XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 191 di mercoledì 18 luglio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,15.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Castagnetti, Forgione, Gozi, Lion, Lucà, Marcenaro, Pinotti, Ranieri, Rigoni, Siniscalchi, Stramaccioni, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,20).

PRESIDENTE. Vi sono due colleghi che hanno chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. Come è noto, sull'ordine dei lavori si parla a fine seduta, tuttavia, avendo iniziato la seduta prima dell'orario consueto posso dare la parola ai menzionati colleghi, concedendo loro due minuti e non oltre, perché si tratta di un'eccezione.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Baldelli.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per sottoporre all'attenzione dell'Assemblea e della Presidenza quanto accaduto nella giornata di ieri, al termine dei nostri lavori. Siamo stati tutti raggiunti dalla notizia della remissione del proprio mandato da parte del Ministro Bonino a causa di un forte dissenso politico con il Governo, con il Presidente del Consiglio, con parte della propria maggioranza e con i sindacati sul tema della riforma previdenziale, del cosiddetto superamento della riforma Maroni. Il Presidente del Consiglio Prodi ha confermato la fiducia al Ministro Bonino. Noi riteniamo che per confermare la fiducia ad un ministro si debba prima averla e crediamo che questo sia un fatto grave. Siccome siamo in prossimità di una eventuale posizione della questione di fiducia riteniamo che, in queste condizioni, sia quantomeno singolare che il Governo venga a porre la questione di fiducia nei confronti del Parlamento. Riteniamo, inoltre, che si sia aperta, all'interno della maggioranza e del Governo, una crisi politica molto grave - che prima o poi sarebbe scoppiata - che consiste in una divaricazione frontale tra la parte massimalista e quella riformista della coalizione.
Crediamo sia opportuno che il Governo venga finalmente a riferire in quest'aula su tale situazione così difficile e sulla crisi che si sta aprendo all'interno del Governo e della maggioranza e crediamo che il Parlamento abbia tutto il diritto di sapere cosa stia succedendo sul fronte delle pensioni e della dialettica interna della maggioranza stessa. Crediamo che questo siaPag. 2un atto dovuto proprio per il fatto che ci troviamo, lo ripeto, in prossimità di una situazione politica per cui...

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, concluda.

SIMONE BALDELLI. ...sembra che addirittura il Governo sia intenzionato, pur non avendo la fiducia dai propri stessi ministri, a porre la questione di fiducia al Parlamento.

PRESIDENTE. Riferirò circa la sua sollecitazione al Presidente della Camera. Ha facoltà di parlare l'onorevole Pedrini.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola. Siamo in presenza di un caso grave che ci espone ad una brutta figura davanti a tutti gli osservatori internazionali. Mi riferisco all'andamento della procedura di privatizzazione di Alitalia. Mi rivolgo alla sensibilità della Presidenza per rilevare che, nonostante vi siano state più volte sollecitazioni al Governo a riferire nelle competenti Commissioni ed in quest'aula, il Governo stesso, su tale vicenda, si è sempre reso latitante. Ha addirittura opposto un diniego ad informare il Parlamento, nonostante si sia in presenza di una procedura di privatizzazione di un'azienda di servizio pubblico che richiede una particolare espletazione per cui è richiesto al Parlamento di esprimersi.
Siamo di fronte ad una gara in cui i concorrenti, invece di rispettare le regole, pongono le condizioni al Governo per partecipare alla gara, in una situazione nella quale sono stati criminalizzati i dipendenti, sono stati confermati manager che costavano all'azienda 350 euro l'ora per perdere 41 mila euro l'ora! La mobilità, che è un diritto garantito...

PRESIDENTE. Onorevole Pedrini, concluda.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. ...dalla Costituzione, è seriamente leso. Signor Presidente, chieda al Ministro Padoa Schioppa e a tutti i ministri intervenuti su questa vicenda che vengano in Parlamento a dare conto di ciò che sta succedendo. Non mi sembra di chiedere troppo e il Governo non si può trincerare dietro alcuna scusa.

PRESIDENTE. La Presidenza prende atto di questa sua richiesta, onorevole Pedrini. Ricordo che lei stesso, come ogni parlamentare, può presentare atti di sindacato ispettivo, in modo da impegnare il Governo in tale discussione.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Il Governo non risponde!

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Credo che l'onorevole Della Vedova, cui darò molto brevemente la parola, voglia associarsi alla stessa richiesta. Prego, onorevole Della Vedova, ha facoltà di parlare.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Non ci sono i tempi per il sindacato ispettivo. Alitalia oggi, all'apertura in borsa, perde il 10 per cento. La situazione è di una gravità assoluta.
Il Ministro Padoa Schioppa aveva promesso e garantito che la privatizzazione di Alitalia avrebbe rappresentato un modello per il mondo. Viceversa, ci troviamo dinanzi ad una crisi gravissima, che rischia di trascinare l'azienda verso un fallimento inutile e del tutto improduttivo. Quindi, mi associo alla richiesta del collega e credo che il Governo debba, entro brevissimo tempo, venire a riferire in Parlamento sulla vicenda, dopo che l'unica cordata rimasta in pista si è ritirata. La faccenda è, pertanto, di una gravità assoluta e l'urgenza richiede un intervento immediato.

PRESIDENTE. La Presidenza chiederà al Governo come intenda affrontare tale questione dinanzi al Parlamento.

MASSIMO GARAVAGLIA. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, sarò brevissimo. Il problema riguarda la questione del rapimento di padre Bossi. Leggiamo sui giornali che, inopinatamente, durante la trattativa il Governo ha dichiarato che d'ora in poi i rapiti in zone sconsigliate dovranno pagarsi il riscatto. Siamo d'accordissimo sul concetto, ma un'uscita più inopportuna e intempestiva di questa non l'abbiamo mai ascoltata. Chiediamo, quindi, che si chiarisca la posizione in Parlamento una volta per tutte e che, anche per padre Bossi, si faccia quello che si è fatto per le due Simone, per Mastrogiacomo e per tanti altri.
Non arriviamo a dire che per essere aiutato padre Bossi debba dichiararsi di sinistra - se serve, lo facciamo noi per lui - ma diamogli una mano. Inoltre, ci sembra onestamente ridicolo che ad un prete si chieda di pagare il riscatto. Chiediamo, quindi, che almeno su questa faccenda il Governo si comporti con serietà, visto che, per il resto, è un disastro su tutta la linea.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Garavaglia.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (A.C. 2852-A) (ore 9,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Di Gioia, ha facoltà di svolgere la relazione.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge al nostro esame assume notevole rilievo, come evidenziato dalle dimensioni delle risorse interessate. Non si tratta soltanto di attenuare alcuni degli effetti prodotti dalla manovra correttiva posta in essere con la legge finanziaria per il 2007. Il provvedimento reca, infatti, anche diverse misure di sostegno a specifici comparti, rispondendo a finalità di carattere sociale, che appaiono del tutto condivisibili.
Il presupposto del provvedimento è costituito dal miglioramento complessivo degli andamenti di finanza pubblica, derivati essenzialmente dal positivo andamento del gettito tributario, largamente superiore alle aspettative. Si sono concretamente determinate le condizioni prefigurate dal comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, con le quali si prefigurava l'utilizzo di eventuali maggiori entrate per il miglioramento dei saldi e, in secondo luogo, per finalità di sviluppo e di equità sociale. Il decreto-legge in esame destina ad interventi urgenti parte del cosiddetto extra gettito, cioè le maggiori entrate tributarie manifestatesi nei primi mesi del 2007 rispetto alle previsioni di bilancio. In tal senso, esso si collega strettamente alle previsioni del DPEF per gli anni 2008-2011, varato giovedì scorso dal Consiglio dei ministri, ove infatti si prevede che con il decreto-legge in esame si destinino ad impegni di spesa risorse pari allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo e che, pur non essendo inclusi nell'andamento tendenziale della spesa a legislazione vigente, rispondono ad impegni comunque sottoscritti. Infine, tali risorse sono destinate ad ipotesi di nuovePag. 4iniziative che fanno seguito alle attività di concertazione con le parti sociali, ovvero ad intese raggiunte tra le forze della maggioranza di Governo.
L'impatto delle misure contenute nel decreto-legge modifica, tuttavia, in modo limitato l'obiettivo di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno in corso. Tale obiettivo viene portato dal 2,1 al 2,5 per cento del prodotto interno lordo e, comunque, in misura nettamente inferiore a quella prevista dal patto di stabilità e di crescita.
La rilevanza del provvedimento risulta ancora più accentuata dalle modifiche introdotte durante l'esame in sede referente da parte della Commissione bilancio. Al riguardo, ritengo di dover sottolineare che il lavoro compiuto si è rivelato proficuo e ha registrato una fattiva collaborazione; di ciò voglio ringraziare sia i componenti dell'opposizione, sia i componenti della maggioranza che, secondo il nostro punto di vista, hanno contribuito a migliorare notevolmente il testo che ci è stato sottoposto. Desidero anche ringraziare, in questa circostanza, il Governo, rappresentato dal sottosegretario Lettieri.
Ricordo l'esigenza di garantire un più consistente quadro di risorse per le spese di investimento degli enti locali e di porre rimedio ad alcune difficoltà di applicazione del patto di stabilità interno. Un'ampia convergenza si è pure registrata sulla decisione di dedicare una specifica attenzione, tra le varie situazioni di sofferenza alle quali potevano essere destinate le risorse dell'extra gettito, al tema della sicurezza e alle risorse per le forze dell'ordine. In questo quadro si sono poi inserite le proposte emendative del Governo, che hanno introdotto nel testo disposizioni importanti, come quelle in materia di cuneo fiscale e di studi di settore, oltre al recepimento delle intese con le parti sociali sull'incremento delle pensioni minime. Con riferimento al cuneo fiscale si è deciso di estendere le disposizioni afferenti tale materia contenute nella legge finanziaria per il 2007 anche alle banche e alle assicurazioni, al fine di ottenere la necessaria autorizzazione comunitaria. Per quanto concerne il secondo aspetto, sono stati recepiti l'intesa raggiunta con le organizzazioni di categoria e il dispositivo dell'atto di indirizzo recentemente approvato al Senato in ordine al valore probatorio delle risultanze degli studi di settore.
Mi soffermo su questi aspetti, rinviando al prosieguo della relazione una descrizione più attenta delle disposizioni introdotte, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla circostanza che l'iniziativa del Governo ha richiesto un approfondimento dell'istruttoria compiuta dalla Commissione. In quest'ottica, si è dovuto procedere a un breve differimento dell'avvio della discussione sulle linee generali in Assemblea, al fine di consentire di inviare il testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione competente in sede consultiva. Risulta infatti ovvia, alla luce del contenuto delle proposte emendative del Governo, la rilevanza del parere delle Commissioni finanze e lavoro. È pertanto indispensabile una valutazione attenta delle disposizioni recate dal decreto-legge al fine di stabilire quali disposizioni di spesa risultino effettivamente funzionali a superare situazioni di emergenza e rappresentino un sostegno effettivo alla crescita dell'economia. È infatti evidente che tali misure risultano tanto più condivisibili quanto più potranno avere ricadute positive sul sistema economico nel suo complesso e, quindi, indirettamente, anche sulla finanza pubblica.
Il decreto-legge definisce quindi, in primo luogo, il perimetro di risorse a disposizione; le maggiori entrate tributarie vengono quantificate in 7.403 milioni di euro per l'anno 2007, in 10.065 milioni di euro per l'anno 2008 e in 10.721 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, in coerenza con le previsioni del disegno di legge di assestamento presentato la scorsa settimana dal Governo. Esse sono destinate al conseguimento degli obiettivi di indebitamento come definiti dal DPEF, i quali quindi scontano già gli effetti del medesimo provvedimento; infatti l'articolo 17 prevede che - fatta eccezione per la disposizione dell'articolo 6, comma 8, e per altre disposizioni del medesimoPag. 5comma su cui ci soffermeremo più avanti - le medesime risorse vengano utilizzate a copertura delle misure previste dal provvedimento in esame.
Gli interventi del decreto-legge possono raggrupparsi in tre grandi aree: interventi in materia di finanza locale, interventi in materia previdenziale, interventi finalizzati al ripristino di autorizzazioni di spesa e alla rimozione di vincoli di spesa per le amministrazioni pubbliche.
Con riferimento al primo aspetto, l'articolo 2 consente, a determinate condizioni, agli enti locali di utilizzare più spese di investimento, ovvero l'utilizzo di una quota dell'avanzo di amministrazione. Si tratta di un aspetto significativamente modificato dalla Commissione grazie ad un utile confronto tra le forze di maggioranza e di opposizione - che hanno registrato sul tema una significativa convergenza - così che le modifiche introdotte dalla Commissione hanno ampliato significativamente le risorse messe a disposizione dei comuni per la realizzazione delle spese di investimento. Tale disposizione consente l'utilizzo degli avanzi ai comuni che hanno rispettato il patto di stabilità interno in misura proporzionale all'avanzo di amministrazione conseguito dal singolo ente, privilegiando gli enti che hanno conseguito un saldo finanziario positivo di cassa.
Inoltre, la Commissione ha approvato, sempre con un grande consenso sia della maggioranza sia dell'opposizione, in tema di finanza locale l'articolo aggiuntivo 1-bis, prevedendo, limitatamente al 2007, l'esclusione dal capo del saldo finanziario per il rispetto del patto di stabilità interno delle spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni in attuazione di ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. La disposizione prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la protezione civile, al fine di individuare i comuni interessati nonché la misura riconosciuta a ciascun ente nell'importo massimo di cinque milioni di euro.
L'articolo 3, invece, mira a correggere alcune difficoltà di applicazione del decreto-legge n. 262 del 2006, che prevedevano la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in conseguenza delle disposizioni in materia di ICI presenti nel decreto-legge medesimo, che avrebbero dovuto consentire un aumento del gettito derivante da tale tributo per i comuni. Infatti, in assenza di dati effettivi sul maggior gettito, la detrazione dovrebbe essere disposta nei confronti della generalità dei comuni, con effetti discriminatori nei confronti di alcuni enti, nei quali l'aumento del gettito non si sia effettivamente verificato. In particolare, la norma prevede che a regime la riduzione dei trasferimenti in favore dei singoli comuni avvenga sulla base di apposita certificazione del reale maggiore gettito.
Inoltre, per l'anno 2007, è prevista una riduzione dei trasferimenti con criteri più mirati e legati alle entrate presunte. Anche su tale punto la Commissione è intervenuta approvando emendamenti volti ad evitare l'insorgere di dubbi interpretativi in sede di applicazione della disciplina.
In materia previdenziale interviene l'articolo 5, il quale è stato radicalmente riformulato nel corso dell'esame in sede referente, in seguito dell'approvazione dell'emendamento 5.26 del Governo e in attuazione dell'intesa raggiunta sul tema dell'incremento delle pensioni minime con le parti sociali. Infatti, se nel testo iniziale del Governo la definizione concreta di investimenti era rimessa ad un successivo decreto ministeriale, la disposizione che la Commissione sottopone ora all'Assemblea contiene anche la disciplina sostanziale. In particolare, si prevede, ai commi 1 e 2, lo stanziamento di 900 milioni di euro per l'anno 2007, per incrementare i trattamenti pensionistici più bassi. Inoltre, al comma 3, si dispone a decorrere dall'anno 2008 l'istituzione di un Fondo per il funzionamento, nel limite complessivo di 1.500 milioni di euro, dell'incremento dei trattamenti pensionistici bassi, del miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni di importo non superiore a cinque volte il trattamento minimo mensilePag. 6vigente nell'assicurazione generale obbligatoria, nonché di misure agevolative relative al riscatto della durata legale del corso di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali.
La terza area di interventi affronta una tipologia di problematiche molto più ampia. Nel prosieguo del mio intervento mi soffermerò sulle misure più rilevanti, segnalando che la Commissione ha, in particolare, affrontato alcuni temi, quali quelli della sicurezza e della revisione dei meccanismi di incentivo alle imprese. L'articolo 4 prevede, infatti, al comma 1, il superamento per l'anno 2007 della limitazione posta dalla riassegnazione di entrate della legge n. 311 del 2004 e della legge n. 266 del 2005.
Anche l'applicazione di questa disposizione si era rivelata alquanto problematica ed aveva sortito l'effetto paradossale di non consentire alle amministrazioni pubbliche l'utilizzo delle risorse presenti nei propri bilanci.
Il comma 2 prevede, inoltre, la non applicazione, per l'anno 2007, del taglio del 20 per cento delle spese di funzionamento per enti ed organismi pubblici, disposto dell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006.
I successivi commi 3 e 4 prevedono un meccanismo per restituire agli enti le somme già eventualmente affluite al bilancio dello Stato, stanziando, a tal fine, la somma di 217 milioni di euro nello stato di previsione del Ministero dell'economia.
La Commissione, inoltre, ha introdotto l'articolo aggiuntivo 4-bis, prevedendo l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di «un fondo da ripartire per esigenze connesse all'acquisizione dei beni e servizi e a investimenti da parte della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, con una dotazione, per l'anno 2007, di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni destinati alle esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco». Alla ripartizione del fondo si provvederà con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa. Entro il 31 maggio 2008, il Ministro dell'interno presenterà una relazione al Parlamento sull'utilizzo dei fondi, nella quale sarà indicata la destinazione delle relative risorse. Anche a tal proposito tengo a precisare, con grande onestà intellettuale ma, soprattutto, con grande senso di responsabilità, che l'aumento del fondo previsto per le forze dell'ordine ha rappresentato una battaglia voluta da tutti, sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, che ha consentito di stanziare una dotazione superiore alle indicazioni precedenti.
L'articolo aggiuntivo 4-bis dispone, altresì, l'istituzione, per il 2007, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, di un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro «da ripartire per esigenze connesse all'acquisizione di beni e servizi da parte del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera (...)». Alla copertura dell'onere si provvede attraverso la riduzione delle risorse aggiuntive per la tabella A, prevista dal successivo articolo 6, comma 1.
L'articolo 6, infatti, prevede, ai commi 1 e 2, il reintegro dell'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del fondo per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, di cui all'articolo 9-ter della legge n. 468 del 1978. In proposito, ritengo opportuno procedere ad alcuni approfondimenti, in quanto la determinazione degli importi dei fondi speciali, più ancora di quella degli importi del fondo per le autorizzazioni di spesa, costituisce «contenuto proprio» della legge finanziaria ai sensi delle disposizioni della legge n. 468 del 1978; è evidente, comunque, che il Governo dovrà chiarire a quali finalità risponde la dotazione aggiuntiva degli accantonamenti tabellari relativi al Ministero dell'economia e delle finanze.
I commi successivi dell'articolo 6 incrementano ulteriori autorizzazioni di spesa: il comma 3, ad esempio, prevede l'autorizzazione di una spesa per l'anno 2007 finalizzata all'erogazione del contributoPag. 7italiano al fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. Su tale aspetto vi è un grande impegno da parte del Governo di centrosinistra.
Il comma 5 incrementa, fino al limite di 4 mila 200 milioni di euro annui, l'ammontare dei pagamenti per gli investimenti che la società ANAS potrà effettuare nell'anno 2007.
Il comma 7, come modificato dalla Commissione bilancio, istituisce un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro, per finanziare interventi in favore delle zone confinanti tra le regioni. Di tali risorse, 14 milioni di euro sono destinati ai comuni confinanti con le regioni a statuto speciale.
Sul decreto concernente le modalità di ripartizione delle risorse è stato previsto anche il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il comma 8 autorizza la spesa di 65 milioni di euro per l'anno 2007 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per far fronte all'esigenza dell'edilizia universitaria, recando, per tale misura, una specifica copertura, utilizzando l'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'università e della ricerca.
Notevole importanza riveste, inoltre, l'articolo 7, che provvede, da un lato, all'integrazione di numerose autorizzazioni di spesa e, dall'altro, al disaccantonamento di somme rese indisponibili ai sensi dell'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007.
Con riferimento al primo aspetto, vengono, tra le altre, integrate le autorizzazioni di spesa relative al Fondo nazionale per il servizio civile, alle spese di funzionamento dell'Aran, alle somme da assegnare alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le spese relative alle ricorrenti emergenze. Per quanto riguarda queste ultime, la relazione tecnica precisa che si tratta di somme da destinare all'emergenza di cui al decreto-legge che abbiamo discusso qualche giorno fa, relativo ai problemi esistenti nella realtà campana e, in modo particolare, nella città di Napoli.
Con una modifica apportata dalla Commissione bilancio, sono stati, inoltre, introdotti finanziamenti per un ammontare di 10 milioni di euro per la cooperazione allo sviluppo, di un milione a favore dell'organismo di vigilanza sulle ONLUS, di 700 mila euro a favore di taluni enti non commerciali operanti nel settore della sanità in alcune regioni del Mezzogiorno. Anche in tale ambito, in passato erano già state stanziate risorse con legge finanziaria, successivamente prorogate con il cosiddetto decreto mille proroghe.
Con riferimento al secondo aspetto, si procede al disaccantonamento, tra le altre, di somme da destinare al Fondo per gli investimenti nell'editoria, al Fondo per le aree sottoutilizzate, al Fondo unico per lo spettacolo, al Fondo per il funzionamento dell'Istituto superiore di sanità. La Commissione bilancio, a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti, ha limitato a 80 milioni, rispetto ai 100 milioni iniziali, la quota resa disponibile relativamente al fondo di riserva per spese impreviste.
L'articolo 8, invece, autorizza contributi per il fondo da ripartire per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche - mi riferisco a Ferrovie dello Stato Spa, a Poste Italiane Spa, all'ANAS Spa e alla ENAV Spa - e per la realizzazione di investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
La Commissione bilancio ha introdotto, inoltre, l'articolo 8-bis, concernente disposizioni in materia di incentivi alle imprese. Credo che questa disposizione debba essere accolta con grande soddisfazione, perché la Commissione ha condiviso, in modo totale, la possibilità di sbloccare somme importanti, che vanno nella direzione di determinare e di completare interventi di carattere industriale, che possono sicuramente incidere sull'aumento dell'occupazione all'interno del nostro Paese.
L'articolo 9, invece, reca autorizzazioni di spesa per la proroga della partecipazione italiana ad alcune missioni internazionali. Vengono, in questo modo, riproposte,Pag. 8in termini sostanziali, identiche disposizioni già contenute in precedenti provvedimenti di urgenza.
L'articolo 11 autorizza un'ulteriore spesa di 180 milioni di euro per l'anno 2007 per le supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario. In questo modo, si adempie ad impegni che da tempo aspettavano risposte.
L'articolo 12 reca disposizioni in materia di recupero degli aiuti di Stato indebitamente attribuiti agli autotrasportatori italiani negli anni 1992, 1993 e 1994, anche sotto forma di crediti di imposta.
L'articolo 13, invece, prevede la concessione di anticipazioni di tesoreria a valere sulle autorizzazioni di spesa indicate nell'elenco 1, di cui all'articolo 1, comma 758, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Si tratta di autorizzazioni di spesa che risultano bloccate, in attesa della decisione delle autorità comunitarie sul trattamento contabile del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto, istituito dal comma 755 della medesima legge finanziaria per il 2007. Le anticipazioni di cassa risultano necessarie per avviare immediatamente la realizzazione degli interventi a valere su tali autorizzazioni di spesa non più differibili.
Anche in questo caso, si tratta, quindi, di una norma finalizzata a favorire la realizzazione di investimenti in settori importanti, quali la realizzazione di infrastrutture strategiche, energetiche, la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
L'articolo 14...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, ha ampiamente superato il tempo a sua disposizione.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Interverrò successivamente, non potendo terminare la mia relazione.
Come dicevo, l'articolo 14 prevede che, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si possa procedere a variazioni compensative tra diverse tipologie di spesa, quali quelle per studi, incarichi di consulenze, relazioni pubbliche, convegni, pubblicità, manutenzione di autovetture, assicurando l'invarianza in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Rilevo che questa norma è fondata sull'obbligo di trasmissione di decreti di variazione al Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, deve concludere. È ben oltre il tempo a sua disposizione.

LELLO DI GIOIA, Relatore. In conclusione, voglio ringraziare nuovamente tutti i membri della Commissione, il Governo, rappresentato dal sottosegretario Lettieri, il presidente della Commissione, l'onorevole Duilio, tutti i funzionari che ci hanno permesso di portare in Assemblea un provvedimento complesso, estremamente delicato e che, comunque, pone in essere interventi che vanno nella direzione che l'attuale Governo si era prefissata già precedentemente, e cioè di dare competitività, di rideterminare il debito pubblico, ma soprattutto di creare equità sociale all'interno del nostro Paese.
Signor Presidente, non potendo comunque concludere la relazione, come dicevo in precedenza, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.

MARINO ZORZATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svilupperò alcune considerazioni in relazione al disegno di legge n. 2852 che stiamo esaminando e che riguarda l'uso dell'extragettito, il cosiddetto «tesoretto».Pag. 9
Nella valutazione del provvedimento all'esame della nostra Assemblea, credo che non possiamo non cominciare le nostre considerazioni dalle dichiarazioni rese dal Governatore della Banca d'Italia, Draghi, il quale, nell'audizione di qualche giorno fa, di fronte alle Commissioni riunite di Camera e Senato, ha testualmente affermato che non esiste un «tesoretto» da spendere, che la parola «tesoretto» è fuorviante e che il miglioramento delle entrate - per intenderci, sono tasse in più che hanno pagato gli italiani - deve essere utilizzato per il risanamento dei conti pubblici.
Ricordo altresì che tale impegno era parte integrante della vostra ultima legge finanziaria: vi rammento che l'articolo unico, al comma 4, prevedeva che tutti i fondi in più, che risultassero da maggiori entrate fiscali, dovessero essere utilizzati per il ripianamento del debito.
Certo non occorre citare episodi specifici come questo, per ricordare la vostra incoerenza, il vostro comportamento, ovviamente non costante, tra impegni che prendete e determinazioni che poi assumete.
Sempre il Governatore ricorda quanto contenuto nel DPEF per il triennio 2008-2011 - che, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere collegato a questa manovra di spesa pubblica - circa la necessità di reperire risorse per interventi correttivi per un ammontare di 11 miliardi di euro (lo 0,7 per cento del PIL) per finanziare impegni già presi da questo Governo e non coperti.
Il DPEF prevede altresì che altri 10 miliardi di euro, e sempre nel 2008, debbano servire per alcuni impegni che prevedete di voler assumere e che non avete coperto nello stesso DPEF e - primo caso nell'attività parlamentare, almeno per quanto io ricordi - il DPEF e il Ministro rimandano alla risoluzione parlamentare l'individuazione dei modi per coprire tali maggiori spese che voi prevedete. In altri termini, procediamo «alla rovescia»: normalmente è il Parlamento che fornisce al Governo indicazioni sulla programmazione, sulla volontà di fornire risposte al Paese e il Governo si preoccupa, normalmente, di reperire le risorse. In questo caso si agisce al contrario: il Governo fa le promesse e il Parlamento dovrebbe trovare le risorse per coprire le promesse del Governo!
Si ha l'impressione di leggere una delle favole più educative che i nostri figli imparano a scuola: mi riferisco alla favola della formica e della cicala. Non la racconto - certamente è nota a tutti - ma, parafrasandola, tutte le persone responsabili, e con esse gli organismi preposti all'analisi del controllo del sistema economico Italia (la Commissione europea, l'OCSE, la Corte dei conti, la Banca d'Italia, il Fondo monetario) fanno la parte della formica, e tutti costoro raccomandano alla cicala (e chiunque può riconoscere il Governo italiano e la maggioranza che lo sostiene nella parte della cicala) parsimonia e prudenza nella gestione dei conti pubblici, perché arriveranno momenti difficili. E la cicala - che, ricordo, siete voi - sorda ad ogni sollecitazione, si gode il suo momento di felicità, che chiamerei gestione di potere o voglia di potere, non pensando a ciò che la attende.
Se l'inverno che attende la cicala riguardasse solo lei, ovvero solo voi, la fiaba rimarrebbe soltanto un utile insegnamento, ma nel nostro caso la conclusione invece è diversa: la cicala trascina con sé in questo freddo inverno anche la formica che nel nostro caso rappresenta tutti gli italiani. Ecco allora il futuro che ci aspetta con questa gestione della finanza pubblica: il baratro!
Entrando nell'analisi del provvedimento al nostro esame, cercherò di evidenziare qualche criticità. È evidente l'incoerenza tra l'invito al Parlamento di cercare margini per ridurre la spesa primaria come previsto nel DPEF per il periodo 2008-2011 e le elargizioni fatte con il presente decreto-legge, in particolare con quanto riportato negli articoli 6 e 7. Tali elargizioni riguardano proprio tipologie di spesa riconducibili alla classificazione economica dei consumi intermedi, categoria di spesa che si è cercato di contenere più volte nelle ultime leggi finanziarie.Pag. 10
Il DPEF esclude una manovra correttiva per il 2008, la rimanda agli anni 2009-2011 proprio quelli nei quali il PIL è previsto in diminuzione e in cui si prevede una economia in difficoltà. Nonostante tali dati il presente decreto-legge si propone l'obiettivo non di utilizzare l'extragettito, il «tesoretto» (pari a 7,4 miliardi di euro, 15 mila miliardi delle vecchie lire), come consiglia il Governatore della Banca d'Italia Draghi e tutti gli altri, per il miglioramento dei saldi, come avrebbe voluto il buonsenso e come era scritto nelle cose. No! Il Governo preferisce utilizzare 3,2 miliardi di euro per variazioni di spese già autorizzate con la legge di assestamento e 4,1 miliardi di euro, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5 sul quale un certo consenso vi è da parte di tutti, in spese polverizzate in tanti piccoli interventi che è facile ricondurre ai singoli Ministri.
Ecco poi la «ciliegina sulla torta»: in un momento di «vacche magre» spunta l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge in esame, che dispone il disaccantonamento di somme previste come risparmio della vecchia legge finanziaria per il 2007. Ovvero con la legge finanziaria per il 2007 accantoniamo delle somme e imponiamo ai ministri di fare economia, con questo decreto-legge, in corso d'anno, è come se dicessimo loro: ma no, era uno scherzo, abbiamo messo da parte dei Fondi, ma era solo per farvi un po' di paura: spendete pure i soldi, gestite la vostra campagna elettorale del futuro (magari, in parte, potrebbe essere utile anche per le primarie). Voglio ricordare, allora, che la parola disaccantonamento nasconde un'ulteriore possibilità di spesa concessa ai ministri pari a 2, dico 2, miliardi di euro (4 mila miliardi delle vecchie lire), e siamo pure in un periodo di «vacche magre»!.
Alcune disposizioni servono solamente per il cosiddetto «effetto annuncio». Ricordo che il Fondo rotativo per favorire l'accesso al credito dei giovani che voi rifinanziate è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da una sentenza della Corte costituzionale e voi, non paghi, lo rifinanziate pur sapendo la fine che farà.
Non dimentico certo di ricordare e sottolineare le risorse stanziate ai sensi dell'elenco 1 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6, comma 1, della legge n. 142 del 1991. Evidenzio che tali fondi consistono in 80 milioni di euro - il cui stanziamento riproponete nel decreto-legge in esame - destinati al rifinanziamento dell'emergenze rifiuti in Campania. Ricordo che la Camera dei deputati ha appena concluso l'esame del disegno di legge n. 61, del 2007 recante interventi straordinari per superare l'emergenza rifiuti in Campania. Il provvedimento normativo prevedeva all'articolo 8 una esplicita clausola di invarianza finanziaria, ovvero che l'emergenza si sarebbe dovuta risolvere con i fondi di quella regione. Ebbene, voi, non paghi e contraddicendovi, stanziate nel contempo altri 80 milioni di euro per tale posta. Appare chiaro che il Governo non ha alcun interesse ad avere una chiara indicazione delle risorse necessarie a fronteggiare l'emergenza rifiuti, anzi questa ennesima forzatura cerca di mascherare l'inefficienza e l'incapacità di governo del sindaco Jervolino e del presidente Bassolino, dei quali credo sia noto a tutti il colore politico.
Se poi ai 2 miliardi di euro dati ai ministeri contrapponiamo lo sblocco dell'utilizzo degli avanzi di bilancio per gli enti locali (comuni e province) per 370 milioni di euro - a fronte di maggiori spese per 4.130 milioni di euro previste in totale dal provvedimento -, allora siamo alla frutta!
Ricordo che stiamo liberando 370 milioni di euro per i comuni, i quali registrano avanzi, vale a dire soldi non spesi, per 5.500 milioni di euro: i comuni sono virtuosi, mettono da parte i soldi, non li possono spendere e noi liberiamo meno del 10 per cento di queste risorse per investimenti!
Contemporaneamente, con lo stesso provvedimento, diamo 2 miliardi di euro (4.000 miliardi delle vecchie lire) ai ministri per spese che, in qualche modo, voglio ricordare velocemente: il bonus bebè, l'Aran, i debiti pregressi, i finanziamenti per la regione Campania, i fondi per lePag. 11politiche comunitarie, per il servizio nazionale civile, ancora soldi (francamente non so come saranno spesi!) per le donne vittime di violenze, per l'edilizia universitaria (e abbiamo chiesto di sapere, per cortesia, dove saranno investiti).
Ma non è solo questo! Con l'articolo 7 sono devoluti 490 milioni di euro per la Presidenza del Consiglio dei ministri. Continuo a leggere: al Fondo di riserva sono destinati 100 milioni di euro; per le spese di funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri sono stanziati altri 30 milioni di euro; per gli immigrati, i profughi, i rifugiati vengono stanziati 15 milioni di euro. Cito alcuni voci più significative: per il Ministro Rutelli - la voce Fondo unico per lo spettacolo si ripete quattro volte! - sono previsti 61 milioni di euro.
Dunque, ci domandiamo se è più importante attribuire risorse ai comuni che hanno accantonato fondi per effettuare investimenti nelle loro realtà o destinare soldi al Ministro Rutelli per il Fondo unico per lo spettacolo. Penso francamente che, in un momento di difficoltà, i comuni ne abbiano più bisogno. D'altra parte, voi avete consentito ai comuni, contro la nostra volontà, di sbloccare le addizionali. Quindi, da un lato, consentite ad essi di aumentare le tasse e, dall'altro, li obbligate a non spendere soldi: c'è qualcosa che non va o, forse, quei soldi li userete voi?
Sull'articolo 15-bis dico soltanto che esso è stato introdotto al solo scopo di superare difficoltà che si sono verificate durante l'esame del provvedimento al Senato. Anche in tal caso si nota che manca un disegno politico di sviluppo e rilancio del Paese. Si è inserito tale articolo solo per un mero istinto di sopravvivenza.
Per quanto riguarda gli studi di settore reputo che quanto fatto l'avete realizzato perché l'Italia vi ha spinto a farlo. Sulla materia si soffermeranno i colleghi membri della Commissione finanze.
Prima di concludere, anticipo alcune considerazioni che saranno esposte dalla maggioranza: in parte le ha già svolte il relatore. Probabilmente si affermerà di aver migliorato il testo in Commissione, di aver accolto alcune sollecitazioni dell'opposizione: bah!
La nostra ipotesi principale era accantonare le spese e le somme stanziate non sperperandole in mille rivoli: questa era la linea prioritaria! Se proprio volevate spendere soldi - perché non siete capaci di non spendere soldi e di non imporre le tasse - almeno dovevamo concentrare tante risorse sui finanziamenti per la polizia, per le forze dell'ordine, per i vigili del fuoco, e non attribuire loro così poche risorse. Ricordo che in Commissione si è tenuta una bella discussione sull'emergenza criminalità nel nord. Abbiamo discusso con voi sul nuovo problema della criminalità nelle città, nei quartieri e nelle periferie, sugli assalti in villa e la vostra risposta è stata: «ma non abbiamo risorse». Però, le abbiamo per il Ministro Rutelli per il Fondo unico per lo spettacolo: in questo c'è qualcosa che mi lascia abbastanza sconcertato!
Concludo: non solo ai nostri occhi ma soprattutto agli occhi degli italiani, questo è e resta il Governo delle tasse e della spesa. È un esercizio di equilibrismo quasi impossibile, perché l'aumento delle tasse ha un limite fisiologico per il cittadino contribuente. A forza di spremerlo prima o poi non esce più niente. Allora, come pagheremo tutte le spese che voi continuate ad aumentare?
Gli osservatori internazionali, le agenzie di rating, che elaborano le valutazioni sull'Italia (ditelo al mondo dell'impresa cosa vuol dire essere declassati!), gli osservatori italiani, il Governatore della Banca d'Italia, ma soprattutto tutti gli italiani che vivono con trepidazione l'attuale momento economico, ci chiedono responsabilità. Voi, Governo, maggioranza (ormai solo parlamentare, certamente non nel Paese) sembrate come quei suonatori che nel Titanic che stava affondando e a dispetto di quanto accadeva continuavano a suonare.
Lascio perdere quanto ha detto il capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione, criticandovi duramente; evito di ricordare quanto succede oggi sulla riformaPag. 12della giustizia e sulla riforma delle pensioni e quanto ha fatto la Ministra Bonino, la vostra Ministra: non aggiungo altro.
Guardatevi attorno e ascoltate i cittadini. Nessuno degli italiani, anche se voi suonante, ha più voglia di ballare la vostra musica. Prendetene atto, mettete via gli strumenti e tirate giù il sipario. Lasciate scegliere agli italiani la musica che preferiscono: non è la vostra! (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, l'illustrazione così dettagliata ed approfondita del collega Di Gioia risparmierà i tempi del mio intervento. Il decreto-legge che la Camera si appresta a convertire in legge è stato presentato dal Governo contestualmente al Documento di programmazione economico-finanziaria e produrrà i suoi effetti, nel corso di questo anno, per circa lo 0,4 per cento del PIL e per lo 0,1 per cento negli anni successivi.
Tale decreto-legge - è bene sottolinearlo - nasce e trova origine, come è stato già affermato, dal sensibile miglioramento dei nostri conti pubblici, da ascrivere sostanzialmente al migliore andamento del gettito tributario. Il provvedimento in esame, inoltre, rispetta l'impegno, assunto sette mesi fa con l'approvazione della legge finanziaria, nel cui articolo 1, comma 4, si prevede che le maggiori entrate tributarie realizzate nel 2007, rispetto alle previsioni, vengano destinate prioritariamente a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica. Al comma 4 è, altresì, previsto, che le eventuali maggiori entrate tributarie eccedenti rispetto agli obiettivi di miglioramento dei saldi siano destinate a finalità di sviluppo e di equità sociale, dando priorità a misure di sostegno alle fasce di reddito più basse. Mi domando, quindi, dove siano le critiche a tal proposito.
Alle citate finalità, il provvedimento stanzia per quest'anno circa 4,1 miliardi di euro complessivi. Si tratta di un provvedimento che interviene e si muove, quindi, anche nella direzione di una necessaria e più equa redistribuzione delle risorse. Si tratta di un passo - è evidente la distanza dal collega Zorzato, che mi ha preceduto - ancora insufficiente; ma si tratta, comunque, di un passo in avanti.
Molti - soprattutto (ma non solo) in ambito europeo e, forse, l'opposizione - con il decreto-legge in discussione avrebbero auspicato che l'extragettito fosse stato completamente e unicamente finalizzato al miglioramento dei nostri saldi di bilancio. Noi, invece, condividiamo l'impostazione di fondo del provvedimento, che ha voluto conciliare il rispetto degli impegni europei, in termini di risanamento della nostra finanza pubblica, con la necessità - non più rinviabile, colleghi! - di fornire una risposta, seppur parziale, e un sostegno alle esigenze delle categorie economicamente più deboli.
È in tale ambito che vanno letti gli aumenti delle pensioni minime e delle pensioni sociali. Ricordo che l'opposizione tanto si vantò di un aumento della pensione sociale, che però non riguardò tutta la molteplicità dei casi che avevano, invece, bisogno di un sostegno, possedendo un reddito molto, molto basso. L'opposizione, e l'onorevole Berlusconi, tuttavia, si vantarono - e continuano a vantarsi - di quel provvedimento, non cogliendo che, con il provvedimento in discussione, si va oggi nella medesima direzione, portando, però, a livelli più alti e più efficaci la risposta ad un problema, ad un'urgenza e ad una necessità.
Accanto ai citati interventi prioritari di sostegno al welfare vengono previste e destinate ulteriori risorse, volte a favorire lo sviluppo e l'economia.
In tale ambito rientrano le risorse per le infrastrutture stradali e ferroviarie, la tutela dell'ambiente, la formazione, il potenziamento della ricerca e la pubblica amministrazione, che rappresentano anch'essi urgenze e obiettivi che ritengo condivisibili.
Come abbiamo visto, il quadro nel quale si inserisce e si giustifica il decreto-Pag. 13legge in discussione è quello di un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, nonché di una crescita, seppur lieve, della nostra economia nell'ambito di quella europea.
A ciò va aggiunto un migliore andamento del gettito tributario, come ho già sottolineato, emerso fin dai primi mesi di quest'anno. Ciò ha creato, come già visto, le condizioni per l'adozione di tale decreto-legge in materia finanziaria il quale restituisce e redistribuisce risorse e, pertanto, fa giustizia presentando finalità, oltre che di equità sociale, anche di spinta ed espansione ulteriore dell'economia.
Si tratta, pertanto, di una manovra di taglio espansivo, per dirlo in termini economici. Lungo tale linea si muoverà la prossima legge finanziaria per l'anno 2008, così come anticipato all'interno del DPEF.
Riconosciamo che gli ambiti di intervento del decreto-legge in discussione e le norme che prevede sono vasti e probabilmente avrebbero dovuto essere maggiormente contenuti e limitati a poche significative voci, perché così vogliono la vulgata attuale e la necessità di una comunicazione chiara.
Tuttavia, durante l'esame del provvedimento in Commissione si è dovuto allargarne il raggio di azione. Come giustamente affermato dal relatore Di Gioia, grazie alle modifiche introdotte nel confronto con il Governo e le proposte presentate da quest'ultimo, è stato possibile fornire risposte alle necessità più urgenti e pressanti che il Paese esprime.
In primo luogo, condividiamo e consideriamo un atto dovuto le norme che intervengono mediante nuove risorse sul welfare, sulla rivalutazione delle pensioni più basse e su quelle sociali. In tal caso si va a rispondere realmente ai bisogni elementari delle categorie sociali più fragili ed esposte del nostro Paese, le quali negli anni scorsi, più di altre, hanno subito un indiscutibile impoverimento.
Un altro importante successo è rappresentato dalla norma che dispone l'erogazione del contributo italiano di 260 milioni di euro a favore del Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria, flagelli del pianeta.
Si tratta di un impegno che il nostro Paese ha disatteso per troppi anni - vorrei ricordarlo al collega Zorzato - e che va letto contestualmente a quanto contenuto nel DPEF (che da pochi giorni è stato presentato dal Governo al Parlamento) dove si prevede, tra l'altro, di aumentare nei prossimi tre anni i fondi per la cooperazione dal misero 0,20 per cento attuale allo 0,33 per cento nel 2008, per arrivare allo 0,51 per cento del prodotto interno lordo, cioè quasi 4,5 miliardi di euro in più rispetto a quelli attuali nell'anno 2010, rispettando in tal modo gli obiettivi che il nostro Paese si è dato in occasione del Consiglio europeo del 2005. In ciò non possiamo non cogliere una netta inversione di tendenza rispetto alle politiche di aiuto allo sviluppo del precedente Governo di centrodestra.
Inoltre, esprimiamo grande soddisfazione per la previsione relativa a 180 milioni di euro stanziati a favore della scuola per l'anno 2007, destinati al finanziamento delle supplenze brevi del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, cifra importante e molto attesa dal mondo scolastico che si va ad aggiungere ai 162 milioni di euro previsti nella legge di assestamento del bilancio.
L'esame del provvedimento in Commissione ha consentito, inoltre, di destinare 100 milioni di euro alla sicurezza - un comparto fin troppo penalizzato in questi anni - 50 milioni di euro alla Polizia di Stato, ai carabinieri e alla Guardia di finanza e venti milioni di euro - che non sono neanche sufficienti - alle esigenze dei vigili del fuoco.
Ciò non può che farci piacere anche perché, tra l'altro, avevamo presentato uno specifico emendamento - anche se noi chiedevamo qualcosa di più - volto appunto ad incrementare le risorse per il potenziamento del Corpo dei vigili del fuoco.
Siamo, inoltre, favorevoli all'aumento degli stanziamenti per le ONLUS, per laPag. 14cooperazione allo sviluppo, per l'accesso al credito per i giovani, per il servizio civile (e veramente mi chiedo cosa abbia da eccepire l'opposizione al riguardo), anche se - lo ripeto - li consideriamo passi ancora timidi, insufficienti. Infatti, nel nostro emendamento prevedevamo uno stanziamento superiore.
Anche per l'edilizia universitaria e per la protezione civile sono state previste nuove risorse. Insomma, il lavoro in Commissione, signor Presidente, onorevoli colleghi e signor rappresentante del Governo, ha consentito di aumentare sensibilmente le risorse rispetto ad aree sofferenti del nostro sistema.
Un esempio che saluto con piacere è lo stanziamento di risorse, aumentate nel corso del lavoro in Commissione (tuttavia già previste dal decreto-legge anche se in misura inferiore), messe a disposizione per i comuni e le province che hanno rispettato il patto di stabilità nel triennio 2004-2006, andando così incontro a richieste che erano state avanzate da tutti i comuni - di destra e di sinistra - e presentate anche dall'ANCI.
Si tratta, quindi, di un provvedimento - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - di vasto respiro che rimette nel sistema Paese risorse importanti, ma che tende anche a reindirizzare e a ricalibrare le politiche, gli interventi, le strategie stesse alla luce delle maggiori entrate e in forza di un risanamento avviato in così pochi mesi e con successo; tutti elementi che credo dovrebbero essere valutati anche dall'opposizione in modo maggiormente sereno e obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, intervengo per esprimere un giudizio fortemente negativo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 81 del 2 luglio 2007, che dopo avere subito - lo dico subito - un vero e proprio colpo di mano da parte del Governo, attraverso l'inserimento del disegno di legge n. 1485 che si era impantanato al Senato, è diventato l'ennesimo decreto-legge omnibus, un ennesimo provvedimento contenitore, figlio di una manovra d'estate per un Governo che - lo leggiamo sui giornali - è sempre più fragile, con un'alleanza interna priva di una comune visione circa il proprio destino.
Onorevole Zanella, ho ascoltato con attenzione il suo intervento perché riconosco il suo impegno in Commissione, sempre molto attento; non riesco a comprendere, però, dove, nel decreto-legge in esame, lei possa scorgere il rispetto del comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria, approvata peraltro dall'attuale maggioranza con un voto di fiducia. Non vedo dove si possa ravvisare, nel provvedimento in discussione, un contenuto dedicato al rilancio economico di questo Paese.
In realtà, come affermato dall'Unione europea, dal fondo monetario e dal Governatore della Banca d'Italia, questa manovra comporta solo una conseguenza: un peggioramento dell'indebitamento netto di 6.685 milioni, pari allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo.
Questo è l'unico risultato reale di questo provvedimento!
Vorrei sottolineare alcuni aspetti relativi all'iter che abbiamo portato avanti in Commissione bilancio e al testo base del decreto-legge.
Questo decreto-legge, che abbiamo chiamato «decreto tesoretto», dovrebbe applicare le linee guida del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011. Più volte nel corso della sua audizione il Ministro Padoa Schioppa ha citato tale collegamento, anche se il provvedimento non risulta essere un collegato alla legge finanziaria. Ma questo DPEF, rispetto al quale dobbiamo necessariamente fare un piccolo cenno, è macchiato da una grave violazione della legislazione contabile.
Infatti, esso presenta cifre non rispondenti alla realtà, in quanto i dati sul deficit tendenziale del prossimo anno sono calcolati a legislazione invariata sul 2007 ePag. 15non sul 2008. Insomma, lo potremmo considerare un DPEF da falso in bilancio, frutto di un Governo che tende a nascondere la realtà, perché la verità - lo dice l'importo necessario per l'attuazione degli obiettivi del 2008 - è che si vedono all'orizzonte certamente nuove tasse: non dobbiamo dimenticare, infatti, che finora questo Governo ci ha dato solo nuove tasse.
Vorrei entrare nel merito di alcuni aspetti, come, ad esempio, la relazione tecnica che il Governo ha presentato a corredo dell'emendamento sugli studi di settore. In quella relazione tecnica i maggiori ricavi che derivano dai nuovi indicatori vengono considerati presunzioni semplici. Vorrei rilevare che le norme fiscali assumono gli stessi concetti di presunzione stabiliti dal codice civile, il quale, esattamente all'articolo 2727, stabilisce che le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato.
Nel diritto tributario ci possono essere solo presunzioni relative per effetto del principio di capacità contributiva. Quindi, in presenza di una presunzione legale relativa, il contribuente ha l'onere di fornire la prova contraria rispetto al fatto presunto dalla norma.
Le presunzioni semplici, invece, sono lasciate alla prudenza del magistrato, che può ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti. In questi casi - lo abbiamo visto - l'ufficio ha l'onere di dimostrare al giudice tributario che i fatti a base della rettifica hanno i caratteri suddetti. Ecco perché, secondo noi - e non solo - risulta un errore tecnico parlare di presunzioni relative con inversione dell'onere della prova a carico del contribuente.
Avete sempre parlato di massima concertazione, di condivisione di alcune problematiche. Pensavate di andare incontro alle richieste dei contribuenti con questo emendamento? Questo modo di fare politica, signori del Governo, sta sempre più annaspando e sta frenando l'economia e lo sviluppo del Paese.
Se ne sono accorti a Bruxelles, dove ci incoraggiano continuamente a fare riforme e a contenere sul serio la pressione fiscale, in modo che le nostre aziende abbiano una ripresa tale da fare abbassare la disoccupazione giovanile e fare respirare le famiglie, aumentando il reddito e invitandole a consumare e a migliorare sensibilmente la loro qualità della vita.
Se ne è accorto il Fondo monetario internazionale; ce l'ha detto pochi giorni fa anche il Governatore della Banca d'Italia Draghi, che è stato chiarissimo! Il provvedimento che stiamo esaminando (su cui, già lo sappiamo, sarà posta la questione di fiducia), che destina il cosiddetto tesoretto - che termine infelice! -, ci lascia sempre più perplessi.
In primis, ci sono, come al solito, norme che non hanno nulla a che vedere con le finalità del decreto.
Forse sarebbe stato opportuno e sicuramente più rispettoso della norma almeno cambiare il titolo del decreto-legge: ad esempio, l'articolo 10, recante disposizioni in materia di personale militare, cosa c'entra con il titolo del decreto-legge? Vi sono inoltre l'articolo 16, sul riordino della disciplina delle tasse e dei diritti marittimi e l'articolo 9, dedicato al rifinanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali: sono tutte disposizioni che non appaiono assolutamente direttamente riconducibili al quadro delle norme in materia finanziaria, cui si riferisce in esclusiva il titolo del decreto-legge. Non capisco, peraltro, la posizione di Rifondazione Comunista sul delicato tema del rifinanziamento delle nostre missioni all'estero.
Inoltre, l'articolo 15, comma 6, sulla destinazione di risorse in particolare sull'istituzione di un fondo rotativo, dotato di personalità giuridica, per favorire l'accesso al credito dei giovani, seppur nessuno lo discuta in quanto assolutamente lodevole nell'intento, ripropone una disposizione analoga a quella già introdotta dall'articolo 1, comma 336, della legge finanziaria per il 2006, e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 137 del 2007.Pag. 16
Vogliamo ignorare la sentenza della Corte? Vogliamo fare finta di nulla? Non solo: il comma in questione solleva forti dubbi in ordine alla compatibilità con i limiti fissati dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 e, in particolare, con la norma secondo cui il Governo non può, mediante decreti-legge, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
Non ci stupiamo se l'opinione pubblica, a questo punto sempre più scettica, ha preso le distanze da questo tipo di politica, che riesce poi - questa è una cosa strana - a scontentare tutti. La riforma della giustizia scontenta avvocati e magistrati; il disegno di legge in esame scontenta l'ANCI, l'UPI, i sindacati di categoria, le piccole, medie e grandi aziende, strozzate sempre di più dalla pressione fiscale, le famiglie, che si sentono abbandonate, e i giovani, che non possono fare progetti per il loro futuro.
Con questo decreto-legge si poteva e si doveva fare di più. Le risorse derivanti dall'extragettito dovevano sostenere i giovani precari, che rappresentano il presente e il futuro del nostro Paese. Essi sono il nostro vero «tesoretto», non i soldi incassati in più, di cui si sta facendo un pessimo utilizzo. Invece, i giovani vivono nella precarietà quotidiana, con poche certezze lavorative, incoraggiati da questo malgoverno a lasciare il nostro Paese: è aumentato il flusso dei giovani che cercano un futuro in altri Paesi. Oggi in Italia essere precario credo significhi coniugare un salario basso con un posto che può mancare da un momento all'altro, non poter pagare l'affitto e probabilmente non arrivare a fine mese.
Un vero Governo riformatore dovrebbe scrivere un nuovo patto tra le generazioni italiane. Ciò vuol dire allora far sì che le istituzioni siano in grado di garantire la trasmissione ai giovani della conoscenza, delle competenze e del sapere; vuol dire restituire fiducia all'investimento in capitale umano e, quindi, dare spazio al merito nelle università, nelle imprese e nei concorsi pubblici. Tutto ciò vuol dire puntare ad una vera libertà di scelta per le persone e la libertà può esistere solo se ci sono alternative per gli individui e le tutele necessarie.
Al Governo spetta avanzare delle proposte serie e programmatiche che diano stabilità e sicurezza, partendo proprio dalla relazione tecnica. Leggendo in maniera seria il decreto-legge n. 81 del 2007, non ci sono risposte gratificanti, ma un confuso puzzle di interventi dichiarati urgenti: la stessa Commissione ha atteso invano che il Governo chiarisse il motivo di certi interventi, a rischio anche di copertura finanziaria, ricordando l'esigenza della massima trasparenza in ragione sia dell'entità delle risorse complessivamente impegnate, sia delle finalità serie che si doveva porre il decreto-legge stesso.
Cari colleghi, è assolutamente indispensabile una valutazione attenta delle singole disposizioni contenute nel decreto-legge, al fine di valutare quali disposizioni di spesa risultino effettivamente funzionali a superare, nelle intenzioni del Governo, la situazione di emergenza in cui versano talune categorie colpite dal decreto stesso, nella speranza che ne derivi un sostegno effettivo alla crescita dell'economia del nostro Paese.
Occorre inoltre porre mente al collegamento esistente fra il decreto-legge al nostro esame e la legge finanziaria per l'anno 2007. In proposito, vorrei sottolineare la necessità di avviare - l'ho chiesto anche al presidente della Commissione - un'ampia riflessione sullo stato di attuazione di tale legge: non è infatti possibile che da una parte il Governo attribuisca al Parlamento il compito di individuare le risorse da destinare alla copertura dei più disparati interventi (nel DPEF il Governo infatti afferma: «Questa è la situazione: pensi il Parlamento a trovare la copertura per il raggiungimento degli obiettivi»), mentre dall'altra parte, si scopre che, in relazione alla destinazione l'80 per cento degli interventi effettuati con la scorsa legge finanziaria è nei fatti inapplicato e inoperativo.Pag. 17
Si pensi, ad esempio, al caso della politica per il Mezzogiorno, che è scomparsa dall'agenda del Governo. Nella legge finanziaria per l'anno 2007, grazie all'impegno dei parlamentari del Mezzogiorno, sia del centrosinistra sia del centrodestra, si erano ottenuti alcuni risultati: la distribuzione dei fondi Fintecna, le strade provinciali, una seria rimodulazione del fondo per le aree sottoutilizzate. Ricordo che circa cinque o sei commi della legge finanziaria erano destinati esclusivamente al Mezzogiorno. Ebbene, nessuna di quelle norme, oggi, mentre stiamo per iniziare ad occuparci della nuova legge finanziaria, è stata attuata dal Governo. Il Parlamento legifera, il Governo non applica; il Parlamento dà direttive, il Governo non le rende operative.
Signori colleghi, sono necessari programmi chiari e scadenze precise, ma soprattutto è necessaria la volontà di perseguire gli obiettivi con coerenza e caparbietà, poiché questa maggioranza non riesce a governare il nostro Paese per mancanza di una struttura solida al suo interno.
Ritornando all'analisi del decreto-legge, ci accorgiamo che l'extra-gettito fiscale non viene destinato a ridurre deficit e debito, rendendo così impossibile raggiungere l'obiettivo del pareggio dei bilanci nel 2010, che noi avevamo assolutamente condiviso.
Si capisce dunque l'inutilità di questo provvedimento e del modo in cui è intervenuta questa maggioranza, suscitando anche le preoccupazioni di Bruxelles, i cui suggerimenti andavano in tutt'altra direzione. La speranza dell'Unione europea e - aggiungo - la nostra è che attraverso queste manovre finanziarie si riesca a non violare il patto di stabilità europeo, facendo quadrare i conti e trovando le risorse necessarie affinché il nostro Paese possa crescere economicamente, uscendo dalla depressione politica causata da questa maggioranza confusionaria e pasticciona.
Credo, amici, che sia necessario affrontare la prossima legge finanziaria con una maggiorità e con un percorso che sia più chiaro è più corretto. Questo Governo continua a litigare sulla distribuzione del «tesoretto», non riesce non soltanto a trovare un accordo con i sindacati sulla riforma delle pensioni e la quadratura per una corretta copertura finanziaria, ma anche a tenere conto dello sviluppo economico del Paese, che è legato anche alla politica sulla previdenza, che rimane su un piano inclinato e assai scivoloso.
Questo Governo, con la sua politica, non riesce a svolgere una funzione di guida, non avendo quella forza e quella autorevolezza che rendono una classe dirigente capace di governare il processo di cambiamento, di cui il nostro Paese ha bisogno.
L'Italia non può più attendere i tempi e le mancanze di questa politica dell'attuale maggioranza, sempre più incapace di prendere decisioni che portino il nostro Paese ad essere una potenza economica e sociale a livello mondiale.
Devo, in ultimo, ringraziare il relatore per aver tentato disperatamente, nella difficoltà di un percorso assai complesso, di trovare alcuni punti su cui si potesse dialogare e rendere un servizio al Paese.
Noi, da parte nostra, lo abbiamo fatto con serietà, pur senza condividere assolutamente la decisione che il «tesoretto» venisse utilizzato a copertura di provvedimenti a legislazione vigente, dal momento che ritenevamo che sarebbe stato certamente più opportuno destinarlo interamente al ripiano - o, meglio, alla decurtazione - del debito pubblico, potendo utilizzare le minori risorse che avremmo pagato in termini di interessi.
Considerato, però, che il Governo andava avanti, abbiamo tentato di fornire il nostro contributo. In tal senso, abbiamo dato il nostro contributo nell'aumentare le risorse per la Polizia di Stato - che riteniamo essere sempre piccola cosa rispetto alle esigenze reali - e nel tentare di alleviare alcune sofferenze su temi sensibili, come quelli della sicurezza, ma crediamo che ancora poco si sia fatto e molto ancora vi sia da fare.
Spero che voi, responsabilmente, vi rendiate conto delle serie difficoltà in cuiPag. 18la vostra maggioranza sta ponendo il nostro Paese e che possiate, per il beneficio dell'intero Paese, togliere il disturbo e lasciare il Governo a chi può meglio governarlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.

ANDREA RICCI. Signor Presidente, ormai da molti anni i cittadini italiani sono abituati alla consueta «manovrina» estiva di finanza pubblica e ormai da troppi anni il tradizionale provvedimento finanziario di luglio aveva un carattere restrittivo, mirante a tagliare la spesa pubblica e ad incrementare le entrate fiscali per riportare la finanza pubblica lungo i binari, tortuosi e difficili, della sostenibilità.
Quest'anno, invece, per la prima volta dopo molto tempo, la «manovrina» estiva cambia completamente di significato e, anziché imporre nuovi e pesanti sacrifici ai cittadini, assume un carattere espansivo e consente di impiegare, tra il decreto-legge che oggi esaminiamo e la proposta di assestamento di bilancio, circa 6,5 miliardi di euro per nuovi interventi di spesa in campo sociale e per il sostegno allo sviluppo economico. Di questa positiva novità non possiamo che rallegrarci.
Superato questo momento di soddisfazione, occorre tuttavia procedere ad una lucida analisi della situazione che si è determinata sul terreno della politica economica e finanziaria del Governo.
Il primo passo in questa direzione consiste nel domandarsi come sia potuto accadere che ci si trovasse, a metà anno, con una disponibilità di risorse nelle casse dello Stato superiore di ben 11,5 miliardi di euro, lo 0,7 per cento del PIL rispetto alle previsioni e agli obiettivi programmatici. Infatti, se non vi è dubbio che le circostanze risultano oggi felici rispetto a quanto accaduto in passato, allorché lo scostamento rispetto agli obiettivi era di segno inverso, rimane pur sempre il fatto che una corretta ed efficace programmazione degli interventi di politica economica non dovrebbe richiedere interventi correttivi di tale dimensione, a meno che essi non siano giustificati da un cambiamento di indirizzo di politica economica.
Invece oggi siamo di fronte alla conferma, anzi addirittura all'accentuazione, del quadro stabilito nel DPEF dello scorso anno e tuttavia siamo costretti ad apportare variazioni così significative al bilancio dello Stato. Ripeto, quest'anno, a differenza degli anni precedenti, siamo di fronte ad una circostanza felice, di distribuzione di risorse aggiuntive, ma questa situazione deve essere considerata eccezionale e non ripetibile, altrimenti saremmo di fronte ad una grave patologia nella conduzione della politica economica del Paese.
Lo dico con tutto il rispetto per il Ministro dell'economia e delle finanze. Siamo tutti contenti di poter attivare nuovi interventi utili al benessere generale del Paese, però non bisogna vantarsi troppo per gli errori - questa volta positivi, in passato negativi - nelle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Dobbiamo, semmai, impegnarci per comprendere seriamente quali cause abbiano determinato tali rilevanti scostamenti, per evitare in futuro di ripetere gli stessi errori. Lo affermiamo noi che pure nel mese di settembre dello scorso anno sostenemmo pubblicamente, alla luce dei primi dati sull'andamento delle variabili economiche, che la manovra lorda della legge finanziaria per il 2007 avrebbe potuto essere di 24 miliardi di euro, esattamente 11,5 miliardi di euro in meno, pari al cosiddetto «tesoretto» oggi certificato, di quanto poi, in realtà, non fu. Se allora fossimo stati ascoltati, probabilmente il rapporto del Governo con l'opinione pubblica sarebbe stato molto migliore di quanto non sia oggi. Per la verità, allora non fu solo il Ministro dell'economia e delle finanze a sostenere la necessità di una manovra troppo pesante, ma egli fu spinto in tale direzione da autorevoli rappresentanti delle principali organizzazioni economiche internazionali e nazionali, iniziando dalla Banca d'Italia per arrivare all'Unione europea e al Fondo monetario internazionale. A tutti costoro, iniziandoPag. 19con il governatore Draghi, noi, che pure non possediamo competenze e saperi paragonabili ai loro, rivolgiamo un appello ad una maggiore umiltà, necessaria per una reale e non ideologica comprensione delle dinamiche economiche. I ricordati ripetuti errori di stima fanno sorgere seri dubbi sulla validità teorica ed empirica dei modelli econometrici fondati su un ortodosso impianto neoclassico, usati per formulare le previsioni macroeconomiche.
Sul piano strettamente economico due sono state le cause della sottostima delle entrate tributarie, all'origine dell'attuale maggiore disponibilità di risorse: la prima riguarda il consistente aumento della base imponibile, derivante dall'attuazione concreta di misure serie ed efficaci di lotta all'evasione fiscale. La seconda, una sostenuta dinamica di crescita economica intorno al 2 per cento annuo, dopo un quinquennio di stagnazione. Anche se non previsti, entrambi questi fattori possono essere in gran parte ascritti come successi dell'azione di Governo. Credo che tutta la maggioranza che sostiene l'Esecutivo debba, con maggiore forza, rivendicare di fronte all'opinione pubblica tali risultati.
Una volta accertata l'entità delle maggiori risorse disponibili si è aperto un confronto, a volte anche aspro, sul loro utilizzo. Abbiamo lottato contro coloro i quali avrebbero voluto destinare interamente le maggiori risorse alla riduzione accelerata del deficit e del debito pubblico. Il fronte che sostiene tale tesi è molto vasto, potente ed articolato. Esso comprende i principali organismi economici, dal Fondo monetario alla Commissione europea, sino ad arrivare alla Banca centrale europea e alla sua succursale italiana. Inoltre, comprende la Confindustria di Montezemolo, salvo poi che esponenti di tale fronte, nei corridoi dei palazzi, avanzano continue richieste di nuove risorse da mettere a disposizione delle grandi imprese. Infine, sul piano politico questo fronte ultra-ortodosso include l'intera opposizione, come abbiamo anche ascoltato dal dibattito odierno - salvo poi che vengono presentate decine e decine di emendamenti al testo, per una miriade di micro-interventi settoriali, corporativi e territoriali - e comprende anche alcune componenti centriste della maggioranza.
Questa tesi ultrarigorista persegue un unico obiettivo, che poco o nulla ha a che vedere con le esigenze di sviluppo economico e sociale del Paese. In realtà, l'obiettivo perseguito è di tipo squisitamente politico, in nome di una permanente quanto fasulla dichiarazione di emergenza finanziaria, che paradossalmente assume toni tanto più concitati quanto più la situazione dei conti pubblici è sotto controllo. Si vuole impedire che si possa avviare nel Paese un processo di riforma del sistema economico e sociale teso a ridurre le disuguaglianze sociali, a redistribuire reddito e ricchezza e a promuovere uno sviluppo economico diverso e alternativo rispetto a quello esistente.
La permanente emergenza finanziaria, come arma sempre puntata contro le riforme necessarie a rendere più giusto, più equo e più civile il Paese, è un'arma puntata anche a difesa della ricchezza e del potere di poche caste di privilegiati resi forti dall'egemonia politica e culturale del modello della globalizzazione neo-liberista. Chi fa della riduzione del deficit e del debito un feticcio, un valore assoluto a cui tutto deve sottomettersi è, in realtà, spinto da un potente spirito di conservazione, perché vuole impedire che, attraverso l'azione pubblica della politica e dello Stato, si possano introdurre elementi, anche minimi, di giustizia e di moralità nell'assetto sociale del Paese. Certo, in Italia il deficit e il debito pubblico sono elevati. Per questo motivo la politica economica deve incorporare il vincolo della sostenibilità finanziaria, che, appunto, deve condizionare il perseguimento dei veri obiettivi di politica economica che sono, non dobbiamo mai dimenticarlo, quelli della qualità della vita della popolazione e della giustizia sociale. La riduzione del debito non può trasformarsi da vincolo necessario in obiettivo assoluto e supremo di un intero Paese. Il vincolo della sostenibilità finanziaria è oggi pienamente soddisfatto e rispettato dall'Italia. Il processo di riduzione del deficit e delPag. 20debito, anche dopo la parziale distribuzione del tesoretto, è nettamente più accelerato di quello concordato, a suo tempo, dal Governo Berlusconi in sede di Unione europea.
L'Italia sta compiendo uno sforzo di risanamento superiore a quello richiesto. Allora, non sono più ammissibili ingerenze così pesanti da parte della Commissione europea e della Banca centrale europea sulla politica interna italiana. Noi avremmo voluto che le risorse aggiuntive da usare per la redistribuzione e lo sviluppo fossero maggiori di quelle contenute nel presente provvedimento. Tuttavia, la mediazione a cui, alla fine, la maggioranza è arrivata trova il nostro consenso, sempre che ad essa seguano ulteriori passi successivi, a cominciare dalla soluzione del nodo del superamento dello «scalone Maroni» sulle pensioni.
La destinazione dei 6,5 miliardi del tesoretto corrisponde, sia pure in maniera ancora parziale, alle principali esigenze del Paese e il lavoro svolto dalla V Commissione, grazie anche all'impegno apprezzabile del relatore e del presidente, ha introdotto ulteriori importanti modifiche, che hanno consentito di migliorare sensibilmente il provvedimento. Anzitutto, è presente, nel decreto-legge in esame, l'aumento delle pensioni più basse e ciò risponde ad un'esigenza diffusa, che trae la propria origine dalla grave sofferenza sociale che coinvolge milioni e milioni di pensionati italiani. Sono stanziati 900 milioni nel 2007, quasi 1.200 milioni dal 2008. La platea coinvolta dagli aumenti è di circa 3 milioni e mezzo di pensionati con un reddito inferiore a 650 euro. È importante anche il metodo con cui si è arrivati a definire questa proposta: è stato quello di un confronto serio e costruttivo con i sindacati, che ha consentito di assumere un provvedimento così importante e sentito per risolvere o, quantomeno tentare di ridurre, un grave problema sociale del Paese.
In secondo luogo, nel provvedimento in discussione vi sono misure a favore dei giovani, sempre sul terreno pensionistico, come il riscatto agevolato degli anni di laurea e le misure per il ricongiungimento pensionistico, che possono dare una risposta, sia pure ancora del tutto parziale, ai futuri problemi che incontreranno i giovani di oggi sul terreno previdenziale.
In terzo luogo, tendiamo a sottolineare l'importanza degli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo, con i 260 milioni per il Fondo per la lotta all'AIDS e con ulteriori 10 milioni aggiuntivi per la cooperazione.
Vi sono poi maggiori risorse per i comuni e per le province, che rispettano il patto di stabilità interno. Tali risorse sono state aumentate grazie al lavoro della Commissione. A tal proposito noi sottolineiamo, anche in vista della prossima legge finanziaria, la necessità di rivedere le regole a fondamento del patto di stabilità interno. In particolare, chiediamo che l'uso dell'avanzo di amministrazione per estinguere i debiti pregressi degli enti locali possa essere portato all'interno della normativa. Vi sono risorse aggiuntive per il welfare, la scuola, la ricerca, l'università. Vi è il rifinanziamento dei contratti di pubblico servizio per le poste, le ferrovie e l'ANAS. C'è l'annullamento o la riduzione degli accantonamenti per i programmi di spesa ministeriale stabiliti dalla legge finanziaria per il 2007 e che tante difficoltà hanno creato nella conduzione quotidiana delle politiche pubbliche. Infine, vi sono gli stanziamenti per aumentare i consumi intermedi e gli investimenti per la sicurezza, per le forze dell'ordine e per i vigili del fuoco. A tal proposito, abbiamo accolto la necessità di incrementare in Commissione gli stanziamenti a questo fine, con il vincolo, però, che essi fossero destinati a tutto il territorio nazionale, non solo ad una sua parte. Infatti, le situazioni di difficoltà delle forze di sicurezza riguardano l'intero Paese, a causa dei sacrifici necessari introdotti dalla legge finanziaria per il 2007.
A tal proposito, vogliamo tuttavia sottolineare che la percezione diffusa di un incremento dell'insicurezza non è in linea con i dati sull'andamento dei reati e della criminalità. In realtà, la percezione dell'insicurezza crescente deriva da altro.Pag. 21Siamo in presenza di una insicurezza esistenziale, che trae la sua origine da una condizione sociale di precarietà che rende difficile la vita di ognuno. Non possiamo quindi pensare di risolvere il problema attraverso un continuo aumento degli stanziamenti per il settore della sicurezza, perché dobbiamo ricordare, a tal proposito, che l'Italia spende più della media europea in questo settore. Semmai, dovremmo tutti interrogarci sulla necessità di una riorganizzazione delle forze dell'ordine in tale importante settore della vita pubblica del Paese, in modo da spendere meglio ed ottenere risultati migliori.
Infine, è stata inserita dal Governo, attraverso appositi emendamenti, la parte fiscale che era in discussione in un apposito provvedimento al Senato. Noi avremmo preferito un'altra soluzione: una strada che non si intersecasse con il decreto-legge sulla distribuzione del cosiddetto tesoretto. Tuttavia, questa è stata la strada scelta dal Governo e noi vogliamo sottolineare un punto di criticità, rispetto ad una serie di misure che complessivamente condividiamo.
All'interno del decreto-legge in esame è stata inserita la questione del cuneo fiscale per le banche e le assicurazioni, a seguito di una sentenza comunitaria, che obbliga il nostro Paese a non adottare misure selettive di settore per questo tipo di incentivo fiscale. La criticità riguarda il fatto che la compensazione dell'erogazione di risorse attraverso la riduzione del cuneo fiscale per banche ed assicurazioni è soltanto parziale. Noi avremmo preferito che fosse integrale, perché banche, assicurazioni e il settore finanziario non hanno bisogno di questo tipo di incentivi, considerando che si trovano già in condizioni estremamente favorevoli. Occorre allora rimediare a tale situazione nella prossima legge finanziaria. Infine, ci appare equilibrata la revisione sulla normativa degli studi di settore. Quest'ultimo è uno strumento da correggere - ma da mantenere, perché efficace - e non siamo d'accordo con chi lo vuole smantellare completamente.
Signor Presidente, concludo affermando che quello in esame è un primo provvedimento redistributivo, dopo che surrettiziamente nella politica economica del Governo è prevalsa la priorità del risanamento, rispetto a quella dell'equità sociale e dello sviluppo.
Crediamo che occorra procedere oltre in questa direzione per far fronte ai gravi problemi sociali, che il Paese oggi incontra e che riguardano, in modo particolare, la fascia del mondo del lavoro, dei pensionati e dei giovani. Il DPEF e la soluzione del nodo del superamento della riforma Maroni sono i prossimi passaggi decisivi per la piena attuazione del programma dell'Unione e per il rafforzamento di questa esperienza di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, inizio subito con i ringraziamenti al relatore e agli altri membri della Commissione per la buona volontà con la quale, tutto sommato, si è cercato di migliorare il testo del provvedimento oggi al nostro esame. Lo faccio subito perché il resto dell'intervento sarà - ed è - fortemente e profondamente negativo.
Il decreto-legge sul cosiddetto tesoretto nasce da lontano, come operazione di marketing e, se mi consentite la battuta, diventa poi un'operazione di «marketting». Traducendo il neologismo, anziché fare marketing, ossia fare mercato, diventa un decreto con cui si fanno «marchette» il che nel gergo parlamentare significa distribuire prebende a destra e a manca. Questa purtroppo è la realtà! Ripercorriamo un po' la storia di questo tesoretto. Di maggiori entrate fiscali - il termine tesoretto onestamente è demenziale, quindi anche chi l'ha pensato aveva qualche problema quando lo ha fatto - si inizia a parlare a gennaio, quando si scopre l'acqua calda; vale a dire che, avendo predisposto una manovra finanziaria con la quale si erano aumentate lePag. 22tasse a dismisura, di 35 miliardi di euro quando ne servivano all'incirca 12, si sono registrate entrate fiscali in più. Complimenti! Non ci voleva una scienza per capirlo. A ciò si sono aggiunti gli altri 10 miliardi della manovra fiscale realizzata obbligatoriamente dai comuni, perché avete tagliato loro le risorse. Ebbene, a detta della propaganda di sinistra, i 37 miliardi di tasse riscosse in più nel 2007 derivano dalla lotta all'evasione fiscale. Ciò è sostenuto in particolare dal Viceministro Visco, assolutamente mal visto da tutti i contribuenti, non in quanto rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, ma perché considerato un esponente del Governo che, anziché tutelare il rapporto di fiducia che in teoria dovrebbe correre tra il contribuente e lo Stato, è stato designato unicamente, da un lato, allo scopo di inventare meccanismi per rendere più complicato pagare le tasse; dall'altro, per farne pagare il più possibile. Forse è vero. Dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale sarebbero derivati all'incirca 6 miliardi; realisticamente (forse) ne sono derivati 4; gli altri sono unicamente e semplicemente tasse in più.
Nel mese di marzo la ex moglie di Padoa Schioppa - a nostro avviso, economista anche più brava dell'ex marito - suggerì autorevolmente di usare il tesoretto nel modo seguente: un terzo per ridurre il debito, un terzo per ridurre le tasse (quindi, per attuare una politica economica espansiva) ed un terzo per aiutare i redditi più bassi, in particolare le pensioni più basse (dunque per realizzare anche sotto questo profilo una politica economica espansiva attraverso i consumi). Una bella ricetta, assolutamente condivisibile. Cosa fa l'ex marito di Fiorella Kostoris? All'inizio, insieme a Prodi, quasi le dà ragione, perché sostiene che dei dieci miliardi del cosiddetto tesoretto se ne possono spendere solo due e mezzo, in quanto gli altri sono destinati alla riduzione del debito; che due terzi di questi due miliardi e mezzo andrebbero impiegati per gli obiettivi dell'equità e dello sviluppo - solita affermazione ambigua che vuol dire tutto e il contrario di tutto - e un terzo per ridurre il debito.
Anche a tale riguardo potremmo essere quasi d'accordo; se buona parte è utilizzata per ridurre il debito ma una parte viene spesa, vediamo, dunque, come la spendete. Tuttavia, adesso, all'inizio di luglio, arriva il decreto-legge e miracolosamente, anziché 2,5 miliardi, spendiamo tutti e sette i miliardi di euro. Quindi, cosa è accaduto? A fronte di questa modifica radicale della politica economica del finto rigorista Padoa Schioppa, che quando va in Europa assume il ruolo di «professorone» mentre quando viene in Italia è assolutamente incapace di «tener bordone» e di limitare la spinta alla spesa pubblica della sinistra estrema, cosa succede? Otteniamo una «bocciatura» totale da parte di tutti: dell'Unione europea, che rileva che, con questa sciagurata politica, stiamo mettendo a repentaglio addirittura i tassi di interesse dell'Europa; delle agenzie di rating, con un possibile, eventuale declassamento - «certo», se si va verso l'abolizione dello scalone -; del Fondo monetario internazionale, dove doveva andare Padoa Schioppa - sarebbe stata una bella idea, in quanto avremmo risolto un problema molto grande: lui sarebbe stato a posto con la pensione (visto che tutto sommato è anche ora che vada in pensione!) e noi ce lo saremmo «tolto dalle scatole» -; della Corte dei conti, ed è il minimo, visto che si tratta dell'apposita istituzione deputata a controllare come spendiamo i soldi; della Banca d'Italia.
Draghi molto semplicemente, infatti, ad una domanda posta circa l'uso del «tesoretto», ovvero su come giudicasse il fatto che si utilizzasse quasi tutto il «tesoretto» per aumentare la spesa, ha risposto che, anzitutto, il «tesoretto» non esisteva e che, comunque, se mai, avrebbe dovuto essere usato, se non tutto per ridurre il debito, almeno per ridurre le tasse e, quindi, favorire l'economia. Chiarissimo. Infine, vi è stata la «bocciatura» sonora da parte dell'ANCI. Ciò è il minimo, in quanto ai comuni avete «rubato» - questo è il termine esatto - 4 miliardi di euroPag. 23di avanzi di amministrazione. Quando un comune risparmia soldi, infatti, questi sono suoi. Avete deciso per legge, invece, che i comuni non li possono spendere perché se li tiene il Governo per spenderli come vuole.
L'osservazione del Governatore della Banca d'Italia Draghi è interessante e da approfondire; quindi mi domando da dove arrivi questo fantomatico «tesoretto». Perché abbiamo 7 miliardi di euro da spendere? L'operazione è semplice nella sua assurdità. Il ragionamento è il seguente: se non facciamo alcunché, possiamo chiudere l'esercizio con un indebitamento netto del 2,1 per cento; però, dato che avevamo previsto di «chiudere» con un indebitamento del 2,5 per cento, allora spendiamo lo 0,4 per cento. È un ragionamento semplice ma completamente idiota e demenziale. Infatti, è come se un'azienda che ha ricevuto un fido da una banca, constatato che gli affari stanno andando male e stando per chiudere il bilancio con una perdita del 2 per cento, ritenesse, poiché, se anche chiudesse con un disavanzo del 2,5 non le toglierebbero il fido, di poter sostenere delle spese «idiote» in più, e di poter, pertanto, aumentare la perdita. È chiaro che si tratta di un ragionamento demenziale e a breve termine.
Oltretutto, è assolutamente demenziale e a breve termine tenendo conto di alcune certezze, e non di ipotesi e di ragionamenti. Precedentemente il collega Ricci parlava di economia, che può essere anche vista in modo differente, ma alla fine l'economia ha delle regole anche abbastanza semplici mentre noi, tante volte, la consideriamo più difficile di quello che effettivamente è. Sappiamo, infatti, che i tassi di interesse arriveranno al cinque per cento. Quanto costa passare dal 4 al 5 per cento? Significa che noi, anziché pagare 74 miliardi di euro di tassi di interesse sul debito pubblico, pagheremo, se va bene, 77-80 miliardi l'anno dopo e, a regime, lo 0,4 in più.
È banale, quindi, che, a fronte della certezza dell'aumento dei tassi, si debbano destinare risorse per tale obiettivo anziché per altri.
In sede di Commissione abbiamo utilizzato un'espressione paradossale, ma comprensibile a tutti, perché è necessario capirsi. È come se un padre di famiglia, dopo aver giocato al superenalotto ed aver vinto una bella cifra, anziché recarsi in banca per estinguere il mutuo sulla prima casa, si recasse presso il concessionario per acquistare una Ferrari! È chiaro che un padre di famiglia che si comporti così sarebbe da prendere a schiaffoni! Ebbene, il Governo si comporta peggio di lui! Non esiste, in Italia, un padre di famiglia che, dopo essersi comportato in questo modo, non sia preso a schiaffoni dalla moglie! E il Governo fa esattamente questo: prende i soldi e li spende tutti. Peccato che, nel nostro caso, non si tratti neanche di una vincita al superenalotto o di soldi (cento, mille euro) che, ad esempio, i colleghi qui presenti potrebbero aver giocato; si tratta, piuttosto, di soldi che abbiamo sottratto ai contribuenti, aumentando le tasse! Decidiamo, in maniera assolutamente demenziale, di chiudere l'anno con un indebitamento netto maggiore rispetto a quello che avremmo non facendo nulla.
Oltretutto, l'operazione è assolutamente scoperta, non perché ce lo inventiamo noi, ma perché lo afferma lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa. Nel DPEF si sostiene che vi sono spese da coprire per 21,2 miliardi di euro. Tornando all'esempio del buon padre di famiglia, è come se questi, sapendo di dover coprire 21,2 miliardi di euro, ne trovi casualmente in tasca 7 e li spenda tutti! È, ancora una volta, da prendere a schiaffoni!
Ma non è finita qui: c'è l'operazione «scalone». Siamo «in ballo» da un anno e non si capisce come andrà a finire: questo è oggettivamente imbarazzante e demotivante, per chi, come noi, è neodeputato. Accanto a me ci sono i colleghi Goisis e Fugatti: spesso discutiamo di come sia possibile che una trattativa duri un anno. Vi sono persone che non sannoPag. 24se possono o meno andare in pensione: le donne, che potevano andare in pensione a 57 anni, adesso, forse, non possono più farlo perché si sta discutendo un'operazione che, per dare un anno in più a tutti, fa andare in pensione le donne più tardi. Roba veramente da pazzi!
Nel caos più totale, vi è la questione della copertura. Non si dice dove si reperiscano le risorse. Quanto costerà l'operazione? Sempre che alla fine Prodi dica cosa diavolo vuole fare, visto che fa annunci da sei mesi e che a questo punto siamo anche interessati a saperlo - ha detto che lo annuncia giovedì, ma tutte le settimane lo ripete: forse, questo è il giovedì buono! -, bisogna capire quanto costa l'operazione e dove si trovino i quattrini! L'operazione può costare da 1,5 miliardi (il che significa «fumo negli occhi» e rinviare il tutto di un anno) a 4 miliardi per il primo anno e 9 a regime, con l'abolizione totale dello «scalone». Questo è quanto vuole la sinistra estrema, che non accetterà mai un compromesso al ribasso, e quindi la parte dello schieramento di maggioranza seduta lì, a sinistra, la sinistra più a sinistra, vuole che lo «scalone» sia abolito del tutto!

GIACOMO DE ANGELIS. Esatto!

MASSIMO GARAVAGLIA. Si tratta di 66 miliardi di euro in dieci anni. Il Governo ci deve dire dove trova i soldi! Se davvero aveva tale intenzione (perché il programma prevedeva di effettuare una simile operazione demenziale) poteva conservare il «tesoretto» per tale scopo anziché spenderlo tutto!
Ma non è finita! Già fin qui si dovrebbe abbastanza preoccupati: avevo parlato, infatti, di 21 miliardi scoperti, della questione dello «scalone» (da 2 a 4 miliardi all'anno, che non si sa dove trovare): oltre a ciò, però, vi è la questione Alitalia. È di oggi la notizia che l'azienda è sostanzialmente fallita. Secondo voi questo Parlamento la lascerà fallire, mandando a casa tutti i dipendenti? Sicuramente no!
Si procederà all'ennesima operazione stanziando ancora chissà quanti quattrini per l'ennesimo prestito ponte, per chissà quanto tempo e con quale costo. Anche questa è un'operazione non coperta.
Poi vi è il problema attinente alla sanità: il Lazio, da solo, governato prima da Storace, poi da Marrazzo, continua comunque ad accumulare «buco» su «buco». Anche in questo caso, il piano di rientro sembra non andare come previsto. Dove si recupereranno le risorse? A quanto ammontano le risorse necessarie? Quanti miliardi dovremmo dare l'anno prossimo? Ancora 10, 1, 2, 3, 20 miliardi? Sembra davvero di dare i numeri.
Vi è, inoltre, la questione dei rifiuti della Campania, che non si sa se e quando finirà, tant'è vero che nel decreto-legge si prevedono i soliti 80 milioni di euro. Abbiamo approvato, la settimana prima, un provvedimento che avrebbe dovuto essere a costo zero, ma poi, furbescamente - ma neanche tanto: piuttosto, in maniera proprio scorretta - il Governo inserisce, la settimana dopo, nel decretone omnibus sul «tesoretto» i soliti 80 milioni di euro.
Vi è, poi, la questione del patto di stabilità dei comuni: obbligando questi a non spendere o, comunque, a spendere in minima parte l'avanzo di amministrazione, di fatto state dicendo alla stragrande maggioranza dei comuni che è venuto meno il rispetto del patto di stabilità.
Tantissimi, infatti, sono gli amministratori locali che hanno già deciso di «sforare» il patto e di farlo, a questo punto, alla grande, perché, visto che non riescono a rispettarlo, per quale motivo dovrebbero diventar matti per cercare di rientrarvi a tutti i costi? Se si sfora, si sfora alla grande! Anche ciò avrà dei costi assolutamente incomprensibili.
Ciò detto, si tratta, quindi, di un'operazione assolutamente scoperta, per i motivi elencati.
Vediamo ora di dare un rapido giudizio su come avete speso questo «tesoretto».
La prima parte riguarda le pensioni: si prevede di aumentare quelle basse. È un'ottima operazione, sulla quale chiaramente non si può che essere d'accordo. Occorre fare un distinguo, però, sulla natura di una tantum della previsione. NovecentoPag. 25milioni di una tantum sono, è vero, comunque un aiuto, però, citando Schimberni, ex direttore di Ferrovie dello Stato, un'operazione una tantum è come la pipì a letto: scalda, ma per poco.
A cosa serve dare 300 euro a testa ai pensionati in prossimità del Natale? Servirà ai nonni e alle nonne a comprare il telefonino ai nipoti. Cosa abbiamo risolto? Abbiamo buttato via in un colpo solo 900 milioni. Un'operazione un po' più intelligente, invece, avrebbe potuto prevedere di spenderli in maniera più continua. In questo modo, invece, si dà una mano ai pensionati, ma si tratta di una misura una tantum, che ha scarsa utilità.
Giustamente, però, vi è anche l'aumento di un miliardo e mezzo l'anno, ma a partire dall'anno venturo e con copertura da trovare in sede di finanziaria, vale a dire con nuove tasse. Avete dimostrato, infatti, l'assoluta incapacità di contenere la spesa, quindi per aumentare le pensioni basse avremo un miliardo e mezzo di maggiori tasse.
Tra l'altro, se qualcuno ha tempo e voglia, oggi può leggere un interessantissimo articolo a pagina sei di Italia Oggi, che dimostra che l'operazione sulle pensioni basse è, in realtà, pagata dai pensionati. Ciò è davvero interessante.
Il fantastico Viceministro Visco ha cambiato il sistema, passando dalle deduzioni alle detrazioni. Tale operazione ha comportato l'incremento del reddito imponibile, quindi anche degli introiti e delle tasse anche sulle pensioni. La simulazione che emerge dall'articolo citato è molto interessante, perché dimostra come il miliardo e mezzo che in teoria date alle pensioni basse è la stessa cifra che viene incamerata dalle maggiori tasse che pagano i pensionati con pensioni che vanno da 600 a 1.000 o 1.200 euro, che sono ancora pensioni basse. Quindi, si tratta di una partita di giro, ma, a furia di essere presa in giro, la gente, se ne sta accorgendo.
Veniamo, poi, all'altra componente di spesa all'interno di questo decretone, che è il taglio del taglio della spesa. Avete deciso, cioè, di ridare ai ministeri due miliardi di euro.
Nel corso dell'esame della legge finanziaria per il 2007, il Governo, in particolare il Ministro Padoa Schioppa aveva affermato che si trattava di una manovra finanziaria di rigore: nei saldi vi erano 4,7 miliardi di taglio di spese dei ministeri.
Bene, dopo sei mesi gliene restituiamo il 50 per cento, due miliardi. E anche su questo punto vi sarebbe da discutere.
A ancora più discutibile è la modalità con cui restituite tali risorse. Il «taglio» è stato criticato perché è lineare, applicato nella misura del 13 per cento a tutti, in maniera indiscriminata. Nel restituire le risorse, intervenite invece con discrezionalità, tant'è che, casualmente, il Ministro Ferrero si ritrova tutta la sua quota riprendendosi tutti i circa 180 milioni di euro di «taglio» che gravavano sul suo Ministero. Non è un caso. Poi discuteremo su come li usi: abbiamo letto sulla stampa di quella idea, abbastanza balzana, di concedere 50 milioni di euro alle moschee, cosicché gli imam insegnino l'italiano e la Costituzione ai loro fedeli. No comment.
A chi, ancora, vengono restituite tutte le risorse? Al Ministro Mussi, giusto per fare un altro esempio. In pratica, le risorse vengono restituite, con discrezionalità, a chi detiene il potere di ricatto più alto, cioè alla sinistra estrema. È una situazione che viviamo quotidianamente: la sceneggiata di ieri del ministro Bonino - che forse si dimette: poi vedrà, adesso vedremo - sta a dimostrare esattamente questo, cioè che la maggioranza sta in piedi soltanto con il ricatto della sinistra estrema. Questa, a un certo punto, fa anche bene, visto che è sufficiente che alzi la voce e le concedono tutto: è logico che alzi sempre e sempre di più la posta, però è evidente che si tratta di una forzatura. Non si può parlare di Governo della maggioranza del Paese, quando a governare il Paese è, sì e no, il 20 per cento dell'elettorato.
Altra componente è quella degli investimenti: ad un certo punto ci si potrebbe anche trovare d'accordo, perché vengono concessi circa 2 miliardi di euro per gliPag. 26investimenti per le infrastrutture. Va bene, siamo d'accordo, attenzione però: come gruppo della Lega Nord abbiamo presentato un emendamento, di una tale banalità e semplicità che è veramente incredibile il fatto che sia stato respinto. L'emendamento in questione riprendeva, in pratica, il programma del Ministro Di Pietro, stabilendo che le nuove risorse per le infrastrutture dovessero essere assegnate con priorità alle opere in corso. Perché aprire nuovi cantieri, quando abbiamo cantieri aperti? Si tratta di un atteggiamento assolutamente logico e così bisogna agire per utilizzare bene i fondi pubblici. Ovviamente ci viene risposto negativamente, per due ordini di motivi: in primo luogo, ancora, per il ricatto della sinistra estrema e dei Verdi, che leggono - perché leggono sempre tutto con malizia - «opere in corso» e l'unica opera in corso a cui pensano è la TAV; pertanto, siccome bisogna bloccare la TAV, allora blocchiamo tutte le opere in corso nel Paese e facciamone di nuove - e questa è la seconda motivazione per cui è stato «bocciato» l'emendamento da noi proposto - perché nel realizzarle vi sono le «marchette», cioè le prebende distribuite a destra e a manca (o meglio: a manca e a manca, perché comunque le prebende vengono distribuite solo nel modo confacente alla maggioranza). Paradossalmente, sempre e solo sotto il Rubicone: abbiamo fior di opere, da noi, nel nord Italia, che languono, perché non vi sono le risorse. Allora apriamo nuovi cantieri, per fare le autostrade nel deserto! Va bene, tanto il nord ha già capito com'è la «solfa».
Mi avvio verso la conclusione ribadendo che in buona sostanza questa operazione è assolutamente irresponsabile, come abbiamo affermato prima. È irresponsabile perché aumenta di molto la spesa pubblica, quasi tutta di parte corrente: quando si aumenta la spesa corrente si compie un'operazione che non ha effetti sullo sviluppo del Paese, perché si tratta di risorse che, una volta spese, vengono perdute. Poca è la componente di investimento. Inoltre, per coprire tale spesa, si aumentano le tasse.
Qual è il problema? Lo ha evidenziato, in maniera molto semplice, il Governatore Draghi qualche giorno fa, ma noi lo evidenziamo tutti giorni: se in futuro il ciclo si arrestasse dove andremmo a reperire le risorse? Porto un esempio molto semplice: avete incrementato i contratti degli statali, ma cosa succederebbe se in futuro, per un motivo o per un altro, il ciclo si arrestasse? Lasciamo perdere ipotesi catastrofiche di nuovi attentati: immaginiamo semplicemente che il ciclo si arresti e la crescita non vi sia più.
Abbiamo aumentato la spesa pubblica, che ha raggiunto una quota superiore al 50 per cento del PIL: cose da pazzi! La pressione fiscale è ai massimi storici: essa si attesta al 42,8 per cento e tale dato si riferisce esclusivamente alle persone che pagano le tasse. Ciò vuol dire che, in realtà, se distribuiamo questo 42,8 per cento su tutta la popolazione (ricordiamoci che abbiamo 270 miliardi di evasione fiscale di cui si discute sempre), la metà della popolazione, il 50 per cento, lavora in nero. E se metà del Paese lavora in nero le tasse sono pagate da chi lavora regolarmente; quindi quel dato che si attesta al 42,8 per cento in realtà supera ampiamente il 50 per cento.
Il risultato è che da noi, al nord, le ditte prima di investire fanno due conti e vanno ad aprire attività in Slovenia, in Croazia, in Austria o in Svizzera. Sul nostro quotidiano la Padania, un giorno sì e un giorno no vi è la pubblicità di una società svizzera che invita le nostre aziende ad andare ad investire da loro, e questo è un problema!
Si continua a voler difendere i posti di lavoro, ma non è facendo diventare tutti impiegati statali che si tutelano i posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Lo ripetiamo: quando gli impiegati statali pagano le tasse, lo fanno per finta, è una partita di giro! L'insegnante prende dallo Stato i soldi per pagare le sue tasse, ma lo Stato sta in piedi con le tasse pagate dal settore privato: se voi costringete il settore privato a chiudere, se fate scappare tutte le aziende e continuate ad aumentare la spesa pubblica,Pag. 27mi spiegate, ci spiegate dove andrete a reperire le risorse se in futuro il ciclo economico dovesse arrestarsi?
La vostra operazione, quindi, è irresponsabile e disorganica perché avete inserito in un decreto-legge tutto e il contrario di tutto. È logico che agiate così poiché tutte le volte che presentate un provvedimento al Senato rischiate «la pelle»; quindi, presentate pochi decreti-legge inserendovi dentro di tutto, compiendo anche un'operazione - diciamolo una volta per tutte - incostituzionale.
La nostra, sulla carta, è ancora una democrazia parlamentare: in teoria noi esercitiamo il mandato parlamentare, ma in pratica è da circa un anno che si legifera solo attraverso la decretazione di urgenza. Il Governo adotta un decreto-legge, ma in realtà non lo predispongono i Ministri, bensì le segreterie di partito, enti che sono al di fuori della politica. Ad esempio, sulle pensioni le segreterie dei partiti si accordano con i sindacati siglando un accordo raggiunto al di fuori dal Parlamento, che inseriranno in un decreto-legge che arriverà in Parlamento. Alla Camera dei deputati, poiché ci sono i numeri, se c'è tempo (purtroppo, adesso non ve n'è), si finge di discutere il provvedimento, ma se essa è in prima lettura al Senato viene posta la questione fiducia, quindi, viene ratificato quanto deciso dalle segreterie dei partiti.
Il risultato è che la democrazia da parlamentare si è trasformata nemmeno in una democrazia presidenziale, dove c'è un Premier che governa, ma in una democrazia oligarchica dove non governano neanche i Ministri, ma le segreterie di partito che assumono alcune decisioni e le inseriscono in un decreto-legge che arriva in Assemblea; in questa sede, per salvare la forma, facciamo finta di discuterlo, per poi votare la fiducia.
Volete andare a casa o volete stare ancora un po' seduti sulle poltrone? Restiamo seduti sulle poltrone che stiamo comodi! Stiamo ancora un po' seduti sulle poltrone, ma per poterci rimanere, distribuiamo un po' di quattrini nell'ottica della più vecchia politica, quella che per ottenere il consenso lo comprava!
È un'azione disperata che non porterà a nulla se non all'ennesimo peggioramento dei conti pubblici.
Intanto, al nord lo hanno capito: avete perso il consenso del nord e, purtroppo per voi, ma meglio per noi, lo avete perso per sempre (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Napoletano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, colleghi deputati, che l'opposizione debba muovere delle critiche legittime al provvedimento è cosa assai comprensibile vuoi per visioni diverse nell'ambito delle manovre economiche e finanziarie del Paese, vuoi per il gioco delle parti che spesso bisogna fare.
In realtà, non c'è critica che possa invalidare una considerazione del tutto evidente: come è stato ricordato, infatti, questo tipo di manovra, per così dire, estiva ha un carattere innovativo rispetto ad analoghi provvedimenti del passato, perché comunque dà e non solo toglie, come avveniva in precedenza. Possiamo dire tutto quello che vogliamo, ma si tratta di un dato insopprimibile. Può anche dare fastidio che tale manovra sia attuata da questo Governo e da questa maggioranza, può pure far balenare l'idea del Titanic, del baratro: sono state perfino evocate tali iperboli, tali paragoni del tutto insussistenti, peraltro da chi ci ha fatto veramente trovare il Paese nel baratro o sull'orlo dell'affondamento per una situazione azzerata rispetto alla fase di ripresa, con i conti pubblici sballati.
Siamo giunti ad una manovra finanziaria di tal genere proprio perché è cambiato il contesto economico e finanziario del Paese. Tutti gli indicatori economici volgono al miglioramento, quando non al bello. Abbiamo un incremento delle entrate tributarie, che consente di varare questo tipo di provvedimento, non solo perché è in atto una ripresa dell'economia,Pag. 28ma anche perché è stata posta in essere un'azione che in passato non era mai stata effettuata, volta a recuperare e a lottare contro l'evasione fiscale. Per questo motivo si è assistito ad un incremento delle entrate tributarie, rispetto alle previsioni iniziali pari a 7.403 milioni di euro per l'anno 2007, a 10.065 milioni di euro - si stima - per l'anno 2008 e a 10.721 milioni di euro per l'anno 2009. E non è ancora finita, perché la lotta all'evasione fiscale è appena agli inizi.
Certo si tratta di un aspetto del risanamento che è stato avviato da questo Governo e da questa maggioranza: lo sottolineo per ricordarlo anche a qualche ministro, che talvolta ha bisogno di riflettere meglio sulla composizione del Governo e sul contributo che ciascuna forza dà per raggiungere gli obiettivi.
Il mutato quadro economico-finanziario consente di attuare un'operazione sulla cui filosofia di fondo siamo assolutamente d'accordo: andare a ridistribuire risorse, soprattutto nei settori che sono stati compressi nella spesa. Infatti, con gli strumenti finanziari del 2007 sono state inserite regole piuttosto rigide, che hanno determinato una situazione di sofferenza negli enti locali e negli altri uffici dello Stato. Adesso questo si può fare; il decreto-legge in discussione sarà pure omnibus, avrà pure mille lacune, ma una disposizione ce lo farà sicuramente ricordare e lo farà ricordare a 3 milioni e 400 mila cittadini italiani: finalmente, dopo aver avviato il risanamento, si comincia a passare all'equità e si aumentano le pensioni per 3 milioni e 400 mila pensionati del nostro Paese. Certo, noi siamo tra coloro che avrebbero desiderato maggiore coraggio nell'incrementare la quota di «tesoretto», come viene chiamato, a favore dei pensionati, quindi dei ceti meno abbienti, perché parliamo delle pensioni più basse. Comunque, viene attuato un importante intervento al di là delle chiacchiere di coloro che non lo dicono o non lo evidenziano, o vanno a leggere Il Sole 24 ore o il «sole delle 12 ore» o Italia Oggi e il «paese di domani».
La verità è questa: 3 milioni e 400 mila pensionati troveranno nelle loro tasche degli euro in più. È un dato che mi sembra assolutamente importante. Accadrà già in questo scorcio di 2007, quando tutti insieme percepiranno un acconto cospicuo, e nel gennaio 2008 si andrà oltre. Tale misura era già prevista nella legge finanziaria.
Il comma 4 dell'articolo 1 già prevedeva che, se fossero pervenuti degli introiti maggiori, una parte di questi, dopo avere effettuato il risanamento, sarebbe stata destinata all'equità. Non c'è nulla, quindi, di straordinario. Si tratta di una pianificazione, che è stata effettuata dal Governo con precise scelte di maggioranza, che hanno composto e mediato le richieste, rispetto alle aspettative, così come accade in ogni coalizione. Alla fine, si è raggiunto un risultato importante.
Non si parla, tuttavia, soltanto dei pensionati. Una parte di quei 1.500 milioni di euro che vengono destinati all'equità - come dicevo - andrà anche ad incentivare la regolarizzazione e il riscatto a fini contributivi e previdenziali del corso legale di laurea. Si è parlato tanto di giovani e di prestare attenzione al Fondo che ne incentiva l'accesso al credito, in modo che essi abbiano la possibilità di affrancare altri quattro anni di contributi. E quanto ciò sia importante, solo ciò il cielo lo sa, quando i giovani tardano ad essere immessi nel mondo del lavoro e quando dal precedente Governo hanno ereditato un futuro di marginalizzazione e di precariato!
Oggi vi è una sensibilizzazione al riguardo anche da parte di colleghi che stimiamo per la serietà e per la pacatezza, ma che, tuttavia, appartengono all'altro schieramento politico. Essi oggi piangono lacrime di coccodrillo sui precari. Si dice che non avremmo dovuto distribuire il «tesoretto», ma darlo ai precari! Voi avete approvato la cosiddetta legge Maroni sui precari e oggi venite ad imprecare su questo, quando avreste potuto farlo voi! Sapete bene come la lotta al precariato siaPag. 29in cima alle battaglie dei Comunisti Italiani, che mi onoro di rappresentare in questo momento.
Anche sul versante dei comuni e degli enti locali è previsto un intervento importante, in relazione soprattutto all'assestamento di bilancio e all'utilizzo delle sue quote, non rilevanti sul piano del Patto di stabilità. Sapevamo con quanto rigore si fosse arrivati a limitare, a «strozzare» i comuni sotto questo punto di vista.
Già a partire dalla proposta era stato stabilito un limite percentuale sull'utilizzo per investimenti del fondo in discussione, cioè dell'avanzo di amministrazione. L'egregio lavoro svolto nella Commissione bilancio ha fatto sì che la proposta iniziale fosse largamente migliorata. Gli enti locali virtuosi - cioè quelli che nel triennio 2003-2005 hanno presentato dei saldi positivi di cassa e che, quindi, hanno rispettato il Patto di stabilità - potranno infatti beneficiare, per quanto riguarda le province, non di una quota del 7,6 per cento, ma del 17 per cento, mentre per quanto riguarda i comuni virtuosi, non di una quota del 7 per cento, ma del 18,9 per cento.
Un'altra importante novità che viene proposta all'Assemblea consiste nel fatto che i comuni da cinquemila a centomila abitanti possono beneficiare di tali quote (più che raddoppiate!) previste per l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, mentre soltanto il 7 per cento viene destinato ai comuni virtuosi superiori ai centomila abitanti. Si è voluto, cioè, evitare che «il rosso dell'uovo» fosse destinato soltanto alle metropoli - si trattasse anche della metropoli capitale! - e che, invece, la stragrande maggioranza dei comuni fosse tagliata fuori da risorse importanti.
È necessario compiere un salto di qualità, perché non è giusto che un comune virtuoso, che possieda cospicui avanzi di amministrazione, si veda privato del suo «tesoretto», necessario per pagare i suoi debiti pregressi e per effettuare investimenti, come le proprie disponibilità economiche gli permettono. Ci troviamo in una situazione assurda in cui i comuni virtuosi, che possiedono rilevanti disponibilità finanziarie per investimenti, non possano utilizzarle. Questo è veramente incredibile!
Inoltre, da parte della Commissione bilancio - o meglio di una parte trasversale di componenti di maggioranza di tale Commissione - vi sono state ulteriori proposte di modifica proprio in relazione ai comuni.
Vi è anche quest'altro aspetto: paradossalmente, un comune che riesca ad ottenere un maggior gettito dell'ICI dovrebbe subire una proporzionale decurtazione della quota dei trasferimenti statali prevista dalle leggi finanziarie o dai provvedimenti in materia fiscale del nostro Paese. È una previsione assolutamente ingiusta, è il colmo! Un comune che riesca ad ottenere maggiori entrate, è come se debba addirittura restituirle allo Stato. Ciò non è possibile se non in un momento particolare, eccezionale, straordinario o perché è stato rilevato un buco nei conti, per cui anche gli enti locali hanno dovuto svolgere la propria parte, quegli stessi enti locali ai quali, cari colleghi, bisognerà cominciare a chiedere conto delle consulenze miliardarie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,40)

FRANCESCO NAPOLETANO. Altro che costi della politica nel Parlamento, alla Camera e al Senato! Verifichiamo quali siano gli sprechi degli enti locali! Prendiamo in considerazione tutte le ipotesi: quella «calda» e quella «fredda», il taglio e la circostanza che, se un comune deve far ricorso ad un'anticipazione di cassa a causa del ritardo o della diminuzione di trasferimenti dovuta ad un conteggio non esatto degli introiti dell'ICI, lo Stato, mediante il provvedimento in discussione, vuole giustamente farsi carico degli interessi passivi di tali anticipazioni.
Tuttavia, non è giusto che un comune debba fare ciò entro quattro mesi, perché dopo quattro mesi e un giorno perderebbe tale beneficio. Perché quattro mesi anziché un periodo più ampio? Si tratta purPag. 30sempre di una pubblica amministrazione, di un'istituzione.
Allora, se è vero che crediamo nel regime delle autonomie, cerchiamo di «strozzare» in misura minore gli enti locali quando si tratta dell'utilizzo di risorse, interveniamo per una razionalizzazione ed una riqualificazione della spesa, senza tuttavia togliere risorse; ciò, infatti, bloccherebbe i comuni, i quali costituiscono il primo centro istituzionale di riferimento dei cittadini.
Si tratta di un argomento che sarà sottoposto all'attenzione del Parlamento anche nel momento in cui si renderà conto delle proposte della Commissione bilancio, la quale ha svolto un lavoro egregio. Io stesso vorrei ringraziare il relatore non soltanto per la scrupolosità con cui ha adempiuto al suo mandato politico, ma anche per l'attenzione dimostrata in relazione alle proposte avanzate dall'opposizione, perché spesso in Commissione vengono espresse posizioni diverse rispetto a quelle portate in Assemblea e si tiene una diversa condotta.
Tuttavia, se è vero che molti esponenti dell'opposizione hanno riconosciuto che, più che in altre circostanze, il dibattito svolto in Commissione è stato molto costruttivo, ciò è merito di chi lo ha condotto (il relatore) e di chi ha presieduto i lavori (il presidente). Poiché a volte sento bistrattare la Commissione bilancio, vorrei farne gli onori, in quanto si è sobbarcata un grande lavoro.
Il provvedimento in discussione sarà un decreto-legge omnibus. Ebbene, la manovra finanziaria non sostituisce il DPEF o la legge finanziaria, ma rappresenta una correzione di rotta mentre l'auto è in corsa. Da un lato, ci scandalizziamo che la legge finanziaria abbia previsto alcune poste nelle sue tabelle e allegati, dall'altro e deploriamo il fatto che, essendovi maggiori risorse, esse si utilizzino per rimpinguare molte di tali poste (certo, si tratta di una scelta politica), che non sono casuali bensì relative al funzionamento, non solo di ministeri, come è stato già evidenziato.
Si conferiscono maggiori risorse alla protezione civile, per gli aspetti viari a Messina, per l'emergenza rifiuti a Napoli e provate fastidio che le risorse vadano al sud; ma - scusate - anche noi siamo tra coloro i quali combattono le responsabilità di chi ha provocato l'emergenza rifiuti in Campania! Non ci sottraiamo, non indossiamo il bavaglio né ci tappiamo le orecchie o copriamo gli occhi. Sappiamo benissimo che vi sono responsabilità anche politiche, e quando vi sono queste responsabilità, noi guardiamo prima all'interesse dei cittadini e del paese e solo successivamente a coloro i quali si trovano nelle coalizioni o altrove. Questo interesse rappresenta ciò che ci preme innanzitutto.
Allora che facciamo? Esiste l'emergenza ma, siccome in passato non hanno risolto il problema e hanno dissipato le risorse, non diamo loro più neanche un euro? Non aiutiamo questa nostra regione così popolosa a venirne fuori? È importante che vi sia questa presa di coscienza da parte dell'intero Paese.
Aggiungiamo poi anche i fondi per le università. Durante la discussione della legge finanziaria abbiamo fatto polemiche quando sono stati sottratti fondi all'università e - aggiungerei - alla ricerca. Adesso prevediamo 10 milioni di euro per l'edilizia universitaria e altri 5 per il funzionamento ordinario dell'università. Quello in esame sarà pure un decreto-legge omnibus, ma sapete quanti progetti e quanti accordi di programma sottoscritti con le università avranno la possibilità di essere attuati e portati a compimento?
Sono soltanto alcuni esempi. Non vi piace l'assegno per il bebè? Su tale questione e sulla famiglia, però, sembra che si commuovano e si inteneriscano tutti, ma, quando bisogna tirare fuori i soldi, si parla di decreto omnibus: bisogna pur compiere delle scelte in questo senso!
Abbiamo già parlato del giovani, che avranno la possibilità di accedere al credito con maggiore facilità e di ricevere le garanzie richieste dagli istituti di credito. Con il provvedimento in esame abbiamo distribuito soldi anche alle ferrovie, alle poste e all'ANAS, per interventi che hanno creato degli investimenti o, comunque, degli impegni che sono stati svolti conPag. 31maggiori oneri per contratti sottoscritti con gli enti di vigilanza. Si tratta di 250 milioni di euro, ma sono importanti!
Certo, duole dare 426 milioni di euro all'ANAS per coprire la perdita di esercizio del 2006: in questo caso vorremmo capire meglio la situazione, perché è evidente che non possiamo chiudere l'ANAS o mandarla in fallimento, come probabilmente avverrà per l'Alitalia. Vedremo cosa succederà.
Occorre sì ripianare i debiti, ma non ci si deve limitare a elargire denaro, come è accaduto per il decreto-legge che ha coperto il disavanzo sanitario. Si è smarrito il principio che lo Stato non elargisce denaro senza ragioni: concede fondi, ma chiede di renderne conto.
Concediamo soldi all'ANAS, perché di tale istituto abbiamo necessità, ma chiediamo conto di come si spendono, perché 426 milioni di euro di perdite solo per l'anno 2006 necessitano di una spiegazione.
Poi c'è la questione delle missioni internazionali: facciamo parte di un Governo di coalizione e molte di queste missioni internazionali le abbiamo votate con la fiducia, per spirito di solidarietà, ma abbiamo un'altra visione della presenza italiana in alcuni scacchieri internazionali: a nostro modo di vedere, una cosa è il Libano, altro è l'Afghanistan. Però è previsto un potenziamento consistente per tutte le missioni internazionali: 26,8 o 26,6 milioni di euro sono una bella somma! Mi conforta, però, sapere che sono risorse che non serviranno per l'acquisto di materiale bellico tout court, almeno non quelle contenute nel provvedimento in esame, perché concediamo alle forze libanesi una serie di finanziamenti destinati alle autoambulanze, ad accordi viari e ad interventi logistici, non all'acquisto di armamenti. Ciò viene detto in maniera esplicita.
È chiaro che sulle missioni internazionali non si discute ogni sei mesi, ma una volta l'anno, dopo di che le dimentichiamo, quasi che il problema non esistesse. Siccome sono scenari delicati, abbiamo necessità di comprenderli sempre meglio e, soprattutto, di vedere l'esito delle iniziative di pace che l'Italia ha sempre espletato, promuovendo anche questa famigerata conferenza di pace. Quando votiamo, vogliamo sapere che quel voto servirà: sarà pure una goccia o un mattone che servirà a costruire ponti e non muri, ma vogliamo sapere se tali missioni si supereranno o no, visto che anche gli americani caccerebbero Bush a calci nel sedere perché ancora non va via dall'Iraq.
Questo provvedimento - mi avvio alla conclusione - contiene anche altri finanziamenti importanti: possono anche essere minimali, ma si tratta di 180 milioni di euro per le supplenze brevi nelle scuole. Scusate se è poco riuscire finalmente a finanziare attività, che vanno al di là del budget a disposizione di ciascuna autonomia scolastica.
Soprattutto, lasciatemi chiudere l'esame di questo decreto-legge con l'articolo 15. Finora ci siamo occupati soprattutto di agricoltura, come settore economico primario del Paese. E la pesca? È la cugina povera dell'agricoltura? Con le esigenze ambientali da un lato e quelle contributive e assistenziali dall'altro, derivate dal fermo biologico, i marittimi imbarcati venivano esclusi dalle provvidenze di Stato, che andavano soprattutto, ovviamente, alle imbarcazioni e agli armatori, che avrebbero dovuto essere buoni e bravi e dare qualcosa anche gli altri.
Adesso si prevede esplicitamente che questo contributo vada non soltanto all'ammodernamento e al potenziamento delle flotte di pescherecci, ma anche a ristorare quei lavoratori che rimangono fermi a casa, al minimo di stipendio, quando lo prendono: sappiamo, infatti, come i rapporti di lavoro sui pescherecci siano un po' diversi rispetto agli altri. Erano veramente periodi bui per i lavoratori della pesca! Si tratta di interventi, fra l'altro, chiesti anche dai sindacati di categoria, da più anni. Questa richiesta di aiuto, questo SOS che è stato lanciato viene raccolto.
Mi sembra importante anche la previsione di 3 milioni in più per il piano triennale della pesca: non ci si limita aPag. 32dare contributi, ma si stimola una programmazione e un investimento in questo settore, ancora importante per l'economia del Paese.
Non è certo la panacea di tutti i mali, ma intanto è una boccata d'ossigeno per pensionati, comuni, università e per tutte le altre categorie e gli uffici dello Stato che potranno beneficiare di questi incrementi. Ripeto che non è la sostituzione della politica economico-finanziaria più in generale, di cui ci occuperemo con gli strumenti adatti, ma è un primo intervento, che deve essere certo coordinato e collegato rispetto ai provvedimenti più generali, su cui ci possiamo anche dividere. Per favore, smettiamo però di dire che siamo sul Titanic, che stiamo suonando mentre la barca affonda. Cosa affonda? La barca affonda perché l'Europa nella persona di Almunia ha qualche perplessità? Perché il Fondo monetario è preoccupato? Anche l'anno scorso il Fondo monetario era preoccupato e abbiamo risanato alla grande i conti pubblici. È chiaro che questo percorso deve proseguire e non possiamo completamente cambiare direzione, prima risanando e poi reindebitandoci. Questo succede con i Governi: arriva il centrosinistra e risana le finanze, poi arriva il centrodestra che spende tutto, ma prende i voti e i consensi per il malumore della gente e così via.
Dovremmo cercare di spezzare, se possibile, questa spirale. Se riuscissimo insieme, al di là dei ruoli e delle divisioni di parte, pur comprensibili, a pensare al bene del Paese, credo che i cittadini ci ringrazierebbero, perché si determinerebbe il vero riavvicinamento del Paese alla politica: al di là delle differenze, delle coalizioni e dei colori, tutti quanti ci dobbiamo sforzare sul serio, non a parole, a guardare prima all'interesse del Paese e poi a quelli, pur legittimi, di parte.
Concludo questo mio intervento auspicando che i prossimi documenti finanziari raccolgano, più di ieri, il lamento e le esigenze del popolo italiano e della gente tutta, di chi lavora e di chi vorrebbe lavorare. Perciò, dopo l'emergenza del risanamento, dobbiamo dare loro risposte ancora più concrete, che significano creazione di lavoro. Questo è il patto tra le nuove generazioni e le vecchie, non quello che prevede di dare meno soldi agli anziani per dare una pensione di fame ai nostri figli. Questo viene chiamato «patto tra le generazioni»! Il patto fra generazioni consiste nel creare lavoro, perché quando si lavora si pagano i contributi e si mandano in attivo anche gli istituti previdenziali. Questi ultimi però, non a caso - ciò non si dice - vengono sovraccaricati anche delle provvidenze della cassa integrazione, della mobilità e quant'altro che non c'entra nulla con la previdenza, anche se è ovvio che lo Stato, in altre poste, dovrebbe farsi carico di questi problemi.
La prossima legge finanziaria, quindi, deve proseguire il risanamento avviato, ma deve curarsi maggiormente di riqualificare la spesa, di limitare di più coloro che sperperano e devono ancora «darsi una regolata» e deve guardare al Paese facendo crescere il PIL, perché deve aumentare il lavoro: questo è ciò che ci sentiamo di dire, questo è il primo punto della lista delle nostre priorità. Vogliamo guardare ai ceti più deboli e farci carico dei ceti produttivi nell'ambito del programma dell'Unione, ma vogliamo soprattutto dare realmente un futuro alle giovani generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, sono sconvolto perché ho sentito l'intervento del collega Napoletano. A parte la simpatia che mi ricordava quella di Antonio Albanese: «Chiù tesoretto pe' tutti», per parafrasare una nota frase di Albanese, tale intervento mi ha sconvolto perché, da una parte, ci sono appelli alla responsabilità e alla verità e, dall'altra parte, c'è una visione dell'intervento legislativo in esame che è totalmente lontana dalla realtà.
Da ultimo, il collega ci ha detto che dovremmo spogliarci delle nostre apparPag. 33tenenze politiche e cercare di tracciare un'analisi razionale della situazione del Paese, che qualcuno ha detto essere il Titanic che affonda, mentre secondo lui è una lussuosa nave da crociera.
Cercherò di essere obiettivo; egli non si ricorderà, lo ricorderanno meglio i colleghi dell'opposizione che erano presenti, ma cercavo di essere obiettivo anche quando ero membro della maggioranza. Ritengo che questa manovra sia una delle più irresponsabili che un Governo abbia varato negli ultimi dieci anni. Per quale motivo? Perché è una manovra che distribuisce risorse che non esistono, sapendo che non esistono. È una manovra che aumenta la spesa pubblica del prossimo anno, sapendo che nel prossimo anno - cito soltanto due dati: il debito della sanità delle regioni e l'extradebito delle regioni - avremo probabilmente 20 miliardi soltanto in più di spese per lo Stato riferite ai disavanzi sanitari delle regioni: 7 miliardi sono quelli del 2006 e 13 quelli che si prevedono per il 2007. Questi dati non li conosce solo qualcuno di nascosto: li conoscono il Ministero dell'economia, i colleghi della Commissione bilancio e chiunque altro si occupi minimamente di tenere sotto controllo i conti dello Stato.
Eppure si decide di fare una manovra da 7 miliardi di euro. Perché? La domanda è questa: perché? Da una parte, penso che ci sia la necessità del Governo di tenere buona - lo dicono tutti i giornali e lo afferma Emma Bonino, per altri motivi oggi sui giornali - la sinistra estrema e darle, quindi, un osso. Ma quali sono le motivazioni delle forze più moderate della maggioranza? Ho l'impressione - l'ho detto in Commissione, lo ripeto in aula - che l'unica motivazione logica, sottosegretario Lettieri, sia l'avvelenamento dei pozzi: si pensa di abbandonare la città e si avvelenano i pozzi.
Si mette, quindi, nelle condizioni il bilancio dello Stato di produrre per il prossimo anno - lo dico perché rimanga nei resoconti della Camera - un rapporto tra deficit e PIL del 3,5 o 3,6 per cento: è scritto adesso, lo scrivete adesso.
Il problema, anche se è andato via il collega Napoletano, che mi ha preceduto: sarà andato al Bagaglino...

LINO DUILIO. Al Bagaglino?

GUIDO CROSETTO. Sì, è un altro posto in cui si parla allo stesso modo.
Il problema è un altro: capire che adesso nasce il deficit del prossimo anno. Nasce con questo decreto-legge, che ci porterà a quelle cifre.
Non è la simpatia o meno che suscita il Governo italiano in Almunia: il problema è un altro, molto più serio. Il problema è che probabilmente a settembre la Banca centrale europea rivedrà al rialzo i tassi di interesse, imputando al deficit e ai conti italiani la responsabilità: anche questo verificheremo tra due mesi. Ciò produrrà un altro aumento di un miliardo-un miliardo e mezzo di euro di interessi nel prossimo anno da aggiungere a quello che prevediamo e che tutti già conosciamo adesso e indebolirà sempre di più il nostro Paese.
Il Governo, qualunque esso sia, sarà costretto, per rispondere, ad aumentare la pressione fiscale: sapete infatti benissimo tutti che, dei 700 miliardi che Padoa Schioppa indica come spesa dello Stato su cui si possono operare i tagli, in realtà 240 servono per le pensioni, e non si possono tagliare, 180 per i dipendenti statali, e non si possono tagliare, 80 per gli interessi passivi, e non si possono tagliare. È dunque possibile incidere solo su 100-120 miliardi; e provate ad operare, su 100-120 miliardi di spesa pubblica, tagli per un valore che va dai 30 ai 40 miliardi! Sarebbe impossibile per qualsiasi Governo o meglio, per qualsiasi Governo in questo Paese, perché probabilmente sarebbe possibile per Margaret Thatcher.
Stiamo costruendo le condizioni per un aumento della fiscalità nel prossimo anno. Ciò può anche essere condiviso da qualcuno, poiché probabilmente il collega dei Comunisti Italiani che ha parlato prima di me ritiene che vi possa essere in questo Paese un aumento della fiscalità. Vi è un problema: lo afferma sempre il GovernatorePag. 34della Banca d'Italia, ma lo affermate anche voi nei vostri dibattiti. Ognuno di voi, dal presidente Duilio al collega Ventura, quando parla nei propri territori dichiara che la pressione fiscale è inaccettabile. Il problema è che ci stiamo mettendo nella condizione di doverla aumentare di almeno 1,5-2 punti percentuali complessivamente, perché il richiamo dell'Europa ci obbligherà a farlo il prossimo anno. Quale sarà la conseguenza? È questo che vorrei far capire alla sinistra estrema, ma dovrebbe farglielo capire Prodi, non io: una fiscalità che aumenta in questa maniera obbligherà - lo diceva poco fa il collega della Lega Nord - decine, centinaia, migliaia di imprenditori a cercare un altro posto.
Quando, sei anni fa, iniziai la mia attività parlamentare, avevo in questo Paese il doppio dei dipendenti che ho oggi: probabilmente, alla fine di questa legislatura ne avrò un decimo. Forse perché ce l'ho con gli italiani? Forse perché li considero lavoratori peggiori? No: per sopravvivenza, poiché un imprenditore, prima di chiudere un'azienda che ha magari 20, 30 o 100 anni, cerca di farla sopravvivere: infatti, al di là delle strane visioni che se ne hanno, l'obiettivo principale di un imprenditore è la sopravvivenza della sua azienda, non è il guadagno personale. Vi sono centinaia di imprenditori che per sopravvivere si trasferiscono in Tunisia, in Turchia, in Romania o in Cina. Eppure, noi poniamo in essere condizioni che obbligheranno sempre più proprio le persone che costruiscono la vera ricchezza del Paese ad andarsene. Quando finirà questo circolo vizioso? Quale ne sarà il punto di arrivo?
Noi, da parte nostra, contribuiamo ad alimentare questo circolo vizioso pensando che il controllo della spesa pubblica e dei conti pubblici sia un obiettivo che possiamo rimandare. D'altronde, questo è un problema che, nel nostro Paese, non ci si è posti per cinquant'anni. Ognuno di noi, quando esamina un emendamento, pensa «Beh, che sarà, ancora per questa legislatura...». No, adesso è il momento! Forse siamo stati sfortunati anagraficamente, ma è questo il momento. Sono questi gli anni in cui il nostro Paese deve decidere da che parte far pendere la bilancia; sono questi gli anni in cui la crescita economica, che prima si era fermata, è ripresa, anche se in modo lento; sono questi gli anni in cui l'Europa ci fornisce una giustificazione esterna per operare sul debito; sono questi gli anni in cui stanno avvenendo grandi trasformazioni e il mondo, che era piccolo e costituito da sette o otto nazioni fino a quindici anni fa, è oggi divenuto un luogo in cui noi siamo piccoli. Viviamo in un mondo in cui, in un Paese strano che si chiama Cina, vi sono cento città che sono più grandi di Milano e delle quali nessuno di noi conosce un nome, salvo che per le due principali. Viviamo in un mondo in cui, sempre nello stesso Paese, ogni anno vengono sfornati la metà degli ingegneri che esistono nel nostro Paese.
È questo il momento in cui viviamo e le discussioni per affrontarlo muovono proprio da provvedimenti come questo.
Il problema non è il rapporto tra maggioranza e opposizione: il problema è fare interventi che possano essere utili al Paese. Certo, categoria per categoria e intervento per intervento, qualunque intervento di spesa favorisce qualcuno! Lo sappiamo tutti: potevamo spendere questi 7 miliardi di euro per i medici, gli insegnanti, gli industriali, gli artigiani e avremmo reso contento qualcuno. Come probabilmente sarebbe contento chi di noi si recasse in ospedale, pensando di doversi sottoporre ad una operazione grave e difficile, e il medico gli comunicasse di rimandarla. Ma è l'irresponsabilità del medico che non può essere perdonata!
È chiaro che incidere e spiegare al nostro Paese quale è la reale situazione fa male, ma bisognava certamente dire: «Ci siamo sbagliati, non c'è nessun tesoretto». Se io, con un miliardo di debiti in banca, andassi a casa e dicessi a mia moglie di aver vinto cento euro al gratta e vinci invitandola a festeggiare, mia moglie mi prenderebbe per scemo, ricordandomi il miliardo di debiti in banca. Invece, noi interpretiamo la situazione per cui avremmo trovato un «tesoretto», senzaPag. 35considerare il debito che abbiamo ed i problemi che avremo tra uno, due o sei mesi: intanto facciamo festa!
Come ho già sostenuto in Commissione, è come se un vostro amico imprenditore, al posto di cambiare il macchinario, di comprare il camion e di investire nel capannone, decidesse: «Ho questi soldi, c'è una concorrenza difficile, allora faccio tre giorni di festa con i dipendenti!». Abbiamo allestito un altro banchetto, anche se non voglio attribuirgli una valenza politica: probabilmente ne abbiamo allestiti anche noi e, probabilmente, ne allestiremo domani, ma non si affrontano i problemi del Paese in questo modo.
Il decreto-legge al nostro esame è una vergogna, non tanto per come vengono investite le somme, quanto per il fatto che un Governo serio non doveva neanche spenderle, ma aveva l'obbligo morale di prendere atto che tali risorse non esistono e che il deficit del prossimo anno probabilmente ci porterà fuori dall'Europa, costringendoci - lo voglio dire ora - a pesantissime manovre di interventi fiscali.
È per tali ragioni che critico l'attuale maggioranza, pur capendo perfettamente che la sopravvivenza vada al di là degli interessi del Paese; come, come la sopravvivenza di una maggioranza - che è anche la sopravvivenza fisica di ognuno di voi e di ognuno di noi - vada al di là degli interessi del Paese. Bisogna «pagare» il voto di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi. Dico ciò perché, quando eravamo maggioranza, anche noi abbiamo pagato prezzi politici: non è una novità, non sto dicendo che noi eravamo bravi e voi siete cattivi. Sto solo dicendo che noi non abbiamo mai compiuto atti che, come questo, andassero contro i cittadini.
L'ultima legge finanziaria del ministro Tremonti ha consentito a voi di avere le condizioni economiche di pareggio di bilancio, addirittura di avanzo, e del «tesoretto».
Si è trattato di una manovra antielettorale, mentre noi ci troviamo, dopo un anno, di fronte ad una manovra elettorale. Per tali motivi, l'unica logica che ravviso in questa manovra è l'intenzione di avvelenare i pozzi, perché state pensando di abbandonare la città il prossimo anno. Ho troppo rispetto, infatti, per l'intelligenza di molti di voi o di molti membri del Governo per pensare che voi non sappiate ciò che state facendo. La somma di decreto-legge, DPEF e spese, come quella sulla sanità, note a tutti, significa, per il prossimo anno, 40-45 miliardi di euro da reperire. È una situazione che conoscete già ora: i 21 miliardi indicati da Padoa Schioppa nel DPEF e i 20 che derivano dai conti sulla sanità assommano a 41, cui si aggiungono quelli previsti dal decreto-legge al nostro esame (ve ne sono 4 o 5 non coperti), per un totale di 45, da trovare il prossimo anno, e non tra sei-sette anni. Non potete pensare di lavarvene le mani! Tali fondi devono essere reperiti tra sei mesi, questo è il problema, anche perché voi non avete fatto un'operazione come quella posta in essere, ad esempio, dal mio presidente di regione. Mercedes Bresso ha contratto un debito, per la regione Piemonte, di un miliardo e 800 milioni di euro (3.600 miliardi delle vecchie lire) che pagherà nel modo seguente: 5 milioni di euro vengono rimborsati quest'anno, 5 il prossimo e poi, tra trentasei anni, è previsto il rimborso di rate da 200 milioni di euro. È stato contratto un debito ora, ma lo pagheranno i miei figli, anzi i miei nipoti: si tratta di una operazione vergognosa dal punto di vista delle istituzioni, ma comprensibile.
Voi, invece, sapete che quanto state stabilendo ora lo dovrete pagare tra sei mesi, chiedendo ai cittadini italiani di trovare 40-45 miliardi di euro. Considerato che l'unico modo con cui potrete reperire tali somme è la pressione fiscale, uniformerete le rendite finanziarie, cosa che sta a cuore a Rifondazione Comunista (come stava a cuore ad alcuni della maggioranza, quando noi governavamo).
L'intervento sulle rendite finanziarie potrà rendere 5 o 6 miliardi di euro. Ne mancano 35 (Commenti del deputato Ventura). No, onorevole Ventura! Vorrei che ci trovassimo a gennaio per vedere ... Spero di avere torto, la differenza è che ioPag. 36spero di avere torto. Tale intervento vale meno di 5 o 6 miliardi di euro nella formulazione da lei proposta, onorevole Ventura, e che qualcuno dei nostri può condividere, mentre nella versione di Rifondazione Comunista vale 5 o 6 miliardi di euro. Ma il «buco» rimarrebbe di 35 miliardi di euro.
In Commissione abbiamo provato, con emendamenti che abrogavano tutti gli articoli, a spiegare questi fatti. Non ci è stato possibile. La circostanza che più mi pesa è sapere - in conclusione - che la parte più numerosa della maggioranza condivide totalmente i miei ragionamenti. Ciò che più mi affligge è sapere che parlo e mi riferisco a concetti e inoltre svolgo riflessioni che la maggioranza di voi condivide e che non può smentire e che se potesse votare in coscienza applicherebbe, respingendo il decreto-legge in esame e restituendolo al mittente.
È un dramma ancora superiore, onorevole Ventura mi scusi se mi rivolgo a lei, la circostanza che il Parlamento sia cosciente della situazione. Probabilmente, nella libertà che la Costituzione ci attribuisce, il Parlamento stesso potrebbe ravvedersi e in tale evenienza il decreto-legge sarebbe respinto. In realtà, camminando su un crinale che non è l'interesse del cittadino ma è quello che si percorre nella dialettica tra maggioranza ed opposizione, per sorreggere un Governo bisogna approvare un provvedimento anche se non lo si condivide, e si converte in legge un decreto-legge di questo tipo. Questo è il problema e prima o poi dovremo affrontarlo. Approfittiamo di questo momento, perché prima o poi dovremo renderci conto che la maggioranza di noi, compresi i parlamentari che sostengono il Governo e il cui ruolo è più difficile, approvano provvedimenti che non condividono e che sanno essere dannosi per il nostro Paese.
Sarà necessaria la forza del Parlamento per ribellarsi ad una logica che ci costringe a difendere provvedimenti al fine di difendere il Governo. Siamo in questa sede per difendere i cittadini, non il Governo. Nessuno di voi è stato eletto per difendere Prodi ed io non ero stato eletto per difendere Berlusconi. Siamo in Parlamento per difendere, uno ad uno, i cittadini italiani. La salvaguardia della democrazia spetta a noi, singolarmente, e approvare provvedimenti come quello in esame, sapendo che produrranno effetti dannosi, non tra un mese ma fra sei mesi, sarà o dannoso probabilmente per i prossimi cinque anni. Le conseguenze di un provvedimento come questo e del DPEF, con la logica collegata, le pagheremo per i prossimi cinque anni. Ebbene, ciò non significa svolgere pienamente il ruolo che la Costituzione e la democrazia ci affidano. Mi limito a ciò, a questa riflessione, al di là degli schemi e delle casacche che ognuno di noi indossa, perché rimanga agli atti e perché l'unica circostanza positiva del lavoro che svolgiamo, allorché parliamo in quest'aula, è costituita dal fatto che non dovremmo affermare «l'avevo detto», ma basterà prendere un resoconto e leggere ciò che avevamo dichiarato.
Per questi motivi vorrei, signor sottosegretario, attribuire a lei - mi scusi se carico sulle sue spalle questa responsabilità - e alla maggioranza che la sostiene la responsabilità di ciò che intendo dire a proposito del prossimo anno: 40 miliardi di euro, o di «buco» o di nuove tasse. Tale è la scelta che con il provvedimento in esame e con il DPEF preparate per i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati a discutere un provvedimento complesso, che comprende una lunga serie di interventi di spesa, senza alcun criterio organico e senza alcuna logica che guidi la necessità di effettuare tali spese. Il decreto-legge in discussione, infatti, mette insieme misure attinenti alle materie più disparate, dai fondi per le pensioni minime a quelli per le missioni di pace, a quelli per i giovani, alla correzione per le rendite dei terreni agricoli, alla proroga di smaltimento di rifiuti elettronici, ad una delega al Governo per i diritti marittimi.Pag. 37
Si tratta, per lo più, di misure di breve respiro, slegate l'una dall'altra e senza alcuna traccia di riforme strutturali, che sarebbero, invece, necessarie soprattutto per rimodulare il sistema degli ammortizzatori sociali. Vi sono, invece, solo misure una tantum, come quella finalizzata ad innalzare le pensioni minime, e una miriade di nuove spese. Dalla politica del rigore estremo, tesa a destinare tutto l'extragettito al ripianamento del deficit di bilancio, si è passati alla politica della «spesa allegra», cedendo alle pretese della sinistra estrema. La valutazione del provvedimento in esame deve, infatti, essere inserita nel contesto generale dell'andamento dei conti pubblici. In tale contesto si pongono diversi interrogativi. Primo fra tutti, ci si chiede se, effettivamente, siamo in condizione di spendere le risorse aggiuntive derivanti dall'extragettito fiscale piuttosto che utilizzarle per diminuire il debito, obiettivo primario imposto dagli impegni assunti con l'Unione europea. La risposta è decisamente no. L'Italia non può permettersi una ulteriore espansione della spesa. Ciò perché non vi sono dati certi e verificabili sulla strutturalità dell'andamento positivo delle entrate e quindi non sappiamo quanto derivi dalla crescita e dallo sviluppo e quanto sia dovuto alla lotta all'evasione fiscale. Non possiamo, quindi, prevedere se questi effetti saranno duraturi nel tempo e non siano, invece, di natura congiunturale. Ciò che ci chiediamo è: se l'andamento delle entrate è così tranquillizzante, perché rimandare l'attuazione del piano di rientro del debito e il conseguimento del pareggio di bilancio, obiettivo così importante per i Paesi della zona euro?
Il secondo interrogativo che l'UDC pone è se sia giusto spendere in questo momento. Anche in questo caso la risposta è che adottare provvedimenti di spesa, al di fuori del quadro complessivo delle entrate e delle uscite fornite dalla legge finanziaria è certamente poco responsabile, perché rischia di alterare tale quadro e di rendere necessari interventi correttivi.
Infine, sorge l'interrogativo se sia giusto spendere così. Anche su tale punto, noi dell'UDC contestiamo questo metodo, figlio della logica della spesa pubblica spinta dalle entrate fiscali. In questo modo si innesca un meccanismo perverso per cui tutte le entrate derivanti dalle tasse provocano l'espansione della spesa. Più si spende, più si è costretti ad alzare la pressione fiscale. In tale contesto, la spesa pubblica diventa una variabile indipendente dal livello del debito pubblico, essendo legata appunto solo alle entrate. Non riteniamo giusto spendere in questo modo, anche in considerazione di una legge finanziaria, come quella dello scorso anno, incentrata su un aumento delle spese finanziato con l'aumento delle entrate.
Il provvedimento in esame, in ultima analisi, rappresenta il fallimento della parte della legge finanziaria per il 2007 che prevedeva tagli di spese. Tutte le misure relative a tagli di spese e alla riorganizzazione della pubblica amministrazione sono rimaste inattuate. In particolare, l'articolo 7 del decreto-legge in esame è la certificazione del fallimento del taglio lineare previsto dal comma 507 della legge finanziaria per il 2007. Ciò testimonia il fatto che tale tipo di tagli indiscriminati sono il metodo sbagliato per contenere la spesa pubblica perché vanno nella direzione opposta rispetto alla necessità di razionalizzare e rendere efficiente la spesa, ovvero di tagliare laddove ciò è necessario, convogliando, invece, le risorse laddove effettivamente serve.
Ricordo che l'UDC, in occasione della discussione della scorsa legge finanziaria, sia in Commissione, sia in quest'aula, ha insistito per molto tempo sulla necessità di modificare il criterio di taglio delle spese come stabilito dal comma 507 della stessa legge. Oggi il Governo è costretto a riconoscere che tale critica era ampiamente fondata.
L'unico intervento che giudichiamo opportuno è quello relativo all'aumento delle pensioni minime, previsto dall'articolo 5, sul quale però il Governo dovrebbe intervenire, al fine di evitare che gli aumenti riguardino anche le pensioni minime inserite in un contesto di redditi familiariPag. 38ricchi. Ad esclusione di tale misura, doverosa nei confronti di molte persone anziane, cui è necessario assicurare una pensione che permetta loro una esistenza dignitosa, tutte le altre non corrispondono ad un disegno organico di riorganizzazione della spesa e contraddicono i criteri di responsabilità, di efficienza e di efficacia, continuando a seguire l'impostazione di una pubblica amministrazione considerata più come ammortizzatore sociale che come elemento di sviluppo economico.
Giudichiamo positivamente anche l'impegno, seppur parziale, del Governo diretto ad attenuare l'impatto degli studi di settore sul lavoro autonomo e sulle piccole e medie imprese, sollecitato non solo dalla giusta protesta delle categorie interessate, ma anche dai partiti di opposizione. Per quanto ci riguarda, abbiamo presentato un emendamento sulla questione.
In ragione di tutte queste considerazioni il gruppo dell'UDC ha adottato la scelta di presentare quasi tutti emendamenti soppressivi delle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, di cui si contesta sia il metodo sia il contenuto. Purtroppo, dobbiamo constatare che anche il DPEF è figlio di questa politica economica irresponsabile rispetto alla spesa e poco lungimirante rispetto agli obiettivi, poiché elenca una serie di interventi, anche molto ambiziosi, senza però prestare la dovuta attenzione alle risorse necessarie per attuarli. Temiamo che, proprio a seguito dell'espansione della spesa e del cattivo utilizzo delle risorse disponibili, saranno necessarie manovre correttive, nonostante le previsioni ottimistiche del Governo.
In conclusione, vorrei ribadire la posizione fortemente critica dell'UDC sul provvedimento in esame, espressione di una politica economica adottata da questo Governo che non sostiene la crescita, non incentiva lo sviluppo e non soddisfa le reali esigenze del Paese. (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, quelle che inizialmente erano definite disposizioni urgenti in materia finanziaria, con il decreto-legge n. 81 del 2007, risultano oggi all'esame di questa Assemblea come le nuove, frettolose e caotiche disposizioni di Governo in materia fiscale. È avvenuto che, dopo avere avviato l'iter legislativo del decreto-legge n. 81 del 2007, il Governo ha pensato bene di formulare un nuovo emendamento ed un articolo aggiuntivo, riprendendo in larga parte il contenuto dell'atto Senato 1485, in discussione presso l'Assemblea di Palazzo Madama. Le modifiche riguardano la disciplina in materia di ammortamento dei fabbricati, affinché le quote dell'ammortamento stesso siano proporzionalmente riferite al costo dell'area e del fabbricato. Altra modifica concerne la tenuta dell'elenco dei clienti e fornitori IVA e cioè l'esonero da tale obbligo dei soggetti in regime di contabilità. La novità assoluta è, tuttavia, rappresentata dall'articolo aggiuntivo 15.04, sollecitata anche dalla Commissione europea.
In conclusione, le innovazioni introdotte dal Governo al testo originario del disegno di legge per i molteplici settori economici e per le diverse categorie di contribuenti rappresentano ulteriori aggravi fiscali. Determinano, anzi, un profondo disorientamento per come gli stessi vengono decisi dal Governo, con una tecnica sempre persecutoria, che obbliga dottori commercialisti ad aggiornamenti quotidiani in una materia che non è soltanto fiscale, ma anche finanziaria.
Ha suscitato in questi giorni grande preoccupazione la nuova tassa sulle holding, al punto che il Ministero dell'economia ha dovuto emettere un apposito comunicato stampa in materia di IRAP e di holding, e ha smorzato la portata del provvedimento affermando che si estenderà solo ad alcune holding industriali iscritte all'articolo 113 del testo unico bancario. Si è appreso che le limitazioni della deducibilità degli interessi passivi perPag. 39le banche, e allo stesso modo per le società finanziarie - le cosiddette holding industriali -, dovrebbero rispondere all'esigenza di ottemperare all'orientamento espresso dalla Commissione europea in sede di esame della disciplina in materia di IRAP, a seguito della notifica delle norme sul cuneo fiscale introdotte dalla legge finanziaria per il 2007. In particolare, per quanto riguarda le holding industriali, la nuova regola tiene conto delle caratteristiche dell'attività finanziaria dalle stesse esercitata e della circostanza che tale attività è rivolta alle società del gruppo, le quali, a giudizio del Governo, assumono la veste di clientela. Ne consegue che gli effetti della norma per le holding industriali sono stati quantificati, complessivamente, in qualche milione di euro nella relazione tecnica allegata all'emendamento del Governo. Così il «tesoretto» viene speso dal Governo che finisce però, in sostanza, con il penalizzare la parte produttiva della società italiana e le sue residue capacità imprenditoriali, quotidianamente messe a dura prova.
In concreto, l'emendamento 15.56 e l'articolo aggiuntivo 15.04, entrambi del Governo, sono intervenuti sull'originario testo del decreto-legge n. 81 del 2007 come strumenti assolutamente estranei e in aperta violazione della prassi legislativa del Parlamento. Le modifiche introducono, infatti, previsioni e sostanziali correttivi alla legge finanziaria per il 2007 e dimostrano l'assoluta incapacità di perseguire una coerente politica tributaria del Governo Prodi, che procede faticosamente, fra contraddizioni laceranti e contrasti insanabili in seno alla stessa maggioranza. Quello al nostro esame oggi non è un provvedimento qualsiasi; il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 è in realtà una nuova legge finanziaria, integrativa di quella già in vigore o, se si vuole, anticipatrice di quella del prossimo anno. Sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei ministri e da altri dieci ministri, il provvedimento spazia in un vastissimo campo di intervento legislativo, e così, di fronte alle maggiori entrate tributarie dovute ad una pressione fiscale inaudita e mal sopportata da tutti i contribuenti italiani, dopo un'interminabile serie di contrasti in seno alla maggioranza, il Governo ha deciso di utilizzare l'extragettito intervenendo un po' qui, un po' là, con un provvedimento che, oltre ad essere un'anticipazione della legge finanziaria, è certamente una nuova legge omnibus, caotica e pasticciata. Basta scorrere i singoli articoli del decreto-legge per trovare un elenco dove vi è davvero di tutto e di più: l'integrazione di finanziamenti per le missioni militari all'estero; il recupero parziale dell'ICI, che andrebbe totalmente abolita; la ripartizione delle quote di finanziamento a province e comuni, che hanno già fatto sentire le loro proteste; le spese per gli enti pubblici e gli organismi non territoriali; gli investimenti per l'ANAS. In particolare, è istituito un apposito fondo per i trasferimenti correnti alle imprese con il quale si prevede l'assegnazione di 166 milioni 300 mila euro alle Ferrovie dello Stato, 41 milioni 700 mila alle Poste italiane Spa, 36 milioni all'ANAS e 6 milioni all'ENAV. Si prevedono, inoltre, disposizioni concernenti l'edilizia universitaria e l'istituto nazionale di studi e architettura navale.
Non è finita: le maggiori entrate fiscale registrate sono quantificate nel modo seguente: 7 miliardi 400 milioni di euro per il 2007, 10 miliardi per il 2008 e 10 miliardi 700 milioni per il 2009. A questo punto il Governo avrebbe potuto e dovuto destinare i maggiori introiti fiscali a ripianare il deficit per il quale, a livello europeo, non sono mancati richiami, ma ha preferito dedicarsi a ineludibili esigenze di carattere sociale. Così vengono definite e lo ripeto: ineludibili!
Così il Governo Prodi ha pensato bene di destinare 80 miliardi di euro per lo smaltimento dei rifiuti in Campania - finanziamento inatteso, ingiustificato e aggiuntivo ai tanti denari pubblici già spesi - e poi, con spirito demagogico e ipocrita, ha pensato bene di aumentare di pochi euro i livelli minimi di pensione.
Tuttavia, la solidarietà sociale del Governo di centrosinistra va ben oltre i pensionati, infatti non ha dimenticato le relazioni pubbliche. L'articolo 14, perPag. 40l'esattezza, stabilisce alcune variazioni compensative per spese sostenute per studi, incarichi di consulenza, convegni, pubblicità, acquisto e manutenzione di auto blu e per le immancabili pubbliche relazioni. La verità è che le maggiori entrate tributarie avrebbero dovuto essere destinate al ripianamento del deficit ma, in realtà - come ha sottolineato anche ieri il Governatore della Banca d'Italia -, il «tesoretto» non esiste e, quindi, non c'è «tesoretto» da distribuire: con un debito e un disavanzo come il nostro, non esiste un «tesoretto» da spendere. Queste risorse sarebbero dovute essere usate a riduzione del disavanzo e del debito, in quanto, con un ciclo economico meno favorevole di quello odierno, si correrà il rischio di dover effettuare correzioni, e comunque si sarebbe potuto ridurre la pressione fiscale anziché aumentare la spesa.
Se gli andamenti tendenziali della finanza pubblica, infatti, si stanno rilevando migliori rispetto allo scorso anno, ciò è dovuto al senso di responsabilità dei contribuenti italiani, i quali vengono penalizzati ulteriormente con questo decreto-legge, così come avvenuto con la legge finanziaria in vigore. È grave che di fronte alle maggiori entrate non sia stata premiata la grande parte produttiva del Paese a livelli imprenditoriali e di lavoro dipendente. Non si è voluto dare il minimo sollievo, neanche una boccata d'aria, ai contribuenti italiani. Il Governo ha tagliato il cuneo fiscale, ma solo per rimediare al pasticcio che limiterà per banche, assicurazioni e holding la possibilità di dedurre gli interessi passivi scegliendo di mettere sullo stesso piano il settore finanziario e i vertici dei gruppi industriali. Tra l'altro, le proposte emendative del Governo sono state inserite nel testo, ripeto, in modo surrettizio e in violazione delle norme regolamentari in materia. Tali proposte emendative, infatti, hanno mutato in modo sostanziale il carattere del provvedimento, il quale ormai assume un rilievo prevalentemente fiscale. Molte imprese multinazionali italiane si sono organizzate in forme di holding perché devono far fronte alla competizione internazionale mentre, salvo in alcuni casi, banche e assicurazioni si muovono sul mercato nazionale.
Quindi, ai gruppi industriali la possibilità di organizzarsi in holding senza svantaggi fiscali serve. Una nota del Viceministro Visco spiega, come abbiamo detto, che l'aggravio della non deducibilità per le società di controllo e di partecipazione viene quantificato complessivamente in qualche milione di euro. La verità è che, nel proporre l'estensione voluta dalla Commissione europea, il Governo ha dapprima scelto un decreto-legge, poi ha ripiegato su un emendamento e su un altro decreto-legge, intitolato all'impiego dell'extragettito. Sconti con altri sconti, cosicché tutto l'impianto del cuneo fiscale pareva trovare, dopo mesi di tormentata attesa, una fisionomia definitiva.
Purtroppo il gioco dei rimandi da una legge all'altra ha fatto sì che una disposizione pensata per un piccolo drappello di società capogruppo finisse per trascinare con sé più di ventimila holding, con un potenziale gettito ben superiore a quello pari a qualche milione di euro indicato dalla relazione governativa e con preoccupanti analogie con la disavventure capitata, appena un anno fa, alle società immobiliari, quando una prima versione del decreto Bersani-Visco rischiò di imporre al settore oneri fino a 30 miliardi e i titoli di quelle imprese persero in Borsa, in una giornata, anche il 12 per cento del valore.
L'Italia, dunque, si troverà nel 2008 con le aliquote più alte di Europa. Tuttavia, non è solo un problema di livello di aliquote, poiché in questo modo si spaventano gli investitori stranieri. Aumenta, infatti, il quadro di incertezza mentre le scelte di investimento vengono, al contrario, effettuate sulla base della certezza del quadro fiscale. In tali condizioni è molto difficile stimolare la ripresa economica: pensioni, costo del lavoro e pressione fiscale sono ostacoli insormontabili per l'espansione della nostra economia, per gli investimenti finanziari e per la competitività.Pag. 41
Un articolo comparso ieri su la Repubblica sintetizza bene la situazione in cui ci troviamo. La pressione fiscale è a livelli non più sopportabili ed è aumentata dal 40,6 al 42,3 per cento; per raggiungere il pareggio del bilancio nel 2011 la spesa primaria dovrebbe diminuire di tre punti percentuali di PIL a partire dal 2008, e cioè dello 0,5 per cento all'anno. Come ci si può riuscire se, nella media dell'ultimo decennio, la spesa è, invece, cresciuta del 2,3 per cento?
Il deficit tendenziale del 2007, inoltre, salirà al 2,9 e non al 2,2 per cento per cento del PIL, come afferma il Documento di programmazione economico-finanziaria. Se si considera che servirà una correzione dello 0,7 per cento, pari a 11 miliardi di euro, e che, per coprire le spese per le nuove iniziative già in programma, serviranno altri 10 miliardi, come si può scrivere il numero «zero» alla voce «manovra da realizzare per il 2008»? Come si fa a non intendere che, nel prossimo autunno, ci aspetta un'altra finanziaria «da incubo», grosso modo di 21 miliardi?
Forse, invece di illudere gli italiani, sarebbe meglio utilizzare l'extragettito - se c'è - in reali misure per far ripartire l'economia. Sappiamo benissimo che non è mai facile coniugare lo sviluppo con il consenso ma, per sopravvivere, il Governo Prodi non può andare avanti giorno per giorno, senza prospettive per le giovani generazioni e destinando l'Italia a un declino inesorabile.
La stessa ricerca del consenso pubblico non può avvenire soltanto facendo leva sulle clientele. Il Governo, però, è ormai prigioniero della sinistra estrema ed ormai irreversibilmente condizionato da un meccanismo persecutorio fiscale che ha reso irreversibile la sua stessa crisi: le condizioni ci sono tutte e, forse, questo decreto sarà l'ultimo atto legislativo del Presidente del Consiglio.
Per il Governo, in realtà, questi sembrano essere «gli ultimi giorni di Pompei»: le dimissioni del Ministro Bonino e i moniti provenienti quotidianamente dalle più autorevoli istituzioni economiche italiane ed internazionali rendono impossibile la permanenza in carica del Governo. Ormai un solo quesito rimane aperto: la data della crisi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame, insieme al documento programmatico contestualmente presentato, segna la definitiva trasformazione del Ministro Padoa Schioppa che, in pochissimo tempo, con evidente stupore e imbarazzo degli ambienti comunitari, si è trasformato da tecnico prestato alle istituzioni - un civil servant, come egli stesso ha più volte affermato - in un politico disinvolto e cinico, pronto a smentire se stesso e gli impegni assunti in Parlamento nei confronti dell'opinione pubblica e delle stesse autorità comunitarie (per non parlare del Fondo monetario internazionale, che lo stesso Ministro, nei mesi scorsi, aveva ritenuto di coinvolgere in una procedura assai discutibile, per una sorta di irrituale verifica dello stato della finanza pubblica).
È bene essere chiari ed evitare equivoci: il DPEF e il disegno di legge che stiamo esaminando si basano su una grande mistificazione secondo la quale, grazie all'opera del Governo, si sarebbero improvvisamente create le condizioni per una manovra di tipo espansivo, che si muove in direzione diametralmente opposta a quella correttiva realizzata con l'ultima finanziaria. Il Governo vorrebbe farci credere che, in poco tempo, grazie alla sua opera, gli scenari della finanza pubblica sarebbero significativamente mutati: si sarebbe passati da una condizione gravissima, al limite della bancarotta - quale sarebbe stata, a giudizio del Ministro Padoa Schioppa, quella ereditata dal precedente Esecutivo - ad una condizione tale da giustificare l'assurdo confronto, in corso all'interno della maggioranza e con il sindacato, per allentare i cordoni della spesa.
Ricordiamo tutti che il Ministro venne in Parlamento per affermare che la situazionePag. 42dei conti pubblici sarebbe stata addirittura più grave di quella del 1992. In particolare, il Ministro intervenne presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato il 14 giugno 2006 e non ebbe alcun timore nell'affermare che le condizioni in cui versava la finanza pubblica erano addirittura più gravi di quelle del 1992, l'anno definito dallo stesso Ministro come «il più drammatico dell'evoluzione dell'economia italiana e del suo rapporto con i conti pubblici».
In quell'anno, come noto, fu necessario porre in essere una manovra correttiva di ingentissime dimensioni, per ricondurre l'indebitamento della pubblica amministrazione entro dimensioni che oggi apparirebbero assolutamente inaccettabili.
Nella stessa circostanza, il Ministro riferì sugli esiti del lavoro svolto dalla Commissione Faini, che aveva effettuato una due diligence dalla quale si traeva la conclusione che il livello del disavanzo viaggiava verso il 4,1 per cento, con ulteriori elementi di precarietà, suscettibili di aggravare ulteriormente la situazione.
Ricordo a tutti noi, ma in primo luogo al Ministro, che l'opposizione e, in primis, l'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, contestò duramente la verosimiglianza della ricostruzione della situazione e l'affidabilità delle valutazioni della Commissione Faini.
All'opposizione, infatti, sembrava che si trattasse di una drammatizzazione del tutto ingiustificata e dettata, per lo più, da ragioni politiche, senza reale fondamento scientifico.
In effetti, i dati resi noti pochissimi mesi dopo sull'andamento dei saldi di finanza pubblica non confermarono affatto le preoccupazioni del Ministro. In particolare, il gettito tributario evidenziò immediatamente un andamento assai più favorevole rispetto alle previsioni, pur in assenza di iniziative specifiche da parte del Governo Prodi. Ciò nonostante, però, il Governo ritenne, per non smentire le affermazioni che ne avevano contraddistinto l'esordio, di dover porre in essere, per l'anno in corso, una manovra correttiva di notevole entità, per un ammontare complessivo pari a circa 40 milioni di euro, di cui oltre 26 milioni costituiti da maggiori entrate.
Questa manovra, come abbiamo visto, non ha certamente contribuito a sostenere la ripresa economica italiana. Si è distinta, in particolare, la previsione di un accantonamento lineare sugli stanziamenti iscritti a bilancio, per un importo complessivamente pari a 4,5 miliardi di euro per l'anno in corso.
Gli effetti disastrosi di quella manovra sono immediatamente emersi. Si è vista un'ulteriore crescita della pressione fiscale, che è giunta a record europei, attestandosi ad un livello del 42,8 per cento del PIL, con una conseguente contrazione del reddito disponibile ed una conseguente riduzione del contributo alla crescita assicurato dalla domanda interna.
A proposito del ripristino dell'equità - perché mi ricordo che si giustificò tale manovra con la necessità di un ripristino dell'equità - inviterei i membri del Governo a fare un giro per l'Italia ed a trovare un solo italiano che possa dire di aver trovato ad oggi una situazione economica migliore in busta paga. Se ne trovano uno...
A ciò si è aggiunta l'insostenibilità degli accantonamenti disposti ai sensi del comma 507 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta, lo ricordiamo, del famoso originario articolo 53. Quel famoso articolo che vessava i ministri a mezzo di accantonamenti.
Quasi tutti i ministri avevano protestato verso tale disposizione, lamentando l'indisponibilità di risorse adeguate per far fronte ai propri compiti istituzionali.
Cosa è successo con il decreto-legge in discussione? Si sono disposti accantonamenti per un importo complessivo di circa 2 miliardi di euro. In pratica, si è dovuto prendere atto dell'inefficacia degli accantonamenti previsti dal citato comma 507 ai fini del contenimento della spesa. In pratica, si è restituito ai ministri parte di quanto era stato tagliato agli stessi nell'ottica del taglio della spesa e del rigore tanto proclamati.Pag. 43
Risulterebbe banale ricordare che l'opposizione, a suo tempo, aveva segnalato al Ministro che quella misura era impraticabile, perché si aggiungeva a tagli lineari già disposti dal Ministro Tremonti, che peraltro erano stati oggetto di fortissime critiche da parte dell'attuale maggioranza, all'epoca opposizione.
Tuttavia, è curioso che il Governo, per un verso, riconosce, sia pur tardivamente, di aver compiuto un errore e vi pone rimedio, relativamente all'anno in corso, mentre, per altro verso, nel DPEF non assume alcuna decisione coerente quanto agli esercizi successivi. Si tratta di una misura spot, temporanea.
Crediamo che la correttezza avrebbe voluto che si chiarisse come si intende sostituire gli accantonamenti, che dovrebbero assicurare risparmi complessivamente pari a oltre 5 miliardi di euro nel 2008 e a 4,9 miliardi di euro nel 2009.
In assenza di questi dati, infatti, risulta quanto meno azzardata l'affermazione secondo la quale il Governo conta di evitare l'adozione di ulteriori manovre correttive per il 2008.
Tale affermazione è palesemente infondata quando si consideri il fatto che agli accantonamenti di cui al comma 507 non si è accompagnato alcun reale intervento per il contenimento della spesa pubblica, che anzi nel 2006 - sono dati dell'Istat - è cresciuta, toccando il livello record del 5,5 per cento del PIL.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 12,45).

LAURA RAVETTO. In sostanza, il DPEF e le decisioni adottate dal Governo con il decreto-legge n. 81 del 2007 costituiscono un esempio, a nostro avviso, di schizofrenia. Da una parte, il Ministro Padoa Schioppa riesce ad avallare un ulteriore incremento della spesa - destinando una quota consistente delle maggiori entrate, quantificate nell'ordine di 7,4 miliardi di euro per l'anno in corso - e, quindi, si spende molto di più e, dall'altra parte, si ripropongono argomenti a cui, in verità, non crede più nessuno, come quello dei quattro comparti, della necessità di interventi significativi e strutturali di contenimento della spesa, dello spending review, del lavoro di ricognizione e verifica che il Governo intendeva affidare alla commissione tecnica per la finanza pubblica appositamente costituita. Diciamocelo: su quei quattro comparti non abbiamo visto alcun intervento; però abbiamo assistito ad una manovra fiscale pesantissima sui cittadini. Forse, ci siamo dimenticati che, se vi è tale extragettito, se vi è tale surplus - come ha affermato prima il collega del gruppo della Lega Nord Padania - questi sono soldi dei cittadini.
È come se io, possedendo una società, chiedessi agli azionisti una somma x per costruire un magazzino, e poi, registrando un introito e riuscendo ad incassare tale somma x più una somma y, non restituissi quella somma y agli azionisti, ma la spendessi per mettere le maniglie d'oro alle porte!
Ritengo che si impongano tasse sulla base di criteri oggettivi, per uno scopo: se si incassa di più rispetto allo scopo, si restituisce quanto è stato incassato. Nella specie, quindi, o si doveva destinare questo extragettito alla riduzione del debito - come hanno affermato anche i miei colleghi - o si doveva restituire ai cittadini stessi.
Insomma, vi è un po' la sensazione che, poiché vi è stato l'extragettito, si cambia la linea politica. Ritengo quanto meno inopportuno decidere che un extragettito diventi una spesa assolutamente discrezionale.
La contraddittorietà dei comportamenti del Ministro diventa ancora più clamorosa quando si consideri il tenore del confronto che il Governo sta conducendo, in vista di una riforma pensionistica che dovrebbe rimettere in discussione lo «scalone» e sacrificare qualche altro miliardo di euro per soddisfare le richieste di Rifondazione Comunista e della CGIL.
Non mi stupirei se, a conclusione della trattativa, vedremo il Ministro prestare ilPag. 44suo consenso ad una controriforma che smentirà clamorosamente l'affermazione che introduceva il DPEF presentato lo scorso anno e che individuava il comparto previdenziale - insieme con il pubblico impiego, la sanità e la finanza degli enti territoriali - come uno dei comparti su cui occorreva intervenire, in via prioritaria, per correggere le tendenze strutturali particolarmente pericolose.
Mi chiedo davvero come il Ministro possa oggi riproporre un DPEF, in cui sostanzialmente si ricalca quanto affermato un anno fa, senza avere effettuato alcun intervento di contenimento della spesa su tali comparti.
Un ulteriore - e non meno clamoroso - caso di incoerenza, riguarda gli impegni assunti dal Ministro con le autorità comunitarie. Il Ministro, nel corso dell'audizione del 14 giugno 2006, ebbe modo di ricordare che l'Italia si era assunta l'impegno di una serie di interventi correttivi che, tra l'altro, contemplavano l'obbligo di un aggiustamento strutturale da porre in essere ogni anno, successivamente al 2007, di 0,5 punti percentuali. Oggi tale impegno viene clamorosamente smentito. Ciò ha posto in serio imbarazzo le autorità comunitarie e anche gli stessi osservatori del Fondo monetario, che il Ministro Padoa Schioppa aveva ritenuto opportuno coinvolgere in quella revisione dei conti pubblici italiani, che non ha avuto precedenti nel nostro Paese, che conosciamo e di cui abbiamo detto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12,50).

LAURA RAVETTO. Però la cosa interessante è che il Ministro, per giustificare il suo disimpegno verso l'Europa, si è recato presso l'Ecofin, in sede europea, e ha affermato che agisce così anche la Francia. È vero, ma vi è un piccolo dettaglio: per quanto riguarda la Francia, il Presidente Sarkozy in sede Ecofin ha affermato che il pareggio del bilancio, con la riduzione del rapporto debito-PIL, lo rimanderà al 2010, forse al 2012, perché vuole ridurre le tasse ai cittadini francesi. Invece, il nostro Ministro si è recato in sede Ecofin affermando che anch'egli lo rimanderà, probabilmente al 2010, perché vuole spendere di più. Credo che vi sia una sostanziale differenza di approccio e di strategia.
Signor Ministro, al di là di tali considerazioni, sempre rimanendo in tema di disimpegno comunitario, vorrei riprendere tutta la tematica della riduzione del cuneo fiscale. Rammento il mio primo intervento in questa sede istituzionale, da neoeletta: in Commissione, dinanzi a lei, le chiesi conto del fatto che la riduzione del cuneo fiscale non generalizzata, a mio avviso, sarebbe stata bocciata da Bruxelles come aiuto di Stato e che l'avrebbe costretta ad un'estensione.
Il Ministro - lo ricordo bene - mi rispose: «onorevole, non si preoccupi, io e i tecnici della Commissione siamo della stessa pasta». Oggi, onestamente, rilevo che non sono esattamente «della stessa pasta», se si è costretti, di fatto, con questo decreto-legge omnibus in materia finanziaria, ad un'estensione della riduzione del cuneo. E non mi sembra che siano esattamente «della stessa pasta», se già da un anno questi tecnici censurano e criticano ogni manovra del Ministro e ogni manovra economica dell'attuale Governo.
Attendiamo con preoccupazione la prossima legge finanziaria dopo aver visto che anche il DPEF è riuscito a creare divisioni: per fare ciò - diciamocelo - ci voleva veramente una grande capacità, tanto più su un documento che non è mai stato ad alto tasso di contenuti.
Avrei un consiglio da dare al Governo: visto che il Presidente del Consiglio Prodi si era definito il medico che aveva la giusta cura per il paziente Italia gravemente malato, la Presidenza del Consiglio utilizzi una parte delle entrate che si è attribuita per realizzare un sondaggio; chieda al paziente Italia se, dopo un anno e mezzo dalla sua cura, si senta meglio, e chieda agli italiani se stiano meglio oggi o un anno fa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, rilevo che il dibattito su quello che è stato definito l'extragettito fiscale rappresenta un'importante occasione per una riflessione. Noi rimaniamo convinti che il rilancio del Paese può essere ottenuto attraverso l'affermazione di due importanti principi: la crescita dell'economia e il risanamento del debito pubblico. Si tratta di due obiettivi imprescindibili che restano determinanti per il futuro del Paese.
L'attenzione del Governo, a nostro avviso, si sarebbe dovuta concentrare su questi due punti e l'extragettito si sarebbe dovuto destinare innanzitutto al risanamento dei conti pubblici del Paese. Per tali motivi ci è sempre sembrata condivisibile l'impostazione che sull'argomento, nel corso degli ultimi mesi, il Ministro Padoa Schioppa ha sempre avuto occasione di ribadire.
Sappiamo quanto resti importante e pesante la questione pensionistica nel nostro Paese e siamo convinti che sia strettamente collegata, per un verso, alla necessità del risanamento del debito pubblico e, per un altro, alla ripresa dello sviluppo di tutte le regioni del Paese. Tale è il nostro convincimento di fondo su cui crediamo opportuno e doveroso richiamare l'attenzione del Governo in vista delle scelte future.
Nell'esaminare il decreto-legge il gruppo dell'Italia dei Valori prende atto che il Governo ha ritenuto di dover affrontare alcune situazioni di oggettiva sofferenza sul lato della spesa pubblica suscettibili di generare difficoltà operative per le amministrazioni centrali, per gli enti locali e di dover intervenire contemporaneamente in maniera organica su alcuni specifici settori dell'economia.
Il Governo ha deciso - ribadisco che ne prendiamo atto - l'estensione del cuneo fiscale, l'aumento delle pensioni minime, gli interventi a sostegno degli investimenti nelle infrastrutture, ha destinato nuovi fondi alle imprese, ha rivisto i meccanismi degli studi di settore, ed ho elencato soltanto alcuni dei principali argomenti di intervento.
Sull'argomento che ho poc'anzi evidenziato, ovvero quello del risanamento della spesa pubblica, vorrei rispondere all'onorevole Andrea Ricci, che è intervenuto questa mattina. A nostro avviso, il risanamento del debito pubblico non è un feticcio (come egli ha affermato nel suo intervento). La volontà di ridurre il debito pubblico non è un'azione di retroguardia o di conservazione. Il risanamento del debito pubblico è una necessità e rappresenta la volontà ferrea di rimanere in Europa e di farsi carico del futuro delle giovani generazioni. Non riteniamo che insistere nel risanamento della spesa pubblica significhi attuare una politica di conservazione.
Per ritornare agli argomenti che, invece, sono oggetto del provvedimento in esame, dobbiamo rilevare, in primo luogo, una scelta assolutamente necessaria come quella di decidere la destinazione delle maggiori entrate tributarie alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi. Non è stata scelta la strada del risanamento, non si è scelto di accompagnare lo sviluppo economico, ma di andare incontro ad esigenze giuste ma particolari, che non riguardano un'azione generale di politica economica.
Allora, dobbiamo dire che inevitabilmente questo Governo ha agito come qualsiasi altro Governo: per questo voglio dire all'onorevole Crosetto che sono d'accordo con lui quando sottolinea la necessità di ripristinare un'azione rigorosa della spesa pubblica, anche se vorrei invitarlo, con molto garbo, a dirci se, quand'anche al posto del Governo Prodi vi fosse stato un Governo di centrodestra, il decreto-legge eventualmente adottato da quest'ultimo sarebbe stato probabilmente una copia di quello oggi in discussione. Sappiamo che vi sono spinte che provengono da diversi settori e che tutte rappresentano necessariamente momenti di approfondimento; ma di fondo si deve tener presente il problema della tenuta dei conti pubblici.Pag. 46
L'obiettivo, quindi, di ridurre il debito resta centrale per la politica finanziaria del Paese ed è sicuramente in linea con gli indirizzi europei: serve, però, in futuro un ridimensionamento dell'indebitamento della pubblica amministrazione, con interventi strutturali. Come diciamo sempre, vogliamo abbinare al concetto della riduzione dei costi della politica, il concetto della qualità della spesa pubblica: dobbiamo farci carico di tale questione. Dobbiamo capire la qualità dell'azione governativa, delle politiche pubbliche; allora potremo cominciare a riflettere su come ridurre strutturalmente il debito.
In ogni caso, bisogna pur rilevare che per quanto riguarda gli enti locali - ritorno ad uno degli argomenti che è oggetto del decreto-legge - sono state prese importanti decisioni in particolare per i comuni virtuosi, come si suol dire, vale a dire quelli che rispettano il patto di stabilità interno. Dobbiamo prenderne atto positivamente.
Fondamentale appare la volontà di premiare, dunque, i comuni che hanno dimostrato di sapere bene amministrare: per essi si è deciso l'intervento mirato di eliminare il limite imposto all'utilizzo degli avanzi di amministrazione per le spese di investimento. Riteniamo che sia un fatto positivo, perché immaginiamo che alla base della democrazia vi sia il principio secondo il quale i comuni sono ascoltati dal Governo centrale. È il punto nodale dello sviluppo democratico del Paese: per tale motivo, da questo punto di vista abbiamo concordato sul fatto che l'intervento in favore degli enti locali fosse affrontato nel decreto-legge.
Con il provvedimento in discussione si interviene anche su un altro aspetto legato alla realtà comunale, che sappiamo essere particolarmente importante nel complesso del sistema italiano. Si è deciso, cioè, di intervenire sulla riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni a compensazione di ipotizzati incrementi del gettito ICI. In particolare, si prevede che detta riduzione avvenga sulla base di apposite certificazioni. Vi è, dunque, un approccio sicuramente condivisibile. Comunque, sempre ferme restando le condizioni che il gruppo Italia dei Valori ritiene indispensabili in ordine al risanamento della spesa pubblica e del debito, dobbiamo anche qui ribadire che era forse opportuno affrontare nell'immediatezza il problema delle fasce deboli e degli anziani, in particolare disponendo l'aumento delle pensioni più basse, le pensioni minime, e prevedendo che tale aumento non costituisse reddito a fini fiscali. Come si può dire che si tratta di provvedimenti sbagliati? Sono provvedimenti utili, necessari. Sullo sfondo rimane, però, necessario capire il trend dell'azione politica del Governo.
Si prende in debita considerazione anche un aspetto importante per i giovani, facilitando il riscatto ai fini pensionistici del corso legale di laurea e si provvede, poi, ad integrare alcune autorizzazioni di spesa per interventi di finanziamento, come, per esempio, il bonus alle nascite, il Fondo per il servizio civile e per l'edilizia universitaria; conosciamo in quale stato obsoleto versano le strutture edilizie della ricerca e delle nostre università.
Sono stati decisi, inoltre, finanziamenti a favore dell'ANAS, per assicurare la prosecuzione e il completamento di interventi infrastrutturali in materia di viabilità. Tutti sappiamo quanto sia determinante tale settore per il rilancio dell'economia nazionale. A nostro parere, in questo caso, si sarebbe dovuto fare di più, perché il rafforzamento delle infrastrutture rappresenta per il Paese una condizione necessaria, ma non sufficiente, per un vero rilancio dell'economia.
Il gruppo dell'Italia dei Valori sottolinea che, probabilmente, dovevano essere accolte alcune considerazioni e proposte emendative avanzate in Commissione. Le proposte emendative portate all'attenzione dall'Italia dei Valori in Commissione prevedevano che la realizzazione di importanti arterie viarie potesse avvenire attraverso l'opera di un organismo pubblico, in grado di assumere tutti i poteri dell'ANAS e costituito in forma societaria e partecipata dall'ANAS stessa e dalle regioni di volta in volta interessate, per velocizzare iPag. 47tempi e semplificare le procedure autorizzative, coinvolgendo direttamente le realtà interessate. A nostro parere, tali proposte emendative erano - e restano - valide e vogliamo rilanciarle all'attenzione e alla riflessione non solo della maggioranza, ma di tutto il Parlamento.
A tale riguardo, presidente Duilio, mi permetta un breve accenno, da intendersi come una critica costruttiva per proseguire insieme in modo migliore. Per le modalità con cui si sono svolti i lavori in Commissione e, in particolare, in relazione ai criteri di ammissibilità degli emendamenti al decreto-legge in esame (la cui interpretazione ci è sembrata forse fin troppo rigida), non è stato possibile, di fatto, apportare miglioramenti, idee e suggerimenti al provvedimento stesso.
Tornando al merito, vediamo certamente con favore lo sblocco dei fondi della legge n. 488 del 1992 e le disposizioni per semplificare le procedure per l'erogazione degli incentivi a favore delle imprese. Questa è una decisione - come ho affermato - qualificante e decisamente importante, che segna, come altre, la capacità di recepire i reali bisogni del Paese da parte dell'attuale Governo.
Tra i vari interventi del decreto-legge in esame va ricordata anche la decisione di procedere al finanziamento della partecipazione italiana a missioni internazionali. È una questione importante - lo sottolineo - perché non possiamo immaginare di abbandonare una linea di esposizione italiana sul fronte dell'impegno internazionale e ritenere necessario un finanziamento ulteriore per tale partecipazione. Siamo, dunque, di fronte a un complesso di interventi, nella loro generalità, capaci singolarmente di assicurare momenti positivi, cioè condivisibili.
Tali interventi sono condivisibili non se li consideriamo un episodio di contesto, bensì soltanto ove vengano considerati momenti di singolari approfondimenti e settorialità.
Pertanto, si delinea un quadro complesso ed articolato di interventi che avrebbero potuto essere anche altri. Ribadiamo che, a nostro avviso, avrebbero potuto essere fatte ben altre scelte.
Poiché ci siamo impegnati a svolgere un intervento sintetico, mi avvio alla conclusione, ribadendo che le indicazioni fornite nel provvedimento in esame non possono certo considerarsi esaustive ma, al contrario, devono essere considerate come un segnale preciso di alcune sofferenze emerse ed essere volte a fornire risposte a determinate contingenze.
A futura memoria del Governo, mi permetto di aggiungere una valutazione che ritengo necessaria e che riguarda la necessità di considerare lo sviluppo del Paese nella propria interezza. A nostro avviso, non esiste una questione del settentrione da contrapporre a quella del meridione.
Signor Ministro, rappresentante del Governo in quest'aula, dobbiamo immaginare che nella legge finanziaria non si debba soltanto considerare l'opportunità di irrobustire quanto necessario per sostenere l'economia del nord. Dobbiamo ritenere che è necessario, altresì, rilanciare e tenere sotto controllo l'economia del sud, troppo spesso penalizzata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio per la sinteticità del suo intervento.
Ricordo che l'ordine del giorno della seduta prevedeva alle 13 una deliberazione in merito a un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Conseguentemente, sospendo la discussione sulle linee generali del disegno di legge in esame, che riprenderà subito dopo lo svolgimento del suddetto punto all'ordine del giorno.

Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (ore 13,07).

PRESIDENTE. Con ordinanza n. 73 del 20 febbraio 2006 la Corte costituzionale haPag. 48dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, in relazione al diniego opposto dalla Commissione di inchiesta con nota del 21 settembre 2005 alla richiesta formulata dalla procura della Repubblica suddetta per lo svolgimento congiunto di alcuni accertamenti peritali sull'autoveicolo - acquisito dalla Commissione stessa - sul quale presumibilmente viaggiavano i due giornalisti al momento dell'agguato.
La Camera dei deputati, nella seduta del 15 marzo 2006, preso atto della cessazione dell'attività della Commissione intervenuta in data 28 febbraio 2006, ha deliberato la costituzione in giudizio della Camera medesima innanzi alla Corte costituzionale per resistere al conflitto di attribuzione in questione al fine di far constatare l'avvenuta cessazione della Commissione e di fare emergere le circostanze in virtù delle quali sembrano essere ormai venute meno le ragioni stesse del conflitto.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 241 del 18 giugno 2007, non definitivamente pronunciando e riservata ogni decisione sul merito del conflitto di attribuzione, ha dichiarato non fondate le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità del conflitto per nullità assoluta della notificazione, nonché di improcedibilità dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse sollevate dalla Camera dei deputati e ha assegnato alle parti il termine di sessanta giorni, decorrente dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della medesima sentenza, per l'eventuale presentazione di memorie difensive.
Al riguardo, l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 17 luglio 2007 - ritenuta la validità, anche nella fattispecie in esame, del consolidato principio della piena utilizzabilità, da parte dell'autorità giudiziaria, degli atti posti in essere dalle Commissioni parlamentari di inchiesta, nell'esercizio dei poteri ex articolo 82 della Costituzione, ciò in coerenza col principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato, e ribadita la disponibilità a tenere a disposizione dell'autorità giudiziaria, nelle forme e nei modi che la magistratura riterrà più opportuni, l'autovettura a suo tempo acquisita dalla Commissione di inchiesta, nonché le relazioni conclusive degli accertamenti tecnico-peritali già trasmessi alla predetta Commissione - ha deliberato di proporre all'Assemblea di dare seguito alla sentenza n. 241 del 2007 della Corte costituzionale attraverso la presentazione di memorie difensive, nel rito e nel merito, nell'ambito del giudizio per conflitto di attribuzione.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Si riprende la discussione (ore 13,10).

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2852-A.
Mi permetto di ricordare che i nostri lavori non potranno andare oltre il termine delle 14,30 atteso che alle 15 è previsto lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
Mi permetto, altresì, di ricordare che sono ancora iscritti a parlare undici onorevoli.
È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo vuole portare, ancorché brevemente, un contributo alla discussione sulle linee generali del decreto-legge riguardante disposizioni urgenti in materia finanziaria. Lo facciamo da socialisti e democristiani del gruppo DCA-NPSI ovviamente con una forte contestazione a questo Governo che si è messo inPag. 49mano o forse è meglio dire che è stato «ricattato» dall'ala massimalista e comunista.
Solo in Italia non si cresce ma si arretra e siamo diventati la cenerentola dei Paesi più industrializzati. Siamo mal governati e non lo diciamo solo noi (lo sapevamo, lo abbiamo già detto anche in campagna elettorale l'anno scorso), ma lo dicono esponenti dello stesso Governo come il Ministro Emma Bonino, che vi accusa di ascoltare troppo l'ala massimalista e sindacalista e non quella riformista o pseudo-tale.
Apprezziamo il coraggio che ha avuto il Ministro Bonino, ma contestiamo alla stessa il fatto che comunque rimane Ministro di questa Repubblica: se se ne fosse andata definitivamente, avrebbe avuto sicuramente il nostro plauso.
Lo afferma anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che in un'audizione al Parlamento sul DPEF ha confermato senza mezzi termini che il famoso «tesoretto» non esiste, è una panzana, era lo specchietto per le allodole per i nostri ministri, perché più calava il consenso all'Esecutivo, più essi promettevano denaro a pioggia per disperazione e affanno. Non si sono comportati diversamente da qualcuno che sta per annegare: annaspa, sbraccia senza senso, a destra o a manca, in questo caso più a «manca con un ammanco» che non a destra in senso riformista.
È ormai ampiamente dimostrato che il Governo dice bugie al Paese, perché il Governatore della Banca d'Italia con grande chiarezza ha smentito il Governo e il Presidente del Consiglio, accusandolo di dire una colossale bugia agli italiani.
Ogni volta che si è tentato di capire a quanto potesse ammontare la redistribuzione di quel «tesoretto che non c'è» (parafrasando la famosa «isola che non c'è») ci siamo trovati di fronte al festival dei numeri.
Si andava dalla Babele di 26 miliardi di euro ai 10 miliardi che, nell'aprile scorso, il Ministro comunista Ferrero aveva annunciato, ai 5 miliardi del Ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa, il rigoroso e sorridente Ministro, poi subito smentito da quel diavolo di Romano Prodi, che, come nel film Totò, Peppino e la... Malafemmina, nel dialogo fra Totò e De Filippo, con quelle virgole, due punti, punto e virgola, ha detto che il tesoretto era di 6 miliardi!
Questo «tesoretto» è stato rapidamente trasformato dai nostri padroni, che sono i sindacalisti, Epifani in testa, e dalla sinistra massimalista in un omnibus di finanza pubblica, ove entrano, con la complicità dei Presidenti di Camera e Senato, anche altre misure, che nulla hanno a che vedere con l'oggetto del decreto-legge. Lo fanno perché, chiedendo la fiducia, come tutti sappiamo, alla Camera, ma soprattutto al Senato, riescono a passare meno volte sotto la gogna e la mannaia del Senato, dove sanno perfettamente che da un momento all'altro questo Governo sarà costretto a cadere.
È in questo modo che i «cattivi» del Governo inseriscono nuovi emendamenti che, in realtà, non servono affatto alla redistribuzione, ma aumentano il prelievo per gli ignari cittadini, le imprese, l'Italia che produce e che boccheggia.
Anche il Presidente della Corte dei conti afferma che siamo in mano ad un Governo massimalista e comunista, forse unico caso al mondo. Sto parlando di Lazzaro, Presidente della Corte dei conti, per il quale altro che «tesoretto» da redistribuire alle persone più disagiate!
Nonostante la falcidie di tasse prevista dalla vecchia finanziaria e nonostante le nuove tasse previste nel nuovo Documento di programmazione economico-finanziaria, per il Presidente della Corte del conti viene sottostimata la spesa pubblica, che è di circa 21 miliardi di euro, cui vanno sommati i discostamenti di maggior deficit previsti dal Governo nel 2008-2009 rispetto ai tetti di rientro precontrattati con la Commissione europea, che nel 2006 erano stati più che rispettati, lasciando il deficit di competenza al 2,4 per cento del PIL, al netto delle partite patrimoniali straordinarie che il Governo attuale ha aggiunto.Pag. 50
Il conto, che già oggi si può fare della spesa pubblica, ammonta a circa 50 miliardi di euro, tutti ancora da finanziare. Quel 2,4 per cento che abbiamo rispettato nel 2006, lo dobbiamo a quei tetti precontrattati che l'allora Governo Berlusconi, con il Ministro Tremonti, aveva effettivamente azzeccato. Il dato del 2,4 per cento è la dimostrazione del risanamento della finanza pubblica.
Infine, tra i tanti - lo dicono tutti che questo Governo non va -, anche Almunia, il 10 luglio 2007, ossia qualche giorno fa, ha detto che gli sforzi correttivi dell'Italia per ridurre il disavanzo e il taglio del deficit prefigurato nel 2008 non sono all'altezza degli obiettivi.
Il testo di quella che è diventata a tutti gli effetti la finanziaria d'estate è stato licenziato dalla Commissione in una versione che comprende le norme di spesa relative alla destinazione del «tesoretto» a favore delle pensioni più basse e dei giovani, la deducibilità dei costi delle auto aziendali, l'estensione dei tagli al cuneo fiscale per banche e assicurazioni, l'ammortamento dei terreni e la rimodulazione degli studi di settore e l'emendamento del Governo all'articolo 15 sul cuneo fiscale diretto ad allargare a banche e assicurazioni gli sconti IRAP sul costo del lavoro, per scongiurare i richiami di Bruxelles senza compromettere gli obiettivi di deficit. È stata congegnata una sorta di partita di giro, restringendo per i beneficiari della misura la percentuale di deducibilità degli interessi passivi.
Anche grazie alla conversione in legge del decreto-legge n. 81 del 2007, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, per il Governo Prodi e i suoi ministri la fiducia del Paese è in calo: oggi ha toccato il punto più basso, 35 per cento di fiducia contro il 63 di sfiducia e solo il 2 per cento degli italiani è senza opinione. Che vergogna!
Nel 2007 vogliono continuare ad attuare un programma dell'Unione di medievale memoria, che continuerà sicuramente a far annaspare l'Italia e gli italiani, a non risolvere i problemi del Paese e ci porterà ancora di più in un baratro senza fine.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. Per concludere, signor Presidente, non è possibile continuare ad essere ricattati dalla sinistra e dal programma dell'Unione che vogliono attuare, che è superato e che tutti ci dicono di non dovere e potere applicare.
Questa sinistra massimalista e sindacalista sta compromettendo le fondamenta del nostro Stato di diritto, le fondamenta della nostra economia e della fiducia degli imprenditori nostrani, ma anche stranieri, a continuare ad investire in Italia.
È per questo che diciamo «no» e lo diciamo forte; speriamo e ci auguriamo che prevalga la parte riformatrice nella maggioranza. La maggioranza della maggioranza non è d'accordo su questa finanziaria d'estate e ci auguriamo che, nell'interesse del Paese, esca dal Governo e si ritorni al supremo giudice, ossia la sovranità popolare, che ci ridia finalmente un Governo all'altezza della situazione e dell'Europa.

PRESIDENTE. Faccio una comunicazione di carattere informale, ma penso essenziale per l'economia dei nostri lavori di oggi e domani. La tempistica di questa discussione influisce anche - credo nell'interesse generale - sull'agenda di domani. Vi sono ancora dieci interventi: al di là e a prescindere dai tempi assegnati, credo sarebbe nel comune interesse, per le ragioni che ho detto sopra, che tali interventi fossero molto sintetici.
È iscritto a parlare l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, cercherò di accogliere la sua richiesta rispetto al tempo preventivato. Penso che parlerò circa dieci minuti, non di più.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Anche di meno...

Pag. 51

OSVALDO NAPOLI. Devo rispondere anche a te, a quello che hai affermato in aula nella tua relazione!
Quanto sta accadendo tra Governo ed enti locali mi costringe ad esprimere a tutti voi il fortissimo disappunto, che vado ed andiamo maturando ormai da tempo, che va oltre la normale fisiologica dialettica che anima il rapporto fra la maggioranza e l'opposizione, e direi, in modo particolare, tra maggioranza e Governo e tra minoranza e Governo.
Per chi, come me, vive direttamente, con profonda partecipazione, le questioni che toccano la vita delle amministrazioni locali, è un momento di rabbia e di sconcerto.
Mi chiedo se sia possibile che il Governo non riesca più ad essere percepito come una presenza affidabile e che esso sia invece percepito solo come chi toglie agli italiani il frutto dei propri sacrifici, come l'invasore. Il malcontento, cari colleghi, investe tutte le istituzioni: ne deriva una disaffezione rabbiosa, che va fermata con una politica nuova di attenzione ai problemi e di capacità di decidere ed offrire opportunità. Gli amministratori ed io, al di là del colore politico, siamo arrabbiati - anzi, sconcertati: anzi, ancor di più, preoccupati - per la superficialità, l'incoscienza e l'inettitudine di chi oggi governa questo Paese. Sono preoccupato per il futuro delle istituzioni e soprattutto per la disaffezione ed il malessere che monta sempre più nelle periferie, nei territori, in chi amministra con fatica le realtà locali.
Non è più accettabile che il Governo ed in particolare il Ministro dell'economia e delle finanze siano il nemico dei comuni. Una finanziaria sbagliata, io dico scellerata, ha costretto i comuni con saldo finanziario positivo - lo ripeto: con saldo finanziario positivo - ad aumentare le entrate imponendo nuove tasse ai cittadini. La finanziaria ha infatti operato tagli agli enti locali per 2 miliardi e 600 milioni di euro: tagli che il Governo ha compensato concedendo ai comuni la possibilità di applicare l'addizionale IRPEF fino allo 0,8 per mille. Il significato di questa concessione è chiaro: io ti tolgo i soldi, tu aumenti le tasse. Il Governo Berlusconi, invece, aveva bloccato l'aumento delle addizionali IRPEF. Allo stesso tempo, il Governo non ha consentito ai comuni di utilizzare le risorse finanziarie aggiuntive a causa di una regola sterile, formale ed ottusa, che impedisce di adoperare proficuamente queste risorse finanziarie per lo sviluppo dei territori.
Signor sottosegretario, collega Di Gioia, vi rivolgo una domanda: per quale ragione lo Stato può utilizzare il suo extragettito e i comuni non possono farlo? Gli avanzi di amministrazione sono soldi risparmiati dagli enti locali, dalla gente che vi vive, dai comuni e dalle province: e i consigli comunali e provinciali, con l'approvazione dell'assestamento di bilancio 2006, che ha avuto luogo alla fine di giugno, hanno potuto constatare gli avanzi di amministrazione che avrebbero dovuto essere riportati sul loro territorio; invece, si impedisce loro di farlo. È interessante sottolineare, in proposito, che il 70 per cento degli investimenti in Italia sono svolti dalle amministrazioni locali periferiche. Vi faccio soltanto quattro esempi: il comune di Roma ha subito un taglio di 180 milioni di euro; il comune di Milano uno di 154 milioni di euro; la provincia di Torino uno di 14 milioni di euro; il mio comune, di 16 mila abitanti, ha subito un taglio di un 1.200.000 euro.
Alle proposte di soluzioni praticabili, provenute anche dall'ANCI, e cioè utilizzare l'avanzo per estinguere i debiti o per fare investimenti, il Governo, signor sottosegretario, non ha dato alcuna risposta, come se le richieste dei comuni fossero infondate e pretestuose. L'unica risposta - è questo che voglio dire al collega Di Gioia e all'onorevole Ossorio - è stata l'elemosina: in un primo tempo, infatti, il Governo aveva proposto di concedere il 7 per cento di 5 miliardi e 900 milioni; oggi ci si dice che, con grande sforzo, si riesce a concedere alcuni spiccioli in più. Siamo al mercato delle vacche: il 7 per cento dei 5 miliardi e 900 milioni era pari a 220 milioni; ebbene, oggi, con questo grande sforzo, si è giunti a 350 milioni (sia per lePag. 52province sia per i comuni), sul totale di 5 miliardi e 900 milioni. È questo il grande sforzo, collega Di Gioia?
Sottosegretario, lei che è profondamente attento alle realtà locali, sappia che i comuni e le province usciranno dal patto di stabilità e pagheranno la penale: una penale che farà sì che l'imposizione fiscale sia ancora aumentata a livello locale e per la quale il Governo dovrà assumersi pienamente la responsabilità. I comuni, infatti, contrariamente a quel che si dice, tagliano le aliquote ICI, con la conseguenza di una riduzione della pressione fiscale degli enti locali per il 2007. Fra il 2006 e il 2007, l'ICI per la prima casa è calata mediamente dell'1,56 per cento, a fronte di un aumento dell'aliquota ordinaria pari allo 0,78, mentre il 64 per cento dei comuni, con più del 65 per cento, non ha modificato l'addizionale IRPEF.
Direi che vi sono due persone che possono godere con riferimento alla proposta di federalismo fiscale: il presidente della provincia di Roma ed il sindaco di Roma, Veltroni, che dicono di essere contenti sul federalismo, perché a tali enti locali arrivano fondi consistenti. Mi chiedo se il sindaco Veltroni voglia fare il leader nazionale o locale: i fondi arrivano a Roma, ma vengono tolti tutti i fondi agli altri 8.100 comuni, questa è la differenziazione! Mi auguro che egli voglia fare il leader nazionale, senza chiudersi nel livello locale. Da quanto riportato dai giornali, mi sembra emerga un sistema finanziario pessimo nei confronti degli enti locali.
Permettetemi un altro appunto: il vero federalismo, signor sottosegretario, avviene quando si trasferiscono le competenze dal centro alla periferia. Ma, assieme al trasferimento di competenze, si deve trasferire anche la copertura finanziaria. Intendo fare soltanto un esempio sull'immigrazione (e di quella legale e giusta ne abbiamo bisogno, ci mancherebbe). Quando si trasferiscono all'ente locale le competenze sull'immigrazione, mi domando in base a quale programmazione ciò avvenga: chi paga gli asili nido, le scuole materne, i buoni scuola, i buoni mensa, i buoni libri, i buoni trasporti e le case popolari, se si apre un flusso di immigrazione senza concordarlo con gli enti locali? Questo è il vero federalismo, ed è scandaloso che il Governo, prima di redigere il DPEF, non abbia ritenuto minimamente di contattare gli enti locali.
Per quanto riguarda l'ICI - e mi avvio a concludere, sebbene avrei ancora da dire -, non vi sono dubbi che essa rappresenta la tassazione più iniqua esistente in Italia: quando il presidente Berlusconi ha avanzato, nella campagna elettorale precedente, la sua proposta, allora sembrava essere deriso, salvo, oggi, correre tutti dietro a tale proposta e sostenere che essa è necessaria. L'ICI sulla prima casa ammonta a 2.700 milioni di euro. Con il provvedimento al nostro esame, che non ha la copertura finanziaria in Parlamento, vengono tolti ai comuni 2 miliardi, su 2,7 miliardi, di euro. Ho letto attentamente cosa scrive la maggioranza in merito al problema dell'ICI: voi parlate del sesso degli angeli, ma non dite, ancora oggi, come quei 2 miliardi verranno coperti agli enti locali in termini di maggiore introito dei trasferimenti. Gli enti locali, se non date garanzie di tali trasferimenti di copertura, dovranno nuovamente aumentare la tassazione. Sono, anzi siamo arrabbiati, al di là del colore politico - sindaci e amministratori locali -, perché ci state prendendo in giro, costringendo i poveri sindaci e i poveri assessori che amministrano gli enti locali in maniera ottimale - molto meglio rispetto al Governo centrale - a continuare ad aumentare le tasse.
Non vogliamo più aumentare le tasse: il Governo si assuma la responsabilità di ciò ed abbia il coraggio di dirlo al Paese.
Mi auguro - e concludo - che il presidente Prodi abbia un sussulto di dignità. In modo particolare, mi auguro che il Ministro Padoa Schioppa e il sottosegretario Sartor vadano a fare non dico i consiglieri comunali - sarebbe troppo riduttivo per loro -, ma, almeno, gli assessori al comune di Moncenisio con 45 abitanti. Capirebbero di più le esigenze e le richieste della gente e credo che ciò costituirebbe una piccola scuola che adPag. 53entrambi servirebbe (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei dire al collega Osvaldo Napoli che, quanto al caso della provincia di Roma e della provincia di Milano, esse andrebbero abolite: dal momento che sono previste le città metropolitane, potremmo trasferire a queste ultime le competenze delle due province (questa potrebbe essere una delle molte riforme che andrebbero realizzate). Ma, al di là di ciò, il collega Crosetto ha parlato di «avvelenamento dei pozzi». Credo che il collega Crosetto abbia voluto attribuire una capacità strategica a questa slabbrata maggioranza. Più che avvelenamento dei pozzi, credo che la maggioranza attuale, con il decreto-legge n. 81 del 2007 al nostro esame, abbia seguito la linea del presidente Andreotti: meglio tirare a campare, che tirare le cuoia.
Infatti, il Governatore della Banca d'Italia, nella sua pregevole relazione, ci ha ricordato un fatto importante: l'esperienza che si è formata fin dai primi anni dell'attuale decennio suggerisce di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo economico per operare una decisa riduzione del disavanzo, mentre il rischio è dover correggere in futuro, in condizioni cicliche forse più difficili, le scelte di oggi. Ebbene, si tratta, in termini di tecnica economica, della favola di La Fontaine La cicala e la formica. Ricorderete che La Fontaine raccontava che la cicala cantava durante l'estate, poi quando giungeva il freddo si trovava in difficoltà. L'estate rappresenta il ciclo economico positivo, il freddo quello negativo. Ebbene, il cosiddetto «tesoretto», di cui il Governatore della Banca d'Italia ha giustamente sostenuto l'inesistenza, perché un Paese che presenta un disavanzo ancora vicino al 3 per cento annuale e un debito pubblico in rapporto al PIL superiore al 100 per cento - il 105 o 106 - non può evidentemente permettersi di utilizzare per l'aumento della spesa corrente un'eventuale extra-gettito, che fra l'altro - in questa sede è presente il vicepresidente Tremonti, Ministro dell'economia al tempo a cui mi riferisco - è dovuto al modo in cui fu confezionata la legge finanziaria del 2006 e in cui furono realizzati i condoni, compreso il noto e tanto vituperato condono fiscale, perché evidentemente nella prima fase sono serviti a finanziare, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, un periodo difficile di finanza pubblica in un contesto economico negativo; successivamente, quando la congiuntura, ossia l'estate della cicala, è migliorata, i condoni hanno evidentemente consolidato un aumento della base imponibile. Inoltre, è stata adottata la famosa legge finanziaria del Ministro Padoa Schioppa dello scorso dicembre, che in parte, comunque, ha realizzato la base per l'attuale extra-gettito.
Vi è un punto su cui abbiamo discusso, come ricorderà l'autorevole relatore, al quale riconosco la pazienza e la capacità con cui ha gestito un disegno di legge finanziaria che certamente non condivideva totalmente, poiché ha presentato molte proposte emendative. Il relatore ricorderà - appunto - che in Commissione abbiamo discusso proprio su due emendamenti presentati all'articolo 1, che prevedevano l'intero trasferimento delle disponibilità, che il Governatore della Banca d'Italia quantifica non in 4.131 milioni di euro, ma, come si evince dalla relazione del medesimo Governatore, in 5,6 miliardi per il 2007 e in 1,6 miliardi l'anno, nel 2008 e nel 2009, a regime. In realtà, si tratta di una legge finanziaria che avrebbe potuto consentire, per esempio, sulla base del rapporto debito-PIL riferito dal DPEF per il 2007, quantificato nel 105,1 per cento, l'abbattimento o la riduzione al 104,8 o al 104,9. In realtà, avremmo potuto sottoporre tale questione alla riunione dell'Ecofin, allo stesso organismo in cui si è precipitato il Presidente della repubblica francese Sarkozy, caso unico perché normalmente i Capi di Stato, come conferma l'ex ministro Tremonti, non partecipano alle riunioni dell'Ecofin, poiché tale organismo è composto dai Ministri finanziari.Pag. 54Sarkozy si è affrettato a partecipare a tale riunione e ha detto: amici miei, amici dell'Europa, trasferirò il disavanzo e il pareggio del bilancio al 2010 e, forse, al 2012 e farò lo stesso per il rapporto tra debito e PIL, ma a fronte di ciò offrirò una serie di riforme strutturali, per esempio, la detassazione integrale delle ore di lavoro straordinario, la riduzione della pressione fiscale ed altro.
Mentre il Presidente Sarkozy presentava all'Ecofin questo tipo di proposte naturalmente l'Europa accettava perché, a fronte di un rinvio dell'appuntamento del pareggio o della riduzione del rapporto tra debito e PIL, la Francia offriva riforme strutturali. Noi andavamo in tale sede utilizzando, fra l'altro, la battaglia condotta a suo tempo dal Ministro Tremonti per l'allentamento del Patto di stabilità e per aumentare la spesa corrente, tanto è vero che, per l'appunto, vi sono distribuzioni a pioggia - a parte l'intervento sulle pensioni - a questo o a quel settore.
Se invece avessimo seguito una linea rigorosa avremmo non soltanto ottenuto certamente maggiore considerazione da parte dell'Unione europea, ma soprattutto avremmo scongiurato un pericolo molto alto, ossia che, a fronte del continuo e perdurante debito pubblico italiano - in cifre assolute, ahimé, in aumento - e quindi del perdurante rapporto al di sopra del 4 per cento tra debito e PIL, l'Unione europea, sulla base delle indicazioni del commissario europeo Almunia e, tutto sommato, anche la Banca centrale europea, finissero per scaricare sulle spalle dell'Italia sia la responsabilità dei futuri aumenti dei tassi da parte della Banca centrale europea, sia il fatto che, a fronte di tale debito pubblico, il rapporto di cambio euro-dollaro divenisse molto sfavorevole alle nostre esportazioni e a quelle europee. Naturalmente l'euro è sopravvalutato rispetto al dollaro, dato anche l'andamento medio della congiuntura dell'economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti, ma trasferire sulle nostre spalle la responsabilità di tale rapporto di cambio sfavorevole alle esportazioni europee significa affermare che la colpa è dell'Italia se le esportazioni nell'area del dollaro sono penalizzate.
Quindi, si faccia attenzione alla cicala che non pensa al futuro. Ciò non solo, come alcuni commentatori hanno detto, ci potrebbe portare fuori dall'euro, ma bisogna anche vedere cosa succederà nel momento in cui AirFrance comprerà, a prezzi di affezione, l'Alitalia. Naturalmente la compagnia aerea francese dovrà fare pulizia - come tutti si aspettano - all'interno della struttura della nostra compagnia di bandiera, che fa acqua ormai dall'epoca - mi riferisco agli anni Ottanta - in cui l'allora presidente dell'IRI, Prodi, fece fuori i vertici dell'Alitalia e si dedicò a cambiarli, di volta in volta, secondo le amicizie, determinando fenomeni di leadership nella compagnia stessa che hanno portato, poi, alle perdite successive, continue e crescenti che oggi registriamo. Il problema non è tanto l'uscita dall'area dell'euro, perché certamente la Francia avrà interesse a prendersi a prezzi di affezione la nostra compagnia di bandiera. Altre cose si possono vendere, come, nei secoli scorsi, i principi italiani vendevano le loro indipendenze alla Spagna o alla Francia (Franza o Spagna purché se magna!).
Naturalmente, a questo punto, il problema è che potremmo uscire dal G8, il che sarebbe estremamente grave, nel momento in cui l'Italia ha condotto, a suo tempo, una battaglia per avere un seggio semi-permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU e per avere una presenza maggiore nelle organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, e nel momento in cui l'Italia si impegna, tra l'altro con i costi che conosciamo, in varie operazioni di peacekeeping. Il fatto di essere cacciati dal G8 - o dal G7, considerato che oggi i rapporti con la Russia sono tutt'altro che idilliaci - rischierebbe veramente di dare un colpo molto pesante alla credibilità del nostro Paese.
In realtà, la cicala certamente oggi può raccogliere qualche apparente risultato,Pag. 55nel senso di «tirare a campare», ma la prospettiva futura potrebbe essere volto più nera.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, vorrei dire al collega Osvaldo Napoli che, quanto al caso della provincia di Roma e della provincia di Milano, esse andrebbero abolite: dal momento che sono previste le città metropolitane, potremmo trasferire a queste ultime le competenze delle due province (questa potrebbe essere una delle molte riforme che andrebbero realizzate). Ma, al di là di ciò, il collega Crosetto ha parlato di «avvelenamento dei pozzi». Credo che il collega Crosetto abbia voluto attribuire una capacità strategica a questa slabbrata maggioranza. Più che avvelenamento dei pozzi, credo che la maggioranza attuale, con il decreto-legge n. 81 del 2007 al nostro esame, abbia seguito la linea del presidente Andreotti: meglio tirare a campare, che tirare le cuoia.
Infatti, il Governatore della Banca d'Italia, nella sua pregevole relazione, ci ha ricordato un fatto importante: l'esperienza che si è formata fin dai primi anni dell'attuale decennio suggerisce di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo economico per operare una decisa riduzione del disavanzo, mentre il rischio è dover correggere in futuro, in condizioni cicliche forse più difficili, le scelte di oggi. Ebbene, si tratta, in termini di tecnica economica, della favola di La Fontaine La cicala e la formica. Ricorderete che La Fontaine raccontava che la cicala cantava durante l'estate, poi quando giungeva il freddo si trovava in difficoltà. L'estate rappresenta il ciclo economico positivo, il freddo quello negativo. Ebbene, il cosiddetto «tesoretto», di cui il Governatore della Banca d'Italia ha giustamente sostenuto l'inesistenza, perché un Paese che presenta un disavanzo ancora vicino al 3 per cento annuale e un debito pubblico in rapporto al PIL superiore al 100 per cento - il 105 o 106 - non può evidentemente permettersi di utilizzare per l'aumento della spesa corrente un'eventuale extra-gettito, che fra l'altro - in questa sede è presente il vicepresidente Tremonti, Ministro dell'economia al tempo a cui mi riferisco - è dovuto al modo in cui fu confezionata la legge finanziaria del 2006 e in cui furono realizzati i condoni, compreso il noto e tanto vituperato condono fiscale, perché evidentemente nella prima fase sono serviti a finanziare, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, un periodo difficile di finanza pubblica in un contesto economico negativo; successivamente, quando la congiuntura, ossia l'estate della cicala, è migliorata, i condoni hanno evidentemente consolidato un aumento della base imponibile. Inoltre, è stata adottata la famosa legge finanziaria del Ministro Padoa Schioppa dello scorso dicembre, che in parte, comunque, ha realizzato la base per l'attuale extra-gettito.
Vi è un punto su cui abbiamo discusso, come ricorderà l'autorevole relatore, al quale riconosco la pazienza e la capacità con cui ha gestito un disegno di legge finanziaria che certamente non condivideva totalmente, poiché ha presentato molte proposte emendative. Il relatore ricorderà - appunto - che in Commissione abbiamo discusso proprio su due emendamenti presentati all'articolo 1, che prevedevano l'intero trasferimento delle disponibilità, che il Governatore della Banca d'Italia quantifica non in 4.131 milioni di euro, ma, come si evince dalla relazione del medesimo Governatore, in 5,6 miliardi per il 2007 e in 1,6 miliardi l'anno, nel 2008 e nel 2009, a regime. In realtà, si tratta di una legge finanziaria che avrebbe potuto consentire, per esempio, sulla base del rapporto debito-PIL riferito dal DPEF per il 2007, quantificato nel 105,1 per cento, l'abbattimento o la riduzione al 104,8 o al 104,9. In realtà, avremmo potuto sottoporre tale questione alla riunione dell'Ecofin, allo stesso organismo in cui si è precipitato il Presidente della repubblica francese Sarkozy, caso unico perché normalmente i Capi di Stato, come conferma l'ex ministro Tremonti, non partecipano alle riunioni dell'Ecofin, poiché tale organismo è composto dai Ministri finanziari.Pag. 54Sarkozy si è affrettato a partecipare a tale riunione e ha detto: amici miei, amici dell'Europa, trasferirò la riduzione del disavanzo e il pareggio del bilancio al 2010 e, forse, al 2012 e farò lo stesso per il rapporto tra debito e PIL, ma a fronte di ciò offrirò una serie di riforme strutturali, per esempio, la detassazione integrale delle ore di lavoro straordinario, la riduzione della pressione fiscale ed altro.
Mentre il Presidente Sarkozy presentava all'Ecofin questo tipo di proposte che naturalmente l'Europa accettava perché, a fronte di un rinvio dell'appuntamento del pareggio o della riduzione del rapporto tra debito e PIL, la Francia offriva riforme strutturali. Noi andavamo in tale sede utilizzando, fra l'altro, la battaglia condotta a suo tempo dal Ministro Tremonti per l'allentamento del Patto di stabilità per aumentare la spesa corrente, tanto è vero che, per l'appunto, vi sono distribuzioni a pioggia - a parte l'intervento sulle pensioni - a questo o a quel settore.
Se invece avessimo seguito una linea rigorosa avremmo non soltanto ottenuto certamente maggiore considerazione da parte dell'Unione europea, ma soprattutto avremmo scongiurato un pericolo molto alto, ossia che, a fronte del continuo e perdurante debito pubblico italiano - in cifre assolute, ahimé, in aumento - e quindi del perdurante rapporto al di sopra del 100 per cento tra debito e PIL, l'Unione europea, sulla base delle indicazioni del commissario europeo Almunia e, tutto sommato, anche la Banca centrale europea, finissero per scaricare sulle spalle dell'Italia sia la responsabilità dei futuri aumenti dei tassi da parte della Banca centrale europea, sia il fatto che, a fronte di tale debito pubblico, il rapporto di cambio euro-dollaro divenisse molto sfavorevole alle nostre esportazioni e a quelle europee. Naturalmente l'euro è sopravvalutato rispetto al dollaro, dato anche l'andamento medio della congiuntura dell'economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti, ma trasferire sulle nostre spalle la responsabilità di tale rapporto di cambio sfavorevole alle esportazioni europee significa affermare che la colpa è dell'Italia se le esportazioni nell'area del dollaro sono penalizzate.
Quindi, si faccia attenzione alla cicala che non pensa al futuro. Ciò non solo, come alcuni commentatori hanno detto, ci potrebbe portare fuori dall'euro, ma bisogna anche vedere cosa succederà nel momento in cui AirFrance comprerà, a prezzi di affezione, l'Alitalia. Naturalmente la compagnia aerea francese dovrà fare pulizia - come tutti si aspettano - all'interno della struttura della nostra compagnia di bandiera, che fa acqua ormai dall'epoca - mi riferisco agli anni Ottanta - in cui l'allora presidente dell'IRI, Prodi, fece fuori i vertici dell'Alitalia e si dedicò a cambiarli, di volta in volta, secondo le amicizie, determinando fenomeni di leadership nella compagnia stessa che hanno portato, poi, alle perdite successive, continue e crescenti che oggi registriamo. Il problema non è tanto l'uscita dall'area dell'euro, perché certamente la Francia avrà interesse a prendersi a prezzi di affezione la nostra compagnia di bandiera. Altre cose si possono vendere, come, nei secoli scorsi, i principi italiani vendevano le loro indipendenze alla Spagna o alla Francia (Franza o Spagna purché se magna!).
Naturalmente, a questo punto, il problema è che potremmo uscire dal G8, il che sarebbe estremamente grave, nel momento in cui l'Italia ha condotto, a suo tempo, una battaglia per avere un seggio semi-permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU e per avere una presenza maggiore nelle organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, e nel momento in cui l'Italia si impegna, tra l'altro con i costi che conosciamo, in varie operazioni di peacekeeping. Il fatto di essere cacciati dal G8 - o dal G7, considerato che oggi i rapporti con la Russia sono tutt'altro che idilliaci - rischierebbe veramente di dare un colpo molto pesante alla credibilità del nostro Paese.
In realtà, la cicala certamente oggi può raccogliere qualche apparente risultato,Pag. 55nel senso di «tirare a campare», ma la prospettiva futura potrebbe essere volto più nera.

PRESIDENTE. Onorevole Armani, la prego di concludere.

PIETRO ARMANI. Concludo, Presidente. Quindi, il decreto-legge in esame, che ritengo sia una anticipazione della legge finanziaria per il 2008, non rispecchia le indicazioni strutturali e strategiche del DPEF, come del resto è avvenuto nell'anno precedente (il DPEF dello scorso anno, infatti, è stato completamente abbandonato dalla legge finanziaria successiva). Evidentemente, il decreto-legge n. 81 del 2207 non fa altro che aumentare la spesa pubblica e - come è stato detto dai colleghi - preparare ulteriori incrementi della pressione fiscale per poter coprire i «buchi» successivi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. «Lei come spenderebbe il tesoretto?» «Quando lo spenderei, mi chiedo. Io dico che dobbiamo aspettare settembre e la stesura della Finanziaria. Oggi non disponiamo di tutti gli elementi. Non sappiamo, per esempio, quanto corra la spesa, né conosciamo l'impatto dell'ennesima riforma pensionistica. Faccio notare infine che non si può decidere l'impiego dell'extragettito con un decreto di fine estate (...) Qui nessuno pensa che non si debba spendere. Il problema è la qualità della spesa. Noi dobbiamo investire nella ricerca, nelle università, nelle infrastrutture. E per spendere bene serve una visione di insieme». Queste sono parole del Ministro Emma Bonino, rilasciate in un'intervista su La Repubblica il 24 giugno scorso. Questa è la posizione della Rosa nel Pugno e dei Radicali all'interno della Rosa nel Pugno. Brevemente, per lasciare ciò agli atti del dibattito di questa Camera, voglio ricordare come, credo, siano da seguire e da ascoltare i moniti provenienti dalla Commissione europea, dalla Corte dei conti e dalla Banca d'Italia.
Spero che il dibattito in corso sia riportato dal sottosegretario al Governo e al Primo Ministro Prodi, perché alcuni accenti e alcuni interventi dai banchi della maggioranza, di questa maggioranza, sono oggettivamente imbarazzanti per il Governo. Abbiamo sentito addirittura lo sberleffo nei confronti della Commissione europea, attacchi molto duri alla Banca d'Italia, una visione ed una linea contrastanti con l'impegno che il Governo aveva assunto.
Noi voteremo convintamente a favore sulla fiducia che sarà posta sul provvedimento in esame. Tale provvedimento contiene - come ha elencato con cura, puntualità e dedizione il collega Di Gioia nella sua relazione introduttiva - tantissimi punti condivisibili, moltissimi dei quali importanti. Il problema, tuttavia, sono il tempo e l'urgenza di farlo adesso, prima di conoscere i conti della riforma pensionistica, ancora in via di decisione: questo è lo sbaglio del provvedimento in discussione. Per quanto ci riguarda, abbiamo tentato di farlo presente nelle Commissioni specifiche, all'interno del Governo mediante il ruolo di Emma Bonino e in un dibattito che si svolge dentro e fuori di quest'Assemblea.
Credo che il provvedimento contenga elementi molto criticabili, di vecchia scuola politica e di vecchia partitocrazia. È un provvedimento omnibus su cui tutto è stato «caricato», con un contributo notevole anche delle Commissioni parlamentari. Sono state aggiunte voci di spesa ed iniziative, che in sé possono essere assolutamente apprezzabili, ma che nel panorama complessivo definito dal provvedimento sono a nostro giudizio sbagliati nei tempi e nei modi.
Voglio rivolgere un apprezzamento al collega Crosetto per i toni usati a nome del gruppo di Forza Italia (mi rendo conto di esprimere tale apprezzamento dai banchi della maggioranza); l'apprezzamento, ovviamente, riguarda non le conclusioni, ma il tentativo di riportare in Assemblea laPag. 56discussione su una prospettiva futura orientata a vedere oltre il singolo provvedimento e oltre questa breve stagione politica. Credo davvero che tali ragionamenti debbano investire il Governo e che il Presidente Prodi se ne debba far carico. Oggi ci troviamo di fronte a delle difficoltà nel governare; avrete il nostro voto di fiducia, ma sarebbe stato opportuno attendere settembre per predisporre, in una visione più generale, articolata e adeguata ai problemi del Paese, un provvedimento più confacente alle sfide future (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mellano, anche per avere contenuto i tempi del suo intervento. Ricordo nuovamente, infatti, il vincolo, non formale ma sostanziale, sulla durata degli interventi.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, intervengo dopo aver ascoltato diversi interventi anche dell'opposizione, nei quali si è fatto riferimento ad alcune favole e, in maniera specifica, alla favola della cicala e della formica. Capisco che l'opposizione è brava in questo campo, perché di favole negli ultimi cinque anni ne ha raccontate molte; peccato che le favole che noi amavamo raccontare ai nostri figli per farli addormentare, non abbiano prodotto lo stesso effetto sui cittadini italiani, che non si sono addormentati, ma si sono risvegliati da un incubo e hanno censurato il «raccontatore di favole»!
Intanto la favola della cicala e della formica non mi sembra appropriata, perché nell'odierna discussione si vogliono capovolgere i ruoli. La cicala è colui che disperde l'eventuale patrimonio, la formica è colui che l'accumula, come è stato fatto nel nostro caso. Tale accumulo, realizzato con azioni di governo serie e mirate, deve essere ridistribuito ai cittadini italiani che hanno concorso a formare l'extragettito. Non vorrei che vi fosse un'altra favola, ben più amara, ossia quella del re che si chiudeva nel proprio castello, faceva le feste con i suoi amici e «la» festa ai cittadini. Peccato però che quel re, nella passata legislatura, non si sia accorto che in quella strana monarchia vi era un diverso modo di comportarsi, il voto, quel voto che puniva e penalizzava, ad ogni passaggio elettorale, quella maggioranza che pretendeva di far vivere felici e contenti i cittadini, ma che, invece, felici e contenti non erano, tant'è che abbiamo potuto voltare pagina. Ed oggi ci troviamo in questa sede a discutere di «tesoretto» ed extragettito? Personalmente, tra le varie definizioni mi sembra appropriata quella di «fare tesoro». «Fare tesoro» significa, come noi abbiamo fatto, mettere insieme una ricchezza che è qualcosa da tenere in gran conto e della quale valersene al bisogno. È ciò che stiamo facendo adesso rivolgendo ai cittadini le attenzioni che chiedevano e che meritano. Non si tratta di somme di nostra proprietà, bensì di risorse che abbiamo raccolto anche grazie all'impegno dei cittadini, che hanno compreso un'azione di Governo più seria e rigorosa e che adesso ci apprestiamo a ridistribuire.
La critica che ci viene mossa è quella che tali somme non vengano interamente destinate all'abbattimento del deficit. A mio giudizio, tale critica contrasta con la presenza di emendamenti - sottolineo che in Commissione, solo dall'opposizione, ne sono stati presentati in totale 468 (per la precisione: 301 emendamenti e 167 subemendamenti) - dinanzi ai quali ci accorgevamo che bisognava concedere provvidenze, aiuti e sostegni a categorie di cittadini e a soggetti bisognosi, dei quali in precedenza non ci eravamo accorti. Tali emendamenti proposti dall'opposizione, a mio avviso, contrastano in maniera netta con la questione sollevata in Assemblea, secondo la quale si sarebbe dovuto destinare tutto l'ammontare dell'extragettito alla riduzione del deficit.
Sembra che solo adesso l'opposizione scopra i tanti bisogni di numerosi settori lasciati, purtroppo, soli e abbandonati al loro destino per tanto tempo. Allora, noi del gruppo Popolari-Udeur pensiamo che l'azione economica del Governo debba recuperare la sua finalità sociale. La politicaPag. 57deve, dunque, ristabilire il suo primato sulla tecnocrazia, perché noi qui non discutiamo di numeri astratti, ma di persone fisiche con tutti i loro bisogni, le loro aspettative e i loro diritti. È dovere della politica, pertanto, aiutare i nuclei che stentano ad arrivare a fine mese e c'è bisogno di un sistema di sostegni che possano tradursi in una sorta di bonus fiscale a favore delle famiglie, che rappresentano - è bene ricordarlo - l'ossatura portante del nostro Paese.
A differenza di quanto affermano alcuni oppositori non si è trattato di nuove imposte o di aumento delle imposte, ma semplicemente di pagamento delle imposte. È ovvio che per coloro che fino ad oggi hanno potuto giovarsi di scarsi controlli, di condoni e del lassismo, tale recupero del principio di legalità appare come un appesantimento. In realtà è solo un recupero, in quanto fino ad oggi il peso maggiore è stato accollato agli onesti, ma oggi torna sulle spalle giuste e domani queste entrate potranno servire ad abbassare le aliquote per tutti.
Ora stiamo reinvestando questi fondi a beneficio delle famiglie e delle fasce sociali più deboli e l'obiettivo del gruppo dei Popolari-Udeur è mettere finalmente al centro dello sviluppo, le famiglie, le donne, i giovani, gli anziani ed i disabili. Approfitto di questa occasione anche per ricordare al Governo la necessità di una verifica degli studi di settore, in quanto è questo l'unico modo per riprendere il dialogo con circa i 4 milioni di imprese che erogano il 70 per cento degli stipendi italiani, rispettando quella concertazione fissata nel protocollo firmato a dicembre scorso e disattesa unilateralmente.
Pensiamo che le nostre azioni, anche per fare degli esempi concreti, siano andate nella direzione giusta, in quanto mettere a disposizione somme importanti per le pensioni e i riscatti di laurea costituisce l'adozione di misure, che ormai i cittadini aspettavano da tempo e che non abbiamo voluto procrastinare oltre. Destinare 260 milioni di euro alla lotta all'AIDS - che a nostro avviso è un problema che riguarda tutti e della massima importanza - è un altro impegno che il Governo ha voluto prendere insieme ai 70 milioni di euro per l'edilizia universitaria, ai 40 milioni per rifinanziare il bonus bebè, al Fondo rotativo per l'accesso al credito dei giovani, ai due milioni di euro per contrastare la violenza sulle donne, ai 40 milioni per il Fondo per il servizio civile, ai 700 milioni per investimenti nella rete ferroviaria tradizionale, ai 180 milioni in favore delle supplenze brevi nella scuola. Questo è un parziale elenco delle disposizioni contenute nel Documento di programmazione economica e finanziaria ed è anche la linea di indirizzo, il programma e la direzione che il Governo vuole seguire, in modo che non si ripeta mai che si taglino nastri e si inaugurino opere pubbliche senza il necessario e dovuto sostegno finanziario.
Allora non vogliamo promettere inutilmente né illudere alcuno; ma, solamente agire come si fa in ogni famiglia che, pur con un reddito limitato, ha problemi e difficoltà da affrontare: vale a dire, agire non ponendo tutte le risorse a disposizione del pagamento dei debiti contratti in situazione di difficoltà, ma dando anche la possibilità di continuare a vivere. È questo che vogliamo garantire al popolo italiano e ai cittadini, ovvero una vita normale ed un'esistenza che consenta di fare i conti fino alla fine del mese con delle disponibilità che abbiamo voluto aumentare affinché nessuno abbia a trovarsi nella circostanza di non poter far fronte agli impegni assunti.
Questo è il motivo per cui anche noi del gruppo Popolari-Udeur abbiamo aderito convintamente a questa manovra, che, ringraziando la Commissione per il lavoro svolto (che tutti abbiamo seguito con attenzione), ci siamo impegnati a realizzare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo brevemente per lasciare agli atti della discussione sulle linee generali qualche considerazione in merito alla destinazione del «tesoretto», specie in ordinePag. 58ad alcune osservazioni che spesso ascoltiamo dai colleghi della cosiddetta maggioranza e che abbiamo ascoltato anche in sede di Commissione.
Riteniamo che coloro i quali - primo fra tutti il Governatore della Banca d'Italia, ma anche le istituzioni europee ed internazionali - consigliavano di destinare il «tesoretto» alla riduzione degli interessi sul debito, affermassero un concetto giusto: è chiaro che, se si contrappongono due tesi (aumentare le pensioni ai pensionati che hanno trattamenti più bassi oppure ripianare il debito), è difficile opporsi all'aumento delle pensioni minime. Dobbiamo partire, però, dal presupposto che ridurre il debito - quindi gli interessi sul debito - significa sostanzialmente far risparmiare «lacrime e sangue» ai contribuenti, evitare l'introduzione di maggiori tasse nelle leggi finanziarie ed incrementare un circuito che diventa virtuoso all'interno della finanza pubblica.
L'alternativa, quindi, non è fra il concedere o meno ai pensionati più poveri un incremento delle loro pensioni o il far sparire questi soldi, ma l'obiettivo è evitare di «caricare» i cittadini di tasse e di peggiorare le condizioni economiche di tutti i cittadini - quindi anche di quelli più svantaggiati - attraverso un risanamento progressivo della finanza pubblica ed una riduzione degli interessi sul debito. Occorre, in definitiva, un incremento virtuoso della finanza pubblica, di cui beneficino soprattutto coloro i quali ne hanno più bisogno.
Con riferimento, invece, alla questione previdenziale, qualcuno sostiene che sia stato varato un provvedimento a favore dei giovani. Se vi sono elementi positivi (anche se relativamente tali), come il riscatto della laurea e la possibilità di una totalizzazione dei contributi da parte dei parasubordinati, va comunque detto che a questi ultimi si sta facendo pagare il prezzo del cosiddetto superamento dello scalone. I contributi dagli stessi pagati sono aumentati e viene loro restituito meno di quanto versato: essi, probabilmente, non riceveranno mai la pensione che stanno versando; queste, forse, sono soltanto operazioni di cassa.
Volevamo lasciare agli atti queste considerazioni, perché la demagogia non è bella in generale, ma lo è ancor meno quando la si fa sulla pelle delle nuove generazioni, con un Governo che non ha fiducia in se stesso e che, forse, ha la faccia di chiederla al Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, le misure economiche proposte dal Governo in questi mesi si sono dimostrate del tutto errate, sia nell'articolazione normativa, sia nelle previsioni numeriche e sugli effetti in tema di gettito. Mi riferisco al DPEF del 2006, alla manovra finanziaria e alle misure aventi implicazioni fiscali contenute nei provvedimenti Visco-Bersani: un insieme di prescrizioni il cui unico effetto è stato quello di aver reso la normativa più complessa e il leale rapporto Stato-cittadino più incerto e conflittuale. Questi provvedimenti sono basati sull'errata convinzione che il cittadino sia per definizione un evasore e, in mancanza di norme severe e restrittive ed in molti casi vessatorie, venga meno ai suoi obblighi di contribuente. Questa filosofia che, da anni, si rinviene nei provvedimenti del centrosinistra è del tutto contraria alle logiche di un Governo moderno e ai fondamenti di economia pubblica; essa, in una fase internazionale congiunturalmente favorevole - come quella che stiamo vivendo - invece di lasciar crescere l'economia ha drenato le risorse e ridotto le disponibilità finanziarie, spendibili sia dalle imprese sia dalle famiglie.
Occorreva un'iniezione di fiducia ed aiutare la speranza di miglioramento che anima ogni cittadino: in quest'anno, invece, il Governo di centrosinistra ha operato in senso opposto, frenando l'ansia e il sogno di ciascuno di stare meglio, andare avanti e migliorare.Pag. 59
Si è preferito, secondo un concetto tipico della sinistra, combattere la ricchezza invece della povertà.
Il buongoverno del centrodestra, esercitato anche in anni di stagnazione economica, aveva lasciato il seme della futura crescita, che lentamente si è potuta verificare anche con maggiori entrate nelle casse dello Stato sin dalla fine del 2006, ma che non è stata sostenuta, ed anzi è stata in parte penalizzata, da misure inique, che hanno prodotto un extra prelievo fiscale consistente, che altro non è che l'effetto di un'errata impostazione dei provvedimenti e di una esasperazione fiscale, che ha riportato l'Italia ad una situazione di tassazione generale tra le più alte d'Europa.
Siamo di fronte ad una situazione paradossale, secondo la quale prima si produce un carico fiscale insostenibile e poi si dibatte su come spendere le risorse aggiuntive, senza pensare che esse andrebbero indirizzate verso coloro i quali hanno pagato di più o verso la generalità dei contribuenti, attraverso una riduzione del debito pubblico che grava significativamente sulla massa dei contribuenti.
Questa maggioranza si sta, invece, affannando per distribuire le risorse in modo clientelare. La leva fiscale, oltre ad essere uno strumento di riequilibrio sociale, deve essere sempre considerata come uno strumento per creare ulteriore ricchezza e valore aggiunto. Si deve operare avendo ben chiaro che, superato un certo limite di tassazione, si rischia di cadere nel fenomeno inverso: quello, da condannare sempre e comunque, dell'evasione. Occorre legiferare tenendo ben presente che a percentuali eque di prelievo fiscale la propensione ad evadere diminuisce.
Ciò che è mancato in questi mesi, inoltre, è il coordinamento dei provvedimenti fiscali con una seria e strutturale riforma economica. Viceversa, nella strategia del Governo e della maggioranza prevale una visione di breve periodo. I provvedimenti generali di cui ci siamo occupati in questi mesi, ad esempio quello sulle liberalizzazioni, riguardano piccoli cambiamenti, alcuni dei quali profondamente ingiusti e punitivi verso i contribuenti, altri diretti più a creare propaganda verso i consumatori che a dare un indirizzo chiaro al nostro sistema economico.
Nonostante i proclami di alcuni partiti della maggioranza, con la politica intrapresa da questo Governo, di fatto non si è assicurata né si assicurerà alcuna giustizia sociale, specie per le fasce sociali più deboli, ma si sono creati e si creeranno solo ulteriori disagi ai cittadini, già provati dall'eccessiva pressione fiscale.
Nella sinistra vi è la convinzione che il mercato non debba essere concorrenziale e accessibile a tutti, ma qualcosa di esclusivo per i grandi soggetti economici. Questo è il quadro di riferimento entro cui ci muoviamo e alla luce del quale dobbiamo esprimere valutazioni sul provvedimento avente ad oggetto le disposizioni in materia fiscale collegate all'utilizzo del tesoretto.
Si tratta di una serie di norme scritte sotto il ricatto politico dell'estrema sinistra e che tradiscono anche gli impegni, assunti dall'Italia in sede europea, sull'auspicato costante miglioramento dei conti pubblici. Non meraviglia, quindi, che l'Unione europea, il Fondo monetario internazionale, l'Ecofin e il Governatore della Banca d'Italia abbiano criticato il DPEF e la politica economica dell'Italia.
La spesa pubblica in questi mesi è cresciuta ed ha superato il 50 per cento del PIL, come mai avvenuto negli ultimi anni. Invece di preoccuparsi di ciò, i partiti della maggioranza hanno cercato di spendere le entrate costituenti il tesoretto a favore del loro elettorato di riferimento, secondo una logica distributiva diretta ad ottenere consenso in cambio di qualche regalia e preferendo ciò all'obiettivo del risanamento.
Esaminiamo, però, anche la qualità della spesa. Cosa è previsto nel decreto-legge in esame? Nulla del tesoretto andrà speso per garantire più sicurezza al nostro Paese, anche dopo l'allarme derivante dall'ultima legge finanziaria, che ha previstoPag. 60un drastico taglio degli stanziamenti destinati alla sicurezza, in particolare alle forze dell'ordine.
In Italia, in questi ultimi mesi, anche per colpa della politica del Governo, è cresciuto il numero delle famiglie con figli che vive sotto la soglia di povertà, così come è cresciuto il numero delle famiglie che devono al loro interno farsi carico di anziani, senza ricevere di fatto benefici, anche solo fiscali, dallo Stato.
Di fronte a ciò, è certamente debole e poco risolutivo l'intervento in materia pensionistica previsto all'articolo 5 del decreto-legge in discussione, che, peraltro, personalmente saluto favorevolmente, così come è poca cosa avere istituito un fondo rotativo per favorire l'accesso al credito dei giovani. Si tratta di una disposizione che ha più un sapore di propaganda, sia perché l'importo destinato al fondo è molto basso, sia perché non è ancora chiaro come il fondo stesso funzionerà.
Vorrei muovere alcuni rilievi anche sulle norme fiscali introdotte dal Governo, peraltro soltanto mentre il provvedimento era all'esame della Commissione, in parte bypassando la Commissione stessa. Anche in questo caso occorreva più coraggio. Per esempio, occorreva abolire l'obbligo di allegare un elenco clienti e fornitori.
È stata prevista l'abolizione solo per i soggetti in regime di contabilità semplificata, dimenticando invece le tante imprese presenti in Italia che sono gravate da tale obbligo.
Occorreva più coraggio anche verso le ONLUS: si è detto che un futuro provvedimento del Governo stabilirà modalità e termini per semplificare tutto ciò in favore delle ONLUS, ma non si è detto come.
Mi vorrei soffermare soprattutto sugli studi di settore: in questi mesi il Governo ha scritto sugli studi di settore una brutta pagina. Abbiamo avuto la contestazione di tutte le associazioni di categoria, anche per la mancata concertazione: sappiamo che gli studi di settore dovrebbero essere il frutto di una specifica attività di analisi, che dovrebbe prevedere la fattiva collaborazione delle associazioni di categoria interessate, le uniche capaci di esprimere e di fornire elementi di valutazione e conoscenza alle commissioni di esperti, che poi devono esprimere il parere sugli studi di settore. Invece si sono bypassate le associazioni di categoria, il Governo è stato costretto a prorogare il termine per il pagamento delle imposte, spostandolo dal 18 giugno al 9 luglio, e peraltro lo ha fatto prima annunciandolo sui giornali, poi adottando dei provvedimenti.
La norma inserita nel decreto-legge, però, in tema di indicatori di normalità economica, a mio avviso, contiene anche poco di innovativo: si afferma in esso che gli studi di settore costituiscono delle presunzioni semplici. Ricordo a me stesso che le presunzioni possono essere semplici o legali: le presunzioni legali sono assolute o relative (le prime non ammettono prove contrarie, le seconde consentono che l'interessato provi il contrario di quanto si presume) e poi vi sono le presunzioni semplici (quelle disciplinate dall'articolo 2729 del codice civile, che non sono stabilite dalla legge, ma lasciate alla prudenza del giudice) che devono essere gravi, precise e concordanti.
Ricordo ancora che l'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in tema di accertamento, recita testualmente che l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Questo è il quadro normativo. Già nel citato decreto del Presidente della Repubblica, in sede di accertamento, si afferma che siamo in presenza di presunzioni semplici e, se è vero, com'è vero, che la legge finanziaria per il 2007 ha modificato l'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 - che disciplina le modalità di utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento - e se è vero che l'Agenzia delle entrate ha ribadito che l'intervento normativo ha affermato la valenza probatoria degli studi di settore quali presunzioni relative, dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ritengo che sia errata la circolare dell'Agenzia delle entrate: il fatto stesso che l'Agenzia debba fare riferimento, perPag. 61parlare di presunzione, a requisiti di gravità, precisione e concordanza - che sono gli stessi requisiti che il codice civile richiede per le presunzioni semplici - ci suggerisce che già oggi siamo in presenza di presunzioni semplici.
Quindi, il Governo dovrebbe chiarire se tale norma ha natura soltanto interpretativa o ha invece natura innovativa: ciò è importante, perché vi è contenzioso in Italia ed è appunto importante sapere che fine farà tale contenzioso.
Pertanto, si tratta di un provvedimento che sicuramente non ci soddisfa e sul quale il Governo porrà la questione di fiducia, impedendoci anche di esaminare, votare e spiegare le varie proposte emendative presentate.
Con il decreto-legge in discussione copriamo spese permanenti con entrate non strutturali, e, soprattutto, non operiamo alcuna azione reale di risanamento, ed è un peccato!
Occorre, colleghi, creare sviluppo, avendo il coraggio di ridurre realmente la pressione fiscale. Bisogna avere il coraggio di eliminare i troppi adempimenti burocratici introdotti in quest'ultimo anno e che gravano su imprese e lavoratori. È necessario avere il coraggio di detassare gli straordinari, per rendere più pesanti le buste-paga dei dipendenti, aiutando realmente le famiglie. Occorre avere il coraggio di tagliare drasticamente le spese che gravano sul bilancio dello Stato e iniziare, quindi, una vera e reale azione di risanamento.
L'attuale Governo, così diviso al suo interno, con visioni diverse sui sistemi di valori, non potrà attuare tutto ciò e, per il bene dell'Italia, speriamo vada presto a casa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pegolo. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, mi rendo conto che ormai i tempi rendono impossibile l'intervento di tutti i colleghi, pertanto chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pegolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, innanzitutto vorrei esprimere un apprezzamento non certo retorico al lavoro paziente e tenace svolto come relatore del provvedimento dal collega Di Gioia che ci ha consentito di recuperare alcuni temi che non erano inizialmente all'attenzione del decreto-legge in discussione. Ad esempio, la riforma dei meccanismi di spesa previsti dalla legge n. 488 del 1992 consentirà di mettere a disposizione delle imprese che avranno le caratteristiche necessarie risorse sostanzialmente bloccate.
Premesso tutto ciò devo affermare che, tuttavia, non siamo entusiasti del provvedimento normativo che ci apprestiamo ad approvare attraverso il voto sulla questione di fiducia. Non è un bel decreto-legge, pur essendo nato sotto ottimi auspici come l'annuncio dell'uscita dall'emergenza della finanza pubblica, gli ampi apprezzamenti raccolti in relazione all'aumento delle entrate tributarie (il cosiddetto extragettito), la dichiarazione dell'avvio di un processo di risanamento molto significativo in cui la cura del cosiddetto «tesoretto» sembrava - ed in parte lo è - uno dei segnali più importanti.
Tuttavia, forse anche per l'eccessivo affidamento riposto sulla consistenza di questo «tesoretto», per il clima di rilassamento che il suo stesso annuncio ha determinato ai vari livelli dello Stato e della pubblica amministrazione, per le sollecitazioni che tale annuncio ha determinato in tanti segmenti della società italiana, interessando le varie categorie e corporazioni che ci rappresentano, abbiamo di fronte un provvedimento non particolarmente elegante - per usare, invece, un'espressione elegante nel definirlo - che affastella misure molto diverse e in alcuni casi anche confuse.Pag. 62
Vi sono sicuramente alcune misure giuste e necessarie che hanno tutta la nostra approvazione. Volendo elencare le più importanti, ricordo l'aumento delle pensioni minime, la possibilità di recuperare il valore effettivo delle pensioni in relazione all'andamento del costo della vita almeno fino a cinque volte rispetto al minimo delle pensioni INPS, la possibilità di recupero degli anni di laurea e di ricongiungimento dei vari periodi contributivi soprattutto per i giovani che svolgono lavori discontinui e che si collocano tutt'ora all'interno del cosiddetto secondo mercato del lavoro. Sono tutte misure necessarie.
Tuttavia, vorrei fare a margine della discussione una rapida annotazione che potrà essere utile per il futuro. Sono stati pubblicati studi in ordine all'impatto di queste misure di aumento delle pensioni sul reddito delle famiglie. Tale simulazione compiuta dall'ufficio studi della Banca d'Italia è importante perché mostra che non c'è una coincidenza assoluta tra pensioni basse e povertà. Vi sono fasce di povertà che non coincidono necessariamente con i pensionati di fascia minima e che non coincidono assolutamente neppure con i pensionati in generale. Una politica adeguata di lotta alla povertà dovrebbe avere uno spettro più ampio di attenzione. Richiamo la nostra attenzione anche su tutta la categoria degli invalidi civili non per proporre tout court di adottare provvedimenti uniformi nei confronti della categoria degli invalidi civili, ma perché all'interno di questo mondo c'è sicuramente un'area di povertà da prendere in maggiore considerazione.
Accanto a misure giuste ci sono poi misure necessarie; e considero tali le misure di tipo fiscale inserite con le proposte emendative del Governo durante la seconda fase dei lavori della Commissione Bilancio e delle altre Commissioni chiamate ad esprimere un parere. Ritengo giustificate le norme relative agli immobili e alle auto aziendali, la riformulazione del modo di valutare ed utilizzare i parametri di normalità economica impiegati negli studi settore.
Capisco anche che ci sono alcuni impegni internazionali da rispettare, come quelli relativi al sostegno della campagna mondiale contro l'AIDS o alle nostre presenze militari all'estero, impegni che sono più che giustificati e più che necessari. Considero tali anche le misure adottate per la politica sulla sicurezza relative ai vari corpi di polizia e agli stessi vigili del fuoco. Tuttavia, ci sono una serie di tante altre voci che dimostrano che la «febbre» della nostra spesa pubblica non è stata assolutamente posta sotto controllo.
Le varie voci che vanno sotto il titolo - mi sembra un neologismo, forse l'onorevole Di Gioia può dirmi che non lo è - di disaccantonamento, oppure le voci relative alla rimozione di determinati vincoli di spesa o di riassegnazione o, ancora, l'eliminazione dei tagli previsti ai consumi intermedi sono tutti fattori che, insieme a una miriade di altre piccole voci inserite in questo testo - ad esempio quella, che mi ha colpito, a favore delle supplenze brevi nella scuola -, ci segnalano che, in qualche modo, in forza dell'extragettito, in forza dell'accumularsi di quello che è stato chiamato impropriamente «tesoretto», molti comparti della pubblica amministrazione non sono stati capaci o, forse, non hanno compiuto lo sforzo necessario per restare nei limiti che ci eravamo imposti con la legge finanziaria.
Segnalo tale dato perché voglio porlo su uno sfondo ulteriormente preoccupante: non sappiamo ancora come concluderemo la trattativa sulla modifica, riforma, abolizione o non abolizione del cosiddetto «scalone» pensionistico. Sta di fatto, però, che il rischio che si vada ad una trattativa e ad una conclusione che apra una nuova esigenza di finanziamento pubblico e che, quindi, direttamente o indirettamente, si scarichi poi sull'esigenza di aumento della pressione fiscale e contributiva, non è purtroppo fuori dall'orizzonte delle cose. Ciò è stato segnalato ieri con la lettera al Presidente Prodi da parte della Ministra Bonino, lettera che trova la nostra solidarietà.
Vorrei ancora sottolineare che, tra qualche giorno, cominceremo a discuterePag. 63il Documento di programmazione economico-finanziaria: in esso con grande onestà e grande trasparenza il Ministro dell'economia e delle finanze ci segnala che sussistono 21 miliardi divisi in due categorie, una di spese in qualche modo, per così dire, consuetudinarie - uso un aggettivo improprio ma che ha lo stesso significato di quello utilizzato nel DPEF - e altri 10 miliardi di possibili nuove iniziative (ricordo per tutte la discussione in relazione alla riduzione dell'ICI).
In totale si tratta di 21 miliardi che avrebbero bisogno di una copertura. La copertura si può trovare o deliberando una legge finanziaria con una manovra abbastanza pesante al suo interno, ma ciò viene escluso dal DPEF, oppure attraverso la riforma e la rimodulazione della spesa pubblica storica. Ma attenzione: se i precedenti sono che il decreto-legge in esame allenta i vincoli alla spesa pubblica e che ciò va omesso nella legge finanziaria per quest'anno, non è molto facile prevedere che nella legge finanziaria per l'anno prossimo sarà possibile recuperare almeno 21 miliardi di necessarie nuove spese a spese - scusate il bisticcio di parole - della spesa storica. Quindi, sarebbe necessario coprire 21 miliardi di nuove spese tagliando la spesa storica: non è un'operazione facile, perché, ripeto, anche l'esito del decreto-legge in esame ci conferma che non ci stiamo riuscendo per l'anno in corso. Segnalo tutte queste osservazioni a tutta la nostra maggioranza, al nostro Governo, al Parlamento, perché dobbiamo essere consapevoli che comincia a spirare di nuovo sulla spesa pubblica un venticello che non è rassicurante. Lo segnalo perché abbiamo bisogno di attuare un'operazione di grande verità e di grande trasparenza e dobbiamo andare incontro ad un DPEF e ad una legge finanziaria che non lascino nodi irrisolti che poi, in qualche modo, possono scaricarsi pesantemente sui prossimi mesi e sui prossimi anni. Il problema, collega Crosetto, non è quello di «avvelenare i pozzi»; piuttosto anche questo Governo, come quelli della scorsa legislatura, segnala le difficoltà per il nostro Paese di essere davvero all'altezza degli impegni che pubblicamente ci assumiamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aurisicchio. Ne ha facoltà.

RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, non solo per le responsabilità che ci derivano dall'essere parte della maggioranza che sostiene il Governo, ma soprattutto perché ne condividiamo i presupposti e i contenuti.
Condividiamo, infatti, la scelta di impegnare una parte consistente delle maggiori entrate tributarie nella direzione della spesa e verso il miglioramento delle condizioni di vita degli anziani ultrasessantaquattrenni che si trovano a percepire pensioni sotto la soglia minima. Così come sosteniamo gli interventi a favore dei giovani per il riscatto ai fini pensionistici degli anni di laurea e per il ricongiungimento dei diversi periodi assicurativi. Sosteniamo inoltre gli interventi volti a garantire da parte dell'Italia il pieno assolvimento degli impegni che derivano dalla partecipazione alle missioni di pace e di aiuto umanitario.
Si tratta nell'insieme di un complesso di misure urgenti, volte a dare sostegno ad alcuni settori dell'economia e a sollevare le amministrazioni centrali dello Stato e gli enti locali dalle difficoltà in cui sono venuti a trovarsi a causa dell'eccessiva rigidità della spesa che deriva dai rigorosi criteri stabiliti con la manovra finanziaria dello scorso anno.
Gli stessi presupposti di necessità e di urgenza hanno fatto sì che il decreto-legge in discussione, ad esame già avviato in Commissione bilancio, si arricchisse di ulteriori misure proposte dal Governo, che ne hanno ampliato fortemente i campi di intervento e la portata finanziaria.
Si è provveduto ad estendere a banche ed assicurazioni i benefici relativi al cuneo fiscale, a dare attuazione alla sentenzaPag. 64della Corte di giustizia europea in materia di detraibilità dell'IVA sulle auto e i veicoli aziendali, a dare formalizzazione legislativa al recente accordo intercorso tra il Governo e le organizzazioni dei lavoratori autonomi in materia di valenza probatoria degli studi di settore, che rappresenta un passo in avanti decisivo nella direzione della costruzione di un rapporto più sereno e fiducioso tra amministrazione finanziaria e mondo delle piccole e medie imprese, dell'artigianato e del commercio.
Le aggiunte in corso d'opera, per quanto significative ed importanti, non modificano, tuttavia, l'impostazione originaria del decreto-legge in esame, la sua ragion d'essere, la ragione per la quale era stato emanato, ossia la necessità di stabilire l'ammontare delle maggiori entrate nette - che sono state fissate in 7.403 milioni di euro per il 2007, 10.065 milioni di euro per il 2008 e 10.731 milioni di euro per il 2009 - e deciderne l'utilizzo nell'ambito degli obiettivi di politica economica, che vengono evidenziati dal Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011.
Vi è stato - ed esiste tuttora nel Paese - un acceso dibattito in merito alla destinazione dell'extragettito. Spesso, però, finisce in secondo piano il dato di sostanza, cioè che vi è a disposizione un surplus di risorse finanziarie non per un accadimento miracolistico, ma perché quest'anno il Governo ha condotto una politica e un'azione incisiva sul fronte delle entrate.
È possibile ora discutere della destinazione dell'extragettito perché la linea del rigore e del rifiuto dei condoni non solo non ha depresso l'economia - come avevano strepitato le cassandre liberiste della destra - ma ha prodotto buoni frutti, assicurando un consistente gettito di risorse, che non è episodico e non è contingente, ma ha carattere strutturale, visto che maggiori e più consistenti entrate sono previste anche per i prossimi anni.
Il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo sostiene, su questo fronte, l'azione del Governo e del Ministro Visco. Tuttavia, la battaglia per contrastare efficacemente l'elusione e l'evasione fiscale non può essere considerata conclusa. Essa richiede un'ulteriore intensificazione degli sforzi, perché nel nostro Paese l'economia sommersa è consistente e nettamente superiore alla media degli altri Paesi europei.
Per la prima volta, dopo molti anni, non si è resa necessaria una manovra correttiva dei conti in corso d'esercizio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 14,30)

RAFFAELE AURISICCHIO. La manovra dello scorso anno ha consentito di rimettere a posto i conti e di ricostituire l'equilibrio finanziario dello Stato dopo che esso era stato fortemente compromesso nei cinque anni di Governo della destra. Altro che formica e cicala!
Agli italiani sono stati chiesti consistenti sacrifici ed è stato chiesto di pazientare per l'avvio di incisive politiche per lo sviluppo e l'equità sociale. Adesso, tuttavia, non si poteva ulteriormente eludere il tema di far camminare assieme, con la stessa intensità, risanamento, equità e sviluppo. Avrebbe significato accettare la politica dei due tempi: subito il risanamento e chissà quando l'equità e lo sviluppo, fino a perdere ogni incisività riformatrice.
Non è possibile ragionare in astratto, senza fare riferimenti alla situazione oggettiva in cui versano tanti cittadini e tanti lavoratori. Non è possibile dimenticare che nel nostro Paese si è accumulato un grande disagio sociale, con uno stato di sofferenza di larghe fasce di popolazione, che vivono sotto la soglia di povertà e che non riescono a reggere i ritmi del costo della vita.
Esistono un disagio e una sofferenza forti nel mondo del lavoro dipendente, dei pensionati e dei giovani precari, senza futuro e senza diritti. Nel nostro Paese ci sono una cronica insufficienza degli interventi a favore dell'innovazione, della ricerca, della scuola e dell'università e una cronica inadeguatezza della dotazione infrastrutturale, che si è aggravata negli anniPag. 65di Governo della destra, che mette a rischio la capacità competitiva della nostra economia.
Il Governo di centrosinistra come avrebbe potuto rimanere insensibile alle attese che provengono dal Paese ed evitare di dare prime e puntuali risposte? Pertanto, ha fatto bene il Governo a sottrarsi alle pressioni dei grandi poteri economici e mediatici e a rifiutarsi di sottostare alle indicazioni degli organismi finanziari dell'Unione europea di destinare l'intero extragettito al risanamento dei conti. Sarebbe stata una scelta sbagliata sul piano sociale e, nello stesso tempo, foriera di rischi per la crescita della nostra economia, che è sostenuta per lo più dalla ripresa della domanda interna e dei consumi delle famiglie.
Dopo anni di stagnazione, infatti, l'Italia è tornata a crescere e i conti sono tornati in equilibrio. Con il DPEF dello scorso anno era stato stabilito di portare il deficit al 2,8 per cento del PIL. Pur decidendo di destinare alla spesa per lo sviluppo e l'equità sociale 4.131 milioni di euro, per l'anno 2007 il deficit si è stabilizzato al 2,5 per cento. Si tratta, per l'Italia, di un traguardo migliore di quello prefissato.
Invece no! I sacerdoti del rigore, i guardiani del rispetto assoluto dei parametri europei di bilancio, sono in campo a sentenziare che non è sufficiente destinare tutto l'extragettito al risanamento, oltre ad una nuova e ulteriore manovra di una decina di miliardi di euro per portare nel 2008 il deficit all' 1,4 per cento del prodotto interno lordo.
Il rischio concreto sarebbe quello di deprimere la ripresa in atto e realizzare il risanamento a prezzo di un vero e proprio deserto sociale. Il Governo con il provvedimento in discussione e con l'impostazione data al DPEF ha scelto una strada diversa, destinando alla spesa 4.131 milioni di euro e scegliendo di non praticare alcuna manovra correttiva per il 2008.
Si tratta di una linea appropriata e prudente, che trova il pieno consenso di Sinistra democratica, per niente avventurista perché l'Italia rimane abbondantemente dentro il percorso concordato in sede europea, anzi realizza una accelerazione rispetto a quanto concordato e sottoscritto dal Governo Berlusconi nel 2005. Ci troviamo all'interno del processo di azzeramento del deficit entro il 2011, ma abbiamo scelto di raggiungere tale obiettivo attraverso una strada più compatibile con la situazione italiana e maggiormente realistica, tenendo conto delle condizioni economiche e sociali esistenti nel nostro Paese e considerando altresì il grande sforzo di aggiustamento strutturale già effettuato nell'anno scorso con la legge finanziaria per l'anno 2007.
Il corposo contenuto del provvedimento in discussione e gli interventi che realizza sul fronte della spesa in termini di equità e sviluppo costituiscono un tassello significativo della seconda fase dell'azione di Governo, che finalmente inizia ad evidenziarsi.
Provvedimenti per la crescita del potere di acquisto dei ceti deboli, piena operatività del cuneo fiscale anche per la parte relativa ai lavoratori dipendenti, accordo con gli autonomi sugli studi di settore, firma del contratto per il pubblico impiego e nuovo contratto per gli statali, assunzione dei precari nella pubblica amministrazione e, in particolare, nella scuola, provvedimenti per le liberalizzazioni in economia, approvazione al Senato della legge sulla giustizia per evitare l'entrata in vigore della controriforma Castelli, accordo con le parti sociali per l'aumento delle pensioni minime: un percorso sufficientemente delineato nella direzione dell'attuazione di un organico disegno riformatore che tuttavia, per essere compiuto e pienamente avvertito dal Paese, richiede che si concluda positivamente la trattativa con il sindacato relativa all'età pensionabile e al superamento dello scalone. Si tratta di un impegno preso con gli elettori e di un punto decisivo, per tanti aspetti simbolico, per affermare che i diritti e la vita delle persone restano indipendenti rispetto alla compatibilità finanziaria.
Giungere al più presto ad un soddisfacente accordo senza rinvii a settembre sarebbe un segnale importante verso ilPag. 66mondo del lavoro dipendente, sempre chiamato a farsi carico della necessità del Paese senza reali contropartite.
Sarebbe un successo importante dell'azione del Governo nella sua interezza. Altro che cedimento alla sinistra e ai sindacati, come ha affermato qualche bizzoso Ministro interessato a partecipare al torneo dei volenterosi e dei coraggiosi!
Il Governo vada davanti e respinga il ricatto di chi vuole contrapporre gli anziani ai giovani, le pensioni alla lotta al precariato. Serve un accordo sulle pensioni e serve il superamento della legge n. 30 del 2003 per ridare dignità e diritti all'insieme del mondo del lavoro dipendente.
Il lavoro svolto in Commissione bilancio è stato positivo, perché ha consentito di migliorare e ampliare l'impianto del provvedimento. Per tale motivo anch'io voglio ringraziare il relatore e il presidente della Commissione e voglio anche dare atto all'opposizione di un atteggiamento, tutto sommato, positivo.
I miglioramenti cui hanno concorso tutte le forze della maggioranza sono stati significativi in diversi settori, che per esigenze di brevità non enumero. Cito solo l'aumento delle disponibilità per i comuni e l'aumento del fondo per la sicurezza per fare fronte ad esigenze oggettive in questo campo sull'intero territorio nazionale.
Concludendo il gruppo della Sinistra Democratica condivide le misure proposte ed è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono le 14,35. Come sapete alle 15, anzi, un po' prima, dobbiamo sospendere i nostri lavori per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. Ci sono ancora due colleghi iscritti a parlare, l'onorevole Leo e l'onorevole Del Bono: ci auguriamo che riescano a rientrare nei tempi previsti. In caso contrario, l'intervento che non dovesse essere svolto e le eventuali repliche del relatore e del Governo sarebbero rinviati dopo il question time. Comunque, speriamo di riuscire a concludere prima.
È iscritto a parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione, così sarò diligente.

PRESIDENTE. Secondo il Regolamento, lei ha il diritto di parlare per 30 minuti, ma mi rimetto al suo buon cuore.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, sicuramente non mi avvarrò di tutto il tempo a mia disposizione.
Il decreto-legge che stiamo esaminando rappresenta una delle più brutte pagine della storia parlamentare italiana. Il provvedimento originariamente si componeva di misure per il cosiddetto extra gettito o «tesoretto», a favore delle categorie svantaggiate (pensionati, eccetera), ma strada facendo si è arricchito di una serie di altre disposizioni, in particolare di norme fiscali che erano racchiuse in un altro provvedimento, ossia nel disegno di legge S. 1485 all'esame del Senato.
Sono note a tutti le vicende del provvedimento appena menzionato perché, per un incidente di percorso, un emendamento ha stravolto l'impostazione originaria, per cui si è dovuto abbandonare l'esame al Senato e il testo è stato trasferito alla Camera.
Tale testo presenta dei profili di illegittimità. Innanzitutto, vi sarebbero da muovere rilievi di ordine costituzionale, perché su una stessa materia esistono due provvedimenti attualmente vigenti, il decreto-legge sul cuneo fiscale, il cui termine di sessanta giorni non è ancora spirato, e sulla stessa identica materia si va a disporre ora con l'emendamento governativo.
Quindi, da questo punto di vista il provvedimento è incostituzionale, come ci insegna una recente sentenza della Corte costituzionale. Il rammarico è che non abbiamo potuto eccepire questa incostituzionalità in quanto ci è stato detto che erano spirati i termini per sollevare la questione pregiudiziale di costituzionalità.Pag. 67Ciò deve far riflettere anche la Presidenza di questa Assemblea, perché una situazione anomala di questo tipo sarebbe da sottoporre nuovamente alla Giunta per il Regolamento.
Non è possibile che quando il Governo interviene con un emendamento e sconvolge l'assetto originario del provvedimento non si possa promuovere una questione pregiudiziale di costituzionalità, anche se il provvedimento è del tutto innovativo rispetto al testo originario. Questo è il primo rilievo da muovere.
Il secondo rilievo riguarda le ammissibilità: mi sembra che vi sia stata una gestione un po' disinvolta al riguardo, perché, relativamente a un provvedimento che nulla aveva a che vedere con disposizioni fiscali, sono state ritenute ammissibili delle norme che nulla avevano a che vedere con il disegno di legge originario e, tra l'altro, sono stati concessi dei termini per presentare subemendamenti. I lavori, quindi, non sono stati condotti secondo la prassi che doveva essere seguita.
Ma al di là di queste valutazioni di carattere preliminare, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi su quello che è avvenuto in materia fiscale. Le norme fiscali sono a dir poco sorprendenti: abbiamo norme in materia di ammortamento terreni e fabbricati, che intervengono in un momento successivo all'effettuazione dei versamenti delle imposte del 2006. È come se si dicesse che nell'anno successivo si debbono applicare delle disposizioni con effetto retroattivo: è una situazione a dir poco sconvolgente! Non so come si saranno comportati i professionisti, i dottori commercialisti e i ragionieri quando hanno saputo che i versamenti che avevano eseguito non erano corretti, perché si poteva effettuare un'ulteriore deduzione con effetto dal 2006.
Che dire degli studi di settore? Tutti stanno dicendo che è stato ottenuto un grande risultato al riguardo, ma ad oggi non si è ancora capito come funzionano le presunzioni in materia. Non si sa se sono presunzioni relative o semplici. L'Agenzia delle entrate e le note tecniche che accompagnano il provvedimento ci dicono che siamo in presenza - per gli studi di settore, non per gli indici di normalità economica - di una presunzione relativa, con inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. Questo non c'è nella legge, però lo si afferma.
Si dice che gli indicatori di normalità economica rappresentino una presunzione semplice, grave, precisa e concordante. Non so come si possa gestire una materia così delicata, che interessa oltre il 99 per cento delle imprese italiane. Si genererà solo un contenzioso enorme e nessuno potrà gestire in modo puntuale la vicenda.
C'è poi il discorso delle auto aziendali: la vicenda è a dir poco risibile! Si è intervenuti quattro o cinque volte sulle auto aziendali. Addirittura, nell'emendamento si dice che c'è la possibilità di effettuare una deduzione relativamente al 2006 sul versamento del secondo acconto a novembre del 2007. Mi chiedo: se un'impresa ha cessato la sua attività al 31 dicembre 2007, da quale acconto va a scomputare queste somme, visto che non è tenuta al pagamento di nessun acconto?
Chi ha redatto l'emendamento non si è dato nemmeno carico di disciplinare le ipotesi di rimborso per soggetti che non svolgono più attività nel 2007. Pensate a coloro i quali debbono fare le dichiarazioni dei redditi per questi contribuenti: hanno chiuso i conti nel 2006 e ora debbono ricalcolare nel 2007, in sede di acconto, tutte le auto aziendali per dare la possibilità di dedurre queste costi.
Ritenete possibile che dei commercialisti e dei professionisti si mettano a rifare tutti questi conteggi due o tre volte? In realtà, queste operazioni sono state fatte due o tre volte nel corso dell'anno; lo scenario che sto dipingendo, quindi, non è dei più rosei.
Poi abbiamo la vicenda del cuneo fiscale. Si dice che per il cuneo fiscale abbiamo dato dei benefici alle banche e alle assicurazioni. Ma vogliamo parlare delle utilities? Non c'è nessuna norma di legge che estenda l'agevolazione alle utilities: è verosimile che se questi soggetti promuovono un giudizio dinanzi alla Corte di giustizia, al 100 per cento si sentirannoPag. 68dire che si tratta di un aiuto di Stato e, quindi, potrà venir meno l'agevolazione non solo per le banche e le assicurazioni, ma anche per le imprese industriali (la sentenza Strada Asfalti per le auto aziendali docet). La situazione è a dir poco risibile, perché basta che una utilities promuova un contenzioso dinanzi alla Corte di giustizia e avrà sicuramente ragione.
Non solo, quindi, non si dà il beneficio, ma tutti i benefici fruiti rischiano la ripetibilità, in base agli articoli 87 e 88 del Trattato di Roma che disciplinano gli aiuti di Stato.
Infine, passo alla vicenda di questi giorni, di queste ore: su Il Sole 24 ore di oggi è riportata la polemica in atto sulle holding industriali. Per queste ultime non si sa come si determini la base imponibile, si dice che le holding industriali possono dedurre gli interessi passivi mettendo al numeratore e al denominatore del pro-rata di deducibilità le partecipazioni. Tale previsione non è contemplata nella norma di legge, però attraverso comunicati stampa a dir poco avventurosi il Ministero dell'economia e delle finanze afferma cose che non esistono nell'ordinamento. Ormai la legislazione, le disposizioni normative sono diventate optional, ognuno dice quel che meglio crede. È possibile che il sistema fiscale, che dovrebbe essere gestito in modo trasparente, in modo chiaro per tutti, venga invece gestito in questo modo? È possibile che ci si affidi a comunicati stampa? I contribuenti non sanno come pagare le imposte! Ma che segno stiamo dando, che situazione stiamo rappresentando sugli scenari europei e internazionali? Stiamo facendo vedere che siamo in presenza di un Paese che non sa quali sono gli obiettivi da raggiungere in materia fiscale!
Mi auguro chi ci siano atti di «ravvedimento operoso» da parte del Governo, che il Governo si muova, capisca la situazione difficile che gli è stata evidenziata non solo nelle aule parlamentari, ma anche da parte di ordini professionali, delle categorie, e capisca che il sistema fiscale è un sistema fondamentale del nostro scenario economico, e lo affronti con serietà e con capacità. Sono elementi che, purtroppo, in queste ore non abbiamo potuto riscontrare e la cui mancanza sta facendo fare grandi passi indietro al sistema Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, il gruppo dell'Ulivo voterà con grande convinzione a favore della conversione in legge di questo decreto-legge, perché il suo contenuto va esattamente nella direzione che la maggioranza di Governo si era prefissata. Non c'è da parte della politica del Governo solo la capacità di destinare la grande maggioranza della parte fondamentale dell'extragettito per abbattere il deficit, ma anche il sapiente utilizzo di una parte di queste risorse per fare politiche per lo sviluppo e politiche di equità sociale.
Nel decreto-legge la cui conversione è in esame ci sono infatti segnali non ambigui, che vanno nelle direzioni attese dal Paese: da quelle, ovviamente, per un rafforzamento della politica dello sviluppo e dell'investimento in Italia, cioè la riattivazione di quanto previsto dalla legge n. 488 del 1992, con le risorse che sono stanziate e con le altre che verranno determinate, oltre due miliardi e 300 milioni sul 2007, alla riattivazione - finalmente - dei contratti di area, molti dei quali si erano sostanzialmente bloccati e vengono ora riassegnati al CIPE, fino ad arrivare alle norme che riguardano la sicurezza del nostro Paese, in modo particolare quelle inerenti le risorse di cui la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e i Vigili del fuoco avevano necessità per garantire i servizi ai cittadini.
Ma è altrettanto importante verificare, come il DPEF afferma, se la crescita nel nostro Paese è determinata anche dall'aumento dei consumi delle famiglie; e ciò, in previsione, è anche il nostro obiettivo, ossia aumentare il potere di acquisto dei cittadini italiani, delle famiglie, dei pensionati. Non è un caso che parte fondamentale del provvedimento in esame riPag. 69guarda appunto la materia pensionistica. Siamo di fronte ad incrementi tutt'altro che banali, si tratta di 262 euro per il 2007, una tantum (ma soprattutto si pensi alle cifre stanziate per il 2008, da 336 a 504 euro annuali per i pensionati, ovviamente in base ai contributi versati, perché l'attenzione del Governo è stata anche quella di premiare maggiormente i lavoratori, i pensionati che hanno versato i contributi). Si tratta di incrementi tutt'altro che irrilevanti e che avranno un effetto ulteriore di crescita della fiducia e di aumento del potere d'acquisto, e segneranno anche un punto favore della crescita dell'economia. Non è stato fatto solo questo, c'è anche la volontà di garantire un regime fiscale, soprattutto per il 2007, di sostanziale neutralità, e che permette ovviamente di rendere complete e piene le risorse che vengono stanziate.
C'è un altro punto che da molto tempo veniva atteso dai pensionati, ossia l'indice di rivalutazione automatica per le fasce con trattamenti pensionistici tra tre e cinque volte il trattamento minimo dell'INPS.
Si tratta di una rivalutazione del 100 per cento dell'indice ISTAT. Peraltro, se poniamo mente al dibattito che si sviluppò nel corso della campagna elettorale dello scorso anno, ci ricorderemo bene che proprio questo fu uno dei punti centrali delle discussioni e delle promesse che vennero allora fatte, non solo da noi ma anche dal centrodestra.
Credo si debba soprattutto sottolineare un cambio di passo sul tema della riforma pensionistica: non vi è dubbio, infatti, che questo decreto-legge fa il paio con l'accordo, che è ormai imminente, fra il Governo e le parti sociali per il superamento dello «scalone» e l'innalzamento graduale dell'età pensionabile, e quindi per l'introduzione di principi di equità nel sistema pensionistico. In proposito, va detto che si è fatto grande spreco di parole sul fatto che i giovani vengono tutelati solo quando il sistema pensionistico è in equilibrio; non è vero: i giovani non vengono tutelati solo quando il sistema è in equilibrio, vengono tutelati anche quando si adoperano misure concrete e risorse per rendere il sistema non dico più generoso, ma più corretto nei confronti delle nuove generazioni. Queste risorse non saranno moltissime, ma occorre dire che abbiamo stanziato un fondo per il finanziamento di 267 milioni per il 2008, 234 milioni per il 2009, fino ad arrivare, a regime, a 200 milioni nel 2010. Abbiamo stanziato dunque oltre 700 milioni di euro proprio per venire incontro all'esigenza oggettiva costituita non solo dall'equità del sistema, ma anche dalla capacità di intervenire direttamente sui punti di debolezza riguardo ai giovani: i giovani che hanno lavori discontinui e per i quali varrà il sistema contributivo puro; i giovani che non hanno la possibilità, se le norme non cambiano, di ricongiungere i contributi ovunque questi ultimi siano stati versati. Pensiamo dunque a meccanismi quali la contribuzione figurativa (che riguarda non solo i giovani ma anche le donne) e il riscatto degli anni di laurea: per molti anni questi meccanismi sono stati richiesti e sono stati oggetto di promesse; oggi, con questo decreto-legge essi divengono fatti reali, atti e risorse stanziate.
Credo che la dimensione complessiva delle risorse dell'extragettito che sono state utilizzate da questo decreto-legge vada nella direzione che avevamo chiesto: vi è un di più di equità, di sviluppo, di capacità da parte del nostro Governo non solo di avere come stella polare il mantenimento della salute dei conti pubblici, ma anche la necessità di parlare direttamente ai cittadini italiani e alle nuove generazioni, che guardano a questo Governo ancora con fiducia. Ciò perché abbiamo dietro le spalle un Governo, quello che ha fatto la riforma Maroni, che delle giovani generazioni non si è affatto interessato; ed è incredibile che il centrodestra sviluppi tutta la propria polemica sul fatto che cioè noi «scasseremmo» il sistema, ossia colpiremmo le nuove generazioni, quando invece abbiamo esattamente la preoccupazione opposta. Il decreto-legge al nostro esame testimonia esattamente la preoccupazione opposta, che guarda non soloPag. 70all'equilibrio del sistema, ma anche a misure concrete per rispondere alle attese delle nuove generazioni.
Per queste ragioni, lo ripeto, il gruppo L'Ulivo sostiene fortemente questo decreto-legge, che cambia anche il passo del rapporto fra il Governo ed il Paese, e che avrà sicuramente effetti positivi, innescando una fiducia assai importante non solo per la maggioranza di Governo, ma soprattutto per le attese di tutti cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Di Gioia.

LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, intendo semplicemente dire che quest'oggi vi è stato un dibattito estremamente interessante sul decreto-legge al nostro esame. Ovviamente, vi sarebbe la necessità di rispondere, per fare in modo di capire quali sono gli interventi che il Governo ha posto alla nostra attenzione, che sono comunque positivi, ma mi riserverò naturalmente di farlo in altra circostanza.
Voglio ringraziare tutta la Commissione bilancio - sia l'opposizione sia la maggioranza - che ha fornito un contributo notevole a migliorare il testo del decreto-legge al nostro esame; desidero, inoltre, ringraziare il presidente della Commissione, i funzionari, nonché il sottosegretario Lettieri, in rappresentanza del Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente rispetto gli impegni e, ovviamente, la tempistica concordata mi impedisce di dare risposte puntuali ad ogni singolo deputato intervenuto, al quale va, comunque, il mio ringraziamento. Il dibattito svoltosi, in primo luogo in Commissione, è stato elevato e proficuo. Devo ringraziare - e ovviamente concordo con la sua relazione - il relatore, onorevole Di Gioia, ed il presidente della Commissione, ma devo dire che il testo del Governo è stato integrato anche a seguito del contributo venuto da parte dei rappresentanti dei vari gruppi, compresi quelli dell'opposizione.
All'opposizione, i cui rappresentanti sono intervenuti in quest'aula con discorsi molto elevati e puntuali su alcune questioni, dico che il Governo è attento e certamente non irresponsabile. Il provvedimento al nostro esame mira a rispettare il programma che il Governo stesso ha presentato in quest'Assemblea. Attraverso la manovra finanziaria abbiamo intrapreso il risanamento, rimettendo a posto i conti, ora bisogna intervenire a sostegno della equità sociale, delle fasce più deboli, degli anziani - ai quali garantiamo un minimo di aumento delle pensioni più basse - e dei giovani (a riprova della nostra attenzione nei loro confronti, sono stati testé citati i provvedimenti dal collega Delbono). Pertanto, non vi è irresponsabilità da parte del Governo, che ha pensato anche a correggere alcune norme relative agli studi di settore, per prestare attenzione agli artigiani, ai commercianti e ai liberi professionisti, il cui ruolo è certamente importante e significativo per l'economia italiana. Quindi, non si registra alcuno spreco di risorse, né vogliamo «fare festa», come qualcuno ha detto (mi auguro, anzi, che qualcuno possa essere un po' più soddisfatto).
Dobbiamo sconfiggere il pessimismo esasperato emerso negli interventi di alcuni colleghi dell'opposizione, nella convinzione che l'Italia, il nostro Paese, possa davvero farcela e che, se ce la farà, ciò significherà che avremo un Paese più sviluppato, ma anche più giusto.

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PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 14,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della pubblica istruzione, il Ministro della giustizia, il Ministro dei trasporti, il Ministro della solidarietà sociale e il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.

(Bilancio del programma di Governo in materia di liberalizzazioni - n. 3-01098)

PRESIDENTE. Il deputato Sanga ha facoltà di illustrare, per un minuto, l'interrogazione Lulli n. 3-01098, concernente il bilancio del programma di Governo in materia di liberalizzazioni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, signor Ministro, nell'arco dell'anno il Governo e il Parlamento hanno approvato importanti provvedimenti nell'interesse dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. Sto parlando delle liberalizzazioni, che gli italiani oggi conoscono bene per l'impatto che hanno avuto sui bilanci dei consumatori e delle aziende. Con tali provvedimenti si è favorita la competitività del sistema economico, la crescita del Paese; si sono rimosse incrostazioni, ridotte procedure e adempimenti inutili. Inoltre, si è semplificata la vita di ogni giorno e sono stati abbattuti i costi per i cittadini, le famiglie e le imprese. A tal proposito, si pensi solo a ciò che è avvenuto nell'ambito del sistema bancario, assicurativo e dei servizi più in generale.
Signor Presidente, vorrei chiedere al ministro Bersani un primo bilancio concreto di tali provvedimenti, ma soprattutto come pensa di muoversi in prospettiva sul tema delle liberalizzazioni.

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, un anno fa abbiamo presentato il primo pacchetto con un decreto-legge che è stato convertito; sei mesi fa ne abbiamo presentato un secondo, che pure è stato convertito dal Parlamento. Si tratta di 30 misure che coinvolgono all'incirca la totalità dei servizi, in termini di liberalizzazioni e di vantaggi per i consumatori. Abbiamo cominciato a misurarne gli effetti, calcolando le prime cinque misure più rilevanti, quelle che sono state immediatamente applicate, e possiamo ritenere che il vantaggio per i consumatori sia stato fra i 2,4 e i 2,8 miliardi di euro.
Le altre misure si stanno progressivamente applicando, con problemi - basti pensare all'universo dei temi che riguardano, per esempio, il sistema bancario - ma anche risultati di grande efficacia. Attualmente, il 65 per cento degli incidenti stradali viene risolto con un rimborso in 40 giorni e senza contenzioso, solo per fare uno dei tanti possibili esempi.
Si è registrato anche un altro risultato nel campo dell'inflazione. Tali misure hanno infatti consentito, per la prima volta dopo molti mesi, di riallineare il tasso di inflazione italiana a quello europeo, essendo emersa una tendenza alla riduzione dello stesso, che procede in direzione opposta rispetto alla tendenza europea. Come gli interroganti sanno, è in discussione in Parlamento - gli onorevoli parlamentari che hanno presentato l'interrogazione hanno partecipato molto attivamente a tale iniziativa legislativa - laPag. 72cosiddetta «lenzuolata», ovvero 55 articoli che contengono rilevantissime misure a favore del consumatore (tale normativa è stata già approvata della Camera e se ne attende l'approvazione al Senato).
Noi contiamo sul fatto che vi sia una sollecita approvazione anche di queste misure. Nell'insieme vi sono altri sette provvedimenti, sottoposti all'esame del Parlamento che riguardano le liberalizzazioni e gli interessi dei consumatori; a tale proposito, contiamo su una sollecita attenzione da parte del Parlamento e dell'opinione pubblica. Il risultato è che, durante questo primo anno di Governo, abbiamo iniziato a rimettere un po' di soldi nelle tasche degli italiani attraverso risparmi concreti; abbiamo consentito ai giovani di muoversi meglio nell'esercizio dei mestieri e delle professioni e fatto in modo che il cittadino consumatore non sia considerato un suddito, laddove consuma e si avvale dei diritti riconosciutigli in qualità di consumatore. Vi è ancora moltissimo da fare, ma quel che mi preme dire è che non vi è uno stallo, come risulta da molti commenti apparsi sui giornali; vi sono operazioni in corso nel contesto di un'azione politica difficile, ma molto innovativa. Il Parlamento sta dando una mano al Governo e spero che la dia sempre di più.

PRESIDENTE. Il deputato Lulli ha facoltà di replicare.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta che il Ministro Bersani ci ha fornito. Anch'io auspico che il complesso dei decreti-legge posti all'attenzione del Parlamento da parte del Consiglio dei ministri sia presto convertito in legge. Ciò è molto importante e ritengo si tratti - mi permetto di sottolinearlo - di uno degli aspetti che il Governo e la maggioranza farebbero meglio a valorizzare maggiormente, perché testimonia la grande fiducia che noi riponiamo nelle italiane e negli italiani. Sappiamo bene che, se riusciremo a spezzare i tanti feudi e i tanti orticelli, ai quali molti sono affezionati, il Paese sarà ancora in grado di crescere civilmente e qualitativamente, nonché di dare una prospettiva giusta alle giovani generazioni.
Vorrei dire che, tra l'altro, sono state intraprese alcune iniziative nella direzione indicata dal Ministro Bersani in relazione all'inflazione, perché mi preme sottolineare che anche i costi bancari hanno iniziato a ridursi, benché il sistema bancario rappresenti ancora un problema piuttosto complesso nei confronti delle imprese (soprattutto di quelle piccole) e le famiglie. Quindi, dobbiamo trarre da questo aspetto maggiore forza e maggiore convinzione per andare avanti, anche sul piano delle semplificazioni. In questo processo di liberalizzazione ne abbiamo inserite molte e ne vorrei citare una per tutte: l'abolizione degli adempimenti a tutela della privacy, che gravano sulle imprese fino a 15 dipendenti...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA LULLI. ...perché sappiamo che ciò comporta grandi difficoltà nella vita quotidiana e su questo terreno siamo impegnati ad andare avanti, ribadendo la nostra fiducia nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Interventi in relazione alla crisi dell'azienda Richard Ginori - n. 3-01099)

PRESIDENTE. Il deputato Mario Ricci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01099, concernente interventi in relazione alla crisi dell'azienda Richard Ginori (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

MARIO RICCI. Signor Presidente, signor Ministro, gli interroganti, nonché i lavoratori e le lavoratrici della Richard Ginori sono molto attenti e curiosi di conoscere la risposta alla nostra interrogazione, perché le prospettive di salvataggio e di rilancio dell'azienda più antica e prestigiosa d'Europa con il marchio della porcellana, com'è la Richard Ginori, dipendono anche dal percorso delle relazioniPag. 73avviate dal Ministero in questa sede rappresentato, delle quali vogliamo anche dare atto.
Sappiamo bene che, nel mese di luglio, sono intervenuti altri incontri con le organizzazioni sindacali; chiediamo, inoltre, al Governo solerzia e continuità, affinché, attraverso tale tavolo di relazioni, si riesca a individuare una soluzione di fuoriuscita dalla crisi finanziaria dell'azienda Richard Ginori e della casa madre Pagnossin. Noi vorremmo ricordare e sottolineare che il marchio Richard Ginori rappresenta un gioiello della manifattura made in Italy...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO RICCI. ...e perciò la vertenza non va relegata nel contesto locale, perché sono in gioco trecento posti di lavoro.

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, abbiamo preso atto della grave situazione e di questa grave vertenza. Come Ministero ed avvalendoci dell'attività svolta dal sottosegretario Gianni, ci siamo interessati alla vertenza e, a parte le questioni di natura giudiziale di cui fa cenno anche la sua interrogazione, abbiamo preso atto, nelle riunioni, dell'intenzione della finanziaria Starfin di procedere alla ricapitalizzazione della Richard Ginori. La finanziaria svizzera, durante gli incontri, si era dichiarata disponibile a sottoscrivere interamente l'aumento di capitale a condizione di acquisire, a seguito dell'operazione, la maggioranza della società, previa verifica dello stato patrimoniale.
In queste ore abbiamo notizie di un certo ripensamento da parte della Starfin che, probabilmente, vuol porre nuove condizioni. Comunque, siamo impegnatissimi a considerare tale ripensamento e a continuare il dialogo. Voglio sottolineare che, in ogni caso - e anche questa mi sembra un'affermazione importante - intendiamo portare avanti iniziative che, comunque, evitino il fallimento di questa società.
In ordine alla questione degli omessi versamenti IVA, la società non aveva provveduto a versare quanto richiesto nei termini di 60 giorni dalla data di notifica delle cartelle e ha presentato, prima dell'inizio della procedura, un'istanza di rateizzazione. Tale istanza è stata accolta da parte degli uffici delle finanze di Firenze Tre. La legge subordina la concessione della rateizzazione alle prestazioni di polizze fideiussorie e di fideiussioni bancarie, quindi, ottemperando a quanto disposto dalla previsione normativa, l'azienda potrà beneficiare della rateizzazione degli importi iscritti a ruolo fino a un massimo di 60 rate mensili.

PRESIDENTE. Il deputato Mario Ricci ha facoltà di replicare.

MARIO RICCI. Signor Presidente, prendiamo positivamente atto delle posizioni e delle relazioni intraprese dal Ministero dello sviluppo economico in ordine alla vicenda della Richard Ginori, che rappresenta lo specchio di come, anche nel nostro Paese, il sistema di organizzazione della produzione, in relazione soprattutto ad una prevalente valutazione di carattere finanziario, il mercato e l'impresa costituiscano il paradigma che scandisce, in ordine di importanza, tempi, luoghi e forme del processo produttivo.
Lei sa meglio di me che, nella vicenda specifica della Richard Ginori, vi è stata la volontà delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e delle lavoratrici di impegnarsi nel rilancio del processo produttivo, tant'è che l'azienda, nonostante le sue traversie finanziarie per responsabilità diretta dei proprietari del management, ha aumentato il fatturato e presenta un portafoglio di ordini di notevole consistenza, che garantisce ad essa ancora un raccordo sui mercati internazionali per la storicità di questo marchio.
Invitiamo, dunque, il Governo a perseverare nel traguardare l'obiettivo di un rilancio, anche attraverso la forma che lei ha ultimamente indicato, ed evitare ilPag. 74fallimento. Quest'ultimo rappresenta la condizione, per i proprietari attuali, di portare avanti un'operazione speculativa e finanziaria sulle aree, mentre occorre conseguire, invece, l'obiettivo di un rilancio produttivo industriale di un marchio storico come la Richard Ginori. La ringraziamo e daremo tutto il nostro sostegno, affinché tale obiettivo sia perseguito.

(Orientamenti del Governo sulla riattivazione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992 a favore delle aziende che operano nel sud Italia - n. 3-01100)

PRESIDENTE. Il deputato Fundarò ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01100, concernente orientamenti del Governo sulla riattivazione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992 a favore delle aziende che operano nel sud Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

MASSIMO SAVERIO ENNIO FUNDARÒ. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la legge n. 488 del 1992 ha rappresentato un significativo strumento di supporto e di incentivo per le aziende del sud Italia, contribuendo così alla crescita complessiva dell'economia del Mezzogiorno. Il bilancio di questa legge, però, non è costituito solo da luci, ma anche da ombre, in considerazione delle quali il Governo si è imposto una pausa di riflessione e anche una rivisitazione complessiva delle misure agevolative nei confronti del sud Italia.
Chiedo al Ministro quali provvedimenti intenda adottare per il rilancio di tali misure e se rispondano a verità le anticipazioni giornalistiche, che individuano nei nuovi contratti di programma il nuovo strumento di intervento prioritario nel settore.

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, la legge n. 488 del 1992 resta il principale strumento di sostegno agli investimenti attivati nelle cosiddette aree depresse. I documenti, a tal proposito, parlano chiaro: si parla del 16,4 per cento delle agevolazioni concesse, previsto dalla legge n. 488, nonché del 24 per cento degli investimenti attivati.
Solo nel 2006 i bandi chiusi al 31 dicembre hanno consentito la concessione di 1 miliardo e 700 milioni di euro per l'attivazione di investimenti per oltre cinque miliardi di euro. Tuttavia, come sosteneva l'interrogante, vi sono anche le ombre. Il controllo che abbiamo attivato presso il Ministero, anche in collaborazione con la Guardia di finanza, ha individuato in alcuni casi la presenza di irregolarità, che hanno determinato la concessione di agevolazioni in tutto o in parte non dovute. Abbiamo, quindi posto un'adeguata attenzione su tali casi e, in ragione delle patologie riscontrate, abbiamo pensato di introdurre alcune significative modifiche, che troveranno spazio in una proposta emendativa che il Governo sta apportando al cosiddetto «tesoretto» (in ordine alle nuove normative in materia finanziaria), al fine di semplificare, da un lato, e accelerare, dall'altro, la chiusura delle iniziative in atto e di individuare nuove modalità di attuazione della misura, che privilegino le iniziative più competitive e innovative, assicurando un miglior controllo e monitoraggio.
È necessaria una collaborazione da parte del sistema bancario che credo non vorrà negarla: queste norme, pertanto, possono consentirci di accelerare e migliorare la situazione nei prossimi mesi.
Quanto alle prospettive di una riorganizzazione del sistema degli incentivi, stiamo procedendo, alla luce del disegno di legge «Industria 2015», ad una complessiva riconsiderazione del nostro programma di politica industriale, della quale avremo modo di discutere ancora con il Parlamento e che dovrebbe, in sostanza, privilegiare le iniziative a sostegno dell'innovazione, quelle a carattere automatico ePag. 75quelle affidate ad un fondo di finanza di impresa, che possa far da sponda rispetto alle esigenze finanziarie del sistema delle piccole e medie imprese. Andrà riconsiderata, altresì, la prospettiva della legge n. 488: avremo modo, però, di approfondire nel dettaglio le nostre nuove proposte, trattandosi di tematiche complesse.

PRESIDENTE. Il deputato Fundarò ha facoltà di replicare per due minuti.

MASSIMO SAVERIO ENNIO FUNDARÒ. Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione che il Ministro intende procedere speditamente all'individuazione delle nuove misure ed al loro affinamento. Ritengo che i nuovi contratti di programma - che rappresentano una forma di sostegno e di sviluppo sostenibile del territorio dal basso, attraverso la concertazione fra le imprese private e le amministrazioni locali (e da qui deriva la cosiddetta programmazione negoziata) - proprio perché prevedono la concessione di incentivi sotto forma di contributi a fondo perduto e di finanziamenti agevolati, possano rappresentare un formidabile strumento per rilanciare l'economia del sud, soprattutto se indirizzati in settori nevralgici. Mi riferisco al settore agro-industriale (attraverso la valorizzazione e la commercializzazione dei nostri prodotti tipici agricoli), a quello dell'industria (attraverso la produzione delle energie rinnovabili) ed a quello del turismo (attraverso la valorizzazione dei nostri beni architettonici, paesaggistici e culturali).
Ciò potrebbe contribuire ad arrestare il flusso migratorio di migliaia di giovani del sud, che in questi ultimi anni non si è interrotto e che, a mio giudizio, sta impoverendo fortemente la struttura sociale e la classe dirigente di intere regioni del nostro Paese. La situazione è inaccettabile: credo, pertanto, che tali misure, che mi auguro siano adottate al più presto, possano contribuire ad invertire la tendenza.

(Orientamenti del Governo in campo energetico, con particolare riferimento all'ipotesi di sviluppo del nucleare - n. 3-01101)

PRESIDENTE. Il deputato Nucara ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01101, concernente orientamenti del Governo in campo energetico, con particolare riferimento alle ipotesi di sviluppo del nucleare (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, signor Ministro, l'Italia consuma il 2 per cento del petrolio che viene consumato in un anno in tutto il mondo; ha una dipendenza energetica dall'estero e, in particolare, quella da idrocarburi è pari all'80 per cento.
I black out estivi degli anni passati potrebbero ripetersi, perché, per fortuna, le condizioni di vita delle zone più povere del Mezzogiorno migliorano e l'uso di frigoriferi e di condizionatori avanzerà. Avremo, quindi, bisogno di una maggiore quantità di energia, malgrado l'incentivo a risparmiare. La nostra politica estera non può essere condizionata né tanto meno subordinata all'approvvigionamento di combustibili, si tratti di petrolio o di altro.
Il Paese deve avere indipendenza energetica, come il resto dei Paesi europei. Dire no al nucleare potrebbe significare compromissione della nostra indipendenza. Non vi saranno le guerre risorgimentali, ma la subordinazione dell'Italia ai Paesi produttori di petrolio.

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Nel primo giorno di vita di questo Governo, nel primo Consiglio dei ministri, abbiamo approvato un disegno di legge sul completamento della liberalizzazione del mercato dell'elettricità e del gas ed il rilancio delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico. TalePag. 76disegno di legge è ancora in discussione al Senato. Nel frattempo abbiamo adottato diversi strumenti per intervenire.
Da ultimo, è stato varato il decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, che accompagna gli utenti verso la totale apertura del mercato elettrico dal 1o luglio. Anche con la legge finanziaria 2007 abbiamo introdotto misure per il sostegno delle fonti rinnovabili e il risparmio energetico. Inoltre, ci siamo impegnati a livello europeo e stiamo predisponendo un piano d'azione sull'efficienza energetica, per rispondere ai nuovi obiettivi dell'Unione Europea per il 2020. Stiamo cercando accordi con diversi Paesi (Russia, Algeria, Tunisia, Qatar, Turchia, Grecia e Albania) per migliorare l'infrastrutturazione e consentirci un approvvigionamento più sicuro e più abbondante, anche per far diminuire i prezzi.
Quanto al nucleare, al di là delle diverse opinioni che possono esservi sul tema, avanzo in particolare una riflessione di tipo economico, concernente la difficoltà di integrare un'ipotesi nucleare nel mercato elettrico, tenuto conto degli elevati costi di investimento, delle difficoltà prevedibili di localizzazione, dei lunghi tempi di realizzazione degli impianti e dell'irrisolto problema delle scorie, compreso il relativo deposito.
Credo sia buona cosa togliere dal dibattito ideologico questo tema e cominciare a fare le cose pratiche che possiamo fare. La prima cosa pratica era che finalmente dopo anni di stasi cominciassimo ad essere adempienti sul tema dei residui del nucleare, realizzando il deposito di superficie. Abbiamo concluso recentemente un accordo con la Francia per il trattamento dei rifiuti e intendo attivare una procedura per l'individuazione di un deposito di superficie, perché se non riusciamo a trattare i rifiuti nucleari, diventa impensabile ragionare sul tema del nucleare.
La seconda questione riguarda la partecipazione italiana ai nuovi progetti di ricerca sul nucleare di nuova generazione. Stiamo stringendo accordi con la Francia e, in particolare, con gli Stati Uniti. Spero che vadano a buon fine entro l'anno, per partecipare alle più avanzate ricerche sul nucleare di quarta generazione.
Ritengo che il modo di procedere, se si vuole pragmatico, sia questo, cioè considerare che in Italia, in questo momento, un piano nucleare non ha fondamenti economici. Occorre attrezzarsi, invece, per rimanere dentro l'evoluzione tecnica e scientifica di questo settore.

PRESIDENTE. Il deputato Nucara ha facoltà di replicare.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, il Ministro risponde solo parzialmente al quesito. Certamente l'interrogante non pretendeva che domani mattina fosse adottato un decreto-legge che desse avvio al nucleare, ma voleva sapere se vi è l'idea di procedere in quella direzione. Su questo punto, il Ministro è stato poco chiaro. In realtà, il problema del nucleare e delle scorie esiste nel nostro come negli altri Paesi europei, come la Francia, che lo ha risolto.
Basterebbe utilizzare le tecnologie che si utilizzano in Francia per sapere come risolvere il problema delle scorie, perché in Francia lo risolvono.
Il fatto che importiamo energia nucleare dalla Francia, dalla Slovenia e da altri Paesi europei, forse ci dovrebbe indurre a dire che non dovremmo più importare energia nucleare da questi Paesi, perché il problema delle scorie sarebbe un problema europeo e non più italiano. Invece ci accontentiamo.
Considerato che lei, Ministro Bersani, è il Ministro dello sviluppo economico, mi rivolgo a lei per sapere come si può sviluppare il nostro Paese, se il costo di un kilowattora in Italia è di 5,6 centesimi, in Gran Bretagna di 3,9 centesimi, in Spagna di 3,6 centesimi, in Francia di 3,3 centesimi, in Germania di 2,7 centesimi.
Se questi sono i dati, non è il problema del costo del lavoro che tiene fermo il nostro Paese, ma è il problema dell'energia: non possiamo ambire ad uno sviluppo economico ordinato nel nostro Paese, fin quando non risolveremo il problema dell'energia.Pag. 77E certamente non lo risolveremo con il fotovoltaico o con l'eolico, che sono palliativi che non servono ad uno sviluppo industriale di un Paese come l'Italia, che è una potenza industriale. Lo è sempre di meno, per nostra sfortuna, ma vorremmo che si allineasse con i Paesi europei sulla produzione di energia. Mi auguro che il Governo, nel futuro, ci possa ripensare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).

(Problematiche relative all'innalzamento dell'obbligo di istruzione scolastica a sedici anni - n. 3-01102)

PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01102, concernente problematiche relative all'innalzamento dell'obbligo di istruzione scolastica a sedici anni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, mi rivolgo al Ministro della pubblica istruzione, in modo particolare, per il problema dell'innalzamento dell'obbligo scolastico a sedici anni, che è stato stabilito dall'articolo 1, comma 622, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).
Il successivo comma 624 riguarda il modo di provvedere all'innalzamento di tale obbligo secondo quanto stabilito dall'articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che prevedeva di realizzarlo attraverso corsi sperimentali di istruzione e formazione professionale regionali.
Poiché la legge stabilisce che, dopo due anni di questa sperimentazione, si arriverà ad un decreto del Ministro della pubblica istruzione per provvedere a tale innalzamento, chiedo al signor Ministro che cosa intenda fare, attraverso questo decreto, in termini di formazione dei docenti.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, l'onorevole interrogante sa bene che l'introduzione, nel nostro ordinamento, dell'obbligo di istruzione afferisce ad una straordinaria opportunità che abbiamo non solo per aumentare la consapevolezza, le conoscenze e le competenze dei nostri ragazzi, ma anche per combattere quella piaga del nostro Paese rappresentata dalla dispersione scolastica che - non dimentichiamocelo mai - è il vero ed unico doppio canale che esiste, quando un ragazzo, anzi, un ragazzo e mezzo su tre, viene disperso, non arrivando né ad una qualifica né ad un diploma.
L'articolo 1, comma 624, della legge finanziaria per il 2007 prevede che, fino all'entrata a regime dell'obbligo di istruzione, detto obbligo possa essere svolto anche nei percorsi sperimentali di formazione triennale, avviati in alcune regioni del nostro Paese. Come prevede l'articolo 1, comma 622, della citata legge finanziaria per il 2007, ho emanato un decreto di natura regolamentare - attualmente all'esame del Consiglio di Stato - in cui viene definito, per la prima volta, in termini di competenze e di saperi, per assi e per aree, ciò che i nostri ragazzi, prescindendo dalle scuole che frequentano e dai luoghi dove svolgono l'obbligo di istruzione, devono tutti raggiungere.
Credo sia un passo avanti significativo, perché se anche il decreto regolamentare non individua modifiche dei curriculum e dei singoli indirizzi scolastici, fornisce però, per la prima volta, alle nostre scuole e ai luoghi che si occupano di istruzione, l'opportunità di lavorare per definire competenze comuni a tutti i ragazzi.
Tali competenze e saperi sono stati definiti in via sperimentale e si attueranno nei due prossimi anni, entro l'anno scolastico 2009-2010, mi auguro seguendo il percorso individuato dall'articolo 1, comma 622, della legge n. 296 del 2066,Pag. 78che prevede, di concerto con le regioni, di individuare non solo l'andamento definitivo dell'obbligo di istruzione ma anche i progetti e i percorsi che possano consentire di realizzare un abbattimento della dispersione scolastica.
Per quanto concerne le risorse, saranno emanate apposite linee guida riguardanti l'orientamento dei ragazzi e le loro famiglie, il sostegno alle istituzioni scolastiche, la formazione del personale docente, per la quale abbiamo previsto un ulteriore stanziamento di 20 milioni di euro rispetto agli anni precedenti, un'azione di monitoraggio, di valutazione e di sostegno da parte dell'Invalsi appositamente sostenuta e l'individuazione di risorse aggiuntive non inferiori ai 15 milioni di euro, che possano consentire di espletare in questa fase di prima attuazione anche quella ricerca sperimentale di progetti e di percorsi che abbattano la dispersione scolastica non ricorrendo mai più a quel proliferare di indirizzi e di studi delle scuole medie superiori che hanno fino ad oggi provocato soltanto un'anomalia rispetto al sistema di istruzione europeo e che vanno ridotti rispetto a quelli attuali.

PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di replicare.

NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per le indicazioni che fornisce e che corrispondono all'esigenza di deliberare all'interno della scuola e con gli organi scolastici questa parte importante della lotta contro la dispersione scolastica. Ritengo che la decisione sulla formazione dei docenti abbia una particolare importanza, perché tutte le ricerche e tutte le inchieste dimostrano che uno degli elementi che ha portato ad un abbassamento del livello medio dei giovani che escono dalle scuola va individuato proprio in un certo scollamento che si è verificato negli anni scorsi nella formazione dei docenti. A mio avviso bisogna stabilire un percorso chiaro, seguito dal Ministro e che vada in questa direzione.

(Iniziative in relazione all'insolvenza del Ministero della giustizia con riguardo alla fornitura di servizi e alla locazione di strutture - n. 3-01103)

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01103, concernente iniziative in relazione all'insolvenza del Ministero della giustizia con riguardo alla fornitura di servizi e alla locazione di strutture (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6 ).

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Ministro, nei giorni scorsi il giornale La Stampa di Torino evidenziava la situazione gravissima del carcere Le Vallette: il direttore manifestava grande preoccupazione per il fatto che da ben tre anni il Ministero della giustizia non riusciva a pagare le bollette dell'acqua alla società concessionaria del servizio. L'arretrato nel pagamento delle bollette superava di gran lunga il milione di euro e ciò provocava una grande situazione di incertezza.
Lei conosce, signor Ministro, i problemi di questo tipo, e non sono tutti imputabili al suo anno di gestione del Ministero, ma una buona parte deriva dal passato. È però altrettanto evidente che i bilanci di previsione devono avere la capacità di sostenere le spese obbligatorie. In questo senso insisto per avere da lei delle risposte puntuali, e richiamo la sua attenzione sugli atti di sindacato ispettivo che ho già presentato al riguardo.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, proverò a rispondere all'onorevole Buemi, premettendo che dal 2002 al 2006 le risorse per la gestione del servizio giustizia sono diminuite del 51,22 per cento. Ha ragione lei, quindi, quando afferma che non appartiene alla mia gestione la diminuzione che è avvenuta. Gli stanziamenti destinati ai capitoli di spesa dei consumi intermediPag. 79sono passati dai 343 milioni di euro del 2002 ai 168 milioni di euro del 2006. La diminuzione delle risorse assegnate ha aumentato il debito del mio Ministero e di conseguenza l'esposizione debitoria del capitolo di spesa 1761, su cui gravano anche i consumi idrici della casa circondariale delle Vallette di Torino.
Con la legge finanziaria per il 2007 è stato istituito un fondo per il funzionamento del Ministero della giustizia, con una dotazione annuale di 200 milioni di euro per il 2007, il 2008 e il 2009, e una quota di tale fondo, pari a circa 71 milioni di euro, è stata destinata all'amministrazione penitenziaria, e di essa circa 47 milioni sono stati destinati proprio al ripianamento del capitolo di spesa 1761. Nonostante ciò, devo dirle che solo il 30 per cento dei debiti è stato estinto.
Per quanto riguarda le sedi della prefettura, della questura e della caserma Bergia di Torino, il Ministro dell'interno ha comunicato che la provincia è la proprietaria degli immobili e che il canone di locazione della sede della prefettura risulta regolarmente pagato. Quanto alla caserma Bergia, per la quale è in corso la stipula del contratto di locazione, sono state corrisposte le indennità di occupazione extracontrattuale maturate fino al 31 dicembre 2006 e sono stati accreditati gli importi relativi al 2007. Lo stesso è avvenuto per quanto riguarda la questura.
Per quanto concerne i profili di carattere generale di stretta pertinenza della mia amministrazione, faccio presente che sono i comuni - come lei sa - ad essere tenuti, a norma di legge, al pagamento dei costi relativi alle pigioni, alla manutenzione, all'illuminazione, al riscaldamento ed alla custodia di locali adibiti ad uso di giustizia. Le spese affrontate annualmente per tale causale sono parzialmente rimborsate attraverso un contributo economico dell'amministrazione statale. Negli ultimi due anni il contributo per il rendiconto 2002-2003 ha coperto il 95 per cento delle spese effettivamente affrontate dal comune. Tale contributo è spesso corrisposto in ritardo per ragioni fisiologiche. Proprio per porre rimedio alle difficoltà dei comuni nei pagamenti, è stata prevista nel 1998 la corresponsione del contributo in due rate: la prima, pari al 70 per cento dell'ultimo contributo erogato, viene pagata in acconto all'inizio di ciascun esercizio finanziario; la seconda, a saldo, è corrisposta entro il 30 settembre di ciascun anno. Tale strumento, anche se non ha risolto definitivamente il problema dei ritardi nel calcolo e nella corresponsione dei contributi, ha tuttavia ridotto notevolmente l'esposizione dei comuni, consentendo di anticipare il pagamento della maggior parte delle somme da loro dovute.
In conclusione posso garantire che mi adopererò - se anche il Parlamento contribuirà al riguardo - per ottenere lo stanziamento di nuovi fondi rispetto a quelli già assegnati al Ministero della giustizia dalla legge finanziaria per il 2007, in modo tale da permettere un più puntuale pagamento delle spese, così come è auspicato anche dal collega Buemi.

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di replicare.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per la puntuale risposta, e devo dire che ho presentato l'interrogazione in esame certamente per avere le risposte che lei mi ha dato, ma anche per porre, con un minimo di preavviso, i problemi che affronteremo nella stesura del bilancio di previsione per il 2008.
È evidente, infatti, che in quella sede dovremo tutti insieme fare uno sforzo per correggere le storture. Intendo inoltre far riferimento, per completare il quadro di questa situazione critica, all'audizione, che si è svolta ieri presso la I Commissione, del comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il quale ha rilevato che la criticità relativa ai conti del Viminale riguarda in particolare le missioni di polizia giudiziaria, l'energia elettrica ed il riscaldamento. In materia di spese obbligatorie - i contratti di fornitura rappresentano spese obbligatorie, come quelle relative al personale - non vi è la facoltà di non prevedere: è obbligatorio prevedere il pagamentoPag. 80delle forniture, in quanto non si tratta di spese facoltative.
Pertanto - lo dico non al Ministro Mastella, ma al Ministro della giustizia - il Ministero della giustizia, ovvero l'organizzazione che sovraintende alla giustizia nel nostro Paese, non può essere credibile nei confronti dei cittadini chiamati in tribunale, oppure nei confronti di quelli cui viene tolta l'erogazione di un servizio se non pagano le bollette, se i primi a non pagare sono il Ministero della giustizia o dell'interno, o ancora altri ministeri, i quali spesso dimenticano che hanno degli obblighi nei confronti degli altri enti locali, delle aziende fornitrici di servizi, pubbliche o private, o dei privati cittadini fornitori.
Credo che dobbiamo ripristinare la legalità non soltanto in materia penale, signor Ministro, ma anche in materia civile, perché vi sono obblighi contrattuali che dobbiamo rispettare prima di tutto noi, che siamo lo Stato.

(Misure in materia di sicurezza stradale, con particolare riferimento all'istituzione di un'agenzia nazionale per la sicurezza stradale - n. 3-01104)

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01104, concernente misure in materia di sicurezza stradale, con particolare riferimento all'istituzione di un'agenzia nazionale per la sicurezza stradale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor Ministro, la strage - come purtroppo tutti sappiamo e lei ancor di più - continua. Sulle nostre strade si continua a morire, e purtroppo si tratta di una tragica consuetudine che si registra e non dell'emergenza degli ultimi giorni, come qualcuno vuol far credere. Quindici, diciassette morti ogni giorno è purtroppo la triste media di questo nostro Paese.
Si tratta di intervenire in maniera decisa di fronte ad una tragedia nazionale rispetto alla quale non si possono continuare ad usare strumenti ordinari. Proponiamo, dunque, al Governo - non solo in questa occasione: lo abbiamo già fatto anche in occasione della discussione sulla questione di fiducia - che venga istituito un organismo (un'agenzia nazionale, un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio: decida il Governo quale forma usare) che abbia, così come il dipartimento per la protezione civile, poteri straordinari di coordinamento di tutte le realtà locali e centrali che si occupano della materia. Diversamente, continueremo a sentire i pianti del giorno dopo, le idee più diverse nel Governo, nel Parlamento, nel Paese di fronte ad una tragedia che non si arresta.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Fabris.

MAURO FABRIS. Questa è la nostra proposta. Vogliamo sapere dal Governo quale sia la sua idea in proposito.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, nel rispondere alla domanda degli onorevoli interroganti parto dal presupposto, che gli stessi hanno evidenziato, che la situazione dell'incidentalità stradale nel nostro Paese ha assunto, come i dati dimostrano, il carattere di una vera e propria emergenza nazionale, anche se devo far presente che ancora non esistono dati ufficiali relativi al 2007 e che l'andamento fa pensare ad un numero complessivo su base annua tra 5 mila e 6 mila.
Nell'ambito del problema generale che investe aspetti e cause diverse, quello relativo alla guida in stato di ubriachezza o di alterazione psicofisica da stupefacenti rappresenta uno di quelli più gravi e in costante aumento. Ciò detto, proprio al fine di contrastare nel modo più efficace il fenomeno nella sua interezza, il Governo ha presentato un disegno di legge sullaPag. 81sicurezza stradale che la Camera ha approvato il 27 giugno scorso e che prevede un deciso inasprimento delle sanzioni. Il disegno di legge in questione ha iniziato oggi il suo iter nella Commissione trasporti del Senato, nell'auspicio - credo comune a tutti - che possa essere definitivamente approvato prima della pausa estiva. Contemporaneamente, il Ministero dei trasporti ha avviato una serie di azioni tendenti ad aumentare il numero dei controlli sulla strada e a sostenere campagne informative dirette soprattutto ai giovani. A tal fine, sta impegnando progressivamente la somma di 6 milioni di euro, come era stato richiesto in un ordine del giorno approvato alla Camera a conclusione del voto sul richiamato disegno di legge. In particolare, fin dalle prossime settimane si avvierà una campagna informativa e si procederà, in parallelo, all'acquisto di attrezzature tecniche, tipo etilometri, da fornire alle forze dell'ordine che operano sulla strada. Il che consentirà nelle nostre stime di aumentare i controlli specifici sui livelli alcolemici dagli attuali 200 mila all'anno a un milione e mezzo all'anno.
Per quanto riguarda, infine, il richiamo all'agenzia nazionale sulla sicurezza stradale, si tratta di un'iniziativa di sicuro interesse che mi riservo di vagliare attentamente con gli onorevoli proponenti anche alla luce della recente istituzione presso il Ministero dei trasporti di una direzione generale di sicurezza stradale.

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di replicare.

MAURO FABRIS. Signor Ministro, la ringrazio perché lei continua a dimostrare una sensibilità certamente condivisibile rispetto alla questione dell'incidentalità stradale; una tragedia che ormai tocca tutte le famiglie italiane.
Devo dire grazie anche al Governo perché, diversamente da quello dei cinque anni precedenti, nell'ultima legge finanziaria ha rifinanziato il piano per la sicurezza stradale il quale non disponeva di alcuna risorsa. Tale misura ci aiuta senz'altro ad intraprendere le azioni che il Ministro ha poc'anzi indicato. Però, signor Ministro, a mio avviso, bisognerebbe essere più determinati al fine di fare, in questo momento di grande sensibilità, politica e sociale, qualcosa di più. Sono necessari, pertanto, più fondi per la Polizia di Stato, come prevedeva l'ordine del giorno approvato qualche settimana fa qui alla Camera. Tale ordine del giorno impegna il Governo, entro il 31 agosto, a destinare almeno un terzo di questi fondi all'incremento dei controlli in tema di sicurezza stradale.
Spero che il Senato, nella sua autonomia, approvi in fretta ciò che abbiamo già approvato in questo ramo del Parlamento, soprattutto per quanto riguarda l'inasprimento delle pene. Se ci sono cambiamenti da apportare, nella riforma del codice questi potranno essere introdotti. L'importante adesso è rendere subito effettive le norme dure contro chi guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti.
Occorre anche, signor Ministro, adottare strumenti straordinari. Ciò dipende da una volontà politica. Penso sarebbe un elemento di grande qualificazione per questo Governo se si volesse istituire, come è già avvenuto in altri Paesi europei, un ente, un'agenzia, un dipartimento della Presidenza del Consiglio che riassuma in sé, in questa materia, tutti i poteri.
La carenza di dati a cui lei si richiamava è dovuta anche alla mancanza di una legge che obblighi tutti i comuni a fornire dati in tema di decurtazione dei punti sulla patente o di guida pericolosa. Tale situazione rende difficile, anche ad uno strumento efficace, come è stata all'inizio la cosiddetta patente a punti, esplicare effetti positivi.
Si tratta, dunque, di trovare strumenti efficaci, di non limitarci...

PRESIDENTE. Deputato Fabris, deve concludere.

MAURO FABRIS. ...ai pianti del giorno dopo. In questo senso, mi auguro che la sua azione trovi solidarietà nel Governo, perché ritengo che ciò che lei ha fatto, in questo ramo del Parlamento, abbia già trovato una risposta positiva.

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(Iniziative per una campagna di informazione e prevenzione da realizzarsi nelle scuole e nei principali luoghi di aggregazione dei giovani sui rischi nella circolazione stradale connessi all'assunzione di alcool - n. 3-01105)

PRESIDENTE. Il deputato Tassone ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-01105, concernente iniziative per una campagna di informazione e prevenzione da realizzarsi nelle scuole e nei principali luoghi di aggregazione dei giovani sui rischi nella circolazione stradale connessi all'assunzione di alcool (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signor Ministro, come ha potuto osservare anche dal titolo di questa interrogazione a risposta immediata, poniamo l'accento su tali drammi che oggi sono all'attenzione dell'opinione pubblica, purtroppo, in termini molto rapsodici. Le attenzioni, infatti, sono limitate ad un periodo in cui accadono fatti tragici, per poi ripiombare nel silenzio e nell'anonimato, quando non accadono fatti eclatanti, né vi sono comportamenti reattivi da parte di tutti noi.
Vi è un disegno di legge che prevede l'inasprimento delle sanzioni, ma non credo che sia esaustivo. C'è bisogno di una mobilitazione generale. Signor Ministro, lei sa che più volte ho posto l'accento sulla sicurezza stradale, che non può essere semplicemente una materia limitata alla competenza del Ministero dei trasporti - che la sta affrontando con estrema dignità - ma deve coinvolgere tutto il Paese e il Governo nel suo complesso. È necessario, altresì, operare una scelta sul piano culturale.

PRESIDENTE. Deputato Tassone, deve concludere.

MARIO TASSONE. Nel dibattito svoltosi sul disegno di legge citato sono emerse alcune resistenze antiproibizionistiche, per quanto riguarda la droga e, soprattutto...

PRESIDENTE. La prego, deputato Tassone, deve concludere.

MARIO TASSONE. ...su alcune situazioni di mantenimento e di tutela di interessi legati alla sicurezza stradale.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, con riferimento a quanto richiesto dagli onorevoli interroganti, vorrei far rilevare, innanzitutto, che l'European transport safety council non ha bocciato tout court il nostro Paese in materia di sicurezza stradale. Ha dato atto, infatti, che tra il 2001 e il 2005 vi è stata una diminuzione degli incidenti stradali di circa il 18 per cento - dovuta prevalentemente al provvedimento noto come «patente a punti» -; tuttavia, ha fatto rilevare che nel nostro Paese si conducono pochi controlli, per quanto riguarda i tassi alcolemici, l'uso del casco e delle cinture di sicurezza.
Convengo con quanto esposto dagli onorevoli interroganti in premessa; in particolare sulla necessità che la questione degli incidenti stradali, pur tenendo conto della particolare gravità e drammaticità di alcuni eventi, vada affrontata quotidianamente, poiché in molte e diverse fattispecie si verificano ogni giorno incidenti gravi, anche se non così tragici.
In secondo luogo, convengo sulla necessità di rivolgere particolare attenzione alle fasce giovanili - e aggiungerei - in combinazione con la guida di motocicli, che continuano a determinare una crescita esponenziale degli incidenti più pericolosi, in controtendenza con l'andamento generale.
In terzo luogo, convengo sull'inderogabile necessità di accrescere in quantità e qualità i controlli sulla strada. Ciò premesso, accanto all'introduzione di misure più severe per la guida in stato di ubriachezza, contenute nel disegno di legge approvato, qui alla Camera dei deputati, il 27 giugno scorso, le iniziative che chiedonoPag. 83gli onorevoli interroganti - di sensibilizzazione, prevenzione ed educazione sui rischi connessi all'assunzione dell'alcool nei confronti dei giovani - sono già state avviate dal Ministero dei trasporti, sia nell'ambito del terzo Programma nazionale sulla sicurezza stradale, sia nel rispetto dell'impegno, già richiamato, per il recepimento dell'ordine del giorno della Camera sull'impegno di sei milioni di euro per tali campagne, che verranno attuate già nelle prossime settimane.
Quanto infine ai controlli, essi sono ad oggi, nel primo semestre del 2007, già arrivati a duecentomila e, entro la fine dell'anno, saranno moltiplicati per cinque - probabilmente fino a un milione e mezzo - grazie alla dotazione che il Ministero dei trasporti sta predisponendo, per le forze dell'ordine sulla strada, di attrezzature di ultima generazione e, in particolare, di etilometri.

PRESIDENTE. Il deputato Barbieri, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, signor Ministro, di buone intenzioni - come lei ben sa - è lastricata la via dell'inferno. Faccio fatica ad affermare che non condivido quanto lei ha sostenuto. È necessario, tuttavia, signor Ministro, passare dalle parole ai fatti.
Come pone in evidenza l'interrogazione a risposta immediata Volontè ed altri n. 3-01105, vi sono alcune questioni a cui non si sta ponendo, nel modo più assoluto, rimedio (anche se, poi, può darsi che lei ne abbia l'intenzione). È chiaro che, laddove non vi è un efficace rafforzamento della presenza della polizia stradale sulle strade, non si è in grado di evitare gli eventi a cui lei faceva riferimento. È necessario che il Governo tiri fuori i quattrini da destinare alla sicurezza sulle strade.
Signor Ministro, per quanto riguarda i dati da noi citati (e che lei conosce a memoria) relativi al 2005 - vale a dire 5400 morti sulle strade - mi rifaccio ad un'immagine molto bella, resa dall'UDC dell'Emilia Romagna in un manifesto in cui si diceva agli emiliano-romagnoli che in un anno vi sono stati più morti per incidenti stradali di quanti soldati americani siano morti in Iraq dal marzo del 2003 ad oggi. Ho fatto riferimento a tale immagine perché si deve avere consapevolezza che questa è una guerra, non dichiarata, ma è una guerra, a fronte della quale bisogna assumere atteggiamenti forti!
Signor Ministro, da questo punto di vista sarebbe utile una risposta concreta del Governo, sua, del Ministro Mastella, perché non è bello (mi rivolgo a lei, che legge i giornali come me) che quella gente che ha ammazzato i ragazzi sulle strade (non mi interessa se extracomunitari o italiani), dopo due mesi...

PRESIDENTE. Deputato Barbieri, la prego di concludere.

EMERENZIO BARBIERI. ...dopo due mesi, possa passarci davanti mentre si passeggia in città. Quindi, poche parole e molti fatti (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

(Iniziative per una campagna di informazione e prevenzione sulla sicurezza stradale e per l'inasprimento delle sanzioni in relazione a violazioni del codice della strada - n. 3-01106)

PRESIDENTE. Il deputato Pini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01106, concernente iniziative per una campagna di informazione e prevenzione sulla sicurezza stradale e per l'inasprimento delle sanzioni in relazione a violazioni del codice della strada (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

GIANLUCA PINI. Signor Ministro, non scadrò nella demagogia - non me ne vogliano per questo i colleghi dell'UDC - del discorso «è una guerra o non è una guerra». Sappiamo che vi sono stragi sulle strade, che lei ha citato anzitempo - datoPag. 84che vi sono state altre interrogazioni - un disegno di legge approvato da questo ramo del Parlamento, che adesso è approdato al Senato e che doveva svolgere una funzione deterrente che, tuttavia, non ha avuto assolutamente.
Come lei ha avuto modo di dire attraverso i quotidiani nazionali e i media, è vero che sono aumentati i controlli sulle strade, tuttavia sono purtroppo aumentati anche i morti. Ci chiediamo, quindi, se le operazioni di deterrenza non abbiano funzionato, perché poi si incagliano laddove, forse, dovrebbero essere applicate le pene veramente severe. Ad esempio la magistratura che rimette in libertà, dopo una settimana, chi è colpevole di omicidio per guida in stato di ebbrezza, oppure quei prefetti che...

PRESIDENTE. Deputato Pini, la prego di concludere.

GIANLUCA PINI. ...danno nuovamente la patente a chi è stato beccato tre o quattro volte in guida in stato di ebbrezza e che, pertanto, non dovrebbe più averla. Ci chiediamo, quindi: il Governo intende applicare...

PRESIDENTE. Deve concludere, prego.

GIANLUCA PINI. ...queste pene severe, intende fare, veramente, campagne di informazione, anche shock, nelle scuole per istruire questi giovani?

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, vorrei anzitutto precisare che il disegno di legge sulla sicurezza stradale di cui stiamo parlando è stato approvato dalla Camera il 27 giugno, a distanza di soli tre mesi dall'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, dell'atto di indirizzo che ne ha creato i presupposti.
Detto ciò, non vi è dubbio che il particolare fenomeno a cui gli onorevoli interroganti si riferiscono - le cosiddette «stragi del sabato sera» - pur non essendo quantitativamente quello più rilevante (ricordo che oltre il 70 per cento degli incidenti avviene in condizioni di normale circolazione all'interno delle aree urbane), è certamente quello di maggiore impatto nei confronti dell'opinione pubblica, in quanto colpisce prevalentemente i giovani e con dinamiche particolarmente cruente.
La causa principale di tali incidenti è, con ogni evidenza, dovuta alla guida in stato di ebbrezza o di soggezione a sostanze stupefacenti, molto spesso alla combinazione di entrambe. Premesso ciò, ritengo di dover rispondere positivamente ai quesiti posti dagli onorevoli interroganti, nel senso che, in primo luogo, una campagna di informazione pubblicitaria è già stata avviata in ottemperanza alle finalità poste dal comma 1036 della legge finanziaria per il 2007 e ne avremo riscontro già nelle prossime settimane.
In secondo luogo, i controlli specifici relativi al tasso alcolemico, subiranno un deciso incremento a seguito dell'investimento che il Ministero sta compiendo, pari a circa cinque milioni di euro, per l'acquisto di attrezzature tecniche ivi compresi gli etilometri da fornire alle forze dell'ordine. Come ho già detto rispondendo in precedenza alle altre interrogazioni, si stima che tale tipo di controlli potrà salire da 200 mila ad un milione e mezzo all'anno.
In terzo luogo, l'inasprimento delle sanzioni relative a tale tipo di infrazione è già previsto nel disegno di legge in tema di sicurezza stradale - che proprio oggi ha intrapreso l'iter nella Commissione trasporti del Senato - sia sul piano amministrativo, con un forte e incremento delle ammende, sia sul piano dei tempi e modi di sospensione e revoca della patente, sia per la fattispecie che determina la possibilità di arresto che può arrivare da tre a sei mesi.

PRESIDENTE. Il deputato Pini ha facoltà di replicare per due minuti.

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GIANLUCA PINI. Signor Ministro, sospendiamo la nostra valutazione, positiva o negativa, sulla sua risposta data alla nostra interrogazione, che espliciteremo nel momento in cui i provvedimenti da lei citati daranno effettivamente buoni frutti.
Accogliamo con favore la notizia che è stata stanziata una piccola cifra, circa 5 milioni di euro, anche se, poiché avevate a disposizione un «tesoretto» enorme, l'ammontare delle risorse da destinare ai controlli avrebbe potuto essere un po' più elevato.
Sulle strade non sono sufficienti solo gli etilometri, ma occorrono anche gli addetti alla sicurezza, gli agenti di polizia il cui numero voi, invece, con la legge finanziaria per il 2007, avete tagliato. Voi da un lato predicate bene e dall'altro non razzolate altrettanto bene.
Dato - come giustamente ha detto un noto esponente del Governo - che si tratta di un problema che va affrontato in maniera bipartisan, vi chiediamo di affrontarlo in maniera seria, lanciando anche un segnale alla magistratura affinché, come ho già detto, mantenga in detenzione chi si è macchiato del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Chiediamo, inoltre, al Ministro dell'interno di diramare una circolare che tenga conto in maniera seria di tutti quei soggetti colpevoli di essere recidivi alla guida, anche se non hanno commesso incidenti.
Da parte nostra verrà svolto uno studio approfondito, che successivamente verrà presentato in Parlamento, magari nell'ambito della Commissione della quale abbiamo chiesto l'istituzione presentando un apposito progetto di legge.
Sosteniamo ciò perché quello di cui si discute è un problema che sicuramente non si esaurisce semplicemente adottando provvedimenti ad hoc, sebbene duri, ma esso va studiato nelle sue radici profonde che sono sicuramente quelle di un disagio giovanile, che il Governo evidentemente fa fatica a comprendere (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Italia dei Valori).

(Provvedimenti per contrastare le violazioni del codice della strada - n. 3-01107)

PRESIDENTE. Il deputato Moffa ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01107, concernente provvedimenti per contrastare le violazioni del codice della strada (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Ministro, ritengo che il fatto stesso che a distanza di qualche settimana dal dibattito che si è svolto in Assemblea sul disegno di legge in materia di sicurezza stradale si debba ritornare sull'argomento, sia di per sé sintomatico di come anche quel provvedimento e quel dibattito non abbiano risolto alcuni problemi di fondo rispetto ai quali lei stesso ha già fornito alcune risposte nel corso delle interrogazioni precedenti.
La nostra interrogazione tende a mettere in evidenza, ancora una volta, la necessità di un riferimento ad un quadro normativo che aggredisca alcuni problemi. Come lei stesso ha poc'anzi affermato, il problema della incidentalità, legata soprattutto all'uso di sostanze stupefacenti e dell'alcol, è in grande aumento.

PRESIDENTE. Deputato Moffa, la invito a concludere.

SILVANO MOFFA. Tuttavia, proprio in quest'Assemblea si è registrata una grande contraddizione, soprattutto tra alcuni esponenti della maggioranza, da parte di chi chiede misure antiproibizioniste...

PRESIDENTE. Deve concludere, prego.

SILVANO MOFFA. ...e successivamente grida all'emergenza quando accadono episodi come quello avvenuto a Pinerolo.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

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ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, nel rispondere agli onorevoli interroganti, premetto che naturalmente sono d'accordo sul fatto che il fenomeno degli incidenti stradali rappresenti oramai un'emergenza nazionale. Io stesso ho usato tale espressione fin dall'avvio dei provvedimenti che attualmente sono in fase di attuazione.
Posso però anche assicurare che il Governo considera un'assoluta priorità tale fenomeno tanto da aver approvato in data 27 giugno scorso in quest'Assemblea un disegno di legge presentato dal Governo. Ciò detto i provvedimenti che il Governo sta adottando sono di due tipi e ripeterò ovviamente cose già dette in precedenza: quelli contenuti nel già citato disegno di legge in materia di circolazione e sicurezza che si pone in continuità con il provvedimento noto come «patente a punti» che ha consentito, negli anni tra il 2002 e il 2004, una riduzione di circa il 20 per cento degli incidenti. Alcune norme del disegno di legge in questione tendono proprio a fare in modo che la patente a punti trovi un nuovo slancio prevedendo sanzioni più severe e allargando i casi di applicazione.
Per quanto riguarda il versante della prevenzione e dei controlli, sono già in corso azioni tendenti a potenziarlo; in particolare - come ho già detto - i controlli alla metà dell'anno in corso sono già pari al doppio di quelli degli anni precedenti, il che credo rappresenti un buon punto di avvio per cercare di adeguare il nostro Paese agli standard in vigore negli altri Paesi europei.
Quanto alle azioni di prevenzione e sensibilizzazione, il Ministero dei trasporti ha avviato una campagna informativa, diretta in modo particolare ai giovani, anche in ottemperanza al già richiamato ordine del giorno con cui in quest'aula il Ministro è stato impegnato ad una spesa di circa 6 milioni di euro.
Faccio presente inoltre che grazie alla disponibilità finanziaria resa con la legge finanziaria per il 2007, di 159 milioni di euro in tre anni, il piano nazionale per la sicurezza stradale è in fase di riavvio dopo un lungo periodo di fermo.

PRESIDENTE. Il deputato Moffa ha facoltà di replicare.

SILVANO MOFFA. Signor Ministro, mi auguro davvero che si possa andare verso una strada, diciamo così, di concretezza anche rispetto a quanto da lei affermato. Mi permetta, però, di sottolineare un aspetto: lei poco fa parlava di come attraverso alcune iniziative si stia incrementando il sistema dei controlli sulle nostre strade. Le faccio osservare - lei stesso ha citato l'agenzia europea dicendo che l'Italia non è tra i Paesi che in qualche modo sono in ritardo - che siamo invece proprio in una situazione di assoluto ritardo. Noi miriamo ad aumentare i controlli fino ad un milione e mezzo, come ha detto poc'anzi, ma dobbiamo renderci conto che in Francia, nel 2006, i controlli sono stati 11 milioni e che in Gran Bretagna e in Germania in un fine settimana si svolgono esattamente i controlli che noi facciamo in un anno sulle nostre strade.
Allora il problema non è solo il potenziamento e il finanziamento di questi interventi, ma anche capire, rispetto ad alcune problematiche come quella emersa in maniera così tragica nei fatti di Pinerolo, se dobbiamo ancora rimanere nel vago anche rispetto ad alcune responsabilità precise che si vanno a configurare nel caso in cui si guidi in stato di ubriachezza.
Voglio soltanto riportare brevemente parte di un fondo di giornale, proprio dei giorni scorsi, che afferma che non si può giudicare nello stesso modo la svista e il totale dispregio delle regole. Bisogna prendere atto che il concetto di colpevolezza, così come concepito dal nostro legislatore e applicato dalla giurisprudenza...

PRESIDENTE. Deputato Moffa, concluda.

SILVANO MOFFA. ...non è in grado di cogliere le differenze che i fatti della vita pongono sotto gli occhi di tutti. Siamo diPag. 87fronte a comportamenti dolosi. Ecco perché bisogna rivedere il quadro normativo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

(Iniziative del Governo per garantire l'applicazione del principio europeo di continuità territoriale sul territorio nazionale - n. 3-01108)

PRESIDENTE. Il deputato Pedrini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01108, concernente iniziative del Governo per garantire l'applicazione del principio europeo di continuità territoriale sul territorio nazionale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Ministro mi rivolgo a lei con l'interrogazione a mia firma per chiedere le sue indicazioni relative al principio della continuità territoriale che, secondo le nostre valutazioni, è un'applicazione distorta del principio di continuità territoriale così come l'ha voluto sancire l'Unione europea. Il principio di continuità territoriale si applica, secondo l'indicazione dell'Unione europea, laddove c'è carenza di mezzi di comunicazione o dove c'è necessità di stabilire che due poli sono strategici rispetto allo sviluppo degli interessi nazionali.
Ciò in molte zone dell'Italia non avviene perché va a consacrare situazioni di monopolio con danni enormi a quello che è lo sviluppo economico e politico di quelle zone.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, vorrei fare una considerazione preliminare nel rispondere all'onorevole Pedrini, per dire che nell'ambito del settore aereo i vettori low cost sicuramente costituiscono un fattore di considerevole risparmio per l'utenza. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che molto spesso l'offerta di tariffe a costi contenuti è dovuta a contributi da parte degli enti locali, il che probabilmente comporta un aggravio per i contribuenti. In ogni caso, i voli low cost non possono sostituire completamente i voli in oneri di servizio pubblico in quanto i primi sono caratterizzati da un forte andamento stagionale.
Per quanto riguarda il caso specifico dei voli per la Sardegna, sono stati imposti oneri di servizio pubblico in ottemperanza della legge n. 144 del 1999 anche sulla spinta forte della regione Sardegna, che intendeva garantire la mobilità dei propri cittadini.
Questo regime onorato della Sardegna dovrà ora essere modificato a seguito di una decisione recente della Commissione europea, che ha rivolto allo Stato italiano una serie di quesiti volti a verificare se ricorrano o meno le condizioni per imporre gli oneri di servizio pubblico sull'isola, richiesta alla quale il Ministero ha ottemperato in data 30 maggio 2006 presentando una memoria.
Successivamente, in data 9 agosto 2006, la Commissione europea ha notificato un nuovo provvedimento con un'altra nutrita serie di quesiti, alla quale è stato risposto con un documento del 6 ottobre e un incontro in data 17 ottobre 2006. In quell'occasione, la Commissione ha deciso di autorizzare l'introduzione da parte dell'Italia di oneri di servizio pubblico su sedici rotte che collegano i tre aeroporti della Sardegna (Cagliari, Olbia ed Alghero) ai principali aeroporti continentali italiani (Roma, Milano, Bologna, Torino, Firenze, Verona, Napoli e Palermo), inserendo, tuttavia, alcune condizioni tese ad evitare restrizioni all'avvio di nuovi collegamenti aerei.
Citerò le principali: la prima fase degli oneri di servizio pubblico deve rimanere aperta a qualsiasi operatore rispetti le condizioni previste; la durata fissata per assicurare la continuità deve essere ragionevole e non superiore a un anno; le autorità non possono subordinare il diritto dei vettori aerei di effettuare il servizio su una rotta all'obbligo di effettuare un'altraPag. 88rotta fra altre due città; l'imposizione non deve riguardare l'intero sistema aeroportuale di Roma e Milano ma solo un aeroporto di detti sistemi.
Tale decisione è stata formalizzata il 23 aprile scorso e fissa al 1o agosto prossimo la data entro la quale l'Italia deve notificare le modifiche che intende apportare. In tal senso, l'amministrazione dei trasporti sta predisponendo appositi decreti, il primo dei quali, datato 3 luglio 2007, ottempera ad alcune di queste richieste, eliminando l'imposizione degli oneri agli interi sistemi aeroportuali di Roma e Milano, mantenendola però sugli aeroporti di Roma-Fiumicino e di Milano-Linate.

PRESIDENTE. Il deputato Pedrini ha facoltà di replicare.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Ministro, abbiamo valutazioni diverse sull'analisi dei costi delle low cost e sui contributi che ricevono. In realtà, è un fatto di marketing territoriale: si dà la possibilità a qualcuno di sviluppare un marketing territoriale affinché tutto il sistema ricettizio turistico possa beneficiare di quelli che sono i flussi di traffico che le low cost portano.
Nella seconda parte della sua risposta trovo degli elementi di soddisfazione per il fatto che anche la Comunità europea (ma da quel che ho capito anche il Governo italiano si sta adeguando) vuole eliminare le situazioni di monopolio e dare la possibilità di operare in aeroporti di sistema a compagnie, qualsiasi tipo di compagnia - non è detto debbano essere low cost -, che vogliano collegare questi aeroporti.
Sarebbe strano applicare il principio di continuità territoriale applicando un principio di monopolio, perché già sommando i due vettori - non voglio qui entrare nel merito della gara di Alitalia - si va a costituire una situazione di monopolio. Dobbiamo invece allargare il mercato! Allargando il mercato sulla base di quello che fanno anche altri Paesi, si arriverebbe a risparmiare per il singolo cittadino dal 40 al 60 per cento sul prezzo dei biglietti e questo comporterebbe un dato di mobilità maggiore, considerando che dobbiamo sempre tenere presente l'articolo 16 della Costituzione, che garantisce la mobilità dei cittadini.
Per la ristrettezza dei tempi non posso andare avanti. Avrei con me i dati di quello che è il decremento di traffico, comparato a quello che avviene sulle altre rotte, lì dove c'è la continuità territoriale. Al limite, non è detto che ci debba essere di mezzo il mare: è un dato di continuità territoriale strategica, e comunque non può andare a discapito della concorrenza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Dove c'è servizio bisogna favorire la concorrenza a vantaggio dei cittadini - e chiudo, me lo permetta - andando semmai a mettere la continuità territoriale sul passeggero, non sulla rotta, perché bisognerebbe...

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. ...far volare i sardi e non anche gli altri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

(Normativa sul permesso di soggiorno inerente i motivi umanitari e i gravi motivi di salute - n. 3-01109)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01109, concernente la normativa sul permesso di soggiorno inerente i motivi umanitari e i gravi motivi di salute (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), per un minuto.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, da socialista riformista, pur nella fermezza delle misure volte ad arginare il fenomeno della clandestinità e a ridare sicurezza agli italiani, vorrei far presente che esistono dei casi in cui, per gravi motivi di salute, alcuni clandestini siPag. 89trovano a vedere negati diritti elementari, primo fra tutti quello della vita. Pertanto, nella mia dettagliata interrogazione, le segnalo la situazione limite sul piano sanitario nella quale si trova da tempo un giovane marocchino di 23 anni, il quale, in seguito a un incidente stradale, è rimasto tetraplegico ed è tutt'ora ricoverato in un ospedale di riferimento del comune di Villafranca in Lunigiana, di cui sono sindaco.
Per il suo Governo, signor Ministro, questo giovane clandestino, ancorché paralizzato, dovrebbe essere espulso...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. ...ma attualmente necessita di assistenza e cure. Si tratta di un caso non ordinario, di fronte al quale le leggi vigenti appaiono inadeguate: le chiedo pertanto un intervento straordinario.

PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, penso che l'interrogante abbia completamente ragione salvo che su un rilievo: non è per il mio Governo che questo cittadino deve essere espulso, ma purtroppo per le leggi tuttora in vigore sull'immigrazione che questo Governo non condivide (si tratta della cosiddetta legge Bossi-Fini), tant'è che sta lavorando per modificare la normativa.
Nello specifico, il disegno di legge già approvato dal Consiglio dei Ministri e che in queste settimane approderà in Parlamento prevede una revisione della disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che è esattamente il tipo di permesso di soggiorno che serve in questi casi. Si prevede un meccanismo di regolarizzazione ad personam: si prevede cioè di attribuire al prefetto, sentiti i consigli territoriali per l'immigrazione ed il questore, il potere di rilasciare un permesso anche in favore dello straniero che dimostri spirito di appartenenza alla comunità civile e non sia pericoloso per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. In questo modo, sia per l'attribuzione del potere al prefetto sia per il coinvolgimento del consiglio territoriale sull'immigrazione, si potrebbero affrontare i casi come quello da lei giustamente segnalato. Il Governo è quindi impegnato nella modifica legislativa, in modo da poter affrontare tali casi.
Abbiamo inoltre preparato un disegno di legge che permetta l'estensione dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998 non solo alle persone soggette al reato di tratta: si tratta di un articolo previsto per permettere la fuoriuscita dalla situazione di prostituzione, ma anche per gli immigrati sottoposti a supersfruttamento, che prevede la possibilità di avere un permesso di soggiorno di sei mesi; tale disegno di legge è tuttora in discussione in Commissione alla Camera.
Da ultimo, oltre a queste modifiche legislative a cui il Governo è impegnato per venire incontro ai casi come quello da lei giustamente segnalato, mi attiverò personalmente per verificare, date le condizioni di salute del soggetto e il fatto che la sua espulsione decreterebbe probabilmente danni irreversibili alla salute della persona se non addirittura la morte, quali strade vi siano nelle more della legge per cercare di venire incontro a una situazione qual è quella da lei fatta presente.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente apprezzo l'impegno del Ministro, ma occorrono i risultati. Un motto latino recita: primum vivere, deinde philosophari, quindi una cosa è l'impegno, altra cosa il risultato concreto. Ritengo di essere poco soddisfatto per tre motivi.
In primo luogo, si deve dire che è necessario impedire che, con un falso buonismo sempre pronto all'accoglienza, continuino ad entrare in Italia i clandestini, che effettivamente mettono a repentaglio la sicurezza nostra e delle nostre famiglie, né potrebbe essere altrimenti (miPag. 90riferisco ai clandestini). In secondo luogo, però, occorre aggiungere che dobbiamo trattare tali clandestini come esseri umani e non come bestie: ad essi dobbiamo garantire la sicurezza e la possibilità di creare intorno a sé le condizioni per rifarsi una vita, per avere una famiglia e un lavoro, per rispettare le nostre leggi, il nostro Paese, le nostre famiglie, per fare insomma quel che 30 milioni di italiani, da immigrati, hanno saputo fare conquistandosi il rispetto nel mondo. Tutto ciò non è possibile con lo status di clandestino. In terzo luogo, ogni qualvolta essi si trovino nella necessità di avere assistenza sanitaria e sociale, dobbiamo garantirla «senza se e senza ma», trattandoli ovviamente come esseri umani non come bestie.
La soluzione è, dunque, riuscire a far avere agli immigrati un permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, ovvero consentire loro di avere uno sponsor, cioè qualche forma di affidamento ad associazioni: solo così si può permettere loro di costruire quella rete di relazioni, che li metta in grado di entrare legalmente in Italia per cercare lavoro senza che invece siano abbandonati a se stessi, avendo anche un minimo di risorse per garantirsi la sopravvivenza per i primi mesi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. Queste sono anche le sue parole, signor Ministro: pertanto, attraverso la nostra ASL, la prefettura e la questura, lei deve fare in modo che questo giovane marocchino sfortunato non muoia, ma continui a vivere, grazie all'aiuto di un'associazione del comune di Villafranca, la Papa Giovanni XIII.

(Iniziative del Governo in merito alla collocazione in borsa di Fincantieri - n. 3-01110)

PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Salvo n. 3-01110, concernente iniziative del Governo in merito alla collocazione in borsa di Fincantieri (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario, per un minuto.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor Ministro, il gruppo della Sinistra Democratica, dopo la scelta contenuta nel DPEF di quotare in borsa il 49 per cento delle azioni Fincantieri, chiede una risposta chiara alle preoccupazioni dei lavoratori e dei sindaci delle tredici città interessate. Parliamo dell'azienda leader mondiale nella costruzione delle navi da crociera, che occupa quasi 9 mila persone, oltre che 18 mila nell'indotto, e che nel 2006 ha chiuso con 2,5 miliardi di fatturato.
Dopo sette anni di risultati positivi alle spalle, non condividiamo quanto ha affermato il sottosegretario Forcieri, che cioè a fare il piano industriale dovrà essere il mercato, in quanto i livelli di redditività in borsa della cantieristica non sono superiori al 2 per cento ed il rischio di contraccolpi è serio. Chiediamo, pertanto, come il Governo intenda salvaguardare i livelli occupazionali, non concedendo il via libera ad alcuno spezzatino o delocalizzazione di interi comparti produttivi.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come si legge nell'interrogazione, Fincantieri è un'azienda che, negli ultimi anni, ha affrontato un processo complessivo di ristrutturazione, salvaguardando però la propria storia e il proprio radicamento sul territorio, anche se in un contesto di riferimento non favorevole, caratterizzato fra l'altro dal venir meno degli aiuti pubblici alla cantieristica, dal progressivo deprezzamento del dollaro e dal forte aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime.
Tuttavia, dati recenti confermano una raggiunta solidità economica e finanziaria della società: anche da un punto di vistaPag. 91industriale, si può ritenere che Fincantieri si confermi uno dei principali operatori mondiali, con un forte posizionamento in importanti settori, in particolare quello delle navi da crociera, in grado di sviluppare consistenti sinergie fra settore civile e militare, che più di recente si sviluppano in segmenti contigui come l'ammodernamento delle navi e di megayacht. Fincantieri, tuttavia, opera in un mercato dinamico, in cui le posizioni acquisite non restano se una azienda non è in grado di affrontare le sfide del futuro.
In questo senso, Fincantieri nei mesi scorsi ha predisposto un piano industriale di forte sviluppo delle proprie linee, preservando, però, la presenza sul territorio, prevedendo importanti investimenti nei cantieri nazionali, non riducendo, anzi sviluppando, l'occupazione in Italia.
Il Governo è convinto di questo piano, avendone discusso in questi mesi con l'azienda e partecipando a tavoli di confronto, ancora oggi, con le organizzazioni sindacali.
In questo scenario, il Governo non può, tuttavia, che constatare che la realizzabilità di tali obiettivi dipende necessariamente dalla finanziabilità del piano, avendo presente la realtà specifica di Fincantieri, nella quale l'autofinanziamento da solo non è in grado di assicurare le necessarie risorse finanziarie.
Con questa consapevolezza, il Governo ritiene che la quotazione in borsa della società risulti lo strumento più adeguato per il reperimento delle risorse che finanzino il piano industriale.
Il Governo, al tempo stesso, conferma che lo Stato conserverà una quota non inferiore al 51 per cento del capitale di Fincantieri: non si tratta quindi di privatizzazione, ma di cessione sul mercato di una quota di minoranza del capitale.
Questa impostazione è stata confermata nell'incontro che si è svolto oggi con le organizzazioni sindacali, nel quale è emersa la volontà di proseguire nel confronto sul piano industriale.
Infine, il Governo conferma il proprio impegno, affinché venga garantita la salvaguardia dell'integrità dell'azienda e non venga realizzata alcuna delocalizzazione di attività industriali attualmente svolte nei cantieri nazionali, per i quali, invece, si prevede un impegnativo programma di ammodernamento ed anche di possibile incremento dell'occupazione.

PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di replicare.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta del ministro Chiti, anche se vorrei riflettere - sia pur brevemente - su un precedente illustre rispetto alla vicenda della quotazione in borsa.
L'azienda norvegese Aker Yards, unica azienda cantieristica europea già quotata in borsa, alcune settimane fa, in appena due giorni, ha perduto oltre il 35 per cento del suo valore, ovvero quasi mezzo miliardo di euro.
Il motivo del crollo non è dovuto a perdite o a inefficienze, ma ad un calo dal 7 al 5 per cento dei profitti. Pertanto, appare evidente - lo ripeto - che un settore a bassa redditività, come la cantieristica navale, rischia di più nell'esposizione sul mercato azionario, dove dominano cicli e logiche di rendimento a breve periodo.
Chiediamo, dunque, un piano industriale chiaro e realistico, con il pieno coinvolgimento dei lavoratori e delle comunità locali (oggi vi è un appuntamento importante al Ministero con i sindacati, che si sono organizzati in coordinamento anche con i sindaci).
Se i 400 milioni necessari per sostenere il piano industriale del 2007-2011 debbono arrivare dalla borsa, vogliamo sapere in quale direzione quella liquidità si dirige: rilancio o dismissione, questo è il punto.
Noi vogliamo e lotteremo perché ciò non accada e perché la vicenda Fincantieri non sia l'ennesima pagina dolorosa di un ciclo di privatizzazioni affrettate, che dall'inizio degli anni Novanta hanno contribuito a privare l'Italia di politiche industriali di profilo europeo e moderno (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

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(Disponibilità dei fondi da destinare alle infrastrutture per la viabilità secondaria in Sicilia - n. 3-01111)

PRESIDENTE. Il deputato Misuraca ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-01111 concernente disponibilità dei fondi da destinare alle infrastrutture per la viabilità secondaria in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14), di cui è cofirmatario.

FILIPPO MISURACA. Signor Ministro, il Parlamento nella sua sovranità ha approvato, durante il dibattito sul disegno di legge finanziaria, il comma 1152 che prevedeva 500 milioni di euro da utilizzare - 350 per la Sicilia e 150 per la Calabria - rispettivamente per gli anni 2007-2008-2009 per la viabilità secondaria, ossia per quella viabilità che non appartiene all'ANAS e, in modo particolare, per le strade provinciali.
Lo stesso comma prevedeva un concerto tra il Ministero delle infrastrutture e quello dello sviluppo economico. La regione siciliana si è subito attivata; ha, in particolare, tenuto degli incontri (lo stesso assessorato ai trasporti e l'Urps, Unione regionale delle province siciliane) e si è già realizzato un primo accordo tra le province siciliane.
Ebbene, a sette mesi dall'approvazione della legge finanziaria, intendiamo sapere dal Governo se tali cifre siano esigibili, se effettivamente le tante attese, giuste e legittime, della popolazione siciliana possano essere soddisfatte.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, rispetto all'interrogazione che è stata presentata è bene, prima di tutto, precisare che il Ministro delle infrastrutture ha trasmesso, come detto, al Ministro dello sviluppo economico per la controfirma che è già intervenuta con la conseguente restituzione del provvedimento, il decreto relativo al riparto territoriale delle risorse assegnate dalla legge finanziaria a carico del fondo per le aree sottoutilizzate.
Il decreto, tenendo conto delle indicazioni espresse dalle regioni interessate, all'articolo 2 ripartisce le risorse tra le diverse province e all'articolo 3 collega l'efficacia dello stesso alla copertura, che sarà assicurata dal riparto del fondo per le aree sottoutilizzate. Il Ministero dello sviluppo economico porterà, quindi, la proposta di riparto del fondo al CIPE. Tale proposta, come ha precisato ieri nella Commissione bilancio della Camera il sottosegretario Lettieri, sarà sottoposta all'esame del CIPE il prossimo 3 agosto. Non poteva essere adottata prima che la Commissione Europea esprimesse il proprio avviso favorevole in ordine al quadro strategico nazionale 2007-2013, che definisce le linee portanti della programmazione unitaria per le politiche regionali di sviluppo che siano finanziate con fondi comunitari, di cofinanziamento nazionale e dal fondo delle aree sottosviluppate.
Il riparto del fondo delle aree sottosviluppate consentirà, perciò, già nel 2007 l'avvio delle opere previste, con particolare riferimento a quelle per la viabilità secondaria della Calabria e della Sicilia.

PRESIDENTE. Il deputato Misuraca ha facoltà di replicare.

FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, signor Ministro, da siciliano, così come tutti i colleghi presenti, non posso che essere contento, se i fatti da lei esposti si verificheranno. Mi permetta, però, di esternarle qualche dubbio. Non so cosa sia successo nell'arco di una settimana. Infatti, non più tardi dell'11 luglio il Ministro delle infrastrutture, l'onorevole Di Pietro, ha dichiarato in Commissione ambiente che non vi era la capienza, che mancavano i fondi. Contrariamente a quanto affermato, lo scorso lunedì, dopo un dibattito, il sottosegretario Lettieri in Commissione bilancio - mi permetta il termine - «messoPag. 93alle strette» dai colleghi di centrodestra e di centrosinistra, dopo aver anch'egli rilevato, secondo una prima posizione, che mancavano i fondi, si è salvato rendendo le dichiarazioni che lei ha testé ribadito, ossia che nella riunione del CIPE vi sarà l'approvazione dello stanziamento.
Tuttavia, nutro dei dubbi a tale proposito e ciò non perché voglia fare «l'uccello del malaugurio», ma perché al CIPE evidentemente è necessario il concerto anche con le altre regioni, considerato, come ha detto lei, che si tratta di fondi che provengono dalle aree sottoutilizzate. È proprio questo il punto! Saranno d'accordo le altre regioni? Infatti, si tratta di un problema che emergerà sempre. Lo avevamo sostenuto in Assemblea, in occasione dell'approvazione di tale comma, affermando che i fondi avrebbero dovuto essere prelevati da un capitolo a parte, quello del Ministero dell'economia, non da quello relativo alle aree sottoutilizzate, perché anche nella riunione del 3 agosto - non vorrei smentirla, glielo dico come siciliano e mi auguro che ciò non avvenga - ricadremo di nuovo nel dramma di una nuova presa in giro, perché, se così non fosse stato, ora avreste già erogato i fondi in questione.
Vi è qualcosa che non va: si tratta dell'abbandono da parte del Governo della Sicilia. È stato proprio così. Il fatto stesso che non siano state fornite risposte già ci fa capire il motivo per cui le norme della legge finanziaria, approvate per la Sicilia, non sono state attuate nemmeno in un caso. E ciò ne costituisce la riprova!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,50.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Forgione, Lumia e Stucchi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2852-A.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 2852-A (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione vedi l'Allegato A - A.C. 2852 sezione 2; per il testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione vedi l'Allegato A - A.C. 2852 sezione 3; per le proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione vedi l'allegato A - A.C. 2852 sezione 4).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la discussione sulle linee generali, al termine della quale il relatore e il Governo hanno replicato.
Avverto che il Governo ha presentato l'emendamento Dis.1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2852 sezione 5), del quale la Presidenza ha verificato l'ammissibilità. Tale emendamento, il cui testo è in distribuzione, è stato trasmesso ai gruppi, alla Commissione Bilancio, competente per l'esame in sede referente, nonché alla Commissione Affari costituzionali che ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2852 sezione 1). L'emendamento è stato altresì esaminato dal Comitato dei nove della Commissione Bilancio.
Avverto, inoltre, che il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali ha preannunziato, con lettera, l'intenzione del Governo di porre la questione di fiducia sul predetto emendamento.

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(Posizione della questione di fiducia - Dis. 1.1 - A.C. 2852-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti. Ne ha facoltà.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, colleghi, come da lei ricordato, questa mattina ho trasmesso alla Presidenza un emendamento del Governo al decreto-legge n. 81, preannunziando l'intenzione del Governo di porre la questione di fiducia. Il disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia finanziaria si pone in una linea di sostanziale continuità con l'azione che il Governo ha portato avanti nel primo anno della legislatura. Abbiamo sostenuto che il riferimento per la nostra iniziativa è dato dalla necessità, dalla scelta di tenere strettamente collegati gli obiettivi di risanamento, di equità e di sviluppo. Si è trattato di un impegno finalizzato in primo luogo ad affrontare la grave situazione finanziaria del Paese, che richiedeva interventi urgenti e non rinviabili. Con la legge finanziaria per il 2007 il Governo ha posto in essere le condizioni affinché si avviasse un percorso di risanamento certo e visibile. Credo che ogni osservatore che voglia valutare le questioni in modo oggettivo possa non disconoscere questa realtà.
Il Governo vuole proseguire in tale direzione, prendendo atto dei risultati raggiunti e degli obiettivi che con continuità devono ancora essere perseguiti. Tra i risultati vi è stato anche quello di ottenere un sensibile miglioramento della situazione finanziaria. Non è certo questa la circostanza adatta per analizzarne le cause; certamente, non è soltanto merito del Governo, vi è stato anche l'impegno degli italiani, delle imprese e del mondo del lavoro. Altrettanto certamente non può essere considerata estranea a tale obiettivo l'azione di sostegno allo sviluppo che abbiamo messo in atto, quella di prevenzione e di contrasto all'evasione condotta con efficacia e che dovrà ulteriormente proseguire.
È in virtù di tali risultati che oggi, con maggiore nettezza, è possibile affiancare all'azione di risanamento l'attuazione di alcune misure di equità sociale e di sostegno alla competizione. Tra queste, voglio ricordare in particolare l'aumento delle pensioni minime ed un'anticipazione a settembre dello stesso, le agevolazioni per il riscatto della laurea e per la totalizzazione dei periodi contributivi da parte dei giovani, l'applicazione delle norme del patto di stabilità interno, ossia la rimodulazione della redistribuzione degli avanzi di amministrazione per i comuni allo scopo di realizzare investimenti. Tale misura è ancora parziale, posso definirla insufficiente, ma va comunque nella giusta direzione.
Inoltre, vorrei segnalare la destinazione di maggiori risorse ai comuni confinanti con regioni a statuto speciale; gli incentivi alle imprese e alla crisi di imprese; l'erogazione del contributo italiano al Fondo per la lotta contro l'AIDS; l'incremento dei trasferimenti a Poste, Ferrovie, ANAS e Enel e l'accesso al credito a tutti coloro che hanno un'età compresa tra i diciotto e i quarant'anni.
Alcune di queste misure sono state migliorate durante il dibattito in Commissione, mentre altre sono state introdotte. Il dibattito si è svolto in modo compiuto e ha prodotto risultati apprezzabili e per tale motivo voglio ringraziare la Commissione, sia le forze di maggioranza che di opposizione. Del resto, del clima di confronto serio e costruttivo è stato dato atto in Commissione anche da parte dell'opposizione. Come ricorderete, la Conferenza dei Presidenti di gruppo del 12 luglio scorso, stante la complessità del provvedimento, stabilì che la discussione sulle linee generali del decreto-legge n. 81 del 2007, già prevista per lunedì scorso, doveva aver luogo a partire da oggi, proprio per venire incontro anche alle richieste della Commissione volte ad ottenere più tempo per l'esame.
Il testo approvato è frutto di un consenso della maggioranza sulle priorità chePag. 95si ritengono fondamentali e, inoltre, esprime misure importanti e complesse di governo, a nostro giudizio non ulteriormente modificabili. L'emendamento presentato dal Governo fa proprio il testo avanzato in Commissione, tranne i commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 15 in materia di ammortamento dei fabbricati. Il Governo, infatti, per correttezza istituzionale, ha inteso evitare un possibile contrasto con la deliberazione assunta in materia dal Senato nel corso dell'esame del disegno di legge n. 1485. Naturalmente, è stato un errore del Governo non aver fatto presente, già in Commissione, tale aspetto.
Il decreto-legge, che scade il 31 agosto 2007, è in prima lettura presso questo ramo del Parlamento e prima della chiusura delle Camere per la pausa estiva dovrà essere approvato dal Senato. Quindi, è evidente che i tempi sono quanto mai ristretti. La nostra scelta, dunque, ubbidisce ad esigenze di natura politica. È per questi motivi, signor Presidente e colleghi, che, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento del Governo Dis 1.1, su cui è stata dichiarata l'ammissibilità dalla Presidenza, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2852 di conversione del decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81, che reca disposizioni urgenti in materia finanziaria.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, sono imbarazzato, dopo l'intervento del Ministro Chiti che, con un tono sommesso e quasi scontato, ha descritto all'Assemblea una situazione che, ancora una volta, al di là della buona educazione, ci pone di fronte ad un fatto politicamente assolutamente rilevante, ovvero che, ancora una volta, con queste iniziative reiterate, il Parlamento viene totalmente espropriato delle sue funzioni primarie parlamentari. Ciò è assolutamente inaccettabile ed è un problema politico che ormai non è più commentabile.
Mi auguro, pertanto, che la maggioranza ne prenda atto, in quanto i primi ad essere offesi non sono i parlamentari di centrodestra, che, ancora una volta, registrano una situazione assolutamente inaccettabile, ma sono, numerosi, i colleghi del centrosinistra che, in tante occasioni, sulla stampa, avanzano delle richieste che vengono totalmente negate da una situazione parlamentare ormai inaccettabile. Il ministro Chiti batterà tutti i record relativi a questo tipo di interventi nella legislatura in corso, che mi auguro sia, per il bene del Paese, la più breve possibile (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, a questo punto, essendo stato superato, credo, il limite di sopportazione da parte del Paese e del nostro popolo, mi domando se il Governo, Ministro Chiti, ci chieda la fiducia e intenda realmente ottenerla o se, addirittura, non spera che gli venga rigettata.
Lei, ormai, San Sebastiano trafitto da una freccia (una in più o in meno), ci ha abituato a questa scena sostanzialmente pietosa. Mi chiedo, però, cosa debba pensare il cittadino comune, al di là di noi, che potremmo essere dipinti come esperti o addetti ai lavori.
Lei è stato sostanzialmente onestissimo: non ha osato - e gliene do atto - sostenere che l'opposizione abbia creato le condizioni perché si dovesse ricorrere allo strumento della fiducia; gliene do atto, non ha osato sostenerlo: sarebbe stato inverecondo e privo di qualunque oggettività. Affermare semplicemente che sul testo in discussione - sul quale giudicate voi se chiedete o meno la fiducia - sia stato raggiunto un accordo all'interno della maggioranza, è veramente un'esibizionePag. 96di senso dell'humour che possiamo gradire sul piano personale, ma non sul piano politico.
I cittadini comuni, stamattina, hanno ascoltato dai telegiornali e letto sulla stampa che membri del Governo hanno «semipresentato» e «semiritirato» le loro dimissioni - che sono state «semiaccolte», e delle quali in maniera piangente è stato sollecitato il ritiro - con valutazioni tremende, dicendo che la maggioranza di Governo è ormai tutta sbilanciata o, addirittura, schiava di una parte della maggioranza stessa, mentre altri replicano esattamente il contrario. Affermare che vi sia un accordo sul testo, onorevole Ministro, vuol dire superare i limiti della logica e della presentabilità politica. A fronte di questo, pertanto, il Paese esige un'opera di moralizzazione sostanziale del confronto politico.
In questi giorni, spesso, facendo di tutt'erbe un fascio e dando masochistico alimento all'antipolitica dilagante, si parla dei costi della politica: sostenere che un'istituzione costi o non costi troppo, a cominciare da quella rappresentativa della massima sovranità democratica - ossia il Parlamento - quando di proposito si aggira e si espropria il Parlamento stesso delle sue più gelose e doverose prerogative, significa veramente dare un incentivo a questa marea di antipolitica, spesso demagogica, che non so dove possa portare, nel rapporto concreto tra governanti e governati.
Noi di Alleanza Nazionale, mossi al tempo stesso da un forte senso delle istituzioni, ma anche da un forte senso di responsabilità verso l'opinione pubblica ed il cittadino, vi invitiamo a dire, con chiarezza, per quanto tempo ancora intendiate andare avanti a colpi di fiducia e sfiducia e vogliate infliggere al Paese e a voi stessi questa stranissima, incomprensibile, dannosissima via crucis.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo brevemente: mi sembra che esprimersi oggi sulla questione di fiducia, contro il Governo e la maggioranza, significhi quasi sparare contro la Croce rossa. Intervengo pacatamente, perciò, per rivolgere una domanda al Ministro Chiti, con tutto il rispetto e la stima che nutro nei suoi confronti: perché avete posto la questione di fiducia? Le motivazioni che lei ha sottoposto all'attenzione dell'Assemblea non sono reali: i tempi di validità del decreto sono ancora lunghi ai fini della decadenza. Mai come questa volta mi sembra che l'atteggiamento dell'opposizione sia stato in gran parte in linea con l'atteggiamento della maggioranza, sia in Commissione, sia nei meandri di questo Palazzo. Se il Ministro Chiti non vuole rispondere alla mia domanda, potrei forse intravedere la volontà di una spinta di accelerazione che lo stesso Governo vuole dare, per chiudere la vicenda governativa di questa ormai inesistente maggioranza.
Il fatto stesso di aver prima portato all'attenzione della Camera il maxiemendamento e di aver, in seguito, posto la questione di fiducia è la riprova di quello che sto dicendo: oggi, altrimenti, non si sarebbe verificato quello che è un atto di scorrettezza del Governo nei confronti del Parlamento, non nei confronti dell'opposizione: nei confronti dell'intero Parlamento!
Non è scorretto aver cancellato quella norma che in maniera improvvisa era stata inserita al Senato - mi riferisco alla vicenda legata all'ICI, per dirla in breve - ma il fatto che il Governo abbia presentato in Parlamento un maxiemendamento, dicendo alla Commissione bilancio ed al Comitato dei nove: così è se vi pare, perché non si cambia. Gli accordi tra lo stesso Governo e la sua stessa maggioranza erano, invece, di recepire all'interno del maxiemendamento alcuni elementi condivisi all'interno della Commissione bilancio, sia dalla maggioranza sia dall'opposizione. Invece, si pone la questione di fiducia con il maxiemendamento già pronto, senza possibilità di variarlo e dopo che la Presidenza della Camera ne ha valutato l'ammissibilità.Pag. 97
Se questo è il modo di comportarsi, lo ripeto, non nei confronti dell'opposizione, ma nei confronti del Parlamento, mi sembra che l'unica volontà che posso intravedere in questo atteggiamento sia quella di accelerare quanto più possibile la morte di questo Governo. Sono gli stessi componenti della maggioranza, infatti, che sono scontenti di questo atteggiamento e di non aver portato all'interno del provvedimento in discussione una serie di disposizioni volute dalla maggioranza, ma condivise anche dall'opposizione. Ecco perché mi sembra impossibile che il Ministro Chiti possa rispondere alla domanda che ho posto all'inizio, perché evidentemente vi sono ragioni che non si possono dire e che non si possono esporre in quest'aula, e ci si affida, da parte di questo Governo, ad una serie di argomentazioni inutili.
Qualcuno mi suggerisce, qui a fianco, che forse ci si affida ad altro, che non voglio ripetere, ma tengo a dire che il Governo non può venire in quest'aula, dopo un percorso effettuato in maniera seria, grazie anche al suo aiuto, signor Presidente, nel momento in cui ha ritenuto che il provvedimento avesse bisogno di maggiore attenzione, prolungando i termini di esame all'interno della Commissione bilancio - ricorderà la vicenda, e la ringraziamo ancora per ciò che ha fatto -, a dire che non si può toccare nulla, in assenza di ostruzionismo e di scadenze immediate di termini, e in presenza forse di qualcos'altro.
Signor Presidente, non si può venire qui a chiedere la fiducia, quando oramai la fiducia a questo Governo non la danno neanche gli stessi membri del Governo stesso, vedi Bonino e company (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

SEBASTIANO NERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, non voglio certamente anticipare i termini della discussione che si avrà sul voto di fiducia, ma, ancorché ampiamente annunciato che oggi sarebbe stata posta la questione di fiducia da parte del Governo sull'utilizzazione del cosiddetto «tesoretto», non ho potuto comunque esimermi, nel corso di tutta la giornata, dal pensare a questa bizzarria.
Non più tardi dell'altro ieri - era sulla stampa di ieri - il Governatore della Banca d'Italia (scelto dal Governo, che ha riconosciuto evidentemente, oltre alle indubbie doti professionali, unanimemente note, anche la possibilità di avere un rapporto istituzionale fiduciario con l'organismo di controllo del nostro sistema bancario, ampiamente incidente anche sul sistema monetario, visto che la Banca d'Italia partecipa con peso specifico notevole alle vicende della Banca centrale europea), con un ragionamento che sul piano strettamente economico non fa una piega, ha detto non vi è nessun extragettito da poter utilizzare, perché i conti che lo Stato italiano oggi deve tener presenti sono non solo deficitari, ma peggiorati rispetto alla situazione ereditata nel 2006 e rispetto alla situazione lasciata dal Governo precedente.
Affermo ciò non perché voglia apprezzare l'operato di un Governo che, comunque, rispetto al Mezzogiorno - parlo del Governo Berlusconi - non è stato attento come ci saremmo aspettati, ma perché non è assolutamente vero - dati alla mano - per i rapporti che riceviamo quotidianamente e per le dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia, che con la manovra finanziaria 2007 i nostri conti siano stati messi a posto.
Inoltre non è assolutamente vero, quindi, che oggi si possa cominciare a pensare di costruire una prospettiva economico-sociale diversa e migliore rispetto a quella, non soddisfacente, che ci siamo trovati tutti a fronteggiare nei mesi precedenti.
Il Governatore della Banca d'Italia si limita a esporre un ragionamento che qualunque padre di famiglia, senza particolari studi di economia, potrebbe apprezzare e condividere, affermando che, se si ha un debito di 100 e si incassa inaspettatamente 10, che non si pensava di incassare, significa che si deve cominciare a pensare che il debito è diventato di 90,Pag. 98non spendere i 10 e mantenere inalterato il debito di 100, che produce, prospetticamente, un indebitamento maggiore.
Il Governatore della Banca d'Italia afferma ancora che nel momento in cui si pensa di distribuire questo ipotetico extragettito - che, rispetto alle aspettative, potrebbe anche, con un gioco dialettico, essere considerato tale - si debba evitare di distribuire somme con effetto strutturale (cioè tali che, da questo momento in poi, saranno sempre attribuite a quelle voci), senza sapere se nel futuro vi sarà la copertura finanziaria, perché l'extragettito non è strutturale e l'impegno di spesa invece lo è.
Ecco perché mi è sembrato bizzarro che si parlasse di distribuire ciò che non c'è, e che nel distribuire ciò che non c'è non si fosse pensato a misure congiunturali, cioè che avessero una finalità immediata, contingente e non riproducibile, quindi non strutturale, negli esercizi finanziari futuri. Ed ecco perché, in questa logica di distribuzione fiduciaria di ciò che non c'è, dobbiamo ancora una volta lamentare l'assenza di un'attenzione per il Mezzogiorno, atteso che già nel question time che ci ha preceduto è stato dimostrato come i 350 milioni di euro destinati alla manutenzione straordinaria della viabilità in Sicilia siano solo ipotetici, debbano andare al CIPE e possano sparire con un gioco di prestigio, così come con un inganno sono stati impegnati.
Mi pare che la serietà del Parlamento richieda una coerenza maggiore da parte del Governo. Approfondiremo, nel dibattito che precederà il voto di fiducia, tali tematiche. Intendevo, nell'immediatezza della proposizione della questione di fiducia, stigmatizzare un atteggiamento che, da italiani, ma soprattutto da meridionali, ci lascia veramente preoccupati.

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo visto che il Governo, dunque, appare deciso a rischiare tutto sul decreto-legge concernente l'extragettito: tutte le risorse disponibili sono state convogliate in tale provvedimento, e si tratta di misure che sono state, ovviamente, di volta in volta contestate dalle varie categorie che venivano colpite, oppure hanno suscitato i richiami di Bruxelles.
Tuttavia, la manovra d'estate l'avete voluta portare avanti; non avete avuto il coraggio di inserire - come voleva la Commissione finanze - il riordino delle convenzioni per la gestione delle reti telematiche dei giochi elettronici (materia che avete riservato ad un decreto legge ad hoc); quindi avete centellinato perbene, ovviamente, questo grosso ricatto che vi viene dalla sinistra massimalista e sindacale; avete scelto una parte minoritaria della vostra maggioranza, a discapito di quella maggioritaria: effettivamente state rischiando tutto con questo «tesoretto» e, di fatto, state cambiando anche la terminologia della lingua italiana, perché fra poco, nel vocabolario, dallo Zanichelli in poi, il termine «tesoretto» sarà indicato come termine dispregiativo, per continuare a fregare l'Italia e gli italiani.
È questo ciò che avete fatto, e credo - me lo consenta, visto che anche la Corte suprema ha ritenuto che non sia un'offesa quella che sto per pronunciare - che la stragrande maggioranza degli italiani urli a tutto il Parlamento il classico «vaffanculo»!
Lo ripeto, non vuole essere un'offesa, ma visto che la Corte di cassazione ha stabilito che si può usare, uso questo termine per sintetizzare quello che è questo decreto-legge e come viene considerato dagli italiani.

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 17,30 nella biblioteca del Presidente, per l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta dell'Assemblea riprenderà subito dopo la conclusione di tale riunione.
Sospendo pertanto la seduta.

Pag. 99

La seduta, sospesa alle 17,20 è ripresa alle 18,40.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo, che si è testé riunita, ha definito la seguente organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2852 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (da inviare al Senato - scadenza: 31 agosto 2007).
Le dichiarazioni di voto sulla fiducia avranno inizio alle ore 14,30 di domani.
La votazione per appello nominale avrà luogo, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, domani, giovedì 19 luglio, a partire dalle ore 17.
L'esame degli ordini del giorno (illustrazione, espressione del parere e quindi votazioni) avrà luogo nella giornata di martedì 24 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni).
Nella mattinata di mercoledì 25 luglio, a partire dalle ore 10,30, si svolgeranno le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto (una dichiarazione di voto per gruppo e per le componenti politiche del gruppo Misto, in ordine crescente), con ripresa televisiva diretta, e la votazione finale.
Ulteriori dichiarazioni di voto finale oltre a quelle con ripresa televisiva diretta potranno eventualmente svolgersi nella stessa giornata a partire dalle ore 8,30.
Il termine di presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 10 di domani, giovedì 19 luglio.
Sempre nella mattinata di mercoledì 25 luglio, dopo la votazione finale del disegno di legge n. 2852 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, avrà luogo il seguito dell'esame della proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare sugli errori in campo sanitario (Doc. XXII, n. 8).
Lo svolgimento della discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2900 - Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario è previsto per mercoledì 25 luglio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna).
Nella prossima riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, nella settimana ventura, sarà fissata la data della discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2849 - Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 19 luglio 2007, alle 14,30:

Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (2852-A).
- Relatore: Di Gioia.

La seduta termina alle 18,45.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LELLO DI GIOIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2852-A

LELLO DI GIOIA, Relatore. Il decreto-legge al nostro esame assume notevole rilievo, come evidenziato dalle dimensioni delle risorse interessate. Non si tratta soltanto di attenuare alcuni degli effetti prodotti dalla manovra correttiva posta in essere con la legge finanziaria. Il provvedimentoPag. 100reca infatti anche diverse misure di sostegno a specifici comparti, rispondendo a finalità di carattere sociale che appaiono del tutto condivisibili. Il presupposto del provvedimento è costituito dal miglioramento complessivo degli andamenti di finanza pubblica derivanti essenzialmente dal positivo andamento, largamente superiore alle aspettative del gettito tributario. Si sono concretamente determinate le condizioni prefigurate al comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, con le quali si prefigurava l'utilizzo di eventuali maggiori entrate in primo luogo al miglioramento dei saldi, in secondo a finalità di sviluppo e di equità sociale. Il decreto destina ad interventi urgenti parte del cosiddetto extragettito, cioè le maggiori entrate tributarie manifestatesi nei primi mesi del 2007 rispetto alle previsioni di bilancio. In tal senso, esso si collega strettamente alle previsioni del DPEF per gli anni 2008-2011 varato giovedì scorso dal Consiglio dei ministri, che infatti prevede che con il decreto-legge si destinino risorse pari allo 0,4 per cento del PIL ad impegni di spesa che, pur non essendo inclusi nell'andamento tendenziale della spesa a legislazione vigente, rispondono ad impegni comunque sottoscritti (come l'integrazione al Fondo AIDS nell'ambito della cooperazione allo sviluppo) ovvero a prassi consolidate (come le risorse da destinare ai contratti di servizio con aziende pubbliche recentemente trasformate in società per azioni, quali Fs e Anas) o infine a ipotesi di nuove iniziative che fanno seguito alle attività di concertazione avviate con le parti sociali ovvero ad intese raggiunte tra le forze della maggioranza di Governo, quali le misure per il sostegno delle pensioni più basse.
L'impatto delle misure contenute nel decreto modifica, tuttavia in misura limitata, l'obiettivo di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno in corso. Tale obiettivo viene portato dal 2,1 al 2,5 per cento del PIL e comunque in una misura nettamente inferiore a quella prevista dal patto di stabilità e crescita.
La rilevanza del provvedimento risulta ancora più accentuata dalle modifiche introdotte durante l'esame in sede referente da parte della Commissione bilancio. AI riguardo, devo sottolineare che il lavoro compiuto si è rivelato proficuo ed ha registrato una fattiva collaborazione tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione, giungendo anche all'approvazione di alcune proposte emendative presentate anche dai colleghi dell'opposizione. Tale collaborazione si è manifestata in primo luogo nella condivisione di alcuni temi. Ricordo l'esigenza di garantire un più consistente quadro di risorse per le spese di investimento degli enti locali e di porre rimedio ad alcune difficoltà di applicazione del patto di stabilità interno. Un'ampia convergenza si è pure registrata sulla decisione di dedicare una specifica attenzione, tra le varie situazioni di sofferenza alle quali potevano essere destinate le risorse dell'extragettito, al tema della sicurezza e alle risorse per le forze dell'ordine.
In questo quadro si sono poi inserite le proposte emendative del Governo che hanno inserito nel testo disposizioni importanti come quelle in materia di cuneo fiscale e di studi di settore, oltre al recepimento dell'intesa sull'incremento delle pensioni minime con le parti sociali. Con riferimento al cuneo fiscale si è deciso di estendere le disposizioni in tale materia contenute nella legge finanziaria per il 2007 anche a banche ed assicurazioni, al fine di ottenere la necessaria autorizzazione comunitaria, mentre con riferimento al secondo aspetto, si è recepita l'intesa raggiunta con le organizzazioni di categoria, oltre che il dispositivo dell'atto di indirizzo recentemente approvato dal Senato, in ordine al valore probatorio delle risultanze degli studi di settore. Mi soffermo su questi aspetti, rinviando al prosieguo della relazione una descrizione più attenta delle disposizioni introdotte per porre all'attenzione dell'Assemblea come l'iniziativa del Governa abbia richiesto un approfondimento dell'istruttoria compiuta dalla Commissione. In quest'ottica, si è dovuto procedere ad un breve differimentoPag. 101dell'avvio della discussione generale in Assemblea, al fine di consentire di inviare il testo risultante dagli emendamenti approvati alle Commissioni competenti in sede consultiva. Risultava infatti ovvia la rilevanza, alla luce del contenuto delle proposte emendative del Governo, dei pareri delle Commissioni finanze e lavoro.
Risulta peraltro indispensabile una valutazione attenta delle disposizioni recate dal decreto-legge, al fine di valutare quali disposizioni di spesa risultino effettivamente funzionali a superare situazioni di emergenza che rappresentino un sostegno effettivo alla crescita dell'economia. È infatti evidente che tali misure risulteranno tanto più condivisibili quanto più potranno avere ricadute positive sul sistema economico nel suo complesso e quindi, indirettamente, anche sulla finanza pubblica.
Il decreto-legge definisce quindi in primo luogo il perimetro di risorse a disposizione. Le maggiori entrate tributarie vengono quantificate in 7.403 milioni di euro per l'anno 2007, in 10.065 milioni di euro per l'anno 2008, e in 10.721 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, in coerenza con le previsioni del disegno di legge di assestamento presentato, sempre la scorsa settimana, dal Governo (A.S. 1679). Esse sono destinate al conseguimento degli obiettivi di indebitamento come definiti dal Dpef i quali, quindi, scontano già gli effetti del medesimo decreto (oltre alle maggiori spese iscritte nello stesso disegno di legge di assestamento). Infatti, l'articolo 17 prevede che, fatta eccezione per la specifica disposizione dell'articolo 6, comma 8, su cui ci soffermeremo più avanti, vengano utilizzate a copertura delle misure del decreto.
Gli interventi del decreto possono essere raggruppati in tre grandi aree: interventi in materia di finanza locale; interventi in materia previdenziale; interventi finalizzati al ripristino di autorizzazioni di spesa ed alla rimozione di vincoli di spesa per le amministrazioni pubbliche.
Con riferimento al primo aspetto, l'articolo 2 consente a determinate condizioni agli enti locali di utilizzare per spese di investimento una quota degli avanzi di amministrazione. Si tratta di un aspetto che è stato significativamente modificato dalla Commissione, con un utile confronto tra le forze di maggioranza e di opposizione, che hanno registrato sul tema una significativa convergenza. Le modifiche introdotte dalla Commissione hanno ampliato da 250 a 300 milioni di euro le risorse messe a disposizione dei comuni per la realizzazione delle spese di investimento. La disposizione consente l'utilizzo degli avanzi ai comuni che hanno rispettato il patto di stabilità interno, in misura proporzionale all'avanzo di amministrazione conseguito dal singolo ente e privilegiando gli enti che hanno conseguito un saldo finanziario positivo di cassa.
La Commissione bilancio ha inoltre approvato, sempre in tema di finanza locale, l'articolo aggiuntivo 1-bis prevedendo limitatamente al 2007 l'esclusione dal calcolo del saldo finanziario per il rispetto del patto di stabilità interno delle spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni in attuazione di ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. La disposizione prevede l'emanazione di un D.P.C.M - Protezione civile al fine di individuare i comuni interessati, nonché la misura riconosciuta a ciascun ente, nell'importo complessivo di 5 milioni.
L'articolo 3 invece mira a correggere alcune difficoltà di applicazione del decreto-legge n. 262 del 2006, che prevedevano la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in conseguenza delle disposizioni in materia di ICI presenti nel decreto medesimo, che avrebbero dovuto consentire un aumento del gettito derivante da tale tributo per i comuni. Infatti, in assenza di dati effettivi sul maggior gettito, la detrazione dovrebbe essere disposta nei confronti della generalità dei comuni, con effetti discriminatori nei confronti di alcuni enti nei quali l'aumento di gettito non si sia effettivamente verificato. In particolare, la norma prevede che a regime la riduzione dei trasferimenti in favore dei singoli comuni avvenga sulla base di appositePag. 102certificazioni del reale maggiore gettito; inoltre, per l'anno 2007, viene prevista una riduzione dei trasferimenti con criteri più mirati e legati alle entrate presunte. Anche su questo articolo la Commissione è intervenuta, approvando emendamenti volti ad evitare l'insorgenza di dubbi interpretativi in sede di applicazione della disciplina.
In materia previdenziale interviene l'articolo 5, il quale è stato radicalmente riformulato nel corso dell'esame in sede referente a seguito dell'approvazione dell'emendamento 5.26 del Governo in attuazione dell'intesa raggiunta sul tema dell'incremento delle pensioni minime con le parti sociali. Infatti se nel testo iniziale del Governo la definizione concreta degli interventi era rimessa ad un successivo decreto ministeriale, la disposizione che la Commissione sottopone ora all'Assemblea contiene anche la disciplina sostanziale. In particolare si prevede ai commi 1 e 2, lo stanziamento di 900 milioni di euro per l'anno 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici più bassi. Inoltre, al comma 3, si dispone, a decorrere dall'anno 2008, l'istituzione di un Fondo per il finanziamento, nel limite complessivo di 1.500 milioni di euro annui, dell'incremento dei trattamenti pensionistici bassi, del miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni, di importo non superiore a cinque volte il trattamento minimo mensile vigente nell'Assicurazione generale obbligatoria nonché di misure agevolative relative al riscatto del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali.
La terza area di interventi affronta una tipologia di problematiche molto più ampia. Di seguito mi soffermerò sulle misure più rilevanti, segnalando che la Commissione ha in particolare affrontato alcuni temi, quali quello della sicurezza e della revisione dei meccanismi di incentivi alle imprese.
L'articolo 4 prevede, al comma 1, il superamento per l'anno 2007 della limitazione posta alle riassegnazioni di entrate dalla legge n. 311 del 2004 e dalla legge n. 266 del 2005. Anche l'applicazione di queste disposizioni si era rivelata alquanto problematica ed aveva sortito l'effetto paradossale di non consentire ad amministrazioni pubbliche l'utilizzo di risorse presenti nei propri bilanci. Il comma 2 prevede poi la non applicazione per l'anno 2007 del taglio del 20 per cento delle spese di funzionamento per enti e organismi pubblici disposta dall'articolo 22, comma 2, del decreto legge n. 223 dei 2006 (cosiddetto «decreto Visco-Bersani»). I successivi commi 3 e 4 prevedono un meccanismo per restituire agli enti le somme già eventualmente affluite al bilancio dello Stato, stanziando a tal fine una somma di 217 milioni di euro nello stato di previsione del Ministero dell'economia.
La Commissione bilancio ha introdotto l'articolo aggiuntivo 4-bis, prevedendo l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'interno di un fondo da ripartire per esigenze connesse all'acquisizione di beni e servizi e a investimenti della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, con una dotazione, per l'anno 2007, di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro destinati alle esigenze del corpo dei Vigili del Fuoco. Alla ripartizione del fondo provvederà con decreto il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa. Entro il 31 maggio 2008, il Ministro dell'interno presenta una relazione al Parlamento sull'utilizzo del Fondo nella quale è indicata la destinazione delle relative risorse.
L'articolo aggiuntivo dispone, altresì, l'istituzione per il 2007 nello stato di previsione del Ministero dei trasporti di un fondo, con una dotazione di 5 milioni di euro da ripartire per le esigenze connesse all'acquisizione di beni e servizi del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera. Alla copertura dell'onere (105 milioni) si provvede attraverso la riduzione delle risorse aggiuntive per la Tabella A previste dal successivo articolo 6, comma 1.
L'articolo 6 prevede, ai commi 1 e 2, il reintegro dell'accantonamento del FondoPag. 103speciale di parte corrente del Ministero dell'economia, nonché del Fondo per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente di cui all'articolo 9-ter della legge n. 468 del 1978. In proposito, ritengo che sia opportuno procedere ad alcuni approfondimenti, in quanto la determinazione degli importi dei fondi speciali, più ancora che del fondo per le autorizzazioni di spesa, costituiscono contenuto proprio della legge finanziaria, ai sensi delle disposizioni della legge n. 468 del 1978. È comunque evidente che il Governo dovrà chiarire a quali finalità risponda la dotazione aggiuntiva dell'accantonamento di tabella A relativa al Ministero dell'economia.
I commi successivi dell'articolo 6 incrementano ulteriori autorizzazioni di spesa. Tra gli altri ricordo che: il comma 3 reca un'autorizzazione di spesa per l'anno 2007 finalizzata all'erogazione del contributo italiano al Fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria (si tratta di una problematica su cui già la Commissione si è soffermata; in questo modo il Governo tiene fede ad un impegno assunto da tempo a cui non era stato possibile adempiere per l'entità delle risorse coinvolte); il comma 5 incrementa fino al limite di 4.200 milioni di euro annui l'ammontare dei pagamenti degli investimenti che la società ANAS potrà effettuare nell'anno 2007; il comma 7, come modificato dalla Commissione bilancio, istituisce un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per finanziare interventi in favore delle zone confinanti fra le regioni; di tali risorse 14 milioni sono destinati ai comuni confinanti con le regioni a statuto speciale (10 milioni nel testo originario). Sul decreto concernente le modalità di ripartizione delle risorse è stato previsto anche il parere delle competenti Commissioni parlamentari; il comma 8 autorizza la spesa di 65 milioni di euro per l'anno 2007 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per far fronte all'esigenza dell'edilizia universitaria, recando per tale misura una specifica copertura a valere sull'accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativa al Ministero dell'università e della ricerca.
Notevole importanza riveste poi l'articolo 7 che provvede, da un lato, all'integrazione di numerose autorizzazioni di spesa e, dall'altro, ai disaccantonamenti di somme rese indisponibili ai sensi dell'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007. Con riferimento al primo aspetto vengono tra le altre integrate le autorizzazioni di spesa relative al Fondo nazionale per il servizio civile, alle spese di funzionamento dell'Aran e alle somme da assegnare alla Presidenza del Consiglio per spese relative a ricorrenti emergenze (con riferimento a quest'ultima autorizzazione la relazione tecnica precisa che si tratta di somme da destinare all'emergenza rifiuti in Campania). Con una modifica introdotta dalla Commissione bilancio, sono stati introdotti rifinanziamenti di 10 milioni per cooperazione allo sviluppo, di 1 milione a favore dell'organismo di vigilanza sulle ONLUS, di 700 mila euro a favore di taluni enti non commerciali operanti nel settore della sanità in alcune regioni del Mezzogiorno.
Con riferimento al secondo aspetto, si procede al disaccantonamento, tra le altre, di somme da destinare al Fondo per gli interventi dell'editoria, al Fondo per le aree sottoutilizzate, al Fondo unico per lo spettacolo, al Fondo per il funzionamento dell'Istituto superiore di Sanità.
La Commissione bilancio, a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti, ha limitato ad 80 milioni (rispetto ai 100 milioni iniziali) la quota resa disponibile relativamente al Fondo di riserva per spese impreviste (cap. 3001/Economia).
L'articolo 8 autorizza contributi per: il fondo da ripartire per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche (Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, ANAS ed ENAV); la realizzazione di investimenti relativi alla rete tradizionale delle infrastrutture ferroviarie nazionale; l'apporto al capitale sociale dell'ANAS.
La Commissione bilancio ha introdotto l'articolo 8-bis concernente disposizioni in materia di incentivi alle imprese e crisi diPag. 104impresa. La disposizione reca misure semplificative delle procedure per l'erogazione degli incentivi di cui alla legge n. 488 del 1992, prevedendo che il decreto di concessione definitiva delle relative somme venga sostituito, nella parte a contenuto non discrezionale, dall'atto di liquidazione a saldo e conguaglio da parte delle banche concessionarie. L'articolo reca inoltre disposizioni in tema di assegnazioni alle regioni di fondi nei settori del turismo e del commercio, nonché disposizioni in materia di patti territoriali e contratti di area.
L'articolo 9 invece reca autorizzazioni di spesa per prorogare la partecipazione italiana ad alcune missioni internazionali. Vengono in questo modo riproposte, in termini sostanzialmente identici, disposizioni già contenute in precedenti provvedimenti di urgenza.
L'articolo 11 autorizza un'ulteriore spesa di 180 milioni di euro per l'anno 2007 per supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario. In questo modo si adempie ad impegni che da tempo aspettavano risposta.
L'articolo 12 reca disposizioni in materia di recupero degli aiuti di stato indebitamente attribuiti agli autotrasportatori italiani negli anni 1992, 1993 e 1994 anche sotto forma di crediti d'imposta.
L'articolo 13 prevede la concessione di anticipazioni di tesoreria a valere sulle autorizzazioni di spesa indicate nell'elenco 1 di cui al comma 758 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta delle autorizzazioni di spesa che risultavano bloccate in attesa della decisione delle autorità comunitarie sul trattamento contabile del fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto, istituito dal comma 755 della medesima legge finanziaria per il 2007. Le anticipazioni di cassa risultano necessarie per avviare immediatamente la realizzazione degli interventi a valere su tali autorizzazioni di spesa non più differibili. Anche in questo caso si tratta quindi di una norma finalizzata a favorire la realizzazione di investimenti in settori importanti quali la realizzazione di infrastrutture strategiche energetiche, la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
L'articolo 14 prevede che con decreto del ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si possa procedere a variazioni compensative tra diverse tipologie di spesa, quali quelle per studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, pubblicità e manutenzione di autovetture, assicurando l'invarianza in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Rilevo l'opportunità che la norma sia corredata dell'obbligo di trasmissione dei decreti di variazione al Parlamento.
L'articolo 15 prevede alcune misure di sostegno per i settori della pesca e dell'agricoltura nonché adeguamenti di termini per la realizzazione di adempimenti in materia ambientale.
La Commissione bilancio ha introdotto i commi 1-bis e 1-ter, i quali estendono al settore della pesca il credito di imposta per investimenti in beni strumentali nelle aree del Mezzogiorno. A copertura del relativo onere, valutato in 200 mila euro a decorrere dal 2008 si provvede a valere sulle risorse stanziate per la lotta all'influenza aviaria ai sensi dell'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge n. 202 del 2005.
Il comma 3 modifica il termine per la proposizione dei ricorsi avverso la variazione dei redditi fondiari, che è stato fissato al 30 novembre 2007 anziché al 30 settembre 2007 dalla Commissione bilancio.
La Commissione bilancio ha introdotto il comma 5-bis, che attraverso una modifica ai commi 1055 e 1056 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, posticipa dal 30 settembre 2007 al 30 novembre 2007 il termine per l'effettuazione, da parte del Commissario straordinario, della ricognizione della situazione debitoria dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI), nonché proroga di un ulteriore anno l'attività dell'Ente irriguo umbro-toscano. A copertura dell'onerePag. 105recato da quest'ultima proroga, pari a 271.240 euro per il 2008, il comma 5-ter provvede mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti per la lotta all'influenza aviaria ai sensi dell'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge n. 202 del 2005.
Il comma 6, come sostituito dalla Commissione bilancio, istituisce il Fondo rotativo per il credito ai giovani di età compresa tra diciotto e quarant'anni (anziché trentacinque anni come nel testo originario), finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fidejussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. Al Fondo è attribuita una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per le politiche giovanili. Criteri e modalità di funzionamento del Fondo saranno stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
La Commissione bilancio ha introdotto poi due ulteriori commi. In particolare il comma 6-bis sopprime il riferimento all'abrogazione dell'articolo 26 della legge n. 488 del 1999, disciplinante criteri e procedure per l'adozione delle convenzioni quadro stipulate dalla Consip.
Il comma 6-ter, sostituendo il comma 484 della legge finanziaria 2007, interviene sulla disciplina relativa all'acquisto nel 2007, da parte di Fintecna Spa, degli immobili degli enti in liquidazione, disponendo che l'acquisto suddetto avvenga non solo da parte della società stessa come nella formulazione originaria ma anche attraverso le proprie società controllate. Introduce, altresì, disposizioni in ordine alla determinazione del prezzo di vendita di ciascun immobile, senza tuttavia modificare il controvalore minimo complessivo dell'operazione di acquisto (180 milioni di euro).
L'articolo 16, infine, razionalizza il sistema delle tasse e dei diritti marittimi e portuali, prevedendo, tra le altre cose, l'accorpamento di alcuni tributi.
Un'analisi a parte, come già si è accennato, meritano le modifiche introdotte nel testo del provvedimento al fine di integrare aspetti significativi della legislazione fiscale, quali quelli in materia di cuneo fiscale, di studi di settore e di trattamento fiscale delle auto aziendali in conseguenza della sentenza sulla detraibilità dell'IVA della Corte di giustizia europea dello scorso settembre.
La Commissione bilancio ha introdotto in primo luogo i commi da 3-bis a 3-septies dell'articolo 15.
In particolare il comma 3-bis esonera i soggetti in regime di contabilità semplificata (imprese minori ed esercenti arti e professioni) dall'obbligo di presentare l'elenco dei clienti e dei fornitori ai fini IVA, obbligo introdotto dall'articolo 37, comma 8, del decreto-legge n. 223 del 2006, il quale ha novellato l'articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998. L'esonero si riferisce al solo anno di imposta 2006.
Dall'obbligo suddetto sono inoltre esonerate, sempre per l'anno 2006: le associazioni di promozione sociale, iscritte nei registri nazionali, regionali e provinciali, di cui alla legge n. 383 del 2000; le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alle legge n. 266 del 1991; le ONLUS iscritte all'anagrafe di cui al decreto legislativo n. 460 del 1997.
Per l'anno di imposta 2007, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono disciplinati i termini e le modalità per la semplificazione degli adempimenti connessi all'obbligo di presentazione dell'elenco dei clienti e dei fornitori, con esclusivo riferimento alle associazioni di promozione sociale, alle organizzazioni di volontariato e alle ONLUS. II decreto dovrà essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Il comma 3-ter differisce dal 30 giugno 2007 al 30 novembre 2007 il termine per l'accatastamento dei fabbricati ex rurali.
II comma 3-quater novella l'articolo 36, comma 8, del decreto-legge n. 223 del 2006, il quale ha disposto che, ai fini dell'ammortamento degli immobili strumentali, non rileva il costo del terreno sul quale è costruito il fabbricato. La modifica della Commissione bilancio interviene inPag. 106merito all'individuazione del valore residuo dei fabbricati che erano già in corso di ammortamento al momento di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 223 del 2006. Con la nuova normativa il fondo di ammortamento dedotto in precedenza sarà riferito proporzionalmente al costo del terreno e al costo del fabbricato mentre, in base alla normativa attualmente vigente, il fondo deve essere imputato prioritariamente al costo del fabbricato.
Il comma 3-quinquies dispone che il precedente comma 3-bis ha effetto a decorrere dal 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006). Il comma 3-sexìes definisce la valenza probatoria degli indicatori di normalità economica, di cui all'articolo 1, comma 14, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), ai fini dell'accertamento. Tali indicatori hanno valore di presunzione semplice e i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli che deriverebbero dall'applicazione degli indicatori non sono soggetti ad accertamenti automatici e, in caso di accertamento, spetta all'ufficio motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati.
Il comma 3-septies proroga dal 30 giugno 2007 al 30 novembre 2007 il termine per l'accatastamento dei fabbricati ex rurali di proprietà esclusiva di cittadini italiani residenti all'estero. I fabbricati in questione sono quelli che, in seguito alle modifiche introdotte dall'articolo 2, comma 37, del decreto-legge n. 262 del 2006, hanno perduto i requisiti per essere considerati rurali e devono pertanto essere denunciati in catasto.
La Commissione bilancio ha introdotto l'articolo 15-bis, che interviene in materia di cuneo fiscale - modificando, a tale proposito, la disciplina dell'IRAP - e in tema di deducibilità delle spese relative agli autoveicoli aziendali. Autorizza altresì la spesa necessaria a consentire all'Agenzia delle entrate l'effettuazione dei rimborsi IVA conseguenti alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, relativa alla detraibilità dell'IVA sull'acquisto, la locazione finanziaria e il noleggio di veicoli.
In particolare, il comma 1 modifica la disciplina dell'IRAP (decreto legislativo n. 446 del 1997, articoli 6 e 11), estendendo il «cuneo fiscale» IRAP alle banche, agli altri enti finanziari e alle imprese di assicurazione, contestualmente restringendo gli interessi passivi deducibili da tali soggetti ai fini della determinazione della base imponibile.
Il comma 2 esclude la previsione dell'autorizzazione delle istituzioni comunitarie, disposta dal comma 267 della legge finanziaria 2007 quale condizione per l'applicabilità delle nuove deduzioni ai fini della determinazione della base imponibile IRAP introdotte dall'articolo 1, comma 266, della legge finanziaria 2007 attraverso una modifica all'articolo 11, comma 1, lettera a), numeri 2 e 4, del citato decreto legislativo n. 446 del 1997.
II comma 3 dispone in ordine al periodo a decorrere dal quale trovano applicazione le misure sopra dette: la disciplina sulla deducibilita degli interessi passivi a decorrere dal periodo d'imposta in corso; l'estensione del cuneo fiscale IRAP si applica contestualmente con la decorrenza delle nuove deduzioni ai fini della determinazione della base imponibile IRAP introdotte dalla legge finanziaria 2007.
Il comma 6 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da 1 a 3 dell'articolo in esame.
I commi 4 e 5 aumentano, a decorrere dal 1o luglio 2007, i contributi di maternità dei settori del credito e delle assicurazioni dallo 0,13 per cento allo 0,46 per cento.
I commi da 7 a 10 modificano, in senso più favorevole per i contribuenti, la percentuale di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi ai veicoli a fini delle imposte sui redditi degli esercenti arti e professioni, degli imprenditori e delle società, compresi i veicoli concessi ai dipendenti come fringe benefit. Le modifiche sono disposte in maniera differenziata per il periodo di imposta in corso al 27 giugno 2007 (comma 7) e per il periodoPag. 107di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 262 del 2006, cioè il 3 ottobre 2006 (comma 9). II comma 10 consente di effettuare i versamenti in acconto delle imposte dirette e dell'IRAP per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 3 ottobre 2006, applicando la normativa vigente precedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 262 del 2006, il quale ha modificato in senso restrittivo il regime di deducibilità delle spese in questione.
Il comma 11 demanda al Ministero dell'economia e delle finanze il monitoraggio degli oneri derivanti dall'applicazione dei commi da 7 a 10 anche ai fini dell'eventuale assunzione di iniziative legislative.
Il comma 12 autorizza la spesa di 5.700 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a titolo di regolazione debitoria, per consentire all'Agenzia delle entrate di effettuare i rimborsi IVA conseguenti alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 14 settembre 2006 (causa C 228/2005), relativa alla detraibilità dell'IVA sull'acquisto, la locazione finanziaria e il noleggio di veicoli.
Il comma 13 provvede alla copertura dell'onere di cui al comma 12, mentre il comma 14 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GIAN LUIGI PEGOLO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2852-A

GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il provvedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 81 del 2007 (disposizioni urgenti in materia finanziaria) assume un particolare rilievo, nell'ambito della più complessiva manovra sottostante il DPEF.
La sua filosofia è in parziale controtendenza rispetto ai provvedimenti precedenti. Giovandosi, infatti, dell'extragettito fiscale prodottosi nei primi mesi dell'anno - in virtù sia di fenomeni virtuosi in campo fiscale, sia di un più favorevole andamento del ciclo economico - destina risorse aggiuntive per finalità di equità sociale e di sviluppo.
In tal senso, esso opera un riaggiustamento rispetto al precedente DPEF e alla precedente finanziaria, nel senso che l'accento viene posto questa volta non più sull'esigenza di comprimere il debito, ma sulla necessità di intervenire a sostegno di alcuni comparti. Questa scelta è in sé condivisibile, anche se si deve rimarcare che - a suo tempo - la manovra prevista con la finanziaria aveva assunto caratteri discutibili proprio in ragione della mancata previsione dell'incremento del gettito fiscale.
Elemento che non può non preoccupare, nella prospettiva della assoluta necessità di una gestione oculata delle risorse e di una efficace programmazione dell'intervento economico-finanziario.
A differenza dei colleghi dell'opposizione che - uniformandosi al pensiero delle principali autorità monetarie internazionali, nonché a quello del presidente della Banca d'Italia - sostengono che l'intero extragettito avrebbe dovuto essere impiegato per ridurre ulteriormente il debito, io penso che fosse opportuno, invece, un intervento destinato a fini sociali.
Mi si consenta una osservazione di carattere generale. Benché il debito pubblico costituisca un problema enorme per il bilancio dello Stato e quindi vi sia - in via di principio - la necessità di intervenire per ridurlo, io ritengo che in una manovra economica di medio periodo (tesa da un lato a sostenere il reddito e ad affrontare alcune grandi domande sociali e, dall'altro, a favorire lo sviluppo) occorra agire con grande prudenza.
Il rischio è, infatti, che in nome del risanamento, non solo si riducano gli effetti virtuosi della ripresa del ciclo economico ma, soprattutto, che si ricada in una politica dei due tempi - molte volte sperimentata - in cui l'equità sociale vienePag. 108rimandata all'infinito in attesa del miglioramento della condizione economico-finanziaria del paese.
Se una critica va fatta alla politica economica inaugurata dal nuovo Governo, quindi, non è - come sostiene l'opposizione - di essere stata troppo morbida nei confronti della riduzione del debito, ma semmai di aver risposto con troppa sollecitudine all'impostazione monetarista delle autorità comunitarie. Per questo motivo, personalmente, avrei apprezzato un impiego maggiore delle risorse dell'extragettito in funzione del riequilibrio sociale. Come è stato giustamente sottolineato, in questo paese si impone un risarcimento sociale nei confronti delle fasce a reddito basso, e più in generale di quelle che presentano elementi di evidente disagio. Se anziché attestarsi, come ipotizza l'attuale provvedimento, su un deficit annuo del 2,5 per cento si fosse incrementato questo valore, non sarebbe stato drammatico.
Peraltro, pur considerando che in termini di incidenza del debito sul Pil altri paesi hanno una situazione certamente migliore del nostro, fa specie assistere all'iniziativa di un Governo di destra - come quello francese - tesa a posticipare il raggiungimento del pareggio di bilancio, rispetto ai tempi inizialmente pattuiti con l'Unione europea.
Ma venendo ai contenuti del provvedimento, mi si consentano alcune osservazioni. In primo luogo, si tratta di un provvedimento molto complesso che interviene su molti settori. Per evitare una eccessiva dispersione consideriamo i tre principali campi di intervento, seguendo la ripartizione proposta dal relatore, e cioè: interventi in materia di finanza locale, interventi in materia previdenziale e interventi relativi ad autorizzazioni di spesa per le amministrazioni pubbliche.
Relativamente al primo di questi - e cioè la finanza locale - è noto come rispetto alle previsioni iniziali vi sia stata una crescita dell'impegno finanziario previsto nel disegno di legge. È l'effetto di una pressione evidente degli enti locali al fine di conseguire la riduzione dei vincoli posti dal patto di stabilità e la crescita delle risorse destinate alla finanza locale.
A tale riguardo, non si può che esprimere un giudizio positivo su questa riapertura dei cordoni della borsa nei confronti degli enti locali, ottenuti attraverso la maggiore elasticità nell'uso, a fini di investimenti, degli avanzi di amministrazione. Così come vanno considerati positivi i provvedimenti in materia di ICI, che correggono un'impostazione precedente che aveva comportato discriminazioni nei confronti di una parte degli enti locali. L'unico rilievo che si può porre riguardo a questa parte del provvedimento è relativo all'entità complessiva del sostegno finanziario promosso a favore degli enti locali, che resta ancora insufficiente. La questione, peraltro, si sposta sui prossimi provvedimenti di legge, con riferimento al DPEF e alla legge finanziaria. Mi pare del tutto evidente che se non si vuole produrre effetti indesiderati in tema di rincaro della pressione fiscale locale, che come abbiamo potuto constatare nel caso della scorsa finanziaria, finiscono con il vanificare - in parte - anche le politiche redistributive, occorre allentare le misure del patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda la parte previdenziale, essa costituisce l'intervento più rilevante in tema di equità e, pertanto, non può che essere apprezzata. I livelli delle pensioni nel nostro paese restano, almeno per alcune fasce di cittadini, molto basse. Era ed è imperativo alzarle. Il provvedimento che stiamo discutendo, elevando le pensioni più basse, secondo criteri differenziati - anche in ragione dei contributi versati - attua un primo sacrosanto provvedimento di equità. La mia opinione è che pur essendo sulla strada giusta, tuttavia, la distanza che resta ancora da colmare rispetto ad una soglia di erogazione che consenta effettivamente una vita dignitosa, resta ancora molto, anzi troppo, ampia. La condizione degli anziani in questo paese molte volte rientra nella fascia di povertà. Un obiettivo essenzialePag. 109della politica sociale del Governo dovrebbe essere quella di sottrarre questi cittadini da tale condizione.
Sono ovviamente concorde con quella parte del provvedimento che punta a garantire le pensioni dagli effetti negativi dell'inflazione o che consente il riscatto della laurea. Si tratta di misure che contribuiscono a tutelare i pensionati e, in prospettiva, i futuri pensionati. Su questo punto, in particolare, occorre prestare grande attenzione. Le misure qui indicate, anche se condivisibili, sono ancora insufficienti rispetto al tema della protezione contributiva delle giovani generazioni. Il grande tema che si impone è quello di una revisione sostanziale dei coefficienti, al fine di consentire ai giovani che oggi si accostano al lavoro di poter ottenere pensioni minimamente decenti. Io mi auguro, a tale riguardo, che il confronto in atto fra le parti sociali dia risposte significative, più significative di quelle fino ad ora constatate.
Infine, sul terzo campo di intervento del provvedimento in questione, quello cioè dello sblocco di risorse per le amministrazioni pubbliche o dell'integrazione delle stesse, ritengo che siano improprie alcune critiche sollevate nei confronti del provvedimento. In realtà, ci troviamo di fronte non solo ad obiettive necessità di spesa, ma anche all'esigenza di superare un'impostazione rigida e per molti versi anacronistica. Penso alla non applicazione del taglio del 20 per cento delle spese di funzionamento per enti e organismi pubblici, o al reintegro dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero dell'economia. Ancora, mi pare evidente che le risorse destinate al risanamento dei conti di alcune società pubbliche o para-pubbliche corrisponda ad un'obiettiva necessità.
Infine, se nel provvedimento alcune misure sono convincenti - penso fra l'altro a quelle in tema di cooperazione internazionale - non tutto però è convincente. Per esempio, mi lascia perplesso la ratio del provvedimento relativo alle aree limitrofe alle regioni a statuto speciale. Provvedimento teso - come è ovvio - a sopire le spinte che provengono da alcuni comuni ad aderire alle contermini regioni a statuto speciale, che però affronta a mio avviso in maniera discutibile l'essenza del problema. Così come appaiono discutibili, anche in relazione alle giustificazioni date a tale proposito dal Governo, i maggiori stanziamenti destinati alle missioni internazionali. Infine, benché sappiamo come le norme in materia di cuneo fiscale riguardanti banche ed assicurazioni siano state sollecitate dalle autorità comunitarie, lascia comunque perplessi che i benefici vadano a favore di tali settori. Peraltro - mi si consenta - già ho avuto occasione di criticare l'impostazione dei provvedimenti di taglio del cuneo fiscale a favore delle imprese perché sostanzialmente aselettive. Con le misure qui assunte tale mancanza di selettività diventa ancora più evidente, ponendo, a me pare, la necessità di una revisione sostanziale di tale impostazione per tornare ad una politica giustamente selettiva a sostegno del sistema delle imprese.
Il sostegno allo sviluppo, infatti, non può tradursi in un aiuto finanziario generalizzato al sistema economico ma deve invece concretizzarsi nell'incentivo alle parti più virtuose dello stesso, o comunque a quelle imprese che possano da tale intervento trarre con certezza stimolo per il loro consolidamento e sviluppo.