XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 194 di mercoledì 25 luglio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
[indice alfabetico]
[indice cronologico]
[vai al resoconto sommario]
[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

La seduta comincia alle 10,25.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Cordoni, Di Salvo, Donadi, Duilio, Forgione, La Malfa, Landolfi, Leoni, Lusetti, Migliore, Pinotti, Sgobio e Villetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (A.C. 2852-A) (ore 10,28).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in pochi mesi si è passati dalla drammatizzazione eccessiva dello stato della finanza pubblica (come i colleghi ricordano, il Governo affermò l'anno scorso che lo stato dei conti dell'Italia era peggiore di quello registrato nel 1992 e che si era sull'orlo della bancarotta)Pag. 2ad una condizione che definirei, con molta semplicità, di irresponsabilità finanziaria.
Il decreto-legge al nostro esame - sulla cui conversione noi Repubblicani ci apprestiamo ad esprimere voto contrario, ma che la maggioranza vorrà approvare - costituisce, infatti, il primo passo di una politica di sciali: esso dispone spese per un totale di 7 miliardi di euro quest'anno e di 10 miliardi di euro per i prossimi due anni, ripartendole in una quantità di voci minuscole che descrivono una certa filosofia di impostazione. Vorrei che i telespettatori che assistono alla trasmissione della nostra seduta conoscessero nel dettaglio le pagine del provvedimento che comprendono centinaia di voci minute, disperse fra ministero e ministero, fra amministrazione e amministrazione: esse descrivono non una politica di sviluppo economico, ma una politica di sottogoverno, di mance e di sprechi che continua allegramente nel corso di questo periodo.
Signor Presidente, se il Governo avesse avuto una certa impostazione di politica economica - cosa che non è avvenuto -, avrebbe collocato le eventuali maggiori risorse risultanti solo al termine della trattativa con le parti sociali sulla previdenza (e sugli altri interventi) e nell'ambito della legge finanziaria di cui stiamo per discutere in questi giorni l'impostazione. Invece di far questo, abbiamo assistito e assistiamo con questo provvedimento ad una sorta di spreco prolungato: con il decreto-legge al nostro esame, infatti, nel modo che ho descritto, si utilizzano all'incirca 7 miliardi di euro per l'anno 2007 e 10 miliardi di euro per ciascuno dei prossimi due anni.
Contemporaneamente, nei giorni scorsi, è stato adottato un provvedimento - che considero irresponsabile - con il quale si è abbassata l'età pensionabile di questo Paese, fissata in 60 anni, portandola a 58 anni. In tutta Europa si guarda alla decisione del Governo italiano e della sua maggioranza con sorpresa e con ironia: un Paese, la cui aspettativa di vita va crescendo, decide di abbassare l'età pensionabile e di spendere 10 miliardi di euro per farlo! Peraltro, i fondi necessari per far ciò si recuperano in parte aumentando i contributi sui giovani che lavorano, con un provvedimento che è, dunque, profondamente ingiusto ed immorale...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIORGIO LA MALFA. ...in parte scaricandone i costi sulla finanza pubblica. Infine, nel DPEF, il Ministro dell'economia afferma che mancano 21 miliardi di euro!

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

GIORGIO LA MALFA. Concludo, signor Presidente. Dunque, 21 miliardi, più 10 miliardi, più 7 miliardi: ammontano quasi a 40 miliardi di euro gli sprechi che questo Governo regala all'Italia che non lo merita certamente (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lo Monte. Ne ha facoltà.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il Movimento per l'Autonomia denuncia, ancora una volta, come con il provvedimento in esame il Governo penalizzi fortemente il Mezzogiorno.
Dall'ultimo rapporto ISTAT, relativo all'anno 2006, emerge che il 5 per cento dei residenti nel sud d'Italia non si alimenta adeguatamente per insufficienza di reddito: oltre un milione di cittadini del sud d'Italia, quindi, vive in condizioni di assoluta povertà.
Colleghi meridionali, desidero richiamarvi alla responsabilità di difendere le nostre popolazioni. Occorre riaffermare, oggi più che mai, la centralità della questione meridionale e delle due Italie: quella del nord che si arricchisce e cresce nella piena occupazione e quella del sudPag. 3che continua ad impoverirsi di reddito e risorse umane (i giovani laureati emigrano verso il Nord).
Il gettito aggiuntivo - il cosiddetto «tesoretto» -, della cui destinazione si occupa appunto il disegno di legge di conversione in esame, poteva essere utilizzato per cominciare a risarcire il Sud del ritardo che lo Stato unitario gli ha inflitto in questi centocinquanta anni di storia nazionale.
Invece, viene anteposta, tanto dal centrosinistra quanto dal centrodestra, una cosiddetta questione settentrionale alla questione meridionale.
Nessun intervento viene messo in atto per l'emergenza infrastrutturale del Mezzogiorno: i 700 milioni di euro per la realizzazione di investimenti nella rete ferroviaria tradizionale, previsti dal disegno di legge di conversione in esame, contribuiranno ad accentuare ancora di più, nei fatti, le differenze tra le due Italie.
La rete ferroviaria del Paese costituisce l'esempio lampante di una Italia a due velocità, e per tale ragione il gruppo parlamentare del Movimento per l'autonomia ha presentato un ordine del giorno in cui si chiedeva, appunto, di destinare il 65 per cento di queste risorse per recuperare una parte del ritardo delle infrastrutture ferroviarie che affligge il sud del Paese.
Colleghi, i cittadini del sud vi chiedono responsabilità politica e tutela dei loro interessi. Come federalista e parlamentare del Movimento per l'Autonomia, ricordo a tutti voi che siamo qui in Parlamento per rappresentare, innanzitutto, le ragioni dei nostri territori e delle nostre genti: la nostra terra e la nostra gente viene prima di ogni appartenenza politica e questa non è propaganda!
Purtroppo, il disagio sociale del Mezzogiorno è gravissimo e, a fronte di ciò, nessuno dei pochissimi interventi per il sud approvati con l'ultima legge finanziaria è stato ancora realizzato. Solo ieri pomeriggio, in un incontro a palazzo Chigi, cui ha partecipato l'onorevole Lombardo, è stato chiesto che fossero stanziate le poche risorse previste per la viabilità delle strade provinciali in Sicilia e in Calabria.
Vedremo cosa accadrà, ma restiamo dell'idea che, se anche le promesse fossero finalmente mantenute, si tratterebbe sempre di briciole.
Al Mezzogiorno il Governo continua soltanto a promettere e sbandierare la nuova «Visco-sud», una norma finanziaria che incentiverebbe l'acquisto di impianti, programmi informatici e brevetti nel Mezzogiorno, ma di cui ancora non abbiamo alcuna certezza né attuazione.
Purtroppo, di certo vi è che è stato sottratto un miliardo e 500 milioni di euro alla Sicilia e 450 milioni di euro alla Calabria, destinati, appunto, alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina.
Allo stesso modo, si continua ad ignorare la possibilità di introdurre la fiscalità compensativa nel Mezzogiorno.
Per concludere, il Movimento per l'Autonomia denuncia che, con il provvedimento al nostro esame, si è persa, ancora una volta, l'occasione per iniziare a colmare il profondo gap infrastrutturale del sud.
Per tali motivi, a nome del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia, preannunzio il voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia, DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bezzi. Ne ha facoltà.

GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Misto-Minoranze linguistiche ed il partito Autonomista Trentino, in particolare, voteranno a favore della conversione in legge del decreto-legge denominato «tesoretto», nonostante alcuni argomenti non ci convincano.
All'origine eravamo molto favorevoli all'idea che il Governo, con una parte di risorse provenienti dal «tesoretto», potesse attenuare alcuni degli effetti distorsivi prodotti dalla manovra correttiva affiancataPag. 4alla legge finanziaria per il 2007, destinando ad una parte di extragettito misure volte a favorire lo sviluppo e l'equità sociale che i cittadini chiedevano con insistenza.
La pressione fiscale reale è arrivata a livelli insostenibili; è di gran lunga superiore alla media europea ed i Paesi più avveduti si sono già orientati verso la riduzione della pressione ed, inoltre, in Italia non esiste alcun meccanismo o incentivo fiscale per chi investe.
Purtroppo, il decreto-legge in esame, non ha arginato il malcontento di una larga parte del mondo imprenditoriale e delle piccole imprese artigiane in particolare che, ogni giorno, lavorano nei paesi delle vallate di montagna e si trovano a doversi misurare con gli studi di settore che fanno della metodologia delle presunzioni semplici una condanna preventiva di evasione fiscale nei confronti degli artigiani. Il risultato sarà che, nel prossimo anno, gli artigiani, per rispettare queste assurde regole, licenzieranno degli operai per rientrare nei parametri previsti da questo Governo. Gli studi di settore, a nostro giudizio, sono diventati una minimum tax e l'intero meccanismo va ripensato.
Finalmente, il Governo ha anche preso atto della situazione, aprendo un confronto con le categorie interessate. Il provvedimento al nostro esame costituisce, in questo senso, una svolta positiva, anche perché dimostra che il Governo è intenzionato a cambiare rotta sulla pressione fiscale e sulla politica fiscale.
Salutiamo con favore il ripristino della deducibilità Ires, dei costi dei veicoli non utilizzati esclusivamente come beni strumentali dalle imprese, in particolare dell'applicazione retroattiva anche per l'anno 2006. Assieme alla detraibilità IVA, in misura del 40 per cento, viene pertanto ad introdurre un regime tutto sommato più favorevole rispetto al sistema previgente al 2006.
È altresì merito del Governo aver aumentato le pensioni minime ai pensionati destinatari degli assegni previdenziali più bassi, sennonché non possiamo non lamentare che l'alleggerimento della stretta sulla deducibilità dei costi dei terreni, ampiamente condiviso in Commissione finanze, nel maxiemendamento è stato stralciato. Non viene, quindi, corretta la retroattività di una delle norme più discutibili del primo decreto Visco-Bersani.
Non crediamo che tale correzione, richiesta giustamente dalle imprese, avrebbe compromesso la volontà del Senato ed auspichiamo l'approvazione in altra sede della correzione che, comunque, dovrà avvenire entro breve.
Siamo perfettamente convinti che il rapporto tra Stato e cittadino debba essere regolato diversamente e che il fatto che un cittadino debba provare di non essere un evasore cozza con il principio di civiltà giuridica.
Riteniamo, quindi, sbagliato l'approccio del Governo e siamo convinti che, in questo modo, si riaprirà una partita che i cittadini ritenevano già chiusa, cosa che non gioverà certamente alla popolarità dello stesso.
La Südtiroler Volkspartei non potrebbe, quindi, esprimere un voto favorevole sulla disciplina ora proposta per gli studi di settore, ma non essendo possibile esprimere un voto frazionato e contenendo il provvedimento che oggi stiamo per approvare misure positive, voteremo a favore della conversione del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nardi. Ne ha facoltà.

MASSIMO NARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a nome della Democrazia Cristiana per le Autonomie e del Nuovo Partito Socialista per dire che siamo sinceramente e profondamente preoccupati ed irritati.
Lo siamo perché lo è tanta parte del popolo italiano, le cui ragioni, a nostro giudizio, non sono mai state così ampiamente e perfettamente giustificate.
Tali ragioni e le nostre critiche le indirizziamo direttamente al PresidentePag. 5Prodi perché, a nostro giudizio, è lui il primo e fondamentale responsabile delle storture contenute nel provvedimento che ci accingiamo a votare.
L'Italia è un paese ricco. La situazione economica internazionale è particolarmente favorevole, ma la stragrande maggioranza degli italiani è sempre più povera, arrabbiata e preoccupata. Il dato sulla povertà è dell'ISTAT, non nostro, signor Presidente!
Il decreto-legge al nostro esame, inoltre, aumenta le preoccupazioni e le irritazioni perché - noi lo sappiamo ed ora lo illustreremo - è una doppia presa in giro, considerato il contenuto del decreto stesso.
Come tutti sanno, il Governo Prodi, prima ha suonato la grancassa contro il Governo precedente per la storia del «buco» nelle casse dello Stato ed ora suona la stessa grancassa con la storia del «tesoretto» di ben 7.403 milioni di euro.
Sono due facce della stessa presa in giro. Signor Presidente, il primo aspetto della presa in giro è il seguente: era vero che il precedente Governo aveva lasciato l'Italia nel dissesto economico? No, assolutamente no, sicuramente no! Probabilmente tutti gli italiani lo sanno, anche gli elettori del centrosinistra lo sanno e lo sa anche la Democrazia Cristiana per le Autonomie: è stata solo propaganda, pura e semplice propaganda! Quindi, ci chiediamo se sia compito del Governo fare propaganda o se lo stesso debba governare per tutti, senza distinzione di parte e con senso dello Stato. Dov'è il senso dello Stato di questo Governo? È il Governo di tutti o il Governo di una parte? Infatti, se il Governo è di parte, noi siamo convinti che vada messo da parte, signor Presidente!
Gli italiani si sentono presi in giro, signor Presidente del Consiglio, perché i conti erano già stati sistemati, con benedizione quinquennale dell'Unione europea, con la legge finanziaria per il 2006, varata dal Governo Berlusconi. Vi era e vi è il solito pesantissimo deficit dello Stato, che tutti conosciamo. Non siamo morti ieri, non stiamo morendo oggi e non moriremo domani, ma prima perlomeno l'impegno riformatore della Democrazia Cristiana era tale che le riforme erano riforme e non controriforme fatte più per problemi interni alla maggioranza che per il bene del Paese! Le prospettive per il futuro, inoltre, c'erano e gli italiani lo sapevano. Ma ora siamo seriamente sconcertati, perché il Governo Prodi non solo non governa, non solo fa propaganda per una parte, ma sbaglia anche i conti o fa finta di sbagliarli per giustificare le proprie iniziative. E di un ragioniere che non sappia fare di conto o di un manipolatore della contabilità dello Stato veramente non abbiamo assolutamente bisogno!
Il secondo aspetto della presa in giro ai danni degli italiani è forse questione ben più rilevante: vi è il «tesoretto»? Lei, signor Presidente del Consiglio, chiede 21 mila milioni di euro per il risanamento del Paese, come si legge nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Tuttavia, non sapendo evidentemente fare di conto, al contempo eroga ben 7.403 milioni di euro, di cui una parte anche giustificabili, ma una buona parte, cercando di tappare i tanti veri «buchi» fatti per far fronte alle tante richieste clientelari delle forze che compongono il suo Governo. Perché gli italiani dovrebbero accettare che da una parte si chiedono 21 mila milioni di euro per gli anni 2008-2011 a tutti i cittadini - è ciò significherà nuove tasse, nuove rinunce ai servizi - e dall'altra si distribuiscono circa 2 mila milioni di euro agli amici degli amici?
Dov'è ora quel Presidente del Consiglio che aveva parlato della assoluta priorità del risanamento e della riduzione dell'indebitamento netto, come obiettivo primario di tutti gli italiani? Sono parole sue Presidente Prodi, non nostre! Ha capito o no Presidente Prodi che, con il provvedimento in esame, lei peggiora l'indebitamento netto di 7.403 milioni di euro e che ciò è l'esatto contrario di quello che lei ha sempre detto di voler fare? Ha tenuto conto poi che il decreto-legge in esame produce una serie di oneri pluriennali che determineranno un progressivo peggioramento dei conti pubblici? Non lo sappiamo, però crediamo che lei finga di nonPag. 6saperlo, perché, altrimenti, rischia che, in un attimo, le si sbriciola la sua già traballante maggioranza.
La questione più importante è, tuttavia, la beffa di far passare per una elargizione ad alcune categorie ciò che in realtà è, in gran parte, una toppa ad un «buco» da voi stessi prodotto in precedenza. Un «buco» creato per far quadrare i vostri conti sbagliati, finalizzati a soddisfare l'ingerenza rossa con le sue priorità, signor Presidente.
Sì, signor Presidente del Consiglio, il vostro «tesoretto» non è altro che una toppa, come siamo in grado di dimostrare anche se con un ragionamento un po' complesso, perché siamo sicuri che i cittadini - che sono intelligenti e non vanno presi in giro - capiranno comunque. Nel corso del mio ragionamento avrò come punto di riferimento gli effetti delle norme sulla misura dell'indebitamento, la sola rilevante ai fini del rispetto degli accordi con l'Europa in materia di disavanzo. Per semplicità mi riferirò soltanto all'anno 2007. Il Governo afferma di disporre interventi per un saldo maggiore di spesa pari a 7.403 milioni di euro. Tale nuova potenzialità di maggiore spesa è conseguenza, secondo il Governo Prodi, del maggior gettito.
Al contrario, mi propongo di dimostrare che il 40 per cento di tale maggiore spesa, ossia 2.205 milioni di euro, è conseguenza della modifica di errate operazioni di natura normativa, con conseguenze contabili, già poste in essere da questo Governo. In altre parole, il Governo nel corso dell'ultimo anno ha proposto misure a dir poco inadeguate al fine di sgonfiare artificiosamente la spesa, allo scopo di migliorare in modo fittizio il saldo e creare liquidità da mettere a disposizione delle clientele dei singoli Ministeri, ed ora ha dovuto correggere il tiro.
Citerò tre esempi per spiegarmi. Primo esempio: all'articolo 4 e all'articolo 7, comma 2, del decreto-legge in esame, si dispone il disaccantonamento di somme che lo stesso Governo aveva imposto di accantonare a fini di risparmio di spesa. In concreto, si disfa quello che si era fatto non più di un anno fa nella legge finanziaria per il 2007. Secondo esempio: all'articolo 7, comma 1, vi è un'integrazione di fondi destinati alle spese di funzionamento della Protezione civile e dell'ARAN, che dovevano essere stanziati nella legge finanziaria per il 2007, e non si capisce perché ciò non sia stato fatto a suo tempo. Infine, il terzo esempio: all'articolo 11, comma 1, si autorizza un'ulteriore spesa di 180 milioni di euro per le supplenze brevi nella scuola per l'anno 2007, anch'esse ampiamente prevedibili e che solo la superficialità di questo Governo poteva trascurare.
Insomma, il Governo sta solo facendo adesso quello che avrebbe dovuto fare prima; nella migliore delle ipotesi ha sbagliato i conti, ma ha l'impudenza di far passare come un «tesoretto» quella che in gran parte è una semplice correzione di conti in precedenza sbagliati. È cioè una toppa per un «buco» che - mi fa piacere ripeterlo - è stato creato dal Governo stesso. Non credo che ciò sia molto rispettoso dei cittadini italiani, che possono solo sentirsi presi spudoratamente in giro.
Perciò, signor Presidente del Consiglio, fra conti sbagliati, trucchetti contabili e un diffuso e scarso rispetto per l'intelligenza degli italiani, i motivi per non votare a favore del provvedimento in discussione ci sommergono ampiamente. Pertanto, la Democrazia Cristiana per le Autonomie e il Nuovo Partito Socialista voteranno contro questo decreto-legge, con la convinzione che ben presto tanti altri voti contrari verranno e sommergeranno anche il suo Governo. È un augurio che le rivolgiamo, forse non per il suo bene, ma sicuramente per il bene di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il cammino è statoPag. 7lungo e a tratti in salita, ma alla fine la Camera è riuscita a licenziare il provvedimento in esame, che restituisce ai cittadini risorse ed opportunità secondo principi di equità. La questione di fiducia posta sul decreto-legge concernente l'extragettito non è stata una manovra politica, ma era necessaria per rispettare gli impegni, tra cui quelli presi per gli aumenti alle pensioni minime.
Di cosa stiamo discutendo in modo particolare? Del cosiddetto «tesoretto»? No, assolutamente no! Un tesoro, o un «tesoretto» che dir si voglia, si può paragonare a una piccola fortuna accumulata - chissà da chi e chissà come - nascosta agli occhi di tutti per essere conservata. È stato affermato che tali importanti somme che il nostro Governo sta redistribuendo ai cittadini con il provvedimento di cui ci stiamo occupando provengono dalla precedente gestione o sono frutto di azioni messe in campo dal passato Governo. Niente di più sbagliato! Ve lo immaginate il precedente Governo, anzi, i due governi precedenti della stessa legislatura, il secondo e il terzo Berlusconi, impegnati ad accumulare tesori da lasciare in eredità al futuro Governo Prodi!
La realtà invece ci dimostra che altri tesori e ricchezze personali sono stati accumulati da importanti leader del centrodestra, ma di sicuro non per essere regalati ai cittadini. Il Governo che ci ha preceduto è riuscito a inanellare una serie impressionante di sconfitte ad ogni competizione elettorale: dalle consultazioni amministrative (comunali, provinciali e regionali) per finire - ma nel senso di finire proprio di governare - con le consultazioni politiche; fino ad arrivare ad essere minoranza nel Paese e a non sentire il bisogno non solo di restituire i «tesoretti» mai messi da parte, ma anche la parola ai cittadini.
Di fronte a queste difficoltà mi chiedo e vi chiedo: se veramente vi fossero stati «tesoretti» da redistribuire per riconquistare un minimo di consenso dai cittadini elettori delusi dal Governo che ha preceduto il nostro, avrebbero rinunciato ad una così ghiotta opportunità? Credo proprio di no. Oggi invece, per la prima volta, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, anziché togliere o prelevare risorse dalle tasche dei cittadini - o. come spesso si dice, mettere le mani nelle tasche degli italiani - mette le mani al proprio forziere per attingere risorse da dare a chi ha maggiore bisogno, a chi ha bisogno di sostegno e di essere aiutato perché non ce la fa.
Si tratta, quindi, di una manovra che dà, anziché togliere, in tanti ambiti e settori. È sufficiente pensare, infatti, ai cantieri che ripartono, alle ferrovie, all'ANAS e alle tante opportunità che finalmente hanno la possibilità di vedere la luce, in quanto le inaugurazioni, alle quali il precedente Governo ci ha abituato, avevano bisogno di essere sostenute dalla risorsa finanziaria che non vi era, ma che noi stiamo rimettendo su importanti opere che finalmente potranno vedere la luce.
Si tratta di 900 milioni di euro nel 2007 per dare una boccata d'ossigeno ai pensionati con gli assegni più bassi, dell'estensione del cuneo fiscale a banche, assicurazioni e holding finanziarie, ma anche di tante altre misure in svariati settori per ripristinare capitoli dello Stato sociale che erano stati totalmente cancellati dal precedente Governo. Il decreto-legge è diventato, infatti, anche il veicolo legislativo per altre norme rimaste in attesa. Vi è stata la rimodulazione delle detrazioni per l'IVA sulle auto aziendali, il recepimento - da noi Popolari-Udeur fortemente voluto - degli accordi con le categorie sugli studi di settore, l'agevolazione dell'accesso ai fondi previsti dalla legge n. 488 del 1992 per le imprese.
Noi Popolari-Udeur siamo convinti che l'obiettivo resti quello di sempre, ovvero coniugare equità e crescita senza dimenticare l'equilibrio dei conti così faticosamente raggiunto negli ultimi mesi. Con l'extragettito si varano misure positive per i ceti deboli, per lo sviluppo e l'occupazione, ma si attuano anche le prime misure contenute nell'intesa raggiunta nei giorni scorsi con le parti sociali sul tema delle pensioni. Alcune misure, come quelle sull'innalzamento delle minime e la totalizzazionePag. 8dei contributi per i giovani, sono già inserite nel decreto-legge che oggi approviamo. Vi sono state molte critiche in questi giorni, ma a queste critiche noi Popolari-Udeur rispondiamo con le parole del Ministro Padoa Schioppa: sarebbe bello destinare tutto l'extragettito alla riduzione del debito, ma un euro non si può spendere due volte quando è uscito dalle proprie tasche. Le risorse non bastano per tutto e occorre fare delle scelte: è questo il nostro ruolo all'interno del Parlamento. Noi Popolari-Udeur pensiamo che in questo momento sia necessario dare una risposta concreta alle attese e alle richieste che ci giungono dai cittadini, dalle famiglie e dalle imprese. Non possiamo fare della politica economica di un Paese solo una questione di numeri: l'economia è fatta anche e soprattutto dai bisogni dei cittadini, da quei pensionati che non arrivano alla fine del mese, dai giovani che vogliono creare una nuova impresa. Pensiamo alla risoluzione di vere e proprie emergenze sociali cui, con il decreto-legge in esame, cerchiamo di dare una risposta.
È sufficiente citare, ad esempio, che sono quasi tre milioni i cittadini non autosufficienti, di cui oltre il 60 per cento vive in casa da solo. È a queste persone che noi politici dobbiamo delle risposte e, dopo una stagione di rigore per risanare i conti, ora è arrivato il momento di redistribuire le risorse per rilanciare i consumi e le imprese, e rendere così strutturale la ripresa economica. Utilizzare l'extragettito per risanare esclusivamente il debito ci avrebbe reso virtuosi di fronte all'Europa ma avrebbe rischiato di affossare una ripresa economica appena agli inizi e che ancora ha molto bisogno di sostegno e di aiuto.
Ora dovremmo concentrarci, soprattutto, sulla riduzione della pressione fiscale, specialmente per chi le tasse le paga, anche se dobbiamo ricordare, purtroppo, che solo lo 0,8 per cento dei contribuenti dichiara redditi al di sopra dei 100 mila euro. In ordine a tale aspetto, noto con piacere che anche le imprese sono orientate sulla giusta strada, ovvero quella di coniugare la lealtà all'obbligo fiscale con la prospettiva di una riduzione del carico fiscale.
Questo è l'obiettivo che noi Popolari-Udeur ci siamo posti ed abbiamo espresso all'interno del DPEF. A questo riguardo, ricordo la nostra battaglia per la riduzione dell'ICI nella prossima manovra finanziaria, che dovrebbe finalmente essere a costo zero per le tasche dei cittadini.
Sono necessari un sostegno ai redditi più bassi - che paradossalmente, proprio in quanto tali, non ottengono benefici dagli interventi di defiscalizzazione e di abbassamento delle aliquote - ed iniziative strutturali (quali la riduzione dell'ICI, il contenimento degli affitti e le opere di edilizia pubblica) che affrontino, in maniera decisa, quella che ormai è una vera e propria emergenza abitativa.
Mentre mi avvio alla conclusione, voglio ribadire con forza che noi Popolari-Udeur siamo attenti a tutte le questioni alle quali ho accennato in precedenza: siamo attenti affinché la politica di questo Governo continui ad essere seria e rigorosa e sappia intervenire dove è necessario per garantire la crescita del Paese. Il nostro è un lavoro impegnativo che svolgiamo con umiltà, consapevoli di essere stati investiti dagli elettori della grande responsabilità del servizio, che vogliamo rendere senza privilegi. Si tratta, ancora una volta, di scelte coraggiose e responsabili, che testimoniano con l'esempio che, quando si invocano rigore, semplicità e pulizia, non bisogna farlo in maniera demagogica, pretendendo che tali azioni partano dal nostro vicino di casa e ci coinvolgano il meno possibile.
Ma non siamo ipocriti e non ci entusiasmiamo eccessivamente nell'ascoltare i tanti falsi profeti che, solo per il fatto di non essere politici, ma godendo spesso di privilegi e trattamenti economici ben superiori di quelli di cui noi tutti godiamo, si sentono in dovere di pontificare, facendo solo teoria in merito ai risparmi che la politica - e non solo la politica - deve essere in grado di dimostrare di saper fare. In questi giorni lo abbiamo fatto e continueremo a farlo, insieme ad un'ulteriore attenta analisi di tutti i settori neiPag. 9quali è necessario intervenire per evitare sprechi e per garantire una professionalità ed un ritrovato impegno da parte di tutti, in ossequio al principio della meritocrazia, del quale siamo sostenitori convinti.
Concludo affermando che tutte queste misure e le altre in cantiere, queste sì, contribuiranno a formare un cosiddetto «tesoretto», che in futuro potrà essere nuovamente messo a disposizione dei cittadini: tutte le risorse che si riescono a mettere da parte, infatti, devono necessariamente tornare, secondo un principio di equità e giustizia sociale, nelle mani di coloro che hanno dato il loro contributo alla causa. Per tali motivi, signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, quello che la Camera si appresta ad approvare è forse il primo provvedimento di questa legislatura che rende evidente l'intento di unire le finalità di equità sociale e di sviluppo con quelle del risanamento. In tal senso, esso rappresenta un punto di svolta nell'azione del Governo. Si tratta di un provvedimento che trova origine nel miglioramento del quadro generale della finanza pubblica e nelle positive previsioni di crescita e che è in armonia con la necessaria politica di rigore finanziario, considerato, peraltro, che resta fermo l'obiettivo del pareggio di bilancio del 2011.
Troppo spesso si è dichiarata la necessità di realizzare efficaci politiche redistributive che però, nei fatti, si è continuato a rimandare in nome dell'esigenza primaria di risanamento dei conti pubblici. Il decreto-legge in esame ha l'ambizione di coniugare seriamente entrambe le esigenze e di renderle perfettamente compatibili tra di loro.
Riteniamo che questa sia la strada migliore e più giusta da percorrere. Siamo in presenza di un provvedimento che, con tutti i suoi limiti e comunque la si pensi, dà e non toglie: questo è indiscutibile. Peraltro, esso si muove nell'ambito delle linee programmatiche indicate dal programma dell'Unione, che, con chiarezza, poneva su un piano di contestualità il risanamento dei conti, la redistribuzione sociale e lo sviluppo sostenibile.
La parte certamente più positiva del decreto-legge interviene su un settore della società che vive con maggior sofferenza la crisi dello Stato sociale. I pensionati più deboli, che non riescono ad arrivare alla fine del mese, vengono, con questo provvedimento, parzialmente risarciti.
In 3 milioni avranno circa 400 euro in più all'anno. Certamente non è molto, ma sicuramente è un primo e importante passo, che, oltre ad avere un evidente significato in termini di equità sociale e di sostegno ai ceti più disagiati, rappresenta un sostegno alla domanda interna, con effetti positivi sulla nostra economia.
Anche per i giovani, altro segmento della società italiana che vive spesso le difficoltà del presente, il provvedimento riserva positive novità, certamente piccole, ma comunque significative, che si muovono nell'ambito di interventi volti a ridurre la precarietà e a costruire un nuovo sistema di protezione e di incentivi.
È del tutto evidente che la società e il mondo del lavoro sono cambiati. Va pensato un nuovo welfare. Accogliamo favorevolmente, quindi, le misure che agevolano il riscatto degli anni del corso legale di laurea e che facilitano la totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso le diverse gestioni previdenziali, così come le norme tese a favorire l'accesso al credito per le nuove generazioni. Il decreto-legge, però, dà anche un po' di respiro e una risposta, seppure parziale, ad un indiscutibile stato di sofferenza di molti settori della pubblica amministrazione, interessati in tutti questi anni da continui interventi e pesanti tagli alle proprie risorse. Si tratta di misure che, in alcuni casi, hanno rischiato di strozzare molti comparti e la stessa attività amministrativa, in particolare quella degli enti locali. In questo senso, non possiamo che vedere con favore l'intervento previsto dal decreto-legge, chePag. 10mette a disposizione risorse per i comuni e le province che hanno rispettato il patto di stabilità nel triennio 2004-2006.
Insomma, l'Italia sta compiendo uno sforzo di risanamento, in linea, se non in misura superiore, rispetto a quanto richiesto. Ciò giustifica il provvedimento e, pertanto, continuiamo a difendere con convinzione la scelta operata dal Governo di utilizzare le risorse aggiuntive provenienti dall'extragettito per la redistribuzione e lo sviluppo.
Va detto, però, che il decreto-legge è anche un'occasione mancata per inserire interventi di carattere ambientale, capaci non solo - e forse più di altri - di dare un contributo positivo e un sostegno alla nostra economia, ma anche di rispondere alla vera emergenza del presente: il mutamento del clima, che inficia la vita stessa del pianeta e la nostra.
Fortunatamente, siamo riusciti a prevedere almeno 20 milioni di euro per i vigili del fuoco, dei 100 milioni destinati alle forze dell'ordine. I vigili del fuoco sono chiamati - lo vediamo in questi giorni - a presidiare situazioni estreme senza mezzi adeguati, a partire anche dalla loro retribuzione, che è davvero vergognosa.
Assistiamo all'Italia che brucia e sicuramente - come ha detto anche il nostro Ministro Pecoraro Scanio - i colpevoli vanno perseguiti con severità, ma non possiamo arrivare sempre tardi. Non dobbiamo pensare all'ambiente quando sono chiuse le possibilità di prevenire, ma occorre capire che le risorse preziose e non rinnovabili, indispensabili alla vita nostra e alle nostre generazioni, vanno salvaguardate e che, quindi, è necessario concepire una politica ambientale del fare bene e subito.
Nel rinnovare, come gruppo parlamentare, l'espressione di cordoglio per il sacrificio del pilota del canadair, Andrea Golfera, morto nel tentativo di spegnere un incendio pauroso sviluppatosi nella provincia de L'Aquila, e nel rinnovare le nostre condoglianze per le altre persone morte a causa di tali disastri, chiediamo al Governo un impegno particolare, che rappresenti davvero un'inversione di rotta sulla centralità della questione ambientale.
Salutiamo con favore il DPEF, che mette al centro delle linee di intervento del Governo i cambiamenti climatici. Tali cambiamenti climatici, con gli effetti che comportano anche dal punto di vista economico-finanziario, costituiscono una vera e propria emergenza, che va assolutamente considerata per la sua portata. La prossima legge finanziaria dovrà confermare sì il risanamento in atto, proseguire con la politica di equità e di sviluppo, ma realizzare anche un serio programma economico, in cui l'ambiente occupi il ruolo centrale e strategico di ogni futura scelta di politica industriale e di sviluppo. Vi è, insomma, più che mai bisogno di una forte azione, di una svolta culturale che veda la massima sinergia tra economia ed ecologia, attraverso provvedimenti strutturali di riduzione della CO2, nel campo dell'edilizia, dei trasporti, della politica energetica, mettendo al centro le fonti rinnovabili, così come nella difesa del suolo, dell'agricoltura e anche all'interno delle scelte in tema di innovazione tecnologica. Non è un caso che a settembre si terrà la prima conferenza nazionale sui cambiamenti climatici e, sempre a settembre, vi sarà anche la presentazione della legge finanziaria, per noi, da questo punto di vista, un appuntamento assolutamente ineludibile.
Insomma, lavoreremo affinché la prossima manovra economica sia una manovra di vera svolta, di contrasto, di lotta ai cambiamenti climatici; una scelta strategica dello sviluppo davvero - alla lettera - sostenibile, da considerare non solo e non tanto per le implicazioni ambientali, ma anche per il forte, fortissimo impatto che l'emergenza climatica ha sul prodotto interno lordo del nostro Paese: è stato calcolato che i mutamenti climatici incidono sulla nostra economia per ben 20 miliardi di euro, quindi quanto una legge finanziaria.

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

Pag. 11

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, ho concluso: confermiamo il voto favorevole del gruppo dei Verdi sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Napoletano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, illustri rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore, e in modo convinto, della conversione in legge del presente decreto-legge in materia finanziaria. È necessario dare al Paese, ma soprattutto ai ceti meno abbienti, come anche al settore produttivo e agli enti locali, un segnale importante e concreto. Bisogna guardare agli interessi collettivi e non alle finalità di parte, a cui ci ha abituato un certo modo di fare opposizione più attento a distruggere che a costruire.
Il decreto-legge in esame presenta un elemento di significativa novità, rispetto alle manovre estive del passato: i soldi, questa volta, si danno e non si prendono. Ciò è possibile perché il contesto economico del Paese ha registrato un indubbio miglioramento, rispetto alla pesante situazione che ci ha lasciato il Governo precedente. Gli indicatori economici segnalano un'importante risalita del prodotto interno lordo, una sensibile diminuzione dell'indebitamento netto e una decisa correzione dei conti pubblici, tanto da portarci fuori dall'emergenza.
Di assoluto rilievo, rispetto alle previsioni iniziali, sono inoltre le maggiori entrate dovute ai segnali di ripresa dell'economia e soprattutto alla lotta all'evasione fiscale che va ascritta a merito di questo Governo e di questa maggioranza. Tutto ciò consente un provvedimento di redistribuzione delle risorse che interviene sul fronte della spesa in molte situazioni di sofferenza della stessa, in settori penalizzati e compressi dalla rigidità delle regole. Se il Governo non avesse chiesto e ottenuto la fiducia, alcuni dei provvedimenti contenuti in questo decreto-legge, così attesi da milioni di cittadini e di pensionati, non avrebbero potuto trovare soluzione in tempi brevi.
Nel merito, il decreto-legge in esame pone in evidenza come le distanze con l'opposizione fossero e restino notevoli. La verità è che il centrodestra non avrebbe voluto dare neppure un euro ai cittadini e alle imprese, propendendo per una destinazione del cosiddetto «tesoretto» totalmente finalizzata ad una ulteriore riduzione del debito pubblico. Ma questo Governo non è nato solo per aggiustare i conti ma anche per avviare politiche di equità e di sviluppo. Uno dei provvedimenti, infatti, più significativi di questo decreto-legge consiste nell'aumento delle pensioni più basse, che interesserà già dal prossimo autunno oltre tre milioni di pensionati. È un provvedimento che avevamo chiesto da tempo e che salutiamo con favore poiché conosciamo le condizioni difficili in cui sono costretti a vivere numerosi anziani nel nostro Paese. Diciamo, però, al Governo che trentatré euro sono importanti ma non bastano, per cui è necessario compiere uno sforzo ulteriore al fine di andare oltre.
È di questi giorni l'intesa Governo-sindacati sul problema dell'età pensionabile che ha del tutto disatteso la collegialità ed il programma di Governo. Rifiutiamo l'idea di un presunto patto generazionale che riduca i diritti dei padri per dare una pensione da fame ai figli: diluire lo scalone in scalini non rappresenta una svolta ma un regresso. Mandare in pensione i padri il più tardi possibile significa liberare il più tardi possibile quei posti di lavoro che potrebbero essere occupati dai figli. L'introduzione delle quote per individuare l'età pensionabile rappresenta un modo sbagliato e, per molti versi, ingannevole di soluzione del problema perché non considera che milioni di persone, soprattutto i giovani al sud, entrano in tarda età nel mercato del lavoro e in gran parte con un'occupazione precaria e, quindi, con contributi insufficienti che li costringeranno a lavorare, se andrà bene, fino ad un'età esageratamente avanzata, e,Pag. 12comunque, ben oltre i sessantadue anni previsti a regime. Questo sarebbe il patto tra le generazioni? Noi pensiamo che un patto generazionale serio debba saldare il problema di pensioni più giuste con il problema del lavoro. Il nodo politico vero è quello di attuare una politica che favorisca la creazione di posti di lavoro stabili, che combatta realmente il lavoro precario e che faccia del lavoro a tempo indeterminato la regola è non l'eccezione. Noi ci batteremo, in Parlamento e nel Paese, affinché le intese raggiunte sulle pensioni possano essere utilmente emendate.
Sosterremo questo provvedimento finanziario anche perché prevede agevolazioni per i giovani finalizzate al riscatto contributivo del corso legale di laurea e all'accesso al credito, nonché la destinazione di maggiori fondi alle Ferrovie, all'ANAS, alle poste, All'ENAV, ai ministeri, alla scuola, alle imprese e all'università. Significative appaiono, inoltre, quelle norme che premiano i comuni e le province più virtuosi aumentando di molto e sganciandola dal patto di stabilità la quota di avanzo di amministrazione da destinare agli investimenti; cogliamo, altresì, come primo segnale positivo, le risorse aggiuntive destinate alla sicurezza pubblica e ai vigili del fuoco.
Ci appaiono, altresì, innovative ed utili le misure introdotte per il settore della pesca, dai contributi ai marittimi imbarcati sui pescherecci al potenziamento delle flotte, al piano triennale della pesca, al credito d'imposta introdotto anche in questo importante settore.
Chiediamo al Governo, con il DPEF e con la legge finanziaria per il 2008, di proseguire nel risanamento e nella riqualificazione della spesa e nelle politiche tendenti ad aumentare i tassi di crescita e di competitività, ad intensificare l'attenzione rivolta al Mezzogiorno, a favorire l'adozione di nuove e più moderne tecnologie, a proseguire negli investimenti in infrastrutture, a tutelare la scuola pubblica e a favorire la ricerca scientifica e lo sviluppo della cultura. Chiediamo anche di rafforzare sempre di più il concetto che il risanamento e la crescita economica devono saldarsi ancora di più con l'equità, aumentando così il potere di acquisto delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati, e guardando realmente ai giovani come ad una risorsa fondamentale per l'avvenire del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo per votare, che ha già ricevuto la fiducia da parte della Camera, si muove in diverse direzioni, di cui l'aspetto principale e più significativo è costituito dall'aumento una tantum delle pensione più basse, seguito da un incremento permanente a partire dal prossimo anno. Tutti siamo consapevoli che siamo di fronte a pensioni al minimo e sarebbe più giusto definirle al di sotto dei livelli di sopravvivenza.
Signor Presidente, non ripercorrerò tutti gli aspetti contenuti nel decreto-legge in via di conversione, per certi versi obbligati dal richiamo dell'Europa, per altri dal soddisfacimento di necessità considerate urgenti. Ricordo, comunque, il contributo che ha dato al suo miglioramento, come relatore in Commissione bilancio, l'onorevole Lello Di Gioia.
Cercherò di collocare il provvedimento in esame nel quadro della politica economica seguita dal Governo. Con la legge finanziaria per il 2007 si è portata avanti un'azione indispensabile per il risanamento dei nostri conti pubblici. Ne va dato atto al Presidente Prodi e al Ministro dell'economia e delle finanze, Padoa Schioppa. Da questa opera il Governo non ha certo tratto consenso.
A suo tempo invitammo il Governo, senza essere ascoltati, ad accompagnare il risanamento con una scelta molto chiara e visibile che desse un'anima alla nostra politica economica. Tutti sappiamo che l'aridità dei conti non esercita fascino sull'opinione pubblica. Chiedemmo che si destinasse alla ricerca un miliardo di euro: non lo si fece e fu un errore, perché nelPag. 13futuro del nostro Paese vi è l'innovazione, la ricerca e la formazione.
Il Governo dà l'impressione di compiere un percorso a ostacoli, e tutti si aspettano che prima o poi inciampi e cada: troppo ristretta la maggioranza al Senato e sono troppe le differenze all'interno della coalizione per prefigurare un percorso sereno e duraturo. Ciò che manca è un messaggio politico e programmatico, che segni la direzione di marcia del Governo. Più che essere scelte consapevoli, quelle compiute appaiono come continui compromessi, spesso a livelli minimi, tra riformisti ed estrema sinistra.
Le scelte che sono state compiute dopo la legge finanziaria non sono state esaltanti; neppure le liberalizzazioni - mi riferisco ai due provvedimenti che portano il nome del Ministro Bersani - hanno avuto quel respiro che dovrebbe offrire al cittadino-consumatore notevoli vantaggi.
Grossi potentati economici e finanziari, dalle banche alle assicurazioni, non sono stati neppure scalfiti. L'Italia delle corporazioni e degli ordini professionali è viva e vegeta e continua a chiudere la porta ai giovani.
Il tasso di riformismo del Governo non è certo alle stelle. Il Governo è reduce da un accordo con i sindacati per il superamento dello scalone, che nel giro di una notte cambiava, senza gradualità, la situazione. Al risultato si è arrivati non solo sulla base di un compromesso con i sindacati, che era pure necessario, ma anche sotto l'evidente pressione dei partiti di estrema sinistra, che il Ministro Bonino ha cercato di contrastare sostenuta dal segretario dello SDI, Enrico Boselli. Quest'esito è stato evitato; l'accordo si è fatto, non è un capolavoro, non è un grande disegno, ma è sicuramente meglio di niente. Un certo grado di scontentezza c'è stato tra i riformisti, che avrebbero voluto scelte più innovative; mentre molto più forti sono state le riserve e i dissensi di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani.
Esiste nel Paese una grande questione, che non deve essere posta sotto il titolo «pensioni » ma sotto quello più generale che riguarda il riequilibrio della spesa sociale tra le generazioni. Noi non vogliamo diminuire la spesa sociale, vogliamo che sia resa più equa. Oggi i giovani si sentono penalizzati, non hanno un lavoro stabile e non avranno una pensione della stessa entità di quella che hanno i padri. Non hanno una scuola che funzioni e vedono svalutati i propri studi universitari. Non si possono formare una famiglia e contrarre un mutuo per acquistare una casa perché non hanno certezza nel futuro. Da parte dell'estrema sinistra si attribuisce questo stato di cose alla flessibilità, che andrebbe abolita per tornare ad un mondo antico fatto di posti fissi e, possibilmente, a vita. A tali trasformazioni si devono accompagnare grandi scelte di natura sociale.
Nello scorso secolo la socialdemocrazia riuscì a portare avanti la costruzione dello Stato sociale che rappresenta la conquista di civiltà più importante del Novecento. Allora c'era chi diceva che lo Stato sociale non era altro che uno strumento di razionalizzazione capitalista e che serviva per imbrigliare la classe operaia. Oggi che è necessaria la flessibilità, bisogna avere il coraggio di trovare le risorse per mettere mano ad un nuovo sistema di sicurezza sociale. La flessibilità da sola non va bene: occorre che alla flessibilità sia strettamente collegata la sicurezza. Questa è la visione riformista che è stata alla base del Libro bianco di Marco Biagi. Questa è la posizione che hanno assunto la stragrande parte delle socialdemocrazie europee. Non si tratta di creare un puro e semplice meccanismo di sussidi che creino nuovi dipendenti dello Stato sociale, ma bisogna, certo, partire dal fatto che il lavoro può essere intermittente, ma non lo può essere il reddito. Occorre affiancare alle politiche di sostegno meccanismi che attivino la responsabilità individuale, l'aggiornamento professionale e il reinserimento nel lavoro. Solo in questo modo flessibilità e sicurezza non avranno nulla a che vedere con la precarietà e consentiranno di ampliare il mercato del lavoro.
Non è, infatti, una società giusta quella nella quale esiste un alto tasso di disoccupazione, soprattutto femminile. TaliPag. 14scelte non possono essere fatte se non con un riequilibrio delle risorse tra le generazioni. Non si possono mantenere le pensioni di giovinezza e, nello stesso tempo, portare avanti una politica per i giovani: esiste un vincolo rappresentato dalle risorse a disposizione, altrimenti potremmo realizzare il paradiso in terra!
Il basso tasso di riformismo del Governo non è addebitabile al Presidente del Consiglio: se al posto di Prodi ci fosse un altro Presidente le cose non cambierebbero molto. È per sue controversie interne, di natura politica, che il Governo ha perso la sua spinta propulsiva e, difficilmente, riuscirà ad avere un colpo d'ala, perché appesantito da un continuo estenuante braccio di ferro tra riformisti e sinistra alternativa.
Occorre uscire da una logica di puro bilanciamento delle forze in campo o di una pura mediazione su tutto e su tutti i dossier che si trovano sul tavolo del Governo. Si può capire che si segua tale logica con i sindacati, ma non si può comprendere ed accettare che essa si verifichi tra le forze politiche della maggioranza. Invitiamo il Governo a fare scelte più coraggiose, meno timide, più chiare e più comprensibili. Si scelgano fronti sui quali attestarsi, come l'innovazione, la ricerca e la scuola. Occorre scegliere!
Come Rosa nel Pugno, come socialisti e radicali, voteremo a favore del provvedimento in discussione, nella consapevolezza che, tra le moltissime difficoltà e i gravi ritardi, il centrosinistra deve continuare a governare, perché qualsiasi alternativa a questa coalizione richiede il passaggio a nuove elezioni. Questo è lo spirito con il quale il gruppo della Rosa nel Pugno, radicali e socialisti, voteranno positivamente questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Raiti. Ne ha facoltà.

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, mi accingo ad esprimere il voto favorevole dell'Italia dei Valori sull'importante provvedimento in discussione.
Il provvedimento odierno - come è già stato ricordato dagli interventi di coloro che mi hanno preceduto - è il frutto della politica del Governo di centrosinistra di quest'anno e del risanamento iniziato a seguito dell'iniziativa politica del centrosinistra.
Dopo il DPEF dello scorso anno, i cosiddetti decreti Bersani, i decreti fiscali e la legge finanziaria, abbiamo finalmente riagganciato - come ho sostenuto più volte - la «locomotiva Italia» all'Europa. Oggi, che corriamo insieme all'Europa, possiamo pensare di affrontare in maniera diversa le problematiche della nostra società. Il risanamento è iniziato, anche se non è concluso.
Con questo provvedimento si affronta con più parsimonia l'altro cardine della nostra azione politica: l'equità sociale, lo sviluppo e la crescita economica. Riteniamo, infatti, che il cardine fondamentale, affinché il nostro Paese possa tornare a essere sempre più forte e sempre più grande nello scenario europeo e mondiale, sia quello dello sviluppo giusto e solidale, che passi, però, attraverso il risanamento.
Tale risanamento - come dicevo - è iniziato: basti osservare il rapporto deficit-PIL, che, nonostante le spese previste da questo provvedimento, si mantiene al 2,5 per cento, anziché al 2,1 per cento, come sarebbe potuto essere.
Ci troviamo, senza dubbio, all'interno dei parametri previsti dall'Unione europea e abbiamo, altresì, invertito totalmente la tendenza rispetto al passato; basti ricordare ciò che è accaduto negli ultimi cinque anni e che abbiamo preso la guida del Paese quando il rapporto deficit-PIL andava pericolosamente oltre il 4,6 per cento. Ci saremmo potuti fermare al 2,1 per cento per arrivare all'obiettivo finale, entro il 2010, del risanamento complessivo della finanza e dell'economia nel nostro Paese.
Avremmo potuto fare di più e, per noi dell'Italia dei Valori, ciò rappresenta un piccolo rammarico, perché riteniamo chePag. 15occorra continuare nel miglioramento dei conti. È possibile farlo - e lo stiamo facendo - innanzitutto aumentando la base imponibile, continuando la lotta all'elusione e all'evasione fiscale, che sta producendo risultati ottimi, forse meglio di quanto si pensasse. Nello stesso tempo, è necessario ridurre il debito e il disavanzo. Occorre, quindi, un maggior rigore e una maggiore qualità della spesa pubblica.
A ciò vogliamo prestare la nostra attenzione e sottolineare ancora una volta - come ha fatto il collega Ossorio nella dichiarazione di voto sulla questione di fiducia - che bisogna puntare ad una migliore qualità della spesa, che significa meno sprechi, più controlli e che vi sarà la possibilità di rispettare totalmente gli obiettivi europei entro il 2010, che per noi è una priorità assoluta.
In tale provvedimento, da questo punto di vista, si sarebbe potuto fare di più e ci aspettavamo di più: ad esempio, un taglio delle spese dei ministeri, un maggiore taglio delle spese per l'editoria, lo sblocco del 20 per cento per l'aumento delle risorse o in merito ad alcuni rivoli di spesa che sono stati aumentati. Avremmo potuto fare di più.
Per quanto ci riguarda, quindi, occorre puntare ad una riduzione strutturale del debito e gli interventi previdenziali che sono stati presi in questi giorni vanno nella direzione giusta. Riteniamo che occorre pensare al futuro e il futuro ci prospetta, per fortuna, un aumento dell'età della vita e un aumento demografico del nostro Paese. Pertanto, una ristrutturazione dell'assetto previdenziale del nostro Paese è assolutamente necessaria e opportuna e il Governo e la maggioranza fanno bene a muoversi in tale direzione.
Fatto ciò, certamente, riteniamo che sia assolutamente importante l'abbassamento della pressione fiscale: è uno degli elementi fondamentali che deve vederci presto, già da oggi - forse anche da ieri - puntare in tale direzione. Il risanamento e la migliore qualità della spesa devono portare alla riduzione della pressione fiscale per liberare risorse ed energie.
Come dicevo, questi sono alcuni elementi che valutiamo non assolutamente positivi, tuttavia - come diceva qualcuno prima di noi - l'ottimo, a volte, è nemico del buono e questo è un buon provvedimento, perché prende atto di un extragettito di 11,4 miliardi di euro e ne spende 7,4 nel 2007 e 10 nel prossimo 2008 verso alcune direzioni che riteniamo positive - così come ho fatto cenno all'inizio del mio intervento - ossia per una maggiore equità sociale.
L'aumento delle pensioni minime di 900 milioni di euro nel 2007 e di 1,2 miliardi di euro nel 2008, per 3,5 milioni di pensionati che vivono sotto la soglia di 650 euro al mese, portando questo aumento, sostanzialmente, a 400 euro in più l'anno per ciascuno di questi soggetti svantaggiati, certamente è un intervento meritorio.
Inoltre, si tratta di un intervento - lo dobbiamo ricordare noi del centrosinistra - che faceva parte del programma di Governo del centrodestra non solo nella tornata elettorale del 2006, ma anche in quella del 2001, e non sono riusciti a farlo! Noi, con questo provvedimento, lo stiamo facendo, dando un po' di ossigeno a quei disagiati che ne hanno tanto bisogno.
Il provvedimento in esame va anche nella direzione di agevolare i giovani: offre ai precari facilitazioni per il riscatto, ai fini pensionistici, del corso di laurea, che costituisce una misura assolutamente positiva, e crea un fondo per il credito. Noi riteniamo che su tale politica bisogna continuare a battere: il fondo per il credito va potenziato con misure di prestiti a tasso zero per i giovani precari, per consentire loro di immaginare un futuro più stabile e tranquillo e per mettere su famiglia. Vanno dati incentivi per il lavoro part-time alle donne, che possano consentire loro di avere una migliore distribuzione del tempo per svolgere, più attivamente e propositivamente, la loro iniziativa in famiglia, così come vanno potenziati i servizi all'infanzia: è previsto un aumento delle risorsePag. 16per il bonus bebè, che va nella direzione giusta e dobbiamo continuare in tale direzione.
Pertanto, tali misure, che hanno anche carattere espansivo e non solo di giustizia sociale, vanno nella direzione di aumentare e aiutare la crescita del Paese.
Inoltre, vi sono le misure nei confronti degli enti locali virtuosi perché, rispettando il patto di stabilità, hanno avuto degli avanzi di amministrazione e, con questo provvedimento, consentiamo loro di cominciare ad investirli ed in misura maggiore, creando sviluppo e premiando coloro i quali gestiscono bene la cosa pubblica.
Tale norma va nella direzione di rispettare la qualità della spesa.
Abbiamo individuato delle risorse importanti, come i 100 milioni di euro per la sicurezza, che sono andati non solo al reparto della polizia e dei carabinieri, ma anche a quello della protezione civile e dei vigili del fuoco.
In tale contesto, noi dell'Italia dei Valori esprimiamo, soprattutto per quello che sta accadendo in questi giorni e che è accaduto ieri, un forte apprezzamento per l'attività e per il rischio che questi servitori dello Stato corrono ogni giorno per garantire sicurezza e una maggiore qualità della vita dei cittadini.
Avremmo potuto fare di più in questa materia, ma certamente abbiamo dato un segnale importante e speriamo di proseguire in questa direzione per garantire la legalità. Certo, l'incendio dei boschi potrebbe essere prevenuto e sarebbe opportuno che si facesse uno sforzo maggiore, anche mettendo in atto quei sistemi che hanno dato un particolare risultato quando ad alcuni cittadini si è data in gestione la protezione del bosco per tutelarlo, coinvolgendo chi vive in quei luoghi nel rispetto e nella tutela dei boschi stessi. Sarebbe un elemento importante per garantire prevenzione, sicurezza e legalità, ma anche tutela dell'ambiente.
Ho illustrato molti degli aspetti del provvedimento in esame...

PRESIDENTE. Deputato Raiti, concluda.

SALVATORE RAITI. ... insieme a quelli - concludo, Presidente - che riguardano lo sblocco degli investimenti previsti dalla legge n. 488 del 1992, che agevola gli investimenti delle imprese private.
Molte altre risorse e molta attenzione...

PRESIDENTE. Deputato Raiti, deve concludere.

SALVATORE RAITI. ...per quanto ci riguarda - ho concluso, Presidente - devono essere riservate alle infrastrutture, soprattutto al sud e per l'alta velocità.
Siamo sulla strada giusta, continuiamo con più serietà, con più pacatezza e, forse, con meno distinzioni e i risultati saranno a portata di mano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, mi preme sottolineare subito un dato: intervenendo in aula nello scorso aprile affermai che, se non si fosse provveduto a saldare le pendenze debitorie dell'Italia verso il Fondo globale per la lotta contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi, non avrei più votato nessuno dei documenti finanziari del Governo.
È con soddisfazione che oggi posso notare che tra i contenuti di questo decreto-legge è previsto che l'Italia pagherà il suo debito al Fondo globale contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi per 260 milioni di euro. Lo rilevo con soddisfazione perché, dietro questa cifra, ci sono 152 mila vite umane che vengono salvate nell'anno 2007. È un dovere umanitario sul quale uno dei più grandi Paesi industrializzati del mondo, come, nonostante le sue difficoltà, è l'Italia, non poteva e non doveva in alcun modo sottrarsi. È importante, quindi, che tale decreto vi provveda.Pag. 17
Più in generale, il provvedimento al nostro esame costituisce uno degli atti più importanti di questo Governo. Non sempre i Governi si trovano di fronte alla possibilità di decidere in merito alla destinazione di maggiori entrate nette rispetto alle previsioni di bilancio. In Italia ciò avviene per due motivi: il primo motivo è che l'economia italiana ha ricominciato a crescere dopo anni di stagnazione; il secondo è che la politica di recupero dell'evasione fiscale, portata avanti dall'attuale Governo, ha avuto successo.
Vogliamo ricordare, però, anche ciò che ha preceduto la stesura di questo decreto-legge: come gruppo parlamentare della Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo, abbiamo voluto che l'elaborazione dell'utilizzazione dell'extragettito non fosse il risultato di una riunione di vertice di tre o quattro ministri a palazzo Chigi, ma fosse preceduta da un'adeguata consultazione all'interno della maggioranza.
In questo senso, abbiamo anche sviluppato un'azione comune con le altre forze disponibili della sinistra italiana per affermare insieme determinate priorità nell'utilizzare questo sovrappiù.
L'azione è stata condotta dai quattro gruppi parlamentari, dai quattro ministri della Sinistra Democratica, Verdi, PdCI e Rifondazione. Tale azione è stata efficace: vorrei ricordare che i segretari di questi quattro partiti si sono incontrati positivamente con i tre sindacati confederali, CGIL, CISL e UIL, e dopo questo incontro sono state ribadite due priorità: equità e giustizia sociale e crescita sostenibile della nostra economia.
Ecco che il decreto-legge al nostro esame prevede lo stanziamento di 900 milioni di euro per l'anno 2007 al fine di incrementare i trattamenti pensionistici più bassi, che ne avevano profondamente bisogno.
I pensionati al minimo riceveranno da 262 a 392 euro pro capite una tantum in quest'anno, a seconda degli anni di contribuzione, e la cifra crescerà da 336 a 504 euro nel 2008: non quanto vorremmo, certamente, ma si tratta di un segnale importante.
Ed ecco perché, per il 2008, vi saranno 1.500 milioni l'anno per l'incremento dei trattamenti pensionistici bassi, il miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni di importo non superiore a cinque volte il minimo, nonché, per quanto riguarda i giovani, misure agevolate per il riscatto del corso legale di laurea e per la totalizzazione dei periodi assicurativi maturati all'interno di diverse gestioni previdenziali.
In realtà, i due obiettivi della giustizia sociale e della crescita si saldano. È vero: l'economia italiana si è rimessa in cammino, anche perché trainata dalla ripresa tedesca, tuttavia, l'aumento del PIL che si prevede per il 2007 (2 per cento annuo) è inferiore consistentemente (0,6 per cento) a quello medio dell'economia dell'area dell'euro.
La nostra domanda è costituita per circa un terzo dalle esportazioni e per due terzi dalla domanda interna di beni e consumi. È evidente che se riusciamo a sollevare le situazioni di reddito di quei ceti che hanno dovuto comprimere i loro consumi, ma che sono pronti ad esprimerli sul mercato non appena ne abbiano la possibilità, i provvedimenti che prendiamo ai fini di giustizia e di coesione sociale possono avere anche un effetto positivo e incisivo sulla crescita economica in termini di aumento della domanda interna.
È vero altresì, infatti, che senza crescita non si hanno le risorse da destinare al rientro del debito pubblico, con buona pace di qualche economista un po' estremista. Dobbiamo attivare un circuito virtuoso di risanamento e sviluppo al posto del vecchio circuito di stagnazione e di aumento dell'indebitamento italiano.
Per quanto attiene all'altro aspetto ossia la competitività delle nostre merci e dei nostri servizi a livello internazionale essa dipende evidentemente, oltre che dall'efficienza generale del sistema Italia, dalla nostra capacità di reggere la competizione sull'innovazione. Da questo punto di vista, il decreto-legge che ci accingiamo a votarePag. 18sblocca i fondi per la ricerca scientifica e tecnologica, in particolare quelli per i progetti di ricerca d'interesse nazionale (PRIN), che erano stati congelati dai provvedimenti economici precedenti.
Si tratta di una decisione molto importante, senza la quale ci saremmo trovati in una condizione mai vista nella storia della Repubblica: vedere bloccata la ricerca scientifica di base nel nostro Paese.
Vorrei sottolineare, altresì, le altre misure previste per gli enti locali, gli enti e organismi pubblici non territoriali, la Protezione civile, l'ENEA, il Fondo per le aree sottoutilizzate, la difesa del mare, l'Agenzia di tutela dell'ambiente, i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche e le missioni internazionali di pace.
Ma vorrei sottolineare che il nostro gruppo parlamentare - vorrei ringraziare in questa occasione gli onorevoli Aurisicchio e Rotondo - si è diretto in particolare su due interventi: gli enti locali e il fondo per la sicurezza.
Per gli enti locali si è ottenuta la maggiorazione della quota di avanzo di gestione che gli stessi potranno utilizzare, in particolare, per i piccoli e medi comuni con popolazione inferiore a 100 mila abitanti.
Per quanto riguarda il fondo per la sicurezza, si è istituito un fondo per l'acquisizione di beni e servizi indilazionabili per la Polizia di Stato, i vigili del fuoco, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza. Colgo l'occasione per dire, signor Presidente Bertinotti, che credo che il Governo debba venire in quest'aula a riferire su quanto sta avvenendo in tema di incendi, in particolare nell'Italia meridionale.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, le ultime elezioni amministrative hanno segnato quella che non esito a definire una sconfitta preoccupante per la coalizione di Governo.
Con questo provvedimento è cominciata una ripresa dell'iniziativa dell'Unione di centrosinistra, che ha poi trovato ulteriori sviluppi nell'accordo sulle pensioni e, sia pure in una dialettica sindacale ancora aperta, che speriamo possa chiarirsi positivamente a settembre, nel protocollo fra Governo e parti sociali sul welfare degli ultimi giorni scorsi.
Ci auguriamo che ciò segni una ripresa di iniziativa coerente ed efficace in applicazione del programma del Governo dell'Unione: un Governo - mi sia consentito - che vorremmo veder «dimagrito», cioè capace di autoridursi, perlomeno in modo da evitare di battere ogni record del numero di componenti la compagine di Governo nella storia della Repubblica.
Vorremmo che un nuovo spirito di unità e di coesione soffiasse nella maggioranza di centrosinistra e la portasse a superare le altre decisive prove che la attendono, come quella della nuova legge elettorale.
È umiliante per questo Parlamento che la modifica della legge elettorale debba avvenire solo per iniziativa referendaria e non per la normale capacità di funzionamento e di decisione delle istituzioni del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo)! Non vi è dubbio che ci troviamo in un momento delicato. Non vi è, infatti, solo quella che dovrebbe essere la normale funzione critica dei cittadini verso le istituzioni, i partiti e il loro funzionamento; vi è di più: vi è un pericoloso distacco, se non addirittura manifestazioni di ostilità che ci preoccupano non poco.
Ecco perché, di fronte ad un decreto-legge positivo ed importante come quello che ci apprestiamo a votare, vorremmo che si affermasse uno spirito di piena attuazione del programma dell'Unione del centrosinistra e di unitarietà e concordia nel suo adempimento. Il nostro gruppo - Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo - è sorto nella convinzione che, dopo la formazione di quello che sarà il partito democratico, il Paese avesse bisogno di quella che voglio definire con molta chiarezza una sinistra normale, democratica, solidamente collocata nel Partito socialista europeo, laica e solidale col mondo del lavoro. Ci proponiamo quindi di rappresentare un legame nuovo ed efficace fra i cittadini e le istituzioni e fra gliPag. 19elettori dell'Unione e il Governo di centrosinistra: un compito che riteniamo non solo utile ma necessario. Questa parte l'abbiamo svolta con risultati positivi, cercando di avvicinare con grande determinazione le posizioni del Governo e dei sindacati nel percorso che ha condotto all'elaborazione e alla conversione di questo decreto-legge che ci accingiamo ad approvare.
Signor Presidente e onorevoli colleghi, intendiamo continuare a svolgere tale ruolo di stimolo e di capacità di realizzazione efficace nelle prossime, decisive scadenze che ci attendono (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, dopo che il Governo ha posto la ventesima questione di fiducia, ci troviamo ad esaminare la conversione in legge del famoso decreto-legge sul «tesoretto». Generalmente, Presidente, quando si parla di tesoro (o, come in questo caso, di «tesoretto»), viene subito alla mente qualcosa che si è scoperto casualmente: un dono piovuto dal cielo, una sorta di manna. Mai come in questi mesi tale termine è stato utilizzato in maniera impropria ed a sproposito: purtroppo, infatti, nulla è caduto dal cielo, né vi è stato alcun ritrovamento di tesoro da parte del Ministro Padoa Schioppa. Semplicemente, vi sono state entrate extratributarie dovute all'aumento della pressione fiscale attuata da questo Governo.
Vorrei ricordare, infatti, che, ormai, la pressione fiscale è giunta al 42 per cento: queste sono le tasse che vengono pagate dai cittadini e, in maniera particolare, dai cittadini del nord, dai cittadini padani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Il nord, la Padania: questa è la vostra vera isola del tesoro da cui, ancora una volta, avete spremuto ogni risorsa! Quell'isola, che voi della maggioranza avete sempre considerato abitata da un popolo di evasori totali, da gente, il cui unico scopo nella vita, secondo la vostra delirante immaginazione (specialmente quella del viceministro Visco), è quello di evadere il fisco e di fare la bella vita. Vorrei veder voi lavorare 12, 14 o 15 ore al giorno e portare avanti piccole aziende per poi trovarsi di fronte a questa pressione fiscale! Vorrei vedere se è «bella vita» questa o se si tratta, invece, di una vita votata ad ogni sacrificio!
Continuate a spremere: ma ricordate che la sopportazione ha raggiunto il limite del non ritorno. Continuate su questa strada fino all'ultima goccia, senza mai dare nulla in cambio. Anzi, a dirla tutta, qualcosa in cambio alla Padania avete dato: avete inasprito gli studi di settore, assoggettando più che mai intere categorie produttive a metodi iniqui di presunzione del reddito; avete aumentato i controlli della Guardia di finanza in maniera spropositata guarda caso sugli scontrini fiscali; avete incrementato gli organici, in certe province, per aumentare i controlli da parte dell'Agenzia delle entrate. Mi piacerebbe, signor Ministro Chiti, avere le statistiche dei controlli effettuati dalla Guardia di finanza: mi piacerebbe avere il numero delle ispezioni effettuate nei pubblici esercizi e nelle province del nord e quello delle ispezioni effettuate in altre regioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Cito un dato della Guardia di finanza provinciale di Treviso: nei primi sei mesi del 2007 sono state effettuate 8 mila ispezioni presso i pubblici esercizi. Vorrei sapere quanti controlli sono stati eseguiti in altre province d'Italia, perché, se vi è equità fiscale, ciò deve valere per tutto il territorio dello Stato italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Armani)!
Vi sono da un lato, gli studi di settore, lasciando, peraltro, l'onere della prova al contribuente - cosa che ritengo demenziale -, e, dall'altro, maggiori controlli fiscali: continuate così, mentre le imprese continuano a chiudere i battenti, altrePag. 20spostano la loro attività all'estero, altre ancora non investono più! Avete infuso un clima di terrore fiscale.
Ma, signor Ministro, se si vuole combattere, effettivamente, l'evasione fiscale, mi domando perché non si proceda ad attuare l'unica riforma che effettivamente stronca da subito l'evasione: dare, cioè, a tutti i cittadini la possibilità, come si fa in altri Paesi, di detrarre dai loro redditi le spese sostenute e pagare le tasse solo sul reddito effettivamente disponibile.
Penso che si tratti di una riforma semplice, comprensibile da tutti e chiara: il cittadino, allora, richiederà la fattura per i lavori eseguiti e, in un solo momento, si assesterebbe un colpo all'evasione fiscale ed al lavoro nero, quello svolto, magari, da certe persone andate, in maniera precoce, in pensione, e che fanno, in questo momento, il doppio lavoro.
Per mesi, signor Presidente, si è parlato dell'utilizzo del «tesoretto», ed abbiamo sentito da più parti, dagli esponenti della maggioranza, le proposte più disparate: Rutelli ha proposto di abbassare l'ICI, mentre in esternazioni di rappresentanti dell'Udeur veniva indicata la priorità all'utilizzo dei fondi per il sostegno alla famiglia.
Non vedo, però, nel disegno di legge di conversione al nostro esame nulla di tutto ciò: nessuna riduzione dell'ICI, nessun sostegno alla famiglia, a meno che non si ritenga il misero aumento una tantum dato alle pensioni come una soluzione ai problemi di chi stenta ad arrivare a fine mese.
Qualcuno, in questa sede, ha sostenuto che è stata realizzata una operazione di equità sociale: ma quale equità sociale, se, con la legge finanziaria per il 2007, avete «pescato», in maniera prioritaria, in anticipo e a piene mani, nelle tasche dei contribuenti, penalizzando, soprattutto, chi percepisce un basso reddito!
Non sono solamente io ad affermare ciò, ma anche alcuni esponenti della vostra maggioranza.
A proposito della legge finanziaria, sono trascorsi sette mesi dalla sua approvazione e il Governo ha emanato solamente sessantasette provvedimenti attuativi della legge finanziaria stessa sugli oltre quattrocento previsti; a sei mesi dall'approvazione della legge finanziaria, novantadue provvedimenti da emanare sono scaduti per decorrenza dei termini.
Signor Ministro, questo è un ottimo lavoro da parte del Governo. Ricordo a tutti che il Governo attuale ha battuto ogni record per numero di Ministri e sottosegretari, ma che, pur avendo un così alto numero di Ministri e sottosegretari, non è riuscito a tutt'oggi ad emanare i provvedimenti di accompagnamento alla legge finanziaria per il 2007, mentre, tra poco, discuteremo della legge finanziaria per il 2008: questo Governo ha svolto un gran lavoro, veramente un buon lavoro!
Ma cosa ci si può aspettare da una maggioranza che non trova un accordo su nulla?
Mastella e Di Pietro ogni giorno litigano come due comari: Di Pietro dice a Mastella di stare attento alla Costituzione; Mastella, di rimando, invita Di Pietro a stare attento al buonsenso; e ancora, Di Pietro afferma che a Mastella mancano i fondamentali del diritto e continuare ad infierire su di lui è come sparare sulla Croce rossa, mentre Mastella dichiara che Di Pietro è devastante per il Governo: o la smette o lui se ne va.
Ma allora, cosa aspettate ad andare a casa tutti e due! Cosa aspettate: andate a casa, per cortesia e non fate più questi litigi da cortile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Per non parlare, poi, dello scontro tra le forze politiche della maggioranza, specialmente sulla riforma delle pensioni.
Si pensi alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Prodi, che ha parlato di tappa storica fondamentale per il futuro del Paese; di rimando, Diliberto, dei Comunisti italiani, ha affermato che si tratta di una riforma inaccettabile, peggio della riforma Maroni, mentre ancora Giordano, segretario di Rifondazione comunista, utilizza espressioni del tipo: non ci stiamo a questa riforma, indiremo un referendum di consultazione!Pag. 21
Bene, il referendum è un metodo democratico, talvolta usato a sproposito, ma allora mi chiedo che cosa ci state a fare voi di Rifondazione comunista nella maggioranza di questo Governo! Abbiate il coraggio di sfilarvi da questo Governo, di dire «no» a riforme come quella delle pensioni e non paratevi dietro il paravento del referendum.
Signor Presidente della Camera, sono riusciti persino a far riesumare politicamente il senatore Dini. È da settimane che questo imperversa su tutti i telegiornali, dettando ultimatum al Governo. Molto probabilmente qualcuno gli ha soffiato all'orecchio - o gli ha fatto credere - che potrebbe essere il prossimo Primo Ministro di un Governo tecnico.
Sia ben chiaro che noi della Lega non ci stiamo a nessuna prova tecnica. Noi vogliamo che questo Governo se ne vada subito a casa e si ritorni subito a votare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Lo affermiamo da mesi e, al di là anche di alcune componenti politiche della minoranza, noi siamo su questa posizione. Che sia chiaro a tutti coloro che ci ascoltano.

PRESIDENTE. Deputato Dozzo, concluda.

GIANPAOLO DOZZO. Ho già esaurito il tempo, signor Presidente?

PRESIDENTE. Sì.

GIANPAOLO DOZZO. Dicevo che su tutto questo aleggia il nuovo della politica italiana, signor Presidente, colui che non è mai stato comunista, che è appena arrivato in politica, ma, nello stesso tempo, è stato iscritto al partito comunista italiano, colui che si dimentica di essere stato Vicepresidente del Consiglio, colui che detta i nuovi dieci comandamenti...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

GIANPAOLO DOZZO. ... e cioè il sindaco di Roma, Valter Veltroni, il volto nuovo della politica! Quindi, signor Presidente, noi della Lega voteremo contro questo Governo e questo provvedimento.

PRESIDENTE. Non mi costringa a nuovi richiami, deve concludere, per favore.

GIANPAOLO DOZZO. Prendetevi pure questo ultimo bottino, ma andate, per cortesia, subito a casa, per il bene del Nord e per il bene della Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, a prima vista appare del tutto evidente che il decreto-legge che stiamo discutendo oggi è un decreto demagogico; basta guardare gli interventi che vi sono contenuti.
Chi non potrebbe essere d'accordo sull'aumento delle pensioni minime o sul rafforzamento degli investimenti che deve fare l'ANAS in grandi opere per il nostro Paese?
Vedete, il problema non è questo. Il problema che noi sottoponiamo all'Assemblea è duplice: uno di metodo e l'altro di merito.
Il primo è di metodo: siamo alla ventesima fiducia. Ho fatto un conto: i provvedimenti che quest'Assemblea ha varato in un anno di attività sono quarantadue. Ciò vuol dire che avete richiesto la fiducia sulla metà dei provvedimenti che sono stati votati da quest'aula.
Penso che questo dato debba far riflettere in maniera significativa. Si tratta del 50 per cento! Se andiamo avanti con questa progressione alla fine della legislatura, se durerà cinque anni, come noi non ci auguriamo, le questioni di fiducia da voi poste saranno oltre cento, più del doppio di quelle richieste nella scorsa legislatura. Questo è un dato politico, non tecnico. Il problema non sono i lavori tecnici di questa Camera, il problema siete voi!Pag. 22
Sono le incongruenze all'interno della vostra maggioranza che vi spingono, in continuazione, a richiedere la fiducia. Se avessimo svolto un dibattito vero sul provvedimento in esame, probabilmente non sarebbe stato approvato nella versione nella quale lo approviamo oggi perché, nei mesi in cui ne avete discusso, le vostre opinioni erano totalmente diverse, in particolare fra la sinistra riformista e la sinistra più radicale.
Quello della richiesta della fiducia è un metodo per fare in modo che non si discuta dei provvedimenti e ciò sta diventando un problema per questo Parlamento e per tutto il Paese!
Ci lamentiamo che la politica sta perdendo in termini di credibilità. Io penso che uno degli elementi per cui questo Parlamento sta perdendo parte della sua credibilità sia proprio il fatto che abbiamo smesso di discutere e di confrontarci: voi all'interno della vostra maggioranza e, all'interno di questo Parlamento, fra maggioranza e opposizione. Questo è il primo dato sul metodo che contestiamo in maniera forte.
Nel merito, se andate a vedere come si è svolto il dibattito negli ultimi mesi, siamo alla schizofrenia e al paradosso! Vi cito alcune frasi pronunciate dal Ministro dell'economia negli ultimi mesi. Era partito dal presupposto che, al massimo, soltanto 2,5 miliardi di euro di questi 10 miliardi di «tesoretto» - ammesso che esista - potevano essere destinati a nuove spese sociali. Il resto doveva essere destinato alla riduzione del debito. Su tale impostazione, noi potevamo essere anche in parte d'accordo. Il problema è sorto successivamente. Il Ministro negli ultimi mesi ha dichiarato: confermo l'impegno di destinare 2,5 miliardi di euro del «tesoretto» a misure per lo Stato sociale, se facessi ora le stime di 2,5 miliardi sarebbero da correggere in negativo, ma non torno indietro dal mio impegno.
Oggi, lo stesso Ministro ci presenta un provvedimento che va nella direzione esattamente contraria, destinando 7,5 miliardi di euro alla spesa sociale e solo 2,5 miliardi di euro alla riduzione del debito. Così non va, così non può andare, perché tutti gli organismi internazionali, dalla Banca centrale mondiale alla Banca centrale europea, alla Banca d'Italia ci ricordano che tali risorse vanno portate a diminuzione del debito pubblico, che è indispensabile per il risanamento dei nostri conti portare tali somme a decremento del nostro debito pubblico.
Noi abbiamo fatto una scelta, voi ne state facendo un'altra: gonfiare la spesa pubblica! La spesa pubblica nel 2006 ha raggiunto il livello massimo della sua espansione. Non abbiamo mai registrato una spesa pubblica così forte come nel 2006 e rispondiamo a tale sentore di allarme aumentando ulteriormente la stessa spesa pubblica. Ciò significa che il prossimo anno, per sostenere tale spesa, dovremo aumentare ancora le imposte odiose ai cittadini italiani, come le addizionali IRPEF e l'ICI, gravando ancora sulle tasche dei cittadini e delle famiglie.
Ammesso che esista, tale «tesoretto» proviene semplicemente dall'aumento di imposte che il Governo Prodi ha stabilito nel 2007. Ricordo un Ministro dell'economia che, non più di un anno fa, denunciava a tutto il mondo lo sfascio dei nostri conti pubblici, sostenendo che dovevamo intervenire assolutamente con una legge finanziaria di rigore. Abbiamo approvato una legge finanziaria per il 2007 che ha comportato 40 miliardi di maggiori imposte per le famiglie italiane, sotto forma di aumento delle addizionali IRPEF e dell'ICI.
Dopo qualche mese ci troviamo in una situazione in cui, sempre secondo il Ministro dell'economia, abbiamo delle risorse aggiuntive addirittura da distribuire in interventi sociali. Signori, delle due l'una: o il Ministro dell'economia qualche tempo fa ha detto una bugia o ha sbagliato i conti. Ritengo che, in entrambi i casi, questo Ministro dell'economia vada mandato via, perché sia che abbia detto una bugia, sia che abbia sbagliato i conti, ha dimostrato la sua incompetenza. Questo è il primo dato (Applausi dei deputati deiPag. 23gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale)!
Oggi vi è un problema grave: l'Italia, lo dicevo prima, è il Paese con il più alto debito pubblico al mondo. Siamo fra i Paesi con il debito pubblico più alto del mondo. Tutti gli organismi internazionali ci ricordano che un tale debito pubblico è insopportabile, e noi rispondiamo, aumentando la spesa. Vi invito a prestare attenzione a quanto stiamo facendo. Vi ricordo che il buon governante pensa alle generazioni future, non al riscontro elettorale immediato!
Con il provvedimento in esame guardiamo al presente, ma non stiamo guardando al futuro. In una famiglia, un buon padre di famiglia è colui che si preoccupa di non lasciare debiti ai propri figli, di lasciare loro la casa, ma non gravata dal mutuo, e noi non stiamo facendo questo (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))! Di fatto ai nostri figli non stiamo lasciando neppure la casa, ma solo il debito! E tale debito peserà ulteriormente sulle loro spalle e diventerà più gravoso anche a causa della proposta del Governo sulle pensioni presentata in questi giorni. Come possiamo pensare che le generazioni future possano reggere questo trend di spesa pubblica?
Dunque, le motivazioni che ci spingono a votare contro il provvedimento in discussione sono tante. Speravamo di poter svolgere in quest'aula un dibattito molto più approfondito e di portare avanti le nostre proposte, che sarebbero state molto semplici: avremmo voluto destinare gran parte di questo «tesoretto» - ammesso che esista davvero - alla riduzione del debito pubblico e, per un'altra parte, l'avremmo voluto restituire alle famiglie italiane, vale a dire ai soggetti che lo hanno creato, sotto forma di minori imposte per il 2008. Invece, non stiamo facendo questo; l'onorevole Giordano ha coniato un nuovo termine, il «risarcimento sociale», e con la storia del risarcimento sociale stiamo dando mance a pochi. Noi, al contrario, avremmo voluto dare molto a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.

ANDREA RICCI. Signor Presidente, per la prima volta dopo molti anni, l'ormai consueto provvedimento finanziario di luglio non chiede nuovi sacrifici agli italiani, ma, al contrario, mette a disposizione ulteriori 6,5 miliardi di euro per nuovi interventi di spesa. Tra questi, quelli che ci sembrano più significativi riguardano, in primo luogo, l'aumento medio di circa 35 euro mensili delle pensioni basse, inferiori a 650 euro, per tre milioni e mezzo di pensionati. Si tratta di una prima, anche se ancora parziale e insufficiente, misura redistributiva, che però inizia ad affrontare concretamente, e non soltanto a parole, una grave emergenza sociale che vede milioni di anziani vivere sulle soglie della povertà.
In secondo luogo, ci riferiamo ad alcune misure volte a garantire una migliore copertura previdenziale per i giovani lavoratori, come il riscatto agevolato degli anni di laurea e la totalizzazione dei contributi versati.
In terzo luogo, nel decreto-legge vi è lo stanziamento di 260 milioni di euro per il Fondo mondiale di lotta all'AIDS, che consente finalmente all'Italia di onorare un impegno internazionale solennemente assunto e mai rispettato. Infine, si prevedono nuove risorse per la scuola, l'università, le infrastrutture ferroviarie e stradali, le forze di sicurezza e i vigili del fuoco, il sistema di welfare e il finanziamento degli enti locali.
Dunque, il provvedimento in esame contiene una serie di misure destinate alla redistribuzione del reddito, allo sviluppo economico e al potenziamento dell'efficienza della pubblica amministrazione. Per tali ragioni esso avrà il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.Pag. 24
Il nostro motivato consenso sul provvedimento non annulla, tuttavia, i rilievi critici e le preoccupazioni che nutriamo nei confronti della politica economica del Governo, sia rispetto al passato, sia rispetto al presente e al futuro. Rispetto al passato, perché è certamente vero che gli 11,5 miliardi di euro di nuove entrate aggiuntive derivano da un'efficace lotta all'evasione fiscale e da una più alta crescita economica, e che entrambi questi fattori sono ascrivibili, in grande misura, all'azione del Governo e della maggioranza. È vero anche, tuttavia, che tale miglioramento della situazione era già prevedibile quando discutevamo dell'ultima legge finanziaria, e per questo noi allora sostenemmo la necessità di una manovra meno pesante di quella che fu varata.
Se così non fu è perché, ancora una volta, si è utilizzato un infondato allarmismo economico e finanziario, fomentato ad arte dagli organismi economici nazionali ed internazionali, dal Fondo monetario alla Banca d'Italia, per impedire l'avvio del progetto riformatore scritto nel programma dell'Unione. La stessa cosa sta succedendo oggi sul terreno della riforma delle pensioni e su quello della riforma del mercato del lavoro.
Le proposte avanzate dal Governo alle parti sociali, pur contenendo alcuni aspetti positivi, sono complessivamente insoddisfacenti e costituiscono un arretramento rispetto a quanto concordato nel programma dell'Unione. In particolare, sul terreno previdenziale, il brusco aumento dell'età pensionabile previsto dallo scalone Maroni non è superato ma soltanto attenuato e diluito nel tempo, mentre sul terreno del mercato del lavoro le misure proposte per combattere la precarietà non sembrano in grado di intaccare l'impianto neoliberista della legge n. 30 del 2003 e di garantire sicurezza di lavoro e di vita ai giovani.
In questo modo si deludono le aspettative e le speranze tanto degli anziani quanto dei giovani, tanto dei padri quanto dei figli: altro che patto tra le generazioni, caro Villetti! Per questo motivo non accetteremo nessun diktat sull'inemendabilità delle proposte del Governo. Siamo in Parlamento, infatti, per fare il nostro lavoro, per chiedere il rispetto pieno del programma dell'Unione e per migliorare le proposte che giungono dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Le incertezze e le timidezze sul terreno delle riforme necessarie per l'equità e la giustizia sociale mostrano che l'azione di governo viene rallentata e ostacolata dal condizionamento dei poteri forti nazionali ed internazionali, che agiscono al fine di mantenere in vita un modello economico e sociale fondato sulla conservazione di privilegi e diseguaglianze. È bene essere chiari e fare un'operazione di verità di fronte alle tante cassandre interessate, che descrivono una situazione di collasso dei conti pubblici. L'Italia sta, oggi, effettuando un risanamento delle finanze pubbliche, devastate da cinque anni di Governo Berlusconi, più rapido rispetto a quello a suo tempo concordato con l'Unione europea. Chi, in questa situazione, continua a ripetere, come un disco rotto, la solita litania dei sacrifici per i lavoratori, i pensionati e i giovani o è in malafede - perché dai sacrifici altrui trae un indebito profitto - o ha la mente oscurata da un'ideologia perversa, che fa del rigore finanziario, a prescindere, l'obiettivo supremo della vita di una nazione, un feticcio cui sacrificare il benessere attuale e futuro della popolazione.
Oggi vi sono dei margini più ampi che nel passato per una politica economica volta alla redistribuzione del reddito e allo sviluppo, come mostra il carattere espansivo del provvedimento in esame. Questi margini possono essere ampliati da ulteriori misure di giustizia, dalla riduzione dei costi della politica alla lotta alle rendite speculative finanziarie, dalla riduzione degli immensi profitti delle grandi imprese al recupero dell'evasione fiscale e contributiva. Questi margini vanno allora utilizzati non per conservare l'esistente, non per far star peggio la stragrandePag. 25maggioranza dei cittadini italiani, ma per cambiare l'Italia e per rendere il Paese più giusto e più civile.
Noi ci batteremo, quindi, nei prossimi mesi, nel Parlamento e nel Paese, per sconfiggere le resistenze moderate e conservatrici, interne ed esterne al Governo, che si oppongono al cambiamento. Siamo convinti che in questo modo interpretiamo il sentimento e la volontà non solo dei nostri iscritti e dei nostri elettori, ma anche di tutti coloro che nell'aprile dello scorso anno scelsero di voltare pagina e di chiudere la buia e triste esperienza del Governo di centrodestra. Sappiamo fin troppo bene che da soli non ce la faremo, perciò ci rivolgiamo ai lavoratori, ai giovani, alle donne, ai pensionati, in breve al popolo della speranza e del cambiamento, affinché nei prossimi mesi si mobiliti e faccia sentire con più forza la propria voce. Inoltre, ci rivolgiamo in quest'aula a tutti coloro che ancora credono nel ruolo e nella missione futura della sinistra italiana, la cui unità, a partire dai temi concreti della politica economica e sociale, appare sempre più necessaria.
Oggi votiamo con convinzione e responsabilità questo decreto-legge, ma i nostri sguardi sono già rivolti all'autunno ed alla prossima legge finanziaria. Il nostro, dunque, non è un voto di pacificazione, ma di conflitto: è il segno di una partita - quella per la giustizia e l'equità sociale - che ancora non consideriamo esaurita e che intendiamo proseguire anche fuori da quest'aula, chiamando i lavoratori e le lavoratrici ad essere protagonisti di questa fase decisiva della politica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, Alleanza Nazionale denuncia al Paese come, con l'ennesima fiducia, la maggioranza voglia spossessare il Parlamento delle sue prerogative e che questa fiducia non derivi da un'attività ostruzionistica svolta dall'opposizione, ma piuttosto dalle incongruenze palesi dimostrate anche oggi, in aula, da parte di una maggioranza che non c'è più.
Cari colleghi, dobbiamo denunciarlo con chiarezza: la maggioranza che dovrebbe sostenere il Governo non è più tale né in materia di politica estera (come si è dimostrato anche ieri al Senato), né in materia di politica economica e finanziaria (come dimostrano i vari interventi che si sono succeduti) alla luce degli eventi legati a temi ampi e connessi alle risorse pubbliche ed alle scelte importanti per le nuove generazioni.
I Verdi hanno annunciato in quest'aula che, nella prossima legge finanziaria, chiederanno più risorse legate alla tutela dell'ambiente. Lo SDI ha denunciato come non vi sia un percorso riformista adeguato in materie importanti come quella delle pensioni e del sistema del welfare ed ha annunciato che chiederà un miliardo di euro aggiuntivi per le risorse tecnologiche. I Comunisti Italiani hanno sostenuto che voteranno a favore del provvedimento esclusivamente per la risposta fornita alle categorie più deboli. Più in generale, Rifondazione Comunista ha affermato con chiarezza, anche oggi, come il confronto attorno a importanti temi legati alle riforme sia di fatto spostato, grazie alla loro azione nel Paese, in un confronto duro che vi sarà proprio prima della prossima manovra finanziaria. Questa è la maggioranza che vuole portare avanti un'iniziativa che noi di Alleanza Nazionale consideriamo assolutamente inadeguata e indecente, con riferimento ad una ripartizione di risorse legate al presunto «tesoretto», che, in realtà, non esiste, e che rappresenta un ulteriore danno per il Paese.
Cari colleghi, la realtà è che il risanamento non c'è. Più volte il Ministro Padoa Schioppa ha accusato il Governo precedente di un presunto «buco» di bilancio. La realtà è che la legge finanziaria che voi avete varato e noi abbiamo osteggiato ha colpito i cittadini: da una parte avete tolto - chiedendo risorse aggiuntive e prelevandole dalle tasche dei cittadini e dei soggetti più deboli - anche con una pressionePag. 26fiscale indiretta legata agli enti locali, dall'altra andate a restituire tali risorse alle fasce oggi più deboli dando una sorta di mancia.
Dobbiamo dirlo con chiarezza agli italiani: 300 euro di bonus da assegnare in autunno e 33 euro al mese non significa risolvere i problemi delle fasce sociali più deboli e dei pensionati con minor reddito; si tratta, sicuramente, di un provvedimento che tutti noi voteremo, ma, allo stesso tempo, sosteniamo con chiarezza che non si compra, con poco più di un caffè al giorno, una soglia di povertà difficile da affrontare, in particolar modo per i soggetti deboli.
Dobbiamo dire le cose come stanno esattamente: nel testo del provvedimento non vi è risposta né ai temi sociali delle situazioni disagiate, né ai soggetti deboli, ma vi è solo una risposta all'interno della maggioranza. La verità, cari colleghi e cittadini italiani, è che attraverso questo provvedimento si intendeva spegnere anticipatamente le riserve, su scelte importanti che l'Esecutivo avrebbe dovuto affrontare, poste dalla sinistra massimalista, che ricatta costantemente questo Governo e mette in difficoltà il Paese. Basti pensare alle risorse che sono state destinate al Ministro Ferrero, a Rifondazione Comunista e al Ministro Mussi, che hanno ottenuto il pieno ristoro rispetto agli accantonamenti effettuati in legge finanziaria. Tale percorso permetteva di pagare anticipatamente, a fronte di un tentativo di accordo sul tema delle pensioni.
Allora, 900 milioni di euro, più 1 miliardo e 200 milioni, spalmati in questo modo così inadeguato nei confronti delle categorie più deboli, non costituiscono una giustificazione al fatto che vi sia una spesa aggiuntiva di oltre 10 miliardi di euro per andare ad ammorbidire una riforma sulle pensioni che avrebbe garantito alle giovani generazioni un futuro adeguato, che oggi non è più assicurato.
Non solo non state contribuendo a ristabilire un patto sociale degno di questo nome tra nuove e vecchie generazioni, ma andate a metterlo in discussione in termini di finanza pubblica, che ha un impatto concreto sulla vita di tutti cittadini. Basti pensare alle risorse che avete annunciato di voler reperire: circa 21 miliardi di euro all'interno del DPEF, oltre 10 miliardi relativi al «buco» della sanità, che sta continuando ad aumentare, 10 miliardi di euro a regime - e anche molto di più - relativamente al superamento del cosiddetto «scalino».
Allora, in tale contesto, è ovvio che il percorso della prossima legge finanziaria non sarà, cari colleghi dell'Italia dei Valori, nel senso di un abbattimento della pressione fiscale. Non vi saranno risorse aggiuntive per le fasce sociali più deboli, né risorse, caro Villetti, per l'innovazione tecnologica e la ricerca. Vi sarà, invece, la necessità di andare a prelevare risorse nelle tasche dei cittadini e delle imprese, esattamente come è stato fatto fino ad oggi.
È stata pagata parte della maggioranza, che oggi in quest'aula protesta, minacciando gravemente il senso di responsabilità. Nonostante, infatti, vi sia stato un accordo forzato con i rappresentanti delle categorie ed i sindacati, voi minacciate in quest'aula di ricorrere alla piazza e a grandi mobilitazioni all'interno delle aziende, per mettere in discussione una riforma che costerà a tutti i cittadini italiani 10 miliardi di euro.
Quali sono, quindi, le risposte per le nuove generazioni? Quali sono le risposte per il mondo dell'impresa, che ha denunciato, ancora una volta, come non sia stato risolto il problema della retroattività degli indici di normalità sugli studi di settore?
Le nostre imprese, che non trovano risposta, sono in affanno, nonostante siano state raccolte decine di migliaia di firme da parte delle categorie che oggi trainano lo sviluppo del Paese. Si tratta di uno sviluppo che voi avete, ancora una volta, declamato in quest'aula, ma che, in realtà, avete frenato. Lo dimostrano i dati sull'aumento della spesa pubblica, che ha superato il 50 per cento (mai accaduto nella storia repubblicana), mentre la pressione fiscale ha superato il 42 per cento (mai accaduto nella storia repubblicana). Non siete riusciti a dare ordine a unaPag. 27materia così complessa come quella del fisco, mettendo gli imprenditori nelle condizioni di sentirsi in uno Stato di polizia fiscale, in cui il percorso e l'atteggiamento sono quelli dell'intimidazione. Un conto è la lotta all'evasione, un conto è l'intimidazione fiscale, che sta portando avanti il vostro Ministro Visco. Pertanto, su questi temi, per i quali le risposte non sono quelle che il Paese attende, noi vi sfidiamo per i prossimi appuntamenti.
Non ci bastano quei 100 milioni di euro stanziati per l'ordine pubblico e per le forze di polizia, anche se li annunciamo con forza, perché nascono da un emendamento di Alleanza Nazionale - condiviso anche dalla maggioranza - che ha puntato con chiarezza a dare una risposta immediata ai temi dell'ordine pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Ma non pensate di cavarvela così, perché è indecente che in quest'aula si venga a declamare il sostegno alle nostre forze impegnate nelle missioni internazionali, quando si tratta semplicemente di un atto dovuto per una questione di dignità dei rapporti a livello internazionale e per dare sostegno ai nostri ragazzi pericolosamente impegnati nelle missioni all'estero, ma non si affronta il tema dei contratti delle forze dell'ordine. State affrontando una serie di questioni che riguardano il pubblico impiego, mentre vi sono problemi legati ai rinnovi contrattuali delle forze dell'ordine che, a fronte di emendamenti presentati al provvedimento in discussione, potevano e dovevano essere affrontati.
Voi avete fatto spallucce, e avete deciso di tralasciare i temi legati alla competizione internazionale delle imprese, le questioni fiscali per un concreto sostegno alle nostre imprese e allo sviluppo, i temi legati all'internazionalizzazione delle nostre aziende e alla competizione globale, il tema delle infrastrutture, che viene solo sfiorato con la previsione di poche risorse, che consentiranno solo ad alcuni cantieri di proseguire i lavori, ma non certamente di risolvere i nodi legati alle infrastrutture del Paese, che mantengono uno stato di arretratezza assolutamente grave.
Non state portando avanti con completezza nemmeno l'importante programma varato dal Governo Berlusconi per quanto riguarda le grandi opere. Nulla è previsto, poi, sul piano del welfare, del sostegno ai giovani, alle pensioni più basse, ai soggetti deboli e alle famiglie.
Sarebbe piaciuto, stamattina, assistere ad un po' di onestà intellettuale da parte di quella sinistra che ancora vuole manifestare interesse sul tema delle riforme, per riconoscere con chiarezza, così come in parte è stato fatto, che la cosiddetta legge Biagi (del 14 febbraio 2003, n. 30) è una buona legge. Una norma che consente oggi al Paese di crescere. Nonostante ciò, buona parte della sinistra, in particolar modo quella massimalista, attacca questo tipo di riforma.
Cari colleghi e cittadini italiani, il gruppo di Alleanza Nazionale manifesta ovviamente tutta la sua opposizione al provvedimento in esame e rimanda il confronto alla prossima legge finanziaria. Il nostro obiettivo è che l'attuale Governo se ne vada a casa, liberi gli italiani da un peso insopportabile in modo che si possa ricominciare un percorso di sviluppo per il Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, dal dibattito sul provvedimento in esame è emerso a chiare lettere che, con questo decreto-legge, siamo tornati indietro di parecchi anni nel modo di legiferare. Si tratta proprio dell'esempio classico di come non si dovrebbe legiferare. Ci troviamo di fronte, infatti, ad una distribuzione di risorse finanziarie aggiuntive di cui non si comprende bene, per la verità, l'effettiva consistenza (si parla di 7,4 miliardi di euro nel 2007 e di 100,7 miliardi di euro annui a decorrere dal 2009).
Ad una prima analisi, tutto ciò starebbe a dimostrare che la «torchiatura fiscale»Pag. 28a cui è stato sottoposto il nostro Paese, per il combinato disposto dei provvedimenti tributari voluti dal famigerato Viceministro Visco e dalla legge finanziaria per il 2007, sia stata del tutto eccedente rispetto alle esigenze effettive di risanamento della finanza pubblica. È evidente che tale eccesso di prelievo fiscale era finalizzato, sin dall'inizio, a costituire una riserva di risorse da destinare secondo le esigenze e le convenienze politiche della stessa maggioranza. Tale eccesso di prelievo fiscale ha vessato inutilmente i cittadini e le imprese ed ha prodotto l'effetto di rallentare la crescita e lo sviluppo economico del Paese.
Sembra però, secondo quanto afferma il Governatore della Banca d'Italia, che tale «tesoretto» si sia poi volatilizzato. Vi è il pericolo concreto che si stiano distribuendo risorse che, in effetti, non esisterebbero più, dato l'aumento incontrollato di alcune voci di spesa. Queste non sono parole nostre, ma del Governatore della Banca d'Italia il quale, peraltro, ha anche opportunamente sottolineato che, in una situazione di disavanzo e di indebitamento come quella italiana, sarebbe opportuno destinare le entrate aggiuntive alla riduzione del deficit, così come anche la stessa Europa ci ha chiesto.
Ci sembra che il Governo si sia incamminato su una strada che è quella di una «finanza allegra», quella del cosiddetto deficit spending, tentando così di recuperare quel consenso perduto, in vista di imminenti scadenze elettorali; in tal modo, però, si pensa solo a danneggiare il Paese e si compie un'opera di miope e piccolo cabotaggio politico. Ma tant'è, questa sinistra è abituata così.
Le risorse distribuite, letteralmente a pioggia con una minuziosità di argomenti, dal provvedimento in esame si disperdono in mille rivoli e non configurano alcun disegno politicamente organico di coerenza in politica economica e finanziaria. Com'è sotto gli occhi di tutti, alcune di tali spese sono state disposte e letteralmente dettate dai sindacati.
Ricordo che è il Parlamento che svolge, o meglio che dovrebbe svolgere, l'essenziale funzione democratica di rappresentanza generale degli interessi di tutti i cittadini. Signor Presidente, la critica che muoviamo al presente provvedimento non è solo nel merito...

PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Leone: invito l'Assemblea a ridurre il brusio, in modo che si possa ascoltare il deputato che sta svolgendo il suo intervento. Colleghi, come vedete, faticate ad ascoltare persino la mia parola.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, quando ridurremo il numero dei parlamentari andrà meglio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Il Parlamento, lo ripeto, dovrebbe svolgere tale funzione di rappresentanza, ma questo Governo e questa maggioranza, come hanno fatto sin dall'inizio della legislatura, anche con il presente provvedimento se ne sono infischiati del Parlamento! Tant'è vero, che registriamo la presenza in aula solo dell'illustre Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Chiti, e di un paio di sottosegretari, simpatici ed amici, fra cui il sottosegretario Lettieri, però non vediamo nessun altro interessato al provvedimento in esame, tantomeno il premier Prodi.
Ha incassato la fiducia - l'ennesima fiducia - ma il metodo con cui si è portato a termine questo provvedimento è vergognoso! Il Parlamento non ha potuto cambiare una sola virgola, tutto quello che è stato «confezionato» dal Governo è stato fatto ingoiare non solo all'opposizione ma anche alla stessa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Questo è il motivo per cui è stata posta la questione di fiducia dato che mai, come questa volta, è mancata ogni forma di ostruzionismo: il Ministro Chiti ha lealmente ammesso - a lui va il mio apprezzamento - che non c'è stato alcun ostruzionismo da parte dell'opposizione.
Ci sono una serie di emblematiche ed irrazionali dispersioni di ingenti fondi presenti nel provvedimento; una, addirittura, sfiora il ridicolo e si trasforma in autogoal favoloso per il Governo. Che cosa significa lo stanziamento di 700 milioni di euro perPag. 29le infrastrutture ferroviarie e di 426 milioni di euro per l'ANAS? Significa che il bilancio di previsione dello Stato e la legge finanziaria per il 2007 sono praticamente sbagliati, in quanto hanno indicato risorse insufficienti a coprire esigenze di spesa. Se c'è stata l'esigenza di destinare risorse a favore di questi comparti evidentemente è stato commesso qualche errore nel DPEF prima e con legge finanziaria per il 2007 dopo. Si potrebbero fare tanti altri esempi, ma ci sembra inutile tediare chi ci sta ascoltando in questo momento.
Con il provvedimento in esame sta tornando un modo di distribuire le risorse a pioggia tipico della parte terminale della prima Repubblica che, com'è noto, portò tra il 1992 e il 1993 il Paese sull'orlo della catastrofe finanziaria. Tutto ritorna e non a caso le forze egemoni dell'attuale Governo sono figlie di quelle che egemonizzavano la scena politica degli anni ruggenti della prima Repubblica: faccio riferimento alla sinistra democristiana presente in questa maggioranza, e al partito Comunista che, anche quando era formalmente all'opposizione - lei, Presidente, ricorderà bene quello che sto dicendo - condizionava in modo decisivo la politica di bilancio dello Stato. Per tale ragione riteniamo che il provvedimento, particolarmente dannoso per le finanze pubbliche e per l'economia del Paese, debba essere avversato e sarà avversato dal nostro voto.
La verità è che stiamo vivendo un momento di degrado della politica che non è dovuto certo a chi vi sta parlando, alle forze politiche dell'opposizione, ma è dovuto a chi sta gestendo questo particolare momento della vita politica. Con la vostra connivenza stiamo prendendo una brutta piega, siete in uno stato confusionale allucinante; non riuscite ancora a comprendere e non riuscirete mai a comprendere la differenza tra la politica virtuale e quella reale! Pensate ancora che gli italiani abbiano gli occhi chiusi, che siano manipolabili con le chiacchiere. Ritenete di cavalcare la demagogia dei costi della politica che sono, sì alti, ma siete stati voi stessi a contribuire ancora di più ad alzarli con la proliferazione dei gruppi in Parlamento, dei ministri, dei sottosegretari, delle auto blu, delle consulenze; avete introdotto di tutto per aumentare i costi della politica.
Siete patetici! Vi siete presentati solo un anno fa al Paese come i salvatori della patria e, a distanza di un solo anno, siete già alla ricerca di un nuovo salvatore della patria, di un salvatore che ci salvi dal vostro ex salvatore, con tanto di ammissione di fallimento. Fateci un piacere: nell'attesa che troviate il salvatore del salvatore, fateci salvare questo Paese a noi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, colleghi deputati, il provvedimento che tra qualche minuto andremo ad approvare segna con nitidezza il profilo programmatico del Governo, la sua serietà, la sua coerenza e il suo orizzonte ideale.
Lo stesso provvedimento rende più comprensibile e compiuto il cammino intrapreso dall'inizio della legislatura ad oggi e rende visibili e concrete le sue coordinate.
Il risanamento realizzato con la legge finanziaria per il 2007, testimoniato da un rapporto tra deficit e prodotto interno lordo entro i parametri di Maastricht, da un debito pubblico che torna a scendere, da una ricostruzione dell'avanzo primario e da un andamento positivo delle entrate tributarie, frutto della lotta all'evasione fiscale e dell'andamento dell'economia, ha liberato risorse significative ed utili ad assicurare la salute dei conti pubblici e insieme politiche di sviluppo, di equità e di giustizia sociale.
Abbiamo ascoltato in questa Assemblea sorprendenti interventi di esponenti del centrodestra che hanno motivato il loro no al provvedimento in esame con la mancata destinazione dell'intero extragettito al risanamento della finanza pubblica. Ma come? Proprio la coalizione che ci ha lasciato in eredità uno stato dei conti assaiPag. 30problematico - e siamo buoni a dirlo - non ha certo titolo per spiegare a questo Governo quali misure adottare su tale versante. Questa posizione della destra rende ancora più evidente la distinzione tra noi e loro: noi siamo preoccupati di coniugare insieme salute dei conti pubblici e salute dei conti delle imprese, dei cittadini italiani, rigore ed equità.
Nel provvedimento in esame ritroviamo la forte attenzione del Governo alla crescita e al consolidamento delle nostre imprese: va in tale direzione il definitivo via libera alla riduzione delle tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale, per il settore industriale e per quello bancario e delle assicurazioni. Tutto ciò metterà in circolo, a regime, nei prossimi anni, per le imprese nove miliardi di euro di liquidità, utili per gli investimenti e per la competitività.
Il disegno di legge risolve inoltre felicemente lo snodo della rimodulazione dell'IVA sulle auto aziendali, semplifica finalmente - elemento da sottolineare - le procedure di erogazione degli incentivi alle imprese della pur buona legge n. 48 del 1992 e blocca altresì risorse pari a 3 miliardi di euro per il 2007 ed altrettanti per il 2008 per il sistema economico produttivo. Tutto ciò consoliderà, a vantaggio di tutti, la crescita dell'economia.
Non ci siamo certamente dimenticati di dotare di altri 105 milioni di euro, oltre 200 miliardi di vecchie lire, l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e il Corpo dei vigili del fuoco, perché per noi la sicurezza del cittadino è un diritto inalienabile e un dovere dello Stato. Ha ragione il sindaco di Roma Valter Veltroni: per noi la difesa della sicurezza del cittadino si declina senza «se» e senza «ma».
Questo disegno di legge, che presto diventerà legge, recepisce i frutti positivi della concertazione, che vogliamo forte e plurale. Mi riferisco alla concertazione con il mondo degli artigiani, dei commercianti, dei professionisti e degli imprenditori, così come con il sindacato dei lavoratori dipendenti. Va bene, quindi, il recepimento dell'accordo con gli autonomi sulla revisione degli studi di settore che tanto aveva preoccupato. Si stabilisce che gli indicatori di normalità economica previsti per le imposte del 2006, e fino alla revisione degli studi di settore, abbiano natura sperimentale e valenza di prescrizione semplice fino al 2009. L'onere della prova, in caso di accertamenti, grava sull'amministrazione finanziaria e viene così definitivamente smontata la paura, peraltro infondata e strumentalmente sventolata dall'opposizione, di una surrettizia reintroduzione della minimum tax.
Giudico molto positivamente l'inserimento nel provvedimento dell'accordo con il sindacato sulle felicissime misure di rivalutazione delle pensioni basse: oltre 3 milioni di pensionati italiani con più di 64 anni beneficeranno di un buon aumento che oscillerà, sotto forma di una tantum, per il 2007 tra 262 e 392 euro, e per il 2008 tra 336 e 504 euro annui. Inoltre - decisione che non si assumeva da oltre un decennio - verranno rivalutate automaticamente, al 100 per cento dell'indice ISTAT dell'inflazione, le pensioni che percepiscono tra tre e cinque volte il minimo dell'INPS: ciò rappresenta - cari colleghi - quello che si dice rispettare le promesse assunte.
Si è ascoltato e letto di tutto - caro Presidente - sul tema giovani e sistema pensionistico. Si è detto giustamente che dobbiamo seriamente preoccuparci di garantire una pensione dignitosa e certa alle nuove generazioni: siamo d'accordo.
Ma questo grande obiettivo, cari colleghi, si persegue mantenendo in equilibrio il sistema previdenziale - e lo abbiamo assicurato anche con il recente accordo sul superamento dello «scalone Maroni» - ma anche e soprattutto, garantendo qualità, quantità e continuità dei contributi previdenziali versati dai giovani. Questo è possibile - cosa che non è stata fatta con la riforma Maroni - costruendo un funzionante sistema di totalizzazione dei contributi, affinché ogni euro versato sia recuperabile e ricongiungibile. Con le misure introdotte si mette in moto un sistema che permette di riscattare gli anni di studi universitari.Pag. 31
Per tali destinazioni il provvedimento ha previsto un fondo non banale di oltre 700 milioni di euro, appostati per il periodo 2008-2010. Con l'operazione sull'utilizzo del TFR per costruirsi una solida previdenza complementare e con la totalizzazione dei contributi figurativi per chi ha lavori discontinui, si aiutano davvero le nuove generazioni. Non ci ricordiamo, cari colleghi della destra, di provvedimenti a favore dei giovani nei lunghi cinque anni della legislatura scorsa. Questo, invece, noi facciamo e faremo: garantire una serena vecchiaia agli anziani e costruire una forte protezione sociale per i giovani e le donne. Si deve dire, infatti, basta alla retorica dei padri contro i figli! Noi dell'Ulivo siamo a favore di politiche dei «con», non dei «contro»: giovani con anziani, padri con i figli; solo così, con tali scelte e con tale intendimento, il Paese potrà guardare al futuro con serenità e fiducia.
Siamo determinati anche a infrastrutturare il Paese: sono previsti 250 milioni di euro in più nel 2007 per le Ferrovie dello Stato, l'ANAS, le Poste Italiane, l'ENAV. Si è poi data risposta, seppur parziale, a richieste degli enti locali per permettere l'utilizzo degli avanzi di amministrazione, incentivando così gli investimenti.
Dunque si può, cari colleghi, trovare una sintesi, un equilibrio utile al Paese. Si può tornare ad avere come stella polare una comune etica pubblica, una visione di interesse generale, una composizione degli interessi individuali in una prospettiva collettiva e comunitaria. Aveva ragione un autore classico quando scriveva che «non è popolo qualsiasi moltitudine organizzata, bensì una società che ha per fondamento, da una parte, l'osservanza della giustizia, dall'altra, la comunanza degli interessi». Questo è il contenuto del provvedimento che ci accingiamo a votare ed è ciò che abbiamo fatto con il sostegno determinante del gruppo dell'Ulivo e questo continueremo a fare (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 2852-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria» (2852-A):

Presenti 519
Votanti 518
Astenuti 1
Maggioranza 260
Hanno votato 278
Hanno votato no 240
(La Camera approva - Vedi votazioni).

GIUSEPPE ROMELE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, intervengo per segnalarle che il mio dispositivo di voto non ha funzionato, cosicché non ho potuto esprimere il mio voto.

PRESIDENTE. Ne prendiamo atto. Si proceda ad effettuare le opportune verifiche.
Prendo atto altresì che il deputato D'Agrò ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario, che i deputati Bocciardo e Forlani hanno segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbero voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto, infine, che la deputata Balducci ha segnalato di non essere riuscitaPag. 32a votare e che la deputata Froner ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Palumbo ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Doc. XXII, n. 8-A/R) (ore 12,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa dei deputati Palumbo ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta del 17 luglio scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali e che, nella parte pomeridiana della medesima seduta, prima ancora che si procedesse all'esame degli articoli e degli emendamenti, l'Assemblea ha deliberato il rinvio in Commissione del testo della proposta.
Ricordo, altresì, che come costantemente affermato dalla Presidenza, per un principio di continuità nel procedimento, l'esame in Assemblea, dopo il rinvio in Commissione, riprende esattamente dal punto in cui esso si era interrotto con il rinvio.

(Esame degli articoli - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo, pertanto, all'esame degli articoli del Doc. XXII, n. 8-A/R, nel testo della Commissione.
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Montani 2.2.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 1).

(Esame dell'articolo 1 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 500
Votanti 487
Astenuti 13
Maggioranza 244
Hanno votato
487).

Prendo atto che il deputato Mattarella ha segnalato che ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 2 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa non ritirata ad esso riferita (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

LEOPOLDO DI GIROLAMO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Astore 2.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

Pag. 33

ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo si rimette alle decisioni dell'Assemblea sull'emendamento Astore 2.1.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Astore. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, mi dispiace trattenere oltremodo l'Assemblea, ma ritengo importante intervenire ed illustrare, sia pur brevemente, il mio emendamento 2.1, che è significativo.
Devo ricordare che - grazie a lei - l'Assemblea oggi vota a favore dell'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta di cui stiamo discutendo, perché le forze politiche nella maggioranza erano contrarie. L'Italia dei Valori, invece, insieme ad altri, ha sempre reputato, dopo l'approvazione dei piani di rientro, che questa Commissione fosse necessaria, perché la Camera doveva almeno seguire la conduzione dei piani di rientro insieme al Governo.
Reputo, infatti, che il settore sanitario - come abbiamo constatato anche ieri e l'altro ieri in Commissione antimafia - sia uno dei settori più a rischio di questo Paese. Non era possibile, pertanto, dopo che il Senato aveva rifiutato di istituire l'auspicata Commissione bicamerale, che la Camera non procedesse all'istituzione di questa Commissione parlamentare d'inchiesta.
Il contrasto consiste nel fatto che - a mio parere - la presidenza di tale Commissione, sia pur rispettando la prassi - e noi dell'Italia dei Valori vogliamo rispettarla, dichiarandolo pubblicamente - debba essere affidata ad un membro dell'opposizione di questa Assemblea. È giusto che sia così. Ma ritengo sia un errore delegare totalmente tale nomina al Presidente della Camera - sia pur dichiarandogli totalmente la nostra stima -, perché credo che la trattativa debba essere svolta in Commissione, alla luce del giorno, soprattutto dopo che diversi settori dell'Assemblea sono stati contrari all'istituzione della Commissione stessa, mentre oggi, improvvisamente, si sono convertiti sulla via di Damasco.
Signor Presidente, è ridicolo che i vicepresidenti siano nominati con un voto della Commissione, mentre la nomina del suo presidente debba essere delegata a lei.
Per tale motivo, signor Presidente, chiedendo il voto a quest'Assemblea, reputo che non sia un voto di dissidio politico all'interno del centrosinistra, ma che sia un voto per riaffermare che si possono fare trattative alla luce del sole e, soprattutto, nell'interesse della sanità italiana.
Mi rivolgo a coloro i quali dicono che nelle Commissioni il presidente viene sempre nominato: non è vero, perché su dodici Commissioni delle due ultime legislature, sette presidenti sono stati nominati dal Presidente della Camera e cinque sono stati eletti da parte dei membri della Commissione.
Pertanto, intervengo a nome del gruppo Italia dei Valori, al quale appartengo, per rivendicare anche che se questo Parlamento oggi vota l'istituzione di tale Commissione, ciò è dovuto alla nostra testardaggine in Commissione, al fatto cioè che non abbiamo voluto ritirare gli emendamenti e abbiamo voluto partecipare - senza scandalizzarsi! - insieme ad altre forze politiche a migliorare il testo originario, che riguardava solo gli errori sanitari. Tale aspetto farà anche parte dei compiti di questa Commissione, ma i compiti sono ben altri, soprattutto considerando che il settore sanitario oggi è il regno della criminalità organizzata - mafia, 'ndrangheta ed altro - e dell'illegalità diffusa in tante altre regioni.
Credo sia importante che questo Parlamento, tramite la sua Commissione, nella propria unità (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...

PRESIDENTE. Scusate, vi prego, non reclamate, perché il deputato ha ancora un minuto per parlare, quindi abbiate pazienza. Prego, deputato Astore, prosegua.

GIUSEPPE ASTORE. Credo di dover utilizzare fino in fondo il tempo a miaPag. 34disposizione e mi dispiace di trattenervi ancora.
Credo che in Italia - ci è stato detto a Reggio Calabria, a Palermo e a Catania dai tutori delle forze dell'ordine e dai magistrati nella loro interezza, in presenza del presidente della Commissione - ormai alcuni fattori all'interno della gestione della sanità siano incontrollabili.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIUSEPPE ASTORE. Concludo, signor Presidente. Credo che, se il Senato si convince, andremo verso l'istituzione di una commissione bicamerale, altrimenti la Camera, tramite questa auspicabile Commissione di inchiesta, seguirà ciò che avviene in Italia in questo settore, che - lo ripeto - è fuori dal controllo della legalità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Poretti. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, preannunzio che voteremo a favore dell'emendamento Astore 2.1: sarà l'unico nostro voto a favore, per il resto ci asterremo. Ci siamo astenuti sull'articolo 1, ci asterremo su tutto il resto e anche sul voto finale.
Ad aver cambiato idea è stata questa maggioranza che, soltanto la scorsa settimana, aveva fatto dichiarazioni di voto contro tale Commissione d'inchiesta, in un evidente accordo raggiunto con l'opposizione, probabilmente per arrivare più rapidamente alle vacanze e in maniera un pochino più agevole. Credo quindi che, a maggior ragione, l'emendamento Astore 2.1 sia da votare, proprio per ragioni di trasparenza: il presidente non può essere nominato dalla Presidenza della Camera, ma deve essere eletto direttamente dai componenti della Commissione. Ciò potrebbe forse far venire meno tale accusa di scambio, vale a dire l'istituzione di una Commissione per arrivare alle vacanze più rapidamente e la presidenza della Commissione, che sappiamo già a chi andrà! Probabilmente, se il presidente fosse eletto direttamente dai componenti della Commissione potrebbe costituire un segnale di chiarezza (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pellegrino. Ne ha facoltà.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole, da parte del gruppo dei Verdi, sull'emendamento dell'onorevole Astore 2.1.
Riteniamo importante dare questo segnale di estrema democrazia, in quanto troviamo giusto che il presidente venga votato all'interno della Commissione, e che possa essere anche un bell'esempio di come, a volte, sui temi importanti come quello della sanità e soprattutto delle verifiche che bisogna fare per quanto riguarda i disservizi e le carenze del nostro sistema sanitario, ci possa essere anche una convergenza tra maggioranza e opposizione. Sarebbe un bel segnale che diamo al Paese, soprattutto in un momento in cui tanto spesso si parla di nomine varie senza una partecipazione reale da parte di tutti i gruppi. Ribadisco, pertanto, il nostro voto favorevole sull'emendamento Astore 2.1.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Astore 2.1, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 35

(Presenti 511
Votanti 475
Astenuti 36
Maggioranza 238
Hanno votato
82
Hanno votato
no 393).

Prendo atto che la deputata Germontani ha segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Ricordo che l'emendamento Montani 2.2 è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 478
Astenuti 35
Maggioranza 240
Hanno votato
475
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Ulivi ha segnalato di aver erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.

(Esame dell'articolo 3 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 469
Astenuti 34
Maggioranza 235
Hanno votato
467
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Sanga ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole e che il deputato Ossorio ha segnalato di non essere riuscito a votare.

(Esame dell'articolo 4 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 5), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 514
Votanti 469
Astenuti 45
Maggioranza 235
Hanno votato
468
Hanno votato
no 1).

(Esame dell'articolo 5 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 36
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 468
Astenuti 45
Maggioranza 235
Hanno votato
467
Hanno votato
no 1).

(Esame dell'articolo 6 - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A - Doc. XXII, n. 8-A/R sezione 7), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 519
Votanti 475
Astenuti 44
Maggioranza 238
Hanno votato
472
Hanno votato
no 3).

(Dichiarazioni di voto finale - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Poretti. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Grazie, signor Presidente (Commenti). Mi dispiace, annuncio subito che sarò breve. La frase non è entusiasmante, me ne rendo conto, ma sarò davvero breve.
Non rinuncio ad intervenire oggi su questa votazione e non consegno il testo della mia dichiarazione di voto perché credo che proprio in questi giorni, in cui si fa tanta demagogia sui costi della politica e arrivano anche tante misure lodevoli, come i timidi segnali provenienti dal Presidente della Camera e dal Presidente del Senato sulla riduzione dei costi della politica (che, se si fanno decorrere dalle prossime legislature, sono sempre e comunque un po' troppo timidi), sia davvero importante capire cos'è successo in una settimana, a fronte dell'iniziale contrarietà alla Commissione d'inchiesta da parte della maggioranza che, con motivazioni serie, richiamava l'attenzione sul rischio di creare un doppione di una Commissione che è già presente al Senato.
Ricordiamoci che una Commissione d'inchiesta ha praticamente dei poteri identici e delle limitazioni simili a quelle dell'autorità giudiziaria - può fare, ad esempio, delle audizioni, dei veri e propri processi - e mandare in giro due Commissioni che indagano sugli stessi argomenti è una cosa folle da un punto di vista istituzionale.
Rischieremmo di trovarci, ad esempio, di fronte ai casi scandalistici che finiscono sulle prime pagine dei giornali (non quelli della sanità di tutti i giorni, buona o cattiva che sia), con due Commissioni di inchiesta che fanno interrogatori, indagini, verifiche e, casomai, arrivano anche ad esprimere due pareri e due «sentenze» forse anche differenti fra loro.
Davvero vi invito, onorevoli colleghi, a riflettere su questa follia!
Allora, ci diciamo che l'ideale sarebbe una Commissione bicamerale. Se l'ideale è la bicamerale, votiamola, ma non votiamo una Commissione monocamerale per arrivare alla bicamerale, altrimenti credo che davvero i cittadini non riuscirebbero a capire cosa stiamo facendo qua dentro.
Stiamo inoltre parlando di una Commissione che era nata per svolgere delle inchieste sugli errori in campo sanitario. Poi, in corso d'opera, ne è stato modificato anche il nome: è l'unica nota positiva che, infatti, ci fa cambiare il nostro voto contrario in un voto di astensione, perchéPag. 37quest'aggiunta importante permette di estendere l'inchiesta alle cause dei disavanzi sanitari regionali.
L'ambito dell'inchiesta comprende oggi tre aspetti: originariamente, ricadevano nell'ambito dell'inchiesta solamente gli errori in campo sanitario; in seguito, si è previsto il compito di indagare - si tratta dello stesso compito attribuito alla Commissione del Senato - sull'efficacia e sull'efficienza del sistema sanitario nazionale; infine, si è aggiunta la valutazione - è un punto positivo - delle cause dei disavanzi sanitari regionali. Si tratta in sostanza di indagare su come vengono investite le risorse, che lo Stato destina al campo sanitario e che quindi esso dà in gestione alla sanità regionale. In proposito, ricordo che ogni volta che si procede con un ripiano dei debiti sanitari delle regioni si afferma che quella sarà l'ultima volta: invece, il problema si ripropone continuamente.
Mi stupisce davvero che, proprio nel momento in cui la Camera ed il Senato decidono di abbattere i costi della politica, si preveda di istituire in maniera sintomatica e bipartisan un'ulteriore Commissione di inchiesta, il cui costo può giungere fino ai 312 mila euro (il costo stimato è per ora di 240 mila, ma può aumentare del 30 per cento, dunque giungere a 312 mila): questo è il costo della Commissione d'inchiesta! Del resto, l'idea che ogni problema della nostra società possa essere risolto attraverso il ricorso ad una Commissione d'inchiesta è un vizio che ci portiamo dietro da molti anni: con una battuta, si potrebbe dire che non mi sembra che, ad esempio, grazie alla Commissione di inchiesta sulla mafia si sia sconfitta la mafia (nonostante il buon lavoro che tale Commissione svolge).
Vorrei comprendere la ragione per la quale, in una settimana, la maggioranza di Governo è passata da una posizione di contrarietà a quella di favore nei confronti dell'istituzione di questa Commissione: la spiegazione più probabile è che vi è stato un patto di non belligeranza (se non lo vogliamo chiamare un vero e proprio accordo), per cui dalle originarie dichiarazioni di contrarietà si è passati a dichiarazioni di favore. Poiché si è alla vigilia delle vacanze, è possibile che si sia detto: «Io do una commissione a te (solitamente in una Commissione d'inchiesta la presidenza viene attribuita all'opposizione: in tal caso, vi saranno due Commissioni simili, al Senato e alla Camera, entrambe - diciamolo chiaramente - con una presidenza di Forza Italia) e tu, opposizione, dai una mano a me a concludere entro le vacanze i provvedimenti in esame».
Una prima dimostrazione di ciò vi è stata ieri pomeriggio, quando, nel giro di un'ora sono stati votati oltre cento ordini del giorno, senza batter ciglio: un andamento davvero rapidissimo, peraltro su un argomento quale il «tesoretto», non su un argomento su cui non vi sono contrasti fra maggioranza ed opposizione!
In conclusione, l'ideale sarebbe una Commissione bicamerale, mentre scegliere di istituire una Commissione monocamerale è politicamente assurdo ed incomprensibile! Del resto, a quanto pare, proprio in questi giorni il Senato sta decidendo di istituire una Commissione «antisprechi»: così leggiamo sui giornali che le Commissioni parlamentari, in totale, fra quelle ordinarie, permanenti, bicamerali, conoscitive o di inchiesta, solo in questa legislatura sono cinquantasei! Ebbene, se crediamo che i cittadini riescano a comprendere il nostro comportamento schizofrenico (lotta ai costi della politica e, nello steso tempo, moltiplicazione degli organi di inchiesta), lascio a voi trovare le parole adatte per fornire una spiegazione! Per quanto ci riguarda, preannunzio che il gruppo La Rosa nel Pugno si asterrà dalla votazione sul provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cancrini. Ne ha facoltà.

LUIGI CANCRINI. Signor Presidente, intervengo per spiegare brevissimamente le ragioni del voto favorevole del gruppo dei Comunisti Italiani su questo provvedimento. Le modificazioni che sono state apportate ci portano a ritenere che siaPag. 38utile procedere con l'istituzione della Commissione d'inchiesta. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità che vi sia il controllo del Parlamento sul rientro dal debito delle cinque regioni, che è stato ripianato con un provvedimento approvato da questa Camera: in questo modo il Parlamento, tramite la Commissione d'inchiesta, potrà verificare - come avevamo chiesto con un ordine del giorno approvato da questa Camera - le cause e gli intrecci con le vicende penali, che in alcune di queste regioni hanno avuto rilievo nel formarsi di tale debito. Nella Commissione, dunque, lavoreremo per comprendere quanto, fra il 2001 e il 2005, nella formazione del debito abbiano influito non solo gli errori organizzativi o di gestione, ma anche quell'insieme di comportamenti delinquenziali, di cui hanno finora parlato i procuratori della Repubblica e la stampa.
Riteniamo che, da questo punto di vista, sia importante che il Parlamento possa agire; da ciò deriva il voto favorevole del gruppo dei Comunisti Italiani, meno preoccupati dell'altra questione, quella riguardante gli errori in campo sanitario, rispetto alla quale ritenevamo che l'inchiesta già promossa presso il Senato fosse sufficiente.
Comunque, le correzioni intervenute in corso d'opera ed il lavoro svolto pazientemente dal relatore, onorevole Di Girolamo, ci hanno convinto della bontà di un provvedimento, che aiuterà a capire meglio cosa sia accaduto e cosa accada in quelle regioni su cui si è ritenuto di dover intervenire in questo modo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Pignataro. Ne ha facoltà.

ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel preannunziare il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur che oggi qui rappresento, sottolineo la necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli errori commessi in campo sanitario. Assistiamo ormai da troppo tempo, colleghi, ad episodi tragici, come quelli accaduti all'ospedale di Castellaneta.
Le vittime in campo sanitario costituiscono un dato non solo sconcertante ed incompatibile con uno Stato democratico come il nostro, ma anche allarmante, che deve far seriamente riflettere il Parlamento nell'interesse di quei cittadini che ancora credono nelle istituzioni e nella serietà delle stesse.
La medicina ha compiuto progressi incredibili, forse senza una sufficiente consapevolezza ed una sufficiente risposta dal punto di vista organizzativo, e da ciò nasce la necessità di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario, rilevando tutti gli elementi conoscitivi sullo stato di salute della nostra sanità, sia pubblica che privata.
L'inchiesta rappresenta la via più incisiva e penetrante, proprio come dispone l'articolo 82 della Costituzione, secondo cui la Commissione parlamentare di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono, naturalmente, quelli propri della fase istruttoria delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti, quindi non può accertare reati e comminare sanzioni.
L'esigenza è quella di monitorare continuamente l'applicazione delle nuove leggi, il loro aggiornamento, nonché la tenuta delle politiche e delle normative di riferimento.
Gli errori in campo sanitario costano 260 milioni di euro l'anno, soldi che potrebbero essere spesi non per riparare i danni prodotti, ma per garantire l'applicazione del precetto della nostra Costituzione, che all'articolo 32 recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo». Vorrei, in chiusura, sottolineare la mia particolarePag. 39soddisfazione per l'adozione di un nuovo testo da parte della Commissione Affari sociali.
Ricordo, infatti, che tale testo nasce dall'integrazione del provvedimento originariamente presentato dall'onorevole Palumbo con le principali disposizioni contenute nella proposta dell'onorevole Di Girolamo (A.C. 2814), di cui sono anch'io firmatario, e da alcuni emendamenti presentati nella XII Commissione, che attribuiscono alla Commissione di inchiesta anche compiti di verifica dell'appropriatezza delle prestazioni ospedaliere, della qualificazione dell'assistenza ospedaliera in direzione dell'alta specialità, nonché del controllo della spesa sanitaria sostenuta dai cittadini nelle ASL e, in generale, nelle strutture accreditate presso il Servizio sanitario nazionale. Ulteriore compito attribuito alla Commissione nel nuovo testo adottato è quello di acquisire tutte le informazioni necessarie a valutare le condizioni politiche, amministrative e gestionali che hanno contribuito a provocare i disavanzi sanitari regionali. Questo è un argomento particolarmente delicato, dal momento che, come abbiamo avuto modo di vedere nelle settimane passate, alcune regioni hanno riportato deficit di bilancio di notevole entità, tali da richiedere un drastico intervento del Governo.
Conseguentemente, la Commissione avrà il compito di verificare nelle regioni interessate dai maggiori disavanzi sanitari l'esistenza di sprechi nell'utilizzo delle risorse destinate al finanziamento del sistema sanitario nazionale, l'adeguatezza delle strutture e delle tecnologie sanitarie, valutando anche l'attuazione degli adempimenti relativi al programma straordinario di ammodernamento tecnologico a livello regionale e la trasparenza ed efficienza del sistema regionale di finanziamento delle ASL e delle strutture erogatrici.
Inoltre la Commissione di inchiesta avrà il compito di indagare lo stato di attuazione e il reale funzionamento, nonché la realizzazione degli obiettivi nell'ambito delle ASL, dei distretti socio-sanitari. A tale scopo l'articolo 3, ampliando i compiti riconosciuti alla Commissione, prevede, oltre al compito di indagare sugli errori sanitari delle strutture pubbliche e private, quello di valutare le cause di tali errori e di indagare sulle eventuali carenze nella formazione del personale medico e paramedico, nonché di individuare eventuali correttivi da apportare nel percorso formativo delle suddette categorie ed eventualmente di definire i criteri per il rafforzamento delle responsabilità dei direttori sanitari.
Infine, la Commissione avrà il compito di migliorare i controlli sulle strutture sanitarie e di individuare ogni correttivo utile a migliorare il Servizio sanitario nazionale.
Per quanto sopra richiamato, dunque, il gruppo Popolari-UDEUR appoggia la richiesta dell'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Astore. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, forse dovrò anche strillare, me ne dispiace, ma non possiamo uscire da quest'aula senza dire totalmente la verità sulla Commissione d'inchiesta in discussione. Pertanto, credo che il voto pienamente favorevole del gruppo Italia dei Valori sia scontato, perché in Commissione esso ha assunto un ruolo protagonista, trascinando la maggioranza verso l'accettazione di questa Commissione.
Il falso problema della natura della Commissione, bicamerale o monocamerale, è stato utilizzato da qualcuno per bloccarne la costituzione. Vorrei sottolineare che, se si decide per la bicamerale, va benissimo, altrimenti quest'Assemblea deve assolutamente dotarsi di una Commissione d'inchiesta, perché vi sono motivi di necessità e di urgenza che ne impongono l'istituzione: non verrebbe, infatti, istituita per sistemare chicchessia, come qualcuno vuol far apparire.Pag. 40
Vogliamo che sia istituita perché la sanità, lo ripeto, è uno dei settori più a rischio ed ha bisogno che il Parlamento segua il Governo, le regioni e le aziende sanitarie e perché riguarda il cittadino ed il più delle volte quello meno protetto.
Leggendo i resoconti della scorsa seduta, signor Presidente, in cui lei ha proposto il rinvio del testo in Commissione, devo apprezzare l'onestà intellettuale del relatore, ma non posso apprezzare il fatto che la Commissione non veniva istituita per il costo della politica.
Siamo leali: il costo della politica si deve abbattere in altri settori, senza impedire ai parlamentari di svolgere il proprio dovere e di lavorare! Del resto, per quanto riguarda i parlamentari che non hanno incarichi di presidenza il compenso per l'attività svolta è ricompreso nell'indennità percepita, nella maniera più assoluta. Credo che sia corretto dirlo: si trattava di una scusa, perché il costo della politica non c'entra. La Commissione costa, all'incirca 100 o 200 milioni di euro (Commenti), ma noi abbiamo il dovere di bloccare tutto ciò che di losco avviene in questo settore.
Lo avevamo detto tutti nel piano di rientro, quando ne abbiamo dibattuto a maggio. Diverse forze politiche avevano assunto l'impegno di istituire una Commissione di inchiesta. Amici che mi avete preceduto, va bene l'errore clinico, ma gli emendamenti dell'Italia dei valori, della Lega e di altre forze politiche hanno portato questa Commissione ad interessarsi soprattutto della qualità dell'erogazione della prestazione sanitaria. Credo che aumenti il contenzioso dei pazienti e che gli errori clinici, secondo alcuni, diminuiscano, ma il Parlamento ha il dovere di proteggere i cittadini, soprattutto quelli che di solito non intraprendono contenziosi contro gli errori commessi.
Amici, esiste oggi un diverso approccio del medico nei riguardi del paziente. Credo che certi mercantilismi, nella prestazione sanitaria, debbano essere assolutamente abbattuti. Riguardano tutti. Stasera discuteremo dell'extramoenia; uno dei problemi è proprio un certo mercantilismo che si è introdotto nell'erogazione del sistema sanitario.
Credo che la sanità italiana - è vero quanto sostiene il Ministro - sia una delle migliori d'Europa. Deve essere migliorata, ma è necessario controllare l'enorme flusso di danaro - ve l'ho detto prima - soprattutto nelle regioni in cui la criminalità organizzata si è impadronita della situazione; del resto, sono state sciolte diverse ASL, altre lo saranno in questi giorni. Credo sia importante che il Parlamento relazioni in proposito, perché, per difendere i cittadini, dobbiamo bloccare - lo ripeto - una certa illegalità, che non rientra nella criminalità organizzata, ma è diffusa in tutta Italia. Ogni giorno la stampa riporta scandali a destra e a sinistra, al Nord e al Sud del nostro Paese. Riguarda anche la mia regione e me ne vergogno molto.

PRESIDENTE. Vi prego...

GIUSEPPE ASTORE. Tuttavia, non riguarda solo la mia regione, ma anche tante altre, in cui la sanità viene utilizzata sanità soprattutto come centro di potere. Ecco perché la Commissione non può essere punitiva. La collaborazione istituzionale - mi rivolgo soprattutto agli amici della Lega - tra Parlamento, Governo e regioni deve avere l'obiettivo di migliorare tale settore. Con le regioni, infatti, dobbiamo avere un rapporto nuovo, non conflittuale, perché un nuovo Stato si costruisce anche nel campo della sanità, intessendo rapporti non conflittuali, ma di collaborazione.
Credo che questo sia il federalismo che parecchi di noi vogliono assolutamente portare avanti. L'obiettivo deve essere garantire nella mia regione, come a Milano o in Sicilia, gli stessi livelli essenziali di assistenza e di qualità. Lo dico anche agli amici della Lega Nord Padania, con i quali dialogo: non possiamo creare 21 sanità nel nostro Paese! Negli ultimi giorni, per esempio, alcuni turisti in Toscana hanno un'erogazione sanitaria e altri in Sicilia devono pagare il ticket o viceversa. SonoPag. 41cose che non possono assolutamente accadere nel Paese! Dobbiamo dare autonomia organizzativa alle regioni, ma erogando le stesse prestazioni in tutto il nostro Paese.
Questa è l'esaltazione del federalismo, perché, a mio parere, al centro non ci deve essere l'operatore sanitario - che è importante - ma il cittadino. Vi sono, infatti, tante criticità nel settore e mi dispiace anche di dovervi ancora intrattenere. Nessuno nega che vi sia un clientelismo esasperato, una «parentopoli» incredibile in questo settore. Non solo le ultime vicende di Messina, ma anche vicende giornaliere, che non occupano la cronaca, vedono questa «parentopoli» soprattutto nel campo delle unità operative complesse.
Amici di Forza Italia - mi rivolgo a chi dovrà probabilmente presiedere l'istituenda Commissione - che dire dell'accreditamento? Signor Presidente, vi sono diversi accreditamenti in Lombardia e in Puglia, in Molise e in Campania. Voi, durante i cinque anni di Governo, non avete messo mano a tale settore, ma avete accettato che l'erogazione sanitaria si facesse tramite l'accreditamento. Non tutti gli accreditati possono erogare prestazioni sanitarie: dopo l'accreditamento ci vuole il contratto, ma parecchie regioni lo hanno dimenticato. La Commissione di cui stiamo discutendo deve anche controllare tale aspetto, perché il problema dei rapporti con i privati è importante, non perché vogliamo criminalizzarli. I privati, tuttavia, alla pari del pubblico, debbono concorrere all'erogazione di una prestazione sanitaria di alta qualità. Vi sono situazioni in cui il Parlamento deve intervenire. Esistono sanità regionali che puntano solo sull'ospedale, dimenticando l'obiettivo comune del territorio. In alcune regioni vi sono 270 ricoveri per mille abitanti, mentre tutti i piani sanitari ne raccomandano 160 per mille. Sono regioni che dobbiamo aiutare, non penalizzare! Dobbiamo penalizzare gli amministratori che sbagliano, in tal caso sono d'accordo! Non possiamo, tuttavia, criminalizzare il cittadino che chiede la prestazione sanitaria. Questa è la differenza che ci deve assolutamente distinguere!
Il problema è l'eccessiva ospedalizzazione della sanità, dimenticando che alcune regioni, ormai, sono popolate per la maggior parte da anziani, perché il popolo italiano ha una percentuale enorme di anziani, che vanno assistiti nella propria casa. La Commissione dovrà esprimere suggerimenti in tale direzione e, inoltre, dovrà indagare sulle ragioni per le quali ciò non sia avvenuto.
Amici, credo che in questo campo vi debba essere il vero trasversalismo, non per la «vendita» o la contrattazione di una Presidenza, ma per far sì che vengano erogate migliori prestazioni sanitarie, uguali in tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole dell'UDC e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Lucchese, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Montani. Ne ha facoltà.

ENRICO MONTANI. Signor Presidente, innanzitutto vorrei indirizzarle una richiesta, visto che sarà lei a scegliere il Presidente della Commissione di inchiesta. I costi, a nostro avviso, sembrano esagerati, o quanto meno, le cifre che figurano nel provvedimento in esame ci preoccupano. Dunque, le chiediamo se, quando verrà fatta la scelta, si possa tener conto del fatto che tali cifre probabilmente potrebbero essere risparmiate, visto che si parla tanto dei costi della politica e in tanti si fanno la bella faccia esprimendosi su talePag. 42argomento, anche perché questo potrebbe rappresentare un atto concreto e un segnale al Paese.
Siamo favorevoli all'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario, anche perché nel Paese vi è una diffusa preoccupazione. Spesso i quotidiani, i settimanali e le televisioni danno un messaggio di preoccupazione alla gente e, di conseguenza, poi nel Paese si diffonde una forte preoccupazione sulle condizioni del sistema sanitario italiano. Il problema però - e su tale punto vorrei rispondere anche al collega Astore - non è quello di avere venti sanità, ma è costituito dal fatto che ve ne sono due di sanità: vi è una sanità, soprattutto quella della Lombardia e del Veneto, e comunque, in generale, del Nord, ove vi sono regioni che forniscono risposte ai cittadini e, dunque, vi è una sanità che funziona; e vi è una sanità, che è quella di quasi tutto il resto del Paese, che purtroppo non funziona.
Proprio in queste ore ho letto una relazione della Corte dei conti sulla sanità in Sicilia; vi invito a prenderne visione, perché è veramente preoccupante. Vi fornisco solo un dato che rende bene l'idea: vi sono 110 (o 111) autisti per ogni ambulanza in Sicilia; è una cosa allucinante! Lì vi è un sistema assistenziale e, pertanto, il servizio sanitario diventa solo un posto di lavoro (che poi lavoro non è), e serve ad ottenere voti alle elezioni, in base ad uno scambio, a nostro avviso, inaccettabile.
Dunque, consideriamo anche questi dati, e non affermiamo soltanto che vi sono venti sanità, come qualcuno l'anno scorso, in occasione del referendum, dichiarava, sostenendo che la Lega avrebbe voluto dividere il Paese ed avere venti sanità diverse. No, di sanità ve ne sono semplicemente due: una che funziona e dà risposte alle esigenze dei cittadini, e l'altra che invece non funziona.
Inoltre, esprimiamo un voto favorevole, al contrario di quanto accaduto sul decreto-legge salvadeficit, sul quale abbiamo fatto una forte opposizione, perché nella proposta di inchiesta in esame sono stati accolti i nostri emendamenti, finalizzati ad indagare sul modo in cui le regioni spendono. Infatti, non è possibile - lo abbiamo affermato in precedenza, ma lo ribadiamo perché il problema è sempre persistente - che vi siano delle regioni che fanno fatica, decidono dei tagli, chiudono gli ospedali e contraggono mutui per pagare i debiti nel settore della sanità, e vi siano altre regioni, governate sia dal centrodestra sia dal centrosinistra, che invece spendono senza neanche sapere quanto spendono: non è possibile una cosa del genere! A nostro giudizio è inaccettabile, questo è un caso chiaro di razzismo! La regione Lazio ha la spesa sanitaria completamente fuori controllo, e voi del centrosinistra avete dato loro i soldi a piè di lista, senza sapere come saranno spesi.
La Commissione che nei prossimi giorni inizierà i lavori, che ci vedranno sicuramente come parte attiva, dovrà anche controllare il modo in cui vengono impiegate tali risorse, altrimenti per noi diviene inaccettabile creare delle Commissioni che poi alla fine non fanno il loro dovere.
Vorrei affrontare un ultimo problema, signor Presidente, visto che è stata conferita a lei la responsabilità di scegliere il presidente della Commissione e che vi è stato un voto sia da parte della maggioranza che da parte dell'opposizione: spero che non si tratti dell'ennesimo «inciucio» per non scoperchiare il pentolone marcio e maleodorante che è la sanità in molte regioni, soprattutto in quelle del centro-sud (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dioguardi. Ne ha facoltà.

DANIELA DIOGUARDI. Signor Presidente, intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea. A nostro avviso, la soluzione migliore sarebbe stata quella di una Commissione bicamerale in quanto, come sapete, già esiste al Senato una Commissione d'inchiesta. Quindi, ritenevamo che la soluzionePag. 43migliore per evitare sovrapposizioni fosse costituita da una Commissione bicamerale.
I tempi, tuttavia, sono lunghi e vi sono difficoltà. Pertanto, è necessario assumersi di fronte al Paese la responsabilità di una situazione di malessere e di sfiducia che notizie scandalistiche riportano quasi quotidianamente sui giornali in ordine alla malasanità e agli errori in campo sanitario, con tutto ciò che comporta.
Poiché riteniamo che la sanità sia un settore centrale, che indica davvero la civiltà di un Paese, e che occorre che i cittadini e le cittadine abbiano piena fiducia nella sanità italiana - anche perché dobbiamo riconoscere che, nella maggior parte dei casi, la sanità funziona bene - è necessario fornire una risposta attraverso una Commissione che possa eliminare tutti gli aspetti scandalistici e, nello stesso tempo, possa svolgere un'indagine seria, accorta e responsabile per individuare ciò che può essere corretto.
Molto spesso gli errori non sono dei singoli ma dell'organizzazione del sistema sanitario. In una situazione in cui, purtroppo, la riforma del Titolo V della Costituzione ha determinato una sanità a macchia di leopardo - per cui vi è disomogeneità e non uniformità, ovvero risposte diverse a seconda delle regioni - ci sembra utile, in questo momento, una Commissione che indaghi anche sulle cause del disavanzo e sul funzionamento delle regioni e controlli anche i piani di rientro. Per tali motivi voteremo a favore della costituzione della Commissione di inchiesta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani (Commenti). Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche noi del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI voteremo a favore della Commissione di inchiesta sugli errori sanitari e chiederemo l'istituzione di un'analoga Commissione di inchiesta per gli errori dei magistrati nei nostri tribunali. Con la Commissione, infatti, si potrà capire dove nascono gli errori e perché si verificano, per poter poi adottare provvedimenti tali da rendere la nostra sanità più efficiente, più sicura e ridurne gli errori (sanità pur buona nella media anche rispetto a molte altre nazioni, con professionisti ben preparati nelle nostre università).
Resta inteso che da quando, con la modifica del Titolo V della Costituzione, si sono delegate le regioni a trattare la materia sanitaria, gli errori in campo sanitario si sono decuplicati proprio perché molte regioni, soprattutto quelle amministrate dall'Unione, all'efficienza dei servizi e alla qualità dei professionisti contrappongono le loro cooperative e i professionisti con la loro tessera.
Ci auguriamo che attraverso la Commissione si possa dimostrare che con piccoli interventi i grandi errori sanitari possono essere evitati e la collusione tra politica e criminalità organizzata nella sanità può essere sciolta per ritornare ad una situazione di normalità. Inoltre, ogni regione attua il suo programma e il suo sistema sanitario: manca un filo sanitario comune nazionale. Con venti regioni abbiamo, di fatto, venti differenti concetti di attuazione dei programmi sociosanitari, a cosiddetta macchia di leopardo. La Commissione di inchiesta potrebbe dimostrare che è stato un errore delegare alle regioni un bene così importante come la salute dei cittadini e la loro qualità di vita.
Infine, i direttori generali iperpagati e poco preparati sono i primi responsabili della cosiddetta malasanità: la Commissione di inchiesta dovrà partire da loro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pellegrino. Ne ha facoltà.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo innanzitutto per annunziare il voto favorevole del gruppo dei Verdi sull'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario. Mi fa piacere sottolineare, però, che lo stato di salute della sanità italiana è decisamentePag. 44buono: è evidente che i casi di malasanità fanno molto più notizia rispetto ai tantissimi casi di buona sanità che si verificano ogni giorno.
L'intento della Commissione non è certo mettere in discussione i nostri medici o il nostro personale parasanitario, soprattutto coloro che quotidianamente, con grande dedizione, svolgono il proprio dovere. Una classe politica attenta e responsabile, però, deve anche - e soprattutto - preoccuparsi dei singoli casi di malasanità. Mi fa piacere, in particolare, che questa Commissione si occupi anche delle cause che hanno prodotto il disavanzo nel settore sanitario in tante regioni, per far sì che quegli errori non siano più commessi. Mi fa anche piacere, ovviamente, che si effettui un monitoraggio, soprattutto delle regioni nelle quali il disavanzo sanitario si è verificato. Vi è, infatti, un problema aperto: la presenza di controllori e controllati. Le regioni non possono continuare ad esercitare una reale azione di controllo nei confronti delle tante aziende sanitarie nelle quali i direttori sono nominati dalla regione stessa. La Commissione deve svolgere, altresì, un ruolo di monitoraggio e di individuazione delle tante incapacità gestionali ed organizzative che, molte volte, non pongono gli operatori della sanità - i medici - nelle condizioni migliori per poter fornire un servizio efficiente. È in questo senso che dobbiamo indirizzare la nostra azione e che la Commissione deve intervenire.
Vi è anche un problema aperto in ordine alle emergenze del nostro Paese, e quindi anche al 118. In Italia non vi è ancora uniformità: bisogna effettuare un monitoraggio attivo anche su tale aspetto.
D'altra parte, con riferimento all'istituzione della Commissione ed al bisogno di attribuire al Parlamento, in modo particolare, un ruolo centrale di controllo e di monitoraggio, sono stati diversi i parlamentari del centrosinistra che hanno sostenuto l'istituzione della Commissione stessa. Penso che la vera grande sfida sia questa: la Commissione di inchiesta deve avere il coraggio non di individuare le singole responsabilità, ma di cercare di eliminare l'apparato clientelare e di sprechi, ancora troppo forte, che esiste in tante regioni. Soprattutto nelle regioni in cui si registra un disavanzo sanitario, ripeto, si sta procedendo ad un rientro del disavanzo stesso attraverso un taglio dei servizi essenziali: si tratta di un errore grave, gravissimo, anche - e soprattutto - perché l'apparato clientelare e di sprechi viene mantenuto intatto. La Commissione deve intervenire, con determinazione e in tempi rapidi, su tale situazione. Per questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, preannunzio il voto favorevole del gruppo dei Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ulivi. Ne ha facoltà.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento sarà molto breve, perché dovrei ripetere quanto ho già affermato in sede di discussione generale.
Signor Presidente della Camera, desidero, però, ringraziarla: con il suo intervento, basato su grande sensibilità e sul buonsenso, ha proposto il rinvio del documento in Commissione, permettendo alla stessa di elaborare il testo che stiamo per approvare.
Sono certo che, grazie al lavoro dell'istituenda Commissione, riusciremo ad appurare le cause degli errori che si sono verificati in campo sanitario e, quindi, a provvedere affinché non abbiano più a verificarsi. Esprimo, pertanto, il voto favorevole del gruppo Alleanza Nazionale sulla proposta di inchiesta parlamentare in esame (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Esprimo, innanzitutto, un segno di riconoscenza a lei, signor Presidente, per la sensibilità che haPag. 45dimostrato in merito all'istituzione di questa Commissione, ed anche alla maggioranza, che ha recepito le nostre istanze in ordine all'istituzione della Commissione da noi proposta, che oggi finalmente viene alla luce. Siamo soddisfatti non solo politicamente, ma specialmente per i cittadini, che vedono concretamente come il Parlamento e le forze politiche non sono distanti da ciò che avviene nel Paese reale in un campo così delicato.
Questa Commissione dovrà rassicurare i cittadini e non dovrà fornire soltanto risposte come quelle del Ministro Turco, che oggi leggiamo su alcuni giornali, su come si muore nei nostri ospedali, ma su come si viene curati e trattati, sul livello di organizzazione, su come vengono spesi i soldi, in modo tale da evitare quanto abbiamo visto verificarsi in alcune circostanze ingigantite dai mass media. Per tutto ciò, e per quanto abbiamo affermato in sede di discussione sulle linee generali, preannunzio il voto favorevole e convinto del gruppo Forza Italia sull'istituzione di questa Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare il voto favorevole del gruppo L'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, colleghi, il mio gruppo ha preannunziato il proprio voto favorevole sul testo, ed io stesso vorrei esprimere all'onorevole Di Virgilio tutto il mio apprezzamento per una proposta che sicuramente ha intenti lodevoli ed un contenuto già molto emblematico da questo punto di vista.
Io, però, come Presidente della Camera (Commenti), non ho cambiato idea: ho sempre espresso il mio parere contrario al proliferare di Commissioni d'inchiesta (Applausi di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno). Credo che la Commissione d'inchiesta sia uno strumento molto delicato: ha gli stessi strumenti dell'autorità giudiziaria, ed il rischio di duplicazione con la magistratura c'è ed è forte.
In questo caso, vi è una duplicazione un po' straordinaria - consentitemi di usare questo termine - con il Senato, che ha istituito una Commissione che si occupa degli stessi problemi. Tutti vediamo che il costo della politica è fuori controllo: credo che meno Commissioni di inchiesta si istituiscano e meglio è.
Per queste ragioni, e per salvare la mia coerenza, sono personalmente contrario a questo provvedimento, pur rispettando i lodevoli intenti dei colleghi (Applausi di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - Doc. XXII, n. 8-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul Doc. XXII, n. 8-A/R, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 46
Comunico il risultato della votazione:
«Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali» (Doc. XXII, n. 8-A/R):

Presenti 463
Votanti 421
Astenuti 42
Maggioranza 211
Hanno votato 416
Hanno votato no 5
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori (ore 13,45).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, lei conosce la mia natura di pignolo. Ieri più deputati e più forze politiche di tutta l'Assemblea hanno richiesto al Governo, sottoponendo la questione alla sua particolare attenzione, se avesse la disponibilità a venire in aula per riferire sull'emergenza incendi, che sta provocando la perdita di vite umane.
Lo faccio presente anche oggi perché vorrei che si evitasse ciò che abbiamo già sperimentato con due Ministri, a cui si è chiesto di riferire in Parlamento per tempo e che invece non verranno mai, perché hanno consegnato le loro dichiarazioni ai giornali (mi riferisco al Ministro dell'interno e al Ministro dell'economia e delle finanze).
Confidiamo che, di fronte a questa emergenza, il Governo non colga l'opportunità di sottrarsi per l'ennesima volta.

PRESIDENTE. La questione è già stata sottoposta al Governo ieri, ed anche un altro intervento, svolto in precedenza, andava in questa stessa direzione. È oggi presente il sottosegretario, a cui rivolgiamo la sua sollecitazione.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, lei, quale deputato «di lungo corso», ricorderà e saprà che, per prassi, il DPEF - un documento avente lo stesso contenuto sia al Senato sia alla Camera - viene quasi sempre approvato da entrambi i rami del Parlamento nello stesso giorno o con una sfasatura temporale minima.
Quest'anno a me sembra che la questione sia un po' più complicata rispetto alla prassi e alla necessità, direi io, di approvare una risoluzione che, essendo identica, dovrebbe essere votata più o meno in concomitanza sia al Senato sia alla Camera. Ma tant'è, sembra che invece oggi al Senato cominci la discussione sul DPEF e che domani vi sarà il voto.
Da quanto risulta a me, e anche a lei, signor Presidente, si potrebbe registrare forse qualche giorno di differenza, cinque o sei giorni, rispetto alla Camera. Le chiedo se dobbiamo assistere a questa «frattura» - stiamo assistendo a tante altre fratture fra noi e il Senato, e lei è stato uno degli obiettivi, anche in altre circostanze, per la verità, ma se voi aveste votato il referendum per l'eliminazione di quel ramo del Parlamento, come noi avevamo proposto, forse non ci troveremmo in queste condizioni - e se sia possibile recuperare la situazione in termini temporali, a costo anche di accelerare i ritmi e di prendere in considerazione giorni diversi da quelli considerati fino ad ora. Le chiedo se ritiene opportuno in cuor suo di mantenere tale prassi, che mi sembra essenziale nel nostro sistema bicamerale, su un documento importantissimo come è il DPEF. Le sottopongo la questione nella speranza di trovare una soluzione o quanto meno di conoscere il suo pensiero.

RICCARDO PEDRIZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, mi associo alla richiesta fatta dal collega Leone. Non si tratta di una prassiPag. 47costituzionale, evidentemente, ma di una prassi consuetudinaria delle due Camere. Oltretutto, nell'attuale legislatura, registriamo una prevalenza schiacciante, in termini di interesse politico, del Senato rispetto alla Camera. Il fatto poi di votare la risoluzione sul DPEF a distanza di quattro o cinque giorni, svilirà indubbiamente il dibattito e farà sì che non vi sarà alcun interesse, da parte dell'opinione pubblica, per quello che deciderà la Camera. Mi associo, quindi, alla richiesta fatta dal collega Leone.

PRESIDENTE. Vorrei rassicurare il deputato Leone e il deputato Pedrizzi che la loro sollecitazione ad affrontare il problema è condivisa, nel senso che già vi è stato qualche intervento in tale direzione e lo stesso presidente della Commissione bilancio della Camera ha sollevato, negli analoghi termini che avete qui indicato, la questione medesima.
Penso che il problema di una sostanziale coincidenza temporale nella deliberazione delle due Assemblee sia una misura, diciamo così, di correttezza assolutamente auspicabile, anche se, come è stato ora ricordato, non vi sono in tale direzione norme vincolanti. Tuttavia, mi pare del tutto evidente che, agli effetti stessi della proficuità delle deliberazioni adottate, tale istanza di una convergenza temporale dovrebbe essere in qualche modo favorita.
Da questo punto di vista la Presidenza della Camera, nella giornata di oggi, proverà a proporre tale istanza al Senato, affinché se ne possa tenere conto.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di proposte di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione permanente, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla I Commissione permanente (Affari costituzionali):
S. 900. - Senatori BIANCO ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale del Braille» (approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (2345).

A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge: PISCITELLO: «Istituzione della Giornata nazionale del Braille» (1633).
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e al termine con la discussione sulle linee generali del disegno di legge recante misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia (A.C. 2849) e dell'abbinata proposta di legge Fabbri ed altri (A.C. 2636).

La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della pubblica istruzione, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro della giustizia, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali e il Ministro della solidarietà sociale.

(Piano di assunzione dei docenti precari e dei precari del personale ATA - n. 3-01123)

PRESIDENTE. Il deputato Pettinari ha facoltà di illustrare, per un minuto, l'interrogazione Sasso n. 3-01123, concernentePag. 48il piano di assunzione dei docenti precari e dei precari del personale ATA (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario.

LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, signor Ministro, con soddisfazione rilevo che è in corso, secondo quanto stabilito dalla legge finanziaria, la realizzazione del piano di assunzione di 150 mila docenti precari e di 30 mila tra lavoratori ausiliari, tecnici e amministrativi.
Entro la fine del mese dovrebbero essere nominati i primi 50 mila docenti e i primi 10 mila del personale ATA. Siccome risulta che dal prossimo mese di settembre dovrebbero lasciare il servizio, per anzianità o per altri motivi, oltre 50 mila insegnanti - e si tratta di 20 mila in più di quanto preventivato dalla detta legge finanziaria - chiedo al Ministro se non ritenga possibile anticipare i tempi di conclusione del piano triennale per l'immissione in ruolo, prevedendo già dal prossimo anno almeno...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO PETTINARI. ...80 mila nomine - concludo Presidente - per il personale docente e 20 mila per il personale ausiliario, tecnico ed amministrativo. Ritengo che ciò rappresenterebbe un grande risultato per la scuola italiana e anche per il Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, come l'onorevole interrogante sa, grazie all'approvazione dell'ultima legge finanziaria, è con la chiusura delle graduatorie permanenti e la trasformazione in graduatorie ad esaurimento che il Governo ha avviato un processo non soltanto di sistemazione in ruolo dei docenti precari della nostra scuola, ma anche di blocco complessivo di un sistema che, più che offrire certezze, ai precari e agli studenti (a questi ultimi, in particolare, non garantiva la sicurezza di avere docenti che offrivano loro il massimo della professionalità), tendeva a generare precari ogni anno.
Delle 150 mila assunzioni previste dal piano triennale sono già state effettuate quest'anno 50 mila assunzioni di docenti e 10 mila di personale ATA, le quali si sommano alle precedenti, effettuate nel mese di giugno dello scorso anno, pari a 23 mila e 500.
Le indicazioni che abbiamo dato sugli organici, che si stanno predisponendo in questi giorni, sono tese a garantire prevalentemente i bisogni delle scuole materne e delle scuole elementari a tempo pieno; esigenza, quest'ultima, particolarmente sentita in molte parti del nostro Paese. Un'attenzione, molto rigida e seria, a tutto ciò che non genera spreco e piccole furbizie, quali, ad esempio, gli sdoppiamenti di cattedre o di classi (che non servono al buon andamento della scuola), rappresenta un tipo di intervento che ha la finalità di reperire risorse che possono consentire di immettere in ruolo, prima della fine dell'anno, ulteriori 20 mila docenti.
Questo anno, sulla scorta dei pensionamenti e delle disponibilità economiche, potrebbero essere assunti altri cinquemila unità del personale ATA. Per quanto riguarda l'anno prossimo, abbiamo la ferma determinazione di confermare l'aliquota di assunzioni già prefissata; ciò avverrà tenendo conto sia del numero dei pensionamenti sia delle disponibilità di risorse.
Noi vogliamo realizzare un utilizzo degli organici che dia risposte alle priorità sentite dalle famiglie - mi riferisco alla scuola materna o alla scuola elementare a tempo pieno - evitando, al contempo, quegli spezzoni di cattedre o quegli sdoppiamenti di classe che rischiano di dare risposte ai bisogni dei singoli e non a quelli generali della scuola, che vede, al primo posto, la sistemazione dei precari.
In questo senso, colgo l'occasione per sottolineare come tra le certezze...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 49

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. ...rientri anche un rapporto con gli insegnanti di sostegno ai bambini diversamente abili certificati.
Anche in tal caso non c'è alcuna volontà del Governo di tagliare il numero degli insegnanti di sostegno, ma solo di applicare con saggezza la norma che prevede che tale tipologia di insegnante sia di sostegno ai docenti curricolari per il bambino diversamente abile e non, invece, di sostegno per chi spera, talvolta con qualche furbizia di troppo, di diventare tale solo per fini economici.

PRESIDENTE. Il deputato Pettinari ha facoltà di replicare.

LUCIANO PETTINARI. Ringrazio il signor Ministro per la precisione della risposta e non ho difficoltà ad esprimere soddisfazione per quello che è stato fin qui fatto.
Siamo di fronte - penso si possa definire così - alla più estesa stabilizzazione di lavoratrici e lavoratori precari mai attuata nel nostro Paese. Come il Ministro sa molto meglio di me, stiamo parlando - i numeri hanno un senso - di 180 mila precari stabilizzati in un triennio. Credo, però, che proprio anche in virtù delle parole incoraggianti del Ministro, sarebbe molto apprezzata l'anticipazione da noi richiesta. Tale dato andrebbe valorizzato, tenuto conto dell'inversione di tendenza significativa che, in questa direzione, si sta registrando.
Il precedente Governo, lo ricordo, ha istituzionalizzato il lavoro precario nella scuola e in tutti i settori produttivi. Il Governo in carica, invece, sta tentando - stiamo parlando del settore della scuola - di stabilizzare i lavoratori precari, che possono così ottenere in questo comparto il posto fisso. Proprio per tale motivo, credo che bisogna accelerare i tempi.
Signor Ministro - lei ha fatto cenno a questo - rendere fisso un lavoro precario non è una forma di assistenzialismo, a maggior ragione nel mondo della scuola. Lei sa bene che la precarietà nella scuola - lo ha detto molto chiaramente e l'ho apprezzato - porta spesso a cambi di classe, anche di scuola, da un anno all'altro, e di ciò ne risente la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento.
La stabilizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola porta, invece, ad una migliore qualità della stessa proprio quando nel nostro Paese c'è tanto bisogno di un salto di qualità nell'insegnamento e, in generale, nel mondo della scuola.
Per tali motivi, signor Ministro, nel ringraziarla, rinnovo, a nome del gruppo della Sinistra Democratica, l'appello ad accelerare il più possibile queste procedure.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pettinari.

LUCIANO PETTINARI. Lei ha fatto cenno, anche dal punto di vista quantitativo, ai provvedimenti che sarebbe possibile adottare. La invito, quindi, a valutare se può essere fatto di più per raggiungere l'obiettivo straordinario di 180 mila posti di lavoro.

(Orientamenti del Governo in materia di colture geneticamente modificate ed iniziative per evitare la contaminazione della catena alimentare - n. 3-01126)

PRESIDENTE. Il deputato Lion ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01126, concernente orientamenti del Governo in materia di colture geneticamente modificate ed iniziative per evitare la contaminazione della catena alimentare (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

MARCO LION. Signor Presidente, signor Ministro, nel maggio scorso il suo Ministero ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, uno schema di decreto ministeriale di adozione di protocolli tecnici che prevedono la possibilità di coltivare per fini sperimentali colture geneticamente modificate. Con tale atto verrebbero permessePag. 50manipolazioni genetiche su diverse specie vegetali di spiccata tradizione e rinomanza italiana, ossia l'actinidia, gli agrumi, il ciliegio dolce, la fragola, il mais, la melanzana, l'olivo, il pomodoro e la vite.
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interrogato in questa sede lo scorso 26 giugno, è stato chiesto un parere rispetto a questi protocolli. Il Ministro in questione ha dichiarato di fronte all'Assemblea di avere espresso parere contrario alla bozza di decreto, sia per motivi di orientamento strategico verso le produzioni agricole e di qualità, sia per motivi precauzionali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Lion.

MARCO LION. Signor Ministro, le chiedo qual è la sua intenzione rispetto a tali questioni, al problema dell'OGM nell'agricoltura biologica e rispetto a quanto sta avvenendo in Europa sulla questione della patata geneticamente modificata.

PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti pongono la questione della compatibilità dell'utilizzo di OGM a fini di sperimentazione con i principi di precauzione e di coesistenza con le produzioni agricole e biologiche. Pongono, inoltre, l'attenzione su una serie di principi generali relativi alla missione della nostra agricoltura che ha fatto della sicurezza, della qualità, della tutela ambientale del consumatore i riferimenti su cui costruire il futuro nel rispetto della nostra tradizione; principi pienamente condivisi dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e nel pieno rispetto del programma di Governo e delle esigenze diffuse nella società civile tutta, e ne sta garantendo la piena attuazione nel rispetto delle leggi nazionali e delle direttive comunitarie.
Al riguardo si ribadisce che la materia è espressamente normata dal decreto ministeriale del 19 gennaio 2005, recante prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, relativamente all'attività di rilascio deliberato nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, per qualsiasi fine diverso dall'immissione in commercio. Tale decreto è stato emanato nel 2005 in attuazione del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, che ha recepito la direttiva dell'Unione europea 2001/18/CE.
Tale disciplina prevede la predisposizione di appositi protocolli tecnici per ciascuna specie sperimentata. La selezione delle nove specie vegetali da parte del comitato tecnico, istituito ai sensi del decreto ministeriale sopra citato, ha riguardato - come riconosciuto dagli onorevoli interroganti - specie di spiccata tradizione e rinomanza italiana, che sono in campo da anni presso i due siti delle facoltà di agraria dell'università della Tuscia e delle Marche.
La Corte costituzionale, con la nota sentenza 8 marzo 2006, n. 116, ha salvaguardato il principio di coesistenza (di derivazione comunitaria) e, quindi, la possibilità di sperimentazione nel rispetto delle cautele previste dall'ordinamento, comprendenti anche la valutazione specifica di impatto sui sistemi agrari e l'individuazione di appositi siti sperimentali, cui si aggiunge la valutazione dei dossier europei da parte della commissione interministeriale di valutazione sulle biotecnologie.
I protocolli tecnici sono stati messi a punto dal comitato tecnico, che - come ricordo - è composto da esperti dell'agricoltura, dell'ambiente e delle regioni. Dopo la fase istruttoria eseguita nel rispetto delle norme, gli stessi non hanno avuto il parere favorevole del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per motivi precauzionali. In questo quadro, ritenendosi insufficiente il grado di consenso raggiunto dalla procedura, la sperimentazione non può essere autorizzata.Pag. 51
In merito alla questione della patata, confermo che la posizione dell'Italia, insieme ad altri dieci Paesi, è stata contraria alla decisione che la Commissione europea - si apprende dagli organi di stampa - sarebbe in procinto di emanare. Qualora...

PRESIDENTE. Deve concludere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. ...fosse emanata, giudicheremo l'opportunità anche di un eventuale ricorso alla Corte di giustizia.

PRESIDENTE. Il deputato Lion ha facoltà di replicare.

MARCO LION. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta che ha fornito. Essa sicuramente può tranquillizzarci, rispetto ad un momento di sbandamento nell'opinione pubblica, che si è verificato quando alla notizia della ricerca di consenso sui protocolli per una sperimentazione su campo aperto si è, in seguito, aggiunta anche la posizione della Commissione europea, che ha fissato ad una soglia superiore a quella che l'Italia chiedeva, l'eventuale contaminazione accidentale di OGM nell'agricoltura biologica.
Partiamo da tali posizioni che, purtroppo, ultimamente l'Unione europea assume e che sono sicuramente sfavorevoli all'immagine, alla qualità e a ciò che l'agricoltura italiana è riuscita a dare al nostro Paese, in ordine alla capacità economica, ma anche, a livello internazionale, alla rinomanza che ha avuto.
Ritengo che su questo campo - in particolare sull'agricoltura biologica, che vede il nostro Paese al primo posto in Europa come produttore e grande esportatore in tutto il mondo - sia necessario prestare la massima attenzione. Possediamo questa qualità, tipicità e sicurezza nella produzione alimentare, che dobbiamo continuare a mantenere. È questa la garanzia del made in Italy; è questa la garanzia che ci permette di vendere in tutto il mondo.
Per tale motivo, è importante che anche quando accade quello che è accaduto a Bruxelles, l'Italia faccia sentire con forza la sua voce. A livello parlamentare, ritengo che dovremo intervenire - come lei farà - sulla questione del limite di un'eventuale contaminazione accidentale di OGM, anche se lei sa, che tutta l'agricoltura biologica chiede che non venga fissato...

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARCO LION. ...alcun limite, perché essa non può essere contaminata dagli organismi geneticamente modificati.

(Iniziative per favorire l'acquisto diretto del consumatore dal produttore agricolo - n. 3-01127)

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01127, concernente iniziative per favorire l'acquisto diretto del consumatore dal produttore agricolo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, come gruppo Popolari-Udeur stiamo raccogliendo le testimonianze delle difficoltà di molte aziende agricole, soprattutto familiari, che non riescono a collocare i propri prodotti sul mercato e che sono costrette a venderli sul campo a prezzi bassi e spesso sottostimati.
Tale stato di cose penalizza l'agricoltura. Nel contempo osserviamo l'aumento dei prezzi di frutta e verdura su tutto il territorio. Le famiglie hanno ridotto gli acquisti, gli agricoltori devono spesso distruggere il loro prodotto, seppure di qualità. Il Ministro più volte si è espresso dichiarando l'intenzione di favorire il collegamento diretto del mondo della produzione agricola con quello dei consumatori finali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

Pag. 52

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Chiediamo al Ministro quali siano gli intendimenti che intenda assumere.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, si concorda con gli interroganti riguardo alla necessità di avere una filiera con meno intermediari ed eventualmente un collegamento diretto tra il produttore e il consumatore, specialmente nel settore della vendita degli ortofrutticoli.
Infatti, ciò permette un duplice vantaggio: un minor prezzo pagato dal consumatore e un maggior valore aggiunto al produttore. A tale scopo mirava, in particolare, il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Le applicazioni delle misure previste da tale decreto legislativo sono state numerose sul territorio nazionale. Tuttavia, non si può ritenere che le stesse abbiano esplicato tutte le loro potenzialità. A tale scopo è necessario richiamare l'attenzione delle regioni, delle province e dei comuni, i quali hanno competenza primaria nella commercializzazione dei prodotti agricoli.
A livello nazionale, tuttavia, si evidenzia che legge finanziaria per l'anno 2007, al comma 1065 ha previsto che con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti con lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, siano stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta degli imprenditori agricoli, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita, alla trasparenza dei prezzi nonché alle condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia (i cosiddetti farmer's market diffusi in molti altri paesi europei). Tale norma punta a promuovere lo sviluppo di mercati in cui gli imprenditori agricoli nell'esercizio delle attività di vendita diretta, possano soddisfare le esigenze dei consumatori in ordine all'acquisto di prodotti agricoli che abbiano un diretto legame con il territorio di produzione.
In tal senso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha svolto un'ampia azione di concertazione con le parti sociali e l'ANCI, nonché in sede di Conferenza Stato-regioni, per definire lo schema di decreto ministeriale che la prossima settimana sarà posto all'intesa della Conferenza stessa.
Inoltre, va ricordato che la stessa legge finanziaria per l'anno 2007, al comma 1064, ha raddoppiato i limiti per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli, portandoli a 160 mila euro per le persone fisiche e a 4 milioni di euro per le società.
Con la diffusione dei mercati per la vendita diretta e i nuovi limiti di fatturato, si favorirà ulteriormente quella cultura dell'acquisto diretto tra produttore e consumatore che, al di là del benefico impatto economico, determina importanti benefici in termini di consapevolezza dei consumi.

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di replicare.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. La ringrazio, signor Ministro. Apprezzo l'impegno descritto. Tuttavia, spero si possa fare di più e meglio. Sul territorio vi sono esperienze positive, forse semplici, ma che andrebbero acquisite.
A nome del gruppo dei Popolari-UDEUR, vorrei esprimerle il nostro appoggio e la condivisione per la sua sofferenza, a causa agli incendi che stanno devastando la Puglia e tutta l'Italia.

(Orientamenti del Governo in merito alla separazione delle carriere nella magistratura - n. 3-01124)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01124, concernente orientamenti delPag. 53Governo in merito alla separazione delle carriere nella magistratura (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, da socialista riformista e garantista del Nuovo PSI, vorrei chiederle, mediante l'interrogazione ben articolata, motivata e documentata a mia firma, una cosa piccola ma di grande importanza per la giustizia e per tutti gli italiani: la separazione delle carriere e della precisa funzione e dei compiti che deve ricoprire la magistratura inquirente rispetto a quella giudicante. Vorrei farlo prendendo ad esempio la vicenda che vede protagonista il GIP di Milano, Clementina Forleo.
Signor Ministro, lei sarà Clemente di nome, ma Clementina ha «le palle» perché non si è fatta ricattare e condizionare. Il giudice Forleo usa termini forti contro i mandanti degli assassini dei socialisti, democristiani e di Bettino Craxi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. Signor Ministro, non sarà che bisogna prendere come esempio l'episodio relativo al GIP Forleo...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

LUCIO BARANI. ...per comprendere l'importanza che riveste la separazione di tali carriere?

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, circa la vicenda da cui prende spunto l'onorevole Barani, vorrei comunicare che ho richiesto ai miei uffici di acquisire, per il tramite della corte di appello e della procura generale della Repubblica di Milano, gli elementi documentali e conoscitivi necessari per verificare se nell'attività del giudice per le indagini preliminari Forleo sussistano condotte rilevanti sotto il profilo disciplinare conseguenti all'eventuale accertamento di profili di abnormità ovvero di grave violazione di legge nei provvedimenti emessi lo scorso 20 luglio, nonché per chiarire la vicenda della pubblicazione dell'ordinanza del GIP avvenuta con anticipo rispetto al momento della ricezione degli atti da parte delle Camere competenti.
È ovvio che solo all'esito di questi accertamenti potrò esprimere una compiuta valutazione e debbo dire, con molta correttezza, che, per quanto mi riguarda, neanche io subisco ricatti, ma gioco la mia partita politica nell'ambito della Costituzione repubblicana.
Anzi, da questo punto di vista, se vuole - è soltanto un omaggio alla mia esperienza politica - credo che il Parlamento e la politica si dovrebbero interessare di alcuni aspetti che toccano la discussione, che dovrebbe secondo me aprirsi, sulla legittimità della politica democratica di concorrere a determinare, e in quale modo, il futuro del sistema economico del Paese; basta vedere quanto succede, in realtà, fuori dell'Italia per rendersi conto che un Paese in cui la politica deve limitarsi ad assistere impotente alle decisioni altrui e non è in grado di unirsi di fronte alle sfide dei suoi competitori non ha futuro. Si pone, cioè, la questione del primato tra la politica e il mondo economico e industriale.
Tornando, invece, alle ragioni per le quali c'è l'urgenza della sua richiesta a ripensare, per quanto mi riguarda, la separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici, faccio alcune valutazioni generali.
L'onorevole Barani fa riferimento a fenomeni di difformità di valutazione nell'ambito dei processi penali tali per cui talvolta un giudice condanna un imputato per il quale il pubblico ministero ha chiesto l'assoluzione o respinge l'istanza di libertà di un indagato per il quale l'inquirente si è espresso favorevolmente.
Ma debbo dire che ciò accade in tutti i Paesi, anche in quelli i cui ordinamenti sono basati sul principio della separazionePag. 54delle carriere. Non si tratta, a mio avviso, di un retaggio inquisitorio - assolutamente no - da parte del giudice, ma semplicemente di ordinaria diversità di valutazioni, del tutto fisiologica all'interno di un procedimento o all'esito del processo.
Credo, invece, che tali fisiologici esempi di dialettica processuale, fondati sulla distinzione delle funzioni e sulla valorizzazione del principio del contraddittorio e del ruolo fondamentale della difesa, dimostrino la necessità, l'utilità e la ragionevolezza di un ordinamento unitario della magistratura, che sia innervato da una rigorosa separazione delle funzioni, ma connotato, altresì, dalla generale condivisione di una comune cultura dell'imparzialità, della legalità e della giurisdizione.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Ministro, un socialista, un riformista, un italiano responsabile non può esser d'accordo con lei. Il sottoscritto, già dal 1996, prevedeva, facendo del suo comune una città «dedipietrizzata», che una sciagura sarebbe stato il suo amico e collega Di Pietro e quanto male avrebbe fatto all'Italia e agli italiani da magistrato e da politico, si fa per dire.
Eravamo garantisti ieri e lo siamo oggi e quando un GIP, pur serio e capace, ci chiederà come parlamentari l'autorizzazione, noi, a differenza dei comunisti di allora, voteremo contro, perché il senso dello Stato e della giustizia l'abbiamo nel nostro DNA.
Lo scontro fra il GIP e il PM a Milano sul caso delle intercettazioni riguardanti dirigenti DS è la lapalissiana dimostrazione della necessità di separazione totale tra magistratura inquirente e giudicante.
È necessario, signor Ministro, prevedere accertamenti su tutti i magistrati, non solo acquisire gli atti. Bisogna sottoporli a visite psicoattitudinali, forse a test per rilevare l'uso o l'abuso di stupefacenti o sostanze psicotrope. È questo ciò che dobbiamo fare, perché non ci piace quello che sta succedendo nella giustizia in questo momento.
Voglio concludere ricordando l'alto discorso che Bettino fece nel luglio 1992 in quest'aula. Gli ex comunisti non vollero comprendere la quaestio in materia di giustizia sollevata da Bettino.
Adesso proprio coloro che lo hanno fatto morire esule, negandogli anche la cristiana pietà delle cure, ne stanno subendo le conseguenze.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. D'altronde, chi di spada ferisce di spada perisce. Brava Clementina! Sicuramente in questo momento appare un gigante l'ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini!

(Iniziative per l'istituzione a Foggia di sezioni staccate della corte d'appello di Bari, della corte d'assise d'appello di Bari e del tribunale per i minorenni di Bari - n. 3-01125)

PRESIDENTE. Il deputato Di Gioia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01125, concernente iniziative per l'istituzione a Foggia di sezioni staccate della corte d'appello di Bari, della corte d'assise d'appello di Bari e del tribunale per i minorenni di Bari (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), per un minuto.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, signor Ministro, non mi dilungherò, perché lei più volte ha avuto la possibilità di venire in quel di Foggia, parlare con le categorie professionali e con i magistrati e si è reso conto sicuramente delle difficoltà che vi sono e, quindi, della necessità dell'istituzione della sezione staccata della corte d'appello a Foggia.
Vorrei semplicemente ricordarle che stiamo discutendo ormai nella Commissione di merito alcune proposte di legge di inizitiva parlamentare, tra cui anche la mia, e che le Commissioni si sono giàPag. 55espresse e, tra queste, la Commissione bilancio, che ha espresso parere favorevole.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LELLO DI GIOIA. Vorrei chiederle quale sia il suo parere e il suo impegno.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Risponderò molto semplicemente, nel senso che quanto ipotizzato dal collega e, se consente, amico Di Gioia ipotizza una ridefinizione della geografia giudiziaria del distretto di Bari. In realtà, tutto ciò porta, sul piano ordinamentale, a stabilire che all'istituzione di una nuova sezione staccata di corte d'appello deve necessariamente accompagnarsi l'istituzione di una procura generale presso la medesima corte, del tribunale per i minorenni, con la relativa procura, e di un tribunale di sorveglianza.
Debbo dirle, però, con molta franchezza che esistono allo stato oggettive difficoltà di natura economica, che non riguardano soltanto l'eventuale istituzione a Foggia di tali organi, ma anche in altre parti del Paese: sono stato recentemente a Verona, dove c'è la stessa esigenza; nel Lazio c'è soltanto la sede di Roma, ma potrebbe esserci una seconda corte d'appello, e in altre regioni italiane non c'è la dotazione di presenze plurime, come invece accade altrove.
A fronte di tutto ciò, laddove il Parlamento - quindi, lei stesso ed altri parlamentari - determinasse, sul piano finanziario, eventualmente con delle proposte di legge, una volontà per la quale a Foggia o in altre realtà venisse istituita la sezione staccata, per quanto riguarda la persona del Guardasigilli e il Governo non avremmo alcuna difficoltà. Laddove ci fosse «l'arsenale» dal quale attingere le disponibilità economiche, saremmo ben lieti di esaudire la richiesta per la città di Foggia, come quelle per altre città italiane.

PRESIDENTE. Il deputato Di Gioia ha facoltà di replicare per due minuti.

LELLO DI GIOIA. Grazie, signor Ministro. Io mi onoro di essere suo amico, so della sua capacità di guardare con interesse i problemi di una parte importante della nostra nazione: mi riferisco al Mezzogiorno d'Italia, in questo caso, per ciò che riguarda la corte d'appello di Foggia.
È chiaro che, come le dicevo già in precedenza, c'è un iter ormai avviato in Commissione. Sono stati espressi dei pareri, tra cui quello della Commissione bilancio, che credo sia significativo e importante.
Mi rendo conto che vi possono anche essere dei problemi di carattere finanziario, cui lei poco fa accennava, però è chiaro che ci devono essere - mi pare che ciò traspaia chiaramente dal suo intervento - la necessità e la volontà da parte sua affinché con i prossimi provvedimenti, in questo caso la legge finanziaria che è alle porte, si possa determinare la dotazione finanziaria per istituire finalmente la sezione della corte d'appello a Foggia.
La invito, signor Ministro, conoscendo la sua sensibilità per i problemi del Mezzogiorno d'Italia, non soltanto per quanto riguarda la giustizia, a fare in modo che nella predisposizione della legge finanziaria per il 2008 ci sia un impegno sostanziale da parte del suo Ministero, nonché anche per quel che riguarda gli interventi parlamentari, affinché si possa rapidamente e celermente risolvere un problema che credo sia di importanza vitale per la giustizia e per la realtà foggiana.

(Iniziative per un costante monitoraggio del fenomeno del terrorismo di matrice islamica e per coniugare l'esigenza dell'integrazione con quella della sicurezza - n. 3-01128)

PRESIDENTE. Il deputato Benedetti Valentini ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01128, concernente iniziative per un costante monitoraggio del fenomeno del terrorismo di matrice islamicaPag. 56e per coniugare l'esigenza dell'integrazione con quella della sicurezza (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Ministro, quanto è stato scoperto a Perugia - cioè una cellula islamica di addestramento terroristico - è di una gravità straordinaria e altrettanto gravi sono i commenti, italiani quanto islamiti, che tendono alla minimizzazione del gravissimo avvenimento.
In realtà, vi erano due clandestini che, sotto gli occhi di tutti, fungevano da guardiani della moschea, o presunta tale. Addestramento ad uccidere, piani di penetrazione nei servizi pubblici, preparazione, attraverso sostanze chimiche, di veleni o di bombe da far esplodere nei luoghi maggiormente frequentati, istigazione, anche di bambini della più tenera età, a delinquere e ad aggredire: nessuno può sottovalutare tutto ciò ed è triste che io debba dire che a Perugia e in Umbria anche il clima politico - l'ipocrita e insignificante buonismo della sinistra politica - sta creando un terreno di coltura molto grave.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Grazie, dunque, alle forze dell'ordine per quanto hanno efficacemente fatto. Spiegateci, però, per quale ragione non date ad esse le risorse adeguate perché possano intervenire come vorrebbero e dovrebbero.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, devo fare una precisazione rispetto ad un punto dell'interrogazione che non è stato illustrato, ossia quello relativo alla circolare del 4 giugno 2007 sull'entrata in vigore della legge 28 maggio 2007, n. 68, recante «Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio».
Tale normativa, che semplifica gli adempimenti formali e procedurali a carico degli stranieri che entrano in Italia per rimanervi non più di tre mesi, era necessitata dall'avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia da parte della Commissione europea, ad avviso della quale il rilascio del permesso di soggiorno per permanenze brevi (previsto da un decreto legislativo del 1998, e successive modificazioni) configurava una violazione dell'applicazione dell'accordo di Schengen. Per allinearsi alla normativa europea, l'articolo 1 della legge n. 68 del 2007 ha sostituito l'obbligo di richiedere il permesso di soggiorno con quello di rendere la dichiarazione di presenza, secondo le modalità da fissare con decreto del Ministro dell'interno, che è stato adottato; rimangono inalterati i controlli di frontiera previsti dal codice di Schengen.
Quanto, invece, al quesito principale che è stato posto, faccio presente che proprio gli arresti effettuati in Umbria confermano l'efficacia del nostro sistema di prevenzione nei confronti del terrorismo di matrice islamista e delle norme introdotte nel 2005 con il cosiddetto decreto Pisanu.
Proprio sulla base di quelle misure, vengono svolte puntuali operazioni di controllo nei luoghi di maggiore presenza di attività connesse a fenomeni di integralismo islamico (call center, internet point, macellerie islamiche), che si aggiungono al monitoraggio della variegata realtà di associazioni islamiche attive nei nostri territori.
Solo nel 2006 sono stati controllati oltre 10 mila obiettivi e identificati circa 40 mila stranieri: fra di essi, 927 sono stati denunciati per inosservanza delle norme in materia di soggiorno e 386 arrestati per vari reati. Sono state avviate 1.088 procedure di allontanamento dal territorio nazionale ed eseguiti 20 provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e sicurezza pubblica. Dal 1o gennaio ad oggi sono stati controllati 1.932 obiettivi e identificatiPag. 577.279 stranieri: di questi, 174 sono stati denunciati, 49 arrestati e 171 colpiti da provvedimenti di espulsione.
Negli ultimi quattro mesi, l'attività investigativa ha permesso di individuare ed espellere per motivi di ordine pubblico e di pericolo per la sicurezza nazionale alcuni imam noti per le loro posizioni radicali, com'è avvenuto con l'allontanamento dal territorio nazionale di guide spirituali islamiche dalle città di Roma, Reggio Emilia, Varese, Torino e Carmagnola.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Occorre quindi - ho concluso - proseguire su questa strada con determinazione, nella logica che gli stessi interroganti indicano e che noi condividiamo, cioè l'invito a saper coniugare la giusta esigenza dell'integrazione, che l'Italia deve saper attuare, con quella della sicurezza dello Stato e dei cittadini italiani o che vivono in Italia.

PRESIDENTE. Il deputato Benedetti Valentini ha facoltà di replicare.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Ministro, la ringraziamo della risposta, ma a non esserne soddisfatto non sono io o il gruppo di Alleanza nazionale, quanto, credo, la maggioranza dei nostri concittadini ascoltatori. Sappiamo che la buona accoglienza è doverosa nei tempi di oggi, che l'integrazione è la migliore prevenzione rispetto al dilagare del terreno terroristico e che tanti islamici sono onesti e vengono per lavorare e convivere in pace. Lo sappiamo benissimo e ne conosciamo moltissimi.
Ma, se una sola moschea su cinquanta fosse il ricettacolo di terrorismo, predicazione e pratica del terrorismo, noi dovremmo controllare tutte le altre, altrimenti la prevenzione sarebbe superficiale e non efficace.
Il punto sul quale dissentiamo da voi sta nel fatto che l'immigrazione, per quanto necessaria e ben regolata, deve avere maglie strette, altrimenti la penetrazione - anche dei fenomeni non voluti o, addirittura, esecrabili - è inevitabile.
Invece, voi smantellate anche le norme, ad esempio, della cosiddetta legge Bossi-Fini, che dovevano servire per arginare gli abusi; con la circolare cui lei ha fatto riferimento, date istruzioni per liberalizzare e rendere privo di ogni controllo il rilascio del visto per esigenze temporanee; puntate, con la vostra maggioranza, a far chiudere i centri di identificazione; state per varare una legge sulla libertà religiosa che mette sullo stesso piano le nostre tradizioni religiose italiane con quelle di altre religioni, senza operare approfondimenti e verifiche sul piano del costume e della sicurezza; lasciate, infine, minacciare perfino gli imam onesti. Io ne conosco ed anche nel territorio umbro e perugino vivono persone radicate da trent'anni, dei galantuomini che lavorano e convivono in pace, ma che sono stati minacciati come traditori della loro religione, quasi fossero individui che tradiscono la loro fede in favore degli infedeli dell'Occidente.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. In conclusione, voi dovete pretendere, come autorità di Governo preposta alla sicurezza, che le comunità islamiche accertino, isolino e denuncino i terroristi presenti tra le loro file, altrimenti ogni presa di distanza sarebbe ipocrita e inefficace.

(Misure in ordine al fenomeno della propaganda fondamentalista presso moschee e centri islamici in Italia - n. 3-01129)

PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01129, concernente misure in ordine al fenomeno della propaganda fondamentalista presso moschee e centri islamici in Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

Pag. 58

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, nei giorni scorsi sono stati arrestati dalle forze di polizia di Perugia alcuni pericolosi terroristi islamici, tra i quali un imam ed alcuni suoi collaboratori, pronti a colpire nel nostro Paese utilizzando, addirittura, armi chimiche.
La moschea in cui operava l'imam arrestato veniva utilizzata per arruolare, addestrare e formare nuove leve da utilizzare nella lotta armata contro l'Occidente, secondo i dettami della jihad islamica.
Questo è solo uno dei tanti esempi che confermano la pericolosità delle moschee presenti nel nostro Paese. Ormai è chiaro a tutti, tranne probabilmente a voi del Governo, che molte moschee non sono solo luoghi di culto, nei quali ci si reca semplicemente a pregare, ma dei veri e propri centri di odio contro l'Occidente.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO BRICOLO. Chiediamo al Ministro cosa intenda fare il Governo, che fino adesso non ha fatto nulla, per contrastare l'avanzata dell'integralismo islamico nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, vorrei dire agli interroganti che, se il Governo non avesse fatto niente, probabilmente questo elemento di soddisfazione - ho riportato prima le cifre - anche relativo alla vicenda di Perugia, sarebbe piovuto da un altro Paese. Non mi pare che ciò corrisponda alle finalità del question time, nel corso del quale dovremmo occuparci di questioni in modo meno propagandistico di quanto normalmente si faccia.
Il Governo non può e non vuole in alcun modo prescindere dall'obbligo di garantire la libertà di religione a tutti coloro che vivono sul territorio nazionale.
Ciò deve avvenire per tutti, naturalmente, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 19 della nostra Costituzione. Il Ministero dell'interno svolge, perciò, una costante azione di monitoraggio nei confronti di tutte le realtà religiose, anche per vedere il grado di integrazione delle varie comunità e la loro attitudine a svilupparsi secondo i principi democratici sanciti nella nostra Costituzione.
Le informazioni così provenienti dalle prefetture consentono di aggiornare e ampliare le conoscenze in questo ambito. Sebbene la maggior parte dei luoghi di preghiera e dei centri di cultura islamica operi su posizioni moderate, ciò nondimeno in alcune moschee e istituti culturali, specie del centro-nord, viene diffusa una propaganda radicale con incitamenti alla jihad e, più in generale, al rifiuto dei nostri modelli culturali e costituzionali.
Tali attività, dalle quali possono alimentarsi gruppi terroristici, sono da tempo attentamente seguite dagli apparati di sicurezza (ho fornito i dati nell'interrogazione precedente rispetto all'attività degli ultimi due anni e non li ripeto).
Voglio anche ricordare, a proposito dell'altra questione sollevata nell'interrogazione, che nella religione musulmana gli imam non sono scelti da un'autorità superiore e che di conseguenza qualunque fedele può svolgere la funzione di guida spirituale. Il tema della provenienza degli imam e la loro formazione è al centro di un dibattito che riguarda molti Stati europei, in particolare anche Francia, Germania e Belgio, che ben prima di noi hanno cominciato ad ospitare consistenti comunità di immigrati. Per quanto riguarda in particolare la formazione delle guide spirituali musulmane e l'istituzione di registri in cui iscriverle, devo però dire che, a fronte di progetti e dibattiti, non si vedono ancora soluzioni concrete.
Nel nostro caso - terza e ultima considerazione - è evidente che una soluzione compatibile con i vincoli posti dall'articolo 8 della Costituzione può realizzarsi solo in due modi: o mediante un'intesa, conclusa ai sensi di tale articolo, o tramite una specifica previsione normativa, la cui sedePag. 59non può che essere la legge sulla libertà religiosa, ormai da molte legislature all'attenzione dei parlamentari, perché sono fin troppo note le difficoltà della realizzazione di un'intesa con l'islam e l'unica via resta quella legislativa.
Resta ferma l'esigenza, come ho affermato in precedenza, di favorire la convivenza e l'integrazione in tutte le forme possibili, garantendo la sicurezza di tutti i cittadini italiani. È in tale contesto che vanno valutate le scelte compiute dal Governo, anche con riferimento all'attività della consulta islamica. È bene precisare che tale consulta, in questa fase di transizione, è palesemente congelata, tant'è che non si riunisce dal 3 ottobre dell'anno scorso.

PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di replicare.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, confermo quanto dicevo prima. Fino ad ora non avete fatto nulla, caro Ministro, e la risposta che ci ha dato dimostra che si tratta di parole, slogan, perché ciò siete capaci di fare e sono le uniche espressioni che il Governo rivolge al popolo e alla gente onesta, che paga le tasse e in cambio chiede maggiore sicurezza.
Fino ad ora avete raccontato tante «balle». Ricordo che in campagna elettorale, porto un esempio, dicevate che era necessario ridurre i costi della politica: siete il Governo che ha il record nella storia della Repubblica - anche rispetto a quando c'erano la Democrazia cristiana e il pentapartito - di Ministri, viceministri e sottosegretari. Questo è quello che avete fatto. In campagna elettorale ci raccontavate della riduzione delle tasse: la prima iniziativa che avete assunto, nell'ultima finanziaria, è stata quella di mettere le mani nelle tasche dei lavoratori e avete aumentato la pressione fiscale nel Paese. Questi sono dati reali.
Parlavate di contrasto all'immigrazione e alla criminalità: avete votato l'indulto e avete scarcerato migliaia di delinquenti. Dunque, è inutile che lei dica che state facendo qualcosa, signor Ministro, per contrastare anche il fenomeno dell'integralismo islamico. Nulla avete fatto e anzi mai come ora lo confermano le sue parole, che sono dirette a sostenere una proposta vergognosa come quella che portate avanti chiamata libertà religiosa, che è già garantita nel nostro Paese. Tale provvedimento non è necessario, perché concede solo nuovi diritti alle comunità islamiche. Questa è l'azione che fate. Mai le comunità islamiche hanno avuto tanti diritti, aiuti e sostegno come da quando vi è l'attuale Governo alla guida del Paese.
Però la gente è stanca, caro Ministro, non ne può più e vuole risposte concrete. Noi in campagna elettorale abbiamo girato il territorio. La Lega ha raddoppiato i voti in molte città e la gente ci chiedeva sicurezza, ci diceva fortemente quanto desiderava la riduzione del numero di entrate di extracomunitari che provengono dai Paesi islamici.
Questa è la linea che dobbiamo portare aventi. Le moschee dove ci sono i terroristi, gli imam terroristi, vanno chiuse. Voi le avete lasciato aperte! (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) Non si può in nessun modo andare incontro alle istanze delle comunità islamiche, che non vogliono collaborare contro il terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Piano di risanamento del polo energetico brindisino - n. 3-01131)

PRESIDENTE. Il deputato Vitali ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-01131, concernente il piano di risanamento del polo energetico brindisino (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, onorevole Ministro, è noto come l'area di Brindisi sia di crisi ambientale e sia considerata sito inquinato di interesse nazionale. Infatti, a Brindisi operano tre centrali termoelettriche che producono 5 mila megawatt e nonostante vi sia stata unaPag. 60convenzione, nel 1996, che avesse determinato le condizioni per una riduzione e per una ambientalizzazione di tali centrali, tuttavia la loro attività avviene in dispregio di questa convenzione.
Si verificano infatti un aumento delle neoplasie, emissioni di metalli pesanti, sforamenti continui dei limiti PM10, inquinamento delle falde acquifere; da ultimo è stata anche emessa un'ordinanza da parte del sindaco di Brindisi, che ha dovuto interdire l'attività agricola nelle aree circostanti a queste centrali termoelettriche.
Vogliamo chiedervi cosa intenda fare il Governo, se cioè voglia aderire all'iniziativa del presidente della provincia di Brindisi che si sta battendo, cercando di far comprendere...

PRESIDENTE. Deputato Vitali, concluda.

LUIGI VITALI. ...all'Enel di dover ridurre almeno del 30 per cento le emissioni di CO2 nell'atmosfera.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'assetto del polo energetico di Brindisi, delineato nella convenzione del 1996, presupponeva la presenza di un operatore dominante (l'Enel) presente in tutte le attività della filiera elettrica.
Il recepimento della direttiva comunitaria sul mercato interno dell'energia elettrica ha dato luogo ad un sistema elettrico suddiviso per singole attività, tra le quali la produzione di energia è stata totalmente liberalizzata. La necessità di creare una concorrenza fra diversi produttori ha indotto il Governo a varare un piano di cessione di impianti Enel per 15 mila megawatt da aggiudicare a nuovi operatori. Fra gli impianti da cedere è stata compresa anche la centrale di Brindisi nord e questo ha fatto superare i presupposti su cui si basava la convenzione del 1996.
L'esercizio delle centrali termoelettriche presenti nell'area brindisina, anche per gli aspetti che riguardano sia gli scarichi idrici, sia la logistica del carbone, è soggetta a continuo controllo delle strutture regionali tra cui, in particolare, l'agenzia di protezione ambientale.
Quanto ai problemi evidenziati di inquinamento delle falde acquifere, preciso che la conferenza dei servizi del 2 marzo 2007 ha richiesto al commissario delegato per l'emergenza in Puglia l'adozione immediata di interventi di messa in sicurezza e l'elaborazione di un progetto di bonifica.
Per quanto riguarda le misure per l'attuazione del Protocollo di Kyoto le stesse, è ovvio, sono da riferirsi al sistema Italia nel suo complesso, non a puntuali sorgenti emissive, ma effettivamente l'Italia non aveva messo in atto misure efficaci per la riduzione della CO2 secondo gli impegni assunti ed oggi si sconta un ritardo, soprattutto nelle politiche di miglioramento dei settori responsabili dell'emissione di gas serra diversi dal settore termoelettrico.
Per recuperare i ritardi in questo settore, la legge finanziaria per il 2007 ha posto in essere consistenti azioni miranti ad una riduzione del livello globale di CO2, operando nei settori del risparmio e dell'efficienza energetica, nell'introduzione di biocarburanti, nell'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, nella promozione di auto e di carburanti con migliori prestazioni energetico-ambientali.
Le misure per la stabilizzazione dell'attività mineraria del Sulcis, a cui fate riferimento nella vostra interrogazione, sono state adottate nel 2005 (legge n. 80 del 2005) anche in considerazione delle richieste provenienti dal territorio, secondo le quali la continuazione dell'operatività di quelle miniere è elemento essenziale per assicurare lo sviluppo economico e sociale locale.Pag. 61
In conclusione, devo tuttavia mettere in evidenza che gli impianti del polo energetico brindisino saranno oggetto di una specifica autorizzazione...

PRESIDENTE. Signor Ministro, concluda.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. ...integrata ambientale, che per i due impianti meno recenti avrà luogo entro quest'anno.
In tale occasione, secondo quanto previsto dalla legge, potranno essere dettate prescrizioni di esercizio, che tengano conto sia del contesto ambientale del territorio - il Governo vuole che ci sia una piena coerenza ambientale delle centrali produttrici di energia - sia dei nuovi standard derivanti dall'adozione delle migliori tecnologie.

PRESIDENTE. Il deputato Vitali, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, devo dire che, nonostante gli sforzi dell'onorevole Ministro, appare evidente la mancanza di qualunque barlume di politica ambientale nell'interesse di un territorio, che è stato saccheggiato e continua ad esserlo grazie all'indifferenza totale di questo Governo e di chi lo dirige.
Pensavamo di poter ottenere una risposta che, quanto meno, desse una speranza al territorio brindisino di un intervento eccezionale, da parte del Governo, per il disinquinamento dell'atmosfera, dei terreni e delle acque di falda. Brindisi ormai è in una situazione di catastrofe ambientale.
Ella, invece, non dice una parola di tutto ciò e non ricorda che, per l'emissione di CO2, siamo passati da 15,8 milioni del 2004 a 22,8 milioni nel 2006 e gli indici per il 2007 non mostrano nulla di buono. Non ricorda, inoltre, che siamo passati dall'utilizzo di 2 milioni di tonnellate di carbone nel 1996 a quasi 8 milioni di tonnellate nel 2006. Non c'è una parola sull'economia di tale territorio; abbiamo la centrale più inquinante d'Italia e la nona più inquinante d'Europa; abbiamo distrutto un porto, la cui movimentazione era pari a un milione di passeggeri e dobbiamo aspettare che tali fenomeni continuino.
Noi abbiamo capito tutto ciò. Signor Ministro, dovreste avvisare il vostro presidente della provincia di Brindisi, che cerca di portare avanti una battaglia per convincere l'Enel a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 30 per cento.

PRESIDENTE. Deputato Vitali, la prego di concludere.

LUIGI VITALI. Debbo dire che, dopo aver ascoltato la sua risposta, fornisco una giustificazione all'atteggiamento irriguardoso e piccato dell'Enel, che non vuole sentire ragioni. Avvisate il vostro presidente della provincia che sta svolgendo il ruolo di quel famoso giapponese nella foresta, a cui quando esce nessuno dice che la guerra è finita.

PRESIDENTE. Deputato Vitali, la invito a concludere.

LUIGI VITALI. La guerra è finita da un pezzo e si è conclusa con una resa totale ai poteri forti, in danno della salute dei brindisini. Prendiamo atto di ciò e vi ringraziamo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Tempi e strumenti per la riforma del mercato del lavoro e del sistema previdenziale - n. 3-01132)

PRESIDENTE. La deputata Cinzia Maria Fontana ha facoltà di illustrare l'interrogazione Sereni n. 3-01132 concernente tempi e strumenti per la riforma del mercato del lavoro e del sistema previdenziale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmataria.

Pag. 62

CINZIA MARIA FONTANA. Signor Presidente, signor Ministro, l'obiettivo, che il Governo di centrosinistra si è posto sin dal suo insediamento, di puntare sulla crescita dell'economia senza dimenticare l'eguaglianza sociale e l'equità intergenerazionale si sta concretizzando con interventi qualificanti e significativi. Alcuni di essi sono già stati introdotti con la legge finanziaria per il 2007, ma soprattutto con l'accordo del 20 luglio sul sistema previdenziale, con il decreto-legge extragettito approvato oggi dalla Camera e con il protocollo per l'equità e la crescita sostenibile presentato lunedì.
In particolare, l'importante attenzione rivolta ai giovani con percorsi lavorativi discontinui e precari attraverso i diversi interventi previsti (misure di stabilizzazione, prospettive previdenziali più sicure, mercato del lavoro più inclusivo, welfare attivo) rappresentano per noi dell'Ulivo uno straordinario investimento per il futuro e una straordinaria opportunità per rimettere in moto le migliori energie del nostro Paese.
Per tali motivi, convinti della necessità di procedere con i provvedimenti attuativi di tali misure, con l'interrogazione in esame vogliamo conoscere in modo più puntuale quali siano i tempi e gli strumenti previsti dal Governo...

PRESIDENTE. Deputata Fontana, la prego di concludere.

CINZIA MARIA FONTANA. ...per dare corso alla strategia individuata nell'interesse degli attuali e dei futuri lavoratori e lavoratrici.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come le interroganti facevano presente, l'accordo recentemente raggiunto su previdenza, lavoro e competitività è importante ed ha concluso una lunga fase di confronto tra Governo, sindacati e associazioni imprenditoriali su temi essenziali per la riforma dello Stato sociale. L'accordo prevede, infatti, interventi di riforma in materia di previdenza, di ammortizzatori sociali, di mercato del lavoro, di competitività, di politiche per i giovani e per le donne, fino ad ora ai margini dello sviluppo del nostro Paese.
Tutti tali interventi sono tenuti insieme dal comune obiettivo di realizzare uno sviluppo moderno e, perciò, fondato su una maggiore equità e inclusione sociale. Tali temi, come già enunciato nelle premesse dell'accordo, saranno affrontati in modo organico e coerente. L'obiettivo, lo sottolineo nuovamente, è lo sviluppo che abbia un welfare in grado di assicurare a tutti uguaglianza di opportunità, al posto di un vecchio welfare di risarcimenti. Ciò richiede una crescita economica duratura, equilibrata, sostenibile dal punto di vista sia finanziario, sia ambientale e sociale. L'accordo raggiunto segna, appunto, un momento fondamentale per muoversi in tale direzione.
Il Governo sta già dando seguito, lavorando alla sua concreta attuazione con disposizioni di legge. Ricordo, in proposito, l'intervento per l'aumento delle pensioni basse, che riguarda oltre 8 milioni di cittadini, posto in essere in sede di conversione del decreto-legge n. 81 del 2007, votato proprio poco fa dalla Camera. Allo stesso modo, ciò ha riguardato l'attuazione di condizioni migliori per i giovani riguardo al riscatto della laurea a fini pensionistici o a contributi figurativi.
Per l'ampiezza e la diversità delle tematiche coinvolte un così complesso intervento presuppone strumenti e tempi differenziati per l'attuazione, in considerazione delle diverse urgenze e scadenze, della natura delle varie misure, ma anche dell'eventuale necessità di ulteriori momenti di incontro e di approfondimento tra le diverse parti sociali coinvolte.
Il Governo, in ogni caso, garantisce che vi sarà un forte impegno per giungere, in tempi brevi e con continuità, a dare attuazionePag. 63a queste scelte, che, come dicevo, sono decisive per il rilancio del Paese e per il suo futuro.

PRESIDENTE. La deputata Bellanova, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, sono molto soddisfatta della risposta del Ministro Chiti. Le misure adottate dal Governo, infatti, rappresentano una grande innovazione, in quanto si passa da un patto generazionale che toglieva ai padri e «precarizzava» i figli, facendo crescere una generazione che, per la prima volta dal dopoguerra, immaginava il proprio futuro peggiore rispetto a quello dei propri genitori.
Lei ha affermato, signor Ministro, che i giovani sono il tema centrale del Paese, di un nuovo modello di sviluppo e di un welfare sociale inclusivo, per cui stiamo ragionando di un patto generazionale che non contrappone i padri ai figli, che dà ai padri, attraverso le misure, ad esempio, volte a garantire una vecchiaia dignitosa con l'aumento delle pensioni minime, e inizia a ridare ai figli. Si tratta delle misure già approvate nei mesi precedenti per la stabilizzazione del lavoro precario, delle nuove opportunità del welfare sociale, del riconoscimento - così come previsto nell'ultimo patto sottoscritto con tutte le organizzazioni sindacali - di tutti i periodi di contribuzione accreditati in qualsiasi fondo, che rappresenta una grande innovazione per le nuove generazioni soggette al lavoro precario.
Inoltre, vi sono le agevolazioni per il riscatto contributivo della laurea ai fini pensionistici, i contributi figurativi per il periodo di non lavoro e per i contratti a termine, l'aumento delle indennità di disoccupazione che...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

TERESA BELLANOVA. ...passa al 60 per cento. In definitiva la filosofia del Governo è: dalla precarietà alla flessibilità buona e a un modello di sviluppo socialmente sostenibile. Continui il Governo, signor Ministro, a lavorare con impegno sul binomio...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

TERESA BELLANOVA. Un momento signor Presidente.

PRESIDENTE. Mi dispiace, deve concludere.

TERESA BELLANOVA. Dicevo, sul binomio sviluppo ed equità, per ridare ai ragazzi e alle ragazze del nord e del sud del nostro Paese, la possibilità di...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

TERESA BELLANOVA. ...ritornare a sperare in un futuro migliore (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Misure da inserire nel disegno di legge finanziaria per il 2008 in favore dei giovani disoccupati del Mezzogiorno - n. 3-01133)

PRESIDENTE. Il deputato Neri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-01133, concernente misure da inserire nel disegno di legge finanziaria per il 2008 in favore dei giovani disoccupati del Mezzogiorno (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, signor Ministro, nella nostra interrogazione ci vediamo costretti a riprendere, per l'ennesima volta nel corso di questa legislatura - peraltro ancora breve - il tema della povertà. I dati ISTAT di qualche mese fa ci hanno consegnato uno stato del Paese nel quale il 15 per cento delle famiglie risulta essere in grave disagio. Nel Mezzogiorno questa percentuale cresce e, soprattutto, vi è il 5 per cento degli individui, che non sono in condizionePag. 64neanche di potersi alimentare regolarmente come sarebbe loro pieno diritto. Inoltre, i dati occupazionali...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SEBASTIANO NERI. ...restano fortemente preoccupanti. Vorremmo sapere quali misure il Governo intenda approntare per risolvere tale emergenza sociale.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il Governo è consapevole della serietà e della gravità delle problematiche poste nell'interrogazione e nelle indagini e ritiene necessaria una risposta non episodica, ma concreta. Il Governo, infatti, non ritiene che il Mezzogiorno sia un peso da sopportare, ma una potenzialità da cogliere anche per il Paese, in quanto lo considera un'area fondamentale per il nuovo sviluppo dell'Italia.
Sappiamo che nel Mezzogiorno si collocano situazioni di particolare disagio, povertà e mancanza di lavoro, insieme ad aree che in questi anni hanno invece saputo camminare rapidamente.
Il Governo non interverrà soltanto con la prossima legge finanziaria: ha già compiuto scelte di indirizzo, che orienteranno le leggi finanziarie dei prossimi anni e l'utilizzazione prioritaria delle risorse.
Anche il recente accordo raggiunto con le parti sociali (a tal proposito, richiamo l'interrogazione precedente) prevede una serie di interventi rivolti, in particolare, alle giovani generazioni; misure specifiche per l'occupazione giovanile, inoltre, sono contenute anche nel DPEF.
Per le prospettive di più lungo periodo poste dall'interrogazione, sottolineo che il Quadro strategico nazionale, recentemente presentato dall'Italia ed approvato dalla Commissione europea, contiene scelte che mi sembra affrontino la situazione in modo giusto. Le linee di intervento delle politiche regionali inserite nel Quadro strategico nazionale, finanziato unitariamente con risorse aggiuntive comunitarie di cofinanziamento e risorse nazionali, sono in grado di mobilitare per il Mezzogiorno, nel periodo di programmazione 2007-2013, 101 miliardi di euro.
Nelle prossime settimane sarà sottoposta al CIPE la delibera di attuazione del Quadro strategico nazionale, che è stata definita tra le amministrazioni centrali e regionali interessate. Gli obiettivi di sviluppo che il Quadro strategico nazionale promuove nel Mezzogiorno tendono ad invertire il trend negativo di emigrazione dalle regioni meridionali verso il resto del Paese e verso l'estero e, oltre all'impegno per il miglioramento infrastrutturale prioritario dell'area, perseguono la scelta di promuovere la ricerca e la competitività nel sistema produttivo meridionale.
Il Governo, nella consapevolezza che il Mezzogiorno soffra della carenza e della ridotta efficienza di alcuni servizi in grado di migliorare le condizioni di vita e di benessere dei cittadini, ha previsto, nel Quadro strategico nazionale, anche l'attribuzione di risorse premiali, associate al conseguimento di obiettivi misurabili e verificabili per i servizi essenziali.

PRESIDENTE. Ministro Chiti, concluda.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Tali obiettivi riguardano i livelli di istruzione, il servizio idrico, la raccolta di rifiuti e la disponibilità di servizi sociosanitari a favore dell'infanzia e degli anziani. Tali scelte esprimono una strategia unitaria e compiuta, al fine di affrontare le problematiche che gli interroganti segnalano.

PRESIDENTE. Ministro Chiti, deve concludere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.Pag. 65Concludo, Presidente. Mi auguro che, al di là delle diverse collocazioni, si possa registrare un'ampia convergenza per raggiungere insieme gli obiettivi indicati.

PRESIDENTE. Il deputato Neri ha facoltà di replicare per due minuti.

SEBASTIANO NERI. Signor Ministro, apprezziamo lo sforzo dialettico del Governo. Se questa fosse la prima interrogazione da noi presentata sui temi del disagio e dell'arretratezza del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, potremmo anche guardare speranzosi a tutti i verbi coniugati al futuro da lei utilizzati. Tuttavia, nonostante il suo sforzo dialettico, lei non ha potuto offrirci nulla di concreto e di attuale.
Di attuale c'è la sparizione degli investimenti infrastrutturali, che erano previsti e che avete destinato altrove, la cui nuova destinazione è, peraltro, posta in discussione da un'effettiva disponibilità e da una mancanza di copertura finanziaria. Di concreto c'è il fatto che un milione e mezzo di ragazzi meridionali si muovono all'interno del Paese verso il centro nord, alla ricerca di una speranza, la sola alternativa oggi possibile alla loro disperazione. Di sicuro c'è che per una quota pari al 5 per cento i residenti al sud hanno difficoltà a consumare regolarmente i pasti in una settimana. Di sicuro c'è l'incapacità tattica e strategica di questo Governo di individuare le priorità effettive, che possano ridare al Mezzogiorno la spinta che consentirebbe all'intero «sistema Paese» di competere a livello europeo. Di sicuro c'è la miopia governativa nel non sapere individuare obiettivi strategici...

PRESIDENTE. Deputato Neri, concluda.

SEBASTIANO NERI. ...che siano compatibili con le esigenze del territorio e che diano una prospettiva di sviluppo. Di sicuro c'è che il Governo, a nostro avviso, non è adeguato ad affrontare le emergenze del Paese.

(Costi della partecipazione italiana al recente vertice del G8 in Germania e orientamenti del Governo in ordine all'effettiva utilità di questi vertici internazionali - n. 3-01130)

PRESIDENTE. La deputata Mascia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01130, concernente i costi della partecipazione italiana al recente vertice del G8 in Germania e orientamenti del Governo in ordine all'effettiva utilità di questi vertici internazionali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il G8 evoca in noi ricordi molto dolorosi per i tragici fatti di Genova. Tuttavia, qui vogliamo parlare di tutti i G8, cioè di quei vertici in cui i Governi degli otto Paesi più industrializzati del mondo spendono un sacco di soldi e non decidono quasi nulla.
L'ultimo si è svolto vicino a Rostock ed è costato milioni di euro. Il tema del vertice era costituito dal clima e il Governo degli Stati Uniti ha bloccato qualunque accordo vincolante. Il vertice di per sé ha prodotto, tra l'altro, 30 mila tonnellate di anidride carbonica.
Abbiamo letto che il prossimo vertice, nel 2009, dovrebbe svolgersi in Sardegna, a La Maddalena, che è un parco nazionale e un ecosistema che, a nostro avviso, rischierebbe di essere sconvolto da un simile evento.
Signor Ministro, le chiediamo quanto sia costata la partecipazione del Governo italiano a Rostock e se non ritenga che il Governo italiano possa farsi promotore della proposta di cancellazione di tali vertici, riportando le decisioni nelle corrette sedi istituzionali, cioè presso le Nazioni Unite.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

Pag. 66

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, nei prossimi mesi il Governo definirà le modalità concrete dello svolgimento della Presidenza del G8, che nel 2009 spetterà all'Italia. Il processo inizia in questi giorni e le amministrazioni interessate hanno avviato una prima ricognizione tecnica dei costi e delle esigenze di carattere logistico. Tutti questi aspetti dovranno essere comunicati ai nostri partner nei primi mesi del prossimo anno.
Per queste ragioni, onorevole Mascia, tengo a precisare, come primo punto, che la scelta de La Maddalena, annunciata da fonti giornalistiche, non è ancora formalizzata, perché sono in corso le missioni per valutare i vari aspetti logistici.
La seconda considerazione è che i vertici del G8 hanno assunto con il passare del tempo dimensioni molto diverse rispetto a quelle originarie, dal punto di vista sia dei contenuti (oggi non si affrontano più soltanto temi economici) sia delle presenze organizzate.
Originariamente, gli stessi erano occasioni di incontro relativamente ristrette, che dovevano consentire ai Capi di Stato e di Governo dei Paesi maggiormente industrializzati di elaborare linee di azione congiunta. Con il tempo, sono diventati eventi articolati, ai quali partecipano non solo le delegazioni politiche e amministrative degli Stati membri del G8, ma anche delegazioni di diversi Stati terzi, organizzazioni internazionali, assieme a rappresentanti delle organizzazioni non governative e della società civile.
Da questo punto di vista, non mi pare che possano essere considerati inutili o negativi né che sia possibile cancellarli unilateralmente. Sono occasioni che si possono sostituire, ma al momento non ci sono proposte alternative. Vi è stata un'evoluzione, un allargamento e un coinvolgimento diverso. Terzo punto: i costi dell'organizzazione di questi importanti eventi incombono sulla Presidenza di turno, mentre i costi per le singole delegazioni sono più contenuti.
Tuttavia, l'Italia, come gli altri partner, si è posta - e si pone - il problema di contemperare le esigenze di partecipazione, che in alcuni casi portano a far lievitare la consistenza delle delegazioni, con l'esigenza funzionale e, soprattutto, con quella di contenere i costi.
Il Governo non mancherà di tenere presenti tali esigenze nella riflessione sullo svolgimento della sua Presidenza, assieme ad altre valutazioni che rivestono per noi un'importanza prioritaria. Penso, in particolare, al profilo della sicurezza, al quale lei faceva riferimento, al dovere di arrecare il minore disturbo possibile alle popolazioni residenti, all'esigenza di evitare ogni rischio d'impatto ambientale negativo.
Infine, vorrei fare riferimento alla mia esperienza al Social forum di Firenze. Penso che, di fronte all'importanza dei temi trattati, i possibili problemi di sicurezza possano essere affrontati se vi sarà il massimo coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, nonché attraverso un dialogo costruttivo con coloro che possono non condividere completamente l'organizzazione del vertice. Ciò è quanto ci proponiamo di fare.

PRESIDENTE. La deputata Mascia ha facoltà di replicare.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro e accolgo favorevolmente la sua prima risposta, relativamente alla Sardegna, cioè alla possibilità che la scelta di tale sede possa essere valutata con i responsabili istituzionali, con i cittadini sardi e, in particolare, con quelli de La Maddalena.
Infatti, sappiamo che si parla di due anni di lavori che dovrebbero essere avviati. Peraltro, questo arcipelago è già stato sede di numerose servitù militari e di una base militare americana, e ancora non sappiamo chi pagherà i costi per la bonifica di tale zona.
Vengo ora all'altra questione, quella relativa al G8 in quanto tale: lei ha fatto riferimento alla sicurezza, alla necessità per qualunque evento o vertice di unPag. 67dialogo con la popolazione. Naturalmente ciò per noi va benissimo, ma il riferimento corretto forse non è Firenze - anche se ho compreso benissimo ciò che lei intende dire e la ringrazio - ma è proprio il vertice in quanto tale.
I cittadini tedeschi hanno assistito alla stessa campagna cui siamo stati sottoposti noi in occasione del G8 di Genova. Mi riferisco a tutta la precedente campagna di criminalizzazione rispetto al movimento no global che sarebbe sceso in piazza. In realtà, ciò non è avvenuto, ma l'insofferenza è stata di tutta la popolazione tedesca e in particolare di quell'area per quanto si è speso e per il disagio provocato.
Tuttavia, noi poniamo un problema ancora più grande. Lei afferma che il vertice si è allargato, che sono stati coinvolti altri soggetti. Intanto, anche solo l'argomento del clima sarebbe stato importante; ma i temi - come giustamente ha sottolineato - sono stati molti: il Kosovo, il nucleare iraniano, la questione dello scudo spaziale, tutti temi che non possono essere decisi solo dai Governi e solo da quei Governi.
Il punto è questo: anche se il vertice si allargasse a Cina, Brasile e India, anche se si estendesse alle ONG, questa non sarebbe la sede giusta.
La sede corretta penso siano le Nazioni Unite, e le chiediamo di tenere conto di questo dibattito, che non coinvolge solo l'Italia.

(Iniziative per un incremento delle risorse destinate al servizio civile nazionale - n. 3-01134)

PRESIDENTE. Il deputato D'Ulizia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01134, concernente iniziative per un incremento delle risorse destinate al servizio civile nazionale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), per un minuto.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor Ministro, con l'applicazione del decreto legislativo n. 77 del 2002, in pratica abbiamo in qualche modo inficiato la filosofia della legge nazionale sul servizio civile, cioè la legge n. 64 del 2001.
Rispetto a 3.451 progetti approvati, ne sono stati finanziati 1.520; quindi, di 47.500 volontari «approvati»- uso questo termine improprio, ma lei mi capisce - ne sono stati «concessi» 25.429. Il cambio di filosofia ci preoccupa, perché si passa da un progetto di tipo sociale a un progetto di riempimento dei vuoti e dei servizi.
Pertanto, le chiediamo come il Governo intenda rimediare e quali provvedimenti intenda adottare.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole D'Ulizia per l'interrogazione presentata; però, devo dire che non concordo sulla valutazione che viene espressa, in quanto il servizio civile ha confermato, negli anni, un andamento crescente di giovani - ragazzi e ragazze - avviati al servizio stesso.
Nell'anno 2004 i volontari sono stati 32.211, 45.175 nel 2005, 45.153 nel 2006. Per quanto riguarda il 2007, è stata registrata un'ulteriore crescita: infatti, è stata prevista, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, una cifra complessiva di 47.000 volontari in Italia e 500 all'estero e, con l'ulteriore incremento di 40 milioni che abbiamo ottenuto con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 - che è stato approvato oggi stesso da questa Assemblea -, arriveremo concretamente a 58.100 unità, di cui 500 all'estero, che è di gran lunga la cifra più alta raggiunta nel corso della breve storia del servizio civile.
Tale cifra, ovviamente, è ripartita, così come prevede il decreto legislativo n. 77 del 2002: una parte a livello nazionale (il 65 per cento) e una parte a livello regionale (il 35 per cento). Tradotto in cifre - poi lascerò la documentazione cartacea - significa che nella legge finanziaria del 2006 avevamo 207 milioni e 760 mila euro.Pag. 68Ho ottenuto un aumento di 30 milioni di euro nel giugno 2006, nella legge finanziaria per il 2007 siamo passati a 256 milioni di euro e, con un ulteriore incremento, siamo complessivamente arrivati ad uno stanziamento di 296 milioni e 158 mila euro (quasi 100 milioni di euro in più rispetto all'ultima legge finanziaria realizzata dal Governo Berlusconi). L'incremento è costante e noi intendiamo assolutamente proseguire su questa strada.
Concordo con lei che è necessario fare attenzione affinché l'utilizzo di questi volontari non vada in larga parte impiegato presso amministrazioni pubbliche (per quanto le amministrazioni pubbliche potevano già utilizzare gli obiettori di coscienza grazie alla legge precedente sul servizio civile). Anche a tal fine da settimane ho avviato un tavolo di discussione presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile in cui sono presenti regioni, province e gli enti accreditati nella Consulta nazionale per il volontariato. In quella sede si vedrà come venire incontro a preoccupazioni quali quelle da lei espresse.

PRESIDENTE. Il deputato D'Ulizia ha facoltà di replicare.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, posso dichiararmi parzialmente soddisfatto nel senso che i dati del Ministro Ferrero coincidono con i miei. Tuttavia, ne facevo una questione di qualità del progetto. Attuando il decreto legislativo n. 77 del 2002 abbiamo cambiato in qualche modo la filosofia del servizio civile. Le amministrazioni pubbliche - parliamoci chiaro, signor Ministro - utilizzano i volontari per riempire (lo definisco un riempimento) i servizi che non riescono a remunerare in via ordinaria. Le organizzazioni del volontariato, al contrario, elaborano e realizzano progetti, tant'è vero che lo stesso Ministero della solidarietà sociale, ovvero l'Ufficio nazionale per il servizio civile, ha riconosciuto come validi 3.451 progetti, che non sono stato finanziati per mancanza di disponibilità finanziarie.
Quello che ci preoccupa è il cambiamento che concerne i volontari finanziati dagli enti di promozione sociale di volontariato - i dati da lei citati sono esatti - che sono chiamati nelle amministrazioni pubbliche per svolgere una funzione di riempimento, per colmare servizi che l'amministrazione pubblica non riesce a fornire con il personale ordinario.
In tale modo, cambiamo la filosofia della legge sul volontariato ovvero sopperiamo a una carenza pubblica, ma non forniamo ai giovani la prospettiva dell'impegno civile e progettuale. Inoltre, anche le organizzazioni che avviavano i giovani in qualche modo al mondo del lavoro vedono menomata la loro funzione.
Alla luce di tutto ciò la ringrazio per la sua risposta; tuttavia, i miei interrogativi rimangono inevasi.

(Dichiarazioni del Ministro della solidarietà sociale sulla regolamentazione dei rapporti con le comunità islamiche presenti in Italia e sul rapporto tra integrazione degli immigrati e rispetto dei principi fondanti dell'ordinamento italiano - n. 3-01135)

PRESIDENTE. Il deputato Ronconi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-01135, concernente dichiarazioni del Ministro della solidarietà sociale sulla regolamentazione dei rapporti con le comunità islamiche presenti in Italia e sul rapporto tra integrazione degli immigrati e rispetto dei principi fondanti dell'ordinamento italiano (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario.

MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, intervengo in riferimento ai fatti legati alla moschea di Ponte Felcino di Perugia richiamando un'intervista al quotidiano Corriere della Sera del 23 luglio scorso in cui il Ministro Ferrero affermava che, per regolamentare i rapporti con l'Islam, bisogna proporre «uno scambio: diritto di culto in cambio del riconoscimento dello Stato italiano e del suo ordinamento costituzionale». È evidente che queste affermazioni confliggono con l'articoloPag. 698 della Costituzione che non si limita a concedere la libertà di culto, ma la riconosce come diritto fondamentale.
Chiediamo al Ministro come ritenga conciliabili le sue dichiarazioni con il dettato Costituzionale e se non ritenga che l'integrazione degli immigrati debba avvenire con modalità che prevedano, oltre alla conoscenza della lingua e della cultura italiana, il rispetto dei principi fondanti dell'ordinamento italiano e delle sue leggi.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, intanto voglio premettere che i testi delle interviste presentano, per così dire, alcuni gradi di approssimazione per come vengono realizzate, oltre ad essere sovente riassuntive: si tratta proprio del caso citato; non è colpa del giornalista, è un fatto. Ad esempio, nell'articolo citato si dice che io proporrei di concludere intese con i Paesi di provenienza, quando è del tutto evidente che, invece, propongo intese con le confessioni religiose. Ciò detto, il mio pensiero è semplicissimo. La prima questione è che il rispetto delle leggi è obbligatorio per tutti coloro che stazionano sul territorio italiano e quindi le azioni di contrasto al terrorismo sono necessarie e, quando è necessario, deve essere chiuso qualsiasi luogo, comprese le moschee, che abbia a che fare con il terrorismo, e per questo motivo ringrazio chi ha compiuto le indagini a Perugia.
In secondo luogo, come ho affermato molte volte, la conoscenza della lingua italiana e il rispetto dei principi fondanti della Costituzione rappresentano i due pilastri necessari perché si realizzi l'integrazione dei migranti. Non a caso nel Fondo per l'inclusione dei migranti proponiamo di dedicare 10 milioni di euro all'insegnamento della lingua italiana e dell'educazione civica, cioè i principi costituzionali e gli elementi di contorno. Ritengo che, al fine di applicare la Costituzione, sia necessaria una legge sulla libertà religiosa che superi la legge sui culti ammessi, che risale al 1929, al fascismo, e che regola attualmente i rapporti con le confessioni religiose diverse da quella cattolica che non hanno stipulato intese con lo Stato italiano.
Tutto ciò coinvolgerebbe chiese storiche e chiese nuove e faciliterebbe l'integrazione anche dei cittadini musulmani. Quindi non si tratta di alcuno scambio mercantile, ma semplicemente della proposta di un processo in cui, da un lato lo Stato rende effettivi i diritti costituzionali, dall'altro i migranti possono apprendere concretamente il valore della Costituzione anche attraverso la possibilità di esercitare effettivamente il loro diritto alla libertà religiosa. Penso che ciò favorirebbe un percorso di stipula di intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, che lei ha citato, e che ciò sia funzionale ad evitare ghetti o separatezze, che costituiscono una delle condizioni che può favorire il proselitismo per le deliranti e criminali strategie terroristiche.
Quindi, la lotta al terrorismo necessaria e determinata non può tradursi in alcun modo in proposte avanzate da vari esponenti del centrodestra, come quella di non realizzare la legge sulla libertà religiosa o, peggio ancora, quella di chiudere tutte le moschee. Ritengo che ciò produrrebbe un imbarbarimento del nostro Paese e rischierebbe di favorire la propaganda di quei gruppi criminali e terroristi che sono da combattere.

PRESIDENTE. Il deputato Ronconi ha facoltà di replicare.

MAURIZIO RONCONI. Signor Ministro, lei in realtà smentisce, ma non ha smentito l'articolo del Corriere della sera. Dice e non dice, e il suo intervento è lastricato di buone intenzioni ma di nessun fatto.
Vorrei anche ricordare che le leggi in generale, in modo particolare quella alla quale lei si è riferito - la legge sulla libertà di religione -, sono competenza peculiare del Parlamento e non del Governo. Lei evidentemente ha il compito di rappresentare il Governo, lasciando l'iniziativaPag. 70parlamentare alle Camere. In realtà, signor Ministro, siamo molto preoccupati e anche il tono della sua risposta non fa altro che aumentare la nostra preoccupazione. Ci troviamo di fronte, nella fattispecie della vicenda della moschea di Ponte Felcino, ad un gruppo infiltrato di Al Qaeda che aveva nella propria disponibilità mappe di acquedotti della città e mappe di città, che quindi poteva far riferimento a complicità e a connivenze locali, rispetto alle quali siamo ancora in attesa di chiarimenti.
Siamo convinti che a tutt'oggi il Governo non garantisce controlli seri sull'immigrazione, in modo particolare nei confronti di quella islamica. Siamo di fronte a proposte - le ha fatte lei, signor Ministro - di baratti con gli islamici per ottenere qualcosa, e non si sa cosa.
Ci troviamo di fronte a condizioni socio-politiche, in modo particolare in alcune regioni e in alcune regioni rosse...

PRESIDENTE. La prego di concludere, deputato Ronconi.

MAURIZIO RONCONI. ...elementi, tutti insieme, che stanno componendo una miscela esplosiva che rischia di garantire l'infiltrazione di Al Qaeda e la trasformazione dell'Italia in base logistica di Al Qaeda per l'Occidente.

(Iniziative per garantire ai disabili il pieno godimento delle attività turistiche e ricreative - n. 3-01136)

PRESIDENTE. La deputata Bellillo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01136, concernente iniziative per garantire ai disabili il pieno godimento delle attività turistiche e ricreative (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14).

KATIA BELLILLO. Signor Presidente, rivolgo quest'interrogazione al signor Ministro riguardo all'impossibilità per i disabili fisici di usufruire del tratto antistante il mare appartenente al demanio marittimo. Inoltre, vi sono molti comuni, soprattutto Ravenna, che hanno elaborato un progetto molto interessante al riguardo. Dunque, vogliamo sapere se non ritenga di dover modificare l'interpretazione della norma relativa all'articolo 23 della legge n. 104 del 1992, al fine di prevedere una disciplina univoca che obblighi, in tal modo, l'esercente a garantire l'effettiva accessibilità al mare del portatore di handicap. Inoltre, le chiediamo, signor Ministro, se, in ossequio al principio di parità di trattamento, non ritenga di dover estendere all'intero territorio nazionale l'opportunità offerta al cittadino o al turista disabile nel comune di Ravenna, tramite il potenziamento del progetto BalneAbile, considerando che abbiamo settemila chilometri di coste disponibili e la forte vocazione turistica del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Gentile onorevole, la questione che lei solleva rientra nella diretta competenza dei comuni, in quanto attiene all'utilizzo in concessione dei beni demaniali: rientrano in questa categoria anche il demanio marittimo e gli arenili. Detto questo, per quanto riguarda la legge n. 104 del 1992 e, in particolare, l'articolo 23, a nostro parere l'attuale formulazione impone espressamente di prevedere l'effettiva possibilità di accesso al mare per le persone con disabilità e, quindi, è una negligenza delle autorità locali e significa disattendere la legge il fatto che in fase di rilascio o di rinnovo delle concessioni demaniali per gli impianti di balneazione non si preveda che l'area in concessione consenta, nella prospettiva del suo utilizzo pubblico, la più ampia ed effettiva possibilità di accesso al mare delle persone con disabilità. Peraltro, anche la formulazione del richiamato decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 236 del 14 giugno 1989, non indicando fattispecie escluse dalla sua portata, può trovare applicazione anche nei confronti di strutture private, aventiPag. 71finalità ricettive e ricreative, che siano poste in prossimità di arenili in concessione. Per tali motivi, a nostro parere, la legge prevede il diritto dell'accesso; di conseguenza, si verifica un'inadempienza dei comuni laddove ciò non è garantito.
Per quanto riguarda il Ministero, da un lato ci faremo carico di far presente alle regioni ed ai comuni il fatto che tale diritto va garantito così come prevede la legge, sapendo che le concessioni sono stipulate dai comuni e il Ministero non può intervenire direttamente, non ha un potere di revoca o altro. In secondo luogo, siamo completamente disponibili a verificare con le regioni la diffusione dei progetti sperimentali, come quello che lei ha indicato, perché riteniamo che siano assolutamente positivi. Ovviamente, considerato che il Ministero non è titolare di un potere diretto, perché la materia è completamente demandata ai comuni, anche tale attività sarà svolta in rapporto con le regioni, i comuni e con le loro associazioni, per capire come offrire il massimo sostegno a tali iniziative. Però, ripeto, dove non è possibile accedere direttamente al litorale, si verifica di fatto una violazione di legge, legge che indubbiamente va fatta rispettare.

PRESIDENTE. La deputata Bellillo ha facoltà di replicare.

KATIA BELLILLO. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio e mi rendo conto delle grandi difficoltà, anche rispetto alla modifica del Titolo V della Costituzione. Abbiamo, tuttavia, un grande dovere: mettere al centro gli interessi e i diritti dei cittadini, anche della minoranza dei cittadini disabili fisici. È necessario che le istituzioni, come obiettivo primario, si adoperino predisponendo norme adeguate - non solo l'abbattimento delle barriere architettoniche, ma anche la rimozione di tutti gli ostacoli -, perché il compito principale e prioritario è applicare la parte fondamentale della Carta costituzionale e, in primo luogo, l'articolo 3.
Ritengo che, forse, sarebbe opportuno - anche alla luce delle considerazioni che lei avanzava e che io condivido - porre questo tema all'ordine del giorno nella Conferenza Stato-regioni, per cercare di capire, anche con le autonomie locali, come si possa concertare - nel rispetto delle autonomie e delle rispettive deleghe - un intervento che permetta, su tutto il territorio nazionale, di ottenere finalmente le stesse opportunità per tutti. Questo è l'obiettivo che sia le istituzioni nazionali, sia quelle regionali, sia ancora quelle locali dovrebbero avere: lavorare insieme, perché le autonomie reciproche non esonerano alcuno dall'applicazione dell'articolo 3 della Carta costituzionale.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,40.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,40.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonelli, Capodicasa, Chiti, Colucci, Damiano, Donadi, Duilio, Forgione, La Malfa, Landolfi, Maroni, Mazzocchi, Migliore, Oliva, Pinotti, Realacci, Sgobio, Stucchi, Villetti, Violante ed Elio Vito, sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 1507 - Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia (Approvato dal Senato) (A.C. 2849); e dell'abbinata proposta di legge Fabbri ed altri (A.C. 2636) (ore 16,41).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, giàPag. 72approvato dal Senato: Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia; e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa dei deputati Fabbri ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2849)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto altresì che le Commissioni XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per l'XI Commissione, deputato Rocchi, ha facoltà di svolgere la relazione.

AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Signor Presidente, colleghi e colleghe, Luca Finardi, 40 anni, Andrea Graziano, 36 anni, Carmine Diano, 29 anni, Vincenzo Costanzo: purtroppo, sono tre morti e un ferito grave sul lavoro, gli ultimi, nella giornata di ieri. Quasi quotidianamente assistiamo ad uno stillicidio di lavoratori e lavoratrici che rischiano la vita nell'adempiere il proprio lavoro. Ho ricordato questi nomi a titolo esemplificativo di un elenco, purtroppo troppo lungo, affinché anche in quest'aula non ci dimentichiamo mai che, anche allorquando adoperiamo un linguaggio tecnico, burocratico o formale, stiamo parlando di persone in carne ed ossa e di vite spezzate per il lavoro e nel lavoro.
Probabilmente, i lavoratori e le lavoratrici, che molte volte si alzano al mattino molto presto - tra costoro, uno è morto e l'altro si è ferito gravemente alle cinque e mezzo, durante il proprio turno di lavoro, in una grande azienda chimica - lo fanno per recarsi a lavorare faticosamente, per garantire un futuro a se stessi e alle proprie famiglie.
A mio avviso, nell'iniziare la discussione sulle linee generali di questo provvedimento, tutti dobbiamo ricordare ed avere presenti tali dati e le persone in carne ed ossa. Una società in cui continuano ad annoverarsi così tanti morti ed infortuni sul lavoro non può essere giudicata di grande progresso sociale e civile. In ciò risiede l'importanza del provvedimento in discussione, che stiamo per affrontare.
Ritengo che con il contributo di tutti, maggioranza e opposizione - anche in relazione ai punti sui cui possono prospettarsi opinioni e ipotesi di soluzioni diverse - possa esservi l'impegno comune affinché dalla discussione sulle linee generali, che oggi si sta avviando, si arrivi in tempi brevissimi all'approvazione del provvedimento in questione.
Pertanto, il disegno di legge atto Camera 2849, già approvato dal Senato, recante disposizioni relative alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, rappresenta un provvedimento di grande rilevanza, sul quale le massime cariche dello Stato hanno più volte richiamato l'attenzione e sollecitato il Governo e il Parlamento ad intervenire. A distanza di oltre un decennio dall'emanazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il processo di produzione legislativa in materia di tutela e sicurezza del lavoro non ha praticamente conosciuto soste.
In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria ed ha continuato, nel corso degli anni, a trasporre quanto prodotto a livello europeo.
Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato e integrato le norme già inserite nel decreto legislativo n. 626 del 1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplinaPag. 73quadro per garantire protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose.
Il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è quindi caratterizzato da un'integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria, in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni Novanta, ha conosciuto negli ultimi anni un progressivo ampliamento.
Sebbene la materia, per quanto sopra detto, non si caratterizzi certo per un vuoto normativo, vi è l'esigenza - un'esigenza urgente - di superare i limiti e le manchevolezze della disciplina vigente che l'esperienza ha messo in luce, anche mediante la predisposizione di uno o più decreti legislativi che provvedano a razionalizzare e riformare la vigente normativa.
Richiamo una circostanza che penso tutti dobbiamo avere ben presente; l'andamento infortunistico e gli infortuni mortali nel 2006 hanno registrato una preoccupante inversione di tendenza rispetto all'evoluzione positiva che vi era stata negli anni precedenti. Più in generale, nel 2006 la tendenza alla diminuzione complessiva degli infortuni in essere a partire dal 2002 ha subito un sostanziale rallentamento. Anche da ciò deriva l'urgenza e la necessità di intervenire sulla materia con norme immediatamente attuative.
Il numero ancora troppo elevato di infortuni sul lavoro, la crescita degli infortuni mortali nel 2006 rispetto all'anno precedente e i più recenti fatti di cronaca, con il ripetersi di infortuni mortali con una frequenza inammissibile, richiamano perciò l'attenzione delle istituzioni, in particolare del Governo e del Parlamento, sulla necessità di fare il massimo per porre un argine a questo stillicidio di eventi invalidanti o addirittura mortali per i lavoratori.
Si rende quindi particolarmente urgente un intervento che investa il tema della sicurezza sul lavoro in senso stretto, ma anche i rischi connessi alla crescente precarietà, nonché la disciplina degli appalti e dei contratti pubblici.
Con questo testo affrontiamo, quindi, i temi strettamente attinenti alla sicurezza sul lavoro, ma vogliamo evidenziare a tutti che senza una ripresa della centralità delle condizioni del lavoro nel suo insieme un'efficace politica di prevenzione e di sicurezza è difficile da realizzare.
La drammaticità del fenomeno degli infortuni sul lavoro, che oltre a compromettere la salute o addirittura la vita dei lavoratori determina anche costi sociali altissimi, richiede una comune assunzione di responsabilità da parte della maggioranza e dell'opposizione, al fine di consentire una rapida approvazione del provvedimento al nostro esame.
Auspico quindi un iter del provvedimento il più rapido possibile, con la collaborazione costruttiva anche dell'opposizione, in modo tale da approvare il testo prima della interruzione estiva dei lavori.
Si evidenzia, da questo punto di vista, la scelta che le Commissioni riunite XI e XII hanno compiuto, su proposta dei relatori e con la condivisione del rappresentante del Governo, di orientarsi nel senso di confermare, senza alcuna modifica, il testo approvato dal Senato. Ciò, non perché il testo in esame non sia migliorabile, né per una contrarietà preconcetta alle proposte emendative dell'opposizione, ma per produrre un atto in tempi stringenti e non allungare i tempi di approvazione del provvedimento in considerazione della sua urgenza.
Alcune questioni affrontate nelle proposte emendative presentate nel corso dell'esame presso le Commissioni sono ragionevoli e anche condivisibili. L'accoglimento di tali questioni tramite modifica del testo, tuttavia, comporterebbe la necessità di trasmettere nuovamente il provvedimento al Senato determinando un notevole ritardo dell'approvazione definitiva dello stesso, anche a causa dei futuri impegni dei lavori parlamentari (in particolare, la sessione di bilancio, che impegnerà il Parlamento dopo l'interruzione estiva).Pag. 74
Nell'auspicare quindi che l'Assemblea confermi la scelta delle Commissioni di non modificare il testo approvato dal Senato, si ritiene invece che alcune delle questioni su cui si registra una convergenza tra maggioranza e opposizione e che sono condivisibili nel merito possano essere affrontate con idonei strumenti parlamentari che impegnino il Governo ad attuare le misure proposte, quali, ad esempio, ordini del giorno. Mi riferisco, per esempio, alle questioni relative: all'opportunità di un'impostazione non soltanto sanzionatoria, ma anche premiale e incentivante, specie verso gli artigiani e le piccole imprese; al ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e agli altri istituti attuativi del decreto legislativo n. 626 del 1994; all'esigenza di un soggetto di coordinamento territoriale per consentire un salto di qualità nella prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Per quanto riguarda il parere espresso dalle Commissioni competenti in sede consultiva, si rileva che di fatto tutte le Commissioni, compresa quella per le questioni regionali, hanno espresso un parere favorevole senza alcuna condizione. Pertanto, anche dal punto di vista del merito del provvedimento, non sono stati rilevati dalle medesime Commissioni aspetti critici che rendessero necessaria una modifica del testo.
Passando ad illustrare l'articolato, pongo in evidenza che il disegno di legge in esame in primo luogo contiene all'articolo 1 la delega al Governo per adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all'articolo 117 della Costituzione e garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati. Ai fini dell'esercizio della delega, il disegno di legge prevede, all'articolo 1, comma 2, una serie di principi e criteri direttivi, tra cui si segnalano per la loro rilevanza i seguenti: in primo luogo, si dispone l'applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. In tal modo si estende la platea dei lavoratori a cui si applicano le tutele in questione rispetto alla normativa vigente.
Si evidenzia il principio che prevede la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle piccole, medie e microimprese, senza però compromettere il rispetto dei livelli di tutela nonché la previsione di forme di unificazione documentale. Con le norme emanate in attuazione di tale principio, le imprese piccole e medie potranno essere sgravate di adempimenti meramente formali e burocratici concentrandosi invece sugli aspetti sostanziali della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Di notevole importanza è anche il principio che dispone la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto e della natura formale, o invece sostanziale, della violazione. In particolare, i decreti delegati dovranno provvedere alla «modulazione delle sanzioni in funzione del rischio» e alla «utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 758», nonché alla «determinazione delle sanzioni penali dell'arresto e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento (...), da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a euro 20 mila per le infrazioni formali, della pena dell'arresto fino a trePag. 75anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell'arresto fino a tre anni ovvero dell'ammenda fino a euro 100 mila negli altri casi».
Vengono inoltre previste: la «revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale» (in particolare, viene rafforzato il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale); l'introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo; la rivisitazione e il potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche in qualità di strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni volte a migliorare la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori; la realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Oltre alla previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, alla promozione della cultura e delle azioni di prevenzione e alla razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, costituiscono principi innovativi rispetto alla vigente normativa e sono meritevoli di menzione anche quelli stabiliti in ordine alla revisione della normativa in materia di appalti. Si prevedono, fra le altre, misure dirette a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale fra appaltante ed appaltatore, a modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché a modificare la disciplina contenuta nel codice degli appalti pubblici, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui. Infine, si segnalano i principi relativi alla rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, che si prevede di adeguare alle differenti modalità organizzative del lavoro, alle particolarità delle lavorazioni, e all'introduzione dello strumento dell'interpello relativamente ai quesiti sull'applicazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro.
I successivi articoli del provvedimento, quelli cioè dal 2 al 12, aggiunti nel corso dell'esame presso il Senato, recano misure precettive volte a rafforzare immediatamente gli strumenti per la sicurezza sul lavoro: tali articoli sono stati aggiunti, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, proprio per rendere operative il prima possibile le misure e gli interventi che, in considerazione della loro urgenza, non possono attendere i tempi connessi all'emanazione dei decreti legislativi.
In particolare, l'articolo 2 prevede che, nei casi di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all'INAIL ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
L'articolo 3 reca modifiche al decreto legislativo n. 626 del 1994 che intervengono sostanzialmente sulle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d'appalto e sulla disciplina relativa alle modalità di elezione, nonché alle attribuzioni, del rappresentante per la sicurezza. Fra l'altro, si stabilisce che, ferme restando le disposizioni in materia di sicurezza e salute del lavoro previste dalla disciplina vigente degli appalti pubblici, nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 del codice civile, sussiste l'obbligo di indicare specificamente i costi relativi alla sicurezza del lavoro. A tali dati possono accedere, previa richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
L'articolo 4 dispone in primo luogo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia disciplinato il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, affidato ai comitati regionali diPag. 76coordinamento, individuando i settori prioritari di intervento e i piani di attività da attuare a livello territoriale. Fino all'emanazione del decreto di cui sopra, il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza è esercitato dal presidente della provincia o da assessore da lui delegato, nei confronti delle amministrazioni e degli enti pubblici territoriali rientranti nell'ambito provinciale di competenza. Per una migliore e più efficiente integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si dispone che, entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, le province autonome, l'INAIL, l'IPSEMA, l'ISPESL e le altre amministrazioni competenti in materia pongano in essere gli adempimenti necessari per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi, anche attraverso la creazione di banche dati unificate relative ai singoli settori produttivi, e per il coordinamento delle attività ispettive in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Al fine di rafforzare l'azione ispettiva e di vigilanza si dispone che, dando attuazione a quanto già previsto dal comma 544 della legge finanziaria per il 2007, si provveda ad assumere fino a 300 unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici per ispettori del lavoro, e che le risorse non utilizzate a tal fine nel primo semestre 2007 siano destinate al funzionamento ed al potenziamento dell'attività ispettiva, alla costituzione di appositi nuclei di pronto intervento e all'incremento delle dotazioni strumentali.
Inoltre, si prevede l'obbligo, per il personale degli istituti previdenziali che accertino d'ufficio violazioni amministrative sanabili, relative alla disciplina in materia previdenziale, di applicare la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004, nonché l'avvio di progetti sperimentali in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale, volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. L'articolo 5, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, è volto ad estendere a tutti i settori produttivi i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, compresa la partecipazione a gare pubbliche previste dall'articolo 36-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, nei casi di violazione di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all'orario di lavoro che avvengono nel settore dell'edilizia.

PRESIDENTE. Deve concludere...

AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Gli articoli proseguono tutti recando, appunto, norme precettive, ma, ad ogni modo, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, con il dettaglio delle relazioni e degli impegni. Aggiungo solo che, sulla base del ragionamento fin qui condotto, mi pare emerga la necessità dell'urgenza di pervenire ad una rapida approvazione del provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. Onorevole Rocchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la XII Commissione, deputato Mosella, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO RENATO MOSELLA, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, l'intervento esaustivo dell'onorevole Rocchi, almeno fino al punto in cui ha dettagliatamente ricostruito il provvedimento al nostro esame, mi esime dal dilungarmi, salvo esprimere semplicemente alcune considerazioni che possano essere utili al dibattito che si sta per aprire.Pag. 77
È di ieri la notizia dell'ultima tragica «morte bianca» dovuta ad una esplosione in una azienda farmaceutica di Milano.
Ma è il complesso dei numeri che ci allarma e ci fa riflettere sul provvedimento alla nostra attenzione e sulla sua urgenza.
Nel 2006 vi sono stati 935 mila incidenti sul lavoro, con 1.250 vittime (oltre 350 sono le «morti bianche» nei primi quattro mesi del 2007).
Il rapporto Eurispes intitolato «Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra» ha messo in risalto come la piaga degli incidenti sul lavoro, in Italia, abbia causato più morti della seconda guerra del Golfo.
Dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre dal 2003 al 2006 nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252.
Si tratta di numeri significativi, allarmanti, agghiaccianti, forti, che vanno sottolineati in questa Assemblea per ricordare che gli incidenti sul lavoro e le «morti bianche» rappresentano una ferita impressionante che tocca la sensibilità di milioni di persone e rischia di colpire in maniera indistinta chiunque, sebbene sia ancora più terribile, per le conseguenze che ricadono sulla famiglia, quando colpisce chi, avendo meno, vive già una condizione di difficoltà.
Il grido è stato sollevato dalle massime istituzioni ed anche lei, signor Presidente, non lo ha fatto mancare a nome di quest'Assemblea. Pertanto, mi sembra veramente inutile sottolinearlo con maggiore rigore.
La richiesta di condizioni di lavoro umane e rispettose dei bisogni e della dignità dei lavoratori è un imperativo di civiltà, che un Paese civile come il nostro, una delle potenze industriali, deve porsi in maniera seria e continuativa. Lo dobbiamo ai lavoratori, alle loro famiglie, a questo bollettino di guerra, che va arginato e rispetto al quale il senso civico ci deve suffragare e supportare. Il Governo si è fatto carico del fenomeno, con l'adozione di un disegno di legge delega per il riassetto e la riforma della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro: è una responsabilità di cui bisogna dargli atto.
Con l'iniziativa, per come l'abbiamo accolta anche nel lavoro delle Commissioni, si è fatto capire chiaramente che si intende apprestare un quadro di riferimento complessivo e organico della materia, in un settore delicato, che vede coinvolti i diritti fondamentali delle persone e degli individui. Il testo, quindi, che il collega Rocchi ha declinato e che si trova all'esame dell'Assemblea, così come è stato trasmesso dal Senato, rappresenta il frutto di un lavoro articolato, perché ai contenuti dell'originaria delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto del sistema si sono aggiunte, con scelte ampiamente condivise dai diversi gruppi politici, una serie di prescrizioni volte ad apprestare misure di immediata applicazione.
L'espressione «immediata applicazione» è stata già sostanzialmente giustificata dal collega Rocchi e spiega perché si sta cercando di approdare in tempi rapidi ad un risultato utile, anche forzando in particolare rispetto al dibattito nelle Commissioni. Pertanto, si tratta di misure di immediata applicazione e destinate a garantire subito adeguati livelli di tutela.
Dal passaggio parlamentare al Senato è derivato, quindi, un provvedimento idealmente scomponibile in due parti: la prima, prevista dall'articolo 1, ha come oggetto la delega al Governo e quindi la declinazione dei criteri da seguire per emanare, in seguito, i successivi decreti delegati; la seconda, che è il frutto di un lavoro ampio e collegiale che dovrebbe aver dato anche grande soddisfazione all'opposizione, è caratterizzata da norme cogenti, elaborate per costituire, da subito, un quadro di tutele chiare a beneficio della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Pertanto, mi preme sottolineare l'atteggiamento di condivisione dei gruppi che al Senato hanno consentito di recepire una proposta importante e articolata, perché costituita da principi generali che devono regolare la materia.Pag. 78
Da parte mia, quale relatore del provvedimento per la XII Commissione, che congiuntamente alla Commissione lavoro ha svolto questo articolato ed anche sensibile lavoro di preparazione per l'Assemblea, desidero svolgere solo una brevissima annotazione di ordine generale, perché il provvedimento è stato ampiamente declinato ed è contenuto negli atti, che i colleghi potranno tranquillamente studiare ed esaminare. Si tratta del tentativo di porre qualche chiosa al dibattito che sta iniziando.
È del tutto evidente l'intento del Governo di trattare il tema con tempestività e con misure sostanziali, il che è sotto gli occhi di tutti. Lo dimostra l'impegno di adottare entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riforma della materia, un termine inferiore a quello previsto e su tale questione non mi dilungo.
Quanto ai contenuti è significativa la garanzia di assicurare, nei decreti legislativi, l'uniformità della tutela dei lavoratori su tutto il territorio nazionale, attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. È un principio di portata fondamentale in quanto, ferme restando le prerogative dell'articolo 117 della Costituzione, viene cristallizzato il carattere universale che deve assumere ogni misura di tutela, principio che non ammette alcuna deroga e che sostanzialmente nobilita molto il provvedimento.
Inoltre, l'espressa previsione tra i pilastri della delega al Governo del principio in base al quale la tutela dei lavoratori deve avere riguardo alle differenze di genere ed alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, costituisce una conquista di civiltà che il testo porta con sé.
Mi preme, anche in questo caso, pur abbreviando il mio intervento, che consegnerò agli atti, ricordare l'attenzione e le tutele che vanno dedicate al lavoro dei migranti e delle migranti, che costituiscono una risorsa reale del nostro Paese, al di là delle demagogiche riflessioni spesso condotte in termini negativi. Molto spesso, infatti, si caricano di mansioni umili e faticose, che nel nostro Paese non vengono svolte con facilità da tanti italiani. Quindi, farsi carico delle diversità, nell'ottica di realizzare l'uguaglianza sostanziale delle forme di tutela, è un esercizio di bilanciamento, che la proposta al nostro esame compie in maniera mirabile, nella direzione di assicurare sicurezza e certezza di regole al mercato del lavoro.
Vi è poi tutto il tema che riguarda il lavoro della donna, che mi pare sia stato già ben enucleato dal collega Rocchi e che supero con velocità.
Il testo presenta un equilibrato bilanciamento di interessi anche in un altro ambito di contenuti, la cui impronta è fortemente caratterizzata; mi riferisco al rapporto tra gli aspetti sanzionatori e le disposizioni destinate a promuovere la cultura della sicurezza. Si tratta di norme destinate a maturare la consapevolezza del valore aggiunto che deriva dal lavorare in ambienti sani, un valore aggiunto portatore di benefici non solo per i lavoratori, ma anche per le imprese.
Vi è, quindi, un carattere innovatore del testo dove, a fianco delle sanzioni per coloro che violano la normativa, vi è un articolato piano di norme incentrato sul trinomio prevenzione, informazione e premialità. Queste dovrebbero essere le condizioni necessarie, affinché non si risolva l'emergenza del momento, ma si faccia un lavoro preventivo di educazione al senso civico rispetto alla materia del lavoro, soprattutto andando nella direzione di far bene a chi organizza bene la tutela dei lavoratori. Bene ha fatto quindi il disegno di legge a prevedere l'inserimento, tra i criteri della delega al Governo, del principio della promozione della cultura e delle azioni di prevenzione.
Il richiamo non è casuale, ma responsabilmente viene dalla nostra appartenenza al contesto comunitario sul quale, nel testo che al termine del mio intervento avrò cura di depositare, mi sono dilungato.Pag. 79
Vengo all'ultima notazione che emerge dal provvedimento in esame. Non si tratta, come pure alcuni hanno affermato nel dibattito che ha preceduto l'esame in Assemblea, di un provvedimento elaborato sulle e per le imprese di grandi dimensioni. Al contrario, questo è un provvedimento che mette al centro il lavoro in sé come bene assoluto da tutelare.
Ne deriva che le forme di tutela sono previste per tutti i soggetti interessati, per le grandi imprese come per le piccole e le medie. In definitiva, il testo costituisce un provvedimento innovativo per gli obiettivi chiari che si pone e per aver introdotto una sorta di salto culturale nella promozione delle azioni di prevenzione. Una rapida approvazione dello stesso è il segnale migliore che il Parlamento possa dare ai cittadini e alle aspettative di sicurezza dei lavoratori, delle lavoratrici ed anche delle aziende interessate.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Deputato Mosella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario Patta.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, intanto credo che sia doveroso ringraziare le massime autorità dello Stato per l'intervento sempre pressante sul Governo affinché operasse, il più rapidamente possibile, per arginare un fenomeno tanto grave, come è stato ricordato: un milione di infortuni l'anno, 1300 morti, decine di migliaia di invalidi che pesano sulle persone, sui cittadini, sui lavoratori ed anche sui costi generali del Paese.
Debbo ringraziare, oltre al Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato e il Presidente della Camera per la sensibilità dimostrata ed anche tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, che fino ad ora hanno fornito un contributo non precostituito e di merito. Tale contributo ha permesso, come è stato ricordato, il raggiungimento nel Senato della Repubblica del testo che oggi discutiamo e che è stato, peraltro, modificato dal lavoro delle Commissioni e dell'Assemblea, le quali hanno raccolto il messaggio di urgenza - proveniente anche dalle massime autorità dello Stato - introducendo misure immediatamente prescrittive.
È stato raggiunto un risultato positivo anche con il contributo dell'opposizione, che ha permesso, almeno nella fase di elaborazione nelle Commissioni, di non registrare voti contrari al provvedimento. Quindi, la sensibilità diffusa e comune a tutto il Paese ha portato all'elaborazione di tale risultato.
Debbo anche ringraziare i membri delle Commissioni XI e XII per il lavoro svolto e tutte le altre Commissioni della Camera, che, sempre raccogliendo la necessità di intervenire urgentemente su tale materia, hanno deciso autonomamente di chiedere al Governo gli opportuni miglioramenti al provvedimento, in maniera particolare nella parte delegata attraverso ordini del giorno, che orientino anche l'attuazione della stessa.
Quindi, si è registrato un senso di responsabilità anche di fronte alla possibilità evidente di un ulteriore miglioramento e un ulteriore contributo da parte della stessa Assemblea. Ovviamente, ha fatto premio su tutto la convinzione che siamo di fronte ad un decreto delegato, quindi con altri nove mesi di tempo di intervento per completare l'iter normativo e che, pertanto, un eventuale ulteriore ritardo nella discussione avrebbe prorogato i tempi in maniera inaccettabile, rendendoli comunque estranei alla coscienza che si è creata nel Paese sul provvedimento in esame.
Questo, peraltro, ha alle spalle l'iniziativa congiunta del Ministero del lavoro e del Ministero della salute, copromotori del provvedimento, assolutamente indispensabile per affrontare con efficacia il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Vi sono stati un confronto ed una sinergia importante anche con le regioni,Pag. 80che nella loro conferenza hanno approvato all'unanimità il testo, che poi è passato all'esame delle Assemblee parlamentari. Ciò è significativo ed importante, perché sappiamo che l'inefficacia di una legislazione buona passa attraverso il mancato coordinamento o una competizione negativa tra le istituzioni dello Stato e le amministrazioni locali.
Questa è stata una premessa importante, anche per concludere positivamente un lungo confronto che abbiamo realizzato con le parti sociali - datori di lavoro e organizzazioni sindacali - che hanno fornito un contributo fondamentale all'elaborazione del testo originario precedente all'avvio del confronto e che oggi sostengono con forza, ancora in questi giorni, la necessità che il provvedimento in esame venga approvato prima della sospensione dei lavori parlamentari per le vacanze estive. È un ulteriore segnale di quanto il provvedimento sia frutto di una politica di concertazione e di confronto sviluppatasi negli ultimi mesi e che oggi ci permette di coagulare un largo consenso e che ci chiede, anzi, di accelerare i tempi e di fare in fretta.
Come è stato già rilevato, il disegno di legge non prevede solo un riordino della legislazione che negli ultimi decenni si è sedimentata in materia, ma anche delle innovazioni. Non diamo un giudizio negativo della legislazione che abbiamo alle spalle che, ritengo, abbia prodotto dei risultati. I numeri drammatici che discutiamo sono sicuramente, nella loro tragicità, comunque migliori di quelli che il Paese registrava vent'anni fa o più. Oggi si parla di tre morti al giorno, trent'anni fa questo dato era pari a dieci morti al giorno all'interno delle aziende del nostro Paese. Quindi, la legislazione, in maniera particolare il decreto legislativo n. 626 del 1994, con la filosofia che lo ispira, ha dato risultati positivi.
Dall'analisi dei dati consegnatici dagli enti e dalle regioni risulta che nelle aziende con oltre cinquanta dipendenti vi è il 3,5 per cento di quei circa 1.300 lavoratori che muoiono ogni anno.
Ciò significa che nelle aziende strutturate, dove i lavoratori hanno pieni diritti e le leggi dello Stato, i contratti nazionali di lavoro e gli accordi confederali vengono applicati correttamente, i risultati, purtroppo, sono stati di gran lunga migliori rispetto alla realtà tipica e caratteristica del nostro Paese di tantissime piccole aziende, che spesso coniugano anche una presenza di lavoro nero sicuramente superiore a quella delle grandi aziende.
Purtroppo, nelle aziende sotto i 16 dipendenti vi è il 92,5 per cento di questi 1300 lavoratori. Allora, abbiamo effettuato una scelta chiara, ovvero di concentrare la nostra attenzione su questo fenomeno, sapendo che dove vi è lavoro nero e dove vi sono piccole aziende si ha anche una presenza particolarmente forte di lavoratori immigrati e di giovani che iniziano il loro percorso lavorativo. Molto spesso, infatti, le vittime sono costituite da immigrati, che magari lavorano in nero in piccole aziende.
Molto importante, quindi, è l'applicazione delle norme e delle leggi. È chiaro che il lavoro nero contrasta con l'applicazione delle leggi e dei contratti e, ovviamente, con le norme relative alla sicurezza del lavoro. Se, infatti, consideriamo i settori dove l'ISTAT registra la massima presenza di lavoro nero e li confrontiamo con i dati relativi ai morti e agli incidenti, osserviamo che le curve hanno la stessa dinamica. Se consideriamo l'edilizia, l'agricoltura e gli altri settori dove è presente il lavoro nero, verifichiamo che vi è il numero più alto di morti e di incidenti sul lavoro.
Non abbiamo dunque - contrariamente a quanto qualcuno ha sostenuto - pensato di affrontare il problema con politiche semplicemente repressive o inasprendo le sanzioni. Spesso accade, infatti, che a fronte delle tragedie anche l'opinione pubblica ci chieda un intervento semplicemente di carattere repressivo. Sappiamo che i problemi del lavoro sono complessi, pertanto abbiamo pensato di operare, in modo particolare nel settore degli appalti, fin dall'inizio con norme diPag. 81contrasto del lavoro nero, che in questi mesi hanno dato risultati a nostro avviso positivi e incoraggianti.
I provvedimenti mostrano che sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro occorre essere tutti responsabili; che vi debba essere una forte responsabilità dei committenti, i quali non possono ignorare le aziende che lavorano negli appalti e che sono chiamate ad operare nei loro siti produttivi; che infine occorre un forte coordinamento anche con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza all'interno dei luoghi di lavoro.
Pertanto, come si è già iniziato a fare nella legge finanziaria, vogliamo che almeno i piani della sicurezza siano unitari all'interno dei luoghi di lavoro e non seguano la frammentazione e la disarticolazione prodotta in questi ultimi anni; che, inoltre, le responsabilità siano chiare. Quindi, il centro dell'iniziativa, come già stabilito dalla legge n. 626 del 1994, a nostro avviso restano le parti sociali all'interno dei luoghi di lavoro ed è prioritario tale tipo di rafforzamento.
Inoltre, proprio perché vogliamo perseguire una politica di sostegno anche alle piccole aziende, molte delle quali sono costituite negli ultimi anni anche da lavoratori immigrati, sappiamo che occorre intervenire attraverso una politica di sostegno a favore delle aziende che intendessero innovare in tecnologie più sicure, modificare l'organizzazione del lavoro, intraprendere corsi di formazione per i propri dirigenti e per i lavoratori che operano nelle aziende, attraverso un potenziamento del sistema della bilateralità, che purtroppo nel Paese in questo momento non è presente in tutti i settori produttivi.
Questo, pertanto, è il cuore del provvedimento, quindi si intende perseguire la massima responsabilità delle parti sociali e il sostegno attraverso bilateralità, formazione e quant'altro. Inoltre, abbiamo provveduto a riordinare le sanzioni e a rendere più efficaci i controlli e le verifiche. Importanti provvedimenti sono stati assunti anche dal Ministero del lavoro - e con fermati anche nel provvedimento in esame - per l'assunzione e il potenziamento delle sue attività ispettive, fondamentali anche per il contrasto al lavoro nero e, in alcuni settori, per la verifica dell'applicazione delle norme sulla salute e la sicurezza.
Credo che, alla fine, se il provvedimento venisse approvato, potremmo parlare in un anno di 1300 assunzioni di ispettori.
Dall'altro lato, stiamo già realizzando un accordo con le regioni per potenziare gli interventi delle ASL, al fine di raggiungere un complesso di ispezioni significative, che, contrariamente a quanto accade oggi, ci permettano di verificare l'applicazione della norma in un insieme significativo di imprese italiane.
Abbiamo definito insieme strutture di coordinamento, a cominciare da quelle nazionali e regionali, che possono costituire sedi di programmazione di tutti gli interventi e di tutte le attività ispettive che varie amministrazioni dello Stato, a vario titolo, svolgono all'interno delle aziende: si tratta di una programmazione, che è mirata proprio sui settori dove più alto è il rischio infortunistico e più alta è la presenza di lavoro nero, che eviti interventi a pioggia o ripetitivi sempre sulle stesse situazioni.
Con il disegno di legge in esame, inoltre, rilanciamo una tematica molto cara a tutti, che ha anche prodotto, nel nostro Paese, guasti di altra natura: la politica del massimo ribasso nell'assegnazione degli appalti. Essa ha causato guasti nell'assegnazione degli appalti sia pubblici sia privati.
Ovviamente, le misure previste sia nel disegno di legge delega, sia nei provvedimenti immediatamente prescrittivi, sono particolarmente stringenti: si tratta, infatti, di un tema fondamentale, che ci viene posto non solo dai lavoratori, ma anche da tutte le aziende che subiscono una concorrenza sleale da parte delle imprese, che non rispettano i contratti e i costi della sicurezza e possono praticare un dumpingPag. 82rispetto alle aziende più oneste, che nel Paese sono la maggior parte.
Non cito tutti gli altri aspetti già trattati dai relatori, ma, da ultimo, vorrei soffermarmi su un aspetto particolare, per il quale intendiamo rilanciare una tematica cara ai lavoratori italiani, ossia la promozione della salute. Il testo non affronta «soltanto» (lo dico tra virgolette) il problema della sicurezza, ma intende anche reintervenire su questa materia: sappiamo che vi sono tantissimi ammalati all'interno dei luoghi di lavoro, che dobbiamo ridefinire le malattie professionali (con un aggiornamento che comprenda anche quelle più moderne rispetto a quelle più antiche) e che i morti a causa di alcune malattie (ricordiamo cosa ha provocato, tra i lavoratori del Paese, l'amianto) sono purtroppo un peso anch'esso insopportabile.
Dobbiamo rivedere, quindi, tutte le figure che operano attorno alla promozione della salute nei luoghi di lavoro, a cominciare dal medico competente: deve esserci un rapporto tra le attività di prevenzione e sorveglianza nei luoghi di lavoro e il Servizio sanitario nazionale.
La politica della salute all'interno dei luoghi di lavoro, pertanto, non può essere separata dalla politica della salute del Paese: essa dev'essere parte integrante di quella seguita per tutti i cittadini e non diversa da quella. La promozione della salute fa parte anche di una politica di prevenzione che cerchi di intercettare le malattie sul nascere: non è semplicemente una politica di cura, ovviamente costosa sia sul piano personale e umano, sia su quello delle risorse che il Servizio sanitario nazionale spende nel settore.
Concludo affermando che il tema è talmente complesso, che non pensiamo di esaurirlo «soltanto» (lo dico sempre tra virgolette) con l'importante provvedimento in esame, ma pensiamo anche di operare quotidianamente con interventi sui settori più a rischio, concordati in modo particolare tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della salute.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Sono stati avviati, infatti, tavoli di confronto anche con le parti sociali nei settori più importanti del Paese, dai trasporti alla viabilità, alle grandi aziende siderurgiche, ai porti, alla cantieristica, affinché vi sia un intervento congiunto immediato dei due Ministeri e delle regioni nel sollecitare le parti sociali a realizzare immediatamente accordi che possano migliorare la situazione dei lavoratori italiani, senza attendere la conclusione dell'iter legislativo.
In conclusione, mi auguro che lo spirito costruttivo, che fino a questo momento ha animato il confronto al Senato e in sede di Commissioni alla Camera, permanga e ci permetta di avere un confronto sereno e trasparente sulle diverse opzioni attorno a tali temi, in modo di poter consegnare al Paese, in tempi brevi - spero prima della sospensione per le vacanze estive - un testo organico, che ci permetta di ridurre il numero inaccettabile di morti e feriti sul lavoro.

PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante del Governo.
Ricordo ai colleghi che vi è l'istituto della consegna dell'intervento, che è ampiamente diffuso nella prassi parlamentare.
È iscritto a parlare l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, allo scopo di snellire i lavori dell'Assemblea, accolgo subito il suo invito e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Ulivi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
La ringrazio. Credo che il suo esempio sia molto importante: in genere ha effetti di contagio in assemblee diverse da questa.

Pag. 83

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, mi spiace, ma leggerò il mio intervento, rimanendo ampiamente nei tempi.

PRESIDENTE. Ma s'immagini. Mi scuso, anzi, di aver scherzato su questioni serie.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, il provvedimento in discussione si pone l'obiettivo di contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro, che sembra aver assunto dimensioni davvero preoccupanti e non degne di un Paese industrializzato e civile.
Il problema delle cosiddette morti bianche deve essere affrontato con decisione, attraverso un intervento legislativo che renda più omogenea e razionale la disciplina in materia, che attualmente risulta eccessivamente frammentaria e poco incisiva; che vada così a colmare il divario che, in questo contesto, ci separa dal resto d'Europa.
Per questa ragione, i Popolari-Udeur esprimono un giudizio senz'altro positivo sul disegno di legge, che ha il merito di garantire l'uniformità della tutela dei lavoratori nel nostro Paese, confermando il carattere universale del diritto di sicurezza dei lavoratori.
Inoltre, il disegno di legge rafforza il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e introduce la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo, promuovendo, quindi, la cultura e le azioni di prevenzione, di razionalizzazione e di coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza. Si propone, altresì, di migliorare l'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale.
Si tratta, quindi, di un provvedimento importante, di cui si sentiva il bisogno; ma noi Popolari-Udeur pensiamo che si possano introdurre alcuni punti di miglioramento.
Innanzitutto, attraverso un emendamento che presenteremo in Assemblea, chiederemo che l'inquadramento degli ispettori del lavoro, che rappresentano l'unica autorità amministrativa ad avere una competenza generale in materia di lavoro, sia rafforzato, ma soprattutto supportato.
In particolare, all'ispettore delle direzioni provinciali si chiede spesso un impegno enorme nell'attività di coordinamento nei confronti del personale di vigilanza degli istituti previdenziali con il quale è chiamato ad operare, pur percependo una retribuzione di gran lunga inferiore rispetto a quella del personale di vigilanza degli enti previdenziali che è chiamato a coordinare. Quindi, si tratta di una lacuna che va colmata.
Si ritiene, pertanto, che, anche alla luce di ulteriori responsabilità assegnate a tali autorità, in conseguenza dell'introduzione di nuove misure cautelari e sanzionatorie volte a prevenire le morti bianche, sia doveroso attribuire agli ispettori del lavoro un giusto riconoscimento indennitario e retributivo.
Reputiamo anche migliorabile l'aspetto concernente la promozione della cultura della sicurezza e delle azioni di prevenzione. Secondo il disegno di legge, il finanziamento di detti obiettivi deve essere attuato a valere su una quota delle risorse di cui all'articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007.
A ben vedere, però, tali risorse non possono essere utilizzate, perché espressamente destinate per procedere, dal 1o gennaio 2008, alla riduzione dei premi INAIL, nel limite complessivo di 300 milioni di euro, della sola gestione artigiani.
Conseguentemente, al fine di raggiungere gli obiettivi della promozione della cultura della sicurezza e delle azioni di prevenzione, si rende necessario ricercare una diversa fonte di finanziamento, che potrebbe essere individuata nel corrispondente incremento delle aliquote di base, per il calcolo dell'imposta sui tabacchi lavorati e destinati alla vendita al pubblico.Pag. 84
Un altro emendamento che proporremo è volto a soddisfare esigenze di coerenza sistemica, relativamente alla parte del provvedimento concernente le sanzioni pecuniarie. Infatti, l'articolo 9 del disegno di legge in discussione, introduce sanzioni pecuniarie interdittive per le persone giuridiche, i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e salute sul lavoro. In particolare, prevede che siano applicate alle varie tipologie di delitti, sanzioni pecuniarie in base a un'entità variabile, fra un minimo e un massimo di quote, e soltanto nei casi più gravi viene fissata fra un minimo di 400 e un massimo di 1000 quote.
Per prevenire eventuali rilievi di legittimità costituzionale sull'articolo in questione, sarebbe opportuno che la misura delle quote a cui commisurare la sanzione pecuniaria fosse determinata in base agli stessi criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, facendo quindi riferimento alle soglie già previste per le violazioni più gravi, cioè fra un minimo appunto di 400 e un massimo di 1000 quote.
Ma se è vero, come evidenziato dal Governo, che il rischio infortunistico è molto più alto nelle aziende con meno di 16 dipendenti, allora quello concernente i subappalti è un punto chiave e di sostanziale rilevanza. Su questo tema, che viene sviluppato all'articolo 1, comma 2, lettera s), concernente la revisione della normativa in materia di appalti, chiediamo sin da ora principi non derogabili chiari, applicazioni severe delle norme e la sicurezza che, quando un'azienda vince un appalto, non se lo aggiudica perché dietro ha predisposto una catena di subappalti, già organizzata in modo che i rischi siano distribuiti in maniera tale che nessuno ne paghi le conseguenze; i rischi devono essere a carico di tutti, ugualmente distribuiti, ben calibrati e deve essere rispettato il diritto alla sicurezza dei lavoratori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Amoruso. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARIA AMORUSO. Signor Presidente, era mia intenzione sviluppare un intervento che, oltre alla parte scritta, potesse anche consentire valutazioni «a braccio», volte chiaramente ad approfondire la tematica oggi in discussione. Però, accettando l'invito della Presidenza, chiedo che la stessa autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Amoruso, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, vorrei cominciare il mio intervento, a nome del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dando all'Assemblea una notizia, che è stata già anticipata dall'onorevole Rocchi prima di me.
Ieri, preparando queste note, per cominciare con il fornire materia di riflessione sulla rilevanza dell'argomento in discussione, ho visitato il sito lavoro.articolo21.com, che ogni giorno fornisce i dati aggiornati sugli infortuni e le morti sul lavoro.
Ieri, 24 luglio, questi dati parlavano di 589 morti dall'inizio dell'anno, oltre a 590 mila infortuni e a più di 14.700 invalidi.
Oggi, alle ore 14, i morti erano 592, gli infortunati oltre 592 mila e gli invalidi circa 60 in più di ieri. Tutto ciò significa che, tra ieri e oggi, ci sono stati tre morti sul lavoro, tre morti di cui nessuno fuori da questa Assemblea ha parlato, salvo forse l'informazione locale.
Evidentemente tre morti sul lavoro in un giorno in Italia non fanno notizia e, d'altronde, un giornalista ci spiegherebbePag. 85facilmente il motivo: notizie sono i fatti nuovi, non la conferma di una tendenza, di una regolarità statistica. E in Italia tre o quattro morti sul lavoro al giorno regolarmente, fatalmente, sono una costante. Lo dimostra il fatto che, nel solo mese di luglio non ancora finito, con molte imprese chiuse o a ranghi ridotti, se ne sono già contati oltre sessanta.
Il Presidente Napolitano e il Presidente della Camera hanno parlato al riguardo di un bollettino di guerra ed è difficile dare loro torto. È un bollettino di guerra che colpisce in particolare i lavoratori edili, i braccianti agricoli e gli operai metalmeccanici (si pensi che circa il 7 per cento dei meccanici italiani rimane ogni anno più o meno gravemente ferito). Sono cifre sconvolgenti che rimangono, peraltro, approssimate per difetto, se si considera che non censiscono le morti differite né tanti infortuni non denunciati (ogni anno circa 200 mila secondo l'INAIL) e che rimane escluso soprattutto il grande capitolo delle malattie contratte sul lavoro. Voglio ricordare, a tale riguardo, una per tutte, la questione drammatica e ancora lontana da una soluzione soddisfacente dei malati di mesotelioma pleurico e di asbestosi a causa dell'esposizione all'amianto.
Dinanzi a questo quadro emerge l'urgenza di un organico e coerente intervento normativo che razionalizzi e perfezioni la normativa in materia di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, ivi compreso l'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, intervenendo in particolare sulle situazioni che più di altre generano condizioni di rischio per la sicurezza dei lavoratori: mi riferisco al lavoro sommerso e alla filiera degli appalti e dei subappalti.
Venendo al merito del provvedimento, consideriamo apprezzabile l'organicità del testo trasmesso dal Senato che - vogliamo sottolinearlo - anche per merito di importanti proposte emendative presentate in quella sede dal nostro gruppo è sensibilmente migliorato rispetto al testo originario carente, a nostro avviso, anche sul piano dei requisiti di determinazione di principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 76 della Costituzione.
Riteniamo positiva, altresì, sia ai fini di una maggiore organicità sia per evitare contrasti normativi, sovrapposizioni di competenze, disfunzioni organizzative soprattutto in materia ispettiva, la collaborazione tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della salute che ci auguriamo si rafforzi in sede di elaborazione dei decreti legislativi.
Più in particolare, vorrei segnalare gli aspetti più positivi del provvedimento che mi paiono maggiormente degni di nota: in primo luogo, il fatto che l'applicazione della normativa in materia di tutela della sicurezza e della salute sul lavoro concerna tutti i lavoratori e le lavoratrici, compresi gli immigrati, gli autonomi, i subordinati e i soggetti ad essi equiparati, e che si preveda la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto in particolare delle responsabilità del preposto.
Segnalo altresì che si prevede di rafforzare il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e di introdurre la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo, e che il provvedimento stabilisce anche la promozione di una cultura della prevenzione e interventi di razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza ed infine che si revisioni la normativa in materia di appalti, migliorando l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante e appaltatore.
Ho già detto dei positivi interventi del Senato, che si sono tradotti nell'aggiunta di essenziali previsioni al provvedimento in esame. Mi riferisco, in primo luogo, alla misura, proposta attraverso un emendamento del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, con cui si riconosce alle organizzazioni sindacali e alle associazioni dei familiari delle vittime la possibilità di esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa, partecipando, come parte lesa, ai procedimenti a carico deiPag. 86datori di lavoro per le violazioni delle norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Riteniamo inoltre assai apprezzabile l'introduzione di provvedimenti immediatamente prescrittivi, tra cui l'estensione a tutti i settori produttivi di alcune disposizioni in materia di contrasto al lavoro irregolare: mi riferisco, in particolare, alla previsione contenuta nell'articolo 2, in base alla quale, nei casi di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesione personale colposa, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà immediatamente notizia all'INAIL ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
Mi riferisco altresì agli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento, istituiti dal decreto-legge n. 223 del 2006 con riferimento ai cantieri edili, ed ora estesi dall'articolo 6 del provvedimento in esame a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto. Altre rilevanti misure immediatamente prescrittive introdotte nel corso della prima lettura prevedono - mi riferisco all'articolo 12 - l'assunzione di 300 nuovi ispettori del lavoro a decorrere dal mese di gennaio 2008, mentre con l'articolo 11 si stabilisce l'abrogazione immediata della sospensiva di un anno delle ispezioni relative alla tutela della salute e della sicurezza, prevista dal comma 1198 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 a beneficio delle aziende che presentino istanza di regolarizzazione. Infine, ricordo quanto disposto dall'articolo 5 al fine di contrastare il lavoro sommerso e di promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro: tale norma estende a tutti i settori produttivi i poteri di sospensione immediata dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, compresa la partecipazione a gare pubbliche, in caso di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all'orario di lavoro, nonché di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Ciò detto, signor Presidente, si tratta forse di un testo perfetto? Certamente no. Anzi, diciamo subito con chiarezza che condividiamo gran parte dei rilievi emersi nella recente assemblea dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza che si è svolta il 13 luglio scorso, durante la quale si è lamentato che le sanzioni penali siano ancora insufficienti per le aziende inadempienti in materia di sicurezza, e che ancora siano troppo scarse le tutele per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) ai quali vanno, a nostro giudizio, attribuiti compiti attivi, compresa la possibilità di muoversi anche fuori della propria azienda, quando si tratti di RLS territoriali, e vanno forniti tutti gli strumenti necessari a comporre una propria valutazione dei rischi. Non solo: restano fuori altri punti, secondo noi essenziali. Ne cito due: in primo luogo, il problema dei cancerogeni che oggi causano tra gli 8 e i 10 mila tumori professionali l'anno, e che devono urgentemente essere sostituiti con sostanze di provata non tossicità; in secondo luogo, i problemi - anche essi restano fuori dal testo in esame - legati alla sicurezza del lavoro domestico professionale, obbligatoriamente iscritto all'INPS. Ricordiamo che si registra in tale settore una drammatica crescita del tasso di incidentalità.
Nel 2004 si sono registrati 2.572 infortuni; nel 2005, 2.593, lo scorso anno ben 2.767 e sono incidenti non di rado assai gravi, che colpiscono per la quasi totalità, ben oltre il 90 per cento, le donne. È una condizione di genere, nel lavoro, che è necessario affrontare con urgenza mediante efficaci interventi a tutela del lavoro femminile. Dunque, segnaliamo alcune carenze, anche rilevanti, nel provvedimento che stiamo discutendo e, nondimeno, siamo persuasi che esso si muova nella direzione giusta. Potremmo dire che una prova di ciò è nell'atteggiamento ostile assunto nei suoi confronti dalla Confindustria.Pag. 87
Vorrei soffermarmi brevemente su tale aspetto, perché non è escluso che possa giovare all'esame del provvedimento la memoria di alcune recenti minacciose esternazioni. All'inizio di questo mese il vicepresidente della Confindustria, l'ingegner Alberto Bombassei, ha definito il provvedimento che stiamo discutendo punitivo e inutilmente sanzionatorio, additando in esso il frutto - cito - di una cultura antindustriale, strumentalmente incline a rappresentare il tessuto produttivo del Paese alla stregua di luoghi con salari indecenti, sfruttamento e morte.
Sui salari tornerò brevemente concludendo il mio intervento. Quanto allo sfruttamento del lavoro e ai suoi tragici contraccolpi sulla sicurezza e la vita dei lavoratori, le cifre ricordate all'inizio dovrebbero costituire - così pare - un sufficiente commento. Invece no, secondo il vicepresidente della Confindustria il provvedimento in esame tenderebbe - cito ancora dal suo intervento all'Assofond del 2 luglio scorso - a privilegiare il mero controllo rispetto al dialogo, la repressione rispetto al sostegno. Questo è, con ogni evidenza, il punto. La Confindustria si lamenta, come sempre, dei quattrini; protesta perché l'applicazione di questa normativa costerà qualche soldo alle imprese. Ma il punto dolente per la Confindustria riguarda le sanzioni previste. L'ingegner Bombassei parla di gravosi adempimenti e profili di responsabilità e di un apparato sanzionatorio che definisce immotivatamente penalizzante per le imprese.
Ora, a parte che è ben curioso che si pensi subito alle sanzioni, dando evidentemente già per scontata la violazione delle norme, meraviglia che i vertici associativi della grande impresa del nostro Paese - generosamente sostenuta dallo Stato e non si capisce davvero perché l'impresa privata reclami continuamente aiuti dallo Stato, pubbliche provvidenze che non pare rientrino nel libero gioco del mercato - si preoccupino delle sanzioni quando è in gioco la vita di migliaia di persone. Certo, sappiamo bene che la stragrande maggioranza, oltre il 90 per cento degli incidenti mortali, si verifica nella piccola impresa, con meno di sedici dipendenti, ma riteniamo che tale circostanza dovrebbe suggerire maggiore cautela ai vertici della Confindustria. Un atteggiamento più costruttivo risparmierebbe loro il rischio di apparire paladini dell'impunità.
Ma se andiamo avanti nel ricordare l'intervento del vicepresidente della Confindustria, forse, comprendiamo meglio il senso delle sue preoccupazioni. Ciò che la Confindustria teme del provvedimento in esame è che esso possa conferire al sindacato e ai RLS maggiori poteri di controllo e di rivalsa in sede giudiziaria. Lo stesso Bombassei ha dichiarato che il ruolo che il legislatore intenderebbe assegnare alle parti sociali è animato da una contraddittoria e sterile finalità conflittuale. Supponiamo che egli facesse riferimento proprio alla norma che prevede la possibilità che familiari e sindacati si costituiscano in giudizio nei processi per infortuni a carico degli imprenditori: è questa possibilità che preoccupa molto la Confindustria, che forse teme che la norma porrebbe finalmente termine all'abitudine invalsa di archiviare molti procedimenti.
Pertanto, di fronte a queste reazioni scomposte, traiamo ulteriori motivazioni per andare risolutamente avanti nella discussione costruttiva del disegno di legge in esame, sottolineando l'assoluta necessità di accantonare le irresponsabili pulsioni deregolatorie - sposate anche da taluni settori dell'opposizione - che costituiscono - a nostro giudizio - un'offesa a tutti i lavoratori, che hanno subito le conseguenze di condizioni di lavoro pericolose.
Per tale motivo, signor Presidente, riteniamo necessario procedere con decisione e rapidità, recependo il suggerimento rivoltoci in tal senso dalle organizzazioni sindacali, a cominciare dalla CGIL, dalla FIOM e dalla totalità dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Abbiamo, pertanto, accolto l'invito a ritirare i nostri emendamenti in Commissione. Trasformeremo quelli, a nostro giudizio, più rilevanti in ordini del giorno, che ci attendiamo il Governo vorrà accettare e considerare vincolanti,Pag. 88ai fini della stesura dei decreti legislativi. Trattandosi di una legge delega, infatti, non vale, in questo caso, l'ironico adagio parlamentare secondo il quale «un ordine del giorno non si nega a nessuno». Gli ordini del giorno accolti, in questo caso, saranno molto più impegnativi, costituiranno veri e propri obblighi che il Governo si assume dinanzi al Parlamento e al Paese.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, osservando che, come era ampiamente prevedibile, la partita del lavoro è centrale in questa legislatura, non solo a causa della pesante eredità della scorsa legislatura, che ha visto un'offensiva durissima contro lavoratrici e lavoratori del nostro Paese, ma anche per la tendenza storica in atto che è effetto del liberismo. La mia - tengo a chiarirlo - non è una valutazione ideologica, ma una semplice considerazione, che riposa su dati nudi e crudi. Vorremmo che, una volta tanto, su questi dati si misurassero tutte le forze politiche, anche nella coalizione di centrosinistra, interrogandosi sulla bontà della strada imboccata dal nostro Paese e dall'Unione europea. Nell'insieme dei Paesi del G7, dal 1980 al 2005, si è registrata una riduzione di oltre 4 punti di PIL della quota dei redditi da lavoro dipendente, a fronte di un aumento dei consumi privati pari al 5,3 per cento. In Italia, questa già pesante tendenza appare ancora più grave, considerato che la riduzione della quota attribuita ai redditi da lavoro è di oltre sette punti percentuali: era il 49,2 per cento nel 1980, è, a malapena, del 42 per cento nel 2005.
Insomma, una lunga vicenda di pesanti sacrifici imposti al lavoro, anche sul piano della netta riduzione della spesa sociale. Ma perché questi sacrifici? Per fare cosa? Si potrebbero anche accettare i sacrifici, ma in un più breve periodo e in una logica di investimento sul futuro. Il liberismo che alcuni chiamano modernità, invece, determina una drastica riduzione degli investimenti produttivi: nei venticinque anni cui ci stiamo riferendo, la quota degli investimenti fissi lordi è scesa del 4,4 per cento, a fronte di un altrettanto forte aumento della speculazione finanziaria. Pensate che il rapporto tra attività finanziarie e PIL, che nel 1980 era di 4,6 ad 1, diventa nel 2005 di 9 a 1!
È in tale cornice storica, che la partita del lavoro è centrale per la politica, qui e ora, per questo Parlamento e per il Governo alla guida del nostro Paese.
Pertanto, signor Presidente, vorrei ricordare che, anche in relazione a ciò vi sono grandi aspettative da parte delle classi popolari, di chi lavora, di coloro che chiedono interventi in controtendenza su salari, precarietà e condizioni lavorative, a cominciare dalla nocività e dalla tutela della sicurezza e della salute sul lavoro. A tali aspettative, già si era iniziato a fornire risposte adeguate, e comunque impegnative, nel programma elettorale dell'Unione. Ebbene, oggi saremmo ipocriti o reticenti qualora affermassimo che - Governo e maggioranza - sino ad ora abbiamo agito in modo coerente con tali premesse: non è così. Non è così sulle pensioni. Esprimiamo un giudizio negativo sul recente accordo in materia previdenziale. Condividiamo, al riguardo, le valutazioni della FIOM, in particolare per quanto concerne il sostanziale mantenimento dello «scalone Maroni». Non è così neanche per quanto riguarda le misure annunciate ieri dal Governo in relazione alla lotta contro la precarietà del lavoro, quel protocollo sul lavoro e la competitività che il Ministro Damiano ha voluto definire, graziosamente, non emendabile, tradendo una concezione dei rapporti tra Esecutivo, maggioranza e Parlamento che davvero non ci sentiamo di condividere. Tale protocollo costituisce un progetto che non fornisce risposte adeguate per quanto concerne la precarietà del lavoro e rischia di incoraggiare il ricorso agli straordinari, che sono tra le cause dell'innalzamento dei tassi di incidentalità. Inoltre, non interviene in modo adeguato sui contratti a termine, il cui uso improprio attualmente è tra gli strumenti maggiormente negativi di cui l'impresa si avvale per mantenere il lavoro sotto la continua minaccia dell'insicurezza.Pag. 89
Tutte le proposte del Governo, ma in particolare quelle che concernono tali materie, lungi dall'essere non emendabili - l'ho già detto in forma ufficiale e vorrei se ne prendesse nota per evitare si possa affermare che Rifondazione Comunista non si muove con coerenza e lealtà - a nostro avviso, si presentano discutibili e migliorabili. Ci impegneremo, quindi, perché vengano sensibilmente modificate nei punti a nostro giudizio maggiormente negativi.
Concludo, signor Presidente. Si tratta di una partita aperta. Pertanto, a maggior ragione riteniamo indispensabile che il Governo dimostri sensibilità e capacità di ascolto, sul terreno della sicurezza e della tutela della salute di chi lavora, comprendendo che le nostre richieste, che trasfonderemo in appositi ordini del giorno, si muovono nella direzione che dovrebbe stare a cuore a tutti: quella della più efficace prevenzione e tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, in tutta onestà, vorrei far presente che gli interventi precedenti sono stati contraddistinti da uno spirito sicuramente positivo, ossia fornire risposte concrete ad un problema molto evidente e serio, in quanto è in gioco la vita dei lavoratori. Tuttavia, come ho già avuto modo di affermare in diverse occasioni, il tema della tutela della sicurezza e della salute sul lavoro, è sicuramente uno di quegli argomenti che non ammettono strumentalizzazioni e, soprattutto, non consentono di indirizzare i dati e le statistiche a meschine logiche di parte: è un esercizio inutile. Nessuno vuole farlo e vorrei dare atto che, nel corso della discussione che si è svolta sia nell'ambito dell'XI Commissione sia nell'ambito della XII Commissione, nessuno lo ha fatto. Pertanto, in primo luogo vorrei evidenziare come la tipologia degli infortuni sul lavoro sia legata alla realtà economica, produttiva e lavorativa propria e specifica delle diverse aree del Paese.
Ad esempio - lo avete già ricordato voi - al nord, in questi ultimi anni, gli incidenti sono aumentati di molto, specie nei cantieri.
Per quanto riguarda alcune province, molti incidenti sono legati all'attività agricola o anche all'autotrasporto: autisti di mezzi pesanti sono vittime della strada perché costretti ad orari impossibili o a viaggiare di notte senza adeguato riposo.
Ho introdotto tali argomenti per far osservare che, affrontando il tema nella sua complessità, si evidenzia come queste tragedie quotidiane siano anche figlie di una società che ci impone ritmi sempre più frenetici.
L'ipotesi di adottare un testo unico in materia di sicurezza sul lavoro - lo sappiamo bene - risale già alla fine degli anni Settanta. La prima significativa produzione normativa in materia si è avuta con il decreto legislativo n. 626 del 1994; sono poi intervenute successive modificazioni ed integrazioni di tale testo base che cercavano, in qualche modo, di migliorare la situazione. Forse, anche ciò ha contribuito alquanto a determinare la situazione di confusione in ordine a tale materia.
Questo proliferare di modifiche ha evidenziato la necessità di adottare un testo unico che potesse essere facilmente comprensibile, preciso nell'indicare principi e doveri, in grado di semplificare la complessità delle norme e delle procedure e che avesse anche un carattere culturale: doveva contemplare, cioè, una vera e propria formazione in ordine alla prevenzione.
La necessità dell'adozione di un testo unico di riordino della complessa normativa in materia di sicurezza sul lavoro è stata evidenziata già nella XIV legislatura, da una maggioranza diversa dall'attuale, la maggioranza di centrodestra.Pag. 90
Nulla da dire o da eccepire sulle finalità di questo disegno di legge: piuttosto, per quanto concerne i contenuti, vorrei rilevare l'eccessivo rilievo che forse il testo attribuisce al ruolo delle parti sociali. Riprendendo, al riguardo, quanto riferito dall'onorevole Burgio, che ha evidenziato il fatto che Confindustria è stata una delle poche associazioni a lamentarsi, voglio ricordare che Confindustria, tuttavia, è un interlocutore privilegiato di questo Governo e di questa maggioranza.
In Italia muoiono migliaia di lavoratori ogni anno, nonostante una normativa che, per così dire, ha compiuto passi da gigante in questi ultimi anni. Qual'è allora la ragione di questo picco non degno di una società che abbia la vita e la sua qualità al centro della propria attenzione? Ricordo anche, con la stessa logica che si applica agli incidenti stradali, che, catalizzato l'interesse sulle vittime, si dimentica che un enorme numero di lavoratori resta ferito in modo invalidante, compromettendo la propria esistenza, il futuro proprio e della propria famiglia e la stessa attività lavorativa.
Gli infortuni, al di là della casistica, provocano emarginazione e chiamano in causa centinaia, migliaia di persone, se solo pensiamo alle famiglie emotivamente, affettivamente ed economicamente coinvolte. C'è poi un altro dato che viene spesso minimizzato con lo stesso criterio con il quale si interpretano i dati sulla criminalità; non si vuole prendere atto che l'immigrazione massiccia ed irregolare - lo voglio dire con serenità - ha una parte preponderante sull'uno e sull'altro fronte.
Non è solo questione di lavoro nero, ma di dimestichezza con i mestieri, con le funzioni che si è chiamati a svolgere: la mancanza di abilità, di capacità e di concentrazione non sono determinanti se si raccolgono i pomodori al sud o le uve al nord, ma diventano veramente pericolose se si lavora in qualche raffineria o in cantieri a dieci-quindici metri di altezza da terra; tralascio, poi, di soffermarmi sull'alto tasso di lavoratori che rimangono folgorati. Ci si pone quindi il problema di una normativa che sappia avere in sé il rigore di fondo, ma anche la duttilità per essere applicata con modalità diverse a seconda dei lavori e delle zone in cui essi si svolgono.
Si pone soprattutto l'esigenza di perseguire politiche di prevenzione (al riguardo, si comincia ad intravedere qualcosa), che peraltro vedono gli enti locali impegnati in prima fila accanto alle altre istituzioni. Il sottosegretario ha ricordato come fondamentale debba essere il collegamento tra centro e periferia, fra Governo, regioni ed enti locali. A tal proposito, a scopo esemplificativo, voglio portare un caso emblematico: a Lecco, la mia città, per una intesa sottoscritta fra l'Associazione delle piccole imprese, l'INAIL e il Politecnico, la sicurezza sui luoghi di lavoro finisce sul web. Si tratta di uno strumento elettronico, che permette alle piccole e medie imprese lecchesi di archiviare e di condividere i dati relativi alla sicurezza sul lavoro; il tutto, sempre con l'attenzione rivolta all'aumento della competitività ed anche al contenimento dei costi. L'obiettivo è realizzare uno strumento software con interfaccia web - per supportare le piccole e medie imprese nelle principali attività di gestione della sicurezza e per favorire l'informazione e la formazione del lavoratore - ma nel contempo diffondere la cultura e le conseguenti prassi di prevenzione degli infortuni.
È un progetto pilota che fungerà da esempio per altre realtà extraprovinciali. L'obiettivo è testare questo progetto su una provincia, come Lecco, a forte rischio di infortuni vista la sua marcata identità manifatturiera, per poi esportarlo nella regione e, magari, anche a livello nazionale. I vantaggi per le imprese si potranno misurare su tre fronti: dal punto di vista sociale, perché contribuirà a migliorare la qualità delle condizioni di lavoro all'interno delle imprese; da quello economico, poiché finirà per innalzare i livelli di produttività e di qualità riducendo le perdite finanziarie e i relativi costi associati; e infine sul fronte giuridico: le imprese saranno infatti agevolate nell'adempimento degli obblighi legislativi, anchePag. 91perché la conoscenza da parte dei piccoli imprenditori dei temi inerenti la sicurezza è destinata a migliorare.
Questo è un esempio di come realtà locali, del nord in questo caso, rispondono all'esigenza di sicurezza. Quindi ci sono risposte forti, che provengono da tutte le parti. Fondamentale è la collaborazione: delle categorie, dei lavoratori, degli enti locali, dell'INAIL, dell'ANMIL, l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, che dimostrano di voler lavorare bene, concertando le scelte, cosa che purtroppo questo Governo non sempre ha dimostrato di fare. Penso comunque che imporre una normativa dall'alto sia sempre una cosa controproducente è sbagliata.
Tornando al nostro disegno di legge, ho voluto ricordare il significativo esempio di Lecco per dimostrare anche come in materia non è che il nostro Paese sia così indietro, sia così arretrato: anzi, vi sono anche esperienze positive. Dobbiamo aggiungere che l'approfondimento svolto in questi ultimi tempi, attraverso le ricerche, gli studi approfonditi, le audizioni, i contributi giunti da più parti - ma, a mio avviso, in modo particolare attraverso l'esperienza; la scienza è figliola dell'esperienza, qualcuno diceva - ha rappresentato un lavoro enorme. Un lavoro che ha consentito di avere già a disposizione strumenti normativi e di migliorare la qualità della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Non siamo quindi ai primi passi in questa materia ed è per questo che stupisce la fretta con cui si vuole chiudere la discussione; stupisce la volontà di non cambiare nulla. Non si capisce, infatti, per quale ragione il testo, pur approvato in prima lettura dal Senato con emendamenti - nella versione originaria del Governo, il disegno di legge constava infatti di un articolo unico recante la delega legislativa mentre poi si è ampliata la disciplina, entrando nel dettaglio di alcuni specifici argomenti - non debba subire la benché minima modifica alla Camera. D'altronde, tutti gli emendamenti presentati nelle Commissioni sono stati respinti; prendo atto della situazione, poiché comprendo che si tratta di una scelta precisa, ma debbo dire che forse sarebbe stato possibile migliorare ancora qualche aspetto del testo nel corso della lettura in questa Camera, ma appunto tutti gli emendamenti sono stati respinti. La domanda che dunque mi pongo e che pongo a voi è quale sia il senso del dibattito parlamentare in quest'Assemblea e quali siano le prerogative di questo ramo del Parlamento: dovrete dare voi la risposta.
Il tema della sicurezza sui posti di lavoro non può più essere lasciato all'improvvisazione: per questo la nostra vuole essere una posizione di contributo affinché si possa migliorare il testo. Non bisogna infatti essere strumentali e retorici a tutti i costi, né si può esser contrari solo perché un provvedimento è sostenuto da una certa maggioranza, a maggior ragione perché il futuro, purtroppo, non promette nulla di buono: è infatti assai improbabile che si assista ad una diminuzione degli infortuni, se è vero come è vero che sono previste massicce entrate di persone extracomunitarie nel nostro Paese. Tali entrate significano più incidenti nei cantieri, nelle fabbriche e - lasciatemelo dire - anche sulle strade: forse non li si considera incidenti sul lavoro, ma l'imperizia e l'utilizzo sulle strade di veicoli non in ordine provocano spesso vere e proprie tragedie.
Come ho già osservato all'inizio del mio intervento, debbo onestamente riconoscere che il lavoro svolto nelle Commissione riunite è stato certamente costruttivo per tutti; infatti, pur non condividendo il metodo, condivido però talune scelte ben specifiche. In conclusione, dunque, signor Presidente ed onorevoli colleghi, vi è da augurarsi che dal livello nazionale giungano indirizzi severi e non punitivi per le aziende e per le imprese, che spesso devono fare i conti con costi del lavoro divenuti ormai insopportabili. Quanto agli emendamenti e agli aspetti specifici del testo, ci soffermeremo su di essi nel corso dell'esame successivo, approfondendo taluni argomenti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buglio. Ne ha facoltà.

Pag. 92

SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento vorrei ringraziare le Commissioni (e anche il Governo) non solo per lo splendido lavoro svolto, ma anche per l'accelerazione che si è dato all'esame di questo provvedimento. Non era facile, poiché l'attenzione, anche mediatica, nel Paese non portava a sensibilizzare l'opinione pubblica su questo problema. Dunque, le Commissioni hanno lavorato bene. Mi riferisco a tutti i componenti le Commissioni: vorrei sottolinearlo, poiché non condivido assolutamente alcune affermazioni rese in questa sede. Dobbiamo infatti smettere di pensare che, su alcuni argomenti, vi è una parte che presenta una maggiore sensibilità ed un'altra che, invece, si disinteressa di morti ed infortuni: queste affermazioni costituiscono un'offesa per le istituzioni e per l'opposizione, ma credo siano anche un errore gravissimo per chi le fa. Sottolineo questo aspetto perché devo dire che queste tesi mi infastidiscono, per quanto spesso le ascolto: ormai, sarà anche per l'età un po' avanzata, comincio a contrariarmi ascoltando queste affermazioni che, se permettete, sono ridicole. Anzi, debbo dire che ne ho ascoltate anche qui: non farò nomi, ma vi lascio immaginare.
Vi è un'opposizione seria e vi sono opinioni diverse, che bisogna rispettare: non capisco, pertanto, perché tutto ciò venga visto sempre con furore ideologico per cui, seguendo la logica «amico-nemico», noi saremmo i bravi e gli altri i cattivi. Ciò non è vero: le Commissioni hanno lavorato benissimo e lo hanno fatto perché vi sono stati il contributo di tutti e la sensibilità del presidente e dei relatori: di ciò dobbiamo dare atto per l'ennesima volta, non mi stancherò di ripeterlo, all'opposizione.
Il ripetersi incessante di morti ed infortuni sul lavoro ha costretto il Parlamento a intervenire con urgenza in una materia - quella della sicurezza sul lavoro - da sempre all'attenzione dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali e dell'opinione pubblica.
L'alto, accorato e autorevole richiamo del Presidente della Repubblica corrisponde al profondo sentire della nostra gente. Non possiamo più accettare che l'integrità delle persone e la loro stessa vita costituiscano una sorta di costo sociale da pagare.
La sicurezza sul lavoro è una questione dalle molte sfaccettature, quindi deve essere affrontata sotto diversi punti di vista; è una questione di civiltà, culturale, sociale, economica e di formazione.
Si tratta di un settore - come accennava poc'anzi il collega Bodega, ma ne sono convinto anche io - nel quale le fasi della prevenzione e della vigilanza assumono un ruolo rilevantissimo e nel quale ha un ruolo rilevante pure l'aspetto repressivo.
Osservo che due rimangono i punti critici fondamentali: la prevenzione e la vigilanza.
Noi siamo carenti di mezzi, uomini e strutture, in proporzione non adeguate rispetto all'entità del fenomeno: la volontà politica concreta di far funzionare la struttura e i meccanismi di vigilanza, di controllo e di prevenzione c'è, ma mancano, ripeto, gli strumenti. Non si tratta di un problema soltanto del Governo, ma anche dei vari enti pubblici competenti in materia, a partire da regioni e province.
Senza un impegno costante e pressante in tale ottica continueremo, purtroppo, a piangere lavoratori morti. In questo campo non partiamo da zero e qualcosa è stato fatto: i provvedimenti inizialmente varati da questo Governo, come il Documento unico di regolarità contributiva e le normative in materia di appalto, hanno dimostrato già di essere efficaci.
È, però, importante l'opera che si può fare per migliorare la normativa, mettendo ordine attraverso la produzione di un testo unico e semplificando una normativa estremamente complicata, cresciuta negli anni o, addirittura, nei decenni, quindi di difficile applicazione.
Questo è il primo punto su cui la maggioranza è impegnata con il contributo dell'opposizione.Pag. 93
Vorrei sottolineare un secondo aspetto importante: il rapporto, difficile, con le regioni. Il provvedimento in discussione funziona se l'asse con le regioni funziona.
Per tale motivo, il tema del coordinamento delle attività di controllo e di ispezione deve avvenire in sintonia con le regioni, perché, se è vero che abbiamo pochi controllori e ispettori, tutti ci dicono che vi è una scarsa organizzazione degli interventi.
È quindi fondamentale rendere efficace il coordinamento e l'azione sinergica dei vari istituti competenti, dal Ministero del lavoro alle ASL ed agli altri soggetti interessati.
Solo così potremo controllare milioni di comportamenti su tutto il territorio in situazioni completamente diverse.
Occorre, in buona sostanza, una sinergia tra i soggetti pubblici e privati. Vorrei sottolineare che il buon lavoro delle Commissioni e, come dicevo prima, dei relatori, in particolare del relatore Rocchi, ha prodotto un allargamento, sul piano applicativo, molto importante: mi riferisco, ad esempio, ai lavoratori autonomi, ai nessi tra sicurezza interna ai luoghi di lavoro e le conseguenze sull'ambiente esterno e a tutta la vasta area degli appalti, dei subappalti e delle catene di esternalizzazione, che, se non controllate, creano le occasioni più gravi di infortunio.
Anche su questo aspetto, il testo prevede norme immediatamente precettive superando, come su altri punti, la normativa delegata con un progresso, mi pare, indubbio e largamente condiviso.
Ho sentito qualche critica, avanzata da alcuni colleghi, relativa ad una eccessiva attenzione della maggioranza sulla repressione e ad una scarsa attenzione per la prevenzione.
Abbiamo indicato alcune attività fondamentali per la prevenzione: abbiamo introdotto, non dimentichiamolo, un rafforzamento delle rappresentanze sindacali ai vari livelli, che costituiscono anche uno strumento di prevenzione e per questo abbiamo previsto una formazione specifica.
Abbiamo introdotto e rafforzato le tecniche dei monitoraggi, abbiamo previsto un obbligo di formazione per le qualificazioni delle imprese che va nella medesima direzione e rafforzato, infine, il ruolo del medico competente. Si tratta di indicazioni precise, che mostrano come crediamo al compito della prevenzione.
Un altro punto fondamentale riguarda l'apparato sanzionatorio, che è stato discusso a lungo, prima al Senato, poi in Commissione lavoro. Vi sono critiche all'attuale impianto. Infatti, per qualcuno siamo stati troppo repressivi, per altri assolutori. Credo che abbiamo dosato con equilibrio e con molta attenzione il tipo di sanzione. È vero, abbiamo previsto normative sanzionatorie come le pene interdittive per i casi gravi, ma abbiamo dosato le sanzioni, peraltro, nella convinzione che si debba valorizzare il cosiddetto ravvedimento e che alla sanzione si debbano accompagnare anche l'incentivazione e il premio per i comportamenti virtuosi. Per tale motivo abbiamo valorizzato le buone prassi. Si tratta di un punto di equilibrio, che riteniamo corretto, realistico, in linea con le migliori tradizioni europee.
Con tale provvedimento alcuni obiettivi sono stati raggiunti, alcuni miglioramenti sono stati apportati, con l'impegno del Governo e anche della maggioranza a compiere uno sforzo ulteriore, che dobbiamo cercare di realizzare. Sono necessarie maggiori risorse e fondi per realizzare alcuni punti del provvedimento. Rivolgiamo ancora tale appello al Governo, ma permettetemi di affermare con forza che occorre un altro elemento fondamentale: una svolta culturale.
Il 93 per cento degli infortuni mortali avviene nelle aziende - lo si diceva prima - con meno di 16 dipendenti: dietro a tutto ciò vi è una cultura, come accennavo poco fa, che ritiene che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori siano di impedimento alla competitività della propria azienda. Il Paese non farà passi avanti se si teorizza che il basso costo del lavoro è l'unico strumento per essere competitivi. Questo ci porterà direttamente al lavoro nero e all'insicurezza sui posti di lavoro.Pag. 94Le persone vengono prima dei profitti. Si tratta di un'osservazione, credo, per molti semplice e quasi banale, ma oggi sembra rivoluzionaria. È il frutto, purtroppo, del degrado politico, sociale e culturale che ci porta a piangere ogni anno migliaia di morti e feriti.
Approviamo in fretta il provvedimento in esame. Può e deve essere un segnale per chi pensa che i lavoratori si usano e si buttano via: sono in molti, purtroppo, in questo Paese. È anche un segnale positivo verso milioni di lavoratrici e lavoratori, che riacquistano una dignità e un ruolo sociale (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Cristofaro. Ne ha facoltà.

PEPPE DE CRISTOFARO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione, in calce al resoconto della seduta odierna, del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole De Cristofaro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, non posso osservare il richiamo da lei fatto in precedenza, non avendo scritto il testo del mio intervento e avendo solo qualche appunto. Reputo, comunque, doveroso svolgere il mio intervento, perché l'iter che ha portato il provvedimento in esame in Assemblea richiede indubbiamente un minimo di approfondimento ancorché in sede di discussione sulle linee generali e prima dell'esame degli articoli.
All'inizio del suo intervento il relatore Rocchi ha elencato nomi e cognomi degli ultimi caduti sul lavoro, il che fa riflettere e pensare tutti, non solo da oggi ma da tanto tempo. Ha fatto anche bene a sottolineare le motivazioni per le quali molte persone, tantissime, la maggior parte degli italiani vanno al lavoro ogni giorno: il lavoro, infatti, significa futuro, famiglia, giovani, significa dare la possibilità di una strada aperta e migliore a tutti.
I numeri spaventosi delle morti sul lavoro, migliaia, sono da sempre davanti a tutti noi, prima come cittadini, poi come parlamentari e in particolare come componenti e membri dell'XI Commissione fin dal primo giorno.
Quindi, se andiamo nello specifico di questi drammatici numeri, vediamo anche quanti sono i morti al primo giorno di lavoro, un altro aspetto molto preoccupante sul quale dobbiamo riflettere. Per queste motivazioni era ovvio che tutti noi fossimo impegnati nella ricerca di un provvedimento che andasse veramente nel senso richiesto e necessario.
Per questi motivi affermo che, in questo momento, si è persa un'occasione - non me ne voglia nessuno - per produrre un testo realmente condiviso. I componenti della XI Commissione sanno come il lavoro ed il confronto, nella presente legislatura, siano stati sempre estremamente corretti e costruttivi nella consapevolezza che i problemi affrontati dalla Commissione, come la sicurezza sul lavoro (ma non solo), richiedono una responsabilità che vada oltre la posizione politica, l'appartenenza partitica o l'ideologia.
Il primo impegno unitario di trovare, in tempi brevi, una soluzione per la sicurezza sul lavoro è avvenuto proprio in XI Commissione
Forse l'unico aspetto positivo - comunque non nella sua globalità - è che, come Paese Italia, abbiamo un numero inferiore di morti sul lavoro rispetto alla «zona euro»; tuttavia le morti sono sempre troppo numerose e, in ogni caso, ciò deve spronarci ancora di più.
Ho affermato che si è persa un'occasione per produrre un testo realmente condiviso; aggiungo che si è anche vanificato lo spirito del lavoro della XI Commissione e che è venuto meno l'impegno, assunto all'unanimità, sul problema della sicurezza sul lavoro. Il disegno di legge del Governo, a cui è seguita una proposta di legge molto corposa ed articolata, non ha visto, come invece sarebbe stato forsePag. 95opportuno, una condivisione dei due testi e la ricerca di un testo unico con il quale arrivare in Commissione.
Siamo andati avanti, comunque, nella consapevolezza di dover dare un contributo migliorativo rispetto alla proposta del Governo. Successivamente, nelle Commissioni riunite XI e XII - non entro nel merito di tale scelta perché, comunque, così è stato deciso - è stata più volte ripresa, da parte di tutti e soprattutto della maggioranza, la necessità di varare il provvedimento, qualora ve ne fosse la volontà. Indubbiamente nelle Commissioni riunite erano presenti sia una simile volontà, sia la consapevolezza della necessità. Tuttavia, non si poteva immaginare che la necessità di varare una proposta come questa passasse attraverso un'indicazione unilaterale dei contenuti.
A quel punto, con una responsabilità che credo abbia contraddistinto tutti i parlamentari dell'opposizione, sono state presentate proposte emendative, che sono state riconosciute dalla maggioranza come condivisibili ed indubbiamente in grado di migliorare il testo. Tuttavia, sono emerse, rispetto a tali proposte, preoccupazioni rispetto ai tempi. Quindi, pur ritenendo condivisibili e forse anche accettabili le proposte, si è posta come priorità la tempestività della conclusione dei lavori e l'approvazione del provvedimento al nostro esame entro il 2007.
Mi chiedo: quando siamo di fronte a problemi come questi, da tutte le parti ritenuti urgenti, è più importante la tempistica o il contenuto del provvedimento?
Penso, almeno per quanto mi riguarda, che sia prioritario, dal momento che stiamo parlando della vita delle persone, il contenuto della proposta che poi, diciamo così, calerà sulla pelle dei cittadini. Abbiamo tentato, almeno per quanto riguarda il mio gruppo e l'opposizione tutta, di proporre la possibilità di concordare poche modifiche migliorative rispetto ad una disponibilità a chiudere, ancorché evidentemente il provvedimento fosse dovuto tornare al Senato, nei tempi più brevi possibili l'iter del provvedimento. Non c'è stato nulla da fare, non si è nemmeno minimamente voluto prendere in considerazione la proposta. È chiaro che a quel punto la discussione sugli emendamenti ha sfiorato, se non proprio toccato, l'arroganza e la presunzione. In un'ora e ventisei minuti di una mattina, sono stati votati e respinti il 50 per cento degli emendamenti.
Alla luce di ciò, al di là della convinzione totale di tutti sulla validità di un provvedimento rivolto alla sicurezza, il nostro gruppo ha abbandonato i lavori della Commissione, anche per non sembrare quelli che venivano tacciati di comportamento ostruzionistico rispetto all'eccessiva premura e velocità data al Governo sul provvedimento in esame.
Inoltre, anche nel contenuto la proposta è - qualcuno dice che non è vero - eccessivamente repressiva, a fronte della necessità di una ricerca di maggiore prevenzione e di un'azione più equilibrata, su cui avremmo potuto fornire un contributo realmente costruttivo. Tale azione avrebbe potuto vedere l'individuazione di una normativa più equilibrata fra imprese, datori di lavoro e lavoratori stessi, come dicevo prima. Quindi, si proponeva l'approvazione di un provvedimento finalizzato in maniera per lo meno leggermente diversa rispetto a quello che è stato presentato dal Governo.
Si pensi solo al sistema di assegnazione degli appalti, che è richiamato molto bene. È un argomento di una delicatezza che forse qualcuno non ha ben compreso: appalti privati, ma soprattutto pubblici, dove sul banco degli imputati è messo il sistema del massimo ribasso. Al di là della sicurezza sul lavoro, questo è un argomento da tempo in discussione. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato contro l'appalto al massimo ribasso, perché può far pensare, una volta aggiudicato con alti ribassi, di avere a disposizione somme superiori o ulteriori per fare dei lavori. Bisogna, tuttavia, capire veramente, quando si realizza un forte ribasso, a scapito di quali aspetti tali ribassi vengano ottenuti. Costi e sicurezza debbono stare assieme, ma - ecco perché sostengo che sul punto fosse necessario un approfondimento -Pag. 96vi deve essere anche la trasparenza più volte richiamata, soprattutto da alcuni esponenti del Governo, rispetto ad azioni di questo tipo nelle pubbliche amministrazioni.
Pur comprendendo le posizioni e le provenienze di tutti, vi è un ulteriore aspetto meritevole di un minimo di approfondimento: l'introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo. Onestamente mi chiedo: chi è, cosa farà, perché, che figura sarà? Vi sono già ruoli precisi dentro le unità lavorative, come per i sindacati. Vi è la pericolosità di un confronto fra gli stessi lavoratori. Ci sono situazioni tali per cui sarebbe stato meglio - e sarà meglio se sarà possibile - approfondire tale aspetto.
Sono a rischio i ruoli e i rapporti tra lavoratori e anche lo stesso ruolo del sindacato. In questi frangenti di discussione, se pur veloci, si è evidenziato nella maggioranza un certo disagio, sfociato nella presentazione di alcune proposte emendative, che qualcuno ha ribadito di aver ritirato per una valutazione che andava oltre ed è sfociata persino sulle pensioni. Tuttavia, vi è stato un emendamento della maggioranza uguale a uno presentato dall'UDC, a firma di ben quindici parlamentari. Ciò ha dimostrato - se ve ne fosse ancora bisogno - la necessità di un iter diverso per il provvedimento in esame.
Alla fine mi chiedo se è possibile che da parte nostra, non dico da parte del gruppo dell'UDC...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente mi avvio verso la conclusione ed eventualmente, se sforerò il tempo a mia disposizione, recupererò qualche minuto dal tempo previsto per l'intervento della mia collega Capitanio Santolini.
È possibile che da parte di tutta l'opposizione non possa arrivare alcunché di migliorativo rispetto al provvedimento in esame?
In ultimo, alla luce delle mie considerazioni, vorrei affrontare il problema della delega che si pone al primo punto. La delega, infatti, si conferisce quando vi è ampia condivisione - non dico unanimità - sull'argomento oggetto della delega stessa. Nel nostro caso non vi è un'ampia condivisione, perché nessun emendamento e nessuna delle nostre proposte è stata accettata, inoltre non vi è nemmeno la totale condivisione da parte della maggioranza stessa.
Infine, la delega deve essere conferita a qualcuno e il Governo, in questo caso, agisce in maniera univoca, in quanto sappiamo quante e quali contraddizioni vi siano quotidianamente all'interno della maggioranza. Quindi, si tratta di una delega che rappresenta una contraddizione non solo per ciò che ho affermato ora, ma anche perché sicurezza sul lavoro significa vita, economia, posti di lavoro, anche sommersi, immigrazione e tutta una serie di elementi, per non tornare sugli appalti e sui subappalti, che in questo momento non possono essere gestiti con una delega a un Governo che incontra grandissime difficoltà ad avere una linea condivisibile al suo interno.
Quindi serviva, serve e potrà servire un maggiore confronto, anzi, sarà necessario un confronto. Il Parlamento, a mio avviso, in questo caso è stato espropriato - e vediamo come si proseguirà - più di ogni altra volta. Restituiamo, soprattutto durante l'esame del disegno di legge, al Parlamento il ruolo e la dignità che gli competono. Le proposte emendative che presenteremo potranno essere un elemento per capire ciò.
Nel suo intervento il rappresentante del Governo ha ringraziato tutti. Devo dire che speravo di arrivare alla fine dell'iter sul provvedimento in esame ed unirmi ai ringraziamenti di tutti. Tuttavia, per ciò che ho affermato, pur essendo consapevole dell'importanza del provvedimento e condividendo la necessità di proseguire il suo esame, non credo che si possa effettuare un ringraziamento vero e generalizzato.
Il lavoro in Commissione - come ho spiegato precedentemente - non si è concluso come avrebbe dovuto. Sfatiamo, inoltre, l'idea che qualcuno è contro laPag. 97sicurezza sul lavoro e qualcuno è a favore, in quanto siamo tutti a favore - e lo abbiamo dimostrato - della vita e della sicurezza delle persone, soprattutto dei lavoratori.
Quindi, al di là dei disagi, vorrei invitare il Governo - e spero di essere ascoltato - a non far prevalere l'impegno programmatico elettorale, anche se capisco che ciò è normale, legittimo, tanto che ha contraddistinto, peraltro, tutta una serie di confronti politici in quest'aula. Tuttavia, sul provvedimento in esame, credo che non debba prevalere la scusa dei tempi. Affinché non sia un provvedimento a senso unico, ritengo che non si debba prendere una scorciatoia. Immagino che il Governo possa e debba prendersi la responsabilità di rappresentare una maggioranza.
Se fosse così, garantiremmo la massima serietà e il massimo impegno sui tempi, laddove qualche nostra proposta emendativa fosse accettata. Garantiamo serietà e certezza dei tempi, purché si possa produrre quel minimo miglioramento che si può e, a mio avviso, si deve apportare al testo del disegno di legge in esame.
Confido, quindi, nel fatto che il Governo e la maggioranza diano un segnale responsabile durante il prosieguo della discussione.

PRESIDENTE. Poiché me ne è stata fatta richiesta, avverto che, ove qualche collega avesse intenzione di consegnare il testo scritto dell'intervento, gli darei la parola subito: infatti, dichiarando soltanto di voler consegnare il testo, non sottrarrebbe tempo agli altri. Si tratta di un'informazione che comunico in maniera generalizzata, senza voler esercitare alcuna pressione.
È iscritto a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

LUIGI FABBRI. Signor Presidente, riprendo quanto affermato dal collega Buglio, che peraltro ringrazio. Noi dell'opposizione abbiamo svolto, in Commissione, un lavoro non ostruzionistico: si tratta, infatti, di un problema che sta a cuore a tutti (e non può che essere così). Mantenere doverosamente alta la tensione morale, prima che politica, per contrastare un fenomeno che, anche se producesse una sola vittima, sarebbe di una gravità incommensurabile, ci dovrebbe indurre a rafforzare tutti i presidi che possano prevenire il formarsi del danno alla salute che la persona può subire sul posto di lavoro.
Detto questo, però, bisogna riportare i dati del fenomeno su un altro livello. Mi rifaccio ai dati forniti dall'INAIL: nel biennio 2005-2006 il numero degli infortuni è diminuito del 6,5 per cento. Se paragonato al fatto che, negli ultimi anni, l'occupazione è aumentata del 4,9 per cento, questo dato migliora ulteriormente.
Voglio anche ricordare che i nostri dati non sono superiori a quelli della media dell'Europa a quindici, sono nettamente inferiori a quelli dell'Europa a venti e, comunque, sono sempre inferiori ai dati dei Paesi assimilabili al nostro, come la Germania, la Francia e la Spagna. Tutto ciò ha poca importanza, ma mi serve per puntualizzare un fenomeno tutto italiano: nel computo delle morti e degli infortuni c'è anche il numero degli infortuni in itinere, ossia degli infortuni che il lavoratore riporta quando al mattino va al lavoro e la sera torna a casa, tant'è vero che questo numero, che varia dall'8 al 10 per cento degli infortuni in generale (quindi, non è di scarso rilievo) è crollato drammaticamente con l'introduzione della patente a punti nel 2003.
Pertanto, non siamo «messi» così male, come certa stampa e qualcuno hanno voluto evidenziare; il problema, però, deve essere affrontato e, dopo tutto, lo abbiamo affrontato anche noi del centrodestra, quando eravamo al Governo nei cinque anni precedenti. Io stesso - il sottosegretario Montagnino lo ricorderà - ho presentato un libro bianco, in cui si evidenziavano tre elementi di crisi nel nostro sistema.
Mi riferisco innanzitutto ad un affastellarsi delle varie disposizioni di legge relative al recepimento delle direttive europee, sedimentatesi sul fondamentale decreto legislativo n. 626 del 1994, con ilPag. 98risultato di un'incertezza e di una difficile interpretazione della norma; in secondo luogo, alla mancanza di buone prassi - sulle quali insistiamo molto - e di criteri prevenzionistici specifici per le piccole imprese e per l'agricoltura: nel complesso, infatti, il nostro sistema regolatorio è orientato sull'impresa media o medio-grande.
Il terzo problema è relativo alle nuove tipologie di lavoro: è cambiato il mercato del lavoro, quindi non dobbiamo più parlare di nuovi lavori.
Questi tre elementi di criticità sono stati affrontati nel libro bianco e attraverso la produzione legislativa del Governo del centrodestra. Noi allora adottammo, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 229 del 2003, un decreto delegato, che abbiamo riveduto, che è stato presentato ed è al nostro vaglio (io ne sono il primo firmatario assieme a molti colleghi della Commissione).
Quel decreto delegato, da cui questo disegno di legge trae ispirazione, si fermò di fronte alla contestazione delle regioni, soprattutto di quelle amministrate dal centrosinistra. Allora esse opposero un'interpretazione rigida dell'articolo 117 della Costituzione, che noi peraltro modificammo (o che, anzi, cercammo di modificare, poiché la riforma fu in seguito bocciata dal referendum), secondo la quale sulla base di una definizione assolutamente incerta nella sua interpretazione, la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro sarebbe materia di competenza concorrente tra Stato e regioni.
Vi fu anche allora un parere del Consiglio di Stato, che segnalò alcuni criteri di rispetto della Carta Costituzionale, ai quali - debbo dire - questo disegno di legge delega non ha in alcun modo ottemperato. Se mi consentite, le cose cambiano o, meglio, cambiano i Governi. Allo stesso modo, cambia anche l'atteggiamento di quelle stesse regioni, che ci chiesero rigidamente un'interpretazione, a mio avviso, pericolosa, secondo la quale avremmo dovuto dar vita a tanti sistemi di sicurezza per ciascuna regione, rendendo ancora più difficile l'obiettivo dell'effettività delle norme, che già oggi è complesso per la loro incerta interpretazione.
La legge Biagi, che si preoccupò di estendere le tutele a tutte le tipologie di lavoro, già prevedeva tutele fondamentali, quindi incrementava il grado di protezione dei nuovi lavori. Ci interessammo della riforma dei servizi ispettivi, così come fa il provvedimento in esame, che è un omnibus, perché contiene un po' di tutto, anche come regolarizzare i lavoratori, riprendendo la legge finanziaria. Prevede, inoltre, l'assunzione di 609 ispettori, che era già contemplata dalla nostra riforma dell'apparato ispettivo.
Peraltro, debbo dire che i controlli nei cantieri, negli stabilimenti e nel mondo produttivo sono eseguiti prevalentemente dalla ASL del posto. Quindi, siamo già di fronte a servizi ispettivi non uniformi nel loro comportamento a livello nazionale, perché cambiano a seconda delle regioni e degli input che vengono dati dalle giunte regionali.
La differenza tra noi e voi è soprattutto nell'approccio: noi sosteniamo che voi contate quasi esclusivamente sulla sanzione, mentre noi vorremmo tanto che ci fosse un approccio per obiettivi, non per regole; anzi, più per obiettivi che per regole.
Le regole ci devono essere, come ci deve essere l'apparato sanzionatorio, ma questo non può essere l'unico strumento, peraltro pesante, in una legge delega, che invece contiene disposizioni puntuali quando si tratta di sanzioni.
Noi preferiamo - e questo spirito è presente nel disegno di legge a mia firma - un approccio non formalistico, ma sostanzialista, che consenta di contrastare le patologie dei luoghi di lavoro e tutto ciò che mette a repentaglio l'incolumità delle persone durante l'attività lavorativa.
La vecchia impostazione, che è quella che troviamo in questo provvedimento, vuole contrastare il fenomeno degli infortuni sul lavoro attraverso adempimenti soprattutto formali, anche in modo esasperato, sostenuti da sanzioni che, come vedremo più tardi, sono veramente enfatizzate.Pag. 99
Però, anche qui si tratta di un fatto di cultura politica. Non me ne vogliano i colleghi: abbiamo lavorato insieme, ma siamo su due lunghezze diverse. L'apparato sanzionatorio non è casuale. Esso è conforme ad un approccio tutto formalistico, che, oltretutto, è tarato sempre sulla grande impresa, alla quale volete anche associare il lavoro autonomo, ma non nelle forme circoscritte che avrebbero rappresentato un passo avanti rispetto alla disciplina precedente e, allo stesso tempo, verosimile e coerente con la natura del lavoro.
Noi proponiamo un'altra strada: un approccio per obiettivi. Bisogna essere premianti quando si deve cercare di raggiungere un obiettivo e non punitivi.
Deve esserci un approccio per obiettivi, che si realizza in primo luogo con un sistema di monitoraggio, perché non vi è democrazia senza controllo. Quindi, non è che noi non vogliamo i controlli, ma il monitoraggio va fatto. Oggi gli anglofoni lo chiamano benchmarking, ma deve trattarsi, comunque, di un controllo e di un monitoraggio condivisi.
Avevamo avanzato una proposta: facciamolo presso il CNEL, che è un organismo di rango costituzionale, costituito da rappresentanti dello Stato, delle regioni e delle parti sociali.
Crediamo nella sussidiarietà, e sappiamo che un problema è conosciuto meglio da chi lo vive in prima persona, direttamente, più da vicino; sappiamo anche che chi è più vicino a quel problema sa trovare una soluzione migliore.
Auspichiamo, quindi, un monitoraggio condiviso, che consenta insieme di condividere la necessità di rafforzare i presidi in un settore, in un'area, in un ambito piuttosto che in un altro, e quindi di correggere in modo flessibile il tiro dell'azione positiva, per raggiungere risultati e misurare quindi le politiche, le azioni, le stesse norme, che devono sempre essere ritenute reversibili sulla base dei risultati che si conseguono.
Crediamo alle buone prassi, che devono essere monitorate a loro volta, diffuse e generalizzate.
Voglio sottolineare un ultimo aspetto, ma non meno importante: il tema della bilateralità. Lo abbiamo valorizzato, lo abbiamo sottolineato con forza, pensando all'agricoltura, all'edilizia, all'artigianato, ambiti in cui gli infortuni, purtroppo, si verificano con troppa frequenza.
Ma vi è un altro ambito, di cui pochi parlano - mi aspettavo che ne parlasse la collega Rossi Gasparrini, che si interessa di tale settore - che è costituito dall'infortunio domestico: si muore in casa, muore anche chi lavora in casa. Ma, evidentemente, questo non fa audience o fa meno audience.
Dove la bilateralità esiste - e gli enti bilaterali sono un incrocio fra sindacati e associazioni datoriali, quindi proprio i protagonisti della sussidiarietà - perché non semplificare drasticamente, posto che le parti sociali insieme, concordemente, non possono che avere un approccio sostanzialista e quindi migliore rispetto all'approccio freddo e lontano dell'amministrazione, che invece chiede soltanto adempimenti formali?
Di solito, proprio chi viene dal mondo del sindacato nutre nei confronti della bilateralità un'ostilità preconcetta - l'ho notato anche in altri momenti - perché vi è l'idea che l'impresa debba essere l'epicentro del conflitto sociale, e non il luogo naturale e fisiologico della cooperazione fra le parti: è questo, invece, il nostro concetto di rapporto fra le parti, soprattutto quando è in gioco la salute del lavoratore.
Abbiamo previsto e presentato anche un emendamento a proposito degli enti bilaterali. Ci domandiamo per quale motivo non possano essere gli enti bilaterali - nelle aziende fino a 100 dipendenti, su istanza del datore di lavoro oppure a seguito di sopralluoghi effettuati dagli enti ispettivi - a verificare il rispetto della normativa antinfortunistica e a rilasciare una certificazione, anche di conformità alle norme vigenti in materia di salute e sicurezza. E perché gli organi di vigilanza non possono tener conto di tali certificazioni? Questa non è una semplificazione di adempimenti? Perché non utilizzare gliPag. 100organismi bilaterali, che sono uno strumento privilegiato in tema di orientamento e promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti? Ciò che manca, nel nostro mondo del lavoro, è proprio la formazione: ne tratta il provvedimento in discussione, ma in misura troppo ridotta.
Per esempio, signor Presidente, entrando rapidamente nel merito, il provvedimento in esame prevede nove mesi di tempo per adottare i decreti delegati. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di notare in Commissione, se vi era questa fretta, nove mesi sono troppi e, probabilmente, sulla scrivania del sottosegretario Montagnino, come ho detto, già esistono le bozze dei decreti delegati (le avevamo pronte anche noi); quindi, non vi era tutta questa fretta, se poi vi prendete nove mesi di tempo per adottare i decreti delegati.
Mi fa piacere che vengano presi in considerazione tutti gli ambiti lavorativi: lo avevamo fatto anche noi, perché, per esempio, il pubblico impiego ne era escluso. Nel periodo iniziale di applicazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, vale a dire entro il decimo anno, molte scuole, molti ospedali e molti tribunali non risultavano «a norma». Ben venga una normativa che impone anche al settore pubblico di «mettersi in riga» e di offrire sicurezza a garanzia della salute dei suoi dipendenti.
Però, pensare a 20 mila euro come pena pecuniaria per un errore formale mi sembra francamente eccessivo, soprattutto se a commettere l'errore formale è una microimpresa o un piccolo artigiano: significa metterlo sul lastrico e farlo chiudere; addirittura, si prevedono tre anni di arresto per gli errori formali gravi: non credo che, spaventando la gente, si riesca a fare cultura del lavoro.
Credo nella formazione - l'ho detto in tutte le sedi e lo pensiamo tutti - come elemento e motore per la sicurezza.
Bisogna cominciare dalle scuole: voi lo avete detto ed è importante che lo abbiate fatto. Solo la cultura della sicurezza ci consentirà di abbattere i numeri che drammaticamente abbiamo analizzato.
Il medico competente - lo dico per esperienza personale - deve essere sottoposto ad un aggiornamento periodico e anche controllato, così come tutti gli altri attori che il decreto legislativo n. 626 del 1994 prevede come protagonisti della vicenda sicurezza. Ma l'RLS del sito produttivo proprio no! È una cosa che non esiste! Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è una specie di commissario del popolo che va a controllare anche le aziende degli altri, e non è possibile che abbia a disposizione il documento sulla sicurezza o che registri gli infortuni di un'azienda in cui lui non c'entra assolutamente niente. È chiaro che una certa normativa sugli appalti, sui subappalti, sul massimo ribasso, così come sui rappresentanti territoriali di comparto comporterebbe un risparmio sulla sicurezza.
La Commissione bilancio ha valutato il provvedimento ed ha formulato un'osservazione seria poiché non sono stati fatti bene i conti. La Commissione bilancio ha suggerito di valutare l'opportunità di prevedere che i decreti delegati siano corredati da una relazione tecnica in modo da consentire una puntuale verifica della loro sostenibilità finanziaria. Questo è l'ultimo dubbio che ho: ci sono i soldi per adottare i decreti delegati previsti da questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo a discutere il disegno di legge concernente misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.
Si tratta di un provvedimento di grande importanza che, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati - come ci ricordava il sottosegretario Patta - consentirà l'immediata entrata in vigore di alcune misure immediatamente precettive in considerazione del carattere di urgenza e della drammaticità del problema come richiamato dalle relazioni.Pag. 101
Nel 2006 ci sono stati 935 mila infortuni con 1.250 morti e decine di migliaia di invalidi permanenti che si aggiungono a un milione e 250 mila lavoratori colpiti da postumi invalidanti permanenti. Numeri che non commento, ma di cui conosciamo tutti i costi umani, familiari, sociali, oltre che economici, che tali fenomeni comportano.
Siamo in presenza di una vera e propria guerra mai dichiarata e sotterranea che ogni giorno drammaticamente miete vittime e feriti come più volte hanno ricordato il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente della Repubblica.
La tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro è un tema che certifica il grado di avanzamento civile, sociale, economico e morale di un Paese. La battaglia sulla sicurezza è una battaglia di civiltà, di crescita democratica e per questo motivo diventa inaccettabile che si muoia ancora di lavoro.
Il nostro obiettivo, che ritroviamo nel progetto di legge, è chiaro: creare nel nostro Paese le condizione normative, culturali, economiche, gestionali e organizzative per far sì che il lavoro sia sempre fattore di vita e progresso e non diventi mai causa di morte, malattia o sfruttamento.
È un impegno che questo Governo ha assunto con determinazione in Parlamento sin dall'inizio del proprio mandato e, al riguardo, si possono vedere gli interventi della legge finanziaria per il 2007 con gli adeguamenti delle rendite INAIL per gli invalidi del lavoro e, soprattutto, le misure dirette a far emergere e combattere il lavoro nero.
I tre quinti degli infortuni sul lavoro rendono particolarmente urgente questo intervento che investe il tema della sicurezza e i rischi connessi alla crescente precarietà, all'organizzazione del lavoro, ai turni e ai ritmi di lavoro che creano nelle persone disagio sociale, preoccupazione, insicurezza e che vanno ad incidere sulla sfera fisica e psichica determinando affaticamento, distrazione, ansia, paura e spesso anche malattie professionali o infortuni.
In particolare, il disegno di legge in esame delega il Governo ad adottare, con uno o più decreti legislativi, il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori su tutto il territorio nazionale. Infatti, attraverso l'individuazione ed il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali si recuperano le differenze di genere, le disabilità e abilità e, con le regioni interessate a salvaguardare le proprie specificità territoriali e settoriali, si propongono, in un quadro di insieme e di uniformità di indirizzo e di omogeneità di condizioni, tutte le misure che attengono al benessere psicofisico dei lavoratori. Lo Stato, infatti, assume l'impegno di mettere ordine nella materia, attraverso un processo di riforma che riscrive, riunifica e semplifica le diverse disposizioni vigenti, che vanno dall'applicazione delle numerose direttive comunitarie al testo del decreto legislativo n. 626 del 1994 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Le regioni, così come previsto dall'articolo 117 della Costituzione, le quali hanno competenze in materia legislativa, concorrono insieme allo Stato ad attuare le misure e le politiche concrete capaci di assicurare salute, sicurezza sociale, legalità e soprattutto maggiore serenità ai soggetti del lavoro, siano essi dipendenti oppure autonomi, per far sì che il lavoro, uno dei primi bisogni fondamentali dell'individuo, rappresenti sempre il momento di massima realizzazione dei propri desideri di vita e di esplicitazione della propria conoscenza e del proprio saper fare.
Allo Stato spetta ancora il compito di accompagnare la determinazione delle sanzioni amministrative o pecuniarie, in caso di violazione delle norme, con un sistema informativo coordinato e con programmi di formazione per accrescere la conoscenza dei nuovi e diversi fattori di rischio negli ambienti di lavoro. Deve essere pertanto apprezzato il lavoro d'insieme che il Governo, in particolare il Ministero della salute ed il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e lePag. 102Commissioni competenti del Senato e della Camera, hanno saputo mettere in campo: in modo congiunto hanno saputo integrare e mettere in comunicazione settori che agivano, soprattutto a livello periferico, in modo separato e spesso in conflitto, anche per mancanza di chiarezza nella regolamentazione. Risalta, nel progetto di legge, in modo positivo l'esigenza di unificare competenze, accrescere conoscenze, sapere e professionalità esistenti e altre cognizioni da mettere in campo, necessarie per governare un sistema integrato di servizi e costruire sussidiarietà istituzionale, cooperazione con i soggetti privati per affrontare e sconfiggere le tragedie costituite dal fenomeno degli incidenti sul lavoro. Si intravede inoltre la volontà di superare le vecchie modalità o prassi, determinate dalle attuali norme che spesso mortificano la sensibilità delle aziende, i servizi preposti e gli stessi lavoratori responsabili. Mi riferisco, ad esempio, all'obbligo della comunicazione del nominativo del responsabile del servizio prevenzione e sicurezza, e ai piani di sicurezza e servizi territoriali di prevenzione da comunicare alle ASL: si tratta di molta carta, a volte difficile da gestire e verificare, e per essa occorre pensare seriamente ad una semplificazione. In questo senso riteniamo molto validi i principi e i criteri direttivi alla base del provvedimento in esame, di unicità e di omogeneità. Per quanto riguarda l'unicità, mi riferisco alla necessità di applicazione di normative in materia di tutela della salute e sicurezza, comune a tutti i lavoratori senza discriminazione, ma con riguardo alle differenze, valide sia per gli autonomi sia per i subordinati, sia per i lavoratori parasubordinati o i lavoratori atipici, con particolare attenzione alla condizione dei lavoratori immigrati.
Di pari passo si muove la necessaria razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale. La razionalizzazione e il coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza e controllo sul rispetto delle norme, che ancora una volta devono essere uniche, condivise, fatte rispettare nell'interesse del lavoratore che diventa l'interesse comune di una società intera. Infatti, solo il coordinamento dei diversi soggetti istituzionali, dei rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori è in grado di attivare lo scambio delle informazioni, di migliorare il sistema di rilevazione statistica, di individuare linee guida e sviluppare le buone pratiche, richiamate anche nel provvedimento in esame, a cui le aziende guardano con favore per conciliare l'efficienza tecnico-produttiva aziendale con l'organizzazione dei luoghi e il miglioramento della salute per i propri dipendenti.
A proposito di vigilanza e controllo, si inserisce il ruolo importante di figure come quella del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che deve essere sia rafforzato, nel caso del rappresentante per la sicurezza territoriale sia introdotto, nel caso del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo. Infatti, è da questo punto di vista che l'impresa e il lavoratore autonomo devono essere sostenuti, così come annunciato nel testo, attraverso la promozione di una cultura volta alla prevenzione, all'informazione e formazione e, non ultimo, al rispetto delle norme, che si rispettano anche attraverso la predisposizione di norme uniche ed efficaci, atte a regolamentare e modificare i capitolati in materia di appalto di lavori e servizi pubblici. Non è più ammissibile che il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, che penalizza il lavoratore, generi, come ancora oggi accade, il taglio dei costi della sicurezza nei cantieri, mettendo in serio pericolo la salute dei lavoratori. Appare giusto, quindi, che i costi relativi alla sicurezza siano specificamente indicati nei bandi di gara e debbano risultare congrui, individuando la responsabilità della non applicazione della norma negli enti appaltanti.
Ma tornando alle parole chiave di unicità e omogeneità, ricordo come l'articolo 4 del disegno di legge in esame disponga che anche il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza sia disciplinato in quest'ottica. Le pubbliche amministrazioni più direttamente coinvolte devono integrare i rispettivi archivi informativiPag. 103anche attraverso la creazione di banche dati, unificare, andando a intervenire sui piani di attività da attuare a livello territoriale. La riorganizzazione deve passare anche attraverso il rafforzamento dell'azione ispettiva: per questo motivo riteniamo straordinariamente importante l'assunzione dei 300 ispettori del lavoro, un atto concreto che porterà a fortificare l'apparato di vigilanza e l'intero sistema di controllo sul rispetto delle norme. Continua, in tal modo, la politica pubblica tesa a contrastare il lavoro sommerso, che deve emergere anche attraverso gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, e a disciplinare il rispetto degli orari di lavoro, il mancato rispetto dei quali, soprattutto nell'edilizia, è spesso causa di incidenti gravissimi.
Infine, formazione ed informazione: strumenti indispensabili all'educazione e alla cultura della sicurezza, anche sul posto di lavoro. Si tratta di una formazione che deve necessariamente cominciare dalle scuole e nei percorsi di formazione professionale e deve proseguire quando si diventa lavoratori. Vi ricordo anche che le imprese sono, in questo caso, agevolate attraverso la concessione di un credito di imposta per le spese sostenute per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro. Mi fa piacere mettere in evidenza che il testo, non appena approvato, potrà dare immediata attuazione all'inserimento di questa tematica nei programmi scolastici, così come annunciato dal Governo, specie negli istituti tecnici e professionali, in modo che la materia della sicurezza diventi obbligatoria, mentre attualmente è studiata solo nelle facoltà di ingegneria.
Concludendo, ci sembrano queste le necessarie direttrici, le vie da seguire, affinché il lavoro diventi strumento di sostentamento e di completamento dell'individuo, affinché venga svolto in totale sicurezza, senza rinunciare al benessere e affinché di lavoro non si muoia.
Per tali ragioni e considerazioni, così come abbiamo fatto in Commissione, a nome dell'Ulivo esprimo la nostra soddisfazione per questo disegno di legge, a cui daremo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, mi auguro che il brindisi che fanno i colleghi sia volto a risparmiare vite umane nel lavoro dopo l'approvazione del disegno di legge in discussione, ma - ahimè - temo che quest'ultimo lasci le cose come sono. Ho mostrato il testo di questo disegno di legge ad alcuni miei colleghi medici (come me specialisti in medicina del lavoro), ma il loro commento non è riferibile. Si tratta di un commento severo, perché il disegno di legge in esame mira, soprattutto, alla repressione e poco, o quasi nulla, alla prevenzione.
Mi devo complimentare con l'autore dell'unico intervento che veramente ho condiviso - quello del collega Fabbri - che ritengo abbia colto veramente nel segno la materia su cui dovevamo cercare di puntare di più, ossia sulla prevenzione. Il fatto che le statistiche testimonino che il 90 per cento degli infortuni e delle morti avviene nelle imprese sotto i sedici lavoratori, significa che in tali aziende manca il controllo. Nelle grandi aziende - citate dal collega Burgio di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - dove vi è una sorveglianza continua di medici del lavoro, di ingegneri e dove la prevenzione si attua veramente, le morti da lavoro rappresentano un numero risibile, mentre si registrano nelle piccole imprese, dove si cerca di anteporre il guadagno alla sicurezza. Si tratta, soprattutto, di piccole imprese a gestione familiare, dove manca un vero controllo, una vera sorveglianza del datore di lavoro, con personale tecnico competente.
Le statistiche riportano che si verifica una morte ogni sei ore: sono circa quattro morti al giorno. Non si tiene conto di quelle che avvengono dopo il primo mese - si tratta delle famose «morti differite»Pag. 104- che possono avvenire il trentunesimo giorno o il sesto mese o dopo due anni. Non si tiene conto inoltre - come l'onorevole Fabbri ha ricordato - delle morti domestiche, che sono numerosissime, né si tiene conto di quelle croniche, dovute a malattie invalidanti, che portano alla morte, dopo un certo periodo di tempo: sono le cosiddette «malattie professionali», comprese quelle neoplastiche.
È necessario individuare le responsabilità ed i motivi per i quali il lavoro possa portare alla morte. Qualcuno ha affermato che essa è fisiologica, ma la morte causata dal lavoro è sempre patologica! Statisticamente parlando, il fato, il destino può portare a degli accidens, a situazioni particolari non prevedibili, che conducono all'inabilità, all'invalidità o alla morte. È necessario dunque individuare di chi siano le responsabilità. Spesso, sono del datore di lavoro.
A volte le responsabilità appartengono agli stessi compagni di lavoro, i quali per colpa, negligenza o imperizia, non ottemperano ai propri compiti, mettendo a repentaglio l'incolumità del compagno. A volte, anzi spessissimo, le responsabilità appartengono agli stessi lavoratori, che non attuano le raccomandazioni e i presidi necessari come, ad esempio, indossare il casco o non svolgere alcune attività in situazioni particolari. Pertanto, questi ultimi non rispettano le regole né le disposizioni e le direttive impartite dai datori di lavoro o dal superiore gerarchico. Molto spesso alcuni lavoratori utilizzano macchinari che non conoscono e che ovviamente possiedono segnalatori visivi in una lingua straniera che essi non comprendono. A volte, anzi molto spesso, succede - e succederà sempre più - che vi siano anche lavoratori stranieri che non comprendono la lingua italiana e il significato di quanto detto dai propri compagni.
È evidente come le possibilità che si verifichi un infortunio o un incidente sul lavoro siano moltissime, senza considerare - come detto da altri colleghi - i tumori dovuti al lavoro. In tal caso, tuttavia, quando si desumono notizie da Internet, occorrerebbe verificarne la bibliografia, in quanto, spesso, in Internet quanto ci viene fornito, dati statistici e considerazioni, è spazzatura. Ovviamente, è necessario avere prove scientificamente comprovate e valide per riportare determinati dati nell'ambito di una legge. Inoltre, la prevenzione dovrebbe essere attuata anche mediante continue visite psico-attitudinali e, soprattutto mediante test volti a valutare, eventualmente, l'uso o l'abuso di sostanze stupefacenti, psicotrope e alcol anche sul luogo di lavoro.
In alcuni momenti il lavoratore è psicologicamente inadatto a svolgere determinate attività. Pertanto, è ingiusto che non vi siano controlli efficienti. Con grande enfasi è stato detto che si farà luogo all'assunzione di trecento ispettori presso il Ministero del lavoro. Si affidano i controlli a soggetti che non sono in grado di svolgerli, in quanto non qualificati, essendo di inquadramento C1, C2, C3 o ragionieri addetti a controllare imprese tecnicamente avanzate i quali non conoscono il tipo di lavorazione, l'ergometria del lavoro, né sono in grado di sapere se vi potrà essere potenzialità di accidens o di infortuni sul lavoro. Bisognerebbe fare in modo che a controllare in tutti i posti di lavoro vi siano controllori preparati, che conoscano il proprio mestiere e svolgano effettivamente una funzione di controllo, in quanto se non si assumono persone idonee non si può controllare.
Ciò che conta è il tipo di lavoro che si svolge e l'ambiente dove si presta l'attività lavorativa. Non dimenticate che le morti sono sottostimate, perché a volte non si considerano gli ambienti in cui si verificano accidens che, pur essendo catalogati come morti naturali, avvengono in situazioni in cui la causa che ha portato al decesso è stato il lavoro. Immagino - invitandovi a riflettere - le lavorazioni che avvengono nelle cave di marmo, quali ad esempio quelle di Carrara, a mille o millecinquecento metri di profondità e -10 o -15 gradi durante l'inverno. Come potete comprendere, il tipo di impatto per un lavoratore che deve resistere a tali temperature è devastante. Inoltre, immagino le attività dei subacquei o quelle chePag. 105vengono svolte a 10, 20 o 30 metri sotto il livello del mare o a temperature di 40 gradi all'ombra in alcuni settori dell'agricoltura.
Vi invito quindi a riflettere su tutte queste situazioni, che nel disegno di legge non sono prese in considerazione; è invece presa in considerazione la repressione, soprattutto nei confronti del datore di lavoro. Quest'ultimo, come ribadisco, sicuramente ha tantissime responsabilità, sicuramente dovrà essere sottoposto ad ammende se non fa il proprio dovere e non rispetta le regole e la legge che stiamo per approvare; ma ciò potrebbe non consentire di avere un morto o un ferito in meno, perché se le considerazioni che ho svolto sono vere, se è vero, come è vero, quanto vi ho fin qui elencato, ciò significa che, forse, non avremmo dovuto «blindare» questo disegno di legge.
Sarebbe, forse, stata necessaria una riflessione più ampia con qualche settimana di lavoro in più per ridurre le «morti bianche» occasionate dal lavoro. Come ha detto il collega Fabbri, la patente a punti ha ridotto quelle in itinere, e le ha ridotte al 20 per cento rispetto a quelle che erano in partenza.
Concludo, signor Presidente, annunciando che presenterò un ordine del giorno, con il quale inviterò il Governo a tenere in considerazione - nel varare, entro nove mesi, i decreti recanti il riassetto e la riforma della normativa nella materia che stiamo trattando - soprattutto la formazione, la prevenzione, la vera cultura della tutela e sicurezza sul lavoro, sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei sindacalisti. Anche questi ultimi vanno infatti considerati, perché tutelano il lavoratore più da un punto di vista economico, come devono fare, che non dal punto di vista della sicurezza. Vorremmo invece che lo tutelassero parimenti sotto tutti e due i punti di vista.
Vanno considerati, ovviamente, i lavoratori stessi e la scuola e bisogna far sì che ci sia in tutte le imprese, anche in quelle sotto i quindici-sedici lavoratori, il medico competente, specialista in medicina del lavoro, che effettivamente controlli il luogo di lavoro, le attrezzature, le strutture, i ritmi con cui avviene la lavorazione in modo che, quindi, la prevenzione abbia un'importanza di gran lunga superiore alla repressione, perché a forza di reprimere va a finire che noi non creiamo posti di lavoro e, soprattutto, non preveniamo le «morti bianche».
Dare la responsabilità delle morti che avvengono in Italia al precariato, effettivamente, è come credere che i bambini nascano sotto i cavoli.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.

GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, se oggi siamo qui a discutere di questo importante provvedimento è anche grazie, certamente, al lavoro del Governo, all'impegno dei sottosegretari che si sono cimentati con questo tema delicato, all'impegno delle Commissioni XI e XII e al senso di responsabilità di tutti i colleghi.
Voglio riferirmi in particolare ai colleghi dell'opposizione, che, indipendentemente dalla diversità di vedute che hanno sul provvedimento, hanno però sempre mantenuto un comportamento estremamente corretto. Tra l'altro, segnalo che la discussione che si è sviluppata nelle Commissioni è stata molto qualificata e ha riguardato molti temi che sono oggetto di delega.
Penso che parte di quella discussione, indipendentemente dal fatto che sia stata avanzata dalla maggioranza o dall'opposizione, debba essere recuperata - non può essere smarrita - e può contribuire a costruire deleghe più efficaci e più forti nell'interesse dei lavoratori.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, recante misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia, ritengo sia utile una premessa che ci permetta di inquadrare il provvedimento stesso.
La dignità delle persone inizia dal riconoscimento del diritto al lavoro, un diritto che è garantito e tutelato dallaPag. 106nostra Costituzione a partire dall'articolo 1, che richiama il lavoro come fondamento della Repubblica, fino all'articolo 41, che sancisce la necessità di riconoscere dignità e sicurezza, e passando per l'articolo 2, che definisce i diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Ho voluto immediatamente ricordare la cornice istituzionale delle tutele di cui sono destinatari i lavoratori di questo Paese, perché non va dimenticato che anzitutto la persona è posta al centro del sistema di garanzie, con i suoi bisogni e i suoi diritti. Ma la Costituzione va oltre, e pone con particolare attenzione il momento in cui la persona presta l'attività lavorativa anche ai fini dell'elevazione sociale ed economica. È sufficiente mettere in fila i principi sanciti dalla nostra Carta costituzionale per ritenere inammissibile la sequela di infortuni mortali che insanguinano il Paese, da nord a sud, e per considerare intollerabile l'equazione tra lavoro e insicurezza con riferimento non soltanto alla salute di un singolo lavoratore, ma anche al drammatico deficit di tutela dell'intera collettività.
Lo spiega espressamente la stessa Costituzione, che all'articolo 32 garantisce solennemente la tutela della salute intesa come diritto dell'individuo e interesse della collettività. Compito della politica, dunque, è offrire strumenti adeguati al rispetto dei principi, e noi siamo fortemente impegnati in tal senso.
Va detto che l'Italia offre già oggi un quadro di norme piuttosto innovativo nel contesto europeo, in sintonia con le linee guida indicate dai padri costituenti. Eppure i risultati che abbiamo di fronte non sono affatto lusinghieri. Il nostro sistema non riesce ad essere efficace né quando si tratta di abbattere il fenomeno infortuni né quando si tratta di limitare l'incidenza delle malattie professionali. Il numero di infortuni non scende al di sotto del milione ogni anno, e mediamente ogni giorno muoiono in Italia più di tre lavoratori sul lavoro. Stiamo parlando di un'ecatombe sotto gli occhi di tutti, anche di chi fa finta di non vedere; un dramma che impressiona di più se scorriamo i dati pubblicati dall'INAIL nel 2006: a fronte di una riduzione degli infortuni denunciati dell'1,3 per cento sono aumentati gli infortuni mortali, ben 1306, in crescita rispetto ai 1265 registrati nel 2005. Dall'inizio del 2007 ad oggi, 25 luglio, i morti sul lavoro sono 591, accanto a circa 15 mila invalidi in seguito a quasi 600 mila infortuni. Dinanzi alla durezza di questi dati respingo con grande forza il tentativo di chiamare in causa la fatalità: un cinico alibi dietro cui nascondere le inadeguatezze di tutti soggetti chiamati, a diverso titolo, a cimentarsi con l'emergenza insicurezza.
Ma quei dati ci portano anche all'indignazione, perché reagire all'ingiustizia è giusto e necessario, e per poterlo fare in modo compiuto dobbiamo soffermarci sulle cause del fenomeno partendo dalle condizioni di lavoro nel nostro Paese. Negli ultimi venticinque anni abbiamo assistito ad un processo di svalorizzazione del lavoro e del suo valore sociale. Nel corso dei decenni gli infortuni, le «morti bianche», il lavoro nero, la precarietà hanno rappresentato una degenerazione drammatica del modello produttivo, per quanto considerata incredibilmente normale. Settori via via crescenti dell'apparato industriale sono stati coinvolti dal peggioramento delle condizioni di vita delle persone, che ha colpito tanto il lavoro salariato più tradizionale quanto le nuove forme atipiche.
Ma interrogarsi sulle cause del divario tra la complessità del sistema normativo e la sua efficacia concreta significa anche mettere in fila tanti aspetti che riguardano l'attualità, in tante sue sfaccettature. In primo luogo, nel nostro Paese non vengono adeguatamente rispettati i numerosi precetti, perché considerati inutili o insopportabili da tanti soggetti chiamati a ottemperarvi. Risultano negligenti in proposito alcune imprese, spesso di modeste dimensioni, disattente per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro, poco propense a vigilare sulle aziende cui sono affidate mansioni o rami di attività, poco disponibili a rispettare gli obblighi imposti dalla legge.Pag. 107
È riduttivo concentrare l'attenzione soltanto sul settore privato, poiché tali inadeguatezze e sottovalutazioni si registrano anche negli enti pubblici: basti pensare alla mancata attuazione delle misure necessarie per la messa in sicurezza degli edifici scolastici.
In secondo luogo, il sistema dei controlli mostra limiti da un lato sotto il profilo del mancato coordinamento degli organismi ispettivi, dall'altro sotto l'aspetto delle croniche carenze di organico. Aggiungo che l'impossibilità di garantire un adeguato intervento di vigilanza incide pesantemente anche sulle esigenze di prevenzione; inoltre, com'è ovvio, i tagli alla spesa operati negli ultimi anni in questo settore hanno acuito ulteriormente una situazione già critica.
In terzo luogo, la complessità dell'organizzazione del lavoro nell'era della globalizzazione impone specifiche esigenze in materia di formazione, ben diverse da quelle necessarie nel sistema produttivo di dieci o venti anni fa. Se in precedenza bastava veicolare, nelle fabbriche e negli uffici, alcune conoscenze, oggi le figure professionali hanno bisogno di formazione continua e degli strumenti utili a garantirla.
Infine, va rivisto il sistema delle relazioni industriali, che mostra tutti i suoi limiti nella prassi delle relazioni collettive, nella contrattazione, nella ricerca e anche nell'incapacità di fornire ai lavoratori strumenti informativi: non mi riferisco al semplice opuscolo, ma alla possibilità concreta di accedere a notizie e dati che li riguardano a proposito della pericolosità dei macchinari, delle sostanze e degli ambienti.
La necessità di garantire una svolta all'insegna della salute e della sicurezza ha caratterizzato fin dall'inizio della legislatura l'attività del Governo e della maggioranza che lo sostiene. La Commissione lavoro della Camera ha dato immediatamente priorità, fin dal giugno del 2006, al tema «sicurezza»: è stata votata una risoluzione (fra l'altro all'unanimità) proprio su questa materia e, il mese successivo, una delegazione della Commissione si è recata nelle campagne del foggiano - là dove si annida lo sfruttamento di molti braccianti agricoli, per lo più stranieri - e all'Ilva di Taranto, una delle aziende più colpite dagli infortuni. Abbiamo così toccato con mano la situazione di insicurezza alla quale sono costretti migliaia di lavoratori.
Serviva dunque una svolta nell'approccio normativo. Tale svolta si è concretizzata anzitutto con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, mirato ad esercitare un forte contrasto al lavoro nero e irregolare e teso alla promozione della sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento all'edilizia. I lavoratori del settore devono ora essere muniti di tesserini di riconoscimento con foto e le imprese hanno l'obbligo di dare comunicazione dell'apertura di un nuovo rapporto di lavoro il giorno precedente a quello dell'effettivo inizio. È prevista inoltre la possibilità, per il personale ispettivo, di sospendere l'attività nei cantieri edili in situazioni di particolari violazioni o di particolare pericolosità. Si attribuisce inoltre al Ministero delle infrastrutture il potere di disporre l'interdizione dalla contrattazione con la pubblica amministrazione e dalla partecipazione a gare pubbliche con durata pari al periodo di sospensione.
Altri interventi importanti sono stati svolti per ciò che attiene al settore degli appalti e del cosiddetto decentramento produttivo, non solo e non tanto in occasione dell'emanazione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, approvato con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, quanto soprattutto con alcune disposizioni introdotte nella legge finanziaria per l'anno 2007. Nel dettaglio: una consistente e positiva modifica dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994; la previsione di riduzione dei premi INAIL in via prioritaria per le imprese in regola con le norme di sicurezza, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per eliminare fonti di rischio e non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente; l'estensione adPag. 108altre tipologie di lavoro delle norme già citate relative all'edilizia; l'aumento delle sanzioni amministrative per la violazione delle norme di sicurezza; il finanziamento di attività promozionali; il potenziamento del personale ispettivo dipendente dal Ministero del lavoro.
Si tratta di un percorso normativo che contiene numerosi interventi e misure concrete, che tengono assieme la lotta al lavoro nero e quella lotta contro i rischi degli ambienti e delle attività lavorative.
Va sottolineato, inoltre, il rilievo che si comincia ad attribuire alla contrattazione collettiva, alla partecipazione dei lavoratori, alle funzioni assegnate ai comitati paritetici già dal decreto legislativo n. 626 del 1994.
Venendo al testo in discussione, a proposito delle «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», voglio ricordare che esso si cimenta con tutti i problemi elencati sinora, sia in modo diretto ed immediato attraverso norme prescrittive, sia in modo indiretto attraverso il conferimento di delega al Governo.
Si tratta di un testo che non si limita a dotare le norme esistenti di un maggiore coordinamento e di una migliore organicità, ma fornisce anche elementi fortemente innovativi: un testo che tiene assieme, coerentemente, le attività di prevenzione e repressione, a fianco alla necessità di favorire una vera e propria svolta culturale.
Perciò, non comprendo l'atteggiamento tenuto da alcune associazioni datoriali che, a quanto pare, non hanno colto lo spirito innovativo di queste norme ed hanno preferito agitare strumentalmente il tema dei costi del provvedimento: un atteggiamento francamente incomprensibile, visto che non ci si può esimere dalla necessità di tutelare coloro che al mattino escono di casa per andare al lavoro ed hanno il sacrosanto diritto di tornarci sani e salvi la sera.
Non ci si può esimere dall'urgenza di porre un freno alla strage quotidiana nelle fabbriche e nei cantieri.
Noi del gruppo dei Comunisti Italiani valorizziamo, perciò, con convinzione un provvedimento che rappresenta un primo, fondamentale passo in avanti nella lotta agli infortuni.
Più nello specifico, cogliamo positivamente la tendenza ad assicurare la tutela della salute a tutti i lavoratori; a semplificare le procedure che abbiano soltanto carattere formale; a modulare l'apparato sanzionatorio in modo che risulti equo ed efficace, soprattutto per le infrazioni più gravi; a rafforzare il sistema di prevenzione e vigilanza; a consolidare e sostenere il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e quello degli organismi bilaterali; a potenziare, infine, le attività di formazione e informazione a tutti i livelli e in tutti i settori.
Mi pare anche significativa la previsione di sistemi di verifica dei risultati che, in qualche modo, costituisce una novità per il nostro sistema normativo. È fondamentale, infatti, che periodicamente si compiano verifiche di effettività delle norme e si possano adottare misure di rettifica e di adeguamento.
Segnalo anche l'importanza della norma che prevede il finanziamento riguardo ad investimenti e attività di promozione.
Vorrei, inoltre, mettere l'accento sul rilievo che si attribuisce, nel testo agli accordi sindacali e su base volontaria, ai codici di condotta e alle buone prassi, nonché sull'importante riferimento all'introduzione di un sistema di responsabilità amministrativa degli enti e delle società.
Mi riferisco al tema degli appalti, che prevede, tra l'altro, misure dirette a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, al fine di modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso e di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.Pag. 109
Infine, è significativo il riferimento alla cultura della prevenzione e alla necessità di rafforzarla, a partire dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Il sistema delle imprese, in parallelo, è chiamato a compiere un investimento sulla prevenzione, anche ai fini del miglioramento della produttività e della competitività, oltre che sul piano della tutela di un patrimonio fondamentale per la stessa collettività, quale è il cosiddetto capitale umano.
Per tutto ciò, confermo il parere favorevole e l'apprezzamento del gruppo dei Comunisti Italiani sul provvedimento in discussione, ma il nostro impegno non si ferma qui.
Intendiamo, infatti, garantire un'attenzione costante e concreta nell'affrontare il merito del problema, ma anche nel garantire il rispetto dei tempi riguardo all'approvazione dei decreti delegati. Il nostro è un «sì» convinto ad un provvedimento, che entra nella vita quotidiana di milioni di persone con la pretesa ambiziosa di migliorarne sensibilmente la qualità del lavoro.
Diciamo «sì» e lo dobbiamo a tutti coloro che hanno il sacrosanto diritto di lavorare in sicurezza; ma lo dobbiamo anche alle famiglie di chi non c'è più perché ha pagato con la vita una condizione di insicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mistrello Destro. Ne ha facoltà.

GIUSTINA MISTRELLO DESTRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avremmo voluto arrivare ad una definizione di un Testo unico delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro già nella scorsa legislatura, ma non lo abbiamo fatto perché l'allora opposizione sviluppò un antagonismo molto forte e vigoroso nelle Commissioni parlamentari e nello stesso tempo la Conferenza Stato, regioni e province autonome fece in modo che, sulla base dell'articolo 117 della Costituzione, che prevede una competenza concorrente tra lo Stato e le regioni in materia di sicurezza sul lavoro, l'impianto del disegno di legge delega non giungesse alle aule parlamentari. Quindi, tutto si fermò nelle Commissioni di merito.
Perché si sviluppò questa opposizione così dura? Dopo tutto, si tratta di una materia che avrebbe potuto dare luogo ad un atteggiamento bipartisan da parte degli schieramenti politici. La sinistra, però, in quell'occasione capì che il disegno di legge presentato dal centrodestra si ispirava soprattutto a criteri generali, che non potevano essere condivisi non solo dalla sinistra radicale, ma anche dalle cosiddette forze riformiste dell'allora opposizione. Il disegno di legge presentato dal Governo Berlusconi, infatti, faceva perno soprattutto sulle forme di controllo preventivo, che anzi venivano definite forme di controllo sociale. Si arrivava, cioè, a definire un'azione di prevenzione diffusa sul territorio e capillare. Tale tipo di approccio non soddisfa chi è portatore di un'impostazione antagonista; non piace, perché esso si ispira a processi di condivisione e di partenariato che non appartengono alla cultura della sinistra. Da tale fatto nasceva l'opposizione nei confronti di quel disegno di legge.
Anche nel provvedimento al nostro esame la parte nuova e preponderante è quella, purtroppo, sanzionatoria che in alcune fasi, come nel caso dell'interdizione del processo produttivo, arriva anche, ad esempio, a colpire il terzo incolpevole. Infatti, nel momento in cui il lavoratore ha la sfortuna di prestare la sua opera in un'azienda nella quale si incorre in determinate procedure, egli rischia di perdere il posto di lavoro, anzi lo perde pur essendo incolpevole. Questo punto rappresenta il problema della diversa posizione dei due schieramenti. Non si può affermare che noi non condividiamo tale provvedimento, anzi ne siamo stati promotori nella precedente legislatura trovando sempre voi fieri oppositori di un disegno di legge su questa materia, ma siamo profondamente diversi per quanto riguarda l'approccio generale e la fase di razionalizzazionePag. 110e di riordino delle stratificazioni normative presenti in quest'ambito.
Signor Presidente, dobbiamo cominciare a fissare dei paletti di verità, perché fino ad ora sono state dette molte cose, ma la verità non è ancora emersa. La verità è che gli infortuni, per esempio nell'artigianato, sono scesi dell'11 per cento tra il 1998 e il 2005. Nei servizi e nell'industria, anche in quella grande dove gli infortuni dovevano essere limitati, la diminuzione è stata invece inferiore, meno del 2,4 per cento.
Nelle microunità produttive vi è stata quindi una diminuzione dell'11 per cento, mentre nelle macrounità produttive la diminuzione è stata del 2,4 per cento. Soffermiamoci anche sugli infortuni mortali. Nell'artigianato sono diminuiti del 6,1 per cento, mentre nell'industria e nei servizi del 5,2 per cento. Che cosa è avvenuto, quindi?
Complessivamente, tra il 2001 e il 2005, gli infortuni mortali erano diminuiti quasi del 20 per cento o poco più. Un improvviso balzo in avanti vi è stato a partire dal 2006.
Al riguardo, dobbiamo metterci d'accordo sulla lettura da dare a queste cifre perché la sinistra, e non solo quella antagonista, ha sempre affermato che gli infortuni sul lavoro subivano un incremento in presenza di contratti atipici. Sosteneva, cioè, che la contrattazione atipica provocava un incremento degli infortuni sul lavoro. Invece, proprio la cosiddetta legge Biagi, nome che non riuscite più pronunciare chiamandola «legge 30», ha determinato una flessione degli infortuni sul lavoro. Quella legge ha infatti favorito l'emersione del lavoro sommerso. Dalla metà del 2006 gli infortuni sul lavoro sono aumentati perché c'è un nuovo processo di immersione di unità produttive di lavoro: è questa la verità.
Voi badate molto al momento sanzionatorio, signor sottosegretario, ma mai a quello preventivo che, forse, è quella più importante. Se doveste badare al momento preventivo, dovreste anche far vostra la cultura della condivisione, ma questa non è la vostra cultura.
Anche in materia ambientale la nostra posizione davanti alle vostre procedure e scelte è la seguente: noi siamo per far sì che si arrivi alla prevenzione, con le politiche degli incentivi, voi no, perché ritenete essenziale il momento sanzionatorio. Secondo voi, dunque, arrivando a sanzioni penali pari a tre anni di reclusione, sospendendo l'attività produttiva di un'azienda, si risolve definitivamente il problema e ci si libera della piaga delle morti bianche.
Così non è perché con le sanzioni e le misure interdittive, fino ad ora, si è fatto ben poco. Dovreste, piuttosto, investire nella politica degli incentivi, nelle politiche di professionalizzazione, perché molti infortuni sul lavoro sono provocati, ahimè, anche dalla mancanza di professionalizzazione del lavoratore. Tale carenza deriva dal fatto, a tutti noto, che i costi professionali delle regioni sono, talvolta (non sempre) fonte di sprechi, di acquisizioni di consenso elettorale. È, dunque, logico che nel momento in cui viene meno il ruolo fondamentale delle regioni nel processo di professionalizzazione del lavoratore, quest'ultimo rischi di più sul luogo di lavoro.
Perché, quindi, non affrontare anche con il disegno di legge al nostro esame il nodo fondamentale delle politiche di prevenzione? Le politiche di prevenzione si perseguono anche con gli accordi con le associazioni di categoria, come si verifica già in molte aree delle microimprese e dell'artigianato, quando si realizza un'intesa fra prestatore d'opera, e noi, signor sottosegretario, come abbiamo dimostrato anche in Commissione, non siamo contrari ad un riordinamento delle disposizioni vigenti.
Tutti noi siamo convinti che sia necessario attuarlo perché, ormai, sulla materia, vi è una confusione totale. Vi sono le fonti normative europee, le norme che si sono affastellate negli ultimi anni e vi è notevole confusione per quanto riguarda le sanzioni ed anche per quanto concerne i processi di prevenzione.
Ci rendiamo conto di tutto ciò; allo stesso tempo ci domandiamo come sia possibile, con tutta questa urgenza, chiederePag. 111nove mesi per emanare i decreti legislativi. Lei sa benissimo che il lavoro per arrivare ai decreti legislativi è già sul vostro tavolo, e anche sul suo, perché vi è quello svolto dal precedente Governo, che aveva portato avanti quel lavoro. Lei è una persona seria, sottosegretario Montagnino, e sa benissimo che fu impedito che andasse in porto dalla Conferenza Stato-regioni.
Furono le regioni - per la verità prevalentemente quelle di sinistra - che, per bloccare quel disegno di legge, invocarono l'articolo 117 della Costituzione. Lo dovevano bloccare perché alla sinistra suonava quasi come una provocazione il fatto che un Governo di centrodestra proponesse un disegno di legge in materia di sicurezza sul lavoro. Inoltre, siccome in quel periodo ci fu anche un ruolo - perché non ammetterlo? - della Corte costituzionale davvero molto censorio nei confronti dell'operato del Governo di centrodestra, non andammo avanti con quella normativa.
Mancano risorse anche per quanto riguarda l'applicazione della legge nella pubblica amministrazione, perché si pongono sempre al centro dell'attenzione le carenze del privato e spesso non emergono le carenze del pubblico. Se è vero che nel settore dei subappalti, in cui si registra l'85 per cento degli infortuni mortali, emergono problemi seri, occorre considerare che si è arrivati ad una tale situazione anche per una politica sciagurata degli appalti. Infatti, dopo le vicende di «tangentopoli», l'affidamento degli appalti si è basato sul massimo ribasso, spesso offerto da chi utilizza, a sua volta, subappalto e imprese gestite avventurosamente (per esempio, penso soprattutto al settore dell'edilizia).
Ancora una volta, inoltre, si procede con una presunta semplificazione degli adempimenti burocratici, che porta invece ad un appesantimento del rapporto tra pubblica amministrazione e soggetti che debbono applicare la norma. È chiaro che di fronte all'oppressione di adempimenti burocratici costosi, che rallentano tutto il processo della produzione, soprattutto il piccolo e medio imprenditore entra in difficoltà ed incorre nelle sanzioni anche contro la sua volontà.
Ricapitolando, non ci sono risorse per le politiche di professionalizzazione; si sono esasperati gli adempimenti formalistici contro le piccole imprese; prevedete sanzioni che portano a misure interdittive radicali. Secondo me, il disegno di legge in esame non pone rimedio alle cosiddette morti bianche e agli infortuni sul lavoro, ma rischia, con i successivi decreti legislativi, di incrementarli: infatti, dove ci sono sanzioni durissime, in genere, c'è il sommerso. Con tale tipo di norme rischiate di incoraggiare proprio il sommerso.
Avremmo certamente condiviso il provvedimento e, infatti, in Commissione non abbiamo sviluppato nessuna forma di opposizione forte, come è stato riconosciuto anche prima dai nostri colleghi. Ci rendiamo, infatti, conto che si tratta di un processo normativo che trova concorde anche l'opinione pubblica. Secondo noi, tuttavia, era necessario un riordino della normativa esistente, mentre il testo in esame è un omnibus che non porta nulla di nuovo e, soprattutto, non aiuta a risolvere i problemi veri della sicurezza dei posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Capitanio Santolini, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Buffo. Ne ha facoltà.

GLORIA BUFFO. Signor Presidente, questa sera discutiamo un disegno di legge importante che affronta una delle questioni nazionali più drammatiche, quella della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Quello che si paga ogni anno in termini di morti e di feriti, di invalidi e di malati per ragioni professionali è un tributo spaventoso, che un Paese civile non può pagare.
Sui giornali e in televisione arriva solo una piccola parte delle notizie. Nessuno ricorda che in Italia si registrano almenoPag. 112ottocentomila malati per ragioni professionali. I numeri impressionano perché sono incompatibili con un Paese moderno, ma non bisogna dimenticare che, dietro ad ogni singolo caso e ad ogni singolo nome letto sul giornale o che a noi resta sconosciuto, c'è una tragedia, una vita stroncata o rovinata per cui non vi è alcun rimedio. Inoltre, intorno a ciascuno di tali casi, vi sono altre persone che soffrono perché colpite negli affetti più profondi.
Non stiamo parlando, però, di un destino e neanche di un prezzo inevitabile. Ciò è il frutto delle condizioni in cui il lavoro viene svolto, della precarietà, del lavoro nero, dello sfruttamento, di un'organizzazione del lavoro arretrata e sbilanciata a favore dei profitti, dei ritmi intensi, del «far presto» e della mancata formazione. Tale situazione è figlia, inoltre, dell'idea che il lavoro non è altro che una merce e le merci vanno sfruttate per quanto possibile.
In tutti questi anni abbiamo sentito decantare l'innovazione e la modernizzazione tutti giorni che Dio manda in terra, ma molti di questi cantori della modernizzazione la declinano come mortificazione delle persone che lavorano e non come valorizzazione, rispetto e tutela degli individui.
Credo - e con me il mio gruppo - che il Presidente Napolitano abbia compiuto, dunque, una scelta particolarmente significativa quando ha deciso, senza aspettare la pressione delle emozioni per un caso di cronaca, di imprimere un segno sociale al proprio settennato, insistendo sulla sicurezza del lavoro. Il Presidente della Repubblica, quando ne parla, sottolinea ogni volta il «dover fare» e ciò che è urgente compiere innanzitutto per le istituzioni e per il Parlamento. Ed è proprio di ciò che si tratta oggi nella delega in discussione, ovvero di quanto bisogna mettere in campo concretamente per contrastare con maggiore efficacia gli incidenti e le malattie sui luoghi di lavoro.
Il provvedimento che stiamo affrontando contiene una delega al Governo per il riordino delle norme in materia di sicurezza e contemporaneamente misure immediatamente prescrittive, sugli appalti ad esempio, ma non solamente. L'aspetto che intendo sottolineare, fortemente innovativo della delega, è costituito dal fatto di porsi seriamente anche il problema dei lavoratori immigrati, dei precari e delle donne, ovvero tutte parti del mondo del lavoro particolarmente esposte. Faccio notare che, senza una valutazione di genere sui rischi, si effettuano molti «buchi nell'acqua»: dal giubbotto antiproiettile per le agenti di polizia all'impatto di certe lavorazioni industriali sulla fisiologia femminile, fino a quello che è stato citato, ovvero il caso del lavoro domestico professionale.
Non ho intenzione di ripercorrere passo dopo passo i molti aspetti positivi della delega, che per essere una riforma vera, ha bisogno di risorse che, nel provvedimento in esame, non sono previste in modo sufficiente. Il Governo e il Parlamento, se si vogliono mostrare seri e convinti nella lotta all'insicurezza del lavoro, devono stanziare le risorse necessarie nella prossima legge finanziaria.
Il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo assume, già da ora, l'impegno di spingere in tale direzione, che crediamo debba essere condivisa almeno dall'intero centrosinistra. Sappiamo che la lotta per la sicurezza non si combatte solo con le norme, ma le norme forti e giuste ci vogliono. Nel provvedimento sono presenti e dobbiamo approvarle subito, senza ascoltare le sirene confindustriali che preferirebbero un rinvio, e poi «chi si è visto si è visto».
Colpisce che l'associazione delle imprese, invece di impiegare la sua forza per incivilire le condizioni del lavoro, protesti e recalcitri. Il conservatorismo confindustriale in tale materia è avvilente. Quanto giudichiamo incoraggiante nell'azione del Governo è che, accanto agli interventi normativi - ne abbiamo appena parlato e ne stiamo parlando a proposito della delega -, ci si muova su altri due fronti decisivi. Il primo è costituito dall'organizzazione della risposta istituzionale, ed è un fatto molto positivo che il Ministro Turco abbia siglato a tal proposito un patto perPag. 113la salute con le regioni; il secondo è quello della contrattazione. Deve essere riconosciuto che il Governo ha svolto un ruolo positivo - credo che sia presente proprio il sottosegretario che ha avuto una parte in questa vicenda - negli accordi stipulati in ordine al porto di Genova, dopo un lungo sciopero, e al porto di Napoli.
Occorrono, quindi, buone norme (e cerchiamo, qui, di «partorirle»), un'adeguata organizzazione delle istituzioni (sono insostenibili, dopo ogni incidente, le discussioni sulle competenze, sulle ASL e sugli organici) ed una contrattazione avanzata: queste tre leve, azionate contemporaneamente, possono produrre passi avanti concreti.
Non posso, però, tacere la pura verità: il lavoro sarà più sicuro se sarà più forte, più tutelato, meno precario, meglio pagato e corredato di diritti e stabilità. Senza questa cornice non vi saranno né una diffusa formazione per la sicurezza dei lavoratori, né una piena tutela della salute e del controllo sulle condizioni di lavoro, né un apparato produttivo moderno del nostro Paese.
Avrei voluto dirlo al Ministro, ma lo dico ai sottosegretari presenti, perché qui ci si rivolge all'intero Governo: non ci siamo. La campagna formidabile a favore dei giovani è instancabile quando si tratta di età pensionabile degli operai e degli insegnanti, ma scompare magicamente quando si parla di contratti a termine, di co.co.pro. o dell'inganno istituzionalizzato per far apparire autonomo un lavoro che è subordinato e a termine un lavoro che, in realtà, è continuato. Sbalordisce che, in un Paese dove i giovani faticano a lavorare, un Governo di centrosinistra immagini di prevedere la detassazione degli straordinari, ovvero - perché queste sono le conseguenze - di far lavorare di più sempre le stesse persone e di spingere il mondo delle imprese a non aumentare i salari se non si arriva alla fine del mese (vorrà dire che si dovrà lavorare qualche ora in più).
L'effetto è quello di agire negativamente sulle casse dello Stato e di impoverire le casse previdenziali: in questo modo, inoltre, si tende a non tenere gli orari di lavoro in quei limiti che rappresentano una delle condizioni per la sicurezza del lavoro. Attenzione, perché, se il centrosinistra non muta in profondità le regole con cui, in Italia, milioni di italiani lavorano e non tocca il cuore della legge che regola il mercato del lavoro, anche la sicurezza sarà un traguardo più lontano: se non si opterà per quella scelta, sarà difficile onorare la promessa solenne, rivolta agli italiani, di ridare al lavoro la dignità piena che merita.
In questa materia, come ci ricordano sempre i più pragmatici tra i riformatori, gli slogan sicuramente non bastano. È vero: essi non portano lontano e ciò vale anche per quello secondo il quale la flessibilità va bene, ma non deve diventare precarietà. La realtà è che, quando la flessibilità è solo subita da chi lavora e in condizioni che portano necessariamente alla precarietà, la parola «flessibilità» è solo la «foglia di fico» sulla realtà precaria di molti giovani e di tanti meno giovani.
Il disegno di legge in discussione segna un serissimo passo avanti: speriamo che esso sia definitivamente approvato tra pochissimi giorni. Successivamente bisognerà fare altri passi, senza i quali la dura realtà - per tante persone che lavorano - resterà troppo simile a quella che abbiamo conosciuto in questi anni. E non è stata una realtà allegra (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica per il Socialismo europeo, L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Lucchese, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 114
È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svolgo alcuni cenni introduttivi sul provvedimento per il quale, da più parti, si sollecita un iter di approvazione particolarmente celere, in relazione all'esigenza di disporre al più presto di strumenti idonei - anche sul piano normativo - a fronteggiare l'allarmante situazione determinatasi a seguito del susseguirsi, con preoccupante frequenza, di incidenti sul lavoro, molto spesso mortali.
Il presidente della Commissione lavoro, previdenza sociale del Senato, Tiziano Treu, nel ribadire l'esigenza di concludere in tempi brevi l'esame del disegno di legge in titolo, cosa che sta accadendo, ha ritenuto altresì utile acquisire informalmente, in tale sede, l'avviso delle parti sociali e degli altri soggetti istituzionali a vario titolo interessati alla materia della sicurezza del lavoro, proponendo di attivare un ciclo di audizioni. Dette audizioni hanno evidenziato l'impegno assunto dalla XI Commissione del Senato, da cui proviene il testo al nostro esame, di procedere con la necessaria celerità nell'esame del provvedimento. In particolare, soprattutto da parte della componente datoriale, è stata segnalata l'esigenza di approfondire le problematiche connesse alla disciplina del regime sanzionatorio, mentre da più parti e, in particolare, dalle associazioni dei lavoratori sono state manifestate perplessità sulla disposizione per la quale dall'esercizio della delega non devono derivare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Le audizioni effettuate hanno offerto, pertanto, un importante contributo al dibattito e hanno fornito elementi di riflessione utili anche in relazione all'ipotesi di prevedere che, oltre ai principi di delega, su alcuni specifici aspetti vengano introdotte nel disegno di legge in esame disposizioni immediatamente precettive, il che è assolutamente condivisibile.
È un dato innegabile che occorre potenziare anche l'organico del personale ispettivo, materia sulla quale sono stata presentatrice di apposita interrogazione a risposta scritta, recentemente discussa in Commissione con soddisfacenti esiti. Ho ritenuto necessario impegnarmi, considerato il diffuso e crescente allarme sociale sulle morti bianche. Non a caso le organizzazione sindacali hanno deciso di dedicare la celebrazione del 1o maggio alla problematica della sicurezza sui luoghi di lavoro. Il disegno di legge d'iniziativa del Governo si affianca coerentemente alle misure già adottate nella legge finanziaria per il 2007 per l'assunzione di nuovi ispettori del lavoro e in materia di contrasto del lavoro precario e, tuttavia, pur avendo apprezzabilmente acquisito il consenso delle regioni, presenterebbe ancora profili di eccessiva genericità, in parte giustificati dalla complessità del corpo normativo oggetto dell'intervento di riordino. Ciò inviterebbe a procedere nel senso della semplificazione normativa ed amministrativa e del superamento di un sistema sanzionatorio orientato ancora in misura eccessiva a colpire gli inadempimenti di carattere meramente formale. Al tempo stesso, però, la disciplina che interviene su un bene costituzionale di primaria importanza, quale la salute dei lavoratori, non può rinunciare a perseguire in modo rigoroso le violazioni che mettono effettivamente a rischio l'integrità psicofisica delle persone ed a costruire, pertanto, un sistema sanzionatorio efficace, anche se non persecutorio, ma sufficientemente severo.
Concludo su questo specifico argomento nell'evidenziare che, oltre alla vigilanza, un altro fattore rilevante per realizzare condizioni di effettiva sicurezza sui luoghi di lavoro è costituito dalla formazione. Occorre superare i ritardi che si registrano in questo settore e, in particolare, prevedere che soprattutto per alcune mansioni o per il passaggio da una mansione all'altra l'inserimento lavorativo sia accompagnato obbligatoriamente da un periodo adeguato di formazione. La legislazione intervenuta in materia in epoca recente, anche al fine del recepimento della disciplina comunitaria, costituita in via principale dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni,Pag. 115si è sovrapposta a precedenti corpi normativi. La vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti assai diverse ed eterogenee tra loro, succedutesi senza soluzione di continuità dagli anni Cinquanta ad oggi. Ne è derivato un quadro regolatorio particolarmente complesso, non sempre in sintonia con le mutate esigenze sociali e tecnologiche, in cui i provvedimenti di recepimento delle direttive comunitarie, quale fonte primaria normativa, si sono sommati a disposizioni ormai obsolete, realizzando una difficile commistione.
Pertanto il Governo ha ritenuto necessario operare il riassetto della materia, da realizzare nel pieno rispetto delle disposizioni comunitarie. Da ciò la necessità di una legge di delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa, con precise direttive, previste dall'articolo 1, commi 1 e 2, lettere a)-v). A questo proposito, ho voluto integrare i principi della delega governativa, presentando emendamenti all'articolo 1, commi 1 e 2, lettera b), affinché, nella legge di delega stessa, vi sia una più puntuale definizione del concetto di salute, ricomprendente il benessere fisico e psichico, così come stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità. Infatti, dopo oltre un decennio di applicazione della normativa prevenzionistica, appare quanto mai opportuno implementare gli elementi di tutela dei lavoratori, alla luce dei crescenti infortuni attribuibili al cosiddetto fattore umano.
Inoltre, si ravvisa la necessità che il documento di valutazione dei rischi (DVR) che il datore di lavoro, pubblico e privato, redige debba ben definire anche i cosiddetti rischi trasversali, attribuibili - dati ISPESL e delle organizzazioni del lavoro - a fattori psicologici, ergonomici, a lavori usuranti e, in generale, alle difficili condizioni di lavoro (ciò comporterebbe l'utilizzo della figura professionale: oltre che del medico competente, anche dello stesso psicologo). Basti pensare alle nuove forme di lavoro - tra cui quello interinale, a tempo parziale, i lavori atipici, il lavoro a turni o notturno - e alla mancanza di adeguata formazione, che aumenta l'esposizione dei neofiti al rischio infortuni, senza contare le malattie emergenti date dallo stress (depressione, ansia, ed altre), il mobbing sul lavoro, le molestie e quant'altro influente sulla sfera psicofisica del lavoratore e della lavoratrice. Senza contare, altresì, l'opportunità di recepire le indicazioni di una sentenza della Corte di Strasburgo, che ha condannato l'Italia, in quanto la legislazione approvata dal Parlamento italiano risulta centrata solo sugli aspetti biologici, chimici, fisici e medici, trascurando gli aspetti relazionali, organizzativi e psicologici (lo stress lavorativo, le patologie organizzative, la comunicazione del rischio). Mi sono perciò attenuta ai dati statistici e normativi forniti dal Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi - che ho condiviso, perché molto attendibili e convincenti - soprattutto per la tutela delle donne, il benessere e la pari dignità sul lavoro.
Concludo affermando che l'obiettivo dell'intervento della legge di delega non può essere misurato solo con l'assenza di infortuni o di malattie professionali, ma deve recepire il concetto di benessere sul luogo di lavoro - sia fisico, sia psicologico, sia sociale - che rappresenta l'adeguamento del legislatore alla strategia comunitaria primaria e alle nuove esigenze di trasformazione dell'ambiente lavorativo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà. Può parlare anche stando seduto, onorevole Baldelli.

SIMONE BALDELLI. Grazie, signor Presidente, ma per rispetto nei confronti della Presidenza e dell'Assemblea ritengo che sia più opportuno parlare stando in piedi.
Per quanto riguarda la discussione generale, ritengo che vi sia stata, almeno da questo punto di vista, un'onestà intellettuale da parte del relatore, del presidente della Commissione Pagliarini e da parte di diversi colleghi, nel riconoscere all'opposizionePag. 116un ruolo politico e un comportamento costruttivo, nel portare avanti le nostre ragioni, la nostra impostazione politica - che presenta differenze spesso sostanziali - su un tema come questo, ad alta sensibilità politica, la cui cifra politica, nell'opinione pubblica, è assolutamente condivisa, e su cui pure vi è stato un richiamo forte del Capo dello Stato. Si tratta di un tema importante all'ordine del giorno, quello delle morti e degli infortuni sul lavoro, su cui differenziarsi è difficile ma necessario, e rappresenta per noi un dovere politico e morale, anche se ciò non fa venir meno un'attenzione, comunque condivisa dall'intero Parlamento, sulla necessità di dare una soluzione a tale problema. Personalmente non ritengo che le leggi spesso rappresentino la soluzione ai problemi, anzi.
Troppe volte le leggi non fanno che aggravare i problemi. C'è una discussione su questo tema, che vede confrontarsi con rispetto reciproco due impostazioni concettualmente diverse, c'é un dialogo, un dibattito che avremmo voluto certamente più costruttivo - lo ricordava anche il collega Compagnon - perché avremmo ambito a poter modificare, ad incidere, ad intervenire sul provvedimento anche nelle Commissioni, dove l'atteggiamento dell'opposizione è stato puntuale, presente ma non certamente ostruzionistico, considerata la valenza e l'importanza del tema.
Non ho molto da aggiungere rispetto alle osservazioni condivisibili, puntuali e appropriate che il presidente di gruppo di Forza Italia in Commissione lavoro, l'onorevole Fabbri, ha svolto. Resta da svolgere una considerazione in questa prima fase dell'iter del provvedimento in Assemblea circa la possibilità di capire se nel prosieguo della discussione si potrà intervenire o no sul provvedimento. Il collega Burgio citava un vecchio adagio parlamentare secondo il quale «un ordine del giorno non si nega a nessuno», aggiungendo però che questa non era la situazione che si sarebbe potuta verificare nel corso dell'esame di altri provvedimenti.
Vorrei fare una riflessione di ordine procedurale, evidenziando alla Presidenza - non per una richiesta di natura formale, ma per una riflessione - che troppo spesso ci si trova di fronte a provvedimenti che per ragioni politiche da un lato o per ragioni di carattere più formale dall'altro (perché non si può far tornare il testo al Senato e non so se sia questo il caso del provvedimento in esame) non possono essere modificati e, quindi, si usa lo strumento dell'ordine del giorno come una sorta di «seconda ipotesi» rispetto all'approvazione di proposte emendative. È vero che stiamo discutendo di una delega legislativa ma è anche vero che la delega può essere ampliata e modificata.
Nelle Commissioni riunite il gruppo di Forza Italia ha presentato un testo di cui il primo firmatario è l'onorevole Fabbri e di cui sono firmatario anch'io proprio sulla sicurezza del lavoro che comporta un'impostazione sostanzialmente diversa, meno sanzionatoria, più formativa, più improntata alla necessità di operare un vero e proprio salto culturale in tema di sicurezza sul lavoro. Riteniamo che il predetto sia l'approccio giusto, rispettando però anche un approccio diverso, che può esser fatto valere con la forza dei numeri, con la volontà politica, con la capacità di persuasione, come potrebbe avere la maggioranza nei nostri confronti. Attendiamo il prosieguo della discussione con l'augurio che sia il più sereno possibile, che maggioranza e opposizione sappiano confrontarsi nel merito delle cose insieme al Governo, che è stato sempre presente e puntuale nei lavori delle Commissioni, così come lo è oggi in aula e che si riesca a dare un contributo importante su questo tema.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Trupia. Ne ha facoltà.

LALLA TRUPIA. Signor Presidente, giudico davvero importante che il provvedimento arrivi all'esame dell'Assemblea prima della pausa estiva. Non è esagerato definire la materia di cui ci occupiamo come una vera e propria emergenza. Troppe morti sul lavoro, troppe invalidità, troppi incidenti gravi per un Paese che siPag. 117considera evoluto e civile, troppa noncuranza, troppa leggerezza, troppo ossequio alla sola legge del profitto, a scapito della tutela della salute del lavoratore e della lavoratrice per una Repubblica fondata sul lavoro, come recita la nostra Costituzione. Ha fatto bene il Presidente della Repubblica a richiamare il Parlamento e la politica a proporre in fretta rimedi seri. Il provvedimento in discussione potrebbe essere migliorato, ma ha comunque il merito di affrontare di petto il problema e di avanzare proposte concrete e innovative.
Innanzitutto, il disegno di legge in esame introduce una cultura nuova che si differenzia da quel modo di pensare che in questi anni si è reso responsabile di una pericolosa regressione culturale in rapporto a valori che considero fondativi della società: il lavoro, la sua dignità, i suoi diritti.
Quando la dignità del lavoro non è più un valore forte di riferimento, allora si allenta tutto il sistema dei diritti e dei doveri e si indebolisce il tessuto connettivo di un Paese.
Per tale ragione riordinare, razionalizzare e innovare nel campo della salute e della sicurezza del lavoro, come si propone di fare il provvedimento in esame, significa immettere nel tessuto connettivo del Paese diritti, doveri, regole eque, in fin dei conti legalità. Si tratta in sostanza di ristabilire il nesso tra il ruolo sociale dell'impresa e la dignità sociale e civile del lavoro, i diritti di chi lavora e, dunque, si tratta di ristabilire per i diversi soggetti in causa la nozione di bene comune.
Al raggiungimento di tale obiettivo è sicuramente utile la scelta, contenuta nelle misure in esame, di fare della prevenzione una priorità rispetto al solo inasprimento delle sanzioni.
Il testo che stiamo esaminando non ha un approccio prevalentemente sanzionatorio e repressivo, come stanno sostenendo la Confindustria e molti colleghi dell'opposizione, ma, al contrario, fa dell'azione preventiva il proprio asse, ed infatti la prevenzione è l'alternativa davvero efficace alla cattiva filosofia della riduzione del danno, considerato che il danno è spesso irreparabile.
È la prevenzione l'alternativa più efficace a fermare il moltiplicarsi di costi economici, umani e sociali altissimi. In tale direzione vanno tutte le azioni tese ad informare e a formare, come la concessione di un credito di imposta per le spese sostenute dai datori di lavoro per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro.
Si parte con un fondo annuo di 20 milioni di euro in via sperimentale per il biennio 2008-2009. Si tratta solo di un inizio e ce ne rendiamo conto, ma è un inizio che giudichiamo promettente, così come l'impegno volto ad avviare progetti sperimentali in ambito scolastico e dei percorsi di formazione professionale.
Da un lato, dunque, le imprese sono stimolate ad impegnarsi nella formazione, dall'altro i lavoratori e le lavoratrici sono incoraggiati ad accedere alla formazione culturale, che potrà renderli più consapevoli ed esigenti.
Nel nostro sistema esistono delle patologie che vanno rimosse, anche se sono particolarmente difficili da rimuovere, e tra queste le più gravi sono il ricorso al lavoro nero e la precarietà di massa. Sappiamo quanto il primo sia umiliante per i lavoratori e le lavoratrici e quanto li riduca sudditi senza dignità e senza diritti, innanzitutto quello alla salute e alla sicurezza.
Sono in genere i lavoratori più deboli quelli che svolgono le mansioni più faticose e meno retribuite, quelli che non sono raggiunti dalle tutele sindacali, che operano prevalentemente in piccole o piccolissime imprese, spesso senza contratti regolari e diritti esigibili.
Sono in maggioranza donne, ragazzi e ragazze giovani, lavoratori e lavoratrici immigrati, quelli che nelle regioni più produttive d'Italia fanno i lavori cui gli italiani non vogliono più dedicarsi, e mandano avanti l'economia di quei territori, mentre nelle regioni del sud lavorano negliPag. 118scantinati delle piccole imprese di calzature, oppure piegano la schiena nella raccolta dei pomodori.
Gli infortuni e i casi di incidenti mortali, che fanno piangere per un solo giorno l'opinione pubblica mentre tutto continua a restare come prima, aumentano proporzionalmente quando gli investimenti ed i controlli diminuiscono.
La precarietà di massa di intere generazioni di giovani ha abbassato la qualità del lavoro e della vita nel nostro Paese, e sta diventando una piaga colossale che ruba il futuro ai giovani e all'intero Paese. Il lavoro nero e la precarietà di massa sono tra le cause prime degli infortuni e dell'insicurezza. Vi è, dunque, un richiamo forte da fare alle imprese, ed in particolare alle più piccole, perché considerino le buone pratiche e la regolarità del lavoro un fattore decisivo per la produzione ed anche per la ricchezza e lo sviluppo.
Con l'articolo 11 si apporta nel provvedimento in esame una correzione significativa alla legge finanziaria per il 2007: si modifica la sospensione dell'ispezione e delle verifiche per un anno nei confronti dei datori di lavoro che presentino istanza di regolarizzazione, quando siano concernenti la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
È una piccola proposta che introduce, però, un grande principio: la non negoziabilità del diritto di ciascuno alla salute e alla sicurezza e la preminenza di tale diritto sul profitto.
Concretamente è poi contenuta nel testo alla nostra attenzione un'innovazione particolarmente importante nelle modalità oggi seguite negli appalti in base alle norme in vigore. Sappiamo che una pratica su tutte è causa di insicurezza e di rischio: il sistema di assegnazione al massimo ribasso, tanto in voga in Italia. Una modalità che quasi sempre abbassa il livello di tutela della salute e della sicurezza, ma anche il livello della qualità della produzione, si tratti di merci o di servizi. Prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui si modifica in un punto essenziale la disciplina contenuta nel Codice degli appalti pubblici. Si introducono, infine, strumenti più incisivi e nuovi: dallo strumento dell'interpello al fatto che l'Inail, informato tempestivamente, possa anche costituirsi parte civile. Si introduce la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo e un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi.
Infine, voglio sottolineare che, per la prima volta, i beneficiari di queste norme saranno tutti i lavoratori, anche quelli parasubordinati e autonomi. L'obbligo della tessera di riconoscimento per il personale viene estesa a tutte le attività di appalto e subappalto. La tutela della salute e della sicurezza diventa, dunque, una prerogativa universale, superando discriminazioni assurde oltre che incostituzionali. È urgente in questa materia - lo sentivamo - razionalizzare, semplificare e sburocratizzare. Questo è tanto più necessario per le piccole e piccolissime imprese che andranno certamente agevolate attraverso l'adempimento di norme meno cavillose, astruse, stratificate e frammentate. D'altra parte, rivedere regolamenti risalenti addirittura agli anni Cinquanta è necessità ineludibile di un mercato del lavoro così diverso da allora e moderno. Ma la semplificazione per essere efficace si deve accompagnare al rispetto delle regole, alla legalità. È oggi un successo, dunque, portare all'approvazione il provvedimento in esame, che nella scorsa legislatura si era arenato sullo scoglio della non congruenza con l'articolo 117 della Costituzione che assegna alle regioni la competenza in materia. Si tratta di un provvedimento atteso dal mondo del lavoro, che, dunque, non può deludere. Per questo, il nostro gruppo Sinistra democratica Per il Socialismo europeo considera insufficiente le risorse destinate ad azioni così importanti. Il Governo di centrosinistra deve dare un segnale forte e coerente sul lavoro ai lavoratori e deve, dunque, farne davvero una priorità, impegnando risorse significative e non residuali. A tal fine, ci impegniamo su questo punto a proporrePag. 119investimenti più significativi in occasione dell'approvazione della legge finanziaria.
Comunque, come gruppo Sinistra democratica Per il Socialismo europeo voteremo a favore dell'approvazione del provvedimento perché lo consideriamo un atto importante di discontinuità e proprio in ragione della profonda convinzione che tutto ciò che contribuisce a ridurre lavoro nero e precarietà, ad allargare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, a rimettere al centro la dignità del lavoro sia un tassello importante per ridare slancio e opportunità all'Italia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.

DANIELE GALLI. Signor Presidente, mi soffermerò solo su due considerazioni. Se è vero che il provvedimento in esame presenta aspetti di urgenza, è anche vero che nella proposta dell'opposizione, atto Camera 2636, era previsto un dispositivo immediatamente applicabile. È mancata forse nelle Commissioni la volontà di arrivare ad un testo unificato, e di questo mi dolgo.
Quanto alla concorrenzialità delle regioni - prima la collega citava l'articolo 117 della Costituzione -, sappiamo che nella scorsa legislatura, ovviamente, non si è potuto trovare un accordo, ma al riguardo le assicurazioni del Governo sono limitate alla delega; poi vedremo se i provvedimenti attuativi della delega stessa entreranno o meno in contrasto con l'articolo 117 sul riparto delle competenze.
Un altro pericolo cui si può andare incontro con il provvedimento in discussione è la disarticolazione territoriale, che produrrebbe una forma di conflittualità e interpretazioni diverse tra regione e regione. Vi è la problematica relativa all'approccio della normativa di sicurezza, che dovrebbe avere meno aspetti formali e più piani di concretezza. Si evidenzia, inoltre, un problema di monitoraggio dei parametri d'intesa tra le parti, che non devono essere sperequativi. Esiste un problema di bilateralità, che è una questione cruciale, che non emerge chiaramente. Disponiamo di un apparato sanzionatorio poco equilibrato fra le parti interessate e vi sono poche differenzialità tra le violazioni: è necessario, cioè, distinguere tra le violazioni formali e quelle sostanziali. Vi sono, altresì, problematiche legate al mancato sostegno alle aziende in tutte le nuove attività tecnologiche, che servono ad abbattere il rischio del lavoro, attraverso procedure soft law e di formazione. A mio giudizio, è necessario un impegno al coordinamento e alla semplificazione del sistema normativo generalizzato sul lavoro, che è estremamente caotico, verso cui il Governo dovrebbe tendere: questa è anche l'occasione giusta! I lavoratori e gli imprenditori non sono esattamente su piani di responsabilità attiva e di ruoli uguali. Esiste qualche piccola differenza, che poi diventa sostanziale nel gioco delle parti. A mio giudizio, il provvedimento tende ad essere sbilanciato rispetto alla grande industria, e non rispetto alla discriminazione della piccola e media industria.
Mancano delle incentivazioni ai comportamenti virtuosi - come sul modello bonus-malus (tipo Inail) - che, se introdotti, avrebbero effetti estremamente positivi. Vi sono problemi sulle risorse pubbliche reali ed effettive, che dovrebbero essere estremamente più concrete. Da ultimo - e concludo - la delega deve essere impostata su tre aspetti importanti: la norma di incentivo per il ravvedimento operoso, che è importantissimo; la valorizzazione degli organismi bilaterali, che non devono essere in contrapposizione, ma rivolti allo stesso scopo di indirizzo; infine, il diritto di interpello.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Galli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Tondo. Ne ha facoltà.

RENZO TONDO. Signor Presidente utilizzerò pochissimi minuti della parte conclusivaPag. 120di questa discussione sulle linee generali per proporre alcune brevi considerazioni. Chi ha seguito la discussione sul provvedimento - ringrazio i colleghi presenti e il rappresentante del Governo - con un approccio libero, non può non essersi accorto, anche da alcuni degli ultimi interventi, che rischia di prevalere un taglio ideologico, soprattutto da parte di alcuni settori della maggioranza; basti pensare ai continui richiami che si sono rivolti al tema della precarietà. Il taglio ideologico, in numerosi interventi, è stato rafforzato dal solito approccio manicheo, in base al quale, secondo alcuni, in quest'aula vi sarebbero i buoni, che hanno a cuore la tutela del lavoratore ed altri, meno buoni, che, invece, hanno a cuore soltanto il profitto. Mi è sembrato anche di cogliere, in alcuni interventi, un taglio propagandistico su un tema che, invece, a mio avviso, avrebbe bisogno di un approccio basato non su dichiarazioni ad effetto, ma su proposte concrete. Non giova ad alcuno enfatizzare o drammatizzare una questione che, certamente, è importante ed è di grande civiltà e che presenta caratteristiche - nel nostro caso, i numeri - mediamente inferiori o, comunque - l'ha già rilevato il mio rappresentante di gruppo in Commissione, l'onorevole Fabbri - non superiori al resto d'Europa.
Sia chiaro, signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi: ogni vita persa, ogni infortunio sul lavoro rappresenta una situazione drammatica. Certamente non aiuta ad affrontare la questione leggere sui giornali che due operai che rientrano dal lavoro muoiono in un incidente d'auto e che ciò venga considerato un infortunio sul lavoro. La sicurezza stradale è un problema altrettanto importante, ma si tratta di un'altra cosa. Ritengo che confondere le due questioni non aiuti ad affrontare veramente il problema.
Il provvedimento in discussione, nasce, a mio avviso, sotto un imprinting ideologico di tipo sanzionatorio. I colleghi della sinistra lo negano, ma credo sia difficile dimostrare il contrario! Tale imprinting di tipo sanzionatorio è teso a certificare quasi che il tema dell'infortunio sul lavoro attenga sempre e comunque alla responsabilità dell'impresa. Ritengo che questo sia un approccio sbagliato.
Ritengo che, per l'impresa, il lavoratore rappresenti sempre un valore. Lo affermo anche per esperienza personale. Nessun imprenditore degno di tale nome crede diversamente. Il lavoratore è un valore, è parte dell'impresa e, per questo motivo, va tutelato e difeso.
Ed è per questo che desidero offrire un contributo al ragionamento affinché il profilo del provvedimento in discussione venga spostato - nel corso del dibattito parlamentare e nell'ambito di ciò che farà poi il Governo - soprattutto sui temi della formazione, della bilateralità, del supporto a percorsi virtuosi senza concentrarsi solamente sui controlli, spesso burocratici, effettuati da personale amministrativo - diciamolo pure - con una perfetta conoscenza delle dinamiche formali (accompagnata anche dalla tipica rigidità del burocrate), ma che conosce poco le vere dinamiche che si verificano in cantiere o sul luogo di lavoro; dinamiche che, invece, andrebbero conosciute meglio.
Per questo motivo, ritengo che il tema della formazione vada affrontato rispetto non solo ai lavoratori e alle imprese ma anche a coloro che successivamente hanno il compito di vigilare affinché il provvedimento venga eseguito.
Pertanto, a mio avviso, il provvedimento in discussione nasce datato e, come già detto, probabilmente anche inefficace. Ritengo necessario valutare se, nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea, vi sarà, da parte del Governo e della maggioranza, una volontà di miglioramento, che sia tesa a cogliere non le spinte che vengono dalla parte estrema dello schieramento di Governo, bensì gli elementi di buonsenso che anche il dibattito che si sta svolgendo ha potuto fornire alla valutazione del Governo stesso.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 121

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2849)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la XI Commissione, onorevole Rocchi.

AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Signor Presidente, parlerò anche a nome dell'onorevole Mosella e brevemente, in considerazione dell'orario e dell'andamento della discussione. Ritengo che la discussione sulle linee generali abbia dimostrato anche la serietà e profondità, nonché il reale confronto di merito che si è avuto nel corso dei lavori sia nelle Commissioni sia in Assemblea.
Ritengo che una divisione tra noi, tra chi guarda solo alle sanzioni e chi solo alla prevenzione, sarebbe un po' manichea. Come è già stato dichiarato dai due relatori e anche dal Governo durante l'esame nelle Commissioni (devo darne atto), se si vorrà farlo, si potranno rafforzare, mediante strumenti idonei - ovvero mediante la presentazione di ordini del giorno che vincolino il Governo ad effettuare scelte precise nel varo dei decreti legislativi attuativi - scelte e misure volte alla prevenzione, formazione e magari al sostegno, mediante investimenti mirati, della piccola impresa o dell'artigiano (che spesso non possiede le risorse per l'innovazione tecnologica del proprio parco macchine, non possedendo grandi capitali da investire nel lungo periodo).
Se si vorrà rafforzare il potere e il ruolo di controllo, intervento e ispezione degli enti bilaterali e dei rappresentanti della sicurezza dei lavoratori, ritengo potremmo farlo unitariamente e in modo positivo. Ritengo quindi che vi potrà essere, poi, una verifica dell'ottenimento e della realizzazione di tali impegni a seguito dell'adozione dei decreti attuativi della delega da parte del Governo.
A mio avviso, se svolgeremo tale lavoro in modo positivo - come ritengo lo stesso dibattito abbia dimostrato - con serietà e volontà sul merito del provvedimento, e se la Camera riuscirà ad approvare il provvedimento prima dell'estate, ciò sarà stato non merito solo di una parte, bensì un grande merito del Parlamento intero.
Inoltre, ritengo che i lavoratori e le lavoratrici italiani potranno vedere nelle istituzioni sempre più un luogo ad essi vicino, che risponde anche alla loro vita concreta ritrovando, in tal modo, anche una maggiore fiducia nella politica e nella partecipazione. Ciò rappresenterebbe un bene per le istituzioni italiane e il Parlamento.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che il relatore per la XII Commissione, onorevole Mosella, è stato rappresentato dall'onorevole Rocchi.
Ha dunque facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, vorrei fare poche considerazioni. In primo luogo, vorrei ribadire il ringraziamento per il lavoro svolto dalle Commissioni della Camera e vorrei ringraziare inoltre gli onorevoli deputati che sono intervenuti portando un contributo di merito e non pregiudiziale.
Il ringraziamento è rivolto ai gruppi sia della maggioranza sia dell'opposizione, i quali sono stati chiamati ad un sacrificio politico che hanno deciso di compiere «ribadendo», con la loro lettura, lo stesso provvedimento approvato dal Senato; approvato, peraltro - lo ricordo -, senza alcun voto contrario. Ciò sta a significare che il confronto è stato ampio, anziché chiuso solo all'interno dello spazio della maggioranza che sostiene il Governo.
Un punto, effettivamente, sembra essere profondamente contraddittorio con l'opposizione ed è quello relativo alle politiche sanzionatorie ed alle politiche delle ispezioni, dei controlli e del monitoraggio, perché gli altri punti sono tutti compresi. Vi sono il punto della bilateralità, il punto della formazione, il punto del sostegno alle piccole aziende, gli incentivi alle aziende che investono in formazione e in innovazione tecnologica - tutti i temi che sono stati ricordati - la limitazione delle politichePag. 122del massimo ribasso e, quindi, politiche di prevenzione anche in questo caso.
Ovviamente, lo spessore che assumeranno tali politiche non dipenderà dal fatto che sono presenti nella delega ma da quanto riusciremo a stanziare nella legge finanziaria, perché dette politiche possono essere più o meno estese, più o meno profonde sulla base delle risorse che tutti insieme decideremo di stanziare al riguardo. Quindi, verificheremo questa problematica, considerato che, tra l'altro, la delega ci dà il tempo di verificare e di confrontare i dati con quelli della finanziaria.
Per quanto riguarda le politiche di controllo, le attività ispettive, ed altro, debbo ricordare che gran parte degli infortuni avvengono nei settori dove è prevalente il lavoro nero. Il lavoro nero nel nostro Paese, testimoniano le statistiche, raggiunge quote impressionanti: a volte si dice che oltre il 20 per cento del PIL del nostro Paese deriva dal sommerso. Sicuramente, politiche di incentivazione alla riemersione di queste attività sono utili e sono state sperimentate in passato, ma il fenomeno è talmente vasto che, senza una politica di controllo e di intervento delle pubbliche amministrazioni, difficilmente tale gran massa di lavoro nero emergerà.
Peraltro, ricordo a tutti che la maggior parte degli incidenti avviene in aziende-micro, dove i diritti dei lavoratori non sono uguali a quelli delle aziende con più di sedici dipendenti. Quindi, una politica della pubblica amministrazione più attenta in questo settore è assolutamente richiesta perché le parti sociali non hanno gli stessi diritti che hanno nelle aziende per le quali il decreto legislativo n. 626 del 1994 ha prodotto risultati importanti e positivi. Faccio un esempio: un terzo degli incidenti avvengono a causa di camion, di camionisti e di modalità di lavoro. È assolutamente evidente a tutti che una politica di controllo delle strade ed autostrade, i nuovi strumenti di controllo della velocità che si stanno predisponendo, la repressione della guida che avviene violando i limiti previsti negli orari di lavoro oppure in stato di ubriachezza ed altri aspetti sono assolutamente necessari da parte della pubblica amministrazione.
Devo dire che tutte le volte che un camion determina una strage c'è un coro unanime di maggioranza e opposizione a favore dell'aumento dei controlli, dell'attività repressiva ed altro. Cito questo elemento per dire che purtroppo ci ricordiamo di sollecitare l'intervento dello Stato e i suoi controlli solo davanti alla tragedia. Quando discutiamo dei provvedimenti, a volte tendiamo a dire che stiamo esagerando. Non credo che l'Italia sia un Paese in cui ci sia un eccesso di attività di carattere repressivo da parte della pubblica amministrazione. Anzi, semmai - purtroppo - abbiamo il primato in Europa di non riuscire sempre a fare applicare le leggi del nostro Paese perché, una volta fatte le leggi, non ci dotiamo degli strumenti adeguati per farle rispettare.
La scelta di fondo comunque - concludo e ribadisco - è quella della responsabilizzazione, della partecipazione e del sostegno. Ovviamente, una legge seria, per essere applicata, ha bisogno anche di tener conto del tessuto generale in cui interviene e deve dotarsi degli strumenti per la sua effettiva applicazione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 26 luglio 2007, alle 9:

1. - Discussione del disegno di legge:
S. 1447 - Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario (Approvato dal Senato) (2900)
- Relatori:
Samperi, per la maggioranza; Pecorella, di minoranza.

2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2345 ed abbinata.

Pag. 123

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

I Commissione permanente (Affari costituzionali):
S. 900. - Senatori BIANCO ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale del Braille» (approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato) (2345).
A tale proposta di legge è abbinata la proposta di legge: PISCITELLO: «Istituzione della Giornata nazionale del Braille» (1633).

La seduta termina alle 20,50.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO FRANCESCO PAOLO LUCCHESE SULLA PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE DOC. XXII, N. 8-A/R

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali risponde ad un'esigenza sentita soprattutto da tutta la classe politica per poter dare risposta ai cittadini che ogni giorno vengono informati sugli errori in sanità (cosiddetta «malasanità») e vogliono sapere se possono affidarsi alle cure degli operatori del servizio sanitario.
La Commissione che sarà istituita servirà a verificare come funziona l'assistenza in Italia e quali eventuali rimedi mettere in atto per un'assistenza che sia di alto livello, efficace ed efficiente, se non addirittura d'eccellenza.
I compiti della Commissione sono molto ampi e, tra l'altro, essa potrà accertare quali sono le cause che determinano un continuo aumento della spesa sanitaria, con disavanzi sempre più elevati.
Gli investimenti in sanità devono servire a migliorare l'assistenza. In Italia gli investimenti in sanità sono tra i più bassi dei Paesi europei, con un'efficienza comunque di grande livello; a fronte di questa realtà si manifestano alcuni sprechi che debbono essere evitati ed eliminati, poiché agli sprechi si accompagnano alcune sacche di inefficienza.
La Commissione ha anche il compito di verificare la qualità delle prestazioni e la prima attuazione dei programmi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico.
Infine, viene colmata una lacuna, poiché in questo ramo del Parlamento, così come al Senato, non era presente una Commissione di inchiesta in campo sanitario.
Per tali motivi condividiamo questo provvedimento sul quale annunzio, pertanto, il voto favorevole dell'UDC.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI AUGUSTO ROCCHI E DONATO RENATO MOSELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2849

AUGUSTO ROCCHI, Relatore per la XI Commissione. Signor Presidente, colleghi e colleghe, Luca Finardi, 40 anni, Andrea Graziano, 36 anni, Carmine Diano, 29 anni, Vincenzo Costanzo: purtroppo, sono tre morti e un ferito grave sul lavoro, gli ultimi nella giornata di ieri.
Quasi quotidianamente assistiamo ad uno stillicidio di lavoratori e lavoratrici che rischiano la vita, nell'adempiere il proprio lavoro. Ho ricordato questi nomi a titolo esemplificativo di un elenco, purtroppo troppo lungo, affinché anche in quest'aula, non ci dimentichiamo mai che, anche allorquando adoperiamo un linguaggio tecnico, burocratico o formale, stiamo parlando di persone in carne ed ossa e di vite spezzate per il lavoro e nel lavoro.
Probabilmente, i lavoratori e lavoratrici, che molte volte si alzano al mattino molto presto - tra costoro, uno è morto e l'altro si è ferito gravemente, alle cinque e mezzo, durante il proprio turno diPag. 124lavoro in una grande azienda chimica - lo fanno per recarsi a lavorare faticosamente per garantire un futuro a se stessi e alle proprie famiglie.
A mio avviso, nell'iniziare la discussione sulle linee generali di questo disegno di legge, tutti quanti dobbiamo ricordare e avere presenti tali dati e persone in carne ed ossa. Una società in cui continuano ad annoverarsi così tanti morti e infortuni sul lavoro, non può essere giudicata di grande progresso sociale e civile. In ciò risiede l'importanza del provvedimento in discussione, che stiamo per affrontare.
Ritengo che con il contributo di tutti, maggioranza e opposizione - anche in relazione ai punti sui cui possono prospettarsi opinioni e ipotesi di soluzioni diverse - possa esservi l'impegno comune affinché dalla discussione generale, che oggi si sta avviando, si arrivi in tempi brevissimi all'approvazione del provvedimento in discussione.
Pertanto il disegno di legge n. 2849, già approvato dal Senato, recante disposizioni relative alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, è un provvedimento di grande rilevanza, su cui le massime cariche dello Stato hanno più volte richiamato l'attenzione e sollecitato il Governo e il Parlamento ad intervenire.
A distanza di più di un decennio dall'emanazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, il processo di produzione legislativa in materia di tutela e sicurezza del lavoro in pratica non ha conosciuto soste. In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria ed ha continuato nel corso degli anni a trasporre quanto prodotto a livello europeo.
Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato o integrato le norme già inserite nel decreto legislativo n. 626 del 1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplina-quadro per garantire la protezione e la tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose. Il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è quindi caratterizzato da un'integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni novanta, ha conosciuto negli ultimi anni un progressivo ampliamento.
Sebbene la materia, per quanto sopra detto, non si caratterizzi certo per un vuoto normativo, vi è senz'altro l'esigenza di superare i limiti e le manchevolezze della disciplina vigente, che l'esperienza ha messo in luce, anche mediante la predisposizione di uno o più decreti legislativi che provvedano a razionalizzare e riformare la vigente normativa.
Per quanto riguarda l'andamento infortunistico, si richiama l'attenzione sull'aumento degli infortuni mortali registrato nel 2006, con una preoccupante inversione di tendenza rispetto all'evoluzione positiva degli anni precedenti. Più in generale, nel 2006 la tendenza alla diminuzione complessiva degli infortuni, in essere a partire dal 2002, ha subito un sostanziale rallentamento.
Il numero ancora troppo elevato di infortuni sul lavoro, la crescita del numero degli infortuni mortali nel 2006 rispetto all'anno precedente e i più recenti fatti di cronaca, con il ripetersi di infortuni mortali con una frequenza inammissibile, richiamano l'attenzione delle istituzioni e, in particolare, del Governo e del Parlamento, sulla necessità di fare il massimo per porre un argine a questo stillicidio di eventi invalidanti o addirittura mortali per i lavoratori.
Si rende quindi particolarmente urgente un intervento che investa il tema della sicurezza sul lavoro in senso stretto, ma anche i rischi connessi alla crescente precarietà, nonché la disciplina degli appalti e dei contratti pubblici.
La drammaticità del fenomeno degli infortuni sul lavoro che, oltre a compromettere la salute o addirittura la vita dei lavoratori, determina costi sociali altissimi, richiede una comune assunzione di responsabilità da parte della maggioranza ePag. 125dell'opposizione, al fine di consentire una rapida approvazione del provvedimento al nostro esame.
Auspico quindi un iter del provvedimento il più rapido possibile, con la collaborazione costruttiva anche dell'opposizione, in modo tale da approvare il testo prima dell'interruzione estiva dei lavori.
Si evidenzia che, per una scelta di metodo, le Commissioni riunite XI e XII, su proposta dei relatori condivisa dal rappresentante del Governo, si sono orientate per confermare il testo approvato dal Senato senza alcuna modifica. Ciò non perché il testo in esame non sia migliorabile né per una contrarietà preconcetta alle proposte emendative dell'opposizione, ma appunto per non allungare i tempi di approvazione del provvedimento in considerazione della sua urgenza.
Alcune delle questioni affrontate nelle proposte emendative presentate nel corso dell'esame presso le Commissioni sono ragionevoli e anche condivisibili.
L'accoglimento di tali questioni tramite modifica del testo, tuttavia, comporterebbe la necessità di trasmettere nuovamente il provvedimento al Senato, determinando un notevole ritardo nell'approvazione definitiva dello stesso, anche a causa della sessione di bilancio che impegnerà il Parlamento dopo l'interruzione estiva dei lavori. Nell'auspicare quindi che l'Assemblea confermi la scelta delle Commissioni di non modificare il testo approvato dal Senato, si ritiene invece che alcune delle questioni su cui si registra una convergenza tra maggioranza e opposizione e che sono condivisibili nel merito possano essere affrontate con idonei strumenti parlamentari che impegnino il Governo ad attuare le misure proposte, quali gli ordini del giorno. Mi riferisco, per esempio, alle questioni relative all'opportunità di un'impostazione non soltanto sanzionatoria, ma anche premiale e incentivante, specie verso gli artigiani e le piccole imprese, al ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e agli altri istituti attuativi del decreto legislativo n. 626 del 1994, nonché all'esigenza di un soggetto di coordinamento territoriale per consentire un salto di qualità nella prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Per quanto riguarda il parere espresso dalle Commissioni competenti in sede consultiva, si rileva che le Commissioni I, II, III, V, VI, VII, VIII, IX, X e XIV e la Commissione per le questioni regionali hanno espresso un parere favorevole senza alcuna condizione. Pertanto, anche da un punto di vista del merito del provvedimento, non sono state rilevati dalle medesime Commissioni aspetti critici che rendessero necessaria una modifica del testo.
Passando ad illustrare l'articolato, pongo in evidenza che il disegno di legge in esame, in primo luogo, contiene all'articolo 1 la delega al Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all'articolo 117 della Costituzione e garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.
Ai fini dell'esercizio della delega il disegno di legge prevede, all'articolo 1, comma 2, una serie di principi e criteri direttivi, tra cui si segnalano, per la loro rilevanza, i seguenti.
In primo luogo, si dispone l'applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati (comma 2, lettera c)). In tal modo si estende la platea dei lavoratori a cui si applicano le tutele in questione rispetto alla normativa vigente.
Si evidenzia il principio che prevede la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle piccole, medie e micro imprese, senza però compromettere il rispettoPag. 126dei livelli di tutela, nonché la previsione di forme di unificazione documentale (comma 2, lettera d)). Con le norme emanate in attuazione di tale principio le imprese piccole e medie potranno essere sgravate da adempimenti meramente formali e burocratici, concentrandosi invece sugli aspetti sostanziali della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Di notevole importanza anche il principio che dispone la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto, e della natura formale o invece sostanziale della violazione (comma 2, lettera f)). In particolare, i decreti delegati dovranno provvedere alla modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l'utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e alla determinazione delle sanzioni penali dell'arresto e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento, da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a euro ventimila per le infrazioni formali, della pena dell'arresto fino a tre anni per le infrazioni di particolare gravità e della pena dell'arresto fino a tre anni ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri casi.
Viene inoltre prevista la revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, in particolare rafforzando il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, nonché l'introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo (comma 2, lettera g)), la rivisitazione ed il potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche in qualità di strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni volte a migliorare la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (comma 2, lettera h)), la realizzazione del coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro (comma 2, lettera i)).
Costituiscono anche principi innovativi rispetto alla vigente normativa, meritevoli di menzione, oltre alla previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (comma 2, lettera m)), alla promozione della cultura e delle azioni di prevenzione (comma 2, lettera p)), alla razionalizzazione e al coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza (comma 2, lettera q)), la revisione della normativa in materia di appalti, prevedendo, tra le altre, misure dirette a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore, a modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché a modificare la disciplina contenuta nel codice degli appalti pubblici prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui (comma 2, lettera s)).
Infine, si segnalano i principi relativi alla rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti modalità organizzative del lavoro e alle particolarità delle lavorazioni (comma 2, lettera t)) e all'introduzione dello strumento dell'interpello relativamente ai quesiti sull'applicazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro (comma 2, lettera v)).
I successivi articoli del provvedimento, aggiunti nel corso dell'esame presso il Senato, recano misure precettive volte a rafforzare immediatamente gli strumenti per la sicurezza sul lavoro. Tali articoli sono stati aggiunti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento proprio per rendere operative quanto prima possibile le misure e gli interventi che nonPag. 127possono attendere, in considerazione della loro urgenza, i tempi connessi all'emanazione dei decreti legislativi.
In particolare, l'articolo 2 prevede che, nei casi di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesione personale colposa commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà notizia immediatamente all'INAIL ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di
regresso.
L'articolo 3 reca modifiche al decreto legislativo n. 626 del 1994, che intervengono sostanzialmente sulle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d'appalto e sulla disciplina relativa alle modalità di elezione nonché alle attribuzioni del rappresentante per la sicurezza. Tra l'altro, si prevede che, ferme restando le disposizioni in materia di sicurezza e salute del lavoro previste dalla normativa vigente degli appalti pubblici, nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 del codice civile, sussiste l'obbligo di indicare specificamente i costi relativi alla sicurezza del lavoro. A tali dati possono accedere, previa richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
L'articolo 4 dispone, in primo luogo, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia disciplinato il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro affidato ai comitati regionali di coordinamento, individuando i settori prioritari di intervento e i piani di attività da attuare a livello territoriale (comma 1). Fino all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui sopra, il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza è esercitato dal presidente della provincia o da un assessore da lui delegato, nei confronti delle amministrazioni e degli enti pubblici territoriali rientranti nell'ambito provinciale di competenza (comma 2).
Per una migliore e più efficiente integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si dispone che entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero della salute, il Ministero del lavoro, le regioni, le province autonome, l'INAIL, l'IPSEMA, l'ISPESL e le altre amministrazioni competenti in materia pongono in essere gli adempimenti necessari per l'integrazione dei rispettivi archivi informatici, anche attraverso la creazione di banche dati unificate relative ai singoli settori produttivi, e per il coordinamento delle attività ispettive in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro (comma 3).
Al fine di rafforzare l'azione ispettiva e di vigilanza, si dispone che, dando attuazione a quanto già previsto dal comma 544 della legge finanziaria per il 2007, si provveda ad assumere fino a 300 unità di personale risultato idoneo in seguito allo svolgimento dei concorsi pubblici per ispettori del lavoro e che le risorse non utilizzate a tal fine nel primo semestre del 2007 (4,25 milioni di euro) siano destinate al funzionamento e al potenziamento dell'attività ispettiva, alla costituzione di appositi nuclei di pronto intervento e all'incremento delle dotazioni strumentali (comma 4).
Inoltre, si prevede l'obbligo, per il personale degli istituti previdenziali che accerta d'ufficio violazioni amministrative sanabili relative alla disciplina in materia previdenziale, di applicare la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004 (comma 6), nonché l'avvio di progetti sperimentali, in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale, volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (comma 7).
L'articolo 5, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, è volto ad estendere, a tutti i settori produttivi, i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresaPag. 128la partecipazione a gare pubbliche) previsti dall'articolo 36-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 223 del 2006 nei casi di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all'orario di lavoro che avvengano nel settore dell'edilizia. Inoltre, viene aggiunta un'ulteriore fattispecie in cui possono essere adottati tali provvedimenti di sospensione ed interdizione, relativa a gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. L'articolo in esame estende quindi a tutti i settori produttivi uno strumento molto utile per indurre le imprese a osservare la disciplina relativa alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, dal momento che la revoca della sospensione dei lavori è condizionata al ripristino della situazione di rispetto sostanziale della disciplina da parte del datore di lavoro oltre che al pagamento di una sanzione.
L'articolo 6 quindi, per agevolare l'azione di accertamento degli organi ispettivi, prevede che, nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, a decorrere dal 1o settembre 2007, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Nei confronti del datore di lavoro che non adempie regolarmente agli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria (da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore). Vengono così estese a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, già previsti dall'articolo 36-bis, commi da 3 a 5, del decreto-legge n. 223 del 2006, con riferimento ai cantieri edili.
L'articolo 7 attribuisce agli organismi paritetici di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 626 del 1994 la possibilità di effettuare nei luoghi di lavoro rientranti nel proprio ambito di competenza sopralluoghi per valutare l'applicazione della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
L'articolo 8, intervenendo sul decreto legislativo n. 163 del 2006 (cosiddetto codice dei contratti pubblici), include tra i criteri da adottare nella predisposizione delle gare e nella valutazione delle offerte anomale anche quello dei costi relativi alla sicurezza. Più in dettaglio, si prevede che gli enti aggiudicatori valutino, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizio e di forniture, non solo che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro, ma anche rispetto al costo per la sicurezza. Il costo relativo alla sicurezza deve, inoltre, anche essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Viene inoltre precisato che il costo della sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d'asta.
L'articolo 9, inserendo l'articolo 25-septies nel decreto legislativo n. 231 del 2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti, è volto ad introdurre apposite sanzioni pecuniarie e interdittive per le persone giuridiche i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro. In relazione al compimento di tali reati la persona giuridica è soggetta alla sanzione pecuniaria non inferiore a mille quote, per cui, considerato che il valore della quota (comunque nel concreto determinata dal giudice) non può avere un valore inferiore a 258 euro, ne deriva che la sanzione pecuniaria non potrà essere inferiore a 258.000 euro.
Inoltre, all'ente si applicano anche le sanzioni interdittive previste dal decreto legislativo n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la pubblicaPag. 129amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi), per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
Tale disposizione potrà costituire un valido ed efficace strumento dissuasivo relativamente alla violazione delle norme sulla salute e sicurezza dei lavoratori, andando a colpire sul piano patrimoniale le società che si dovessero rendere responsabili di gravi inosservanze delle medesime norme o addirittura impedendo alle medesime società di continuare ad operare per un certo periodo di tempo.
L'articolo 10 concede un credito di imposta per le spese sostenute dai datori di lavoro per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro. Il credito di imposta è concesso in via sperimentale per il biennio 2008-2009, entro un limite complessivo di spesa di 20 milioni di euro annui, nella misura massima del 50 per cento delle spese sostenute dai datori di lavoro. Peraltro, il credito di imposta dovrà essere fruito nel rispetto dei limiti derivanti dalla disciplina del de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006.
L'articolo 11, con riferimento alle misure volte a favorire l'emersione del lavoro irregolare sulla base di accordi aziendali o territoriali (commi 1192-1201 della legge finanziaria per il 2007), è volto a modificare la previsione secondo cui nei confronti dei datori di lavoro che hanno presentato l'istanza di regolarizzazione sono sospese ispezioni o verifiche, per un anno a decorrere dalla data di presentazione dell'istanza, nelle materie oggetto della regolarizzazione (relative agli obblighi in materia di condizioni di lavoro e di previdenza sociale) anche con riferimento alle ispezioni ed alle verifiche concernenti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Con la modifica introdotta, invece, si dispone che dalla prevista sospensione delle ispezioni o delle verifiche sono escluse quelle concernenti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Tale modifica appare necessaria per evitare che, a seguito della presentazione dell'istanza di regolarizzazione, le imprese che non rispettano la disciplina relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori siano messe al riparo da qualsiasi controllo da parte dei competenti organi ispettivi, i quali quindi sarebbero impossibilitati ad intervenire e a prendere i necessari provvedimenti anche nei casi di violazioni più gravi e pericolose per l'incolumità dei lavoratori. Si consideri al riguardo che il vigente testo del comma 1198 della legge finanziaria del 2007 può produrre l'effetto paradossale di «neutralizzare» le misure di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche) previsti dall'articolo 36-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, per il settore dell'edilizia, peraltro estese a tutti i settori produttivi, come su detto, dall'articolo 5 del provvedimento in esame.
Infine l'articolo 12, al fine di rafforzare l'organico degli ispettori del lavoro, autorizza il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a decorrere dal mese di gennaio 2008, ad assumere, per un numero massimo complessivo di 300 unità, gli idonei non vincitori dei concorsi pubblici regionali per esami banditi dal medesimo Ministero nell'anno 2004, rispettivamente per 795 posti di ispettore del lavoro e per 75 posti di ispettore tecnico del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del medesimo Ministero. Rispetto al testo originario del disegno di legge n. 1507, che prevedeva esclusivamente l'assunzione degli idonei del concorso per ispettori del lavoro, opportunamente il Senato ha esteso la norma anche agli idonei del concorso per ispettori tecnici.
In conclusione, si auspica che l'Assemblea proceda alla rapida approvazione del disegno di legge trasmesso dal Senato, dalPag. 130momento che l'attuazione della delega prevista dal medesimo disegno di legge, tramite la razionalizzazione e l'aggiornamento della vigente normativa, contribuirà a realizzare un quadro normativo che sia in grado di garantire una tutela più adeguata della salute e della sicurezza dei lavoratori. Tra l'altro la delega, prevedendo che la disciplina in questione debba essere applicata a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati, sostanzialmente dispone un'estensione del campo di applicazione della disciplina in questione a tutti i lavoratori, anche a quelli «parasubordinati» e autonomi.
Inoltre, le disposizioni direttamente precettive volte ad adeguare immediatamente la disciplina vigente, in maniera da rendere operative quanto prima possibile le misure più urgenti per la salute e sicurezza sul lavoro, potranno garantire, già con l'entrata in vigore del provvedimento in esame e in attesa dell'emanazione dei decreti legislativi che attueranno la delega, una maggiore tutela dei lavoratori sul piano della prevenzione e dei controlli.
Sicuramente contribuiranno a tale obiettivo le misure tramite cui si provvede al rafforzamento delle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d'appalto, si adeguano le attribuzioni del rappresentante per la sicurezza, si introducono strumenti per un più efficiente coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si creano i presupposti per rafforzare l'attività ispettiva tramite l'assunzione di ispettori del lavoro, la destinazione di ulteriori risorse al funzionamento e al potenziamento dell'attività ispettiva e l'attribuzione agli organi ispettivi dei poteri di sospensione dell'attività e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni nei casi di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni, all'orario di lavoro nonché alla salute e sicurezza sul lavoro, si prevedono sanzioni pecuniarie e interdittive per le persone giuridiche nel caso di gravi violazioni delle norme sulla sicurezza del lavoro da parte dei loro dirigenti e si introducono strumenti per favorire la formazione e l'informazione nella materia in questione.

DONATO RENATO MOSELLA, Relatore per la XII Commissione. Il disegno di legge all'esame dell'Assemblea cade in un momento significativo del dibattito in materia di sicurezza sul lavoro, come testimoniato anche dai recenti episodi di cronaca.
È di ieri la notizia dell'ultima tragica morte bianca, vittima di una esplosione in un'azienda farmaceutica del milanese.
Ma è il complesso dei numeri che parla chiaro: nel 2006 ci sono stati 935 mila incidenti sul lavoro, con 1.250 vittime, oltre 350 le morti bianche nei primi 4 mesi del 2007.
Una elaborazione dell'Eurispes, «Infortuni sul lavoro: peggio di una guerra», ha messo in risalto come la piaga degli incidenti sul lavoro in Italia abbia causato più morti della seconda Guerra del Golfo: dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari della coalizione che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati ben 5.252.
Questi sono alcuni numeri significativi, forti, per dire che gli incidenti sul lavoro e le morti bianche rappresentano una ferita impressionante che tocca la sensibilità dei cittadini, che rischia di colpire chiunque e che ha sollevato il grido delle più alte cariche istituzionali, nella consapevolezza che il fenomeno ha raggiunto limiti intollerabili.
La richiesta di condizioni di lavoro umane e rispettose dei bisogni e della dignità dei lavoratori è un imperativo di civiltà. Lo dobbiamo ai lavoratori morti ed alle loro famiglie.
Arginare i numeri di questo annuale bollettino di guerra è un dovere civico al quale nessuno si può e si deve sottrarre.
Il Governo si è fatto carico di questo fenomeno con l'adozione di un disegno di legge delega per il riassetto e la riforma della normativa in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Per la specificità deiPag. 131principi informatori che il collega Rocchi ha illustrato, l'iniziativa intende apprestare un quadro di riferimento complessivo ed organico della materia in un settore assai delicato che vede coinvolti i diritti fondamentali degli individui.
Il testo al nostro esame, come approvato e trasmesso dal Senato, rappresenta il frutto di un lavoro articolato perché ai contenuti della originaria delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto del sistema, si sono aggiunte, con scelta condivisa da parte dei diversi gruppi politici, una serie di prescrizioni nella direzione di apprestare misure di immediata applicazione e destinate a garantire subito adeguati livelli di tutela.
Dal passaggio parlamentare al Senato è derivato un provvedimento idealmente scomponibile in due parti: la prima, prevista dall'articolo 1, avente ad oggetto la delega al Governo e la declinazione dei criteri da seguire nella emanazione dei relativi decreti delegati; la seconda, comprendente gli articoli dal 2 al 12, caratterizzata da norme cogenti elaborate per costituire da subito un quadro di tutele chiaro a beneficio della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Mi piace sottolineare l'atteggiamento di condivisione tra i gruppi al Senato che ha consentito all'altro ramo del Parlamento di ricevere una proposta importante, articolata, perché costituita dai principi generali che devono regolare la materia, ma anche da norme applicabili non appena la legge in discussione entrerà in vigore, rispondendo in tal modo con provvedimenti di immediata percezione alle preoccupazioni e alla criticità esistenti.
Il collega Rocchi ha illustrato in maniera puntuale i contenuti del progetto all'esame di questa Assemblea.
Da parte mia, quale relatore del provvedimento per la XII Commissione, desidero fare alcune notazioni di ordine generale che danno il segno del tenore del testo che è in linea con la necessità di apprestare una disciplina organica e complessiva della materia, superando una normazione che si è succeduta nel corso degli anni.
È di tutta evidenza l'intento del Governo di trattare il tema con tempestività e con misure sostanziali: lo dimostra l'impegno di adottare entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riforma della materia. Un termine inferiore di quello originariamente previsto dal Governo, che era di dodici mesi, a testimonianza del fatto che sulla tutela dei diritti fondamentali l'impegno dell'Esecutivo costituisce una priorità. Quanto ai contenuti, è significativa la garanzia di assicurare nei decreti legislativi la uniformità della tutela dei lavoratori su tutto il territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Un principio di portata fondamentale in quanto - ferma restando la competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di «tutela e sicurezza del lavoro», secondo quanto stabilito dall'articolo 117 della Costituzione - viene cristallizzato il carattere universale che deve assumere ogni misura di tutela, principio che non ammette deroga alcuna.
La espressa previsione, tra i pilastri della delega al Governo, del principio in base al quale la tutela dei lavoratori deve avere «riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati» costituisce una vera conquista di civiltà che il testo porta con sé.
Quest'anno ricorrono le celebrazioni dell'anno europeo per le pari opportunità per tutti; il momento è quanto mai significativo per ragionare sul fatto che l'affermazione della pari dignità tra i generi implica, al tempo stesso, la presa in carico delle diversità che sono insite e naturali nei generi.
Se lo scopo del riordino della materia è quello di garantire la sostanziale uniformità di trattamento in tema di sicurezza, tale uniformità non può prescindere dalla particolare condizione, per esempio, delle lavoratrici che in alcuni momenti particolari della loro vita (perché gestanti, puerpere o in periodo di allattamento) spiegano comunque le loro attività lavorative. Come pure attenzioni e tutelePag. 132vanno dedicate al lavoro dei migranti e delle migranti, vera risorsa per il nostro Paese, perché spesso, molto spesso, si caricano di mansioni umili e faticose.
Farsi carico delle diversità, nell'ottica di realizzare l'uguaglianza sostanziale delle forme di tutela, è un esercizio di bilanciamento che la proposta al nostro esame compie in maniera mirabile nella direzione di assicurare sicurezza e certezza di regole al mercato del lavoro. Equilibrato bilanciamento di interessi che il testo presenta anche in un altro ambito di contenuti, la cui impronta è fortemente caratterizzante.
Mi riferisco al rapporto tra gli aspetti sanzionatori e le disposizioni destinate a promuovere la cultura della sicurezza, norme destinate a maturare la consapevolezza del valore aggiunto che deriva dal lavorare in ambienti sani; valore aggiunto portatore di benefici non solo per i lavoratori, ma anche per le imprese.
La riformulazione dell'impianto sanzionatorio (prevista tra i criteri informatori della delega), lungi dall'avere un carattere meramente repressivo, è ispirata all'esigenza di dare certezza al sistema di regole in materia di sicurezza dei lavoratori.
Il carattere innovativo del testo risiede nel fatto che, a fianco delle sanzioni per coloro che violano la normativa, vi è un articolato piano di norme, incentrato sul trinomio prevenzione-informazione-premialiltà, che intende contribuire alla maturazione della cultura della prevenzione, vera conquista di civiltà nella tutela dei lavoratori.
Il tema della salute e della sicurezza dei lavoratori, oltre che essere oggetto di prescrizioni chiare e di sanzioni vere, deve essere sentito, avvertito dai datori di lavoro e dai lavoratori. In questo passaggio culturale, di mentalità risiede la chiave di volta nella direzione del benessere complessivo dei lavoratori.
Bene ha fatto il disegno di legge a prevedere l'inserimento, tra i criteri della delega al Governo, del principio della «promozione della cultura e delle azioni di prevenzione». Il richiamo non è casuale, ma responsabilmente viene dalla nostra appartenenza al contesto comunitario.
Il 21 febbraio 2007 la Commissione europea ha presentato la comunicazione «Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro. Strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul lavoro», il cui scopo è di contribuire alla riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Per raggiungere tali obiettivi la Commissione ha previsto, tra le altre misure, «la promozione di un mutamento dei comportamenti dei lavoratori, nonché approcci orientati alla salute presso i datori di lavoro» e «la promozione della salute e la sicurezza a livello internazionale».
Tale comunicazione sottolinea la necessità di mettere a punto una cultura della prevenzione dei rischi nell'ambito dei programmi di formazione in tutti i livelli del ciclo di istruzione e in tutti i settori, ivi compresa la formazione professionale e l'università. In particolare, ritiene che un ruolo importante spetti all'insegnamento nella scuola primaria dal momento che i riflessi condizionati in materia di prevenzione si acquisiscono già durante l'infanzia.
Il testo al nostro esame recepisce appieno questa esigenza. Lo fa (articolo 1, comma 2, lettera p)) prevedendo, tra i principi informatori della delega, la «promozione e la divulgazione della cultura della salute della sicurezza sul lavoro all'interno dell'attività scolastica ed universitaria e nei percorsi di formazione» .
Lo fa anche in materia di sistema sanzionatorio (articolo 1, comma 2, lettera f)) laddove si prevede, sempre tra i criteri informatori della delega, di destinare gli introiti delle sanzioni pecuniarie per «interventi mirati alla prevenzione, a campagne di informazione e alle attività dei dipartimenti della aziende sanitarie locali».
Lo fa - questa volta con una norma immediatamente applicabile all'entrata in vigore della legge - prevedendo che i Ministri del lavoro e della pubblica istruzione avviino, a partire dall'anno scolasticoPag. 1332007-2008, progetti sperimentali in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza sul lavoro (articolo 4, comma 7).
Lo fa - con una norma di natura premiale ed immediatamente applicabile - concedendo in via sperimentale, a decorrere dal 2008, ai datori di lavoro un credito di imposta nella misura massima del 50 per cento delle spese sostenute per la partecipazione dei lavoratori «a programmi e percorsi certificati di carattere formativo in materia di sicurezza sul lavoro» (articolo 10, comma 1).
È di tutta evidenza come sia ben presente nel testo il tema della prevenzione e delle misure volte a promuoverla ad ogni livello, tra i lavoratori come tra i datori di lavoro, e per tutte le categorie di imprese.
Vengo all'ultima notazione interessante che emerge dal testo. Non si tratta, come pure alcuni hanno affermato, di un provvedimento elaborato sulle e per le imprese di grandi dimensioni. Al contrario, questo provvedimento mette al centro il lavoro in sé, come bene assoluto da tutelare. Ne deriva che le forme di tutela sono previste per tutti i soggetti interessati, le grandi imprese, come le piccole e le medie.
Anzi, poiché è proprio nella piccola impresa che spesso si annida il virus della elusione delle norme antinfortustica - perché minori sono i controlli o perché vi è scarsa sensibilità al tema da parte di chi pure sarebbe tenuto ad adottare certe precauzioni - bene si è fatto con la delega al Governo a prevedere che l'attuazione della normativa sulla sicurezza deve avere riguardo «a tutti i settori di attività, a tutte le tipologie di rischio».
Non solo: «le piccole, medie e micro imprese», per usare le parole del testo, sono oggetto di più specifiche norme, come, ad esempio, quelle in materia di semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute o in tema di azioni da intraprendere per la promozione della cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro.
In definitiva il testo al nostro esame costituisce un provvedimento innovativo per gli obiettivi chiari che si pone e per aver introdotto una sorta di salto culturale nella promozione delle azioni di prevenzione.
Una rapida approvazione dello stesso è il segnale migliore che il Parlamento possa dare ai cittadini e alle aspettative di sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ROBERTO ULIVI, FRANCESCO MARIA AMORUSO, PEPPE DE CRISTOFARO, FRANCESCO PAOLO LUCCHESE E DANIELE GALLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2849

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi fa molto piacere intervenire in quanto quello della sicurezza sul lavoro è un tema che interessa da sempre la mia parte politica; non dimentichiamo infatti che il senatore Tofani è il presidente della Commissione di inchiesta che il Senato ha istituito proprio sul tema degli infortuni sul lavoro, anche grazie agli auspici del Presidente Marini.
Il lavoro che il Senato ha svolto, sia nelle Commissioni sanità e lavoro che in aula, ci ha portato, sì, un testo migliore rispetto a quello iniziale del Governo, nel senso che, ad esempio, sono state introdotte norme direttamente attuative al posto di deleghe, ma ciò non toglie che il disegno di legge n. 2849 del Governo aggrava e non allevia la proliferazione normativa, come invece dovrebbe fare un testo unico.
Ammetto di aver apprezzato la norma contenuta nell'articolo 1, che prevede di modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici, in quanto la inveterata prassi dell'accettazione del massimo ribasso ha troppo spesso causato gravi danni, ma la troppa attenzione del Governo e della maggioranza nei riguardi di aspre norme sanzionatorie, senza una normativa premiale nei riguardi delle aziende più virtuose, e la poca attenzione alle problematiche del lavoro autonomo ancora una volta ci mostrano quali siano ledifferenze di approccio tra maggioranza e opposizione nei riguardi della sicurezza sul lavoro.
Apprezzo anche le norme che facilitano la costituzione di parte civile da parte dell'INAIL, ma in relazione ai fondi INAIL di cui si è parlato in Commissione riterrei utile che questi fossero utilizzati per gli scopi istituzionali e fondamentalmente la prevenzione, sempre nel rispetto delle altre attività dell'INAIL.
In un momento in cui i riflettori sembrano tutti accesi sugli infortuni sul lavoro, siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo ed il ministro della salute, in audizione presso la Commissione di inchiesta del Senato, ci ha fatto sapere che intende portare avanti un processo con le regioni e con quei soggetti che possono concorrere a quel patto per la sicurezza di cui ha parlato. Ne prendiamo atto, ma dovremmo risolvere i problemi che proprio le regioni creano in merito, fermo restando che comunque sono proprio le regioni ad avere ampia delega, principalmente attraverso le ASL, in materia di contrasto, prevenzione e repressione degli infortuni.
Anche a tale scopo spero che venga posto l'accento sulla cultura del lavoro, con un piano che preveda insegnamenti nelle scuole di ogni ordine e grado capaci di sensibilizzare i nostri ragazzi fin dalla più giovane età, sì da creare almeno un terreno fertile per un futuro di lavoratori sensibili alla problematica e capaci di considerare l'attività di prevenzione come una parte naturale dell'attività lavorativa e magari anche di agire su una futura classe dirigente capace di prendersi le proprie responsabilità evitando i palleggiamenti che spesso oggi vediamo in atto tra Stato, regioni ed organi territoriali e periferici.
Complessivamente, ritengo che il disegno di legge del Governo, benché non privo di pregi, sia troppo sanzionatorio, poco premiale e poco attento al lavoro autonomo e non mi sembra preveda la razionalizzazione e la semplificazione normativa che ci augureremmo.
Io penso che ci sarebbe stato bisogno di un testo concettualmente e strutturalmente più semplice, magari composto da norme direttamente attuative e non da deleghe, che avesse una portata non solamente compilativa, ma anche innovativa e di semplificazione e dedicata ad un campo più vasto di lavoratori, che prevedesse un campo di applicazione della normativa sulla salute e sulla sicurezza del lavoro maggiore rispetto a quello delimitato dalla legge n. 626 del 1994 e che desse anche maggiore risalto ai lavoratori subordinati o parasubordinati, ai lavoratori autonomi e componenti dell'impresa familiare, perché non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese l'impresa familiare è una realtà ampiamente diffusa che non poco contribuisce all'economia italiana. Il tutto, unito ad un atteggiamento meno punitivo, avrebbe secondo me favorito il raffreddamento delle controversie tra imprese e sindacati ed avrebbe così beneficiato le piccole e medie aziende in vari modi, sempre comunque garantendo una semplificazione della normativa. Tutto questo non mi pare poco, se consideriamo che stiamo parlando di una buona fetta della popolazione produttiva e di una parte di società che, lavorativamente parlando, ha un notevole peso nell'economia del nostro Paese.

Testo sostituito con errata corrige volante FRANCESCO MARIA AMORUSO. Il provvedimento oggi all'esame dell'aula riguarda una materia di grande importanza perché gli incidenti sul lavoro rimangono una piaga amara per l'Italia.
Mi riferisco alle morti sul lavoro che si sono verificate in questi giorni.
È un fatto senz'altro positivo quindi che le istituzioni ne prendano atto e si comportino di conseguenza, dai forti richiami in materia del Presidente della Repubblica alle molte iniziative parlamentari.
È necessario intervenire in modo concreto attraverso normative più stringenti e soprattutto più adeguate, essendo passati già tredici anni dall'emanazione della disciplina-quadro contenuta nel decreto legislativo n. 626 del 1994.
Quella disciplina, è vero, rispetto al passato ha innovato in modo fortementePag. 135positivo il quadro della sicurezza sul lavoro e non c'è dubbio che nelle successive modificazioni ad essa apportate negli anni abbia influito anche il principio della prevenzione (e non solo del momento risarcitorio verso i lavoratori infortunati) fortemente sottolineato dall'articolo 137 del Trattato di Maastricht.
In definitiva, se paragonata al 1994, la situazione è migliorata in modo notevole. Tuttavia è necessario fare ancora di più. Questo è un dovere del Parlamento. Le discussioni nelle Commissioni lavoro prima del Senato e poi della Camera sono andate nella giusta direzione. In entrambe le Camere, mi preme sottolineare, Alleanza Nazionale ha dato il suo apporto in modo costruttivo e dialogante perché la dialettica politica non deve andare sopra gli interessi comuni, in particolare di fronte a problemi così drammaticamente attuali come le cosiddette morti bianche.
La necessità di fare ancora di più sul piano legislativo è ben spiegata dal fatto che gli infortuni sul lavoro rimangono ancora troppi. Ciò significa che il principio della prevenzione applicato dal 1994 in poi ha sì funzionato, ma non così come si pensava, ed ha conosciuto molte difficoltà sul piano applicativo.
Proprio la necessità di migliorare il momento applicativo delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è il punto centrale sul quale concentrarsi. Le norme attuali sono buone, ma troppo spesso la cronaca ci racconta di come incidenti sul lavoro (a volte mortali) avvengano in cantieri che non sono in regola e dove le vittime spesso sono lavoratori non dotati dell'adeguata strumentazione di sicurezza.
I dati dell'INAIL sono eloquenti: nel 2006 gli infortuni denunciati sono calati dell'1,3 per cento rispetto all'anno precedente. Il dato è di per sé positivo. Ma dall'altra parte della bilancia pesa il fatto che proprio nel 2005 il calo percentuale era stato maggiore (-2,8 per cento). Soprattutto, sul versante delle cose negative, pesa un dato insopportabile: nel 2006 gli infortuni mortali sono stati 1.280, cioè addirittura in pur lievissima crescita rispetto al 2005. Tra il 2002 e il 2006, inoltre, la media annuale nel calo degli infortuni è stata solo dell'1,6 per cento: davvero troppo poco.
Nel primo trimestre del 2007 i dati dell'INAIL indicano che gli infortuni mortali sono stati già 229. Nel loro complesso, sempre nel primo trimestre del 2007, gli infortuni denunciati sono stati ben 220.953. Quella delle morti sul lavoro è una situazione insopportabile, su cui si deve intervenire. Riguardo al numero totale di infortuni è bene ribadire con forza che, grandi o piccoli, gravi o meno gravi, tutti gli infortuni sul lavoro, quando avvengono, sono una sconfitta morale per il nostro Paese.
Ecco quindi la necessità di intervenire attraverso questo provvedimento.
Il progetto di legge in esame delega il Governo ad emanare entro un anno una serie di decreti legislativi sulla materia. Sottolineo in particolare tre aspetti dei criteri che dovranno ispirare gli atti del Governo: da una parte la necessità di misure di particolare tutela per i lavoratori autonomi che ad oggi sono quelli più a rischio; la semplificazione degli adempimenti formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; una particolare attenzione alle piccole, medie e micro imprese.
Sottolineo questi tre aspetti perché in tutti i comparti nei quali si verificano il maggior numero di infortuni (l'industria e l'agricoltura soprattutto) il tessuto economico italiano è costituito da imprese medie e piccole e vede una forte presenza di lavoratori autonomi. Lavoratori autonomi ai quali, peraltro, la normativa del 1994 non si applicava e ai quali, nonostante alcuni cambiamenti normativi, tuttora si può applicare solo in parte. Anche l'eccessiva farraginosità delle attuali norme va combattuta.
Queste - che dovrebbero essere le grandi finalità del progetto governativo - sono questioni di grande importanza e sulle quali non c'è dubbio che tutte le parti politiche debbano convergere al di là della contrapposizione di parte.Pag. 136
Tuttavia non posso non rilevare come i buoni principi non siano seguiti da un percorso all'altezza.
Sul tema della semplificazione, balza subito all'occhio la massa di disposizioni che in questo provvedimento si accavallano tra loro, dal numero abnorme (articolo 1) dei criteri che dovranno guidare l'emanazione dei decreti attuativi al numero degli articoli seguenti. Questo può essere tutto, ma non certo semplificazione. Il rischio - passando ai temi delle piccole-medie imprese e dei lavoratori autonomi - è che proprio le norme a loro dirette (cioè le più importanti in assoluto, come detto) affoghino in una montagna di altre norme.
Poi è da sottolineare che il progetto del Governo parla molto degli ispettori del lavoro da un lato prevedendone l'assunzione di nuovi (attingendo agli idonei non vincitori dei concorsi passati, finalmente, mi viene da dire! È da un intero anno che il centrodestra - anche con un mio atto di sindacato ispettivo - chiede ciò!), dall'altro meglio coordinandone l'azione e potenziando i mezzi a loro disposizione.
L'augurio è che ciò avvenga davvero e che finalmente, dopo la vaghezza di un'analoga norma contenuta in finanziaria, gli ispettori del lavoro siano di più, meglio coordinati e soprattutto forniti di mezzi davvero adeguati. Tuttavia resta in ogni caso da sottolineare in modo negativo che ad oggi gli idonei non vincitori sono circa seicento, mentre il testo che stiamo discutendo parla dell'assunzione di soli trecento di loro.
A proposito degli ispettori del lavoro, è forte il rammarico per il rifiuto del Governo - dimostrato al Senato con la bocciatura di emendamenti del centrodestra che andavano in tal senso - di aumentare la copertura finanziaria per allargare il numero degli ispettori del lavoro da assumere.
Si fa un gran parlare del cosiddetto «tesoretto: in fondo, per assicurare un maggiore controllo sui luoghi di lavoro sarebbe bastato destinare a tale scopo una quota infinitesimale di questo «tesoretto». Così non è stato e il rammarico resta forte. Ma anche le responsabilità politiche di ciò - devono essere forti e ben chiare a tutti gli italiani.
Tra l'altro è da sottolineare che secondo il Servizio studi, a proposito della norma sugli ispettori del lavoro (articolo 12), «appare necessario che il Governo fornisca maggiori informazioni sulla quantificazione degli oneri recati dal comma 2 nonché sulla loro natura, anche in relazione alla possibilità di ricondurli al limite di spesa, stante la eterogeneità degli stessi (aggiornamento, formazione, attrezzature, buoni pasto, lavoro straordinario e spese di missione)». Ciò significa che non solo il Governo ha fatto una scelta inspegabilmente riduttiva nell'assunzione degli ispettori del lavoro, ma lo ha fatto anche in modo pasticciato dal punto di vista della contabilità.
Un altro punto molto importante riguarda il fatto che nel corso dei lavori al Senato è stato fortemente condizionato a stretti parametri economici il riferimento alla necessità che le scuole di ogni grado possano istituire, pur nel rispetto della loro autonomia e dei programmi scolastici, dei corsi di «cultura del lavoro».
È stato detto, dal Governo, che questa scelta è dovuta a motivi economici. Ne prendiamo atto, ma con forte rammarico perché la cultura della prevenzione - che in fondo lo stesso governo dice essere alla base del provvedimento oggi al nostro esame - per essere tale deve necessariamente partire dalle scuole.
Infine, due considerazioni che non attengono allo specifico del progetto governativo ma che hanno una grande importanza, a nostro parere, per far sì che la fase della prevenzione, attraverso l'azione dell'INAIL, funzioni con efficacia. Mi riferisco al fatto che il governo, nei confusi progetti annunciati periodicamente sul riordino degli enti previdenziali, non ha mai chiarito il fatto che, in caso di un accorpamento che per inciso giudico disastroso se fatto, la funzione assistenziale non dovrebbe confondersi con quella previdenziale dell'INPS o dell'INPDAP e non dovrebbe perdere incisività in un megaente pubblico.Pag. 137
L'altra considerazione riguarda il fatto che troppe volte, in questo anno di governo, si è addirittura sentito parlare di attingere all'attivo patrimoniale dell'INAIL per fare interventi sociali. lo dico che bisogna fare molta attenzione quando si parla di INAIL. L'istituto ha una importanza troppo grande perché la sua funzione di assistenza affiancata all'azione di prevenzione e di assistenza nella fase di reinserimento per gli infortunati sul lavoro venga depotenziata finanziariamente (o addirittura, qualche volta si torna a parlare di privatizzazione). Poiché nel progetto governativo (articolo 2) si parla espressamente di INAIL e del fatto che esso debba ricevere dal pubblico ministero eventuali notizie di reati penali legati alla sicurezza sul lavoro, dandogli così modo di costituirsi parte civile e di adire l'azione di regresso, non mi sembra coerente che lo stesso Governo persegua una sua linea molto ambigua nei confronti dell'INAIL.
Un'ultima postilla riguarda la grave connessione che esiste tra lavoro nero e infortuni sui luoghi di lavoro. Io vengo da una regione, la Puglia, in cui soprattutto d'estate e nel comparto agricolo vi sono molti incidenti sul lavoro che colpiscono lavoratori irregolari. Un ulteriore dato che conferma questa osservazione è l'alto numero di infortuni denunziati nel primo giorno di lavoro.
Quella del lavoro nero è quindi una piaga che non solo incide pesantemente sul piano previdenziale sulle casse dell'INPS - che ogni anno subisce perdite in milioni di euro - ma che va a incidere pesantemente anche sul piano assistenziale.
L'articolo 36-bis del primo decreto Bersani (legge n. 248 del 2006) - anche per il fine esplicito di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare - prevede che il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'INPS e dell'INAIL, possa adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri gravi violazioni relative all'impiego di personale «in nero». Inoltre, in base allo stesso decreto Bersani, nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento con fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo riguarda anche i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri.
Purtroppo si constata, finora, che queste misure sono servite a ben poco (senza dimenticare che - come detto prima - norme come quella ricordata servono a ben poco se non c'è un numero sufficiente di ispettori del lavoro; e si è visto come il testo al nostro esame non sia affatto adeguato a tal fine!). Quindi il provvedimento in esame non va ad incidere sulla lotta al lavoro nero. E d'altronde, mi viene da dire, non potrebbe essere altrimenti di fronte a un Governo che sta smantellando tutta la politica - all'insegna non della chiusura ottusa ma di un flusso regolato di extracomunitari - del Governo precedente.
Il disegno politico complessivo che anima il Governo è il frutto di una pessima combinazione tra lassismo nel far entrare i clandestini e incapacità di controllare il fenomeno del lavoro in nero il quale in ultima istanza è una delle cause principali di incidenti sul lavoro.
Speriamo che questo provvedimento non sia solo un provvedimento di bandiera per accontentare alcuni componenti di un Governo eticamente in fibrillazione.
La questione è molto seria e sono convinto che ben altra attenzione meriterebbe da parte di tutti. Noi dell'opposizione stiamo facendo tutto intero il nostro dovere.
Mi auguro che altrettanto faccia la maggioranza. Purtroppo così non appare, anche dal fatto che si è preferita una legge delega ad un provvedimento più organico, frutto del lavoro di tutto il Parlamento.
FRANCESCO MARIA AMORUSO. Il provvedimento oggi all'esame dell'aula riguarda una materia di grande importanza perché gli incidenti sul lavoro rimangono una piaga amara per l'Italia.
Mi riferisco alle morti sul lavoro che si sono verificate in questi giorni.
È un fatto senz'altro positivo quindi che le istituzioni ne prendano atto e si comportino di conseguenza, dai forti richiami in materia del Presidente della Repubblica alle molte iniziative parlamentari.
È necessario intervenire in modo concreto attraverso normative più stringenti e soprattutto più adeguate, essendo passati già tredici anni dall'emanazione della disciplina-quadro contenuta nel decreto legislativo n. 626 del 1994.
Quella disciplina, è vero, rispetto al passato ha innovato in modo fortementePag. 135positivo il quadro della sicurezza sul lavoro e non c'è dubbio che nelle successive modificazioni ad essa apportate negli anni abbia influito anche il principio della prevenzione (e non solo del momento risarcitorio verso i lavoratori infortunati) fortemente sottolineato dall'articolo 137 del Trattato di Maastricht.
In definitiva, se paragonata al 1994, la situazione è migliorata in modo notevole. Tuttavia è necessario fare ancora di più. Questo è un dovere del Parlamento. Le discussioni nelle Commissioni lavoro prima del Senato e poi della Camera sono andate nella giusta direzione. In entrambe le Camere, mi preme sottolineare, Alleanza Nazionale ha dato il suo apporto in modo costruttivo e dialogante perché la dialettica politica non deve andare sopra gli interessi comuni, in particolare di fronte a problemi così drammaticamente attuali come le cosiddette morti bianche.
La necessità di fare ancora di più sul piano legislativo è ben spiegata dal fatto che gli infortuni sul lavoro rimangono ancora troppi. Ciò significa che il principio della prevenzione applicato dal 1994 in poi ha sì funzionato, ma non così come si pensava, ed ha conosciuto molte difficoltà sul piano applicativo.
Proprio la necessità di migliorare il momento applicativo delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è il punto centrale sul quale concentrarsi. Le norme attuali sono buone, ma troppo spesso la cronaca ci racconta di come incidenti sul lavoro (a volte mortali) avvengano in cantieri che non sono in regola e dove le vittime spesso sono lavoratori non dotati dell'adeguata strumentazione di sicurezza.
I dati dell'INAIL sono eloquenti: nel 2006 gli infortuni denunciati sono calati dell'1,3 per cento rispetto all'anno precedente. Il dato è di per sé positivo. Ma dall'altra parte della bilancia pesa il fatto che proprio nel 2005 il calo percentuale era stato maggiore (-2,8 per cento). Soprattutto, sul versante delle cose negative, pesa un dato insopportabile: nel 2006 gli infortuni mortali sono stati 1.280, cioè addirittura in pur lievissima crescita rispetto al 2005. Tra il 2002 e il 2006, inoltre, la media annuale nel calo degli infortuni è stata solo dell'1,6 per cento: davvero troppo poco.
Nel primo trimestre del 2007 i dati dell'INAIL indicano che gli infortuni mortali sono stati già 229. Nel loro complesso, sempre nel primo trimestre del 2007, gli infortuni denunciati sono stati ben 220.953. Quella delle morti sul lavoro è una situazione insopportabile, su cui si deve intervenire. Riguardo al numero totale di infortuni è bene ribadire con forza che, grandi o piccoli, gravi o meno gravi, tutti gli infortuni sul lavoro, quando avvengono, sono una sconfitta morale per il nostro Paese.
Ecco quindi la necessità di intervenire attraverso questo provvedimento.
Il progetto di legge in esame delega il Governo ad emanare entro un anno una serie di decreti legislativi sulla materia. Sottolineo in particolare tre aspetti dei criteri che dovranno ispirare gli atti del Governo: da una parte la necessità di misure di particolare tutela per i lavoratori autonomi che ad oggi sono quelli più a rischio; la semplificazione degli adempimenti formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; una particolare attenzione alle piccole, medie e micro imprese.
Sottolineo questi tre aspetti perché in tutti i comparti nei quali si verificano il maggior numero di infortuni (l'industria e l'agricoltura soprattutto) il tessuto economico italiano è costituito da imprese medie e piccole e vede una forte presenza di lavoratori autonomi. Lavoratori autonomi ai quali, peraltro, la normativa del 1994 non si applicava e ai quali, nonostante alcuni cambiamenti normativi, tuttora si può applicare solo in parte. Anche l'eccessiva farraginosità delle attuali norme va combattuta.
Queste - che dovrebbero essere le grandi finalità del progetto governativo - sono questioni di grande importanza e sulle quali non c'è dubbio che tutte le parti politiche debbano convergere al di là della contrapposizione di parte.Pag. 136
Tuttavia non posso non rilevare come i buoni principi non siano seguiti da un percorso all'altezza.
Sul tema della semplificazione, balza subito all'occhio la massa di disposizioni che in questo provvedimento si accavallano tra loro, dal numero abnorme (articolo 1) dei criteri che dovranno guidare l'emanazione dei decreti attuativi al numero degli articoli seguenti. Questo può essere tutto, ma non certo semplificazione. Il rischio - passando ai temi delle piccole-medie imprese e dei lavoratori autonomi - è che proprio le norme a loro dirette (cioè le più importanti in assoluto, come detto) affoghino in una montagna di altre norme.
Poi è da sottolineare che il progetto del Governo parla molto degli ispettori del lavoro da un lato prevedendone l'assunzione di nuovi (attingendo agli idonei non vincitori dei concorsi passati, finalmente, mi viene da dire! È da un intero anno che il centrodestra - anche con un mio atto di sindacato ispettivo - chiede ciò!), dall'altro meglio coordinandone l'azione e potenziando i mezzi a loro disposizione.
L'augurio è che ciò avvenga davvero e che finalmente, dopo la vaghezza di un'analoga norma contenuta in finanziaria, gli ispettori del lavoro siano di più, meglio coordinati e soprattutto forniti di mezzi davvero adeguati. Tuttavia resta in ogni caso da sottolineare in modo negativo che ad oggi gli idonei non vincitori sono circa seicento, mentre il testo che stiamo discutendo parla dell'assunzione di soli trecento di loro.
A proposito degli ispettori del lavoro, è forte il rammarico per il rifiuto del Governo - dimostrato al Senato con la bocciatura di emendamenti del centrodestra che andavano in tal senso - di aumentare la copertura finanziaria per allargare il numero degli ispettori del lavoro da assumere.
Si fa un gran parlare del cosiddetto «tesoretto: in fondo, per assicurare un maggiore controllo sui luoghi di lavoro sarebbe bastato destinare a tale scopo una quota infinitesimale di questo «tesoretto». Così non è stato e il rammarico resta forte. Ma anche le responsabilità politiche di ciò - devono essere forti e ben chiare a tutti gli italiani.
Tra l'altro è da sottolineare che secondo il Servizio studi, a proposito della norma sugli ispettori del lavoro (articolo 12), «appare necessario che il Governo fornisca maggiori informazioni sulla quantificazione degli oneri recati dal comma 2 nonché sulla loro natura, anche in relazione alla possibilità di ricondurli al limite di spesa, stante la eterogeneità degli stessi (aggiornamento, formazione, attrezzature, buoni pasto, lavoro straordinario e spese di missione)». Ciò significa che non solo il Governo ha fatto una scelta inspegabilmente riduttiva nell'assunzione degli ispettori del lavoro, ma lo ha fatto anche in modo pasticciato dal punto di vista della contabilità.
Un altro punto molto importante riguarda il fatto che nel corso dei lavori al Senato è stato fortemente condizionato a stretti parametri economici il riferimento alla necessità che le scuole di ogni grado possano istituire, pur nel rispetto della loro autonomia e dei programmi scolastici, dei corsi di «cultura del lavoro».
È stato detto, dal Governo, che questa scelta è dovuta a motivi economici. Ne prendiamo atto, ma con forte rammarico perché la cultura della prevenzione - che in fondo lo stesso governo dice essere alla base del provvedimento oggi al nostro esame - per essere tale deve necessariamente partire dalle scuole.
Infine, due considerazioni che non attengono allo specifico del progetto governativo ma che hanno una grande importanza, a nostro parere, per far sì che la fase della prevenzione, attraverso l'azione dell'INAIL, funzioni con efficacia. Mi riferisco al fatto che il governo, nei confusi progetti annunciati periodicamente sul riordino degli enti previdenziali, non ha mai chiarito il fatto che, in caso di un accorpamento che per inciso giudico disastroso se fatto, la funzione assistenziale non dovrebbe confondersi con quella previdenziale dell'INPS o dell'INPDAP e non dovrebbe perdere incisività in un megaente pubblico.Pag. 137
L'altra considerazione riguarda il fatto che troppe volte, in questo anno di governo, si è addirittura sentito parlare di attingere all'attivo patrimoniale dell'INAIL per fare interventi sociali. lo dico che bisogna fare molta attenzione quando si parla di INAIL. L'istituto ha una importanza troppo grande perché la sua funzione di assistenza affiancata all'azione di prevenzione e di assistenza nella fase di reinserimento per gli infortunati sul lavoro venga depotenziata finanziariamente (o addirittura, qualche volta si torna a parlare di privatizzazione). Poiché nel progetto governativo (articolo 2) si parla espressamente di INAIL e del fatto che esso debba ricevere dal pubblico ministero eventuali notizie di reati penali legati alla sicurezza sul lavoro, dandogli così modo di costituirsi parte civile e di adire l'azione di regresso, non mi sembra coerente che lo stesso Governo persegua una sua linea molto ambigua nei confronti dell'INAIL.
Un'ultima postilla riguarda la grave connessione che esiste tra lavoro nero e infortuni sui luoghi di lavoro. Io vengo da una regione, la Puglia, in cui soprattutto d'estate e nel comparto agricolo vi sono molti incidenti sul lavoro che colpiscono lavoratori irregolari. Un ulteriore dato che conferma questa osservazione è l'alto numero di infortuni denunziati nel primo giorno di lavoro.
Quella del lavoro nero è quindi una piaga che non solo incide pesantemente sul piano previdenziale sulle casse dell'INPS - che ogni anno subisce perdite in milioni di euro - ma che va a incidere pesantemente anche sul piano assistenziale.
L'articolo 36-bis del primo decreto Bersani (legge n. 248 del 2006) - anche per il fine esplicito di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare - prevede che il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'INPS e dell'INAIL, possa adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri gravi violazioni relative all'impiego di personale «in nero». Inoltre, in base allo stesso decreto Bersani, nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento con fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo riguarda anche i lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri.
Purtroppo si constata, finora, che queste misure sono servite a ben poco (senza dimenticare che - come detto prima - norme come quella ricordata servono a ben poco se non c'è un numero sufficiente di ispettori del lavoro; e si è visto come il testo al nostro esame non sia affatto adeguato a tal fine!). Quindi il provvedimento in esame non va ad incidere sulla lotta al lavoro nero. E d'altronde, mi viene da dire, non potrebbe essere altrimenti di fronte a un Governo che sta smantellando tutta la politica - all'insegna non della chiusura ottusa ma di un flusso regolato di extracomunitari - del Governo precedente.
Il disegno politico complessivo che anima il Governo è il frutto di una pessima combinazione tra lassismo nel far entrare i clandestini e incapacità di controllare il fenomeno del lavoro in nero il quale in ultima istanza è una delle cause principali di incidenti sul lavoro.
Speriamo che questo provvedimento non sia solo un provvedimento di bandiera per accontentare alcuni componenti di un Governo eternamente in fibrillazione.
La questione è molto seria e sono convinto che ben altra attenzione meriterebbe da parte di tutti. Noi dell'opposizione stiamo facendo tutto intero il nostro dovere.
Mi auguro che altrettanto faccia la maggioranza. Purtroppo così non appare, anche dal fatto che si è preferita una legge delega ad un provvedimento più organico, frutto del lavoro di tutto il Parlamento.

PEPPE DE CRISTOFARO. Signor Presidente, aggiungerò solo qualche considerazione a quelle per me condivisibili dell'onorevole Burgio.
Vorrei cominciare dicendo che le autorevoli prese di posizione degli ultimi mesi, a partire da quella del Presidente Napolitano, hanno avuto il pregio di cominciare ad incrinare il muro di silenzio che, per anni, ha avvolto il dramma quotidiano delle morti e degli infortuni sul lavoro. Per la prima volta è cresciuta, significativamente, l'indignazione dell'opinione pubblica, e il movimento dei lavoratori ha oggi la possibilità di ottenere qualche risultato concreto.
Le cifre del dramma con cui ci confrontiamo sono ben note: ogni anno in Italia si registrano 1.300 morti, ma la situazione complessiva mostra la sua gravità con più di un milione di infortuni ufficiali (che colpiscono maggiormente lavoratori immigrati, precari e donne) cui vanno aggiunti i circa duecentomila infortuni non denunciati a causa del lavoro nero, quelli occultati sotto forma di malattia o sotto forma di infortunio domestico, magari a causa di qualche datore di lavoro.
A ciò si somma l'insorgenza di nuove patologie che interessano donne e uomini per via delle loro attività lavorative.
Non va dimenticato, inoltre, che in Italia si muore, ci si infortuna e ci si ammala sul lavoro a ritmi incomparabili con il resto d'Europa, forse perché nel nostro paese alcune caratteristiche del mondo del lavoro assumono alcuni connotati specifici, a partire dalla disarticolazione produttiva con una notevole presenza di piccole e piccolissime imprese, spesso derivanti in via diretta o indiretta dalle scelte di esternalizzazione e dalle catene di appalti e subappalti, fino alla più generale condizione di precarietà che coinvolge oggi buona parte del mondo del lavoro. La particolarità del lavoro autonomo che non sempre è espressione di libera scelta imprenditoriale, l'illegalità e la criminalità organizzata, una storicamente deficitaria cultura della prevenzione, una insufficiente attenzione alla condizione delle donne lavoratrici, il degrado del territorio, lo scarso livello di controllo, completano questo drammatico quadro.
Senza tralasciare un ulteriore problema, cioè l'approccio di quella parte datoriale che persegue la produttività e la competitività interna e internazionale non basandosi sulla qualità dei prodotti e sul lavoro, con investimenti in ricerca, innovazione, tecnologia e sicurezza, ma puntando esclusivamente alla competizione dei costi: queste imprese vedono certamente la salute e la sicurezza dei lavoratori come un peso.
In questo quadro, il provvedimento in esame ci sembra un passo in avanti importante, anche perché si razionalizzano e si innalzano i livelli di tutela, come per esempio nel significativo aumento di numero degli ispettori del lavoro. Anche per questo, giustamente, il mondo del lavoro, i soggetti sindacali e sociali, chiedono a noi e a tutto il governo del paese segnali chiari, inequivocabili, su una questione che mai più potrà tornare ad essere un fatto di cui ci si occupa solo sulla base dì una emotività, ma che viceversa deve essere affrontata in maniera strutturale.
Un'ultima considerazione: proprio perché questa questione non può essere separata, estrapolata da un giudizio complessivo sul mondo del lavoro, non nascondiamo la nostra profonda amarezza e la profonda preoccupazione sulle misure avanzate in questi giorni sull'età pensionabile e sul mercato del lavoro.
Non servirà a molto anche un buon testo sulla sicurezza se non sarà accompagnato da una visione complessiva: anche per questo non rinunceremo ad una dura battaglia parlamentare per migliorare in aula provvedimenti ad oggi largamente insoddisfacenti.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento di legge che stiamo discutendo si occupa della salute e della sicurezza sul lavoro e delega il Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.
Si è instaurata, ormai, una prassi costante, per cui il Senato approva la legge e la Camera non può più modificarla. In questo modo vengono esautorate le prerogativePag. 139di una delle due Camere. Ci viene data solo la possibilità ed il «conforto» che gli ordini del giorno saranno esaminati benevolmente.
Lo stesso relatore aveva detto che il provvedimento poteva essere migliorato con qualche modifica e che il Senato in tempi brevi poteva riesaminare la legge. È stato dato atto di un grande lavoro delle Commissioni lavoro e affari sociali, ma questo lavoro è stato vanificato, perché non ha prodotto alcun miglioramento al testo in esame.
Come componente la Commissione affari sociali voglio mettere l'accento sul problema della salute; infatti il diritto alla salute è un «diritto forte», capace di riconoscere e promuovere tutti gli altri diritti sociali, economici e civili.
Pertanto, ben venga la promozione e la divulgazione della cultura della salute assieme alla cultura della sicurezza sul lavoro.
Un particolare accento e una particolare attenzione voglio porre sulle condizioni di lavoro che coinvolgono le donne, per le quali non sono opportunamente considerate le specifiche caratteristiche bio-psichiche e socio-economiche; inoltre, le malattie professionali che riguardano le donne ed il loro tipo di impiego non sono sufficientemente prese in considerazione dalla medicina e dalla organizzazione sanitaria.
Ancora minore è l'attenzione data agli eventi patologici connessi con il lavoro domestico ed in particolare nei confronti degli infortuni domestici. Lo stress patologico è associato esclusivamente al lavoro produttivo, senza considerare il maggiore rischio psico-sociale che colpisce le donne e che è dato dal doppio carico di lavoro. Vorrei ancora segnalare, per le imprese di maggiori dimensioni, la presenza sul luogo di lavoro di una figura professionale sanitaria e la possibilità di prevedere una reperibilità con un medico rianimatore, nonché la presenza in loco di attrezzature di rianimazione e di defibrillatori. Pertanto, noi condividiamo lo spirito del provvedimento e la necessità di interventi idonei a limitare e possibilmente eliminare gli infortuni sul lavoro. Presenteremo i nostri emendamenti, che non saranno approvati, nonché i nostri ordini del giorno, nella speranza che, trattandosi di una legge delega, se ne tenga conto al momento della emanazione dei relativi decreti legislativi. Ci rimane qualche dubbio che, assieme alla prevenzione, questo provvedimento contiene molti elementi di repressione. Le nostre riserve riguardano il metodo per cui non ci è consentita una maggiore apertura della maggioranza, al fine di un miglioramento del provvedimento.
La nostra speranza è che ogni provvedimento che va nella direzione della sicurezza sul lavoro, e soprattutto verso la tutela della salute, possa essere utile al fine di tutelare il bene supremo della vita e del benessere di vita.

DANIELE GALLI. Voglio innanzi tutto sottolineare l'impegno di Forza Italia e di tutta l'opposizione per favorire un doveroso e aperto confronto al fine di valorizzare, in relazione a un comune obiettivo, tutti gli elementi di possibile convergenza tra le forze politiche; l'obiettivo possibile era ed è di giungere alla definizione di un intervento normativo condiviso con le caratteristiche della concretezza e della efficacia.
La proposta di legge n. 2636 a firma Fabbri e altri contiene, a differenza del disegno di legge n. 2849 del Governo, una disciplina immediatamente dispositiva e non una semplice delega in bianco all'Esecutivo; inoltre, prospetta contenuti che da un lato sono riconducibili ai principi dello stesso disegno di legge n. 2849, dall'altro potevano fornire utili indicazioni qualora, come auspicavo nell'intervento in Commissione, le Commissioni XI e XII avessero voluto verificare la possibilità di addivenire all'elaborazione di un testo unificato nel quale, oltre alla delega legislativa, si affiancavano anche delle norme precettive su aspetti preminenti, per i quali è urgente definire un quadro regolatorio e sui quali non si può lasciare in sospensione per nove mesi il mondo del lavoro.
Ritengo opportuno ricordare che nella XIV legislatura l'Esecutivo in carica avevaPag. 140presentato un decreto legislativo n. 479, che non poté completare il proprio iter a causa di un forte conflitto di interessi con le regioni rispetto ad alcuni profili concorrenziali che mi risultano ad oggi ancora non superati. E che dovranno ovviamente essere affrontati da parte dell'attuale Esecutivo nell'espletare la delega - anche se il Governo oggi ha annunciato che vi è il parere unanime delle regioni.
È importante ribadire che il principio al quale il testo Fabbri si ispirava era l'esigenza di evitare una eccessiva disarticolazione territoriale riguardo alle normative in materia di sicurezza sul lavoro, fatto da cui potrebbe derivare (se non tenuto in considerazione) un legittimo pregiudizio alla certezza di razionalizzazione della disciplina in materia e delle competenze degli organi di vigilanza.
Ulteriore nodo problematico cardine del provvedimento e che mi preoccupa è quello della rimodulazione dell'approccio complessivo agli adempimenti previsti dalle normative di sicurezza, volta a prospettare lo stesso più che meramente sul piano formale, quanto su piani di concretezza e di sostanzialità, articolati per obiettivi, la cui attuazione andrebbe monitorata attraverso dei parametri di valutazione oggettivi ed efficaci, determinati d'intesa con tutte le parti sociali. A tal fine, è importante che dette determinazioni non risultino sperequative.
Il ruolo della bilateralità è un'altra questione cruciale relativa alla sicurezza sul lavoro, che deve essere valorizzata e tutelata più di quanto emerga dai contenuti del disegno di legge del Governo.
Né bisogna dimenticare il riassetto dell'apparato sanzionatorio, rispetto al quale occorre un approccio equilibrato tra le parti che compongono il variegato sistema Italia, evitando possibilmente il condizionamento da fattori di emotività, comprensibili alla luce dell'incremento nell'ultimo anno degli incidenti sul lavoro con purtroppo una forte incidenza di quelli mortali; ma detto condizionamento rischia di compromettere la razionalità e l'efficacia delle misure: occorre in particolare, a tal fine, che si presti doverosa attenzione al condivisibile principio contenuto tra i principi del provvedimento di delega all'esame, che riguarda la differenziazione tra le sanzioni concernenti le violazioni meramente formali e le sanzioni concernenti le violazioni di tipo sostanziale.
Per quanto concerne i profili connessi all'adozione delle più opportune misure tecnologiche al fine di prevenire gli infortuni sul lavoro, è importante sottolineare che questo obbiettivo si può conseguire solamente attraverso una normazione soft law, flessibile e permeabile al costante progresso ed evoluzione tecnologica/scientifica.
La proposta di legge Fabbri, che si contrapponeva in forma costruttiva al disegno di legge del Governo, riproponeva con degli aggiustamenti lo schema del già richiamato decreto legislativo recante il testo unico delle norme di sicurezza del lavoro, varato nella scorsa legislatura ai sensi della delega conferita al Governo con l'articolo 3 della Legge n. 229 del 2003, che non ha avuto seguito in quanto ritirato a causa delle difficoltà nel poter superare i rilievi di carattere costituzionale mossi presso altre sedi istituzionali per la presunta violazione delle norme costituzionali in materia di riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, che ribadisco non sono superate e con cui il Governo dovrà confrontarsi.
A mio avviso comunque il testo dell'opposizione di cui avreste dovuto tenere conto in Commissione e, in particolare, dovrete tenere conto nell'esercizio della delega è, come quello della passata legislatura, pienamente congruo con le disposizioni costituzionali ed inoltre consente di pervenire finalmente al coordinamento e alla semplificazione di un sistema normativo estremamente complesso e sedimentato al quale occorre assicurare concreta operatività e efficacia operativa.
Tale ineffettività è il problema principale che il legislatore deve affrontare per garantire al sistema Paese regole chiare nonché un'applicazione interpretativa condivisa delle stesse, al fine di tutelare il lavoratore e l'imprenditore su piani di responsabilità di ruolo e di corresponsabilitàPag. 141attive evitando, come emerge dal testo di Governo, di continuare ad affrontare la problematica della sicurezza del lavoro essenzialmente con riferimento alle grandi imprese, fondando un approccio prescrittivo supportato da adempimenti di carattere formale, con un elevato livello di burocratizzazione, un'impostazione del tutto inefficace e dannosa nei confronti delle piccole e medie imprese che costituiscono essenzialmente il sistema produttivo italiano, fortemente decentrato ma fortemente motivato nel chiedere certezze normative, nella piena tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, con la certezza di non avere freni burocratici alla loro capacità di stare sui mercati internazionali.
Bisogna mutare la filosofia del sistema normativo della sicurezza sul lavoro e, a mio giudizio, si doveva dare vita a un testo unificato la cui effettività nei confronti della piccola impresa doveva garantire effettività anche nei confronti della grande impresa; connotandosi per certezza e semplicità della norma, presupposto per la sua applicabilità.
A tale scopo è essenziale un approccio concreto per obbiettivi, con una logica di azione che preveda, in primo luogo, che le funzioni pubbliche nel campo della sicurezza sul lavoro devono essere svolte con il concorso di tutte le parti sociali, applicando il principio della sussidiarietà, e traendo spunto dalle esperienze applicative della bilateralità, realizzate in settori come quelli artigianali e nell'edilizia, ed infine una proporzionale riduzione degli adempimenti e dei controlli che si presuppone ottenibile per esperienza incentivando la bilateralità, con conseguenti risparmi di sistema e massima garanzia sul lavoro.
Un altro importante fattore, la cui risoluzione positiva deve essere punto essenziale del provvedimento del Governo , riguarda l'esigenza di individuare delle modalità operative condivise dalle regioni, al fine di superare le cause che hanno prodotto uno smisurato contenzioso innanzi alla Corte costituzionale; sarebbe errato e con effetti estremamente dannosi accreditare l'idea di una disciplina differenziata a livello territoriale.
Si rende pertanto indispensabile, anche per evitare l'effetto della differenzialità applicativa sul territorio nazionale, garantire uniformità applicativa della normativa di prevenzione e, nell'ambito del coordinamento, va garantito il diritto di interpello, nei termini già previsti dalla legislazione vigente, al fine di venire incontro agli operatori chiamati ad applicare la norma e a coloro che devono vigilare.
Come già detto, richiamo l'attenzione del Parlamento e del Governo sulla necessità di introdurre nella norma delle disposizioni immediatamente precettive: l'idea di limitarsi al semplice varo di una delega al Governo, che potrebbe protrarsi entro un termine massimo di diciotto mesi, contraddice l'esigenza fortemente richiamata da più parti e in sedi istituzionali autorevolissime di disporre prontamente di un insieme di norme in grado di incidere efficacemente sul fenomeno degli infortuni sul lavoro.
A tal fine occorre introdurre norme immediatamente operative per quanto riguarda la disciplina delle bilateralità, del coordinamento delle funzioni di vigilanza, nonché in materia di sanzioni.
È necessario evidenziare in questa sede il dissenso unanime delle organizzazioni datoriali nei confronti dei principi della delega contenuti nel disegno di legge del Governo, in quanto nel particolare si evince che questi ultimi non sono tali da assicurare sanzioni proporzionate alla responsabilità e al danno prodotto a seguito delle violazioni della norma e questo potrebbe indurre l'effetto indesiderato di incoraggiare il lavoro sommerso.
Emerge anche la necessità di introdurre come disposizioni immediatamente precettive le norme relative ai profili della formazione, dell'informazione e dell'incentivazione dei comportamenti virtuosi sul modello del bonus-malus applicato dall'INAIL ai premi assicurativi.
Inoltre, per l'attuazione del provvedimento occorre fare chiarezza sull'effettiva disponibilità di risorse pubbliche per sicurezzaPag. 142e prevenzione; il dimensionamento delle risorse indicherà senza dubbi la reale volontà del Governo di fare fronte alle problematiche del lavoro.
Ulteriore perplessità mi deriva dalla eccessiva ampiezza dei termini assegnati per l'esercizio della delega e del contenuto del provvedimento che non si smarca dalla logica basata su regole spesso formali e sulle connesse sanzioni anziché su un nuovo auspicabile approccio per obiettivi partendo da un sistema di monitoraggio concordato tra Stato, regioni e parti sociali, tutti in funzione di un orientamento improntato alla programmazione delle politiche attive di prevenzione e al principio della sussidiarietà.
Un'impostazione innovativa è imperniata su strumenti quali l'informazione, il potere di disposizione esercitato dai servizi ispettivi a sostegno delle buone tecniche, l'incentivazione della norma di ravvedimento operoso, la valorizzazione degli organismi bilaterali costituiti dalle parti sociali ed infine il diritto di interpello, che contribuisce a fornire interpretazioni certe della disciplina vigente.
Su questi temi il disegno di legge proposto dal Governo è fortemente lacunoso, non sorretto da appropriate risorse finanziarie da investire per la sicurezza dei luoghi di lavoro, né tanto meno a sostegno dei datori di lavoro nello sforzo di adeguamento delle loro strutture e in particolare per le piccole imprese; inoltre l'apparato sanzionatorio appare sproporzionato, inidoneo, tendente sempre a garantire la grande impresa e fortemente punitivo per le piccole imprese e per il lavoro autonomo.
Ciò nonostante auspico che nel corso della discussione in aula si possa convenire sulla ineluttabilità di un testo migliore.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 2852-A - voto finale 519 518 1 260 278 240 53 Appr.
2 Nom. Doc. XXII, n. 8-A/R - articolo 1 500 487 13 244 487 54 Appr.
3 Nom. em. 2.1 511 475 36 238 82 393 53 Resp.
4 Nom. articolo 2 513 478 35 240 475 3 53 Appr.
5 Nom. articolo 3 503 469 34 235 467 2 53 Appr.
6 Nom. articolo 4 514 469 45 235 468 1 53 Appr.
7 Nom. articolo 5 513 468 45 235 467 1 53 Appr.
8 Nom. articolo 6 519 475 44 238 472 3 53 Appr.
9 Nom. Doc. XXII, n. 8-A/R - voto finale 463 421 42 211 416 5 53 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.