XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 232 di venerdì 26 ottobre 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,35.

GIUSEPPE GALATI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

TESTO AGGIORNATO AL 29 OTTOBRE 2007

Missioni.

Testo sostituito con l'errata corrige del 29 OTTOBRE 2007 PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bimbi, Bongiorno, Cancrini, Cogodi, Giancarlo Giorgetti, Lucà, Paroli, Samperi e Volonté sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Colucci, Meloni e Piscitello sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sul tragico episodio verificatosi presso il tribunale di Reggio Emilia e sulle iniziative per garantire adeguate misure di sicurezza nei palazzi di giustizia (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul tragico episodio verificatosi presso il tribunale di Reggio Emilia e sulle iniziative per garantire adeguate misure di sicurezza nei palazzi di giustizia.
Avverto che dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo misto.

(Intervento del Sottosegretario di Stato per la giustizia)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con riferimento alla richiesta di notizie sollecitata dall'onorevole Alessandri, si fa presente che l'evento si è verificato alle 10,55 circa di mercoledì 17 ottobre 2007, all'interno dell'aula numero 6 del palazzo di giustizia di Reggio Emilia, ove i legali che assistevano le parti nelle cause civili matrimoniali contenziose erano in attesa di comparire dinanzi al presidente del tribunale per la trattazione nell'annessa camera di consiglio.
Per la causa civile in questione, tra le parti in attesa, vi erano il cittadino albanese Fejzo Clirim, assistito dall'avvocato Galileo Conti, e la moglie Fejzo Vjosa, assistita dall'avvocato Giovanna Fava. Come precisato dal presidente del tribunale con nota del 21 ottobre 2007, l'udienza di quel giorno (17 ottobre) era fissata per la sola decisione sull'ammissione dei dedotti mezzi istruttori e non era, pertanto, prevista né la personale partecipazione delle parti, né tanto meno quella dei minori, già ascoltati nel corso dell'istruttoria espletata.Pag. 2
Ad un tratto, il predetto cittadino albanese ha estratto una pistola e ha sparato contro la moglie, ferendola gravemente e provocandone il decesso, avvenuto più tardi in ospedale. Successivamente, l'uomo si è diretto verso l'uscita dell'aula ed è stato affrontato dal cognato Demcolli Arjan, il quale è stato a sua volta colpito mortalmente nel corso della colluttazione che ne è scaturita. Nell'occasione, il nominato ha altresì colpito di striscio l'avvocato Fava.
In tale frangente, richiamati da quanto stava accadendo, sono prontamente intervenuti un carabiniere in servizio di assistenza all'aula dove si svolgeva l'udienza penale e due agenti di pubblica sicurezza presenti per un processo per direttissima.
Fejzo Clirim, dopo aver ricaricato l'arma e ignorando l'intimazione di gettarla, ha esploso alcuni colpi all'indirizzo degli agenti, ferendo alla gamba l'agente Marcaccioli, il quale, unitamente al collega, ha risposto al fuoco uccidendo il predetto cittadino albanese.
In relazione all'avvenuta introduzione dell'arma all'interno del palazzo di giustizia, va in primo luogo evidenziato che la predisposizione di adeguate misure di sicurezza e di idonei strumenti di controllo - secondo l'attuale assetto normativo, ai sensi del decreto ministeriale 28 ottobre 1993, articolo 2 - è di competenza del procuratore generale presso la Corte di appello. Tale è l'autorità preposta ad adottare i provvedimenti necessari per assicurare la sicurezza interna delle strutture in cui si svolge l'attività giudiziaria, previa audizione del prefetto e dei capi degli uffici giudiziari interessati, fatti salvi i casi di assoluta urgenza.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 1 del citato decreto ministeriale, compete al procuratore generale esprimere il parere sui provvedimenti che assume il prefetto in ordine alla sicurezza esterna della struttura giudiziaria, nonché in ordine alla sicurezza ed incolumità dei magistrati.
L'attività del procuratore generale in materia di sicurezza - individuata dal citato decreto - è stata in seguito specificata dalla circolare applicativa n. 4 del 28 marzo 1994 e dalle modifiche ed integrazioni ad essa apportate dalla successiva circolare n. 10 del 9 settembre 1997. Secondo la chiara definizione della circolare in questione, il procuratore generale resta individuato quale «organo a cui è deputata la funzione di coordinamento tra le esigenze di tutela della struttura (...) e quelle che riguardano la persona dei magistrati cosiddetti a rischio». Si tratta di un compito che il procuratore generale assolve in piena autonomia, solo in caso di urgenza.
Di norma l'attività che gli è demandata consiste sì nell'adozione di quei provvedimenti che tendano, in concreto, al rispetto delle misure di protezione poste in atto dalle autorità prefettizie nell'ambito degli uffici giudiziari, sia nell'adozione di quei provvedimenti interni di natura tecnico-organizzativa necessari per rendere effettiva la sicurezza dei magistrati fuori e dentro le strutture nelle quali essi operano oltre che sicure in sé le strutture giudiziarie.
Si tratta di misure evidentemente indispensabili per fronteggiare le possibili situazioni di rischio che vengono segnalate anche direttamente dagli uffici giudiziari interessati o che emergano nell'ambito dei lavori svolti dalla commissione di manutenzione (cui sono stati riconosciuti espressamente compiti consultivi e propulsivi) o in sede di esame da parte del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Sempre secondo la circolare del 1994 e le successive integrazioni del 1997 si possono così individuare, con riguardo al tema della sicurezza delle strutture giudiziarie, tre grossi ambiti di intervento di competenza del procuratore generale: l'organizzazione e l'utilizzo di materiali di protezione di cui gli uffici siano già dotati; l'individuazione e la scelta dello strumento in concreto più idoneo a conseguire la specifica tutela e l'acquisizione di strumenti di protezione nuovi o diversi da quelli di cui gli uffici siano già dotati.
Il procuratore generale, pertanto, oltre all' attività strettamente connessa alle specifiche competenze dell'ordine giudiziarioPag. 3in materia di sicurezza (che va raccordata con le competenze dell'ordine pubblico del prefetto) svolge quella relativa a compiti più specificamente amministrativi e contrattualistici.
Per quanto concerne il servizio di vigilanza esterna degli uffici giudiziari disposto su richiesta del procuratore generale, esso è regolamentato dalla circolare ministeriale n. 6/4056/01/20A del 25 giugno 2001; il servizio può essere affidato alle forze dell'ordine su disposizione del prefetto e, ove ciò non sia possibile, è affidato ad istituti di vigilanza privata, attualmente a carico del comune nel cui territorio ha sede l'ufficio giudiziario.
Fanno eccezione a tale normativa il comune di Roma, in luogo del quale è competente questa amministrazione centrale, e il comune di Napoli, in luogo del quale provvede l'ufficio speciale per la gestione e la manutenzione degli uffici giudiziari di Napoli.
Tanto premesso si precisa, con riguardo allo specifico caso in oggetto, che dall'esame dei dati concernenti l'intero distretto della procura generale di Bologna, dati raccolti con il monitoraggio effettuato nel 2003 e progressivamente aggiornato, è risultata la totale assenza di misure di protezione degli uffici giudiziari di Reggio Emilia.
In merito ai fatti accaduti presso il tribunale di Reggio Emilia si fa presente che questo Dicastero ha competenza, tramite il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria e le sue articolazioni interne, ad autorizzare gli interventi richiesti in materia di acquisizione di beni e servizi, ivi inclusi quelli concernenti la sicurezza, laddove specificamente compulsato da richiesta dell'ufficio giudiziario interessato condivisa dal procuratore generale competente.
È bene, pertanto, sottolineare che agli atti del Ministero non risulta alcuna recente richiesta inerente l'installazione di misure di sicurezza presso la sede gli uffici giudiziari di Reggio Emilia. Pertanto, attesa la necessità di acquisire con urgenza ogni dato conoscitivo utile a ricostruire quanto effettivamente è accaduto, anche con riferimento alla predisposizione di idonei strumenti di controllo atti a prevenire l'introduzione di armi all'interno del palazzo di giustizia, in data 17 ottobre, il capo di gabinetto del signor Ministro ha richiesto all'ispettorato generale di voler assumere le conseguenti informazioni per il tramite del competente capo di corte, il procuratore generale.
L'ispettorato generale ha sottolineato che la questione della mancanza di adeguate strutture di sicurezza venne già evidenziata nel corso di un'ispezione ordinaria svolta nel 1998 all'esito della quale i competenti uffici venivano invitati ad attivare le procedure necessarie per l'adozione di mezzi opportuni a garantire le predette esigenze di tutela.
Successivamente l'attuale procuratore generale di Bologna, dottor Luigi Pintor, prendendo atto della perdurante assenza di tali misure di sicurezza, ripetutamente segnalate dal prefetto di Reggio, invitava, con nota 28 gennaio 2002, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica di Reggio ad adottare con urgenza la procedura necessaria per la realizzazione degli impianti, secondo la procedura prevista dalla circolare ministeriale del 14 marzo 2000.
In tale nota il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica venivano invitati a formulare le opportune richieste per il successivo inoltro al Ministero della giustizia, dopo aver acquisito da imprese qualificate del settore le relative offerte ed i preventivi di spesa. Né il procuratore della Repubblica, né il presidente dell'epoca in carica fornivano riscontro alla richiesta.
Successivamente risulta che iniziative a riguardo venivano adottate dal sostituto procuratore generale Roberto Mescolini, reggente della procura, peraltro, cessato dal provvisorio incarico il dottor Mescolini, nessun'altra iniziativa venne intrapresa nonostante i ripetuti solleciti formulati dal procuratore generale.
Pertanto, non essendo mai stata completata la procedura preliminare, nessunaPag. 4richiesta poteva essere mai stata inoltrata al Ministero per l'adozione delle opportune misure di sicurezza.
Allo stato, dunque, si fa riserva, all'esito dell'attività istruttoria delegata all'ispettorato generale, di ogni valutazione in ordine ad eventuali responsabilità dei dirigenti degli uffici giudiziari di Reggio Emilia.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, forse era utile avvisare il sottosegretario che il tempo a sua disposizione non era contingentato, e quindi l'informativa poteva essere resa in modo che a tutti noi risultasse più comprensibile.
Prendiamo atto, ovviamente, delle dichiarazioni del sottosegretario e credo che vadano fatte alcune valutazioni. Il sottosegretario ci ha letto il mattinale - immagino - della questura e del rapporto dei carabinieri riguardo a quello che è accaduto e questo, ovviamente, entra più nei dettagli di quanto abbiamo letto e ascoltato dagli articoli dei giornali e dai servizi televisivi.
Inoltre, il sottosegretario ha utilmente elencato una serie di normative che regolano la sicurezza nei tribunali e anche ciò, ovviamente, non può che arricchire la nostra cultura sotto questo punto di vista.
Ha fornito anche delle indicazioni riguardo a quelle che possono essere le prospettive e gli impegni, anche del Dicastero che rappresenta, riguardo alle esigenze che tutti noi abbiamo, innanzitutto come cittadini. Signor sottosegretario, nel nostro Paese gli elementi che mettono in fibrillazione il popolo riguardo ai temi della sicurezza sono così vasti che, certamente, non si sentiva la necessità di quello che è accaduto a Reggio Emilia, fatto che senza dubbio accresce ulteriormente il senso di insicurezza nel nostro Paese.
Credo che dobbiamo inquadrare il fatto di cui stiamo parlando e cercare di capire come intendiamo muoverci e per fare cosa, anche perché, diversamente, non capirei l'utilità di svolgere un'informativa al Parlamento.
Sappiamo perfettamente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, signor Presidente, che questo episodio è assolutamente imprevedibile. Sappiamo che la sicurezza non è qualcosa che si può mai garantire al 100 per cento e non c'è dubbio che azioni estreme di persone che, probabilmente, agiscono anche in preda alla follia e allo squilibrio, non sono arginabili e prevedibili.
Credo, però, che sarebbe necessario capire se le minime garanzie di sicurezza all'interno dei tribunali, che comunque potrebbero anche presupporre lo svolgimento di azioni di persone squilibrate o, comunque, in preda alla follia, possano essere date, ovviamente non solo ai cittadini che vi si recano in quanto utenti, ma anche a tutti coloro che nei tribunali e nelle aule giudiziarie compiono il loro lavoro.
Non voglio proporre l'inserimento, magari, di un metal detector, strumento che, ormai, vediamo usato anche in alcune manifestazioni culturali, attraverso il quale è possibile scoprire la presenza di armi, ma, chiedo se sia possibile inserire qualche piccola misura nei tribunali e all'interno delle aule giudiziarie, per evitare che accadano fatti di questo tipo.
Ovviamente, signor sottosegretario, sappiamo perfettamente che questi interventi non sono gratuiti. Prevedere le dotazioni minime di sicurezza, senza blindare i tribunali o creare chissà che cosa, significa impegnare soldi e risorse.
Credo però - e con questo concludo il mio intervento - che un episodio, che indubbiamente non può che essere considerato, e noi ci auguriamo che sia considerato, un episodio isolato di una persona che in preda alla follia ha commesso tale gesto, possa essere l'occasione per far sì che, magari ancorché non dipendendo direttamente dal Ministero dell'interno ma dai procuratori generali e dai prefetti, siaPag. 5possibile fare una ricognizione del livello di sicurezza dei nostri tribunali, ripeto, non pensando di blindarli o di evitare ciò che probabilmente non è fino in fondo evitabile, perché appartiene anche a quanto di più imprevedibile possa accadere, ma per fornire le minime dotazioni di sicurezza che a Reggio Emilia, come in tanti altri posti, potrebbero essere garantite, con un filo di attenzione e di sensibilità da parte degli organi competenti e anche con un piccolo e dedicato stanziamento da parte del Governo per sostenere le minime garanzie di sicurezza che sono necessarie anche nelle aule dei tribunali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, se lei mi permette, il collega Giachetti ha affermato che il sottosegretario Maritati avrebbe potuto prendere tutto il suo tempo per spiegare meglio cose che sono a noi risultate incomprensibili: temo, ahimè, di dover dire al collega Giachetti che l'unica cosa che si poteva capire, anche con un'esposizione più lenta, è che i livelli di sicurezza del nostro Paese sono bassissimi. Si continua a rimandare: abbiamo sentito il poco che siamo riusciti a percepire, ma è abbastanza per farci comprendere che si rinviano le responsabilità da Cesare a Pilato, e poi la crocifissione è riservata ai cittadini.
Non ci è stato spiegato perché, nonostante lo sciorinamento di norme che consentono o vietano gli strumenti più o meno solidi per garantire la sicurezza dei tribunali, ve ne sono alcuni che, nonostante questi «incroci» di responsabilità, sono dotati di tali strutture e altri no: Bologna sì, Ferrara no, Reggio Emilia no e non si capisce per quale motivo. Quanto è avvenuto dimostra che siamo in presenza di una grave sottovalutazione di una situazione, proprio quella di Reggio Emilia. Siamo in presenza di una sottovalutazione di un caso grave, dice Giachetti, ma non era prevedibile; era invece prevedibilissimo, perché si trattava di un soggetto violentissimo, che teneva in stato di terrore la sua famiglia, al quale - altro caso di sottovalutazione, a proposito della quale con la collega Bertolini abbiamo presentato un'interrogazione - misteriosamente sono state affidate le due figlie di 12 e 16 anni: al «pazzo» invece che alla madre, che semplicemente era più povera.

ROBERTO GIACHETTI. Però questo non è colpa del Governo!

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Questo per dire che è stata sicuramente sottostimata una situazione che poteva essere prevista (e quindi nella sua risposta bisognerebbe suggerire di porre più attenzione ai singoli casi) e che siamo in presenza di un Governo che sottostima chiaramente la sicurezza dei cittadini. Non mi stupirei che a carico del poliziotto che ha evitato una strage (perché se non ci fossero stati il carabinieri e i due poliziotti, il soggetto poteva compiere una vera e propria strage), si aprisse anche un procedimento penale, magari per «eccesso di difesa»: ormai, signor Presidente, ci aspettiamo veramente di tutto.
Credo che bisogna porre una grande attenzione ai vari elementi che compongono il tema della sicurezza. Spero che questa tristissima situazione, in cui un nostro agente è stato ferito e due persone sono state uccise in un'aula del tribunale, almeno non sia stata vana e che si cominci a considerare che i livelli di sicurezza sono cambiati.
Viviamo in una situazione che è esplosiva dal punto di vista della sicurezza e questa esplosività ha una crescita esponenziale, per cui quanto non era possibile l'anno scorso è possibile quest'anno, e probabilmente non possiamo immaginare quello che succederà l'anno prossimo. Abbiamo una moltitudine di clandestini, una moltitudine di disperati: una situazione in cui sappiamo di essere soggetti ad attentati.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Nonostante la complessità delle norme chePag. 6lei ha così prontamente sciorinato, bisogna cominciare a pensare che tutti gli uffici pubblici vivono in una situazione di grave emergenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, ho ascoltato attentamente la relazione del signor sottosegretario. Egli ci ha descritto però la situazione citando circolari ed atti amministrativi che poco si adattano ad essa, e che anzi suonano oggi in modo tragico.
Quel che è avvenuto nel tribunale di Reggio Emilia il 17 ottobre - mi rivolgo anche all'onorevole Giachetti - non era un fatto imprevedibile: era una tragedia annunciata, che avrebbe potuto e dovuto essere evitata.
I problemi che riguardano il tribunale di Reggio Emilia (e che certo riguardano molti altri tribunali in Italia, ma vorrei concentrarmi sul fatto specifico) erano e sono sotto gli occhi di tutti. Si tratta di un tribunale privo di qualunque sistema di sicurezza che possa permettere di identificare chi entra e l'eventuale introduzione di armi od oggetti atti ad offendere. Il Ministro Mastella oggi, dopo che è avvenuto il fatto, chiede e dà spiegazioni; il Ministro Mastella ora - dopo - si preoccupa di indagare sull'accaduto. Egli dimentica però che al tribunale di Reggio Emilia sono stati destinati fondi scarsissimi ed insufficienti, anche solo per l'ordinaria amministrazione.
Proprio il giorno prima dei tragici fatti, il 16 ottobre, in Commissione giustizia si era discussa un'interrogazione presentata da me e dal collega Consolo e rivolta al Ministro Mastella, depositata a metà settembre (credo che queste date siano importanti), per richiamare l'attenzione del Governo sulla generale situazione critica del tribunale reggiano. Nell'interrogazione si segnalava che il rapporto tra personale amministrativo e magistrati avrebbe dovuto essere più del doppio di quel che era, e si poneva l'accento sul fatto che l'organico è stato ulteriormente ridotto nel marzo 2007 e che la produttività dei magistrati risulta condizionata in misura non trascurabile dalla disponibilità di personale amministrativo. Si affermava inoltre che era necessario dotare il comparto giudiziario reggiano almeno di maggiori fondi per le spese di ufficio e di maggior personale per istituire, ad esempio, un punto d'informazione, per filtrare l'accesso al pubblico.
A quell'interrogazione, signor sottosegretario, ha risposto il suo collega sottosegretario Li Gotti, che ha affermato che in data 10 gennaio 2006 il Ministro della giustizia aveva proposto l'ampliamento della pianta organica di quel tribunale con l'aggiunta di un posto di giudice, ma che il Consiglio superiore della magistratura aveva ritenuto che non vi fossero i presupposti per giustificare la destinazione di un'unità aggiuntiva, respingendo così la richiesta del Governo.
Credo che davanti a questi fatti non si possano scaricare le responsabilità: la situazione deve essere affrontata in modo serio. Il mio partito - non solo con quell'interrogazione - è fortemente impegnato sul fronte della sicurezza, che è una richiesta che viene dai cittadini, non da Alleanza Nazionale, da Forza Italia o dalla Lega. Come diceva giustamente la collega che mi ha preceduto, la situazione è ormai al collasso. Lo è per molti motivi: le frontiere sono aperte, l'accoglienza è indiscriminata (tutto ciò, naturalmente, si aggiunge alla responsabilità non soltanto di cittadini extracomunitari, ma anche di cittadini italiani: non lo nego).
A fronte di questa situazione, si continuano a consumare tragedie, e soprattutto tragedie familiari. Ricordo, ad esempio, che l'associazione degli avvocati matrimonialisti ha chiesto recentemente che le forze dell'ordine assistano anche alle cause familiari, così come assistono alle udienze penali, proprio per il gran numero di delitti familiari che si stanno consumando.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 7

MARIA IDA GERMONTANI. Concludo, Presidente. L'allarme che è scattato a Reggio Emilia non è di oggi.
Alla fine del 2001 era pronto un piano per dotare il palazzo di giustizia di telecamere a circuito chiuso e di metal detector, ma esso è rimasto lettera morta.

PRESIDENTE. Deputata Germontani, deve concludere.

MARIA IDA GERMONTANI. La donna rimasta uccisa era già assistita da un centro antiviolenza cittadino, che aveva raccolto la sua denuncia, e da tempo era minacciata e malmenata dal marito. Chiedo, allora, che si affronti con serietà la questione della sicurezza e della violenza alle donne, e che in Assemblea venga discussa con grande responsabilità una questione che sta dilaniando il nostro Paese. Oggi parliamo di Reggio Emilia, ma dobbiamo parlare della sicurezza in tutti i tribunali del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor sottosegretario, intendo svolgere un ragionamento molto rapido e breve. Quando hanno luogo tali informative, a distanza di tempo dal fatto, il Parlamento - almeno i richiedenti - si attende qualcosa in più che una semplice comunicazione, o semplici notizie che poi via via sono state riportate e riprese dai mass media, dai quotidiani e dalle televisioni. Le informative devono essere l'occasione, piuttosto, per riflettere, ripensare ed avanzare anche qualche proposta, perché non vi è dubbio che, in sede di commento, a conclusione di un fatto di sangue così drammatico, si è tutti d'accordo nell'auspicare, sollecitare e perseguire maggiore sicurezza per quanto riguarda gli uffici giudiziari ed i tribunali (mi riferisco certamente a quello di Reggio Emilia, ma più in generale a tutti i tribunali e gli uffici giudiziari).
Signor sottosegretario, avrei preferito che lei avesse fatto riferimento - e lo ha fatto, quando si è richiamato alle responsabilità per quanto riguarda la sicurezza - al decreto ministeriale 28 ottobre 1993, per dirci se questo decreto ministeriale è ancora valido. Ritengo che bisogna operare nel senso di rivedere quel decreto ministeriale, perché la sicurezza non può essere lasciata in esclusiva - pur trattandosi di uffici giudiziari - ai procuratori generali, o ai comuni per quanto riguarda l'esterno, ma essa deve essere riferita al Governo. Se lei, sottosegretario, viene a riferire all'Assemblea, e a riferire non è il procuratore generale della Repubblica, ciò ha un senso; oppure, lei si dichiari incompetente, perché la responsabilità in materia di sicurezza è di altri. Non vi è dubbio che su tale punto si apre, a mio avviso, un conflitto, quanto meno di ordine costituzionale.
Ritengo che occorra rivedere quella norma, anche perché i procuratori generali non costituiscono una rappresentanza generale del Paese rispetto alle esigenze della sicurezza, mentre credo che i procuratori generali si interessino soprattutto di assicurare sicurezza e tranquillità a se stessi ed agli appartenenti all'ordine giudiziario. Certamente non poteva venire a riferire il procuratore generale della Repubblica perché, come si sa, esso costituisce un altro potere. Peraltro, si è diffusamente coscienti che i magistrati non rispondono di nessun atto e godono dell'aura dell'impunità in termini assoluti, esclusivi e totalizzanti. Essi possono fare carriera anche in politica, ma questo è un altro tipo di discorso; possono fare politica proprio iniziando, piano piano, attraverso alcuni atti (e questo ci fa piacere, perché denota grande intelligenza e, soprattutto, grande capacità di aggirare molti ostacoli, vestendo alcuni panni). Inoltre, signor sottosegretario, lei ci deve parlare della Polizia penitenziaria (non in questa occasione; non si tratta di un'interrogazione, e non posso, dunque, dire di essere soddisfatto o meno).
Il collega Giachetti ha detto in precedenza che lei poteva riferire con calma, per non dirle che lei ha reso una risposta burocratica (siccome fa parte della sua stessa maggioranza è stato così cortese, maPag. 8ovviamente anche così «coperto», rispetto alle idee che avrebbe dovuto manifestare). Abbiamo un problema di sicurezza: ci sono dei morti! Non possiamo fare un discorso di maggioranza o di minoranza, perché parliamo di problemi.
Ho parlato del decreto ministeriale 28 ottobre 1993. Parliamo della Polizia penitenziaria: cosa fa la Polizia penitenziaria? Svolge ancora attività di custodia dei carcerati, tanto è vero che il direttore del carcere di Catanzaro, ad esempio, che necessita di tutela, ricorre non alla Polizia penitenziaria, ma alla Polizia di Stato. Vorrei capire da chi dipende la Polizia penitenziaria.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Da chi dipende la Polizia penitenziaria? Abbiamo voluto creare il Corpo di polizia penitenziaria, ma quali mezzi gli forniamo? La responsabilità è in capo al Governo, o meno? È necessario rivedere tale questione, se fosse possibile affrontarla - mi rivolgo al Presidente Leoni, che si è sempre interessato di tali problemi - dopo la vicenda De Magistris, Lombardi e altri. È necessario che ci si dica soprattutto cosa avviene nelle carceri e come possa essere impiegata, al meglio, la Polizia penitenziaria, e quali sono le responsabilità del Governo, e non dei procuratori generali, che dovrebbero essere semplicemente un organo di supporto, e non di esclusiva competenza o di gestione di una responsabilità che non gli appartiene.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, signor sottosegretario, premetto che sono reggiano. Devo ammettere che sono rimasto molto deluso dal contenuto della «velina» letta dal sottosegretario, perché si tratta di un testo, preparato sicuramente dagli uffici, che non dice nulla in ordine a quanto è avvenuto, su ciò che si deve compiere e su quali siano le implicazioni di questo episodio, che è grave, per la follia con cui è avvenuto, e perché è accaduto all'interno di un tribunale, nel palazzo di giustizia. Per tali ragioni costituisce un fatto eclatante, ed è assurto alle cronache nazionali. Tuttavia, se tali episodi non servono per capire che questi fatti si denunciano da anni ma nessuno interviene mai e che è necessario intervenire immediatamente per evitare che simili vicende avvengano di nuovo, credo che non si fornisca alcun tipo di servizio alla cittadinanza, alla nostra gente, né tanto meno si dà sicurezza, garanzia e risposte.
Signor sottosegretario, lei ha riferito un elenco degli avvenimenti di quella mattina. Si tratta della semplice presa d'atto, dal punto di vista legale, in ordine a chi avrebbe dovuto provvedere ad inoltrare una domanda, che in realtà è inesistente, sulla dotazione di sistemi di sicurezza. Oggi è stata pubblicata una vignetta, su un giornale locale reggiano, in cui due lische di pesce si interrogano, e una chiede dall'altra: ma Reggio non era una città felice, e soprattutto sicura?. L'altra lisca di pesce risponde: sì, da oggi solo in tribunale. Infatti, dopo quanto è avvenuto sono stati mandati due poliziotti fissi in tribunale, ma togliendoli dalla strada. Vi sono articoli, in questi giorni, sui giornali locali di Reggio Emilia, in cui si afferma che siamo al collasso delle forze dell'ordine: di 21 pattuglie ne sono rimaste 7, e di queste solo due svolgono attività di pattugliamento, perché gli altri mezzi sono in officina e non ci sono i soldi per le riparazioni. Assistiamo ad una presa in giro sulla sicurezza, perché i 700 milioni di euro promessi ad agosto diventeranno 100 milioni, e ho notato addirittura che alcuni giorni fa, in una conferenza stampa, erano presenti esponenti della Marina e dell'Esercito, che di solito non intervengono mai in tali vicende, almeno politicamente. Si constata un segnale di investimento sull'insicurezza, e dall'indulto in poi il Governo ha fatto parecchio in questo senso.
D'altra parte, siamo dinanzi ad una città violentata che aspettava delle rispostePag. 9(lo affermo da reggiano): una città che è stata violentata nel suo intimo, perché questo avvenimento, così cruento, all'interno di un tribunale, ci ha fatto risvegliare il giorno successivo constatando che la situazione non è più gestibile. Dico onestamente che per quanto riguarda i tribunali la situazione è accettabile, ma ci sono anche tutti gli altri uffici distaccati, gli enti pubblici. Oggi si può entrare negli uffici della provincia di Reggio Emilia con una bomba a mano e nessuno interviene, si può entrare nel comune, negli uffici dell'INPS, nell'ufficio del registro. Non vi è alcun controllo in ordine alla sicurezza pubblica. Ma è difficile pensare di poter avere una sicurezza quando i dati sulle forze dell'ordine sono questi: si tratta davvero di prese in giro.
Inoltre, mi aspettavo da un Governo un po' serio qualche parola di encomio per l'atteggiamento pronto, puntuale e coraggioso da parte dei due poliziotti che sono intervenuti immediatamente: uno è stato ferito alla gamba, l'altro ha sparato.
In altre occasioni, purtroppo, abbiamo assistito al linciaggio del rappresentante delle forze dell'ordine perché aveva sparato, ma in questo caso sarebbe doveroso, da parte del Governo, un encomio, o almeno un ringraziamento nei suoi confronti. L'autore della sparatoria è stato colpito dal poliziotto dopo che, per un paio di volte, gli era stato chiesto di deporre l'arma e mentre, invece, stava continuando a ricaricare. Aveva sparato 45 colpi, ed era pronto a spararne altrettanti. Ha ferito alcune persone, e ne ha uccise due. Credo che il Governo dovrebbe dare un segnale a chi, a suo rischio e pericolo, continua, nonostante i mezzi limitati ed uno stipendio da fame, a cercare di proteggerci sul territorio, ma questo non è accaduto.
Ho già affrontato il tema delle garanzie di sicurezza, ma vi è un ulteriore ragionamento che deve essere compiutamente svolto circa le implicazioni sociali di questa vicenda, il cui protagonista è stato un personaggio già sotto controllo, mentre la donna aveva chiesto protezione ai servizi sociali del comune di Reggio Emilia. C'è un aspetto che trascende l'episodio di follia. Quest'ultimo può verificarsi anche da parte di nostri cittadini, su questo siamo d'accordo; tuttavia, vi è un aspetto che rende ancora più importante il problema, nel momento in cui si hanno famiglie musulmane nelle quali la donna...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, concludo ricordando che vi sono moltissime donne che non hanno neanche più il coraggio di denunciare i maltrattamenti in famiglia, perchè non si sentono protette, e dunque hanno paura di farlo. Nel caso specifico, l'autore della sparatoria non solo non doveva avere una pistola ed entrare in tribunale, ma doveva stare lontano dalla moglie e dalla famiglia. La cultura delle famiglie musulmane si manifesta nelle parole della figlia, che, il giorno dopo, ha dichiarato che il padre aveva fatto bene. Si deve capire che vi è una situazione sulla quale è necessario interrogarsi e che vi sta scappando di mano. Reggio Emilia, la città che rappresento, ha interesse ad ottenere risposte anche su questo.
Presenterò oggi stesso un'interpellanza sulle forze dell'ordine a Reggio Emilia, ed un'altra, anche insieme ad altri colleghi, su questi episodi, e anche sulle implicazioni sociali che comportano. Guai se dicessimo, come fa spesso Amato, che si tratta di episodi ineluttabili, che compiono anche i nostri cittadini: avevamo qualcuno che compiva atti di follia, ma oggi ne abbiamo dieci volte di più, perché abbiamo imbarcato gente che ha comportamenti sociali che non siamo in grado di gestire (noi saremmo stati in grado di farlo, ma voi, a mio avviso, avete abbandonato le armi).
Vi chiedo, prima che Reggio Emilia diventi davvero una città completamente incontrollabile, come purtroppo è diventata Bologna e come sta diventando anche Modena (vi sono responsabilità politiche molto chiare), di compiere un atto di coraggio, di onestà e di dignità, incominciando ad intervenire subito, magari non rispondendo con le «veline», ma con i fatti.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pedica. Ne ha facoltà.

STEFANO PEDICA. Signor Presidente, signor sottosegretario, apprezziamo che il Governo abbia avvertito l'esigenza di informare il Parlamento su una vicenda così tragica, quale la strage compiuta nel tribunale di Reggio Emilia. Tuttavia, il rappresentante del Governo ci ha fornito dati sconcertanti e, più che altro, una lettura fredda, piuttosto che una risposta su ciò che volevamo sapere tutti noi, a livello trasversale. Sapere che dal 1998 si sollecita la sicurezza e che, dopo dieci anni, si parla ancora del problema irrisolto, credo sia preoccupante e sconcertante al tempo stesso. Si tratta di un episodio che può accadere ogni giorno - lo abbiamo capito dalle parole del rappresentante del Governo - a causa della mancanza di sicurezza nel luogo in cui essa dovrebbe essere principalmente garantita.
Inoltre, ascoltare alcuni colleghi, e in particolare la collega Paoletti Tangheroni, che afferma che il Governo non agisce in merito ad una richiesta che risale al 1998, è veramente paradossale. Dal 1998 ad oggi si sono susseguiti tanti governi, sia di centrodestra, sia di centrosinistra, ed è strano che si arrivi sempre ad imputare le colpe agli ultimi due anni di Governo, nei quali abbiamo recuperato solo macerie lasciate dal precedente Governo. Forse la collega Paoletti Tangheroni non sa che nei cinque anni precedenti, e anche in quelli che precedevano il 1998, era anche compito del centrodestra provvedere, anziché accusare noi del centrosinistra che, al Governo da due anni, stiamo solo raccogliendo cose poco «legali», almeno per ciò che riguarda gli anni passati.
Siamo sgomenti, perciò, dinanzi ad una così grande tragedia, che ha sterminato vittime innocenti. Avvertiamo l'esigenza di porci alcuni interrogativi su tale tragico evento. Il primo riguarda l'aspetto della sicurezza. Presso gli uffici giudiziari sono da tempo installate apparecchiature di sicurezza (compresi metal detector) che segnalano gli oggetti metallici e, a maggior ragione, le armi, che hanno una massa che non può sfuggire al controllo.
Ci chiediamo come sia stato possibile che quell'arma abbia potuto passare indenne i controlli. Sono state disposte ispezioni amministrative volte ad accertare come sia potuto accadere un evento simile? Sono state svolte indagini? Si sono concluse o sono in corso? È stato disposto l'allertamento di tutte le strutture di sicurezza esistenti negli uffici giudiziari e negli altri edifici pubblici o esse sono installate? Infatti, questo è un caso nazionale, non parliamo del caso particolare di Reggio Emilia, ma dell'Italia intera. I responsabili sono stati richiamati ad una maggiore vigilanza? Per i cittadini i controlli possono rappresentare un fastidio, ma purtroppo il ripetersi di simili emergenze deve indurre a non abbassare la guardia.
Il secondo aspetto concerne le motivazioni sociali e psicologiche di simili comportamenti. Riteniamo che le prime affondino le radici in un terreno di crescente aggressività, presente nella nostra società e favorito anche dal sistema delle comunicazioni che spesso indica come strumento principale per risolvere i conflitti il gesto estremo della morte, più spesso procurata ad altri. La facilità con cui viene spesso indicato un gesto estremo nella reazione violenta come mezzo di risoluzione extrapunitivo del conflitto può indurre facilmente soggetti deboli a farvi ricorso. Pertanto, noi del gruppo Italia dei Valori sentiamo il bisogno di rivolgere un accorato richiamo ai responsabili della comunicazione, soprattutto televisiva, affinché gli spettacoli violenti siano il più possibile banditi o comunque fortemente ridotti. Inoltre, le motivazioni psicologiche più immediatamente connesse con il fatto in esame riguardano fenomeni, sempre più frequenti, connessi con le crisi familiari e di coppia. Le rotture generano spesso reazioni difficilmente controllate da soggetti deboli, che non hanno più nulla da perdere. Si assiste così troppo spesso a comportamenti provocatori, vessatori, persecutori nei confronti del partner da cui ci si è separati, che sovente coinvolgono altrePag. 11persone estranee al rapporto di coppia. Spesso il gesto finale è stato preceduto da tali avvisaglie, che bisogna saper cogliere, prevenire e, se necessario, reprimere. L'attuale ordinamento non appresta misure idonee a tal fine.

PRESIDENTE. Deputato Pedica, dovrebbe concludere.

STEFANO PEDICA. Concludo, signor Presidente. Ad esempio il delitto di minaccia non rappresenta uno strumento di efficace deterrenza. È per questo motivo che è necessaria l'introduzione nel nostro ordinamento del delitto di minaccia grave e persistente, che, insieme ad una repressione efficace, permette anche strumenti di dissuasione e di avvertimento ad opera della magistratura e della polizia, che potrebbero evitare conseguenze estreme. Il gruppo Italia dei Valori - concludo - ha presentato una sua proposta di legge in materia ed ha votato a favore dello stralcio della previsione della richiamata fattispecie delittuosa, affinché si giunga ad una sua immediata approvazione. Confidiamo che l'intero Parlamento avverta tale sensibilità e dia all'esame di tale provvedimento una corsia del tutto preferenziale, nella speranza che possa valere ad evitare casi drammatici come quello di cui ci stiamo occupando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario per le spiegazioni che, sinceramente, da un lato sono state sicuramente puntuali e precise, ma dall'altro hanno aperto anche una grande perplessità, correttamente rappresentata dallo stesso sottosegretario, con riferimento al lungo periodo in cui non vi è stata una risposta. Infatti, anche gli altri colleghi vi hanno fatto riferimento, il prefetto già nel 1998 aveva rappresentato alle autorità giudiziarie competenti la necessità di predisporre importanti misure di sicurezza.
Affronto ora altri due aspetti, molto brevemente. Quanto ho ascoltato poco fa dai colleghi conferma ciò che sto per affermare. In primo luogo, i gravi fatti accaduti a Reggio Emilia hanno riportato drammaticamente all'attenzione il problema della sicurezza nelle aule di giustizia. Sicuramente, la sicurezza in tali luoghi è uno dei problemi più importanti e più pressanti. Tuttavia, vorrei sottolineare anche un pregiudizio e un preconcetto che sempre accompagnano questi discorsi, che si ascoltano non soltanto in Assemblea, ma anche attraverso i mass media, che condizionano anche le analisi, che dovrebbero essere più attente, ossia che i fatti di Reggio Emilia siano figli della presenza di cittadini extracomunitari nel nostro Paese.
In realtà, solo con una visione semplicistica la questione può essere banalizzata da una tale conclusione. Infatti, se andiamo ad analizzare i precedenti degli episodi di violenza di una certa gravità verificatisi nelle aule di giustizia negli ultimi anni, constatiamo come da Napoli a Latina, da Velletri a Lamezia Terme, i protagonisti sono sempre cittadini italiani. La verità è che in certi luoghi più che in altri, a prescindere dalla nazionalità di chi li frequenta, si creano situazioni di tensione tali da aumentare il livello di aggressività e il rischio di esplosione di fatti di violenza. Le notizie di cronaca ci suggeriscono che gli uffici giudiziari, purtroppo, devono essere oggetto di una particolare attenzione da parte di chi è chiamato a salvaguardare l'ordine pubblico. L'esperienza dei processi ci ha insegnato che le situazioni di conflittualità, alla base delle vicende portate all'attenzione dell'autorità giudiziaria, costituiscono evidentemente una fonte di rischio e che tale fenomeno non si limita, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ai processi penali, ma riguarda anche le controversie civili, come dimostrano, insieme a molti altri, i fatti di Reggio Emilia.
Tali fatti, come altri che con clamore sempre maggiore vengono portati all'attenzione dell'opinione pubblica, impongono di apprestare gli strumenti più efficaci per aumentare nei cittadini il livello di percezione di sicurezza. Nel concludere, aggiungo che sono sempre stata convintaPag. 12che, più che con misure legislative eccezionali, con l'introduzione di reati sempre più gravi e di pene sempre più severe, che quasi sempre falliscono l'obiettivo, si dovrebbe - a mio avviso - intervenire sul terreno delle risorse per la sicurezza dei cittadini, aumentando gli stanziamenti finanziari per la tutela dell'ordine pubblico. Si tratta di individuare, con un lavoro di attenta analisi, i settori della nostra società che richiedono maggiore attenzione e concentrare in tali ambiti le energie a disposizione. Qualcosa in tal senso - sicuramente non abbiamo più tempo - dovrà farsi anche nelle nostre aule di giustizia.
Rispondo brevemente al collega che mi ha preceduto. In Commissione giustizia, dopo lo stralcio sulle molestie insistenti, stiamo lavorando affinché il testo, come sa anche il Presidente Leoni, diventi definitivo affinché possa essere sottoposto al più presto all'esame dell'Assemblea. Invito i miei colleghi, di maggioranza e di opposizione, a considerare l'importanza di tale normativa. Cerchiamo, una buona volta, di varare un provvedimento condivisa che tutti i cittadini, donne e uomini di questo Paese, attendono.

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Buontempo, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Svolgimento di una interrogazione e di una interpellanza (ore 10,26).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interrogazione e di una interpellanza.

(Iniziative in relazione alla vicenda della cessione da parte di un agente della polizia penitenziaria in servizio a Palermo del proprio telefono cellulare ad un detenuto - n. 3-00742)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Tassone n. 3-00742, concernente iniziative in relazione alla vicenda della cessione da parte di un agente della polizia penitenziaria in servizio a Palermo del proprio telefono cellulare ad un detenuto (Vedi l'allegato A - Interrogazione ed interpellanza sezione 1).

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, cercherò di leggere con più calma e mi scuso con i deputati che hanno ascoltato la mia precedente relazione, che ho letto in quel modo perché pensavo di fare loro cosa gradita (Commenti del deputato Tassone).

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, per cortesia.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. L'interrogante chiede quali interventi intenda adottare il Ministro della giustizia nell'ambito della vicenda che ha portato all'arresto dell'assistente di polizia penitenziaria Trapani Giuseppe. Le notizie acquisite presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di questo Dicastero sono le seguenti. Nel corso delle indagini relative al procedimento penale n. 3446/02 del registro generale, in data 14 marzo 2007 è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone indagate per traffico di stupefacenti e corruzione.
Tra i destinatari del provvedimento cautelare, oltre a soggetti già in stato di detenzione presso la casa circondariale di Palermo «Pagliarelli» per associazione mafiosa, vi è stato anche l'assistente della polizia penitenziaria Trapani Giuseppe, che svolgeva servizio presso il suddetto carcere. È stato accertato, infatti, che tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2006, il Trapani, in cambio di denaro, ha introdotto all'interno della casa circondariale telefoni cellulari e schede telefoniche che sono stati utilizzati da detenuti legati all'organizzazione mafiosa e alla criminalitàPag. 13calabrese sia per comunicare indebitamente con le proprie famiglie, sia per organizzare delitti legati al traffico di sostanze stupefacenti.
Con una successiva nota del 7 settembre 2007, la Direzione distrettuale antimafia ha comunicato che le indagini sono ancora in corso e, pertanto, sono coperte da segreto istruttorio. Nei confronti del Trapani il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con decreto del 15 marzo 2007, ha disposto la sospensione dal servizio. Eventuali fatti nuovi potranno ovviamente essere accertati con il prosieguo delle investigazioni e con la conclusione delle indagini preliminari; di tutto ciò il Ministero si riserva di dare al Parlamento una pronta informazione, effettuando anche attraverso gli organi competenti, quella vigilanza che la delicatezza del caso certamente impone.

PRESIDENTE. Il deputato Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, fuori dal tempo che ho a disposizione per la replica, volevo chiederle scusa per prima, sono mortificato...

PRESIDENTE. Non si preoccupi, deputato Tassone, può succedere.

MARIO TASSONE. Volevo solo creare un clima agibile per il sottosegretario. Forse era compito suo, signor Presidente, e dunque ho invaso un terreno di competenza che non mi appartiene, ma l'ho fatto perché il collega Giachetti faceva riferimento ad altro, non al modo e alla celerità della risposta del rappresentante del Governo. Ritengo, invece, che in termini parlamentari certi aspetti vadano colti, altrimenti anche il nostro impegno in Aula diventa inutile, defatigante e irrisolvente. Signor sottosegretario, con il mio intervento intendevo far riferimento soprattutto ai contenuti, perché lei legge bene ed è una persona corretta. La devo ringraziare per la risposta che mi ha fornito, nella quale ha fatto riferimento ai fatti che riguardano Trapani, la vicenda del carcere di Palermo e della vendita del telefonino. Per la verità, questa storia fa seguito ad altre vicende; da ultimo a quella che mi sembra riguardi anche Madonia, relativa all'anello lasciato al detenuto che veniva dopo di lui in cella che è stato trovato intatto al posto dove era stato collocato. Ma il discorso è un altro ...

PRESIDENTE. Prego, deputato Tassone, prosegua.

MARIO TASSONE. Questa volta non è colpa sua, signor sottosegretario.

PRESIDENTE. Ero io che avevo bisogno di comunicare con il sottosegretario.

MARIO TASSONE. Va bene, signor Presidente, allora ci interrompiamo.

PRESIDENTE. Ha ragione. La prego, riprenda il filo del suo discorso.

MARIO TASSONE. Ho difficoltà a riprendere il filo del discorso perché ho difficoltà a parlare, comunque, cerco di proseguire. Signor sottosegretario, attraverso la mia interrogazione volevamo capire e comprendere quale sia il convincimento da parte del Governo sull'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Il problema non è, infatti, costituito dalla vicenda del telefonino che ha coinvolto Trapani, ma dalle questioni relative all'applicazione dell'articolo 41-bis, che prevede un regime di carcere duro di massima sicurezza, al di là delle polemiche che possiamo fare con gli Americani, che ovviamente hanno debordato, perché quanto è accaduto dimostra che non vi è alcuna tortura, anzi, tutt'altro! A tal proposito, non ho capito perché il Governo italiano non abbia fatto qualche rimostranza e, soprattutto, perché non abbia sollecitato un chiarimento attraverso l'ambasciata degli Stati Uniti in Italia (ma questo è un altro problema). Signor sottosegretario, ritengo che il vero problema sia quello dell'articolo 41-bis, sul quale si discute continuamente anche presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomenoPag. 14della criminalità organizzata mafiosa o similare. Non vi è dubbio che qualche modifica debba essere apportata alla disposizione richiamata, perché il carcere duro è previsto proprio per evitare o, almeno, smorzare il collegamento tra i detenuti e il mondo della criminalità che rimane fuori.
Si sta dimostrando, invece, che il collegamento continua e che anche chi è sottoposto al carcere di massima sicurezza certamente può impartire ordini. Questo è quanto riguarda il problema del telefonino: non volevo sapere se tale episodio si fosse ripetuto. Signor Presidente, mi rivolgo a lei perché conosco la sua sensibilità, sperimentata più volte. Quando un parlamentare presenta un'interrogazione non vuole ricevere notizie sul telefonino, ovvero se si tratta di un modello della Nokia o di quello di un'altra marca, ma vuole capire come possano avvenire certe situazioni.
L'ultimo problema, signor Presidente è relativo all'articolo 41-bis, in quanto oggi si sta discutendo della proroga delle misure previste da tale articolo. Il problema, infatti, riguarda proprio la proroga o, meglio, a chi compete concederla: al giudice di sorveglianza del luogo in cui si è commesso l'atto più grave o al giudice di sorveglianza del luogo in cui si esegue la pena? Cosa c'entra, inoltre, il giudice di sorveglianza? Non vi deve essere un giudice - può essere la DNA - che abbia contezza sulla pericolosità, o sulla permanenza della pericolosità del detenuto? Ritengo che ciò rappresenti un grande quesito e un grande problema che richiama, certamente, la sicurezza delle carceri, dove, ovviamente, chi è detenuto, mafioso e indagato continua ancora a comandare e, soprattutto, a decidere e a sollecitare certe azioni anche attraverso - ciò dispiace moltissimo - la complicità degli agenti della polizia penitenziaria. Questo è il problema precedente che, oggi, sottopongo alla vostra attenzione. Non vi è dubbio che non è colpa di Tizio o di Caio, membri del Governo, infatti non sono così stupido e fazioso - chi mi conosce lo sa - ma direi che la responsabilità è del Governo.
Ritengo, inoltre, che si sta giungendo ad una situazione di gravità assoluta e ad un livello di guardia drammatico, dove, certamente, qualche attenzione e qualche consapevolezza in più vi dovrebbe essere. È necessario, quindi, capire se si può continuare così o se sia necessaria anche un'inversione di tendenza, con l'approvazione di nuove norme più appropriate, che siano, ovviamente, adeguate al processo di maturazione intervenuto in questo campo e, soprattutto, sulla base di elementi acquisiti. Stiamo preparando - mi riferisco anche alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare - una serie di proposte e di norme che saranno portate all'attenzione delle Assemblee parlamentari in questa legislatura o in un'altra e, comunque, nella continuità dell'istituto parlamentare, anche se, a volte, tale istituto, signor Presidente, non piace più a nessuno. Infatti, dai «banchi alti» delle istituzioni si fa riferimento alla paga dei parlamentari, proprio per svuotare sempre più la dignità e la funzione del Parlamento. Sono giunto in quest'aula di venerdì mattina, ad un'età non più giovane, proprio per svolgere il mio dovere di parlamentare, come se fossi alla mia prima legislatura, perché credo nel Parlamento, nella sua centralità e, soprattutto, negli atti di sindacato ispettivo, attraverso cui, certamente, si può costruire qualcosa. Infine, debbo ringraziare nuovamente, senza formalità e retorica, il sottosegretario per la sua disponibilità e, soprattutto, per la risposta fornita.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11.

PRESIDENTE. La Presidenza si scusa con l'onorevole Turco ed è costretta a stigmatizzare il comportamento del Governo per i problemi organizzativi sorti,Pag. 15che hanno determinato un ritardo nello svolgimento dell'interpellanza all'ordine del giorno. Il sottosegretario Maritati è incolpevole e ci aiuterà a risolverli.
Abbiamo già rappresentato al Governo la nostra critica, esortandolo ad assicurare, come normalmente avviene, una tempestiva presenza dello stesso in Aula per rispondere agli atti di sindacato ispettivo.

(Chiarimenti in merito ad eventuali attività di consulenza svolte dai componenti della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, nonché della Commissione consultiva per la libertà religiosa - n. 2-00802)

PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00802, concernente chiarimenti in merito ad eventuali attività di consulenza svolte dai componenti della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, nonché della Commissione consultiva per la libertà religiosa (Vedi l'allegato A - Interrogazione e interpellanza sezione 2).

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, illustro rapidamente la mia interpellanza, sebbene il titolo della stessa renda perfettamente l'idea dell'oggetto.
La procedura per la stipula di un'intesa tra una confessione religiosa e lo Stato prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri affidi l'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze di tali confessioni al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che si avvale della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, al fine di predisporre la bozza di intesa. Su tale bozza dovrà, poi, esprimere il proprio parere preliminare la Commissione consultiva per la libertà religiosa.
I membri di tali due commissioni, oltre a dare il beneplacito per la stipula delle intese, di fatto, assicurano alle confessioni religiose l'accesso alla ripartizione della quota dell'otto per mille.
Riteniamo, pertanto, importante sapere se vi siano membri di tali commissioni che abbiano svolto o svolgano ancora, attualmente, attività di consulenza retribuita a favore di confessioni religiose che abbiano stipulato intese già approvate con legge, firmate e non approvate con legge, oppure avviate in vista della conclusione dell'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
Chiedo, altresì, al Presidente del Consiglio dei ministri se non ritenga che un'eventuale consulenza retribuita costituisca un conflitto di interessi e, in caso affermativo, quali provvedimenti intenda assumere.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al rappresentante del Governo, saluto gli alunni e gli insegnanti della scuola elementare Santa Maria di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Turco, si fa presente quanto segue.
Al fine di dare attuazione all'articolo 8 della Costituzione, il quale prevede che i rapporti tra Stato e confessioni religiose siano regolati per legge sulla base di intese, nel 1985 è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una commissione di studio, con il compito di valutare le richieste delle confessioni religiose e di procedere ad ogni necessario adempimento in vista della predisposizione di progetti di intesa.
La commissione, all'epoca, era composta da eminenti personalità del mondo accademico (esperti delle materie oggetto delle intese) e dal direttore degli affari dei culti del Ministero dell'interno.
Quando la commissione fu ricostituita, nel 1992 e nel 1997, furono nominati, quali componenti, i rappresentanti dei Ministeri più direttamente coinvolti nell'attuazione delle intese con le confessioniPag. 16religiose. Per quanto riguarda la Presidenza del Consiglio dei ministri, invece, la materia restò affidata ad esperti, ai sensi della legge n. 400 del 1988 sull'ordinamento della stessa Presidenza.
Al fine di potersi comunque avvalere, nella fase di valutazione dei testi delle intese, dell'apporto di giuristi e studiosi specificamente esperti in materia, nel 1997 fu costituita dal Presidente del Consiglio dei ministri la Commissione consultiva per la libertà religiosa, con funzioni di studio, informazione e proposta per tutte le questioni attinenti ai principi della Costituzione e delle leggi in materia di libertà di coscienza, di religione o di credenza.
Nell'ambito dei compiti ad essa attribuiti, la commissione consultiva procede alla ricognizione e all'esame dei problemi relativi alla preparazione di accordi, convenzioni o intese con le confessioni religiose, elaborando orientamenti di massima in vista della loro stipulazione.
La predisposizione del testo di ciascuna intesa rimane, comunque, nella specifica competenza della commissione per le intese, alla quale la rappresentanza della confessione religiosa interessata sottopone una bozza di intesa. Su questa è chiamata a esprimere il proprio parere non vincolante la commissione consultiva, che, non intervenendo nell'elaborazione del testo, non ha, quindi, alcuna opportunità di incontrare i rappresentanti delle confessioni religiose.
Il Governo è perfettamente a conoscenza che negli anni scorsi, in sede di formulazione del parere su un progetto di intesa, un componente della commissione, con atto scritto diretto al presidente, dichiarò preventivamente, con totale correttezza, che si sarebbe astenuto, avendo, nella sua attività professionale privata, prestato consulenza alla confessione interessata per la preparazione della bozza di intesa.
A questa informazione il Governo intende aggiungere brevi, ma importanti, precisazioni. Si tratta di commissioni composte da personalità di alto valore scientifico, a livello nazionale e internazionale, il cui operato in questi anni è stato oggetto di generali consensi e apprezzamenti. Questi organismi non hanno facoltà decisionali, ma elaborano testi o pareri ad referendum. Infine, essi operano in regime di integrale gratuità, al punto che nessuno dei loro componenti ha mai voluto ritirare i pur modesti compensi, quando previsti da alcuni decreti istitutivi.
Da tutto ciò si ricava che, oltre al necessario dovere di riservatezza sul lavoro svolto, per i componenti delle commissioni non è concepibile alcuna limitazione nell'esercizio dei diritti di manifestazione del pensiero, oltre che, naturalmente, per altre attività, che restano totalmente libere e personali.
Il Governo coglie, infine, l'occasione per riconfermare la propria fiducia e la propria gratitudine ai membri delle commissioni di esperti, che forniscono la propria preziosa collaborazione nelle materie concernenti la libertà di religione e i rapporti tra Stato e confessioni religiose.

PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di replicare.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, non volevamo certamente mettere in discussione il valore dei membri di tali commissioni, né tanto meno la loro libertà di pensiero.
Signor sottosegretario, qui non parliamo di consulenze svolte per cifre irrilevanti. Le do un ordine di grandezza: 500 mila euro. Sarebbe, pertanto, opportuno valutare la congruità di queste cifre rispetto al valore delle consulenze prestate. Personalmente, ritengo che il costo di tali consulenze, per la stipula di un'intesa tra lo Stato italiano e una confessione religiosa, vada al di là del valore a cui il sottosegretario ha fatto riferimento nella sua risposta. In questa vicenda, però, c'è dell'altro: l'accesso della confessione religiosa al riparto della quota dell'otto per mille.
Mi auguro che il Governo sappia quale sia la confessione religiosa per la quale questo professore, sicuramente eminente e di indubbie capacità professionali, abbia percepito tale compenso per l'attività diPag. 17consulenza svolta, e che, di conseguenza, abbia cercato di comprendere a cosa corrisponda, in termini concreti, una parcella di 500 mila euro: non la stipula di un'intesa, ma l'accesso della confessione religiosa, lo ripeto, al riparto della quota dell'otto per mille. Conseguentemente, il Governo non può limitarsi a dire che questi professori sono liberi di esprimere il loro pensiero, e che gli stessi non percepiscono alcun compenso in quanto membri di quelle commissioni, quindi che lavorano gratuitamente. Questo lo sapevamo. È previsto, peraltro, dalla legge che essi abbiano diritto a un gettone di presenza che, giustamente e per ovvie ragioni, non ritirano.
Riteniamo, pertanto, che la risposta fornita dal rappresentante del Governo sia del tutto insoddisfacente.
Evidentemente, dietro all'esigenza risaputa - e che lei ha ricordato - di garantire la libertà religiosa da parte della Repubblica, vi è ben altro; questa massa di denaro non ha nulla a che fare con la religiosità, ma ha a che vedere con degli affari. Giunti a questo punto, indagheremo; mi auguro che il Governo lo abbia già fatto. Ho fornito una cifra concreta, precisa, non un esempio.
Auspico che questa vicenda susciti l'interesse anche di altri organi istituzionali, perché, quella a cui faccio riferimento, è una confessione religiosa a dire il vero ultraminoritaria che viene, di fatto, a disporre di tali cifre per consulenze.
Speravamo che la questione si potesse risolvere in ambito politico-istituzionale. Evidentemente, in questa sede non siamo in condizioni di ottenere una risposta concreta. Noi riteniamo che vi siano gli estremi di un patente conflitto di interessi; il Governo non è di tale parere, lo abbiamo compreso, conseguentemente, non intenderà assumere alcun provvedimento al riguardo. Non ci resta - è una scelta a cui ci spinge il Governo - che rivolgerci alla magistratura, perché riteniamo che in questa vicenda vi siano anche altri profili, su cui soprattutto il Governo avrebbe avuto il dovere, perlomeno, di vigilare.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento della interrogazione e dell'interpellanza all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 29 ottobre 2007, alle 15:

Discussione dei disegni di legge:
S. 1678 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2006 (Approvato dal Senato) (3169).

S. 1679 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2007 (Approvato dal Senato) (3170).
- Relatore: Marchi.

La seduta termina alle 11,15.