno soldi a un buon padre di famiglia, egli avrà il buon senso di metterli da parte e di utilizzarli nei momenti di difficoltà. Quando sono i cittadini italiani, dalle loro tasche, con il «tesoretto» fiscale a dare i soldi a questo Governo, quest'ultimo, anziché metterli da parte con il buon senso del padre di famiglia, comincia a comprare caramelle per gli amici degli amici e ad investirli in cose inutili per se stesso e per il Paese.
Questa è la cifra politica di questo Governo ed è la cifra politica di questo decreto-legge, che purtroppo non avremo né il piacere di discutere né il piacere di modificare. Tenetevelo, dunque, così com'è: speriamo francamente che sia l'ultimo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fava, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, onorevole relatore, non ripeterò nel mio intervento le considerazioni che sono state portate all'attenzione dell'Assemblea dai colleghi di Alleanza Nazionale e dell'opposizione in merito alla qualità di questo decreto-legge, alla sua impropria definizione di decreto fiscale, al fatto che avevamo avanzato - credo correttamente - questioni di costituzionalità e pregiudiziali su aspetti che ritornano prepotentemente in primo piano man mano che si scende nel dettaglio e nell'esame complessivo di questo provvedimento.
Né ripeterò le considerazioni svolte anche da ultimo - che condivido appieno - sul fatto che questo Governo ha sprecato una congiuntura assolutamente diversa rispetto a quella nella quale si trovò ad operare il Governo precedente, e su come esso abbia così dissipato l'occasione per trasformare un vantaggio finanziario in un vantaggio per il sistema Paese nel suo complesso, per recuperare sotto il profilo del debito pubblico, per svolgere quegli interventi strutturali che - essi sì - avrebbero giustificato il roboante titolo che accompagna questo decreto e che fa riferimento allo sviluppo e all'equità sociale.
Mi soffermerò, invece, su taluni aspetti che finora sono stati trattati solo marginalmente, e che pur tuttavia - onorevole relatore - erano stati oggetto di un adeguato approfondimento in seno alla IX Commissione, di cui faccio parte, e che attengono al tema dei trasporti e dell'editoria: argomenti che trovano entrambi ospitalità in questa sorta di provvedimento omnibus e che richiedono da parte del Parlamento un'attenzione particolare.
Sotto questi profili, non ci troviamo soltanto di fronte all'erogazione di risorse che cercano di sanare un deficit strutturale soprattutto per quanto riguarda le ferrovie: ci troviamo anche di fronte ad un capovolgimento in termini di approccio normativo, che rischia di creare un precedente e che comunque apre vari margini di riflessione sulla legittimità sostanziale dei percorsi che si intendono attivare con questo provvedimento.Pag. 66
Partiamo proprio dalle ferrovie. Sotto questo profilo, il provvedimento stabilisce una serie di contribuzioni: 800 milioni per l'anno 2007; ulteriori 215 milioni di euro da utilizzare nel 2007 per i progetti ricompresi nel piano di investimenti allegato al contratto di programma 2007-2011 stipulato dal Ministero delle infrastrutture. Credo che i colleghi - soprattutto quelli che operano in altre Commissioni - debbano conoscere l'andamento del dibattito che si è sviluppato, in seno alla IX Commissione, tra il Ministro Bianchi e l'amministratore delegato di Ferrovie Spa, dottor Moretti. Tale dibattito ha riguardato il tema del parallelismo, della congruità e della concordanza fra il contratto di programma sottoscritto dal Ministero e il piano industriale proposto nelle settimane scorse da Moretti per la modernizzazione del sistema infrastrutturale, per il rilancio di talune opere importantissime dal punto di vista strategico, nonché per quella che dovrebbe essere la realizzazione di quel sogno che fu annunciato in campagna elettorale dalla sinistra - in particolare da Prodi - sull'integrazione dei vari sistemi trasportistici del nostro Paese al fine di aumentarne la competitività a livello europeo ed internazionale.
In Commissione è stata rilevata in maniera macroscopica - anche da alcuni colleghi molto attenti della maggioranza - un'assoluta incongruenza tra questi due strumenti, il che denota non soltanto quella incapacità che traspare da un provvedimento che presenta tutti i limiti qui sottolineati dai colleghi che mi hanno preceduto, ma anche l'incapacità di realizzare una politica di sviluppo nel nostro Paese.
Non parliamo soltanto di equità sociale, ma di un sistema che, per esempio, per quanto riguarda il piano industriale, dovrebbe sostanzialmente mettere al centro della riflessione le modalità di realizzazione dell'intermodalità in un sistema Paese in cui, nonostante gli sforzi che tutti affermiamo di voler compiere per passare dal trasporto su gomma a quello su rotaie, utilizzando anche il sistema portuale, manca un incentivo o un intervento concreto che colleghi il trasporto su ferro con le portualità italiane.
Nel nostro Paese, vi è un sistema portuale molto ricco, composto da ben 170 portualità, ma non riusciamo ancora a sviluppare una politica di integrazione, che consenta ai Tir di trasportare la propria merce tramite ferrovia e giungere nei porti, dove la merce può essere distribuita lungo gli assi del circuito europeo. Questo la dice lunga su come si stia agendo in questo lasso di tempo sul piano dell'infrastrutturazione del nostro Paese.
Ma vi è di più: come si fa a ritenere quello in esame un provvedimento di sviluppo, soprattutto nel campo dell'infrastrutturazione ferroviaria, se con esso svanisce anche la possibilità, annunciata soprattutto attraverso i mass media con tanta pomposità dallo stesso Moretti e dallo stesso Ministro, di realizzare in brevissimo tempo circa mille nuovi treni?
È stato affermato che, nel giro di due o tre anni, avremmo affrontato il tema del pendolarismo con interventi concreti anche sul trasporto locale, ma tutto ciò non è previsto in questo provvedimento. Ormai, nel piano investimento per il 2008 non crede più neanche lo stesso Moretti, che qualche giorno fa, nel corso di un convegno, al quale ho avuto la fortuna o la sfortuna di partecipare - dipende dai punti di vista - ha affermato chiaramente che nella manovra finanziaria non ci sono risorse per realizzare il piano delle ferrovie 2007-2011.
Pertanto, ci teniamo i treni vecchi e i bilanci in rosso; e i passeggeri non ne possono più. Questo è il quadro nel quale ci stiamo muovendo, con un provvedimento che interviene in maniera parziale e dissennata sul sistema del trasporto.
L'articolo 7, che è stato anche modificato dal Senato, prevede interventi per rafforzare il sistema di trasporto metropolitano nelle città di Roma, Napoli e Milano. Peraltro, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché ci si limita soltanto a queste tre città, dal momento che vi è una progettualità molto più articolata e vasta. Oltretutto, da parte del precedente GovernoPag. 67erano stati introdotti e finanziati sistemi metropolitani di importanti città, e non soltanto di Roma, Napoli e Milano. Al di là di questo, ciò che stupisce, e che in qualche misura lascia anche qualche dubbio sulle procedure che si intendono adottare, è che, ai commi 2 e 3 del citato articolo 7, si introduca anche una deroga al patto di stabilità interno.
Vorrei sapere qual è il pensiero dell'ANCI, l'associazione dei comuni italiani, rispetto ad una deroga al Patto di stabilità interno, che viene concessa per tali interventi unicamente alle tre città di Roma, Napoli e Milano.
Ancora: per quanto riguarda l'utilizzo di tali somme, al Senato è stata inserita una norma che sostanzialmente prevede, tra l'altro, al comma 4, che esse vengano espressamente attribuite ai citati enti e ai citati comuni, a condizione che siano utilizzate entro il 31 dicembre del 2007. Ciò significa che è giusta l'osservazione svolta anche stamani da alcuni colleghi - in particolare il collega Leo, ma anche l'onorevole Crosetto - circa il fatto che ci troviamo di fronte all'utilizzo di un extragettito non ancora determinato nella sua dimensione definitiva (infatti, l'anno non è ultimato), che sostanzialmente viene utilizzato per finalità di conguaglio e non di investimento, dal momento che costringeremo questi comuni a un'accelerazione delle procedure (vorrei poi capire esattamente quali saranno gli iter accelerati che essi potranno seguire per utilizzare tali somme entro il dicembre del 2007, considerate le procedure complesse che pure i comuni debbono assolutamente adottare e rispettare).
Quindi, non siamo in una fase di investimento per il futuro, per quanto riguarda il sistema metropolitano, ma direi che siamo di fronte ad una logica di conguaglio, rispetto alla quale anche l'alchimia legislativa si scontra poi con le procedure che, di fatto, devono essere approntate.
Ma ciò che è singolare e che devo sottolineare riguarda un aspetto di rivendicazione - consentitemi di definirlo tale - da parte del centrodestra nei confronti del centrosinistra: non abbiamo dimenticato la fase di grande critica che è stata elevata, soprattutto dai banchi della sinistra, quando eravamo al Governo e veniva posta «al centro del mirino» la legge obiettivo. Si è detto di tutto intorno alla legge obiettivo: si è perfino sostenuto, da parte di taluno, che essa serviva, accelerando alcune procedure, a bypassare alcuni controlli, soprattutto sotto il profilo ambientale.
Oggi devo dire che vi è un ripensamento, molto tardivo per la verità, da parte del Ministro delle infrastrutture, che dopo avere in qualche misura criticato fortemente la legge obiettivo, fin dall'inizio dell'assunzione del suo incarico, adesso cerca di estenderla anche per quanto riguarda quelle opere finanziate che non rientrano però nel programma delle infrastrutture strategiche. Proprio in riferimento all'intervento previsto dall'articolo 7, stiamo parlando dell'utilizzo delle procedure contemplate dalla legge obiettivo per opere non ricomprese tra le infrastrutture strategiche, anche se di fatto potrebbero essere considerate tali (infatti, per definirsi tali sarebbero dovute essere indicate all'interno del programma delle opere strategiche).
Allora, forse, si sta introducendo un elemento fortemente innovativo, che, in forza del fatto che la legge obiettivo è entrata nel codice dei contratti pubblici, ne modifica l'essenza e la filosofia; sicché, non vi sarà più la necessità di definire strategica un'opera, perché tutte potranno essere in qualche modo annoverate nella legge obiettivo. Ciò, tuttavia, introduce un precedente molto delicato, e guarda caso lo si fa attraverso un decreto-legge, al quale si vuole attribuire il crisma dell'urgenza e della necessità, rispetto a materie molto più complesse e molto più delicate, sulle quali sarebbe stato opportuno un approfondimento serio da parte del Parlamento.
Vi è ancora un aspetto, molto più delicato, che riguarda l'articolo 9 e, prima ancora, il comma 7 dell'articolo 8 (anche in relazione a ciò, si è affermato che quello in esame è un provvedimento che inPag. 68qualche modo non allarga lo spettro della spesa, ma mira a contenerla: i fatti dimostrano esattamente il contrario).
Penso, ad esempio, a quanto previsto in tema di sicurezza della navigazione dello Stretto di Messina. Viene, infatti, istituita appositamente una nuova Autorità marittima della navigazione dello Stretto, e si afferma che si tratta di un'autorità da individuarsi ovviamente con decreto del Ministro del trasporti, con sede a Messina, e a cui sono attribuiti compiti inerenti al rilascio di autorizzazioni, concessioni, ogni altro provvedimento in materia di sicurezza della navigazione e di misure di prevenzione, nonché di regolazione dei servizi.
Si afferma inoltre che tutto ciò avverrà senza oneri aggiuntivi, ma come questo sia possibile non è facile da immaginare. Come un'autorità marittima con queste competenze, con questa funzione, possa essere istituita senza oneri aggiuntivi rappresenta un artificio sul quale ci piacerebbe avere qualche chiarimento serio e non solo attraverso espressioni che non aggiungono nulla alla capacità di analizzare in profondità il provvedimento.
Vi è un ulteriore aspetto che ci preoccupa moltissimo e che riguarda la possibilità stabilita dal provvedimento di autorizzare, nelle more della stipula di nuovi contratti di servizio, il trasferimento di risorse in capo a Trenitalia Spa. A tale proposito in Commissione si è svolta una discussione sulla quale mi sembrava avessero convenuto anche alcuni colleghi della maggioranza, dato che su tale questione emergeva in primo piano le modalità di affidamento dei contratti. Lì si fa un generico riferimento alla normativa comunitaria e non si specifica in maniera tassativa se questa formulazione comporti l'applicazione di procedure concorsuali. Dalla lettura attenta dell'articolato si desume anzi come rispetto a una revisione annuale che riguarda le caratteristiche quantitative e qualitative del servizio pubblico, cui si riversano e si indirizzano risorse, ci possa essere un affidamento diretto da parte del Ministero. Una tale modalità elude - francamente in maniera clamorosa - il ricorso alla concorsualità, alla gara. Mi auguro, avendo noi predisposto in materia un emendamento, che almeno questa correzione venga apportata al provvedimento che, se sottoposto al voto di fiducia, lascerebbe irrisolto un tema così delicato e complesso.
L'articolo 16 introduce nei primi quattro commi alcune norme che sono già contenute nel cosiddetto disegno di legge Gentiloni di modifica della legge Gasparri. Anche qui, questa mattina abbiamo ultimato in Commissione l'esame degli emendamenti. Si è quindi esaurita la fase di confronto in Commissione su questa materia complessa e articolata che ha richiesto del tempo e che fornito la possibilità di un confronto molto serio su argomenti chiave riguardanti il sistema televisivo nel suo complesso, la sua modernizzazione sotto il profilo tecnologico e la sua capacità di arrivare al digitale in maniera tale da non lasciare indietro il Paese.
Che cosa si fa al riguardo con il provvedimento in esame? Con esso, dato che bisogna conformarsi ai rilievi formulati in sede europea, si introducono alcune norme che anticipano sostanzialmente quel disegno di legge, con il risultato di determinare uno scorporo sostanziale di tali norme dal provvedimento legislativo complessivo; quest'ultimo è stato da noi criticato ma rispetto ad esso vi sono ancora margini di confronto serio in Parlamento, qualora si volesse giungere veramente ad una riforma del sistema televisivo e pubblicitario, anche con riferimento alla RAI. Tutto ciò significa che si sta utilizzando sostanzialmente questo strumento anche per depotenziare disegni legislativi che pure sono stati al centro di un lavoro molto attento del Parlamento. In questa maniera si espropria il Parlamento e non lo si mette in condizione di operare.
L'articolo 10 detta disposizioni in materia di editoria. Il comma 5 di tale articolo prevede a decorrere dall'esercizio finanziario 2008 la riduzione di agevolazioni tariffarie postali per la spedizione di prodotti editoriali e la correlativa riduzione della compensazione dovuta alla società Poste Italiane Spa a norma delPag. 69decreto-legge n. 353 del 2003. Su questo argomento richiamo l'attenzione del relatore perché in merito si è pronunciata recentemente l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con una segnalazione inviata il 28 ottobre scorso ai Presidenti delle Camere e al Governo, nella quale ha rilevato che il mantenimento del regime tariffario agevolato in favore di Poste Italiane Spa, di cui al decreto-legge n. 353 del 2003, si pone in contrasto con le norme poste a tutela della concorrenza e del mercato. Questa disciplina determinerebbe - cito testualmente - «un'evidente e grave distorsione concorrenziale in quanto operatori postali diversi da Poste Italiane Spa non sono in grado di praticare offerte competitive agli editori, per la prestazione cui la normativa stessa si riferisce. L'Autorità sottolinea pertanto la necessità di apportare, in sede di conversione del decreto-legge, un intervento di modifica in senso pro competitivo delle disposizioni sulle agevolazioni per le spedizioni di prodotti editoriali».
Se dovessimo anche qui rimanere imbrigliati da un provvedimento che, in quanto sottoposto al voto di fiducia, non può essere corretto neppure in questa parte, rendiamoci conto di che cosa stiamo facendo. In altre parole, creeremmo ulteriori elementi che costituirebbero un vulnus alla competizione anche in questo particolare settore.
Mi fermo qui, perché - come ho affermato all'inizio del mio intervento - ho inteso trattare unicamente alcune questioni che erano state poste in sede di esame presso la Commissione della quale faccio parte, ed esprimo, per le considerazioni generali, una critica davvero molto forte nei confronti di questo provvedimento nel suo insieme.
Ci troviamo di fronte ad una logica che ripropone esattamente lo schema degli interventi a pioggia, di cui credo gli italiani possano tranquillamente fare a meno. Voglio ricordare, a me stesso soprattutto, ma dovrei ricordarlo soprattutto a voi, colleghi della maggioranza, che non più tardi di un anno fa, proprio in questa Aula, il Presidente del Consiglio, venendo a giustificare il voto di fiducia chiesto per la scorsa legge finanziaria ebbe a dire - e in qualche modo poi è intervenuto sull'argomento anche il Capo dello Stato - che bisognava avviare una nuova filosofia di approccio rispetto alla sessione di bilancio. Dopo un anno ci troviamo esattamente nelle stesse condizioni, ma quello che è peggio è che ci troviamo di fronte a un profluvio di interventi settoriali, che vanno incontro ad esigenze che non hanno nulla a che vedere né con lo sviluppo del Paese né, tanto meno, con l'equità.
Anche quelle correzioni apportate al Senato in «zona Cesarini» non sono sufficienti a dare dignità a un provvedimento di questo tipo, che bolla con il marchio dell'incapacità un Governo che davvero ormai è ridotto a poca cosa.

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pini e Stucchi iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, oltre ad essere l'ultimo iscritto a parlare le assicuro che sarò anche breve.
Le considerazioni sul provvedimento in esame, almeno quelle di natura tecnica, sono state ampiamente svolte dai colleghi che mi hanno preceduto. Si può richiamare così en passant la non necessità di procedere all'approvazione di questo disegno di legge di conversione in relazione al fatto che si tratta comunque di uno strumento che non doveva essere usato, ovverosia quello decretazione d'urgenza. Abbiamo già espresso tale opinione in occasione dell'esame da parte dell'Assemblea delle questioni pregiudiziali che abbiamo sottoposto all'attenzione della Presidenza e della stessa Assemblea.
Nel merito, il provvedimento in esame è legato alla capacità da parte di questo Governo di far danno e di essere irresponsabile, perché con esso si sta operando esattamente in modo contrario a quanto è necessario per la nostra economiaPag. 70e per la nostra finanza pubblica. È esattamente il contrario!
Il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame è il frutto di una maggioranza che ha sempre avuto da ridire sui cosiddetti collegati alle leggi finanziarie. Tra l'altro, la stranezza del provvedimento in esame, che fa parte, insieme a quello del welfare, di una serie di collegati alla legge finanziaria, é dovuta al fatto che al Senato esso è stato classificato come collegato sebbene mancasse la sua menzione come tale. Ha trovato una sorta di posizione non del tutto legittima al Senato: lì è arrivato con una «scopertura» finanziaria enorme che, all'ultimo momento la maggioranza, in sede di Commissione bilancio, ha inteso sanare con quei due o tre famosi emendamenti tecnici che sono stati votati martedì sera.
Affermo questo perché l'impostazione è vecchia, legata ad una concezione che questa maggioranza ha sempre voluto eliminare dal proprio modo di fare politica, tanto è vero che lo stesso Ministro Padoa Schioppa si è lamentato lo scorso anno, dopo l'approvazione della legge finanziaria, perché bisognava modificare la sessione di bilancio, mettendo le mani ai Regolamenti e ha dato corso a tutta una serie di audizioni e proposte che gli competevano o non gli competevano. Secondo il Ministro l'assalto alla diligenza non doveva essere compiuto: bisognava troncare una volta per tutte il metodo usato dai parlamentari di salire sulla diligenza per farsi approvare qualche provvedimento che, a seconda dei casi, poteva interessare a uno o più di essi, a un gruppo o a una parte politica.
L'unica cosa che può cozzare contro questo modo di fare non è solo il Regolamento della Camera o la legge ma è anche il modo di fare di chi, da tecnico, ritiene di puntare il dito addosso ai politici e, poi, invece, in sede di presentazione del decreto-legge, si premura con l'articolo 26, poi soppresso, di dare un aiutino, ad una biblioteca centrale europea con sede in Milano, di 50 milioni di euro. Tale articolo 26 è stato soppresso per buonsenso. Penso che sia stato proprio all'interno del Consiglio dei Ministri che si è ritenuto di sopprimerlo, perché vi era un leggero conflitto di interessi: il direttore della biblioteca è il fratello di Padoa Schioppa. Questa operazione della biblioteca rinveniva già da una «leggina» che era pendente in Parlamento, a prima firma Duilio, e che non riusciva ad andare avanti nella Commissione competente e, quindi, si era pensato di passare ad un «articoletto» di questo decreto-legge per arrivare ad accelerare i tempi. Dunque non è stato portato alla nostra attenzione, ma è stato soppresso.
Sicuramente vi saranno, poi, ulteriori interventi in sede di proposta di legge, ma vedremo quello che si dovrà fare. Dico ciò per mettere in risalto il modo di fare di questo Governo e di questa maggioranza, che continuano a «predicare bene e razzolare male», anche da parte di chi - come Padoa Schioppa - non è un politico e si permette, come ha fatto in più occasioni, di puntare il dito contro i politici e il Parlamento, perché in tutta una serie di azioni il cosiddetto «tecnico» ha ben pensato di snobbare letteralmente le Camere.
Durante alcuni interventi precedenti, è stato portato qualche esempio a proposito di quello che ha affermato il Ministro Padoa Schioppa durante le sue varie audizioni in Parlamento (quando ha inteso sottoporsi alla nostra modestissima attenzione!) e quello che, invece, poi, egli ha ritenuto di fare o di non fare. L'arroganza del Ministro - sposata poi (devo rilevare, con amarezza) da tutto il Governo e dalla maggioranza - è venuta fuori dall'iter, dal modo in cui si è costruito il provvedimento in questo ramo del Parlamento e che viene portato oggi alla nostra attenzione. Infatti, di tale provvedimento, questo ramo del Parlamento non ha preso assolutamente cognizione: allo stato, infatti, saremmo costretti ad approvare un provvedimento che è stato costruito al Senato e del quale, presso la Commissione bilancio, competente per materia, non si è potuto visionare neanche un emendamento!
Siamo arrivati al punto che potremmo approvare - anzi, potreste approvare - il provvedimento, senza che questa CameraPag. 71cambi una virgola, se non - come dicevo prima - quei due o tre emendamenti tecnici, volti a coprire i dissidi interni che si erano manifestati, come ad esempio, l'emendamento di Fernando Rossi concernente il bonus per gli incapienti, quello relativo al biodiesel e tutta una serie di altre questioni che, con tre emendamenti, hanno trovato una copertura, dato che - come dicevo poc'anzi - questo provvedimento è arrivato alla Camera completamente privo di copertura finanziaria, e di parecchio! Di conseguenza, si è operato questo intervento tecnico, tuttavia, nel merito, la V Commissione non ha avuto cognizione di nulla!
Pertanto, questo è il nostro atteggiamento nei confronti di un provvedimento che - proprio come «ultima chicca», a proposito del predicare bene e razzolare male - toglie al Mezzogiorno una cifra pari a 1.100 milioni di euro (che vengono sottratti alle zone depresse), con un'operazione che era stata già compiuta nella scorsa manovra finanziaria e che viene ripetuta in questo provvedimento.
Poi, naturalmente, ascoltiamo i proclami sia del Presidente del Consiglio dei ministri, sia del Ministro dell'economia e delle finanze, sia anche del Presidente del Consiglio dei ministri in pectore (ultima trovata del Partito Democratico), sul fatto che la manovra finanziaria e, quindi, questo decreto-legge che ne rappresenta il cuore, sono a favore del Mezzogiorno e delle aree sottosviluppate! E poi si tolgono 1.100 milioni di euro a quelle aree, senza nemmeno restituire quelli che sono stati tolti con la precedente manovra finanziaria.
Lo dico in maniera molto serena: l'iter di questo provvedimento non avrebbe avuto assolutamente alcun ostacolo; anche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è venuto fuori che non vi era ragione di allarmarsi.
Questo provvedimento avrebbe avuto bisogno di un iter più lungo, vista la sua complessità, tant'è vero che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo lo stesso Governo ebbe a chiedere l'allungamento dei tempi e quindi l'anticipazione, al fine di portarlo in Aula prima del previsto, perché esso doveva essere sottoposto ad un esame attento. Qual è stato l'esito di quella richiesta? Abbiamo allungato i tempi, ma il tempo, in Commissione bilancio, lo abbiamo passato seduti nei salotti, aspettando le decisioni della maggioranza, che naturalmente non sono venute fuori, dagli incontri tra gli esponenti della maggioranza, perché non ci si metteva d'accordo sulle cose da regalare a questo o a quell'altro gruppo! Potrei usare un termine molto in voga, che riprende il titolo da una nota trasmissione televisiva, ma non lo faccio per rispetto alla Presidenza.
Non si è approdati a nulla perché non ci si è messi d'accordo all'interno della maggioranza: tutto il tempo lo si è passato, solo e soltanto, a litigare all'interno della maggioranza e ad evitare che gli emendamenti proposti dalla maggioranza stessa venissero portati all'attenzione della Commissione bilancio.
Si è rinviato tutto in Aula, e poi è spuntato il toto fiducia: fiducia sì, fiducia no, fiducia giovedì, venerdì, lunedì o martedì! Aspettiamo che vengano estratti a sorte il giorno e l'ora in cui la questione di fiducia potrebbe essere posta, ma noi - come hanno già dichiarato altri colleghi - siamo pronti a ritirare la maggior parte degli emendamenti, a ridurli il più possibile mantenendo i più significativi e a discutere di questo provvedimento senza pregiudicarne l'approvazione e senza ostruzionismo (a parte il fatto che l'ostruzionismo non ci è stato possibile neanche farlo, in Commissione, visto che non è mai iniziata una discussione!). Siamo, però, pronti a portare a termine l'esame di questo provvedimento senza fiducia, così come era nelle intenzioni iniziali e così come sostenuto da parte di tutte le forze politiche che compongono questo Parlamento. Non si è mai parlato di ostruzionismo, né di condivisione, ma si è parlato di una possibilità di miglioramento del provvedimento, comunque senza ostruzionismo. Il fatto che oggi si venga a paventarePag. 72la possibilità di porre la questione di fiducia su questo provvedimento non sta né in cielo né in terra.
Paradossalmente, siamo noi a chiedere di non porre la questione di fiducia, perché è inutile e perché vi dimostreremo - cari colleghi della maggioranza e caro collega relatore - che non abbiamo interesse. I nostri emendamenti saranno ritirati, lo ribadisco: rimarranno solo e soltanto gli emendamenti che riteniamo più significativi per migliorare il provvedimento. Ciò anche per non vanificare il lavoro che lo stesso relatore - e gliene devo dare atto pubblicamente - ha svolto, e che non gli hanno fatto portare a termine. Quest'ultimo aspetto va sottolineato: il relatore non è stato in grado di portare a termine il lavoro fatto su questo decreto-legge perché non c'è stata la possibilità di confrontarsi. Torno a ripetere che non è stato votato un solo emendamento: è questo, dunque, il vostro modo di legiferare, di mettere a tacere l'opposizione e di gestire i nostri lavori.
Mi rivolgo alla Presidenza - non naturalmente al Presidente di turno - che dovrebbe avere un sussulto di dignità per questo Parlamento, al fine di evitare, ancora una volta, così come già è accaduto, che da questo Palazzo non esca una sola virgola su questo provvedimento, che non si venga messi nelle condizioni di valutare un solo articolo e un solo emendamento e che ci si debba piegare alle logiche della maggioranza e sottostare ad un'assurdità politica che penso nessuno sia in grado di capire, non solo in Italia, ma anche all'estero, per tutte le brutte figure che stiamo facendo e che continuiamo a fare.
In questo ramo del Parlamento, con una maggioranza e con una differenza di voti enorme, non si riesce a legiferare e a portare a termine un solo articolo o un solo emendamento e al Senato, grazie ai senatori a vita, si continua a legiferare. Questo non è bicameralismo, questo è monocameralismo perfetto: forse una riforma costituzionale l'avete già inventata e la state attuando, pur non avendola mai votata.
L'appello è questo: confrontiamoci sul provvedimento in maniera serena, senza volontà, da parte nostra, di impedirne l'approvazione. L'altro appello, rivolto alla Presidenza, è di evitare, una volta per tutte, che la disgregazione legislativa di questo ramo del Parlamento venga portata a compimento da parte di questa maggioranza, che non solo ci sembra non abbia più il diritto di governare, ma neanche il diritto di imporci scelte che noi e una buona parte democratica dell'Italia non condividiamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3194-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Di Gioia.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, credo che questa maggioranza governerà, lo farà ancora per parecchio tempo....

ANTONIO LEONE. Purtroppo!

LELLO DI GIOIA, Relatore.. ..e governerà bene! Tutto quello che è stato detto fino ad oggi da un punto di vista politico, comprese le sistematiche spallate che dovevano essere date a questo Governo, non si è verificato. La maggioranza è compatta, la legge finanziaria sarà approvata e, quindi, cominceremo a dare delle risposte positive ai cittadini italiani per le situazioni difficili che questo Governo ha dovuto affrontare.
Ritengo opportuno ricordare all'attuale opposizione, qualche tempo fa maggioranza, le situazioni che abbiamo vissuto, e, pur comprendendo che è una commedia, e quindi, di conseguenza, un gioco delle parti, credo che alcuni dati debbano essere ricordati, per fare in modo che, dopo la finanziaria, in questo Parlamento si cominciPag. 73a discutere di cose serie, delle riforme per modernizzare il nostro Paese, e non semplicemente ed esclusivamente di spallate a questo Governo.
Abbiamo trovato il Paese in una situazione economica, sociale ed infrastrutturale certamente non facile. Credo che i dati siano sotto gli occhi di tutti: non c'è bisogno di fare polemica, ma, semplicemente, di ricordarli. Abbiamo trovato un indebitamento netto che ormai arrivava quasi al 5 per cento e avevamo un debito estremamente elevato.
Abbiamo quindi dovuto, in buona sostanza, in virtù di quelli che erano il programma e le scelte politiche e di Governo di questa maggioranza, affrontare con grande determinazione gli elementi negativi della finanza pubblica. L'abbiamo fatto sapendo che avremmo dovuto scontare nei riguardi dei cittadini italiani un momento di grande difficoltà e anche di grande impopolarità.
La nostra scelta era e rimane quella di fare in modo che il debito pubblico e le finanze pubbliche ritornino in ordine, di migliorare la competitività delle aziende, di rimettere in equilibrio la questione sociale. E credo che questo stiamo facendo, che sia o meno condiviso. Il dato vero è che oggi abbiamo un indebitamento più basso di quello che era stato preventivato e che avremo nei prossimi anni un debito che scenderà al di sotto di quello che era stato previsto: in buona sostanza, abbiamo una condizione economica e dei conti pubblici sicuramente migliore rispetto agli anni passati.
Credo che dobbiamo continuare, nel prossimo futuro, con iniziative importanti, per fare in modo che si migliori sempre più la condizione del debito pubblico del nostro Paese. Sono convinto che dobbiamo incidere maggiormente su quello che è l'indebitamento netto del Paese. Siamo convinti che bisogna attuare una politica di forti liberalizzazioni, ma siamo altrettanto convinti che bisogna continuare nell'opera di riequilibrio del sistema sociale: lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo. Lo abbiamo fatto con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81: non bisogna dimenticare gli interventi infrastrutturali da esso previsti, che riguardavano ad esempio le ferrovie.
Non si può dire: non si è speso. Si sta spendendo, con grande intelligenza, e non si stanno accumulando debiti, come è stato fatto dal passato Governo, che ha messo in condizioni difficili sia le Ferrovie dello Stato sia l'ANAS.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)

LELLO DI GIOIA, Relatore. Non siamo abituati ad inaugurare le opere che non ci appartengono, siamo abituati ad inaugurare le opere che facciamo, sia nel Governo del 1996-2001 sia nel Governo attuale. Stiamo rideterminando una condizione infrastrutturale importante, e credo che questo emerga anche dalle audizioni, che abbiamo svolto, dei massimi responsabili delle società partecipate (mi riferisco alle Ferrovie dello Stato e all'ANAS): si sta rimettendo in moto il sistema Paese da un punto di vista infrastrutturale. Non possiamo inoltre dimenticare gli interventi che abbiamo operato col decreto n. 81 del 2007 sull'aumento delle pensioni e sui giovani. Si tratta di una linea che abbiamo adottato nello scorso luglio e che abbiamo continuato con il decreto in esame.
Se è pur vero che il famoso «tesoretto» è dovuto in parte alla crescita che il Paese ha avuto, è anche vero che gran parte di esso deriva dalle scelte politiche che sono intervenute per far capire ai cittadini italiani che era finito il momento dei condoni, sradicando la mentalità che faceva dire: non paghiamo le tasse perché comunque domani ci sarà un condono. Oggi la gente ha capito che non vi saranno più condoni: bisogna pagare il dovuto. Certamente questo Governo ha assunto l'impegno, già determinato all'interno della legge finanziaria, a diminuire la pressione fiscale nel prossimo anno e a indirizzare tutto l'extragettito che sarà conseguito a fare in modo che vi siano condizioni diverse per gli interventi di carattere fiscale.
Il decreto in esame interviene su aspetti importanti, riguardanti gli investimentiPag. 74sulle ferrovie e sull'ANAS. Interviene dopo oltre dieci anni in ordine ad un piano della casa che era stato metodicamente sbandierato durante il Governo di centrodestra. Invece, proprio durante quel periodo vi è stata, sistematicamente, una difficoltà abitativa che ha provocato tensioni all'interno delle città medio-grandi.
L'attuale Governo ha stanziato, in ordine a tale importante problema sociale che investe i più deboli, le giovani coppie e i giovani, 550 milioni di euro aumentando anche il numero degli interventi che riguardano il cosiddetto contratto di quartiere due, utilizzando risorse che erano già disponibili e che venivano dilazionate, negli anni passati, attraverso il famoso articolo 18 della legge 12 luglio 1991, n. 203, che riguardava l'assegnazione di alloggi agli appartenenti alle forze dell'ordine allorché fosse necessario per la lotta alla criminalità e che tuttavia non erano stati utilizzati e dovevano trovare un impiego adeguato.
Inoltre, abbiamo innescato anche un meccanismo di partecipazione per fare in modo che vi fosse una ricognizione del patrimonio pubblico e di conseguenza anche la sua ristrutturazione per essere utilizzato e locato a favore dei soggetti più deboli della nostra società, nelle aree ad alta tensione abitativa.
Come potete ben vedere, si tratta di un piano organico, che investe a favore del ceto più debole della società. In buona sostanza, diversamente da quanto avete fatto negli anni passati, stiamo tentando di dare una mano a quella società che, oggettivamente, si trova in condizioni difficili, alla gente che non ha le capacità di risolvere i problemi connessi all'abitazione.
Inoltre, stiamo iniziando con forza e determinazione a costruire un sistema basato sulla stabilità del lavoro. Stiamo effettuando e continuando la costruzione di un sistema della non precarietà. Che cosa significa avere 360 mila precari, di cui parlava l'onorevole Crosetto? Voglio solo sottolineare e ricordare all'onorevole Crosetto che sicuramente questi precari non sono sorti durante il Governo Prodi, nell'arco di 18 mesi. In effetti il Governo Prodi si fa carico di una realtà già esistente, di una diseguaglianza presente all'interno del nostro Paese e delle difficoltà che, giorno per giorno, i giovani incontrano nell'ottenere un posto di lavoro stabile. Ed è giusto che si intervenga nella precarietà e per la precarietà al fine di trovare la stabilità, pur avendo comunque la grande disponibilità - lo abbiamo già fatto e continueremo a farlo - per determinare condizioni di produttività della pubblica amministrazione.
Interveniamo a favore degli indigenti e credo non sia cosa da poco elargire ancora centocinquanta euro. Abbiamo intrapreso una strada. Certamente non si tratta di una grande somma, ma è sicuramente una strada che il Governo perseguirà nel prossimo futuro.
In buona sostanza, interveniamo su tutti i settori: le infrastrutture, lo sviluppo edilizio, il sociale, e a tal fine ricordo gli interventi a favore degli asilo nido ed altri simili.
Si tratta di un provvedimento che riteniamo importante e giusto, ma che sicuramente incontra anche delle piccole difficoltà. Ma esse sono determinate da problemi procedurali e proprio su tale punto intendo chiedere al Presidente della Camera un intervento, altrimenti è del tutto incomprensibile che vi siano sistemi di valutazione diversi in ordine all'ammissibilità degli emendamenti.
Abbiamo un Senato che con grande facilità ammette alcune proposte emendative, anche di carattere microsettoriale, e accetta alcune coperture, che probabilmente bisognava verificare con più attenzione, ed una Camera che, viceversa, ha un sistema estremamente stringente. Ma, pure in tali condizioni, questo ramo del Parlamento si è reso responsabile, perché ha compreso l'importanza del decreto-legge al nostro esame e dei tempi stretti che vi erano affinchè fosse convertito definitivamente entro l'inizio di dicembre e per fare in modo che queste provvidenze possano essere utilizzate nell'anno in corso, come d'altronde abbiamo sottolineato.Pag. 75
L'obiettivo non era certamente, come è stato fatto dal Governo precedente, utilizzare il collegato come una manovra di svuotamento della stessa legge finanziaria. Abbiamo utilizzato il decreto-legge in esame senza svuotare la legge finanziaria.
Ci sono - come dicevo - dei punti che debbono essere affrontati. Mi riferisco ad alcuni interventi microsettoriali inseriti dal Senato su cui, ovviamente, anch'io ho qualche perplessità. Tuttavia, sulla manovra complessiva credo che bisogna essere particolarmente responsabili e seri nel dire che questo è un provvedimento che va nella direzione del programma che il Governo si è dato ed è il programma di inizio giusto per i problemi del Paese.
Un'ultima considerazione, signor Presidente, prima di terminare e di ringraziare. Credo che dobbiamo ragionare sul Regolamento per quanto riguarda il sistema dell'ammissibilità degli emendamenti e, quindi, chiedo al Presidente di verificare le condizioni per modificare il Regolamento oppure di fare in modo che vi siano sistemi simili sia per la Camera sia per il Senato.
Ritengo - lo dico con estrema onestà intellettuale, in quanto mi sento sicuramente impegnato e fortemente legato alla mia coalizione di centrosinistra, ma nello stesso tempo mi sento un uomo libero che rappresenta anche i dettati della Costituzione - che dobbiamo evitare di fare in modo che questo ramo del Parlamento (e la stessa Commissione bilancio) sia soggetto a situazioni di grande difficoltà. Credo che sia doveroso che la Camera dei deputati abbia la possibilità di discutere, modificare e intervenire sugli elementi che si possono ritenere non rispondenti alle idee, alle concezioni e anche alle questioni di carattere tecnico, come abbiamo fatto in Commissione, quando abbiamo verificato che alcune coperture per quello che ci riguardava e per quello che avevamo compreso erano inesatte.
In buona sostanza, ritengo di dare un assenso convinto e forte al decreto-legge in esame.
Nel concludere, vorrei ringraziare ancora una volta il Governo, che ha partecipato con grande attenzione e anche con particolare presenza sistematica ai lavori della Commissione (e anche quest'oggi ai lavori dell'Assemblea). Vorrei, inoltre, ringraziare i colleghi della Commissione sia di maggioranza sia di opposizione e, come ho detto anche nella relazione introduttiva, i funzionari della Commissione e il presidente.
Il presidente, infatti, si è reso responsabile, ovviamente in senso positivo e, dovendo affrontare una serie di emendamenti al decreto-legge non riferibili al Regolamento dell'Assemblea e a quello della Commissione, ha mantenuto ferma la barra, rispettando le regole della Commissione e la prassi costantemente seguita sia per le ammissibilità, sia per la discussione in Commissione. Egli ha avuto il coraggio e la fermezza di capire anche il momento politico che si stava attraversando e, quindi, di modificare semplicemente alcuni articoli. È stato qualcosa di particolarmente difficile e bisogna sottolinearlo e ammirare la sua fermezza.
In buona sostanza, noi crediamo che si tratti di un decreto-legge positivo e auspichiamo che, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, terminata questa frenesia di dover dare «spallate», si possa realmente confrontarsi sui problemi seri, per far tornare in Parlamento una discussione tra parti e fare in modo che si creino condizioni per realizzare le riforme del Paese. Le riforme sono di tutti e vanno nella direzione di garantire i cittadini. Credo che dovremmo realizzarle: noi lo faremo, speriamo che anche l'opposizione lo faccia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole relatore, le questioni che lei ha posto in merito ad ipotizzate modifiche del Regolamento, come sa molto bene, devono essere discusse nella Giunta per il Regolamento. La Presidenza ha preso buona nota delle sue osservazioni e riferirà.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. SignorPag. 76Presidente, dato che il dibattito è stato davvero proficuo, interessante e anche elevato, soprattutto in alcuni interventi, mi sento in dovere di fare alcune repliche alle argomentazioni addotte, a volte in maniera polemica, ma anche molto intelligente e puntuale.
Mi corre anzitutto l'obbligo di ringraziare tutti gli intervenuti, a partire dal relatore e dai componenti della Commissione bilancio. A questo proposito devo dire, proprio per fare chiarezza, che la Commissione, il suo presidente, il relatore e l'opposizione si sono sforzati di giungere alla condivisione di alcune scelte. Tenterò di fare un'«operazione verità», onorevole Leone.
Da parte del Governo vi è stata una dichiarata disponibilità a verificare le condizioni che garantissero gli oneri da destinare alle varie coperture delle norme che si definivano. Bisogna dire che, dopo due giorni di confronto, certo non svoltosi formalmente nella Commissione ma comunque tra le varie componenti della stessa, si è preso atto dell'impossibilità di concretizzare l'intento unanimemente dichiarato. Alla fine in Commissione si decideva responsabilmente di modificare l'atteggiamento e quindi di garantire, in particolare, la copertura a quelle norme licenziate dal Senato senza copertura o con copertura inadeguata.
Si tratta ovviamente di norme importanti: sono state qui richiamate quelle relative agli incapienti, agli emotrasfusi, al biodiesel, alla vittime del terrorismo.
Credo che, già aver deciso di intervenire per garantire una copertura certa a queste quattro norme, sia stata una scelta di grande responsabilità da parte della Commissione, operata non solo per adempiere a un dovere di ordine costituzionale (l'articolo 81, comma quarto della Costituzione impone, infatti, a qualsiasi parlamentare, oltre che all'intera Camera, l'obbligo di licenziare testi che abbiano certezza di copertura finanziaria), ma per un atto di responsabilità del singolo parlamentare che, a mio avviso, in Commissione ha osservato il suo dovere in modo molto responsabile. Visto che si è fatto riferimento alla diminuzione di ruolo della Commissione, rilevo, invece, come ciò faccia onore a questo organismo e ne rilanci il ruolo, che è un ruolo proprio, non burocratico nel rispetto della Costituzione repubblicana, nel momento in cui si discute del merito di norme che riguardano fasce importanti, quali gli incapienti, i malati vittime di trasfusioni fatte in maniera sbagliata, le vittime del terrorismo o l'introduzione e l'agevolazione dell'uso del biodiesel nella nostra agricoltura e nel sistema energetico. Infatti, credo che si compiano scelte importanti. Altro che diminuzione della dignità! Certo, il confronto avrebbe potuto riguardare anche altro.
Il Governo non ha ancora posto la questione di fiducia, anzi, non l'ha mai dichiarata, per cui considereremo molto responsabilmente le dichiarazioni rese in questa sede, ma valuteremo in maniera oggettiva anche i tempi.
A tal proposito, l'onorevole Leone, che è deputato di lungo corso e di grande esperienza, anche per il suo ruolo di vicepresidente vicario di gruppo, sa bene che la convergenza di una pluralità di provvedimenti importanti che devono essere licenziati in un lasso di tempo molto ristretto dalla Camera e dal Senato, probabilmente, può anche indurre a scelte che possono non essere sempre condivisibili.
Comunque, il dibattito vi è stato e si è svolto in modo molto libero in quest'Assemblea che, del resto, non rinuncerebbe mai a discutere. Ho calcato anch'io il pavimento di quest'aula nella precedente legislatura e so quanto valga il dibattito e il confronto che vi si può svolgere; guai a noi se dovessimo rinunciarvi!
Il dibatto che, dunque, si sta svolgendo sul provvedimento in discussione, anche se per alcuni versi in modo non del tutto soddisfacente, certamente sarà più ampio e puntuale in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria che rappresenta l'altro «pezzo» dell'intera manovra del Governo.
Come ricordato nella relazione dell'onorevole Di Gioia, la manovra di bilancioPag. 77si compone, infatti, di tre «pezzi». Ritengo che quello in esame sia quello più appetibile perché prevede risorse realmente disponibili e spendibili ed è questa la ragione per cui vi è stata anche la necessità di verificare tra le varie componenti della coalizione (perché no?) quali scelte intraprendere.
Tuttavia, con molta onestà, ritengo che non si possa partire da questo per affermare che si tratti di interventi «a pioggia»! Vi sono piccole «gocce», ma - onorevole Leone, mi consentirà di rivolgermi a lei sapendo di rivolgermi al suo gruppo - qualche «goccia» è venuta anche da destra, nell'aula del Senato dove ho seguito l'esame del provvedimento, e in Commissione. Ritengo, comunque, che si tratti di scelte giuste perché dare il sostegno all'associazione del Filo d'oro, dei sordomuti o dei ciechi, non rappresenta qualcosa di cui vergognarsi, in quanto tali associazioni sono parti importanti della società italiana, che svolgono attività rilevanti. Del resto, la parte corposa del provvedimento è destinata, invece, allo sviluppo e all'equità sociale.
La prima critica svolta da tutti gli interventi è che bisognava destinare l'extragettito alla riduzione del deficit e del debito.
Questa sarebbe stata la soluzione ottimale. Alcuni colleghi intervenuti - mi sembra gli onorevoli Alberto Giorgetti e Gardini - hanno portato l'esempio del padre che si trova un gruzzoletto non previsto; a tal proposito, ricordo che il nostro gruzzoletto lo abbiamo previsto per le politiche attivate, ma su ciò ritornerò. Con franchezza dico che l'esempio non è calzante, in quanto è vero che il papà può estinguere il mutuo, ma quando il papà ha il figlio che muore di fame ha il dovere di non farlo morire. Noi, di conseguenza, destiniamo 1,9 miliardi di euro alle fasce più deboli della società italiana.
Non rinunciamo ad una politica di rigore e di contenimento della spesa corrente, ma facciamo di questo nostro riformismo una scelta rigorosa, ma graduale. Sono stati richiamati i rilievi del Governatore della Banca d'Italia, il quale afferma, giustamente, che è necessario agire ancora per il contenimento della spesa corrente e della spesa pubblica, anche se non si è ricordato che nel bollettino della Banca d'Italia si evidenzia come, nei primi nove mesi del 2007, rispetto al 2006, le spese correnti dello Stato calano in valore assoluto di 9,3 miliardi di euro, pur in presenza di un aumento della spesa per interessi. Noi, quindi, riduciamo le spese.
Le norme contenute nella legge finanziaria per il 2007 cominciano ad avere effetto. In 16-18 mesi di Governo le soluzioni e le norme approvate incominciano a dimostrarsi efficaci e, ovviamente, devono essere attuate. Vi è anche qualche ritardo e non voglio nascondere qualche responsabilità. Si è fatto riferimento, ad esempio, all'uso dei cosiddetti fondi dormienti, i quali sono diventati oggetto di discussione a seguito dell'emendamento del senatore Rossi volto a raddoppiare i famosi 150 euro da destinare agli incapienti. Il Governo ha approvato il regolamento per fare in modo che gli istituti bancari incomincino a portare alla luce i fondi dormienti. La quantificazione esatta non è disponibile, per cui non sono stati utilizzati, ma sappiamo anche che vi è una legge approvata nella passata legislatura, ai sensi della quale quei fondi hanno una prioritaria destinazione verso il ristoro del danno subito dai tanti risparmiatori che avevano acquistato bond argentini, della Parmalat, della Cirio e quant'altro. Si tratta di una storia che, in quest'Aula, è stata più volte raccontata.
Quali sono gli interventi che abbiamo previsto? Gli interventi previsti per l'ANAS, per le ferrovie, per le metropolitane di Milano, di Roma, di Napoli e per il settore casa sono finalizzati allo sviluppo. Credo che tutto ciò faccia parte di una politica per lo sviluppo e per la crescita dell'economia del nostro Paese.
L'onorevole Crosetto ha svolto un ottimo intervento riferendosi al mutato scenario internazionale. I conti, infatti, ormai si fanno, come diceva quella parte dell'intervento di Crosetto (che condivido perfettamente), tenendo conto che la competitivitàPag. 78è tra i sistemi. Ci si deve preoccupare non solo di incoraggiare le nostre imprese ad andare in India o in Cina - cosa che pur devono fare, in quanto la internazionalizzazione delle imprese è un aspetto positivo e non negativo - ma anche di attrarre investitori seri nel nostro Paese, così che il sistema Paese possa competere.
Abbiamo effettuato questa scelta, e non dimentichiamo che dal luglio scorso, da un lato, con il decreto Bersani e, dall'altro, con la legge finanziaria, abbiamo guardato prioritariamente alle imprese con la riduzione del cuneo fiscale diventata operativa.
Lo stiamo facendo con la legge finanziaria - che mi auguro venga licenziata in Senato ad horas o «ad minutos» - per quanto riguarda non soltanto la grande impresa, ma anche la piccola impresa (attraverso il riordino dell'IRES, che viene ridotta dal 33 al 27,5 per cento, e una leggera riduzione dell'IRAP); per quanto riguarda gli artigiani, i lavoratori autonomi, i professionisti e così via, attraverso la forfettizzazione al 20 per cento per le fasce più piccole. Sono interessati circa 900 mila lavoratori autonomi: penso al piccolo artigiano e al piccolo commerciante del piccolo paese della Puglia o della mia Basilicata, che certamente vedranno eliminate tutte le incombenze di tipo burocratico e pagheranno forfettariamente il 20 per cento.
Si tratta di una scelta di riduzione dell'imposizione fiscale. Altro che Governo delle tasse! Stiamo riducendo seriamente le imposte a carico delle famiglie italiane! Lo abbiamo fatto ora (nei confronti dei lavoratori autonomi «minimi») e lo facciamo nella legge finanziaria in discussione, con la riduzione dell'ICI (che riguarda tutte le famiglie italiane, tranne quelle proprietarie di immobili rientranti nella cosiddetta categoria A/1), e così via.
Ritengo che una lettura onesta anche del testo del decreto-legge in discussione debba portare alla condivisione, al di là delle posizioni politiche che, oggettivamente, possono determinare una valutazione diversa: occorre che ognuno di noi faccia i conti con i dati.
E i dati dell'attività economica e politica di questo Governo sono più che positivi. Essi sono stati ricordati dal relatore nella sua replica: abbiamo ridotto la spesa corrente, come sostiene il Governatore della Banca d'Italia nel suo bollettino; dal luglio 2006 a tutto il 2007 le entrate sono aumentate di 23 miliardi. Questi sono i dati: il debito pubblico comincia leggermente a scendere e ci auguriamo che l'inflazione si mantenga su questi livelli. Vi sono, pertanto, situazioni che non sempre dipendono dalle politiche nazionali: ciò che è avvenuto e sta avvenendo a livello mondiale per l'aumento del prezzo del petrolio e la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti d'America sono eventi che producono oggettivamente un riverbero sull'export e sulle economie italiana ed europea. Ritengo che, in tale scenario, la politica economica del Governo sia efficace: la proseguiremo con grande tenacia e, mi auguro, sempre con il sostegno non solo della maggioranza, ma dell'intero Parlamento e, soprattutto, dell'intero Paese.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Leone ed altri n. 1-00241 sulle scuse da presentare al Commissario europeo Charles McCreevy in relazione a dichiarazioni del Ministro Di Pietro e sulla puntuale osservanza della disciplina in materia di dichiarazioni dei ministri che possano impegnare la politica generale del Governo (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Leone ed altri n. 1-00241 sulle scuse da presentare al Commissario europeo Charles McCreevy in relazione a dichiarazioni del Ministro Di Pietro e sulla puntuale osservanza della disciplina in materia di dichiarazioni dei ministri che possano impegnare la politica generale del Governo (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussionePag. 79della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
È iscritto a parlare l'onorevole Leone, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00241. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo brevemente. Il fatto esposto nella mia mozione è noto: per chi non lo conosce, lo riepilogo velocemente. Il Ministro Di Pietro, intervenendo in merito ad alcune richieste di chiarimento avanzate dal Commissario europeo Charles McCreevy - spero di aver pronunciato bene il suo nome - sulle concessioni autostradali, ebbe a dichiarare (si tratta di notizie riportate dai giornali): «se un giorno Bruxelles, che ci chiede tutte queste spiegazioni, ci potesse anche dire chi gli manda tutte le veline ci farebbe un favore».
Perché è venuta fuori questa frase? Vi era una sorta di diatriba sulla correttezza di alcune procedure o su alcuni modi per risolvere una certa questione in materia autostradale e vi era, da parte della Commissione europea, un avviso contrario rispetto alle azioni compiute dall'Italia, e quindi dal Ministro Di Pietro.
A noi sembra che quella dichiarazione nei confronti di un Commissario europeo sia un po' eccessiva. A nostro avviso, il Ministro Di Pietro, nel momento in cui ha reso quella dichiarazione, non rappresentava se stesso, o comunque il Ministero la cui delega è stata a lui assegnata, ma sicuramente l'intero Governo, e quindi l'intero Paese, in sede europea.
Questo battibecco e questo comportamento del Ministro sono emersi anche attraverso la stampa, e lo stesso Di Pietro ha addirittura ipotizzato una sorta di complotto nei suoi confronti, dando la stura a tutta una serie di ipotesi, legate al fatto che qualcuno suggerisse al Commissario europeo di fare quelle dichiarazioni a suo danno.
Sentiremo poi dal rappresentante del Governo quale sia la posizione dell'Esecutivo non solo sul comportamento del Ministro Di Pietro, ma anche sull'ipotesi dallo stesso formulata. Vorremmo sapere se, quando tale dichiarazione è stata espressa, essa fosse o meno legata a qualche precedente o a qualche «velina», giunta certamente non da Antonio Leone, ma sicuramente da qualche membro del Governo o dallo stesso Presidente del Consiglio, forse anche per l'esperienza in materia di veline dallo stesso maturata in qualità di Presidente della Commissione europea.
Non lo sappiamo. È una domanda che sottoponiamo all'attenzione del Governo non solo al fine di stigmatizzare il comportamento del Ministro Di Pietro, ma anche al fine di richiamare lo stesso Presidente del Consiglio alle regole dettate dalla legge. Non si tratta, infatti, di regole della politica o di regole di correttezza, legate soltanto a un buon comportamento ovvero al comportamento del buon padre di famiglia, che un membro del Governo dovrebbe comunque osservare. E non ci sembra che in questo caso il Ministro Di Pietro abbia osservato tale comportamento, tenendo un atteggiamento che non ha certo fatto onore all'Italia.
Inoltre, come dicevo prima, il Presidente del Consiglio è «preposto» all'attuazione di una normativa - la legge n. 400 del 1988 - che disciplina l'attività di Governo e l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, proprio al fine di ottenere una posizione univoca con una sorta di «controllo» che non ricorre per i singoli Ministri, ma che può essere esercitato nelle ipotesi in cui il singolo Ministro travalichi, per l'azione politica che in quel momento sta svolgendo, la sfera dei poteri legata alla sua delega, ossia i poteri gli vengono attribuiti dalla delega conferitagli dal Presidente del Consiglio, e va a rappresentare in Europa non il Ministero delle infrastrutture, ma l'intero Governo e l'intera Italia.Pag. 80
La ratio di quella norma è legata proprio a questo aspetto. Tant'è vero che il Presidente del Consiglio ha inteso addirittura estendere quella norma, scritta nei confronti dei componenti del Consiglio dei ministri, anche con la sua azione personale.
Ricorderete tutti i famosi undici o dodici punti elencati in occasione di una crisi di Governo, una pseudo crisi. Tra i suddetti punti - mi sembra si trattasse dell'undicesimo - si prevedeva una «delega» al portavoce, finalizzata ad esprimere una posizione univoca su tutte le questioni di Governo.
Sapete tutti chi era e chi è il portavoce: lo ricorderete perché non ha praticamente mai svolto la funzione di portavoce e ognuno è sempre «andato a ruota libera».
Ma evidentemente il Presidente del Consiglio conosceva la norma, nel momento in cui ha inventato per Sircana quel tipo di ruolo, legato anche al fatto che occorre sempre qualcuno, ai fini dell'univocità delle dichiarazioni e dei comportamenti, che deve comunque controllarli, in maniera legittima, così come si rinviene nella norma e nel caso che ci occupa, e ciò vale anche nei confronti di un Ministro.
Attraverso la mozione da noi presentata, non chiediamo solo che ci venga fornita qualche risposta in ordine ai motivi del comportamento tenuto. In altre parole: se emerge che si tratta solo di una questione caratteriale, ne abbiamo viste compiere tante altre da parte del Ministro Di Pietro: una più o una meno non ci scandalizza. Ma se la dichiarazione uscita dalla bocca dell'ex pubblico ministero è legata a qualche verità in ordine al lancio di veline - non mi riferisco a veline televisive - operato da qualcuno del Governo o dallo stesso Presidente del Consiglio nei confronti del Commissario europeo, ci sembra che ciò faccia assumere alla vicenda qualche risvolto un po' equivoco sul quale deve essere fatta chiarezza.
Se così non fosse, e il Ministro Di Pietro ha semplicemente manifestato le sue doti caratteriali, nel momento in cui ha tacciato il Commissario europeo di collusione con non so chi, evidentemente il Presidente del Consiglio deve assumersi la responsabilità anche di quanto affermato da Di Pietro, e deve comunque pretendere che l'Italia non venga «resa ridicola» attraverso quelle dichiarazioni.
Con la mozione da noi presentata, desideriamo che il nostro Governo si scusi con il Commissario europeo Charles McCreevy e chiediamo, se possibile, che emerga il motivo delle dichiarazioni riportate.
A noi, comunque, basta che vengano stigmatizzati quei comportamenti: non perché siamo l'opposizione, ma perché siamo cittadini italiani, ed è quanto ci interessa nei confronti delle altre nazioni europee.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, come gruppo parlamentare Italia dei Valori abbiamo accolto la mozione in esame con un misto di rammarico e di soddisfazione.
Il rammarico nasce perché, con riferimento alla riportata battuta giornalistica - credo di nessuna importanza, di nessun rilievo e di nessun interesse - l'aspetto più grave non è il fatto che essa sia stata pronunciata, ma il fatto che ci troviamo oggi a parlarne in questa sede.
Una democrazia si nutre anche e forse soprattutto dell'apporto dell'opposizione, dell'atteggiamento incalzante di chi, dall'opposizione, sospinge l'azione del Governo, la controlla, si fa carico di proposte e di una visione alternativa del governo e della gestione della cosa pubblica di un Paese.
Spiace veramente - ed è la considerazione più profonda - osservare che quel tempo che il Regolamento della Camera e le tradizioni democratiche del nostro Paese e di questa istituzione riconoscono fondamentalmente e giustamente all'opposizione, venga tutto sommato così miseramente sciupato nel discutere di una banale ricostruzione giornalistica, nel discutere di qualcosa che neppure l'indiscussa e innegabile abilità oratoria del collega Leone,Pag. 81nel tentativo di attribuirle un minimo di pathos, è lontanamente riuscita anche solo a prefigurare come rilevante.
Dall'altro lato abbiamo accolto con soddisfazione la mozione - ovviamente lo dico con una certa ironia - perché proviene da un'opposizione che per un anno e mezzo ha dimostrato come propria unica dimensione, come unico modo in cui riesce a concepire, a pensare, a intendere, a manifestare se stessa, quello di una mera contrapposizione. Parliamo, infatti, dell'opposizione della spallata continua, che chiede le dimissioni del Presidente del Consiglio la mattina, che a pranzo stigmatizza l'opera di un Ministro e la sera diede le dimissioni di un altro. Se al di là di ciò questa opposizione oggettivamente non sa andare e questa banalità, con rispetto parlando, è tutto quello che è riuscita a pensare e a contestare a un Ministro che pure si occupa di un settore strategico per il Paese come è quello delle infrastrutture, allora evidentemente questo Ministro e questo Governo tutto sommato stanno davvero facendo bene. Non è riuscita ad immaginare altro che questo, da contestare.
In ogni caso dedicando le poche parole che questa mozione merita, ritengo opportuno sottolineare quello che mi sembra sia sotto gli occhi di tutti, ovvero che il Ministro delle infrastrutture e il Governo italiano hanno con l'Unione europea un rapporto di reciproco e assoluto rispetto e collaborazione. Anche nella gestione di situazioni e di controversie delicate, dove pure l'Italia in alcuni casi ha espresso posizioni e valutazioni difformi rispetto a quelle della Commissione europea, c'è sempre stato un franco confronto che ha portato di volta in volta o alla modifica delle posizioni originarie della Commissione o quando questo non è avvenuto a un adeguamento ugualmente rispettoso del Ministero delle infrastrutture e del Governo italiano.
Non credo veramente di dover andare oltre, mi permetto soltanto di sottoporre al collega Leone, che purtroppo ha abbandonato l'Aula, una constatazione conclusiva. Prendiamo atto che vi è stato un sussulto di formalistico rigore da parte sua e da parte del suo gruppo. Tale sussulto rappresenta comunque un contributo da prendere in considerazione, anche se non adeguato per le ragioni che adducevo prima. Tutto ciò lo dovrà portare quantomeno a prendere di nuovo carta e penna.
Visto che l'onorevole Leone ci tiene in modo così estremo alla tutela dell'immagine e della dignità del Paese e del popolo italiano - cosa che tutti condividiamo - credo che non potrà esimersi, per dovere di completezza, dal vergare di suo pugno una lettera di scuse, visto che il diretto interessato in questi anni non ha ritenuto di farlo, al Primo Ministro danese Rasmussen. Quest'ultimo, infatti, si trovò in una conferenza stampa ufficiale sottoposto all'evidente imbarazzo di assistere ad una sceneggiata familiare dell'allora Premier Berlusconi. Un'altra lettera di scuse la dovrà indirizzare all'intero consesso del G8 che nel 2002 a Madrid si vide ugualmente costretto al pubblico ludibrio nel momento della foto ufficiale conclusiva dei lavori, grazie al poco edificante gesto compiuto da parte dell'allora Primo Ministro italiano, Berlusconi, di fare le corna a un collega. Si tratta di comportamenti che sicuramente l'onorevole Leone non mancherà di stigmatizzare. Così come, con ben altra importanza, formalità e ritualità, il Parlamento europeo ha stigmatizzato il comportamento del vicepresidente della Commissione europea, onorevole Franco Frattini, il quale, evidentemente non avvezzo al fatto che in Europa alcune abitudini della politica italiana, quale quella di raccontare frottole, non sono apprezzate, si è sentito ricordare che, da vicepresidente della Commissione europea nel citare, nel ricordare, nel menzionare in dichiarazioni pubbliche, atti rilevanti e vincolanti della Comunità europea, si presuppone il dovere della verità.
Per tutte queste ragioni il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro questa mozione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

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GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, anch'io intendo intervenire molto brevemente. La prima sensazione è che alcuni colleghi in questa Assemblea non abbiano proprio nessuna memoria oppure facciano finta di non averla.
Il collega Leone, insieme a me e a tanti altri, era presente nella scorsa legislatura, e credo che molte volte abbiamo sofferto non tanto per la mancanza di forma e di rispetto nei confronti dell'Europa e di quello che essa rappresenta, ma perché nella sostanza ci pareva che in molte occasioni venisse a mancare la significativa presenza, sempre dimostrata dall'Italia nei decenni passati, e l'apporto che il nostro Paese ha sempre dato alla costruzione della casa comune europea. Voglio fare riferimento, anche se lo ha già fatto il collega Donadi, al fatto che nel corso della passata legislatura abbiamo dovuto subire alcuni atteggiamenti che certamente non hanno conferito credito e non hanno costruito la credibilità del nostro Paese, anzi l'hanno intaccata. Mi riferisco al gesto delle corna fatto da Berlusconi, immortalate in una foto ufficiale, ad un incontro di Capi di Stato e di Governo, che non credo possa definirsi una simpatica fotografia.
Ricordo anche l'appellativo «kapò» che il Presidente Berlusconi pronunciò indirizzandolo al capogruppo della delegazione del PSE al Parlamento europeo, proprio nel corso dell'insediamento dell'ultimo semestre di Presidenza italiana. Da ultimo, lo sfoggio - se mi consentite e se fosse possibile per lui - di qualità da latin lover sempre da parte del Presidente Berlusconi nei confronti della Presidente finlandese, che ha provocato l'incredulità nelle Cancellerie europee, ma soprattutto uno spiacevole incidente diplomatico che poi lo stesso Berlusconi ha voluto chiudere con scuse tanto veloci quanto imbarazzate.
Sul piano politico non possiamo non ricordare quanto la Lega Nord ha rappresentato più volte ed espresso, non solo nei raduni di partito, ma anche per bocca di esponenti leghisti Ministri in carica e, quindi, con responsabilità di Governo. L'Europa è sempre stata vissuta da questa forza politica con un certo fastidio, distacco e sufficienza: ricordiamo in proposito la definizione di Europa «Forcolandia» e, da ultimo, l'Europa definita «l'Unione Sovietica dell'Occidente».
Ricordo tutto ciò perché tutti i colleghi, in questo Parlamento, rappresentino le forze politiche ma anche il popolo italiano; penso, altresì, che il popolo italiano abbia sicuramente una memoria chiara e precisa. Pertanto, non ho difficoltà a esprimere anche il mio stupore nel leggere le parole del Ministro Di Pietro; tuttavia, ritengo che vi siano momenti, che sono definiti e sono effettivamente formali e ufficiali, e che vi siano altresì modalità, espresse in situazioni particolari, per farsi capire in maniera più diretta.
Non voglio entrare nel merito della specifica questione, ma voglio cogliere l'occasione per affermare che nella mozione in esame, il cui primo firmatario è il collega Leone, mi pare di leggere una preoccupazione per l'Europa. Mi pare di leggere anche la volontà di rimettere il nostro Paese in prima fila rispetto ai temi dell'integrazione e della costruzione europea, quindi intendo cogliere tale intenzione anche con un senso di soddisfazione, perché da parte di questa forza politica e, in generale, del centrodestra non avevo mai sentito delle parole così preoccupate nei confronti dell'Europa, non avevo mai sentito degli inviti così forti nei confronti delle istituzioni europee.
Siamo certamente a favore del rispetto di tutte le regole e di tutte le leggi come veniva ricordato in questa sede, ma pensiamo e siamo convinti che le regole debbano sempre esprimere una sostanza, debbano sempre essere accompagnate e accompagnare un contenuto.
Riteniamo che quella che oggi verrebbe invitata da parte del collega Leone a porgere le sue scuse, è la persona che negli anni in cui ha condotto e guidato il Governo italiano è riuscita, certamente non da sola, a imprimere un'accelerazione nei confronti della nostra adesione all'Europa: penso ai Trattati di Maastricht e alla moneta unica europea. Sono questi i fatti sostanziali. Ed è la stessa persona - ilPag. 83Presidente Prodi - che nei cinque anni di Presidenza europea ha sostenuto un'altra scelta importante, l'allargamento dell'Unione europea ai Paesi dell'ex Unione Sovietica, con la ricostruzione davvero dell'unità europea.
Penso che questi siano gli elementi che - mi permetto di ricordare, senza nulla togliere all'impegno personale del Presidente Prodi - il centrosinistra porta sul tavolo della sfida europea. Non può essere certamente una mezza battuta a intaccare la credibilità del nostro sentire e agire europeo, del nostro voler avanzare in termini di unità europea.
Concludo, perché non voglio neanch'io sottrarre troppo tempo. Ma l'occasione mi è buona per dire che il gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo crede davvero nell'Unione europea. Siamo impegnati affinché l'Europa cresca in termini di coesione e affinché si riesca ad individuare le strade per essere protagonisti nello scenario internazionale. In tale direzione si rivolge il nostro impegno, perché, dopo la frenata che ha avuto il Trattato di Costituzione europea, che nell'ultimo summit di Lisbona ha ripreso il suo cammino, vi possa essere una ripresa veloce che ci conduca ad un'approvazione nel più breve tempo possibile, anche in questa sede come - ci auguriamo - in tutti gli altri Paesi europei, per giungere alle prossime elezioni europee con una Carta costituzionale condivisa e formalmente approvata.
Il Corriere della sera qualche giorno fa riportava un'indagine (per quanto non abbia elementi particolari per conoscerne la scientificità) nella quale si confermava che le italiane e gli italiani ripongono ancora una grande fiducia - oserei dire - una grande speranza nell'Europa, nelle sue istituzioni, nel cammino di unificazione e di integrazione europea.
Credo che questi siano gli argomenti veri e la strada da percorrere affinché il Parlamento non si perda nella strumentalità ma si ritrovi attorno ai contenuti con un po' di chiarezza e con un po' di coraggio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea si pronuncerà, al momento del voto, contro la mozione Leone ed altri n. 1-00241, in quanto, a mio avviso, il suo contenuto avvilisce il ruolo del Parlamento, riducendolo a mera cassa di risonanza di propaganda politica, e pretende di affrontare, in modo molto strumentale, temi che, invece, sono rilevanti.
Infatti, discutere di quale dev'essere il codice di comportamento corretto tra le istituzioni e di quali debbano essere gli interventi (le scuse e cose di questo genere) quando tale codice viene violato, così come discutere di quali siano i limiti del potere di esternazione di un Ministro nei confronti dell'indirizzo di politica generale del Governo, in astratto, sembrerebbero temi significativi ed importanti. Tali temi, tuttavia, perdono di importanza e valore quando vengono agitati, in maniera così strumentale e propagandistica, da una parte politica la cui credibilità su questo terreno è, certamente, molto bassa.
Altri colleghi, prima di me, hanno ricordato fatti, episodi ed occasioni in cui questo corretto codice di comportamento tra le istituzioni italiane ed europee, nonché questa rigida applicazione della legge n. 400 del 1988 (che, quindi, era già in vigore anche all'epoca del Governo presieduto da Berlusconi), venivano tranquillamente calpestati e messi sotto i piedi da comportamenti concreti.
Come è stato ricordato, vi sono state molte occasioni che non rendono credibile questa mozione e che inficiano il tentativo di voler proporre questioni serie in modo assolutamente strumentale e propagandistico. Si sono verificati numerosi fatti ed episodi (ne è stato fatto un elenco) e ricordo anch'io le dichiarazioni rilasciate, durante il congresso del Carroccio, dall'allora Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, Bossi, nei confronti dell'Europa. Si trattava di un Ministro in carica, il quale parlava dell'Europa inPag. 84termini francamente offensivi - accostandola al fascismo - e che costrinsero, allora, il portavoce della Comunità europea ad esprimere rammarico al riguardo. Ebbene, io non ho mai sentito, da parte delle forze che oggi vogliono fare la morale a questo Governo e a questi Ministri - una parola di scusa o di rammarico. Al contrario, ricordo che l'allora Ministro delle politiche comunitarie, l'onorevole Rocco Buttiglione, affermò che, in fondo, l'onorevole Bossi aveva il diritto di esprimere la propria opinione, anche se la linea del Governo rimaneva fortemente europeista. Egli non si associò, dunque, alle proteste che pure dovevano essere fatte, in quella occasione, nei rapporti con le istituzioni europee, ma anzi giustificò, sia pure affermando che la linea del Governo era un'altra. Anche in quella occasione, pertanto, al di là del merito della dichiarazione, si pose un problema della corretta applicazione della legge n. 400 del 1988, relativamente al potere di esternazione di un Ministro, nei confronti del potere complessivo di indirizzo generale del Governo.
Tuttavia - ripeto - tutto questo non è mai stato sollevato da parte di quelle forze che oggi vogliono sollevare tale problema: ciò inficia la credibilità dei temi che vengono proposti dalla mozione Leone ed altri n. 1-00241 e, quindi, la riduce a strumento, appunto, di iniziativa propagandistica.
Si tratta di un'iniziativa propagandistica legittima, che tuttavia, a mio avviso, mortifica il ruolo del Parlamento su argomenti che invece potrebbero anche essere seri, fuori da questo contesto di propaganda. Se, infatti, vogliamo discutere fino in fondo certi temi e certi problemi, il riferimento a veline che sarebbero arrivate al commissario europeo non è un riferimento elegante: appare, appunto, una battuta giornalistica.
Se vogliamo invece discutere, non di veline, ma delle pressioni fatte, a livello europeo, da gruppi organizzati, da grossi interessi economico-finanziari, da lobby per cercare di orientare l'azione della Commissione europea in un senso o nell'altro, allora discuteremmo di una questione molto seria e probabilmente, su questo terreno, potremmo anche trovare, qui in Parlamento, punti reali di convergenza e di condivisione.
Mi pare dunque che non abbiamo materia per questa discussione, perché - lo ripeto - non c'è credibilità nel modo in cui tali questioni vengono sollevate e perché esse vengono agitate strumentalmente. Queste sono le ragioni per le quali auspico da parte dell'onorevole Leone il ritiro della mozione, perché non mi pare che essa possa produrre qualche effetto significativo per il Parlamento italiano. Se ciò non avvenisse, esprimeremo voto contrario su di essa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, hanno svegliato il cane che dorme, continuando ad attaccare la Lega riguardo ad una mozione con cui la Lega non ha nulla a che fare, e dunque devo rispondere, anche come presidente della Lega Nord per l'indipendenza della Padania.
La mozione al nostro esame non ci appassiona molto, perché fa un po' il verso a quanto voi avete fatto per cinque anni, ossia cercare di attaccarvi ad ogni singola cosa e ad ogni singola frase e cercare sempre di fare la polemica politica. Voi lo avete fatto anche per questioni molto più stupide e meno importanti, per cui non venite a fare la morale a nessuno perché siete gli ultimi a poterlo fare.
Il collega Leone e il gruppo di Forza Italia hanno deciso di presentare la mozione e credo che sia legittimo discuterne, perché comunque riguarda implicazioni nel rapporto con l'Unione europea, e quindi ritengo che la questione non possa essere tranciata come qualcosa da non discutere.
Penso, invece, che sia meno legittimo cercare di rinfocolare i vari discorsi, altrimenti dovremmo entrare nel merito. Non voglio tirare in ballo tutte le dichiarazioni cui, purtroppo, abbiamo dovuto sottostare nell'ultimo anno e mezzo, altrimenti altro che mozione Leone, ne dovremmoPag. 85presentare cinquanta! Basti pensare all'ultimo scontro fra Di Pietro e Mastella e alle affermazioni di Scalfaro, che adesso è un po' che sta in silenzio. Avete una pletora di Ministri e avete addirittura dovuto portarli in convento, perché stavano parlando troppo e ogni volta che parlavano dicevano stupidate! Invece di cercare di aggrapparvi ad aspetti che non c'entrano nulla, dovreste forse provare un po' di vergogna e assumervi un po' di responsabilità.
Per quanto riguarda le affermazioni fatte in riferimento alla Lega, vorrei sottolineare che noi abbiamo sempre svolto una critica sull'Europa perché ci sembra molto stupido essere «euro-entusiasti» senza entrare mai nel merito, mentre credo che sia più corretto, nei confronti dei nostri concittadini, essere ogni tanto anche un po' meno «euro-succubi». Quando l'Europa diventa un maglio che non ci permette sviluppo, a cui diamo contributi senza ricevere nulla in cambio, credo che non si stia facendo politica. Essere europeista a tutti i costi vuol dire accettare ogni cosa?
Ragioniamo sul mandato di cattura europeo, facciamolo in maniera pacata, ma ragioniamoci sopra: vogliamo essere responsabili nei confronti dei nostri concittadini o vogliamo porre un problema? Castelli lo fece, ma questo Parlamento non ne ha mai discusso in maniera ampia, e forse sarebbe ora di cominciare a farlo. L'Europa ci impone una «dose minima di pedofilia» e noi - che siamo «euro-entusiasti» - la subiamo passivamente o vogliamo discuterne? Anche su questo aspetto Castelli tenne duro, in quanto si tratta di affermazioni che fanno gridare allo scandalo! Capisco che il Belgio e gli altri Paesi europei abbiano delle priorità, ma sono priorità che non ci riguardano.
Sul territorio c'è stata poi una battaglia, durata anni, sulle quote latte: oggi stanno ammettendo di aver fatto un grosso errore e dei disastri, in pianura padana, nelle nostre aziende agricole. Ci stanno dicendo che aumenteranno tali quote perché tanto, entro qualche anno, le toglieranno. Tre disastri, quindi, l'Europa li ha causati.
Non ci hanno detto che l'Europa avrebbe prodotto il raddoppio dei prezzi a parità di pensioni e stipendi, senza calmierarli. C'era un Prodi, Romano Prodi, che oltre a fare disastri in Italia ne ha fatti per cinque anni in Europa. Vi invito ad andarvi a rileggere l'Economist: per cinque anni ci ha considerato una massa di deficienti, perché avevamo mandato Romano Prodi in Europa a presiedere la Commissione europea.
Prima di fare delle battute ovvie, cerchiamo un attimo di guardarci in casa: abbiamo creato dei disastri alla nostra gente. «Forcolandia» e certi atteggiamenti forti della Lega, che abbiamo condiviso, sono stati anche il mezzo, più di una volta molto utile, per riuscire ad attivare un dialogo, anche di critica costruttiva, con l'Europa: se non ci fosse stata la battuta forte di Bossi, questo dialogo non sarebbe mai cominciato. Invece di guardare il pelo, che magari nasconde la trave, cominciamo a guardare le cose per come stanno: l'Europa, purtroppo, è una macchina burocratica, tecnocratica, tecno-burocratica (qualcuno dice che ormai è una bestia che va affamata, nel senso tecnico-burocratico, perché non è più governabile). È una macchina nella quale si producono atti inutili: il Parlamento europeo - Castagnetti c'è stato, lo sa bene - alcuni anni fa ha discusso per sei mesi su come dovevano essere gli ortaggi in Europa, decidendo come doveva essere rotondo il pisello che usciva dai campi europei o quanto doveva essere lungo il cetriolo dei campi europei!
È questo il Parlamento europeo nel quale i fondatori dell'Europa credevano? È questo il Parlamento europeo da cui ci aspettavamo delle risposte concrete per il territorio? È questo il Parlamento europeo per cui continuiamo a dire agli italiani che l'Europa è una grande risorsa e una grande opportunità? L'euro è inviso a tutti, non c'è più un cittadino che lo possa soffrire! Si decide solo in sede di Commissione europea, per alcune materie all'unanimità, altrimenti le scelte non passanoPag. 86(spesso le decisioni non vengono prese). È questa l'Europa che doveva essere quella grande rivoluzione politica internazionale che ci avrebbe dato un ampio respiro?
Credo che oggi l'Europa, purtroppo, sia una grande palla al piede, ed è meglio che capiate che è ora di cominciare a dirlo, perché si possano avere delle conseguenze (ad esempio, ridiscutendo un patto con l'Europa: ciò, in alcuni casi, sarebbe utile). Non mi scandalizzano le parole di Di Pietro: ha posto questioni sulle quali in altri momenti anche noi della Lega avevamo cercato di richiamare l'attenzione con la stessa forza.
Mi sembra utile, invece, che con i cittadini si faccia un ragionamento: le aziende che vantaggi hanno avuto grazie all'Europa? Quanto paghiamo ogni anno all'Europa e quanto ci torna indietro? Qual è lo sviluppo che ci sta dando l'Europa e quali sono, in termini politici, gli insegnamenti o gli indirizzi che ci sta dando l'Europa? Chiedetevi questo e, se foste coerenti ed onesti, dovreste dire non tanto che Bossi ha ragione, perché questo non lo direte mai, ma, magari, dovreste dire che forse è giunto il momento di cominciare a interrogarci su cosa ci stiamo facendo in Europa.
Credo che la discussione su questa mozione sia puramente formale. Il fatto che Rifondazione Comunista e il Partito Democratico voteranno «no», invece, dimostra quanto siete lontani dalla gente, chiusi nei vostri palazzi, uno magari insieme alla mummia di Lenin a Mosca, quell'altro insieme a Veltroni, chiuso dentro il Campidoglio, ma non vi rendete conto di come la gente sta vivendo gli scenari politici.
Penso che, invece di ragionare di queste stupidate...

ANTONELLO FALOMI. Dillo a Leone!

ANGELO ALESSANDRI. ...dovreste rendervi conto che con l'indulto avete creato un danno alla popolazione; avete fatto una politica che investe sull'insicurezza; state massacrando le partite IVA di quelli che lavorano, e avete ancora il coraggio di venire dentro a quest'aula a fare dei proclamini politici, citando le frasi che uno ha detto e che uno vorrebbe dire.
Credo che questo indichi davvero la lontananza della politica, e la gente lo sta percependo sempre più.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione presentata.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà anche il parere sulla mozione all'ordine del giorno.

RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Ministro Antonio Di Pietro, al di là di quanto riportato dalla stampa e ripreso dalla mozione in esame, ha sempre dimostrato il suo impegno nel portare avanti un'azione politica contrassegnata dal più profondo rispetto per le istituzioni europee.
Nelle proprie funzioni di Ministro della Repubblica, l'onorevole Antonio Di Pietro ha costantemente e diligentemente garantito la massima collaborazione alle istituzioni europee e ne ha sempre seguito le indicazioni, nel rispetto dei dettami della normativa comunitaria.
Così, ad esempio, nella definizione del nuovo ordinamento in materia di concessioni autostradali, il Ministro Antonio Di Pietro ha fortemente inteso dare seguito alle indicazioni pervenute dagli uffici della Commissione europea, modificando ed integrando il testo articolato, ricercando un fattivo confronto anche per quei punti della Convenzione per i quali apparivano divergenti le rispettive posizioni. In tale spirito di collaborazione si è giunti così in taluni casi ad illustrare, nel migliore dei modi, le posizioni del Ministero agli ufficiPag. 87della Commissione, che prendendo atto della bontà delle stesse ne hanno accolto il contenuto.
È bene inoltre evidenziare che l'azione del Ministro Di Pietro si è sempre svolta con il coordinamento costante della Presidenza del Consiglio dei ministri, in ossequio al ruolo attribuito alla stessa dall'ordinamento. Parimenti costante è stata la collaborazione per lo sviluppo del progetto del tunnel di attraversamento del Brennero, per il quale sono stati intrattenuti rapporti costruttivi e collaborativi con gli organi comunitari incaricati di coordinare l'opera.
Da ultimo si fa presente che, a seguito delle osservazioni mosse dalla Commissione europea in merito alla nuova convenzione approvata per la realizzazione dell'autostrada Bergamo-Brescia-Milano, la cosiddetta Brebemi, il prossimo 4 dicembre una delegazione del Ministero si recherà a Bruxelles per spiegare ed illustrare ai competenti uffici della Commissione gli elementi di chiarimento richiesti, dimostrando in tal senso il massimo senso di rispetto e di cooperazione con le istituzioni comunitarie.
Alla luce di quanto sopra, si intendono insussistenti le osservazioni mosse nell'atto di indirizzo in parola nei confronti del Ministro Antonio Di Pietro. Si esclude quindi in modo categorico che il Ministro Di Pietro abbia voluto in qualche modo offendere il prestigio e l'autorevolezza della Commissione europea. Il Governo coglie anzi l'occasione per ribadire la più totale fiducia nella Commissione e nei singoli suoi componenti. Conseguentemente a quanto sopra riferito, il Governo, che nella sua azione quotidiana, nella sua impostazione politica generale, nella storia personale dei propri componenti - del Ministro Di Pietro e del Presidente del Consiglio - ha dimostrato la massima attenzione alle istituzioni europee, esprime parere contrario sulla mozione in discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 18,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Tassone n. 2-00811)

PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il Governo ed il presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Tassone n. 2-00811 concernente la presunta violazione del segreto sull'identità del collaboratore di giustizia Bruno Piccolo a seguito di un controllo dell'ispettorato del lavoro, è rinviato alla seduta di domani.

(Problematiche relative all'espletamento del servizio di pulizia per il trasporto ferroviario nel centro-nord Italia da parte della Mazzoni Ambiente - n. 2-00822)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00822, concernente problematiche relative all'espletamento del servizio di pulizia per il trasporto ferroviario nel centro-nord Italia da parte della Mazzoni Ambiente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, innanzitutto intendo brevemente segnalare, e me ne lamento, che l'interpellanza in esame ha una storia piuttosto lunga, in quanto è stata presentata un anno fa e arriva in Aula solo adesso, perché solo adesso ho raccolto le firme di trenta colleghi per trasformarla in interpellanza urgente. Oltre tutto, per due volte mi è stata rifiutata dagli uffici, che hanno affermato che non era adeguata nei termini.
Pag. 88
Si tratta di una vicenda un po' particolare, che a mio parere dal punto di vista sociale ed economico danneggia i cittadini e i lavoratori: i cittadini che prendono i treni e i lavoratori che lavorano in servizi che sono connessi all'attività dell'azienda ferroviaria. Quanto alla colorazione politica, mi dicono che vi sia una specie di colorazione bipartisan, una sorta di geometria perfetta, per cui forse l'appaltatore appartiene magari all'area del centrodestra e l'azienda subappaltante ad altra area politica, legata alla sinistra.
Questo permette una copertura totale. Non sono d'accordo con queste geometrie perfette, non mi piacciono, e quindi ho insistito, approdando finalmente ad una risposta del Governo. Sostanzialmente, la vicenda è la seguente: nell'ambito della cosiddetta esternalizzazione, l'azienda Ferrovie dello Stato, poi ripartendo in questo caso la gestione tra Trenitalia e Rete ferroviaria italiana, appalta all'esterno, in ragione di un criterio di risparmi sui costi, i servizi di pulizia del trasporto ferroviario, cioè in sostanza dei vagoni.
La rete ferroviaria italiana è stata trasformata in aree: la gara per quella del centro-nord - a me interessa l'appalto che riguarda la mia regione, le Marche, e che è collegato a quello della regione Umbria - è stata vinta dalla società Mazzoni ambiente, che ha subappalto ad una cooperativa, in questo caso la Coop c.p.s. di Ancona, la fornitura della manodopera, cioè il servizio stesso. Questo meccanismo è, purtroppo, piuttosto diffuso: esso è previsto anche nel contratto della gara d'appalto, ma non deve superare il 15 per cento del valore contrattuale annuo, e quindi sostanzialmente dovrebbe essere limitato a semplici attività relative a stazioni ferroviarie minori o, comunque, ad attività minori che non sarebbero economicamente compatibili, e quindi andrebbero delegate ai subappaltatori.
Invece, anche le grandi stazioni ed i treni vengono subappaltati. Richiamo, a tal proposito, un'interrogazione che fu presentata al consiglio regionale delle Marche - di cui ho fatto parte - da un collega del gruppo di Rifondazione Comunista, nella quale era evidenziato come, nel caso di specie, su un appalto complessivo di 6 milioni 700 mila euro ben due milioni di euro venivano dati in subappalto. Si tratta, dunque, di una misura pari ad oltre il 30 per cento, ben superiore al 15 per cento previsto.
Ma vi sono anche periodi particolari. Nel mese scorso mi è stato addirittura segnalato che il treno 11524, composto da dieci vetture ed operante nell'area adriatica, di colpo è stato completamente affidato a questa cooperativa: il gruppo appaltante impiegava nove unità per pulirlo, mentre la cooperativa occupa un solo lavoratore. Si può immaginare, di conseguenza, quale possa essere la qualità del servizio che viene reso. Ovviamente i cittadini si lamentano dei treni sporchi e maltenuti, ma spesso mancano proprio le condizioni ed i tempi - anche a causa di squadre piuttosto scarse nel numero - per poter svolgere la prestazione non dico a regola d'arte, ma almeno in condizioni decenti.
Riteniamo che né l'ente appaltante - in questo caso le Ferrovie dello Stato, tramite Trenitalia - né, ovviamente, il Ministero dei trasporti, al quale spetterebbero compiti di verifica, dovrebbero permettere una situazione del genere.
Esiste, poi, un meccanismo che riguarda i lavoratori (sono, infatti, i lavoratori che mi hanno segnalato questa situazione, che era addirittura incompatibile). Mi riferisco a salari bassissimi, spesso ai limiti di qualsiasi tipo di tabella sindacale, e ad orari spezzettati (ossia poche ore ripartite in numerosi turni), per cui qualche volta l'intera giornata è a disposizione, considerata l'eventualità di turni di tre ore combinati in più turni in una stessa giornata.
Insomma, vi sono tutta una serie di aspetti che non ritengo opportuni. Il criterio della competizione e il conseguente tentativo di cercare, con ogni mezzo, il contenimento dei costi comporta uno sfruttamento esasperato dei lavoratori e un servizio espletato molto male. Poiché si tratta di un servizio pubblico ritengo sia opportuno porre un tale problema.Pag. 89
Inoltre, aggiungo che nel caso di specie è presente una delega particolare. La cooperativa viene organizzata dalla CGIL e se manca l'adesione alla CGIL non si può entrare nella cooperativa, che è composta al 100 per cento di iscritti alla CGIL, perché in caso contrario non si viene chiamati e sembra paradossale che un sindacato, che si richiama a valori solidaristici, metta in atto tali meccanismi insieme all'azienda principale subappaltante.
In ordine a questo ho insistito per quasi un anno, tramite rapporti epistolari con la Presidenza della Camera per ottenere l'iscrizione e la pubblicazione dell'interrogazione che avevo presentato, sino alla raccolta di 30 firme, per ottenere una risposta. Infine, mi limito ad aggiungere che il mio collega di Rifondazione Comunista, consigliere della regione Marche, sottoposto a pressioni - forse le stesse che ho subito io - ha ritirato la sua interrogazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Ciccioli e gli altri che hanno sollevato tale problema e affermo immediatamente che il Governo non ha responsabilità per il ritardo, perché l'ufficio del sindacato ispettivo del Servizio Assemblea che effettua l'istruttoria in ordine all'ammissibilità o meno degli strumenti di sindacato ispettivo appartiene alla Camera dei deputati e non al Governo. Il Governo non subisce né condizionamenti né remore derivanti dai colori politici o dall'appartenenza a questo o ad un altro sindacato.
Il problema posto riguarda il contratto di appalto dei servizi di pulizia del materiale rotabile ferroviario impiegato per i servizi regionali delle Marche, stipulato dalla società Trenitalia con la società Mazzoni Ambiente Spa.
A tale riguardo, la società Ferrovie dello Stato ha comunicato che la società per azioni Pietro Mazzoni Ambiente, a seguito di gara a procedura ristretta, ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, è risultata aggiudicataria della stessa in ordine al lotto 12, relativo alle regioni Marche e Umbria, per lo svolgimento dei servizi di pulizia del materiale rotabile, degli impianti ed altri servizi connessi a tali prestazioni.
L'articolo 10 dell'accordo quadro sottoscritto dalle parti in data 13 febbraio 2006, fissava la quota massima subappaltabile da parte dell'impresa Mazzoni Ambiente, prevedendo che «le attività e prestazioni subappaltabili non potranno comunque eccedere complessivamente, per ciascun anno di validità contrattuale, il 15 per cento dell'importo annuo presunto».
Successivamente, in data 4 aprile 2006, è stato sottoscritto un atto modificativo dell'accordo quadro relativo al lotto 12, riguardante le regioni Marche e Umbria, che all'articolo 5 conteneva una modifica della predetta quota massima nella misura seguente: il 15 per cento dell'importo annuo delle prestazioni afferenti alla pulizia del materiale rotabile e degli impianti; il 100 per cento dell'importo annuo delle prestazioni afferenti ai cosiddetti servizi accessori.
La modifica apportata, pur comportando un aumento della quota delle prestazioni subappaltabili, con riferimento ai soli servizi accessori, manteneva comunque tale quota ampiamente al di sotto di quella massima prevista dalla normativa allora vigente (articolo 18 della legge n. 55 del 1990) che stabiliva, appunto, una quota massima pari al 30 per cento nella categoria prevalente - nel caso di specie le pulizie - e l'integrale subappaltabilità delle restanti categorie di lavorazioni.
Nel corso di validità del citato accordo quadro, a richiesta dell'impresa appaltatrice Mazzoni Ambiente, in base alla documentazione presentata e agli accertamenti esperiti, è stato autorizzato il subappalto a favore del consorzio nazionale cooperative pluriservizi della Rete ferroviaria italiana società cooperativa a responsabilità limitata, entro i limiti e le condizioni previste dall'accordo quadro stesso.Pag. 90
Infatti, a fronte dell'importo presunto complessivo, riferito al successivo contratto applicativo n. 9187 di rubrica del 25 luglio 2007, nel mese di ottobre 2007 sono state autorizzate prestazioni in subappalto per un totale pari al 20 per cento dell'importo contrattuale. Specificatamente, entro i limiti di legge ed in base a quanto previsto dall'articolo 5 dell'atto modificativo dell'accordo quadro, sono state autorizzate prestazioni in subappalto pari al 15 per cento dell'importo presunto complessivo dei servizi di pulizia di treni ed impianti e prestazioni in subappalto pari al 32 per cento dell'importo presunto complessivo per i servizi accessori.

CARLO CICCIOLI. Scusi, che cosa si intende per servizi accessori?

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Con molta franchezza le dico che non sono il sottosegretario ai trasporti, ma credo che si intendano anche i servizi relativi alle pulizie dei locali, non solo dei treni, ma anche degli uffici e delle stazioni.

CARLO CICCIOLI. Le stazioni!

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sono portato a pensare ciò, perché l'atto non l'ho visto. La nota fornita dall'amministrazione delle Ferrovie non è dettagliata in tal senso. Bisognerebbe leggere il contratto. Comunque, poi le dirò quali sono la volontà e il pensiero del Governo.
La società Ferrovie dello Stato ha precisato, infine, che le prestazioni subappaltate riguardano le attività di micromanutenzione e recupero del decoro (magari qualche scarpata o qualche piccola area intorno alle stazioni), servizi accessori, movimentazione batterie (dei treni), conduzione batterie, pulitore viaggiante, servizi di pulizia del materiale rotabile e degli impianti fissi.
Alle Ferrovie spetta il dovere di vigilare sul rispetto pieno degli obblighi sottoscritti e di adottare, in caso di inadempienza, i provvedimenti di rescissione del contratto. I viaggiatori e gli utenti dei servizi ferroviari hanno diritto ad avere servizi efficienti e adeguati.
A mio avviso non è più tempo né di pigrizie, né di inefficienze. Il nostro Paese, che è grande e moderno, non può assolutamente avere servizi scadenti, che incidono - come noto - sulla qualità della vita ed anche sullo sviluppo economico.
Questa è la volontà del Governo: gli amministratori e i dirigenti delle Ferrovie ne debbono tener conto, senza tolleranza alcuna. In caso di inadempienza, debbono procedere alla rescissione del contratto.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di replicare.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, debbo dire che sono abbastanza soddisfatto del tono e del contenuto dell'intervento del sottosegretario che mi ha risposto. Spero che questo richiamo del Governo sia ascoltato, da Ferrovie dello Stato, ex ente, ora società per azioni, in particolare dalla società di scopo Trenitalia su cui si trasferisce il problema.
Infatti, in tali disservizi accade che - essendo pochi i lavoratori, molto mal pagati, quindi in genere esclusi da altri tipi di lavoro migliore, con orari molto contratti, con meccanismi dei turni frazionati e via di seguito - i treni partono spesso con pulizie incomplete (sono stati puliti solo alcuni vagoni), ovviamente in condizioni igieniche precarie (ciò è evidente se si considera che spesso vengono semplicemente ripassate le carrozze, tanto per togliere cartacce o altre cose), con i bagni trascurati e anche le stazioni rimangono sporche.
Non so cosa significhi, però l'appalto è stato fatto in un certo modo. Successivamente, con atto successivo all'appalto, si è determinato che il 100 per cento delle cosiddette attività accessorie potesse essere dato in subappalto.
Forse, se ci fosse stata questa clausola esimente in merito ai servizi accessori (ho ascoltato adesso e non so esattamente a cosa ci si riferisca: batterie, decoro della stazione), avrebbe vinto un'altra ditta l'appalto.Pag. 91Se si trattasse, ad esempio, di cancellare i graffiti sui muri e fatti simili, sarebbe ben poca cosa, ma in questo modo diventa una parte importante dell'appalto stesso. Parliamo di milioni di euro: 6,7 milioni di euro in due regioni e un terzo appalto con un importo superiore a due milioni di euro. Io adesso non so cosa significa «accessorie», ma le cifre sono importanti. Tra l'altro sembra che l'utile maggiore si ricavi proprio nell'affidamento di questi subappalti: nell'attività espletata dalla ditta primaria, quella che ha vinto l'appalto, non si ricavano quasi per niente utili che, invece, si producono attraverso queste esternalizzazioni.
Chiedo, pertanto, che si realizzi quanto è stato detto, di cui mi compiaccio: non si possono concedere sconti a nessuno. Adesso saranno coinvolte le ferrovie e la società Trenitalia; occorre procedere alle dovute verifiche.
Ho fatto riferimento a ciò che conosco, l'appalto e i subappalti nell'area delle Marche e dell'Umbria, ma mi dicono che la stessa situazione (si tratta, mi sembra, di dodici o quindici appalti) sia diffusa in tutto il territorio nazionale, magari con società diverse.
Chiedo che ci sia una forte vigilanza e ovviamente, tra qualche tempo, procederemo alla verifica dello stato dell'arte.

PRESIDENTE. Desidero fare presente che l'interpellanza urgente all'ordine del giorno reca l'identico testo della interrogazione a risposta orale n. 3-00048, pubblicata in data 5 dicembre 2006, non ancora svolta. La Presidenza ha proceduto tempestivamente alla pubblicazione sia del primo, sia del secondo atto. Il fatto che non sia stata data risposta alla prima interrogazione a risposta orale, tanto da indurre il presentatore ad utilizzare per la stessa questione il diverso strumento della interpellanza urgente, non è certamente imputabile alla Presidenza della Camera.
Quanto poi all'interpellanza urgente, essa si è svolta nella prima seduta utile, dopo che i presentatori, con il consenso del Governo, ne avevano chiesto il rinvio.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Narducci n. 2-00814)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Narducci n. 2-00814, concernente tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia, è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Dionisi n. 2-00826)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Dionisi n. 2-00826, concernente ipotesi di vendita da parte dell'Eni di stazioni di servizio Agip, è rinviato ad altra seduta.

(Applicazione della normativa riguardante la riduzione dei trasferimenti statali in caso di aumento del gettito derivante da imposte locali - n. 2-00839)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00839, concernente l'applicazione della normativa riguardante la riduzione dei trasferimenti statali in caso di aumento del gettito derivante da imposte locali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmatario.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, ancorché brevemente ricordo i termini della questione che sottoponiamo al Governo. Riteniamo che essi siano importanti in quanto anche su di essi si gioca la stabilità finanziaria degli enti locali e, in particolar modo, dei comuni di dimensioni medio-piccole.
È noto che la legge finanziaria per il 2007 ha previsto alcune modifiche in merito alla tassazione ai fini delle imposte dirette e dell'ICI, in particolar modo con riferimento a terreni agricoli, ex fabbricati rurali, fabbricati appartenenti alla categoriaPag. 92catastale B, nonché ai locali ad uso commerciale in aeroporti, porti e stazioni ferroviarie.
In buona sostanza, questa disposizione, che ha modificato il decreto-legge n. 262 del 2006, tende ad enunciare un principio ormai consolidato nel nostro ordinamento in forza del quale, quando vi sia una modifica normativa statale che produce una più elevata tassazione a livello locale, e quindi un maggior gettito ai fini dell'imposte dirette e dell'ICI, il maggior gettito derivante dall'imposta locale venga attribuito allo Stato, sotto forma di una corrispondente riduzione del trasferimento statale ai comuni.
Questo principio ha trovato ingresso in maniera stabile nella legge finanziaria dello scorso anno; i commi 39 e 46 dell'articolo 2 del suddetto decreto-legge stabilivano, infatti, che i trasferimenti erariali a favore dei comuni fossero ridotti in misura pari al maggior gettito dell'ICI conseguente all'applicazione della normativa, sopra richiamata, sulla base di una certificazione da parte di ciascun comune interessato.
Per il 2007, l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, stabilisce che, fino alla determinazione definitiva del maggior gettito ICI in base alle suddette certificazioni e autocertificazioni dei comuni, la riduzione dei trasferimenti statali è effettuata in misura proporzionale alla maggior base imponibile per singolo ente, comunicata al Ministero dell'interno dall'Agenzia del territorio entro il 30 settembre 2007 e per un importo complessivo di euro 609.400.000. Ciò comporta che la determinazione provvisoria è calcolata sul maggior gettito figurativo in attesa delle certificazioni da parte dei comuni che stabiliscano esattamente quale sia tale maggiore entrata.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno sul proprio sito ufficiale risulta che le stime del maggior gettito e la conseguente riduzione dei trasferimenti statali siano notevolmente al di sopra rispetto ai maggiori gettiti effettivi. Poiché il trasferimento da parte dello Stato ai comuni è stato effettuato sulla scorta del maggior gettito presunto, non su quello effettivo, derivante dalle certificazione dei comuni, è avvenuto e avviene che la decurtazione del trasferimento statale è stata superiore a ciò che realmente sarà il maggior gettito.
Per fare un caso specifico, ad esempio, al comune di Verona viene imputato un maggior gettito figurativo, e conseguentemente una riduzione di trasferimenti statali pari a 3.869.236,30 euro, mentre dai conteggi effettuati dallo stesso comune risulta che il maggior gettito dovuto in forza di tale norma corrisponde a non più di 200.000 o 300.000 euro. Una situazione analoga si presenta per tutti gli altri comuni.
Se analizziamo il caso di Verona, che è un comune di dimensioni medie e ricco, si registra un danno economico che in qualche modo nel tempo potrà essere riparato, anche se certamente non per l'esercizio finanziario in corso, considerato che ci troviamo a novembre. Se, però, consideriamo tutto ciò con riferimento ai comuni di piccole dimensioni, che hanno un reddito pro capite inferiore e per i quali il gettito ICI diventa la fonte prevalente, se non esclusiva, del loro mantenimento, ci rendiamo conto del danno che tali piccoli comuni subiscono dall'applicazione in questi termini della norma in discussione.
Questa riduzione del gettito statale è effettivamente sproporzionata, a maggior ragione nel momento in cui i comuni si trovano a chiudere il proprio esercizio finanziario (a novembre), quando la loro attività di spesa si è conclusa e tutto ciò produce significative difficoltà finanziarie e oggettive situazioni di squilibrio che non sono facilmente riparabili, lo ripeto, soprattutto in quelle realtà municipali di piccole dimensioni, che trovano nel gettito ICI la loro principale fonte di finanziamento.
Per tali ragioni, e poiché credo che la questione oggetto dell'interpellanza sia molto seria, chiediamo al Governo, e in particolar modo al Ministro dell'economia e delle finanze, come intenda procedere e se vi siano misure che possano in qualche modo sospendere l'applicazione dei tagli aiPag. 93trasferimenti statali che, in effetti, prevedono uno sbilancio rispetto all'effettiva determinazione della consistenza del maggior gettito ICI per i comuni - che sarà quantificato mediante le autocertificazioni - e se, quindi, si possa porre un'inversione di rotta immediata, pena l'ulteriore danneggiamento della finanza degli enti locali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza in discussione si chiede di indicare quali iniziative si intendano adottare al fine di sospendere l'applicazione dei tagli ai trasferimenti erariali ai comuni, operati in attuazione del disposto dei commi 39 e 46 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, in attesa di procedere alla quantificazione effettiva del maggior gettito derivante dall'ICI mediante autocertificazione dei comuni, eventualmente modificando il previsto importo complessivo di 609 milioni 400 mila euro.
Gli onorevoli interpellanti ricordano le disposizioni alla base del predetto taglio ai trasferimenti statali ai comuni e, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge del 2 luglio 2007, n. 81, convertito dalla legge n. 127 del 2007, che prevede - sino alla definitiva determinazione del maggior gettito ICI in base alla certificazione dei comuni - la riduzione dei trasferimenti in misura proporzionale alla maggiore base imponibile, comunicata al Ministero dell'interno dall'Agenzia del territorio entro il 30 settembre 2007.
Gli onorevoli interpellanti, a tal proposito, fanno rilevare, a titolo esemplificativo, come per il comune di Verona, a fronte di una riduzione dei trasferimenti di euro 3.869.236,30, corrisponderebbe, da conteggi effettuati dallo stesso comune, un maggior gettito effettivo e non superiore ai 200-300 mila euro.
A tale riguardo si rappresenta che in data 28 settembre 2007, in virtù del citato articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 81 del 2007, l'Agenzia del territorio ha fornito al Ministero dell'interno, competente in materia, comune per comune i dati relativi all'incremento di base imponibile verificatosi nei primi otto mesi del 2007. È appena il caso di sottolineare che, sulla base dei dati forniti, per il comune di Verona l'incremento di base imponibile risulta di oltre 650 milioni di euro, consuntivato al 31 agosto 2007, con un incremento del potenziale gettito ICI che dovrebbe risultare significativamente superiore ai 200-300 mila euro indicati nell'interpellanza.
Quindi, in base ai dati forniti dall'Agenzia del territorio di riferimento, nel caso specifico al comune di Verona, non vi è proprio una rispondenza al dato effettivo e verificato dall'agenzia fiscale competente.
In considerazione, poi, del fatto che la ripartizione tra i singoli comuni dei previsti 609,4 milioni di euro - sulla base dell'estensione dell'incremento di base imponibile al 31 agosto, ovvero in relazione alle potenzialità delle differenti realtà immobiliari locali - può effettivamente presentare, in talune fattispecie, caratteri di arbitrarietà, l'Agenzia del territorio ha ritenuto di condividere l'indirizzo del Ministero dell'interno di ricercare metodi alternativi per detta ripartizione. Quindi, non vi è una chiusura, ma si stanno effettuando delle verifiche, perché questi dati riguardano non solo, nel caso specifico, il comune di Verona, ma, evidentemente, altre realtà sulla base della nuova base imponibile e, quindi, sui nuovi catasti accertati dall'Agenzia del territorio.
Sembrerebbe al Ministero dell'interno - vedo che è presente anche la collega Lucidi - che, per certi versi, la riduzione fatta «a pioggia», relativamente a tutti i trasferimenti, sarebbe nell'ordine del 10 per cento, anche se è stata attuata in maniera un po' generalizzata.
Per quanto riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze si fa presente che non si può accettare la richiesta diPag. 94sospensione, così come formulata nell'interpellanza, della riduzione dei trasferimenti di cui trattasi, in quanto i saldi di finanza pubblica con i quali dobbiamo fare tutti i conti - e oggi lo abbiamo fatto con il decreto-legge in materia fiscale e lo faremo nei prossimi giorni con il disegno di legge finanziaria - già scontano il predetto taglio di 609,4 milioni di euro. Pertanto, non è possibile, per il momento, accedere a tale richiesta.
Inoltre, il Ministero dell'interno ha fatto presente che la riduzione in misura proporzionale del contributo ordinario annuale spettante a ciascun comune, fino alla concorrenza della somma di 609,4 milioni di euro, non determina alcuna conseguenza sugli equilibri di bilancio e sul rispetto del patto di stabilità interno, in quanto l'articolo 3 del citato decreto-legge n. 81 del 2007 prevede la possibilità di operare maggiori accertamenti in entrata per l'ICI, per le somme corrispondenti alla riduzione dei trasferimenti subita e, limitatamente agli enti soggetti al patto, autorizza a considerare incassato il medesimo importo (in altri termini, è come se il comune fosse già autorizzato a ritenere incassato l'importo in questione).
Il Ministero dell'interno ha evidenziato, altresì, che, in caso di ricorso ad anticipazioni di cassa, gli eventuali maggiori oneri per interessi passivi dovuti sono posti a carico dello Stato, nei limiti di 6 milioni di euro, in base al comma 5 di detto articolo 3: è sostanzialmente una forma di ristoro per i comuni costretti a fare ricorso alle anticipazioni di cassa.
Si tratta, comunque, di un problema che merita un ulteriore approfondimento, perché sicuramente la questione non riguarda soltanto le realtà come la città di Verona, ma anche, credo, altre città.
Onorevole D'Alia, lei si rende conto che la rivisitazione del catasto sta determinando, soprattutto nelle grandi città, da un lato una maggiore giustizia - vi erano, infatti, aree ed edifici non classificati adeguatamente, considerata la loro allocazione - e, dall'altro, un riequilibrio anche a fini fiscali.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di replicare.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, nonostante il garbo e la cortesia del sottosegretario Lettieri, non posso che ritenermi insoddisfatto e, devo aggiungere, anche molto preoccupato. Ritengo che, dopo la risposta del sottosegretario, anche i comuni italiani dovranno essere particolarmente preoccupati.
Procedo per ordine e in maniera sintetica. Se non avete affrontato il problema nella legge finanziaria per il 2007, è chiaro che lei mi consentirà di svolgere anche un'altra riflessione, al di là del meccanismo virtuale e dell'espediente contabile in forza del quale si dà per incassata una somma che non è realmente incassata (espediente che, comunque, determina uno squilibrio di bilancio e che - con riferimento agli enti che si trovano al limite del dissesto o comunque al limite, pur nel rispetto del patto di stabilità - nel tempo produce un danno assolutamente non imputabile agli enti stessi) e al di là, altresì, del «miracolo» della norma prevista, per l'anno in corso, nell'ultima legge finanziaria, che riguardava - mi rivolgo anche ai colleghi della Lega Nord - il federalismo fiscale (e che si è tradotta in un maggior debito per interessi passivi a carico dello Stato: lo affermo per dimostrare quanto possa essere creativa la finanza, non solo quella dello Stato, ma anche quella degli enti locali).
Può anche darsi che il dato di 200-300 milioni di euro per il comune di Verona non sia attendibile. Ma anche ipotizzando che il dato reale sia quello citato dall'Agenzia del territorio (ossia 650 milioni di euro), a fronte della decurtazione di 3.869.236,30 (somma assolutamente sproporzionata e che, pertanto, certifica l'assoluta inattendibilità dei dati catastali e dell'attività che è stata svolta dalle Agenzie del territorio), ciò produce un effetto che, considerato su scala nazionale con riferimento a tutti i comuni di grandi, medie e piccole dimensioni, determina oggettivamente uno sconquasso nei bilanci. Altro che federalismo fiscale! Abbiamo a chePag. 95fare con una norma - una delle tante norme trabocchetto contenute nella vostra legge finanziaria - che induce i comuni ad aumentare il gettito fiscale (e, in particolar modo, l'imposizione diretta e l'ICI, in danno delle famiglie italiane) e calcola questa attività in maniera arbitraria (così come, peraltro riconosciuto dagli uffici e, correttamente dal Ministero dell'interno).
Il risultato finale di tale manovra e dell'operazione non costituisce neanche un beneficio per le casse dello Stato: se lo Stato stesso, ad oggi, si farà carico, attraverso un'interpretazione brillante della normativa della finanza degli enti locali da parte del Ministero dell'interno (ossia facendosi carico, ad oggi, fino a sei milioni di euro, che però non basteranno), degli interessi passivi relativi a debiti che i comuni devono contrarre per far fronte a un buco creato dallo Stato nei loro confronti, ci si renderà conto di ciò che avete messo in moto.
Lo dico perché c'è poco da stare allegri. Credo che su questo tema l'ANCI, in particolare, anziché crogiolarsi con le «mancette» che gli state concedendo con la legge finanziaria, dovrebbe porsi seriamente il problema. Non basta, infatti, una piccola norma, che è un atto dovuto e corregge il patto di stabilità, nella parte in cui prevede la premialità per i comuni virtuosi, ma bisogna affrontare questi argomenti, che determinano non il federalismo fiscale, ma la spoliazione dell'autonomia fiscale e l'impoverimento dei comuni italiani.

(Rinvio dell' interpellanza urgente Aurisicchio n. 2-00833)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Aurisicchio n. 2-00833, concernente problematiche relative alla diffusione della «banda larga» sul territorio nazionale, è rinviato ad altra seduta.

(Gestione del Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca di Isonzo - n. 2-00841)

PRESIDENTE. La deputata Siniscalchi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00841, concernente gestione del Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca di Isonzo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.

SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, questa interpellanza riguarda il Centro di permanenza temporanea di Gradisca di Isonzo. Immagino che mi risponda la sottosegretaria Lucidi, che suppongo conosca questa struttura, che è stata ricavata dall'ex caserma Polonio ed è stata concepita come un carcere di massima sicurezza.
Quando l'ho visitata la prima volta, nel luglio 2006, esisteva ancora la struttura originaria, mentre oggi alcune gabbie sono state rimosse. L'ho trovata veramente inquietante, minacciosa e lugubre, nonostante la cooperativa Minerva - l'unica realtà cooperativa offertasi di occuparsi della gestione - avesse ridipinto le pareti del primo corridoio con i colori dell'arcobaleno. Parlo di unica offerta da parte della cooperativa Minerva, perché il Centro di permanenza temporanea di Gradisca, che è stato - voglio sottolinearlo - ideato, progettato e realizzato dal precedente Governo, ha da subito incontrato la ferma opposizione delle amministrazioni territoriali, regionali, provinciali e comunali, e di tutte le realtà associative, sia laiche che cattoliche, che si occupano di immigrazione nel Friuli-Venezia Giulia.
Ciò che mi aveva colpito durante la prima visita era stata proprio la mancanza non di un albero, ma persino di un filo d'erba. Gli ospiti erano pochi: c'erano signore che provenivano dall'est europeo, che svolgevano il compito di badanti nelle famiglie del territorio, prive del permesso di soggiorno o con il permesso scaduto. Il posto, però, era pulito e gli ospiti eranoPag. 96tranquilli. Era sicuramente un posto triste, ma non vi erano né tensione né violenza.
Quando ci sono tornata il mese scorso, questa tensione era palpabile, perché negli ultimi mesi si è verificato un aumento del numero delle persone, fino ad arrivare al massimo della capienza, pari a 252 posti, con volumi consistenti di persone extracomunitarie, approdate nel sud del nostro Paese.
Questo sovraffollamento ha provocato momenti di tensione, che si sono ripetuti negli ultimi mesi, con sommosse, tentativi di fuga e il ferimento di alcuni ospiti. Vi sono state colluttazioni e anche il caso di una bambina di pochi mesi rimasta intossicata dai gas lacrimogeni.
Gli interventi delle forze dell'ordine sono stati giudicati eccessivi sia dall'ente gestore, sia dal viceprefetto, il dottor Scarabino, presente durante la mia visita. A mio giudizio, a fronte dell'aumento esponenziale del numero degli ospiti, l'ente gestore è inadeguato e non attrezzato per affrontare la situazione, che dura ormai da vari mesi.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che viene avvertito con pochissimo preavviso dell'arrivo dei nuovi ospiti: hanno parlato addirittura di mezza giornata.
Il numero degli operatori, a quanto mi risulta, è rimasto invariato rispetto ad un anno fa, e ciò provoca necessariamente un superlavoro degli operatori stessi, situazione non auspicabile in una struttura di tale genere.
Come dicevo, gli immigrati provengono soprattutto dal centro di Lampedusa, che non è in grado di accoglierli; quindi, sono persone che arrivano nella costa meridionale della Sicilia.
Ciò ha comportato, di fatto, una conversione della struttura da CPT in CPT più CPA (centro di accoglienza) e questo provoca una promiscuità, una situazione di oggettiva confusione e assimila il centro di accoglienza al CPT.
Oggi si stanno effettuando lavori di ampliamento della struttura per destinarla ai richiedenti asilo, fino a centocinquanta ospiti.
Molti spazi rimangono comuni, con un'inaccettabile sovrapposizione tra lo spazio destinato ad accogliere e quello destinato a trattenere: ad esempio, sono comuni l'area di ingresso e di controllo dell'entrata e dell'uscita e, cosa forse più grave, sono in comune alcuni servizi, come il servizio sanitario, gli uffici e la direzione dei due centri. Voglio sottolineare che tali servizi vengono utilizzati da donne, magari con bambini, da richiedenti asilo e anche da ex detenuti, con i rischi che possiamo immaginare.
Ho parlato dell'inadeguatezza dell'ente gestore: a mio parere tale inadeguatezza è evidente per quanto riguarda l'assistenza sanitaria. Quando ho visitato il CPT l'interprete, una signora egiziana, mi ha segnalato il caso di un giovane egiziano, arrivato in Italia perché voleva curare un distacco di retina, un problema grave alla vista. Ho segnalato la situazione al medico responsabile del servizio sanitario, ma ho saputo che, dopo alcuni giorni, l'ospite non è stato portato in ospedale, non ha ricevuto una visita oculistica ed è stato rimpatriato.
Molti ospiti lamentano di non aver ricevuto un'adeguata assistenza legale, di non aver incontrato gli avvocati e, quindi, di non essere informati dei diritti che la legislazione italiana riconosce loro.
Alla luce di tutti questi fatti, la nostra interpellanza urgente mira a sollecitare il Governo su alcuni punti specifici. Innanzitutto, chiediamo se non si ritenga necessario chiudere tale struttura, tanto più che con l'ingresso della Slovenia nell'area Schengen cesserà la sua funzione frontaliera, o se si intende, al contrario, continuare a prevedere una variazione nella destinazione d'uso, in maniera un po' surrettizia.
Ci chiediamo se il Governo non intenda procedere ad una valutazione della relazione con l'ente gestore, anche perché è prossima la scadenza della convenzione che regola tale rapporto, e se ritenga proporzionale l'investimento rispetto alla qualità del servizio. Chiediamo se non intenda coinvolgere in tale valutazione sulle condizioni di vita all'interno del CPTPag. 97gli enti locali e le realtà della società civile; se non ritenga necessario, dopo il rapporto della commissione De Mistura, stabilire un'indagine supplementare, al fine di verificare le modalità di trattenimento ma anche di accoglienza e, soprattutto, la garanzia dei diritti fondamentali. Infine, chiediamo se non ritenga necessario assicurare la possibilità di consentire la visita del centro a soggetti quali consiglieri regionali e provinciali e rappresentanti delle associazioni più attive nel campo dell'immigrazione, che quindi potrebbero essere utili a migliorare le condizioni di vita all'interno del centro.
Voglio sottolineare che oggi la stampa ha accesso al centro, mentre fino a un anno fa, in base alle disposizioni precedenti, ciò non era consentito.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, nell'illustrazione dell'interpellanza urgente in esame ho colto un punto sul quale voglio subito soffermarmi e che riguarda l'eventualità che, rispetto all'attività svolta dalla commissione De Mistura, si possa pensare da parte del Ministero dell'interno a svolgere indagini supplementari.
L'interpellante ovviamente fa riferimento al Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca d'Isonzo, ma la richiesta per quanto ci riguarda può interessare tutti i Centri esistenti nel nostro territorio. Rispetto a tale tema voglio affermare che l'attenzione del Ministero verso tali Centri è costante. Nel periodo iniziale, di avvio, abbiamo affidato alla commissione De Mistura la valutazione della situazione affinché ci proponesse, come poi è avvenuto, in un apposita relazione alcuna proposte. Al termine di quel lavoro la nostra azione conseguente è stata quella di tener conto delle indicazioni fornite dalla stessa commissione sia per i profili normativi sia per quelli amministrativi e, al tempo stesso, siamo stati attenti in particolare alle sollecitazioni che ci giungevano da ogni singola esperienza.
Posso dirle anche che all'incirca dieci giorni fa con il Ministro dell'interno abbiamo incontrato presso il Ministero tutti i rappresentanti degli enti di gestione dei Centri nonché i prefetti e i questori dei territori in cui si trovano i Centri proprio per sviluppare una necessaria collegialità nella valutazione delle dinamiche e delle strutture. Si sono valutate, infatti, le dinamiche che si verificano nei Centri proprio per lavorare nella direzione di una omogeneità sempre maggiore delle attività di gestione dei Centri stessi.
Per quanto riguarda specificamente Gradisca d'Isonzo lei ricordava che questo Centro istituito nel 2000 è affidato alla cooperativa Minerva di Savogna d'Isonzo attraverso una convenzione stipulata con la prefettura di Gorizia e valida fino al 15 dicembre 2007. I servizi che vengono assicurati agli ospiti consistono fondamentalmente in attività di assistenza che comprendono il servizio generico della persona, l'assistenza sanitaria, l'assistenza psico-sociale, la mediazione linguistico-culturale, la fornitura di effetti personali, la ristorazione, la pulizia e l'igiene ambientale. L'assistenza sanitaria viene garantita attraverso un presidio medico attivo nell'arco delle ventiquattro ore che prevede l'impiego di otto infermieri, otto medici e la disponibilità di un'ambulanza. La mediazione socio-culturale è assicurata per 108 ore alla settimana, l'interpretariato per 144 ore e l'assistenza sociale per 72 ore. L'ente gestore offre anche l'assistenza legale insieme al Centro italiani rifugiati, che mette a disposizione il proprio qualificato personale. Gli ospiti, inoltre, possono scegliere di farsi assistere sia da avvocati di propria fiducia che da quelli iscritti all'albo professionale dell'ordine forense di Gorizia.
Sulla regolarità della gestione e sul rispetto degli standard di qualità, economicità ed efficienza vengono svolte frequenti ispezioni da parte dell'apposita commissione di vigilanza istituita dal prefetto, dall'azienda sanitaria locale e dalla direzione provinciale del lavoro. UlterioriPag. 98verifiche vengono settimanalmente eseguite dal funzionario della struttura, nominato secondo quanto disposto con circolare del 22 dicembre 2002 dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Controlli sulla diretta gestione del Centro vengono anche svolti dalla direzione provinciale del lavoro e dall'azienda per i servizi sanitari.
L'attività gestionale della cooperativa risulta essere rispondente alle «Linee guida per la gestione dei Centri», approvate in data 8 gennaio 2003 con direttiva del Ministro dell'interno, ed è conforme ai principi sanciti dalla cosiddetta «direttiva Bianco».
Per quanto riguarda il Centro di identificazione, con una capienza di 150 posti, segnalo, per un verso, che i lavori saranno ultimati alla fine di gennaio 2008, per altro verso, ricordo anche l'adozione da parte del Consiglio dei ministri di due decreti legislativi, presentati alle Camere per il rispettivo parere; in particolare, il decreto legislativo sulle procedure, che, quando entrerà in vigore, produrrà un sostanziale cambiamento nell'organizzazione e nella gestione dei Centri destinati ad ospitare i richiedenti asilo, che diverranno Centri di accoglienza, con modifica anche del target delle persone che potranno essere ospitate e accolte all'interno di queste strutture. Si tratta di un dato molto importante per capire anche qual è l'evoluzione che, rispetto alle strutture di cui disponiamo, stiamo compiendo.
In linea con le direttive impartite dal Ministro dell'interno in data 24 aprile 2007, nel corso degli ultimi mesi sono stati effettuati numerosi interventi di riqualificazione ambientale della struttura, proprio per eliminare quell'immagine davvero pesante che l'interpellante ricordava. Questi interventi sono terminati nello scorso mese di luglio ed hanno migliorato le condizioni di vivibilità all'interno del Centro.
Ricordo, inoltre, che in relazione agli ingenti flussi di stranieri extracomunitari irregolari che negli scorsi mesi estivi hanno raggiunto il nostro Paese - si tratta ormai di un dato costante nella statistica degli sbarchi - dal 26 luglio il Centro di permanenza temporanea e assistenza viene utilizzato anche quale centro di accoglienza. È un fatto che ha ricordato anche l'interpellante.
A tal riguardo sono state fornite precise indicazioni affinché le due tipologie di ospiti siano tenute separate. Poiché credo - come l'interpellante mi ha riferito - che vi possano ancora essere delle promiscuità nell'offerta dei servizi, mi premurerò, anche all'esito di questo scambio, che l'interpellanza ha consentito, di ribadire questa necessità. La prefettura di Gorizia, sentito il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, ha dedicato un'area specifica all'accoglienza riservando 112 posti per gli immigrati, di cui 44 per donne e nuclei familiari e 68 per gli uomini.
Ad oggi la struttura, che ha una capienza massima di 248 posti, ospita complessivamente 157 immigrati extracomunitari, di cui 108 sono nell'area riservata al Centro di accoglienza, 49 nel Centro di permanenza temporanea e di assistenza.
Inoltre, con riferimento a questo, vorrei dire che quello di Lampedusa è oggi un centro in grado di ricevere gli immigrati che sbarcano sulla nostra penisola. Quindi, osservo che non è una struttura che non sia in grado di ricevere. Però, è una struttura che ha continuamente necessità di essere liberata per consentire l'intervento umanitario verso persone che si trovassero a sbarcare sulle nostre coste. Tale ragione ha comportato la necessità di potenziare davvero il servizio di accoglienza umanitaria su tutta la penisola. Vi sono stati Centri che erano Centri di permanenza temporanea e che sono stati chiusi - penso a Crotone e a Brindisi - e sono stati trasformati in vere e proprie strutture di accoglienza umanitaria per gli immigrati.
Per quanto riguarda la richiesta di chiudere il Centro di permanenza temporanea di Gorizia e l'annesso realizzando Centro per richiedenti asilo, voglio evidenziare che il complesso è collocato in una posizione geograficamente strategica per tutto il settore nord-est del Paese, in cui laPag. 99pressione migratoria dei cittadini non comunitari, alle frontiere terrestri, è sempre molto forte.
Va anche evidenziato che la struttura di Gradisca d'Isonzo consente, inoltre, in caso di ingenti afflussi di immigrati regolari sulle coste italiane, di aumentare la ricettività di tutto il sistema dei centri, con indubbio beneficio per le condizioni di vivibilità e di sicurezza degli immigrati.
Per quanto riguarda l'asserita insufficienza di trasparenza amministrativa sulla gestione del Centro, la locale prefettura ha autorizzato, in ossequio alla direttiva del Ministro dell'interno del 24 aprile 2007, n. 1305, tutte le richieste di accesso provenienti dai soggetti legittimati ai sensi della richiamata normativa, tra cui i consiglieri regionali se delegati dai presidenti dei consigli regionali.
Ad oggi hanno visitato il centro di Gradisca d'Isonzo trenta persone, tra parlamentari, consiglieri, assessori regionali ed amministratori locali; diciannove esponenti degli organi di informazione e i rappresentanti di sette associazioni di volontariato laiche e religiose. Per quanto riguarda il rinnovo della convenzione con la quale verrà affidata la gestione del Centro, in vista della scadenza del mandato - non rinnovabile - conferito alla cooperativa Minerva, la prefettura di Gorizia ha avviato la procedura concorsuale il 19 ottobre ultimo scorso, sulla scorta di un nuovo capitolato approvato dal Ministero dell'interno, chiedendo alla regione Friuli Venezia Giulia, alla Camera di commercio, alla provincia, ai comuni di Gorizia, Montefalcone, Gradisca d'Isonzo e all'Assindustria, l'indicazione di società, ditte, associazioni, consorzi, preferibilmente locali, che abbiano maturato esperienza nel settore, nell'ambito di servizi di gestione dei Centri di permanenza temporanea e dei Centri di accoglienza.
Sulla base delle indicazioni pervenute la prefettura sta individuando i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dal capitolato, per diramare gli inviti a partecipare alla procedura ristretta, secondo quanto previsto dall'articolo 27 del decreto legislativo n. 163 del 2006.

PRESIDENTE. L'onorevole Siniscalchi ha facoltà di replicare.

SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente insoddisfatta non, tuttavia, per il fatto che non riconosca, in particolare al sottosegretario Lucidi, un'autentica sensibilità e una sincera attenzione verso il problema in generale dell'immigrazione e soprattutto dell'accoglienza che viene offerta ai cittadini extracomunitari nei CPT e nei Centri di accoglienza.
Devo dire che dai dati che ci sono stati forniti, il CPT di Gradisca d'Isonzo sembrerebbe quasi un Centro modello. In realtà, come peraltro afferma la relazione della commissione De Mistura, i CPT sono luoghi inadatti a garantire accoglienza umanitaria. In particolare, quello di Gradisca d'Isonzo, a mio parere, è inadatto proprio perché vi è il rischio di promiscuità.
Pertanto, mi fa piacere sapere che si arriverà ad una modifica della normativa - il sottosegretario parlava appunto di un decreto-legge che porterà ad una più chiara identificazione della tipologia di ospiti - perché non si possono tenere, ripeto, donne con bambini o signore di mezza età, insieme ad ex detenuti.
Mi auguro che l'interpellanza urgente Migliore ed altri n. 2-00841 - che, peraltro, ho voluto presentare su sollecitazione delle amministrazioni territoriali e delle associazioni - serva a tenere alta la tensione anche verso la realtà di Gradisca d'Isonzo, perché, al di là del fatto che è una realtà che ha degli standard certamente superiori ad altri Centri, a mio parere, rimane una realtà a rischio.
Ringrazio il sottosegretario anche per il rilievo che ha fatto sulla mia definizione del CPT di Lampedusa: è vero, è necessario garantire un turnover per poter accogliere nuove persone, le quali fuggono, appunto, da situazioni di conflitto, povertà e violazione dei diritti umani.
Ritengo che sia valido quello che dice la relazione De Mistura, sostanzialmente, ossia che se procedessimo ad un progressivo svuotamento dei CPT, potremmo liberarePag. 100risorse - anche ingenti - da destinare ad un'accoglienza vera, reale e a nuove misure, diverse dell'espulsione. Sono certa che il Governo continuerà su questa strada, tuttavia la mia preoccupazione su Gradisca d'Isonzo rimane alta.

(Orientamenti del Governo sull'opportunità di sospendere per motivi di ordine pubblico la costruzione di nuovi edifici da adibire al culto islamico - n. 2-00842)

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00842, concernente orientamenti del Governo sull'opportunità di sospendere per motivi di ordine pubblico la costruzione di nuovi edifici da adibire al culto islamico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, signor sottosegretario, oggi, in via eccezionale, la questione non riguarda i nomadi e gli zingari, ma vi è un altro problema spinoso che riguarda Reggio Emilia.
Si tratta di un problema assurto alle cronache e alla conoscenza della città di Reggio Emilia, il 6 novembre scorso, quando, a seguito di un'operazione ben svolta da parte delle forze dell'ordine, si è arrivati all'arresto di circa venti personaggi in tutta Italia, di cui ben quattro nella sola provincia di Reggio Emilia. Si tratta di quattro personaggi gravitanti all'interno delle moschee provinciali, in particolare, maggiormente in quelle di Reggio città e di Novellara e residenti sia della città sia del comune, poco distante, di Cavriago.
Nei primi giorni i giornali hanno parlato dell'episodio, ma su di esso non si sono posti quegli interrogativi che, a mio avviso, un avvenimento di questo genere avrebbe dovuto, giustamente, suscitare. Esso, infatti, fa seguito ad un altro episodio, molto simile, accaduto qualche anno fa, che riguardava alcuni personaggi, in particolare il famoso Daki che la Forleo, per certi versi, paragonò ad un guerrigliero. In seguito, una seconda sentenza rimise a posto le cose definendolo, comunque, un personaggio legato al terrorismo islamico, il quale reclutava (in questo caso erano i passaporti) persone che dovevano recarsi in Paesi come l'Iraq con funzioni di kamikaze.
Oggi, a Reggio Emilia, ci troviamo nella stessa situazione: la cosa è gravissima perché, dall'episodio Daki ad oggi, credo che avremmo dovuto agire con una maggiore fermezza, effettuare maggiori controlli e porci degli interrogativi. Noi della Lega Nord Padania avevamo detto che queste cose sarebbero accadute, ed esse sono talmente accadute che, un paio di anni dopo - a seguito delle famose vignette della Danimarca - vi fu, nel centro di Reggio Emilia, una marcia di qualche migliaio di islamici, i quali, passando anche di fronte ad una chiesa locale, inneggiavano ad Allah. Noi della Lega chiamammo a raccolta i cittadini nella piazza Prampolini che si riempì piena di gente, nonostante molti avessero paura, quel giorno, a farsi vedere; tuttavia, riempimmo comunque la piazza, proprio per dimostrare e testimoniare che i reggiani non accettavano - da parte di queste persone, che sono comunque ospiti a casa nostra - atteggiamenti di questo genere.
I due episodi, messi insieme, avrebbero dovuto far alzare le antenne, farle oscillare, vibrare e dirci di prestare attenzione. A Reggio Emilia, forse, di fronte a questo buonismo imperante nel quale ogni volta che si verificano questi episodi, si fa sempre finta che non siano accaduti e si cerca sempre di dire che è importante cercare l'integrazione, anche quando qualcuno ti dimostra che di integrazione non ne vuole assolutamente sapere, si sarebbe potuto agire per tempo e, forse, evitare che si arrivasse alla identificazione di altri quattro personaggi, più altri che sono inquisiti.
Ricordo che, fino a poco tempo prima, era a Reggio Emilia l'attuale imam di Parma, che è quello che sta promuovendo e cercando di ottenere una grossa moschea a via Campanini. Anche lui gravitava aPag. 101Reggio Emilia, ed è inquisito perché conosceva o frequentava questi personaggi.
Il vero problema, di fronte a ciò, è che non possiamo far finta che si tratti di un arresto normale di qualcuno ha rubato caramelle in un supermercato o che sia un episodio di micro o macrocriminalità da mettere semplicemente nelle statistiche: si tratta di un episodio gravissimo. I terroristi islamici sono a casa nostra, usano quelle che voi concedete come luoghi islamici di culto - le moschee - che, a volte, vengono fatte passare, inizialmente, come circoli culturali islamici e poi, in qualche modo, si trasformano in moschee, tenendo conto che la moschea non è obbligatoria per l'Islam.
Si tratta di un problema su cui dovreste interrogarvi. Noi l'abbiamo fatto per tempo, perché studiamo l'Islam da parecchi anni e non siamo ignoranti in materia: anzi, purtroppo, lo conosciamo bene. Lo sto studiando da quasi 17 anni, confrontandomi con esperti, con gente che vive nei Paesi islamici, con i copti egiziani con cui mi rapporto frequentemente, con persone vicine al patriarcato di Antiochia, vale a dire con coloro che mi possono spiegare bene - non per sentito dire, non per un convegno buonista, ma perché vivono sulla loro pelle ciò che l'Islam è veramente - quello che ci siamo portati in casa. Essi sanno qual è il fondamento integrativo di una religione come l'Islam che, a detta di chi lo conosce bene, non è integrante ma spesso prevaricante, non è includente, ma escludente; si tratta di una religione che ha come fondamento quello di far prevalere l'Islam, distruggendo gli infedeli. Nonostante tutti questi interrogativi, stiamo costruendo moschee che, peraltro, non sono obbligatorie: un buon musulmano ha solo l'obbligo di pregare rivolto verso la Mecca. La moschea, spesso, viene richiesta da sedicenti organizzazioni rappresentative del mondo islamico per poi diventare spesso luogo di attività politica; anche il sermone del venerdì, infatti, è una consuetudine non obbligatoria.
Questi luoghi di culto non sono come la chiesa per la fede cattolica: la moschea per l'Islam è un'altra cosa, non è dovuta, non è obbligatoria - certo se gliela date la prendono, ma non è obbligatoria - e diventa spesso ricettacolo di attività illecite, soprattutto nel momento attuale, dopo l'11 settembre 2001, dopo Madrid, Londra e tanti altri episodi, anche in Italia, di arresti e indagini legati a terroristi che stavano preparando attentati. In questo caso, le registrazioni telefoniche fanno rilevare che stavano addirittura preparando un attentato all'aeroporto di Bologna.
Ciò dovrebbe farci quanto meno mettere le mani nei capelli. e credo che uno Stato serio, di fronte al pubblico interesse, alla sicurezza pubblica e alle leggi sul terrorismo, dovrebbe cominciare a fare una cosa molto semplice. Ci sono nuove moschee in previsione, senza controllo. A Bologna c'è addirittura l'UCOII: gli interrogativi ai quali tale associazione ha risposto negli ultimi anni sull'affidabilità e sul dialogo istituzionale credo siano pochissimi, e ancora nessuno mi ha mai dimostrato cosa l'UCOII rappresenti nel mondo islamico. Essi si atteggiano a rappresentare una comunità islamica che, spesso, invece, andando a verificare, non rappresentano, ma si muovono molto da un punto di vista politico per ottenere questi cosiddetti luoghi di culto. Tali luoghi poi diventano, come in questo caso, problemi enormi, sui quali credo che nessuno possa più chiudere un occhio. Su tutto ciò dobbiamo interrogarci, prendendo atto che il terrorismo sta affondando radici in casa nostra e in determinate zone come Reggio Emilia e che nell'arco degli anni i terroristi non sono spariti, ma anzi, continuano ad esistere e preparano attentati, kamikaze ed azioni contro questo Stato e contro la nostra gente.
Ciò che la gente si aspetta è un atto di serietà ed una presa di coscienza del fatto che così non si può andare avanti. Non ci siamo dimenticati, già il giorno dopo, di ciò che è accaduto perché, purtroppo, molto probabilmente sta accadendo ancora, se non a Reggio Emilia, nei comuni vicini. A Bologna esiste una moschea, che, secondo le loro intenzioni, dovrebbe forsePag. 102diventare la più grande d'Europa, richiesta proprio dall'UCOII, e ce n'è una a Parma, e colui che la richiede è indagato nello stesso procedimento (oggi mi riferiscono che ha dichiarato alla stampa che vuole andare avanti con il progetto della moschea di via Campanini).
Credo che un'azione ferma che i sindaci, che hanno speso parole ed hanno preso impegni, non hanno il coraggio di intraprendere, possa essere intrapresa dal Governo, perché le leggi lo possono prevedere per motivi di ordine pubblico, anche internazionale, e per la sicurezza dei nostri cittadini. Questi ultimi si aspettano una risposta seria da uno Stato che, purtroppo, negli ultimi mesi è stato molto poco serio. Risolvere le situazioni di Parma e Bologna significherebbe già lanciare un bel messaggio.
Inoltre, chiedo - come ho già fatto personalmente col prefetto di Reggio Emilia - di verificare cosa avviene all'interno delle moschee esistenti. Mi fa piacere che ci siano anche le firme di deputati di Forza Italia, Alleanza Nazionale e dell'UDC, in questo caso, perché si tratta di un tema importante.
Quello che chiedo, intanto, è di non rilasciare ulteriori concessioni per altre moschee; ma anche in quelle attuali, credo che dopo quello che è successo non si possa far finta di niente, ma sia necessario indagare. Voglio sapere, quando fanno il «predicozzo» del venerdì, quello santo, cosa dicono; chiedo che quello che dicono sia sottoposto a un vaglio, che sia sempre presente la DIGOS e parlino solo in italiano. A questo punto, non possiamo più concedergli quello che vogliono, perché c'è veramente un enorme problema di ordine pubblico.
Qualcuno ha proposto di prendere le impronte digitali - lo ha proposto anche uno di voi, tra l'altro, non è che lo abbiamo proposto noi - a chi frequenta i centri islamici. Non so se sia sufficiente, ma sicuramente va compiuto un attento, accurato e approfondito controllo, a 360 gradi. Non apriamone più e, se sarà il caso, ci vuole anche il coraggio di intervenire, laddove ci siano delle situazioni poco chiare. Ricordo che quelli di Perugia, Torino, Cremona, viale Jenner, Varese sono episodi allucinanti, che abbiamo scoperto, spesso, quasi per puro caso.
Quanti ancora ce ne sono in giro? Questo è un Paese dove si è aperta una moschea ogni cinque giorni. Credo che uno Stato serio, di fronte a quello che è già accaduto in passato e a quello che purtroppo - faccio il facile profeta - accadrà anche nel prossimo futuro, dovrebbe dire: fermi tutti, le moschee non si aprono più e cominciamo a chiuderne qualcuna.
L'islamico, se si vuole integrare, deve anche darci un segnale. Personalmente ritengo che, a questo punto, visto che il Corano prevede anche la menzogna nei nostri confronti (anzi, è una «medaglietta» per il buon musulmano), sia possibile cercare di imporre le regole, come dovrebbe fare un qualsiasi Stato serio, anziché lasciarcele imporre da loro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'interpellanza muove da un'operazione che è stata condotta il 6 novembre scorso: in varie località del Paese è stata data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano nei confronti di 11 di 20 soggetti indagati, di cui 9 localizzati all'estero, per i reati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ricettazione e traffico di documenti falsi.
Le indagini, condotte anche in Gran Bretagna e Francia, hanno permesso di delineare l'esistenza di una cellula jihadista attiva in Lombardia per la pianificazione di attività terroristiche ed il reclutamento di nuovi militanti, avente un importante ruolo di raccordo tra le cellule dislocate sul territorio nazionale, precisamente a Milano, Varese, Reggio Emilia, Perugia e in Sicilia, e quelle operantiPag. 103all'estero, in Europa, Nord Africa e Medio Oriente.
Quattro degli 11 arrestati - lo ricordava l'onorevole interpellante - sono cittadini tunisini residenti a Reggio Emilia e provincia; altri quattro risiedevano nel milanese; uno in provincia di Bergamo; uno in provincia di Sanremo; infine, uno era già detenuto per altra causa presso la casa circondariale di Palmi. Sempre nell'ambito della stessa operazione, sono state effettuate anche diverse perquisizioni, cinque delle quali hanno riguardato quattro tunisini e un palestinese abitanti nella provincia di Reggio Emilia.
Gli sviluppi dell'inchiesta, da un lato, dimostrano la qualità e l'efficacia dell'azione investigativa e di contrasto relative a fenomeni terroristici di matrice islamica, e dall'altro ci confermano anche la necessità di porre la massima attenzione alle dinamiche in atto in determinati ambienti del radicalismo ed integralismo islamico, presenti anche nel nostro Paese.
Quanto alla rilevanza che tali indagini, peraltro ancora in corso, possono avere sulla preannunciata apertura o costruzione di nuovi luoghi di preghiera o di ritrovo islamici - è questo il nesso causale su cui si sofferma l'interpellante - ritengo utile sviluppare alcune riflessioni.
La conoscenza approfondita che l'onorevole interpellante ha in materia di Islam mi porta soltanto brevemente a ricordare che la definizione di «moschea» può essere correttamente data, da un punto di vista tecnico, soltanto alle moschee di Roma e di Segrate; gli altri edifici sono invece semplici luoghi di ritrovo, pure se sono comunemente denominati moschee, o sale di preghiera aperte, in genere su iniziativa di comunità, associazioni islamiche, centri culturali col fine principale di conservare la propria cultura ed identità religiosa.
Al di là delle improprie definizioni di moschea, si tratta quindi di sedi e luoghi cui non può essere riconosciuta solo una finalità religiosa, essendo di norma destinati al soddisfacimento di diversi scopi previsti dai rispettivi statuti associativi: luoghi la cui esistenza deve essere valutata anche alla luce dei principi costituzionali in materia di libertà di associazione e di riunione. Questi principi in qualche modo costituiscono la cornice entro la quale dobbiamo fare valutazioni e prendere decisioni.
In considerazione dell'attuale momento della sicurezza interna e internazionale, il proliferare di luoghi di aggregazione islamica che svolgerebbero solo in minima parte funzioni religiosa ha peraltro suggerito l'esigenza di incisive azioni di controllo delle molteplici realtà islamiche presenti sul territorio nazionale, finalizzate a scongiurare il rischio di possibili attività illecite.
Le situazioni di potenziale pericolo per la sicurezza pubblica sono già all'attenzione del Ministero dell'interno, che in questi anni non ha mancato di adottare i necessari provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e sicurezza nei confronti di soggetti presenti a diverso titolo nei luoghi di preghiera di Torino, Como, Varese, Trino Vercellese, Carmagnola e anche di Reggio Emilia.
Più in generale, il Ministero dell'interno svolge un costante monitoraggio su tutte le realtà religiose, non solo su quella islamica, nell'intento anche di verificare, nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa in forma individuale o associata, l'intendimento delle comunità di svilupparsi secondo principi democratici e di integrarsi nel tessuto sociale, pur mantenendo la propria identità religiosa.
A tale proposito si ritiene che, come dichiarato dal Ministro Amato, una eventuale chiusura delle cosiddette moschee, o anche - aggiungo io - impedire la costruzione di nuovi edifici di culto, non farebbe altro che creare le premesse per accentuare un'ulteriore radicalizzazione degli islamici, in quanto negare ad una minoranza, ad una realtà i propri luoghi di culto significa negarle il proprio diritto di esistere, e quindi spingerla alla ricerca di una esasperata identità alternativa; né, d'altra parte (questo mi sembra un punto importante per rispondere a ciò che lei chiedeva), la deriva delittuosa di una minoranza può giustificare la compressionePag. 104della libertà di culto o dei diritti di una maggioranza di cittadini islamici che vivono la loro identità culturale nel rispetto delle leggi e del Paese che li ospita.
Lei sa che il Ministero dell'interno ha redatto, proprio attraverso un lavoro di confronto con comunità di immigrati, con comunità con minoranze religiose e con rappresentanti della comunità islamica, una carta dei valori.... onorevole Alessandri, gliela richiamo ogni volta perché lei mi presenta sempre interpellanze sulla stessa materia...scusi, signor Presidente, l'onorevole Alessandri stava sorridendo: spero che nel frattempo l'abbia letta. Tale carta esprime e riconosce, alla luce della nostra Costituzione, valori ma anche regole e comportamenti che credo siano la conferma del fatto che c'è una parte di quel mondo che è effettivamente interessata a rispettare le leggi del Paese in cui vive.
Ciò non toglie, ovviamente, che laddove - come è il caso dell'indagine di Milano - emergano elementi di rilievo per la sicurezza pubblica, vengano azionate tutte le verifiche e gli approfondimenti necessari a fini di prevenzione e di tutela della legalità. Su questo voglio dire - e l'indagine di Milano lo conferma - che più in generale le forze dell'ordine svolgono una costante attività di prevenzione verso tutti i luoghi di aggregazione delle comunità musulmane, quali i call center, gli internet point, i money transfer ed altri, in cui è possibile ipotizzare l'eventuale presenza di stranieri gravitanti nell'area dell'integralismo islamico.

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, avendo il sottosegretario detto di non essere d'accordo con me sulla richiesta non posso essere soddisfatto della risposta. Vorrei svolgere, però, alcune brevi considerazioni, in modo molto pacato.
Ritengo che il vero problema sia quello di partire sempre dal presupposto che vi sia una maggioranza degli islamici che rispettano la nostra cultura e la nostra religione a casa nostra, e che quella dei cosiddetti terroristi, fondamentalisti, criminali, delittuosi - come li ha chiamati - sia invece sempre una minoranza trascurabile. Credo che questo sia un grande errore che stiamo commettendo noi occidentali - in particolare noi italiani - nel nostro approccio all'Islam.
Secondo alcuni sondaggi, compiuti a Londra all'indomani degli attentati nella metropolitana, ma i cui risultati possono riscontrarsi anche nei Paesi islamici, solo che si vada a svolgere un'indagine, come qualcuno ha anche fatto, presumibilmente quelli che dicono che per combattere e prevaricare l'infedele - giacché questo prevede il Corano - bisogna utilizzare la forza (e, quindi, le bombe, il terrorismo, l'omicidio, i kalashnikov) rappresentano il 5-10 per cento.
Il problema vero è che se voi andate a chiedere a quattr'occhi e senza telecamere al restante 90-95 per cento se Bin Laden è un criminale, risponderanno di reputare Bin Laden un buon musulmano che attua ciò che il Corano prevede, che è poi lo scopo fondamentale di ogni buon musulmano. Ma il Corano prevede anche di prevaricare sugli occidentali usando il ventre delle loro mogli, governando la casa d'altri, occupando un ruolo politico, diventando maggioranza e facendo diventare il Paese in cui si recano un Paese di matrice islamica. Ciò è quanto avvenuto in altri Paesi, e il nostro non sarebbe certo il primo: occorrono parecchi anni, ma questo è lo scopo fondamentale dell'Islam.
Se non partiamo da tale considerazione e dal fatto che quel 90-95 per cento non considera criminali quel 5-10 per cento che usa la violenza, non capiamo con che cosa abbiamo a che fare e rischiamo di fargli credere, come spesso mi sono sentito dire da alcuni loro rappresentanti, che tanto hanno già vinto, perché noi siamo gente che sta abbassando le braghe, camminando a quattro zampe e che non è più in grado di difendere le proprie prerogative, la propria religione, storia e cultura. Ciò che ci dovrebbe unire ci sta, invece, dividendo. Su questioni riconducibili alPag. 105buonismo politico non stiamo cercando di porci nei loro confronti come coloro che chiedono a chi entra di rispettare alcune regole. Dico ciò perché basterebbe andare nei Paesi islamici (chi ci è andato è tornato indietro di solito abbastanza allucinato, ma qualcosa ha compreso ed ha cominciato ad indagare).
L'Egitto è, in assoluto, il più moderato dei Paesi islamici. Come è noto, i copti sono i pochi cristiani nati in Egitto: essi vengono marchiati all'età di cinque anni con la croce copta, non possono rivestire uffici pubblici, non hanno chiese perché non gli è concesso di costruirle se non a dieci chilometri da una moschea Il Cairo è piena di moschee, mentre i copti devono andare a pregare da soli in mezzo al deserto. E questo è il Paese più moderato dell'Islam! Vi sono Paesi dove ancora oggi i cristiani vengono impiccati e fucilati in piazza solo perché hanno avuto il coraggio di girare con un crocifisso al collo, e trattati veramente peggio degli schiavi.
Queste persone a dodici anni imparano tali precetti all'interno delle scuole coraniche, e a venti vengono a casa nostra: si tratta delle stesse persone. Credo che se non comprendiamo tale rischio enorme ed incredibile, allora non capiremo con chi abbiamo a che fare. L'integrazione si può realizzare, ma dobbiamo cominciare a dire che chi entra a casa nostra deve rispettare determinate regole. Non accetto e non accetterò mai che una ragazzina a dodici anni venga infibulata; eppure ciò avviene a casa nostra - non chiudiamo gli occhi - perché il loro precetto religioso prevede che la bambina è una donna e come tale non può provare piacere nella vita, ma deve essere menomata con la mutilazione del sesso (proprio come un oggetto a disposizione dell'uomo).
Siamo disposti a tollerare ciò? Sono persone che credono in un'altra religione che vengono a casa nostra. Integrare vuol dire che, se le nostre regole non lo prevedono, il musulmano che arriva da noi non si comporta più così. Purtroppo, se non chiediamo il rispetto delle regole, faranno ciò che vogliono.
Dobbiamo chiedere loro di non odiare gli occidentali e rinnegare tutto ciò che hanno imparato da giovani, dato che, purtroppo, quando giungono in Italia hanno già la testa imbottita di odio nei nostri confronti. Mi è personalmente accaduto di incontrare due di loro che parlavano contro di noi, sul modo con cui ucciderci, e che un giorno avrebbero comunque vinto loro. È sufficiente che qualcuno traduca le loro conversazioni riservate. Inoltre, hanno ammesso nel Corano una «medaglietta», lo affermavo prima, che consiste nel mentirci. Mentire all'infedele è una sorta di medaglietta che possono appuntarsi al petto e questo fatto è richiamato anche dalle stesse intercettazioni di Reggio Emilia, in cui dicevano «Tanto noi dobbiamo mentire a questi cani. Tagliatevi la barba, fingete di essere commessi viaggiatori, tanto loro credono a tutto».
Si tratta di gente la cui pericolosità deriva dal loro fondamento religioso. Da questo punto di vista vi è una distanza abissale tra noi e loro e ci troviamo, purtroppo, nella situazione più debole. Di questo sono coscienti.
Credo che un Paese serio dovrebbe stabilire le regole che, a casa propria, devono rispettare. Ad esempio, la poligamia non è ammessa, ma ve ne sono altre non compatibili con il loro credo religioso. Un Paese serio dovrebbe stabilire che la scelta spetta a loro e se vogliono venire in Italia devono adeguarsi alle nostre regole e non viceversa, altrimenti ci troveremo in una situazione a rischio.
Voi che amministrate avete questo dovere, cominciando dal sindaco di Reggio Emilia, passando per gli amministratori regionali e concludendo con il Governo nazionale. È probabile che fra cinque o dieci anni dovrete prendere atto di aver sbagliato tutto, che vi hanno messo i piedi in testa e vi faccio presente che la gente non è più così ignorante in materia, perché comincia a percepire e capire. Dico questo perché la Lega, dieci anni fa, sosteneva argomenti simili in ordine ai nomadi e ai rumeni e questi fatti si sono puntualmente realizzati. Però, abbiamoPag. 106sprecato dieci anni. Avevamo sostenuto delle tesi in ordine al problema dell'emigrazione in generale e abbiamo perso dieci anni.
Vorrei che domattina, e non fra dieci anni, il Governo, che ha una grande responsabilità nei confronti dei cittadini, non debba prendere atto - e magari nei prossimi mesi ne arrestiamo altri venti se la polizia sarà in grado - dello scoppio di una bomba islamica e a quel punto cosa diciamo alla gente? Non ce ne eravamo avveduti, non avevamo compreso l'entità del pericolo, non avevamo pensato che nelle moschee forse organizzavano queste cose, o che se ne parlava, o che le stavamo concretamente realizzando. Invece lo sappiamo. È sufficiente leggere i verbali degli arresti compiuti in Italia nell'ultimo anno e mezzo.
Purtroppo, gli islamici sono presenti e sono supportati dall'altro 90-95 per cento e un «fondo» di Magdi Allam in ordine alla situazione di Reggio Emilia affermava, due o tre anni fa, che in città, il venerdì sera, a causa della mancanza di un controllo vero e serio, all'interno della moschea si inneggiava a Bin Laden.
Queste situazioni vanno percepite, non si possono leggere sul Corriere della Sera e, una volta chiuso il quotidiano, essere dimenticate. Sono fatti gravissimi.
È scoppiato il «pasticcio» con i rumeni perché è avvenuto un omicidio; con gli albanesi è successo lo stesso perché erano avvenuti altri decessi. Aspettiamo che vi siano i morti anche con l'Islam? Vorrei vedere il Governo che, a fronte di un vero pericolo, per tutelare l'incolumità e la sicurezza dei propri concittadini, decide prontamente di intervenire ed in tal modo non si tratta più di un nostro problema, ma degli islamici. Infatti, questi si dimostrano, allorché partecipano alle trasmissioni televisive, bravi, belli, buoni ed integrati; ebbene, siano essi a permettere l'arresto dei loro connazionali che delinquono.
Purtroppo, sono un facile profeta e vedrà che non sbaglio. Infatti, ci troveremo di fronte ad episodi delittuosi dei quali loro non sapevano né avevano visto niente e tutto procederà come se non fosse avvenuto nulla.
Credo che se questa situazione si verificherà, essa costituirà la grande sconfitta della politica e, in particolare, del centrosinistra che ha delle grandi colpe e anche del disegno di legge Amato-Ferrero sull'immigrazione, stando ai messaggi che vengono da tutto il mondo (e loro sono informati giornalmente, tramite Internet, su tutto ciò che viene promesso). Addirittura giungere in Italia, senza cittadinanza, e usare il loro voto in cambio di prebende (è questa la voce che gira nelle loro comunità), credo che costituisca un messaggio molto negativo di cui qualcuno dovrebbe assumersi, prima o poi, la responsabilità. Ma soprattutto le frange estremiste dell'Islam sanno che qui, da noi, troveranno sempre terreno fertile, perché nessuno ha il coraggio, in questo momento e con l'attuale Governo, di intervenire prontamente.
Vi dico solo questo: fuori la gente si aspetta il vostro tempestivo intervento. Di questo ve ne dovrete rendere conto. A me rimane il dispiacere come cittadino reggiano, togliendomi i panni di parlamentare, di essere qui, a sostenere argomenti talmente lampanti, da metterci tutti d'accordo nell'intervenire subito, e sentirmi replicare che la moschea è un luogo di integrazione.
Fino ad ora, i terroristi sono stati tutti arrestati dentro le moschee.

(Sfruttamento delle cave di marmo di Covelano e relativi problemi legati al trasporto dei blocchi di marmo a valle attraverso l'utilizzo di una strada forestale - n. 2-00836)

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00836, concernente lo sfruttamento delle cave di marmo di Covelano e relativi problemi legati al trasporto dei blocchi di marmo a valle attraverso l'utilizzo di una strada forestale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti - sezione 5).

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MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Gianni Piatti, colleghi deputati, è la seconda volta nel giro di pochi mesi che abbiamo occasione su nostra iniziativa di affrontare in quest'Aula, in sede di sindacato ispettivo, un problema delicato, che riguarda la piena tutela sia dell'ambiente, che della salute dei cittadini, in un territorio rientrante nella competenza del parco nazionale dello Stelvio nel versante della provincia autonoma di Bolzano, l'Alto Adige-Südtirol.
La collega Francescato ed io avevamo presentato la prima interpellanza il 13 luglio 2006, segnalando tempestivamente tale problema concernente l'utilizzo da parte di una cava di marmo, sia pure con l'autorizzazione provvisoria, di una strada forestale anziché di altri strumenti alternativi per il trasporto a valle del marmo. Si tratta di una cava sita nel comune di Silandro, la cosiddetta cava di Covelano.
In quell'occasione abbiamo avuto una risposta attenta e puntuale, ma ancora interlocutoria da parte del Governo, anche in quella circostanza - lo ringrazio - rappresentato dal sottosegretario Gianni Piatti. Oggi, invece, ci troviamo in sede di interpellanza urgente: la prima interpellanza, presentata il 13 luglio 2006, è stata discussa troppi mesi dopo, il 13 febbraio 2007.
In questo caso abbiamo presentato un'interpellanza urgente, questa volta sottoscritta anche da altri trentasei deputati appartenenti a quasi tutti i gruppi del centrosinistra (deputate e colleghi che ringrazio, oltre ai colleghi Verdi che l'hanno tutti sottoscritta), perché le problematiche discusse il 13 febbraio di quest'anno stanno ovviamente maturando e potrebbero maturare in senso positivo o negativo, a seconda delle scelte che verranno fatte sia dall'autorità preposta al parco nazionale dello Stelvio e, per quanto riguarda le proprie competenze, dalla provincia autonoma di Bolzano e dai comuni direttamente interessati (non soltanto il comune di Silandro, ma anche il comune di Lasa).
Come si capisce dai riferimenti istituzionali che ho svolto, si tratta di una materia delicata e complessa che chiama in causa sia la responsabilità, per quanto di competenza, del Governo nazionale, in particolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oggi qui rappresentato, sia le responsabilità dell'autonomia provinciale sudtirolese e degli enti locali. Di ciò siamo pienamente consapevoli, tanto che in questi giorni anche in consiglio provinciale di Bolzano, da parte del gruppo consiliare trilingue Verdi-Grüne-Vërc, rappresentato dai consiglieri Cristina Kury, Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba (quest'ultimo è anche presidente del consiglio provinciale di Bolzano), sono state presentate due distinte interrogazioni per interpellare la giunta provinciale di Bolzano per quanto di propria competenza.
Il fatto che noi abbiamo deciso di riproporre - infatti, vi sono elementi di novità, che poniamo al Governo per quanto di sua competenza - la questione della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini nel territorio del parco nazionale dello Stelvio, che insiste in particolare in questi comuni della Val Venosta, ha già avuto in questi giorni una notevole eco giornalistica e mediatica, che dà il segno di quanto l'opinione pubblica locale di qualunque orientamento politico (l'ambiente e la tutela della salute dei cittadini sono beni che riguardano tutti) sia interessata a tale problema. Sono usciti articoli sul quotidiano di lingua tedesca Tageszeitung, sull'altro quotidiano in lingua tedesca Dolomiten, sul quotidiano in lingua italiana Alto Adige. Ne ha parlato in questi giorni anche l'edizione in lingua tedesca della Rai, la RAI-Sender Bozen dell'Alto Adige, nella rubrica Mittagsmagazin.
Ne ha parlato qualche giorno fa il periodico Vinschger Wind. Cito i casi che conosco per far capire al rappresentante del Governo quale eco, non a livello nazionale ma a livello locale, abbia questa vicenda che oggi discutiamo in sede parlamentare.
Debbo anche dare atto del lavoro di sensibilizzazione che su questo tema ha fatto e sta facendo il professore FrancoPag. 108Bernard, che è il portavoce provinciale dei Verdi-Grüne-Vërc dell'Alto Adige Südtirol.
Ci sono anche iniziative da parte della società civile (mi riferisco in particolare alla lettera aperta rivolta in questi giorni al presidente del parco nazionale dello Stelvio, dottor Ferruccio Tomasi e al direttore del parco, dottor Wolfgang Platter) ai quali è stata indirizzata su questa tematica una lettera aperta da parte dell'associazione Amici della funivia del piano inclinato, che ha un nome più complesso in tedesco, Freunde der Schrägbahn, il cui presidente è Peter Unterholzner.
Ho voluto citare questi aspetti proprio per far capire l'importanza, l'attenzione e la sensibilità che c'è sulla questione, sulla quale si era diffuso ampiamente, devo dire, il 13 febbraio scorso il sottosegretario Gianni Piatti, a nome del Governo.
Abbiamo voluto, in questa nuova interpellanza, anche per correttezza nei confronti del Governo, citare largamente la risposta che avevamo ottenuto all'epoca. Era una risposta interlocutoria, che si concludeva per noi in modo significativamente positivo. Il sottosegretario Piatti diceva il 13 febbraio scorso: «Anche in sintonia con le sollecitazioni degli interroganti, sarà cura del Ministero che rappresento seguire attentamente la vicenda, anche per le implicazioni e le responsabilità nazionali relative al parco nazionale dello Stelvio, in modo che, nelle scelte da operare da parte dei soggetti competenti, venga privilegiata la strada dell'utilizzo del trasporto su fune, anziché su gomma, in modo da raggiungere una maggiore salvaguardia dell'ambiente».
Noi condividevamo queste conclusioni ed avevo, nella mia replica già allora, sollecitato il Governo ad essere consapevole, per quanto di propria competenza, dei gravi problemi ambientali ma anche di inquinamento, sia in termini di polvere, sia in termini di inquinamento acustico, che si stavano ponendo con questa autorizzazione provvisoria al transito su strada forestale del trasporto del marmo, anziché dell'utilizzo degli impianti funiviari e della ferrovia a scartamento ridotto.
Per questo avevo auspicato nella mia risposta di allora che, né il consorzio del parco nazionale dello Stelvio, né la provincia autonoma di Bolzano, avrebbero dovuto dare alcuna proroga all'utilizzazione di una strada all'interno del parco dello Stelvio ed avevo detto che noi non chiediamo di chiudere o sopprimere questa attività imprenditoriale, ma di renderla compatibile con il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini tramite impianti a fune, o con quelli già esistenti e potenziati, oppure con uno nuovo utilizzabile da tutte e tre le cave interessate.
Le cave interessate, infatti, sono tre; erano già citate nell'interpellanza di allora, in quella di oggi e anche nella risposta che il rappresentante del Governo ci aveva dato. La prima è la cava Acqua bianca, gestita nel comune di Lasa dalla Lasa marmo, la quale già utilizza il trasporto su teleferica e su ferrovia a scartamento ridotto (a piano inclinato). La cava Jennwand della Lechner Marmor non è attiva, poiché non è in grado di utilizzare questi strumenti di trasporto. La terza cava è quella di Covelano, nel comune di Silandro, ed è stata riaperta nel 2005 dalla Tiroler Marmorwerke, azienda che aveva ottenuto, a mio parere incautamente, l'autorizzazione, seppure provvisoria, per tre anni ad utilizzare una strada forestale per un trasporto che, invece, si sarebbe dovuto fare attraverso gli strumenti che ho poco fa citato.
Tra le novità verificatesi successivamente, ve n'è una, a mio giudizio molto positiva, relativa al fatto che, il 17 maggio 2007, l'amministrazione separata dei beni e usi civici, in sigla Buc Lasa/centro, ha adottato una delibera preliminare (n. 25 del 2007) avente ad oggetto la stipulazione del contratto per l'acquisto della struttura per il trasporto del marmo della Lasa marmo Spa, in modo che, quando sarà realizzato l'acquisto di tale struttura - mi auguro che ciò avvenga tra pochi giorni - renda possibile l'utilizzo del piano inclinato anche da parte di altri operatori economici del settore marmifero a causa della diretta disponibilità della struttura che, dopo l'acquisto, non sarebbe più proprietàPag. 109della Lasa marmo Spa, ma diventerebbe proprietà dell'amministrazione separata dei beni e usi civici di Lasa/centro.
Il 31 maggio 2007 vi è stata una riunione, credo tra il presidente del Parco nazionale, il presidente della provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder e i rappresentanti delle tre ditte che ho citato - Tiroler Marmor, Lasa marmo e Lechner - per individuare la possibilità di utilizzare la tradizionale struttura funicolare da parte di tutte e tre le aziende e non soltanto da parte di una, come accade attualmente. Di questo incontro ha riferito anche la rivista Der Vinschger che ha riportato anche le proposte del presidente Durnwalder alle imprese che ho menzionato.
Pochi giorni dopo, il 14 giugno 2007, vi è stato anche un sopralluogo promosso dal titolare della ditta Lechner con vari soggetti, tecnici e amministratori, per verificare la possibilità di modernizzare la tradizionale struttura a fune. Il 26 giugno 2007, nuovamente l'amministrazione separata dei beni e usi civici, Buc Lasa/centro, ha deliberato (delibera n. 35 del 2007) la proroga del contratto di affitto per la fine dell'acquisto della struttura per il trasporto del marmo della Lasa marmo stessa, in modo da rendere possibile l'accesso all'utilizzo della struttura anche alle altre due ditte ricordate, la Tiroler Marmor e la Lechner.
Tuttavia, nel frattempo, il 27 luglio del 2007 - queste sono le novità che sto indicando dopo la discussione che abbiamo svolto a febbraio - la Tiroler Marmor è stata acquistata dall'ingegner Burkhard Polh di Castelbello (Kastelbell in tedesco), che è subentrato ai precedenti proprietari della Tiroler Marmor diventandone il proprietario e cambiandone la denominazione in Göflaner Marmor gmbH. Questo passaggio di proprietà ha portato anche a qualche forma di pressione e di incentivazione, non volta a trovare la soluzione caldeggiata, anche in termini di tutela ambientale, di utilizzazione della struttura funicolare da parte di tutte le tre aziende, tra le quali, la terza, nel frattempo, come ho già ricordato, ha cambiato denominazione e proprietario, ma è quella che ha ottenuto l'autorizzazione provvisoria al transito attraverso la strada forestale. Sembra che sia in atto una forte spinta per un'ulteriore proroga, da noi considerata assolutamente inaccettabile, del trasporto su gomma attraverso la strada forestale, con tutti gli impatti ambientali e sulla salute dei cittadini che ho già citato.
Il 25 ottobre (quindi pochi giorni fa), il quotidiano Dolomiten ha riferito - non so se la notizia abbia fondamento o meno, ma mi auguro che non ce l'abbia - che il presidente del parco nazionale dello Stelvio, Ferruccio Tomasi, avrebbe dichiarato di essere disposto a prorogare i termini del trasporto del marmo su strada e di averne anche parlato col sindaco di Silandro, Johann Wallnöfer.
Crediamo che non sia assolutamente necessario adottare ulteriori proroghe perché, proprio per le deliberazioni assunte dall'amministrazione separata della Buc Lasa/centro, che ho più volte citato, e che possono essere realizzate nel giro di pochi giorni, sarà possibile utilizzare la struttura dell'impianto a fune con gli altri elementi connessi, a disposizione delle tre aziende menzionate, compresa la nuova Göflaner Marmor gmbH, succeduta alla Tiroler Marmor.
Dunque, la ragione per cui interpelliamo il Governo è perché chiediamo, rispettosamente ma fermissimamente, che lo stesso, per quanto di sua competenza - visto che è in ballo il parco nazionale dello Stelvio - si adoperi affinché, come già era stato prospettato il 13 febbraio, sia realizzata non un'ipotesi di proroga dell'autorizzazione provvisoria ad uso della strada forestale, ma, invece, la soluzione dell'impianto a fune da utilizzare da parte di tutte le tre aziende interessate.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Gianni Piatti, ha facoltà di rispondere.

Pag. 110

GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza urgente illustrata dall'onorevole Boato - che ringrazio per la segnalazione - e concernente l'uso della strada forestale di Monte Tramontana, comune di Silandro, in provincia di Bolzano, si rappresenta quanto segue.
La Direzione per la protezione della natura del Ministero che rappresento, ha confermato quanto riferito in sede di risposta ad altra interpellanza resa in data 13 febbraio 2007, ove si precisava che le competenze autorizzatorie sono a carico della provincia autonoma di Bolzano, dei comuni di Lasa e Silandro, del parco nazionale dello Stelvio e veniva assicurata l'attenzione dell'amministrazione in modo che le scelte dei soggetti competenti potessero indirizzarsi verso l'utilizzo del trasporto dei blocchi di marmo su fune anziché su gomma.
Detto ciò, risulta che in data 31 maggio 2007 il presidente del parco nazionale dello Stelvio ha convocato presso la sede della presidenza della provincia Bolzano - come ricordava anche l'onorevole Boato - i rappresentanti legali delle tre imprese che gestiscono e lavorano le cave di marmo bianco nei comuni di Lasa e Silandro, attingendo ai giacimenti marmiferi della Croda Jenn (Lasa Marmi per la Cava Acqua Bianca, Tiroler Marmorwerke per la Cava di Covelano e Lechner Marmor per la Cava Jenn), i sindaci dei comuni di Lasa e Silandro, i presidenti delle amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e Covelano, nonchè il presidente della provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige, Luis Durnwalder.
L'obiettivo principale della riunione era quello di fissare una tempistica e un piano di finanziamento per il risanamento della struttura esistente per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte le cave in uso, ossia la ristrutturazione della ferrovia esistente a monte e a valle del piano inclinato, come strutture di trasporto ecocompatibili da preferire a qualsiasi altro metodo di trasporto, come quello su gomma.
La riunione era stata convocata anche per fare presente l'imminente scadenza dell'autorizzazione provvisoria e limitata nel tempo (tre anni con scadenza l'8 marzo 2008) all'uso della strada forestale esistente sul Monte Tramontana, in comune di Silandro, per l'asporto temporaneo dei blocchi di marmo dalla cava di Covelano.
A conclusione della citata riunione, i sindaci di Lasa e Silandro ed i presidenti delle amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e Covelano si erano impegnati a consegnare, entro il termine di un mese dalla data della riunione, un progetto di risanamento e sull'uso comune della struttura ferroviaria esistente (comprendente anche il piano inclinato) per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte e tre le cave e presentando, oltre ad un preciso cronoprogramma sulla progettazione, la richiesta di istruttoria per il rilascio di tutti i pareri ed autorizzazioni necessari, con l'indicazione dei tempi di esecuzione dei lavori di risanamento e di ristrutturazione di detto impianto ferroviario, tuttora funzionante ed in uso. Inoltre, venivano richieste precise indicazioni sui costi ed il finanziamento dell'intervento.
Trascorso il predetto termine senza ricevere alcuna risposta, con nota del 6 settembre 2007 n. 3809, il presidente del parco sollecitava l'invio delle informazioni concordate.
Hanno provveduto a dare risposta il sindaco di Silandro ed il presidente dell'amministrazione Beni e usi civici di Covelano, con la quale segnalavano i ritardi nella trattativa causati, a loro parere, dal comune di Lasa e dall'amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e chiedevano una proroga di tre anni per l'uso della strada forestale di Monte Tramontana per il trasporto dei blocchi di marmo dalla Cava di Covelano situata in comune di Silandro.
Il presidente del parco al momento non ha concesso la proroga richiesta e ha confermato che il consorzio del parco nazionale dello Stelvio privilegia il risanamento del sistema ferroviario esistente rispetto a soluzioni di trasporto su gomma. Questo perché il sistema ferroviarioPag. 111esistente è maggiormente rispettoso di un ambiente sensibile, del paesaggio ricompreso nel perimetro del parco nazionale dello Stelvio e perché evita passaggi attraverso paesi abitati.
Riguardo alla prospettata proroga dell'autorizzazione per l'uso provvisorio della strada forestale di Covelano, il presidente del Parco ha rappresentato che la relativa citazione sul quotidiano Dolomiten del 25 ottobre è inesatta e incompleta, essendo vero, invece, che il presidente ha più volte dichiarato, anche nei confronti dei diretti interessati in incontri ufficiali, di essere disposto a prorogare l'uso della strada solo sulla scorta di un progetto di risanamento della struttura ferroviaria avviato in istruttoria e corredato da un cronoprogramma e da un piano di finanziamento.
Tale amministrazione, in sintonia con il presidente del Parco, anche in considerazione della preoccupazione manifestata dagli onorevoli interpellanti - che ringraziamo per la nuova e puntuale segnalazione - condivide la possibilità di proroga unicamente nel caso si giungesse alla definizione del progetto di risanamento della linea di trasporto su fune entro il marzo 2008 (termine di scadenza dell'autorizzazione già rilasciata) e, comunque, solo e unicamente per consentirne l'ultimazione. In tal senso, il Ministero si attiverà e vigilerà con attenzione, producendo le iniziative conseguenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rinnovo il ringraziamento al sottosegretario Piatti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - che lo stesso sottosegretario rappresenta - per la risposta fornita, che conferma, da una parte, le nostre preoccupazioni e, dall'altra, che al tempo stesso vi è la possibilità di praticare, in tempi rapidissimi, la soluzione alternativa all'uso della strada forestale per il trasporto dei blocchi di marmo dalla cava di Covelano. La risposta medesima fa riferimento, direttamente e indirettamente, alla responsabilità - per quanto appunto di competenza del Parco nazionale dello Stelvio - del suo presidente e del suo direttore, nel senso che essi avrebbero privilegiato il risanamento del sistema ferroviario e funiviario del piano inclinato esistente - che è integrato e complesso - rispetto a qualunque altra soluzione di trasporto su gomma.
Devo anche segnalare, in sede di replica, che la risposta puntuale fornita dal sottosegretario conferma la riunione del 31 maggio scorso tra il vertice del Parco dello Stelvio, il presidente della provincia di Bolzano, le diverse autorità istituzionali e le varie imprese coinvolte, che ho già più volte citato. Mi fa molto piacere che si dichiari pubblicamente e solennemente che l'obiettivo principale di quella riunione era quello di fissare una tempistica e un piano di finanziamento per il risanamento della struttura esistente per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte le cave in uso, ossia per la ristrutturazione della ferrovia esistente a monte e a valle del piano inclinato (come strutture di trasporto ecocompatibili da preferire a qualsiasi altro mezzo di trasporto, come quello su gomma). Si tratta di finalità e di obiettivi che condividiamo pienamente: per tale motivo, però, riteniamo che non siano e non sarebbero in alcun modo accettabili ulteriori proroghe all'uso della strada nei confronti della cava di Covelano e del suo titolare, che, attualmente utilizza un'autorizzazione che scadrà, come mi sembra lei abbia detto, l'8 marzo 2008, ossia fra pochissimi mesi.
Mi resta qualche perplessità, non riferita al Governo, ma alla sua risposta, riguardante il fatto che gli impegni dovevano essere realizzati a un mese dalla data del 31 maggio (quindi il 30 giugno o il 1o luglio) e, invece, si è aspettato il 6 settembre per sollecitare l'invio delle informazioni concordate che non erano arrivate.
Ancora maggiore perplessità mi suscita il fatto che, secondo quanto il Governo ha correttamente riferito in modo condizionale, secondo il sindaco di Silandro e il presidente dell'amministrazione Beni usi civici di Covelano, la responsabilità starebbe nei ritardi causati, a loro parere -Pag. 112come lei ha giustamente affermato - dal comune di Lasa e dall'amministrazione Beni usi civici di Lasa.
Il comune di Silandro e l'amministrazione Buc di Covelano avrebbero chiesto un'ulteriore proroga di tre anni: ciò sarebbe totalmente inaccettabile. Ho già citato - se il Governo lo ritiene posso fornirgliene una copia - le deliberazioni del comitato di amministrazione dell'amministrazione separata Buc Lasa/centro, quella del 17 maggio, e quella del 26 giugno 2007, che, nel giro di pochi giorni, potrebbero essere perfezionate con il contratto di acquisto degli impianti attualmente in proprietà della Lasa Marmo Spa. Sono deliberazioni che l'amministrazione Buc Lasa/centro ha adottato proprio per consentire l'utilizzo del piano inclinato anche ad altri operatori economici del settore marmifero, a causa della diretta disponibilità della struttura, che verrebbe assunta dalla Buc Lasa/centro.
In questo modo, ci sarebbe un impedimento alla manomissione della natura del territorio tramite vie di trasporto alternative per la salvaguardia dell'ambiente e ci sarebbe la garanzia del trasporto del marmo tramite il piano inclinato, nonché l'esclusione dell'utilizzo della strada da Lasa a Tarnello e viceversa, che è la strada di cui stiamo parlando.
Quindi, il comune, che sta chiedendo un'ulteriore proroga di tre anni, contesta all'amministrazione Beni usi civici di Lasa l'inadempienza, quando quest'ultima è l'unica che si è attivata per acquisire addirittura pubblicamente quell'impianto di trasporto a fune, in modo da renderlo disponibile a tutte le tre cave di marmo.
Siccome credo che dovessero passare quattro mesi dalle deliberazioni di maggio e giugno per completare il contratto di acquisto, considerato che i quattro mesi scadono fra pochi giorni, credo che sia assolutamente necessario che da parte sia del Parco nazionale dello Stelvio sia della provincia autonoma di Bolzano si vada a sostenere questa soluzione, che è la più logica e razionale, come lei, signor sottosegretario, ha del resto affermato.
Mi fa anche piacere che sia smentita come inesatta e incompleta la citazione del 25 ottobre del quotidiano Dolomiten, che avevo riportato qui in modo problematico, che avrebbe attribuito al presidente del Parco un'intenzione di proroga. Mi fa anche piacere ascoltare che il presidente del Parco sarebbe disposto a prorogare l'uso della strada solo sulla scorta di un progetto di risanamento della struttura ferroviaria, avviato in istruttoria e corredato da un cronoprogramma, ossia da una scansione temporale e da un piano di finanziamento.
Il fatto che il Ministero dell'ambiente, in sintonia con il presidente del Parco e in risposta alle nostre preoccupazioni, condivida la possibilità di proroga unicamente nel caso si giungesse alla definizione del progetto di risanamento della linea di trasporto su fune entro marzo 2008, cioè entro pochi mesi, corrispondente al termine di scadenza dell'autorizzazione provvisoria già rilasciata, e comunque solo e unicamente per consentirne l'ultimazione, ci conferma la giustezza delle preoccupazioni che abbiano manifestato - perché noi siamo per risolvere il problema e non per bloccare - e del percorso che noi e la stessa Buc Lasa/centro abbiamo indicato. Si tratta cioè di utilizzare l'impianto a fune esistente, riammodernato e potenziato, per metterlo a disposizione di tutte le tre aziende.
Bisogna assolutamente rispondere negativamente all'ingegnere Burkhard Pohl, rappresentante della nuova Göflaner Marmor, che è succeduta alla precedente Tiroler Marmor, che vorrebbe, invece, assieme al comune di Silandro, ulteriori tre anni di proroga per l'utilizzo della strada. Ciò sarebbe totalmente inaccettabile.
Ci conforta ciò che il Governo ha affermato e ci auguriamo, come del resto il sottosegretario Piatti ha correttamente assicurato, che esso svolga tutta la sua azione di persuasione e di corresponsabilità nei confronti del presidente del Parco nazionale dello Stelvio, affinché non si giunga in alcun modo a ulteriori proroghe di questo tipo, ma semmai a una proroga limitata di alcuni mesi, finalizzata esclusivamentePag. 113alla possibilità di utilizzo dell'impianto a fune, con gli aspetti connessi che abbiamo più volte citato, messo a disposizione di tutte le tre aziende interessate.
Rinnovo il ringraziamento al rappresentante del Governo e al Presidente, che sta presiedendo anche oggi fino a ora tarda, come nella notte scorsa.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Ruvolo n. 2-00840)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Ruvolo n. 2-00840, concernente problematiche inerenti al Centro Mediterraneo di attività di informazione e comunicazione ambientali, è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806, concernente ipotesi di soppressione della fermata nelle stazioni di Rovigo e Ferrara, di alcuni treni Eurostar, è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative per garantire il diritto all'assistenza sanitaria in Sicilia - n. 2-00828)

PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00828, concernente iniziative per garantire il diritto all'assistenza sanitaria in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, ci rivolgiamo con urgenza al Governo manifestando una notevole preoccupazione per quanto sta accadendo nel settore della sanità regionale siciliana.
È a tutti noto - innanzitutto al Governo, perché il tema è affrontato nel disegno di legge finanziaria per il 2008 in corso di approvazione da parte del Parlamento - che il bilancio della sanità regionale in Sicilia presenta un deficit spaventoso. Quest'ultimo è il prodotto di anni e anni di pessimo governo regionale, che ovviamente ha favorito sempre più una situazione di crisi, che oggi sembra mostrare segni assai preoccupanti, quasi di irreversibilità, se non si interviene immediatamente e con assoluta determinazione, e che ha comportato una sempre maggiore compressione dell'assistenza sanitaria per i siciliani.
Il Governo nazionale si è fatto carico di tale situazione, che non esito a definire una vera e propria emergenza - causata dal presidente della regione Cuffaro e dagli assessori regionali alla sanità che si sono succeduti negli ultimi anni - attraverso l'apertura di una linea di credito per colmare il deficit, imponendo però una condizione: l'adozione di un piano di rientro, di contenimento e di riqualificazione del servizio sanitario regionale.
Tale linea è stata apparentemente fatta propria dal Governo regionale fin dall'agosto scorso, cercando di adempiere a quella condizione e a quell'obbligo posto dal Governo nazionale, di contenere la spesa sanitaria. Personalmente, ritengo che tale contenimento debba essere declinato attraverso una razionalizzazione della spesa pubblica. Ma aggiungerei anche un altro elemento di qualificazione: una moralizzazione della spesa nella sanità regionale.
Ebbene, affermavo che tale linea è stata attuata solo apparentemente perché, in realtà, si sta andando in direzione assolutamente opposta, signor sottosegretario: piuttosto che ridurre sprechi e inefficienze, piuttosto che intervenire in quelle sacche di parassitismo e di clientelismo, si sta colpendo fino in fondo al cuore l'assistenza sanitaria per i siciliani.
Credo che sia già in atto - e che esploderà drammaticamente - un'emergenza sanità in Sicilia, perché questo presunto piano di contenimento e di qualificazione in realtà sta comprimendo semprePag. 114più l'assistenza sanitaria che i siciliani pagano una, anzi due volte, e che poi si vedono concretamente negata.
Noi prevediamo, infatti, che ciò esploderà con drammatica virulenza e coinvolgerà fino in fondo le strutture sanitarie pubbliche dell'isola con la chiusura di reparti considerati anche poli di eccellenza che servono interi bacini territoriali, con la riduzione forte, drastica dei posti letto, dei costi per beni e servizi, delle guardie mediche, con l'accorpamento e la chiusura di strutture ospedaliere. Vi sono inoltre da considerare le ulteriori ricadute che si avranno sulla gestione del personale, sulla sicurezza dei posti di lavoro e sulla somministrazione delle cure, delle terapie e dei farmaci per i pazienti che mostrano gravissime patologie.
Voglio indicare al Governo un caso emblematico ed eclatante già esploso, di cui ne è perfettamente a conoscenza l'intera opinione pubblica siciliana e, soprattutto, coloro che pagano sulla propria pelle il cosiddetto piano di contenimento e di qualificazione del sistema sanitario regionale. L'esempio che voglio richiamare riguarda l'azienda mista ospedaliero-universitaria del policlinico di Catania dove vi è una gestione intollerabile del personale con il 90 per cento del personale medico non universitario, signor sottosegretario, che è a contratto e, vede in questi giorni, nei prossimi mesi, scadere il proprio contratto.
Non stiamo parlando di semplici precari, impiegati di concetto che hanno pure una loro utilità e dignità, ma si tratta spesso di medici, di anestesisti, di personale ausiliario, ospedaliero e di infermieri. Vi è una situazione di precarietà che, davvero, va oltre ogni limite di sopportazione con una ricaduta evidente e pesante sulle prestazioni, sui servizi e sulle strutture.
Non mi trattengo ulteriormente nell'esposizione di ciò che è stato messo per iscritto nell'interpellanza ma questa gestione è davvero intollerabile ed è davvero inaccettabile che un Governo nazionale, la collettività nazionale che si fa carico giustamente di un'emergenza attinente ad un diritto importantissimo e insopprimibile come il diritto costituzionale alla salute venga poi così mortificata e vanificata.
Tengo a dichiarare in quest'Aula che, nonostante l'impegno della maggioranza e del Governo di coprire gli effetti e le conseguenze di anni e anni di pessima amministrazione, vi è una fortissima propaganda del governo regionale presso i malati, i cittadini e l'opinione pubblica volta a mistificare ed a far credere che i disagi, gli effetti negativi, i tagli dei posti letto, la soppressione di interi reparti, come quello di oncologia pediatrica, punto di eccellenza che serve tutto il bacino della Sicilia orientale sia frutto delle politiche economiche del Governo Prodi. Oltre al danno, le beffe; è insopportabile tutto ciò! Continuano invece sprechi, clientele e si mantengono strutture inutili a danno dei cittadini.
Dunque noi chiediamo che il Governo, che interviene distribuendo, poi, su tutta la popolazione nazionale un danno e un deficit economico prodotto da una classe di governo imbelle e inetta, almeno raggiunga l'obiettivo di garantire i livelli essenziali del diritto alla salute, che fortunatamente la nostra Costituzione riconosce e tutela.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del mare e del territorio, Gianni Piatti, ha facoltà di rispondere.

GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, sostituisco il senatore Gaglione, sottosegretario di Stato per la salute, per un impegno improvviso.
In risposta all'interpellanza urgente dell'onorevole Licandro va preliminarmente precisato che lo strumento dei piani di rientro è previsto dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (la finanziaria per il 2005), qualora la regione interessata non abbia adottato, ai fini del rispetto dell'equilibrio economico, i provvedimenti necessari a ripianare il disavanzo di gestione o gli stessi siano risultati inadeguati. La regione deve pertanto procedere ad unaPag. 115verifica delle relative cause con l'elaborazione, inoltre, di un programma di riorganizzazione e di riqualificazione del proprio sistema sanitario di durata non superiore a tre anni.
I Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione provvedono, quindi, alla stipula di un accordo che definisce gli interventi necessari al raggiungimento dell'equilibrio economico, garantendo comunque i livelli essenziali di assistenza.
La legge finanziaria per il 2007 ha integrato la normativa sopra citata, istituendo per il triennio 2007-2009 un Fondo transitorio, di mille milioni di euro per l'anno 2007, di ottocentocinquanta milioni di euro per l'anno 2008, e di settecento milioni di euro per l'anno 2009, la cui ripartizione tra le regioni interessate da elevati disavanzi di gestione è disposta con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze, e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
L'accesso alle risorse del Fondo è subordinato alla sottoscrizione di un accordo, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, comprensivo di un piano di rientro che deve contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente piano sanitario nazionale e dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di determinazione degli stessi, sia le misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli obblighi e le procedure previste dall'articolo 8 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla citata Conferenza.
Tale accesso presuppone che sia scattata formalmente in modo automatico o che sia stato attivato l'innalzamento ai livelli massimi dell'addizionale regionale per l'IRPEF o dell'aliquota dell'IRAP. Con riferimento alle paventate negative ricadute in termini di prestazioni sanitarie nei confronti dei cittadini siciliani conseguenti all'adozione del piano di rientro, di cui all'accordo siglato il 31 luglio 2007 tra le amministrazioni citate e la regione Sicilia, il Ministero della salute auspica che, come previsto dalla vigente legge finanziaria, l'attività di affiancamento della regione possa consentire un efficace monitoraggio del piano e dei relativi provvedimenti regionali di attuazione.
Al riguardo si precisa che ad oggi sono all'esame delle competenti amministrazioni gli interventi attuativi del piano ritenuti prioritari, presentati dalla regione il 20 settembre ultimo scorso. Pertanto, non si può che rinviare alla conclusione di questa prima verifica la valutazione dell'efficacia e della congruità dei suddetti provvedimenti in relazione agli obiettivi definiti dal piano di rientro. Relativamente in particolare alla riduzione dei posti letto, si evidenzia che la regione Sicilia si è impegnata per l'anno 2007 a riallineare il numero dei posti letto per acuti, sia nelle strutture pubbliche sia in quelle private preaccreditate, in conformità a quanto definito dal precedente decreto assessorile n. 810 del 2003.
Peraltro va considerato che da questa operazione di riallineamento sono state escluse le aziende universitarie-policlinici.
In merito a quanto rappresentato sulla situazione gestionale e sanitaria dell'azienda ospedaliera universitaria Gaspare Rodolico di Catania, si deve ricordare in questa sede l'esclusiva competenza a riguardo degli organi aziendali e del servizio sanitario regionale. In proposito, la regione ha comunicato che, relativamente al reparto di oncologia pediatrica, con deliberazione n. 510 del 23 ottobre ultimo scorso, il direttore generale dell'azienda ha indetto una selezione per il reclutamento delle figure professionali indicate nell'atto parlamentare.
Inoltre, l'assessorato ha precisato di non essere a conoscenza di circolari emanate dalla direzione generale universitaria finalizzate alla riduzione degli interventi chirurgici da effettuare con cadenza settimanale, nonché alla riduzione delle forniture di protesi, pace maker e stent.
Peraltro a seguito di questa interpellanza, l'assessorato ha confermato di avere inoltrato una richiesta di elementi di conoscenza al suddetto direttore generalePag. 116dell'azienda e il Ministero della salute si riserva di acquisire, appena possibile, quanto richiesto all'organo di vertice aziendale.

PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di replicare.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, dichiaro la mia parziale soddisfazione. Apprezzo la buona volontà del Governo, ma ho il timore che il Governo nazionale non abbia la reale percezione della gravità della situazione che oggi si sta determinando in Sicilia. Ritengo che abbia in qualche misura sottovalutato la portata dell'interpellanza.
Signor sottosegretario, capisco che lei sostituisce il sottosegretario competente, ma basterebbe leggere le relazioni della Corte dei conti che definiscono - le ultime in maniera univoca - la sanità regionale come terreno di scorribanda della politica, di sprechi, di inefficienze, di clientelismo, lottizzazioni selvagge che non hanno nulla a che vedere con il merito e, semmai, con talune, precise e ben individuate segreterie politiche.
Anche per tale ragione, il gruppo dei Comunisti Italiani cui appartengo ha avanzato una proposta di legge che, nel quadro della riduzione degli sprechi e dei cosiddetti tagli alla politica, modifica la disciplina di nomina dei manager delle aziende sanitarie, per sottrarli alla famelica lottizzazione di alcune forze politiche.
In Sicilia - il Governo dovrebbe averne la piena consapevolezza - si sta recando un colpo mortale alla sanità pubblica. Cito un dato: sono oltre mille le convenzioni con strutture private in Sicilia, stipulate dal Governo regionale di centrodestra a fronte delle semplici ottanta della regione Lombardia. Si capisce bene il tipo di rapporto. Non voglio soffermarmi oltre su un dato che la cronaca giudiziaria consegna a tutti noi, all'opinione pubblica, circa alcune di queste strutture legate strettamente e organicamente a esponenti di spicco della criminalità organizzata.
Occorre dunque un'attenzione seria, rigorosa e determinata da parte del Governo. È in gioco un diritto essenziale, fondamentale del cittadino, lo ripeto, il diritto alla salute.
Gli elementi che il Governo ha assunto attraverso l'assessorato regionale ovviamente non rispondono a verità. Infatti, ho portato con me queste circolari ed è singolare che un cittadino o un parlamentare ne possa facilmente venire in possesso mentre l'assessorato regionale, dietro la sollecitazione del Governo, non ne abbia conoscenza.
Una circolare, per esempio, afferma che, per ciascuna unità operativa, è prevista una sola seduta antimeridiana per interventi chirurgici. Un'altra è una circolare pubblica (consultabile sul sito del policlinico dell'azienda) ed in essa è scritto che i prelievi giornalieri, che fino a qualche settimana fa erano in media ottanta, si riducono a quindici. In un'altra circolare, dell'8 maggio 2007, il direttore sanitario autorizza soltanto alcuni interventi che appaiono economicamente compatibili: una frase gelida e al tempo stesso feroce, che mette profondamente in discussione il rispetto concreto del diritto alla salute.
Sono fatti concreti che noi stiamo denunciando, signor sottosegretario, e mi auguro che lei riferisca con puntualità al Governo e al Ministro competente.
Vi sono ricadute formidabili anche sul piano universitario; lei giustamente ha ricordato che, da quel piano di contenimento e di riqualificazione, vengono tenute fuori le strutture universitarie e i policlinici. La struttura di cui stiamo parlando è esattamente una di queste, tuttavia è profondamente colpita da un piano di contenimento che dev'essere fatto, praticato e realizzato, ma non a scapito dei livelli dell'assistenza sanitaria.
Vi sono ricadute formidabili anche sul piano universitario, alla luce dell'impossibilità di mantenere i parametri di legge, e dunque soppressione e ridimensionamento dei corsi di laurea, delle professioni sanitarie e dei corsi specializzazione, e ancora in generale una riduzione dell'offerta formativa. Tuttavia, a fronte di questo vulnus formidabile, restano intatte appunto quellePag. 117sacche di parassitismo, gli sprechi, le inefficienze e le strutture sanitarie inutili: insomma, è un disastro!
Io ho effettuato una visita, un'ispezione, proprio venerdì scorso. Ho appreso di pazienti con patologie gravissime, in condizioni molto critiche, rispetto ai quali si invocava, appunto, la compatibilità economica. Ho appreso di pazienti con la colonna vertebrale spezzata, in attesa degli interventi chirurgici, e di pazienti affetti da forme tumorali cerebrali, il cui intervento viene procrastinato di settimana in settimana.
Ho constatato una situazione di illegalità diffusa, nel senso della violazione di qualunque norma e regola, da quelle relative alla sicurezza sul posto di lavoro (le compatibilità e le strutture) allo sfruttamento del personale, alla qualità pessima dei servizi.
Noi non ci fermeremo perché tutto ciò è evidente agli occhi degli stessi cittadini, dei siciliani perché - lo ripeto - è un diritto fondamentale della persona ad essere stato messo in discussione e quello dell'assistenza sanitaria è un servizio che viene pagato dai siciliani una, due volte e poi concretamente negato.
Noi continueremo, aspetteremo che il Governo assuma altre informazioni, ma continueremo ad incalzarlo perché il Governo nazionale ha il dovere istituzionale, di legge e anche morale, di vigilare sul mantenimento dei livelli essenziali - come ha detto lei - dell'assistenza sanitaria.
Anche per questa ragione porteremo all'attenzione dell'altro ramo del Parlamento, al Senato, questi problemi, questa emergenza perché ne sia investita sino in fondo la Commissione di inchiesta.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 16 novembre 2007, alle 9,30:

1 - Svolgimento di una interpellanza urgente.

2 - Svolgimento di una interrogazione.

La seduta termina alle 21,10.