XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 184 di giovedì 5 luglio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 9,40.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Bruno, Chiti, Cordoni, D'Elia, Fabris, Franceschini, Gasparri, Gozi, Lion, Maroni, Meta, Oliva, Leoluca Orlando, Pagliarini, Pinotti, Piscitello, Ranieri, Realacci, Saglia, Sgobio, Stucchi e Villetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione della proposta di legge Nicchi ed altri: Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera (A.C. 1538-A) (ore 9,43).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Nicchi ed altri: Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera.
Ricordo che nella seduta del 22 giugno scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1538 sezioni 1 e 2).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1538-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1538 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

TITTI DI SALVO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Nicchi 1.20 e 1.21 e Cordoni 1.26, mentre esprime parere contrario sull'emendamento Pelino 1.22. Il parere è, altresì, favorevole sull'emendamento Nicchi 1.23.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Nicchi 1.24 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: sostituire le parole «certezza della titolarità del richiedente» con le parole «certezza della identità del richiedente», perché esprime meglio il senso in un italiano corretto.
La Commissione, infine, esprime parere favorevole sull'emendamento Nicchi 1.25.

Pag. 2

PRESIDENTE. Il Governo?

ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,44).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,15.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1538-A)

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, oggi è una giornata di festa per la Commissione lavoro che, per la prima volta, ha l'opportunità di riferire in Assemblea su un provvedimento assegnato alla sua competenza e, quindi, ringrazio. Proprio perché è una festa per la Commissione lavoro si è verificata una massiccia affluenza dei colleghi al tavolo del Comitato dei nove (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Naturalmente io ne faccio parte, ma sottolineo, ai miei colleghi di gruppo, l'impossibilità fisica di essere presente al tavolo del Comitato dei nove perché il sovraffollamento, in questa giornata di festa, necessiterebbe della collocazione di uno strapuntino.
Allora, signor Presidente, le chiedo l'autorizzazione a sedermi, non abusivamente, al tavolo del Governo in modo da segnalare al mio gruppo il voto su almeno quattro o cinque emendamenti, perché vorrei anch'io partecipare a questo momento di festa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Evito ogni commento sulla tempistica del suo «ingresso» al Governo e penso che la soluzione migliore sia nell'ambito del Comitato dei nove, che suppongo sia abbastanza flessibile.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, a questo punto chiederò ai colleghi di volgere indietro lo sguardo e di attendere il segnale dai banchi in alto. Non posso consentire ad alcuno dei colleghi di sottrarsi a tale evento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. La ringrazio per aver vivacizzato la seduta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 1.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, il provvedimento in esame introduce una disciplina tesa a contrastare il fenomeno delle dimissioni firmate in bianco ed è volto a proteggere i lavoratori, soprattutto le lavoratrici, da tale fenomeno, evitando che il datore di lavoro possa utilizzare le false dimissioni, che ha fatto firmare al momento dell'assunzione, per far cessare in qualsiasi momento il rapporto di lavoro.
Consideriamo il provvedimento in esame come un'ulteriore politica pubblica capace di assicurare i diritti mediante forme di assistenza e di tutela all'interno di un'economia sempre più globalizzata. La riteniamo, infatti, una politica di sicurezzaPag. 3del lavoro, capace di offrire ai lavoratori la tutela dei loro diritti e, in caso di licenziamento, di aiutarli ad uscire dal senso di incertezza economica e psicologica. Riteniamo, infatti, che le modalità di licenziamento debbano essere consentite solo in un contesto di consolidamento della sicurezza del lavoro.
La proposta di legge, quindi, definisce le modalità per la risoluzione del contratto per dimissioni volontarie con l'utilizzo di uno strumento semplice, ovvero un apposito modulo realizzato secondo specifiche direttive. Si tratta, come si affermava, di una proposta di legge che ha il pregio della semplicità e della chiarezza, ma, a nostro parere, ha anche un alto valore simbolico, in quanto costituisce una piccola norma a protezione di diritti e garanzie, delle tutele e, quindi, della libertà dei lavoratori e delle lavoratrici ma, soprattutto, a protezione del diritto della maternità.
È noto che tra le donne vi è un atteggiamento nuovo nei confronti del lavoro, che si traduce, da un lato, nella consapevolezza dei propri diritti e, dall'altro, nella ricerca attiva di un'occupazione sempre più stabile e qualificata.
A ciò, tuttavia, non fa automaticamente seguito la realizzazione di questo obiettivo. Permangono, infatti, molte difficoltà che alimentano la disoccupazione, la quale nasconde e contempla al suo interno isole di lavoro sommerso e precario, costituito da condizionamenti, paure ed insicurezze sociali. Le donne, infatti, spesso si trovano ancora davanti alla scelta obbligata di rassegnare le dimissioni dal lavoro per motivi personali che, tuttavia, comprendono un'infinità di situazioni, come la conflittualità con il datore di lavoro e le violazioni contrattuali. Un'altissima percentuale di donne dichiara, infatti, di dimettersi per la difficoltà di conciliare vita professionale e vita familiare.
Una parte consistente, però, afferma di aver lasciato il lavoro per motivi personali: tali dimissioni rimandano spesso al tema centrale della difficoltà di gestire pressioni e ricatti permanenti nel corso del rapporto di lavoro.
Per le lavoratrici, quindi, la sottoscrizione preventiva di dimissioni in bianco rappresenta un ulteriore disincentivo anche nei confronti della maternità: ciò appare paradossale, in un Paese con forti problemi di natalità e un tasso di attività lavorativa ancora insufficiente rispetto ai Paesi europei.
Il fenomeno delle dimissioni in bianco è preoccupante, inoltre, perché esse vengono utilizzate in maniera più ampia, indipendentemente dal sesso del lavoratore, anche a fini fiscali, allo scopo, a volte, di sgravare l'impresa dal pagamento dei periodi di assenza dal lavoro per imprevisti quali infortuni o malattie. Non abbiamo dati statistici, ma sappiamo che il fenomeno è in aumento e interessa soprattutto i nuovi contratti relativi al rapporto di lavoro solo apparentemente autonomo o parasubordinato.
Per tali motivi riteniamo molto importante il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge in esame, che riconosce le diverse tipologie di contratti presenti oggi nel mercato del lavoro che potranno usufruire della tutela della norma sulle dimissioni volontarie.

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, concluda.

AMALIA SCHIRRU. Per tale motivo, i contratti di collaborazione di natura occasionale, quelli di associazione in partecipazione, i contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci, i contratti di collaborazione previsti dal codice civile, nonché quelli, riconosciuti dal decreto legislativo n. 276 del 2003, di collaborazione a progetto - instaurati spesso senza individuare un vero e specifico progetto o programma di lavoro - vengono già considerati rapporti di lavoro subordinato fin dalla costituzione, purché il lavoratore sia in grado di fornire la prova e, in caso di risoluzione del contratto, le motivazioni della giusta causa.
Si tratta di situazioni che generano conflitti, litigiosità e, soprattutto, perdita di tutela.

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PRESIDENTE. Onorevole Schirru, deve concludere.

AMALIA SCHIRRU. Il lavoratore che firma dimissioni in bianco, infatti, rischia di perdere non solo il lavoro, ma anche il diritto all'indennità di disoccupazione. Perciò voteremo a favore della norma in esame, che permette di ampliare le garanzie per i lavoratori (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, la proposta di legge a prima firma Nicchi, recante disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie del prestatore d'opera in Commissione ha avuto un iter abbastanza condiviso e ne avrà uno altrettanto condiviso - forse anche di più - in Assemblea. Ciò, in parte, perché si tratta di una materia condivisibile in quanto tale, perché volta ad evitare i fenomeni distorsivi della risoluzione del contratto, che vessino in maniera iniqua in particolare le donne e le madri. Una particolare attenzione, pertanto, è rivolta al mondo femminile, a quello della maternità e alla loro tutela nei confronti di elementi distorsivi e di pratiche che sono, purtroppo, conosciute ed utilizzate in ambito lavorativo.
Crediamo che la relatrice Di Salvo abbia dimostrato una sensibilità importante sul provvedimento, nell'accogliere alcune proposte dell'opposizione, in particolare in merito alla gratuità di apposite convenzioni, definite per mettere a disposizione la modulistica contrassegnata da numeri progressivi: si tratta, quindi, di un meccanismo volto a prevenire ed evitare fenomeni degenerativi delle dimissioni in bianco da parte del prestatore d'opera che poi, utilizzate nel momento opportuno, pesano come una «spada di Damocle» sul rapporto di lavoro.
Prendiamo atto di un'apertura e di un dialogo costante che vi sono stati in Commissione, dove abbiamo presentato alcuni emendamenti che riproporremo in questa sede. Mi riferisco, in particolare, all'emendamento della collega Pelino, che esclude dall'applicazione di questa disciplina i contratti a termine, nei quali più precisamente non si tratta di dimissioni, ma di recesso. È una posizione che si è scelto di portare avanti in Commissione e che si porterà avanti anche in Assemblea.
Credo peraltro che, anche al di là di questi distinguo tecnici, formali o politici su alcuni aspetti del provvedimento, vi sia una sostanziale condivisione dell'obiettivo, che, come dicevo prima, è quello di un testo che, in un unico articolo, dia un segnale importante al mondo del lavoro e al mondo femminile, e affronti tale tematica in maniera serena ma, anche da questo punto di vista, determinata.
Crediamo che il provvedimento in esame non sia risolutivo in quanto tale, ma che rappresenti un segnale importante, soprattutto nel combinato disposto dello stesso con la circolare ministeriale n. 7001 del giugno del 1997, che precisa agli ispettori come intervenire e come effettuare maggiori controlli sulle dimissioni delle lavoratrici madri, dando anche alle direzioni provinciali la facoltà di accertare in maniera successiva la volontà della lavoratrice madre.
Quindi, il combinato disposto di questo provvedimento, da un lato, e della circolare di cui parlavo, dall'altro, evidentemente rappresenta il segnale di un impegno del legislatore in questo senso e della volontà di combattere un fenomeno che - ripetiamo - è distorsivo, umiliante e assolutamente negativo e condannabile, sia per le lavoratrici sia per l'intero mercato del lavoro.
Sono stati presentati diversi emendamenti, alcuni di natura squisitamente tecnica, di precisazione. Credo che in questa fase debba essere sottolineato lo spirito di condivisione di questo provvedimento e la volontà di procedere insieme dando un segnale significativo a tal riguardo.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, anche io vorrei evidenziare che questa proposta di legge ha ottenuto, significativamente, un contributo dall'intera Commissione lavoro e che, trasversalmente, tutti hanno espresso consenso sulla stessa.
Vorrei evidenziare, come ha già fatto il relatore nei precedenti interventi, il senso, il contesto e gli obiettivi del provvedimento in esame, volti ad eliminare un fenomeno rilevato da studi e da censimenti, anche se i numeri sono di gran lunga superiori rispetto a ciò che ufficialmente risulta dalle analisi e dai censimenti.
Risolvere questo problema è sicuramente nell'interesse collettivo del lavoratore, in modo particolare delle lavoratrici, nonché del datore di lavoro onesto, che applica le leggi e che, nello stipulare il contratto di lavoro, utilizza gli strumenti legali.
Vengono garantite, quindi, certezza del posto di lavoro e sicurezza per il datore di lavoro e per la lavoratrice, contro quei datori di lavoro che, evitando di pagare i costi sociali, riescono magari anche a proporre il loro prodotto ad un prezzo basso.
In linea generale, siamo favorevoli alla proposta di legge, ma vorrei rilevare che, purtroppo, essa rappresenta anche una piccola sconfitta, perché in uno Stato normale, libero e di diritto non occorrerebbe mettere un poliziotto in ogni metro quadrato di territorio. Con la previsione di modelli che verranno ritirati presso i comuni, piuttosto che presso altri uffici, si obbliga ad adottare un metodo.
Vorrei fare un paragone - che naturalmente non pretende di essere perfettamente calzante - che richiama quanto verificatosi nelle zone a traffico limitato o zone pedonali: laddove non esistevano le telecamere, tutti transitavano con le automobili; una volta installate le telecamere, non transita più nessuno. Si tratta di una piccola sconfitta, secondo me, perché in un Paese civile e normale ciò non dovrebbe accadere.
Sicuramente ci si muove nell'interesse collettivo del lavoratore e del datore di lavoro e, pertanto, rendo onore anche a tutti quei datori di lavoro che applicano le leggi e consentono ai lavoratori di avere una prospettiva, un avvenire sicuro (mi riferisco, in particolare, ai giovani e alle donne, quando vanno in maternità) in modo che possano disporre di una certezza nel futuro della loro vita (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, anche noi valutiamo positivamente il presente provvedimento, seppur con qualche perplessità in ordine alla volontà di disciplinare, in modo così articolato e compiuto, l'istituto delle dimissioni volontarie. Infatti, nel corso dell'esame in Commissione si è eccessivamente arricchito il provvedimento con precisazioni che, a nostro avviso, sono ultronee e potrebbero compromettere, in futuro, la corretta interpretazione del provvedimento medesimo.
Si è voluto giustamente assestare un colpo definitivo all'istituto - più che di un istituto si tratta di una prassi indegna - delle cosiddette dimissioni in bianco, che alcuni datori di lavoro utilizzano in tutto il Paese (qualcuno, nel corso della discussione generale, ha voluto localizzare in alcune aree del Paese tale fenomeno, ma mi risulta sia un fenomeno piuttosto esteso che riguarda l'intera geografia del nostro Paese).
Il rischio è che in tal modo, avendo eccessivamente «caricato» il provvedimento, si possa in seguito provocare qualche problema all'interprete, nel senso che l'obbligatorietà della formalizzazione delle dimissioni in un modulo appositamentePag. 6predisposto, che consente il conseguimento della finalità voluta dalla legge, potrebbe creare dubbi sulla possibilità della successiva impugnazione del documento medesimo, della dichiarazione di dimissioni, seppur formalizzata in quel tipo di documento.
Intervengo nella fase di dichiarazione di voto sugli emendamenti perché deve rimanere chiaro, a testimonianza della volontà del Parlamento, che, con la rigida regolamentazione dell'istituto delle dimissioni volontarie, non si è voluto in alcun modo inibire al lavoratore il successivo potere di impugnare quelle stesse dimissioni, secondo i criteri ed i principi che il nostro ordinamento stabilisce per la nullità o l'annullabilità degli atti negoziali, siano essi bilaterali, plurilaterali o unilaterali.
Pertanto, credo che tale precisazione vada indicata in questa sede, così come deve essere puntualizzata la specificazione, secondo la quale l'emendamento 1.22, presentato dall'onorevole Pelino e sottoscritto dal collega Fabbri e da me, si muove nella direzione di semplificare la costruzione eccessivamente rigida della presente normativa, lasciando non al di fuori, ma certamente in qualche modo estranea alla previsione contenuta nella parte seconda del secondo comma dell'articolo 1 del provvedimento in esame la serie dei rapporti che hanno giustificazioni causali e sinallagmi contrattuali completamente diversi e che necessitano, quindi, di una «temporaneità» di svolgimento, senza la quale la prestazione medesima del lavoratore non avrebbe senso.
Mi riferisco ai contratti a tempo determinato, ai contratti a progetto, appunto a tempo determinato, nei quali la causa del contratto è ben chiara, l'oggetto è ben chiaro ed il termine del contratto si lega specificatamente alla funzionalità del contratto medesimo. In questo caso, ritengo che sia assolutamente inutile, anzi foriera di problemi anche di carattere applicativo la previsione rigida di tale regolamentazione per cui anche per questi rapporti di lavoro vi è la possibilità, anzi l'obbligo, di rassegnare le dimissioni attraverso moduli prestampati.
In tale senso si pone l'emendamento Pelino 1.22, sul quale interverrò nello specifico successivamente, fornendo alcune precisazioni di carattere tecnico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare il mio emendamento.
Il provvedimento, che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare ai lavoratori le dimissioni in bianco al momento dell'assunzione - cosa ben diversa dall'accordo per la collaborazione -, quindi quando la posizione del lavoratore è più debole, pur nel condivisibile obiettivo di scongiurare l'intento elusivo datoriale, presenta alcune parti censurabili presenti nel secondo comma dell'articolo 1, nel quale sono elencate tassativamente le tipologie dei contratti di lavoro che usufruiscono della tutela delle dimissioni volontarie.
La tutela secondo i presentatori è garantita da un'apposita modulistica, utilizzabile a pena di nullità, predisposta e reperibile presso gli uffici provinciali del lavoro e gli uffici comunali. Si evidenzia, in primo luogo, che si parla della consegna della modulistica al momento dell'assunzione, in secondo luogo, che ci si avvale di procedure vigenti presso le pubbliche strutture e moduli definiti con direttive del Ministro del lavoro.
In seguito, mi soffermerò ulteriormente sulla materia; adesso voglio solo affermare che le dimissioni sono previste esclusivamente per i lavori tipici, per i lavori atipici esiste il recesso contrattuale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 7
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 377
Maggioranza 189
Hanno votato
377).

Prendo atto che i deputati Viola Vichi, Pedulli, Sanga, Pertoldi, Tabacci, Volontè e Di Gioia, hanno segnalato che non sono riusciti a votare e avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che il deputato Volontè ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.21, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 411
Maggioranza 206
Hanno votato
410
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Pertoldi, Volontè e Di Gioia, hanno segnalato di non essere riusciti a votare e il deputato Pertoldi avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cordoni 1.26, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 409
Maggioranza 205
Hanno votato
409).

Prendo atto che i deputati Minardo, Di Gioia e Volontè hanno segnalato di non essere riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pelino 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengono per illustrare l'emendamento in votazione, volto alla soppressione del comma 2, dell'articolo 1, che andrebbe modificato, perché bisognerebbe fare una distinzione, parlando di dimissioni che appartengono solo ed esclusivamente ai contratti tipici (lavoro determinato e subordinato) e di contratto atipico che prevede il recesso contrattuale.
Il provvedimento in esame, che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare al lavoratore le dimissioni in bianco al momento dell'assunzione - fatto ben diverso dall'accordo per la collaborazione -, quindi nel momento in cui la posizione del lavoratore è sicuramente più debole, pur presentando il condivisibile intento di scongiurare lo scopo elusivo datoriale, appalesa alcune censure, legate al comma 2 dell'articolo 1, che elenca tassativamente le tipologie dei contratti di lavoro che usufruiscono della tutela delle dimissioni volontarie.
Tale tutela è garantita, secondo i presentatori della proposta, dalla previsione di un'apposita modulistica da utilizzarsi a pena di nullità, la quale è predisposta e reperibile presso gli uffici provinciali del lavoro e gli uffici comunali.
Si evidenzia che si tratta, in primo luogo, di consegna al momento dell'assunzione; in secondo luogo, ci si avvale di procedure vigenti presso le pubbliche strutture e di moduli definiti con direttive del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, che riportano codici alfanumerici progressivi di identificazione, spazi da compilare con dati e via seguitando.
Con l'emendamento in esame si vuole scongiurare confusioni e strane commissioni ministeriali nell'ambito di un rapporto privatistico regolamentato dalle leggi speciali.Pag. 8
La proposta di legge in esame va correttamente applicata a tutti i contratti di lavoro subordinato, di cui all'articolo 2094 del codice civile e non ai contratti atipici - lo dice il concetto stesso - elencati a torto nel provvedimento, ovverosia quelli di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, quelli di collaborazione di natura occasionale, evidentemente appartenenti alle tipologie di cui al decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo della legge Biagi e men che meno ai contratti di associazione in partecipazione, di cui all'articolo 2549 del codice civile, che nemmeno si possono definire tipici ovvero parasubordinati.
Rilevo, pertanto, che il vincolo della validità della dichiarazione delle dimissioni volontarie all'utilizzo dell'apposita modulistica, usufruibile solo presso gli uffici provinciali del lavoro e le amministrazioni comunali, con decretazione ministeriale ed ulteriori cautele amministrative, troverebbe giusta collocazione nell'ambito del rapporto di lavoro tipicamente subordinato, regolato codicisticamente e legislativamente, come richiamato dal comma 2, primo periodo, dell'articolo 1 del provvedimento in esame attraverso il riferimento all'articolo 2094 del codice civile. Quindi, detto meccanismo previsto, a pena di nullità, per tutte le categorie, subordinate e non, potrebbe creare un eccessivo irrigidimento dei meccanismi attuativi, nonché problemi di coerenza normativa con l'apposita legislazione speciale, considerato il coinvolgimento nell'apposita modulistica delle pubbliche strutture.
Per quanto riguarda poi l'estensione del provvedimento ad altre tipologie contrattuali, non di lavoro subordinato, come la collaborazione coordinata e continuativa di natura occasionale - vedi il decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo della legge Biagi - e finanche l'associazione in partecipazione e via seguitando ...

PRESIDENTE. La prego di concludere

PAOLA PELINO.... si rileva che dette tipologie, che si aggiungerebbero - con la dizione «nonché» - al contratto nominato tipico del lavoro subordinato, non essendo a tempo indeterminato, ma a termine e perciò atipiche, non sarebbero suscettibili di detta applicazione antielusiva concertata dalle pubbliche strutture; pertanto, sarebbe meglio lasciare la materia delle dimissioni alla libera volontà del lavoratore esercitabile ai termini della legge richiamata.
Ciò detto, ritengo corretto ed opportuno sopprimere all'articolo 1, comma 2, del testo in esame tutta la frase da «indipendentemente dalle caratteristiche» sino all'espressione «con i propri soci».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesini. Ne ha facoltà.

ROSALBA CESINI. Signor Presidente, l'illustrazione della collega Pelino non è affatto convincente.
Si tratta di un'illustrazione tecnica, ma la nostra impressione è che, alla base dell'emendamento in esame, vi sia una concezione ben precisa che conosciamo bene.
Con l'emendamento in esame si escludono dal controllo sulle dimissioni in bianco tutti i lavoratori precari, i co.co.co, i co.co.co.pro., i lavoratori occasionali, i lavori associati in partecipazione. Si escludono, cioè, tutti i soggetti più deboli nel mondo del lavoro che si trovano appena un gradino sopra i lavoratori in nero.
I lavoratori precari - come è noto - sono oltre 3.750.000; rappresentano il 13 per cento degli occupati ed il 50 per cento dei nuovi occupati. Di tali 3.750.000 lavoratori, il 67 per cento è rappresentato da donne. Con l'emendamento Pelino 1.22, si esclude tutta questa parte di lavoratori, che sono - lo ripeto - i più deboli.
Le dimissioni in bianco sono uno strumento odioso in mano ai datori di lavoro, i quali, in questo modo, hanno la potestà completa sui lavoratori e sulle lavoratrici. Cosa accade, in particolare ai lavoratori ed alle lavoratrici precari? Essi, con tale strumento, sono minacciati due volte: la prima, quando si tratta di trasformare il contratto di lavoro da tempo determinatoPag. 9a tempo indeterminato; la seconda volta, poiché, con tali dimissioni, sono sottoposti ad una continua minaccia.
Cosa accade quando il lavoratore si ammala, si infortuna oppure semplicemente chiede i propri diritti? È in quel momento che il datore di lavoro mostra la famosa «letterina» controfirmata all'inizio del rapporto di lavoro.
Collega Pelino, l'emendamento a sua firma la dice lunga sul modo di intendere i diritti dei lavoratori! Ad essi, come si è voluto fare con la legge 14 febbraio del 2003, n. 30, si dice: tenete china la testa e obbedite, perché, se non volete sottostare a queste condizioni - cioè il lavoro precario a quattro lire - c'è la fila fuori di persone che vogliono il vostro posto! Questo, collega Pelino, è ciò che è alla base dell'emendamento in esame.
Per le donne, inoltre, ciò significa una cosa ancora peggiore - se può esservi - rispetto agli uomini. Per le donne, soprattutto quelle precarie, le cosiddette dimissioni in bianco scattano quando il datore di lavoro scopre che la lavoratrice è incinta. Non è un caso che il 30 per cento delle donne che hanno avuto il primo figlio abbandonano il lavoro. Non è un caso!
Per tale motivo, ritengo che l'emendamento in esame vada respinto con forza, perché, soprattutto per le donne che svolgono un lavoro precario significa, in un certo momento della propria vita, fare una scelta obbrobriosa, quella, cioè, di scegliere tra il proprio desiderio di autonomia economica - che il più delle volte è anche autonomia sociale - ed il proprio desiderio...

PRESIDENTE. Onorevole Cesini, concluda.

ROSALBA CESINI. ...la propria capacità procreativa. Per tale motivo, il gruppo dei Comunisti Italiani invita tutta la maggioranza a votare contro questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito dell'emendamento Pelino 1.22 che stiamo discutendo, e contro il quale chiediamo di votare, vorrei felicitarmi con la Commissione lavoro, non solo perché oggi porta all'esame dell'Assemblea un primo provvedimento di sua competenza, ma anche per l'importanza dello stesso.
Ritengo molto positivo che vi sia uno spirito di larga condivisione in questa Assemblea, a proposito della norma che stiamo esaminando.
Vorrei sottolineare che si tratta non soltanto di un provvedimento in difesa di un diritto dei lavoratori ma anche di una norma di civiltà predisposta contro un dispositivo davvero odioso - l'onorevole Lo Presti lo definisce addirittura un istituto; naturalmente, lo è diventato in quanto si è abusato di tale pratica - che molto frequentemente è stato fatto valere.
Evidentemente, in Italia, non basta l'abuso di figure contrattuali precarizzanti come il lavoro a termine; ci si vuole anche avvalere di una «cambiale in bianco» come sono, appunto, le dimissioni firmate all'atto dell'inizio del rapporto di lavoro.
Peraltro - e vorrei sottolineare anche tale riflessione -, come emerge dai commi 1 e 3 dell'articolo 1, la contromisura che auspicabilmente verrà introdotta da questa proposta di legge è di una semplicità cristallina, persino imbarazzante. Vorrei, quindi, che ci si chiedesse come mai si è atteso sinora; sono infatti passati tanti anni prima di adottare un tale provvedimento.
Ma passiamo alla proposta emendativa al nostro esame. Siamo contrari all'emendamento Pelino 1.22 poiché, se venisse approvato, vanificherebbe uno degli aspetti salienti di questo provvedimento ovvero l'intenzione di tutelare l'intero ambito del lavoro «effettivamente» dipendente, vale a dire un insieme amplissimo di figure di lavoratori e lavoratrici che sono formalmente autonomi perché, sul piano contrattuale,Pag. 10tali risultano, ma che, a tutti gli effetti, sono «dipendenti» nel rapporto con il datore di lavoro.
Si tratta di quelle «norme ambito» - una peculiarità italiana che la dice lunga sul modello di sviluppo con cui questo Paese è venuto crescendo negli ultimi lustri - del lavoro cosiddetto subordinato, privo di tutele contrattuali e garanzie, che sono invece riconosciute al lavoro dipendente. Potremmo dire, con una sintesi: tutti i rischi di impresa e nessuna garanzia! In altre parole: la massima esposizione alle pratiche di sfruttamento da parte dell'impresa. Si tratta, cari colleghi, di una delle facce più odiose dello sviluppo verificatosi in Italia a partire dagli anni Ottanta.
Vorrei inoltre chiarire all'onorevole Baldelli che non si tratta - come egli ha testé affermato - di un distinguo tecnico, è tutt'altra cosa, è il massimo della concretezza. Infatti, qualora l'emendamento in esame fosse approvato, tale provvedimento sarebbe in grande parte vanificato, per ragioni quantitative, perché il lavoro parasubordinato concerne diverse centinaia di migliaia di lavoratori, ma, in qualche modo, persino per una ragione logica, poichè tale provvedimento nasce precisamente per contrastare un abuso formalmente legale, vale a dire un abuso che si avvale di procedure adulterate.
Il rischio dell'emendamento Pelino 1.22 consiste, precisamente, nel consacrare l'aspetto formale delle caratteristiche contrattuali, per cui lavoratori che sono in realtà dipendenti, figurano come autonomi. Tale emendamento, quindi, cancella la realtà effettiva...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALBERTO BURGIO. ... la realtà - e concludo, Presidente - della dipendenza economica del lavoratore. E invece è questo il riferimento assunto dal provvedimento che stiamo esaminando, perché è la dipendenza economica il dato di realtà che incide sulle condizioni lavorative. Ed è per questo, signor Presidente, che consideriamo il concetto di dipendenza economica come il concetto base anche per un'organica revisione della legislazione in materia di rapporti di lavoro, che giudichiamo, di giorno in giorno, sempre più urgente (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento Pelino 1.22 per spiegare la posizione dell'UDC. Tuttavia, vorrei prima svolgere una premessa - e mi rivolgo alla collega Nicchi - anche se, indubbiamente, non devo certo fare il difensore della collega Pelino, la quale sa difendersi da sé.
Credo che in tutta la discussione svolta in Commissione su questo provvedimento si sia mantenuto un clima veramente costruttivo e serio, volto a cercare la migliore soluzione.
Per questo motivo, a mio avviso, l'emendamento non contiene aspetti polemici o atteggiamenti prevenuti, ma assume una posizione che è stata spiegata come tecnica. La verità, però, è che, se venisse approvato questo emendamento, l'efficacia del provvedimento nel suo complesso, indubbiamente, verrebbe ad essere limitata. La reiezione dell'emendamento - e infatti noi voteremo contro -, non farebbe altro che rafforzare la posizione dei contratti a termine. È vero che questi ultimi, gli istituti di cui alla legge Biagi e quant'altro, sono di per se stessi a termine; però, all'interno di questi termini di scadenza, possono capitare situazioni per ovviare alle quali tutti noi ci siamo impegnati a predisporre questo provvedimento.
Quindi, con il massimo rispetto per la buona fede nella presentazione di questo emendamento, noi voteremo contro. Ribadisco però di non condividere assolutamente l'intervento della collega Nicchi, in quanto, prima firmataria della proposta di legge avrebbe dovuto cogliere l'essenza dell'impegno della Commissione, al di là diPag. 11questo emendamento. Mi riservo in sede di dichiarazione di voto finale di fare altri riferimenti.
Credo peraltro che della situazione creatasi all'interno della Commissione avremo molto bisogno in occasione dei futuri provvedimenti che ne interesseranno la competenza. Pertanto, voteremo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, voglio velocemente chiarire ulteriormente il senso dell'emendamento in esame e far osservare al collega Compagnon che con questa proposta si dà un colpo ben assestato a tutto l'impianto della legge Biagi. Cercherò di spiegare perché e, soprattutto, cercherò di chiarire quanto evidentemente è sfuggito anche ai colleghi della maggioranza.
L'istituto delle dimissioni volontarie, regolato dall'articolo 2118 del codice civile, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato non presuppone, non ammette, non consente e comunque non prevede - meglio usare questo termine - la giustificazione delle dimissioni.
Nel contratto di lavoro a tempo determinato c'è una causa specifica del contratto, c'è un oggetto specifico che è legato anche al compimento del termine. Quindi, nel momento in cui introduciamo una norma che obbliga il datore di lavoro e il lavoratore a rendere le proprie dimissioni su un foglio prestampato e non prevediamo che su questo foglio debba essere obbligatoriamente inserita la causa del recesso anticipato, noi compiamo un abuso dal punto di vista legislativo.
Creiamo problemi di rilevante portata all'interprete che domani dovesse decidere qualè stata la vera ragione che ha legittimato e indotto il lavoratore a rendere anticipatamente le dimissioni da un contratto a tempo determinato. Stiamo perciò attenti a quello che facciamo, perché creiamo un corto circuito normativo e interpretativo che può portare a contenziosi non indifferenti.
Vorrei dunque invitare i colleghi a riflettere su questo argomento e a tenere presente, nel momento in cui votano, la netta differenza che c'è tra un contratto a tempo indeterminato, dove il lavoratore può recedere come e quando vuole (è prevista anche la possibilità di recedere per giusta causa e comunque, se recede senza dare giustificazione, il lavoratore è costretto a pagare il preavviso al datore di lavoro), e un contratto a tempo determinato, dove il vincolo sinallagmatico, la causa, l'oggetto e il termine del contratto sono tutti elementi essenziali del contratto medesimo.
Sotto questo profilo, volevo chiarire ai colleghi la portata dell'emendamento, che, evidentemente, serve per difendere, e non per penalizzare, i lavoratori che svolgono attività a tempo determinato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, prendo la parola in modo molto breve perché il collega Lo Presti ha già anticipato le nostre ragioni. Vorrei però sottolineare, come è stato già fatto, un aspetto anche di contenuto politico.
Non credo sia corretto che il Parlamento affronti il tema della validità o meno degli istituti introdotti con la legge Biagi aggirando il confronto politico in questa Assemblea. Non penso che la maggioranza, e parte della maggioranza in particolare, possa sfuggire a una responsabilità come questa (Applausi del deputato Armani). Se quegli istituti vengono considerati politicamente sbagliati, la maggioranza e il Governo affrontino la discussione e il tema, perché non possiamo continuare ad eludere la questione di fondo attraverso degli espedienti...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MANLIO CONTENTO. ...e nei ragionamenti esposti anche in questa Assemblea - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - si denota ancora una volta l'esistenzaPag. 12di pregiudizi, sia nei confronti di quella riforma sia nei confronti di datori di lavoro che si avvalgono di quegli istituti per competere. Vorrei ricordare ad alcuni colleghi della sinistra, ma mi riferisco anche a quella parte del centro che spero ogni tanto dia segni di vita, che una parte non indifferente di quegli istituti contrattuali fa in modo che il rapporto tra il datore di lavoro ed il collaboratore tenda a trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MANLIO CONTENTO. Attaccare tali istituti significa indebolire naturalmente la nostra economia sotto il profilo competitivo e soprattutto compiere un errore politico che noi di Alleanza Nazionale vogliamo sottolineare anche in questa Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, prendo la parola per associarmi alle considerazioni svolte dai colleghi Lo Presti e Contento e quindi dichiarare il mio voto favorevole sull'emendamento in esame.
Ritengo sia stato sicuramente positivo, per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco - che colpisce tanti lavoratori, in particolare le donne, e soprattutto quelle in maternità -, aver previsto che tali dimissioni debbano essere presentate su moduli predisposti dalle direzioni provinciali del lavoro. Ciò è tuttavia giusto e logico soltanto per i contratti di lavoro tipici: mi sembra eccessivo estendere tale previsione anche ai contratti di lavoro atipici e, soprattutto, ai contratti di associazione in partecipazione. Questi ultimi sono, infatti, contratti particolari, la cui disciplina è recata nel contratto stesso, che ne prevede la durata; inoltre, in caso di scioglimento anticipato senza giusta causa si può instaurare un giudizio. Sicuramente, quindi, per i contratti di associazione in partecipazione non è giusto prevedere l'applicazione della misura che si vuole introdurre.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO PEPE. Vorrei sottoporre un'ultima considerazione alla relatrice con riferimento a profili di coordinamento formale. Ritengo infatti che vi sia un errore nel testo. Si parla di contratti di associazione in partecipazione, quindi l'espressione è al plurale. Pertanto, le parole: «per cui l'associato» andrebbero conseguentemente sostituite con le parole: «per i quali l'associato»; analogamente, le parole: « in cui i suoi redditi» andrebbero sostituite con quelle: «per i quali i suoi redditi». Si tratta di errori di lingua italiana che andrebbero corretti nel testo; inviterei quindi la relatrice, ove l'emendamento non dovesse essere approvato, a proporre almeno, in sede di coordinamento formale, tali correzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bellanova. Ne ha facoltà.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, prendo la parola per ribadire che la Commissione lavoro ha svolto in modo unitario un bel dibattito sulla proposta di legge in esame, cogliendo l'essenza della questione che mi pare si stia smarrendo nel dibattito odierno.
Sono per non «sovraccaricare» il valore dei singoli provvedimenti: la proposta di legge in esame non è la modifica della legge Biagi; essa parte semmai da una consapevolezza. Nel nostro Paese, non in modo molto diffuso per fortuna, è presente, dal nord al sud, una pratica negativa, quella di chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori, all'atto della stipula del rapporto di lavoro, una lettera di dimissioni in bianco.
Quella lettera viene poi utilizzata - almeno, a quel che risulta dalle indagini e dalle conoscenze di ciascuno di noi - se un lavoratore o una lavoratrice subiscono un infortunio (magari pesante), se unaPag. 13lavoratrice decide liberamente di fare un figlio, se un lavoratore o una lavoratrice vanno in malattia. O, ancora, se costoro, magari in costanza di un rapporto di collaborazione, un co.co.pro. o un altro rapporto di lavoro atipico, dopo averlo sottoscritto e dopo aver pattuito una certa somma, si oppongono alle richieste di un committente che, anziché richiedere di gestire il lavoro in autonomia, impone di essere presenti in una sede specifica e di produrre per una quantità di ore non corrispondente alla somma pattuita, ma molto superiore.
Queste, collega Lo Presti, sono le ragioni per cui è sbagliato escludere tali tipologie contrattuali dalla proposta di legge al nostro esame. Questa proposta, infatti, mira ad aiutare lavoratori e lavoratrici ad esercitare un diritto e, allo stesso tempo, ad aiutare le imprese che rispettano le regole, che sono la stragrande maggioranza in questo Paese, a non subire una concorrenza sleale. Dunque, aiutare quei lavoratori e quelle imprese significa non escludere i soggetti più deboli; infatti, la pratica delle dimissioni in bianco viene in gran parte esercitata proprio a danno di chi ha tipologie contrattuali a termine. L'invito che rivolgo allora a quest'Assemblea è di non «caricare» questa proposta di un significato che essa non possiede, ma anche di non essere ipocriti nel momento in cui occorre esercitare il nostro diritto di voto: se riteniamo che la pratica delle dimissioni in bianco sia la negazione del diritto del lavoro in questo Paese e sia uno strumento di concorrenza sleale verso le imprese che rispettano le regole, dobbiamo comprendere nell'ambito di questo provvedimento tutte le tipologie contrattuali che nel nostro Paese sono previste (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, nell'intervenire a sostegno di questo emendamento, mi rifaccio in primo luogo alle considerazioni favorevoli alla proposta in esame portate all'attenzione dell'Assemblea dai colleghi che mi hanno preceduto. Ma vi è anche un altro elemento che desidero sottoporre all'Assemblea, di natura tecnica.
Mi pare, collega Burgio, che non si possa parlare di equiparazione tout court dei contratti tipici ed atipici con riferimento al tema delle dimissioni. Propriamente, infatti, è errato perfino adoperare il termine tecnico «dimissioni», poiché non si può parlare di dimissioni con riferimento ad un contratto che presenta un inizio ed una fine e prevede semplicemente una possibilità di recesso, bilaterale o unilaterale. Dunque, il datore di lavoro non può mettersi in tasca una lettera di dimissioni sin dalla stipula del contratto a tempo determinato: è chiaro che qualche causa sopravvenuta di recesso è possibile, ma essa è regolamentata dalla normalità della legge.
Di conseguenza, non credo che il problema posto dalla pratica delle dimissioni in bianco, cui si vuole porre rimedio attraverso questa proposta di legge - perseguendo una finalità che noi condividiamo - possa attagliarsi al caso dei contratti atipici. Lo affermo nella maniera più assoluta. Escluso infatti qualche caso - ad esempio quello della lavoratrice che resti incinta (tralascio peraltro le considerazioni che possono farsi sulla circostanza che sia stato dichiarato o meno al momento della stipula del contratto se un tale stato era già presente o meno) -, vi sono tutta una serie di aspetti che sono «normati» normalmente (si perdoni il bisticcio) e che non penso possano trovare albergo in questo provvedimento.
Sottopongo dunque all'attenzione dell'Assemblea un problema di natura tecnica. Nel contratto atipico non esistono le dimissioni: esiste il recesso, unilaterale o bilaterale, e nient'altro; ed esso è regolato in maniera differente. Ritengo che la foga con cui qualche collega ha espresso il suo supporto a questo emendamento, legato a motivi di natura politica, possa essere tranquillamente superata, e perciò dichiaroPag. 14di non condividere questa parte del provvedimento. Lo ripeto: sto sottoponendo all'Assemblea una riflessione di natura tecnica e che non vuole assolutamente stravolgere l'impianto della proposta, che noi condividiamo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pelino 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 426
Votanti 421
Astenuti 5
Maggioranza 211
Hanno votato
113
Hanno votato
no 308).

Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Prendo altresì atto che la deputata Bandoli ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario e che la deputata Ravetto ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, come può constatare, si è verificato un errore dovuto al fatto che il sottoscritto, non essendo presente al banco del Comitato dei nove (Commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani), non ha potuto dare la corretta indicazione di voto sull'emendamento Pelino 1.22. Ciò ha portato, erroneamente, parte del gruppo di Alleanza Nazionale a votare contro un emendamento che avevamo, evidentemente, sottoscritto. Si è così verificato un errore nella posizione del nostro partito dovuto proprio all'impossibilità mia di prendere posto al banco del Comitato dei nove (Applausi polemici dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. La Presidenza non risponde di queste «asimmetrie informative».

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, perché ciò che è accaduto non costituisce un fatto banale. Il Comitato dei nove è nato per dare rappresentanza ai gruppi, in particolare ai gruppi maggiormente rappresentativi (una volta erano nove, poi si sono moltiplicati), e per consentire un rapporto dialettico e più ordinato tra chi ha seguito più direttamente il provvedimento, i gruppi parlamentari ed i singoli parlamentari.

CARMEN MOTTA. Non è un problema nostro!

CARLO GIOVANARDI. Comprendo che la moltiplicazione dei gruppi e la delibera dell'Ufficio di Presidenza dell'inizio di questa legislatura, avendo «moltiplicato» a dismisura il numero dei gruppi, hanno creato difficoltà di insediamento nel Comitato dei nove ai rappresentanti dei vari gruppi parlamentari. Bisognerà, però, che l'Ufficio di Presidenza o la Giunta per il Regolamento si pongano il problema di chi va a rappresentare, sia nella maggioranza sia nell'opposizione, i gruppi maggiormente rappresentativi, altrimenti la funzione, anche visibile, del Comitato dei nove viene totalmente svuotata.
In tal modo, si possono avere casualmente uno, due o tre rappresentanti di un gruppo al banco del Comitato dei nove e nessun rappresentante di un altro gruppo della maggioranza o dell'opposizione. È una situazione assolutamente disordinata, che può poi causare incidenti niente affattoPag. 15banali, quando su emendamenti importanti viene sviata l'attenzione ed anche il voto dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, all'inizio della discussione su questo punto, la Presidenza si era permessa di invitare ad una diversa composizione del banco del Comitato dei nove, al quale effettivamente siedono, legittimamente, due rappresentanti dello stesso gruppo. Sarebbe bastato un accordo su questo aspetto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.23, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
440).

Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 1.24 purchè riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
Chiedo all'onorevole Nicchi se accetti la riformulazione proposta.

MARISA NICCHI. Signor Presidente, accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.24, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
447).

Prendo atto che il deputato Di Gioia ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nicchi 1.25, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
441).

Prendo atto che i deputati Di Gioia e Compagnon hanno segnalato di non essere riusciti a votare.
Avverto che, consistendo la proposta di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso, ma si passerà direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1538-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buglio. Ne ha facoltà.

SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

Pag. 16

PRESIDENTE. Onorevole Buglio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, vorrei brevemente dichiarare che il gruppo Popolari-Udeur sostiene con convinzione il progetto di legge in esame, inquadrandolo in un generale principio di azioni volte a consolidare il rispetto dei principi ispiratori della Carta costituzionale e dei diritti dei lavoratori. Inoltre, reputiamo che l'eliminazione di concorrenza sleale può essere espletata attraverso, appunto, metodi che permettano alle aziende in regola di non avere chi combatte il lavoro in modo scorretto.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Rossi Gasparrini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto perché, nonostante quanto è accaduto, voteremo comunque a favore del provvedimento in esame, che introduce un principio assolutamente condivisibile e che peraltro aveva formato oggetto di uno specifico ordine del giorno accettato dal Governo nel corso della discussione dell'ultima legge finanziaria.
Del merito di tale provvedimento si è già discusso abbondantemente; però, è necessario che io faccia una precisazione sul «pasticcio» accaduto in occasione del voto sull'emendamento Pelino 1.22. Ovviamente, le questioni tecnico-organizzative dell'Assemblea sono anche di competenza della Presidenza, ma vanno pure lasciate alla responsabilità di ciascun gruppo. Si tratta comunque di un incidente sul quale evidentemente sorvoliamo, perché non può mai assolutamente intaccare - un «incidente sul lavoro», mi suggerisce il collega! - i rapporti che vi sono tra noi; tuttavia, tale circostanza ha evidentemente provocato un problema, costituito soprattutto dal fatto che l'emendamento Pelino 1.22 assumeva un ruolo centrale, sul quale i gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale avevano concentrato tutta la loro azione per formularlo, per cercare di chiarire un aspetto che ho tentato di rappresentare ai colleghi, ma che probabilmente non sono riuscito a rendere in maniera evidente e chiara. Torno sull'argomento perché sia chiaro, dai resoconti della seduta, che in primo luogo l'introduzione della sottoscrizione di un modulo prestampato e numerato per rassegnare le dimissioni non implica alcuna limitazione del lavoratore rispetto alla facoltà di impugnare successivamente le dimissioni per i vizi tipici della volontà, che il nostro ordinamento ancora prevede - grazie al cielo - a meno che in futuro la maggioranza non decida di eliminarli.
In secondo luogo, l'istituto delle «dimissioni prestampate» anche nel rapporto di lavoro a tempo determinato non costituisce - a nostro avviso - un vantaggio per i lavoratori che rientrano in un certo ambito contrattuale, ma semmai un'ulteriore penalizzazione, in quanto probabilmente non abbiamo previsto in tale disposizione, che intendiamo ancora mantenere, almeno una specifica dizione che riporti nel modulo prestampato, in caso di dimissioni del lavoratore a tempo determinato, la specificazione delle ragioni di tali dimissioni. Evidentemente, vi è un'incongruenza e appureremo se potrà essere superata in sede di applicazione della legge o magari con una specifica modifica che potrà introdurre il Senato; però, si tratta di un'incongruenza che, allo stato, rimane. Inoltre, dal punto di vista politico, ho sottolineato nel mio intervento - ma la stessa osservazione è stata espressa anche dai colleghi Contento e Antonio Pepe - che con questo provvedimento introduciamoPag. 17una modifica surrettizia all'impianto, complesso e complessivo, della cosiddetta legge Biagi.
Non è corretto, da un punto di vista politico, che si faccia ciò quando non si ha il coraggio di affrontare il problema a viso aperto - come è stato ribadito - in Assemblea e in Commissione dove, evidentemente, frange importanti della vostra maggioranza non vi avrebbero mai seguito su questa strada (mi rivolgo ai colleghi della sinistra che hanno strenuamente difeso il provvedimento in esame). Si tratta di un avvertimento politico ai colleghi più moderati della maggioranza di aprire gli occhi su ciò che può accadere attraverso l'approvazione di piccole norme che, intervenendo sporadicamente, possono poi intaccare complessivamente e pregiudicare l'impianto legislativo della legge Biagi, condiviso dalla stragrande maggioranza del Parlamento.
Concludendo, confermo, come è ovvio, il nostro voto favorevole, con le riserve di carattere tecnico, giuridico e politico che ho testè menzionato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, non posso consegnare, come altri, il mio intervento perché non l'ho scritto. Intervengo brevemente per dichiarazione di voto scusandomi, anzitutto, con l'onorevole Nicchi per averla confusa, poco fa. Ovviamente, il mio precedente intervento, rispetto alle polemiche relative alla legge Biagi, era riferito all'onorevole Cesini. Inoltre, nei confronti del collega - del quale ho molta stima - che, rivolgendosi al centro, ha chiesto di dare «un segno di vita», vorrei rispondere che lo diamo, come sul presente provvedimento, su ciò che riteniamo di interesse generale. Abbiamo il coraggio di votare e di sostenere simili provvedimenti, indipendentemente dagli schieramenti, perché questo è il nostro modo di fare.
Il provvedimento in esame è nell'interesse di categorie sicuramente a rischio e di persone che, oltre alle difficoltà nel lavoro, rischiano di essere rimesse sulla strada. Pertanto, senza andare molto lontano, ritengo che il provvedimento, compresa la posizione rispetto all'emendamento Pelino 1.22, sia veramente completo e fornisca, almeno in parte, una risposta ad una situazione di difficoltà che riguarda non soltanto le donne in attesa di un figlio, ma in generale il mondo del lavoro, nei cui confronti la nostra Commissione sta compiendo uno sforzo non da poco.
L'ultima considerazione è che oggi in questa sede - l'abbiamo capito, al di là dell'emendamento Pelino 1.22 - abbiamo portato per la prima volta, come dicendo che l'onorevole Lo Presti ha ricordato in maniera scherzosa all'inizio del suo intervento - è quasi un giorno di festa, il primo provvedimento dell'XI Commissione all'esame di quest'Assemblea con una posizione condivisa ed un confronto in Commissione serio e responsabile nei confronti dei problemi affrontati. La mia preoccupazione è che, a fronte di problemi collegati a quello in esame, come la precarietà e la sicurezza sul lavoro, tale atmosfera in Commissione possa venire meno. Lo dichiaro oggi in aula perché vi è la possibilità che il provvedimento sulla sicurezza del lavoro registri un'accelerazione in Commissione per giungere all'esame dell'Assemblea, tra pochi giorni, senza il necessario approfondimento che, invece, ha caratterizzato questo ed altri provvedimenti.
Pertanto, preannunziando con convinzione il nostro voto a favore del provvedimento in esame, mi auguro, rivolgendomi sopratutto alla maggioranza, che si tenga conto dello spirito che si è creato all'interno della Commissione e che lo stesso venga mantenuto per i provvedimenti, delicati ed importanti, che stanno per essere discussi in Commissione (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

Pag. 18

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoletano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei evidenziare come, in primo luogo, il progetto di legge in esame ha, sul piano del diritto del lavoro, il pregio di aver disancorato la figura delle dimissioni della lavoratrice e del lavoratore (in genere, del prestatore d'opera) dall'ormai obsoleta disciplina codicistica risalente, come è noto, al 1942.
In relazione all'articolo 2118 del codice civile, che alcuni colleghi hanno citato e che prevedeva il recesso del datore di lavoro o del lavoratore, l'ordinamento ha conosciuto da un lato il licenziamento - che, «pudicamente», nel codice civile non è citato nemmeno in questi termini - e le dimissioni, quando il recesso veniva operato dal lavoratore. Orbene, l'ordinamento nel tempo ha posto significativi limiti al potere di licenziamento, con l'obiettivo di garantire il più possibile ai lavoratori subordinati la stabilità del posto di lavoro. Nessun limite è stato, invece, posto al potere delle dimissioni e alla figura delle dimissioni in genere da parte del lavoratore. Tale istituto, infatti, è rimasto fermo alla vecchia disciplina codicistica, che riduceva l'obbligo soltanto a dare il preavviso, a meno che non si trattasse di un recesso per giusta causa.
Proprio perché esistono particolari vincoli al licenziamento (dalla legge n. 604 del 1966, alla legge n. 300 del 1970, fino alla legge n. 109 del 1996 ed altri provvedimenti) ma non erano previsti, in modo parallelo e corrispettivo, limiti anche per le dimissioni, si poneva la necessità di una verifica attenta al negozio delle dimissioni, perché esso ha celato sempre più fattispecie simulatorie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,25)

FRANCESCO NAPOLETANO. Infatti, dietro a tale istituto si nascondeva qualcosa non solo di antigiuridico, ma di incivile e vergognoso: far dominare alcuni settori aziendali e datoriali con un potere di vero e proprio ricatto nei confronti dei lavoratori e, soprattutto, delle lavoratrici, per fare il bello e il cattivo tempo in azienda, sottoponendo i lavoratori e le lavoratrici ad una perenne condizione di soggezione psicologica. Ciò è stato ricordato dalla relatrice, dai colleghi proponenti e da molti dei colleghi intervenuti, cui tale aspetto non è certamente sfuggito.
Questo è, quindi, un primo intervento del legislatore, che pone un limite - a pena di nullità - non solo nei confronti dei lavoratori subordinati ex articolo 2094 del codice civile, ma per quelle fattispecie in cui è presente l'elemento della parasubordinazione (come nel caso della collaborazione continuativa o a progetto o di associazione in partecipazione), che alcuni colleghi si rifiutano di considerare, essendo ancora fermi alle disposizioni del codice civile del 1942. Nel codice civile, infatti, le figure atipiche del diritto del lavoro sono presenti solo marginalmente e si vuole continuare a mantenere la possibilità delle dimissioni per tali categorie atipiche, che oggi riguardano milioni di lavoratori in Italia, con l'istituto del lavoro precario, che è stato creato da quelle leggi che oggi vengono così decantate!
Mentre il codice civile del 1942 non prevedeva la possibilità delle dimissioni nel lavoro a tempo determinato, la proposta di legge in esame introduce una grande innovazione. Infatti, mentre in precedenza ci trovavamo innanzi a fattispecie residuali, oggi, per quanto riguarda la nuova occupazione, il lavoro a termine sta diventando la regola. Non esistono più lavori a uno, due o tre mesi, talvolta anche uno o due anni o forse più, durante i quali si pone il seguente ricatto: per essere assunti è necessario innanzitutto firmare una dichiarazione preventiva in bianco. Quindi, quando al datore di lavoro passerà per la testa, quando ci saranno fenomeni di intervento, anche morale, sui lavoratori e sulle lavoratrici, questa operazione perversa (finalizzata al licenziamento) potrà scattare. Non è sufficiente che l'ordinamento abbia tutelato la maternità. A tuttiPag. 19è nota la nullità assoluta del licenziamento comminato per causa di maternità, di matrimonio, di puerperio, ma diventa difficile verificarla nel concreto!
Allora, non è possibile che in Italia non siano rispettati il diritto alla maternità e il diritto alla conservazione del posto di lavoro, quando si ha la sventura di avere una malattia lunga o un infortunio sul posto di lavoro. Non è possibile che, invece di ricevere la solidarietà da parte del Paese e, innanzitutto, da parte del datore di lavoro, questi ti cacci via come un padrone dell'Ottocento! Altro che datore di lavoro!
Soprattutto nel centrosud questi sono fenomeni che possiamo constatare ogni giorno, soprattutto nelle piccole e medie imprese. Altro che crescita, altro che sviluppo, se si continuano a calpestare i diritti dei lavoratori! Il diritto del lavoro, che per definizione è in continua evoluzione, purtroppo finisce con l'essere svilito, anche nell'applicazione giurisprudenziale, quando i rapporti di forza politici e della rappresentanza sindacale rimangono indeboliti nel Paese a danno dei lavoratori.
Oggi ci sono le condizioni, perché è aumentata la sensibilità nei confronti di questo tipo di problema. Sarà molto più difficile, con una certificazione valida quindici giorni per poter aggirare la norma. Si tratta di un principio di civiltà che mi auguro, nel rafforzare la tutela della parte contrattuale più debole nel rapporto di lavoro, ponga le condizioni affinché questo Governo e questo Parlamento mettano finalmente mano al Codice civile del 1942, anche per quanto riguarda la disciplina del diritto al lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Colleghi, faccio presente che vi sono ancora cinque colleghi che hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Alle 12 dobbiamo sospendere la seduta perché è necessario allestire l'aula per la votazione in seduta comune, ma prima dobbiamo assolutamente svolgere il secondo punto all'ordine del giorno, che riguarda la costituzione in giudizio della Camera in relazione ad un conflitto di attribuzione, sul quale la Camera si deve assolutamente pronunciare prima del prossimo lunedì. Pertanto, non possiamo non affrontarlo ora.
Chiedo quindi uno sforzo massimo ai colleghi ancora iscritti a parlare - gli onorevoli Pellegrino, Rocchi, Marisa Nicchi, Fabbri e Lucia Codurelli - per consentirci di svolgere, prima delle 12, anche l'altro punto all'ordine del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pellegrino. Ne ha facoltà.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, sarò brevissimo nell'esprimere il voto favorevole del gruppo dei Verdi su questo provvedimento, importante perché pone fine ad una vera e propria estorsione, che tanti lavoratori hanno subito per anni nel nostro Paese.
In modo particolare le principali vittime, come è stato ribadito in più di una occasione, sono state le donne, che sono state colpite dalla pratica delle dimissioni firmate in bianco.
Il presente provvedimento va anche nella direzione di dare delle regole al mondo del lavoro, perché purtroppo tante volte vengono messi in discussione i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori. Mi riferisco al diritto al trattamento di malattia e infortuni, al diritto alla maternità per la donne. Si tratta sicuramente di un provvedimento che, almeno su questi punti, riesce ad arginare un fenomeno grave.
D'altra parte è importante restituire dignità ai lavoratori, quella dignità che in più di un'occasione, è purtroppo, venuta meno. Ribadisco ancora una volta il voto favorevole del gruppo dei Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ringrazio anche per la brevità l'onorevole Pellegrino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.

AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, intervengo per due minuti soffermandomi su due aspetti.Pag. 20
In primo luogo, non va sottovalutato, e mi pare che a volte non ce ne sia la consapevolezza nel nostro dibattito, il valore e l'importanza del provvedimento che stiamo per votare. In questo senso ritengo che sia dovuto un ringraziamento alla collega Nicchi e, soprattutto, a tutte le deputate dell'Unione che, partendo dalla necessità di tutelare un diritto, hanno determinato la possibilità, anche con una convergenza positiva e unitaria in Commissione, della sua estensione ad un diritto generale.
Infatti, fino ad oggi più le tutele contro gli abusi riguardanti le dimissioni erano previste per la maternità, per il matrimonio o, solamente ex post, in caso di sospetto di dimissioni forzate, sia solo per lavoro subordinato.
Non vi era uno strumento attuativo di questa tutela e di questo diritto. Con il provvedimento in esame, invece, riusciremo a sancire un diritto generale, che va sicuramente a tutela delle donne lavoratrici, ma anche di tutti i lavoratori e le lavoratrici, e per ogni rapporto di lavoro, non solo per quello a tempo determinato.
Concludo affermando che, proprio le questioni sollevate dall'onorevole Lo Presti - che vi ha tanto insistito, perciò non sono intervenuto sull'emendamento - sono la testimonianza della necessità che quello previsto dalla proposta di legge in esame debba essere un diritto generale, valido per ogni rapporto di lavoro. Infatti, il problema che questa proposta di legge non affronta (quello relativo alla modulistica verrà risolto dagli uffici competenti) è che un lavoratore o una lavoratrice con contratto a tempo determinato sottoposto al ricatto delle dimissioni volontarie anticipate e in bianco potrebbe perfino essere costretto a pagare al datore di lavoro la penale, perché non è giustificato il motivo dell'interruzione del contratto di lavoro a tempo determinato.
Quindi, approvare tale provvedimento che sancisce delle tutele generali, importanti e positive, per i lavoratori e le lavoratrici, dando attuazione alle norme esistenti, è un primo passo positivo nell'estensione della tutela dei diritti di chi lavora (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Sinistra Democratica. Per il socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Signor Presidente, chiedo preliminarmente che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
Con questa breve dichiarazione di voto, a nome del gruppo Sinistra democratica Per il socialismo europeo, vorrei però sottolineare due aspetti.
Anzitutto, rivolgo un ringraziamento al lavoro costruttivo dell'XI Commissione, in particolare al presidente Pagliarini e alla relatrice Titti Di Salvo, nonché a tutte le colleghe.
Vorrei inoltre ribadire e sottolineare che, per il nostro gruppo Sinistra Democratica, l'aver posto all'attenzione del Parlamento questo tema ha un significato simbolico e concreto: quello di rimettere al centro della discussione politica dell'Assemblea il diritto del lavoro, riequilibrando i poteri e le tutele a favore del lavoratore e della lavoratrice, che sono pesantemente mortificati dalla cosiddetta legge Biagi.
Vogliamo anche riaffermare la libertà e l'autonomia delle donne, che per noi è un valore intangibile. Ciascuna donna deve essere messa in grado di essere artefice della propria vita, a partire dalle scelte procreative, che solo uno spirito illiberale contrappone ancora al lavoro. Noi donne sappiamo bene che queste contraddizioni mettono in gioco, innanzitutto, la forza delle donne, poiché la loro risoluzione richiede un'abilità di cui esse sono capaci per armonizzare tutti gli aspetti della vita. Sono degli equilibri faticosi da raggiungere, che nessuna donna può aggirare, pena una rinuncia dolorosa; questo è il modo di vita delle donne ed è il prezzo della loro libertà.
Allora, il Parlamento, il Governo e le donne che siedono in Parlamento hannoPag. 21un dovere verso la fatica e la forza femminile: quello di rispettarle sempre, lottare per allargare i diritti contro le discriminazioni e di arricchire la nostra società di servizi e occasioni di buona occupazione.
Per tale ragione la scelta che oggi compiamo ha per noi una grande importanza, quindi condividiamo questa giornata di felicità, a cui si è fatto riferimento in precedenza (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Deputata Nicchi, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del suo intervento, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabbri. Ne ha facoltà.

LUIGI FABBRI. Signor Presidente, Forza Italia voterà a favore di questa proposta di legge, anche perché analogo è stato il nostro comportamento in Commissione, dove abbiamo trovato un accordo. Non sarà così per tutti i provvedimenti, perché abbiamo visioni antitetiche su ciò che riguarda la sicurezza sul lavoro, della quale cominceremo a discutere oggi.
Siamo d'accordo sul provvedimento in esame perché si tratta effettivamente di una norma di civiltà. La domanda del collega Burgio, con cui si chiedeva perché in tanti anni non si era pensato a ciò, va rivolta soprattutto ai precedenti Governi di centrosinistra.
Devo riconoscere, con il collega Rocchi, che in effetti esisteva già una tutela per alcune categorie, ad esempio nei confronti dei lavoratori subordinati in caso di gravidanza, paternità, adozione e quant'altro. Questo, tuttavia, è un caso che non riguarda normalmente un numero elevato di lavoratori. Infatti, l'ufficio vertenze della CGIL registra non più di 1600-1800 persone all'anno che ricorrono al giudice.
Si tratta di una norma di civiltà perché, mentre in caso di licenziamento si può andare di fronte al giudice, nel caso di dimissioni, invece, non si può agire in tal modo o, comunque, se si decide di andare davanti al giudice l'onere della prova è sempre a carico del lavoratore.
Noi voteremo a favore del provvedimento in esame perché lo spirito di collaborazione, registrato in Commissione sul provvedimento, è stato sempre presente fin dall'inizio. Il mio timore, però, è che una norma di tal genere contribuirà ancora ad irrigidire il sistema. Infatti, chi come me ha qualche capello bianco e conosce il mercato del lavoro ritiene che con tale irrigidimento vi sarà ancora un problema per le assunzioni, soprattutto in certe parti del Paese. Comunque, il gruppo di Forza Italia esprimerà voto favorevole (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto la deputata Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, il gruppo de L'Ulivo voterà a favore di questo provvedimento. Chiedo poi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

LUCIA CODURELLI. Consegno l'intervento per consentire che tale proposta di legge venga votata oggi, altrimenti correremmo un pericolo serio. Proprio per questo motivo, dunque, vorrei citare solo quattro aspetti prima di consegnare il mio intervento.
Su questo provvedimento siamo d'accordo: abbiamo lavorato affinché lo stesso fosse inserito all'ordine del giorno della Commissione e oggi esso è sottoposto all'esame dell'Assemblea, come primo provvedimento della Commissione (questo è stato sottolineato anche da altri).Pag. 22
Il primo obiettivo è costituito dalla volontà di restituire dignità e rispetto al mondo del lavoro; il secondo è rappresentato dalla necessità di riconoscere nei fatti e in ogni occasione il valore sociale della maternità; il terzo è costituito dal conseguimento di una maggiore occupazione delle donne, vista come una risorsa indispensabile per il nostro Paese; il quarto ma non ultimo - e lo sottolineo - per importanza concerne la tutela dell'interesse non solo dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche di quei datori di lavoro che rispettano le regole, le leggi e che subiscono la concorrenza di fronte a slealtà a cui assistiamo tutti i giorni.
Vi è un ulteriore aspetto, non secondario, costituito dal fatto che siamo nell'anno delle pari opportunità. Con questo provvedimento il Parlamento agisce nei fatti, dunque fa meno celebrazioni e più fatti!
Consegno a questo punto il mio intervento e, a nome de L'Ulivo, preannuncio un voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

TITTI DI SALVO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TITTI DI SALVO, Relatore. Signor Presidente, intervengo per ringraziare con assoluta sincerità, sia tutti componenti della XI Commissione, sia l'Assemblea. Oggi, infatti, è stata scritta una bella pagina del Parlamento italiano per le donne e gli uomini di questo Paese. Ringrazio in particolare l'onorevole Nicchi, che ha consentito che tale proposta di legge esistesse (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).

(Coordinamento formale - A.C. 1538-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1538-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1538-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche - Vedi votazioni).

(Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera) (1538-A):

(Presenti 437
Votanti 433
Astenuti 4
Maggioranza 217
Hanno votato
430
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Gambescia ha segnalato di aver erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Pag. 23

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte d'appello di Roma - Sezione I civile di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 197 del 2007 (ore 11,45).

PRESIDENTE. Comunico che, in data 19 giugno 2007, è stata notificata alla Camera dei deputati un'ordinanza di ammissibilità adottata dalla Corte costituzionale in relazione ad un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'autorità giudiziaria.
Si tratta del conflitto elevato dalla Corte d'appello di Roma - sezione I civile, relativo alla delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati in data 26 gennaio 2005 in riferimento a fatti per i quali è in corso un procedimento a carico di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti.
La Giunta per le autorizzazioni, riunitasi in data 27 giugno 2007, ha espresso un orientamento maggioritario contrario alla costituzione in riferimento al conflitto di attribuzione in oggetto.
Nella riunione del 5 luglio 2007 l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di proporre all'Assemblea che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio.
Su questa proposta darò la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ove ne sia fatta richiesta, ad un oratore contro ed uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare contro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, le ragioni del voto contrario del gruppo Forza Italia - e, credo, anche di qualche altro gruppo del centrodestra - sono legate ad una posizione, che abbiamo sempre assunto all'interno della Giunta per le autorizzazioni ed anche in Assemblea, nel momento in cui si sono presentati problemi di analoga natura.
Non mi interessa a chi si riferisca il conflitto: potrebbe trattarsi di un deputato di qualsiasi gruppo. Dobbiamo solo sapere, prima di votare, che la Giunta per le autorizzazioni, con un voto a cavallo tra l'astensione e la contrarietà, ha portato all'attenzione dell'Assemblea un provvedimento di sindacabilità - diventato, quindi, attraverso il voto dell'Assemblea, di insindacabilità - nei confronti di un deputato. In Assemblea, essendosi votato per l'insindacabilità, si è stravolto ciò che si era votato all'interno della Giunta per le autorizzazioni.
Nel momento in cui l'Assemblea ha sancito l'insindacabilità, infatti, l'autorità giudiziaria ha sollevato il conflitto e l'Ufficio di Presidenza della Camera ha deciso di non costituirsi in giudizio. Una decisione presa dall'Assemblea, quindi, non è stata supportata dall'Ufficio di Presidenza: non ci interessa se le opinioni espresse dal deputato di cui si tratta siano o meno sindacabili, ma ci interessa che la Camera supporti la decisione presa dalla Camera stessa, incaricando della difesa, quindi, gli avvocati difensori del deputato in questione.
Non si deve ritornare in Assemblea per conoscere le ragioni della sindacabilità o dell'insindacabilità: è per questo che ho chiesto di parlare contro, esponendo le ragioni del voto contrario alla decisione dell'Ufficio di Presidenza. Non ha senso, oggi, votare a supporto di tale decisione, perché significherebbe votare contro la decisione stessa dell'Assemblea per l'insindacabilità nei confronti del deputato in questione (che non voglio neanche menzionare perché non mi interessa).
Si tratta di un fatto di coerenza: oggi la Camera deve votare per la sua costituzione in giudizio, a supporto di una decisione che la stessa Camera ha preso nei confronti di un deputato. Altro non v'è, signor Presidente. Non si può affermare che i criteri sottostanti alla decisione sulla sindacabilità o sull'insindacabilità debbano essere riproposti in Assemblea, per supportare una decisione ai fini della mancata costituzione in giudizio.Pag. 24
Lo dico anche perché all'interno dell'Ufficio di Presidenza i rappresentanti del mio gruppo hanno votato contro la costituzione in giudizio della Camera innanzi alla Corte costituzionale. Il gruppo di Forza Italia non è d'accordo - anche contrariamente a quanto avvenuto in sede di Ufficio di Presidenza da parte di membri del mio stesso gruppo - perché siamo un gruppo coerente, che ha sempre votato e continuerà a votare in questo modo.
Non possiamo smentire una decisione adottata dalla Camera. Per questo motivo, il gruppo di Forza Italia voterà contro la decisione dell'Ufficio di Presidenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il caso di conflitto di attribuzione riguarda la campagna condotta dal collega deputato Sgarbi, come conduttore televisivo, nei confronti del magistrato Boccassini della procura di Milano, alla quale sono stati attribuiti fatti specifici: dall'attività giudiziaria del magistrato Boccassini sarebbe derivata la morte di un importante magistrato, Michele Coiro.
Queste affermazioni specifiche, dettagliate e ripetute attraverso i media erano parte di una campagna di attacco alla magistratura, che è stata svolta sul piano politico, ma che, tuttavia, Sgarbi svolgeva sotto contratto, come conduttore televisivo. Questi sono i fatti.
Vengo ora alle obiezioni sollevate dal collega Leone, che presentano un loro fondamento.
Per molto tempo vi è stata una prassi, secondo la quale la Camera era prevalentemente orientata a difendere dinanzi alla Corte costituzionale le decisioni assunte in materia di sindacabilità o insindacabilità in relazione a un conflitto di attribuzione sollevato dalla magistratura.
Non si è trattato di una prassi consolidata e univoca, ma di una prassi largamente prevalente. A questa prassi si richiama il collega Leone per affermare un principio che, però, non è presente nel nostro ordinamento costituzionale e giuridico, né nella prassi politica assolutamente consolidata.

PRESIDENTE. Mi fanno presente che vi è un brusio che non consente di ascoltare gli interventi.

PIERLUIGI MANTINI. Si tratterebbe cioè, detto in termini classici, del principio dello stare decisis, in base al quale ogni corpo si deve conformare alla decisione già presa precedentemente.
In altri termini, la Camera, nel valutare se costituirsi o meno dinanzi alla Corte costituzionale nel conflitto di attribuzione, dovrebbe necessariamente difendere il voto già espresso in precedenza, peraltro in un'altra composizione del corpo politico.
Un principio di questo tipo, secondo il quale ci si deve attenere al rispetto delle decisioni già adottate, non esiste neanche nel nostro ordinamento giudiziario. Esiste, per esempio, nell'ordinamento anglosassone, ma non esiste nell'ordinamento italiano.
Non è vero, per esempio, che un magistrato debba attenersi alle decisioni prevalentemente assunte dai giudici che lo hanno preceduto. Meno che meno questo può avvenire in un corpo politico che è per definizione libero di esprimere valutazioni.
Su un caso di questo tipo, a me sembra che l'Ufficio di Presidenza abbia fatto bene ad esprimere un parere negativo nei confronti della costituzione in giudizio, perché essa porterebbe...

ITALO BOCCHINO. Tempo!

PIERLUIGI MANTINI. Ho terminato.

PRESIDENTE. Ha ancora un minuto di tempo.

PIERLUIGI MANTINI. ...la Camera ad essere condannata, esattamente come è giàPag. 25avvenuto in moltissimi casi, non rendendo in alcun modo un buon servizio al prestigio della Camera stessa.
Ciò è già avvenuto, perché vi è una copiosa giurisprudenza che condanna la Camera dei deputati in questi casi.
Dunque mi pare che vi siano tutte le ragioni per sostenere la decisione già assunta dall'Ufficio di Presidenza.

PRESIDENTE. Poiché è stata avanzata richiesta di procedere alla votazione, passiamo ai voti.
Prego i colleghi di prestare attenzione, affinché non vi siano equivoci.
Ricordo che la proposta dell'Ufficio di Presidenza è nel senso della non costituzione in giudizio della Camera dei deputati.
Chi è favorevole a tale proposta e vuole che la Camera non si costituisca nel predetto giudizio deve votare «sì», mentre chi è contrario a tale proposta e vuole che la Camera si costituisca in giudizio deve votare «no».
Pongo dunque in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dall' Ufficio di Presidenza nel senso che la Camera dei deputati non si costituisca in giudizio nel conflitto di attribuzione in oggetto.
(È approvata).

La Camera approva per 12 voti di differenza.

A seguito dell'approvazione della proposta formulata dall'Ufficio di Presidenza, la Camera non si costituirà in giudizio nel conflitto di attribuzione in oggetto.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,57).

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo solo per invitare la Presidenza a tutelare l'immagine e la dignità dei deputati, tra cui quella del sottoscritto.
Questa notte - ricordo che la settimana scorsa io e l'onorevole Capitanio Santolini abbiamo presentato un'interpellanza urgente (la n. 2-00624), avanzando al Governo la richiesta di oscurare quello che, a nostro avviso, era un sito oscurabile, perché blasfemo e pedopornografico - gli stessi promotori di quel sito hanno utilizzato la home page del mio sito (io ho denunciato prontamente tale episodio alle autorità di polizia ed all'autorità giudiziaria) per reintrodurre in rete il gioco, di cui si fa menzione nell'interpellanza ricordata, già oscurato dalla Polizia postale la settimana scorsa.
Pertanto, da questo punto di vista voglio segnalare ciò, affinché rimanga agli atti e affinché la Presidenza possa approntare tutto quanto è in suo potere, per evitare tale dileggio nei confronti dei singoli parlamentari.

PRESIDENTE. La Presidenza condivide assolutamente il suo sollecito e agirà di conseguenza.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere di ricordare agli uffici, se è possibile, la seguente richiesta: quando viene disposta la sospensione ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento - per i termini di preavviso di cinque e venti minuti - sullo schermo, che anche noi vediamo nei nostri uffici, si riporti l'avvertimento che, alla ripresa della seduta, seguiranno immediate votazioni con procedimento elettronico: ciò, per essere resi edotti immediatamente, se per caso non si fosse udita la motivazione della sospensione.

PRESIDENTE. Normalmente ciò avviene, ma non sempre. Solleciteremo affinché ciò avvenga sempre.Pag. 26
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
Ricordo che il Parlamento in seduta comune è convocato alle ore 12,15 per procedere alla votazione per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 15,30.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro della pubblica istruzione, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dei trasporti.

(Mobilità interna del personale dell'amministrazione giudiziaria - n. 3-01062)

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01062, concernente la mobilità interna del personale dell'amministrazione giudiziaria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Ministro, da una recente indagine condotta dalle camere penali di Roma emerge che buona parte della disfunzione del nostro sistema giudiziario deriva da una non efficiente organizzazione del sistema stesso.
In particolare, le carenze di tipo organizzativo e amministrativo sono alla base dei notevolissimi ritardi che vengono prodotti.
Di fronte a questa situazione, rilevo e segnalo che da ben sei anni vi è il blocco della mobilità interna del personale del Ministero della giustizia, in particolare di quello destinato all'organizzazione giudiziaria, e che non è stato possibile procedere alla riqualificazione del personale perché i criteri adottati a suo tempo sono poi stati riconosciuti illegittimi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ENRICO BUEMI. Pertanto, le chiedo cosa si intenda fare per risolvere tali problemi, con particolare riferimento al tribunale di Civitavecchia.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in ordine alla vicenda del tribunale di Civitavecchia, debbo rilevare che all'epoca a cui si è fatto riferimento l'organico di cancelliere era di nove posti ed era interamente coperto. Il 1o settembre 2006 è stato pubblicato un interpello straordinario nel quale sono stati inclusi tutti i posti di cancelliere - posizione economica C1 - allora vacanti. Le due vacanze verificatesi successivamente, una a seguito del trasferimento di un dipendente e l'altra per la cessazione dal servizio di un funzionario, sono state, da questo punto di vista, coperte.
Non scendo nel dettaglio per quanto riguarda il tribunale di Civitavecchia, ma, poiché ella ha fatto riferimento alla difficoltà della riqualificazione del personale, evidenzio che, come ella sa, con un provvedimento del Governo, che riguarda il disegno di legge sull'ufficio del processo, sono state previste ben 2.800 unità di personale, che dovrebbero essere sostitutive e aggiuntive, determinando quella riqualificazione del personale cui ella ha fatto riferimento e per la quale il mio Ministero rimane fortemente ingessato al momento.
Auspico che le forze politiche e parlamentari - anche lei, che è autorevole esponente della Commissione giustizia - manifestino un impegno per supplire a questa carenza di organico, che al tempo stesso appare una forma di scarsa dinamicità dell'organizzazione del mondo della giustizia nelle pieghe e nella declinazionePag. 27del personale. Se le forze parlamentari, infatti, consentissero ad un esame del disegno di legge in Commissione in sede deliberante sia alla Camera sia al Senato, entro la fine del prossimo anno riusciremmo a coprire questi posti in organico.
Ogni volta che giro per l'Italia ne ho un riscontro; in questo caso, anche di natura parlamentare. Come ella sa, purtroppo la carenza, assai spesso più «ostinata», è più quella del personale amministrativo che non quella degli stessi magistrati.
Quindi, mi auguro - e il Governo è intervenuto in tal senso per quanto di sua competenza - di ottemperare a questa sua richiesta, ma anche io, come vede, «lubrifico» questo rapporto costruttivo tra Governo e Parlamento e chiedo anche a lei, e a quanti sono qui in aula, di impegnarsi perché al più presto si possa esaminare, finalmente, il disegno di legge che riqualifica il personale.
Concludo osservando che la riqualificazione del personale non è stata realizzata solo per il mio Ministero, mentre tutti gli altri Ministeri l'hanno compiuta, prima della sentenza della Corte costituzionale, con norme ad hoc del Ministro e del Ministero.

PRESIDENTE. La invito concludere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Questo, dopo le recenti sentenze della Corte costituzionale, non è più possibile e, quindi, occorre che il Parlamento approvi un disegno di legge. Se lei vorrà portare il suo contributo, le sarò grato.

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di replicare.

ENRICO BUEMI. Signor Ministro, le posso dire che non appena lei avrà presentato il disegno di legge, si darà certamente quella risposta rapida e necessaria che lei richiede.
Pur dichiarandomi soddisfatto delle sue intenzioni, vorrei ricordare, però, che la crisi del nostro sistema giudiziario non passa principalmente attraverso le normative, che certamente devono essere adeguate - in particolare quelle riferite all'ordinamento giudiziario, e via dicendo -, ma attraverso l'inefficienza dell'organizzazione.
Si producono ritardi, sovrapposizioni e situazioni incomprensibili da parte dei cittadini, ma spesso anche da parte degli operatori della giustizia - avvocati, magistrati - perché manca il personale minimo per fare qualcosa che abbia senso.
Pertanto un'attenzione particolare e la capacità tempestiva del Ministero di fornire risposte con le risorse disponibili (spostamenti, riconoscimenti di qualificazione) sono elementi indispensabili. Se non viene fatto ciò, anche le risorse che abbiamo a disposizione vengono sottratte a un impegno serio quotidiano.
In tutta Italia, ovunque si vada - e lei, signor Ministro, sicuramente avrà incontrato presidenti di tribunale, capi di procure, dirigenti dell'organizzazione periferica della giustizia - la segnalazione è sempre la stessa, e cioè la carenza di personale, anche del livello più umile, meno qualificato, ma in particolare nell'ambito dei cancellieri e degli ufficiali giudiziari.
In questo senso, signor Ministro, la sollecito a presentare rapidamente il provvedimento e può essere certo che non mancherà il contributo del gruppo della Rosa nel Pugno, ma credo anche di tutte le forze presenti in questo Parlamento, che hanno a cuore una giustizia giusta e pertanto tempestiva.

(Iniziative per assicurare la piena autonomia della magistratura nello svolgimento delle sue funzioni - n. 3-01063)

PRESIDENTE. Il deputato Gambescia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01063, concernente iniziative per assicurare la piena autonomia della magistratura nello svolgimento delle sue funzioni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

PAOLO GAMBESCIA. Signor Ministro, il Consiglio superiore della magistratura,Pag. 28all'unanimità - eventualità, come lei sa, rara a Palazzo dei Marescialli -, ha varato un documento che è preoccupante. È preoccupante per tre ordini di motivi: in primo luogo, perché si sostiene che vi è stata un'attività non deviata, ma istituzionale del SISMI nel controllo di magistrati, e non solo di magistrati; in secondo luogo, perché si afferma che a questa attività di controllo avrebbero partecipato altri magistrati (almeno in un caso dovrebbe essere stata accertata la situazione di un magistrato che contribuiva appunto, con le sue informazioni, a dare sostegno a tale «inchiesta parallela»).

PRESIDENTE. Deve concludere.

PAOLO GAMBESCIA. In terzo luogo, perché vi sarebbero problemi rispetto al risultato di tale condizionamento. Quali azioni può intraprendere il Ministero della giustizia? So che molto non può fare.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Ministro e il Ministero possono agire sempre nei limiti della correttezza istituzionale: in questo perimetro mi muovo e si muovono anche i miei uffici.
A lei, onorevole, devo però dire che non credo sia necessario sottolineare l'estrema delicatezza di questa vicenda, che manifesta tensioni tra istituzioni di tale importanza per lo Stato democratico, nel quale evidentemente la magistratura è uno degli elementi fondamentali e fondanti.
Quindi, da questo punto di vista, come ha già fatto una nota del Governo da poco diffusa dalla Presidenza del Consiglio, esprimo anch'io solidarietà, laddove vi fossero stati casi di «incursioni» anomale rispetto alla prassi corretta della vita e della civiltà democratica.
Devo però anche aggiungere che delicatezza impone, in questa sede, misure di strettissima aderenza agli elementi di fatto, agli elementi conosciuti.
Questi sono dunque i dati allo stato noti, sostenibili e ostensibili sulla base di quanto riferito dalla procura della Repubblica di Roma e, ancor prima, dalla procura della Repubblica di Milano al Consiglio superiore della magistratura.
Ho letto una dichiarazione di un magistrato di Milano che afferma che la politica è assente da questi fatti. Non è così: guardare e rendersi conto non significa né interferire né essere latitanti, perché si tratta di un problema che, a seguito di quanto avvenuto, deve riguardare l'attività investigativa non del Governo o della politica come tale, ma della magistratura, come ha chiesto anche - lei lo ha notato e ne ha fatto cenno - lo stesso CSM.
È accaduto che, in seguito a perquisizioni disposte dalla procura della Repubblica di Milano presso l'ufficio distaccato del Sismi di via Nazionale a Roma, sono stati rinvenuti documenti cartacei e informatici che indicano un'ingente attività di osservazione e monitoraggio della condotta pubblica di circa 250 magistrati italiani ed europei - se fosse così sarebbe davvero drammatico, devo dire, per la vita dello Stato, saremmo ad una sorta di soglia di pre-Catilinarie della vicenda della nostra Res publica - fra i quali dieci fra membri ed ex membri del CSM, ed il magistrato di collegamento, peraltro francese, nel pool italiano presso il Ministero della giustizia.
Sono stati rinvenuti altresì degli appunti ritenuti predisposti nella primavera-estate del 2001 secondo i quali il monitoraggio doveva essere finalizzato - cito testualmente quanto riportato dalla procura di Roma - ad attuare strategie di contrasto in danno dei predetti soggetti mediante azioni disarticolanti idonee ad inibirne l'attività antigovernativa. Sono stati altresì rinvenuti elenchi e dati personali di magistrati appartenenti a varie correnti dell'ANM inclusi in aree di sensibilità e di altri ancora classificati come «supporter e braccio armato». Successivamente le indagini sono state trasferite, per competenza, a Roma e sono ancora inPag. 29corso nel procedimento n. 56457 del 2006 per ipotesi di peculato e violazione di corrispondenza e della privacy.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Per una valutazione della illiceità penale di tale attività occorrerà naturalmente attendere l'esito dell'indagine. Allo stesso modo, occorrerà attendere la decisione della magistratura per stabilire se tali attività siano riconducibili ad iniziative personali singole o d'istituto e se esse siano state eventualmente supportate dalla collaborazione di magistrati, ciò che sarebbe in palese contraddizione con l'articolo 7 della legge del 24 ottobre del 1977, n. 801.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Valutazione questa che occorre consentire alla magistratura di maturare con la necessaria serenità, ancorché nei tempi più rapidi possibili.
Quanto alle iniziative normative, solo alla definitiva e completa conoscenza dei reali accadimenti si potrà eventualmente dare conto della necessità di specifici interventi. Infine, concludo signor Presidente, va segnalato che le asserite condotte sono oggetto di accertamento da parte della magistratura penale e dunque, per definizione, risultano già in astratto, laddove effettivamente commesse, previste da adeguate fattispecie normative e sanzionate.

PRESIDENTE. Il deputato Gambescia ha facoltà di replicare.

PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, signor Ministro sono sostanzialmente soddisfatto perché il quadro che ha riferito contiene tutti gli elementi utili - peraltro in parte già conosciuti attraverso le note di stampa - per una valutazione. Si renderà conto, però, che il quadro che ha rappresentato è sconcertante, per usare un eufemismo. Stiamo parlando della possibilità reale - le indagini della magistratura vanno in questo senso - che non solo magistrati italiani, ma anche magistrati inquirenti di altri Paesi europei siano stati oggetto di un'indagine da parte di una istituzione e non da parte di gruppi deviati, fatto che già sarebbe gravissimo. Lei, signor Ministro, ha raffigurato un quadro molto preoccupante; è vero che le indagini della magistratura devono fare il proprio corso, ma ci sono iniziative che ritengo il Governo debba comunque prendere proprio perché, in attesa degli accertamenti della magistratura, nulla sfugga al controllo.
Siamo sicuri che non sta succedendo più niente? Che quella struttura deviata è stata messa nelle condizioni di non continuare la sua attività? Dirci se è stato fatto tutto il possibile ed anche più del possibile perché questo accada è una responsabilità del Governo, a prescindere da ciò che poi farà la magistratura, dagli accertamenti penali che la magistratura è tenuta a fare.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO GAMBESCIA. Il quadro, dal punto di vista politico, soprattutto poiché riferito ad un periodo preciso e in quanto (secondo il documento del Consiglio superiore della magistratura ed i magistrati) l'attività era indirizzata ad un condizionamento politico non solo del singolo magistrato, pone un problema al Governo, che deve esser tenuto ben presente.

(Iniziative a tutela dei minori migranti e richiedenti asilo trattenuti alla frontiera marittima italiana - n. 3-01050)

PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01050, concernente iniziative a tutela dei minori migranti e richiedenti asilo trattenuti alla frontiera marittima italiana (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, la questione dei minori non accompagnatiPag. 30è grave e preoccupante e ne sono stata anche testimone nell'isola di Lampedusa, dove ho visto venticinque minori detenuti in condizioni di promiscuità insieme agli adulti. Tale regime è cambiato, però il problema rimane in gran parte ancora irrisolto e questa interrogazione sta a dimostrare, per i contenuti che presenta, che il sistema attuale è inadeguato.
Chiederei pertanto al Governo se può fornire, in qualche misura, indicazioni sul percorso che intende seguire per il superamento del sistema attuale.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ha ragione l'onorevole De Zulueta, quello dei minori è un problema serio, che a volte ci aggredisce all'improvviso e davanti al quale non siamo mai preparati, come dovremmo, ad evitare che possa generare disfunzioni che nei confronti dei minori presentano sempre una particolare gravità. Naturalmente, dobbiamo distinguere tra minori non accompagnati e quelli che arrivano insieme al nucleo familiare. Quando si è in presenza di minori non accompagnati, l'attenzione a toglierli dal contesto in cui sono tutti gli altri ed affidarli all'autorità giudiziaria, che poi provvede a destinarli ai servizi sociali degli enti locali, si esplica in una procedura sufficientemente consolidata.
È diverso il caso in cui i minori arrivano con i nuclei familiari, i quali possono essere veri o solo presunti, perché non dobbiamo dimenticare che in alcuni casi troviamo dei bambini che sono con degli adulti ma non sono i loro figli, o perché tali adulti li hanno presi con sé, e magari generosamente li tengono con sé, o perché, all'opposto, quegli adulti ne stanno facendo, e intendono farne, uno strumento di attività molteplici non tutte lecite, a partire dall'accattonaggio.
Quindi, la situazione più difficile per noi è quella dei minori che sembrano far parte di un nucleo familiare: quando arrivano a Lampedusa in braccio a qualcuno, rimangono in braccio a quel qualcuno, in qualunque luogo si trovi - e trovo ciò più che naturale - e poi, spesso, ritornano insieme a coloro che li hanno portati e se vengono espulsi i genitori - se tali sono - i minori li seguono.
Il problema più delicato è l'altro: giustamente il Vicepresidente Rutelli, giorni fa, ha sollevato la questione dei minori che noi troviamo dediti, non per loro colpa, all'accattonaggio. A chi dobbiamo restituire tali minori? Abbiamo la certezza che li stiamo restituendo ai genitori? Se non abbiamo questa certezza quali procedure, diverse, dobbiamo seguire?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Si tratta di una domanda seria. C'è, inoltre, il tema dell'incertezza sull'età dei minori, quando abbiamo a che fare con giovani che hanno magari circa diciassette anni; tre giorni fa, ho firmato una direttiva indirizzata ai questori perché, in caso di dubbio, si proceda presumendo che si tratti di minori.

PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di replicare.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, ringrazio il Governo per l'attenzione al tema in esame, che è oggetto anche di altre iniziative legislative, tra cui la nuova legge delega sull'immigrazione e le linee guida sui minori non accompagnati richiedenti asilo. Rammento, però, che l'Esecutivo non ha risposto esaustivamente su due punti.
Il primo riguarda il monitoraggio estremamente lacunoso, e ne fa fede il fatto che tra i duemila giovani egiziani non accompagnati, segnalati alla frontiera l'anno scorso, a fine anno solo ottantatre risultavano conosciuti dall'amministrazione, infatti Amnesty International chiama queste persone «invisibili»: tale inefficace monitoraggio apre la possibilità di un grave pericolo di sfruttamento illegale.Pag. 31
L'altro punto riguarda la detenzione di famiglie con bambini e con minori, ed il fatto che anche quando sono richiedenti asilo, o semplicemente oggetto di una procedura d'identificazione, vengono collocati in una situazione di detenzione effettiva, cioè private della libertà, in strutture inidonee per i minori secondo gli standard stabiliti dalle convenzioni internazionali.
Spero pertanto che, anche sui due aspetti richiamati, il Governo possa dare un seguito alla segnalazione fatta con l'interrogazione in esame.

(Convenzione con le Poste italiane Spa per le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno - n. 3-01051)

PRESIDENTE. Il deputato Sgobio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01051, concernente la convenzione con le Poste italiane Spa per le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4) per un minuto.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Onorevole Presidente, signor Ministro, come lei sa, nel 2005, con un decreto del Ministro Pisanu, fu di fatto varato un contratto con le Poste italiane Spa perché potessero procedere alle incombenze relative al rinnovo dei permessi di soggiorno dei lavoratori stranieri nel nostro Paese. Le cose non sono andate propriamente come si era pensato: il costo di ogni permesso è di 70 euro, che moltiplicato per più componenti del nucleo familiare diventa esoso per queste famiglie; i tempi di attesa sono notevolmente aumentati, circa due anni per ottenere un permesso e il servizio, di fatto, è peggiorato. Inoltre, nonostante sia stata stipulata una convenzione con enti di patronato per la traduzione degli atti, l'atto è solamente in italiano e non bilingue o trilingue come sarebbe stato opportuno.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Sgobio.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. I lavoratori non conoscono, tra l'altro, l'esistenza di tale convenzione e ciò aggrava la loro spesa di 50 euro.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, devo dire all'onorevole Sgobio che al Ministero dell'interno non siamo felici di dover gestire questa convenzione. L'abbiamo trovata, abbiamo constatato che non eravamo in altra condizione se non di ottemperare, per svariate ragioni. Il nostro obiettivo, del resto esplicitato nel disegno di legge di riforma, è di arrivare ad un sistema Ministero dell'interno-enti locali, che partendo dal front office agli enti locali, poi trasferisca via via competenze su di loro.
Le Poste italiane Spa hanno impiegato tecnologia (sostenendo anche un investimento tecnologico) e hanno messo buona volontà: è un dato di fatto che il sistema, così com'è, è parecchio «zoppicante». Innanzitutto è molto costoso: 70 euro sono molti per un rinnovo, specie in un sistema come quello attuale che prevede rinnovi particolarmente frequenti.
Inoltre, è un sistema nel quale risulta insufficiente non tanto e non soltanto - anche se è vero - l'informazione, ma, se vuole, l'assistenza di cui ciascun interessato può disporre per formulare alla perfezione la sua domanda, giacché se non è formulata nel modo perfetto il computer la rigetta. Le tecnologie velocizzano ciò che è conforme alle loro esigenze, ma bloccano quanto vi contrasta.
Il risultato grave è che, in questo momento, davanti a 749 mila istanze di rinnovo, più di 272 mila sono bloccate, in quanto - in gergo - «anomale», cioè presentano qualche errore, anche solo una lettera errata nello scrivere il nome di una persona o di una strada, e sono state rifiutate. È necessario, attraverso il personale, trovare gli interessati, rivedere le domande, farle correggere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

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GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Ora pensiamo di avere rimosso alcuni dei difetti più gravi, tant'è vero che ci colpiva il fatto che nell'ultima settimana fossero state esaurite oltre 11 mila pratiche. Questa era una novità, tanto era elevato il numero.
Non c'è comunque dubbio che ancor meglio sarebbe un sistema nel quale l'immigrato possa trovare persone attorno a sé alle quali sottoporre la domanda, prima di consegnarla allo sportello, facendo verificare che sia scritta correttamente. La consegna di una domanda corretta fa acquistare alla stessa una speditezza che, sperabilmente, ci libererà dai problemi di oggi, di cui posso solo scusarmi, qui in Parlamento, con coloro che ne pagano le conseguenze.

PRESIDENTE. Il deputato Sgobio ha facoltà di replicare.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Signor Presidente, non posso che dichiararmi soddisfatto dell'insoddisfazione espressa qui, pubblicamente, dal Ministro dell'interno circa il servizio! Fra l'altro, Ministro, non per caso ho citato alcune sue frasi nell'interrogazione che ho presentato, in cui lei parla di furto perpetrato ai danni degli immigrati.
Vorrei rivolgerle ancora un invito. Vorrei che il suo Ministero guardasse più attentamente all'interno della convenzione con le Poste italiane Spa e riscontrasse se, effettivamente, tutti i termini della stessa siano rispettati, se, cioè, vi è un riscontro tra ciò che è stato stipulato e il servizio che viene di fatto offerto agli immigrati. Questo sarebbe già un elemento per velocizzare ancora di più la pratica, per renderla più veloce e, quindi, per far aspettare meno le famiglie. Esse, in effetti, vivono in maniera molto grave tale periodo, perché non possono nemmeno trasferirsi all'estero, potendolo fare solo per recarsi nel loro Paese d'origine. È, quindi, una condizione che il nostro Paese non può riservare a chi viene a lavorare e anche a produrre ricchezza, non solo per se stessi, ma per tutto il Paese.
Per tale motivo, signor Ministro la ringrazio della risposta. Spero che la fine di questa sperimentazione possa essere fatta in tempi più brevi rispetto alla scadenza naturale ma, nello stesso tempo, la invito a guardare più attentamente...

PRESIDENTE. Deve concludere.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO... se la convenzione venga effettivamente rispettata, per alleviare le condizioni di vita di migliaia di lavoratori.

(Aggressione verificatasi al termine di un concerto nel parco di Villa Ada a Roma - n. 3-01052)

PRESIDENTE. La deputata Perugia ha facoltà di illustrare l'interrogazione n. 3-01052, concernente l'aggressione verificatasi al termine di un concerto nel parco di villa Ada a Roma (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmataria.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, vorrei chiedere al Ministro dell'interno, e vorrei che ne fosse informato tutto il Parlamento, se e a quali conclusioni siano giunte le indagini in merito ai gravissimi fatti accaduti a villa Ada lo scorso 28 giugno, cioè ormai ben otto giorni fa.
Al momento, infatti, gli unici fermati risulterebbero quattro spettatori del concerto che fuggivano nel tentativo di mettersi in salvo dalla violenza dell'aggressione portata avanti, all'insegna di slogan e di inni fascisti, da persone armate di tutto punto, a volto coperto ed in assetto squadrista. Degli autori di una siffatta azione punitiva, con chiara volontà di uccidere, sembra non esservi alcuna traccia.
Vorrei, altresì, che venisse chiarito il motivo per il quale le forze dell'ordine, tempestivamente chiamate degli organizzatori e con la caserma del battaglione Lazio a pochi metri dal luogo dell'aggressione...

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PRESIDENTE. Deve concludere.

MARIA CRISTINA PERUGIA... siano intervenute - concludo - in ritardo e male equipaggiate, così da non riuscire ad esercitare un contrasto adeguato alla gravità degli atti in corso.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, se la collega mi permette un margine di riservatezza, che è doveroso, posso assicurarle che le indagini in corso stanno procedendo con efficacia ed è possibile che arrivino a dei risultati adeguati. Mi fermerei su questo punto perché, fra l'altro, trattandosi di indagini di polizia giudiziaria, io stesso dispongo di informazioni limitate. So, tuttavia, che le indagini stanno procedendo, che non sono ferme né si sono arenate.
Sul modo in cui si è svolta la vicenda è possibile che vi siano versioni diverse. Il modo in cui la sentivo narrare non coincide esattamente con ciò che è stato sottoposto alla mia attenzione dagli uffici.
In particolare, su due punti devo sottolineare quanto a me è stato riferito. Il primo è che, effettuata la chiamata, sono arrivate due volanti. L'organizzazione delle forze dell'ordine è questa e il fatto che vi sia una caserma a cinquanta metri non significa che gli uomini escano da questa organizzati per un intervento di tale genere. Esiste un'organizzazione logistica, che prevede l'arrivo delle volanti.
Sono arrivate due volanti. Chi conosce Villa Ada sa perfettamente che non si può entrare in macchina da qualunque angolo. In particolare, tra l'ingresso e il luogo in cui si stava svolgendo il concerto e dal quale defluivano gli spettatori dopo gli incidenti, vi è un percorso che non può essere effettuato in automobile. I carabinieri delle due volanti, quindi, si sono avviati lungo tale percorso a piedi e sono stati accolti a sassate da alcuni spettatori che stavano uscendo. Si tratta di persone che, per questo motivo, sono state denunciate. In ragione di ciò, vi sono un carabiniere al quale sono stati diagnosticati cinque giorni di prognosi e due vetture danneggiate. Si presume che ciò non sia stata opera di coloro i quali hanno aggredito quel giovane, bensì di altri che stavano assistendo allo spettacolo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. In ragione di ciò, i carabinieri si sono fermati ed hanno atteso l'arrivo di altri che li rinforzassero allo scopo di fronteggiare tale inattesa ostilità. Fatto ciò, l'operazione è proseguita.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Pertanto, da una parte vi sono alcune persone denunciate per l'aggressione ai carabinieri, dall'altra vi sono le indagini in corso, che ritengo possano essere proficue nei confronti di chi ha commesso il gravissimo pestaggio del quale tutti siamo stati resi consapevoli.

PRESIDENTE. La deputata Perugia ha facoltà di replicare.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, ovviamente non pensavo che il Ministro dell'interno mi fornisse la risposta delle indagini. Sono contenta di sapere che queste ultime sono in corso e sul resto, evidentemente, possediamo versioni diverse.
Tuttavia, vorrei soffermarmi sulla circostanza che già in tre occasioni si erano registrate, nell'arco di dieci giorni, dall'inizio della festa, atti di vandalismo regolarmente denunciati dagli organizzatori e che, anche a Roma, nell'ultimo anno si sono svolte ottanta aggressioni di stampo neofascista.
Pertanto, è d'uopo una maggiore attenzione e prontezza nella risposta a tali fenomeni. Per questo motivo vorrei far presente che occorrerà fare qualcosa senza sottovalutare un fenomeno, che a mio avviso non si può più definire episodico e che rivela la natura razzista, sessista,Pag. 34xenofoba e intollerante di alcune formazioni dell'estrema destra. Ritengo sia giunto il momento che le istituzioni locali e nazionali assumono qualche concreta iniziativa - come ha detto lo stesso Ministro in relazione ad un'indagine in corso - mettendo in campo opere di investigazione serie e complete per individuare i responsabili e i mandanti di tali episodi e per restituire alla città ed ai suoi abitanti quella storia di democrazia, solidarietà ed accoglienza, che li hanno sempre contraddistinti e che, significativamente, erano nel nome stesso della manifestazione colpita.
Per questo motivo, per dire che Roma città aperta rifiuta i fascisti, sabato prossimo si svolgerà una grande manifestazione indetta da associazioni, sindacati, reti, comitati, centri sociali e dalle forze politiche che attraverserà il quartiere.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA CRISTINA PERUGIA. Concludo, essendo a conoscenza e congratulandomi per il fatto che in queste ore è stato raggiunto un accordo sul percorso. Inoltre vorrei far presente che questa è la risposta della società. Spero che quella delle istituzioni sia all'altezza.

(Orientamenti del Governo in materia di immigrazione, anche in relazione alle recenti dichiarazioni del capo della polizia. - n. 3-01053)

PRESIDENTE. Il deputato Pini ha facoltà di illustrare la interrogazione Maroni n. 3-01053 concernente orientamenti del Governo in materia di immigrazione, anche in relazione alle recenti dichiarazioni del capo della polizia, (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, signor Ministro, pochi giorni fa, nel corso di un'audizione tenutasi al Senato, il nuovo capo della Polizia, dottor Manganelli - al quale rivolgo un augurio di buon lavoro da parte dell'intero gruppo della Lega Nord Padania, perché con questo Governo ha davvero bisogno di tale augurio - ha lanciato un allarme molto chiaro, affermando che, in sostanza, la Lega ha sempre avuto ragione quando si recava in piazza per affermare che vi è un collegamento strettissimo tra la presenza di immigrati, clandestini e non, l'escalation di reati la mancanza di sicurezza, che il paese in qualche modo sta percependo in maniera molto diffusa, con una concentrazione elevatissima al nord, che arriva fino al 60 per cento.

PRESIDENTE. Deputato Pini, concluda.

GIANLUCA PINI. Concludo, Presidente. Visto che avete presentato un disegno di legge, che porta anche il suo nome, signor Ministro (mi riferisco al disegno di legge Amato-Ferrero) e che va in una direzione completamente opposta perché apre le porte in maniera indiscriminata all'immigrazione, ci chiediamo se avete intenzione di seguire in qualche modo le indicazioni del capo della Polizia o se invece avete intenzione di....

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANLUCA PINI. ...combinare un ennesimo pasticcio istituzionale e di devastare la nostra società.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Il capo della Polizia nella sua audizione al Senato ha in realtà riproposto dati che io per primo avevo fornito il 18 giugno nel presentare il rapporto sulla sicurezza per l'anno 2007 agli uffici di presidenza delle Commissioni I di Camera e Senato ed alla stampa. Io stesso avevo sottolineato (al punto che qualche Capo di Governo di Paesi non italiani ha reagito abbastanza risentito) che vi era una maggioranza di autori non italiani di reati predatori su media nazionale, in particolare nel nord e che, tuttavia, occorreva distinguere nettamente tra immigrati irregolariPag. 35e immigrati regolari. Infatti, la media della criminalità degli immigrati regolari corrispondeva esattamente a quella della criminalità nazionale rapportata alla percentuale di immigrati regolari. Tutto ciò, come lei giustamente ha detto, sottolinea che esiste un rapporto tra l'essere irregolare e l'essere legato, a volte anche forzosamente, alla criminalità.
Per questo è importante che valutiamo le nostre leggi in ragione degli incentivi e dei disincentivi che offrono alla immigrazione irregolare.
Da questo punto di vista se in Parlamento riusciremo a discutere sulla base dei dati di fatto e non dei pregiudizi dovremo arrivare tutti a concludere che, non per sua intenzione (al contrario non era questa la sua intenzione), la legge Bossi-Fini ha finito per favorire l'immigrazione irregolare - ripeto, contro la sua intenzione - adottando per tutti gli immigrati, compresi i non qualificati e i collaboratori familiari, il congegno del contratto di soggiorno prefirmato all'uscita dal Paese di origine. Siccome ciò non era possibile, collega, non era possibile ...

PRESIDENTE. Signor Ministro, concluda.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ...per le badanti ed i non qualificati, migliaia di persone sono entrate in Italia per farsi fare il contratto e sono cadute nelle mani della criminalità organizzata allo scopo di fare il viaggio e spesso hanno continuato ad essere gestite da quest'ultima.
Mi auguro che sapremo tutti partire da questa premessa, il resto sono purtroppo chiacchiere spesso solo ideologiche.

PRESIDENTE. Il deputato Pini ha facoltà di replicare.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente non ci possiamo ritenere soddisfatti della risposta; si tratta anzi di una risposta per certi versi allucinante. Lei sta, infatti, cercando di venderci l'utopia, la «favolina», che nel momento in cui gli immigrati clandestini, che sono venuti in questo Paese clandestinamente, nonostante ci fosse una legge che con un lavoro gli permetteva di entrare regolarmente, sono venuti qui per delinquere... Ministro, deve ascoltarmi! Lei afferma che nel momento in cui a chi spaccia, a chi delinque, a chi sfrutta la prostituzione viene data la possibilità di regolarizzarsi, si redime in qualche modo!
È una favola quella che sta raccontando al Paese! Il problema è un altro: voi non prestate nessun tipo di attenzione ai problemi reali del Paese. Il nord vi ha mandato un segnale chiarissimo con le elezioni: non ne possiamo più!
Vogliamo delle risposte! Il Nord vi vorrebbe logicamente vedere a casa, perché avete fallito in maniera veramente misera! Fallire sul piano economico, però, è un discorso: noi abbiamo i tecnici per risanare i buchi che state creando nel bilancio dello Stato. Ciò che non si può assolutamente più sanare è la distruzione della società, che state cercando di attuare solo ed esclusivamente per mere questioni elettorali, per creare una massa critica di voti, «carne da cabina elettorale»: questo state facendo! State cercando di vendere ai cittadini il fatto che basta regolarizzare dei clandestini per far sparire la criminalità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANLUCA PINI. Manganelli non le ha chiesto di regolarizzare i clandestini.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Neanch'io!

GIANLUCA PINI. Manganelli le ha chiesto più risorse, che invece non state dando alle forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

(Interventi in relazione al filmato blasfemo realizzato da alcuni studenti dell'istituto per geometri di Rovigo - n. 3-01057)

PRESIDENTE. La deputata Aprea ha facoltà di illustrare l'interrogazione LeonePag. 36n. 3-01057 concernente interventi in relazione al filmato blasfemo realizzato da alcuni studenti dell'istituto per geometri di Rovigo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmataria.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, Ministro Fioroni, Magdi Allam, alla manifestazione di Roma «Salviamo i cristiani», ha detto tra l'altro: «L'Europa, nel momento in cui viola i propri valori e rinnega la propria identità, cessa di essere un modello credibile di civiltà non solo per gli altri, ma soprattutto per se stessa». Ecco perché l'offesa al crocifisso da parte degli studenti di Rovigo non può essere considerata uno dei tanti, pur sconcertanti, atti di bullismo: è un atto ancora più grave, perché denota che questi studenti, dopo dodici anni di scuola, non riconoscono valori universali, non rispettano la nostra storia e non si sentono impegnati a custodirla e a proteggerla.
Per questo, Ministro, le chiediamo quali azioni, d'intesa con la scuola e la famiglia, lei intenda intraprendere per infliggere loro una punizione esemplare di fronte al Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, i gravi episodi di danneggiamento ai locali e agli arredi scolastici e di oltraggio ai simboli della religione cattolica risalgono al mese di aprile di quest'anno. Gli stessi sono stati scoperti dal comando dei carabinieri di Rovigo, che aveva sequestrato telefoni cellulari e computer personali di tre diciottenni rodigini nel corso di un'indagine già aperta a loro carico per fatti di danneggiamento e violenza privata avvenuti fuori dall'istituzione scolastica.
I filmati in possesso dei carabinieri sono stati resi noti dall'Arma nella giornata del 3 luglio ultimo scorso, in concomitanza con la chiusura delle indagini e l'invio degli atti alla procura della Repubblica per la formulazione di nuovi capi di imputazione. Tali filmati non risultano essere stati diffusi nella rete Internet da parte dei loro autori.
Appresa la notizia dalla stampa nella giornata del 4 luglio, il direttore scolastico regionale, d'intesa con il sottoscritto, ha assunto le seguenti iniziative: ha acquisito le prime sommarie informazioni della scuola, che è stata identificata nell'Istituto tecnico statale per geometri «Amos Bernini» di Rovigo; ha disposto un immediato accertamento ispettivo, che sarà condotto da due dirigenti tecnici della direzione generale del Veneto; ha promosso e tenuto ieri, insieme al sindaco di Rovigo e al dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Rovigo e al dirigente scolastico regionale, una conferenza stampa nella quale è stata resa la corretta informazione sui fatti e sulle iniziative intraprese.
L'iniziativa congiunta ha voluto evidenziare, da parte della comunità locale e dei responsabili delle autonomie scolastiche, la profonda offesa recata alla città, unitamente alla scuola polesana, al Veneto e al comune senso della popolazione.
L'accertamento ispettivo in modo particolare dovrà verificare le circostanze di svolgimento dei fatti, gli studenti e l'eventuale personale scolastico coinvolti, le modalità di organizzazione e di concreto esercizio della vigilanza sugli alunni posta in essere dalla scuola, soprattutto alla luce della normativa di riferimento emanata dal Ministero e anche dalla direzione scolastica regionale il 2 novembre 2005, nonché il comportamento dei vertici scolastici, che dai primi sommari elementi di conoscenza acquisiti non è apparso adeguato alla gravità dei fatti.
Risulta, infatti, che il comando dei carabinieri avesse già fatto visionare un mese e mezzo fa i filmati in questione al vicepreside. Da essi emergevano in modo inequivocabile gli atti di vandalismo e la frantumazione del crocifisso. L'ufficio scolastico regionale fornirà alla scuola tutto il necessario supporto affinché vengano adottati nei confronti degli studenti coinvolti esemplari provvedimenti disciplinariPag. 37e avviati processi disciplinari anche contro l'eventuale personale della scuola coinvolto.
Ritengo che, di fronte a quanto è accaduto nella scuola di Rovigo con l'oltraggio al crocifisso, nessuno possa ritenersi assolto.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. La scuola, nella quale è stata avviata un'ispezione, punirà i colpevoli; resta però la responsabilità degli adulti, della famiglia e della scuola, poiché questa grave mancanza di rispetto nei riguardi degli altri, del debole e, in questo caso, dei simboli della religione è espressione di un profondo disagio, per il quale la scuola, la famiglia e le centrali educative del paese debbono dare una risposta corale, rivolta all'essere e non - come spesso facciamo con superficialità - all'avere.

PRESIDENTE. La deputata Aprea ha facoltà di replicare.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatta della risposta del Ministro, soprattutto sul piano politico. Lei ha finora investito tempo e risorse in provvedimenti estemporanei e demagogici - quali le circolari - per sconfiggere il bullismo, rinunciando a prendere posizione su provvedimenti di sistema che erano stati approvati nel corso della passata legislatura, quali il docente tutor, l'orientamento continuo per il diritto-dovere e il voto di condotta, che avrebbero costituito una significativa risposta all'emergenza educativa che si è drammaticamente manifestata durante questo anno scolastico.
La soprattutto accusiamo di aver cancellato dal sito del Ministero e da ogni traccia istituzionale il profilo educativo, culturale e professionale, approvato dal Parlamento nella scorsa legislatura, che imponeva fra l'altro a tutti gli studenti a 18 anni di riconoscere le radici classiche ed ebraico-cristiane della nostra civiltà e di impegnarsi per concretizzarne i valori.
Se, invece di affrontare il problema del vuoto educativo attraverso circolari e commissioni, avesse concentrato la sua attenzione su queste espressioni, anche lei avrebbe fornito un esempio di cittadinanza costituzionale, dimostrando che i valori fondanti della nostra civiltà e della nostra scuola non sono né di destra né di sinistra: quando ci scontriamo su questi aspetti, diamo un cattivo esempio anche ai nostri studenti.
Spero che la scuola rifletta su quanto è accaduto e si impegni a rivedere davvero le nostre origini. Auguri, Ministro [(Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

(Punteggio riconosciuto al servizio di insegnamento svolto in scuole di montagna - n. 3-01054)

PRESIDENTE. Il deputato Raiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01054, concernente il punteggio riconosciuto al servizio di insegnamento svolto in scuole di montagna (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, attraverso l'interrogazione da me presentata sottopongo all'attenzione dell'onorevole Ministro la problematica relativa agli insegnanti precari, che hanno svolto la propria attività in scuole di montagna negli scorsi anni.
A seguito della legge finanziaria da noi approvata si è stabilito che, a decorrere da questo anno scolastico, il doppio punteggio non valga più; inoltre, vi è stato un decreto dirigenziale del suo Ministero che ha eliminato il doppio punteggio anche per gli anni pregressi. Ritengo che si tratti di un errore, poiché occorre garantire la certezza del diritto; fra l'altro, vi è un'ordinanza del TAR del Lazio del 27 giugno che annulla tale decreto.
Giudico opportuno garantire certezza a quegli insegnanti precari che hanno immaginato di svolgere un percorso di vitaPag. 38disagiato per entrare rapidamente nelle graduatorie permanenti, quindi di essere stabilizzati: dobbiamo consentire che ciò accada.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, la legge n. 143 del 2004 ha previsto l'attribuzione di un doppio punteggio all'insegnamento prestato nelle scuole di ogni ordine e grado situate nei comuni di montagna. In precedenza, la legge n. 90 del 1957 prevedeva tale speciale valutazione esclusivamente per il servizio prestato nelle scuole elementari di montagna pluriclasse.
La successiva legge n. 186 del 2004 chiariva che il punteggio doppio veniva attribuito esclusivamente al servizio prestato nelle sedi situate al di sopra dei 600 metri e non in quello prestato in sedi diverse della stessa scuola: ciò a partire dall'anno scolastico 2003-2004. L'applicazione di tale normativa ha creato numerosi problemi e un nutrito contenzioso; il Governo, ritenendola ingiusta, è intervenuto in sede di legge finanziaria per il 2007: la normativa stessa è stata abrogata con effetto dal 1o settembre 2007.
Successivamente, in data 26 gennaio 2007, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle disposizioni della legge n. 143 del 2007, limitando il beneficio del doppio punteggio esclusivamente ai servizi prestati nelle scuole primarie pluriclassi di montagna, come previsto originariamente dalla legge del 1957. Ai fini dell'applicazione della citata sentenza è stata consultata l'Avvocatura generale dello Stato, sono state effettuate tutte le più appropriate verifiche e si è proceduto ai necessari adempimenti amministrativi.
In particolare, in occasione delle recenti operazioni di aggiornamento per il biennio scolastico 2007-2008 e 2008-2009 delle graduatorie trasformate dalla legge finanziaria in graduatorie ad esaurimento, sono stati decurtati i precedenti punteggi derivati dal servizio prestato in scuole di montagna, dando tuttavia la possibilità a coloro che avessero prestato tale servizio in pluriclassi di scuole primarie di montagna nel quadriennio 2003-2007, secondo quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale, di ottenere il ripristino del punteggio raddoppiato.
Sono stati fatti salvi, inoltre, i diritti acquisiti da coloro che, nei pregressi anni scolastici, anche in virtù del punteggio conseguito in misura doppia, avevano ottenuto la nomina in ruolo.
Per consolidata giurisprudenza, le pronunce di accoglimento della Corte costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando, fin dall'origine, la validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche consolidate.
A decorrere dal primo 1o settembre 2007 non sarà più prevista la doppia valutazione per effetto della legge finanziaria.
Quanto al contenzioso concernente l'integrazione e l'aggiornamento delle graduatorie del personale docente ed alcune ordinanze di accoglimento delle domande cautelari proposte in primo grado, faccio presente che, con ordinanza del 3 luglio 2007, il Consiglio di Stato ha respinto l'istanza cautelare proposta in primo grado e ha accolto l'appello proposto dal Ministero, considerato che la sentenza della Corte costituzionale n. 11 del 2007 ha superato quanto disposto dalla legge n. 296 del 2006 e che, con riguardo alle graduatorie di cui trattasi, non si è in presenza di rapporti esauriti o definiti.
Pertanto, ritengo che, con l'avvio della messa in ruolo dei precari, mediante il primo contingente di 60 mila e il successivo previsto dalla legge finanziaria, si potranno avere risposte. In ogni caso, è fatta salva ogni altra iniziativa parlamentare che possa intervenire su questi fatti, senza andare contro la sentenza della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Il deputato Raiti ha facoltà di replicare.

Pag. 39

SALVATORE RAITI. Onorevole Ministro, non posso non dichiararmi insoddisfatto, perché ritengo che, nonostante la buona volontà del Governo e del suo dicastero, l'articolo 136 della Costituzione recita espressamente che «quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione».
Quindi, se è vero, come è vero, che vi è una diversa interpretazione della Corte costituzionale che risale al gennaio di quest'anno, essa deve essere applicata, per quanto mi riguarda - tra l'altro, sono un avvocato - successivamente, come prevedeva la legge finanziaria, considerato che essa non valutava il doppio punteggio a partire dal 1o settembre di quest'anno.
Oggi, comunque, al di là delle sentenze del TAR e del contenzioso che lei giustamente ha evidenziato, credo vi sia la necessità di garantire un'equità rispetto a quei soggetti (10-15 mila docenti precari) che, in giro per l'Italia, hanno sopportato tali sacrifici nel corso di questi anni.
Tra l'altro, come Governo stiamo portando avanti una politica in tal senso - e ne do atto a lei e al suo dicastero - a seguito della legge finanziaria, che prevede l'assunzione di 150 mila docenti precari nei prossimi tre anni (so che è in fase di preparazione un decreto che prevede l'assunzione di 50 mila docenti e di 10 mila soggetti del personale ATA già a partire dal prossimo 1o settembre). Quindi, stiamo dando un forte input alla scuola, che riteniamo essere un elemento fondamentale della nostra società, nella misura in cui prepara i giovani e le classi dirigenti del futuro.
Dobbiamo dare dignità a questi docenti che, nel corso di questi anni, si sono impegnati con molta determinazione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SALVATORE RAITI. Invito, pertanto, il Governo - nello stesso tempo, segnalo la disponibilità mia personale e del gruppo Italia dei Valori in tal senso - ad affrontare in maniera adeguata, anche a livello parlamentare, tale questione, per fare in modo di assumere le persone che stiamo già assumendo, dando anche tranquillità a coloro che confidavano nell'applicazione della legge e che non sarebbe giusto, oggi, lasciare di «sasso» e alle prese con problemi che si rifletteranno sui loro progetti di vita per i prossimi anni.

(Iniziative promosse dal Ministero della pubblica istruzione per il bicentenario della nascita di Garibaldi - n. 3-01055)

PRESIDENTE. Il deputato Reina ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-01055 concernente iniziative promosse dal Ministero della pubblica istruzione per il bicentenario della nascita di Garibaldi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, signor Ministro, questi ultimi giorni, ieri in modo particolare, sono stati caratterizzati dalla grande attenzione che nel Paese è stata rivolta alla celebrazione della ricorrenza del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi.
Questo evento, tra tutte le altre iniziative, ne ha vista anche una specifica organizzata dal Ministero della pubblica istruzione, che ha bandito un concorso nazionale per approfondire la conoscenza della figura e dell'opera di Giuseppe Garibaldi, grande ispiratore dell'unità d'Italia e della sua democrazia.
Ci chiediamo in quale misura le iniziative promosse dal Ministero dell'istruzione abbiano concorso al costo globale delle manifestazioni per Giuseppe Garibaldi, anche alla luce delle ombre che hanno caratterizzato l'azione di quest'uomo, e siamo spinti ad interrogarci sui costi che l'unità d'Italia...

PRESIDENTE. La prego di concludere, deputato Reina.

GIUSEPPE MARIA REINA. ... ha dovuto subire e sopportare per quanto attienePag. 40alla vita e allo sviluppo del Meridione. Vorremmo che il Ministero della pubblica istruzione ci spiegasse in che modo ha concorso a tali spese.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, da anni il Ministero della pubblica istruzione organizza iniziative, seminari tematici e concorsi rivolti alle istituzioni scolastiche su personaggi del nostro passato e su figure esemplari, al fine di stimolare negli studenti la conoscenza e l'approfondimento dei periodi storici proposti nel loro percorso di studio, per consentirne una loro libera interpretazione e per svilupparne la conoscenza oggettiva ed il senso critico.
In tale contesto si inseriscono le iniziative del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. Con circolare ministeriale del 10 gennaio 2007, il Ministero ha bandito il concorso nazionale Giuseppe Garibaldi, rivolto a tutti gli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado.
Sono pervenuti centinaia di elaborati di tipo artistico, letterario e multimediale, a dimostrazione dell'interesse che questo personaggio e le sue gesta hanno destato nel personale docente e negli allievi delle nostre scuole.
Le scuole premiate parteciperanno con una delegazione alla «crociera dei mille», che avrà luogo nella seconda settimana del prossimo ottobre, con partenza da Quarto e arrivo a Caprera. Elemento significativo sarà la partecipazione al viaggio - questo solo finanziato dal Ministero - di circa 100 studenti provenienti dall'America latina, come richiesto più volte dalla nostra rappresentanza degli italiani all'estero, che ne sottolineano l'importanza per la formazione di uno spirito di integrazione tra i giovani dei diversi Paesi, ma che riconoscono una comune appartenenza a vicende storiche legate alla figura di Giuseppe Garibaldi.
Evidenzio come sia di primaria importanza per il Ministero favorire opportunità di conoscenza approfondita della storia, affinché gli studenti possano svilupparne un senso critico ed elaborare opinioni personali in merito agli eventi. A tale proposito si sta pensando di elaborare degli strumenti didattici innovativi che possano fornire ulteriori occasioni di approfondimento e di conoscenza della storia complessiva del nostro Paese, rivolti sia ai docenti, sia agli studenti delle nostre scuole. La storia si conosce, non si può riscrivere.

PRESIDENTE. Il deputato Reina ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Ministro, proprio perché conosciamo la storia, giudico stupefacente e grave la risposta che ella ha dato in questo Parlamento.
Stiamo parlando di un uomo che ha concorso, nel sud dell'Italia, a rapine e infamie di ogni genere. Io vengo da Catania: a Bronte, gli uomini di Bixio impiccarono tanta gente e tanto popolo, quel popolo a cui si ispirano, molto spesso, la cultura e l'ideologia della sinistra. Lo fecero in modo barbaro e con processi sommari, esattamente come erano abituati a fare i garibaldini.
Voi continuate, in questa Italia di finzioni e di inganni, a sostenere la tesi di un'epopea garibaldina, che assomiglia a quella del settimo cavalleggeri degli Stati Uniti, che ha mascherato l'assassinio brutale e la violenza estrema condotta sulle popolazioni indigene del Nordamerica, costruendo un'immagine degli Stati Uniti che non ha mai corrisposto alla realtà. Anche questo si fa nella nostra Italia di oggi e noi del sud respingiamo al mittente ciò che voi volete fare: questa crociera dissacrante della storia, del dolore e dei lutti che sono stati provocati al popolo siciliano e meridionale. Smettiamola con questo inganno e raccontiamo ai giovani la verità su tali vicende! Questo è ciò che dovrebbe fare il Ministero della pubblica istruzione.
Porto sul bavero sinistro della mia giacca la coccarda dell'Italia - l'Italia è la Patria per cui noi...

Pag. 41

PRESIDENTE. Onorevole Reina, deve concludere.

GIUSEPPE MARIA REINA....abbiamo combattuto, lottato e sofferto - listata a lutto perché di lutto per noi si tratta nel momento in cui vengono ricordate la figura di quest'uomo...

PRESIDENTE. Grazie onorevole, deve concludere.

GIUSEPPE MARIA REINA.... e soprattutto le azioni nefaste e indegne che ha condotto. Da lui è iniziata la divisione del nostro Paese! L'Italia è in due (Il deputato Reina mostra una cartina geografica)...

PRESIDENTE. Grazie onorevole, deve concludere, e non deve esporre alcunché.

GIUSEPPE MARIA REINA. La questione meridionale è targata Giuseppe Garibaldi, sappiatelo!

PRESIDENTE. Onorevole Reina, la richiamo all'ordine.

GIUSEPPE MARIA REINA. Sappiatelo, anziché indulgere in manifestazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e Lega Nord Padania)!

(Trattamento economico e previdenziale riservato ai docenti transitati al comparto INPS - n. 3-01056)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01056, concernente il trattamento economico e previdenziale riservato ai docenti transitati al comparto INPS (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente noi socialisti siamo con Garibaldi, ma siamo anche con i lavoratori, e per tale motivo abbiamo presentato l'interrogazione in esame. Si tratta di un migliaio di docenti, dipendenti del Ministero della pubblica istruzione, che hanno aderito volontariamente al progetto di mobilità tra comparti, sottoscritto nel 1998, transitando nel comparto INPS, nella settima qualifica funzionale.
Come descritto esaurientemente nell'interrogazione, tali dipendenti hanno sottoscritto un contratto ad hoc con l'INPS, hanno conservato l'anzianità maturata e il trattamento economico in godimento, se più favorevole, e conseguito l'attribuzione dei trattamenti accessori previsti per il personale INPS. Tuttavia il trattamento economico erogato dall'INPS non si è allineato a tali criteri; anzi, il principio della mobilità, con la salvaguardia e tutela del lavoratore, per far fronte alla crisi economica ed occupazionale nonché...

PRESIDENTE. Onorevole Barani, deve concludere.

LUCIO BARANI....ai ritmi dell'economia globale, è venuto a mancare. Chiedo dunque al Ministro quali misure intenda adottare per far sì che i problemi relativi al turn over dei docenti, in generale nonché nel caso particolare, siano risolti.

PRESIDENTE. Il Ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, non posso nascondere qualche difficoltà nel mettere insieme il lutto per Garibaldi nella cerimonia di ieri, il fiore rosso e l'apprezzamento dell'onorevole Barani per la sua figura e le esibizioni viste poco fa, che dimostrano un certo variegato polimorfismo culturale della coalizione di centrodestra.

CARMELO LO MONTE. Esibizione è comunque anche la sua, Ministro!

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Riguardo al personale docente in esubero transitato nei ruoli dell'INPS ai sensi del contratto collettivoPag. 42decentrato nazionale dell'11 marzo 1998, faccio presente che con ordinanza ministeriale n. 217 del 6 maggio 1998 sono stati definiti i criteri di procedura di mobilità intercompartimentale. L'articolo 6, comma 2, dell'ordinanza ministeriale suddetta indica chiaramente che il docente è collocato nei ruoli dell'INPS alla settima qualifica funzionale conservando l'anzianità maturata ed il trattamento economico in godimento all'atto del trasferimento, se più favorevole, oltre ai trattamenti accessori previsti per il personale dello stesso INPS. Qualora il docente, all'atto del trasferimento, avesse avuto diritto ad un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto per il personale appartenente alla settima qualifica funzionale dei ruoli dell'INPS, avrebbe continuato a percepire la retribuzione maggiorata del corrispondente assegno ad personam.
Nessuna indicazione nell'ordinanza ministeriale n. 217 del 1998 è formulata in ordine al riassorbimento dell'assegno ad personam. Peraltro, le questioni dell'inquadramento e del trattamento economico del personale docente transitato nei ruoli di detto istituto sono comunque di esclusiva competenza dell'INPS, sul quale ha potere di vigilanza il Ministero del lavoro. Proprio per questo mi permetto di ricordare all'onorevole Barani che il sottosegretario di Stato al lavoro, Antonio Michele Montanino, ha riferito sulla stessa questione in Commissione cultura il 15 febbraio scorso, in sede di risposta, alla quale rinvio, ad un'interrogazione dell'onorevole Motta.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, non sono soddisfatto, perché il Ministro non ha capito la filosofia dell'interrogazione in esame ed il rapporto tra il particolare e il generale; sicuramente è stato offuscato da quanto ha visto ed ha detto. Chi le parla è di sinistra e non sta con i comunisti - a differenza di lei, signor Ministro - e ne andiamo orgogliosi. Un grande incendio destruente può partire anche da un piccolo fiammifero.
Una scuola moderna, che deve far fronte all'economia globale e alla crisi occupazionale, ha bisogno di docenti preparati, aggiornati, motivati, e dovrà sempre più ispirarsi al principio della mobilità ben sviluppato da Biagi, con la legge nota con il suo nome. Per essere competitivi, sempre più docenti dovranno chiedere trasferimenti nell'interesse della scuola, dell'istruzione, della cultura, dello sviluppo, non solo economico, del Paese.
In questo caso, siamo di fronte ad un migliaio di interessati, ma il principio deve essere valido per tutte le occupazioni di lavoratori sia nel comparto pubblico che in quello privato. Per noi socialisti del Nuovo PSI, la situazione di tali lavoratori non aiuta gli altri docenti non più preparati, non più all'altezza, non più aggiornati, ad uscire dalla scuola e a smetterla di procurare danni, andando a svolgere altre attività, se non gli garantite la salvaguardia di quanto hanno maturato. Dovete fare tutto ciò, altrimenti la nostra scuola rimane indietro. Sono un estimatore della Moratti e del mio segretario Stefano Caldoro, ex Viceministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che stavano affrontando tali problemi. Signor Ministro, la invito a proseguire su questa linea.

(Attuazione dell'accordo di programma sulla chimica siracusana - n. 3-01058)

PRESIDENTE. Il deputato Rotondo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01058, concernente l'attuazione dell'accordo di programma sulla chimica siracusana (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

ANTONIO ROTONDO. Signor Ministro, cerchiamo di parlare di cose serie che riguardano il meridione. Come lei ben sa, il 21 dicembre 2005 fu firmato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'accordo di programma per lo sviluppo della chimica siracusana. Il polo petrolchimico di Siracusa è il complesso industriale più importante della Sicilia, ma è anche l'assePag. 43intorno a cui ruota l'economia dell'intera provincia e anche di parte della Sicilia sudorientale. L'accordo prevede una serie di interventi basati principalmente su finanziamenti con fondi pubblici - 160 milioni di euro dallo Stato e 60 milioni di euro dalla regione Sicilia - e in alcuni casi su finanziamenti privati.
Signor Ministro, dopo oltre un anno e mezzo dalla firma di quell'accordo nulla è stato fatto. L'accordo è rimasto lettera morta; anzi, qualcosa c'è stato, ovvero le dismissioni e i licenziamenti in quell'area della Sicilia.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, l'accordo di programma per Priolo, cui faceva riferimento l'onorevole Rotondo, è finalizzato, come l'interrogante ricordava, ad un progetto di reindustrializzazione con il concorso di pubblico e privato.
Gli ultimi mesi hanno misurato la difficoltà da parte del privato a proseguire negli investimenti e a praticare quelli concordati. Voglio in questa sede ribadire che il Governo intende riconfermare l'impegno per l'attuazione dell'accordo di programma e riprendere le fila di questo discorso. Abbiamo stanziato con la legge finanziaria per il 2007 fondi e risorse per attività industriali, per la chimica, per attività di ricerca, e a tali fondi si potrà fare riferimento per attuare l'accordo di programma.
Desidero, inoltre, informare l'onorevole Rotondi che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha convocato un incontro per giovedì 19 luglio a Palazzo Chigi, cui parteciperanno tutti i soggetti che hanno sottoscritto l'accordo di programma, e nel corso del quale si farà il punto sullo stato di attuazione dell'accordo stesso e si riformulerà il programma di lavoro con cui perseguire il raggiungimento degli obiettivi di politica industriale in esso contenuti.
Aggiungo, infine, che in occasione della prossima adozione del codice ambientale è nostra intenzione riesaminare il tema del recupero delle aree con problemi di carattere ambientale mediante specifici interventi su siti demaniali e falde idriche. Tali interventi potranno essere accompagnati anche da investimenti diretti all'occupazione sia da parte di imprenditori privati interessati, ma anche direttamente da parte dalla mano pubblica, ricorrendo a finanziamenti comunitari e nazionali.
Credo molto a tale innovazione, perché in queste operazioni ci manca probabilmente un braccio operativo relativo alle bonifiche, che possa veramente funzionare. Quindi, con la riunione che ci sarà a Palazzo Chigi il 19 luglio intendiamo riprendere con incisività le fila del discorso, che negli ultimi mesi si è effettivamente interrotto.

PRESIDENTE. Il deputato Rotondo ha facoltà di replicare.

ANTONIO ROTONDO. Signor Ministro, in primo luogo la ringrazio per le novità che sono emerse dalla sua risposta. Mi riferisco all'incontro che lei ha preannunciato, auspicando che sia molto più fattivo rispetto a quello precedente, di qualche mese fa.
Purtroppo, non posso che dichiararmi parzialmente soddisfatto. Occorre infatti che il ruolo del Governo in questa vicenda sia molto più incisivo rispetto a quanto è stato fatto, specialmente nei confronti di chi, signor Ministro, come l'ENI, ha ottenuto molto da quel territorio, conseguendo ricavi economici importanti, e lasciando peraltro il territorio stesso notevolmente compromesso dal punto di vista ambientale.
Ritengo che a questo punto l'ENI non possa smobilitare, e che il Governo può e deve fare qualcosa per intervenire su questa vicenda. C'è l'urgenza di risolvere il problema dell'accordo di programma: lei, onorevole Bersani, è una delle personalità politiche che più si è occupata della questione settentrionale, ed ha fatto bene. Esiste, però, anche un dramma meridionale. I cinque anni di governo del centrodestra hanno lasciato quella parte d'ItaliaPag. 44in una situazione ancora peggiore rispetto a prima. Il gap tra il nord e il sud si è accentuato in quel periodo: è aumentato il tasso di disoccupazione, il PIL nel meridione è cresciuto meno della media nazionale. Occorre dunque un intervento più serio ed incisivo.
Lei è il Ministro per lo sviluppo economico, ed è un buon Ministro, del Governo italiano e di tutto il Paese. Penso che debba compiere uno sforzo per interessarsi ancora di più delle questioni meridionali, che in questo momento sono all'attenzione dell'intero Paese.

(Iniziative per un'adeguata informazione a favore degli utenti con riferimento alla liberalizzazione del mercato elettrico - n. 3-01059)

PRESIDENTE. Il deputato D'Agrò ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01059, concernente iniziative per un'adeguata informazione a favore degli utenti con riferimento alla liberalizzazione del mercato elettrico (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

LUIGI D'AGRÒ. Signor Ministro, cinque giorni fa è iniziata la liberalizzazione dell'energia anche per le utenze familiari. Credo che ci sia un gap di conoscenza in questo campo, nel senso che non è stata fornita un'utile e completa informazione agli utenti sulla possibilità di scelta, anche a fronte, mi sembra, di gestori fermi e ancora privi di proposte serie, in attesa che il quadro venga, in qualche modo, a meglio identificarsi.
Inoltre, come lei sa, vi è stata un'indagine della magistratura sul controllo dei consumi in bolletta. Vorrei formulare due quesiti, che costituiscono parti della stessa medaglia. Come superare questo gap informativo, affinché le liberalizzazioni per le utenze private, quindi per i più deboli, siano realmente un vantaggio? In quale modo dare certezza all'utente finale che i consumi in bolletta siano quelli effettivamente verificati sul campo?

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, effettivamente ci troviamo ad un passaggio storico: si apre il mercato anche per gli utenti domestici. Non sarà però un big bang, bensì un processo che richiederà una progressione nel tempo.
In attesa di veder approvato dal Parlamento il complesso disegno di legge sull'energia che varammo un anno fa, abbiamo adottato un provvedimento, il decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, che dispone - intendo sottolinearlo - che l'Autorità per l'energia determini i prezzi di riferimento che le imprese devono offrire agli utenti, insieme a qualsiasi altra offerta che vogliano proporre. Questa è la sostanza della nostra intenzione, vale a dire: chi può andare a star meglio da subito deve poterlo fare, ma nessuno deve andare a star peggio.
Dato che nel corso dell'esame da parte del Senato è stata introdotta una modifica a tale norma, su iniziativa dell'opposizione, mi auguro che questo tema venga puntualizzato nuovamente nel corso dell'iter del decreto, perché dobbiamo prestare il massimo di attenzione nei confronti delle esigenze dell'utenza.
L'utenza, infatti, deve essere informata, innanzitutto, dalle imprese, che produrranno le loro offerte, ma certamente anche per iniziativa della mano pubblica. Stiamo affidando progetti per avere prodotti che favoriscano la confrontabilità dei prezzi per i clienti finali, per realizzare strumenti di uso agevole per poter comparare le offerte che provengono dal mercato libero, per rendere più leggibili le offerte commerciali e, inoltre, faremo anche un'operazione di monitoraggio dei primi sei mesi di applicazione. Siamo disposti, ovviamente, a riferirne al Parlamento, per verificare quali siano i gap da rimontare in termini di informazione.
Sulla questione che potremmo definire della vetustà dei contatori, ricordo che con il decreto legislativo 8 febbraio 2007,Pag. 45n. 20, che recepisce la direttiva 2004/8/CE, è stata prevista anche la sottoposizione a controlli metrologici legali di una serie di strumenti di misura, tra cui i contatori del gas, che verranno sottoposti a valutazione di conformità. Inoltre, ci si dovrà preoccupare anche di un ulteriore aspetto. Le norme comunitarie, infatti, consentono che gli Stati membri effettuino direttamente anche verifiche a campione: le faremo e ci stiamo attrezzando per poterle fare, una volta recepita la direttiva comunitaria. Quindi, indipendentemente dalle indagini giudiziarie al riguardo, ci attrezzeremo per avere procedure analoghe a quelle che saranno effettuate in tutte le migliori situazioni europee.

PRESIDENTE. Il deputato D'Agrò ha facoltà di replicare.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor Ministro, mi conforta l'affermazione per cui nessuno debba andare a stare peggio. Il problema è che in questo momento, in un mercato così libero, le fasce cosiddette deboli non sono assolutamente protette. Ciò denota un'inadeguatezza temporale di intervento da parte del Governo, perché, anche se comprendo che l'iter del disegno di legge sia andato per le lunghe e che si è dovuti intervenire attraverso il decreto-legge al fine di rispettare il termine del 1o luglio, ci si poteva pensare prima.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. È il primo Consiglio dei ministri.

LUIGI D'AGRÒ. La capisco, signor Ministro, però non faccio parte del Consiglio dei ministri, c'è lei nel Consiglio dei ministri!.
Il problema di fondo è costituito dal fatto che manca un'informazione anche da parte pubblica. Lei puntualmente ha affermato che vi è un progetto in itinere, e comprendiamo perfettamente, ma vi è anche il rischio che in questa fase i soggetti dominanti si garantiscano il mercato come intendono e vogliono. Questa è la preoccupazione in un mercato in via di liberalizzazione in cui mancano l'informazione e la possibilità di confrontare effettivamente i prezzi.
In ordine alla verifica a campione, a cui lei fa riferimento, per quanto concerne i contatori, va benissimo, però mi permetta di notare che vi è un problema di fondo, che denota ancora una mancanza da parte del Governo. La legge n. 236 del 1991, infatti, recava disposizioni in materia di contatori domestici, al fine di adeguare le apparecchiature di misura ai migliori standard tecnologici esistenti. Purtroppo, perché ciò avvenga, è necessario un regolamento ministeriale. Probabilmente vi sono anche carenze del Governo in ordine ad aspetti importanti che riguardano le utenze e, quindi, la certezza delle misurazioni presso le famiglie italiane (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).

(Iniziative per la corretta applicazione dell'articolo 11 del decreto-legge n. 35 del 2005, in materia di trattamento tariffario speciale per la fornitura di energia elettrica a talune aziende - n. 3-01060)

PRESIDENTE. Il deputato Capotosti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01060, concernente le iniziative per la corretta applicazione dell'articolo 11 del decreto-legge n. 35 del 2005, in materia di trattamento tariffario speciale per la fornitura di energia elettrica a talune aziende (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor Ministro, come è noto nel 1962 l'Enel nazionalizzava, ovvero espropriava, le centrali idroelettriche di proprietà dell'allora Terni Acciaierie. In questo modo veniva gravemente danneggiata la capacità economica dell'azienda, a tutt'oggi in essere. Filippo Micheli, parlamentare di lungo corso, umbro, otteneva che alla stessa azienda fosse praticata una tariffa ridotta a titolo di indennizzo.Pag. 46
Questa impostazione è stata ancora confermata nel 2005 e prorogata, nella sua bontà e nella sua natura di indennità, fino al 2010. Accade, però, che l'Unione europea, ma soprattutto l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, mettano in discussione la bontà e la tenuta di questo sistema.
Desidero, quindi, sapere dal Governo come intenda agire al fine di garantire la corretta applicazione della citata legge.

PRESIDENTE. Il Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Si tratta di un problema complesso, del quale ci stiamo occupando con grande intensità da molto tempo. Il problema è quello enunciato dall'onorevole interrogante: i prezzi dell'energia rischiano di creare una differente situazione competitiva per le imprese ubicate in diversi Paesi europei.
La legge n. 80 del 2005, che ha convertito il decreto-legge n. 35 del 2005, determina un regime tariffario speciale, quello di cui godevano le imprese ex Terni. In sede europea, abbiamo difeso la legittimità di queste misure, anche come misure di durata transitoria, in attesa di vedere una regolazione europea uniforme sulla questione delle industrie energivore. Sono in corso un'indagine della Commissione europea ed una discussione generale in Europa, che abbiamo promosso con tutte le nostre forze, a proposito di una regolazione unitaria degli energetici.
Abbiamo garantito la prosecuzione dei regimi tariffari, evidenziando all'Autorità per l'energia elettrica e il gas l'inopportunità di interrompere queste erogazioni, pur ancora nell'incertezza degli esiti dell'indagine della Commissione europea. L'Autorità ha accolto il nostro indirizzo, ma ha preteso che le imprese fornissero delle garanzie fideiussorie. Le imprese si sono opposte, ma il TAR ha dato ragione all'Autorità. Le aziende si stanno adeguando, e quindi credo che, in questa fase, possiamo proseguire questa politica, naturalmente tenendo molto viva l'attenzione sui rapporti con l'Unione europea. Posso garantire che sia a livello tecnico, sia a livello politico, tali rapporti sono in essere. Ripeto, la soluzione vera di questo problema è un quadro armonizzato a livello europeo su come trattare le grandi industrie energivore.

PRESIDENTE. Il deputato Capotosti ha facoltà di replicare.

GINO CAPOTOSTI. Signor Ministro, la ringrazio per la risposta fornita alla nostra interrogazione a risposta immediata. Desidero segnalarle, in questa mia chiusa, che il sistema delle aziende dell'ex Terni è ancora oggi il fulcro economico di tutta la mia provincia. È un sistema che garantisce le sorti di quasi quindicimila lavoratori, tra diretto e indotto, e che - continuo a ripeterlo - si reggeva anche perché anche i nostri padri pensavano di costruire aziende produttrici di energia esclusivamente serventi rispetto alle aziende energivore.
Va sottolineato che, nel caso di specie, vi è una questione indennitaria, che è diversa rispetto ad una tariffazione ridotta. Mi auguro, quindi, che questo argomento sia compreso nelle sedi europee e sia tenuto in debito conto, perché il danno che ne deriverebbe al sistema sarebbe decisamente grave, probabilmente assoluto. A tale proposito ricordo all'Assemblea e a lei i fatti che si sono verificati recentemente a Torino presso la Thyssen Krupp, anche e proprio per la questione del prezzo dell'energia elettrica.
Siamo tutti europeisti convinti, ma le condizioni di sistema economico di favore ottenute non per grazia ricevuta, bensì per la capacità di pensare in anticipo rispetto al resto del mondo, vanno adeguatamente salvaguardate. Va anche detto che le fideiussioni richieste dall'Autorità corrispondono agli utili conseguiti in un intero esercizio. Tale fatto si commenta da sé.
Noi riponiamo, ancora una volta, nel Governo e in lei signor Ministro, che recentemente è stato nostro ospite a Terni, ogni speranza, che siamo certi non sarà tradita.

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(Iniziative per il mantenimento dei livelli occupazionali in Alitalia - n. 3-01061)

PRESIDENTE. Il deputato La Russa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01061, concernente le iniziative per il mantenimento dei livelli occupazionali in Alitalia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14), per un minuto.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Ministro, è noto che recentemente la Consob ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze notizie e informazioni sulla procedura di vendita di Alitalia, che ha visto progressivamente il ritiro della società che fa capo a De Benedetti, della Tpg-Mediobanca-Matlin e di Aeroflot. Praticamente, sono rimaste in gara - si fa per dire - soltanto Air One e la Matlin Patterson, che forse non farà mai un'offerta (la società americana lo ha di fatto dichiarato).
Nel frattempo è stato reso noto - è quanto sostiene Air One - che Alitalia ha personale in esubero per 2.350 unità, di cui 450 piloti. In altre parole, se la gara la vincesse Air One, questo personale in esubero sarebbe licenziato. Il Governo, tuttavia, ha fatto sapere che è in grado di assorbirlo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

IGNAZIO LA RUSSA. Ora noi, che siamo sempre stati fortemente critici verso tale tendenza del Governo a sostenere arbitrariamente, senza un piano preciso, costi di così alto livello, ma pure interessati al mantenimento dei livelli occupazionali, ci chiediamo con quali fondi, con quali garanzie e con quali idee il Governo intenda svolgere tale operazione e che fine stia facendo veramente il progetto di vendita di Alitalia.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, con riferimento alla questione sollevata dagli onorevoli interroganti devo preliminarmente far presente che la Consob, in più occasioni, ha chiesto, trattandosi di una società quotata in Borsa, di mantenere il più assoluto riserbo su informazioni relative alla società Alitalia, in particolare in questa fase di gara aperta. Anche in conseguenza di tali richiami e su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, il Presidente del Consiglio ha inviato una lettera a tutti i ministri, chiedendo di non divulgare informazioni circa la gara in corso per la cessione di una quota delle azioni della società Alitalia.
Nel rispetto di tali richieste, credo di dovermi limitare a due sole considerazioni in merito al quesito che è stato posto. In primo luogo, la gara si sta svolgendo nel più ampio rispetto delle procedure fissate dal bando, che porteranno ad avere, alla data del 12 luglio prossimo, le offerte definitive, comprensive del piano industriale, e solo da quello potremo sapere se e di che entità è la consistenza di eventuali problemi occupazionali.
In secondo luogo, per quanto riguarda la questione dei livelli occupazionali, vale quanto dichiarato formalmente dal Governo in data 21 maggio 2007, che riferisco integralmente: «Con l'avvio della terza fase del processo di privatizzazione di Alitalia, il Governo conferma la propria disponibilità ad adottare le iniziative più opportune e condivise, in relazione al possibile impatto occupazionale del piano industriale, presentato dall'acquirente selezionato ad esito del suddetto processo. Tali iniziative saranno valutate in coerenza con le misure e gli interventi adottati in circostanze analoghe e nel rispetto della normativa comunitaria».
Questo è quanto oggi posso dire circa le modalità con cui il Governo intende affrontare il problema dei livelli occupazionali della società Alitalia, successivamente alla conclusione della procedura di gara in corso.

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PRESIDENTE. Il deputato La Russa ha facoltà di replicare.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, sono veramente allibito: faccio il deputato da tanti anni, ma non mi era mai capitata una risposta come questa ad un question time! Non solo Prodi, quando lo chiamiamo, non viene. Non solo Prodi si rifiuta categoricamente, tutte le volte che è capitato di venire a rispondere, di dare informazioni, ma addirittura ci manda a dire che vi è un segreto e guai a chi parla su una questione di cui sono piene le pagine di giornali!
Il Parlamento oggi ha saputo soltanto quello che già il 21 maggio era stato scritto. Lei, signor Ministro, è venuto a riferire una cosa stravecchia! Questo non è rispetto per il Parlamento che vuole sapere! Vi è ancora in corso, veramente, una gara? È vero che Air One non è nella condizione, comunque, di poter seriamente partecipare? È vero o non è vero che l'esubero di cui scrivono i giornali - che secondo Air One sarebbe da mettere in carico allo Stato - è di oltre 2.500 persone? È vero o non è vero che non abbiamo nemmeno la teorica possibilità - né noi lo vorremmo - che vengano messe così, sic et simpliciter, «sulle spalle» dei cittadini italiani, soltanto per salvare quello che non riuscite a salvare con un'operazione degna di questo nome?
Tali risposte, o alcune di esse, ci saremmo aspettati, non affermazioni secondo le quali «su questo c'è il segreto, Prodi ci impegna a stare zitti»!
Parlate di tutto, andate in piazza per tutto, ma quando vi si chiedono informazioni di trasparenza, qui, in Parlamento, state zitti! Questo è veramente una vergogna!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 17, è ripresa alle 17,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Colucci, Cordoni, Di Salvo, Donadi, Lucà, Oliva, Pagliarini, Sgobio, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Adempimenti relativi alla trattazione del ricorso in pubblica udienza con riguardo a procedimenti pervenuti presso la Corte di cassazione - n. 2-00632)

PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di illustrare l'interpellanza Elio Vito n. 2-00632, concernente adempimenti relativi alla trattazione del ricorso in pubblica udienza con riguardo a procedimenti pervenuti presso la Corte di cassazione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ringrazio anzitutto il Ministro Mastella per aver accolto il nostro invito a rispondere personalmente all'interpellanza urgente in esame.
Qual'è - brevemente - la prassi e cosa succede quando avverso una sentenza di una qualsiasi corte di appello viene proposto ricorso per Cassazione? Il ricorso viene trasmesso alla Corte di cassazione, passa al vaglio della segreteria della prima sezione - quella della presidenza - ed è poi assegnato alla sezione competente; si tratta di un'assegnazione automatica che non dipende da una scelta: non si possonoPag. 49scegliere i processi che si vogliono. Infine, dopo l'assegnazione vi è il cosiddetto spoglio per verificare quali siano i termini di prescrizione che incombono su quella vicenda giudiziaria.
Questa è la prassi. Cosa è invece accaduto nella vicenda che ci interessa, relativa al ricorso per Cassazione nella nota vicenda del lodo Mondadori, al collega Previti il quale ha presentato ricorso avverso la sentenza della corte d'appello di Milano? È accaduto che il fascicolo il 30 maggio è stato trasmesso dalla corte d'appello di Milano alla Corte di Cassazione, qui a Roma (si tratta di 169 pacchi, di tre elenchi e di una serie di corposissimi ricorsi). In data 31 maggio, il procedimento è pervenuto alla suprema Corte di cassazione. Il 4 giugno il processo è stato assegnato alla seconda sezione penale della suprema Corte e nello stesso giorno o in quello successivo (non si comprende bene) si è proceduto allo spoglio per verificare quali siano i termini di prescrizione.
Tutto ciò avviene per tabulas, e sempre per tabulas si riscontra anche qualche altra vicenda che contrasta con i numeri che vi ho prima elencato. Il 31 maggio, in particolare, vi è una sollecitazione da parte del presidente della seconda sezione - la stessa cui sarebbe stato assegnato il processo il 4 giugno - per una rapida trasmissione degli atti. Nella lettera di sollecito si legge: «Avendo appreso che sarà trasmesso il processo Previti» - a questo proposito preciso che detto processo è intestato ad Acampora e non a Previti, il quale è uno dei coimputati, mentre il primo imputato è appunto Acampora: l'errore è forse dipeso da qualche lapsus freudiano - «chiedo una maggior sollecitudine». Ciò è quanto affermato dal giudice Francesco Morelli, presidente della seconda sezione penale.
È accaduto quindi, signor Ministro, che il processo è arrivato il 31 maggio alla seconda sezione penale, tre giorni prima dell'assegnazione, avvenuta il 4 giugno, ed è poi avvenuto - e verificheremo dalla sua risposta come sia potuto accadere un fatto del genere - che i termini di prescrizione del cosiddetto spoglio sono stati individuati dal magistrato addetto a tale operazione in tre date: il 6 luglio, come prima ipotesi, ovverosia di lì a pochissimi giorni; come seconda ipotesi, una data fissata nel dicembre 2007; oppure, una data ancora più lontana di circa 19-20 mesi, di là da venire.
Non vi è menzione né traccia di alcuna richiesta di abbreviazione dei termini legati alla prescrizione. La legge lo consente, il magistrato lo può fare, il procuratore generale lo può disporre. Viene velocemente fissata l'udienza per il giorno 11 luglio e vengono eseguite le notifiche, ma sta di fatto che due notifiche a due avvocati difensori di due imputati diversi vengono effettuate fuori termine, perché i termini sono stabiliti in 30 giorni prima della data fissata per l'udienza, invece vengono rispettati solo 29 giorni.
Accortosi di tale lacuna, il procuratore generale ha chiesto a posteriori la riduzione dei termini per il giudizio di legittimità, dopo che lo spoglio è avvenuto dopo che sono stati individuati i termini. Se ci fosse stata una necessità di abbreviazione di tali termini legata ai termini di prescrizione, avrebbe già dovuto essere stata formulata la richiesta di abbreviazione: ma il procuratore generale l'ha fatta solo dopo che si erano accorciati i tempi legati alla nullità della notifica nei confronti di due difensori. Quindi, per mantenere la data del giorno 11 luglio, inopinatamente e senza motivazione alcuna, il procuratore generale ha chiesto e ottenuto l'abbreviazione dei termini.
L'udienza perciò rimane quella già fissata, si abbreviano soltanto i termini per la preparazione di essa - qualche sottosegretario che mi ascolta e si intende di diritto può ben comprendere le conseguenze - che vengono così praticamente suddivisi in due diversi periodi di tempo: uno inferiore per due difensori, l'altro normale per gli altri difensori che avevano avuto la notifica regolarmente come prevede la legge. Ne segue un'evidente disparità di trattamento nei confronti dei difensori o delle parti, qualunque esse siano.Pag. 50
Il Ministro conosce le domande: vogliamo sapere perché, come e in base a quali norme siano accadute le sospette velocizzazioni di un procedimento, che invece dovrebbe essere trattato alla stregua di tutti quanti gli altri?

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Svolgo una considerazione preliminare. Da quando ho iniziato a svolgere le mie funzioni mi sono prefisso, quale impegno prioritario, di assicurare una giustizia efficiente, nei tempi rapidi e con processi che siano ragionevoli, secondo un'esigenza avvertita dai cittadini italiani. Ho, quindi, una qualche difficoltà a discutere di un presunto caso di particolare sollecitudine della Corte suprema nell'ambito di un procedimento già approdato una prima volta al giudizio di legittimità e sottoposto, quindi, ad un secondo appello in sede di rinvio.
La prima impressione che mi sono formato, in verità, è che nella vicenda in esame non emergono, sulla base degli elementi ad oggi acquisiti, aspetti di criticità che non siano suscettibili di valutazione e rimedio all'interno del medesimo processo e nel pieno contraddittorio delle parti. Già altre volte ho avuto modo di notare che i giudici, in tutte le aule di giustizia italiane, pongono particolare attenzione - beninteso, sempre adoperando strumenti ed accorgimenti tecnici di cui può essere sempre discussa e valutata la legittimità all'interno del processo - affinché i procedimenti penali, complessi o delicati, per numero di imputati, qualità delle imputazioni, imminenza della scadenza di termini prescrizionali, possano andare in porto. E ho sempre pensato, devo aggiungere, che ciò che si attendono i cittadini è che sia assicurata la giustizia, i tempi rapidi, la correttezza e l'equità delle decisioni. Al riguardo vanno riconosciuti i meriti e le virtù della nostra Corte di cassazione.
Veniamo ora nello specifico all'oggetto dell'interpellanza. Nel ristretto arco di tempo a disposizione è stato possibile acquisire alcune informazioni fornite dalla stessa Corte suprema. Riguardo all'assegnazione del processo - cito quello che riferisce la Corte - è stato riferito che l'attribuzione alla II sezione penale è avvenuta in modo automatico, in conformità alle previsioni delle tabelle di organizzazione della Corte stessa.
Dal sistema informatico della Cassazione, in particolare dalla «visualizzazione sintetica del procedimento», emerge che il procedimento n. 5261/06 RGA è pervenuto alla Corte il 31 maggio 2007, cioè nello stesso giorno in cui il presidente della sezione ha indirizzato la sua nota al dirigente della cancelleria centrale penale.
Il presidente Morelli ha precisato che essa venne trasmessa «come nota di coordinamento interno all'ufficio».
Riguardo all'annotazione di diversi termini di prescrizione dei reati apposta sulla retrocopertina del fascicolo processuale, il presidente ha precisato che l'annotazione in questione tiene conto - in maniera problematica - delle varie ipotesi formulabili e che la trattazione del processo è stata fissata per l'ultima udienza utile di luglio, demandando alla decisione collegiale le questioni attinenti alla prescrizione dei reati.
La riduzione dei termini per il giudizio è stata disposta ai sensi dell'articolo 169 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, su conforme richiesta della procura generale della Repubblica. Poiché è stata successivamente presentata un'istanza di revoca del provvedimento, ogni decisione sul punto è naturalmente affidata al contraddittorio delle parti e rimessa al collegio, che valuterà la conformità del provvedimento alla norma.
Sulla questione della tardività delle notificazioni degli avvisi agli avvocati Sammarco e Biffani, dalla relazione di notifica all'avvocato Sammarco risulta che il notificatore provvide all'attività di notifica in data 7 giugno. Quel giorno sia la segretaria, sia i colleghi di studio dell'avvocato Sammarco rifiutarono la ricezione dell'atto,Pag. 51che venne quindi depositato presso la casa comunale con affissione e spedizione dell'avviso l'8 giugno.
Dalla relata di notifica all'avvocato Biffani risulta che una prima volta, l'8 giugno, non gli fu possibile notificare l'atto, poiché alle 19,10 circa nessuno rispose al citofono dell'ufficio legale; il giorno dopo, il 9 giugno, «vi è stato il blocco alla circolazione per la visita del Presidente Bush» e, infine, il 10 giugno era giornata festiva.
Da ciò rilevo che le notifiche furono perfezionate soltanto l'11 giugno. Seguì la richiesta della procura generale, avanzata ai sensi dell'articolo 169 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Ai giudici, e non a noi, appartiene la competenza per valutarne la legittimità.
Non risulta che l'istanza difensiva di rinvio dell'udienza a cui fanno riferimento gli interpellanti sia stata rifiutata, argomentando circa una pretesa necessità di un preventivo consenso della parte civile. Invero, il provvedimento emesso dal presidente il 21 giugno recita testualmente: «vista l'istanza che precede, rimette la decisione al collegio nel contraddittorio delle parti».
Veniamo ai dati statistici. Essi riguardano i processi per reati di corruzione e concussione nell'anno 2006 e nel primo semestre del 2007 e sono stati ricavati dal sistema informatico della Cassazione. Tale sistema, peraltro, memorizza soltanto il reato più grave di ciascun procedimento e non dà conto, pertanto, dei reati di corruzione e concussione allorché concorrono reati più gravi.
Tanto premesso, risulta che dal 1o gennaio 2006 al 30 giugno 2007 sono pervenuti alla Suprema Corte di cassazione 314 procedimenti penali per reati di corruzione e-o concussione (195 nel 2006 e 119 nel 2007). Di tali procedimenti, 277 sono con imputati non detenuti (172 nel 2006 e 105 nel 2007).
Queste sono le informazioni pervenute, che riferisco agli interpellanti. Personalmente, per completare l'accertamento nel modo più soddisfacente possibile, provvederò ad acquisire ulteriori informazioni relativamente alle date di trasmissione del processo alla II sezione penale e relativa ricezione, ai criteri che presiedono alla fissazione delle udienze e agli ulteriori dati statistici richiesti dagli interpellanti in merito alle richieste di riduzione dei termini. L'intera vicenda potrà poi eventualmente essere più compiutamente e meglio valutata nelle diverse sedi proprie, una volta esauritasi la cognizione di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria su alcuni dei punti evidenziati dagli interpellanti.

PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ringrazio ancora il Ministro, ma non mi ritengo soddisfatto di una risposta non sua, ma degli uffici della Corte di cassazione, che hanno eluso completamente lo spirito dell'interpellanza, tranne la citazione del dato sui processi per detenuti e non detenuti che ci dà ragione.
Stiamo parlando di un processo per non detenuti. Si tratta di un processo in cui - come lei, signor Ministro, ha giustamente affermato all'inizio del suo intervento - vi è la necessità da parte sua e, credo, da parte di tutti, di velocizzare la giustizia. È necessario, tuttavia, velocizzarla con cognizione, perché non si tratta solo di un processo - lo ripeto - che non «scade», non si prescrive, con termini prescrizionali lunghi; esso presenta una «sfilza» di imputati, con 169 faldoni da compulsare, con ricorsi infiniti da leggere, per poi decidere.
Mi sembra che se si fissa l'udienza nel giro di venti giorni, o si ha a che fare con una sezione «Mandrake» o altrimenti ciò è dovuto proprio alla volontà di togliersi subito di torno quel processo. E non voglio aggiungere altro.
Stiamo parlando di un processo per non detenuti, per il quale si afferma che è prescritto o che non è prescritto, mancando ancora venti mesi al compimento della prescrizione.Pag. 52
Lei, signor Ministro, anzi chi per lei, non ha risposto se è normale, se esiste una norma in base alla quale un presidente di sezione della Cassazione debba essere avvisato dai giudici della Corte d'appello riguardo all'invio di un fascicolo processuale. Non ha detto se è normale quella che lei, o chi per lei, ha chiamato «nota di coordinamento», inoltrata perché evidentemente il processo non era ancora arrivato alla II sezione altrimenti quale ragione c'era di farla se non per sollecitare l'invio di quel processo, del processo Previti intestato ad Acampora? C'è una norma che lo prevede o c'è solo un «interesse particolare» in base al quale - diciamo così - via cavo si avverte che si sta inviando il processo e se ne chiede di sollecitare l'assegnazione?
Non mi ha detto, lei o chi per lei, quali siano i criteri, i tempi medi di fissazione delle udienze per i processi per i non detenuti, per i processi composti da 169 faldoni, con qualche decina di coimputati, di imputati; lei non ha portato tali dati alla nostra attenzione.
Le sembra normale, signor Ministro, che vengano compressi i diritti di due difensori riducendo i tempi per la notifica e che addirittura si venga in quest'aula ad affermare che la segretaria ha rifiutato la notifica? Perché non avrebbe dovuto farlo? È la legge che lo prevede: la notifica non deve essere ritirata dalla segretaria. Perché è stato detto che nessuno ha risposto al citofono dello studio legale, quasi a voler indicare una volontà di non ricevere l'atto? Tutto ciò è scorretto! È scorretto affermare che si sia tentato di non ritirare la notifica! Chi ha fatto l'avvocato, chi conosce le leggi ed i processi sa benissimo che può capitare che in uno studio legale non si trovi nessuno (magari saranno andati a notificare l'atto di sabato o di domenica) e non si può omettere che una notifica è valida se fatta a mano del ricevente.
E poi si arriva ad affermare che la notifica non è avvenuta per colpa del Presidente Bush se ho ben capito, perché quel giorno non si poteva arrivare all'ufficio legale per la notifica.
Le sembra normale che prima della risposta che lei ha dato sia stata data una risposta da parte del procuratore generale presso la Cassazione D'Ambrosio? Lei è venuto a rispondermi oggi e la ringrazio ancora una volta, ma poteva benissimo farne a meno perché avevo già avuto la risposta dal procuratore generale della Cassazione attraverso le agenzie. Quest'ultimo ha infatti risposto alla nostra interpellanza affermando che è tutto in regola e chiedendoci di non fare le vittime perché loro fanno i giudici e noi dobbiamo fare gli imputati.
In questa agenzia di stampa si è, però, dimenticato di dire che quel procuratore generale è stato per qualche anno presidente della regione Marche nelle file del centrosinistra, ma questo è un dettaglio che forse non deve interessare.
Quel che interessa, signor Ministro, è che lei, o chi per lei, non ha risposto alle nostre preoccupazioni che sarebbero venute fuori comunque, anche se tutta la vicenda non riguardasse solo il deputato Previti, ma qualsiasi altro collega o qualsiasi altro cittadino. Non devono esistere attenzioni particolari nei confronti di alcun singolo imputato, mentre qui di attenzioni si tratta, signor Ministro. La parte della risposta che lei non ha fornito, o che non le hanno fornito e che rinvia ad altra data, non è una soluzione.
La soluzione è prendere atto che c'è una volontà politica di accelerare un processo, che c'è un'anomalia nel procedere in questo processo presso la Corte di cassazione e che, una volta per tutte, bisogna che si mettano fuori i «panni sporchi».
Lei, signor Ministro, sta tentando di metterli fuori, a parte gli attacchi che sta avendo dalla stessa magistratura per il suo provvedimento sull'ordinamento giudiziario, con cui sta scontentando tutti, da qualsiasi parte, ma principalmente chi le ha preparato quella risposta, che non avrebbe dovuto essere data, perché è un'offesa a chi ha presentato l'interpellanza, a lei e all'intero Parlamento, oltre che a tutti i cittadini italiani.

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(Iniziative per la tutela ed il rispetto della memoria delle vittime del genocidio di Srebrenica - n. 2-00638)

PRESIDENTE. Il deputato Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00638, concernente iniziative per la tutela ed il rispetto della memoria delle vittime del genocidio di Srebrenica (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, Viceministro degli affari esteri Franco Danieli e colleghi, ogni anno, da parecchi anni, per chi non ha cancellato la memoria storica i primi giorni di luglio sono di particolare emozione e, per quanto mi riguarda, anche di commozione.
Lo abbiamo ricordato due giorni fa con il Presidente della Camera, in una sala della Camera: il 3 luglio 1995 pose volontariamente fine alla propria vita l'europarlamentare Alexander Langer, che proprio in quelle settimane e in quei mesi era particolarmente, drammaticamente impegnato in rapporto alla tragedia bosniaca, che non aveva ancora toccato il culmine. Pochi giorni dopo, sempre nel 1995, dall'11 al 19, 20 e 21 luglio, in Bosnia, a Srebrenica, si è verificato il più immane massacro che l'Europa abbia conosciuto dopo la seconda guerra mondiale.
È stato un massacro di oltre ottomila persone, uomini e ragazzi bosniaci di religione musulmana, che furono trucidati dalle truppe serbo-bosniache sotto l'egida di Radovan Karadzic e sotto la guida del generale Ratko Mladic. Questo massacro fu perpetrato - questa è la tragedia nella tragedia - letteralmente sotto gli occhi, delle truppe della forza di protezione speciale dell'ONU, l'Unprofor, che era stata lì destinata in difesa proprio della popolazione civile, che nell'enclave di Srebrenica si era affidata, disarmata, alla protezione dell'ONU (in quel caso alla protezione dei caschi blu di nazionalità olandese che avevano questo compito).
C'è chi parla nei libri e nella documentazione pubblicata in questi anni, non solo di ottomila vittime - è il dato ufficiale, riconosciuto sia dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, sia dalla Corte internazionale di giustizia dell'ONU - ma di oltre diecimila vittime, calcolando che ancora oggi non tutti i cadaveri sono stati recuperati e che soprattutto, non tutti i cadaveri sono stati identificati: ogni anno si celebrano delle cerimonie di sepoltura, dopo questo terribile e faticoso lavoro di identificazione.
La mia e la nostra interpellanza, signor Presidente, signor rappresentante del Governo e onorevoli colleghi, ha un duplice significato: ricordare negli attuali giorni di luglio questo terribile anniversario - oggi è il 5 luglio e fra meno di una settimana avrà luogo il dodicesimo - nell'aula del Parlamento italiano, nella Camera dei deputati; denunciare con una certa forza, anche se non voglio gridare - ma il mio cuore grida in questo momento - il fatto che purtroppo da parte del Governo olandese non c'è stata la consapevolezza, oggi, della tragedia di cui è stato, in qualche modo, connivente inerte o passivo.
Addirittura c'è stata qualche mese fa - nel novembre scorso - l'attribuzione di una medaglia al valore agli appartenenti alle Forze armate olandesi che realizzarono questa «inerzia-complicità» mostruosa rispetto al genocidio delle 8 mila persone che si erano consegnate all'ONU, sotto la sua protezione, per avere la garanzia di non essere sterminate, come poi invece successe per mano dei serbo-bosniaci.
Vi sono state negli ultimi mesi dell'anno scorso, a novembre-dicembre, drammatiche proteste da parte del «movimento delle madri di Srebrenica e Zepa», da parte delle «madri di Srebrenica», da parte delle «donne di Srebrenica»: si tratta di associazioni formate quasi esclusivamente da donne, perché gli uomini sono stati tutti sterminati. Si misero da parte le donne e i bambini piccoli e, poi, a partire dai ragazzi di quattordici anni, si sterminarono tutti gli uomini.
È incredibile ciò che è avvenuto, perché nel 2002, dopo l'esito di un rapporto dell'ONU che si era concluso nel 1999 e diPag. 54un rapporto dell'istituto olandese per la documentazione di guerra (NIOD), pubblicato nel 2002, c'erano state delle forti conseguenze a livello di responsabilità del Governo olandese. Il Governo laburista di Wim Kok addirittura si dimise dopo l'esito di tali inchieste. Ma cinque anni dopo - dal 2002 al 2007 sono passati cinque anni - l'attuale Governo, con il Ministro liberale della difesa in carica Henk Kamp, ha annunciato la concessione di centinaia di decorazioni al merito ai militari olandesi che erano stati impiegati in quella missione ONU in Bosnia e che avevano dato una prova terribile di passività e di inerzia, se non di complicità.
Uso le parole «se non di complicità» perché il Viceministro Danieli, che conosce meglio di me queste vicende (forse anche gli altri rappresentanti del Governo che in questa occasione sono in aula a rispondere ad altre interpellanze, ma sono anche loro cittadini coinvolti da tali vicende), sa che le ricostruzioni di quella vicenda parlano di rapporti cordialissimi fra Mladic e il comandante olandese del reparto ONU che era lì disposto e addirittura di congratulazioni reciproche: situazioni che solo a ricordarle fanno accapponare la pelle.
Recentemente è stata emessa una sentenza della Corte internazionale di giustizia dell'ONU, anche questa con sede a L'Aja, in cui si è riconosciuto ufficialmente che si è trattato di genocidio. Non si è attribuita una responsabilità diretta alla Serbia nel massacro - io ho parlato di serbo-bosniaci - ma la Serbia è stata accusata per la passività e l'inerzia che anche in questo caso si è registrata. Ovviamente è emersa nuovamente la responsabilità delle truppe dell'ONU nel non aver garantito l'incolumità delle persone (8 mila uomini, dai ragazzi ai vecchi) che si erano loro affidate nell'enclave di Srebrenica.
L'altro aspetto della mia interpellanza è quindi collegato all'opportunità e necessità che l'Italia, il Parlamento italiano e - in questo momento mi rivolgo ai rappresentanti del Governo - il mio Governo siano consapevoli (lo sono già stati in passato: non ho critiche da fare al riguardo) del fatto che dodici anni dopo non si può cancellare ciò che è successo. Ciò tanto più è necessario poiché alcuni mesi fa vi è stata questa ignobile - questa è la parola esatta - decisione dell'attuale Governo olandese, a differenza di quello del 2002, che si dimise; non parlo di altre dimissioni del Governo olandese, ma della vergogna di concedere una decorazione al merito militare a chi si è reso corresponsabile, purtroppo, almeno sotto il profilo della passività, se non per alcuni aspetti di complicità, di tale tragedia.
Dunque, la mia interlocuzione costruttiva e dialogica, ma anche drammatica e commossa, con il nostro Governo, mira ad un impegno particolare dell'Italia, poiché proprio l'Italia, come Paese civile, fu protagonista di una straordinaria opera di solidarietà (ad esempio, nel momento dell'assedio di Sarajevo, protrattosi per oltre tre anni), e poiché essa si rese partecipe dell'intervento militare in Bosnia dopo Srebrenica: un intervento auspicabile e auspicato, dal momento che, quando si verificano tragedie di questo tipo, vi è un obbligo di interferenza. La mia preoccupazione è dunque che, da parte dell'Italia, venga dato qualche segnale in questa direzione e che esso venga dato proprio nel momento in cui vi è una situazione di grande sconforto e preoccupazione da parte di chi continua a vivere direttamente sulla propria pelle, sulla propria carne e nel proprio cuore la memoria di quella tragedia.
Fra l'altro - concludo così la mia illustrazione, signor rappresentante del Governo, colleghi - poche settimane fa sono stati pubblicati in Italia dalla casa editrice Infinito Edizioni (nonostante conosca personalmente molti di quegli eventi, queste letture mi hanno fortemente colpito) due libri: Srebrenica. I giorni della vergogna, di un italiano, Luca Leone e Al di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica di Elvira Mvjicic, una bosniaca che, al tempo del massacro, aveva quindici anni e della quale furono sterminati, insieme agli altri ottomila, il padre e lo zio.
Si tratta di due libri che desidero citare proprio nell'aula del Parlamento, poichéPag. 55anche questo è un contributo non solo del Governo e del Parlamento, ma anche della società civile italiana, affinché non cali una terribile rimozione (se non addirittura una rivendicazione positiva, com'è stato con le medaglie al valore concesse dal Ministro della difesa olandese) sulla pagina più infame della storia del dopoguerra nel territorio europeo.

PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Franco Danieli, ha facoltà di rispondere.

FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, associandomi a quanto detto dall'onorevole Boato, desidero anch'io ricordare con commozione ed affetto Alex Langer e soprattutto il suo impegno forte e determinato per l'affermazione della verità, della giustizia e dei fondamentali e universali diritti umani. Rispondo volentieri, dunque, all'interpellanza presentata dall'onorevole Boato su questa vicenda, che costituisce una delle pagine più tragiche della recente storia europea e non solo europea.
Il Governo italiano segue da vicino le vicende che riguardano Srebrenica: le dinamiche politiche scaturite dalla sentenza della Corte internazionale di giustizia dello scorso febbraio nella causa intentata dalla Bosnia-Erzegovina contro la Serbia per l'eccidio del luglio 1995 e le iniziative di sostegno alla popolazione locale al fine di ripristinare un tessuto socio-economico idoneo allo sviluppo. Il nostro Paese è perciò particolarmente attivo in Bosnia tanto sul piano politico quanto dal punto di vista della cooperazione economica.
Sotto il profilo politico va ricordato che l'Italia partecipa ai processi decisionali relativi all'amministrazione della Bosnia-Erzegovina nella sua qualità di membro dello Steering board del Peace implementation council, organismo collegiale con compiti di supervisione della corretta attuazione degli accordi di Dayton.
Anche grazie a questo ruolo, abbiamo potuto contribuire alla delicata opera di sensibilizzazione finalizzata alla ricostruzione di un necessario quadro istituzionale e al superamento dei traumi prodotti dal grave conflitto civile bosniaco degli anni Novanta, culminato proprio nei fatti di Srebrenica.
In tale contesto, abbiamo da ultimo sostenuto l'opera di mediazione condotta dall'Alto rappresentante Schwarz Schilling nel far fronte alle tensioni interetniche innescatesi per effetto della suddetta sentenza della Corte internazionale di giustizia.
Per quanto riguarda le iniziative di sostegno alla popolazione, l'Italia ha operato al fine di promuovere il ripristino di un tessuto sociale multietnico in ogni parte della Bosnia-Erzegovina, ivi inclusa la zona di Srebrenica. A tal fine, abbiamo lanciato una serie di iniziative concrete finanziate con fondi governativi. Vorrei, in particolare, segnalare il Programma di sviluppo regionale, ricostruzione, local governance, risistemazione delle strutture per il rientro dei rifugiati, attuato dallo UNDP con un finanziamento italiano pari a 1.675.000 dollari.
Abbiamo promosso, inoltre, una serie di programmi in favore della Bosnia-Erzegovina con effetti benefici anche sulla zona di Srebrenica, quali l'iniziativa per la mappatura delle zone agricole per un ammontare pari a 3.500.000 euro.
Sempre sotto il profilo delle iniziative di sostegno alla popolazione e di cooperazione allo sviluppo, vanno segnalati vari progetti condotti dalle amministrazioni decentrate, dalle regioni ai comuni, che sono oggetto di coordinamento da parte degli uffici governativi italiani operanti in Bosnia-Erzegovina.
Non si deve dimenticare il contributo offerto dalle ONG italiane e da altri organismi quali i sindacati, che si sono prodotti in un generoso slancio di solidarietà per offrire risposte concrete ai molti problemi scaturiti dalla drammatica vicenda di Srebrenica. Tra queste, merita una specifica menzione la costruzione di una scuola a Srebrenica da parte della CISL, che viene seguita da vicino dalla nostra ambasciata a Sarajevo.
Sempre in relazione all'impegno della nostra ambasciata, occorre segnalare laPag. 56sua partecipazione, proprio in questi giorni, alla Srebrenica Development Conference, una conferenza internazionale organizzata, appunto, per coordinare le attività e le risorse destinate alla ricostruzione di Srebrenica.
Per quanto riguarda l'episodio delle onorificenze olandesi conferite ai soldati del contingente ONU di stanza a Srebrenica, si tratta di un'iniziativa autonoma adottata dall'Aja, sulla base delle proprie prerogative nazionali. Essa è stata adottata senza che l'Italia ne fosse a conoscenza.
Per quanto, infine, concerne gli aspetti giudiziari connessi all'eccidio della popolazione musulmana che si è consumato a Srebrenica, l'Italia è impegnata con gli altri partner comunitari ed atlantici nella ricerca della verità e nella condanna dei responsabili. Svolgiamo una costante opera di sensibilizzazione affinché gli imputati per i fatti di Srebrenica, Mladic e Karadzic, vengano assicurati alla giustizia.
Sosteniamo senza riserve il Tribunale internazionale per i crimini nella ex-Iugoslavia, deputato a giudicare le persone inquisite. Tra l'altro, voglio ricordare che la presidenza di tale organo è affidata al professor Fausto Pocar, insigne giurista italiano.

PRESIDENTE. Il deputato Boato ha facoltà di replicare.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo, il Viceministro Franco Danieli, per la sua puntuale risposta e per aver voluto interloquire - al di là del testo scritto che è stato, come sempre, predisposto - nella parte iniziale della sua risposta, nel commosso ricordo della figura di Alexander Langer, che ho svolto all'inizio della mia illustrazione.
Mi ritengo, per quanto è chiaramente possibile in pochi minuti di dialogo parlamentare, soddisfatto della risposta, con una parentesi, non dico di perplessità, ma di cautela - lo capirà, signor Viceministro - sul fatto che ciò che io ho dichiarato un atto ignobile, da parte del rappresentante del Governo italiano venga soltanto identificato come un atto autonomo del Governo olandese, su cui l'Italia non ha nessuna responsabilità e non è stata preventivamente informata.
Accolgo tale dichiarazione come una garbata presa di distanze, in un tono più diplomatico che politico-parlamentare. Avrei preferito qualche parola in più, ma conosco quali sono gli aspetti delle relazioni tra i diversi Governi e non avrei voluto creare un incidente diplomatico, anche se ho colto la presente occasione per stigmatizzare quanto è avvenuto.
A questo riguardo, vorrei leggere una brevissima rubrica, Piccola Posta, di Adriano Sofri, pubblicata il 9 novembre del 2006 sul quotidiano Il Foglio, perché in poche parole esprime tutto su tale argomento: «Nel 2002, a distanza di sette anni, l'Olanda si vergognò dell'infamia di Srebrenica e il Governo laburista di Wim Kok si dimise. Cinque anni ancora e il liberale ministro della difesa in carica, Henk Kamp, ha annunciato la concessione di decorazioni al merito a 850 militari dispiegati in Bosnia-Erzegovina, compresi i 350 addetti alla sicurezza dell'enclave di Srebrenica, sotto la protezione ONU, che era diventata il rifugio di migliaia di fuggiaschi bosniaco-musulmani. Quei militari e i loro ufficiali furono o inerti o complici della selezione di donne e bambini da cacciare e braccare e dello sterminio di 8.000 uomini di ogni età, ragazzi e vegliardi compresi, da parte degli sgherri di quel Ratko Mladic che l'Olanda del Tribunale internazionale aspetta ancora invano» (come lei ha ricordato, signor Viceministro). Conclude Sofri: «Tutto si scorda, prima o poi. Prima, tutto si decora di una medaglia al valore».
A tale riguardo, vorrei leggere, solo per concludere questa comune riflessione, qualche parola scritta dalla già citata Elvira Mujicic, autrice del libro Al di là del caos - Cosa rimane dopo Srebrenica, in previsione - è stata scritta pochi giorni fa - del prossimo 11 luglio: « L'11 luglio è il giorno del dolore collettivo, il giorno in cui immagini di qualche telegiornale mostrano tanti volti radunati insieme a seppellire ossa trovate nel corso dell'anno. IlPag. 57dolore individuale è tutti gli altri giorni dell'anno, a telecamere spente. L'11 luglio è il giorno delle promesse, delle scuse, delle accuse. È il giorno in cui il revisionismo viene messo a tacere dalle bare che sfilano, nelle quali leggere ossa raccolte forse riposano. È il giorno in cui tutto il mondo si indigna per quello che è successo, ma se per caso viene emessa qualche sentenza a marzo, nessuno se ne cura, perché l'11 luglio è lontano. E se qualche criminale ancora passeggia libero e venerato, solo l'11 luglio qualcuno azzarda la promessa di prenderlo nel volgere di poco. Poi le luci si spengono e la violenza torna nel dimenticatoio; l'ingiustizia diventa di nuovo tollerabile e altri morti sensazionali riempiono le pagine dei giornali, fino a quando non diventeranno noiosi anche quelli, ma ce ne saranno di nuovi».
Lei ha ricordato, signor Viceministro, una serie di iniziative, facendo bene a farlo e mi fa piacere che venga consegnato anche agli atti parlamentari e all'attenzione di chi ci possa ascoltare o leggere. Vorrei a mia volta, per concludere, signor Presidente, ricordare, sempre nello spirito della collaborazione di cui ha già parlato il Viceministro Danieli, che dal 27 agosto al 1o settembre si svolgerà un'iniziativa denominata International Cooperation For Memory a Srebrenica. Sarà una settimana internazionale di dialogo dedicata alla memoria, aperta alla partecipazione di membri di istituzioni rappresentative, studiosi, ricercatori, giornalisti, artisti, animatori culturali e studenti, provenienti sia dall'area balcanica, sia dell'Europa. Questa settimana internazionale si collocherà all'interno del progetto «Adopt Srebrenica», che nasce da una lunga tessitura di relazioni fra la fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano e l'associazione Tuzlanska Amica di Tuzla (Bosnia-Erzegovina), con un coinvolgimento attivo anche delle municipalità di Srebrenica e di Pescara, nonché di amministrazioni pubbliche, centri di ricerca storici e associazioni di volontariato italiane e internazionali, e avrà come obiettivi a lungo termine la promozione di un processo di confidence building, di dialogo interculturale e di promozione di una cultura di pace e convivenza e di creazione di una memoria storica condivisibile; inoltre, avrà come altro obiettivo la creazione a Srebrenica di un centro internazionale di ricerca, documentazione, studio e formazione per l'analisi, la prevenzione e la gestione dei conflitti di carattere etnico e religioso, in modo da diventare un luogo di incontro, di scambio e di confronto permanente per i giovani sia della Bosnia-Erzegovina - in particolare, di Srebrenica - sia per gruppi di visitatori internazionali.
Credo, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, che sia stato giusto e utile che oggi, in quest'aula, in un dialogo fra Governo e Parlamento abbiamo trovato l'occasione di ricordare, in modo non rituale o liturgico ma in prospettiva, anche per quanto riguarda l'impegno attuale e del futuro, la terribile strage, il genocidio di Srebrenica, avvenuto dall'11 al 19 luglio del 1995.

(Vicende relative all'attacco alla stazione di pompaggio dell'ENI in Nigeria - n. 2-00639)

PRESIDENTE. Il deputato Cacciari ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00639 concernente vicende relative all'attacco alla stazione di pompaggio dell'ENI in Nigeria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Franco Danieli. Si tratta del terzo atto di sindacato ispettivo che Rifondazione Comunista presenta in pochi mesi sulla questione della presenza ENI in Nigeria. Credo, quindi, che non serva girare intorno al nodo della questione. Sento il dovere di essere diretto e franco. Oggi, per fortuna, non c'è nessun italiano nelle mani dei ribelli, e possiamo quindi parlare senza timore di nuocere a trattative e di mettere in pericolo la vita di qualcuno.
Ciò che sta accadendo in Nigeria è un'escalation drammatica di uno scontro sociale, politico e finanche armato, tra lePag. 58popolazioni indigene, da una parte, e le compagnie multinazionali che da quarant'anni stanno sfruttando le immense risorse naturali fossili (gas metano e petrolio) che si trovano nella regione del Delta del Niger.
La Nigeria è il settimo esportatore di petrolio nel mondo. Nella regione del Delta del Niger vivono poco meno di 20 milioni di persone di etnie diverse con antiche civilizzazioni e con livelli di vita eccellenti fino alla comparsa del petrolio. Vi era un ecosistema estuariale delicatissimo di straordinario valore e generosità (foreste di mangrovie) prima che venisse aggredito dalle trivelle, avvelenato dagli spargimenti di greggio, scosso dalle esplosioni che generano per accumulo i gas, inquinato dalle ricadute della fuliggine e delle polveri di combustione dei pozzi e dei gas flaring che vengono selvaggiamente bruciati a cielo aperto.
Osservatori internazionali obiettivi parlano di danni ambientali irreversibili ed estesi: perdita di fertilità dei suoli, riduzione della pescosità, impoverimento della biodiversità. Le poche osservazioni epidemiologiche che sono state condotte parlano di gravi affezioni alle vie respiratorie nei bambini e anche di insorgenze cancerogene.
Amnesty International riferisce di gravi violazioni dei diritti umani da parte dei corpi di sicurezza delle compagnie petrolifere. Parliamoci chiaro: nel Delta del Niger si sta consumando una vera e propria guerra a bassa intensità, con l'esercito dello Stato della federazione della Nigeria che è chiamato a difendere le installazioni, ma non solo. Il Governo e lei, signor sottosegretario, sapete bene che le forze navali USA - i cui comandi di zona sono stati unificati con quelli del Mediterraneo e sono in Italia - sono state sollecitate dalle compagnie petrolifere e, sembra, anche dallo stesso Governo nigeriano, per proteggere le rotte che collegano i pozzi.
La tragica e contraddittoria vicenda di cui parliamo nell'interpellanza in esame si è consumata il 21 giugno nella flow station di Ogboinbiri, un impianto di pompaggio della consociata nigeriana dell'ENI, nello Stato di Bayelsa, con la morte di almeno dodici giovani nigeriani. Si tratta soltanto dell'ultimo scontro avvenuto, anzi, il penultimo. È di ieri la notizia del rapimento di altri cinque lavoratori della Shell.
Ho qui l'elenco, che l'Osservatorio Nigeria, creato da una ONG italiana, tiene aggiornato quotidianamente, degli scontri che si susseguono, e sono impressionanti: una lunga serie di occupazioni di impianti, di sabotaggi di pipeline, di attacchi con distruzione di istallazioni, sequestri di tecnici stranieri, combattimenti con forze militari regolari e irregolari, uccisioni.
I tecnici italiani e i dipendenti di qualsiasi nazionalità della società del gruppo ENI hanno dovuto subire sofferenze e ingiurie intollerabili, che nessun lavoro al mondo dovrebbe contemplare. Chiedo al Governo se nei nostri codici etici è contemplato, per il bene della nostra economia, il sacrificio di vite umane. Poco importa se siano vite italiane o nigeriane, alle dipendenze dirette delle imprese italiane o vincolate da contratti di subfornitura di forza lavoro, se siano ben pagati o malamente sfruttati.
Qui non siamo nel campo del rischio imponderabile, dell'incidente imprevedibile: qui siamo ad operare in una zona di guerra. Credo che il Governo debba accertare direttamente se ci sono le condizioni accettabili per poter svolgere normali attività produttive ed economiche.
Nostro preciso dovere è evitare che possa accadere l'irreparabile. La sicurezza dei cittadini italiani all'estero deve essere attestata da valutazioni impegnative e responsabili dell'autorità di Governo. E questo vale in assoluto, sia che si tratti di turisti attratti da agenzie «avventure», sia che si tratti di lavoratori alle dipendenze di imprese pronte a sfruttare convenienze economiche in capo al mondo.
In questo caso, tuttavia, c'è qualcosa in più che richiede l'intervento del Governo. Voglio essere il più chiaro possibile: l'ENI non è una compagnia business qualsiasi, ma la principale multinazionale italiana, ed è controllata dallo Stato. È la compagnia energetica di bandiera: lavora per noi, guadagna per noi. Abbiamo, quindi, dellePag. 59responsabilità politiche dirette, se non vogliamo parlare di doveri morali, per tutto quello che l'ENI fa. Scaricare le scelte ENI sull'autonomia del management è operazione pilatesca e, soprattutto, stupida. L'ENI è il nostro biglietto da visita in giro per mezzo mondo, è l'immagine e la politica internazionale concreta dello Stato italiano in tante parti del mondo.
Serve ricordare Enrico Mattei e la sua formula del 75 per cento degli utili nei paesi possessori di materie prime? Le strategie imprenditoriali e i comportamenti aziendali dell'ENI e delle sue consociate in Africa o in Sudamerica, in Nigeria o in Venezuela, in Algeria o in Russia, segnano e qualificano, in positivo o in negativo, le scelte geopolitiche dell'Italia nel mondo. Non credo che l'immagine dell'Italia ci guadagni, quando i dirigenti ENI dichiarano (leggo da il Corriere della Sera del 14 maggio): «noi non cederemo ai ricatti del Governo venezuelano», a proposito della legittima e giustificata volontà del Venezuela di ripristinare piena potestà e libertà d'uso delle proprie risorse naturali. Non è solo una questione politica, che consiglia le compagnie multinazionali che operano nei paesi fornitori di materie prima a favorire gli interessi delle comunità ospitanti.
Anche in Nigeria serve, quindi, una svolta. È necessario voltare pagina. Il nuovo Governo nigeriano - insediatosi con elezioni inattendibili, non avendo avuto la conferma da parte degli osservatori internazionali - aveva suscitato speranze e aspettative anche tra le varie organizzazioni della guerriglia - il Mend (il Movimento per l'emancipazione del Delta), il Joint revolution council, i giovani dell'etnia ijaw - ma la rottura della tregua annunciata l'altro ieri non fa sperare nulla di buono. Serve che il Governo italiano compia dei passi per il riconoscimento politico dei movimenti che da trent'anni lottano per il riconoscimento del debito ecologico maturato nei confronti delle compagnie petrolifere e per la piena sovranità delle popolazioni locali sui loro territori. È necessario avviare un percorso politico di rinegoziazione e ripacificazione dell'area e, per farlo, è necessario dare la disponibilità, pratica e di principio, all'azzeramento e alla moratoria delle attività di estrazione. Servono gesti distensivi. È necessario superare la percezione, che le popolazioni hanno, di una presenza straniera colonialista e predatoria.
Del resto, il loro sviluppo economico e la loro emancipazione da una situazione di miseria - stiamo parlando del paese più popoloso dell'Africa - è l'unica condizione vera, anche per raggiungere uno sviluppo equilibrato nel mondo intero, per evitare migrazioni ed esodi, profughi ambientali e rifugiati in fuga dalle guerre locali. È davvero miope pensare, in un mondo globalizzato ed interconnesso, di poter diventare ricchi noi, portando al nord e in Occidente il petrolio e il gas, magari con l'aiuto delle più sofisticate e costose tecniche di trasporto criogenico, lasciando impoverite le popolazioni autoctone.
È troppo stridente, credetemi, anche per i nigeriani che non sono potuti andare a scuola, vedere prendere la via del mare e dell'esportazione due milioni e mezzo di barili al giorno - tale è la produzione complessiva della Nigeria - e poi non avere la benzina per alimentare il gruppo elettrogeno del proprio villaggio. Voi lo accettereste, noi lo accetteremmo? E se qualcuno di loro tenta di seguire la via del petrolio e del gas, noi li fermiamo e diciamo: il tuo petrolio lo vogliamo, ci serve, ma di te non sappiamo cosa farcene.
Sono molto contento dell'aumento delle disponibilità finanziarie che con il DPEF, signori del Governo, avete stanziato per la cooperazione internazionale, specie in direzione dell'Africa. Tuttavia, mi chiedo, c'è qualche coerente coordinamento tra le azioni politiche del Governo dei diversi dicasteri?
C'è un vecchio motto, che si racconta tra chi fa cooperazione allo sviluppo internazionale, che dice: ad un povero non regalare un pesce, ma una canna da pesca. Vandana Shiva, una biologa indiana grande esperta delle economie di sussistenza, ha perfezionato il concetto, e haPag. 60detto: per aiutare i paesi poveri sarebbe sufficiente che i paesi ricchi la smettessero di pescare tutti i pesci del mare.

PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Franco Danieli, ha facoltà di rispondere.

FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, risponderò in maniera articolata all'interpellanza dell'onorevole Cacciari, per cercare di fornire risposte puntuali ai quesiti che ha posto e alle preoccupazioni che ha sollevato.
I frequenti sequestri di dipendenti delle società petrolifere e gli assalti armati alle installazioni dell'ENI nella regione del Delta del Niger sono da sempre seguiti con la massima attenzione dal Governo italiano e costituiscono un tema centrale nei rapporti con le autorità nigeriane.
A seguito degli episodi di sequestro dei nostri connazionali, abbiano intrattenuto intensi contatti con l'ex Presidente della Repubblica nigeriana, Obasanjo. Lo stesso Presidente del Consiglio, Prodi, ha incontrato il Presidente nigeriano in occasione del vertice dell'Unione africana, ad Addis Abeba nel gennaio scorso, e successivamente in marzo, durante una visita di Obasanjo a Roma, a margine di un evento organizzato dalla FAO.
Anche il Ministro D'Alema e chi vi parla hanno ripetutamente sensibilizzato l'ex Presidente Obasanjo sulla questione. Da ultimo, negli incontri a margine del vertice del G8 del 6-8 giugno avuti dal Presidente del Consiglio, vi è stato il colloquio con il neoeletto Presidente nigeriano Yar'Adua, incentrato soprattutto sulle sfide che attendono quest'ultimo sul piano sia politico che economico, con particolare riferimento alla grave situazione in cui versa il Delta. Yar'Adua ha voluto, a questo riguardo, non solo fornire le più ampie dichiarazioni di impegno, aggiungendo che il Delta è al primo posto tra le priorità del suo Governo, ma anche soffermarsi sulla strategia che sta impostando, basata sul dialogo con tutti gli stakeholders e sulla creazione di un indispensabile clima di fiducia reciproca.
In tutte queste occasioni non abbiamo mancato di sensibilizzare le autorità nigeriane al fine di indurle ad intensificare gli interventi a favore delle popolazioni del Delta del Niger, sostenendone l'emancipazione mediante un'effettiva partecipazione ai vantaggi derivanti dall'estrazione del petrolio, di cui quest'area è ricca e da cui la popolazione riceve pochissimi ricavi.
Secondo quanto è stato riferito dall'ENI, la sua filosofia per l'attività estrattiva in Nigeria è stata, fin dagli anni Settanta, quella di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni indigene, offrendo la possibilità alle comunità di svilupparsi attraverso un processo di auto-sostentamento costantemente supportato, fornendo le risorse e gli strumenti essenziali quali la disponibilità di energia elettrica e la relativa distribuzione, know-out e tecnologia per i prodotti agricoli. Soprattutto a partire dagli anni Ottanta, l'ENI, attraverso la sua consociata NAOC, ha avviato una politica di sostegno alle comunità locali, nell'ottica di ridurre la loro dipendenza dal petrolio e creare le condizioni necessarie per l'auto-sostentamento nel più lungo periodo.
Allo stesso rispetto per le popolazioni locali si ispirano anche le nuove linee guida sulla politica di sicurezza che l'azienda ha emanato nel 2004. Tali linee richiamano la necessità di gestire il rischio in maniera responsabile, attraverso la diffusione interna di un adeguato livello di consapevolezza, specifiche attività di prevenzione attiva e passiva e la formazione del personale addetto alla vigilanza. Queste linee di condotta estendono l'insieme di principi e norme di comportamento aziendali alle forze di sicurezza che svolgono attività di tutela dei dipendenti e del patrimonio aziendale. E proprio per formalizzare il loro carattere cogente, i principi e i criteri applicativi della politica di sicurezza della società vengono sempre inseriti in tutti i contratti con i fornitori.
Quanto alla lunga e dettagliata lista di domande che l'onorevole interpellante pone sulla dinamica dell'assalto alla flow station (stazione di pompaggio) Agip di Ogboinbiri del 17 giugno scorso, faccioPag. 61notare che, in molti casi, si tratta di quesiti a cui può rispondere la sola azienda. Riporterò, comunque, gli elementi che abbiamo chiesto e che sono pervenuti al Ministero degli affari esteri, anche in virtù dei consolidati rapporti di collaborazione e del regolare scambio di informazioni esistenti con l'ENI.
Per quanto riguarda la prima domanda, sulle norme di sicurezza adottate dall'ENI in Nigeria, la società ci segnala che tutte le sue installazioni sono protette con recinzioni parziali o totali perimetrali e con sistemi anti-intrusione di tipo passivo (filo spinato). È presente, inoltre, un servizio di guardia privata non armata, normalmente impiegato per la gestione del controllo degli accessi, sotto contratto dell'impresa (la consociata NAOC). La sorveglianza armata, invece, viene curata dal Governo federale, che impiega esercito e marina, stabilendo il numero di risorse da utilizzare e le regole di ingaggio.
Al momento dell'attacco del 17 giugno erano presenti nell'impianto cinquantuno militari, tutti assegnati dal Governo federale nigeriano. Com'è il caso per tutti i distaccamenti militari assegnati alla difesa di impianti petroliferi, essi non rispondevano in alcun modo, da quanto ci è stato segnalato dall'ENI, a funzioni della società, ma rispondevano agli ordini di comandanti militari alle dirette dipendenze dei diversi ministeri. Al momento dell'attacco sono giunti dieci uomini armati a bordo di un'imbarcazione. Nel corso dell'occupazione il numero degli aggressori armati è arrivato ad essere pari a cinquanta. Dopo un breve scambio di colpi d'arma da fuoco (gli aggressori hanno aperto il fuoco per primi), quarantasette soldati sono fuggiti insieme ad alcuni operatori. Lo scambio di colpi d'arma da fuoco durante l'attacco dimostra come l'assalto fosse stato pianificato con l'obiettivo di condurre un attacco armato finalizzato a prendere il controllo dell'impianto e non un'occupazione pacifica.
Come accaduto in altri casi, i miliziani hanno attaccato l'installazione petrolifera e ne hanno preso il controllo per poi avanzare richieste al Governo federale per il rilascio degli impianti. Non conosciamo, ad oggi, le ragioni della permanenza degli assalitori nella stazione, che sembrerebbero collegate al protrarsi dei negoziati fra gli occupanti e le autorità locali.
Il 18 giugno ultimo scorso vi è stata una telefonata tra le autorità dello Stato del Bayelsa ed il management NAOC, nel corso della quale l'ENI si è dichiarata contraria all'uso della forza, per non mettere a rischio l'incolumità dei propri lavoratori. Le autorità hanno assicurato l'impegno a cercare una soluzione pacifica e negoziata della vicenda.
L'esercito nigeriano ha tuttavia deciso, dopo cinque giorni di trattative, di entrare in azione e liberare gli ostaggi. Lo scontro a fuoco sarebbe durato, secondo quanto ci viene comunicato dall'ENI, circa quattro ore, durante le quali gli occupanti hanno opposto soltanto una debole resistenza. Non conosciamo il dato relativo alle vittime tra i militari, pertanto il bilancio definitivo degli scontri non è noto. Gli ostaggi liberati sono nove. Altri due sono rimasti uccisi poiché utilizzati dagli occupanti come copertura per la propria fuga. Buona parte degli operatori e dei minatori erano infatti riusciti a scappare al momento dell'attacco. Nei giorni seguenti, si è potuto verificare che, con la fuga dei quarantasette militari e dei tredici operatori, erano rimasti nella flow station quattro militari e undici operatori.
Quanto all'impatto che hanno avuto le azioni armate e i sequestri di personale sulla produzione petrolifera dell'ENI in Nigeria, l'azienda ci comunica che la NAOC ha dovuto attualmente chiudere quattro flow station, tutte nella zona delle paludi, con una perdita di produzione giornaliera pari a 53 mila barili (di cui in quota ENI circa novemila barili).
Nell'ambito dei futuri contatti con il Governo nigeriano, non si mancherà, ad ogni modo, di continuare a tenere presente la questione del Delta del Niger, anche al fine di sollecitare una riflessione, nell'ambito del nuovo programma di Governo, sui modi migliori per assicurare le indispensabili condizioni di sicurezza degli impianti delle compagnie petrolifere e dellePag. 62attività delle società italiane che vi operano, che non sono solo società petrolifere, poiché ve ne sono molte altre che lavorano in diversi settori.
Voglio dire in maniera molto chiara all'onorevole Cacciari che una sicurezza può essere assicurata in maniera stabile soltanto con un approccio integrato che consenta un'effettiva partecipazione delle popolazioni locali ai vantaggi derivanti dall'estrazione del petrolio ed una riduzione dei forti contrasti sociali ed economici che caratterizzano la regione.

PRESIDENTE. Il deputato Cacciari ha facoltà di replicare.

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, ho cinque minuti?

PRESIDENTE. Ha dieci minuti di tempo per replicare.

PAOLO CACCIARI. Intanto ringrazio molto il Viceministro Danieli per il suo sforzo di ricostruzione di una vicenda avvenuta in una terra così lontana e così, evidentemente, poco trasparente, non solo per questioni di nebbie estuariali, ma anche per difficoltà di comunicazioni ufficiali. Evidentemente, fatti così gravi non riescono ad essere nemmeno monitorati ufficialmente dalle autorità locali, ivi compreso il riconoscimento dei cadaveri. In quell'area la situazione è davvero instabile, per usare un eufemismo.
Spero, peraltro, che il Viceministro Danieli abbia capito le intenzioni delle nostre continue sollecitazioni al Governo.
Chiederemo al Governo di fare qualcosa di più; in particolare, di non fare, per così dire, il portavoce dell'ENI che, pur essendo una grande multinazionale, una compagnia dello Stato, non è propriamente il corpo consolare, e, conseguentemente, non deve e non può rappresentare l'Italia in quel Paese.
Sono convinto che l'attività diplomatica svolta dal nostro Governo con le autorità nigeriane - i contatti in corso, da quanto ci è stato riferito, tra il nostro Governo e quello nigeriano, in particolare tra il precedente e l'attuale Presidente della Nigeria - sia improntata alla massima serietà e al tentativo di garantire davvero un Governo più responsabile della vita delle popolazioni del Delta.
Anch'io penso che, per esempio, la scelta del nuovo Presidente, il neoeletto Presidente Yar'Adua, di nominare come vicepresidente Goodluck Jonathan, che è di etnia ijaw, la principale etnia tra le popolazioni del Delta, rappresenti un segno di dialogo per quel territorio. Credo però che tutto ciò non basti, non sia sufficiente, soprattutto mi preoccupa un po' questa delega - mi lasci dire - alla nostra compagnia di bandiera petrolifera.
Le cose che ci ha riferito sinteticamente e che la compagnia scrive nei suoi programmi non mi convincono. Mi lasci fare un conto banale, ragionieristico: i costi che l'ENI - e quando parlo dell'ENI mi riferisco anche alle quattro compagnie sorelle, che stanno sfruttando i giacimenti fossili nel Delta del Niger - sostiene per la protezione armata e le misure di security, ma soprattutto, in termini di mancata produzione, sulle previsioni di sfruttamento, sono giganteschi. Ho fatto qualche conto: le previsioni autorizzate in quota all'ENI sono pari a 150 mila barili al giorno; dopo la recrudescenza degli scontri armati - e lei me lo confermava - l'estrazione di petrolio stenta ad arrivare a 100 mila barili al giorno.
Ho fatto qualche ulteriore conto: se anche fossero, come lei riferisce, 50 mila i barili in meno che vengono estratti, rispetto a quelli autorizzati all'ENI dal Governo nigeriano, si tratta, al prezzo di 65 dollari al barile, di 3 miliardi e 250 milioni di dollari al giorno di mancato sfruttamento, a causa di questioni che attengono alla sicurezza; somma che è molto di più delle royalties che l'ENI deve pagare allo Stato.
Mi chiedo, anche da un punto di vista meramente contabile, se non sarebbe meglio impiegare queste somme per concordare e co-progettare con la comunità locale interventi a sostegno dell'economia locale. Non mi si venga a dire che l'ENI sta già facendo molto: il programma sull'agricolturaPag. 63che lei ricordava, signor Viceministro, il Green River Project, un programma agricolo integrato, avviato vent'anni fa, è costato quanto la perdita di petrolio di sette giorni, cioè 17 milioni di dollari in 20 anni: sono meno delle briciole, questi aiuti che l'ENI fornisce, mentre è particolarmente antipatico che l'ENI contabilizzi, tra le opere gratuite svolte a fin di bene, il progetto Zero Gas Fleming, per l'eliminazione in atmosfera del gas relativo al combustibile a torce associato al petrolio estratto dai giacimenti.
Tale progetto è stato inserito nei meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto e permetterà all'ENI di accedere al mercato delle autorizzazioni di emissioni di CO2, consentendole di conseguire un altro bel gruzzolo di quattrini da mettere nel proprio bilancio. Ancora più insopportabile è la propaganda che l'ENI fa dei progetti di difesa della costa contro l'erosione senza tener conto che la subsidenza è provocata proprio dagli emungimenti che compiono le compagnie petrolifere.
Signor Viceministro, ritengo davvero che l'ENI vada convocata, vada messa a un tavolo della cooperazione internazionale e che si miri ad un approccio integrato per far sì che quelle che l'ENI porrà in essere in termini di sviluppo locale, di accompagnamento e di facilitazione dello sviluppo locale possano essere politiche riconosciute davvero come tali.
Quello che conta non è ciò che viene scritto sui giornali, nelle pagine di propaganda dell'ENI, ma quello che viene recepito dalle popolazioni locali. Dato che oggi le popolazioni locali non avvertono questa magnanimità dell'Italia, ma anzi recepiscono un messaggio di colonialismo, di sfruttamento, di depredazione, bisogna compiere un rovesciamento dell'immagine e ciò non può essere compiuto dall'ENI stessa ma deve essere realizzato dal Governo italiano, dalla politica: lo dobbiamo fare noi. Dobbiamo forse accettare quell'invito che varie organizzazioni hanno fatto di creare una commissione indipendente che verifichi la situazione, i livelli di inquinamento, le condizioni di sicurezza, i piani di bonifica, i rapporti di amicizia con le comunità locali, compresi i rapporti informali con le comunità e i villaggi tribali che contano forse di più dei rapporti formali con il Governo federale.
Tutto ciò rappresenta un lavoro politico che andrebbe impostato dal Governo e non dalla nostra azienda di Stato.

(Iniziative per la liberazione di Padre Bossi - n. 2-00641)

PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00641, concernente iniziative per la liberazione di Padre Bossi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, Viceministro Danieli, la mia è un'interpellanza sostanzialmente di servizio perché le critiche che hanno investito il Governo - vedremo in base alla sua risposta se siano state ingenerose o meno - sono nel metodo del tutto improponibili.
È stata addirittura messa in discussione la libertà religiosa del nostro Paese che nulla a che vedere con quella che è l'iniziativa governativa, con l'impegno del Governo, ma che è stata utilizzata strumentalmente per fare polemica politica.
Pensavamo che quanto avvenuto quando abbiamo presentato la nostra interpellanza - il 3 luglio - fosse di per sé già grave. Quello che leggiamo oggi nella nostra rassegna stampa, in particolare, quanto riportato su Famiglia Cristiana è un qualcosa che merita una risposta chiara e diretta da parte del Governo.
Signor Viceministro, desidero leggerle alcuni passaggi dell'articolo il cui titolo è: «Ma anche Padre Bossi è cittadino d'Italia». Riporta Famiglia Cristiana: «Il silenzio totale sulla sorte di Padre Bossi, in quest'Italia che si è appassionata ad altri sequestri a diverse latitudini. Non c'è stata alcuna riunione del Governo per padre Giancarlo, non c'è stato un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che ha convocato un vertice segreto. Il sottosegretario si chiama Enrico Letta, nipote di un altro ex sottosegretario, Gianni, che si era dannatoPag. 64per i ragazzi che vendevano servizi in armi rapiti nell'Iraq del dopo Saddam Hussein, per le due Simone, per Giuliana Sgrena, giornalista de Il Manifesto liberata dal capo dei nostri 007, Nicola Calipari, poi ammazzato dagli americani sulla via verso l'aeroporto di Baghdad.
«Non si è mossa la Croce rossa, invece si sono mosse polemiche ed allora il Governo ha deciso di accogliere la disponibilità dell'ex sottosegretario per gli affari esteri, Margherita Boniver, a recarsi nelle Filippine, come fosse un'azione di volontariato. Perché mobilitare servizi segreti e spendere denaro per ottenere la liberazione? Perché cercare di capire che cosa sta accadendo in una provincia lontana, persa nel mar della Cina? Tipo tosto, padre Giancarlo, aiutava la gente con il Vangelo sotto braccio. Troppo per l'entusiasmo di D'Alema, che in occasione del sequestro di Daniele Mastrogiacomo ha messo in pista il miglior mediatore sulla piazza afghana»?
Tutto ciò leggiamo oggi su Famiglia Cristiana. Credo, quindi, che il Governo debba rispondere a due domande: la prima è quella che abbiamo già formulato nell'interpellanza, ovverosia quali iniziative intende adottare, o ha adottato, per la liberazione di padre Bossi. La seconda come intende reagire a queste accuse, se le ritiene infamanti.

PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Franco Danieli, ha facoltà di rispondere.

FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Turco per l'opportunità offerta con questa, da lui definita, «interpellanza di servizio». Risponderò, pertanto, in maniera puntuale.
Padre Giancarlo Bossi, del Pontificio istituto missioni estere, è stato rapito a Zamboanga City, domenica 10 giugno, mentre si recava a celebrare messa in un vicino villaggio. Non si tratta purtroppo del primo missionario italiano rapito a Mindanao: negli ultimi dieci anni la stessa sorte è toccata a padre Benedetti, rapito per tre mesi - sottolineo tre mesi - nel 1998, e a padre Pierantoni rapito per sei mesi - sottolineo sei mesi - nel 2001.
La zona in cui è stato rapito il sacerdote è considerata da anni ad alto rischio ed è fortemente sconsigliata dalla Farnesina, anche sulla base delle verifiche effettuate in loco dall'unità di crisi, ma è evidente che i missionari del PIME non potevano fare diversamente, ed hanno sempre scelto di far prevalere lo spirito di servizio - così come altre categorie di cittadini italiani che sono all'estero quali ad esempio i giornalisti - e non hanno mai abbandonato l'area, come ha fatto padre Bossi, continuando ad esercitare la sua missione.
Come il Governo ha avuto modo di segnalare già nell'informativa urgente dello scorso 13 giugno - voglio sottolineare lo scorso 13 giugno - in questa aula tramite il sottoscritto, a distanza di tre giorni dal rapimento, la Farnesina ha mantenuto fin dai primissimi momenti del sequestro contatti regolari con le autorità dello Stato della Città del Vaticano, e direttamente anche con il PIME, per assicurare piena collaborazione ed assistenza per la soluzione della vicenda.
Tanto l'unità di crisi a Roma quanto la nostra ambasciata a Manila, che è in contatto con il Nunzio apostolico in loco, monsignor Filoni, che anch'io ho personalmente sentito, si sono adoperate da allora per mantenere un costante flusso di informazione nei due sensi, tenendo la famiglia di padre Bossi costantemente informata su tutti gli sviluppi.
Rinvio per ragioni di brevità, soprattutto per quanto concerne l'analisi socio-politica, alla mia risposta del 13 giugno.
Sul piano diplomatico contiamo sulla fattiva collaborazione delle autorità filippine a cui abbiamo chiesto fin dal primo momento di adottare tutte le possibili iniziative per la soluzione pacifica del caso, evitando azioni che potessero compromettere l'incolumità dell'ostaggio. La nostra priorità in tutti i casi di sequestro di concittadini è tutelare l'incolumità degli ostaggi, come peraltro ribadito in un ordinePag. 65del giorno, presentato nell'aula del Senato pochi giorni fa ed accolto dal Governo italiano.
Il Governo filippino ha confermato il massimo impegno ed ha informato la nostra ambasciata sugli sviluppi del caso e sulle iniziative che vengono promosse, a livello sia centrale, sia di autorità locale, per identificare i responsabili ed eventualmente conoscere le rivendicazioni per la liberazione di padre Bossi. Il nostro ambasciatore a Manila si è recato a Mindanao per verificare direttamente la situazione con le autorità in loco e per assicurare che vengano attuate tutte le possibili iniziative per una soluzione pacifica del caso.
Nonostante quanto riferito da alcuni organi di stampa, al momento non si conosce la matrice del sequestro né sono pervenute alle autorità filippine, al PIME o all'Italia rivendicazioni o richieste di riscatto. Sono comunque attentamente vagliate e verificate tutte le informazioni che pervengono da diverse fonti.
Continuiamo, quindi, a non escludere nessuna pista, né la matrice criminale-estorsiva, né quella fondamentalista al-quaedista, che potrebbe essere ricondotta al gruppo estremista Abu Sayaf, né la possibilità di un passaggio di mano dell'ostaggio tra i gruppi attivi nell'isola. Con la discrezione e la riservatezza necessarie a non compromettere gli sforzi attualmente in corso, il Governo continua con determinazione a lavorare in stretto coordinamento con il PIME, le autorità filippine per la liberazione di padre Bossi. Questo è un atteggiamento doveroso, analogo a quello che il Governo ha tenuto, tiene e terrà in ogni caso analogo, senza fare distinzioni tra persone, ruoli e luoghi e sempre privilegiando l'obiettivo prioritario, che è quello di salvare una vita umana.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,45)

FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Anche ieri il Vicepresidente del consiglio e Ministro degli esteri Massimo D'Alema ha presieduto alla Farnesina un'ulteriore riunione operativa, a cui hanno preso parte, tra gli altri, il padre superiore del PIME, padre Giambattista Zanchi, il segretario generale del PIME, padre Giuliano Mariani, per fare il punto sulla vicenda e concordare ulteriori iniziative.
Il Governo, inoltre, ha accolto con apprezzamento, in ragione dei consolidati rapporti maturati negli anni passati, in qualche caso anche di amicizia personale, la disponibilità dell'onorevole Boniver a recarsi nelle Filippine per contatti con le autorità locali.
La missione dell'onorevole Boniver, accompagnata da funzionari dell'unità di crisi e dell'ambasciata a Manila, è attualmente in corso e auspichiamo che nell'ambito delle iniziative promosse dal Governo per la liberazione di padre Bossi possa contribuire anch'essa ad aprire la strada per una soluzione rapida e positiva della vicenda.

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di replicare.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, a mio avviso l'informazione fornita è completa, ma lo era già il 13 giugno. Evidentemente qualcosa in questo Paese, signor Viceministro, non funziona: innanzitutto non funziona l'informazione pubblica.
Penso che sia intollerabile assistere con passività e rassegnazione a quanto accade abitualmente e quotidianamente in questo Paese per quello che riguarda il diritto dei cittadini ad essere informati, che arriva addirittura all'assurdo di colpire il Governo del Paese.
Ho provato tristezza nel leggere il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri con cui chiedeva aiuto ai mezzi di informazione, soprattutto a non strumentalizzare - e direi quasi criminalizzare - l'opera del Governo, che lei, attraverso le sue parole in quest'aula, aveva reso pubblica il 13 giugno. Noi invece - ho appena letto un editoriale di questa mattina - ci troviamo ancora inPag. 66una campagna, che non può che far male, innanzitutto, a padre Bossi.
Mi auguro che l'informazione pubblica di questo Paese rinunci magari alla centesima puntata sul delitto di Cogne e informi i cittadini su ciò che il Governo sta facendo e sulla vicenda di padre Bossi.

(Rinvio dell'interpellanza urgente La Russa n. 2-00606)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente La Russa n. 2-00606, concernente orientamenti del Governo sull'unificazione degli enti previdenziali, è rinviato ad altra seduta.

(Rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione europea - n. 2-00623)

PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00623, concernente il rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione Europea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica per la mia interpellanza n. 2-00623.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con riferimento al tema trattato nell'interpellanza presentata dall'onorevole Frias voglio ribadire i sentimenti di cordoglio del Governo italiano per tutti coloro i quali, nei giorni scorsi, hanno perduto la vita nel disperato tentativo di raggiungere clandestinamente le coste siciliane. Sono eventi che riportano drammaticamente l'accento sui profili umanitari di un'emergenza, che coinvolge evidentemente non solo l'Italia, ma anche l'Europa nel suo complesso.
Il Governo italiano è impegnato ad assicurare una gestione efficace e rigorosa dei flussi migratori nel pieno rispetto delle regole, nonché dei diritti e delle tutele fondamentali da garantire a tutti gli immigrati. Si tratta di obiettivi che fanno parte di un unico disegno, che mira a tutelare e difendere i diritti e la dignità personale dei migranti attraverso la prevenzione di tutte quelle situazioni e circostanze, che possono indurre il degrado delle loro condizioni di vita ovvero favorirne lo sfruttamento, il coinvolgimento nell'illegalità o l'esposizione a manifestazioni di intolleranza o razzismo.
Assicuro che l'azione dell'autorità italiana è costantemente orientata al rispetto dei diritti umani dei migranti e dei potenziali richiedenti asilo, sia nelle attività in mare sia in quelle a terra, di accoglienza, di identificazione e, ove previsto, di allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri.
Ben il 78 per cento delle imbarcazioni con clandestini a bordo giunte in Italia sono state soccorse in mare nell'ambito di specifiche operazioni search and rescue, condotte in piena conformità alle fonti normative vigenti nella materia del soccorso e salvataggio in mare, dal Codice della navigazione alla legge n. 147 del 1989 di ratifica della Convenzione internazionale di Amburgo sul soccorso marittimo.
Un dato significativo riguarda il numero di persone tratte in salvo dalle unità navali della Marina militare, dalle Capitanerie di porto e dalle forze di polizia, che nei soli primi sei mesi di quest'anno è stato di oltre 3.700 unità.
Quanto alla partecipazione alle iniziative intraprese dall'Agenzia europea delle frontiere, Frontex, ricordo che si tratta di impegni assunti a livello internazionale nell'ottica di una strategia coordinata e sistematica per governare il fenomeno immigratorio.Pag. 67
Gli Stati membri dell'Unione europea si sono dati l'obiettivo di incrementare il livello di sorveglianza dei confini meridionali dell'Unione, mediante la messa in opera di una rete di pattugliamenti europea, che non prevede in nessun caso il respingimento del natante intercettato in acque internazionali.
L'Italia ha partecipato alla totalità delle iniziative assunte dall'Agenzia per la gestione del fenomeno migratorio nella regione mediterranea, fornendo un contributo di rilievo assoluto nella realizzazione delle operazioni congiunte dei progetti pilota elaborati per il rafforzamento dei controlli e della vigilanza delle frontiere marittime.
In particolare l'Italia ha partecipato all'elaborazione del rapporto di analisi sulla situazione dei flussi di immigrazione illegale in provenienza dall'Africa, con specifico riferimento alla Libia ed al Marocco, presentato a cura dell'agenzia alla Commissione.
Inoltre ha partecipato allo studio di fattibilità per il monitoraggio e la sorveglianza delle coste del Mediterraneo - noto come MEDSEA - affidato ad un ristretto gruppo di esperti italiani, francesi, spagnoli e greci per istituire una rete in grado di assicurare lo scambio continuativo delle informazioni e l'effettivo coordinamento delle operazioni tra le autorità centrali degli Stati membri, responsabili della sorveglianza delle frontiere marittime e del contrasto dell'immigrazione via mare.
Ha partecipato ancora alle operazioni congiunte di Frontex allo scopo di intensificare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di contrasto dei flussi di migrazione clandestina via mare. L'Italia ha offerto un supporto importante alle operazioni svolte nei porti spagnoli di Tarifa, Algeciras, Almeria e Alicante per il controllo dei passeggeri in transito presso quegli scali nonché alle operazioni di pattugliamento marittimo e aereo svolte al largo delle acque senegalesi per far fronte ai flussi migratori illegali che hanno interessato le isole Canarie. Esperti italiani in materia di identificazione sono stati inviati per tre mesi a Tenerife, al fine di supportare le autorità spagnole nell'espletamento delle procedure volte all'identificazione dei clandestini appena sbarcati o trattenuti nei locali centri di accoglienza. Analogo supporto è stato offerto anche a favore delle autorità maltesi nella scorsa stagione estiva.
Il nostro Paese ha partecipato infine alle operazioni Nautilus e Poseidon, con le quali è stato realizzato un esercizio di pattugliamento aeronavale congiunto nel Mediterraneo centrale, con mezzi italiani, maltesi, francesi e tedeschi per il contrasto dei flussi migratori illegali provenienti dalle coste libiche, nonché un esercizio di vigilanza congiunta dei porti greci ed italiani a contrasto dei casi di immigrazione clandestina rilevati a bordo dei traghetti che collegano Italia e Grecia.
Queste iniziative, nella generalità dei casi, si traducono in azioni di ricerca e salvataggio a cura delle unità navali, civili e militari, poiché la salvaguardia della vita umana a mare costituisce il principio assoluto e prevalente a cui viene improntata tale attività.
Purtroppo la precarietà delle imbarcazioni utilizzate per il trasporto dei clandestini dalle coste africane non consente una navigazione in sicurezza per il numero eccessivo di clandestini, che esse di volta in volta contengono rispetto alla loro effettiva capacità recettiva. La scarsità del carburante, le frequenti avarie dei motori, l'avversità delle condizioni meteo-marine e il deterioramento delle condizioni di salute degli imbarcati impongono alle autorità competenti il salvataggio dei migranti, il loro accompagnamento sulla terraferma e la somministrazione delle cure necessarie.
Gli stranieri che sbarcano sulle coste italiane ottengono immediata assistenza medica, beni di prima necessità e sostegno di altro genere; hanno la possibilità di illustrare la propria situazione personale e far conoscere eventuali persecuzioni sofferte nel Paese di origine e richiedere asilo politico.
Sottolineo l'attenzione che questo Governo ha rivolto al tema delle condizioni di vivibilità e assistenza all'interno deiPag. 68centri di accoglienza e di permanenza temporanea. Le indicazioni offerte dal lavoro della Commissione De Mistura - come sanno anche gli interpellanti - sono state raccolte in un disegno di legge delega, che il Governo ha varato e di cui le Camere inizieranno prossimamente l'esame.
In attesa della revisione dell'attuale normativa si è ritenuto, comunque necessario adottare subito alcuni importanti provvedimenti per migliorare la qualità dell'accoglienza e dell'assistenza dei centri per immigrati.
Il 24 aprile scorso il Ministro, con una direttiva, ha disposto la chiusura di alcuni centri di permanenza temporanea e assistenza (Brindisi, Crotone e Ragusa) e contestualmente ha affidato al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione il compito di predisporre uno specifico studio sulle restanti strutture, al fine di valutare ulteriori soppressioni, nonché di procedere all'eventuale riqualificazione anche in funzione di una diversa missione istituzionale delle strutture esistenti.
Inoltre, per quanto riguarda il miglioramento dei servizi di assistenza ed orientamento legale dei migranti ospiti dei centri di accoglienza e di permanenza temporanea attualmente operativi, ricordo che il 28 dicembre del 2006 è stata stipulata un'apposita Convenzione con il Cies (Centro di informazione ed educazione allo sviluppo) per un progetto pilota per la mediazione linguistico-culturale nei centri di accoglienza ed identificazione di Foggia, Crotone e Caltanissetta, già operativo dal mese di aprile 2007.
In data 7 giugno 2007 sono state sottoscritte le Convenzioni bilaterali, che prorogano a tutto il 1o marzo 2008 il rapporto di fattiva collaborazione con l'OIM, l'ACNUR e la Croce rossa italiana, che operano presso il centro di Lampedusa.
Altre iniziative di informazione sono state avviate presso il centro di Bologna, con uno sportello informativo in collaborazione con l'Ufficio del garante per i diritti delle persone private della libertà, e presso il Centro di accoglienza di Crotone, ove si sta attuando il progetto «Integrarsi», in collaborazione con CIR ed ANCI.
Gli interpellanti hanno posto infine il delicato problema della tutela dei diritti umani nei Paesi africani di transito dei migranti. Con riferimento alla Libia voglio richiamare la risposta che ha dato il 15 giugno, in aula, il sottosegretario di Stato per gli affari esteri ad un'interrogazione dell'onorevole De Zulueta. La Libia, effettivamente, come ricorda l'onorevole Frias, non è parte della Convenzione del 1951 sui rifugiati, quindi non sono applicabili in quel Paese le garanzie che derivano da quella Convenzione. Questo comporta maggiori difficoltà anche per l'ACNUR, non essendovi un obbligo giuridico di quel Paese a consentire l'accesso ai centri dove sono trattenuti i rifugiati.
Ricordo anche che la Libia ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione dell'Unità Africana del 1969, che a sua volta riconosce quella dell'ONU, e nel 2002 è stata presidente di turno della Commissione delle Nazioni unite per il rispetto dei diritti umani.
Lo stesso Ministero degli affari esteri ha ricordato che la Libia è parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici della Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, di cui non ha ratificato il protocollo opzionale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19)

MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Nel Paese, inoltre, è entrata recentemente in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.
Devo precisarle, onorevole Frias, che con la Libia non è stato - fino ad oggi - stipulato alcun accordo di riammissione, ma è in atto un proficuo rapporto di reciproca collaborazione ai fini del contenimento dell'immigrazione dall'Africa subsahariana, collaborazione che sin dal 2004 si è estrinsecata anche con cooperazioniPag. 69di polizia, con scambi di risorse informative e investigative, nonché con iniziative comuni in materia di formazione ed addestramento delle forze di polizia.
Per quanto riguarda in particolare i centri in Libia che ha citato nella sua interpellanza, le preciso che la struttura di Gharyan, già ultimata e consegnata, è destinata a scuola per l'addestramento e la formazione degli allievi agenti della polizia libica, nell'ambito dei rapporti di collaborazione delle forze di polizia.
Il centro di Kufra, i cui lavori non sono ancora iniziati, sarà destinato a centro sanitario di frontiera ma non vi è al momento alcuna previsione di realizzare un centro a Sebha. Inoltre, proprio alla luce di alcuni recenti incidenti, è stata avviata una discussione in ambito europeo sulla possibilità di migliorare l'assistenza umanitaria in mare in un quadro di partenariato con gli Stati terzi e di solidarietà europea.
Le garantisco, insomma, come già detto precedentemente anche dal Ministero degli affari esteri, che il Governo italiano si adopererà sempre affinché i rifugiati, da qualunque Paese provengano, vengano messi al riparo da rischi di trattamenti inumani o degradanti.

PRESIDENTE. La deputata Frias ha facoltà di replicare.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Lucidi per la risposta così esaustiva. Mi dichiaro parzialmente soddisfatta, perché penso che nella sostanza sulle dichiarazioni possiamo essere d'accordo con quanto ha affermato il sottosegretario; ci sono però delle questioni, dei numeri, degli esseri umani, delle persone e dei costi che mi fanno essere un po' meno soddisfatta della risposta.
Come ben diceva, l'Unione europea si è data - inseriamo ora l'Italia nel suo contesto europeo - come priorità il contrasto all'immigrazione clandestina. C'è il terzo pilastro, relativo alla cooperazione di polizia, su tutto ciò che riguarda la lotta alla cosiddetta immigrazione clandestina. Per questo l'Unione europea si è dotata di quegli strumenti, che lei ci riferiva e fra questi c'è l'agenzia Frontex per la gestione delle frontiere esterne all'Unione.
Il lavoro della Frontex, con tutto quello che lei ci ha già spiegato, e che non ripeto ha dato i suoi risultati, nel senso che soprattutto nel primo semestre del 2007 gli sbarchi di persone che arrivano dai Paesi africani e asiatici sono diminuiti del 25 per cento. Questo dato, dal punto di vista della missione dell'agenzia e dell'obiettivo dell'Unione europa, è interessante ed importante.
Il problema che abbiamo posto è il seguente: a quale costo è stata ottenuta questa diminuzione degli sbarchi, che fanno tanto effetto quando si verificano? Vi sono due questioni fondamentali: una è quella relativa ai morti in mare e nel deserto, l'altra alla attività di respingimento, con tutto quello che implicano in termini di salvaguardia dei diritti umani e delle persone che sono espulse non verso i propri Paesi, ma verso quelli di transito. Ci si pone un pesante interrogativo.
Rispetto alla data di presentazione della nostra interpellanza, purtroppo ci troviamo a dover aggiornare, peggiorandoli, i dati delle morti nel Mediterraneo: non sono più i 9.121 scritti nell'interpellanza, perché oggi sono 9.222 dal 1988. In questa prima parte dell'anno c'è stato un aumento vertiginoso dei morti in mare e dei dispersi, anche rispetto all'anno scorso. Abbiamo le cifre: sono 249 in questi primi mesi dell'anno, rispetto ai 306 dell'intero anno scorso. Sono numeri impressionanti che vogliono dire tanto. Non è giusto, per la storia e per il percorso di ognuna di queste persone, riferire tutto ai numeri, ma anche questi parlano.
L'attività di contrasto alla cosiddetta immigrazione clandestina è una guerra, è la guerra all'immigrazione clandestina, che fa vittime e le vittime sono le persone che cercano di scappare dalle situazioni in cui sono ridotte - tutti lo sappiamo - per quello squilibrio esistente fra una parte del mondo e l'altra. Penso sia un fattoPag. 70assai naturale che qualcuno si voglia spostare verso i luoghi dove si consuma la ricchezza.
I morti in mare nell'ultimo mese comprendono non soltanto uomini, ma anche donne e bambini: 154 morti nel solo mese di giugno. Devo comunque dare atto dell'attività di salvataggio che sia la Marina costiera italiana, sia alcuni pescatori svolgono sistematicamente e costantemente nei confronti di persone che si trovano in pericolo. Ovviamente il mio ringraziamento è per tutti costoro. Ci sono altri però che, con il pretesto che probabilmente quelle persone portano delle armi oppure delle malattie, non svolgono neanche tale attività di salvataggio.
Per quanto riguarda poi l'attività di respingimento, lei faceva riferimento al Nautilus II: bisognerebbe capire dove finiranno le persone intercettate attraverso tali operazioni della SAR, che lei ci ha citato prima.
In Libia, dal settembre 2006, 12 mila persone sono state respinte in mare o arrestate perché si trovavano sul territorio libico senza documenti nell'attesa di prendere l'imbarcazione per venire in Italia.
Le organizzazioni umanitarie - a partire dall'Osservatorio sui diritti umani dell'ACNUR e l'osservatorio Fortress Europe, che svolge un lavoro di monitoraggio - e molti studiosi che stanno controllando il problema, denunciano una situazione di violazione sistematica degli elementari diritti umani. Lo sappiamo: la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra sui diritti delle persone richiedenti asilo, né tanto meno rispetta i diritti di coloro i quali comunque provengono da luoghi di guerra.
Cosa accade, dunque, in Libia a queste persone secondo tali organizzazioni e secondo gli stessi dati ufficiali della Libia, che sono pubblici? Molte vengono rimpatriate e lascio ad ognuno di noi riflettere su cosa vuol dire essere rimpatriati in Paesi quali il Sudan, l'Etiopia o l'Eritrea e cosa significhi, per la vita delle persone, la violazione delle elementari norme del diritto internazionale quale è la Convenzione di Ginevra. Altri vengono accompagnati alla frontiera, ma essere accompagnati alla frontiera in Libia significa essere spinti verso il deserto: dunque, non si sa dove vadano a finire costoro. Ciò si aggiunge poi alle innumerevoli persone che si trovano nei tre centri secondo i dati ufficiali.
Desidero citare, a proposito del respingimento verso il deserto, alcune parole pronunciate dal prefetto Alessandro Pansa nel corso di un'audizione nel 2003: «Molti dei clandestini giunti in Libia non sono organizzati, cioè non hanno pagato un trafficante per condurli in quel Paese per poi sbarcare in Italia. Si tratta di soggetti che arrivano in maniera drammatica e temo che il numero dei decessi imputabili alla traversata del deserto sia superiore a quello dovuto al viaggio in mare». Dunque i dati che non siamo neppure tenuti a conoscere sono quelli dei morti nel deserto, che possiamo solo immaginare, mentre possiamo avere i dati di coloro che periscono in mare.
Il rapporto della missione tecnica dell'Unione europea in Libia del 2004 afferma che, fra il 2003 e il 2005 (cioè fino alla stesura del rapporto), l'Italia finanzia i centri di trattenimento della Libia. Si tratta di accordi che non sono mai stati resi pubblici, ma queste informazioni sono ufficiali. Tutto ciò significa che non si vuole avere i CPT in Italia, perché sono brutti e perché costituiscono una lesione alla Costituzione, poiché sono carcerazioni in assenza di reato; ma se li si sposta un poco più a sud, allora sono un po' più digeribili ed igienici.
Credo che debba riguardare l'Italia, il Governo italiano e ciascuno di noi la sorte di quelle persone che, nel tentativo di arrivare nel nostro Paese, vengono rinchiuse in luoghi come quelli di cui ho parlato, nei quali non abbiamo alcuna garanzia che venga rispettato un minimo di diritto.
Vi sono naturalmente anche tutti gli altri Paesi che, se non altro, hanno sottoscritto accordi di cooperazione di polizia con l'Unione europea e con i Paesi europei, quali il Marocco, il Senegal o la Mauritania, dove la situazione è moltoPag. 71simile a quella della Libia per quanto riguarda i respingimenti verso il deserto.
Si tratta di una catastrofe di cui sarebbe necessario che ci rendessimo conto: dovremmo avere una maggiore sensibilità rispetto al dramma costituito da questa situazione, comprendendo soprattutto che stiamo parlando di persone e che nessuno lascia il proprio Paese in quelle condizioni di precarietà per venire a divertirsi.
Credo che la questione degli ingressi clandestini vada affrontata, ma non ad un costo così elevato in termini di vite umane. Il Ministro Amato, rispondendo ad un'interrogazione presentata da un collega, tracciava poco fa la distinzione fra gli atti delittuosi delle persone regolari e di quelle irregolari.
Capisco cosa abbia voluto dire il Ministro Amato, ma credo che questa distinzione tra buoni e cattivi non ci aiuti a capire esattamente la portata del problema.
Poniamo mente, per inciso, ad un dato. Quando si opera una sanatoria - che rappresenta, storicamente, l'unico modo di regolarizzare la situazione in Italia -, chi oggi è un clandestino, da un giorno all'altro, con la sanatoria, diventa regolare. Credo che per spiegare tale situazione occorra qualcos'altro e che non bastino i dati sulla percentuale degli immigrati in carcere.
Sappiamo, infatti, che vi è un eccesso del ricorso alla carcerazione per quanto riguarda gli immigrati, che le minoranze, in tutti i Paesi industrializzati, sono sovrarappresentate nelle carceri (consideriamo, ad esempio, gli Stati Uniti, ma anche tutti gli altri Paesi) e che hanno molta più difficoltà ad usufruire delle misure alternative al carcere e via dicendo. Il 65 per cento di coloro che si trovano in carcere sono in attesa di giudizio e tale percentuale risulta invertita quando si parla degli italiani.
Bisogna, allora, utilizzare i dati e lavorare su quello che, effettivamente, rappresenta un problema per tutti, compresi gli stessi immigrati, ossia il fatto che vi sia un numero così elevato di persone che si trova a delinquere, operando la dovuta analisi di tali cifre. Altrimenti, la percezione che il mondo ci stia crollando addosso - nonostante i dati della stessa polizia, per quanto riguarda la questione dei reati, indichino che così non è - finisce per alimentare un certo atteggiamento che non fa altro che sviluppare di nuovo la xenofobia e il razzismo.
Torno - e concludo - sulla questione del Frontex. Del resto, signor sottosegretario, anche lei si è dilungata un po'. Frontex costa ai contribuenti europei 45 milioni di euro per il 2007, dei quali il 16 per cento è destinato ad attività operative, mentre il 30 per cento ad attività amministrative. Tra le attività operative - il 16 per cento del costo - sono previste ventisei operazioni aeroportuali, terrestri eccetera e, di queste, quattro concernono le frontiere marittime. Consideriamo, allora, quanto, dal punto di vista dei costi, questa agenzia grava su tutti i contribuenti che risiedono nel territorio europeo e quanto, effettivamente, essa risolve i problemi.
Infine, sulla questione - che lei ricordava - relativa al salvataggio, il vicedirettore di Frontex, in una sessione del Parlamento europeo, ha affermato che Frontex non è un corpo di salvataggio (ciò non rientra tra i suoi compiti), ma che, evidentemente, se durante un'operazione ci si trova davanti ad una barca in pericolo, le unità agiranno di conseguenza, fermo restando che questo non è il suo fine né il suo mandato e dubitando che ciò faccia parte anche delle competenze dell'Unione europea. Ma allora - mi chiedo - quali sono le competenze dell'Unione europea per quanto riguarda le vite di tutte queste persone?

(Iniziative per omologare la carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quella delle altre forze di polizia di ordinamento civile - n. 2-00596)

PRESIDENTE. Il deputato Allasia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Maroni n. 2-00596, concernente iniziative per omologare la carriera del ruolo direttivoPag. 72ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quella delle altre forze di polizia di ordinamento civile (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmatario.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, sarò molto breve. L'interpellanza che abbiamo presentato nasce dal decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146, che istituisce il ruolo direttivo ordinario del Corpo della polizia penitenziaria, articolato in qualifiche con ordini gerarchici e livelli analoghi a quelli del corrispondente ruolo dei commissari della Polizia di Stato.
Successivamente, vi sono stati altri riordini della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato, mentre nessun riordino è avvenuto per il ruolo direttivo ordinario del Corpo della polizia penitenziaria, determinando una sperequazione tra forze di polizia ad ordinamento civile. Attualmente i funzionari di polizia del ruolo direttivo ordinario dell'amministrazione penitenziaria sono penalizzati rispetto ai colleghi della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato.
Interpelliamo il Ministro, alla luce di quanto descritto nell'interpellanza stessa, per sapere se egli sia intenzionato ad intervenire nelle appropriate sedi al fine di riallineare la carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quella dell'omologo ruolo delle altre forze di polizia ad ordinamento civile, annullando così la sperequazione tra i vari corpi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente posso comunicare che la questione del riallineamento della carriera del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria a quello di altre forze di polizia è stato oggetto nel passato, com'è noto, di diverse proposte legislative, le quali non hanno avuto però alcun esito. Rispetto a tali proposte l'amministrazione, comunque, si è sempre espressa favorevolmente, condividendo la necessità di eliminare ogni sperequazione giuridica ed economica con le altre forze di polizia. L'argomento costituisce occasione per considerare tutti i progetti riguardanti il riallineamento in un'ottica complessiva di riordino del ruolo direttivo della polizia penitenziaria, nel cui ambito andrebbe considerata anche la posizione dei funzionari del ruolo direttivo speciale.
L'impegno che si intende sviluppare allo stato è diretto ad armonizzare, con un intervento normativo incisivo e articolato, la predetta carriera direttiva, anche attraverso l'unificazione dei ruoli direttivi ordinari e speciali. In tal senso, possiamo assicurare che è in fase di costituzione un gruppo di lavoro che provvederà, in tempi - ci auguriamo - più rapidi possibili, ad elaborare un progetto complessivo di armonizzazione dei ruoli direttivi della polizia penitenziaria con la disciplina prevista per le altre forze di polizia.

PRESIDENTE. Il deputato Allasia ha facoltà di replicare.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, una risposta analoga è stata già comunicata a Roma, qualche mese fa, da parte del Ministro alle parti interessate. Perciò, non posso considerarmi soddisfatto delle comunicazioni rese, essendo trascorsi oramai diversi mesi da quella risposta fumosa e politica che aveva dato il Ministro stesso.
I lavoratori del sistema carcerario stanno aspettando da tempo immemorabile una soluzione concreta e dai tempi certi. Voi, che siete molto partecipi rispetto alle questioni sociali e a favore dei lavoratori, dovreste saperlo benissimo e dovreste accelerare la legislazione in tale materia.
Perciò, ci riteniamo assolutamente insoddisfatti della risposta fumosa e senza tempi certi, perché - lo ripeto - i lavoratori stanno lavorando onestamente e sono considerati ormai alla stessa stregua e con lo stesso sistema di altri corpi.Pag. 73Infatti, in tutti i tavoli di trattativa sono chiamati come gli altri corpi, come la Polizia di Stato e il Corpo forestale. Vi sono delle disparità enormi fra i commissari e i vicecommissari dei vari sistemi, perciò si deve prestare un'attenzione particolare, poiché si tratta di un problema del sistema carcerario che deve essere velocemente risolvibile, dal momento che sono enormi i problemi del sistema giudiziario e soprattutto di quello carcerario italiano.
Pertanto, non è con l'indulto o con le sanatorie che si risolvono i problemi carcerari, ma con leggi appropriate. Ciò potrebbe costituire un buon inizio.

(Procedimento di estradizione di Benedetto Cipriani - n. 2-00637)

PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00637, concernente il procedimento di estradizione di Benedetto Cipriani (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Maritati, a ben vedere la vicenda oggetto dell'interpellanza in discussione riguarda la coerenza e la credibilità del nostro Paese per quanto concerne i suoi atti e i suoi rapporti internazionali.
Molti di voi ricorderanno un altro caso, simile a quello in discussione, risalente a 11 anni fa. Si trattava della vicenda di un cittadino italiano. Il suo nome era Pietro Venezia, di origine pugliese; egli era fuggito dagli Stati Uniti dove era accusato di un omicidio ed era riparato in Italia. In quell'occasione, ci fu un lungo braccio di ferro fra le autorità statunitensi e quelle italiane, che alla fine non concessero l'estradizione. In realtà mi riferisco soprattutto a quanto deciso dalla Corte costituzionale, perché le autorità politiche, ossia il Ministero, allora come oggi, concesse invece l'estradizione. Ma, a seguito di una grande mobilitazione da parte nostra e di «Nessuno tocchi Caino» e da parte del senatore - ora scomparso - Alò, di Rifondazione Comunista, che si occupò molto di quel caso, l'estradizione non fu concessa, perché vi fu una sentenza della nostra Corte costituzionale che molti ancora giudicano storica e che ha fatto scuola, non soltanto nel nostro Paese, ma in tutto il mondo.
Il caso in esame è molto simile, anche se formalmente diverso (entreremo poi nello specifico). Si tratta sempre di un cittadino italiano, che è stato accusato, negli Stati Uniti, di un triplice omicidio avvenuto nello Stato del Connecticut, per il quale è stato formalmente incriminato per i reati di omicidio plurimo e conspiracy (associazione finalizzata a commettere omicidi) per cui non è prevista la pena di morte, ma la pena di 60 anni di reclusione. Tuttavia, i suoi complici (secondo l'accusa) sono tre portoricani, e sono stati accusati di capital felony, reato capitale che può comportare la pena di morte e che consiste nello stesso fatto (omicidio plurimo e conspiracy), per il quale è prevista la pena capitale.
Ci si chiede come mai, per lo stesso fatto, vi siano due reati diversi. Forse questa stranezza è spiegabile soltanto con il «caso Venezia». L'Italia non estrada non soltanto negli Stati Uniti, ma in qualsiasi paese del mondo dove sia prevista la pena di morte, quando vi sia il rischio, anche solo teorico, di un'applicazione della pena di morte (non solo di un'esecuzione, ma anche della sola imputazione e applicazione della pena di morte).
Perché allora tale diversa fattispecie di reato per lo stesso fatto? Mi sembra evidente: solo in questo modo le autorità degli Stati Uniti preposte al giudizio possono ottenere da un Paese in cui vi è stata una sentenza così netta e chiara che vieta l'estradizione nei confronti dei paesi che prevedono la pena di morte, un'estradizione altrimenti non ottenibile, cambiando parzialmente il capo di imputazione. Il fatto, tuttavia, è lo stesso.
Ritengo molto probabile - mi rivolgo al rappresentante del Governo e al Ministro della giustizia, Mastella - che, in corso d'opera, l'accusa possa cambiare (conPag. 74un'aggravante, o altro) per cui, una volta sotto giudizio, nelle mani delle autorità americane, possa essere tramutata in capital felony oppure in un'aggravante che possa comportare la pena di morte.
Inoltre, le autorità statunitensi, nelle note che hanno inviato al nostro Ministro della giustizia (immagino per le vie diplomatiche) non hanno mai escluso in modo chiaro e non equivoco tale eventualità. Nelle garanzie ed assicurazioni che hanno fornito hanno sempre richiamato gli impegni, ma non hanno mai escluso che l'imputazione di capital felony o di un'aggravante che possa comportare la pena di morte potesse essere estesa anche al Cipriani, come è stata dall'inizio applicata ai suoi coimputati.
Hanno anzi ammesso che, in base alla legge dello Stato del Connecticut, un concorrente nel reato è penalmente responsabile del delitto come se fosse il reale esecutore, ed hanno aggiunto che la perseguibilità del delitto in questione non è assoggettata a limiti di tempo.
Se capisco bene, può anche significare che per ora non siamo in presenza di quella fattispecie, ma che, non essendo assoggettata a limiti di tempo la perseguibilità del delitto, fra un anno, fra due mesi o fra chissà quanto, l'accusa potrà essere riqualificata.
Così come accaduto nel caso di Pietro Venezia, dopo la Corte d'appello, la Corte di cassazione e il Consiglio di Stato la Corte d'appello di Roma ha concesso l'estradizione. Infatti, secondo la Corte sussistono le condizioni per l'estradabilità del Cipriani, e si richiamano l'articolo 6 della Costituzione degli Stati Uniti (lo stesso fatto è avvenuto con Pietro Venezia) e il trattato bilaterale tra Italia e Stati Uniti del 1983. La Costituzione degli Stati Uniti stabilisce quello che tutti sappiamo, ovvero che i trattati che gli Stati Uniti firmano con altri paesi formano parte integrante del diritto comune, cioè della federazione, e sono vincolanti per tutti i tribunali degli Stati Uniti, indipendentemente da qualsiasi altra disposizione presente nelle leggi dello Stato. Il trattato bilaterale del 1983 precisa che una persona estradata non può essere detenuta, giudicata o punita all'interno dello Stato che ha richiesto l'estradizione, salvo che per il reato per il quale l'estradizione è stata concessa. Si parla di un reato, però possono esserci fattispecie diverse ed aggravanti.
È, tuttavia, interessante quanto rileva la Corte d'appello. Dopo aver richiamato la Costituzione e il trattato bilaterale, afferma che si deve ritenere - quindi non c'è neanche la certezza - che il Cipriani estradato non sarà giudicato che per omicidio plurimo e associazione, e non già per la fattispecie di capital felony. Tale «si deve ritenere» mi pare che sia tutto fuorché la certezza assoluta. Tale certezza non c'è, neppure in linea teorica.
Se dovessi scommettere un euro oggi, non scommetterei sul fatto che, estradato negli Stati Uniti, Cipriani non sarà condannato a morte. Tuttavia, non è questo in discussione. Infatti, abbiamo una sentenza della Corte costituzionale italiana che considera incostituzionale il sistema delle garanzie sufficienti. Tutto ciò equivale a dire, in termini politici, che la Consulta considera incostituzionale che ci sia un ruolo discrezionale dell'autorità politica, ovvero del Ministro della giustizia, che deve valutare se quello che viene dichiarato dalle autorità degli Stati Uniti è «a prova di bomba», ovvero se sia nell'ordine della certezza assoluta che non sarà irrogata la pena di morte
Il solo fatto che già la Corte d'appello si ponga il dubbio, dicendo che «si deve ritenere» - mi rivolgo al sottosegretario Maritati e, attraverso di lui, al Ministro Mastella - non offre garanzie. Sul punto si è espressa una prima autorità politica, l'allora Ministro della giustizia, Castelli, nel 2005. Poi il Ministro Castelli ha passato la mano, ma a seguito di una sentenza di primo grado della Corte d'appello, di una pronuncia della Cassazione che praticamente l'ha confermata, di una sentenza del TAR, che considera non correttamente e costituzionalmente fondate le ragioni per cui la Corte d'appello e la Corte di cassazione concedono l'estradizione, c'è opposizione del Ministro dellaPag. 75giustizia, poi si pronuncia il Consiglio di Stato. La legge prevede che l'estradizione debba essere eseguita entro quindici giorni dalla sentenza del Consiglio di Stato. Tale termine è trascorso, ma l'estradizione non è stata eseguita. Siamo in presenza di una deroga? Oppure c'è la consapevolezza, anche da parte del Ministro della giustizia, che forse è il caso di soprassedere?
Si configura una situazione nella quale tutto c'è fuorché certezza assoluta, come richiede la Corte costituzionale. Il sistema delle garanzie considerate sufficienti contempla un intervento discrezionale dell'autorità politica, che deve valutare le garanzie che ci giungono dagli Stati Uniti. Tutto ciò ci fa dire che non è assolutamente certo che, una volta estradato negli Stati Uniti, Cipriani sia condannato a pena diversa da quella capitale.
Perché mi riferivo alla coerenza e alla credibilità del nostro Paese, per quanto riguarda i suoi atti e le relazioni internazionali? Per quanto riguarda i suoi atti, il nostro Paese è impegnato in una campagna internazionale, leader riconosciuto nel mondo, per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. In questi 13-14 anni l'Italia non ha fatto nient'altro che proiettare nei rapporti internazionali quello che è un principio acquisito nel diritto interno, vale a dire un «no» assoluto alla pena di morte. Uso spesso il termine «assoluto» non perché sia un fondamentalista, ma perché è la Corte costituzionale che censura il sistema delle garanzie ritenute sufficienti e pone la garanzia «assoluta» come vincolo coerente con il dettato costituzionale e con il diritto alla vita, oltre che con l'articolo 27 della Costituzione, che vieta la pena di morte.
Seppure in teoria, corriamo il rischio di una condanna capitale, proprio noi che siamo il Paese leader della campagna contro la pena di morte nel mondo! Il Governo si assume la responsabilità, seppure teorica, di correre questo rischio? Ebbene, io non lo correrei, per un motivo di cautela e anche di credibilità nei rapporti internazionali.
Si rompe un vincolo con gli Stati Uniti? Si manda in crisi la cooperazione giudiziaria o anche politica con gli Stati Uniti? Gli Stati Uniti rispettano tutti quei Paesi che operano nel contesto internazionale seguendo la regola prima, che non è quella della fedeltà, ma del rispetto dei propri principi e dei propri valori. Acquisiremmo credito nei confronti degli Stati Uniti se dicessimo che per ragioni di principio, oltre che per il rispetto della legge e della Costituzione, non possiamo accedere alla loro richiesta. Dimostreremmo forza e riceveremmo rispetto da quel Paese.
Pertanto chiedo al sottosegretario Maritati: perché correre questo rischio, perché perdere la credibilità che abbiamo conquistato a livello internazionale, con la nostra lotta per la moratoria? Il Ministro Mastella - la notizia è uscita su tutti i giornali - ha dichiarato ai suoi partner europei, ai ministri della giustizia, e lo abbiamo ringraziato per questo, che siamo impegnati nella lotta contro la pena di morte attraverso la moratoria, ottenendo il loro consenso. Non correrei questo rischio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta agli onorevoli interpellanti, preciso che il 12 novembre 2005, come è stato ricordato poc'anzi, il Ministro in carica, senatore Roberto Castelli, emise decreto di estradizione nei confronti di Cipriani Benedetto, accusato dalla Corte Superiore di Hardford (Connecticut) di omicidio e di associazione per commettere omicidio.
Nel decreto emesso viene precisato testualmente che, qualora il Cipriani sia condannato, non potrà essere eseguita nei suoi confronti la pena capitale. Contro tale decreto il Cipriani ha proposto numerosi ricorsi ai giudici ordinari ed amministrativi, i quali, tra le molteplici tematiche affrontate, hanno anche valutato - così come ricordato dagli stessi interpellanti e dall'onorevole D'Elia, che ha testé illustrato l'interpellanza - la questione relativaPag. 76all'eventualità che il Cipriani possa essere condannato alla pena capitale. Esauritisi i ricorsi, il decreto di estradizione nei confronti di Cipriani è divenuto esecutivo.
Ciò premesso, devo rilevare che proprio nei giorni scorsi, il 27 giugno, il Ministero della giustizia ha ricevuto una nota dall'ambasciata degli Stati Uniti d'America, in cui il Governo degli Stati Uniti precisa che i reati contestati al Cipriani non sono punibili con la pena di morte e che il Cipriani non corre, in concreto, alcun rischio di condanna a morte nel caso in cui venga estradato negli Stati Uniti. La lettera del Governo statunitense è all'attenzione del Ministro, il quale ne sta vagliando il contenuto. Per quanto attiene alla sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1996 deve rilevarsi che essa riguarda l'ipotesi in cui la domanda di estradizione sia avanzata per un reato punibile con la pena capitale. La Corte ha escluso che in tal caso l'estradizione possa essere concessa a seguito di «sufficienti assicurazioni» dello Stato richiedente. Nel caso del Cipriani l'estradizione è stata, invece, domandata e concessa per un reato che, per l'ordinamento dello Stato richiedente, non è punibile con la pena di morte.
Va ricordato - proprio a proposito del punto approfondito poc'anzi, ovvero del pericolo che venga mutata la contestazione, anche lasciando inalterato il fatto, quindi con una sorta di aggravante - che, secondo il principio di specialità dell'estradizione, un individuo non può essere giudicato e detenuto per un reato diverso da quello che ha motivato l'estradizione. Dunque, un'eventuale modifica della sola imputazione renderebbe necessario un ulteriore provvedimento concessorio da parte dello Stato italiano.
A proposito della discrezione, che è stata poc'anzi lamentata, da parte del Governo, di valutare la certezza e la fondatezza delle assicurazioni degli Stati o dello Stato richiedente, rilevo che su questo aspetto si sono già pronunciati gli organi giudiziari competenti. Quindi, non credo che si possa parlare, in questo caso, di una forma di discrezionalità, non riconosciuta o non riconoscibile, all'organo politico di Governo, perché l'organo di Governo ha atteso doverosamente che si completasse l'iter giudiziario nell'ambito del quale, sia nell'area amministrativa che in quella ordinaria, è stata proprio vagliata la fondatezza dei presupposti di certezza che il cittadino italiano estradando non possa correre rischi relativi all'esecuzione della pena di morte. Quindi, ritengo che non ci sia il rischio che il Cipriani possa essere condannato alla pena capitale.
Quanto, infine, alla sentenza pronunciata dal TAR del Lazio, devo far presente che la stessa è stata annullata con sentenza del 12 giugno 2007 dal Consiglio di Stato, il quale, pronunciandosi definitivamente, ha respinto il ricorso proposto dal Cipriani. Pertanto dobbiamo prendere in considerazione, per quanto concerne la giustizia amministrativa, la sentenza definitiva del Consiglio di Stato, e non una sentenza che è stata annullata.

PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di replicare.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta, e le ragioni sono espresse nella mia illustrazione. Posso soltanto aggiungere che abbiamo a che fare con il sistema federale degli Stati Uniti. Ho richiamato l'articolo della Costituzione, secondo cui gli Stati federati sono impegnati anche a livello internazionale per il tramite delle autorità federali.
Non sono soddisfatto per le motivazioni con cui è stata avanzata la richiesta di estradizione. Come ho già accennato, la perseguibilità di quei fatti non ha limiti di tempo e, quindi, vi è una ragione per nutrire qualche perplessità. Inoltre, lo stesso Stato del Connecticut ci ricorda che, in base alla sua legge, un concorrente nel reato è penalmente responsabile del delitto come se fosse il reale esecutore. Insisto, dunque, e non so se su tale problema il Parlamento potrà ritornare, ma credo che se è questa la posizione del Governo, dovremo ritornarci, presentandoPag. 77un atto di indirizzo. Il Governo sta facendo a gara, e mi riferisco al Ministro della giustizia, perché non voglio coinvolgere il Governo nella sua totalità, con il precedente Ministro per chi dimostra più fedeltà e lealtà nei confronti dell'alleato americano.
Non va in crisi la cooperazione giudiziaria con quel Paese per una ragione molto semplice: in base al nostro codice penale i fatti di cui Cipriani è imputato negli Stati Uniti possono essere giudicati in Italia, come è successo nel caso di Pietro Venezia, condannato a 23 anni per l'omicidio di cui è stato ritenuto colpevole in Florida. Non vi è, quindi, impunità. Si può perseguire il reato senza correre il rischio che l'esito del processo sia quello fatale di una sentenza capitale. Pertanto, Cipriani verrà processato in Italia e la cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti verrà fatta salva. Gli Stati Uniti coopereranno con le autorità italiane, affinché sia dimostrata la colpevolezza di Cipriani e, quindi, che lo stesso sia condannato in Italia.
Peraltro, nel decreto di estradizione - non so se le risulta sottosegretario Maritati - è posta anche una clausola, che gli Stati Uniti non hanno accettato, in base alla quale Cipriani, una volta condannato negli Stati Uniti, come è successo in altri casi, può ritornare a scontare la pena nel suo Paese di origine. Questo è scritto nel decreto. Gli Stati Uniti hanno accettato questa clausola? A me non risulta. Se non l'hanno accettata, anche questa è una ragione per la quale si può decidere di non concedere l'estradizione.

(Accadimenti verificatisi nel corso della campagna elettorale per le elezioni comunali di Cosenza - n. 2-00619)

PRESIDENTE. Il deputato Mancini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Villetti n. 2-00619, concernente accadimenti verificatisi nel corso della campagna elettorale per le elezioni comunali di Cosenza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8), di cui è cofirmatario.

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, signori del Governo, in Calabria esiste una grande emergenza democratica. A rendere la situazione drammatica vi è il fatto che in quella regione opera un comitato di affari animato dalla pervicace volontà di depredare le risorse pubbliche, con l'obiettivo di raggiungere lucrosi interessi personali. Questa lobby affaristica è tentacolare, perché viene alimentata da un trasversalismo tra forze di destra e di sinistra, ed è tanto sperimentata e oliata da far risultare poco influente o del tutto ininfluente l'esito elettorale e il passaggio di alcune forze politiche dal ruolo di governo a quello di opposizione.
Questa alleanza trasversale ha operato, signori del Governo, prima, durante e dopo le ultime elezioni comunali di Cosenza, che si sono svolte nella primavera del 2006. Oggi attraverso questa interpellanza, firmata dal presidente del gruppo de La Rosa nel Pugno e sottoscritta da tutti gli appartenenti al gruppo stesso, chiediamo al Governo di sapere se apparati dello Stato, in particolare settori delle forze dell'ordine e della magistratura inquirente, abbiano consapevolmente supportato questa alleanza trasversale.
Signor Presidente, mi potrei fermare qui, rimandando al testo dell'interpellanza, ma i fatti che si sono verificati a Cosenza e in Calabria sono così gravi ed eclatanti che ritengo meritino di essere ricordati in questa aula solenne.
Signor Presidente, il 7 maggio 2006, l'onorevole Nicola Adamo, esponente di spicco del partito dei DS in Calabria, all'inizio della campagna elettorale per le elezioni comunali di Cosenza, partecipando ad una manifestazione, ebbe ad affermare che nelle liste dello SDI vi fossero dei delinquenti, dei gruppi criminali che ostacolavano la crescita della città, attraverso un impegno diretto in politica. Tali affermazioni tanto gravi, gravissime, quanto false, furono nei giorni successivi supportate da alcuni esponenti dello stesso partito dell'onorevole Adamo, cioè i Democratici di Sinistra, ma anche - ecco il trasversalismo - da esponenti del partito di Forza Italia.
La senatrice Maria Burani Procaccini annunziò la presentazione di un'interrogazionePag. 78parlamentare, nei fatti mai presentata, a supporto delle argomentazioni dell'onorevole Adamo. Insieme alla senatrice Burani Procaccini intervenne, a sostegno di quelle tesi, di quelle argomentazioni false, il senatore Antonio Gentile sempre del partito di Forza Italia.
È utile ricordare anche in questa aula che in quella competizione elettorale avrebbe dovuto candidarsi, fino a poche ore dalla presentazione delle liste, alla carica di sindaco per la coalizione della Casa delle libertà il fratello del senatore Antonio Gentile di Forza Italia, l'onorevole Giuseppe Gentile, consigliere regionale che nelle ultime ore decise - il pactum sceleris si intravede già lì, tra settori del centrosinistra e del centrodestra - di ritirare la sua candidatura e di ritirare le liste che erano state predisposte per sostenerla.
Torniamo ai fatti. Denunzie di Adamo: ci sono delinquenti nelle liste del partito dello SDI. Sostegno degli esponenti di Forza Italia. Qualche giorno dopo, rispetto alla vicenda interviene il prefetto dottor Luigi De Sena, il super prefetto, come comunemente viene chiamato in termini giornalistici, che è stato mandato dal Governo, dal nostro Governo a Reggio Calabria all'indomani dell'omicidio dell'onorevole Fortugno per sconfiggere la mafia. De Sena, interrogato dai giornalisti rispetto alla veridicità delle gravissime affermazioni dell'onorevole Adamo affermò: «sono valutazioni di carattere politico, per quanto ci riguarda non abbiamo ravvisato a Cosenza, come nelle altre realtà regionali interessate dalle elezioni, tali emergenze. Non c'è» - affermava perentoriamente De Sena - «un'influenza determinante della 'ndrangheta nelle elezioni».
Nonostante queste affermazioni chiare, chiarissime rilasciate il 9 maggio dal dottor Luigi De Sena presidente - è giusto ricordarlo - della Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza in Calabria, il 22 maggio del 2006, a soli sei giorni dal voto, un funzionario della Digos si recò negli uffici del comune di Cosenza per sequestrare - così fu detto - le liste elettorali. Lo stesso giorno le televisioni, le radio locali, quelle regionali, i mass media, tutti comunicavano con grande enfasi la notizia, spiegando che l'operazione della Digos era stata ordinata su esplicito mandato a firma della dottoressa Raffaella Sforza sostituto procuratore della DDA di Catanzaro.
In questo scenario si va al voto. Il 22 maggio avviene la perquisizione, il sequestro da parte della Digos, si disse su mandato della dottoressa Raffaella Sforza della DDA di Catanzaro. Il 28 e il 29 maggio si vota in un contesto oggettivamente falsato. Le elezioni non determinano al primo turno il sindaco soltanto per 829 voti; questi sono i fatti! Poi, fortunatamente i fatti - la verità viene presto o tardi a galla - iniziano a chiarirsi. Infatti, il 14 marzo del 2007 il sottosegretario per la giustizia, Li Gotti, interpellato sulla vicenda dall'onorevole Buemi, responsabile nazionale dello SDI per i problemi della giustizia, affermava: «la procura della Repubblica di Catanzaro ha comunicato che il sostituto procuratore Sforza non ha conferito alcuna delega per l'acquisizione di copia delle liste dei candidati al consiglio comunale di Cosenza e che da parte dello stesso ufficio della procura non vi è stata alcuna richiesta di documentazione».
Quindi, la procura di Catanzaro, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro non c'entra affatto e non chiede nulla. Pertanto - ed è questa la richiesta che formulo al Governo - è bene chiarire e sapere, è bene che l'opinione pubblica cosentina, calabrese e nazionale sia informata su ordine di chi, in che forme, e per quali motivi, il funzionario della DIGOS, non avendo ricevuto alcun mandato dalla DDA di Catanzaro, si è recato ad acquisire i nomi dei candidati delle liste elettorali, depositate al comune di Cosenza. Per quale motivo si è deciso di acquisire i predetti nomi con tale clamore, anziché attraverso la semplice lettura delle pubblicazioni affisse sui muri della città?
Perché non sono state tenute nella debita considerazione dalla questura di Cosenza, e dal funzionario che ha operato, le autorevoli dichiarazioni rilasciate dal prefetto Luigi De Sena che smentivano, aPag. 79soli due giorni dalla loro formulazione, le affermazioni, tanto gravi quanto false, dell'onorevole Adamo? Perché la questura, nell'immediatezza dei fatti, non ha smentito la notizia apparsa con tanta evidenza sulla stampa locale, che non si trattava di sequestro e che non aveva ricevuto alcun mandato dalla DDA di Catanzaro, né per sequestrare né per acquisire le liste elettorali? Inoltre, considerato che la notizia dell'intervento della DIGOS fu pubblicata su tutti i mezzi d'informazione, utilizzando le medesime espressioni, quasi le stesse identiche parole, ritengo che il Governo debba chiarire chi fu a divulgare - e per conto di chi - quella che appare essere una velina.
Signor Presidente, signori del Governo, sono questi i fatti, che sono di una gravità inaudita.
Il nostro gruppo ha presentato l'interpellanza urgente in esame, non tanto e non solo per tutelare l'interesse di parte, non tanto e non solo per tutelare l'interesse e l'onorabilità del nostro partito e dei suoi dirigenti, ma per salvaguardare la democrazia. Qui vi è stata una campagna di odio, che è stata la causa di un'azione di funzionari dello Stato, e che ciò sia avvenuto in una regione dove la democrazia è così in pericolo e dove la sensibilità democratica è messa a dura prova e a repentaglio dall'azione devastante della criminalità organizzata, ritengo - signor Presidente - sia di una gravità inaudita. Su tali fatti, signor Presidente e signori del Governo, è doveroso fare piena luce, in tutte le sedi, e soprattutto ritengo che l'opinione pubblica debba essere informata veramente di quanto è successo in quelle elezioni di Cosenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.

ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, sull'episodio del cosiddetto sequestro delle liste dei candidati all'elezioni comunali di Cosenza, cui si riferiscono gli interpellanti, il questore di quella provincia ha precisato che le notizie riportate dalla stampa si riferivano in realtà non ad un sequestro stricto iure, bensì ad un'attività di verifica che la locale DIGOS ha doverosamente espletato a seguito di denunce di taluni esponenti politici calabresi, pubblicate attraverso gli organi di informazione pochi giorni prima della consultazione elettorale amministrativa del 28 e 29 maggio 2006 e concernenti la presenza nelle liste elettorali di candidati con pregiudizi penali.
Lo stesso questore, nel precisare che non è stata sequestrata alcuna lista, come erroneamente indicato dalla stampa, ha evidenziato come siano stati solamente acquisiti i nominativi di tutti i candidati, peraltro ampiamente noti, essendo le relative liste già da tempo affisse negli appositi spazi, sottolineando che tali verifiche sono state eseguite nel pieno rispetto delle normative vigenti.
Tale ricostruzione corrisponde, del resto, alle notizie che anche il Ministero della giustizia ha già fornito in occasione di altro atto di sindacato ispettivo.
Infatti, in ordine alla circostanza riportata su alcuni organi di stampa secondo la quale l'acquisizione delle liste sarebbe stata disposta su iniziativa dell'autorità giudiziaria e precisamente del sostituto procuratore, dottoressa Rossella Sforza, ricordo che già il 13 marzo scorso in occasione della risposta ad una interrogazione in Commissione dell'onorevole Buemi relativa alla medesima vicenda, il rappresentante del Ministero della giustizia, sentita la procura della Repubblica di Cosenza, aveva chiarito che il predetto sostituto procuratore non aveva conferito alcuna delega per l'acquisizione di copia delle liste dei candidati al consiglio comunale. In quell'occasione è stato precisato che è in corso il procedimento penale n. 835/2005 del registro generale, ma che nell'ambito di questo, nel periodo precedente la consultazione elettorale, non sono state richieste o rilasciate deleghe per l'acquisizione di copia delle liste.
Il Ministero della giustizia ha anche precisato che, nell'ambito del medesimo procedimento o di altri procedimenti, non risulta vi sia stata da parte della procuraPag. 80nessuna richiesta per l'acquisizione della documentazione e che, nella segnalazione di reato e negli allegati, non è contenuto alcun atto che si riferisca alle liste dei candidati.
Sulla base di questi elementi, ritengo plausibile che il risalto dato dalla stampa all'episodio dell'acquisizione degli elenchi dei candidati da parte della DIGOS sia stato amplificato dal clima politico teso che ha contraddistinto la competizione elettorale in quel comune, dove, è bene ricordare, si era verificata l'esclusione delle liste di Alleanza nazionale, poi riammessa dal TAR, e di Forza Italia, circostanza quest'ultima che ha avuto un seguito giudiziario per una denuncia-querela presentata dal candidato sindaco Sergio Bartoletti.
A proposito di quest'ultimo procedimento, relativo ad asserite irregolarità verificatesi presso il comune di Cosenza in occasione della presentazione delle liste dei candidati, il Ministero della giustizia ha peraltro riferito che, da ultimo, il 18 aprile scorso il pubblico ministero ha reiterato la richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari, richiesta alla quale 21 maggio scorso il Bartoletti ha proposto opposizione. La relativa Camera di consiglio è stata fissata dal giudice per le indagini preliminari per il prossimo 4 ottobre.
Proprio in considerazione del clima acceso che, sin da principio, ha contraddistinto la competizione elettorale, convengo peraltro sul fatto che l'iniziativa della DIGOS, valutando meglio il risalto mediatico che ad essa avrebbe potuto essere riservato, probabilmente avrebbe potuto essere condotta con tempi e modalità in grado di assicurare una maggiore discrezione.
Sulla base delle informazioni acquisite presso le autorità locali non risultano tuttavia elementi per sostenere che vi sia stata un'interferenza sullo svolgimento democratico della campagna elettorale, il cui esito, peraltro, ha visto prevalere il candidato Salvatore Perugini con oltre 24 mila voti validi, pari a circa il 54 per cento dei suffragi, con ampio margine, quindi, rispetto al quorum richiesto per l'elezione al primo turno. Per quanto riguarda il merito delle denunce presentate, è doveroso invece rimettersi all'esito dei richiamati procedimenti penali in corso.

PRESIDENTE. Il deputato Mancini ha facoltà di replicare.

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, sono senza parole. Innanzitutto, mi sia consentito di esprimere un rammarico per il fatto che non sia presente in aula, per rispondere alla nostra interpellanza, il Ministro dell'interno, né i quattro sottosegretari all'interno, dal momento che rientra tra i loro doveri istituzionali anche quello di rispondere alle interpellanze urgenti presentate dai deputati. Il Parlamento non è un «orpello» della democrazia. Dico questo con tutto il rispetto per il senatore Maritati. Tuttavia, signor sottosegretario, nella sua risposta manca il punto centrale.
Se è vero che il clima era «incandescente», immagino che non lo sia stato - lei è un dirigente politico come me - soltanto nel corso delle elezioni comunali di Cosenza, ma ovunque.
Ciò nonostante, la DIGOS non va a sequestrare le liste elettorali perché c'è un clima «incandescente». La DIGOS, signor sottosegretario, a Cosenza non doveva sequestrare le liste elettorali, perché non un dirigente politico, le cui denunce in campagna elettorale possono avere un peso anche condizionato dal clima della stessa, ma un prefetto, un superprefetto, il presidente della Conferenza regionale delle autorità di Pubblica Sicurezza aveva dichiarato in maniera chiara, netta, precisa e puntuale, il giorno dopo la presentazione di quelle denunce, che esse erano false.
Questo è il punto. Ho letto anch'io - lei le ha riportate - le dichiarazioni del questore. Forse ha sbagliato a dare una tale enfasi, che, però, signor sottosegretario, ha influito oggettivamente sull'esito elettorale. Mi consenta di preoccuparmi rispetto all'osservazione che lei ha fatto. L'avvocato Perugini ha vinto del 4 per cento (che rappresenta oltre 800 voti);Pag. 81signor sottosegretario, mi preoccupa molto l'osservazione secondo cui la DIGOS e gli apparati dello Stato possono agire come credono, anche oltrepassando le regole! Signor Presidente, il fondamento della democrazia consiste nel rispetto delle regole e delle leggi! Esse, invece, non sono state rispettate e il loro mancato rispetto ha causato un vulnus nell'esercizio e nell'espressione del libero voto da parte dei cittadini di Cosenza.
Questo è il testo di un articolo riportato sulla stampa locale (Il deputato Mancini mostra una copia di un articolo di giornale): liste in mano alla DDA, la foto dell'onorevole Adamo, quella del sostituto procuratore della Repubblica. Non so, signor Presidente, se esista uno zoom, ma questi sono i titoli e i fatti. Essi meritano una censura, una sanzione nei confronti di chi ha esercitato e ha prodotto una condotta, che ha falsato l'esito democratico.
Signor Presidente, nella sua risposta lei ha fatto riferimento all'interrogazione che anche io avevo citato. Il sottosegretario Li Gotti era stato chiaro e perentorio nell'escludere che la DDA avesse dato mandato al sequestro, tuttavia sosteneva - e lei lo cita - che esiste un procedimento giudiziario, il n. 835 del 2005. Immagino che esisterà il n. 836 del 2005, il n. 837 e così via! Il 2005 è però l'anno che precede la campagna elettorale. Mi vuole spiegare cosa c'entri quel procedimento con la campagna elettorale che si svolge nel 2006? Oggi, signor sottosegretario, siamo nel 2007! Quale fine ha fatto quel procedimento? Sono senza parole!
Ritengo che si sia verificato nelle elezioni comunali di Cosenza un vulnus grave per la democrazia; ritengo, altresì, che il nostro Governo, che conduce - e dovrebbe farlo sempre di più - una lotta alla criminalità organizzata e a tutte le consorterie mafiose, che purtroppo sono presenti nel Mezzogiorno e in Calabria - dovrebbe fare in modo che i suoi funzionari, i suoi servitori, rispettino le regole e diano un buon esempio.
A Cosenza non hanno dato quell'esempio. In qualche modo sottolineo positivamente il tenore della sua risposta, vi scorgo una timida censura, una critica, una sottolineatura negativa di quell'episodio. Questo Governo però, signor sottosegretario, ha il dovere di impedire che ciò avvenga di nuovo e che vi siano condizionamenti così evidenti dell'esito elettorale.
Infine, signor sottosegretario, mi lasci dire che il collegamento tra settori del centrosinistra, settori del centrodestra, azioni della Digos e di apparati dello Stato è veramente inquietante. Se non si lavora per cancellare tali connivenze negative, non ci sarà futuro per Cosenza, per la Calabria e per il Mezzogiorno, perché sarà negata la democrazia, la stessa che è stata cancellata nella vicenda comunale di Cosenza.
Questo è il punto e io ho il dovere di sottolinearlo nell'interesse - concludo come nella mia esposizione - non tanto e non solo dei dirigenti del mio partito, che sono stati infangati ingiustamente, ma nell'interesse dei cittadini che sono stati condizionati nel loro libero esercizio del diritto di voto. Questo è accaduto in Italia nel 2006 a causa di un comportamento negativo che si è verificato e che oggi qui abbiamo accertato.

(Opere infrastrutturali da realizzare in Sicilia con le risorse originariamente destinate alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina - n. 2-00568)

PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00568, concernente opere infrastrutturali da realizzare in Sicilia con le risorse originariamente destinate alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, l'argomento è molto noto non solo a tutta l'Assemblea, ma credo anche a tutti i cittadini siciliani e calabresi e a gran parte dell'opinione pubblica nazionale.
Il Governo ha deciso in maniera, secondo noi, errata di accantonare la realizzazione del ponte sullo stretto di MessinaPag. 82dopo che già erano state ultimate tutte le procedure propedeutiche, compreso l'affidamento dell'opera.
In quell'occasione il Governo affermò che avrebbe destinato le somme previste per la realizzazione del ponte ad altre infrastrutture situate, in particolare, in Sicilia e in Calabria. Appare pertanto doveroso, a distanza di quasi sette mesi, chiedere a quanto ammontano esattamente le somme accantonate, in quale parte nel bilancio dello Stato sono iscritte, quali opere infrastrutturali sono previste e quali sono i tempi di realizzazione.
Saremmo veramente grati di una risposta esauriente su questo argomento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Antonangelo Casula, ha facoltà di rispondere.

ANTONANGELO CASULA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00568, gli onorevoli La Loggia e Leone pongono alcuni quesiti in ordine alle infrastrutture compensative del ponte sullo stretto di Messina.
Al riguardo si fa presente che l'articolo 2, comma 91, della legge 24 novembre 2006, n. 286, che ha convertito in legge il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (collegato fiscale), ha previsto, tra l'altro, l'abrogazione del precedente vincolo normativo che imponeva all'IRI, ora alla Fintecna, di detenere almeno il 51 per cento del capitale sociale della società Stretto di Messina Spa.
Il comma 92, conformemente alla decisione del Governo di non ritenere la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina un'opera prioritaria, stabilisce che «le risorse finanziarie inerenti agli impegni assunti da Fintecna Spa nei confronti di Stretto di Messina Spa, al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia e il continente, una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato le azioni di Stretto di Messina Spa possedute da Fintecna Spa, sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ed iscritte, previo versamento in entrata, in due distinti capitoli di spesa del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
Il comma 93 ha disposto, inoltre, che le risorse di cui al comma 92, nel rispetto del principio di addizionalità, siano assegnate per il 90 per cento alla realizzazione di opere infrastrutturali e per il 10 per cento ad interventi a tutela dell'ambiente e della difesa del suolo e che le stesse vengano destinate, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia e, per la restante parte, ad interventi nella regione Calabria.
In attuazione di quanto sancito dalle predette disposizioni legislative, le modalità di utilizzo delle predette risorse dovranno essere stabilite, per la parte relativa agli interventi infrastrutturali, con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria, e, per la parte relativa agli interventi in materia ambientale, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Sicilia e Calabria.
In data 5 giugno 2007, i consigli di amministrazione di Fintecna Spa e ANAS Spa hanno deliberato il progetto di scissione del ramo di azienda Fintecna costituito dalla partecipazione in Stretto di Messina Spa, con conferimento dello stesso ad ANAS Spa.
Secondo le stime di Fintecna Spa, il ramo d'azienda da scindere sarà costituito dal valore di carico della partecipazione della citata società in Stretto di Messina Spa, dall'attribuzione di mezzi propri di pari importo e dalle altre poste patrimoniali connesse al ramo d'azienda.
Si soggiunge che il giorno 28 giugno 2007 le assemblee di Fintecna Spa e ANAS Spa hanno approvato il progetto di scissione del ramo d'azienda deliberato dai rispettivi consigli d'amministrazione. Dopo il trasferimento delle azioni Fintecna Spa in Stretto di Messina Spa ad ANAS Spa, ai sensi delle citate disposizioni,Pag. 83si procederà al versamento delle risorse finanziarie, impegnate da Fintecna per la realizzazione del progetto, al bilancio dello Stato.
Per quanto concerne, infine, il quesito relativo alle specifiche opere infrastrutturali che si intendono finanziare e realizzare con tali risorse in Sicilia, il Ministero delle infrastrutture ha comunicato di aver avviato un approfondimento istruttorio con le regioni interessate al fine di identificare gli interventi prioritari che potranno essere realizzati con le risorse in questione.
Il confronto istruttorio ai fini della predisposizione degli schemi di accordo preliminare con le regioni Sicilia e Calabria è attualmente in fase conclusiva.

PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di replicare.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, oserei dire che sono molto più che insoddisfatto, perché apprendiamo alcune notizie interessanti, sicuramente, ma tutte negative.
Il sottosegretario mi consentirà di affermare - non gliene voglio fare una colpa, ma d'altro canto ha sostanzialmente riferito quello che gli risulta - che ciò che egli ha detto non risponde minimamente alle domande che io gli ho posto.
Ancora alla data di oggi - siamo al 5 luglio -, quanto mai è stato opportuno il rinvio della risposta a questa interpellanza nelle ultime settimane! Abbiamo così potuto apprendere che, proprio in questi ultimi giorni di giugno, vi è stata una serie di trasferimenti di azioni da una società all'altra, da Fintecna all'ANAS e via di seguito. Con riferimento, signor sottosegretario, a che cosa?
La prima domanda è la seguente: a quanto ammontano queste somme? Lei ci ha detto che sono state trasferite delle azioni da qui a lì, ma non ci ha detto per quale valore.
Ci ha detto che queste somme sarebbero state appostate in due specifici capitoli del bilancio dello Stato, ma non ci ha specificato quali; sicché non è possibile sapere a quanto ammonti la somma destinata a tali eventuali opere infrastrutturali. Sono passati più di sei mesi, direi quasi sette, e lei oggi ci ripete che ancora non si è fatto lo studio relativo alla individuazione di quali opere devono essere realizzate con queste somme, il cui ammontare peraltro non si conosce. D'altronde, come si fa a individuare delle opere da realizzare se non si sa su quante disponibilità finanziarie si può contare per poterle realizzare?
Tutto ciò ovviamente avverrà d'intesa - ce ne compiacciamo molto - tra il Governo della Repubblica e quello della regione siciliana, ma io ricordo bene, come penso chiunque potrà ricordare (basta leggere anche i resoconti parlamentari), che si fece riferimento ad alcune specifiche opere, viarie e ferroviarie, quando si parlò dell'accantonamento della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina in quanto, a giudizio di questo Governo, esso non era più da considerare un'opera prioritaria.
Si svolse un amplissimo dibattito, al quale parteciparono eminenti esponenti, al massimo livello dei partiti dell'attuale maggioranza; ricordo i ministri Rutelli, Pecoraro Scanio, Di Pietro, lo stesso Padoa Schioppa, diversi autorevolissimi rappresentanti i quali criticavano l'impostazione del precedente Governo, affermando: «Come è possibile realizzare il ponte di Messina se prima, o quanto meno contestualmente, non vengono realizzate opere strutturali essenziali per poter rendere ancora più utile il collegamento viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente?».
Le opere erano dunque in qualche modo definite, perché le avevamo definite noi, col precedente Governo e le avremmo realizzate esattamente contestualmente alla realizzazione del ponte. Pertanto, la giustificazione che si sarebbe realizzato il ponte senza avere preventivamente o contestualmente realizzato le opere essenziali affinché esso potesse essere utilizzato al massimo della sua potenzialità era già prima un'accusa falsa. Oggi diventa sconvolgente apprendere che ancora si sta studiando quali siano le opere che debbono essere realizzate: erano quelle giàPag. 84individuate! E fu confermato, peraltro, all'interno di quel dibattito, al quale, come ho ricordato, avevano partecipato esponenti di particolare rilievo dell'attuale maggioranza, dell'attuale Governo.
Allora, non c'è niente di vero? Da cittadino e parlamentare siciliano ho il dovere di riferire ai siciliani che non solo non sarà realizzato il ponte, come purtroppo sanno - almeno sino a quando sarà in vita questo Governo, speriamo per poco: certo, se torniamo al Governo noi realizzeremo il ponte, questo è fuori discussione - ma non si hanno neanche certezze su quale sia l'ammontare delle somme disponibili e, soprattutto, su che cosa fare. È francamente sconvolgente apprendere, dopo sette mesi, che siamo non al punto di partenza, ma ancora prima del punto di partenza, anzi peggio. È vero infatti che vi erano delle somme appostate presso le società Fintecna e Ponte di Messina, ma, per ciò che risulta e come peraltro fu molto ben chiarito proprio in quel dibattito in cui noi insistevamo molto perché il Governo, cambiando opinione, si impegnasse nella realizzazione del ponte di Messina (il Governo sa benissimo questo, perché non sono notizie riservate, ma pubbliche: in particolare, lo sanno benissimo il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e tutti quelli interessati alla realizzazione di queste opere), i fondi erano in parte disponibili e in parte avrebbero dovuto essere reperiti sul mercato per la realizzazione di quell'obiettivo.
Non è che tali fondi uscivano dal cassetto di Fintecna ed entravano in quello del Ministero dell'economia e delle finanze per essere immediatamente disponibili per la realizzazione di qualunque opera!
Purtroppo, credo proprio che la situazione sia questa: le sue parole me lo confermano, poiché - lo ripeto ancora una volta e concludo - lei non indica dove sono questi fondi, ma si limita a citare semplicemente taluni capitoli, peraltro non indicando neppure i numeri. Per carità, vi sono bellissime intenzioni. Il 90 per cento dei fondi sarà destinato alle opere e il 10 alla tutela dell'ambiente: proposito ammirevole! Il 70 per cento andrà alla Sicilia e il 30 alla Calabria: ne siamo tutti contenti. Certo, forse sarebbe stato più corretto l'80 e il 20, ma va bene anche così, perché il 70 per cento di zero è zero e il 30 per cento di zero continua ad essere zero. Dunque, considerato che non vi sono fondi, saremo felici e contenti di avere una più ampia percentuale di disponibilità, ma di cosa? Di nulla: poiché, a quanto pare, di disponibile non c'è proprio nulla.
Lei non ci dice nulla neppure per quanto riguarda l'individuazione delle opere da realizzare. La ragione si comprende bene. L'ho già detto e lo ripeto: come si fa ad individuare opere che hanno un costo definito o definibile senza avere le risorse per poterle realizzare?
Signor sottosegretario, la ringrazio molto: lei mi ha fornito spunti notevoli per poter far conoscere ai miei concittadini siciliani e calabresi (ma mi auguro anche a una parte quanto maggiore possibile dell'opinione pubblica nazionale) come - per utilizzare una locuzione che in Parlamento può essere adoperata, anche se fuori sarei sicuramente più esplicito ed utilizzerei forse un'espressione gergale - non si stia facendo altro che prendere in giro i siciliani, i calabresi e il resto dei cittadini italiani.
In proposito, mi lasci dire che forse avreste potuto adoperare un minimo di accortezza in più, anche nell'interesse della vostra maggioranza e del vostro Governo, nel trattare una materia che sapete essere particolarmente sensibile per l'opinione pubblica siciliana, calabrese e dell'intero Mezzogiorno. Avreste potuto mostrare un atteggiamento un poco più serio e consono all'importanza dell'argomento in discussione.
In conclusione, dunque, la ringrazio molto, poiché mi ha dato modo di conoscere ulteriormente sino a qual punto si pretende di prendere in giro il popolo italiano e, in particolare, il popolo siciliano e quello calabrese.

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(Disposizioni legislative recanti nuove imposizioni fiscali approvate dal Consiglio regionale della Sardegna - n. 2-00626)

PRESIDENTE. Il deputato Pili ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00626, concernente disposizioni legislative recanti nuove imposizioni fiscali approvate dal Consiglio regionale della Sardegna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).

MAURO PILI. Signor Presidente, visti i tempi trascorsi e considerata la possibilità che il Governo ha avuto di esaminare la mia interpellanza già oltre un mese fa, credo che la risposta che occorre aspettarsi sia autorevole, puntuale e decisiva, a fronte di un tema così delicato e importante, che non riguarda solo la Sardegna ma ha implicazioni su scala nazionale. È infatti evidente che l'argomento di cui stiamo parlando chiama in causa le norme costituzionali e le regole che sovrintendono la gestione dei rapporti fra lo Stato e il regime fiscale delle regioni.
Credo che in proposito sia assolutamente indispensabile - e lo dico al rappresentante del Governo, che ho avuto già modo di ascoltare nel corso della discussione della precedente interrogazione, di oltre un mese fa - un'assunzione di responsabilità da parte del Governo su un tema così importante sul piano non soltanto del rispetto del diritto, ma anche della salvaguardia degli interessi della Sardegna e dei sardi.
Credo che sia possibile per tutti comprendere che questo problema non ha un aspetto meramente politico, ma presenta risvolti che riguardano l'economia: in questi giorni, infatti, si sta riscontrando un calo evidente nella presenza turistica in Sardegna e altri Stati stanno traendo vantaggi da queste imposizioni fiscali e da queste nuove tasse (è il caso, ad esempio, della Francia, che attraverso la Corsica ne trae un diretto beneficio).
Ho il sospetto e la preoccupazione che, ancora una volta, il Governo voglia trincerarsi in una mancata risposta. Dico ciò nel preambolo, illustrando l'interpellanza, per spiegare al rappresentante del Governo che sarà il Governo stesso a scegliere il ruolo che esso intende condurre rispetto a questo tema. Vi sono, al riguardo, quattro fattispecie: la negligenza o la reticenza; si tratta, cioè, di scegliere la negligenza o la reticenza in ordine a questo tema. Ma vi sono anche altre due fattispecie: l'incapacità o la complicità del Governo nel dare risposte compiute.
Sta a lei, signor rappresentante del Governo e al Ministro Lanzillotta, che l'ha autorevolmente delegato a rappresentarla in questa sede, non confondere - e lo voglio sottolineare al Presidente della Camera, per il rispetto che deve essere portato a questa Assemblea - le ragioni di partito e di coalizione con quelle istituzionali e di diritto che regolano i rapporti tra il Governo e, appunto, il Parlamento.
Cercherò brevemente, signor Presidente, di spiegare per quale ragione il Governo non deve continuare a coprire, in maniera reiterata, le illegittimità che si stanno compiendo a mani basse e a piene mani in Sardegna. Se esiste ancora uno Stato di diritto, il Governo ha il dovere di tutelarlo, e se esso deve esistere, ciò serve soprattutto per tutelare gli interessi della Sardegna e dei sardi.
Signor rappresentante del Governo, partiamo da una considerazione dei danni: il deterrente per il turismo. Come dicono anche i vostri compagni di viaggio ed i rappresentanti della vostra stessa coalizione, in Sardegna vi è un deterrente per il turismo che si chiama nuova, pericolosa tassazione per il turismo. Si tratta di un deterrente per il ruolo della Sardegna come isola al centro del Mediterraneo. È, infatti, evidente che la tassazione sulla politica nautica al centro del Mediterraneo e la nuova imposizione fiscale costituiscono un deterrente rispetto alla possibilità di attrarre in Sardegna nuovi traffici e nuove opportunità di sviluppo, anche della nautica.
Quella che vi chiediamo di impugnare è, anche, una legge contro gli emigrati sardi: per la prima volta, nella storia autonomistica, la regione propone di trattarePag. 86gli emigrati sardi alla stregua di qualsiasi viandante che ritorna in Sardegna. Ciò non è accettabile! Se il Governo dovesse legittimarlo, coprendo una illegittimità palese, ne sarebbe complice a tutti gli effetti.
Si tratta di un provvedimento che porta la Sardegna verso il dissesto finanziario: un miliardo e mezzo di euro risultano impegnati con le risorse che dovrebbero arrivare - ed uso il condizionale, non a caso - nel 2013-2015; ma tali risorse sono oggi inesistenti, in alcun modo contabilizzabili nel bilancio di competenza del 2007, e ciò per una semplice ragione. Vi è stato, infatti, nell'ultima legge finanziaria un accordo-capestro con il quale lo Stato si è lavato le mani e si è sollevato dalla responsabilità economico-finanziaria e gestionale del più grande costo finanziario della regione, quello della sanità, scaricando su di essa, unico caso tra le regioni autonome, il cento per cento dei costi della sanità e della continuità territoriale. Alla fine, sommando e sottraendo, l'operazione così confezionata rappresenta un'operazione a perdere per la Sardegna e per i sardi.
Vorrei, signor Presidente, provare a spiegare le ragioni per le quali il Governo sarebbe negligente, complice ed incapace, qualora oggi non dovesse dichiarare l'impugnazione di questa legge finanziaria. Utilizzerò, al riguardo, le sole parole che il Consiglio dei Ministri ha impiegato per impugnare la precedente legge che istituiva queste nuove tasse. Quando lei, signor sottosegretario, qualche mese fa ha preannunciato la volontà di disporre per intero dei sessanta giorni, ha sottaciuto, invece, sulla decisione obbligatoriamente già assunta dal Consiglio dei Ministri relativamente ad una fattispecie di tassazioni, guarda caso, uguale a quella oggetto della nostra stessa interpellanza.
Lei sa, signor sottosegretario, cosa è scritto nell'impugnazione del Consiglio dei ministri? Vi è affermato che tali imposte sono illegittime sul piano costituzionale, e tale assunto è stato anche argomentato. Pertanto, se lei oggi sosterrà in questa sede che le leggi regionali non saranno impugnate, ciò è dovuto al fatto che lei farà da paravento, sarà il muro, la copertura del Ministro Lanzillotta, che magari sottobanco tenterà - come ha già fatto - di far passare tutte le illegittimità possibili e immaginabili come operazioni straordinarie, fortunatamente cassate dalla sezione della Sardegna della Corte dei conti, che ha stabilito che si tratta di operazioni illegittime sotto ogni punto di vista.
La ragione della necessità dell'impugnazione risiede solo in un concetto: la Corte costituzionale, richiamata dal Governo nel precedente ricorso, ha sancito che nessuna regione - tanto meno se autonoma, in vista anche della previsione statutaria dell'articolo 8 - può impegnare nuove risorse, e soprattutto non può prescindere dal fatto che la nuova legislazione regionale non è ammissibile perché non esiste un sistema di tributi sostanzialmente governati dalle regioni, ma vi è la possibilità di concretizzare l'articolo 119 della Costituzione solo se è presente una norma attuativa del Parlamento nazionale. Tale disposizione - onorevole sottosegretario, lei dovrebbe saperlo meglio di me - non esiste, non fosse altro perché il Governo, dieci giorni fa, ha licenziato un provvedimento, sul quale discuteremo nei prossimi mesi, assolutamente privo di contenuto, e che certamente dimostra che la Corte costituzionale aveva ragione a dichiarare illegittima qualsiasi nuova tassazione regionale.
Per quale motivo non si dovrebbe impugnare? Ritengo doveroso sottolineare che la Corte costituzionale, fra l'altro, afferma che non si possono desumere i principi fondamentali, per un sistema tributario nuovo, dalle leggi del sistema precedente. Quindi, la risposta, forse affrettata, data qualche settimana fa sulla circostanza che il Governo volesse modificare le stesse norme, non ha nulla a che vedere con la questione. Il Governo affermò, concludendo il suo ricorso, che non era necessario ritornare sui profili di legittimità costituzionale delle singole norme, perché vi è una violazione palese della Costituzione, richiamando appunto gli articoli 119 e 117 della Carta fondamentale.Pag. 87
Quanto al ruolo della Corte dei conti, signor sottosegretario, anche in questo caso vi è un abuso, un'illegittimità, una copertura palese da parte del Ministro per gli affari regionali, che con un'intesa, mai scritta, pronunciata, dichiarata o verbalizzata, ha sostenuto la tesi che si potessero impegnare risorse del 2013, 2014 e 2015 utilizzandole nel bilancio del 2006 e del 2007. Si tratta di una violazione che abbiamo evidenziato in un atto di sindacato ispettivo presentato nel gennaio 2007 e al quale il suo Ministro non ha dato alcuna risposta. In questa occasione mi permetto di far rilevare al Presidente della Camera la negligenza - e sottolineo tale termine - del Governo, che manca di rispetto a questa Assemblea e ai parlamentari che esercitano la funzione di sindacato ispettivo. Anche in quell'atto era denunciato che si assisteva ad una violazione palese del principio di veridicità del bilancio.
Signor sottosegretario, la sezione della Sardegna della Corte dei conti, tre giorni fa, ha emesso - per quanto ci riguarda - una sentenza di condanna, perché ha sostanzialmente sancito che la norma contrasta con il parametro costituzionale dell'annualità del bilancio e dell'obbligo di copertura attuale di ogni legge di spesa. Pertanto, finanziare leggi di spesa nell'esercizio corrente con entrate non attuali ma future non realizza l'obbligo della copertura, e quindi vi è una palese illegittimità costituzionale.
Signor sottosegretario, signor Presidente, credo che sia assolutamente palese il fatto che la sezione della Sardegna della Corte dei conti ha affermato che il bilancio e la legge finanziaria devono essere impugnati dinanzi alla Corte costituzionale.
Pensate cosa potrebbe accadere se, in tutte le regioni italiane, senza delimitazione di tempi, si potessero impegnare le risorse del 2020, 2030 o 2040 a discrezione del governatore maggiormente riluttante al rispetto delle leggi. Credo che ciò sia la dimostrazione della mancanza del fondamentale principio del rispetto costituzionale e, nel caso di specie, di un danno economico alla Sardegna e ai sardi del quale il Governo nazionale rischia di diventare complice, insieme a quello regionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali, Pietro Colonnella, ha facoltà di rispondere.

PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, il problema cui ha fatto riferimento l'onorevole Pili, come ho già avuto modo di esporre nella seduta dell'Assemblea del 7 giugno, e anche come altri rappresentanti del Governo hanno illustrato presso la V Commissione (Bilancio) della Camera il 14 giugno, riveste una particolare delicatezza, per la quale le diverse amministrazioni coinvolte stanno operando i consueti approfondimenti per consentire, nei tempi previsti dall'ordinamento, una corretta ed efficace valutazione dei fatti da parte del Consiglio dei ministri.
D'altronde, onorevole Pili, nella gestione della cosa pubblica, vi sono questioni (come quella da lei sollevata), di particolare rilevanza e complessità tecnica, finanziaria e costituzionale, che inevitabilmente richiedono tempi di approfondimento, in ragione dei quali lo stesso legislatore ha accordato un periodo di sessanta giorni. Non è un caso che vi sia tale termine di fronte a questioni così complesse. Si tratta, infatti, di una materia complessa, che necessita di dovuti approfondimenti tecnico-giuridici, poiché riguarda i profili relativi al principio di uguaglianza tra i cittadini.
Peraltro - ciò mi permette di dissentire da alcune previsioni negative e, per certi versi, catastrofistiche, contenute nell'interpellanza in esame, relative ai flussi di turismo in Sardegna - non ci risulta che, al di là dei profili di legittimità per i quali abbiamo sessanta giorni di tempo per decidere, la tassa sugli aeromobili o su altri beni di rilievo abbia determinato un calo del turismo nella regione Sardegna; anzi, ci risultano dati di crescita, comePag. 88nella vicina Corsica. Pertanto, a nostro avviso, non vi sono motivi tali per cui bisogna affrettarsi, nelle prossime ore, per l'eventuale ricorso dinanzi alla Corte costituzionale, che peraltro non escludo. È inoltre opportuno rilevare che, a partire dallo scorso anno, sono state assunte tutte le iniziative nei confronti della regione Sardegna, come osservato dall'interpellante, tese a ricondurre le disposizioni in questione nell'ambito della legittimità costituzionale.
Segnalo, infine, per completezza di informazione, che la regione Sardegna ha fornito anche motivazioni, quali, ad esempio, quelle sui beni ambientali e sull'uso per fini privati dell'ambiente, che è un bene pubblico scarso e limitato, dimostrando quindi una volontà di tutelare l'ambiente, al di là della cogenza delle leggi poi effettivamente varate. Vi era dunque una ratio anche in alcuni provvedimenti, i quali devono essere attentamente valutati prima di assumere una determinazione.
In ogni caso, come avevo sottolineato anche nella risposta precedente, l'interpellanza rappresenta un'utile sollecitazione, ma torno a chiedere agli onorevoli interpellanti di rispettare i tempi di legge previsti (sessanta giorni). Non essendovi ragioni di straordinaria urgenza, è necessario rispettare i tempi di legge a disposizione per poter prendere precisi, adeguati ed informati provvedimenti di merito.

PRESIDENTE. Il deputato Pili ha facoltà di replicare.

MAURO PILI. Signor Presidente, credo che chiunque possa comprendere la mia totale e convinta insoddisfazione. Una risposta confusa, priva di rispetto per il Parlamento, del rispetto che il Governo dovrebbe avere per interpellanze puntuali e, soprattutto, priva del rispetto nei confronti di se stesso. Il Governo, fornendo tale risposta, dimostra che, quando ha impugnato la norma sulle tasse un anno fa, lo ha fatto a cuor leggero, senza approfondire, senza dare a quell'impugnativa la dimostrazione, che deve essere palese, di rispettare le norme. Come è stato possibile che un anno fa le stesse norme siano state impugnate? Non è cambiata una virgola!
Non so dove il sottosegretario si sia inventato l'utilizzo delle risorse in chiave ambientale. È un'invenzione forse giunta telefonicamente da qualche sprovveduto della Sardegna. Non è assolutamente accettabile che possano arrivare stoltezze di una tale portata in un'aula parlamentare. La superficialità o vi è oggi o vi era prima! Il Governo, da questo punto di vista, è responsabile! Sono convinto che i sessanta giorni servano all'Esecutivo per cercare di capire come può uscire dall'impasse di considerare il Parlamento una sezione di partito anziché un luogo istituzionale, e di considerare il Governo il luogo dove si esaminano tali questioni al di sopra delle parti, nell'interesse, soprattutto, in questo caso, del rispetto del diritto. In questa situazione avete dimostrato non solo di non rispettare il diritto, ma anche di voler tergiversare, prendere tempo e fornire argomentazioni assolutamente destituite di fondamento.
Il Governo nella risposta ha sostenuto che sta operando per dare agli uffici la possibilità di esaminare la complessità tecnica e costituzionale della questione. Ma come è possibile che la Corte dei conti, un organismo che sovrintende alla regolarità e alla verifica dei conti pubblici, abbia, molto prima del Governo, deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale il provvedimento, che riguarda l'imputazione di 3 mila miliardi delle vecchie lire? Non stiamo parlando di minuzie, ma di 3 mila miliardi delle vecchie lire, utilizzati nella competenza del 2007 a valere sul 2013, 2014 e 2015! Ma in quale altro Stato europeo, in quale altra regione italiana, sarebbe consentita una simile violazione costituzionale? Da nessuna parte! Forse avete interessi politici e di parte da tutelare, a scapito degli interessi costituzionali e del rispetto del diritto.
Lei ha dichiarato che risultano dati in crescita sul turismo. Non so con chi abbiate parlato. Vi è stata tre giorni fa unaPag. 89conferenza stampa degli operatori turistici della Sardegna settentrionale, che è l'area più sviluppata dal punto di vista del turismo, i quali hanno sostenuto che vi è un allarme rosso per le presenze in Sardegna. Tutti i dati che arrivano dall'osservatorio regionale della presidenza della regione sono destituiti di fondamento. Sarebbe illogico sostenere che più tasse ci sono e più viene la gente! Sono, onorevole sottosegretario, argomentazioni talmente banali e ridicole, poco credibili, che non possono essere accettate e che debbono essere respinte. Non credo che sia assolutamente accettabile un ulteriore rinvio.
Sappia che vigileremo ora per ora sul comportamento del Governo. Quell'atto che il Ministro Lanzillotta ha accettato, relativamente all'operazione straordinaria del 2006 che è stata poi reiterata nel bilancio 2007 costituisce un'operazione pilatesca. Il Governo si sta macchiando di una visione pilatesca, se ne lava le mani facendo finta di non vedere, creando le condizioni per attribuire alla Sardegna una sorta di azione franca del governo regionale, ai danni dei sardi e della Sardegna.
Non so se lei abbia contezza di quante seconde case in Sardegna sono di proprietà degli emigrati, vale a dire dei figli di quella terra che hanno rimandato in Sardegna e in Italia i sacrifici di una vita e che oggi questo governo regionale, con la complicità di quello nazionale, vorrebbe tassare. Non so se lei sia a conoscenza di questo, forse nella telefonata con la Sardegna non gli è stato riferito. Probabilmente era meglio che il Governo utilizzasse i sessanta giorni per riguardare quanto ha già scritto, proseguendo in quella logica che ha animato la precedente decisione, vale a dire tenere conto del diritto e del rispetto delle norme costituzionali.
Oggi il Governo è complice, oggi con le sue parole ha dimostrato di essere complice. Il Governo Prodi copre le malefatte costituzionali del governo regionale, e credo che siamo di fronte realmente ad una negazione del diritto e al mancato rispetto della sovranità del Parlamento, che meritava maggiore considerazione da parte del Governo su un tema così delicato che riguarda non le parti politiche e i partiti, ma gli interessi delle nostre comunità.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 9 luglio 2007, alle 16:

Discussione del disegno di legge:
S. 1214 - Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca (Approvato dal Senato) (2599).
- Relatore: Ghizzoni.

La seduta termina alle 20,50.

DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO SALVATORE BUGLIO SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1538-A

SALVATORE BUGLIO. Signor Presidente, colleghi, quante volte abbiamo ascoltato impotenti e increduli lavoratrici che ci confidavano la loro voglia di maternità e l'impossibilità di realizzare quel sogno; quante volte abbiamo ascoltato lavoratori che non potevano manifestare le loro idee pena il licenziamento.
Con questa proposta di legge noi togliamo uno strumento ricattatorio dalle mani di alcuni imprenditori e ridiamo libertà e dignità a molti lavoratori. È una proposta di legge seria e non punitiva, essa cancella una pratica diffusa e devastante per un paese normale, civile, quella di chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori come condizione per l'assunzione una lettera di dimissioni firmata e senza data.Pag. 90Questa sarà usata come arma di ricatto indebolendo i diritti e la possibilità di usufruirne.
Se è vero che un quarto delle dimissioni sono estorte e riguardano soprattutto lavoratrici in maternità questo in buona sostanza vuol dire che vi sono migliaia di persone che vivono la loro attività lavorativa in una sorta di moderno caporalato. Questa pratica procura un danno per le imprese rispettose delle leggi e una ferita grave della dignità delle persone.
Noi con questa legge evitiamo abusi per qualunque ragione e qualunque sia il rapporto di lavoro. Si tratta di un passo avanti nella giungla del mercato del lavoro; un approccio culturale che segna una forte discontinuità con un filone di pensiero che sostiene che regole e diritti sono lacci e lacciuoli che ingessano il mercato del lavoro e rendono meno competitive le nostre imprese.
Questa logica sbagliata ha indebolito il nostro sistema paese. Infatti molte aziende invece di investire per innovare i propri prodotti hanno seguito la strada più comoda e alla lunga perdente: meno diritti e meno salari. Penso che le imprese italiane abbiano molto da recriminare verso lo Stato che ha prodotto un sistema paese che li danneggia (penso al fisco e alle infrastrutture).
Penso che il Governo debba sostenere maggiormente le nostre imprese: con più coraggio e meno approccio classista. Detto questo, i nostri imprenditori piccoli e grandi devono riconoscere dignità sociale ai lavoratori. In buona sostanza lavorare per un patto tra produttori non corporativo e che guardi agli interessi generali. Questa proposta di legge può essere l'inizio per debellare un male che sembrava invincibile: la precarietà; per avviare una nuova cultura politica che sia capace di scegliere la dignità del lavoro come motore per un nuovo sviluppo.
Per concludere, voglio ringraziare l'onorevole Nicchi e l'onorevole Titti Di Salvo per il loro impegno. Due donne e non è un caso. Grazie.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI FEDERICA ROSSI GASPARRINI, MARISA NICCHI E LUCIA CODURELLI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1538-A

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Nel nostro ordinamento sono già presenti tutele specifiche per i lavoratori, contro l'abuso delle cosiddette «dimissioni in bianco».
Ricordiamo l'articolo 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001, l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 e l'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 198 del 2006.
Tuttavia, risulta che al momento dell'assunzione, quando la lavoratrice ed il lavoratore si trovano in condizioni di particolare debolezza, per prassi in un certo numero, anche se contenuto, di imprese si fa sottoscrivere il documento di dimissioni in bianco con lo scopo di interrompere il rapporto di lavoro in caso di incidente o malattia.
Questo abuso si realizza soprattutto contro le donne giovani, per la preoccupazione delle imprese di una loro possibile maternità. È quindi apprezzabile ogni iniziativa che miri ad eliminare questo sopruso, prima che diventi strumento costante di ulteriore discriminazione contro le donne e la maternità.
La proposta di legge Nicchi ed altri n. 1538 ha lo scopo di introdurre un metodo certo per contrastare il fenomeno delle dimissioni volontarie in bianco, attraverso una più sicura rintracciabilità della data della lettera di «dimissioni volontarie». La rintracciabilità è garantita da un codice alfanumerico progressivo di identificazione del documento e dalla previsione dell'utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dagli uffici provinciali del lavoro e dagli uffici comunali.
Il gruppo dei Popolari-Udeur sostiene con convinzione il progetto di legge in esame, inquadrandolo in un quadro generalePag. 91di azioni volte a consolidare il rispetto dei principi ispiratori della Carta costituzionale ed i diritti dei lavoratori.
Il gruppo dei Popolari-Udeur ritiene altresì che sia importante sostenere il mondo dell'impresa italiana attraverso l'eliminazione della concorrenza sleale che può essere espletata da chi si muove utilizzando metodi e procedure non corrette.

MARISA NICCHI. Signor Presidente, nel dichiarare il voto di Sinistra Democratica sul disegno di legge n. 1538 voglio subito ringraziare la XI Commissione, in particolare il suo presidente onorevole Pagliarini e tutti i gruppi per il lavoro svolto, che ha permesso di arrivare oggi all'approvazione dell'Aula. Ringrazio tutte le colleghe che, trasversalmente, lo hanno sostenuto e migliorato. Ringrazio la relatrice, onorevole Titti Di Salvo, che durante l'iter, cominciato in occasione della legge finanziaria, ha assunto il ruolo di presidente del gruppo di Sinistra democratica, gruppo che ha voluto, con molta determinazione, portare in aula il provvedimento.
Ci auguriamo vivamente che l'esame del Senato, ove peraltro il testo è stato presentato per iniziativa della senatrice Silvana Pisa, avvenga in tempi brevi affinché il provvedimento diventi legge dello Stato; un articolo per neutralizzare una vessazione illegale, eppure diffusa nel silenzio per il ricatto che la ispira: l'assunzione con licenziamento incorporato.
È il ricatto che chiede alla lavoratrice ed al lavoratore, nel momento dell'assunzione, quando i datori di lavoro hanno un potere decisivo, la sottoscrizione di una lettera di licenziamento volontario in bianco: una lettera che verrà messa in un cassetto pronta per essere usata quando converrà al datore di lavoro.
È una spada di Damocle che graverà sulla vita dei soggetti coinvolti, messi in soggezione permanente, un intollerabile prezzo pagato al bisogno di lavoro: un sacrosanto diritto si trasforma in un ricatto che diventerà effettivo in caso di maternità o in occasione di una malattia o di infortunio.
Sono momenti delicati per le persone che una legislazione civile tutela e valorizza e che invece la logica selvaggia della convenienza economica trasforma in esclusione.
È una pratica che coinvolge le imprese più irresponsabili, specie al sud, o quelle più piccole, ove la soglia dei diritti riconosciuti si assottiglia e lascia più spazio a prevaricazioni, nonché le imprese più spregiudicate che pensano di stare sul mercato comprimendo diritti e tutele.
Questo comportamento lesivo di diritti e dignità è molto più diffuso di quanto emerga, seppure i dati di cui disponiamo, che sappiamo essere sottostimati - si parla di circa 18.000 casi all'anno -, siano una realtà significativa. Intollerabile.
La legge vuole prevenire il compiersi di questo arbitrio, vincolando la lettera di dimissioni volontarie all'uso di un modulo facilmente reperibile, numerato e a scadenza. Qualsiasi atto scritto al di fuori di questo modulo è nullo. Così si previene l'insorgere dell'abuso, andando oltre alla legislazione attuale (il testo unico a sostegno della maternità e paternità del 2001 e il codice per le pari opportunità del 2006) che già si era posta il problema, riguardo al contratto di lavoro subordinato, prevedendo una verifica ex post della veridicità delle dimissioni sospette date durante la gravidanza o entro il primo anno di matrimonio.
Ma la verifica successiva si infrange spesso con la difficoltà della lavoratrice e del lavoratore a sottrarsi al ricatto che perdura per il bisogno di lavoro e la paura di non trovarlo più.
Essi, che hanno l'onere della prova, anche nel caso in cui riescano a dimostrare l'illegittimità delle dimissioni, spesso preferiscono una buonuscita rispetto al reintegro in un posto di lavoro ove pagherebbero, in mille modi, l'atto di ricorso alla magistratura.
Insomma, il disegno di legge vuole prevenire la catena di abusi e ricatti che, malgrado il divieto delle leggi, hanno trovato il modo di compiersi per il potere diseguale che hanno le parti sociali chePag. 92stipulano il contratto di lavoro, poteri che la stessa Costituzione vuole equilibrati.
Vorrei invitare i colleghi alla lettura di un' inchiesta fatta dal quotidiano la Repubblica nel marzo scorso, a firma della giornalista Concita De Gregorio, che ha testimoniato alla grande opinione pubblica, con racconti di vita, come agisce questo incivile ricatto che calpesta, in un paese in cui si fa tanta retorica sulla maternità, il diritto delle lavoratrici ad avere figli e chiude in un cassetto la dignità delle persone.
Con questa norma preventiva e non inutilmente repressiva, si vuole rendere certa e legale la scelta delle dimissioni volontarie, impedire l'ipocrisia di quella formalmente legale, sì, ma estorta.
Una norma valida per tutti i tipi di lavoro e per quelli a termine, che assumono una estesa e impropria molteplicità di forme, modi di lavorare nuovi senza sicurezza e diritti, che il nostro gruppo vuole tutelare e limitare drasticamente per ristabilire la certezza del buon lavoro sicuro; per questo stiamo predisponendo un disegno di legge ad hoc.
Con la norma in approvazione vogliamo che non si possa compiere un licenziamento ingiusto, ma non solo: vogliamo che non si lavori più in uno stato di soggezione come quello di chi è stato costretto a firmare la lettera in bianco del proprio licenziamento.
È una firma che aggrava l'instabilità di chi ha un lavoro precario e precarizza chi ha un lavoro a tempo indeterminato. È successo a 120 operai di una cartiera di Bari, come ha ricordato in questa aula l'onorevole Cesini.
Avere posto questo tema al Parlamento ha per il nostro gruppo un significato simbolico: rimettere al centro il diritto del lavoro, riequilibrando poteri e tutele a favore del lavoratore e della lavoratrice, oggi pesantemente mortificati dalla legge Biagi, nonché riaffermare la libertà e l'autonomia delle donne, che è un valore per noi intangibile; ciascuna donna deve essere messa in grado di essere artefice della propria vita, a partire dalle scelte procreative che solo uno spirito illiberale contrappone ancora al lavoro. Lo fa in mille modi, espliciti e occulti.
Sappiamo bene che queste contraddizioni mettono in gioco, innanzitutto, la forza delle donne; la loro risoluzione richiede quell'abilità, di cui le donne sono capaci, di armonizzare tutti gli aspetti della vita, secondo vie diverse e che solo loro possono decidere.
Sono equilibri faticosi da raggiungere, che nessuna può aggirare, pena dolorose rinunce.
È un modo di vita più ricco, è il bello della libertà femminile.
Il Parlamento, il Governo, le donne che vi siedono e che vogliamo in questi luoghi sempre più numerose, hanno un dovere verso questa forza e questa fatica: rispettarla sempre, senza sacrificarla a modelli familistici o a convenienze economiche, allargare diritti contro soprusi e discriminazioni, investire in servizi e accrescere il buon lavoro.
Il passo di oggi ha questo significato.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il gruppo dell'Ulivo voterà a favore della proposta di legge in esame, subito sostenuta dal nostro gruppo nella priorità nella calendarizzazione in Commissione e che oggi l'Assemblea si appresta a votare.
Una legge per affermare un diritto contemplato dalla Costituzione, ma in molti casi non rispettato. Pertanto, si pone il problema di come riequilibrare i rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratrice (o lavoratore) ancora oggi troppo squilibrati, tanto da dar luogo ad un abuso di potere e alla lesione della dignità e della libertà delle persone. Una risposta ad un abuso, perché di abuso si tratta: imporre alle persone, nel momento in cui sono più deboli, all'inizio del loro rapporto di lavoro di firmare una lettera di dimissioni in bianco senza alcuna data.
La data verrà apposta successivamente, come dimostrano le molte esperienze diffuse su tutto il territorio, nel momento di debolezza, che per la lavoratrice quasiPag. 93sempre coincide con la gravidanza oppure al suo rientro, ma ciò riguarda anche gli uomini, per malattia, infortuni ed altro.
Purtroppo, assistiamo ad un fenomeno di ampie dimensioni, molto maggiori di quanto le statistiche a nostra disposizione indichino perché sono cifre approssimate per difetto, per la difficoltà evidente di censire un fenomeno che emerge solo in parte, a dimissioni avvenute.
Dalle indagini emerge che tale pratica tende ad accentuarsi; era presente già nel passato, ma oggi è tornata a diffondersi in modo preoccupante, come dimostrano diverse ricerche: da quella delle ACLI si evince come un quarto delle dimissioni volontarie, anno per anno, siano in realtà dimissioni estorte; da un rapporto commissionato dalla Commissione pari opportunità all'ISFOL, su mercato del lavoro e maternità, risulta come la pratica delle dimissioni «volontarie» estorte sia un abuso di potere molto diffuso nei riguardi delle donne alla vigilia della gravidanza.
Esistono inoltre altri rapporti elaborati da parte degli uffici che si occupano di vertenze sindacali, i quali rilevano come almeno milleottocento casi all'anno siano riconducibili a tale abuso. Un fenomeno che non ci fa onore, visto quanto e in quante occasioni si parla molto di famiglia, ma poi questa viene completamente dimenticata, quando come priorità viene posto il profitto, calpestando ogni diritto.
L'obiettivo della proposta di legge, pertanto, è molto semplice: impedire tale pratica per una giustizia sociale, attraverso una modalità molto semplice ed efficace vale a dire, prevedendo l'obbligo, in caso di dimissioni volontarie, di procedere utilizzando dei moduli che presentano una numerazione progressiva ed una validità, dal ritiro, di quindici giorni; moduli predisposti dal Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, in distribuzione presso gli uffici pubblici, con modalità e caratteristiche che diano garanzie rispetto a possibili contraffazioni o ad un uso distorto da parte di soggetti diversi dal lavoratore intenzionato a dimettersi, con un meccanismo trasparente, semplice e non costoso.
Già ci sono normative su questa tematica, non si parte da zero: vi è il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, che prevede, in presenza di dimissioni volontarie di una lavoratrice madre e fino ad un anno di vita del bambino, che le stesse dimissioni debbano essere certificate da parte dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, in quanto devono corrispondere ad una effettiva volontà. Per questo mi sento di invitare il Governo a controlli più severi; ciò vale per qualsiasi legge, perché non basta l'approvazione di buone leggi, se poi non vengono fatte rispettare sempre sino in fondo.
Il provvedimento in esame è pienamente coerente con il complesso sistema giuridico posto a tutela del lavoro nel nostro ordinamento ed in particolare con l'articolo 35, primo comma, della Costituzione, in base al quale la Repubblica deve tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, per garantire il rispetto dei diritti inviolabili, e con l'articolo 37 della Costituzione, che sancisce che le condizioni di lavoro devono consentire alla lavoratrice di adempiere alle sue essenziali funzioni sociali e familiari.
È un provvedimento che si rende necessario poiché interviene sulla disciplina civilistica dei rapporti di lavoro, disponendo la nullità delle dimissioni che non siano presentate secondo determinate modalità previste dalla legge.
Il nostro voto è a favore almeno per quattro obbiettivi: il primo è costituito dal rispetto della dignità nel lavoro senza il dover sottostare a ricatti; il secondo è rappresentato dalla necessità di riconoscere, nei fatti e in ogni occasione, il valore sociale della maternità e non solo, come troppo spesso avviene, con enunciazioni di principio che poi sono violate sistematicamente, lasciando le donne sole e ricattandole su un valore sociale così importante e universale; il terzo obiettivo è costituito dal conseguimento di una maggior occupazione delle donne, vista come una risorsaPag. 94indispensabile per il futuro della nostra economia; il quarto, assolutamente non meno importante, è l'interesse comune dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche della maggioranza dei datori di lavoro i quali, applicando correttamente le leggi e i contratti, subiscono la concorrenza sleale di coloro che abbattono i costi di produzione evadendo obblighi e responsabilità sociali.
Siamo certo consapevoli che occorre tanto, tanto altro sul tema dei diritti, ma questo ne è un pezzo importante, anche dal punto di vista simbolico, che evidenzia una rinnovata attenzione al tema della dignità e del valore sociale del lavoro. Nel contempo si agirà come previsto nel programma del Governo e come, peraltro, già intrapreso con i provvedimenti della finanziaria scorsa, ad esempio con il piano straordinario per gli asili nido e sostegni alla famiglia.
Più in generale occorre andare oltre, occorre mettere in campo politiche specifiche che tengano conto delle tante differenze esistenti nel mondo del lavoro e, soprattutto, dell'obiettivo della piena e buona occupazione.
Occorre adottare misure generali di regolazione, mettendo in campo politiche attive e di incentivazione, vere politiche di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro - vero punto debole del nostro sistema di welfare - volte ad aumentare le opportunità di chi oggi è sottorappresentato nel mercato del lavoro, ovvero le donne e i giovani.
Occorrono servizi adeguati, rispondenti alle nuove necessità, affinché le donne, le coppie possano scegliere con tranquillità di mettere al mondo i figli che desiderano, senza dover subire ricatti così degradanti e senza dover rinunciare al lavoro, anche per le evidenti implicazioni economiche che questo comporterebbe sulle disponibilità familiari.
Oggi in moltissimi casi non è così; lo dimostra il fatto che siamo costretti ad intervenire con un testo legislativo per porre rimedio ad un ricatto molto diffuso.
Il 2007 è l'anno europeo delle pari opportunità, contro tutte le discriminazioni; allora partiamo da qui, dal Parlamento italiano, con questo provvedimento, per andare oltre, con meno celebrazioni ma più fatti concreti al fine di offrire reali possibilità a tutti e tutte, affinché tante, troppe differenze vengano ridotte nel concreto e nella vita di tutti i giorni.
Dichiaro pertanto il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. pdl 1538-A - em. 1.20 377 377 189 377 84 Appr.
2 Nom. em. 1.21 411 411 206 410 1 83 Appr.
3 Nom. em. 1.26 409 409 205 409 83 Appr.
4 Nom. em. 1.22 426 421 5 211 113 308 79 Resp.
5 Nom. em. 1.23 441 440 1 221 440 78 Appr.
6 Nom. em. 1.24 n.f. 448 447 1 224 447 78 Appr.
7 Nom. em. 1.25 442 441 1 221 441 78 Appr.
8 Nom. pdl 1538-A - voto finale 437 433 4 217 430 3 79 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.