XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 230 di mercoledì 24 ottobre 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 10,45.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 22 ottobre 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bimbi, Bongiorno, Cancrini, Cogodi, Giancarlo Giorgetti, Lucà, Paroli, Samperi e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,50).

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, sollevo una questione alla quale ho fatto cenno durante il mio intervento nella seduta di ieri: voglio rivolgere un appello ai Presidenti di gruppo e alla Presidenza della Camera, in quanto non si può riprendere il dibattito dalla proposta di riforma costituzionale, mentre si sa, ed è chiaro, che non si può andare avanti, perché questa proposta viene discussa in un momento sbagliato, con una forzatura regolamentare, mentre non c'è una maggioranza per approvare alcunché (non parliamo poi della maggioranza dei due terzi, che servirebbe per evitare eventuali referendum!).
Inoltre, signor Presidente, ieri ci sono state delle dichiarazioni del Presidente della Camera, onorevole Bertinotti, che, come esponente politico, ovviamente può intervenire su qualsiasi argomento; trattandosi però del Presidente della Camera, nel momento in cui egli afferma che questo Governo è malato ed è entrato in crisi e che nel caso in cui cadesse si dovrebbe procedere alla formazione di un nuovo Governo, che si può definire «tecnico», il Presidente Bertinotti sta travalicando quelle che sono le funzioni assegnate ai Presidenti delle Camere, i quali non possono intervenire nella dialettica quotidiana tra i partiti, pena la rinuncia a quel ruolo super partes che loro spetta.
Signor Presidente, sull'ordine dei lavori le chiedo: è in grado di dirci oggi come si prosegue? Iniziamo con la riforma costituzionale, nonostante ci sia una crisi di governo ormai non negata da nessuno, neppure dalla terza carica dello Stato? Ci vuole dire come si intende procedere nella giornata di oggi? Non ritengo, signor Presidente, che la Camera possa essere tenuta in balia di giochi e di crisi extraparlamentari. C'è una crisi fuori dal Parlamento, di cui il Parlamento dovrebbe prendere atto, ma a prescindere da quello che lei mi risponderà...la pregherei, signor Presidente, di prestare attenzione, dal momento che lei è il mio interlocutore: so quanto leiPag. 2sia intelligente e sia capace di fare più cose nello stesso momento, però mi dà un po' di fastidio parlare con una persona che si gira a destra e a sinistra, dietro e avanti, e non ascolta l'interlocutore. La ringrazio.
Sulla vicenda di Bertinotti, lei mi può rispondere che si tratta di una questione di natura politica: non lo è, perché se la terza carica dello Stato afferma che c'è un Governo malato e prospetta una soluzione alternativa a quel Governo, vale a dire un Governo tecnico, credo che questo, di per sé, dovrebbe farci prendere atto che la Camera deve discutere la crisi politica, non essere utilizzata come intervallo tra i giochi delle varie componenti politiche.
Per la giornata di oggi, però, e questo è di sua competenza, le chiedo una garanzia sul percorso dei lavori: andiamo avanti con il dibattito sulla riforma costituzionale, con gli interventi sul complesso degli emendamenti all'articolo 1, per passare poi a votare l'articolo 1? Perché se lei non garantisce questo, credo che ci sia la necessità di riunire i Presidenti di gruppo, perché ieri sera il Presidente di turno ha annunciato l'ordine del giorno della seduta odierna.
Occorre, a mio avviso, una nuova riunione dei Presidenti di gruppo, prima che inizi il dibattito, affinché ci si dica come si vogliono proseguire i lavori della giornata: perché, onorevole Presidente, se lei adesso facesse finta di niente, e poi verso le 11 si alzasse qualcuno, per esempio il presidente Violante, che è il vero responsabile della forzatura di aver fatto inserire all'ordine del giorno una riforma costituzionale, quando si sa che con non si va da nessuna parte, chiedendo di cambiare l'ordine dei lavori, si tratterebbe di un atto di grande scorrettezza politica, che lei, da parlamentare di antico corso, dovrebbe riconoscere. Siamo convocati questa mattina, vogliamo sapere qual è il percorso che questa Assemblea si dà nel corso della giornata: invito i Presidenti di gruppo, in particolare l'opposizione, ad uscire da questa routine che umilia il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto - La Destra).

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, le risponderò, come lei ha chiarito con precisione al termine del suo intervento, per quanto è di mia competenza nello svolgimento di questa funzione. Come lei sa, l'ordine del giorno è quello fissato dal calendario dei lavori, stabilito a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo. Se vi saranno proposte di variazione al riguardo, sarà ovviamente cura della Presidenza prenderne atto, come sarà cura di riferire comunque in ordine al suo intervento.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Scotto; Bianchi; Boato; Bianco; Zaccaria ed altri; Franco Russo ed altri; Lenzi ed altri; Franco Russo ed altri; D'Alia; Boato; Boato; Casini; Di Salvo ed altri; Diliberto ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3139-3151-A) (ore 10,57).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Scotto; Bianchi; Boato; Bianco; Zaccaria ed altri; Franco Russo ed altri; Lenzi ed altri; Franco Russo ed altri; D'Alia; Boato; Boato; Casini; Di Salvo ed altri; Diliberto ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Ricordo che nella seduta di ieri sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1 e che, ai sensi dell'articolo 36, comma 1,Pag. 3del Regolamento, secondo le iscrizioni che risultano alla Presidenza, devono svolgersi ulteriori 76 interventi.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 553 ed abbinate sezione 1).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, cari colleghi, siamo i protagonisti più o meno consapevoli di una rappresentazione surreale che sta andando in scena in Aula oggi, nostro malgrado. Ci troviamo a discutere la riforma di alcune norme della nostra Carta costituzionale mentre a pochi metri si disfa un Governo che gli italiani hanno già da tempo dichiarato estinto. Credo che per il bene delle istituzioni di questo Paese e per il bene del Parlamento sia giusto sospendere questa discussione, non essendoci le condizioni minimali per affrontare temi e questioni così fondamentali per il futuro politico di tutti, di tutto il Paese.
Noi più di tutti sappiamo quanto sia urgente dare stabilità e capacità decisionale al nostro sistema politico, riformando il funzionamento delle istituzioni, rafforzando la capacità di governo del Premier, dando efficienza e rappresentatività al sistema parlamentare. Noi più di tutti lo sappiamo, perché abbiamo già lavorato, abbiamo già posto la nostra intelligenza, pur se modesta, al servizio del Paese, approvando nella scorsa legislatura una riforma ampia della Costituzione che introduceva innovazioni importanti.
L'ostinazione e la miopia dell'opposizione di allora hanno impedito al Paese di compiere un passo in avanti, di traghettare il sistema politico verso una maggiore stabilità e soprattutto di porre fine ad un blocco istituzionale che dura da troppi anni. Nella scorsa legislatura vi erano tutte le condizioni per un dialogo aperto e costruttivo fra maggioranza ed opposizione: questo non è stato, e voi ne portate l'intera responsabilità.
Cari colleghi, sbagliate se ritenete che le nostre critiche e il nostro sconcerto riguardino solo il tempo ed il contesto politico che stiamo vivendo; esse riguardano, anche e soprattutto, il merito dei contenuti di questa riforma: una piccola, angusta e strumentale riforma. Possiamo dirlo con tutta franchezza: è l'ultima spiaggia per protrarre l'agonia di questo Governo (rischiate l'accanimento terapeutico!); è l'ultimo tentativo che le sirene della sinistra inscenano per incantare inutilmente qualche esponente della Casa delle libertà. Ma, attenzione: nessuno cadrà nel tranello, poiché questa è una riforma scialba e che non risolve alcuno dei problemi del nostro Paese.
Voglio aggiungere qualche considerazione su taluni dei temi affrontati nel testo di riforma. Sul Senato federale, domando: cosa ha di federale questo Senato? A cosa serve una Camera così composta: 144 consiglieri regionali più una manciata, 36, di amministratori eletti dai consigli delle autonomie locali? È questo un Senato federale degno di questo nome? Quale capacità di rappresentanza dei territori, quale equilibrio istituzionale può garantire? Vi è un'impressionante sperequazione fra la componente regionale e le altre componenti.
La ripartizione fra le regioni è poi operata secondo criteri piuttosto grossolani, anche se empiricamente comprensibili: si rinuncia alla parità di seggi fra le regioni - come sarebbe stato se si fosse adottato il modello americano - e si opta invece per una rappresentanza più o meno proporzionale all'andamento demografico. Stesso criterio, ma ridotto numericamente, viene applicato per l'individuazione dei seggi spettanti ai consigli delle autonomie locali: si tratta di una differenziazione che non ha spiegazioni razionali, se non quella di voler limitare la rappresentanza dei consigli delle autonomie locali, e che conduce a risultati assai singolari, se confrontataPag. 4con la scala, articolata su cinque diverse posizioni, della ripartizione dei seggi attribuiti ai consigli regionali.
È difficile negare che prevale una visione riduttiva della presenza e del ruolo delle autonomie locali, invece di una prospettiva che enfatizzi il ruolo delle singole regioni. Si tratta di una scelta che presenta dubbi rilevanti di ordine costituzionale e politico-istituzionale... signor Presidente, chiedo scusa: i colleghi possono anche continuare a parlare, ma se non mantengono toni bassi non posso proseguire nel mio intervento... Dicevo, siamo in presenza di un'interpretazione inaccettabile dell'articolo 114 della Costituzione: i consigli delle autonomie locali non potranno infatti garantire una delegazione rappresentativa ed equilibrata.
Cari colleghi, vi domando inoltre: ha senso proporre un Senato federale senza prevedere la presenza di diritto dei presidenti delle regioni? Ha senso proporre un Senato federale senza prevedere la presenza di diritto dei sindaci delle grandi città? Quale peso politico, quale capacità di rappresentanza, e infine quale utilità per il sistema istituzionale complessivo può avere un Senato con il presidente dell'Umbria - dico a caso - che rappresenta circa 800 mila abitanti, e non il sindaco di Milano? È evidente che siamo in presenza di un compromesso pasticciato, poco meditato e confuso.
Se poi dalla questione della composizione del Senato passiamo ad analizzare il funzionamento del sistema parlamentare, la confusione aumenta ancora.
Ci si chiede: che succede quando la Camera viene sciolta e si apre il periodo elettorale? Il Senato cosa fa, va in vacanza per mesi? E i consigli delle autonomie locali quando debbono eleggere i propri componenti? Certamente è un'operazione molto più lunga rispetto a quella del consiglio regionale, in quanto, di fatto, si tratta di un'elezione di terzo grado: si deve avviare il procedimento di elezione del consiglio delle autonomie locali, il quale dovrà poi insediarsi ed eleggere, quindi, i senatori. Il Senato, nel frattempo, che fa? Capisco che si tratta di una componente considerata marginale, ma qualche problema di perfezionamento della composizione dell'organo sussiste ancora. E ancora, si può verificare che per lungo tempo rimangano senatori che non solo sono in una specie di prorogatio, anche se non è tale, ma non hanno più i requisiti minimi di espressione della rappresentanza territoriale, e ciò può porre qualche problema non marginale di capacità rappresentativa del Senato.
Ancor più gravi e pericolose, egregio Presidente, appaiono le incongruenze riguardanti la ripartizione della competenza legislativa tra il Senato e la Camera politica, l'unica che - è bene ricordarlo - esprime la fiducia al Governo. Vi è un'elencazione di materie che rimangono totalmente bicamerali, e davvero non si comprende quale sia stato il criterio che abbia guidato chi ha redatto tale elenco; sono poi previste materie concorrenti ed altre in ordine alle quali, sulla base di un'intesa tra i Presidenti, si decide chi è competente, ma non si dice che succede se non si raggiunge l'intesa. Sono inoltre stabilite procedure diverse, a seconda che l'iter si avvii nell'una o nell'altra Camera.
In breve, si è determinato un grande caos ed una grande preoccupazione per la tenuta complessiva del sistema legislativo. Egregio Presidente, colleghi, la proposta di riforma al nostro esame - lo dico seriamente - mi preoccupa: vedo un Senato scisso dal legame fiduciario con il Governo, composto com'è composto, e capace di svolgere un ruolo interdittivo molto serio e pericoloso sull'attività del Governo e sulla sovranità della Camera politica.
Francamente non si ravvisa alcuna coerenza e, soprattutto, ci si trova di fronte ad un finto superamento del bicameralismo perfetto, con tutte le aggravanti derivanti dal fatto che una Camera non ha alcuna investitura popolare e legame fiduciario, ma continua ad esercitare una troppo ampia funzione legislativa.
Non si vedono i benefici in ordine ad un più efficiente e rapido procedimento legislativo, anzi si avvertono tutti i rischi derivanti da conflittualità, paralisi e contrapposizioni istituzionali e politiche nonPag. 5superabili. Vogliamo questo? Invece di risolvere i problemi di governabilità e di maggiore capacità decisionale per dare ai cittadini le risposte che aspettano, vogliamo immetterci in un tunnel in fondo al quale non si vede la luce? E i contrappesi che il testo prevede sono assolutamente insufficienti, sia rispetto a questa sorta di bicameralismo, poco perfetto, che produrrà la paralisi, sia rispetto all'esigenza - credo da tutti condivisa, maggioranza ed opposizione - di rafforzare la premiership.
Aggiungo, infatti, che il rafforzamento del Presidente del Consiglio e il rapporto più diretto con l'elettorato sono fondati solo sulla previsione secondo cui il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio valutati i risultati delle elezioni, e su quella secondo cui la fiducia della Camera - e della sola Camera - è data direttamente al Presidente del Consiglio e non più al Governo.
La prima previsione - scusate la franchezza - è talmente ovvia da essere del tutto superflua: cos'altro dovrebbe valutare il Presidente della Repubblica? E non venitemi a dire che così si vincolano le scelte del Presidente della Repubblica, anche nel corso della legislatura, in caso di crisi di Governo, perché non ci credo, e perché ciò risulta in contrasto con la seconda previsione, secondo cui la fiducia è data al Presidente del Consiglio, previsione che ammette implicitamente la possibilità di un cambio alla guida del Governo, determinando una sorta di sfiducia personale.
Si tratta, quindi, di un modello debole, debolissimo, con innovazioni in materia di forma di governo che appaiono fragili ed obiettivamente molto condizionate dall'esigenza di dire e non dire, di scegliere e non scegliere.
Ed invece abbiamo bisogno di innovazioni vere, che sappiano anticipare il cambiamento, di istituzioni forti e di una cornice di principi e di valori condivisi che dettino le regole fondamentali della convivenza civile.
Voglio concludere questa prima parte del mio intervento con un ammonimento e rivolgendo un invito a tutti. Lo scetticismo e l'inquietudine, che monta sempre di più, derivano essenzialmente da un'osservazione: il Governo, con il suo operato e l'incapacità di sintesi e compattezza, ha dimostrato a tutti gli italiani quanto può essere inetta una classe politica e sterile il suo agire. A causa di ciò il malessere cresce, alimentato anche dai continui tentativi abortiti di riforma che rafforzano, ancor di più, la percezione di un'incapacità a fare e a decidere. Su molti campi e versanti il Governo ha dato ampia mostra di sé e non voglio continuare ad infierire. Pensate solo al tema importante dei costi della politica e dell'attuazione del Titolo V della Costituzione, temi su cui tornerò.
Forse sarebbe bene, e può apparire una provocazione, che si rispettasse la regola del silenzio e che si facesse solo ciò che, con sufficiente approssimazione, si ha la certezza di portare a compimento. Il Governo ha trascorso un anno e mezzo ad abrogare i provvedimenti adottati dal precedente Governo Berlusconi, anziché vararne di nuovi. E le sole nuove misure che ha adottato sono state quelle che hanno fatto aumentare le tasse per la collettività nazionale. Per compiere ciò avete condotto il nostro Paese in una situazione fortemente critica; è sufficiente controllare i recenti dati divulgati da Eurostat: il bel Paese, il nostro Paese è la maglia nera della zona dell'euro. Il rapporto deficit-PIL è salito al 4,4 per cento; la spesa pubblica, al 50,1 per cento contro il 47,7 del 2004; il debito pubblico è salito al 106,8 per cento; gli ordinativi industriali in Europa (in base agli ultimi dati, che si riferiscono al mese di agosto) sono aumentati del 5,1 rispetto al 2006, mentre in Italia sono scesi, esattamente, dell'1,8 per cento.
Questo è quanto avete fatto in questo anno e mezzo. Inoltre aggiungo che ci avete accusato per tutta la durata della legislatura precedente e fino ad oggi, di non aver controllato l'euro e di non aver controllato l'andamento dei prezzi. Ebbene acqua, scuola e cibo guidano la classifica dei rincari che in dodici mesi hanno appesantito la spesa annua dellePag. 6famiglie italiane, aumentata in un anno in media di 1.098 euro, dai 28.722 dello scorso dicembre ai 29.820 attuali.
Sono dati ufficiali. Una famiglia per vivere deve spendere ogni mese 2.483 euro. Quale è l'entità degli aumenti dell'ultimo anno? L'acqua è salita del 14,7 per cento, seguita dall'11,9 di scuole e istruzione. Ma in termini assoluti è l'incremento del 7,4 per cento dei consumi alimentari a pesare di più; un aumento stimabile in 414 euro l'anno. Sale il costo dell'elettricità del 7,1 per cento, il gas del 4,8 per cento, la benzina del 4,3 sulla spesa per il comparto dei trasporti. Ecco, questo è il controllo che voi avete effettuato, in ambito nazionale, sugli aumenti avendo incolpato la nostra parte politica per tanti anni. Questo è quanto oggi una famiglia paga in più rispetto all'anno precedente. Inoltre permettetemi di aggiungere anche alcuni altri aspetti. Vi è un aumento dell'indebitamento delle stesse famiglie dell'11 per cento, per non parlare poi dell'aumento, che state attuando, relativo alle pensioni minime: tale aumento, deciso a luglio, ha favorito solo in piccola parte i veri poveri, cioè le famiglie degli otto milioni di pensionati che non arrivano a 750 euro, l'80 per cento dei quali non raggiunge nemmeno i 500 euro. La quota principale dei soldi stanziati andrà alle famiglie dei lavoratori tipicamente iscritti ai sindacati. Gli stessi soggetti che hanno beneficiato, più di altri, dell'abbassamento da 60 a 58 anni dell'età minima per andare in pensione, con 35 anni di contributi. Cosa dire, invece, del fatto che i cittadini hanno versato al fisco 40 milioni di euro in più, ma sono stati spesi per accontentare un po' tutti, tranne i giovani e i veri poveri.
L'Alitalia continua a perdere due milioni di euro al giorno e sono trascorsi dieci mesi, con oltre 500 milioni di perdite.
La privatizzazione di Fincantieri è stata cancellata perché si ha paura di sfidare un sindacato cui sono iscritti 500 dei 10 mila dipendenti dell'azienda.
Con riferimento alla diminuzione dei consumi, ricordo che abbiamo perso il 5 per cento degli stessi. Penalizzate il volontariato e le aree deboli eliminando il 5 per mille. In questo momento ci sono centinaia e centinaia di sindaci e di comunità montane che stanno sfilando nel centro di Roma. Avete eliminato lo sconto sul gasolio per le aree deboli e montane. Si tratta di un fatto grave - mi rivolgo agli amministratori anche del centrosinistra - per cui occorre introdurre nuovamente tali sconti che servono e vanno incontro alle famiglie che abitano in aree fortemente disagiate.
Permettetemi, inoltre, di rilevare un ulteriore aspetto: assistiamo, nel momento presente, ad uno spettacolo indegno. Nella nostra gente vi è inquietudine e smarrimento nell'opinione pubblica. La gente è «arrabbiata». Vi sono Ministri competenti per il welfare che si astengono in Consiglio dei Ministri e i loro partiti sfilano per protesta contro il Governo di cui fanno parte.
Leggo oggi i dati del Ministero dell'interno: contro il milione di persone di cui parla Diliberto, si afferma che erano in 100 mila. Ritengo che la lite costante del Ministro Di Pietro con il Ministro Mastella non faccia certamente onore alle istituzioni. Come fa la gente che ci guarda a capire e ad avere fiducia nelle istituzioni? Di Pietro fa il «tuttologo»: il Presidente del Consiglio, il Ministro dei trasporti, il Ministro dei lavori pubblici e il Ministro della giustizia. Fategli fare il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica! Forse in questa maniera si tranquillizzerà un po'.
I magistrati, che dovrebbero applicare le leggi, sono diventati solo star televisive. Rabbrividisco al pensiero che domani sera ad Annozero interverranno in diretta De Magistris, Forleo e Ingroia. Credo che, anziché andare in televisione, sarebbe il caso che, invece, facessero in modo che tutte le indagini fossero più veloci. Infatti, si critica la prescrizione, ma essa interviene perchè i cittadini aspettano sette, otto, dieci, quindici anni per avere una sentenza. I magistrati dovrebbero andare meno in televisione e, invece, giudicare con più equilibrio e moderazione le persone sottoposte ai processi.Pag. 7
Ciò che mi rattrista ancor più è leggere sui giornali delle correnti interne alla magistratura: Unicost, Magistratura Democratica, Magistratura Indipendente. La gente non capisce: da quando in qua la magistratura fa parte di correnti che si ispirano a personaggi politici o a forze politiche? La magistratura dovrebbe essere al di sopra di tutti e rappresentare una parola sola: la giustizia. Il resto è tutta politica. I cittadini non chiedono nulla di tutto ciò alla magistratura.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni sul «pacchetto sicurezza» di ieri. Abbiamo un Governo che è una cosa vergognosa. La gente ci chiede sicurezza e ieri, in Consiglio dei Ministri, ben quattro Ministri si sono astenuti non votando il provvedimento, anche questo fortemente richiesto dall'opinione pubblica. Ma come possiamo dare sicurezza in particolare ai centri medio-piccoli dove le caserme dei carabinieri chiudono alle 20 di sera e aprono alle 8 del mattino? Non siete capaci di dare una risposta sulla TAV, cioè sull'alta velocità. Ieri leggevo che i francesi hanno ottenuto l'appalto del tratto Marrakech-Tangeri e noi non sappiamo decidere sul futuro economico del nostro Paese, del Piemonte e dell'Italia.
Pensate a cosa sarebbe successo, per un quarto di tutto ciò, durante il Governo Berlusconi! A quest'ora avreste mandato in piazza milioni di persone e invece siamo ancora qui a discutere e a fare delle «figuracce» davanti all'opinione pubblica.
Concludo, signor Presidente. La frustrazione della politica diventa frustrazione dell'opinione pubblica e c'è chi vi si ribella e chi si allontana. Quindi, cari colleghi, prendiamo atto che continuare a parlare di riforme e, ancor peggio, di riforme costituzionali, in questo momento politico difficile e infecondo, è pericoloso e non è un bene per le istituzioni e, in particolare, per il valore alto della Costituzione in cui noi crediamo e vogliamo continuare a credere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Al fine di dare un ordine ai nostri lavori, segnalo che alle 11,45 è prevista la sospensione dei nostri lavori per allestire l'aula in funzione della seduta comune del Parlamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è necessario un chiarimento preliminare. Il tempo che mi è assegnato è di 40 minuti, vorrei sapere che cosa succede alle 11,45.

PRESIDENTE. È un ipotesi di «autogestione del tempo» da parte della Camera, poiché è prevista la convocazione del Parlamento in seduta comune.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intendo parlare per l'intera durata del tempo che mi è assegnato.

PRESIDENTE. Vorrà dire che parlerà un po' adesso e un po' dopo.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, mi dispiace, ma ciò non è possibile. Cercherò ovviamente di parlare in modo da rendere il mio intervento compatibile con il programma della Camera, ma, se lei mi dà la parola, poi non mi interrompe. Questo deve essere chiaro.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, fermi i suoi diritti...

GIORGIO LA MALFA. Scelga la Presidenza, non ho alcuna difficoltà a rinviare il mio intervento a quando lei lo riterrà, ma non mi interrompa mentre parlo, perché questo non lo accetterei.

PRESIDENTE. Infatti, ho premesso che, per dare un ordine ai nostri lavori, considerando che è prevista la riunione del Parlamento in seduta comune e che tale seduta presuppone un lavoro di allestimento, si era ipotizzato di sospendere la seduta alle 11,45. Se lei ritiene che il suo intervento non possa aver termine tra le 11,45 e le 11,50, può evidentemente prendere la parola successivamente.

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GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, mi scusi, il Regolamento mi assegna quaranta minuti. Ho l'abitudine, antica di questo Parlamento, di non leggere, perché in questo Parlamento non si dovrebbero leggere i discorsi. Quindi, non ho idea di quanto durerà il mio intervento. Sicuramente si interromperà prima del quarantesimo minuto, ma faccio il mio dovere. Se vuole comincio, ma non posso garantire alla Camera la conclusione in tempi certi e non desidero che la Presidenza mi interrompa. Faccio un discorso «a braccio»...

PRESIDENTE. Come dire, siamo tutti ansiosi di assistere alla sua esibizione, però...

GIORGIO LA MALFA. Non so se lei sia ansioso, non ha nessun dovere di esserlo. Voglio solo sapere dalla Presidenza che cosa intende fare.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, torno a ricordarle che è prevista la seduta comune del Parlamento, che impone la predisposizione dell'aula. Se lei intende parlare da adesso per il tempo che le è assegnato, evidentemente le due esigenze non sono compatibili. Possiamo postergare il suo intervento, non vedo alternative.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siccome sulle cose semplici si può trovare anche una soluzione, possiamo verificare - se il collega La Malfa è disponibile - se tra gli oratori che seguono c'è qualcuno in grado di stare nei tempi che abbiamo a disposizione e il collega La Malfa interverrebbe subito dopo la seduta comune. Altrimenti perdiamo dieci minuti solo per decidere: il tempo passa e il collega La Malfa potrà parlare sempre meno.

PRESIDENTE. La ringrazio, ma sarebbe stata questa l'ipotesi. Il successivo collega ad aver chiesto di parlare è l'onorevole Costantini: se è disposto a limitare il suo intervento nei tempi imposti dalla logistica...

CARLO COSTANTINI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. L'onorevole La Malfa è d'accordo?

GIORGIO LA MALFA. È la Presidenza che decide l'ordine dei lavori. Se il Presidente mi dà la parola, la prendo per il tempo che ritengo di poter utilizzare. Se non me la dà, la concede a chi vuole! È nella disponibilità della Presidenza, non è una trattativa privata.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, non le ho chiesto di ripetere il suo intervento, ma solo se era d'accordo in ordine al fatto che prendesse la parola l'onorevole Costantini, che conterrà il suo intervento nei tempi imposti.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi dispiace, ma ritengo che a norma del Regolamento e con un minimo di buon senso, si debbano sospendere i lavori per allestire i banchi della Presidenza, perché non è solo un passaggio tra una fase di discussione e una in cui si cessa di parlare.
Deve essere allestito il necessario per procedere alle operazioni di voto. Prima di tutto, la parola deve essere data a chi spetta e in modo che possa terminare l'intervento secondo il Regolamento. Inoltre, come diceva giustamente l'onorevole La Malfa, se si parla a braccio, non si può sapere quanto tempo durerà il proprio intervento.
Come può la Presidenza chiedere di sapere quanti minuti dovrà parlare unPag. 9parlamentare nella Camera? Tantomeno è accettabile il discorso secondo cui, siccome deve parlare Tizio ma non si sa quanto tempo durerà il suo intervento, allora parlerà Caio in sua sostituzione. Non si può fare in questo modo, onorevole Presidente.
Credo, per buonsenso e per la dignità della Camera, che essendo le 11,25 e dovendo iniziare la seduta comune alle 12, i tempi dell'allestimento impongano di sospendere i lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, non essendoci evidentemente l'accordo sulla prosecuzione, neanche in ordine all'ipotesi di un intervento dell'onorevole Costantini, sospendo la seduta.
Ricordo che alle 15 è previsto lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il Ministro dell'università e della ricerca ed il Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

(Soppressione dell'Autorità portuale di Trapani - n. 3-01364)

PRESIDENTE. Il deputato Lucchese ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01364, concernente la soppressione dell'Autorità portuale di Trapani (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor Ministro, lo scorso 5 ottobre è stato disposto lo scioglimento dell'Autorità portuale di Trapani ed è stato nominato un commissario. Non più di una settimana fa, tuttavia, il rappresentante del Governo, il sottosegretario per le infrastrutture, Casillo, interpellato sulla vicenda, ha dichiarato che i due atti citati - lo scioglimento dell'Autorità portuale e la nomina del commissario - presentano forti elementi di illegittimità, in quanto non è stato ancora emanato il regolamento che avrebbe dovuto fissare i criteri per l'istituzione, la conferma o l'eventuale soppressione delle autorità portuali italiane.
Il porto di Trapani, sia commercialmente sia turisticamente, rappresenta una risorsa per il trapanese e per la Sicilia; gli operatori economici, pertanto, non comprendono una decisione così improvvisa ed immotivata.
Signor Ministro, le chiediamo dunque i motivi di tale decisione e se ne abbia valutato le conseguenze dal punto di vista economico ed occupazionale, nonché se non ritenga di annullare il provvedimento di soppressione ed evitare così che esso sia impugnato.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, desidero rispondere anzitutto al quesito finale posto dagli onorevoli interroganti - circa l'opportunità di annullare il provvedimento di soppressione dell'Autorità portuale di Trapani - per far rilevare che, trattandosi di un decreto del Presidente della Repubblica, non vi è alcun potere di annullamento da parte del Ministro dei trasporti. Peraltro, il decreto del Presidente della Repubblica in parola è stato emanatoPag. 10proprio su proposta del Ministro dei trasporti, che quindi ne condivide per intero i contenuti.
Ciò detto, mi preme fare talune precisazioni in merito alle premesse contenute nell'interrogazione in esame. La prima riguarda il fatto che non è stato ancora emanato il regolamento previsto dal comma 989, articolo 1, della legge n. 296 del 2006, che, tra l'altro, dovrà indicare la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o l'eventuale soppressione delle autorità portuali. Ciò significa che è attualmente ancora in vigore il comma 10 dell'articolo 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, che costituisce il presupposto normativo sul quale si è basata la richiesta di soppressione, dovuta a mancanza dei requisiti minimi relativi ai volumi di traffico, come risulta dalla documentazione fornita dalla locale autorità marittima. In relazione a ciò, è opportuno notare che l'articolo 6, comma 10, della citata legge n. 84 del 1994, non attribuisce alcun potere discrezionale all'amministrazione nel caso che vengano meno i requisiti traffico in un porto sede di autorità portuale: la soppressione di detta autorità portuale si configura infatti in tal caso come un atto dovuto.
La seconda precisazione attiene al parere che è stato espresso dal sottosegretario Casillo in data 11 ottobre 2007, rispondendo ad un'interpellanza urgente, vertente sullo stesso argomento, presentata dall'onorevole Lucchese. Si tratta di un parere basato su presupposti non conosciuti circa la normativa vigente in materia e relativamente agli atti amministrativi emanati dal Ministero dei trasporti, e, pertanto, arrivato a conclusioni errate circa la legittimità degli atti compiuti.
Infine, per quanto riguarda l'importanza dal punto di vista socio-economico del porto di Trapani e la prospettiva che questo entri a far parte di un'autorità portuale di sistema che comprenda altri porti siciliani, il Ministero dei trasporti è pienamente d'accordo, essendo tale eventualità congruente con la logica dei sistemi portuali integrati che da tempo lo stesso sta promuovendo. A tal fine, non appena completata l'attività del commissario liquidatore nominato in data 15 ottobre 2007, il Ministro provvederà ad avviare i più opportuni contatti con le istituzioni locali al fine di individuare le modalità con cui avviare un reale processo di valorizzazione del porto di Trapani.

PRESIDENTE. Il deputato Lucchese ha facoltà di replicare per due minuti.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Ministro, mi dichiaro insoddisfatto per la risposta fornita alla mia interrogazione. Lei ha dato una risposta burocratica e si è arrampicato sugli specchi per giustificare una decisione che era politica e non tecnica.
Non comprendiamo le ragioni di una decisione così improvvisa e intempestiva, quando sarebbe stato sufficiente attendere la fine del mese per vedere come il regolamento avrebbe disciplinato l'intera materia, tanto che la popolazione e gli operatori della città di Trapani hanno accolto tale decisione come un vero e proprio atto di ostilità del Governo nei confronti della Sicilia in generale, e della città di Trapani in particolare.
Come ha affermato il Ministero delle infrastrutture, il provvedimento appare infatti dissonante rispetto al contesto normativo generale, e si espone, pertanto, ad essere impugnato per illegittimità, essendo stato tra l'altro avviato in assenza del concerto con il suddetto Ministero, nonché in virtù di una normativa destinata ad essere modificata nei suoi elementi essenziali.
Questa vicenda dice anche qualcosa di più, e cioè che i continui episodi di incomunicabilità tra i rappresentanti del Governo e le continue dissonanze - anche su argomenti prettamente tecnici - sono la dimostrazione che ormai il Paese è sottoposto al rischio di un continuo corto circuito: sarebbe meglio allora staccare la spina al più presto!
Il Governo litiga su tutto e, poiché è clinicamente morto, non è in grado di prendere alcuna decisione logica e coerente: non ha più nessun riflesso. Il PresidentePag. 11del Consiglio passa il suo tempo a dirimere le varie controversie tra i suoi Ministri. Di tutto ciò i cittadini terranno conto, perché a nessuno è lecito giocare sul destino di un territorio, della sua popolazione e delle future generazioni, come ha affermato lo stesso vescovo di Trapani, monsignor Micciché.

(Attività di monitoraggio sul ricorso da parte degli enti locali agli strumenti finanziari derivati - n. 3-01365)

PRESIDENTE. Il deputato Leo ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01365, concernente attività di monitoraggio sul ricorso da parte degli enti locali agli strumenti finanziari derivati (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, come è noto la stampa - specializzata e non - ed i canali televisivi hanno dato ampio risalto ad una vicenda rilevantissima, quella dei cosiddetti prodotti finanziari strutturati.
Si tratta dei cosiddetti derivati, ossia contratti attraverso i quali gli enti locali e le imprese si coprono da certi rischi quali quello dell'oscillazione dei cambi o quello della variazione dei tassi. La questione è di estrema rilevanza per quanto attiene agli enti locali. Di recente, anche la procura di Milano sembra abbia avviato indagini su ipotesi di truffa che scaturiscono da tali operazioni. Sappiamo che il legislatore si è occupato della vicenda sia nella legge finanziaria per il 2002, sia, da ultimo, con la legge finanziaria per il 2007, nella quale sono state previste regole più stringenti per quanto attiene agli obblighi di comunicazione.

PRESIDENTE. Deputato Leo, la invito a concludere.

MAURIZIO LEO. Con la presente interrogazione chiediamo al Ministero dell'economia e delle finanze di rendere noto il monitoraggio svolto su questa vicenda, ed eventualmente quali siano l'alea e i rischi derivanti dall'utilizzo di tali prodotti.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, le disposizioni emanate per disciplinare il ricorso al debito e la relativa gestione da parte degli enti territoriali si inseriscono nel dettato costituzionale di autonomia e responsabilità garantite agli enti territoriali innanzitutto dall'articolo 5, nonché dagli articoli 114, 117 terzo comma e 119 secondo comma, della Costituzione.
L'utilizzo di strumenti derivati da parte di enti territoriali è stato introdotto con l'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (quindi, dal precedente Governo), e disciplinato ulteriormente dal successivo decreto interministeriale del 1o dicembre 2003, n. 389. Con la legge finanziaria per il 2007, questo Governo ha innovato e migliorato tale normativa, introducendo all'articolo 1, comma 736, il principio che le operazioni di gestione del debito tramite utilizzo di strumenti derivati devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell'esposizione ai rischi di mercato.
Sempre dall'attuale Governo è stato ribadito, inoltre, che gli enti possono concludere tali operazioni solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al contenimento dei rischi di credito assunti.
Sempre dal Governo in carica è stata introdotta la comunicazione obbligatoria al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della validità dell'operazione, che ha rafforzato il monitoraggio delle operazioni stesse. In base ai dati comunicati dagli enti, dal 2002 al 30 giugno 2007, risultano pervenuti quasi novecento contratti: nel solo primo semestre 2007 sono 151 i contratti definitivi pervenuti. Va precisato che tali valori non riguardano solo lePag. 12nuove posizioni, ma anche la rinegoziazione di contratti esistenti.
Le norme definiscono, quindi, con chiarezza i criteri di prudenza a cui gli amministratori devono ispirarsi nella gestione del debito e dettagliano adeguatamente i limiti di utilizzo degli strumenti derivati.
Occorre chiarire che i derivati sono strumenti di gestione del debito. Per tale motivo la normativa chiede la piena corrispondenza tra passività effettivamente dovute e le operazioni effettuate tramite strumenti derivati. È opportuno aggiungere che il Governo in carica ha dato nuovo impulso ad alcune iniziative, tra cui quella in corso con l'Associazione bancaria italiana, per la definizione di un documento che illustri le linee guida per una gestione consapevole e cauta dei derivati, sia da parte degli istituti bancari, sia da parte degli enti locali.
Si stanno inoltre valutando ulteriori iniziative normative considerando i potenziali effetti dell'autonomia gestionale dell'ente, i costi di implementazione delle soluzioni e tenendo conto del contesto di generale evoluzione dell'autonomia delle responsabilità assegnate agli enti territoriali.
Si ritiene opportuno evidenziare, infine, che non risulta dagli atti in possesso che l'utilizzo di strumenti derivati abbia comportato direttamente il dissesto finanziario e il susseguente fallimento degli enti che li hanno utilizzati.

PRESIDENTE. Il deputato Leo ha facoltà di replicare.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, la risposta del Ministro non è assolutamente soddisfacente, perché non fornisce delle chiare posizioni per il futuro, né tantomeno per il passato.
L'intervento ottimale sarebbe quello di vietare l'utilizzo degli strumenti derivati speculativi - non parliamo quindi di quelli di copertura - laddove questi presentino ampi margini di rischio. Sarebbe opportuno, pertanto, consentire l'utilizzo di talune tipologie di taluni derivati, ad esempio, i plain vacilla; tuttavia, sappiamo che molti istituti di credito utilizzano altri strumenti quali i collar, altamente speculativi.
Di fronte al dissesto finanziario verificatosi al comune di Taranto, dovuto anche al ricorso a tali prodotti derivati - mi meraviglia che il Ministro non conosca quanto lì sia accaduto -, non si interviene, ad esempio, con un commissariamento oppure con l'adozione di misure serie di ristrutturazione del debito.
Signor Ministro, è inammissibile che non si intervenga con un'azione di moral suasion operata nei confronti del sistema bancario: se non vado errato, il Ministro dell'economia e delle finanze è presidente del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e, come tale, potrebbe convocare una seduta straordinaria di tale organo per valutare ciò che è accaduto a seguito dell'utilizzo di tali strumenti derivati. Le banche devono capire che è importante tenere alla propria clientela almeno quanto tengono ai profitti.
Signor Ministro, lei avrebbe avuto l'occasione di verificare, se si fosse letto i bilanci delle aziende di credito, che queste stavano deragliando perché grossa parte dei profitti scaturiva dai diritti di commissione e dai prodotti derivati.
La situazione è talmente grave per cui gli enti locali stanno compiendo dei veri e propri atti di irresponsabilità politica e amministrativa. Rinviare al domani la soluzione di tali problematiche è, a mio avviso, assolutamente dissennato. Queste problematiche come si risolveranno? Si risolveranno inasprendo la pressione fiscale. I cittadini, quindi, dovranno pagare più tasse per un debito che si è accumulato a seguito della scelta irresponsabile fatta dagli amministratori locali di utilizzare prodotti derivati speculativi.
Sappiamo bene, signor Ministro, che lei ritiene che le tasse siano «bellissime» però, al tempo stesso, non saranno troppo contenti i cittadini che le dovranno pagare a causa di amministratori locali dissennati (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

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(Intendimenti relativi al fenomeno dell'indebitamento degli enti locali che hanno fatto ricorso agli strumenti finanziari derivati - n. 3-01366)

PRESIDENTE. La deputata Mungo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01366, concernente intendimenti relativi al fenomeno dell'indebitamento degli enti locali che hanno fatto ricorso agli strumenti finanziari derivati (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, l'oggetto della mia interrogazione è simile a quello dell'interrogazione del collega Leo, appena svoltasi.
La trasmissione televisiva Report, trasmessa su una rete nazionale, ha informato i cittadini su ciò che stava avvenendo in diverse amministrazioni locali, molte delle quali hanno fatto ricorso all'utilizzo di strumenti finanziari derivati altamente rischiosi (il collega Leo poc'anzi faceva riferimento al contratto collar, che è uno dei più rischiosi).
Questo tema non è nuovo perché di esso si erano già occupate riviste specializzate e Il Sole 24 Ore aveva svolto, più di un mese fa, un'inchiesta giornalistica.
Con la presente interrogazione chiedo se, alla luce di quanto sta avvenendo, il Ministero dell'economia e delle finanze sia intenzionato ad accogliere alcune proposte, attualmente in corso di esame al Senato, circa la istituzione di una cabina di regia e sulla possibilità di valutare...

PRESIDENTE. Deputata Mungo, concluda.

DONATELLA MUNGO.... ex ante il rischio che deriva dall'utilizzo di tali prodotti in modo da impedirne la sottoscrizione da parte delle amministrazioni locali.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, quanto ho detto poc'anzi rispondendo alla precedente interrogazione del deputato Leo, vertente sullo stesso tema, vale anche per quella in esame.
Siamo in un ambito nel quale il potere dei comuni e delle regioni è tutelato dalla Costituzione, pertanto spazi di avocazione al centro di poteri autorizzativi o addirittura di divieti non esistono nella misura in cui gli interroganti li hanno delineati.
All'onorevole Mungo, che chiede quali iniziative si intendano adottare in ordine a tali strumenti, faccio presente, ancora una volta, che i derivati sono strumenti di gestione del debito e che, quindi, nessun derivato è, di per sé, una passività, che è il presupposto ribadito anche di recente nella circolare del 22 giugno 2007 del dipartimento del Ministero dell'economia e delle finanze in tema di non applicabilità delle delegazioni di pagamento alle operazioni in derivati concluse da enti territoriali. Perciò l'utilizzo di questi strumenti non comporta incremento del debito. Con riferimento poi al Patto di stabilità interno, i flussi generati dagli strumenti derivati, che gli enti locali pongono in essere, hanno già evidenza in termini di variazione della spesa per interessi. Inoltre, tutta l'articolazione normativa primaria e secondaria definisce con chiarezza i criteri di prudenza cui gli amministratori devono ispirarsi e dettaglia adeguatamente i limiti all'utilizzo dei derivati.
Si ritiene, infine, di evidenziare che non risulta, dagli atti in nostro possesso, che l'utilizzo di strumenti derivati abbia comportato direttamente il dissesto finanziario e il conseguente fallimento, anche se valutazioni più puntuali potranno essere espresse dalla Corte dei conti.
In questo quadro ogni iniziativa volta a favorire la trasparenza dell'operazione e la piena conoscibilità dei rischi ad essa associati è considerata dal Governo con attenzione e in maniera favorevole, compresi gli emendamenti presentati in questo senso al decreto-legge in materia economica e finanziaria attualmente all'esame del Senato.

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PRESIDENTE. La deputata Mungo ha facoltà di replicare.

DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal Ministro. Prendo atto comunque che il Governo prenda in considerazione la possibile adozione di misure correttive per far fronte alla situazione attuale.
Faccio presente che non possiamo contare sulla competenza del singolo amministratore, anche se vi sono amministratori molto accorti che non hanno fatto uso di questi strumenti ed altri che ne hanno fatto uso solo a fini di riequilibrio del debito (che sarebbe la finalità precipua); tuttavia, vi sono anche amministratori meno accorti, oppure anche in malafede, che hanno fatto ricorso a tali strumenti ben sapendo che poi ne avrebbero scaricato gli effetti negativi sui bilanci successivi.
Non possiamo lasciare al buon cuore, alla buona competenza o alla capacità degli amministratori la decisone del ricorso o meno a tali strumenti derivati. Inoltre - e concordo con quanto diceva poc'anzi il collega Leo - si pone un problema che coinvolge direttamente il sistema bancario (Applausi del deputato Leo).
Sono lieta che l'ABI stia svolgendo un lavoro al riguardo. Immagino che, attraverso i suoi associati, farà un'opera di moralizzazione, ma ritengo che ciò non possa essere sufficiente.
Penso sia necessario che le banche spieghino con accuratezza quali siano i rischi cui si va incontro. Ciò vale anche per i singoli, per i privati, ma a maggior ragione quando c'è di mezzo il denaro pubblico. Dopodiché lei dice che non c'è contezza che ci sia una relazione fra l'uso di questi strumenti e alcuni dissesti, alcuni dei quali probabilmente non sono ancora tali, ma potrebbero diventarlo. Quindi, chiedo anche che ci sia una collaborazione con il Ministero dell'interno e un monitoraggio dal punto di vista finanziario, che ci deve essere sugli enti locali affinché si vengano a conoscere i possibili rischi per i bilanci degli anni futuri degli enti locali.

PRESIDENTE. Deputata Mungo, la prego di concludere.

DONATELLA MUNGO. Dopodiché, credo sia stato utile che sia Report sia Il Sole 24 Ore abbiano reso noto l'entità del fenomeno, in quanto è giusto che i cittadini del nostro Paese siano informati di ciò che sta avvenendo.

(Intendimenti sullo stanziamento dei fondi previsti dalla legge finanziaria per il 2007 per la viabilità secondaria in Sicilia e Calabria - n. 3-01367)

PRESIDENTE. Il deputato Rao ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-01367, concernente intendimenti sullo stanziamento dei fondi previsti dalla legge finanziaria per il 2007 per la viabilità secondaria in Sicilia e Calabria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

PIETRO RAO. Signor Presidente, l'azione di questo Governo, anche attraverso le sue leggi finanziarie, sia quella per l'anno 2007 sia il provvedimento attualmente all'esame del Senato, ha meritoriamente avviato importanti opere infrastrutturali. Come negarlo? Ha contribuito a finanziare la tratta del TAV Milano-Napoli, il Mose di Venezia, le metropolitane di Milano, Torino e Roma. Il Ministro Di Pietro si vanta, a ragione, di aver dato il via ad imponenti lavori infrastrutturali in Lombardia, come la Pedemontana. Come negarlo? Sono tutte opere che si stanno realizzando in Italia, o meglio in quella parte del Paese che questo Governo considera la vera Italia, ossia quella parte che, nella migliore delle ipotesi, si ferma a Napoli.
Alla Sicilia e alla Calabria invece, con la legge finanziaria dello scorso anno, avevate destinato poche briciole, non alle grandi opere, non al ponte sullo Stretto di Messina, non all'alta velocità, ma per laPag. 15viabilità delle strade secondarie, dove forse qualcuno vorrebbe che si circolasse ancora con il carretto siciliano.

PRESIDENTE. Deputato Rao, dovrebbe concludere.

PIETRO RAO. Signor Ministro Padoa Schioppa, il Movimento per l'Autonomia le chiede che fine hanno fatto i soldi destinati alla Sicilia e alla Calabria.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha facoltà di rispondere.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, con la loro interrogazione a risposta immediata gli onorevoli Oliva ed altri pongono quesiti in ordine alla viabilità secondaria della Sicilia e della Calabria. Al riguardo, avendo sentito anche il Ministero delle infrastrutture, vorrei far presente che la legge finanziaria per il 2007, all'articolo 1, comma 1152, riguardante interventi di ammodernamento e potenziamento della viabilità secondaria nelle regioni di Sicilia e Calabria, ha previsto per gli interventi di ammodernamento e potenziamento della viabilità secondaria non in gestione all'ANAS un finanziamento di 350 milioni di euro per la regione Sicilia e di 150 milioni di euro per la regione Calabria, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. In data 11 luglio 2007 è stato firmato il decreto interministeriale che prevede la ripartizione delle risorse tra le province delle due regioni. È stato anche predisposto il decreto recante i criteri e le modalità di gestione delle risorse che le province dovranno seguire per l'utilizzo dei finanziamenti, il quale è in corso di definizione.
Va peraltro evidenziato che il disegno di legge finanziaria per l'anno 2008 prevede il rifinanziamento del Fondo per le aree sottoutilizzate di un miliardo e 200 milioni per il 2008. Aggiungo che il Ministero dello sviluppo economico, competente per la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate, ha presentato nella riunione del CIPE del 3 agosto scorso un'informativa nella quale ha proposto l'assegnazione, in occasione dell'adozione della prossima delibera di riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate, di una prima quota di 500 milioni. Le ulteriori risorse necessarie a dare piena attuazione della disposizione saranno rese disponibili in relazione all'andamento della programmazione e all'utilizzo della prima quota assegnata e delle ulteriori risorse previste dal disegno di legge finanziaria attualmente all'esame del Senato.
La suddetta proposta dovrà, comunque, essere sottoposta all'approvazione della Conferenza Stato-regioni e del CIPE.

PRESIDENTE. Il deputato Neri, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, signor Ministro, ritengo che alla «fiera delle parole» lei ci abbia ormai abituati, anche con alcune estemporanee uscite, che ci avrebbe potuto risparmiare. Il comma 1152 della legge finanziaria prevedeva, già per l'anno in corso, l'erogazione di 500 milioni di euro per la viabilità secondaria di Sicilia e Calabria. Si è scoperto poi, dopo che era stata sbandierata tale destinazione di risorse al Mezzogiorno d'Italia, che i suddetti fondi non erano disponibili e all'incontro di luglio si stava provvedendo a reperirli nel Fondo per le aree sottoutilizzate (il FAS). In altri termini, la destinazione delle risorse veniva realizzata utilizzando soldi che sarebbero già stati nostri, ad altro titolo. Ciò costituiva la prima presa in giro. Adesso, lei ci viene a dire che solo per il 2008 è previsto che sul fondo FAS si possano trovare i primi 500 milioni di euro. Veda, signor Ministro, il ponte sullo stretto di Messina lo avete già cancellato, ma per fortuna insieme al ponte finirà cancellato anche questo Governo che ci sta coprendo di ridicolo davanti al mondo. Altre risorse non le avete destinate. La verità è che avete deliberatamente voluto penalizzare il Mezzogiorno, probabilmente perché non è responsabile della sciagura che, con questaPag. 16maggioranza e con questo Governo, si è abbattuta sull'Italia.
Quando tra privati si assumono degli impegni e non si rispettano, in altre parti del mondo (e anche d'Italia) si parla di scorrettezza, mentre da noi si tende a parlare di «furbi». Ma quando è un Governo ad assumere impegni che non mantiene, allora si tratta solamente di volgari imbroglioni. Questo è un Governo di volgari imbroglioni (Il deputato Minardo espone una maglietta recante la scritta «Bugiardi» - Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia - Commenti del deputato Pettinari)!

PRESIDENTE. Deputato Minardo, lei sa che non lo può fare, quindi eviti di essere richiamato inutilmente.

(Iniziative per l'istituzione del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa - n. 3-01368)

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01368, concernente iniziative per l'istituzione del fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), per un minuto.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, la casa, l'abitazione, è una necessità primaria dei cittadini e delle famiglie che si indebitano e fanno sacrifici per potersela assicurare. Eppure non riusciamo ad aiutare tali famiglie, mentre emergono dati allarmanti, ricavati dall'Associazione bancaria italiana (ABI), dalle associazioni dei consumatori e da altre fonti. Come Popolari-Udeur, con la firma di tutto il gruppo, abbiamo presentato una proposta di legge per l'istituzione di un Fondo di solidarietà che intervenga laddove i mutuatari non siano in condizione di far fronte al pagamento del mutuo, per un certo periodo. Si tratta di una proposta che non ha costi alti, ma che avrebbe un grande valore democratico. Ebbene, come conseguenza di questa situazione drammatica si è ucciso un operaio in fabbrica, perché non poteva onorare la rata del mutuo. Chiedo al Ministro e al Governo se in questa finanziaria, come abbiamo letto...

PRESIDENTE. Deputata Rossi Gasparrini, deve concludere.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. ...verrà istituito il Fondo di solidarietà per il mutuo per la prima casa.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Gasparrini per l'interrogazione perché, come sa, abbiamo insieme discusso su questo tema a cui sono stato sollecitato.
La situazione è la seguente: il Ministero della solidarietà sociale ha proposto un emendamento alla legge finanziaria su tale materia, che ad oggi non è stato accolto, tra quelli presentati dal Governo al Senato. Per quanto mi riguarda, riproporrò l'emendamento nella fase dell'esame in questo ramo del Parlamento, sempre che durante l'esame del Senato non venga accolto un emendamento simile, di iniziativa parlamentare.
Dunque, sono assolutamente favorevole ad istituire un Fondo che abbia le caratteristiche da lei descritte, onorevole Rossi Gasparrini, anche se nella nostra proposta è leggermente meno definito perché, forse, le fattispecie attraverso le quali intervenire possono essere più ampie. A me pare che tali fattispecie debbano essere le seguenti: disporre di uno strumento che possa intervenire sui casi di impossibilità a pagare da parte di persone che hanno acceso un mutuo e che ciò sia previsto nell'ambito di un protocollo che deve essere firmato dal Governo e dalle banche, attraverso l'ABI, in modo da garantire un quadro d'intesa, in cui le singole persone possono provare a muoversi. Il problema più grave è,Pag. 17infatti, che il mutuatario, a seconda della banca o dell'intermediario con i quali si trova a contrattare, è posto di fronte a condizioni molto diverse.
A ciò si aggiunge un elemento che vi segnalo: non sempre il cosiddetto decreto Bersani viene applicato nel modo in cui dovrebbe essere applicato. Sappiamo che tale provvedimento prevede la portabilità dei mutui e, quindi, la possibilità di ricontrattare i medesimi cambiando anche la banca, senza dover pagare penali; tuttavia vi sono alcuni problemi nella sua applicazione. Perciò, oltre a riproporre nell'iter della legge finanziaria la previsione della costituzione del Fondo, per quanto mi riguarda, mi farò interprete presso i Ministeri competenti della necessità di aumentare i livelli di controllo sul comportamento delle banche in tutti i casi ai quali l'interrogante ha fatto riferimento. Spero che con l'iter della legge finanziaria riusciremo - non dico a risolvere la questione, perché il Fondo non risolve il problema enorme dell'aumento dei tassi ed altro - per lo meno a evitare che situazioni molto gravi producano effetti drammatici, come quello che lei citava, onorevole Gasparrini, di un suicidio o elementi di sofferenza sociale, francamente indegni per un Paese civile.

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di replicare.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Ministro, la ringrazio molto per la sua attenzione verso i problemi della gente, che ho avuto modo di conoscere; tuttavia, sono preoccupata perché da alcune voci ho appreso che in taluni Ministeri, e in particolare in quello dell'Economia e delle finanze, non vi sarebbe disponibilità al riguardo. Sarei troppo poco accorta se accettassi una modifica in questo ramo del Parlamento; il provvedimento al quale si è fatto riferimento, se sarà approvato, dovrà nascere al Senato. Pertanto, informo anche il Ministro Chiti, presente in Aula, che da questo momento inizierò una sciopero della fame a tempo indeterminato, a favore di tutti i lavoratori e le lavoratrici che chiedono a questo Governo di sinistra di garantire la loro serenità e la loro casa.
Vi ricordo che l'operaio si è ucciso in fabbrica; questo particolare mi ha fatto capire che l'uomo ci ha voluto mandare un messaggio, ossia che non sono solo il lavoro e la sua tutela a dover essere oggetto di attenzione da parte del legislatore, ma che il Parlamento deve aiutare le famiglie anche nel proprio iter di vita e su tale problematica, sul banco di questo Governo che ho votato, metto a disposizione anche la mia vita (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!

(Motivazioni alla base della recente sostituzione di tre vicepresidenti del Comitato nazionale di bioetica - n. 3-01369)

PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01369, concernente motivazioni alla base della recente sostituzione di tre vicepresidenti del Comitato nazionale di bioetica (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, il Comitato nazionale di bioetica è in una situazione imbarazzante. Per avere maggiore funzionalità, infatti, il presidente Francesco Paolo Casavola ha richiesto e ottenuto che il Governo rimuovesse i tre vicepresidenti Cinzia Caporale, Elena Cattaneo e Luca Marini: ignoto è il motivo del loro ostacolo alla funzionalità di tale Comitato. Altrettanto ignota, inoltre, è la risposta alle contestazioni di tre membri del Comitato su alcune nomine di Casavola, in spregio alla prassi e al regolamento. Gilberto Corbellini, Demetrio Neri e Carlo Flamigni hanno contestato, ad esempio, l'incarico al presidente del Comitato «Scienza & vita», professore Bruno Dallapiccola, nella commissione per rivedere le linee guida della legge sulla fecondazione assistita. Il Governo non ha ancora notificato la rimozione, ma venerdì si terrà la plenaria del Comitato nell'assolutaPag. 18illegalità: tre vicepresidenti dimissionati a mezzo stampa e tre nuovi nominati con decreto mai notificato.
Credo che occorra una spiegazione.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il sottosegretario D'Andrea, rispondendo ad una interrogazione in Commissione sullo stesso argomento, ha già illustrato le ragioni che hanno portato alla sostituzione dei tre vicepresidenti. In questa sede devo rilevare che non vi è dubbio che ogni collegio amministrativo rechi in sé un elemento di confronto e di dialettica interna, a volte anche particolarmente pronunciata. Ciò è tanto più vero nel caso del Comitato nazionale di bioetica che, per definizione, deve affrontare temi particolarmente delicati attraverso, dunque, un confronto tra diverse posizioni culturali. La dialettica non può che essere considerata in modo estremamente positivo. Tuttavia, la valutazione è stata che, allorché il confronto - anche aspro e vivo - di idee e di convincimenti determini una impasse dell'organo, è specifico compito dell'autorità di governo intervenire per assicurare la sua funzionalità.
In ordine alle specifiche questioni poste dall'interrogante voglio precisare quanto segue. Per quanto concerne la lettera firmata dai professori Flamigni, Neri e Corbellini, si ritiene che le nomine effettuate dal presidente del Comitato siano state fatte nel rispetto del regolamento interno. Per quanto riguarda il riferimento ad uno stesso orientamento ed una stessa parte utilizzati nei confronti di alcuni membri del Comitato, voglio sottolineare che, in relazione alla natura scientifica del Comitato, ogni membro è chiamato a farne parte per le sue specifiche e rilevanti competenze e non per propensioni ideologiche. Quindi, ogni componente ha e deve avere una sua autonoma legittimazione a rappresentare in ogni sede la pluralità degli orientamenti dello stesso. Per quanto concerne la nomina del professore Dallapiccola in qualità di esperto nella commissione incaricata di rivedere le linee guida della legge n. 40 del 2004, la scelta fu ritenuta dalla presidenza e dalla vicepresidenza come tecnicamente la più idonea, considerato che il professore Dallapiccola è anche tra i più illustri ordinari di genetica nel nostro Paese e lavora presso l'istituto Mendel di Roma.
Per quanto concerne la partecipazione dei professori Bompiani, Dallapiccola e Marini nella commissione congiunta Comitato nazionale per la bioetica-Comitato nazionale per la biosicurezza, voglio chiarire che a tale nomina si pervenne manifestandosi la disponibilità dei tre membri, senza alcuna obiezione anche da parte dei firmatari della lettera citata. Dal verbale della seduta non risulta che la professoressa Toraldo di Francia abbia dato la sua disponibilità che, in tal caso, la presidenza e la vicepresidenza avrebbero preso in prevalente considerazione anche e proprio in nome di quel pluralismo di idee e di posizioni culturali che è non solo presente, ma necessario al Comitato. Infine, la nomina del professore Marini come delegato italiano presso il forum dei comitati etici dei Paesi dell'Unione europea non può che ritenersi temporanea. La scelta è ricaduta su di un illustre studioso che all'epoca ricopriva il ruolo di vicepresidente e per tale nomina non vi erano proposte alternative all'interno della vicepresidenza. Tuttavia, come afferma l'interrogazione, non può essere che un ruolo temporaneo.

PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di replicare per due minuti.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, tengo a ricordare che il Comitato nazionale di bioetica è un organo di consulenza su materie sensibili ed importanti, dove le posizioni diverse sono la necessaria dialettica e ricchezza per i pareri che vi vengono formulati. Il presidente Casavola, prima della rimozione dei tre vicepresidenti, li salutò con lettera e testualmentePag. 19scrisse la vera motivazione alla base di tutti gli eventi, ossia la temuta dialettica interna che egli considera, quindi, non una ricchezza ma un problema e un pericolo non in sé, ma in quanto avrebbe impedito di difenderlo dai suoi accusatori.
E ancora: «Mi rendo conto che la vicinanza di due di voi», ossia Caporale e Cattaneo «con lo schieramento cui appartengono i miei tre accusatori non poteva non causarvi obiettivo imbarazzo». Vicinanza con lo schieramento laico sui temi della bioetica: ecco la colpa.
Di fatto, la Presidenza del Consiglio ha deciso di avvalorare questa impostazione e di passare da una vicepresidenza con due donne e un uomo (due laici e un cattolico), ad una con due uomini e una donna, di cui un religioso (il rabbino capo), un cattolico membro del direttivo «Scienza e vita» e un cattolico laico moderato, con posizioni ben diverse da quelle referendarie di Caporale e Cattaneo e da quelle di un cattolico indipendente come Marini.
Considerata l'inadeguatezza della gestione del Comitato, la scelta più funzionale sarebbe stata proprio la rimozione del presidente.

(Misure a favore dei rifugiati iracheni, con particolare riferimento all'accesso alla procedura d'asilo - n. 3-01370)

PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01370, concernente misure a favore dei rifugiati iracheni, con particolare riferimento all'accesso alla procedura d'asilo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, la nostra interrogazione è particolarmente tempestiva, alla luce degli eventi in Turchia e alla frontiera con l'Iraq: pertanto, ritengo opportuno un chiarimento, riguardante la certezza delle piene garanzie dei richiedenti asilo in fuga da quel Paese, al fine di raccogliere l'appello dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha chiesto all'Europa di aprire le porte ai fuggiaschi da quel Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come è noto, a seguito dell'Accordo di Schengen, la frontiera marittima tra Italia e Grecia non è più considerata interna, ma esterna, con la conseguenza che i collegamenti regolari via mare tra i due Paesi non soggiacciono ad alcun tipo di controllo di frontiera.
Nei casi citati dall'onorevole De Zulueta, quindi, tecnicamente non siamo in presenza di provvedimenti di respingimento alla frontiera, ma di riammissioni nel Paese di provenienza, effettuate sulla base dell'Accordo bilaterale Italia-Grecia sottoscritto il 30 aprile 1999, entrato in vigore il 1o febbraio 2001, la cui importanza come strumento di contrasto dell'immigrazione clandestina è universalmente riconosciuta.
In base ai principi generali della Convenzione di Dublino, peraltro, in questi casi la competenza a esaminare le eventuali richieste di asilo spetta alla Grecia, in quanto Paese membro la cui frontiera il richiedente abbia varcato illegalmente provenendo da un Paese terzo.
Ricordo, comunque, che la legislazione vigente - questo è il tema fondamentale - offre strumenti per garantire la protezione degli stranieri a rischio di persecuzione. In particolare, l'articolo 20 del testo unico sugli stranieri prevede l'adozione di un decreto del Governo per stabilire misure di protezione temporanea, da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie. Si tratta di uno strumento già utilizzato in passato e al quale si potrà fare di nuovo ricorso.
Inoltre, lo stesso testo unico prevede il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione. Più che un problema di carenza di norme, pertanto, in questo caso vi è l'esigenza di un'armonizzazionePag. 20tra diverse fonti normative e di una loro applicazione che non conduca - come sottolineava l'onorevole De Zulueta - a conseguenze lesive dei diritti delle persone. Questo è il problema sollevato e che certamente merita attenzione. In una situazione che, come lei ricordava, si sta addirittura aggravando, vi è l'impegno a garantire agli iracheni richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione umanitaria, l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla legge e il godimento delle opportunità previste, attuate attraverso il sistema di protezione, che riunisce anche la rete dei progetti territoriali di accoglienza che realizzano gli enti locali.
È, inoltre, costante - e si potrà rafforzare - la sensibilizzazione dei prefetti delle province di frontiera per una corretta applicazione delle norme vigenti e per l'attivazione eventuale di servizi di accoglienza validi.
Infine, ricordo che, già in occasione della Conferenza di Ginevra - promossa dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati sul tema dei rifugiati iracheni, che lei ricordava - da parte italiana si è chiesta la disponibilità di dati aggiornati sul fenomeno, proprio per prevedere forme nuove e più adeguate di assistenza.
Di recente, la cooperazione allo sviluppo ha provveduto a stanziare 3 milioni di euro a favore dell'Alto Commissariato per i rifugiati, anche per attività che consentano il reinsediamento dei rifugiati iracheni nelle regioni meridionali.
Comunque, lei ha posto un problema su cui il Governo intende porre la massima attenzione e il massimo impegno.

PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di replicare.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, ringrazio il Governo per la condivisione della preoccupazione e soprattutto per essersi già mosso per venire incontro all'emergenza umanitaria generata dalla guerra in Iraq.
Stiamo parlando di oltre 4 milioni di rifugiati. La stragrande maggioranza è stata ospitata da due Paesi, la Siria e la Giordania, che sono - come ha detto l'Alto Commissariato per i rifugiati - al collasso.
Raccomando, dunque, al Governo - vedo che c'è un'attenzione in proposito - la piena attuazione della risoluzione già votata dal Parlamento europeo, che sollecita i Paesi membri dell'Unione europea, in applicazione del regolamento Dublino II, a non procedere a trasferimenti verso quegli Stati - qui parliamo della Grecia - nei quali vi è il pericolo che i diritti dei richiedenti asilo iracheni vengano lesi, ossia che venga messo in pericolo il loro diritto alla protezione. Vi ricordo, onorevoli Ministri, che il tasso di accettazione dei rifugiati iracheni in Grecia è pari allo zero.
Pertanto, la ringrazio per l'attenzione e speriamo di poter proseguire nella direzione di prestare un'ulteriore assistenza alle persone che sono dovute fuggire dalla guerra in Iraq (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

(Misure per contrastare il potere economico della criminalità organizzata di stampo mafioso - n. 3-01371)

PRESIDENTE. La deputata Samperi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maran n. 3-01371, concernente misure per contrastare il potere economico della criminalità organizzata di stampo mafioso (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmataria.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, il decimo rapporto di Sos impresa della Confesercenti indica la mafia come la prima «azienda» italiana, con un utile annuo che si aggira intorno ai 90 miliardi di euro (con 1.300 reati al giorno subiti da commercianti e da esercenti), 30 miliardi appannaggio dell'usura e 10 miliardi del racket.
È un cancro capillarmente diffuso, che spesso registra forme di sostanziale rassegnazione delle imprese. Tutto ciò è aggravato da una scarsa trasparenza del sistema finanziario e creditizio.Pag. 21
Questa è soltanto l'anticamera di un fenomeno ancora più preoccupante: quello della mafia che si trasforma in attività di impresa, esercitata con metodi e sistemi tali da stravolgere il corretto funzionamento del mercato.
In questo difficile contesto, sempre più frequentemente, imprenditori, piccoli esercenti e giornalisti denunciano coraggiosamente intimidazioni e storie di criminalità organizzata, da Saviano a Vecchio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARILENA SAMPERI. Chiediamo al Governo quali iniziative intenda assumere per contrastare il potere economico in capo alla criminalità organizzata...

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARILENA SAMPERI. ...e per tutelare e proteggere gli atti di reazione provenienti da imprenditori, associazioni ed esponenti delle istituzioni locali.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, concordo pienamente con le considerazioni contenute nell'interrogazione sull'esigenza di contrastare in modo sempre più efficace il potere economico delle organizzazioni criminali e di assicurare sempre la presenza dello Stato a sostegno di chi con coraggio denuncia le minacce che riceve.
Di questo aspetto, come sapete, si occupa, per rafforzare la presenza dello Stato, anche uno dei provvedimenti sulla sicurezza di cui il Consiglio dei ministri ha già completato la discussione ieri sera e che riguarda il contrasto della grande criminalità e della criminalità mafiosa.
Da parte delle forze di polizia è in atto uno sforzo sistematico di aggressione dei patrimoni dei sodalizi criminali, con il «tracciamento» delle condotte di arricchimento illegale e di reimpiego di capitali in attività imprenditoriali anche apparentemente lecite.
Proprio l'aggressione degli affari economici e dei patrimoni mafiosi è l'obiettivo fondamentale del Ministero dell'interno. La DIA, in particolare, ha proposto, nei primi otto mesi di quest'anno, sessantuno misure di prevenzione personali e patrimoniali e adottato misure coercitive sui beni appartenenti alla criminalità organizzata, per un totale di oltre 128 milioni di euro di confische e oltre 250 milioni di euro di sequestri.
Rammento anche la positiva sperimentazione, in Calabria, di un'innovativa metodologia operativa, promossa sempre dalla DIA, che sta per essere estesa anche alla Campania: essa consente di raccordare i contributi informativi e le specifiche professionalità delle forze di polizia verso l'obiettivo comune del depauperamento delle cosche.
Tra le iniziative, voglio ancora segnalare la recente intesa (del 12 settembre scorso) tra Ministero dell'interno, Confindustria, Commissario straordinario per le iniziative antiracket e antiusura e Federazione antiracket italiana, che apre la strada a una nuova stagione di collaborazione, finalizzata a innalzare i livelli di sicurezza e di tutela delle imprese nel Mezzogiorno.
Il 7 giugno sono stati anche istituiti appositi mini pool antiracket e antiusura, per eliminare le criticità relative all'iter istruttorio delle istanze presentate dalle vittime e per accelerare l'erogazione dei benefici.
Il 31 luglio scorso inoltre è stato siglato un accordo-quadro tra il Ministero dell'interno, il Governatore della Banca d'Italia, il vicepresidente dell'ABI e tutti i soggetti istituzionali e sociali interessati alla prevenzione del fenomeno dell'usura e al sostegno delle vittime di racket, estorsione e usura.
Per ciò che concerne i dati complessivi in materia di contrasto alle attività illecite di tipo mafioso, comunico che nel primo semestre dell'anno in corso sono state denunciate o arrestate 10.677 persone.Pag. 22
Infine, con riferimento alle minacce subite dalle personalità indicate dagli interroganti, desidero precisare che sono state disposte adeguate misure di protezione, estese, in un caso, anche ai familiari.

PRESIDENTE. Il deputato Bordo, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, esprimo soddisfazione per la risposta data alla nostra interrogazione dal Ministro Chiti.
È evidente che le organizzazioni criminali fondano il proprio potere sulla forza economica di cui dispongono: come è stato detto nell'interrogazione, producono 90 miliardi di euro di utili (il 7 per cento del prodotto interno lordo) e sono la prima azienda d'Italia.
Sarà possibile ridimensionare e vincere la sfida lanciata dalle organizzazioni criminali se lo Stato interverrà principalmente per colpire i patrimoni frutto delle attività illecite.
È necessario lavorare in tre direzioni, come tra l'altro il Governo sta già facendo. In primo luogo, occorre aggiornare la normativa sulla confisca e l'assegnazione dei beni sottratti alle organizzazioni mafiose: la procedura vigente è piuttosto lenta, poiché passano molti anni prima che un bene confiscato possa essere utilizzato.
Con la nuova normativa, oggetto di discussione in questi giorni in Commissione antimafia, dobbiamo accorciare i tempi per l'assegnazione del bene confiscato. Quando un bene confiscato alla mafia è utilizzato, per esempio, per fini sociali o trasferito alle forze di polizia, lo Stato dimostra di essere più forte dei poteri criminali.
In secondo luogo, dobbiamo varare in fretta - ciò avverrà nei prossimi giorni, in sede di Consiglio dei ministri - il cosiddetto «pacchetto sicurezza», che prevede l'inasprimento delle pene per alcuni reati che destano grave allarme sociale e attribuisce nuovi poteri a sindaci e prefetti.
Inoltre, credo sia necessario prevedere una corsia preferenziale in Parlamento per i disegni di legge che costituiscono l'articolazione normativa del «pacchetto sicurezza».
In terzo luogo, occorre favorire lo snellimento delle procedure che prevedono il risarcimento per le vittime del racket e dell'usura.

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

MICHELE BORDO. Dunque, credo che, se riuscissimo a realizzare tutto ciò in poco tempo, daremmo una risposta molto chiara contro le organizzazioni criminali: dobbiamo farlo, perché ce lo chiedono i cittadini del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Iniziative in relazione ad atti intimidatori compiuti nei confronti del sindaco di Verona - n. 3-01372)

PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01372, concernente iniziative in relazione ad atti intimidatori compiuti nei confronti del sindaco di Verona (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, nei giorni scorsi il sindaco di Verona ha ricevuto nella sua abitazione una lettera minatoria accompagnata da un proiettile e questo è solo uno dei tanti atti di intimidazione che ha subito e che subiscono molti altri sindaci nelle nostre città, soprattutto al Nord, in Padania.
Le ricordo, caro Ministro, che in questo momento mentre voi del Governo continuate a litigare - lo sottolineo -, tagliate i trasferimenti ai comuni, aumentate le tasse e così via, solo i sindaci sul territorio cercano di dare delle risposte ai cittadini e voi li lasciate sempre più soli.
Le chiedo, dunque, che fine ha fatto il pacchetto sicurezza, che ieri sera doveva emanare il Consiglio dei ministri, che davaPag. 23più poteri ai sindaci per contrastare la criminalità nelle nostre città. Cosa state facendo per garantire più sicurezza nelle nostre città? A noi risulta zero, niente, signor Ministro.
Attendo una risposta e spero che sia meno ipocrita possibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Osvaldo Napoli).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, al di là della propaganda, rispetto ai trasferimenti di risorse alle autonomie locali vi sono degli atti visibili che testimoniano come si siano ridotti nei cinque anni dal 2001 al 2006. Quando vuole li può consultare e si può fare un dibattito pubblico anche con un ulteriore question-time.
Per quanto riguarda le questioni oggetto dell'interrogazione (Commenti del deputato Osvaldo Napoli)...

PRESIDENTE. La prego di non interrompere il Ministro mentre sta svolgendo la sua risposta.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, mi auguro comunque che per lo meno non si conteggino i tempi dell'interruzione, tanto ormai sono abituato: si tratta spesso di propaganda.
Rispetto, invece, alle questioni segnalate, voglio partire dall'ultima che riguarda non una regione del Nord, ma il comune di Soverato, in provincia di Catanzaro, dove ieri sera è stato collocato un ordigno esplosivo presso la sede della polizia municipale che ha danneggiato la porta di ingresso.
Il fatto mi induce a fornire dei dati circa gli atti intimidatori ai danni di amministrazioni pubbliche e di sedi di partito: nel corso del 2006, su 1.433 attentati e danneggiamenti, 429 sono stati effettuati contro sedi di partiti politici e 116 contro sedi di enti locali. Le categorie più colpite sono i pubblici amministratori e i rappresentanti politici, rispettivamente destinatari di 158 e 37 atti di intimidazione.
Le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia non dormono, ma seguono con la massima attenzione tutti gli eventi che incidono negativamente sulla sicurezza e sulla libertà di espressione dei cittadini, sul ruolo degli amministratori e sulle attività delle forze politiche. In tale ottica, dispongono e periodicamente rivedono le misure idonee ad assicurare, da un lato, il capillare controllo del territorio, garantendo prioritariamente la sorveglianza sugli obiettivi più esposti, quali le sedi delle istituzioni, dei partiti politici, dei circoli e dei movimenti politici e sindacali, dall'altro lato, l'intensificazione dei servizi di informazione per il monitoraggio costante delle situazioni di rischio.
Venendo ai fatti oggetto dell'interrogazione, secondo quanto riferito dalla prefettura, lo scorso 20 ottobre il sindaco di Verona ha consegnato al comando provinciale dei carabinieri una busta contenente una cartuccia inesplosa calibro 9 e un cartoncino bianco recante minacce contro la sua persona e contro il presidente del comitato per il traforo delle Torricelle.
La minaccia si riferisce, come ricordato nell'interrogazione, alla realizzazione di un traforo stradale in località Torricelle. I diversi orientamenti che si registrano nella città di Verona riguardo a questa scelta fanno parte della normale e legittima dialettica politica. Quello che a Verona e che ovunque risulta assolutamente inaccettabile è che un amministratore locale riceva minacce finalizzate a condizionarne le scelte.
La persona del sindaco è già da tempo oggetto di misure di tutela da parte dell'Arma dei carabinieri per le minacce ricevute a seguito della decisione di chiudere un campo nomadi e per lo sgombero di un centro sociale. Nell'imminenza del fatto in questione è stata intensificata la protezione...

Pag. 24

PRESIDENTE. La invito a concludere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. ...nei confronti del sindaco e sono state contestualmente disposte misure di vigilanza nei confronti del presidente del comitato per il traforo. Ieri si è tenuta una riunione del coordinamento delle forze di polizia, nel corso della quale, pur non essendo emersi ulteriori elementi sotto il profilo investigativo, sono state intensificate le misure nei confronti del sindaco e la tutela per il presidente del comitato per il traforo.

PRESIDENTE. Signor Ministro, deve concludere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Dei fatti è stata informata l'autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di replicare per due minuti.

FEDERICO BRICOLO. Signor Ministro, lei non ha risposto alla mia domanda. Voi, ormai, nel corso dello svolgimento del question time siete abituati a prendere in giro i parlamentari che vi rivolgono le domande, ma non vi rendete conto che state prendendo in giro anche chi vi ascolta e guarda la televisione da casa.
Lei non ha risposto alla mia domanda e, come al solito, raccontate balle in Parlamento: tutte balle! Io le ho chiesto che fine ha fatto il pacchetto sicurezza promesso ai sindaci che doveva conferire loro maggiori poteri per contrastare la criminalità sul territorio. Che fine ha fatto?
Ieri sera, in sede di Consiglio di ministri, non lo avete votato. Si tratta di un provvedimento importante e complesso. Le ricordo alcuni punti. Ad esempio, le norme sulla guida in stato di ebbrezza, che erano inserite nel pacchetto sicurezza e che voi - pur definendovi paladini della difesa dei diritti dei cittadini - non avete varato. Ricordo, ancora, le norme contro la pedofilia, quelle per contrastare le mafie, quelle contro l'accattonaggio, i rom e lo sfruttamento dei minori. Sono tutti strumenti contemplati dal pacchetto sicurezza che avrebbero attribuito anche poteri ai sindaci per contrastare questi fenomeni, e che voi non siete riusciti ad approvare. Non siete riusciti a farlo non solo litigando all'interno della vostra maggioranza, ma addirittura all'interno del Consiglio dei Ministri. Quattro Ministri ieri sera si sono rifiutati di approvare questo provvedimento: si tratta dei Ministri di Rifondazione Comunista, dei Verdi, dei Comunisti Italiani; i soliti, insomma, quelli della sinistra radicale. Vergogna, Ministro Chiti! Il Ministro Amato ne è uscito completamente delegittimato.
Noto che lei non ha alcun imbarazzo nel sentire queste parole perché è evidente che - come per il Ministro Amato - anche per lei non è importante l'interesse dei cittadini. Per voi è importante mantenere la poltrona e i posti di potere. Il vostro sarà ricordato come il peggior Governo nella storia della Repubblica. Tutti ricordiamo le balle che avete raccontato in campagna elettorale. Prodi sosteneva che avrebbe ridotto i costi della politica, e la prima cosa che ha fatto è stata quella di costituire il Governo con il più alto numero di ministri, viceministri e sottosegretari nella storia di questa Repubblica. Dunque, dovreste vergognarvi e vi chiediamo, ancora una volta, di dimettervi! Lasciate le poltrone...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO BRICOLO....lasciate la libertà ai cittadini di andare a votare e cambiare il Governo [Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

PRESIDENTE. Invito tutti coloro che intervengono, ferma restando ovviamente la libertà di espressione politica di cui ognuno si assume la responsabilità, ad usare un linguaggio consono con l'Assemblea parlamentare.

Pag. 25

FEDERICO BRICOLO. Presidente, il Ministro non ha risposto! Non deve riprendere me, Presidente: è il Ministro che non ha risposto ai deputati! Lei non deve riprendere i deputati!

ROBERTO COTA. È lei che deve dire qualcosa, Presidente!

(Disagi relativi ai servizi di vigilanza carceraria in Piemonte e Valle d'Aosta - n. 3-01373)

PRESIDENTE. Il deputato Stradella ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-01373, concernente disagi relativi ai servizi di vigilanza carceraria in Piemonte e Valle d'Aosta (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, assieme ad altri colleghi piemontesi abbiamo presentato questa interrogazione al Ministro della giustizia per avere notizie circa l'atteggiamento che il Governo intende assumere in un delicato servizio che lo Stato deve compiere, cioè quello della polizia carceraria.
Ci risulta che in Piemonte - e, ahimè, abbiamo timore che ciò riguardi tutto il territorio nazionale - vi siano carenze dovute alla obsolescenza dei mezzi di trasporto, carenze di servizi igienici nella disinfestazione delle carceri e degli automezzi, e che si sia verificato il mancato pagamento dei corrispettivi dovuti per le missioni, con la conseguente necessità da parte degli agenti di far fronte con risorse personali a tali spese.
Inoltre, in Piemonte, in modo particolare, vi è anche una carenza di personale che raggiunge il 15 per cento degli effettivi. Per tali ragioni, chiediamo al Governo quali misure intenda adottare al riguardo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ha assicurato che presso tutti gli istituti del Piemonte e della Valle d'Aosta viene garantita in modo adeguato ai detenuti l'assistenza sanitaria. Infatti, in quasi tutte le strutture è prevista l'assistenza medica di ventiquattr'ore, sono attive convenzioni con specialisti e liberi professionisti. In caso di necessità è poi disponibile il centro clinico annesso alla casa circondariale di Torino e ci si può avvalere dei reparti detentivi ospedalieri dislocati presso i diversi ospedali della regione.
I detenuti, all'atto dell'ingresso in istituto, sono sottoposti a visita medica e contestualmente vengono effettuati esami ematochimici.
Per quanto riguarda, invece, la problematica concernente il numero delle guardie carcerarie a disposizione, sappiamo che vi sono problemi e che questa condizione - come del resto lei ha affermato - riguarda gran parte delle regioni del Nord e del Centro Italia.
L'amministrazione segue con attenzione questa situazione, cercando di fare ogni sforzo per alleviare le condizioni di disagio che, allo stato attuale, effettivamente esistono. In questa direzione si iscrive, da ultimo, l'assegnazione di 450 unità di personale che appartengono al ruolo degli agenti di polizia penitenziaria, delle quali 82 sono state assegnate al provveditorato del Piemonte. Si sta, inoltre, perfezionando il procedimento di assegnazione di 520 unità che provengono anche dal ruolo degli ispettori.
Per quanto si riferisce in merito al pagamento delle indennità al personale inviato in servizi di missione, è vero che vi è una criticità sulla questione della gestione dei fondi per le situazioni generali della finanza pubblica; tuttavia, è altrettanto vero che da ciò - come si afferma nell'interrogazione a risposta immediata - non devono derivare disfunzionalità e pregiudizi per il personale che è impegnato in un'attività così delicata.Pag. 26
Per tale motivo, l'amministrazione ha garantito che, attraverso operazioni di compensazioni tra le varie postazioni di bilancio, si potrà far fronte alle esigenze immediate, mentre il disegno di legge di assestamento del bilancio per l'anno 2007 prevede un incremento dei capitoli interessati - sia in termini di competenza che di cassa - di 4 milioni di euro. Quest'ultimo, non appena approvato, potrà consentire di dar corso alla relativa ripartizione e assegnazione tra vari provveditorati regionali, compreso quello del Piemonte e della Valle d'Aosta.
Riguardo, infine, alla mancata fornitura di gradi, mostrine e fregi, i responsabili del servizio hanno assicurato che la distribuzione delle insegne metalliche di qualifica avverrà in concomitanza con la consegna degli effetti di vestiario, per ottimizzare le risorse disponibili e non duplicare le spese da sostenere per la loro spedizione. Con specifico riferimento alle regioni del Piemonte e della Valle d'Aosta, la consegna sarà esperita nel più breve tempo possibile, tenuto conto delle necessità di approvvigionamento delle sedi che sono state programmate.

PRESIDENTE. Il deputato Stradella ha facoltà di replicare.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, se non fosse che le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni, dovrei dichiararmi soddisfatto. Tuttavia, signor Ministro, lei ha manifestato una serie di buone intenzioni da parte del Governo, non ha fornito risposte - se non evasive - ai quesiti e, tutto sommato, ha sottolineato e confermato che questi disagi vi sono.
Pertanto, le vorrei chiedere come è possibile che, rispetto ad un servizio così delicato, che attiene anche alla sicurezza del Paese e che svolge funzioni importanti (sappiamo tutti, infatti, quanto sia importante la regolarità della detenzione e dei trasferimenti), lei non abbia detto nulla sull'obsolescenza del materiale di trasporto; ma anche su questo si potrebbe discutere.
Ritengo che uno Stato serio e consapevole, un Governo che voglia davvero bene al Paese non dovrebbe farsi sollecitare per svolgere funzioni di questo genere, e dovrebbe pagare i compensi agli agenti di polizia carceraria, così come agli agenti di pubblica sicurezza. Si tratta di un dovere che dovrebbe essere svolto in tempi congrui e non è possibile che venga adempiuto soltanto su sollecitazione, così come non è possibile affermare che l'assistenza sanitaria è garantita. So anch'io che una minima assistenza sanitaria è garantita, tuttavia le posso citare alcuni esempi di disinfestazione di mezzi di trasporto che non è stato possibile effettuare per mancanza di materiale medico.
Pertanto, se l'amministrazione pubblica non riesce a garantire il minimo vitale per lo svolgimento di funzioni così importanti - non voglio associarmi al collega Bricolo che vi invitava a cambiare mestiere - tuttavia ritengo che abbiate dimostrato di non saper svolgere molto bene il vostro mestiere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Erogazione dei finanziamenti dei progetti relativi al programma nazionale della ricerca 2005-2007 - n. 3-01374)

PRESIDENTE. Il deputato Del Bue ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cirino Pomicino n. 3-01374, concernente l'erogazione dei finanziamenti dei progetti relativi al programma nazionale della ricerca 2005-2007 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), che ha sottoscritto in data odierna.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, signor Ministro Mussi, nel luglio del 2005 l'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca invitò a presentare progetti di ricerca nell'ambito del programma triennale del Ministero. Vennero presentati 744 progetti, con costi dai 7,3 ai 23 milioni di euro. Attualmente, nel bilancio del suo Ministero, risultano disponibili 1,1 miliardi di euro, a carico del cosiddetto fondo rotativo, a cui si aggiungono ulteriori fondi.Pag. 27
Pertanto, con l'interrogazione a risposta immediata Cirino Pomicino n. 3-01374, si chiede di sapere per quali ragioni - ad oggi, dopo due anni e tre mesi - tali somme non siano state erogate, perché si sia verificato questo ritardo e, infine, quando il suo Ministero intenda erogare fondi che sono dovuti.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Signor Presidente, naturalmente i Governi in carica rispondono anche degli effetti delle decisioni e delle azioni dei Governi che li hanno preceduti, e io non mi sottraggo. È la regola, tanto più che in ballo ci sono questioni fondamentali per qualità (ricerca scientifica e innovazione) e per quantità (le risorse destinate).
In relazione al quesito posto dall'interrogazione, primo firmatario l'onorevole Cirino Pomicino, ricordo che la legge finanziaria per il 2005, all'articolo 1, comma 354, ha previsto l'istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca, con una dotazione iniziale stabilita di 6.000 milioni di euro.
Con il decreto-legge n. 35 del 2005 è stata destinata una quota pari ad almeno il 30 per cento delle risorse del Fondo a progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzarsi anche congiuntamente con soggetti della ricerca pubblica. Questo diceva il decreto-legge!
Con decreto interministeriale del marzo 2006 sono stati definiti i requisiti, le condizioni e altre modalità per l'accesso ai finanziamenti. Il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca è stato ripartito dal CIPE in due successive tranche, con la prima delle quali, nel luglio 2005, si è proceduto ad una prima ripartizione, prevedendo l'assegnazione a questo Ministero di una quota di 1.100 milioni di euro, da utilizzarsi per il sostegno ai grandi programmi strategici ricompresi nel Programma nazionale della ricerca 2005-2007.
In particolare, con decreto del luglio 2005, il MIUR ha invitato ogni soggetto pubblico e privato, attivo nella ricerca e nell'innovazione, a presentare congiuntamente idee progettuali e poi, con successivo decreto, è stata istituita la commissione di valutazione, che è pervenuta alla selezione - attenti alle date - delle migliori idee il 7 febbraio 2006.
Sono pervenute complessivamente 744 idee progettuali, per un costo complessivo di 10.417 milioni di euro. La commissione ha ritenuto che abbiano conseguito il punteggio minimo per le successive fasi, previamente stabilito in 85 punti su 100, 196 idee progettuali, per un costo di 3.104 milioni.
Con decreto del 10 marzo 2006 sono stati preliminarmente invitati a presentare i progetti esecutivi i proponenti delle idee con punteggio da 90 a 100, per un numero complessivo di 138 idee.
I progetti esecutivi pervenuti sono stati 130 e in relazione ad essi è stata svolta l'attività istruttoria prevista dal decreto 8 marzo 2006.
Allo stato attuale le istruttorie sono terminate per la quasi totalità. Di queste, trenta hanno ricevuto il decreto definitivo. In conclusione, siccome i decreti devono essere registrati dalla Corte dei conti, tenendo conto degli ulteriori passaggi procedurali, molto complessi, che richiedono anche l'intervento dei soggetti bancari, le prime risorse potranno essere effettivamente erogate entro la fine dell'anno in corso. Ci siamo, la procedura è stata lunga, ma ci siamo.

PRESIDENTE. Il deputato Del Bue ha facoltà di replicare.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, sono soddisfatto che il Ministro rassicuri che almeno le prime risorse verranno ripartite entro la fine dell'anno in corso, anche se lei mi consentirà - è un uomo politico di spicco - di far capire ai telespettatori che...

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FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Condivido quello che sta per dire!

MAURO DEL BUE. .... essendo la situazione politica così precaria, queste rassicurazioni rischiano di essere vanificate dal superamento dell'attuale quadro politico.
Tuttavia, questa non è una responsabilità sua e del suo Ministero. Fa piacere che ella si assuma anche la responsabilità del Governo precedente. Diciamo che la responsabilità di certi ritardi, in questo caso, è bipartisan, oppure possiamo anche definirla così: è una responsabilità della procedura amministrativa, che ritarda l'erogazione di somme che dovrebbero essere più celermente accordate ai soggetti proponenti, perché lei sa che la dinamica economico-sociale a volte non rispetta i tempi della pubblica amministrazione.
Quindi dichiaro la mia soddisfazione per avere avuto la possibilità di comprendere bene i motivi e le responsabilità del ritardo, e anche per l'assicurazione, per quel che vale, signor Ministro, che queste somme verranno dal suo Governo erogate entro la fine dell'anno.

(Iniziative per la salvaguardia e l'incremento dei livelli occupazionali con riferimento allo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco - n. 3-01375)

PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01375, concernente iniziative per la salvaguardia e l'incremento dei livelli occupazionali con riferimento allo stabilimento FIAT di Pomigliano d'Arco (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), per un minuto.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor Ministro, il 5 ottobre scorso l'amministratore delegato Marchionne ha dichiarato che per logica e razionalità la nuova Alfa 149 dovrebbe essere costruita nella stabilimento FIAT di Cassino: un'indicazione in contrasto con l'accordo dell'aprile 2003 tra le organizzazioni sindacali metalmeccaniche e l'impresa, che riconfermava il ruolo strategico dell'area industriale di Pomigliano d'Arco per il quadriennio successivo in merito alla produzione di vetture Alfa del segmento «C» e «D», e all'incremento occupazionale di mille unità e altrettante cinquecento nell'indotto.
Quest'uscita ha destato sorpresa, determinato tensione tra i lavoratori, tant'è che i sindacati unitariamente hanno deciso di procedere al blocco di ogni forma di straordinario.
Per questo chiediamo come il Governo intenda riaprire il confronto tra le parti sulla vocazione produttiva di Pomigliano d'Arco e sull'aumento dell'occupazione prevista e mai realizzata nell'accordo del 2003.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, l'onorevole Scotto solleva l'attenzione sulla situazione relativa allo stabilimento FIAT di Pomigliano d'Arco, con riferimento alle scelte strategiche operate dalla società.
La competente Direzione del lavoro di Napoli ha reso noto che la FIAT produce nello stabilimento di Pomigliano d'Arco diverse versioni dei modelli Alfa Romeo 147 e 159 GT, secondo quanto previsto dall'accordo del 2003-2007 richiamato nell'atto in discussione.
Nell'ambito del periodo di riferimento dell'accordo medesimo, nello stesso stabilimento sono stati complessivamente assunti oltre 1600 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e con contratto di apprendistato professionalizzante. L'assessorato al lavoro della regione Campania ha, inoltre, reso noto che nel febbraio scorso la FIAT ha presentato il nuovo piano industriale avente validità fino al 2010; in quella stessa sede ha annunciato che renderà note le allocazioni dei nuoviPag. 29modelli, non prima però del prossimo mese di dicembre.
Nell'ambito della presentazione del nuovo piano industriale la società ha, inoltre, dichiarato che l'organizzazione non sarà più basata sui marchi ma su nuove piattaforme per segmenti. La società avrebbe in quella stessa sede, pur in attesa della definitiva pronuncia sulle allocazioni, preannunciato che l'assegnazione ai vari stabilimenti dei nuovi modelli, secondo questo nuovo piano organizzativo, dovrebbe riguardare prioritariamente Termini Imerese, Pomigliano d'Arco e, in parte, Mirafiori.
Infine, la società ha informato che non saranno aperti nuovi stabilimenti in Italia e che, nel contempo, non ne saranno chiusi altri nel nostro paese, e che per il biennio 2008-2010 i modelli prodotti in Italia passeranno da un milione 100 mila a un milione 500 mila unità.
Vorrei aggiungere da ultimo che ad oggi le parti sociali non hanno richiesto alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale.

PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di replicare.

ARTURO SCOTTO. Ringrazio il signor Ministro. Riteniamo indubbiamente ambizioso l'obiettivo illustrato dall'amministratore delegato, di portare entro il 2010 la produzione automobilistica del gruppo FIAT da un milione 100 mila a un milione 500 mila unità, e siamo quindi soddisfatti della risposta del Ministro. Crediamo, allo stesso tempo, che questo nuovo piano industriale vada inserito all'interno di un quadro di rilancio produttivo e occupazionale dell'insieme degli stabilimenti. Pomigliano, da questo punto di vista, deve poter partecipare a pieno titolo a tale programma di ripresa, non relegandolo ad un ruolo marginale come appariva dalla dichiarazione del dottor Marchionne, né accontentandosi del semplice mantenimento dei livelli attuali.
È dunque necessario qualificare la missione produttiva e raggiungere pienamente gli obiettivi del 2003, compresa la sfida di contribuire al ritorno sul mercato automobilistico degli Stati Uniti. È chiaro che il rispetto degli accordi, da questo punto di vista, è essenziale, come è essenziale il coinvolgimento dei sindacati.
Per queste ragioni, è fondamentale la possibilità di costruire a Pomigliano l'Alfa 149, il modello destinato a sostituire l'Alfa 147 nel segmento C, poiché ciò comporterebbe volumi produttivi e livelli occupazionali commisurati. Al contrario, se si stabilisse di lasciare a Pomigliano soltanto la produzione dell'alta gamma dell'Alfa 159, e di non portarvi anche quella dell'Alfa 149, ciò contribuirebbe a determinare ulteriori difficoltà. In questo modo, verrebbero prodotte solo 400 auto al giorno, circa la metà dell'attuale capacità produttiva dello stabilimento. Ciò potrebbe condurre ad un rischio di ridimensionamento, oltre che mettere in discussione un'identità, una storia e una memoria che ha fatto di Pomigliano il centro principale di produzione dell'Alfa Romeo nel Mezzogiorno.

(Gestione della spesa all'interno dell'Inps e iniziative disciplinari della Direzione generale dell'ente - n. 3-01376)

PRESIDENTE. Il deputato Leoluca Orlando ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01376, concernente la gestione della spesa all'interno dell'Inps e iniziative disciplinari della Direzione generale dell'ente (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor Ministro, alcuni parlamentari di diversa estrazione politica hanno presentato atti di sindacato ispettivi attinenti la gestione della spesa all'interno dell'INPS e in particolare riguardo alla legittimità dei comportamenti e delle scelte della Direzione generale dello stesso ente. Tali atti non hanno ancora ricevuto risposta. Si sono susseguiti invece una serie di atti punitivi e censori ai danni dei membri del comitato di redazione, che sono stati in ultimo deferiti alla commissione di disciplina:Pag. 30fra i motivi di contestazione, quello di essersi rivolti a parlamentari a tutela dei propri diritti (su tale aspetto richiamo l'attenzione del signor Presidente della Camera dei deputati). I dipendenti dell'ente hanno infatti lamentato l'assenza di trasparenza e il continuo ricorso ad esternalizzazioni di attività che dovrebbero invece essere proprie del personale inquadrato nell'organico dell'istituto. Non sembra che sia possibile accettare un comportamento punitivo nei riguardi di lavoratori che rivendicano i propri diritti e che, per tutelarli, hanno commesso l'errore di rivolgersi a parlamentari.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, con riferimento all'interrogazione presentata dall'onorevole Leoluca Orlando relativa alle scelte strategiche operate dall'INPS in materia di comunicazione, fornisco le notizie acquisite presso l'istituto.
L'INPS ha reso noto preliminarmente che la sua struttura «Comunicazione e relazioni esterne» realizza iniziative volte ad informare e sensibilizzare gli iscritti nell'ambito degli indirizzi e degli obiettivi delineati dagli organi dell'istituto attraverso la presentazione di un piano annuale. Negli ultimi anni, le politiche di comunicazione dell'istituto sono state rivisitate nell'ottica di un più efficiente servizio e di una maggiore informazione all'utenza. In questo senso, molte iniziative di comunicazione sono state realizzate anche allo scopo di sviluppare una buona comunicazione interna fondata su un'ampia circolazione delle informazioni sulle attività e sui processi lavorativi.
Per la realizzazione di tali iniziative si è privilegiata la riqualificazione delle professionalità e del lavoro interno, anche con l'obiettivo di ottimizzare l'impiego delle risorse finanziarie a ciò destinate. Per l'anno 2007, con un budget di circa 900 mila euro, sono state attivate iniziative volte a far conoscere in particolare le nuove disposizioni sul trattamento di fine rapporto, sull'erogazione della cosiddetta «quattordicesima» e sui benefici agli incapienti.
In merito alla specifica vicenda relativa all'avvio dei procedimenti disciplinari a carico di alcuni dipendenti, l'istituto ha precisato che i lavoratori in questione non fanno parte di alcun comitato di redazione e non rivestono la qualifica di giornalisti, osservando che l'azione nei loro confronti è ancora in corso e si svolge nell'osservanza delle vigenti norme regolamentari in materia.
Posso comunque garantire che, nel rispetto dell'autonomia dell'istituto, il Ministero che rappresento continuerà, comunque, a svolgere la propria opera di vigilanza.

PRESIDENTE. Il deputato Leoluca Orlando ha facoltà di replicare.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Ministro la ringrazio per i dati forniti, anche se si tratta di dati resi dalla Direzione generale dell'Inps, oggetto della censura da parte dei parlamentari e, quindi, non costituisce probabilmente la fonte migliore per rispondere a contestazioni che, come lei sa, sono state portate anche davanti all'autorità giudiziaria penale, per alcuni risvolti che potrebbero identificarsi come penalmente rilevanti nei comportamenti della Direzione generale dell'istituto.
Voglio anche aggiungere, con riferimento a quanto detto, che si è assistito ad una spesa spropositata volta a promuovere il logo dell'Inps, che, come è noto, agisce senza concorrenza in materia di previdenza (ed è veramente singolare che si faccia una promozione del logo di un istituto che detiene il monopolio in materia di previdenza).
Tengo, altresì, a richiamare la posizione assunta dalla Federazione nazionale della stampa italiana a difesa dei lavoratori in questione, la loro mortificazione e la sottoposizione a procedimento disciplinare che reca nelle motivazioni il riferimento, come motivo di censura, al fatto diPag. 31essersi rivolti a parlamentari per la tutela dei loro diritti.
Richiamo l'attenzione del signor Presidente sulla possibile eventuale violazione del diritto dei parlamentari ad esercitare il proprio mandato, senza che ciò induca una rappresaglia nei confronti dei dipendenti di un ente pubblico.

(Iniziative in relazione alla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della regione Puglia n. 4 del 2006 - n. 3-01377)

PRESIDENTE. Il deputato Napoletano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01377, concernente iniziative in relazione alla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della regione Puglia n. 4 del 2006 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14).

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Ministro, con la legge n. 4 del 2006 la regione Puglia aveva previsto la conservazione dello status di disoccupato per quei lavoratori iscritti nelle liste di collocamento che avessero accettato un lavoro a tempo determinato (o, comunque, temporaneo) per un periodo diverso e più lungo - fino a dodici mesi, anziché fino ad otto mesi - rispetto a quello indicato dalla legge statale, e ciò indipendentemente dal reddito che ne potesse derivare.
Questa legge, su ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, non ha superato il vaglio della Corte costituzionale che, con sentenza n. 268 del 2007, ne ha dichiarato l'incostituzionalità per violazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La conseguenza è che moltissimi disoccupati pugliesi, per aver stipulato contratti di lavoro a tempo determinato superiore agli otto mesi ed entro i dodici mesi, sono stati cancellati dalle graduatorie presso i centri per l'impiego della Puglia, e quindi fortemente pregiudicati nei loro diritti.

PRESIDENTE. Deputato Napoletano, la invito a concludere.

FRANCESCO NAPOLETANO. Si chiede di conoscere quali provvedimenti il Governo intenda urgentemente adottare per salvaguardare quei diritti che i lavoratori pugliesi avevano prima della promulgazione della legge in parola e della successiva sentenza della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, l'onorevole Napoletano solleva l'attenzione sulla legge della regione Puglia che disciplina le condizioni per il mantenimento dello stato di disoccupazione, disponendo in particolare che lo stesso venga conservato anche per i soggetti che accettano un'offerta di lavoro a tempo determinato (o di lavoro temporaneo) di durata fino a dodici mesi, ovvero sei mesi se si tratta di giovani, indipendentemente dal reddito che ne sia derivato.
Più precisamente, è previsto che in tali circostanze lo stato di disoccupazione non cessi, bensì venga semplicemente sospeso. La legge regionale in questione, come ricordato dall'onorevole Napoletano, è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 268 del 2007 per contrasto con le relative disposizioni statali recate dal decreto legislativo n. 181 del 2000, costituenti i principi fondamentali in materia di lavoro.
La Corte costituzionale ha ritenuto, infatti, che le norme regionali impugnate attengono anche alla tutela e sicurezza del lavoro e ledono le prerogative dello Stato, riguardo alla determinazione dei principi fondamentali in materia di competenza legislativa concorrente.
L'Alta Corte ha ribadito, in tal modo, un principio già più volte affermato ovvero che le disposizioni dirette a regolare, favorendolo, l'incontro tra domanda e offerta di lavoro attengono, appunto, alla tutela del lavoro. Lo stato di disoccupazione,Pag. 32con la fissazione delle evenienze che ne comportano la perdita, ha, in questo senso, un carattere polivalente, costituendo il presupposto anche di diverse ipotesi e modalità di regolamentazione tra domanda e offerta di lavoro. È evidente che, in un ambito siffatto, pur essendo comprensibili le istanze di quei lavoratori ricadenti nelle fattispecie descritte nella legge censurata non si può, allo stato attuale, che rispettare il primario ruolo che la Costituzione assegna alla Corte costituzionale. D'altro canto, pur nel rispetto delle prerogative regionali e delle statuizioni del supremo giudice costituzionale, posso assicurare che il Governo si farà carico di valutare la situazione venutasi a creare a seguito della succitata pronuncia.

PRESIDENTE. Il deputato Napoletano ha facoltà di replicare.

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, non ho elementi per esprimermi diversamente rispetto al giudizio costituzionale che, molto opportunamente, è stato reso dalla suprema Corte perché, a nostro avviso, è indubbio che la competenza in tema di tutela e sicurezza del lavoro appartenga alla legislazione statale. Tuttavia, la regione Puglia - devo ammettere con intenti anche lodevoli - ha provato ad estendere una tutela nei confronti di tali lavoratori, disoccupati iscritti nelle liste di collocamento che accettassero un lavoro a tempo determinato o comunque temporaneo, anche per un lasso superiore agli otto mesi e quindi conservando le prerogative e quanto altro potesse loro derivare. A conclusione di tale vicenda, purtroppo, è accaduto che invece di ricevere un beneficio viene addirittura corrisposto un danno. Ciò è avvenuto non per colpa loro, ma tale fatto non ci sembra assolutamente giusto.
Sono soddisfatto per la sensibilità che il Governo, attraverso di lei, signor Ministro, ha manifestato, cercando di individuare una soluzione in grado di ripristinare i diritti di tali lavoratori e delle loro famiglie; mi permetto di aggiungere che questi lavoratori, tornati disoccupati, rischiano di perdere altre occasioni di lavoro. Occorre, eventualmente, che sia riconosciuto lo status di disoccupato, perché in questi tempi di precariato non bisogna assolutamente perdere alcuna occasione di lavoro, tanto meno a causa di conflitti istituzionali.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 17,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Colucci, Mattarella, Mura e Piscitello sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, istituita con deliberazione della Camera del 25 luglio 2007, ha proceduto in data odierna alla costituzione dell'ufficio di presidenza, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della citata deliberazione.
Sono risultati eletti: vicepresidenti, i deputati Roberto Ulivi e Riccardo Villari; segretari, i deputati Lalla Trupia e Francesco Paolo Lucchese.

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Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha proceduto alla elezione del deputato Cinzia Dato a segretario, in sostituzione del deputato Maurizio Turco, che ha cessato di far parte della Commissione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17,07).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione e quella dei colleghi sul fatto che è decaduto il decreto-legge sul blocco degli sfratti, provvedimento che fu votato a giugno scorso. Il 15 ottobre tale decreto è decaduto e, al momento, non mi risulta che vi sia un provvedimento del Governo per rinnovare il blocco degli sfratti almeno per le categorie particolari.
Migliaia di sentenze di sfratto esecutivo colpiranno la terza età, le famiglie con portatori di handicap, gli ultrasettantacinquenni e le categorie che più erano tutelate in attesa che le pubbliche amministrazioni costruissero le case per l'assistenza alloggiativa.
Ora, di colpo, non solo decade il decreto-legge sul blocco degli sfratti, ma addirittura, signor Presidente, da parte di molti esponenti del Governo si dice che il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge, contenente una proroga, che entrerà in vigore se convertito in legge a seguito dell'ordinario iter parlamentare.
Di fronte ad una spaventosa emergenza sociale - nei prossimi giorni cominceranno le esecuzioni degli sfratti forzosi con la forza pubblica - il Governo ci viene a dire che ha predisposto non un decreto, che non lascia vacanza, ma un disegno di legge e che solo quando esso verrà approvato, seguendo l'iter parlamentare, si affronterà il problema.
Nel frattempo, signor Presidente, richiamo l'attenzione dei colleghi, in quanto spesso, di fronte a simili problemi, la Camera ha visto anche una partecipazione trasversale, senza problemi di colori, di maggioranza o di opposizione.
Oggi il Parlamento ha il dovere, trovandosi in difetto per non aver varato le necessarie norme per rendere possibile la costruzione di case per le categorie più deboli, di richiamare il Governo - questa la richiesta che le rivolgo - affinché venga a riferire con urgenza su cosa si intenda fare per evitare che inizino le esecuzioni. Con il senno di poi, sarà inutile versare lacrime di coccodrillo, quando migliaia di persone verranno sbattute fuori. Le faccio solo presente che il comune di Roma non ha alcuna risorsa abitativa per far fronte a tale emergenza.
Quindi, con la sinistra al Governo, mi pare incredibile che ci si disinteressi completamente di una situazione di questo genere.

PRESIDENTE. Deputato Buontempo, il rappresentante del Governo è presente ed ha sentito la sua sollecitazione; in ogni caso, la trasmetterò al Governo, affinché possa rispondere.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

DOMENICO DI VIRGILIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare ulteriormente il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Pecoraro Scanio, n. 4-03815, presentata il 31 maggio 2007. Tale interrogazione concerne un'esigenza degli abitanti dell'isola D'Elba che sono pochi, ma non per questo non debbono essere ascoltati. Vi è un problema gravissimo, che consiste nel sovrannumero di cinghiali, che distruggono l'ambiente. È la seconda volta che sollecito tale risposta.

PRESIDENTE. Deputato Di Virgilio, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo all'interrogazione da lei richiamata.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 553-A ed abbinate.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è svolto un ulteriore intervento sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1.

(Ripresa esame articolo 1 - A.C. 553-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, una discussione parlamentare di proposte di legge che riguardano la modifica della Costituzione è di tale importanza, che impegna tutti i settori del Parlamento ad un esame attento, ad un ascolto delle posizioni reciproche e ad una volontà di entrare nel merito della legislazione e giustifica la partecipazione così ampia dei colleghi al dibattito sulle proposte emendative e sull'articolato al nostro esame.
Non sfuggirà ai colleghi della maggioranza, al signor Presidente della Camera, al rappresentante del Governo, che tale discussione sulla Costituzione - cambiare la quale richiede un procedimento legislativo lungo e complesso - avviene in una situazione politica piuttosto paradossale. Il Parlamento, infatti, è chiamato ad esaminare eventuali modifiche della Carta costituzionale, quando tutti i giorni il Governo mostra una condizione di debolezza, che è resa manifesta dai contrasti interni e dall'impossibilità di procedere (come abbiamo visto ieri su un tema di enorme importanza come le misure per la sicurezza dei cittadini). Ci troviamo in un momento in cui il Governo rivela, per così dire, delle crepe interne molto aspre, che in altri momenti avrebbero portato alle dimissioni dei protagonisti di tali scontri o alle dimissioni del Governo, qualora tali protagonisti non fossero stati in grado di regolarli tra loro.
Dico tutto ciò, signor Presidente, per far notare che c'è un aspetto paradossale in questa nostra discussione. Oggi il Parlamento si avvia ad un esame, che richiede un lungo periodo davanti a sé, di due deliberazioni conformi delle Camere, mentre la situazione politica preme, dà segni di scollamento e probabilmente l'interlocutore che vediamo oggi seduto al banco del Governo sarà presto diverso nelle persone o nella composizione. Questa è una prima considerazione preliminare all'esame del testo che ci è stato consegnato.
Vi è una seconda considerazione che entra nel merito del problema. L'onorevole Sesa Amici nella sua relazione sostiene una cosa che condivido e che vorrei sottolineare, ma dalla quale poi discende una conclusione ben diversa da quella che ci viene sottoposta.
L'onorevole Sesa Amici sostiene che bisogna riconoscere la validità della Carta costituzionale dell'Italia post-bellica, di cui corre quest'anno il sessantesimo anniversario, e che ciò impone una grande misura di prudenza nel considerarne le modifiche. Onorevoli colleghi, io condivido profondamente queste parole. Il mio movimento politico, il Partito repubblicano, non ha mai incoraggiato i tanti discorsi che da vent'anni si fanno sulle modifiche costituzionali, perché la Carta costituzionale delPag. 351948 è un documento fondamentale, meditato in tutte le sue parti e che non merita certamente di essere liquidato. Soprattutto non merita di essere modificato ad ogni legislatura e ad ogni cambiamento di maggioranza.
Questa è la ragione per la quale, lo ricorderà bene l'onorevole Violante, non votammo le modifiche costituzionali proposte dal centrosinistra nel 2001, e non abbiamo votato a favore delle modifiche costituzionali proposte dalla maggioranza di cui facevamo parte nel 2001-2006, perché ci sembrava che la Costituzione italiana meritasse un intervento molto meno frequente e più meditato piuttosto che interventi casuali.
Onorevole Sesa Amici, se così è, se conveniamo che la Costituzione del 1948 costituisce un complesso unitario, meditato profondamente rispetto alla storia e alle esigenze del nostro Paese, allora non possiamo continuare con piccoli interventi e aggiustamenti, come quelli che si fanno nella legislazione ordinaria. Non possiamo pensare ad una modifica costituzionale come questa, così limitata ad alcuni aspetti, negando con ciò quanto lei stessa ha affermato, vale a dire che la Costituzione è un castello costruito meditatamente sulla storia della Repubblica italiana, sulle lotte che hanno portato alla Repubblica e alla libertà, su cui non si può scherzare. Non si può cambiare oggi un certo articolo e domani un altro.
Qualora ci si accinga a questo sforzo, di cui forse l'Italia non ha bisogno (ma che noi comunque rispetteremo, se il Parlamento volesse intraprenderlo), bisogna farlo, onorevoli colleghi, con un senso di completezza. Si può esaminare la prima parte, si può esaminare la seconda, il Titolo V, ma bisogna considerare il tutto nel suo insieme. Non possiamo fare una modifica che riguarda la denominazione del Senato, o i poteri del Presidente della Repubblica, o la nomina del cosiddetto Senato federale, o i procedimenti legislativi, senza un disegno complessivo.
Onorevole Sesa Amici, onorevole Violante, qual è il disegno complessivo? Gli stessi relatori sono ben consapevoli dei nodi che il testo ha lasciato aperti. Se la Commissione e i relatori constatano che vi sono dei nodi aperti, come possono investire l'Assemblea di un problema di una tale portata? Com'è possibile, ripeto, investire l'Assemblea, senza un adeguato lavoro preliminare delle Commissioni, dove sono rappresentati tutti i gruppi, dove deve essere possibile arrivare ad una visione complessiva di questi problemi. Voi vi presentate in Aula e affermate, nella relazione, di sperare nella intersezione fra le forze politiche.
Si è detto, l'onorevole Violante lo ha ripetuto più volte, che le modifiche costituzionali andrebbero concordate con una larga maggioranza delle Camere, vale a dire possibilmente con l'accordo tra maggioranza e opposizione. Non ho mai fatto discorsi di questo genere perché so che la lotta politica è molto complessa e possono non esservi le condizioni, ma pensare, onorevoli colleghi, che si possa affrontare la riforma costituzionale «per intersezione», pensando che su un articolo si formi una maggioranza trasversale di un tipo e su un altro una maggioranza trasversale di altro tipo, equivale ad una condanna della Carta costituzionale!
Allora, onorevole Sesa Amici, sarebbe meglio non dire che la Carta costituzionale del 1948 ha quel grande valore, che giustamente lei gli attribuisce, se poi pensiamo che la si possa «sbocconcellare», per così dire, modificare, a seconda delle combinazioni mutevoli delle maggioranze costituite per intersezione.
Onorevoli colleghi, queste sono le prime considerazioni che sento di dover svolgere. Perché, onorevole Violante, all'esame dell'Assemblea viene sottoposto un testo così? Perché all'interno della maggioranza di questo Parlamento non vi è un consenso e non mi pare che vi siano le condizioni per trovare un'intesa più larga tra la maggioranza e l'opposizione o tra una larga parte della maggioranza e la maggior parte delle opposizioni.
Signor Presidente della Camera, signor rappresentate del Governo, affrontare il tema di una riforma costituzionale in condizioni politiche così fragili e deboli èPag. 36un errore molto grave, specialmente per quanti ritengono che la Carta costituzionale sia un documento fondamentale da non modificare con troppa leggerezza! Vi è una contraddizione nelle posizioni della maggioranza che afferma che la Carta costituzionale è intoccabile nei suoi fondamenti, e poi sostiene di volerla modificare «per intersezione»!
Espongo ora due considerazioni di merito sul progetto in discussione che sono molto importanti. La prima, onorevoli colleghi, attiene a uno dei due nodi della proposta legislativa, l'articolo 92 della Costituzione che leggo nel testo che viene proposto: «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri (...)». Leggo ora il testo dell'articolo 92 scritto dai costituenti: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri».
Onorevoli colleghi e relatori, cosa intendete dire con questa modifica costituzionale? Volete dire che il Presidente della Repubblica ha un potere attenuato, vale a dire che nomina il Presidente del Consiglio, ma lo nomina valutati i risultati delle elezioni per la Camera? Ma credo che questo sia stato fatto da qualunque Presidente della Repubblica in tutta la lunga storia della Repubblica italiana! Potete immaginare che un Capo dello Stato abbia nominato il Presidente del Consiglio senza tener conto dei dati politici ed elettorali? Cosa volete sostenere allora? Volete scrivere che il Presidente della Repubblica non ha la libertà di nominare il Presidente del Consiglio perché deve valutare i risultati delle elezioni e, se i risultati delle elezioni indicano - in maniera confusa naturalmente perché la Costituzione non lo consente - di eleggere il capo della coalizione di destra o il capo della coalizione di sinistra, si guardi bene il signor Presidente della Repubblica dal non tenere conto di questo? Ma voi volete preparare le condizioni dell'impeachment dei futuri Presidenti della Repubblica, che già oggi, in questa sgangherata vita politica del nostro Paese, sono sottoposti a una dose di polemica eccessiva! Volete che la metà del Paese o del Parlamento si levi per sostenere che nel nominare quel Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato non ha valutato i risultati delle elezioni politiche? E chi è il giudice del Presidente della Repubblica, che può giudicare se egli abbia valutato o meno le condizioni politiche e i risultati delle elezioni?
Voi volete sfasciare le istituzioni del nostro Paese! Onorevole Sesa Amici e onorevole Violante, altro che difendere l'impianto della Costituzione! L'impianto della nostra Carta fondamentale, che è una Costituzione parlamentare, assegna al Presidente della Repubblica il compito alto di assicurare l'equilibrio politico della vita del Paese ed egli, scelto dalla maggioranza (assoluta o qualificata) del Parlamento, deve valutare le condizioni elettorali, politiche, economiche e sociali che gli consentano di trovare un punto di equilibrio fra le posizioni indicate dal Parlamento e di individuare chi possa guidare stabilmente il Paese. Volete eliminare questo punto di garanzia? Ma allora, onorevoli colleghi, dobbiamo cambiare la Costituzione e affrontare il nodo politico che è la ragione per la quale la riforma costituzionale non può funzionare e non è andata avanti in questi anni: vogliamo una Repubblica parlamentare o una Repubblica presidenziale?
Parlo a nome di una forza politica che nella sua lunga storia ha avuto sostenitori autorevoli dell'una o dell'altra tesi. Mio padre, Ugo La Malfa, Oronzo Reale e Bruno Visentini sono stati fermi difensori - come sono io - dei Governi parlamentari e del ruolo del Parlamento. Altri, come Randolfo Pacciardi e Leo Valiani, sono stati sostenitori del presidenzialismo, ritenendo che il valore della governabilità e della forza dell'Esecutivo in un certo senso fosse troppo attenuato dal peso del Parlamento.
Possiamo scegliere una strada o l'altra, ma non possiamo oscillare tra le due e mantenere l'impianto del sistema parlamentare per porci sopra l'elezione diretta del Capo del Governo e, su tale elezione,Pag. 37aggiungere il premio di maggioranza, ovvero pensare di introdurre le modifiche sostanziali della Costituzione via riforma elettorale. Questo, infatti, è un errore profondo, onorevoli colleghi, dal quale ci saremmo dovuti astenere - o meglio vi sareste dovuti astenere - da molti anni.
Mi chiedo quale legge elettorale volete, in quanto essa rappresenta il nodo del sistema politico e non i poteri del Presidente della Repubblica. Qual è la legge elettorale? Se la legge elettorale è quella che abbiamo fin dal 1994 - ovvero la legge Mattarella o la legge Calderoli, identiche in ordine al funzionamento istituzionale - e se per avere la maggioranza si deve avere un'amplissima coalizione costruita prima delle elezioni e prima che si formi il Parlamento, allora, onorevoli colleghi, potete scrivere tutte le volte che volete che il Presidente del Consiglio riceve la fiducia prima di nominare i Ministri.
Vorrei vedere se il Presidente Prodi non avesse nominato centotré sottosegretari, se non sarebbe caduto otto mesi o un anno fa. Se si è, infatti, espressione di una frantumazione - come quella a cui assistiamo - è chiaro che le dimensioni del Governo sono il frutto di quella frantumazione.
Voi pensate che se scrivete che il Presidente del Consiglio riceve la fiducia, egli potrà nominare un Esecutivo come Sarkozy o Bush? Potete pensare che sia sufficiente stabilire che egli ha un potere quando, in realtà, gli viene tolto, poiché per ottenere il premio di maggioranza (o la maggioranza nei collegi uninominali della legge Mattarella) ha bisogno di uno schieramento, il più frastagliato, diverso ed esteso possibile e, dunque, il più contraddittorio e incapace di dare governabilità al Paese?
Questi sono i problemi che voi affrontate. Onorevole Violante, pensate che possiamo apportare un cambiamento alla Costituzione se vi sono punti di incertezza così fondamentali, in quanto non sappiamo se vogliamo andare in una direzione o nell'altra? Vuole la maggioranza del Parlamento - mi riferisco non alla larga maggioranza del Parlamento, ma alla maggioranza attuale - andare in direzione del presidenzialismo? Lo dica con chiarezza! Vuole, invece, costituire una Repubblica parlamentare? Allora vada verso un sistema parlamentare, come si dice troppo spesso, di tipo tedesco, comunque verso un sistema che rimetta al Parlamento e al Presidente della Repubblica la funzione della scelta del Presidente del Consiglio, della formazione delle maggioranze e di tutto ciò che ha rappresentato la forza e la nobiltà della prima Repubblica nei suoi primi cinquant'anni e che noi abbiamo vissuto.
Questo è il primo ordine dei problemi. Sarebbe sufficiente l'articolo 14 del provvedimento in esame, onorevoli colleghi e onorevole Violante, perché i repubblicani dicessero «no» a tutto l'impianto. Ci mancherebbe solo, infatti, che indebolissimo uno dei pochi punti di riferimento della Repubblica, ovvero la posizione del Presidente della Repubblica, impartendogli le direttive su quali giornali debba leggere e su quali notizie debba attingere prima di decidere chi sarà il Presidente del Consiglio.
Vi è, inoltre, un secondo insieme di problemi che tratto molto brevemente, ma che ha trattato in modo molto ampio e con molto senso politico l'onorevole Cirino Pomicino nel suo intervento ovvero la storia del Senato federale. Ho molto apprezzato, onorevole Sesa Amici, la sua deliziosa dichiarazione sul Parlamento federale. La nuova denominazione evidenzia la volontà di individuare nel Senato l'organo costituzionale che connota la scelta in senso federalista del progetto di riforma.
Secondo lei, pertanto, non sono i nomi ad essere conseguenza delle situazioni, ma le situazioni sono conseguenza dei nomi: affermate che allo Stato non si possano conferire poteri federalistici veri e propri, ma che si possa attribuire al Senato l'aggettivo «federale». Questo è il modo di modificare la sacra Costituzione della Repubblica? Come la modifichiamo?
L'onorevole Cirino Pomicino, giustamente, affermava che per avere un Senato federale è necessaria una federazione diPag. 38Stati. Avete già deciso, onorevoli colleghi, che l'Italia si dissolve in una serie di Stati, che si riuniscono tra loro con un trattato federale e stabiliscono i poteri del governo federale e del Senato federale? Siamo arrivati a questo grado di follia? Oppure pensate di potere usare nella Costituzione parole che hanno un peso nella storia (come la parola «federale») e che ciò non abbia conseguenze dissolutrici?
Per quale ragione polemizzate con la Lega Nord, sostenendo che essa vuole dissolvere il Paese, se la inseguite su questo terreno? Noi non siamo d'accordo! Non crediamo che si possa definire «federale» un Senato di un Paese unitario, che deve avere autonomie regionali e locali, ma che non può negare di essere una nazione, dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte alla Puglia: altrimenti, viene meno la nostra storia, che è una storia di unità, conseguita a difficile prezzo e che non può essere buttata via!
Onorevole Violante, mi rivolgo a lei: parliamo di Stato «federale» e poi, invece di far eleggere i rappresentanti federali delle regioni del Nord e delle regione del Sud, li facciamo nominare dai consigli regionali! Possono farlo? Hanno un compito limitato e devono legiferare sui loro problemi, invece si prevede che esprimano il vertice della Repubblica, che eleggerà il Presidente della Repubblica, in questa maniera! Onorevoli colleghi, questo è il modo di pensare la riforma costituzionale o è un'avventura?
Mi avvio alla conclusione del mio ragionamento. Rivolgo una domanda, onorevoli colleghi, a tutto il Parlamento, alla sinistra e al centrodestra: siamo sicuri che la priorità di oggi sia la riforma costituzionale? Siamo sicuri che i problemi del nostro Paese troverebbero una soluzione se noi, per due anni e in quelli successivi, lavorassimo per scrivere una diversa Costituzione? Oppure vi è qualcosa di più urgente, come ad esempio - lo affermava questa mattina l'onorevole Napoli nel suo bellissimo intervento - la condizione del «caro pane», del «caro benzina» e della precarietà del lavoro? Oggi ci sono o no problemi drammatici nella vita del Paese? Vi è l'emarginazione dell'Italia in Europa, la sua perdita di peso, il discredito: aspettiamo due anni per affrontare e risolvere tali problemi, dopo che abbiamo riformato la Costituzione?
Onorevole Violante, è questa la priorità del Paese o vi è una priorità politica? E qual è la priorità politica? Le priorità politiche vengono prima delle priorità istituzionali e, forse, le condizioni politiche potrebbero aiutarci ad affrontare i problemi istituzionali: ma se pensiamo di dovere risolvere i problemi istituzionali per poi risolvere i problemi politici, i pensionati, i giovani precari e i malati attenderanno decenni prima di ricevere una risposta. Vi sembra che un Parlamento possa rispondere agli italiani che l'urgenza principale è una riforma costituzionale che, nella migliore delle ipotesi - se il Governo non cade prima e la legislatura non finisce - richiede tre anni? Vi pare una risposta del Parlamento italiano all'altezza dei problemi? La risposta deve essere politica.
Onorevoli colleghi, mi rivolgo a tutti: riteniamo che il Parlamento italiano abbia sbagliato strada l'anno scorso, all'indomani delle elezioni, che indicavano sostanzialmente un risultato di parità. Il centrosinistra, che aveva la maggioranza, doveva raccogliere la disponibilità che era stata data dall'opposizione e, in particolare, dall'onorevole Berlusconi, a tentare una coalizione più larga ed eravamo indirizzati in questa direzione anche dall'esperienza della vicina Germania, che ha votato qualche mese prima di noi.
Non volete che vi si ricordi, colleghi del centrosinistra, che in Germania, nel suo Parlamento, la coalizione che qui ha governato il Paese in questi anni gode di una maggioranza molto più confortevole, circa 350 voti su poco più di 600, se si sommano i socialdemocratici, i verdi e l'estrema sinistra di Gysi e di Lafontaine.
Eppure, il partito socialdemocratico, pur perdendo addirittura il cancellierato, ceduto alla signora Merkel, ha voluto formare un Governo di unità nazionale. Perché in Italia questa opzione non è stata considerata? Professor Prodi, lei nonPag. 39crede che la fine misera che sta facendo in questa seconda esperienza di Governo sia figlia dell'avere scartato, senza un momento di valutazione, una riflessione sui dati emersi dalle urne. Che cosa impediva all'Italia di seguire la stessa strada? L'ho chiesto molte volte, ma non ho ricevuto alcuna risposta.
Vi è poi un altro esempio, quello della vicina Francia, in cui ha vinto le elezioni l'onorevole Sarkozy e vige un modello presidenziale, diverso dal parlamentarismo tedesco. Ha vinto Sarkozy, ma all'indomani delle elezioni, a seguito delle quali il povero partito socialista risultava sconfitto, diviso e debolissimo, egli ha nominato Ministro degli esteri Kouchner, ha mandato al Fondo monetario Strauss-Kahn e ha nominato presidente della commissione che deve studiare le riforme di struttura della società francese Jacques Attali, uno degli esponenti di punta del pensiero socialista.
Onorevoli colleghi, mi sono domandato e chiedo a voi: perché lo ha fatto? Perché Sarkozy, che aveva vinto con una maggioranza più forte di quella con cui aveva vinto Prodi, sceglie Attali e i socialisti e li porta nella sua coalizione? Lo fa per indebolirli? Non ne ha bisogno, perché non ci sono elezioni in vista in Francia. Lo fa per il gusto di vederli litigare? Non mi pare. Oppure lo fa perché sente che la modificazione profonda di una società vecchia come la Francia, le cui condizioni sono vecchie, come emerge dai dati economici, richiede un consenso più ampio di quello che solo i suoi elettori del centrodestra gli hanno dato?
Egli cerca di avere il consenso di una parte che si colloca nel centrosinistra francese. Allo stesso modo, la Merkel e i socialisti tedeschi hanno pensato di avere bisogno di una coalizione più ampia. Non è un caso, onorevoli colleghi, se i bilanci tedesco e francese vanno meglio di quello italiano. Non è un caso se ci sono segni di ripresa più forte nell'economia tedesca e in quella francese.
Nel mondo dell'Europa continentale i tre Paesi malati sono considerati l'Italia, la Francia e la Germania. Onorevoli colleghi, se la Germania e la Francia imboccano una strada - mi rivolgo all'onorevole Veltroni, da una parte, e a Silvio Berlusconi, dall'altra -, non pensate che anche il nostro Paese abbia bisogno di uno sforzo di unità nazionale di fronte a problemi che si dimostrano irrisolti sia che governi la destra da sola, sia che governi la sinistra da sola?
Non credete che uno sforzo di unità nazionale sia la risposta ai problemi, che non può venire dalle riforme costituzionali, che non sono il problema del Paese? È questo l'appello che mi sento di rivolgere.
Non so se ci sarà un Governo domani o se si impediranno le elezioni nei prossimi mesi, ma so che prima o poi le grandi forze politiche - parlo a nome di una forza di minoranza - rappresentative del centrosinistra e del centrodestra avranno la responsabilità davanti al Paese di trovare una risposta comune, pena la sconfitta del Paese e la perdita di peso che registriamo tutti i giorni e che è emersa dai dati disperati che ci ha fornito il collega Osvaldo Napoli.
Onorevoli colleghi, non è la riforma costituzionale il centro del problema. Come sempre, nei momenti difficili della vita di un Paese, è la politica che deve farsi sentire. La politica, però, non è l'arida riscrittura delle norme: è la capacità degli uomini di vedere i problemi, di unirsi in uno sforzo solidale e di rispondere alle attese, da troppo tempo deluse, degli italiani, che mostrano, non a caso, stanchezza nei confronti della vita politica. L'appello che facciamo è che questa sia la risposta alta che il Parlamento italiano sia capace di dare oggi ai suoi problemi.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, colleghi, prendo la parola dopo essermi consultato con i due colleghi relatori del testo unificato in esame.Pag. 40
Sinora hanno parlato 17 colleghi e ancora 74 sono iscritti a parlare: su un tema di tale importanza non è assolutamente fuori dal comune che siano numerosi gli iscritti, ma certamente lo svolgimento di tutti gli interventi comporterebbe sostanzialmente cinquanta ore di lavoro in fase di discussione sull'articolo 1, quindi altri sette, otto o dieci giorni di lavoro.
Sinora il corso del dibattito è stato molto utile per noi che abbiamo impostato questo provvedimento e lo abbiamo presentato in Assemblea con il voto favorevole del centrosinistra e l'astensione di tutte le forze del centrodestra. Sottolineo tale aspetto perché l'astensione, evidentemente, è stata decisa responsabilmente per esprimere un voto unitario della coalizione di opposizione, anche se all'interno di essa si registravano posizioni distinte (più propense per il voto contrario da parte di Forza Italia, più inclini al voto favorevole o all'astensione da parte di altre componenti dell'opposizione).
In questo quadro, è stato particolarmente significativo l'intervento svolto ieri dal presidente Bruno, il quale ha chiesto un ulteriore confronto all'interno del Comitato dei nove su posizioni espresse dall'opposizione; in particolare, egli ha chiesto che il Comitato dei nove discutesse, considerasse ed eventualmente approvasse proposte ulteriori dell'opposizione.
Riteniamo che si tratti di una proposta seria, che va accolta: dobbiamo tenere conto che, se continuassimo l'esame del testo unificato in Assemblea per una decina di giorni, non potremmo certamente svolgere questo tipo di lavoro e, quindi, dobbiamo scegliere cosa fare. Ci pare che potrebbe essere utile, se il Presidente e l'Assemblea lo ritengono appropriato, sospendere i lavori per l'esame del testo attuale, fare in modo che il Comitato dei nove possa riunirsi disponendo di tempo, per poi decidere un'ulteriore calendarizzazione, magari a novembre o quando il Presidente o la Conferenza dei presidenti di gruppo lo riterranno opportuno.
In ogni caso, signor Presidente, sento il dovere di chiarire alcuni punti politici che sono stati posti, da ultimo dal collega La Malfa, ma anche da altri colleghi.
Innanzitutto, molti colleghi sono intervenuti affermando che vi è una situazione politica generale confusa e incerta e che l'approvazione del provvedimento o il suo ulteriore esame comporterebbe una sorta di aiuto al Governo (Commenti). È stato anche affermato che la finalità sostanziale del provvedimento sarebbe quella di «aiutare» la legislatura.
Voglio affermare con chiarezza che questo provvedimento doveva essere esitato prima della pausa estiva: il 31 luglio, sempre il collega presidente Bruno - la citazione è un omaggio alla sua autorevolezza - intervenne sul punto, come riporta il resoconto della Commissione: «Donato Bruno prende atto che, all'interno della minoranza, si registrano posizioni divergenti sulla revisione dell'articolo 70 della Costituzione, pur nella condivisione del superamento del bicameralismo perfetto. Allo stato, la sua parte concorda e chiede poi che si rinvii...

ELIO VITO. Allora andiamo avanti!

PRESIDENTE. Deputato Elio Vito, lasci proseguire: quando il presidente Violante avrà terminato, chiederà la parola.
Presidente Violante, la prego di proseguire.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione.... e chiede poi che vi sia il rinvio dell'esame e il ritiro degli emendamenti da parte di tutte le parti politiche». Il rinvio vi fu e il ritiro degli emendamenti da parte di tutte le parti politiche anche e siamo arrivati a settembre.
A settembre l'opposizione chiese altri quindici giorni, se non ricordo male, per presentare emendamenti, termine che naturalmente fu accordato.
Poi, mentre pendeva in Assemblea l'esame di un decreto-legge sulla circolazione stradale, se non ricordo male, e si correva il rischio che decadesse, si svolse la Conferenza dei presidenti di gruppo nelPag. 41corso della quale i colleghi di maggioranza chiesero che questo provvedimento venisse calendarizzato per il 22 ottobre. In quella sede non vi fu alcuna opposizione da parte dei colleghi di centrodestra, né vi fu nel momento in cui decisero l'astensione, anzi, i colleghi del centrodestra chiesero che venisse congiuntamente trasmesso alla Camera il provvedimento relativo alla riforma elettorale.
Il Presidente della Camera informò i colleghi e chiese alla Commissione affari costituzionali quale fosse l'orientamento in ordine a tale trasferimento. Ci siamo consultati, abbiamo discusso e il presidente della Commissione ha scritto al Presidente della Camera ritenendo che la posizione della Commissione fosse quella di valutare l'andamento dei lavori al Senato: se possono proseguire in modo abbastanza celere, tanto di guadagnato, altrimenti si valuti se qui non vi siano condizioni diverse che consentano un esame più rapido di quel tipo di provvedimento.
Questa è la ragione per la quale siamo arrivati ad una tale decisione e quindi non vi è stata nessuna utilizzazione strumentale di questo tipo di proposta.
Sulle questioni più specifiche che sono state proposte e che ci aiutano a riflettere...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, perché?

PRESIDENTE. Tenga conto che sta parlando sull'ordine dei lavori. La prego di concludere.

LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, non avevo chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori. Avevo chiesto di parlare l'ho detto a lei anche in sede di ...

PRESIDENTE. Si, ma come è stato fatto notare, siccome è stata avanzata una proposta per evitare inutili...

LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, se non posso parlare...

PRESIDENTE. Siccome lei ha avanzato una proposta sull'ordine dei lavori, la prego di tenerne conto.

LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, mi posso fermare qui, ma siccome alcuni colleghi hanno posto alla Commissione una serie di questioni politiche sulle quali la Commissione deve intervenire, intendevo sottolineare alcuni aspetti. Ma se ciò non è possibile, non insisto.
Su un punto soltanto, signor Presidente, mi vorrei soffermare ed è quello attinente alla questione relativa alla ripartizione di competenze prevista all'articolo 117 della Costituzione. In Commissione ho annunciato che, subito dopo, avremmo esaminato l'articolo 117, anche in questo caso con due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione - il collega Piazza e il collega Stucchi - per analizzare una parte dopo l'altra.
L'ultima questione riguarda la ragione del «no» alla riforma del centrodestra. Era una riforma generale sulla quale era difficile esprimersi con un giudizio unitario ed è per questo che abbiamo ritenuto che fosse meglio, anche per chi non era d'accordo, richiedere il referendum e procedere per parti circoscritte che avessero una loro autonomia.
Definito un tale aspetto, si può affrontare l'articolo 117, dopo il quale, se vi è consenso, si affronteranno altre parti.
Il punto di fondo è il seguente: bisogna dare la possibilità di proseguire con interventi omogenei, sui quali ci si possa pronunciare in modo omogeneo. Abbiamo bisogno, cari colleghi, di rendere il nostro sistema veloce e competitivo. Dobbiamo competere con Francia, Spagna e Germania, che decidono in tempi enormemente inferiori rispetto ai nostri. Dobbiamo restituire all'Italia la capacità di competere. Questa riforma ha una tale ambizione: dateci i suggerimenti necessari per conseguire l'obiettivo!Pag. 42
O la democrazia decide o non è democrazia, perché in quel caso decidono altri fuori dal meccanismo della rappresentanza e del controllo. Questo è il dramma politico in cui ci troviamo in questo momento.
La riforma vuole realizzare questo obiettivo, che credo stia a cuore a tutti in quest'Aula, dall'estrema sinistra all'estrema destra e rappresenta uno strumento per raggiungerlo. Ci è stato detto di confrontarci su altre proposte: bene, confrontiamoci pure. È per un simile scopo e per questa ragione soltanto - chiedo scusa per il tempo che ho portato via all'Assemblea - che riteniamo che potrebbe essere opportuno a questo punto sospendere il dibattito sul provvedimento - il Presidente deciderà quando calendarizzarlo -, consentendoci di avviare un ulteriore confronto nel Comitato dei nove, che ci consenta di avere strumenti, magari più raffinati, per raggiungere l'obiettivo.
Una democrazia capace di decidere è capace di competere: questo è lo scopo che la Commissione si è posta (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Verdi e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Riassumendo, tenendo conto delle considerazioni del presidente della I Commissione, secondo il quale, sulla base dell'elevato numero di richieste d'intervento sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso riferite (come è stato ricordato dal presidente Violante, hanno parlato diciassette deputati e residuano settantaquattro richieste) e del mancato contingentamento dei tempi di esame del provvedimento nell'ambito del vigente calendario, ritengo come è avvenuto in analoghe precedenti occasioni nel corso della XIV legislatura, che potremmo rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato.
In questo caso la Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani, potrebbe decidere le modalità e i tempi per il seguito dell'esame in Assemblea del testo, fermo restando che nel prossimo calendario, ai sensi dell'articolo 24, comma 12, primo periodo, del Regolamento, i tempi dell'esame saranno contingentati.
Tuttavia, il presidente Vito ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, noi siamo d'accordo con la sua proposta, però ritengo che, prima di procedere ad altri punti iscritti all'ordine del giorno, vi sia una necessità che è sorta dall'intervento del presidente Violante, che è uomo troppo esperto e intelligente per non sapere che, se si fosse limitato a chiedere la sospensione dell'esame del provvedimento e il rinvio al successivo calendario, la sua proposta non avrebbe dato luogo a un dibattito.
Tuttavia, nel momento in cui il presidente Violante ha sentito l'esigenza di motivare una richiesta procedurale attraverso un intervento politico, fortemente caratterizzato nei confronti dell'opposizione da un certo modo di fare - che purtroppo non ha come protagonista il solo presidente Violante, perché appartiene allo stile dell'attuale maggioranza: mi riferisco al fatto che si estrapolano frasi di esponenti dell'opposizione dal loro contesto per renderle in tal modo funzionali al discorso della maggioranza, operazione un po' strumentale e non proprio democratica - si avverte la necessità di intervenire politicamente sul merito della questione.
Per questo motivo, le chiedo, signor Presidente, di consentire un intervento per gruppo - ai gruppi che naturalmente intendessero esprimersi - prima di rinviare l'esame del provvedimento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ritengo che si possa accogliere la sua proposta e dare così la parola ai gruppi che lo chiederanno, per un intervento di cinque minuti.
Ha chiesto la parola anche il deputato Benedetti Valentini. Immagino che sia sullo stesso argomento e, dunque, ritengo che possiamo procedere in tal modo. I gruppi che lo chiedono avranno la parola per cinque minuti, prima di procedere alla decisione.Pag. 43
Il deputato Benedetti Valentini ha facoltà di parlare.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, intendo esprimere alcune brevi considerazioni senza eccedere in commenti. Il collega Vito naturalmente mi ha anticipato e ritengo che lei, Presidente, abbia agito correttamente. Mi perdoni, ma addirittura mi sono risentito quando in qualche modo stava per interrompere l'intervento del presidente Violante, perché, con tutto il rispetto per il Regolamento, mi sembrava lecito che motivasse politicamente una decisione di non secondario rilievo concernente l'ordine dei nostri lavori.
Con altrettanta franchezza le do atto di aver correttamente interpretato questo passaggio, dissentendo, in parte di non secondaria importanza, con le motivazioni addotte dal collega Violante all'Assemblea per richiedere ciò che reputo, nella sostanza, un passaggio opportuno, ovverosia un congruo differimento dell'esame del provvedimento nella sua complessità.
Mi sembra inopportuno, e credo rappresenti anche uno scader di livello, il fatto che tra maggioranza ed opposizione ci si rimpalli la responsabilità - ammesso che sia tale - di un rinvio della trattazione dell'argomento.
Sarebbe troppo facile rispondere all'onorevole Violante - il quale afferma che vi sarebbero state posizioni non identiche e sensibilità non sovrapponibili tra i gruppi dell'opposizione - che vi sono state posizioni molto variegate e molto differenziate, anche polemicamente, all'interno della presunta maggioranza di Governo.
In questa fase basterebbe ricordare che, mentre per un verso o per l'altro i gruppi dell'opposizione si sono regolati allo stesso modo in sede di licenziamento dell'atto da parte Commissione (peraltro, ci siamo astenuti, motivando tale posizione), alcuni gruppi della maggioranza non sono intervenuti e hanno ritenuto di non partecipare a quel voto, motivando anche pubblicamente, sugli organi di stampa, la loro posizione di dissenso.
Allora, in questa sede dobbiamo parlare chiaro. I testi costituzionali - lo ha ricordato egregiamente il collega La Malfa - sono qualcosa di troppo alto e di troppo importante perché siano messi al servizio della contingenza politica. Ci si mette mano quando vi sono condizioni politiche adeguate; ma ciò si deve fare con dignità di legislatori costituenti, poiché non si possono piegare le logiche delle regole alte, permanenti e durevoli a quelle della contingenza politica di un Governo che traballa o di una coalizione che «si appiccica» o che vuole prendere il sopravvento.
Quindi, con alto senso delle istituzioni aderiamo all'istanza di rinvio. Vi è, però, un'ultima postilla, signor Presidente, onorevole presidente della I Commissione, colleghi, che desidero apporre.
Se tutto ciò che abbiamo svolto sotto il profilo procedurale servisse soltanto per incardinare per forza il provvedimento - a ciò ero personalmente contrario: l'incardinamento mi sembrava precipitoso e ritenevo che l'atto non fosse maturo, sopratutto per ragioni di sostanza concernenti questo famoso Senato, se vogliamo chiamarlo così, come è prospettato dal testo in esame - solo per ottenere il mese prossimo il contingentamento dei tempi e per limitare drasticamente i tempi di intervento su un argomento di questa portata alla maggioranza, all'opposizione e a singoli parlamentari, allora dinanzi a tutto ciò esprimerei una forte protesta.
Saremmo un Parlamento e potenziali legislatori costituenti non all'altezza della dignità degli argomenti.
Pertanto, affido alla Presidenza, alla Conferenza dei presidenti di gruppo e agli organi regolamentari della Camera, il compito di affrontare tale nodo che è di alta valenza politica e istituzionale.
Se quanto abbiamo fatto - gli interventi e le relazioni - sono serviti soltanto, senza procedere neanche ad un voto, ad incardinare l'argomento come escamotage per tagliare, poi, i tempi del confronto nel mese prossimo, francamente avremmo fatto qualcosa di molto deplorevole!
Mi auguro che, nel rinviare l'argomento ai tempi che la Presidenza riterrà opportuni,Pag. 44troveremo le forme regolamentari e politiche affinché il dibattito si dispieghi nella sua interezza in tutte le condizioni politiche, ma anche nella pienezza di sovranità del singolo deputato e dei gruppi affinché, persino al loro interno, vi sia la massima libertà di espressione su questo argomento, senza la limitazione e il «taglione» dei tempi.
Ho voluto sottolineare un aspetto particolarmente delicato perché su questo dobbiamo intenderci molto chiaramente nel momento in cui andiamo a disporre un ragionevole e ben motivato rinvio dell'argomento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

GIANPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, intervengo a nome del mio gruppo per dire che condividiamo la proposta del presidente Violante di sospensione e aggiornamento della proposta di riforma costituzionale, anche se non ne condividiamo le motivazioni.
Ad esempio, signor Presidente, come lei sa, l'UDC, sia in Commissione che in Assemblea, si è confrontato ed intende confrontarsi, come risulta dal fatto che non abbiamo avanzato alcuna richiesta di iscrizione a parlare, salvo un intervento sul complesso degli emendamenti. La nostra posizione è nota e chiara, tuttavia siamo un po' stanchi di continuare - eufemisticamente parlando - a «bere il brodino».
Ritengo, quindi, che il rinvio di una settimana-dieci giorni (perché credo che di questo si tratti) dell'esame in Assemblea, con tempi più efficienti sul piano dell'esame del merito della proposta di riforma costituzionale, sia opportuno. Tale rinvio ci consentirà, infatti, di comprendere se vi sono le condizioni per affrontare tale tema, con l'altro tema a cui è oggettivamente e intimamente connesso, vale a dire la legge elettorale.
Come ricordava molto opportunamente il presidente Violante, vi è una richiesta da parte di quattro presidenti di gruppo delle opposizioni della Camera, volta a sollecitare l'esame della proposta di legge elettorale che va di pari passo con la riforma costituzionale. Al Senato, in Commissione, sembra che qualcosa si stia muovendo. Per la verità, da sei mesi attendiamo segnali di vita sulla vicenda della legge elettorale ed una proposta anche da parte dell'attuale maggioranza di Governo (proposta che non arriva e che ritengo debba giungere in tempi rapidi).
Per tale motivo, quindi, reputo che il rinvio dell'esame della proposta di riforma costituzionale sia opportuno, affinché la maggioranza si assuma la responsabilità politica di una proposta, oltre che sulla riforma costituzionale, anche sulla legge elettorale (perché, sinceramente, non abbiamo capito in che termini la vogliano approntare), affinché tali proposte si possano esaminare contestualmente e si sciolga il nodo al Senato. È, infatti, evidente che, se nel giro di una settimana la Commissione di merito al Senato non sarà nelle condizioni di garantire tempi di esame e di approvazione della legge elettorale, significa che non la vogliono fare; avrà, infatti, inizio la sessione di bilancio, nel corso della quale tale questione non potrà essere più affrontata.
Pertanto, se riprendiamo l'esame della proposta di riforma costituzionale ai primi di novembre, sapremo anche cosa avviene sulla legge elettorale e ciascuna forza politica sarà completamente nelle condizioni di poter esprimere un'opinione. Questo è quanto chiediamo, ribadendo l'esigenza di esaminare, alla Camera, la proposta di legge elettorale qualora, nel giro di una settimana o dieci giorni, il Senato non produca un testo di legge elettorale.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, anch'io brevemente riassumerò le posizioni che la Lega Nord Padania ha tenuto durante questo dibattito. Abbiamo lavorato in Commissione, fornendo un apportoPag. 45che penso sia stato visto da tutti, oggettivamente, come costruttivo, tant'è che abbiamo votato a favore delle disposizioni sul Senato federale per quanto riguarda la sua composizione, mentre non abbiamo votato a favore di altre disposizioni in quanto non le ritenevamo aderenti alla nostra impostazione.
Vorrei, però, svolgere in questa sede alcune considerazioni, nella maniera, spero, più chiara possibile. Non pensiamo che questo dibattito (quindi, non mi riferisco alle riforme, ma al dibattito sulle riforme, che è cosa diversa) possa essere lo strumento per dare al Governo una maggioranza che non ha. Ciò deve essere molto chiaro!
Ancora: pensiamo che il dibattito - abbiamo visto come quest'ultimo possa essere lungo ed estenuante e non approdare, spesso, a risultati - non possa essere neppure lo strumento per dire che, una volta caduto questo Governo, non si debba andare al voto.
Seconda considerazione: tutte le volte che si discute in Parlamento di federalismo, noi ci siamo: lo abbiamo dimostrato in Commissione e lo dimostriamo oggi, tenendo conto del fatto che l'attività parlamentare è anche un'attività slegata rispetto all'azione del Governo.
Terza considerazione: oggi stiamo discutendo di una riforma che vuole essere una riforma federale. Essa, però, non deve essere una riforma federale soltanto a parole, ma deve esserlo nei fatti, in maniera concreta. Ci sono due aspetti che non abbiamo apprezzato in questo testo... Chiedo scusa, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha ragione. Per favore, eviterei assembramenti che non consentono di ascoltare. Mi rivolgo a tutti: chiederei una compostezza che consenta lo sviluppo della discussione. Prego, deputato Cota.

ROBERTO COTA. Grazie, signor Presidente. Ci sono due cose che non abbiamo apprezzato in questo testo. La prima riguarda il Senato federale: ci va bene la sua composizione, ad eccezione, forse, di alcuni aspetti che abbiamo sottolineato con gli emendamenti presentati, legati alla necessità che il numero di senatori espressi dalle regioni sia esattamente espressione della forza e del numero degli abitanti delle regioni medesime.
Quello che non ci va bene con riferimento al Senato federale è legato ai suoi poteri. Il Senato federale non può essere una Camera consultiva, ma deve essere una vera e propria Camera legislativa, con dei poteri, con la possibilità di dire l'ultima parola nelle materie di sua competenza.
Soltanto così si potrà dare voce ai territori all'interno di un'assemblea legislativa, e soltanto così si potrà superare il meccanismo, il sistema perverso del cosiddetto bicameralismo perfetto, in cui vi sono due Camere con mille persone che fanno esattamente la stessa cosa.
Se stabiliamo che il Senato è soltanto consultivo e che la Camera dei deputati può intervenire anche nelle materie di competenza del Senato, con una maggioranza politica, non diamo rappresentanza ai territori e non superiamo il bicameralismo inutile.
Ulteriore e ultima considerazione: la riforma dell'articolo 117 della Costituzione. Se si istituisce il Senato federale, ma non si organizza la struttura della ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni, rischiamo di essere al punto di prima. Infatti, in un sistema federale i territori sono sì rappresentati, ma hanno anche dei poteri; è un sistema in cui alle regioni spettano competenze legislative esclusive e chiare su alcune materie individuate. Altrimenti - e concludo - si rischia di rimanere con il sistema della cosiddetta competenza concorrente, dove sono competenti sia lo Stato sia le regioni....

PRESIDENTE. Deputato Cota, deve concludere.

ROBERTO COTA. ... e quindi, alla fine, il risultato è la paralisi dell'attività legislativa. Detto questo...

Pag. 46

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

ROBERTO COTA. Concludo. Siamo quindi d'accordo sulla proposta di un ulteriore approfondimento nel Comitato dei nove; chiediamo, però, che si agisca con assoluta trasparenza e coerenza.

GABRIELE BOSCETTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, sarebbe stato meglio se questa richiesta di differimento non avesse avuto alla base le motivazioni che il presidente Violante ha voluto dare.
Noi stimiamo il presidente Violante, ma riteniamo che la situazione non sia tale che si possa interpretare qualche lacerto di dichiarazione di alcuni rappresentanti di Forza Italia per trarne sostegno verso l'approdo a determinati lidi.
Noi abbiamo detto nel corso del dibattito che la nostra astensione non ci faceva dimenticare che siamo sì favorevoli alle riforme, ma non a queste riforme, in questo momento politico e con questo Governo!
Noi abbiamo fatto una grande riforma costituzionale, che è stata sottoposta per quattro volte all'esame al Parlamento, è stata definitivamente approvata e poi non è stata confermata dalla popolazione per la strenua lotta, sia in Parlamento sia di fronte al popolo, condotta da coloro che in quel momento erano all'opposizione. Questi ultimi oggi fanno parte della maggioranza e vogliono tentare di fare una «riformicchia», una piccola riforma soltanto per guadagnare tempo e far sì che il Presidente della Repubblica tragga da questa situazione elementi per allungare la vita del Governo Prodi o del Governo che verrà dopo il Governo Prodi.
Noi confidiamo nella saggezza del Presidente Napolitano, sappiamo quanto egli sia equilibrato e quanto guardi alla situazione politica con armonia; abbiamo la certezza che questo tipo di impostazione parlamentare non influirà in alcun modo sulle sue decisioni.
Pur tuttavia, oggi dobbiamo riconfermare la nostra posizione: questa riforma noi non la vogliamo perché è una riforma piccola, inutile, sbagliata. È una riforma che non parte dalla nostra grande riforma per cercare di migliorarla, ma mette sul tappeto alcune norme che non hanno alcun significato, alcune delle quali (mi riferisco, ad esempio, alla composizione del Senato attraverso l'elezione da parte dei consigli regionali al loro interno) snaturano completamente il Senato e fanno sì che diventi un organo ad elezione indiretta senza sostanza.
Si può pensare che i senatori approvino una legge di questo genere, che manda a casa definitivamente il Senato della Repubblica dopo 2000 anni? Questo significa non aver compreso la situazione politica del Paese e i numeri presenti nelle Camere! Ma sono convinto che, se anche al Senato i numeri fossero più stabili, i senatori non approverebbero il proprio suicidio e la sparizione di questa Camera millenaria!
Quindi, signor Presidente, noi rispondiamo al presidente Violante - ferma restando la stima per la sua persona - che il dibattito, dopo i primi interventi, ha fatto comprendere come tutte le forze dell'opposizione siano contrarie alla prosecuzione di questo iter, e come siano critici anche taluni deputati delle forze di maggioranza. Il dibattito ha reso più pesante il clima oppositorio attraverso fondate e motivate ragioni, per cui ci troviamo oggi con questo bagaglio di interventi e in attesa di tutti gli altri interventi dei sessanta deputati di opposizione e alcuni di maggioranza che hanno chiesto di parlare.
Non vediamo quindi possibilità di miglioramenti. Giudichiamo addirittura con qualche preoccupazione il rinvio del testo al Comitato dei nove, sede di affinamento che non ha pubblicità. Preferiremmo dunque o che si torni in Commissione o chePag. 47si presentino eventuali nuove valutazioni in quest'Aula senza che vengano contingentati i tempi della discussione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GABRIELE BOSCETTO. Preso atto di un possibile rinvio per qualcuna delle ragioni che abbiamo compreso, se il dibattito proseguirà in Assemblea attraverso nuovi interventi e senza contingentamento, faremo la cosa più giusta.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà per tre minuti.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, per quale ragione occorre rinviare questo provvedimento? Per consentire poi che, su una proposta di legge di riforma costituzionale, si applichi il contingentamento dei tempi? Procediamo, onorevole Violante! Non è consentito ad alcuno di scaricare su altri le proprie responsabilità. Ha detto bene l'onorevole Boscetto quando ha affermato che l'intera opposizione è contraria al provvedimento in esame, anche se vi è stato l'equivoco e l'errore di astenersi in Commissione.
Onorevole Violante, lei prima ha forzato la mano alla sua maggioranza e poi ha tentato un abbraccio perverso con l'opposizione, tanto che oggi lei ripaga la disponibilità all'astensione, annunciando o minacciando il contingentamento dei tempi. Onorevole Presidente, si tratta di una competenza della Presidenza della Camera, e credo che la Camera non possa accettare che si abbini il rinvio di questo provvedimento al contingentamento dei tempi. Diverso è il caso in cui si voglia rinviare perché si prende atto che questo provvedimento non sarà votato né della maggioranza né dell'opposizione. Per capirne il motivo è sufficiente citare qualche articolo, ad esempio quello in cui si prevede che il Capo dello Stato debba valutare i risultati delle elezioni. Vi pare possibile?
Questo provvedimento - e concludo - è giunto in Assemblea in una maniera inopportuna, con un testo non condiviso, mentre la terza carica dello Stato afferma che il Governo è arrivato al capolinea e che è malato. Come si può pensare che, mentre il Governo muove i suoi ultimi passi, si possa consentire una riforma costituzionale che rischia di divenire il salvagente per lo stesso Governo?
Onorevole Presidente, lei ci deve garantire sulla questione del contingentamento dei tempi, poiché quella al nostro esame è una proposta di riforma costituzionale.
Mi auguro che coloro che hanno permesso che si giungesse all'esame del suddetto provvedimento in Aula recitino il loro mea culpa. Diciamolo francamente, onorevole Violante: lei ci ha provato, si assuma le sue responsabilità perché le è andata male. Non è assolutamente accettabile che lei voglia far questa censura, stabilendo anche il numero di parlamentari che devono parlare. Questo è ancora un Parlamento libero, nonostante le forzature di Violante e nonostante Prodi non vada a casa!

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, credo che quella del rinvio dell'esame del provvedimento per una migliore riflessione e per un suo approfondimento sia una decisione saggia. La materia delle riforme costituzionali è infatti delicatissima e la sua trattazione ricade in un momento altrettanto delicato; peraltro, non si può non tener conto di ciò che abbiamo alle nostre spalle, ossia i numerosi tentativi di riforme costituzionali praticate attraverso lo strumento di commissioni bicamerali e forzature di maggioranza.
L'esito referendario popolare di appena un anno fa è molto chiaro; dunque crediamo che la questione sia davvero importante per poter essere affrontata e licenziata in così breve tempo, anchePag. 48perché regna molta confusione sul tema, sulle proposte, sulla configurazione che si vuole dare alla Repubblica italiana, al Parlamento. Anche nei precedenti interventi che ho avuto modo di ascoltare ho trovato parecchie contraddizioni e confusione: ad esempio, anche tra coloro che prediligono un impianto costituzionale alla tedesca, per poi agganciarvi la legge elettorale alla tedesca, non ve n'è uno che abbia la medesima idea, ma tutti lo interpretano secondo l'utilità che può derivarne a questo o a quel soggetto politico. Francamente, non si fanno così gli interessi del Paese, non si trovano così le soluzioni migliori per far uscire l'Italia da una transizione che dura ormai da quindici anni!
La via forse più rapida, immediata e - chiedo scusa per l'uso del termine - meno ipocrita, è quella di superare radicalmente il bicameralismo perfetto, per approdare al monocameralismo, ad un Parlamento monocamerale che riesca a soddisfare tutte quelle esigenze che i singoli colleghi e i singoli gruppi politici hanno più volte manifestato.
In conclusione voglio aggiungere un'osservazione: le valutazioni politiche sulla tenuta del Governo sono scorrette, perché non attengono al dibattito che riguarda il tema in discussione; piuttosto esse sono inaccettabili, ed altrettanto indicibile, vergognoso ed immorale il mercimonio che si vuole praticare al Senato per dare una spallata al Governo (ma su questo punto, ovviamente, i colleghi del centrodestra si guardano bene dall'intervenire). Abbiamo ascoltato interventi enfatici e retorici, come quello - formidabile - del collega Boscetto, che ha richiamato duemila anni di continuità del Senato repubblicano: è stato un intervento efficace sotto il profilo dell'enfasi e della retorica, ma dopo il Senato romano, dopo la Repubblica romana e l'Impero romano, onorevole Boscetto, vi sono stati i regni romano-barbarici, e poi il Medio Evo, i Comuni, le Signorie e lo Stato pontificio, che francamente non ha mai avuto un Senato repubblicano!
Dunque, se vogliamo discutere seriamente di riforme costituzionali - sarebbe il momento giusto -, evitiamo propaganda, demagogia, enfasi e retorica, ed entriamo nel merito con estremo rigore e lucidità (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo brevemente e senza far troppo interferire il dibattito sul merito - che abbiamo già svolto e continueremo a svolgere - con quello sull'ordine dei lavori alla nostra attenzione.
Vorrei esprimere, signor Presidente, a nome del gruppo dei Verdi, l'accordo sulla proposta avanzata poco fa dal presidente Violante. Oltretutto, si tratta di una proposta che il presidente Violante - come suo costume - prima di formulare ufficialmente e formalmente nel corso del dibattito in Assemblea, aveva già condiviso e preannunziato sia ai gruppi di maggioranza sia a quelli di opposizione.
Del resto, avevamo già dichiarato in Commissione, nel momento in cui abbiamo conferito il mandato al relatore, che il confronto sarebbe continuato e si sarebbe svolto non solo in Assemblea ma nel Comitato dei nove, che è la sede istruttoria rispetto all'Assemblea quanto alla valutazione degli emendamenti (Commenti del deputato Campa). Però, credo sia giusto, signor Presidente, ricordare che il processo riformatore che si è ripreso...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Boato. Per favore, voglio ancora invitare a sciogliere gli assembramenti in modo che si possa consentire di svolgere ed ascoltare l'intervento.

MARCO BOATO. La ringrazio, signor Presidente. Anche se si è trattata di una breve interruzione spero di poterla recuperare. L'iter di questo processo riformatore - è bene che l'Assemblea lo sappia - dura da quasi un anno, prima con un'amplissimaPag. 49indagine conoscitiva deliberata addirittura il 19 luglio del 2006 e che si è svolta a cavallo tra l'ottobre e il febbraio del 2007 e poi, a partire dall'inizio del mese di maggio di quest'anno, con l'esame della suddetta materia in sede referente in Commissione per molti mesi. Pertanto, al collega Campa che urlava poco fa alla Commissione, rispondo, pacatamente e senza urlare, che la Commissione ha svolto, per quasi un anno, il proprio doveroso lavoro rispetto a quello dell'Assemblea.
Abbiamo registrato un atteggiamento completamente diverso - e ce ne rammarichiamo - perché, a fronte di una dichiarazione di tutti i gruppi del centrosinistra di portare avanti un confronto aperto, libero, per cercare un'ampia convergenza tra maggioranza e opposizione, abbiamo notato un atteggiamento diverso da parte di quest'ultima. Da una parte, i colleghi dell'UDC, di Alleanza Nazionale e della Lega hanno interloquito positivamente o criticamente, ma sempre accompagnando il lavoro della Commissione nel suo insieme, e dall'altra, il gruppo di Forza Italia, del tutto legittimamente, come è emerso in modo esplicito nell'intervento del collega Boscetto poco fa, ha in qualche modo cercato di non far proseguire il lavoro riformatore.
Abbiamo registrato una dichiarazione del presidente Violante di enorme apertura nei confronti delle richieste di approfondimento che il collega Bruno aveva presentato in Aula e di risposta positiva, mentre poche decine di minuti dopo un altro collega di Forza Italia, Boscetto, ha urlato in quest'aula, affermando: «non vediamo possibilità di miglioramenti. Siamo totalmente contrari a questa riformetta».
Credo che i colleghi di Forza Italia dovrebbero mettersi d'accordo fra di loro, perché mentre UDC, Alleanza Nazionale e Lega hanno avuto atteggiamenti critici e interlocutori ma propositivi e positivi, da parte di Forza Italia assistiamo un giorno ad una richiesta di un confronto più approfondito e un altro giorno, o addirittura pochi minuti dopo, all'annuncio di un'assoluta indisponibilità a qualunque possibilità di miglioramento del confronto parlamentare.
Signor Presidente, credo che sia totalmente indebito fare interferire le vicende politiche governative, quali esse siano, con tale processo riformatore che è di esclusiva iniziativa parlamentare. È ovvio che, se vi fossero eventi traumatici sul piano governativo, tali eventi comporterebbero automaticamente il blocco anche dell'attività legislativa in Parlamento. Tuttavia, usare una situazione politica a pretesto per non voler portare avanti un processo riformatore mi sembra, francamente, pretestuoso.
Noi del centrosinistra abbiamo sostenuto che vogliamo riprendere il processo riformatore; lo abbiamo ripreso e abbiamo escluso di volerlo adottare con le forze della sola maggioranza di centrosinistra e continueremo a cercare un confronto più ampio con tutte le forze rappresentate in Assemblea, almeno con quelle che siano disponibili a tale confronto e a tale possibile convergenza. Per queste ragioni mi sembra utile la pausa di riflessione, di qualche giorno, proposta dal presidente Violante ed é bene accoglierla.

CINZIA DATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CINZIA DATO. Signor Presidente, anche noi della Rosa nel Pugno condividiamo la proposta del presidente Violante e ci sembra ancora una volta un segno opportuno della volontà di approfondire, insieme all'opposizione, riforme che devono vederci uniti e convinti sulle regole di fondo. Sarebbe veramente augurabile che i toni polemici non si riferissero alla nostra attività costituente, che vorrei fosse ricostituente del clima democratico nazionale.
Davvero ogni riferimento ad eventuali fragilità della maggioranza di Governo è assolutamente inopportuno, perché, perdonatemi colleghi dell'opposizione, abbiamo una maggioranza prodotta da una legge elettorale che voi avete voluto perchéPag. 50il vincitore, che sapevate non essere rappresentato da voi, si trovasse in condizioni difficili di governo. Rispetto a queste precondizioni disastrose io credo che il Governo Prodi stia compiendo un eccellente lavoro (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

FRANCO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, intervengo perché rimanga agli atti della Camera il nostro completo assenso e la nostra condivisione della proposta avanzata dal presidente Violante che credo lei, signor Presidente, si accinga a far propria. Si propone un ulteriore momento di riflessione in sede di Comitato dei nove nel quale sono presenti le diverse forze politiche parlamentari, in modo da affrontare quei problemi e quei temi che anche la maggiore forza di opposizione (Forza Italia) ha posto nei suoi interventi soprattutto con il discorso pronunciato dal presidente Bruno.
Signor Presidente, vorrei svolgere unicamente due considerazioni per motivare il nostro assenso. Non intervengo ulteriormente sui contenuti perché sarà il Comitato dei nove e poi l'Assemblea naturalmente ad affrontare le tematiche delle riforme costituzionali, ma vorrei semplicemente ribadire che per noi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non coincidono assolutamente le maggioranze politiche e le maggioranze costituenti, ossia per la revisione costituzionale, perché riteniamo che la Costituzione sia un bene supremo del Paese e che esso appartenga non alla maggioranza politica, ma a tutte le forze del Parlamento in quanto rappresentative dell'intero Paese.
Per questo anch'io trovo abbastanza inutile fare riferimento alle contingenze politiche e al destino del Governo che, in questo caso, si è comportato con molta sobrietà ed è intervenuto con molta parsimonia, con un unico intervento nel dibattito, rimettendosi alle decisioni del Parlamento.
Pertanto, utilizzare anche questo dibattito per attaccare il Governo Prodi dimostra, a mio avviso, uno scarso senso costituente. Noi di Rifondazione Comunista ci rifacciamo, nell'affrontare la presente discussione, al monito di quel grande liberale che è stato Rawls: quando affrontiamo le questioni costituzionali ci poniamo di fronte ad un velo di ignoranza. Noi di Rifondazione Comunista non sappiamo dove si andrà a parare, perché riteniamo che le decisioni costituzionali siano tali da non prevedere interessi di parte, ma l'interesse generale, da conquistare attraverso il dibattito parlamentare.
Si tratta di una piccola riforma quella oggi in esame, ma onorevole Boscetto, il voto del 25-26 giugno 2006, che ha bocciato la vostra proposta chiarisce che il popolo italiano non vuole la «grande riforma». Il popolo italiano vuole decidere, discutere e, casomai, intervenire con il voto referendario sulla modifica di singoli istituti.
Per tale motivo a me pare, ed ho concluso, signor Presidente, che il percorso indicato dalla I Commissione, espresso dal presidente Violante, sia molto nitido: affrontare la revisione costituzionale di alcuni istituti come il Senato e la forma di governo. Siamo disposti a discutere, con un altro intervento legislativo, sull'articolo 117 della Costituzione; quindi, non ci rifiutiamo di discutere sui punti di criticità del nostro sistema costituzionale, ma vogliamo farlo puntualmente, senza stravolgere il processo di revisione costituzionale stabilito dall'articolo 138 della nostra Carta costituzionale.
Evidentemente le opposizioni non vogliono attenersi a tali regole, ma vorrebbero sempre strumenti speciali oppure realizzare le riforme a colpi di maggioranza, ma noi a quel punto non ci staremo.

FRANCESCO ADENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, annuncio a nome del gruppo deiPag. 51Popolari-Udeur la piena condivisione della proposta del presidente Violante, per quanto riguarda il rinvio in Commissione del provvedimento, nell'ottica di un confronto più approfondito su alcuni aspetti delicati con l'obiettivo di arrivare ad una riforma la più largamente condivisa.
Il gruppo Popolari-Udeur ritiene che le riforme siano un'esigenza irrinunciabile per il nostro Paese e stigmatizza il comportamento di parte dell'opposizione, che strumentalmente cerca di bloccare tale iter. L'apertura, invece, di parte della minoranza, che avevamo registrato in Commissione, è a nostro parere un credito che non possiamo disperdere per arrivare ad una riforma chiesta dai cittadini, che non ne possono più della politica che non decide e che si rifugia nella pura protesta, che non capisce che il nostro Paese ha bisogno di riforme per la sua crescita, per il suo sviluppo e per la sua modernizzazione in linea con le democrazie europee più avanzate e, soprattutto, per recuperare la fiducia dei cittadini.
È con tale spirito, che oserei quasi definire «costituente», che mi auguro che possa essere accettato anche dalle altre forze politiche, che il gruppo Popolari-Udeur si appresta a sostenere in modo convinto tale processo riformatore, che ha già avuto comunque in Commissione momenti importanti ed interessanti di condivisione, anche con la minoranza, cui rivolgo un appello per non buttare via pregiudizialmente quest'occasione storica per raggiungere un obiettivo atteso da decenni.

CARLO COSTANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, intervengo anch'io per lasciare agli atti la condivisione del gruppo Italia dei Valori, rispetto alla proposta del presidente di tornare in Commissione, che nasce da una valutazione obiettiva dei fatti. Mi ero iscritto a parlare sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 1. C'era da discutere della definizione della natura federale o meno del Senato che intendiamo costruire ; insieme a me si sono iscritti a parlare ottanta, cento colleghi e non ho avuto la possibilità di intervenire, nonostante la gran parte degli interventi dei colleghi che mi ha preceduto ha trattato argomenti di vario genere, fuorché quelli all'esame dell'Assemblea, cioè l'articolo 1 e le proposte emendative ad esso presentate.
Quindi, credo che la proposta del presidente Violante sia di buonsenso. Personalmente esprimo l'auspicio che questo clima di ostilità precostituita, rispetto ad un processo di riforma che resta una prerogativa esclusiva del Parlamento, venga superato. Mi auguro che le forze di opposizione, che in Commissione si erano rese disponibili al dialogo, al confronto ed al contributo costruttivo, recuperino tale spirito riformatore. Mi auguro soprattutto che venga superata l'idea che riforme così importanti, delle quali il Paese ha bisogno, possano essere messe in campo non considerando l'attività parlamentare, ma le tensioni politiche esterne che riguardano il Governo.
Il Paese ha bisogno di questa riforma, che la legge elettorale approvata dall'allora maggioranza di centrodestra rende ancora più indifferibile ed urgente e che speriamo di mettere in campo, lo ripeto, cercando di recuperare il contributo costruttivo dell'opposizione. Infatti, non è pensabile portare a termine riforme così importanti e significative senza il contributo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, desidero esprimere il consenso del gruppo dell'Ulivo alla proposta del presidente Violante, la quale ha il grande merito di riconfermare lo spirito costituente con cui ci siamo accinti a discutere e a votare questa riforma. Il presidente Violante non ha utilizzato alcuna argomentazionePag. 52polemica, ma ha cercato di mettere in fila quanto è accaduto nel corso di questi mesi.
«Le riforme costituzionali sono necessarie; abbiamo l'esigenza di ammodernare lo Stato. Lo vuole il Parlamento e lo vuole, in prima battuta, il Paese, quindi è un compito al quale non possiamo sottrarci». Onorevole Boscetto, queste non sono parole mie, sono le parole che il collega onorevole Donato Bruno ha pronunciato ieri in quest'Aula, dando prova di senso di responsabilità da parte del gruppo di Forza Italia, il quale dimostra, con le parole dell'onorevole Bruno, di non volersi sottrarre al confronto sul merito della riforma costituzionale. Al punto che, sempre ieri, l'onorevole Bruno sosteneva in maniera anche molto esplicita «mi auguro che la maggioranza voglia riconsiderare qualche emendamento da noi proposto», in altri termini invitando a fare quello che il presidente Violante ha proposto di fare questa sera all'Assemblea: tornare in sede di Comitato dei nove per consentire un approfondimento dei punti fondamentali che abbiamo in discussione, a partire dal prossimo mese.
Questa è la sostanza e la forza della proposta del presidente Violante: considerare la discussione che stiamo facendo non un modo per allungare la vita al Governo, ma per far sì che il Parlamento si assuma fino in fondo la responsabilità della propria scelta e delle proprie decisioni.
Il collega Boscetto ha sottolineato, in una maniera un po' imprudente a mio modo di vedere, che tutte le forze dell'opposizione presenti in Assemblea sono critiche e non vogliono affrontare la discussione di merito. Ora, queste affermazioni contraddicono, non solo quanto autorevolmente sostenuto dal suo collega di partito Donato Bruno, ma anche le dichiarazioni che abbiamo ascoltato dall'onorevole D'Alia e dall'onorevole Cota, chiaramente indirizzate alla volontà di discutere seriamente nel merito, con assoluta trasparenza, come ha chiesto l'onorevole Cota. Assoluta trasparenza che la proposta del presidente Violante consente di fare a ciascuno di noi nel migliore dei modi possibili.
Ecco perché la proposta dal presidente Violante è seria e - lo ripeto - riconferma lo spirito costituente che anima questa maggioranza, la quale ritiene che la riforma della Costituzione non appartenga ai confini politici della maggioranza che sostiene il Governo, ma alla responsabilità del Parlamento. È quello che noi siamo chiamati a fare, anche approvando la proposta del presidente Violante, che è quanto farò, invitando il mio gruppo a fare altrettanto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Decideremo attorno alla proposta di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato. Tuttavia, siccome è stata posta la questione del contingentamento dei tempi con l'iscrizione in un successivo calendario, affermandosi la necessità di non applicare tale istituto ad un argomento così importante come la riforma costituzionale, faccio notare al riguardo che la previsione del contingentamento in un successivo calendario è espressamente stabilita dal Regolamento. Sicché la Presidenza, salvo che non vi sia un accordo unanime in senso diverso, non può disattendere tale prescrizione del Regolamento, senza pregiudicare le prerogative e le facoltà dei gruppi.
Del resto faccio presente che la prassi costante applicativa del Regolamento è nel senso indicato, anche per i provvedimenti di riforma costituzionale. Così è accaduto nella precedente legislatura, come anche nella XIII. Ovviamente, sarà cura della Presidenza assicurare un'organizzazione dei tempi adeguata all'importanza del tema in discussione.
Dunque possiamo rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato, e assegnare alla Conferenza dei presidenti di gruppo, prevista per domani, la relativa organizzazione dei lavori.
Se non vi sono obiezioni così rimane stabilito.
(Così rimane stabilito).

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Seguito della discussione del disegno di legge: Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (A.C. 2161-A); e delle abbinate proposte di legge Pedica ed altri; Nicola Rossi ed altri; La Loggia e Ferrigno (A.C. 1505-1588-1688) (ore 18,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Pedica ed altri; Nicola Rossi ed altri; La Loggia e Ferrigno.
Ricordo che nella seduta del 18 ottobre 2007 si è esaurito l'esame degli articoli del disegno di legge e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2161-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto, non certo commisurata all'importanza dell'argomento che è notevole per tanti aspetti, poiché noi abbiamo dato un contributo molto dettagliato durante l'esame degli articoli del provvedimento e, quindi, se ci ripetessimo sarebbe un inutile tedio per l'Assemblea.
Non daremo alla maggioranza e al Governo la pretestuosa soddisfazione di affermare che l'opposizione è stata contraria a un generoso tentativo di modernizzazione e di semplificazione, soprattutto per le imprese, ma anche per i cittadini e le famiglie in genere. In momenti come questo e in temperie come queste nelle quali, come abbiamo visto poco fa, ogni argomento viene impugnato come un brando o una sciabola polemica per dibattere il contingente, non forniremo questo alibi.
Sarebbe assurdo se proprio noi di Alleanza Nazionale che ci siamo battuti - e non solo nell'attuale legislatura - per una semplificazione e modernizzazione del modo di porsi della pubblica amministrazione al proprio interno e nei confronti dei cittadino, che abbiamo fatto di questo tema una discriminante di tante opzioni programmatiche e, permettetemi anche di aggiungere, che spesso siamo stati additati come statalisti che attribuivano un peso eccessivo o dei riconoscimenti privilegiati ai gangli del personale e delle realtà della pubblica amministrazione (quasi che non volessimo allungare con troppa decisione il passo nei confronti del rapporto tra il pubblico e il privato e dell'alleggerimento delle strutture pubbliche), negassimo la massima attenzione e disponibilità a uno sforzo volto a tale alleggerimento.
Anzi, dirò di più aggiungendo una brevissima annotazione. Più volte in dibattiti a titolo molto personale (ma forse non solo personale) ho affermato che, se nell'agone elettorale, oltre che nel dibattito, scendesse una forza politica che con proposte concrete, leggibili e credibili si battesse per la semplificazione della vita del cittadino, molte delle nostre famiglie andrebbero a votare per quel movimento. Ho la sensazione - uso un paradosso, prendetelo come tale - che in questo momento il cittadino, le imprese e le comunità locali trovino nella semplificazione della vita, degli oneri procedurali e degli adempimenti il loro principale obiettivo e anelito.
Siamo, quindi, a favore della trasparenza, della rapidità e della lealtà della pubblica amministrazione per un cambiamento della qualità della vita, individuale e collettiva, che è la prima esigenza dei nostri tempi.
Oggi si parla spesso di delegificare, abrogare le legge inutili e riunificare le leggi in testi unici che siano consultabili, leggibili e maneggiabili dai cittadini e dai loro consulenti, ma poi, ad ogni piè sospinto,Pag. 54si appesantisce la ramificazione delle leggi una volta per l'esigenza della sicurezza, un'altra per prevenire o per reprimere un fenomeno. Vi è chi enfatizza un aspetto, chi un altro settore della pubblica amministrazione, e non si fa che «caricare» di leggi e «controleggi» il cittadino e la società organizzata.
Questo, forse, è un portato della società moderna, evoluta e complessa. Tuttavia, ho la sensazione che il serpente rischi di mordersi la coda, ovvero che la complessità delle normative finisca per avviluppare il cittadino in una impotenza, nella quale non può che sorgere la sua protesta. Quindi, non esprimeremo un voto contrario su questo provvedimento, ma non possiamo esprimere neanche un voto favorevole. Abbiamo ben motivato tale posizione, in quanto la gran parte delle nostre proposte costruttive, purtroppo, non sono state accolte e recepite nel testo e ce ne dogliamo fortemente.
Riteniamo che non vi siano mezzi economici e risorse adeguate perché possano trovare effettiva attuazione le previsioni del testo in esame. Sono intervenuto, inoltre, un po' pedantemente per sottolineare i tre o quattro passaggi più importanti. Riteniamo che la normativa non si sia estesa efficacemente a tutte le pubbliche amministrazioni, a tutti gli enti, le aziende e le società ad ordinamento privatistico (forse è più lecito chiamarle pubblica amministrazione) che, invece, vengono a contatto con il cittadino e che, oggi, rappresentano i due terzi dei rapporti che esso ha con i pubblici servizi.
Abbiamo sostenuto che per molti aspetti il tentativo di semplificazione ha finito per incrostare le nuove normative - quindi, tutt'altro che semplificare - e non siamo stati d'accordo nella creazione di un nuovo organismo, che abbiamo considerato un'inopportuna superfetazione rispetto a ciò che già esiste, per arrivare ad un meccanismo di valutazione che io stesso, prendendo la parola, ho avuto modo di sottolineare che finisce per essere una deresponsabilizzazione di chi, senza bisogno né di ispettorati, né di commissariamenti, né di commissioni di valutazione, deve essere in grado di rispondere di se stesso e, se dirigente, di tutto il personale e degli operatori che, alle proprie dipendenze funzionali, espletano il loro dovere.
Vi deve essere, dunque, un clima e un insieme di responsabilizzazione diretta di ciascuno, senza avere l'alibi della «superdelega» verso un organismo destinato, forse, ad alimentare se stesso, ma a non produrre risultati.
Sono motivazioni di un certo peso che, mi auguro, colleghi della maggioranza e signori del Governo, non vogliate sottovalutare. Non vogliamo, quindi, esprimere un voto che stronca un tentativo in tale direzione, ma non possiamo assumerci la corresponsabilità di un provvedimento che nelle sue articolazioni pratiche non ci trova fiduciosi e consenzienti. Il nostro voto, quindi, così motivato, sarà di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dato. Ne ha facoltà.

CINZIA DATO. Signor Presidente, consideriamo il disegno di legge in esame assolutamente necessario, per quanto ancora insufficiente. L'onorevole Turci con altri parlamentari di varie parti politiche - oltre che del nostro gruppo - aveva avanzato una proposta di legge che traeva spunto da un dibattito importante, tenutosi nel Paese sui principali organi di stampa che prevedeva l'istituzione di una authority.
Ringraziamo l'accoglimento di una serie di proposte emendative e l'inserimento nel disegno di legge della commissione per la valutazione che, senza violare sostanzialmente le regole del rapporto tra i sindacati e i datori di lavoro, fornisce strumenti di valutazione delle risposte e del funzionamento della pubblica amministrazione. Naturalmente non rispecchia del tutto la proposta avanzata in modo trasversale, sia alla Camera sia al Senato, ma risponde ad un'esigenza prospettata.
Ci auguriamo, naturalmente, che gli elementi che tale commissione fornirà aiPag. 55nuclei di valutazione e i parametri che essa renderà disponibili possano addirittura portarci verso pubbliche amministrazioni in cui i burocrati possano essere giudicati anche in base al gradimento reale dell'utenza: penso, ad esempio, a come cambierebbe la nostra vita se, entrando in un ospedale o in una ASL, potessimo scegliere l'infermiere e il medico e questi potessero essere giudicati in base al gradimento del cittadino e al fatto che il cittadino richieda loro anziché altri.
Con il disegno di legge in esame abbiamo mosso davvero un passo importante. Non vi è dubbio che, senza il buon funzionamento della pubblica amministrazione, non solo il cittadino vive con difficoltà e mortificazioni, ma non sono possibili né la crescita né lo sviluppo e vi sono un'incompiuta cittadinanza e, sicuramente, l'impedimento allo sviluppo.
La pubblica amministrazione costituisce l'infrastruttura fondamentale per le imprese e per l'economia, oltre che per il cittadino, e rende le decisioni politiche pubbliche azioni reali, efficaci e constatabili. In questo Parlamento si potrebbero assumere le decisioni più brillanti, ma non avrebbero significato se non fossero tradotte da una pubblica amministrazione efficace ed efficiente, che, con il disegno di legge in discussione, rendiamo sempre più trasparente.
La trasparenza, onorevoli colleghi, è un momento fondamentale della costruzione della pubblica amministrazione in un Paese, come il nostro, che ha fatto dell'arcana imperii un principio ingombrante e scomodo, ma a lungo non discusso.
La trasparenza, tra l'altro, vuol dire comunicazione con il cittadino, anzi, per la verità, mi permetto di dire che essa implica l'informazione al cittadino. Vorrei ricordare al Ministro che, nel testo di legge, viene spesso adoperato il termine «comunicazione» in casi in cui il termine «informazione» sarebbe più adeguato. Non dimentichiamo, infatti, che la comunicazione pubblica, che è importante, non può che essere bidirezionale: si comunica perché si forniscono informazioni e se ne assumono, consentendo al cittadino di parlare con la pubblica amministrazione.
Su questa strada, naturalmente, abbiamo ancora un percorso importante da compiere con urgenza. La comunicazione esterna, tra l'altro, implica e impone la razionalizzazione della comunicazione interna: naturalmente, se non si riorganizza la comunicazione interna alla pubblica amministrazione, la comunicazione esterna sarà forzosamente non funzionale, non utile e non soddisfacente: ci aspetta comunque, pertanto, un grande lavoro di riorganizzazione del funzionamento interno delle nostre amministrazioni.
Sono importanti anche le misure che impongono un'accelerazione dei tempi, oltre che una semplificazione delle procedure. Riduzione e certezza dei tempi per il cittadino, attraverso il riconoscimento del diritto al risarcimento di un danno ingiusto, come avviene, ad esempio, con le sanzioni pecuniarie per i ritardi ingiustificati previste nel testo.
È importante che il provvedimento non solo riguardi la pubblica amministrazione, ma che si estenda anche a tutti gli enti fornitori di pubblici servizi, anche quelli privati.
Apprezziamo la maggiore flessibilità dell'azione amministrativa, perché si mette il dito in una piaga della modernità. Non vi è dubbio che ognuno di noi sia angosciato dal suo rapporto con l'amministrazione che, a volte, assume dimensioni assolutamente kafkiane.
Riteniamo che questo disegno di legge costituisca un importante passo avanti e che metta il dito in piaghe molto sentite relative al malfunzionamento della nostra pubblica amministrazione e, quindi, alla lesione sostanziale dei diritti dei cittadini.
Quindi, è con convinzione assoluta e soddisfazione per gli elementi e gli emendamenti recepiti nel testo che dichiariamo il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.

Pag. 56

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti degli attuali processi di cambiamento e di riforma che interessano la pubblica amministrazione in Italia sono nati sotto la spinta di esigenze e pressioni differenti, tra cui spiccano, in particolare, le istanze di cambiamento espresse dai cittadini e dai soggetti economici, pubblici e privati operanti nello spazio comunitario. Nell'attuale contesto economico, caratterizzato da forti spinte all'internazionalizzazione delle attività e alla liberalizzazione dei mercati, infatti, si rende necessario un adattamento del ruolo, delle funzioni e delle logiche di intervento della pubblica amministrazione.
Il contesto competitivo europeo e internazionale è sempre più dinamico e imprevedibile e richiede, da parte della pubblica amministrazione, uno sforzo importante verso una maggiore e migliore capacità di rispondere, in modo rapido ed efficace, alle nuove esigenze specifiche e variegate provenienti dai cittadini e dalle imprese, nonché, più in generale, ai nuovi bisogni sociali ed economici emergenti dalla società civile. Ecco perché il tema dell'efficienza della pubblica amministrazione è costantemente al centro dei dibattiti sulla modernizzazione del nostro Paese, che non potrebbe realizzarsi se a una maggiore competitività delle imprese non si accompagnasse un adeguato sviluppo qualitativo dei servizi resi dalla pubblica amministrazione.
È cambiato il ruolo e sono cambiati i compiti della pubblica amministrazione. Ciò implica la necessità di nuove logiche e di nuovi modelli di comportamento legati a una maggiore trasparenza ed efficienza. Per questo motivo, il provvedimento che ci apprestiamo a votare costituisce una tappa fondamentale nel percorso intrapreso da questo Governo per cambiare profondamente il rapporto tra cittadino, fornitori di servizi e pubblica amministrazione.
Si tratta di misure estremamente incisive, in grado di ridurre e dare certezza ai tempi dell'azione amministrativa, nonché di diminuire il peso della burocrazia sia sui cittadini, sia sulle imprese. È questo, infatti, l'obiettivo ultimo del provvedimento su cui dobbiamo pronunciarci: riequilibrare i rapporti tra amministrazione e cittadino a favore di quest'ultimo, in armonia con quanto può ricavarsi dalla lettura degli articoli della Costituzione concernenti la pubblica amministrazione, che, secondo l'articolo 98 della Costituzione, deve porsi al servizio esclusivo della Nazione. La pubblica amministrazione deve porsi al servizio del cittadino e delle imprese, quindi, e cessare di essere un soggetto autoreferenziale, come spesso rileviamo, capace solo di frapporre ostacoli a ogni loro attività.
Più in particolare, con questo provvedimento si rafforza il principio della certezza dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo, già contenuto nella legge n. 241 del 1990, ma soprattutto si afferma, per la prima volta, una sanzione a carico dell'amministrazione inadempiente, che non rispetti i tempi del procedimento medesimo.
Inoltre, i gestori pubblici e privati dei servizi di pubblica utilità saranno tenuti a corrispondere agli utenti un indennizzo, in caso di mancato rispetto degli standard di qualità e quantità definiti e pubblicati nella carta dei servizi.
Da tutto ciò e da altre numerose disposizioni contenute nel provvedimento in esame, appaiono evidenti i benefici che cittadini e imprese otterranno dalla sua approvazione.
Per questo motivo, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur esprimo viva soddisfazione per il provvedimento in esame e annuncio che voteremo in modo convinto a favore (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.

AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, annuncio il voto favorevole del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sul provvedimento in esame.
La discussione che si è svolta e gli esiti di un lavoro proficuo - di cui va dato attoPag. 57al relatore, alla Commissione e alla disponibilità del Governo - hanno portato a definire un risultato positivo.
Non ci dobbiamo nascondere che il dibattito su questo tema è stato per lungo tempo segnato dal tentativo di individuare nei lavoratori e nelle lavoratrici della pubblica amministrazione, in una sorta di «caccia alle streghe», i responsabili dei mali del Paese, con l'invocazione di commissioni che dovessero magari sanzionare, decidere chi fossero i buoni e i cattivi, pensando che i problemi di funzionamento della pubblica amministrazione derivassero solo da tali problemi.
Invece, con un buon lavoro e con una buona discussione, si è evitato di scivolare su un terreno così povero, misero e sbagliato. Il lavoro positivo che abbiamo realizzato ha permesso di determinare interventi su più campi: snellimento di procedure e di iter, che possono quindi determinare una maggiore efficacia, un risparmio di tempi e una maggiore trasparenza nell'azione della pubblica amministrazione.
Per affrontare questi argomenti, si pone come un aspetto rilevante la necessità di affrontare i temi dei modelli organizzativi e delle responsabilità, a partire anche dai dirigenti della pubblica amministrazione, per approdare ad un corretto ed efficace modello organizzativo e di funzionamento e ad una capacità di misurare, in un rapporto con i cittadini, l'efficacia di tale azione. Infatti improvvisamente, nel corso del dibattito, dopo tanti anni in cui sembrava che qualsiasi ruolo pubblico e qualsiasi soggetto pubblico fossero sostanzialmente un ente inutile o un laccio inconcludente al dispiegarsi potente del mercato e della logica delle privatizzazioni totali, si è scoperto che il ruolo della pubblica amministrazione può essere centrale e strategico a due fini: da un lato, quello di facilitare politiche di sviluppo del Paese, senza che esse vadano a scapito anche di difese di interessi generali dei cittadini e, dall'altro lato, nel campo delle politiche sociali, di rendere servizi e prestazioni ai settori più deboli della società, garantiti appunto da un efficace, capace e spesso ammirevole ruolo di tanti lavoratori e lavoratrici che operano nei servizi pubblici.
Sono proprio i settori più deboli della società che hanno bisogno di queste risposte. Altri possono permettersi, pagando, di ricercarle sul mercato, in ben altre forme. Ai soggetti più deboli, invece, non è concessa tale possibilità. Pertanto, tutti abbiamo a cuore una maggiore efficacia e capacità di azione della pubblica amministrazione.
Stupisce positivamente - è successo, del resto, anche nel corso della discussione sul provvedimento in esame - che tanti sostenitori del «privato è bello» si siano accorti che il pubblico che funzioni e sia efficace sia un fattore importante per tutta la società.
Contemporaneamente a ciò, allora, invece che perdersi in «cacce alle streghe» contro i lavoratori e le lavoratrici, occorre affrontare il fatto che molti di coloro che operano e lavorano in questo settore, lungi dal vedere riconosciuto il proprio ruolo - in termini retributivi, di valorizzazione personale e di qualificazione professionale - si trovano sottoposti al ricatto di una sempre maggiore precarizzazione, di un'assenza di qualificazione o di una mancanza di riconoscimento delle proprie capacità professionali e del proprio lavoro.
Anche nel pubblico impiego, nell'attività dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego si pone un problema più generale che coinvolge tutta la società e tutto il mondo del lavoro dipendente: il superamento delle forme di precarietà, il riconoscimento in termini di crescita delle retribuzioni e di qualificazione professionale della loro opera e prestazione.
Ritengo che nel lavoro svolto abbiamo affrontato positivamente questi temi e abbiamo sconfitto invece - lo dico con sincerità - chi voleva spostare su un altro terreno la discussione. Le scelte che si sono realizzate, il contributo che tutti potremo dare alla realizzazione della legge e nel lavoro di costruzione di un processo che non sarà né breve né semplice, ma che dovrà essere condotto con fermezza per la riorganizzazione e il rilancio del ruolo delPag. 58settore pubblico, sono i motivi per i quali come gruppo voteremo in maniera convinta a favore del provvedimento.
Voglio anche sottolineare come riguardo al futuro del nostro Paese il lavoro svolto restituirà centralità alla qualificazione del ruolo del settore pubblico e a chi in esso ci lavora (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, vorrei annunciare in maniera convinta il voto favorevole del gruppo dei Verdi ad una legge così importante che arriva al voto conclusivo in questo ramo del Parlamento. Siamo soltanto a metà del percorso e ovviamente un lavoro impegnativo spetterà successivamente ai colleghi del Senato.
In questa occasione vorrei tuttavia ringraziare pubblicamente il collega Giovanelli, relatore del disegno di legge e delle proposte di legge abbinate, e dare atto al Ministro Nicolais e al sottosegretario Scanu di avere assiduamente e correttamente accompagnato il lavoro prima della Commissione affari costituzionali e poi dell'Assemblea. Si è trattato di un lavoro difficile, complesso e delicato in una materia che, come è stato ricordato da tutti colleghi che mi hanno preceduto, ha una grande importanza sia in rapporto a un miglior funzionamento, ad un modello maggiormente efficiente delle amministrazioni pubbliche sia soprattutto nei confronti dei cittadini, italiani e non, e delle imprese. Si arriverà, infatti, ad avere una riduzione degli oneri burocratici e verrà anche istituito un adeguato strumento come la commissione indipendente di valutazione dell'amministrazione pubblica.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono passati diciassette anni da una legge epocale come fu la legge del 7 agosto 1990, n. 241, approvata dal Parlamento nella X legislatura. Questi diciassette anni hanno messo in luce sì l'importanza di quella legge ma hanno anche evidenziato alcuni limiti, alcuni tentativi di aggiramento delle norme, alcuni ritardi, alcune inadempienze burocratiche e la necessità - era inevitabile - di un processo di modernizzazione e di maggiore efficienza anche in relazione ai nuovi strumenti informatici che nel frattempo si sono affermati non solo nel nostro Paese ma su scala planetaria.
Credo che sia giusto ricordare che, se il disegno di legge in esame - come mi auguro e come il gruppo dei Verdi si augura - verrà definitivamente approvato dal Senato, vi sarà la possibilità - per citare soltanto alcuni esempi - di ottenere la rimozione di quegli «aggiramenti» della legge n. 241 del 1990, che avevano impedito di garantire tempi certi per una risposta da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini e del sistema delle imprese, ottenendo altresì una riduzione dei tempi con la possibilità di deroghe eccezionali stabilite, non con regolamenti, ma solo attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Riveste una grande importanza anche il fatto che, quando questo provvedimento sarà approvato, avremo la certezza che, di fronte ai cittadini e alle imprese, la pubblica amministrazione avrà l'obbligo di mettere in rete tutta l'elencazione dei documenti necessari rispetto all'istanza degli interessati; in altri termini, la pubblica amministrazione dovrà far sapere prima cosa richiede, renderlo pubblico e dare certezza di diritto ai cittadini e all'imprese.
Un altro strumento di particolare importanza riguarda il protocollo informatico, che diventerà sempre più uno strumento fondamentale di trasparenza, consentendo la tracciabilità dell'iter di ogni provvedimento, con la possibilità di un commissariamento ad acta dell'ente risultato inadempiente. Si stabilisce, comunque, che entro centottanta giorni il protocollo informatico venga messo a regime.
Ho già citato all'inizio del mio intervento - e intendo ricordarlo ancora adesso - l'importanza di avere introdottoPag. 59un nuovo articolo (durante i lavori in Commissione tale disposizione era stata soppressa e, infine, fortunatamente e positivamente reintrodotta durante i lavori in Assemblea), allo stato indicato come articolo 10-bis (ma suppongo che diventerà l'articolo 11 del provvedimento), con il quale viene istituita una commissione indipendente per la valutazione delle amministrazioni pubbliche.
Non si tratta di pregiudicare in alcun modo il corretto rapporto con le organizzazioni sindacali nell'ambito del pubblico impiego, ma di fornire strumenti adeguati, efficienti ed efficaci per la valutazione della produzione della pubblica amministrazione.
Da ultimo, signor Presidente, vorrei ricordare che il provvedimento in esame è di particolare importanza anche perché comporta una grande estensione dei principi già originariamente contenuti nella legge più volte citata n. 241 del 1990. Questa nuova legge, infatti, si applicherà non soltanto a tutte le amministrazioni pubbliche, ma anche a tutti gli enti pubblici nazionali fornitori di servizi, nonché alle società private che gestiscono servizi pubblici locali.
Quindi, se il provvedimento dopo la prima lettura - mi auguro con un ampio consenso da parte della Camera dei deputati - potrà completare il suo iter anche nell'altro ramo del Parlamento, avremo, certo con gradualità e con un procedimento impegnativo, come è stato ricordato da chi mi ha preceduto, un forte ed importante impulso al processo di modernizzazione, di efficienza e di trasparenza dell'amministrazione pubblica, e soprattutto un grande impulso alla riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese.
Per tali ragioni confermo convintamente il voto favorevole del gruppo dei Verdi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ci troviamo al voto finale, in questo ramo del Parlamento, sul provvedimento n. 2161, che abbiamo seguito con attenzione in Commissione e che abbiamo discusso con interesse in Assemblea, perché mira ad ottenere risultati importanti almeno per quanto riguarda il funzionamento e l'efficienza dell'amministrazione pubblica e, quindi, anche risultati importanti per quanto concerne l'interesse diretto dei cittadini, che giustamente chiedono efficienza alla pubblica amministrazione.
Noi - come abbiamo già avuto modo di affermare sia durante la discussione sulle linee generali sia in tanti altri interventi, di chi vi parla, del collega Garavaglia, del collega Cota e in modo particolare del collega Fava - abbiamo ritenuto che il provvedimento in esame potesse rappresentare un gesto positivo rispetto ai risultati che si intendono perseguire, in altre parole un indirizzo giusto da seguire. Tuttavia, riteniamo questo provvedimento insufficiente.
Dire insufficiente non significa bocciare il provvedimento, serve solamente come stimolo al Governo e a tutti noi, anche per riflettere sulle necessità ulteriori della nostra pubblica amministrazione in termini di interventi legislativi, anche se, spesso, pur in presenza di norme precise e puntuali, i risultati non si ottengono perché, magari, non vi è una particolare attenzione o dedizione alla propria attività lavorativa da parte del dipendente pubblico. Con ciò non voglio dire, naturalmente, che tutti i dipendenti pubblici agiscono allo stesso modo. Tuttavia, ritengo che questo provvedimento vada comunque nella giusta direzione.
Non voglio dilungarmi troppo. Ritengo che in questa sede sia necessario ribadire la posizione già espressa durante la discussione sulle linee generali e, quindi, per quanto riguarda il voto finale, ribadire il convincimento della Lega Nord Padania di dover esprimere un voto di astensione e invitare il Governo a fare di più. Infatti, la strada che ha intrapreso il Ministro Nicolais è quella giusta; vi sono muri che devono essere abbattuti e se ci mettiamo tutti insieme, con il piccone, probabilmentePag. 60riusciamo anche ad abbatterli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Buffo. Ne ha facoltà.

GLORIA BUFFO. Signor Presidente, siamo tutti consapevoli, in quest'Aula e anche al di fuori, quanto sia importante la pubblica amministrazione. Infatti, non vi è società, non vi è economia, né vi sono diritti esigibili che non abbiano bisogno di una buona amministrazione pubblica e quest'ultima è davvero buona quando è efficiente, semplice, trasparente, imparziale e, dunque, giusta.
Quando è così, non si risponde solo al bisogno di un Paese di essere competitivo, ma al bisogno - altrettanto, se non più importante - di rendere un servizio alla democrazia. Infatti, quando la cosa pubblica è degna di stima e di cura da parte dei cittadini e anche di chi vi opera, la democrazia gode sicuramente di salute migliore; e la democrazia a noi sta a cuore quanto e più della competitività.
Il provvedimento oggi in esame è ispirato ad un principio forte che credo sia anche popolare, ossia quello che afferma: «meno burocrazia, più responsabilità». Non stiamo parlando di uno slogan, ma di una scelta di fondo che si traduce in modifiche concrete e positive. Si prevedono, infatti, tempi certi per le procedure e responsabilizzazione dei dirigenti delle singole amministrazioni; si sceglie di garantire una trasparenza che oggi, a volte, non c'è e si stabiliscono norme che prevedono anche il risarcimento di un eventuale danno agli utenti che vengono penalizzati da un cattivo funzionamento dell'amministrazione. Inoltre, come è stato già ricordato, tali principi si estendono anche ai gestori dei servizi di pubblica utilità.
Oggi lo sappiamo tutti: troppi italiani ogni giorno devono ingaggiare un «corpo a corpo» faticoso con l'organizzazione della macchina pubblica, anziché potersene avvalere. Questa organizzazione in troppi casi è arretrata, barocca, ridondante e noi dobbiamo riformarla. Dirò di più: riformarla è un gesto di rispetto verso i cittadini e una necessità per l'economia, ma è anche una manutenzione di quella cosa pubblica senza la quale - e lo sanno tutti, appena si tolgono i panni dei propagandisti del libero mercato autosufficienti - non si è né moderni, né giusti.
Detto ciò, ha fatto bene il mio gruppo, insieme ad altri, a respingere l'idea - per nulla riformatrice, anzi decisamente declamatoria - che questa riforma potesse essere fatta a danno di chi lavora nell'amministrazione pubblica. È un'idea sbagliata e improduttiva. Abbiamo bisogno, invece, di un'alleanza che si fa forte dell'impegno e della responsabilizzazione di coloro che, ogni giorno, fanno vivere centinaia di migliaia di postazioni dove lo Stato e il cittadino si incontrano.
Come sa chi ha seguito il dibattito, si è discusso molto della commissione di valutazione. Il nostro gruppo, insieme ad altri, si è impegnato perché la proposta iniziale fosse cambiata ed è stato così, con il contributo di tutti.
La richiesta era fondata, perché la commissione, per avere un senso e conseguire risultati, doveva essere davvero autonoma, ma all'inizio quella terzietà non era garantita.
Non doveva essere l'ennesima authority, ma nella prima versione i caratteri erano quelli di un'authority; non doveva essere inverosimile, ovvero promettere a tutto il mondo che cinque soloni avrebbero medicato i guai della pubblica amministrazione, e anche qui si è operata una correzione; la commissione non poteva cozzare contro ambiti di autonomia delle regioni e degli enti locali e abbiamo cercato, anche in questo caso, di porre rimedio.
Non si tratta, naturalmente, di allontanarsi neanche di un millimetro dall'obiettivo della trasparenza e dell'efficienza, ma per centrare il bersaglio ci vogliono gli strumenti giusti. Mi sembra che insieme, in molti, abbiamo contribuito anche a migliorare il testo in altri punti più specifici e abbiamo respinto, secondoPag. 61me operando bene, la modifica proposta da una parte della destra che voleva rendere incompatibile la funzione dirigenziale nell'amministrazione pubblica e l'iscrizione al sindacato. Si trattava di una misura lesiva di una libertà fondamentale, che nulla ha a che vedere con l'imparzialità richiesta a chi lavora nell'amministrazione pubblica.
Un bene di tutti al servizio di tutti: questa è l'amministrazione in un Paese civile e moderno e mi pare che stiamo cercando, senza la pretesa di fare miracoli, di avvicinarci a questo obiettivo. Il provvedimento che ci accingiamo a votare questa sera va nella giusta direzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,25)

GLORIA BUFFO. Vorrei solo ricordare che per centrare appieno questo scopo occorrono anche risorse adeguate. Bisognerà trovarle, bisognerà mettere in moto molte energie, coinvolgere tutti gli attori e ci vorranno i finanziamenti necessari, altrimenti le riforme avranno il fiato corto.
Questa è soltanto la prima puntata di una storia che deve vederne altre, a partire da un investimento nella formazione. I Paesi moderni di solito fanno così: investono e riformano; i risparmi arrivano dopo.
Sarebbe bello e particolarmente utile, credo, onorevoli colleghi, che noi legislatori considerassimo sempre che, per semplificare la vita ai cittadini e alla nazione, oltre ad un'amministrazione efficiente, occorre anche una legislazione snella. Oggi non è così e a volte la moltiplicazione degli oneri burocratici nasce proprio dalle leggi che scriviamo e approviamo.
Credo che, mentre si fanno le riforme che stanno a cuore agli italiani, dobbiamo provare a riformare noi stessi, cambiando in meglio il nostro modo di lavorare. Uno sforzo in questa direzione sarebbe, credo, molto apprezzato dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, l'UDC si asterrà su questo provvedimento, perché ravvisa in alcune disposizioni una serie di apprezzabili miglioramenti, ad esempio in materia di riduzione dei termini e di conclusione del procedimento amministrativo, anche se solleva qualche dubbio sulla circostanza per cui la norma, per quanto generale, subisce delle eccezioni con i decreti del Presidente del Consiglio che individuano quei procedimenti per cui il termine può essere allungato o sfuggire e così via, il che attribuisce all'Esecutivo e al Presidente del Consiglio un potere discrezionale nell'ambito dell'applicazione di una norma di diretta attuazione costituzionale.
Riteniamo apprezzabile il potenziamento della tutela risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, che è una norma innovativa, importante, di cui va dato atto al Ministro, al sottosegretario e all'intero Governo.
Riteniamo, altresì, risibile l'introduzione della multa, che è un costo inutile per i cittadini e per le amministrazioni, nella formulazione contenuta nel testo che ci accingiamo a votare. Vorrei motivarne le ragioni in via di estrema sintesi: da un lato, non credo che ci saranno tanti cittadini disponibili a pagare un avvocato per fare applicare una multa, nella sua sanzione massima, pari a 250 euro; dall'altro lato, ritengo che la responsabilità dell'amministrazione o del funzionario sia una responsabilità formale ravvisabile oggettivamente in tante amministrazioni, sicché il costo non ricade sul funzionario inadempiente ma sulle amministrazioni e, quindi, sui cittadini.
È stato posto un rimedio in sede di esame in Assemblea, con la trasmissione degli atti alla competente procura regionale della Corte dei conti, ma in realtà il meccanismo migliore sarebbe stato quello di agevolare e ampliare quanto più possibile la sfera del silenzio-assenso. Infatti, ciò di cui il cittadino ha bisogno è unaPag. 62risposta efficiente da parte dell'amministrazione, e non una multa applicata da un giudice amministrativo.
Riteniamo apprezzabili le modifiche introdotte - anche queste innovative - al codice dell'amministrazione digitale e le disposizioni sul protocollo informatico, anche se riteniamo inadatte e insufficienti le risorse soprattutto per gli enti locali, che sono chiamati più degli altri ad adeguare la propria piattaforma informatica alle esigenze di un dialogo con l'amministrazione dello Stato.
Riteniamo, altresì, apprezzabili i miglioramenti introdotti in materia di accesso agli atti amministrativi e i miglioramenti e l'estensione di alcune norme che creano meccanismi virtuosi per quanto riguarda gli enti locali: mi riferisco a quelle riguardanti il taglio delle consulenze e il freno all'utilizzo indiscriminato di società miste e partecipate o controllate, che sono fonte di spreco di risorse. Di tutto ciò va dato atto ai colleghi dell'Italia dei Valori, a quelli dell'UDC, per la battaglia condotta a tal fine, al Governo e agli altri colleghi che si sono mostrati disponibili ad appoggiare questo tipo di proposte.
Riteniamo utile l'introduzione di un altro istituto: mi riferisco all'ipotesi di una responsabilità dirigenziale. Riteniamo, però, insufficiente la norma - e questa è una delle ragioni per le quali ci asteniamo - perché bisognava avere il coraggio di fare un passo in più. Occorreva, cioè, decontrattualizzare la fattispecie e non affidare ai contratti collettivi la definizione della stessa. Anche oggi, ad esempio, il meccanismo con cui si definisce il trattamento accessorio alle cosiddette indennità di risultato (che avrebbe dovuto incentivare la produttività dei dirigenti o dei quadri, essendo stato affidato alla contrattazione collettiva) di fatto ha diluito il sistema delle responsabilità, i parametri e gli standard di valutazione dell'efficienza dei singoli dirigenti e delle strutture amministrative. Ciò vale anche con riguardo alla materia (ma questo è un tema che dovremo affrontare ancor di più e ancor meglio, non avendolo potuto fare in questa sede) delle responsabilità dirigenziali dei dirigenti degli enti locali che siano stati dichiarati in dissesto. Infatti, non è possibile - signor Ministro, lei lo sa meglio di me - che gli amministratori degli enti dissestati o dichiarati in dissesto finanziario giustamente subiscano la sanzione della ineleggibilità, mentre i dirigenti degli enti che vengono dichiarati in dissesto finanziario o strutturalmente deficitari non subiscono alcun tipo di sanzione, anzi continuano a percepire i premi di produttività anche quando il frutto di tale produttività è stato il fallimento dell'ente locale che dirigono.
Non condividiamo la modifica al ricorso straordinario, per quanto riguarda l'abbreviazione dei termini. Dal nostro punto di vista non ha senso, considerato che comunque, com'è noto, i termini per la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato non subiscono la sospensione feriale; quindi, l'idea della riduzione penalizza le parti e i dipendenti pubblici, nel momento in cui si restringe l'ambito degli atti impugnabili con ricorso straordinario in materia di pubblico impiego.
Siamo perplessi anche sulla circostanza che la giurisdizione in materia di pubblico impiego sia stata trasferita dal giudice amministrativo al giudice del lavoro. Lo dico perché non credo che ciò abbia prodotto risultati significativamente positivi, né nei confronti dei lavoratori né nei confronti della pubblica amministrazione: tutt'altro!
Infine, la ragione reale, fondamentale, principale per la quale non possiamo - anche se lo vorremmo - esprimerci favorevolmente sul provvedimento in esame nasce dalla mancata introduzione di una vera e propria autorità indipendente per il controllo della pubblica amministrazione.
Apprezzo lo sforzo compiuto dal Ministro, apprezzo meno - lo dico con la stima e la franchezza che credo sia solita dalle nostre parti - il risultato finale. Una commissione interna al CNEL rende ancora più inutile la discussione in ordine a tale organo. Essa, inoltre, non ha alcun potere reale di incidenza: non è nemmeno un organo ausiliario per le pubbliche amministrazioniPag. 63per definire ad esempio piattaforme contrattuali, standard e parametri che possano essere presi a modello per definire gli indici di misurazione dell'efficienza delle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali; infine, essa non ha alcun potere penetrante per individuare singoli casi di responsabilità, di inefficienza e di malaffare.
Avremmo inoltre gradito che venisse colto il senso e lo spirito della proposta che l'UDC aveva presentato, quella cioè di attribuire a questa autorità indipendente (la cui composizione non può essere quella che si prevede nel testo, anch'esso poco indipendente, per così dire) anche le competenze e le funzioni dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione: un organo sconosciuto ai più, sia nella precedente che nell'attuale legislatura, che credo non abbia prodotto alcun risultato utile per la comunità, se non quello di aumentare il numero dei posti e degli stipendi. Credo peraltro che l'assorbimento di tali funzioni da parte di questa autorità avrebbe anche costituito uno stimolo a costruire un modello di controllo a trecentosessanta gradi della pubblica amministrazione.
In conclusione, l'altra ragione per la quale non possiamo ritenerci soddisfatti del testo al nostro esame è lo zibaldone delle deleghe e delle materie estranee che esso presenta. Non credo che un tema serio come quello che è stato proposto dal Ministro Nicolais - la semplificazione amministrativa - possa essere «imbastardito», lo dico tra virgolette, da questioni che non hanno nulla a che vedere con la semplificazione, anche se così sono state definite: mi riferisco alle deleghe sui servizi aeroportuali, sulle commissioni mediche per il rilascio delle patenti, sulle adozioni internazionali o sulle singole disposizioni anagrafiche che vengono più o meno migliorate. Tutto ciò rende infatti meno percepibile il senso innovativo e l'efficienza della proposta.
Su tale tema potremo comunque tornare a discutere, magari anche attraverso un'indagine conoscitiva ad hoc, che proporremo in Commissione affari costituzionali, sullo stato della pubblica amministrazione che noi ci ostiniamo a considerare in tutte le sue articolazioni, come precisato all'articolo 114 della Costituzione, vale a dire regioni, province ed enti locali, che non fanno qualcosa di diverso da quel che fa lo Stato. L'articolo 97 della Costituzione si applica, volenti o nolenti, a tutti: non vi sono Stati negli Stati, e non si può prevedere un passaggio ulteriore, mi riferisco alla Conferenza Stato-regioni-autonomie locali, per applicare leggi che sono di diretta attuazione di principi indefettibili sanciti nella Carta costituzionale.
Per tali ragioni, signor Presidente e signor Ministro, preannunzio che su questo provvedimento, saremo costretti, nostro malgrado, ad astenerci.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevoli membri del Governo, l'odierno provvedimento all'esame della Camera dei deputati testimonia finalmente l'intervento del legislatore in un ambito nevralgico del nostro sistema giuridico, quello del funzionamento della pubblica amministrazione. In tale ambito è forte la necessità di assicurare, dopo anni di inerzia, un'adeguata modernizzazione e di conseguire un apprezzabile livello di efficienza. È dunque evidente che, a fronte della sentita esigenza di fornire un deciso impulso alla modernizzazione della nostra amministrazione, un intervento legislativo quale quello in esame non può che configurarsi già di per sé come assolutamente positivo.
Ciò detto in linea generale, riteniamo che il provvedimento oggi all'esame della Camera presenti indubbi aspetti positivi, anche dal punto di vista concreto: rappresenta infatti un segnale davvero positivo il fatto che, per ciò che attiene alla disciplina del procedimento amministrativo, ci si ponga in una posizione di sostanziale continuità giuridica rispetto al percorso diPag. 64riforma del nostro impianto amministrativo avviato con l'entrata in vigore dell'ormai ben nota legge n. 241 del 1990.
In tale contesto, fermo restando quanto già evidenziato in sede di discussione sulle linee generali, sono varie le innovazioni o modificazioni degne di una positiva menzione.
Innanzitutto, segnalo la previsione rigorosa di un termine di carattere generale - volutamente esiguo - per la conclusione dei procedimenti amministrativi, rafforzata dal principio della assoluta eccezionalità di termini più ampi di quello generale.
Apprezziamo, inoltre, la previsione di un obbligo risarcitorio per i casi di danno ingiusto derivante al cittadino dalla violazione - dolosa o colposa - del termine per la conclusione del procedimento amministrativo, e ciò indipendentemente dalla spettanza al cittadino del beneficio derivante dal provvedimento richiesto.
Egualmente positivo, al fine di rendere più efficiente l'operato della pubblica amministrazione, risulta il processo di progressiva responsabilizzazione delle figure del responsabile del procedimento e del dirigente di riferimento. Per quest'ultimo, il disegno di legge in esame prevede, peraltro, un rigoroso regime di dirette responsabilità e di sfavorevoli correlate conseguenze in caso di inadempienza da parte della pubblica amministrazione rispetto ai propri obblighi di legge.
Rispetto a tale ultimo aspetto riteniamo, tuttavia, opportuno osservare come, pur ritenendosi doverosa la conferma della responsabilità dirigenziale anche in tale peculiare settore, sia però preliminarmente necessario che il dirigente sia realmente posto nella condizione - sia a livello strutturale sia a livello funzionale - di poter effettivamente adempiere alle prescrizioni di legge in tema di procedimento amministrativo.
Passando agli aspetti di criticità del testo in questione, analizzati nel dettaglio in sede di discussione sulle linee generali, esprimiamo perplessità per la riduzione del termine previsto per la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato.
In luogo di tale modificazione, infatti, sarebbe stato presumibilmente preferibile stabilire termini di carattere perentorio per l'emissione del necessario parere da parte del Consiglio di Stato. Non possiamo che ribadire le nostre perplessità, del resto già espresse in sede di discussione sulle linee generali, rispetto alla previsione nel nostro ordinamento di una commissione o autorità indipendente per la valutazione delle amministrazioni pubbliche: non se ne sentiva veramente il bisogno! Riteniamo infatti che la stessa, oltre a porre in essere l'ennesima ed assai onerosa - a livello finanziario - autorità indipendente, sia in realtà semplicemente destinata ad arricchire il quadro pletorico di enti di tale genere già esistenti nel nostro ordinamento.
Infine, ancorché si tratti di norme di buon senso e dunque di per sé condivisibili, dobbiamo rilevare la frammentarietà delle innovazioni legislative previste dalle ultime disposizioni del disegno di legge, assolutamente disomogenee rispetto al tenore generale del disegno di legge in questione, e pertanto meritevoli di una separata disciplina.
In conclusione, riteniamo comunque che il disegno di legge al nostro esame rappresenti effettivamente un'innovazione dotata di indubbio pregio, proprio per l'espressa finalità di porre le basi per consentire finalmente al Paese un importante passo in avanti nel processo di modernizzazione della pubblica amministrazione.
Un positivo intervento, peraltro, consentirà altresì di estendere efficacemente nei confronti del crescente numero di soggetti privati, gestori del servizio di rilievo pubblicistico, tutte le garanzie di carattere procedimentale previste dalla normativa sul procedimento amministrativo.
Un cammino di rinnovamento e di modernizzazione della pubblica amministrazione che, inoltre, potrà senz'altro trovare, nel tentativo, operato dal testo inPag. 65esame, di favorire finalmente la piena digitalizzazione degli atti e dei documenti dei procedimenti amministrativi, un effettivo presupposto, oltre che un adeguato supporto.
Per tutte le menzionate ragioni, il gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani preannunzia il proprio voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, preannunzio a nome del mio gruppo l'espressione del voto contrario sul provvedimento in esame che cercherò di riassumere in pochissimi minuti. In effetti, il tema è importante. Quando si sente parlare di modernizzazione, efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese verrebbe da dire: qualunque cosa venga disposta al riguardo, non può che essere utile ed importante!
Invece, noi critichiamo quelle tiepide e poco incisive misure per ridurre e rendere certi i tempi dell'azione amministrativa, e diminuire il peso della burocrazia per i cittadini e le imprese.
Si doveva e si poteva fare di più!
In particolare, secondo tale disegno di legge, che prevede che le amministrazioni siano tenute a definire ed a rendere pubblici i tempi per la conclusione delle pratiche, con periodi certi e con tempi massimi da rispettare e soprattutto con piani per la riduzione dei tempi che le amministrazioni si devono dare, sembrerebbe che l'impegno sia giustamente teso all'efficienza della pubblica amministrazione. Tuttavia, quando ci concentriamo sull'aspetto del risarcimento e sul fatto che le amministrazioni inadempienti sono tenute a risarcire il danno provocato dal mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento e che tale questione è di competenza di un giudice amministrativo, viene spontaneo sostenere che per il cittadino è necessario ricorrere ad un avvocato. Dunque, ecco la pletora e la congestione. Non vi è semplificazione, ma burocratizzazione; vi sono oneri che, comunque, i cittadini inizialmente devono sopportare. Inoltre, insieme al risarcimento del danno le amministrazioni e gli enti locali sono sanzionati per il ritardo con una multa a favore del cittadino. Sembrerebbe un fatto ovvio, ma al cittadino occorre un legale.
Si dispone che l'entità della multa e le modalità del pagamento siano stabilite con regolamento che deve emanare il Presidente del Consiglio o con regolamenti delle regioni e province. Sembrerebbe, inoltre, che anche i gestori pubblici e privati di pubblico utilità, ossia i gestori dei servizi relativi all'acqua, alla luce, al telefono, al gas, siano tenuti a corrispondere agli utenti un indennizzo automatico e forfettario in caso di mancato rispetto degli standard di qualità e di quantità definiti e pubblicati nella carta dei servizi e addirittura che l'indennizzo possa essere anche detratto dalla bolletta. Il ragionamento che vi presento e a cui vi vorrei, in sintesi e in conclusione, condurre è questo: ma gli enti locali e le amministrazioni sono effettivamente in grado di portare avanti l'impegno previsto da tale disegno di legge, che modifica la grande legge che i padri della Repubblica, della prima Repubblica, ci hanno lasciato, ossia la legge n. 241 del 7 agosto 1990? Sono in grado di farlo? Nel disegno di legge si parla di dirigenti, ma nel 42 per cento dei comuni italiani non vi sono dirigenti, perché si tratta di piccoli comuni con dipendenti responsabili di area e senza adeguate figure professionali. Fate attenzione, perché in Italia vi sono 1.970 comuni con popolazione fino a mille abitanti. I comuni con popolazione compresa tra i mille e i duemila abitanti sono 1.652. I comuni con popolazione fino a diecimila abitanti costituiscono l'86,5 per cento dei comuni italiani e non hanno dirigenti. Pertanto, tale disegno di legge non presenta copertura economica perché si ripercuote sugli enti locali. Gli enti locali devono pagare e sono i cittadini che devono ricorrere ad un legale e sono perciò i comuni che non riescono a sopportare,Pag. 66con i loro dipendenti, il carico che il provvedimento in esame gli attribuisce in termini di modernizzazione e di efficienza, perché non hanno un apparato. Questi comuni sono troppi, non organizzati e con uffici obsoleti. Non possiamo adottare una legge contro natura.
In merito all'efficienza della pubblica amministrazione, l'Italia è al terzultimo posto della zona euro. Vediamo cosa fanno gli altri Paesi e ci renderemo conto che le nostre imprese non sono competitive rispetto a quelle straniere, ma sono bloccate dalla pletoricità, dalla burocratizzazione che le sta opprimendo.
Il provvedimento in esame non le libera, anzi impedisce loro, ancora di più, di effettuare una politica di competitività non solo a livello nazionale ma, soprattutto, internazionale.
Allora, se è vero come è vero che in Italia abbiamo l'86 per cento di comuni sotto i diecimila abitanti senza dirigenti, come si fa a prevedere in una legge che siano i dirigenti a pagare con il salario accessorio una loro mancanza? Poi è sempre Pantalone a pagare: ossia gli enti locali che, è vero, risarciranno il danno, ma poi dovranno tassare i propri cittadini, con un circolo vizioso che vede soccombere unicamente questi ultimi.
Infine, si poteva prevedere nel provvedimento (e non si è voluto farlo) una continuità con la legge n. 554 del 1988 ed il D.P.C.M. n. 325 del 1988, nei quali si parlava di mobilità volontaria, regolamentata per legge, per favorire i processi di mobilità volontaria all'interno delle pubbliche amministrazioni. Ciò avrebbe permesso nelle amministrazioni con esuberi e squilibri di utilizzare meglio ed in misura maggiore i dipendenti pubblici, trasferendo coloro che si girano i pollici tutto il giorno, cercando di farli utilizzare da altre amministrazioni.
Si era iniziato nel 1988, ma non si è voluto procedere su questa strada, perché si è voluto perpetrare il clientelismo nelle pubbliche amministrazioni, continuando ad effettuare assunzioni. Pertanto, per la mancanza di mobilità volontaria e, ovviamente, di copertura finanziaria e per il fatto che si è voluto attribuire ai comuni la responsabilità ed il danno che subiscono i cittadini, non possiamo esprimere il nostro voto favorevole sul provvedimento e, anzi, diciamo un «no» forte e chiaro perché si doveva e si poteva fare di più.
Abbiamo perso un'occasione importante che ci poteva rilanciare anche tra i Paesi della zona euro. Siamo ancora il fanalino di coda: cresciamo meno degli altri Paesi della zona euro. Vi è anche una spiegazione: se tali sono le leggi che approviamo non possiamo assolutamente crescere ed è per questo che siamo condannati ad essere il ventisettesimo Paese dell'Unione europea, sempre più distante dal penultimo e quindi pronto a retrocedere.
Quindi, per tali motivi, manifestiamo la nostra contrarietà, a differenza di molti altri colleghi che hanno visto il bicchiere mezzo pieno. Noi non solo non lo vediamo mezzo pieno, ma lo vediamo completamente vuoto per i numeri che ho riportato. Si tratta di dati statistici che ognuno di voi può verificare. Il provvedimento in esame non porterà alcun beneficio in termini di sburocratizzazione, di modernizzazione e, soprattutto, di riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese. Sono stati solamente spostati sulle pubbliche amministrazioni, anche in riferimento al fatto che ognuno si deve poi rivolgere ad un legale, lo deve pagare e via seguitando.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, l'Italia dei valori voterà a favore del provvedimento in esame. Lo avrebbe fatto anche se fosse rimasto invariato. Lo fa con maggior convinzione dopo l'esame dello stesso in Assemblea e l'accoglimento di numerosi emendamenti, nostri e di altri colleghi di maggioranza e di opposizione. Penso all'estensione alle società pubbliche di tutti gli obblighi relativi al procedimento amministrativo quando si trovino ad esercitare un'attività amministrativa. SiPag. 67tratta di un rapporto nuovo fra tali società ed i cittadini. Penso all'invio alla Corte dei conti delle sanzioni comminate alla pubblica amministrazione per il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo, funzionale all'accertamento della responsabilità individuale.
Penso al blocco delle consulenze delle società pubbliche che non abbiano prima verificato se negli organici dell'ente locale azionista esistano o meno corrispondenti professionalità. Penso all'estensione a tali società degli obblighi previsti dal codice dell'amministrazione digitale: esse dialogheranno con i cittadini attraverso la rete Internet, saranno più trasparenti, i loro dati e le informazioni in loro possesso saranno accessibili per i cittadini e, soprattutto, per le imprese.
Resta il rammarico per una proposta emendativa che vietava la costituzione di società in house, laddove l'ente locale non avesse garantito il contestuale trasferimento del personale dipendente. Sappiamo, infatti, che in moltissimi casi tali società sono nate per la gestione di un servizio pubblico, hanno avuto in acquisizione un ramo d'azienda come avviene nel diritto privato, dove però il ramo d'azienda è costituito oltre che dalle attività, dai beni e dalle attrezzature, anche dal personale.
Avevamo presentato una proposta emendativa per impedire che tale attività diventasse uno strumento surrettizio di proliferazione di assunzioni clientelari. Si trattava di una proposta che andava nella direzione del contenimento dei costi della pubblica amministrazione. Abbiamo riscontrato un parere contrario della V Commissione bilancio, che francamente ancora oggi non sono riuscito a comprendere.
Resta, tuttavia, un giudizio positivo - lo ribadisco - per la piccola, ma significativa, rivoluzione culturale che il Ministro Nicolais e il relatore hanno saputo mettere in campo con questa importante riforma. Nel dibattito, anche poco fa, qualcuno ha messo in discussione l'utilità di una sanzione che raggiunge al massimo l'importo di 250 euro. Altri, durante il dibattito sulla proposta emendativa hanno messo in discussione l'utilità dell'invio degli atti alla Corte dei conti (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, il tempo lo controlla la Presidenza e per svolgere il suo intervento il collega ne ha ancora a disposizione.

CARLO COSTANTINI. Tuttavia, per noi del gruppo Italia dei Valori non è importante la misura della sanzione, ma il fatto che per la prima volta nella pubblica amministrazione siano stati introdotti due principi che operano automaticamente, senza filtri, né controlli sindacali.
Il primo principio che il provvedimento in esame introduce è che «chi sbaglia, paga». Il dirigente che non evade nei termini l'istanza del cittadino o di un'impresa paga perché la sanzione viene comminata alla pubblica amministrazione, che invia gli atti alla Corte dei conti, affinché persegua il responsabile. Credo che tale cambiamento, al di là del dato quantitativo, marchi un'inversione di tendenza, un salto di qualità nei rapporti tra pubbliche amministrazione, cittadini ed imprese.
Il secondo importantissimo aspetto introdotto per la prima volta dal provvedimento in esame è legato all'affermazione del merito, anche in questo caso senza filtri, né verifiche, né tentennamenti. Il dirigente che svolge il suo dovere e conclude nei termini il procedimento percepisce l'indennità di risultato. Il dirigente che non lo fa perde il diritto di percepire l'indennità accessoria.
Tali aspetti uniti alla previsione di una commissione per la valutazione dell'efficacia dell'azione amministrativa (debole rispetto alle nostre aspettative, ma che comunque rappresenta un principio) costituiscono secondo noi davvero un salto di qualità importantissimo. Debbo dire che questo salto di qualità è stato possibile anche grazie al contributo di colleghi dell'opposizione, a dimostrazione di come, per vincere le resistenze, per attuare riforme più importanti nell'interesse del Paese, sia necessario mettere in campo lePag. 68intelligenze di tutti, di centrodestra e di centrosinistra.
Per tali ragioni, è con convinzione che il gruppo Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baldelli. Ne ha facoltà (Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, se avessi qualcosa di scritto consegnerei il testo, ma per la «gioia» dei colleghi di Alleanza Nazionale non ce l'ho!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, consentite al collega Baldelli di intervenire.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, proprio oggi un'agenzia di stampa dice che per pagare una fattura alle imprese che lavorano con la pubblica amministrazione servono 839 giorni. È ovvio che un provvedimento di modernizzazione della pubblica amministrazione, che avrebbe come obiettivo ridurre i tempi e migliorare l'efficacia del sistema, dovrebbe andare a incidere su tali aspetti e non su altri. Abbiamo visto che ci sono deleghe e materie sostanzialmente estranee.
Se è vero, come dice il presidente Violante, che un provvedimento che riguarda la pubblica amministrazione per sua natura va a toccare trasversalmente diversi argomenti, è anche vero che probabilmente ha facoltà di toccarli non tanto con le deleghe e con interventi di merito, quanto piuttosto con elementi di struttura e con la riduzione dei termini. Su questo tema abbiamo già manifestato e continueremo ad esprimere le nostre perplessità.
È stata fatta una scelta di equilibrismo, Ministro Nicolais, perché parlare di pubblica amministrazione significa rendere più efficiente la macchina attraverso il personale della stessa. Tale equilibrismo si è mosso tra la posizione del sindacato, che purtroppo - come sostiene a ragione Luca di Montezemolo - ha tutelato a volte sacche di inefficienza, e una politica che, almeno a livello teorico, ricalca le posizioni efficientiste e rigoriste del professore Ichino e di altri. Si tratta di una politica equilibrista tra questi due opposti estremi che ci fa pensare che ci sia una dicotomia per cui quando sui giornali leggiamo le dichiarazioni del Ministro Nicolais ci sembra di leggere le interviste del professor Pietro Ichino, mentre quando lo vediamo invece all'opera nei fatti ci sembra che sia Epifani, perché alla fine l'appiattimento sul sindacato appare completo e totale.
Si tratta di un'occasione persa dalla sinistra per quanto riguarda le collaborazioni esterne e la riduzione dei cosiddetti comma 6 che riguardano la dirigenza; sono aspetti che potevano essere inseriti nel provvedimento, ma così non è stato. Qualcuno si è ispirato a Pietro Ichino; mi riferisco in particolare ai colleghi della Rosa nel Pugno, che però non hanno avuto il coraggio di dire «no» ad una proposta poco coraggiosa giunta alla fine di questo esame, relativa alla commissione cosiddetta «antifannulloni». Quest'ultima partiva da una proposta tutt'altro che entusiasmante formulata dal Ministro, ma almeno si prevedevano alcune sanzioni all'interno della prima formulazione, nel testo iniziale presentato dal Ministro Nicolais, ma su diktat del sindacato è stata soppressa. Quest'ultima versione non solo ci lascia perplessi ma, lo ripetiamo, è l'ennesima espressione di equilibrismo.
Sulla pubblica amministrazione abbiamo molto da fare, signor Ministro: ci sono le questioni che riguardano il licenziamento dei dipendenti fannulloni, il controllo effettivo delle presenze e quindi la lotta all'assenteismo, tante iniziative. Cito Pietro Ichino, anche in ordine alla sua proposta di incentivazione all'uscita degli anziani: «incentivando ad andare via gli anziani in quanto tali, si rischia che se ne vadano solamente gli anziani migliori, quelli che trovano più facilmente qualcun altro per cui lavorare. Cosa trattiene il Governo dal dirigere, invece, le proprie forbici verso i casi assolutamente indifendibili? L'opinione pubblica è ormai sensibilissima su questa materia, per ragioni di equità prima ancora che di efficienza.Pag. 69Se non sarà questo Governo a voltare pagina in modo deciso rispetto a decenni di inerzia, dei quali la politica porta una pesantissima responsabilità, su questo terreno si giocherà probabilmente gran parte della prossima campagna elettorale».
È evidente che la prossima campagna elettorale, di fronte all'assenza di coraggio e a questo equilibrismo che il Governo cerca di mettere in campo, noi la faremo anche su questo argomento.
Vede, signor Ministro, l'11 giugno del 2006, la contorsionista americana Leslie Tipton, a Madrid, riuscì a mettere con i piedi sei uova in altrettanti portauova in 57 secondi. Ora il «contorsionismo» del Governo può cercare di eguagliare questa specie di guinness, però Ministro, ci dia retta: se qualche uova bisogna romperla, rompiamola nell'interesse dei cittadini per maggiori servizi e per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione. Facciamoci un po' di coraggio in più. Preannuncio l'astensione del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Incostante. Ne ha facoltà.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, questo provvedimento riguarda la pubblica amministrazione, la sua riforma, la sua modernizzazione. Noi siamo interessati a inquadrarlo soprattutto all'interno di un disegno generale, perché puntiamo sulla modernizzazione della pubblica amministrazione e crediamo che essa rappresenti un valore fondamentale per la crescita del Paese, perché la pubblica amministrazione pesa sul nostro prodotto interno lordo quanto l'industria.
Tutti possono comprendere che un processo di modernizzazione è cruciale per la crescita. Non possiamo permetterci di agire su due livelli: da una parte, l'impresa e lo scenario della competizione globale e, dall'altra, la pubblica amministrazione che talvolta rallenta, come è stato detto, la crescita e sicuramente, talvolta, non è all'altezza della modernità e delle sfide.
Sappiamo che la pubblica amministrazione inefficiente è fonte di diseconomia perché l'impresa decide dove investire e nell'ambito dei calcoli sui vantaggi e gli svantaggi decide anche se un territorio sia più o meno competitivo, e ciò vale in particolare per il sud del Paese.
Credo che tutti siamo consapevoli di quanto la pubblica amministrazione rappresenti un dato di inefficienza e di diseconomia. Tuttavia, dobbiamo puntare su un processo di riforma e d'innovazione della pubblica amministrazione che, anche attraverso i piccoli passi contenuti nel provvedimento in discussione, inizi a dare dei segnali decisivi. Al di là di ciò che è stato detto in alcuni interventi, come da ultimo quello del collega Baldelli, ritengo che tali segnali siano presenti e puntino sui tempi dell'azione amministrativa, sull'innovazione tecnologica e sulla trasparenza.
A mio avviso, una pubblica amministrazione trasparente agisce complessivamente in modo positivo nel rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, e puntare sui processi di informatizzazione (come è stato fatto in questo provvedimento, a partire dal protocollo informatico), non è solo un dato tecnologico, ma significa dare la possibilità di ridurre anche gli spazi discrezionali, siano essi affidati al potere politico o a quello burocratico. L'informatizzazione, infatti, fa crescere sicuramente la possibilità di controllare il lavoro delle istituzioni, rende certi i tempi, chiare le responsabilità e visibili i percorsi. Credo, inoltre, che in tal modo si sancisca e si tuteli anche il principio di imparzialità previsto dalla nostra Carta costituzionale.
Infine, onorevoli colleghi, anche se spesso in quest'aula perdiamo tanto tempo prezioso per svolgere numerose considerazioni, credo valga la pena affermare che, con il provvedimento in esame, e in particolare con l'articolo 10, sul quale si è molto discusso, da parte del gruppo dell'Ulivo vi è la volontà di puntare su una cultura della valutazione positiva della pubblica amministrazione e non su quellaPag. 70della valutazione dei singoli, come invece ho sentito ribadire ancora in alcuni interventi.
Ripeto, infatti, che quest'ultima non può essere affidata a un Ministero o allo Stato, perché abbiamo varato una riforma costituzionale e vi sono leggi che prevedono i controlli interni e la valutazione che ogni singolo ente deve svolgere.
È anche vero, però, che qualcosa non funziona e a mio avviso dobbiamo dirci qualche verità prima di scagliarci contro i fannulloni di turno, sport molto preferito e sicuramente mediaticamente favorevole.
Ritengo che la verità sia un'altra: in Italia la politica in tanti anni non ha investito nella pubblica amministrazione e ciò vale anche per l'Esecutivo del centrodestra che ha governato per cinque anni. In questo Paese siamo arrivati tardi a sancire alcuni principi come quello della separazione tra la politica e la gestione e spesso la pubblica amministrazione è stata piegata ad interessi di parte.
Ritengo, invece, che con il provvedimento in discussione possiamo imboccare la strada giusta per garantire quale sia la funzione alta della pubblica amministrazione e la mediazione tra il cittadino e le istituzioni. Su questo terreno possiamo trovare anche alleanze nella società e nell'economia, senza trascurare - come spesso è accaduto in questo dibattito - quanto siano importanti le alleanze interne, vale a dire ciò che è dentro le pubbliche amministrazioni, che sono interessate al cambiamento e vogliono ragionare sul merito e sulle capacità professionali.
Credo che aver cura della pubblica amministrazione, coltivarne con fatti concreti il rinnovamento e non inseguire mode mediatiche, ricette miracolistiche e nemmeno scetticismi di riformabilità sia una strada giusta. È per questo che su questa strada il voto del gruppo dell'Ulivo è convinto e favorevole (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Correzioni di forma - A.C. 2161-A)

ORIANO GIOVANELLI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI, Relatore. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge A.C. 2161-A, il Comitato dei nove propone le seguenti correzioni di forma: all'articolo 2-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo Costantini 2.031, la novella è riferita, come comma 2-bis, all'articolo 2 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; il contenuto del comma 2 dell'articolo 7 è trasfuso in una lettera aggiuntiva collocata nel comma 1 dell'articolo 1; all'articolo 10-bis, introdotto dall'articolo aggiuntivo 10.0100 della Commissione, al comma 1: al capoverso Art. 16-bis: al comma 3, al primo periodo, la parola: «scelta» è sostituita dalla seguente: «nomina», e le parole: «una rosa di» sono sostituite dalle seguenti: «un elenco di»; al secondo periodo, le parole: «La rosa dei nomi è sottoposta» sono sostituite dalle seguenti: «Gli elenchi dei nomi così indicati sono sottoposti»; al comma 12, primo periodo, le parole: «in casi motivati» sono sostituite dalle seguenti: «con decisione motivata»; al capoverso Art. 16-ter, comma 1, lettera a), le parole: «alla soddisfazione dell'utenza» sono sostituite dalle seguenti: «al grado di soddisfazione degli utenti »; al comma 4, lettera g), dopo le parole: «della qualità» sono inserite le seguenti: «dell'azione svolta dalle medesime»; all'articolo 11: al comma 3, come introdotto dall'emendamento 11.101 della Commissione, le parole: «all'emanazione» sono sostituite dalle seguenti: « all'entrata in vigore».
Mi consenta, inoltre, signor Presidente, di ringraziare i colleghi per il contributo dato all'elaborazione del testo normativo: tutti i colleghi della Commissione, i colleghiPag. 71dell'Assemblea e, in particolare, anche i funzionari della I Commissione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la proposta di coordinamento formulata dal relatore ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento si intende accolta dall'Assemblea.
(Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale - A.C. 2161-A)

PRESIDENTE. La Presidenza si intende altresì autorizzata al coordinamento formale del testo approvato. Se non vi sono obiezioni rimane così stabilito.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2161-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2161-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione con il seguente nuovo titolo:
«Disposizioni volte alla modernizzazione e all'incremento dell'efficienza delle amministrazioni pubbliche nonché alla riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese» (2161-A):

Presenti 501
Votanti 289
Astenuti 212
Maggioranza 145
Hanno votato 280
Hanno votato no 9).

(La Camera approva - Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Buontempo, Di Cagno, Abbrescia e Bellotti hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi e che il deputato Di Gioia ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Sono così assorbite le concorrenti proposte di legge nn. 1505, 1588 e 1688.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2221 (ore 20,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la VII Commissione permanente (Cultura) ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
LUSETTI ed altri: «Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori» (2221) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Sull'ordine dei lavori (ore 20,10).

SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, chiedo ai colleghi un po' di attenzione sulla questione che sto ponendo. Come lei sa, signor Presidente, e come i colleghi sanno, oggi vi è stata l'ennesima fumata nera, la dodicesima, per quanto riguarda l'elezione del membro mancante della Corte costituzionale. Riteniamo che la situazione sia diventata intollerabile non solo perché il supremo organo costituzionale della Repubblica (Commenti)...

PRESIDENTE. Colleghi vi prego.

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SERGIO D'ELIA...continua ad operare in assenza del suo plenum di giudici, ma anche perché i lavori della Camera e del Senato risultano inutilmente bloccati in attesa - occorre dirlo chiaramente - che i partiti si mettano d'accordo sul nome di loro gradimento, mentre questo nome dovrebbe essere espressione esclusiva del Parlamento.
Signor Presidente, prima che sia convocato un'altra volta inutilmente il Parlamento in seduta comune, che - è facile prevederlo - riproporrà l'ennesimo, avvilente e sconcertante, oltre che preoccupante, vuoto di comportamenti parlamentari concreti e decisivi, chiediamo - anzi, proponiamo - al Presidente della Camera che, di concerto con il Presidente del Senato, voglia annunciare la decisione di tenere, in tempi brevi, una seduta comune senza interruzione del Parlamento, fintanto che non si conseguirà l'obiettivo dell'elezione del membro mancante della Consulta.
Facciamo spesso riferimento, in quest'aula, ai precedenti. Ebbene, un precedente c'è: nel 2002, a seguito di una durissima azione non violenta di sciopero della fame e della sete di Marco Pannella, cui si è aggiunto anche il collega Roberto Giachetti, i Presidenti di Camera e Senato decisero di convocare il Parlamento per una seduta permanente fino al voto utile.
Signor Presidente, ritengo che faccia parte della dignità di questo Parlamento e del decoro del modo in cui si lavora la decisione che chiedo sia assunta dai Presidenti delle Camere, affinché si svolga una seduta permanente fino al voto definitivo di un membro di un organo costituzionale così importante: altrimenti, «lor signori» dei partiti, che non si sono messi d'accordo, ci dicano quando sono pronti e poi ci convochino, fermo restando che sarà una convocazione dei partiti e non dei Presidenti delle Camere (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Onorevole D'Elia, come lei sa, la questione da lei posta incontra la sensibilità del Presidente della Camera, che ha risposto a una sua lettera, dell'intera Presidenza e, ovviamente, di tutta l'Assemblea.
La questione può essere sottoposta alla Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata per domani pomeriggio alle 17, anche al fine di determinare le opportune intese con l'altro ramo del Parlamento. Quella è, in prima istanza, la sede per esaminare la proposta che lei ha avanzato, ed eventuali altre, per sbloccare la situazione. Comunque, la ringrazio per il sollecito che ha voluto rivolgere.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 25 ottobre 2007, alle 10,40:

1. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FOTI ed altri; IANNUZZI ed altri; IANNUZZI ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici. (550-764-824-A).
- Relatore: Bocci.

2. - Seguito della discussione della proposta di legge:
DELFINO e FORLANI: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413 (2197-A).
e dell'abbinata proposta di legge: LION e FUNDARÒ. (1123).
- Relatore: Forlani.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1800 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato a Cotonou tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi ePag. 73del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, con allegati, dichiarazioni e Atto finale, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, fatto a Lussemburgo il 25 giugno 2005; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, che modifica l'Accordo interno del 18 settembre 2000 relativo ai provvedimenti da prendere ed alle procedure da seguire per l'applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE, fatto a Lussemburgo il 10 aprile 2006; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del Trattato CE, fatto a Bruxelles il 17 luglio 2006 (Approvato dal Senato) (3116).
- Relatore: Paoletti Tangheroni.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Rigoni ed altri n. 1-00225 e Turco ed altri n. 1-00237 sulla promozione dei diritti umani e della democrazia nel quadro della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e delle iniziative del Consiglio d'Europa.

5. - Seguito della discussione delle mozioni Lulli ed altri n. 1-00030, D'Agrò ed altri n. 1-00034 e Pedrizzi ed altri n. 1-00230 sulle iniziative per favorire la «tracciabilità» di prodotti importati.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè e D'Agrò n. 1-00174, Rampelli ed altri n. 1-00173, Paoletti Tangheroni ed altri n. 1-00235, Maroni ed altri n. 1-00236 e Sereni ed altri n. 1-00238 sulle iniziative in materia di divieto di importazione di prodotti cinesi in relazione alle condizioni della manodopera impiegata.

(al termine delle votazioni)

7. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 2161-A - voto finale 501 289 212 145 280 9 72 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.