XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 237 di mercoledì 7 novembre 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 10,45.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 ottobre 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Airaghi, Bimbi, Brugger, Buontempo, Cirino Pomicino, De Castro, Duilio, Franceschini, Gozi, La Malfa, Landolfi, Lanzillotta, Meloni, Meta, Migliore, Paoletti Tangheroni, Pinotti, Piscitello, Reina, Rivolta, Sasso, Sgobio, Tremaglia, Villetti, Elio Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In ricordo di Enzo Biagi (ore 10,47).

PRESIDENTE. Il Presidente della Camera ha trasmesso ieri un messaggio di cordoglio alla famiglia di Enzo Biagi, protagonista del giornalismo italiano e della vita civile e culturale della nostra storia recente, scomparso nella stessa giornata di ieri.
Con lui scompare una personalità di grande rigore intellettuale, che ha costantemente interpretato, al servizio del pluralismo e della libertà dell'informazione, i valori della democrazia testimoniati attraverso l'esperienza personale durante la Resistenza e una convinta adesione ai valori della Costituzione repubblicana.
La Presidenza desidera ricordare la figura di Enzo Biagi anche dinanzi all'Assemblea, certa di interpretare l'unanime cordoglio della Camera per la perdita di uno dei più importanti giornalisti italiani del dopoguerra.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,48).

GINO SPERANDIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GINO SPERANDIO. Signor Presidente, ieri sera a Vicenza, davanti alla base italiana dove dovrebbe essere costruita la nuova base americana (cioè all'aeroporto Dal Molin), mentre era in atto una manifestazione pacifica davanti l'ingresso dell'aeroporto, un militante pacifista è stato travolto da un'auto che tentava di attraversare la manifestazione. Purtroppo, questo episodio rischia di aggravare la tensione che è presente in città. Pertanto, ritengo utile che il Governo intervenga affinché sia possibile garantire le manifestazioni di dissenso rispetto ad una scelta che noi riteniamo sbagliata, ossia l'ampliamento della base americana di Vicenza. Purtroppo, il militante pacifista, che si chiama Francesco Pavin, oggi è ricoverato in ospedale con un trauma cranico. Il protagonista dell'episodio è stato un militarePag. 2 italiano: noi crediamo che il Governo debba agire per riuscire a consentire ai militanti pacifisti di manifestare il loro dissenso in modo pacifico e non violento come hanno fatto fino ad oggi.
Per questi motivi, chiedo alla Presidenza della Camera di rivolgersi al Governo affinché agisca nel senso di garantire la giusta manifestazione popolare che si sta svolgendo a Vicenza (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Onorevole Sperandio, non conoscevo l'oggetto della sua richiesta. Normalmente, le questioni sull'ordine dei lavori sono svolte a fine seduta. Naturalmente, la Presidenza prenderà atto del suo rilievo e si farà carico di trasmetterlo ai rappresentanti del Governo.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,51).

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che ieri, a nome del gruppo di Forza Italia, avevo chiesto che il Governo venisse a riferire sulle note vicende legate all'assassinio della signora Reggiani e su tutto ciò che sta accadendo in relazione ai rapporti con gli immigrati dalla Romania. Di fatto, sino ad ora, ci sembra - a meno che la Presidenza non voglia dire qualcosa in questo momento - che il Governo non solo non abbia accettato, ma non abbia dato neanche segnali su un eventuale rifiuto a venire in quest'Aula a riferire. Essendo la questione di estrema delicatezza ed essendo legata a vicende che sono sotto gli occhi di tutti, vorremmo avere contezza della nostra richiesta.

PRESIDENTE. Onorevole Leone, la Presidenza è in contatto con il Governo e contiamo di dare quanto prima, possibilmente in mattinata, una risposta all'istanza sollevata e reiterata anche da lei in questo momento.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Scotto; Bianchi; Boato; Bianco; Zaccaria ed altri; Franco Russo ed altri; Lenzi ed altri; Franco Russo ed altri; D'Alia; Boato; Boato; Casini; Soro; Di Salvo ed altri; Diliberto ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3041-3139-3151-A) (ore 10,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Scotto; Bianchi; Boato; Bianco; Zaccaria ed altri; Franco Russo ed altri; Lenzi ed altri; Franco Russo ed altri; D'Alia; Boato; Boato; Casini; Soro; Di Salvo ed altri; Diliberto ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea ha proceduto ad alcune deliberazioni di carattere procedurale, deliberando Pag. 3in particolare l'accantonamento dell'articolo 1. Ricordo altresì che nella medesima seduta sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 2 e che, ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del Regolamento, secondo le iscrizioni che risultano alla Presidenza, potranno svolgersi ulteriori 17 interventi.
Avverto che la Commissione ha testé presentato alcune proposte emendative delle quali la Presidenza si riserva di valutare l'ammissibilità.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 553 ed abbinate sezione 1).
Constato l'assenza dei deputati Garavaglia, Goisis e Filippi che avevano chiesto di parlare. Si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi riallaccio alla discussione che ieri è stata ampiamente sviscerata da parte dei colleghi dell'opposizione, ma anche con importanti interventi della maggioranza. Il tema della riforma della Costituzione rappresenta sicuramente un'emergenza della nazione, che nasce da un cattivo funzionamento di quanto è avvenuto già nel 1977 con l'istituzione delle regioni. Anzitutto, infatti, nel momento in cui lo Stato ha delegato poteri e ha istituito le regioni, non vi è stato un corrispettivo nella riduzione dell'organizzazione statale nella gestione delle risorse, con una duplicazione, quindi, spesso inutile dal punto di vista istituzionale ma anche dal punto di vista della razionalizzazione delle spese pubbliche.
D'altro canto, si è assistito - ho svolto anche il ruolo di consigliere regionale - ad un neo-centralismo della regione: si è eliminato, di fatto, non soltanto il principio della sussidiarietà verticale (perché le regioni hanno trasferito poco e male alle province e ancora meno ai comuni), ma anche il principio ispiratore (che, invece, andrebbe ripreso con forza) della sussidiarietà orizzontale, ossia quello di delegare al privato organizzato, all'associazionismo, parti importanti dalla gestione della società quando lo Stato non riesce ad arrivare e laddove i cittadini, al contrario, possono farlo. La verità è che questa riforma che la maggioranza pone in essere è monca ed è anche sorprendente come si voglia continuare in un dibattito senza approfondire in maniera serena ed equilibrata una riforma così importante. Abbiamo sempre detto che, forse, la via maestra dell'Assemblea costituente rappresenterebbe la giusta sede dove esaminare la riorganizzazione costituzionale dello Stato, la vera e propria centralità delle autonomie, sicuramente con un rilancio forte del federalismo. Tuttavia - mi consentirete - ritengo che vada anche riaffermato il principio dell'interesse nazionale, che si era fortemente evoluto nella riforma della scorsa legislatura e che consentiva, consente e dovrebbe consentire allo Stato di intervenire laddove le regioni sono incapaci di spendere, spendono male e aumentano i costi.
Provengo da una regione - la Campania - che ha costi drammatici e che ha le più alte tasse regionali: l'accisa sulla benzina, l'IRPEF e l'IRAP regionali, la tassa sui rifiuti più alta, con risultati disastrosi, ticket sanitari vergognosi introdotti dalla giunta di Bassolino al solo scopo di finanziare campagne elettorali e un clientelismo che è divenuto paralizzante per la Campania. Ebbene, sarebbe stato importante, in questo senso, comprendere - ringrazio la maggioranza di allora, compresa la Lega, di averlo capito - come l'interesse nazionale deve poi sovrintendere quando vi sono regioni che si comportano male e in maniera non virtuosa a danno dei cittadini, così come hanno fatto Bassolino e la sua giunta.
Oggi non si affronta il vero tema, si rilancia semplicemente una riforma monca, a scopo propagandistico, nel clima di antipolitica che si è creato parlando di Pag. 4riduzione del numero dei parlamentari. Avevamo approvato una proposta di legge che voi, anche scatenando una campagna elettorale diffamatoria, avete contribuito a fare abrogare mediante un referendum. Ebbene, oggi questo tema, che ci trova sicuramente d'accordo, deve essere affrontato in maniera organica.
Più volte abbiamo chiesto - la stessa Assemblea si è espressa, con un gesto anche di arroganza da parte della maggioranza - un rinvio in Commissione sia per approfondire il tema del futuro Senato federale - anche se neanche su tale termine si riesce a trovare un accordo - e dei poteri conferiti, sia per rimediare ai guai che avete causato a colpi di maggioranza con la riforma del Titolo V nel 2001, la quale ha creato un caos istituzionale, nonché il più alto livello di conflitto tra regioni e Stato, che mai si era verificato, ingolfando la Corte costituzionale che deve affrontare i conflitti di attribuzione. Sarebbe assolutamente auspicabile e importante una riforma dell'articolo 117 della Costituzione, ampliando le autonomie - così come ho già detto - ponendo ed elevando il principio di sussidiarietà ad elemento centrale, anche costituzionale, del nostro ordinamento. Invece, vi ostinate a voler discutere di questo o di quello, senza entrare nel merito specifico della riforma, senza avere una maggioranza né politicamente coerente alla Camera, né numericamente capace di affrontare un tema così importante, che peraltro in questo momento è forse anche lontano dalle reali esigenze del Paese. Vi sono un Paese strozzato e strangolato dalle tasse, un'economia asfittica, un'occupazione che diventa sempre più una chimera per i giovani, un precariato che aumenta - come possiamo constatare dalle manifestazioni che si svolgono al di fuori di questa Camera - nonostante le vostre false promesse in campagna elettorale. Ebbene, in maniera più che altro pretestuosa, ci attardiamo a parlare di riforme che la gente non comprende.
Sono convinto che la necessità complessiva di rimettere mano all'architrave costituzionale e all'organizzazione del rispetto dei rapporti tra Stato e regioni, regioni e province, province e comuni e altri enti come le comunità montane, è assolutamente indispensabile. Tuttavia occorre farlo in un clima sereno di confronto - che voi non accettate - che né può essere sospinto da iniziative populistiche e propagandistiche, né può costituire un modo per dilazionare lo scontro del dibattito politico su temi più importanti. Penso - lo ribadisco - che, forse, sarebbe anche giunta l'ora di affrontare - come ho già detto poc'anzi - per la via maestra della riforma costituzionale e tramite una Assemblea costituente, il tema complessivo.
Credo che il pacchetto di emendamenti proposto dall'opposizione cerchi, complessivamente, di aggiustare il disastro ulteriore che state provocando. Ritengo che, un'ulteriore riforma raffazzonata - fatta semplicemente per unire le forze di maggioranza, piuttosto che per fornire una reale risposta alle esigenze della nazione - rappresenti un pessimo modo di fare politica, cui ci avete abituato. Tuttavia, credo che, da questo punto di vista, c'è anche qualcuno virtuoso nell'ambito della maggioranza, che può comprendere e invitare ancora al dialogo. Abbiamo presentato una serie di emendamenti, che non hanno assolutamente natura ostruzionistica, ma tentano di dare una sistemazione certamente più organica alla proposta di riforma costituzionale in discussione: creare una netta separazione tra le due Camere e un bicameralismo diverso, esaltare le autonomie locali ma, allo stesso tempo, ridurre anche le spese del territorio. Occorre, d'altro canto, controllare diversamente il potere delle regioni, soprattutto di quelle che, come ad esempio la Campania, non sono in grado di esercitare pienamente la propria autonomia, ma anche un controllo virtuoso sulla spesa perché autonomia e federalismo non devono significare capacità di indebitamento vergognoso, come quello che avete provocato soltanto per fini clientelari. Probabilmente i 24 mila voti che oggi vi hanno consentito di governare male - anzi, di gestire male l'Italia, perché siete incapaci di governare Pag. 5- grazie alle clientele in Campania che Bassolino ha fatto, con i fallimenti e i disastri dei rifiuti, degli incendi, dell'ambiente e dell'economia che fallisce, della disoccupazione giovanile, rappresentano certamente qualcosa di importante su cui riflettere.
Quindi, l'interesse nazionale rappresenta un elemento centrale e la riforma dell'articolo 117 della Costituzione deve assolutamente accompagnare anche questa ulteriore spinta di falsa riforma che il Governo e la maggioranza di centrosinistra oggi portano avanti. Il centrodestra si è dimostrato disponibile ad affrontare il tema in Commissione affari costituzionali e anche a sottoporlo all'esame dell'Assemblea, ma poi, di fronte ad un irrigidimento che oggi noi constatiamo nella maggioranza (per motivazioni non tecniche, ma chiaramente politiche, direi semplicemente, demagogiche e strumentali) credo che una diversa riflessione nelle forze di maggioranza che ancora hanno a cuore l'idea della riforma, le idee riformatrici, debba pure essere svolta. Quindi, vi invitiamo ad esaminare i nostri emendamenti con intelligenza e apertura, e a non votare semplicemente in base ad un richiamo da parte dei relatori, ma a ragionare in un'ottica serena e tranquilla che consideri le riforme e l'interesse della nazione. Mi rendo conto di chiedere molto al centrosinistra, ma ogni tanto sperare fa anche bene.

PRESIDENTE. Gli altri colleghi che avevano chiesto di parlare hanno comunicato alla Presidenza di rinunciare al loro intervento. Pertanto, nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 2 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito i relatori ad esprimere il parere della Commissione.

ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti Maroni 2.116 e Turco 2.117, sugli emendamenti Ronconi 2.106, Cirino Pomicino 2.101, Boscetto 2.113, 2.114 e 2.115, Licandro 2.105, Buontempo 2.107, Mascia 2.61, D'Alia 2.121. La Commissione invita altresì i presentatori al ritiro degli identici emendamenti Capezzone 2.111, D'Alia 2.120, Buemi 2.63 e Zeller 2.104 e degli identici emendamenti Benedetti Valentini 2.110 e Boscetto 2.112. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.250 (Nuova formulazione) mentre invita i presentatori al ritiro del subemendamento Boscetto 0.2.250.1.
La Commissione formula, inoltre, un invito al ritiro sull'emendamento D'Alia 2.122 e sugli identici emendamenti Zeller 2.102 e Benedetti Valentini 2.108. La Commissione invita, altresì i presentatori al ritiro degli emendamenti Zeller 2.103, Benedetti Valentini 2.109, Dato 2.65, Turco 2.118, Lenzi 2.100 e Turco 2.119.
Occorre poi fare tre precisazioni: ci sono alcuni emendamenti che, di fatto, intervenendo sulla distribuzione dei seggi, prefigurano un orientamento sulla legge elettorale. Come Commissione e quindi oggi, in quest'aula come relatori, abbiamo ritenuto che la riforma debba prescindere da un orientamento sulla legge elettorale, che invece fa parte di tutt'altro dibattito. La seconda questione riguarda il numero dei deputati: ci sono alcuni emendamenti che prevedono un'ulteriore riduzione del numero dei medesimi. Anzitutto facciamo presente che, al momento, in base al testo del provvedimento, si passerebbe da 945 deputati e senatori eletti a suffragio universale a soli 518 (500 deputati più 12 senatori e 6 deputati eletti all'estero). Ci sembra una riduzione molto corposa rispetto alla rappresentanza e per tale ragione i relatori ritengono di tener fermo il numero di cinquecento. L'ultima precisazione - e concludo - riguarda l'emendamento della collega Dato. I relatori hanno presentato un emendamento all'articolo 3 che va incontro all'esigenza di disciplinare una adeguata rappresentanza di genere all'interno delle Camere così modificate da questa proposta di riforma costituzionale.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Pag. 6Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 11,10.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,15.

PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione delle proposte emendative riferite all'articolo 2, sulle quali la Commissione e il Governo hanno testé espresso il parere. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Maroni 2.116 e Turco 2.117 formulato dai relatori.

ROBERTO COTA. No, signor Presidente, insisto per la votazione dell'emendamento Maroni 2.116.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori ritirano l'emendamento Turco 2.117.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,16).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, come lei sa, ieri il nostro gruppo, con l'intervento dell'onorevole Leone a inizio seduta, ha chiesto che il Governo venisse a riferire sugli episodi dei quali è stata protagonista la città di Roma, e in particolare sull'episodio di violenza verificatosi ai danni di una donna. Non voglio ripercorrere tutta la vicenda, anche per non dare l'impressione di volerla strumentalizzare.
Il Presidente della Camera si è fatto interprete personalmente di questa richiesta nei confronti del Governo e, concludendo la seduta di ieri, aveva assicurato che la questione sarebbe stata inserita, auspicabilmente, all'ordine del giorno della seduta odierna. Non solo, signor Presidente, non abbiamo ricevuto comunicazioni in merito, ma abbiamo, in qualche modo, notizie secondo le quali il Governo non ha alcuna intenzione di venire alla Camera a riferire.
Non si tratterebbe, quindi, tanto di un problema di orario, di giorno, di data o della volontà di evitare interferenze con le votazioni, bensì di una precisa volontà politica dei Ministri Amato e Chiti di non venire a riferire in questo ramo del Parlamento su un tema che si ritiene, evidentemente, non meritevole di dibattito da parte della Camera. Ciò al fine di evitare difficoltà politiche nonché un dibattito che potrebbe riservare delle sorprese tra i banchi della maggioranza.
Signor Presidente, queste ragioni e la volontà, per quanto non espressa (ma a noi risulta tale), da parte del Governo di non venire in Aula a riferire dopo un sollecito da parte del Presidente della Camera, per quanto ci riguarda, non sono accettabili.
Vorremmo, quindi, prima di procedere con le votazioni, che ci venisse ufficialmente comunicato che il Governo non intende aderire alla nostra richiesta (in tal caso, che si riunisca la Conferenza dei presidenti di gruppo per le valutazioni del caso: infatti, quando una richiesta viene fatta propria dal Presidente della Camera, evidentemente, assume un rilievo diverso); diversamente, vorremmo sapere quando il Governo intende riferire.
Ripetiamo: credo che questa comunicazione vada resa per l'importanza della materia in questione e anche per l'autorevolezza con la quale il Presidente della Camera si è fatto interprete della nostra richiesta.
Tra l'altro, in questa sede è presente un rappresentante del Governo e credo che debba offrire questo elemento di conoscenza, a questo punto, non solo a noi, ma a tutta la Camera (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

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PRESIDENTE. Ricordo che la questione è stata già sollevata poco fa dall'onorevole Leone e che la Presidenza ha già risposto facendo presente che ci sono stati contatti con il Governo affinché si svolga l'informativa. A noi non risulta che il Governo abbia l'intenzione che lei afferma, ossia di non volere venire in Aula a rendere questa informativa.
Al contrario, l'intenzione del Governo è favorevole e, come ho detto prima all'onorevole Leone, la Presidenza si augura di poter comunicare, entro la mattinata, l'orario nel quale questa informativa si potrà svolgere. Peraltro, come lei sa, l'informativa richiesta può essere iscritta all'ordine del giorno in qualunque momento.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, ogni settimana, come lei sa - certamente glielo potranno dire gli uffici - noi avanziamo la stessa richiesta fatta da Forza Italia in questi giorni: chiediamo, cioè, ormai dal mese di maggio, che il Ministro dell'interno renda un'informativa sullo stato della sicurezza nel nostro Paese.
Plaudo e mi associo volentieri, non pretendendo la primazia, alla solerzia da parte della Presidenza che considero straordinariamente importante, rendendomi conto che, poiché la richiesta è venuta dal gruppo di Forza Italia, l'attivazione della Presidenza è stata molto più veloce di quanto non sia avvenuto negli ultimi sei mesi.
Attendo, sia personalmente sia come rappresentante del mio gruppo, dopo sei mesi di richieste, che il beneamato Ministro dell'interno possa venire in Aula, a questo punto dopo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, a rendere la sua informativa che riguarda evidentemente l'emergenza di oggi ma, dal nostro punto di vista, la gestione della sicurezza negli ultimi 18 mesi nel nostro Paese.
Signor Presidente, nello stesso periodo abbiamo presentato analogamente una richiesta al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, forse a causa di un vizio di fratellanza tra i due Ministri, ha trovato tante ragioni per non riferire, dinanzi all'Assemblea di Montecitorio, le sue opinioni in ordine all'andamento dei conti pubblici che, come lei sa, signor Presidente, hanno registrato negli ultimi otto mesi dei «tesoretti» di circa 18, 20 miliardi e poi la scomparsa di tali «tesoretti» in occasione del disegno di legge finanziaria. Anche questo è un mistero che vorremmo scoprire da tempo e auspichiamo che venga disvelato ai nostri occhi in un prossimo e imminente futuro.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, mi associo alle richieste dei colleghi e devo ammettere di aver colto un certo imbarazzo da parte sua a dover inseguire una risposta che, evidentemente, dal Governo non arriva.
La Lega Nord da tempo sottolinea, attraverso gli strumenti di sindacato ispettivo e la sua azione politica in Commissione, una situazione di tipo emergenziale. Non vorremmo - e sottolineo tale punto - che vi fosse una certa resistenza a venire a riferire in Assemblea su questo importantissimo argomento a causa del dibattito sulla sicurezza che si sta svolgendo all'interno del centrosinistra.
Così facendo non si rende un buon servizio al Paese. E non vorremmo coinvolgere la Presidenza di questo ramo del Parlamento nella responsabilità di un Governo disattento rispetto a tali iniziative, visto e considerato che un autorevole esponente del Governo è qui presente. Non si tratta di un argomento di sua stretta competenza, però la cortesia istituzionale di farci avere una risposta su tale argomento, non solo attraverso la Presidenza, ma tramite un'iniziativa di tipo politico sarebbe comunque un bel modo per dire al Paese che non si svolgono solo dibattiti sui giornali con una politica «da annuncio» Pag. 8in ordine alla sicurezza, ma si investe il Parlamento della sua funzione primaria.
Pertanto, ci associamo alle richieste dei colleghi e pretendiamo, signor Presidente Leoni, di avere una risposta nella giornata di oggi proprio dal Ministro Amato, al quale chiediamo di fornirci indicazioni precise in ordine ad un dibattito che attende il Governo e non solo i partiti che rappresentano oggi l'opposizione.

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, anche il gruppo di Alleanza Nazionale sollecita un intervento da parte del Governo che fornisca un chiarimento, perché stiamo assistendo ad un andamento schizofrenico in ordine ai temi dell'immigrazione, dell'integrazione e della sicurezza. Si tratta di una situazione che ho avuto personalmente modo di denunciare ieri sera nella Commissione affari costituzionali della Camera. Il Governo, infatti, si è attivato e un decreto-legge in ordine alle espulsioni è in discussione al Senato. Tuttavia, ieri sera la Commissione affari costituzionali ha adottato il cosiddetto testo Amato-Ferrero come testo base in materia di immigrazione, non accettando la proposta che veniva dai gruppi di opposizione di una moratoria nella discussione. È vero che le questioni relative all'integrazione, all'immigrazione e alla sicurezza presentano aspetti diversi, ma è innegabile che siano connesse, integrate e da affrontare con un disegno coerente. Non si possono introdurre sponsor e «auto-sponsor» in materia di immigrazione alla Camera e poi presentare al Senato un decreto-legge mal fatto ma migliorabile - almeno così ci auguriamo - in ordine alle espulsioni anche dei cittadini comunitari privi di mezzi, ai sensi delle direttive europee.
Vi è, quindi, un'assoluta confusione nella politica del Governo cui si aggiungono le notizie delle ultime ore, dicktat, contrasti, Ministri della sinistra radicale e comunista che impongono revisioni ancora più permissive del decreto-legge. Tutto ciò avviene mentre in Italia vi sono ancora baraccopoli, reati e situazioni di grave tensione nelle aree metropolitane che richiedono prontezza di intervento, chiarezza di idee e coerenza complessiva di azione.
Non si può chiedere all'opposizione di fare la sua parte, di condividere delle iniziative attraverso la retorica sul fatto che la sicurezza non è né di destra, né di sinistra. Che cosa dovremmo condividere? Le dichiarazioni di Ferrero contro il decreto-legge, i propositi evanescenti di Amato, la legge Amato-Ferrero, che è molto peggio di qualsiasi sfumato decreto-legge di Amato? A cosa dovremmo unire i nostri consensi?
Vogliamo chiarezza e vogliamo che essa sia fatta anche nell'Aula di Montecitorio, con l'intervento del Ministro Amato volto a chiarire ciò che sta facendo e ciò che sta succedendo. Siccome si sta convertendo in legge un decreto-legge, sarebbe bene vedere se il provvedimento in vigore stia producendo effetti positivi; ma francamente, in giro per l'Italia non si vedono conseguenze positive.
Pertanto sollecitiamo, nelle prossime ore, il ritardato intervento del Ministro Amato, che già si sarebbe dovuto svolgere dopo quanto si è verificato a Roma e in tutta Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, concordo con la parte finale delle valutazioni del collega Gibelli. Penso che abbiamo il dovere, in quanto Parlamento, di ascoltare e di sapere direttamente dal Governo le notizie che leggiamo sui giornali, anche per avere possibilità di valutare e, ove necessario, di decidere.
Vorrei, tuttavia, rivolgere un invito a tutti i colleghi, con grande rispetto. Credo, infatti, di potermi associare alla richiesta Pag. 9del collega Leone e di tanti colleghi che chiedono che il Governo venga a riferire in Aula su una questione di così grande valore e che ha suscitato sicuramente tanta attenzione e preoccupazione nelle coscienze di tutti gli italiani.
Mi rivolgo al collega Leone e agli altri colleghi, senza entrare nel merito - come, a mio avviso, erroneamente ha fatto il collega Gasparri - poiché il Governo ha presentato un decreto-legge e nel corso dell'esame di tale provvedimento potremo discutere di questi argomenti, avendo anche la possibilità, attraverso gli strumenti parlamentari ordinari (come il question time), di toccare il tema della sicurezza. Tuttavia, sul fatto specifico, credo che, come gruppo de L'Ulivo, possiamo unirci alla richiesta formulata.
Contemporaneamente, vorrei chiedere a tutti i colleghi di preservare, anche rispetto ad un atteggiamento del Governo che mi pare sia sempre stato, nei confronti delle richieste dell'opposizione, tendenzialmente pronto a rispondere alle richieste avanzate (Commenti del deputato Elio Vito)... Direi abbastanza spesso, non voglio fare polemiche, onorevole Vito, e vorrei ricordarle cosa accadeva nella scorsa legislatura.
Vorrei, però, aggiungere che sappiamo con certezza che il Governo si sta organizzando, con i fisiologici tempi necessari per farlo, per venire in Aula a rispondere; ne è a conoscenza la Presidenza che ha consultato il Governo. Nelle prossime ore avremo sicuramente certezza del momento e dell'ora, oltre che del giorno, nel quale il Governo verrà a rispondere.
È un tema giustamente sollecitato dall'opposizione che noi raccogliamo, e credo che politicamente, visto che questo era il quesito posto dal collega Gibelli, possiamo dare la certezza che nelle prossime ore avremo la risposta del Governo.
Ovviamente, il Governo ha i suoi tempi e deve considerare gli impegni del Ministro (che sono ovviamente misurabili anche con quelli del Parlamento). Tuttavia, siccome la richiesta è stata avanzata ieri, credo che possiamo dare per acquisito che nelle prossime ore avremo la certezza della presenza del Governo in Aula per rispondere alle giuste richieste di informazione che arrivano anche da parte dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti.
La Presidenza ribadisce l'adesione alla richiesta così come espressa già nella giornata di ieri in Aula dal Presidente Bertinotti, e conferma che ci sono contatti in corso con il Governo per valutare non se, ma quando - l'orientamento della Presidenza è che ciò avvenga al più presto possibile - svolgere questa informativa. La Presidenza si riserva di comunicarlo al più presto all'Aula.

Si riprende la discussione (ore 11,28).

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Maroni 2.116 non è stato ritirato e, pertanto, il parere della Commissione e del Governo deve ritenersi contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questa riforma discutiamo anche del numero dei parlamentari, oltre che delle funzioni di Camera e Senato. In particolare, i lavori della Commissione sono stati improntati ad una discussione sulla riduzione del numero dei parlamentari, come più volte sollecitato dalla Lega Nord e anche da altri gruppi. Dico più volte sollecitato dalla Lega Nord perché noi non affermiamo soltanto adesso che il numero dei parlamentari deve essere ridotto: l'abbiamo anche scritto nella riforma approvata nella passata legislatura con la netta opposizione, preconcetta ed ideologica, della sinistra.
Si è arrivati ad un testo che prevede il numero di cinquecento deputati. Noi riteniamo che questo numero possa e debba essere ulteriormente ridotto con riferimento Pag. 10ai deputati, e ne spiego il motivo. Logicamente la composizione del Senato è, quanto al numero, la metà rispetto a quella della Camera: oggi vi sono trecentoquindici membri contro seicentotrenta. Poiché il Senato federale, con la composizione approvata in Commissione, risulterebbe costituito da circa duecento senatori, noi riteniamo che il necessario rispetto di questa proporzione debba portare a quattrocento il numero dei deputati.
Vi è anche un'altra argomentazione. Oggettivamente, quattrocento persone sono in grado di svolgere l'attività legislativa. Lo vediamo anche in altre Assemblee d'Europa e del mondo: quattrocento rappresenta sicuramente un numero equilibrato che consente la rappresentanza politica e consente anche ai parlamentari di approfondire i temi all'interno delle Commissioni. Per questo motivo abbiamo presentato questo emendamento e non lo ritiriamo poiché oggettivamente riteniamo che quattrocento sia il numero giusto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, io ritengo che il collega Cota abbia perfettamente ragione e quindi la sua proposta, che peraltro è sostenuta anche da altri colleghi, andrebbe approvata.
Vorrei ricordare, solo per la memoria storica, che ho presentato una proposta di legge per la riduzione del numero dei parlamentari nel 1975, stiamo quasi per arrivare al mezzo secolo. È chiaro che, dopo l'istituzione delle regioni, si poneva il problema.
Colgo l'occasione, visto che ieri il Presidente forse per distrazione non mi ha dato la parola - ma non ho l'abitudine di protestare contro le decisioni della Presidenza - per chiedere a tutti quanti noi e al presidente della Commissione - verso il quale, come lei sa, la mia stima è notevolissima - se questo sia il clima nel quale possiamo approvare una riforma di questo tipo. Vedere sfilacciati gli argomenti, con piccole questioni di carattere procedurale, facendo venir meno quello che dovrebbe essere un grande momento di tensione, quello della riforma della parte seconda della Costituzione, credo che non sia il modo migliore per affrontare questi temi.
Ritengo che non sarebbe male fare una riflessione da parte dei gruppi per chiedere - signor presidente Violante, mi rivolgo a lei - una sessione nella quale si possa discutere e completare il discorso sulla parte seconda della Costituzione. Vi sono anche cose pregevoli dette dai colleghi, che però vengono sfilacciate in un'atmosfera spenta.
Riformare la Costituzione richiederebbe una grande partecipazione. Mi permetto di dire anche al sottosegretario Naccarato, al quale va la mia solidarietà, che anche il Governo dovrebbe sentirsi in qualche maniera coinvolto. È vero che la questione riguarda il Parlamento. Tuttavia, vorrei ricordare - basta leggere gli atti parlamentari dell'Assemblea costituente - quale fu il livello della presenza e del significato degli interventi. Non mi pare che ci troviamo nelle condizioni migliori per poter approvare modifiche di questa parte della Costituzione. In ogni caso, mi rimetto ovviamente alle decisioni che il Comitato dei nove e coloro che hanno lavorato in questi mesi vorranno prendere.
Sul tema specifico penso che dovremmo avere il coraggio di ridurre il numero dei parlamentari e di portarlo ad una quota che sia più corrispondente anche alle esigenze di velocizzare l'attività parlamentare; come è noto, infatti, i grandi numeri creano plebiscitarismo, i numeri più ridotti, invece, creano veramente la rappresentatività (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, sarà bene aprire i lavori di questa mattina con la più assoluta chiarezza, evitando anche qualsiasi speculazione di tipo pubblicitarioPag. 11 o mediatico che sta diventando uno degli scopi principali dell'incrociar di ferri della nostra politica.
Siamo giunti all'esame dell'articolo 2 che, per un verso, prevede la riduzione del requisito dell'età per l'elettorato passivo a membro della Camera, portandolo a diciotto anni: su questo punto il gruppo di Alleanza Nazionale è d'accordo. Per quanto attiene al numero dei futuri deputati, ribadiamo che il gruppo di Alleanza Nazionale, non da oggi, è notoriamente favorevole alla sua diminuzione e, quindi, concorda sui cinquecento che sono stati ipotizzati nel testo base; del resto erano anche previsti dal testo della precedente riforma poi naufragata.
Quindi, ribadisco per la seconda volta, come ho fatto in Commissione, che siamo favorevoli a tale diminuzione e lo ripeto ancora: siamo favorevoli a tale diminuzione. L'ho detto tre volte così non si rischiano equivoci o speculazioni di sorta! Tuttavia, voglio sottolineare due «però» grossi come una casa; il primo è che mentre imponiamo a noi stessi, dando il giusto e doveroso esempio come collegio parlamentare della Camera, il dimagrimento dell'organico che passerà da oltre seicento membri a cinquecento (e non è uno scherzo!), ci aspettavamo, soprattutto per ciò che il Governo aveva affermato, che vi fosse a caduta un grande dimagrimento di tutti i livelli istituzionali e dei governi locali, ossia regioni, province, comuni ed enti vari.
Ebbene, in base alle ultime notizie, pare che questo famoso dimagrimento diventi una «curetta» da istituto di bellezza del fine settimana, con blandi ritocchi all'assetto e al peso degli organi, mentre i veri sfrondamenti non avrebbero luogo. Ciò ci induce a forti proteste e a gravi perplessità.
Illustro ora la seconda obiezione che attiene alla questione del presunto Senato, o del «simil Senato» che si vorrebbe varare, sul quale non siamo d'accordo. Se andrà avanti con l'articolo 3 la cancellazione del Senato repubblicano, ossia di un vero e proprio Senato, che non sarà neppure più meritevole di questo nome, in quanto vi saranno soltanto i delegati delle regioni e alcuni pochissimi delegati degli enti locali, passeremo dagli attuali quasi mille parlamentari veri e propri, a cinquecento parlamentari eletti dal popolo. Parlo, infatti, di quelli eletti dal popolo che sono parlamentari con la «P» maiuscola.
In un momento in cui i cittadini chiedono maggiore partecipazione al voto e coinvolgimento, stiamo dimezzando il numero dei parlamentari eletti dal popolo, creando, quindi, indubbi problemi di rappresentanza delle categorie e, naturalmente, dei territori, perché parliamo di territori rappresentati con il voto diretto dei cittadini, non già dei delegati di secondo o addirittura di terzo grado, come si ipotizza all'articolo 3 con il cosiddetto Senato delle regioni e delle autonomie.
Questa è una ragione di oggettiva perplessità che, nella necessità di dover sintetizzare al massimo in questa fase dei lavori i nostri punti di vista, ci induce a votare a favore di tutte le proposte che si attestano sui famosi cinquecento membri della Camera dei deputati (oltre a quelli eletti all'estero), perché questo è il senso del dimagrimento dell'organico che abbiamo condiviso e per il quale abbiamo lavorato. Siamo tendenzialmente orientati ad astenerci su altre proposte che prevedano numeri diversi, anche se più ridotti, perché per un verso potrebbe essere una scelta condivisibile, ma dall'altro farebbe saltare il sistema di democrazia rappresentativa rendendolo incongruo.
Credo di essere stato abbastanza chiaro. Siamo, quindi, attestati sulla diminuzione a cinquecento parlamentari, prestando attenzione alla sorte del «compianto» Senato della Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per dire che il gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra Europea voterà contro l'emendamento Maroni 2.116 e le ragioni sono molto semplici, ma anche molto importanti. Penso che nella Pag. 12discussione sui costi della politica si stia facendo un po' di confusione nel Paese, in quanto si confondono i costi della politica con quelli della democrazia e della rappresentanza.
La riduzione dei deputati e dei senatori, a nostro avviso, attiene, innanzitutto, all'efficacia della politica che è composta da diversi elementi. Pensiamo che anche i numeri contribuiscano all'esigenza di rappresentare adeguatamente la società, come avviene in ogni Paese europeo. Da sempre siamo a favore di una riduzione del numero dei parlamentari, purché sia compatibile esattamente con il concetto di rappresentanza, di efficacia e di autorevolezza del Parlamento. Siamo favorevoli che il Parlamento abbia più poteri, più capacità di rappresentare la società e, quindi, più credibilità e autorevolezza e tale aspetto è anche legato ai numeri.
Stiamo discutendo una riforma volta a ristrutturare completamente l'impianto del nostro Parlamento, per cui solo una Camera darebbe la fiducia, ovvero la Camera politica. Quindi, la riduzione a cinquecento deputati è assolutamente significativa, ma compatibile con l'esigenza democratica di rappresentanza e credo che qualunque altra riduzione intaccherebbe questo principio. In ordine al Senato, fermo restando le diverse competenze e il diverso ruolo che andrebbe ad assumere, si prevede una riduzione del numero dei senatori a circa centottanta membri.
Evidentemente questi sono i numeri giusti, anche guardando alle altre esperienze europee, al di sotto dei quali non si può scendere se si vuole essere credibili e se si vuol sostenere che l'Assemblea dovrebbe tendere a rappresentare la società, a garantire la sua autorevolezza e l'efficacia dei suoi lavori e, dunque, a svolgere quel ruolo che vorremmo venisse ampliato e amplificato rispetto a quello, oggi, esistente nelle relazioni tra il Parlamento e il Governo, tra i Governi e gli altri enti a livello europeo ed internazionale. Dunque, il gruppo di Rifondazione Comunista voterà contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che verificheremo nella prossima votazione una convergenza amplissima - forse anche unanime, mi auguro - in ordine alla riduzione del numero dei membri di questo ramo del Parlamento a cinquecento, più i deputati eletti nella circoscrizione estero che, comunque, la Commissione propone di ridurre alla Camera e di aumentare al Senato, mantenendo il numero complessivo degli eletti nella circoscrizione Estero a diciotto (sei alla Camera e dodici al Senato), come verificheremo tra qualche votazione.
L'orientamento, su cui vi è una larghissima convergenza in Commissione e in sede di Comitato dei nove - e credo che lo verificheremo in modo sereno ed equilibrato anche nel voto sull'emendamento della Commissione 2.250 -, è quello di una riduzione del numero dei parlamentari attorno alla proposta di cinquecento membri, più gli eletti all'estero.
Solo per questo motivo - non ne contesto ovviamente la legittimità, in quanto ognuno presenta le proposte che ritiene - i deputati del gruppo dei Verdi (ma mi auguro tutti i deputati dell'Unione e anche degli altri gruppi) non condividono la proposta emendativa in esame e, quindi, se non verrà accettato l'invito al ritiro, voteranno contro l'emendamento Maroni 2.116.
Dobbiamo porci un problema serio, che il collega Benedetti Valentini, in un'altra ottica, ha già posto: quello di una riduzione della rappresentanza politica in questo ramo del Parlamento, che non deve essere tale da rendere più difficile il rapporto fra gli eletti in quella che sarà la Camera politica, che avrà, oltre al potere di accordare o revocare la fiducia al Governo, anche altri poteri che analizzeremo negli articoli successivi, in particolare all'articolo 7.
È necessario, pertanto, non ridurre eccessivamente la rappresentanza politica in questo ramo del Parlamento: da una parte, Pag. 13infatti, vi è un'esigenza di maggiore funzionalità e tempestività dei lavori, di maggiore capacità di decisione (con una cultura di Governo, sia che si appartenga al Governo, sia che si stia pro tempore all'opposizione); dall'altra parte, però, vi è anche un problema di equilibrata rappresentanza nei confronti della popolazione, con la necessità che vi sia un equilibrato rapporto fra ciascun deputato e la quantità di cittadini che essi sono chiamati a rappresentare in questo ramo del Parlamento.
Preannunzio, pertanto, un voto contrario non solo sull'emendamento Maroni 2.116 - qualora esso non venga ritirato, cosa che speriamo avvenga -, ma anche sugli emendamenti successivi che ipotizzano altri numeri: mi riferisco, ad esempio, all'emendamento Ronconi 2.106, che eleva il numero del divisore, rispetto a quanto ipotizzato dalla Commissione, a cinquecentocinquanta, all'emendamento Cirino Pomicino 2.101, che lo eleva a cinquecentododici, ma non stabilisce in Costituzione il numero degli eletti all'estero (cosa che, invece, è tassativamente prescritta dal vigente articolo 48 della Costituzione, il quale prevede che sia la Costituzione a determinarne il numero). Preannunzio il nostro voto contrario anche sui successivi emendamenti Boscetto 2.113, 2.114, 2.115, che fissano il divisore, rispettivamente, a trecento, a trecentocinquanta e a trecentosettanta, a mio parere contraddicendo interventi svolti in Commissione dal collega Boscetto e da me condivisi, che ammonivano a non ridurre eccessivamente la rappresentanza politica in questo ramo del Parlamento.
Il tema su quale sia la configurazione dell'altro ramo del Parlamento - nella logica del superamento del bicameralismo perfetto e paritario, di una differenziazione del ruolo delle due Camere e dell'istituzione di un vero e proprio Senato federale della Repubblica, in rappresentanza dei territori e di tutto il sistema delle autonomie - è già stato introdotto in questa discussione poco fa: ritengo, però, che sia più prudente ed opportuno affrontarlo quando passeremo all'esame dell'articolo 3 del testo unificato delle proposte di legge in discussione, allorché ciascun deputato che lo ritenga opportuno potrà illustrare ampiamente la positiva configurazione del Senato (che si denominerà successivamente «federale»), in una logica di differenziazione del ruolo delle due Camere. Si tratterà di una grande conquista di civiltà giuridica e del sistema politico costituzionale. Sul punto, ripeto, preannunzio il voto contrario sull'emendamento Maroni 2.116, qualora lo stesso non sia ritirato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, l'onorevole Gerardo Bianco, parlando dai banchi della maggioranza, ha appena svolto alcune riflessioni importanti sulla natura di questo dibattito e sul clima in cui esso si svolge. Non so se l'onorevole Bianco sia rappresentativo della maggioranza alla quale appartiene, quando afferma che una riforma costituzionale non può essere discussa così «sciattamente» come sta avvenendo in questo momento: se capisco bene, egli interpreta questa «sciatteria» come la manifestazione del fatto che nessuno crede che quella in discussione sia una riforma costituzionale. Stiamo svolgendo, cioè, un'operazione di «semipropaganda»: mi sorprende che la Commissione affari costituzionali - e quindi l'onorevole Violante, che è uomo che conosce il fondo delle questioni istituzionali del Paese - si presti a un'operazione che non conduce da nessuna parte.
Nel 2001 si è riformato il Titolo V della Costituzione e ciò aveva un senso. Qui si fa una riforma che si coglie «fior da fiore», ossia, se su un punto vi è la disponibilità di un gruppo dell'opposizione, si va in quella direzione, se su un altro punto vi è la disponibilità di un altro gruppo, si va in quell'altra direzione.
Onorevoli colleghi, presidente Violante, vi sembra questo un modo serio con cui l'Italia possa affrontare il problema della Pag. 14sua Carta costituzionale? Per quanto riguarda il numero dei parlamentari (600, 500, 512, 424), come ha giustamente affermato l'onorevole Boato, i costituenti fissavano un rapporto tra il numero dei parlamentari e la popolazione del Paese, non un numero che potesse andar bene alle «chiacchiere» dei giornali. Essi ritenevano che vi fosse un rapporto di rappresentanza tra il numero degli elettori e il numero dei parlamentari. Tutto ciò viene ora trattato in questa maniera!
Noi ci asterremo su queste e anche su molte altre proposte. Voteremo contro tutta questa burla. Onorevoli colleghi, consentiteci di dirlo con chiarezza: siamo di fronte a una perdita di tempo per il Parlamento italiano! I problemi del Paese sono altri e ben diversi e non possiamo affrontarli con questo «mezzo manifesto», che non è neanche un manifesto di nobili intenzioni, ma il manifesto dell'«impotenza parolaia», in cui la classe politica del nostro Paese sembra essere piombata e non sapersi districare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori e di deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, colleghi deputati, a differenza di qualche oratore che mi ha preceduto, pur essendo il partito dei Comunisti Italiani contrario all'impostazione di fondo di questa riforma costituzionale, non mi sogno di affermare e di pensare che la stessa sia risibile.
Si tratta di uno sforzo comunque fatto - i cui risultati nel complesso non condividiamo - per aggiornare la seconda parte della nostra Carta costituzionale. Nel corso del dibattito emergeranno gradualmente gli elementi di contrarietà nel merito che intendiamo manifestare, ma, poiché adesso stiamo esaminando un emendamento in particolare, preannunzio il voto contrario del gruppo dei Comunisti italiani sullo stesso, poiché abbiano presentato un emendamento volto a ridurre a cinquecentocinquanta il numero dei deputati di quella che, nel progetto di riforma costituzionale, dovrebbe essere la Camera «alta» o Camera politica.
L'emendamento non può essere considerato avulso e separato dal resto della riforma. Noi ci interroghiamo sul fatto che, se la riforma andasse in porto e se questo emendamento fosse approvato, ci ritroveremmo una Camera «alta», alla quale è conferito il potere legislativo e che rappresenterebbe l'unica Camera eletta a suffragio universale diretto, ridotta di un terzo dei suoi attuali componenti, a fronte di un'altra Camera, che, nel progetto di riforma, verrebbe eletta non con suffragio diretto, ma in modo indiretto dai consigli regionali, che, invece, vedrebbe aumentare proporzionalmente il proprio peso, anche numerico, rispetto alla prima.
Dunque, in relazione al restituire la sovranità ai cittadini, come si concilia il fatto che il ripristino della preferenza diretta sia oggetto della riforma della legge elettorale (di cui sentiamo in qualche maniera vagheggiare) con il «depauperamento» dell'unica Camera eletta a suffragio universale diretto?
Mi pare che vi sia una contraddizione evidente tra il progetto di riforma costituzionale e il progetto di riforma della legge elettorale. La nostra proposta emendativa, che noi sosterremo, della quale parleremo successivamente, prevede anche una riduzione a cinquecentocinquanta del numero dei deputati, in un sistema che, secondo una nostra proposta di legge, che si accompagna al testo che oggi stiamo valutando, prevede la riconduzione a un sistema monocamerale puro, in linea, del resto, con la proposta originariamente avanzata in sede di Assemblea costituente dalla sinistra dello schieramento politico.
Vorrei ricordare soltanto che, in quell'occasione, i liberali proposero di fare della seconda Camera una Camera delle arti, dei mestieri e delle professioni, ossia una sorta di Camera delle corporazioni. Quel progetto ci vide allora storicamente contrari, ma non riusciamo ora a intravedere dove sarebbe la grande novità nell'introduzionePag. 15 di una seconda Camera, che viene definita Senato, nonostante l'elemento della senectus venga completamente meno, e federale, in una Repubblica che - vorrei ricordarlo - non è federale, ma democratica e fondata sul lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, quello in esame, apparentemente, potrebbe sembrare un argomento di facile pubblicità elettorale: la riduzione «un tanto al chilo» dei parlamentari. Si tratta invece di una questione di grande rilevanza costituzionale, perché quando in Commissione si è deciso di stabilire il tetto di cinquecento deputati, non si è compiuta un'operazione di chirurgia estetica per assecondare in qualche modo gli umori della piazza, ma si è svolto un ragionamento costituzionalmente molto serio: alla riduzione dei parlamentari si accompagna l'introduzione di una seconda Camera territoriale (che vedremo come denomineremo al termine del dibattito e dei voti che ne seguiranno).
L'introduzione di una Camera territoriale e, quindi, l'avere superato il modello del bicameralismo perfetto ci ha consentito di immaginare un ruolo, una formazione e delle competenze diverse per la Camera dei deputati. Il numero di cinquecento non nasce casualmente, ma da una comparazione con i numeri delle altre Camere parlamentari dei grandi Paesi democratici europei ed occidentali. Si immagina che il numero di cinquecento possa essere sufficientemente ampio sia per consentire la rappresentanza politica nel Paese nel migliore dei modi possibili, sia per consentire un'organizzazione dei lavori parlamentari adeguata e razionale. Un numero congruo rispetto alle esigenze serie, a mio modo di vedere, di mantenere i costi della politica entro un limite di razionalità; conseguentemente, partendo dal presupposto che, quando si parla di costi della politica e si fa riferimento al numero dei parlamentari, la definizione più appropriata sarebbe quella di «costi della democrazia».
Vi sono soglie al di sotto delle quali non è possibile andare, perché il costo della democrazia non si misura con il metro dei ragionieri, ma con quello dei valori della democrazia.
Il numero di cinquecento, lo ripeto, è corretto: quello di quattrocento sarebbe un numero che, in qualche modo, inclinerebbe alle proteste che sono emerse nel corso delle ultime settimane, in ripetute occasioni. Si tratta soprattutto di un numero che va accompagnato all'operazione di profonda e radicale modifica del Senato della Repubblica, che fa sì che i senatori, da trecentoquindici, passino a zero: il Senato che si è immaginato viene nominato in secondo grado, in secondo livello.
Tutti gli esposti ragionamenti non sono stati frutto di una sorta di «macelleria parlamentare», che ha indotto coloro i quali si trovavano in Commissione affari costituzionali ad una riduzione «con l'accetta» dei parlamentari, per assecondare, lo ripeto, gli umori della piazza, ma risponde ad un preciso ragionamento di razionalità costituzionale: si prevede una Camera politica, che esprime il voto di fiducia, e una Camera di rappresentanza territoriale, che svolge importanti funzioni legislative relativamente alle materie che interessano la dimensione federale dello Stato.
Giova anche sottolineare un aspetto ulteriore - di cui parleremo quando esamineremo l'argomento, cioè quando affronteremo il voto sull'articolo 1 - che mi permette di rispondere al collega Vacca: quando si fa riferimento al Senato federale ci si riferisce alle caratteristiche di quell'organo costituzionale, non all'organizzazione dello Stato in quanto tale.
Il nostro è un processo di federalizzazione lento, che è però costante e vuole essere razionale. La riforma del Titolo V della Costituzione aveva aperto spazi importanti verso la federalizzazione del Paese. Per completare tale disegno di razionalizzazione in senso federale mancava la Camera di rappresentanza territoriale. Pag. 16Con la riforma in esame si raggiunge, a mio parere, questo importante risultato, e il numero di cinquecento deputati è coerente con tale disegno riformatore (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, il mio intervento si riferisce alla proposta emendativa presentata dai colleghi della Lega, ma ritengo possa risultare valido anche per altre questioni.
Siamo contrari ovviamente alla proposta di riduzione a quattrocento del numero dei deputati per le ragioni che in parte sono state già illustrate dal collega Bressa, ma ne vorrei sottolineare anche delle altre.
Nessuno di noi in Commissione e meno che mai nel Comitato dei nove ha dato «i numeri». Il numero di cinquecento nasce dal rapporto tra popolazione, cittadini e loro rappresentanti ed è calibrato anche in ragione del fatto - come ricordava il collega Bressa - che il Senato federale, se verrà mantenuto nella sua composizione ad elezione indiretta, sarà ridotto nel numero dei componenti e non presenterà più senatori eletti direttamente dal popolo.
La riduzione complessiva del numero dei parlamentari se dovessimo fare un discorso ragionieristico è quindi di oltre quattrocento unità. Il numero di cinquecento - lo ripeto - è calibrato sul rapporto e sulla rappresentanza del numero dei cittadini ed anche in ragione della natura non più elettiva del Senato, del superamento del bicameralismo perfetto, della sostanziale differenziazione di funzioni, dell'attribuzione - se rimarrà questa impostazione, come noi ci auguriamo tanto che vorremmo fosse in qualche modo migliorata - del rapporto fiduciario con l'Esecutivo alla sola Camera dei deputati la quale, inoltre, eserciterà il potere legislativo in via ordinaria, regolare e principale; sarà anche modificato il sistema di esame dei disegni di legge con la possibilità di prevedere una corsia preferenziale costituzionale per l'iniziativa governativa. Cambierà, quindi, tutto il sistema. In ragione di tutto ciò la funzione del deputato, del parlamentare cambierà e si connoterà, dal nostro punto di vista, di contenuti più corretti ed aderenti alle esigenze e ai bisogni della nostra comunità.
Questo deve essere il contesto nel quale ci muoviamo, altrimenti anche noi ci saremmo iscritti alla rassegna degli emendamenti dei cento o duecento deputati. Perché, allora, quattrocento e non trecentocinquanta o trecento deputati? Non è questo il senso del nostro ragionamento.
La sostanza della riforma risiede sia nella riduzione dei trecentoquindici senatori e dei seicentotrenta deputati a cinquecento parlamentari eletti direttamente dal popolo, sia nella differenziazione di funzioni tra le due Camere.
Alla luce di ciò è evidente che dobbiamo garantire comunque la rappresentanza non tanto dei territori, perché questa attiene al Senato federale ovvero alla Camera degli enti territoriali (chiamiamola così) quanto quella della funzione politica svolta dal parlamentare, in senso lato ed improprio, rispetto al numero cittadini. Tale rappresentanza deve essere garantita prevedendo un numero di parlamentari che non può essere né troppo ampio perché farebbe perdere il rapporto con l'elettore, né troppo ristretto perché altrimenti potrebbe violare il principio del divieto del mandato imperativo consacrato in Costituzione, che ovviamente influenza il numero dei parlamentari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12).

GIANPIERO D'ALIA. Queste sono le ragioni per la quali con molta serenità e senza essere condizionati da questa o quella piazza siamo giunti a questa conclusione.
Ritengo, inoltre, che se dovessimo andare avanti con questa stessa serenità questo problema forse lo affronteremo e lo risolveremo in maniera più che decente.

Pag. 17

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, la posizione di Forza Italia su questo problema troverà espressione anche in alcuni emendamenti successivi. Mi pare tuttavia che sia questo il momento opportuno per illustrare quella che è la nostra logica di fondo e per divulgare ai colleghi i passaggi avvenuti in Commissione.
Certamente Forza Italia ha sempre indicato in cinquecento il numero dei deputati, con una riduzione di centotrenta deputati rispetto all'esistente. Non abbiamo mai presentato in I Commissione, e neppure in Assemblea, emendamenti diretti ad aumentare questo numero di cinquecento. Per l'esame in Assemblea - per le ragioni che esporrò - abbiamo presentato emendamenti diretti ad abbassare il numero di cinquecento.
Il problema di fondo, che occorre far conoscere anche al di fuori da questa Aula, è cosa è successo per quanto riguarda il Senato. Dobbiamo partire da una logica di rappresentanza. È vero, non possiamo pensare che il numero dei deputati e dei senatori debba avere una dipendenza in termini di costi della politica, bensì in termini di costi della democrazia. Dobbiamo far capire alla gente che la democrazia ha bisogno di eletti dal popolo e il numero di questi eletti deve essere tale da garantire quella rappresentatività che nel proprio «io» ciascun cittadino vuole. Credo che i cittadini comprendano come una esagerata diminuzione dei parlamentari finisca per ledere i loro diritti in termini di aspettative serie di ciò che può venire dalla politica attraverso l'impegno dei cittadini stessi nei confronti dei parlamentari.
La discussione su tale argomento non è semplice, perché nel momento in cui si ritiene - come noi riteniamo, secondo la nostra posizione di fondo - che cinquecento sia un numero adeguato e che il «taglio» di centotrenta deputati sia un sacrificio per la democrazia ma rappresenti anche qualcosa di positivo per la operatività parlamentare, bisogna anche porsi il problema ulteriore se, esistendo oggi seicentotrenta deputati e trecentoquindici senatori eletti a suffragio universale e diretto, la riforma del Senato, sia in termini di composizione sia in termini di modalità di elezione, da noi fortissimamente avversate, determinerà un numero di soli cinquecento rappresentanti del popolo eletti a suffragio universale e diretto. Ciò significherebbe che comunque si sono fatte prevalere logiche di migliore operatività (forse) del Parlamento, ma non certo attraverso quel tipo di Senato federale, eletto in seconda e addirittura in terza battuta (i senatori vengono eletti o dai consiglieri regionali o dai rappresentanti delle autonomie).
A questo punto si giustificano anche delle proposte emendative - come quelle che successivamente illustrerò - con le quali si chiede un numero di deputati doppio rispetto a quello dei senatori, come avviene nel regime attualmente esistente, ma con una diminuzione estremamente sensibile: secondo la riforma in esame i senatori sono centottantacinque, il nostro gruppo ha indicato un numero di deputati pari a trecentosettanta.
Vedete quali e quante sono le implicazioni di questa situazione, e il perché di una serie di opinioni diverse in merito ai numeri: da quattrocento a cinquecentoquindici o a cinquecentocinquanta, o ai numeri molto più bassi rappresentati dal nostro gruppo (trecento e trecentosettanta, dati intermedi ed ulteriori).
In questa Assemblea deve fervere il dibattito sui costi della democrazia e sull'attività parlamentare di reale concretezza e di reale utilità per i cittadini.
Poniamoci anche il problema dei nostri regolamenti. Non è più possibile che non esista l'obbligo per i deputati di partecipare ai lavori in Commissione. Le Commissioni, lo sottolineo, sono luoghi dove si costruiscono le leggi e la partecipazione dei parlamentari a tali organi deve essere in qualche modo - non voglio dire imposta ma - seriamente proposta.

Pag. 18

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO RONCONI. Mi pare di capire che vi sia una diffusa consapevolezza in quest'Assemblea sulla necessità della riduzione del numero dei parlamentari. Tuttavia, personalmente ho qualche difficoltà a comprendere per quale motivo il numero di cinquecento d'incanto sia diventato un numero magico. In realtà stiamo dibattendo sul numero dei parlamentari senza ancora aver definito i ruoli e le competenze della Camera e del Senato. Per quanto riguarda il Senato, non sappiamo neppure se si chiamerà Senato o in altro modo. D'altra parte, stabilendo un numero di deputati pari a cinquecento vi è il rischio reale - su questo sono d'accordo con l'onorevole La Malfa - che salti completamente il rapporto tra eletto ed elettore, rendendo l'eletto - questa volta sì! - davvero irraggiungibile.
Volevo anche sottolineare che l'onorevole Bressa ha dimenticato di evidenziare il fatto che in altri Paesi il numero dei deputati è notevolmente superiore a cinquecento.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Ronconi.

MAURIZIO RONCONI. In Francia sono cinquecentosettantasette, in Germania oggi sono seicentotredici e comunque non saranno mai inferiori a cinquecentonovantotto e in Spagna, dove il numero dei deputati è inferiore a quattrocento, ci troviamo di fronte ad un Senato notevolmente più popolato rispetto a quello che vorremmo proporre.
Dunque continuo a mantenere grandi e forti perplessità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bruno. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO. Signor Presidente, chi ha parlato per il gruppo di Forza Italia?

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, per Forza Italia è intervenuto l'onorevole Boscetto.

DONATO BRUNO. Signor Presidente, mi scuso: parlerò, dunque, a titolo personale.
Credo che le osservazioni esposte dai colleghi La Malfa e Bianco debbano essere in qualche modo tenute in considerazione dall'Assemblea. In effetti il clima e il momento in cui si affronta la riforma della parte seconda della Costituzione è il meno adatto: lo abbiamo detto più volte nei nostri interventi sia in Commissione sia in sede di discussione sulle linee generali.
Volevo esporre due sole considerazioni circa il numero, argomento che pure non mi appassiona più di tanto. Noi avevamo stabilito nella scorsa legislatura il numero di cinquecento, proprio per dare risposte alle richieste della cittadinanza. Mi pare che ciò venga confortato anche dall'analisi effettuata dalla maggioranza odierna.
Non condivido, invece, il numero dei senatori: argomento che affronteremo dopo. Abbiamo avanzato delle proposte che recepiscono in qualche modo un dato di fatto: se la Camera dei deputati ha un numero di membri pari a cinquecento, riteniamo che al Senato non vi possa essere una rappresentanza inferiore a duecentocinquanta.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Bruno.

DONATO BRUNO. Qualora invece si optasse per centottantacinque come numero dei senatori, non può essere stabilito un numero di deputati superiore a trecentosettanta. Per quale motivo? Perché l'altra parte della Costituzione, che in questo momento non viene discussa e affrontata, enuncia anche quali sono le proporzioni - a meno che non si voglia modificarle - per l'elezione dei giudici della Corte costituzionale e dei componenti del CSM. In questo caso c'è una differenza enorme tra i rappresentanti della Camera dei deputati e i rappresentanti Pag. 19del Senato: credo, dunque, che tale aspetto non secondario debba essere tenuto in debito conto nel momento in cui si affrontano e si votano gli emendamenti al nostro esame.
Pertanto sarebbe giusto e opportuno che ci chiarissimo o quanto meno che i relatori e il presidente della Commissione in seguito ci chiarissero come intendono eventualmente procedere in riferimento alla composizione della Camera e del Senato, all'elezione del Presidente della Repubblica, all'elezione dei giudici costituzionali e all'elezione dei componenti del CSM.

PRESIDENTE. Segnalo che assiste ai nostri lavori una classe del liceo scientifico Emilio Segrè di Marano di Napoli. La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maroni 2.116, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 307
Astenuti 145
Maggioranza 154
Hanno votato
62
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che i deputati Borghesi e Santori hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Borghesi avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto, altresì, che è stato segnalato che i deputati del gruppo dell'UDC hanno erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il presidente Bruno ha posto una questione rilevante in ordine all'elezione dei componenti della Corte costituzionale e del CSM. Volevo informare il presidente Bruno e i colleghi che sono stati presentati emendamenti da parte dei relatori che differenziano l'elezione dei componenti della Corte costituzionale e del CSM, in relazione alle funzioni del Senato e a quelle della Camera. Naturalmente, aspettiamo subemendamenti - so che alcuni gruppi li hanno già annunciati - per verificare tale questione. Il problema che, giustamente, ha posto il collega Bruno, quindi, è stato affrontato dai relatori.
Desidero, inoltre, esprimere una parola, se mi permette signor Presidente, sul clima cui hanno accennato il presidente Bianco ed altri colleghi. Ricordo che da trenta anni si parla di riforme costituzionali, si è partiti con grandi climi unanimistici e, poi, non si è concluso assolutamente nulla. Ritengo opportuno riflettere, passo dopo passo, su ciò che riusciamo a costruire, nelle condizioni date, tenendo presente che la finalità che la Commissione si è posta è costruire un sistema che restituisca al Paese la capacità di decidere con la rapidità che lo renda competitivo con gli altri Paesi con i quali deve appunto competere: Francia Spagna e Germania sono molto più rapidi di noi, perché hanno sistemi costituzionali che favoriscono la decisione politica senza sacrificare rappresentanza e democrazia. Questa è la finalità che ci siamo posti.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Ronconi 2.106. Chiedo all'onorevole Ronconi se acceda all'invito al ritiro formulato dai relatori.

MAURIZIO RONCONI. No, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

Pag. 20

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, con riferimento a quanto mi sono permesso di affermare sul precedente emendamento, a nome del mio gruppo, voglio anzitutto dare atto lealmente al collega Ronconi di aver affrontato in maniera antidemagogica l'argomento, fornendo dati sui quali tutta l'Assemblea dovrebbe, forse, intrattenere qualche riflessione. Voglio fare due affermazioni: la prima è indirizzata al rappresentante del Governo, che sta conversando: in precedenza, ho rivolto un attacco preciso al Governo: mentre in questa sede siamo chiamati a dare l'esempio, a diminuire, a «dimagrire» l'organico della Camera dei deputati, il Governo si sta rimangiando - sono notizie di queste ore che tutti gli italiani hanno ascoltato - tutte le ipotesi di «dimagrimento» della spesa pubblica da costi delle strutture e degli apparati di tutti livelli di Governo e sottogoverno, che erano stati strombazzati lata voce, sia nella legge finanziaria sia in altri provvedimenti. Il Governo si sta rimangiando tutto ciò. Allora, io eccito il Governo esplicitamente a non assistere in maniera sfingea a questo dibattito, a prendere la parola e a dirci cosa ha intenzione di fare, nel momento in cui il Parlamento sta cercando di «dimagrire» il proprio peso e la propria consistenza.
Passo al secondo argomento che, invece, si riallaccia a quanto hanno affermato anche i colleghi. Ho ribadito che il discorso dei cinquecento deputati ha una sua logica e, se permettete, non cerchiamo di vestirla con molte considerazioni sul rapporto con la popolazione. Si tratta di una cifra tonda - parliamoci chiaro - e corrisponde una forma di estetica riformatrice: da oltre seicento stiamo passando, con «l'accetta», a cinquecento. Ciò determina, inoltre, problemi di rappresentanza del territorio, perché voglio poi vedere il cittadino della «Pergola di Sotto» che, oggi, giustamente ci incoraggia far ciò che vogliamo fare, a diminuire il numero complessivo dei parlamentari, quando avrà lontanissimo e, addirittura, sconosciuto il rappresentante parlamentare, se sarà dello stesso avviso o se ci farà qualche rimprovero a margine.
Voglio concludere dicendo che il numero di cinquecento ha il suo pendant, in una riforma organica: noi siamo a favore di due Camere vere e proprie, depositarie della sovranità popolare, delle quali una riduce il numero dei propri componenti a cinquecento e l'altra a duecentocinquanta. Tutto ciò ha una logica di rappresentanza delle idee, degli interessi legittimi e dei territori, ma nel momento in cui si elimina una Camera (che non è rappresentativa di alcunché, se non composta di delegati e di enti che hanno già il loro tipo di sovranità), è evidente che i problemi numerici acquistano anche una dimensione di partecipazione democratica. Pertanto, invito il Parlamento ad uno sforzo di coerenza da questo punto di vista e sollecito il Governo a pronunciarsi su un argomento che ritengo stia molto a cuore ai cittadini, più ancora che a noi stessi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, anzitutto avevo chiesto la parola per segnalare che, durante la prima votazione, la mia tessera non ha funzionato; poiché avevo annunziato un voto di astensione, pregherei che ciò fosse messo agli atti. Colgo inoltre l'occasione per rispondere brevemente all'onorevole Violante, il cui intervento meriterà un commento più approfondito in qualche altro momento del nostro dibattito. Onorevole Violante, il criterio in base al quale si riforma una Costituzione, si abolisce il Senato e lo si sostituisce con la nomina indiretta di rappresentanti dei comuni e delle regioni, non può essere quello della velocità - non siamo futuristi, onorevole Violante - ma dev'essere il criterio delle fondamenta del nostro sistema democratico. Ho paura che voi attenterete alle fondamenta del nostro sistema democratico perché siete travolti dall'idea di un'efficienza che non riuscirete a realizzare.

Pag. 21

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bruno. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO. Signor Presidente, desidero ringraziare il presidente Violante per la cortesia e anche per il chiarimento che ha fornito all'Assemblea. Tuttavia, ho posto la questione del numero dei deputati e dei senatori proprio perché sono preoccupato che una differenza, una forbice così notevole - cinquecento deputati e centottantacinque senatori - possa in qualche modo inficiare la valenza e la portata dei senatori sull'elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti del CSM.
Il presidente Violante ha risposto in merito all'eventuale elezione dei componenti della Corte costituzionale: ne avevamo discusso in Commissione e mi sembra che la strada possa essere quella già tracciata da tutti i gruppi o dalla stragrande maggioranza di essi; essa consiste nel lasciare al Senato la nomina di un numero (che poi stabiliremo) di rappresentanti e di giudici della Corte costituzionale, mentre la Camera si occuperà del resto. Rimane, tuttavia, il problema della nomina del Presidente della Repubblica e dei componenti del CSM. Non vorrei che, con un numero di 185 senatori e di 500 deputati (laddove così rimanesse stabilito e determinato nel prosieguo dei nostri lavori), in base alle eventuali proporzioni di tre quinti e quattro quinti, avremmo un Senato completamente non rappresentativo in un momento di scelta importante per la vita istituzionale del Paese come quello, appunto, della nomina del Presidente della Repubblica e dei componenti del CSM.
Per questo motivo avevamo insistito (e insistiamo anche in questa sede) nel configurare o un numero di deputati inferiore, oppure, se vogliamo lasciare il numero di 500 - e credo che ciò sia abbastanza in sintonia con la stragrande maggioranza dei componenti dell'Assemblea - probabilmente dovremo riconsiderare il numero dei senatori, ovvero capire con quale criterio (ma lo sapremo subito, eventualmente) si intende procedere, e con quali proporzioni, alla nomina del Presidente della Repubblica e dei componenti del Consiglio superiore della magistratura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, come altri colleghi hanno già rilevato, il problema del numero dei deputati non è assolutamente secondario. Mi sembra che vi sia un orientamento unanime da parte della Camera a ridurre il numero dei parlamentari, in modo, però, da non intaccare le capacità di rappresentanza della Camera stessa nei confronti della società.
Quindi, non si tratta di fornire alcuni numeri, bensì di trovare una ragionevole riduzione al numero dei parlamentari che consenta alle diverse espressioni sociali, culturali e ideali del nostro Paese, di ricevere una propria rappresentanza all'interno della Camera politica. Per questo motivo, ci siamo opposti alla riduzione a quattrocento del numero dei parlamentari motivata dalla collega Mascia. Preannuncio, inoltre, che ci asterremo sia sull'emendamento Ronconi 2.106 sia sul successivo Licandro 2.105, la cui approvazione porterebbe il numero dei parlamentari a cinquecentocinquanta. Ci asterremo su quest'ultimo in quanto comprendiamo la ragione per cui è stato formulato: la garanzia della rappresentanza nel nostro Paese. Infatti, ovviamente, più si diminuisce il numero dei deputati e più alta è la soglia naturale di accesso alla rappresentanza stessa.
Pertanto, condividiamo in pieno tale spirito proporzionale, volto a garantire il più possibile la pluralità della rappresentanza nella Camera dei deputati. Tuttavia, ci asterremo in quanto riteniamo insufficiente la riduzione, poiché - mi rivolgo sia al collega Licandro sia al collega Ronconi - dobbiamo considerare che nel nostro Paese la legislazione non è più concentrata in un unico organo, e che ormai anche le regioni e il Parlamento sono organi legislativi, oltre a quanto deriva dalle direttive Pag. 22e dalla normativa europea. Quindi, vi è un legislatore composito, complesso e articolato. Pertanto, il numero dei rappresentanti nella Camera dei deputati deve tener conto di tale articolazione e vastità - per fortuna - del numero dei legislatori nel nostro Paese. Pertanto, dobbiamo considerare che, oltre ai cinquecento deputati, nelle regioni ormai operano altri mille legislatori, ai quali il Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001, affida il compito di legislatori generali. Infatti, ormai - essendo stata invertita la normativa della Costituzione nella precedente formulazione - il legislatore nazionale è un legislatore per materie indicate ed elencate, mentre quello regionale possiede la competenza generale residua.
Inoltre, colgo l'occasione - e concludo, signor Presidente - per svolgere due ulteriori considerazioni. In primo luogo, onorevole La Malfa - ho ascoltato e ascolto sempre i suoi interventi con attenzione - non sapevo che si fosse iscritto al partito del «ben altrismo»- ove vi sono molti aderenti della sinistra - secondo il quale i problemi sono sempre altri. No, i problemi della democrazia e del funzionamento delle istituzioni sono tutt'uno con quelli della società italiana, come si evince dall'articolazione ormai propria del sistema legislativo. Sappiamo che legiferare rappresentando la società significa qualcosa. Invece, affidare al Presidente del Consiglio determinati poteri significa anche decidere in materia sociale in altri modi. Quindi, non è vero che esistono altri problemi: i problemi della società italiana sono anche quelli istituzionali.
In secondo luogo, questa revisione costituzionale non tocca i fondamenti della Repubblica italiana; al contrario, rafforza la forma parlamentare di governo, articola la rappresentanza in modo che anche le regioni e le autonomie locali possano partecipare alla discussione e alla legislazione nazionale, nei campi di propria competenza. Pertanto, porta ad un rafforzamento della democrazia rappresentativa e non viceversa. Allo stesso modo, la sfiducia costruttiva - se mai vi arriveremo - introduce un elemento di stabilità ma che salvaguarda appunto il regime parlamentare di governo. Vorrei far presente all'onorevole Bruno - e al presidente Violante che guida i nostri lavori in Commissione e nel Comitato dei nove - per quanto riguarda l'elezione dei giudici della Corte costituzionale, che ciò, ovviamente, avrà effetto sull'articolazione dei numeri dei componenti di Camera e Senato. Capisco in pieno le ragioni poste dall'onorevole Bruno. Tuttavia, Rifondazione Comunista manterrà ferme le modalità di elezione da parte dal Parlamento in seduta comune dei giudici della Corte costituzionale, avanzando una proposta affinché le esigenze del Senato e della rappresentanza popolare di cui sarà portatrice la Camera dei deputati, possano trovare la propria soluzione. Per questo motivo, signor Presidente, ci asterremo sui predetti emendamenti e continueremo ad intervenire nel rapporto tra numero dei parlamentari e loro funzioni, per trovare la via più ragionevole perché il nostro sistema democratico possa funzionare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, anch'io sono convinto che continuare a parlare di un numero di cinquecento deputati sia più una questione di estetica che non di funzionalità istituzionale. D'altra parte, noi stiamo votando un sistema istituzionale che passerà dal bicameralismo perfetto al monocameralismo. Dunque, non si tratta di diminuire lievemente il numero dei parlamentari, ma di dimezzarlo, dato che il Senato - o qualunque sarà il nome di tale organo - avrà funzioni completamente diverse e non sarà eletto direttamente dai cittadini. Voglio anche sottolineare che nel momento in cui questa Camera sta evidenziando la necessità di autoridursi a cinquecento membri, tutti i consigli regionali d'Italia hanno aumentato il numero dei loro componenti e la legge finanziaria non ha determinato la diminuzione del numero di componenti di alcun consiglio provinciale, comunale o Pag. 23circoscrizionale. Continueranno ad esistere gli ATO, vari tipi di consorzi e tutto il sistema di consorzi e di organizzazioni che sopravvivono al di sotto delle amministrazioni comunali. Voglio dire che in questo provvedimento manca una visione complessiva istituzionale e questo è il motivo per cui ho presentato l'emendamento al nostro esame, che propone un numero di deputati pari a cinquecentocinquanta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, il numero di cinquecentocinquanta deputati è superiore rispetto a quello indicato nel testo elaborato dalla Commissione ed è anche notevolmente superiore rispetto al numero che noi avevamo individuato con il nostro emendamento, facendo il ragionamento che ho sviluppato nel precedente intervento. Quindi, dal nostro punto di vista non ha molto significato prevedere cinquecentocinquanta parlamentari. Nel motivare questa argomentazione faccio riferimento, ad esempio (ne ho ascoltati diversi), alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, che è composta da quattrocentotrentacinque deputati. Il sistema statunitense è federale (quindi, sicuramente, sotto molti aspetti, si tratta di un modello) ed ha un Senato che è rappresentativo, in modo non proporzionale - come sarebbe il nostro se venisse approvato l'articolo 3 del provvedimento in discussione - ma che comunque rappresenta il territorio mentre la Camera dei rappresentanti è eletta a suffragio universale su tutto il territorio. Se, dunque, in tutti gli Stati Uniti ci sono solo quattrocentotrentacinque deputati, ritengo che il numero di quattrocento sarebbe più giusto e comunque il numero di cinquecento sarebbe sicuramente più equilibrato rispetto a cinquecentocinquanta. Faccio inoltre riferimento alla circostanza che il nostro emendamento escludeva i deputati eletti all'estero. So che non si tratta di un tema che viene direttamente trattato in questa sede (lo sarà successivamente) però anche questo è un tema importante. Dal nostro punto di vista, è bene dire che i deputati ed i senatori eletti all'estero non sono utili, perché non rappresentano parti del nostro territorio. Tale aspetto sarà, però, sviluppato successivamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, confermo che il gruppo dei Verdi - ma mi auguro anche la maggior parte di quest'Assemblea - voterà contro l'emendamento del collega Ronconi 2.106 e vorrei approfittare di questa occasione di intervento per correggere ciò che lo stesso Ronconi ha affermato, ossia che con questa proposta di legge di revisione costituzionale passeremo da un bicameralismo perfetto ad un monocameralismo.
Chiunque potrà immediatamente verificare - poi ne discuteremo con riferimento all'articolo 7 - che tale articolo, che contiene disposizioni di modifica dell'articolo 70 della Costituzione sul procedimento legislativo, consente di passare da un bicameralismo perfetto ad un bicameralismo differenziato: alcune fondamentali competenze legislative rimarranno in capo ad entrambe le Camere, mentre alcune in materia di principi fondamentali sulla legislazione concorrente saranno esaminate a partire dalla competenza del Senato della Repubblica ed altre ancora saranno esaminate a partire dalla competenza della Camera, ma con possibilità di richiamo del Senato e voto definitivo della Camera.
Non è esatto, quindi, ciò che è stato affermato: questo è un motivo in più per non approvare questo emendamento. Per tale motivo, voteremo contro l'emendamento Ronconi 2.106.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ronconi 2.106, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 24

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 235
Astenuti 223
Maggioranza 118
Hanno votato
25
Hanno votato
no 210).

Passiamo all'emendamento Cirino Pomicino 2.101.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, non ritiro l'emendamento, ritenendo che l'Assemblea lo debba discutere e votare e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ritengo che la rappresentanza parlamentare debba essere espressione del territorio e debba rappresentare tutto il territorio nazionale! Tutte le varie aree della nostra nazione devono essere rappresentate.
I padri costituenti avevano ben presente questo punto: provenivano da un periodo in cui qualcuno aveva affermato che il Parlamento rappresentava un costo; addirittura, lo avevano eliminato, perché così almeno non vi erano più i costi della politica e siamo entrati in dittatura.
Così facendo, ci avviciniamo al concetto secondo il quale la democrazia ha un costo. Quando la democrazia ha un costo, significa che vengono perduti quei valori che sono ben espressi dalla Carta costituzionale. Vi ho detto che la rappresentanza parlamentare deve rappresentare il territorio nazionale: qualcuno ha citato l'esempio degli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti si vota all'estero, ma si votano parlamentari con liste nazionali, territoriali, residenti nel territorio dove avvengono le elezioni. Riteniamo che il voto dei cittadini residenti all'estero debba essere mantenuto, ma - vivaddio! - debba essere espressione di candidati del territorio nazionale che conoscono il nostro territorio e che vivono sul nostro territorio.
È quanto prevede l'emendamento in esame! Non vogliamo eliminare il voto degli italiani residenti all'estero, ma vogliamo che, come accade dappertutto, si esprima su liste nazionali, su candidati nazionali, su candidati che vivono, lavorano, svolgono un'attività e pagano le tasse nel nostro Paese.
Questo è il senso dell'emendamento! Non riusciamo a capire perché la Commissione non l'abbia preso in considerazione: è una pietra miliare della nostra Costituzione. Con questo emendamento vogliamo mantenere quella filosofia dei padri costituenti, senza vederla stravolta per un mero momento di falso populismo che non fa sicuramente bene alla nostra Carta costituzionale.
Per questo, signor Presidente, invitiamo i colleghi a riflettere sul nostro emendamento, a votarlo, proprio in sintonia con tutti gli esempi che sono stati fatti: in tutto il mondo si fa quello che prevede questo emendamento e non diversamente.
Così hanno anche fatto i padri costituenti, quando ci hanno dato quella Carta costituzionale che volete stravolgere, non sempre in meglio.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'istituto comprensivo Don Mauro Costantini di Serra San Quirico e Angeli di Rosora (Ancona), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, voteremo contro l'emendamento in esame che tuttavia è estraneo a quanto detto dall'onorevole Barani. La logica di tale emendamento è unica: poiché prevede il numero di cinquecentododici, rinvia alla legge ordinaria per le modalità del voto degli italiani residenti all'estero. Però, i presentatori dell'emendamento in esame non si sono avveduti che la Costituzione vigente, non modificata in ordine a tale Pag. 25punto dal provvedimento di riforma costituzionale, al terzo comma dell'articolo 48, afferma che «a tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale (...)». Si tratta della legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1. Non a caso, l'anno successivo è stata approvata la legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, che ha inciso sugli articoli 56 e 57 della Costituzione, predeterminando il numero degli eletti nella circoscrizione Estero.
Pertanto possiamo - e così faremo fra pochi minuti - modificare tale numero invertendo il rapporto tra Camera e Senato (sei alla Camera e dodici al Senato), ma dobbiamo procedere con una norma di rango costituzionale. Invece, l'emendamento in esame rinvia alla legge ordinaria e, quindi, è in palese e totale contrasto con quanto previsto dall'articolo 48, terzo comma, della Costituzione che non viene modificato da questa revisione costituzionale.
È solo questo il motivo per cui esprimeremo un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, non so se le mie parole convinceranno il collega Barani e gli altri presentatori dell'emendamento Cirino Pomicino 2.101 a ritirarlo. I motivi del mio convincimento sono diversi e uno è stato appena indicato dal collega Boato. Dobbiamo svolgere una discussione approfondita in ordine alla questione della circoscrizione Estero. Vi è un nostro emendamento soppressivo che va in tale direzione, ma mira anche a predisporre una norma, nell'ambito di questo testo unificato di revisione costituzionale, che non cancelli il diritto degli italiani all'estero a votare e ad eleggere propri rappresentanti, ma semplicemente modifichi le modalità con cui ciò avviene allo stato attuale, ossia attraverso la circoscrizione Estero, che ha suscitato molti problemi in passato e altrettanti, anche applicativi, nell'attuale legislatura.
Il suggerimento che rivolgo all'onorevole Barani è di leggere con attenzione l'emendamento 2.250 della Commissione, in cui si stabilisce che sono assegnati alla circoscrizione Estero dodici senatori eletti secondo le modalità e i requisiti stabiliti dalla legge. Pertanto, anche la Commissione si fa carico di una riflessione sulle modalità di elezione degli italiani all'estero, perché non si vuole affatto mettere in discussione l'elettorato attivo e passivo dei cittadini italiani residenti all'estero, ma ridiscuterne le modalità.
Pur non essendo relatore, signor Presidente, mi permetto di invitare l'onorevole Barani al ritiro del suo emendamento. In caso contrario, anche il voto di Rifondazione Comunista, per le ragioni esposte, sarà contrario poiché non sono ben individuati i percorsi attraverso cui incidere sulla circoscrizione Estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, intervengo in ordine alle ricadute politiche e istituzionali della questione del numero che non è oziosa, come tutti ormai ci stiamo rendendo conto. Onesto com'è l'onorevole Franco Russo, dà piacere anche contraddirlo. Quando egli parla di legislazione ormai diffusa - poiché non è più solo il Parlamento nazionale ma anche le assemblee legislative o i consigli regionali che hanno la capacità e il potere di legiferare sulle materie loro attribuite e, di conseguenza, vi è uno sgravio delle competenze, dei poteri e del carico degli organi legislativi centrali - in realtà porta un formidabile argomento per rovesciare il tavolo, non per aggiustarne le zampe.
Infatti, se dovessimo recepire la sua tesi, non vi sarebbe proprio bisogno (come forse non ve n'è), di una Camera rappresentativa delle autonomie regionali e dei consigli regionali. Già nella precedente riforma si volle tentare di distinguere fortemente le competenze e le potestà dello Stato nazionale da quelle degli esecutivi e dei consigli regionali.Pag. 26
Dunque, se si rafforzano le autonomie regionali, non vi è bisogno di una Camera parlamentare composta dai delegati delle regioni, essendo più che sufficiente (spesso veramente più che sufficiente) la Conferenza Stato-regioni per il confronto e il raccordo tra i poteri esecutivi centrali e quelli regionali.
Aggiungo, affinché non vi sia alcun equivoco a questo riguardo, che Alleanza Nazionale è fautrice della differenziazione delle funzioni e dei ruoli delle due Camere parlamentari e, pertanto, effettivamente condiziona l'opzione che permangano due Camere parlamentari alla differenziazione della composizione e delle funzioni. Si tratta, però, di adattare modernamente il modello costituzionale a tale esigenza (fino ad oggi non abbastanza recepita) e non di cancellare la sovranità di una delle due Camere.
In altre parole, Alleanza Nazionale è favorevole, senz'altro, al superamento del cosiddetto «bicameralismo perfetto», ma purché si tratti di due Camere democraticamente sovrane ed elette dai cittadini. Cari colleghi, nel momento in cui la gente protesta perché ritiene di non essere coinvolta abbastanza nei meccanismi rappresentativi, nel momento in cui viene chiamata a votare per le primarie ed a partecipare, più o meno velleitariamente, a consultazioni a ogni piè sospinto, togliere la potestà di eleggere una delle due Camere parlamentari - che, oltretutto, continua a chiamarsi Senato (o in gergo Camera alta) - è assolutamente antidemocratico e inaccettabile.
La Camera parlamentare più numerosa (la Camera) fin dall'impianto costituzionale dei costituenti postbellici media e sintetizza l'esigenza della rappresentanza del pluralismo politico e dei territori. Il parlamentare deve sintetizzare in sé la rappresentanza di un territorio vasto e idee politiche che costituiscono il moderno pluralismo democratico. Quando si abbandona questo terreno si è fuori da qualunque modernità e da qualunque rappresentanza democratica.
L'emendamento Cirino Pomicino 2.101, così come presentato, nelle sue implicazioni, non è accettabile (ne do atto), però l'esigenza di razionalizzare tutto ciò che stiamo dicendo, rinunciando a cancellare la sovranità di una delle due Camere, resta in tutta la sua formidabile portata. Allo stesso modo, permane l'obbligo del Governo - continuerò a ricordarlo a mo' di tormentone - di chiarire i suoi intendimenti sull'alleggerimento, il «disboscamento», la razionalizzazione di tutti gli altri livelli di governo e di sottogoverno, problema sul quale il rappresentante del Governo - non lo dico a titolo personale, ma istituzionale - continua colpevolmente a fare orecchie da mercante.

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Barani, le ricordo che è già intervenuto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirino Pomicino 2.101, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 468
Astenuti 6
Maggioranza 235
Hanno votato
11
Hanno votato
no 457).

Passiamo all'emendamento Boscetto 2.113.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Boscetto 2.113 formulato dai relatori.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, come avevo affermato intervenendo in precedenza, Forza Italia ha presentato tre emendamenti che diminuiscono sensibilmente il numero dei parlamentari.Pag. 27
La proposta emendativa più pregnante è il mio emendamento 2.115 che raddoppia il numero dei deputati rispetto al numero dei previsti senatori provenienti dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie.
Infatti, secondo l'ultima proposta (ma credo si tratti di quella definitiva), i senatori dovrebbero essere centottantatrè più i dodici eletti all'estero: il doppio di centottantatrè giustifica il numero di trecentosettanta (cifra tonda), di cui al mio emendamento 2.115. Tuttavia, quando si vanno a riesaminare le logiche di cui parlavo prima, secondo le quali il concetto di rappresentanza finisce per diventare un concetto sottovalente rispetto a quello di efficienza (o di ritenuta efficienza), allora si può discutere anche su numeri inferiori a trecentosettanta, perché la Camera dei deputati finisce per diventare un organismo molto selezionato ed elitario. Tutti dicono che anche con trecento deputati si può gestire la rappresentanza pubblica.
Questi emendamenti non si possono discutere in questa sede, ma andrebbero tutti e tre accantonati, signor Presidente. Ciò per le ragioni evidenziate ieri. Infatti, l'elemento portante di questa riforma, che si diversifica in modo totale dalla situazione esistente, è il nuovo Senato cosiddetto federale, che vede i senatori eletti dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie locali nel loro interno. Si tratta di una prospettiva rivoluzionaria rispetto a quanto esiste oggi ed è, a nostro avviso, un errore fondamentale che andrà a snaturare completamente il Senatus e che porterà anche, trattandosi di consiglieri regionali, il limite per l'elettorato attivo e passivo a 18 anni: non bisognerà più chiamarlo Senatus ma Juventus; più seriamente, si dovrà probabilmente provvedere a cambiare nome, chiamandolo «Camera delle autonomie».
Abbiamo già evidenziato in tanti interventi che ridurre a questa stregua il Senato è qualcosa cui noi ci ribelliamo profondamente. Nella nostra riforma erano previsti cinquecento deputati e duecentocinquantadue senatori, tutti eletti direttamente dal popolo a suffragio universale. Abbiamo ripresentato con un emendamento il nostro testo costituzionale e confidiamo ancora che qualcuno, ripensandoci, torni indietro e approvi il nostro emendamento, ripristinando la norma che prevede che il Senato sia composto da duecentocinquantadue senatori eletti a suffragio diretto e universale. In quel modo si creerà un'armonia nel numero tra i cinquecento deputati e i duecentocinquantadue senatori e ci si potrà confrontare con tutte quelle problematiche delle quali parlava anche, come sempre in modo intelligente e interessante, il collega Bruno.
Oggi - ne abbiamo parlato anche in Commissione, seguendo questi numeri e queste logiche - bisognerà sostenere che non si può procedere all'elezione dei giudici della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura tramite le Camere congiunte, proprio per la differenziazione di numeri fra l'una e l'altra e la possibile esagerata supremazia dell'una sull'altra.
Pertanto, prima che non si sia esaurito il discorso sulla composizione del Senato, sulla legittimazione dei senatori, sul suffragio diretto e universale, non possiamo parlare di numeri, neppure di quelli dei deputati. Quindi, chiedo che questi tre emendamenti del gruppo di Forza Italia vengano accantonati e discussi nel corso dell'esame dell'articolo 3.

PRESIDENTE. È stato chiesto l'accantonamento degli emendamenti Boscetto 2.113, 2.114 e 2.115. Qual è il parere del relatore?

SESA AMICI, Relatore. Signor Presidente, esprimo un parere negativo sulla proposta di accantonamento del collega Boscetto dato che gli emendamenti in questione riguardano l'individuazione di un numero di deputati comunque inferiore ai quattrocento, mentre il collega si richiama al tema della definizione del Senato. Mi pare che gli emendamenti discussi e respinti già riguardavano il numero dei deputati; dunque, non credo che la stretta connessione evidenziata dal colPag. 28lega Boscetto sia un argomento accettabile. Per tale motivo la Commissione esprime un parere negativo sulla richiesta di accantonamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, se gli emendamenti in esame non verranno ritirati il gruppo dei Verdi, e mi auguro la stragrande maggioranza dell'Assemblea, voterà contro. Le proposte emendative sono, come sempre, legittime perché ciascun gruppo assume le proprie iniziative, che però - devo ripetere in questa sede - sono in totale contrasto con quanto più volte il collega Boscetto ha sostenuto in sede di Commissione referente, ritenendo che fosse demagogica la riduzione eccessiva del numero dei parlamentari, mentre nei suoi tre emendamenti propone la riduzione a trecento, trecentocinquanta e trecentosettanta deputati.
Diversa è la questione che riguarda l'elezione dei membri del CSM da parte dei due rami del Parlamento, nonché quella della differenziazione nell'elezione dei cinque giudici costituzionali, in ipotesi attribuita sia alla Camera sia al Senato, perché in questo modo si risolvono totalmente le questioni poste dal collega Boscetto. Non vi sarebbe più nessuno squilibrio perché, nell'ambito della quota complessiva, ciascun ramo del Parlamento eleggerebbe una quota specifica. Quindi, tale problema è risolto.
La questione sollevata prima dal collega Bruno, ossia quella relativa all'elezione del Presidente della Repubblica, ha una sua rilevanza ma, come il collega Boscetto sa, stiamo già informalmente discutendo di un'integrazione delle Camere riunite per l'elezione del Presidente della Repubblica anche con una quota ulteriore di rappresentanti regionali in modo da risolvere positivamente il problema che sul punto il collega Bruno ha obiettivamente posto.
Quindi, tutte le questioni poste possono essere risolte; ciò che non si può ipotizzare è una Camera dei deputati ridotta a trecento, trecentocinquanta o trecentosettanta membri. Mi auguro, pertanto, che gli emendamenti che il collega Boscetto, ovviamente per onor di gruppo, ha dovuto sostenere vengano ritirati, perché confliggono totalmente con ciò che lui stesso ha sempre giustamente affermato in Commissione. Comunque, se i presentatori insisteranno per la votazione, noi voteremo contro.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, mi dispiace che non ci sia il presidente Violante perché era utile un chiarimento sulla questione.
Poco fa il collega Boscetto ha proposto l'accantonamento dei suoi tre emendamenti per una ragione molto semplice. Infatti, come è stato già affermato in altri interventi, vi è un evidente nesso tra il numero dei parlamentari, stabilito dall'articolo 2, e il numero dei senatori, stabilito dall'articolo 3. Stiamo votando degli emendamenti (che in gran parte sono stati respinti, e prevedibilmente ne saranno respinti altri), che fissano il numero dei deputati a cinquecento; successivamente passeremo all'esame dell'articolo 3 che stabilisce il numero dei senatori.
È evidente, Presidente, che poiché il numero dei senatori potrà variare anche in base alla natura del Senato, se sarà un Senato federale e se i senatori saranno eletti tutti e solo dalle regioni (così come risulta dalla proposta della Commissione) o se saranno anche di natura elettiva di primo grado, non vorremmo che, in questo modo, si precludesse in base alle decisioni che assumeremo riguardo all'articolo 3, anche la possibilità di intervenire sul numero dei deputati. Era questo il senso della proposta del collega Boscetto.
Per questo motivo signor Presidente, anche tenendo conto del fatto che ieri abbiamo accantonato l'esame dell'articolo 1, credo che il presidente Violante dovrebbe precisare che comunque non termineremo l'esame dell'articolo 2 e che la Commissione si riserverà la possibilità di Pag. 29intervenire di nuovo alla luce delle decisioni che saranno prese successivamente sulla natura del Senato, sulla sua composizione e sul numero dei senatori. Diversamente, dovremmo accantonare tutti gli emendamenti relativi anche alla composizione della Camera. Chiediamo, quindi, che ci venga fornita questa rassicurazione.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, siamo contrari all'accantonamento, in quanto, qualunque sia il numero previsto di senatori, ho l'impressione che prevedere trecento deputati sacrifichi profondamente la rappresentanza nazionale. Già si è discusso del fatto che cinquecento membri, secondo alcuni colleghi, erano troppo pochi, ma, a mio avviso, il numero di trecento o trecentodiciassette membri rappresenta davvero un sacrificio profondo alla sovranità.
Questo è il motivo per cui siamo contrari all'accantonamento; tra l'altro, abbiamo già votato sulla composizione numerica della Camera dei deputati. Quindi, francamente, non si comprenderebbe perché siano stati votati e respinti alcuni emendamenti, mentre questi in esame - su cui, credo, si sia constatato serenamente che propongono numeri non accettabili - dovremmo accantonarli.
Sono d'accordo, invece, con quanto sostiene il presidente Elio Vito. La Commissione è del parere che, votati gli emendamenti, non si voti l'articolo (né questo né quelli successivi), in quanto ci riserviamo, una volta valutato il testo complessivamente, di vedere se sia il caso di apportare eventuali modifiche. Non mi pare che vi sia la necessità, ma è una richiesta dell'opposizione che mi pare fondata e l'accogliamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, confermo il mio parere, proprio dopo l'intervento del presidente Violante, sul modo tortuoso e assolutamente improprio con il quale si sta precedendo, perché, ripeto, manca il clima. Devo dire che anche i ragionamenti svolti, a mio avviso, non corrispondono ad una logica coerente, in quanto il numero dei deputati non può essere fissato in rapporto a quello che viene deciso per il Senato. La logica vorrebbe, così come nella proposta di legge presentata nelle legislature precedenti, che si procedesse in rapporto alla popolazione, anche con una comparazione con il rapporto tra il numero dei rappresentanti e la popolazione negli altri Paesi europei.
Mi permetto anche di aggiungere che l'idea di equilibrare la Camera e il Senato per l'elezione dei giudici costituzionali - modificando ciò che, oggi, invece, si effettua in seduta comune - è un altro errore. È, infatti, prevedibile che, nel momento in cui saranno eletti i giudici costituzionali, la polemica verso la loro imparzialità si accrescerà, in quanto si affermerà che si tratterà di giudici eletti dal Senato e di giudici eletti dalla Camera. Ci troveremmo, quindi, di fronte ad una logica conseguenza, ovvero alla considerazione che le decisioni assunte non saranno assunte in nome di un'imparzialità e di una generalità, ma in nome della loro appartenenza alla Camera o al Senato.
A mio avviso, la proposta costituzionale in esame, come ha scritto Sartori, fa acqua da tutte le parti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 2.113, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 305
Astenuti 167
Maggioranza 153
Hanno votato
8
Hanno votato
no 297).Pag. 30

Saluto gli studenti della scuola media Umberto Nobile di Ciampino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Per dare ordine ai lavori, data l'intesa per la sospensione della seduta alle ore 13,15, avverto che voteremo solo gli emendamenti Boscetto 2.114 e 2.115.
Passiamo all'emendamento Boscetto 2.114.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 2.114, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge(Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 383
Astenuti 86
Maggioranza 192
Hanno votato
82
Hanno votato
no 301).

Prendo atto che il deputato Minardo ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Boscetto 2.115.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dai relatori.

GABRIELE BOSCETTO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, il mio capogruppo Elio Vito ha spiegato bene le ragioni del mio emendamento 2.115.
Continuare ad affermare che la nostra posizione prevedeva un numero di cinquecento deputati - e che quindi non si spiegherebbe la ragione per la quale adesso abbiamo indicato un numero di trecentosettanta deputati - non sembra aver tenuto in conto che il nostro progetto di riforma costituzionale, dopo quattro passaggi parlamentari e l'approvazione definitiva - salva la sottoposizione a referendum - avrebbe previsto, come ricordavo in precedenza, cinquecento deputati e duecentocinquantadue senatori.
Riteniamo che il Senato cosiddetto «federale» sia sbagliato nella sua composizione, nella sua formazione e nelle sue competenze: non dimentichiamo che un organo eletto dai consiglieri regionali al proprio interno finirà per dover approvare, insieme alla Camera, la legislazione nazionale. Le leggi più importanti del nostro Stato dovranno essere votate dalla Camera e dal Senato in modo collettivo, come oggi siamo abituati a vedere: possiamo capire quali potranno essere le complicazioni nel momento in cui il Senato sarà formato come previsto dal testo unificato delle proposte di legge in esame.
Interveniamo per cercare di far comprendere ai nostri contraddittori come e quanto siamo in contrasto con questa logica; ci auguriamo ancora che, dopo qualche notte insonne, si torni indietro e si eviti al Paese una simile riforma del Senato, che non sarà approvata al Senato per ovvie ragioni: non si può chiedere in questo modo, infatti, l'autodistruzione e l'automutilazione di quanto appartiene a una lunghissima tradizione!
Si spiega, così, perché abbiamo presentato l'emendamento in esame, che raddoppia il numero dei deputati rispetto a quello dei senatori, ma sempre in modo critico rispetto a quanto sta avvenendo e con l'occhio rivolto alla nostra riforma costituzionale, che prevedeva cinquecento deputati e duecentocinquantadue senatori eletti a suffragio universale diretto. Se si riducono i parlamentari e si elimina l'elezione diretta a suffragio universale, si compie un danno alla democrazia. Mi chiedo come facciate ad essere così convintiPag. 31 di questa vergognosa riforma e a dormire sereni la notte (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mia volta mi chiedo perché si debba sempre conferire l'appalto e l'esclusiva del nobile buon senso al simpatico onorevole Gerardo Bianco. Nei passaggi più delicati dobbiamo darci uno squarcio di ragionevolezza ascoltando le sue osservazioni, tanto profonde per quanto comprensibili all'uomo e alla donna comuni che ci stanno ascoltando.
Che vi sia un rapporto di equilibrio tra il numero e le funzioni dei membri di questo e dell'altro ramo del parlamento è di tutta evidenza: lo capiscono anche i bambini delle scuole elementari che abbiano studiato educazione civica. La stessa concessione del presidente Violante di rimandare la votazione complessiva degli articoli denuncia e confessa che è oggettiva e di tutta evidenza l'esigenza di armonizzazione tra l'una e l'altra scelta.
In conclusione, molti hanno fatto riferimento ad un clima opportuno o non opportuno. Chiedo a lei e agli onorevoli colleghi: quando una parte molto consistente di una Camera parlamentare - la metà o un po' più o un po' meno della metà - non è d'accordo non su un particolare, ma sulla fisionomia e sulle modalità di elezione e di designazione di uno dei due rami sovrani del Parlamento, allora su cosa vi è l'accordo?
Dov'è il clima di larga consultazione e d'intesa, in linea con gli appelli del Presidente della Repubblica, quando ci si confronta in maniera polemica e senza accordo sulle modalità democratiche di designazione di uno dei due rami del Parlamento?
Non possiamo votare a favore di questo emendamento, su cui preannuncio che ci asterremo ma le ragioni che sono state illustrate hanno pregio e mi auguro che possano portare a ore di proficuo ripensamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, confermo il voto contrario sull'emendamento Boscetto 2.115. Vorrei ricordare al collega Benedetti Valentini - ma torneremo sull'argomento con tutta serenità quando passeremo all'esame dell'articolo 3 - che l'articolo 3, così com'è adesso configurato, è stato votato a larghissima maggioranza in Commissione, in sede referente, e quindi non solo dai gruppi della maggioranza, ma anche da vari gruppi dell'opposizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 2.115, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 381
Astenuti 93
Maggioranza 191
Hanno votato
99
Hanno votato
no 282).

Prendo atto che il deputato Minardo ha segnalato che non è riuscito a votare.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 13,10).

RUGGERO RUGGERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 32

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, anche se siamo a fine seduta, vorrei denunciare al Presidente della Camera un fatto gravissimo accaduto a Mantova, dove a un giornalista professionista di un giornale locale è stata inviata una busta contenente un proiettile e una minaccia di morte.
Quindi, al di là della solidarietà, chiedo che il Governo si faccia promotore di un'iniziativa anche presso la questura di Mantova, affinché questo fatto sia tenuto in debita considerazione, poiché non è assolutamente privo di significato. In questo momento, in cui emergono e sono oggetto delle attenzioni particolari del nostro Paese molte questioni sociali, non vorrei che questa busta, recante un messaggio più che evidente, indicante anche la motivazione, avesse un seguito ancora più grave.
Pertanto, la solidarietà al giornalista va manifestata indipendentemente dal merito e dal motivo per cui il messaggio è stato inviato. Non rilevano né il merito né il motivo, ma soltanto un modo di procedere che non è assolutamente democratico e che è fuori da ogni regola civile. Le battaglie, su qualsiasi tipo di problema, si fanno alla luce del sole. Questo è un modo meschino, che va assolutamente condannato.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto e sarà sua cura riferirne al Governo.

ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta n. 4-05284, presentata il 17 ottobre 2007, nella seduta n. 225.
Signor Presidente, gradirei un po' di attenzione.
L'interrogazione è stata da me particolarmente sostenuta all'atto della sua presentazione. Essa è agli atti col numero e la data indicati e chiedo di sollecitare la risposta del Governo. È importante!

PRESIDENTE. Onorevole Salerno, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta ad un atto di sindacato ispettivo, presentato da me e dal collega Francesco Giro in data 20 giugno 2007: si tratta dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04105, che riguarda l'impatto dei campi rom sulla città di Roma e che, insieme con il collega Giro, abbiamo rivolto al Ministro dell'interno, per l'appunto nel giugno scorso.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.

GIOVANNI FAVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo solo per associarmi all'appello lanciato dall'onorevole Ruggeri sul tema delle minacce al giornalista di Mantova, che credo sia da non trascurare assolutamente, perché stiamo parlando di minacce che nascono nell'ambito di un dibattito che considera la politica alla base del ragionamento. Proprio dalla politica devono provenire risposte, affinché sia garantita e tutelata la libertà di stampa e di espressione di tutti i cittadini e, nell'auspicio che si tratti del gesto di un folle, occorre isolare soggetti che poco hanno a che spartire con la nostra tradizione civile e democratica.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Fava.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,05.

Pag. 33

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

TESTO AGGIORNATO AL 8 NOVEMBRE 2007

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia.

(Interventi a favore delle aziende agricole sarde in relazione alla grave situazione di indebitamento ed alla crisi del settore - n. 3-01396)

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01396, concernente interventi a favore delle aziende agricole sarde in relazione alla grave situazione di indebitamento ed alla crisi del settore (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

ELIAS VACCA. Signor Presidente, signor Ministro, da un mese a questa parte la notizia del giorno sui quotidiani sardi è quella relativa alla situazione drammatica nella quale versano centinaia anzi migliaia di aziende agricole piccole e grandi della Sardegna che si trovano, per usare un termine un po' crudo, strangolate da un rapporto con le banche che ha avuto un'evoluzione terribile a seguito della dichiarazione di illegittimità in sede dell'Unione europea di una legge regionale che concedeva agevolazioni a queste aziende, sulla scorta della quale tali aziende hanno tentato di adeguare ed ammodernare il proprio capitale produttivo.
La situazione è particolarmente grave, e noi ce ne stiamo in qualche modo occupando, nel momento in cui addirittura alcune di queste aziende sono state poste in vendita all'asta; conseguentemente, intere famiglie si sono viste sfumare posti di lavoro ed investimenti in un momento di particolare crisi per l'intera economia sarda.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, la crisi socio-economica in cui versano le aziende agropastorali sarde trova la propria origine nel tempo e solo di recente è emersa in tutta la sua gravità. Infatti, gli aiuti previsti dalla legge regionale n. 44 del 1988, resi operativi con ben quattro provvedimenti della giunta della regione Sardegna nel 1992, sono stati estesi a tutti gli operatori agricoli che versavano in condizione di mercato sfavorevoli a seguito di avversità climatiche. Di conseguenza, a seguito di tale estensione, sono state avanzate alla regione Sardegna 7500 domande di finanziamento. Nell'agosto del 1994 la Commissione europea ha comunicato all'Italia l'avvio della procedura d'infrazione ai sensi dell'articolo 93 del Trattato nei confronti appunto della legge n. 44. In riscontro a tale comunicazione l'Italia ha fornito le proprie motivate risposte, ma la Commissione europea, non accogliendo le motivazioni addotte, ha ritenuto di proseguire l'iter della procedura d'infrazione. In particolare, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia sarebbe venuta meno agli obblighi sanciti dall'articolo 93 del Trattato, avendo omesso di notificare le misure di aiuto nella fase di progetto e avendole rese esecutive prima di qualsiasi pronuncia della Commissione stessa. Al termine della procedura pertanto la Commissione europea ha dichiarato illegali gli aiuti; da qui il motivo per il quale ci siamo trovati nella difficile situazione descritta dall'interrogante.
A fronte di questa situazione la Commissione agricoltura nella seduta del 30 Pag. 34ottobre scorso ha approvato una risoluzione con la quale impegna il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per far fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende in questione. Il Governo intanto si è attivato e, attraverso un tavolo di concertazione che ha visto l'incontro con Banca popolare dell'Emilia Romagna, Banco di Sardegna e la regione Sardegna, abbiamo individuato un'ipotesi di soluzione condivisa, e, grazie a questo incontro che formalizzerà tale ipotesi condivisa nell'incontro del 20 novembre prossimo, noi riteniamo che si possa, non solo bloccare le azioni esecutive, fatto sul quale la banca si è presa l'impegno, ma anche individuare un'ipotesi di rateizzazione e di abbattimento degli interessi che possa venire incontro alla grave situazione generatasi.

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di replicare, per due minuti.

ELIAS VACCA. Signor Ministro, sono soddisfatto della sua risposta e dell'andamento dei lavori del tavolo. Apprendo da lei - se non ho capito male - che comunque vi sarebbe già un accordo per quello che riguarda la moratoria sulle esecuzioni in corso, ed è quello che principalmente chiedevano queste persone, queste famiglie e questi imprenditori, in modo tale da potere riadeguare i piani di ammortamento degli investimenti a suo tempo effettuati.
La questione non nasce con il question time di oggi, vi è stata già un'interrogazione proposta dal nostro gruppo, nonché la risoluzione, approvata all'unanimità, in Commissione agricoltura che lei ha ricordato.
Vorrei soltanto dire che la crisi del comparto agropastorale della Sardegna non è un fatto che può avere un rilievo soltanto relativamente alla Sardegna, ma è una crisi che investe il nostro sistema produttivo nazionale.
La Sardegna si sta interrogando su una profonda crisi del modello industriale, che a suo tempo alla stessa venne imposto, e sta cercando alternative di sviluppo economico, di dignità e di lavoro.
Quello che adesso possiamo auspicare è che anche il Paese si renda conto dell'importanza del comparto agropastorale sardo nell'economia globale e che anche in sede di Unione europea si sappia incidere politicamente, poiché non sempre le misure volte a tagliare i cosiddetti aiuti in violazione della concorrenza trovano una risposta e una giustificazione sul piano sociale.
Mi domando che cosa si vuol fare della nostra isola: se non industria, non agricoltura e se il turismo ancora non decolla sufficientemente, allora è bene interrogarsi su quale possa essere lo sviluppo segnato per quella terra (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

(Iniziative per la convocazione di un tavolo di concertazione tra Stato, regione Sardegna e banche in relazione ai debiti contratti dalle imprese agricole sarde - n. 3-01397)

PRESIDENTE. Il deputato Marras ha facoltà di illustrare per un minuto l'interrogazione Leone n. 3-01397, concernente iniziative per la convocazione di un tavolo di concertazione tra Stato, regione Sardegna e banche in relazione ai debiti contratti dalle imprese agricole sarde (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, sono 7500 le imprese agricole della regione Sardegna messe in crisi dalla cancellazione operata dall'Unione europea degli aiuti previsti dalla legge regionale n. 44 del 1988. La vicenda, iniziata ormai venti anni fa sotto forma di sostegno alle aziende agricole che avevano subito danni, sembra avviarsi a conclusione con aziende poste all'asta e famiglie sul lastrico.
È necessario che la regione Sardegna ed il Governo nazionale si confrontino con le proprie responsabilità: la prima per aver redatto una legge d'aiuto non compatibile con le regole comunitarie, per Pag. 35avere indotto gli imprenditori agricoli a sottoscrivere impegni con le banche sotto la supervisione dei funzionari regionali, per aver continuato ad attuare una legge che era già in pericolo di annullamento e per aver lasciato incancrenire la situazione sino ai traumatici eventi di questi giorni; il secondo per non aver richiamato per tempo la regione ai suoi doveri.

PRESIDENTE. Deputato Marras, la invito a concludere.

GIOVANNI MARRAS. Chiedo al Governo se non ritenga necessario convocare con assoluta urgenza un tavolo di concertazione trilaterale tra Stato, regione Sardegna e banche interessate, ai fini della forfettizzazione e posposizione del debito aggiuntivo caricato sulle imprese agricole sarde...

PRESIDENTE. Deputato Marras, deve concludere.

GIOVANNI MARRAS. Chiedo, inoltre, al Governo se non ritenga assolutamente indispensabile predisporre un piano di recupero graduale e sostenibile degli aiuti illegittimamente erogati in violazione della normativa comunitaria...

PRESIDENTE. Deputato Marras, la prego di concludere.

GIOVANNI MARRAS. ...eventualmente vincolando a tale finalità una quota delle risorse che lo Stato trasferisce alla regione.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, come ho già detto rispondendo all'interrogazione precedente, non solo è stato individuato un tavolo di concertazione tra le banche e la regione, ma abbiamo già dato ampio risalto al blocco delle azioni esecutive. Quindi, sotto questo profilo, la situazione adesso è stata assolutamente fermata. Dobbiamo, però, renderci conto che tale situazione è determinata da un comportamento non corretto, secondo le regole europee, compiuto dalle precedenti giunte. Non possiamo certo attribuire la responsabilità all'attuale giunta della regione Sardegna. Da anni in Sardegna sono state avviate procedure esecutive senza ascoltare e senza neanche notificare le azioni a Bruxelles. Dobbiamo imparare a regolarci con le nostre iniziative legislative, seguendo le norme europee.
Grazie all'impegno che si sta mettendo in atto tra Governo, regione e banche, ritengo che il 20 novembre prossimo - come annunciavo prima - con la formalizzazione del piano di rientro e la ristrutturazione del debito, possa essere il giorno cruciale nel quale potremo offrire una risposta definitiva.
Credo, comunque, che lo sviluppo del sistema agropastorale sardo sia determinante, tanto importante per mobilitare l'interesse non solo della regione, ma anche del Governo, del Parlamento e di tutte le istituzioni.

PRESIDENTE. Il deputato Cicu, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, non siano assolutamente soddisfatti della risposta del Ministro perché oggi auspicavamo certezze rispetto ad un processo che oramai da troppo tempo è stato determinato da una giunta regionale di centrosinistra e, ancora oggi, sempre da una giunta regionale di centrosinistra viene con superficialità affrontato.
Credo che oggi, doverosamente e responsabilmente, doveva essere data certezza di come e in quale modo superare tutti gli aspetti che strangolano 7500 imprese e 45 mila famiglie. Penso che oggi, forse, invece di aspettare altri venti giorni, si poteva ritenere che la proposta di legge a firma Cicu, Marras, Oppi e altri, fosse quella che consentiva di superare le questioni che attengono agli aiuti di Stato e, quindi, al «blocco» dell'Unione europea.Pag. 36
Ritengo, in altre parole, che si potesse già definire una ripartizione per il consolidamento del debito in quattordici anni, con il pagamento di interessi legali e con la possibilità che, attraverso l'utilizzo di quelle risorse già destinate alla Sardegna dallo Stato (che, peraltro, apparirebbero ancora oggi virtuali perché dovrebbero essere incassate dal 2011 al 2023), si potesse destinare una quota importante di quei fondi per iniziare a consolidare i debiti. Gli agricoltori non possono aspettare e, soprattutto, non possono aspettare con le chiacchiere!
Noi riteniamo che, forse, prima dell'antipolitica (è già annunciata la presenza di Beppe Grillo a Decimoputzu), lo Stato, le istituzioni, il Governo e il governo della regione Sardegna avevano il dovere e la responsabilità di dare una risposta di certezza su tale problematica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Iniziative per garantire la gratuità dei libri di testo per l'intera durata della scuola dell'obbligo - n. 3-01395)

PRESIDENTE. La deputata Sasso ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01395, concernente iniziative per garantire la gratuità dei libri di testo per l'intera durata della scuola dell'obbligo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

ALBA SASSO. Signor Presidente, signor Ministro, l'istruzione è un bene primario per i singoli e per il Paese. La Costituzione italiana stabilisce la gratuità dell'istruzione obbligatoria, il cui limite è stato innalzato a sedici anni. Il costo dei libri di testo aumenta di anno in anno e diviene una spesa pesante per molte famiglie, in particolare per quelle che vivono in condizioni disagiate. Questo è in contraddizione con l'articolo 34 della Costituzione.
Vorremmo sapere, dunque, quali iniziative intenda assumere per garantire la gratuità dei libri di testo per la scuola dell'obbligo, a partire dalle famiglie a più basso reddito.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, com'è noto, per favorire l'obbligo di istruzione, i libri di testo sono stati forniti gratuitamente agli alunni della scuola elementare dagli inizi degli anni Sessanta, con una decisione ormai lontana. Con l'elevamento dell'obbligo di istruzione si è posto il problema di estendere questa gratuità anche agli studenti della scuola media, ma, considerata la notevole incidenza dei costi dei libri di testo, in relazione alle diverse discipline di studio, non si è intervenuti con un provvedimento analogo.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione della gratuità dei testi scolastici per la fase dell'obbligo, si è espressa con sentenze del 1967, e successive, nel senso che la gratuità dell'istruzione obbligatoria, stabilita dall'articolo 34 della Costituzione, è da riferirsi alla prestazione, cioè l'insegnamento, mentre la gratuità degli strumenti didattici rappresenta un'opportunità e rientra nelle misure economiche e provvidenze volte a favorire il diritto allo studio - che io credo, come lei, debbano essere assicurate - e che, dal 1972 in poi, attiene soprattutto alla competenza delle regioni.
Lo Stato centrale è intervenuto ad adiuvandum per rendere agevole la partecipazione alla scuola per l'assolvimento dell'obbligo con misure che limitino il più possibile il peso economico a carico delle famiglie. La legge finanziaria del 1999 ha previsto, per la prima volta, la fornitura gratuita parziale o totale dei libri di testo a favore degli alunni meno abbienti della scuola dell'obbligo e secondaria, stanziando dei finanziamenti appositi. Con il decreto-legge n. 159 del 2007, in corso di conversione, tali stanziamenti sono stati integrati in modo notevole, anche in relazione all'innalzamento a sedici anni dell'obbligo di istruzione, cui lei faceva riferimento.Pag. 37
Il Ministero della pubblica istruzione, con un provvedimento del 17 luglio scorso, ha destinato circa 155 milioni di euro in borse di studio da assegnare al sostegno delle famiglie meno abbienti per agevolare la frequenza scolastica nelle scuole medie superiori. Infine, con la legge finanziaria del 2007, nell'obiettivo di contenere il più possibile i costi per le famiglie, è stata data l'opportunità di potenziare il comodato d'uso, positivamente attuato in alcune realtà territoriali, ed agevolare l'attivazione della pratica del noleggio.
A questo fine sono stati predisposti specifici stanziamenti. Inoltre, per effetto della stessa legge finanziaria per il 2007, il tetto di spesa entro cui i collegi dei docenti debbono deliberare le adozioni dell'intera dotazione libraria sarà esteso a tutti gli anni di corso della scuola secondaria superiore. Anche quest'anno le scelte dei libri di testo sono state oggetto di monitoraggio, soprattutto riguardo ai costi e al rispetto dei tetti di spesa. Il Ministero, in una circolare di imminente emanazione, predisporrà una serie di ulteriori misure per contenere e verificare il rispetto del tetto di spesa e favorire la predisposizione dei testi in braille per gli allievi non vedenti.

PRESIDENTE. La deputata Sasso ha facoltà di replicare.

ALBA SASSO. Signor Ministro, mi ritengo in parte soddisfatta. Purtroppo, in Italia le leggi ci sono ma non sempre vengono fatte applicare, anche la questione del noleggio non è andata avanti. Ritengo che questo Governo abbia lodevolmente innalzato l'obbligo scolastico, portandolo a sedici anni (come già avviene da tempo in tutta Europa); oggi, infatti, si deve sapere di più, in ogni età della vita e in ogni tipo di lavoro.
Tuttavia, se davvero vogliamo parlare di riconoscere e premiare il merito, di premiare i capaci e i meritevoli - come si dice in Costituzione - la res publica, lo Stato deve mettere ragazze e ragazzi in grado di accedere a pieno titolo all'istruzione e sappiamo quanto pesi, in un bilancio familiare, il costo dei libri di testo, soprattutto all'inizio di ogni ciclo scolastico. Non possiamo permettere che vi siano famiglie che rinuncino all'istruzione.
Tutto quello che si fa, oggi, si fa su questo terreno, per rendere concreto un diritto e per garantire a tutte le ragazze e i ragazzi del nostro Paese pari opportunità. È questo il tema che ho posto.

(Iniziative per la piena operatività della normativa in materia di credito d'imposta a favore delle aree svantaggiate - n. 3-01398)

PRESIDENTE. Il deputato Li Causi ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01398, concernente iniziative per la piena operatività della normativa in materia di credito d'imposta a favore delle aree svantaggiate (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, nella seduta del 13 giugno 2007 avevo chiesto al Governo quali iniziative intendesse assumere al fine di ovviare al ritardo nell'avvio del regime del credito d'imposta previsto dalla legge finanziaria. Il Ministro Santagata rispondeva a quella interrogazione a risposta immediata, garantendo che in tempi rapidi - poche settimane - sarebbe arrivata la definitiva autorizzazione dell'Unione europea, necessaria per dare effettiva operatività a quanto previsto dalla suddetta legge finanziaria per il 2007.
Considerato che il credito d'imposta per i nuovi investimenti, principalmente nel meridione d'Italia, risulta essere di fondamentale importanza per l'economia di queste aree e malgrado le più ampie rassicurazioni da parte del Governo, non risulta ad oggi essersi avviato il regime del nuovo credito d'imposta, recando così notevoli e pesanti conseguenze alle imprese.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VITO LI CAUSI. Si chiede, allora, quali iniziative urgenti il Governo abbia intenzione Pag. 38di promuovere al fine di rendere pienamente operative le disposizioni previste nella legge finanziaria.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come l'interrogante stesso ha affermato, in una precedente risposta era stato ribadito l'impegno del Governo ad ottenere l'autorizzazione dell'Unione europea. Infatti, come è noto, l'efficacia di tali disposizioni in materia di credito d'imposta è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo. Questa autorizzazione non può essere rilasciata se non dopo l'approvazione della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, la cui predisposizione è stata curata dal Ministero dello sviluppo economico.
Il 30 marzo scorso, il Ministero dello sviluppo economico ha inviato alla Commissione europea, in prenotifica, la proposta di Carta italiana degli aiuti 2007-2013, sulla quale, il 2 maggio successivo, si è tenuto un primo confronto con la direzione generale della concorrenza.
Nel mese di giugno si è provveduto alla notifica formale della proposta italiana, cui ha fatto seguito una richiesta di informazioni aggiuntive da parte della Commissione europea.
Successivamente all'invio da parte delle necessarie informazioni da parte delle regioni interessate, il Ministero dello sviluppo economico ha dato riscontro alle richieste della Commissione fornendo tutte le spiegazioni e tutta la documentazione.
A questa interlocuzione sono seguiti due incontri formali: il primo tra il Ministro Bersani e il commissario alla concorrenza, la signora Kress, in data 5 ottobre, e il secondo a livello tecnico, in data 11 ottobre, nel corso dei quali sono stati ulteriormente chiariti alcuni aspetti tecnici che hanno conclusivamente soddisfatto la direzione generale della concorrenza.
Si è pertanto in attesa della conclusione delle procedure di consultazione interna da parte della Commissione europea, per l'adozione della decisione di approvazione della Carta, come segnalato dallo stesso Ministro Bersani con lettera del 24 ottobre scorso.
L'Agenzia delle entrate ha comunicato, infine, di aver già predisposto una bozza di circolare interpretativa sul nuovo regime del credito di imposta che è stata inviata ai servizi della Commissione europea per la valutazione di competenza.
Quindi, come vede, il Governo sta effettivamente seguendo la questione con grande impegno, perché vuole dare attuazione ad una scelta che noi abbiamo voluto e che è importante per lo sviluppo di quelle aree.

PRESIDENTE. Il deputato Li Causi ha facoltà di replicare.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, onorevole Ministro Chiti, la ringrazio. È evidente che il Governo non si sottrae al continuo confronto con le forze politiche e il Parlamento. A tale riguardo, vorrei ricordare l'impegno profuso in questo settore con la legge finanziaria dello scorso anno, ove è stato previsto un bonus per gli investimenti per il Mezzogiorno d'Italia.
Tuttavia, con rammarico, è da constatare che, nonostante gli sforzi dell'Esecutivo, ancora oggi tale bonus non risulta operativo. Inoltre, la mancata fruibilità di un incentivo come quello del credito di imposta per il Meridione d'Italia continua a frenare la risposta del Mezzogiorno, mentre gli stessi imprenditori - scoraggiati da una politica di sostegno non ben definita - potrebbero definitivamente stornare i propri capitali in maniera diversa.
Se, infatti, è vero che le politiche di sviluppo regionale comunitario alla base della nostra azione parlamentare mirano a recuperare il ritardo di sviluppo delle aree depresse dell'Unione europea, è necessario che queste regioni siano dotate concretamentePag. 39 degli strumenti idonei ad attirare quel capitale esterno che, combinato con quello locale, sia in grado di creare una accelerazione maggiore rispetto a quella delle aree più avanzate del nostro Paese, il tutto nel processo di crescita e produzione del reddito.
Tuttavia, per attivare nuovi capitali di investimento è necessario che il Governo sostenga con grande decisione gli strumenti agevolativi per il capitale privato al fine di rendere più appetibile - mi scusi per il termine - un investimento in aree che altrimenti resterebbero indefinitamente escluse da un'adeguata prospettiva di sviluppo economico.
Lo stop di Bruxelles alla Carta degli aiuti a finalità regionale, indispensabile - come lei stesso ha affermato - per l'operatività dei benefici alle imprese, inizia ad allarmare gli imprenditori. Inoltre, un sud d'Italia composto da gente che lavora, ha diritto al massimo impegno da parte del Governo per attuare quanto è stato già deciso ed è già a disposizione per il suo sviluppo economico (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

(Misure recentemente approvate dal Consiglio dei ministri in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali - n. 3-01399)

PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01399 concernente misure recentemente approvate dal Consiglio dei ministri in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, in data 30 ottobre 2007, il Consiglio dei ministri ha approvato il pacchetto sicurezza sulle piste da sci - prevedendo l'introduzione di nuovi obblighi e sanzioni nei confronti di chiunque pratichi lo sci, o altra pratica sportiva minore - il quale ha suscitato molte perplessità fra gli sciatori e non poche critiche, soprattutto negli ambienti interessati, con i quali non c'è stato confronto: gestori di impianti e maestri di sci.
Riteniamo sia giusto intervenire nella materia per salvaguardare maggiormente l'incolumità delle persone. Tuttavia, crediamo che il testo approvato dal Consiglio dei ministri presenti troppi punti in cui si sono volute dettare regole di controllo indiscriminato senza le necessarie differenziazioni. Alcune tra le misure previste sono: il controllo eccessivo sulle piste, il ritiro dello skipass anche per tre giorni, multe fino a 5 mila euro, costi aggiuntivi per i gestori e restrizioni del libero esercizio di diversi sport invernali fuori pista.
Chiediamo se il Governo...

PRESIDENTE. Deputato Brugger, deve concludere.

SIEGFRIED BRUGGER. ...non ritenga di dover aprire un reale confronto con le regioni e le province autonome interessate nonché con i gestori degli impianti per migliorare il testo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 30 ottobre è stato preceduto dalla costituzione di un tavolo di confronto con le regioni, con le province autonome, con gli enti locali e anche con i rappresentanti delle categorie interessate.
La proposta è stata inviata, prima dell'adozione in Consiglio dei ministri, alla Conferenza Stato-regioni e sono state accolte le principali richieste che in quella sede erano state formulate.
Il disegno di legge si propone di aumentare la prevenzione dei sinistri e la sicurezza degli sciatori, anche alla luce degli incidenti mortali della stagione invernale scorsa, mediante il rafforzamento della vigilanza e del soccorso sulle piste. Pag. 40Piste da sci più sicure costituiscono, oltre ad un dovere del legislatore, un'ulteriore opportunità per lo sviluppo turistico del settore. Viene esteso il potere di segnalazione dei maestri di sci di comportamenti che violano le norme sulla velocità e ogni altra condotta dello sciatore contraria alle disposizioni di legge.
Il disegno di legge introduce anche un regime sanzionatorio unitario a livello statale e una sanzione che è stata ritenuta di particolare efficacia, come il ritiro dello skipass giornaliero e la sospensione fino a un massimo di tre giorni del plurigiornaliero, facendo comunque salva la facoltà delle regioni di prevedere ulteriori sanzioni.
Rispetto a tale previsione che lei richiama, nessuna obiezione risulta essere stata mossa dalle associazioni dei gestori in questi incontri e dalle regioni e province autonome nelle sedi istituzionali cui ho fatto riferimento, anzi tale misura è stata considerata di grande efficacia e d'altra parte è prevista anche in altri paesi europei come, ad esempio, l'Austria.
Evidenzio piuttosto il fatto che solo alcune regioni ed una sola provincia autonoma hanno conformato la loro legislazione alla legge quadro 24 dicembre 2003, n. 363, nonostante il termine di sei mesi previsto per adeguarsi e tale difformità da regione a regione comporta particolari problemi per le aree sciabili che comprendono il territorio di più regioni.
Rispetto all'inasprimento del trattamento sanzionatorio va sottolineato che sanzioni fino a 5 mila euro sono già previste dalla vigente disciplina, ma esclusivamente a carico dei gestori che non ottemperino all'obbligo di esporre documenti relativi alle classificazioni delle piste, alla segnaletica, alle regole di condotta funzionali agli scopi di prevenzione e alla sicurezza degli sciatori.
Potrei continuare rispetto alle altre questioni specifiche che lei ha segnalato, ma mi pare che il problema non sia tanto questo. Il problema di fondo che lei pone riguarda il fatto che questo disegno di legge è ormai in via di trasmissione alle Camere. Nel corso dell'esame parlamentare possono essere recepiti miglioramenti che siano coerenti con quello che tutti condividiamo ossia come garantire sicurezza, trovando un equilibrio con la valorizzazione di questa attività e le dico fin d'ora che, nonostante questi confronti ci siano stati - come ho detto all'inizio - qualora ciò si renda utile...

PRESIDENTE. Ministro Chiti, deve concludere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. ...il Governo sarà disponibile ad ulteriori approfondimenti anche con i soggetti interessati così come da lei richiesto.

PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di replicare.

Testo sostituito con l'errata corrige del 8 NOVEMBRE 2007 SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, o meglio lo sono solo per l'ultima parte, quando lei afferma che c'è un'ulteriore possibilità di confronto. A quanto mi risulta, infatti, un confronto nella Conferenza Stato-regioni c'è stato, anche se più formale che sostanziale, mentre non mi risultano confronti con le categorie interessate, in modo particolare non mi risulta un confronto approfondito con l'Anes, l'associazione che riguarda i gestori di impianti.
Vorrei dire che ovviamente anche a noi sta a cuore l'incolumità delle persone sulle piste da sci e condividiamo sanzioni, anche severe, però per chi mette realmente in pericolo altre persone. Su tale punto vorrei essere molto chiaro: la sicurezza dipende in primo luogo dal comportamento individuale dello sciatore e non può essere un sistema di norme e disposizioni, anche abbastanza o molto macchinose, a penalizzare in modo indiscriminato tutti gli sciatori.
Vorrei solo ricordare che se andiamo avanti di questo passo, con segnaletiche ed ulteriori restrizioni, arriviamo ad avere una pista di sci come una strada, con un codice dello sci come un codice della strada. Questo è eccessivo, perché lo sci Pag. 41deve procurare piacere, non può essere qualcosa dove si hanno solo regole e nient'altro. Per questo, bisognerebbe focalizzare molto di più l'intervento normativo sul comportamento individuale.
Dopodiché è chiaro che questa legge comprende anche regolamenti su altri sport, che sono lo sci fuori pista, lo sci alpinismo...
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, o meglio lo sono solo per l'ultima parte, quando lei afferma che c'è un'ulteriore possibilità di confronto. A quanto mi risulta, infatti, un confronto nella Conferenza Stato-regioni c'è stato, anche se più formale che sostanziale, mentre non mi risultano confronti con le categorie interessate, in modo particolare non mi risulta un confronto approfondito con l'Anef, l'associazione che riguarda i gestori di impianti.
Vorrei dire che ovviamente anche a noi sta a cuore l'incolumità delle persone sulle piste da sci e condividiamo sanzioni, anche severe, però per chi mette realmente in pericolo altre persone. Su tale punto vorrei essere molto chiaro: la sicurezza dipende in primo luogo dal comportamento individuale dello sciatore e non può essere un sistema di norme e disposizioni, anche abbastanza o molto macchinose, a penalizzare in modo indiscriminato tutti gli sciatori.
Vorrei solo ricordare che se andiamo avanti di questo passo, con segnaletiche ed ulteriori restrizioni, arriviamo ad avere una pista di sci come una strada, con un codice dello sci come un codice della strada. Questo è eccessivo, perché lo sci Pag. 41deve procurare piacere, non può essere qualcosa dove si hanno solo regole e nient'altro. Per questo, bisognerebbe focalizzare molto di più l'intervento normativo sul comportamento individuale.
Dopodiché è chiaro che questa legge comprende anche regolamenti su altri sport, che sono lo sci fuori pista, lo sci alpinismo...

PRESIDENTE. Deputato Brugger, concluda.

SIEGFRIED BRUGGER. Concludo, Presidente. In questi casi non si tratta di discese, di piste di sci e regole troppo dettagliate proprio non servono.
Il confronto serve e io, da quel punto di vista...

PRESIDENTE. La prego, deputato Brugger, deve concludere.

SIEGFRIED BRUGGER... sono contento che almeno in questa fase dell'iter parlamentare ci sia un confronto ulteriore.

(Misure per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa anche attraverso l'utilizzo dell'esercito in Sicilia - n. 3-01400)

PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01400, concernente misure per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa anche attraverso l'utilizzo dell'esercito in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, signor Ministro, in Sicilia è ancora acceso e particolarmente vivo il dibattito tra chi vuole l'Esercito per contrastare la mafia e chi no. È un dibattito - lo ricordo - che si è aperto all'indomani di gravi e ripetuti attentati perpetrati dal racket del pizzo ai danni di numerosi imprenditori, fatti, questi, che indicano una forte recrudescenza dell'attività mafiosa.
Ma proprio i recenti successi delle forze dell'ordine, primo fra tutti l'arresto dei boss Lo Piccolo (e voglio ringraziare con l'occasione le forze di polizia di Palermo), dimostrano che se lo Stato dispiega tutti i mezzi necessari per quello che in gergo militare si chiama «sfruttamento tattico del successo», è possibile, concretamente, sperare nella sconfitta della mafia.
Molte, signor Ministro, sono ormai le voci che si levano a favore dell'intervento dell'Esercito in Sicilia: anche molti prefetti della Sicilia l'hanno chiesto espressamente. Ciò servirebbe per liberare le forze dell'ordine, sgravarle da quei compiti di controllo del territorio che, invece, potrebbero essere affidati all'Esercito, che riporterebbe sicuramente ancora di più la fiducia nella popolazione siciliana di sperare veramente che la fine della mafia sia ormai prossima e vicina.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, mi unisco al collega nel sottolineare l'impatto positivo dell'arresto avvenuto due giorni fa dei due Lo Piccolo, che erano e stavano diventando ormai le figure sempre più dominanti, il cui ruolo negli ultimi mesi, probabilmente, è una delle spiegazioni di una pressione che il mondo economico siciliano ha avvertito essersi accresciuta nei suoi confronti sul terreno delle estorsioni.
Una spiegazione che viene dalle forze dell'ordine e da coloro che seguono da vicino queste cose è che, proprio per dimostrare il suo assurgere a capo della mafia siciliana dopo la caduta di Provenzano, Lo Piccolo stesse fornendo dei contributi usuali alle famiglie, ai carcerati mafiosi e ad altri, sue risorse, e che quindi avesse aumentato la pressione estorsiva sul mondo economico e commerciale siciliano.
Questo lo dico perché c'è la ragionevole aspettativa che per il futuro, ma lo verificheremo presto, questa pressione possa diminuire in ragione del successo che abbiamo conseguito eliminando Lo Piccolo dalla scena.Pag. 42
Come lei diceva, la vicenda di questo arresto dimostra che un dispiegamento efficace di forze realizza dei risultati; aggiungiamo anche un dispiegamento di intelligenza investigativa, perché qui ce n'è voluta molta dopo che un precedente tentativo di ottenere lo stesso obiettivo, avvenuto nell'agosto, non aveva avuto successo.
L'impiego dell'Esercito, che viene suggerito nei momenti di punta di preoccupazione, di insoddisfazione (e questo è, se vogliamo, e speriamo in modo duraturo, un momento invece opposto, di punta di aspettative positive), presenta parecchi svantaggi. Il vantaggio qual è? Il vantaggio è che per la tutela,...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ...peraltro di obiettivi fissi e non di obiettivi mobili, un poliziotto può essere ritenuto sprecato, un soldato fa invece vigilanza fissa. Però, dobbiamo evitare situazioni nelle quali debba assolvere anche a compiti diversi dalla mera vigilanza.

PRESIDENTE. Ministro, deve concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Sto finendo. Il prezzo che si paga per avere la vigilanza degli obiettivi fissi da parte dei militari è molto alto: l'operazione avviata nel 2001 ha avuto un costo medio di 16 mila euro a soldato in più, aggiuntivi.

PRESIDENTE. Mi dispiace ma deve concludere, Ministro. La prego. I tempi valgono per tutti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Allora ci si domanda se, disponendo delle risorse, sia quello il modo migliore per spenderle.

PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di replicare per due minuti.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Ministro, credo che, di fronte a una possibile sconfitta della mafia, non ci siano risorse che tengano. Per carità, mi rendo conto che il Paese attraversa un momento difficile, siamo tutti alla ricerca di come far quadrare i conti: è un compito che voi tentate di assolvere alla meno peggio (piuttosto peggio che meglio per la verità in queste ore), con una legge finanziaria che non si capisce bene dove vuole andare a parare. Però, francamente, le risorse che possiamo impiegare in questo senso, credo debbano essere utilizzate in pieno.
Lei stesso, signor Ministro, ha sottolineato che il dispiegamento dell'Esercito avrebbe comunque sicuramente un effetto positivo, importante, io aggiungo determinante nella sconfitta, non nella lotta alla mafia. Sono tra coloro i quali si iscrivono al partito degli ottimisti, credono che la mafia possa essere sconfitta, non soltanto contrastata, e che possa essere vicino il momento in cui ci possiamo lasciare alle spalle questo fenomeno. E allora non possiamo trascurare alcuno sforzo.
Vede, signor Ministro, c'è in Sicilia una nuova consapevolezza morale e legalitaria; ci sono i giovani che manifestano in piazza, industriali e commercianti che sempre più spesso trovano il coraggio di denunziare chi cerca di taglieggiarli con il pizzo; c'è una nuova coscienza morale che sta sorgendo e che ha tanta fiducia non solo nella lotta alla mafia (perché su quella evidentemente confidiamo tutti, con un impegno diuturno, costante, giornaliero dello Stato, delle istituzioni, dei cittadini, delle forze politiche) ma ha la speranza, il desiderio e la consapevolezza che la vittoria è a portata di mano.
Il successo dell'altro ieri, con la cattura del boss Lo Piccolo, è qualcosa di straordinario perché si aggiunge a un successo clamoroso che è stato ottenuto poco meno di un anno fa,...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONINO LO PRESTI. ...con la cattura dell'altro capomafia, Provenzano. Siamo vicini, secondo me, alla sconfitta dell'organizzazione criminale.

Pag. 43

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, l'argomento è molto delicato.

PRESIDENTE. Sono obbligato a far valere il Regolamento per tutti.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, ancora un secondo.
Allora decidete una volta per tutte di dare veramente sfogo a tutte le energie possibili, per contrastare e debellare questo fenomeno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Invito tutti coloro che intervengono, sia che facciano le domande sia che rispondano, ad attenersi ai tempi previsti, che non sono una mia discrezionalità: sono fissati dal Regolamento. E dunque le domande devono essere composte in un minuto, la risposta del ministro in tre, la replica in due. Chiedo a tutti di attenersi, senza dover esporre il Presidente a questo compito antipatico.

(Carenza di mezzi e risorse a disposizione delle forze dell'ordine - n. 3-01401)

PRESIDENTE. Il deputato D'Alia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-01401, concernente carenza di mezzi e risorse a disposizione delle forze dell'ordine (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario, per un minuto.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, nel corso di un'intervista al TG1 lo scorso 4 novembre il Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha assicurato che sarebbero state erogate risorse per le politiche per la sicurezza nel nostro Paese, che sono stati stanziati nuovi fondi per quest'anno e che ne verranno stanziati altri per il prossimo. Nel corso dell'indagine conoscitiva che - come il Ministro sa - la I Commissione sta svolgendo, il Ministro Amato per primo, il Capo della polizia poi, e i sindacati delle forze di polizia da ultimo hanno lanciato un grido di allarme molto serio, responsabile e forte, che potrebbe essere sintetizzato nella battuta del prefetto Manganelli: stiamo raschiando il fondo del barile.
Poiché, ad oggi, non ci sembra che vi siano in proposito atti concreti, al di là degli annunci del Ministro dell'economia e delle finanze (peraltro non ne abbiamo riscontrati neppure nel famoso decreto-legge che ha utilizzato il cosiddetto tesoretto, attribuendo alle forze di polizia un'elemosina per talune questioni: penso ad esempio alle riassegnazioni)...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANPIERO D'ALIA. ...la domanda che noi rivolgiamo al signor Ministro in questo momento di particolare emergenza è quante e quali risorse potremo realmente e concretamente assegnare con la prossima legge finanziaria.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole D'Alia, poiché è dalla parte dell'assegnazione di risorse al Ministero dell'interno: il che è sempre apprezzato e gradito. Non posso comunque non constatare che - dopo una difficile gestazione, anche per quanto mi riguarda - il disegno di legge finanziaria, che dovrebbe approdare alla Camera la prossima settimana, ancorché nell'insieme dell'aggregato delle risorse destinate al Ministero dell'interno risulti ad un gradino inferiore rispetto a quello che in gergo chiamiamo l'«assestato» (cioè le risorse di bilancio a disposizione del Ministero dopo l'intervento del bilancio di assestamento dell'estate), invece, per la parte relativa alla pubblica sicurezza, ci pone in una condizione non molto, ma leggermente superiore con riferimento alle risorse di cui si disponeva nell'assestato per tale finalità.Pag. 44
Ho giudicato questo dato come positivo, constatando anche che ad esso si aggiungono tre ulteriori elementi che erano stati da me richiesti.
Il primo - che può apparir piccolo ma è in realtà importante - è che le amministrazioni che si avvalgono di poliziotti, a volte anche non per mansioni direttamente di polizia, o se li pagano o me li restituiscono. Ciò nell'ambito di un disegno che implica anche (e vi è un'altra norma del disegno di legge finanziaria su questo punto), tramite la mobilità interministeriale, il recupero di alcune migliaia di uomini che potranno essere rimandati a svolgere compiti di polizia sul territorio, essendo sostituiti da altri nello svolgimento di mansioni amministrative e di supporto.
Il secondo elemento va oltre quel che si può fare con la mobilità, poiché, per quanto quest'ultima possa aumentare il numero delle forze, lo fa comunque - purtroppo - a parità di un'età che è sempre più avanzata, a causa del blocco del turn over che opera da anni. Questo secondo elemento è dunque proprio l'apertura di tale blocco con riferimento a 4.500 unità, che saranno suddivise fra le diverse forze di polizia.
Il terzo elemento è lo stanziamento di un fondo di 100 milioni per il rinnovo dei mezzi, di cui 80 sono già destinati alla polizia e 20 ai vigili del fuoco.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. A questo proposito, prego sin d'ora la Camera di trasferire quel fondo dalla parte corrente - nella quale, per ragioni che mi sfuggono, risulta collocato nel testo del Senato - a quella in conto capitale, sede in cui più propriamente si dovrebbe trovare.
Non è moltissimo, ma è più di quel che abbiamo ora, e ci consente di aprire il 2008 con maggiore serenità.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Beh, ma allora giocate partita doppia: io invece sono solo!

LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente, onorevole Ministro dell'interno, noi l'attendiamo sempre con piacere non solo al question time, ma confidiamo anche in un'informativa che possa metterci a confronto sulle tante cose che lei avrà da dirci al riguardo, disponendo di informazioni che potrà fornire non solo a questo ramo del Parlamento ma anche ai cittadini italiani.
Certo, si tratta di un passo avanti, come lei ha significativamente affermato: vi è la possibilità di nuove assunzioni per 4.500 unità, ma teniamo conto che forse al Ministro dell'economia e delle finanze è sfuggito che mancano 16.100 unità di agenti della guardia di finanza, dei carabinieri e della Polizia di Stato, secondo le richieste che sono emerse alla Commissione affari costituzionali. Risorse pari a 120 milioni euro sono meglio che zero milioni, ma le forze di polizia, come lei sa, denunciano un ammanco di cassa di 240 milioni.
Si tratta quindi di un passo avanti, ma confidiamo che il Governo al Senato possa compiere un ulteriore passo avanti, altrimenti diventa difficile capire non certamente l'urgenza del decreto, ma come si voglia approfondire il tema della sicurezza in funzione di un rasserenamento della situazione del Paese e di un confronto reale con le forze di opposizione di questo Paese che hanno a cuore la sicurezza (ed in questo senso si pongono i finanziamenti alle forze di polizia ed il sostegno ad una sua eventuale azione in tale direzione come Ministro dell'interno).
Le aggiungo, onorevole Ministro Amato, nella speranza che il suo impegno in questa direzione prosegua con determinazione - anche con il sostegno di tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza dei cittadini -, che la legge finanziaria dello scorso anno prevedeva l'abolizione e la chiusura della dirigenza interregionale delle forze di polizia (mentre è rimasta quella dei carabinieri e della guardia di finanza).

PRESIDENTE. Deputato Volonté, deve concludere.

Pag. 45

LUCA VOLONTÈ. Sarebbe utile, forse, rivalutare quella scelta o comunque decidere, rispetto alla scelta già operata lo scorso anno, come arrivare ad un'efficiente sistemazione dell'organizzazione e del quadro complessivo delle forze di polizia all'interno del nostro territorio nazionale.
Buon lavoro, onorevole Ministro Amato, noi saremo qui ad aspettarla!

(Iniziative volte alla sospensione dell'applicazione del trattato di Schengen in relazione alla disciplina sul soggiorno di lungo periodo - n. 3-01402)

PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01402, concernente iniziative volte alla sospensione dell'applicazione del trattato di Schengen in relazione alla disciplina sul soggiorno di lungo periodo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario, per un minuto.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, Ministro Amato, credo che sia sotto gli occhi di tutti il fatto che il problema emerso con i fatti incresciosi degli ultimi giorni non costituisce un problema che esplode solo perché è accaduto un certo episodio a Roma: in Padania siamo subissati da questi eventi ormai da troppo tempo, e ciò deve farci riflettere!
Credo però che il compito di un Governo - e di un Ministro dell'interno in particolare - sia quello di fornire risposte certe.
Abbiamo appena letto cosa è uscito dall' «aria fritta» siglata a Palazzo Chigi tra il Primo Ministro rumeno e quello italiano: non ci aspettavamo niente di diverso, ma vi sottopongo una questione molto più concreta.
La gente fuori aspetta risposte concrete e non «aria fritta», nonché di sapere come si applicano le norme. Il trattato di Schengen prevede l'ingresso delle persone all'interno del nostro Paese e di quelli facenti parte della Comunità europea, o comunque dell'area Schengen (e ricordo che dal 21 dicembre ne entreranno a far parte altri nove), attraverso periodi di tre mesi o più lunghi, in base a determinate condizioni. Se però noi in qualche modo non certifichiamo l'ingresso delle persone che entrano (e basterebbe un semplice visto!), credo che in ciò vi sia davvero molta ipocrisia ed anche un paradosso. Altrimenti si fanno le leggi ma poi non vi sono i modi per poterle rispettare!

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, non vi è dubbio che il collega ha sollevato un problema che esiste e di cui sono l'ultimo a negare l'esistenza. Il problema, piuttosto, consiste nelle soluzioni alle quali possiamo pervenire nel contesto delle regole comuni che ci governano.
Tutti coloro che sono presenti in quest'aula sanno meglio di me che il trattato di Schengen - che costituisce ormai acquis comunitario - prevede certe regole, ma anche che si possano sospendere, stabilendo controlli efficaci, esclusivamente per periodi temporanei e per particolari esigenze di ordine o di sicurezza pubblica, cosa che ogni tanto accade e, quando possibile, può essere programmata, ma si ha anche il potere di farlo ex abrupto quando ciò è inevitabile (sebbene ciò porti a periodi di trenta giorni).
Personalmente, connetto il tema che lei solleva al fatto che oggi disponiamo di una norma presente nella direttiva n. 38 del 2004 sui movimenti dei cittadini comunitari, secondo la quale chi proviene anche da un altro Paese comunitario e che soggiorna sul nostro territorio da più di tre mesi deve essere in condizioni di dimostrare che possiede mezzi sufficienti, altrimenti viene allontanato. Abbiamo il problema di questa data certa che il trattato di Schengen aumenta, eliminando qualunque forma di controllo sulla data di ingresso.Pag. 46
Ci troviamo dinnanzi ad un ordinamento comunitario che, da un lato, con il trattato di Schengen abolisce ogni forma di controllo sull'ingresso e, dall'altro, prevede che si possa espellere qualcuno nel caso in cui si sappia che è sul territorio nazionale da più di tre mesi. In tale contesto, le confesso che mi sto domandando - sto facendo istruire la questione dai miei uffici - se non sia possibile prevedere che, in assenza di una data certa di ingresso definita a carico di chi entra, si possa presumere che il soggetto sia nel Paese da più di tre mesi e, in tal caso, in assenza di mezzi leciti di sussistenza, lo si possa allontanare. Forse, possiamo adottare tale soluzione, che è compatibile con l'ordinamento comunitario. Ciò mi sembra fattibile, mi sto già adoprando in tal senso.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di replicare per due minuti.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Ministro, credo che la sua risposta sia abbastanza disarmante. Infatti, se qualcuno sta ascoltando - mi rendo che non la sta ascoltando tutto il Paese, ma sarebbe stato utile - lei ha ammesso che come Ministro, ma in particolare questo Governo, non è in grado di poter gestire il fenomeno.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. No, è Schengen, non è questo Governo!

ANGELO ALESSANDRI. State studiando, lei pensa di poterci riuscire, di poter presumere, dando mandato agli uffici, che forse si troverà una soluzione. Tuttavia, le persone continuano ad entrare e lei ha ammesso pochi giorni fa che è in corso un'invasione. Credo che quello che è scoppiato sia molto grave.
Noi della Lega Nord lo abbiamo sempre detto; cominciamo anche con le amministrazioni, signor Ministro! Facciamo una bella moratoria per i campi nomadi che escono dalle regole e che non potete mai andare a controllare. Reintroduciamo la moratoria, soprattutto con l'ingresso di rumeni e bulgari parificati ad europei, come era già previsto e si poteva fare visto che l'invasione era precedente al primo gennaio del 2007.
Tuttavia, è necessario un Governo che abbia la volontà di mostrare i muscoli nei momenti in cui vi è la necessità di reagire. Credo che non abbiate tale capacità e tale forza. Ascoltate la Lega Nord! Siamo gli unici che vi danno i consigli per tempo. Fate sempre scappare i buoi fuori dalla stalla quando è troppo tardi. Mi auguro e spero che noi, insieme alla nostra gente, chiuderemo alla svelta quella stalla e quella porta e voi rimarrete fuori con quei buoi che continuate a difendere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Bell'intervento!

(Misure per garantire la sicurezza nei centri urbani e iniziative per la modifica della normativa sul possesso delle armi - n. 3-01403)

PRESIDENTE. Il deputato Naccarato ha facoltà di illustrare l'interrogazione Zaccaria n. 3-01403, concernente misure per garantire la sicurezza nei centri urbani e iniziative per la modifica della normativa sul possesso delle armi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario, per un minuto.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Ministro, nei giorni scorsi si sono verificati due diversi episodi, che hanno fortemente turbato l'opinione pubblica. A Guidonia sono state uccise due persone da un ex ufficiale dell'esercito, che ha sparato dalla sua abitazione. A Roma è stata barbaramente uccisa Giovanna Reggiani dal cittadino romeno Nicolae Mailat.
Il primo episodio evidenzia i limiti della normativa sui controlli delle condizioni fisiche e psichiche necessarie per possedere armi da fuoco. Il secondo fatto si aggiunge al clima di violenza diffusa che provoca un senso di insicurezza e Pag. 47paura tra i cittadini, in particolare nelle aree urbane. Prima di tali episodi, il Governo ha varato alcuni disegni di legge per garantire maggiore sicurezza ai cittadini e per dotare magistratura e forze dell'ordine di strumenti efficaci per contrastare e reprimere la criminalità e la violenza. La parte di tali norme concernente le espulsioni è stata trasferita in un decreto-legge che il Parlamento dovrà rapidamente convertire in legge. Si tratta di provvedimenti utili, attesi da tempo, che consentono, al di là della propaganda - che abbiamo appena ascoltato anche in quest'aula e che troppo spesso si fa su tale materia, anche alla luce dell'assoluta inefficacia dimostrata dalla normativa in vigore sulle espulsioni, la cosiddetta legge Bossi-Fini - di affrontare in modo serio l'effettiva esecuzione dell'espulsione.

PRESIDENTE. Deputato Naccarato, la prego di concludere.

ALESSANDRO NACCARATO. Si chiede di sapere quali ulteriori misure il Governo intende adottare per assicurare la sicurezza dei cittadini romani e quali provvedimenti intende assumere per modificare la norma sul possesso delle armi da fuoco.

PRESIDENTE. Un minuto è un minuto, scusi la banalità!
Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, il Ministro è terrorizzato dal fatto di superare il tempo che ha a disposizione! Chiedo scusa, Presidente, ma fa bene a richiamarci ai tempi perché è una regola oggettiva e noi dobbiamo rispettarla.
Ringrazio gli onorevoli interroganti per questo atto di sindacato ispettivo che entra in un terreno con riferimento a regolazioni che sono state da tutti condivise quando hanno fatto ingresso nel nostro ordinamento, e di cui ora dobbiamo constatare la parziale inadeguatezza. Vorrei che i colleghi della Lega, che ora sono scomparsi dopo aver fatto la loro parte, andassero a rileggere gli atti parlamentari del momento in cui, nella precedente legislatura, venne deliberato e votato l'ingresso finale della Romania e della Bulgaria nell'Unione europea. Non una parola! Nessuno che evocasse le misure di contenimento di possibili ingressi, nessuno che segnalasse il rischio di possibili invasioni! E ora mi devo sentir dire: «Noi ve l'abbiamo detto per tempo». No! Voi non l'avete detto per tempo, lo state dicendo ora! Allora, furono dette cose totalmente diverse e le regolazioni, tra le quali, in particolare, la direttiva del 2004 che regola l'ingresso in ciascun Paese di altri cittadini comunitari, è stata deliberata dal Consiglio dei ministri europei nel 2004, quando non vi era ancora questo Governo!
Non voglio fare lo scaricabarile, ma dal momento che ci troviamo di fronte ad un problema comune, affrontiamolo in modo comune e smettiamola con questa ridicola scena che dei movimenti che riguardano il mondo intero, la colpa o è mia o è di Fini!
Vi è qualcosa di più grosso, ed è in relazione a questo che oggi, giustamente, il Presidente del Consiglio italiano ha convinto il suo collega rumeno a scrivere una lettera comune al Presidente della Commissione, ponendo il problema in sede europea, compreso il rafforzamento di norme varate nel 2004, nell'aspettativa che si spostasse da un Paese all'altro solo qualche professionista, attore o lavoratore, e non centinaia di migliaia di esseri umani!
Quanto all'altro episodio, ho avviato in sede di Governo, avendolo diramato...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ... un disegno di legge che modifica le norme sul porto d'armi e prevede controlli severi e ripetuti sull'idoneità fisica e psichica di chi possiede le armi, proprio per evitare che si ripetano fatti come quello di Guidonia.

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PRESIDENTE. Il deputato Zaccaria ha facoltà di replicare per due minuti.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Ministro, lo ringraziamo e ci è utile chiarire anche questo supplemento di intervento da lei svolto con riferimento alla questione della sicurezza e al rapporto tra il nostro ordinamento e le norme comunitarie, in particolare quelle approvate nel 2004, che sono state attuate dal Governo di centrosinistra nel 2007, e che comportano delicati problemi di ordine anche costituzionale. A noi questo punto è chiaro, come è chiaro che l'intervento di urgenza (e non di emergenza), che il Governo ha predisposto, anticipando alcune disposizioni, tende a rispondere a problemi che acquistano una carica particolare - vorrei dire simbolica - come è stato fatto con riferimento alle vicende del calcio, quando un caso emblematico, quale quello di Catania, ha consentito poi al Governo di intervenire e di ottenere dei risultati in questa materia.
Riguardo al problema cui si riferisce in particolare la vicenda di Guidonia, mi fa piacere apprendere che vi è un'iniziativa del Governo al riguardo. Casi analoghi si verificano anche all'estero, e non solo negli Stati Uniti, dove è molto facile disporre delle armi, ma anche nella più rigorosa Inghilterra. Ricordo, ad esempio, l'episodio avvenuto in Scozia, quando mi pare che furono uccisi sedici bambini e Tony Blair colse l'occasione per varare una normativa più rigorosa, soprattutto sulla detenzione delle armi e le visite mediche.
Ricordo, tra l'altro, che vi è stato un caso recente in cui le visite mediche effettuate con leggerezza sono state sanzionate dalla magistratura. È importante anche distinguere tra la detenzione di un'arma (quindi la licenza di porto d'armi) e la detenzione di arsenali che, effettivamente, nei casi visti sono al di fuori, a volte, delle disposizioni normative. Credo, quindi, che sia giusto intervenire su questa materia, e ciò che lei ha affermato ci rassicura ulteriormente.

(Iniziative normative per definire criteri di priorità nella trattazione dei processi in relazione all'applicazione dell'indulto concesso con la legge n. 241 del 2006 - n. 3-01404)

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01404, concernente iniziative normative per definire criteri di priorità nella trattazione dei processi in relazione all'applicazione dell'indulto concesso con la legge n. 241 del 2006 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), per un minuto.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, Signor Ministro, il gruppo Italia dei Valori era contrario all'indulto, non solo e non tanto perché avrebbe assunto vastissime proporzioni - oltre 26 mila scarcerati e oltre 40 mila beneficiari - ma anche perché concedeva un bonus di tre anni di reclusione «a futura memoria» per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, anche se i processi non erano conclusi con sentenza definitiva.
Prevedevamo che in questa situazione gli operatori sarebbero stati demotivati nel celebrare i processi per condanne che non sarebbero mai state eseguite. Inoltre, queste norme avrebbero creato una «zavorra giudiziaria», che secondo il Consiglio superiore della magistratura rappresenta oltre l'80 per cento dei processi pendenti, e avrebbero intralciato il lavoro giudiziario e la celebrazione degli altri processi.
Ella, rendendosi conto dell'inconveniente, assai responsabilmente chiese al CSM la fissazione di regole di priorità, che, però, secondo quell'organo, compete solo alla sede legislativa. Le chiedo, quindi, Signor Ministro, di sapere se ella ritiene...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. ...se vi sia ancora l'esigenza di stabilire i criteri di priorità nella trattazione, che pongano in posizione residuale i processi in questione o, comunque, come ritiene che il problema possa essere risolto.

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PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, premetto che ho già avuto modo di affrontare tali problemi connessi all'adozione della cosiddetta «circolare Maddalena», in quanto ho risposto al riguardo a più riprese in sede di sindacato ispettivo. In questa occasione, quindi, mi limiterò soltanto a ricordare che i dirigenti degli uffici inquirenti e giudicanti possono e devono, nell'ambito delle competenze in tema di amministrazione della giurisdizione, adottare iniziative e provvedimenti idonei ad elaborare soluzioni organizzative dirette ad assicurare la più sollecita definizione dei processi pendenti.
Anzi, voglio sottolineare che lo stesso CSM, in attuazione dell'articolo 227 del decreto legislativo n. 51 del 1998, sul giudice unico di primo grado, ha dettato criteri e priorità e prospettato molteplici soluzioni operative volte alla gestione dell'arretrato esistente presso gli uffici giudiziari. Successivamente, a seguito della legge n. 241 del 2006, di concessione dell'indulto, è stata prospettata da più parti la possibilità di differenziare, rispetto agli altri procedimenti, la tempistica dei processi penali interessati all'indulto.
In questa prospettiva, che trova fondamento nei principi di buon andamento dell'amministrazione sanciti anche dagli articoli 97 e 111 della Costituzione, con nota del 13 settembre 2006 ho proposto - l'ha ricordato l'onorevole Palomba - al CSM e ai magistrati dirigenti degli uffici la possibilità di adottare la stessa ratio del sistema indicato dal citato articolo 227, così da venire incontro alle esigenze che sono state richiamate. Ovviamente, tutte le iniziative adottate dai capi degli uffici al fine di razionalizzare la trattazione degli affari non possono prescindere dal principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, ovvero non possono operare, in via di principio, una selezione dei procedimenti, per destinarne alcuni alla non trattazione.
Si aggiunga anche che l'iniziativa del dottor Maddalena non blocca i procedimenti penali suscettibili di indulto, ma consiglia soltanto un'estesa applicazione dell'articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Peraltro, la preoccupazione che l'ufficio della procura possa, attraverso propri orientamenti organizzativi, come la circolare in esame, condizionare l'attività giurisdizionale in senso stretto non è configurabile, giacché l'iniziativa del pubblico ministero si limita al potere di richiesta e non integra certo i provvedimenti definitivi. Questi ultimi sono, infatti, riservati al giudice, ovvero ad un organo terzo, cui spetta il potere di accertare se ricorrono gli elementi sufficienti per sottoporre l'imputato a giudizio, affinché l'eventuale richiesta di archiviazione non rappresenti un'elusione dell'obbligo di esercitare l'azione penale, anche quando sia applicabile il beneficio dell'indulto.
Per tali ragioni, ritengo che la «circolare Maddalena» e analoghe iniziative rientrino, in generale, nei poteri di organizzazione propri del capo dell'ufficio. Al riguardo rilevo, altresì, che anche il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 15 maggio 2007, ha adottato, anche se a maggioranza, una delibera nella quale ha preso atto, allo stato, dell'adeguatezza dei moduli organizzativi adottati con la circolare del procuratore della Repubblica di Torino.
Il Governo non è inattivo rispetto all'intera materia, che riguarda lo smaltimento di una serie di vicende, e prossimamente sarà presentato un disegno di legge per la riforma organica della magistratura ordinaria.

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di replicare, per due minuti.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la chiarificazione resa sulla materia in discussione: mi sembra di aver capito che il Ministro non reputi necessario un intervento legislativo, ma consideri che, nell'ambito e nella sfera dell'autorganizzazione, ogni ufficioPag. 50 possa determinarsi come ritiene. Questa situazione crea alcuni problemi, come il signor Ministro può comprendere.
Il fatto che il CSM abbia dichiarato che la «circolare Maddalena» non sia «irritante» rispetto ai principi generali non significa che, forse, non sarebbe stato necessario un provvedimento normativo di carattere generale, che indicasse le priorità nella trattazione dei processi. Prendiamo comunque atto, signor Ministro, della sua risposta, e la ringraziamo.

(Misure per il potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona (Chieti) - n. 3-01405)

PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01405, concernente misure per il potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona (Chieti) (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor Ministro, il tribunale di Ortona, dal 2001, ha una nuova struttura, attesa da decenni e costata diversi milioni di euro. Ultimamente, il consiglio dell'ordine degli avvocati di Chieti ha lanciato l'allarme di una sua paventata chiusura, al quale ha fatto eco il consiglio comunale di Ortona, che ha fermamente respinto tale ipotesi. In organico, attualmente, vi è un solo giudice per i processi civili, ed alcuni intervengono occasionalmente per quelli penali. Il vero problema, comunque, è il personale di cancelleria, composto da due soli impiegati, uno prossimo alla pensione e l'altro inabile per malattia. Per tale carenza è probabile che, sin dal prossimo dicembre, tutte le udienze siano sospese.
Signor Ministro, alla luce di quanto esposto, le chiedo se non ritenga opportuno prevedere un potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona, in modo da garantirne funzionalità ed efficienza.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere, in sostituzione del Ministro della giustizia, Clemente Mastella, che si è dovuto recare in Senato.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, prima di entrare nel merito delle specifiche questioni sollevate dall'onorevole interrogante, ritengo opportuno rassicurarlo in merito alla paventata chiusura della sezione distaccata di Ortona. Il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi non ha avviato alcuna iniziativa tesa alla sua chiusura, né mi risulta sia stata prospettata un'azione diretta a ridimensionare l'organico del personale amministrativo del tribunale di Chieti, di cui Ortona costituisce sezione distaccata.
Rappresento, comunque, che, secondo i dati trasmessi dal dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, la pianta organica del personale amministrativo del tribunale di Chieti è stata rideterminata con il decreto ministeriale 8 marzo 2007 e che attualmente, a fronte di otto unità previste in organico, nell'ufficio di Ortona sono presenti sette dipendenti: il solo posto vacante è quello di cancelliere C2. Sono coperti, infatti, gli organici di cancelliere C1 (due unità), di cancelliere B3 (un'unità), di operatore giudiziario B2 (due unità) e di ausiliario A1 (due unità). Peraltro, fino allo scorso mese di ottobre, era in servizio un'unità con contratto a tempo determinato (un ex lavoratore socialmente utile), oltre a un operatore giudiziario B2, in posizione soprannumeraria rispetto alla dotazione organica, cessato dal servizio per motivi di salute.
Per quanto riguarda, poi, la situazione relativa al personale amministrativo, si rappresenta che, nell'ufficio UNEP di Ortona, a fronte di un organico di nove unità, sono presenti otto dipendenti. Il solo posto vacante è quello di ufficiale giudiziario C2, relativo a una posizione economica introdotta in funzione delle procedure di riqualificazione e per la quale, allo stato, non esiste personale in servizio. Nell'ufficio del giudice di pace, Pag. 51infine, a fronte di cinque unità previste in organico, sono presenti sei dipendenti, due dei quali nelle posizioni economiche C1 e B3, comandati ai sensi dell'articolo 26, comma 4, della legge n. 468 del 1999.
L'unico posto vacante di operatore giudiziario B1 è stato pubblicato con interpello per la mobilità interna del 10 maggio 2007. In considerazione dei dati che ho sinteticamente esposto, ritengo che la situazione dell'ufficio giudiziario di Ortona non sia dissimile da quella di molte altre sedi giudiziarie e che molti dei problemi evidenziati dall'onorevole Catone possano essere arginati dal presidente della Corte d'appello dell'Aquila. Questi, infatti, può intervenire sulle situazioni di maggior disagio, mediante l'applicazione di personale proveniente da altri uffici del distretto, secondo quanto sancito dall'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna, sottoscritto dall'amministrazione con le organizzazioni sindacali il 27 maggio 2007.
In ogni caso, in considerazione del carico di lavoro gestito dall'ufficio giudiziario di Ortona e proprio per sopperire alle necessità evidenziate dall'onorevole interrogante, manifesto sin d'ora la disponibilità dell'amministrazione ad attivare il comando di dipendenti di altre amministrazioni del comparto ministeri.

PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di replicare.

GIAMPIERO CATONE. Mi dispiace sinceramente che non ci sia il Ministro Mastella a rispondere, perché citare nomi, date e organici non rispondenti alla realtà, solo per il gusto di citarli, è molto facile. Di fatto, il tribunale di Ortona rischia di chiudere dal prossimo mese di dicembre, perché privo di organico. Quanto al personale di canecelleria, un conto sono i distacchi immediati per garantire lo svolgimento di alcune udienze, mentre altro conto è il personale facente parte dell'organico del tribunale di Ortona, che è vero che è una sezione distaccata del tribunale di Chieti, ma è l'ufficio giudiziario di Ortona, e quindi dovrebbe avere organici effettivi propri.
Soffermandomi su un altro punto, tengo a precisare che non ho mai parlato di ridimensionamento, ma di organici effettivi. Mi sembra che il tribunale di Ortona non li abbia, e che non abbia nemmeno molti giudici. Non basta dire che il presidente della Corte d'appello dell'Aquila può sopperire; stiamo chiedendo al Ministro della giustizia di intervenire: non si può sempre attingere da altre situazioni.
Per quanto riguarda le assicurazioni, ne abbiamo ricevute tante da questo Governo e dal Ministro Mastella. Colgo l'occasione per elencarne alcune ancora in sospeso, che stanno molto a cuore alla Democrazia Cristiana per le Autonomie: la soppressione della direzione generale regionale della giustizia a L'Aquila; un'interpretazione autentica della legge sulla professione di giornalista, inerente al precariato, di competenza del Ministero della giustizia, la cui mancanza pone a rischio centinaia di posti di lavoro; il caso degli agenti di polizia penitenziaria di Marassi e di altre case circondariali. Potrei continuare, ma preferisco fermarmi qui.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIAMPIERO CATONE. Nonostante tutto, resto fiducioso su un serio, vero e proficuo intervento da parte di questo Ministero.

(Elementi in merito a detenuti deceduti per malattia in carcere, in ospedale o nella propria abitazione - n. 3-01406)

PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01406, concernente elementi in merito a detenuti deceduti per malattia in carcere, in ospedale o nella propria abitazione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

SERGIO D'ELIA. Signor presidente, signor Ministro, il caso che le sottopongo non riguarda la lotta alla mafia, sulla quale siamo tutti d'accordo, ma riguarda Pag. 52semmai i metodi con cui la conduciamo, la nostra umanità, il nostro senso dello Stato di diritto e, soprattutto, il rispetto delle regole basilari del nostro ordinamento, in primo luogo del diritto alla salute, anche delle persone detenute.
Si tratta della vicenda di Antonio Cordì, detenuto ai sensi dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, il cosiddetto «carcere duro», morto per un tumore. Morto il detenuto, come si suol dire, il caso è chiuso. Non è chiuso per me, non è chiuso per noi e non dovrebbe esserlo neanche per il Ministro della giustizia. A parer mio, ci sono responsabilità, comportamenti omissivi e, quanto meno, inadempienze, non so se dell'amministrazione penitenziaria, sicuramente della magistratura di sorveglianza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SERGIO D'ELIA. Le chiedo di accertare queste responsabilità, e di dirci quanti sono i casi di detenuti morti in regime di 41-bis, oppure nelle loro abitazioni o in ospedale, dopo essere usciti da tale regime.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. In risposta all'interrogazione dell'onorevole D'Elia, comunico che i detenuti deceduti in carcere per cause naturali nell'anno 2006 sono stati 84, e 70 nel 2007, fino alla data odierna. Nessun dato può essere invece fornito in merito ai detenuti usciti dal carcere per sospensione della pena per malattia e successivamente deceduti in ospedale o presso la propria abitazione, trattandosi di eventi avvenuti al di fuori del contesto carcerario.
Quanto alla vicenda di Antonio Cordì, mi riporto integralmente alle notizie già riferite in data 7 marzo 2007, in occasione della risposta al question time a cui faceva riferimento l'onorevole interrogante, comunicate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dalle autorità giudiziarie competenti. L'amministrazione penitenziaria ha posto in essere tutti gli interventi in suo potere per assicurare al Cordì le cure prescritte di volta in volta dagli specialisti che lo hanno seguito, osservando puntualmente le loro indicazioni terapeutiche.
Il regime detentivo speciale, di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, è stato confermato, pur in presenza della ben nota patologia sanitaria del predetto, poiché ritenuto necessario dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, in virtù dello spessore criminale del soggetto e del suo ruolo di vertice, non affievolito dalla malattia, in un'organizzazione criminale di carattere mafioso.
Si fa presente che il detenuto Cordì era stato scarcerato in virtù del provvedimento emesso in data 30 aprile 2007 dal tribunale di sorveglianza di Napoli, in quanto ammesso ad un periodo di detenzione domiciliare di sei mesi presso il reparto oncologico dell'ospedale Cardarelli di Napoli. In data 11 giugno 2007, il magistrato di sorveglianza rigettava la richiesta di prosecuzione della misura alternativa presso l'abitazione del condannato, in Locri, ritenendo che la condizione clinica del Cordì, affetto da carcinoma polmonare, richiedesse cure ospedaliere. In data 26 luglio 2007 il difensore reiterava l'istanza di prosecuzione della misura presso la residenza del Cordì o presso il nosocomio di Locri. Il magistrato di sorveglianza di Napoli la respingeva nuovamente in data 3 agosto, ritenendo che il reparto oncologico del Cardarelli garantisse cure più adeguate dell'ospedale di Locri, privo di reparto specialistico. In data 7 agosto il magistrato di sorveglianza di Napoli, sulla base della relazione sanitaria ricevuta il 6 agosto, sospendeva provvisoriamente l'esecuzione della pena, alla luce del peggioramento delle condizioni di salute del condannato.
La sequenza dei fatti, così ricostruita, non dimostra alcuna violazione dei diritti del Cordì e non suggerisce perciò altri accertamenti sulla condotta della magistratura di sorveglianza.

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PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di replicare.

SERGIO D'ELIA. Signor Ministro, non sono assolutamente soddisfatto della risposta. Il signor Cordì è stato affetto da un cancro, che gli è stato diagnosticato la prima volta nel febbraio 2006: è stato ricoverato in ospedale soltanto alla fine di luglio e, quando è stato ricoverato, il primario dell'ospedale ha riscontrato condizioni di salute così gravi da ritenerlo inoperabile, perché le metastasi si erano estese in tutto il corpo. Quindi sono passati mesi, da febbraio a luglio, senza che si effettuasse l'intervento chirurgico.
Il 7 marzo scorso, rispondendo alla mia interrogazione, il Ministro della giustizia affermava che la situazione era sotto controllo e il detenuto era sottoposto a trattamenti sanitari adeguati. Solo alla fine dell'aprile scorso, Cordì veniva ricoverato in ospedale nelle condizioni di detenzione domiciliare, come lei ha ricordato. Il 1o giugno il difensore avanzava richiesta di sospensione della pena per gravi motivi di salute: tale richiesta, come lei ha riferito, è stata respinta. Il 2 agosto il detenuto è entrato in stato di incoscienza. Il 6 agosto è entrato in coma e lei ci conferma che il 3 agosto, cioè tre giorni prima che il detenuto entrasse in comma, il magistrato di sorveglianza ha ritenuto di non dover concedere al Cordì di morire a casa sua, invece che in un ospedale. Pertanto, Cordì è arrivato la sera del 7 agosto nella sua abitazione di Locri - dove è morto dopo alcune ore - e ci è arrivato in coma.
Le sembra umano? Le sembra civile? Le sembra cristiano, questo? Tutto ciò risponde ad una logica, e anche ad una semplice verità: dal 41-bis si può uscire soltanto in due modi, o da pentiti oppure, come si suol dire, con «i piedi davanti», cioè da morti.

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

SERGIO D'ELIA. Molti saranno contenti - concludo Presidente - perché un mafioso, o presunto tale, se n'è andato all'altro mondo. Vorrei che lei, signor Ministro, valutasse che, poiché questo uomo è morto in tale modo, se n'è andata all'altro mondo anche un po' della nostra umanità e della nostra civiltà giuridica (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

(Vicenda del decesso verificatosi recentemente nel carcere di Capanne (Perugia) e iniziative per scongiurare ulteriori eventi analoghi - n. 3-01407)

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01407, concernente la vicenda del decesso verificatosi recentemente nel carcere di Capanne (Perugia) e iniziative per scongiurare ulteriori eventi analoghi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, il caso oggetto dell'interrogazione è quello tragico del signor Bianzino, che è stato imprigionato il 12 ottobre 2007 ed è stato ritrovato morto il giorno dopo nella sua cella di isolamento. Il medico ha rilevato lesioni che accreditano l'ipotesi di omicidio: quattro commozioni cerebrali, lesioni al fegato, due costole rotte. Sul caso Amnesty International e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura hanno aperto dei dossier e, tra l'altro, i familiari non hanno ancora potuto vedere il corpo del congiunto.
Tutto ciò è avvenuto in un carcere in cui, negli ultimi due anni, si sono verificate morti in circostanze misteriose: un infarto per il quale non si capisce se i soccorsi siano stati tempestivi, ed altri casi di overdose.
Intendo semplicemente capire quali strumenti di informazione il Ministero competente intenda acquisire e mettere in atto per chiarire questa dolorosa vicenda e assicurare ai cittadini che il carcere, oltre che un luogo di pena, non sia anche un luogo di paura e di sofferenza indebite.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

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GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, nel rispondere agli onorevoli interroganti premetto che tutte le notizie e le informazioni che riferirò in merito all'avvenuto decesso del detenuto Aldo Bianzino sono state comunicate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia.
Il signor Bianzino è stato arrestato il 12 ottobre 2007 per violazione della legge sugli stupefacenti e ha fatto ingresso nella casa circondariale di Perugia alle ore 18,40 del 12 ottobre 2007. Sottoposto a visita medica di primo ingresso, è stato trovato in discrete condizioni di salute e senza alcuna lesione fisica. Contestualmente è stato collocato da solo in una cella ubicata presso la sezione cosiddetta zona filtro, per valutare la presenza di fattori di rischio connessi alle sue condizioni di soggetto facente uso da più di venti anni di sostanze stupefacenti, ma non seguito dal SERT.
Secondo quanto certificato dal medico di guardia e dal medico legale, che è intervenuto su disposizione dell'autorità giudiziaria, il decesso del signor Bianzino è avvenuto alle 8,10 del 14 ottobre 2007. Da un primo esame clinico, entrambi i sanitari non hanno riscontrato sul cadavere la presenza di segni di traumatismo esterno o di agopuntura e hanno ricondotto la morte del detenuto «ad un'insufficienza cardiaca acuta di natura da determinarsi con esame autoptico ed eventuale esame tossicologico». Inoltre, è stato attestato che il Bianzino è stato trovato privo di coscienza sul letto della sua cella e che, nel vano tentativo di rianimarlo, gli è stato praticato il massaggio cardiaco per ben ventidue minuti.
In ogni caso, sia i tempi, sia le modalità e le cause del decesso del signor Bianzino sono al vaglio del consulente medico legale nominato dalla magistratura inquirente perugina, che ha dato inizio all'attività d'indagine proprio sulla scorta delle informazioni trasmesse dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
L'ipotesi che la morte del signor Bianzino possa essere conseguenza di una condotta colpevole, sia pur di natura esclusivamente omissiva, è uno dei temi delle investigazioni in corso, alle quali concorrano anche consulenti tecnico-medici legali nominati dalla famiglia del defunto.
Il procuratore della Repubblica di Perugia ha comunque precisato che attribuire la causa della morte ad un evento patologico o violento costituirebbe attualmente affermazione imprudente, priva di supporto scientifico certo e non accreditata dal complesso delle indagini svolte finora.
Sottolineo che la procura di Perugia, in collaborazione con la squadra mobile della questura di Perugia e con il personale del nucleo investigativo centrale del DAP, sta accertando l'esatto svolgimento di quanto accaduto nella casa circondariale di Perugia e che, proprio per effetto dell'avvio dell'indagine giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria non ha intrapreso ulteriori attività amministrative di contenuto sovrapponibile a quello dell'indagine preliminare.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Allo stato, la condotta dell'amministrazione è concentrata sull'esatto e tempestivo adempimento delle deleghe di indagine ricevute dal magistrato, al cui esito si riserva la decisione su eventuali altre iniziative.

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare per due minuti.

ALBERTO BURGIO. Signor Ministro, in realtà riguardo alle cause del decesso lei sa che le versioni sotto molteplici, perché il medico legale Lalli ha ritenuto di potere escludere con certezza una causa cardiaca e, d'altra parte, il pubblico ministero Pedrazzini ritiene che ormai si debbano giudicare prevalenti le ipotesi di morte violenta del Bianzino.Pag. 55
È chiaro, comunque, che con la risposta il Ministero si è impegnato a prestare particolare attenzione su questo caso, che evidenzia profili oscuri, e, più in generale, vorremmo pregare lei e la persona del Ministro Guardasigilli di prestare particolare attenzione alle vicende di un carcere che certamente si distingue per qualche problema di troppo.
Signor Ministro, potrei ricordarle che uno dei principi dell'illuminismo giuridico e - direi - della civiltà è che la qualità di una forma della convivenza civile e, persino, della legittimità di uno Stato e di un sistema istituzionale si misura anche per il trattamento riservato agli ultimi e, tra gli ultimi, vi sono indubbiamente anche le persone detenute e private della libertà.
Lei ha rivolto un accenno alla legge in vigore sulla detenzione e sull'uso delle sostanze stupefacenti, una legge che genera, autorizza e, in qualche modo, impone condanne esorbitanti: è di oggi la notizia di una condanna a quattro anni nei confronti di una persona che è stata sorpresa in possesso di 1,3 grammi di hascish: ben quattro anni di carcere! Proprio questa legislazione proibizionista è una causa certo non diretta, ma sicuramente indiretta, di una vicenda come quella di Bianzino e di molte altre morti.
Concludendo, ricordo a lei signor Ministro - ma ciò chiama in causa la responsabilità di tutto il Governo - che il programma dell'Unione prevede precisamente la decriminalizzazione del consumo e della detenzione ad uso personale di sostanze psicotrope, nonché l'abrogazione della vigente legge Fini-Giovanardi.

(Dati relativi al numero di detenuti stranieri e alle tipologie di reati da questi commessi - n. 3-01408)

PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01408, concernente dati relativi al numero di detenuti stranieri e alle tipologie di reati da questi commessi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14).

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, come è noto l'ultimo gravissimo episodio di violenza avvenuto a Roma nei giorni scorsi ha riportato in primo piano il bisogno di sicurezza dei nostri cittadini, che reclamano un maggiore controllo della criminalità nei centri urbani.
Gli ultimi episodi di criminalità hanno portato di nuovo all'attenzione forme di criminalità violenta riferibili a soggetti che, in gran parte, sono isolati anche dalle rispettive comunità di appartenenza. In relazione a ciò, il Governo ha predisposto un decreto-legge che rende più facile l'allontanamento dei cittadini comunitari pericolosi, attribuendo maggiori poteri ai prefetti e ai questori.
Al fine di comprendere la reale portata del fenomeno in atto, chiediamo di conoscere il numero dei rumeni attualmente detenuti nelle carceri italiani e le più frequenti tipologie di reati commessi, nonché i dati relativi ai detenuti stranieri di altri Paesi comunitari ed extracomunitari.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Il recente grave episodio criminale ricordato dall'onorevole Balducci ha posto all'attenzione del Governo il crescente bisogno di sicurezza avvertito dal Paese. Per tale ragione, con il decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, il Governo ha introdotto nell'ordinamento alcune disposizioni rivolte ad assicurare, nel rispetto della normativa europea, celerità ed effettività dell'esecuzione degli allontanamenti dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari quando tali provvedimenti siano adottati per motivi di pubblica sicurezza.
Inoltre, il Ministro Mastella ha recentemente incontrato il Ministro della giustizia della Romania, con il quale ha realizzato un accordo che consentirà all'Italia di richiedere nominativamente il trasferimento nelle carceri della Romania dei detenuti rumeni condannati con sentenzaPag. 56 definitiva in Italia e raggiunti da un provvedimento di espulsione affinché scontino in Romania l'intera pena residua.
In una riunione tenutasi a Bucarest il 31 ottobre si è convenuto che, sulla base dell'accordo, saranno trasferiti, entro la fine dell'anno, i primi cento detenuti. Si prevede di poterne trasferire altri duecentotrenta nel corso del 2008. Nuovi incontri con il Ministro rumeno sono previsti a partire dalla prossima settimana per concordare ulteriori misure che rafforzino la cooperazione bilaterale nella lotta alla criminalità.
Con riferimento al quesito specifico posto dall'interrogante, comunico che alla data del 5 novembre scorso presso gli istituti penitenziari italiani erano presenti 17.942 detenuti stranieri. Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fatto presente che, di essi, 14.218 sono cittadini extracomunitari, 3.712 sono cittadini dell'Unione europea e 2.744 (pari al 15,29 per cento) sono cittadini rumeni (si tratta, quindi, del 15,29 per cento su 17.942 detenuti stranieri totali).
Quanto ai dati relativi alle più frequenti tipologie dei reati commessi da cittadini rumeni, faccio presente che, alla data del 30 ottobre scorso, la percentuale di cittadini rumeni detenuti per ciascuna tipologia di reato era quella riportata dalla tabella che ho portato e che mi premurerò di fornirle. I dati più significativi sono i seguenti: il 50,5 per cento era detenuto per reati contro il patrimonio, quasi il 26 per cento per reati contro la persona, il 4,23 per cento per reati contro la pubblica amministrazione e il 3,75 per cento per reati in materia di prostituzione.

PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di replicare.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro e mi dichiaro soddisfatta, salvo verificare con esattezza i dati della sua risposta.
La soluzione al problema della criminalità, anche quella legata ad individui isolati o a gruppi criminali provenienti dall'estero, è necessariamente connessa al corretto funzionamento della giustizia italiana, che risente di un grave deficit di efficienza: lentezza dei processi e perdita della certezza della pena sono due mali con i quali un sistema giudiziario moderno non può convivere a lungo.
La sicurezza rappresenta un diritto inalienabile per il cittadino, che sia italiano oppure no. Tuttavia, nel nostro dibattito, è centrale fare i conti con nuove realtà, che occorre comprendere e governare. La mobilità è diventata un elemento caratterizzante delle società contemporanee e ancor più nelle comunità sovranazionali, come l'Unione europea, che costituisce un esempio unico di lungimiranza politica ed ideale, capace di unire i popoli, anche assai diversi, con l'obiettivo di farne un'entità politica unitaria ispirata ai valori della democrazia e dell'inclusione.
La condizione di disagio sociale, coniugata alle conseguenze proprie dell'abbattimento delle frontiere, ha prodotto però un naturale fenomeno d'immigrazione, che richiede oggi una regolamentazione intelligente, centrata su questi punti: certezza del diritto, rigore nell'applicazione del principio di legalità e capacità di governo dei flussi migratori.
In conclusione, sicurezza e accoglienza non rappresentano due valori antitetici. Le leggi non possono mai discriminare singoli individui o comunità, né possono comprimere i diritti umani. La risposta, quindi, non deve essere autoritaria, ma intelligente e democratica, pena la negazione dei principi dello Stato di diritto, scongiurando - lo ripeto con forza e autorevolezza - le sempre latenti reazioni xenofobe (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17 con il seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge costituzionale.

La seduta, sospesa alle 16,40, è ripresa alle 17,10.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Donadi, Gozi, La Malfa, Lion, Lucà, Pagliarini, Piscitello, Rigoni, Sasso, Stucchi, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di un'informativa urgente del Governo.

PRESIDENTE. Avverto che, facendo seguito alle richieste avanzate sia nella giornata di ieri sia in quella odierna, alle ore 20 avrà luogo un'informativa urgente del Governo sui recenti gravissimi fatti criminosi che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri e sulle politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica, con l'intervento del Viceministro dell'interno, Marco Minniti. Dopo l'intervento del Governo, avrà la parola un deputato per gruppo, ciascuno per otto minuti. Un tempo aggiuntivo è riservato al gruppo Misto.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo per una ragione molto semplice, in quanto siamo stati il primo gruppo ad avere chiesto ieri e all'inizio dei lavori parlamentari della settimana che il Governo venisse a riferire sulla drammatica emergenza della sicurezza che investe il nostro Paese. Tutti gli altri gruppi si sono associati e riteniamo, francamente, poco dignitoso per la Camera che questa informativa si svolga questa notte - perché, di fatto, iniziando alle 20 si concluderebbe quasi in orario notturno - e soprattutto che venga resa dal Viceministro Minniti, non per mancanza di rispetto nei confronti dell'onorevole Minniti ma, soprattutto, per la mancanza di disponibilità da parte del Ministro dell'interno Amato.
Signor Presidente, riteniamo che la sicurezza pubblica sia una competenza specifica di cui è titolare il Viminale ovvero il Ministro dell'interno e che vi sia un allarme sicurezza che investe il Paese, tant'è vero che lo stesso Governo ha dovuto riconoscere la necessità e l'urgenza di varare un apposito decreto-legge, come tale immediatamente esecutivo. È su questa emergenza che il Governo e il Ministro dell'interno Amato devono sentire il dovere di venire a riferire alla Camera.
Se il Ministro dell'interno Amato non avverte questa sensibilità e questo dovere, evidentemente, signor Presidente, ciò va a disonore dello stesso Ministro e dell'intero Governo. Ma la Camera non può farsi prendere in giro! La nostra non era e non è una richiesta dilatoria, per fare in modo che i lavori parlamentari si sospendessero mezz'ora prima.
Signor Presidente, francamente crediamo sia poco dignitoso che alla richiesta che abbiamo fatto - alla quale tutti i gruppi si sono associati - il Governo risponda ora e in questo modo.
Pertanto, per quanto ci riguarda, se questa è la disponibilità e la risposta del Governo, rinunciamo alla richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Se si dovesse insistere con questo modo di trattare il Parlamento e di prenderci in giro e se a nessuno interessa che la Camera venga trattata in questo modo dal Governo, dal Ministro dell'interno su una questione così urgente e importante per i cittadini, noi comunque, stasera, non parteciperemo all'informativa del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

GIUSEPPE MARIA REINA. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Sono costretto a intervenire per denunciare gravissimi episodi che oggi hanno coinvolto centinaia e centinaia di nostri concittadini che sono stati inopinatamente e barbaramente bloccati dalla polizia, in stato di segregazione.
Signor Presidente, sono fatti gravissimi che riguardano il Parlamento...

PRESIDENTE. Onorevole Reina, non lo metto in dubbio. Tuttavia, la prego di ascoltarmi...

GIUSEPPE MARIA REINA. Chiediamo un'audizione urgente del Ministro dell'interno! Non si possono segregare e bloccare per quattro ore centinaia e centinaia di persone!

PRESIDENTE. Onorevole Reina, mi ascolti...

GIUSEPPE MARIA REINA. Non c'è procedura che possa tenere! Signor Presidente, abbia rispetto almeno lei per questa gente...

PRESIDENTE. Ma io ho assoluto rispetto, le sto solo chiedendo...

GIUSEPPE MARIA REINA. Vorrei capire perché la polizia continui a mantenere nei confronti dei siciliani questo atteggiamento...

PRESIDENTE. Onorevole Reina, affinché anche la sua istanza sia ascoltata dall'Assemblea con l'attenzione dovuta, mi ascolti...

GIUSEPPE MARIA REINA. ...c'erano amministratori e altre persone che, per quasi quattro ore, sono stati bloccati e tenuti in stato di segregazione. Vi è una limitazione alla libertà personale...

PRESIDENTE. Onorevole, il suo intervento sull'ordine dei lavori, come da prassi, avrà luogo al termine della seduta.

Una voce: Fatelo parlare!

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sul punto dell'informativa prevista per le 20.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà...

GIUSEPPE MARIA REINA. Risponda il ministro!

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, le ho dato la parola...

ANDREA GIBELLI. Ma come faccio a parlare?

PRESIDENTE. Onorevole Reina, la prego, consenta lo svolgimento della discussione apertasi sull'informativa prevista.
Prego, onorevole Gibelli.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, mi scusi, ma non ero neanche in condizioni di sentirla. Per tornare all'informativa urgente, a nome del gruppo Lega Nord Padania ritengo che non sia accettabile che il Governo tratti con tale sufficienza una richiesta avanzata da alcuni gruppi parlamentari su una questione che sta coinvolgendo il Paese in modo assolutamente inequivocabile.
Non vorrei anticipare le ragioni di natura contingente che portano ad insistere per una informativa che abbia comunque una dignità parlamentare, però vorrei sottolineare un aspetto.
Signor Presidente mi rivolgo a lei, ovviamente con rispetto, affinché rappresenti poi la questione al Presidente Bertinotti: non è ipotesi praticabile in un'Aula parlamentare quella di aprire un dibattito su un provvedimento politico di questa natura - qual è quello su un'informativa su questo tema - alle ore 20 della giornata di oggi; quindi, anche il gruppo della Lega Nord Padania non può tollerarlo.Pag. 59
Vorrei ricordare che nella passata legislatura le richieste di informative urgenti erano sempre e comunque fissate in orari per così dire ordinari. Un argomento così delicato richiederebbe che si consentisse ai gruppi (e faccio appello a tutta l'opposizione, ma, a questo punto, anche ai partiti di maggioranza) e all'Assemblea di affrontarlo in un orario decente.
Ritengo, pertanto, che la soluzione avanzata dal gruppo di Forza Italia sia da prendere in seria considerazione. Questo perché la responsabilità (ed è questo il senso della questione che pongo all'attenzione della Presidenza) riguarda non solo la disponibilità del Governo a riferire alla Camera in un certo orario ma anche la capacità della Presidenza di garantire la dignità politica di questo organo costituzionale, che non può essere mortificato da un atteggiamento inqualificabile, anche in ragione del fatto che il Ministro Amato non vuole venire in Parlamento a riferire.
Quindi, la proposta del gruppo della Lega Nord Padania è di anticipare l'informativa ad un orario che consenta di trattare tale punto in modo costruttivo. Riteniamo, poi, che ciò sia irrinunciabile in una situazione politica come quella di oggi che vede un Primo Ministro di un Paese comunitario - e uso le virgolette nel definirlo tale! - che detta l'agenda del Governo italiano. Siamo alla vergogna politica! Quindi, venga il Ministro Amato in un orario che consenta di ascoltare le dichiarazioni del Governo e permetta un dibattito in tempo utile (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, faccio riferimento alla questione sollevata dall'onorevole Leone e anche dall'onorevole Gibelli poc'anzi.
Non so come si possa definire informativa urgente, signor Presidente, un'informativa resa sette giorni dopo i fatti su cui il Parlamento chiede di essere informato. In questo senso, signor Presidente, la presenza di un sottosegretario o di un Viceministro si può giustificare quando il Governo, dovendo dare un'informativa ad horas rispetto al verificarsi di un avvenimento, voglia farsi rappresentare nella persona di chi è a disposizione in quel momento. Nel momento, però, in cui il Governo, non solo ha avuto il tempo di esaminare la questione, ma addirittura ha cambiato la natura di un provvedimento legislativo (che aveva approvato venerdì), la Camera deve essere informata non dei fatti - che già sono noti - ma delle circostanze politiche che hanno modificato l'apprezzamento del Governo sullo strumento legislativo apprestato per affrontare questi problemi.
Può farlo solo il Presidente del Consiglio o il Ministro dell'interno! Non mettiamo in discussione il diritto del Governo di farsi rappresentare come crede, ma è ovvio che politicamente l'assenza del Governo, del Ministro, del Presidente del Consiglio, vuol dire la mancanza di coraggio nel giustificare di fronte al Parlamento le decisioni che esso ha preso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
In tal senso, hanno ragione i colleghi, i quali dichiarano che l'opposizione, in queste condizioni, non può nemmeno partecipare al dibattito.

EDMONDO CIRIELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, volevo sollecitarla anch'io in tal senso. Lei sa quanto Alleanza Nazionale si sia premurata di dare rilievo nell'agenda politica al tema della sicurezza e soprattutto sa come abbia addirittura chiesto al Governo un intervento autorevole, non soltanto nei fatti e con provvedimenti di legge, ma anche con una presenza chiara, che tenda a dipanare molti dubbi sull'azione che il Governo stesso vuole intraprendere su un tema così importante.Pag. 60
Effettivamente, l'urgenza dell'episodio poteva spingere il Governo a riferire alla Camera, in ipotesi, anche alle otto di sera, ma sette giorni fa. Oggi ci sembra davvero pretestuoso e mortificante sia volere iniziare una discussione così importante al termine di una lunga giornata di lavori parlamentari sia anche il fatto di non affidare il compito di riferire alla Camera alla persona che ha la massima responsabilità politica sulla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Ministro Amato.
Alleanza Nazionale, quindi, intende senz'altro aderire alla posizione del gruppo di Forza Italia, appoggiandola.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, devo dire, e lo dico con la più assoluta e totale serenità, che mi sfugge davvero il senso degli interventi dei colleghi dell'opposizione (Commenti del deputato Volontè). Credo che la richiesta che il Governo venga in aula a riferire su fatti così drammatici sia una richiesta seria e che quanto conta davvero sia il merito delle questioni che vengono sollevate e portate alla discussione del Parlamento.
Tutte le polemiche che i colleghi dell'opposizione hanno, a mio modo di vedere con scarsa sensibilità, innescato in questo momento, forse dimostrano che loro sono più interessati ad agitare il problema che non a discutere e approfondire il merito di queste tragiche questioni (Proteste dei deputati del gruppo Alleanza nazionale).
Credo che la presenza del Viceministro Minniti alle otto di sera, se il tema interessa veramente questo Parlamento, sia una scelta che deve essere rispettata. Chi non parteciperà ai lavori questa sera si assumerà la responsabilità della propria condotta e non potrà usare, da un punto di vista propagandistico e strumentale, le argomentazioni che abbiamo sentito in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, mi pregio di voler dare qualche informazione al collega Bressa, noto per la sua attenzione e lungimiranza nei dibattiti che teniamo in quest'Aula, per ricordargli che non c'è niente di strumentale, assolutamente niente.
Oggi abbiamo appurato, per l'ennesima volta, che è dall'11 luglio, almeno, che il nostro gruppo e gli altri gruppi dell'opposizione chiedono al Ministro Amato di venire a rendere un'informativa, che è legata ogni volta - da luglio ad oggi, perché ogni mese è stata reiterata - ad un'emergenza sul piano della sicurezza nel nostro Paese e alla percezione che i cittadini hanno dell'insicurezza, invece, nel nostro Paese.
Allora era perché istituti indipendenti di ricerca, che pubblicano i loro sondaggi sui quotidiani a lei cari, dichiaravano che il 90 per cento dei cittadini erano insicuri e negli altri mesi successivi era per altre emergenze.
Devo dire, onorevole Presidente di turno, che la situazione è sconcertante! Lo ripeto, dal mese di luglio; quindi, non è né una novità né una strumentalizzazione, e ritengo sia opportuno che lei comunichi, anche, spero, con il consenso dei partiti dell'attuale maggioranza, lo sconcerto dell'Assemblea.
Se infatti da luglio si chiede al Ministro dell'interno di fare una esaustiva relazione sullo stato della sicurezza nel nostro Paese e dopo cinque mesi non trova il tempo nemmeno di una mezz'ora per rendere tale informativa, mentre si trovano ore per tenere i seminari Reset, scrivere articoli, rilasciare interviste, questo vuol dire che c'è qualcosa di irrispettoso nei confronti della stessa competenza attribuita al Ministro dell'interno (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)! È una mancanza di rispetto politico nei confronti del Parlamento, che Pag. 61attende da cinque mesi una parola autorevole sulla insicurezza dei cittadini italiani, ed è una mancanza di rispetto anche nei confronti dei colleghi parlamentari e dei cittadini, che attendono un quadro di relazione. Oggi l'abbiamo ascoltato: il Ministro dell'interno, persona amabilissima in alcuni salotti (evidentemente si ritiene meno adeguata a sedere sugli scranni del Governo), ha un'insofferenza tale, per cui è venuto due volte in cinque mesi a rispondere al question-time; e oggi l'abbiamo visto, era insofferente al punto che voleva parlare ancora più del tempo che gli era stato concesso: a riprova, forse, del desiderio, che lui stesso ha dimostrato con il suo atteggiamento, di voler dare nozione, conoscenza all'Aula di come intende organizzare la sicurezza nel nostro Paese.
Signor Presidente, ormai usare il termine «sconcerto», vedo che non interessa più nemmeno all'Aula.

MARCO BOATO. Non sconcerta più!

LUCA VOLONTÈ. Dico però che è assolutamente inaccettabile.
Ciò non vuole essere a nocumento della stima che l'Aula ha nei confronti del viceministro Minniti, che è venuto a rendere informative su vari temi nei lunghi mesi appena trascorsi; ma è veramente inaccettabile che il Ministro dell'interno non trovi un'ora adeguata - se non stasera, domani in giornata - per poter «raccontare» all'Aula non i fatti (ha fatto bene a ricordarlo l'onorevole La Malfa: i fatti sono la cronaca di oggi, la cronaca di ieri, le emergenze che si susseguono), ma qual è la linea del Governo, quale strategia politica e di intervento intende portare all'attenzione e discutere col Parlamento rispetto al tema della sicurezza.
Se invece questo suo nascondimento, oltre alla mancanza di rispetto per l'Aula, è dovuto al semplice fatto che teme che in Aula si evidenzi una maggiore sintonia tra la determinazione che a parole sostiene di avere (esemplificata dal richiamo al nuovo sceriffo di New York, che oggi ritroviamo nelle parole del Ministro Amato) e una parte della sua coalizione, questo renderebbe ancora meno accettabile la sua mancanza di volontà, la sua mancanza di rispetto nel non venire in questa Aula. Ritengo opportuno da parte sua, signor Presidente di turno, che valga la pena informare il Presidente della Camera, perché è incomprensibile che dall'11 luglio al 7 novembre non si siano trovate due ore di tempo per discutere con il Parlamento della Repubblica, non con un salotto buono, dei temi che stanno a cuore agli italiani, e anzitutto della sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi. Come ha chiesto poc'anzi l'onorevole Volontè, informerò il Presidente della Camera delle questioni che sono state sollevate, che sono di due tipi: una relativa alla rappresentanza del Governo in sede di informativa, e l'altra rispetto all'orario di svolgimento dell'informativa stessa. Il Presidente della Camera, che tra poco sarà qui, risponderà su entrambe le questioni.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la ringrazio per il chiarimento cortese che ci ha dato. Il gruppo di Alleanza Nazionale, tuttavia, è dell'avviso che sarebbe opportuno sospendere i lavori fino all'arrivo del Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Noi riteniamo che questo chiarimento non possa essere posticipato, perché è importante. Non convochiamo solo la Conferenza dei presidenti di gruppo: non è una piccola parentesi, stiamo discutendo di una questione importantissima. Va affronata con la serenità necessaria, e in questo momento questa serenità non c'è. Credo che un caffè per tutti non faccia male. Il Presidente sta per arrivare; se sospendiamo Pag. 62cinque minuti siamo tutti più contenti (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. No, onorevole La Russa, è opinione della Presidenza che si possa procedere con i lavori. Come lei avrà sicuramente compreso dalle mie parole, vi è l'intenzione da parte del Presidente della Camera di fornire una risposta alle istanze sollevate. Mi pare dunque che non vi siano ragioni per ritenere che questa discussione non possa svolgersi per l'assenza di un clima sereno. Propongo dunque di procedere: quando, di qui a poco, arriverà il Presidente, comunicherà all'Assemblea le sue determinazioni.

IGNAZIO LA RUSSA. Quanto poco?

MARCO BOATO. Andiamo avanti!

PRESIDENTE. Di qui a poco: il Presidente non ha comunicato un orario preciso al minuto, onorevole La Russa. Mi consenta dunque di procedere con gli argomenti all'ordine del giorno.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale n. 553-A ed abbinate.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato da ultimo l'emendamento Boscetto 2.115.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Licandro 2.105.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, noi riteniamo di non dover accedere all'invito al ritiro. Ciò, per un ragionamento abbastanza semplice, ma al tempo stesso - crediamo - rigoroso. Noi raccogliamo l'esigenza, proveniente un po' da ogni parte, relativa alla riduzione del numero dei parlamentari: ci teniamo però a dire che questo problema, in realtà, non si risolve attraverso la semplice riduzione dei componenti di una Camera, poiché ciò di per sé non favorisce lo snellimento dei lavori del Parlamento. La questione reale è quella di far sì che il Parlamento sia più rapido nei lavori ed efficace nella sua attività legislativa. A questo scopo, crediamo che sia più valido un altro tipo di intervento di revisione costituzionale, ossia il superamento del bicameralismo perfetto attraverso l'istituzione di un Parlamento monocamerale, così come la sinistra italiana ha affermato in questo Paese sin dall'Assemblea costituente del 1947.
In proposito, registriamo un certo impazzimento. Per cominciare, a ben guardare, il numero dei componenti della Camera si è già ridotto attraverso l'introduzione dei parlamentari eletti all'estero. Inoltre, si muta la funzione del Senato e se ne cambia la fisionomia, e - per quanto non si capisca bene che cosa esso sarà (tant'è che l'articolo sul Senato federale e i relativi emendamenti sono stati accantonati) - certamente non si vuole più che sia una camera elettiva: in questo modo, la Camera dei deputati resterebbe l'unica camera politica, l'unica ove si realizza il rapporto fiduciario con il Governo e ove si concretizza il principio della rappresentanza. Tenendo conto di tutto ciò, una nuova compressione del numero dei componenti della Camera produrrebbe un ulteriore restringimento delle funzioni della più importante assemblea democratica eletta dal popolo di questo Paese. E noi sappiamo quanto già le riforme elettorali negli enti locali abbiano sacrificato il ruolo e il funzionamento delle assemblee elettive a vantaggio degli esecutivi!
Crediamo dunque che su questa modifica occorra molta prudenza, molta accortezza, ed un maggior rigore istituzionale.
Pertanto, la nostra proposta è nel senso di andare incontro certamente a tale poderosa richiesta di riduzione del numero dei parlamentari; si tratta di una richiesta legittima che rischia, però, di diventare salottiera, o anche peggio, se non la si lega Pag. 63con il punto di ragionamento che ho svolto in precedenza. Credo francamente che la riduzione a cinquecentocinquanta del numero complessivo dei componenti della Camera dei deputati - in attesa della determinazione di ciò che sarà il Senato (la sua composizione, il suo sistema di nomina e di formazione, la sua funzione) - rappresenti un punto di equilibrio accettabilissimo che tutte le forze politiche in questo Paese ed in questo Parlamento potrebbero accettare (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà. L'onorevole Consolo interverrà successivamente a titolo personale.

IGNAZIO LA RUSSA. Perché a titolo personale?

PRESIDENTE. L'onorevole Consolo parlerà dopo a titolo personale, perché per il gruppo sta per intervenire lei, come stabilito dal Regolamento. Prego, onorevole La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, poiché non è frequente che alla richiesta cortese di un presidente di gruppo dell'opposizione di un'interruzione di cinque minuti si risponda tanto sbrigativamente con un «no», senza neanche consultare l'opinione degli altri presidenti di gruppo, non mi resta ...

ITALO BOCCHINO. Almeno ascoltasse!

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, cosa ci fa quel signore vicino a lei?

PRESIDENTE. Questo la riguarda fino a un certo punto.

IGNAZIO LA RUSSA. No, mi riguarda; il decoro dell'Aula mi riguarda; il decoro dell'aula riguarda tutti noi parlamentari. Mi riguarda, eccome se mi riguarda! Ricordi che riguarda noi, non è un fatto suo personale.
L'emendamento Licandro 2.105 non fa altro che riproporre, da parte della sinistra, un tentativo già riuscito nelle more tra la legislatura scorsa e la presente, quando, dando un apporto forte al «no» referendario, siete riusciti ad abolire la diminuzione del numero dei parlamentari già votata dal tanto vituperato Governo di centrodestra.
Noi siamo contrari all'emendamento in esame perché esso, sia pure in maniera surrettizia, prosegue nella stessa direttrice, quella del parlare bene ma del razzolare male: parlare bene, dicendo che bisogna ridurre il numero dei parlamentari, ma di fatto prima aiutando il «no» al referendum, oggi proponendo emendamenti che aumentano il punto di mediazione di cinquecento parlamentari trovato in Commissione.
Vi sono emendamenti presentati da amici di Forza Italia che propongono un numero inferiore, ma Alleanza Nazionale si è astenuta, proprio perché il numero di cinquecento rappresenta un punto di mediazione trovato in Commissione.
Nella stessa maniera, ma con molta più forza, siamo contrari a questo tipo di intervento attraverso un emendamento della sinistra che vuole iniziare a vanificare quel po' di bonifica etica che è contenuta nella diminuzione del numero dei parlamentari, ritenuto eccessivo non tanto o solo da noi, ma ormai da tutti - credo - nel nostro Parlamento e nel nostro Paese.
Per tale ragione, onorevole Presidente, riteniamo che Alleanza Nazionale non possa condividere un voto favorevole sull'emendamento in questione.
Vorrei ricordare...facciamo pure fare al Presidente la telefonata, forse si sta informando... Vorrei ricordare che il Parlamento aveva votato nella scorsa legislatura la riforma costituzionale (sicuramente insufficiente, a mio avviso, per quanto riguardava il meccanismo dell'iter parlamentare, ma sicuramente estremamente positiva per il resto, tant'è che larga parte del testo di riforma che ci viene ora Pag. 64proposto dalla Commissione affari costituzionali ricalca le soluzioni allora adottate dalla Casa delle libertà).
Ci sembra, quindi, di tornare di nuovo a percorrere la strada del vanificare uno sforzo comune, a volte ripetutamente da voi invocato. La mediazione trovata in Commissione è un punto comune. È inutile invocare ripetutamente convergenze se poi immediatamente si cerca di andare in una direzione opposta ossia nel senso negativo dell'aumento del numero dei parlamentari, che liberamente con il voto in Commissione è stato proposto nel numero di cinquecento.
Ritengo che non sia un fatto marginale, perché è un segnale culturale, prima ancora che politico. Non possiamo che condannare tale segnale, che si aggiunge ai tanti - sicuramente non positivi - che provengono da una sinistra capace tutte le volte di rincorrere il tentativo di condivisione, salvo un minuto dopo arroccarsi su posizioni faziose. Un esempio chiaro si sta verificando in questo momento al Senato a proposito della discussione del decreto-legge che riguarda i cittadini comunitari e ne abbiamo avuto un altro sul disegno di legge sulla sicurezza di cui abbiamo concluso ieri l'esame in Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, la prego di concludere.

IGNAZIO LA RUSSA. Credo che in tutti questi casi a parole si sia ricercata una condivisione, ma nei fatti si voglia solo coprire l'incapacità di questa maggioranza di avere opinioni comuni e condivise. Non voglio rubare il suo prezioso tempo, signor Presidente, che lei ha riservato ai lavori di quest'Assemblea sulla presente proposta emendativa e successivamente le rinnoverò la richiesta di fare intervenire il Presidente della Camera, che lei ci ha detto sarebbe arrivato immediatamente.
Concludo, quindi, il mio intervento e le preannunzio che molti deputati del gruppo di Alleanza Nazionale intendono parlare a titolo personale sulla proposta emendativa in esame, a partire dall'onorevole Consolo con cui mi scuso per avere anticipato il suo intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, il mio presidente di gruppo, onorevole La Russa, ha già espresso la mia idea. Tuttavia, desidero richiamare e fare mie nel brevissimo tempo concessomi dal Regolamento le considerazioni dell'onorevole Gerardo Bianco. Quindi, non faccio il nome di un parlamentare dell'opposizione, ma di uno dei parlamentari che più dà lustro a codesta maggioranza. L'onorevole Bianco ha sottolineato come manchi nella presente riforma costituzionale che volete portare avanti qualsiasi criterio che riguardi i numeri. Posso, pertanto, dire che è una riforma scriteriata, così come avanzata.

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, dovrebbe concludere.

GIUSEPPE CONSOLO. Chi propone cinquecento, chi cinquecentocinquanta, come la presente proposta emendativa. Ognuno dice qualcosa. Da parte nostra, non possiamo che confermare il nostro voto contrario ed invitare codesta maggioranza ad una maggiore serietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo per ricordare all'onorevole La Russa e all'onorevole Consolo che il testo in esame è stato licenziato dalla Commissione con un voto che è andato oltre i confini della maggioranza parlamentare. Tale testo, inoltre, ha due relatori di maggioranza, la collega Amici e il collega Bocchino, e l'ipotesi della quale stiamo discutendo prevede cinquecento parlamentari alla Camera dei deputati e centottantacinque al Senato federale. Questo è quello di cui stiamo discutendo!
Non si può confondere il lavoro comune, svolto in Commissione, con una proposta emendativa presentata del tutto Pag. 65legittimamente dai colleghi del gruppo dei Comunisti Italiani, i quali ritengono di portare a cinquecentocinquanta il numero dei parlamentari, perché hanno un'idea diversa, che non condivido ma che è perfettamente legittima, di una struttura monocamerale.
Quindi, cercare di contrabbandare in primo luogo l'emendamento legittimo e serio di una forza politica (anche se non condividiamo la loro proposta), come un tentativo di giocare al rialzo, non solo è strumentale, ma anche falso. La bugia ha le gambe talmente corte che l'argomentazione utilizzata dal collega La Russa è facilmente sbugiardata dalla mia dichiarazione di voto contrario alla presente proposta emendativa.
Per quanto riguarda poi l'argomentazione del collega Consolo, secondo il quale non è stato seguito alcun criterio, per cui si discute di innalzamento e di riduzione del numero dei parlamentari che dovrebbero comporre la Camera dei deputati, si tratta di qualcosa che riguarda più l'opposizione, non certo la maggioranza! La maggioranza, infatti, con l'eccezione dei Comunisti Italiani, si è attestata sul numero di cinquecento che la Commissione ha unanimemente condiviso.
Se vogliamo, dunque, parlare di serietà del dibattito costituzionale e richiamarci a ciò che Gerardo Bianco ha più volte affermato, iniziamo noi per primi ad essere seri nelle argomentazioni e non ad usare strumentalmente argomenti che non hanno alcuna verità politico-costituzionale, né politico- parlamentare. Ricordiamoci che stiamo parlando di questioni estremamente serie e che, per la prima volta, da quando si parla di riforma...

IGNAZIO LA RUSSA. Ma non capisce quello che abbiamo detto! Non ha ascoltato!

GIANCLAUDIO BRESSA. La Russa non agitarti! Vedi, La Russa, il tuo gruppo...

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sto proseguendo, cercando di spiegare una cosa importante che, forse, è sfuggita all'onorevole La Russa. Collega la Russa, tu ed io abbiamo votato allo stesso modo in Commissione su questo aspetto e allo stesso modo voteremo in quest'Aula. Per cui la serietà vuole che non vengano utilizzati argomenti strumentali per dichiarare posizioni che non vi sono.

IGNAZIO LA RUSSA. Ma c'è l'emendamento!

GIANCLAUDIO BRESSA. Svolgo un'ultima riflessione. Il testo al nostro esame non è, come dice l'onorevole La Russa, un testo che ricalca per tanta parte la riforma approvata nella scorsa legislatura dalla Casa delle Libertà, perché quel testo prevedeva una Camera alla quale erano attribuite determinate competenze, un Senato eletto direttamente con 252 componenti elettivi e un procedimento legislativo che nulla aveva a che vedere con quanto è stato proposto dalla Commissione.
Questo è ciò di cui stiamo discutendo ed è a questo, per serietà e per lo spirito costituente più volte richiamato dal collega Gerardo Bianco (Applausi del deputato Giuseppe Consolo), che dovremmo attenerci tutti, senza usare argomentazione strumentali o gesti, come quello che lei sta facendo onorevole Consolo, che non fanno onore alla sua cultura di giurista (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

GIUSEPPE CONSOLO. Onorevole Bressa, applaudivo il collega Gerardo Bianco.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, il collega Bressa mi ha appena preceduto e devo dire che sono rimasto abbastanza stupito dall'intervento del presidente La Russa. La presentazione di una proposta di legge da parte di un gruppo piccolo come il nostro può anche passare sotto Pag. 66silenzio per chi non la vuole leggere, ma l'intervento del collega Licandro mi sembrava abbastanza chiaro. Noi - legittimamente, credo - rivendichiamo una proposta alternativa che è quella di un sistema monocamerale in cui vi sia un'unica Camera eletta a suffragio universale e diretto di cinquecentocinquanta deputati ed è inutile che il collega agita la mano.
Ritengo che qualcun altro, considerato che la matematica non è un'opinione e che i numeri sono i primi fra i fatti, dovrà spiegare perché, quando noi proponiamo una riduzione del numero dei parlamentari da millecinquantadue a cinquecentocinquanta, al contrario, invece, nonostante dichiari di voler proporre una riduzione maggiormente significativa, prospetti una diminuzione in misura inferiore rispetto a quella che noi sosteniamo. Forse, vi è il tentativo di ripristinare una seconda Camera, che in origine era la Camera delle corporazioni, e considerato che nel frattempo ne avete fatta di strada, è diventata un'altra cosa che ancora non si capisce bene cosa sia (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani - Al momento dell'ingresso in Aula del Presidente Bertinotti applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 17,50)

IGNAZIO LA RUSSA. Grazie Presidente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rinunzio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, rinunzio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, rinunzio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, rinunzio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ci ha colto di sorpresa, perché l'aspettavamo con riferimento a quanto aveva chiesto il presidente di gruppo La Russa, ma pensavamo che vi sarebbe stata una breve sospensione.
Sull'emendamento Licandro 2.105, riteniamo che i presentatori non abbiano proprio compiuto un'eresia, in quanto sono coerenti con la loro impostazione ed hanno un criterio (quel criterio che, invece, manca in tutto l'impianto di modifica degli articoli della Costituzione).
Chi mi ha preceduto ha voluto sottolineare ciò, così come ha fatto il presidente Gerardo Bianco, con il suo autorevole parere e le sue critiche, che condividiamo pienamente. Riteniamo che questa modifica senza criteri sia un errore, come è stata un errore, ormai riconosciuto da tutti, la modifica del Titolo V della Costituzione.
Condividiamo, comunque, l'impostazione che i colleghi del Partito dei Comunisti italiani hanno dato all'emendamento in esame e la giustificazione che hanno voluto darne, in quanto garantisce una rappresentatività territoriale e tiene in considerazione i criteri con cui i padri costituenti hanno adottato la Carta costituzionale, tanto sbandierata da molti, anche se è stracciata in più parti, senza più criteri. Quindi, proprio per avere più rappresentatività Pag. 67politica e territoriale, riteniamo che il numero di cinquecentocinquanta membri sia auspicabile. Ciò può rappresentare una sintesi, e dunque voteremo a favore dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, gli altri colleghi del gruppo di Alleanza nazionale hanno rinunciato ad intervenire, in quanto, nel frattempo, lei ci ha finalmente raggiunti in aula. Tuttavia, una breve replica all'intemerata dell'onorevole Bressa deve essere svolta, in quanto, evidentemente, il collega non sa bene di cosa si sta discutendo. Non si stava parlando del numero di cinquecento membri della Camera, uscito dalla proposta della Commissione con le modalità che lui ha ricordato, bensì di un emendamento della sinistra - dato che i membri del gruppo dei Comunisti italiani ancora tali debbono definirsi, così come li hanno definiti altri colleghi del mio gruppo - volto ad elevare il numero da cinquecento a cinquecentocinquanta.
Quindi, non si capisce cosa c'entrano tutte le argomentazioni dell'onorevole Bressa in ordine alla nostra posizione sul numero di cinquecento. Quanto sosteneva l'onorevole La Russa era, evidentemente e correttamente, riferito al numero proposto dall'emendamento dei Comunisti italiani, così come a questo emendamento si è riferito l'onorevole Consolo. L'emendamento non è da intendersi - come ha voluto sostenere il rappresentante degli stessi Comunisti italiani - come una proposta emendativa compensativa riguardo l'abolizione del Senato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Se così fosse stato, i due aspetti avrebbero dovuto essere inseriti in un unico emendamento con la formula «conseguentemente», che non vi è. Il risultato è la volontà di elevare di cinquanta deputati il numero previsto dalla proposta della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Licandro 2.105, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 402
Astenuti 72
Maggioranza 202
Hanno votato
22
Hanno votato
no 380).

Prendo atto che il deputato Minardo ha segnalato che non è riuscito a votare.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,52).

PRESIDENTE. Sono stato informato dal Presidente Leoni in ordine alle questioni sollevate con riferimento ai tempi ed alle modalità dell'informativa urgente del Governo. La Presidenza ha avuto cura di trasmettere tempestivamente la richiesta dei gruppi e di adoperarsi affinché il Governo venisse a riferire con la massima tempestività possibile, nella stessa giornata di oggi, come ho avuto modo di comunicare all'Assemblea ieri sera, prima della conclusione della seduta.
Per quanto riguarda l'individuazione del rappresentante del Governo, l'Esecutivo ha indicato quale proprio rappresentante il Viceministro dell'interno, il quale esprimerà qui la posizione dell'intero Governo.
È evidente che le considerazioni che sono state svolte dai deputati intervenuti Pag. 68sono a conoscenza del Ministro dell'interno, che avrà modo di valutarle nella loro portata politica.
Con riferimento, invece, alle obiezioni riguardanti l'orario dell'informativa, ritengo che esse possano ritenersi fondate. Ho pertanto chiesto al Governo di anticipare il suo intervento alle ore 19. Il Governo ha aderito alla richiesta e, quindi, renderà l'informativa alle ore 19.

IGNAZIO LA RUSSA. Grazie, Presidente!

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non voglio riaprire alcuna polemica, ma le faccio presente che, a partire dall'11 luglio 2007, abbiamo chiesto al Ministro dell'interno di rendere un'informativa. Il Ministro dell'interno, ad oggi - e cioè dopo quattro mesi - non ha trovato un'ora da destinare al dibattito sulla sicurezza nel nostro Paese, nell'aula della Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).
Lei svolga le sue considerazioni. Francamente - al di là delle opinioni politiche e degli apprezzamenti nei confronti di Tizio, Caio o Sempronio - si tratta di un atteggiamento inaccettabile per un'istituzione come la Camera: è fuori luogo che, dopo quattro mesi, un Ministro non trovi quaranta minuti da destinare alla questione (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Presidente Volontè, la sua è un'osservazione politica. Riguardo al piano istituzionale, il Viceministro dell'interno ha titolo per poter intervenire. Il Ministro Amato, del resto, nella seduta odierna è stato presente in aula per rispondere alle interrogazioni a riposta immediata.

Si riprende la discussione (ore 17,54).

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Buontempo 2.107.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro.
Non c'è il deputato Buontempo...
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 2.107, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 465
Astenuti 10
Maggioranza 233
Hanno votato
5
Hanno votato
no 460).

Passiamo all'emendamento Mascia 2.61.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, non accediamo all'invito al ritiro dell'emendamento Mascia 2.61, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, l'emendamento in esame riguarda la circoscrizione Estero. In relazione all'articolo 56 della Costituzione, proponiamo che non siano più riconosciuti i dodici deputati della circoscrizione Estero. Il nostro emendamento, dunque, è un modo per riavviare la riflessione e la discussione sull'intera questione degli italiani all'estero.Pag. 69 Vorrei che fosse chiaro e rimanesse agli atti di questa Camera che Rifondazione comunista è favorevole a garantire alle italiane e agli italiani residenti all'estero il diritto di voto, sia passivo sia attivo, in maniera che essi abbiano una loro rappresentanza nel Parlamento italiano, che è il loro Parlamento.
Non mettiamo in discussione, dunque, la disposizione dell'articolo 48 della nostra Carta costituzionale - revisionata nel 2000 con l'introduzione della circoscrizione Estero - ma le modalità con le quali la legge ha, in seguito, stabilito gli strumenti di funzionamento dell'elezione degli italiani all'estero, rompendo le circoscrizioni nazionali e creando circoscrizioni estere che abbracciano interi continenti. Ciò non si è visto neanche nelle nazioni che hanno ereditato gli imperi coloniali e le loro politiche coloniali: occorre superare tale riserva indiana per gli italiani e le italiane all'estero e, invece, renderli partecipi del processo e delle dinamiche politiche del nostro Paese.
Signor Presidente, per questo motivo - lo ripeto - non siamo intervenuti sull'articolo 48. Dunque, tutte le polemiche che artatamente sono state sollevate contro Rifondazione Comunista, con l'accusa di voler abolire la circoscrizione Estero, sono infondate. Vogliamo ripensare l'articolazione delle modalità con cui gli italiani e le italiane all'estero esercitano il loro diritto di elettorato, sia attivo sia passivo.
Perciò, signor Presidente, non accediamo all'invito al ritiro del nostro emendamento, perché vogliamo riaffrontare, cogliendo l'occasione della revisione costituzionale, le modalità del voto degli italiani all'estero. Pertanto, abbiamo apprezzato molto lo sforzo fatto in Commissione dai relatori per aggiungere al loro emendamento, in cui è ribadita la previsione degli eletti all'estero, la precisazione «secondo le modalità e i requisiti stabiliti per legge».
Dunque, se questa Camera approverà l'emendamento della Commissione, potremo riaprire la discussione sul voto degli italiani all'estero, pensando alle modalità effettive, senza avere questa riserva indiana e tenendo conto che, se mai ci sarà una Camera politica così come è proposta nel provvedimento, dovremo fare in modo che i deputati e le deputate eletti all'estero non incidano sull'indirizzo politico e sulla fiducia al Governo italiano. Essi potranno trovare, invece, un luogo degno in cui esprimere le esigenze dei nostri connazionali nel Senato della Repubblica, che dovrà, appunto, rappresentare le istanze territoriali e le istituzioni del nostro Paese.
Pertanto, nel mantenere il nostro emendamento, ribadiamo il nostro interesse verso una nuova modalità di voto degli italiani all'estero, che possa soprattutto fare in modo che i voti degli italiani all'estero si fondino nelle circoscrizioni italiane. Le modalità potranno essere studiate, e ciò costituirà anche l'occasione per ripensare i consigli degli italiani all'estero, i famosi CIE, che oggi non funzionano e sono solo appendici burocratiche, mentre, invece, potrebbero essere rivitalizzati e svolgere un ruolo nella costruzione della rappresentanza degli italiani all'estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato le ragioni espresse dal collega Franco Russo, che è un collega di grande livello intellettuale e anche di ottima preparazione giuridica, a sostegno dell'emendamento in esame. Peraltro, onestamente, questa volta non riesco a comprendere la sua spiegazione, perché, quando si propone di sopprimere i dodici deputati e i sei senatori eletti all'estero, in questo momento, si propone di abolire i parlamentari italiani eletti all'estero. Posso anche capire che ciò possa servire a stimolare una discussione, ma, trattandosi di un emendamento, dobbiamo comprendere che, se questo emendamento fosse accolto, avremmo un risultato diverso da quello dell'innesco di una discussione, di cui parlava Franco Russo.
Certo è che la volontà di sopprimere i parlamentari eletti all'estero non riusciamo non solo a condividerla, ma neppure a comprenderla. Voi avete posto in Pag. 70essere una riforma del Titolo V della Costituzione che ha distrutto il rapporto Stato-regioni. Ci sono centinaia di ricorsi pendenti davanti alla Corte costituzionale, in cui lo Stato ha citato alcune regioni, e viceversa. Quella riforma ha prodotto, tra l'altro, questo frutto, ma anche altri, di tutti i tipi e di tutti i generi.
Per esempio, il rapporto «a due velocità», secondo cui alcune regioni potrebbero innescare - qualcuna forse lo ha già fatto - un processo per guadagnare terreno rispetto ad altre regioni, perfino su alcune materie di loro competenza, è stato un processo dissennato.
Oggi ci accingiamo a commettere un altro errore, attraverso quella che definisco una «riformicchia», senza avere in alcun modo corretto la precedente riforma del Titolo V della Costituzione, che voi stessi affermate essere in gran parte sbagliata, al punto che non abbiamo proceduto alla discussione sull'articolo 117, del quale parleremo eventualmente in separata sede.
Voi quindi, grandi riformatori, o meglio grandi «scassatori» della nostra Costituzione - e mi chiedo cosa penserà di voi il presidente Scalfaro, che afferma che bisogna mantenere immutata la Costituzione - oggi volete mandare a casa i parlamentari della circoscrizione Estero, introdotti con una riforma che abbiamo realizzato noi, grazie al nostro Ministro Tremaglia, al nostro Presidente del Consiglio e a tutti gli altri eminenti uomini politici che l'hanno stimolata, sostenuta, creata e votata, senza comprendere che, quando si è realizzata l'elezione dei parlamentari della circoscrizione Estero, si è creata una situazione dell'Italia nel mondo tale che non può essere revocata attraverso una «scassatura» come quella che voi proponete (del resto, non vi è due senza tre!). I parlamentari della circoscrizione Estero devono continuare ad essere eletti. In questa sede stiamo discutendo se, procedendo nell'esame della vostra riforma, debbano essere solo 6 alla Camera e 12 al Senato, o viceversa: tutto ciò è oggetto di futura discussione, ma guai a pensare di eliminare i deputati e i senatori della circoscrizione Estero.
Cosa vogliamo fare? Vogliamo dire a queste persone: abbiamo scherzato, d'ora in poi voi non sarete più candidati? Ma, soprattutto, in tal modo diremmo a tutti gli italiani all'estero, che si sono entusiasmati per queste elezioni e che hanno partecipato e votato: abbiamo scherzato, ora torniamo indietro. Questo è impossibile. Se vi sono deficienze nelle procedure di voto, si devono migliorare le strutture, ma certamente non bisogna arrivare a quanto da voi proposto.
Né mi pare si possa - come il collega Franco Russo ha accennato - arrivare a prevedere la possibilità dell'elezione indiretta dei parlamentari della circoscrizione Estero, attraverso organismi che già non funzionano, e sicuramente non funzioneranno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il gruppo dei Verdi - ma mi auguro la gran parte dei gruppi dell'Assemblea - voterà contro l'emendamento in esame e quelli successivi relativi alla materia della circoscrizione Estero, mentre annuncio fin d'ora il voto favorevole all'emendamento della Commissione 2.250.
Quest'ultimo, che abbiamo elaborato con un ampio consenso - come il collega Boscetto ha correttamente riconosciuto poco fa, e di ciò lo ringrazio -, prevede che venga mantenuta la circoscrizione Estero e che vengano attribuiti 6 parlamentari eletti nella circoscrizione Estero alla Camera e 12 all'altro ramo del Parlamento. Si tratta di un emendamento della Commissione, che voteremo successivamente, che condividiamo, insieme con la gran parte dei gruppi dell'Assemblea.
Detto ciò, voglio dare atto al collega Franco Russo, che è intervenuto a nome del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, del grande equilibrio e del grande di senso di responsabilità con Pag. 71cui ha prospettato - come è ovvio che avvenga in questa Assemblea, perché non siamo una caserma - sensibilità e preoccupazioni diverse del suo gruppo; anche se, lo ripeto, non condivido la sua e la loro posizione, devo dargli atto che è intervenuto con grande senso di responsabilità e con grande equilibrio politico.
Mi auguro - non mi riferisco all'emendamento Mascia 2.61, perché il collega Franco Russo ha insistito per la votazione - che i colleghi D'Alia, Capezzone (se fosse presente in aula), ancora D'Alia (per quanto riguarda un altro emendamento), Buemi e Zeller possano valutare di ritirare i loro emendamenti, come la relatrice Amici, d'accordo con il relatore Bocchino, ha invitato a fare.
Mi auguro che tali emendamenti vengano ritirati, ma se non lo fossero - lo ripeto -, noi con assoluta lealtà e correttezza voteremo contro gli stessi, perché voglio ricordare ancora una volta all'Assemblea che esiste l'articolo 48 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 17 gennaio 2000, il quale, dopo esser stato novellato, al terzo comma, recita: «La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge».
Poiché la riforma costituzionale che stiamo discutendo non incide sull'articolo 48 della Costituzione, che quindi resterà in vigore anche quando avremo approvato questa riforma costituzionale, dobbiamo seguire tale disposizione al di là delle diverse e legittime valutazioni politiche che sono state espresse nella XIII legislatura, anche molto critiche in alcuni casi, riguardo ad essa.
Tale disposizione, da due legislature, è Costituzione dello Stato e l'anno successivo alla sua approvazione, nel 2001, sono stati indicati i numeri dei deputati e dei senatori attribuiti alla circoscrizione Estero con la legge costituzionale n. 1 del 2001, che ha modificato gli articoli 56 e 57 della Costituzione; successivamente sono state approvate le leggi ordinarie di attuazione, le quali dovranno essere modificate non solo - come ha detto il collega Franco Russo - perché si sono riscontrate delle inadeguatezze, ma anche perché cambierà il numero di parlamentari.
Quindi noi, appoggiando l'emendamento 2.250 della Commissione e respingendo gli emendamenti citati, determinando così il numero di sei deputati e dodici senatori eletti nella circoscrizione Estero, mantenendo pertanto un numero complessivo di diciotto parlamentari eletti nella medesima circoscrizione, abbiamo tratto le conseguenze dovute che discendono dall'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, perché incidiamo proprio sull'articolo 56 e, conseguentemente, anche sull'articolo 57 della Costituzione.
Ovviamente, una volta che questo progetto di riforma costituzionale sarà diventato legge costituzionale, il Parlamento dovrà anche realizzare gli adempimenti dovuti per quanto riguarda la legge elettorale riferita alla circoscrizione Estero.
Credo, quindi, che l'attuale discussione non vada drammatizzata. Dal mio intervento, da quelli di altri, come il collega Boscetto, e da quelli che verranno da altri colleghi appare che vi è una larghissima convergenza in Assemblea su questa posizione.
Pertanto confermo il voto contrario sui successivi emendamenti, fatta eccezione per quello presentato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, per motivare il voto sull'emendamento in esame le rubo qualche momento - lo dico a lei e ai colleghi - per qualche piccola chiosa.
Se vi fosse stato bisogno di dimostrare che non vi erano le condizioni per portare avanti fruttuosamente questo conato di riforma, oggi pomeriggio lo abbiamo dimostrato con il tumultuoso e inconsulto andamento dei nostri lavori.Pag. 72
Abbiamo fatto una grandissima confusione, ingenerata e causata dal Governo che, non avendo avuto la decenza di rendersi disponibile nei modi giusti (soggettivi, oggettivi e temporali) per affrontare un argomento di eccezionale emergenza, ha provocato, da parte del nostro capogruppo e di altri, una reazione legittimissima (credo condivisa da chiunque ci stia ascoltando fuori di questo Palazzo), la quale però ha naturalmente e in qualche modo deviato l'attenzione dal testo che abbiamo sotto gli occhi e il dibattito che stiamo portando avanti.
I frutti si vedono, perché sul piano politico, onorevole Presidente, mi auguro di arrivare presto alle 19. Infatti, il collega Bressa prende la parola per dire ai Comunisti Italiani che è legittimissima e corretta la loro posizione, però, sia ben chiaro che non la condividono. Oppure il contrario: non la condividono ma - per carità! - che non si preoccupino, perché non stanno sfasciando nulla, in quanto è una posizione legittima.
Il collega Boato con altrettanta esperienza dialettico-parlamentare si premura di dire al collega di Rifondazione Comunista, che, per carità, non sta sfasciando nulla, ma non possono dargli ragione sulla cancellazione della rappresentanza degli italiani all'estero; però, sia ben chiaro che la sua motivazione è legittima, oppure, se preferisce, il contrario: la questione non cambia agli effetti della valutazione politica.
Allora, per dir chiaro, a chi viene speculando (come prima faceva nuovamente Bressa e non è la prima volta) su posizioni proprie dello schieramento della Casa delle libertà, permettendosi persino di anticipare la previsione che il suo gruppo voterà come il mio - è tutto da dimostrare -, rispondo di lasciare per cortesia al mio gruppo, nel suo interno, di valutare come dovrà votare al termine di questo tormentato e velleitario percorso.
Dunque, siamo di fronte ad una maggioranza che su una riforma costituzionale si presenta con quattro posizioni diverse e io non sono tra quelli che deprezzano o liquidano la posizione del gruppo dei Comunisti Italiani, per il semplice fatto che essi si sono già presentati in Commissione e hanno detto «no» a questa riforma, che è sbagliata, principiando da come è concepita l'eliminazione del Senato, perché puntano ad una forma più accentuata di monocameralismo.
Tutto questo, per la verità, porta a delle incongruenze, perché in effetti ci si è astenuti su un emendamento del collega Ronconi dell'UDC, che non era molto lontano sostanzialmente da quello del gruppo dei Comunisti Italiani. Però, non c'è dubbio che non potessimo comunque votare a favore di una reimplementazione del numero dei parlamentari.
Dunque, se in questa confusione riusciamo a portare un minimo di ordine logico, è di tutta evidenza che non possiamo che votare contro l'emendamento 2.61 presentato dai colleghi Mascia, Franco Russo e Frias perché comunque - lo ha detto molto bene il collega Boscetto -, quali che siano le intenzioni in futuro, eliminano la rappresentanza degli italiani all'estero.
In seguito verremo agli emendamenti che si occupano specificamente della collocazione dei rappresentanti degli italiani all'estero. Le anticipo, collega Russo, che non è accettabile sostenere che si debbano collocare i deputati degli italiani all'estero nella Camera dove vengono meno ad inquinare le logiche politiche e a turbare il meno possibile gli equilibri, perché non devono votare la fiducia, eccetera. Credo proprio che, quale che sia la nostra visione di questo fenomeno, non potremo essere d'accordo di considerarli quali deputati minoris iuris, proprio loro che, comunque, vengono eletti, con un meccanismo o con un altro, da un voto popolare dei cittadini, rispetto ad altri che sono delegati di secondo grado.
Con queste motivazioni, che svilupperemo durante l'esame degli emendamenti riguardanti specificamente gli italiani all'estero, non possiamo evidentemente cancellare la rappresentanza degli italiani all'estero e, dunque, non possiamo coerentemente che votare contro l'emendamento Mascia 2.61.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è del tutto evidente che questa discussione viene in qualche modo alterata da eccessi di distrazione da parte di alcuni colleghi.
Cercherò di essere il più chiaro possibile in modo tale da non indurre in errore un'ulteriore volta il collega Benedetti Valentini, il quale ha appena chiamato in causa il mio precedente intervento accusandomi di un'intemerata, dicendo che è tutto da dimostrare che voteremo assieme.
Collega Benedetti Valentini, pochi minuti fa abbiamo votato nello stesso modo e abbiamo bocciato l'emendamento Licandro 2.105 e ciò era esattamente quello che avevo detto.
Dunque, non c'è nulla da dimostrare (Commenti del deputato Benedetti Valentini), perché lei non può attribuire a me affermazioni che non ho fatto! Il mio intervento è teso a fare in modo che di qui in avanti ognuno si riferisca a ciò che è stato detto in quest'Assemblea e non ad interpretazioni di tipo personale.
Venendo al merito della questione, invece, ribadisco le considerazioni del collega Boato.
Credo che i gruppi politici, in quest'Assemblea, abbiano non solo la legittimità, ma anche la responsabilità politica, che appartiene a ciascuno, di esprimere le proprie convinzioni. Nel caso particolare, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non fa altro che continuare una battaglia che da sempre l'ha contraddistinto, cioè quella di essere contrario alla circoscrizione Estero. Si tratta di una battaglia che, responsabilmente e politicamente dal loro punto di vista, intendono continuare presentando l'emendamento Mascia 2.61. Per quanto ci riguarda, siamo contrari a questo emendamento per le ragioni che sono già state esposte da altri in questa sede e che cercherò brevemente di riassumere.
Il terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione ha istituito la circoscrizione Estero, colmando un vuoto che il nostro sistema costituzionale aveva da tempo, consentendo così agli italiani residenti all'estero, che sono cittadini a pieno titolo, di partecipare attivamente all'elezione della Camera e del Senato del nostro Paese. Il dibattito che ha accompagnato quella scelta è stato molto serio e approfondito e ha visto posizioni diversificate, ma alla fine vi è stata una larga maggioranza che ha fatto sì che la Costituzione fosse modificata.
Conseguentemente, quel tipo di riforma ha portato con sé la modifica degli assetti di Camera e Senato, prevedendo sei eletti da parte degli italiani residenti all'estero al Senato e dodici alla Camera dei deputati.
A questo punto, ci troviamo di fronte ad un processo riformatore che modifica la struttura del Senato e della Camera. In modo particolare, la Camera vede ridotto il proprio numero di deputati da seicentotrenta a cinquecento: si pone, quindi, il problema di ridurre e di compensare proporzionalmente la presenza dei nostri colleghi eletti all'estero, perché è l'unica Camera che può porre la questione di fiducia e che dà l'indirizzo politico della vita politica della Repubblica. È del tutto evidente che, nel momento stesso in cui si è operata una riduzione di questo tipo, sia necessario procedere proporzionalmente a ridurre il numero dei rappresentanti eletti nella circoscrizione Estero alla Camera dei deputati.
Mentre siamo chiamati a fare ciò, dobbiamo responsabilmente assumerci l'impegno che, poiché solo pochi anni fa abbiamo riformato e introdotto un nuovo importante capitolo della storia costituzionale italiana, cioè la presenza complessiva di diciotto rappresentanti eletti all'estero, abbiamo il dovere di mantenere inalterata tale rappresentanza. Ciò è esattamente quello che ha fatto la Commissione prevedendo di eleggere sei deputati alla Camera e dodici senatori al Senato. Quando arriveremo a discutere queste singole fattispecie entreremo più approfonditamente nel merito.Pag. 74
Quello che volevo che fosse chiaro fin da subito, però, è innanzitutto che la circoscrizione Estero non si tocca...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. ...perché non è una sorta di riserva indiana - concludo, signor Presidente -, ma è lo strumento costituzionalmente legittimo che questo Parlamento ha votato per consentire agli italiani all'estero - cittadini a pieno titolo - di avere i propri rappresentanti. Tale istituto non può essere abolito, né, quindi, può essere abolita la circoscrizione Estero.
Per questi motivi, il nostro voto sull'emendamento 2.61 del collega Franco Russo del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sarà contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, dopo l'intervento del collega Bressa, noi lasceremo libertà di coscienza ai colleghi del gruppo dell'UDC, in ordine al voto sull'emendamento Mascia 2.61 dei colleghi di Rifondazione Comunista.
Collega Bressa, non funziona così! Capisco il suo tentativo di giustificare un'iniziativa dei colleghi di Rifondazione Comunista, che condivido nel merito. Tuttavia, poiché in Commissione abbiamo discusso diffusamente su questo tema e siamo giunti alla conclusione di arrivare ad una soluzione compromissoria - che io condivido perché era una delle nostre proposte, ossia quella di non cancellare totalmente i rappresentanti della circoscrizione Estero alla Camera dei deputati, ma di proporzionarne il numero a quello dei deputati (i relatori, correttamente, si sono fatti carico di questa proposta) - mi sarei sinceramente aspettato che il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ritirasse l'emendamento soppressivo.
Infatti, si renderà conto che, avendo noi presentato emendamenti simili, se non identici, e avendone preannunziato informalmente ai relatori il ritiro, sulla scorta della proposta fatta dai relatori stessi, ora non posso che ribadire che non li ritireremo e che, solo per un atto di cortesia parlamentare nei confronti dei signori relatori, lasceremo libertà di coscienza al gruppo sul voto in ordine all'emendamento Mascia 2.61, presentato dai colleghi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.
Tuttavia, non potete chiederci di andare avanti così, perché così non funziona, collega Bressa. Glielo dico in maniera molto serena. Infatti, mi scuserà, ma lei non può dire di apprezzare i colleghi di Rifondazione Comunista e dare «un colpo al cerchio e un colpo alla botte»!
Stiamo parlando di un tema molto controverso. La posizione del mio gruppo parlamentare è chiara, così come lo era in Commissione, ed è a favore dell'eliminazione dalla Camera dei deputati della rappresentanza parlamentare della circoscrizione Estero, per una ragione molto semplice: nel sistema che abbiamo predisposto e proposto in Assemblea, il rapporto fiduciario intercorre solo ed esclusivamente tra il Parlamento e il Governo, tra Camera dei deputati e Governo (ossia, Presidente del Consiglio dei ministri e Consiglio dei ministri). Di conseguenza, è assolutamente evidente che mantenere lo stesso numero di deputati alla circoscrizione Estero o creare le condizioni che oggi viviamo al Senato (in forza delle quali colleghi rispettabilissimi, eletti in circoscrizioni fuori dal nostro Paese, che non abitano, non vivono e non pagano le tasse nel nostro Paese, determinano maggioranze politiche), era un'ipotesi di scuola che immaginavamo nella nostra riforma della scorsa legislatura, sbagliando, e che si è purtroppo rivelata oggi.
Oggi ci troviamo nella condizione in cui la riduzione del numero dei deputati alla Camera, così come proposto dai relatori, è funzionale a far sì che, anche qualora si approvasse una legge elettorale (ipotizziamo, ad esempio, il sistema proporzionale puro) che fosse diversa per la circoscrizione Estero rispetto a quella della CameraPag. 75 dei deputati, non cambi il rapporto né la qualità del rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo.
Ora, poiché eravamo rimasti a questo punto e poiché i colleghi di Rifondazione Comunista, giustamente, dal loro punto di vista, non hanno voluto ritirare l'emendamento Mascia 2.61, noi non ritireremo neanche i nostri e invito i colleghi del mio gruppo a votare come meglio ritengono nel merito perché, all'interno del mio gruppo, si è svolto un dibattito molto complesso su questa vicenda, che è altrettanto complessa [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, mi rivolgo al collega Franco Russo: ovviamente i nodi vengono al pettine, ma ho molto apprezzato il fatto che non abbiate ritirato il vostro emendamento. Mi ha fatto piacere ascoltare e, soprattutto, mi ha fatto piacere che voi abbiate ascoltato quanto vi è stato detto dai colleghi Bressa e Boato, i quali, pur facendovi i complementi, non hanno capito (perché non hanno voluto farlo) il nobile intendimento del vostro emendamento.
Come dicevo, i nodi vengono al pettine, perché l'emendamento Cirino Pomicino 2.101 (che noi avevamo presentato e che è stato respinto) andava nella stessa direzione: esso non voleva alterare l'articolo 48 della Costituzione, voleva lasciare la circoscrizione Estero, proponendo di sostituire il numero di cinquecento deputati con quello complessivo di cinquecentododici; in questo modo, i dodici deputati della circoscrizione Estero non avrebbero costituito una «riserva indiana», bensì una circoscrizione nazionale. Come tutti i Paesi democratici nel mondo, quindi, il voto sarebbe stato espresso in circoscrizioni nazionali e non extranazionali.
Pertanto, ovviamente, non possiamo che condividere il vostro emendamento: rispetto al nostro, non è migliorativo ma peggiorativo, tuttavia procede in quella direzione, su quella linea che avete espresso e che, ovviamente, condividiamo.
È ovvio che, da tale discussione, dobbiate trarre anche delle considerazioni. Il collega Bressa vi ha detto che siete distratti. Credo che la distrazione sia propria di coloro che non hanno dato criterio a questa modifica costituzionale.
Lo ripeto per l'ennesima volta, anche il presidente Bianco lo ha espresso bene nel corso del proprio intervento, si tratta di una modifica costituzionale fatta con la benda, senza logica e soprattutto, per prendere tempo.
Non si vuole modificare la Costituzione ma si vuole «tirare a campare», per far sopravvivere questa legislatura che, altrimenti, se dovessimo discutere dei veri problemi del Paese, troverebbe la sua conclusione e le sue contraddizioni emergerebbero.
Pertanto, voteremo a favore sull'emendamento in discussione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ronconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, l'emendamento in discussione ha il merito di introdurre la questione dei parlamentari eletti all'estero. Ritengo che, in linea generale, tale emendamento sia apprezzabile e condivisibile, proprio perché rispetto a tale questione, credo che la Commissione non abbia assolutamente risolto il problema.
Infatti, rispetto ad un dimezzamento del numero dei parlamentari, in realtà, continuiamo ad avere lo stesso numero di parlamentari eletti all'estero. Per di più, per quanto riguarda il Senato federale (sarà Senato o Camera federale, ancora non si sa), il quale deve svolgere compiti completamente diversi rispetto al passato, vi sarà un raddoppiamento del numero dei parlamentari eletti all'estero.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO RONCONI. Concludo, Presidente. A ciò si aggiunge il fatto che, Pag. 76mentre i senatori italiani saranno eletti indirettamente, vale a dire dai consigli regionali, in questo caso specifico vi sarebbe ancora l'elezione diretta. Pertanto, si tratta di un complessivo «pasticcio» che deve essere risolto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ferrigno. Ne ha facoltà.

SALVATORE FERRIGNO. Signor Presidente, cari colleghi, sentire mettere in discussione la normativa sui parlamentari eletti all'estero, effettivamente, mi preoccupa, oltre ad indignarmi come rappresentante eletto all'estero, analogamente a tutti gli altri colleghi eletti all'estero appartenenti a tutte le forze politiche.
Vorrei semplicemente chiedere come si possa discutere, in quest'Aula, di integrazione degli stranieri, degli extracomunitari in Italia, quando si parla di emarginare i nostri connazionali all'estero, togliendo loro l'unica voce che hanno in questa sede parlamentare?
Si tratta di un diritto conquistato dopo cinquant'anni di democrazia ed è chiaro che non vogliamo assolutamente perderlo, perché significherebbe davvero fare un passo indietro nella nostra Repubblica democratica.
Ritengo che non dobbiamo dimenticare il ruolo dei nostri connazionali all'estero in quanto oggi rappresentano un motore economico della nostra economia, sono i primi consumatori di prodotti italiani all'estero e sono coloro che, in quanto parte interessata, hanno diritto ad avere una voce in questo Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, all'inizio della legislatura gli esponenti della maggioranza, ricordando le vicende dell'approvazione della riforma costituzionale nella legislatura durata dal 1996 al 2001, hanno fatto ammenda di quanto gli stessi hanno definito come un errore, procedere a colpi di maggioranza, e si sono proposti il compito di ottenere maggioranze molto ampie sulle riforme costituzionali.
Non ho mai espresso opinioni su questa tematica, perché ritengo che le circostanze politiche, in alcuni momenti possano consentire il raggiungimento di maggioranze ampie e in altri impongano invece alle maggioranze di approvare le leggi come è possibile.
Tuttavia la riforma costituzionale che il Parlamento sta esaminando ora appartiene a un terzo genus perché non è né quella approvata a colpi di maggioranza né quella approvata a larga maggioranza. Si tratta della riforma che, con leggerezza o con ironia, i relatori hanno chiamato «la riforma per intersezioni» ossia con una maggioranza che si compone in Parlamento di volta in volta, talché su certi punti la maggioranza si divide (in questo caso hanno ragione i colleghi del gruppo, mi sembra, di Rifondazione Comunista o dei Comunisti Italiani, in molti dei loro emendamenti) e si trovano dei voti in parti dell'opposizione o in altri.
In sostanza verrà fuori, non una riforma della Costituzione, ma un vestito di Arlecchino, onorevoli colleghi, e questa norma sui parlamentari eletti all'estero - onorevole Bressa mi consenta di farglielo notare - è assolutamente la dimostrazione di questo pasticcio.
Oggi eleggiamo diciotto parlamentari all'estero di cui dodici alla Camera dei deputati e sei al Senato. Da domani ne eleggeremo sei su cinquecento alla camera - cioè poco più dell'uno per cento - ma nel contempo ne eleggeremo dodici al Senato cosiddetto federale del quale rappresenteranno il 10 per cento.
Non sappiamo, però, cosa i senatori eletti all'estero dovranno rappresentare. Che cosa rappresenteranno dal momento che quel Senato che voi chiamate federale rappresenterà le regioni italiane? Ci saranno dodici senatori, eletti a scrutinio popolare, che parleranno, con la forza che viene da chi è eletto a scrutinio popolare, con senatori eletti, in seconda battuta, dai consigli delle autonomie locali o dai consigliPag. 77 regionali. Che cos'è questo Senato cosiddetto federale se non un pasticcio infinito?

PRESIDENTE. Deputato La Malfa, concluda.

GIORGIO LA MALFA. Concludo, Presidente.
Questa riforma costituzionale è «invotabile». Vorrei che la maggioranza si rendesse conto che sottopone al Parlamento, non un progetto di riforma costituzionale, ma un attacco alla Costituzione del 1948 che la distrugge nei suoi fondamenti. Tale provvedimento costituisce un' enorme responsabilità...

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIORGIO LA MALFA. ...per tutti coloro che se ne assumono la responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente vorrei intervenire brevemente per dire che ho raccolto, anche dalle parole dei colleghi, soprattutto da quelle dell'onorevole Franco Russo, elementi interessanti su questa materia. Anche negli altri interventi c'è stato uno sforzo, ma ho avvertito un velo di non sincerità sul tema.
Non mi sento di esprimere un voto contrario sull'emendamento al nostro esame perché riapre - e deve riaprire - un dibattito su una materia per la quale nutro gravi preoccupazioni.
Nessuno vuole togliere, sospendere o eliminare le circoscrizioni all'estero, ma certamente bisogna lavorare per l'effettività della rappresentanza, per la normalizzazione di un sistema elettorale che certamente non ha garantito e non garantisce nessuno e soprattutto non garantisce i nostri connazionali all'estero.
Ritengo che si debba riaprire questo tipo di dibattito, ma in termini di certezza, di sincerità e di assenza di quella ipocrisia che fino ad oggi ha accompagnato la nostra discussione sulla materia [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo presentato due proposte emendative che sostanzialmente sono uguali a quella al nostro esame. Una era riferita alla Camera e proponeva anche la riduzione del numero dei deputati a quattrocento; l'altra, che verrà poi posta in discussione, era invece riferita al Senato.
Abbiamo presentato queste proposte perché riteniamo la circoscrizione Estero inutile.
I deputati eletti nella circoscrizione Estero non rappresentano il territorio, non sono persone che vivono sul nostro territorio, che pagano le tasse sul nostro territorio e che portano avanti istanze concrete collegate al territorio stesso.
In più, i deputati eletti nella circoscrizione Estero sono eletti in circoscrizioni amplissime, dove diventa anche molto difficile, se non impossibile, avere un legame autentico che non sia un legame di interessi. Inoltre... scusi, signor Presidente, abbia pazienza, ma proprio...

PRESIDENTE. Ha pienamente ragione. La sollecitazione di chi sta svolgendo l'intervento a consentire l'ascolto è del tutto legittima e fondata; invito pertanto i colleghi a tenere dei comportamenti che consentano l'ascolto.
Prego, onorevole Cota.

ROBERTO COTA. Grazie, signor Presidente.
In più abbiamo visto cosa è successo in occasione delle ultime elezioni. Abbiamo la documentazione, anche filmata...

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PRESIDENTE. Per favore, ho appena rivolto un invito. Gradirei che fosse consentito lo svolgimento dell'intervento.

ROBERTO COTA. Grazie, signor Presidente.
Abbiamo visto le modalità con cui si sono svolte queste elezioni, testimoniate anche da filmati: centinaia di voti espressi tutti dalla stessa persona, voti comprati. Questi voti sono in grado di incidere sulla maggioranza, perché al Senato risultano determinanti e, comunque, non possiamo escludere che, in un contesto politico, deputati eletti con questo sistema siano determinanti.
In più abbiamo assistito, negli ultimi giorni, a un incredibile mercimonio, che ha proprio riguardato alcuni deputati eletti nella circoscrizione Estero mentre nella finanziaria in discussione non abbiamo le risorse necessarie per realizzare tante infrastrutture, laddove ce n'è bisogno; soprattutto, dal nostro punto di vista, nelle regioni del nord. Non abbiamo le risorse da dare alle forze dell'ordine per controllare il territorio, ma abbiamo risorse da destinare ad personam a parlamentari, a senatori eletti nella circoscrizione Estero.
Queste cose dobbiamo dircele con assoluta onestà, quando si tratta di discutere una riforma.
Ho sentito più volte, anche all'interno della Commissione, deputati di tutte le forze politiche dire che non erano assolutamente d'accordo con la presenza di deputati non espressi dal nostro territorio e che erano pertanto d'accordo su una possibile riscrittura del testo con riferimento alla circoscrizione Estero; però, poi, tutti dicono di lasciar perdere, di non creare un problema, di non riaprire la questione.
Se stiamo discutendo sulle riforme, dobbiamo necessariamente affrontare tutti gli aspetti connessi ad esse, non soltanto quelli meno spinosi, perché altrimenti, alla fine, il testo che verrà approvato a conclusione dell'esame risulterà essere «acqua fresca», o neanche quella, se dovessero «passare» certe istanze sostenute in questa sede durante il dibattito.
Insomma, errare è umano, ma perseverare è assolutamente diabolico. Per coerenza, quindi, voteremo a favore su questo emendamento, che è uguale alla nostra proposta emendativa sulla soppressione dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cassola. Ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, dispiace sentire questi toni riferiti a gente giudicata inutile. Mi sembra veramente un discorso, se non razzista, quasi. Intanto, a quanti sostengono che non rappresentiamo il territorio, faccio osservare che noi non rappresentiamo un territorio, ma quattro milioni di italiani all'estero, che, quando l'economia italiana era in ginocchio, alla fine della seconda guerra mondiale, mandando le loro rimesse in Italia, hanno consentito al Paese di decollare economicamente e di diventare ciò che è oggi.
Anzitutto, dunque, osservo che questo è quello che rappresentiamo. Quindi, a chi dice che non paghiamo le tasse, faccio notare che tale affermazione è una baggianata. Se solo si considerano i pensionati all'estero rientrati in Italia, ebbene costoro solo nel 2006 hanno percepito 3 miliardi 200 milioni di euro dagli enti statali di previdenza esteri, più del doppio di quanto percepito dalle casse pensioni private.
Non è vero quindi che non pagano le tasse: casomai ci sono tanti che evadono le tasse in Italia, e non dovrebbero votare neanche loro, non dovrebbero avere la loro rappresentanza.
Infine, ci si preoccupa...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

ARNOLD CASSOLA. Concludo. Ci si preoccupa tanto della gente che non abita in Italia e che non rappresenta il territorio.Pag. 79 Ci sono però cinquanta-settanta colleghi che non sono mai entrati in aula durante questa legislatura, e non vi preoccupate di costoro che invece ora votano e, senza essere mai...

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

ARNOLD CASSOLA. ...venuti in aula, possono votare per cambiare la Costituzione. Non usiamo due pesi e due misure (Applausi dei deputati del gruppo Verdi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei che brevissimamente riflettessimo insieme su due punti che mi paiono fondamentali, partendo dall'emendamento in esame.
Il primo riguarda il rapporto tra questa proposta di riforma costituzionale e la legge elettorale. È evidente che non si può fare...

PRESIDENTE. Mi scusi, deputato.
Mi dispiace dover insistere nel richiamare i colleghi ad un maggiore silenzio, però è proprio impossibile lavorare così. Consentiamo a chi svolge l'intervento di farlo e agli altri di poter ascoltare.

MAURO DEL BUE. Vorrei dunque citare due questioni. La prima riguarda il rapporto tra il disegno di riforma costituzionale e la legge elettorale. Non è un caso che qui emerga un tentativo di riforma elettorale per ciò che riguarda la circoscrizione Estero, e si preveda una diminuzione di deputati eletti all'estero nell'emendamento 2.61 sottoscritto dai deputati Mascia, Franco Russo e Frias.
La seconda si collega ad un'affermazione fatta precedentemente dall'onorevole La Malfa, che mette al centro del suo intervento una questione delicatissima, e cioè il rapporto tra quello che dovrà essere il cosiddetto Senato federale e i senatori eletti nella circoscrizione Estero. Come è possibile immaginare un Senato federale eletto dai consigli regionali, perché di questo si tratta, cui si aggiungono senatori eletti all'estero che non sono rappresentanti delle regioni, ma rappresentanti di circoscrizioni estere? Mi sembra davvero difficile poterlo ipotizzare, poterlo proporre come una soluzione adatta ai nostri bisogni. Per questo vorrei che su ciò ci fosse...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

MAURO DEL BUE. Un chiarimento da parte del presidente Violante, dicevo, su tale questione mi pare fondamentale, alla luce dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, vorrei esprimere una perplessità, anzi la preoccupazione che in Aula stia accadendo ancora una volta quanto già visto in altre occasioni, qualcosa la cui modalità francamente non ci convince.
Noi stiamo proponendo di modificare la Costituzione italiana, e nel passato è accaduto più volte che le modifiche apportate non hanno introdotto cambiamenti realmente migliorativi. Forse un richiamo più coerente ai principi e alle modalità previste nella nostra Carta costituzionale originaria ci aiuterebbe a sciogliere dei nodi che francamente, man mano che si procede, si ingarbugliano sempre di più; e mi pare che uno dei nodi che si stanno ingarbugliando sempre di più sia proprio quello che stiamo affrontando in questo momento. Qui non si tratta di mettere in discussione l'esigenza di rappresentare gli interessi e i punti di vista dei connazionali presenti all'estero, degli italiani presenti e viventi all'estero.
Intanto desidero dire che vi è un problema più immediato che dovremmo cercare di risolvere: quello relativo agli italiani temporaneamente residenti all'estero. Costoro mantengono interessi, famiglie e Pag. 80attività in Italia, ma vengono di fatto privati del diritto di voto poiché spesso - come accade anche per i nostri militari presenti nelle missioni all'estero - di fatto non votano; è, infatti, evidente che non possono abbandonare le loro posizioni. Lo stesso vale per coloro che sono impegnati nelle nostre ambasciate e via seguitando.
Richiamerei dunque in primo luogo l'attenzione dei colleghi su questo punto. Poi, vi è certo il problema degli italiani permanentemente residenti all'estero, ovvero degli italiani con doppia cittadinanza. Io credo però che non risolveremo il problema della loro rappresentanza, prevedendo semplicemente una loro presenza in Parlamento o - come risulta nell'emendamento presentato dalla Commissione - addirittura una presenza maggiore nella Camera che rappresenta le realtà locali rispetto a quella che si ha nella Camera che rappresenta gli interessi più generali ed ha una funzione legislativa generale. La contraddizione mi pare evidente.
Allo stesso modo, è evidente che, con l'attuale sistema elettorale, ma anche con altri (in questo, come dicevo prima, siamo bravi ad inventar complicazioni), accadrebbe spesso che i destini del Paese sarebbero affidati, com'è in questo momento, a colleghi che certamente hanno la nostra stessa dignità - questo è fuori discussione - ma sono un poco distanti (è un modo eufemistico di esprimermi) rispetto alla concreta realtà del nostro Paese, poiché le loro attività, i loro interessi e le loro famiglie sono evidentemente collocati in altre parti del mondo.
Su questo punto, dunque, colleghi, francamente non comprendo la determinazione con cui si rifiuta quel che da più parti - nella maggioranza e nell'opposizione - viene evidenziato come un nodo da sciogliere con maggiore cautela e con maggiore coerenza. Questa non vuole essere una critica ai colleghi della Commissione: francamente, però, non vedo la possibilità di affrontare in maniera esaustiva una simile questione con il presente metodo di approvazione. In proposito, ricordo oggi quel che dissi nella scorsa legislatura ai colleghi dell'ex maggioranza, oggi opposizione, e cioè che non condividevo assolutamente il loro modo di procedere rispetto a questioni centrali come le modifiche costituzionali e quelle di tipo ordinamentale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ENRICO BUEMI. Per questi motivi, signor Presidente e colleghi, noi riteniamo di confermare un atteggiamento di forte riserva rispetto alla conferma della presenza della rappresentanza degli italiani all'estero, con questo squilibrio e con queste caratteristiche, richiamando l'intervento che fu svolto già quando fu esaminata la modifica costituzionale che ha introdotto l'attuale normativa costituzionale in materia. In questo senso, preannunzio dunque il nostro voto favorevole sull'emendamento al nostro esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, intervengo solo per pochi secondi per dire che questa mi sembra una discussione allucinante e un po' aliena. Si è parlato infatti di realtà del nostro Paese: ebbene, la realtà del nostro Paese è che poco fa, al Senato, il Governo si è salvato per un solo voto, e cinque dei voti sono di senatori eletti all'estero. Per coerenza, i cinque senatori eletti all'estero non avrebbero dovuto votare al Senato poco fa: questa è la realtà delle cose.
Premesso dunque che sono assolutamente favorevole alla presenza alla Camera e al Senato di rappresentanti eletti all'estero - e che eventualmente bisogna discutere sul sistema di elezione, nel senso di evitare i brogli che vi sono stati alle scorse elezioni - sfido però i colleghi di quest'Aula eletti all'estero, di maggioranza e di opposizione (ma di questi ultimi do per scontato che la pensino come me, perché sono pochissimi), a parlare e ad assumersi le loro responsabilità: non è infatti possibile che in quest'Aula difendano e tutelino gli interessi degli italiani Pag. 81all'estero e poi votino a favore di un emendamento che di fatto rende illegittima la loro presenza in questa Camera.
A me sembra veramente una discussione aliena, e l'approvazione dell'emendamento al nostro esame sarebbe davvero una pura e semplice follia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 2.61, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 461
Votanti 440
Astenuti 21
Maggioranza 221
Hanno votato
76
Hanno votato
no 364).

Prendo atto che il deputato Ronchi ha segnalato che non è riuscito a votare e che i deputati Pedrini e Razzi, hanno segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario. Prendo altresì atto che il deputato Villetti ha segnalato di aver erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Modifica nella denominazione e nella costituzione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data odierna, è stato comunicato alla Presidenza che il gruppo parlamentare L'Ulivo ha cambiato la propria denominazione in Partito Democratico-L'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo). Con la medesima lettera è stato comunicato che l'assemblea dei deputati del gruppo stesso ha eletto presidente il deputato Antonello Soro (Applausi).

Annunzio delle dimissioni del presidente della X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo) e modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data odierna, il deputato Daniele Capezzone ha rassegnato le dimissioni dalla carica di presidente della Commissione attività produttive, commercio e turismo (Applausi). Desidero con l'occasione manifestare al deputato Capezzone il mio apprezzamento per come ha sin qui esercitato le sue funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Inviterei tutti i parlamentari ad avere almeno dei rapporti di cortesia.
La Commissione attività produttive, commercio e turismo è convocata per mercoledì 14 novembre, alle ore 15, per procedere all'elezione del nuovo presidente. Con la medesima lettera il deputato Capezzone si è altresì dimesso dal gruppo parlamentare La Rosa nel Pugno e ha aderito al gruppo parlamentare Misto cui risulta pertanto iscritto.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Nella parte antimeridiana della seduta la Presidenza si era riservata di valutare l'ammissibilità di tre nuove proposte emendative presentate dalla Commissione. Al riguardo, faccio presente che l'articolo aggiuntivo 16.0250 e l'emendamento 20.250 della Commissione, relativi rispettivamente alle modalità di elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale, devono ritenersi ammissibili in quanto rispondenti ai criteri già enunciati dalla Presidenza nella seduta di ieri.
Per quanto riguarda l'emendamento 7.250, testè trasmesso alla Presidenza in Pag. 82una diversa formulazione, esso è volto a modificare le materie per le quali la funzione legislativa è esercitata ai sensi del secondo periodo del terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 7 del testo al nostro esame, e reca - nella parte consequenziale - modifiche all'articolo 118 della Costituzione: tali modifiche si riferiscono, quindi, al Titolo V della Costituzione che, nella seduta di ieri, è stato chiarito essere estraneo all'oggetto del presente provvedimento, come delimitato in sede di Commissione.
Al riguardo, la Presidenza ha, tuttavia, preso atto dell'orientamento unanime di tutti i gruppi in Commissione nel senso di considerare che la parte dell'emendamento che reca modifiche all'articolo 118 sia strettamente connessa alla disciplina di cui all'articolo 70 della Costituzione e in quanto tale non ponga nuovamente in discussione la delimitazione del contenuto del provvedimento già operata.
In tal senso, la proposta emendativa nel suo complesso deve considerarsi ammissibile.
Sospendo l'esame del provvedimento, per consentire lo svolgimento dell'informativa urgente. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Informativa urgente del Governo sui recenti gravissimi fatti criminosi che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri e sulle politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica (ore 19).

PRESIDENTE. Avrà ora luogo lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sui recenti gravissimi fatti criminosi che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri e sulle politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Viceministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Viceministro dell'interno, Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non si è ancora spenta l'ondata di orrore che ha investito il nostro Paese per l'efferato omicidio della signora Giovanna Reggiani e la convocazione del Governo in quest'Aula è testimonianza della vostra sensibilità. Alla famiglia della signora Reggiani desidero far pervenire da quest'Aula ancora una volta la commossa partecipazione del Governo, del Parlamento e tutta quanta la nostra vicinanza a tanto dolore (Generali applausi - Il Presidente si leva in piedi e con lui l'intera Assemblea ed i membri del Governo).
Gli organi inquirenti hanno ricostruito tempestivamente, anche grazie ad una preziosa e spontanea testimonianza, le circostanze di tale barbaro avvenimento che ha suscitato sdegno in tutto il Paese. La tragedia ha incominciato a dipanarsi la sera del 30 ottobre, quando il personale del commissariato di pubblica sicurezza di Ponte Milvio è intervenuto su segnalazione del 113 in via Flaminia, nella zona di Tor di Quinto, dove giaceva a terra una donna seminuda, ferita al volto e al collo e priva di documenti.
L'autore dell'aggressione è stato immediatamente identificato ed arrestato per i reati di tentato omicidio e violenza sessuale. È il ventiquattrenne rumeno Romulus Nicolae Mailat, in Italia senza fissa dimora, rintracciato all'interno del campo nomadi allestito nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto. Tutto ciò è stato possibile - lo ripeto - grazie alla fattiva collaborazione di una cittadina rumena nomade, che ha lanciato l'allarme, anche lei colpita per la brutale aggressione all'indifesa signora Reggiani. La segnalazione - girata ad un dipendente dell'azienda del trasporto locale, il primo ad Pag. 83incontrare la donna - ha consentito il tempestivo intervento delle forze di polizia. Subito dopo, durante la perquisizione della baracca occupata dal Mailat sono stati rinvenuti, tra l'altro, i documenti di identità della signora Reggiani e, contemporaneamente, è stato anche individuato il luogo dell'aggressione.
La testimone, rumena come l'aggressore - il cui nome, per comprensivi motivi di sicurezza, non viene qui fatto - è stata affidata ai servizi sociali del comune di Roma ed è ospitata in una comunità protetta.
Dagli accertamenti svolti e dai riscontri dattiloscopici è risultato che il cittadino rumeno arrestato non era già noto agli uffici per l'immigrazione delle questure. Mailat è stato trasferito presso la casa circondariale di Regina Coeli nelle prime ore del 31 ottobre. Giovanna Reggiani, purtroppo, come voi sapete, è deceduta il 1o novembre per le ferite riportate.
Questa tragica vicenda, che ho ricostruito per sommi capi, come era giusto che facessi di fronte a questo ramo del Parlamento, ha accentuato una percezione di insicurezza da parte dei cittadini. Ciò è assolutamente comprensibile; accade sempre di fronte a fatti così gravi che colpiscono la sensibilità pubblica e di ciascuno di noi.
Occorre però ricordare - l'abbiamo fatto anche nelle scorse settimane, presentando un organico rapporto sulla condizione della sicurezza in Italia elaborato scientificamente - che su questi temi è giusto manifestare il dolore e la commozione, ma è sempre più meditato manifestare un approccio più riflessivo e, quindi, non farsi condizionare, pur di fronte al dolore del momento, dai sentimenti e dall'emozione. Voi, infatti, sapete perfettamente che i temi della sicurezza mal si combinano con le emozioni; anzi, se posso dire, emozioni e sicurezza sono due cose che dovrebbero essere tenute separate, perché la risposta in termini di sicurezza non può e non deve mai essere condizionata da un puro riflesso emotivo. In una grande democrazia succede sempre così (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo)!

PIER FERDINANDO CASINI. Infatti, avete varato un decreto-legge dopo che avevate approvato un disegno di legge (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Per cortesia, inviterei a non interrompere. Mi pare che ci stiamo accingendo ad un dibattito impegnativo; pertanto, inviterei tutti a mantenere una compostezza legata anche all'argomento stesso.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Naturalmente la mia osservazione non era rivolta nei confronti di alcuno; era una riflessione che credo possa essere condivisa dall'intero Parlamento.
Questo gravissimo episodio ha ovviamente influito su ciò che è avvenuto, ma devo tuttavia riferirvi qual è la situazione attuale. L'andamento dei reati in Italia, come è segnalato dal lavoro che abbiamo svolto, rileva che vi sono alcuni reati significativamente in aumento, come quelli più propriamente predatori, e vi sono reati che, invece, negli ultimi anni, hanno registrato una significativa diminuzione; penso ad esempio ai reati di omicidio.
Mi riferisco anche ai risultati importanti che si sono ottenuti, anche da ultimo in questi giorni, nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Consentitemi, sotto tale profilo, un breve riferimento, anche se non attinente all'argomento di questa informativa, all'arresto dei boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo che è seguito alla cattura di Bernardo Provenzano (avvenuta l'11 aprile 2006), e che è testimone di un ulteriore colpo fortissimo a Cosa nostra, sul quale ritengo sia importante che questa Assemblea debba riflettere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani e Verdi). In questo momento, credo che da Pag. 84parte di tutti noi, debba provenire il pieno apprezzamento alle forze di polizia e ai magistrati che hanno coordinato questa importante operazione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).

ROBERTO SALERNO. Ma cosa c'entra!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. In questo panorama complesso e diseguale emerge, indubbiamente, la componente rappresentata dagli stranieri illegalmente presenti sul nostro territorio, che spesso alimenta i ranghi della criminalità, soprattutto quella più diffusa sul territorio che colpisce le persone comuni, e in particolare quelle più deboli, quali le donne, gli anziani e i bambini. In definitiva, crea allarme sociale soprattutto l'aumento dei reati commessi dagli stranieri irregolarmente presenti sul nostro territorio, tra i quali vi è una significativa componente della criminalità rumena. Lo ripeto: si tratta di stranieri illegalmente presenti nel nostro territorio.
Per essere più chiari, non vi è un rapporto tout court tra immigrazione e criminalità; vi è, invece, un rapporto significativo tra clandestinità e criminalità.

PAOLA GOISIS. Non sono clandestini!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. In definitiva, la criminalità rumena è dedita in prevalenza ai reati contro il patrimonio, in particolare alle rapine in abitazioni, e si sta espandendo anche verso più remunerativi circuiti criminali, quali l'immigrazione clandestina, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione, settore nel quale sta tentando di soppiantare, soprattutto in alcune regioni del Nord, le già consolidate consorterie delinquenziali albanesi.
In un diverso ambito opera, invece, l'etnia rom, di tradizione e di origine rumena, tradizionalmente presente nel territorio nazionale, nella quale vi sono singoli soggetti che, come è noto, sono specializzati nella commissione di reati contro il patrimonio. Il Governo, per rispondere con immediatezza alla domanda di sicurezza emersa in queste ore e in queste settimane nel Paese, e nel più ampio contesto delle misure legislative recentemente adottate per contrastare i fenomeni delinquenziali, ha anticipato con il decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, le norme più stringenti contro la criminalità urbana.
In sintesi, con il provvedimento d'urgenza sono conferiti ai prefetti per motivi di pubblica sicurezza poteri di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini anche comunitari. L'allontanamento diviene immediato nel caso in cui il comportamento sia lesivo della dignità umana, dei diritti fondamentali della persona o dell'incolumità pubblica e renda la permanenza sul territorio nazionale del cittadino dell'Unione europea (o di un suo familiare) incompatibile con l'ordinaria convivenza. Le parole che ho letto sono testualmente quelle della direttiva comunitaria: nulla di più e nulla di meno ha aggiunto il Governo.
Riferisco, ora, in merito agli ultimi dati sulla criminalità in Italia, con specifico riferimento all'incidenza della criminalità rumena. Il numero complessivo delle persone denunciate o arrestate nel periodo di gennaio-agosto 2007 è di circa 567 mila, di cui circa 364 mila italiani e 203 mila stranieri. Tra essi, 32.468 sono di nazionalità rumena. Nei primi otto mesi del corrente anno il totale delle segnalazioni riguardanti i cittadini rumeni corrisponde al 5,71 per cento del totale dei reati e al 15,92 per cento del totale di quelli commessi dai cittadini stranieri. Nel 2006 il totale delle segnalazioni riguardanti i cittadini rumeni è stato pari a 40.036 persone, che corrispondono al 4,89 per cento del totale dei reati e al 13,99 per cento del totale dei reati commessi dai cittadini stranieri. Riferisco i dati perché essi sono duri come le pietre e, quindi, costituiscono un riferimento sul quale è difficile potere effettuare voli di fantasia. Per quanto Pag. 85riguarda i detenuti, proprio oggi il Ministro Santagata ha risposto durante lo svolgimento del question time in Assemblea, e dunque rinvio ai dati da lui riferiti.
Il problema è che l'allargamento ad est dell'Unione europea ha portato l'Unione stessa ad affrontare tematiche molto impegnative, sulle quali, forse, nel momento in cui si è avviato il processo di allargamento, non è stata affrontata una discussione molto approfondita. L'allargamento ad est dell'Unione europea, infatti, ha rappresentato per l'Europa un grande traguardo. Gli obiettivi erano fondamentalmente due: l'allargamento del mercato europeo (aspetto molto importante) e un'integrazione nel rapporto con l'est, ovvero un sogno antico dell'Europa, quello di allargare i propri confini verso est e di allargare l'area di sicurezza verso quei Paesi che, in passato, erano stati membri del blocco comunista.
Si tratta di obiettivi sicuramente molto importanti, il cui raggiungimento ha tuttavia comportato il fatto che ci siamo dovuti misurare con fenomeni del tutto nuovi, che hanno incominciato ad attraversare l'Europa ormai da qualche tempo. Non vi è dubbio che questo progetto abbia avuto anche un'influenza e un riflesso sulle problematiche relative alla sicurezza e all'immigrazione.
Il Governo - questo Governo - ha affrontato la tematica tentando di porre in essere azioni e assumere interventi coerenti con gli obblighi assunti a livello internazionale, coniugando, tuttavia, quegli obblighi con i principi costituzionali del nostro Paese, rifiutando qualsiasi pregiudiziale discriminazione collegata a differenze di nazionalità e riconoscendo allo status di cittadino comunitario un contenuto di diritti e facoltà ovviamente più ampio rispetto a quello di cittadino extracomunitario.
Con l'ingresso nell'Unione europea di Romania e Bulgaria, infatti, dal 1o gennaio 2007, nei confronti dei cittadini di quei Paesi ha trovato applicazione il decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 2002, n. 54, che disciplina l'applicazione del principio della libera circolazione dei cittadini comunitari, basato sul Trattato istitutivo della Comunità europea. È del tutto evidente che lo status di cittadino comunitario ha comportato immediatamente la cessazione degli effetti dei provvedimenti di espulsione adottati nei confronti dei cittadini che sono diventati comunitari, tranne quelli per motivi di ordine e di sicurezza pubblica e di sanità pubblica e fatta salva, comunque, la possibilità di adottare nei loro confronti - ricorrendone i presupposti - i provvedimenti di allontanamento previsti dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.
Tale decreto ha dato attuazione alla direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, recependo anche il principio posto dall'articolo 14 della stessa direttiva, che prevede che i cittadini dell'Unione e i loro familiari beneficino del diritto di soggiorno di cui all'articolo 6 finché essi non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Tale norma, che consente di allontanare dal territorio nazionale i cittadini comunitari con insufficienti livelli di reddito, è stata recepita dal Parlamento con l'articolo 13 del decreto legislativo n. 30 del 2007: essa, quindi, è già vigente nell'ordinamento nazionale.
Il citato decreto legislativo n. 30, inoltre, all'articolo 20, prevedeva l'ipotesi della limitazione del diritto di ingresso e soggiorno per motivi di ordine e sicurezza dello Stato, in presenza dei quali azionare il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale di competenza del Ministro, analogamente a quanto già previsto nei confronti di cittadini extracomunitari.
Tale impianto di base - ossia il principio dell'ordine e della sicurezza pubblica - costituisce oggi il principale riferimento sul quale si è costruito il decreto che il Governo ha presentato all'attenzione del Parlamento e che, in questo momento, è in discussione al Senato. Si tratta di norme che si inseriscono armonicamente nel quadro della legislazione europea vigente, e Pag. 86che non intendono consentire in alcun modo l'adozione di indiscriminati provvedimenti di allontanamento di massa.
Al contrario, esse mirano a rendere più efficaci gli strumenti legislativi vigenti, consentendo l'adozione di provvedimenti mirati nei confronti di soggetti di comprovata pericolosità sociale, la cui permanenza in Italia sia ritenuta incompatibile con le esigenze della sicurezza pubblica. Tali norme, naturalmente, possono essere migliorate, e il Parlamento ha la facoltà e i poteri per farlo.
La fermezza dello Stato, tuttavia, non solo non intende, ovviamente, alimentare comportamenti razzisti, ma, anzi, intende esplicitamente contrastarli. Esprimo, a tal riguardo, ferma condanna verso gli inammissibili atti di intolleranza verificatisi nei giorni scorsi. Mi riferisco, in particolare, a quanto avvenuto lo scorso 2 novembre a Roma, in via del Torraccio di Torrenova, nei pressi di un parcheggio di un centro commerciale, abituale ritrovo di immigrati dell'est europeo: un gruppo, probabilmente formato da sette persone - tra cui una donna, verosimilmente cittadina italiana - con il capo coperto con caschi da motociclista e armate di bastoni e armi da taglio, ha aggredito alcuni cittadini rumeni. Nella circostanza, tre cittadini rumeni sono rimasti feriti e sono stati medicati presso ospedali della capitale per ferite da arma da taglio e contusioni; uno di loro è stato ricoverato. Con fermezza, intendo esprimere analoga condanna, augurandomi che il Parlamento sia unanime e concorde nei confronti di quelle iniziative che tendono a prefigurare forme autonome di controllo del territorio alternative a quelle istituzionali.
In una democrazia forte, non c'è bisogno delle ronde popolari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani). È chiaro che il tema dell'immigrazione va affrontato anche comprendendo che esso è un grande tema epocale, che deve essere affrontato attraverso la capacità di tenere insieme accoglienza e integrazione.
Accoglienza-integrazione e sicurezza sono due facce della stessa medaglia: non c'è una politica di accoglienza, se non si garantisce la sicurezza dei cittadini, ma non c'è sicurezza dei cittadini, se non si applica un'attenta e intelligente politica di integrazione. Una moderna democrazia deve capire che questo è l'orizzonte verso il quale dobbiamo sempre più lavorare insieme. La strategia del Governo si è, dunque, articolata su più livelli, in grado di incidere non solo sulle manifestazioni ultime dei fenomeni, ma anche sulle loro cause più lontane.
Un primo livello è quello delle iniziative da assumere in ambito sovranazionale, sia contribuendo all'elaborazione delle politiche in sede comunitaria, sia attraverso il rafforzamento del rapporto di collaborazione e cooperazione di polizia con i Paesi da cui proviene una parte significativa della criminalità d'importazione.
A questo proposito, ricordo che, già nell'imminenza dell'allargamento dell'Unione europea, lo scorso dicembre, il Ministro Amato si era recato personalmente in visita in Romania e in Bulgaria, per innalzare il livello di cooperazione e lo scambio di notizie con gli omologhi organi di governo di quei Paesi. La collaborazione tra Italia e Romania ha formato oggetto di costante monitoraggio e di verifica congiunta anche in successive occasioni, l'ultima delle quali l'incontro con il Ministro dell'interno della Romania David, svoltosi al Viminale il 23 ottobre scorso. Gli accordi raggiunti prevedono una maggiore collaborazione tra le forze di polizia dei due Paesi, anche con l'istituzione di pattuglie miste, formate dal personale delle due polizie di frontiera, al fine di ottenere la collaborazione rumena nel controllo delle persone che varcano illegalmente le frontiere e il confine italo-austriaco, l'adozione di misure rapide di espulsione per coloro che risultino pericolosi per la sicurezza pubblica e l'elaborazione di programmi che favoriscano il rimpatrio volontario dei rom.
È in questa prospettiva che la collaborazione cui ho fatto riferimento precedentemente, ormai lunga nel tempo, è stata Pag. 87confermata oggi dall'incontro tra il Primo Ministro rumeno Calin Popescu-Tariceanu e il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, per il rafforzamento delle politiche di cooperazione tra i due Paesi per quanto riguarda le forze di polizia, ivi compresa quella di frontiera, il potenziamento della rete consolare in Italia, la costituzione di un gruppo di lavoro interministeriale, con la partecipazione dei Ministri del lavoro, dell'interno, della solidarietà sociale e dell'istruzione dei due Paesi, per realizzare migliori politiche di sicurezza e di inclusione sociale.
Insieme, i due capi di Governo hanno deciso di scrivere una lettera comune al Presidente della Commissione europea, per chiedere misure per favorire l'inclusione sociale, in particolare dei rom, per garantire meglio i ritorni di chi non è in condizione di restare in un Paese diverso dal proprio e per rafforzare la cooperazione tra Paesi di origine e Paesi di destinazione. Si tratta di una cooperazione già importante, che oggi ha segnato un ulteriore momento di rafforzamento.
Anche con la Bulgaria, onorevoli colleghi, vi è una buona collaborazione in materia di sicurezza, grazie anche alla maggiore capacità acquisita dagli organismi di sicurezza bulgari per quanto riguarda il contrasto della criminalità e dell'immigrazione illegale, la cui entità desta, tuttavia, minori preoccupazioni. Abbiamo sviluppato programmi di coordinamento e di cooperazione comune, il più significativo dei quali è il progetto denominato Ita.Ro, che ha portato a importanti risultati sul terreno della prevenzione e della repressione. Un secondo livello di intervento e di azioni è quello da sviluppare in ambito nazionale, per integrare in modo unitario e coerente le politiche di Governo sul fenomeno immigratorio con quelle più specificamente rivolte alla tutela e all'innalzamento dei livelli di sicurezza.
In tal senso, si collocano anche provvedimenti recentemente approvati dal Governo, dal disegno di legge per la modifica della normativa sull'immigrazione, a quelli che compongono il cosiddetto pacchetto sicurezza.
Con le modifiche alla legge sull'immigrazione si intende drenare quel serbatoio di clandestinità, spesso forzata, che costituisce terreno fertile per gli sfruttatori e per i reclutatori di manovalanza criminale.
Non è la condizione di immigrato in sé, come affermavo prima, che costituisce un fattore di pericolo per la sicurezza pubblica, bensì la mancanza o l'impossibilità di inserimento nel mondo occupazionale o nei circuiti dell'imprenditoria legale, che può spingere l'immigrato a rivolgersi a organizzazioni criminali senza scrupoli. Incidere su tali situazioni e modificare i meccanismi di ricerca dell'occupazione e di inserimento sociale ed economico, significa limitare fortemente il principio e il rischio di un loro coinvolgimento in attività illegali. È anche importante il fatto che il Consiglio dei ministri abbia affrontato il tema di un disegno di legge riguardante la certezza della pena. Come è noto, oggi ciò costituisce uno dei principali problemi, per quanto attiene alla sicurezza nazionale nel nostro Paese.
Infine, mi sembrano particolarmente importanti le stesse norme relative alla sicurezza urbana. Il tema dell'immigrazione, nella sua complessità, ha bisogno di un governo trilaterale: da un lato vi è bisogno di un governo sovranazionale, e in questo caso è importantissimo il ruolo che deve svolgere l'Europa; vi è bisogno poi di un'adeguata politica di intervento nazionale, ed è importante il ruolo dei singoli Stati-Nazione; ma è anche importante il ruolo che svolgono i comuni sul territorio. In altre parole, pensare a politiche di integrazione e di sicurezza significa saper affrontare il tema di un governo trilaterale di questi processi, che coinvolga l'Europa, l'Italia e le singole città italiane.
In sostanza, ciò significa affrontare il tema di quella che chiamiamo, con un termine ormai di moda, sicurezza integrata, e cioè bisogna avere fino in fondo la consapevolezza che la sicurezza di un territorio è data sicuramente dall'ordine pubblico e dal controllo del territorio, e ciò spetta all'autorità nazionale di pubblica sicurezza e alle forze di polizia, ma Pag. 88non vi è vera sicurezza, se tali funzioni di ordine e di sicurezza pubblica e di controllo del territorio non si integrano con politiche di assetto del territorio, di sviluppo urbanistico, di inclusione e di integrazione. Questa è una moderna idea della sicurezza, e dobbiamo sapere che è l'unica via che abbiamo di fronte. Possiamo sviluppare tale moderna politica e idea di sicurezza soltanto se vi è una cooperazione forte tra l'Unione europea, lo Stato nazionale e i singoli comuni: questa è la fisionomia che ci ha portato, inoltre, a pensare e a realizzare i cosiddetti patti per la sicurezza con le città metropolitane.
Infine, esprimo un'ultima considerazione: si è sollevato, da più parti, il tema dei fondi e dei finanziamenti per quanto riguarda il Ministero dell'interno. Davanti a questa Assemblea devo affermare con chiarezza due concetti: innanzitutto, per quanto riguarda l'applicazione del decreto-legge, il Ministero dell'interno dispone delle risorse necessarie, che sono quelle che fanno capo al capitolo delle espulsioni. Per quanto riguarda i restanti aspetti, si guardi con particolare attenzione ad un dato: nel disegno di legge finanziaria, che in questo momento è in discussione nell'altro ramo del Parlamento, è prevista la possibilità di assumere 4.500 nuovi poliziotti, carabinieri e finanzieri. Considero tale rafforzamento un elemento particolarmente importante, anche per garantire la sicurezza sul territorio.
Aggiungo - e lo affermo per chiarezza davanti a questa Assemblea - che nel momento in cui si parla di fondi per la sicurezza è bene considerare anche le statistiche: secondo la statistica di Eurostat, negli ultimi 15 anni, nel nostro Paese, le politiche di sicurezza, nel rapporto tra spesa pubblica e prodotto interno lordo, hanno subito una variazione assolutamente marginale; devo anche dirvi che, sicuramente, i picchi più alti nel rapporto tra spesa pubblica nel campo della sicurezza e prodotto interno lordo non si sono realizzati nel corso della precedente legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - L'Ulivo).
In conclusione, penso che il nostro Paese sia stato profondamente e dolorosamente colpito dall'omicidio della signora Reggiani e, come è giusto, viviamo una fase delicata. Si tratta della fase delicata di un Paese che si è sentito colpito nella sua coscienza, ma anche di un Paese che, nel momento in cui viene colpito, reagisce certamente con fermezza e con responsabilità, ma avendo sempre ben presenti i principi del diritto e della democrazia, che sono valori preziosi per l'Italia e per l'Europa intera (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori, Verdi e Popolari-Udeur).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, ringrazio, a nome del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo, il Viceministro Minniti e il Governo per l'informativa precisa e puntuale che egli ha appena dato alla Camera.
Ci uniamo al cordoglio espresso dal Governo alla famiglia di Giovanna Reggiani, barbaramente uccisa nei giorni scorsi a Roma, e manifestiamo anche noi l'apprezzamento per il lavoro che la magistratura e le forze dell'ordine, anche in questa occasione, hanno svolto e svolgono quotidianamente nel nostro Paese con grande competenza, producendo importanti risultati come la recente cattura dei vertici della criminalità organizzata ricordata appena adesso dal Viceministro.
L'omicidio di Giovanna Reggiani ha turbato l'opinione pubblica e ha contribuito ad aumentare la paura e l'insicurezza diffusa, in particolare nelle aree urbane della nostra nazione. Il Governo ha fin qui portato dati - in particolare con l'informativa di questa sera - e numeri che descrivono bene la realtà e ha evidenziato in modo assolutamente condivisibile che la sicurezza è un bene di tutti, Pag. 89la cui questione deve essere affrontata in modo serio e responsabile nel rispetto dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione e dello stato di diritto.
Per tali motivi, ritengo che sia opportuno inquadrare anche la vicenda dei giorni scorsi in un contesto più ampio, che sia importante insistere sul fatto che solo interventi di questo tipo possono evitare derive razziste e xenofobe, che ogni tanto si riaffacciano anche nel nostro Paese, e che solo così si possono contrastare i tentativi di farsi giustizia da soli, che in realtà peggiorano la situazione della sicurezza e incutono maggiori paure ai nostri cittadini.
Il Governo sta affrontando la questione in modo serio, organico ed equilibrato. Credo che su questi temi non serva demagogia. La sicurezza dei cittadini è un bene di tutti e deve essere affrontata con la responsabilità fin qui dimostrata.
I disegni di legge denominati «pacchetto sicurezza» che il Viceministro ha ricordato in questa sede, appaiono, da questo punto di vista, molto positivi e utili e rappresentano una risposta tempestiva rispetto alla situazione del Paese.
In particolare, essi contengono strumenti concreti ed efficaci per contrastare e reprimere la criminalità. Penso all'istituzione della banca dati del DNA, alla previsione della custodia cautelare per reati che provocano grave allarme sociale, quali le rapine, i furti e le violenze sessuali, nonché a norme più severe per chi sfrutta l'accattonaggio, in particolare dei minori, per chi utilizza lavoratori irregolari e per chi fabbrica merci false.
Anche la cancellazione di norme emanate durante la precedente legislatura, che hanno accorciato i tempi di prescrizione dei reati, è utile soprattutto per quanto riguarda il tema della certezza della pena, che il Viceministro ha appena ricordato. Quest'ultimo aspetto rappresenta uno dei punti deboli del nostro ordinamento che velocemente devono essere modificati.
Credo altresì che le misure in materia di espulsioni, opportunamente trasformate e introdotte nel decreto-legge che ci apprestiamo ad affrontare per convertire in legge, hanno l'obiettivo fondamentale di rendere effettivi i provvedimenti di espulsione, e tutto ciò costituisce uno strumento molto utile richiesto dalle autorità di pubblica sicurezza del nostro Paese e ci può consentire di affrontare in modo serio i problemi fin qui descritti.
Gli altri aspetti che sono stati toccati credo abbiano bisogno sicuramente di approfondimenti da parte del Parlamento. Ricordo che ci apprestiamo a discutere il disegno di legge finanziaria, che, da questo punto di vista, contiene novità molto importanti, come l'aumento dei mezzi e delle risorse alle forze dell'ordine e la previsione di 4.509 nuove assunzioni per questo comparto. Anche da questo punto di vista si vede una risposta concreta rispetto ai problemi di finanza fin qui evidenziati.
Certamente vi è anche l'altra faccia della medaglia e ha fatto bene il Viceministro a ricordare che il problema non è l'immigrazione in sé e in quanto tale, quanto, invece, l'assenza spesso e l'insufficienza di politiche di integrazione e di inclusione sociale, perché è lì che si annida una serie di problemi con le comunità immigrate.
Penso, per esempio, al grande problema che abbiamo con la clandestinità e con la ghettizzazione di alcune comunità, che tendono inevitabilmente ad essere preda delle organizzazioni criminali.
Altro versante molto importante che è stato toccato è quello della collaborazione con i Paesi d'origine dei flussi migratori ed anche da questo punto di vista credo sia giusto ricordare che uno dei limiti che ci troviamo ad affrontare oggi è l'aver sottovalutato l'ingresso di alcuni Paesi nell'Unione europea negli anni scorsi, in altre parole, non aver previsto che l'allargamento dell'Unione europea a Paesi come la Romania, di cui tanto si sta discutendo negli ultimi giorni, avrebbe provocato alcune situazioni che solo oggi ci si trova ad affrontare con una visione di tipo emergenziale.
In conclusione, Viceministro Minniti, credo che i dati da lei portati oggi, possano contribuire a svolgere un dibattito sereno e responsabile anche nel nostro ParlamentoPag. 90 e aiutano sicuramente le forze politiche a prendere coscienza di una situazione che deve essere affrontata con lo spirito che il Governo fin qui ha dimostrato.
Solo in questo modo credo che saremo in grado di dare risposte serie ai cittadini che ci chiedono maggiore sicurezza con le caratteristiche che prima si descrivevano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, nel ringraziare il Viceministro Minniti, credo, però, che sia opportuno sottolineare che proprio per la delicatezza e la serietà del tema, forse, sarebbe stata anche opportuna la presenza del Ministro dell'interno in quest'Aula, per quel rispetto del Parlamento che prima il Viceministro segnalava (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Onorevole Minniti, lei ci ha presentato una serie di dati e ha dato anche una lettura complessa delle vicende che abbiamo vissuto negli ultimi giorni ed è opportuno forse inserire in questo contesto anche la sua risposta.
Iniziando dalla sua ultima frase, lei, infine, ha detto che questa polemica sulle risorse forse non è opportuna. Lei sa bene, Viceministro Minniti, quanto la polemica sulle risorse alle forze di polizia sia opportuna. Forse non erano sufficienti i fondi già impegnati da noi: lei più volte, da quei banchi, se ne è lamentato.
Ma i tagli drastici di questo Governo alle forze di polizia rendono la situazione ancora più incandescente. Mi chiedo e le chiedo, signor Viceministro, se lei fosse stato dalla parte dell'opposizione e si fosse trovato dinnanzi un Ministro dell'interno che, come ha fatto l'onorevole Giuliano Amato, davanti al Parlamento ha ammesso di non avere a disposizione risorse finanziarie e umane per assicurare la legalità e la sicurezza in questo Paese, quale sarebbe stato il suo atteggiamento e quello dei suoi colleghi.
Credo che vi sarebbe stata una protesta attonita e, comunque, un'enorme preoccupazione, come è giusto che sia su questi temi. Mi auguro, quindi, che dalle parole di oggi, abbastanza concilianti, si passi anche nella fase di approvazione della legge finanziaria, ad un atteggiamento ben più duro rispetto a quello della legge finanziaria precedente.
Noi faremo la nostra parte, ma il Ministero dell'interno deve fare la sua per chiedere quanto gli spetta per assicurare i soldi alle forze di polizia, che significa anche assicurare prevenzione a questo Paese. Se parliamo di prevenzione, dobbiamo avere gli strumenti e gli uomini per porre in essere questo tipo di prevenzione.
Lei ha affermato che sulla sicurezza non dobbiamo mai dare risposte emozionali, ma che bisognava dare anche una risposta alla preoccupazione in termini di sicurezza e paura che - spero di ripetere letteralmente - nelle ultime ore, giorni e settimane, arriva dalla gente. Su questo aspetto non sono d'accordo, Viceministro: la paura e la preoccupazione in questo Paese esistono ormai da mesi.
È una costante, più volte ripetuta. Queste cose si dicono non solo per polemica, ma anche perché, se vogliamo capire gli errori, dobbiamo comprenderli fino in fondo. Più volte abbiamo detto che esiste un «problema sicurezza» in questo Paese e lei ricorda molti Ministri di questo Governo, compreso il Presidente del Consiglio, che affermavano che la destra buttava benzina sul fuoco e che il Paese era sicuro. Questo Paese non è sicuro!
Sapete bene che il Governo Berlusconi, rispetto ai dieci Paesi nuovi entranti nell'Unione europea, aveva inserito una serie di limiti all'entrata in vigore immediata dell'Accordo di Schengen. Appena arrivati voi al Governo, nel giugno 2006, avete eliminato quei limiti.
Quando, nel dicembre del 2006, si è trattato di decidere cosa fare rispetto alla Bulgaria e, soprattutto, alla Romania, perché eravamo consapevoli del problema, voi, contrariamente a quanto hanno fatto altri Paesi, come Austria e Germania, Pag. 91avete deciso di aprire immediatamente le frontiere (Applausi del deputato Armani).
In una interpellanza svolta in questa sede, alle preoccupazioni esposte da questa opposizione il Ministro Amato ha risposto che si era perfettamente consapevoli che il flusso di immigrati dalla Romania avrebbe potuto rappresentare un problema reale per la sicurezza e l'ordine pubblico e che tale problema sarebbe stato risolto attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'interno. Evidentemente, anche quel tipo di risposta non era abbastanza efficace. Non serviva. Ci dispiace dirlo, colleghi, ma avevamo ragione noi: cosa ci vuole a riconoscerlo (Applausi del deputato Armani)? Avevamo ragione, perché vi era un problema e bisognava porre dei limiti: era inevitabile che se la Germania, l'Austria e i Paesi confinanti avessero chiuso le frontiere o avessero stabilito dei blocchi e dei limiti, mentre l'Italia lasciava le frontiere aperte, il flusso sarebbe arrivato qui.
Noi non abbiamo un problema con la Romania, ma con il Governo italiano! È una cosa ben diversa. Non vi sono istanze xenofobe. Voglio affermarlo in Parlamento, signor Viceministro, e mi rivolgo ai colleghi: quando si parla di questi temi, è ingiusto rivolgersi nei nostri confronti, ogni volta che parliamo di sicurezza, con l'accusa di razzismo [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! È un'accusa che rispediamo al mittente, frutto di demagogia e di superficialità nell'affrontare i problemi. Saranno questa superficialità e questa demagogia, forse, a creare nel Paese delle vere istanze razziste, che finora non abbiamo conosciuto.
Lei ha parlato di risposte non emozionali: magari, signor Viceministro! Dopo una serie ininterrotta di episodi che hanno scosso fortemente la coscienza della gente - non possiamo non ricordare i due coniugi uccisi e seviziati nel nord -, quello che ha fatto notizia è l'omicidio avvenuto a Roma (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania), non per la povera signora Reggiani, purtroppo, ma perché era coinvolta l'immagine del «modello Roma» del vostro sindaco Veltroni! Questa è la realtà dei fatti: a voi o, meglio, all'onorevole Veltroni serviva un «effetto-annuncio» ed è ciò che è stato quel decreto. Questo «effetto-annuncio» va sempre più smussandosi in questi ultimi giorni, fino alla riunione di oggi, che ormai rappresenta quasi cartastraccia.
Anche in relazione al suo intervento, signor Viceministro, non possiamo non notare come sia stato estremamente rassicurante per alcune forze della sua maggioranza. Mi rendo conto della necessità di tenerle tutte unite, ma, naturalmente, i messaggi, da un punto di vista politico, siamo tutti in grado di capirli. In ogni caso, come dicevo, le risposte non ci sono.
Lei si riferisce ad un decreto che dovrebbe attuare una direttiva europea e parla del decreto legislativo del 2006: esso è estremamente importante, ma in Italia è stato tirato fuori solamente dal Commissario europeo Frattini. Il Presidente del Consiglio e il Governo sostengono che il «problema rumeni» è un problema dell'Europa, ma il commissario Frattini afferma che l'Europa lo ha già risolto, perché è il Governo italiano che non applica una direttiva europea. Quella direttiva, come lei sa bene, approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio del 2006, non è mai arrivata in Parlamento, perché, per un cosiddetto errore tecnico, è ancora ferma alla Conferenza Stato-regioni. Questo è un Governo che non sa agire e che non opera.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

JOLE SANTELLI. Oggi, ci aspettiamo realmente dal Governo misure serie. Non ci possiamo permettere, non ve lo potete permettere voi come Governo, non se lo può permettere la maggioranza...

PRESIDENTE. Deve concludere.

JOLE SANTELLI. ...non ce lo possiamo permettere noi come opposizione: non si può permettere la politica, ancora una Pag. 92volta, di prendere in giro gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, cari colleghi, abbiamo atteso questo dibattito e ci aspettavamo, sinceramente, che potesse essere celebrato con un po' di anticipo rispetto alle dichiarazioni ascoltate oggi, in questa sede, dal Viceministro Minniti, e, magari, con la presenza, per il Governo, del Ministro dell'interno, cosicché questo dibattito potesse ancor più - se possibile - nobilitarsi.
Tuttavia, Viceministro, ciò non significa, ovviamente, che lei non abbia fatto fino in fondo il suo dovere, né che gli argomenti che lei ha portato in questo dibattito non siano meritevoli di un approfondimento e, quindi, di un confronto, al quale non ci sottrarremo.
Anche noi di Alleanza Nazionale esprimiamo la nostra solidarietà, la nostra vicinanza e il nostro cordoglio alla famiglia di Giovanna Reggiani, al marito e ai genitori; siamo rimasti davvero scossi per l'episodio brutale di cui Giovanna Reggiani è stata vittima. Pertanto, desidero immediatamente spazzare il campo da ogni equivoco e, con altrettanta forza, dichiarare la lontananza abissale rispetto a quella cultura che prevede la tentazione di farsi giustizia da sé, la cultura dell'intolleranza, della discriminazione e dell'esclusione sociale.
Anche l'episodio del 2 novembre, cui lei, Viceministro, ha fatto riferimento - ossia l'aggressione ai rumeni nell'area di parcheggio di Tor Bellamonaca - è un episodio che condanniamo con grande forza: lo abbiamo fatto già nei giorni scorsi e lo ripetiamo con solidarietà, se possibile, oggi, in questa sede.
Tuttavia, dobbiamo fare attenzione e dobbiamo cercare davvero di essere onesti fino in fondo con noi stessi. Dobbiamo porci la seguente domanda: tutto ciò - le aggressioni a Giovanna Reggiani, a Luigi Moriccioli e alla coppia di Treviso - erano evitabili? Dobbiamo domandarci in cosa lo Stato ha sbagliato se tutto ciò, comunque, si è manifestato con la violenza efferata che abbiamo potuto constatare e che ha indignato, giustamente, in modo sacrosanto, tutto il popolo italiano. La nostra risposta è che lo Stato avrebbe potuto fare di più e meglio.
Quando, evidentemente, non vi è la capacità (forse, la volontà) di prevenire alcuni fenomeni, quando si mette la testa sotto la sabbia, quando non si ha il desiderio di confrontarsi con la realtà per come essa si manifesta (la realtà può essere cruda ma, comunque, se lo è, evidentemente servono misure che vadano al di là delle astrazioni e che travalichino, se è possibile, le ideologie, le vecchie impostazioni e le utopie: potremmo così definirle), ebbene, in tutti questi casi, bisogna essere pragmatici. Bisogna scendere in campo con determinazione a difesa del proprio ruolo, del popolo italiano e, in modo particolare, delle fasce sociali più deboli: le persone indifese, i bambini, i minori, le donne e coloro i quali, magari, non possono, neanche da un punto di vista sociale, permettersi il lusso di fabbricarsi una protezione pagandola profumatamente, perché appartengono ad un ceto sociale di diverso tipo.
Da questo punto di vista, riteniamo che un po' tutti possano e debbano maturare. Quello che è accaduto è figlio di una cultura permissivista che viene da lontano e che affonda le proprie radici in un'impostazione che poc'anzi ho definito ideologica e che è difficile davvero poter contestare. Dunque, ciascuno di noi dovrebbe lasciarsi dietro le spalle il proprio armamentario ideologico e rispondere in maniera concreta alle esigenze del popolo italiano.
Abbiamo esordito male, da questo punto di vista, innanzitutto, approvando - lo dico con grande forza e convinzione - un provvedimento di indulto del quale abbiamo parlato lungamente in questi mesi, ma che - va da sé - ha rappresentatoPag. 93 un segnale inaccettabile, certamente non un segnale di fermezza rispetto a coloro i quali si sono posti al di là della legge (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Allo stesso modo, vorrei rammentare a lei, Viceministro, e a tutte le forze che compongono la maggioranza che sostiene questo Governo che la legge Fini-Bossi fin dal principio è stata letteralmente bersagliata (ancorché paradossalmente forse, parzialmente e solo parzialmente applicata) dai vostri improperi e dalle vostre aggressioni.
Mi rivolgo anche al sindaco Veltroni, nonché vostro leader o, almeno, leader del Partito Democratico, per dire che, in qualche circostanza (che è stata volutamente occultata) Roma si è macchiata di diversi episodi, che tutti quanti noi abbiamo potuto constatare, al di là della nostra cittadinanza e del nostro campo geografico di azione. Quando si è parlato dei pochissimi sgomberi e dei pochissimi interventi nelle aree occupate abusivamente da parte di immigrati clandestini e nomadi, abbiamo potuto constatare una sorta di accordo tacito secondo il quale le persone che venivano sgomberate da una parte all'altra della capitale d'Italia, non venivano neppure identificate proprio affinché, attraverso la mancata identificazione, non si potesse procedere all'applicazione della legge Fini-Bossi e, quindi, ai rimpatri.
È stato scandaloso e vergognoso! Questo atteggiamento, evidentemente, ha prodotto una sorta di richiamo non solo verso le popolazioni rumene ma tutte le popolazioni che guardano all'occidente, all'Europa opulenta e all'Italia come ad un paradiso nel quale potersi collocare per cercare fortuna.
Pertanto, signor Viceministro Minniti, onorevoli colleghi del Parlamento italiano e della maggioranza, oggi è triste doversi confrontare con questi argomenti, perché vi è una sorta di sensazione di venire disarmati, in quanto una buona parte delle cose che si sarebbero potute evitare, si sono tragicamente consumate.
Abbiamo sentito evocare la direttiva europea 2004/38/CE che, in realtà, conferiva allo Stato italiano - così come a tutti gli altri Stati europei - la possibilità di provvedere alle espulsioni anche dei cittadini dell'Unione europea, qualora si fossero verificati determinati requisiti.
Tra questi ultimi non vi è soltanto il pregiudizio per la sicurezza nazionale, bensì anche per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico; vi è, inoltre, quello circa l'impossibilità di garantire un'assicurazione per le cure sanitarie valida su tutto il territorio nazionale e una legittima preoccupazione per coloro che non si trovano nelle condizioni di dimostrare di essere autosufficienti da un punto di vista economico.
Noi aggiungiamo che chi si trova qui, a casa nostra, oltre a dimostrare la propria identità, deve avere la propria residenza. Non è possibile, come accaduto nei giorni scorsi in quest'aula, ascoltare dichiarazioni ed evocazioni riportate sui quotidiani in relazione ad altre diaspore, quelle italiane, dei nostri emigranti che, come sappiamo bene, si sono recati, praticamente, in ogni angolo del mondo. Non credo che, per i nostri emigranti, fosse possibile collocare una baraccopoli, costruendola a Parigi piuttosto che a Londra o a New York o anche soltanto in America latina.
Non credo che fosse possibile ciò che è stato possibile qui in Italia, sulle sponde del fiume Tevere, piuttosto che su quelle dell'Aniene o di tanti fiumi che attraversano le grandi aree metropolitane e i piccoli centri di provincia.
Da questo punto di vista dobbiamo capire che è necessario ed indispensabile coniugare il principio di legalità con quello di solidarietà, ma occorre farlo in maniera assolutamente concreta e perentoria.

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

FABIO RAMPELLI. Concludo, Presidente. Dobbiamo impedire che qualcuno possa percepire che ci si può recare in Italia a fare ciò che aggrada, persino costruire villaggi abusivi per poi disturbare il diritto alla sicurezza di tutti i cittadini italiani, a cominciare da quelli più deboli Pag. 94che albergano in modo particolare nelle periferie delle grandi città.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il nostro cordoglio per Giovanna Reggiani si unisce anche al ringraziamento per la sua famiglia, perché i suoi familiari hanno usato, in questo contesto, parole di civiltà che invece altri, in questi giorni, hanno smarrito.
Vorrei far presente, signor Presidente, che lo stupro è da noi considerato uno dei reati tra i più obbrobriosi a cui non vi è rimedio, perché colpisce il corpo e l'anima.
Pertanto, non vi sono parole da esprimere, ma anche in questa occasione bisogna dire che la violenza contro le donne e gli stupri contro le donne per la maggior parte (per il 62,4 per cento) avvengono in famiglia.
Quindi, vi è bisogno di un grande investimento culturale in tali culture che resistono anche nel nostro Paese ed in Europa. Inoltre, bisogna immediatamente dire che tale reato, anche quando è così efferato e colpisce una donna nel nostro Paese, non può certo trasformarsi in una criminalizzazione di un intero popolo o di un'etnia. Per questo motivo, pensiamo che in tale occasione non ci possa essere demagogia e strumentalità, soprattutto quando le vicende nascono dall'emozione di un fatto di cronaca così grave.
Invece, in questi giorni abbiamo assistito ad una campagna imponente di xenofobia e di razzismo che ha additato un intero popolo e ora porre rimedio a ciò è una faccenda complicata. Certamente, però, occorre la responsabilità di tutti perché penso che, se la paura dei cittadini è legittima e la sicurezza è un diritto, occorre ragionare per capire quali siano gli interventi da fare. Tali interventi devono riguardare i quartieri - in particolare quelli più degradati - e le periferie delle grandi città. Per questo occorre avere città illuminate, strade abitate e anche città vissute e per questo esistono le responsabilità dei sindaci, del Parlamento e di tutti i livelli istituzionali al fine di investire in un certo modo le nostre risorse e anche per avere più forze dell'ordine nelle strade, se ciò aiuta a rassicurare e non perché ciò, di per sé, possa risolvere i problemi.
Ma le paure, qualunque esse siano, non possono legittimare nessuno a farsi giustizia da solo e penso che abbia fatto bene il Viceministro Minniti ad affermare che nessuno può legittimare le ronde. Non condannare le ronde o giustificarle sull'onda di un'emozione vuol dire, in qualche modo, assumersi una responsabilità pesante di legittimazione che produce, poi, degli effetti a catena.
Penso, invece, che c'è bisogno di grande responsabilità soprattutto per chi siede in questi banchi e ha fatto bene ancora il Viceministro Minniti a sottolineare come dai dati emerga anche chiaramente che non esiste un rapporto tra immigrazione e criminalità, ma certo c'è un rapporto tra i fenomeni di illegalità e la condizione di clandestinità.
È per tale motivo che noi cancelleremo la legge cosiddetta Bossi-Fini e stiamo approvando la legge cosiddetta Amato-Ferrero per offrire a tutti un'opportunità di lavoro e anche di liberazione da condizioni di schiavitù, di sfruttamento e di lavoro nero che ancora permangono nel nostro Paese.
Ieri, Barbara Spinelli scriveva in uno splendido articolo che chi parla di immigrazione come di un male sbaglia due volte: essa non è evitabile - e questo è il primo sbaglio - e non è un male, e questo è il secondo errore. Semmai il problema è la capacità di governare un fenomeno così complesso che non riguarda solo l'Italia, ma l'intera Europa. I dati mostrano, peraltro, che il nostro Paese, è arrivato per ultimo in modo forse più tumultuoso rispetto ad altri, ma certamente questo fenomeno non è così quantitativamente rilevante: la Spagna ci supera anche in questo ambito.
In ogni caso, si tratta di saper governare un fenomeno e reinventare delle politiche anche per il nostro Paese e per l'Europa intera.Pag. 95
Signor Presidente, noi siamo per la libertà di migrare, per lo scambio di esperienze, per la conoscenza delle storie e anche per il riconoscimento delle culture, ma dobbiamo chiederci qual è l'Europa che vogliamo.
Il punto è che nel nostro Paese, nella maggior parte dei casi, arrivano migranti poveri, non istruiti; non sono migranti liberi, ma spinti da una necessità ed a ciò dobbiamo guardare. Visto che si parla tanto di rumeni, mi chiedo come vivano, per esempio, nel loro paese e quali siano le loro condizioni economiche. A me risulta che i redditi da lavoro siano almeno un quinto dei nostri (e non solo in Romania); eppure, molte delle nostre aziende stanno investendo in quel Paese.
Allora, il problema forse è di elevare progressivamente i redditi da lavoro in tutta l'Europa e di parificare i diritti in quei paesi e nel nostro.
Questa è la scommessa vera se si vuole ragionare di un'Europa che risponda alle tradizioni culturali e storiche che noi conosciamo. Detto ciò queste persone - lo sappiamo - sono comunque indispensabili per la nostra economia e per le nostre famiglie. Occorre, quindi, sottolineare ancora una volta che forse il tabù non è quello indicato - rivolto spesso alla sinistra (o alla sinistra radicale come ci indicano) - cioè quello del buonismo e della tolleranza, ma il vero tabù è quello di non voler guardare la realtà, di non conoscere le storie.
Nel corso di questi anni abbiamo visto prima criminalizzare gli albanesi, poi, fino a pochi mesi fa, i musulmani, ora sono i rumeni e poi si fa una grande confusione anche con i rom, non sapendo niente né degli uni, né degli altri e neppure come vivono i rom in Romania.
Ciò rappresenta un problema per questa popolazione anche in quel Paese e dovrebbe, forse, costituire oggetto dei colloqui con il Ministro rumeno che ci visita in questi giorni.
Rom significa Adamo, significa persona. I rom, come molti non sanno in questo Paese, non sono nomadi, ma stanziali e tutte le esperienze, i progetti di integrazione nel nostro Paese parlano di riconoscimento e di conoscenza di questo dato: per questo c'è stata un'integrazione. Sono per lo più cristiani e, comunque, sono una minoranza che è stata perseguitata nella storia.
Dovremmo compiere - stiamo tentando di farlo anche attraverso proposte di legge - un percorso al contrario, di riconoscimento di questa minoranza e anche di conoscenza reciproca delle storie. Quando dobbiamo ricorrere a parole come emergenza, penso che non dovremmo perdere la cultura dell'accoglienza e i principi dello Stato di diritto.
Per tale ragione abbiamo proposto delle correzioni al decreto di cui si è parlato anche stasera, perché sia rispondente, effettivamente, alla direttiva europea che parla esplicitamente di provvedimenti individuali, che esclude le condizioni economiche dall'espulsione - ciò è scritto nella direttiva europea - e che considera le espulsioni casi eccezionali legati alla sicurezza del Paese. Per questa ragione, quindi, abbiamo indicato dei correttivi e ci siamo espressi anche contro il ricorso alla decretazione d'urgenza.
Penso che per svolgere questi ragionamenti, per sollecitare gli anticorpi culturali, per non cadere in queste logiche razziste e xenofobe che abbiamo assaporato, purtroppo, in questi giorni, sia necessario avere pazienza, ragionare, ridare valore, forse, alla lentezza, perché il rischio della fretta è quello di portare un vulnus alla democrazia e alla civiltà del nostro Paese.
Il problema è che in questi giorni abbiamo spesso dovuto ricorrere soltanto alle parole di qualche sacerdote per ricordarci che questa è la storia del nostro Paese e, in ogni caso, è quella che noi vorremmo preservare (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 20)

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, signor Viceministro Minniti, anzitutto noi dell'UDC apprezziamo le parole di cordoglio che lei ha voluto esprimere per la barbara uccisione della signora Reggiani - parole alle quali ci associamo - esprimendo la solidarietà, l'affetto di tutti noi alla famiglia della signora e al marito per l'episodio grave, tanto grave da aver accelerato e fatto cambiare opinione positivamente al Governo sulla materia.
Avremmo apprezzato per la verità - lo dico senza polemica, ma proprio per andare al cuore delle questioni che siamo chiamati oggi ad affrontare - una maggiore tempestività dell'informativa resa dal Governo, non solo e non tanto per la relazione sui fatti e sulle dinamiche, che conosciamo, ma proprio perché questo ci avrebbe, forse, consentito di dare un contributo, anche in via preventiva, ad alcuni provvedimenti di urgenza che il Governo ha inteso adottare, questi sì, sotto l'onda dell'emozione suscitata da un fatto grave, gravissimo, purtroppo non il solo, non l'unico in questo Paese.
Voglio con altrettanta franchezza dirle, signor Viceministro, che noi apprezziamo la cittadina rumena che ha denunciato il suo connazionale per lo stupro e per l'omicidio (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e La Rosa nel Pugno).
Lo facciamo perché per noi un delinquente è un delinquente, indipendentemente dal fatto che sia cittadino italiano, comunitario o extracomunitario. Se commette un reato, indipendentemente da quale parte del territorio si trovi, per noi deve essere perseguito secondo le leggi del nostro Stato.
E mi dispiace che ogni qual volta si sollevi, con molto garbo ma anche con molta decisione, un dubbio sull'operato del vostro Governo, si levino «sepolcri imbiancati» che ci fanno la predica e che in realtà sanno bene che, anziché la predica, stanno soltanto operando l'ennesimo rito: il cosiddetto pianto del coccodrillo. Perché, signor Viceministro? Non le parlerò di Roma, né della vicenda di Tor di Quinto. Non perché il suo amico sindaco di questa città possa aversene a male, ma perché sono chiare ed evidenti le responsabilità di una amministrazione che in questa città non ha funzionato e che ha concorso, con il proliferare dell'abusivismo dei campi nomadi (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale), anche a questi fatti e a queste degenerazioni.
Il Sole 24 Ore ha fornito i dati sulla sicurezza e sui reati, a partire dai più piccoli, che sono i più odiosi; essi non colpiscono gli alti ceti sociali, collega Mascia: il borseggio, lo scippo colpisce la pensionata, colpisce il pensionato, colpisce le famiglie che non hanno un reddito per potersi difendere da sole e che non viaggiano in un auto blindata o in macchine di lusso. Questo è il dato! Il concetto moderno di sicurezza, dal nostro punto di vista, va visto proprio in questa logica, nella inversione del valore che si tutela, che deve essere quello della preservazione della comunità civile, della società e delle fasce più deboli che devono essere difese dallo Stato proprio perché hanno meno possibilità di difendersi da sole. Questo è il senso della nostra battaglia politica, non quello di dare la caccia oggi al rumeno, domani all'islamico e così via. Non appartiene alla nostra cultura, ma questo - consentiteci - non ci può impedire di gridare la nostra indignazione rispetto ad una attività approssimativa del suo Governo in tale materia.
Signor Viceministro, proprio perché non le voglio parlare di Roma, le parlo di altre realtà. Non è problema solo romano: capisco che ormai valga la massima Roma caput mundi per altre ragioni, ma le cito un esempio che è quello della mia città, che lei conosce bene perché ha studiato a Messina. Oggi il quotidiano locale pubblica uno speciale, perché è stato scoperto un campo rom all'interno di un ospedale Pag. 97dismesso. Il capo di questa comunità, giustamente, ha ritenuto opportuno ricavarsi l'alloggio nella cappella di questo ospedale. Le segnalo questo fatto, che certamente ci fa un po' sorridere, per far capire la diffusione capillare di questo fenomeno anche in realtà inimmaginabili, quale può essere una realtà meridionale, e per fare capire come non è solo con il suo linguaggio forbito, educato e apparentemente convincente che possiamo concludere i nostri lavori contenti di quanto è avvenuto: ci vuole qualcosa di più e di diverso.
Dobbiamo riconoscere alcuni errori. Ricorderete che il sindaco di Milano, Letizia Moratti, organizzò una marcia dei cittadini milanesi per sollevare il problema della sicurezza nelle città, ma l'avete presa per pazza. Avete detto che quello era un modo per disarticolare il tessuto democratico e civile della comunità nazionale. Successivamente sono stati i vostri sindaci di centrosinistra a dirvi che emanavano quelle ordinanze, ridicole per la verità, sui lavavetri, perché avvertivano il disagio nelle comunità. Avete stretto dei patti per la sicurezza, a cominciare da quello di Napoli, che non sono serviti a nulla se non a far spendere qualche euro alle amministrazioni locali, perché di euro non ce ne sono a sufficienza in questo settore. È certo che noi ci compiaciamo insieme a voi della cattura dei Lo Piccolo, e ci auguriamo che venga preso presto anche Matteo Messina Denaro; ma questo rallegramento ci convince sempre di più che oggi, più passa il tempo, e più è affidato al volontariato e all'abnegazione dei singoli poliziotti, delle singole strutture di polizia il contrasto a tutte le forme di criminalità. E questo non va bene: quando oggi il Ministro Amato viene a dirci, durante il question time, che ci sono 80 milioni di euro per l'allestimento e l'aggiornamento dei mezzi delle forze di polizia, fatto che noi giudichiamo positivo, ci fornisce un dato che è però anche inquietante, perché, come lei sa, i mezzi hanno bisogno di essere manutenuti e bisogna fare una programmazione di acquisto di lungo periodo.
Quello che si effettua è dunque un tamponamento: ma se le forze di polizia non hanno la possibilità di avere un piano pluriennale di acquisizione, di allestimento e di turn over dei mezzi, è evidente che poi esse restano - non so se sia vero - con le volanti senza benzina. Ma non voglio parlare dei dati.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANPIERO D'ALIA. Concludo, signor Presidente. Mi ha meravigliato l'intervento della collega Mascia, ma non più di tanto. Oggi, il presidente del gruppo di Rifondazione comunista ha affermato che è barbaro mandar via dal proprio territorio coloro i quali non hanno un reddito. Ebbene, la norma che prevede ciò è stata approvata il 6 febbraio 2007 da questa maggioranza. Su questo punto non abbiamo avuto motivi di dissenso, ma è necessario che vi mettiate d'accordo, poiché, altrimenti, signor Viceministro, quel che lei dice non è credibile. Questo è il dato (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e del deputato Armani)!
La direttiva comunitaria contiene una norma precisa che prevede un principio molto semplice: se mi reco in Inghilterra per rimanervi per più di tre mesi, lo posso fare solo se ho un lavoro subordinato o sono lavoratore autonomo o ho un reddito ed un'assicurazione sanitaria. Tuttavia, mentre in Inghilterra e in Francia questo sistema funziona, in Italia non funziona, poiché nel nostro Paese non vi è una data certa di ingresso, e dunque non è facile dimostrare il requisito della permanenza dei tre mesi: di conseguenza, l'allontanamento è impossibile. Questa è una delle ragioni per le quali il decreto-legge, così com'è, non funziona.
Vorrei aggiungere - e mi avvio alla conclusione - che vi è un altro dato assai importante. Con questo decreto-legge avete introdotto una norma che prevede l'allontanamento (con forme edulcorate: vi è il foglio di via e tutto quel che sappiamo; non vi è un meccanismo di espulsione vera Pag. 98e propria), ma non vi siete posti il problema dell'ingresso. Dell'ingresso si occupa una disposizione che è contenuta nell'articolo 20 da lei ha citato: le sottolineo che il comma 2, che noi abbiamo avversato in Commissione, prevede che non può costituire motivo di limitazione dell'ingresso nel nostro Paese, la sussistenza in capo al cittadino comunitario di una sentenza di condanna. Se non si può porre un freno all'ingresso anche per chi è stato condannato, è evidente che il problema non si può che affrontare e risolvere alla fine.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione prima di concludere: sa perché valutiamo positivamente il decreto-legge? Perché richiama ed introduce alcuni meccanismi in materia di espulsioni che hanno funzionato e continuano a funzionare e mi riferisco alla legge Bossi-Fini. Ciò conferma quindi la bontà di quel testo; dunque, non potrete più toccarlo, dopo aver approvato questo decreto-legge, se volete i nostri voti. Altrimenti, signor Ministro, il paradosso è che sarà più facile espellere un inglese o un francese che non un extracomunitario in base alla delega Amato-Ferrero. Vi sembra logico? Tutto il Paese e tutta l'Europa ne riderebbero.
Se dunque siamo d'accordo sul fatto che vi deve essere una condivisione sulle questioni che attengono ai valori della sicurezza, fate attenzione a non cadere in contraddizione, perché non avrete il nostro consenso (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, vorrei dire in primo luogo che anche noi ci associamo al cordoglio espresso alla famiglia di Giovanna Reggiani. Lo facciamo con sincerità, sapendo che cosa significa per una famiglia il dolore collegato ad una uccisione così atroce.
Signor Presidente, signor Viceministro, noi oggi registriamo un altro fatto che, dal nostro punto di vista, è politicamente rilevante: mi riferisco al fatto che il dibattito su un tema importante come quello della sicurezza avviene in una aula deserta e non alla presenza del Ministro dell'interno, ma - con tutto il rispetto - alla presenza soltanto di un Viceministro. Si tratta di un segnale politico, signor Presidente e signor Viceministro, non soltanto di disattenzione nei confronti del Parlamento, ma anche nei confronti del tema della sicurezza ed è una disattenzione colpevole da parte di questo Governo. È l'ennesimo segnale di una disattenzione che si perpetua nel tempo dal primo giorno in cui questo Governo si è insediato.
Signor Viceministro, le cose non accadono per caso e non mi riferisco soltanto a quest'ultimo avvenimento.
Mi riferisco ad un'escalation di fatti criminosi ed efferati i cui protagonisti sono persone che o sono uscite con l'indulto oppure sono entrate nel Paese per effetto di una vera e propria invasione che caratterizza l'immigrazione in questi periodi.
Quando dico che parlo di una serie di fatti, mi riferisco anche a quelli di grandissima gravità che sono stati considerati e trattati in modi diversi. Oggi si parla dell'uccisione di Giovanna Reggiani, ma uguale attenzione non è stata dimostrata qualche mese fa per i morti di Treviso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Capisco che anche questo è un altro segnale di disattenzione, ma che il Viceministro dell'interno, mentre si sta discutendo di temi così importanti, stia parlando al telefono è una vergogna! È una vergogna, signor Presidente, le chiedo di intervenire! È una vergogna, la telefonata la fa dopo! Parla dopo dei fatti suoi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. La sto ascoltando, continui il suo intervento.

ROBERTO COTA. ...e lei lo fa mentre si sta discutendo di un tema così importante.Pag. 99 Anche questa è una mancanza di serietà, caro Viceministro (caro si fa per dire)! Dicevo, morti di serie...Non rida, per cortesia, non c'è niente da ridere!

FRANCESCO AMENDOLA. La smetta lei!

ROBERTO COTA. Dicevo, morti di «serie A» e morti di «serie B»: questa è la domanda che sorge spontanea. Morti di «serie A», perché evidentemente non era in gioco la voglia di risolvere i problemi, bensì l'immagine di qualcuno, del sindaco di Roma che si trova per le mani una città che non riesce a gestire, dove la sicurezza è stata messa all'ultimo posto ed i cittadini hanno paura di uscire di casa! Ciò perché evidentemente si è pensato negli anni quasi esclusivamente all'immagine: mi riferisco all'uomo dell'immagine, Walter Veltroni, che oggi vorrebbe trasportare la stessa politica dell'effimero, che ha adottato quale sindaco di Roma, alla guida del Governo, se mai dovesse essere eletto Presidente del Consiglio. Ma al Nord non siamo scemi: i cittadini del Nord non sono scemi e sanno bene che il leader del PD è il sindaco di Roma, l'esempio di una certa politica che noi abbiamo sempre contestato!
Ricordavo la politica dell'immagine che è ben riassunta nel decreto che avete presentato. Anzitutto, il giorno prima affermate una cosa e il giorno dopo l'esatto contrario: anche questo è un sintomo, una dimostrazione di mancanza di serietà.
Il Ministro dell'interno - forse anche per questo motivo oggi non si è recato in Aula a riferire - si fa intervistare in televisione e dice: «non faremo mai un decreto-legge su questa materia»; il giorno dopo, puntualmente, poiché bisogna far vedere qualche cosa che non c'è, un'attenzione che non si ha, afferma: «mi sono sbagliato, oggi facciamo il decreto-legge». Ma il decreto-legge è assolutamente un «pannicello caldo», servito soltanto ad uso e consumo dei telegiornali.
Come è stato ricordato prima, si vogliono espellere i cittadini comunitari quando non si ha la possibilità di controllare quando sono entrati e si prevede come requisito per l'adozione dei provvedimenti la permanenza di più di tre mesi, quando non si è in grado di dimostrare quando sono entrati! Ma è chiaro che qualunque rumeno interpellato dirà di essere entrato ieri e non si avrà la possibilità di dimostrare il contrario.
Quelli che vogliono recarsi sul nostro territorio per delinquere entreranno e non si faranno registrare nei tre mesi, perché non vi è la possibilità di controllarli.
È per tali ragioni che il decreto-legge rappresenta assolutamente un «pannicello caldo». Inoltre, un problema così grande e così complesso come quello concernente l'immigrazione e la sicurezza si può risolvere senza affrontare alcuni nodi che da tempo chiediamo vengano affrontati? Il primo è l'effettività della pena. Avete approvato l'indulto! Dico ciò non soltanto con riferimento alle forze di maggioranza, ma anche alle forze politiche che hanno votato tale provvedimento e che oggi se ne dimenticano. Sembra che l'indulto sia piovuto dal cielo e non sia stato approvato da nessuno. Tuttavia, è stato approvato con una discussione parlamentare in quest'aula e, quando richiamavamo l'attenzione sul fatto che si stava adottando un provvedimento che avrebbe messo fuori di galera tanti delinquenti, che puntualmente sono andati a commettere nuovamente dei reati, abbiamo anche chiesto di porre l'attenzione sul fatto che andavano esclusi almeno quelli che avevano commesso i reati più gravi. Tuttavia, quasi tutti hanno fatto orecchie da mercante. È per tali ragioni che le cose non succedono a caso. Inoltre, pensate di risolvere il problema dell'immigrazione, approvando il disegno di legge Amato-Ferrero.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, dovrebbe concludere.

ROBERTO COTA. Ho sentito anche in quest'aula delle considerazioni fuori dalla realtà. Il disegno di legge Amato-Ferrero - se approvato - farà entrare sul nostro territorio proprio gli immigrati che non hanno un lavoro. Che cosa credete che Pag. 100facciano queste persone che entrano senza un'occupazione? Certamente, con molta probabilità andranno a commettere dei reati. Ma questo volete fare con il disegno di legge che avete presentato al Parlamento e che avete fatto approvare in Commissione come testo base. Questa è una vergogna e una mancanza assoluta non solo di serietà, ma di attenzione nei confronti dei problemi della gente, che tutti i giorni vive sulla propria pelle la mancanza di sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Per non parlare del disegno di legge sulla cittadinanza: anche in quel caso vi è il problema di persone che arrivano nel Paese e che non sono integrate, ma voi volete dare la cittadinanza a tutti. Come si possono affrontare i problemi con tale impostazione?

PRESIDENTE. Onorevole Cota, la prego di concludere.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, concludo con un ultima considerazione che mi deve lasciar svolgere. Quando parliamo di mancanza di serietà, parliamo anche di un gioco allo scaricabarile, che oramai da qualche giorno il Governo sta cercando di fare circa le responsabilità sull'allargamento dell'Unione europea. Mi chiedo: ma quando l'Unione europea si è allargata, chi era il presidente della Commissione europea? Non vi ricordate che era l'attuale Presidente del Consiglio, Romano Prodi? Era lui il presidente della Commissione europea e che si è attivato per l'allargamento!
Inoltre, lo stesso Presidente Prodi, da Presidente del Consiglio dei Ministri non ha applicato la moratoria, come hanno fatto altri Paesi che almeno hanno posto un argine. Questa è una vergogna!
Infine, vi è la questione delle ronde. C'è poco da ridere o da dare ad altri del razzista. Le ronde nascono quando non vi è lo Stato e lo Stato oggi non c'è, perché non c'è un Governo che governa. Questo è il punto vero (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Altro che condannare le ronde, accusando così gli altri, in maniera superficiale, di essere razzisti! Pensate ad assumervi le vostre responsabilità! Qui c'è bisogno di una politica completamente diversa, di un Governo diverso che intraprenda una politica differente. Noi speriamo nelle elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

TITTI DI SALVO. Signor Presidente, al contrario dell'onorevole Cota, abbiamo apprezzato molto l'intervento e l'informativa del Viceministro Minniti. Voglio però essere precisa al riguardo: abbiamo apprezzato la cultura politica che sottende quell'intervento. Ci è piaciuta molto l'insistenza con cui il Viceministro ha voluto esprimere la convinzione del Governo circa l'esistenza di un nesso inscindibile tra accoglienza, integrazione e sicurezza.
Noi abbiamo apprezzato molto l'indignazione con la quale il Viceministro ha stigmatizzato le ronde popolari. Avrei voluto sentire negli interventi dei colleghi dell'opposizione, soprattutto con riferimento all'intervento dell'onorevole Cota - e sarei stata contenta di sorprendermene - parole che commentassero negativamente le ronde popolari. Il punto, infatti, non è semplicemente non invocarle, ma è essere precisi nel capire cosa sottendono, perché vi è una violenza diffusa che cova sotto traccia in questa società frammentata, della quale vanno riannodati i fili. Non si può semplicemente accarezzare quella violenza e quell'aggressività!
Le ronde popolari non sono solo un'offesa al buon senso, ma rappresentano anche un rischio e una preoccupazione ulteriore; non sono di aiuto ad una democrazia che cerca, invece, di risolvere i nuovi problemi delle società globali, parlando di convivenza! Ritengo che non sia di buon senso e vada contro l'intelligenza di chiunque, pensare che si possano alzare barriere nei confronti dell'immigrazione. Ma come si fa a pensarlo! Come si fa a Pag. 101non comprendere che quell'immigrazione è sospinta dalla disuguaglianza tra il nord e il sud del mondo!
Il punto è misurarsi con le nuove domande che l'immigrazione pone e con i conseguenti nuovi problemi che sicuramente esistono. Occorre misurarsi con il fatto che è evidente che una comunità non possa assorbire un flusso migratorio senza confini, ma da questo a pensare che possano essere elevate barriere ce ne corre! Negare l'evidenza rappresentata dal fatto che - con riferimento a tale aspetto sono particolarmente scontenta - l'allargamento dell'Unione europea è una scelta decisiva per estendere la democrazia in modo diverso da quello delle punte delle baionette, significa negare anche la stessa scelta che - lo ricordo - il Governo Berlusconi annunciò durante il semestre europeo, con un'enfasi degna di miglior causa. In quell'occasione ci spiegò, infatti, che l'Europa doveva essere un grande mercato, esteso dalla Russia a Israele, e noi non fummo d'accordo perché l'Unione europea ha un senso anche rispetto ad un progetto politico! Questo ci venne spiegato nel semestre di presidenza italiana durante il Governo Berlusconi!
Ciò che è accaduto qualche giorno fa, ossia l'aggressione, la violenza sessuale e poi la morte di Giovanna Reggiani ad opera di un uomo rumeno denunciato da una donna rumena - circostanza che è importante sottolineare - è sicuramente una tragedia inenarrabile. Il mio gruppo si unisce a tutte le persone che in questa Assemblea, compreso il Governo, ed in Italia hanno manifestato il cordoglio di fronte ad una tragedia così spropositata. Mi unisco anche a chi, come l'onorevole Mascia, intervenuta prima di me, svolgendo una considerazione che condivido molto, ha manifestato l'ammirazione per le parole di grandissima dignità e non scontate che la famiglia ha pronunciato dinanzi a quella barbara uccisione.
Le risposte della politica ci devono essere; devono essere sobrie, razionali, non emozionali, rigorose e coerenti con lo Stato di diritto. Non è stato così per tutti! Ho sentito narrare non solo in quest'Aula di espulsioni di massa che francamente sono un'offesa al buon senso e si spiegano soltanto con la scelta di avviare una campagna elettorale, altro che! Smettetela con l'ossessione di Veltroni! Chi è ossessionato, risolva la sua ossessione e abbia il coraggio di dire che ha iniziato la campagna elettorale!
Ritengo che vada letto tutto ciò che è dietro quella tragedia.
Il Viceministro Minniti ha giustamente proposto un ragionamento segnato da una cultura politica che condivido, e che ha spaziato e messo insieme vari temi. Ha parlato, infatti, di sicurezza del Paese e, quindi, ha commentato e sottolineato ciò che il Governo ha realizzato, a seguito dei fatti di qualche giorno fa, e sul tema della sicurezza in generale.
Farò altrettanto, seppure brevemente. Sono convinta, infatti, che quella tragedia ne evoca tante. In primo luogo affermo con assoluta certezza, nettezza e senza ombra di dubbio che un atto violento e un atto criminale non sono mai giustificabili; sono spiegabili, certamente, ma non hanno mai nessuna giustificazione: mai, mai, mai. Naturalmente, lo Stato di diritto in Italia ci dice - ma ce lo dice anche l'Europa - che di quell'atto criminoso risponde la persona che lo ha commesso. Non si può in nessuno caso criminalizzare una comunità o un'etnia per quell'atto criminoso. Questa è la ragione razionale, politica - e che necessariamente ed eticamente deve essere sottolineata - alla base della contrarietà alle espulsioni di massa. Non ho, inoltre, dubbi anche a sostenere con assoluta tranquillità che una riflessione deve essere svolta sui limiti del sistema giudiziario italiano, ad esempio, sulla certezza della pena, sull'adeguatezza del sistema delle carceri e sulla velocità dei processi. Si tratta di problemi che, certamente, non ha creato questo Governo (in un anno e mezzo, infatti, non avrebbe potuto determinarli, e dunque sono pregressi).
Vi è un ulteriore aspetto che ho particolarmente condiviso nell'informativa del Governo, vale a dire il rigetto del binomio criminalità-immigrazione. Si tratta di un binomio da respingere e che non deve Pag. 102essere evocato neanche di sfuggita, in quanto alimenta la paura e non risolve nulla. Piuttosto devono essere affrontati - lo ricordavo precedentemente - i temi che i flussi migratori, oggi, propongono a noi e a tutte le società globali. Infatti, il diritto alla sicurezza e alla legalità è un diritto che deve essere garantito a tutti, nativi e migranti. Per garantire il diritto alla sicurezza e alla legalità - che, ripeto, è un diritto di tutti e di tutte - è necessario, certamente, essere in grado di realizzare delle politiche di integrazione e di convivenza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

TITTI DI SALVO. È necessario pensare - in quanto è vero che vi è un rapporto tra clandestinità e criminalità - al superamento della legge Bossi-Fini e all'approvazione della legge Amato-Ferrero. È necessario parlare di scuola e di riqualificazione del territorio, e parlare bene e sempre delle forze di polizia, sostenendole nel loro lavoro. Non sono a sproposito i complimenti relativi al successo contro la mafia, in quanto tale successo fa sperare al Paese che la mafia possa essere vinta, ed è una speranza che qualche anno fa non avevamo più.
Forse per garantire il diritto alla legalità e alla sicurezza è necessario attuare politiche, rivedendo la politica economica agricola europea. Non mi dilungo ulteriormente al riguardo perché non ne ho il tempo, e intendo svolgere alcune ulteriori considerazioni. La prima è relativa al decreto-legge con il quale il Governo ha affrontato questi temi. Penso che il decreto-legge debba essere migliorato, so che può essere migliorato e sono convinta che il Governo lo migliorerà.
La seconda considerazione riguarda la seria discussione sulla sicurezza che si sta svolgendo. Da tale discussione deve essere eliminata tutta la demagogia dalla quale è stata ammantata, ma, soprattutto, signor Presidente - lo devo proprio dire - deve essere squarciato un velo. In quella tragedia si possono leggere tanti aspetti, ad esempio - non lo hanno detto in tanti, ma in troppo pochi - l'ennesima violenza sessuale contro una donna. Gli atti di violenza sessuale contro le donne e gli stupri riempiono quotidianamente le pagine dei giornali e la cronaca del Paese (che è un Paese civile e democratico), riguardano donne italiane e straniere e sono compiuti da uomini italiani e stranieri.
Sento come parte della maggioranza che esiste la necessità - la sento anche come mia responsabilità - di reagire. È necessario squarciare il velo dell'imbarazzo, che esiste, e reagire. Possiamo fare ciò, in quanto ne abbiamo gli strumenti. Infatti, vi è un disegno di legge contro la violenza sessuale, e penso che si possa trovare il modo, anche con l'opposizione, di fronte a tutto ciò, di fornire una risposta civile alle attese delle donne e degli uomini civili del Paese, in quanto si tratta, ormai, di una cronaca insopportabile e intollerabile (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, signor Viceministro, intervengo in rappresentanza del gruppo Italia dei Valori. Innanzitutto, ci uniamo al cordoglio espresso alla famiglia della signora Giovanna Reggiani e, in secondo luogo, diamo atto al Governo di aver messo in campo tutti gli strumenti che i vincoli di appartenenza all'Unione europea oggi ci mettono a disposizione.
Si è trattato di un'azione certamente stimolata dalla gravità della situazione determinatasi con il barbaro assassinio della signora Giovanna Reggiani e, ciononostante, gestita con equilibrio: equilibrio che rinveniamo nel testo del decreto-legge n. 181 del 2007, ma che riscontriamo anche nelle dichiarazioni, nei comportamenti, nella ferma condanna degli episodi di vigliacca ritorsione che hanno visto protagonisti delinquenti comuni, così come nel tentativo di rendere sempre più forte, in questi giorni e anche Pag. 103oggi, il rapporto di collaborazione con il Governo rumeno, indispensabile per normalizzare una situazione che resta straordinariamente difficile.
Molte difficoltà - devo affermarlo con grande rammarico - continuano ad essere alimentate da un clima politico ostile a qualsiasi intervento di riforma, impegnato quasi esclusivamente a combattersi, a scaricarsi responsabilità, a strumentalizzare anche le situazioni più disperate, avendo come costante ed esclusivo obiettivo la colpevolizzazione dell'avversario politico, molto più che l'interesse generale del Paese, che sembra quasi scomparso dal confronto e dalla dialettica politica. Anche rispetto ai contributi e alle proposte di modifica al decreto-legge sull'allontanamento dei cittadini comunitari, suggeriti dall'opposizione, sembra a noi - ma inizia a sembrare anche a moltissimi cittadini italiani - che tali interventi siano diretti molto più ad alimentare potenziali elementi di divisione all'interno della maggioranza, piuttosto che a perseguire la soluzione migliore, la quale, per essere tale, avrebbe bisogno anche del contributo sereno, equilibrato e costruttivo dell'opposizione.
L'immigrazione, sia quella comunitaria sia quella extracomunitaria, costituisce un fenomeno di straordinaria complessità e, forse, la sfida più difficile che il Paese si trova ad affrontare in questi anni. Una sfida che, se vinta, produrrà ricchezza, sviluppo economico e progresso della nostra società: dobbiamo vincerla, perché la nostra storia sono i milioni di italiani che hanno costruito la fortuna di molti Paesi all'estero e che ci impongono di fare questo. Vincere questa sfida è possibile, perché, se depuriamo il confronto politico delle strumentalizzazioni di cui ho parlato, ci accorgeremo che non sono moltissime le questioni che ci dividono.
C'è bisogno di più rigore, di maggiori controlli, di espulsioni certe, così come di pene certe nei confronti di chi viene in Italia per delinquere, ma, al tempo stesso, c'è bisogno di costruire le condizioni sociali affinché, separata l'immigrazione buona da quella cattiva, chi arriva nel nostro Paese per lavorare abbia la possibilità e gli strumenti per integrarsi. Possiamo dividerci sui criteri di reperimento della manodopera della quale il nostro sistema produttivo ha bisogno (come, ad esempio, il contratto di lavoro per poter entrare in Italia o strumenti più flessibili, come proposto con la cosiddetta legge Amato-Ferrero); possiamo dividerci sulle modalità di rilascio dei permessi, sulla loro durata, sui meccanismi di rinnovo, sui meccanismi dei procedimenti di espulsione, su come e quando attuarli e come determinarli; possiamo dividerci tra chi sostiene che chi perde il lavoro debba avere il tempo di trovarne un altro prima di doversi dare alla clandestinità e chi sostiene, invece, che debba tornare il giorno stesso nel Paese d'origine. Possiamo dividerci su tali aspetti (ed è giusto alimentare un confronto politico anche forte), ma non rispetto a due principi che, dalle dichiarazioni di molti, sembrano ormai costituire un patrimonio comune di quasi tutte le forze parlamentari.
Chi viola le leggi dello Stato e viene in Italia per darsi al crimine deve essere rispedito nel Paese di origine senza se e senza ma. Chi, invece, viene rispettando le leggi dello Stato per contribuire alla crescita economica e allo sviluppo della nostra società, ha diritto ad essere pienamente integrato nella stessa.
Partiamo, quindi, da ciò che ci unisce, ed evitiamo di continuare ad attribuirci colpe. Se ritardi vi sono stati nell'intervento dell'attuale Governo, ritardi ancor più gravi sono imputabili al precedente Governo, dal quale abbiamo ereditato una situazione disastrosa e il quadro normativo attuale, perché la legge Amato-Ferrero non è ancora entrata in vigore. Ci troviamo nella fase di piena operatività della legge Bossi-Fini, e questa situazione ha determinato gli episodi di criminalità che oggi ci vengono contestati. Però, di fronte a una tragedia così grande, per una volta, almeno su un tema così delicato, dal quale, come dicevo, dipende il futuro della nostra società, la sicurezza delle nostre famiglie e il progresso di molte imprese, proviamo a mettere insieme le nostre Pag. 104energie. Liberiamo i cittadini dei litigi e degli scambi di accuse, con i quali li inondiamo tutti i giorni, e consegniamo loro soltanto le migliori soluzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Viceministro, l'uccisione di Giovanna Reggiani è un fatto gravissimo, di bestiale ferocia, che non trova e non deve trovare giustificazione alcuna. Alla famiglia va il nostro sincero cordoglio e l'esplicito apprezzamento per la compostezza e l'atteggiamento assunto di fronte alla tragedia immensa che l'ha colpita. Vogliamo anche, però, esprimere il nostro ringraziamento e apprezzamento per la preziosa testimonianza e la purtroppo vana azione di soccorso della cittadina rumena che è intervenuta nella vicenda, vittima anch'essa di una condizione di vita inaccettabile in un Paese civile come il nostro.
Signor Viceministro, intendo sottolineare in modo molto esplicito che i comportamenti criminali sono sempre soggettivi e chiamano in causa solo gli individui, anche quando si muovono in forma associata, e non la loro nazionalità ed etnia. La libera circolazione dei cittadini europei in Europa è un diritto, quindi ogni misura deve tener conto di questo principio fondamentale. Riteniamo che non ci possano essere misure ulteriori. In questo senso, il decreto-legge adottato dal Governo rappresenta un passo di maggiore puntualizzazione, ma non si può prescindere dal diritto fondamentale, sancito per i cittadini europei, di potersi muovere liberamente in Europa. Nel caso contrario, verrebbe meno il principio di unità del soggetto politico dell'istituzione europea, che vogliamo con tanta fatica costruire.
Altrettanto chiara deve essere la nostra sanzione politica rispetto alle sollecitazioni e alle iniziative assunte dalle cosiddette ronde - al riguardo invito il Ministro e le autorità competenti a verificarne anche i profili di legalità e di legittimità - che rappresentano un'attività intollerabile, che non può essere accettata, neanche di fonte a gravi reati, e che mette in discussione il ruolo di istituzioni fondamentali e il corretto ordine e funzionamento della società.
Viceministro Minniti, esprimiamo apprezzamento per la sua informativa, ma vogliamo manifestarle anche la preoccupazione per come è percepita l'azione delle autorità italiane in Europa e in Romania. Non si può correre il minimo rischio che i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera, legittimi di fronte a situazioni di pericolo per la sicurezza nazionale e dei cittadini, possano ingenerare il convincimento che si tratti di trasferimenti coatti di popolazione.
La valutazione, pertanto, non può che essere soggettiva, e chiediamo che essa sia assolutamente effettiva, attraverso la verifica dell'autorità giudiziaria, così come previsto dal decreto. Al contempo, apprezziamo l'apertura del Ministro in ordine all'affidamento della relativa competenza alla magistratura togata, e non alla magistratura onoraria. Peraltro, signor Viceministro, senza la riconquista di una nuova efficienza della giustizia nel nostro Paese, ogni azione di deterrenza e di contrasto potrebbe essere vana.
Non si tratta soltanto di invocare generiche misure, ma si tratta di rendere più tempestiva l'azione giudiziaria, perché fa sorridere il potenziamento dell'azione di polizia, se poi coloro che la polizia arresta o mette sotto controllo non vengono giudicati dall'autorità giudiziaria e non ricevono la sanzione necessaria, a fronte di illeciti penali che sono stati verificati.
Pertanto, si tratta non soltanto di lavorare nella direzione delle misure di prevenzione e di polizia, ma anche di fornire nuova e rinnovata efficienza al nostro sistema giudiziario, che non può essere certamente mantenuto in una situazione di blocco, che deriva anche dall'arretrato, dall'insufficienza degli organici e da alcune normative - dobbiamo essere sinceri - che in qualche misura costituiscono non maggiori garanzie, ma un impedimento ad una spedita azione giudiziaria.
Dunque, quando ci indigniamo di fronte a una situazione di incertezza della Pag. 105pena o quant'altro, dobbiamo anche porci il problema di un rilancio dell'attività dell'organizzazione giudiziaria, che deve svilupparsi attraverso nuovi livelli di efficienza, non tutti raggiungibili semplicemente con le modifiche normative: in alcuni casi è necessario un potenziamento di risorse, di strutture e anche di personale, non soltanto togato, ma anche di supporto (mi riferisco a personale amministrativo, di cancelleria e via dicendo).
Il popolo rumeno ha la stessa dignità degli altri popoli del mondo. In tal senso voglio ringraziare gli oltre quaranta deputati che hanno voluto aderire all'associazione di amicizia per la Romania, che abbiamo promosso tra i colleghi parlamentari, insieme con i colleghi Grillini e Spini, quale segno simbolico della volontà di discriminare il popolo rumeno dal singolo criminale, che ha una sola definizione, ovvero quella del codice penale - lo ribadisco - nella sua piena responsabilità personale.
Tuttavia, signor Viceministro - in tal senso so che lei manifesta la massima disponibilità e sensibilità - bisogna compiere uno sforzo economico, potenziando le dotazioni dei mezzi e del personale delle forze di polizia. Ripeto: non servono soltanto le norme; le norme possono aiutare, ma se poi non vi sono gli uomini sul territorio, che agiscono in maniera permanente nell'osservare ed intervenire, certamente le normative rimangono lettera morta.
Da questo punto di vista, signor Viceministro, vi è anche la necessità di ribadire un principio: l'azione di repressione e di contrasto è affidata alle organizzazioni di polizia nazionale, mentre ancora una volta questa vicenda - anche se non voglio qui attribuire responsabilità né al sindaco di Roma, né alla sua amministrazione e neanche alle altre amministrazioni d'Italia - pone in risalto un fatto, e cioè che, in questi anni, da parte degli enti locali l'ottica si è orientata verso l'azione repressiva, che non è il compito primario delle amministrazioni locali. L'azione di contrasto di polizia e l'azione repressiva sono competenza dello Stato: lo prevede la nostra Costituzione, che non possiamo modificare surrettiziamente.
Tuttavia, vi è un compito fondamentale degli enti locali: favorire l'azione di inserimento e di recepimento di queste presenze, promuovendo la loro ricollocazione all'interno di un contesto di civiltà. Chi ha visto le immagini di quelle baracche di plastica e cartone sull'argine del fiume, al freddo, senza luce, nel fango e negli escrementi, non può non aver avuto un senso di ripulsa e di grave preoccupazione, perché quelli sono luoghi bestiali, e in quei luoghi bestiali la bestialità dell'uomo certamente non è giustificata, ma purtroppo si manifesta. Da questo punto di vista è necessario un riorientamento dell'azione degli investimenti degli enti locali, non verso l'alto ma verso il basso: non si tratta di una politica buonista, ma di una sana politica di prevenzione.
Alla luce di tali fatti, signor Viceministro, ritengo che sia però necessario - e lo dico in maniera anche autocritica - ragionare sulle modifiche ai nostri ordinamenti introdotte nel corso degli ultimi anni, in particolare in materia di riduzioni di pena per i vari riti alternativi.
Credo che tale materia debba essere riconsiderata, perché purtroppo in molte situazioni la pena rappresenta un fatto puramente simbolico e, allora, viene meno la sua funzione di deterrenza e anche quel principio di eguaglianza che deve sussistere tra gli Stati europei, perché il nostro Paese rappresenta o tende a rappresentare - non intendo affermare che la situazione sussiste concretamente, ma che la stessa esiste almeno dal punto di vista della sua percezione - un luogo di facile attività criminale rispetto ad altri Paesi.
In questo senso, ritengo che azioni correttive siano necessarie, ma che sia inoltre necessario - lo dico anche ai colleghi dell'opposizione - abbandonare le posizioni di pregiudizio. Come noi, in qualche misura, facciamo spesso autocritica e cambiamo opinione, così è necessario che anche i colleghi dell'opposizione affrontino la questione in esame - che ha una dimensione nazionale e non costituiscePag. 106 soltanto un problema della maggioranza - per dare una risposta seria ed effettiva e non di propaganda.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor Viceministro, anche il gruppo dei Comunisti Italiani vuole anzitutto esprimere un sentimento di cordoglio sincero alla famiglia della signora Reggiani.
Tuttavia, vogliamo dire sin dall'inizio di cosa si è trattato, ovverosia, ancora una volta, di un caso drammatico e tragico di violenza estrema di un uomo contro una donna, un omicidio, un crimine gravissimo, come ormai risulta chiaro e acclarato anche dai dati assolutamente sconvolgenti pubblicati di recente dal Ministero dell'interno sui reati contro le persone e, segnatamente, contro le donne, che si consumano quotidianamente all'interno delle mura domestiche.
Non possiamo al tempo stesso non registrare, come hanno fatto altri colleghi, la grande forza morale e la dignità delle reazioni dei familiari della vittima, che francamente stridono in maniera davvero assordante con le strumentalizzazioni insopportabili, e per certi versi anche volgari, di questa drammatica vicenda operate da una parte della politica.
Soltanto chi muove da pulsioni autoritarie, antidemocratiche, razziste e xenofobe può giungere a comportamenti e a contenuti polemici come quelli cui abbiamo assistito e stiamo assistendo anche in questo dibattito.
Signor Presidente, sicurezza ed emotività irrazionale sono due grandi questioni incompatibili in una democrazia avanzata, matura e compiuta. Altri colleghi lo hanno sottolineato: i fatti rilevanti secondo le prescrizioni del codice penale vanno trattati come tali, ricordando che un principio fondamentale di cultura e civiltà giuridica è la responsabilità penale individuale, non la deportazione, né la criminalizzazione di massa.
È altresì inaccettabile e direi vergognoso per la dignità del nostro Paese che da alte cariche istituzionali si inciti all'autogiustizia e alle ronde popolari. Verso cosa sta precipitando questo Paese?
Noi apprezziamo passaggi dell'intervento del Viceministro Minniti. È un errore madornale e micidiale quello di criminalizzare un popolo, un'etnia o chi ha una pelle di colore diverso.
Lo vogliamo dire con molta franchezza e in modo diretto: badate, uomini della destra italiana, che così risvegliate prepotentemente demoni mai sconfitti, semmai soltanto assopiti.
Se questo Paese continuerà a scivolare verso quel baratro dietro queste spinte pericolose, irresponsabili e - lo ripeto - anche volgari, distruggeremo una società come la nostra, già profondamente incrinata nei suoi valori solidaristici. Si continua da destra, ciclicamente, a voler affrontare temi delicati, anche gravi nella loro portata, con un approccio profondamente sbagliato. Tali problemi sono una costante della storia dell'uomo e sono legati ai flussi, all'immigrazione e agli spostamenti di persone, ma vengono affrontati con un approccio autoritario e securitario, che non coniuga, come diceva lei, Viceministro, l'esigenza del rispetto dei diritti, della dignità dell'uomo e dell'individuo, qualunque sia la nazionalità, il colore della pelle e la lingua che parla.
Ormai, da troppi anni si tratta l'immigrato come un criminale, se non come un terrorista, dietro una spinta mondiale ed è ciò che sta spingendo l'intero pianeta verso il baratro delle guerre, dell'odio e degli scontri tra culture.
La vicenda criminale di cui oggi purtroppo discutiamo viene nascosta, viene occultata e fa comodo non ricordare. Essa ha avuto subito almeno un esito positivo nell'individuazione del responsabile del crimine soltanto grazie all'intervento immediato e coraggioso di una donna rumena che è subito intervenuta. Allora, come può discutersi in questo modo? Come può la classe politica, una parte importante della classe dirigente di questo Paese, affrontare un dibattito con i toni e i contenuti che abbiamo sentito?Pag. 107
Le politiche dell'immigrazione sono una cosa seria e devono essere affrontate in una dimensione europea - come lei richiamava, Viceministro - di forte e solida cooperazione internazionale tra i Governi, soprattutto in un quadro di allargamento dell'Unione europea.
Ho sentito chiedere dal collega della Lega Nord Padania se vi siano ancora interventi e soluzioni del problema nelle intenzioni del Governo. La Lega Nord Padania dice di essere inascoltata, vuole soluzioni immediate da questa maggioranza, ma dov'è stata durante i cinque anni del Governo Berlusconi? Perché non dice nulla sul fallimento della Bossi-Fini? I bilanci sono sotto gli occhi di tutti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Licandro.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Non entro nella la polemica sull'indulto. Dico solo che noi, ad esempio, non lo abbiamo votato perché non ha puntato all'alleggerimento delle condizioni delle carceri, ma è stato un formidabile colpo di spugna per corruttori e corrotti. Quindi, si sbaglia anche a citare il caso.
Non ho mai sentito le forze dell'opposizione incalzare il Governo nella lotta alla criminalità organizzata né, al di là di formali interventi, ci si è rallegrati degli ultimi successi dello Stato in Sicilia: la lotta alla criminalità organizzata è la vera grande emergenza democratica di questo Paese. È un successo dello Stato quello di questi ultimi giorni, dei magistrati, del pool antimafia della procura di Palermo, delle forze dell'ordine e della Polizia di Stato. Questi sono i risultati che vogliono i cittadini onesti e democratici che tengono alla sicurezza.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Licandro.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Al tempo stesso, però, diciamo che le misure adottate con il decreto-legge del Governo devono essere migliorate e assai corrette, perché su taluni profili la strada imboccata è davvero sbagliata, pericolosa e fa spaventosamente arretrare l'Italia sul piano della civiltà giuridica.
I sindaci si devono preoccupare di favorire politiche di integrazione, non di indossare stellette e di arruolare poliziotti: diciamo «no» al far west.
È stato detto bene dal Ministro Giuliano Amato che non bisogna scatenare alcuna caccia all'uomo, né assecondare la micidiale e bestiale equazione: «rumeni» uguale «delinquenti e criminali».
Vi è la necessità insuperabile di coniugare esigenze di sicurezza con la democrazia, con il rispetto dei diritti dell'uomo, con la dignità - concludo - che all'individuo è necessario sempre riconoscere e garantire, a prescindere dalla nazionalità e dal colore della pelle, con le soluzioni per favorire l'integrazione di chi giunge nel nostro territorio in società complesse e multiformi come la nostra (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, verrebbe voglia - ma non ho il tempo di farlo - di cogliere questa occasione per una riflessione più profonda e più ampia su ciò che sta accadendo nel nostro Paese in relazione, in particolare, al crimine bestiale di cui è stata vittima la signora Giovanna Reggiani, alla quale va la mia e la nostra solidarietà.
Su un quotidiano di oggi, la Repubblica, in prima pagina vi è un lungo articolo di Adriano Sofri, che prosegue all'interno e che riflette profondamente sulle dinamiche politiche, psicologiche, sociali, culturali ed etniche che si sono scatenate in questi giorni. Mi piacerebbe utilizzare il tempo che ho a disposizione per leggerlo in quest'aula, ma non lo posso fare. Voglio, pertanto, rendere omaggio pubblicamente a questo articolo attraverso il mio intervento parlamentare, anche se è inconsueto.
Desidero, altresì, esprimere la condivisione mia e del gruppo dei Verdi (che è Pag. 108anche quella di molti altri gruppi che si sono espressi prima di me) in merito alla relazione che ha svolto il Viceministro dell'interno. Sarebbe anche potuto venire il Ministro dell'interno - la polemica avanzata dall'opposizione non è priva di fondamento - tuttavia, devo dire che lei, Viceministro, come anche in altre occasioni, ha onorato questo dibattito con una relazione ampiamente condivisibile.
Oltre alla memoria, prima di tutto, della signora Giovanna Reggiani, uccisa da Nicolai Mailat, esprimo una solidarietà, che vorrei definire fraterna, al marito e ai suoi familiari, non solo per il dolore spaventoso, che dura tuttora, che hanno subìto, ma anche per la grande dignità umana e cristiana con cui hanno affrontato questa tragedia. Si tratta di tutta una famiglia di confessione cristiana, in parte valdese e in parte cattolica, che ha dato il segno di come si possa reagire con dignità, forza e umanità anche a un crimine bestiale di cui la loro familiare, la signora Giovanna Reggiani, è stata vittima.
Vorrei, altresì, ricordare - come hanno fatto altri ed anche lei, signor Viceministro - un'altra donna protagonista di questa drammatica vicenda, senza la quale non si sarebbe individuato tempestivamente il responsabile, prima del tentato omicidio e, poi, dell'omicidio, con la morte della signora avvenuta il 1o novembre.
Questa donna, testimone rumena e appartenente all'etnia rom, ha rischiato personalmente - è inevitabile e ciò non accade solo nell'etnia rom: si pensi, ad esempio, a quello che accade in Sicilia o altrove fra gli italiani -, ha messo a repentaglio la propria sicurezza e la propria vita per fornire una testimonianza immediata, per richiamare immediatamente l'attenzione e dare la possibilità, quindi, di attivare la polizia su ciò che di terribile era avvenuto.
È stato sincero il conducente dell'autobus, quando ha raccontato che non voleva ascoltarla, non voleva neanche fermarsi, ma questa donna si è messa davanti all'autobus per impedire che esso proseguisse la sua strada e potesse, così, scendere l'autista per dare, a sua volta, l'allarme alla polizia, che ha permesso la tempestiva individuazione dell'assassino. È una donna di straordinaria umanità, di straordinario senso civico e faranno bene il Governo e il Ministero dell'interno a provvedere, nei modi già esposti dal Viceministro, alla sua sicurezza personale ed anche al suo destino nel prossimo futuro.
Signor Viceministro, lei ha fatto bene a fare un inciso, che a qualcuno è sembrato inopportuno (vi è stato qualche mormorio in qualche settore del centrodestra, non tutto, per la verità), quando ha voluto inserire nella sua relazione anche il ricordo di quanto è avvenuto con la cattura di due boss importanti di Cosa nostra - i Lo Piccolo padre e figlio - e di altri con loro, e ha elogiato la polizia e la magistratura. Anche noi ci associamo a tale elogio.
Egli ha fatto bene a farlo per due motivi: in primo luogo, perché era la prima occasione pubblica parlamentare; in secondo luogo, perché ci mette di fronte al modo, anche diverso, con cui l'opinione pubblica a volte reagisce, da un lato, verso un fatto di una criminalità inaudita, ma specifica (non si trattava di un boss criminale, ma di un individuo che ha ammazzato una donna per rubarle, probabilmente, la borsa; non credo che vi sia stato neppure quell'atto di violenza sessuale di cui tutti parlano ma che, mi sembra, dalle indagini non risulti) e, dall'altro lato, verso la cattura di due boss di Cosa nostra (i quali, probabilmente, nei loro incontri programmano omicidi, racket, estorsioni, e così via).
Ebbene, le reazioni dell'opinione pubblica nei confronti dell'uno e dell'altro episodio sono state molto sproporzionate: il secondo caso - che, dal punto di vista dell'importanza nella lotta contro la criminalità e nella salvezza di chissà quante vittime possibili, forse doveva avere più rilevanza - ne ha avuta di meno di fronte a quella reazione forte (ovviamente, umanamente comprensibile) che vi è stata nel primo, terribile caso.
Ha fatto anche bene, signor Viceministro, a condannare gli episodi di violenza razzista (in particolare, quello che si è Pag. 109verificato il 2 novembre) e a dire un fermissimo «no» - a nome dello Stato di diritto, della democrazia politica del nostro Paese - a quelle ronde popolari che tanto piacciono a qualche collega della Lega Nord Padania.
Una logica emergenziale sarebbe irresponsabile nel rispondere e nel reagire a fenomeni, anche criminali, di questa gravità e che tutti condanniamo. Infatti, uno Stato dimostra la sua forza quando sa affrontare i problemi della sicurezza e della criminalità con la logica dello Stato di diritto. Forse vi è stata una reazione emergenziale nelle prime ore - lo ha detto polemicamente un collega dell'UDC, lo ha detto persino Casini interrompendola mentre lei parlava - e poiché cerco di essere leale intellettualmente, ho l'impressione che questa reazione emergenziale vi sia stata.
Tuttavia, ho anche la convinzione - lei me l'ha confermata nel suo discorso di oggi - che, a questo primo riflesso chiamiamolo emergenziale (o emotivo, come lo ha definito lei), il Governo ha saputo reagire, poi, con una maggiore consapevolezza e un maggiore equilibrio. Ciò non vuol dire minore determinazione nel colpire la criminalità, ma vuol dire agire sapendo che la sicurezza va integrata e coniugata anche con l'accoglienza e che la democrazia (ove democrazia significa anche uso legittimo della forza e non soltanto rispetto dei diritti) va coniugata con l'integrazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO BOATO. Concludo, signor Presidente. Da questo punto di vista, ritengo che sia stato bene mettere in luce i tre aspetti della dimensione europea, nazionale e locale. Ritengo che sia stato giusto ricordare l'incontro odierno del Presidente del Consiglio dei ministri Prodi con il Primo Ministro rumeno Tariceanu, così come voglio ricordare quello di ieri del Ministro Bersani, direttamente in Romania, per far capire che, se cedessimo a logiche di criminalizzazione indiscriminate e ad ipotesi (che sarebbero fasciste) di espulsioni di massa, precipiteremmo in una china assolutamente spaventosa e pericolosa.
Sicurezza integrata, risorse adeguate, governo dell'immigrazione (che è un fenomeno complesso), salvaguardia della sicurezza, ma al tempo stesso politiche di inclusione e di integrazione: queste sono le linee portanti che devono guidare un Governo degno di uno Stato democratico di diritto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, in primo luogo desidero ringraziare il Governo per la presenza e l'ampiezza della relazione esposta e delle informazioni fornite.
Ascoltando gli interventi che mi hanno preceduto, ancora pervaso anch'io, in qualche modo, da quell'onda emotiva che tanti hanno evocato, non ho potuto fare a meno di interrogarmi, ripensando a parole antiche: è vero, assolutamente vero, che libertà e solidarietà sono i due perni sui quali si fonda e si poggia tutta la civiltà, non solo italiana, ma anche europea.
Tali perni hanno una radice cristiana forte, ma sono diventati anche un valore prettamente laico. Più precisamente, ritengo che essi siano diventati il valore di chi ha la speranza e la convinzione che sia opportuno, necessario e inevitabile scommettere sul valore dell'uomo in sé e per sé.
Pertanto, non si tratta di fare, sull'onda emotiva, nella peggiore delle ipotesi, un triste sciacallaggio e, nella migliore delle ipotesi, una dolente lamentela. Si tratta di fornire una risposta ad una situazione di fatto che si è determinata, in quanto ci troviamo alla Camera dei deputati e trattiamo di tali vicende in qualità di potere legislativo ed esecutivo.
Pertanto, non possiamo non partire dai fatti. Sono rimasto stupito nel leggere che oggi, in Romania, operano oltre 17 mila imprese italiane e nel considerare che in Italia sono presenti circa seicentomila rumeni, i quali, per paradosso, sono in larga Pag. 110parte impiegati in quel nord-est dal quale provengono molte delocalizzazioni di quelle 17 mila imprese.
Si tratta, quindi, di un singolare circolo, virtuoso o vizioso, secondo le interpretazioni. Pertanto, è evidente che parlare di clandestinità, criminalità e immigrazione non può voler dire prescindere da considerazioni nazionali: quelle relative allo stato di diritto che, in quanto tale, deve sempre dimostrare di potere rispondere razionalmente, scommettendo sull'uomo; quelle relative al valore europeo, un ulteriore aggregato fondato sui principi cardine della democrazia politica; inevitabilmente, quelle relative al fenomeno globale dei grandi flussi che, volenti o nolenti, ci vedono costretti a fare i conti con qualcosa - come oggi ha detto bene il Ministro Amato - che va oltre la singola responsabilità del Ministro Amato, piuttosto che dell'onorevole Fini. Si tratta di grandi questioni, grandi problematiche, che necessitano di risposte difficili e di notevole responsabilità.
Penso che all'analisi dei fatti vada inevitabilmente aggiunta una considerazione, che è già stata formulata anche dai colleghi che mi hanno preceduto. Davanti all'emergere di queste situazioni drammatiche, la normazione attuale si è rivelata, in qualche modo, carente e insoddisfacente.
Pertanto è chiaro che chi ha generato la legge Bossi-Fini ha la responsabilità, in parte, in quanto già governante del Paese, anche di tali episodi. È un po' triste vedere lo spettacolo al contrario, come se non esistesse una normazione o come se si fosse rivelata insufficiente. Tuttavia bisogna andare oltre e non bisogna scendere sul piano della scena di piazza. Bisogna prendere atto della situazione responsabilmente. Pertanto, le polemiche sulla decretazione d'urgenza sembrano ancora più vuote.
Questa sera ho sentito parlare di un ulteriore fatto di grande violenza che, fortunatamente, non è accaduto nel nostro Paese, ma nella civilissima e pacifica Finlandia, ove si è verificata una strage incomprensibile. Un giovane è entrato a scuola e ha ucciso 7 o 8 persone, addirittura filmando un video del fenomeno e proiettandolo su Internet, se ho sentito bene.
Signori, penso che il minimo che si potesse fare fosse rispondere immediatamente, emanando una decretazione d'urgenza, consapevoli dei nostri principi cardine dello Stato di diritto e consapevoli del fatto che vi è la necessità di dare una risposta che, inevitabilmente, sarà sempre limitata, perché l'uomo, per sua stessa natura, è perfettibile. Si trattava di un atto dovuto e necessario che ha coinvolto due dicasteri importanti. Pertanto, ringrazio il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno Amato, per aver profuso tale sforzo.
Stasera, sempre sull'onda emotiva, ho svolto un'ulteriore riflessione: mio malgrado, forse per la prima volta nella mia vita, mi trovo addirittura d'accordo con il pensiero del Presidente della Camera.
Egli ha affermato che giustamente è intollerabile, sotto il profilo giuridico - e questa considerazione è consequenziale a quanto già esposto - che si possa procedere ad un'espulsione di massa, ossia che si possa procedere ad una forma di allontanamento che non sia ancorata ad una valutazione soggettiva.
Credo, pertanto, che una riflessione più ampia (che mi pare sia stata svolta, in parte, dal Governo, perché ho sentito che c'è stata una richiesta di intervento da parte del Presidente del Consiglio italiano, ma anche del Primo Ministro rumeno, all'Unione europea sul tema dei rom) consista nel prendere atto che esistono popoli che emigrano in cerca di lavoro; si tratta di popoli che devono rispettare le regole della legalità, della sicurezza e della convivenza, popoli che, per loro natura e tradizione culturale non sono ancorati alla nostra organizzazione sociale. Mi riferisco ai rom e alla necessità di chiedere, anzi, di pretendere dall'Unione europea una regolamentazione compiuta, generale e uniforme sull'intero territorio comunitario per quanto riguarda i popoli nomadi.

Pag. 111

PRESIDENTE. Onorevole Capotosti, concluda.

GINO CAPOTOSTI. Quindi, riassumendo e avviandomi alla conclusione, sono contento di poter sostenere questo Governo nel momento in cui emana un decreto-legge sul tema, perché penso che esso sia necessario e che sicuramente si potrà perfezionare attraverso il dibattito parlamentare.
Sono molto scontento delle reazioni scomposte dell'opposizione che, ignorando le proprie responsabilità istituzionali, nella circostanza non ha trovato di meglio che gettarsi in un «carosello piazzaiolo» che non serve a nessuno.
Sono assolutamente convinto della necessità di andare avanti, di andare oltre e, quindi, di chiedere e pretendere dall'Unione europea una regolamentazione comune e compiuta su questioni che sono altre rispetto all'emigrazione e al lavoro.
Voglio, infine, associarmi a quanti mi hanno preceduto nell'esprimere solidarietà verso le vittime - un episodio eclatante quello dell'altro giorno, ma sicuramente ce ne sono molti - così come voglio associarmi all'indignazione per aver scoperto, dopo anni, condizioni di vita parasociali veramente incredibili e insospettabili.
Penso che da tutto ciò possa nascere un intervento positivo: questo è il nostro impegno e il nostro dovere. Credo che sarà opportuno proseguire seriamente su questa strada e rispondere alle ansie e alle domande non solo del popolo italiano, ma di tutte le persone che credono nei valori di solidarietà e giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Viceministro, ovviamente lei ha la mia solidarietà perché anche lei è una vittima, la vittima del Ministro Amato, che nei momenti peggiori manda lei comportandosi come un «topolino»: scappa e non vuole il confronto con questo Parlamento.
Manda lei ad ascoltare le critiche di questo Parlamento, anche di chi gli ha dato ragione, ma di fatto poi ha contestato l'operato del Governo.
Il fatto di essere passato, in ventiquattr'ore, da un disegno di legge alla decretazione d'urgenza significa che questo Governo «naviga a vista», che non ha una propria idea su cosa fare anche su un tema così importante come quello dell'insicurezza dei cittadini italiani. Non stiamo parlando solo di quanto accaduto alla giovane signora Reggiani e dell'episodio criminoso, ma di quello che stanno subendo tutti i cittadini italiani e del loro senso di insicurezza.
Il Governo è a conoscenza del fatto che avvengono continuamente rapine, sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga, clonazioni di carte di credito, borseggi, furti, accattonaggio, violenze sessuali e pedofilia? Lo sa che i nostri cittadini sono costretti a chiudersi in casa, ad essere prigionieri in certe ore del giorno e della notte e a non poter uscire per il pericolo che esiste nelle nostre città, nelle nostre periferie e nelle nostre campagne? Lo sa che esiste proprio un barricamento in casa, che avviene un furto di auto al minuto e che a Roma avvengono cinque rapine all'ora?
Il Governo lo sa che esistono delle situazioni in periferia, e non solo nelle periferie, da terzo mondo, che vediamo solo nei film? Le immagini televisive le avrebbero dovute far vedere al sindaco di Roma e agli ultimi sindaci di Roma, che sono responsabili di quello che è successo!
Guardate che prevenire è molto meglio che curare: come si fa a dire che questo è un Governo che ha cercato di prevenire quando sappiamo che mancano 16 mila operatori dell'ordine e che ci sono troppe persone imboscate, e non sulla strada; sappiamo - ce lo dice il Ministro rumeno, il Presidente del Consiglio rumeno - che in Romania hanno investito in sicurezza attraverso 34 mila nuove unità di personale mentre noi ne abbiamo 16 mila in meno.
Tra noi e la Romania ci sono 60 mila uomini in meno assegnati alla sicurezza e i rumeni ci dicono che dalla Romania vengono in Italia, e soprattutto in Italia, Pag. 112perché negli altri Paesi europei ci sono delle leggi che impediscono il libero ingresso. C'è, quindi, una situazione in cui noi siamo sfavoriti e arrivano da noi delinquenti, zingari che sono abituati ad azioni criminali e ad espedienti per vivere.
È questo che la gente sa, è questo che la gente vede tutti i giorni! Il sottoscritto fa il sindaco da diciotto anni: il compito di noi sindaci è quello di prevenire e di dare sicurezza ai cittadini, non di fare delle notti bianche, non di usare la nostra immagine per fare carriera politica.
Tutti i giorni siamo testimoni delle necessità e dei bisogni della gente. Siamo i loro confessori e dobbiamo cercare di andare loro incontro. Tra l'altro, io sono un socialista riformista e mi ritengo di sinistra, anche se non mi riconosco in questa sinistra dell'Unione, che è tutto fuorché una forza riformista per modernizzare l'Italia e per cercare di risolvere i problemi di questo martoriato Paese.
Guardate che non bisogna solamente pensare alle condizioni in cui vivono gli stranieri extracomunitari che vengono in Italia, che sono una risorsa se lavorano, ma sono un pericolo se sono allo sbando, se vagabondano, se delinquono, se spacciano, se si prostituiscono. Dobbiamo pensare anche alle nostre famiglie. L'ISTAT ci dice che l'11 per cento di esse è indigente: sono risorse anche queste famiglie. Il 9 per cento è vicino alla soglia di povertà. Queste sono le risorse a cui il Governo deve, ovviamente, pensare. Dicevo che prevenire è molto meglio che curare perché un Governo, come un buon medico, non può far puzzare la ferita: deve intervenire. Non può essere compiacente, demagogo e populista, ma deve cercare di risolvere il problema alla base e lo deve fare con leggi sicure, non passando in 24 ore da un disegno di legge a un decreto-legge.
È lì l'evidenza dell'incapacità di questo Governo e, soprattutto, di un Ministro dell'interno come il Ministro Amato, che per distogliere l'attenzione dagli errori del Governo ci viene a parlare di qualcosa di diverso, come ha fatto lei.
Certo che le forze dell'ordine hanno fatto bene a catturare dei boss mafiosi, ma non è questo il problema di cui stavamo discutendo in questa sede. Se si parla di colicistite, non si può parlare di appendicite.
Presentiamo alla Camera, veramente, un decreto-legge modificabile, che sia bipartisan, con il quale interveniamo veramente per dare sicurezza ai nostri cittadini. Il primo momento di paura di tutte le popolazioni da noi amministrate è proprio quel senso di insicurezza che non li fa star bene. La paura è in tutte le famiglie e preoccuparsi di essa, ovviamente, deve essere compito dei sindaci, degli amministratori, ma, soprattutto, del Governo nazionale e del Parlamento.
Per concludere, non mi rimane che svolgere una considerazione importante: dovete aumentare le forze di polizia, dovete dare loro i mezzi e gli strumenti. Non solo la benzina, ma le macchine! Dovete mettere in certi punti critici la videosorveglianza! Con le nuove tecnologie possiamo riportare la sicurezza all'interno delle famiglie e far sì che non siano prigionieri nelle proprie mura, come succede spesso e volentieri in certe periferie di città, ma anche nelle campagne. Non si possono chiudere le caserme dei carabinieri,...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI....non si possono lasciare da sole le forze di polizia, ma bisogna cercare di intervenire e di portare finanziamenti a loro favore, per vederle presenti di fronte alle nostre scuole, nei punti critici dove sappiamo che si è propensi a delinquere.
Un'ultima considerazione, che è quella iniziale: porti il nostro disappunto al Ministro Amato, a proposito del fatto che non è venuto a confrontarsi con il Parlamento. D'altronde un figlio che abbandona il proprio padre non è sicuramente un buon esempio: e ricordo che Amato ha abbandonato il suo padre politico Bettino Craxi, e quindi non potrà mai essere un buon ministro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

Pag. 113

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la domanda che è stata posta da molti colleghi è perché non sia venuto il Ministro Amato, che tra l'altro è a Roma ed era qui alla Camera oggi per rispondere al question time. A giudicare dagli interventi che si sono svolti nel corso del dibattito, la risposta è che egli ha espresso in questi mesi posizioni molto vicine a larga parte del centrodestra, dell'opposizione, e, ascoltando i giudizi di colleghi dei partiti che compongono la maggioranza, egli probabilmente sarebbe stato accolto da alcune critiche, o da molte critiche, per aver imposto un cambiamento della posizione del Governo, per aver forzato la mano su un decreto. In sostanza, egli non è venuto perché teme la sua maggioranza, perché teme di esporsi a critiche esplicite, come sarebbero state quelle dell'onorevole Di Salvo ed altri. Sulle decisioni del Governo si sarebbe trovato in grandi difficoltà, avrebbe accresciuto l'imbarazzo del Governo. Questo è il quadro.
Allora come può un Governo che è in queste condizioni tranquillizzare gli italiani sui problemi della sicurezza? Le parole che ha detto il Viceministro sono parole ovviamente condivisibili nel loro tono generale, ma la sostanza è che sappiamo cosa c'è dietro ad esse. Non ho il tempo per approfondire, ma per la verità condivido larga parte delle considerazioni che hanno fatto gli onorevoli Di Salvo, Mascia ed altri, condivido il loro allarme. Essi dicono: non si può reagire a un evento pur grave, doloroso, drammatico come quello della signora Reggiani con una legislazione di urgenza. Ma cosa «diavolo» fate, siete voi - sembrano dire questi nostri colleghi - che stimolate nella società italiana la reazione di panico! Essa c'è naturalmente, perché la sicurezza è importante; ma se il Governo dà l'impressione di cambiare politica ogni cinque minuti, non può che accrescersi. È stato forse il sindaco Veltroni, come leader del Partito Democratico, che ha seminato il panico, andando di corsa in televisione con quel volto spaurito a dire che occorreva un altro provvedimento. Ecco il problema: hanno ragione questi colleghi! Naturalmente non hanno invece ragione nelle premesse di questo discorso. La mia posizione è che la severità andasse esercitata prima e vada esercitata tutti i giorni con fermezza, insieme all'accoglienza dove è possibile. Insomma, in altre parole: se uno non si pone i problemi tempestivamente, è chiaro che è preso dal panico; lo è il sindaco di Firenze Dominici, lo è il sindaco di Bologna Cofferati, lo è il Ministro dell'interno, lo è il sindaco Veltroni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIORGIO LA MALFA. Ecco il problema! Possiamo affrontare, onorevoli colleghi (e ho finito), il problema della sicurezza, rassicurare i cittadini, evitare che entri in loro una voglia di farsi giustizia da soli con un Governo che non ha nemmeno la maggioranza e non si presenta in Parlamento? Questa è la domanda.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Nel poco, poco tempo a disposizione è difficile poter svolgere un intervento articolato su questo drammatico problema. Spero che gli italiani possano vedere l'immagine della Camera vuota, per giudicare l'ipocrisia e la non coerenza tra le parole e i comportamenti. È semplicemente vergognoso, ma la responsabilità, caro Viceministro, è del Governo.
Scegliere la fine di una seduta lunga come quella di oggi per svolgere un'informativa urgente ed aprire questo dibattito è molto grave: si sarebbe potuto optare per un altro orario, quando la Camera avrebbe potuto effettuare un dibattito serio, dignitoso e coerente con le molte parole che vengono dette. Invece, come si vede, questo è quel che il Parlamento italiano è in grado di offrire.
Signor Viceministro, guardi le statistiche: se esaminiamo la popolazione carceraria, vediamo che vi è un'altissima percentuale di immigrati, prevalentemente clandestini. Se invece esaminiamo il livello Pag. 114di delinquenza fra gli immigrati che hanno un posto di lavoro, vediamo che tale percentuale è quasi zero.
Sono dunque ridicole le critiche che sono state mosse alla legge approvata sotto il Governo di centrodestra: quando l'immigrato ha un posto di lavoro, può difendere la sua dignità e quella della sua famiglia. È l'immigrazione clandestina, non registrata, che fa dell'immigrato uno schiavo...
Signor Presidente, vedo che sta per dirmi che devo concludere: Le chiedo solo qualche altro attimo.

PRESIDENTE. In effetti, ha visto giusto.

TEODORO BUONTEMPO. Sto per concludere. È l'immigrazione clandestina - dicevo - che fa dell'immigrato una persona senza diritti.
Mi chiedo allora chi sia più razzista: chi ha fatto crescere a Roma i campi sosta illegali e selvaggi tenendo quelle popolazioni sotto la schiavitù della delinquenza o chi, queste situazioni, le ha denunciate? Chi è più razzista: chi fa finta di non vedere i minori in età scolare che ogni giorno vengono sfruttati senza che alcuno intervenga o chi, queste situazioni, le ha denunciate?
Non sono da farsi né demagogia né speculazioni, ma la sinistra è colpevole per aver impedito che nel corso di questi anni simili problemi fossero affrontati prima che divenissero emergenza. Ogni volta che si è tentato di farlo, infatti, la sinistra ha gridato al razzismo, alla xenofobia, all'intolleranza: una criminalizzazione che ha impedito di affrontare questi drammatici problemi prima che divenissero un'emergenza.
Signor Presidente, ho qui un lunghissimo elenco che riporta i delitti, spesso impuniti, che sono stati commessi da maggio ad oggi: ebbene, quando i criminali sono stati trovati, spesso essi erano purtroppo legati all'immigrazione clandestina. Non credo che un decreto-legge varato in un momento di emergenza possa affrontare la complessità di una simile situazione.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di un disegno di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, del seguente disegno di legge, del quale la sottoindicata Commissione permanente, cui era stato assegnato in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla III Commissione permanente (Affari esteri):
S. 1108. - «Partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali» (Approvato dal Senato) (2936) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 8 novembre 2007, alle 10,40:

1. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
SCOTTO; BIANCHI; BOATO; BIANCO; ZACCARIA ed altri; FRANCO Pag. 115RUSSO ed altri; LENZI ed altri; FRANCO RUSSO ed altri; D'ALIA; BOATO; BOATO; CASINI; SORO; DI SALVO ed altri; DILIBERTO ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3041-3139-3151-A).
- Relatori: Amici e Bocchino.

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa del disegno di legge n. 2936.

(al termine delle votazioni)

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

III Commissione permanente (Affari esteri):
S. 1108. - «Partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali» (approvato dal Senato) (2936) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

La seduta termina alle 21,35.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. T.U. pdl 553-A - em. 2.116 452 307 145 154 62 245 77 Resp.
2 Nom. em. 2.106 458 235 223 118 25 210 75 Resp.
3 Nom. em. 2.101 474 468 6 235 11 457 74 Resp.
4 Nom. em. 2.113 472 305 167 153 8 297 74 Resp.
5 Nom. em. 2.114 469 383 86 192 82 301 74 Resp.
6 Nom. em. 2.115 474 381 93 191 99 282 74 Resp.
7 Nom. em. 2.105 474 402 72 202 22 380 75 Resp.
8 Nom. em. 2.107 475 465 10 233 5 460 75 Resp.
9 Nom. em. 2.61 461 440 21 221 76 364 72 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.