XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 213 di venerdì 28 settembre 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
[indice alfabetico]
[indice cronologico]
[vai al resoconto sommario]
[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,30.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bordo, Donadi, Fabris, Gianni Farina, Folena, Franceschini, Lumia, Meta, Migliori, Palumbo, Pellegrino, Piscitello, Sgobio, Tassone, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Saluto l'onorevole Miroslav Cìz, Vicepresidente del Parlamento slovacco, che sta assistendo ai nostri lavori.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Vicenda relativa ad una partecipazione societaria di proprietà della signora Flavia Franzoni - n. 2-00676)

PRESIDENTE. Il deputato Giovanardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00676, concernente la vicenda relativa ad una partecipazione societaria di proprietà della signora Flavia Franzoni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, il 6 ottobre 2006, l'anno scorso, avevo fatto presente in quest'aula che la moglie del Presidente del Consiglio risultava titolare per il 50 per cento del capitale di una società chiamata Aquitania, partecipata per il restante 50 per cento da una società chiamata Simbuleia. La Simbuleia, partner societaria in Aquitania, è una società nata nel 1977, che si è trasformata successivamente in società per azioni, assorbendo la Simbuleia e assumendone il nome, restando peraltro società per azioni. L'intero capitale della Simbuleia è detenuto dalla Euromobiliare Fiduciaria spa.
Sottolineavo che, pur avendo effettuato una ricerca accurata presso la Camera di commercio, dagli atti pubblici depositati non risultano mai dichiarati i nomi dei soci della Mactan o della Simbuleia, successivi agli atti di costituzione.
Anche in occasione delle assemblee straordinarie, relative ad aumenti di capitale per centinaia di milioni di lire, non sono stati mai indicati i soggetti che hanno sottoscritto e che si sono ripartiti le quote relative agli aumenti deliberati.
Dai bilanci dell'Aquitania - dicevo allora - appare che la società, che aveva anche aderito al famigerato condono fiscalePag. 2del Governo Berlusconi - è in perdita, mentre la sua partner Simbuleia, che ha un capitale di 1,8 milioni di euro, ha dichiarato un utile di esercizio, nel 2005, di 848 mila euro, circa un miliardo e mezzo di lire, per capirci.
Chiedevamo, quindi, chi beneficiasse di questi soldi e chi fossero i reali soci della Simbuleia coperti dalla fiduciaria.
Il Governo, presente in aula nella figura del sottosegretario Paolo Naccarato, confermava questi dati, affermando che la professoressa Flavia Franzoni, moglie del professor Romano Prodi, possiede il 50 per cento di Aquitania srl, una società costituita in data 8 luglio 1994 con atto del notaio Vico di Bologna, repertorio 68540, fascicolo 10983, con capitale sociale iniziale di 20 milioni di vecchie lire. Il capitale complessivamente finanziato, che rappresenta il valore dell'immobile, ammonta a 926 milioni di vecchie lire.
Quando però, come la legge prevede, sono state rese note le dichiarazioni presentate dai parlamentari, obbligatorie per legge, dunque quando il 17 aprile 2007 è stato pubblicato il bollettino delle dichiarazioni patrimoniali dei deputati, che il Premier aveva depositato il 27 luglio 2006, con mia grande sorpresa, ne è emersa una parte riguardante il coniuge, firmata sul suo onore dal Presidente del Consiglio, da cui risulta che la moglie del Premier non possiede alcuna partecipazione societaria.
La vicenda è molto singolare, perché da una parte il Governo mi conferma in aula la partecipazione societaria, mentre dall'altra il Presidente del Consiglio, qualche mese prima, deposita alla Camera un atto pubblico, nel quale dichiara che il coniuge non possiede alcuna partecipazione societaria.
Lo dico in maniera grossolana, ma evidentemente uno dei due ha mentito: o sono false le dichiarazioni rese dal rappresentante del Governo in Parlamento, oppure la dichiarazione presentata al Parlamento è menzognera, non veritiera.
Aggiungo una curiosità importante e credo che il sottosegretario possa fornirmi una risposta in merito, perché siamo in un Parlamento dove si parla e non in un «leggimento».
Una delle curiosità, spulciando la dichiarazione dei redditi - ciò vale per tutti i parlamentari - è che la legge obbliga al deposito della dichiarazione, ma poi una strana interpretazione della norma consente di andare a verificare soltanto il quadro finale.
In altre parole, posso sapere - è scritto ed è verificabile da tutti - che il Presidente del Consiglio, nella dichiarazione 2006, ha dichiarato un reddito di 92.650 euro, ma ha chiesto 608 euro di imposta a credito allo Stato, ovverosia è un contribuente che non ha dato, ma ha chiesto indietro denari; posso sapere anche che il coniuge ha dichiarato 17.698 euro e ha chiesto indietro 10.365 euro di imposta a credito. Una persona che leggesse tale dichiarazione potrebbe anche dire: «Facciamo una colletta, diamogli una mano per consentirgli di vivere».
Probabilmente non è così, ma dico probabilmente, perché se voglio esaminare l'intera dichiarazione dei redditi la Presidenza della Camera afferma che non si può fare.
Pertanto, mi domando perché la dichiarazione dei redditi dei parlamentari non possa essere esaminata, considerato che la legge prevede che gli stessi debbano consegnare tale dichiarazione alla Camera dei deputati ed al Senato per renderla pubblica. Il motivo è che la norma è congegnata in un certo modo. Pertanto, su consiglio dell'Ufficio di Presidenza, già da mesi ho presentato un disegno di legge che prevede una misura semplicissima: i cittadini hanno diritto di recarsi alla Camera per verificare la dichiarazione dei redditi dei parlamentari.
Chiedo altresì al Governo di farne un decreto-legge, perché io sono assolutamente contrario a Grillo, che considero un «cialtrone», ma la trasparenza è giusta. Infatti, se il palazzo è opaco e se un giornalista o un cittadino viene preso in giro perché, quando va a visionare la dichiarazione dei redditi che è pubblica,Pag. 3poi non può verificare i redditi del parlamentare, tutto ciò suona come una grandissima presa in giro.
Oltre tutto non capisco perché i funzionari depositari, persone integerrime, possano prenderne visione, essendo tale dichiarazione depositata presso di loro, mentre i parlamentari non possano fare altrettanto.
Quindi - sottosegretario - le rivolgo due richieste. In primo luogo, mi spieghi questo piccolo mistero: Naccarato afferma un fatto, il Governo lo certifica per tabulas, in merito a partecipazioni societarie, mentre il Premier firma sul suo onore, depositando la dichiarazione dei redditi alla Camera, che il coniuge non possiede alcuna partecipazione societaria (sono società a catena, piramidali, i cui soci sono occulti e ignoti).
In secondo luogo, chiedo se il Governo abbia intenzione di impegnarsi a varare un decreto-legge, che consenta ai cittadini italiani di andare a verificare in massima trasparenza i redditi dei parlamentari. A tal riguardo, non ho alcun problema se qualcuno intenda verificare i miei redditi ivi depositati, quello che ho e quello che non ho. Se qualcuno ha dei problemi se li risolverà, ma in uno spirito di trasparenza e di pubblicità. Questa deve essere una casa di vetro aperta agli occhi di tutti gli italiani. Chiedo, dunque, al rappresentante del Governo una risposta a queste mie domande.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Ricardo Franco Levi, ha facoltà di rispondere.

RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, l'onorevole interrogante rileva una discrepanza tra quanto dichiarato dal sottosegretario Naccarato in aula alla Camera dei deputati in data 5 ottobre 2006 - è quanto ci ha appena ricordato l'onorevole Giovanardi - in risposta ad una interrogazione da lui stesso presentata, e la dichiarazione resa dal Presidente del Consiglio, professor Romano Prodi in data 27 luglio 2006 relativamente alla situazione patrimoniale della moglie, professoressa Flavia Franzoni.
La discordanza segnalata riguarda la partecipazione societaria da parte della professoressa Franzoni nell'Aquitania Srl per una quota pari al 50 per cento del capitale sociale, una società questa, che, come lo stesso interrogante ricorda, sulla base di quanto risulta dai bilanci sociali è in perdita.
L'interrogante chiede di conoscere quale sia la ragione della segnalata discordanza.
Rispondo all'interrogazione affermando che, in proposito, va premesso che l'Aquitania srl è stata a suo tempo costituita con un capitale sociale di 20 milioni di lire. La partecipazione azionaria della professoressa Franzoni, pari al 50 per cento del capitale sociale, consiste in diecimila azioni per un valore complessivo di 1.473 euro (tutti dati che l'onorevole interrogante conosce bene).
La partecipazione nella citata società a responsabilità limitata da parte della professoressa Franzoni è ovviamente di pubblico dominio. Essa è stata, inoltre, apertamente dichiarata sia nella risposta in data 5 ottobre 2006 all'interrogazione dell'onorevole Giovanardi, da lui stesso sopra richiamata, sia nella dichiarazione in data 11 settembre 2006 resa all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È dunque evidente la piena trasparenza e la totale conoscibilità dei dati patrimoniali del Presidente del Consiglio dei ministri, del coniuge e dei suoi familiari.
La società, la cui attività peraltro è consistita unicamente nell'acquisizione di un contratto di locazione finanziaria relativo ad un capannone in Bologna, come emerge dalla citata risposta dell'onorevole Naccarato e come ho appena ricordato, risultava in perdita. La partecipazione in questione, conseguentemente, non è stata produttiva di reddito negli anni ai quali la dichiarazione si riferisce. E qui sta la spiegazione della discrepanza rilevata dall'interrogante.
La dichiarazione del 27 luglio 2006 è stata infatti impostata sulla base dellaPag. 4dichiarazione dei redditi della professoressa Franzoni redatta dal commercialista. Nella dichiarazione delle persone fisiche, com'è noto, non sono riportate le azioni o le partecipazioni societarie, se non quando siano produttive di reddito per il socio per effetto della distribuzione di utili, per il pagamento di dividendi e così via. La mancanza di un reddito per la professoressa Franzoni, derivante da partecipazione azionaria nella sopra ricordata società Aquitania, spiega dunque l'assenza di traccia del possesso della partecipazione azionaria nella dichiarazione dei redditi della professoressa Franzoni e, conseguentemente, come ho appena spiegato, nella dichiarazione del 27 luglio 2006.
La risposta all'interrogazione dell'onorevole Giovanardi più volte citata e, ancor prima, la dichiarazione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, invece, essendo state effettuate non sulla traccia fornita dal commercialista in base ai dati contenuti nella dichiarazione dei redditi della signora Franzoni, bensì direttamente dagli interessati, registrano la predetta partecipazione societaria nella società a responsabilità limitata.
Ribadisco, quindi, ancora che l'aver citato il possesso della citata partecipazione societaria nella dichiarazione resa all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e nella risposta all'interrogazione dell'onorevole Giovanardi conferma l'assoluta trasparenza e la piena conoscenza dei dati patrimoniali del Presidente del Consiglio dei ministri, del coniuge e dei suoi familiari da parte del Parlamento e dell'intera opinione pubblica.

PRESIDENTE. Il deputato Giovanardi ha facoltà di replicare.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei dichiarare la mia totale insoddisfazione. Forse nella visione di qualcuno il Parlamento è l'ultima ruota del carro e quindi si pensa di potersi rapportare ad esso con grande superficialità e disprezzo. Infatti, nel momento in cui si dice che il Presidente del Consiglio si è preoccupato di segnalare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato tali partecipazioni, non si capisce perché non si sia preoccupato di informarne il Parlamento. La ratio della dichiarazione da presentare al Parlamento - è scritto esplicitamente nelle tabelle di indicare le azioni possedute, i beni e così via - è quella di consentire al Parlamento stesso e all'opinione pubblica di avere una visione trasparente.
I ministri, ma anche io sono stato obbligato a farlo, hanno l'obbligo di presentare le dichiarazioni all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo quanto stabilito dalla legge sulla trasparenza e sul conflitto di interessi, così come pubblicizzata e come stabilito anche per i parlamentari, ma non si consente ai parlamentari di verificare ciò che i ministri hanno depositato presso l'Autorità, che mantiene riservati i dati.
Ma noi siamo il Parlamento e il Parlamento (e attraverso il Parlamento l'opinione pubblica) deve avere il diritto di conoscere per giudicare. Devo ritornare a quanto affermato nel corso di un precedente intervento sulla stessa questione.
Questi intrecci societari - secondo cui nella stessa società uno apparentemente perde e l'altro guadagna ottocento milioni di euro all'anno (cioè un miliardo e 600 milioni di lire, perché si tratta di euro) - sono coperti con l'Euroimmobiliare finanziaria. Da chi è composta l'Euroimmobiliare? Perché nessuno mi comunica chi sono i soci? Perché nessuno mi informa di questi intrecci societari? Perché se svolgo una ricerca da parlamentare riscontro omissioni di dati e mi si dice di essere stati trasparenti e di aver comunicato i dati ad altre autorità? E perché non al Parlamento? Perché, dopo aver presentato due interrogazioni - anche la scorsa volta - chiedendo di conoscere i soci di questa società, non mi viene data alcuna risposta?
Mi sembra, inoltre, di aver formulato un'altra domanda al sottosegretario. Capisco che per alcuni questo rappresenta un «leggimento», per cui ci si reca in Parlamento a leggere il «compitino» che gli è stato scritto, ma ritengo che, anche inPag. 5questo caso, un sottosegretario in carica (appartenente, oltretutto, a forze politiche che per cinque anni hanno condotto una polemica furibonda in merito al conflitto di interessi, alla trasparenza, eccetera) debba fornire una risposta alla mia osservazione, perché sono mesi che ho segnalato - ho presentato un disegno di legge al riguardo - questa piccola anomalia. Ho il diritto di sapere perché il Presidente del Consiglio e il suo coniuge risultano avere un credito d'imposta. Si attaccano i parlamentari, come ad esempio il precedente Presidente del Consiglio, a fronte del pagamento di non so quanti milioni di euro di tasse, per il fatto che, in una situazione di conflitto di interessi, andava per questo penalizzato. L'attuale Presidente del Consiglio, invece, va a credito (cioè chiede soldi allo Stato) e non ne conosciamo il motivo. Questo vale anche per la mia persona, nel momento in cui presento la dichiarazione dei redditi: vogliamo farne conoscere ai cittadini il reddito e la dichiarazione dei redditi?
L'antipolitica non si alimenta anche di atteggiamenti ambigui? In questa sede ho chiesto al rappresentante del Governo se fosse d'accordo a consentire la trasparenza e a far vedere agli italiani quali sono i redditi dei parlamentari, considerato che è stato presentato un disegno di legge in tal senso e che l'Ufficio di Presidenza della Camera ha sostenuto la necessità di risolvere tale anomalia per via legislativa con un piccolo decreto-legge. In risposta ho ottenuto il silenzio.
Signor sottosegretario, ci troviamo in Parlamento! Non credo che la sua intelligenza non sia tale da poter affermare - nel momento in cui sollevo questo problema - che il Governo è, a tale riguardo, orientato positivamente, altrimenti ci scontreremo sempre con quel muro di gomma che ho trovato quando ho cercato di capire queste vicende societarie così oscure, così intricate e così lastricate di stranezze! Nella stessa società c'è chi perde e chi guadagna in maniera smisurata: si conosce chi perde, ma non chi guadagna, perché le fiduciarie e le immobiliari sono coperte. Chi sa chi sono? Il Parlamento non lo può sapere? Evidentemente no! Sono un parlamentarista convinto ed è un anno che seguo - concludo, signor Presidente - un vecchio consiglio che mi era stato dato e ritengo che il luogo preposto alla chiarezza e alla trasparenza sia il Parlamento. Certamente, nasce un bel problema quando, più volte, in sede parlamentare, nella culla della democrazia, ci si rivolge al Governo per avere delle spiegazioni e, dopo un anno, tali spiegazioni non si riescono ad ottenere, perché le risposte sono burocratiche e deludenti. Mi dichiaro, pertanto, del tutto insoddisfatto.

(Decreto di occupazione d'urgenza emesso dalla soprintendenza per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro avente ad oggetto un immobile di proprietà della società Ser.Co.Im. srl - n. 2-00741)

PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00741, concernente il decreto di occupazione d'urgenza emesso dalla soprintendenza per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro avente ad oggetto un immobile di proprietà della società Ser.Co.Im. srl (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, le premetto che potrei utilizzare il mio tempo in misura maggiore nell'illustrazione piuttosto che in sede di replica, rimanendo nei termini complessivi dei tempi...

PRESIDENTE. Non è possibile: sono previsti quindici minuti per l'illustrazione e dieci minuti per la replica.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor Sottosegretario, l'oggetto di questa interpellanza urgente potrebbe definirsi l'incertezza del diritto per i cittadini. Ci troviamo a Porto Torres - una città importante della provincia di Sassari e anche della Sardegna per il ruolo che svolge nelPag. 6settore dell'industria - dove una società, Servizi Costruzioni e Impiantistica, con atto di compravendita acquista nel 2004 un complesso immobiliare costituito da due fabbricati adiacenti, formando quindi, di fatto, un unico immobile.
Nell'ambito del vigente piano regolatore del comune di Porto Torres, l'immobile in questione è inserito in zona B1, che prevede, tra gli altri interventi, la demolizione e la ricostruzione dei fabbricati esistenti. Pertanto, ai fini urbanistici, le opere di costruzione del fabbricato sono state iniziate anteriormente al 1o settembre 1967, sulla base dei nullaosta e della conseguente concessione edilizia sempre rilasciata dal comune di Porto Torres.
Cosa fa la società? Essa si avvale di quanto consentito dal relativo piano regolatore e presenta il progetto, che prevede la demolizione e la ricostruzione dell'immobile esistente, al comune di Porto Torres, ottenendo la conseguente concessione edilizia. Tale progetto prevede, altresì, la realizzazione di un complesso residenziale composto da sedici unità abitative.
Il comune di Porto Torres concede l'autorizzazione edilizia per l'esecuzione dei lavori concernenti la realizzazione dello scavo, al fine di predisporre la relativa relazione tecnico-geologica, la recinzione dell'area con l'allestimento del cantiere e la demolizione del fabbricato esistente, seguendo un percorso - a mio parere - estremamente serio, corretto e funzionale. L'attività di scavo e di demolizione, infatti, si era resa necessaria ai fini della realizzazione del complesso residenziale.
La società Ser.co.im trasmette, quindi, la documentazione relativa all'intervento edilizio (comprendente, ovviamente, la demolizione e tutto ciò che era contemplato nel progetto approvato dal comune) alla soprintendenza per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, al fine di ottenere il nullaosta. La soprintendenza concede l'autorizzazione e, quindi, il nullaosta per l'esecuzione dei lavori di demolizione del vecchio immobile. Rimuovendo, quindi, il relativo materiale di risulta, la Ser.co.im inizia l'attuazione del suo progetto, liberando l'area sottostante per procedere ai conseguenti lavori di ricostruzione.
In particolare - ciò è importante, signor sottosegretario - al fine di non intaccare l'area di sottosuolo il progetto prevedeva che la ricostruzione del fabbricato avvenisse su cinque piani fuori terra, con un piano terra a pilotis, in modo da non dover procedere allo sbancamento dell'area di sottosuolo che veniva, così, pienamente salvaguardata. La Ser.co.im, quindi, è andata avanti nei lavori con notevole dispendio di mezzi, preparando tutto il necessario per avviare la demolizione del fabbricato preesistente, e ha riportato a nudo il sottostante terreno.
Dopo l'esecuzione degli ingenti lavori di demolizione - in coincidenza con l'avvento del nuovo responsabile alla soprintendenza di Sassari e Nuoro - vi è stato un immediato intervento volto a bloccare la ricostruzione del fabbricato in questione. Dopo un anno e mezzo dall'inizio della pratica - è a questo punto che comincia la lesione - nonostante la già concessa autorizzazione alla demolizione del fabbricato, la soprintendenza ritiene che il progetto non vada bene e blocca l'attività. La soprintendenza, inoltre, ha impegnato notevoli fondi perché, contrariamente a ciò che avviene solitamente, non si è voluta avvalere dell'offerta della stessa Ser.co.im, la quale aveva posto a disposizione della soprintendenza, gratuitamente, tutti i mezzi e le maestranze necessari per l'esecuzione degli scavi. Pertanto, una simile decisione della soprintendenza, adottata improvvisamente, ha totalmente leso i diritti della Ser.co.im senza perseguire, in realtà, alcun reale interesse pubblico. Da quel momento si sono susseguiti diversi ricorsi; la sovrintendenza ha emanato una serie di decreti, sono passati sei mesi, poi altri sei e, ancora, altri sei: è una telenovela che non finisce mai!
La situazione è ancora in questi termini; vi saranno cause che non finiranno mai, e sembra quasi che sia stato fatto un dispetto per non riconoscere un diritto sacrosanto, anche perché vi è tutta laPag. 7volontà di preservare l'area archeologica: vi sono tutti i presupposti perché l'area venga salvaguardata, protetta e, allo stesso tempo, possano essere realizzati i lavori previsti dal piano regolatore generale.
Siamo - ripeto - di fronte ad una demolizione di fabbricati esistenti e ad una nuova ricostruzione, tenendo conto di tutte le previsioni del piano regolatore stesso. Peraltro, signor sottosegretario, desidero ricordare che l'interpellanza su questo problema risale al mese di maggio: siamo, quindi, a distanza di molti mesi e, nel frattempo, è stato emanato ancora un altro decreto di sospensione e di occupazione da parte della sovrintendenza.
Non c'è nessun futuro. Dinanzi al TAR e al Consiglio di Stato sono stati instaurati procedimenti che si prolungheranno, con danni notevoli per la pubblica amministrazione, la quale ha già impegnato somme rilevanti nonostante potessero essere risparmiate, come sempre avviene.
Sembra quasi che, in questo caso, vi sia un accanimento. Infatti, non si comprende come si possa arrivare ad una situazione di grande conflitto pur essendo sussistenti tutti i presupposti per una mediazione al fine di trovare insieme una soluzione condivisibile anche dalla soprintendenza, salvaguardando le aree di interesse archeologico - infatti, il piano terra è libero proprio per questo motivo - e consentendo ad un'impresa, che ha tutti i diritti di poter svolgere il proprio lavoro, di realizzare quanto ha previsto e per cui ha investito, tra l'altro, ingenti capitali, per realizzare appartamenti e metterli a disposizione in una città che necessita di abitazioni.
Pertanto, vorrei conoscere la posizione del sottosegretario e sapere se il Governo intenda trovare soluzioni e sia intenzionato a fornire la certezza del diritto ai cittadini o se - come nel caso della sovrintendenza - si sia appostato per fare imboscate, addirittura dopo un anno e mezzo, quando i lavori sono già stati avviati.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Danielle Mazzonis, ha facoltà di rispondere.

DANIELLE MAZZONIS, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, rispondo sulle due questioni sollevate, iniziando dall'ultima. In riferimento alla giusta lamentela dell'interpellante relativa alla mancata risposta all'interpellanza n. 2-00512 del 7 maggio 2007, si evidenzia che quest'ultima non è mai stata calendarizzata e, pertanto, l'amministrazione si è trovata nell'impossibilità di fornire la risposta.
Passo, quindi, alla seconda questione, relativa alle iniziative che, a giudizio dell'interpellante, il Ministro per i beni e le attività culturali dovrebbe assumere. Tale questione, a mio avviso maggiormente rilevante, riguarda le opportune e urgenti iniziative che l'interpellante chiede al Ministro di assumere per tutelare i diritti acquisiti della società Ser.co.im. Srl. Si rammenta, però, che ai sensi degli articoli 4 e 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agli organi di Governo è preclusa ogni facoltà di «revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti».
Nel caso in questione, si è resa necessaria la decretazione dell'occupazione temporanea, da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, del suolo acquisito dalla società, per finalità di ricerca archeologica, come lei stesso giustamente ha affermato, da parte del soprintendente. Il rinvenimento di reperti puntuali di grande rilievo ha determinato la dichiarazione, della quale lei stesso ha parlato, di alto interesse geologico. Si rammenta, inoltre, che le scelte di tutela operate sono esclusivamente potestà della sfera tecnico-discrezionale dell'apparato amministrativo.
Per quel che riguarda, invece, l'esistenza in capo alla società Ser.co.im. di veri e propri diritti acquisiti all'edificazione dell'area, si segnala che il Ministero per i beni e le attività culturali, in considerazione dell'ubicazione del sito - posto a ridosso di un parco archeologico chePag. 8ricomprende una parte dell'abitato dell'antica città di Turris Libisonis - ed ancora prima della conduzione di specifiche campagne di scavo, non ha mai autorizzato la società alla nuova edificazione, ma ha semplicemente ed esclusivamente autorizzato la demolizione del fabbricato esistente. Ciò nella ovvia considerazione che tale demolizione avrebbe sicuramente facilitato l'effettuazione delle indagini archeologiche, i cui risultati - come già detto - hanno indotto gli uffici all'emanazione del provvedimento di tutela.
Peraltro è da aggiungere che il Ministro per i beni e le attività culturali non può in ogni caso svolgere funzioni a tutela degli interessi del privato. Quest'ultimo, infatti, ha a disposizione, e d'altra parte le ha attivate, le soluzioni previste dall'ordinamento, sia mediante la presentazione di ricorso amministrativo in via gerarchica alle strutture centrali del Ministero per i beni e le attività culturali (ricorso peraltro respinto con decreto del segretario generale del 13 giugno 2007, notificato alla società ricorrente con nota n. 28298 del 25 giugno 2007) sia, ancora, mediante la presentazione di ricorso al TAR della Sardegna, presso il quale il giudizio è tuttora pendente.
Alla luce di quanto esposto, appare evidente che il privato ha attivato con solerzia gli strumenti di tutela a sua disposizione e l'esito del contenzioso relativo è rimesso alle valutazioni dell'organo di giustizia amministrativa.

PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di replicare.

ANTONIO SATTA. Signor sottosegretario, sono semplicemente sconcertato: lei ci ha appena letto una relazione, che sicuramente le avrà inviato colui il quale si è occupato di questa pratica, ma lei dovrebbe avvertire, dal momento che rappresenta il Governo del Paese, che siamo di fronte ad un vero e proprio sopruso, perché la soprintendenza ha dato il nullaosta per la demolizione dopo aver esaminato il progetto nel suo complesso, che prevedeva sia la demolizione che la ricostruzione.
Siamo di fronte ad una situazione in cui i palazzi esistevano già: la sovrintendenza poteva acquisire l'area e lasciare questi palazzi, e non sarebbe successo assolutamente nulla. Ma la società ha fatto di più: nel progetto ha lasciato libero il piano terra, proprio per consentire di valorizzare, qualora ci fossero, tutti quegli elementi relativi al ritrovamento di resti archeologici di significativa importanza.
Il problema non è, però, questo: si tratta, piuttosto, di una persecuzione vera e propria, dal momento che non si riconosce ad una società il diritto sacrosanto di poter realizzare quanto previsto dalle leggi. Non è possibile che lei mi risponda che la società ha fatto ricorso al TAR: infatti, se questo è il modo di rapportarsi al cittadino, il quale, per avere il riconoscimento di un diritto che lo stesso comune e la soprintendenza gli hanno riconosciuto, deve necessariamente attivarsi presso il TAR o il Consiglio di Stato, credo si tratti di una risposta quanto meno preoccupante.
Ritengo invece che lei, come rappresentante del Governo e del Ministro, debba compiere accertamenti approfonditi, e non si debba soltanto limitare a ricevere e a fare sue le relazioni dei collaboratori o anche dei dirigenti, pur rispettando l'area di competenza della dirigenza, che mi guardo bene dal mettere in discussione. Si tratta, infatti, di una novità importante, introdotta da diversi anni, che consente un'accelerazione anche nelle risposte, ma non v'è dubbio che stiamo davvero andando al di là di ogni considerazione.
Tutti noi abbiamo a cuore la storia del nostro Paese e della nostra isola: sono sardo, sono legato alla mia terra e sono quindi ben felice che venga salvaguardato tutto ciò che può essere considerato un elemento importante per ricostruire la nostra storia. È altrettanto vero, però, che la società ed i tempi si evolvono, e si possono fare l'uno e l'altro, la salvaguardia e la tutela dei diritti dell'impresa, ma non è pensabile che avvenga il contrario, che si blocchi tutto per non fare nulla.
Chiediamo di conoscere l'entità dei finanziamenti stanziati per la ricerca archeologicaPag. 9e la somma disponibile, e vorremmo sapere, signor sottosegretario, chi risponderà domani di questi danni: risponderà il Ministero o il dirigente? Vorremmo sapere almeno questo, perché non v'è dubbio che le responsabilità saranno perseguite fino in fondo. Non è infatti pensabile che un cittadino possa investire, mettendo a repentaglio la sua impresa e mettendo a disposizione capitali, per un progetto che ha tutti i crismi della legalità, e venga poi bloccato improvvisamente, dopo un anno e mezzo e dopo che la società si era addirittura offerta di compiere gratuitamente un'analisi assieme alla sovrintendenza. Ciò la dice lunga sulla volontà persecutoria da parte di un dirigente.
Credo che lei debba fare chiarezza su questo. Evitiamo di creare problemi di ingiustizia sociale: si tratta di un caso di grande ingiustizia sociale, in un territorio che ha bisogno di avere risposte importanti, anche nel settore abitativo, e che reclama, quanto meno, una quasi certezza del diritto, se non la certezza nel diritto.
Le chiedo questo, signor sottosegretario, per ottenere una risposta che vada al di là di quello che lei ha comunicato, ovvero ciò che il dirigente ha sottoposto alla sua attenzione e che lei, correttamente, ha riportato. Ma non è questa la risposta che attendevo; aspetto una risposta diversa, che venga dal Governo, che deve dire quali misure intenda assumere per fare chiarezza sulla vicenda: non solo quello che è stato fatto, ma perché è stato fatto e se ci sono le condizioni per superare questa situazione. Non è possibile, le ripeto, ed è vergognoso, che ancora ci si trovi in questa situazione, dopo anni, senza avere alcuna risposta, anche perché questa continua decretazione di sei mesi in sei mesi dimostra che non si ha certezza su dove si vuole andare a parare. C'e un ricorso al TAR e c'è una decretazione, un altro ricorso al TAR e un'altra decretazione: ma davvero questo è uno Stato di diritto? Glielo chiedo, però cerchi di darmi una risposta (Applausi del deputato Turco).

(Iniziative in favore degli istituti culturali e delle pubblicazioni periodiche - n. 2-00746)

PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00746, concernente iniziative in favore degli istituti culturali e delle pubblicazioni periodiche (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, le conclusioni del collega Satta sono all'origine anche della nostra interpellanza. Chiediamo sostanzialmente di ripristinare le somme accantonate dalla direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali del Ministero per i beni e le attività culturali. Nel corso degli anni si è assistito ad una sempre più scarsa attenzione dei pubblici amministratori riservata alle istituzioni culturali che, con modesti mezzi, hanno proseguito la propria coraggiosa e spesso poco gratificante missione. Per quanto riguarda le istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario dello Stato, per il triennio 2006-2008 è previsto un contributo che ammonta nella sua interezza alla cifra di 8 milioni di euro per il sostegno a 119 istituti culturali. A peggiorare questa situazione, riducendo i già esigui contributi citati, è intervenuta la legge finanziaria per il 2007, che ha decurtato i contributi del 13,35 per cento, danneggiando, in questo in modo equanime, tutti i 119 istituti culturali distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Queste somme non sono certamente in grado di garantire quella continuità nella trasmissione del sapere che questi soggetti, nel corso degli anni, hanno saputo assicurare, mantenendo elevato il valore della cultura storica, letteraria, scientifica e artistica della società italiana. A noi appare chiaro come il serio lavoro cui queste istituzioni sono chiamate e la loro missione non siano supportati da contributi in alcun modo adeguati alla funzione che essi debbono svolgere, perché nella quasi totalità dei casi si tratta di archivi, biblioteche aperte al pubblico e spazi necessariPag. 10per la diffusione del patrimonio culturale, librario ed archivistico. Alla luce di questi dati appare evidente quanto affermato inizialmente, vale a dire l'assoluta ed indispensabile necessità di reintegrare quanto è stato accantonato per il 2007, immaginando che l'evidenza del danno arrecato farà mantenere la tabella nella sua integrità anche nell'anno 2008.
C'è poi la situazione che affligge le pubblicazioni di elevato valore culturale, composte di numerosissime categorie, che vanno dalle pubblicazioni scientifiche a quelle letterarie, a quelle artistiche, comprendendo tutte le pubblicazioni periodiche. Anche questa situazione è diventata sempre più grave.
La vicenda è così ripetutamente grottesca, da rendere normale il fatto che, nel 2007, anno ormai prossimo alla fine, devono essere ancora esaminate e valutate le domande presentate nel 2006 per i periodici pubblicati nel 2005. Degli originali due milioni di euro stanziati come contributo per queste pubblicazioni, si è avuta una successiva riduzione a 1 milione e 200 mila euro, in base ad una determinazione contenuta in una circolare ministeriale, la n. 3 del 2007. Però, all'interno dello stesso Ministero, le scelte effettuate consentono un ben diverso trattamento che viene riservato al settore dello spettacolo, che in questo caso viene opposto al settore culturale.
La previsione contenuta nell'articolo 1, commi 1136 e 1137, della legge finanziaria del 2007, costitutiva di un fondo presso il Ministero pari a 20 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009, chiarisce come si possano predisporre e sostenere interventi a beneficio delle attività culturali svolte in Italia grazie all'attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali. I loro maggiori sforzi sono rivolti allo spettacolo, trascurando completamente attività culturali non solo di spettacolo.
Per quanto riguarda i profili procedurali, importanti quanto se non più di quelli sostanziali, è per noi inaccettabile il fatto che la domanda recante il progetto di un privato cittadino rappresentante di un ente privato debba essere controfirmata, secondo quanto disposto dall'avviso pubblico relativo alla domanda recante il progetto, dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal sindaco del comune o da assessori da loro delegati del territorio in cui il medesimo progetto si svolge.
Questo metodo mina in nuce la possibilità del singolo cittadino o di istituzioni private di rendersi autonomi nella fase iniziale del procedimento, monopolizzato da rappresentanti di regioni ed enti pubblici territoriali, potenzialmente - e non solo potenzialmente - in grado, negando la propria firma, di discriminare tra i tanti soggetti che potrebbero avere diritto a presentare la domanda. Infatti, nell'avviso pubblico, non sono specificati i criteri in base ai quali l'amministratore pubblico eletto decide se firmarli o meno, poiché i criteri sono stabiliti solo per verificare, successivamente alla sua firma ed alla presentazione, quali siano meritevoli e quali no. Questo quadro rappresenta una cultura assoggettata esclusivamente agli interessi contingenti della politica, senza riuscire a tutelare in alcun modo il cittadino e le istituzioni private di cui può far parte.
Credo che il fatto che ci sia un particolare trattamento delle istituzioni dello spettacolo possa essere riassunto emblematicamente in un episodio che mi è accaduto. Più di una settimana fa ho indirizzato una richiesta alla segreteria della Direzione generale per spettacolo dal vivo del Ministero da lei rappresentato, perché volevo conoscere l'elenco nominativo dei soggetti beneficiari dei finanziamenti previsti dal patto per le attività culturali di spettacolo fra il Ministero, le regioni e gli enti locali. Nonostante reiterati contatti e solleciti, e la innegabile gentilezza del personale che vi presta servizio, non sono riuscito ad ottenere dal dirigente responsabile alcuna risposta.
Non è sufficiente dichiarare, come è stato fatto ieri da un collaboratore del dirigente, che la pubblicità dei dati è garantita dal sito della Direzione generale, perché non tutto ciò che è pubblico èPag. 11automaticamente accessibile. Sono ormai anni che il nostro ordinamento ha previsto la conoscibilità degli atti delle pubbliche amministrazioni, principio che tutti condividiamo ma che non tutti pratichiamo.
Comprendo le difficoltà in cui può imbattersi un cittadino alla ricerca di informazioni in possesso della pubblica amministrazione, quando addirittura un parlamentare, oggettivamente dotato di maggiori strumenti e potestà, non riesce a conoscere quanto è in suo diritto, e ritengo anche dovere, conoscere.
Adesso le vorrei fornire alcuni dati, pur non essendo certo della loro esattezza, anche se si sostiene che vi è una pubblicità dei dati stessi, che dovrebbero essere quindi - così si dice - a disposizione sul sito (ma se lei, sottosegretario, riesce a trovarli le sarei grato, stante una asimmetria informativa che i rappresentanti di Assemblee elettive a volte scontano nei confronti dei funzionari pubblici).
Penso di poter ragionevolmente affermare, con riferimento ai soggetti che hanno inviato la richiesta di finanziamento al Ministero per l'assegnazione dei fondi per l'attuazione dell'accordo che prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro da parte dello Stato ed il cofinanziamento da parte delle regioni, che in questo primo anno sono stati presentati centotrentasette progetti (20 milioni di euro per centotrentasette progetti, ed 8 milioni di euro decurtati per centodiciannove istituzioni culturali che forse non vedranno mai questi soldi).
Dei centotrentasette progetti, trentasei non sono stati esaminati; dei restanti centouno progetti presentati, quarantaquattro sono stati respinti per mancanza di requisiti essenziali (e le sarei grato, sottosegretario, se potessi sapere quanti di tali progetti non avevano la firma del sindaco, del presidente della regione o della provincia). Trenta progetti sono stati respinti dopo un vaglio di merito, e solo ventisette hanno avuto accesso al finanziamento.
I suddetti ventisette progetti hanno avuto diritto, nel totale, ad un importo pari a 16 milioni di euro (purtroppo, non sono in grado di citare gli enti e gli importi ad essi attribuiti). Rimangono quindi da distribuire circa 4 milioni di euro: i resti dello spettacolo dal vivo equivalgono al doppio dei fondi stanziati per le pubblicazioni di elevato valore culturale e corrispondono a circa la metà del totale dei fondi stanziati a favore delle istituzioni culturali.
Se è vero, come recita il patto, che lo spettacolo costituisce un'attività di interesse pubblico e rappresenta una componente essenziale della cultura e dell'identità del Paese - oltre che un fattore di crescita sociale, civile ed economica della collettività -, con la stessa solerzia la pubblica amministrazione competente potrebbe - e, forse, dovrebbe - distribuire le non sufficienti risorse in modo più equo ed equilibrato tra le tante realtà culturali del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Danielle Mazzonis, ha facoltà di rispondere.

DANIELLE MAZZONIS, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, il Ministero per i beni e le attività culturali ha già chiesto che venga istituito per il prossimo anno un apposito capitolo dello stato di previsione di spesa del Ministero esclusivamente riservato ai contributi agli istituti culturali, al fine di consentire lo snellimento delle procedure finalizzate all'erogazione in tempi stretti.
È stato, altresì, richiesto un contributo straordinario per l'anno 2007 per recuperare, almeno in parte, la percentuale di riduzione del contributo che, dal 2001 al 2007, è stata pari al 31,63 per cento (come lei stesso ha ricordato d'altronde).
Per quanto concerne i contributi in favore delle pubblicazioni periodiche di elevato valore culturale di cui alla legge n. 416 del 1981, essi sono assegnati dall'Istituto per il libro ed effettivamente hanno subito riduzioni importanti in questi anni.
In particolare, a partire dal 2006 il Fondo per la concessione dei contributi èPag. 12confluito nel Fondo unico per trasferimenti correnti alle imprese e l'importo corrispondente è stato ridotto, per l'anno 2006, a 1.456.000 euro. Ciò, come può immaginare, ne rende molto difficile la distribuzione.
Per l'anno 2007, il Fondo è stato ulteriormente tagliato dal comma 507 della legge finanziaria per il 2007 ed è passato a 1.273.290 euro. Al riguardo, noi abbiamo chiesto un ripristino dello stanziamento almeno a 2.065.828 euro, cioè il recupero del 13 per cento, in modo di poter distribuire tali fondi (e ciò spiega il ritardo per quanto concerne questa parte).
Sulla questione del fondo dello spettacolo, a cui lei alludeva e il cui stanziamento è nella legge finanziaria dell'anno scorso, lei non ha chiesto nulla e pertanto non rispondo in questa sede, ma per quanto riguarda i dati mi posso sicuramente impegnare a renderglieli noti in ogni dettaglio, perché effettivamente sono trasparenti. In questi giorni è stato rilanciato un secondo bando, che permette di spendere i fondi rimasti, che senz'altro possiamo guardare insieme - se lei lo desidera - e che posso fornire in tempo utile, immediatamente.

PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di replicare.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, il problema sostanziale, a parte conoscere i progetti finanziati per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo, è sapere quale sia la politica culturale del Ministero. Sappiamo che quando parliamo degli istituti culturali, ci riferiamo al Centro studi sul classicismo di Arezzo, delle Fondazioni per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, dell'Accademia della Crusca di Firenze, del Centro studi manzoniani di Milano, di tutta una serie di fondazioni romane quali la Brodolini, la Pastore, l'Istituto Gramsci, le Fondazioni Basso, Einaudi, Nenni, Spirito, Valentino Bucchi, l'Istituto Luigi Sturzo. Quando parliamo degli spettacoli dal vivo a cosa ci riferiamo? È importante saperlo visto che decidiamo, anzi il Ministero dei beni culturali decide di destinare tutte queste risorse.
Le ho rivolto una domanda: mi chiedo per quale ragione vi sia la procedura, per cui il privato cittadino o rappresentante di un'istituzione che presenta un progetto, per ottenerne la validità deve acquisire la controfirma del presidente della regione, della provincia, o del sindaco? Qual è la ragione della controfirma? La ragione è - lei lo capisce - logica: l'interesse della politica. Gli istituti da me citati sono sottoposti a dei controlli severissimi. Lo spettacolo dal vivo è sottoposto ad un controllo severissimo della politica, non delle istituzioni.
Mentre siamo coscienti del valore culturale di tali fondazioni ed istituti, ignoriamo il valore culturale, ad esempio, della festa del mandorlo, della pesca o del pecorino. Infatti, l'evento che si finanzierà - lo spettacolo dal vivo - nella maggior parte dei casi non possiede alcun valore culturale e noi stiamo sacrificando, anzi state sacrificando, gli istituti culturali all'interesse della politica e non certo a quello del Paese. Ciò è tanto più vero dato che all'interno del Ministero i diversi dirigenti dispongono di un proprio potere in base all'entità dei finanziamenti che riescono a raccogliere.
Mi aspettavo una sua dichiarazione relativa al fatto che la legge finanziaria è stata approvata dal Parlamento. È vero, l'abbiamo approvata in Parlamento con il voto di fiducia da noi fornito, ma, rispetto alla dinamica politica che ha portato all'approvazione della legge finanziaria, vorremmo che ci fosse uno stanziamento. Lei ha assunto una sorta di impegno, ma il problema non è semplicemente quello di cercare di rifinanziare, bensì quello di stabilire in quale misura ciò avvenga. Se eroghiamo 8 milioni di euro agli istituti culturali e 40 milioni di euro, con il cofinanziamento, agli spettacoli dal vivo, è evidente che compiamo una scelta che non è di tipo culturale. Spero veramente che non vi sia solo un impegno in vista della prossima finanziaria, ma che esso sia consistente, in modo da segnare davvero una politica culturale in questo Paese.

Pag. 13

(Misure per il completamento dei lavori di raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese - n. 2-00738)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00738, concernente misure per il completamento dei lavori di raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, come lei ha detto, l'interpellanza riguarda il raddoppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia, necessario a garantire la funzionalità del corridoio europeo Tirreno-Brennero, iniziato nel 1978, che dunque ormai ha trent'anni.
In premessa vorrei ricordare che è noto che l'Unione europea ha identificato tra le priorità infrastrutturali e quale strumento fondamentale per lo sviluppo economico e l'integrazione degli Stati membri, il progetto del corridoio 5. Tale progetto, unitamente al completamento dei collegamenti infrastrutturali internazionali, quali il raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese e del terzo valico, assegna un ruolo centrale all'Italia e qualifica la nostra penisola quale piattaforma logistica europea protesa verso il bacino del Mediterraneo e verso l'est. Ciò è quanto afferma l'Unione europea.
La linea Pontremolese costituisce l'estremità sud del corridoio Tirreno-Brennero tra La Spezia e Parma, collegando il Tirreno settentrionale con il bacino padano, quindi con il centro Europa e con gli Stati dell'est dell'Unione europea. Proprio tale caratterizzazione di infrastruttura di collegamento di una delle zone più produttive del Paese e del sud Europa, comune a delle zone del Mediterraneo a più alta densità di traffico commerciale, conferisce alla linea Pontremolese valenza particolarmente strategica per i traffici ferroviari merci.
Per quanto riguarda lo stato dell'arte del raddoppio di tale linea ferroviaria, detta Pontremolese-La Spezia-Parma, abbiamo tratti di linea ad oggi già completati ed attivati all'esercizio, già funzione. Essi sono il raddoppio della tratta tra La Spezia-Aulla e Chiesaccia (che è nel comune di Villafranca in Lunigiana) in prossimità proprio della stazione di Villafranca, di circa 18 chilometri, inclusi il nuovo scalo merci di Santo Stefano Magra e la nuova stazione di Aulla (il cui completamento e l'inaugurazione sono avvenuti nel 2005), con annesso raccordo per la Garfagnana e Lucca, che è in fase di ultimazione e a fine anno sarà ultimato. Altro tratto già in esercizio è il raddoppio della tratta Berceto-Solignano (nella provincia di Parma) di 9 chilometri.
Il totale della spesa ammonta già a 631 milioni di euro. Ad oggi risulta in corso la realizzazione, con appalto affidato all'impresa Astaldi Spa, il raddoppio della tratta Solignano-Osteriazza (vicino Fornovo, in prossimità di tale stazione, sempre nella provincia di Parma) di 12 chilometri, di cui 4 in galleria.
Per quanto riguarda i dati dell'appalto integrato, esso è stato affidato all'impresa Astaldi Spa di Roma in data 16 maggio 2005 per l'elaborazione della progettazione esecutiva, ultimata il 24 giugno 2006. L'inizio delle prestazioni di costruzione ha avuto luogo il 5 luglio 2006. L'importo dell'appalto è di 165 milioni 478 mila euro. Ancora non è iniziato nulla. Con il raddoppio di quest'ultimo tratto, il raddoppio dell'intera linea risulterebbe, quindi, realizzato dalla stazione di Berceto fino a Fornovo per il tratto emiliano e dalla stazione di La Spezia fino alla Chiesaccia (comune di Villafranca in Lunigiana) nel tratto ligure-toscano.
Le rimanenti tratte risultano previste secondo quanto di seguito riportato come completamento della Pontremolese; più precisamente, mancano: il tratto di 17 chilometri tra Chiesaccia (nel comune di Villafranca in Lunigiana) e Pontremoli; il tratto tra Pontremoli e Berceto, con la nuova galleria di valico di circa 21 chilometri e, infine, il tratto Osteriazza-Fornovo-Parma di circa 25 chilometri.
Il completamento rientra fra le opere straordinarie individuate con delibera delPag. 14CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, contenente il primo programma delle infrastrutture strategiche per le quali il decreto legislativo n. 190 del 2002, di attuazione della legge n. 443 del 2001 (cosiddetta legge obiettivo per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), definisce le procedure accelerate di realizzazione e di affidamento.
In data 6 giugno 2003 è stato presentato e depositato il progetto preliminare e lo studio di impatto ambientale (il SIA) relativi all'intervento di completamento in oggetto. Sempre con la deliberazione n. 940 del 22 settembre 2003 della giunta regionale toscana, è stato espresso il parere favorevole con prescrizione da parte della regione sulla localizzazione dell'opera.
Con la deliberazione n. 931 del 2003 della giunta toscana, è stato altresì espresso il parere favorevole con prescrizione da parte della regione in merito alla procedura di VIA.
Infine, con la deliberazione n. 2557 del 2003 della regione Emilia Romagna è stato espresso parere favorevole con prescrizione ai fini della procedura di VIA e della localizzazione.
Il 15 dicembre 2004, presso il Ministero delle infrastrutture, a Roma, è stato siglato un accordo di programma per la realizzazione e la gestione del potenziamento della linea ferroviaria Pontremolese, tra il predetto Ministero, le regioni Emilia Romagna, Liguria e Toscana, la società RFI, l'autorità portuale di La Spezia e il comitato consultivo permanente per lo sviluppo integrativo delle province di La Spezia, Massa Carrara e Parma, in base al quale sono stati stipulati i rispettivi impegni dei soggetti firmatari, tutti tesi alla realizzazione e alla gestione del potenziamento di tale linea ferroviaria.
Con la nota del 5 gennaio 2006, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato al Ministero delle infrastrutture il parere positivo, emesso in data 26 luglio 2005, con prescrizione della commissione speciale VIA. Con la nota del 12 aprile 2007, il Ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato al Ministero delle infrastrutture il parere favorevole con prescrizione al progetto preliminare.
Ad oggi sembra manchino soltanto il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici - inizialmente non previsto per le opere della legge obiettivo - ed eventuali integrazioni. Acquisiti tali atti, il Ministero delle infrastrutture potrà trasmettere il progetto al CIPE per la relativa approvazione, a valle della quale può essere dato l'incarico per la redazione del progetto definitivo.
Con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), al comma 965 dell'articolo 1, sono stati previsti per la progettazione definitiva dell'intero tracciato della linea Parma-La Spezia, funzionale al rafforzamento del corridoio plurimodale Tirreno-Brennero, la spesa di 24 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008. Ad oggi, di questo finanziamento, non è stata ancora resa disponibile alcuna quota.
Per concludere, signor sottosegretario, le espongo le mie richieste. A fronte del fermo cantiere attualmente in atto e delle notizie circa la volontà dell'impresa appaltatrice di non voler proseguire i lavori, forse per errata valutazione in sede di offerta per l'aggiudicazione dell'appalto, e della volontà della committente Ferrovie dello Stato che, per rispondere alle strategie aziendali per il miglior funzionamento del sistema, sembra disinteressata al proseguimento dell'intera opera Pontremolese e intenzionata all'eventuale storno dell'importo contrattuale impegnato, per dirottarlo verso altri progetti di più consistente interesse, si chiede la ragione vera dello stallo totale dei lavori nel cantiere Solignano-Osteriazza, nonché di conoscere le risoluzioni tecniche e gestionali affinché sia garantito il proseguimento dei lavori per il completamento dell'opera appaltata.
L'interpellanza muove dalla convinzione che quanto espresso nella premessa trovi una completa condivisione nelle istituzioni, che hanno definito con chiarezzaPag. 15le linee guida per la realizzazione dell'opera sopraelencata, necessaria a garantire la funzionalità del corridoio europeo, detto TIBRE (ossia, Tirreno-Brennero), e per evitare ulteriori ritardi ovvero danni irreversibili al completamento di opere di primaria importanza per lo sviluppo del nostro Paese, già finanziate e parzialmente realizzate. Occorre estrema chiarezza e il Governo ha il dovere di verificare la realizzazione dei progetti pianificati per lo sviluppo futuro del territorio e dell'economia dell'intero Paese.
Ciò non può essere rimesso all'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che, nell'ottica di perseguire logiche di impresa atte al miglior funzionamento del sistema, può essere indotto ad interrompere gli impegni assunti a seguito delle problematiche insorte.
Si ribadisce inoltre - e concludo - che il contratto di programma 2007-2011 per la gestione degli investimenti tra il Ministero delle infrastrutture, in persona del Ministro pro tempore, e la Rete Ferroviaria Italiana Spa, in persona dell'amministratore delegato pro tempore, all'articolo 2.2, lettera a), punto c, prevede come prioritario l'investimento per il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie a servizio dei porti di cui alla tabella A-03, ovvero dei porti di Genova, La Spezia, Carrara e Livorno. Sono tutti porti, ovviamente, situati sul Tirreno settentrionale, dove si evidenziano l'opera di potenziamento infrastrutturale, il completamento del raccordo Garfagnana e il raddoppio della linea ferroviaria Solignano-Fornovo, di cui alla sopracitata relazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, il ritardo sul cronoprogramma della realizzazione del raddoppio della tratta della linea ferroviaria Pontremolese Solignano-Osteriazza, ascrivibile - come rende noto Ferrovie dello Stato - al rallentamento, prima, e al fermo totale, poi, dei cantieri da parte dell'impresa Astaldi per dichiarate difficoltà di bonifica del territorio dagli ordigni bellici, è stimato oggi in 18 mesi, tenuto conto anche del tempo divenuto eventualmente necessario per reimpiantare i cantieri già smobilitati.
L'impresa Astaldi, rispetto al processo di bonifica già progettato e approvato da parte delle Ferrovie dello Stato, avrebbe, di sua iniziativa, prospettato un nuovo progetto di bonifica con un costo maggiore di alcune decine di milioni di euro non condiviso, sia nelle modalità sia nei costi, dalla stessa società Ferrovie dello Stato.
In considerazione di ciò, l'impresa ha anche sospeso ogni attività di perforazione della galleria, che non ha nulla a che vedere con le difficoltà prospettate, richiedendo una rescissione del contratto.
A fronte dell'urgenza rappresentata sia dalle realtà locali sia dalla società ferroviaria - ed in ultimo dall'interpellanza presentata dall'onorevole Barani - il Ministro delle infrastrutture ha convocato per il prossimo 9 ottobre una riunione con le parti interessate per addivenire ad una rapida risoluzione delle problematiche insorte e, quindi, alla ripresa dei lavori sulla tratta in questione.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. È ovvio che non posso essere soddisfatto della risposta, poiché è da trent'anni che si lavora su questa linea. Non sono insoddisfatto soltanto io, ma anche gli italiani e gli abitanti delle province di Massa Carrara, La Spezia e Parma che da trent'anni vedono il cantiere. Sono stati condannati all'ergastolo senza aver commesso alcun reato!
Il Parlamento nel 1978 ha definito strategica questa linea ferroviaria e ciò è stato ribadito dall'Unione europea e da tutti i documenti. Il Parlamento, inoltre, ogni anno consapevolmente vota per finanziare la Pontremolese, e lo ha fattoPag. 16anche nell'ultima legge finanziaria, prevedendo 24 milioni di euro per la progettazione esecutiva nel 2007 e nel 2008.
Ritengo che il Ministero potrebbe già attivare i 24 milioni di euro per iniziare la progettazione. Soprattutto, non è concepibile che, con le difficoltà che il settore degli appalti sta vivendo in questi mesi e negli ultimi anni in Italia, una ditta importante come quella che ha vinto l'appalto si fermi perché ritiene di non avere mezzi sufficienti per la ricerca degli esplosivi lasciati in quei luoghi dal periodo bellico. È dal 1945 che si discute sulla bonifica dell'area per costruire il tratto ferroviario.
Il territorio compreso nel collegamento Tirreno-Brennero, che ha costituito una delle direttrici più importanti nella storia (Annibale, venendo da Cartagine, è passato di lì: lo sapevano anche gli Unni, i Visigoti e i barbari che, quando arrivavano a Roma, passavano da quel corridoio, conosciuto storicamente come l'unico per accedere al Tirreno), non è conosciuto, invece, dal nostro Governo e dal nostro Parlamento (anzi, il Parlamento lo conosce, perché lo contempla sempre nella legge finanziaria).
Qualcuno affermava che «a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca»: non vorremmo che l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Spa, Mauro Moretti, bolognese, non guardi con favore a questa linea, perché interessato all'autostrada Bologna-Firenze molto più che a questo tratto, che non sente suo. Non vi è alcun'altra spiegazione: c'è qualcuno che non lo vuole e sta mettendo i bastoni tra le ruote. Abbiamo già speso un miliardo di euro di fondi pubblici per avere - come le ho detto - tratti a doppio binario che confluiscono in un tratto a binario unico. Ho l'onore e la fortuna di essere il sindaco del comune di Villafranca in Lunigiana: nella località Chiesaccia finiscono i doppi binari e automaticamente inizia un binario unico. Lei capisce che la gente è preoccupata se da due binari si passa ad un binario unico per un tratto di oltre 20 chilometri! Se poi vi sono incidenti, a chi diamo la colpa? Al fato e al destino o all'incuria delle Ferrovie dello Stato Spa o del Ministero delle infrastrutture? O al Ministero dei trasporti, che non riesce a definire una linea, che è già costata un miliardo di euro? Basta qualche decina di milioni per renderla fruibile per l'Europa, per il collegamento al «Corridoio 5» e per il collegamento tra il Tirreno, il nord Italia e il nord Europa!

(Iniziative per il superamento della Quadrilatero Spa e misure a tutela dell'acquedotto Gorgovivo - n. 2-00739)

PRESIDENTE. Il deputato Maderloni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00739, concernente iniziative per il superamento della Quadrilatero Spa e misure a tutela dell'acquedotto Gorgovivo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

CLAUDIO MADERLONI. Signor Presidente, signor sottosegretario, con la mia interpellanza urgente vorrei tentare di ricevere una risposta definitiva ad una domanda che poniamo da molto tempo: sono cambiate la natura e le finalità della Quadrilatero Spa?
Signor sottosegretario, senza nulla togliere a lei, ritengo che, se oggi ci fosse stato il Ministro Di Pietro, il nostro compito sarebbe stato facilitato: nel corso dell'ultima campagna elettorale molte iniziative del sottoscritto, della sinistra e di molti parlamentari della scorsa legislatura si sono intrecciate con le stesse idee, che allora esprimeva il Ministro Di Pietro sulla questione del superamento della Quadrilatero Spa.
Sono passati sei mesi dalla modifica della composizione societaria, un anno e mezzo dalla costituzione del Governo Prodi, due anni ed oltre dalla concessione della fiducia da parte del consiglio regionale al presidente Spacca, ma nulla è cambiato del ruolo e delle procedure della società Quadrilatero Marche-Umbria Spa e delle delibere CIPE che la regolamentano. Non è stato modificato nemmeno il quadro manageriale, che sovente - è noto - dirige ePag. 17decide anche al posto del capitale. Il finanziamento delle opere è solo parzialmente coperto dallo Stato: 422 milioni di euro devono essere ricavati dal territorio e questa si chiama «cattura di valore».
Sosteniamo che, più che ricavati dal territorio, sono «catturati» nel territorio. Lo strumento è il PAV, che individua le aree leader, dove saranno realizzati gli insediamenti per la «cattura di valore», produttivi, commerciali e di servizi. Il valore è dato dall'ICI, da quote di oneri di urbanizzazione secondaria e anche primaria e dall'incremento del 20 per cento delle quote di iscrizione alla Camera di commercio. Nel dibattito politico a volte si insiste nel sostenere che sono i comuni stessi, aderendo al PAV, a voler cedere propri poteri al concessionario e che, prendendo atto di tali decisioni, si rispetta l'autonomia degli enti locali.
Si dimentica che il concessionario ha condotto una trattativa con i comuni interessati e che la regione ha fatto opera di convincimento per l'adesione, piuttosto che valutare l'insieme dei problemi posti, la fattibilità degli interventi e le loro conseguenze.
Di fronte ad un tentativo di suicidio o di amputazione del proprio corpo, in genere si cerca di convincere il malcapitato a desistere. Qui, invece, qualcuno applaude e incoraggia l'amputazione.
La sostanza rimane inalterata: alle regioni, come alle province e ai comuni, si sottraggono funzioni istituzionali di programmazione e di gestione del territorio.
Vi è un esempio lampante: il fatto che la società Quadrilatero Spa sottragga funzioni, anche legislative, alle istituzioni è dimostrato dalla previsione per l'area leader di Falconara Marittima di un polo fieristico direzionale. La regione, con propria legge, ha regolato le sedi fieristiche, prevedendo Ancona, Pesaro e Civitanova Marche. La nascita di un polo fieristico a dieci chilometri da Ancona non può che provocare un conflitto per una sostituzione di sede, con aggravio dei costi per la regione. Ci chiediamo, però, soprattutto chi lo abbia deciso: non la regione, non i consigli comunali interessati, ma esclusivamente la società Quadrilatero.
È del tutto evidente che, se rimangono inalterate le procedure determinate dal CIPE, la società Quadrilatero si configura e si materializza, per l'intermediazione che verrà messa in atto per la realizzazione degli immobili, come sovrastruttura economica e sociale nell'individuazione degli insediamenti da realizzare, come sovraistituzione, in quanto accentra ruoli propri del sistema istituzionale decentrato sul territorio; è regolata dalle delibere CIPE ed è fuori da ogni controllo di merito e di valutazione delle opere progettate.
Ricordiamo che la regione Marche aveva, giustamente, presentato ricorso presso la Corte Costituzionale proprio per la sottrazione di funzioni istituzionali. Successivamente si è deciso di ritirare il ricorso, ma le motivazioni rimangono tutte uguali ed integre.
Ritorniamo alla cosiddetta «cattura di valore».
Emblematico è il caso del comune di Falconara Marittima, in provincia di Ancona, che, versando in gravi situazioni di sbilancio, si vede privato, per trent'anni, del 70 per cento dei cespiti derivanti dalla realizzazione di strutture produttive e direzionali nel proprio territorio. Grazie alla mobilitazione di Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo, dei Verdi e di associazioni, Quadrilatero Spa ha deciso di lasciare il 30 per cento dei predetti oneri ai comuni interessati, obbligando gli stessi a versare il 70 per cento alla Quadrilatero Spa per pagare le spese della sovrastruttura - si ripete - a totale capitale pubblico.
Ciò non basta, perché il comune dovrà versare l'ICI alla suddetta società per la durata di trent'anni, in base ad un accordo capestro, che è stato imposto dalla regione Marche e da Quadrilatero spa e che prevede che qualora il Governo Prodi e il Parlamento aboliscano, riducano o trasformino l'ICI, il comune debba comunque versare l'equivalente a Quadrilatero SpaPag. 18per trent'anni. In sostanza, «la cattura di valore» si trasforma in una cattura delle entrate dei comuni.
La Quadrilatero Spa, inoltre, nel realizzare l'asse viario Marche-Umbria maxi lotto 2 lotto 1.1 B-sub lotto 1.1-SS76 tratto Albacina-Serra San Quirico (Ancona), ha progettato una serie di opere stradali, che interessano, intersecano e invadono pesantemente la zona dell'acquedotto del consorzio Gorgovivo.
Si tratta di un acquedotto che serve gran parte della popolazione dei comuni della provincia di Ancona, tra i quali la stessa Ancona, Falconara Marittima, Jesi, Senigallia, Castelfidardo e Monte San Vito. È noto che il progetto Quadrilatero prevede quaranta chilometri di gallerie, undici chilometri di viadotto e quarantatré svincoli in un territorio delicato e decisamente disseminato di sorgenti a falde acquifere.
Il consorzio Gorgovivo avrebbe più volte segnalato alla società Quadrilatero e alla regione Marche valutazioni critiche e preoccupate sui procedimenti adottati dalla società Quadrilatero senza aver avuto riscontro né da parte della predetta Spa né dalla regione Marche.
Inoltre, non hanno ricevuto comunicazioni in tal senso né la provincia di Ancona né il comune di Serra San Quirico, sede della sorgente di Gorgovivo, né il comune di Genga, sede della sorgente di Falcioni e di Valtreara, né il comune di Fabriano, sede della sorgente Valgiubola.
Eppure le valutazioni espresse dal consorzio Gorgovivo sono dettagliate, come ad esempio le seguenti: la supposizione che il livello di falda sia pressoché orizzontale, e non vada quindi ad interessare la galleria in progetto, è tutta da verificare e trova, anzi, una risposta non positiva nei primi prelievi piezometrici fatti nel nuovo piezometro realizzato dalla Quadrilatero Spa, a tubo aperto, nel quale risulta un livello statico a meno 104 metri dal piano campagna, pertanto con quote a più 236 metri sul livello del mare che interferirebbero con l'asse in progetto; sulla sorgente di Gorgovivo è stata ribadita la necessità, «visto che nel documento della Quadrilatero Spa non si fa alcuna menzione delle problematiche sollevate dal consorzio Gorgovivo», di realizzare perforazioni esplorative in avanzamento, con piezometri interni che permettono il monitoraggio dell'opera a tempi lunghi, e nel tratto in viadotto piezometri atti a valutare i criteri di intervento costruttivo che escludano l'interferenza delle opere fondali con l'acquifero di Gorgovivo. «Tali operazioni si ribadisce essere essenziali alla tutela dell'acquifero».
Il consorzio Gorgovivo non possiede né il SIA, né i dati della natura geologica ed idrogeologica derivanti dalle indagini della Quadrilatero Spa. La mancanza dei dati rende difficoltosa la verifica del piano di monitoraggio ambientale prodotto.
Dunque, la progettazione delle opere fondali dovrà, pertanto, tenere in debito conto tale situazione che rappresenta un elemento di estrema vulnerabilità per l'acquifero.
Sulle sorgenti minori il consorzio Gorgovivo afferma: «nei casi specifici delle sorgenti Valtreara e Falcioni il rischio di produrre gravi interferenze con l'acquifero di alimentazione delle stesse è elevato; l'ipotesi progettuale fornita dalla Quadrilatero Spa per la sorgente di Valtreara appare assai problematica per la sopravvivenza della stessa». Stiamo parlando di bacini di acqua potabile. Si ricorda a tal proposito che l'acquedotto della frazione di Valtreara è alimentato esclusivamente da tale sorgente.
Si consideri che fino ad ora la Quadrilatero Spa non ha dato alcuna risposta e che l'acquedotto di Gorgovivo distribuisce mediamente 33 milioni di metri cubi di acqua potabile l'anno a centinaia di migliaia di cittadini, imprese commerciali, artigiane, agricole e industriali delle Marche.
Siamo fortemente preoccupati perché il presidente dell'ANAS, Vincenzo Pozzi, più volte, nell'illustrare le finalità della società Quadrilatero, ha insistito affermando: «Sono state bruciate tutte le tappe e si è giunti in tempi rapidissimi all'approvazione delle progettazioni e delle valutazioni d'impatto ambientale». Si è ricorsoPag. 19al general contractor; il progetto Quadrilatero Marche è un esempio modello del nuovo concetto di capitalismo di rete.
Si possono al riguardo fare le seguenti osservazioni. Bruciare le tappe per valutare progetti di impatto ambientale può essere estremamente pericoloso, può risultare non credibile con riferimento alle valutazioni e non fare emergere i possibile limiti del progetto, impedendone il miglioramento.
Il general contractor opera senza controlli, se non quelli operati dal concessionario stesso, cioè la Quadrilatero Spa, che non ha né i mezzi né gli strumenti per effettuarli. Le strade utilizzate per diffondere il capitalismo di rete dimostrano, forse, una parte dei reali intenti dei proponenti.
Nel capitalismo reale se qualcuno, privati, cittadini e comuni, sottoscrive parte del capitale sociale, dovrebbe poi anche incamerare parte dei profitti realizzati. Questo in genere non si dice. Quello di Pozzi e compagnia, più che essere capitalismo di rete, assomiglia ad una furbata o all'opera di certe banche che tentano di incamerare investimenti per poi farne un uso privatistico, soprattutto finalizzato a costruire un centro di potere.
Il fatto che l'inventore della Quadrilatero Spa sieda oggi in Senato tra le file del centrodestra, ed abbia più volte indicato questo «capolavoro» come strumento da diffondere e da prendere ad esempio, ci preoccupa molto. Oggi, lo ricordo, non governa il centrodestra e, conseguentemente, vorrei che si applicasse quanto scritto nel nostro programma elettorale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, la Quadrilatero Marche Umbria Spa è una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro, costituita il 6 giugno 2003 con l'obiettivo di realizzare il progetto Quadrilatero. È un organismo di diritto pubblico ed è pertanto obbligata al rispetto della normativa comunitaria in materia di espletamento di gare pubbliche per l'affidamento di lavori, servizi e forniture.
La realizzazione di un'opera infrastrutturale come il progetto Quadrilatero è destinata a produrre, immediatamente e nel tempo, una serie di effetti positivi nel contesto sociale, economico e territoriale. Tale previsione si basa sul contributo dell'opera viaria alla riduzione del deficit infrastrutturale e sull'attuazione del piano di area vasta con l'insediamento delle previste aree produttive (aree leader e aree di implementazione) che consentono di attivare un effetto volano sull'economia. Si tratta, in altre parole, di un moltiplicatore di sviluppo che, con l'incremento delle attività produttive, commerciali e di mercato del lavoro, è destinato a creare rilevanti ricadute sul sistema industriale ed economico delle regioni Marche ed Umbria.
Il progetto Quadrilatero Marche Umbria si compone di due elementi interconnessi. Il primo consiste nella realizzazione di opere infrastrutturali viarie destinate ad assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti e, più in generale, a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate. Il progetto infrastrutturale è stato approvato dal CIPE nel maggio del 2004.
Il secondo elemento consiste nella realizzazione del piano di area vasta (PAV), innovativo piano di cofinanziamento per completare il fabbisogno complessivo delle medesime opere, per le quali lo Stato si è impegnato per circa l'80 per cento del valore, affidando alla società Quadrilatero (soggetto attuatore) il compito di reperire dal territorio il restante 20 per cento con l'attuazione del PAV.
Il piano di area vasta sviluppa l'economia del territorio attraverso il potenziamento degli assi viari e l'insediamento di nuove aree produttive, denominate aree leader e aree di implementazione, adiacenti alle medesime infrastrutture viarie.
Parte dei benefici ottenuti dal territorio e derivanti dal suddetto modello vienePag. 20finanziariamente destinata alla società Quadrilatero esclusivamente per la realizzazione delle opere viarie. Una prima tranche di otto aree leader è stata approvata dal CIPE nel marzo del 2006.
Il piano di area vasta identifica le seguenti fonti di «cattura del valore» per il cofinanziamento del progetto infrastrutturale viario: i canoni di concessione per la realizzazione e gestione degli insediamenti produttivi; il gettito ICI, esclusivamente sugli immobili realizzati per i nuovi insediamenti produttivi, commerciali e di servizi; gli oneri di urbanizzazione; il contributo delle camere di commercio.
Si ricorda che la «cattura di valore» è tra quegli strumenti riconosciuti dal DPEF come modelli possibili di cofinanziamento pubblico-privato.
Il piano di area vasta (PAV) si attua tramite accordi di programma con enti ed istituzioni interessati (regioni, province, comuni e camere di commercio) con l'obiettivo di condividere impegni, tempistica ed ogni altro adempimento connesso all'intervento. Va, quindi, ricordato che lo scorso 17 e 18 settembre la società Quadrilatero ha firmato, rispettivamente con la regione Umbria e la regione Marche, gli accordi di programma unitamente agli specifici accordi attuativi con i comuni umbri e marchigiani.
Per quanto riguarda il comune marchigiano di Falconara Marittima, competente per l'omonima area leader «polo fieristico-direzionale», la regione Marche, in considerazione che la realizzazione dell'area leader di Falconara Marittima interessa anche l'asset strategico dell'aeroporto Raffaello Sanzio, nell'ambito di un ampio piano di razionalizzazione economica ed infrastrutturale del territorio e tenuto conto delle difficoltà finanziarie in cui versa il suddetto comune, ha previsto un contratto di 2,8 milioni di euro a favore del comune stesso da correlare alla firma dell'accordo di programma. La delibera di approvazione dell'accordo suddetto da parte del consiglio comunale di Falconara Marittima è intervenuta il 24 settembre scorso.
In relazione alla stipula degli accordi di programma con gli enti territoriali di Marche e Umbria per l'attuazione del piano di area vasta, la società Quadrilatero e le federazioni nazionali e regionali di Marche e Umbria e provinciali di Ancona, Macerata e Perugia di Fillea-CGIL, Filca-CISL e Feneal-UIL, hanno firmato il protocollo d'intesa concernente la realizzazione delle aree leader che istituisce un sistema di regole e di relazioni industriali a livello nazionale e locale con l'obiettivo di disciplinare, tra l'altro, la sicurezza dei cantieri e lo sviluppo delle opportunità occupazionali nelle aree direttamente interessate.
Tale protocollo sarà parte integrante della documentazione contrattuale per i concessionari che si aggiudicheranno le gare internazionali per le aree leader.
A conferma del grande valore del progetto, enti ed istituzioni di Marche ed Umbria fanno parte del capitale sociale della Quadrilatero: oltre ad ANAS Spa, che detiene la maggioranza del pacchetto azionario, sono partecipanti le regioni Marche ed Umbria, la provincia di Macerata e la camera di commercio di Macerata. Si segnala che la provincia di Perugia ha recentemente deliberato l'ingresso nel capitale della Quadrilatero; ciò rientra nell'ambito di ulteriori possibili ampliamenti della compagine azionaria nei confronti delle realtà locali.
Per quanto concerne, quindi, lo specifico quesito relativo alle presunte interferenze con l'acquedotto del consorzio Gorgovivo si forniscono i seguenti elementi informativi, forniti dalla società Quadrilatero. Il progetto definitivo della strada statale 76 Val d'Esino, sublotto 1.1 - tratto Albacina-Serra San Quirico - ha sempre tenuto in debita considerazione la possibile interferenza con l'acquifero delle sorgenti del consorzio Gorgovivo fin dall'avvio dell'incarico di progettazione, affidato dall'ANAS e dalla provincia di Ancona alla So.ce.co Spa (2000).
Di fatto, nella stesura del progetto è stato tenuto conto dei risultati delle seguenti fasi di indagine e monitoraggio delle sorgenti: prima fase, nel 1998, effettuataPag. 21dall'ANAS, ai fini delle scelte preliminari del tracciato; seconda fase, nel 2000, eseguita dal progettista di concerto con il consorzio Gorgovivo; terza fase, nel 2003, integrazione di indagine a seguito delle misurazioni e analisi effettuate tramite la realizzazione di un pozzo di prova profondo cento metri richiesto dal consorzio; quarta fase, di monitoraggio ambientale ante operam, attualmente in corso, in adempimento delle prescrizioni della delibera CIPE del 27 maggio 2004 n. 13. Tale monitoraggio comprende il suddetto studio ante operam, i rilevamenti durante l'esecuzione dei lavori ed il post operam, con misurazioni per ulteriori due anni dopo l'entrata in esercizio dell'opera.
Il progetto definitivo in questione è stato successivamente approvato dal CIPE con la delibera n. 13 del 2004, essendo stata valutata l'ottemperanza del progetto medesimo al decreto VIA n. 6086 dell'8 maggio 2001 e confermate le prescrizioni sul progetto esecutivo e sulla fase di realizzazione che in quest'ultimo erano contenute.
Per quanto attiene alla raccomandazione inerente il monitoraggio delle sorgenti «senza attendere gli esiti della gara per contraente generale», si rappresenta che questo aspetto è stato chiarito in occasione dell'incontro del 23 febbraio 2003, presenti il consorzio Gorgovivo, la società Quadrilatero e la regione Marche, rappresentata dall'assessore all'ambiente Marco Amagliani, oltre ai dirigenti e ai responsabili dei servizi regionali.
A partire da detto incontro, debitamente verbalizzato, si è dato corso ad un rapporto continuativo di collaborazione con il consorzio, di cui si è data costante informazione alla regione Marche.
In particolare, tutti i dati di natura geologica e idrogeologica derivanti dall'indagine della Quadrilatero Spa, in possesso della società, nonché quelli acquisiti dall'ANAS - in qualità di socio di maggioranza - sono stati trasmessi al consorzio già dal 2006.
Il rapporto di fattiva collaborazione con il consorzio Gorgovivo (e di contestuale informazione alla regione Marche) è proseguito nella recente fase di redazione del progetto esecutivo; si citano, in particolare, la trasmissione al consorzio del progetto di monitoraggio delle sorgenti in data 9 maggio 2007, la conseguente acquisizione delle osservazioni del consorzio (13 luglio 2007) e la successiva corrispondenza con il contraente generale e con il consorzio per la disamina delle soluzioni progettuali proposte (14 settembre 2007).
Relativamente, quindi, ai rapporti con gli enti locali interessati dall'acquedotto di Gorgovivo, si segnala che la società ha contattato e incontrato in più occasioni i sindaci dei comuni di Serra San Quirico, di Genga e di Fabriano per affrontare queste ed altre tematiche rilevanti per il territorio.
In conclusione, si ritiene importante evidenziare che il progetto relativo all'asse viario Umbria-Marche è considerato essenziale dal Governo, che ha pertanto ritenuto di inserirlo nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2012 tra le opere prioritarie per le quali si è chiesto un rifinanziamento.

PRESIDENTE. Il deputato Maderloni ha facoltà di replicare.

CLAUDIO MADERLONI. Signor Presidente, è difficile essere soddisfatti della risposta. Signor sottosegretario, lei ha ragione quando dice «produrre nel tempo effetti positivi». Parla di effetto volano sull'economia.
A me preoccupa il fatto che a decidere ciò non siano gli enti preposti. Potremmo, infatti, arrivare a consegnare alla Quadrilatero Spa Marche e Umbria anche i nostri piani regolatori dei comuni, chiudendo, ad esempio, i consigli comunali, le province, le regioni.
Basta istituire, nel nostro territorio e in Italia, società come queste, che non hanno scopo di lucro, per vedere la realizzazione di un albergo, di una fiera, cose di questo genere, che sono importanti.
Noi riteniamo che il meccanismo della «cattura di valore» sia un errore, in quanto ciò significa decidere l'area leader,Pag. 22stabilire le misure da intraprendere in quell'area e porle in essere. Quindi, mancano due cose che abbiamo chiesto, nonché la soppressione, come è scritto nel documento programmatico, della Quadrilatero Spa, ma non importa.
Avevamo chiesto due cose importanti: che le amministrazioni locali fossero messe in grado di decidere cosa fare sul proprio territorio e che gran parte dell'ICI, anziché essere destinata per trent'anni alla società Quadrilatero Spa, rimanesse all'interno delle casse delle amministrazioni comunali.
Quando parla di un contributo di due milioni e 800 mila euro, sarebbe necessario chiarire bene che un milione e 100 mila è il risultato del 30 per cento, mentre un milione e 700 mila dovrà essere restituito dal comune di Falconara alla società Quadrilatero Spa, non appena avranno inizio le opere.
L'episodio di Falconara è stato terribile. Il comune di Falconara, per una legge finanziaria del 2000, è creditore nei confronti dello Stato. L'articolo 113 prevede la compartecipazione alle accise di 17 comuni (oggi 16) residenti di impianti petroliferi. Si tratta di una compartecipazione alle accise, che da allora né noi né il Governo di destra abbiamo fatto: avrebbe potuto significare risolvere le questioni economiche del comune di Falconara e non essere strozzati da una decisione come quella della Quadrilatero Spa.
Ma lasciamo perdere la questione di Falconara. Le notizie che ho letto sul consorzio Gorgovivo risalgono a giugno 2007. Se vuole leggerle attentamente - noi non abbiamo pazienza per farlo ma sicuramente lei ne ha - si renderà conto che sono molto preoccupanti.
Non stiamo parlando della fiera o di aver tolto gli introiti dell'ICI ai comuni, bensì di un bacino acquifero che fornisce tutta la provincia di Ancona. Quando Gorgovivo si preoccupa per le proprie questioni, non si tratta di quattro anni fa quando sono stati fatti gli accordi.
Lei si è riferito al 23 febbraio 2003: in quella data vi era un altro Governo e anche l'ideatore della Quadrilatero Spa che l'ha creata, costruita e che ce l'ha fatta «ingoiare». Noi, prima opposizione, oggi governiamo e poiché in campagna elettorale avevamo sostenuto che la Quadrilatero Spa dovesse essere annullata e cambiata, che almeno cambiasse seriamente la propria natura, lasciando alle amministrazioni locali il valore del territorio e soprattutto la questione dell'acqua.
Signor sottosegretario, il gruppo Sinistra democratica. Per il Socialismo, i Verdi e molti movimenti che si sono formati possono passare sopra molte cose, ma la questione dell'acqua è un bene comune, cui l'essere umano non può e non deve rinunciare. Essa deve essere pubblica e si deve fare in modo che ognuno la difenda.
Quindi, non c'è strada che tenga se un bacino può essere in qualche modo minato, perché a questo punto non si tratta più di sollevare una protesta contro la legalità per la questione dell'ICI, bensì di un problema molto serio. Infatti, si tratta dell'acqua potabile di tutta la provincia di Ancona. Continueremo!

(Interventi in merito alla crisi della ditta Roncadin di Meduno (Pordenone) - n. 2-00667)

PRESIDENTE. Il deputato Pegolo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00667, concernente interventi in merito alla crisi della ditta Roncadin di Meduno (Pordenone) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'interpellanza urgente in discussione ha per oggetto la situazione di crisi in cui versa la Foodinvest Pizza - già Roncadin - azienda localizzata nel comune di Meduno in provincia di Pordenone.
Questa azienda occupa oggi 317 dipendenti di cui più del 90 per cento sono donne. Si tratta di una realtà produttiva importante per la zona che produce pizze surgelate con un potenziale di circa 6Pag. 23milioni di euro l'anno. Si tratta di un prodotto di qualità che non riscontra problemi di mercato e, nonostante ciò, l'azienda in questione è sull'orlo della chiusura: non vengono pagati i fornitori, non vengono pagati i contributi IRPEF, INPS e via seguitando ed i lavoratori hanno ricevuto come ultimo stipendio quello di luglio.
L'attività inoltre procede in modo ridotto: nel mese di settembre i dipendenti hanno lavorato due giorni alla settimana. Il paradosso è che, allo stato attuale, le stesse organizzazioni sindacali non conoscono con precisione la situazione dell'azienda né i piani imprenditoriali, né si sa se vi è la volontà, da parte degli imprenditori, di mantenere attiva tale unità produttiva.
A tale riguardo, mi permetto anche di svolgere alcune precisazioni. In primo luogo, vi è il precedente di un'altra azienda del gruppo, localizzata a Coseano (Udine), operante sempre nel campo della produzione di pizze che, tuttavia, è già stata chiusa con la perdita di circa 120 posti di lavoro.
Tale precedente non può, quindi, che preoccupare, in quanto vi è il rischio che l'intero ramo di attività - quello alimentare - del gruppo di cui fa parte l'azienda di cui stiamo parlando venga dismesso.
Vi è però un'altra ragione che induce ad ulteriori preoccupazioni: circa due mesi fa l'azienda in questione ha cambiato ragione sociale e ha mutato la sede legale che dal Friuli Venezia Giulia è stata trasferita a Roma. Al di là delle motivazioni di tali decisioni (che non sono conosciute) resta il fatto che con ciò si è preclusa la possibilità alla regione Friuli Venezia Giulia di intervenire per affrontare qualsivoglia azione di sostegno all'attività produttiva in questione.
Lo statuto della regione Friuli Venezia Giulia, infatti, vieta interventi a favore di aziende, la cui sede legale è esterna alla regione. Sulla vicenda, infine, grava un'incertezza relativa alle strategie imprenditoriali del gruppo Malavolta proprietario dell'azienda. Si tratta di un gruppo che occupa più di mille dipendenti distribuiti in settori diversi e in modo particolare nel settore edilizio. In che modo la crisi della Foodinvest Pizza si connette alle vicende del gruppo? Vi è il rischio che essa anticipi una crisi più ampia dell'intero gruppo? Come si vede, l'effetto complessivo potrebbe essere, a questo punto, molto grave. Lo è certamente nell'area dove è localizzata l'azienda, per l'impatto sul mercato del lavoro locale e, specialmente, per quanto riguarda l'occupazione femminile, ma vi potrebbero essere rischi anche per altre aziende collegate allo stesso gruppo.
Le domande poste nell'interpellanza sono molto chiare e vorrei che il rappresentante del Governo fosse, a tale riguardo, quanto mai preciso nelle risposte.
Noi chiediamo, in primo luogo, se il Governo sia a conoscenza dei fatti e in caso di risposta affermativa di quali informazioni disponga relativamente allo stato dell'azienda; in secondo luogo, quali azioni intenda promuovere per evitare la chiusura della fabbrica e infine quale altre azioni intenda perseguire al fine di evitare che nella crisi sia coinvolto anche l'intero gruppo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, con riferimento all'atto ispettivo presentato dall'onorevole Pegolo passo ad illustrare gli elementi informativi acquisiti presso i competenti uffici territoriali che, spero, siano sufficientemente precisi.
La Roncadin Bakery srl - facente oggi parte del gruppo Malavolta Corporate nasce nel 1991 come Pizza & Pasta Srl e costruisce lo stabilimento di Meduno nel 1992 per la produzione di pizza surgelata cotta su pietra secondo il metodo tradizionale, primo stabilimento in Europa in tale settore.Pag. 24
L'azienda produce per conto di grandi distributori e non è presente sul mercato con un marchio proprio.
Il mercato di riferimento per la produzione di pizze della Roncadin Bakery è quello dei paesi del centro e nord Europa (Germania, Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Regno Unito ed altri), ove l'azienda esporta circa l'80 per cento della produzione.
La Roncadin prevedeva un posizionamento nella fascia alta del mercato per qualità del prodotto, per italianità ed aspetto artigianale. Tale posizionamento ha richiesto lo sviluppo della produzione con un'alta manualità, particolarmente nella fase della farcitura.
Nel passato il mercato ha riconosciuto e premiato questa scelta, malgrado i maggiori costi. Oggi la congiuntura ha spinto le grandi catene di supermercati ad abbassare i prezzi con conseguente riduzione dei margini operativi per i produttori.
Nel frattempo, sono entrati nel mercato nuovi operatori con stabilimenti più produttivi per una maggiore automazione delle linee. In questa situazione, l'azienda si è vista costretta ad aumentare la produttività, investendo in automazione, pur conservando le caratteristiche che hanno permesso al prodotto di affermarsi sul mercato.
Il programma di ristrutturazione aziendale della Roncadin Bakery Srl, così com'è stato descritto nella domanda per la concessione dei benefici del trattamento di integrazione salariale, riguarda l'azienda nel suo complesso e più massicciamente i reparti addetti alle attività produttive.
Ne deriva che i nuovi investimenti riguardano soprattutto l'area della produzione, mentre le altre aree dello stabilimento (manutenzione, magazzini, logistica e amministrazione) vengono coinvolte a cascata per gli effetti di una sensibile riduzione degli interventi manutentivi, di una riorganizzazione delle attività di logistica e di uno snellimento nelle procedure contabili-amministrative.
Nel marzo del 2006 la Roncadin ha fatto richiesta di esame congiunto per l'attivazione delle procedure CIGS per ristrutturazione aziendale per 24 mesi, con la sospensione a rotazione per un massimo di 80 lavoratori su un organico di 358 unità a decorrere dal 24 aprile 2006.
Il trattamento CIGS è stato concesso con decreto ministeriale del 6 ottobre 2006 relativamente al biennio 24 aprile 2006-23 aprile 2008. La richiesta di CIGS trova fondamento nella caduta, a partire dal 2004, del fatturato, dei prezzi medi e dei margini di contribuzione e nella previsione in un prossimo futuro di ulteriori difficoltà a causa di un mercato alimentare in continua discesa negli ultimi due anni con un significativo calo anche nel settore delle forniture di pizza surgelata alle catene commerciali e ad una forte competitività dei prezzi.
Alla luce di tali fatti l'azienda ha predisposto un programma di ristrutturazione finalizzato a migliorare la competitività dell'azienda, costituito da interventi tesi ad effettuare un'importante azione di recupero delle efficienze in ambito produttivo, in particolare attraverso l'inserimento di linee ad alta automazione, semplificando i processi ed il layout produttivi ed ottimizzando il rapporto tra lavoratori indiretti e diretti, anche attraverso un piano formativo mirato allo sviluppo delle competenze professionali.
In tale scenario, l'azienda ha comunque evidenziato delle eccedenze di personale stimate in 55 unità da individuare tra i lavoratori posti in CIGS nel corso del biennio, per la cui gestione è stato predisposto dall'azienda un piano che prevedeva l'incentivazione all'esodo per circa dieci unità, la collocazione in mobilità finalizzata al raggiungimento del trattamento di quiescenza e per agevolare la ricollocazione di 35 unità nel corso del biennio ed offerte di lavoro provenienti da altre aziende italiane del gruppo Malavolta.
Nello scorso mese di luglio si è tenuto un incontro tra i rappresentanti della regione Friuli Venezia Giulia, il vicepresidente della giunta, l'assessore alle attivitàPag. 25produttive, l'assessore al lavoro, i rappresentanti del gruppo Malavolta e le organizzazioni sindacali, nel corso del quale si è chiesto ai rappresentanti dell'azienda di garantire la regolarità nell'attività e nei pagamenti al personale onde contribuire ad un allentamento delle tensioni occupazionali.
La proprietà a sua volta ha evidenziato che sono state messe in campo iniziative, anche attraverso l'ingresso di un partner finanziario, per superare le attuali difficoltà del gruppo.
Relativamente al fallimento dell'azienda Girali di Coseano, appartenente alla stessa proprietà, attualmente il personale è stato messo in CIGS ed è allo studio un piano di gestione degli esuberi.
Sono in grado, infine, di garantire, e in questo senso rassicurare l'onorevole Pegolo, che la situazione aziendale è seguita con l'attenzione che merita da parte del Ministero del lavoro e previdenza sociale.

PRESIDENTE. Il deputato Pegolo ha facoltà di replicare.

GIAN LUIGI PEGOLO. Mi dispiace, ma non sono assolutamente soddisfatto della risposta. Trovo anche che gran parte degli interrogativi posti nell'interpellanza non hanno trovato riscontro in quanto ci è stato esposto poc'anzi.
Prima di tutto vorrei far presente che le informazioni fornite sono molto lacunose: si riferiscono alla storia di quest'impresa, che peraltro conoscevamo, ma nulla ci dicono della situazione attuale. Nulla ci dicono, per esempio, sul fatto che, nonostante le ipotesi di piani di ristrutturazione produttiva avanzati in passato, non abbiamo dei riscontri a livello locale sotto il profilo di significative modificazioni nel funzionamento della struttura produttiva, né vi sono degli elementi che inducono a ritenere che questo piano abbia dato esiti positivi. Inoltre, non abbiamo oggi alcuna informazione circa la natura della crisi finanziaria di quest'impresa; non sappiamo come mai i lavoratori non vengono pagati; non sappiamo come mai esistono problemi nel pagamento dei contributi, né sappiamo che cosa intende concretamente fare l'impresa, né conosciamo le ragioni per le quali essa ha rifiutato anche la collaborazione della regione Friuli-Venezia Giulia nell'individuazione di nuovi partner. Pertanto, ci è praticamente sconosciuta la situazione attuale: gli elementi che il sottosegretario ha riportato erano noti, ma si riferiscono in larga misura ad eventi del passato.
In secondo luogo, ed è la cosa più grave, nella risposta che ci è stata fornita non vi è alcun elemento relativo ad una iniziativa concreta da parte del Ministero del lavoro nei confronti di questa crisi aziendale. Inoltre, non ci è stata data alcuna risposta relativamente alla condizione generale del gruppo Malavolta, che a questo punto dovrebbe quanto meno essere monitorata, data la crisi che insiste su alcuni degli stabilimenti di questo gruppo. Pertanto, non sappiamo assolutamente se ciò che sta avvenendo in provincia di Pordenone e che è avvenuto prima in quella di Udine abbia una certa connessione con altri avvenimenti, che si sono prodotti o che si possono produrre da altre parti in relazione a stabilimenti dello stesso gruppo; inoltre, non ci viene data alcuna risposta concreta sull'azione che il Governo intende portare avanti per intervenire fattivamente nella crisi di questa azienda.
Apprezzo che il sottosegretario ci dica che la situazione è all'attenzione del Ministero; avrei francamente preferito che mi fosse stato detto quali azioni intendesse concretamente assumere il Ministero; vorrei far presente, come già dicevo prima, che la regione Friuli-Venezia Giulia ha le mani legate per quanto riguarda le azioni da intraprendere nei confronti di questa impresa, perché avendo la suddetta cambiato la sede legale, di fatto è impossibile un intervento finanziario o di sostegno da parte dell'assessorato competente della regione Friuli-Venezia Giulia. Pertanto, ragionevolmente, o vi è un intervento da parte del Ministero competente, oppure questa azienda è lasciata a se stessa. Oggi non abbiamo alcun elemento per dire che viPag. 26sarà un'evoluzione positiva o che le promesse fatte da parte dei titolari dell'aziende in passato in qualche modo si tradurranno in fatti positivi.
Concludendo, signor sottosegretario, credo che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale debba assumersi la responsabilità di un'iniziativa diretta su tale questione, ma non può semplicemente stare a guardare ciò che avviene in quella realtà, prendendo poi atto delle conclusioni di una vicenda che rischia di essere drammatica per 320 lavoratori, se non per un numero addirittura superiore in futuro.

(Dati relativi all'applicazione della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza - n. 2-00742)

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00742, concernente dati relativi all'applicazione della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, con riferimento a quanto richiesto dagli onorevoli interpellanti in merito agli specifici quesiti, si precisa quanto segue. In ordine al primo quesito sollevato nell'interpellanza, relativo ai colloqui e alle certificazioni dei consultori, la relazione ministeriale contiene il numero e la percentuale di documentazioni e certificazioni per l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) rilasciate dai medici dei consultori familiari per ogni singola regione.
Per quanto riguarda il numero dei colloqui svolti nei consultori, a tutt'oggi non rilevabile dal modello D12 Istat, si precisa che solo una donna su tre si rivolge ai consultori, mentre le altre si rivolgono a medici di fiducia, e che la maggioranza di coloro che si rivolgono al consultorio per la certificazione di IVG è di cittadinanza straniera. Pertanto, un'eventuale rilevazione statistica del numero dei colloqui risulterebbe in ogni caso parziale, quindi non significativa rispetto alle finalità auspicate. Si ritiene, tuttavia, di accogliere il suggerimento rappresentato nell'atto parlamentare, e il Ministero della salute verificherà la possibilità di effettuare un'indagine campionaria coordinata dall'Istituto superiore di sanità.
In ordine al secondo quesito, relativo alla presenza del padre, si sottolinea che la legge n. 194 del 1978 richiama esplicitamente la libera scelta della donna circa la presenza del padre del concepito. Attualmente tale presenza non è un dato rilevabile dal sistema di sorveglianza delle IVG, il cui obiettivo è la raccolta e l'elaborazione dei dati ai fini di un'analisi epidemiologica del fenomeno abortivo. Anche in questo caso, sempre in considerazione dei dati relativi al ricorso ai consultori che renderebbe parziale la rilevazione statistica, si accoglie il suggerimento e si richiederà all'Istituto superiore di sanità un'ulteriore e specifica indagine campionaria.
In merito al terzo quesito, relativo ai bambini nati vivi dopo novanta giorni, si precisa che non sembra corretto ipotizzare, come erroneamente esplicitato nell'atto parlamentare, che esistano «bambini nati vivi» in seguito «ad aborti tardivi dopo i novanta giorni». Vogliamo ricordare che gli articoli 6 e 7 della legge n. 194 del 1978 prevedono ambiti precisi entro i quali si possono effettuare le IVG dopo i novanta giorni. In particolare, essa può essere praticata dopo tale termine: quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un pericolo grave per laPag. 27salute fisica o psichica della donna. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto l'IVG può essere praticata solo nel caso di grave pericolo per la vita della donna e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
In ordine al quarto quesito, concernente la settimana di gestazione, la relazione ministeriale prevede una specifica tabella relativa al numero di IVG per settimane di gestazione così suddivise: minori di 8, 9-10, 11-12, 13-15, 16-20, maggiori di 21, non rilevato.
In ordine al quinto ed al sesto quesito relativi all'accertamento diagnostico dopo l'aborto e patologie fetali, non sono rilevabili i dati sulle patologie fetali in caso di IVG, in quanto lo spirito e l'obiettivo della legge n. 194 del 1978 e, in particolare, dell'articolo 6 non sono quelli di perseguire finalità eugenetiche, ma la salvaguardia della salute e del benessere psicofisico della donna. Qualora si cercasse di determinare attraverso una rilevazione mediante i modelli D12 Istat quale rilevante patologia fetale è più frequentemente presente nell'anamnesi delle donne che ricorrono ad una interruzione della gravidanza per un grave rischio per la salute psichica (articolo 6, lettera b), della legge n. 194 del 1978), si attribuirebbe di fatto la motivazione dell'interruzione di gravidanza all'anomalia del prodotto del concepimento e non alla condizione psichica materna.
Tale atteggiamento sarebbe contro lo spirito della legge n. 194 del 1978, che appunto non prevede finalità eugenetica. Si sottolinea, comunque, che il riscontro autoptico sul prodotto del concepimento dopo l'aborto è possibile solo nei casi in cui l'aborto sia stato espletato tramite induzione farmacologica di un travaglio abortivo, in quanto il feto è intatto. Allo stato attuale prima della quattordicesima-quindicesima settimana di gestazione (e in alcuni centri dove operano specialisti ginecologi più esperti anche fino alla diciassettesima settimana) si privilegia la tecnica chirurgica, che non consente l'autopsia. Si precisa che non è prassi abituale il riscontro citogenetico post mortem, per l'alta probabilità di fallimento della coltura.
D'altra parte è indiscutibile che vi sia un interesse della donna a conoscere il riscontro della diagnosi prenatale mediante accertamenti sul feto. Tale dato, infatti, non solo consente l'analisi della corrispondenza della diagnosi prenatale e post-natale, ma soprattutto permette di fornire informazioni più precise riguardo la causa e il rischio di ripetizione dell'evento malformativo nelle gravidanze successive. In questo senso gli accertamenti sul feto dopo l'interruzione di gravidanza non si discostano da quanto previsto per il feto nato morto con malformazioni congenite (decreto ministeriale 28 luglio 1999). In ogni caso, il registro epidemiologico delle malformazioni congenite è attualmente attivato solo in alcune regioni italiane: è strutturato su base obbligatoria solo in Veneto ed Emilia-Romagna, mentre è su base volontaria in Lombardia e Lazio, ed è attivato in modo più discontinuo in altre regioni. I registri prevedono anche la rilevazione delle malformazioni in epoca prenatale e raccomandano la verifica del quadro fetale mediante l'autopsia.
Infine, il settimo quesito è relativo all'aborto farmacologico. Anche per quest'ultima richiesta possiamo confermare che nella prossima relazione sarà riportato il numero di casi suddivisi per singola regione.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per essere stato disponibile a venire a riportare, in questa sede, una risposta relativa ad attività di un Ministero che non è, direttamente, di sua competenza, e pertanto non ne voglia a male in quanto criticando la sua risposta non intendo muoverle degli appunti, ma rivolgermi al Ministero della salute. Sono soddisfatto per le risposte, seppure molto parziali, relative ai primi due quesiti, vale a dire che vi saranno verifiche e comunque si attiveranno indaginiPag. 28campionarie per verificare quale sia la presenza del padre e il numero dei colloqui nei consultori.
Invece, non mi resta che allargare le braccia dinanzi alla mancanza assoluta di risposta al quesito di cui alla lettera c), relativo al numero dei bambini nati vivi in seguito ad aborti più o meno tardivi, prima o dopo i novanta giorni. Nella premessa della nostra interpellanza citiamo infatti casi che sono diventati, purtroppo, noti all'opinione pubblica. Si tratta della vicenda dell'ospedale San Camillo di Roma, dove addirittura la dottoressa che ha attivato la procedura di aborto ha pubblicizzato il fatto che si possa, in qualche modo, almeno in quell'ospedale e secondo la sua opinione, far sottoscrivere alla madre la disponibilità a decidere o meno della vita del figlio, anche dopo il novantesimo giorno, come se si trattasse di un atto di proprietà.
Cito inoltre i casi dell'ospedale Careggi di Firenze e dell'ospedale San Paolo di Milano. Quindi, eludere la risposta su questo tema fondamentale, che ha interessato l'opinione pubblica e che può mettere discussione già nei fatti la legge n. 194 del 1978, non è possibile, da parte di chi dice di voler difendere la legge stessa.
Come osservato nella risposta, è vero che la legge n. 194 del 1978 non ha alcuna finalità eugenetica, ma se non ci sono controlli sull'applicazione e verifiche rispetto alle domande che abbiamo posto (in particolare, si finge da parte del Ministero della salute, non volendo mandare le ispezioni, di non voler sapere il numero dei bambini nati vivi) si consente di fatto che la legge venga applicata in maniera distorta rispetto alla lettera e allo spirito della stessa, cioè per finalità apertamente eugenetiche.
La legge, infatti, ed è stato ripetuto in quest'aula, prevede che il bambino malformato o che abbia qualche handicap non è che di per sé debba essere «eliminato»: può essere eliminato se tale gravissimo handicap procura un danno talmente grave per la madre sul piano psicofisico, che si decide - attraverso tale legge - di dare priorità alla salute della donna, piuttosto che a quella del bambino. Se, invece, come in questi tre casi (la magistratura sta indagando e sta verificando se la legge sia stata osservata), il medico decide addirittura di eliminare un bambino fuori dal dettato e dallo spirito della legge e il Ministero non ha nemmeno il coraggio di inviare degli ispettori né di verificare, dopo mesi, e comunicare a questa Assemblea il numero dei casi e le modalità con cui si è proceduto, evidentemente non possiamo che prenderne atto. Alla luce di tutto ciò, ci impegniamo a riformulare in maniera sostanzialmente identica la stessa interpellanza nelle prossime settimane.
Su questo caso, infatti, come sulla questione dell'aborto chimico, ci sono evidentemente troppi interessi da parte di troppe personalità note del mondo di una certa sinistra libertaria e da parte di un certo approccio radicaleggiante anche nel campo della medicina e della biomedica. Noi vorremmo, invece, che nel nostro Paese si applicassero le leggi e che il Ministero della salute si slegasse da queste lobby e cominciasse a far applicare le leggi vigenti in Italia. Una di queste è la legge n. 194 del 1978, e deve essere applicata: chiediamo esclusivamente un raffronto di dati per verificarne l'applicazione.
Prendiamo atto che nelle risposte che ci vengono dal Ministero della salute ci sono degli aspetti positivi, dal punto di vista dell'intenzione e della volontà di accogliere alcuni suggerimenti contenuti nella nostra interpellanza, ma assolutamente negativi e censurabili rispetto ad altre questioni. Su queste ultime torneremo al più presto, e chiediamo fin da subito, per il tramite del sottosegretario Montagnino, che il Ministero della salute nelle prossime settimane abbia la pazienza di tornare in quest'aula e portare i dati che oggi purtroppo ha voluto, tramite il cortesissimo sottosegretario, negare all'attenzione del sindacato ispettivo e dell'opinione pubblica, censurandoli dalla risposta.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Pag. 29

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 1o ottobre 2007, alle 15:

1. - Discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali):
Disposizioni urgenti in materia di pubblica istruzione. (Già articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 17 aprile 2007) (2272-ter-A).
- Relatore: Sasso.

2. - Discussione del disegno di legge:
Concessione di un contributo finanziario alla Delegazione generale palestinese per il funzionamento della sede in Italia (2549).
- Relatore: De Zulueta.

La seduta termina alle 11,50.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 27 settembre 2007:
a pagina 33, seconda colonna, quinta riga, le parole «Cirino Pomicino», si intendono sostituite dalla seguente: «Catone»;
a pagina 33, seconda colonna, settima riga, dopo la parola «Laganà» deve intendersi soppressa la virgola.