XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 242 di mercoledì 14 novembre 2007

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[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 10,45.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Bongiorno, Brugger, Cogodi, Donadi, Giovanardi, Lion, Marcenaro, Mosella, Oliva, Leoluca Orlando, Pinotti, Piscitello, Rigoni, Samperi, Sgobio, Soro, Stucchi, Tremonti, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,49).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, mercoledì 14 novembre 2007, in sede legislativa, la III Commissione permanente (Affari esteri e comunitari), ha approvato il seguente disegno di legge:
S. 1108 - Partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali (Approvato dal Senato), con modificazioni (2936).

Sull'ordine dei lavori (ore 10,50).

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo solo per rappresentarle quello che è accaduto ieri in seno alla Commissione Bilancio e che riguarda il decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, collegato alla manovra di finanza pubblica, sul quale oggi pomeriggio è prevista la discussione generale. Mi sembra che le esagerazioni ai fini dello svuotamento totale della possibilità di legiferare da parte di questa Camera rispetto all'altra, nonostante la maggioranza abbia qualche numero in più che al Senato, abbiano ormai raggiunto il colmo.
Per due giorni interi, lunedì e martedì, la Commissione si è gingillata e ha cincischiato sulla possibilità di procedere in maniera regolare all'esame degli emendamenti per poi portare il testo in Aula perché, con una serie di riunioni e di «scazzamenti» nella maggioranza (è un termine tecnico!) non si è riusciti, per volontà della maggioranza stessa, a portare all'attenzione della Commissione un solo voto di un solo emendamento, salvo i trePag. 2che ieri sera sono stati votati per ragioni tecniche, senza la nostra presenza.
Dico questo perché bisogna pensare a cosa accadrà, visto che già ci sono le dichiarazioni da parte del buon Ministro per i rapporti con il Parlamento, Chiti, che alza sempre le mani in materia di fiducia, per rispetto delle parole del Capo dello Stato, e poi, in maniera subdola, comincia a dire che occorre vedere l'atteggiamento dell'opposizione: l'atteggiamento dell'opposizione, in questi due giorni, è stato quello di stare seduta, con tutti i suoi componenti della Commissione Bilancio, nei salotti, aspettando che venisse convocata la Commissione e che si passasse all'esame degli emendamenti. Parlo degli emendamenti di maggioranza e di minoranza, perché non c'erano all'attenzione della Commissione solo gli emendamenti dell'opposizione (anzi, forse erano più numerosi quelli della maggioranza).
Non si è trovato l'accordo all'interno della maggioranza, e cosa ha pensato di fare il buon Duilio? Ha pensato di evitare di portare all'attenzione della Commissione Bilancio gli emendamenti: non si votano gli emendamenti! Da lunedì mattina sino a ieri sera alle 20 non si è fatto nulla, salvo le riunioni fatte all'interno della maggioranza, per non approdare a niente.
Per evitare di votare gli emendamenti della maggioranza e per evitare che essa si spaccasse al suo interno si è pensato di non far votare nulla. Questo significa che se il buon Chiti è «presagio» di fiducia, il testo che è arrivato dal Senato a questa Camera, non essendo stato modificato in Commissione Bilancio ed essendoci la possibilità - forse sarò maligno - che venga posta la fiducia, verrà approvato, senza aver detto una sola parola sul decreto. Ma quale bicameralismo perfetto, questo è monocameralismo perfetto! Facciamo quello che fa il Senato: stiamo seduti ad aspettare i termini e i tempi in cui il Ministro Chiti verrà a porre la fiducia su questo provvedimento, e lo approveremo senza che questa Camera abbia potuto interloquire sul decreto fiscale.
Il buon Lello Di Gioia è relatore, ed è testimone di quello che sto dicendo (non penso che mi possa smentire).
Signor Presidente, sottopongo alla sua attenzione questo gravissimo comportamento della maggioranza - per la verità del Governo, in combinato disposto con il presidente Duilio, come egli usa dire - volto allo svuotamento del potere legislativo di questa Camera, e la vergogna politica a cui stiamo assistendo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Leone, per ciò che attiene ai tempi, stiamo rispettando quelli stabiliti dal calendario, che viene definito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Riferirò comunque al Presidente della Camera le sue osservazioni.

ALBERTO GIORGETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, anche Alleanza Nazionale vuole denunciare quanto è accaduto in questi giorni in Commissione Bilancio, che rappresenta il prosieguo di altri percorsi che abbiamo avuto lo scorso anno. Mi riferisco all'esame della legge finanziaria per il 2007, in occasione del quale già avevamo denunciato il fatto che si fosse arrivati a svolgere pochissime votazioni in Commissione bilancio e si stesse creando in qualche modo un precedente, da noi non condiviso, che andava a svuotare i poteri della Camera.
Signor Presidente, ciò che ci preoccupa di più è che si sia esaminata una delle parti fondamentali della legge finanziaria - il collegato è infatti parte integrante e fondamentale del complesso della manovra finanziaria all'interno della sessione di bilancio - di fatto non procedendo ad alcuna votazione. È un caso più unico che raro. Capisco che oggi ci siano delle difficoltà evidenti all'interno della maggioranza, che si cominciano a manifestare anche in questo ramo del Parlamento; ma resta il fatto,Pag. 3che noi denunciamo, che la Camera in questo modo si è spossessata totalmente delle potestà legislative. Se al differente Regolamento che ha il Senato - rispetto alla Camera dei deputati i meccanismi con cui si possono modificare i provvedimenti di bilancio sono più numerosi e consentono un'agibilità maggiore - si aggiunge il fatto che durante l'iter di approvazione consentiamo, a causa di problemi all'interno della maggioranza, che non si arrivi ad una votazione, mi pare si determini un quadro particolarmente grave.
Dico questo, signor Presidente, perché si sente già aria di fiducia, e ci troveremo nell'imbarazzante situazione di rischiare di vedere un provvedimento, quale il decreto fiscale collegato alla manovra di finanza pubblica, che supera l'esame della Camera dei deputati senza una sola votazione. Ciò sarebbe particolarmente grave.
La prego quindi di intervenire presso il Presidente della Camera, ma anche presso il Governo, per fare in modo che almeno in Aula ci siano tutte le condizioni per poter esperire fino in fondo la nostra attività, introdurre le modifiche di cui questo decreto necessita e consentire all'opposizione di poter esercitare fino in fondo il proprio ruolo.

PRESIDENTE. Onorevole Giorgetti, riferirò anche le sue osservazioni al Presidente della Camera.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che vada anzitutto apprezzato il fatto che oggi si possa iniziare, come previsto dal calendario definito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, la discussione del decreto fiscale, sul quale i colleghi dell'opposizione hanno posto problemi relativi alle modalità con cui si è svolto l'esame in Commissione bilancio. Ritengo che i colleghi debbano apprezzare il fatto che questo ramo del Parlamento sarà chiamato a correggere un elemento di stortura della norma, che era derivato da una lettura impropria e da una votazione che aveva consentito al Senato di trasmettere alla Camera un decreto che, in alcuni punti, aveva coperture non proprie. Si tratta di un provvedimento che dovrà ritornare al Senato per essere convertito entro il 1o dicembre e che ha una portata notevole, per quanto riguarda gli interessi che legittimamente nel Paese si sono determinati attorno alle questioni che vengono da esso risolte.
Non dimentichiamo che il decreto interviene sulla possibilità di rifinanziare opere ed interventi importanti, nel settore ferroviario, in quello stradale ed anche in materie che concernono la qualità della vita dei cittadini e la capacità delle nostre aziende di competere. È dunque evidente che il provvedimento, che ha una portata superiore ai 7 miliardi, non può non essere convertito dal Parlamento.
Mi pare pertanto che la Commissione bilancio abbia fatto quel che era possibile fare nelle condizioni date. Fra l'altro, si deve apprezzare il fatto che la maggioranza, nel complesso, ha ritirato i suoi emendamenti, così da consentire all'Assemblea di lavorare su poche proposte emendative che ci consentiranno di trasmettere in tempi utili al Senato un decreto con una copertura appropriata, in modo tale che possa essere convertito entro il 1o dicembre. Credo dunque che, da questo punto di vista, il mandato conferito al relatore per riferire all'Assemblea ci consenta oggi di avviare un confronto, anche con l'opposizione, su un provvedimento importante.

Seguito della discussione delle mozioni Leone e Garagnani n. 1-00233, Germontani ed altri n. 1-00227, Volontè e Galletti n. 1-00249, Donadi e D'Ulizia n. 1-00250 e Lulli ed altri n. 1-00251 sulla disciplina fiscale applicabile alle società cooperative, anche in relazione agli effetti prodotti nei mercati di riferimento (ore 11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Leone e GaragnaniPag. 4n. 1-00233, Germontani ed altri n. 1-00227, Volontè e Galletti n. 1-00249, Donadi e D'Ulizia n. 1-00250 e Lulli ed altri n. 1-00251 sulla disciplina fiscale applicabile alle società cooperative, anche in relazione agli effetti prodotti nei mercati di riferimento (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che la mozione Lulli ed altri n. 1-00251 è stata presentata successivamente alla conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di ieri, ed è già stata iscritta all'ordine del giorno.
Avverte altresì che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Donadi e D'Ulizia n. 1-00250 (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

MARCO STRADIOTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, relativamente alla mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, si evidenzia quanto segue. Per quanto riguarda il primo capoverso della parte dispositiva, il Governo, allo stato, non ravvisa le condizioni per attivare ipotesi di indagini dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, considerando che il peso della cooperazione in Italia è ben lontano dal determinare posizioni dominanti.
Relativamente al secondo capoverso della parte dispositiva, il Governo si impegna affinché possa pienamente esplicarsi e svilupparsi l'azione, già in corso, della Guardia di finanza per le verifiche e i controlli nei confronti di tutte le tipologie di società cooperative, nell'ambito dell'attività e dei compiti di istituto.
Quanto al terzo capoverso, il Governo ritiene che la disciplina normativa si muova già oggi nel senso di una netta distinzione fra le società cooperative a mutualità prevalente e le altre, e che non sussistono le condizioni per rivedere presunte immotivate posizioni di vantaggio fiscale. La disciplina civilistica e fiscale in vigore differenzia infatti in modo chiaro il regime delle cooperative a mutualità prevalente da quello delle altre, nel senso che le agevolazioni fiscali competono soltanto alla cooperazione a mutualità prevalente, cioè a quei sodalizi nei quali lo scambio mutualistico con i propri soci avviene in via prevalente rispetto ai rapporti con i terzi, secondo i criteri della prevalenza stabiliti dall'articolo 2513 del codice civile. Pertanto, il parere sulla mozione Leone e Garagnani n. 1-00233 è contrario.
Relativamente alla mozione Germontani ed altri n. 1-00227, per quanto riguarda il primo capoverso della parte dispositiva, il Governo si impegna affinché si esplichi pienamente l'attività di vigilanza amministrativa già in corso e perché si accertino, da parte dei soggetti competenti e nelle debite sedi, eventuali devianze o collusioni di qualsiasi natura.
Relativamente al secondo capoverso, il Governo si impegna affinché le autorità preposte alla vigilanza sul movimento cooperativo intervengano con efficacia e tempestività nei casi in cui le cooperative si allontanino dalla funzione mutualistica.
Quanto al terzo capoverso della parte dispositiva, il Governo non ravvisa attualmente la particolare necessità per un intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990, considerato che il peso della cooperazione in Italia, come già rilevato in riferimento alla mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, è ben lontano dal determinare posizioni dominanti e, in particolare, distorsioni del mercato e della libera concorrenza.
Il parere del Governo è, quindi, contrario anche sulla mozione Germontani ed altri n. 1-00227, a meno che non vi sia una riformulazione.
Il parere del Governo, infine, è favorevole sulle mozioni Volontè e Galletti n. 1-00249, Donadi e D'Ulizia n. 1-00250, nel testo riformulato, e Lulli ed altri n. 1-00251.

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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà. Le ricordo, onorevole D'Ulizia, che il suo gruppo ha terminato i tempi previsti, ma le concedo comunque un tempo di cinque minuti per la dichiarazione di voto.

LUCIANO D'ULIZIA. La ringrazio, signor Presidente, perché mi premeva ringraziare il sottosegretario Stradiotto - ed anche tutto il Governo - per la sua disponibilità, e, soprattutto, mettere in evidenza un aspetto della mozione a mia firma, estremamente importante per lo sviluppo della cultura e del metodo cooperativo.
Nella mozione viene messo in risalto - tra molti altri - un punto in particolare, quello della formazione cooperativa. Dobbiamo comprendere che finché avremo, come ho detto nel corso della discussione sulle linee generali, una visione «unifocale» dell'economia - nel senso di considerare l'economia solo ed esclusivamente come un neocapitalismo, un capitalismo rinnovato - e non daremo la possibilità a chi ci osserva e a chi cerca lavoro ed alternative imprenditoriali ed economiche di capire - prima culturalmente, poi pragmaticamente - che vi è un'altra strada, quella dell'economia sociale, della mutualità e della cooperazione, non daremo una rappresentazione esaustiva e completa dell'opzione economica e del lavoro.
Le leggi del nostro Stato permettono di formare alla cooperazione, ma quelle stesse leggi non hanno disponibilità finanziaria. Offriamo, quindi, una cultura universitaria, degli istituti tecnici superiori e dei licei nella quale il neocapitalismo è l'unica strada da percorrere. La mozione mette in evidenza, fra gli altri, proprio questo aspetto: dobbiamo dare la possibilità di capire cos'è il neocapitalismo, ma anche quella di capire cos'è la cultura della mutualità e dell'economia sociale e qual è il suo progetto, che tende a dare a chi non li ha il lavoro, la casa ed i servizi sociali. Tale cultura ha bisogno di essere implementata con opportune azioni formative, ed è questo aspetto che evidenziamo.
Se diamo una visione «unifocale», le persone non avranno possibilità di scelta; se, invece, rappresentiamo anche la seconda opzione - quella dell'economia sociale, della mutualità e della cooperazione - e formiamo i giovani, le persone ed i lavoratori alla cultura dell'economia sociale, della cooperazione e della mutualità, garantiamo una rappresentazione completa dell'opzione sociale.
La mozione si sforza, dunque, di indicare al Governo tale possibilità, e auspichiamo che il Governo - come ha dimostrato fino ad oggi - faccia tutto il possibile per realizzare un processo che non è solo economico e sociale, ma anche culturale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che il nostro gruppo voterà in primo luogo la mozione Lulli ed altri n. 1-00251, di cui sono firmatario, ma anche le altre mozioni su cui il sottosegretario Stradiotto ha espresso parere favorevole.
Vorrei iniziare il mio intervento proprio da uno dei capoversi della mozione Volontè e Galletti n. 1-00249 accettata, se ho capito bene dal rappresentante del Governo. In essa si chiede di adottare ogni utile iniziativa per verificare se comportamenti di amministrazioni locali abbiano determinato situazioni di vantaggio per talune aziende cooperative con effetti distorsivi della concorrenza.
Mi sembra si tratti di una raccomandazione di per sé giusta - mi rivolgo al collega Galletti con cui sto incrociando in questo momento lo sguardo -, tuttavia dovremmo estendere il monitoraggio a tutte le realtà locali, a tutte le tipologie di imprese e non soltanto alle cooperative.Pag. 6Che in Italia vi siano forme di collateralismo tra potere politico e particolari settori del mondo imprenditoriale privato, cooperativo e sociale è un fatto sotto gli occhi di tutti. Che si debba stabilire un tratto corretto di distanza tra ciò che è proprio dell'attività imprenditoriale e ciò che è proprio dell'attività politica è un'affermazione sacrosanta.
Poiché, però, le due mozioni da cui ha preso le mosse il nostro dibattito si sono soffermate in particolare sull'Emilia Romagna e sui particolari rapporti che esisterebbero in quella regione fra le cooperative aderenti alla Lega e le giunte di centrosinistra, vorrei fare presente che se storicamente è difficile negare che vi siano stati rapporti molto stretti, anche per la comune origine politica, del movimento cooperativo, del movimento sindacale e delle forze di sinistra, ciò non giustificherebbe nessun atteggiamento di attenzioni particolari fra governi locali e determinate tipologie cooperative.
Se avessimo esteso l'orizzonte del nostro dibattito non solo all'Emilia Romagna o alle cooperative cosiddette rosse, ma per esempio ad una regione importante come la Lombardia ed ai rapporti con la Compagnia delle opere o ad altre regioni del Paese e ai rapporti con altri settori del mondo imprenditoriale, forse avremmo svolto un dibattito meno parziale, meno viziato da partigianeria, come quello che ha preso le mosse dal famoso libro Falce e carrello del signor Caprotti e avremmo impostato una discussione più costruttiva.
Ciò detto, devo precisare che l'attuale normativa civilistica e fiscale che regola il mondo cooperativo è stata adottata nella scorsa legislatura su iniziativa del Governo Berlusconi, sotto la guida diretta dell'allora Ministro Tremonti, attraverso un rapporto ed una trattativa ravvicinata tra il Ministro e tutte le centrali cooperative. Esiste una distinzione netta fra cooperative a mutualità prevalente e cooperative non a mutualità prevalente. Tutto questo è ben definito per legge. Mi sembra che la legge sia tuttora pienamente difendibile e non capisco, quindi, cosa si vada cercando.
Se vi sono violazioni della legge spetta agli organi di vigilanza controllare dove esse si manifestano; ma non si può confondere la dimensione delle cooperative con una presunta violazione dello spirito cooperativo. La dimensione crescente delle cooperative è un dato internazionale. In tutti i Paesi europei il movimento cooperativo, pur nato da piccole entità, ha inevitabilmente assunto dimensioni più grandi per le logiche di mercato e per misurarsi in termini imprenditoriali con le imprese concorrenti.
Quando sento affermare, in alcuni interventi, che la logica imprenditoriale sarebbe un tradimento della cooperazione, mi domando di cosa si stia parlando. Ciò che distingue la cooperazione non è l'assenza di logica imprenditoriale, ma sono i principi mutualistici, il principale dei quali è la destinazione di tutto il patrimonio cooperativo e degli utili, anno per anno realizzati, a patrimonio indivisibile, con la conseguente impossibilità dei soci di appropriarsi in termini personali o di gruppo delle risorse accumulate dalla cooperazione capitale.
Quello delle cooperative è un capitale e un patrimonio intergenerazionale ed è ciò che prima di tutto caratterizza il carattere mutualistico delle cooperative. Se vi sono violazioni devono essere colpite, ma non si può iniziare dalla polemica innescata per ragioni concorrenziali da un gruppo privato con un gruppo cooperativo e su ciò impostare un processo al movimento cooperativo italiano. Questo è francamente inaccettabile. Se, poi, il signor Caprotti ha fatti precisi da segnalare in termini di violazioni di legge è suo dovere farlo e segnalare i fatti alla magistratura (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e della deputata Ottone).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, ritengo che l'odierno dibattito sulla cooperazione sia stato utile.
Infatti, se leggete le diverse mozioni presentate, tutte concordano sull'importanzaPag. 7della cooperazione come strumento di equità sociale e modalità per stare sul mercato, un dato importante, che ci accomuna. Proprio per tali ragioni, ritengo utile che questo dibattito, così come è avvenuto, si svolga con un atteggiamento positivo senza, come si dice in gergo, «buttare via il bambino con l'acqua sporca». È necessario provare a migliorare il rapporto tra le cooperative e il mercato.
Non vi è dubbio che tale rapporto, sopratutto negli ultimi anni, è andato via via peggiorando, perché alcune cooperative hanno perso la loro condizione primaria e principale, che è la mutualità. Perdendo tale condizione, da una parte hanno mantenuto le agevolazioni fiscali e dall'altra sono entrate in concorrenza con le imprese private. Il discorso dell'onorevole Turci non fa una «grinza». È giusto quello che lui dice. Il problema della concorrenza esiste per le cooperative, così come esiste in altri settori dell'economia italiana.
È chiaro che, parlando di cooperazione, abbiamo messo in rilievo il problema concernente, in particolare, questo settore, anche se sappiamo bene che vi sono altri settori interessati da problemi di concorrenza. Faremmo bene a dare luogo ad un dibattito specifico riguardante i settori dove la concorrenza viene distorta. Per quanto ci riguarda non ci sottrarremo di sicuro, considerando che la concorrenza è uno dei fattori prioritari perché il sistema possa espletare al massimo i suoi risultati positivi.
Sulle cooperative esiste il problema della perdita di mutualità da parte di alcuni, ma dico di più: forse alcune cooperative sono entrate in settori che non sono loro del tutto propri. Infatti, in alcuni settori faccio fatica a riscontrare, a determinati livelli, una possibilità di espletare la mutualità. Porto un esempio: quando la cooperazione entra nel sistema del credito a determinati livelli, è chiaro che la mutualità si perde in quanto la dimensione richiesta da quel settore è incompatibile con la cooperazione, richiedendo anche strutture societarie che mal si coniugano con la cooperazione.
Il legislatore dovrà sforzarsi di identificare i settori in cui la cooperazione non può espletare la sua mutualità e in cui, quindi, non può competere. È un tema che in futuro ci dovremo porre.
Per quanto riguarda la fiscalità, in tutte le mozioni sono ricordati i vantaggi fiscali delle cooperative. Ad onor del vero, ritengo che i vantaggi delle cooperative dal punto di vista fiscale siano molto ridotti. Ne esiste ancora uno (che dovremmo affrontare in tempi brevi), che non riguarda le imposte dirette e indirette, ma le rendite finanziarie. È il cosiddetto credito sociale, su cui le cooperative pagano ancora il 12,5 per cento di ritenuta sugli interessi attivi. Ricordo che se voi depositate i vostri denari presso una banca pagate il 27 per cento.
È chiaro che in questo caso esiste una distorsione forte del mercato, perché molte cooperative - soprattutto, onorevole Turci, in Emilia Romagna e in Toscana - sono diventate vere e proprie banche, che prendono i soldi dei risparmiatori, dando un interesse che riesce ad essere più competitivo di quello delle banche perché sconta un'imposta minore. Su questo dovremo fare una riflessione in tempi brevi, che anticiperei anche rispetto all'esame più globale delle rendite finanziarie. Questo, infatti, è un settore, nel quale esiste una palese distorsione del mercato.
Noi, chiaramente, voteremo a favore della nostra mozione e anche delle altre mozioni, ritenendole compatibili con la discussione che abbiamo svolto in questa sede (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è noto, lo scopo principale delle società cooperative è la massimizzazione del reddito da lavoro, a differenza di quanto accade nelle società lucrative che, invece, hanno come obiettivo la massimizzazione del profitto. Nelle cooperativePag. 8rileva la funzione sociale che consiste nell'attuazione di un decentramento democratico del potere di organizzazione e di gestione della produzione, nell'ambito di una maggiore e più equa diffusione del risultato utile della produzione stessa.
In questa struttura societaria si attribuisce particolare valore all'aspetto soggettivo; i soci della cooperativa, infatti, devono prendere parte in maniera fattiva alla gestione della società e tutti i soci hanno il medesimo diritto di voto, indipendentemente dalle quote di capitale sottoscritte. Le società cooperative, inoltre, sono soggette ai limiti imposti dalla legge, per quanto concerne la distribuzione dell'utile, delle riserve, e in caso di scioglimento devono devolvere le riserve a scopi di pubblica utilità.
Nella generalità dei casi le società cooperative hanno scopo mutualistico e non di lucro, come invece accade per le società di capitali. Tale scopo, in particolare, consiste nella gestione di un servizio in favore dei soci che sono i destinatari non esclusivi dei beni e dei servizi messi a disposizione dalla cooperativa stessa, certamente a condizioni migliori rispetto a quelle di mercato. Questo privilegio è possibile grazie all'assenza, durante tutto il processo di produzione e di distribuzione, della fase di intermediazione di altri imprenditori.
La particolarità delle società cooperative è data proprio dal cosiddetto vantaggio mutualistico che è costituito da due precisi fattori essenziali: il primo consiste nella prestazione nei confronti del socio di beni o servizi da parte della società; il secondo nel vantaggio economico che il socio stesso ottiene usufruendo delle prestazioni delle società oppure anche lavorando a favore della medesima. In altre parole, i soci, mediante la società cooperativa, possono ottenere beni e servizi, nonché occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle che otterrebbero all'esterno.
Del resto, come è stato ricordato in quest'Aula, le società cooperative sono nate per scopi previdenziali, proprio per rispondere a esigenze particolari come la disoccupazione e il costo della vita, sulla base del principio di solidarietà e per favorire un risparmio a vantaggio dei soci aderenti.
Proprio in virtù della funzione sociale svolta dalle società cooperative, e in particolare quelle a mutualità prevalente, la legge garantisce loro benefici fiscali, cioè agevolazioni fiscali di particolare favore. Esse, infatti, svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci consumatori o utenti di beni e servizi (cooperative di consumo) o si avvalgono delle prestazioni lavorative dei soci (cooperative di lavoro) oppure utilizzano gli apporti di beni o servizi da parte dei soci (cooperative di produzione).
L'impresa cooperativa è, dunque, un'ottima alternativa all'impresa tradizionale e non a caso è presente e diffusa in tutto il mondo. In Italia, in particolare, abbiamo più di settantamila cooperative che, oltre a contribuire grandemente sotto il profilo sia sociale sia economico - concorrono, infatti, a formare oltre il 7 per cento del PIL - offrono lavoro a moltissime persone, e in particolare alle donne. Risulta, infatti, che oltre 260 mila donne abbiano un lavoro proprio grazie alle cooperative sociali.
A fronte dell'attività virtuosa delle cooperative con finalità mutualistiche, esistono le cosiddette cooperative false o spurie che rischiano di mettere a repentaglio il valore e la funzione della cooperative. Il fenomeno di queste cooperative alternative è in costante e pericoloso aumento e fa insorgere la necessità di effettuare maggiori controlli sotto il profilo del rispetto delle normative in materia e dei contratti di lavoro.
Queste cooperative forniscono spesso i più disparati servizi alle imprese, anche se, prevalentemente, si tratta di manodopera generalmente straniera impiegata in via temporanea. Applicano, infatti, il cosiddetto dumping sociale (termine con cui si intende il mancato rispetto delle leggi e dei contratti di lavoro ai danni dei soci lavoratori) e fanno concorrenza sleale neiPag. 9confronti delle cooperative autentiche godendo, al contempo, dei loro stessi benefici di legge.
Si tratta, dunque, di un fenomeno che deve essere fortemente contrastato attraverso una vigilanza seria ed effettiva su tutte le imprese, in quanto «sporca» l'operato di un importante strumento economico-sociale quale la cooperativa che, senza dubbio, contribuisce al corretto sviluppo del Paese.
Per tutte queste ragioni noi del gruppo dei Popolari-Udeur non possiamo che esprimere un voto favorevole alla mozione Lulli ed altri n. 1-00251, in quanto è volta ad assicurare l'effettivo svolgimento della vigilanza su tutte le cooperative e ad attuare i contenuti del Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibile, definiti dal Protocollo sulla cooperazione del 10 ottobre 2007.
Se viene a mancare il requisito della mutualità, significa che dietro la facciata della cooperazione si nasconde una vera e propria impresa, intenzionalmente costituita per lucrare i benefici fiscali attribuiti dalla legge. Le cooperative nascono per rappresentare gli interessi di categorie di persone bisognose (quelle più deboli) e, ad oggi, hanno dimostrato di poter fornire loro vantaggi concreti. È sufficiente pensare che più della metà degli italiani sono divenuti proprietari di casa proprio grazie al coinvolgimento di queste particolari società, il cui obbiettivo è incentrato sulla promozione di provvedimenti di aiuto reciproco.
Il prezioso valore sociale ed economico di queste società non deve essere sminuito a causa di attività illecite che nulla hanno a che vedere con i virtuosi fini delle cooperative, le quali, anzi, devono essere promosse e favorite, come del resto la nostra Carta costituzionale sancisce al primo comma dell'articolo 45, secondo cui: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità».
Per le considerazioni svolte ribadiamo il nostro voto favorevole a sostegno della mozione Lulli ed altri n. 1-00251.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferdinando Benito Pignataro. Ne ha facoltà.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, intervengo brevemente per esprimere il voto e il sostegno a favore della mozione Lulli ed altri n. 1-00251 - di cui, tra l'altro, siamo firmatari come Comunisti Italiani - e anche per rispondere in modo chiaro e netto alle due mozioni del centrodestra, da cui si evince (ancora una volta se ce ne fosse stato bisogno, dato che era molto evidente nel dibattito parlamentare di questa legislatura) che nella loro visione sono presenti un pesante pregiudizio e un'ostilità verso il mondo della cooperazione, in particolar modo verso quella cooperazione che si è sviluppata, che si colloca all'interno del mercato e che riesce a creare lo sviluppo anche delle aree territoriali, di cui è parte importante.
Riteniamo, invece, che la mozione di maggioranza Lulli ed altri n. 1-00251 cerchi di ricondurre il dibattito sulla cooperazione in un'ottica più coerente con i principi costituzionali. Vorrei ricordare che l'articolo 45 della Costituzione non solo contiene il riconoscimento della funzione sociale della cooperazione, ma detta anche al legislatore il principio della promozione e dello sviluppo della cooperazione nel Paese. Questi stessi principi, del resto, sono contenuti negli indirizzi della Commissione europea del febbraio 2004 dedicato proprio alla promozione delle società cooperative in Europa.
La cooperazione andrebbe vista in modo meno provinciale e, anzi, bisognerebbe capire che il suo sviluppo è un fenomeno di dimensione europea e mondiale.
A tal proposito, in molti Paesi europei ormai esistono cooperative non solo agricole, ma anche del credito, del consumo ePag. 10di lavoro, che hanno raggiunto dimensioni di gran lunga superiori a quelle delle nostre cooperative, che in questa discussione vengono attaccate continuamente dagli esponenti del centrodestra. Oltretutto, ritengo che si tratti di uno sviluppo che - come riconosce la stessa comunicazione della Commissione europea - contribuisce positivamente alla vita dei cittadini europei e rafforza il pluralismo delle forme imprenditoriali, le quali costituiscono uno dei capisaldi del modello dello sviluppo europeo.
Bisognerebbe tralasciare, quindi, polemiche di parte, se si vuole affrontare in modo serio lo sviluppo della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata, come afferma la norma costituzionale: è un obiettivo da perseguire per rafforzare il tessuto imprenditoriale e occupazionale nel nostro Paese. Ciò significa intervenire e favorire lo sviluppo della cooperazione e, oltretutto, garantire la crescita di buona cooperazione, per contrastare con decisione - come sosteniamo nella mozione Lulli ed altri n. 1-00251- le forme di cooperazione spuria e irregolare. Ciò vuol dire richiedere al Governo un impegno ad assicurare l'effettivo svolgimento della vigilanza su tutte le cooperative, rimuovendo gli ostacoli di natura burocratica che da tempo rallentano l'esercizio della vigilanza, in particolare in direzione delle cooperative non aderenti alle cosiddette centrali cooperative.
Riteniamo importante che il Governo agisca in modo serio per assicurare, in modo coerente e trasparente, uno sviluppo della cooperazione nel nostro Paese, che contribuisce allo sviluppo della nostra economia e di intere aree del nostro territorio. Preannunzio, pertanto, a nome del gruppo dei Comunisti Italiani, il voto favorevole sulla mozione di maggioranza, della quale siamo cofirmatari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole del mio gruppo sulla mozione Germontani ed altri n. 1-00227, nella profonda convinzione che occorra fare chiarezza nel mondo delle cooperative ed eliminare tutto ciò che può essere fonte di distorsione della concorrenza, come ampiamente dimostrato dalla collega Germontani in sede di discussione sulle linee generali. Per tale motivo, desidero invitare il sottosegretario a chiarire la posizione del Governo sulla nostra mozione e a riferirci come essa debba essere eventualmente riformulata.
La cooperazione è una forma di impresa prevista nella nostra Costituzione e, pertanto, deve essere tutelata e, sicuramente, rafforzata. L'articolo 45 della Carta costituzionale, più volte richiamato in quest'aula, ne riconosce la funzione sociale senza fini di speculazione privata. La cooperazione è nata con finalità mutualistiche dirette a soddisfare le esigenze e i bisogni dei soci, cercando di garantire una forma di attività economica solidale.
Siamo favorevoli, quindi alla cooperazione, ma a quella vera. Oggi, purtroppo, una parte del mondo della cooperazione ha tradito il suo spirito originario ed è diventata sempre più un sistema organico proprio di alcuni gruppi di potere o di alcuni partiti della sinistra. Vi sono oggi cooperative che rappresentano veri conglomerati industriali e finanziari, sia nel campo delle costruzioni, sia in quello dei servizi e della grande distribuzione. Esse costituiscono un fattore preoccupante di concorrenza rispetto ad altre imprese che devono rispettare altre regole e che non godono di agevolazioni fiscali o di altro genere. Nel contestare ciò, certamente, occorre salvare quelle attività economiche che sono svolte realmente nello spirito solidale e mutualistico.
Come affermavo, non si può disconoscere la funzione sociale di chi produce e ripartisce ricchezze in modo equo. Ribadisco, pertanto, la nostra posizione favorevole alla cooperazione vera, quella contraria alle degenerazioni. Le degenerazioni che contestiamo sono le elusioni fiscali perpetrate da organizzazioni che si dichiarano cooperative e che, invece, si muovono nella logica dell'arricchimento di gruppi diPag. 11potere, della concorrenza sleale o dell'alterazione del mercato, che vengono perpetrati grazie a un sistema non proprio equo.
Nella scorsa legislatura, si tentò di mettere ordine nel mondo delle cooperative con la legge delega in tema di riforma del diritto societario. La prerogativa della funzione sociale, realizzata attraverso lo strumento della mutualità, venne confermata come requisito essenziale, ma si operò la distinzione tra cooperazione costituzionalmente riconosciuta e cooperazione diversa da quella costituzionalmente riconosciuta. Anche quella diversa da quella tutelata costituzionalmente deve essere finalizzata a svolgere una funzione sociale. Anche alla cooperazione non tutelata costituzionalmente deve riconoscersi una particolare meritevolezza, che la distingua dall'attività di imprese lucrative ordinarie, ma le agevolazioni fiscali, tributarie e di ogni genere devono essere destinate solo alle vere cooperative, costituzionalmente riconosciute, che sono quelle a mutualità prevalente, come previsto dall'articolo 2512 del nostro codice civile. Si tratta, quindi, di quelle cooperative che svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, dei consumatori e degli utenti di beni e servizi, che si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci e degli apporti di beni e servizi da parte di questi ultimi.
Dunque, occorre domandarci se nelle cooperative della grande distribuzione, nelle cosiddette «cooperative rosse», sia prevalente l'attività svolta dai soci. In queste cooperative il costo del lavoro dei soci è superiore al 50 per cento del costo totale del lavoro? I ricavi delle vendite dei beni e delle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al 50 per cento del totale dei ricavi delle vendite, come prevede l'articolo 2513 del codice civile?
Colleghi, non contestiamo a questi soggetti, a queste grandi cooperative della distribuzione, la possibilità di crescere e divenire anche di livello multinazionale, ma che ciò avvenga grazie a uno strumento poco equilibrato. Ecco perché nel preannunziare il nostro voto favorevole alla mozione Germontani ed altri n. 1-00227 e nel ribadire che bisogna aiutare le vere cooperative, riteniamo anche che occorra normalizzare la tassazione nei confronti delle aziende che si vestono da cooperative, ma che agiscono in modo diverso, alterando in tale maniera le logiche della concorrenza. Ecco perché, come richiesto dalla mozione, occorrono maggiori controlli e maggiori indagini, per accertare se vi siano violazioni, specie in tema di mutualità prevalente.
Per tali motivi voteremo a favore della mozione Germontani, ribadendo l'invito al sottosegretario a chiarire la posizione del Governo sulla mozione citata e a esplicitare come, eventualmente, debba essere riformulata affinché su di essa venga espresso parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, nel ribadire l'importanza del settore cooperativo nel nostro sistema economico e sociale e nella vita quotidiana, noi, come Lega Nord, sottolineiamo l'importanza dello spirito solidale e mutualistico che è alla base del settore cooperativo. Lo spirito solidale e mutualistico è nato molto tempo fa con determinate caratteristiche, finalità e obiettivi. Esso è garantito in molti ambiti del settore cooperativo, mentre viene messo in discussione in altri ambiti dello stesso settore. E lo mettiamo in discussione anche noi!
Crediamo che quello della mutualità prevalente o non prevalente, così come viene specificato anche dalle leggi in materia, sia un aspetto importante. Dobbiamo distinguere la cooperazione contraddistinta dalla mutualità prevalente da quella avente caratteristiche diverse. Quest'ultima non può pretendere di godere della stessa disciplina garantita alle società cooperative a mutualità prevalente. Quindi, deve essere operata una differenziazione chiara e precisa in questo ambito, distinguendo i casiPag. 12in cui sussista la mutualità prevalente da quelli in cui la stessa manchi. Crediamo, infatti, che anche gli aspetti sociali, oltre che economici, del settore cooperativo siano importanti e, come tali, da valorizzare e difendere, salvo quando l'elemento della mutualità prevalente venga meno e si invadano altri settori, non più solamente e squisitamente cooperativi, ma legati alla normale economia di mercato.
Provengo da una provincia, in Trentino-Alto Adige, dove è forte lo spirito cooperativo e di esso possiamo notarne tutti i giorni gli aspetti importanti, che riguardano la tutela sul territorio di determinate attività. Da un verso vi sono i piccoli negozi di montagna costretti a scomparire a causa delle leggi di mercato e a causa anche delle normative promosse dall'attuale Governo; molto spesso determinate attività vengono garantite solo dalla presenza della cooperazione, altrimenti i piccoli paesi di montagna non godrebbero di quel servizio. Per altro verso però, notiamo che in determinate zone d'Italia - le cosiddette «regioni rosse» - non possiamo giudicare la presenza della cooperazione solo in termini positivi, ma spesso anche in termini negativi, perché l'esistenza delle cooperative di grande distribuzione fa concorrenza anche ai settori privati. In questo caso poniamo in dubbio l'aspetto della mutualità prevalente, l'aspetto specifico delle caratteristiche della cooperazione, anche per l'unione e la collusione che vi è, oggettivamente, con il mondo politico, in determinate regioni (ci riferiamo alle «regioni rosse», dove lo spirito cooperativo viene utilizzato non solo per un aspetto sociale ed economico, ma anche per altri aspetti, che sono poco sociali e anche poco economici).
Pertanto, preannunciamo il nostro voto favorevole sulla maggior parte delle mozioni presentate. Vogliamo però evidenziare la notevole diversità tra due situazioni: da un lato la grande importanza del settore cooperativo quando si caratterizza per la mutualità prevalente (penso anche al settore agricolo), dall'altro la nostra forte contrarietà al settore cooperativo quando invece si pone come contraltare rispetto al settore privato, al settore imprenditoriale, arrivando anche a creare concorrenza e a mettere in difficoltà lo stesso settore privato, grazie anche alle agevolazioni fiscali, laddove esso arrivi a controllare tutta l'economia del territorio, anche con caratterizzazione di tipo politico, come molto spesso accade in certe «regioni rosse» del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mungo. Ne ha facoltà.

DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, nel poco tempo rimasto rispetto alla discussione sulle linee generali proverò a procedere in modo molto veloce, per poi annunciare il voto a nome del mio gruppo.
Come affermava precedentemente il collega Galletti, siamo tutti d'accordo sull'importanza della cooperazione e non potrebbe essere altrimenti, considerato che si tratta di un principio costituzionalmente garantito. Allo stesso modo, considerati gli interventi che si sono succeduti e il testo delle mozioni presentate, mi pare che siamo tutti d'accordo anche su una più incisiva vigilanza, esterna ed interna, sul mondo della cooperazione.
Partendo da ciò, credo che un dibattito come quello che stiamo svolgendo sia un passaggio importante, come affermavo anche in sede di discussione sulle linee generali. È stato importante svilupparlo e probabilmente, persi come siamo fra priorità e scadenze, non avremmo spontaneamente affrontato un tema così importante, se i colleghi dell'opposizione non ce lo avessero posto. Eppure, ritengo che si tratti di un punto di partenza importante per affrontare meglio tale tema, che rischia anch'esso di essere caratterizzato dalla contrapposizione «amico-nemico», come spesso capita e quindi di essere da un lato attaccato e dall'altro santificato.
In realtà, la cooperazione è un settore importante per una grande parte del Paese e ha i suoi pregi, come molti colleghi hanno rilevato, ma anche le sue pecche, che vanno in qualche modo riconosciute e allontanate, quando non viene rispettato ilPag. 13principio cooperativo e mutualistico, e, in particolare, quando cooperative «spurie», come vengono denominate, cioè false, si appropriano dei benefici fiscali per fare impresa e per sfruttare i lavoratori.
Allo stesso modo, a nostro avviso, andrebbe rivista quella norma della legge n. 30 del 2003, che distingue il socio lavoratore da un vero e proprio lavoratore: vorremmo tornare alla normativa precedente, ma questo è un dibattito che si aprirà in seguito, quando parleremo ancora di quella legge.
Ciò detto, sono d'accordo con quanto affermava il collega Turci precedentemente: bene fa l'onorevole Galletti, nella mozione da lui sottoscritta, a richiamare le pressioni che anche grosse imprese cooperative possono esercitare sugli enti locali. Tuttavia, ricordo che ciò avviene per quanto riguarda tutti i gruppi di grande distribuzione, che effettuano pressioni molto forti, in termini economici, rispetto alle amministrazioni locali.
Valutiamo tutto questo per vedere quanto i piani regolatori siano influenzati dalla grande distribuzione in generale e in questo senso penso che sarebbe troppo parziale occuparsi soltanto della distribuzione di tipo cooperativo.
Concludo affermando che il Protocollo sulla cooperazione può risultare un fattore importante per separare dal mondo della cooperazione, la cooperazione non vera, la cosiddetta cooperazione spuria.
Il tema che pongono i colleghi dell'opposizione però è un altro. A tale riguardo, non vorrei che si pensasse che la cooperazione debba essere aiutata con i benefici previsti dalla Costituzione solo se è piccola e se non dà fastidio. Ritengo, invece, che la cooperazione allorché rispetti i principi della mutualità, dello scambio tra soci, del capitale intergenerazionale, del reinvestimento degli utili e di tutti quegli aspetti che la contraddistinguono, rappresenti un tema importante. Se una cooperativa è capace di crescere, di penetrare nel mercato, di essere efficace ed efficiente, competitiva e di garantire condizioni di lavoro eque e giuste, magari migliori rispetto a quella dell'impresa privata, non vedo perché non si debba continuare a considerarla come una cooperativa e, come tale, darle accesso ai benefici fiscali. In questo senso penso che bisogna chiarirsi: non vi è alcun rapporto tra la funzione cooperativa e le sue dimensioni, vi è rapporto, invece, tra la funzione cooperative e la mutualità.
Su tutto ciò auspico che sia presente quella vigilanza di cui tutti sentiamo bisogno e che ritengo sia un dovere, una consapevolezza e una responsabilità anche all'interno delle centrali cooperative. Auspico, altresì, che alla luce di alcune distorsioni che si sono verificate si possa riprendere la strada di una cooperazione giusta, equa e sempre più forte.
Preannuncio, in conclusione, il voto favorevole del mio gruppo sulla mozione Lulli ed altri n.1-00251 (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, vorrei premettere che nessuno da questi banchi ha intenzione, come ho sentito dire prima, di attaccare tout court il sistema delle cooperative che tra l'altro è assolutamente identificato e tutelato dall'articolo 45 della Carta costituzionale.
Vogliamo precisare, con la mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, che partendo dai principi sanciti dalla Carta costituzionale siamo arrivati nei fatti ad una vera e propria distorsione. Il carattere di mutualità previsto della Costituzione che precisava che non ci dovevano essere fini di speculazione privata è stato largamente superato da quello che è accaduto nel mondo cooperativistico italiano. I continui privilegi fiscali, i legami costanti con i partiti politici, la distorsione fortissima del mercato, hanno caratterizzato buona parte dell'attività delle grandi cooperative italiane. Basterebbe leggere alcuni testi anche di recente pubblicazione come quello di Caprotti, titolare dell'Esselunga, per accorgersi di quali, quanti e di quale entitàPag. 14siano stati gli interventi delle cooperative, soprattutto di quelle di «matrice rossa», sul mercato e di quanto è difficile per un impresa privata che agisce in condizione normali riuscire a sopravvivere se la competizione è distorta dal potere politico e degli enormi privilegi di cui le grandi cooperative godono su quello che dovrebbe essere il mercato regolamentato.
Le cooperative che nascono ab origine per difendere e tutelare i lavoratori molto spesso utilizzano alcune garanzie per abusare dei lavoratori; al riguardo basterebbe seguire alcune recenti trasmissioni come Report di Milena Gabanelli per vedere e capire quali sono state le distorsioni anche sul mercato del lavoro da parte di quelle cooperative che hanno utilizzato alcuni strumenti in loro possesso proprio per andare contro l'interesse del lavoratori e non per tutelarli. Sono stati intervistati in queste trasmissioni lavoratori che non sapevano di appartenere a cooperative ma che avevano tutto ciò che dall'essere cooperativa gli potesse derivare nell'accezione negativa.
Nella scorsa legislatura sia l'onorevole Tremonti sia l'onorevole Leone più volte sono intervenuti per cercare di far comprendere quali possano essere gli effetti distorsivi delle cooperative sul mercato, e quale natura si nasconda spesso dietro i privilegi di natura fiscale che si sono, pian piano, sempre più accumulati e sono divenuti sempre più forti in ambito nazionale.
È chiaro che non abbiamo nessuna intenzione di colpire, in generale, il sistema delle cooperative. Tra le 70 mila cooperative italiane ve ne sono moltissime meritorie, e vi sono moltissime cooperative di piccole e medie dimensioni che operano nel sociale e che hanno sviluppato taluni settori lavorativi e societari in ambiti estremamente complessi. È la distorsione del sistema che merita un'attenta analisi e che rappresenta la finalità ultima di questa mozione.
Certamente, tra le 70 mila cooperative, ve ne sono alcune - vorremmo dire anche la maggioranza - che devono essere tutelate; ma esistono moltissime cooperative - lo sapete bene - che hanno usato ed abusato dei principi costituzionali, delle leggi fiscali, dei privilegi che si sono accumulati e dei rapporti privilegiati con il sistema politico, soprattutto regionale, specialmente in alcune regioni, per intervenire contro le regole del mercato e contro le altre società che non potevano godere di tali privilegi e che sono state lentamente e gradualmente estromesse dal sistema ed escluse dalla competizione.
Infatti, è chiaro - più volte l'Unione europea ha richiamato l'Italia su questo argomento - che, se due società interagiscono nel medesimo mercato, ma una può usufruire di grandi e grandissimi privilegi, mentre l'altra deve ogni giorno confrontarsi con la dura realtà, la società privilegiata sarà quella a sopravvivere, a potenziarsi e a crescere a danno di tutte le altre.
Esistono poi cooperative che sono addirittura quotate in borsa, ed è chiaro che la quotazione in borsa dovrebbe essere, di per sé, assolutamente una condizione non concessa a chi gode di questi privilegi.
Come possono società quotate, che ha hanno centinaia di migliaia di soci, che sono diffuse su tutto il territorio nazionale e nelle quali non vi è alcun legame tra socio e attività intrapresa, tra capitale o mezzi o lavoro concesso alle cooperative e sistema mutualistico, godere dei privilegi delle cooperative?
Come è possibile che, tra le cooperative, vi siano, ad esempio, banche popolari (in Italia sono diverse) quotate in borsa? Si tratta di banche di dimensioni nazionali e sovranazionali che godono di privilegi enormi e che sono tutto tranne cooperative, le quali hanno centinaia di migliaia di soci, migliaia di sportelli, e sono sostenute da holding finanziarie che nulla hanno a che vedere con i principi del dettato costituzionale in materia. Non sono certo io a dirlo, bensì l'Unione europea, che più volte ha richiamato il nostro Paese a ribadire quali debbano essere i paletti del sistema mutualistico e del sistema cooperativistico.
In conclusione, signor Presidente, noi auspichiamo certamente la crescita e il sostegno del sistema cooperativistico, maPag. 15con riferimento alle cooperative vere, quelle che necessitano e meritano un aiuto da parte allo Stato, quelle che necessitano e meritano di aver alcuni privilegi fiscali; mi riferisco alle cooperative che sono diffuse su tutto il territorio nazionale e che spesso si occupano di attività di volontariato o di attività per cui la mutualità è una condizione sufficiente e necessaria per sopravvivere. Nel contempo chiediamo con forza che vi sia una vigilanza su quelle cooperative che hanno abusato dei termini costituzionali e hanno abusato di questi privilegi con evidenti distorsioni per tutto il mercato.
È questa la ratio della mozione a firma Leone e Garagnani n. 1-00233, ed è per questo motivo che il gruppo Forza Italia la sostiene.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo brevemente in quanto il collega onorevole Antonio Pepe ha già espresso una dichiarazione di voto a nome del gruppo Alleanza Nazionale. Come ho sottolineato in sede di discussione sulle linee generali della mozione da me presentata n. 1-00227, confermo oggi, in sede di dichiarazione di voto, che intendo richiamare l'attenzione dell' Assemblea - ciò è stato già fatto da chi mi ha preceduto - e del Governo sulla necessità di avviare da oggi un'ampia riflessione sul sistema cooperativo nazionale e, in particolare, sull'ambito entro il quale possono essere applicati vantaggi amministrativi e agevolazioni fiscali.
Conosciamo tutti la previsione di agevolazioni fiscali che - voglio ricordare -, a parità di utile lordo, prevedono per le imprese cooperative un'incidenza dell'imposta di registro pari al 17 per cento contro il 43 per cento delle società commerciali.
Altri vantaggi fiscali sono previsti per quanto riguarda l'IRAP, dei quali beneficia la gestione finanziaria. Le cooperative, infatti, operano come una vera e propria banca, senza essere sottoposte ai controlli stringenti della Banca d'Italia. Le cooperative spesso non ripartiscono gli utili e, quindi, tale sacrificio viene ricompensato per legge.
Ho richiamato in sede di discussione sulle linee generali le finalità sottese alla nascita e allo sviluppo delle cooperative che hanno senz'altro contribuito alla crescita del Paese. È stato riconosciuto da tutti anche oggi. Ma spesso, troppo spesso, alcune di queste strutture operano sul mercato in un'ottica per nulla rispettosa dei diritti dei soci aderenti.
Oggi chiediamo di distinguere in modo chiaro la cooperazione caratterizzata da reali finalità mutualistiche, così come riconosciute dall'articolo 45 della Costituzione, da quelle che hanno caratteristiche orientate maggiormente alle logiche del mercato. Di conseguenza, chiediamo di ridefinire la disciplina fiscale di vantaggio.
Nel corso della discussione sulle linee generali, come anche oggi, è emersa un'ampia condivisione di intenti da parte dell'Assemblea: dall'onorevole Mungo all'onorevole Garagnani a tutti i colleghi che sono intervenuti è emersa l'intenzione di tutti di trattare la materia senza strumentalizzazioni e senza pregiudizi ideologici.
Che cosa chiediamo? Ci è sembrato di capire dalle parole del rappresentante del Governo, una disponibilità a esprimere un parere positivo, se avanziamo una riformulazione della mozione n. 1-00227 di cui sono prima firmataria, nella parte in cui impegna il Governo.
Il rappresentante del Governo ha detto che già si provvede affinché si accertino eventuali irregolarità amministrative e si verifichino con opportuni controlli le reali finalità di alcune cooperative, quelle che non sembrano avere nulla a che vedere con lo scopo mutualistico.
Dunque pensiamo che bisogna affrontare la questione della cooperazione con esatta cognizione di causa, senza fare di ogni erba un fascio, distinguendo tra cooperativa e cooperativa e tra finalità puramente sociali e obiettivi puramente economici,Pag. 16che devono essere riconosciuti come tali e sanciti dal punto di vista della legge come le altre imprese.
Spero, quindi, che oggi da questa Assemblea esca un importante segnale: infatti, siamo tutti convinti che le cooperative non sono un retaggio del passato ma hanno ancora un grande ruolo da svolgere nel futuro.
Per questo chiedo al sottosegretario di avanzare una proposta di riformulazione per quanto riguarda la mozione n. 1-00227 di cui sono prima firmataria, perché, se è accettabile, siamo anche disponibili a votare le altre mozioni presentate proprio con questo intento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, faccio riferimento all'intervento che ho già svolto nella seduta di lunedì scorso, illustrando la mozione n. 1-00233 a mia firma e del collega Leone, e anche a quanto ha detto il collega Jannone.
Soprattutto lamento il fatto che la risposta del rappresentante del Governo è stata volutamente insufficiente e non ha toccato, se non in modo estremamente marginale, i punti illustrati dal sottoscritto. Non pretendo dal Governo, a differenza di altri, una risposta positiva o una valutazione di un certo tipo.
Tuttavia, pretenderei una risposta, nel merito, riguardo ad alcuni problemi che ho posto e che sono evidenti all'opinione pubblica; ciononostante, tale risposta non vi è stata. In altre parole, il Governo ha scelto, ancora una volta, di nascondere la testa sotto la sabbia, evitando di affrontare alcuni argomenti delicati che possono mettere a repentaglio una linea politica ormai consacrata da diverso tempo.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario e colleghi, io non rientro nella categoria delle persone che hanno dei complessi, né in senso positivo, né in senso negativo. Mi rendo conto che, quando si tocca l'argomento della cooperazione, si rischia di venire considerati liberisti tout court o persone che esprimono valutazioni deliberatamente ideologizzate e finalizzate alla distruzione di un patrimonio che ha una sua storia.
Mi sembra di ricordare che, lunedì scorso, il collega del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo ha ripercorso la storia della cooperazione, riferendosi anche a Sturzo e alla natura della cooperazione per come è sorta alla fine dell'Ottocento e agli inizi del Novecento. Ritengo tuttavia che, oggi, dobbiamo porci, con cognizione di causa, nell'ottica della reale situazione in cui si trova il sistema cooperativo, evitando generalizzazioni ed affrontando con coraggio e serietà la situazione quale si è palesata e si palesa continuamente.
Occorre considerare nell'ambito delle cooperative - non è mai troppo il tempo sprecato a parlarne - quelle che svolgono una finalità prevalentemente sociale, con una mutualità prevalente (come è stata definita in termini estremamente precisi) a favore dei non abbienti, degli anziani non autosufficienti, dei malati incurabili, e ve ne sono tante altre encomiabili. A queste cooperative va riconosciuto, a tutti gli effetti, un trattamento giuridico particolare.
Va, tuttavia, riconosciuto che vi sono altre cooperative - piccole - che utilizzano il personale (e a tal proposito, anche se sembra strano, colgo una comune preoccupazione espressa lunedì scorso dalla collega di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea) per poi liberarsene, in modo improprio, al momento opportuno. Anche questo è un fenomeno presente, nel mondo cooperativo, nelle piccole e medie cooperative, e dobbiamo tenerlo presente per la tutela di quei lavoratori che si trovano in condizioni oggettivamente disagiate.
Tale fenomeno esiste e non è stato volutamente affrontato, nonostante il collega Leone - devo dargliene atto - nella scorsa legislatura abbia tentato una modifica della legislazione vigente e nonostante l'impegno del Governo (in particolare, del Ministro Tremonti) nel modificarePag. 17il titolo VI del libro V del codice civile per quanto concerne il concetto di mutualità prevalente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 12)

FABIO GARAGNANI. Tuttavia, persistono profonde anomalie che fanno riferimento alla regione da cui provengo - l'Emilia Romagna - dove vi è un vero e proprio monopolio determinato da una realtà che si estende anche in altre realtà d'Italia, ossia dalla persistente non sufficiente percezione della distinzione tra mutualità e attività imprenditoriale tout court, che deve beneficiare delle regole che il sistema offre all'impresa in quanto tale.
Il problema non risolto - al di là delle dichiarazioni e delle disposizioni che sono state citate in questa sede - consiste nel rapporto soci-dipendenti, nella divisione degli utili e nella configurazione, in termini economici, di queste imprese che, molto spesso, sono vere e proprie holding! Quando - ripeto - il numero dei dipendenti è cinque volte maggiore del numero dei soci, non si è più una cooperativa. Ritengo, pertanto, che si debba intervenire su tale aspetto, non per penalizzare volutamente un sistema, ma per rendere uguali, davanti alla legge, attività economiche che perseguono lo stesso fine ma che sono, in un certo senso, favorite più delle altre, determinando una situazione (che piaccia o meno, è così) oggettivamente di monopolio.
Nel settore distributivo, in quello edilizio e in quello sanitario, infatti, vi sono realtà, rapporti con gli enti locali e configurazioni anomale che, di fatto, circoscrivono l'autonomia del piccolo e medio operatore economico, comprimendo anche la libertà economica e, soprattutto, le esigenze del consumatore.
In questo senso, devo denunciare l'insufficienza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale dovrebbe tutelare i consumatori e non si è fatta carico adeguatamente di questo problema, che ho già evidenziato nella seduta di lunedì scorso e che richiede - a mio avviso - un intervento del Governo, proprio per tentare di porre le situazioni, davanti alla legge, in modo eguale e paritario.
In particolare, ricordo al sottosegretario che vi sono alcuni punti sui quali occorrerebbe una precisa normazione. In primo luogo, mi riferisco alla legge che ho citato poc'anzi, laddove sono le previste le esenzioni dalle imposte e la deducibilità dei contributi versati dalle cooperative.
Credo che, in base alla normativa vigente, occorra determinare la quota di utili che concorre alla determinazione del reddito imponibile delle società cooperative, la quale attualmente è calcolata al netto dei versamenti effettuati a favore dei fondi mutualistici.
Occorrerebbe, invece, circoscrivere tale beneficio, che è di carattere fiscale, alle sole cooperative a mutualità prevalente. Credo si tratti di un principio che deve essere affermato in termini espliciti.
Lo stesso può dirsi per la norma che limita l'esenzione prevista dall'articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, a proposito delle riserve indivisibili delle cooperative e loro consorzi, che non concorrono a formare il reddito imponibile.
Lo dico così, per tranches, per evidenziare alcuni punti essenziali che a nostro modo di vedere devono essere modificati, non per pura petizione di principio o affermazione di ostilità preconcetta.
Inoltre, ritengo che il criterio per rendere più rigorosi i criteri di mutualità prevalente in relazione anche ai ricavi, al costo del lavoro e ai beni o ai servizi conferiti, sia un criterio di equità del quale tutti ci dobbiamo fare carico.
Infatti, è indubbio che vi siano situazioni di privilegio che non possiamo nascondere, in questa sede, dietro la valutazione ottimistica delle finalità sociali del sistema cooperativo tout court.
Purtroppo, sono state ingenerate turbative del mercato e modi di compressione delle esigenze dei consumatori, del piccolo e medio operatore economico, che sono sotto gli occhi di tutti. Allora, di fronte a ciò, credo non sia sufficiente prendere genericamente le distanze, affermando,Pag. 18come si suol dire, che vi sono anomalie alle quali si può sopperire facendo ricorso alla magistratura. È dovere del Parlamento e del Governo intervenire. Noi stessi lo abbiamo fatto, presentando una proposta di legge ad hoc per cercare di rimediare a tale situazione.
Non si può ancora pensare alla cooperazione nell'ottica di 30 o 40 anni fa (per non parlare di un periodo ancora precedente). Bisogna avere il coraggio politico - per il rispetto che dobbiamo alla collettività - di operare quella distinzione, che sicuramente non è facile, ma deve essere fatta sulla base della realtà quotidiana, la quale è determinata, piaccia o meno, da monopoli (ai quali siamo tutti contrari, a parole), che - come ho già detto in precedenza - limitano la libera espressione del mercato e determinano, soprattutto, inaccettabili situazioni di disuguaglianza.
Vorrei citare, soltanto, la commistione che in troppe realtà esiste fra questo sistema e quello degli enti locali e la insufficiente garanzia in materia di appalti, prestazioni di lavori e conferimento di opere pubbliche: anch'essi sono fatti evidenti agli occhi di tutti.
Occorre una maggiore distinzione dei rapporti e di metodologia e occorre una distinzione che deve soprattutto partire oltre che dal comportamento degli amministratori di tali cooperative e dalla responsabilità degli enti locali, anche dalla configurazione di un quadro legislativo che si faccia carico di tale realtà.
Colleghi, questa realtà esiste ed è stata denunciata da molti cooperatori stessi, ai quali sono state imposte scelte cui non hanno contribuito, determinate da un ristretto vertice aziendale, che volutamente ha tentato di prescindere dall'apporto della volontà dei soci, seppur minoritari rispetto al numero dei dipendenti.

PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.

FABIO GARAGNANI. Concludo, Presidente. Sottosegretario, ritengo che di fronte a tali problemi non ci si possa nascondere dietro un parere contrario, senza motivarlo adeguatamente. Non si tratta di essere d'accordo, ma di entrare nel merito di problemi ai quali occorre dare una risposta ben più chiara e più precisa, maggiormente definita nei vari aspetti, rispetto a quella che è stata fornita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Fincato. Ne ha facoltà.

LAURA FINCATO. Signor Presidente, prima di procedere alla dichiarazione di voto credo che si debba esprimere un sincero ringraziamento a tutti i colleghi che sono intervenuti, perché, in effetti, le mozioni hanno prodotto un confronto utile. La discussione in quest'Aula è stata interessante e ricca di spunti su una questione che esige un approfondimento serio e scevro da qualunque approccio manicheo sull'utilità del sistema cooperativo italiano. Il dibattito, all'opposto, dovrebbe concentrarsi sulla valutazione dello scopo e della funzione di questo settore.
La discussione ha costituito un'ottima occasione per approfondire una tematica da sempre oggetto di un vivace dibattito, motivato, da un lato, dalle dimensioni e dal rilievo che il fenomeno cooperativo indubbiamente riveste nel quadro della società italiana, ma anche, purtroppo e ancora oggi, dalle strumentalizzazioni che alcune forze politiche e imprenditoriali hanno voluto operare in relazione a tale realtà.
Credo che prima di tutto occorra prendere atto che le cooperative, prima ancora di essere operatori economici, costituiscono diretta espressione di larga parte della società italiana, raccogliendo l'adesione di oltre 12 milioni di soci. Inoltre, occorre considerare come il mondo cooperativo rappresenti uno dei settori più vivaci dell'economia nazionale, contribuendo per circa il 7 per cento alla formazione del PIL e dimostrando costantemente la capacità di incrementare la propria operatività. Ma al di là del dato meramente quantitativo, occorre segnalarePag. 19la capacità delle cooperative di interpretare intelligentemente le evoluzioni della società italiana, cogliendo, in particolare, l'esigenza di colmare il vuoto, a volte esistente, tra il sistema del welfare pubblico e le mutate esigenze delle società avanzate. La nostra cultura è «nessuno resti solo, nessuno resti indietro»: penso alle cooperative che operano nel mondo degli emarginati, che devono recuperare costantemente una dimensione di impegno, di prevenzione, di informazione, di coinvolgimento e di attenzione rispetto al mondo degli inclusi. Proprio in questo contesto si situa la crescente presenza delle cooperative sociali, il cui numero è ormai salito ad oltre 7 mila unità, che prestano assistenza ad un numero complessivo di persone valutabile in 3 milioni e mezzo.
Non vi è dubbio alcuno, quindi, che è nostra intenzione respingere qualunque tentativo di processare una realtà dinamica, che svolge un duplice ruolo, contribuendo, da un lato, alla tenuta complessiva e al rilancio del sistema Paese ed esercitando, dall'altro, una funzione preziosa di sostegno per le fasce più deboli, che si trovano oggi in una condizione di difficoltà in conseguenza della ristrutturazione del mercato del lavoro e delle tensioni cui sono stati sottoposti i meccanismi di sicurezza sociale pensati nel corso del Novecento.
Sulla scorta di tali considerazioni, ritengo evidente come ogni dibattito circa il regime fiscale applicabile alle società cooperative debba partire dal riconoscimento delle peculiari caratteristiche e dello specifico ruolo che esse rivestono, nonché del processo storico di cui costituiscono il risultato. È una storia caratterizzata dal perseguimento dell'interesse generale nel rispetto dei valori di solidarietà, mutualità, pluralismo e democrazia, oltre che dalla virtuosa sintesi fra il fattore capitale e il fattore lavoro. Si tratta di caratteristiche di cui lo stesso costituente era ben cosciente, laddove ha riconosciuto la funzione sociale della cooperazione.
Le cooperative - voglio ripeterlo - sono scolpite nella Costituzione repubblicana, all'articolo 45. La Costituzione, quindi, ha sancito l'importanza sociale delle strutture di cooperazione, vere protagoniste di un fenomeno di espansione senza precedenti nel nostro Paese (se nel 1971 erano poco meno di 11 mila, oggi superano le 70 mila unità), e ha fissato il principio del carattere mutualistico e dell'assenza di speculazione privata, non prescrivendo, però, la rinuncia istituzionale a produrre profitti. Questo modello societario è stato innovativo, si è ispirato a principi di solidarietà e tutela dei lavoratori più deboli e ha trovato spazio al di fuori del conflitto tra capitale e lavoro.
Per quanto ancora concerne gli aspetti fiscali, il fulcro della discussione ruota intorno alla considerazione che le cooperative, nonostante abbiano ormai conquistato un posto rilevante nello scenario economico nazionale, vengono ancora considerate un caso a sé, ossia non in qualità di imprese fra le imprese, ma in veste di soggetti agevolati.
Infatti, gli interrogativi che sono emersi dalla discussione sono stati: dentro la cooperazione si maschera il sistema di impresa? È possibile continuare a fare cooperazione oggi senza perdere di vista le finalità originarie, ma attualizzandole e perseguendole con strumenti e forme organizzative adatte ai tempi? Vogliamo sfatare il luogo comune secondo cui le cooperative godono di un regime di particolare favore e protezione, anche perché esse si collocano sul libero mercato, ove puntano a raggiungere adeguati livelli di competitività. A tale critica sulla posizione di privilegio, fanno da contraltare alcuni oneri non trascurabili; cito due esempi: gli utili non vengono divisi tra i soci in funzione della quota capitale posseduta, ma vanno a costituire riserva indivisibile, ossia sono suscettibili di essere reinvestiti per la crescita nella cooperativa; in generale, sussiste l'obbligo di devoluzione ai fondi mutualistici del 3 per cento degli utili netti annuali e dei residui attivi in caso di scioglimento della società.
Nel corso della precedente legislatura il regime fiscale delle società cooperative ha subito, come è noto, una rivisitazione chePag. 20ha reso ancora più severi i requisiti richiesti dal legislatore al fine di ricondurre più strettamente l'applicabilità dello specifico regime alla sussistenza del carattere di mutualità richiamato dal costituente. Tale nuovo regime è del resto assistito da un sistema di controlli e di sanzioni particolarmente pregnante, disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi speciali. Pertanto, le cooperative risultano soggette ad una puntuale azione di vigilanza esercitata dai rispettivi organi di rappresentanza, dall'autorità pubblica e dalla magistratura, risultando per questo motivo paradossale l'accusa secondo la quale godrebbero di ingiustificati privilegi ovvero di vantaggi competitivi.
Peraltro, lo stesso mondo cooperativo ha sempre coerentemente rivendicato l'esigenza di tutelare la cooperazione da ogni commistione con operatori che dietro tale schermo perseguono finalità estranee alla cultura cooperativistica, sottolineando in tal modo come i controlli previsti dalla legge costituiscano uno strumento a difesa dello stesso settore. Condividiamo, oltre a ciò, l'idea che si debba rappresentare adeguatamente, dinanzi ai competenti organi comunitari, la realtà del mondo cooperativo, evitando in tal modo ogni decisione comunitaria che, non tenendo conto delle specificità di tale settore, possa incidere sul rigoroso regime vigente nell'ordinamento italiano.
Riteniamo che ogni comportamento illegittimo debba trovare adeguata sanzione ad opera degli organismi di controllo e della magistratura, nei modi e nelle sedi previsti in via generale dalla legge; ma che tali episodi, anche qualora confermati, debbano essere tenuti distinti dal movimento cooperativo nel suo complesso, il quale sarebbe del resto la prima vittima di ogni irregolarità o abuso. Le leggi in materia d'altronde ci sono e sono state ricordate da molti colleghi, quando hanno parlato del carattere della mutualità, che deve rispettare i principi fissati dagli articoli 2512, 2513 e 2514 del codice civile. Ad esse allora vanno affiancati i buoni costumi, ossia la capacità di interiorizzare la legge e di trovare in essa il proprio fine ultimo, la difesa della concorrenza, la tutela dei più deboli, la possibilità per il socio di essere imprenditore, la trasparenza. Senza questa attenzione, è inevitabile che si creino fenomeni limitativi della concorrenza, dei diritti individuali e della certezza del diritto.
Diciamo dunque no alla degenerazione del fenomeno, peraltro molto limitato, che ha portato alle cooperative false, a quelle che non presentano il carattere della mutualità, e giustamente non hanno diritto ad alcuna normativa di tutela e di vantaggio fiscale; e chiediamo al Governo di intervenire e di attuare il protocollo sul welfare, come chiede la mozione, contro questo fenomeno che è complesso e multiforme. Esso prevede la riduzione del costo del lavoro, l'esigenza di una maggiore semplificazione degli adempimenti e del carico fiscale, lo scaricamento del rischio di impresa: questi ed altri problemi vanno affrontati attraverso un'azione che sia di insieme e che si inserisca in un quadro organico di politica a sostegno delle imprese e delle cooperative.
Vorrei essere ancora più chiara: respingiamo con forza la demonizzazione del mondo cooperativistico. Non si tratta di un sistema malato, bensì di una realtà che dà lavoro oggi ad oltre 935 mila persone e che cresce in una rete sistemica, in modo da costituire un vero e proprio presidio territoriale che aiuta a ridimensionare il fenomeno delle fughe altrove delle realtà imprenditoriali.
Ed è questo, forse più di altri, il successo del fenomeno cooperativistico, nell'ambito di un mutato contesto economico che si muove sempre più in sintonia con lo scenario europeo e globale. La mozione Lulli ed altri n. 1-00251, di cui raccomandiamo l'approvazione, va nella direzione di promuovere lo sviluppo di questo settore, in quanto siamo convinti che in Italia c'è sempre più bisogno di cooperazione. Impegniamo il Governo, autorevolmente rappresentato dal sottosegretario Stradiotto, ad attuare politiche capaci di aiutare le imprese cooperative a stare al passo con i tempi, senza perdere terreno sul piano della competitività e inPag. 21ragione di meccanismi di governance adeguati, senza mai smarrire i valori di fondo dell'agire cooperativo.
In conclusione, chiediamo più considerazione e meno processi sommari, al fine di riaffermare e rendere praticabile la missione che la Costituzione assegna alle cooperative, riconoscendo il valore strategico e il sistema valoriale di cui esse sono portatrici. È per questo che, oltre a chiedere il voto favorevole dell'Assemblea sulla mozione Lulli ed altri n. 1-00251, preannunciamo il nostro voto favorevole sulla mozione Donadi e D'Ulizia n. 1-00250 e sulla mozione Volonté e Galletti n. 1-00249. Esprimeremo invece voto contrario sulla mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, mentre attendiamo specificazioni per quel che riguarda la mozione Germontani ed altri n. 1-00227 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

MARCO STRADIOTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO STRADIOTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, sulla base degli interventi svolti, abbiamo avuto il modo e l'opportunità di comprendere l'importanza della cooperazione per il nostro Paese. Su questo fronte, il Ministero che ho l'onore di rappresentare è impegnato attivamente affinché vi sia una lotta contro la cooperazione non sana e la cooperazione spuria, e contro le cooperative che non si comportano correttamente e non applicano le norme. In questo senso, stiamo attivando una serie di controlli, che derivano anche dalla firma del protocollo stipulato dal Ministero della sviluppo economico e dal Ministero del lavoro con le parti sociali e con i rappresentanti delle associazioni cooperative.
Con specifico riferimento alla mozione Germontani ed altri n. 1-00227, a seguito dell'intervento della deputata Germontani, ribadisco il parere contrario per quanto riguarda la parte motiva. Per quanto riguarda invece la parte dispositiva, si propone una riformulazione nel senso di sostituire il primo capoverso con il seguente: «a voler provvedere affinché si accertino eventuali irregolarità amministrative che possono avere alterato la libera concorrenza e la tutela dei consumatori»; di sostituire il secondo capoverso con il seguente: «ad attivarsi affinché le autorità preposte alla vigilanza sul movimento cooperativo intervengano con efficacia e tempestività nei casi in cui le cooperative si allontanino dalla funzione mutualistica»; di sopprimere il terzo capoverso.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Germontani se accetti la riformulazione testé proposta dal Governo.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal sottosegretario, anche perché il secondo capoverso sintetizza in parte anche il terzo. Naturalmente, però, mantengo la parte motiva.

PRESIDENTE. Sta bene.

ANDREA LULLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, chiediamo la votazione per parti separate della mozione Germontani ed altri n. 1-00227, anche se ciò risulta implicito alla luce del parere espresso dal Governo. Non condividiamo infatti la parte motiva della mozione, mentre la riformulazione ne rende accettabile la parte dispositiva, anche perché - a nostro avviso - modifica sostanzialmente il testo precedente.

LUCIANO D'ULIZIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, con riferimento alla mozione Germontani ed altri n. 1-00227, sulla cui parte motivaPag. 22non siamo assolutamente d'accordo, vorrei precisare che siamo disposti a votare a favore della parte dispositiva, così come riformulata in base alla proposta del Governo. In questo, il gruppo dell'Italia dei Valori non già si allinea alla posizione del Governo, ma valuta inaccettabili le premesse, mentre è disponibile a votare il dispositivo così corretto.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate della mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, nel senso di votare il primo capoverso del dispositivo separatamente dalla restante parte della mozione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, limitatamente al primo capoverso del dispositivo, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 504
Votanti 479
Astenuti 25
Maggioranza 240
Hanno votato
205
Hanno votato
no 274).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante parte della mozione Leone e Garagnani n. 1-00233, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 500
Astenuti 3
Maggioranza 251
Hanno votato
225
Hanno votato
no 275).

Ricordo che è stata chiesta la votazione per parti separate della mozione Germontani ed altri n. 1- 00227, nel testo riformulato, nel senso di votare separatamente la parte motiva dal dispositivo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Germontani ed altri n. 1- 00227, nel testo riformulato, limitatamente alla parte motiva, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 503
Astenuti 4
Maggioranza 252
Hanno votato
227
Hanno votato
no 276).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Germontani ed altri n. 1- 00227, nel testo riformulato, limitatamente al dispositivo, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 505
Votanti 500
Astenuti 5
Maggioranza 251
Hanno votato
478
Hanno votato
no 22).Pag. 23

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Volontè e Galletti n. 1- 00249, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504
Votanti 499
Astenuti 5
Maggioranza 250
Hanno votato
469
Hanno votato
no 30).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donadi e D'Ulizia n. 1-00250 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504
Votanti 488
Astenuti 16
Maggioranza 245
Hanno votato
347
Hanno votato
no 141).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lulli ed altri n. 1-00251, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 505
Votanti 490
Astenuti 15
Maggioranza 246
Hanno votato
360
Hanno votato
no 130).

Prendo atto che i deputati Delfino, De Zulueta e Cassola hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
È così esaurito l'esame delle mozioni all'ordine del giorno.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1682 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport, con Allegati, adottata a Parigi dalla XXXIII Conferenza generale UNESCO il 19 ottobre 2005 (Approvato dal Senato) (A.C. 3082) (ore 12,26).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport, con Allegati, adottata a Parigi dalla XXXIII Conferenza generale UNESCO il 19 ottobre 2005.
Ricordo che nella seduta del 12 novembre 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali e si sono svolte le relative repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 3082)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3082 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Pag. 24

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 486
Maggioranza 244
Hanno votato
486).

Prendo atto che i deputati Delfino e Balducci hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Compagnon ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3082 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 499
Votanti 495
Astenuti 4
Maggioranza 248
Hanno votato
495).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3082 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 499
Votanti 498
Astenuti 1
Maggioranza 250
Hanno votato
497
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 3082 sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
500).

Prendo atto che i deputati Delfino, Pelino e Mistrello Destro hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3082)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendo la parola perPag. 25preannunciare il voto favorevole di Forza Italia in quanto riteniamo che la Convenzione in esame costituisca un passo fondamentale per rendere più efficiente la lotta contro il doping in campo internazionale.
Si dice che nello sport non ci sono nemici bensì avversari, ma il doping è un nemico dai contorni inquietanti e tragici. Per tale motivo in campo internazionale, sia il mondo dello sport, sia la politica, hanno cercato di contrastare il fenomeno con provvedimenti di varia natura. Essi sono stati tardivi, basti pensare che primo caso di doping risale al 1988 a Seul e soprattutto lacunosi.
Senza armonizzazione, le norme relative allo sport sono state emanate dalle federazioni in maniera assai diversificata. Le leggi nazionali sono una diversa dall'altra: per fare un esempio, nella gara di ciclismo Parigi-Roubaix si applicano quattro leggi diverse.
Ecco dunque perché riteniamo che la Convenzione in esame sia una tappa importantissima poiché legittima l'Agenzia mondiale antidoping creata al CIO e, soprattutto, adotta un codice unitario e armonico.
Signor Presidente, vorrei fare tuttavia una puntualizzazione. Il fair play non si usa neanche più nello sport e non fa parte delle regole del gioco del nostro Parlamento, ma nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di ratifica, dal momento che ho preannunciato un voto favorevole, non ci sarebbe dispiaciuto avere un riconoscimento dell'attività posta in essere dal precedente Governo in campo sportivo - voglio trascurare tale aspetto che sembrerebbe autoreferenziale - e, soprattutto, dell'azione dei nostri esperti dei Ministeri dei beni culturali e degli affari esteri in sede di trattative UNESCO e con riferimento al codice mondiale antidoping. Come ho detto, un simile riconoscimento non appartiene alle nostre regole del gioco e le trascurerò, ma, signor Presidente, mi consenta di fare una recriminazione per concludere il mio intervento.
Il Ministro Melandri, nel luglio di quest'anno, nella conferenza stampa sul provvedimento in esame ha lamentato che il precedente Governo aveva tardato la ratifica della Convenzione UNESCO. Mi spiace dover rilevare che tale dichiarazione, poiché nelle sostanze doping vi sono anche degli stupefacenti, è veramente stupefacente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
Forse è dovuta al fatto che vi è un Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive e ciò che prima veniva realizzato da un solo sottosegretario (anche modesto per la verità) delegato allo sport del Ministero dei beni culturali ora, invece, viene svolto da un Ministero, un Ministro e due sottosegretari. Evidentemente ciò mi fa capire che non c'è molta comunicazione fra di loro.
Concludo precisando che il 31 ottobre la Convenzione è stata approvata dall'UNESCO, il 1o dicembre 2006 è stata aperta alla firma degli Stati membri. I lavori delle Camere sono stati sospesi per le festività natalizie, a febbraio il Parlamento è stato sciolto, si sono svolte le elezioni e il Ministro Melandri pretendeva che, in pochi giorni, il vecchio Governo approvasse un provvedimento che l'attuale Governo ha approvato dopo un anno e mezzo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)! Pertanto è naturale definire stupefacente tale dichiarazione.
Concludo, signor Presidente, con una forma di collaborazione; non vorrei che anche il comunicato stampa che ci sarà tra qualche giorno per celebrare questa bella comune vittoria sia «dopato». Teniamo la presente battaglia contro il doping al di fuori delle polemiche politiche. Io non vorrei - lo dico in forma collaborativa - che venga replicata la gaffe sulle presunte inadempienze del Governo precedente. Siamo qui per collaborare, pertanto risparmiateci questa polemica politica perché la lotta al doping non ha bisogno di fratture. Siamo a tal fine in questa sede a collaborare e per questo preannuncio il voto favorevole di forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

Pag. 26

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, preannuncio il voto favorevole del gruppo UDC al disegno di legge di ratifica al nostro esame per un'importante lotta contro il doping e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Onorevole Ciocchetti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guadagno detto Vladimir Luxuria. Ne ha facoltà.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, il tema del doping ci spinge ad una riflessione più generale. Chi è interessato ad esigere dal corpo prestazioni al di là dei limiti umani, dello sforzo fisico, dell'allenamento e del riposo? Chi esige dal corpo una performance di resistenza, dove il fine giustifica i mezzi? Nelle guerre, dall'antichità fino ad oggi, ai soldati vengono fornite sostanze per vincere la paura e per resistere sui campi di battaglia. Alcune sostanze chimiche sono state addirittura inventate e sperimentate per tali propositi. Cito, una per tutte, la «pillola Goering» a base di anfetamina che anche la Luftwaffe somministrava ai piloti, al fine di renderli più coraggiosi e spregiudicati.
Analogamente, il ricorso a sostanze esterne è una realtà in certi ambiti lavorativi, indirettamente imposto per alleviare la fatica a tanti lavoratori sfruttati, schiavizzati e senza tutele in troppe parti del mondo oppure frutto del ricorso volontario di dirigenti e liberi professionisti che, per ottenere più profitto, eccitano artificialmente corpo e mente, ad esempio con la «cocaina manageriale».
Il doping nello sport inquina le regole del gioco, scardina il principio del sano ed equo antagonismo sportivo, brucia le tappe dell'allenamento e della dedizione in nome del principio: «ciò che è veloce è anche buono», elogio della fast life. L'atleta professionista è spinto a superarsi, è incalzato dai media e dagli sponsor, dalla mondializzazione della competizione, troppo spesso in corto circuito con il business, se non addirittura con l'uso politico dello sport. La liceità degli psicofarmaci, unita alla repressione anche per uso personale di altre sostanze, spinge la nostra società ad un livello sempre più farmacocentrico e farmacomane, al punto da considerare al pari di medicine l'ormone della crescita, l'eritropoietina, gli steroidi, l'efedrina, ovvero un alcaloide tossico dagli effetti collaterali devastanti, soprattutto sul sistema cardiocircolatorio.
La Convenzione internazionale antidoping adottata a Parigi alla XXXIII Conferenza generale dell'UNESCO è il risultato di tanti studi e dibattiti: da Mosca nel 1988 a Parigi nell'ottobre 2005, passando per la Conferenza mondiale antidoping di Copenhagen nel 2003. La Convenzione richiama i principi dello sport, della salute e al rispetto dei diritti umani, l'etica della carta internazionale dell'educazione fisica e sport dell'UNESCO e della carta olimpica, che dobbiamo chiedere a tutte le nazioni che ospitano grandi eventi sportivi, sottolineando il rispetto dei diritti umani di tutti, nessuno escluso.
Gli Stati europei che ratificano la Convenzione si impegnano ad adottare misure contro l'uso, il traffico, la detenzione e l'incitamento all'uso di sostanze dopanti, sia a livello nazionale, con proprie iniziative in linea con i principi della Convenzione, sia a livello internazionale, con scambi di informazione e circolazione transfrontaliera di squadre di controllo antidoping.
La legge 14 dicembre 2000, n. 376, ha consentito all'Italia, insieme alla Francia, di affrontare, per primi in Europa, il tema del doping. Ci auguriamo che nella prevista riforma di tale legge si passi ad una depenalizzazione dell'assuntore, perchéPag. 27non si può dire a chi purtroppo utilizza tali sostanze: «ti metto in galera da tre a quattro anni, come previsto dall'articolo 9, e lo faccio per il tuo bene e, sempre per il tuo bene, ti trasformo da atleta dopato a criminale». Crediamo che si debbano colpire i trafficanti, le narcomafie che lucrano anche sulla vendita di sostanze dopanti, chi obbliga o consiglia l'assunzione, medici non deontologici che li prescrivono con troppa disinvoltura.
Occorre, inoltre, considerare che l'atleta professionista che utilizza sostanze dopanti, a differenza di quello amatoriale, compromette, oltre che il suo equilibrio psicofisico, anche i risultati della gara, tradendo le aspettative dei tifosi e il principio della lealtà.
Gli atleti che si tesserano liberamente a una federazione sportiva dichiarano di sottoscrivere delle regole, tra cui la propria disponibilità a sottoporsi a controlli, anche improvvisi, senza che ciò venga a cozzare con il principio di volontarietà della cura di cui all'articolo 32 della nostra Costituzione. La Convenzione invita a non applicare sanzioni nei casi accertati in cui l'assunzione di tali sostanze avviene a fini terapeutici, come ad esempio nel caso delle terapie ormonali e dei diuretici per atlete transgender.
La Convenzione non vincola gli Stati europei a misure penali, ma promuove la prevenzione contro l'uso, la detenzione, il traffico e l'incoraggiamento all'uso da parte degli sportivi e del personale di supporto degli stessi. Crediamo che ciò possa essere realizzato nell'ambito della giustizia sportiva, con misure quali la squalifica, la perdita di punti e le campagne di informazione e prevenzione mirate soprattutto a combattere il sempre più crescente doping domestico.
Il nostro proposito è anche quello che la Word anti-doping agency, istituita nel 1999, si configuri come ente pubblico in quanto la tutela della salute è sempre una competenza pubblica e al fine di evitare inauspicabili conflitti di interesse di eventuali sponsor di case farmaceutiche, magari le stesse che producono sostanze dopanti.
Esprimo, dunque, il voto favorevole a tale ratifica del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea per la mancanza di indicazioni che vincolino alla punibilità penale dell'assuntore.
Concludo Presidente, ricordando tutte le vittime del doping, dal primo caso celebre, antecedente rispetto a quello ricordato dall'onorevole Pescante, del ciclista danese Kurt Jensen, morto durante una gara alle olimpiadi di Roma del 1960, per aver fatto ricorso ad anfetamina, al nostro campione Pantani. Vorrei ricordare anche una vittima donna, Claudia Bianchi dell'International federation of bodybuilders, vincitrice di coppe, trofei e medaglie che, proprio nel giorno della festa della donna, l'8 marzo 2004, è morta per aneurisma cerebrale e per la quale, solo grazie alla denuncia della madre, di recente, si è appurato l'uso e l'abuso di anabolizzanti. Si trattava di una giovane ragazza di trentaquattro anni, vittima della ricerca del competitivo corpo «scudo» e del gonfiore muscoloso a tutti i costi, anche a quello della vita (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Cioffi. Ne ha facoltà.

SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, il gruppo dei Popolari-Udeur voterà a favore della ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport perché è lo strumento giuridico necessario in grado di coordinare le diverse legislazioni nazionali e di assicurare anche l'indispensabile cooperazione tra gli Stati. Sarà importante tenere conto anche della formazione degli atleti e di coloro che dovranno attuare tale Convenzione.
A nome dei Popolari-Udeur annuncio il voto favorevole e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

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PRESIDENTE. Deputata Cioffi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei cogliere un aspetto fondamentale della lotta al doping, costituito dalla particolare raffinatezza delle sostanze di nuova generazione capaci di intervenire profondamente per mutare in modo sostanziale le prestazioni sportive. Questo è l'elemento di novità degli ultimi anni che rende davvero ineludibile una lotta senza quartiere al doping, intesa come lotta per far tornare lo sport alle sue radici, che costituiscono una disciplina fondata sul rispetto delle regole.
In passato (qualcuno lo ricorderà), in molti filmati abbiamo visto il grande Fausto Coppi dichiarare che nessuno, ai suoi tempi, poteva dichiarare di non aver mai usato la cosiddetta bomba, prodotta con sostanze primordiali che non incidevano profondamente sulle prestazioni sportive. Allora, chi era un campione era un campione, mentre chi non lo era avrebbe anche potuto assumere la «bomba», ma non lo sarebbe mai diventato!
Oggi, soprattutto nel mondo del ciclismo, vi sono dichiarazioni che fanno ritenere - mi pare che l'abbia affermato Chiappucci qualche anno fa - che tra coloro che non si sono mai dopati e coloro che si dopano con le nuove sostanze, come l'EPO e altre analoghe, vi è la stessa differenza che corre tra chi va in bicicletta e chi va con il motore.
Se non depuriamo lo sport (tutto lo sport, non solo il ciclismo) da queste nuove sostanze, non riusciremo a ricondurlo alla sua naturale vocazione di sfida, basata sulla lealtà reciproca, capace di tenere presente la peculiarità di ognuno degli sportivi in gara.
Vi sono, ormai, delle manifestazioni sportive, come il Tour de France, in cui non si comprende più chi ha vinto e chi ha perso; non si sa ancora chi ha vinto l'anno scorso; quest'anno chi era in testa è stato radiato nelle ultime tappe, in quanto accusato di essersi dopato. Quindi, la mia preoccupazione è che, se si procede in questo modo, si gioca ad una roulette, per cui ogni tanto si prende qualcuno che si dopa e lo si esclude, mentre non ci si accorge che, magari, chi subentra, si dopa ugualmente.
Alla fine si uccide lo sport, in quanto lo sport deve riconoscere una graduatoria fondata sul merito, ma non si riesce più a farlo. Di conseguenza, è fondamentale porre in essere una lotta senza quartiere di carattere internazionale in tutte le discipline. Ho citato il ciclismo (che è lo sport più esposto), ma il problema si pone anche per l'atletica. Inoltre, vi sono state denunce, anni fa, particolarmente inquietanti anche sul mondo del calcio e, a tal proposito, ricordo le dichiarazioni di Zeman.
Se non si pone in essere una lotta senza quartiere al doping nel mondo dello sport, non si riuscirà più a riscoprire l'etica dello sport, ovvero la sfida sulla base delle capacità individuali o di gruppo (qualora si tratti di sport di squadra). La lotta al doping è importante, soprattutto in questo momento, in quanto stiamo giustamente svolgendo un'azione tenace - e spero che diventi anche efficace - contro la violenza nel mondo del calcio. La lotta al doping, infatti, rappresenta l'altra faccia della lotta alla violenza del mondo del calcio, in quanto anche il doping è un'alterazione e una negazione del spirito fondamentale dello sport.
È con questo spirito, quindi, che sono favorevole all'approvazione del disegno di legge di ratifica in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, nel preannunciare il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo, manifesto il mio profondo dispiacere per l'intervento del collega Pescante. Si tratta di un provvedimento, infatti, su cui siamo tutti d'accordo e, purtroppo, è la seconda volta in pochi giorni che si fa polemica, quando, invece,Pag. 29il mondo della politica dovrebbe essere unito e vicino al mondo dello sport.
Non vorrei che fosse la seconda volta, in pochi giorni, in cui il mondo della politica cerca di effettuare delle strumentalizzazioni, le quali non servono al mondo dello sport e, soprattutto, a lei, onorevole Pescante, a cui devo molto rispetto per il ruolo che ha svolto, in positivo mi auguro, in trent'anni di sport italiano e che ha potuto constatare quanto sia necessario il provvedimento in esame.
Collega Pescante, il Ministro Melandri non ha bisogno della mia difesa. Tuttavia, il problema non è costituito dal fatto se il provvedimento in esame poteva essere ratificato dal precedente Governo o da questo, bensì se la politica è efficace in ordine al doping. Sarebbe stato bello, oggi, se fossimo stati uniti, senza polemiche; invece ciò non è accaduto. Dovremmo avere tutti l'amara consapevolezza che, purtroppo, il doping «corre» più veloce dei controlli e che se lo sport professionistico diventa sempre più un business e si gioca a tennis undici mesi e mezzo l'anno, è sempre più difficile rincorrere il doping.
Come parlamentare di opposizione presentai alcune interrogazioni a lei (allora sottosegretario allo sport) e le chiesi perché, per la stessa sostanza, alcune federazioni punivano e squalificavano per quattro mesi, mentre altre federazioni per due anni. Non mi sembra che lei, come sottosegretario, abbia fatto molto per affrontare questo problema.
Non solo. Sappiamo che il tema del doping ha sempre corso in parallelo allo sport: lo richiamava alla mente, in precedenza, la collega Luxuria (ricordo i casi Simpson e i drammi nel ciclismo e negli sport minori; richiamerò anche il discorso sui dilettanti). Ci auguriamo che, con l'approvazione del provvedimento in esame, vi sia un maggior coordinamento, perché nel mondo dello sport, oggi, non vi è giustizia per il doping. Riaffermiamo tale concetto: in Italia - va detto a tutela dello sport italiano - nel calcio e nel ciclismo vi sono più controlli rispetto a molti altri Paesi europei. Ivan Basso e Valverde non possono essere nello stesso elenco e non possono, l'uno, correre il mondiale e, l'altro, essere squalificato per due anni: non vi possono essere due pesi e due misure.
Signor Presidente, mi occupo di scuola: se due alunni copiano il compito in classe, uno non può avere il massimo dei voti e l'altro il minimo. Chi sbaglia deve pagare. L'equità è un dato necessario: mi riferisco anche agli ultimi due casi che hanno colpito lo sport italiano: il caso Di Luca, a due giorni dalla prova mondiale di ciclismo, e il caso Gibilisco. Il cittadino e il tifoso devono capire con semplicità la chiarezza dei provvedimenti. Oggi ciò non avviene nel mondo dello sport italiano.
Quello in esame è un provvedimento necessario e vorrei che lo votassimo tutti senza polemica: poiché, ripeto, è un provvedimento necessario, il problema non riguarda il fatto se avesse dovuto approvarlo il precedente Governo. Forse, se il suo contributo fosse stato così positivo e attivo - come ha affermato l'onorevole Pescante - il precedente Esecutivo avrebbe potuto anche approvarlo, ma vorrei che tutti ci soffermassimo, per un momento, su un dramma, riguardante il doping, che pochi citano: il dramma dello sport dilettantistico, dei tanti ragazzi che non vengono fermati in tempo e dei tanti genitori che non credono a una sana crescita educativa e sportiva tramite lo sport, attraverso il quale, per fortuna o per capacità, si può diventare anche campioni.
Troppe volte, invece, il campione è il fine e l'obiettivo di molti genitori e di molte famiglie. Si tratta di un dato educativo che oggi, approvando insieme il provvedimento in discussione, non possiamo dimenticare per le responsabilità che ci competono (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3082)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.Pag. 30
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 3082 di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1682 - «Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport, con Allegati, adottata a Parigi dalla XXXIII Conferenza generale UNESCO il 19 ottobre 2005» (Approvato dal Senato) (3082):

Presenti 468
Votanti 464
Astenuti 4
Maggioranza 233
Hanno votato 464
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto dei deputati Bertolini e Tenaglia hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Guadagno detto Luxuria e Giancarlo Giorgetti hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.

Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione (Doc. IV-quater, nn. 24 e 25) (ore 12,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Ricordo che a ciascun gruppo, per l'esame del documento, è assegnato un tempo di cinque minuti (dieci minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato). A questo tempo si aggiungono cinque minuti per il relatore, cinque minuti per richiami al Regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.

(Esame - Doc. IV-quater, n. 24 e 25)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del seguente documento:
Relazione della Giunta per le autorizzazioni sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti dei deputati Garagnani e Raisi (Doc. IV-quater, nn. 24 e 25).
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dai deputati Garagnani e Raisi nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Palomba.

FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, non mi soffermerò sulla lettura integrale della mia relazione che è stampata ed è agli atti, però dichiaro di fare integrale riferimento ad essa, ossia al Doc. IV-quater nn. 24 e 25.
Passo ad illustrare brevemente i fatti. I deputati Raisi e Garagnani, il 21 aprile 2007, hanno tenuto una conferenza stampa in Bologna, nella quale hanno rivolto serrate critiche alla gestione dell'università di Bologna. In particolare, sono state lanciate accuse di nepotismo nei confronti del figlio e della moglie del rettore dell'università di Bologna, che avrebbero avuto una carriera accelerata, e altre critiche nei riguardi dell'amministrazione. Nella conferenza stampa, i due deputati hanno dichiarato che illustravano due interpellanze a loro firma. Le due interpellanze sono state presentate una prima e l'altra subito dopo la conferenza stampa, rispettivamente in data 19 aprile 2007 e 23 aprile 2007, ma sono state illustrate contestualmente.
La Giunta per le autorizzazioni ha dovuto affrontare i seguenti problemi. La prima interpellanza, presentata precedentemente alla conferenza stampa, è stata trattenuta dall'ufficio per il sindacato ispettivo e gli atti di indirizzo della CameraPag. 31e comunicata soltanto il 17 maggio 2007, mentre l'altra è stata presentata formalmente e depositata il 23 aprile 2007, ed è stata pubblicata a cura del suddetto ufficio successivamente.
Il punto è questo: nell'interpellanza precedente alla conferenza stampa si fa riferimento a una serie di fatti, esclusi quelli relativi al nepotismo, che sono contenuti, invece, nell'interpellanza presentata successivamente, ossia il giorno 23 aprile, ma, come detto, illustrata contestualmente all'altra.
In seguito alla conferenza stampa, che ha avuto larga eco nella stampa, il rettore dell'università di Bologna, con l'assistenza legale dell'Avvocatura dello Stato, ha intentato un'azione civile nei confronti dei due deputati Raisi e Garagnani, articolata in nove punti. I fatti cui fanno riferimento i capi dal secondo al nono dell'atto di citazione erano sostanzialmente contenuti nell'interpellanza presentata precedentemente alla conferenza stampa. I fatti di cui al capo III-1, che riguarda le accuse di nepotismo, erano citati nell'interpellanza presentata e depositata due giorni dopo la conferenza stampa.
La Giunta si è trovata ad affrontare il seguente problema: se possa essere ricondotta all'esercizio dell'attività parlamentare un'interpellanza presentata, ma solo successivamente considerata ammissibile dalla Presidenza della Camera, attraverso l'ufficio per il sindacato ispettivo e gli atti di indirizzo della Camera.
Questo punto è suffragato da una sentenza della Corte costituzionale su un altro caso, la quale ha dichiarato esplicitamente che un'interrogazione, sia pure soltanto depositata, ma precedentemente rispetto alle esternazioni extra moenia, costituisca, comunque, esercizio dell'attività parlamentare, e quindi elemento per la dichiarazione di insindacabilità. Questo requisito valeva, quindi, per tutti i fatti di cui ai capi dal secondo al nono dell'atto di citazione. La Giunta, quindi, ha affrontato successivamente il problema relativo all'accusa di nepotismo, contenuta nell'interpellanza depositata due giorni dopo la conferenza stampa, ma sostanzialmente illustrata nel corso della stessa.
Su questo punto la Giunta ha ritenuto che, conformemente all'insegnamento della Corte costituzionale, un'interrogazione, o comunque un atto di sindacato ispettivo, che sia presentata a notevole distanza di tempo rispetto all'esternazione del parlamentare, non possa comunque valere ai fini dell'insindacabilità.
Nel caso specifico, fermo restando tale principio, la Giunta per le autorizzazioni ha ritenuto che, data la contestualità dell'illustrazione delle due interpellanze, questo principio non sarebbe rimasto vulnerato dal fatto di ritenere le esternazioni, di cui all'interpellanza presentata due giorni dopo la conferenza stampa, come un unico atto di esercizio dell'attività parlamentare; quindi ha ritenuto di applicare l'insindacabilità anche per questo diverso episodio, relativo all'accusa di nepotismo.
Ho voluto diffondermi nell'illustrazione di tali criteri, perché credo che abbiano anche un'importanza di carattere generale, di cui la Camera si deve occupare. La Giunta per le autorizzazioni ha affrontato quattro diverse votazioni, una per ciascuno dei deputati richiedente sulle due proposte. In una di tali votazioni è stato affrontato il problema delle accuse relative ai punti da 2 a 9 dell'atto di citazione, per i quali, all'unanimità, è stata ritenuta sussistente l'insindacabilità.
Per quanto riguarda invece il punto di cui al numero 1 dell'atto di citazione, quello relativo alle accuse di nepotismo rivolte al rettore dell'università di Bologna, la Giunta per le autorizzazioni, a maggioranza, ha ritenuto che sotto il profilo della contestualità dovesse estendersi la valutazione di insindacabilità.
Allo stato, comunque, la Giunta per le autorizzazioni si è pronunciata per l'insindacabilità complessiva nei confronti dei due parlamentari. Pertanto, propone che la Camera svolga due separate votazioni, una per ciascuno dei parlamentari, ma valutando complessivamente l'insindacabilità.

Pag. 32

PRESIDENTE. Come il relatore ha affermato all'inizio della sua esposizione, lo stesso non ha voluto rendere una lettura completa del testo della relazione, ma limitarsi ad un'esposizione sintetica; tuttavia, la sintesi che ha svolto domanda una precisazione da parte della Presidenza della Camera, per i passaggi nei quali il relatore affermava che l'interpellanza presentata è stata trattenuta dall'Ufficio per il sindacato ispettivo e gli atti di indirizzo per alcuni giorni.
Voglio chiarire, riguardo alla questione di un asserito ritardo nella pubblicazione di interpellanze rispetto al momento della presentazione, che nel caso che stiamo esaminando - ma così avviene in tutti i casi analoghi - all'atto della presentazione dell'interpellanza la Presidenza ha rappresentato tempestivamente, tramite gli uffici (il Servizio Assemblea) i profili di inammissibilità degli atti e ha proceduto immediatamente alla pubblicazione dei medesimi, non appena ne è stata presentata una riformulazione esente da tali profili. Dico ciò per chiarire che non vi è stato un ritardo e un'attesa inutile: vi è stata una discussione, come avviene spesso, con i presentatori, rispetto ad alcuni profili di inammissibilità che la Presidenza aveva rilevato.
Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crisci. Ne ha facoltà.

NICOLA CRISCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere larga condivisione alla relazione del collega Palomba, non soltanto quella scritta, ma anche quella che, con efficace sintesi, ha portato all'attenzione dell'Assemblea.
È una relazione ampia, puntuale, argomentata, non priva di elementi di riflessione evidenziati con rigore e competenza già nella originaria proposta. Tali elementi sono richiamati inoltre anche in un passaggio della relazione conclusiva nella quale si afferma che non sono infondati i rilievi e le perplessità sollevati in Giunta in ordine alla rilevanza immunizzante degli atti parlamentari presentati dopo i fatti contestati in giudizio.
Mi pare che questo sia uno dei problemi sui quali dovremmo soffermarci e ancor di più se il contenuto degli atti di sindacato ispettivo di cui si fa riferimento per chiedere l'insindacabilità risulta essere discordante rispetto a quello delle interrogazioni o delle interpellanze presentate che non hanno superato il giudizio di ammissibilità della Presidenza della Camera. Mi sembra che un tale aspetto sia stato efficacemente rimarcato dalla Presidenza in quanto l'atto di sindacato ispettivo di cui si fa riferimento presenta contenuti e forme espressive discordanti rispetto a quelle originariamente presentate.

PRESIDENTE. Onorevole Crisci dovrebbe avvicinare il microfono.

NICOLA CRISCI. (Una voce dai banchi del gruppo di Forza Italia: «Voce!») Mi pare che ce la sto mettendo tutta; se il collega presta attenzione probabilmente sentirà anche queste cose.

PRESIDENTE. Colleghi per favore, non è il caso di giocare. Prosegue pure, deputato Crisci.

NICOLA CRISCI. Nel caso in esame la versione dell'interpellanza a firma Garagnani, Raisi ed altri pubblicata il 4 giugno 2007, non contiene più il nome del professor Calzolari e di sua moglie, la professoressa Barigozzi, ma soltanto delle affermazioni sull'esistenza di vere e proprie dinastie di docenti collegate da stretti vincoli di parentela. Tutto ciò risulta differente, quindi, rispetto al contenuto dell'interpellanza del 23 aprile 2007, presentata due giorni dopo la conferenza stampa, nella quale si trattava il tema delle preteso nepotismo di cui sarebbe giovato il figlio del rettore e che venne bloccata dalla Presidenza della Camera e pubblicata con diversa e più generica versione solamente il 4 giugno. Pertanto, su otto dei nove punti elencati nell'atto di citazione, la Giunta all'unanimità ha deliberato l'insindacabilitàPag. 33degli addebiti in quanto le affermazioni rese dai colleghi Garagnani e Raisi nella conferenza stampa del 21 aprile rientrano nel generale diritto di critica politico-amministrativa coperta dall'articolo 68 della Costituzione. Tale diritto, invece, mi sembra non applicabile rispetto al capo III-1 dell'atto di citazione relativo alle accuse di nepotismo mosse al figlio del rettore di università Bologna e di sua moglie nella conferenza stampa del 21 aprile 2007 ritenute offensive e lesive dell'onore delle persone nominate. Non mi sembra possibile, infatti, considerare la conferenza stampa del 21 aprile come una proiezione esterna di un atto parlamentare tipico. Tale atto è stato presentato il 19 aprile ma di fatto venne pubblicato con una riformulazione generica e senza richiami ad accuse specifiche solo più tardi.
Voterò tenendo conto di queste considerazioni e del fatto che la Giunta ha approvato all'unanimità, il 18 aprile 2007, un atto in cui si definiscono i criteri generali di applicazione dell'insindacabilità parlamentare e dove si afferma che non possono considerarsi collegabili alla funzione parlamentare le dichiarazioni con cui si attribuiscono a persone nominate fatti diffamatori e indimostrati con forme espressive che non possono essere usate neanche negli atti tipici in quanto non consentite, come nel caso che stiamo esaminando.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

NICOLA CRISCI. Alla luce di queste considerazioni chiedo di poter votare la proposta del relatore per parti separate in modo da poter esprimere un voto favorevole su otto dei punti elencati e un voto contrario limitatamente al capo III-1 dell'atto di citazione relativo alla accuse di nepotismo rivolte al rettore, così come tra l'altro era stata indicato nell'originaria proposta dal collega Palomba.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, intervengo brevemente anche per richiamare l'attenzione dei colleghi sulla discussione in atto, perché riguarda tutti noi nell'esercizio quotidiano del sindacato ispettivo.
Ho letto la relazione della Giunta per le autorizzazioni e lo avranno fatto anche altri: un nodo è sulla valenza delle interrogazioni e interpellanze depositate dopo le conferenze stampa, mentre un altro nodo riguarda il vaglio che la Camera - non il Senato - effettua, attuando una circolare interna emanata alcuni anni fa, andando ogni volta a sindacare il nostro atto di sindacato ispettivo, attraverso il lavoro di valenti funzionari e collaboratori della Camera, sempre molto disponibili e molto capaci, ma che di fatto modificano (e noi procediamo a tale modifica insieme a loro) il testo delle interrogazioni e delle interpellanze depositate, ovverosia degli atti di sindacato ispettivo.
Allora, il tema sul quale oggi discutiamo - premesso che intendo votare a favore della proposta della Giunta per le autorizzazioni - pone l'attenzione su questo particolare nostro atto di sindacato ispettivo, e la valenza che esso assume (e, secondo me, deve essere esclusa in modo tassativo) rispetto agli atti successivi e all'esposizione fuori dall'aula del contenuto del sindacato ispettivo. Sottopongo all'attenzione dell'Assemblea il discorso della valenza del testo depositato e poi modificato a seguito del vaglio degli uffici della Camera.
Ritengo che occorra votare a favore della proposta in esame; è, infatti, un'attività tipica del deputato depositare un proprio atto, che poi può essere modificato, anche per adeguarsi alla circolare menzionata; ma ciò davvero rappresenta una procedura esclusiva della Camera.
Per quanto riguarda il Senato, i colleghi senatori depositano interrogazioni che spaziano su un campo molto più vasto e senza limiti, per esempio, concernenti la citazione di persone oppure il riferimento puntuale a un atto di Governo. Tutto ciò ci pone in contraddizione rispetto a quanto succede al Senato ove le interrogazioniPag. 34dei senatori sono in genere molto più ampie di quanto non lo siano i nostri atti di sindacato ispettivo.
Per tali ragioni il voto cui ci stiamo accingendo è particolarmente delicato, proprio per riconoscere, anche come precedente, una valenza alla copertura, per immunità, degli atti che depositiamo.
Quindi - lo ripeto - si tratta di un voto importante sul quale occorre riflettere ulteriormente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, conosco molto bene il rettore dell'università di Bologna ed è una persona per bene. Questo elemento non può rilevare in questa discussione, ma dobbiamo avere ben chiaro il fatto che l'esercizio delle prerogative previste dall'articolo 68 della Costituzione, ove vi sia la copertura da insindacabilità, sostanzialmente lascia il cittadino sprovvisto di qualsiasi tutela di fronte ad una delle lesioni più gravi che è quella all'onore e alla dignità personale.
So bene che la prerogativa parlamentare si basa su un principio costituzionale fondamentale, e che la Giunta per le autorizzazioni ha introdotto da tempo un orientamento restrittivo con riferimento alle esternazioni in questa materia.
Resta il fatto che in alcuni casi, proprio attraverso la combinazione tra l'esercizio del potere ispettivo in Parlamento e le conferenze stampa, spesso accuratamente preordinate (infatti, si sa molto bene che esse più che le attività in quest'Aula, rappresentano i veri momenti di impatto sulla pubblica opinione. Si possono pertanto determinare degli aggiramenti pericolosi di quelle che sono le garanzie costituzionali.
Il caso sollevato appartiene a questa categoria: un'interpellanza prima, un'interpellanza dopo, e in mezzo la conferenza stampa. Inoltre, vi è la questione testè sollevata dal collega Mellano con riferimento all'ammissibilità dello stesso atto. Diciamolo con chiarezza: non esiste il rischio di un'inversione pericolosa tra attività esterne e quelle interne?
Per questi motivi sono a favore della richiesta del collega Crisci, di procedere a votazioni per parti separate. Anche se non mi illudo di modificare la nostra volontà, vorrei almeno mettere in evidenza il principio secondo il quale quando si organizza deliberatamente uno strumento parlamentare in funzione strumentale rispetto a una comunicazione esterna, si può danneggiare fortemente e irrimediabilmente un privato cittadino. E questo, credo che noi parlamentari non dovremmo permetterlo.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Soprattutto in un'epoca come questa dovremmo avere il preciso senso dell'autolimitazione.
Quindi, o l'attività è tipica del Parlamento oppure l'attività, se strumentale o costruite come tale, diventa un'aggressione indifendibile, di fronte alla quale non esiste più il diritto di difesa dei cittadini.
Pertanto, ribadisco che condivido alla richiesta di votazione per parti separate, e voterò come il deputato Crisci su questa materia, in maniera disgiunta nelle due parti.

PAOLO UGGÈ. Bravo! Bravo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, questa vicenda può capitare a chiunque di noi: ciascun parlamentare ha un diritto e un dovere di intervenire quando ritiene, soprattutto nel proprio territorio, che si verifichino fatti che meritino l'attenzione pubblica. È quello che hanno fatto gli onorevoli Raisi e Garagnani, i quali ritenevano di trovarsi di fronte ad una serie di abusi nella gestione del potere da parte del rettore e di chi ha agito con lui nell'ambito dell'università di Bologna.
Ma il fatto specifico non deve avere rilevanza rispetto all'affermazione di principi che in questa Assemblea sono assolutamente preminenti. Il principio cardinePag. 35è decidere se le affermazioni di un parlamentare nell'esercizio del proprio dovere di intervento debbano o meno essere coperte dall'insindacabilità.
Il fatto che vi sia stata la presentazione di un'interpellanza prima e, addirittura, di un'interpellanza depositata il giorno dopo la conferenza stampa che si assume lesiva dei diritti di un cittadino costituisce un qualcosa di più a favore del parlamentare. Costituisce un intervento ulteriore che dovrebbe scriminare senza ombra di dubbio la sua attività.
In questo caso non siamo di fronte a un parlamentare che si è posto al di fuori della sfera del lecito. Non siamo di fronte a un parlamentare che ha utilizzato lo strumento dell'offesa. Siamo di fronte a un parlamentare che ha utilizzato il legittimo diritto di critica rispetto ad attività che riteneva abusive e meritevoli del suo tempestivo intervento.
Dunque dobbiamo decidere, prima di tutto, se per un parlamentare è lecito o non è lecito intervenire, e ritengo che un parlamentare abbia il dovere di intervenire e debba essere coperto dall'insindacabilità per le sue affermazioni. Ma soprattutto abbiamo il diritto-dovere di intervenire con riferimento ad una situazione, a dire il vero, kafkiana che si è verificata: un parlamentare ha depositato un primo atto di sindacato e, poi, ha depositato un secondo atto di sindacato sullo stesso argomento esattamente il giorno dopo la conferenza stampa che ha tenuto.
Se non è coperto dall'insindacabilità un parlamentare quando interviene in questi termini, in questi modi e con l'utilizzo addirittura degli atti di sindacato ispettivo, il parlamentare non sarà mai coperto nell'esercizio dei suoi doveri e diritti.
Mi spingo oltre: se permettiamo alla Presidenza della Camera, indipendentemente dal suo valore e dalla sua prudenza, di essere arbitra nel decidere se un atto di sindacato è ammissibile o inammissibile, rendiamo di fatto la Presidenza della Camera arbitra nel decidere se un'attività può essere coperta o meno dalla pronuncia di insindacabilità.
Ciò non è conforme alle prerogative del Parlamento: è il Parlamento tutto che deve decidere e non la Presidenza della Camera rendendosi arbitra di un'affermazione relativa alla tempestività o al contenuto dell'atto di sindacato che viene presentato.
Per tali ragioni ritengo che, nel caso specifico, debba essere affermata l'insindacabilità a favore degli onorevoli Garagnani e Raisi, e richiamo l'attenzione del Parlamento sul fatto che una pronuncia in senso inverso costituirebbe una palese lesione dei nostri diritti-doveri che non rappresentano un privilegio, ma soltanto l'esternazione di un sacrosanto diritto che ci viene garantito dalla Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Paniz, debbo precisare che, come lei sa, il compito di valutazione sulla ammissibilità è conferito alla Presidenza dal Regolamento e, quindi, non è assunto per altra via.

MAURIZIO PANIZ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, se mi è consentito intervenire su questo punto, vorrei far presente alla Presidenza della Camera che nessuno discute sul diritto della Presidenza stessa di decidere sull'ammissibilità o inammissibilità di un determinato atto di sindacato ispettivo. Tuttavia, è importante il significato che viene dato alla presentazione dell'atto stesso. Infatti, è nel momento in cui il parlamentare presenta il proprio atto di sindacato ispettivo, che deve considerarsi scriminato. Se la Presidenza della Camera trattiene l'atto (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale) per una settimana, un mese o sei mesi, per decidere se è ammissibile o inammissibile, ciò non può andare a danno del parlamentare che si ritiene saggiamente e responsabilmente coperto nel momento in cui ha presentato il proprio atto di sindacato ispettivo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

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PRESIDENTE. Il suo pensiero è chiarissimo, ciò è presente nella valutazione della Giunta e lo sarà in quella che l'Assemblea sta per compiere. Come ho chiarito, subito dopo la relazione che è stata svolta dall'onorevole Palomba, la Presidenza non ha trattenuto l'atto di sindacato ispettivo presentato, bensì ha svolto un lavoro di verifica sugli aspetti di ammissibilità.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo solo per sottoporre - sia a lei che al resto dell'Assemblea - una riflessione sulla possibilità o meno (vista la richiesta presentata dal collega Crisci) di procedere alla votazione per parti separate della proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni. Non ci troviamo, infatti, di fronte ad una deliberazione della Giunta, ma ad una proposta di deliberazione (che la Giunta, quindi, sottopone a votazione), ai fini dell'efficacia esterna - nei confronti, cioè, di chi la ha richiesta o delle parti coinvolte nella vicenda - sulla quale deve e può esprimersi soltanto l'Assemblea.
Pertanto, ritengo che - e sono sicuro che gli uffici le troveranno anche qualche precedente in materia - il fatto che in Giunta si sia proceduto a votare per parti separate, non legittima tout court e automaticamente la necessità e la possibilità di farlo anche in Assemblea.
Tra l'altro, per quanto riguarda le considerazioni svolte dal collega Paniz, stiamo parlando di una proposta di deliberazione che coinvolge tutta una serie di atti, i quali sono stati anche oggetto di attenzione da parte della Presidenza e che non possono essere scissi. Non possiamo passare al voto come se si trattasse di una semplice mozione, di un'interrogazione o di un emendamento ad una proposta di legge, votando per parti separate a seconda della necessità che si ha ai fini di quel provvedimento!
Il provvedimento, in questo caso, non è una proposta di legge! Si tratta di una proposta di deliberazione che acquista efficacia erga omnes nel momento in cui l'Assemblea, sovrana, la vota.
Per questo motivo, ritengo che vada fatta una riflessione seria in ordine alla possibilità di votare per parti separate. Altrimenti, signor Presidente, di questo passo si va ad inficiare a monte tutta una serie di atti che sono sottoposti al giudizio dell'Assemblea (in sede referente, consultiva o quant'altro), rischiando di non avere poi efficacia legittima all'esterno. Pertanto, signor Presidente, le chiedo ciò, ove mai la richiesta presentata dal collega Crisci dovesse essere mantenuta.

PRESIDENTE. La Presidenza interverrà sul quesito posto, dopo aver ascoltato gli altri colleghi che hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Angelo Piazza. Ne ha facoltà, per un minuto, in quanto per il suo gruppo è già intervenuto il collega Mellano.

ANGELO PIAZZA. Signor Presidente, il mio intervento sarà ancora più breve.
Intervengo solo per confermare che noi voteremo convinti a favore dell'insindacabilità. In questo caso, per quanto riguarda la distinzione tra gli atti compiuti nell'esercizio diretto del mandato con un atto formale (come le dichiarazioni che ci sono ben note e che personalmente condivido solo in parte), a nostro avviso, non vi è dubbio si tratti di atti parlamentari. Prescindendo dal merito, reputo che ne dobbiamo dichiarare in modo convinto l'insindacabilità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, a differenza del collega Zaccaria, non ho avuto l'opportunità - in questo caso non me ne dolgo - di conoscere il rettore dell'università di Bologna.Pag. 37
Costui sarà certamente una persona perbene. Tuttavia, non è questo il punto. Signor Presidente, questa è un'ipotesi - il relatore Palomba, mettendo a frutto anche la propria esperienza di magistrato, ha colto il punto -, oserei dire scolastica, fra tutte le pronunce, anche quelle più restrittive emesse, in questa materia, dal giudice delle leggi.
La Corte costituzionale ha affermato che non vi è dubbio che la previsione di cui all'articolo 68 della nostra Carta fondamentale possa trovare applicazione concreta senza eccezioni di sorta, laddove vi sia un collegamento - ha usato l'espressione «un nesso funzionale» - tra l'attività parlamentare e l'esternazione della medesima.
Colleghi, guai a sindacare il sindacato! Noi non possiamo, non ci è consentito - lo affermo con assoluta sincerità e franchezza e chi mi conosce sa che questo è il mio modo di essere e procedere - sindacare l'attività parlamentare, nostra e dei nostri colleghi, altrimenti vanificheremmo la portata dell'articolo 68 della Costituzione.
Nella fattispecie si tratta di un unicum. Collega Crisci, votare per parti separate significherebbe non ravvisare un unicum, in questa sorta di consilium fraudis - se così lo vogliamo chiamare - che si sarebbe perpetrato ai danni del rettore.
Non mi interessa se le accuse sono fondate, ma non per poca cura, bensì perché non mi può interessare. Invece, mi interessa - e mi batterò finché avrò fiato in corpo - tutelare le prerogative riconosciute a tutti noi parlamentari, di questo come dell'altro ramo del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
Non venite meno, per motivazioni di parte a quello che deve essere un credo, per il quale mi sono sempre battuto - anche quando mi trovavo al Senato - e continuerò a battermi anche in questa Camera.
Per questi motivi, chiedo che non si voti per parti separate, e che si accolgano le argomentazioni fatte proprie dal relatore Palomba (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e del deputato Capotosti).

CARLO GIOVANARDI, Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI, Presidente della Giunta per le autorizzazioni. Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi che in questa legislatura, la Giunta per le autorizzazioni all'unanimità, con un lavoro abbastanza approfondito e sofferto, ha cercato di costruire una piattaforma anche di autoregolamentazione del Parlamento, per arrivare a giudicare con una certa rigorosità - anche nei rapporti con la Corte costituzionale, con i conflitti che più volte si sono aperti - le opinioni espresse.
Abbiamo detto - stiamo anche operando in tal senso - che quando le opinioni dei colleghi riguardino fatti personali, affari, interessi e la loro vita privata, sicuramente sono sindacabili. Lo stesso può dirsi quando trascendono in offese gratuite a terze persone, così come verrebbero censurate dagli atti di sindacato ispettivo e sarebbero oggetto di richiamo da parte del Presidente.
Abbiamo detto anche che fatti calunniosi, determinati, che vengono attribuiti a terze persone, non possono essere coperti dal giudizio di insindacabilità. Pertanto, in un documento, abbiamo convenuto, insieme, di muoverci con grande prudenza, per difendere l'esercizio della libertà di opinione parlamentare quando i parlamentari di ogni schieramento compiano il proprio dovere e mestiere.
È già stata ricordata - è un caso di scuola - l'ipotesi in cui due parlamentari compiono il proprio mestiere e dovere, presentando atti di sindacato ispettivo e tenendo una conferenza stampa per illustrare il contenuto di tali atti. So che esiste il problema degli atti depositati e della Presidenza che deve verificare l'ammissibilità. Tuttavia, la Corte costituzionale ha affermato che, dopo che un atto è statoPag. 38depositato, scatta l'insindacabilità del contenuto dell'atto stesso, anche se non è stato ancora pubblicato. Pertanto, su questo punto esiste una copertura da parte della Corte costituzionale.
Credo che tutti i colleghi siano interessati, nel momento in cui presentano un atto di sindacato ispettivo e l'ufficio ci mette venti giorni a pubblicarlo, al fatto che non è che durante quei venti giorni, se uno parla del contenuto dell'atto di sindacato ispettivo, sia in qualche modo querelabile o possa essere trascinato in una causa civile perché manca ancora la pubblicazione, nel momento in cui ha esercitato il suo pieno diritto di parlamentare di depositare un atto tipico dell'attività parlamentare.
L'unico aspetto che in questo caso può suscitare qualche perplessità è che un collega ha sollevato una questione morale. Non ha detto che c'è un illecito o un reato, ma ha sollevato un problema che, per la verità, credo interessi tutti: si chiama «parentopoli». Com'è che nelle università italiane tutti i figli, i nipoti o i parenti dei baroni, o molti di essi, diventano improvvisamente, magari per loro capacità, tutti professori (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale)? È un problema politico che interessa il Parlamento? È un problema che interessa solo il Corriere della sera, la Repubblica, La Stampa, tutti quelli che ne hanno parlato? Ne può parlare la stampa e non ne possono parlare i parlamentari? Un parlamentare non può dire che, comunque, può nascere una situazione morale, nel momento in cui si registrano coincidenze di un certo tipo?
Credo che se si dovesse rispondere anche della denuncia di una patologia, che comunque esiste, nel corso di una conferenza stampa, in cui si parla di problemi dell'università, del rettore, di denunce sindacali, nell'ambito della spiegazione di un atto di sindacato ispettivo, nel quale senza attribuire fatti determinati né colorandoli come illecito amministrativo o illecito penale, si pone solo una questione morale, che riguarda la parità di condizioni di tutti di poter accedere alla carriera universitaria, si tratterebbe di un autogol incredibile per tutto il Parlamento (oggi per i due colleghi, domani per altri colleghi, quando eserciteranno il loro diritto di critica in posizioni diverse o in situazioni diverse).
Non mi soffermo sui singoli capi dell'atto di citazione, al riguardo deciderà la Presidenza della Camera. A me sembra che ci sia però un'unitarietà di argomento: si tratta delle stesse interpellanze e dello stesso argomento, che riguarda due colleghi che stavano esercitando il loro diritto di divulgare all'esterno il contenuto di un atto di sindacato ispettivo. Anche gli uffici, del resto, hanno ritenuto che ci dovessero essere due votazioni.
Se la Presidenza della Camera deciderà diversamente ne prenderemo atto, ma credo che il voto che il Parlamento debba dare in questo caso sia un voto assolutamente deciso e determinato per l'insindacabilità, se non vuole mettere in gioco, anche per il futuro, la libertà di parola e di espressione di tutti noi parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).

FEDERICO PALOMBA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA, Relatore. Signor Presidente, nella stringatezza della relazione orale ho probabilmente omesso di precisare un dettaglio molto importante, e ora provvedo a farlo. Vorrei rassicurare la Presidenza che la Giunta non ha minimamente criticato né contestato il fatto che gli atti di sindacato ispettivo debbano essere sottoposti ad un vaglio di ammissibilità: lo diamo per scontato. Ci siamo posti soltanto il problema se un atto di sindacato ispettivo, depositato prima di una conferenza stampa o di un'esternazione, e poi successivamente ammesso in forma diversa, costituisca esercizio dell'attività parlamentare.Pag. 39
Ci siamo rifatti ad una sentenza della Corte costituzionale, che ha affermato che se si deposita un atto di sindacato ispettivo e si fa una conferenza stampa, il deposito dell'atto di sindacato ispettivo è comunque un atto parlamentare che vale a far dichiarare l'insindacabilità, anche se, come in questo caso, l'atto di sindacato ispettivo è stato poi dichiarato inammissibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, riprendo le considerazioni svolte dal relatore: la Giunta non ha mosso rilievi ai tempi e ai modi con i quali la Presidenza si dispone al vaglio degli atti di sindacato ispettivo. C'era un obiettivo rilievo del tempo che, talvolta, intercorre dal momento della presentazione al momento della pubblicazione e a ciò che nelle more accade sulla struttura dell'atto. Non si tratta di un fatto di secondaria importanza rispetto a una pronuncia di insindacabilità.
L'altro rilievo, per la verità di merito, è che la richiesta di votazione per parti separate non solo non appare condivisibile, ma assolutamente in contrasto con la relazione. La motivazione sulla base della quale la Giunta si è determinata a suggerire, sulla totalità delle affermazioni rese dai colleghi, una pronuncia di insindacabilità, non è soltanto di unità cronologica, ma anche di unità logica. Ciò che ci ha persuasi a derogare, in una certa misura e per un caso singolo, a un rigoroso riferimento alla cronologia, è il fatto che all'interno della medesima conferenza stampa, su un unico argomento nell'ambito delle due interrogazioni, si sono fatte alcune osservazioni.
In generale, sono piuttosto preoccupato del fatto che, studiando la giurisprudenza della Giunta e i suoi orientamenti, ho quasi l'impressione che a volte il fatto di essere deputati di maggioranza o di opposizione, ciclicamente a parti invertite, possa influenzare una maggiore o minore severità di giudizio relativamente all'insindacabilità. Questo non è un dato in sé apprezzabile. Non mi percepisco, quando presento gli atti di sindacato ispettivo, come deputato della maggioranza o dell'opposizione: mi percepisco come deputato, che fa delle affermazioni contenute in quegli atti e le divulga con le modalità e con i tempi che gli sono consentiti. Riconfermo quindi la necessità di non scindere le votazioni, nonché il voto favorevole del gruppo dei Comunisti Italiani sulla proposta di insindacabilità nella sua totalità.
Muovo poi un rilievo conclusivo: è un fatto, questo sì, abbastanza singolare che nella severa giurisprudenza della Corte costituzionale ci siano delle zone grigie, tanto sulla questione dell'intervallo temporale fra il deposito dell'atto di sindacato ispettivo e la pubblicazione, quanto sul fatto che il contenuto depositato che non pervenga per correzioni, talvolta anche di forma, a ciò che viene poi pubblicato, possa in qualche maniera inficiare il diritto dei parlamentari a divulgare il contenuto dei loro atti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la vorrei pregare di valutare, ovviamente per il futuro, quanto appena detto, poiché la questione che è stata posta, a mio avviso, non è di lana caprina: la funzione prevalente del sindacato ispettivo, non c'è dubbio, è quella relativa al fatto che i deputati interrogano il Governo per avere delle risposte di merito. Però c'è un'ulteriore aspetto, che riguarda anche il tema di cui stiamo discutendo, e le questioni poste dall'onorevole Mellano e dalla maggior parte dei deputati intervenuti non sono frutto di valutazioni superficiali, bensì di valutazioni che, a mio avviso, dovrebbero essere considerate.
Poiché vi sono anche sentenze della Corte costituzionale, mi domando, signor Presidente, se non sia questa una delle occasioni nelle quali riunire la Giunta perPag. 40il Regolamento - ovviamente è una valutazione che dovrà fare la Presidenza - per compiere un passo che a me pare abbastanza naturale, vale a dire prendere atto di una decisione della Corte costituzionale. Se preventivamente presentata, l'interrogazione così come presentata deve essere quella che fa testo, perché è l'espressione di quel che ciascun deputato pensa, a prescindere dal doveroso vaglio compiuto dagli uffici, secondo quanto disposto dal Regolamento della Camera.
È una questione che pongo, la Presidenza potrà ritenere valido o meno il mio suggerimento: mi chiedo se non sia il caso di disciplinare questa fattispecie direttamente nel nostro Regolamento, in modo da sapere fin dall'inizio che il deposito di un atto di sindacato ispettivo, a prescindere dal vaglio che gli uffici compiono relativamente alla funzione in esso prevalente, cioè quella relativa alle richieste rivolte al Governo, sia sufficiente per la garanzia dei deputati in determinate occasioni. Al riguardo, si può discutere; ho una mia ben precisa opinione sul fatto che i deputati debbono essere garantiti anche in tal modo; questa è la Costituzione, questa è la legge, e a questa dovremmo attenerci.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la Presidenza prende atto del suo suggerimento. Per quanto riguarda le questioni poste dai colleghi Leone e, da ultimo, Vacca, come sapete, la richiesta della votazione per parti separate costituisce un diritto che è riconosciuto ai parlamentari dall'articolo 87, comma 4, del Regolamento. Tale diritto è subordinato ad una condizione di principio generale, che le parti da votarsi separatamente abbiano un'autonomia logica. Da questo punto di vista, la richiesta presentata dall'onorevole Crisci è accoglibile, in quanto le parti di cui si richiede la votazione separata hanno autonomia logica.
Inoltre, in questo caso, la Giunta per le autorizzazioni ha già votato per parti separate, secondo le stesse modalità che vengono richieste per il voto in Assemblea dall'onorevole Crisci. Il fatto che sia stata sottoposta all'Aula una conclusione unitaria nel senso della non sindacabilità è il risultato di quattro determinazioni della Giunta, tutte identiche nel loro esito finale.
Queste considerazioni inducono la Presidenza a ritenere che la richiesta di votazione per parti separate sia accoglibile e dunque a procedere in questa direzione. Ricordo in ogni caso che la proposta della Giunta è nel senso dell'insindacabilità per tutti i capi dell'atto di citazione.

(Votazioni - Doc. IV-quater, nn. 24 e 25)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti di cui ai capi dell'atto di citazione da III-2 a III-9, per i quali è in corso il procedimento nei confronti del deputato Garagnani, di cui ai Doc. IV-quater, nn. 24 e 25, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 474
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
473
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti di cui al capo dell'atto di citazione III-1, per i quali è in corso il procedimento nei confronti del deputato Garagnani, di cui ai Doc. IV-quater, nn. 24 e 25, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Pag. 41

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 484
Votanti 467
Astenuti 17
Maggioranza 234
Hanno votato
346
Hanno votato
no 121).

Prendo atto che il deputato Mattarella ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti di cui ai capi dell'atto di citazione da III-2 a III-9, per i quali è in corso il procedimento nei confronti del deputato Raisi, di cui ai Doc. IV-quater, nn. 24 e 25, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
455).

Prendo atto che il deputato Allasia ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di dichiarare che i fatti di cui al capo dell'atto di citazione III-1, per i quali è in corso il procedimento nei confronti del deputato Raisi, di cui ai Doc. IV-quater, nn. 24 e 25, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 485
Votanti 473
Astenuti 12
Maggioranza 237
Hanno votato
398
Hanno votato
no 75).

Prendo atto che il deputato Greco ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dei trasporti, il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, il Ministro delle infrastrutture, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali e il Ministro dell'università e della ricerca.

(Misure per il risanamento e il rilancio della compagnia di bandiera Alitalia - n. 3-01423)

PRESIDENTE. Il deputato Nucara ha facoltà di illustrare per un minuto la suaPag. 42interrogazione n. 3-01423, concernente misure per il risanamento e il rilancio della compagnia di bandiera Alitalia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, non è la prima volta - signor Ministro - che il sottoscritto presenta interrogazioni che riguardano la funzionalità di Alitalia.
La vicenda della compagnia di bandiera italiana si trascina ormai da anni: quelli di Alitalia sono conti più da portare in tribunale, che tali da essere oggetto di attenzione da parte del Governo.
L'aumento di capitale che il Governo ha operato già nel 2005 praticamente è stato sperperato quasi interamente con le necessità dell'azienda: necessità che mal si conciliano con una gestione economica della medesima.

PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Nucara.

FRANCESCO NUCARA. Noi abbiamo il problema - è vero - di garantire il posto ai lavoratori, ma abbiamo anche il problema dell'efficienza.

PRESIDENTE. Deputato Nucara, deve concludere.

FRANCESCO NUCARA. In particolare, mi rivolgo al signor Ministro per evidenziare la situazione dell'aeroporto di Reggio Calabria.

PRESIDENTE. Deputato Nucara insisto, deve concludere!

FRANCESCO NUCARA. Se è vero, come è vero, che l'autostrada si chiude per quattro anni, forse potenziare l'aeroporto di Reggio Calabria e consentire ad Alitalia di diminuire i costi sarebbe un bene per la collettività.

PRESIDENTE. Lo ricordo in questa occasione per sempre: è inutile che i deputati intervengano splafonando nei tempi loro spettanti, perché, come si sa, il Regolamento è rigidissimo. Quindi, invito tutti a mantenersi strettamente nei tempi previsti.
Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, con l'interrogazione presentata l'onorevole Nucara chiede un intervento del Ministro dei trasporti volto ad imprimere un'accelerazione alla procedura di gara di Alitalia.
Chiede, altresì, di individuare quali siano gli elementi del piano industriale che consentano alla società di bandiera il suo risanamento, quale premessa indispensabile per trovare la via di un rinnovato sviluppo.
Dirò allora che, per quanto riguarda il primo punto (ovvero la gara), va tenuto presente che Alitalia è una società quotata in Borsa, di cui il Ministero dell'economia e delle finanze detiene tuttora il 49,9 per cento delle azioni. Ciò significa che non vi è alcuna diretta competenza del Ministro dei trasporti sulla compagnia Alitalia. Tuttavia, il Governo ha proceduto, di concerto tra i ministri interessati (tra questi oltre a quello dell'economia e delle finanze anche quello dei trasporti), a costruire un percorso per la vendita della compagnia Alitalia. La relativa gara attualmente è gestita dalla compagnia stessa, ed è entrata nella fase finale che dovrebbe concludersi a brevissimo.
Relativamente poi alle questioni inerenti al piano industriale per il risanamento e lo sviluppo della società, si precisa che il Ministro dei trasporti, preliminarmente all'attivazione del bando di gara, ha affrontato tale materia nell'ambito delle linee guida per il trasporto aereo, le quali sono poi confluite in un atto di indirizzo che il Consiglio dei ministri ha approvato nella seduta del 22 dicembre 2006, nonché in un disegno di legge attualmente in discussione al Senato, fornendo in tutti questi contesti elementi utili per strutturare il bando di gara e per vagliarne gli esiti.Pag. 43
Sulla base di questi medesimi indirizzi, il Ministro dei trasporti fornirà la sua valutazione sul piano industriale che i potenziali acquirenti si accingono a presentare alla compagnia.

PRESIDENTE. Il deputato Nucara ha facoltà di replicare, per due minuti.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, signor Ministro, mi ritengo completamente insoddisfatto. Sono le solite risposte che non servono a capire le vicende di cui all'interrogazione che ho presentato.
Credo che l'interesse per le sorti della compagnia di bandiera sia oggettivo, e sarebbe da irresponsabili non occuparsene. Dal suo risanamento e sviluppo dipende la sorte di migliaia di lavoratori.
Senza di essi ne soffrirebbero settori importanti della vita economica del Paese, dal turismo alle imprese che esportano ed hanno bisogno di trasporti ad un prezzo competitivo. Ma c'è una ragione in più: l'Alitalia è diventata una metafora della situazione italiana.
Una crisi che si trascina da anni, una struttura produttiva appesantita da antiche e nuove contraddizioni; di queste, quelle di più lunga data, affondano le loro radici nel rapporto perverso con un sindacato che non si è limitato a difendere i propri iscritti ma che spesso ha preteso di incidere, grazie alle sue collusioni di carattere politico, nelle scelte del management imponendo uomini sensibili alle proprie esigenze di potere. Troppo spesso in Alitalia si faceva carriera solo se in tasca si aveva la tessera di questo o di quel sindacato, a prescindere dal merito e dalle proprie specifiche capacità. Il sindacato, quindi, passava all'incasso. Si sono registrati lassismo, assunzioni clientelari ed eccessive rispetto a ciò che la situazione aziendale poteva dare, assenteismo ed orari di lavoro che non trovavano riscontro nella realtà dei propri concorrenti. Si è andato avanti finché si è potuto, quando la concorrenza non aveva assunto le asprezze della situazione attuale, quando lo Stato poteva ripianare le perdite senza sollevare le obiezioni dell'Unione europea. Allorché tutto ciò è diventato impossibile, la crisi è esplosa ed ogni soluzione che non aggredisce questi nodi di fondo è diventata impossibile.
È necessario prestare attenzione a ciò che potrebbe succedere. Perché i francesi o i tedeschi dovrebbe investire i loro soldi in un'azienda che non può stare sul mercato? Lo farebbero se le prospettive di medio periodo fossero diverse, oppure se il loro obiettivo non fosse l'azienda bensì la conquista di un mercato ancora appetibile.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO NUCARA. Se questo fosse il tentativo, allora tutti gli assetti produttivi della compagnia di bandiera risulterebbero aggravati per i lavoratori dell'Alitalia.

PRESIDENTE. Deve concludere!

FRANCESCO NUCARA. Un padrone straniero potrebbe, infatti, imporre loro ciò che una concertazione bizantina non è riuscita a realizzare (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

(Iniziative per la sospensione dell'ordinanza dell'ENAC che ha disposto l'abbattimento di alberi all'interno della riserva statale del litorale romano - n. 3-01424)

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01424, concernente iniziative per la sospensione dell'ordinanza dell'ENAC che ha disposto l'abbattimento di alberi all'interno della riserva statale del litorale romano (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, signor Ministro dei trasporti, l'ENAC con un'ordinanza ha deciso l'abbattimento di una pineta monumentale con migliaia di pini, adducendo questioni legate alla sicurezzaPag. 44aerea. In realtà, tali questioni sono quelle a divenire, quelle future, non quelle contingenti perché è di tutta evidenza che in caso contrario l'aeroporto avrebbe dovuto già essere chiuso al traffico.
Con la mia interrogazione le chiedo, a nome del gruppo parlamentare dei Verdi, un suo intervento, un suo parere in merito a quali iniziative intraprendere sia per tutelare la pineta monumentale, che tuttavia non è materia di sua competenza, ma rappresenta, in questo caso, una conseguenza diretta, sia per trovare soluzioni tecniche tali da consentire nel futuro, per i progetti di Aeroporti di Roma e dell'ENAC, di garantire ugualmente la sicurezza aerea, senza dovere abbattere una pineta monumentale che i cittadini di quel territorio vogliono assolutamente tutelare.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, in relazione alla questione posta intendo innanzitutto far presente che il Ministero dei trasporti è venuto a conoscenza di tale questione solo in questa occasione e pertanto in questa sede non può che limitarsi a fornire una ricostruzione degli eventi, riservandosi di esaminare successivamente l'intera vicenda per decidere se e quali interventi porre in essere.
Ricostruendo la vicenda, a detta dell'ENAC il presupposto per l'abbattimento di un elevato numero di alberi della pineta di Coccia di Morto sta nella necessità di mettere in sicurezza la traiettoria di decollo della pista numero due dell'aeroporto di Fiumicino con la quale tali alberi interferiscono, tanto che se ne è dovuta ridurre la lunghezza operativa di circa quattrocento metri.
La fonte normativa del provvedimento assunto in via d'urgenza in data 28 giugno 2007 dalla direzione dell'aeroporto di Fiumicino risiede nell'articolo 714 del codice della navigazione, strumento di natura eccezionale che si sostiene non essere subordinato a pareri o autorizzazioni di terzi. Con tale ordinanza veniva intimato alla proprietà del fondo l'abbattimento, da iniziare entro venti giorni e completarsi entro i centottanta. La proprietà, società Micenus Srl, ha presentato ricorso contro tale provvedimento presso il TAR del Lazio che ha respinto l'istanza di sospensione, così come ha fatto successivamente anche il Consiglio di Stato.
A seguito di ciò, in data 18 ottobre 2007, il prefetto di Roma ha indetto una riunione con i rappresentanti dell'ENAC, di Aeroporti di Roma, dell'assessorato all'ambiente della regione Lazio, di Legambiente, Corpo della guardia forestale, questura, comune di Fiumicino, commissione della riserva litorali laziali e Aeroporti di Roma Engineering; in quella sede, il prefetto ha concesso l'assistenza della forza pubblica per l'esecuzione del provvedimento.
Tuttavia, le operazioni iniziate il 29 ottobre non sono state portate avanti, sia a motivo della presenza di manifestazioni in loco, sia per un'ulteriore diffida ad interromperli da parte della società Micenus Srl. Infine, in data 30 ottobre, il direttore generale per la protezione della natura, dottor Aldo Cosentino, ha invitato ENAC e Aeroporti di Roma a desistere dall'intervento adducendo ragioni di salvaguardia ambientale. In data 6 novembre si è tenuta poi una riunione di approfondimento, fissata dalla prefettura, in esito alla quale ENAC è stata invitata a convocare un tavolo tecnico per decidere tempi e modi dell'operazione.
Tutto ciò considerato, il Ministro dei trasporti presume di dover agire con due successive azioni: la prima, di carattere istruttorio, che è stata già avviata, per vagliare attentamente tutti gli aspetti della vicenda che presentano in più punti elementi contraddittori che chiedono chiarimenti e approfondimenti; la seconda è quella di ascoltare le parti in causa...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. ... e quindi convocare un'apposita riunione per valutare congiuntamente le possibili soluzioni.

Pag. 45

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, innanzitutto desidero ringraziare il Ministro in particolar modo per come ha concluso la sua risposta.
Ritengo importante che il Ministero dei trasporti convochi una riunione tra le parti coinvolgendo le istituzioni preposte. Infatti, quel che è mancato in questi mesi è stato proprio un confronto sul progetto. Non siamo così folli da pensare di mettere a repentaglio la sicurezza aerea. Certo è che l'articolo 714 del codice della navigazione prevede l'urgenza e l'immediatezza di un pericolo che oggi non c'è, perché se vi fosse l'immediatezza di un pericolo, ci sarebbe qualche irresponsabile che oggi non ha chiuso la pista in oggetto.
Il problema, quindi, è a venire. Si tratta di sedersi intorno un tavolo e trovare la soluzione migliore. Sta di fatto, però, - lo voglio affermare in questa sede - che chi oggi ha iniziato a tagliare una pineta monumentale si assumerà le responsabilità, anche penali, di ciò che ha fatto in assenza delle necessarie autorizzazioni. Infatti, il nostro è uno Stato di diritto e non possono venir meno le autorizzazioni che sono richieste dalla legge.
Concludo il mio intervento ringraziando nuovamente il Ministro della risposta fornita perché è molto importante che il Ministero dei trasporti apra un tavolo con ENAC e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - immagino - per entrare nel merito della questione e verificare che vi siano soluzioni tecniche che possano consentire di salvaguardare la pineta monumentale di Coccia di Morto.

(Ipotesi di realizzazione di due ulteriori aeroporti nella regione Lazio - n. 3-01425)

PRESIDENTE. Il deputato Schietroma ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01425, concernente ipotesi di realizzazione di due ulteriori aeroporti nella regione Lazio (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, signor Ministro, la mia interrogazione nasce dalla constatazione che il sistema aeroportuale del Lazio necessita di un potenziamento adeguato all'importanza della regione e della capitale e che gli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino non appaiono più sufficienti a far fronte alle accresciute esigenze del settore, anche in vista dell'auspicata diminuzione del movimento aereo riguardante lo scalo di Ciampino.
Ciò premesso, è davvero importante sapere se il signor Ministro dei trasporti consideri percorribile l'ipotesi di realizzazione di due ulteriori aeroporti nella regione Lazio, l'uno situato a nord di Roma e precisamente a Viterbo, l'altro a sud della capitale e cioè a Frosinone...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIAN FRANCO SCHIETROMA. .. quest'ultimo con l'obiettivo specifico di alleggerire il traffico aereo di Ciampino.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, per rispondere all'onorevole Schietroma ritengo opportuno fare una brevissima ricostruzione del percorso che ha portato all'indicazione di ampliare il sistema aeroportuale laziale.
Questo percorso è iniziato con una riunione il giorno 20 febbraio 2007 presso la presidenza della regione Lazio nel corso della quale sono stati posti due distinti problemi. Il primo, con carattere di massima urgenza, riguarda l'alleggerimento del traffico nello scalo di Ciampino, pari ad oltre quattro milioni di passeggeri nel 2006 e con un trend di ulteriore crescita che produce un impatto ormai non più sostenibile sulle aree abitative all'intorno.Pag. 46
Il secondo, di più lunga prospettiva, riguarda la necessità di rispondere alla crescente domanda di traffico, che stime correnti valutano passerà dai 33 milioni di passeggeri del 2006 ai 57 milioni del 2016 sullo scalo di Fiumicino. Ciò significa che, stimando la ricettività di Fiumicino al 2016 a circa 45 milioni di passeggeri e non volendo superare la soglia di tre per Ciampino, occorre immaginare un ulteriore scalo in grado di assorbire un traffico di 6-8 milioni di passeggeri l'anno.
Il primo aspetto, quello con carattere d'urgenza, è stato affrontato con un ordinanza del direttore dell'aeroporto di Ciampino che ha limitato a cento il numero di voli giornalieri, a partire dal mese di ottobre. Tuttavia, tale ordinanza è stata sospesa dal Consiglio di Stato, per cui occorre nuovamente affrontare la questione, valutando quali ulteriori provvedimenti vadano posti in essere, ivi compresa l'ipotesi di nuove localizzazioni. Quanto alla seconda questione, ovvero alla realizzazione di un altro scalo aeroportuale all'interno del territorio laziale, il Ministero dei trasporti ha avviato, a partire da marzo, una fase istruttoria affidandola ad una commissione composta da componenti del Ministero stesso, direzione della navigazione aerea, del Ministero della difesa e dell'ENAC e dell'ENAV.
Tale commissione ha svolto un'ampia istruttoria relativamente a quattro ipotesi localizzative avanzate nel corso della riunione presso la regione Lazio (ovvero Frosinone, Guidonia, Latina e Viterbo), stabilendo preliminarmente la procedura e i criteri di comparazione da adottare per la scelta. L'istruttoria è ormai al termine e, non appena conclusa, il Ministro dei trasporti ne comunicherà all'esito al presidente del regione Lazio, al quale fa capo la competenza per la fase realizzativa. Sino ad allora non è dunque opportuno avanzare ipotesi né sulla scelta del sito, né sulla possibilità che vi sia più di un sito.

PRESIDENTE. Il deputato Schietroma ha facoltà di replicare.

GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Ministro, la ringrazio. La sua risposta è estremamente interessante. Come vede, il mio non è un discorso campanilistico, ma sto cercando di ragionare per arrivare alla soluzione obiettivamente più idonea che non può non tenere conto, come anche lei ha sottolineato, dei problemi estremamente seri di Ciampino, al punto che hanno determinato le citate vertenze giudiziarie, nel tentativo di ridurre il traffico in quello scalo aeroportuale.
Ora facciamo un'ipotesi: se la scelta fosse esclusivamente quella di un solo aeroporto, per esempio, Viterbo, i problemi di Ciampino non verrebbero risolti. Invece, se si vuole sul serio raggiungere l'obiettivo di alleggerire il traffico aereo di Ciampino, diventa indispensabile anche un aeroporto a Frosinone, città che notoriamente ha i migliori collegamenti stradali e ferroviari con la capitale. Peraltro, un opzione di tal genere andrebbe anche incontro alle esigenze del basso Lazio, rappresentate da due province, Latina e Frosinone, le quali hanno complessivamente ben un milione di abitanti ed un'estensione territoriale davvero rilevante.
D'altra parte, un traffico aereo spalmato su più aeroporti determinerebbe anche una notevole attenuazione dell'impatto ambientale, fugando così le preoccupazioni che sempre emergono quando si parla di insediamenti di tal genere. Pertanto, insisto nel sostenere che la soluzione basata sulla realizzazione di due ulteriori aeroporti nella regione Lazio, l'uno a Viterbo e l'altro a Frosinone, sia la più rispondente a risolvere i problemi di varia natura esistenti e a venire incontro alle esigenze complessive di sviluppo e di crescita dei territori.
Signor Ministro, la ringrazio molto per la sua risposta e per la sua cauta apertura.

(Misure di sostegno in favore dei cittadini italiani residenti all'estero per la cura e l'assistenza dei genitori che vivono in condizioni di non autosufficienza in Italia - n. 3-01426)

PRESIDENTE. Il deputato Razzi ha facoltà di illustrare per un minuto la suaPag. 47interrogazione n. 3-01426, concernente misure di sostegno in favore dei cittadini italiani residenti all'estero per la cura e l'assistenza dei genitori che vivono in condizioni di non autosufficienza in Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signori Ministri, molti connazionali residenti all'estero lamentano lo stato di abbandono e di lontananza dei loro genitori anziani, che per motivi di età avanzata e di non autosufficienza sono spesso ricoverati in case di riposo in Italia.
La residenza all'estero pone i figli nelle condizioni di non poter usufruire delle agevolazioni previste per i nuclei familiari che devono provvedere alla cura e all'assistenza di anziani non autosufficienti.
La vicinanza di figli e nipoti, la possibilità di sentirli accanto proprio in una fase della vita che rende la persona umana più sensibile ai rapporti ed agli affetti familiari, credo sia la migliore e più efficace terapia possibile. L'amore di figli e nipoti lenisce la sofferenza di chi vive in una condizione disagevole all'estero.
Si chiede, pertanto, se siano possibili misure atte a ricongiungere questi nuclei familiari.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio il deputato Razzi per il suo quesito che evidenzia il grave problema dei nostri anziani, in particolare non autosufficienti, in connessione al tema dell'emigrazione, propria o dei propri figli.
Il tema della non autosufficienza riguarda centinaia di migliaia di persone in Italia. Ci apprestiamo ad affrontarlo nella seduta di venerdì del Consiglio dei Ministri con la presentazione da parte mia di un disegno di legge che garantisca diritti certi ed esigibili per le persone non autosufficienti; non riguarda solo gli anziani, ma certo è una misura che va, in larga parte, a loro favore. Con questo disegno di legge si fisseranno le modalità di intervento, sia nei casi più gravi rispetto agli istituti di cura, sia nei casi meno gravi con la possibilità di usufruire dei servizi presso la propria abitazione (quindi, servizi domiciliari), in modo da tentare di fornire un sostegno pubblico, evitando che i casi di non autosufficienza siano sostanzialmente scaricati sulle spalle delle famiglie, come accade oggi in larga parte.
Venerdì si farà un primo passo in questo senso e nella legge finanziaria è previsto uno stanziamento di 300 milioni di euro, che mi auguro possa essere aumentato, nel passaggio alla Camera, portandolo almeno a 400 milioni di euro per l'anno prossimo. Questo è un primo punto.
Il secondo nodo che lei evidenzia è quello di sviluppare degli accordi bilaterali con i Paesi in cui è presente una quantità significativa di nostri concittadini che sono emigrati per lavorare. Su questo punto posso assumere l'impegno di lavorare per sviluppare questi accordi bilaterali, in modo da tentare di intervenire positivamente su queste situazioni, contribuendo nello specifico all'organizzazione dei servizi nei suddetti Paesi, per far sì che i nostri connazionali ricoverati in case di cura all'estero siano in condizioni di minor isolamento possibile.
Da ultimo, rispetto alla domanda più generale da lei posta, a me pare evidente che il problema sia quello delle risorse. Con il disegno di legge che presenterò venerdì in Consiglio dei Ministri affrontiamo il tema della non autosufficienza in Italia. È del tutto evidente, però, che o c'è un aumento significativo della quantità delle risorse messe a disposizione per la non autosufficienza, oppure le risorse attuali non basteranno per fare anche quello che lei chiede.
Pertanto, ritengo che il punto cruciale riguardi la questione di quante risorse, a partire dalla prossima legge finanziaria, si stanziano per il sociale e, nello specifico, per la non autosufficienza. Io penso che vadano aumentate, e mi auguro che potremo decidere insieme come riuscire effettivamente ad aumentare queste risorse.

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PRESIDENTE. Il deputato Razzi ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio e sono soddisfatto della sua risposta. Credo che il tema degli anziani oggi sia centrale rispetto ai nostri doveri. Una politica responsabile è quella che si occupa di coloro che oggi hanno la necessità di risolvere i propri problemi con senso pratico e con senso di umanità, che spesso può superare anche i limiti e i confini.
Noi, gente di emigrazione, dobbiamo tutto ai nostri anziani; essi ci hanno indicato la strada, ci hanno dato il coraggio di lasciare il Paese, tanti anni fa, ci hanno accolto all'estero nelle stazioni prendendoci per mano e conducendoci nel mondo nuovo che ci si presentava davanti.
Oggi gli anziani hanno vissuto lunghi decenni di emigrazione all'estero. Hanno bisogno dell'affetto dei loro figli e dei loro nipoti, hanno bisogno della loro vicinanza, così come la terra ha bisogno dell'acqua.
Il nostro tempo, i meccanismi e il consumismo tendono a rendere aridi i rapporti umani: la famiglia si sgretola, spesso in mancanza di valori forti e di ancore di affetto. I nostri anziani sono le nostre ancore, e vi sono molte persone che oggi vivono in una condizione di emigrazione, i cui sacrifici e sudori hanno determinato il futuro e il benessere delle attuali generazioni.
Capisco le questioni, relative alla competenza interministeriale, che un tema del genere solleva, ma ritengo importante che, intanto, il Governo abbia posto come prioritari gli interventi sui pensionati. Da Governi esteri e dai Paesi in cui viviamo siamo riusciti ad ottenere sezioni italiane mediterranee delle case di riposo e di cura, proprio per consentire la vicinanza dei nostri anziani con le famiglie che rimangono all'estero. In Svizzera abbiamo raggiunto buoni risultati e molti progetti si attueranno presto. Sono convinto che anche l'Italia saprà fare la sua parte (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e del deputato Tremaglia).

(Iniziative volte alla sospensione della procedura di ingresso di lavoratori stranieri prevista dal decreto-flussi per il 2007 e all'adozione di una moratoria per l'accesso dei cittadini neocomunitari provenienti dai Paesi dell'Europa dell'est - n. 3-01422)

PRESIDENTE. La deputata Lussana ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01422, concernente iniziative volte alla sospensione della procedura di ingresso di lavoratori stranieri prevista dal decreto-flussi per il 2007 e all'adozione di una moratoria per l'accesso dei cittadini neocomunitari provenienti dai Paesi dell'Europa dell'est (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmataria.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, l'escalation di crimini commessi da cittadini stranieri presenti sul nostro territorio non accenna a diminuire. Dopo il gravissimo omicidio di Giovanna Reggiani - la donna aggredita, seviziata e gettata in un fosso nella periferia romana da parte di un immigrato rumeno - vi è stata la tragica uccisione di un medico di Milano, nella sua abitazione in zona Fiera, da parte di rapinatori che, secondo le prime informazioni, proverrebbero dall'est europeo.
Di fronte a tali fatti, il Governo reagisce con un decreto-legge sulla sicurezza che è una farsa (perché, di fatto, non risolverà la legittima aspettativa di giustizia e di sicurezza dei cittadini in questo Paese), ma, soprattutto, con un vergognoso «via libera» ad un nuovo decreto flussi, che apre a ben 170 mila nuovi ingressi di cittadini extracomunitari nel nostro Paese, che si aggiungeranno ai moltissimi neocomunitari provenienti dalla Romania. A questo punto, chiediamo se il Governo non ritenga di dover porre uno «stop» agli ingressi degli stranieri comunitari ed extracomunitari nel nostro Paese, attraverso il blocco del citato decreto-legge sui flussi e una tardiva moratoria con la Romania.

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PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, a seguito dell'abolizione dell'obbligo di visto per i cittadini rumeni e bulgari, decisa dall'Unione europea nel dicembre 2001 ed entrata in vigore in Italia un mese dopo, ossia nel gennaio 2002, vi è stato un forte aumento della presenza rumena nel nostro Paese, proseguita con maggiore intensità a seguito dell'ingresso della Romania nell'Unione europea il 1o gennaio 2007. Tale aumento ha contribuito a rispondere alla richiesta dei lavoratori nell'economia italiana in numerosi settori, ma ha avuto anche indubbi riflessi sulla sicurezza.
È doveroso, tuttavia, ribadire che la grande maggioranza degli immigrati rumeni ha mostrato una grande capacità di integrazione nel mercato del lavoro e nella società italiana, senza commettere alcun reato. Il Governo ha reagito in maniera chiara ai recenti episodi criminosi, alcuni dei quali richiamati, approvando un decreto-legge che estende la possibilità di allontanamento dei cittadini comunitari non più solo per motivi di ordine pubblico, ma anche per pubblica sicurezza. Si tratta di misure che verranno decise individualmente, caso per caso, senza dar luogo ad espulsioni di massa, contrarie al diritto comunitario.
Il Governo, inoltre, ha rafforzato iniziative bilaterali con la Romania per il controllo dei flussi e per la cooperazione in materia di polizia e ha interpellato la Commissione europea, chiedendo un impegno comune a livello europeo per affrontare la questione dei movimenti migratori all'interno dell'Unione europea.
La predisposizione di un decreto-legge di programmazione dei flussi dei lavoratori extracomunitari risponde alle esigenze delle imprese e delle famiglie italiane, accertate in seno al gruppo tecnico di lavoro, nel quale le associazioni di categoria dei datori di lavoro hanno fatto presenti in maniera insistente le necessità esistenti.
Il provvedimento presta particolare attenzione alle necessità di collaboratrici familiari e badanti da parte delle famiglie, riservando loro un'ampia quota di ingresso. Le opportunità occupazionali degli italiani sono comunque tutelate tramite la verifica preventiva della disponibilità di altri lavoratori italiani e comunitari per la medesima mansione, prevista per legge.
La procedura per la presentazione delle domande di ingresso è stata modificata, a seguito della chiara inefficienza della procedura usata nel precedente decreto flussi del febbraio 2006, che generava errori, frodi, ritardi e code. È stato, pertanto, introdotto un sistema informatizzato che permette ai datori di lavoro di presentare domande via Internet, senza alcun trattamento preferenziale per chi si avvale di un aiuto esterno nella compilazione delle domande. La mancata adozione di un decreto di programmazione dei flussi dei lavoratori extracomunitari avrebbe un doppio effetto negativo. In primo luogo, la mancata risposta a una richiesta di assunzioni legali provocherebbe un aumento della clandestinità. In secondo luogo, verremmo meno allo spirito di collaborazione con i Paesi che oggi ci aiutano a gestire meglio i flussi.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la prego di concludere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Vorrei concludere dicendo che nel 2007 abbiamo usufruito di un regime transitorio, previsto dal trattato per il trattamento dei cittadini bulgari e rumeni, e che decideremo al più presto se mantenere o meno anche per il 2008 la stessa procedura.

PRESIDENTE. La deputata Lussana ha facoltà di replicare, per due minuti.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor Ministro, mi dichiaro profondamente insoddisfatta della sua risposta,Pag. 50dalla quale si evince la profonda diversità fra voi e la Lega Nord su temi quali l'immigrazione e la sicurezza. Continuate a parlare di integrazione, ma questa è pienamente fallita grazie alla vostra politica. Per voi l'immigrazione continua a essere una risorsa e una necessità. Continuate a favorirla, motivandola con l'esigenza dell'occupazione.
Signor Ministro, invece di programmare massicci arrivi di manodopera extracomunitaria, perché non vi impegnate a risolvere il problema della disoccupazione dei cittadini italiani, che è presente soprattutto nel sud del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Continuate a far finta di non vedere. Affermate che la sicurezza non è né di destra né di sinistra, ma i dati vi inchiodano alle vostre responsabilità! La matematica non è un'opinione. Le vostre responsabilità sono fatte di sottovalutazione del pericolo, di inefficienza, di buonismo, di provvedimenti devastanti, di clemenza - come il provvedimento sull'indulto - di scarso coraggio, di condizionamenti politici portati avanti dalla sinistra radicale.
Si registrano ormai 3 milioni di reati; il 5 per cento della popolazione italiana è ormai composta da immigrati e il 33,4 per cento dei reati è commesso dagli stranieri. E questo non vi fa parlare di una emergenza criminalità legata all'immigrazione? Diamo i dati: un omicidio su tre avviene per mano straniera; il 70 per cento dei borseggi è commesso dagli stranieri; il 51 per cento delle rapine è ancora di matrice straniera. I rumeni sono in testa a queste classifiche: ben sette reati su quindici commessi dagli stranieri sono ascrivibili a rumeni.
Il capo della polizia rumena ha affermato che, da quando la Romania è entrata nell'Unione europea, il numero dei reati in Romania si è ridotto del 60 per cento. Per forza: vengono qui nel Paese del Bengodi, dell'illegalità! E voi come rispondete? Aprendo le frontiere e cancellando la legge Bossi-Fini con l'Amato-Ferrero! Signor Ministro, questa è un'autentica vergogna (Deputati del gruppo Lega Nord Padania mostrano cartelli recanti le scritte: «Basta immigrati» e «Stop immigrati»).

KATIA ZANOTTI. Vergognatevi!

PRESIDENTE. Vi prego di rimuovere i cartelli. Loro sanno che questo tipo di manifestazioni non sono ammesse. Siamo in diretta televisiva e vi invito a rimuovere i vostri cartelli, senza dover ricorrere a interventi esterni.

CAROLINA LUSSANA. Ha citato anche il decreto ... (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Deputata Lussana, lei ha concluso il suo intervento ed il tempo a sua disposizione.

(Misure per la tutela dei posti di lavoro nei cantieri stradali, in relazione alle modifiche della normativa in tema di affidamento dei lavori - n. 3-01427)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01427, concernente misure per la tutela dei posti di lavoro nei cantieri stradali, in relazione alle modifiche della normativa in tema di affidamento dei lavori (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), per un minuto.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, i Socialisti del Nuovo PSI hanno sempre avuto a cuore l'occupazione, la sicurezza in generale, e in particolare dei lavoratori, nonché quella degli automobilisti, ma il tema che ho affrontato nella mia interrogazione interessa a molti altri. Il collega Evangelisti ha incontrato con me gli operai della Abc costruzioni Spa di Massa Carrara.
A causa del decreto Bersani, molti lavoratori impegnati sulle nostre autostrade nella sicurezza dei cantieri (per laPag. 51sostituzione di guard rail, lo sfalcio di erba, la cura delle cunette), stanno perdendo il posto di lavoro.
Il decreto Bersani prevede l'affidamento dei lavori con gara di appalto al massimo ribasso, senza tener conto della professionalità acquisita, dell'urgenza degli interventi, della sicurezza degli utenti e della rapidità degli interventi (senza i suddetti requisiti, tali lavori sono ovviamente causa di disagi).

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

LUCIO BARANI. Le chiedo cosa intende fare per questi numerosissimi posti di lavoro e per la sicurezza sulle nostre autostrade.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, le considerazioni formulate dall'onorevole Barani nella sua interrogazione corrispondono a un orientamento espresso da più parti sulla materia. Se vuole sapere la mia opinione personale, le ritengo anche condivisibili.
Affermo che si tratta di un'opinione personale perché purtroppo la direttiva europea ha imposto e impone all'Italia di procedere sempre attraverso gare, quando si tratta di affidamento di lavori bandito da stazioni appaltanti pubbliche. Quindi, nel caso di specie, piaccia o non piaccia, bisogna procedere attraverso gara.
Ovviamente non si può, alla luce di un formalismo fine a se stesso, rinunciare a professionalità, specie quando - come nel caso di costruzioni complesse quali quelle autostradali o ferroviarie ad alta tecnologia - vi è bisogno di una grande specializzazione e di una grande professionalità.
Per tale ragione, a seguito della conferenza sugli appalti organizzata a Napoli il 19 e 20 ottobre, abbiamo instaurato un tavolo con le associazioni di categoria, che hanno condiviso la nostra impostazione e con le quali stiamo cercando di definire un protocollo di intesa, che vogliamo sottoporre all'Unione europea, per salvaguardare l'affidamento in house di quei lavori ad alta professionalità, non tanto per assicurare un posto di lavoro che si deve sottrarre a qualcun altro (aspetto pure importante), quanto per tutelare un lavoro che dia sicurezza agli utenti che poi transitano sulla strada.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Ministro, la invito a proseguire sulla linea di quanto ha affermato in Aula oggi, perché - a prescindere dalle migliaia di lavoratori che perderebbero il posto di lavoro - come lei ha colto si tratta della perdita di professionalità dell'intero settore edile, disperdendo le capacità acquisite durante gli ultimi anni di operato delle qualificate maestranze, che, proprio grazie alle loro qualità, possono essere impiegate con continuità e con retribuzioni adeguate in un settore che, altrimenti, finirebbe in balia del precariato (impieghi a termine per la durata del lavoro vinto in gara), del sottopagato (per la presenza sul mercato di manodopera a due o tre euro all'ora) e della non professionalità (impiego di disperati mandati allo sbaraglio a rischio della loro stessa vita).
Quindi, verrebbero meno la sicurezza sul luogo di lavoro, la professionalità, ma anche la sicurezza per gli automobilisti, che non avrebbero più la garanzia di trovare, nei momenti di interventi di urgenza, un'adeguata presenza da parte di maestranze altamente professionali (abbiamo portato l'esempio della ditta Abc costruzioni Spa della provincia di Massa Carrara, ma in tutte le altre province d'Italia e in tutte le altre regioni vi è la medesima situazione).
Pertanto, la mia interrogazione e quelle di molti altri colleghi sono formulate proprio per invitare lei e il Governo a continuare a fare in modo che l'appartenenza all'Unione europea non costituisca un nocumento per le nostre aziende e per laPag. 52nostra sicurezza, e affinché non arrivino le imprese straniere a colonizzare, anche in questo campo, il nostro Paese.

(Problematiche relative alla concessione per la realizzazione e la gestione dell'autostrada Brescia-Bergamo-Milano - n. 3-01428)

PRESIDENTE. Il deputato Locatelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01428, concernente problematiche relative alla concessione per la realizzazione e la gestione dell'autostrada Brescia-Bergamo-Milano (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), per un minuto.

EZIO LOCATELLI. Signor Presidente, è di questi giorni la notizia di un intervento della Commissione dell'Unione europea di critica e di contestazione per la scorrettezza delle procedure fin qui seguite, per quanto riguarda l'affidamento dei lavori di realizzazione della nuova autostrada Brescia-Bergamo-Milano.
Si tratta di un'autostrada contestatissima non soltanto per ragioni di carattere ambientale e di stravolgimento di un intero territorio, ma anche per la violazione, che avevamo già a suo tempo denunciato nel dibattito presso la Commissione ambiente della Camera, delle regole comunitarie in materia di concessioni. Qual è il rischio? Il rischio - lo vogliamo sottolineare - è quello di favorire un giro enorme di interessi privati, considerato che parliamo di una concessione attribuita ad un raggruppamento di imprese private.
La domanda che poniamo al Ministro delle infrastrutture è molto semplice: esiste da parte del Ministro la volontà di sospendere e di rivedere le procedure e le scelte fin qui intervenute?

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, l'Unione europea, come atto dovuto, così come avevano fatto prima il CIPE e, subito dopo, la Corte dei conti, ha avviato una procedura di accertamento per verificare la fondatezza della segnalazione e dell'esposto prodotti dalla stessa originaria e originale fonte - peraltro, si tratta di una fonte politica appartenente alla maggioranza di questo Governo - in ordine alla regolarità della gara e, più in generale, in ordine all'opportunità di questo tratto autostradale.
Invito davvero questi esponenti a percorrere, almeno per una settimana, la strada che attraversa la Val Seriana, la Valle Imagna, la Val Cavallina, la Val Brembana e tutte le Prealpi orobiche e a venire tutti giorni a lavorare nell'hinterland milanese con i camioncini per rendersi conto di cosa stiamo parlando.
Vorrei assicurare che abbiamo rispettato le regole della direttiva europea in materia e il contenuto di questo esposto è già stato valutato, nella seduta del 4 ottobre 2007, dal CIPE che ha ritenuto la procedura seguita conforme alla direttiva europea, e dalla Corte dei conti, che pure con deliberazione, pubblicata il 3 novembre 2007, l'ha ritenuta conforme.
In esito alla procedura di accertamento disposta sugli stessi fatti anche dalla Commissione europea, dobbiamo rispondere entro il prossimo 23 dicembre e la risposta sarà negli stessi termini e presenterà le stesse motivazioni, ossia che non abbiamo affatto superato il limite del 50 per cento, perché le somme in più di cui discutiamo non servono a realizzare l'autostrada, ma a costruire le infrastrutture per il tratto ferroviario Treviglio-Brescia, che è ad alta velocità. Siccome rappresenta un tratto in affiancamento a quello autostradale, preferiamo risparmiare soldi attraverso un unico cantiere, in cui si realizza sia il ponte che attraversa la ferrovia, sia quello che attraversa la strada, e certamente non costituisce un costo per la strada, semmai lo è per la ferrovia, il che dovrebbe far piacere a tutti coloro che non vogliono le strade.
Infine, vorrei fare presente che proprio per fugare ogni dubbio - si tratta di unaPag. 53notizia sicura, di ieri sera - il Commissario McCreevy riceverà, con un'apposita delegazione, il Governo italiano, che andrà ad illustrare a voce tutta la procedura inerente alla Brebemi il prossimo 4 dicembre, proprio per dimostrargli, carte alla mano, che la Brebemi è necessaria, che per essa sono state rispettate tutte le regole e che, pure nel rispetto di coloro non la vogliono, io ho il dovere di rispettare quelle centinaia di migliaia di cittadini che, a prescindere dal colore politico, tutte le mattine vanno a lavorare e sanno che hanno bisogno di farlo senza combattere dietro le alchimie - permettete anche a me di dirlo questa volta - romane.

PRESIDENTE. Il deputato Locatelli ha facoltà di replicare.

EZIO LOCATELLI. Signor Ministro, non sono per niente soddisfatto della sua risposta. Siamo in presenza di una presa di posizione della Commissione europea che non può essere derubricata semplicemente a richiesta di accertamento e di informazioni. Certamente vi è anche una richiesta di informazioni e di accertamenti, ma vi è soprattutto il fatto che la Commissione ritiene - cito testualmente - che vi sia stata violazione delle regole.
Gli approfondimenti chiariranno la questione, ma intanto invito, per ragioni di correttezza e trasparenza, tutti quanti a considerare il fatto che nessuno può permettersi di ignorare e di sminuire la portata di questa presa di posizione estremamente critica.
Siamo di fronte ad una convenzione sottoscritta con un raggruppamento di investitori privati senza espletamento di nuova gara, così come si sarebbe dovuto fare a fronte di un cambio radicale del piano degli interventi, degli investimenti e del tornaconto economico preteso dalla società Bre.Be.Mi. Spa.
Inoltre, ciò che mi lascia ancora esterrefatto sono le promesse di finanziamento per i lavori, nonché i costi imprevisti, che riteniamo incompatibili con un'opera per la quale è prevista la finanza di progetto e che, quindi, dovrebbe essere a costo zero per lo Stato.
Infine - mi permetta - sono bergamasco e conosco benissimo quelle situazioni. Siamo assolutamente convinti di dover dare risposte ai problemi della mobilità e del decongestionamento, ma mi lasci dire che un conto è andare a costruire nuove autostrade che costituiscono dichiaratamente operazioni immobiliari e un conto è operare la scelta - come noi chiediamo - di procedere ad un potenziamento del trasporto pubblico collettivo, a cominciare dal trasporto ferroviario (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

(Tempi e risorse per l'ammodernamento e il raddoppio della strada statale n. 106 «Ionica» - n. 3-01429)

PRESIDENTE. Il deputato Ferdinando Benito Pignataro ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01429, concernente tempi e risorse per l'ammodernamento e il raddoppio della strada statale n. 106 «Ionica» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, sicuramente il Ministro è a conoscenza dell'importanza dell'arteria che collega Sicilia e Calabria con la Puglia e con il resto del nord del Paese attraverso l'autostrada adriatica. Sicuramente egli è a conoscenza del fatto che l'ammodernamento della E90 è importante per lo sviluppo di una parte più degradata della regione Calabria. Così come è a conoscenza del fatto che una strada in continua emergenza è diventata la vera priorità infrastrutturale della regione e del suo collegamento con il resto del Paese. È considerata una delle più pericolose strade italiane.
Con questo Governo, dopo un fermo di cinque anni, sono partiti i lavori di alcuni importanti lotti. Vorremmo sapere, però, cosa intende fare il Governo, sia dal punto di vista finanziario sia della tempistica, per un progetto unitario.....

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PRESIDENTE. La invito a concludere.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. ...di ammodernamento della E90 e, nelle more, come si intende operare e procedere in tempi rapidi alla messa in sicurezza della strada statale n. 106 «Ionica».

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, la strada statale «Ionica» rientra nel programma infrastrutturale prioritario del Paese da anni e anni sia perché, così com'è attualmente, è insufficiente per la quantità di traffico, sia perché attraversa il centro di paesi e di città e, quindi, vi sono tratti chiamati «strade della morte».
Per questo motivo, mi appello alla bontà dell'onorevole interrogante e gli chiedo di ricevere in seguito per iscritto un allegato dove, per tutti i quindici lotti, ho indicato lo stato attuale della realizzazione, della progettazione e dei finanziamenti. Trattandosi di quattro o cinque pagine, voglio risparmiarvi la lettura integrale, ma mi limito a delineare un quadro generale.
Crediamo così importante la «Ionica» che abbiamo utilizzato i soldi destinati al ponte sullo Stretto di Messina, definanziandolo, al fine di finanziare proprio un lotto specifico (il lotto 4) della «Ionica».
Abbiamo utilizzato i fondi del PON e del FAS nazionali 2007-2013 destinandoli tutti alla Calabria, in buona parte per finanziare altri lotti della «Ionica». Abbiamo disposto con il programma 2007-2011 il completamento della progettazione dell'intera «Ionica».
Vorrei ricordare a me stesso - lei lo sa meglio di me perché è di quelle parti - che il tratto pugliese è già completato e il tratto lucano della Basilicata è in fase di completamento ed è in corso di adeguamento. Inoltre, per quanto riguarda i lavori di ammodernamento, il tracciato va in variante e, quindi, durante l'esecuzione dei lavori non ci saranno «strozzature» ulteriori del traffico rispetto a quelle che vi sono già di per sé.
Vorrei ricordare che la parte calabrese della «Ionica» è la più consistente. Abbiamo attivato altri quattro lotti, di cui tre sono già in costruzione e il quarto è in fase di in progettazione, e abbiamo attivato una programmazione completa, in parte, per il periodo 2007-2011 e, in parte, da realizzare successivamente al 2011, poiché stiamo parlando di quindici lotti per complessivi 12-15 miliardi di euro, a seconda delle varianti in corso d'opera che dovremo realizzare.
È ovvio, quindi, che esiste una questione meridionale e una questione settentrionale. È ovvio che dobbiamo affrontarle entrambe nei limiti delle risorse disponibili, ma con un grande impegno: destinare molti soldi per le infrastrutture anche nel disegno di legge finanziaria, nonostante che non abbiamo aumentato in alcun modo il gettito fiscale, vale a dire pur in presenza di una minore tassazione. Il gettito fiscale derivante dalla lotta all'evasione sicuramente è stato aumentato.

PRESIDENTE. Il deputato Ferdinando Benito Pignataro ha facoltà di replicare.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta del Ministro. Mi sembra che da parte del Governo vi sia la consapevolezza - ma lo avevo già dichiarato - dell'importanza dei due lotti: uno è stato finanziato con i soldi provenienti dalla decisione che ha assunto questa Assemblea di non procedere, come opera prioritaria, al ponte sullo Stretto di Messina; l'altro lotto riguarda il catanzarese ed è particolarmente importante.
Mi rendo conto che si tratta di 405 chilometri nella sola Calabria, che è la regione in cui la strada statale n. 106 subisce una strozzatura, sia rispetto alla Puglia dove da anni, ormai, l'opera è completata, sia rispetto alla Basilicata, dove i cantieri sono aperti da anni e si stanno completando. Per la Calabria vi è un problema di strozzatura vera: vi è una strada ad unica corsia, che attraversa paesi, anche turistici, di particolare importanza e luoghi degradati, in cui l'unicaPag. 55possibilità di trasporto e di mobilità consiste proprio nell'attraversamento della strada statale n. 106.
Ritengo che gli impegni che, in questa sede, il Governo assume - e che erano già stati assunti - siano importanti: è necessario che essi diventino realtà in modo univoco, perché queste opere, con molta franchezza, comportano lavori per anni e anni; inoltre, si tratta di una strada di grande pericolosità e di grande mobilità e mole di trasporto. Per questi motivi, signor Ministro, c'è bisogno, comunque, di intervenire in tempi rapidi anche con un progetto di messa in sicurezza di tratti che sono diventati assolutamente impercorribili...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. ... e che, quindi, creano una grandissima difficoltà alle popolazioni e, soprattutto, alle imprese commerciali di questa regione, che vogliono disporre di un collegamento stabile con il resto del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Prima di passare alla prossima interrogazione a risposta immediata, intendo precisare che, in questa specifica forma di confronto parlamentare, non è possibile consegnare testi scritti, poiché ciò che si afferma in Aula è registrato negli atti. Naturalmente, i Ministri possono inviare ai deputati i testi scritti che ritengano opportuni.

(Politiche del Governo in materia di grandi opere infrastrutturali, con particolare riferimento alla tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione - n. 3-01430)

PRESIDENTE. Il deputato Stradella ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-01430, concernente politiche del Governo in materia di grandi opere infrastrutturali, con particolare riferimento alla tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, signor Ministro, credo che anche lei, ormai, si sia reso conto del ritardo storico che sta accumulando il Paese sulla infrastrutturazione. Credo che si sia reso conto, altresì, che l'inopinato abbandono del progetto del ponte sullo Stretto di Messina e di alcune altre opere - compresi i ritardi che sta riportando la realizzazione del corridoio 5 con la tratta ad alta velocità Torino-Lione - stia compromettendo seriamente l'economia del Paese e il futuro delle nostre aziende.
Per cortesia, senza avventurarsi nell'esporre ciò che vorrebbe fare lei, ci dica, per favore, quali sono le iniziative che intende intraprendere il Consiglio dei ministri - quindi, non ciò che vorrebbe fare lei, ma quello che si farà veramente - per ovviare a tale grave ritardo e per dotare il Paese, finalmente, delle infrastrutture che necessita.

PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Mi dispiace contraddirla: lei conosce la stima e il rispetto personale e politico che ho per lei.
La prima questione che questo Governo intende e vuole portare avanti è pagare i debiti di quello precedente. Chiedo, pertanto, una dichiarazione d'onore del Ministro Tremonti, se sia vero o non sia vero che nel 2006 ha operato un blocco dei flussi di cassa per alcuni miliardi di euro, per cui adesso noi, nella legge finanziaria del 2007 e in quella del 2008, abbiamo dovuto impiegare soldi per pagare i loro debiti (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico-L'Ulivo)! Chiedo un giudizio d'onore su questo!
Deve finire questa storia, per cui noi stiamo...

Pag. 56

FRANCO STRADELLA. Risponda alle domande!

PRESIDENTE. Scusate, tutti sanno bene che questa forma di confronto parlamentare è regolata in maniera ineccepibile: vi è un interrogante che illustra per un minuto, un Ministro che risponde per tre minuti e l'interrogante può replicare per due minuti...

PAOLO UGGÈ. E chi è che fa le domande?

PRESIDENTE. Lasciamo che il Ministro esponga, nello stile che ritiene di dover adottare, le sue idee e poi, nello stile che loro riterranno di dover esibire, lo faranno successivamente.
Prego, Ministro.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Ciò premesso e avendo dovuto far fronte a questi scompensi di cassa, ho detto e ribadisco che riconosco l'obiettivo giusto della «legge obiettivo». Lo riconosco e in questo senso non è vero che non abbiamo continuato a lavorare sulle opere più urgenti per la priorità che ad esse deve essere data.
In particolare, in merito a quanto lei ha riferito relativamente alla tratta Torino-Lione, lei sa bene che noi - tra i finanziamenti richiesti - abbiamo inserito anche quello per la Torino-Lione e abbiamo predisposto la relativa documentazione.
Leggendo i giornali di questa mattina, lei saprà che - a fronte di una richiesta che abbiamo fatto di 725 milioni di euro (ossia, quanto era possibile richiedere rispetto ai parametri europei) - questo finanziamento è in corso di definizione e nei prossimi giorni potrà essere accordato, proprio grazie a quel lavoro (che abbiamo svolto sulla tratta Torino-Lione) di coinvolgimento della popolazione locale, tale per cui quel progetto oggi, in modo corretto e concreto e con la condivisione e la concertazione con la popolazione locale, può essere realizzato.
Voi, al contrario, ce lo avete lasciato - ve lo voglio ricordare - con i poliziotti in mezzo alla Val di Susa che facevano una guerra «guerreggiata» con le popolazioni locali (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale), perché vi siete recati in quel luogo dalla sera alla mattina e ci avete messo le pale, senza rendervi conto che bisognava anche cercare la condivisione con il territorio (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Il deputato Lupi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, con toni molto più pacati di quelli del Ministro Di Pietro, chiedo un giurì d'onore per informare ed accertare che il Ministro Di Pietro, da diciannove mesi, ricopre il ruolo di Ministro delle infrastrutture di questo Paese con il Governo Prodi.
Un'altra osservazione che mi sembra palese è la seguente: se questo Governo sta pagando i debiti del Governo precedente, vuol dire che sta pagando i cantieri di opere, lavori e infrastrutture che, finalmente, nel nostro Paese, si sono aperti, altrimenti, infatti, non ci sarebbero pagamenti in corso.
La terza questione - che chiedo al Ministro Di Pietro di «attenzionare» (come direbbe lui stesso) - è la seguente: è finito il bluff, Ministro. Sono diciannove mesi che lei ricopre il ruolo di Ministro e sa meglio di me che un conto è parlare, un conto è stanziare somme nella legge finanziaria (quest'anno, per il 2007, sono stati stanziati 6 miliardi di euro per le grandi opere, certamente il 15-16 per cento in più delle somme precedenti), ma un altro conto è che le opere si devono realizzare. Purtroppo lei sa quanto me che dei 6 miliardi di euro che sono stati stanziati nella legge finanziaria, solo l'8 per cento, quest'anno, sono stati spesi! Ciò vuol dire che sono stati spesi, per flussi di cassa, 450 milioni di euro!
Lei sa meglio di me che le opere si costruiscono se si fanno appalti pubblici, i bandi. Solo nei primi sei mesi, si è registratoPag. 57il 65 per cento in meno di bandi (che vogliono dire appalti) per realizzare opere per le Ferrovie dello Stato! L'ANAS, in soli sei mesi rispetto alla scorsa legislatura, ha emesso il 20 per cento in meno di bandi!
Vi è, infine, un altro dato interessante, che forse lei conosce meglio di me. Avete fatto una cosa semplicissima: avete eliminato delle opere, anche la strada statale «Ionica», come è stato detto prima; avete l'intenzione di finanziare...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO ENZO LUPI. Concludo, signor Presidente. Le opere si realizzano! In un anno, al CIPE, avete portato 1,2 miliardi di euro di progetti. A Palermo è stato bloccato il nodo ferroviario...

PRESIDENTE. Deputato Lupi, deve concludere.

MAURIZIO ENZO LUPI. ...la Genova-Ventimiglia è bloccata! Questo è il tema - e concludo, signor Presidente - ancora chiedendo anch'io un giurì d'onore. Si verifichi, Ministro di Pietro, i diciannove mesi del suo lassismo e del lassismo di questo Governo quanto sono costati al Paese...

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

MAURIZIO ENZO LUPI. ... 200 miliardi di euro è il costo del «non fare» e del «non realizzare» le infrastrutture in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

(Tempi per la presentazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione sulla protezione e la promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili - n. 3-01419)

PRESIDENTE. La deputata Zanotti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01419 concernente tempi per la presentazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione sulla protezione e la promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, signor Ministro, il 13 dicembre l'ONU ha adottato la Convenzione sulla protezione e la promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili, che sono 650 milioni nel mondo. Tale Convenzione è stata definita il primo trattato sui diritti umani del XXI secolo. Essa è solo un punto di partenza: ci vuole un piano concreto in ogni Paese che l'ha firmata, che definisca la priorità negli interventi, le risorse e i tempi di realizzazione. Pertanto, chiediamo al Governo quali siano i tempi sulla base dei quali si intenda presentare al Parlamento una legge di ratifica della Convenzione stessa.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il Governo condivide il giudizio dell'onorevole Zanotti, sull'importanza della Convenzione dell'ONU sulla protezione e promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili. Il processo di ratifica della Convenzione ha preso avvio, per quanto riguarda il nostro Paese, con la costituzione di un gruppo di lavoro composto da dirigenti del Ministero degli affari esteri e del Ministero della solidarietà sociale. Come lei sa, onorevole Zanotti, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità rappresenta uno strumento internazionale importante e complesso: vuole promuovere, tutelare e garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone disabili, e promuovere il rispetto per la loro dignità. In tal senso, il contenuto della Convenzione investe l'intera sfera della vita delle persone disabili, affrontando tematichePag. 58come la discriminazione sulla base della disabilità, l'uguale riconoscimento davanti alla legge, il divieto di sfruttamento, violenza e maltrattamenti o, addirittura tortura, la libertà di movimento e di espressione, l'istruzione, i pari diritti e le pari opportunità e il ruolo della cooperazione internazionale.
Aggiungo, come lei sa, onorevole Zanotti, che l'Italia ha voluto firmare anche il protocollo opzionale alla Convenzione impegnandosi, cioè, a riconoscere la competenza di un comitato internazionale per i diritti delle persone con disabilità a ricevere ed esaminare comunicazioni, provenienti da - o in rappresentanza di - individui o gruppi di individui sottoposti alla sua giurisdizione, che affermino di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione stessa da parte dei rispettivi Stati. Dunque, la ratifica del protocollo, che avverrà insieme a quella della Convenzione, assicurerà anche una forma di monitoraggio internazionale, per quanto riguarda il nostro Paese, del rispetto della Convenzione. Il gruppo interministeriale sta concludendo la predisposizione della documentazione per la legge di ratifica. La procedura è nella fase conclusiva. Nei prossimi giorni sarà acquisito il concerto dei ministri competenti. Subito dopo, il disegno di legge di ratifica verrà sottoposto all'approvazione del Consiglio dei ministri e sarà inoltrato al Parlamento.

PRESIDENTE. La deputata Zanotti ha facoltà di replicare.

KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, apprendo con piacere del lavoro svolto dal gruppo ricordato dal signor Ministro. Dalla risposta da lei fornita a questa interrogazione a risposta immediata, signor Ministro, mi sembra di capire che il Governo abbia intenzione di procedere con determinazione e che non stia sottovalutando il problema. Chiedo, comunque, che non vi sia alcuna sottovalutazione perché, in questo caso, il tempo diventa davvero sostanza. Sappiamo che la Convenzione sancisce che i diritti umani valgono anche per i disabili e che ogni ostacolo al pieno godimento degli stessi va assolutamente rimosso. Quindi, si tratta di una Convenzione che ha conseguenze concrete, che pretende un piano, priorità di intervento, risorse e - insisto - nessuna sottovalutazione. Nel nostro Paese, la vita quotidiana delle persone disabili rimane ancora piena di difficoltà, nonostante una diversa attenzione da parte del Governo al tema della disabilità.
Rimangono pieni di difficoltà la rete dei servizi, l'assistenza domiciliare, l'integrazione scolastica, l'inserimento nel lavoro, nonostante ci siano leggi molto avanzate in questo senso. Apprendo dalla sua risposta che ci si sta attivando attraverso il gruppo di lavoro che lei ha citato. Dopo l'importante firma per la quale, il 30 marzo, il Ministro Ferrero si è recato a New York, ci aspettiamo, così come i disabili del nostro paese che, peraltro, hanno concorso, con il loro associazionismo, in modo rilevante, alla predisposizione e alla elaborazione della Convenzione...

PRESIDENTE. Deputata Zanotti, deve concludere.

KATIA ZANOTTI. ...che si giunga in tempi rapidi alla ratifica in Parlamento. Esiste, infatti, un motto: nulla che ci riguarda sia deciso senza di noi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

(Tempi di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 520 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 in tema di stabilizzazione del personale impiegato in attività di ricerca presso gli enti pubblici di ricerca - n. 3-01420)

PRESIDENTE. La deputata Ghizzoni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01420, concernente i tempi di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 520 dell'articolo 1 della legge finanziariaPag. 59del 2007 in tema di stabilizzazione del personale impiegato in attività di ricerca presso gli enti pubblici di ricerca (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, signor Ministro, la ricerca si nutre di libertà, ma nel nostro Paese sono molti i ricercatori che non conoscono tale situazione di autonomia e di indipendenza. Ci riferiamo ai ricercatori precari che contribuiscono allo sviluppo scientifico e culturale del nostro Paese, ma la loro azione è svolta senza le certezze che derivano da un lavoro stabile, certezze non solo economiche, ma anche di autonomia per le proprie ricerche e di riconoscimento dei propri meriti.
Per contrastare tale fenomeno il gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo ha sostenuto convintamente nella legge finanziaria per il 2007 - attualmente in vigore - la norma che consente, per gli enti pubblici di ricerca, la stabilizzazione di ricercatori precari titolari di contratti a tempo determinato attivati a seguito di procedure selettive. A tal fine, è stato costituito un apposito Fondo per il 2007, di 20 milioni di euro, per il cui utilizzo è prevista l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Pertanto, chiediamo quando sarà approvato tale decreto, che non può esser ulteriormente procrastinato in quanto rappresenta un primo significativo passo verso la giusta valorizzazione dei talenti italiani nel campo della ricerca e del sapere.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il tema sollevato è di grandissimo rilievo e riguarda sia l'impegno complessivo del Governo per superare il precariato nel lavoro sia la centralità della ricerca e di coloro che vi operano per il progresso del nostro Paese. Come lei ricordava, onorevole Ghizzoni, la legge finanziaria ha previsto un fondo di 20 milioni di euro per il 2007 e di 30 milioni per il 2008. I criteri generali in materia di stabilizzazione sono stati poi definiti con la direttiva n. 7 del 30 aprile 2007, dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, che ha provveduto, con successive circolari, a fornire le necessarie istruzioni agli enti di ricerca per la presentazione delle richieste di stabilizzazione e di assunzione. Sulla base delle richieste pervenute dagli enti interessati è stata elaborata una ripartizione del Fondo che ha tenuto conto di alcuni parametri quali il numero degli enti vigilati, le vacanze di organico, il fabbisogno rappresentato e le assunzioni che erano state autorizzate nell'ultimo triennio.
Come lei ricordava, onorevole Ghizzoni, per l'utilizzazione del Fondo, si provvede con decreto del Presente del Consiglio dei ministri da adottare sulla base di una deliberazione del Consiglio dei ministri stesso, sentite le amministrazioni vigilanti sugli enti di ricerca. Tale provvedimento, che prevede di assumere a tempo indeterminato un numero complessivo di circa 804 unità tra vincitori di concorso e lavoratori precari, è attualmente all'esame finale del Ministero dell'economia e delle finanze per la valutazione della compatibilità e coerenza di bilancio. Credo e auspico che possa essere già approvato nel corso del prossimo Consiglio dei ministri, previsto per venerdì 16 novembre ed, in ogni caso, se ciò non fosse possibile, per quello successivo.

PRESIDENTE. Il deputato Tocci, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

WALTER TOCCI. Signor Ministro, è una bella notizia per la ricerca scientifica italiana! Con l'impegno preso in questa sede si possono, quindi, trasformare tanti contratti a termine in assunzioni stabili. I giovani ricercatori italiani attendevano da tanto tempo questa bella notizia. Il precedente Governo, infatti, aveva bloccatoPag. 60per cinque anni i concorsi negli enti di ricerca, chiudendo le porte ai giovani talenti del nostro Paese. Tutto ciò ha soffocato la ricerca scientifica e ha costretto molti a cercare fortuna all'estero. Ricordo che il precedente Ministro, dopo avere chiuso le porte, versava anche lacrime di coccodrillo per la «fuga dei cervelli». Ora si inverte la rotta, con la notizia che lei ci ha riferito: si riaprono le porte e si dice, soprattutto, ai giovani scienziati italiani che questo è il loro Paese e che esso ha bisogno di loro. Quindi, la ringrazio, signor Ministro. Sappiamo che il suo impegno personale è stato decisivo per sbloccare in questi ultimi giorni il decreto che impegna i fondi per le assunzioni già stanziati dalla finanziaria per il 2007.
Le chiediamo anche di prestare attenzione alle procedure successive: sono infatti stanziati nella finanziaria di quest'anno e nel bilancio triennale altri fondi per riaprire i concorsi pubblici. Ci sono finanziamenti per mettere a concorso almeno duemila posti di ricercatore e, soprattutto, dobbiamo ricorrere alle procedure normali, ai normali concorsi pubblici. Un giovane astrofisico, che ho incontrato in questi giorni e che, insieme ad altri, attendeva questa buona notizia, mi diceva che i concorsi pubblici nella ricerca dovrebbero avere la stessa regolarità dell'orbita dei pianeti intorno al sole. Penso che questa sia, davvero, una regola che ci dovremmo dare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).

(Orientamenti del Governo in tema di lavoro intermittente - n. 3-01421)

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01421, concernente orientamenti del Governo in tema di lavoro intermittente (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

MAURO FABRIS. Signor Presidente, la questione investe il tema del protocollo sul welfare, che ci accingiamo a convertire in legge in questo ramo del Parlamento, e riguarda l'abrogazione, prevista dall'articolo 13 di tale protocollo, del cosiddetto lavoro intermittente o a chiamata. Riteniamo che ciò sia sbagliato, che sia un errore, perché potrebbe portare un grave danno all'economia italiana e ai datori di lavoro, specialmente in tutti quei settori, in particolare quello turistico e della ristorazione, dove c'è una variazione periodica della domanda di lavoro. I predetti datori di lavoro non avrebbero più uno strumento legale per far fronte a tali esigenze periodiche. L'abrogazione della ricordata forma contrattuale determinerebbe un danno per le casse dello Stato, considerato che il lavoro nero significa, anzitutto, evasione fiscale, e per gli stessi lavoratori, perché questi ultimi non avrebbero più un sistema di garanzie come quello attualmente riconosciuto. L'annientamento delle richiamate garanzie, indubbiamente, li metterebbe in situazioni di maggiore debolezza e difficoltà. Chiediamo dunque al Governo di capire cosa accadrà dal 1o gennaio, con particolare riferimento al predetto tipo di settori.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'onorevole Fabris richiama la nostra attenzione sull'articolo 37 del decreto legislativo n. 276 del 2003, relativo al lavoro intermittente per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Come è noto, nel disegno di legge attuativo del protocollo del 23 luglio 2007 con le parti sociali è prevista l'abrogazione delle disposizioni relative a tale peculiare tipologia contrattuale, proprio in considerazione delle caratteristiche del ricordato istituto, che è connotato da un certo grado di instabilità lavorativa. In via generale, tale impostazione è coerente con la linea del Governo di accrescere il tasso di quella che definiamo «buona occupazione» - in Europa si definisce così - ovvero di un'occupazionePag. 61caratterizzata da un maggiore grado di stabilità. Con l'accordo fra il Governo e le parti sociali sono stati concretizzati e condivisi i predetti obiettivi, la cui formalizzazione risiede nel ricordato disegno di legge, che, in particolare all'articolo 9, stabilisce tra i principi e i criteri direttivi di delega anche l'incremento dei livelli di occupazione stabile.
D'altra parte, devo riconoscere che sono concrete le esigenze da parte di taluni operatori economici - soprattutto di coloro che operano nel campo del turismo, come lei, onorevole Fabris, evidenziava nella sua interrogazione - di disporre di una quota aggiuntiva di personale per i periodi dell'anno nei quali si registrano picchi di attività. Per questa ragione, proprio con il protocollo siglato lo scorso 23 luglio, il Governo si è impegnato ad attivare un tavolo di confronto con le parti sociali per esaminare ipotesi di part time che possano rispondere ad esigenze di attività di breve durata per lavoratori ed imprese come quelle che lei richiamava nella sua interrogazione. Ciò sarà naturalmente fatto, anche in coerenza con gli impegni che il Governo ha assunto con la sottoscrizione del protocollo con le parti sociali.

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di replicare.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, ringrazio il Ministro perché, con questa risposta, il Governo dimostra di aver inquadrato la questione e di aver compreso il problema che si apre. Il punto è che rischiamo di mettere in difficoltà uno dei settori trainanti dell'economia del nostro Paese, cioè appunto quello turistico: tale settore, come ricordava il Ministro, presenta infatti un andamento non continuativo, caratterizzato da picchi di attività (si tratti del fine settimana o di particolari momenti dell'anno quali le vacanze). Si tratta dunque di un problema che affligge quella che è sostanzialmente la prima industria del nostro Paese (e che è particolarmente sentito nell'ambito della ristorazione): peraltro, segnalo che molte persone, soprattutto i giovani, studenti o meno, trovano nella partecipazione all'attività di questo settore anche il modo per gravare meno sulle tasche della famiglia e quindi per contribuire al proprio mantenimento.
Signor Ministro, la questione - come lei ha ben inquadrato - è reale e va risolta. Il punto è infatti che, se noi - come mi auguro - riusciremo a tradurre in legge il protocollo siglato con le parti sociali (che ha avuto anche l'avallo da parte dei lavoratori e dei pensionati che lo hanno votato), a partire dal prossimo 1o gennaio ci troveremo sostanzialmente con un vuoto normativo. Il richiamo che lei ha dunque fatto - correttamente - ad un tavolo di concertazione che dovrà essere aperto è giusto: vi è però il problema dei tempi. Chiedo dunque nuovamente al Governo di riflettere su interventi anche più rapidi ed immediati, affinché si possa sopperire al vuoto normativo che si creerebbe. In particolare - avanzo una proposta che ribadiremo anche nel corso del dibattito sul provvedimento che lei richiamava - si potrebbe pensare ad una maggiore determinazione nel definire giorni ed orari in cui la rigidità che in ogni caso il protocollo prevede possa essere attenuata in funzione delle esigenze dei ricordati settori specifici dell'economia italiana. Mi auguro che di tali esigenze il Governo tenga conto fino in fondo, poiché si tratta di un settore - lo ripeto, quello del turismo - assolutamente decisivo e trainante per il nostro sistema Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

(Tempi di presentazione del prossimo programma nazionale per la ricerca - n. 3-01431)

PRESIDENTE. Il deputato Barbieri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volonté n. 3-01431, concernente tempi di presentazione del prossimo programma nazionale per la ricerca (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, signor Ministro, questo Governo -Pag. 62che tanti danni fa al Paese - ha anche provveduto a non aggiornare il programma nazionale della ricerca: un adempimento che, a norma dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 204 del 1998, deve essere espletato annualmente. In questo modo, il Governo non ha esposto analiticamente gli interventi che intende realizzare, poiché è sulla base di tale programma che il Governo opera. Esso costituisce infatti il punto di sintesi degli interventi nazionali, in coerenza con le azioni dell'Unione europea: è il quadro di riferimento per gli interventi regionali ed è il parametro utilizzato dal Ministro per l'approvazione dei piani di attività di tutti gli enti e per l'assegnazione delle relative risorse.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Signor Presidente, le date cui si fa riferimento nell'interrogazione illustrata dall'onorevole Barbieri non sono esattissime. Il programma nazionale per la ricerca attualmente vigente cessa, infatti, la propria operatività il 31 dicembre 2007.
Il nuovo programma per il triennio 2008-2010 è attualmente in fase di elaborazione, essendo vigente il precedente, e sarà presentato nelle sedi istituzionali e al CIPE entro la fine dell'anno, anno con riferimento al quale le segnalo anche qualche interessante novità.
Per la prima volta nel CIPE vi è il Ministro dell'università e della ricerca, e la quota del budget pluriennale del CIPE destinata a ricerca e sviluppo è fissata ora, da questo Governo, al 14 per cento (è quindi, triplicata).
Le attività per il prossimo triennio faranno riferimento, dunque, agli obiettivi generali e alle modalità di attuazione degli interventi stabiliti con le nuove linee strategiche per il periodo 2008-2010 che, come ho affermato, sono in fase di definizione.
In attesa del nuovo piano, naturalmente il Governo ha posto in essere alcune misure: ha innanzitutto dato una base finanziaria più sistematica e coerente al programma nazionale di ricerca, mediante l'istituzione del FIRST, previsto dal comma 870 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, che è stato finanziato per 300 milioni di euro nel 2007 e 2008, e 360 nel 2009.
Ricordo che le risorse per i principali fondi di finanziamento della ricerca previste dall'ultima legge finanziaria del precedente Governo erano, sostanzialmente, pari a zero già nel 2008. Contemporaneamente, per rendere scientificamente migliori e più adeguati i contenuti del piano, il Ministero, con il proprio regolamento di organizzazione, ha appena previsto la ricostituzione del CEPR (Comitato di esperti per la politica della ricerca), già soppresso nel 2003 dall'allora Ministro Moratti, e ciò per coinvolgere la comunità scientifica al massimo livello nella redazione del piano.
In questo modo, potremo fornire al Paese un piano scientificamente valido, corrispondente alle esigenze reali e di valore europeo.

PRESIDENTE. Il deputato Barbieri ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, resto un po' sorpreso dall'ottimismo del Ministro: se tenta di farlo credere a me ciò va anche bene, ma se tenta di far credere al Parlamento (oggi è il 14 novembre ed è ancora in corso l'esame del disegno di legge finanziaria, dei decreti e di tutto ciò che lei, Ministro, conosce bene) che di qui al 31 dicembre egli sarà in grado di fare quello che non ha fatto per mesi, io l'aspetto, come tanti altri suoi colleghi, alla prova dei fatti.
Una cosa è certa: in poco tempo e senza un'adeguata istruttoria, porre le basi per un approccio strategico nazionale su obiettivi, modalità di attuazione, prospettive e campi di intervento pubblico nella ricerca è un compito molto arduo, e non so se un Governo gracile, che non cresce e non riesce neanche ad assorbire il latte materno possa riuscire ad adempiere a tali compiti.
Un sistema di governo multilivello, con un intreccio di politiche e risorse economichePag. 63europee, nazionali, regionali e locali per affrontare sfide difficili in settori fondamentali per l'economia, non appare compatibile con la mancanza di un programma a ridosso dell'imminente scadenza del Programma nazionale della ricerca 2005-2007.
Il Parlamento ed il Paese non hanno un riferimento strategico, e solo un quadro stabile favorisce gli investimenti privati in ricerca ed innovazione. Per fare un riferimento, signor Ministro, ad un argomento di questi giorni, rammento il settore dell'energia. Il suo Presidente del Consiglio ed il Ministro per lo sviluppo economico parlano della necessità per l'Italia di stare dentro la ricerca nel settore dell'energia nucleare.
Un suo collega di Governo - ed anche di schieramento politico -, il Ministro Pecoraro Scanio, ritiene surreale il fatto che in Italia si discuta ancora del vecchio nucleare. Queste sono le condizioni in cui il Governo lascia il paese.

(Misure di sostegno a favore dei ricercatori italiani e per lo sviluppo della ricerca scientifica - n. 3-01432)

PRESIDENTE. La deputata Filipponio Tatarella ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01432, concernente misure di sostegno a favore dei ricercatori italiani e per lo sviluppo della ricerca scientifica (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14), di cui è cofirmataria.

ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, signor Ministro, se un assegno di 850 euro attribuito ad un dottorando di ricerca, come lei sa, suscita scandalo tanto da indurre la maggioranza al Senato ad approvare un emendamento dell'opposizione, credo che altrettanto scandalo dovrebbe suscitare il fatto che un ricercatore al primo impiego percepisca una retribuzione di 1.100 euro.
Signor Ministro, le chiedo molto sinteticamente, perché ho solo un minuto a disposizione e mi infastidirebbe molto lo scampanellio, peraltro giusto, del Presidente, che nel disegno di legge finanziaria (in ciò risiede l'urgenza della mia interrogazione) siano previsti fondi che possano adeguare le retribuzioni dei ricercatori. In tal modo, signor Ministro, non si farebbe altro che applicare un minimo di quella giustizia distributiva di cui ogni politica dovrebbe ...

PRESIDENTE. Lo dico a voce piuttosto che con il campanello. La invito a concludere il suo intervento.

ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. ... tenere conto e che forse eviterebbe quella fuga di cervelli non auspicata da nessuno.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevole Filipponio Tatarella, l'interrogazione è complessa e proverò a rendere una risposta franca, ancorché sintetica, articolata in tre punti.
In primo luogo, convengo con lei in ordine all'allarme sulla fuga dei cervelli. Ormai scienza e conoscenza non hanno più frontiere e tutti si muovono ovunque, ma la criticità italiana è doppia: abbiamo una scarsa attrattività dall'esterno e un'uscita non per libera scelta, ma perché spinti dal bisogno.
I redditi dei ricercatori sono ormai sotto il salario operaio. I borsisti percepiscono 800 euro, gli assegnisti 1.110, i ricercatori 1.200. Convengo che questa sia una priorità e un problema aperto, non ancora risolto, né da questo né dai precedenti Governi. Questa mattina ho presentato al Consiglio universitario nazionale un decreto in ordine al dottorato. Al fine di aumentare l'entità delle borse di studio il Governo distribuirà 20 milioni di euro. Inoltre, accolgo volentieri la notizia relativa all'emendamento che amplia tale quota a 40 milioni, ma tale aumento deve trovare una copertura adeguata.Pag. 64
In ordine al cosiddetto «rientro dei cervelli» non avrei mai varato quella legge, perché sono stati spesi 54 milioni di euro per permettere il rientro di 450 persone, mentre ne ho trovate solo 30 stabilizzate, poi, con grande fatica, portate a 70. Onorevole Filipponio Tatarella, lei non può vedere, ma nel 2006, l'anno precedente, la tabella evidenzia un finanziamento della legge pari a zero (Il Ministro dell'università e della ricerca mostra una tabella). Ho dovuto stabilire un nuovo finanziamento.
Il secondo problema è relativo alle discipline scientifiche e tecnologiche. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una costante diminuzione. Per l'anno in corso sono in possesso di alcuni dati che mostrano una ripresa. Il problema è relativo al rapporto tra domanda e offerta e deriva anche dalla scarsa propensione delle imprese a dotarsi di personale qualificato.
Infine, vi è il problema relativo alle risorse. Nel disegno di legge finanziaria sono stati stanziati 630 milioni di euro per 3 anni. Anche in questo caso, e mi dispiace che lei non possa vedere, faccio notare che il grafico scende allorché si passa dall'anno 2005 al 2006 (Il Ministro dell'università e della ricerca mostra una tabella). Ho trovato una tendenza alla riduzione del fondo per l'università. Quest'anno, nonostante l'annata pesante della legge finanziaria, il grafico risale per un importo pari a 199 milioni di euro e per il prossimo anno continua a salire e sul consolidato si impenna di 330 milioni di euro. Non siamo ai livelli degli investimenti di Paesi a noi affini e tuttavia siamo in presenza di una ripresa. Se concentriamo la nostra attenzione sulla tabella relativa alla ricerca nel 2001 - l'ultimo anno del centrosinistra - vi sono stati tre miliardi e 12 milioni di spesa globale. Nel primo anno di Governo del centrodestra vi è stata una spesa di due miliardi e 315 milioni. Nell'ultimo anno del centrodestra la spesa è stata di due miliardi e 308 milioni. Abbiamo assistito ad una diminuzione che si è protratta per cinque anni. Nell'anno in corso, pur in modo insufficiente, l'investimento risale. Credo che gli investimenti, sia pubblici, sia privati, nella ricerca scientifica e nell'università siano una questione che merita l'attenzione di tutto il Parlamento perché da essi dipende gran parte del destino del nostro Paese.

PRESIDENTE. La deputata Filipponio Tatarella ha facoltà di replicare.

ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, signor Ministro, sono soddisfatta per la conclusione del suo intervento, perché ha riconosciuto l'importanza fondamentale della ricerca per l'Italia e sul punto, francamente, sprecare parole sarebbe stato retorico per cui ci troviamo perfettamente d'accordo.
Signor Ministro, non vorrei essere costretta - anche perché la mia interrogazione non ha una finalità polemica, ma propositiva - a ricordarle la reazione non entusiastica di tutti gli organi universitari a seguito della legge finanziaria dell'anno scorso.
È bene, pertanto, lasciar cadere il ragionamento per cui se gli altri hanno fatto male noi facciamo altrettanto male e quindi non fa niente. Non è questo lo spirito con il quale agisco e credo che non dovrebbe essere neanche quello con cui dovrebbe agire lei o chiunque altro.
Ritengo che il problema si ponga. È vero, la mia interrogazione era ovviamente più articolata di quanto non abbia avuto il tempo di esporre e, dunque, mi rendo conto che si tratta di problemi che, purtroppo, non possono essere esauriti e risolti in un'interrogazione perché troppo complessi e vasti.
Malgrado tale consapevolezza, ho presentato nell'interrogazione alcuni punti molto critici a causa dell'emergenza del problema. Si trattava di sollecitare lei, nonché la maggioranza, ad intervenire immediatamente attraverso la legge finanziaria di quest'anno perché lei sa che se si costruiscono cattedrali, queste diventano cattedrali nel deserto, mentre una piccola casa abitata può essere già un risultato e può essere molto più di una ipotetica cattedrale che non vi è mai stata, se non nel deserto.Pag. 65
Quindi, facciamo tutto ciò che è possibile immediatamente, perché è bene prevedere 40 milioni in più...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. ... per i dottorandi, ma è molto male non adeguare le retribuzioni dei ricercatori.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 17 con la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia economica.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Cirino Pomicino, Cogodi, Donadi, Giovanardi, Khalil, Landolfi, Lion, Lucà, Meta, Mura, Oliva, Leoluca Orlando, Pinotti, Piscitello, Pisicchio, Sgobio, Siniscalchi, Soro, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta alla Presidenza in data 13 novembre 2007, il deputato Mauro Del Bue ha rassegnato le dimissioni dalla carica di segretario di Presidenza, che avranno dunque efficacia a partire da questo momento.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la X Commissione permanente (Attività produttive, Commercio e Turismo) ha proceduto all'elezione dell'onorevole Maurizio Turco a presidente, in sostituzione dell'onorevole Daniele Capezzone, dimissionario dalla carica.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo proprio in relazione all'annuncio che lei ha fatto. Non voglio sottrarmi dal rivolgere gli auguri al collega Turco per aver assunto la carica di presidente della X Commissione attività produttive. Tuttavia, vorrei sottolineare e portare all'attenzione dei colleghi dell'Assemblea quanto accaduto in quella Commissione: a noi sembra un ulteriore atto di alchimia regolamentare all'interno di questo palazzo, finalizzato al mantenimento degli equilibri all'interno della maggioranza. Ciò, peraltro, è stato fatto sin dall'inizio dal Presidente Bertinotti con la proliferazione dei gruppi parlamentari in deroga.
Faccio un passo indietro, signor Presidente. Ci siamo ritrovati di fronte alle dimissioni del presidente della X Commissione attività produttive, il collega Capezzone. Sino a ieri sera erano quarantotto i componenti di quella Commissione. Tutto ciò significava che, per poter eleggere il presidente oggi, al primo scrutinio, sarebbe stato necessario che un candidato ottenesse esattamente venticinque voti.
Sta di fatto che, magicamente, prima dell'inizio delle votazioni in Commissione, i membri della stessa sono passati da quarantotto a cinquantuno. Infatti, il gruppo de La Rosa nel Pugno naturalmente ha cambiato il suo componente e iPag. 66gruppi dell'Italia dei Valori, dei Verdi e di Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo hanno inteso spostare di colpo tutti i residui membri di altre Commissioni, chissà perché, prima delle votazioni, per portare - lo ripeto - i membri da quarantotto a cinquantuno. Sta di fatto che dallo spoglio delle votazioni risulta che il collega Turco abbia ottenuto ventisette voti. Poiché sembra - ma è così - che i voti a disposizione della maggioranza fossero solo ventiquattro e che, quindi, non si sarebbe raggiunta la soglia dei venticinque, stanti i precedenti quarantotto membri della Commissione, inficiando la possibilità per il collega Turco di essere eletto, i voti per tale collega sono passati da ventiquattro a ventisette, in virtù del fatto che i membri della Commissione sono saliti da quarantotto a cinquantuno.
È stata cioè fatta un'operazione per consentire di mettere a tacere coloro i quali avevano giurato che non avrebbero votato il collega Turco, tanto è vero che alcuni sono stati addirittura sostituiti all'ultimo momento, non perché fosse possibile la sostituzione, ma perché con la famosa indicazione del presidente di gruppo si poteva tranquillamente dire che il deputato Leone potesse essere sostituito dal collega Giudice, proprio in virtù del cambiamento di un componente all'interno della Commissione.
Si vuole, quindi, mettere in rilievo che in questo Parlamento, con il beneplacito del Presidente della Camera, si continuano a compiere una serie di atti a dir poco vergognosi, per far sì che gli equilibri interni ed esterni - così come sono nati i gruppi in questo palazzo - vengano mantenuti.
L'operazione di far convergere i componenti «residui» di altre Commissioni poteva essere fatta in qualsiasi momento; dovete ammettere che evidentemente averla fatta oggi, prima dell'inizio - tant'è vero che addirittura è stato rinviato di qualche minuto l'inizio delle operazioni di voto - conferma il sospetto che si sia voluto, ancora una volta, sostituire coloro i quali non erano d'accordo con alcune scelte con altri (non solo aumentandoli di numero ma anche con delle sostituzioni) che invece potessero consentire l'elezione.
Questo ci sembra una modo di comportarsi da stigmatizzare, da parte della Presidenza e della maggioranza; naturalmente dico della Presidenza perché essa dà retta alla maggioranza, nel momento in cui vengono fatte queste operazioni. Non mi si venga a raccontare che dal punto di vista regolamentare è tutto a posto: non è a posto da un punto di vista politico!

PRESIDENTE. Sono state formulate obiezioni in ordine al fatto che alcuni gruppi parlamentari (La Rosa nel Pugno, Misto, Italia dei Valori, Verdi, Sinistra democratica. Per il socialismo europeo) abbiano chiesto, nella giornata di ieri e in quella di oggi, di assegnare alla X Commissione attività produttive, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del Regolamento, deputati cosiddetti «residui», ossia non rientranti nella ripartizione operata a norma del comma 1 dello stesso articolo.
Occorre in proposito tenere presente che, alla stregua del citato comma 2 dell'articolo 19, rientra nelle facoltà dei gruppi parlamentari proporre al Presidente della Camera l'assegnazione alle Commissioni permanenti dei deputati «residui». Specie in vista di elezione di componenti degli uffici di presidenza delle Commissioni, la predetta facoltà è stata costantemente esercitata nella prassi applicativa, fino al momento dell'inizio della relativa seduta, coerentemente, del resto, con il fatto che il Regolamento non prevede al riguardo alcuna limitazione temporale.
Quanto alle condizioni perché si dia corso alle richieste dei gruppi, il più volte richiamato comma 2 dell'articolo 19 si limita a richiedere che sia rispecchiata, in ciascuna Commissione, la proporzione dei gruppi medesimi. Tale previsione è stata sempre intesa nel senso di interdire soltanto le assegnazioni di deputati «residui» suscettibili di far venir meno, in una singola Commissione, la prevalenza numerica della maggioranza assembleare.
La Presidenza della Camera si è pertanto rigorosamente attenuta alle statuizioniPag. 67del Regolamento ed alla costante prassi applicativa. Desidero altresì sottolineare che, a seguito delle ricordate assegnazioni di deputati «residui» alla X Commissione, tutti i gruppi parlamentari i quali dispongono di deputati «residui» (ossia tutti quanti, ad eccezione del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo e del gruppo Popolari-Udeur) hanno finito per allocare tali deputati nella predetta Commissione. Si è pertanto verificata, da questo punto di vista, una condizione di sostanziale parità fra i gruppi stessi.
Dunque non vi è alcun motivo di dolersi del comportamento della Presidenza che si è attenuta alle statuizioni del Regolamento e alla prassi applicativa anche nei termini che sono stati utilizzati.

Discussione del disegno di legge: S. 1819 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (Approvato dal Senato) (A.C. 3194-A) (ore 17,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3194-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Di Gioia, ha facoltà di svolgere la relazione.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, nell'aprire la discussione sulle linee generali con la mia relazione, ovviamente a nome e per conto della Commissione e della maggioranza, vorrei ringraziare i membri della Commissione, il Governo, e se mi consentite, in modo particolare i funzionari e il presidente della stessa il quale ha lavorato con grande determinazione, con convinzione e anche con grande spirito di rispetto delle istituzioni e soprattutto della stessa Commissione bilancio.
Ringrazio con grande convinzione, lo sottolineo, i membri della Commissione bilancio e gli altri parlamentari che hanno avuto la capacità e il senso di responsabilità di modificare semplicemente alcuni articoli che erano stati così emendati al Senato e che - dobbiamo dire con grande obiettività - avevano ricevuto una copertura a nostro avviso impropria: di conseguenza, vi era la necessità e il dovere istituzionale, in base alla Costituzione, di rivedere le coperture e fare in modo che il provvedimento in discussione giungesse all'esame dell'Aula con coperture adeguate.
Nel corso dell'esposizione della relazione espliciterò in modo chiaro gli emendamenti introdotti al Senato che abbiamo modificato. Vorrei anche sottolineare, con fermezza, che bisogna ridare dignità alla Commissione bilancio, all'istituzione, al Parlamento: riteniamo necessario, infatti, tentare di approvare alcune proposte emendative che consentano al provvedimento di approdare in Aula con correzioni e modifiche dirette a determinare una diversa e migliore definizione del provvedimento medesimo. Rivendico tale risultato, essendo un parlamentare eletto dai cittadini italiani; ritengo di svolgere pienamente il compito che mi è stato assegnato.
Signor Presidente, dal quadro economico e finanziario emergono con evidenza due elementi di segno opposto. Per un verso, la situazione economica suscita preoccupazione: ad un livello globale, la crescita continua ad essere sostenuta dall'aumento del commercio internazionale.Pag. 68Tuttavia, le prospettive delle economie avanzate si sono offuscate negli ultimi mesi. Tali economie risentono della turbolenza sui mercati finanziari provocata dalle difficoltà del mercato immobiliare americano e dall'insolvenza dei mutui: per gli Stati Uniti e per l'area dell'euro le previsioni di crescita, sia per l'anno in corso sia per il 2008, sono state riviste al ribasso su valori significativamente inferiori rispetto ai risultati registrati nel 2006. Da ultimo, una ragione di serio allarme deriva dall'inatteso forte aumento del tasso di inflazione nell'area dell'euro, trascinato dal costante incremento del prezzo del petrolio e dalle tensioni sui mercati dei prodotti agroalimentari, in primo luogo dei cereali. Al tempo stesso, il perdurante rafforzamento dell'euro rispetto al dollaro rappresenta sicuramente un ostacolo alla competitività dei prodotti europei nei mercati mondiali. Tutti questi elementi si riflettono sicuramente sull'economia del nostro Paese: è pur vero che, dopo un lungo periodo (dal 2002 al 2006) in cui i livelli di crescita sono stati vicini alla stagnazione, nel 2006 si è manifestata una significativa ripresa che ha portato il tasso di aumento del PIL reale all'1,9 per cento. Tale ripresa, tuttavia, appare già insidiata dalle difficoltà e dalle incertezze che ho sopra richiamato. Le previsioni del Governo confermano, per il 2007, una stima di aumento del PIL dell'1,9 per cento, ma hanno già ridotto, dall'1,9 per cento indicato nel DPEF del luglio scorso all'1,5 per cento (e forse anche meno) contenuto nella Relazione previsionale e programmatica di fine settembre, le previsioni di crescita per il 2008. Non si possono escludere ulteriori revisioni al ribasso.
In questo scenario, una politica di bilancio espansiva ha una sua giustificazione: occorre, infatti, riconoscere che la politica monetaria si trova in un evidente imbarazzo: la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno reagito alle difficoltà dei mercati finanziari con forti immissioni di liquidità; la Federal Reserve ha anche diminuito i tassi di interesse.
Un ultimo intervento, in questo senso, è stato effettuato qualche settimana fa, sia pure soltanto per un quarto di punto. La Banca centrale europea, anche in questo caso, si è mostrata assai più cauta ad intervenire sui tassi di interesse e, senza dubbio, il brusco ed imprevisto aumento dei dati relativi all'inflazione accentuerà la prudenza dei banchieri di Francoforte.
L'onere di evitare che l'incertezza dei mercati finanziari, l'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro e l'incremento del costo del petrolio producano un forte contraccolpo sulle prospettive di crescita dei singoli Paesi europei ricade sulla politica di bilancio. È chiaro, d'altra parte, che a tale onere bisogna far fronte nel rispetto dei vincoli posti a tutela della stabilità e della sostenibilità dei conti pubblici.
Interviene qui il secondo elemento che caratterizza, in questo caso in senso positivo, il contesto in cui si colloca il disegno di legge di conversione in esame. Gli andamenti di finanza pubblica in Italia nel 2006 e nel 2007 sono stati segnati da un dato indiscutibile: un gettito tributario che ha notevolmente superato le previsioni.
Nel 2006 la revisione in aumento delle previsioni relative alle entrate tributarie operata dal Governo - prima con il DPEF di luglio del 2006, poi con la Relazione previsionale e programmatica per il 2007 - è risultata pari, nel complesso, a 16 miliardi di euro.
Analogamente, nel 2007 si è assistito a tre successivi interventi di aumento delle previsioni di entrata, per un totale di 18 miliardi di euro.
Altrettanto indicativi sono i dati che emergono dal confronto rispetto agli anni precedenti: nel 2006 le entrate dello Stato hanno superato l'ammontare delle medesime entrate dell'anno precedente per 35,8 miliardi di euro e nel 2007 le ultime proiezioni permettono di stimare un ulteriore aumento delle entrate dello Stato, rispetto al 2006, di 25,5 miliardi di euro.
L'aumento del gettito tributario può essere ricondotto a tre fattori: il più elevato livello di crescita del PIL, l'effetto di interventi normativi (in particolare diPag. 69quelli volti a recuperare base imponibile e a scoraggiare i comportamenti elusivi) e un'efficace azione di contrasto all'evasione. Non è tuttavia agevole determinare l'incidenza di ciascuno di tali tre fattori e, di conseguenza, diventa problematico stabilire con certezza quanta parte del maggior gettito abbia carattere strutturale e quanta parte, invece, dipenda dal ciclo economico.
L'invito ad assumere un atteggiamento di cautela proviene dalla stessa Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, predisposta dal Viceministro Visco e di recente trasmessa al Parlamento in attuazione di apposite disposizioni contenute nel comma 5 della legge finanziaria per il 2007.
Complessivamente, nella citata Relazione, si considera che, all'aumento delle entrate tributarie dello Stato nel 2007 rispetto al 2006, la crescita del PIL avrebbe contribuito per circa 16 miliardi di euro.
Una valutazione ispirata a prudenza impone di considerare tali risorse come interamente dipendenti dalla fase positiva del ciclo economico internazionale.
Secondo le stime del Governo, gli interventi contenuti nella manovra economica per il 2007 hanno determinato un aumento delle entrate di carattere permanente per 3 miliardi di euro. Le maggiori entrate, non spiegate dal ciclo economico o da sufficienti misure contenute nella manovra finanziaria, ammontano dunque a 12 miliardi, dei quali poco meno della metà è considerata dal Governo la conseguenza delle misure normative rivolte a limitare e a rendere più difficile l'evasione e l'elusione, recate dalla legge finanziaria per il 2007.
Anche questo maggior gettito può dunque considerarsi permanentemente acquisito.
I restanti 7 miliardi di euro di maggiori entrate sono attribuiti dal Viceministro Visco al recupero di base imponibile. Tale miglioramento dovrebbe essere imputato all'effetto sulle aspettative dei contribuenti, prodotto dalla rigorosa politica di contrasto all'evasione che il Governo ha intrapreso.
La permanenza di tali entrate nel tempo non può dunque ritenersi assicurata, a causa dei mutamenti anche repentini che possono manifestarsi relativamente a questo genere di aspettative.
Per il futuro, il Governo nota che difficilmente il miglioramento delle entrate proseguirà a ritmi sostenuti come è accaduto all'inizio della legislatura, anche se oggi abbiamo indicazioni che vi è un maggiore incremento del gettito.
Il fatto stesso di recuperare tassazione a una maggiore base imponibile restringe i margini per ulteriori incrementi del gettito nei prossimi anni. Ancor più rilevante è la considerazione che se una parte importante del maggior gettito è dovuta ad un maggior rispetto delle regole, indotto da un cambiamento delle aspettative dei contribuenti, tale comportamento può avere una durata temporale limitata e può esaurirsi di fronte ad un affievolimento della politica di contrasto all'evasione.
È chiaro, quindi, che distinguere la natura strutturale o transitoria delle maggiori entrate è un dato fondamentale per decidere la strategia di utilizzo delle risorse. Il termine «tesoretto» quindi è del tutto improprio in un Paese in cui i conti pubblici sono comunque ancora in deficit, anche se la consistente manovra correttiva effettuata con la legge finanziaria per il 2007 e l'andamento positivo del gettito tributario hanno permesso di riportarli in linea con i vincoli comunitari.
Nel 2006 l'indebitamento netto, anche per effetto di voci di spesa di carattere straordinario, è risultato pari al 4,4 per cento del PIL. Nel 2007 si prevede che esso si riduca al 2,4 per cento e per il 2008, anche tenendo conto delle misure espansive contenute nel disegno di legge finanziaria, si prospetta un valore del 2,2 per cento del PIL.
Si può dunque affermare che è stato ricostituito un significativo margine di sicurezza idoneo ad impedire uno sforamento del deficit dei conti pubblici rispetto alla soglia del 3 per cento del PIL.Pag. 70Per questo motivo, se è del tutto fuorviante pensare a un «tesoretto» da distribuire, si può tuttavia ritenere che, in presenza di risorse maggiori rispetto a quelle previste, il Governo ha valutato la destinazione sulla base delle condizioni economiche e sociali non facili in cui il Paese si trova.
Ancora più fuorviante è il termine «tesoretto» se si pensa all'entità del debito pubblico italiano. La dimensione del debito pubblico in rapporto al PIL in Italia non è soltanto una delle più alte del mondo e richiede un'attenzione costante per evitare che nel lungo tempo possa essere pregiudicata la sostenibilità dei conti pubblici. A questo dato, infatti, si aggiunge che un ammontare complessivo del debito pubblico a livello tanto elevato comporta anche, annualmente, un onere per interessi oltremodo pesante. Si tratta di un esborso pari al 4,9 per cento del PIL, vale a dire poco meno di 80 miliardi di euro. Per tale ragione non possiamo fare a meno di chiederci se le maggiori entrate non potevano essere destinate interamente alla riduzione del debito.
Ha ragione il Ministro dell'economia e delle finanze quando rileva che i conti pubblici vanno meglio di quanto concordato in sede europea (dove si era pattuito per il 2007 un indebitamento netto non superiore al 2,5 per cento del PIL) e che l'anno scorso è stato compiuto uno sforzo straordinario che permette quest'anno di riprendere fiato.
È anche vero che quando le cose vanno bene o, per meglio dire, vanno un po' meno male, è più facile fare qualche sforzo aggiuntivo. Ancora più importante è che la riduzione del debito pubblico permette di dare alla politica economica una prospettiva di lungo periodo che, altrimenti, rischia di perdersi soprattutto se le risorse disponibili sono disperse fra miriadi di interventi, spesso di portata limitata e di carattere episodico.
D'altra parte, come ho brevemente cercato di dimostrare, siamo di fronte ad una situazione nella quale le prospettive di crescita, non soltanto in Italia, sono minacciate da seri fattori di incertezza. Nel nostro Paese, in particolare, si avverte, a livello di percezione comune, uno stato di forte disagio e di generale peggioramento del tenore di vita, e in questo contesto l'impianto del decreto-legge che ci accingiamo ad esaminare appare fondamentale e condivisibile nelle sue linee.
Le risorse che vengono utilizzate provengono in larga parte dalle maggiori entrate tributarie, pari a 5.978 milioni di euro, registrate nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. Ulteriori risorse per 1.300 milioni di euro si sono rese disponibili per effetto delle rideterminazioni in diminuzione del contributo che l'Italia è tenuta annualmente a versare al bilancio comunitario. Tale riduzione dello stanziamento di bilancio era già stata registrata nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. È stato inoltre possibile recuperare 1.100 milioni di euro dal Fondo per le aree sottoutilizzate.
Nel complesso, dunque, il decreto-legge ha potuto avvalersi di una disponibilità per circa 8 miliardi e 400 milioni di euro.
Proprio per tener conto, in via prudenziale, dell'incertezza sul carattere strutturale o meno delle maggiori entrate tributarie, si è scelto di utilizzare tali risorse per misure di spesa la cui efficacia si esaurisce nel 2007. Gli effetti finanziari del decreto-legge nel 2008 e negli anni successivi sono trascurabili. Sotto il profilo istituzionale e procedurale, questa scelta significa che il decreto-legge, a differenza di quanto è accaduto più volte in anni recenti con decreti-legge adottati contestualmente al disegno di legge finanziaria, non anticipa una parte consistente della manovra svuotando, di fatto, la legge finanziaria delle misure più rilevanti che dovrebbero costituirne il contenuto.
La finalità che si è voluto privilegiare con l'utilizzo delle risorse disponibili è stata, in primo luogo, la spesa per investimenti pubblici, destinati, in particolare, alla realizzazione di infrastrutture.
Complessivamente il decreto-legge prevede interventi di spesa in conto capitale per oltre 3,5 miliardi di euro, tanto conPag. 71riferimento al bilancio dello Stato, quanto con riferimento al conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
L'impiego di risorse per investimenti nei settori delle infrastrutture appare particolarmente apprezzabile proprio sotto il profilo economico, sebbene gli stanziamenti si riferiscono soltanto all'anno 2007. Essi possono produrre un beneficio di carattere strutturale. Si tratta, infatti, di interventi che consentono l'utilizzo delle risorse su iniziative che, nel medio e lungo periodo, sono idonee a incrementare il potenziale di crescita dell'economia del Paese. Proprio per questa ragione, tali interventi consentono di migliorare la qualità della spesa pubblica.
La seconda finalità che, nell'ambito delle misure adottate dal decreto-legge, assume un rilievo predominante è rappresentata dagli interventi a favore degli fasce più deboli, i cosiddetti incapienti.
Anche in questo caso, diversi profili vengono a giustificare la scelta compiuta: innanzitutto, un criterio di equità sociale, in base al quale una quota delle maggiori risorse disponibili viene destinata alle fasce della popolazione che hanno i redditi più bassi; in secondo luogo, la volontà di cercare di intervenire, sia pure con tutti i limiti di efficacia di una misura limitata ad un solo anno, su situazioni di reale e forte disagio che nel nostro Paese, purtroppo, si stanno estendendo; in terzo luogo, da un punto di vista più economico, un sostegno ai consumi per i quali - come ha osservato di recente la Banca d'Italia - si moltiplicano i segnali di rallentamento.
L'impianto complessivo del decreto-legge risulta, dunque, rispondente alle esigenze imposte dalla situazione economica e finanziaria. Si evitano misure di spesa di carattere permanente a fronte dell'incertezza sulla natura strutturale delle maggiori entrate. Si privilegia la spesa per investimenti e il sostegno alle fasce più deboli.
Un ulteriore intervento relativo alle infrastrutture - mi riferisco a quegli interventi che producono effetti positivi - riguarda l'articolo 2, che prevede la destinazione...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Di Gioia.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, nel momento in cui avrò esaurito il mio tempo, le chiedo di poter consegnare il testo della relazione, quindi, mi interromperà sicuramente...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, per la verità il tempo a sua disposizione è esaurito.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, a questo punto vorrei semplicemente far presente all'Assemblea che la Commissione ha lavorato con grande determinazione, intrattenendo rapporti politici importanti con l'opposizione, e ha lavorato con la maggioranza. In buona sostanza, si è tentato di produrre un testo che andasse nella direzione di recuperare le deficienze che al Senato erano state determinate dall'approvazione di alcuni emendamenti.
Noi abbiamo ritenuto di poter presentare tale testo in Assemblea e, con grande responsabilità, sia in virtù dei tempi brevi, sia in virtù del fatto che questo decreto-legge - come affermavo anche in precedenza - produce effetti importanti sugli investimenti, sull'equità sociale, sui termini e, quindi, anche sugli indirizzi programmatici che questo Governo si è dato, abbiamo ritenuto di poter emendare soltanto alcuni articoli. Lo abbiamo fatto con grande convinzione e con grande responsabilità. Vorrei ancora sottolineare che richiediamo che vi sia, nel prossimo futuro, un rilancio della dignità della stessa Commissione.
Signor Presidente, ringrazio nuovamente i commissari, i parlamentari, il Governo, i funzionari e il presidente della Commissione, che si è adoperato, e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 72
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica per tentare di fornire risposte più puntuali alle osservazioni che gli onorevoli deputati svolgeranno nei loro interventi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, la relazione del relatore - che ringrazio, comunque, in apertura, per lo sforzo che ha profuso nel confronto con l'opposizione - rischia di dare un'idea del confronto avvenuto attorno a questo argomento che, a mio modo di vedere, è fuorviante rispetto agli elementi che devono essere posti all'attenzione dell'Assemblea e del Paese, all'inizio del dibattito, in questa sede, su questo decreto-legge, che è parte integrante e collegato alla legge finanziaria del 2008.
Innanzitutto, signor Presidente, abbiamo il dovere di denunciare un metodo che porta ad avere, oggi, un ruolo della Camera che si è indebolito negli ultimi mesi e che rischia di essere ancora più debole nei prossimi passaggi su materie tanto importanti e delicate che riguardano la situazione dei conti pubblici, del bilancio dello Stato e, più in generale, il tema dello sviluppo dell'economia.
Signor Presidente, abbiamo già denunciato, in sede di presentazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità, che gli elementi inseriti nel decreto-legge originario da parte del Governo potevano essere tranquillamente inseriti in un disegno di legge e affrontati in sede di legge finanziaria, all'interno di un testo più organico che impostasse la manovra finanziaria del 2008, perché, all'interno di questo decreto-legge, gli elementi di necessità e urgenza sono davvero pochi. Solo alcuni temi, che riguardano certi aspetti dell'attività infrastrutturale, meritavano sicuramente delle risposte; per il resto, sono tutti interventi che fanno riferimento alla necessità palese, che si evidenzia più che mai in queste ore, di una tenuta complessiva di una maggioranza che, ormai ovunque, mostra la corda e che, a fronte di pochi euro apparentemente disponibili nelle casse dello Stato, ha avuto la necessità di ripartire tali risorse per incentivare - diciamo così - la permanenza all'interno della maggioranza e la sopravvivenza di questo Governo.
Signor Presidente, attorno a questo problema si stanno giocando anche gli equilibri nel rapporto - come affermavo in precedenza - tra Camera e Senato. All'interno di questo decreto-legge si prevede una serie di interventi microsettoriali che puntano a dare risorse, chiaramente quantificate, nei confronti di alcune realtà che rappresentano indubbiamente settori molto limitati della vita sociale, del mondo del volontariato e della vita reale del Paese, ma che non meritano, certamente, interventi di necessità e di urgenza, che devono essere richiamati e riqualificati come interventi necessari per lo sviluppo.
Questo argomento, ovviamente, sta dimostrando concretamente come si uniscano due problemi: il tema del rapporto tra Camera e Senato, ossia come noi vogliamo interpretare il rapporto con il Senato, e le difficoltà di questa maggioranza.
È evidente che l'esito del lavoro - lo dico con grande serenità al presidente della Commissione, al relatore e al Governo - è particolarmente negativo. È vero che sono stati sistemati alcuni elementi che erano palesemente scoperti a causa di quanto inserito al Senato e ve ne diamo atto. Tuttavia, è altrettanto vero che nulla si è modificato né sul piano politico, né su quello del miglioramento del testo, né, evidentemente, per quanto riguarda gli obiettivi indicati nel titolo di questo decreto-legge. In altre parole, non si è dato vita, fino in fondo, ad un decreto-legge che potesse realmente permettere una crescita ulteriore e un percorso di sviluppo, che sta in questo momento frenando, ma che potrebbe essere sostenuto con maggior vigore.Pag. 73
Pertanto, è evidente come questa Camera - anche alla luce dell'atteggiamento del Premier e della maggioranza - si stia indebolendo pesantemente e come si stia indebolendo il Paese (e questo, evidentemente, ci sta più a cuore).
Infatti, se in questa sede non abbiamo più la possibilità di intervenire, grazie alla conduzione dei lavori della Commissione (che, a mio avviso, deve essere rivista per la prossima legge finanziaria) e se riteniamo di dover cercare una sintesi tra maggioranza e opposizione (improbabili oggi, se non attorno ad alcune grandi questioni, che non vengono mai affrontate), è evidente che rischiamo di trovarci in una «palude», anche con la prossima legge finanziaria.
Riteniamo che il fatto che si rischi - e mi auguro che il sottosegretario Lettieri non venga smentito in tal senso - di assistere alla posizione della questione di fiducia tra qualche ora costituisca anche uno spossessamento dell'attività parlamentare della Camera. Si creerebbe un grave precedente, ossia quello di approvare un provvedimento alla Camera con un voto che non si sarebbe «celebrato» né in Commissione, né in Assemblea. Il fatto che i voti non vengano «celebrati», né in Commissione, né in Assemblea, rappresenta un vulnus palese nei confronti della Camera dei deputati e del sistema bicamerale, che oggi regola la vita e la formazione delle norme in questo Paese.
Tale argomento è nella disponibilità soprattutto della maggioranza, deve riguardare il Presidente della Camera e l'opposizione, ovviamente, ha tenuto fino ad oggi un atteggiamento particolarmente responsabile rispetto ad esso. In Commissione, abbiamo proposto alcuni elementi che consideriamo importanti per il miglioramento del testo, ma la maggioranza non è riuscita a trovare la sintesi. Questa è una presa d'atto che dobbiamo ovviamente fare in questa sede e che ci richiama al lavoro che dovremo svolgere nei prossimi giorni.
Infatti, signor Presidente, vi è un tema che ha trattato il relatore nella parte iniziale del suo intervento e che consiste nel rapporto con l'Europa e nella situazione dei conti pubblici, che stiamo affrontando in questi giorni ma che è frutto, evidentemente, di un percorso che abbiamo visto, in particolar modo, in questi ultimi mesi.
Lo ricordo a me stesso: all'inizio del Governo Prodi, la Commissione Faini - messa in piedi dal Ministro dell'economia e delle finanze - avrebbe dovuto dimostrare la gravità della situazione dei conti pubblici, ipotizzando addirittura come, all'inizio della nostra legislatura, ci fosse uno sforamento assolutamente grave nei confronti degli obiettivi fissati e assunti da parte dell'Italia in sede europea. Quei rilievi mano a mano si sono sgretolati, giorno per giorno.
La Commissione Faini è stata chiaramente smentita anche dal rendiconto 2006 appena approvato. Si è dimostrato concretamente come l'attività svolta dal Governo di centrodestra abbia sostanzialmente mantenuto, all'interno dei parametri stabiliti in sede europea, il controllo della spesa pubblica.
Invece, in questi mesi, grazie alle successive iniziative di ripartizione delle risorse, è apparsa una diversa condizione dei conti pubblici ed è emerso improvvisamente il tesoretto, con una sottostima sia per quanto riguarda le entrate, sia per quanto riguarda la spesa. Riteniamo, infatti, che questo decreto-legge - nonostante i miglioramenti che sono stati apportati nell'ultima serata, cioè ieri, dell'attività della Commissione relativamente alla copertura finanziaria - sia un decreto-legge fondamentalmente scoperto.
Infatti, non ha risolto una serie di questioni. Basti pensare alla vicenda degli LSU in Calabria (si apprestano risorse per il 2007 laddove già vi sono diritti soggettivi garantiti in modo permanente per gli anni successivi) e ad altri interventi che sono stati inseriti e che la relazione tecnica del Governo non ha volutamente affrontato. Non ricordo che durante l'esame della legge finanziaria vi sia stato un provvedimento in cui non sia stato certificato, mediante una relazione tecnica, tutto ciò che è stato inserito al Senato e che non faPag. 74parte del decreto-legge varato dal Governo, che viene di fatto omesso nella valutazione compiuta dagli uffici della Camera. É stato dimostrato, concretamente come buona parte di queste norme siano sostanzialmente prive di copertura finanziaria. Quindi, non vi è nemmeno la virtù del controllo della spesa pubblica, annunciata da parte del relatore. Invece, vi è un problema reale: la spesa pubblica, anche grazie al decreto-legge in discussione cresce e i saldi su cui è stata costruita la legge finanziaria, a questo punto, si presentano molto dubbi. Abbiamo la sensazione che il Paese perda una grande occasione di rilancio per quanto riguarda la propria competitività e l'opportunità di crescere in maniera adeguata rispetto a potenzialità che ancora oggi vi sono, ma che non vengono valorizzate da questi provvedimenti.
Inoltre, in relazione al tema del controllo della spesa pubblica, questione che a noi sta particolarmente a cuore, l'onorevole Di Gioia, nel corso del proprio intervento, ha affermato che la definizione tesoretto sia impropria. Benissimo, si sarebbe potuta compiere una scelta coraggiosa: rendere più efficiente il sistema dei conti pubblici mediante la riduzione drastica del deficit e un intervento più chiaro sul tema del debito pubblico. Invece, è stata fatta un'altra scelta: dare una «mancia» ai cittadini che hanno indubbiamente problemi significativi (che, comunque, noi stessi non disconosciamo, in quanto siamo tutti sensibili al tema degli incapienti). Diciamolo con altrettanta chiarezza: questo intervento rappresenta appunto poco più che una «mancia» per cercare di arrivare - probabilmente - a fine anno senza avere condizioni di difficoltà economica superiori a quelle che vi sono oggi. Tuttavia, non possiamo certo considerarlo un intervento strutturale. L'onorevole Leo ed altri colleghi, hanno già dimostrato concretamente (al di là del fatto che ci si sia tornati a soffermare in maniera positiva sul testo iniziale del Governo) come la norma, come così come è stata scritta, faccia fatica a sussistere, anche dal punto di vista della normativa fiscale. Pertanto, come ho già detto poc'anzi, si tratta di un intervento che complessivamente - e in buona misura - disperde risorse e non si concentra sugli obiettivi fondamentali che l'Italia avrebbe dovuto rispettare in sede europea. Esso inoltre non si concilia con la linea data da Padoa Schioppa al momento all'insediamento sullo scranno di Ministro dell'economia e delle finanze, in occasione del quale aveva tracciato un percorso: controllo e rigore della spesa pubblica (la quale, invece, sta crescendo) e sostegno alla crescita (la quale, invece, si sta riducendo, come voi stessi avete scritto nella nota di aggiornamento al DPEF). Gli interventi adottati intorno al tema dei cosiddetti tesoretti e la legge finanziaria per l'anno 2007 hanno ridotto la crescita.
Non avete affrontato all'interno di questo provvedimento, temi importanti che devono essere affrontati nella prossima agenda della legge finanziaria, che riguardano questioni significative e che avrebbero meritato probabilmente una decretazione d'urgenza ulteriore rispetto a ciò che è stato inserito in questo provvedimento. Vorrei fare un esempio per tutti: l'intervento compiuto nella legge finanziaria nei confronti degli enti locali - di scambio tra trasferimenti dello Stato e comuni da una parte e aumento dell'ICI e modifica delle rendite catastali dall'altra - oggi ha determinato grandissime difficoltà per gli stessi comuni. Già in sede di esame della legge finanziaria avevamo denunciato che la norma ricordata avrebbe costituito un'ulteriore difficoltà per i bilanci degli enti locali. Si è dimostrando, concretamente, come tale difficoltà si stia appalesando. Con questa norma si interviene su un tema, sicuramente importante ma non prioritario: l'avanzo di bilancio dei comuni destinato all'estinzione dei mutui anticipati mediante la previsione di un Fondo di sostegno da parte dello Stato relativamente agli interessi. Dunque, l'impressione è che si vada avanti a tentoni e che gli elementi che tengono insieme questo decreto-legge facciano riferimento ai problemi della maggioranza.
È evidente che, all'interno di questo decreto-legge, i problemi della maggioranzaPag. 75si intravedono in alcune questioni molto concrete che sono le stesse che stanno animando, in questo momento, un confronto molto duro al Senato sul voto finale della legge finanziaria per il 2008. A noi piacerebbe poter discutere di temi diversi: Bersani aveva avviato la sua attività immaginando un lungo percorso di riforme, di liberalizzazioni, di interventi che avrebbero dovuto dare una spinta significativa a determinate situazioni del Paese, di categorie, di realtà imprenditoriali, di giovani che non trovano oggi sbocco in un mercato che viene considerato sostanzialmente bloccato. Penso al tema dell'energia: si affronta in modo maldestro la semplificazione delle procedure in materia di rigassificatori senza risolvere il problema. Non si risolve il problema strutturale della necessità di energia per il nostro Paese, non si affronta con coraggio neanche il tema delle liberalizzazioni. Lo si disciplina in un articolo, a fine anno, laddove il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, cosiddetto «Letta», prevedeva già, per il periodo successivo al 31 dicembre la necessità, per le aziende municipalizzate del territorio, di partecipare ad una gara. Offriamo alle aziende la possibilità di ottenere ancora concessioni per i prossimi anni facendo slittare, per circa quattro anni, la possibilità di espletare, una volta per tutte, le gare e quindi consentire al mercato di cominciare ad organizzarsi, a realizzarsi sul tema delicato del gas, con la possibilità di ottenere significativi sconti per le famiglie e per le imprese e dando vita, una volta per tutte, ad un percorso di reale concorrenza.
Anche da questo punto di vista i segnali sono contraddittori: da una parte dichiarate la volontà di andare avanti con il percorso di liberalizzazione, dall'altro agite in questo modo garantendo, ancora una volta, i presidi di monopolio. Allora, signor Presidente, quello al nostro esame è un decreto-legge che, ovviamente, manifesta problematiche di carattere metodologico, problematiche strutturali, ormai legate alla vita stessa dei Regolamenti di Camera e Senato. Si tratta di un'interpretazione sempre più difficoltosa delle questioni da affrontare concretamente da parte del Parlamento - della Camera, in particolare - relativamente alle priorità del nostro Paese che vengono in questo modo confuse, «annacquate». È un'interpretazione, insomma, che non risolve alcuna questione strutturale. Si tratta di interventi continui che danno, in qualche modo la stura, giorno per giorno, ad una serie di misure che hanno natura permanente, e che determinano, per necessità di equilibri di maggioranza, una serie di diritti che rappresentano un ulteriore ostacolo e peso per la spesa pubblica. Non diamo segnali concreti sul tema delle liberalizzazioni di cui il nostro Paese ha bisogno e non riusciamo nemmeno a cogliere gli obiettivi di rassicurazione, in sede finanziaria internazionale, su ciò che l'Italia può e deve raggiungere non solo in sede europea, ma anche nella competizione internazionale. Siamo quindi di fronte ad un provvedimento che, non solo non determina lo sviluppo e non contribuisce alla crescita, ma rischia di frenare ulteriormente l'economia a causa di una serie di incertezze laddove le regole del gioco vengono, di fatto, cambiate. Se questa è la premessa per il dibattito che affronteremo sulla legge finanziaria credo, signor Presidente, che ci troveremo ancora una volta a dover celebrare un nulla di fatto per la Camera e ciò perché oggi non esistono le condizioni per fare una sintesi reale.
Nel prosieguo del nostro dibattito sarà molto più opportuno riuscire ad affrontare concretamente le proposte dell'opposizione e della maggioranza. Noi sfidiamo la maggioranza a votare anche gli emendamenti ed a riuscire a discutere concretamente con l'opposizione di un'eventuale riduzione del numero complessivo delle proposte emendative. Come gruppo di Alleanza Nazionale manifestiamo fin da ora la nostra disponibilità: se il tema è la posizione o no della questione di fiducia a fronte di una disponibilità reale al confronto - che non si è avuto in Commissione - siamo anche disponibili a rivedere il numero complessivo degli emendamenti,Pag. 76ma solo a fronte di una vera volontà di affrontare le questioni salienti del Paese, stanziando le risorse indispensabili per le necessità che incombono.
Signor Presidente, concludo, per poi riprendere l'argomento nel corso della discussione sul complesso degli emendamenti e in sede di dichiarazione di voto, ribadendo che questo decreto-legge rappresenta una forzatura rispetto alle esigenze del Paese, di una maggioranza che oggi sta insieme esclusivamente per determinare nuovi livelli di spesa, che va ulteriormente a complicare la tenuta dei conti pubblici e il controllo della spesa e che, quindi, non rappresenta il miglior inizio per una sessione di bilancio che ci vedrà impegnati nei prossimi giorni e che, a nostro modo di vedere, peggiorerà ulteriormente le condizioni dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, per sopraggiunti impegni sono costretto a lasciare Roma. Chiedo dunque che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Pignataro. Ne ha facoltà.

ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'odierna discussione sulle linee generali del decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria avvia nell'aula di questo ramo del Parlamento la discussione sulla manovra finanziaria per il 2008, della quale questo decreto-legge collegato costituisce parte integrante. In particolare, questo provvedimento contiene norme dirette a predisporre la ripartizione delle maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni del Documento di programmazione economico-finanziaria per il 2007, prevedendo, altresì, disposizioni per la riduzione della spesa e per lo snellimento di procedure, al fine di favorire una maggiore rapidità nell'utilizzo delle risorse già stanziate.
Per la prima volta, da molti anni, la manovra predisposta dal Governo risulta particolarmente leggera, pur consentendo il rispetto dei parametri del patto di stabilità e degli accordi raggiunti nel corso della precedente legislatura con la Commissione europea per il rientro del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Alla luce degli elementi contenuti nella nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria, recentemente presentata alle Camere, infatti, il rapporto tra indebitamento e PIL si attesterà al 2,4 per cento nel 2007 e al 2,2 per cento nel 2008, ad un livello, quindi, inferiore a quanto previsto nel DPEF dello scorso anno. Tali risultati sono stati resi possibili dal positivo andamento delle entrate tributarie, che ha consentito al Governo di destinare maggiori risorse agli interventi di carattere equitativo e di sostegno all'economia. È la seconda volta, nel corso del 2007, che registriamo un extragettito. I sei miliardi di euro contenuti del decreto-legge al nostro esame si aggiungono ai 7,5 miliardi di euro di cui al decreto-legge n. 81 dello scorso luglio. Questo risultato rappresenta il segno di come la lotta all'evasione fiscale sia un aspetto fondamentale della politica del Governo dell'Unione, non solo dal punto di vista della finanza pubblica, diretta alla crescita del Paese e alla giustizia sociale, ma anche dal punto di vista del rafforzamento dell'etica e del senso dello Stato.
Questa è la via che abbiamo intrapreso e che rivendichiamo: non maggiori tasse, ma tasse eque, pagate da tutti e rigorosamente utilizzate. In un anno i nostri conti sono usciti dalla zona di pericolo: questa è la chiara verità, che nessuna campagna di disinformazione può cancellare. Come il Ministro Padoa Schioppa ha più volte ricordato, in un anno l'abbandono della pratica miope dei condoni e la serietàPag. 77degli accertamenti fiscali hanno determinato un cambio di rotta davvero forte, ma lo sforzo che il Paese ha compiuto sul piano fiscale, soprattutto alla luce della finanziaria approvata lo scorso anno, necessita oggi di provvedimenti a sostegno della crescita e rivolti ad una maggiore equità. Da questo punto di vista, è sembrata curiosa la polemica portata avanti dall'opposizione, che ha chiesto di destinare l'intero extragettito alla riduzione del debito. L'anno scorso la priorità era far quadrare i conti; quest'anno, passata l'emergenza, è necessario guardare oltre, sostenere i soggetti più deboli della società e passare dal risanamento alla crescita, ma, soprattutto, all'equità.
In tale contesto, l'integrale destinazione, da parte del decreto-legge in esame, dell'extragettito alla riduzione del volume globale del debito avrebbe finito per determinare un rallentamento del trend di crescita e di sviluppo del sistema economico, con tutte le conseguenze negative che ciò avrebbe comportato. In quest'ottica, il Governo ha incentrato la propria manovra non solo sul risanamento dei conti pubblici, ma anche su di un progetto complessivo di rilancio dell'economia. La manovra del 2008 si caratterizza infatti come di restituzione e semplificazione fiscale, di sostegno agli investimenti e allo sviluppo, nonché di rafforzamento del sistema di protezione sociale. In tale quadro si inseriscono le misure recate dal decreto-legge in esame per le infrastrutture, per l'edilizia residenziale pubblica, per l'adempimento di impegni finanziari di sostegno ad interventi per la pace e lo sviluppo, nonché per la lotta a gravi malattie diffusive, per i servizi socio-educativi, per la prima infanzia ed infine per la mobilitazione di risorse a favore della mobilità sostenibile e per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Si tratta - come ben si vede - di impegni che erano rimasti sospesi per troppo tempo, configurando un grave inadempimento, con relativa caduta di credibilità, a carico del nostro Paese.
La manovra per il 2008 dovrà dunque essere non semplicemente lo strumento per risistemare i conti, ma anche un'occasione per dare all'Italia una nuova direzione nella politica economica e nell'uso della spesa pubblica. Questo è l'obiettivo che noi Popolari-Udeur, insieme alle altre componenti della maggioranza, intendiamo raggiungere: e, per tale ragione, il primo passo che così si compie è per noi di fondamentale importanza. Anzi, siamo convinti che debba esserlo anche per l'opposizione, se essa vuole essere seria e costruttiva, poiché è su questo fronte che si gioca il futuro dell'Italia agli occhi degli stessi italiani e della comunità internazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, condivido in pieno le considerazioni svolte dal collega Alberto Giorgetti: in particolare quelle relative al metodo con cui si è arrivati a licenziare per l'esame dell'Assemblea il disegno di legge di conversione del decreto-legge, un metodo che non è consono con la dignità e il ruolo dei parlamentari. In proposito, chiediamo quindi con forza che, in sede di esame del disegno di legge finanziaria, tale metodo cambi. Anche alla luce di quel che sta avvenendo al Senato e di quanto è avvenuto in Commissione (ove sostanzialmente non vi è stata la possibilità di discutere di alcunché: questo è il punto essenziale), noi del gruppo della Lega Nord annunciamo l'impegno formale a ridurre il numero delle nostre proposte emendative al minimo necessario: una cinquantina, per noi, bastano e avanzano. Sicuramente, dunque, non sarà colpa nostra se sarà posta la questione di fiducia.
Al di là di questo aspetto, desideriamo tentare di svolgere un intervento leggermente diverso dal normale: tenteremo infatti di dare una lettura del decreto-legge un poco più approfondita, uscendo dai numeri e cercando di esaminare il dato politico. In questo senso, desidero fare riferimento, in particolare, ad un'interessante tesi di Luca Ricolfi, autorevole esponente della sinistra, il quale paventa come la politica del Governo Prodi rischi diPag. 78muoversi contro quel che sta avvenendo nel nostro Paese. Mi spiego. Sostanzialmente, nel suo interessante volume, Ricolfi suddivide la società italiana in tre strutture territoriali e sociali. La prima è «l'Italia delle garanzie» cioè l'Italia dei pensionati, della pubblica amministrazione, degli operai delle grandi aziende. La seconda è «l'Italia del rischio», cioè quella degli operai delle piccole aziende, delle partite IVA, degli artigiani, dei commercianti: l'Italia più attiva ed attualmente maggiormente in difficoltà e vulnerabile, che ha una forte concentrazione in Padania e in particolare nel Lombardo-Veneto.
La terza è «l'Italia della forza», delle zone del Paese dove l'illegalità è diffusa e dove, addirittura, fette del Paese non sono sotto il controllo dello Stato, bensì delle organizzazioni mafiose e criminali: l'Italia dell'illegalità e delle connivenze politiche.
Proviamo a dare una lettura del disegno di legge di conversione al nostro esame alla luce di questi tre modelli.
Vediamo dove e a chi vengono dati i quattrini alla luce di questa tripartizione molto semplice, e da dove si va a recuperarli.
Con riferimento all'«Italia delle garanzie» e, quindi, dell'assistenzialismo, dell'assistenza e dei sindacati che la fanno sempre da padrone osserviamo che all'articolo 12 sono stanziati 150 milioni di euro per la scuola, ma solo perché si rinvia all'anno venturo, con l'obiettivo poi di rinviare all'anno dopo ancora (sappiamo, infatti, come tutto andrà a finire con il «mille proroghe»), la questione dei 47 mila esuberi presenti nel mondo della scuola.
Il Governo Prodi ha varato una legge finanziaria in cui è stabilito un parametro (il famoso 0,4): viene fuori che vi sono 47 mila esuberi nella scuola e si decide, all'articolo 12, di destinare 150 milioni di euro altrimenti non tornano i conti, e di eliminare la clausola di salvaguardia (e, quindi, non vale più il risparmio che andava realizzato secondo il relativo comma contenuto nella legge finanziaria).
Traducendo, tali esuberi ci sono - lo sappiamo e sono tutti convinti che si tratta di esuberi -, ma se ne parlerà domani.
All'articolo 15 sono previsti 1.000 milioni di euro per i contratti della pubblica amministrazione. All'articolo 21 si investe nelle case popolari: si tratta di una questione delicata (e siamo anche d'accordo), ma vi è modo e modo per farlo.
Non si interviene in alcun modo nell'assicurare garanzie ai nostri cittadini. Nel mio paese, di cui fortunatamente sono il sindaco, il primo italiano - non dico lombardo - in graduatoria per le case popolari si colloca al ventesimo posto. Secondo noi, sarebbe il caso di iniziare ad aiutare prima tutti i cittadini italiani; ciò non significa non aiutare anche chi arriva disperato perché in difficoltà, ma noi abbiamo i nostri cittadini che sono disperati e in difficoltà, ed in graduatoria dovrebbero arrivare prima loro.
L'articolo 24, invece, assegna risorse ai comuni in dissesto. È il solito messaggio del tipo: «sbarellate pure con i soldi pubblici, tanto poi arriva mamma Stato che mette una pezza» (al riguardo, la questione della sanità del Lazio e della Campania e dei rifiuti in Campania è nota, e dunque si tratta del solito andazzo).
Vi sono poi gli articoli 27 e 43 sui lavoratori socialmente utili: anche in questo caso sono destinati soldi sempre e solo nell'ottica dell'«Italia delle garanzie» e ciò comporta l'assunzione di persone senza il criterio del merito e senza concorso, magari perché il capo banda di turno ha deciso che andava bene fare così.
Si tratta di tanti soldi; vedremo poi di fare un conto, ma prima vorrei concludere l'elenco dei pagamenti fatti all'«Italia delle garanzie» e dell'assistenzialismo, ricordando l'articolo 44, che prevede 150 euro per gli incapienti. Anche in questo caso noi non siamo contrari a dare soldi alle famiglie povere, ma bisogna definirne bene il criterio ed il modo, poiché vi sono famiglie povere anche perché non dichiarano reddito.
Abbiamo avuto modo di verificare un esempio molto divertente sempre dalle mie parti: una signora anziana, che vive in unaPag. 79casa popolare, mi è venuta a chiedere tutta contenta se anche lei avrebbe ricevuto i 150 euro. Le ho risposto che forse ne avrebbe percepiti anche 300. Ma in realtà, la signora vive in una casa popolare ed ha tre figli con i Suv (i famosi Suv)!
Quindi, bisogna capire fino a che punto sia utile questo tipo di aiuto: vi è modo e modo di aiutare gli incapienti. Il modo migliore, secondo noi, è quello delle detrazioni e di non far pagare le tasse: più che non far pagare le tasse, zero è zero! Andare oltre diventa molto rischioso.
Tornando ai lavoratori socialmente utili, a regime si tratterà di una mega-assunzione di 350 mila persone (il 10 per cento in più rispetto agli attuali tre milioni e mezzo).
In Italia oggi la macchina pubblica è grande tanto quanto quella degli Stati Uniti d'America.
Il PIL dell'Italia è un po' più basso. In Calabria abbiamo gli stessi numeri di guardie forestali del Canada e qualche incendio in più. Evidentemente qualcosa non quadra. Non costituisce una soluzione assumere tutti per ridurre la disoccupazione, ma la soluzione è creare ricchezza e lavoro. Ciò non crea né ricchezza né lavoro. Inoltre, sarà arduo recuperare il punto di PIL negli anni a venire. Infatti, si tratta di una cifra che varia dai 15 ai 20 miliardi in più, perché voi coprite la prima parte per i primi mesi del primo anno. Tuttavia, nelle future leggi finanziarie sarà necessario reperire dai 15 e 20 miliardi di euro in termini di maggiori entrate per sostenere il costo di tali assunzioni. Ovviamente, a vostro avviso il problema non si pone, perché aumenterete ulteriormente la pressione fiscale, sperando che «l'Italia 2», quella del rischio, quella che mantiene l'intero Paese, sia in grado di continuare in eterno. Però è difficile che si possa proseguire con tale livello di tassazione.
Veniamo ora alla terza Italia, quella che Ricolfi definisce l'«Italia della forza», della illegalità diffusa, delle aree del Paese dove addirittura non si sa se è presente la guardia di finanza. Ebbene, cosa date a questa Italia con il decreto-legge in esame? Sicuramente la quota dei lavoratori socialmente utili. Quale garanzia abbiamo che le assunzioni verranno disposte con il criterio del merito? Non so se ricordate la puntata di Report registrata presso il comune di Reggio Calabria e con all'esterno i lavoratori socialmente utili assunti in base al criterio di chi arrivava per primo, con il biglietto, esattamente come al supermarket quando si compra il prosciutto. Questa è la meritocrazia che la sinistra vuole stabilizzare cioè il malaffare, le assunzioni fatte per connivenza politica. E preferisco non andare oltre.
Le altre risorse che attribuite all'«Italia della forza» e dell'illegalità (e di ciò siamo preoccupati) sono una marea di soldi assegnati, senza disputare gare pubbliche. L'articolo 8 del decreto in esame dispone lo stanziamento di quasi 100 milioni di euro che verranno spesi con criteri di urgenza e quindi senza gara pubblica. Perché? Abbiamo qui gli amici, compagni (tale termine si adatta bene nell'attuale collocazione) de l'Italia dei Valori che fanno del rispetto delle garanzie della gara pubblica una bandiera, un mito. Su tale punto non hanno niente da dire? È accettabile spendere 100 milioni di euro senza gara pubblica? Su tale punto intendevamo presentare degli emendamenti. Questi erano gli aspetti su cui volevamo discutere in Aula e che voi, invece, ci impedite di esaminare. Sono aspetti importanti. Allora non stupiamoci se la più grande impresa del Paese è la «mafia Spa», che vanta un fatturato pari a 93 miliardi di euro l'anno. È chiaro! Ma non è opportuno che lo Stato vada ad alimentare questa grande impresa. Inoltre, è necessario controllare, nel dettaglio, fino a che punto servono questi quattrini. È fantastico lo stanziamento di 7 milioni di euro - il collega Filippi lo ha trovato divertente - e a tale proposito abbiamo compiuto un piccolo calcolo. Vengono stanziati 7 milioni di euro per la viabilità secondaria, per un tratto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria di circa 11 chilometri. Sette milioni di euro per impianti semaforici e attraversamenti pedonali. Se calcoliamo il costo di un impianto semaforico e dividiamo i sette milioni di euroPag. 80per quel costo - pari a 4.000 euro - significa mettere un semaforo ogni 20 metri. Non so se mi sono spiegato bene. Caro sottosegretario Lettieri, è ragionevole costruire un semaforo ogni 20 metri o dovremmo chiederlo anche al Ministro Di Pietro, sempre attento alla legalità e alle opere che si devono necessariamente costruire in questo Paese?
Veniamo ora all'altra Italia, quella del «rischio», quella che tiene in piedi la baracca, che risiede quasi completamente in Padania, se facciamo attenzione ai dati relativi alle entrate fiscali. Cosa date all'«Italia del rischio», cosa restituite del maltolto dei famosi tesoretti? Niente. Con il decreto in esame non date niente alle imprese, alle piccole e medie aziende, agli artigiani, ai commercianti, ai giovani precari che aprono le partite IVA per lavorare (oggi accade questo).
Era interessante il titolo del convegno della Confapi che si è svolto la scorsa settimana a Roma a due passi da qui: «Dal rischio al fisco». È esattamente ciò che ha fatto il Governo Prodi. Le aziende, invece di investire in capitale di rischio per crescere, devono investire in fisco, ossia buttare via soldi per mantenere il carrozzone.
Per dare un'idea del fenomeno, uno studio della Confapi di Torino stima la tassazione in capo alle piccole aziende al 71 per cento. Non so se è chiaro il concetto. Un piccolo imprenditore, tra tassa rifiuti, Ici e quant'altro, arriva a pagare, prima di percepire gli utili, il 71 per cento di tasse. In tal modo gli rimane il 29 per cento del guadagno netto.
È chiaro che la situazione è insostenibile, inconcepibile e immorale. Il termine esatto è immorale. In Spagna una piccola-media impresa è tassata al 25 per cento. Come fa a competere una nostra piccola azienda, tassata al 71 per cento, con una piccola azienda che svolge la medesima attività, peraltro in un Paese che tutela la sicurezza e dove magari un imprenditore può anche andare a casa e dormire tranquillo senza rischiare di trovarsi morto soffocato perché gli entra in casa l'ennesimo delinquente che non è sicuramente né lombardo, né veneto, né piemontese, né italiano? Come facciamo a continuare a competere? Prendete tutti i soldi dalle imprese e, alla fine, non restituite niente.
Mi accingo a concludere, affrontando il tema del mito dell'evasione fiscale. Adesso veramente - lo ripeteremo alla nausea - la situazione deve finire. Infatti, in alcuni interventi svolti in precedenza - e sicuramente in altri che seguiranno - si è parlato del mito del recupero dell'evasione fiscale. Vorrei fornire alcuni dati al riguardo: innanzitutto, dei 23 miliardi di maggior gettito - come ha detto lo stesso Ministro Padoa Schioppa - appena 4,5 miliardi derivano dal recupero di evasione fiscale tout court. Il resto è l'effetto del primo decreto Bersani e di altre operazioni, ma non il recupero dell'evasione. Si tratta, sostanzialmente, di tasse in più. Dei 23 di maggior gettito dell'anno in corso soltanto 4,5 miliardi - secondo la Banca d'Italia soltanto 3,5 miliardi - sono derivanti dal recupero dell'evasione fiscale.
È inoltre interessante analizzare la diffusione ed il livello dell'evasione fiscale in Italia per vedere se l'intervento del Governo sia coerente con la situazione esistente.
Vorrei continuare a prendere in considerazione le aziende perché è ovvio che il lavoratore dipendente, essendo tassato alla fonte, per definizione, non può evadere se non con il lavoro nero, il doppio lavoro, di cui parleremo in seguito. Parliamo dunque di evasione fiscale e di tale fenomeno riguardo alle aziende.
L'IRAP è un ottimo stimatore dell'evasione fiscale. Credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che chi evade l'IRAP, per definizione, evade anche le altre tasse. Se prendiamo un interessante studio dell'Agenzia delle entrate - e non della Lega Nord - notiamo come in Lombardia l'evasione IRAP sia pari al 13 per cento. Voi direte che il 13 per cento è tanto. In Francia è al 15 per cento, in Germania a più del 16 per cento, mentre nella civilissima Svezia si attesta al 19 per cento. Quindi la Lombardia è più virtuosa dei migliori Stati europei propri concorrenti.Pag. 81
Dove è, dunque, il problema? Il problema risiede nel fatto che in Italia l'evasione IRAP è al 17-18 per cento, ma se si scende giù dal Rubicone e si arriva in Umbria l'evasione IRAP è al 44 per cento. Le aziende in Campania evadono l'IRAP al 60 per cento e in Sicilia al 65 per cento. Signor sottosegretario, mi dovrebbe spiegare come sia possibile che in Calabria si evada al 94 per cento. Un'evasione IRAP in Calabria al 94 per cento significa che in questa regione la guardia di finanza sostanzialmente non esiste. Pertanto, sarebbe interessante che il nostro Viceministro Visco analizzasse tali dati e facesse qualcosa.
Invece di continuare a spremere dove il limone è già spremuto e dove le aziende chiudono per tasse, nonché a mettere in difficoltà le aziende che tengono in piedi la baracca, perché non si fa qualcosa nelle aree del Paese che Ricolfi chiama l'«Italia della forza», dell'illegalità diffusa, dove non si pagano le tasse, perché si paga il pizzo? Voi direte che non possiamo farci niente. Ma se è così, lasciate in pace le aziende che producono il lavoro e il benessere dell'intera nazione! Oppure, siete eticamente obbligati a riportare il tasso di evasione in misura uguale in tutta Italia. È inammissibile che vi siano aree del Paese dove il tasso di evasione per le aziende è superiore al 60 per cento. È una cosa sostanzialmente inconcepibile, immorale ed eticamente insostenibile.
Voi direte che vi è lavoro nero, ma anche in questo caso i dati non quadrano. Sempre secondo i dati ufficiali dell'ISTAT, il lavoro nero al centro è il doppio pro capite; l'evasione contributiva e fiscale per lavoro nero al centro del Paese è il doppio rispetto al nord e al sud è il triplo. È chiaro che poi si fa davvero fatica a tenere insieme queste tre Italie. Ha ragione Ricolfi quando afferma che, se il centrosinistra, se Prodi non fa qualcosa per tenere insieme queste tre Italie, l'«Italia del rischio» che lavora (risiede quasi tutta in Padania, ma non solo, perché vi è gente che lavora da tutte le parti, ma da noi le piccole e medie imprese ne costituiscono il tessuto normale, quello più diffuso; da noi non c'è il mito di andare a lavorare nella pubblica amministrazione) e l'«Italia delle garanzie», se continuate ad investire solo per le garanzie, solo per quello che dice il sindacato, il rischio reale è che le «tre Italie» poi non staranno più insieme. Non è questione di secessione o meno, ma di non farcela più a stare insieme.
Inoltre, la manovra - vado a concludere davvero - che avete fatto dal punto di vista macroeconomico è demenziale: è prociclica, nel senso che va ad amplificare i cicli in corso di aumento della spesa pubblica. Infatti, abbiamo superato il 50 per cento del PIL in termini di spesa pubblica (non accadeva dal dopoguerra); la pressione fiscale effettiva (il termine è sempre dell'Agenzie delle entrate) si attesta al 53 per cento, mentre quella apparente è al 43 per cento. La pressione fiscale effettiva (cioè in capo a chi le tasse le paga e, considerati i dati che ho citato prima sull'evasione fiscale, ciò dovrebbe far riflettere molto) e calcolata in base a chi le tasse le paga è al 53 per cento. Ciò non esiste in alcun altro Paese avanzato del mondo.
Che cosa fa il Governo Prodi? Continua ad aumentare la spesa pubblica; non fa nulla per ridurre le entrate e non potrà farlo se la logica è pagare le «Italie del malaffare», della forza, dell'illegalità diffusa, regalando miliardi senza nemmeno chiedere di fare le gare pubbliche per i lavori, continuando a dare soldi per un pubblico impiego sostanzialmente inutile e inefficiente. Ricordiamo qualche dato sui dipendenti delle regioni: al nord abbiamo 0,93 dipendenti ogni mille persone in età da lavoro, al centro ne abbiamo il doppio, al sud il quadruplo. Con una forza lavoro quadrupla andate ad assumere altri 350 mila persone! Volete spiegare a tutto il Paese, non solo alla Padania, dove andrete a trovare i soldi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia - Congratulazioni)?

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, in questoPag. 82intervento, che svolgo a nome del gruppo de l'Italia dei Valori, desidero innanzitutto ringraziare il relatore e i componenti della Commissione, perché comunque in questi giorni hanno lavorato senza risparmio, nel tentativo di arrivare ad una conclusione, poi purtroppo diversa da quella che noi tutti desideravamo.
Oggi esaminiamo questo provvedimento dopo che la Commissione ha accolto alcuni emendamenti del Governo, tendenti a far quadrare il risultato raggiunto con il testo pervenuto dal Senato. Voglio partire proprio da questo punto, ricordando a tutti che non possiamo immaginare di discutere sulla conversione di questo decreto-legge senza contemporaneamente tener conto anche del disegno di legge finanziaria, perlomeno nei termini che conosciamo attualmente, non essendosi ancora concluso l'iter al Senato. È evidente che chi sostiene che questo provvedimento non contiene interventi per le imprese non può ignorare che nell'altro ne sono previsti in maniera sostanziale, sia per quanto attiene la riduzione e la semplificazione dell'IRES, sia per quanto riguarda l'intervento (veramente sostanziale) per i cosiddetti contribuenti semplificati, «minori», per i quali è previsto invece un intervento molto forte, sia in termini di riduzione dell'aliquota al 20 per cento, sia in termini di riduzione dell'apparato burocratico, di semplificazione amministrativa, della tenuta della contabilità, e così via. Tutto ciò avrà su circa un milione di contribuenti, piccole e piccolissime imprese e artigiani, un impatto molto rilevante.
Non posso non sottolineare il fatto che la lotta all'evasione fiscale costituisce un intervento fondamentale avviato da questo Governo. Piaccia o no, non si può non riconoscere che si tratta di 23 miliardi. Ci sono studi che danno delle cifre diverse, anche se lontane da quelle che sostengono che solo tre o quattro miliardi sono dovuti al miglioramento della tax compliance dei cittadini, ma è evidente che ci sono stati alcuni punti fermi. C'è stata una dichiarazione di principio molto netta sul fatto che non ci sarebbero stati più condoni; c'è stato un intervento anche rapido nello scorso anno per rendere effettiva, ad esempio, l'anagrafe fiscale, uno strumento che in precedenza non serviva a nulla; la sistemazione attuata lo scorso anno permetterà di avere uno strumento informatico che, al di là degli interventi e delle ispezioni dirette, potrà permettere semplicemente, in via informatica, di monitorare e di intervenire in modo mirato nella lotta all'evasione fiscale.
Certo, è chiaro che sul modo in cui sono state utilizzate le risorse che si sono liberate ogni gruppo politico potrebbe avere qualcosa da ridire, soprattutto in una coalizione - non c'è nulla di male a riconoscerlo - che ha delle anime assai diverse al suo interno. Non nego che il gruppo che rappresento, l'Italia dei Valori, avrebbe preferito che in larga misura le risorse fossero destinate alla riduzione del debito, piuttosto che alla spesa corrente. Tuttavia, riconosco che questo Governo ha realizzato alcuni interventi importanti, compresi anche quelli previsti in questo decreto-legge. Non posso dimenticare che quando parliamo di crescita della spesa pubblica dobbiamo anche avere la capacità di distinguere quella parte di spesa che attiene agli investimenti da quella che costituisce spesa corrente. Non posso dimenticare che nella legge finanziaria dello scorso anno, nel decreto-legge collegato ad essa, in questo decreto-legge che stiamo esaminando e nella prossima legge finanziaria ci sono interventi di investimento rilevanti: nel settore ferroviario, nel settore delle opere pubbliche, nel settore delle strade.
Come ha dichiarato in quest'Aula il Ministro delle infrastrutture nel pomeriggio, il Governo è stato costretto a spendere miliardi di euro per pagare debiti già contratti da chi ha semplicemente inaugurato cantieri, senza mettere a bilancio un centesimo per poter far proseguire tali opere. Da questo punto di vista, il Governo è intervenuto in modo massiccio con spese di investimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori): è facile, infatti, aprire i cantieri, ma bisogna poi sapere dove reperire i quattrini per completare quelle opere.Pag. 83
Effettuerò alcuni interventi a macchia di leopardo sul provvedimento: oltre a interventi che sono serviti per tappare «buchi» creati da altri, vi sono anche interventi di un certo rilievo. È vero che siamo dovuti intervenire in alcune regioni con stanziamenti rilevanti per tappare «buchi» creati nel settore della sanità, ma, per le regioni che non sapranno incanalarsi verso un percorso virtuoso in tale settore, l'intervento attraverso il commissariamento, ad esempio, mi pare possa essere di aiuto, così come lo sarebbero una serie di interventi e di contributi al trasporto metropolitano nelle grandi città. A proposito, non vi è solo il sud: vi sono interventi rilevanti che riguardano anche Milano e determinate aree del nord.
Certo, vi sono misure che avremmo preferito fossero mantenute e a tale riguardo abbiamo predisposto proposte emendative affinché con il provvedimento in esame si intervenga, ad esempio, sui cosiddetti costi della politica. Non dimentico che il Governo, nel presentare il provvedimento, aveva immaginato di ridurre i contributi all'editoria del 7 per cento e che il decreto-legge in discussione, nel testo approvato dal Senato, prevede una riduzione del 2 per cento. Volevamo riportare la riduzione di tali contributi alla cifra originaria, perché riteniamo che in larga parte essi servano a tenere in piedi testate che spesso non hanno alcun significato e che, forse, non sono lette neppure da chi le redige. D'altronde, credo che molti colleghi sappiano cosa avviene al mattino, quando i giornali di numerose testate - che ricevono in larga parte contributi pubblici - vengono depositati nella casella postale dei deputati e, subito dopo, finiscono nel cestino.
Credo che su questo si dovrà intervenire in modo molto più significativo e forte, così come ritengo che un buon intervento sia quello volto a favorire, da parte degli enti locali, l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari. Non dimentichiamo che vi è il fenomeno, ancora non totalmente esplorato, dell'impatto che potrà avere l'uso dei contratti derivati, tematica sulla quale si sta svolgendo ancora una serie di audizioni in Commissione finanze; in un solo anno, però, siamo passati da 500 a 1000 miliardi di mutui basati sui «derivati»: non sappiamo quale effetto ciò potrà determinare sulla finanza pubblica.
Mi sembra, poi, di dover ricordare che da tantissimo tempo non era stato previsto un intervento complessivo sulla casa e sulle politiche abitative. Qualcuno mi dice che ciò non avviene da quindici anni: non li ho contati, ma certamente si tratta di un altro segnale di grande cambiamento.
La destinazione di 550 milioni, con l'aggiunta di 100 milioni previsti in un altro articolo, per la creazione di una società, da parte del Ministero dell'economia, per intervenire ancora in tale settore, significa destinare 650 milioni di euro a politiche abitative: credo che ciò costituisca un cambiamento significativo, perché va considerato anche alla luce delle sofferenze che colpiscono coloro su cui gravano decreti di sfratto, a causa dei quali devono lasciare le abitazioni; anche se questo intervento non potrà probabilmente permettere di sollevare immediatamente tali soggetti, era però necessario.
Allo stesso modo, credo che anche interventi come quelli a favore dell'affidamento dei servizi aggiuntivi nel campo dei beni culturali siano altrettanto importanti. Chi - e io ho avuto la fortuna di continuare a farlo per molto tempo - ha potuto visitare altri Paesi, sa bene quanto i musei siano diventati non soltanto un luogo di fruizione dei beni culturali, ma anche un luogo dove il recupero delle spese per i beni culturali si è realizzato grazie a una serie di servizi collaterali, che in Italia mancano (dai ristoranti all'accoglienza, fino ad arrivare ai servizi editoriali). Anche in questa materia credo che fosse necessario intervenire e mi pare che quanto previsto sia significativo.
Invece, come gruppo parlamentare esprimiamo riserve su una questione che attiene non tanto al reperimento delle risorse per interventi in materia di pubblico impiego, ma al fatto che tali interventi non siano legati al miglioramento della produttività.Pag. 84
In altre occasioni ho segnalato - ultimamente intervenendo nella discussione sul disegno di legge presentato dal Ministro Nicolais - come a mio avviso sia ineludibile affrontare la discussione sulla riduzione della spesa per i dipendenti dello Stato, specie considerando che negli ultimi anni si sono trasferite competenze ad altri enti, e alle regioni in particolare, ma non si è mai trasferita anche la pianta organica del personale dello Stato dedicato a quelle competenze.
Dunque, dobbiamo intervenire in modo rigoroso e drastico, a mio giudizio, sulla mobilità dei dipendenti dello Stato, che non può essere decisa da una contrattazione di natura sindacale, addirittura quando si tratta di spostare un dipendente dello Stato da un piano all'altro. Non si può proseguire in questo modo: non c'entra nulla il problema delle parti sociali, che nessuno contesta, ma il legislatore non può esimersi dal legiferare in tale materia, per rendere la mobilità un istituto effettivo; altrimenti, continueremo ad avere un peso rilevante dei dipendenti pubblici in determinati settori e in determinate aree geografiche, e mancanza di personale in altre aree o in altri settori. Si deve rendere questo processo molto più fluido di quanto non sia attualmente.
Un altro tema del quale vorrei parlare riguarda le disposizioni in materia di sistema digitale terrestre. Temo che molti si stiano dimenticando che vi è una sentenza della Corte costituzionale che da molti anni attende di non essere disattesa e a cui il Governo che ci ha preceduto, con una sorta di meccanismo di «gioco delle tre carte», ha trovato il modo di non dare ancora attuazione.
Non sono d'accordo sul fatto di perseverare su questa strada, rinviando addirittura al 2012 il passaggio al sistema digitale. Dobbiamo avere il coraggio di intervenire in modo più forte e di ridurre tale lasso di tempo. Posso capire che vi siano dei problemi tecnici ma, se noi non arriviamo a questo passaggio entro il termine della legislatura, il rischio concreto è che, se nella prossima legislatura dovesse cambiare la maggioranza, tale passaggio al digitale sarà ulteriormente spostato nel tempo per mantenere uno status quo in contrasto con la nostra Costituzione, così come la citata sentenza ha dichiarato.
Per quanto riguarda altri interventi importanti, vi è una questione relativa alla politica della casa: negli articoli relativi a tale materia è stato aggiunto anche un intervento - credo per 60 milioni di euro - che invece riguarda le zone terremotate del Molise, della provincia di Foggia ed altre, in relazione al quale occorre correggere un errore. Infatti, si tratta di interventi che devono essere necessariamente molto veloci, in quanto legati a calamità naturali, mentre il meccanismo dei contratti di quartiere è tale, rimanendo così l'articolato, da determinare un iter estremamente lungo che, invece, va semplificato. Per tale motivo, noi abbiamo anche presentato un emendamento su questo tema.
Intendo ricordare un altro articolo, che riguarda i soggetti emotrasfusi, sul quale è intervenuto anche un emendamento del Governo perché vi erano problemi copertura. Certamente tutti coloro che sono stati danneggiati da una trasfusione hanno diritto ad essere risarciti, ma voglio ricordare che da cinquant'anni vi sono soggetti danneggiati da un farmaco, che si chiama talidomide, che negli anni Sessanta ha provocato la nascita di migliaia di bambini focomelici (quindi privi di qualche arto e, in qualche caso, totalmente disabili), i quali, tranne che in Italia, sono stati risarciti. Il risarcimento è stato previsto in tutto il resto d'Europa: siamo l'unico Paese in cui, per una legislazione a quel tempo molto carente, la casa farmaceutica non è stata obbligata a risarcire i danni. Sono circa 550 i soggetti che attendono un risarcimento, che oggi hanno una cinquantina di anni, anche se, per la verità, le fatiche più grandi sono state sostenute dai loro genitori, che forse non ci sono più, ai quali si dovrebbe dare un ristoro per i danni patiti in questi anni.
Anche a tale proposito ho presentato un emendamento affinché si potesse estendere a tali soggetti il risarcimento del danno previsto per gli emotrasfusi. MiPag. 85auguro che se non sarà possibile in tale sede, quanto meno nella prossima legge finanziaria si possa trovare il modo di dare soluzione a questo problema.
Un altro tema riguarda i servizi pubblici. Al riguardo sono stati previsti due interventi a mio giudizio parziali e ritengo che si dovesse trovare il modo di completarli. Infatti, si è intervenuti, attraverso l'articolo 26-ter, con la moratoria per quanto riguarda i servizi idrici e successivamente si è previsto un intervento per quanto riguarda il gas, ma si tratta di un interventi parziali; forse si doveva trovare anche in tale ambito un modo per intervenire sull'affidamento di tutti i servizi pubblici e non soltanto di quelli indicati.
Anche in questo caso, mi auguro che nella legge finanziaria si ponga rimedio a questa mancanza.
Un altro tema che Italia dei Valori vuole ricordare riguarda l'articolo 28 del provvedimento in esame, che prevede la soppressione della Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi (SPORTASS) e sul quale vorrei esprimere una considerazione.
Per carità, gli uffici della Commissione bilancio ci evidenziano che praticamente abbiamo trasferito all'INPS un peso non indifferente, perché nel 2007 sono previste entrate contributive per 600 mila euro e una spesa per prestazioni di 4 milioni e 500 mila euro. La distanza tra entrate contributive e spesa per prestazioni crescerà nel tempo: nel 2017 - pensate - ci saranno 50 mila euro di entrate contributive, quasi 8 milioni di euro di prestazioni. Vi saranno pure delle responsabilità! Capisco che per la tutela degli assicurati, ammesso che abbiano versato contributi adeguati - non lo so -, si possa persino accettare di scaricare sul settore pubblico queste prestazioni. Però, qualcuno dovrà pure pagare se ha permesso che un ente si sia trovato in tali condizioni!
Così come non ci troviamo molto d'accordo, come gruppo, sulle 45 unità da assumere al personale dell'Agenzia nazionale per i giovani. Quando è stata istituita, avevamo presentato un ordine del giorno, che era stato accettato dal Governo, affinché si guardasse con particolare attenzione a questa Agenzia. Oggi, a distanza di un anno, ci viene chiesto di approvare addirittura 45 nuove unità, con un investimento - mi pare - di più di un milione di euro. Mi sembra che il Governo avrebbe potuto meglio tenere conto e considerare l'ordine del giorno che aveva accettato.
È bene che sia previsto il Fondo per le zone di confine, ma bisogna dire e va ricordato che, da una previsione complessiva tra disegno di legge finanziaria e decreto-legge di 40 milioni di euro, siamo scesi a 25 milioni di euro, perché nel disegno di legge finanziaria è sparita la dotazione. Comunque, non può essere questa la strada per affrontare un problema che si sta manifestando nei comuni, nelle regioni e nelle province confinanti con le regioni a statuto speciale.
In questo senso bisognerà pure arrivare rapidamente a delle soluzioni. Non si sa più che fine ha fatto il famoso provvedimento di attuazione del federalismo fiscale, ma non credo che la soluzione sia quella di dare un po' di quattrini ad alcuni comuni. A parte che, a questo punto, qualunque sindaco non potrà che avviare la richiesta del referendum comunale, visto che in seguito gli arriverà qualcosa. Non mi pare che questo intervento, anche sul piano educativo, sia utile, ma credo che la soluzione sia da ricercare in altre modalità.
Vi sono, inoltre, una serie di misure, che giudico positive, per quanto riguarda gli interventi per il miglioramento dell'efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni ambientali di autovetture da noleggio e autoambulanze, e una serie di altri interventi. Forse, qualche altra parte politica ne parlerà di più. Però, ne approfitto, perché è notizia di oggi che pagheremo il gas all'Unione sovietica, anzi alla Russia - perché l'Unione sovietica non esiste più - il 15 per cento in più.
È molto opportuno che vi sia la norma sui rigassificatori se, effettivamente, servirà per accelerare la loro costruzione sul territorio italiano, ma è necessario che vi sia la volontà di costruirli e ho la sensazionePag. 86che, in realtà, il citato articolo non risolva il problema. Forse era necessario fornire strumenti di semplificazione ancora più rapidi, perché non è accettabile che si dipenda per il 60 per cento dal gas metano, che esso arrivi soltanto attraverso gasdotti ed essere, così, in totale balia del fatto che la Libia, piuttosto che la Russia, ci possano, in qualche modo, far pesare tale dipendenza. Evidentemente, quando si alza il prezzo del petrolio, la prima cosa che accade è un rialzo del prezzo anche delle altre fonti energetiche.
Dobbiamo investire nella diversificazione delle fonti: il rischio si ripartisce attraverso la diversificazione e anche la nostra dipendenza dai mercati diventa meno importante se disponiamo di più fonti alternative, che non sono solo quelle rinnovabili, ma anche il carbone - oggi si possono costruire centrali a carbone con impatti ambientali molto contenuti - e, perfino, il nucleare. James Lovelock, uno dei padri dell'ambientalismo, dopo anni dedicati ad affermare che non era il caso di andare verso certi tipi di energia, scrive che non riusciremo mai a ridurre l'effetto serra in modo significativo se non ricorrendo anche all'energia di tipo nucleare.
Condivido l'idea di spingere il più possibile su tutte le fonti rinnovabili - ci mancherebbe - ma teniamo presente che esiste un problema strategico di indipendenza del nostro Paese e di possibilità di stoccaggio di determinate fonti, come il gas metano, che, certo, con scorte strategiche diverse, ci permetterebbe di essere meno esposti all'andamento dei prezzi internazionali.
Mi avvio alla conclusione. Mi sembra di avere ricordato i passaggi più significativi che sono contenuti nel decreto-legge. Ritengo che, complessivamente, al di là delle riserve che ho espresso, sia un provvedimento positivo.
È previsto anche un intervento per gli incapienti: sarà certamente, come qualcuno ha affermato, un intervento di poco conto, tuttavia non dimentico che, quando si è svolta l'audizione dei rappresentanti dell'ISTAT presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato riunite, è stata fatta, a tale proposito, un'osservazione piuttosto significativa sull'impatto di questo decreto-legge. Secondo le rilevazioni ISTAT, tale intervento porterà, comunque, una significativa riduzione del numero delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Ritengo che, in un Paese in cui si parla di sette milioni di famiglie interessate, non sia un dato irrilevante. Vi saranno comunque, perché 150 euro, forse, sono pochi per chi ha molto, ma per chi ha molto poco anche 150 euro rappresentano pur sempre qualcosa di molto positivo. Non dimentichiamo l'altro intervento sulle pensioni, che ha maturato e prodotto i suoi effetti in termini operativi nelle scorse settimane.
Per questi motivi, in conclusione del mio intervento, annuncio il voto favorevole dell'Italia dei valori su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, in questoPag. 82intervento, che svolgo a nome del gruppo de l'Italia dei Valori, desidero innanzitutto ringraziare il relatore e i componenti della Commissione, perché comunque in questi giorni hanno lavorato senza risparmio, nel tentativo di arrivare ad una conclusione, poi purtroppo diversa da quella che noi tutti desideravamo.
Oggi esaminiamo questo provvedimento dopo che la Commissione ha accolto alcuni emendamenti del Governo, tendenti a far quadrare il risultato raggiunto con il testo pervenuto dal Senato. Voglio partire proprio da questo punto, ricordando a tutti che non possiamo immaginare di discutere sulla conversione di questo decreto-legge senza contemporaneamente tener conto anche del disegno di legge finanziaria, perlomeno nei termini che conosciamo attualmente, non essendosi ancora concluso l'iter al Senato. È evidente che chi sostiene che questo provvedimento non contiene interventi per le imprese non può ignorare che nell'altro ne sono previsti in maniera sostanziale, sia per quanto attiene la riduzione e la semplificazione dell'IRES, sia per quanto riguarda l'intervento (veramente sostanziale) per i cosiddetti contribuenti semplificati, «minori», per i quali è previsto invece un intervento molto forte, sia in termini di riduzione dell'aliquota al 20 per cento, sia in termini di riduzione dell'apparato burocratico, di semplificazione amministrativa, della tenuta della contabilità, e così via. Tutto ciò avrà su circa un milione di contribuenti, piccole e piccolissime imprese e artigiani, un impatto molto rilevante.
Non posso non sottolineare il fatto che la lotta all'evasione fiscale costituisce un intervento fondamentale avviato da questo Governo. Piaccia o no, non si può non riconoscere che si tratta di 23 miliardi. Ci sono studi che danno delle cifre diverse, anche se lontane da quelle che sostengono che solo tre o quattro miliardi sono dovuti al miglioramento della tax compliance dei cittadini, ma è evidente che ci sono stati alcuni punti fermi. C'è stata una dichiarazione di principio molto netta sul fatto che non ci sarebbero stati più condoni; c'è stato un intervento anche rapido nello scorso anno per rendere effettiva, ad esempio, l'anagrafe fiscale, uno strumento che in precedenza non serviva a nulla; la sistemazione attuata lo scorso anno permetterà di avere uno strumento informatico che, al di là degli interventi e delle ispezioni dirette, potrà permettere semplicemente, in via informatica, di monitorare e di intervenire in modo mirato nella lotta all'evasione fiscale.
Certo, è chiaro che sul modo in cui sono state utilizzate le risorse che si sono liberate ogni gruppo politico potrebbe avere qualcosa da ridire, soprattutto in una coalizione - non c'è nulla di male a riconoscerlo - che ha delle anime assai diverse al suo interno. Non nego che il gruppo che rappresento, l'Italia dei Valori, avrebbe preferito che in larga misura le risorse fossero destinate alla riduzione del debito, piuttosto che alla spesa corrente. Tuttavia, riconosco che questo Governo ha realizzato alcuni interventi importanti, compresi anche quelli previsti in questo decreto-legge. Non posso dimenticare che quando parliamo di crescita della spesa pubblica dobbiamo anche avere la capacità di distinguere quella parte di spesa che attiene agli investimenti da quella che costituisce spesa corrente. Non posso dimenticare che nella legge finanziaria dello scorso anno, nel decreto-legge collegato ad essa, in questo decreto-legge che stiamo esaminando e nella prossima legge finanziaria ci sono interventi di investimento rilevanti: nel settore ferroviario, nel settore delle opere pubbliche, nel settore delle strade.
Come ha dichiarato in quest'Aula il Ministro delle infrastrutture nel pomeriggio, il Governo è stato costretto a spendere miliardi di euro per pagare debiti già contratti da chi ha semplicemente inaugurato cantieri, senza mettere a bilancio un centesimo per poter far proseguire tali opere. Da questo punto di vista, il Governo è intervenuto in modo massiccio con spese di investimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori): è facile, infatti, aprire i cantieri, ma bisogna poi sapere dove reperire i quattrini per completare quelle opere.Pag. 83
Effettuerò alcuni interventi a macchia di leopardo sul provvedimento: oltre a interventi che sono serviti per tappare «buchi» creati da altri, vi sono anche interventi di un certo rilievo. È vero che siamo dovuti intervenire in alcune regioni con stanziamenti rilevanti per tappare «buchi» creati nel settore della sanità, ma, per le regioni che non sapranno incanalarsi verso un percorso virtuoso in tale settore, l'intervento attraverso il commissariamento, ad esempio, mi pare possa essere di aiuto, così come lo sarebbero una serie di interventi e di contributi al trasporto metropolitano nelle grandi città. A proposito, non vi è solo il sud: vi sono interventi rilevanti che riguardano anche Milano e determinate aree del nord.
Certo, vi sono misure che avremmo preferito fossero mantenute e a tale riguardo abbiamo predisposto proposte emendative affinché con il provvedimento in esame si intervenga, ad esempio, sui cosiddetti costi della politica. Non dimentico che il Governo, nel presentare il provvedimento, aveva immaginato di ridurre i contributi all'editoria del 7 per cento e che il decreto-legge in discussione, nel testo approvato dal Senato, prevede una riduzione del 2 per cento. Volevamo riportare la riduzione di tali contributi alla cifra originaria, perché riteniamo che in larga parte essi servano a tenere in piedi testate che spesso non hanno alcun significato e che, forse, non sono lette neppure da chi le redige. D'altronde, credo che molti colleghi sappiano cosa avviene al mattino, quando i giornali di numerose testate - che ricevono in larga parte contributi pubblici - vengono depositati nella casella postale dei deputati e, subito dopo, finiscono nel cestino.
Credo che su questo si dovrà intervenire in modo molto più significativo e forte, così come ritengo che un buon intervento sia quello volto a favorire, da parte degli enti locali, l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari. Non dimentichiamo che vi è il fenomeno, ancora non totalmente esplorato, dell'impatto che potrà avere l'uso dei contratti derivati, tematica sulla quale si sta svolgendo ancora una serie di audizioni in Commissione finanze; in un solo anno, però, siamo passati da 500 a 1000 miliardi di mutui basati sui «derivati»: non sappiamo quale effetto ciò potrà determinare sulla finanza pubblica.
Mi sembra, poi, di dover ricordare che da tantissimo tempo non era stato previsto un intervento complessivo sulla casa e sulle politiche abitative. Qualcuno mi dice che ciò non avviene da quindici anni: non li ho contati, ma certamente si tratta di un altro segnale di grande cambiamento.
La destinazione di 550 milioni, con l'aggiunta di 100 milioni previsti in un altro articolo, per la creazione di una società, da parte del Ministero dell'economia, per intervenire ancora in tale settore, significa destinare 650 milioni di euro a politiche abitative: credo che ciò costituisca un cambiamento significativo, perché va considerato anche alla luce delle sofferenze che colpiscono coloro su cui gravano decreti di sfratto, a causa dei quali devono lasciare le abitazioni; anche se questo intervento non potrà probabilmente permettere di sollevare immediatamente tali soggetti, era però necessario.
Allo stesso modo, credo che anche interventi come quelli a favore dell'affidamento dei servizi aggiuntivi nel campo dei beni culturali siano altrettanto importanti. Chi - e io ho avuto la fortuna di continuare a farlo per molto tempo - ha potuto visitare altri Paesi, sa bene quanto i musei siano diventati non soltanto un luogo di fruizione dei beni culturali, ma anche un luogo dove il recupero delle spese per i beni culturali si è realizzato grazie a una serie di servizi collaterali, che in Italia mancano (dai ristoranti all'accoglienza, fino ad arrivare ai servizi editoriali). Anche in questa materia credo che fosse necessario intervenire e mi pare che quanto previsto sia significativo.
Invece, come gruppo parlamentare esprimiamo riserve su una questione che attiene non tanto al reperimento delle risorse per interventi in materia di pubblico impiego, ma al fatto che tali interventi non siano legati al miglioramento della produttività.Pag. 84
In altre occasioni ho segnalato - ultimamente intervenendo nella discussione sul disegno di legge presentato dal Ministro Nicolais - come a mio avviso sia ineludibile affrontare la discussione sulla riduzione della spesa per i dipendenti dello Stato, specie considerando che negli ultimi anni si sono trasferite competenze ad altri enti, e alle regioni in particolare, ma non si è mai trasferita anche la pianta organica del personale dello Stato dedicato a quelle competenze.
Dunque, dobbiamo intervenire in modo rigoroso e drastico, a mio giudizio, sulla mobilità dei dipendenti dello Stato, che non può essere decisa da una contrattazione di natura sindacale, addirittura quando si tratta di spostare un dipendente dello Stato da un piano all'altro. Non si può proseguire in questo modo: non c'entra nulla il problema delle parti sociali, che nessuno contesta, ma il legislatore non può esimersi dal legiferare in tale materia, per rendere la mobilità un istituto effettivo; altrimenti, continueremo ad avere un peso rilevante dei dipendenti pubblici in determinati settori e in determinate aree geografiche, e mancanza di personale in altre aree o in altri settori. Si deve rendere questo processo molto più fluido di quanto non sia attualmente.
Un altro tema del quale vorrei parlare riguarda le disposizioni in materia di sistema digitale terrestre. Temo che molti si stiano dimenticando che vi è una sentenza della Corte costituzionale che da molti anni attende di non essere disattesa e a cui il Governo che ci ha preceduto, con una sorta di meccanismo di «gioco delle tre carte», ha trovato il modo di non dare ancora attuazione.
Non sono d'accordo sul fatto di perseverare su questa strada, rinviando addirittura al 2012 il passaggio al sistema digitale. Dobbiamo avere il coraggio di intervenire in modo più forte e di ridurre tale lasso di tempo. Posso capire che vi siano dei problemi tecnici ma, se noi non arriviamo a questo passaggio entro il termine della legislatura, il rischio concreto è che, se nella prossima legislatura dovesse cambiare la maggioranza, tale passaggio al digitale sarà ulteriormente spostato nel tempo per mantenere uno status quo in contrasto con la nostra Costituzione, così come la citata sentenza ha dichiarato.
Per quanto riguarda altri interventi importanti, vi è una questione relativa alla politica della casa: negli articoli relativi a tale materia è stato aggiunto anche un intervento - credo per 60 milioni di euro - che invece riguarda le zone terremotate del Molise, della provincia di Foggia ed altre, in relazione al quale occorre correggere un errore. Infatti, si tratta di interventi che devono essere necessariamente molto veloci, in quanto legati a calamità naturali, mentre il meccanismo dei contratti di quartiere è tale, rimanendo così l'articolato, da determinare un iter estremamente lungo che, invece, va semplificato. Per tale motivo, noi abbiamo anche presentato un emendamento su questo tema.
Intendo ricordare un altro articolo, che riguarda i soggetti emotrasfusi, sul quale è intervenuto anche un emendamento del Governo perché vi erano problemi copertura. Certamente tutti coloro che sono stati danneggiati da una trasfusione hanno diritto ad essere risarciti, ma voglio ricordare che da cinquant'anni vi sono soggetti danneggiati da un farmaco, che si chiama talidomide, che negli anni Sessanta ha provocato la nascita di migliaia di bambini focomelici (quindi privi di qualche arto e, in qualche caso, totalmente disabili), i quali, tranne che in Italia, sono stati risarciti. Il risarcimento è stato previsto in tutto il resto d'Europa: siamo l'unico Paese in cui, per una legislazione a quel tempo molto carente, la casa farmaceutica non è stata obbligata a risarcire i danni. Sono circa 150 i soggetti che attendono un risarcimento, che oggi hanno una cinquantina di anni, anche se, per la verità, le fatiche più grandi sono state sostenute dai loro genitori, che forse non ci sono più, ai quali si dovrebbe dare un ristoro per i danni patiti in questi anni.
Anche a tale proposito ho presentato un emendamento affinché si potesse estendere a tali soggetti il risarcimento del danno previsto per gli emotrasfusi. MiPag. 85auguro che se non sarà possibile in tale sede, quanto meno nella prossima legge finanziaria si possa trovare il modo di dare soluzione a questo problema.
Un altro tema riguarda i servizi pubblici. Al riguardo sono stati previsti due interventi a mio giudizio parziali e ritengo che si dovesse trovare il modo di completarli. Infatti, si è intervenuti, attraverso l'articolo 26-ter, con la moratoria per quanto riguarda i servizi idrici e successivamente si è previsto un intervento per quanto riguarda il gas, ma si tratta di un interventi parziali; forse si doveva trovare anche in tale ambito un modo per intervenire sull'affidamento di tutti i servizi pubblici e non soltanto di quelli indicati.
Anche in questo caso, mi auguro che nella legge finanziaria si ponga rimedio a questa mancanza.
Un altro tema che Italia dei Valori vuole ricordare riguarda l'articolo 28 del provvedimento in esame, che prevede la soppressione della Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi (SPORTASS) e sul quale vorrei esprimere una considerazione.
Per carità, gli uffici della Commissione bilancio ci evidenziano che praticamente abbiamo trasferito all'INPS un peso non indifferente, perché nel 2007 sono previste entrate contributive per 600 mila euro e una spesa per prestazioni di 4 milioni e 500 mila euro. La distanza tra entrate contributive e spesa per prestazioni crescerà nel tempo: nel 2017 - pensate - ci saranno 50 mila euro di entrate contributive, quasi 8 milioni di euro di prestazioni. Vi saranno pure delle responsabilità! Capisco che per la tutela degli assicurati, ammesso che abbiano versato contributi adeguati - non lo so -, si possa persino accettare di scaricare sul settore pubblico queste prestazioni. Però, qualcuno dovrà pure pagare se ha permesso che un ente si sia trovato in tali condizioni!
Così come non ci troviamo molto d'accordo, come gruppo, sulle 45 unità da assumere al personale dell'Agenzia nazionale per i giovani. Quando è stata istituita, avevamo presentato un ordine del giorno, che era stato accettato dal Governo, affinché si guardasse con particolare attenzione a questa Agenzia. Oggi, a distanza di un anno, ci viene chiesto di approvare addirittura 45 nuove unità, con un investimento - mi pare - di più di un milione di euro. Mi sembra che il Governo avrebbe potuto meglio tenere conto e considerare l'ordine del giorno che aveva accettato.
È bene che sia previsto il Fondo per le zone di confine, ma bisogna dire e va ricordato che, da una previsione complessiva tra disegno di legge finanziaria e decreto-legge di 40 milioni di euro, siamo scesi a 25 milioni di euro, perché nel disegno di legge finanziaria è sparita la dotazione. Comunque, non può essere questa la strada per affrontare un problema che si sta manifestando nei comuni, nelle regioni e nelle province confinanti con le regioni a statuto speciale.
In questo senso bisognerà pure arrivare rapidamente a delle soluzioni. Non si sa più che fine ha fatto il famoso provvedimento di attuazione del federalismo fiscale, ma non credo che la soluzione sia quella di dare un po' di quattrini ad alcuni comuni. A parte che, a questo punto, qualunque sindaco non potrà che avviare la richiesta del referendum comunale, visto che in seguito gli arriverà qualcosa. Non mi pare che questo intervento, anche sul piano educativo, sia utile, ma credo che la soluzione sia da ricercare in altre modalità.
Vi sono, inoltre, una serie di misure, che giudico positive, per quanto riguarda gli interventi per il miglioramento dell'efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni ambientali di autovetture da noleggio e autoambulanze, e una serie di altri interventi. Forse, qualche altra parte politica ne parlerà di più. Però, ne approfitto, perché è notizia di oggi che pagheremo il gas all'Unione sovietica, anzi alla Russia - perché l'Unione sovietica non esiste più - il 15 per cento in più.
È molto opportuno che vi sia la norma sui rigassificatori se, effettivamente, servirà per accelerare la loro costruzione sul territorio italiano, ma è necessario che vi sia la volontà di costruirli e ho la sensazionePag. 86che, in realtà, il citato articolo non risolva il problema. Forse era necessario fornire strumenti di semplificazione ancora più rapidi, perché non è accettabile che si dipenda per il 60 per cento dal gas metano, che esso arrivi soltanto attraverso gasdotti ed essere, così, in totale balia del fatto che la Libia, piuttosto che la Russia, ci possano, in qualche modo, far pesare tale dipendenza. Evidentemente, quando si alza il prezzo del petrolio, la prima cosa che accade è un rialzo del prezzo anche delle altre fonti energetiche.
Dobbiamo investire nella diversificazione delle fonti: il rischio si ripartisce attraverso la diversificazione e anche la nostra dipendenza dai mercati diventa meno importante se disponiamo di più fonti alternative, che non sono solo quelle rinnovabili, ma anche il carbone - oggi si possono costruire centrali a carbone con impatti ambientali molto contenuti - e, perfino, il nucleare. James Lovelock, uno dei padri dell'ambientalismo, dopo anni dedicati ad affermare che non era il caso di andare verso certi tipi di energia, scrive che non riusciremo mai a ridurre l'effetto serra in modo significativo se non ricorrendo anche all'energia di tipo nucleare.
Condivido l'idea di spingere il più possibile su tutte le fonti rinnovabili - ci mancherebbe - ma teniamo presente che esiste un problema strategico di indipendenza del nostro Paese e di possibilità di stoccaggio di determinate fonti, come il gas metano, che, certo, con scorte strategiche diverse, ci permetterebbe di essere meno esposti all'andamento dei prezzi internazionali.
Mi avvio alla conclusione. Mi sembra di avere ricordato i passaggi più significativi che sono contenuti nel decreto-legge. Ritengo che, complessivamente, al di là delle riserve che ho espresso, sia un provvedimento positivo.
È previsto anche un intervento per gli incapienti: sarà certamente, come qualcuno ha affermato, un intervento di poco conto, tuttavia non dimentico che, quando si è svolta l'audizione dei rappresentanti dell'ISTAT presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato riunite, è stata fatta, a tale proposito, un'osservazione piuttosto significativa sull'impatto di questo decreto-legge. Secondo le rilevazioni ISTAT, tale intervento porterà, comunque, una significativa riduzione del numero delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Ritengo che, in un Paese in cui si parla di sette milioni di famiglie interessate, non sia un dato irrilevante. Vi saranno comunque, perché 150 euro, forse, sono pochi per chi ha molto, ma per chi ha molto poco anche 150 euro rappresentano pur sempre qualcosa di molto positivo. Non dimentichiamo l'altro intervento sulle pensioni, che ha maturato e prodotto i suoi effetti in termini operativi nelle scorse settimane.
Per questi motivi, in conclusione del mio intervento, annuncio il voto favorevole dell'Italia dei valori su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor sottosegretario, ritengo che il provvedimento in discussione ci vedrà distanti dall'attuale maggioranza, non soltanto per il dibattito lungo - troppo lungo - attorno al contenuto del proveddimento stesso, ma per una filosofia che credo valga la pena di ricordare pienamente a titolo generale.
In questi giorni, il Ministro Padoa Schioppa dice di essere molto preoccupato per la perdita di competitività del nostro Paese. La classifica sulla competitività del Business International fornisce dati precisi: la Spagna è al ventiduesimo posto, ed è ormai irraggiungibile per noi che, nonostante tutti gli sforzi, non riusciamo a vedere assolutamente nulla che faccia intravedere la possibilità di un rilancio del sistema Italia.
Il provvedimento da voi elaborato parla di interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale. Tradotto in altri termini, ciò vuole indicare il modo in cui viene utilizzato l'extragettito, o tesoretto. Ritengo che vi sia prosopopea in questo modo di dire: infatti,Pag. 87se guardiamo bene, è vero che, in qualche modo, avete cercato di risolvere i problemi dei conti, ma lo avete fatto dilatando la spesa pubblica.
In sostanza, riuscite ad entrare nei meccanismi che regolano la nostra partecipazione al consesso europeo e, quindi, a far scendere il debito, rispetto al PIL, del 3 per cento, non attraverso modalità strutturali, bensì attraverso una dilatazione della spesa, che viene assorbita da un maggior prelievo. In altri termini, fate un'operazione una tantum, che rischia drammaticamente, tra un paio di anni, di risultare deleteria per quello che attiene al sistema Paese in termini di competitività.
Quindi, per quanto riguarda i conti, continuate a raccontarci cose giuste. Non abbiamo nulla da obiettare. Quello che affermate è legittimo, ma lo fate nella maniera assolutamente sbagliata, come se questo intervento, in qualche modo, fosse speculare a un Governo che può essere assolutamente limitato nel tempo e che, in qualche modo, può offrire la possibilità di mantenere il consenso tramite provvedimenti di questo genere.
Ritengo che una buona politica in questo Paese, oggi, non consista più nel mantenere il consenso, ma di perderlo per salvare il nostro Paese. Con questo provvedimento, tentate disperatamente di mantenere il consenso elettorale e non trovate un sistema di consenso più ampio in un contesto internazionale che compia in Italia, effettivamente, una sorta di percorso nobile per raggiungere determinati obiettivi.
Pertanto, quando vi abbiamo detto che l'extragettito doveva essere utilizzato per il risanamento, non era per farvene una colpa o per dire che, comunque, siamo antagonisti: era un tentativo per dare diverso spazio politico ad affermazioni di preoccupazione che vengono dal responsabile dell'economia di questo Paese e di questo Governo.
A maggior ragione, non capisco come oggi sia possibile esaltare questo provvedimento affermando, per esempio, che esso aiuta gli investimenti. Porterò alcuni esempi veramente deleteri a dimostrazione del fatto che, al contrario, drammaticamente, questo è un provvedimento di spesa - purtroppo, anche ricorrente (non si tratta, cioè, di un'operazione una tantum) - che rischia di diventare effettivamente devastante per la spesa pubblica nel nostro Paese.
Vi sono alcuni aspetti da sottolineare, in quanto sono estremamente paradossali: l'articolo 13 di questo provvedimento novella l'articolo 1, comma 873, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ossia, la legge finanziaria per il 2007).
I commi da 870 a 874 della legge finanziaria per l'anno 2007, sono finalizzati alla realizzazione di interventi nel settore della ricerca scientifica di competenza del Ministero dell'università e della ricerca. Drammaticamente, ci accorgiamo che il regolamento sui criteri di accesso e le modalità di gestione di questo nuovo fondo (il FIRST, citato dal comma 873), non risulta ancora emanato. Ciò la dice lunga su come il Governo si sia mosso in tema di sviluppo e di competitività del nostro Paese. Come facciamo a dire continuamente che abbiamo poco denaro pubblico - non ne faccio una colpa al Governo - da destinare alla ricerca e allo sviluppo e poi, drammaticamente, non riusciamo a spendere i soldi della ricerca perché non si emana il regolamento? Sarebbe dovuto avvenire in applicazione della legge finanziaria di un anno fa.
Oggi, il Governo afferma che entriamo dentro «con la gamba tesa», per compiere un'operazione di snellimento. Tuttavia, signor sottosegretario, nella finanziaria per l'anno 2007, di problemi relativi a regolamenti attuativi delle modalità di spesa, ve ne sono a bizzeffe. Quindi, sappiamo perfettamente che il volano della spesa pubblica anche in altri campi dà la possibilità al Paese di aumentare la competitività. Inoltre, se si va ad analizzare in cosa consiste la razionalizzazione del sistema della ricerca, all'improvviso, si trova l'articolo 13-bis, il quale prevede che immediatamente vengano stanziati 3 milioni di euro per garantire il funzionamento del centro di ricerca CEINGE - BiotecnologiePag. 88di Napoli, a proposito della razionalità degli interventi in tema di ricerca e sviluppo!
Per non parlare, poi, della previsione contenuta in un articolo successivo relativa ad un intervento a favore di ENEA e Finmeccanica, ancora in fase di elaborazione, mediante sussidi per la ricerca, che va a vanificare, di fatto, ciò che il FIRST rappresenta: l'elaborazione in un unico complesso - che dovrebbe, in qualche modo, stabilire una vera razionalità - dell'investimento pubblico nella ricerca, funzionale ad obiettivi che siano anche remunerativi in chiave di competitività di sistema. Se sono effettivamente questi, gli interventi mi domando se sono piani di investimento o se si tratta di elargizioni di carattere territoriale o di altro tipo. Non è presente la filosofia sostanziale di quanto avete affermato anche oggi, lo spirito che guarda al sistema Italia con una progressione naturale nel tempo, anziché bloccata esclusivamente ad un termine temporale ben preciso, che può anche essere collegato all'approvazione della legge finanziaria per l'anno 2008.
Onorevoli colleghi, quando ho ascoltato che il provvedimento in discussione è di equità e sviluppo mi sono chiesto, in relazione all'articolo 31, se i contributi a enti ed associazioni corrispondano a tale tema. Questo perché è vero che nell'originario articolo 31 era previsto un contributo straordinario di 36 milioni di euro a favore dell'istituto Gaslini di Genova e un altro di 3 milioni di euro a favore della Fondazione EBRI - e anche da questo punto di vista posso capire perfettamente tutto - ma, per tornare al discorso che stavo svolgendo, al Senato improvvisamente viene previsto che per l'anno 2007 sia concesso un contributo straordinario di un milione di euro a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, un contributo straordinario per l'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili e per l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro.
Insomma, si tratta di una serie di finanziamenti - compreso quello alla Lega del filo d'oro - che mi domando che cosa hanno a che fare - se me lo consentite - con la restituzione ai cittadini di quanto è stato loro prelevato. È una sorta di «mancia»! Secondo la filosofia che avete tentato di spiegarci, il provvedimento non si sarebbe utilizzato a copertura del debito, ma avrebbe cercato di essere produttivo per il sistema del nostro Paese, mentre si è verificata puntualmente, nelle pieghe dello stesso provvedimento una sorta di ingerenza nella quotidianità, una prassi normale di fastidiosa remunerazione di consenso.
Mi sia, poi, consentito fare altre considerazioni. Più volte in quest'aula abbiamo affermato che esistono provvedimenti di sostanza quali, ad esempio, quello sul riordino del sistema energetico italiano ed anche quello relativo ai servizi pubblici: anche in tali settori entrate «a gamba tesa». Infatti, inserendo nel decreto-legge al nostro esame una norma che riguarda i servizi pubblici, in modo particolare quello relativo all'acqua, di fatto espropriate un tema che avrebbe avuto l'opportunità e la necessità di un dibattito ben più sostanzioso all'interno di quest'aula e che, comunque, dovrà essere oggetto di discussione nel disegno di legge in itinere.
Per non parlare poi - se me lo consente, signor sottosegretario - dei provvedimenti spot emanati in tema di energia. Si tratta di un tema importante, lo abbiamo ascoltato: a Roma è in corso una Conferenza internazionale sul tema energetico. Guarda caso, però, in questo provvedimento siete intervenuti anche su tale materia, con piccolissimi dettagli che poi diventano di sostanza e che vanno, in qualche modo, a turbare il quadro generale di riferimento. Esso sconvolge anche la cultura di quanti - parlamentari e non - si interessano del sistema energetico in una cornice che faccia riferimento ad un quadro storico di lunga durata e ad un quadro temporale e ambientale che si agganci anche a quello europeo. Con provvedimenti come questo è difficile consolidare una cultura di insieme del Paese che sia apprezzata anche all'estero, anzi qualche volta, attraverso questi tipi di provvedimenti,Pag. 89pare si voglia dare la «mancia» a qualche amico o a qualche azienda cui quel piccolo provvedimento serve per sentirsi tutelata nella logica della competitività e della concorrenza. Signor sottosegretario, la ricordo come persona estremamente esigente, ma anche capace di dare ragione a coloro che manifestavano dissensi, sia quando era all'opposizione sia, in buona fede, oggi che è al Governo.
Mi permetta però di fare un parallelo: non le racconto ciò che lei diceva al precedente Governo, ma cerco di illustrarle le misure che andrebbero prese per il bene del nostro Paese e sotto tale profilo non vorrà e non potrà dirmi che il contenuto di questo provvedimento renderà l'Italia più competitiva e più giusta. Probabilmente è stato dato qualcosa - lo sappiamo perfettamente - agli incapienti e su ciò non siamo contrari, ma siamo molto preoccupati che tali tipologie di interventi, ripetuti nel tempo, siano frutto di un prelievo fiscale forte e vi sarà un momento in cui tale prelievo dovrà essere ridotto, perché sappiamo che uno dei problemi del nostro Paese, assieme alla burocrazia, è che, anche se si riesce ad allargare la base impositiva si perde di competitività di sistema e non si riesce più a «starci dentro»: brutto termine, ma credo che renda effettivamente i dati che ho finora illustrato.
Allora, non ci venite a dire che questo è un provvedimento che, in qualche modo, aiuta la competitività e sappiate che quando non si aiuta la competitività di sistema, probabilmente, non si aiuta nemmeno la giustizia nel Paese. Mi permetto, quindi, di fare un'ultima battuta: siamo rammaricati di non poter dare al nostro Paese ciò di cui avrebbe bisogno. Su questi aspetti, che sono notoriamente importanti per indicare una filosofia che non sia di destra o di sinistra, ma che abbia capacità innovativa, rimaniamo allibiti nel constatare operazioni del genere di cui abbiamo detto e siamo fortemente rammaricati di dover essere effettivamente e fino in fondo filosoficamente contro questo tipo di provvedimento. Esso non fornisce assolutamente alcuna delle risposte che enfaticamente avete cercato di celebrare in precedenza e al momento della presentazione delle norme che sottoponete alla nostra attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zorzato. Ne ha facoltà.

MARINO ZORZATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, inizio in maniera inusuale, ringraziando il presidente della Commissione, i colleghi della Commissione stessa e il relatore, perché, comunque sia, almeno nella forma, in questi giorni abbiamo lavorato. A dire la verità - poi tornerò sull'argomento - lo abbiamo fatto con poca soddisfazione, ma devo dire che l'impegno, almeno dei colleghi e del relatore, c'è stato per tentare di produrre qualche risultato. Nutro alcuni dubbi, invece, sullo sforzo che il Governo ha fatto per aiutarci a trovare qualche sintesi, ma tornerò anche su questo argomento. Il provvedimento che stiamo esaminando è uno dei tanti che questo Governo ci ha proposto in materia economica. Francamente, rispetto al titolo del provvedimento stesso, relativo ad interventi in materia economico-finanziaria, sviluppo, rilancio della competitività ed equità sociale ed agli argomenti affrontati, quando si va ad analizzare il testo, intendo quello licenziato dal Senato, qualche dubbio che il titolo corrisponda al testo o che, in qualche modo, il testo stesso mascheri qualche iniziativa che il provvedimento nasconde, ci viene. Siamo abituati ai proclami, alle enunciazioni, ai lanci giornalistici, ai passaggi televisivi e alle interviste in cui la maggioranza dice tutto e il contrario di tutto: il Ministro dice una cosa, il collega ne dice un'altra. Se sommiamo i fatti positivi, questo non è un Governo, sono cinquanta Governi. Se guardiamo alla realtà, probabilmente, è a dir poco fallimentare.
Con lo stesso principio con cui vendono il prodotto all'esterno, molte volte male, anche i provvedimenti hanno la stessa filosofia: entrano in Parlamento in unPag. 90modo e ne escono in un altro, presentano contraddizioni e difficoltà. Vi sono gli enunciati dei proponenti che, alla fine, quando si legge il testo finale, non si trovano più. Rimando a un'analisi, che vorrei non di parte, la verifica dell'efficacia dell'azione di questo Governo e dell'incoerenza tra quanto di solito si annuncia, quanto si approva e quanto, poi, i cittadini troveranno, di fatto, nel loro ordinario vivere. Vi prego di verificare con onestà intellettuale l'efficacia delle «lenzuolate» di Bersani. Ve le ricordate? Ho l'impressione che tra il «lenzuolo» e i fatti ci sia molta distanza! Per quanto riguarda gli aiuti promessi alle fasce deboli, con cui vi siete sempre riempiti la bocca, non so se i deboli si sentono aiutati da questo Governo. Per quanto riguarda il sostegno ai comuni, ci avete accusato per anni di averli dissanguati: vi ricordo che in questi giorni, in quasi tutti i comuni italiani, stanno arrivando note del Ministero dell'interno con le quali vengono ridotti i trasferimenti promessi per le maggiori entrate ICI degli stessi comuni. L'anno scorso avete parlato della revisione degli estimi catastali, che doveva essere a valutazione pari. Era solo una riorganizzazione!
Oggi scrivete ai comuni: vi diamo meno soldi perché, grazie al patto fatto con i vostri cittadini, avete maggiori entrate. Questo è quasi un esproprio; è un furto: e comunque è un dato gravissimo nel rapporto fra le istituzioni. Cito, inoltre, in una battuta il tema delle forze dell'ordine: fra finanziaria e decreto-legge, quest'anno, per la prima volta, il settore riceve minori trasferimenti per un totale di 800 milioni di euro. Ciò proprio nel momento in cui vi riempite la bocca che vi state preoccupando del problema sicurezza: ma non è con le parole che si risolvono i problemi. Potrei continuare sull'argomento, tuttavia mi pare opportuno un accenno alla congiuntura economica che stiamo vivendo in questo momento. I vostri documenti di programmazione economico-finanziaria e i vostri enunciati nascevano tutti da un assunto: sembrava che il mondo cominciasse ad andar bene (sembrava addirittura che tutto andasse bene), che le prospettive economiche fossero buone e che l'Italia sarebbe cresciuta, agganciata a questo treno (anzi, dipingevate l'Italia non come un vagone, ma quasi come il treno stesso di tale crescita). Poi, però, è successo qualcosa che non dipende da noi: il treno sta rallentando. La crisi dei mutui americani sta incidendo sulla nostra economia, il prezzo del petrolio cresce, l'euro ha un cambio troppo alto, l'inflazione aumenta. Così, ai nostri cittadini manca qualche soldo in più per arrivare a fine mese e il Governo chiude gli occhi e se ne frega! Del fatto che qualcosa sta cambiando, il Governo pare non voglia accorgersi: approva i suoi provvedimenti, ma di quel che sta accadendo se ne frega!
In un quadro come questo, il «tesoretto» (questa fantomatica parola) - che potrebbe servire a risolvere i problemi che ho descritto - viene invece dilapidato fra mille rivoli e mille iniziative. È una situazione che peraltro è stata fortemente aggravata da quanto è accaduto al Senato, probabilmente più per interesse di parte che non per interesse di tutti. Piuttosto che spendere male queste maggiori entrate sarebbe stato meglio pensare ad altre soluzioni. Fra l'altro, ho anche il dubbio che si tratti di entrate continuative e non di entrate una tantum: su questo aspetto mi pare che il Governo non sia molto chiaro. Non apro poi la polemica su chi abbia il merito di tali entrate, se il Governo Berlusconi o il Governo Prodi: è una polemica che in questo momento non mi appassiona. Mi basterebbe semplicemente sapere quante di queste nuove entrate sono costanti e quindi spendibili in un ragionamento di prospettiva e quante invece sono entrate spot.
Il collega Garavaglia ha fatto in precedenza qualche cenno interessante alla questione dell'emersione del «nero», di dove il «nero» si trova davvero, di chi paga le tasse e di chi non le paga, del fatto che Visco attacca sistematicamente i contribuenti del nord accusandoli di essere quelli poco virtuosi (a giudicare dai dati esposti dal collega, mi pare che la forbice sia un po' diversa): ma ciò lo ha detto ilPag. 91collega, e resterà agli atti. Probabilmente, nel dubbio sull'utilizzo del «tesoretto», se davvero queste maggiori entrate sono tali, con un debito pubblico che produce 80 miliardi l'anno di interessi, piuttosto che spendere male i soldi si sarebbe potuto lavorare per ridurre appunto il debito. Basta il dato che ho esposto per convincersi che questo decreto-legge non funziona: fra quelli veri e quelli mascherati, si spendono otto miliardi di euro!
Il testo, poi, esce pesantemente peggiorato dal lavoro svolto al Senato, dove la nostra impressione è che le esigenze ricattatorie di una maggioranza fragile abbiano portato a spese che si perdono in mille rivoli: lo hanno detto in precedenza il collega D'Agrò e il collega Garavaglia che hanno descritto tali spese. Non le ripeto, ma credo che sia opportuno fare qualche esempio di tali iniziative ad personam, come le chiamo io: ne voglio citare qualcuna proprio per evidenziare le contraddizioni fra ciò che l'Italia è ed il modo diverso in cui il Governo la vede. In questo provvedimento constatiamo che è gratificato il neo-segretario del Partito democratico Veltroni il quale, come sindaco di Roma, si trova assegnati 500 milioni di euro per pagare i debiti di una metropolitana ancora da fare. Questa espressione è stata adoperata da un collega in Commissione e quindi la cito tal quale: «Debiti di una metropolitana ancora da fare». Poi, dal momento che ciò strideva troppo, si è deciso di dare un contentino anche a Napoli e a Milano.
Ma Firenze, Torino, Palermo, Venezia sono forse capoluoghi di serie B? Non hanno, forse, problemi di metropolitana come gli altri? Forse il sistema metropolitano regionale del Veneto (dal quale io provengo) ha meno dignità rispetto a quello di Roma? Forse il sistema metropolitano regionale veneto deve essere pagato con le tasse dei veneti, e quello di Roma con le tasse di tutti, e quindi anche con quelle dei veneti? È solo un esempio del taglio del decreto-legge al nostro esame, ma potrei continuare.
Sottolineo ancora due questioni. Avete votato - e mi rivolgo al Governo - lo stesso giorno il disegno di legge finanziaria e il decreto. Avevate messo due poste di bilancio - una nel disegno di legge finanziaria ed una nel decreto - di 20 milioni cadauna per le aree di confine rispetto alle regioni a statuto speciale.
Evoco una polemica, credo, molto nota: vi è una sofferenza pesantissima di comuni in difficoltà che confinano con regioni che hanno privilegi enormi, ed i referendum motivati puramente da ragioni economiche stanno proliferando. Il Governo risponde, mandando sul posto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta a dire di aver stanziato 40 milioni di euro per mitigare questo disagio. Ma poi vendete il provvedimento, andate al Senato e tagliate un articolo: da 40 milioni di euro si è passati a 20.
Successivamente, però, approvate un emendamento che riporta lo stanziamento a 25 milioni di euro e affermate: «siamo stati bravi, abbiamo previsto 5 milioni di euro». No, è la prima volta che un provvedimento ha una dotazione di 40, poi la si porta a 25 ed infine lo si vende, sostenendo che essa è stata aumentata!
Mi pare che questo sia il trucco delle tre tavolette: il minimo era ripristinare il fondo!
Citerò poi il collega de l'Italia dei Valori che prima mi ha, in qualche maniera, intrigato, quando ha parlato di mille emendamenti da lui presentati, mentre sa che lui, con la sua maggioranza, non ce li ha fatti votare. Bisogna allora che ci capiamo! Non è possibile cambiare ogni quarto d'ora ruolo (ma su tale aspetto tornerò in seguito).
Allora, mi domando: è mai possibile che un Governo serio scriva, approvi, venda all'esterno e faccia bella figura, ma poi di notte si rimette in tasca le risorse promesse? Mi pare che la cosa, anche a tal riguardo, possa essere in qualche modo discutibile.
Ma vi è ancora una questione: è una domanda che pongo al Governo e che già abbiamo posto in Commissione dove, ovviamente, non ha avuto risposta (conosciamo, infatti, l'esito di questo lavoro in Commissione). È la prima volta che inPag. 92trent'anni il disegno di legge finanziaria - in questo caso il disegno di legge finanziaria e il decreto ad essa collegato - non tengono conto degli investimenti relativi alla legge speciale di Venezia.
Venezia è un patrimonio dell'umanità: essa ha un bacino scolante di 150 comuni veneti, ha un problema di inquinamento che nasce da problemi storici dell'area di Marghera ed ha problemi di balneazione storica. Un Governo serio ogni anno dovrebbe riconsiderare gli investimenti. Ma, a proposito dell'inquinamento, dov'è il Ministro verde Pecoraro Scanio, dove sono gli altri?
Per la prima volta in trent'anni il disegno di legge finanziaria e il decreto al nostro esame non contengono nulla con riferimento alla legge speciale di Venezia. E non confondiamola con il Mose: sono due partite totalmente diverse, due argomenti diversi! Non vorrei che qualcuno ci dicesse: «ma vi è il Mose!». Il Mose è un'altra questione; rientra nella legge obiettivo ed è opera strategica e non c'entra niente con la legge speciale per Venezia.
È la prima volta che un Governo, che si proclama anche ambientalista, dimentica un tema di un valore così importante sul piano ambientale, storico e paesaggistico.
Mi fermo sui contenuti ulteriori del decreto, ma vorrei aprire una valutazione politica sul comportamento, e su quanto è accaduto in Commissione (che ha poi, in qualche modo, ricadute sul lavoro dell'Aula).
Il provvedimento al nostro esame è un collegato alla finanziaria, un «pezzo» della stessa: il decreto in discussione si considera sul piano del lavoro della Commissione come se fosse il disegno di legge finanziaria.
È la prima volta nella mia esperienza, ma credo anche nella storia repubblicana, che nessun emendamento alla manovra finanziaria viene votato in Commissione, salvo tre emendamenti tecnici votati stanotte perché era opportuno correggere sfasature economiche pazzesche che il Senato aveva approvato, ed anche su questo punto entrerò poi sul particolare.
È la prima volta, nella storia repubblicana, che il testo di un disegno di legge finanziaria arriva in Assemblea senza che in Commissione sia stato espresso alcun voto.
Ringrazio la maggioranza perché, con onestà intellettuale, questa volta non ha detto che è stata colpa dell'opposizione: nessun intervento agli atti della maggioranza in Commissione scarica su di noi le responsabilità.
La maggioranza sa, infatti, che abbiamo accettato il dialogo ed il confronto, segnalando pochi emendamenti da porre in votazione. Come hanno affermato i colleghi in precedenza, siamo disposti a ritirare anche in Assemblea quegli emendamenti che il Governo ci chiederà per discuterne in Aula. Tutti i gruppi d'opposizione hanno sottoscritto questo impegno già assunto in Commissione.
E allora abbiamo fatto per sette giorni il teatrino. Si è trattato di un susseguirsi imbarazzante di incontri: incontri di maggioranza, della maggioranza con il Governo, Commissioni convocate, rinviate, incontri tra maggioranza e opposizione in ordine ai metodi di lavoro per arrivare a ieri sera, allorché il presidente della Commissione, con onestà (adopero tale termine ma il suo uso vi dovrebbe preoccupare), ha affermato che non eravamo in grado di votare gli emendamenti al decreto in esame, ma solo - se l'opposizione lo avesse consentito - 3 emendamenti correttivi; questo perché il Senato ha approvato un provvedimento privo di copertura e pertanto la Camera dei deputati è più responsabile ed è necessario assumere l'onere della copertura, ma in ordine ai contenuti del provvedimento la maggioranza è inesistente; vi sono dei problemi (ma successivamente si è corretto, affermando che i problemi erano pochi, perché non poteva affermare che erano gravi) e tali questioni non consentono la votazione degli emendamenti in Commissione. Pertanto, è necessario investire della questione l'Assemblea, facendoci capire, tra le righe, che tutto viene sottoposto alla questione di fiducia.Pag. 93
Credo che sia la prima volta che avviene un simile fatto. Rivolgo a me stesso una domanda e al contempo anche alla Presidenza, che a sua volta dovrebbe riportarla al presidente della Commissione, Violante, che solo qualche ora fa ci intratteneva sui ruoli della Camera e del Senato, e sulla proposta di Stato federale che stiamo discutendo, se non fosse più semplice, rispetto ad una Camera non più esistente, istituire una Camera a sovranità limitata rispetto al Senato, una Camera che deve «beccarsi» il testo che giunge dal Senato, perché se lo tocca «muore», altrimenti decade e perciò non si può modificare; pertanto mi chiedo se tale Camera, rispetto alla riforma che stiamo adottando, abbia ancora un senso. Non sarebbe più semplice abolirla? Avremmo un risparmio in ordine ai costi della politica e anche più coerenza tra quanto facciamo e quanto affermiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
Intendo ora svolgere qualche ulteriore considerazione. Signor Presidente, vorrei che fossero letti gli interventi dei colleghi della maggioranza svolti in Commissione. Sono uguali ai nostri. I colleghi, in Commissione, hanno svolto interventi, e sono gli unici agli atti quelli del collega Ventura che ha testualmente affermato: «Vi erano due obiettivi in questo decreto: sistemare i gravi problemi economici posti al Senato, migliorare ed integrare il testo. Mi scuso con voi, non siamo stati capaci di migliorare il testo». Il collega Crisafulli afferma: «È negativo impedire ai deputati di intervenire in Commissione sui contenuti del provvedimento». Il collega Vannucci sostiene: «Devo concordare pesantemente con il collega Crisafulli». Il relatore Di Gioia, che ho ringraziato perché ci ha provato, dice: «Mi rammarico che non siamo riusciti a lavorare in Commissione». Come faccio a non ringraziarlo? È intellettualmente onesto. Lo ringrazio perché si è impegnato, ma anche perché è onesto intellettualmente. La maggioranza ha abdicato al proprio ruolo e ha deciso che la Camera dei deputati non c'è più. Inoltre, ha stabilito di prestare attenzione, con l'avvertimento che proviene dall'Aula, a cosa avviene al Senato, se approva o meno, tanto quello che approva viene inviato e noi ce lo «mangiamo». Pertanto il problema è sperare che il Senato faccia bene, altrimenti va male per loro e per noi.
Signor Presidente, credo che in questo momento non sia necessario ritornare sui temi affrontati dal provvedimento in esame, ma voglio fare una sola considerazione, rivolgendomi al Governo. Serietà vuol dire anche che se il decreto-legge prevede una spesa per l'anno 2007, la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili comporta una spesa continuativa e ci vuole serietà per affermare che il decreto non dovrebbe contenere una tale misura.
Qualcuno sosteneva in precedenza che, poiché abbiamo tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici, sarebbe piuttosto necessario dimagrire, come affermava il collega Borghesi. Come può il collega Borghesi fare tali affermazioni e successivamente esprimere voto favorevole alla conversione di un decreto-legge che, in prospettiva, ne stabilizza 350.000? Non si può dire una cosa e poi farne un'altra.
La maggioranza presenta 500 emendamenti e poi impacchetta il testo senza approvarne alcuno; si tratta di 500 proposte di modifica che voi stessi ritenete opportune. Mi domando: quando andate a casa la sera e vi guardate allo specchio, rispetto al vostro ruolo di parlamentari, cosa vedete? L'impotenza, l'incapacità, il ricatto del Senato su voi stessi?
Voglio svolgere un'ultima battuta che mi preme sottolineare, non da uomo del nord, ma da persona responsabile. Come diceva prima il collega Garavaglia che ha focalizzato la sua attenzione su alcune situazioni di diversità, il disegno di legge finanziaria stanzia 11 miliardi - e vedremo coma torna dopo l'approvazione del Senato - e presta 9 miliardi di euro a 3 - 4 regioni perché hanno dei problemi. Sapete quante regioni hanno problemi di bilancio e vorrebbero dei prestiti da onorare in 30 anni?
Sarebbe stato meglio prestare, invece che 9, 20 miliardi a tutte le regioni per consentire a quelle che avessero sforato iPag. 94conti sulla sanità di utilizzare il prestito per la sanità e a quelle che, invece, avessero avuto bisogno di realizzare opere pubbliche, per la realizzazione di opere pubbliche, con l'obbligo, per tutte, di restituire il prestito in trent'anni allo Stato. Non togliere, ma dare (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania) mi parrebbe cosa buona!
Signor Presidente, concludo il mio intervento con amarezza. Infatti, il problema non è dato dai contenuti - mi scuso con i colleghi che ho ascoltato con piacere per le analisi che hanno svolto sui contenuti del decreto - e sarebbe interessante discutere non tanto delle modifiche - il collega Borghesi propone modifiche, ma sa che non le otterrà e spera che giungano dal Senato che non sa come voterà - ma del ruolo dei parlamentari, il nostro ruolo. Tralascio la questione sulla «casta» e mi pongo la seguente domanda: all'esterno di quest'aula, cosa penserebbero di noi se avessero cognizione del fatto che non contiamo niente perché non possiamo contare niente?
Il rischio qual è? Che la Camera diventi un bivacco di fannulloni. Infatti, chi non produce niente è un fannullone. L'amarezza per chi la sera torna a casa, nel proprio territorio e svolge il suo ruolo è di non sapere cosa raccontare ai propri elettori. Infatti, dopo aver raccontato che io sono all'opposizione e voi siete la maggioranza e governate male, la domanda è: ma insieme cosa fate? Come governate l'Italia?
Se la Camera dei deputati non può intervenire su un provvedimento a causa dell'esigua maggioranza del Senato, è possibile andare avanti così? La responsabilità del ruolo che svolgiamo dove è? Sapete che la nostra possibilità di incidere sulla responsabilità sta tutta in capo a voi e credo che se aveste un sussulto di orgoglio sarebbe opportuno che un po' di responsabilità entrasse nei vostri cuori. Grazie e buon lavoro a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aurisicchio. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 19,35)

RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, il gruppo di Sinistra Democratica è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge n. 159 avente ad oggetto interventi urgenti in materia economica e finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale. Esso, infatti, amplifica e consolida la manovra espansiva già avviata con il decreto legge n. 81 dello scorso giugno.
Quel decreto, come si ricorderà, servì ad avviare le prime misure di equità sociale come l'aumento delle pensioni sotto la soglia minima, il sostegno ai giovani per il riscatto ai fini pensionistici degli anni di laurea per il ricongiungimento dei diversi periodi assicurativi e servì a sostenere il rilancio dell'economia, a riavviare i cantieri bloccati per mancanza di fondi, a far fronte alle necessità delle aziende pubbliche, ad onorare gli impegni internazionali dell'Italia e ad allentare i vincoli eccessivamente restrittivi fissati dalla legge finanziaria dello scorso anno per le amministrazioni centrali e per le autonomie locali.
Inoltre, con lo stesso provvedimento, furono estese a banche ed assicurazioni le misure per il cuneo fiscale; si diede attuazione alla sentenza europea in materia di detraibilità dell'IVA sulle auto e sui veicoli aziendali; fu recepito il protocollo di intesa con i lavoratori autonomi in materia di studi di settore; furono assegnati maggiori fondi alle forze di sicurezza e ai vigili del fuoco; furono assegnate maggiori risorse alla scuola, all'università, al servizio civile, alla Protezione civile, alle politiche sociali e al Mezzogiorno.
Il decreto n. 159 al nostro esame va nella stessa direzione. Complessivamente, con i due provvedimenti sono state destinate alla spesa risorse per oltre 13 miliardi di euro di cui 6,5 con il decreto di giugno e 7,5 con l'attuale decreto. Il decreto in esame introduce un incrementoPag. 95netto della spesa primaria pari a circa 5.614 milioni di euro e un intervento una tantum a favore dei soggetti incapienti pari a 1.900 milioni anche se va tenuto conto che, nel corso dell'esame al Senato, questo importo è stato praticamente raddoppiato, evidenziando un problema di copertura cui alla Camera, con il lavoro svolto in Commissione bilancio, si è dovuto far fronte.
Il decreto-legge al nostro esame, come affermato, determina un incremento sia delle spese correnti, sia di quelle in conto capitale.
Le maggiori spese correnti per circa due miliardi riguardano gli interventi per gli arretrati sul contratto recentemente firmato per il pubblico impiego; per la cooperazione internazionale per il mantenimento della pace in Africa; per il fondo per la lotta all'AIDS; per contributi obbligatori all'ONU e ad altri organismi internazionali; per contributi ad organizzazioni umanitarie, che agiscono per la cooperazione allo sviluppo; per la partecipazione dell'Italia a banche e fondi di sviluppo internazionale. Sempre nel campo delle spese correnti, insistono gli interventi per 150 milioni di euro nel campo dell'istruzione, per l'adempimento dell'obbligo scolastico.
Le maggiori spese in conto capitale per oltre 3,5 miliardi di euro riguardano ancora la cooperazione internazionale, l'edilizia residenziale pubblica dove - dopo tanti anni in cui tale tema è stato di fatto accantonato e abbandonato - si ritorna a finanziare in modo consistente per oltre 500 milioni di euro un programma di edilizia residenziale pubblica, che prevede sia la costruzione di nuovi alloggi, sia il recupero e il riadattamento di vecchi alloggi IACP. Sempre in questo settore, si destinano 150 milioni alla costituzione di una società pubblica di trasformazione edilizia per acquisire edifici pubblici e per destinarli alla realizzazione di alloggi economici e popolari.
Riguardano, inoltre, interventi per l'ambiente, per le aree protette e per la difesa del mare, per far fronte ai rischi idrogeologici, per opere pubbliche e per la viabilità, con finanziamento verso alcune strade locali e a favore di ANAS Spa. Sono, inoltre, previsti, interventi per la portualità e il trasporto marittimo, per le ferrovie per oltre un miliardo e a favore delle reti di trasporto metropolitano a Roma, Napoli e Milano.
Sono, inoltre, previsti interventi a favore di Poste Spa, per il Mose di Venezia, per il Fondo a favore dei comuni in dissesto, per l'estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e a favore delle vittime di azioni criminose, per aumentare la dotazione del fondo del 5 per mille, per i servizi socio-educativi per l'infanzia, per la stabilizzazione dei lavori socialmente utili in Calabria, per la ricostruzione delle aree terremotate del Molise e della Puglia.
Ci troviamo innanzi ad un programma di interventi ampio ed articolato, che punta a fornire risposte alle innumerevoli necessità che ci propone l'attuale realtà del Paese per come essa è venuta determinandosi a seguito degli anni di Governo della destra. In tali anni vi sono stati spostamenti di risorse dalle fasce di reddito più basse verso quelle più alte e dal lavoro verso l'impresa e la rendita.
Il confronto svoltosi al Senato ha ampliato la portata degli interventi di spesa. Tante volte si è trattato di far fronte ad oggettive necessità. In altre occasioni sono state recepite spinte particolaristiche per corrispondere ad esigenze di tipo microsettoriale, proposte da singoli senatori, da gruppi di senatori e, talvolta, dallo stesso Governo, come efficacemente è dimostrato dal programma di manifestazioni per la celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia. Ciononostante, non si è modificata la natura del decreto, la sua caratteristica fondamentale, che resta quella di un provvedimento finalizzato ad impegnare sul fronte della spesa le maggiori entrate prodotte per effetto della linea di politica economica perseguita dal Governo a partire dalla legge finanziaria per il 2007.
La politica del Governo sul piano delle entrate si è infatti caratterizzata non già per un aumento della pressione fiscale, come la campagna orchestrata dall'opposizionePag. 96tenta di affermare, ma per la lotta puntuale e determinata all'evasione e all'elusione fiscale, che ha consentito di recuperare maggiore risorse, rispetto a quelle preventivate per oltre 23 miliardi di euro, pari però soltanto a poco più del 15 per cento dell'ammontare totale del fenomeno nel nostro Paese.
Il risultato che è stato raggiunto su questo fronte è molto importante e significativo. Giova sempre ricordare che in Italia, dove la dimensione raggiunta dal debito pubblico costringe ad una spesa annua per interessi passivi di oltre 70 miliardi, il fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale ammonta ad oltre 100 miliardi di euro ogni anno, una dimensione di gran lunga superiore alla media europea. Le risorse recuperate su questo fronte non hanno carattere episodico: la dinamica innescata ha prodotto uno stabile allargamento della base imponibile destinata a favorire un maggiore gettito, anche nei futuri esercizi finanziari. Non solo non si è depressa l'economia, come le Cassandre della destra avevano previsto, ma sono arrivate maggiori risorse nelle casse dello Stato.
Si è discusso molto in questi mesi dell'utilizzo dei cosiddetti «tesoretti», con argomenti che sono tornati anche nel corso del percorso parlamentare di questo provvedimento. I guardiani dei parametri di Maastricht, i sacerdoti del risanamento prima di tutto e a tutti costi, i fautori della politica dei due tempi (adesso il risanamento e chissà quando lo sviluppo e l'equità), i sacerdoti dell'«iper-liberismo», talvolta presenti anche nelle fila del centrosinistra, avrebbero voluto che le maggiori risorse fossero destinate interamente alla riduzione del debito. In tal senso, qualche esponente politico di primo piano ha parlato della necessità di affrontare il debito pubblico con una «cura shock» che andasse in controtendenza anche rispetto alla linea seguita in Europa, mettendo nel conto effetti recessivi sull'economia. Scegliere di seguire questa impostazione per la destinazione dell'extra-gettito avrebbe avuto lo stesso valore del tentativo di prosciugare il mare con un secchiello. L'unico risultato sarebbe stato un più accelerato percorso di convergenza sugli obiettivi di stabilizzazione del bilancio concordati in sede europea, ma sarebbero rimaste inevase le esigenze del Paese. Insomma, come giustamente ha affermato il Presidente della Consiglio Prodi, il risanamento non può avvenire condannando il nostro Paese alla stagnazione e alla recessione.
Va evidenziato, tuttavia, che la manovra espansiva realizzata con il decreto di giugno e con il decreto-legge n. 159 al nostro esame, ha assorbito un aumento dell'indebitamento pari ad appena l'uno per cento del PIL. Al netto della stessa manovra avremmo oggi un indebitamento pari all'1,5 del PIL, mentre adesso ci troviamo al 2,4 per cento; l'avanzo primario sarebbe stato pari al 2,9 per cento, invece del 2,5 su cui ci stiamo attestando. La verità è che siamo comunque e pienamente dentro i parametri concordati, siamo dentro i limiti stabiliti con il Documento di programmazione economico-finanziaria dello scorso anno e siamo anche al di sotto delle previsioni fatte dallo stesso Governo Berlusconi.
In altri termini, gli obiettivi prefissati non sono messi in discussione: realizziamo lo stesso approdo con passaggi più rallentati. È un percorso che riteniamo più rispondente agli impegni che l'attuale maggioranza ha assunto con i cittadini e più rispettoso della situazione economica e sociale del nostro Paese. In questi anni, infatti, si è accumulato un grande disagio sociale, con larghe fasce di cittadini che non riescono a reggere il ritmo del costo della vita. Tutto ciò si somma ad una cronica insufficienza di interventi verso l'innovazione, la ricerca, la scuola, l'università ed a una cronica inadeguatezza della dotazione infrastrutturale che si è aggravata ancor più negli anni di Governo della destra e che adesso mette a rischio la capacità competitiva della nostra economia. Come avrebbe potuto la maggioranza al Governo di centrosinistra far finta di non vedere queste necessità e non dare alcuna risposta?Pag. 97
Le risposte finora fornite sono ancora certamente insufficienti e non all'altezza della speranza che cittadini e lavoratori giovani avevano riposto nella vittoria del centrosinistra e dell'attuale maggioranza, ma sono tali da fornire una prima soluzione, consentono di tenere in piedi un canale di comunicazione con larghi settori di società e, soprattutto, segnano una svolta rispetto alla legge finanziaria dello scorso anno, pervasa dalla filosofia dei sacrifici per rimettere a posto i conti.
La manovra economica di quest'anno si prefigge, invece, di dare risposte sul terreno dello sviluppo e dell'equità sociale: vi sono il disegno di legge in esame, la legge finanziaria in senso stretto - che il Senato si appresta ad approvare - e il provvedimento sulle pensioni e sul welfare. Complessivamente, si tratta di una manovra che, senza aumentare la pressione fiscale e senza tagli alla spesa sociale, punta a restituire qualcosa ai cittadini, in particolare a quelli con più basso reddito, e a rimettere al centro il lavoro e la considerazione sociale che esso deve avere.
Il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo è favorevole alla conversione del decreto-legge in esame sia per ragioni di merito inerenti ai contenuti propri del provvedimento sia perché esso è un tassello significativo della manovra economica che abbiamo condiviso, che sosteniamo e che vogliamo ancor più migliorare nel corso dei diversi e successivi passaggi parlamentari. Nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, abbiamo lavorato con questo intento e vogliamo conseguire tale obiettivo anche alla Camera. In questo senso erano diretti anche gli emendamenti che avevamo presentato in Commissione bilancio, dove, alla fine, è prevalso l'intento di limitarsi a dare sistemazione a quelle parti del decreto-legge in cui si palesavano problemi di compatibilità della copertura finanziaria. Resta il lavoro svolto e il confronto sviluppato in quella sede: anche per tale motivo voglio ringraziare il presidente della Commissione e il relatore.
Concludendo, evidenzio come la maggioranza, finora, abbia saputo affrontare la tornata parlamentare per l'esame della manovra economica, sia alla Camera sia al Senato, con grande unità e grande serenità, indici di una tenuta politica che, in partenza, non era prevedibile e non le veniva riconosciuta. Se si ascolta maggiormente il Paese e si danno risposte ai bisogni oggettivi di larghe fasce di cittadini, molte divisioni scompaiono e molte difficoltà vengono superate. È il modo migliore per dimostrare che la maggioranza non ha alternative, non solo per lo stato dei rapporti politici e parlamentari, ma perché essa è l'unica forza che, in questo momento, può farsi carico dei problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iacomino. Ne ha facoltà.

SALVATORE IACOMINO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il disegno di legge in esame, approvato con modifiche dal Senato, reca la conversione in legge del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, riguardante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.
In tali ambiti, il provvedimento propone una molteplicità di interventi che vanno dalle imprese pubbliche alla sanità, dalle infrastrutture ai trasporti, dall'edilizia abitativa alla precarietà del lavoro, dai contratti del pubblico impiego ai giovani, dall'editoria alla televisione, dagli enti locali alla scuola e alla ricerca scientifica, dai beni culturali allo sport e allo spettacolo, dalla tutela dell'ambiente all'agricoltura, dalla sicurezza interna alla politica internazionale e, per finire, dal fisco alle liberalizzazioni, impegnando, complessivamente, per il solo 2007, 8.407 milioni di euro. La dimensione quantitativa del provvedimento poggia sugli articoli 1 e 47, che possono riassumersi nei seguenti termini.
L'articolo 1 prevede che «le maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni definite con il Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 per l'anno 2007, pari a 5.978 milioniPag. 98di euro», ulteriori rispetto a quelle incluse nel bilancio di assestamento e utilizzate a copertura del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, siano destinate, per il medesimo anno, «alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica a legislazione vigente, definiti dal predetto Documento di programmazione economico-finanziaria e dalla relativa Nota di aggiornamento».
Tali obiettivi includono gli effetti finanziari degli interventi disposti con il provvedimento in esame, incluse le misure di sviluppo ed equità sociale di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), che destina prioritariamente le maggiori entrate rispetto alle previsioni realizzate nel 2007 agli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica, definiti dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011.
In quanto eccedenti rispetto a tali obiettivi, le eventuali maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione fiscale sono destinate, se di natura permanente, alla riduzione della pressione fiscale finalizzata al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità fiscale, dando priorità a misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti ovvero appartenenti alle fasce di reddito più basse, salvo che si renda necessario assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti e imprevisti necessari a fronteggiare calamità naturali ovvero improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese.
L'articolo 47, relativo alla clausola di copertura finanziaria, nel testo approvato dal Senato, quantifica gli oneri netti derivanti dal provvedimento in 8.407 milioni di euro per l'anno 2007, 9,02 milioni di euro per l'anno 2008 e 16,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. A tali oneri si provvede per il 2007, quanto a 5.978 milioni di euro con le maggiori entrate, quanto a 1.320 milioni di euro mediante utilizzo della riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al concorso dell'Italia alle risorse proprie dell'Unione Europea, inclusa per 1.300 milioni di euro nel disegno di legge di assestamento per l'anno in corso, quanto a 1.100 milioni di euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al fondo per le aree sottoutilizzate, e quanto a 5 milioni di euro mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nel fondo speciale di parte corrente.
Per gli anni 2008 e 2009 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa destinata al medesimo fondo per le aree sottoutilizzate.
Quanto a euro 5 milioni per l'anno 2007, euro 3,62 milioni per l'anno 2008 ed euro 5,6 milioni a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nel fondo speciale di parte corrente.
Dal combinato disposto degli articoli 1 e 47 emerge che per l'anno 2007, a fronte di impegni di spesa e di agevolazioni concesse dalla norma in esame per complessivi 8.407 milioni di euro, ben 5.978 milioni di euro, il 72 per cento circa, derivano dalle maggiori entrate derivanti dalle misure di contrasto all'evasione fiscale. Volutamente parlo di misure di contrasto e non, come abitualmente si usa, di lotta all'evasione fiscale. La locuzione mi sembra politicamente più corretta, in quanto il termine lotta richiama principi di conflitto sociale, che nella fattispecie non sembrano pertinenti, in quanto si tratta di imporre semplicemente la maestà della legge a chi con troppa disinvoltura in questi ultimi anni l'ha costantemente disattesa.
Il provvedimento in esame trova comunque il suo fondamentale presupposto quantitativo nell'azione di recupero delle basi imponibili fiscali, condotta con tenacia e anche a rischio di una palpabile impopolarità dall'attuale coalizione di Governo, la quale era ben consapevole che, per introdurre elementi di equità e di sviluppo nel nostro sistema economico, la strada intrapresa fosse, nelle condizioni date, l'unica realisticamente percorribile.
La coalizione di Governo ha avviato quindi un programma di recupero dell'evasionePag. 99fiscale che ha prodotto i primi risultati, con un forte aumento delle entrate tributarie già nel 2006. Circa un terzo delle maggiori entrate sono derivate da un miglioramento dell'adempimento spontaneo dei contribuenti. In numerosi settori la crescita del gettito è stata superiore alla crescita delle basi imponibili, segnalando l'emersione spontanea di imponibili, come ad esempio nel settore delle costruzioni e del commercio.
L'eliminazione di ogni condono tributario, unitamente a una serie di interventi in campi specifici, hanno dato misura del forte impegno della coalizione di Governo in questo ambito. La robusta crescita del gettito tributario è proseguita nei primi mesi del 2007, confermando che è in atto un continuo recupero di base imponibile, prima nascosta all'erario.
L'evasione in Italia resta tuttavia superiore a quella delle altre economie avanzate, quasi doppia rispetto a quella di Francia, Germania e Regno Unito e sino a quattro volte superiore a quella di Austria, Irlanda e Olanda. Tra i Paesi OCSE, l'Italia sembra avere un sommerso di almeno il 60 per cento più elevato della media, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di criminalità, sicurezza e ordine pubblico.
In Italia si nasconde al fisco circa il 17-18 per cento del PIL (230-245 miliardi, secondo l'ISTAT). Dalle dichiarazioni risulta che si evade, secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, il 21 per cento della base imponibile IRAP e fino al 33 per cento della base imponibile IVA. Con l'evasione si perdono, in termini di mancate entrate, circa 7 punti percentuali di PIL, vale a dire quasi 100 miliardi l'anno. Se l'evasione scomparisse o fosse ridotta in modo consistente, si potrebbe abbassare il carico fiscale del 15-20 per cento, non vi sarebbe concorrenza sleale tra le imprese e il sistema economico sarebbe più efficiente e più competitivo.
Il contrasto all'evasione è una necessità economica, non solo un dovere civico e un obbligo morale. Ridurre l'evasione ai livelli prevalenti in altri Paesi è possibile: occorre modificare le aspettative, migliorare molto il rapporto tra amministrazione e cittadini contribuenti, ripagare il senso di giustizia che oggi avverte il contribuente.
La strategia della coalizione di Governo ha realizzato tutto ciò pur nelle condizioni di necessità in cui è stata costretta ad avviare la propria politica fiscale, a causa dello stato dei conti pubblici trovato nel 2006. Ma oggi proprio la politica avviata nel 2006 ha creato la possibilità di interventi positivi, come quelli previsti nel DPEF per gli anni 2008-2011 e quello in esame.
Nel 2006 le entrate della pubblica amministrazione sono cresciute del 9,6 per cento, al di sopra della crescita economica, che è stata del 3,7 per cento. Le entrate del bilancio dello Stato sono aumentate di 35,8 miliardi rispetto al 2005, e più del 30 per cento di tale aumento non è ciclico, ma legato al miglioramento dell'adempimento spontaneo, e dunque delle misure di contrasto all'evasione. La crescita del gettito IVA ha costituito il caso più evidente dell'eclatante miglioramento dell'adempimento spontaneo del contribuente. Il buon andamento delle entrate tributarie ha portato a un miglioramento dei conti pubblici nel 2006: l'indebitamento netto è diminuito di 1,7 punti percentuali del PIL, grazie a un aumento delle entrate tributarie di circa 1,6 punti percentuali di PIL, passando dal 4,1 del 2005 al 2,4 del 2006. La spesa primaria corrente è rimasta invariata. Ciò ha portato la pressione fiscale ai valori prevalenti alla fine degli anni Novanta: circa il 42,3 per cento del PIL, al di sotto di Paesi come Francia e Belgio, e 0,5 punti percentuali al di sopra della media europea.
Lo sforzo di politica fiscale del Governo continua a produrre frutti visibili sulle entrate dei primi mesi del 2007: per il primo semestre del 2007 si stima una crescita delle entrate erariali, al netto delle una tantum, di circa il 6 per cento, chiaramente al di sopra della crescita economica, che è stata finora intorno al 4 per cento nominale.
Di fronte a questi risultati non bisogna abbassare la guardia: il recupero delle basi imponibili attraverso misure di contrastoPag. 100all'evasione deve restare uno dei capisaldi della politica fiscale del Governo per i prossimi anni.
La costante riduzione dell'evasione fiscale consentirà di attuare progressivamente le priorità della coalizione di Governo in ambito tributario: ridurre il carico tributario e dare sollievo ai redditi bassi e medi e a quelli delle famiglie numerose, rendere le imprese più competitive e incentivare lo sviluppo economico, semplificare il sistema degli adempimenti e ridurre i costi per i contribuenti, rafforzare il sistema di federalismo fiscale.
Risulta però evidente che il decreto in esame, come l'insieme della manovra che definiremo con la prossima legge finanziaria, non rappresenta una svolta netta per le condizioni economiche e sociali del nostro Paese, ma un'inversione di intendenza all'interno di un percorso che dovrà portare il nostro stato sociale al livello dei più avanzati Paesi dell'Unione europea.
Si compie oggi un'operazione che non piace a molti editorialisti del Corriere della sera, non piace al Governatore della Banca d'Italia e non piace al presidente di Confindustria. Se ne facciano una ragione, perché c'è una grande novità che va nella direzione della redistribuzione della spesa pubblica!
Quando la spesa pubblica è indirizzata a risolvere problemi che valgono 5 miliardi di euro per il cuneo fiscale a beneficio delle imprese, non vi sono questioni. Quando, invece, la spesa pubblica va nella direzione di un minimo di redistribuzione per le classi sociali più deboli, per gli incapienti, per i precari e per la famiglia, allora la spesa pubblica sta andando fuori controllo.
La difficile situazione sociale del nostro Paese presenta peculiarità davvero inquietanti: un tasso di povertà superiore alla media europea, a fronte di un investimento complessivo delle politiche dello stato sociale inferiore alla stessa media europea; persone non autosufficienti, spesso a carico esclusivo delle famiglie; giovani privi di autonomia economica e alle prese con forme di lavoro sempre più incerte e precarie; una critica situazione abitativa quale fonte ulteriore di esclusione e di impoverimento. Sono solo alcuni macroscopici esempi della realtà effettiva con cui milioni di nostri concittadini, giovani ed anziani, quotidianamente devono confrontarsi.
Il provvedimento in esame, nel quadro delle compatibilità finanziarie, interviene su alcuni punti di maggiore rilevanza critica, su cui intendo particolarmente soffermarmi.
Innanzitutto, per quanto concerne il rispetto degli obblighi contrattuali cadenti a carico dello Stato nella sua qualità di datore di lavoro, l'articolo 15 stabilisce che, per fare fronte ai maggiori oneri contrattuali del biennio 2006-2007, relativi al 2007, derivanti dall'applicazione degli accordi e delle intese intervenuti in materia di pubblico impiego nell'anno 2007, è autorizzata, in aggiunta a quanto già stanziato dalla legge finanziaria per il 2007, una spesa massima di 1.000 milioni di euro lordi. Le somme sono destinate a consentire la retrodatazione al 1o febbraio 2007 degli incrementi di stipendio concordati in sede di rinnovo contrattuale con decorrenza successiva al 1o febbraio 2007. Gli importi corrispondenti costituiscono un'anticipazione dei benefici complessivi del biennio 2006-2007 da definire in sede contrattuale dopo l'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2008.
Il decreto-legge n. 159 del 2007, oggetto della discussione di oggi, interviene - è la prima volta dopo sedici anni - in diversi articoli sull'edilizia abitativa per le fasce sociali più deboli. Il disagio abitativo, ovverosia il grave e grande problema della casa, interessa migliaia di famiglie. Lo stesso provvedimento del Governo che ha reiterato il blocco degli sfratti ha evidenziato che la questione della casa è tornata costituire un'urgenza. Se a ciò aggiungiamo coloro i quali con sacrifici si sono fatti carico negli ultimi anni di un mutuo a tasso variabile per comprare la casa e si sono visti aumentare in maniera significativa la rata del mutuo, al punto tale che molti non ce la fanno più, comprendiamo quanto sia diventata un'emergenza nazionale la questione della casa.Pag. 101
L'articolo 21, al fine di garantire il passaggio da casa a casa delle categorie sociali ed ampliare l'offerta di alloggi in locazione a canone sociale, autorizza la spesa di 550 milioni di euro per l'anno 2007 per finanziare, nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni capoluoghi di provincia confinanti, un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, che prioritariamente dovrà essere finalizzato al recupero e all'adattamento funzionale di alloggi di proprietà degli ex IACP o dei comuni, non assegnati, all'acquisto o alla locazione di alloggi e all'eventuale costruzione di nuove alloggi.
Il programma dovrà essere attuato in modo da garantire il rispetto dei criteri di efficienza energetica, di riduzione delle emissioni inquinanti e di sviluppo delle fonti di energia rinnovabile.
L'1 per cento del finanziamento è destinato alla costituzione e al funzionamento dell'osservatorio nazionale e degli osservatori regionali sulle politiche abitative, al fine di assicurare la formazione e l'alimentazione delle banche dati necessarie per la programmazione degli interventi di edilizia residenziale con finalità sociali, nonché al fine di monitorare il fenomeno della occupazione senza titolo degli alloggi di proprietà degli ex IACP o dei comuni.
L'articolo 21-bis prevede che le risorse originariamente destinate ai programmi di edilizia residenziale in favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, non impegnate alla data del 31 dicembre 2007 e stimati in 320 milioni di euro, siano destinate al finanziamento delle proposte, già ritenute idonee ma non risultate beneficiarie di finanziamenti, concernenti programmi denominati «contratti di quartiere II».
L'articolo 41, inoltre, al fine di incrementare il patrimonio immobiliare destinato alla locazione di edilizia abitativa, specie a canone sostenibile, nei comuni con fenomeni di disagio abitativo e ad alta tensione abitativa, prevede la costituzione ad opera del Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Agenzia del demanio, di una società di scopo per promuovere la formazione di strumenti finanziari immobiliari a totale o parziale partecipazione pubblica, per l'acquisizione, il recupero, la ristrutturazione e la realizzazione di immobili ad uso abitativo, anche tramite l'utilizzo di beni di proprietà dello Stato o di altri soggetti pubblici. Per le finalità della norma in esame è autorizzata, per il 2007, la spesa massima di 100 milioni di euro.
Altra area di intervento del provvedimento in esame è quella relativa alla precarietà del lavoro: l'articolo 27 dispone la concessione alle regioni Calabria e Campania di un contributo rispettivamente di 60 e 10 milioni di euro per il 2007, a valere sul Fondo per l'occupazione e per la stabilizzazione dei lavoratori impegnati in progetti di lavoro socialmente utili o di pubblica utilità.
L'articolo 27 autorizza i Parchi nazionali della Maiella e del Gran Sasso all'assunzione di lavoratori già titolari di rapporto di lavoro precario e degli ex lavoratori socialmente utili, previa procedura selettiva. Dette assunzioni sono autorizzate nei limiti delle somme che residuano dalle procedure di stabilizzazione del personale fuori ruolo, finanziate con uno stanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2007.
L'articolo 43, infine, prevede che le assunzioni in deroga per l'anno 2007, da parte dei comuni con meno di cinquemila abitanti, di soggetti collocati in attività socialmente utili possono essere effettuate anche in sovrannumero, nel rispetto dei vincoli finanziari stabiliti per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno. Viene, tuttavia, precisato che, in caso di assunzione in sovrannumero, i comuni non possono procedere ad altre assunzioni di personale fino al totale riassorbimento delle relative eccedenze.
La misura più qualificante dell'intero provvedimento in termini di equità sociale, a mio avviso, è quella relativa ai soggetti cosiddetti incapienti. L'articolo 44, ai commi da 1 a 4-bis, disciplina le misure fiscali a favore dei contribuenti a basso reddito. In particolare, le disposizioni in argomento attribuiscono per l'anno 2007Pag. 102ai soggetti passivi IRPEF, la cui imposta netta dovuta per il 2006 risulti pari a zero, una detrazione fiscale pari a 300 euro quale rimborso forfetario di parte delle maggiori entrate tributarie affluite all'erario. Detta misura non spetta a coloro che nell'anno 2006 risultino fiscalmente a carico di altri soggetti. Tali disposizioni attribuiscono per l'anno 2007 ai soggetti IRPEF la cui imposta netta dovuta per il 2006 risulta pari a zero, un' ulteriore somma per ciascun familiare a carico, prevedendo che qualora il familiare sia a carico di più soggetti la somma è ripartita in proporzione alle percentuali spettanti secondo la detrazione per carichi familiari. Infine, istituiscono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per l'erogazione delle somme, con una dotazione pari a 5.000 milioni di euro, derivante anche dall'impiego del 30 per cento del Fondo costituito dai depositi dormienti.
Signor Presidente, Rifondazione Comunista ritiene che questo disegno di legge contenga elementi di forte discontinuità, che sono stati definiti sia con il concorso del Governo, sia con la partecipazione attiva nella discussione delle Commissioni al Senato intorno a materie e contenuto in cui si registra davvero un'inversione di tendenza.
Siamo convinti che il confronto interno alla maggioranza - insieme alla capacità di far pesare il Paese sulle scelte del Governo - permetterà di ritrovare una sintonia forte tra il Governo Prodi e il Paese. Questo è necessario in una situazione in cui il Paese ha bisogno non solo di più certezze, ma anche di prospettive.
Per tutte queste motivazioni, preannuncio il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea a questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, il decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale costituisce uno degli strumenti fondamentali della manovra finanziaria del 2008 proposta dal Governo, in coerenza con il DPEF esaminato da quest'Assemblea nel mese di luglio.
Insieme alla legge finanziaria e al disegno di legge che recepisce l'accordo del 23 luglio sul welfare, siamo di fronte ad un insieme di provvedimenti che contingono e consolidano l'opera di risanamento della finanza pubblica, che ha contraddistinto questo anno e mezzo di attività del Governo Prodi, e sviluppano una serie di azioni a sostegno della crescita e di una maggiore equità sociale.
Si tratta di tre obiettivi che partono dalla realtà del Paese. Non è possibile dimenticare, infatti, l'eredità lasciata dal precedente Governo di centrodestra: un Paese che ha conosciuto per diversi anni, sostanzialmente, una crescita pari a zero, e che ha perso continuamente posizioni sul piano della competitività. Ovviamente, ciò non è avvenuto solo a causa delle politiche economiche di quegli anni: scontiamo problemi strutturali presenti da tempo e dopo l'ingresso nell'area dell'euro - che ci ha messo al riparo dalle numerose crisi finanziarie degli ultimi dieci anni, che avrebbero avuto conseguenze deleterie se il nostro Paese non fosse stato inserito nell'area dell'euro - si è resa necessaria una politica a sostegno dell'innovazione e dell'investimento sulla ricerca e sulla conoscenza, perché non è più possibile competere agendo sulla svalutazione della moneta e sull'espansione della spesa pubblica.
Si tratta, quindi, di problemi strutturali, derivanti da situazioni determinatesi nel corso di decenni, ma su cui il Governo di centrodestra non ha inciso, in costante attesa di un miglioramento derivante solo da fattori esterni, senza una politica di sostegno all'innovazione.
A questo aspetto si è accompagnata un'altra pesante eredità, quella dei conti pubblici, usciti da una situazione di controllo. Sento spesso i colleghi dell'opposizione sostenere che abbiamo drammatizzato la situazione, che non era così gravePag. 103come l'abbiamo dipinta; lo ha affermato anche questa sera il collega Alberto Giorgetti. Non è così.
La Commissione Faini insediata dal Governo Prodi ha evidenziato soprattutto due dati di emergenza: il quasi azzeramento dell'avanzo primario e la ripresa della crescita del debito pubblico, dopo anni di riduzione, alla fine del 2005. Questi due elementi si sono confermati anche alla fine del 2006, seppure condizionati da fattori straordinari, ma determinatisi per le scelte (o le mancate scelte) degli anni scorsi, come la questione dell'IVA riguardo alle auto aziendali e i debiti delle Ferrovie.
Solo nel 2007 si avrà una ricostruzione dell'avanzo primario al 2,5 per cento, il debito pubblico ricomincerà a scendere in rapporto con il PIL, passando dal 106,2 per cento del 2005 e dal 106,8 per cento del 2006, fino al 105 per cento. Pertanto, è possibile, se si continua su questa strada, raggiungere un rapporto inferiore al 100 per cento alla fine di questa legislatura, così come è possibile portare il bilancio in pareggio.
Dopo anni di crescita del peso della spesa pubblica sul PIL - due punti percentuali in più negli anni di Governo del centrodestra -, dal 2006 la spesa si è stabilizzata e si è avviata una metodologia - la spending review - che mi sembra l'unica, se perseguita con costanza, in grado di determinare contenimento, riqualificazione e anche riduzione della spesa pubblica nel medio periodo, perché un risultato significativo sul contenimento della spesa pubblica e sulla sua riduzione non lo si può ottenere in un periodo molto breve.
La terza eredità pesante riguarda le condizioni sociali del Paese: aumento delle disuguaglianze delle aree di povertà, perdita del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

MAINO MARCHI. ...condizione diffusa di precarietà per i giovani...

PRESIDENTE. Vi inviterei a lasciar parlare indisturbato l'oratore, per favore, colleghi. Onorevole Baldelli, per cortesia.

MAINO MARCHI. Come dicevo, aumento delle disuguaglianze e delle aree di povertà, perdita del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni, condizione diffusa di precarietà per i giovani e per aree sempre più ampie del mondo del lavoro: sono elementi che contraddistinguono questi anni.
Già dopo un anno di Governo Prodi ci siamo trovati di fronte ad importanti fattori di risanamento della finanza pubblica, in gran parte determinati da maggiori entrate. Tuttavia, maggiori entrate non sempre vogliono dire più tasse; significa soprattutto un serio contrasto all'evasione fiscale e al lavoro nero e un'attività intensa di due Ministeri, quello dell'economia e delle finanze, da una parte, e quello del lavoro, dall'altra.
Dopo un anno di Governo Prodi - porto questo esempio - sono emersi 143 mila posti di lavoro nero e anche questo elemento contribuisce al risultato complessivo. Vorrei rammentarlo anche al collega Garavaglia, che richiamava i problemi di illegalità in questo Paese. Ritengo che un vero contrasto all'evasione fiscale e al lavoro nero sia il modo più efficace per combattere l'illegalità e anche le organizzazioni criminali. Spesso, infatti, vi è una connessione diretta tra questi elementi. In un Paese con quasi il 20 per cento di economia illegale, non si può pensare che trionfi la legalità.
Inoltre, una linea chiara sul rigore e sulla chiusura della prospettiva dei condoni sta determinando comportamenti più virtuosi dei contribuenti.
Di fronte a queste maggiori entrate e a un debito pubblico che è il maggiore d'Europa, producendo effetti pesanti, ogni anno, sul piano degli interessi passivi (oltre 70 miliardi di euro), si sarebbe certamente potuto scegliere di destinare le maggiori entrate alla riduzione del debito pubblico. Considero questa posizione del tutto legittima, soprattutto quando è sostenuta da autorità o soggetti senza responsabilitàPag. 104politica. Quando, invece, viene sostenuta dall'opposizione, tale posizione mi sembra meno credibile, in considerazione del fatto che chi ha contribuito all'aggravamento della situazione, chi per anni ha sovrastimato la crescita del Paese, le conseguenti previsioni di entrata e ha, pertanto, aumentato le spese, non mi sembra che abbia proprio tutte le carte in regola per indicare la strada del risanamento.
Soprattutto, però, non trovo condivisibile questo indirizzo per le condizioni reali del Paese. Dobbiamo sempre avere presenti le tre questioni su cui occorre intervenire: risanamento, ma anche crescita ed equità. Nel momento in cui la condizione di risanamento è migliore delle previsioni e si migliora rispetto a tutti gli impegni assunti in sede europea, e nel momento in cui vi è stata una crescita economica di un certo significato nel 2006 (l'1,9 per cento, un dato che non conoscevamo da anni) e si registra anche nel 2007 una situazione simile (tra l'altro, oltre i livelli previsti dalla legge finanziaria, ma con prospettive internazionali di difficoltà per effetto delle turbolenze dei mercati finanziari e con una condizione ancora di arretratezza del nostro Paese sul piano della competitività, oltre ad una condizione di aggravamento della situazione per diverse fasce sociali del Paese), è opportuno utilizzare le maggiori entrate per sostenere la crescita e per politiche di equità.
Si è spesso attaccati dall'opposizione per la questione della pressione fiscale. Ricordo che la finanziaria per l'anno 2006 ha scelto di destinare le eventuali maggiori entrate non solo alla riduzione del debito pubblico, ma anche alla riduzione della pressione fiscale a cominciare dagli interventi per migliorare le pensioni più basse. Questa è la scelta che abbiamo compiuto sia mediante il decreto-legge n. 81 del luglio di quest'anno, sia ora mediante il decreto-legge in esame il quale destina anch'esso maggiori entrate oltre alla riduzione della spesa per il 2007 (da ciò ritengo nasca l'esigenza di un decreto-legge, non di un semplice disegno di legge di accompagnamento, proprio perché si tratta di risorse tutte relative al 2007). In luglio siamo intervenuti soprattutto sulle pensioni più basse, con effetti che si sono già prodotti in questi mesi e con l'avvio di politiche previdenziali per i giovani, che hanno trovato un inquadramento complessivo nell'accordo del 23 luglio, oggetto del disegno di legge collegato alla finanziaria. Con il decreto-legge in esame, interveniamo innanzitutto sugli incapienti, cioè a favore dei redditi più bassi, con il bonus di centocinquanta euro, così com'era previsto nel decreto originario e come ora ripropongono il Governo e la Commissione, dopo la proposta del Governo stesso a correzione delle modifiche introdotte dal Senato. Si tratta di persone che non beneficiano mai delle detrazioni fiscali, perché non hanno un reddito sufficiente per pagare le tasse: è un problema aperto da tempo e che si inizia finalmente ad affrontare. Questi due interventi, sulle pensioni più basse e sugli incapienti, dimostrano come solo con il risanamento e la crescita sia possibile agire per una maggiore equità. Per ridistribuire ricchezza bisogna produrla e occorre una finanza sana, se cresce il debito, probabilmente, si ridistribuisce solo quest'ultimo.
La valenza sociale della legge finanziaria e della manovra complessiva è stata sottolineata anche dall'ISTAT, nell'audizione che si è svolta con i suoi rappresentanti, rilevando vantaggi per 18 milioni di famiglie. Alle politiche sociali, vanno ascritti altri aspetti importanti, come l'aumento delle risorse del 5 per mille per il piano straordinario per servizi socio-educativi e per il Fondo per le politiche sociali, le estensioni dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo e alle vittime del dovere e della criminalità organizzata, e ancora le risorse per l'obbligo di istruzione. Ricordo inoltre le disposizioni a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infette e a favore dei talassemici.
Vi è un consistente intervento per l'edilizia residenziale pubblica, per valorizzare il patrimonio demaniale e mettere a disposizione un cospicuo numero di alloggi. La casa è un tema al centro della manovra.Pag. 105Oltre le misure introdotte dal decreto-legge in esame vi sono quelle previste dalla legge finanziaria, come le riduzioni ICI e gli sgravi per l'affitto o la proroga di agevolazioni fiscali già in vigore per le ristrutturazioni edilizie e l'efficienza energetica, le politiche sociali, l'equità, ma anche il sostegno alla crescita e allo sviluppo. In certi momenti si è sostenuto che il risanamento si ottiene, più che agendo sulla finanza pubblica, facendo crescere l'economia. Ricordo vari interventi dell'opposizione in tal senso. A mio avviso, occorre agire su tutti i piani. Tuttavia, è strano che quando si interviene per lo sviluppo, si afferma che è meglio utilizzare le risorse per ridurre il debito. In questo decreto-legge vi sono consistenti risorse per gli investimenti per oltre 3 miliardi e mezzo di euro per vari interventi: ferrovie e trasporto marittimo, ANAS, infrastrutture nelle città per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, interventi sulle metropolitane e per altre grandi opere pubbliche, quelli che ho ricordato poc'anzi sulla casa, nonché altri interventi per l'ambiente e l'energia. Sento invocare - lo ha fatto l'onorevole Alberto Giorgetti - le liberalizzazioni, che sarebbero previste in questo decreto-legge. Peccato che tutti i provvedimenti portati all'esame di quest'Assemblea siano stati sempre fortemente contrastati dall'opposizione! Il Senato ha ulteriormente sviluppato le azioni che ho testé richiamato. Il collega Garavaglia si è soffermato sulle tasse per le imprese. Ricordo che la più rilevante riduzione delle tasse alle imprese degli ultimi anni è stata varata dal Governo Prodi, con il taglio del cuneo fiscale e la conseguente riduzione dell'IRAP e che nella finanziaria sono previste misure che riducono gli oneri burocratici e quindi, anche le spese attraverso semplificazioni, oltre all'aumento delle detrazioni fiscali per la ricerca.
Si tratta pertanto di scelte positive per l'economia e per la società italiana, cui si aggiungono le risorse per onorare impegni assunti e non finanziati dal precedente Governo per gli aiuti alla cooperazione e allo sviluppo. Inoltre, tra decreto-legge e legge finanziaria si dà copertura agli accordi contrattuali siglati nel 2007. Comprendo le polemiche sindacali di questi ultimi tempi - e anche le manifestazioni - sulle insufficienti risorse per i prossimi rinnovi contrattuali, ma credo che non si possa chiedere a questo Governo di impegnare, in un solo anno, tutte le risorse previste per il periodo 2006-2007 e anche per il prossimo biennio. Per il futuro tali risorse si utilizzeranno nella misura adeguata, quando saranno siglati gli accordi.
Vi sono poi altre misure attese, come quelle che permettono ai comuni di utilizzare gli avanzi di amministrazione per l'estensione anticipata di mutui. Il collega Zorzato ci ha ricordato i problemi di questi giorni sui trasferimenti ai comuni: si deve ricordare che i comuni sono autorizzati ad iscrivere un'entrata pari alla riduzione dei trasferimenti. Si dovrà poi verificare se questa maggiore entrata ICI non vi sarà e allora lo Stato farà le dovute correzioni. Ricordo che la legge finanziaria aumenta anche le risorse per la sicurezza, in particolare per quanto riguarda le assunzioni di personale. Tutto ciò - lo ribadisco - in un quadro di risanamento della finanza pubblica: stiamo parlando di un indebitamento netto del 2,4 per cento nel 2007, quindi ben al di sotto del 3 per cento e migliore rispetto agli obiettivi di una manovra finanziaria rigorosa come quella del 2007. Si tratta di una previsione del 2,2 per cento di indebitamento nel 2008 senza necessità, per la prima volta, di una manovra sul quadro tendenziale, pur intervenendo per una diversa distribuzione delle risorse. Mi sentirei, pertanto, di fare una battuta: il centrodestra ha chiuso la stalla quando i buoi erano già scappati, mentre il centrosinistra la sta aprendo un po', ma avendo rimesso dentro i buoi.
Dopo tali valutazioni di carattere generale e sui contenuti del decreto-legge, mi soffermo sul quadro dopo l'esame del Senato e le scelte che si propongono in questa Camera. Mi pare condivisibile, anche se problematica sul piano del confronto, del dibattito e del lavoro parlamentare, la scelta di confermare, sostanzialmente, il contenuto del decreto-leggePag. 106così come risulta dopo l'esame del Senato. Quest'ultimo - lo voglio ricordare - sta procedendo all'esame e all'approvazione della legge finanziaria con una forte tenuta della maggioranza. Il decreto-legge è stato però approvato dal Senato con alcune mancate coperture finanziarie: in particolare, oltre ai problemi di copertura sul biodiesel ed i talassemici, vi è una sostanziale mancata copertura di 3,1 miliardi su 5 per gli incapienti. Si propone, pertanto, di riportare la misura ad un livello che comporti un onere di 1,9 miliardi, come previsto nella stesura iniziale del decreto-legge. Se da una parte è da considerarsi opera meritoria quella per cui la Camera si preoccupa di approvare un provvedimento dotato di tutte le coperture finanziarie necessarie, dall'altra si pongono alcuni problemi nel rapporto con il Senato. Presenta notevoli profili di problematicità il fatto che il Regolamento del Senato permetta di mettere ai voti emendamenti privi di copertura finanziaria, addirittura in un modo così macroscopico come nel caso degli incapienti. Ciò deve essere oggetto di valutazione per quanto riguarda il rapporto tra le Camere perché francamente è impensabile che possa continuare una situazione per cui, in questa Camera, vi è un rigore assoluto e nell'altra sono ammissibili sostanzialmente tutti gli emendamenti. Credo, però, sia nostro dovere intervenire per riportare la situazione alla massima correttezza; è un dovere della maggioranza perché si deve far carico pienamente di tali aspetti (e già ciò, a mio avviso, è un ruolo importante) ma è un dovere anche dell'opposizione, soprattutto in questo caso, perché sull'emendamento suddetto la maggioranza ha espresso voto contrario in Senato, mentre l'opposizione ha votato a suo favore, anche se esso è stato presentato da un senatore di maggioranza, pur sapendo che vi erano i ricordati problemi di copertura. A me pare che sia la maggioranza sia l'opposizione debbano farsi carico del rispetto pieno dell'articolo 81 della Costituzione e, da tale punto di vista, voglio sottolineare che c'è stata una puntuale risposta del Governo a tutte le questioni evidenziate dagli uffici della Camera. Sul piano delle coperture voglio segnalare al Governo anche un'altra misura: quella introdotta dall'articolo 42-bis, lettera c), con cui si modificano i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali a fini fiscali e che può determinare minor gettito ICI per i comuni. Si tratta di questioni ancor più problematiche, considerati i numerosi interventi normativi prodotti e previsti in materia di ICI e questioni di cui, a mio avviso, il Governo deve farsi carico.
Certo, il modo con cui arriviamo all'approvazione del decreto-legge in questo ramo del Parlamento lascia anche elementi di amarezza, soprattutto per i componenti della Commissione bilancio, per il sostanziale mancato confronto in quella sede, come ricordato dal relatore, che ringrazio, e da diversi colleghi intervenuti. Occorre che i prossimi appuntamenti, a partire dalla finanziaria, riscontrino una reale possibilità di confronto sia in Commissione sia in Assemblea. Da questo punto di vista, il collega Zorzato richiamava problemi di funzionamento complessivo del Parlamento. Credo che non si possa dimenticare che tutto ciò è anche effetto della pessima legge elettorale approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura, che noi vogliamo cambiare. Credo che questi elementi di metodo, certamente problematici, non inficino la positività della manovra per il 2008 e del provvedimento che stiamo esaminando, che rafforza il Paese (non lo indebolisce, come si è sostenuto in questa sede) e le sue prospettive di sviluppo. Per questo motivo, vi è il pieno e convinto sostegno del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno e Verdi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, anch'io voglio iniziare il mio intervento con un ringraziamento. Ringrazio il relatore Di Gioia, il presidente Duilio, il sottosegretario Lettieri, i colleghi e le colleghePag. 107con cui abbiamo lavorato in modo intenso e, credo, al di là dei risultati finali, molto positivo. Peccato che il lavoro svolto sia stato, per così dire, interrotto - come è noto - per le ragioni più volte sottolineate oggi dai colleghi della maggioranza, e che alcuni emendamenti presentati in Commissione siano stati respinti. Ma riprendendo il ragionamento del collega Marchi, la lettura del provvedimento sicuramente è stata pregiudicata - non abbiamo alcuna intenzione di nasconderlo - dalla situazione di delicato equilibrio politico-istituzionale, dovuta, come è noto, ad una legge elettorale - lo diceva testé sempre il collega Marchi - voluta non da chissà chi, ma dalla maggioranza della scorsa legislatura allo scopo di rendere ingovernabile il Paese, con una scelta deleteria che tutti i parlamentari oggi, almeno così sembra, definiscono sbagliata, ma che pesa moltissimo (e non è ancora finita, credo), inevitabilmente, sui livelli elementari del lavoro parlamentare, non solo al Senato, come è prevedibile, ma molto anche in questo ramo del Parlamento. La maggioranza, in sede di Commissione bilancio, ha indicato alcune necessità: non solo quelle di copertura, che il Governo ha poi definito nelle proprie proposte emendative, ma anche altre (non molte, va detto, che recepivano indicazioni delle Commissioni di merito e miglioramenti sensibili al testo). Mi auguro che sia possibile, in sede di dibattito e confronto, soprattutto sulla finanziaria, recuperare il lavoro svolto, compreso il contributo condiviso apportato al medesimo dall'opposizione.
Con questo decreto-legge si entra nel vivo della sessione di bilancio: il provvedimento che stiamo esaminando, anche se non era indicato come collegato alla finanziaria nel Documento di programmazione economico-finanziaria di luglio, è da considerare, a tutti gli effetti, un collegato tecnico alla manovra economica, che esplica i propri effetti principalmente nell'anno in corso. È un provvedimento d'urgenza che si inserisce in pieno nella politica economica generale del Governo e negli obiettivi di risanamento, equità e di sviluppo che il Governo stesso e la maggioranza che lo sostiene hanno posto alla base della propria azione sin dall'inizio di questa legislatura.
Se la legge finanziaria approvata lo scorso anno ha dovuto seguire un'impostazione incentrata sul necessario risanamento dei conti pubblici, con la conseguenza inevitabile di tradursi in una manovra obiettivamente gravosa, il presente provvedimento, così come il decreto-legge n. 81 dello scorso luglio, nonché lo stesso disegno di legge finanziaria ora all'esame dell'altro ramo del Parlamento, si caratterizzano principalmente per interventi di tipo espansivo, orientati soprattutto all'equità e allo sviluppo (Commenti). Signor Presidente, mi perdoni, la pregherei di riprendere i colleghi che continuano a parlare...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, una collega sta intervenendo e voi parlate ad alta voce, peraltro voltando le spalle alla Presidenza: un comportamento che, come sapete, non si deve assumere.

LUANA ZANELLA. La ringrazio, signor Presidente. Già con il decreto-legge dell'estate scorsa, quello sul «tesoretto», si era provveduto, fra l'altro, ad effettuare una prima, sia pur parziale, azione di redistribuzione delle risorse attraverso nuovi interventi sul welfare, sulle rivalutazioni delle pensioni più basse, sulle pensioni sociali: tutte misure finalizzate a migliorare la situazione delle categorie sociali più deboli del nostro Paese, le stesse - lo ricordo - che hanno subito più di altre un sensibile impoverimento negli anni passati. Si trattava di interventi per oltre 6 miliardi di euro, che venivano finanziati grazie al noto miglioramento dell'andamento del gettito tributario. Il decreto-legge n. 159 del 2007, oggi al nostro esame, trae anch'esso origine dall'emersione di un nuovo extragettito nell'anno in corso, originato prevalentemente dalle misure di contrasto all'evasione fiscale e da quelle che hanno progressivamente consentito di giungere ad un allargamento della base imponibile. Si tratta di un provvedimento che ha effetti finanziariPag. 108per circa 8 miliardi e 300 milioni di euro per l'anno in corso: di questi, quasi tre miliardi di euro - cioè oltre un terzo - vengono positivamente destinati ad interventi di carattere sociale e di equità. Mi riferisco soprattutto al cosiddetto «pacchetto casa» (in particolare al programma di edilizia popolare) ed al rifinanziamento dei servizi socio-educativi per l'infanzia. Allo stesso modo, di grande rilievo è il riconoscimento - finalmente - del «principio di incapienza», che si concretizza in un rimborso monetario diretto a favore dei contribuenti a più basso reddito. Insomma, si comincia finalmente - e con sempre maggior convinzione - a farsi carico del disagio reale e conclamato presente in buona parte della popolazione del nostro Paese.
Queste sono sicuramente le voci più significative in ambito sociale, dal mio punto di vista. Ma bisognerebbe ricordare anche le risorse per integrare il Fondo per le politiche sociali, quelle destinate ai talassemici, agli emofilici, ai soggetti danneggiati da trasfusioni infette e a quelli danneggiati a seguito di vaccinazioni obbligatorie. Ma occorre citare anche i 432 milioni destinati al settore scolastico, i 910 milioni previsti per il ripristino dei contributi agli organismi internazionali per la pace e per gli aiuti ai Paesi poveri e i mille milioni concessi quali anticipo di risorse atte a garantire il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Vorrei sottolineare inoltre un intervento che mi sta particolarmente a cuore, e che finalmente dà risposta ad un problema rimasto aperto troppo a lungo, ponendo rimedio ad una palese ingiustizia.
Mi riferisco all'articolo 34, che estende alle vittime del dovere ed ai loro familiari, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai loro familiari superstiti, i benefici che l'articolo 5, commi 1 e 5, della legge 3 agosto 2004 n. 206 già prevede per le vittime del terrorismo.
La norma dispone un incremento di benefici economici connessi all'invalidità e alla morte della vittima.
Insomma, molte norme contenute nel decreto al nostro esame rispondono, in modo adeguato, a pressanti esigenze del Paese e del nostro sistema socioeconomico.
Un altro terzo delle risorse complessivamente impegnate con questo provvedimento sono finalizzate alle infrastrutture, e tra queste quelle indispensabili a garantire la continuità degli investimenti effettuati dalla società FS, per assicurare adeguati livelli di investimento e manutenzione straordinaria della rete ferroviaria, e quelle a favore dell'ANAS.
Si tratta di 2.550 milioni di euro, e noi non possiamo non apprezzare questo stanziamento, così come gli stanziamenti previsti per il trasporto metropolitano nelle grandi città, con conseguenti effetti positivi in termini di incentivazione della mobilità sostenibile, e quindi di contributo alla riduzione delle emissioni inquinanti.
Si tratta di stanziamenti, sottosegretario, che però devono essere assolutamente incrementati in sede di legge finanziaria, perché bisogna anche pensare alle altre aree del Paese altrettanto bisognose e magari con progetti pronti per il finanziamento.
In questo senso, in modo trasversale era stato presentato, come lei sa, un emendamento da parte dei parlamentari veneti che continueremo a porre all'attenzione del Governo.
Ricordo che all'articolo 22 - si tratta di un problema ulteriore - viene previsto un parziale rifinanziamento della legge speciale per Venezia: 20 milioni di euro per la rete fissa antincendio e per il nuovo sistema di allertamento per i rischi rilevanti da incidente industriale nella zona di Marghera e 170 per il MOSE, ma nessuno per gli altri interventi tesi alla salvaguardia ed alla rivitalizzazione socioeconomica della città e della sua laguna, come prevede tra l'altro la norma speciale medesima.
Vorrei spiegare al Governo, se mai ve ne fosse ancora bisogno, che il MOSE e l'intervento alle bocche di porto - e prescindo dalla valutazione che per noi Verdi è pesantemente negativa sull'opera stessa, anche dal punto di vista, come si vede,Pag. 109dall'enorme drenaggio di risorse - non può esaurire l'impegno del Governo sulla salvaguardia.
In sede di legge finanziaria bisogna prevedere le risorse adeguate per garantire il flusso di finanziamenti atti ad assicurare quegli interventi e quegli investimenti già previsti e programmati dalla regione, dal comune di Venezia e dagli altri comuni coinvolti.
In questo senso, voglio ricordare e rappresentare al Governo un incontro pubblico con i parlamentari veneti che si è svolto lo scorso lunedì alla presenza della stampa (organizzato dal presidente della regione Veneto, Galan, e dal sindaco di Venezia, Cacciari), in cui ci è stato chiesto di rappresentare il problema al Governo, sottolineando l'esigenza di prevedere, a questo punto, un'azione anche unitaria ed interistituzionale per ottenere attenzione e risposte certe da parte del Governo sui temi della salvaguardia e sugli altri temi (come avremo modo sicuramente di discutere soprattutto in sede di esame del disegno di legge finanziaria che la prossima settimana sappiamo sarà alla nostra attenzione).
Signor sottosegretario, noi valutiamo favorevolmente anche il finanziamento degli interventi per il trasferimento modale e per il collegamento con la Sicilia e per migliorare il trasporto pubblico in Calabria e nello stretto di Messina.
A proposito dello stretto di Messina mi corre l'obbligo di aprire una breve parentesi per rammaricarmi della bocciatura, avvenuta al Senato, dell'emendamento dei Verdi e sottoscritto dagli altri gruppi della sinistra per lo svolgimento e la messa in liquidazione della società Stretto di Messina Spa. È evidente che è nostra intenzione riproporlo nelle prossime settimane in sede di esame della legge finanziaria.
Infine, un rapido accenno alle principali disposizioni previste e alle risorse destinate alla politica ambientale. In tale ambito il lavoro dei miei colleghi al Senato ha consentito, come lei ha sottolineato anche nel corso del confronto in Commissione, di apportare ulteriori miglioramenti al testo iniziale. Viene previsto un contributo straordinario di 20 milioni di euro, che rappresentano lo 0,2 per cento del totale, per poter mettere in atto programmi di intervento per le aree protette e la difesa del mare. Sono stanziati, inoltre, dieci milioni a favore del Ministero dell'ambiente per interventi legati alla lotta ai cambiamenti climatici e di protezione degli ecosistemi, della biodiversità, nonché di difesa del suolo. Per quanto concerne specificatamente il Protocollo di Kyoto, vengono previste due importanti norme; in particolare la disposizione che prevede l'allegato Kyoto al DPEF sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, dando così seguito all'impegno specifico assunto in sede di approvazione della risoluzione al DPEF 2008-2011.
Secondo un'altra norma molto importante, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, i nuovi interventi pubblici devono essere accompagnati da certificazione relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Assume una notevole importanza anche la previsione dell'articolo 7 che modifica la legge finanziaria del 2007 in ordine alla riassegnazione delle somme corrisposte a titolo di danno ambientale, ma non erogate per effetto del tetto massimo imposto dalla legge finanziaria 2006 che stabiliva i limiti percentuali alle somme riassegnabili. Si tratta di un tema che abbiamo affrontato anche nel corso della passata legge finanziaria e che ci ha visto molto determinati a definire norme certe in relazione al tema della riassegnazione delle risorse. I piani di riassegnazione delle risorse, infatti, stabiliti dal comma 868 della legge finanziaria del 2007 e ancora non predisposti, vengono integrati con l'inserimento dell'anno 2001 e quindi anche le risorse (tale circostanza ci interessava principalmente) derivate dall'accordo transattivo Stato-Montedison per Porto Marghera vengono recuperate.
Invece, presenta aspetti più problematici la norma di cui all'articolo 46 che prevede procedure autorizzative semplificate per la realizzazione di impianti rigassificatori. Un emendamento migliorativoPag. 110del testo era stato proposto da parte di tutta la sinistra, ma non può essere discusso. Ci auguriamo che in sede di esame del disegno di legge finanziaria il tutto venga ripreso; il sottosegretario sa anche quanto è stato previsto per necessità di copertura in relazione al tema del biodiesel.
Per concludere, signor Presidente, siamo dinanzi ad un provvedimento che si muove nella giusta direzione, che opera una indubbia redistribuzione delle risorse finanziarie, senza compromettere minimamente il risanamento in atto della nostra finanza pubblica e che tende a riqualificare lo sviluppo in senso sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, non riprenderò, se non brevemente, alcuni aspetti che hanno contrassegnato l'iter di questa complessa manovra finanziaria e, in particolare, del disegno di conversione in legge del decreto-legge al nostro esame, perché chi mi ha preceduto ha già ben evidenziato la distonia palese che esiste tra l'attività svolta al Senato e quella svolta alla Camera.
Per aggiungere un'ulteriore considerazione, si deve notare come al Senato il decreto-legge del quale stiamo discutendo non è stato considerato (non poteva esserlo) come un collegato alla manovra finanziaria, dal momento che la risoluzione al Documento di programmazione economico-finanziaria approvata al Senato non conteneva tale provvedimento, mentre alla Camera è stato trasformato in un collegato proprio perché al contrario la risoluzione lo ha previsto.
La conseguenza è che l'emendabilità del testo non soltanto è molto più ampia al Senato, ma è addirittura estremamente più ristretta alla Camera per le ovvie regole che presiedono alla presentazione degli emendamenti in questa sede.
Non aggiungerò ulteriori considerazioni sull'altro aspetto, estremamente significativo, relativo alle regole che disciplinano l'adozione dei decreti-legge. Possiamo tranquillamente affermare che con quest'ennesimo esempio la normativa che disciplina l'adozione dei decreti-legge è ormai abrogata implicitamente (vorrei dire esplicitamente) dai continui provvedimenti del Governo come questo. Il provvedimento in esame, con ben 46 articoli e sotto una dizione generica, viola tali disposizioni e rende quindi ancora più difficile, da un lato, l'attività dei deputati alla Camera e, dall'altro, la comprensione delle linee di fondo dell'iniziativa politica economica del Governo e della maggioranza.
Ritengo che il fatto più grave, signor Presidente, sia la considerazione che emerge dai dati economici. Do atto al relatore di avere, con estrema onestà, affrontato un tema che era stato sollevato anche da chi parla in relazione alla comprensione degli effetti sul bilancio delle entrate e quindi anche della chiarezza dei dati che ci accingiamo ad affrontare.
In effetti, il relatore è costretto a ricondurre il gettito tributario a tre fattori: il più elevato livello di crescita del prodotto interno lordo (che non dipende dall'attività del Governo e lo motiverò tra breve); la questione relativa all'effetto di interventi normativi, in particolare quelli volti a recuperare base imponibile e scoraggiare comportamenti elusivi; un'efficace azione di contrasto all'evasione.
Aggiunge il relatore che non è tuttavia agevole determinare l'incidenza di ciascuno di questi tre fattori e, di conseguenza, diventa problematico stabilire con certezza quanta parte del maggior gettito abbia carattere strutturale e quanta parte, invece, dipenda dal ciclo economico.
Signor Presidente, che sul ciclo economico non abbiano effetto i provvedimenti del Governo e della maggioranza è scontato, perché, come ho già avuto modo di dire, non si rinviene nel dato statistico alcun elemento che consenta di attribuire ad interventi del Governo e della maggioranza un maggior gettito.
Anzi, per onor di correttezza e per rispetto al relatore, affermo che probabilmente una parte consistente delle entrate è determinata dalla politica fiscale delPag. 111Viceministro Visco che, confondendo o cercando di confondere la lotta all'evasione con i provvedimenti di allargamento della base imponibile, ha sicuramente determinato un gettito stabile che, purtroppo, non ha effetti positivi per la crescita economica del nostro Paese, ma al contrario, contribuisce a rendere più difficile la crescita del nostro Paese.
I dati, anche recenti, che sono stati pubblicati confermano, tra l'altro, nonostante l'insediamento dell'attuale Governo sia di non breve durata, come l'Italia continui a crescere in percentuale di gran lunga minore rispetto alla media degli altri Paesi europei con cui si confronta.
È evidente, quindi, che tutte le attese messianiche - più volte risuonate anche in quest'aula con l'avvento del centrosinistra - sono senza alcuna ombra di dubbio smentite in termini statistici. La questione ancora più preoccupante è che, proprio in quanto è difficile determinare gli effetti del gettito rispetto alle situazioni cui ho fatto riferimento, ciò comporta una rischiosità molto elevata negli indirizzi di politica economica che il Governo vara. Mi spiego meglio. È evidente che se parte consistente di quel maggior gettito è dovuta alla crescita del prodotto interno lordo non legata a fattori interni, ma condizionata molto spesso da fattori esterni, nel preciso istante in cui quei fattori prenderanno il sopravvento, la crescita diminuirà.
Anche in questo caso è già scritto negli atti, perché basta ripercorrere le considerazioni della discussione svolta al Senato e alla Camera per rendersi conto di come alcuni elementi che si agitano sullo sfondo internazionale rischino di incrinare le certezze che oggi si vorrebbero spacciare qui all'interno anche del dibattito politico che stiamo affrontando. Mi riferisco, in particolare, alle tensioni sui prezzi del petrolio e, quindi, dell'energia, ad alcune situazioni invocate e che si profilano, anche per gli effetti sulla minor crescita americana dell'influenza che potrà esercitare in Europa. Mi riferisco, quindi, a situazioni di rallentamento che possono contribuire a determinare un minor livello di crescita.
Del resto, proprio in occasione del Documento di programmazione economica e finanziaria e della relativa nota di aggiornamento e così come state facendo anche in occasione della discussione sul disegno di legge finanziaria, siete già costretti ad ipotizzare una crescita in diminuzione per il 2008.
Infatti oggi, rispetto alle previsioni iniziali, dite che sarà un bene se raggiungeremo un punto e mezzo di crescita rispetto alle originarie previsioni. Quindi, tale elemento dovrebbe aver fatto scattare nella maggioranza - e soprattutto nel Governo - la responsabilità di individuare, sul fronte di utilizzo di queste spese, la spesa in investimenti (ad esempio infrastrutturale), in nuove iniziative (ad esempio per quanto concerne il comparto dell'energia), in situazioni che possono cioè determinare un aumento dell'accelerazione della capacità interna della crescita. Leggendo il provvedimento al nostro esame, avete sicuramente fatto una scelta che non mi sento di condividere, ma che è determinata dai quarantasei articoli del decreto-legge al nostro esame, cui seguiranno gli ulteriori articoli che stanno per arrivarci sulla testa, riferiti al disegno di legge finanziaria e anche alla normativa, sempre in discussione presso questa Camera, sotto il profilo delle scelte in campo previdenziale.
Tutti questi provvedimenti si contraddistinguono per una crescita costante della spesa di parte corrente. Un esempio banale, per quanto di rilievo sociale? L'aumento relativo ai dipendenti con l'elemento in termini di bilancio (da considerarsi abbastanza divertente, coprendolo esclusivamente per l'anno in corso), ma che si riferisce ad un aumento costante di quella spesa e che tra l'altro crea ulteriori problemi non indifferenti. Da un lato, vi è il fatto di dover attingere molto spesso a situazioni ormai incancrenite e dall'altro vi è l'aumento, anche per quanto riguarda gli enti locali, della pressione della spesa, con un'altra conseguenza non considerata nei provvedimenti al nostro esame: l'aumento già consistente della tassazione a livello periferico, che fa capo agli entiPag. 112territoriali e che ha registrato un aumento nell'anno in corso rispetto al precedente di una percentuale molto consistente già incidente sui bilanci familiari.
Quindi, quando metterete insieme una volta per tutte questi elementi, forse comincerete a rendervi conto che questa manovra è contraddistinta da errori in termini di politica economica, che difficilmente potranno essere ovviati in futuro.
È evidente, una volta che aumenta la spesa corrente come nel caso che ho citato, non è possibile ridurla; anzi, il paradosso è che magari si tratta di persone con età elevata che sono al servizio, seppure indiretto, della pubblica amministrazione, mentre non è possibile ritagliare un margine per inserire giovani laureati di cui c'è sicuramente bisogno in molti comparti. Si poteva determinare un margine di riduzione della spesa automaticamente, con la richiesta di non procedere, attraverso provvedimenti normativi, al turn over. Perché l'aumento, ormai, delle rivendicazioni che si traducono in termini di contratti collettivi e quindi di questo differenziale che pesa sulla spesa pubblica, è ormai ampiamente tale da non consentire più alcuna possibilità di recupero, e quindi di risparmio e di azione politica e amministrativa.
La questione ancora più grave è il tentativo di voler spacciare alcuni interventi come se avessero una portata tanto rilevante, quando in realtà si tratta semplicemente di questioni facilmente oggetto di critica. Porto brevemente alcuni esempi, partendo intanto da una considerazione politica, la più evidente. Anche in questo caso, signor Presidente, attingo alle dichiarazioni rese dal Viceministro Visco al Senato, per evitare di essere tacciato di interpretazioni senza far riferimento alla fonte ufficiale. Intervenendo al Senato, leggo testualmente, il Viceministro Visco dichiara: «l'uscita dalla fase di emergenza dei conti pubblici (...) è stata conseguita grazie ad una crescita importante e strutturale del gettito erariale, a sua volta derivante da un sostanziale mutamento delle aspettative dei contribuenti». Il Viceministro Visco è quindi costretto a riconoscere quanto abbiamo sempre dato tutti per scontato, ovvero che l'aumento del gettito è dovuto esclusivamente, o meglio in larga misura, lasciando da parte la considerazione sulla crescita del prodotto interno lordo, all'aumento della pressione fiscale. Come è noto, prosegue - e questa è la parte più divertente -, «una combinazione equilibrata di controlli e sanzioni riduce la convenienza ad evadere». Io sono convinto che se recuperassi qualche antico documento del Partito comunista dell'Unione sovietica troverei sicuramente delle considerazione analoghe a quelle fatta dal Viceministro Visco su questa equilibrata combinazione di controlli e sanzioni che riduce la convenienza ad evadere. Ma quanto mi ha lasciato più perplesso dell'intervento al Senato è un altro passaggio, il seguente: «Rispetto agli strumenti che il Governo può utilizzare, certamente la pressione fiscale, che ha raggiunto livelli pressocché ineguagliati nella storia del dopoguerra» - si è svegliato anche il Viceministro Visco! - «non può essere più incrementata». Si tratta, peraltro, di una dichiarazione non vera, perché in realtà ciò accade proprio con questi provvedimenti. «Quanto alla spesa corrente, viceversa, più che l'Esecutivo sarà il Parlamento a dover individuare le misure per eliminare la spesa corrente improduttiva e ridurre drasticamente gli sprechi», ha aggiunto.
Ora, trovo abbastanza singolare che un Viceministro del Governo attribuisca la responsabilità delle scelte, come quella sulla riduzione della spesa, al Parlamento e non all'iniziativa del Governo, soprattutto quando questa iniziativa si estrinseca, come accade questa sera, attraverso il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza. È una capacità eccezionale quella di quest'uomo di riuscire ad un tempo a sostenere punti di vista differenti e a tentare di ingannare la realtà, insieme ai riconoscimenti che fa, sia per quanto riguarda l'aumento della pressione fiscale, sia per alcune operazioni. È stata vantata anche in questa sede la famosa manovra di riduzione di 5,5 punti dell'aliquota dell'imposta sulle società; ebbene, è semprePag. 113il Viceministro Visco a ribadire poi che l'allargamento della base imponibile e la riduzione di 5,5 punti dell'aliquota non sono un effetto reale, ma solo finanziario. È sostanzialmente quanto abbiamo sempre sostenuto, è il gioco delle tre carte. Si interviene sotto il profilo della perfetta correlazione, o del tentativo di riportare questa correlazione, tra il bilancio fiscale e il bilancio civilistico, contemporaneamente si allarga la base imponibile in termini di diritto tributario per fare in modo che l'operazione sia sostanzialmente indolore.
Ma la questione sulla quale il Governo si supera, con il provvedimento in esame, è quella relativa all'innovazione tecnologica. Si tratta, in effetti, di un provvedimento che, come è stato citato anche da qualche oratore che mi ha preceduto, viene sbandierato come fondamentale per poter dar corso agli interventi previsti dal Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica.
Peccato, però, che, leggendo il provvedimento in questione, ci si accorga di un elemento fantastico, che potrebbe o avrebbe dovuto comportare la correzione, tra l'altro, del preambolo relativo alle ragioni per le quali si interviene d'urgenza. Leggendo le schede tecniche relative al provvedimento, infatti, si scopre che il Ministro competente e il Governo, appoggiati dalla maggioranza, avevano approvato, con l'ultima legge finanziaria, un provvedimento che aveva lo scopo di istituire il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (cosiddetto FIRST), facendovi confluire il Fondo per le agevolazioni alla ricerca (il famoso FAR) e il Fondo per gli investimenti della ricerca di base (il FIRB).
Tra l'altro, la questione interessante riguarda il fatto che, sempre nell'ultima legge finanziaria approvata da tutti i grandi sostenitori della rincorsa all'innovazione tecnologica, si precisava che la ripartizione delle risorse sarebbe avvenuta con decreto interministeriale emanato dal Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attuazione delle indicazioni contenute nel programma nazionale della ricerca.
Il risultato è che il provvedimento non è mai stato adottato: ciò ha comportato un ritardo, rispetto alla realizzazione di quegli investimenti, che esattamente data dall'approvazione della legge finanziaria fino al decreto-legge sul quale si sta discutendo. Pertanto, il provvedimento in esame, che semplifica l'attribuzione dei fondi confluiti in quello citato, non è da salutare come innovativo, ma dimostra l'incapacità del Ministro competente e del Governo di predisporre i provvedimenti attuativi delle norme inserite nella legge finanziaria, che riguardano, guarda caso, decine e decine di milioni di euro finalizzati proprio a dare impulso alla ricerca e all'innovazione tecnologica, ossia a quei campi con riferimento ai quali venite a raccontarci la storia dell'orso.
Mandate via i ministri che non sono in grado di attuare le norme che essi stessi chiedono al Parlamento di approvare! Ritengo che tale elemento sia abbastanza indicativo non delle scelte di lungo respiro della politica economica di questo Governo, ma degli errori che si continuano a ripetere. A proposito di errori di lungo respiro, permettetemi di richiamare - mi avvio alla conclusione - un'altra norma abbastanza interessante. Mi riferisco alla transazione fra Finmeccanica ed ENEA: sostanzialmente 450 milioni di euro di finanziamenti, attribuiti a Finmeccanica e considerati dall'Unione europea come aiuti di Stato, vengono giustamente recuperati e attribuiti dallo Stato a mo' di rimborso ad ENEA, che li deve restituire direttamente, per gli oneri legati all'abbandono dell'energia nucleare in Italia.
Quando sento qualche collega salutare con enfasi l'articolo 46 del decreto-legge, riferito ai rigassificatori, ho due obiezioni da avanzare. Prima di tutto, il provvedimento forse servirà - ce lo auguriamo anche dai banchi dell'opposizione - a porre fine agli ostacoli che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continua a interporre nei riguardi di tutte le iniziative che erano giàPag. 114state avviate sotto l'egida del tanto vituperato Governo precedente. Potrei citare, ad esempio, il rigassificatore di Brindisi o anche il tentativo di restituire in termini di innovazione un'altra importante centrale, che non è molto distante da qui; potrei ricordare l'atteggiamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare volto a impedire la realizzazione di queste importanti infrastrutture. Atteggiamento che fa il paio con le lacrime di coccodrillo di alcuni ministri, che si preoccupano dell'andamento dei prezzi del petrolio, vengono in questa sede a strapparsi le vesti e cercano di indicare, con emendamenti che poi vengono respinti, una sorta di osservatorio sui prezzi (con riferimento agli oneri gravanti sulle famiglie in relazione a tali costi), ma che, in verità, sono i principali nemici dell'innovazione.
Attenzione cari amici, perché gli errori sul nucleare li abbiamo fatti a suo tempo e li stiamo ancora pagando profumatamente - vorrei dirlo anche in termini divertenti, se non fossero soldi dei contribuenti - con questa ennesima transazione, la cui giustificazione affonda le radici in scelte che furono improvvide e sbagliate.
Signor Presidente, mi permetto anche di svolgere un'ulteriore considerazione, che spero non sia ritenuta offensiva dall'Aula. Non so se alcune misure sarebbero state considerate ammissibili anche alla stregua dell'ordinamento parlamentare della Camera, allorché il provvedimento fosse stato presentato in questo ramo del Parlamento. Mi riferisco, in particolare, a un contributo di 3 milioni alla fondazione European Brain Research Institute (EBRI), che, come rammentato dalla relatrice al Senato (attingo sempre dai resoconti del Senato, perché non voglio aggiungere nulla di personale), è un'organizzazione senza scopo di lucro, nata con la missione di studiare il sistema nervoso centrale, dai neuroni al cervello, in condizioni normali e patologiche. In proposito, mi è venuto in mente qualcosa che ha attinenza con il nostro sistema tributario, ma tralascio di soffermarmi. L'istituto è stato fondato e ispirato scientificamente dal premio Nobel, professoressa Levi Montalcini, il cui straordinario curriculum non consente illazioni di alcun tipo. Signor Presidente, non ne faccio e mi limito a ricordare che l'insigne professoressa Levi Montalcini è senatore nominato, con designazione diretta, come è noto, dal Presidente della Repubblica, che in questo momento sarà impegnata, come mi auguro e come è suo dovere, nelle votazioni che si stanno svolgendo al Senato.
Signor Presidente, concludo con un altro riferimento importante, l'articolo 40, che intende trasformare nell'Agenzia ivi indicata ciò che un tempo e che ancora oggi è l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Signor Presidente, abbiamo cercato di capire quale strategia fosse alla base di questa indicazione, ma non abbiamo ottenuto alcuna risposta. Sempre dai documenti del Senato, ho scoperto perché non abbiamo ottenuto alcuna risposta su questa ulteriore strategia. In questo caso, il sottosegretario Grandi, intervenendo nella seduta dell'11 ottobre 2007 al Senato, ha testualmente affermato: si fa al riguardo presente che il Governo prevede di affidare a una società di consulenza il compito di elaborare una proposta sulla riorganizzazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Dunque, signor Presidente, come direbbe qualcuno, a me sorge spontanea una domanda: ma come si fa a indicare un modulo organizzativo come quello dell'Agenzia, se si deve ancora assegnare l'incarico di consulenza per scoprire come deve avvenire questa organizzazione?
Signor Presidente, non vorrei che in realtà il tentativo effettuato attraverso l'articolo 40 fosse rivolto ad altri scopi, magari a cancellare i vertici dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, che sono invisi, come risulta tra l'altro da una discussione emersa anche in Commissione finanze della Camera dei deputati, a qualcuno dei vertici politici del Ministero.
Mi permetto semplicemente di contribuire all'eventuale richiesta di curricula alle società, perché, come leggo da Il Secolo XIX del 6 novembre 2007, esisterebbe una società qualificata che potrebbe, eventualmente, essere indicata al sottosegretarioPag. 115competente. Si tratta della Government Procurement Services Consulting Srl, detta anche GPSC Srl, di cui il giornale scrive: la GPSC vince gare con enti controllati dal Ministero dell'economia e delle finanze; tra i soci figurava il segretario del Viceministro e oggi risultano l'ex segretario e il cugino del braccio destro. Attingo sempre dal contesto dell'articolo: «la GPSC ha sede nello stesso immobile in cui si trovano gli uffici della Nuova Economia Nuova Società (NENS), associazione privata fondata dal Viceministro Visco con il suo collega Pierluigi Bersani». Signor Presidente, non ho dubbi che siamo di fronte a una nuova economia e, purtroppo, anche a una nuova società. Il problema che mi pongo è se la nostra società abbia bisogno di questi economisti. Per me la risposta è scontata (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Zinzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Filippi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Filippi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, come vede con il applauso dei colleghi.
È iscritto a parlare l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, per snellire i lavori dell'Assemblea anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Ulivi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole D'Elpidio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, non consegno il testo del mio intervento perché mi sembra importante: considerato che il presidente della Commissione, l'amico Duilio, e il relatore hanno atteso con ansia il contenuto del mio intervento, vorrei dialogare con loro ed esporre le ragioni che mi hanno spinto ad aspettare fino ad ora per potere intervenire, ovviamente con dovizia di particolari e di argomentazioni, che lascerò poi alla valutazione dei colleghi e amici. Al di là delle battute...

PRESIDENTE. Sì, anche perché l'onorevole Duilio era disposto ad invitarla a cena.

MAURIZIO ENZO LUPI. Sa, signor Presidente, in questo periodo è meglio non formulare tali inviti a cena, in particolare nei pressi del Senato, perché altrimenti qualcuno potrebbe avere qualche dubbio...

PRESIDENTE. Mi perdoni l'interruzione, onorevole Lupi.

MAURIZIO ENZO LUPI. Il disegno di legge di conversione che è sottoposto allaPag. 116nostra attenzione - molti colleghi sono già intervenuti, in particolare il collega Zorzato, fornendo un quadro generale dell'analisi e delle critiche ad esso - contiene, come devo riconoscere che ha affermato con molta correttezza il relatore, una parte importante e fondamentale dedicata al tema delle infrastrutture. Anzi, proprio nella relazione iniziale il collega Di Gioia ha affermato esattamente che uno dei punti qualificanti del decreto-legge in esame consiste nel permettere di destinare risorse all'attuazione del programma infrastrutturale del Paese, addirittura 3,5 miliardi di euro, e ha sottolineato l'importanza che ciò può rappresentare e potrebbe rappresentare per lo sviluppo complessivo del Paese, ed è quindi strettamente attinente al titolo e all'obiettivo che il decreto-legge in esame si pone.
Nel mio intervento vorrei sviluppare due aspetti, partendo da una considerazione che tutti i colleghi dell'opposizione hanno svolto, declinandola secondo due punti di vista. Il primo è il seguente: è vero quanto affermato dal relatore Di Gioia e quanto sostenuto ormai da diciannove mesi anche dal Ministro di Pietro, e cioè che le infrastrutture sono un obiettivo strategico dell'attuale Governo e che le risorse che stanziate permettono e hanno permesso o permetteranno la realizzazione di infrastrutture nel nostro Paese, colmando finalmente questo gap?
Passo alla seconda domanda che vorrei porre al relatore e al Governo: tutti abbiamo sostenuto - il famoso tesoretto ne è un'esemplificazione molto chiara - che, a fronte di un aumento di tassazione, il Governo si è trovato con un surplus di entrate. L'aumento di tassazione non è una nostra opinione, ma ormai sono dati che anche il Ministero dell'economia ci fornisce: il prelievo fiscale nel nostro Paese è aumentato al 43 per cento grazie all'ultima legge finanziaria; addirittura, dal primo gennaio al 30 settembre del 2007, cioè nell'anno corrente, 40 milioni di contribuenti hanno erogato e sborsato nei confronti dello Stato 271 euro in più a testa (sono dati che ovviamente ci vengono forniti).
Come vengono utilizzati - ecco la seconda domanda - i denari di questo famoso tesoretto (ricavato secondo una logica che assolutamente non condividiamo, perché nasconde la concezione che ha guidato tutta la politica economica dell'attuale maggioranza, cioè quella secondo la quale prima lo Stato preleva tutto e poi, a seconda della discrezionalità o dell'intenzione o del potere distribuirà, se avanzerà, a chi vuole: questa è la filosofia generale)? Come viene utilizzato, anche nel decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione, questo aumento di tassazione?
Vorrei esemplificare e dare risposta a questa seconda domanda toccando alcuni articoli del decreto-legge fiscale, oggetto della nostra discussione, e spiegando come la linea generale di tutta la politica economica e fiscale sia quella di aumentare la tassazione, non per ridurre il debito o per rilanciare l'economia, bensì per aumentare la spesa pubblica, secondo il principio più nobile che vede nell'aumento della spesa pubblica il mezzo attraverso il quale uno Stato può rilanciare il sistema Paese e secondo un principio meno nobile, per il quale, siccome vi è un problema di tenuta del sistema politico, è solo aumentando la spesa pubblica che si riesce, secondo la vecchia concezione migliana (del professore di scienze della politica Miglio), a tenere unita la maggioranza, ovverosia la classe politica.
Per questa ragione, viene affrontato il tema dei precari e degli LSU, che costituisce una bandiera della sinistra estrema. Pertanto, attraverso l'aumento della tassazione si determinano maggiori entrate, che si devono ridistribuire non per diminuire la spesa, ridare efficienza al sistema, rilanciare l'economia e permettere la massima libertà dell'iniziativa economica, bensì per accontentare quel tipo di classe politica che è fondamentale affinché la maggioranza possa andare avanti e reggersi.
Così ci si comporta (per esemplificare in molto banale e semplice, considerato che ognuno di noi - io ho tre figli - è padre di famiglia) come chi, non bastandogliPag. 117lo stipendio a fronte di una famiglia indebitata con mutui e quant'altro, improvvisamente ottiene un aumento una tantum dalla propria azienda. Cosa fa questo padre di famiglia indebitato? Da una parte, avrebbe la possibilità con questa una tantum che riceve (una sorta di quattordicesima, quindicesima o sedicesima) di diminuire il proprio debito, quindi di andare in banca a ridurre il mutuo; oppure, dall'altra parte, quella di comprare, come tutti normalmente siamo tentati di fare, un nuovo telefonino al figlio, in altre parole, di aumentare complessivamente le spese. Questo decreto-legge fiscale si comporta esattamente in questo modo.
Faccio alcuni esempi per dimostrare come non sia ideologica la nostra opposizione al provvedimento, ma proprio di merito e nel merito diamo un giudizio globalmente negativo, perché in esso si nasconde una concezione che non possiamo condividere e che porta, sta portando e porterà questo Paese allo sbando.
Gli articoli 21 e 21-bis del provvedimento in esame - l'onorevole Di Gioia lo sa - sono dedicati ad un tema fondamentale, ovverosia la riqualificazione urbanistica, il rilancio del territorio e i contratti di quartiere. L'articolo 21 ha un titolo importante: «Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica». Tuttavia, improvvisamente, non troviamo solamente l'edilizia residenziale pubblica e i contratti di quartiere: troviamo - guarda caso - un aspetto che avevamo già criticato. Infatti avevamo avvisato con forza in campagna elettorale di stare attenti alla previsione, nel programma dell'Ulivo, di un modello di gestione e di innovazione dello Stato che avrebbe portato ad un'implementazione degli organi, degli osservatori, delle Authority, eccetera, perché più si allarga questa macchina, più è possibile controllare tutto e tutti e sarà possibile accontentare tutto e tutti. Puntualmente, in ogni provvedimento che da diciannove mesi ci viene presentato, nasce un nuovo osservatorio. Così nasce l'osservatorio nazionale e gli osservatori regionali sulle politiche abitative.
Se fosse semplicemente un ennesimo organo istituzionale cui qualcuno deve partecipare, potremmo pure discutere della sua funzione. Ho rivestito la carica di assessore all'urbanistica del comune di Milano e credo che sia fondamentale un sensore, in materia di sviluppo e di politiche abitative del territorio, della domanda e dell'offerta. Credo, altresì, che nella società vi siano tanti di questi sensori da non esservi il bisogno di un'ulteriore istituzione da parte dello Stato; però, se si vuole aggiungere qualcosa di questo genere, ben venga.
Vi è però un piccolo particolare: tutto ciò costa e aumenta la spesa pubblica. Si tratta di 5,5 milioni di euro, ovverosia addirittura l'1 per cento delle risorse dedicate all'edilizia residenziale pubblica, alla riqualificazione urbana e alla possibilità che nelle grandi metropoli si possa rispondere al dramma della domanda abitativa e della riqualificazione. L'1 per cento - lo ripeto - viene destinato ad un organo pletorico che, tra l'altro, mi chiedo quali funzioni dovrà svolgere. Magari si tratterà di funzioni già previste da altre leggi o, magari, si tratterà di tavoli che già esistono nei Ministeri.
È giusto? Ci si comporta da buon padre di famiglia o si segue quella logica che dicevo?
Un'altra scoperta che si fa leggendo - per chi non è esperto, per chi ci ascolta credo che sia interessante fare queste analisi - è che tendenzialmente questo decreto fiscale è stato costruito perpetrando la logica dell'unione della maggioranza e dell'accontentare la classe politica e la rendita politica per tenere unita la maggioranza: puntualmente, in ogni articolo di tutto il decreto fiscale, troviamo la declinazione di questa rendita, positivamente in alcuni casi, meno positivamente in altri. Guarda caso, la troviamo nascosta in un comma dell'articolo 21 sulle politiche abitative. Per forza di cose e per coerenza, il Senato ha dovuto cambiare il titolo in modo che al «Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica» si aggiungono «Risorse per opere di ricostruzione delle zone del Molise e dellaPag. 118provincia di Foggia colpite da eventi sismici». Puntualmente nell'articolo 21 sono previsti ulteriori stanziamenti legati alla regione Molise e si è aggiunta - forse, per concessione del Ministro Di Pietro, che non vuole essere accusato di avere qualche interesse nella regione Molise - anche la regione Puglia con la previsione della provincia di Foggia.
In Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici abbiamo lavorato molto su questo aspetto e ci è stato reso noto quanto è stato erogato dal 2002 al 2007 dallo Stato per fare fronte a questo avvenimento grave e importante che ha colpito una parte notevole del territorio del nostro Paese con drammi non indifferenti. Con i 110 milioni di euro che vengono dati con il decreto-legge al nostro esame, siamo arrivati a 3 miliardi di euro in cinque anni, erogati ovviamente per la riqualificazione di questi territori. Sono certo e sono sicuro che l'utilizzo di tali risorse non sarà identico a esperienze purtroppo drammatiche e a modelli negativi che si sono verificate in altre parti del Paese sui medesimi problemi.
Proseguiamo, perché è altrettanto interessante quello che è previsto nell'articolo 8 del decreto-legge al nostro esame. In esso sono scritti un nome e un cognome chiari. Lo ha denunciato il collega della Lega Nord Padania. Siamo rimasti tutti strabiliati in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici: devo dire che correttamente il relatore lo ha inserito nella sua relazione. Improvvisamente, scopriamo qualcosa di nuovo rispetto all'osservazione iniziale del collega Di Gioia, secondo il quale le infrastrutture sono un problema e un tema fondamentale di questo Paese, la grande scommessa di sviluppo. Certamente: la grande scommessa di sviluppo di questo Paese si gioca tra Scilla e Bagnara per un programma di semaforizzazione di 7 chilometri di strada per 7 milioni di euro: un milione di euro a chilometro!
Ognuno di noi, se ha governato un'amministrazione piccola o grande, sa quanto costa un semaforo o quanto costa un passaggio pedonale, eccetera. Crediamo che quei 7 chilometri di strada diventeranno il modello di strada non europea, ma mondiale! Arriveranno da tutto il mondo a vedere come si possono spendere 7 milioni di euro per 7 chilometri in un tratto fondamentale e nevralgico per il sistema, per il corridoio 5, per il corridoio tirrenico, il passante!
Mi domando: è questo il modo o quell'emendamento ha un nome e un cognome ed è legato solamente ad essi? È questo che fa male al Governo e al Paese! Non ci si occupa di rispondere ai bisogni di questo Paese, indifferentemente da chi governa, ma ci si preoccupa di restare in piedi.
Di quale regione stiamo parlando? Di quale provincia stiamo parlando? Di quale senatore stiamo parlando, che rappresenta il partito dei consumatori? Credo che tutti coloro che ascoltano e i colleghi, che non sono stupidi, possano dare un nome e cognome.
Prendiamo in considerazione un altro articolo, che segue sempre la stessa logica: più tasse e aumento della spesa pubblica: ciò avviene secondo un criterio di efficienza? No. Si tratta dell'articolo 26: in Commissione su questo punto il collega Di Gioia è stato uno dei protagonisti, perché molto ha combattuto e lavorato affinché insieme si potesse determinare una legge per l'istituzione di nuovi parchi nel nostro Paese. Per un anno e mezzo la Commissione ambiente ha lavorato su proposta della maggioranza, in dialogo con l'opposizione, per individuare quali aree strategiche fossero importanti nel nostro Paese riguardo alla tutela ambientale e all'istituzione di nuovi parchi e quant'altro.
Tutte le volte che il Governo è giunto in Commissione ambiente ha affermato che quella legge non poteva passare, pur avendo l'accordo di tutti, perché mancava la copertura. Improvvisamente, scopriamo che al Senato - guarda caso - si trovano le risorse per la copertura e per istituire parchi che non hanno nulla a che vedere con un disegno strategico e che immagino possano, invece, avere a che vedere con l'interesse, anche giusto, o particolare, di qualcuno, di qualche senatore. Si istituisconoPag. 119i parchi delle Egadi, delle Eolie e degli Iblei in Sicilia. Ma, per esempio, ci si dimentica di Pantelleria; abbiamo discusso a lungo sul parco di Portofino; vi è la proposta - su cui si è battuto più volte il relatore Di Gioia, che è sempre rimasta ferma al palo - relativa all'istituzione del parco del Sub Appennino Dauno. Con quale criterio si pianifica e si è strategici? Una legge è la risposta vera e chiara ad un bisogno che si individua. E come si utilizzano le risorse?
Tralascio l'articolo 28 che, invece, finalmente, dà una notizia fondamentale sulla politica giovanile, che il Paese aspettava da molti anni. Alla politica giovanile, infatti, secondo una sana concezione di sussidiarietà - in base alla quale mettiamo tutti nelle condizioni di agire e forniamo le risorse per farlo - mancava l'istituzione - finalmente, i nostri giovani non aspettavano altro! - di un'Agenzia nazionale per i giovani. Volete mettere? Addirittura, in questo provvedimento, viene allegato un pamphlet in cui si spiega cosa farà questa Agenzia nazionale per i giovani! E - addirittura! - viene detto che essa viene istituita nel nostro Paese perché rientra in un programma europeo! Ci si dimentica di spiegare al Parlamento e ai cittadini che tale Agenzia costerà adesso 25 milioni di euro e, ogni anno, a regime, 75 milioni di euro!
Domando ai colleghi qui presenti, al relatore di cui conosco la sensibilità, al Governo, al presidente della Commissione bilancio: se questi 75 milioni di euro fossero stati impiegati per incentivare e per dare risorse a coloro che già intervengono nella società, che sono attivi e che vogliono essere protagonisti, non sarebbero stati usati, forse, meglio, piuttosto che pagare 75 milioni di euro in stipendi, prima ancora di fornire risorse, perché, finalmente, il Ministro Melandri sia a capo oltre che del suo Ministero (che non conta niente), addirittura di un'altra agenzia, per poter affermare che fa una politica per i giovani? Questa è la logica del bene comune e dell'interesse comune?
Passiamo al secondo aspetto. Sono convinto che, finalmente, il bluff del Ministro Di Pietro, dopo diciannove mesi, verrà scoperto. Prima o poi, caro sottosegretario, le carte si vedono; bisogna giocare la partita! Il Ministro ha potuto dire, dopo i primi tre mesi, che occorre vedere, che la sua maggioranza non vuole farlo agire. Oggi abbiamo assistito ad un altro siparietto, in cui il Ministro si arrabbiava con il collega Locatelli, esponente di Rifondazione Comunista della Lombardia, che gli diceva che non si sarebbe dovuta istituire la Bre.Be.Mi Spa, e gli rispondeva che li sfidava a recarsi nel loro territorio, con il problema del traffico, e così via. Il Ministro Di Pietro parlava sempre con il suo solito tono, in modo da conquistare in maniera demagogica il consenso. Cosa sta facendo?
È vero che questi 3,5 miliardi di euro ci permettono di rilanciare le infrastrutture? Nella precedente legge finanziaria sono stati destinati complessivamente 6 miliardi di euro per le infrastrutture. Si tratta del 12 per cento in più, per correttezza, di quanto aveva destinato l'ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi. Il problema che tutti noi conosciamo è che si possono stanziare le risorse e metterle anche in bilancio: il collega Verro è stato, insieme a me, assessore al demanio e conosce benissimo quante risorse abbiamo iscritto in bilancio, dicendo che erano disponibili; ma se, poi, non si spendono, se non si creano le condizioni perché i cantieri si aprano e perché si affidino gli appalti, è come mettere quelle risorse in un libro dei sogni.
Ho domandato oggi al Ministro Di Pietro - credo che conosca molto bene questo dato, lo conoscono anche l'ANAS, le Ferrovie dello Stato, le imprese che stanno lavorando e lo conosce, purtroppo, il Paese ma, credo, non lo conosciate voi - se sa, dal 2007 ad oggi, quanti di questi 6 miliardi stanziati e destinati sono stati erogati come flusso di cassa. Siamo a meno dell'8 per cento. Quest'anno il flusso di cassa (cioè i soldi che si pagano e che vengono erogati per i lavori in corso) ammonta, al massimo, a 480 milioni di euro.Pag. 120
È questo il bisogno infrastrutturale che il Paese ha in termini di apertura dei cantieri? Abbiamo affermato - sono dati che lo stesso Ministro Di Pietro ha riconosciuto - che, nel periodo del Governo Berlusconi dal 2003 al 2006, fino alle elezioni, abbiamo aperto 54,8 miliardi di euro di cantieri cantierati, tanto è vero che oggi il Ministro Di Pietro, in maniera molto accesa (infatti, si dimentica sempre di essere in Parlamento e ogni tanto ha il vizio di fare ancora il PM), diceva di aver dovuto trascorrere mesi a pagare i nostri debiti.
Innanzitutto, se sono trascorsi mesi, ciò non è stato, eventualmente, per pagare i debiti, caro signor Presidente, ma semplicemente per pagare finalmente i cantieri aperti, cioè le opere e i cantieri che si realizzano. Se si lavora, infatti, c'è da pagare! Se si aprono i cantieri, vuol dire che le strade si stanno costruendo e che l'alta velocità finalmente si realizza nel nostro Paese, mentre se non si lavora, non c'è da pagare niente, come, ovviamente, si sta facendo ora!
Il dato più impressionante è quello de Il Sole 24 ore e di tutti gli osservatori e consiste nel fatto che, purtroppo, drammaticamente (il Ministro Di Pietro lo sa ed è per questo che non è detto che servano i 3,5 miliardi di euro stanziati in questo decreto-legge), nei primi sei mesi del 2007 abbiamo avuto una flessione del 65 per cento dei bandi di gara emessi dalle Ferrovie dello Stato, una flessione del 20 per cento dei bandi di gara emessi dall'ANAS ed una flessione complessiva del 18 per cento degli appalti generali dei comuni. Ci troviamo drammaticamente di fronte a tale realtà.
Domani sarà presentata in Parlamento una ricerca su «i costi del non fare» per quanto riguarda le infrastrutture del nostro Paese. Si tratta di una ricerca oggettiva e interessante, realizzata dalla Bocconi. Secondo tale ricerca - lo dico perché questa responsabilità non può non vedere uniti maggioranza e opposizione, tranne qualcuno cui, ovviamente, interessa ancora continuare a pensare solamente al volo dei gabbiani che poi, forse, vengono deviati dal ponte sullo Stretto, mentre non gli interessa che questa regione rimane isolata e non ha la possibilità di dimostrare tutta la sua potenzialità - è stato stimato che, dal 2005 al 2020, i costi del non fare, nel nostro Paese, ammonteranno a 338 miliardi di euro a danno della collettività! Si tratta di danni!
È stato stimato altresì - non è una ricerca di parte, del centrodestra - che i costi di quanto è stato fatto, con la legge obiettivo, nei tre anni, sarebbero ammontati a 63 miliardi di euro (se non si fosse fatto) e, invece, poiché si è fatto e si è realizzato certamente non tanto, ma qualcosa, ciò ha portato un beneficio di 72 miliardi di euro.
Ciò dimostra qual è il dramma che viviamo e qual è la grande responsabilità che abbiamo. Non ci servono Ministri che fanno i bluff o che cercano di «succhiare» dalla propria maggioranza solo per ottenere il consenso, ma devono assumersi la responsabilità di realizzare e se non si fa, si va casa! Ci si dimette se si capisce che la maggioranza non vuole che si faccia, che non vuole l'alta velocità e non vuole il Mose! Se si capisce che vi è una maggioranza che non condivide una questione così fondamentale per il Paese, non si può continuare a parlare contro la stessa maggioranza, rimanendo Ministro del Governo e non facendo nulla. Si va a casa! Ci si dimette! Si dice: ragazzi, si torna alle elezioni, perché è più giusto!
Secondo la ricerca, infatti, per evitare tutto questo, dovremmo realizzare 5 centrali a carbone e 16 a gas, rispettivamente da 1.000 e 800 MegaWatt ciascuna, 4.800 chilometri di nuovi elettrodotti, 3 rigassificatori, 109 termovalorizzatori, 80 impianti di compostaggio, 4 impianti per il recupero di scarti da cantiere, 1.926 chilometri di nuove tangenziali a pedaggio e autostrade. Ripeto: 1.926 chilometri! Questa è la situazione in cui ci troviamo e, purtroppo, abbiamo perso diciannove mesi.
In conclusione, credo che - lo dico per correttezza - tutti i nodi vengono al pettine. Arriviamo alla questione: mi va bene, collega Di Gioia, che lei dica che iPag. 1213,5 miliardi di euro ci sono - ben vengano! -, ma questi 3,5 miliardi di euro sono solo uno specchietto per le allodole o si crede veramente che le infrastrutture servono a questo Paese e lavoriamo e lottiamo perché si facciano, perché le modifiche ci siano e perché la legge obiettivo sia attuata?
Lei sa che, ancora oggi, l'ANAS non ha ancora attuato il contratto di programma? Siamo nel novembre 2007, il CIPE e la Corte dei conti non hanno ancora dato il via libera all'ANAS per attivare le risorse previste nel 2006.
Si lavora per competenza di mesi, tant'è che nel decreto-legge del quale lei è relatore - come ha potuto constatare con attenzione il presidente Duilio - mi sembra si destinino circa 230 milioni di euro per l'ANAS, ovviamente per evitare che collassi. Lei pensa e pensiamo tutti seriamente - concludo - che si possa fare una politica infrastrutturale solo con gli accordi di programma, gli intenti scritti e gli annunci? Questa era l'accusa che muovevate al Governo Berlusconi. Allora, la realtà è la realtà e i fatti sono i fatti. Purtroppo, ripeto, ancora una volta ci troviamo di fronte ad una concezione che vede un aumento di tasse non per migliorare l'efficienza, non per liberare risorse e ridurre la spesa pubblica, bensì per aumentare la stessa spesa pubblica, perché l'unica cosa che vi interessa non è governare per rispondere al bene comune, bensì per mantenere le poltrone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, non avendo un intervento scritto, sarei disposto a svolgerlo domani mattina, in quanto qualora lo svolgessi stasera impiegherei tempo, lo dico subito. Scelga lei.

PRESIDENTE. Non possiamo svolgere una contrattazione. Lei è iscritto a parlare questa sera.

LUCIANO D'ULIZIA. Mi rivolgo ai colleghi.

PRESIDENTE. Lei non sta «minacciando» nessuno. È suo diritto intervenire ed io, ovviamente, non ho alcuna disponibilità a contrattare.

LUCIANO D'ULIZIA. Siccome ho avuto sollecitazione dai colleghi per chiedere di rinviare il mio intervento a domani mattina, dal momento che è piuttosto lungo, le ho chiesto se vi fosse tale possibilità, signor Presidente. Se così non è, procedo a svolgere il mio intervento. La ringrazio.
Signor sottosegretario, colleghi che siete rimasti, la lettura del decreto-legge in discussione, a mio avviso, non può essere compiuta se non si considerano anche la legge finanziaria e i saldi di finanza pubblica, nonché le relative correzioni. Infatti, parlare solo del decreto-legge in discussione (al di fuori della legge finanziaria e dei saldi di finanza pubblica) diventa un esercizio molto parziale, incompleto e che non fornisce i riferimenti necessari per suggerimenti al Governo e affinché il nostro sia un lavoro utile. Ad esempio, non possiamo non tener conto - in quest'Aula finora non l'ho ascoltato, probabilmente altri colleghi lo diranno - che da parte dell'opposizione si fa molta propaganda. Ho ascoltato interi comizi, slogan e altro.
Per tacitare i nostri interlocutori basterebbe dire - però, signor sottosegretario, fino ad oggi non lo ho sentito dire - ad esempio, che il saldo della massa del debito pubblico del primo semestre di quest'anno era di 1.632 miliardi di euro. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, sapete quant'è il saldo del secondo semestre, limitatamente ai primi due mesi? 1.620 miliardi di euro. Praticamente, siamo riusciti a diminuire la massa del debito pubblico di 12 miliardi di euro. Se si fa una semplice proiezione o equazione ciò significa che al termine dell'esercizio corrente avremo un risparmio, in termini di massa debitoria, di oltre 30 miliardi. Come fa l'opposizione a dire che questo decreto-legge e questa legge finanziaria siano basati sull'aumento della spesa? Probabilmente, qualcuno non conosce l'algebra e deve andare a scuola di economia politica, perché questo è il datoPag. 122fornito dalla Banca d'Italia. Purtroppo, le persone come l'onorevole Lupi, l'onorevole Contento e l'onorevole Zorzato, lanciano strali, fanno propaganda, ma poi non rispondono a queste domande.
Infatti se il saldo complessivo della massa debitoria è diminuito - e sappiamo che in economia politica ciò significa una tendenza - vuol dire che, a fine anno, si avrà un risparmio netto di oltre 30 miliardi di euro. Allora, mi chiedo: a quanto ammontava l'incremento della massa debitoria del Paese nel periodo del Governo Berlusconi? Consideriamo i dati della Banca d'Italia: è stato di oltre 380 miliardi di euro! Un terzo del debito pubblico italiano è stato creato dal precedente Governo che, in pratica, non ha fatto pagare le tasse, ma al prezzo di indebitare in maniera sproporzionata lo Stato italiano. E poi in quest'Aula, signor Presidente, dobbiamo ascoltare delle lezioni di economia politica da persone che non sanno cos'è l'economia politica, che non sanno fare una somma algebrica, che affermano che noi siamo affezionati alle poltrone, che insultano il nostro Presidente del Consiglio! Ho sentito insulti al Presidente del Consiglio in quest'aula e sono convinto che le predette persone non sono degne nemmeno di fare i servitori del Presidente del Consiglio!

PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, si limiti ad apprezzamenti politici.

LUCIANO D'ULIZIA. Noi siamo stati offesi perché ci hanno accusato di essere qui perché siamo attaccati alle poltrone, non è forse un'offesa questa? Rispondo a tali offese dicendo che i colleghi di cui ho parlato non hanno la capacità per fare le osservazioni di cui si è detto: sono stato in quest'Aula ad ascoltarli, questi signori, e ci sarò anche domani. Si tratta, piuttosto, dell'inverso: noi stiamo varando una manovra che ha un'anima di equità sociale e di sviluppo economico. Questa è la verità e lo dimostrerò esaminando il decreto-legge n.159 del 2007. Tale sforzo, però, è stato ancora più evidente perché abbiamo come valuta l'euro che sicuramente ci difende da alcuni fenomeni esterni, ma non ci difende, purtroppo, da alcune attività che esercitiamo sul mercato globalizzato.
Ricordo che il primo Governo Prodi diede incarico al CNEL di articolare la formula del change over finanziario ossia del cambio lira-euro. Il CNEL, chiamò, pertanto, a raccolta una serie di economisti - mi ricordo che ancora era vivo Sylos Labini e partecipò anche Leon, oltre a tutti gli economisti del «clan». Tale formula era basata sullo scambio finanziario, ossia teneva conto di tutte le valute mondiali; quindi coniammo una formula che portò a 1936,27 il rapporto di cambio lira-euro. Esso, però, valeva per i mercati finanziari! L'errore che è stato commesso - lo dobbiamo riconoscere - è non aver elaborato una formula per gli scambi commerciali interni che avrebbe dovuto tener presente le monete dell'euro-mercato ossia dell'Europa dei quindici. L'errore è stato commesso sia da parte nostra sia da parte dell'Europa e oggi lo stiamo scontando. Perché, però, gli altri paesi dell'Unione europea non pagano questo prezzo? Con riferimento alla Germania, la spiegazione risiede nel fatto che essa aveva una valuta consolidata e forte, con un valore di mercato tale da poter essere confrontata con valute forti come il dollaro. Noi e la Francia, che invece risentiamo dell'euro forte, avevamo una valuta abituata alle svalutazioni competitive: ricorrevamo alla svalutazione della lira per rimanere competitivi sul mercato. È stato, pertanto, commesso questo errore: non abbiamo studiato il doppio cambio - quello finanziario e quello commerciale - all'interno dell'Europa a quindici e oggi ci troviamo con un euro forte che, da una parte, difende la nostra macrofinanza - soprattutto quella statale - dall'altra, però, indebolisce la situazione dei salari, degli stipendi e dei poteri d'acquisto.
Constatiamo che questo decreto-legge ha un'anima e cerca di venire incontro alle persone più bisognose, ma, allo stesso tempo, ha un'anima di sviluppo economico. Il problema è che dobbiamo discutere di questo provvedimento, mentrePag. 123avremmo dovuto discutere complessivamente appunto del decreto-legge n. 159 del 2007, della legge finanziaria e dei saldi di finanza pubblica e relative correzioni, perché isolando il discorso su questo provvedimento non riusciamo ad avere un panorama definito e completo. Dovrò dunque inserire in questo mio intervento non solo il decreto-legge n. 159 del 2007, ma anche la legge finanziaria per l'anno 2008 che ancora non è al nostro esame, che non sappiamo come verrà compiutamente definita dal Senato e sulla quale dovremo lavorare nei prossimi giorni. La manovra è di equità sociale e di sviluppo economico; quindi ha un'anima, una strategia per arrivare a ottenere risultati sia in termini sociali sia in termini economici. Quando veniamo accusati di non avere alcun tipo di iniziativa, credo che stiano parlando, signor Presidente, dell'esercizio precedente, ossia dell'Esecutivo precedente, ossia della maggioranza precedente. Chi è che ha fatto lo sviluppo? Ci si accusa di non aver determinato uno sviluppo pari a quello tedesco, ma questa maggioranza, questo Governo hanno determinato uno sviluppo. I dati oggi testimoniano che quest'anno chiuderemo fra l'1,7 e l'1,9 di incremento percentuale del PIL. Riscontriamo le medie ottenute dal precedente Esecutivo e dalla precedente maggioranza: hanno sfiorato lo zero per cento di crescita e se non fosse stato per la cooperazione, che in quel periodo ha aumentato il proprio PIL del 5-6 per cento, il Paese sarebbe andato in recessione!
Oggi il Parlamento, grazie a questa maggioranza e a questo Governo, ha dato un riconoscimento dovuto al movimento cooperativo, perché esso ha reso un grande servizio al Paese non mandandolo in recessione. Basta fare le somme algebriche che qualcuno non sa fare, perché, se le sapesse fare, avrebbe ragionato in modo diverso. Perché questa finanziaria, signor Presidente, signor sottosegretario, è di equità e di sviluppo? È di equità perché quando mai abbiamo visto che su un solo capitolo si spendono 389 milioni (previsti all'articolo 18) per aiutare i Paesi in via di sviluppo? Questa è la nostra sensibilità! Essere, cioè, in tensione con il resto del mondo che muore di fame, che ha bisogno non solo del pesce per sfamarsi, ma della canna. Investiamo ingenti risorse per la sovvenzione alimentare delle popolazioni bisognose, come constateremo meglio successivamente, con altri provvedimenti del Governo. Queste sono le sensibilità del centrosinistra! Eccolo il centrosinistra che viene, con la sua tensione, verso gli altri che non hanno da mangiare, e che debbono imparare a produrre: 389 milioni di euro per i Paesi in via di sviluppo in termini di investimenti per creare lavoro e occupazione.
L'articolo 21 si riferisce all'edilizia sociale: ma quanti anni sono che aspettiamo l'edilizia sociale? Chi si ricorda che durante il Governo Berlusconi vi è stato un solo articolo, un solo milione di euro per fare le case per i lavoratori e per i meno abbienti? Ecco l'anima che esce, ecco il centrosinistra che sta cercando di dimostrare il suo impegno sociale. Cosa ci sentiamo dire? Cercano di «comprarci» i senatori, sperano che qualche senatore a vita - che è convinto del voto che dà, perché sa che è un voto giusto e di solidarietà per lo sviluppo - magari abbia qualcosa che lo costringa a rimanere a casa. Abbiamo una minoranza che non ha le sensibilità necessarie per lo sviluppo sociale. Non c'è solo l'edilizia! Per il recupero del patrimonio pubblico edilizio non utilizzato sono previsti 100 milioni di euro.
Il precedente Governo - il Governo Berlusconi - ha dimezzato il Fondo per le politiche sociali: noi lo abbiamo riequilibrato e lo stiamo rifinanziando. È questa l'anima di questo provvedimento e del disegno di legge finanziaria. Quanto alla questione del basso reddito, ci si obietta che a chi ha redditi bassi abbiamo dato solo 150 euro, cioè 50 centesimi al giorno. Sapete però qual è l'impegno complessivo derivante da tale norma? È pari a 1.900 milioni di euro. Vi pare un impegno da poco? È qui che si trova l'anima di questo decreto-legge e del disegno di legge finanziaria.Pag. 124
Vi è poi la questione dello sviluppo. Su tale fronte, non è possibile dare una lettura del decreto-legge n. 159 del 2007, di cui stiamo discutendo senza un esame anche del disegno di legge finanziaria: sarebbe come leggere un libro saltando le pagine - alla fine, la lettura sarebbe incomprensibile. Pensiamo allora, ad esempio, alla questione dell'ICI che viene pagata dalle cooperative agricole. Se un grande produttore - potrei fare nomi, ma non voglio - produce l'uva, la trasforma e imbottiglia il vino nella sua azienda, allora non paga l'ICI: se invece piccoli produttori del movimento cooperativo si mettono insieme per fare la stessa operazione, debbono pagarla. Quale senso ha tale differenza? In questo modo, viene meno il rispetto dell'articolo 45 della Costituzione, che riconosce la funzione sociale della cooperazione a fini di mutualità: viene cioè meno una prerogativa fondamentale del nostro assetto costituzionale e del nostro vivere democratico. Il decreto-legge al nostro esame prevede invece che se i produttori sono associati vale per essi quel che vale per il singolo. Questa è una norma con cui si fa giustizia: non è - come qualcuno afferma - una regalia alle «coop rosse». È un provvedimento in linea con l'economia di mercato, poiché altrimenti i produttori associati sarebbero svantaggiati rispetto al produttore singolo, che quasi sempre è molto grande ed utilizza tutte le possibilità a sua disposizione.
Pensiamo poi ai biocarburanti: anche su questo fronte, ci si preoccupa di salvaguardare l'ambiente, introducendo una produzione nuova, eco-compatibile e che dà ulteriori prospettive all'agricoltura. Ricordiamo peraltro, signor Presidente, che nei cinque anni del Governo di centrodestra l'agricoltura italiana ha perso il 5 per cento del PIL. Constateremo in seguito se, grazie a queste norme, l'agricoltura perderà ulteriori punti o ne guadagnerà: già sin d'ora, comunque, riscontriamo che l'azione che abbiamo messo in atto ha prodotto un recupero in termini di PIL agricolo. Perché è sempre a questa cartina di tornasole che è necessario ricorrere: occorre verificare se gli assunti e le enunciazioni politiche corrispondono poi ai risultati della matematica, che è una scienza abbastanza esatta. Ebbene, noi crediamo che alla fine sarà così. Ma l'aspetto più importante nell'ambito del programma di sviluppo è l'abbattimento di 5 punti dell'IRES per le imprese. E a chi ci obietta che però, a fronte di questa norma, abbiamo unificato il bilancio fiscale e quello civilistico, rispondo che aver eliminato la doppia funzione del bilancio societario mi pare un fatto assolutamente positivo. Del resto, gli stessi industriali e la stessa Confindustria lo hanno apprezzato. E se l'abbattimento dei cinque punti dell'IRES serve a favorire lo sviluppo e a ridare competitività al nostro Paese, così è pure per il sia pur lieve abbattimento dell'IRAP. Se tutto questo è vero, signor Presidente, credo che dobbiamo rinviare al mittente le accuse che ho ascoltato in quest'Aula: sono accuse che giudico assolutamente propagandistiche e non fondate su assunti ed analisi oggettive ed obiettive.
Ho sentito in quest'Aula accuse rivolte al Ministro Di Pietro: ma scusate, guardate le strade ed i progetti! Faccio un solo esempio: la statale 77. I lavori erano fermi da cinque anni; arriva il Ministro Di Pietro e i lavori riprendono (abbiamo già realizzato dieci chilometri di strada). E lo stesso si può dire con riferimento ad altre situazioni.
Il presidente Berlusconi - lo dico con il massimo rispetto - ha fatto i disegnini sulla carta, quando prendeva parte alla trasmissione Porta a porta, mentre noi abbiamo realizzato e stiamo realizzando le strade e le infrastrutture. Questa è la verità!
Noi abbiamo messo i soldi che non c'erano, operando un aggiustamento di finanza pubblica che darà i frutti in futuro.
L'Italia dei Valori, quindi, non ha bisogno di essere attaccata, utilizzando questioni di basso cabotaggio, come quando si sostiene che noi daremmo il «contentino» al Molise. Andate a dirlo ai molisani che hanno avuto il terremoto, i bambini morti, le scuole devastate! Se ne avete il coraggio,Pag. 125andate in Molise a dire queste cose! Lì vorrei vedere la denuncia che muovete ad una persona seria, impegnata e che parla in modo chiaro come il Ministro Di Pietro!
Certo, noi abbiamo il difetto di dire le cose in maniera meno forbita, meno colta, meno universitaria ed accademica, ma io accetto le sfide anche sul piano culturale e sul piano economico, perché vedo da quella parte una incultura economica.
Quindi, non si tratta di una difesa d'ufficio: noi facciamo le cose, mentre voi non le avete fatte; noi lo possiamo dimostrare, mentre voi fate propaganda!
L'Italia dei Valori, signor Presidente, voterà in modo convinto il decreto al nostro esame ed il disegno di legge finanziaria, perché sa che sta facendo insieme a questa maggioranza e a questo Governo un servizio al Paese ed a coloro che hanno di meno, i quali erano stati dimenticati ed hanno bisogno di sentire vicino il Governo, la maggioranza e le forze del centrosinistra.
Noi siamo orgogliosi di stare in questa maggioranza e porteremo avanti questo progetto, e credo che le spallate che qualcuno vuole dare saranno rinviate al mittente. Domani il Senato approverà il disegno di legge finanziaria: vorrò vedere, allora, la resa dei conti nella casa del centrodestra.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, ancora una volta siamo di fronte ad un decreto che non affronta in maniera efficace le problematiche economiche presenti nel Paese, ad un provvedimento disomogeneo sul quale il giudizio è sicuramente negativo.
Ho sul punto, evidentemente, un'opinione diversa da quella del collega D'Ulizia che mi ha preceduto, così come ho sicuramente un'opinione diversa da lui sul Governo Prodi, ma il basso gradimento del Paese nei confronti del Governo Prodi mi conforta nella mia opinione.
Traspaiono, colleghi, dal provvedimento in discussione le contraddizioni presenti nella maggioranza tra il partito della spesa e quello delle riforme, una contraddizione che ha caratterizzato tutto il primo anno e mezzo del Governo Prodi in ordine tanto alla legge finanziaria approvata nel dicembre scorso, quanto a quella oggi all'esame delle Camere ed ai vari provvedimenti che sono stati approvati in questo periodo.
Il risultato di questa vostra contraddizione, la conseguenza di questa vostra impossibilità a governare è lo stallo in cui versa il Paese ed il disagio che avvertono gli italiani, che chiedono anche in campo fiscale leggi eque, chiare e coerenti.
Aiutare i grandi giganti industriali, le cooperative rosse e i grandi centri commerciali, come ha fatto il Governo Prodi in odio alle necessità di tanti cittadini, di tanti dipendenti e di tanti professionisti e piccoli imprenditori che con il loro lavoro e le loro piccole e medie attività hanno fatto crescere l'economia italiana, non è una politica da apprezzare.
Quello delle riforme economiche è un tema centrale per la crescita anche sociale del Paese. Si parla di risanamento della finanza pubblica, ma il risanamento non si ottiene, come è stato fatto in questo anno e mezzo, aumentando le tasse, la spesa corrente e quindi, di fatto, il deficit.
Non si realizza il risanamento facendo dell'Italia il Paese europeo con la più alta pressione fiscale e con il maggior numero di adempimenti a carico dei contribuenti, anche grazie alle leggi approvate durante il Governo Prodi (mi riferisco non solo alla legge finanziaria, ma anche ai decreti Bersani-Visco).
Un buon Governo è al servizio del contribuente e non lo considera, come sta facendo la maggioranza, un suddito. Non è certamente con i piccoli interventi, con i piccoli cambiamenti, con qualche norma che potrei chiamare «norma-mancia» contenuta nel provvedimento in esame, con la propaganda, che si assicura una vera giustizia sociale, specie per le fasce sociali più deboli.
I dati ISTAT ci ricordano che nell'anno in corso (questo è il risultato del Governo Prodi) i poveri e le famiglie non abbienti del nostro Paese sono aumentate e ciò nonPag. 126è piacevole. L'aumento dei prezzi, la riduzione del potere di acquisto e quindi l'insufficienza di salari e stipendi, la difficoltà di acquistare o solo di prendere in locazione case adibite ad uso abitativo, la difficoltà di pagare i mutui e quindi la presenza di rate insolute, che sono fonte di preoccupazione e causano notti insonni a tanti italiani, sono notizie di tutti i giorni.
Per chi svolge attività politica aiutare le fasce sociali più deboli, i poveri, chi non riesce ad arrivare a fine mese, o meglio ha già difficoltà dopo la seconda settimana, è un dovere irrinunciabile ma, colleghi, occorre aiutarli seriamente e non prendendoli in giro, facendo promesse o rappresentando una situazione che non rispecchia la realtà. La vera realtà, invece, è che, grazie alla politica del Governo di centrosinistra, abbiamo un Paese più povero, più insicuro e probabilmente proprio le difficoltà e l'insicurezza sono la causa scatenante di tante manifestazioni di intolleranza cui abbiamo assistito anche negli ultimi giorni. È grave che il Governo, nonostante la situazione, investa poco in sicurezza.
Con l'approvazione finale della legge finanziaria e dei suoi provvedimenti collegati avremo un quadro complessivo degli interventi del Governo, ma certamente ciò che emerge sino ad oggi conferma il quadro di incertezza, disorganicità e direi incapacità o comunque impossibilità della maggioranza ad assumere decisioni realmente utili per il Paese, per assicurare quel processo di sviluppo essenziale a competere in un mercato sempre più globalizzato e per realizzare una politica capace di coniugare sviluppo e solidarietà.
In tale quadro di riferimento, si inserisce il decreto al nostro esame. La prima domanda che dobbiamo porci e che poniamo alla maggioranza ed al Governo è se le risorse che il provvedimento in esame utilizza, anche alla luce delle tante modifiche introdotte in Senato, sono realmente disponibili. Per la verità, in Commissione bilancio i componenti di opposizione hanno avanzato richieste e dubbi sul punto, ma senza che il Governo offrisse risposte esaurienti. Un Governo che si è chiuso a riccio anche di fronte ai tanti emendamenti della maggioranza, che testimoniano che la stessa maggioranza non condivideva e tuttora non condivide molti punti del decreto e che di fatto è stato esautorata, nelle sue scelte, dal Governo stesso e dalla impossibilità di conciliare le varie proposte emendative.
Limiterò il mio intervento a brevi considerazioni su alcuni articoli aventi rilevanza fiscale. L'articolo 19, per esempio, che interviene in tema di pagamenti della pubblica amministrazione, consente al Governo di diminuire indiscriminatamente la soglia, oggi fissata legislativamente in 10 mila euro, a partire dalla quale le amministrazioni pubbliche, prima di procedere a pagamenti, devono verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento di una o più cartelle di pagamento. Non porre alcun limite a tale facoltà discrezionale può essere causa di arbitri in danno dei soggetti interessati, che a volte, specie se si tratta di soggetti con piccoli volumi di affari, hanno bisogno proprio di incassare i loro crediti per far fronte alle loro obbligazioni.
Vi è poi l'articolo 20 che disciplina il cosiddetto 5 per mille. Il fondo, voglio ricordarlo, fu istituito grazie ad un'intuizione del Governo di centrodestra, nella profonda convinzione che aiutare la ricerca ed il volontariato è cosa estremamente positiva per la crescita e la solidarietà nel Paese. Sono risorse che su mandato del contribuente vengono destinate a beneficiari particolarmente meritevoli per la loro attività e quindi se è positivo aver reintegrato il fondo di 150 milioni di euro, l'articolo testimonia che la necessità dell'intervento legislativo è dovuto all'errore compiuto dal Governo nella scorsa legge finanziaria. Ricordo, in ordine a tale punto, che il Governo voleva addirittura cancellare il fondo realizzato con il 5 per mille, così come era previsto nel testo originario della scorsa legge finanziaria, ma il fondo è stato successivamente reintrodotto grazie all'intervento del Parlamento.
Un cenno merita anche l'articolo 21 che disciplina un programma straordinarioPag. 127di edilizia residenziale pubblica. A mio avviso, l'articolo presenta alcuni aspetti di indeterminatezza che probabilmente impediranno di realizzare ciò che l'articolo stesso prevede. Aiutare le giovani coppie ad acquistare o prendere in locazione la casa di abitazione è un obiettivo da tempo all'attenzione di Alleanza Nazionale e ricordo che ho presentato proposte di legge, oggi all'esame in Commissione, che procedono in tale direzione.
Il testo proposto dal Governo è indeterminato, caro sottosegretario, e finirà con l'essere solo un manifesto di propaganda. Cosa si intende, caro sottosegretario Lettieri, per basso reddito? Il testo non lo dice. E quali sono i requisiti per individuare le giovani coppie e per poterle definire tali? Si deve fare riferimento all'età e, se è così, quale è l'età per rientrare nell'agevolazione? Tutto questo non è chiarito nel testo, né si rimanda ad un decreto per individuarne i requisiti.
Non mi soffermo, per economia di tempo, su altri articoli che pure presentano aspetti di criticità e che, comunque, hanno rilievo fiscale, come l'articolo 26-bis che reca modifiche al comma 33 del decreto-legge n. 262 del 2006 in materia di variazioni colturali e quindi interviene sul reddito dominicale dei terreni, ricordando, peraltro, le proteste ed i disagi che il provvedimento procurò nel mondo agricolo.
Con riferimento all'agricoltura devo far osservare che l'avere modificato, così come fa il provvedimento in esame, con l'articolo 42-bis, i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali anche ai fini fiscali e quindi non oggetto di tassazione autonoma, avrebbe dovuto comportare come conseguenza anche una modifica, almeno sino al 31 dicembre del 2007, del termine, oggi a legislazione vigente, previsto al 30 novembre 2007. Si tratta del termine entro e non oltre il quale i contribuenti devono dichiarare al catasto i fabbricati rurali per i quali vengono meno i requisiti della ruralità.
Ma se oggi cambiamo, caro sottosegretario, i criteri per individuare la ruralità stessa, se la legge di conversione entrerà in vigore, probabilmente a fine mese, come faranno i cittadini a sapere cosa fare per rispettare la normativa? Occorre un maggior coordinamento e, purtroppo, se il Governo porrà la fiducia ciò non potrà avvenire.
Voglio però soffermare l'attenzione mia e dei colleghi sull'articolo 41, che prevede che il Ministero dell'economia debba costituire, attraverso l'Agenzia del demanio, una società di scopo per promuovere la formazione di strumenti finanziari immobiliari per l'acquisto e il recupero di immobili abitativi. Il costo previsto è di 100 milioni di euro ed il Governo, addirittura, aveva previsto una spesa di 150 milioni di euro.
Caro relatore, caro sottosegretario, si parla tanto della necessità di risparmiare, di ridurre gli sprechi, di risanamento, di aiutare le fasce sociali più deboli, le famiglie, specie quelle numerose e poi, in un momento di difficoltà economica, si crea un'altra società che dovrà forse affiancare la Patrimonio Spa già in essere per creare magari altri posti in consiglio di amministrazione e sistemare amici o amici degli amici. La norma, quindi, non ci convince.
Non posso, colleghi, non soffermare la mia attenzione sull'articolo 44, che contiene misure a sostegno dei contribuenti a basso reddito. Si parla, nell'articolato, di detrazioni fiscali. Caro relatore, la detrazione è una somma che si detrae dall'imposta da pagare all'erario. Nella norma il beneficio è destinato a soggetti passivi IRPEF la cui imposta netta nel 2006 risulta pari a zero. Mi chiedo, quindi, come faccia il contribuente a detrarre da zero la somma che pure legittimamente gli spetta e che deve ricevere così come previsto dalla disposizione.
Mi chiedo se siamo in presenza di un rimborso forfettario e quindi di una somma che il contribuente riceverà direttamente, oppure operiamo nel campo del credito di imposta e quindi si tratta di una somma da compensare con altre imposte? La norma, com'è scritta, non chiarisce tutto ciò e speriamo che il chiarimentoPag. 128verrà dal decreto previsto al comma 4 dell'articolo che giustamente è stato introdotto dalla Commissione bilancio.
Inoltre, ha fatto bene la Commissione, nelle poche modifiche apportate, a cancellare il richiamo al fondo costituito dai depositi dormienti che, lo ricordo, dovrà essere utilizzato per indennizzare i risparmiatori vittime di frodi finanziarie.
Ciò che maggiormente contesto è che la norma, com'è scritta, poiché destinata ai soggetti IRPEF con redditi da lavoro o da pensione, esclude proprio dal beneficio i più bisognosi, cioè coloro che sono così sfortunati da non possedere alcun reddito. Con la norma si aiuta chi in un anno ha prodotto reddito fino a 50 mila euro anche se poi, magari, le spese straordinarie sostenute e l'imposta netta risulterà pari a zero e non si aiuta chi versa nello stato di estremo bisogno.
È quanto previsto dalla norma; infatti, per poter accedere al beneficio, bisogna avere comunque un reddito da lavoro o da pensione. Esprimo pertanto un «no» convinto al provvedimento in esame che vuole essere anche un «no» a tutta la politica economica e fiscale di questo Governo e di questa maggioranza, con la speranza che si possa presto voltare pagina e nell'interesse del Paese si possa porre presto fine all'esperienza del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto-legge fiscale in esame oggi alla Camera è uno dei ben sette strumenti legislativi di cui si compone la manovra finanziaria per il 2008. Malgrado ciò, nella versione licenziata dal Consiglio dei Ministri, esso consta di ben quarantotto articoli e di ben sessantanove articoli nella versione che ci giunge dal Senato (considerando anche gli articoli bis, ter, quater, quinquies e così via). Tali articoli, per giunta, riguardano una pluralità di materie assai differenti. Quindi, costituiscono già di per sé una sorta di piccola legge finanziaria, con tutto il corollario di interventi piccoli e grandi, di interesse nazionale, settoriale o territoriale. Per fortuna, trattandosi di conversione di un decreto-legge, i parlamentari non possono aggiungere con emendamenti altre materie o spezzoni di riforma, altrimenti non dubito che un provvedimento siffatto vedrebbe aumentare il numero di articoli di cui è composto ad ogni passaggio parlamentare.
Tale quadro ci fa già comprendere come, malgrado i vari proclami di riforma della finanziaria che ogni anno le forze politiche fanno all'indomani della sua approvazione, malgrado i solleciti del Capo dello Stato, anche quest'anno la legge finanziaria manterrà il carattere di provvedimento omnibus, composto da tante misure diverse, sovente di dubbia coerenza, sulle materie più diverse, sottoposto alle richieste di ogni lobby, corporazione, ente politico, esigenze di collegio di deputati e senatori, quasi come se quello che non viene accluso alla legge finanziaria non potesse esserlo in un alcun altro provvedimento.
Una tale impostazione evidenzia la debolezza del Governo in questo procedimento, dati anche gli stravolgimenti che il Parlamento impone ai diversi provvedimenti del disegno di legge finanziaria, ma anche la debolezza dell'istituzione parlamentare, che vede nella legge finanziaria così concepita il momento principale, se non unico, di legislazione attraverso cui far passare spezzoni di riforme, che meriterebbero un esame a parte, più approfondito e attento.
Siamo convinti, quindi, che occorra con urgenza una riforma della procedura della legge finanziaria, che veda un ruolo e una responsabilità maggiore attribuita all'Esecutivo, di quanto non avvenga oggi, così come avviene negli altri Paesi europei nel nome di un interesse generale che molto difficilmente può essere tutelato altrettanto efficacemente da un Parlamento frammentato come il nostro.
Venendo poi al merito del provvedimento al nostro esame, su cui il gruppo La Rosa nel Pugno, non c'è dubbio, anchePag. 129nella sua componente radicale, esprimerà un voto positivo, non mancano le misure di interesse generale certamente positive. Cito, a titolo di esempio, i fondi destinati alle infrastrutture ferroviarie e a Trenitalia che sconta un pesante arretrato da parte dello Stato ad assolvere gli obblighi finanziari di propria competenza. Ecco, quindi, perché i fondi sono rispettivamente relativi all'anno 2007 e al biennio 2006-2007. Sono positivi anche i finanziamenti a singole infrastrutture, quali i sistemi di trasporto metropolitano, di Roma, Napoli e Milano o quelli destinati al trasporto in Calabria e Sicilia.
Da tale punto di vista, si osserva una scelta privilegiata per le regioni del Mezzogiorno e una certa discutibile disattenzione per le regioni del nord-est. Tuttavia, è comunque inevitabile che, in regime di risorse scarse, il Governo faccia delle precise scelte di priorità, comunque necessarie anche quando non pienamente condivisibili. Positivo è l'articolo 16, che sposta al 2012 lo switch off della televisione digitale terrestre, essendo l'attuale data del dicembre 2008 assolutamente irrealistica, così come le misure per la diffusione dei televisori digitali, che ricevono anche su questa tecnologia.
Inoltre, sono positive le misure di edilizia residenziale pubblica di cui all'articolo 21 e quelle per il rispetto del protocollo di Kyoto, per citarne due. Viceversa, suscita una certa perplessità, l'articolo 27 con cui si stanziano sessanta milioni di euro per la Calabria e dieci per la Campania per la stabilizzazione dei lavoratori precari e socialmente utili e dei lavoratori di pubblica utilità.
Ciò particolarmente per il fatto di non prevedere assunzioni basate su selezioni pubbliche per merito, come dovrebbe sempre essere nella pubblica amministrazione e così com'è previsto all'articolo 27-bis sulle assunzioni. Discutibile è anche l'articolo 43, che consente ai comuni con meno di cinquemila abitanti di assumere anche in soprannumero i lavoratori impiegati in attività socialmente utili. Rileviamo anche come l'articolo 42 destini somme rilevanti ancora una volta all'agricoltura, un settore assai sovvenzionato e non solo in ambito nazionale, come è noto. In conclusione, rifacendomi per tutte le altre misure a quanto osservato dal collega relatore Di Gioia, preannunzio il nostro voto positivo alla conversione in legge di questo decreto-legge, sia per le misure positive contenute sia per una considerazione di politica generale. Noi riteniamo che questo Governo e, ancora di più, questa legislatura debbano andare avanti, perché ci sono processi politici che hanno cominciato a delinearsi e che devono ancora sviluppare i propri effetti, e che solo la durata della legislatura, e prima ancora di questo Governo, potranno consentire. Pertanto, oltre al merito, il nostro voto positivo si esprimerà anche su di un percorso di Governo, di questa maggioranza e di questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il decreto-legge n. 159 del 2007 reca il titolo: «(...) interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale». Evidentemente ho una visione molto diversa da quella dell'onorevole D'Ulizia: ritengo che mai titolo fu più inadeguato e meno rispondente al contenuto. Fra l'altro, faccio una piccola parentesi, credo che l'onorevole D'Ulizia - con tutto il rispetto - sia l'ultimo baluardo a difesa della maggioranza, del Governo e del Presidente del Consiglio. Ma detto questo e ritornando al testo in esame, credo che gli interventi previsti dal decreto-legge non siano altro che fievoli speranze enunciate nel titolo, mentre in realtà vengono attuati solo timidi interventi che non incidono in maniera così decisa rispetto alle numerose problematiche che affliggono il Paese e che quotidianamente vengono portate alla nostra attenzione dai cittadini; non dai partiti di opposizione, lo ripeto, dai cittadini stessi.
Analizzando in concreto l'articolato, in alcuni punti si nota come siano stati messiPag. 130in moto interventi a pioggia, ancora una volta, che incidono solo marginalmente sul nostro sistema economico-sociale e sui reali problemi del Paese. Ne è un chiaro esempio l'articolo 2 (che riguarda le imprese pubbliche), in cui il Governo ha deciso di intervenire sulle ferrovie, autorizzando un contributo di ulteriori 235 milioni di euro finalizzati all'attività di manutenzione straordinaria sulla rete. La questione che riguarda la ferrovie, lo sappiamo tutti, è complessa e va affrontata con le dovute cautele e con la massima concretezza. Sappiamo tutti che non ci sono le risorse sufficienti nella legge finanziaria per realizzare il piano delle ferrovie 2007-2011 che il Governo ha già approvato nelle sue linee guida. Abbiamo bisogno - lo sottolineo - non di nuovi interventi a pioggia, ma di fare anzitutto un esame analitico, preciso e puntuale delle cause dell'arretramento delle nostre ferrovie rispetto a quelle europee. Le ferrovie sono costate lo scorso anno più di 19 milioni di euro, ovvero quanto una finanziaria, e non sono riuscite a dare, in termini di qualità e di affidabilità, ciò che ci si aspettava. Le ferrovie hanno bisogno di una programmazione e di una verifica. È necessario investire nella sicurezza. Il numero di molestie, furti e aggressioni sui nostri treni sta crescendo a vista d'occhio e il motivo è che le ferrovie, in nome di un fantomatico risparmio, hanno completamente tagliato la sorveglianza, affidata a vigilantes privati, facendo ricadere il peso di tutta la sicurezza - dai vagoni alle sale delle stazioni, sino ai parchi dove viene custodito il materiale rotabile - sulle spalle della polizia ferroviaria, che evidentemente da sola non ce la fa. È una decisione che ha fatto risparmiare alle ferrovie appena 1,5 milioni di euro, ma che in compenso ha spalancato le porte alla delinquenza.
Dai dati diffusi dal Ministero dell'interno, infatti, emerge che i furti a bordo dei treni italiani, nei primi sei mesi del 2007, sono cresciuti del 24 per cento. Negli anni scorsi, invece, la situazione stava migliorando e, nei primi sei mesi del 2005 - durante il Governo Berlusconi - e del 2006, il numero dei casi era sceso, rispettivamente, dal 14 al 9 per cento. L'articolo 4 - sul quale desidero soffermarmi - reca disposizioni in materia di commissari ad acta per le regioni inadempienti in materia sanitaria. Si tratta di una misura sicuramente importante, ma che rischia di essere vanificata se lo Stato non è in grado di verificare in modo puntuale il rispetto dei piani di rientro concordati con le regioni. Si corre il rischio, infatti, di giungere alla nomina di un commissario ad acta solo in seguito alla chiusura dell'esercizio finanziario, con conseguente penalizzazione dei cittadini e dell'impresa mediante un aumento dell'imposizione fiscale.
Procedendo nell'analisi del provvedimento, l'articolo 5 modifica i meccanismi di rimborsabilità dei farmaci da parte del Servizio sanitario nazionale. Esso rischia, così - anche ad avviso del Garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà - di rallentare la dinamica concorrenziale tra produttori di farmaci innovativi e non incoraggia lo sviluppo delle imprese produttrici di farmaci generici. La regolazione delle diverse fasi della filiera farmaceutica, infatti, dovrebbe incentivare le imprese a svolgere adeguatamente la propria attività di ricerca e sviluppo, incentivare l'ingresso di farmaci di importazione parallela a minor costo e promuovere, al contempo, la concorrenza tra farmaci privi di copertura brevettuale, al fine di incoraggiare l'ingresso di imprese produttrici di farmaci generici. È necessario anche in tale ambito adottare criteri che incentivino i premi alle imprese impegnate ad investire nell'attività di ricerca e sviluppo. La quota delle risorse incrementali, destinate dal decreto-legge al rimborso delle spese effettuate dalle aziende più innovative si rivela, a tal fine, insufficiente: per tale motivo, sarebbe opportuno incrementarla, riducendo la percentuale di risorse attribuite alla totalità delle imprese in base a quote storiche.
Un altro aspetto degno di nota riguarda l'articolo 21, che si prefigge, nell'intenzione, di finanziare un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica:Pag. 131un problema importante, sul quale Alleanza Nazionale ha sempre posto l'accento, come ricordava l'onorevole Antonio Pepe, con interventi normativi e proposte di legge. L'aspetto singolare contenuto nel testo del decreto-legge è che, al comma 4 dell'articolo 21, viene indicata la costituzione di un osservatorio nazionale e di diversi osservatori regionali sulle politiche abitative. Ancora osservatori! Siamo, spero, ormai tutti convinti dell'assoluta inutilità di tali strutture, che non sono altro che ennesimi «carrozzoni» in cui si sperpera denaro pubblico, che potrebbe esser investito in modo produttivo e utile. Mi domando, poi, quale dovrebbe essere la mission di tali osservatori: secondo quanto indicato dall'articolo 21, essa sarebbe quella di «assicurare la formazione, l'implementazione e la condivisione di banche dati necessarie per la programmazione degli interventi di edilizia residenziale». La situazione dell'edilizia residenziale nel nostro Paese è disastrosa e insufficiente: non è necessario spendere 5 milioni 500 mila euro per farcelo dire da un osservatorio!
L'articolo 41 è volto ad incentivare l'ampliamento del mercato della locazione abitativa, attraverso la costituzione di un'apposita società di scopo - come ha ricordato l'onorevole Antonio Pepe - che dovrà promuovere la formazione di nuovi strumenti finanziari immobiliari, finalizzati all'acquisizione, al recupero, alla ristrutturazione e alla realizzazione di immobili ad uso abitativo. Ancora, quindi, una società, uno sperpero, un'ennesima tassa che nulla fa per ridurre le spese pubbliche. Si sarebbero potuti utilizzare tali risorse, ad esempio (o si potrebbero, mi auguro, utilizzare), per interventi volti a mitigare l'incidenza delle voci di spesa relative ai mutui immobiliari, che si sono aggravate a seguito del mutato andamento dei tassi, conseguentemente all'esplosione della crisi americana dei subprime e ad un ricorso ai mutui da parte della stessa popolazione italiana. Tale ricorso, secondo quanto è stato rilevato, dipende soprattutto dalla circostanza che ora si cerca di mantenere un certo livello di vita, con una concezione completamente diversa, quindi, da quella con la quale, in precedenza, si ricorreva al mutuo e ai finanziamenti bancari.
In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, sono in preoccupante aumento i pignoramenti, che registrano un aumento del 26 per cento medio in 17 città italiane, con punte di più del 40 per cento rispetto all'anno precedente. Insomma, gli interventi attuati dal Governo sono per lo più inutili o, comunque, insufficienti a dare quella spinta economica che si vorrebbe dare al Paese attraverso questi interventi e questo provvedimento. Ne è un esempio lampante l'articolo 44, recante la misura fiscale di sostegno a favore dei contribuenti a basso reddito, in cui il Governo dà un'elemosina di 150 euro per il solo 2007 ai soggetti la cui imposta netta per l'anno 2006 risulti pari a zero. Il contributo era stato aumentato a 300 euro durante la discussione al Senato, con un emendamento appoggiato anche da Alleanza Nazionale, ma è stato poi riportato agli originari 150 euro per mancanza di copertura. Non c'è bisogno di dire che si tratta di un gran bel guadagno. Finalmente gli incapienti, ovvero quelle persone che non arrivano a un livello di reddito tale da dover pagare le tasse (parliamo di cittadini che nella propria dichiarazione dei redditi sono al di sotto dei 7.550 euro l'anno), potranno usufruire di ben 12,50 euro al mese, che equivalgono a 41 centesimi al giorno, cioè a mezzo caffè!
Insomma, colleghi, ho fatto qualche esempio, ma potrei andare ben oltre. La verità è che questo Governo sta distruggendo l'economia del Paese, anzi l'ha già in parte distrutta, dando dei contentini che suonano solo come una presa in giro - come il mezzo caffè - nei confronti di cittadini che non riescono ad arrivare a fine mese. I cittadini sono tartassati da un fisco iniquo. Basti pensare che nei primi nove mesi dell'anno ogni contribuente ha pagato circa 271 euro in più di tasse. Da gennaio a settembre, secondo i dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, si è registrato un maggior gettito tributario complessivo di 15,7 miliardi diPag. 132euro. Vorrei ricordare che il comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 stabiliva che, se si fosse registrato un maggior gettito derivante da tributi rispetto alle previsioni, lo si sarebbe dovuto destinare alla riduzione del disavanzo, e quindi del debito pubblico. Invece, il maggior gettito è stato in parte destinato al decreto-legge n. 81 dello scorso luglio, per 7.403 milioni di euro, in parte al decreto-legge n. 159 del 2007, per circa 6 miliardi di euro, e per la parte restante alla legge finanziaria per il 2008. Pertanto, a causa di questa dissipazione e dei cosiddetti tesoretti, il disavanzo è cresciuto del 2,5 per cento del PIL nel 2007 e il debito pubblico è destinato ad aumentare.
Tratto infine dell'articolo 46-ter, che riguarda il sostegno all'imprenditoria femminile. Si prevede di integrare la disciplina del Fondo per la finanza di impresa, istituito dal comma 847 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, di cui non sappiamo nulla e non abbiamo conto, prevedendo che le modalità di funzionamento del Fondo stesso siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell'imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.
Signor Presidente, signor sottosegretario, l'Italia sta mancando l'obiettivo delle pari opportunità: l'occupazione femminile registra un tasso del 47 per cento, ben lontano dall'obiettivo del 60 per cento, che dovremmo raggiungere come Paese dell'Unione europea nel 2010, e nulla si sta facendo in merito. È un ritardo gravissimo, che ci fa perdere Fondi europei a sostegno dell'obiettivo e che ci è valso l'ottantaquattresimo posto nel rapporto del World economic forum sui Paesi che rispettano le pari opportunità nel mondo. È evidente che, davanti a questa totale assenza di attività da parte sua, il Ministro Pollastrini, che si è invece profusa a difesa dei Dico e di altre sigle simili, vuole essere consultata almeno per il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile, che è di competenza di un altro ministero. Dunque, siamo al limite del paradosso. In conclusione, faccio riferimento alle dichiarazioni del Ministro Padoa Schioppa che, dopo la riunione dei Ministri delle finanze dei Paesi dell'area euro, ha affermato che l'Italia continua a perdere competitività, che la sensazione diffusa è che andiamo verso un periodo di peggioramento delle previsioni e che l'obiettivo di pareggio di bilancio per il 2010 si fa sempre più lontano.
Il Presidente Prodi afferma che o l'Italia corre oppure entrerà in una crisi irreversibile. Forse sarebbe il caso di avvertire il Presidente Prodi e il Ministro Padoa Schioppa che è grazie al loro Governo che il Paese versa in tali condizioni.
Pertanto dico «no» al decreto-legge in esame e al Governo, al quale mi sento di offrire un ultimo consiglio: se davvero l'attuale maggioranza e il Governo vogliono perseguire interventi in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale, un primo passo che il Governo può compiere è quello di andarsene a casa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, che viene definito un provvedimento di equità e sviluppo, a me, cari colleghi, non sembra proprio tale.
Vorrei focalizzare la mia attenzione su un articolo: infatti, da medico e da professore universitario che da quarant'anni esercita questa professione, mi ha colpito molto l'articolo 4 del decreto-legge in esame. Esso prevede la nomina di un commissario ad acta (da parte del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali) in quelle regioni che siano poco virtuose. A parte il fatto che si dovrebbero valutare bene i criteri del «virtuosismo», secondo le varie patologie esistenti su tutto il territorio nazionale e secondo il numero dei cittadini e delle persone anziane.
Ma non vorrei puntualizzare solo tali aspetti, bensì evidenziare che queste regioni,Pag. 133che vengono definite poco virtuose, sono cinque o sei, e tra esse vi è la mia regione, la mia Sicilia.
Signor Presidente, purtroppo a lei è occorso un episodio spiacevole nella mia terra e ha potuto apprezzare quale sia la professionalità di certi medici, ma mi auguro che non sia un avvenimento frequente per tutti i cittadini.
Proprio i cittadini della mia regione, il 5 novembre ultimo scorso, aprendo il giornale locale hanno letto dello stop all'assistenza domiciliare per 100 mila pazienti. Sfogliando le 247 pagine del documento che dovrebbe controllare e razionalizzare la spesa sanitaria siciliana, attraverso un programma mirato a parecchi tagli, con necessari sacrifici da parte del cittadino, si parla della revisione della distribuzione gratuita e dei costi attuali dei presidi ed ausili sanitari, annunciando che entrerà in vigore un adeguamento ai livelli minimi di assistenza delle prestazioni valorizzate, relativo alle medicazioni per piaghe da decubito, ad integratori per patologie di stato di mal nutrizione, nefropatie ed insufficienza respiratoria. L'adeguamento di cui si parla andrà a colpire le tasche di molta gente, come è il caso della signora Fatima Torregrossa, la quale ha scritto al Giornale di Sicilia per manifestare tutta la sua rabbia e tutto il suo rammarico: «Sono figlia di una paziente affetta da diabete mellito da oltre trent'anni, a cui è stato amputato un dito del piede destro. Mia madre necessita di cure molto costose e percepisce ogni mese la modica cifra di 450 euro di pensione. Le medicazioni costano veramente tanto. Abbiamo speso anche 800 euro. Pagare tutto da soli significa fare sacrifici veramente insostenibili» - e lo credo benissimo, lo crediamo tutti - e prosegue chiedendo «perché il piano di rientro non è basato sui tagli degli sprechi, piuttosto che sulla povera gente?»
L'assessorato alla sanità della regione siciliana, interpellato sull'argomento anche tramite la lettera della signora che ho citato, ha risposto che i criteri con i quali si individuano i livelli essenziali di assistenza - i famosi LEA - sono decisi a livello ministeriale e la Sicilia si limita ad applicarli. Ecco quali sono i principi sui quali vorrei richiamare la vostra attenzione: mi riferisco ai criteri di valutazione dei LEA. Inoltre, quale altro problema si è verificato per i cittadini siciliani? Il giorno 6 novembre - il giorno dopo - su Il Giornale veniva pubblicata la seguente notizia: «esami clinici a pagamento da giovedì prossimo», cioè dal giorno 8 novembre 2007. Praticamente, l'assessorato alla sanità ha eliminato la convenzione con diversi laboratori di analisi perché ovviamente doveva rientrare nei limiti della spesa sanitaria. Ricordo che tali laboratori di analisi sono fondamentali per sopperire alla carenza del servizio pubblico e che diversamente i cittadini dovrebbero aspettare per vari mesi. A tal proposito, abbiamo assistito al caso della signora di cui parlavo poc'anzi, la quale, essendo diabetica, se deve sottoporsi a dei controlli ovviamente viene inserita in lista d'attesa e chissà quando potrà sottoporsi a tali controlli. Inoltre per il mancato rispetto dei piani di rientro è prevista anche un'altra importante sanzione: l'inasprimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese, cioè dell'IRAP e dell'IRPEF. Tutto ciò conferma la tendenza dell'attuale Governo all'aumento del prelievo fiscale.
Perché cito questi casi? Perché a mio parere - l'ho ripetuto diverse volte - i criteri di valutazione per quanto riguarda l'assistenza gratuita dovrebbero ovviamente essere altri, e considerare principalmente il reddito del cittadino paziente. È inutile togliere l'assistenza a quella povera signora, che dispone di 450 euro mensili di reddito e fornire la stessa assistenza a chi dispone di redditi maggiori. È questo che vado dicendo continuamente, ma il Governo tutto ciò non lo ascolta e non lo vuole ascoltare, richiamandosi ad un principio di assistenza egualitaria per tutti i cittadini. Ma i cittadini non sono tutti uguali, considerato il loro reddito, nei riguardi dello Stato, signori miei! Dobbiamo tenere conto di questi principi, altrimenti creeremmo disuguaglianza tra i vari cittadini e disagioPag. 134sul territorio, in particolare in determinate regioni in cui i problemi sono maggiori.
Per quanto riguarda l'argomento secondo cui molto spesso l'aumento della spesa sanitaria è determinato dall'accreditamento delle strutture sanitarie private, devo fare rilevare che molto spesso tale accreditamento, al contrario, crea un certo vantaggio, in quanto con esso si realizza un certo risparmio da parte della sanità pubblica, perché lo Stato usufruisce di strutture pagate dal privato, che comprendono tutte le apparecchiature e il personale, insomma tutto ciò che è necessario, mentre lo stesso Stato si limita a pagare per ogni caso clinico, senza avere a carico ulteriori spese, i noti DRG (Diagnosis Related Groups), il costo della prestazione erogata al cittadino. Tutto ciò ha un'importanza notevole, signori miei, quindi teniamolo in considerazione. Non prendiamo decisioni che possono essere lesive per i nostri cittadini, tali da creare disagio, ma anche ineguaglianza e mancanza di assistenza al cittadino-paziente, che, veramente, quando è indigente ne risente molto di più.
Su questo articolo concludo. Vorrei soltanto puntualizzare un aspetto sull'articolo 20. Riguarda qualcosa che non è un vantaggio: vorrei vantare un po' il precedente Governo su quello che era il 5 per mille. Si parlava, in precedenza, di abrogarlo, invece, plaudo all'attuale Governo che ha rivisto la sua posizione e lo ha riattivato. Infatti, rendiamoci conto che l'istituto del 5 per mille è stato creato soltanto per il volontariato e per la ricerca scientifica. Teniamo conto che nel nostro Paese la ricerca scientifica è veramente mortificata rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo: noi destiniamo alla ricerca scientifica l'uno per mille del PIL. Onorevoli colleghi, è una situazione molto grave. Quando diciamo che è stato fatto questo, dobbiamo aggiungere a questi usufruttuari - se così possiamo definirli -, la ricerca ed il volontariato, anche le strutture sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI. Signori miei, cerchiamo di non aggiungere ulteriore mortificazione alla ricerca. Il CONI può benissimo prendere i fondi dall'attività sportiva professionistica e non dal 5 per mille che è destinato - lo ripeto - al volontariato e alla ricerca.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevole collega - siamo, infatti, rimasti in pochi - in poche parole vorrei cercare di cogliere l'occasione per fare ciò che avrei dovuto fare in Commissione finanze e in Commissione bilancio, abbandonando ogni sorta di riflessione sui molti temi che questo provvedimento contiene. Ho una piccola premessa da fare: sono dispiaciuto perché l'opposizione ha consumato una buona parte del suo tempo nella parte iniziale del dibattito, considerato come sta andando l'esame di questo provvedimento. Senza nulla togliere alla maggioranza che ha avuto e ha sempre l'occasione per affrontare i suoi temi, sarebbe stato meglio lasciare all'opposizione più tempo per cercare di evitare di arrivare a quest'ora. Comunque, mi rendo conto che all'interno della libertà di espressione forse la richiesta è eccessiva. Ripeto, però, che la stessa maggioranza ha fatto riflessioni su cui potremmo fare alcune precisazioni.
Detto questo, passo subito alla questione che mi preme. Il provvedimento è stato modificato soltanto riguardo agli incapienti. Non sussiste, quindi, la giustificazione della non modificabilità, del fatto, cioè, che deve rimanere così. Caro Governo, se ho capito bene, la categoria di incapiente è stata anche quantificata. Vi sono due preoccupazioni: la prima riguarda il fatto che per la prima volta ci soffermiamo su un soggetto cui attribuiamo un diritto che non è definibile, perché incapiente è anche chi non beneficia della detrazione ICI. Dato il valore dell'immobile, è calcolata l'imposta sull'immobile applicando la detrazione ICI. Poiché nei comuni la detrazione è fissa entro centocinquanta euro e la stiamo portando a un valore maggiore, ogni voltaPag. 135che un soggetto, che è tra quelli più indigenti, ha una ricchezza e l'imposta su tale ricchezza è inferiore alla detrazione fissa, vale a dire a livello di detrazione, gliela restituiamo. Penso, a mio modo di vedere, che - a quest'ora è inutile fare un dibattito politico e, quindi, siamo al di là di esso - ci stiamo incamminando su un sentiero tortuoso perché avremo, nei giorni futuri e negli anni futuri, soggetti che continueranno a chiederci di restituire importi che vengono stabiliti di tensione o, quanto meno, di compensazione.
So che il termine «incapiente» non è di vostra invenzione e, quindi, non esprimo una dichiarazione di opposizione.
La seconda questione - ho quasi terminato - riguarda le modalità per l'individuazione dell'incapiente. Mi spiego. Il primo requisito è l'imposta netta dovuta per l'anno 2006 pari a zero: il contribuente non ha dichiarato niente, non ha fatto la dichiarazione dei redditi, perché l'imposta è pari a zero. Il secondo requisito è essere lavoratore dipendente, lavoratore autonomo o assimilati nel 2007. La domanda (spero che il Governo la affronti e mi risponda, perché può essere utile) è la seguente: colui che nel 2007 non fa dichiarazione dei redditi, è un incapiente? Oppure sarò costretto, caro Presidente - come ho affermato in Commissione finanze - ad invitare tutti gli italiani che possiedono i requisiti a fare una dichiarazione, anche con cinquanta euro di reddito, perché, visto che sono previsti anche gli assimilati, possiedono il requisito? Non ho capito e non ho potuto chiedere al Governo, perché non siamo riusciti a verificarlo in Commissione, ma come si fa (facciamolo, quindi, insieme!) a individuare, per quanto riguarda l'IRPEF, l'incapiente? Nel regolamento affermeremo che è colui che fa la dichiarazione nel 2007 e, poiché fa ciò, ha il requisito relativo all'imposta dovuta per il 2006 pari a zero; inoltre, possiede il requisito di essere stato censito come non a carico e quello dell'imposta pari a zero nel 2007.
Pertanto, paradossalmente coloro che vogliono ricevere il contributo - chiamiamolo pure in questo modo, perché sarà una assegno diretto al soggetto - dovranno fare la dichiarazione dei redditi. Tecnicamente è proprio così! Ritengo che la copertura di questo beneficio deve essere prevista in modo da ricomprendere tutti coloro che, potenzialmente, possiedono il requisito: come fate a stabilire sette milioni di euro, piuttosto che dodici, visto che vi sono gli assimilati? Inviterò i soggetti a fare la dichiarazione dei redditi!
Detto ciò, rispondo alle dichiarazioni compiaciute di chi sostiene questo decreto-legge e afferma che stabilirebbe un vantaggio per i contribuenti. Certamente si tratta di un vantaggio, ma non è un vantaggio all'insegna della giustizia, perché - lo hanno affermato anche altri colleghi - vi sono contribuenti, la cui imposta è pari a zero, che sono più ricchi di contribuenti che non hanno imposta.
A mio modo di vedere, anche per non affrontare questioni diverse da quella in esame, ritengo che spendere una buona parte delle risorse dello Stato per dare una mano a soggetti che non sono la parte più debole non ci deve lasciare con la coscienza a posto. Se volevamo utilizzare le risorse per contribuire ad aiutare i più deboli, era molto più semplice verificare chi fossero i più deboli, perché essi sono gli indigenti che, in molti enti locali, sono censiti.
Ritengo che questo provvedimento possa incontrare problemi di applicazione e determinare spreco di risorse per soccorrere soggetti che, alla fine, forse, non possiedono tutti quei requisiti che venivano richiesti per alleviare le sofferenze di famiglie che abbiano bisogno di un piccolo contributo.
Concludo dicendo che non ci troviamo in una fase di valutazione politica dell'attività del Governo; siamo in una fase - che dovrebbe essere quella propria del Parlamento e, in particolare, della Camera - di intervento legislativo e di modifica degli obiettivi del Governo. Se si è pensato ad un Governo che deve, poi, presentare i suoi provvedimenti al Parlamento, lo si è fatto proprio in funzione di ciò.
Vi sono, pertanto, due rischi: il primo è che autorizziamo, purtroppo, i GoverniPag. 136del futuro ad avere questo atteggiamento nei confronti del Parlamento; il secondo - da quanto ho ascoltato - è che autorizziamo i Governi a presentare provvedimenti che, al loro interno, già considerano quale siano i punti di opposizione. Vi è, quindi, un Governo che vara un provvedimento e, al di là di esso, predispone norme che possono essere criticabili, quasi prevedendo quale possa essere la riflessione dell'opposizione. Nel provvedimento, quindi, già vi sono le risposte.
Ritengo che con questo modo di operare, si rechi un grave danno al Parlamento e alla Camera.
Signor Presidente, visto che sono tra gli ultimi ad intervenire, vorrei rivolgere una richieste alla Presidenza. Ho concluso, quindi, l'intervento che riguarda la conversione del decreto-legge in esame; esprimerò di nuovo la mia valutazione al riguardo quando interverrò per dichiarazione di voto alla fine dell'iter di conversione. Tuttavia, ribadisco la preoccupazione riguardo al metodo, censurabile con riferimento alla funzione del Parlamento.
Signor Presidente, vorrei far presente - e lo faccio adesso, dato che sono tra gli ultimi ad intervenire - che ho presentato un'interrogazione in data 25 gennaio...

PRESIDENTE. Lei sa che, in merito a tale richiesta, dovrebbe intervenire in altra sede, al termine della seduta.

GIOACCHINO ALFANO. Sono l'ultimo, forse, proprio per questo...

PRESIDENTE. No, non è l'ultimo.

GIOACCHINO ALFANO. Allora intervengo dopo.

PRESIDENTE. Poiché l'ultimo iscritto a parlare per la seduta odierna è l'onorevole Zacchera, lei avrà l'amabilità di ascoltarlo. È iscritto a parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, è abbastanza surreale parlare per ultimo questa sera ed è un piacere che, almeno, ci sia un collega che mi aspetta! A mio avviso, la domanda da porre in questo dibattito è la seguente: si tratta di un fisco che, alla fine, diventa usurpatore o che considera i cittadini un po' come burattini?
Io ritengo che si debba anche prestare attenzione verso coloro che ci ascoltano (anche se il mio è l'ultimo intervento, al di là delle dichiarazioni che farà il collega), dalla posta, alle persone che stanno al guardaroba, ai commessi: è inutile fare la questione tanto lunga, è un gioco delle parti! Tuttavia, ci troviamo quasi tra amici, più che tra colleghi!
Pochi minuti fa, mi trovavo fuori dall'aula e ho scaricato dal sito: «Analisi politica - Commenti on-line su politica e società» un'indagine, svolta ieri, su come la pensano gli italiani anche sul fisco (nello specifico, tale indagine era relativa alla criminalità e ad altre questioni, tra cui anche il fisco). Ebbene, amici, se questi sono i dati veri (secondo l'indagine svolta da Ferrari Nasi e Grisantelli, che non conosco dal punto di vista politico, ma non penso che siano politicamente schierati), la situazione è devastante.
Non vi è attenzione nei nostri confronti come parlamentari, come da parte di quest'Aula che, a quest'ora, giustamente è vuota: il Paese non sta più con noi, è fuori, ha altri problemi. E allora, la domanda (che, considerata la tarda ora, vi rivolgo in amicizia) è la seguente: ma questo decreto-legge ci aiuta ad andare verso i cittadini o ci allontana da essi?
Un decreto-legge che (basta guardare il nostro fascicolo) è composto da ben 155 pagine più gli allegati, non ci avvicina ai cittadini, ma è un'ulteriore complicazione dal punto di vista fiscale. È come prendere vestiti sempre più vecchi e, anziché sostituirli, aggiungere toppe sempre più nuove, ma che spaccano il vestito vecchio!
Dentro questo provvedimento vi è di tutto: dallo Stretto di Messina agli aiuti a Trenitalia, ma la gente vorrebbe capire perché deve metterci tutte queste ore per arrivare a Reggio Calabria e, da qui, passare in Sicilia, visto che adesso non si sa se il ponte si farà o non si farà!Pag. 137
Si arriva fino a Trenitalia, la cui realtà è costituita da servizi fatiscenti (abbiamo due milioni di pensionati che, tutti, giorni, si arrabbiano perché non trovano le coincidenze, né la qualità dei servizi ) e dove il servizio ferroviario è tra i peggiori in Europa: queste sono le realtà!
Che poi vi siano articoli tramite i quali qualcuno guadagna e qualcuno perde, per carità! Abbiamo un tesoretto: si è cercato di distribuirlo un po' fra tutti. Io posso criticare una distribuzione (ma magari è giusta, vi è una possibilità di fondo), tuttavia non è stato risolto niente!
Di fondo vi è stato un surplus fiscale che viene assegnato, così, a qualcuno; molto viene sprecato dall'apparato e, alla fine, ai cittadini - come diceva poc'anzi Germontani - vanno 41 centesimi al giorno (cioè nulla), ma sicuramente non è stato risolto il problema di nessuno, per cercare di non scontentare nessuno!
Era l'occasione buona - per la prima volta, con dei fondi disponibili - per risolvere non dico il problema di qualcuno, ma un problema di sistema, per farlo funzionare meglio! In questo vedo, obiettivamente, una critica al Governo, perché non è stato capace di fare ciò e alla fine ha tirato da tutte le parti e ha adottato il solito decreto-legge che, se andiamo a leggere riga per riga, è incredibilmente difficile persino da capire dagli addetti ai lavori, ma non abbiamo assolutamente risolto nulla.
Allora, per esprimere le mie opinioni, non vorrei far perdere tempo, considerando i 30 minuti previsti dal Regolamento; è meglio sospendere la seduta, anche perché non aggiungeremo nulla di nuovo ad una battaglia in cui anche l'opposizione ha le proprie responsabilità.
Perché dobbiamo soltanto criticare il Governo? Io critico anche l'opposizione, perché, forse, in altri contesti, avrebbe dovuto dire come avrebbe speso il tesoretto, proponendo una, due, tre o quattro ipotesi.
Il problema è che ciascuno di noi può avere opinioni diverse. Ma il Paese perde la «cabina di regia» e non sa più effettivamente dove andare, alla fine diventa come ho detto inizialmente.
Concludo per la gioia di tutti e non posso neanche dire: dopo di me spegnete la luce, perché l'onorevole Alfano deve fare ancora una comunicazione alla Presidenza. È un peccato, altrimenti sarei stato come Pajetta che leggevo da bambino (il Presidente sorride e mi fa piacere).
Anche l'opposizione ha le proprie responsabilità, perché forse dovrebbe a volte essere più chiara o, per lo meno, indicare delle priorità.
Tuttavia, obiettivamente, a mio avviso questo disegno di legge approvato dal Senato non risolva assolutamente nulla e fa perdere una bella occasione, perché per la prima volta abbiamo soldi da spendere. Poi, tutti possiamo avere - concludo veramente - delle priorità.
Oggi in Commissione affari esteri - io mi occupo di tale materia - abbiamo visto che senza 100 milioni di euro da spendere (che non sono un granché) la rete consolare italiana va in flop, in crisi. Non lo ho affermato io stesso, bensì i funzionari del Ministero degli esteri.
Allora se, per ipotesi, vogliamo risolvere quel problema, è una cosa risolta. Facendo in tal modo, alla fine 41 centesimi a testa non risolvono assolutamente nulla e - ahimè - aumenta, credo, il distacco tra il Paese legale e Paese reale, e mi riferisco all'opposizione o al Governo, di oggi o di domani: questo è il vero problema al quale tutti continuiamo a non dare delle risposte. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani. Ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del Regolamento, secondo le iscrizioni che risultano alla Presidenza, nella seduta di domani potranno svolgersi ulteriori 34 interventi.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 22,58).

GIOACCHINO ALFANO. Chiedo di parlare.

Pag. 138

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, ho già consegnato alla Presidenza la copia della mia interrogazione. Intervengo solo perché rimanga agli atti e per sollecitare il Governo a fornire una risposta, quanto prima, a tale interrogazione presentata il 25 gennaio scorso e già sollecitata il 19 settembre 2007. Quindi vorrei, se possibile, sollecitarne la risposta.

PRESIDENTE. Onorevole Gioacchino Alfano, la Presidenza si farà carico di trasmettere la sua richiesta al Governo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 15 novembre 2007, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1819 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (Approvato dal Senato) (3194-A).
- Relatore: Di Gioia.

2. - Discussione della mozione Leone ed altri n. 1-00241 sulle scuse da presentare al Commissario europeo Charles McCreevy in relazione a dichiarazioni del Ministro Di Pietro e sulla puntuale osservanza della disciplina in materia di dichiarazioni dei ministri che possano impegnare la politica generale del Governo (per la discussione sulle linee generali).

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 23.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI LEOLUCA ORLANDO, LUCIANO CIOCCHETTI E SANDRA CIOFFI SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3082

LEOLUCA ORLANDO. Il gruppo Italia dei Valori annuncia il voto favorevole sulla ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport.
Le ragioni di tale voto favorevole stanno nella esigenza, che con tale convenzione trova concreta e coerente risposta, di passare da regole di etica sportiva a cogenti norme a garanzia del rispetto dell'integrità fisica degli sportivi e del corretto agonismo.
Con tale convenzione e connessa legge si trasformano in norme giuridiche norme etiche e norme compartimentali che dovrebbero vigere in virtù di codici deontologici convenzionali.
È altresì significativo che la convenzione faccia appello e rinvio a ulteriori norme etiche accettate dalla comunità sportiva per rendere ancora più efficaci le norme giuridiche in tale convenzione previste.
Tale virtuoso rapporto tra etica e legalità, sarebbe auspicabile vigesse nello sport anche per fornire adeguata risposta al gravissimo altro problema della violenza nello sport.

LUCIANO CIOCCHETTI. Onorevoli colleghi, dobbiamo togliere ogni dubbio, ogni compiacente o reticente atteggiamento rispetto ad un tema che oggi sembra avere una recrudescenza più strisciante, più sottile che va di pari passo con il progresso della scienza.
Oggi il mondo dello sport deve riconoscere che i test non individuano i casi di positività poiché le analisi sulle urine non consentono di rilevare la presenza delle molecole esogene di quelle sostanze che stimolano la eritropoiesi, cioè la iper produzione di globuli rossi (per avere così un maggiore trasporto di ossigeno) se non sono assunte nelle immediate vicinanze dei test (un paio di giorni prima al massimo).Pag. 139Vi è la necessità di fare qualcosa di più concreto se veramente c'è la volontà di lottare contro il flagello del doping nello sport, considerato che è un problema di carattere mondiale, spesso sottovalutato, mentre oggi rappresenta una vera realtà ed un male da sconfiggere a tutti i costi.
Ma nonostante tutto, nonostante le morti ormai numerose, c'è da dire che non si sono fatti molti passi avanti rispetto al passato, dato che i casi di doping continuano a susseguirsi di frequente, sia di singoli atleti che di gruppi, con un livello tale che era logico aspettarsi, visto il giro di affari messo in circolo, che anche la criminalità organizzata ne fosse attratta come nuova fonte di reddito.
Oggi il fenomeno non è più circoscritto al ciclismo ed all'atletica leggera, gli sport più colpiti dal fenomeno; anche negli sport più impensati, cito le regate veliche, ci sono casi di doping.
Sport e doping sono diventati due facce della stessa medaglia, tesi esclusivamente alla competitività estrema, al culto del successo, pompati dai media e dagli sponsor.
Di fronte ad interessi e aspirazioni così forti, invocare e richiamare i valori dello sport olimpico, dell'etica, della cavalleria e della lealtà serve solo a tranquillizzare le nostre coscienze.
Ma il discorso non deve essere solo circoscritto al mondo dello sport professionistico e semi-professionistico: oggi, infatti, la piaga del doping comincia a manifestarsi nelle palestre dove la leva della notorietà e degli sponsor viene sostituita da una cultura dell'apparire e ci si gonfia i muscoli per risultare più attraenti, più magre fino ai limiti dell'anoressia.
E certamente una grossa mano alla facilità di accesso a prodotti dopanti l'ha data Internet, che permette l'acquisto di prodotti in Italia proibiti o assenti.
E che dire delle prossime Olimpiadi che si svolgeranno in un Paese in cui, nella Scuola dello Sport di Anshan, i futuri atleti vengono allevati a dosi quotidiane di sostanze proibite e dove non è stato possibile far entrare nemmeno un giornalista, un inviato della Gazzetta dello Sport, per fare luce su questa fabbrica di campioni.
Onorevoli colleghi, se c'è del marcio nello sport non bisogna lesinare le nostre forze per tentare di debellare una piaga che mina alle radici non solo lo spirito olimpico, ma anche e soprattutto la salute dei nostri ragazzi, a cui si dovrebbe insegnare che nessuna medaglia vale una vita.
Per queste motivazioni, il gruppo UDC voterà convintamente a favore del presente provvedimento.

SANDRA CIOFFI. Onorevoli colleghi, il provvedimento su cui oggi siamo chiamati a pronunciarci sottolinea l'importanza della Convenzione internazionale contro il doping che, adottata nella XXXIII Conferenza generale dell'Unesco, mette in risalto la necessità di creare uno strumento giuridico internazionale che consenta di armonizzare sia le diverse legislazioni nazionali in materia di contrasto al doping, che la cooperazione tra i vari Stati e le diverse organizzazioni sportive internazionali e nazionali al fine di realizzare gli adeguati controlli antidoping.
Tale Convenzione è entrata in vigore nel febbraio di quest'anno.
A livello nazionale diverse sono le misure relative all'antidoping che vengono prese in considerazione e riguardano il controllo la produzione, lo spostamento, l'importazione, la distribuzione e la vendita di tali sostanze.
In particolare, con questo provvedimento si intendono sostenere gli obiettivi dell'Agenzia mondiale antidoping prevedendo che il finanziamento annuale sia effettuato in parti uguali sia dagli Stati membri che dai movimenti olimpici.
Il compito dell'Agenzia viene facilitato con la possibilità che i controlli agli atleti vengano effettuati sia durante che al di fuori delle competizioni sportive.
Anche i programmi di educazione e formazione in materia di antidoping sono menzionati nella Convenzione che ci troviamo a ratificare oltre alla fondamentale questione relativa alla ricerca che deve essere adeguatamente promossa invitando gli Stati membri ad attivarsi fortemente inPag. 140tal senso anche con la collaborazione delle organizzazioni sportive.
Sono convinta, viste le finalità di tale Convenzione contro il doping, che l'approvazione dì questo provvedimento sia necessaria per il bene di tutto il mondo dello sport.
Per tutte queste ragioni, a nome del mio gruppo, i Popolari-Udeur, dichiaro il nostro voto favorevole.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LELLO DI GIOIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3194-A

LELLO DI GIOIA, Relatore. Il decreto-legge al nostro esame è stato predisposto dal Governo e viene discusso dal Parlamento in una situazione politica caratterizzata dall'incertezza. La valutazione del provvedimento deve pertanto necessariamente tener conto del contesto generale in cui il decreto stesso si colloca.
Dal quadro economico e finanziario emergono con evidenza due elementi, di segno opposto.
Per un verso, la situazione economica suscita preoccupazione. A livello globale la crescita continua ad essere sospinta dall'aumento del commercio internazionale. Tuttavia, le prospettive delle economie avanzate negli ultimi mesi si sono offuscate. Queste economie hanno risentito della turbolenza dei mercati finanziari provocata dalle difficoltà del mercato immobiliare americano e dall'insolvenza dei mutui. Per gli Stati Uniti e per l'area dell'euro le previsioni di crescita sia per l'anno in corso sia per il 2008 sono state riviste al ribasso, su valori significativamente inferiori rispetto ai risultati registrati nel 2006. Da ultimo, una ragione di serio allarme deriva dall'inatteso, forte aumento del tasso di inflazione nell'area dell'euro, trascinato dal costante incremento del prezzo del petrolio (qualche mese fa un barile di petrolio costava meno di 70 dollari e adesso ha superato i 95 dollari) e dalle tensioni nei mercati dei prodotti agroalimentari, in primo luogo dei cereali. Al tempo stesso il perdurante rafforzamento dell'euro rispetto al dollaro rappresenta sicuramente un ostacolo alla competitività dei prodotti europei nei mercati mondiali.
Tutti questi elementi si riflettono sull'economia del nostro paese. È pur vero che, dopo un lungo periodo, dal 2002 al 2006, in cui i livelli di crescita sono stati vicini alla stagnazione, nel 2006 si è manifestata una significativa ripresa, che ha portato ad un tasso di aumento del PIL reale dell' 1,9 per cento. Tale ripresa tuttavia appare già insidiata dalle difficoltà e dalle incertezze che ho sopra richiamato. Le previsioni del Governo confermano per il 2007 una stima di aumento del PIL dell'1,9 per cento e tale dato sembra convalidato dai risultati del PIL nel terzo trimestre. Tuttavia per l'anno 2008 le previsioni di crescita sono state ridotte dall'1,9 per cento indicato nel DPEF del luglio scorso all'1,5 per cento contenuto nella Relazione previsionale e programmatica di fine settembre. E non si possono escludere ulteriori revisioni al ribasso.
In questo scenario una politica di bilancio espansiva ha una sua giustificazione. Occorre infatti riconoscere che la politica monetaria si trova in un evidente imbarazzo. La Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno reagito alle difficoltà dei mercati finanziari con forti immissioni di liquidità. La Federal Reserve ha anche diminuito i tassi di interesse; un ultimo intervento in questo senso è stato effettuato la settimana scorsa, sia pure soltanto per un quarto di punto. La Banca centrale europea anche in questo caso si è mostrata assai più cauta a intervenire sui tassi di interesse e senza dubbio il brusco e imprevisto aumento dei dati relativi all'inflazione accentuerà la prudenza dei banchieri di Francoforte. L'onere di evitare che le incertezze dei mercati finanziari, l'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro e l'incremento del costo del petrolio producano un forte contraccolpo sulle prospettive di crescita dei singoli paesi europei ricade sulla politica di bilancio. È chiaro, d'altra parte, che a questoPag. 141onere bisogna far fronte nel rispetto dei vincoli posti a tutela della stabilità e della sostenibilità dei conti pubblici.
Interviene qui il secondo elemento che caratterizza, in questo caso in senso positivo, il contesto in cui si colloca il decreto-legge. Gli andamenti di finanza pubblica in Italia nel 2006 e nel 2007 sono stati segnati da un dato indiscutibile: un gettito tributario che ha notevolmente superato le previsioni. Nel 2006 la revisione in aumento delle previsioni relative alle entrate tributarie, operata dal Governo prima con il DPEF del luglio 2006 e poi con la Relazione Previsionale e programmatica per il 2007, è risultata pari nel complesso a 16 miliardi di euro. Analogamente, nel 2007 si è assistito a tre successivi interventi di aumento delle previsioni di entrata, per un totale di 18 miliardi di euro. Altrettanto indicativi sono i dati che emergono dal confronto rispetto agli anni precedenti. Le entrate dello Stato nel 2006 hanno superato l'ammontare delle medesime entrate dell'anno precedente per 35,8 miliardi di euro. Nel 2007 le ultime proiezioni permettono di stimare un ulteriore aumento delle entrate dello Stato rispetto al 2006 di 25,5 miliardi di euro.
L'aumento del gettito tributario può essere ricondotto a tre fattori: il più elevato livello di crescita del PIL; l'effetto di interventi normativi, in particolare di quelli volti a recuperare base imponibile e scoraggiare comportamenti elusivi; un'efficace azione di contrasto all'evasione. Non è tuttavia agevole determinare l'incidenza di ciascuno di questi tre fattori e, di conseguenza, diventa problematico stabilire con certezza quanta parte del maggior gettito abbia carattere strutturale e quanta parte, invece, dipenda dal ciclo economico.
L'invito ad assumere un atteggiamento di cautela proviene dalla stessa Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, predisposta dal viceministro Visco, e di recente trasmessa al Parlamento in attuazione di apposite disposizioni contenute nel comma 5 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007.
Infatti, secondo la citata relazione, dei 25,5 miliardi di entrate tributarie dello Stato aggiuntive nel 2007 rispetto al 2006, circa 16 miliardi di euro (più della metà del dato complessivo) deriverebbero dalla crescita del PIL e quindi sarebbero legate alla fase positiva del ciclo economico internazionale, di cui il nostro Paese non è certo una locomotiva, ma piuttosto un vagone.
Invece, secondo le stime del Governo, gli interventi contenuti nella manovra per il 2007 hanno determinato un aumento delle entrate di carattere permanente per 3 miliardi di euro.
Le maggiori entrate non spiegate dal ciclo economico o da specifiche misure contenute nella manovra finanziaria ammontano dunque a oltre 12 miliardi, dei quali poco meno della metà è considerata dal Governo la conseguenza delle misure normative rivolte a limitare e rendere più difficile l'evasione e l'elusione recate dalla legge finanziaria per il 2007. Anche questo maggior gettito può dunque considerarsi permanentemente acquisito.
Incerta è invece l'origine di quasi 7 miliardi di euro di maggiori entrate, attribuite dal viceministro Visco al recupero di base imponibile. Tale miglioramento dovrebbe essere imputato all'effetto sulle aspettative dei contribuenti prodotto dalla rigorosa politica di contrasto all'evasione che il Governo ha intrapreso. La permanenza di tali entrate nel tempo non può dunque ritenersi assicurata, a causa dei mutamenti, anche repentini, che possono manifestarsi relativamente a questo genere di aspettative.
Per il futuro, il Governo nota che difficilmente il miglioramento delle entrate proseguirà a ritmi sostenuti come è accaduto dall'inizio della legislatura ad oggi. Il fatto stesso di recuperare a tassazione una maggiore base imponibile restringe i margini per ulteriori incrementi del gettito nei prossimi anni. Ancor più rilevante è la considerazione che, se una parte importante del maggior gettito è dovuta a un maggior rispetto delle regole indotto da un cambiamento delle aspettative dei contribuenti, tale comportamento può avere unaPag. 142durata temporale limitata e può esaurirsi di fronte ad un affievolimento della politica di contrasto all'evasione.
È chiaro che distinguere la natura strutturale o transitoria delle maggiori entrate è un dato fondamentale per decidere la strategia di utilizzo delle risorse. Il termine «tesoretto» è del tutto inappropriato in un Paese in cui i conti pubblici sono comunque ancora in deficit, anche se la consistente manovra correttiva effettuata con la legge finanziaria per il 2007 e l'andamento positivo del gettito tributario hanno permesso di riportarli in linea con i vincoli comunitari. Nel 2006 l'indebitamento netto, anche per effetto di voci di spesa di carattere straordinario, è risultato pari al 4,4 per cento del PIL. Nel 2007 si prevede che si riduca al 2,4 per cento e per il 2008, anche tenendo conto delle misure espansive contenute nel disegno di legge finanziaria, si prospetta un valore del 2,2 per cento del PIL. Si può dunque affermare che è stato ricostituito un significativo margine di sicurezza, idoneo a impedire uno sforamento del deficit dei conti pubblici rispetto alla soglia del 3 per cento del PIL. Per questo motivo, se è del tutto fuorviante pensare a un «tesoretto» da distribuire, si può tuttavia ritenere che, in presenza di risorse maggiori rispetto a quelle previste, Governo e Parlamento possano valutarne la destinazione sulla base della condizione economica e sociale, non facile, in cui il Paese si trova.
Ancor più fuorviante è il termine «tesoretto» se si pensa all'entità del debito pubblico italiano. Non soltanto la dimensione del debito pubblico in rapporto al PIL è in Italia una delle più alte del mondo e richiede un'attenzione costante per evitare che possa essere pregiudicata, nel lungo termine, la sostenibilità dei conti pubblici. A questo si aggiunge che un ammontare complessivo del debito pubblico di valore tanto elevato comporta annualmente un onere per interessi oltremodo pesante. Si tratta di un esborso pari al 4,9 per cento del PIL, vale a dire poco meno di 80 miliardi di euro l'anno, che potrebbero essere destinati a realizzare interventi di grande rilievo per il miglioramento della situazione economica e sociale del paese. Per avere un'idea dell'ordine di grandezza della spesa per interessi, basti pensare che essa rappresenta oltre un terzo della spesa per pensioni e quasi la metà della spesa per tutto il personale delle amministrazioni pubbliche. Un percorso costante di riduzione del debito pubblico rappresenta dunque per l'Italia una priorità che le scelte di politica economica non possono in alcun caso mettere in discussione.
Non si può fare a meno allora di chiedersi se le maggiori entrate non potevano essere destinate interamente a riduzione del debito. Ha ragione il Ministro Padoa Schioppa quando rileva che i conti pubblici vanno meglio di quanto concordato in sede europea, dove si era pattuito per il 2007 un indebitamento netto non superiore al 2,5 per cento del PIL, e che l'anno scorso è stato compiuto uno sforzo straordinario che permette quest'anno di riprender fiato. È anche vero che, quando le cose vanno bene, è più facile fare qualche sforzo aggiuntivo. Ancor più importante è che la riduzione del debito pubblico permette di dare alla politica economica una prospettiva di lungo periodo che, altrimenti, rischia di perdersi, soprattutto se le risorse disponibili sono disperse tra una miriade di interventi, spesso di portata limitata e di carattere episodico.
D'altra parte, come ho brevemente cercato di mostrare, siamo di fronte a una situazione nella quale le prospettive di crescita, non soltanto in Italia, sono minacciate da seri fattori di incertezza. Nel nostro Paese, in particolare, si avverte, a livello di percezione comune, uno stato di forte disagio e di generale peggioramento del tenore di vita. In questo contesto l'impianto del decreto-legge che ci accingiamo ad esaminare appare, nelle sue linee fondamentali, condivisibile.
Le risorse che vengono utilizzate provengono in larga parte dalle maggiori entrate tributarie, pari a 5.978 milioni di euro, registrate nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. Ulteriori risorse, per 1.300 milioni di euro, si sonoPag. 143rese disponibili per effetto della rideterminazione in diminuzione del contributo che l'Italia è tenuta annualmente a versare al bilancio comunitario. Anche tale riduzione dello stanziamento di bilancio era già stata registrata nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. È stato inoltre possibile recuperare 1.100 milioni di euro dal fondo per le aree sottoutilizzate. Nel complesso, dunque, il decreto-legge ha potuto avvalersi di disponibilità per circa 8.400 milioni di euro.
Proprio per tener conto, in via prudenziale, dell'incertezza sul carattere strutturale o meno delle maggiori entrate tributarie, si è scelto di utilizzare le risorse disponibili per misure di spesa la cui efficacia si esaurisce nel 2007. Gli effetti finanziari del decreto nel 2008 e negli anni successivi sono trascurabili. Sotto il profilo istituzionale e procedurale, questa scelta significa che il decreto-legge, a differenza di quanto accaduto più volte in anni recenti con decreti-legge adottati contestualmente al disegno di legge finanziaria, non anticipa una parte consistente della manovra, svuotando di fatto la finanziaria delle misure più rilevanti che dovrebbero costituirne il contenuto.
La finalità che si è voluto privilegiare con l'utilizzo delle risorse disponibili è stata, in primo luogo, la spesa per investimenti pubblici, destinati in particolare alla realizzazione di infrastrutture. Complessivamente il decreto prevede interventi di spesa in conto capitale per oltre 3,5 miliardi di euro, tanto con riferimento al bilancio dello Stato, quanto con riferimento al conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
L'impiego di risorse per investimenti nei settori delle infrastrutture appare particolarmente apprezzabile proprio sotto il profilo economico. Sebbene gli stanziamenti si riferiscano soltanto all'anno 2007, essi possono produrre un beneficio di carattere strutturale. Si tratta infatti di interventi che concentrano l'utilizzo delle risorse su iniziative che nel medio-lungo periodo sono idonee ad incrementare il potenziale di crescita dell'economia del Paese. Proprio per questa ragione tali interventi consentono di migliorare la qualità della spesa pubblica.
La seconda finalità che, nell'ambito delle misure del decreto, assume un rilievo preponderante è rappresentata dagli interventi a favore delle fasce più deboli (i cosiddetti incapienti). Anche in questo caso diversi profili vengono a giustificare la scelta compiuta. Innanzitutto un criterio di equità sociale, per cui una quota delle maggiori risorse disponibili viene destinata alle fasce della popolazione che hanno i redditi più bassi. In secondo luogo, la volontà di cercare di intervenire, sia pure con tutti i limiti di efficacia di una misura limitata ad un solo anno, su situazioni di reale e forte disagio che nel nostro Paese purtroppo si stanno estendendo. In terzo luogo, dal punto di vista economico, un sostegno ai consumi, per i quali, come ha osservato di recente Banca d'Italia, si moltiplicano i segnali di rallentamento.
L'impianto complessivo del decreto-legge risulta dunque rispondente alle esigenze imposte dalla situazione economica e finanziaria. Si evitano misure di spesa di carattere permanente, a fronte dell'incertezza sulla natura strutturale delle maggiori entrate; si privilegia la spesa per investimenti e il sostegno alle fasce più deboli.
Al tempo stesso il testo del decreto-legge, in particolare quello risultante dalle modifiche apportate nel corso della prima lettura presso il Senato, presentava anche interventi non interamente condivisibili e, soprattutto, recava serie difficoltà, proprio per quanto concerne alcuni profili di copertura finanziaria.
L'esame da parte della Commissione bilancio ha permesso di superare, con soluzioni corrette e appropriate, i problemi che avrebbero messo in discussione la conformità del decreto-legge rispetto al precetto costituzionale che richiede la copertura finanziaria per le misure legislative che comportano nuovi o maggiori oneri. Si tratta in particolare degli interventi a favore delle fasce di reddito piùPag. 144deboli (i cosiddetti incapienti), dei soggetti che sono stati danneggiati da trasfusioni di
sangue e delle vittime del dovere, nonché dei loro familiari superstiti. È immediatamente evidente il valore sociale, e anche morale, di questi interventi. Al tempo stesso, le modifiche introdotte dal Senato determinavano un aggravio degli oneri per il quale erano state individuate coperture palesemente inadeguate. Rappresentava quindi un compito primario per la Commissione garantire la certezza dell'attuazione di tali interventi, definendo in modo appropriato le questioni relative al loro finanziamento. Voglio sottolineare che nel caso dei soggetti danneggiati da trasfusioni e delle vittime del dovere, la Commissione bilancio è riuscita a individuare una soluzione idonea a dare copertura ai maggiori oneri derivanti dall'estensione della platea dei beneficiari. Anche la soppressione di due commi all'articolo 26, che interviene in materia di agevolazioni per le bioenergie, è stata dettata da ragioni di copertura finanziaria.
Salvo le modifiche appena indicate, i contenuti del decreto-legge rimangono quelli già presenti nel testo trasmesso dal Senato. Da questo punto di vista, non intendo nascondere il mio rammarico per il fatto che le condizioni di contesto in cui si è collocato l'esame da parte della Commissione bilancio non hanno consentito di introdurre alcuni interventi, sicuramente apprezzabili, sui quali avrebbe potuto registrarsi un ampio consenso. Mi riferisco in particolare a interventi che avrebbero ulteriormente rafforzato le misure per il potenziamento della dotazione infrastrutturale e avrebbero dato risposta ad effettive esigenze del territorio. Penso altresì a disposizioni che avrebbero potuto precisare le procedure in materia di accertamento e riscossione, ovvero a ulteriori interventi a sostegno della ricerca. Vi è stato un serio impegno per un miglioramento del provvedimento in esame anche sotto il profilo dei contenuti, che purtroppo non è stato possibile condurre a buon esito. Di conseguenza, in primo luogo a causa della ristrettezza dei tempi di votazione correlata alla calendarizzazione del provvedimento in Assemblea, non si è potuto tener conto di numerosi emendamenti presentati, che proponevano misure condivisibili. Per le medesime ragioni, non è stato possibile effettuare un'attenta valutazione delle indicazioni fornite dal Comitato per la legislazione in ordine alla formulazione del testo.
Il testo che la Commissione bilancio licenzia per l'Assemblea è costituito da 69 articoli. Come già ho avuto modo di osservare, le misure più rilevanti, anche sotto il profilo finanziario, riguardano il potenziamento della dotazione infrastrutturale, in particolare per quanto concerne il settore della mobilità e dei trasporti, gli interventi per favorire l'edilizia residenziale pubblica e le misure di sostegno alle fasce della popolazione a più basso reddito (cosiddetti incapienti).
Notevole rilevanza sotto il profilo finanziario assumono altresì la previsione di uno stanziamento aggiuntivo di 1.000 milioni di euro lordi per far fronte ai maggiori oneri contrattuali del biennio 2006-2007, nonché gli stanziamenti di spesa destinati all'adempimento di impegni internazionali per la pace e per lo sviluppo dei paesi in condizioni di difficoltà. Segnalo altresì che il decreto-legge reca un complesso significativo di disposizioni riconducibili a tre aree di intervento, vale a dire il settore sanitario e sociale, anche per quanto riguarda il contenimento della spesa farmaceutica, la finanza locale e la materia tributaria, con specifico riferimento alla riscossione.
L'articolo 1 destina, limitatamente all'anno 2007, le maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni contenute nel DPEF 2008-2011 - pari a 5.978 milioni di euro - alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica a legislazione vigente, definiti dal predetto DPEF e dalla relativa Nota di aggiornamento, precisando che tali obiettivi già considerano gli effetti finanziari derivanti dalla disposizioni contenute nel decreto-legge in esame.
L'articolo 2, comma 1, autorizza un contributo di 800 milioni di euro, perPag. 145l'anno 2007, alla società Rete Ferroviaria Italiana Spa, per la prosecuzione delle opere in corso sulla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria. Il comma 2 autorizza, per l'anno 2007, un ulteriore contributo di 235 milioni di euro alla società Rete Ferroviaria Italiana Spa, finalizzandolo alla continuità nell'attività di manutenzione straordinaria sulla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria. Il comma 3 autorizza la spesa di 215 milioni di euro da utilizzare nel 2007 per i progetti ricompresi nel piano di investimenti allegato al Contratto di programma 2007 stipulato tra il Ministero delle Infrastrutture ed ANAS.
L'articolo 3 reca disposizioni volte alla semplificazione delle procedure di utilizzo delle risorse del Fondo TFR, istituito dalla legge finanziaria per il 2007, al fine di garantire la tempestiva attivazione del finanziamento in corso d'anno degli interventi di sviluppo indicati nell'elenco 1 della medesima legge.
L'articolo 3-bis reca modifiche al regolamento di cui al decreto ministeriale n. 45 del 2007, con riferimento all'iscrizione alla gestione credito INPDAP dei pensionati il cui trattamento pensionistico è erogato dall'INPDAP nonché dei dipendenti o pensionati di amministrazioni pubbliche iscritti ai fini pensionistici presso gestioni previdenziali diverse dall'INPDAP. In particolare si fa venir meno il meccanismo di silenzio-assenso attualmente previsto, richiedendo invece la comunicazione scritta all'INPDAP della volontà di adesione.
Le disposizioni degli articoli 4 e 5 prevedono ulteriori, indispensabili, meccanismi di monitoraggio delle regioni impegnate nel processo di rientro dai disavanzi eccessivi nel settore sanitario e di controllo della spesa sanitaria, con particolare riferimento a quella farmaceutica.
L'articolo 4 disciplina un'ipotesi di potere sostitutivo statale sulle regioni in materia sanitaria, prevedendo, in particolare, la nomina da parte del Consiglio dei ministri, previa diffida, di un commissario ad acta nelle regioni nei cui confronti si prefiguri il mancato rispetto degli adempimenti relativi ai Piani di rientro dai deficit sanitari. La norma, come riformulata dal Senato, prevede, inoltre, il potere dei commissari ad acta di proporre la sostituzione dei direttori generali delle ASL nonché la prescrizione dei crediti interessati dalla procedure di accertamento dei deficit sanitari, ove non siano fornite dai creditori le informazioni richieste dalle regioni sui crediti medesimi.
L'articolo 5 stabilisce che, a decorrere dal 2008, l'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'assistenza farmaceutica territoriale non può superare il 14 per cento del finanziamento complessivo ordinario del medesimo servizio. Vengono definiti, poi, un nuovo sistema di regolazione della spesa dei farmaci, nonché le regole per il ripiano dello sforamento della spesa farmaceutica. La norma definisce, a decorrere dal 2008, anche i limiti della spesa farmaceutica ospedaliera. Si autorizza, inoltre, la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2007 per la prosecuzione del progetto «Ospedale senza dolore» e si integrano i mezzi di finanziamento per il personale e per il funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco e dell'osservatorio sull'impiego dei medicinali, nonché per l'attuazione del programma di farmacovigilanza attiva.
L'articolo 5-bis reca ulteriori disposizioni concernenti il funzionamento dell'Agenzia italiana del farmaco, la cui dotazione organica è incrementata dal 1o gennaio 2008 a 250 unità.
L'articolo 6, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, stabilisce che, con delibera del CIPE, dovrà essere determinata la quota del canone di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria da destinare alla copertura dei costi di investimento dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
L'articolo 7 dispone finanziamenti ai sistemi di trasporto metropolitano nelle città di Roma, Napoli e Milano, che possono essere erogati e utilizzati in deroga ai vincoli del Patto di stabilità interno.
L'articolo 8 finanzia una serie di interventi diretti al miglioramento del trasporto in Calabria ed in Sicilia ed in particolare del trasporto che attraversa loPag. 146Stretto di Messina; prevede, al medesimo scopo, l'istituzione di un'area di sicurezza della navigazione dello Stretto di Messina e di un'Autorità marittima.
L'articolo 9 prevede per il biennio 2006-2007 l'erogazione di somme alla società Trenitalia Spa in relazione agli obblighi di servizio pubblico, nelle more della stipula dei nuovi contratti, autorizzando il Ministero dell'economia e delle finanze a corrispondere direttamente alla società Trenitalia le risorse iscritte in bilancio; il comma 2-bis, introdotto al Senato, modifica la disciplina in materia di procedure per l'assegnazione, da parte del Ministero dei trasporti, dei contratti relativi ai servizi di trasporto sottoposti ai predetti obblighi di servizio.
L'articolo 10, comma 1, riduce del 2 per cento (il testo originario presentato dal Governo prevedeva una riduzione del 7 del cento), per gli anni 2007 e 2008, alcuni contributi all'editoria, specificando, poi, che il contributo non può, comunque, superare il costo complessivo sostenuto dall'avente diritto nell'anno precedente per la produzione, la distribuzione ed il costo del lavoro per il personale. I commi 2, 3 e 4 dettano alcune disposizioni procedurali in ordine alla presentazione delle domande di contributi. Il comma 5 prevede, a decorrere dal 2008, la riduzione del 7 per cento, per le imprese beneficiarie di agevolazioni fino ad 1 milione di euro, e del 12 per cento, per le imprese beneficiarie di agevolazioni superiori ad 1 milione, delle agevolazioni tariffarie e la correlativa riduzione della compensazione dovuta alla Società Poste Italiane. Il comma 7 esclude dalle agevolazioni tariffarie le pubblicazioni volte all'illustrazione dei prodotti o servizi contraddistinti da proprio marchio. Il comma 9 autorizza la spesa aggiuntiva di 50 milioni per il 2007 al fine di assicurare l'erogazione dei contributi diretti all'editoria relativi all'anno 2006. Il comma 10, infine, abroga l'articolo 4 legge n. 224 del 1998, secondo il quale la corresponsione delle rate di ammortamento dei mutui agevolati concessi alle imprese editoriali può essere effettuata, a date condizioni, anche da soggetti diversi dalle imprese stesse.
L'articolo 10-bis interviene in materia di contributi diretti da erogarsi alle trasmissioni radiotelevisive in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome.
L'articolo 11 è diretto ad incentivare l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni, mediante la corresponsione di contribuiti pari a 30 milioni di euro annui nel triennio 2007-2009 per far fronte ai relativi indennizzi.
L'articolo 12 autorizza la spesa di 150 milioni di euro per l'anno 2007 al fine di supportare l'elevamento dell'obbligo di istruzione a dieci anni ed esclude, limitatamente all'anno 2007, l'applicazione della clausola secondo la quale, in caso di mancato conseguimento delle economie di spesa discendenti dalla riorganizzazione del personale, le dotazioni di bilancio del Ministero della pubblica istruzione sarebbero state ridotte per un importo corrispondente ai risparmi previsti.
L'articolo 13 interviene in materia di agevolazioni alla ricerca e di termini relativi alla soppressione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, che sarà sostituita dall'Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
L'articolo 13-bis prevede la costituzione di un fondo, con una dotazione di 3 milioni di euro per l'anno 2007, al fine di garantire il funzionamento del Centro di ricerca in biotecnologie avanzate di Napoli.
L'articolo 14 dispone che l'affidamento dei servizi aggiuntivi (come il servizio editoriale, accoglienza, caffetteria, ristorazione e guardaroba) negli istituti e luoghi di cultura possa avvenire in forma integrata in relazione sia alle varie tipologie di servizi che ai diversi istituti e luoghi di cultura, rinviando ad un decreto ministeriale la disciplina dell'organizzazione di tali servizi.Pag. 147
L'articolo 14-bis prevede l'utilizzo dell'accantonamento esistente presso il Ministero per i beni e le attività culturali a garanzia degli stanziamenti a favore delle attività teatrali di prosa in caso di mancato versamento dei contributi all'ENPALS da parte delle imprese, enti ed organismi di spettacolo in stato di crisi attestato dalle competenti direzioni provinciali del lavoro.
L'articolo 15, per far fronte ai maggiori oneri contrattuali del biennio 2006-2007 relativi all'anno 2007, derivanti dagli accordi e dalle intese intervenuti in materia di pubblico impiego nel 2007, autorizza, in aggiunta agli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2007, una spesa massima di 1.000 milioni di euro lordi finalizzata a retrodatare al 1o febbraio 2007 gli incrementi stipendiali per i quali gli accordi sindacali hanno previsto decorrenze successive alla stessa data del 1o febbraio 2007.
L'articolo 16 reca disposizioni per la sostituzione degli apparecchi televisivi riceventi in sola tecnica analogica con apparecchi che possono ricevere anche in tecnica digitale, e prevede che gli apparecchi debbano integrare un sintonizzatore digitale per la ricezione dei servizi della televisione digitale. Viene differito al 2012 il termine per la cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica terrestre. Vengono infine introdotte modifiche al testo unico della radiotelevisione, in materia di esercizio dell'attività televisiva in ambito locale.
L'articolo 17 estende l'ambito di applicazione della riassegnazione al Ministero dell'ambiente delle somme relative al risarcimento del danno ambientale a seguito della sottoscrizione di accordi transattivi.
L'articolo 18 autorizza la spesa per l'adempimento di impegni internazionali di sostegno ad interventi per la pace e lo sviluppo, per un importo complessivo di 499 milioni di euro per l'anno 2007 (comma 1). In particolare, lo stanziamento interessa gli interventi a favore del Fondo italiano per attività di mantenimento della pace, del Fondo globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria, dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per le Forze di Pace e per la Corte penale internazionale, delle organizzazioni umanitarie operanti a favore dei Paesi in via di sviluppo, dell'attività di assistenza per la distruzione delle armi chimiche in Russia, dell'UNICEF. Per un importo di 389 milioni di euro per il 2007 vengono poi autorizzati gli interventi di ricostituzione di banche e fondi multilaterali di sviluppo internazionali per aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo (comma 2). Infine, con il comma 2-bis vengono dotate di autonomia gestionale e finanziaria le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di I Categoria della rete diplomatica. Si tratta di misure importanti che consentono all'Italia di adempiere ai propri obblighi internazionali, in coerenza con le previsioni del DPEF che individuava le tipologie di spesa a cui dare la priorità.
L'articolo 19 differisce l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di osservare la nuova disciplina sui pagamenti - consistente nell'obbligo di verificare anche in via telematica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, se il beneficiario sia inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento - a decorrere dalla data di entrata in vigore di un regolamento ministeriale di attuazione.
L'articolo 20 integra di 150 milioni di euro, per l'anno 2007, l'autorizzazione di spesa relativa alla quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito (IRE) da destinare al volontariato e alla ricerca, includendo nel novero dei soggetti ammessi al riparto della relativa quota le associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi.
L'articolo 20-bis reca alcune modifiche alla disciplina del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, prevedendo in particolare che tra gli interventi prioritari ammessi al finanziamento rientrino anche quelli per la realizzazione delle infrastrutture strategiche.
L'articolo 21 prevede il finanziamento di un programma di edilizia residenziale pubblica, finalizzato al recupero e all'adattamentoPag. 148funzionale di alloggi non assegnati di proprietà degli ex IACP o dei comuni, all'acquisto e locazione di alloggi e all'eventuale costruzione di nuovi alloggi; il programma, la cui definizione avviene secondo le modalità di cui ai commi 2 e 3, è destinato prioritariamente ai soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio e alle giovani coppie a basso reddito ed è finanziato nei limiti di 550 milioni per l'anno 2007. Una parte del finanziamento è destinata alla costituzione ed al funzionamento dell'osservatorio nazionale e degli osservatori regionali sulle politiche abitative; si prevede inoltre l'obbligo per i soggetti gestori del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di assicurare, attraverso un sistema di banche dati consultabile via Internet, tutte le informazioni necessarie al pubblico. Il comma 4-ter del medesimo articolo prevede uno stanziamento di 50 milioni di euro per la prosecuzione delle opere di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002.
L'articolo 21-bis dispone il rifinanziamento dei «Contratti di quartiere II» con le risorse non impegnate destinate alla realizzazione di alcuni programmi straordinari di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata e destina una quota di tali risorse alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002 (comma 1). Si prevede inoltre la possibilità per le regioni che hanno già finanziato con propri fondi tutte le proposte di «Contratti di quartiere II» di utilizzare le medesime risorse per il finanziamento di nuovi programmi aventi caratteristiche analoghe a quelle dei «Contratti di quartiere II» (comma 4).
L'articolo 22 prevede due autorizzazioni di spesa per l'anno 2007, rispettivamente per gli interventi per la salvaguardia di Venezia (20 milioni di euro) e per il proseguimento della realizzazione del sistema MOSE (170 milioni di euro).
L'articolo 23 reca disposizioni volte a consentire la realizzazione di alcuni interventi infrastrutturali nella regione Liguria, prevedendo in particolare un contributo (10 milioni di euro per il 2007) per incentivare le attività industriali e di alta tecnologia nell'area di Erzelli nel comune di Genova ed una norma volta a stabilizzare le risorse assegnate alla regione Liguria.
L'articolo 24 dispone un trasferimento di 150 milioni di euro a favore dei comuni che abbiano deliberato lo stato di dissesto successivamente al 31 dicembre 2002, per accelerare il pagamento - entro il 31 dicembre 2007 - di debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2006.
L'articolo 25 autorizza la spesa per il 2007 rispettivamente di 65 milioni di euro e di 15 milioni di euro per la realizzazione del collegamento stradale veloce tra l'autostrada A4 e la zona produttiva del comune di Manzano e per interventi di riduzione del rischio idrogeologico e alluvionale. Il comma 2-bis, introdotto al Senato, reca disposizioni volte ad assicurare la prosecuzione dell'operatività del Fondo regionale di protezione civile.
L'articolo 25-bis, introdotto al Senato, autorizza un contributo di 15 milioni di euro per fronteggiare la crisi idrica ed ambientale determinatasi nell'area delle province di Chieti e Pescara.
L'articolo 26 reca disposizioni in materia ambientale. I commi 1 e 1-bis (introdotto nel corso dell'esame al Senato) concedono al Ministero dell'ambiente due contributi straordinari per il 2007, rispettivamente per l'attuazione di programmi di intervento per le aree protette e per la difesa del mare, nonché per la tutela della biodiversità nel Canale di Sicilia (20 milioni di euro) e per l'attuazione di interventi urgenti di adattamento e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, con priorità per gli interventi nelle aree esposte a rischio di eventi alluvionali o franosi ovvero a rischio valanga (10 milioni di euro). I commi 2 e 3 recano misure connesse all'attuazione del Protocollo di Kyoto prevedendo, rispettivamente, l'obbligo di corredare i nuovi interventi pubbliciPag. 149di una certificazione attestante il contributo ai fini degli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra, nonché di una certificazione energetica che attesti la realizzazione degli interventi secondo standard di efficienza energetica conformi alle migliori tecniche disponibili e l'utilizzo di una quota obbligatoria di calore ed elettricità prodotti da fonti rinnovabili. Viene altresì ripristinata la previsione dell'inserimento nel DPEF di un aggiornamento annuale sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Il comma 4 espunge il Ministero dell'ambiente dall'elenco dei ministeri per i quali si prevede l'articolazione in dipartimenti. Il comma 4-bis introduce una nuova disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica con l'utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale. I commi successivi modificano la normativa in materia di agevolazioni sulle accise per la produzione di biodiesel, approvata con la legge finanziaria 2007, apportandovi numerose novelle. Sul punto è intervenuta la Commissione sopprimendo le disposizioni di due commi che erano suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri. Si prevede infine l'istituzione di tre nuovi parchi nazionali (il Parco delle Egadi e del litorale trapanese; il Parco delle Eolie e il Parco degli Iblei) prevedendo un finanziamento di 250 mila euro.
L'articolo 26-bis reca numerose novelle in relazione all'operazione di aggiornamento delle banche dati catastali sulla base dei dati contenuti nelle richieste per i contributi agricoli comunitari.
L'articolo 26-ter vieta nuovi affidamenti del servizio idrico fino all'emanazione del decreto correttivo contenente la revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati e, in ogni caso, entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (comma 1). La cosiddetta moratoria si applica anche alle procedure in corso; sono fatte salve, peraltro, le concessioni già affidate. È prevista altresì la presentazione al Parlamento di una relazione sullo stato delle gestioni esistenti.
L'articolo 27 dispone la concessione, per l'anno 2007, a favore della regione Calabria e della regione Campania, di un contributo da destinare alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori di pubblica utilità, pari a 60 milioni di euro per la regione Calabria e a 10 milioni di euro per la regione Campania.
L'articolo 27-bis, nei limiti dell'importo già stanziato, autorizza il Parco nazionale della Maiella e il Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga a procedere all'assunzione dei lavoratori già titolari di rapporto di lavoro precario e degli ex lavoratori socialmente utili, previa procedura selettiva, nei limiti di importi già stanziati.
L'articolo 28 sopprime la Sportass, demandando contestualmente le relative funzioni all'INPS, per il ramo previdenziale, e all'INAIL per il ramo assicurativo, che subentrano in tutti i rapporti pendenti, attivi e passivi. Viene inoltre assegnata all'Istituto per il credito sportivo la somma di 20 milioni di euro per il 2007 al fine di realizzare il programma straordinario per l'impiantistica destinata allo sport professionistico. Ulteriori commi del medesimo articolo recano norme in materia di personale dell'Agenzia nazionale per i giovani, determinandone la dotazione organica in 45 unità. È infine disposto a favore del CONI un contributo di 12 milioni di euro per l'anno 2007.
L'articolo 29 modifica la disciplina relativa ai criteri ed alle procedure per la determinazione dei contributi obbligatori in favore della Fondazione «Opera nazionale per l'assistenza agli orfani dei sanitari italiani».
L'articolo 30 dispone il commissariamento e la liquidazione dei crediti e di una parte dei beni della Fondazione Ordine Mauriziano.
L'articolo 31 prevede contributi per l'anno 2007 in favore di diversi enti ed associazioni (Istituto Gaslini di Genova, Unione italiana ciechi, Fondazione EBRI,Pag. 150Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili, Unione nazionale mutilati per servizio, Associazione nazionale mutilati ed invalidi per lavoro) nonché uno specifico contributo a favore degli istituti appartenenti a università straniere, che possono rilasciare titoli di studio riconosciuti.
L'articolo 32 prevede l'assegnazione all'ENEA delle somme derivanti dalla restituzione allo Stato di finanziamenti percepiti da Finmeccanica e giudicati in contrasto con la normativa comunitaria, in modo da definire le pendenze di ENEA nei confronti della stessa Finmeccanica.
L'articolo 33 reca disposizioni in favore di soggetti danneggiati in ambito sanitario da trasfusioni di sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie, autorizzando, in particolare, una spesa di 150 milioni di euro per il 2007 per le transazioni da stipulare con i soggetti che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti. Il testo iniziale del decreto-legge prevedeva un'autorizzazione di spesa di 94 milioni di euro, che è stata incrementata a 150 milioni di euro a seguito delle modifiche introdotte dal Senato. Alla maggiore spesa, peraltro, si provvedeva mediante un incremento delle aliquote delle accise sui tabacchi, che è stata di recente più volte rivista in aumento e che non sembra ormai idonea a garantire effettivamente un gettito aggiuntivo. L'emendamento approvato dalla Commissione bilancio garantisce pertanto l'attribuzione dei risarcimenti ad una più ampia platea di soggetti.
L'articolo 34 estende alle vittime del dovere e alle vittime della criminalità organizzata, nonché ai familiari superstiti, le elargizioni attualmente previste a favore delle vittime del terrorismo e apporta ulteriori modifiche alla disciplina relativa alle vittime del terrorismo. Tra le altre cose si prevede l'inclusione tra gli «atti di terrorismo», ai fini della legge, «delle azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici e aperti al pubblico». Anche in questo caso la Commissione è intervenuta, approvando un emendamento volto a porre rimedio alla carenza della copertura finanziaria per l'anno 2008 e gli anni successivi, assicurando l'effettiva estensione dei benefici alle categorie di persone individuate dal decreto-legge.
L'articolo 35 reca alcune modifiche al Fondo per le zone di confine e aumenta la dotazione del fondo di 25 milioni di euro per il 2007.
L'articolo 36 interviene in materia di celebrazioni per il 150o Anniversario dell'Unità d'Italia. Per il finanziamento degli interventi è disposto un finanziamento di 140 milioni di euro per il 2007.
L'articolo 37 limita la possibilità per gli enti previdenziali pubblici di assumere, nell'ultimo trimestre del 2007, obbligazioni in materia di investimenti.
L'articolo 38 autorizza per l'anno 2007 una spesa di 20 milioni di euro per consentire al Ministero della giustizia di rafforzare il registro generale del casellario giudiziale.
L'articolo 39 abroga le disposizioni contenute nella legge finanziaria che prevedevano l'obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi i dati relativi all'ICI. Il comma 2 include i crediti dello Stato a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) tra quelli assistiti da privilegio generale sui beni mobili del debitore. Il comma 3 stabilisce che, per certificare la spesa relativa all'acquisto dei medicinali effettuata a decorrere dal 1 o gennaio 2008, ai fini di beneficiare delle detrazioni previste non è più utilizzabile la modalità semplificata consistente nell'allegazione allo scontrino fiscale della documentazione contestualmente rilasciata dal farmacista specificante la natura, qualità e quantità dei medicinali venduti. Delle nuove disposizioni dovrà essere data comunicazione ai contribuenti mediante avviso affisso e visibile nei locali della farmacia. Il comma 4 chiarisce che il sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria è finalizzato anche al costante scambio delle informazioni dell'intero settore pubblico per l'analisi edPag. 151il monitoraggio della pressione fiscale e dell'andamento dei flussi finanziari. Il comma 5 conferisce a Equitalia spa la facoltà di attribuire ai soggetti cedenti attività di riscossione, in luogo di proprie azioni, anche obbligazioni ovvero altri strumenti finanziari. Il comma 6 rinvia al 30 settembre 2010 i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità per i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2007. Il comma 7 stabilisce che la comunicazione dei dati relativi all'attività di riscossione dei ruoli svolta fino alla data di entrata in vigore del decreto, può essere effettuata entro il 30 giugno 2008. Il comma 8 prevede che il rimborso delle somme da restituire al contribuente per indebita riscossione possa essere effettuato, oltre che presso gli sportelli, anche mediante bonifico in conto corrente bancario o postale. Il comma 8-bis modifica le modalità con le quali l'Amministrazione finanziaria può invitare i contribuenti a fornire chiarimenti, prima che l'Amministrazione stessa proceda all'iscrizione a ruolo. Il comma 8-ter amplia l'applicazione del principio della non effettuazione di rimborsi e iscrizioni a ruolo per somme inferiori ai 100 euro agli emolumenti arretrati di lavoro dipendente. Il comma 8-quater modifica gli orari di apertura al pubblico delle conservatorie.
L'articolo 39-bis, con norma interpretativa, dispone che le tasse e i diritti riguardanti il trasporto aereo non hanno natura tributaria.
L'articolo 39-ter modifica una serie di agevolazioni ed esenzioni previste nel testo unico delle accise relative alle aliquote da applicare ai carburanti impiegati dai taxi e dalle ambulanze, prevedendo un abbattimento del 60 per cento. Il comma 2 prevede l'istituzione di un fondo finalizzato al miglioramento dell'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni ambientali delle autovetture da noleggio da piazza. Il comma 3 istituisce un fondo finalizzato al miglioramento dell'efficienza dei veicoli adibiti al servizio di trasporto degli ammalati e dei feriti.
L'articolo 39-quater circoscrive l'ambito oggettivo e soggettivo dell'esenzione dall'obbligo di iscrizione all'ENPALS.
L'articolo 39-quinquies estende al 2007 l'agevolazione, mediante la fissazione di un tasso di cambio convenzionale inferiore del 20 per cento rispetto a quello effettivo, per i soggetti residenti a Campione d'Italia.
I commi da 1 a 6-sexies dell'articolo 40 dispongono la proroga della concessione per il gioco dell'Enalotto e del Superenalotto, l'istituzione di una Agenzia fiscale alla quale saranno affidati i poteri e le competenze attualmente svolti dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, che sarà di conseguenza soppressa, e le modifiche alla disciplina dei giochi a distanza. Il comma 7 dispone che, ai fini della determinazione dell'acconto dell'imposta addizionale comunale all'IRPEF, si applicano l'aliquota e la soglia di esenzione vigente nell'anno precedente, a meno che la pubblicazione della delibera comunale sia effettuata entro il 31 dicembre precedente l'anno di riferimento. Il comma 8 dispone che la regione, qualora deliberi una riduzione della maggiorazione dell'aliquota di addizionale regionale IRPEF, possa anticipare gli effetti della nuova misura al periodo di imposta in corso al momento della delibera.
L'articolo 41 è volto ad incentivare l'ampliamento del mercato della locazione - con particolare riguardo a quello a canone sostenibile nei comuni soggetti a fenomeni di disagio abitativo e alta tensione abitativa - attraverso la costituzione di un'apposita società di scopo, che dovrà promuovere la formazione di nuovi strumenti finanziari immobiliari finalizzati all'acquisizione, recupero, ristrutturazione o realizzazione di immobili ad uso abitativo. A tal fine, si prevede un'autorizzazione di spesa nel limite di 100 milioni di euro.
L'articolo 42 reca disposizioni in materia di agricoltura. In particolare, si aumenta da 23 a 48 milioni lo stanziamento previsto della legge finanziaria 2007 a favore dell'Agecontrol Spa; si autorizza l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) ad attivare, nel limite di 10 milioni di euro, le misure nazionali a supportoPag. 152della riforma dell'organizzazione comune di mercato dell'ortofrutta; si aumenta di 30 milioni di euro per il 2007 la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi; si escludono le macchine agricole dall'applicazione della disciplina del risarcimento diretto.
L'articolo 42-bis modifica i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali ai fini fiscali.
L'articolo 42-ter riduce a 100 euro le sanzioni previste dal Codice della navigazione per la mancanza dei documenti di bordo, qualora l'infrazione riguardi una nave da pesca ed i documenti vengano esibiti all'Autorità marittima entro 48 ore.
L'articolo 43 prevede le assunzioni in deroga per l'anno 2007, da parte dei comuni con meno di 5.000 abitanti, dei soggetti collocati in attività socialmente utili.
Sull'articolo 44 si è registrato un rilevante intervento della Commissione bilancio: si è dovuto infatti provvedere a ripristinare il testo originario del provvedimento, sopprimendo, mediante l'approvazione di un emendamento del Governo, l'innalzamento dell'erogazione prevista per i soggetti incapienti da 150 a 300 euro. Non si è trattato ovviamente di voler limitare la portata della disposizione; in proposito, anzi, non posso che auspicare l'impegno del Governo a verificare la possibilità di muoversi in tale direzione. Si è trattato invece di porre rimedio, nell'unico modo allo stato possibile, al difetto di copertura finanziaria presentato dalla modifica apportata del Senato: ricordo infatti che la copertura era prevista a valere su un fondo costituito dalle risorse dei cosiddetti «conti dormienti» che tuttavia risultano di incerto ammontare e comunque già destinati ad altre finalità.
L'articolo 45 integra, per 25 milioni di euro ciascuno, il finanziamento per il 2007 del Piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia e del Fondo nazionale per le politiche sociali.
L'articolo 46 interviene nell'ambito delle procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, estendendo la vigente disciplina autorizzatoria speciale anche alla costruzione e all'esercizio di terminali di rigassificazione situati al di fuori di siti industriali.
L'articolo 46-bis interviene in materia di concorrenza e qualità dei servizi nel settore della distribuzione di gas naturale. La disposizione, in particolare, definisce i criteri per l'affidamento del servizio di distribuzione a livello locale e introduce misure volte a favorire operazioni di aggregazione nel settore.
L'articolo 46-ter prevede che le modalità di funzionamento del Fondo per la finanza di impresa siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell'imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.
L'articolo 46-quater contiene disposizioni relative al recupero di aiuti di Stato nel settore della pesca dichiarati incompatibili con il mercato comune e alla liquidazione di indennizzi a carico del Fondo di assistenza per le famiglie dei pescatori.
L'articolo 46-quinquies dispone che, nel caso in cui sia possibile effettuare la connessione alla rete elettrica mediante utilizzo di infrastrutture di proprietà di un produttore di energia, questi è tenuto, dietro corrispettivo, alla condivisione delle strutture medesime con il produttore di energia da fonti rinnovabili che ne faccia richiesta.
L'articolo 47 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal decreto-legge.
In conclusione, ritengo che il lavoro svolto dalla Commissione bilancio sul provvedimento debba essere valutato in modo sicuramente positivo, dal momento che ha permesso di assicurare la correttezza e l'adeguatezza della copertura finanziaria per misure di notevole rilievo sociale. Tengo a sottolineare che non si tratta soltanto di salvaguardare il rispetto, pur essenziale, delle previsioni costituzionali in materia di copertura finanziariaPag. 153delle misure onerose, ma anche di assicurare l'effettiva applicazione di questi interventi.
Si può peraltro osservare che il decreto-legge avrebbe potuto e potrebbe rappresentare lo strumento più indicato per attuare ulteriori interventi, riferibili principalmente al 2007, che possano soddisfare esigenze ben giustificate e largamente condivisibili.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI GAETANO FASOLINO, DOMENICO ZINZI, ALBERTO FILIPPI, ROBERTO ULIVI E DANTE D'ELPIDIO, IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI, SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3194-A

GAETANO FASOLINO. Come è triste abitudine degli ultimi provvedimenti economici del Governo, il Mezzogiorno non solo è messo in un angolo, ma è addirittura depredato.
Non sfugge a questa logica il provvedimento in esame, che si connota per l'espressa riduzione delle risorse.
Nella clausola di copertura, infatti, parte delle stesse viene reperita mediante taglio del Fondo aree sottoutilizzate (FAS) istituito dall'articolo 61 della finanziaria per il 2003, riducendo ulteriormente il sostegno alle aree meridionali del Paese. Il taglio è di 1.100 milioni di euro per il 2007, mentre per gli anni 2008 e 2009 l'intera copertura è a carico del FAS.
All'osservazione che il FAS non riesce a spendere le ampie risorse che il Governo Berlusconi aveva a suo tempo assegnate e che, quindi, queste vengono stornate per altri scopi, si può facilmente rispondere che il tutto dipende dalla incapacità di spesa dell'attuale Governo; incapacità che va sicuramente intesa anche come mossa pre-elettorale scientemente preordinata al fine di sostenere interventi clientelari improduttivi.
Se, infatti, la Casa delle libertà era riuscita ad accrescere fortemente le spese infrastrutturali, è opportuno ricordare che la Corte dei conti nel suo rapporto sul bilancio 2006 ha riferito che con il Governo Prodi si è registrata una netta inversione di tendenza: le minori risorse per investimento previste, comunque, poi non vengono utilizzate, per essere successivamente stornate ad altri scopi, di stampo, come dicevo prima, squisitamente clientelare.
Peraltro, i pochi riferimenti al Meridione nel decreto-legge n. 159 riguardano i grandi agglomerati urbani (150 milioni per la metropolitana di Napoli), le risorse per i trasporti nell'area dello Stretto di Messina (destinate a sanare, senza riuscirci in quanto si tratta di palliativi, il diffuso malcontento per la mancata realizzazione del Ponte), pochi spiccioli e solo per il 2007 destinati ai LSU di Campania e Calabria.
Nulla sulla ricostruzione post-terremoto, per la quale, a distanza di oltre 25 anni, occorrono ancora circa 1,8 milioni di euro; nulla sulla metanizzazione del Mezzogiorno, che non viene finanziata da anni (mentre circa due milioni di cittadini meridionali ricorrono ancora alle vecchie bombole il cui costo è notoriamente superiore al gas di rete); nulla sullo sviluppo della rete infrastrutturale meridionale, nonostante ferrovie ed ANAS ricevano pingui contributi.
Viceversa si debbono registrare norme pasticciate sugli incapienti, adottate con la consueta logica di elargizione che non produce alcun effetto economico duraturo, oltre ad una aperta e ormai abituale violazione dello Statuto del contribuente, nel capitolo in cui si concede alle regioni di poter imporre tasse o aumentare le aliquote di propria competenza con effetto retroattivo.
La distanza dei cittadini meridionali dalle proprie istituzioni e dal Governo di Roma è già elevata: questo provvedimento non fa che aumentarla.
Mi si consenta una digressione finale, a ulteriore dimostrazione della continua violazione dei diritti dei cittadini meridionali da parte del Governo Prodi.
Sull'Eurostar Roma-Taranto, da qualche mese, si paga il servizio ristoro con carrelli nelle singole vetture. Fin qui pocoPag. 154male. Il contenimento della spesa è sempre augurabile. Il problema nasce dalla constatazione che il pagamento viene richiesto solo sulle tratte meridionali, mentre da Roma in su il servizio è gratuito. Naturalmente, per restare nel capitolo ferrovie, il tutto appare perfettamente in sintonia con i ritardi insostenibili, l'uso di vettori obsoleti, l'assoluta complessiva inadeguatezza del servizio trasporto passeggeri su ferro nel Mezzogiorno. Un altro sincero grazie alla sinistra che tradisce i più deboli e a Romano Prodi che dei problemi meridionali, fin dall'epoca della vicenda Cirio, se ne è sempre infischiato.

DOMENICO ZINZI. Onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento collegato alla finanziaria in cui hanno trovato collocazione disposizioni dal contenuto fortemente eterogeneo, attraverso le quali si sono distribuite risorse per un importo complessivo di circa 8 miliardi di euro. Risorse importanti, come peraltro erano importanti i miliardi già dissipati dal Governo questa estate, con l'extragettito utilizzato dal decreto-legge n. 81 del 2007.
E tutto questo accade mentre registriamo una pressione fiscale che in Italia, come rilevato da Bankitalia supera quella media dell'area euro e si colloca in prossimità dei valori massimi storici, riducendo fortemente le potenzialità di crescita del Paese.
Il provvedimento, a giudizio anche delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali, della stessa Commissione europea e delle agenzie di rating internazionali, penalizza fortemente le opportunità di riduzione del deficit di bilancio pubblico e del debito pubblico.
Ci saremmo aspettati che il Governo si impegnasse, proprio per i continui appelli delle istituzioni finanziarie italiane ed internazionali, a ridurre la spesa primaria - corrente per raggiungere il pareggio di bilancio, ma, al contrario, è passato il messaggio di accontentare il maggior numero di parlamentari e gruppi politici nel più classico degli assalti alla diligenza, con la differenza che in questo caso l'assalto è stato concepito con l'avallo di Padoa Schioppa.
Abbiamo già espresso il nostro punto di vista nel corso della discussione delle pregiudiziali e in quella occasione abbiamo stigmatizzato la poca serietà di un decreto legge che non era neanche in grado di giustificare i caratteri di straordinarietà, necessità ed urgenza richiesti ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, oltre a paventare una violazione dell'articolo 81 della Costituzione a causa di arzigogolate manovre del Senato, che hanno introdotto nuovi oneri per il bilancio dello Stato che lasciano giustificati dubbi di adeguata copertura.
Quello che è paradossale è che proprio da quelli che nella scorsa legislatura si facevano scudo dei moniti provenienti da Bruxelles e da altri sedi prestigiose per attaccare il Governo, oggi se ne infischiano e tirano diritto, anzi meglio, tirano a campare seminando prebende e mance per motivi di tenuta di coalizione.
Da giugno ad oggi si sono dissolti oltre 30 mila miliardi delle vecchie lire, senza che i cittadini abbiamo avuto un beneficio tangibile, anzi la situazione delle famiglie italiane è peggiorata anche per effetto di elementi contingenti che hanno determinato un aggravio di oneri.
Da persone che hanno ricoperto incarichi prestigiosi in Europa ci saremmo aspettati un atteggiamento di maggiore responsabilità e un comportamento che non può essere giustificato dalle difficoltà di mantenere unita una coalizione sgangherata. In nome della continuità della legislatura si è sacrificata una occasione di crescita, si è vanificata una opportunità di sviluppo per il Paese e si è data l'immagine di un Paese che non può rispettare gli impegni assunti in sede europea a causa della sua intrinseca fragilità.
E questo nonostante, ripeto, l'evidente difficoltà delle famiglie e delle imprese a far quadrare i conti.
E a proposito di conti da far quadrare, tra i vari commenti al provvedimento che sono stati pubblicati in questi giorni, illuminante è quello dell'economista Boeri che scrive: «Il complesso della manovra diPag. 155bilancio per il 2007 e 2008 peggiorerà i conti pubblici, rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più. Dal punto di vista dell'equilibrio di bilancio e degli impegni europei sarebbe meglio fare a meno di decreto fiscale e legge finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese e non a riduzioni di tasse. Quindi non si può neanche sostenere che si tratta della restituzione agli italiani dell'extragettito. È invece una rinuncia a investire nel futuro».
Aggiungerei che si è trattato del classico gigante dai piedi di argilla, un provvedimento tanto enfatizzato, (ricordo le «cento buone notizie» reclamizzate da Letta, Rutelli e compagni) quanto inutile appunto.
Direi che il parlare sempre di tesori e tesoretti vari ha fatto perdere di vista il fatto che quei soldi altro non erano che i soldi tolti dalle tasche degli italiani, che si ritrovano a subire un manovra pesante a cui non corrispondono benefici tangibili, se si esclude l'una tantum a favore degli incapienti, nei confronti dei quali si opera un trasferimento pari a 300 euro netti che, nell'intenzione del Governo, dovrebbe dare sostegno a quei soggetti che sono sempre stati esclusi, per definizione, da ogni tipo di agevolazione.
Infine, e concludo, dobbiamo purtroppo constatare che anche questa volta vi è stata una grave alterazione del bicameralismo, con la Camera che si limita a ratificare quello che ha deciso il Senato, eventualmente correggendo problemi di copertura finanziaria e non altro, mentre già si profila l'ombra della fiducia sul provvedimento.

ALBERTO FILIPPI. Innanzitutto, nonostante il risultato in Commissione, vorrei ringraziare gli uffici, il presidente Duilio, il relatore Di Gioia, i colleghi di maggioranza e di opposizione.
Negli ultimi tempi il Governo e la propria maggioranza, quella stessa che dovrebbe sostenerlo, quella stessa maggioranza che già al momento dello spoglio elettorale di poco più di un anno fa usciva non certamente come maggioranza ma dubbiosamente tale, quella stessa maggioranza che in queste ore al Senato immobilizza l'attenzione di tutto il Paese che ormai scommette sul quando cascherà il Governo, quella stessa maggioranza che a questa Camera ha impedito di legiferare costringendo a suon di «fiducie» a ratificare quanto prodotto dai colleghi senatori, ebbene, negli ultimi tempi tale Governo e la propria maggioranza hanno prodotto decreti sulla base delle emozioni: la chiamano «biopolitica» la politica delle emozioni, la politica della paura, che produce misure spot di grande visibilità mediatica ma di modesta efficacia; i provvedimenti nascono quali risposte a quanto si scrive nei principali giornali nazionali o a quanto opinionisti od opinion leader ci dicono nei vari talk show.
E allora, se si evidenzia la necessità e l'urgenza di abbassare i costi alla politica, pronti e via, e, preso atto che il famoso libro La casta inizia parlando di comunità montane, fioccano le proposte per cancellarle, salvo poi riprenderle sopra i 1000 metri, e poi sopra i 600, e poi sopra i 500, e alla fine non cambierà nulla. Se si evidenzia la necessità e l'urgenza di maggior sicurezza ecco pronti, a suon di trombe o di tromboni (meglio), arriva il de-cretino che dovrebbe ridare ai nostri concittadini sicurezza, mettendo una pezza ai troppi provvedimenti scandalosi, pericolosi e sbagliati (indulto, asilo politico), provvedimenti che tra l'altro andavano in direzione opposta rispetto a quelli del Governo precedente (legittima difesa, Bossi-Fini). Peccato che la pezza sia risultata peggiore del buco e immediatamente sia svanita ogni buona intenzione. Fate il decreto per le espulsioni e dopo tre settimane avete espulso appena una dozzina di delinquenti.
Anche oggi ci ritroviamo di fronte ad un decreto con una spesa, una spesa di 7,5 miliardi circa, quindi un altro tesoretto quanto a dimensione, che prenderà il volo.
Purtroppo anche in questa occasione, anche in questo provvedimento avete fallito. E avete fallito doppiamente, nella sostanza e nella forma.Pag. 156
Va premesso che non sono stati rispettati i requisiti di necessità ed urgenza previsti per un provvedimento come il decreto-legge; un esempio tra tutti ce lo dà l'articolo 36, «programma di interventi connessi alle celebrazioni per il 150o anniversario dell'Unità nazionale»: 140 milioni di spesa per il 2007 per preparare festeggiamenti che inizieranno nel 2011! Ma nemmeno i brasiliani per il loro carnevale sono tanto previdenti e goliardici! Mi volete spiegare dov'è l'urgenza, oltre che la necessità, senza entrare nel merito, e dov'è l'opportunità di gettare in festini i soldi di uno Stato straindebitato (primo in Europa e terzo nel mondo per entità di debito pubblico)?
In Commissione bilancio si è toccato il fondo: nonostante l'ottimo lavoro degli uffici e la disponibilità dell'opposizione tutta a collaborare a migliorare un testo a detta di tutti doverosamente migliorabile, si è annientato ogni lavoro. La Commissione bilancio nella sostanza ha preso atto che né l'opposizione né la minoranza hanno potuto migliorare il testo del decreto e hanno dovuto silenziosamente dare un parere tecnico positivo per correggere quattro errori di copertura. Centinaia di emendamenti di buon senso, che nulla sarebbero costati alle casse dello Stato, sono stati ghigliottinati da una maggioranza che nemmeno in questa Camera, avendo i numeri, riesce ad essere tale.
Il provvedimento nel testo arrivato al Senato presentava alcune perplessità, ma una volta uscito dal Senato non vi erano più perplessità, ma solo una certezza, quella che alla Camera è arrivato un provvedimento disastroso che imponeva miglioramenti emendativi e che in Commissione nulla si è potuto emendare.
Altra doverosa premessa arriva da una dichiarazione riportata in data odierna da la Repubblica, nella quale il relatore, onorevole Di Gioia, afferma che «se in aula saranno presentati 700 emendamenti, con i tempi che ci sono, mi pare ovvio che potrebbe accadere che si metta la fiducia». Sia chiaro: noi della Lega Nord ci siamo autolimitati e ne presenteremo circa una cinquantina e per quanto ne so, simile atteggiamento sarà tenuto da tutta l'opposizione per arrivare ad un totale di circa 200 emendamenti. È evidente che, se così fosse, prendiamo per buono quanto affermato dal relatore e, conoscendolo quale persona coerente e di parola, siamo certi che a queste condizioni non sarà messa la fiducia.
Ora vorrei soffermarmi su alcuni articoli del provvedimento analizzandoli velocemente per poi riprendere ogni concetto in sede di discussione dei doverosi emendamenti.
Articolo 3 - TFR: ora ve lo spendete ma (ve lo ricorda in ogni occasione il Governatore della Banca d'Italia Draghi, a me lo insegnava vent'anni fa il professor Olivotto durante l'ora di ragioneria), il TFR è un debito che se è usato per ripianare altri debiti si tramuta in un furto. Noi lo ribadiamo; che resti almeno agli atti e che ognuno si assuma la propria responsabilità.
Articolo 4 - Sanità: persa un'altra occasione per far pagare, per far riconoscere la responsabilità a chi porta il sistema sanitario allo sfascio, al fallimento, peggio alla bancarotta fraudolenta, considerato che in qualche caso si sono manomessi pure i numeri contabili, come detto da KPMG, società advisor per la regione Lazio. Bene, questi amministratori incapaci oggettivamente, sarebbero dovuti essere sanzionati veramente e dichiarati interdetti politicamente. Tanti emendamenti prevedono tali correzioni ma nulla di fatto.
Articolo 7 - Metrò: stanziati 800 miliardi, dei quali solo 150 arrivano al nord. E allora proprio un amministratore del nord, anche se di sinistra, Sergio Chiamparino, vi accusa: «Non hanno mantenuto le promesse». Roma 500, Napoli 150. Venezia, Torino, Bologna e Firenze nulla. Allora, cose affermate con tanta chiarezza e spudoratezza non possono che avere come invito per il Governo quello di usare il famoso «nodo nel fazzoletto» per le marchette promesse ai propri sindaci!
Articolo 8 - marchette al sud: solo l'anno scorso 1,5 miliardi per infrastrutture di ogni tipo, specialmente viabilitàPag. 157secondaria tra Messina e Reggio Calabria; bene, quest'anno 101 milioni e la cosa preoccupante è che parte importante di questi servono a ripianare spese già effettuate, o (gravissimo) quelli ancora da spendere prevedono di derogare alle regole degli appalti pubblici e viene consentita la trattativa in sostanza privata (trattativa negoziata). Altri 7 milioni sono per opere dovute alla Salerno-Reggio Calabria, milioni per rimediare poco più di 11,5 chilometri, milioni che faranno aumentare i 163 euro pro capite, neonati inclusi, spesi per questa opera che sta costando quanto le famose e sterminate autostrade americane a cinque corsie; peccato che questa opera sarà ancora per metà percorso una autostrada anni settanta a due corsie.
Articolo 20 - 5 per mille: perché non essere riusciti a consentire ai contribuenti di destinarlo ai propri comuni per finalità sociali? A parole, nei salotti fuori dalla Commissione, relatore e presidente erano d'accordo e disponibili a condividere le osservazioni della Lega Nord, vedremo in aula se accoglieranno i nostri emendamenti in tal senso o se non potranno farlo perché metteranno la fiducia, una vergognosa fiducia, se sarà proposta.
Articolo 24 - comuni in dissesto: ancora soldi agli incapaci, ancora una volta si tappano i buchi senza prevedere sanzioni serie per chi i buchi li ha creati. Anzi, a livello locale, questi politici rischiano addirittura di trovare apprezzamenti perché alla fine hanno portato sul territorio nuovi trasferimenti statali alla faccia del principio di meritocrazia (150 milioni) e di buona amministrazione.
Articolo 27: stabilizzazione assunzioni di LSU e lavori pubblica utilità in Calabria e Campania.
A questo articolo si collega il successivo articolo 43, che prevede assunzioni in deroga per le «attività socialmente unici» (ASL), assunzioni che potranno essere effettuate anche in soprannumero! Ma siete dei fenomeni! E intanto, andando a ragionare così, avallate i numeri sui dipendenti regionali che al nord danno una proporzione tra assunti ed abitanti in età lavorativa pari a 0,93, al centro pari a 1,32 e al sud pari a 2,25. Per ogni assunto in Lombardia ne troviamo quattro in Calabria.
Articolo 27-bis: assunzioni facili senza concorsi nei parchi della Maiella, del Gran Sasso, nei monti della Laga, stabilizzando altri forestali come se fossero già pochi! Ne abbiamo più del Canada, per una estensione forestale che arrossisce di fronte a quella canadese, e che a causa degli incendi ogni anno si riduce; avremmo potuto invece comperare qualche canadair in più, considerato che questa estate uno si è schiantato al suolo; e invece no, altri forestali e il prossimo anno altri incendi!
Quanto a questi ultimi tre articoli, non si può non notare che il vostro intento è assumere e stabilizzare; ma allora, se c'è disoccupazione, perché continuare a dire che abbiamo bisogno del lavoro degli extracomunitari?
Invece di inventare occupazione, perché non dare lavoro vero agli italiani, invece di aprire la porta a chi arriva illegalmente nel nostro paese, per poi affermare che c'è pure bisogno di loro? Mi sembra che la vostra contraddizione sia troppo esplicita.
Infine l'editoria: basta soldi ai giornali farsa. Oggi con un paio di firmette di due parlamentari ci si fa un giornaletto appartenente a movimenti politici. Noi volevamo una volta per tutte definire che ad avere diritto ai contributi fossero i giornali, uno ed uno solo per ogni gruppo rappresentato in entrambe le Camere del Parlamento. Comunicazione vera, quindi, e non giornaletti farsa.
Chiudo, ricollegandomi all'introduzione di questo mio intervento, nel quale sottolineavo come Governo e maggioranza agiscono secondo i criteri della biopolitica: considerato che il Paese in continuazione vi chiede di andarvene a casa, fate questo passo di grande responsabilità, cercate di agire, questa volta sì correttamente, sulla base delle emozioni di intere Nazioni, specialmente quelle venete, lombarde e piemontesi, e consentiteci di tornare a votare prima di distruggere irrimediabilmente ciò che è rimasto di questo Paese.

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ROBERTO ULIVI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in questa discussione per esprimere alcune considerazioni su un tema che mi ha particolarmente interessato nel corso dell'esame di questo provvedimento di conversione del decreto legge collegato alla Finanziaria e precisamente la problematica riguardante le farmacie.
Molte critiche mi vengono alla mente. Osservo che in pratica si scarica sulle farmacie una parte esagerata del tentativo di ripiano dello sforamento del tetto di spesa; va invece detto che le farmacie, in forza della legge n. 662 del 1996, contribuiscono a contenere la spesa farmaceutica riconoscendo al Servizio sanitario nazionale sconti sui farmaci e anche incentivando l'acquisto di farmaci equivalenti e sottoscrivendo accordi regionali per la distribuzione a costi irrisori di farmaci acquistati dalla parte pubblica.
Poi le farmacie appaiono penalizzate per una serie di norme non molto coerenti. Ad esempio, il tetto di spesa fissato al 14 per cento sembra fondarsi su una certa difficoltà o inattendibilità dei necessari flussi informativi, non avendo dati certi sui farmaci distribuiti in maniera diretta dalle ASL ed il relativo prezzo.
Ancora, la problematica del pay-back che sembra scaricare sulle farmacie l'onere di ripiano di uno sforamento dovuto ad altre cause (promozione di farmaci da parte delle industrie o mancati controlli da parte delle regioni).
Altre critiche mi sovvengono e mi limito a citarle più in dettaglio.
Primo, le farmacie sono chiamate a pagare una quota dello sforamento che non corrisponde al loro margine effettivo sul prezzo del farmaco.
Le farmacie sono chiamate a ripianare lo sfondamento del tetto di spesa farmaceutica sulla base di quote di spettanza meramente teoriche, a differenza delle altre categorie coinvolte, che non hanno alcun riferimento nella realtà.
Le farmacie, infatti, in forza della legge n. 662 del 1996, contribuiscono da anni a contenere la spesa farmaceutica riconoscendo al SSN sconti progressivi sulle fasce di prezzo dei farmaci erogati, che concorrono ad erodere pesantemente il margine di legge riconosciuto a tale categoria. Tali sconti ridisegnano il margine lordo della farmacia.
Il mix prescrittivi ha comportato che nel 2006 il margine reale lordo della farmacia sia stato mediamente al 20,84 nel caso di una farmacia urbana ed al 25,20 per cento nel caso di una farmacia rurale sussidiata.
Secondo, le farmacie rischiano di pagare anche per lo sforamento determinato dalla distribuzione diretta, cioè da farmaci che sono erogati dalle strutture pubbliche e non passano per la farmacia.
Terzo, si deresponsabilizzano le regioni nei confronti del contenimento della spesa: sono chiamate a pagare anche le farmacie delle regioni che non sforano.
Dovrebbero invece essere chiamati a corrispondere quota parte del superamento del tetto solo le farmacie ed i grossisti che operano in quelle regioni nelle quali tale eventualità si sia effettivamente verificata. Appare ingiusto che anche le farmacie ed i distributori intermedi operanti in regioni che abbiano rispettato il tetto siano chiamati a ripianare quota parte dello sforamento.
Quarto, gli operatori della filiera rischiano di pagare il pay-back anche sull'IVA, che è una partita di giro per lo Stato.
Quinto, le regioni vengono di fatto deresponsabilizzate dal rispetto del tetto di spesa farmaceutica territoriale, non essendo né coinvolte nel pay-back (come avveniva in precedenza con la quota del 40 per cento a loro carico) né autorizzate a intervenire con misure che nei primi mesi del 2007 avevano mostrato una certa efficacia ai fini del contenimento della spesa.
Lo sforamento verrà, infatti, pagato totalmente dalla filiera del farmaco e in particolare dalle farmacie che non hanno alcuna responsabilità al riguardo e anzi, al contrario, contribuiscono al contenimento della spesa, con gli sconti al SSN, la diffusione degli equivalenti, la fornitura dei dati delle ricette e con altre forme di collaborazione attivate a livello regionale.Pag. 159Senza dimenticare i ritardi nei pagamenti che, in alcune regioni del centro-sud, costituiscono una forma impropria e illegittima di finanziamento delle ASL.
Insomma mi sembra che si dia alle farmacie un carico sproporzionato e immeritato.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, sottosegretario Lettieri, onorevoli colleghi, discutiamo del decreto-legge di accompagnamento alla legge finanziaria le cui norme sono già in vigore dal 3 ottobre. Il testo, infatti, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre.
Prima di entrare nel vivo del mio intervento vorrei illustrare le principali misure del decreto fiscale.
Le misure previste dal decreto-legge coinvolgono soprattutto i redditi bassi e trovano copertura con l'emersione di un nuovo extragettito, originato dal contrasto all'evasione fiscale e dal connesso recupero di base imponibile. Gran parte di queste importanti somme sono state destinate ad interventi infrastrutturali.
Gli interventi di carattere sociale investono vari settori: dall'edilizia residenziale pubblica al sostegno agli incapienti, dai servizi socio-educativi per la prima infanzia alla ripresa del finanziamento alla cooperazione allo sviluppo ed alla mobilitazione di risorse a favore della mobilità sostenibile e per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Una parte rilevante delle risorse individuate nel decreto-legge è destinata al trasporto metropolitano nelle grandi città ed ai trasporti pubblici in Sicilia e Calabria; ulteriori finanziamenti sono previsti per investimenti e interventi di manutenzione delle Ferrovie dello Stato.
Sono previste misure anche nel settore ambientale, in particolare la certificazione in base ai parametri di Kyoto richiesta per i nuovi interventi pubblici e la riassegnazione delle risorse derivanti dal risarcimento di danni ambientali causati da alcune aziende.
In particolare il provvedimento (consistente in 7,5 miliardi di euro destinati al 2007 ed 800 milioni di euro per la riduzione del disavanzo) introduce rilevanti novità in materia di riduzioni fiscali ed investimenti, tra cui aiuti alla cooperazione allo sviluppo (910 milioni di euro) e l'anticipo del contratto del pubblico impiego (500 milioni di euro). Al Senato è stato stanziato un ulteriore miliardo per gli aumenti contrattuali del biennio 2006-2007 nella pubblica amministrazione.
Al Senato è stato poi abolito il prelievo automatico dello 0,15 per cento e dello 0,35 per cento per dipendenti e pensionati Inpdap per l'adesione alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e sono previsti 550 milioni di euro per un programma volto a favorire il passaggio da una casa all'altra per le categorie deboli, a recuperare alloggi ex IACP o dei comuni non assegnati, alla costruzione di alloggi. Le case che si renderanno disponibili dovranno essere assegnate prioritariamente alle famiglie sfrattate e alle giovani coppie a basso reddito.
Bonus incapienti: bonus a favore dei contribuenti a basso reddito. Ai contribuenti la cui imposta netta dovuta per l'anno 2006 risulti pari a zero è attribuita, per l'anno 2007, un bonus per sé e per i familiari a carico quale rimborso forfetario grazie all'utilizzo di parte delle maggiori entrate tributarie affluite all'erario.
Commissariamento delle regioni inadempienti: in arrivo i commissari ad acta per Lazio, Campania, Molise e Sicilia qualora queste regioni non rispettino il piano di rientro per il deficit sanitario concordato con lo Stato.
Spesa farmaceutica: varia il tetto della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale. Per i prezzi dei medicinali è stabilito un budget annuale per ogni azienda farmaceutica, con un nuovo metodo di rimborsabilità. L'eventuale sforamento sarà pagato da industrie farmaceutiche, grossisti e farmacisti in misura proporzionale alle relative quote di spettanza sui prezzi.
Metropolitane nelle grandi città: 500 milioni di euro per la metropolitana «C» di Roma, 150 milioni di euro per quella di Napoli e 150 per quella di Milano.Pag. 160
Miglioramento del trasporto in Calabria e nello Stretto di Messina: in coincidenza con la partenza dei lavori all'autostrada A3 nel tratto di Gioia Tauro - Reggio-Calabria, previsto un piano alternativo di mobilità con lo sviluppo delle autostrade del mare e del trasporto aereo e ferroviario di merci.
Fondi per il Mose a Venezia.
Alta velocità: allargato ai progetti Ten e alle tre tratte finora rimaste escluse, cioè Milano-Genova, Milano-Verona e Verona-Padova, il piano di finanziamento dell'Alta velocità.
Treni per i pendolari: nuovi fondi per i treni dei pendolari attraverso il ripiano dei debiti dello Stato con Trenitalia.
Si è previsto l'aumento dei fondi a disposizione per i progetti 2007 compresi nel piano di investimenti programmati del Ministero delle infrastrutture e dell'ANAS.
Editoria: ridotte le agevolazioni sulle tariffe postali per l'editoria. Aumenta dal 7 per cento al 12 per cento il taglio alle tariffe postali agevolate per gli editori che percepiscono agevolazioni superiori a un milione di euro. Ridotti del 7 per cento anche i contributi diretti.
Televisori digitali: nuovi obblighi per i rivenditori di apparecchi digitali con il passaggio al digitale prorogato al 2012.
Comune di Taranto: 150 milioni per la ripresa economica del Comune di Taranto.
Interventi nel distretto della sedia: 65 milioni di euro per il collegamento veloce tra l'autostrada A4 e la zona produttiva della sedia nel comune di Manzano.
Contributi straordinari: per il 2007, concessi all'Istituto Gaslini di Genova 40 milioni di euro, all'Unione Italiana Ciechi un milione di euro, all'European Brain Research Institute 3 milioni di euro.
Vittime del dovere: per le vittime del dovere e della criminalità organizzata e per i loro familiari superstiti, riconosciute alla data di entrata in vigore del decreto, previsti 170 milioni di euro.
5 per mille: incrementata di 150 milioni di euro la spesa per il 5 per mille.
Ma questo decreto-legge con i provvedimenti che ho illustrato, insieme alla finanziaria che è in corso di approvazione al Senato, mette insieme una molteplicità di azioni capaci di determinare l'accelerazione dei processi di ripresa del nostro Paese.
Per quanto riguarda la manovra finanziaria per il 2008 sono previste le seguenti novità.
Alta velocità: allargamento del piano di finanziamento per l'alta velocità ai progetti Ten e a tre nuove tratte: Milano-Genova, Milano-Verona, Verona-Padova (articolo 6 del decreto fiscale n. 159 del 2007).
Cinema: agevolazioni fiscali (credito d'imposta) ad imprese di produzione e di distribuzione cinematografica (articolo 7 finanziaria 2008).
Cinque per mille: destinazione di investimenti aggiuntivi per 150 milioni di euro (articolo 84 finanziaria 2008 e articolo 20 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Comunità montane: passa a 500 metri (600 per i comuni alpini) il limite minimo di altezza rispetto al livello del mare per le comunità montane, con una notevole riduzione delle stesse. Il risparmio stimato è di circa 67 milioni di euro (articolo 13 finanziaria 2008).
Consigli circoscrizionali: eliminati quelli dei comuni con meno di 250 mila abitanti (articolo 14 finanziaria 2008).
Consiglieri comunali e provinciali: riduzione del numero in proporzione agli abitanti (articolo 14 finanziaria 2008).
Editoria: riduzione del 7 per cento dei contributi erogati a ciascun editore con validità dal 2007 compreso (articolo 10 decreto fiscale n. 159 del 2007).
ICI: riduzione della base imponibile dell'1,33 per cento (articolo 2, comma 1, finanziaria 2008).
Indennità parlamentari: fissato un tetto massimo per l'incremento dell'indennità retributiva spettante ai membri del Parlamento italiano (articolo 8 finanziaria 2008).
Irap: riduzione dell'aliquota ordinaria dal 4,25 per cento al 3,9 per cento (articolo 3, comma 12, finanziaria 2008).
Ires: riduzione dell'aliquota al 27,5 per cento (articolo 3, comma 1, finanziaria 2008).Pag. 161
Irpef: aliquota del 20 per cento come unica tassa per gli autonomi con reddito fino a 30.000 euro, con esenzione da IVA ed Irap ed esonero dagli studi di settore (articolo 4 finanziaria 2008).
Locazioni: sconti fiscali per chi ha un reddito non superiore a 15.493,71 euro (300 euro di sconto l'anno) o superiore a 15.493,71 ma non superiore a 30.987,41 euro (150 euro di sconto) (articolo 2, comma 3, finanziaria 2008).
Mobilità urbana: investimenti per 800 milioni di euro (linea C metropolitana Roma, metro di Milano, metro di Napoli) (articolo 7 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Regioni: commissariamento del Lazio, della Campania, del Molise e della Sicilia in caso di loro inadempienza riguarda al piano stabilito con lo Stato per il rientro del deficit sanitario (articolo 4 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Ristrutturazioni edilizie: proroga di altri 3 anni per la detrazione Irpef del 36 per cento, (articolo 2, comma 11, finanziaria 2008).
Spesa farmaceutica: aumentato dal 13 al 14,4 per cento il tetto di spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale (articolo 5 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Sportass: la Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi viene soppressa e la sua gestione è trasferita all'INPS (articolo 28 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Tv digitale: prorogato al 2012 il passaggio al digitale. Il fondo specifico previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 è incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2008 (articolo 39 finanziaria 2008 e articolo 16 decreto fiscale n. 159 del 2007).
Signor Presidente, noi Popolari-Udeur valutiamo positivamente questo decreto e lo voteremo con convinzione anche se è vero che alla Camera non siamo riusciti ad apportare alcune proposte modificative e migliorative, ma il nostro senso di responsabilità è ancor più forte in momenti come questi in cui deve prevalere il bene comune e l'interesse generale rispetto alle posizioni, pur corrette, che ognuno di noi assume personalmente e come gruppo politico nell'interesse dei cittadini.
Purtroppo i tempi sono quelli che sono e non ci possiamo permettere di rallentare il formidabile sforzo che stiamo mettendo in campo per cercare di tenere fede ai nostri programmi per garantire crescita e maggiore equità.
Non dimentichiamo che nell'agenda dei nostri lavori stiamo affrontando in contemporanea riforme costituzionali, decreto fiscale, finanziaria e welfare che, scusate se è poco, al momento costituiscono tanta carne al fuoco, un fuoco tenuto vivo e scoppiettante dalla nostra azione incisiva e determinata che nulla ha a che vedere con il tanto fumo della passata legislatura.
Ho sentito dire da alcuni colleghi dell'opposizione che il nostro ruolo all'interno della Commissione Bilancio e in aula viene mortificato dal fatto di non aver potuto porre in discussione gli emendamenti che avevamo presentato. Mi stavo quasi preoccupando per le gravi conseguenze psicologiche che tale circostanza poteva determinare in me, ma poi mi sono tranquillizzato ripensando alle tante volte che nella passata legislatura importanti provvedimenti, come la finanziaria, sono stati approvati facendo ricorso al voto di fiducia che di fatto impediva di discutere ed approvare gli emendamenti proposti sia dalla maggioranza che dall'opposizione. E vedere quei colleghi di allora sopravvissuti a tali frustrazioni mi fa sentire meglio.
Si doveva usare il tesoretto e il tesoretto-bis per abbattere il debito. Continuo a ripetere che stare all'opposizione è un formidabile corso di formazione che insegna cose che mai si erano capite e messe in pratica nella precedente legislatura, nella quale il deficit c'era sempre mentre i tesoretti non si vedevano e non si è riusciti ad abbattere il debito. Oggi questi alunni indisciplinati e spendaccioni vogliono trasformarsi in professori ed insegnare a noi cosa è meglio fare. Grazie, non ne sentiamo il bisogno perché intendiamo esercitare il nostro ruolo di governo e guida del paese fino a quando le nostre responsabilità ce lo impongono.Pag. 162
Qualcuno ha detto che i nostri provvedimenti sono una mancia a favore degli italiani che stanno male e che così non staranno meglio. Mi sembra un gran passo in avanti riconoscere finalmente che ci sono dei cittadini che stanno male perché in passato l'Italia (o «Berlusconopoli») sembrava o la si voleva a tutti i costi definire, come un'isola felice dove tutti avevano tutto ciò che desideravano. Non era così e non è ancora oggi così, ed è per questo che i nostri interventi sono più che mai utili e necessari per dare un segnale, una speranza, una chiara indicazione che la volontà del Governo è quella di aiutare per primi, pur nelle ristrettezze delle disponibilità finanziarie che possono essere utilizzate, coloro che hanno maggiore bisogno.
Ed ancora: se non riducete il debito in Europa vi richiameranno al rispetto di regole e comportamenti più austeri. Giusta considerazione, ma per noi si tratta di un ravvedimento tardivo perché, se questa preoccupazione per le raccomandazioni europee l'avessimo avuta durante la passata legislatura, non saremmo incappati in diversi provvedimenti di infrazione che hanno costituito una eredità pesante alla quale questo Governo ha dovuto far fronte, e ne cito una per tutte, relativa alla detrazione IVA sulle autovetture, della quale ci siamo dovuti far carico.
Tutto questo per dire che siamo partiti da una situazione iniziale fortemente penalizzante ed è appunto per questo che i risultati che abbiamo ottenuto, pur in presenza delle difficoltà numeriche che al Senato non vogliamo nascondere, rendono ancor più apprezzabile la nostra azione.
Sarà utile ricordare che questa è una situazione alla quale siamo stati costretti da parte di chi, sapendo di perdere, ha avvelenato i pozzi e oggi non vuole bere con noi l'amaro calice di una convivenza che deve essere operativa perché non prevalgano interessi di parte e contingenti ma una strategia di lungo respiro capace di non farci perdere il treno dello sviluppo rispetto alle altre nazioni europee.
Vogliamo continuare a pensare al bene del Paese, che cerchiamo di fare ogni giorno per confermare la fiducia guadagnata con il mandato affidatoci dai cittadini, e non ci interessano le convenienze personali e le ambizioni di chi pensa solo di dover tornare, a tutti i costi e con ogni mezzo, alla guida di un Paese che ha già dimostrato di non essere capace di governare e che sarebbe ancor più difficile governare, specialmente in queste condizioni, e mentre per questo Governo il giudizio dovrà essere ancora espresso, e noi vogliamo aspettare affinché tale giudizio possa essere espresso alla fine della legislatura, per quello precedente la condanna alla sconfitta è stata già decretata e non può e non deve essere ribaltata nemmeno a pagamento.
Per tutte queste considerazioni, Presidente, nel ringraziare il presidente Duilio, il relatore Di Gioia e i colleghi della Commissione, confermo il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. n.1-233 Leone e Garagnani I 504 479 25 240 205 274 70 Resp.
2 Nom. Moz. n.1-233 Leone e Garagnani II 503 500 3 251 225 275 70 Resp.
3 Nom. Moz. n.1-227 Germontani ed a. I 507 503 4 252 227 276 68 Resp.
4 Nom. Moz. n.1-227 Germontani ed a. II 505 500 5 251 478 22 68 Appr.
5 Nom. Moz. n.1-249 Volontè e Galletti 504 499 5 250 469 30 68 Appr.
6 Nom. Moz. n.1-250 Donadi e D'Ulizia n.f 504 488 16 245 347 141 68 Appr.
7 Nom. Moz. n.1-251 Lulli ed a. 505 490 15 246 360 130 68 Appr.
8 Nom. ddl 3082 - articolo 1 486 486 244 486 68 Appr.
9 Nom. articolo 2 499 495 4 248 495 68 Appr.
10 Nom. articolo 3 499 498 1 250 497 1 68 Appr.
11 Nom. articolo 4 502 500 2 251 500 68 Appr.
12 Nom. ddl 3082 - voto finale 468 464 4 233 464 67 Appr.
13 Nom. Doc. IV-quater, Garagnani, I parte 475 474 1 238 473 1 64 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 16
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Doc. IV-quater, Garagnani, II part 484 467 17 234 346 121 64 Appr.
15 Nom. Doc. IV-quater, Raisi, I parte 456 455 1 228 455 64 Appr.
16 Nom. Doc. IV-quater, Raisi, II parte 485 473 12 237 398 75 64 Appr.