XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 231 di giovedì 25 ottobre 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 10,50.

SERGIO D'ELIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Capodicasa, Colucci, Cordoni, De Simone, Donadi, Landolfi, Oliva, Pagliarini, Palumbo, Pinotti, Piscitello, Stucchi, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,54).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici (A.C. 550-764-824-A) (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici.
Ricordo che nella seduta del 15 ottobre 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il Governo hanno rinunciato alla replica.

(Esame degli articoli - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 550 ed abbinate sezioni 1 e 2).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, i gruppi Italia dei Valori e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

Pag. 2

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 550 ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.

RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, vorrei svolgere alcune considerazioni riguardanti il complesso delle proposte emendative e, più in generale, il tema dei centri storici e dei borghi antichi.
L'Italia possiede un patrimonio edilizio e urbanistico di inestimabile valore, sia culturale che artistico, una ricchezza che spesso si nasconde proprio nei piccoli centri della provincia (parliamo di comuni sotto i 200 mila abitanti) e che per questo motivo, talvolta, rischia di essere dimenticata o abbandonata. È un torto gravissimo che viene fatto al nostro Paese, non solo perché lo si priva di una fonte di attrazione turistica, ma soprattutto perché si trascura quel tesoro storico che credo non abbia pari in nessun'altra nazione al mondo.
Il Parlamento ha quindi il dovere di intervenire affinché la lenta agonia dei siti danneggiati e dei luoghi dimenticati finisca presto: sono dunque necessari interventi di recupero e valorizzazione di tali centri storici. Credo che il provvedimento oggi in discussione definisca con chiarezza e capacità di sintesi i termini di tale recupero, aprendo la strada anche ad una possibilità fortemente innovativa, ovvero l'intervento del privato, oltre che del pubblico, nel risanamento e nel recupero del patrimonio edilizio.
Giudico positivo, quindi, il fatto che maggioranza e opposizione abbiano riconosciuto in ciò un obiettivo comune, da perseguire insieme, nella forma di un testo unificato di proposte di legge: è un segnale trasversale di ferma convinzione, per il raggiungimento di tale importante obiettivo. A tale proposito, ricordo anche che una proposta di legge simile era già stata discussa nel corso della precedente legislatura e che solo per una questione di tempi non aveva terminato il suo iter parlamentare.
Il fatto che quella proposta sia stata riproposta all'inizio dell'attuale legislatura è quindi da interpretare come una seria volontà di portare definitivamente a buon fine la discussione del provvedimento in esame; peraltro, il dibattito svoltosi nei mesi scorsi in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici ha rispecchiato un atteggiamento costruttivo e di confronto da parte di tutte le forze politiche, così che da tre singole proposte di legge è stato possibile elaborare un testo unificato, probabilmente il migliore possibile al momento attuale.
Si tratta, quindi, di un provvedimento giustamente circoscritto, pensato per arrivare dritto al punto, come si suol dire.
Tale testo unificato ha l'obiettivo di salvaguardare soprattutto quei centri più piccoli che hanno minori risorse economiche da destinare al recupero architettonico e urbanistico, e si propone di rimuovere un eventuale squilibrio rispetto ai centri storici delle grandi città in grado di sostenere costi spesso gravosi, prevedendo - come dicevo prima - anche l'eventuale intervento dei privati attraverso l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, di un apposito fondo nazionale.
Credo che questo sia un ulteriore provvedimento, dopo la legge sui piccoli comuni, che va nella direzione di una difesa ancora maggiore del patrimonio paesaggistico italiano e non solo. Infatti, esso non solo è volto alla riqualificazione urbanistica dei centri storici dei piccoli comuni, ma rappresenta anche un richiamo all'identità, alla cultura e alla storia dell'Italia. Chiunque provenga da un piccolo centro, da una piccola città di provincia, sa bene quanto sia forte ancora il richiamo delle tradizioni locali e quanto sia importante che vengano tramandate nel tempo e in ogni forma. Gli spazi delle piccole città costituiscono forse la primaPag. 3manifestazione di tale cultura e dell'immagine delle stratificazioni culturali e storiche che ogni borgo ha subito nel tempo. Allora, diventa indispensabile preservare l'immagine di questa storia millenaria conservando e riqualificando ogni sito di particolare pregio.
Siamo in un momento di forte commistione sociale e culturale, in cui sembra quasi sbagliato ricordare la proprie radici e valorizzare le proprie tradizioni. Una certa visione politica ritiene addirittura che la vera integrazione si possa avere solo a patto di un livellamento culturale che eviti di far prevalere qualsiasi tradizione sulle altre. Si tratta di un orientamento che ritengo sbagliato e assurdo, perché è impensabile che, sminuendo le proprie origini, si possa facilitare un percorso così complesso e articolato come quello dell'integrazione sociale, che si ottiene, invece, solo in un clima di rispetto reciproco e di confronto.
L'identità storica dell'Italia è viva e visibile in molti luoghi, non solo nelle città più rinomate e visitate. L'augurio è che in quest'Aula possa proseguire con toni costruttivi il dibattito che ci porterà a migliorare la qualità della vita nei borghi, nei piccoli centri storici anche attraverso la conservazione e la riqualificazione dei siti più preziosi e antichi del nostro Paese. Credo, infatti, sia convinzione di tutti che, valorizzando i piccoli centri e i borghi, si possa creare un circolo virtuoso in grado, da un lato, di richiamare un turismo sempre più attento ed esigente e, dall'altro lato, di stimolare ogni amministrazione locale a salvaguardare il proprio patrimonio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lomaglio. Ne ha facoltà.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento per la riqualificazione dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia, che accorpa alcune proposte di legge di diversa provenienza politica, discusse in parte anche nella legislatura precedente, segna un passaggio significativo per il nostro Paese.
Il suo significato risiede nella valorizzazione del patrimonio culturale e storico dei centri storici piccoli e medi, unico al mondo, che ha le proprie radici nella particolare storia della nostra nazione, che a partire dal Rinascimento è stata nel Centro-Nord, in gran parte, una storia dei liberi comuni e che nel Meridione del Paese, a partire dal Cinquecento, ha visto la diffusione di comuni di nuova fondazione connessa al privilegio dello ius populandi, concesso dalla monarchia alla nobiltà di corte. Questa realtà diffusa è stata arricchita per secoli dall'intreccio del potere del signore aristocratico con quello della borghesia delle arti e dei mestieri, che si contendevano di fatto il governo della cosa pubblica anche accettando la sfida del bello, della qualità del costruire e del rigore nella progettazione urbanistica di paesi e città.
L'importanza dell'intervento è accentuata dal fatto che nel nostro Paese si concentra il più alto numero di città artisticamente significative per il patrimonio mondiale. Il nostro Paese, più di altri, non è costituito soltanto da grandi città d'arte, ma anche da piccoli e medi centri che ne rappresentano una parte consistente, tanto che si può dire che l'Italia sia per quasi tutto il suo territorio un museo a cielo aperto.
Per tali motivi l'intervento che discutiamo è appropriato, necessario e giusto.
Non si tratta soltanto di offrire maggiori risorse ai fini della costruzione di un'immagine più appetibile dei centri storici del Paese sotto il profilo turistico, ma, più ampiamente, di consolidare elementi fondamentali per migliorare la qualità dell'organizzazione della vita per chi abita nei centri storici, tutelando, nello stesso tempo, l'identità italiana geografica e culturale.
Si tratta, quindi, di un provvedimento di più ampio respiro: l'identità di un Paese, infatti, è qualcosa che esiste, sedimentata dalle vicende storiche e dalla memoria di esse e rafforzata dalle varie tappe di costruzione della sua cultura. Essa, tuttavia, ha bisogno anche che l'intreccio tra tutela dell'identità ed innovazionePag. 4sia costante, favorendo gli interventi finalizzati al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei centri storici, anche al fine di contrastare gli squilibri geografici esistenti, che penalizzano e rendono marginali i centri importanti dal punto di vista storico, culturale e architettonico.
In passato, soltanto poche regioni italiane, in assenza di una legislazione nazionale, si sono dotate di normative specifiche con l'obiettivo di sostenere i comuni nel favorire la riqualificazione, il recupero e la tutela dei centri antichi. Alcune regioni lo hanno fatto, ma con leggi speciali che sono intervenute su singole città, senza dotarsi di una normativa organica generale in grado di stimolare l'adozione di politiche virtuose e di valorizzazione dei centri antichi.
Ha fatto bene il relatore Bocci - cui va il mio sentito ringraziamento per l'opera paziente di sintesi e di tessitura dei diversi contributi apportati dai componenti della Commissione - a sottolineare nella relazione al testo unificato che tra le sue finalità vi è certamente quella di rendere finalmente sistematico lo stimolo nei confronti delle istituzioni regionali e locali per la realizzazione di programmi che promuovano il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio.
Il rilancio dell'attività di realizzazione di servizi e di opere pubbliche è di interesse pubblico: la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte degli enti locali, il miglioramento e l'adeguamento degli arredi e dei servizi urbani e gli interventi finalizzati al consolidamento statico e antisismico degli edifici storici. Si tratta di uno stimolo che indurrà - come auspico - anche le regioni che finora non hanno legiferato o lo hanno fatto solo parzialmente a dotarsi di leggi organiche in grado di confrontarsi utilmente con la legislazione nazionale.
La forma urbis, la tipologia architettonica, il singolo manufatto architettonico - unici nel nostro Paese e, per molti luoghi ed epoche, modelli per la costruzione di città e cittadine del mondo occidentale - non rappresentano soltanto una concretezza materiale. Il loro significato è anche quello dell'organizzazione della convivenza e della vita civile, delle risposte ai bisogni dei cittadini e della prospettiva futura che ogni comunità si è data di volta in volta.
È assai significativo, a tale proposito, che il testo unificato che ci avviamo ad approvare attribuisca non solo ai comuni la facoltà di individuare all'interno del perimetro dei centri storici le zone di particolare pregio architettonico e culturale, ma anche agli enti locali la potestà di avviare al loro interno interventi integrati, pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana. Si tratta di un'opportunità che consente ai cittadini che vivono ed operano all'interno dei centri storici di concorrere, accanto alla pubblica amministrazione, alla tutela e alla riqualificazione del patrimonio edilizio e urbanistico delle proprie comunità.
In merito alla nostra identità nazionale, non possiamo tralasciare di ricordare come e quanto essa sia arricchita dal contributo di identità diverse e variegate disseminate sul territorio, cui si deve continuare a dare importanza, visibilità e sostegno. Esse rappresentano modi diversi di risolvere problemi differenti, stili di vita e bisogni variegati e, tutte insieme, costituiscono la socialità italiana nel presente.
Il provvedimento è pensato anche per questo: non può non essere sottolineato che sollecitazioni e interventi per la tutela e la riqualificazione dei piccoli centri e dei borghi sono pervenute nel tempo dall'Associazione nazionale comuni italiani - in particolare, alcuni anni or sono, con l'iniziativa dei «club dei borghi più belli d'Italia» - ma anche da numerose associazioni di tutela del patrimonio paesaggistico, artistico e storico, come il FAI. Oggi cerchiamo di rispondere a questa sentita esigenza.
Va detto, inoltre, che dopo gli anni dell'inurbazione nelle grandi aree metropolitane, da tempo si registra una tendenza degli italiani ad andare a vivere nei piccoli centri a causa dell'aumento dei costi degli alloggi.
Il provvedimento in discussione è significativo a questo scopo perché l'alternativa ad una vita costosa nelle cittàPag. 5grandi e medie possa diventare più facile per chi si vede costretto a sceglierla. Il provvedimento potrà, inoltre, influenzare positivamente la riduzione del divario ancora esistente tra la parte settentrionale e quella meridionale del Paese. Finora, infatti, la riqualificazione urbana ha interessato molto più il centro-nord, per una situazione finanziaria dei comuni migliore e per una economia dei territori più solida e fiorente.
Il testo unificato che oggi discutiamo si compone di due articoli e stabilisce, all'articolo 1, comma 1, i possibili interventi finalizzati al recupero, alla tutela e alla valorizzazione dei centri storici, come definiti dalla normativa vigente, da realizzare nei comuni con popolazione pari o inferiore a 200 mila abitanti.
Il limite dei 200 mila abitanti è uno dei punti sui quali si è accentuato il confronto all'interno della VIII Commissione e sul quale vi sono maggiori dubbi e perplessità anche da parte del nostro gruppo. In questo senso, sarebbe opportuno che, in sede di decreti attuativi e di esame delle proposte emendative, si possa fare di tutto per dare più risorse e più opportunità ai piccoli centri, ai piccoli comuni (fino a 15 mila abitanti) che vogliono operare per migliorare la qualità della vita, del recupero e della riqualificazione urbana nei loro centri storici.
L'articolo 1, inoltre, al comma 2 dispone che «i comuni (...) possono individuare (...) le zone di particolare pregio dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali, in cui realizzare interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana».
Viene poi definito, al comma 4, il ruolo delle regioni che «possono prevedere forme di indirizzo e coordinamento finalizzate al recupero e alla valorizzazione dei centri storici». Il comma 5 stabilisce, inoltre, che «con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali (...) sono definiti i parametri qualitativi di natura storica, architettonica e urbanistica, sulla base dei quali individuare centri storici e insediamenti urbanistici in comuni con popolazione non superiore a 5 mila abitanti, ai quali assegnare il marchio di "borghi antichi d'Italia"».
In questo senso, auspico che il marchio di «borgo antico d'Italia» possa essere speso da tali comuni per ottenere anche altri finanziamenti ed altre attenzioni e che si provveda a dare forza a questo marchio e concretezza alla nostra idea che anche i piccoli borghi possano rappresentare un grande bene e un grande patrimonio di questo Paese.
L'articolo 2, infine, dispone l'istituzione di un fondo nazionale per il recupero e la tutela dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia. Sarà affidato, ogni anno, ad un apposito bando di gara il compito di provvedere alla ripartizione del fondo, destinando una quota pari almeno al 50 per cento agli interventi per i comuni con popolazione pari o inferiore a 15 mila abitanti.
Si tratta, quindi, di uno sforzo - realizzato insieme dalle forze politiche, in maniera particolare dalla maggioranza di centrosinistra - per dare finalmente energia e slancio al recupero e alla valorizzazione di questi centri storici. Abbiamo parlato di valorizzazione proprio perché siamo convinti che la salvaguardia vada attivata insieme alle opere di riorganizzazione della qualità della vita all'interno di questi centri storici e siamo convinti che il problema sia quello della disponibilità finanziaria.
Lo dico con chiarezza: questo è un primo passo, ma bisognerà trovare il modo affinché le disponibilità finanziarie per il provvedimento - che in questo momento sono assai limitate - possano essere significativamente aumentate, in maniera particolare a favore dei piccoli comuni, e affinché l'impatto della legge, in questo modo, possa non essere offuscato da una difficoltà a reperire risorse che, se non dovessero essere individuate con chiarezza anche nei prossimi esercizi finanziari, ne renderebbero difficile l'attuazione.
Quella che stiamo realizzando è una scommessa che, a nostro avviso - con il voto che esprimeremo nelle prossime ore - sarà vinta. Tuttavia, è una scommessaPag. 6che ha bisogno di ulteriori passaggi e della consapevolezza che, nella riqualificazione e nel recupero di questi centri antichi, non vi è solo il recupero dell'identità nazionale, ma anche l'individuazione e la definizione del futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

In morte del Professor Pietro Scoppola (ore 11,10).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, da pochi minuti è giunta la notizia della scomparsa del professor Pietro Scoppola che è stato parlamentare eletto al Senato della Repubblica. Ritengo che tutti possiamo riconoscergli di essere stato una delle figure più rilevanti della cultura italiana, uno storico del movimento cattolico, un punto di riferimento per intere generazioni di studiosi e giovani docenti universitari.
È stato un uomo di cultura, sempre presente nel dibattito politico del Paese in modo coraggioso, spesso andando contro corrente, orgoglioso difensore delle proprie idee. È stato anche un uomo politico, senatore della Repubblica che ha portato nella politica la propria forza di intellettuale, ed uno dei protagonisti della cultura politica del cattolicesimo democratico, punto di riferimento per intere generazioni di giovani che a quella cultura politica si sono richiamati e che hanno iniziato la propria attività leggendo i suoi libri e ascoltando il suo insegnamento.
Credo che tutti dovremmo rendere omaggio a tale figura straordinaria di uomo e di intellettuale.
Inoltre, mi sia consentito dire che, personalmente, gli sarò grato nel ricordarlo per l'amicizia, i consigli e l'affetto con cui ha accompagnato non solo l'avvio del mio percorso politico, ma l'avvio alla politica di decine di migliaia di persone (L'Assemblea si leva in piedi - Generali applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, la Presidenza della Camera, nell'associarsi al cordoglio, ha già fatto pervenire alla famiglia i sentimenti della sua più viva partecipazione.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 550-A ed abbinate (ore 11,13).

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, nell'intervenire sul complesso degli emendamenti, vorrei sottolineare che in quest'Aula, a mio parere, si sta trattando un argomento importante ed interessante, perché quando si parla di centri storici si parla di tutela della nostra storia e delle nostre tradizioni anche regionali. Pertanto, è importante che l'argomento venga affrontato con determinazione.
Vorrei semplicemente ricordare che la materia legislativa che riguarda i centri storici ha preso avvio tanti anni or sono, a partire dagli anni Settanta e dagli strumenti di pianificazione urbanistica, i quali hanno individuato nella zona A una zona omogenea costituente il centro storico, a volte erroneamente compiendo delle scelte urbanistiche che hanno comunque consentito di tutelare solo in minima parte il patrimonio storico e artistico delle nostre città e, in particolare, dei piccoli centri e dei nostri paesi. Quindi, ben venga una disciplina che entra nel merito della questione.
Tuttavia, se compiamo un excursus negli anni e decenni trascorsi e andiamo a verificare quanto è successo nelle nostre città e nei nostri paesi, se guardiamo alle programmazioni urbanistiche realizzate - dapprima mediante i piani di fabbricazione, successivamente mediante i piani regolatori e i piani di recupero per i centri storici - se torniamo indietro nel tempoPag. 7ed esaminiamo i progetti urbanistici che si sono succeduti e confrontiamo tali programmazioni e progetti con il risultato di oggi, ebbene, possiamo constatare che quello che oggi è stato realizzato è completamente l'esatto opposto di quanto era stato programmato a suo tempo.
In sostanza, le programmazioni non sono state rispettate perché sono subentrati gli abusi edilizi, vi sono stati gli anni della speculazione edilizia e, successivamente, sono state approvate le leggi sul condono edilizio che hanno sanato tali situazioni, stravolgendo quello che originariamente avrebbe potuto essere un bel progetto.
Un'altra considerazione che mi sento di svolgere è la seguente: chi ha avuto modo di procedere alla ristrutturazione edilizia di un immobile in una zona tutelata e salvaguardata, si è reso conto di quante complicazioni vi siano, a partire dal rapporto con l'ente più vicino, ossia il comune.
Oggi intervenire in un centro storico, in una zona tutelata, è a dir poco un'impresa veramente difficile e, soprattutto, costosa.
Pertanto auspico che, all'interno della provvedimento e dei decreti attuativi, si possano trovare formule in grado di semplificare le procedure di intervento. Infatti, se mettiamo in croce anche i piccoli proprietari che, intervenendo sul piano edilizio, incontrano delle difficoltà e, addirittura, non ricevono risposte esaurienti e corrette dalla pubblica amministrazione, è chiaro ed evidente che tutto sarà sempre più difficile. Continueremo ad assistere al degrado urbano del centro storico ed all'occupazione abusiva di questi vecchi nuclei che scarseggiano sotto il profilo igienico, e per quanto concerne i rapporti igienico-sanitari ed aeroilluminanti, e mancano di quelle aree standard da destinare al verde piuttosto che al parcheggio.
Saluto, pertanto, con favore questo testo unificato e mi auguro che, nel momento in cui gli si darà attuazione, si semplifichino tutte quelle procedure utili a tutelare i singoli cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi chiedo e vi chiedo se non trovate che ci sia un po' troppo rumore in aula.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Quanti minuti ho a disposizione?

PRESIDENTE. Tre minuti.

TEODORO BUONTEMPO. Non mi pare possibile, signor Presidente, che sul complesso degli emendamenti io abbia a disposizione solamente tre minuti ! State dando i numeri? Riflettete prima di parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, il suo gruppo ha a disposizione tre minuti. Se poi vuole aggiungere anche il tempo per un intervento sull'ordine dei lavori faccia un po' lei.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, impiegherò anche meno tempo.
La Destra voterà a favore di questo provvedimento, pur ritenendolo assolutamente insufficiente per un intervento vero e concreto volto al risanamento dei comuni.
Quando si parla dei borghi più belli d'Italia consiglierei di consultare l'elenco esistente: ci si renderà conto che spesso è stato utilizzato con estrema superficialità.
Vi sono, infatti, comuni con meno di cinquemila abitanti che sono dei monumenti alla bellezza, all'armonia ed al rispetto della antichità e non sono inseriti all'interno dei cento borghi più belli d'Italia. Qualcosa di analogo è accaduto anche per le comunità montane: ve ne sono annoverate alcune che si trovano a soli 30 metri dal livello del mare, mentre magari altri comuni di montagna non ci sono.
Certo gli interventi previsti forniscono un buon indirizzo alle amministrazioni locali, ma una delle prime raccomandazioni da rivolgere alle regioni è quella di non rendere macchinose le procedure, perché altrimenti solo i soliti furbi potranno utilizzare il denaro pubblico perPag. 8risanare i borghi. Il cittadino comune, infatti, nel momento in cui dovrà allegare decine e decine di pratiche e di perizie, rinuncerà anche alla possibilità di avere un contributo da parte dello Stato.
Infine, signor Presidente, credo che qualunque intervento si voglia prevedere sui comuni, se non è accompagnato da un rigido controllo sui piani regolatori, si risolva solamente in una propaganda lontana dalla realtà.
La realtà è che i comuni che non hanno un piano regolatore dovrebbero essere sciolti e, comunque, sono i piani regolatori che deturpano i più bei borghi d'Italia.
La raccomandazione da rivolgere, anche alle regioni, è quella di stare molto attenti, dal punto di vista ambientale e urbanistico, a quanto prevedono i piani regolatori, altrimenti questi soldi saranno destinati al finanziamento indiretto dei furbi del paesino, anziché ad aiutare i borghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, il gruppo dell'Italia dei Valori esprime un giudizio complessivamente positivo su questo testo, che è emerso da un confronto tra maggioranza e opposizione; anzi, ritiene questo confronto di per sé un valore, perché vi è stata una collaborazione stretta tra maggioranza e opposizione su argomenti di carattere generale.
Non può, però, non rilevare alcune difficoltà, alcune anomalie del provvedimento. Tra queste, vi è il fatto fondamentale che una parte consistente del fondo dovrebbe essere riservata ai comuni con popolazione non superiore a 5 mila abitanti, che comprendono insediamenti con il marchio «borghi antichi d'Italia»; tuttavia, una quota pari almeno al 50 per cento delle risorse di tale fondo, si estende anche ai comuni che vanno dai cinquemila ai quindicimila abitanti, con ciò riducendo l'efficacia del provvedimento. Infatti, la riserva di fondi sarà spalmata su un numero incredibilmente più alto di comuni, con un risultato estremamente mediocre, minimo rispetto alla situazione reale dei piccoli comuni, quelli con meno di cinquemila abitanti, che andavano invece sostenuti poiché sono per la maggior parte dei comuni disagiati.
In questo modo, a mio avviso, non si fa altro che finanziare chi già sta bene, chi si trova in una situazione migliore, e quindi si tradisce un po' lo scopo fondamentale dello stesso provvedimento.
Devo svolgere anche un'altra osservazione, che certamente non ci impedisce di valutare le proposte emendative secondo il loro contenuto. Si tratta di un'osservazione di carattere generale: credo che i borghi e i centri storici rappresentino un grande valore e una grande ricchezza per l'Italia, però dobbiamo prestare attenzione anche al recupero delle periferie di questi centri storici.
Dobbiamo stare sempre attenti, perché negli ultimi decenni, proprio intorno ai centri storici, che hanno un valore, si sono purtroppo formate delle zone che scoraggiano il turista, il visitatore dal raggiungere gli stessi centri storici.
Detto questo, riteniamo importante il tentativo che stiamo portando avanti e che speriamo possa essere corretto e migliorato, semmai, al Senato, proprio per le argomentazioni riportate nella prima parte del mio intervento. Infatti, è sempre un dato estremamente positivo voler migliorare la situazione dei tesori che abbiamo in tutte le regioni italiane, in particolare nel centro Italia, dove la tradizione dei comuni è molto antica.
Pertanto, esprimiamo un giudizio positivo sul provvedimento in esame mentre ci regoleremo di volta in volta sulle proposte emendative, in base ai contenuti.

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Adenti 1.22 è stato ritirato dal presentatore.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento BonoPag. 91.10, mentre formula un invito al ritiro sugli emendamenti Cirino Pomicino 1.11, Adenti 1.23 e Bono 1.12.
La Commissione esprime, altresì, parere favorevole sugli emendamenti Bono 1.13 e Perugia 1.14, mentre formula un invito al ritiro sugli emendamenti Bono 1.15 ed Adenti 1.24. Il parere è favorevole sugli emendamenti Bonelli 1.21, limitatamente al comma 3-bis, e Bono 1.16.
La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Dussin 1.17 e 1.18, e sull'emendamento Perugia 1.19. Il parere è, invece, favorevole sull'emendamento Dussin 1.20.

PRESIDENTE. Invito il relatore ad esprimere, altresì, il parere della Commissione sugli articoli aggiuntivi.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro degli articoli aggiuntivi Evangelisti 1.010 e 1.011.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANGELO CAPODICASA, Viceministro delle infrastrutture. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'emendamento Bono 1.10, mentre formula un invito al ritiro sugli emendamenti Cirino Pomicino 1.11, Adenti 1.23 e Bono 1.12.
Il Governo esprime, altresì, parere favorevole sugli emendamenti Bono 1.13 e Perugia 1.14, mentre formula un invito al ritiro sugli emendamenti Bono 1.15 ed Adenti 1.24.
Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore sull'emendamento Bonelli 1.21, ossia favorevole sul comma 3-bis e contrario sul comma 3-ter, ed è favorevole sull'emendamento Bono 1.16.
Il Governo formula un invito al ritiro sugli emendamenti Dussin 1.17 e 1.18, e sull'emendamento Perugia 1.19. Il parere è, invece, favorevole sull'emendamento Dussin 1.20.
Il Governo formula, infine, un invito al ritiro sugli articoli aggiuntivi Evangelisti 1.010 e 1.011.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,30)

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Adenti 1.22 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.10.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.10, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 422
Astenuti 1
Maggioranza 212
Hanno votato
422).

Prendo atto che i deputati Mura, Evangelisti, Goisis, Brigandì, Balducci, Nicchi, Grillini, Calgaro, Fincato, Uggé e Lucchese hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Prendo altresì atto che i deputati Delfino e Incostante hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Cirino Pomicino 1.11.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, sicuramente al relatore Bocci e al rappresentante del Governo è sfuggito che ad avere una popolazione fino a 200 mila abitanti è il 99,8 per cento dei comuni: rimangono esclusi da tale previsione, cioè, quattordici comuni. Dal provvedimento che ci accingiamo ad approvare rimangono esclusi solamente quattordici comuni d'Italia, mentre all'incirca 8.100 di essi ne sarebbero interessati. Che senso ha approvarePag. 10una misura del genere? Prevediamola, allora, per tutti i comuni d'Italia! Invito il relatore ed il Governo a leggere la statistica del Ministero dell'interno, secondo la quale con l'approvazione del provvedimento al nostro esame lasceremmo fuori solamente poco più di dieci comuni, e niente più!
Non diciamo allora che intendiamo valorizzare i centri storici dei piccoli comuni: riconosciamo, piuttosto, che stiamo approvando un provvedimento che interessa tutta l'Italia e tutti i comuni italiani! I comuni con una popolazione fino a 200 mila abitanti sono 8.104, per una popolazione di 49 milioni di abitanti: ossia tutta l'Italia! Mi chiedo a cosa serva il provvedimento che stiamo discutendo se manteniamo il limite previsto fino a 200 mila abitanti.
Con l'emendamento in esame chiediamo molto sommessamente di ridurre il numero a quindicimila abitanti e vi dico, fin d'ora, che il 91 per cento dei comuni risponde a questa caratteristica. Solo stabilendo la previsione di quindicimila abitanti comprendiamo il 91 per cento dei comuni. Ovviamente, i comuni con più di quindicimila abitanti hanno altre risorse, entrate, aspettative, peculiarità, e sicuramente riusciranno ad autogestire la materia ricompresa nell'articolo 1 relativamente alla valorizzazione dei centri storici e rappresentano una consistente popolazione di riferimento, perché, nei comuni fino a quindicimila abitanti, risulterebbero circa 25 milioni di abitanti.
Per tali ragioni invito i colleghi a riflettere su ciò che andiamo a stabilire, perché altrimenti diventiamo ridicoli. Infatti adotteremmo una legge dove lasciamo fuori solo 14 comuni.

PRESIDENTE. Deduco dalle sue parole che non accetta l'invito al ritiro.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, abbiamo appena votato, ma ho appena visto una decina di parlamentari segnalare il proprio voto. Pregherei la Presidenza di verificare il funzionamento dell'apparecchiatura di voto, perché per un solo parlamentare può avvenire un'anomalia, ma il fatto che dieci persone non riescono a votare è un fatto alquanto strano.

PRESIDENTE. La ringrazio per la segnalazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento in esame in quanto le considerazioni testé svolte mi trovano perfettamente d'accordo. Soprattutto si dimostra di conoscere poco la realtà del nostro Paese, dove effettivamente i piccoli comuni, che sono la stragrande maggioranza, devono trovare un minimo di corsia preferenziale rispetto ai già pochi finanziamenti esistenti, come in questo caso. Pertanto, a mio avviso, auspico che il Governo recepisca tali suggerimenti e comunque voterò a favore, sottoscrivendo l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Cirino Pomicino 1.11 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cirino Pomicino 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 259
Astenuti 193
Maggioranza 130
Hanno votato
57
Hanno votato
no 202).Pag. 11

Prendo atto che i deputati Tuccillo, Ponzo e Boato hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Prendo altresì atto che il deputato Buontempo ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Adenti 1.23.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo all'emendamento Bono 1.12.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

NICOLA BONO. Signor Presidente, si tratta di un emendamento che conferma lo spirito della norma, così come proposta dalla Commissione, ma l'avrebbe riscritta in una forma che, a mio avviso, sarebbe stata più snella e lineare. Tuttavia, considerando la buona volontà della Commissione che ha accolto molti degli emendamenti che ho presentato, non ho alcuna difficoltà ad aderire all'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Bono 1.12 accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.13, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 462
Astenuti 2
Maggioranza 232
Hanno votato
462).

Prendo atto che il deputato Boato ha segnalato che non è riuscito a votare e che i deputati Borghesi e Mura hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Perugia 1.14, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 357
Astenuti 115
Maggioranza 179
Hanno votato
348
Hanno votato
no 9).

Prendo atto che il deputato Boato ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Bono 1.15.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

NICOLA BONO. Signor Presidente, insisto per la votazione dell'emendamento in esame e di invitare la Commissione ad una valutazione, se possibile, diversa rispetto al parere già espresso. Stiamo parlando di interventi che riguardano i centri storici. L'esigenza, espressa da tutti coloro che sono intervenuti, è di guardare al centro storico non solo sotto l'aspetto del carattere urbanistico, ma in maniera più puntuale - dovrebbe essere così - come un fondamentale valore culturale che contraddistingue l'identità delle nostre città.
L'identità non è soltanto un valore in sé, ma un veicolo per le ricadute economiche e per una reimpostazione dell'economia di tante nostre città piccole, medie e grandi che hanno bisogno di recuperare se stesse e di evitare ulteriori ferite inferte all'assetto architettonico dei centri storici.
Negli anni Sessanta e agli inizi degli anni Settanta una serie di norme hanno deturpato le nostre città e sventrato molti centri storici, prevedendo la possibilità di inserire, attraverso una pseudo-cultura di falso modernismo, elementi ultronei rispetto all'armonia originaria delle realtà, che sono così state duramente colpite.Pag. 12
Il provvedimento in esame muove nella corretta direzione di recuperare i centri storici. L'emendamento che ho proposto prevede che gli interventi debbano essere compatibili e armonizzati con il contesto storico ed urbanistico in cui sono localizzati e non mi sembra, pertanto, una norma di poco conto. Con esso si riafferma il principio che qualunque intervento può essere fatto, anche in stile moderno, ma non può non essere armonizzato con il contesto in cui viene inserito, perché si rischia, altrimenti, di determinare la rottura dell'armonia che caratterizza i nostri centri.
Riteniamo che si tratti di una norma saggia che ha lo scopo di evitare ulteriori elementi di pesante rottura con il passato e che valorizza quanto di più prezioso abbiamo, ossia quelle realtà che sono la stratificazione di centinaia di anni di attività edilizie che, nel tempo, si sono sovrapposte e che presentano una loro dignità che deve essere assolutamente salvaguardata.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Bono, purtroppo a causa di un ritardo le comunico solo ora che il suo emendamento 1.15 è precluso dall'approvazione del precedente emendamento Perugia 1.14, perché il suo emendamento interviene nella parte già sostituita dall'emendamento appena approvato. Mi dispiace per il ritardo nella comunicazione, ma l'emendamento Bono 1.15 è precluso.
Passiamo all'emendamento Adenti 1.24.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo all'emendamento Bonelli 1.21.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal relatore nel senso di eliminare il comma 3-ter e mantenere unicamente il comma 3-bis.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, desidero apporre la mia firma all'emendamento Bonelli 1.21, nel testo riformulato.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, anch'io desidero apporre la mia firma all'emendamento Bonelli 1.21, nel testo riformulato.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonelli 1.21, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 464
Maggioranza 233
Hanno votato
463
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.16, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato
470
Hanno votato
no 1).

Passiamo all'emendamento Dussin 1.17.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Pag. 13

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, intervengo sui miei emendamenti 1.17 e 1.18, perché sono simili. Non riesco a capire la motivazione dell'invito al ritiro. Avrei piacere che il relatore la spiegasse.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. Signor Presidente, l'argomento è già stato oggetto di discussione in Commissione e non mi resta che ribadire che l'ANCI è rappresentativo di tutte le realtà dei comuni. Pertanto, non si ravvede la necessità della proposta emendativa del collega Dussin.

PRESIDENTE. Onorevole Dussin, accede dunque all'invito al ritiro?

GUIDO DUSSIN. No, signor Presidente e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, l'ANCI è rappresentativo dei comuni che vi aderiscono. È un sindacato che rappresenta quei comuni. Non vedo perché ad altri, come quelli del Nord, amministrati prevalentemente dalla Lega Nord oppure a quelli che vogliano aderire ad un altro sindacato, non è permesso (mi riferisco a Co.Nord e anche ad altre forme di rappresentanza sindacale). Credo che sia giusto che il sindacato dei comuni sia presente, così come avviene in tutte le forme lavorative e di tutela del lavoro. È una questione di democrazia e di correttezza. Per tale motivo, chiediamo che venga messa in votazione la presente proposta emendativa e penso che tutti i colleghi dovrebbero essere d'accordo su tale forma di democrazia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Intervengo per apporre la mia firma agli emendamenti Dussin 1.17 e 1.18, condividendo le considerazioni svolte dal collega. Ciò non riguarda solo coloro che hanno un'associazione che fa riferimento alla Lega Nord. I comuni, infatti, sono un'unica entità, l'ossatura del nostro Paese e c'è anche l'associazione dei piccoli comuni. Vi possono essere mille situazioni per le quali un comune non aderisce all'ANCI, nonostante questo sia rappresentativo della stragrande maggioranza. Pertanto, ritengo che le due proposte emendative al nostro esame siano di buonsenso e, soprattutto, di rispetto per l'istituzione «comune». In questo caso, ancora una volta ci riempiamo di parole, ma quando si tratta di fare riferimento agli enti locali, che sono la stragrande maggioranza della presenza istituzionale del nostro Paese, poi facciamo solo ed esclusivamente riferimento all'ANCI, che, seppur meritevole di tante cose, sappiamo non essere rappresentativa di tutti.
Pertanto, credo - e mi auguro - che anche in questo caso, diversamente da quello di prima, il Governo e la maggioranza rivedano la loro posizione. Altrimenti, dopo aver apposto la mia firma, voterò a favore delle due proposte emendative al nostro esame.

PIETRO ARMANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, con le stesse argomentazioni del collega Compagnon, vorrei apporre la mia firma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, sono talmente convinto della bontà dell'emendamento Dussin.1.17, che chiedo di poterlo sottoscrivere. Infatti, già ieri si è tenuta un'imponente manifestazione di sindaci di comunità montane e dei comuni montani nella città di Roma. Tale manifestazione era promossa da associazioniPag. 14delle autonomie locali non riconducibili all'ANCI. Questa è una linea che sosteniamo da sempre e, quindi, credo che sia molto opportuno, non solo sottoscrivere l'emendamento Dussin 1.17, ma anche votarlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale solo per ribadire un concetto che deve essere chiaro. Poiché la Costituzione afferma che tutti i cittadini hanno gli stessi diritti, limitare all'ANCI questa possibilità è discriminatorio per milioni di cittadini. L'ANCI, infatti, è un sodalizio non obbligatorio. Perché i miei 6.000 concittadini, faccio l'esempio del mio comune che non è iscritto all'ANCI, debbono essere discriminati rispetto agli altri? Non si possono approvare proposte di legge così. È chiaro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere i due emendamenti Dussin 1.17 e 1.18 che stiamo esaminando. Tuttavia, chiedo anche al rappresentante del Governo, considerato che al Senato la maggioranza è andata sotto ed è stata messa in minoranza sulla questione dello stretto di Messina e che il Ministro Di Pietro ha poc'anzi dichiarato testualmente... (Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, il suo intervento non attiene alla discussione.

TEODORO BUONTEMPO. Anche con riferimento all'esame dell'emendamento, dicevo che il Governo va in minoranza al Senato. Due Ministri sostengono che se cade il Governo vi sarà un Esecutivo tecnico. Anche nell'andamento dei lavori bisogna tenere conto che vi è una crisi politica in atto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva - (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania e La Rosa nel Pugno).
(Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 426
Astenuti 44
Maggioranza 214
Hanno votato
241
Hanno votato
no 185).

Prendo atto che il deputato Cassola ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario. Prendo altresì atto che il deputato Rao ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Chiedo alla Commissione un parere sul successivo emendamento Dussin 1.18 che fa riferimento ad una specifica associazione; in particolare se lo considera assorbito dal precedente.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, ritengo che il voto precedente abbia posto una questione che è sul tappeto. Penso che avesse una sua legittimità. Si tratta di valutare come rappresentare quei comuniPag. 15che non aderiscono all'ANCI. Il senso del giudizio negativo espresso dal relatore era legato al fatto...

PRESIDENTE. Scusate colleghi, consentite al presidente di parlare tranquillamente e ai colleghi di ascoltarlo.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Il senso del giudizio negativo espresso dal relatore era legato al fatto che stiamo parlando di un processo legislativo. Attualmente nella Conferenza Stato-regioni-enti locali è rappresentato l'ANCI e non altri soggetti. È chiaro che l'emendamento precedente andrà valutato non in relazione a questo provvedimento, ma in relazione a come si articola oggi la rappresentanza dei comuni.
Chiedo ai colleghi di ritirare l'emendamento Dussin 1.18, che è in parte in contraddizione con quello appena votato, perché fa riferimento ad una specifica organizzazione di enti locali, mentre il tema è molto più esteso, come sapete; esistono organizzazioni di enti locali legate ai piccoli comuni, altre legate tradizionalmente alla storia della sinistra. Mi pare che lo spirito sia riassunto nell'emendamento precedente, mentre questo appare contraddittorio con la filosofia che è stata espressa da chi ha votato precedentemente a favore.

GUIDO DUSSIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, la nostra volontà è di ritirarlo, ma non per le motivazioni espresse dal presidente Realacci, al quale mi rivolgo con affetto particolare, perché si pone sempre in modo molto educato. Egli, tuttavia, sa benissimo che tale questione è fondamentale.
Con riferimento all'emendamento 1.18, non siamo contraddittori, nel senso che esso non fa altro che ribadire quanto ha espresso l'emendamento 1.17, vale a dire che i comuni possono essere rappresentati in ogni caso in Italia, non soltanto da un'unica organizzazione. I punti di vista, molto probabilmente, sono diversi e la democrazia ha bisogno di punti di vista diversi. Quindi, la rappresentanza sindacale deve dare voce a tutte le espressioni territoriali.
Sappiamo benissimo che nei comuni vi sono posizioni molto diverse da quelle espresse dalla ANCI in questo periodo, soprattutto perché l'ANCI sta tutelando e difendendo i grandi comuni e non i piccoli. In particolar modo su questo provvedimento sono venute a galla le contraddizioni dell'ANCI che ha difeso per anni i grandi comuni e, oggi che si parla di borghi antichi, le contraddizioni emergono.
Ritiriamo l'emendamento 1.18 con le motivazioni espresse. Il risultato lo abbiamo già ottenuto con l'emendamento Dussin 1.17; la nostra istanza è passata. Nel prosieguo dei successivi provvedimenti di legge e nel corso delle discussioni nelle Commissioni, vogliamo che vengano invitate tutte le rappresentanze sindacali dei vari comuni.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori dell'emendamento Perugia 1.19 se accedono all'invito al ritiro.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Sì, Presidente, come avevo preannunciato in sede di Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 16
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 467
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato
465
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato...

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
Prego, onorevole Buontempo, ha facoltà di svolgere la dichiarazione di voto.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nell'esprimere il voto favorevole a nome de La Destra sull'articolo 1 ritengo comunque indispensabile che, mentre procedono i nostri lavori, si apra anche un dibattito politico sulla crisi che, ormai, è in atto, dal punto di vista politico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 485
Maggioranza 243
Hanno votato
483
Hanno votato
no 2).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Evangelisti 1.010.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dalla Commissione e dal Governo.

FABIO EVANGELISTI. Accedo all'invito al ritiro, Presidente.
Tuttavia, voglio far presente che, nel momento in cui si pone il problema della riqualificazione urbana, dei centri storici e quant'altro, è difficile prescindere dalla necessità di liberare i centri storici dal traffico e, in particolare modo, dal traffico pesante.
Concludo con un esempio. Il collega Barani è sindaco di un comune della Lunigiana, Villafranca, dove si trova Filetto, un borgo stupendo. È perfettamente inutile pensare ad interventi di riqualificazione se non si elimina il traffico che, ancora oggi, seppure a senso unico, lo attraversa.

PRESIDENTE. L'onorevole Cordoni aveva chiesto di parlare sull'articolo aggiuntivo che però è stato testé ritirato dal presentatore. Vedo ora che intende intervenire; a che titolo, onorevole?

ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, comprendo il problema. Avevo chiesto la parola, non ricordo bene se tempestivamente, perché volevo annunciare la sottoscrizione dell'articolo aggiuntivo Evangelisti 1.010; poi, certo, è intervenuta la decisione successiva. Vorrei sottoscrivere anche l'articolo aggiuntivo Evangelisti 1.011, in quanto il tema proposto è importante e significativo. Anche se si deciderà di ritirarlo per le ragioni illustrate, però vorrei esprimere la mia posizione al riguardo.

PRESIDENTE. Onorevole, la Presidenza, appunto, era a conoscenza della sua richiesta di intervento; aveva tuttavia anzitutto il dovere di chiedere al presentatore se intendeva accedere all'invito al ritiro della sua proposta emendativa. Comunque, prendo atto dell'apposizione della sua firma ai due articoli aggiuntivi, anche se l'articolo aggiuntivo Evangelisti 1.011 non è stato segnalato e, quindi, non verrà posto in votazione.

Pag. 17

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 550 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Misiti 2.14 e Stradella 2.16 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: dopo le parole «Con decreto del Ministro delle infrastrutture» aggiungere le parole «di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali».
La Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti 2.15 Misiti e 2. 17 Stradella. Quanto all'emendamento Cirino Pomicino 2.10...

PRESIDENTE. Mi scusi, relatore, ma la Presidenza ricorda che l'emendamento Cirino Pomicino 2.10 non è stato segnalato; quindi, può procedere oltre.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Bono 2.11, mentre formula un invito al ritiro dell'emendamento Bono 2.12. Infine, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Dussin 2.13 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: sostituire le parole « Il Ministro dell'economia e delle finanze» con le parole «Il Ministro delle infrastrutture».

PRESIDENTE. Il Governo?

ANGELO CAPODICASA, Viceministro delle infrastrutture. Signor Presidente, in base a quanto espresso dalla Commissione il Governo esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Misiti 2.14 e Stradella 2.16 a condizione che sia accolta la riformulazione proposta dal relatore.
Il Governo esprime parere favorevole sugli identici emendamenti 2.15 Misiti e 2.17 Stradella e sull'emendamento Bono 2.11, mentre formula un invito al ritiro sull'emendamento Bono 2.12. Infine, il Governo esprime parere favorevole sull'emendamento Dussin 2.13 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione, proposta dal relatore: sostituire le parole «Il Ministro dell'economia e delle finanze» con le parole « Il Ministro delle infrastrutture».

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti Misiti 2.14 e Stradella 2.16.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal relatore e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Misiti 2.14 e Stradella 2.16, nel testo riformulato, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 481
Maggioranza 241
Hanno votato
481).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Misiti 2.15 Stradella 2.17, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 18
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 491
Maggioranza 246
Hanno votato
491).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 2.11, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 482
Maggioranza 242
Hanno votato
482).

Passiamo all'emendamento Bono 2.12.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

NICOLA BONO. Signor Presidente, anche il mio emendamento 2.12 è diretto a rendere coerente la norma rispetto all'obiettivo della ricomposizione dei centri storici, spesso danneggiati nel tempo da scelte di carattere edilizio che ne hanno stravolto l'originario assetto. La norma in discussione, infatti, tra le priorità già stabilite dal comma in esame, che non vengono minimamente alterate, aggiunge un altro concetto, che, a mio avviso, è meritevole di attenzione: gli interventi con priorità, cioè, devono essere finalizzati al recupero dell'originario assetto storico, architettonico e urbanistico. Un'affermazione del genere non si pone in alternativa, ma in continuità con l'articolato che finora abbiamo valutato, discusso e, in larga misura, approvato.
Non accedo, pertanto, all'invito al ritiro, ma rivolgo anzi io un invito a svolgere una riflessione sull'opportunità di votare a favore di tale proposta emendativa. Insisto pertanto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 2.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 460
Astenuti 21
Maggioranza 231
Hanno votato
203
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che il deputato Bianco ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Dussin 2.13.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione proposta dal relatore e dal Governo.

GUIDO DUSSIN. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal relatore e dal Governo.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 2.13, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 484
Maggioranza 243
Hanno votato
484).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.

Pag. 19

BASILIO GERMANÀ. Signor Presidente, preannunzio la mia astensione dalla votazione sull'articolo 2: 25 milioni di euro per ottomila comuni significa che ogni comune, ben che vada, dopo avere avviato le pratiche per accedere ai contributi, otterrebbe sì e no tremila euro. Si tratta di un conto semplice da fare, con una divisione elementare. Credo, pertanto, che al comune costi di più, fra ufficio tecnico, domande e funzionari, istruire la richiesta per accedere al contributo, al fine di ottenere i tremila euro.
Nonostante noi condividiamo lo spirito della legge, devo però osservare che, mentre domani leggeremo sui giornali che si è fatto qualcosa per i centri storici, ciò tuttavia non risponde al vero in base all'esiguità delle somme erogate.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 492
Votanti 487
Astenuti 5
Maggioranza 244
Hanno votato
486
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Ronchi e Palomba hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 550 ed abbinate sezione 5).
Qual è il parere del Governo?

ANGELO CAPODICASA, Viceministro delle infrastrutture. Il Governo accetta l'ordine del giorno Catanoso n. 9/550/1.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Catanoso n. 9/550-A ed abbinate /1.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Perugia. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, il provvedimento oggi in esame si prefigge l'obiettivo di fornire strumenti e sostegno ai piccoli comuni, per la riqualificazione e la valorizzazione del loro patrimonio artistico e culturale, ed è il frutto dell'unificazione di proposte differenti, già presentate nella scorsa legislatura.
Mi pare che il risultato possa essere accolto più perché indica una direzione di marcia che non per la consistenza stessa dell'intervento, che, a mio parere, rischia di essere inefficace, data la vastità della platea dei beneficiari rispetto al fondo che si va a costituire e che, pertanto, dovrà essere rinforzato e reso permanente negli anni a venire.
La platea dei beneficiari, come dicevo, comprende i comuni con popolazione fino a 200 mila abitanti, cioè la quasi totalità dei comuni, se consideriamo che in Italia ce ne sono soltanto quindici sopra questa soglia. Seppure restringessimo il campo ai comuni con popolazione inferiore o pari a quindicimila abitanti, ci rivolgeremmo, comunque, al 91 per cento del totale, ma forse si potrebbe dare maggiore omogeneità all'intervento. In ogni caso, i dati relativi alla distribuzione demografica nelPag. 20nostro territorio evidenziano un reticolato diffuso di insediamenti, latori di una molteplicità di tradizioni, storia e culture uniche nel panorama nazionale e che costituiscono, anche in sinergia con i beni ambientali, la peculiarità e la maggiore ricchezza del Paese.
A fronte di ciò, però, è sotto gli occhi di tutti come da alcuni decenni sia in atto un processo di urbanizzazione verso le aree metropolitane e di progressivo spopolamento dei centri minori, causato dalla crisi economica e occupazionale, che ha visto la ripresa, anche recentissima, di massicce ondate migratorie interne.
Dati Istat ci dicono, infatti, che la popolazione che vive, ad esempio, nei comuni fino a 10 mila abitanti è diminuita del 20 per cento negli ultimi decenni, passando dal 44,6 al 24,6 per cento della popolazione. Si tratta, peraltro, di un dato relativo al 2001 e, quindi, probabilmente da valutare per difetto.
Abbiamo, cioè, assistito allo spostamento ininterrotto di ingenti popolazioni dai centri minori, potenziali promotori di una qualità della vita ricca di relazioni e di scambi di beni durevoli, verso il deserto sociale, economico e culturale, costituito dalle periferie delle grandi metropoli.
Un modello di sviluppo miope, anziché investire sulle peculiarità dei territori e sulla diversificazione delle risorse, valorizzandone il tessuto diffuso, ha progettato grandi autostrade, ponti anacronistici, treni ad alta velocità, per trasportare, appunto, velocemente le merci nella competizione globale.
Così, in nome della omologazione alla competitività mercantile, si sono persi saperi e culture popolari e si sono tagliate fuori dal circuito intere comunità che, invece, avrebbero potuto costituire un sistema microeconomico, questo sì, competitivo a livello mondiale.
L'Unesco, infatti, ci dice che, dal punto di vista dell'offerta dei beni culturali - voglio sottolineare l'espressione «offerta», per intendere che il potenziale è ben più ampio - l'Italia possiede più del 50 per cento del patrimonio storico-artistico mondiale e che la maggior parte di questo è concentrato nell'Italia meridionale, ma ci dice anche che il nostro è il Paese che lo ha meno utilizzato, assumendo, da questo punto di vista, una posizione che potrebbe definirsi passiva.
Perciò ritengo, pur senza eccessiva enfasi, che il provvedimento che ci accingiamo a votare possa aiutare ad uscire da tale passività, indicando una strada che dovremmo imboccare con maggiore determinazione, invertendo la rotta delle priorità e puntando su uno sviluppo basato non solo sulla diversificazione delle risorse e dei territori, ma centrato anche sulla cultura del riuso, della manutenzione e della valorizzazione dell'esistente.
Pertanto, annuncio il voto favorevole del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Cirino Pomicino, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Morrone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, innanzitutto volevo ringraziare il relatore per l'ottimo lavoro svolto.
Onorevoli colleghi, come tutti sappiamo e come è ben noto, i centri storici sono fonte di enorme ricchezza socioculturale e, in quanto tali, devono essere salvaguardati e valorizzati.
I centri storici costituiscono il fulcro delle aree urbane e di molte attività economiche, e sono elementi cardine sia sul piano socioculturale sia su quello economico-funzionale.
Il provvedimento in esame costituisce un segnale molto importante nei confronti della problematica della tutela e della valorizzazione dei centri storici e perciò ha trovato la piena condivisione dei gruppi parlamentari, ottenendo i pareri favorevoli delle Commissioni competenti. Del resto, si tratta di un provvedimento che per il nostro Paese rappresenta una reale opportunità di intervenirePag. 21nel settore delle politiche territoriali, urbanistiche ed edilizie.
I punti salienti e a mio avviso più qualificanti del provvedimento in esame sono i seguenti: innanzitutto, lo Stato favorisce gli interventi finalizzati al recupero, alla tutela e alla valorizzazione dei centri storici dei comuni con popolazione pari o inferiore ai 200.000 abitanti (quindi la disposizione non riguarda tutti i comuni); tali comuni possono individuare zone in cui agire realizzando interventi integrati, sia pubblici sia privati, all'interno dei loro centri storici. Tali interventi devono essere approvati con deliberazione del comune interessato e possono prevedere diversi aspetti: il risanamento, la conservazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente (tutto ciò, con grande riduzione delle risorse per le opere di urbanizzazione primaria); inoltre, possono anche prevedere il rilancio dell'attività di realizzazione di nuove opere pubbliche, la manutenzione straordinaria di quelle già esistenti e il consolidamento statico e antisismico degli edifici storici (come tutti sappiamo, nei nostri centri storici si trovano edifici a volte fatiscenti, a volte bisognosi di risanamento statico e strutturale: prevedere per legge i suddetti interventi è senz'altro una novità).
Inoltre, le regioni possono anche prevedere altre forme di indirizzo e di coordinamento.
Poi, con decreto del Ministro delle infrastrutture, sono anche definiti i parametri qualitativi sulla base dei quali individuare i centri storici in comuni con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti, ai quali assegnare il cosiddetto marchio di «borghi antichi d'Italia», che però non comporta il riconoscimento dell'interesse culturale o paesaggistico.
Infine, presso il Ministero dell'economia e delle finanze si istituisce il Fondo nazionale per il recupero e la tutela dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia.
Pertanto, il provvedimento in esame ha il pregio di stimolare le istituzioni sia regionali sia locali - che a volte sono non dico assenti, ma ferme - all'attuazione dei piani volti al risanamento, al recupero della propria realtà territoriale e all'adozione di una politica efficiente, volta alla riqualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico.
Per le ragioni che ho ora elencato, il provvedimento in esame non può che essere pienamente condiviso dal gruppo parlamentare Popolari-Udeur e pertanto annuncio il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, questo testo unificato si inserisce in un quadro più complessivo che abbiamo già discusso in passato con la proposta di legge sui piccoli comuni che, purtroppo, è ancora ferma al Senato.
La proposta di legge che abbiamo preso in considerazione nella precedente legislatura, che purtroppo non ha trovato una giusta definizione, viene oggi ad essere finalmente approvata in questo ramo del Parlamento. Si tratta di un provvedimento importante che - come dicevo precedentemente - investe e completa il processo di armonizzazione dei piccoli comuni e finalmente valorizza le risorse immense che esistono nel nostro territorio, attraverso il recupero dei centri storici e dei beni culturali.
Il provvedimento si inserisce in un meccanismo estremamente virtuoso, poiché non utilizza semplicemente i fondi dello Stato o della finanza pubblica, ma coinvolge anche quei soggetti privati che credano profondamente in un rilancio complessivo della tutela e della valorizzazione dei beni culturali e nel recupero dei centri storici. Si crea così un sistema grazie al quale si potrà recuperare, all'interno dei centri storici, soprattutto dei piccoli comuni, densità abitativa e una maggiore partecipazione ai processi di sviluppo, in particolare del turismo culturale e storico, che potrà coinvolgere anche i tanti conventi che esistono nel territorio nazionale e in modo particolare - come si diceva precedentemente - nelle aree del Mezzogiorno d'Italia.Pag. 22
Valutiamo questo provvedimento come molto importante e perciò, come socialisti e radicali de La Rosa nel Pugno, riteniamo di votare a favore. Lo abbiamo già fatto con la legge sui piccoli comuni e lo faremo oggi, convinti che possa rappresentare un volano importante per il recupero dell'economia dei piccoli comuni, anche dei centri abitativi con popolazione inferiore a 15 mila abitanti.
Anche noi certamente avremmo preferito che vi fosse un una dotazione finanziaria diversa. Ci rendiamo perfettamente conto che 25 milioni di euro previsti per gli anni 2007-2009 sono sicuramente pochi per i tanti comuni, i tanti beni culturali e il recupero dei tanti centri storici del nostro Paese, ma tutto ciò rappresenta comunque un fatto sicuramente importante, perché avvia un processo e determina la consapevolezza della necessità di valorizzare al massimo, oggi più che mai, le grandi risorse culturali del Paese: è l'unico veicolo serio per rilanciare il turismo e per contrastare in modo definitivo il processo di degrado dei piccoli comuni.
L'aspetto importante risiede nella previsione che negli anni successivi al 2009 si possa determinare, all'interno delle tabelle, un aumento di dotazione finanziaria che si aggira sui 150 milioni di euro. Se aggiungiamo - come affermavo in precedenza - che il testo unificato va nella direzione dell'utilizzo di risorse economiche private, sicuramente si determinerà un intervento di carattere finanziario che potrà realmente affrontare con determinazione il recupero dei centri storici e dei beni culturali del nostro Paese.
Stiamo vivendo un periodo di grande drammaticità: si sta determinando una nuova disoccupazione urbana. I grandi fenomeni di emigrazione dalle aree interne della nostra realtà nazionale verso i grandi centri urbani stanno determinando questo nuovo fenomeno, che significa costruire, all'interno delle città, ghetti e zone di grande degrado sociale, generando, quindi, anche la possibilità di avere, in quelle realtà, un inserimento di fenomeni malavitosi e criminali. Ecco perché vi è la necessità di recuperare i nostri centri storici e di esaltare i grandi beni culturali che abbiamo, soprattutto - lo voglio sottolineare - nei piccoli centri della nostra comunità nazionale.
Voglio aggiungere - e lo affermo con grande convinzione - che abbiamo approvato un emendamento che, finalmente, rende anche possibile il confronto, nella discussione istituzionale, non soltanto con un'associazione dei comuni - mi riferisco all'ANCI - ma anche con altre associazioni che guardano con particolare interesse alle realtà non solo montane, ma anche periferiche del nostro sistema delle comunità.
Ritengo che tali elementi siano estremamente significativi e, per questo motivo, noi socialisti e radicali della Rosa nel Pugno esprimiamo convintamente il nostro voto favorevole alla proposta di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, giungiamo oggi all'approvazione di un provvedimento che poteva già trovare una sua disciplina compiuta nella scorsa legislatura. Ci stiamo occupando essenzialmente di migliaia di centri storici e, quindi, di una grande concentrazione di beni artistici, storici e paesaggistici di grande valore. Si tratta di un concentrato di beni culturali e di bellezze paesaggistiche che costituiscono l'ossatura storica del nostro Paese.
È bene ricordare in questa sede che l'Italia non è composta solo da importanti siti archeologici e da grandi città d'arte, ma vi sono altrettanti siti, diffusi su tutto il territorio nazionale, che vengono definiti «minori» solo a causa della scarsa notorietà e non certo per l'assenza di patrimoni artistici e culturali.
Il provvedimento in esame pone l'accento sul recupero e sulla riqualificazione urbana con particolare attenzione proprio a tali centri storici. Si tratta di una nuova fase di pianificazione territoriale perfettamentePag. 23in linea con gli indirizzi e gli orientamenti che oggi provengono dall'Unione europea, anche in tema di rafforzamento di un sistema territoriale incardinato nelle città medie. Si mettono, altresì, in evidenza due aspetti importanti: l'integrazione tra pubblico e privato, al fine di promuovere lo sviluppo e favorire interventi finalizzati al recupero, alla tutela e alla valorizzazione dei centri storici, per raggiungere l'obiettivo della riqualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico; il coinvolgimento di regioni ed enti locali, al fine di promuovere le iniziative politiche rivolte ad ottenere il risanamento, la conservazione ed il recupero del patrimonio edilizio.
Ritengo che la valenza di questo provvedimento sia da valutare anche alla luce del tentativo di porre un freno a quel meccanismo perverso che ha portato allo spopolamento dei nostri centri storici e che ha interessato gran parte dei comuni minori.
Con questo intervento, stimolando una ripresa dell'attività edilizia privata, si va verso un sistema integrato pubblico e privato, che potrebbe anche consentire di superare i limiti di natura finanziaria con cui i piccoli comuni spesso devono fare i conti nella programmazione e nella riqualificazione urbanistica.
Circa la qualificazione terminologica di «borgo antico», tuttavia, è opportuno evitare che si creino delle barriere troppo rigide e che il marchio «borgo antico d'Italia» determini una classificazione di comuni troppo limitativa.
Non vogliamo, cioè, che il criterio dei 5 mila abitanti determini eclatanti esclusioni di centri meritevoli della giusta attenzione, in virtù della loro ricchezza dal punto di vista storico-artistico.
I nostri comuni, specie quelli più piccoli, incontrano difficoltà che non sono soltanto di natura finanziaria, ma anche dovute all'inadeguatezza degli strumenti urbanistici volti a rispondere a tali esigenze. Troppo spesso ci occupiamo dei problemi delle grandi città e, soprattutto, della riqualificazione delle loro periferie, ma non dobbiamo - questo provvedimento ne è la prova - dimenticare o perdere di vista il piccolo comune e il piccolo territorio, che vivono di un'economia propria e che possono costituire una grande potenzialità di sviluppo.
Per questi motivi, nella speranza che possa costituire uno strumento che concretamente possa far emergere la potenzialità inespressa dei nostri piccoli comuni e dei nostri borghi, il gruppo UDC esprime il suo voto favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente, come si fa a non essere d'accordo, quando si parla di valorizzare i nostri antichi nuclei e borghi e di istituire il marchio «borghi antichi d'Italia» per i comuni sotto i 5 mila abitanti? Non si può che essere d'accordo. Tuttavia, se si legge il provvedimento comma per comma, ci si rende conto che vogliamo fare «le nozze con i fichi secchi»!
Infatti - come ho già sostenuto nel mio intervento precedente in merito a un emendamento che ho presentato - innanzitutto questo provvedimento riguarda 8.102 comuni italiani e ne esclude solamente 13; esso riguarda, quindi, 48 milioni di abitanti. Di conseguenza, dovendo finanziare tutti gli splendidi borghi esistenti in Italia, il collega intervenuto in precedenza, il quale ha sostenuto che costerebbe 3 mila euro per ogni borgo, ha fatto male i conti: si tratterebbe, infatti, di 10-20 mila euro per ogni comune, che ha una ventina o una trentina di borghi e antichi nuclei da valorizzare.
Dunque, effettivamente, questo provvedimento lascia a desiderare per quanto riguarda il finanziamento e poteva essere migliorato. Ho visto ritirare proposte emendative - come quella del collega Evangelisti - di grande buon senso, con una grandissima prerogativa di sviluppo e di reale concretizzazione della valorizzazione,Pag. 24anche da un punto di vista infrastrutturale, degli antichi borghi. Tuttavia, il collega è stato costretto a ritirarla.
In conclusione, signor Presidente, si doveva e si poteva fare di più, non basta la semplice enunciazione. Non è possibile manifestare sempre buoni propositi e, poi, concretamente, rimaniamo con un pugno di mosche in mano!
Non riusciamo a fornire risposte ad un patrimonio culturale e architettonico di molti comuni e di molti centri storici, che costituisce la ricchezza di questa Italia. Si è voluto prevedere il limite dei 200 mila abitanti e abbiamo sbagliato! Lo ripeto: abbiamo sbagliato! Dovevamo puntare sui piccoli comuni - quelli sotto i 5 mila abitanti - e valorizzare solo quelli, cercando di eliminare l'eccessiva burocratizzazione.
Ieri abbiamo approvato un provvedimento volto a modernizzare lo Stato e deburocratizzare la macchina amministrativa; adesso, invece, abbiamo previsto una Conferenza unificata tra il Ministero delle infrastrutture e il Ministero per i beni e le attività culturali al fine di emanare il bando di gara per i comuni che hanno ottenuto il marchio di «borghi antichi d'Italia».
Inoltre, abbiamo previsto per le regioni un ruolo di indirizzo e coordinamento finalizzato al recupero e alla valorizzazione dei centri storici. Infine, abbiamo previsto la possibilità che i comuni intervengano economicamente anche con i privati, con una quota parte.
Pertanto, abbiamo complicato una questione che avrebbe dovuto essere semplificata. Non dobbiamo perdere questo patrimonio.
Come ho già detto, leggendo il titolo del provvedimento, come si fa ad essere contrari? Tuttavia, se si va a verificare nel concreto, vi è rimasta solo teoria. Per questo motivo, noi socialisti e riformisti, in modo responsabile, sosteniamo di non poter esprimere il nostro voto favorevole e ci asterremo proprio per fare presente che sarebbe stato necessario fare di più per i comuni rispetto a questo provvedimento, che rappresenta una semplice enunciazione, che concretamente non determina per i comuni italiani nessun beneficio evidente. Si continua a filosofare, mentre la nostra azione legislativa manca di concretezza.
Per questo motivo, ci asterremo, sperando di poter cambiare questo provvedimento in un futuro prossimo, facendo in modo che a beneficiare dei fondi a disposizione siano solamente i piccoli comuni che non possiedono le stesse risorse di quelli grandi. Nei grandi comuni gli imprenditori e le amministrazioni sono in grado di recuperare da soli questi borghi. Invece, i piccoli centri dovranno avere il sostegno dell'amministrazione pubblica per cercare di recuperare questi bellissimi borghi che hanno reso grande l'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Camillo Piazza. Ne ha facoltà.

CAMILLO PIAZZA. Signor Presidente, i Verdi salutano con soddisfazione e voteranno con convinzione il provvedimento in discussione sulla riqualificazione e recupero dei centri storici, che costituisce da decenni una battaglia storica per noi ambientalisti.
Si tratta di un'opportunità in più per lasciarci alle spalle un periodo troppo lungo di scempi e devastazioni inflitti al nostro paesaggio e patrimonio di borghi e centri storici, all'insegna di uno sviluppo male inteso: grandi opere - spesso inutili e dannose - e piccoli omicidi, come l'utilizzo indiscriminato della plastica vergine come arredo urbano.
Si tratta di un assalto che ha spinto uno dei precursori della difesa dell'ambiente e del passaggio, Leonardo Borgese, a scrivere un libro storico, L'Italia rovinata dagli italiani, in cui commenta amaramente il fatto che vi siano troppi italiani nemici dell'Italia.
Tuttavia, possiamo affermare che, come contrappasso, in questi anni, sono aumentati anche gli amici dell'Italia, gli ambientalisti, le associazioni, i comitati e i tanti cittadini sempre più sensibili alla bellezza e alle qualità della vita: un'ondata che haPag. 25determinato, oltre ad una più intensa attività di tutela, un vero e proprio revival dei borghi antichi e dei centri storici anche in termini di recupero e rivalutazione di un'identità culturale che sembrava spesso a rischio di estinzione.
È iniziata la fase della riscossa per un patrimonio di incredibile ricchezza, senza contare i musei e i siti archeologici. L'Italia, infatti, conta 40 mila tra castelli e rocche, 27 mila ville storiche, 15.500 conventi e 95 mila chiese rinchiusi nei 19.700 centri storici.
Si tratta di un grande magnete di attrazione turistica. Pensate che un'indagine condotta dall'ENIT nel 2005 rivela che la componente culturale costituisce il motivo predominante della scelta della meta per le vacanze verso il nostro Paese. Basti pensare che il mercato dell'agriturismo produce circa 800 milioni - 1 miliardo di euro all'anno, con un incremento del 120 per cento tra il 1999 e il 2004.
Le battaglie per la tutela e lo sviluppo di qualità hanno gradualmente trovato un'eco positivo nella legislazione sia italiana che europea. Tale legislazione inizia nel vicino 2006: la Commissione europea ha in qualche modo garantito, attraverso il programma comunitario URBAN, un intervento di parecchi miliardi di euro in oltre 70 città italiane.
Per quanto riguarda la legislazione italiana, ringraziando il relatore e tutti gli altri membri per il lavoro svolto all'interno della Commissione, vorrei sottolineare che il testo unificato che oggi ci apprestiamo a votare, colma, in maniera indiscutibile, una lacuna. Esso aggiunge, inoltre, un tassello importante alla grande opera di riqualificazione dei centri storici e dei borghi antichi e lo fa con estrema efficacia e semplicità.
Sono previsti due soli ed essenziali articoli basati su due obiettivi chiari: si riconosce a pieno titolo il ruolo che, in una moderna politica infrastrutturale, possono rivestire gli strumenti volontari di integrazione tra pubblico e privato, sempre - è importante ribadirlo - all'interno di una pianificazione generale ed esecutiva esistente, come la mia collega Grazia Francescato ha affermato durante la discussione in Commissione.
Per questo motivo, il gruppo dei Verdi voterà convintamente a favore del provvedimento al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei dichiarare fin da subito che il mio gruppo voterà a favore di questo provvedimento. La bontà di tale testo unificato sta nel fatto che gli articoli di cui si compone offrono l'opportunità di fecondare nuove realtà contributive. Con l'apporto di regioni, comuni e, in modo particolare, di privati sicuramente daremo l'avvio a un volano; quindi, si potrà anche creare un meccanismo di sviluppo all'interno dei centri storici, quei centri abitati già da molto tempo.
Avremo l'occasione di recuperare quella socialità, quell'architettura, quella patina che si è stratificata nei secoli con un'evidente opportunità di recupero urbanistico, di tutta una serie di sottoservizi già stratificati nel tempo, quella stratificazione che non è solamente di carattere urbanistico e architettonico, ma anche sociale.
Pertanto, credo che questo provvedimento offra una grande opportunità per il recupero in senso ampio, un recupero a trecentosessanta gradi della nostra storia e della nostra cultura. Una cultura pervasa soprattutto di architettura e di forme di stanziamento che hanno creato la vera storia e la vera immagine del nostro Paese, di un Paese formato da comuni. Questi ultimi sono, a loro volta, costituiti da centri storici che sono stati fino ad oggi oggetto di tutela, ma in senso «romantico», e non al fine di metterli a disposizione sia dei fruitori residenti, sia dei turisti.
La nostra critica al testo unificato al nostro esame riguarda solo l'aspetto della mancanza dei fondi sufficienti a far sì chePag. 26questo provvedimento divenga veramente importante; inoltre, mancano fondi che offrano ai centri storici minori l'opportunità di essere veramente protagonisti di questo nuovo indirizzo.
Un'altro punto sul quale siamo critici riguarda il fatto che abbiamo esteso questo piccolo impegno di spesa sino a ricomprendere quei borghi antichi che risiedono all'interno dei comuni con 200 mila abitanti.
Se ci si fosse riferiti a comuni di dimensioni di cinquemila, quindicimila o, al massimo (volendo proprio esagerare), cinquantamila abitanti, vi sarebbe stato lo spirito giusto in controtendenza con la programmazione del nostro Paese negli ultimi anni.
Quindi, è con questo spirito che ci apprestiamo ad esprimere un voto favorevole, sperando nell'intervento del Senato affinché, in seconda lettura, possa ridurre il numero di 200 mila abitanti previsto dalla norma.
Vorremmo mandare un messaggio all'Assemblea e anche al Governo, in modo tale che nel futuro il Fondo previsto da questo provvedimento sia rimpinguato, affinché si possa intervenire realmente in tutti i centri storici del nostro Paese.
Pertanto, con questa mia dichiarazione di voto, preannuncio il voto favorevole del gruppo Lega Nord Padania sul testo unificato in esame, seppur sottolineando la carenza e la mancanza di fondi sufficienti a far sì che questo provvedimento diventi veramente importante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Realacci).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo ad approvare oggi va valutato sotto diversi profili: il primo è un profilo legislativo, ma anche di tipo culturale.
Si vuole lanciare un messaggio per cercare di riportare alla memoria di molti ciò che è sfuggito. Abbiamo assistito nei mesi scorsi, anche in ragione delle vicende francesi, alla grande polemica e al grande dibattito sulle banlieue, e anche da noi si è iniziato a pensare che il tema delle periferie fosse essenziale, essendo necessario fornire delle risposte, e che dovesse essere iscritto al primo punto dell'agenda politica.
Forse, molti hanno dimenticato, però, che il disagio delle periferie, soprattutto in molti comuni minori, è un problema che vivono drammaticamente i centri storici. Dobbiamo dirlo francamente: una volta il centro storico era luogo di incontro, attraverso la piazza, di quello spirito della comunità locale che attorno ad esso si sviluppava.
Lì vi erano i mercati, i negozi caratteristici: oggi assistiamo, invece, ad uno stravolgimento. Penso che tante polemiche che poi si sollevano rispetto, ad esempio, a fast food aperti in edifici di grande pregio o di fronte ad essi, una qualche risposta la meritino, e che la politica non possa sottrarsi a un tema destinato, negli anni, a porsi sempre più all'attenzione.
Non possiamo pensare, attraverso i piani di riqualificazione urbana, di dedicare la dovuta attenzione alle periferie e poi lasciare, invece, i centri storici in una situazione di abbandono, quale quella rilevabile oggi in molti centri italiani. Vi sono amministratori a volte incuranti e a volte impediti nel dare una risposta laddove, vicino a case fatiscenti, abbandonate o addirittura occupate, si trovano dei giacimenti culturali, dei monumenti, delle bellezze architettoniche che stridono con l'ambiente circostante e che addirittura in molti casi finiscono con il perdere il loro significato più intimo e importante.
Così come in molti Stati ci si è preoccupati di dare una risposta, in questo caso la risposta legislativa innanzitutto - mi permetto di dirlo - è il messaggio che la politica non si dimentica o non si è voluta dimenticare di un problema che sa essere un grande problema e una grande questione nazionale.
È vero: vi è il problema delle risorse, ma anche sotto questo profilo dobbiamo intenderci. Oggi abbiamo a disposizionePag. 27delle risorse modeste, perché in un unico testo sono confluite diverse proposte di legge che hanno dei punti di convergenza, ma anche - dobbiamo riconoscerlo - delle finalità fra loro non contraddittorie, ma soltanto complementari.
D'altra parte, però, dobbiamo tener presente tutte le varie risorse che possono essere attinte anche in ambito europeo, nonché nell'ambito di una programmazione e di una ricerca di finanziamenti che coinvolga, ad esempio, il rapporto pubblico-privato (purché alla luce del sole), con regole anche agili che possano cioè consentire, effettivamente, di portare anche una chiave di modernità nei centri storici.
Chiunque vada a Berlino, infatti, vede una città che una volta era la Berlino dell'Est, e che oggi sta profondamente cambiando la sua fisionomia anche con interventi coraggiosi e forse provocatori, sotto il profilo urbanistico, ma che tutto sommato mantiene la dignità e la fisionomia dei vecchi segni che contraddistinguono la storia di un Paese e di un territorio.
Questo è il senso che si è voluto attribuire, innanzi tutto, al provvedimento al nostro esame. Intendo sottolineare in questa sede - ma lo ricordavo già in Commissione alla collega Perugia - che il riconoscimento di un marchio per i borghi antichi d'Italia serve anche ad evitare quella proliferazione di marchi «fatti in casa» che poi finiscono, molto spesso, per distrarre il turista, impedendo di distinguere tra ciò che costituisce - effettivamente - pregio architettonico meritevole di tutela e ciò che è invece una ricostruzione, per così dire, un po' accelerata di un vero borgo antico.
Molto spesso assistiamo ad autodefinizioni che per questo - e solo per questo - già assumono una loro dignità, ma che poi, invece, sotto il profilo culturale, storico ed urbanistico finiscono per rappresentare situazioni quanto meno ambigue.
Anche sotto tale profilo, il riconoscimento di legge che il provvedimento odierno propone serve a discernere ciò che merita un effettivo riconoscimento da ciò che può essere apprezzato, ma non perciò è meritorio di un riconoscimento legislativo.
Non si è potuto stabilire che i borghi antichi d'Italia dovessero essere, di per sé, ricompresi all'interno dei centri storici, poiché vi sono alcuni borghi rurali antichissimi di pregevole - anzi pregevolissimo - valore culturale e storico che non per questo si ritrovano all'interno dei centri storici.
La proposta contenuta nel provvedimento che la Camera si accinge oggi ad approvare indubbiamente meriterà anche alcuni perfezionamenti da parte del Senato.
Ricordava prima correttamente il collega Dussin che aver ampliato a 200 mila abitanti la valenza del provvedimento al nostro esame rappresenta, forse, uno sforzo pregevole compiuto dal relatore per conciliare le tante anime che all'interno della Commissione si sono occupate del tema, ma non rende forse giustizia di quella impostazione iniziale che il Parlamento nella scorsa legislatura aveva dato, approvando con voto pressoché unanime un progetto di legge molto simile a quello oggi alla nostra attenzione, che come numero di abitanti circoscriveva molto di più il raggio d'azione della previsione legislativa medesima.
Siamo in prima lettura e non dubito che il Senato interverrà anche su altri punti: mi pare che si sia inviato, comunque, un messaggio sufficientemente definito per dire che la politica si è interessata di una delle grandi questioni che nei prossimi anni non potranno essere certamente eluse. Mi auguro che dopo questo sforzo di tipo legislativo ve ne sia uno altrettanto importante da parte del Governo, per rimpinguare quel Fondo che oggi rappresenta sicuramente più una annotazione per poter approvare il provvedimento al nostro esame, piuttosto che un fondo realmente disponibile per tutti sotto il profilo operativo.
Vi è, però, anche il messaggio, ripeto, che bisogna recuperare risorse all'interno della Comunità europea e soprattutto cercare di valorizzare al massimo quel rapportoPag. 28pubblico-privato - che fino ad oggi è stato molto spesso e molte volte dichiarato -, che può essere il vero volano di questo provvedimento.
Tale rapporto oggi, invece, trova un'espressione giuridica chiara, una linea di condotta a mio avviso possibile attraverso un intervento che non sia di natura speculativa né di mera natura conservativa e che serva, soprattutto, a far vivere quei centri e quei borghi che rappresentano sicuramente una risorsa della nostra Italia e che possono costituire una ricchezza. Essi in molti casi si trovano nell'abbandono più totale, che una classe politica che possiede senso di responsabilità non può far finta di non vedere e che proprio per tali motivi necessita una risposta concreta.
Queste sono le ragioni per cui il gruppo di Alleanza Nazionale, che attraverso la mia persona è promotore di una delle proposte di legge oggi in esame, dichiara il proprio voto favorevole al testo così come licenziato dall'Assemblea quest'oggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori voterà con convinzione a favore della proposta di legge in esame. Voglio innanzitutto ringraziare il relatore, che ha svolto un ottimo lavoro di sintesi e di raccordo, il presidente della Commissione e i colleghi dell'opposizione, che hanno dimostrato senso di responsabilità e di collaborazione che ha condotto ad un testo comune che sostanzialmente vede l'Assemblea di Montecitorio favorevole, in gran parte, a tale provvedimento.
Sappiamo che l'Italia è un Paese ricchissimo di centri storici e di borghi antichi pregevoli. Naturalmente siamo coscienti - ed è per tali motivi che il provvedimento in esame è positivo ed interviene al momento giusto - che tali centri storici sono spesso circondati da una cosiddetta urbanistica moderna, che spesso ha ridotto l'appeal che tutti i nostri borghi, in tutta Italia e non solo nel Meridione - come qualcuno ha sostenuto -, ma anche nel Centro e nel Nord, hanno avuto nel passato e continuano ad avere per studiosi, turisti e visitatori di tutto il mondo.
Sappiamo anche che è prevalsa, negli ultimi decenni, una volontà di costruire nuovi alloggi, di ampliare il patrimonio edilizio in modo straordinario, a volte spontaneamente, a volte in modo abusivo e certamente non corrispondente ai reali bisogni della popolazione.
La tendenza ad abbandonare i centri storici, a non recuperare e non mantenere la vecchia edilizia storica ha condotto a contraddizioni enormi nel nostro territorio. Pertanto, un intervento che cerchi di riportare l'attenzione sul valore, non solo simbolico, ma anche culturale, architettonico e archeologico di tali centri storici rappresenta un intervento sacrosanto e giusto.
Tuttavia, tale provvedimento costituisce uno strumento di compromesso, anche perché le motivazioni del voto favorevole espresso dai colleghi sono state spesso contraddittorie e in contrasto tra loro.
Personalmente, sono convinto che porre attenzione ai centri storici e, soprattutto, ai borghi minori (quelli sotto i cinquemila abitanti, che avrebbero meritato maggiore attenzione da parte dell'Assemblea) non sia affatto in contraddizione con la modernizzazione infrastrutturale del Paese in termini di strade, ferrovie, aeroporti e porti, come qualcuno ha sostenuto, dichiarando il proprio voto favorevole; si è paventata in particolare la possibilità di una contraddizione tra gli investimenti finalizzati alla valorizzazione dei centri storici (comunque modesti) ed i necessari investimenti sulle infrastrutture (che hanno ordini di grandezza molto superiori).
Non si evidenzia una contraddizione, ma semmai occorre rivendicare, per gli interventi di recupero e manutenzione dei centri storici, un maggiore finanziamento, un maggiore interesse da parte delle amministrazioni e dei privati, una sensibilizzazione dei cittadini, delle forze sociali e produttive. L'investimento sui centri storici,Pag. 29infatti, è produttivo e non è nemmeno in contraddizione con i necessari interventi di ristrutturazione delle periferie. Il collega Foti parlava di Berlino, ma che c'entra Berlino con i centri storici e con i borghi antichi?
È chiaro che l'intervento sulle periferie delle grandi città è anch'esso sacrosanto, perché vi sono grandi città (come Catania, Roma e, in particolar modo, Napoli che vive una stagione drammatica) con periferie degradate, senza alcuna possibilità di essere recuperate. Non basta, quindi, intervenire soltanto sul centro storico.
Sono convinto, pertanto, che il provvedimento in esame non sia in contraddizione con altre linee di sviluppo del nostro Paese, ma che sia complementare ad esse. Casomai sarebbe stato necessario pensarci prima, prestando maggiore attenzione e, soprattutto, portando a termine l'iniziativa legislativa in esame, dal momento che durante la scorsa legislatura non si è riusciti ad approvarla. Se nell'attuale legislatura, con l'apporto di tutti, si riuscirà ad approvare il provvedimento sui centri storici e sui borghi antichi (e pregevoli) dei nostri paesi, sarà un vanto per questo Parlamento.
È anche vero che qualcuno potrebbe criticarci, asserendo che si tratta di un finanziamento a pioggia, nel senso che, effettivamente, il numero dei centri storici e dei borghi che possono accedere a questi miseri finanziamenti è troppo elevato. Avremmo preferito un target maggiore, con un'individuazione degli stessi più precisa: si poteva prevedere di riservare il 50 per cento dei finanziamenti ai borghi o ai centri storici dei paesi con un numero di abitanti inferiore a 5 mila e l'altro 50 per cento al recupero e alla manutenzione dei centri storici dei paesi più grandi e delle città medie che hanno maggiori possibilità e possono investire i risparmi privati, sollecitare l'intervento delle grandi aziende, ma non è stato possibile. Credo, comunque, che si possa agire anche con altri interventi.
Pertanto, nonostante i limiti della proposta di legge ed il fatto che non si sia avuto il coraggio di intervenire sugli accessi nei centri storici, ritengo che si doveva esprimere un parere favorevole sulla proposta emendativa del collega Evangelisti, senza invitare il presentatore al ritiro. Ripresenteremo, pertanto, la questione posta con tale proposta emendativa nel disegno di legge finanziaria o in uno dei provvedimenti collegati. Non demorderemo su tale aspetto e tenteremo di apportare alcuni miglioramenti anche con riferimento all'accessibilità da parte dei visitatori dei centri storici che, altrimenti, rischiano di essere circondati da un inferno periferico, dal traffico periferico, che li rende invivibili.

PRESIDENTE. Deputato Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo, signor Presidente. Nonostante tali limiti e le immense risorse dei borghi e dei centri storici (che con il provvedimento in esame hanno un contributo minimo rispetto al loro valore), confermiamo con grande senso di responsabilità il convinto voto favorevole per motivi politici, sociali e anche culturali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lomaglio. Ne ha facoltà.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere il giudizio complessivamente positivo del gruppo di Sinistra Democratica sul provvedimento in esame nel corso del mio intervento sul complesso degli emendamenti. Credo che sia vero quanto emerso anche negli interventi in dichiarazione di voto, ossia che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, finalmente dopo tantissimi anni, riafferma la centralità, l'importanza, la peculiarità degli interventi di riqualificazione e del recupero dei centri antichi del nostro Paese.
Mi fa specie che qualche rappresentante del centrodestra abbia mosso alcune critiche - che credo comunque giuste - alla scarsità di mezzi ed anche all'insufficienzaPag. 30della dotazione finanziaria a disposizione del provvedimento in esame. Non vi è dubbio che, a fronte della quantità e della rilevanza culturale, artistica e sociale di tanti centri storici italiani, le risorse che vengono messe a disposizione in questo momento sono assolutamente insufficienti. È, tuttavia, necessario, nello stesso momento, imporre una riflessione. Fino ad ora non si è ritenuto che una legge nazionale dovesse intervenire su tale peculiarità. È un ritardo grave che può essere recuperato soltanto con lo spirito che già in Commissione ha visto parti e schieramenti diversi concordare sulla necessità di un intervento e di costruire non solo una logica di contributi ai comuni, ma una dotazione strumentale dal punto di vista normativo, urbanistico che individui tale peculiarità.
Il fatto di parlare, finalmente tramite una legge nazionale, di piani integrati, di programmi integrati pubblici e privati, che intervengono sui servizi, sulle strutture, come sulle residenze abitative, credo che sia finalmente una scelta coraggiosa e necessaria. Quindi, è un provvedimento giusto e necessario che va nella direzione del recupero e della riqualificazione dei centri antichi del nostro Paese, con una logica di valorizzazione assai condivisa. Questo è il senso del nostro voto favorevole e anche dell'esigenza di recuperare una sperequazione tra diverse regioni del Paese. Infatti, nel centro-nord, grazie a legislatori regionali attenti, il problema dei centri storici, anche se parzialmente, era già stato attenzionato. Viceversa, nelle regioni meridionali assistiamo, ancora adesso, ad una disattenzione e molte volte ad un degrado pericoloso.
Questa legge ha il merito di invitare le regioni ad intervenire in questa direzione, inducendo i comuni ad attivarsi con logiche serie finalmente di integrazione agli interventi pubblici e privati e conferisce allo Stato un ruolo di promozione e di indirizzo che auspico sarà anche chiarito con successivi interventi finanziari.
Pertanto, confermo il nostro convinto voto favorevole all'approvazione del provvedimento sui centri storici (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stradella. Ne ha facoltà.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, anche il gruppo di Forza Italia voterà favorevolmente sul provvedimento in esame, avendo tra l'altro contribuito con proposte di propri parlamentari alla stesura dell'articolato ed alla discussione in Commissione. Ci troviamo di fronte ad un provvedimento importante, non tanto - come già veniva sottolineato - sul piano delle risorse economiche, quanto sul piano del messaggio e dell'indicazione che dà al Paese.
Ci troviamo di fronte ad una situazione molto particolare di «coma farmacologico» del Governo, in cui non si trovano altre soluzioni alla domanda di abitazioni ed al problema della casa: mi riferisco alla proroga del regime dello sfratto e alla turbativa sul mercato che ne deriva. Il fatto che il Parlamento con un accordo trasversale riesca ad approvare un provvedimento nella direzione del recupero della storia di questo Paese, con nuove possibilità di intervento sul sistema abitativo nazionale da parte dei comuni e delle province - con la forza di una legge dello Stato - costituisce un fatto positivo. Ciò anche per ricordare che il Parlamento e la politica non sono sordi a questi aspetti sociali importanti che vengono posti all'attenzione, senza trovare riscontro in un atteggiamento di cooperazione e di collaborazione che, invece, va promosso e rimarcato.
Si è rivelato opportuno intervenire con una norma di legge per attivare finanziamenti ed energie, sia pubbliche che private, in un ambito così importante. Non possiamo dimenticare che il nostro Paese è composto da circa novemila comuni e - come già si diceva - l'ottanta per cento di essi ha un numero di abitanti molto inferiore rispetto ai duecentomila previsti da questa norma. Attribuire a queste amministrazioniPag. 31locali una possibilità di intervento agevolato per via legislativa, con percorsi semplificati volti ad attivare un sistema virtuoso di intervento, con la dotazione al patrimonio abitativo di stabili e di costruzioni che oggi sono pressoché abbandonate e non trovano collocazione sul mercato, rappresenta un fatto estremamente positivo, sia da un punto di vista architettonico e di rivalutazione, sia per l'aspetto estetico del Paese (considerata la necessità di riqualificare i centri storici). Ciò rappresenterebbe una risposta a quella richiesta di abitazioni che è sempre più pressante e che dovrebbe dare all'Italia questa nuova possibilità di collocazione.
Ritengo che sia difficile che questo unico provvedimento possa raggiungere questi obiettivi.
Tuttavia, è un fatto incontestabile che, se non diamo segnali, se non attribuiamo al mercato la possibilità di intervenire, se non ci affidiamo alla buona volontà e all'intraprendenza degli operatori amministrativi e privati sul territorio, ci troveremo sempre di fronte ad un maggiore degrado e all'abbandono dei centri storici e dei piccoli paesi. Inoltre, contribuiremo ad un'urbanizzazione che ha determinato anche problemi sociali gravi e tensioni che attengono al nostro vivere civile e alla nostra convivenza.
Mi auguro che il provvedimento in esame, approvato quasi all'unanimità, come si ricordava, nella precedente legislatura - e che dovrà ancora passare il vaglio del Senato, sede in cui probabilmente saranno apportate nuove correzioni, con nuovi stimoli da parte dei colleghi del Senato - entri in vigore in tempi rapidi, fornendo agli operatori un nuovo strumento ed al Paese un nuovo messaggio di disponibilità, soprattutto in termini di articolazione della società in modo diverso: non più una richiesta pesante di urbanizzazione, ma una valorizzazione degli spazi rappresentati dai nostri piccoli paesi e dalla storia della nostra civiltà, i quali rappresentano la linfa che alimenta il nostro vivere civile. Per tali ragioni, ringraziando tutti coloro che hanno contribuito alla stesura del provvedimento, confermo il voto favorevole del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, il gruppo dell'Ulivo esprime convintamente il voto favorevole sul provvedimento in esame; si tratta di un testo bipartisan unificato elaborato a seguito di un lavoro intenso. Tale lavoro è iniziato nella precedente legislatura e ha visto la maggioranza e l'opposizione, di ieri e di oggi, lavorare proficuamente per la costruzione di una legge di respiro nazionale che assumesse il valore centrale della tutela, della valorizzazione, della promozione e del rilancio dei centri storici.
Siamo, quindi, di fronte ad un lavoro intenso e voglio ringraziare in maniera particolare il relatore Bocci, il quale ha svolto un'opera molto attenta per ricomporre in una sintesi complessiva le diverse sensibilità e le diverse posizioni, ma anche - e soprattutto - per assicurare, anche in questa legislatura, come accaduto nell'Assemblea di Montecitorio nella XIV legislatura, un consenso unitario di tutti i gruppi parlamentari.
Tale provvedimento - che verrà trasmesso al Senato, auspicandone una rapida e sollecita approvazione - a mio avviso si muove in una direzione che, per tanti versi, è innovativa. Infatti, rilancia i temi dei centri storici, ma non in modo indistinto, generico e approssimativo, né tanto meno soltanto richiamando una responsabilità e una grande scelta di politica generale dello Stato. Tale provvedimento, infatti, si muove in due direzioni qualificanti che, a mio avviso, devono essere adeguatamente sottolineate. In primo luogo, vuol canalizzare e destinare le risorse pubbliche soltanto a progetti di intervento integrati che vedano, quindi, assieme risorse pubbliche e capitali privati per il recupero e la riqualificazione non indistintamente dei centri storici dei nostri comuni, ma di zone specifiche ben individuatePag. 32e delimitate. Ciò, sulla base di un'adeguata motivazione legata al loro particolare pregio culturale, storico e architettonico all'interno del perimetro dei centri storici. Tale compito di delimitazione naturalmente rientra nella responsabilità e nella competenza di ciascun comune.
Di conseguenza, siamo di fronte ad un provvedimento che pone al centro dell'attenzione il recupero e la valorizzazione dei centri storici. Trattandosi di un valore centrale dal punto di vista culturale e civile, ma anche legislativo, politico e finanziario - così si ritiene -, occorrono sinergie e capacità di intervento sia del potere pubblico (con questa proposta di legge lo Stato dà un primo segnale importante ed è auspicabile che le regioni facciano altrettanto), sia degli operatori privati incentivati ad investire per il recupero e per la riqualificazione del proprio patrimonio immobiliare.
L'incentivo per il privato si sviluppa in una duplice direzione: da un lato, il privato che investe per recuperare e riqualificare il proprio patrimonio sa che, in quel segmento e in quella parte specifica di centro storico, interverrà il potere pubblico, con proprie risorse, per migliorare lo stato delle infrastrutture e dei servizi, per la manutenzione di beni pubblici e per realizzare opere pubbliche. Dall'altro lato, i privati sono anche incentivati a intervenire, potendo ottenere agevolazioni fiscali, sul modello - che ha già dato vita a un'esperienza straordinariamente positiva in questi anni - delle detrazioni fiscali ai fini IRPEF del 36 per cento e dell'IVA agevolata al 10 per cento per le opere di riqualificazione degli immobili privati.
Proprio per dare un senso e un primo segnale importante in tale direzione, il provvedimento prevede anche un Fondo nazionale, per il quale esiste già una prima dotazione di 75 milioni di euro per il triennio 2007-2009, destinato ad andare a regime a partire dal 2010. Naturalmente, è stata sollevata anche in questa Assemblea l'obiezione dell'esiguità dei 75 milioni di euro rispetto alla vastità dei comuni destinatari. Sottolineo che questo deve essere un impegno per una scelta politica e legislativa ancora più forte per il Governo e il Parlamento, volta a destinare ulteriori e più consistenti risorse al fine di incrementare il fondo per il recupero e la valorizzazione dei centri storici.
Mi rendo conto che, rispetto alla scorsa legislatura, sono state operate modifiche - come l'incremento delle risorse, elevate ad una quota pari almeno al 50 per cento del Fondo, da destinare ai comuni fino, oggi, a quindicimila abitanti (nella precedente legislatura, infatti, la previsione riguardava i comuni fino a 5 mila abitanti) e l'elevazione fino a duecentomila del plafond del numero degli abitanti per gli altri comuni destinatari degli interventi - che costituiscono scelte che hanno allargato la platea dei destinatari. Sottolineo, però, che, poiché siamo di fronte a una grande scelta culturale, civile, politica e legislativa, la vastità dei comuni potenzialmente destinatari della legge deve essere invece un incentivo, uno stimolo e una motivazione forte per accrescere i finanziamenti e le risorse.
Concludo, sottolineando che abbiamo svolto un ottimo lavoro: tra l'altro, chi vi parla ha presentato, nella scorsa legislatura, una proposta di legge - ripresentata con il collega Foti in questa - nella convinzione che una legge di respiro nazionale per i centri storici sia un tassello di una politica generale più ampia e organica, ma fondamentale, dello Stato e del complesso dei pubblici poteri, anche in un rapporto sinergico e vero con le regioni e le autonomie locali: i centri storici - lo affermiamo spesso, ma dobbiamo esserne consapevoli, per farne oggetto di un grande, organico e solido impianto politico - sono una grande ricchezza del Paese, una risorsa straordinaria, meravigliosa, per tanti versi unica e irripetibile del «sistema Italia», su cui, però, occorre investire con decisione, chiamando a raccolta sia la capacità del potere pubblico di destinare risorse, sia i progetti e le risorse dei privati, sia la leva fiscale per progettazioni di grande respiro e di grande qualità.Pag. 33
Siamo di fronte, però, anche a un tassello di una politica più ampia: il recupero e la valorizzazione dei centri storici, dei borghi antichi, della piccola grande Italia, il rilancio e la promozione della qualità italiana e delle nostre produzioni (tipiche dell'esperienza artigianale enogastronomica), costituiscono tutti tasselli di una politica che sa puntare su un paese che c'è, vero e profondo, che vive nel cuore e nella coscienza dei nostri territori e delle nostre comunità, ma che ha bisogno anche di un'adeguata riflessione e di adeguate scelte nelle politiche dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali.
Per tali motivazioni, esprimiamo un voto convinto a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente: non se ne dispiacciano i colleghi e, soprattutto, il collega de La Rosa nel Pugno Lello di Gioia, che è intervenuto con molta passione e molta convinzione sul provvedimento. Si tratta di una passione e di una convenzione che non mi riguardano: preannunzio, pertanto, la mia astensione dal voto sul provvedimento.
Credo, infatti, che il testo unificato delle proposte in esame presenti aspetti di ambiguità, poiché accomuna i centri storici dei piccoli comuni con quelli dei comuni fino a 200 mila abitanti; ciascuno infatti ha la propria storia: politicamente io sono cresciuto a livello locale, in compagnia di ambientalisti ed ecologisti di Italia Nostra, che mi insegnavano a guardare i centri storici non soltanto nella loro facciata, ma nel complesso del centro abitato.
Credo che dobbiamo intervenire sul complesso urbano dei centri storici, ma non si può fare ciò che, per esempio, è stato realizzato in provincia di Cuneo - dove io abito - a Grinzane Cavour, comune dove è sito un elemento tipico e caratteristico del nostro paesaggio, un bellissimo castelletto su una collina, per il quale è rimasta un'unica prospettiva per le foto. Il resto del paesaggio è occupato da capannoni industriali e cementificazione.
È tutto assolutamente regolare: esiste infatti il piano regolatore, «sviluppista», che ha ucciso il territorio e il paesaggio. Questo provvedimento, quindi, che contiene sicuramente obiettivi e finalità condivise, dispone, purtroppo, di poche risorse, ma anche di poca forza di indirizzo e di governo del territorio e di indicazione agli enti locali, che in molti casi non hanno avuto problemi di risorse, ma di utilizzo delle stesse.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Ricordo di aver visto una straordinaria operazione eseguita attraverso il progetto Urban nella città del collega Lello Di Gioia, dove una piazza del Settecento è stata totalmente distrutta da un intervento di cemento e di pietra realizzato con i soldi dell'Unione europea. Il problema, allora, non sono i soldi, ma le idee, gli obiettivi, gli indirizzi e i piani regolatori.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, intervengo per ringraziare non solo gli uffici, che hanno svolto, come sempre, un lavoro egregio, e il relatore, il collega Bocci, ma soprattutto i colleghi che hanno presentato le proposte di legge in esame, i colleghi Foti e Iannuzzi e gli altri firmatari.
Abbiamo cercato di compiere un lavoro comune nell'interesse del Paese. Colleghi, voglio essere franco: tutti sappiamo che questo testo è perfettibile, che si può farePag. 34di meglio, che si possono prevedere maggiori risorse, così come sappiamo che l'esame può arenarsi al Senato, come è accaduto in altre occasioni, anche per la legge sui piccoli comuni.
Noi, però, abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo cercato - lo hanno detto tanti colleghi - di lavorare nell'interesse dell'identità del presente, ma anche del futuro del nostro Paese, perché c'è molto di più di ciò che riguarda il restauro dei centri storici nell'idea d'Italia che emerge da questo testo di legge. In un giorno che è segnato alla scomparsa di un grande storico, Pietro Scoppola, che alcuni di noi hanno avuto l'onore di conoscere, vorrei ricordare le parole di un altro grande intellettuale e storico italiano, Carlo Maria Cipolla, che diceva che la missione dell'Italia è «(...) produrre all'ombra dei campanili cose che piacciono al mondo (...)». È a questa Italia che, oggi, la Camera dei deputati ha cercato di portare un contributo (Applausi).

(Correzioni di forma - A.C. 550-A ed abbinate)

GIANPIERO BOCCI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI, Relatore. A nome del Comitato dei nove, propongo all'Assemblea le seguenti correzioni di forma: all'articolo 1, comma 2, le parole: «con il decreto di cui al comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi del comma 5»; all'articolo 1, comma 3-bis, introdotto dall'emendamento Bonelli 1.21, dopo la parola: «pianificazione», è inserita la seguente: «urbanistica».

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 550-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 550 ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici» (550-764-824-A):

Presenti 469
Votanti 463
Astenuti 6
Maggioranza 232
Hanno votato 463

(La Camera approva - Applausi - Vedi votazioni)

Invito i colleghi a non allontanarsi dall'aula, poiché passeremo a trattare altri punti dell'ordine del giorno che prevedono votazioni.

Pag. 35

Seguito della discussione della proposta di legge Delfino e Forlani: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413 (A.C. 2197-A); e dell'abbinata proposta di legge Lion e Fundarò (A.C. 1123) (ore 13,24).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 2197-A: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413, e dell'abbinata proposta di legge Lion e Fundarò.
Ricordo che nella seduta del 15 ottobre 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore ed il Governo hanno rinunziato alla replica.

(Esame degli articoli - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2197 sezione 1), che è distribuito in fotocopia.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2197 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 432
Votanti 410
Astenuti 22
Maggioranza 206
Hanno votato
408
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Tabacci e Iacomino hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 2197 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 446
Votanti 424
Astenuti 22
Maggioranza 213
Hanno votato
424).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2197 sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.Pag. 36
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 455
Votanti 432
Astenuti 23
Maggioranza 217
Hanno votato
432).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2197 sezione 5).
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

GIANNI VERNETTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo accetta gli ordini del giorno Siniscalchi n. 9/2197/1 e Lion n. 9/2197/2, mentre propone una riformulazione dell'ordine del giorno Delfino n. 9/2197/3, nel senso di sostituire nel dispositivo le parole: «ad assumere fin dalla prossima finanziaria 2008» con le parole: «ad adoperarsi affinché, nella prossima finanziaria 2008, siano inseriti»; ciò perché, naturalmente, ne deriva un rilevante impegno economico, che va verificato in sede di legge finanziaria.

PRESIDENTE. Secondo la prassi, e ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Prendo atto che l'onorevole Delfino accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2197/3.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Comunico ai colleghi che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, i lavori si concluderanno alle ore 14, con la conclusione di questo e del successivo punto all'ordine del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per sottolineare l'importanza del provvedimento in esame, ma anche la sua debolezza.
Si tratta finalmente di attuare un finanziamento che è contro la fame del mondo, un'iniziativa che ha visto protagonista questa parte politica, il mio partito radicale, transnazionale in questi anni e soprattutto all'inizio degli anni Ottanta, con una mobilitazione molto forte, anche di questa Assemblea, con l'associazione Parifa (l'associazione di parlamentari contro la fame del mondo), del Presidente della Repubblica Sandro Pertini e della Chiesa cattolica.
Purtroppo stiamo registrando, nelle more della ratifica del provvedimento in esame, una riduzione sostanziale delle risorse stanziate per la lotta contro la fame nel mondo. L'impegno assunto dal Governo, con le perifrasi volute dal sottosegretario Vernetti, di impegno nella legge finanziaria per il 2008, è quanto meno necessario e decisivo, perché abbiamo un impegno internazionale derivante dagli obiettivi del millennio. Infatti, al secondo punto degli obiettivi del millennio, vi sono la lotta contro la fame nel mondo, la lotta contro la miseria e la morte, morte che ancora nel mondo, tragicamente, avviene per fame in forma di sterminio).
È un argomento la cui importanza volevo sottolineare all'Assemblea; si supera una trafila burocratica sulla quale siamorimasti impantanati nella scorsa legislatura su un provvedimento necessario, ma certo però quanto compiamo oggi nonPag. 37risolve né il nostro obbligo morale, né quello politico assunto in sede internazionale riguardo ai finanziamenti per la lotta alla fame nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Siniscalchi. Ne ha facoltà.

SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, anche io non voglio dilungarmi anche se il tema del provvedimento è molto importante, come ricordava l'onorevole Mellano. Si tratta di garantire aiuti a popolazioni che sono colpite da gravi penurie alimentari causate da calamità naturali, da emergenze e conflitti. L'Italia deve quindi fare il suo dovere.
Bisogna, però, anche essere lucidi nell'affrontare il problema della fame del mondo perché una tale questione non si risolve tanto con questi aiuti alimentari quanto col garantire ai contadini dei Paesi del sud del mondo di poter produrre ciò che è necessario a soddisfare il proprio fabbisogno alimentare; questo è l'approccio giusto. Voglio ricordare che oggi la cooperazione internazionale trascura purtroppo - non lo dico io, lo dice la Banca mondiale in un rapporto pubblicato qualche giorno fa - gli aiuti all'agricoltura: meno del 4 per cento dell'intero aiuto allo sviluppo va alla agricoltura. Occorre allora garantire gli aiuti alimentari in condizioni di scarsità e a questo serve il provvedimento che ci accingiamo ad approvare ma occorre anche aiutare con la cooperazione e con gli aiuti la sicurezza alimentare dei contadini del sud del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Signor presidente, per quanto attiene al resto del mio intervento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, certamente l'impegno finanziario stanziato con questo provvedimento non è quello che avevamo proposto ma è indubbio che rappresenta la ripresa di un cammino verso la piena attuazione della Convenzione. Il tema della fame nel mondo interpella in profondità la nostra coscienza e la responsabilità dei Paesi industrializzati e più ricchi del mondo per fronteggiare un'emergenza che ogni anno provoca milioni di morti e di malati a causa della denutrizione. Esprimo la piena soddisfazione dell'UDC per l'approvazione del provvedimento che certamente qualifica l'Italia nella lotta contro la fame nel mondo e mi auguro che il Senato lo approvi celermente per renderlo subito operante.
Dichiaro, pertanto, il voto favorevole del gruppo dell'UDC (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
Chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Delfino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonfiglio. Ne ha facoltà.

ANTONIO BUONFIGLIO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Buonfiglio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lion. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di dire che stiamo approvandoPag. 38un provvedimento che dovrebbe rappresentare finalmente un impegno permanente sia per questo Governo così come per altri Governi. Purtroppo sono cambiate le maggioranze nel nostro Paese; l'accordo è stato firmato nel 1999 a Londra: sarebbe ora che il nostro Paese rendesse permanenti i finanziamenti per gli aiuti alla cooperazione per sconfiggere la fame nel mondo. Sono soddisfatto di quanto è stato fatto e mi auguro anch'io che il Senato possa al più presto approvare il provvedimento. Annuncio pertanto il voto favorevole del gruppo dei Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
Chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Lion, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

(Coordinamento formale - A.C. 2917-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2197-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2197-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413» (2197-A):

Presenti 446
Votanti 428
Astenuti 18
Maggioranza 215
Hanno votato 428
(La Camera approva - Applausi - Vedi votazioni).

È così assorbita la concorrente proposta di legge n. 1123.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1800 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato a Cotonou tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, con allegati, dichiarazioni e Atto finale, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, fatto a Lussemburgo il 25 giugno 2005; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, che modifica l'Accordo interno del 18 settembre 2000 relativo ai provvedimenti da prendere ed alle procedure da seguire per l'applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE, fatto a Lussemburgo il 10 aprile 2006; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del Trattato CE, fatto a Bruxelles il 17 luglio 2006 (Approvato dal Senato) (A.C. 3116) (ore 13,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno diPag. 39legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato a Cotonou tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, con allegati, dichiarazioni e Atto finale, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, fatto a Lussemburgo il 25 giugno 2005; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, che modifica l'Accordo interno del 18 settembre 2000 relativo ai provvedimenti da prendere ed alle procedure da seguire per l'applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE, fatto a Lussemburgo il 10 aprile 2006; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del Trattato CE, fatto a Bruxelles il 17 luglio 2006.
Ricordo che nella seduta del 17 ottobre 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore e il Governo hanno rinunciato alle relative repliche.

(Esame degli articoli - A.C. 3116)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 1).
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 408
Votanti 399
Astenuti 9
Maggioranza 200
Hanno votato
399).

Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 427
Votanti 413
Astenuti 14
Maggioranza 207
Hanno votato
413).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 425
Votanti 410
Astenuti 15
Maggioranza 206
Hanno votato
410).Pag. 40

Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 5), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 428
Votanti 413
Astenuti 15
Maggioranza 207
Hanno votato
413).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3116)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3116 sezione 6).

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

GIANNI VERNETTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo accetta gli ordini del giorno Turco n. 9/3116/1 e Paoletti Tangheroni n. 9/3116/2.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Turco n. 9/3116/1 e Paoletti Tangheroni n. 9/3116/2, accettati dal Governo.
È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3116)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Prendo atto che l'onorevole Turco rinuncia alla dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3116)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 3116, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1800 - «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato a Cotonou tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, con allegati, dichiarazioni e Atto finale, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, fatto a Lussemburgo il 25 giugno 2005; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, che modifica l'Accordo interno del 18 settembre 2000 relativo ai provvedimenti da prendere ed alle procedure da seguire per l'applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE, fatto a Lussemburgo il 10 aprile 2006; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'AccordoPag. 41di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del Trattato CE, fatto a Bruxelles il 17 luglio 2006» (Approvato dal Senato) (3116):

Presenti 435
Votanti 413
Astenuti 22
Maggioranza 207
Hanno votato 413
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Buontempo ha segnalato che non è riuscito a votare.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Buontempo, Capodicasa, Cordoni, Landolfi, Morrone, Oliva, Ranieri, Realacci, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Sereni n. 2-00789 è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative volte a garantire il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti in Italia con particolare riferimento al principio fondamentale della laicità dello Stato - n. 2-00773)

PRESIDENTE. L'onorevole Bodega ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00773, concernente iniziative volte a garantire il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti in Italia con particolare riferimento al principio fondamentale della laicità dello Stato (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, signora sottosegretario, con questa interpellanza urgente intendiamo mettere in evidenza due casi che si sono verificati nel comune di Oggiono in provincia di Lecco e nel comune di Moncalieri in provincia di Torino.
L'interpellanza urgente in esame non vuole essere strumentale e fine a sé stessa, tuttavia consentitemi di svolgere alcune considerazioni di carattere generale. Sappiamo come l'aumento esponenziale del fenomeno dell'immigrazione proveniente dai Paesi di cultura islamica (e non solo da questi) abbia messo a dura prova le politiche di integrazione, facendo emergere problematiche di diversa natura, estremamente complicate e difficili da dirimere.
Sempre più spesso ci troviamo dinanzi a casi emblematici dove è facilmente riscontrabile, da un lato, il rifiuto, da parte delle comunità musulmane presenti in Italia, di rispettare le normative vigenti, di adeguarsi alle regole comportamentali e culturali del nostro Paese, e dall'altro lato,Pag. 42un atteggiamento - non esagero a dire superficiale - delle istituzioni che, a volte, non comprendendone i rischi, adottano soluzioni semplicistiche, mettendo conseguentemente in pericolo, secondo noi, la sicurezza dei cittadini.
Potrei elencarvi numerosi casi, non da ultimo quello del padre che, a Brescia, ha ucciso la figlia Hina, pakistana, perché questa ragazza voleva vivere all'occidentale. Posso citare anche un altro caso accaduto sulle sponde del mio lago - il lago di Lecco - dove si trovavano alcuni sommozzatori che si stavano allenando. Mentre questi ultimi si stavano spogliando, sulla spiaggetta erano presenti alcuni cingalesi che sono intervenuti anche violentemente nei confronti dei sommozzatori, perché questi ultimi si stavano cambiando alla presenza delle loro donne, davanti alle quali non si potevano spogliare. E si potrebbero citare tantissimi casi di mancanza di adeguamento e rispetto anche nei confronti delle nostre regole.
Per venire al fatto oggetto dell'interpellanza urgente, in occasione del periodo del ramadan, nel comune di Oggiono, l'amministrazione comunale - vale a dire l'istituzione più vicina ai cittadini, cioè il comune - ha concesso alla comunità islamica l'utilizzo della sala del Consiglio comunale (non una sala civica qualsiasi!) per due ore serali affinché i suoi membri celebrassero il ramadan. In sostanza, quindi, a questa comunità musulmana presente nel territorio è stato consentito l'esercizio di culto nella sala consiliare. È ovvio che, per quanto ci riguarda, il rilascio di tale concessione per un fine che definisco strettamente privato, come può essere quello di un incontro di preghiera, appare un paradosso inaccettabile.
Innanzitutto, vorrei far presente che il sindaco e l'amministrazione - così come quella del comune di Moncalieri - fanno parte della vostra maggioranza di centrosinistra (anche se ciò non vuol dire che anche in altri comuni governati dal centrodestra non possa accadere lo stessa cosa).
Tuttavia, se vi deve essere il rispetto delle regole - ho sentito riecheggiare più volte e ribadire in quest'aula la laicità dello Stato e delle istituzioni - a maggior ragione penso che non possa essere concessa la sala del consiglio comunale per l'esercizio di una attività religiosa, di qualsiasi tipo essa sia.
Inoltre, da notizie apparse sulla stampa locale risulta che queste persone abbiano tolto anche i simboli cristiani, quale ad esempio il crocifisso, il gonfalone del comune e abbiano spostato tavoli e sedie, stendendo i propri tappeti per svolgere la propria preghiera.
La giustificazione di un sindaco non può essere quella di affermare che il regolamento comunale lo consente! Oltretutto, vorrei anche evidenziare la discriminazione che si è verificata, anche perché l'accesso nella sala del consiglio comunale, in quelle ore serali, è stato riservato ai soli uomini, in quanto le donne non potevano partecipare alla preghiera.
Tale episodio estremamente grave, per quanto ci riguarda, deve trovare quanto meno da parte del Governo e delle istituzioni, un forte dissenso. Infatti, da ogni parte (destra, sinistra o centro che sia) abbiamo sentito ribadire la laicità delle istituzioni. Pertanto, abbiamo voluto evidenziare questo episodio, innanzitutto per denunciare tale accadimento e in secondo luogo per far sì che non si verifichi più.
Capisco perfettamente che, oggi, le autonomie locali siano libere di effettuare le proprie scelte. Tuttavia, a mio avviso, queste ultime in primo luogo devono ricevere un supporto democratico, civile, rispettoso delle regole e delle istituzioni e nulla può essere cambiato in una sala istituzionale come quella del consiglio comunale.
Veniamo al secondo episodio. Da settembre 2004, nel comune di Moncalieri (Torino), all'interno di uno stabile adibito a centro commerciale - siamo alle solite: vengono concessi spazi in aree industriali dismesse, piuttosto che in quelle commerciali - un locale accatastato come magazzino è stato adibito a moschea. Si tratta di una moschea abusiva anche perché il comune di Moncalieri, in un'ultima interpellanzaPag. 43presentata dai consiglieri di minoranza, ha risposto che tale attività, in quel luogo, è abusiva.
Sebbene siano trascorsi tre anni dall'esercizio dell'attività della moschea, dagli atti ufficiali dell'amministrazione comunale non risulta che vi sia stata ancora alcuna azione volta al ripristino della legalità.
La zona in cui al momento sorge la moschea abusiva versa, inoltre, in uno stato di degrado e abbandono ed è fortemente a rischio di emarginazione. Vi sono anche notizie, anch'esse riportate dai media (occorre comunque verificarne la fondatezza), secondo le quali tale comunità musulmana organizzata nel centro culturale islamico di via Pininfarina si sta attivando per realizzare la costruzione di una moschea che dovrebbe sorgere su una determinata area, di una certa metratura e sempre all'interno dello stesso edificio oggi occupato abusivamente.
Inoltre, tale comunità islamica, attraverso la diffusione di materiale informativo, sta cercando di sensibilizzare i fedeli o i simpatizzanti al fine di raccogliere fondi per l'acquisto di questo locale.
Nel territorio della provincia di Torino sorgono anche ben oltre otto moschee e centri islamici. Questo dato è di fondamentale importanza per mettere in evidenza, da un lato, l'assenza di una reale necessità di edificare nuove moschee per garantire l'esercizio del culto ai musulmani presenti in quel territorio, dall'altro il reale obiettivo di tali iniziative, cioè quello di perseguire la realizzazione del progetto politico culturale di islamizzazione del paese.
Concludendo, signora sottosegretario, abbiamo voluto denunciare questi fatti: il primo è grave perché in esso è coinvolta un'istituzione pubblica ed il secondo lo è ancora di più, perché comunque si è svolto nell'illegalità. L'abbiamo, pertanto interpellata (sapendo bene che le autonomie locali sono libere di decidere quello che vogliono fare sul proprio territorio e non entrando, quindi, in un conflitto di competenze tra istituzioni) per conoscere da lei quali provvedimenti il Ministro dell'interno intenda adottare nell'ambito delle sue competenze al fine di garantire, da un lato, la sicurezza dei cittadini, il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti in Italia e del principio fondamentale della laicità dello Stato (che si manifesta, anche logicamente, nell'utilizzo delle sedi istituzionali esclusivamente quale luogo civile di rappresentanza di tutti i cittadini) e, dall'altro, il diritto all'esercizio del culto per tutte le confessioni religiose presenti nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, nel quadro delle iniziative finalizzate a garantire la sicurezza pubblica e la concreta osservanza del diritto alla libertà religiosa, il Ministero dell'interno ha da tempo attivato un costante monitoraggio al fine di rilevare, nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa in forma individuale o associata, l'intendimento delle comunità di svilupparsi secondo principi democratici e di integrarsi nel tessuto sociale pur mantenendo la propria identità.
I problemi del rischio di possibili infiltrazioni eversive all'interno delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese sono già da tempo alla massima attenzione del Ministero dell'Interno che in questi anni, quando ne ricorrevano i presupposti di legge, non ha mancato di adottare i necessari provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato nei confronti di soggetti a vario titolo presenti nei luoghi di culto islamico di Torino, Como, Varese, Reggio Emilia, Trino Vercellese e Carmagnola.
Per quanto concerne la realtà islamica, occorre tener presente che le moschee esistenti sul territorio nazionale - per moschee dobbiamo intendere le strutture dotate di minareto, mihrab (nicchia inserita nel muro orientata in direzione dellaPag. 44Mecca) e cupola - sono soltanto due: quella di Roma e quella di Segrate a Milano. Gli altri luoghi destinati al culto islamico (generalmente indicati come moschee (lo ha fatto anche l'onorevole interrogante) sono semplici sale di preghiera aperte, in genere su iniziativa di comunità, associazioni islamiche e centri culturali col fine principale di conservare la propria cultura.
Il Ministro Amato già si è espresso in merito al fatto che la ipotizzata chiusura dei luoghi di culto islamico non farebbe altro che creare le premesse per accentuare ulteriori forme di radicalizzazione. Negare ad una minoranza i propri luoghi di culto significa negarle il proprio diritto di esistere e quindi mettere in conto una spinta verso la ricerca anche di un'esasperata identità alternativa.
Inoltre, occorre evitare di assimilare in valutazioni sommarie ed indistinte situazioni che sono fra loro molto diverse e che devono essere analizzate caso per caso, ferma restando la necessità di garantire il rispetto dei principi fondamentali di legalità, di sicurezza dello Stato e di tutela della libertà religiosa.
A tal fine, gli interventi di prevenzione e talvolta di repressione vanno affiancati con azioni positive volte a favorire l'integrazione degli immigrati, di qualsiasi gruppo e comunità facciano parte, e a facilitare la condivisione di quei principi e valori fondamentali che costituiscono la base indefettibile di una serena convivenza civile.
Con questi intenti il Ministero dell'interno, con provvedimento del 23 aprile 2007, ha adottato la Carta dei valori, della cittadinanza e dell'integrazione.
Questa Carta è stata realizzata attraverso una commissione di esperti, con la consultazione di comunità di immigrati e di comunità religiose. Invito a leggerla: si tratta di un documento molto importante, un'elaborazione, un dialogo svolto insieme tra soggetti che provengono da esperienze, culture e tradizioni diverse, intorno alla Costituzione italiana, a partire da essa, rimanendo nel quadro e nel contesto valoriale e normativo della Costituzione italiana.
L'obiettivo della Carta dei valori è quello di enunciare valori e principi validi per coloro che desiderano risiedere stabilmente in Italia nel pieno rispetto delle regole e delle leggi e secondo i principi della Costituzione italiana ed anche delle principali Carte europee ed internazionali dei diritti umani.
La Carta dei valori, nella parte relativa alla laicità e alla libertà religiosa, afferma l'impegno dell'Italia a favorire il dialogo interreligioso ed interculturale per far crescere il rispetto della dignità umana e contribuire al superamento di pregiudizi ed intolleranze.
Inoltre, la Carta condanna ogni forma di violenza o di istigazione alla violenza, comunque motivata dalla religione. Allo stato, l'assegnazione di aree per la costruzione di edifici di culto non può essere vincolata dalla stipula di intese, qualora la confessione stessa sia rappresentativa di una parte della popolazione di un territorio.
L'attuale assetto istituzionale di competenze in materia di urbanistica ed edilizia attribuisce le funzioni amministrative ai comuni, ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 118 della Costituzione.
Per quanto riguarda il tema del finanziamento dei lavori per la costruzione di moschee, centri culturali ed altri luoghi di culto e ritrovo, esso si inserisce in un quadro più ampio già da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno.
In tutti i casi, e quindi anche in quelli citati dall'interrogante, si tratta, da un lato, di evitare che elargizioni provenienti dall'estero possano influenzare impropriamente l'attività di questi centri, anche solo condizionandoli nella scelta degli imam, dall'altro, di vigilare affinché nei luoghi di culto islamici non si proceda a raccolte di fondi destinati, in tutto o in parte, a fini illeciti.
Gli interventi si inquadrano nella costante attività di prevenzione che viene condotta dalle forze dell'ordine verso i luoghi di aggregazione delle comunità musulmane,Pag. 45quali call center, Internet point, money transfer ed altri, in cui è possibile riscontrare l'eventuale presenza di stranieri gravitanti nell'area dell'integralismo islamico.
Dal 1o gennaio al 15 agosto 2007 sono stati controllati 2.600 obiettivi, identificati 10.259 stranieri, di cui 252 denunciati, 60 arrestati e sono state avviate 236 procedure di espulsione.
Inoltre, sono state irrogate 231 contravvenzioni per irregolarità amministrative nei confronti di gestori di call center, Internet point e money transfer.
Le diverse azioni giudiziarie condotte hanno permesso di accertare come, nell'ambito di taluni centri culturali islamici ubicati principalmente nel nord Italia, alcuni imam abbiano, nei loro sermoni, veicolato sentimenti anti-occidentali, diffondendo anche materiale audiovisivo di matrice jihadista. Si tratta, tuttavia, di una minoranza rispetto ad un orientamento, generalmente moderato, dei luoghi di culto islamici presenti sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda la concessione, da parte dell'amministrazione comunale di Oggiono, della sala consiliare alla comunità di residenti di fede islamica a fini di preghiera in occasione della celebrazione del ramadan, l'aula consiliare del comune di Oggiono - va precisato - ha funzioni di sala civica del centro cittadino e in ottemperanza alle previsioni del regolamento comunale in materia viene ordinariamente concessa per lo svolgimento di attività di soggetti pubblici e privati. In tal senso, risulta che la sala sia stata già utilizzata in passato per lo svolgimento di altre manifestazioni di culto. In base a quanto riferito dalla locale prefettura, risulta che la richiesta di utilizzo di tale sala civica è stata motivata dalle anguste dimensioni del luogo di preghiera che i fedeli islamici avevano da qualche mese istituito in un bilocale. Nella sala consiliare, concessa dal sindaco del comune di Oggiono, si riunivano alla sera circa 60 fedeli che, ai fini della preghiera, adeguavano la sala alle esigenze liturgiche.
La notizia ha avuto vasta eco anche sui giornali, suscitando varie prese di posizione in particolare da parte dei consiglieri comunali di minoranza e da alcuni movimenti politici che hanno criticato la scelta del sindaco; quest'ultimo, al contrario, ha sempre difeso la scelta fatta, sostenendo che l'autorizzazione, rilasciata previa consultazione con la giunta comunale, era conforme al regolamento vigente.
Nella giornata del 2 ottobre, i rappresentanti della comunità islamica di Oggiono si sono presentati in comune per riconsegnare le chiavi della sala consiliare, rinunciando all'utilizzo della stessa fino alla fine del ramadan e utilizzando come principale luogo di culto il centro culturale di Costa Masnaga ed in misura minore la sala dall'associazione culturale La Rosa di Oggiono.
Per quanto riguarda il centro culturale islamico di Moncalieri sito in via Pininfarina 18, questo è stato costituito a il 4 ottobre 2003, con atto n. 4396 del registro delle associazioni presso la camera di commercio di Moncalieri ed è stato inaugurato il 19 settembre 2004.
Successivamente, il comune di Moncalieri ha contestato ai responsabili del centro la violazione da alcune norme del testo unico in materia di edilizia, per aver riscontrato la diversa destinazione d'uso (da pertinenze commerciali a luogo di culto, che al momento del controllo ospitava circa 40 persone) e la mancanza di certificazioni di agibilità. Il tentativo di ovviare ai problemi cui si è fatto cenno attraverso la presentazione di una richiesta di sanatoria non ha sortito effetto, poiché le relative istanze sono state presentate fuori termine.
Nonostante il controllo delle autorità locali e le intimazioni a non proseguire, il centro ha continuato di fatto ad operare sulla sola base delle richieste di condono presentate al comune di Moncalieri dal responsabile del centro, e per tale motivo in data 2 agosto 2007 la polizia municipale ha effettuato un ulteriore sopralluogo nel corso del quale è stato contestato il cambio di destinazione con la realizzazione abusiva di opere interne. Conseguentemente, l'amministrazione comunale, con specifica ordinanza, ha intimato al proprietarioPag. 46dell'immobile di demolire le opere realizzate in assenza di permessi e concessioni edilizie, e ripristinare l'originario stato dei luoghi. Ricordava l'interrogante che questo ripristino non è ancora stato realizzato: ci risulta che i termini concessi non sono tuttora scaduti.

PRESIDENTE. L'onorevole Allasia, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, signora sottosegretario, non siamo assolutamente soddisfatti perché la risposta fornita sullo stato dei fatti di Oggiono, in provincia di Lecco, e a Moncalieri, in provincia di Torino, consiste esclusivamente delle fotocopie che molto probabilmente avete richiesto ai vari comuni.
Sappiamo già cosa hanno affermato gli amministratori locali e cosa si farà. Noi volevamo sapere quale era l'intenzione del Governo. Se mi permette di riprendere un po' il suo discorso sulla sicurezza pubblica, voi enunciate molto tale parola che è ormai di uso comune; dite che siete a favore della sicurezza pubblica e che attuerete un piano sulla sicurezza, ma lo stiamo ancora attendendo. Le devo dire - ma piuttosto le dovrei ricordare perché forse questo Governo non lo rammenta già più - che Violante era venuto a Torino nel lontano 1999 enunciando un piano sulla sicurezza provinciale, ma Torino ancora attende. Lo scorso inverno un rappresentante del Governo, il sottosegretario Minniti, è tornato ad enunciare lo stesso piano sulla sicurezza. Dopo sette anni è ritornato nel capoluogo subalpino e ha riproposto la stessa manfrina che ci aveva proposto Violante. Mi dispiace che questa volta non ci sono più i cittadini che furono allora così sciocchi da accettare quel piano sulla sicurezza e a riprova sono riusciti ad organizzare una manifestazione imponente, la scorsa settimana, contro il vostro Governo e a proposito del piano sulla sicurezza perché, mi dispiace affermarlo, ma a Torino la sicurezza è quasi del tutto assente.
A proposito della carta dei valori non ci deve invitare a leggerla. Mi dispiace ma, anche se siamo leghisti, sappiamo leggere e abbiamo studiato la Carta dei valori. Deve dire forse a qualcun altro di riprenderla, perché la carta dei valori ci sembra un po' inverosimile in quanto non stabilisce alcun diritto e alcun dovere, ma piuttosto toglie dei diritti ai cittadini italiani.
Abbiamo sempre parlato di reciprocità e di uguaglianza fra i popoli, però ci deve permettere di affermare che il confronto con l'Islam attualmente non è possibile perché è una necessità ineludibile alla quale peraltro l'Europa e in particolare l'Italia arriva debole, impreparata e con una buona dose di ingenuità. La reciprocità è come Cenerentola ma il principe azzurro, questa volta, ha altro a cui pensare. Forse non c'è un vero e proprio progetto elaborato a tavolino. Dico «forse» e lo ribadisco. Ma sicuramente esistono strategie per il rafforzamento dell'Islam nei Paesi in cui è già maggioritario e per la sua diffusione in alcune zone nevralgiche, come l'Africa subsahariana, l'Indonesia, la Malesia e ultimamente l'Europa. È un fatto che in questi anni alcuni Paesi guida, e in primo piano l'Arabia Saudita ma in misura minore anche l'Iran e il Pakistan, hanno stanziato ingenti somme per la costruzione di moschee, centri culturali, scuole coraniche e hanno formato e inviato dei religiosi all'estero. Una di queste moschee, centri o - come voi li definite - sale di preghiera è proprio quella di Moncalieri. L'Arabia Saudita si ritiene l'erede del califfato soppresso nel 1924 da Ataturk. Scusate per la pronuncia non proprio corretta.

KHALED FOUAD ALLAM. Non è proprio così!

STEFANO ALLASIA. Come tale è investita della missione di preservare e diffondere l'Islam. Questo scopo, sia ben chiaro, non viene perseguito con metodi terroristici ma con la costituzione di centrali di irradiazione dell'Islam che agiscono, al tempo stesso, sul piano religioso, sociale e politico. Si deve purtroppo constatare che i proventi ricavati dal petrolio,Pag. 47i cosiddetti petroldollari, vengono usati in minima parte per il sostegno economico dei musulmani indigenti che si trovano in emigrazione, mentre sono investiti con dovizia nella costruzione di luoghi simbolo dell'Islam, come è accaduto per la moschea di Roma, di Segrate e di altre capitali europee.
Bisogna chiarire un equivoco molto diffuso nel nostro Paese: la moschea non è una «chiesa musulmana». Per il musulmano è molto di più che un luogo di culto, è un ambito di aggregazione sociale, di rafforzamento della comune identità, di giudizio sulla società e di rivisitazione di quanto accade alla luce del Corano, spesso anche di trasmissione di parole d'ordine di tipo politico e, purtroppo, il più delle volte anche terroristico.
Studiando la storia dell'Islam s'impara che nella moschea sono state prese importanti decisioni o sono partite alcune rivolte contro le autorità (spero che non sia così nel caso italiano). Non è un caso che in molti Paesi le moschee vengano presidiate dalle forze dell'ordine in occasione della preghiera del venerdì, né va dimenticato che, secondo il pensiero islamico, un luogo reso sacro non si può più sconsacrare: in Egitto è accaduto che gruppi di fondamentalisti si siano recati di buon mattino su alcuni terreni della Chiesa, abbiano steso il tappeto e pregato, rendendo di fatto impossibile l'edificazione di una chiesa su quell'area, che con il loro gesto era stata resa sacra all'Islam. Pertanto, un gesto che, magari in buona fede, è mosso dalla solidarietà o dall'altruismo, viene vissuto da parte musulmana come resa, tradimento, implicita ammissione della loro superiorità, ingenerando pericolosi equivoci.
È una sfida lanciata dalla storia, ma viene vissuta secondo prospettive differenti. Uno chek musulmano molto autorevole di Beirut, lo sciita Fadlallah, durante un incontro con i cristiani sosteneva che il sistema democratico vigente in Europa rappresenta la chance migliore per la diffusione dell'Islam. In occidente c'è una situazione che permette ai musulmani di ottenere importanti riconoscimenti sul piano giuridico in nome della libertà e del pluralismo e un clima culturale favorevole: da noi è rinato l'interesse per proposte forti, che trasmettono insieme certezze e novità. Inoltre, si avverte indifferenza verso un cristianesimo disponibile a mille compromessi. Per dialogare servono certezze, non mercanteggiamenti, altrimenti tutto diventa ambiguo e finisce per prevalere chi è più consapevole della propria identità rispetto a chi è disposto a rinunciarvi, magari sventolando le insegne della cosiddetta società multiculturale.
L'occidente porta nel suo DNA valori che possono giovare al mondo islamico, dove ancora non hanno il posto che meritano: la dignità delle persone, l'uguaglianza di fronte alla legge derivante dal concetto di cittadinanza; la democrazia; la distinzione (non dico separazione) tra politica, religione e Stato. Dall'altra parte il mondo musulmano è portatore di valori che erano condivisi in Occidente, ma che la secolarizzazione ha fatto dimenticare: per esempio il fatto che la morale non può essere soggettiva (ma che esistono riferimenti oggettivi), l'importanza della comunità, la necessità di non dissociare la tecnica dall'etica e l'affermazione che il progresso tecnologico non significa necessariamente progresso dell'umanità. Sono convinto che bisogna esercitare la fatica del dialogo, ma insisto: i frutti si possono vedere solo quando i due partner hanno una visione chiara di cosa sono e di ciò che vogliono. Il dialogo in maschera è inutile.
Anzitutto vorrei sgombrare il campo da una falsità che continua a circolare: non è vero che in Arabia Saudita non si possano costruire chiese o celebrare funzioni religiose diverse da quelle musulmane soltanto perché quella sarebbe la «terra santa dell'Islam». La tradizione ricorda che quando Maometto entrò alla Mecca nel 630 e ordinò la distruzione di tutti gli idoli, vedendo una piccola icona della Madonna con Gesù, chiese di risparmiarla.
La seconda falsità è che fuori dall'Arabia Saudita non ci siano problemi: ricordo solo che in Egitto tra le dieci condizioni da rispettare per la costruzione di una chiesaPag. 48c'è l'assenza di una moschea nel raggio di mezzo chilometro. Ciò costringerebbe a edificare nel deserto, vista la concentrazione di moschee che si registra nelle città.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la prego di concludere.

STEFANO ALLASIA. Molto probabilmente è più comodo a un certo mondo politico e ad alcuni Governi fare in modo che la differenziazione sia molto più spinta di quel che il semplice musulmano crede. Perciò, come sempre, un conto è l'idea e altro conto è l'attuazione. Ci sembra sempre più che i Governi (e la sinistra in Italia) stiano sempre più spingendo verso l'islamizzazione del Paese, ma mi dispiace per voi, questo non lo permetteremo mai.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, dovrebbe concludere.

STEFANO ALLASIA. Vede, il Papa, con cui tanti di voi non rinunciano a farsi vedere o fotografare insieme, non si stanca di chiedere la reciprocità quando incontra gli ambasciatori presso la Santa Sede.
Ma ciò non basta, sono gli Stati che dovrebbero premere nell'ambito di una più generale azione in favore dei diritti umani. Purtroppo, i nostri governanti sono totalmente occupati a concludere affari con i Paesi produttori di petrolio che finiscono per dimenticarsene.

(Chiarimenti sull'applicazione della normativa in materia di appalti pubblici di forniture - n. 2-00776)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00776, concernente chiarimenti sull'applicazione della normativa in materia di appalti pubblici di forniture (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, illustro brevemente la mia interpellanza urgente per segnalare l'importanza dell'argomento sul quale verte, che incide su molte società di forniture di servizi delle amministrazioni pubbliche del nostro Paese. Registriamo un'errata interpretazione delle norme che si sono succedute, tra le quali, vi è la legge n. 109 delle 1994 - parzialmente abrogata successivamente dal decreto legislativo n. 163 del 2006: l'abrogazione non ha riguardato infatti l'articolo 8 - che prevedeva una serie di garanzie a corredo delle offerte che dovevano essere presentate alla pubblica amministrazione in caso di partecipazione a gare pubbliche per forniture di servizi, nonché la cauzione definitiva attinente all'eventuale aggiudicazione della gara.
Signor sottosegretario, dal momento che assistiamo a interpretazioni diverse delle norme e a comportamenti differenti da parte delle stazioni appaltanti, chiediamo che il Governo intervenga per chiarire, una volta per tutte, quale norma vada applicata e riteniamo, altresì, necessario precisare che gli appalti di lavori pubblici non possono essere considerati alla stessa stregua degli appalti di servizi. Tale meccanismo sta ingenerando gravi problemi ai fornituristi che, in un momento particolarmente difficile per il settore si trovano costretti a dover impiegare ingenti risorse economiche; anche considerati i tempi di pagamento dei fornitori delle amministrazioni pubbliche, la situazione ingenera difficoltà per il mantenimento stesso delle società e per la possibilità di partecipare liberamente alle gare, dando luogo, oltretutto, a una violazione della libertà di concorrenza e di mercato.
Ciò premesso, chiediamo, quindi, al Governo un chiarimento in merito.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Tommaso Casillo, ha facoltà di rispondere.

TOMMASO CASILLO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, detta la disciplina per la cosiddetta cauzione provvisoria e la cosiddetta cauzione definitiva o garanzia fideiussoria, rispettivamente agli articoli 75 (Garanzie aPag. 49corredo dell'offerta) e 113 (Garanzie di esecuzione e coperture assicurative), entrati in vigore, ai sensi dell'articolo 257 del codice, il 1o luglio 2006.
L'articolo 75 del codice riproduce con alcune modifiche l'articolo 30, commi 1 e 2-bis della legge n. 109 del 1994 e l'articolo 113 riproduce le disposizioni dell'articolo 30, commi 2, 2-bis, 2-ter della citata legge, estendendo la disciplina per i contratti di lavori ai contratti di servizi e forniture.
Si rileva che, in punto di drafting normativo, a differenza della legge n. 109 del 1994, il codice disciplina la cauzione provvisoria e definitiva in due diversi articoli in luogo di un unico articolo.
L'articolo 75, comma 7, del codice applicabile ai lavori, ai servizi e alle forniture, prevede che la cauzione provvisoria è ridotta del 50 per cento per gli operatori economici ai quali venga rilasciata la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI EN ISO 9000 ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema.
L'articolo 40 del codice, in tema di qualificazione per eseguire lavori pubblici, al comma 7, prevede che le imprese alle quali venga rilasciata la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI EN ISO 9000 ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema, usufruiscono del beneficio che la cauzione e la garanzia fideiussoria, previste rispettivamente dall'articolo 75 e dall'articolo 113, comma 1, sono ridotte, per le imprese certificate, del 50 per cento.
Nell'articolo 113, applicabile a lavori, servizi e forniture, non si rinviene una previsione analoga all'articolo 75, comma 7, o all'articolo 40, comma 7, applicabile ai soli lavori.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nella determinazione n. 7 dell'11 settembre 2007, con riferimento alle disposizioni del codice sopracitate, conclude che il codice «amplia l'applicazione dell'istituto delle garanzie previste dalla legge n. 109 del 1994 per i lavori anche a servizi e forniture e, nel contempo, non consente la riduzione del 50 per cento unicamente per questi ultimi, che precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 163 del 2006 godevano di obblighi meno restrittivi rispetto ai lavori».
Da quanto qui rappresentato, appare evidente che l'intervento normativo richiesto nell'interpellanza in esame comporta la necessità di prevedere adeguata copertura finanziaria, prefigurandosi oneri da quantificare per le stazioni appaltanti in conseguenza della riduzione del limite di garanzia per le imprese operanti nel settore dei servizi e delle forniture, per le quali non opera, peraltro, il sistema di qualificazione SOA, previsto invece per i lavori.
Pur confermando la disponibilità di questo Ministero a procedere a un riesame tecnico della questione, si ritiene di non poter esprimere un indirizzo definitivo, se non alla luce di un'azione di concerto con il competente Ministero economico.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di replicare.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo perché la mia interpellanza era rivolta sia al Ministero delle infrastrutture sia a quello dell'economia e delle finanze: c'è, infatti, tra tali Dicasteri una cointeressenza di responsabilità, così come il sottosegretario ha affermato nella parte finale della sua risposta.
Ritengo che vi sia un problema di interpretazione più generale. Ricordo, infatti, che il decreto legislativo n. 163 del 2006 non ha abrogato l'articolo 8 della legge n. 109 del 1994, che introduceva, con i commi 1 e 2, due depositi cauzionali definiti in gergo rispettivamente, «cauzione provvisoria» e «cauzione definitiva».
Attualmente alcuni soggetti appaltanti stanno continuando a interpretare le norme in tal senso, applicando cioè il 50 per cento anche per la cauzione definitiva; altri, invece, non lo fanno, mentre altri ancora pongono problemi di interpretazione.Pag. 50
Signor sottosegretario, parliamo di cauzioni. Lei ha affermato che vi è un problema di copertura economica e di aumento dei costi per le amministrazioni pubbliche. Tali cauzioni, però, sono svincolate al momento della conclusione della fornitura. Pertanto, non credo si tratti di un problema di aumento dei costi, ma, probabilmente, soltanto di un problema di interpretazione normativa. Sarebbe opportuno, eventualmente, approvare, con un provvedimento legislativo, una novella che consentisse di fare chiarezza su tale problematica.
Si tratta di una questione che interessa centinaia, migliaia di piccole imprese fornitrici delle amministrazioni pubbliche. Lei sa bene quante amministrazioni pubbliche si servono di fornitori di servizi: siamo di fronte non alle grandi imprese appaltatrici, ma a piccole imprese per le quali anche cinquantamila o centomila euro versati a titolo di cauzione pesano notevolmente nella gestione economica.
Conosciamo quali difficoltà, oggi, incontrano le amministrazioni pubbliche per svolgere una gara: trascorrono tranquillamente sette, otto mesi, un anno in qualche caso! Sappiamo quali sono i tempi per lo svincolo delle garanzie fideiussorie o delle cauzioni definitive corrisposte e sappiamo quanto tempo passi (anche due anni, più di seicento giorni) per il pagamento dei servizi prestati dai fornitori da parte delle amministrazioni pubbliche.
Signor sottosegretario, si tratta di un problema da non sottovalutare, che riguarda la tenuta stessa di un mercato importante che esiste nel nostro Paese. Ritengo, pertanto, che sia giusto chiedere al Governo di porre un'attenzione ulteriore su tale problema.

(Chiarimenti in merito alla decisione del Governo di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge della regione Lombardia n. 19 del 2007 - n. 2-00772)

PRESIDENTE. L'onorevole Aprea ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00772, concernente chiarimenti in merito alla decisione del Governo di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge della regione Lombardia n. 19 del 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

VALENTINA APREA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, su richiesta del Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, nella seduta di venerdì 28 settembre 2007, il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la legge regionale della Lombardia del 6 agosto 2007, n. 19, davanti alla Corte costituzionale.
Con la legge n. 19 del 2007, la regione Lombardia ha costruito un sistema coordinato e unitario di istruzione e formazione professionale, delineandone l'architettura e le prospettive. La regione Lombardia muove dall'assunto - desunto dalla giurisprudenza costituzionale e suffragato dal quadro legislativo vigente (legge n. 53 del 2003 e relativi decreti attuativi) - che l'istruzione e la formazione professionale sia da intendersi come materia di competenza residuale regionale, ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione, che inserisce l'istruzione tra le materie concorrenti, con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale, e che, in ragione di ciò, tale competenza venga sottratta alle norme generali sull'istruzione, pur rimanendo assoggettata ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Inoltre, essa viene considerata come un unicum non distinguibile in istruzione professionale, da un lato, e formazione professionale, dall'altro.
D'altra parte, anche dopo le riforme introdotte in questa legislatura, l'istruzione e formazione professionale fanno parte, a pieno titolo, del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Infatti, in base all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 226 del 2005, così come modificato dall'articolo 13, comma 8-bis, della legge n. 40 del 2007, il secondo ciclo del sistema educativo diPag. 51istruzione e formazione è costituito dal sistema dell'istruzione secondaria superiore e dal sistema di istruzione e formazione professionale.
L'articolo 13 della legge n. 40 del 2007, riportando gli istituti professionali nell'alveo dell'istruzione secondaria superiore, conferma che il sistema di istruzione e formazione professionale è componente di pari dignità del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. La legge regionale in questione, quindi, nulla dice sul sistema di istruzione secondaria superiore, in cui sono collocati gli istituti tecnici e gli istituti professionali, bensì disciplina la parte di sistema di istruzione e formazione professionale quale unicum di sua esclusiva competenza, nel rispetto dei livelli essenziali e, tra l'altro, in coerenza con il repertorio nazionale richiamato dall'articolo 23. Dunque, fermo restando che l'istruzione è, comunque, di competenza concorrente, all'interno della quale la regione ha ampie competenze, come affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 2004, la legge regionale non incide sull'ordinamento della materia concorrente, qual è appunto l'istruzione. Nonostante ciò, si apprende, da fonte giornalistica - perché non siamo ancora in grado di conoscere i termini del ricorso - che la più forte contestazione espressa dal Governo riguarderebbe il fatto che la regione Lombardia abbia legiferato in assenza della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che competono allo Stato.
Noi siamo fermamente convinti, al contrario, che l'assenza di tali atti da parte dello Stato non possa costituire un limite all'azione legislativa regionale, né che il ritardo nell'emanazione degli atti statali possa essere utilizzato per impedire alle regioni l'esercizio delle proprie competenze costituzionali ed, inoltre, che la legge regionale in questione sia, comunque, rispettosa dei livelli essenziali delle prestazioni poiché ne richiama esplicitamente il rispetto.
Credo, altresì, che non possa essere trascurato né sottovalutato il fatto che la legge regionale n. 19 del 2007 sia frutto di un lungo lavoro di confronto che ha coinvolto le parti sociali, datoriali, gli enti locali, le espressioni del mondo della scuola e della formazione (associazioni docenti, dirigenti scolastici, genitori, enti di formazione) e finanche gli uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione, alla fine del quale si è registrato un ampio consenso.
Ritengo che questo Governo non possa trascurare né sottovalutare il fatto che la legge regionale n. 19 sia stata approvata dal consiglio regionale con una maggioranza trasversale, che ha visto convergere, attraverso un voto di astensione, i partiti de L'Ulivo verso le posizioni di tutta la Casa delle libertà, che governa quella regione con il presidente Formigoni, che la volontà del Governo di impugnare tale legge regionale crei un pericoloso vulnus nel mondo della formazione, così ricco di esperienze di successo come in Lombardia, e che rischi di mettere a repentaglio la possibilità di rispondere più puntualmente ai bisogni urgenti di quel territorio, mortificando, per l'ennesima volta, le naturali esigenze del nord, a tutto vantaggio di politiche centralistiche. Tutto ciò è fin troppo evidente.
Signor sottosegretario, le chiediamo di conoscere la posizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Lanzillotta, il quale è impegnato a battersi e a spendersi per realizzare una reale sussidiarietà, soprattutto quella orizzontale, così difficile da realizzare ma così urgente specialmente in alcune realtà che si trovano in prima linea in ordine allo sviluppo del Paese, come appunto la regione Lombardia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali, Pietro Colonnella, ha facoltà di rispondere.

PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Onorevole Presidente, onorevole Aprea, onorevoli colleghi, il Ministro degli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, nella seduta delPag. 52Consiglio dei Ministri del 28 settembre, su istanza del Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha proposto l'impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale della legge regionale della Lombardia n. 19 del 2007, deliberata appunto dal consiglio regionale medesimo.
La predetta legge regionale, concernente la disciplina del sistema educativo di istruzione e formazione professionale regionale, è stata ritenuta dal Governo invasiva della competenza riconosciuta al legislatore statale in materia di istruzione dall'articolo 117, commi 2 e 3, della Costituzione. I due richiamati commi riservano, rispettivamente, al legislatore statale l'individuazione delle norme generali sull'istruzione, attribuite alla sua competenza esclusiva, e l'individuazione dei principi fondamentali della materia. Residua pertanto alle regioni, nella materia, una competenza concorrente, nel rispetto dei principi costituzionali di cui all'articolo 33 della Costituzione, nonché della disciplina generale di principio dettata dallo Stato.
Nel delineato contesto, rientra pertanto nel potere-dovere del legislatore statale garantire che siffatti principi costituzionali siano uniformemente applicati sull'intero territorio nazionale, a partire dalla stessa previsione dell'obbligo di istruzione, che è al contempo espressione di un livello essenziale delle prestazioni, che non possono non essere uniformemente garantite su tutto il territorio nazionale.
Il Governo, nel corso dell'esame della normativa regionale, ha rilevato, sulla base dei rilievi formulati dal competente Ministro della pubblica istruzione, il contrasto di alcune disposizioni emanate dal legislatore regionale lombardo con le disposizioni statali contenenti norme generali e di principio, ma anche con il canone della leale collaborazione, che impone alla regione di emanare una disciplina conforme agli accordi intercorsi in materia tra Stato e regioni, in considerazione dell'intreccio inevitabile che in tale materia si realizza, nella pratica, tra competenze statali e regionali e che la stessa Corte costituzionale ha rilevato nella sentenza n. 279 del 2005.
Quanto alle specifiche censure mosse dal Governo, deve rilevarsi come già l'articolo 1, comma 2, della legge regionale e l'applicazione di esso, disposta dagli articoli seguenti, risulti in contrasto con la normativa statale vigente e in particolare con la legge n. 296 del 2006 e la legge n. 40 del 2007, poiché descrive un ambito di applicazione contrastante con i principi fondamentali riservati allo Stato in materia di istruzione.
Ulteriori censure riguardano l'articolo 10, concernente il sistema di certificazione delle competenze acquisite, che non considera l'esigenza di definire standard e modalità uniformi su tutto il territorio nazionale, e gli articoli 11 e 14, comma 2, che permettono ai giovani che hanno concluso il primo ciclo di iscriversi ai percorsi di istruzione e formazione professionale al di fuori degli elenchi predisposti dal Ministro della pubblica istruzione con l'assenso della Conferenza Stato-regioni.
È stato, quindi, oggetto di censura anche l'articolo 18 che concerne la formazione ai fini dell'abilitazione professionale, il cui esercizio compete allo Stato, come affermato dalla decisione n. 300 del 2007 della Corte costituzionale. Risultano, infine, impugnati l'articolo 24 che individua unilateralmente le istituzioni formative e l'articolo 28 che prevede un meccanismo automatico di determinazione delle risorse in base al criterio della quota capitaria in contrasto con l'articolo 137 del decreto legislativo n. 112, del 1998, che rimette allo Stato le funzioni relative alla determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato.
Occorre tuttavia rilevare come il Governo, prima di sottoporre la legge regionale al giudizio della Corte costituzionale, in coerenza con l'indirizzo intrapreso con la direttiva del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali del 26 giugno 2006, nello spirito di una leale collaborazione che deve permeare il rapporto tra Stato e regioni, abbia ricercato un'intesa con la regione Lombardia aprendo un tavolo di negoziazione al fine di comprendere le ragioni che stavano allaPag. 53base della scelta del legislatore regionale lombardo e individuare soluzioni atte ad armonizzare quelle scelte politiche con la disciplina generale e di principio dello Stato.
Sono, pertanto, intercorsi con la regione diversi incontri nell'intento di superare i contrasti e di trovare una soluzione condivisa che potesse evitare l'impugnativa. In questo contesto si inserisce l'incontro presso il Dipartimento per gli affari regionali tra qualificati rappresentanti della regione Lombardia e dei Dicasteri della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca in data 26 settembre 2007, dunque in epoca antecedente alla riunione del Consiglio dei ministri nella quale è stata deliberata l'impugnazione della legge regionale in oggetto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,35)

PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Tali iniziative, che in numerose altre circostanze hanno comportato un esito positivo anche con la stessa il regione Lombardia tanto da determinare in linea generale una sensibile riduzione del contenzioso di iniziativa statale dall'inizio dell'attuale legislatura ad oggi, non hanno purtroppo, nel caso in esame, condotto ai risultati sperati.
Preso atto dell'impossibilità obiettiva di addivenire ad una bonaria composizione il ricorso alla Corte si è, pertanto, reso inevitabile, anche in via cautelativa, attesa l'imminenza della scadenza del termine perentorio previsto dall'articolo 127 della Costituzione.
La scelta effettuata dal Governo, in ogni caso, non preclude la possibilità di addivenire in un futuro prossimo ad una composizione della vertenza prima che la Corte costituzionale si pronunci. La disponibilità da parte statale è rimasta inalterata; occorre tuttavia che ad essa si accompagni una analoga manifestazione di disponibilità da parte della regione Lombardia. Il confronto tra gli uffici può pertanto proseguire nel rispetto delle prerogative che la Costituzione riconosce allo Stato e alle regioni, ai fini della ricerca congiunta di soluzioni condivise il cui raggiungimento indurrebbe certamente il Governo a deliberare, eventualmente, la rinuncia all'impugnativa promossa dinanzi alla Corte costituzionale. Ciò è quello che noi auspichiamo, con reciproco impegno e comune volontà positiva, nello spirito di un nuovo federalismo sussidiario, cooperative e solidale.

PRESIDENTE. La deputata Aprea ha facoltà di replicare.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, naturalmente, rimanendo la posizione del Governo quella di impugnare innanzi alla Corte Costituzionale il provvedimento indicato nell'interpellanza, la mia soddisfazione (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, la prego, so che è il suo compleanno e le faccio gli auguri, però non disturbi la collega che sta parlando.

VALENTINA APREA. Chiedo scusa. Mi sono trovata improvvisamente in una festa senza saperlo, ebbene auguri di buon compleanno!
Tornando all'argomento sul quale ci stiamo confrontando, signor sottosegretario, ho sicuramente avvertito una certa disponibilità nella decisione del Consiglio dei Ministri da lei comunicata. Naturalmente, prendo atto di questa apertura e ne sono lieta, e tutto ciò mi servirà anche per rassicurare la regione Lombardia e il presidente della giunta di tale regione, onorevole Formigoni, nonché il consiglio stesso, sul futuro della legge regionale n. 19 del 2007, ma soprattutto mi servirà per rassicurare le migliaia di studenti e di docenti che hanno visto in tale legge un'opportunità di formazione, di qualificazione professionale, e vi hanno riscontrato altresì la possibilità di raggiungere quel successo formativo che poi molte volte è anche indice di successo nella vita lavorativa che, oggi ai suddetti ragazzi, aiPag. 54suddetti giovani, è negato considerato il percorso classico tradizionale, che individua solo la scuola come luogo di formazione e solo lo studio come attività di preparazione.
Quindi, ho colto la predetta sfumatura e la ringrazio per questa apertura, signor sottosegretario, ma naturalmente la deliberazione d'impugnazione indicata resta come un macigno per tutti noi lombardi e anche per i molti deputati firmatari dell'interpellanza in esame, i quali avrebbero voluto un ridimensionamento del citato conflitto istituzionale. Quando il Governo centrale ricorre avverso una regione, nell'attuazione degli articoli della Costituzione, ciò non rappresenta mai un dato positivo. Come lei sa, nella scorsa legislatura ho ricoperto incarichi di Governo e anche a noi è capitato di presentare ricorsi della natura di cui si è parlato avverso altre regioni, chiamando quindi in causa la Corte costituzionale per un giudizio sulle leggi regionali. Tuttavia in tali casi eravamo di fronte ad una situazione completamente diversa, perché di fatto, stranamente, alcune regioni sembravano interpretare un ruolo opposto, in altre parole negavano le competenze che la nuova Costituzione prefigura per le regioni. Tutto ciò naturalmente metteva in difficoltà il Governo, ma dal versante opposto. Credo allora che i suddetti conflitti istituzionali non facciano bene e soprattutto non facciano progredire i sistemi educativi e formativi, soprattutto se tali conflitti colpiscono le regioni più avanzate - in questo caso, la Lombardia - che già hanno una responsabilità precisa, ovverosia promuovere lo sviluppo, e che quindi non possono permettersi il lusso di stare ferme ed aspettare tempi biblici per una regolamentazione nazionale di materie che peraltro riguardano competenze attribuite dalla Costituzione alle ragioni stesse. Per essere più precisa, risponderò almeno a due o tre punti, tra i molti da lei richiamati, signor sottosegretario, che saranno oggetto di studio e di considerazione da parte del gruppo Forza Italia, che ha voluto interrogare il Governo sul citato ricorso.
Lei ha richiamo l'istruzione obbligatoria per almeno dieci anni: l'articolo 1, comma 622, della legge finanziaria per l'anno 2007, non precisa nulla al riguardo - se tale obbligo debba essere assunto nel sistema di istruzione secondaria superiore o in quello di istruzione e formazione professionale - limitandosi a prevedere che l'assolvimento dell'obbligo debba consentire l'acquisizione dei saperi e delle competenze previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore. Ne deriva che l'obbligo di istruzione si attesta nel biennio successivo al primo ciclo; in ragione del principio di pari dignità, può essere assolto anche nel sistema di istruzione e formazione professionale e ha come unico requisito il rispetto dei curricula come individuati nel regolamento attuativo dell'obbligo. Si tratta di quelli che sono diventati gli assi culturali nel documento che il Ministero della pubblica istruzione ha poi varato con riferimento al primo biennio dell'istruzione secondaria superiore.
Se si esamina la legge regionale alla luce di tali principi, nulla in essa contraddice la necessità che il primo biennio dei percorsi di formazione professionale risponda a tali criteri, anzi la legge regionale li richiama esplicitamente, all'articolo 14, comma 2, laddove prevede che l'obbligo di istruzione sia assolto anche attraverso la frequenza dei primi due anni di percorsi di istruzione e formazione professionale e precisa altresì che proprio al fine di assolvere l'obbligo, tali primi due anni devono rispondere alle finalità di crescita delle competenze culturali fondamentali ai curricula definiti dal Ministero della pubblica istruzione, ai sensi del comma 622 dell'articolo 1 della legge finanziaria per l'anno 2007. Quindi, la legge regionale si è gia posta nell'ottica dell'assolvimento dell'obbligo di istruzione con le finalità e gli assi culturali individuati per tutti gli altri due ordini di scuole. L'osservazione ministeriale è inficiata da una lettura errata del combinato disposto dei commi 622 e 624 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, laddove il Ministero della pubblicaPag. 55istruzione intende che l'obbligo si assolve, a regime, solo nelle istituzioni scolastiche o nei percorsi o progetti per la prevenzione e il contrasto della dispersione, mentre nei percorsi triennali di formazione professionale si assolve esclusivamente fino alla messa in regime dell'obbligo. Ma quest'ultima, di fatto, già esiste. A maggior ragione, se tali percorsi sono potuti sopravvivere anche con questo Governo, far uscire dalla precarietà istituzionale nelle regioni come la Lombardia o il Veneto - ma potrei fare l'elenco di molte regioni, tra cui anche la stessa regione Lazio - tali percorsi triennali, dove le regioni si sono fatte parte diligente e dove essi non solo vengono attivati, ma risultano efficaci ai fini del contenimento della dispersione dell'obbligo e ai fini della formazione professionale, credo sia non solo un diritto, ma anche un dovere delle regioni che finora hanno investito in tal senso.
Rispetto alla contestazione più forte, l'assenza dei livelli essenziali delle prestazioni, che impedisce l'esercizio della disciplina legislativa regionale: premesso che i livelli essenziali della prestazioni per il sistema di formazione professionale sono stati individuati sia in sede di Conferenza Stato-regioni sia nello stesso decreto legislativo n. 226 del 17 ottobre 2005, l'eventuale assenza di livelli essenziali delle prestazioni non può costituire limite all'azione legislativa regionale, bensì impedimento all'avvio delle attività formative. Perciò tale assenza non preclude l'esercizio dell'attività legislativa; eventualmente, potrebbe costituire un limite alla sua piena attuazione: la legge regionale, infatti, in più disposizioni richiama il rispetto dei livelli essenziali quale condizione per l'esercizio dell'offerta formativa. Ciò significa che si costruisce il contenitore man mano che lo Stato produrrà questi limiti ulteriori e la regione sarà già pronta a prendere atto di tali limiti e ad adeguarvisi. Quindi la casa, il contenitore, la legge è stata costruita prevedendo esattamente ciò che lei chiamava il rispetto della leale collaborazione tra i livelli e soprattutto il rispetto delle competenze, così come prevede il riformato Titolo V della Costituzione.
Per quanto concerne la certificazione e la sua spendibilità, non vi è dubbio che la disciplina dell'accesso all'università sia di competenza statale, tanto che la legge regionale è strettamente osservante delle disposizioni contenute nelle leggi: previsione di un quinto anno integrativo, di concerto con l'università, per l'accesso all'esame di Stato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

VALENTINA APREA. Ciò vale anche per quanto riguarda le istituzioni formative trasferite e, soprattutto, la formazione regolamentata sulla materia delle professioni; per non parlare, poi, della quota capitaria, perché si tratta di finanziamenti che vengono, comunque, trasferiti alle regioni. Anzi, ritengo che porre in una legge in modo trasparente, definitivo ed univoco le modalità di redistribuzione di tali finanziamenti ai fini del rimborso delle agenzie che offrono tale servizio sia, ancora una volta, non solo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VALENTINA APREA. ...un esempio di buon Governo - concludo signor Presidente - ma anche una rassicurazione rispetto alla trasparenza che questi settori pubblici devono avere. Pertanto, mentre prendo atto dell'apertura fatta dal Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie locali, riferita solennemente in questa sede dal sottosegretario, la prego davvero di lavorare perché tale conflitto possa rientrare e si possa ridare serenità a chi lavora nei percorsi ricordati, agli studenti...

PRESIDENTE. Deve concludere.

VALENTINA APREA. ...che si sono iscritti e che, credo, abbiano il diritto di avere risposte dalla politica, sia nazionale sia regionale, che li possano aiutare e non farli fermare.

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(Intendimenti del Governo con riferimento alla mancata creazione di aree di parcheggio gratuito da parte di numerosi comuni - n. 2-00780)

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00780, concernente intendimenti del Governo con riferimento alla mancata creazione di aree di parcheggio gratuito da parte di numerosi comuni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, i sottoscritti chiedono al Governo di sapere quanto segue. Dopo aver preso atto da molte iniziative giornalistiche, ma non solo, in particolare da un'indagine giornalistica importante realizzata dalla redazione del Tg5 circa i rapporti fra i cittadini e i comuni per quanto riguarda il diritto a poter parcheggiare, risulta che in molti comuni italiani, soprattutto in quelli più grandi, le multe elevate contro gli automobilisti per infrazione del codice della strada rappresentano un incasso elevato e che, in alcuni comuni, tale incasso raggiungerebbe un importo addirittura superiore rispetto al valore totale delle entrate provenienti dalle imposte locali. Risulta, altresì, che la previsione di questi introiti venga persino inserita nelle previsioni di bilancio, a dimostrazione che simili entrate costituiscono, ormai, per numerosi comuni, una vera e propria voce di finanziamento delle proprie attività.
Da quanto premesso, sembrerebbe potersi dedurre la tendenza da parte degli automobilisti e dei motociclisti italiani a comportamenti spregiudicati e fortemente pericolosi per sé stessi e per gli altri. Analizzando i dati con attenzione, tuttavia, emerge che l'elevato valore economico delle multe è principalmente legato non a comportamenti rischiosi per la sicurezza stradale, bensì alla sosta a pagamento, laddove sia superata, anche di poco, l'ora di stazionamento pagata e al parcheggio in sosta non autorizzata. Ne consegue che, lungi dal contribuire a una maggior sicurezza delle nostre strade, le multe elevate contro gli automobilisti sono da questi ultimi vissute come vere e proprie vessazioni, soprattutto considerato che i cittadini già pagano, attraverso la tassazione, la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle strade. L'ingiustizia sociale avvertita dai cittadini è forte ed è tanto più evidente ove si consideri che automobilisti e motociclisti ricorrono all'uso dei mezzi privati per raggiungere il posto di lavoro e, non essendovi un servizio pubblico adeguato, questa rimane l'unica possibilità.
Pertanto, trovare spazi dedicati ad aree di parcheggio quasi risibili (e tutti, purtroppo, a pagamento) invece di spazi più ampi, porta ad una condizione di ribellione dei cittadini verso la politica amministrativa ma, soprattutto, nazionale.
Ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera f) del codice della strada, l'individuazione delle aree destinate a parcheggio a pagamento avviene fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con questa interpellanza urgente, si chiede se i Ministri interpellati e, in particolare, il Ministro delle infrastrutture, intendano adottare direttive - e se intendano farlo, quali - volte ad alleviare i cittadini da questa impropria e pesante pressione fiscale che, ad avviso degli interpellanti, costituisce un comportamento arbitrario da parte dei comuni che non investono, tra l'altro, le ricordate risorse nelle creazione di aree di parcheggio gratuito a disposizione degli utenti, ma anzi riducono tali spazi, espropriando di fatto gli stessi utenti di un servizio dovuto.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali, Pietro Colonnella, ha facoltà di rispondere.

PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, onorevole Rossi Gasparrini, onorevoli deputati, l'articoloPag. 577, comma 1, lettera f) del codice della strada dispone che i comuni possano stabilire nei centri abitati, con ordinanza del sindaco, previa deliberazione della Giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le aree urbane. Allo stato attuale, a seguito della soppressione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la competenza in materia è incardinata presso il Ministero dei trasporti. Per quanto concerne il Dipartimento aree urbane, anch'esso soppresso, le relative competenze sembrano attribuite al Ministero delle infrastrutture, ai sensi dell'articolo 1, lettera c), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 luglio 2006.
Tanto premesso, in via generale, giova ricordare i contenuti del citato articolo 7, primo fra tutti quello enucleato nel comma 7, il quale prevede che i proventi dei parcheggi a pagamento, in quanto spettanti agli enti proprietari della strada, sono destinati alla installazione, costruzione, gestione di parcheggi in superficie, sopraelevati o sotterranei, e al loro miglioramento e le somme eventualmente eccedenti ad interventi per migliorare la mobilità urbana. Si ricorda, inoltre, il principio enucleato dal successivo comma 8, il quale, sulla base di determinati presupposti, prevede che in prossimità delle zone destinate a parcheggio oneroso siano individuate zone a parcheggio libero. Tuttavia, non può sottacersi che, data la formulazione della lettera f) dell'articolo 7, in assenza dell'emanazione delle direttive ministeriali volte ad individuare condizioni e tariffe della sosta a pagamento, i comuni, di fatto, si ritengono, comunque, liberi di agire.
Proprio per tale motivo, è impegno di questa amministrazione provvedere all'elaborazione delle suddette direttive, al fine di ricondurre l'operato degli enti locali in materia di parcheggi onerosi ad uniformità e ragionevolezza. Certamente, onorevole Rossi Gasparrini, l'interpellanza urgente da lei presentata e sottoscritta da altri deputati costituisce, per il Ministero dei trasporti, uno stimolo positivo ad agire nel senso richiamato.

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di replicare.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, sono abbastanza soddisfatta della proposta che proviene dal Governo, di intervenire in materia, ricordando l'arbitrio cui sono sottoposti i cittadini.
Infatti, fa male sentire un sindaco dichiarare che il bilancio del proprio comune è triplicato perché vengono multati i cittadini. Per tornare alla difficoltà oggi esistente - che dobbiamo colmare - relativa al rapporto fra le persone e la politica. Si dice, in generale, che il Governo e il Parlamento siano da condannare, ma nella realtà lo sono gli abusi compiuti anche dalle amministrazioni, talvolta, forse in modo ingenuo - vorrei essere gentile -, contro i diritti dei cittadini.
Ricordo che lei ha citato l'articolo 7, comma 1, lettera f) del codice della strada, in cui è scritto che i comuni sono gli enti proprietari. Vorrei far presente che i proprietari delle piazze e delle strade sono i cittadini, non i comuni e che fin quando i sindaci penseranno di essere proprietari del proprio territorio, la democrazia nel nostro Paese avrà difficoltà ad essere amata.
Quindi, come gruppo Popolari-Udeur, saremo vicino al percorso da lei indicato, eventualmente anche predisponendo una proposta di legge in quest'ottica. Tuttavia, la nostra richiesta è di vigilare, affinché, in qualche modo sia noto che il Governo è contro tali abusi, in quanto quella che si sta verificando è una tassazione illecita.
Vorrei ricordare solo un paese, una cittadina italiana, che si chiama San Benedetto del Tronto. Presumo che perPag. 58essere alla moda abbia istituito delle aree di parcheggio onerose. Tuttavia a latere sono stati creati anche ampi spazi di parcheggio libero. In modo evidente, si è assistito ad una scelta da parte dei cittadini, perché le aree onerose si sono totalmente svuotate dal parcheggio, mentre le aree giustamente costruite per il parcheggio libero sono state occupate da chi di diritto: noi cittadini.

(Decisione del Ministero dell'università e della ricerca in merito agli esami per l'ammissione alle scuole di specializzazione per l'area medica per l'anno accademico 2007-2008 - n. 2-00784)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00784, concernente la decisione del Ministero dell'università e della ricerca in merito agli esami per l'ammissione alle scuole di specializzazione per l'area medica per l'anno accademico 2007-2008 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, mi riferisco ai laureati, quei nostri giovani che hanno terminato il percorso formativo e che, ovviamente, per entrare nelle scuole di specializzazione, si trovano a dover sostenere un percorso ad ostacoli, oltre ai quiz che devono sostenere e al numero chiuso che noi, come socialisti riformisti del Nuovo PSI, non condividiamo.
Pertanto, chiediamo al signor sottosegretario che riferisca al Ministro e al Governo che è giunta l'ora di togliere il numero chiuso che non fa bene sicuramente ai nostri ragazzi, alle nostre università e ai futuri dirigenti del Paese.
Nello specifico dell'interpellanza urgente mi riferisco al bando emanato impropriamente il 4 maggio 2007, con il quale è stato indetto il concorso per titoli ed esami per l'ammissione al primo anno delle scuole di specializzazione di medicina e chirurgia, visto in particolare l'articolo 3, ove vengono declinati i requisiti per l'ammissione e considerato che viene richiesto quale requisito indispensabile il possesso dell'abilitazione alla professione di medico per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso e che la sessione dell'esame di Stato per i laureandi è stata fissata per il 18 luglio 2007.
Quindi, il 4 maggio è stato emanato il bando di concorso, per il 18 luglio è stata fissata la sessione dell'esame di Stato e la scadenza del termine delle domande è stata prevista per il 4 giugno 2006: le date, ovviamente, non coincidono!
Sono date che danneggiano solamente i laureandi e le loro famiglie che non riescono a vedere coronato dal successo il loro percorso didattico; essi sono cioè obbligati a perdere, per legge, un anno. Non è previsto in nessuna parte del mondo che la legge dica a studenti che si sono laureati e che si stanno preparando all'esame di Stato che non possono iscriversi subito alle scuole di specializzazione, ma devono saltare un anno a causa degli errori nella pubblicazione delle date per l'iscrizione alle scuole di specializzazione.
Lo scorso mese di giugno, il sottoscritto ha già interpellato il Ministro dell'università e della ricerca, Mussi, che - proprio su mia sollecitazione - ha diffuso un documento nel quale comunicava di aver scritto una lettera al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e al presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, nella quale affermava la propria volontà di far tenere alle università gli esami per l'ammissione alle scuole di specializzazione, per l'area medica, per l'anno accademico 2007-2008, entro il prossimo mese di novembre.
Nel medesimo documento - di cui ovviamente ho preso visione - il Ministro ha anche ricordato che il fabbisogno di medici specializzandi deve essere stabilito triennalmente ed ha invitato a utilizzare, per il prossimo anno accademico, il numero di cinquemila specializzandi (definito lo scorso 18 aprile in sede di Conferenza Stato-regioni).
In considerazione del fatto che il bando dovrebbe uscire almeno 60 giorni prima degli esami per l'ammissione alle scuole diPag. 59specializzazione medica e che ormai siamo già a metà del mese di ottobre - quasi alla fine - vorrei conoscere quali iniziative il Ministro intenda avviare al fine di mantenere fede all'impegno stabilito nel documento emanato lo scorso giugno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.

LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, come ricordato dall'onorevole interpellante, per l'anno 2007-2008 ossia quello appena iniziato, il ministro Mussi ha manifestato agli organismi istituzionali interessati alla questione la propria intenzione di anticipare lo svolgimento degli esami di ammissione alle scuole di specializzazione mediche rispetto alle date in cui gli esami si sono svolti negli anni precedenti.
Mi permetto di ricordare che negli ultimi dieci anni gli esami di specializzazione sono stati via via ritardati, fino ad arrivare alla situazione incredibile in base alla quale si svolgono alla fine del primo anno di corso e non prima del suo inizio. Quindi, l'impegno del Ministro Mussi è di riportare a normalità, esattamente come auspicato dall'onorevole interpellante, una situazione che negli anni è andata degradandosi.
In via preliminare, devo ricordare le procedure che si seguono per bandire tali esami di ammissione alle scuole di specializzazione mediche previste dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 368 del 1999.
In base a questa norma il primo atto è rimesso alla Conferenza Stato-regioni che deve stabilire il fabbisogno nazionale di medici specialisti in ogni disciplina. Ciò è stato fatto - con ben nove mesi di anticipo rispetto all'ordinario - il 1o agosto del 2007: in quella data la Conferenza Stato-regioni ha approvato il fabbisogno dei medici specialisti a livello nazionale per l'anno accademico 2007-2008, quello che inizia il 1o novembre prossimo.
Sulla base di tale atto, con provvedimento di concerto tra il Ministro della salute, il Ministro dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze, è stato così determinato il numero globale degli specialisti per ciascuna tipologia di specializzazione, tenuto conto delle esigenze di programmazione delle regioni e province autonome con riferimento alle attività del servizio sanitario nazionale.
Tale provvedimento - già emanato - è stato inviato al controllo della Corte dei conti per la registrazione in data 22 settembre 2007 e quando sarà effettuata la registrazione esso sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.
Come è evidente, ci sono tempi tecnici per l'espletamento di queste procedure che sono stati necessari, anche perché si tratta di atti molto complessi di competenza di diversi Ministeri.
Dopo la pubblicazione di questo provvedimento, speriamo il più presto possibile, il Ministero dell'università e della ricerca provvederà all'emanazione del bando di concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione e ad indicare la data di inizio dell'attività formativa per quest'anno, che noi speriamo e ci impegniamo affinché sia prima del 1o gennaio 2008.
Subito dopo tali adempimenti, sarà fissata la data di svolgimento degli esami e sarà così rispettata l'intenzione del Ministro e del Ministero di anticipare lo svolgimento delle prove di ben otto mesi rispetto all'anno precedente.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente ringrazio il sottosegretario Modica e lo saluto. Ben ritrovato! D'altronde, è stato il magnifico rettore dell'università che mi ha visto studente e laureato, proprio in medicina. Non posso che accogliere il suo sforzo di sburocratizzare le nostre università.
Proprio ieri, la Camera ha votato un provvedimento per la modernizzazione della pubblica amministrazione, per la sburocratizzazione nei confronti dei cittadiniPag. 60e delle aziende e l'università è la principale azienda della cultura, che «sforna» i futuri dirigenti, i futuri laureati di questo Paese.
È ovvio che i bandi devono avere una scansione annuale fissa, perché è naturale. In queste nostre università non si riesce a dare loro una scadenza fissa, eppure dovrebbe essere pienamente pacifico, naturale.
È ovvio che non appare equo modificare le modalità di accesso senza prevedere strumenti giuridici compensativi. Anche questo è talmente naturale che non si riesce a capire perché le nostre università non lo facciano e non si comprende come la medesima amministrazione che calendarizza sedute di laurea, tirocini obbligatori ed esami di Stato non tenga coerentemente e logicamente conto di tali date nell'emanazione del bando di ammissione alle scuole di specializzazione e nelle relative scadenze.
Viene spontaneo dire, chiedere e invitare il Ministero a sforzarsi per far sì che le famiglie e i giovani non perdano un anno della loro vita di studenti per la preparazione alla professione.
Per molte famiglie un anno in più è un onere importante! Questo è un punto per il quale ci battiamo e al quale crediamo: siamo dei socialisti tradizionalisti e riteniamo che le università debbano essere aperte a tutti, senza numero chiuso, comprese le scuole di specializzazione, anche perché ci sono studi secondo cui basterebbe aumentare di un solo anno la scolarizzazione media in Italia per avere un punto di PIL in più all'anno nella nostra economia. Non è di poco conto!
Anche perché è un periodo di tempo che i nostri ricercatori e i nostri studenti, le nostre menti migliori, sono costretti ad andare all'estero; Mario Capecchi, il collega medico che è stato insignito del premio Nobel, ne è un esempio: è dovuto rimanere all'estero, anche per questioni familiari.
Lei, signor sottosegretario, è stato rettore di una delle più prestigiose università d'Italia: tutti i premi Nobel dello scorso secolo sono usciti dalla Normale di Pisa, dico tutti, senza nessuna eccezione; ciò significa che il Sant'Anna è una scuola che prepara, che seleziona, ma era libera e aperta a tutti quanti e ci poteva andare chiunque.
Noi che abbiamo avuto la fortuna di vivere quell'atmosfera, riusciamo a capirlo. Dico «noi» perché tra i miei compagni di università più fortunati c'erano il Ministro D'Alema e il Ministro Mussi. Questi sono usciti da quella università: hanno preferito, anziché conseguire la laurea, «buttarsi» sulla politica, e forse hanno fatto meglio. Io e molti altri che, in maniera silenziosa, abbiamo voluto, abbiamo dovuto continuare a studiare, riteniamo, nel momento stesso che rappresentiamo i nostri cittadini in questo ramo del Parlamento, di dover difendere i loro diritti e il diritto costituzionale allo studio e alla specializzazione, attività che adesso svolgono con grande difficoltà e col numero chiuso. Quando ci sono dei numeri chiusi non si è espletata appieno la democrazia e la libertà di studio, e secondo noi socialisti la Carta costituzionale non è ben attuata.
La ringrazio quindi, non posso non essere soddisfatto di quello che mi ha detto, perché anche lei si è reso conto, signor sottosegretario, che lo sforzo che state facendo è immane per cercare di impedire questi soprusi che vengono fatti ai nostri studenti e alle famiglie che li mantengono.
Auspico di non dover più presentare interpellanze su questa materia, il che significherebbe che effettivamente da gennaio si sarebbe ripristinata una normale scadenza dei bandi, e quindi la possibilità per i nostri studenti di adempiere allo studio. Vogliono andare a studiare, ad imparare, per cercare di portare quello che apprendono nella società, nella nostra collettività, e - perché no? - per poter avere in futuro dei premi Nobel che rimangono in Italia, lavorano in Italia, e portano sempre più in alto il prestigio delle nostre università e della nostra cultura.

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PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà con le comunicazioni relative agli esiti della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 19,20.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che nella giornata di martedì 30 ottobre, dopo il seguito dell'esame dei disegni di legge n. 3169 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2006 e n. 3170 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2007 (Approvati dal Senato), sarà esaminata la proposta formulata ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento in relazione al termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge n. 3178 - Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale (collegato alla manovra di finanza pubblica).
Successivamente, nella stessa giornata, avrà luogo il seguito dell'esame delle mozioni Rigoni ed altri n. 1-00225 e Turco ed altri n. 1-00237 sulla promozione dei diritti umani e della democrazia nel quadro della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e delle iniziative del Consiglio d'Europa, Lulli ed altri n. 1-00030, D'Agrò ed altri n. 1-00034 e Pedrizzi ed altri n. 1-00230 sulle iniziative per favorire la «tracciabilità» di prodotti importati e Volontè e D'Agrò n. 1-00174, Rampelli ed altri n. 1-00173, Paoletti Tangheroni ed altri n. 1-00235, Maroni ed altri n. 1-00236 e Sereni ed altri n. 1-00238 sulle iniziative in materia di divieto di importazione di prodotti cinesi in relazione alle condizioni della manodopera impiegata.
Nella giornata di mercoledì 31 ottobre la Camera non terrà seduta.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, giovedì 25 ottobre 2007, la VII Commissione permanente (Cultura), ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
LUSETTI ed altri: «Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori» (2221).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data odierna, il deputato Salvatore Buglio, iscritto al gruppo parlamentare La Rosa nel Pugno, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare L'Ulivo.
La presidenza di tale gruppo ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 26 ottobre 2007, alle 9,30:

1. - Informativa urgente del Governo sul tragico episodio verificatosi presso il tribunale di Reggio Emilia e sulle iniziative per garantire adeguate misure di sicurezza nei palazzi di giustizia.

2. - Svolgimento di una interrogazione e di una interpellanza.

La seduta termina alle 19,25.

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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SABINA SINISCALCHI, TERESIO DELFINO, ANTONIO BUONFIGLIO E MARCO LION SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2197-A.

SABINA SINISCALCHI. L'approvazione del provvedimento oggi in esame è urgente nella misura in cui serve a colmare un vuoto prodotto dal Governo precedente, ancora una volta siamo in debito verso un fondo istituito con un accordo internazionale (La convenzione di Londra sull'aiuto alimentare) e non abbiamo rispettato un impegno preso davanti alla comunità mondiale.
L'oggetto del provvedimento è l'aiuto alimentare, vale a dire l'aiuto a popolazioni che devono affrontare una grave penuria di cibo.
La FAO calcola che nel mondo ci siano 854 milioni di persone gravemente malnutrite o sottonutrite, purtroppo questo numero non è variato negli anni e siamo ancora lontani dal raggiungimento di uno degli obiettivi del millennio, che prevede il dimezzamento degli affamati entro il 2015.
L'aspetto paradossale è che i milioni di affamati vivono in paesi a vocazione agricola, che sarebbero in grado di sfamarli.
Occorre ricordare che la produzione alimentare mondiale è oggi sufficiente a dare da mangiare a tutti gli abitanti del pianeta: infatti, come viene dimostrato dalla FAO, essa è cresciuta più della crescita demografica.
Ci sarebbe dunque cibo per tutti se il mercato alimentare non fosse fortemente distorto e non servisse a soddisfare, per il 70 per cento, i consumi della parte ricca del mondo.
A causa di questo mercato distorto gran parte della produzione agricola anche nei paesi del sud del mondo viene destinata non al fabbisogno alimentare interno, ma all'esportazione.
È impressionante vedere come persino nei paesi africani della fascia saheliana a rischio di desertificazione, vasti appezzamenti di terra siano destinati a produrre ortaggi per le tavole europee o fiori per abbellire le nostre case.
Oltre a sottrarre risorse al fabbisogno di cibo interno, l'agricoltura per l'esportazione viene praticata su larga scala da grandi imprese che grazie alla loro forza economica sottraggono terre, acqua e altre risorse ai piccoli produttori e alle famiglie contadine.
Come se non bastasse, l'Unione Europea e gli Stati Uniti, grazie agli enormi sussidi versati all'agricoltura, riescono ad esportare prodotti come il cotone e lo zucchero a prezzi inferiori al costo di produzione, praticando un dumping gravemente dannoso per i produttori dell'Africa, dell'Asia e dell'America latina.
Anche la cooperazione ha le sue colpe perché di tutto l'aiuto pubblico allo sviluppo solo una piccola quota (si calcola non più del 4 per cento) va all'agricoltura, anche se nelle aree rurali vive ancora la maggioranza dei poveri. Sono questi i dati contenuti nel World Development Report della Banca Mondiale pubblicato venerdì scorso.
Così succede che i paesi in via di sviluppo che fino a 20 anni fa erano esportatori di cibo oggi sono diventati importatori.
Questa condizione quasi endemica di scarsità alimentare (lo ripeto, non giustificata dalla mancanza di risorse, ma da un mercato che soddisfa i consumatori più abbienti) fa sì che in caso di calamità naturali, conflitti o altre emergenze, si diffondano rapidamente la fame e la morte.
In questi casi gli aiuti alimentari sono indispensabili, proprio per salvare la vita di milioni di persone, inclusi donne e bambini.
Solo in questi casi estremi - che purtroppo rimangono numerosi e gravi - l'aiuto alimentare aiuta davvero.
In condizioni per così dire normali può arrivare a fare danni, scoraggiando i produttori locali e introducendo nel mercato beni estranei ai consumi tradizionali (famoso fu negli anni ottanta il caso della margarina donata dall'Europa all'Africa dove i frigoriferi praticamente non esistevano).Pag. 63Ecco perché la FAO e ÌUE hanno promosso la convenzione di Londra e hanno stabilito, anche di concerto con la società civile, dei criteri importantissimi per l'erogazione dell'aiuto alimentare, che non deve servire a piazzare le eccedenze agricole dei paesi donatori, ma a soccorrere persone e comunità in stato di grave penuria.
Alla luce di queste considerazioni, confermo il voto favorevole del mio gruppo PRC-SE purché si rispettino le indicazioni della FAO riprese nell'ordine del giorno che accompagna il provvedimento, in cui si chiede che l'AGEA provveda all'acquisto di alimenti in loco o in aree limitrofe.

TERESIO DELFINO. Onorevoli colleghi, ci accingiamo ad approvare un provvedimento su uno di quei temi, quale quello relativo alla lotta alla fame nel mondo, su cui è fondamentale registrare un'ampia convergenza bipartisan.
Sono convinto che oggi si confermi, con l'approvazione di questa legge, la volontà del Parlamento e del Paese di onorare gli impegni assunti dall'Italia nell'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione Europea in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Infatti, con questo provvedimento non facciamo che approvare un differimento del termine di scadenza dell'incarico affidato all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) sulla base degli impegni presi dal nostro Paese nell'ambito della Convenzione sull'aiuto alimentare, fatta a Londra il 13 aprile 1999, resa esecutiva dalla legge 29 dicembre 2000, n. 413. L'Italia ha sempre posto la solidarietà tra i popoli e la piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo, come sanciti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, tra gli obiettivi principali della sua politica estera. Era pertanto necessario, quanto prima, garantire il finanziamento occorrente all'attuazione della proroga del precedente differimento, reso operante dalla legge 17 giugno 2004, n. 155.
Ci rendiamo conto che l'impegno stanziato non è quello che avremmo sperato per assicurare le risorse per tutti gli anni di vigenza della Convenzione sull'aiuto alimentare, ad oggi prorogata fino al 30 giungo 2008.
Noi siamo convinti che occorra intervenire con maggiore forza e con strumenti più efficaci per far fronte alla tragica emergenza della fame nel mondo che quotidianamente è sotto i nostri occhi.
Il tema della fame nel mondo interpella in profondità la nostra coscienza e la responsabilità dei Paesi industrializzati e più ricchi del mondo per fronteggiare un'emergenza che, ogni anno, provoca milioni di morti e di malati a causa della denutrizione.
Noi crediamo che la lotta alla fame debba riprendere vigore a livello nazionale e a livello europeo per riconoscere, in primo luogo, il diritto alla vita di milioni di persone e per la consapevolezza che riducendo e/o sconfiggendo la fame si opera concretamente per affermare la pace, per superare immani tragedie di popoli costretti a migrazioni assurde e dolorosissime e per salvare milioni di bambini dalla morte o da un futuro vissuto con gravi malformazioni.
È un impegno civile, politico e morale ineludibile se vogliamo dare una vera e forte speranza di sviluppo a tutte quelle aree del mondo che oggi vivono una prospettiva di terribile emarginazione.
La Convenzione in parola rappresenta pertanto un intervento concreto per salvare vite umane, soprattutto nelle situazioni più drammatiche presenti in diversi Paesi. È uno strumento certamente parziale, insufficiente ma comunque in grado di segnalare la volontà di riprendere con decisione la lotta alla fame.
L'Italia, come ha ricordato il relatore onorevole Forlani, ha, nel passato, sviluppato su questa tematica una presenza e delle iniziative rilevanti, contribuendo a definire, a livello europeo, politiche di aiuto incisive per la lotta alla povertà, che costituisce una delle priorità del millennio adottate dalle Nazioni Unite nell'anno 2000.
L'approvazione di questo provvedimento dà continuità a tale impegno e costituisce, noi lo sottolineiamo, il primoPag. 64passo per arrivare, nel più breve tempo possibile, alla piena attuazione degli accordi sottoscritti con la adesione alla Convenzione sull'aiuto alimentare. A questo fine noi sollecitiamo fin d'ora il Governo e il Parlamento a prevedere nella legge finanziaria 2008 le risorse necessarie che consentano all'Italia di essere pienamente adempiente.
Con questa convinzione e per le ragioni che ho sinteticamente esposto, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'UDC.

ANTONIO BUONFIGLIO. Con riferimento al provvedimento che l'Assemblea si accinge a votare si ritiene corretto porre in evidenza i positivi effetti, prodotti dallo stesso, nel contesto di riferimento.
Il differimento, infatti, potrà favorire il rilancio degli interventi di aiuto alimentari, consentendo il riposizionamento dell'Italia nella graduatoria dei Paesi donatori.
L'estensione del programma risulta, inoltre, così strutturato, meglio allineato all'entità delle richieste avanzate dai Paesi in via di sviluppo.
L'incarico, oltre a soddisfare la precipua finalità di intervento umanitario, offre la possibilità di gestire le temporanee eccedenze produttive che possono verificarsi a danno del mercato.

MARCO LION. Egregi colleghi, intervengo sia come primo proponente del progetto di legge che ha rappresentato la base di merito e di contenuto per l'avvio del presente procedimento, sia come presidente della XIII Commissione (Agricoltura) della Camera, dal momento che la materia che trattiamo ha anche un importantissimo rilievo di carattere agricolo.
Faccio un breve riferimento all'iter di questa nuova legge evidenziando che il provvedimento risulta dall'unificazione di due analoghe proposte di legge, di cui quella iniziale è stata da me presentata, a ragion veduta, il 14 giugno 2006.
Sottolineo questo elemento di dettaglio perché già dall'inizio di questa legislatura ero consapevole della necessità di garantire una proroga all'attuazione della Convenzione di Londra in ambito nazionale, e che ciò si poteva realizzare solo con una specifica legge.
Nelle proroghe che hanno preceduto quella prevista dalla legge che ci accingiamo ad approvare, i Governi pro tempore, hanno sempre assicurato il loro impegno a rendere permanenti i finanziamenti necessari all'esercizio interno della Convenzione sull'aiuto alimentare, ma dietro le rassicurazioni offerte dagli Esecutivi non sono mai seguiti degli atti efficaci: ne deriva quindi che ancora una volta bisogna intervenire per vie parlamentari.
Ritengo di notevole importanza l'accordo firmato a Londra il 13 aprile 1999 sull'aiuto alimentare ai Paesi in via di sviluppo o con popolazioni in particolari stati di indigenza o di carenze alimentari. Quest'accordo infatti ha una spiccata valenza di carattere solidaristico-umanitario e serve a rafforzare la cooperazione internazionale per sconfiggere la fame nel mondo.
L'Italia da sempre si è fatta carico della necessità di aiutare i Paesi più poveri e le popolazioni più vulnerabili e spesso è intervenuta, oltre che con le forniture delle derrate, anche con interventi in loco volti a sostenere lo sviluppo dell'agricoltura dei Paesi beneficiari.
In questo caso l'aiuto italiano si concretizza, come voluto dalla Convenzione e più in particolare dal Consiglio Internazionale dei Cereali (IGC International Grains Council), tramite la fornitura in seno al WTO di cereali, o doni monetari di importo equivalente, finalizzati all'acquisto di percentuali di prodotti alimentari o presso i Paesi beneficiari, o presso altri Paesi in via di sviluppo.
Partecipare a questo strumento di solidarietà internazionale è un atto molto significativo per un Paese sviluppato come l'Italia che può essere da traino per i Governi degli altri Paesi firmatari della Convenzione affinché s'impegnino ancora di più per combattere il grave flagello della fame nel mondo. Purtroppo però, pur partecipando attivamente all'attivazione politico-amministrativa della Convenzione, il nostro Stato non fa altrettantoPag. 65in termini di esecuzione degli interventi per via della mancanza di copertura finanziaria occorrente agli oneri richiesti dalle proroghe che periodicamente la Convenzione subisce.
Faccio notare che la Convenzione è entrata in vigore in Italia ai sensi della legge n. 413 del 2000 con cui è stata ratificata nel nostro ordinamento, ed in sede internazionale ha subito una prima proroga fino al giugno 2003, poi fino al 30 giugno 2005 e poi ancora al 30 giugno 2007. Da ultimo, con la decisione del Comitato per l'aiuto alimentare dell' 11 giugno 2007, è stata prorogata fino al 30 giugno 2008.
Come già riferito in seno a questo dibattito, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), rappresenta l'ente incaricato a provvedere alle forniture della quota di partecipazione italiana, in attuazione delle norme comunitarie di riferimento.
L'AGEA svolge, secondo i programmi stabiliti dal Ministero degli affari esteri, i compiti di esecuzione delle forniture dei prodotti agricoli e alimentari, delle operazioni di provvista e di acquisto sui mercati interni e internazionali delle derrate alimentari atte alla formazione delle scorte necessarie e, ove più confacente, di procedere ad acquisti in loco nei Paesi in via di sviluppo, oppure avvalendosi di organizzazioni internazionali.
In presenza delle proroghe decise in seno alla Convenzione, l'Italia è in regola solo con quelle che arrivano al 31 dicembre 2003, come ha previsto l'articolo 5-bis del decreto legge n. 182 del 2005. Come si vede mancano all'appello le coperture per gli anni dal 2004 al 2008 che corrispondono a 36,2 milioni di euro per ogni biennio.
Ritornando alla valenza agricola della Convenzione, ricordo che il meccanismo che essa utilizza è un formidabile strumento per la circolazione secondo fini utili dei prodotti agricoli italiani e un buon tonificatore per l'intero sistema agricolo del nostro Paese.
Ricordo infatti come sia stato utile fornire a molti Paesi afflitti dalla fame, periodiche quantità di ottimo riso o di equivalenti cereali italiani, soprattutto nei momenti in cui in Italia vi erano crisi di mercato per queste produzioni.
Vi è stata in queste circostanze una pregevole collaborazione tra il sistema politico italiano, le autorità governative ed il sistema agricolo, in quanto i nostri Ministri degli esteri hanno potuto intrecciare importanti relazioni diplomatiche con questi Stati più poveri, anche grazie al fatto che hanno sempre potuto garantire loro cibo ed aiuti equivalenti.
In conclusione, nel dichiarare il mio voto favorevole all'approvazione del presente provvedimento, concludo auspicando che lo stesso sia approvato celermente anche dall'altro ramo del Parlamento e che il Governo provveda definitivamente a rendere permanenti i finanziamenti che servono sia per mettere in regola il nostro Paese con le proroghe già decise in seno alla Convenzione, sia per proseguire negli anni futuri le forniture alimentari ai Paesi più bisognosi.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO SABINA SINISCALCHI SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 3116

SABINA SINISCALCHI. Nel campo della cooperazione allo sviluppo l'Europa è il donatore più importante. Fin dalla sua costituzione - già con il Trattato di Roma - l'Unione Europea ha stabilito relazioni molto forti con i paesi in via di sviluppo, molti dei quali erano sue colonie. Relazioni regolate da convenzioni molto importanti che avevano come principale finalità quella di aiutare questi paesi nel cammino verso lo sviluppo e la democrazia.
I paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico guardavano all'Europa come a un grande partner politico, che li potesse aiutare a non essere schiacciati dalle due superpotenze che dominavano la Guerra fredda. Guardavano all'Europa come ad un alleato nel processo di decolonizzazione e nell'ancora più difficile processo diPag. 66costruzione del loro sistema politico, economico e sociale. Sulla carta l'Europa non ha mancato questa promessa: i testi degli accordi fin qui stipulati, quali la convenzione di Yaoundè, quella di Lomè, fino al trattato in vigore, quello di Cotonou, sono - oserei dire - quasi perfetti.
Come mai, allora, i paesi ACP versano ancora in così gravi difficoltà? Certamente i loro governi hanno gravi colpe, ma grandi responsabilità pesano anche sull'Europa.
Data la ristrettezza del tempo che mi è concesso, mi limiterò ad indicare alcune pesanti contraddizioni: un commercio internazionale sfavorevole a questi paesi che sono produttori di materie prime, spesso in regime di monocoltura, i cui prezzi sono altalenanti e tendenti al ribasso; la mancata soluzione della crisi del debito, alla cui base ci sono anche i prestiti concessi dall'Europa a governi corrotti e non democratici; una politica di cooperazione scarsamente coordinata e poco efficiente; un commercio di armi, fabbricate anche in Europa, che alimenta i conflitti che devastano il sud del mondo; infine, gli interessi geostrategici dei paesi membri che hanno avuto la meglio rispetto a una politica estera e di cooperazione comune.
Dunque, nonostante gli accordi dell'Europa e gli aiuti concessi (che comunque non sono così copiosi come si pensa), l'Africa e gli altri paesi ACP non ce la fanno. Le loro popolazioni sono povere, analfabete, affamate, malate di tubercolosi, malaria e AIDS.
Noi crediamo che l'Unione europea, proprio perché ha delle responsabilità passate e presenti verso queste popolazioni, debba svolgere verso il sud del mondo un ruolo di alto valore politico ed etico. Ecco perché voteremo a favore della ratifica dell'accordo di Cotonou modificato e del deciso rifinanziamento del Fondo europeo di sviluppo. Votiamo a favore perché nei testi si indicano con chiarezza tra gli obiettivi fondamentali la lotta alla povertà, lo sviluppo durevole e sostenibile, il raggiungimento degli obiettivi del millennio.
Tuttavia, l'articolo 18 dell'accordo suscita la nostra preoccupazione. In base a tale disposizione l'Europa intende mettere da parte l'approccio finora adottato che concedeva ai paesi ACP un sistema di relazioni commerciali non reciproche proprio in ragione della loro minor forza economica rispetto ai paesi dell'Unione.
Oggi l'Europa non intende più riconoscere tale trattamento di favore, intende abolire il cosiddetto sistema delle preferenze generalizzate, ed esige dai paesi ACP piena reciprocità, facendo proprio il diktat dell'OMC che peraltro i paesi industrializzati non rispettano (tanto è vero che i negoziati dell'OMC sono in stallo).
I paesi ACP vengono buttati nell'arena commerciale senza alcuna forma di protezione.
Di fronte a questa scelta, i parlamenti e la società civile di questi paesi da diversi mesi esprimono viva preoccupazione: in Commissione esteri abbiamo avuto delle audizioni in proposito: con la rete dei contadini dell'Africa occidentale, il Presidente della Camera ha incontrato parlamentari africani accompagnati da una importante ONG internazionale.
Tutti osservano che non ci può essere concorrenza leale tra partner tanto diversi per forza economica e tecnologica. Si teme che nei paesi ACP (molti dei quali sono paesi poverissimi) milioni di piccoli produttori e l'industria nazionale che è ancora infant, ancora debole verranno spazzati via dalle grandi imprese europee. I nuovi accordi impediscono anche forme di collaborazione regionale tra paesi in via di sviluppo perché non consentono accordi preferenziali tra paesi in via di sviluppo. Inoltre l'abbattimento dei dazi e di altre tariffe doganali farà perdere ai paesi ACP cifre ingenti che ÌUNECA (la commissione dell'ONU per l'Africa) ha calcolato in 9,2 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.
Dunque con una mano si dà e con l'altra si toglie.
Come gruppo PRC-SE condividiamo queste preoccupazioni, se non altro per ragioni di buon senso: non si possono mettere in competizioni partner così diseguali.Pag. 67
Vorremmo evitare il disastro sociale che già si è prodotto in Africa con le ricette di risanamento economico imposte da BM e FMI dopo la crisi debitoria: dopo vent'anni di privatizzazioni e di tagli alla spesa pubblica per sanità e istruzione (mai per la difesa) le popolazioni dei paesi debitori (che fanno parte del gruppo ACP) sono stremate, i loro diritti fondamentali calpestati.
Noi crediamo che i diritti dei popoli e dei cittadini siano più importanti degli interessi commerciali, più vitali dei profitti delle grandi imprese; ecco perché vorremmo che il Governo italiano adottasse la linea della prudenza, dell'attenta valutazione dell'impatto dei nuovi accordi sulle popolazioni dei paesi ACP, adoperandosi perché i parlamenti e la società civile dei paesi ACP finora tenuta fuori dalla porta dei negoziati venisse ascoltata come del resto prevede uno dei cinque pilastri dell'accordo di Cotonou che prevede l'ampliamento degli approcci partecipativi (con l'apertura alla società civile, al settore privato e agli altri organismi non statali).
Questo il succo dell'ordine del giorno che abbiamo predisposto insieme alla relatrice - che ringraziamo per l'apertura e la dedizione - e che siamo certi che il Governo vorrà accogliere.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. T.U. pdl 550-A - em. 1.10 423 422 1 212 422 73 Appr.
2 Nom. em. 1.11 452 259 193 130 57 202 72 Resp.
3 Nom. em. 1.13 464 462 2 232 462 71 Appr.
4 Nom. em. 1.14 472 357 115 179 348 9 71 Appr.
5 Nom. em. 1.21 rif. 464 464 233 463 1 71 Appr.
6 Nom. em. 1.16 471 471 236 470 1 71 Appr.
7 Nom. em. 1.17 470 426 44 214 241 185 71 Appr.
8 Nom. em. 1.20 470 467 3 234 465 2 71 Appr.
9 Nom. articolo 1 485 485 243 483 2 71 Appr.
10 Nom. em. 2.14, 2.16 rif. 481 481 241 481 71 Appr.
11 Nom. em. 2.15, 2.17 491 491 246 491 71 Appr.
12 Nom. em. 2.11 482 482 242 482 71 Appr.
13 Nom. em. 2.12 481 460 21 231 203 257 71 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 25
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2.13 rif. 484 484 243 484 71 Appr.
15 Nom. articolo 2 492 487 5 244 486 1 71 Appr.
16 Nom. T.U. pdl 550-A - voto finale 469 463 6 232 463 70 Appr.
17 Nom. pdl 2197-A - articolo 1 432 410 22 206 408 2 70 Appr.
18 Nom. articolo 2 446 424 22 213 424 70 Appr.
19 Nom. articolo 3 455 432 23 217 432 70 Appr.
20 Nom. pdl 2197-A - voto finale 446 428 18 215 428 69 Appr.
21 Nom. ddl 3116 - articolo 1 408 399 9 200 399 69 Appr.
22 Nom. articolo 2 427 413 14 207 413 69 Appr.
23 Nom. articolo 3 425 410 15 206 410 69 Appr.
24 Nom. articolo 4 428 413 15 207 413 69 Appr.
25 Nom. ddl 3116 - voto finale 435 413 22 207 413 69 Appr.