XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 170 di giovedì 14 giugno 2007

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[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,40.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Bafile, Brugger, Buffo, Cacciari, Capitanio Santolini, Del Mese, Di Salvo, Donadi, Fallica, Mattarella, Palumbo, Pinotti, Sgobio, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (A.C. 1609) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.
Ricordo che nella seduta del 12 febbraio si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1609 sezione 1).
Avverto altresì che la Commissione ha presentato l'ulteriore emendamento 1.100, il cui testo è in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1609 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GERO GRASSI, Relatore. Signor Presidente, questa mattina il Comitato dei nove ha approvato un emendamento che sposta da diciotto a ventiquattro mesi il differimentoPag. 2del termine per l'esercizio della delega. Voglio informare i colleghi che l'ulteriore differimento del termine è semplicemente conseguenza del fatto che la discussione sulle linee generali di questo provvedimento si è svolta il 12 febbraio scorso e che, ovviamente, alla luce della situazione attuale, l'espressione «diciotto mesi» viene di fatto caducata. Per tale ragione, proponiamo di stabilire un termine di ventiquattro mesi. Stamattina, il Comitato dei nove ha approvato questo emendamento...

GIACOMO BAIAMONTE. Perché ventiquattro mesi? È ridicolo!

GERO GRASSI, Relatore. I ventiquattro mesi, che decorrono dal febbraio 2006, derivano necessità di evitare che il provvedimento, una volta approvato dalla Camera, a causa del tempo occorrente per l'esame al Senato, debba esserci nuovamente trasmesso perché di fatto già sarebbe superata la scadenza da noi stabilita per l'esercizio della delega. Quindi, la preoccupazione non è quella di chiedere ulteriore tempo, ma quella di evitare di perdere tempo!
Voglio ricordare che il provvedimento prevedeva inizialmente un termine di dodici mesi per l'esercizio della delega, che decorrevano dal febbraio 2006 e che comprendevano il periodo elettorale e il periodo estivo dell'anno passato. Quindi, non abbiamo volontà e necessità di prolungare i tempi, perché di fatto il Governo ha già pronto il provvedimento sulla riforma di queste professioni.
Vogliamo evitare che, nel passaggio tra Camera e Senato, di fatto l'esame del disegno di legge incontri delle difficoltà con riferimento ai tempi. Sappiamo peraltro che questo provvedimento riguarda 500 mila operatori del sistema sanitario italiano, ai quali noi vogliamo dare immediatamente risposta; gradirei, quindi, che si considerino i tempi e pertanto raccomando l'approvazione dell'emendamento 1.100 della Commissione che prevede un termine di ventiquattro mesi, che di fatto renderebbe preclusi tutti gli emendamenti presentati dalla minoranza recanti la previsione di un termine differente.

PRESIDENTE. Onorevole Grassi, deve dare anche il parere sull'emendamento soppressivo Montani 1.2.

GERO GRASSI, Relatore. Il parere della Commissione è ovviamente contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto che a seguito dell'eventuale approvazione dell'emendamento 1.100 della Commissione gli emendamenti successivi verrebbero preclusi.
Dovremmo ora passare ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 9,53).

GIORGIO CARTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO CARTA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta alle interrogazioni a risposta orale n. 3-00360 e n. 3-00359 da me presentate il 30 ottobre 2006. La prima è rivolta al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture ePag. 3al Ministro dei trasporti per conoscere quali siano gli intendimenti dei detti Dicasteri in merito alla disapplicazione, in Calabria, presso i circoli velici, di una norma contenuta in una circolare che prevede un'esenzione applicata in ogni altra parte d'Italia. La seconda, presentata nella stessa data e rivolta al Ministero dell'interno, è tesa a conoscere cosa il Ministro intenda fare in merito ai gravi episodi di intimidazione verificatisi nella città di Reggio Calabria, dove alcuni locali sono stati devastati, sui quali non si ha notizia alcuna.

PRESIDENTE. Onorevole, la Presidenza prende atto di tale sollecito e si farà carico di interessare il Governo.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,15.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10,15.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Montani 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi l'emendamento in esame affronta il problema alla radice poiché il disegno di legge del Governo tendeva a prorogare di diciotto mesi l'attuazione della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, sull'istituzione degli ordini delle professioni sanitarie infermieristiche ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.
Tale proroga di diciotto mesi era stata motivata, nella relazione di accompagnamento del Governo, con l'affermazione che, dovendosi procedere ad una generale riforma degli ordini professionali, in tale contesto si sarebbe dovuta inserire anche l'istituzione di ordini professionali per le categorie in esame.
Tutto ciò, invece, non è avvenuto; non sono stati modificati gli altri ordini professionali e quindi, essendo cadute le motivazioni, non vi è ragione di prorogare ulteriormente, come dicevamo in Commissione, anche perché il termine di diciotto mesi è già scaduto o meglio dovrebbe scadere il 4 settembre 2007, tra due mesi e tre settimane: considerato che il provvedimento deve ancora essere trasmesso al Senato, il tempo rimasto non sarebbe sufficiente. Pertanto il Governo dovrebbe procedere all'attuazione della delega perché in ogni caso l'ulteriore proroga di sei mesi chiesta dal relatore non risolverebbe il problema. Infatti, trascorso anche tale lasso di tempo, la ventilata, l'annunciata riforma di tutti gli ordini professionali sicuramente non verrà realizzata.
La richiesta di una proroga di sei mesi è puramente formale, il relatore si preoccupa della forma poiché il provvedimento deve essere approvato anche dal Senato. Penso che il provvedimento potrebbe essere respinto già dalla Camera, senza essere trasmesso al Senato. Bisognerebbe piuttosto chiedere al Governo se abbia realmente l'intenzione di istituire questi ordini professionali. Non vedo perché si dovrebbe creare una discriminazione, applicando due pesi e due misure rispetto a professioni diverse che già hanno gli ordini. Anche le categorie professionali in discussione hanno diritto ad avere gli ordini anche in virtù del provvedimento che la Camera, così come il Senato, hanno approvato nella scorsa legislatura all'unanimità.
Non è quindi un provvedimento del Governo Berlusconi, come qualcuno ha detto, anche se durante l'iter di approvazione del provvedimento è stato presentato un disegno di legge del Governo; piuttosto, questa disciplina deriva da una proposta di legge di iniziativa parlamentare approvata da tutto il Parlamento.Pag. 4
Ricordo che sono stato relatore su questo provvedimento alla Camera e in quell'occasione l'approvazione è stata unanime; pertanto le motivazioni sono alquanto pretestuose e non vedo perché bisogna ancora continuare a girare attorno all'argomento, come un cane che si morde la coda.
Non vedo perché dobbiamo continuare a insistere dato che sicuramente tra sei, sette mesi, così come chiesto il relatore, ci troveremo di nuovo di fronte alla richiesta di un'ulteriore proroga da parte del Governo in quanto non si saranno verificate le condizioni dallo stesso richieste, ossia la riforma di tutti gli ordini professionali.
In ogni caso, anche se gli ordini professionali venissero modificati, quelli oggetto del provvedimento in esame subiranno la stessa sorte degli altri. Non vedo, quindi, perché si dovrebbero discriminare tali ultime categorie professionali che hanno gli stessi diritti, anche perché esiste una legge che lo impone. Il Governo andrebbe quindi contro l'attuazione di una legge già esistente, voglio stigmatizzare tale atteggiamento del Governo che dovrebbe vergognarsi ad insistere dopo che i termini sono abbondantemente scaduti.
Pertanto, voteremo a favore dell'emendamento Montani 1.2 soppressivo dell'articolo 1 del provvedimento in esame. Con la soppressione di tale articolo, infatti, la legge decade e avremo messo una pietra tombale su tale argomento imbarazzante per il Governo e anche imbarazzante e discriminatorio per tali categorie professionali di cui, lo ricordo, fanno parte 500 mila persone che operano per la salute dei cittadini e hanno tutto il diritto di essere trattati come gli altri operatori professionali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, intervengo in merito ad un provvedimento che ha dello straordinario, e dico subito perché. Questo Governo, nella legislatura durata dal 1996 al 2001, si è premurato di istituire le lauree brevi per poter creare tutta una serie di professioni sanitarie non mediche - a mio avviso, giustamente - per poter differenziare queste varie categorie che assumono una certa importanza nel Servizio sanitario nazionale.
Chi vi parla, avendo vissuto qualche decennio - forse anche di più - nel mondo sanitario, ricorda che una volta c'era l'infermiere generico, poi dall'infermiere generico si è arrivati, giustamente, a istituire i diplomi infermieristici; grazie ad essi, i giovani, dopo la terza media, facevano cinque anni di liceo - così possiamo definire tali istituti - al cui esito conseguivano i titolo di infermieri professionali.
Oggi, con le lauree brevi, questa categoria comincia ad assumere una dignità propria, perché ci sono infermieri che si occupano delle corsie, altri che stanno in sala operatoria, altri che si occupano di endoscopia, di cardiologia. Si tratta di un corso di laurea, sia pur breve, che comincia ad assumere un peso notevole.
Il numero è veramente serio nel nostro Paese: si tratta - per quanto riguarda queste varie categorie di cui stiamo parlando, cioè le professioni sanitarie non mediche - di circa 332 mila persone, che hanno un'influenza e un'importanza notevole al fine di portare avanti il Servizio sanitario nazionale. Signori miei, dovremmo occuparci degli infermieri soltanto per aumentare la possibilità di assunzione. Nel nostro Paese mancano circa 40 mila infermieri e gli ospedali sono arrivati al punto che non possono dare le ferie ad alcune categorie e ad alcune specialità di cui parlavo proprio perché non hanno il ricambio ovvero la possibilità di sostituirli.
Signori, di tali figure, che raggiungono questi numeri, dobbiamo occuparci sempre di più per razionalizzare la loro attività; dobbiamo organizzarla meglio, istituendo al più presto, per tali professioni, gli ordini professionali - per ora esistono soltanto i collegi - per poter controllare, non in senso negativo, la loro attività, al fine di garantire al cittadino del personale qualificato, iscritto all'albo. Ma si trattaPag. 5nel contempo di garantire la loro attività, che può diventare pericolosa. Oggi come oggi, dopo che, grazie a certi sistemi che avete istituito - dico «avete», perché il mondo sanitario è stato assolutamente contrario -, avete consentito la rottura del rapporto che c'era tra il personale medico e sanitario ed il cittadino paziente, sicché, con una certa facilità, si va incontro a denunce e insulti a ripetizione. Assistiamo allo spettacolo di gente che arriva nei pronti soccorsi e rompe tutto, addirittura aggredisce gli infermieri.
Di recente, nella mia città, c'è stato un episodio clamoroso: un infermiere è stato preso a botte da un cittadino, solo perché si ritardava la sua cura. Signori, accelerare la formazione degli ordini professionali è fondamentale! Io ho un sospetto. Mi auguro che sia un sospetto.
Questo Governo parla di liberalizzazioni. Lo abbiamo constatato ieri in Commissione: addirittura si vuole liberalizzare la possibilità di avere la responsabilità di certificare l'idoneità alla guida. Ma queste sono cose serie, non vogliamo «inquadrare» le persone; voi invece cercate di inquadrarle e metterle inquadrate e coperte, come vivessimo ancora negli anni Trenta.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIACOMO BAIAMONTE. Voglio dire: cerchiamo, invece di rinviare il provvedimento relativo all'istituzione degli albi, di accelerarne l'iter. Ecco perché voteremo a favore di questo emendamento, presentato dal collega Montani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.

ROBERTO ULIVI. Intervengo solo perché questo è un provvedimento che interessa oltre 500 mila cittadini, e, secondo quanto riportato dagli uffici, riguarda 348 mila unità delle professioni infermieristiche ed ostetriche, 82.200 delle riabilitative, 61 mila di quelle tecnico-sanitarie e 38 mila di altre professioni.
Questi cittadini aspettano dal febbraio 2006 l'istituzione dei loro ordini. Più volte è stato affrontato questo problema, e tutte le volte è stato rimandato, senza nemmeno calendarizzarne il relativo provvedimento per l'esame in Assemblea. Perché? Perché si dice che bisogna aspettare i provvedimenti sulla riorganizzazione degli ordini sanitari, degli ordini in generale. Mi domando: nel momento in cui dovremo intervenire con la nuova normativa sugli ordini dovremo farlo anche per quelli già costituiti; cosa ci impedisce di intervenire anche sugli ordini professionali che dovremmo oggi istituire? Il Governo e il Parlamento ci devono dire se è intenzione di questo Governo realizzare quanto era stato approvato all'unanimità nel corso della precedente legislatura, nell'ambito di un disegno di legge presentato dal Governo, oppure se si vuole ancora continuare a prendere in giro i suddetti cittadini. Ecco il motivo per il quale noi, o almeno io, voterò a favore dell'emendamento in esame, proprio perché il Governo presenti immediatamente quanto previsto dalla legge delega.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Siliquini. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, non avevo personalmente depositato alcun emendamento volto a far sì che venga data attuazione alla legge delega entro sei, otto o dodici mesi, perché ritenevo, come tutta Alleanza Nazionale, indecente, vergognoso e inaccettabile che un provvedimento che doveva essere emanato entro sei mesi dall'approvazione della legge, avvenuta in Parlamento dopo tre anni di lavoro parlamentare, sia ancora lettera morta. Lo dico soprattutto ai colleghi al primo mandato parlamentare, che non hanno vissuto questa esperienza nella precedente legislatura: è bene che lo sappiate e lo ricordiate - consultate pure gli atti dei lavori parlamentari - che fu un momento alto e nobile del Parlamento quando approvammo tale legge, che venne proposta da alcuni parlamentari di sinistra...

Pag. 6

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. ...venne proposta e approvata in Consiglio dei ministri dal Governo Berlusconi, venne approvata al Senato con voto unanime in Commissione sanità (all'epoca, ero sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca con delega alle professioni, e ho seguito tutto l'iter della legge), fu approvata dal Senato nel 2005...

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. ...giunse all'esame di questo ramo del Parlamento e venne successivamente approvata, dirò in seguito con quanti voti a favore. Fu un momento alto e nobile, lo ripeto, di un voto bipartisan...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. ...forse l'unico della scorsa legislatura. Oggi, con l'emendamento in esame, il provvedimento viene «affossato». Il resto lo spiegherò successivamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti...

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
Onorevoli colleghi, vi prego di segnalare per tempo la volontà di intervenire. Prego, onorevole Allasia, può intervenire.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, avevo segnalato di voler intervenire prima ancora che terminasse l'intervento della collega Siliquini.
L'esigenza di differire il termine per l'esercizio della delega è stata giustificata con l'opportunità di inserire il riordino delle professioni sanitarie nel più ampio provvedimento di riforma degli ordini professionali: tale scelta solleva numerose perplessità, sia sotto il profilo tecnico sia dal punto di vista più prettamente politico. Sotto il profilo tecnico, riteniamo che le professioni sanitarie, per la complessità della materia e per il radicamento delle organizzazioni sanitarie, debbano essere trattate con un provvedimento ad hoc. Si osserva infatti che l'obiettivo della legge n. 43 del 2006 era non solo quello di provvedere all'istituzione di appositi ordini professionali per le professioni sanitarie, ma anche quello di prevedere un percorso di carriera per tali figure all'interno delle aziende sanitarie ed ospedaliere: tale disciplina, evidentemente, fuoriesce dalla materia propria di un provvedimento generale di riordino delle professioni.
Sotto il profilo politico, poi, riteniamo che il differimento del termine della delega previsto dal disegno di legge al nostro esame non solo sia troppo lungo in termini di tempo, ma nasconda anche un intento meramente dilatorio, volto, di fatto, a prorogare, per venire incontro agli interessi di alcune categorie professionali, l'entrata in vigore di una riforma che è richiesta dalla maggior parte degli operatori del settore.
A queste considerazioni si aggiunge una semplice notazione di carattere formale sull'inappropriatezza, sotto il profilo giuridico e procedurale, di una legge finalizzata a differire il termine di una delega già scaduta: tecnicamente, infatti, si dovrebbe procedere con l'approvazione di una nuova legge delega. Di conseguenza, la Lega Nord Padania mantiene l'emendamento interamente soppressivo dell'articolo 1 e domanda all'intera Assemblea di esprimersi su di esso favorevolmente, in modo tale che il Governo ne prenda atto e che venga presentato un disegno di legge appropriato per il riordino della materia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Montani 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 7

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 405
Votanti 404
Astenuti 1
Maggioranza 203
Hanno votato
169
Hanno votato
no 235).

Prendo atto che i deputati Minardo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ho accennato poco fa, il relatore si preoccupa di salvaguardare la forma, ma non pensa alla sostanza. Nella sostanza, infatti, ci chiediamo se il Governo voglia davvero attuare la delega concessagli. Noi crediamo di no: ulteriori otto mesi e mezzo - sembrerebbe quasi il titolo del film Otto e 1/2 - non cambieranno le cose. I termini sono infatti in realtà quasi scaduti, poiché i diciotto mesi che il Governo aveva richiesto scadono il 4 settembre 2007 e, considerato che il provvedimento deve ancora essere esaminato dal Senato, anche ammesso che quest'ultimo lo approvi, si arriverebbe a ridosso di tale data.
Questa ulteriore proroga è dunque una mistificazione ed è un modo scorretto ed incongruo di affrontare il problema. Siamo perciò contrari alla concessione di questa proroga di diciotto mesi, poiché si tratta di una mistificazione, di una bugia, di un'ipocrisia nei confronti delle categorie professionali interessate, che meritano invece tutto il nostro rispetto. Un rispetto che deve peraltro tenersi anche nei confronti di una legge che è stata approvata dal Parlamento, e dunque nei confronti del Parlamento stesso che, nella scorsa legislatura, aveva approvato questo provvedimento all'unanimità sia alla Camera sia al Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, colleghi, con questo emendamento siamo davvero arrivati alla farsa. State, in un certo senso, imitando la favola delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo. Questo, certo, non vi giova ed anzi vi fa perdere anche quella poca credibilità che ancora conservate dopo appena un anno di governo. State infatti illudendo i 530 mila professionisti interessati dal provvedimento al nostro esame.
I colleghi che hanno parlato prima di me hanno già ricordato i fatti: la legge n. 43 fu approvata nel febbraio 2006 e con essa fu concessa al Governo una delega della durata di sei mesi; siete dunque arrivati in Consiglio dei Ministri con la delega pronta, ma non la avete esercitata ed avete così chiesto una proroga. Desidero ricordare, in proposito, quel che dichiarò in Commissione affari sociali il qui presente sottosegretario Serafino Zucchelli, che è persona preparata, proveniente dal mondo sanitario, e che conosce la problematica: egli si oppose ad un mio emendamento contro questa proroga, affermando che il Ministero della giustizia stava studiando un provvedimento per il riordino complessivo degli ordini professionali. In seguito, avete richiesto una proroga di diciotto mesi.
Abbiamo esaminato il provvedimento nel febbraio scorso, ma poi ne è stata sospesa la discussione. Voi presentate ora la proposta di un'altra proroga di ventiquattro mesi: dite chiaramente, allora, che non volete istituire gli ordini professionali, perché volete liberalizzare tutto. Ieri abbiamo approvato il provvedimento sulle liberalizzazioni ed ora volete probabilmente eliminare anche gli ordini esistenti, che già da molti decenni hanno dato prova di grande responsabilità (Applausi della deputata Siliquini).
I professionisti dell'area infermieristica sono 332 mila - come ha ricordato il collega Baiamonte - e in Italia mancano oltre 40 mila infermieri. Quale segnalePag. 8positivo diamo, allora, ai giovani affinché vengano a frequentare le scuole infermieristiche ed a colmare questo grave gap, mentre noi andiamo a reclutare infermieri professionali, come sapete, nell'Est europeo e in Sudamerica - e non ho nulla contro questi Paesi - pur avendo giovani che potrebbero benissimo esercitare tale professione? I professionisti sono 15 mila nell'area ostetrica, 82 mila in quella riabilitativa, 66 mila per l'area tecnico-sanitaria e 38 mila per quella della prevenzione. È veramente strana la motivazione addotta dal Governo a sostegno di questo ampio differimento dei termini, che non si giustifica assolutamente e che evidenzia una contraddizione in termini tra la volontà di liberalizzare gli ordini - più volte espressa dall'Esecutivo, come ho detto in precedenza - e la scelta di istituire nuovi ordini per le professioni sanitarie.
È altresì vero che la proposta del Governo è demagogica: è innegabile, infatti, la fondamentale funzione assolta dagli ordini professionali, ma è anche vero che la completa liberalizzazione di determinate professioni è contraria alla dignità di quanti le esercitano ed agli interessi dei cittadini. Sarebbe forse meglio disciplinare la funzione degli ordini, i quali troppo spesso assolvono compiti - ad esempio, di carattere formativo - che, a mio avviso, non dovrebbero rientrare nelle loro competenze. La riforma è senz'altro necessaria, ma dovrebbe servire a conferire maggiore rigore e serietà al funzionamento degli ordini professionali. Spero nell'intervento del sottosegretario Zucchelli, che - lo ripeto - è persona molto pratica della materia e capace di portare il contributo di una grande esperienza nel campo.
Deve essere, inoltre, ricordata la specificità delle professioni sanitarie, come riconosciuto nella scorsa legislatura anche da voi, allora all'opposizione, e come è stato rammentato dall'onorevole Siliquini. Avete votato con noi una legge che va incontro alla modernizzazione ed alle attese non soltanto corporativiste, ed è proprio per la specificità della materia che non si ritiene corretto, da parte dell'attuale Governo, attendere che siano delineate le linee fondamentali del riordino, come è stato accennato dal Ministero della giustizia. A che punto è, quanto tempo vuole il Ministero della giustizia per operare il completo riordino degli ordini professionali?
La realtà, evidentemente, è diversa: voi non volete assolutamente istituire gli ordini! Ditelo chiaramente! Ma i professionisti in parola lo hanno compreso benissimo e puniranno la vostra contrarietà demagogica agli ordini, e per tali ragioni, esprimeremo un voto contrario sull'emendamento 1.100 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mazzaracchio. Ne ha facoltà.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, premesso che i termini della proroga sono già scaduti nel mese di settembre del 2006, il sottosegretario di Stato Patta, il 7 novembre 2006, in Commissione affari sociali dichiarò che il Consiglio dei Ministri aveva dato mandato al Ministero della giustizia di istruire un riordino complessivo degli ordini professionali.
Oggi viene presentata una nuova proroga. Ma il Governo può dirci, per cortesia, a che punto sono i lavori del Ministero della giustizia?

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Diversamente, in base a quale criterio oggi si può stabilire un nuovo termine? Il Governo ci chiede un atto di fede: la fede può soddisfare qualche coscienza, ma certamente non è sufficiente a soddisfare quelle di coloro che attendono, ormai da qualche anno, il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.

Pag. 9

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, ho già precedentemente esposto, sull'argomento, la mia opinione. Proprio su tale materia l'onorevole di Virgilio ha già precisato ciò che sarà il nostro atteggiamento. Voteremo contro questo emendamento, perché concettualmente siamo contrari al principio di rinviare l'istituzione degli ordini professionali per le menzionate categorie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siliquini. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei intervenire leggendo due comunicati, perché è necessario che si comprenda la realtà.
Una legge, come ho già detto, approvata con voto bipartisan dopo tre anni di lavori parlamentari, approda in Consiglio dei ministri - nel vostro Consiglio dei ministri - ad agosto del 2006. Nel mese di maggio, il Ministro Turco, che contesto per non avere dato esecuzione a questa delega, emetteva un comunicato stampa in cui affermava che avvertiva l'obbligo di istituire immediatamente gli ordini professionali in questione. A tal proposito, vi è una notizia dell'agenzia giornalistica ANSA delle ore 16,24 del 27 maggio 2006 che testualmente afferma: «È mio preciso dovere, applicherò sicuramente la legge. Il mio compito è quello di rendere operativa la delega. Il ministro della salute Livia Turco assicura la volontà di dare applicazione alla legge n. 43 del 2006».
Questa è un'ennesima presa in giro dei 550 mila professionisti coinvolti, perché ciò è stato sostenuto nel mese di maggio 2006; invece, in occasione di una riunione del Consiglio dei ministri del successivo mese di agosto un'altra notizia dell'agenzia ANSA delle ore 15,51 del 31 agosto 2006, afferma: «Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro Turco, un disegno di legge per il differimento di dodici mesi del termine per l'esercizio della delega».
Questa mattina viene detto che la maggioranza, contro il voto dell'opposizione in sede di Comitato dei nove - lo sappiano i quasi 600 mila professionisti coinvolti - ha chiesto l'approvazione di un rinvio della delega di ventiquattro mesi. Allora, si decidano questa maggioranza e questo Governo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)! Deve dare una immediata esecuzione o deve rinviare sine die? Dite la verità! Tutti devono saperlo. Non stupitevi se tutti dicono che siete «scollegati» dal mondo reale. Quest'ultimo è costituito da 600 mila professionisti che lavorano e dai cittadini italiani che hanno bisogno delle funzioni sanitarie. Voi siete coloro che non capiscono questa realtà e perciò non stupitevi se siete ridotti a numeri da servizio telefonico. Siete «scollegati», non mantenete le promesse, siete incoerenti, contraddittori, state affossando le professioni sanitarie, i cui operatori oggi possiedono la laurea triennale, quella quinquennale, il dottorato di ricerca. Sono professionisti di serie A. Voglio sapere quanti di voi hanno la laurea quinquennale per capire questi argomenti! Andrò a vedere quanti di voi la possiedono!
E allora, non avete assolutamente capito che la liberalizzazione del mercato è un'altra faccenda: si tratta dell'energia, delle municipalizzate, dove si trovano i vostri «amici». Non stiamo discutendo di una liberalizzazione del mercato, ma di un tema che richiede la necessaria tutela della salute dei cittadini attraverso prestazioni professionali che devono essere riservate e controllate. La ricordata legge non prevedeva solo gli ordini, ma anche la dirigenza; disciplinava inoltre tutte le funzioni dei professionisti e dava ai cittadini italiani la certezza di non essere assistiti da cialtroni, da abusivi. Si trattava di una legge contro l'abusivismo di cui, purtroppo, l'Italia è piena.
Voi, rinviando sine die, state affossando tale legge e ve ne assumete tutte le responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di centro))!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 10
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 437
Votanti 434
Astenuti 3
Maggioranza 218
Hanno votato
251
Hanno votato
no 183).

Prendo atto che i deputati Balducci e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
I successivi identici emendamenti Lucchese 1.1 (Nuova formulazione), Montani 1.3 (Nuova formulazione) e Di Virgilio 1.4 (Nuova formulazione) sono preclusi dall'approvazione dell'emendamento testé votato.
Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 439
Votanti 437
Astenuti 2
Maggioranza 219
Hanno votato
248
Hanno votato
no 189).

Prendo atto che i deputati Balducci e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1609 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 422
Astenuti 2
Maggioranza 212
Hanno votato
236
Hanno votato
no 186).

Prendo atto che il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che i deputati Balducci, D'Ippolito, Vitale e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 1609 sezione 4).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor presidente, pur nel dovuto rispetto del parere dell'Authority, che viene riportato nell'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1, riteniamo che la sua approvazione sarebbe contraddittoria rispetto alla volontà che il Governo ribadisce oggi di volere giungere, nel tempo più rapido possibile, all'approvazione della riforma degli ordini professionali.

Pag. 11

PRESIDENTE. Quindi, il Governo non accetta l'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1?

SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. No, signor Presidente, non lo accetta.

PRESIDENTE. Chiedo alla deputata Poretti se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1609/1, non accettato dal Governo.

DONATELLA PORETTI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Vorrei davvero un po' di attenzione sul mio ordine del giorno. Lo chiedo a tutti, sia a destra, sia a sinistra. So benissimo che avete approvato, nella scorsa legislatura, la legge che ha previsto la delega di cui oggi si chiede la proroga dei termini.
Con quel provvedimento si chiedeva l'istituzione di nuovi ordini professionali e il Governo Berlusconi e il Parlamento di allora lo sottoposero al parere dell'Autorità antitrust.
L'ordine del giorno che in questo momento il Governo sta respingendo riporta fedelmente, in buona parte, il parere dell'Antitrust (lo sottolineo: si tratta dell'authority a cui spesso molti liberali, che siedono alla mia sinistra e, quindi, nella destra dell'emiciclo, si richiamano).
Ebbene, l'Antitrust scrisse testualmente: «Si rileva che la costituzione di nuovi ordini professionali e dei relativi albi provoca una significativa restrizione della concorrenza, comportando limitazioni all'entrata di nuovi operatori»; ed inoltre: «Non sembrano sussistere asimmetrie informative tali da giustificare una limitazione della concorrenza attraverso l'imposizione di barriere all'accesso nel relativo mercato». Ciò significa che si chiede di non istituire nuovi ordini professionali. Essi possono essere istituiti solo laddove esista realmente un problema per il consumatore, un'asimmetria informativa, e quindi a favore del consumatore è riconosciuta la possibilità di creare nuovi ordini.
Non era questo il caso. Ciò fu scritto dall'Antitrust nel 2004 che, successivamente, rese un altro parere, sempre in queste materie, scrivendo che non si rilevava neppure la necessità di ulteriori albi per l'attività di informazione scientifica e per gli informatori scientifici del farmaco. È inutile soffermarsi a ricordare quante sono le proposte di legge (le più incredibili!) che chiedono l'istituzione degli albi più assurdi. Si potrebbe veramente fare un elenco che ha dell'incredibile: dagli ex parlamentari agli agenti dello spettacolo, ed anche gli artisti, i cuochi, i tecnici di riabilitazione equestre, gli statistici, i pianificatori urbanistici, addirittura gli esercenti gli spettacoli pirotecnici. Siamo in un'Italia in cui si vuole creare un'infinità di nuovi albi professionali, che - lo ripeto - costituiscono una limitazione all'ingresso per l'esercizio di una professione.
Abbiamo sentito interventi, poco fa, che dicevano che oggi vi sono dei ciarlatani perché non esistono i relativi ordini professionali; si dice che oggi gli ostetrici e gli infermieri sono dei ciarlatani! Vi rendete conto della responsabilità di quello che state dicendo? Oggi vi sono persone che studiano e che esercitano la professione nel sistema sanitario pubblico e dall'opposizione si dice che sono dei ciarlatani...

LUCA VOLONTÈ. Ma chi l'ha detto (Commenti del deputato Di Virgilio)?

DONATELLA PORETTI. ... perché non esiste l'ordine professionale! Ma di cosa state parlando? Ci siete mai andati negli ospedali? O forse andate soltanto all'estero, nelle cliniche all'estero, dove non ci sono gli ordini professionali?
Questo ordine del giorno, con cui si impegna il Governo a tenere conto delle indicazioni fornite dall'Antitrust - non a seguirle pedissequamente - viene rifiutato dal Governo davvero in maniera incredibile.
Il Governo ha dichiarato di essere contrario a tenere conto delle indicazioniPag. 12dell'Antitrust: davvero complimenti! Mi auguro davvero che su questo ordine del giorno ci sia un po' di riflessione dei singoli deputati a livello personale e che sia approvato (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Girolamo. Ne ha facoltà.

LEOPOLDO DI GIROLAMO. È vero - come appena affermato dall'onorevole Poretti - che nella passata legislatura l'Antitrust formulò quel parere. Tuttavia, il Senato e la Camera, dopo un'istruttoria molto lunga, approvarono, all'unanimità e sulla base di altre valutazioni, la legge n. 43 del 2006: in primo luogo, per la disparità che vi è all'interno delle ventidue tipologie di professionisti sanitari (alcune erano provviste di albi e ordini, mentre altre no).
In secondo luogo, il CNEL affermò in un documento, dopo una lunga riflessione, che i settori della salute e della giustizia possono essere opportunamente regolati anche attraverso albi ed ordini in quanto vi si svolgono attività caratterizzate da rischi di danno sociale conseguente ad eventuali prestazioni non adeguate e, quindi, siamo in presenza di un interesse costituzionalmente rilevante da tutelare.
Infine, la Commissione europea e il Consiglio europeo avevano escluso proprio i servizi sanitari dall'applicazione delle direttive sulla concorrenza.
Quindi, sulla base di valutazioni politiche adeguate e sostenute da questi pronunciamenti, il Parlamento nella passata legislatura approvò la legge n. 43 del 2006. Non possiamo, pertanto, oggi votare un ordine del giorno che sconfessa completamente ciò che abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, devo replicare all'onorevole Poretti, perché ci ha accusato di una cosa che non abbiamo affatto detto, non vera e assolutamente falsa.
Difendiamo questi professionisti per un motivo molto semplice. La funzione degli ordini, di quelli istituiti attualmente, è deontologica, educativa e disciplinare ed evita la presenza di falsi professionisti che si dichiarano capaci di svolgere le professioni. Quindi, crediamo in questi ordini: siete voi che ci dovete dire se li volete o meno!
Da quanto ha dichiarato l'onorevole Poretti, sembra che non li vogliate! Allora, non bluffate chiedendo un'ulteriore proroga. Chiedete una proroga di settantadue mesi, annunciando chiaramente che non volete gli ordini professionali!

DONATELLA PORETTI. Il Governo non l'ha accettato!

DOMENICO DI VIRGILIO. Noi ne prenderemo atto e questi professionisti sapranno che voi non volete gli ordini professionali. Dovete avere il coraggio di dichiararlo chiaramente (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, a nome del gruppo Lega Nord Padania sottoscrivo l'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1 e ribadisco la nostra perplessità sul disegno di legge in esame. Riteniamo, infatti, che in questo momento esso sia inappropriato, perché c'era tutta le tempistica per proporre un disegno di legge ad hoc sugli ordini professionali.
Per quanto riguarda la polemica politica non entro nel dibattito, perché riteniamo che gli ordini professionali sanitari siano impegnati sul territorio a pieno titolo per salvaguardare la vita di tutti i cittadini.
Pertanto, per evitare ulteriori discussioni, appoggiamo pienamente l'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1. Chiediamo,Pag. 13quindi, che il Governo svolga un'attenta rilettura di questo ordine del giorno, perché il gruppo Lega Nord Padania non ritiene assolutamente possibile una sua bocciatura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siliquini. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare, a nome di Alleanza Nazionale, la totale contrarietà all'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1 e per ribadire quanto già detto dal collega Di Virgilio.
In questa Assemblea quello che manca, da parte della maggioranza, è la chiarezza. Vede, onorevole Poretti, lei oggi ha fatto un discorso molto fumoso, ma la realtà è quella che lei ha scritto in un comunicato e mi dispiace che non ascolti. La verità - come ha detto il collega Di Virgilio - è che voi volete abolire gli ordini professionali, ma lo devono sapere tutti, non solo in quest'aula del Parlamento, e lei lo ha scritto nel comunicato delle ore 19,48 del 12 febbraio. Pertanto, onorevole Di Virgilio, ha ragione! È inutile che continuiamo a raccontarci di proroghe e di rinvii sine die. La realtà è quello che l'onorevole Poretti scrive nel comunicato: «Credo che sia giunto il momento di valutare l'opportunità di abolire gli ordini professionali» (Commenti del deputato Volontè).

DONATELLA PORETTI. Il Governo è contrario!

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Allora, stiamo discutendo del nulla: non stiamo discutendo di rinvii né del collegamento con la riforma delle professioni. Sono panzane che cercate di raccontare ai cittadini, che le capiscono e non vi votano più! Lo avete capito che il Paese reale vuole lavorare negli ordini, nelle regole e nella chiarezza (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Lo volete capire che non siamo in una giungla, ma siamo in un Paese che vuole regole e chiarezza, soprattutto in campo sanitario?
Dunque, prima di tutto, questa norma che oggi proponete è incostituzionale. In secondo luogo, qualunque ordine del giorno fasullo come questo, che avanza delle proposte fasulle, va respinto, perché la riforma delle professioni - come fate a non capirlo! - non c'entra niente. La legge n. 43 del 2006 vive, esiste ed è legge dello Stato! Voi dovevate emanare i decreti delegati entro sei mesi: lo avevamo previsto per qualunque Governo fosse stato eletto, non abbiamo dato un incarico a noi stessi. Voi venite meno ad una precisa legge dello Stato e accampate delle argomentazioni ridicole circa una presunta futura riforma, semmai verrà alla luce, cosa di cui ho qualche dubbio, visto che deve ancora partire alla Camera e, comunque, il Senato è quello che è e le leggi non passano più.
Pertanto, state accampando delle argomentazioni fasulle per prendere in giro i cittadini italiani. Ne renderete conto sempre a loro (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo e della deputata Poretti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno è illegale e illogico. È illegale perché va contro una legge dello Stato che è stata approvata, e non è logico perché non ci si può appellare alle indicazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'applicazione di una legge.
Quindi, bene ha fatto il Governo a dare parere contrario. Anche noi siamo contrari a questa presa di posizione che - lo ripeto - non ha senso in alcun modo, né di ordine legale, né di ordine logico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

Pag. 14

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, intervengo brevemente per ricondurre, forse, a chiarezza una discussione veramente troppo esagitata.
In questo momento noi radicali del gruppo La Rosa nel Pugno stiamo dicendo quello che abbiamo sempre sostenuto e non c'è nulla di strano: noi siamo contro gli ordini professionali.
Volevamo che il nostro Governo, che appoggiamo convintamente, tenesse conto di quanto scritto in un ordine del giorno che, pur blando, impegna il Governo a rivalutare la situazione - ci diamo ancora un margine di tempo per la riflessione - per capire se le indicazioni dell'Authority hanno una valenza. Noi crediamo che ce l'abbiano e per questo chiediamo di votare e voteremo a favore di un ordine del giorno che il Governo non accetta, cara collega Siliquini! Lei è d'accordo con il Governo: lei, con il suo corporativismo storico che rivendica!
Il Governo, in questo caso, non sa approfittare di un ordine del giorno che - lo ripeto - è correttamente blando per non mettere in imbarazzo nessuno. Chiedo che i liberali e i riformatori di questo Parlamento vogliano concederci uno spazio ulteriore di riflessione e di riforma (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per sostenere questo ordine del giorno. Abbiamo discusso per tante giornate sulla necessità di prevedere addirittura una legge ad hoc sulle liberalizzazioni che faccia tesoro delle indicazioni dell'Antitrust. Credo sia giusto chiedere al Governo di riconsiderare la questione, come poi è stato detto anche dal collega della Lega Nord.
Non mi riferisco alla questione generale degli ordini professionali - su cui pure sarebbe bene tornare - ma a tale questione specifica.
Credo sia una richiesta ben motivata e fondata; quindi, ritengo opportuno che il Parlamento impegni il Governo a riconsiderare la questione, se intende mantenere la sua posizione contraria (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia e dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, intervengo per sostenere quanto appena dichiarato, a titolo personale, dall'onorevole Mellano, ma anche per ribadire che il testo di questo ordine del giorno impegna semplicemente il Governo a tener conto di un parere dell'Antitrust.
Votare contro tale ordine del giorno e non accettarlo, come ha fatto il Governo, significa sostanzialmente affermare che il Governo non intende considerare un parere dell'Antitrust: lo ritengo veramente clamoroso! Evidentemente, quando si tratta di difendere privilegi corporativi, tutte le forze di questo Parlamento - con qualche lodevole eccezione - si uniscono e mi dispiace che anche il Governo che sostengo faccia questa scelta.
Pertanto, rinnovo l'invito ai liberali a votare a favore dell'ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, anche i socialisti della Rosa nel Pugno sono d'accordo su questo ordine del giorno. Richiamiamo il Governo ad una particolare attenzione, perché certamente si possono fare «lenzuolate» e anche scelte buone - com'è stato fatto nel provvedimento che abbiamo approvato ieri, anche se un po' di coraggio su tali questioni sarebbe stato utile - ma, in particolare, in tema di libere professioni, la necessità di aprire il mercato a una concorrenza vera e non protetta da parte diPag. 15alcuni ordini professionali (non tutti per la verità, ma alcuni sicuramente) è una necessità del Paese, non di una forza politica o soltanto di una visione unilaterale (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulio Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, credo che fare chiarezza significhi innanzitutto sapere se gli ordini professionali devono sopravvivere oppure no; in secondo luogo, bisogna rilevare che il disegno di legge in esame riguarda le professioni sanitarie, che sono ben diverse da altri tipi di professioni o di «paraprofessioni». Quindi questo è il discorso di fondo. Osservo le ostetriche autonome protestare perché vogliono l'autonomia: cosa significa? Significa fare le ostetriche senza avere il titolo di studio riconosciuto? Significa incentivare la concorrenza nella qualità o incentivarla nel disordine, aprendo la professione a tutti coloro i quali avranno un titolo di studio che potrebbe essere rilasciato anche da nazioni delle quali non riconosciamo tali titoli?
Pretendere ciò, come dice l'onorevole Poretti, ma anche altri, è sbagliato. Anzi, lei ha presentato un ordine del giorno nel quale cerca di spiegare qualcosa che poi, in realtà, non spiega o lo spiega male.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIULIO CONTI. Concludo, signor Presidente. Ritengo che in nome della concorrenza, non si possa abbattere la qualità (Commenti della deputata Poretti). Quando una ragazza vuole avere un figlio a domicilio con l'assistenza di un'ostetrica - soprattutto considerando il progetto di legge che stiamo discutendo attualmente in Commissione affari sociali ...

PRESIDENTE. Onorevole Conti, concluda.

GIULIO CONTI. ... concludo, Presidente - se non c'è il massimo della qualificazione professionale, come pensate che l'abolizione degli ordini professionali o paraprofessionali possa essere un aiuto alla qualità? È necessario essere molto attenti e fare chiarezza. La necessità di ulteriori dodici mesi è un'esagerazione, però ritengo che il Governo dovrebbe darci una risposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Poretti n. 9/1609/1, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 435
Astenuti 7
Maggioranza 218
Hanno votato
49
Hanno votato
no 386).

Prendo atto che il deputato Fugatti ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole e che il deputato Giulio Conti ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Prendo altresì atto che gli onorevoli Germontani e Castellani hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario e che la deputata Ravetto ha segnalato che non è riuscita a votare e che avrebbe voluto astenersi. Infine, prendo atto che i deputati Balducci e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

Pag. 16

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Poretti. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, mi dispiace davvero per ciò che è successo fino a poco fa; eviterò di proseguire nella polemica, ma, poiché qualcuno mi ha chiesto spiegazioni, mi verrebbe da rispondere che, forse, era il caso di leggere effettivamente l'ordine del giorno, in modo tale da avere già le spiegazioni. Tuttavia, quando si parla di ordini professionali si chiudono gli occhi, si tappano le orecchie e si vota comunque. Nei convegni, poi, si afferma che è necessario rivedere il tutto e che bisogna liberalizzare il mercato, ma, quando si arriva in Parlamento, si istituiscono nuovi ordini professionali.
Votiamo comunque a favore del disegno di legge in esame che prevede, per il momento, solo il differimento del termine per l'esercizio della delega con cui dovrebbero essere istituiti gli ordini e gli albi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.
Riteniamo opportuna l'approvazione del provvedimento per due motivi: il primo è costituito dalla necessità di collegare la regolamentazione del settore all'annunciata e più ampia riforma di tutti gli ordini professionali, e ci associamo nel chiedere a che punto sia il disegno di riforma, auspicando che al più presto si intervenga su tale settore. Oggi, però, ci limitiamo soltanto a differire i termini per istituire nuovi ordini. La seconda motivazione, per cui esprimeremo voto favorevole, è costituita dalla necessità di prendere tempo, e oggi ne prenderemo ancora di più. Si prevedono, infatti, ventiquattro mesi per istituire i nuovi ordini, e tale termine credo che possa essere ben utilizzato per rivalutare il problema (anche se, con dispiacere, devo prendere atto che il Governo non ha intenzione di considerare le segnalazioni dell'Autorità antitrust).
Colgo, però, l'occasione di tale dibattito per denunciare un'anomalia del nostro modo di procedere da un punto di vista parlamentare. La legge n. 43 del 2006 fissava la data del 4 settembre 2006 per istituire i nuovi ordini ed albi. Il disegno di legge che stiamo esaminando è datato 1o settembre 2006, ed è stato licenziato dalla Commissione affari sociali il 4 dicembre 2006, ovvero tre mesi dopo la scadenza entro la quale dovevano essere istituiti i nuovi ordini. Oggi è ancora all'esame dell'Assemblea un testo, che poi dovrà passare al Senato, che proroga prima di dodici, poi di diciotto, ora di ventiquattro mesi, un termine già scaduto da otto mesi, rinviandolo al 4 settembre 2008. Ritengo che ciò sia esemplificativo del modo di procedere del Parlamento, e su ciò la responsabilità è comune a maggioranza e opposizione: è il Parlamento che procede in tal modo.
Tutto ciò per quanto attiene al metodo. In ordine al merito, invece, ritengo che sia giunto il momento di rivalutare, più in generale, l'opportunità di abolire gli ordini professionali, figli delle corporazioni fasciste e di una concezione statalista dell'economia, per sostituirli con libere associazioni di liberi professionisti, e non con ciarlatani, abusivi, malandrini o delinquenti: liberi professionisti, in una società di liberi contratti, di liberi lavori e liberi valori.
La rigidità organizzativa degli ordini, in particolar modo in ambito sanitario, insieme alle pessime leggi, di ispirazione vaticana, che caratterizzano questo ambito e non solo, hanno contribuito a far sì che il nostro Paese si collocasse ai margini della ricerca scientifica e medica europea ed internazionale.
Tale rigidità e le leggi approvate, però, hanno anche contribuito alla fuga di cervelli verso paesi in cui la libertà professionale individuale e leggi non confessionali costituiscono un incentivo ed un limite. Sulla questione si era espressa l'Autorità antitrust nel dicembre 2004: inutile che vi rilegga quello che aveva segnalato l'allora presidente Giuseppe Tesauro, purtroppo inascoltato dal legislatore (e temo,Pag. 17purtroppo, che non vogliamo ascoltarlo nemmeno oggi). Oggi approviamo soltanto il differimento dei termini: utilizziamo questo tempo per ripensare a ciò che aveva scritto l'Antitrust, ovvero che non sussistono asimmetrie informative tali da giustificare una limitazione della concorrenza attraverso l'imposizione di barriere all'accesso nel relativo mercato.
Sono veramente necessari nuovi ordini professionali? Siamo sicuri che tale organizzazione delle professioni sia ciò che serve per la crescita della nostra economia e per garantire professionalità, qualità, economicità, accessibilità, e cioè concorrenza? Quella professionalità, quella qualità, quella economicità non ci devono vedere separati tra chi chiede di mantenere l'attuale struttura corporativa dell'Italia, ereditata dal fascismo, e chi, invece, oggi vuole rivederla e riformarla.
Purtroppo, come è stato detto, nell'attuale legislatura e nelle legislature precedenti sono state presentate numerose proposte di legge per l'istituzione di nuovi ordini e nuovi albi per ogni professione: spero che, invece, si vada in un'altra direzione, e spero che il Governo oggi abbia soltanto fatto un passo falso, dettato dalla strana discussione che vi è stata con l'opposizione, che chiedeva di non votare il differimento dei termini perché sosteneva un'altra tesi.
Il Governo si è perfino rifiutato di tenere conto delle indicazioni dell'Antitrust: spero che si sia trattato solo di un passo falso e che, invece, se ne tenga conto. Per non creare nuove difficoltà è bene, comunque, che si proceda al differimento previsto dal disegno di legge del Governo: è necessario un maggiore confronto, una maggiore analisi, una maggiore conoscenza dei guasti e dei limiti che le professioni organizzate in ordini corporativi apportano alla nostra economia e alla nostra società. (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, tra poco approveremo la proroga di altri otto mesi e mezzo per l'emanazione della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43. Cerco di immaginare cosa succederà in questi otto mesi e mezzo: sicuramente non accadrà quello che voleva il Governo, e cioè che il Parlamento approvi la riforma di tutti gli ordini professionali. Si tratta, quindi, di un falso problema, perché non succederà niente.
Mi sembra che faccia bene il Governo, quindi, a fermare il provvedimento in questo ramo del Parlamento e a non trasmetterlo al Senato, procedendo velocemente all'emanazione della delega. Leggo nella relazione di accompagnamento al disegno di legge: «Il Ministero della salute ha predisposto in tempo utile il relativo provvedimento di attuazione, che è stato sottoposto al Consiglio dei ministri». Allora, se il provvedimento è già pronto, a cosa servono altri otto mesi e mezzo? A niente! Il Governo aveva già chiesto diciotto mesi, che scadono il 4 settembre 2007: quindi siamo nei termini. Si tratta di un falso problema! Possiamo dire: così è, se vi pare... e così sia! Ma non sarà così, perché sicuramente, tra otto mesi e mezzo, il Governo ritornerà a chiedere una proroga, perché manca la volontà di attuare la delega. Il Governo dovrà modificare il provvedimento. Le leggi del Parlamento si applicano, non si interpretano: non si chiedono differimenti, che sono inutili e dannosi e discriminano una categoria professionale che ha il diritto di vedere approvata la delega e istituiti gli ordini. Hanno affermato tutti - e non occorre che lo ripeta - che questa benemerita categoria ha bisogno di avere un ordine professionale per svolgere in modo completo un servizio a favore dei cittadini, di primaria importanza per la salute di tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siliquini. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, è necessario fare chiarezza,Pag. 18perché voi della maggioranza anche in questo caso siete in piena contraddizione, come sempre su tutti gli argomenti che riguardano il nostro Paese. Vi è, infatti, una parte di voi che vuole differire il termine previsto dalla legge n. 43 del 2006, sperando che nel frattempo possa succedere qualcosa, mentre un'altra parte vuole abolire radicalmente gli ordini professionali.
Quindi, non siete neanche d'accordo al vostro interno. Noi, invece, siamo d'accordo sul fatto che la legge n. 43 del 2006 sia di primaria importanza, poiché non ha solo istituito gli ordini professionali, ma ha anche consentito una grandissima valorizzazione della formazione specialistica volta ad assicurare la qualità dei servizi sanitari offerti al cittadino. A voi sfugge che, parlando di sanità, la concorrenza non c'entra niente. La sanità, sia in Europa sia in Italia, pretende e richiede titolo di studio, formazione universitaria e controllo della qualità: voglio vedere chi di voi si fa mettere le mani addosso da una professionista sanitaria senza controllare prima se ha fatto quel corso di studi!
Stiamo parlando di diritti costituzionali primari, mentre vi perdete in chiacchiere, discutendo se differire o non differire, se abolire o non abolire. Intanto, i cittadini, come tutti vi abbiamo fatto presente, hanno bisogno di qualità dei servizi professionali. Perché credete che nella scorsa legislatura ci siano stati voti bipartisan ed anche un voto all'unanimità in Senato? Erano pazzi i vostri colleghi della passata legislatura o siete pregiudizialmente e concettualmente prevenuti oggi in questa legislatura? Oppure la legge non deve essere applicata solo perché porta il nome del Governo Berlusconi?
Chiedo questo al Parlamento italiano, perché non posso credere che nella scorsa legislatura voi - intendo dire sinistra e centrosinistra - abbiate ragionato con una certa impostazione e votato in un certo modo, mentre oggi, a distanza di un anno, la pensiate in un modo assolutamente contrario. Non è così! Vi state semplicemente appiattendo su richieste del Governo che partono dal Ministro Turco e dal Ministro Bersani, ma, come ho detto prima, il Paese reale chiede altre cose.
Come è successo questo? È successo, come spiega un comunicato ANSA, che nel corso del Consiglio dei Ministri del 31 agosto - e lo dico per tutti coloro che stanno ascoltando, che sono tanti - è stato dato un alt sull'esercizio della delega. Caro collega Mantini, non so se è presente, ma le rinfresco la memoria.
L'alt è giunto in prima battuta dal Vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli, al quale si sono poi associati i Ministri D'Alema, Amato e Bonino. Quindi, la questione è stata affondata! Vi è stato uno stop nel Consiglio dei ministri, e non una riflessione sulla riforma delle professioni in atto.
Quello che succede oggi non è che la riprova della volontà di affossare la legge n. 43 del 2006 con un procedimento del tutto incostituzionale. Vi ricordo che state per approvare, se l'approverete, una norma profondamente incostituzionale per violazione dell'articolo 76, che prevede la necessità di esercitare il potere legislativo delegato entro un determinato periodo di tempo.
Faccio appello ai giuristi: non è possibile una delega di questo tipo! Vedremo cosa ne penserà la Corte costituzionale, perché i ricorsi sono già pronti. Voglio vedere se una delega già scaduta può essere oggetto di un disegno di legge che la rinvia di ventiquattro mesi, mentre l'articolo 76 prevede esattamente il contrario. Ci sono diverse sentenze che stigmatizzano la proroga dei termini per l'esercizio di delega legislativa, con la quale si crea un'oggettiva lesione di quello che la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale individua e definisce come principio della tutela dell'affidamento.
Forse non vi rendete conto che state approvando una norma incostituzionale. Abbiamo avuto dieci mesi di vuoto legislativo. Abbiamo impiegato tre anni per approvare la legge in Parlamento (attenzione, in Parlamento); poi è intervenuto il Ministro Turco che all'inizio, a maggio-giugno, aveva detto: è mio dovere (ed era giusto: quando aveva dichiarato che eraPag. 19suo dovere ha detto l'unica cosa giusta sul tema); poi vi è stato questo rinvio: dieci mesi, in totale, di vuoto normativo, senza avere emanato i decreti delegati. Ritengo che ciò sia imputabile anche alle inefficienze e alle incapacità del Governo - di cui abbiamo prova tutti i giorni - ma soprattutto alla volontà di affondare la legge. Oggi ci troviamo a questo punto.
Vorrei ricordare che il provvedimento in esame prevede il miglioramento della qualità delle prestazioni e l'affidabilità dei professionisti, soprattutto in un momento in cui cresce la richiesta di assistenza a domicilio e di assistenza nei centri: la politica sanitaria - non voglio dilungarmi, ma chi segue tali vicende lo sa - è una politica finalizzata a svuotare gli ospedali e a incrementare i centri di assistenza e le attività domiciliari. Fisioterapisti, ostetriche, infermieri: tutte queste persone entrano sempre di più in centri familiari e di assistenza, perché l'età della vita media italiana è aumentata moltissimo. Da parte del Ministero della salute vi è una tendenza - anche per ridurre le spese - a una minore ospedalizzazione.
Per tali motivi è importante che chi va a casa di un malato cronico, o colpito da un ictus, o malato terminale, o deve assistere alla nascita di un bambino, abbia un curriculum formativo serio, di laurea e post laurea, perché le mani addosso non devono essere messe dagli abusivi, dai cialtroni, dagli incapaci, di cui purtroppo in Italia vi sono esempi: vada a vedere quante denunce di abusivismo vi sono! Tutti i cittadini dovrebbero fare veramente argine contro tale situazione. Poiché vi è sempre più bisogno di infermieri e vi è una sempre maggiore domanda di assistenza nel nostro Paese, e per l'evoluzione delle politiche sanitarie, si richiedono professionisti più preparati.
Formulo alcune conclusioni politiche: abbiamo capito che nella presente legislatura il centrosinistra non vuole più approvare il provvedimento in esame, dopo averlo approvato nella scorsa legislatura. Ci troviamo nella totale confusione, siamo nel vostro caos e lo lasciamo tutto a voi.
Però voglio anche ricordare alcuni interventi passati - sono andata a rileggermi gli atti parlamentari - soprattutto a chi è qui per la prima legislatura: colleghi, parlo per voi, perché forse non vi hanno informato a sufficienza. Ad esempio, nel corso dell'esame alla Camera nel 2005, l'onorevole Burtone, a nome dei gruppi della Margherita e dell'Ulivo, aveva espresso soddisfazione per il provvedimento, molto atteso dagli operatori sanitari, e per accelerare l'iter dichiarò che non avrebbe presentato emendamenti.
Mi chiedo come voterà oggi l'onorevole Katia Zanotti, del gruppo DS-L'Ulivo, dopo che nella scorsa legislatura ha dichiarato che il provvedimento in esame (cioè la nostra legge n. 43 del 2006) è importante per colmare un vuoto normativo, riconosce il ruolo di tanti professionisti e dà una risposta congrua alle aspettative di quelle professionalità. E tale intervento è stato accompagnato - udite udite - dagli applausi di tutto il gruppo DS! Cari amici del gruppo DS, ma quando dite la verità? La dicevate allora o la dite oggi? Non voglio credere che avete cambiato idea: state solo appiattendovi su una richiesta sbagliata del Governo. Voglio vedere, oggi, se l'onorevole Katia Zanotti voterà esattamente in modo contrario a come ha votato un anno fa, perché poi si tratta solo di un anno fa.
L'onorevole Tiziana Valpiana, del gruppo di Rifondazione Comunista, all'epoca in cui rappresentavo il Governo in aula, dichiarò: a nessuno può sfuggire l'importanza di questo provvedimento, a questi professionisti dobbiamo le scuse per il ritardo con cui in Italia ci si è resi conto dell'importanza di dare queste risposte, ricevendo applausi da parte di tutto il gruppo di Rifondazione Comunista. (Applausi polemici dei deputati del gruppo dell'Ulivo)
Ma come fate oggi ad applaudire un provvedimento assolutamente contrario? Mi chiedo come è possibile che voi oggi sosteniate una posizione completamente diversa.
Cito ancora Marida Bolognesi, la quale, tra gli applausi dei membri del gruppo DS,Pag. 20ha dichiarato il loro voto favorevole. Pertanto - e concludendo - un Governo che per un anno è stato inerte e non ha realizzato nulla...

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Concludo, il Governo, che oggi viene a chiederci un termine di diciotto mesi per una legge che ha contribuito a votare pienamente e totalmente, e la maggioranza tradiscono la fiducia che è stata loro accordata dai cittadini italiani. Il voto del gruppo di Alleanza Nazionale sarà dunque assolutamente contrario al provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocco Pignataro. Ne ha facoltà.

ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur, che in questa sede oggi rappresento, vorrei svolgere brevi considerazioni al fine di sgomberare il campo da facili fraintendimenti e da inutili strumentalizzazioni.
Il provvedimento che ci apprestiamo a votare, come è a tutti noto, reca la proroga di dodici mesi del termine per l'esercizio da parte del Governo della delega prevista dalla legge n. 43 del 2006 per l'istituzione degli ordini e degli albi delle professioni sanitarie.
Come già ricordato da altri colleghi, in sede di discussione generale la legge varata durante il precedente Governo di centrodestra è stata approvata dal Parlamento potendo contare su un largo consenso, avendo i gruppi allora all'opposizione cooperato con la maggioranza affinché si pervenisse ad un testo di legge che completasse il processo riformatore delle professioni non mediche, avviato con le leggi n. 42 del 1999 e n. 251 del 2000.
Si è così dunque lavorato con spirito di collaborazione, per consentire che anche per le professioni sanitarie non mediche si potesse contare su un'organizzazione impegnata ed attenta alle necessità di valorizzazione delle professionalità specifiche. L'istituzione degli albi anche per queste professioni è stata infatti concepita per contribuire, da un lato alla tutela della qualità professionale degli operatori del settore, dall'altro per assicurare maggiormente l'interesse dei cittadini in un campo così delicato, quale quello sanitario. Con la legge n. 43 del 2006 dunque si è fatto un importantissimo passo avanti dal punto di vista della qualità di questi settori professionali, proprio perché alle nuove professioni si accede attraverso una laurea con valore abilitante, e si fa altresì un passo in avanti anche sul piano della deontologia, sorgente essenziale della responsabilizzazione professionale e di responsabilità nei confronti degli utenti di tali prestazioni. Inoltre, così come abbiamo richiesto, con la ricordata legge, di attribuire alcune responsabilità agli operatori professionali, allo stesso modo oggi dobbiamo comportarci con responsabilità nel favorire l'approvazione del provvedimento in esame, concedendo all'attuale Governo il tempo necessario per attuare la delega prevista dalla legge.
Come è stato ricordato in quest'aula dal sottosegretario di Stato per la salute, al termine della discussione sulle linee generali del provvedimento, nella seduta del 12 febbraio 2007, il Governo ha fatto tutto il possibile per attuare tale delega, consultando tutte le associazioni rappresentative delle professioni sanitarie ed arrivando a raccogliere un ampio consenso sul provvedimento preparato dal Ministro della salute. Credo sia intenzione dell'Esecutivo procedere ad un riordino complessivo degli ordini professionali, ed appare allora perfettamente logico l'orientamento della maggioranza volto a ricollegare alla più ampia riforma degli ordini professionali la regolamentazione di tale specifico settore.
A ben vedere dunque, la richiesta di proroga del termine per l'esercizio della delega in materia di professioni sanitarie non mediche non può essere letta, e considerata, come una sorta di pigrizia legislativa da imputarsi al Governo ma, semmai,Pag. 21come il giusto tentativo di regolamentare in maniera omogenea ed uniforme tutto un settore, quale quello degli ordini professionali, che necessita ormai di un'ampia riforma, che tenga in considerazione sempre di più i bisogni dei nostri cittadini, sia di coloro che tali professioni esercitano, sia di coloro che ne usufruiscono.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Astore. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, credo che non si possa fare a meno di intervenire dopo aver ascoltato da parte del centrodestra alcune furbizie, ed è importante che il gruppo dell'Italia dei Valori intervenga - anche a nome di parte del centrosinistra - perché ciò che abbiamo ascoltato in quest'aula ha dell'incredibile. In altre parole, dalla unanimità dei consensi nei confronti della legge n. 43 del 2006 oggi si passa alle furbizie ed agli ammiccamenti di chi sta al di fuori di questa aula.
Me ne dispiace assai, perché in questo periodo voler strumentalizzare anche le professioni e questa professione in particolare, credo sia un errore grave, specialmente da parte di chi pensa che le elezioni siano prossime: lo dico con estrema sincerità e lealtà culturale. Questi ammiccamenti, queste strizzatine d'occhio, credo debbano assolutamente essere abbandonate in questa aula, soprattutto, onorevole Siliquini, quando si tratta di questi argomenti. Il centrosinistra non può essere rimproverato di fronte alla sua storia e, soprattutto, sulla materia della sanità, perché la differenza di sostanza culturale, politica, tra noi e voi è proprio il campo del welfare e della sanità, nel rispetto assoluto delle posizioni di tutti. È la storia che lo dice!
Caro Di Virgilio, la storia dice che questa Unione, questo centrosinistra ha riordinato la professione di infermiere. Erano gli ultimi della classe: abbiamo approvato tre leggi, dal 2000 al 2002, con le quali abbiamo addirittura attribuito a questi professionisti la dignità della dirigenza. Qualcuno forse se lo dimentica? L'infermiere oggi, oltre ad accedere alla laurea, prevista da questo Parlamento con una guida che era diversa da quella di alcuni anni fa, può accedere anche alla dirigenza ed all'autonomia, onorevole Siliquini, nelle aziende sanitarie. Certamente se lei, che è così attenta, può andare a rileggersi il dibattito che si è svolto a suo tempo, se ne renderà conto. Allora, bando alla polemica! Si è svolta, anche contro il disegno di legge Bersani, una manifestazione di 30 mila operatori della sanità, perché forse interpretavano erroneamente la volontà di questo Governo, ritenendo che non volesse istituire l'ordine. Lo possiamo dire con chiarezza: - penso di interpretare anche la volontà di altri partiti e vogliamo dirlo per comunicare all'esterno, senza furbizia - siamo a favore dell'istituzione dell'ordine professionale degli infermieri. Ma siamo anche a favore di un riordino generale delle professioni: questa è la differenza! Non siamo favorevoli all'abolizione totale degli ordini - ecco perché invito ad una riflessione aggiuntiva anche la collega Poretti - siamo a favore di una riflessione seria che porti certamente alla cancellazione di una miriade di ordini, quelli citati dalla collega, ma che conduca soprattutto alla valorizzazione di alcuni ordini; uno di essi credo debba essere l'ordine professionale degli infermieri. Ciò, collega Poretti, anche approfittando di direttive europee che stabiliscono che tali ordini possono costituirsi anche in associazioni private con il controllo pubblico.
Rivolgo un invito alla riflessione anche agli amici del centrodestra che giocano su un mese...

LUCA VOLONTÈ. Ma quali mesi!

GIUSEPPE ASTORE. Colleghi, giocate su un mese! La gente deve saperlo. Il disegno di legge alla vostra attenzione parla di diciotto mesi: vengono presentati emendamenti che prevedono diciassette mesi. Credo che gli infermieri non accettino questo gioco sulla loro dignità, sullaPag. 22loro professione, perché anche noi siamo convinti che quella di infermiere - siamo per la loro autonomia - sia una professione assolutamente da valorizzare nel campo della sanità, come hanno detto il Ministro Turco e diversi presidenti di gruppo in questa sede, soprattutto considerando che oggi la malattia più diffusa è la cronicità, che occupa il primo posto delle malattie in Italia. Per questo motivo dobbiamo assolutamente valorizzare tale professione anche con l'istituzione dell'ordine. Vi dico di più, il mio gruppo ha presentato una proposta di legge, che vogliamo discutere con tutti, per attivare anche la libera professione in piena autonomia, magari con il controllo delle aziende sanitarie, all'esterno degli ospedali, all'esterno dei distretti sanitari.
Ritengo che una popolazione come la nostra, che invecchia ed è la più anziana d'Europa, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, abbia assolutamente bisogno che anche gli infermieri in piena autonomia attivino determinate reti di assistenza. Altro che furbizia! Altro che dire, oggi, che non si vuole l'istituzione dell'ordine degli infermieri! Il Governo, l'Unione, hanno dimostrato negli ultimi dieci, quindici anni, di avere a cuore questo settore del campo sanitario. Del resto, ripercorrendo la storia, ritengo che le più grandi riforme, anche quelle costate in termini elettorali, siano state realizzate da una determinata parte politica. Non me le fate citare, perché potrei ricordare che il Governo precedente...

LUCA VOLONTÈ. Qual è la parte?

GIUSEPPE ASTORE. Onorevole Volontè, ti ricordo che il Governo precedente non ha messo assolutamente mano su nient'altro che non si riferisse alla gestione e, a parte aver tollerato che l'extramoenia venisse disciplinata in quel modo, non ha determinato riordino e riforme.

LUCA VOLONTÈ. Voi avete aumentato il livello consentito di cannabis!

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, per cortesia!

GIUSEPPE ASTORE. Ci stiamo pensando. Va bene, qualcuno sa perfettamente come si gestisce la sanità nel nostro territorio. Per non andare oltre!

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, onorevole Astore.

GIUSEPPE ASTORE. Siamo convinti che occorra affrontare il tema della sanità. Mi rivolgo al Governo perché, oramai, tale tema è diventato il campo di battaglia di «bande armate», che in alcune regioni, hanno il dominio assoluto, di fronte al bisogno forte, che proviene da parte dei cittadini. Per tali ragioni, vi preghiamo di essere d'accordo con noi in merito al rinvio del provvedimento in esame, lasciando una possibilità al Governo, che saremmo i primi a criticare, qualora entro sei mesi non arrivasse in Parlamento l'istituzione dell'ordine degli infermieri insieme, tuttavia, al riordino generale delle professioni.

GIUSEPPE PALUMBO. Voglio vedere, aspettiamo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Katia Zanotti. Ne ha facoltà.

KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo non ha avuto modo di intervenire nella discussione sulle linee generali. Pertanto, vorrei fare alcune sottolineature e considerazioni. Ritengo di dover evidenziare nuovamente a quest'Assemblea che la salute è il bene primario delle persone e delle comunità ed è sempre più avvertita, da parte dei cittadini, come una delle responsabilità primarie da parte della politica.
Mi rivolgo all'onorevole Siliquini, se ha la cortesia di prestarmi attenzione, perché, come dimostra il suo intervento di oggi in aula, la cultura politica ci differenzia profondamente. L'azione del Governo sulla salute è molto complessa - e non può essere terreno di scorrerie, preda di facili demagogie urlate, come oggi è stato fattoPag. 23da lei - (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo) perché riguarda molto le relazioni con le persone, cittadini e cittadine competenti, che vogliono essere protagonisti e codecisori della loro salute. Tuttavia, riguarda altresì la valorizzazione delle professioni e le responsabilità di queste ultime nel governo della salute.
Per questo motivo sottolineiamo la valorizzazione delle professione non sanitarie. Ciò deve essere molto chiaro, senza nessuna ambiguità, né fraintendimento. Attualmente, come già detto dai colleghi nel corso della discussione sulle linee generali, gli operatori delle professioni sanitarie non mediche sono più di 500 mila. Peraltro, come sappiamo, ci troviamo in presenza di una tendenza all'aumento delle domande per i corsi di laurea relativi a tali professioni. Al momento, vi sono esattamente 466 corsi in Italia, ma vi è un'ulteriore richiesta perché essi sono insufficienti a soddisfare le aspirazioni degli studenti. Pertanto, ci troviamo in presenza di una situazione complessa, che va governata. I posti a disposizione, peraltro, nonostante i numeri, non sono sufficienti a coprire il fabbisogno reale di tali figure sul territorio nazionale. Cito, per tutte le categorie, gli infermieri. Siamo a conoscenza che mancano almeno seimila posti di infermieri. Si tratta di un problema molto serio per il sistema sanitario, del quale ci stiamo occupando. Il nostro ordinamento, rispetto a quello degli altri Paesi europei, ha purtroppo preso atto con molto ritardo del ruolo e della qualità delle professioni sanitarie non mediche.
Tuttavia, non c'è dubbio che, anche in modo condiviso, maggioranza e opposizione a partire dal 1999 hanno rivisto la normativa, aggiornando conseguentemente il profilo e, soprattutto, rimarcando l'esigenza che anche il nostro Paese provvedesse alla formazione dei ricordati operatori con un percorso formativo di tipo universitario. Tale percorso prevede il conseguimento sia del diploma triennale, sia della laurea, sia addirittura del dottorato di ricerca, ciò al fine di valorizzare e di costruire di un profilo di competenza molto alto.
La legge n. 43 del 2006 ha ulteriormente perfezionato la formazione, legando alla stessa anche la carriera, con il possesso di titoli specifici e regolando le procedure per l'individuazione di nuove professioni sanitarie. È indubbio - e in ciò vorrei interloquire con l'onorevole Poretti - che nel settore della salute si svolgano attività caratterizzate da rischi di danno sociale conseguenti ad eventuali prestazioni non adeguate. Siamo quindi in presenza di un interesse costituzionalmente rilevante e da tutelare; la stessa Commissione europea e il Consiglio europeo escludono i servizi sanitari dall'applicazione delle direttive sulla libera concorrenza. Da parte del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo Europeo vi è condivisione politica nel dar corso alla proroga di ventiquattro mesi della delega, per le ragioni assolutamente oggettive di cui ha parlato questa mattina il relatore, l'onorevole Grassi, poi supportate dall'emendamento presentato dalla stessa Commissione e successivamente approvato. Si tratta, ripeto, di motivi ragionevoli e assolutamente oggettivi.
Onorevole Siliquini, mi rivolgo ancora a lei perché credo sappia che nella maggioranza non esiste alcuna volontà di rinvio. La sua «urlata» all'interno dell'aula è troppo scontata ed è facile demagogia. La inviterei a guardare meglio dietro le quinte dell'opposizione per vedere dov'è davvero la volontà di rinvio, almeno dietro alcune quinte.
Vi è, concludo, grande convinzione politica da parte del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo Europeo sul fatto che la materia delle professioni intellettuali debba essere riformata profondamente perché sono profondamente mutati gli scenari e i contesti. È altrettanto indubbio che il tema sarà al nostro esame quando tratteremo dell'apposito disegno di legge del Ministro Mastella, attualmente all'esame della Commissione Giustizia, per il quale, come sappiamo, sono in corso le relative audizioni. La proroga richiestaPag. 24serve, quindi, solo per armonizzare le disposizioni e le regole che deriveranno da tale testo con quelle inerenti l'istituzione di nuovi ordini professionali riguardanti le professioni sanitarie non mediche ed il cui ruolo e la cui funzione particolare saranno normati da specifici decreti attuativi, peraltro varati, ovviamente, di concerto con il Ministero della salute.
Per quanto detto, il voto di Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo sarà assolutamente favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dioguardi. Ne ha facoltà.

DANIELA DIOGUARDI. Signor Presidente voteremo a favore del provvedimento in materia di ulteriore differimento e voglio dire alla collega del gruppo di Alleanza Nazionale che ciò non significa che abbiamo cambiato opinione rispetto al 2006, quando abbiamo espresso un voto favorevole.
Si tratta infatti - si gioca, purtroppo, molto con le parole - di un ulteriore differimento, non di tornare indietro e tale differimento è stato reso necessario dai tempi stretti e può esser utilizzato per una ulteriore riflessione al fine di approvare una legge che crei determinate regole per i lavoratori, soprattutto per quelli del settore sanitario. Dovrebbe essere un provvedimento che dia alcune tutele e che non si trasformi - ed è questo, secondo me, l'aspetto fondamentale - in autoreferenzialità contrapposta alle domande ed ai bisogni dei cittadini e delle cittadine in un campo così delicato come quello della sanità.
Voglio dire che il Paese reale, di cui si è tanto parlato stamattina, non ha bisogno di leggi, ma di buone leggi. Il Paese reale non ha bisogno, proprio in questo periodo, di demagogia e di interventi urlati, che vorrebbero ribaltare la realtà delle cose. Il Paese reale, cari colleghi, sa chi in Italia ha assunto sempre, coerentemente, la difesa del mondo del lavoro e chi ha difeso la sanità pubblica universale.
Per questo motivo, convintamente, voteremo a favore del disegno di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, questo nostro dibattito non riguarda, almeno apparentemente, l'opportunità di istituire nuovi ordini per le professioni sanitarie infermieristiche ed altre, ma soltanto il termine entro il quale il Governo è autorizzato, anzi obbligato, ad esercitare questa delega.
Ricordo ai colleghi della maggioranza che l'articolo 76 della Costituzione autorizza la delega della funzione legislativa al Governo, ma con la determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato. È chiaro che l'espressione «tempo limitato» vuol dire che nell'esercizio della delega, nell'approvare la legge che conferisce la delega al Governo, si deve indicare un termine entro il quale la stessa deve essere esercitata.
In questo senso, il tempo limitato è previsto nella delega, ma è anche evidente che la norma costituzionale va interpretata nel senso che il Governo non possa avere a disposizione un tempo, per così dire, infinito nell'esercizio di questa delega. Vi è il dubbio che, salvo circostanze eccezionali, il tempo per l'esercizio della delega possa essere prolungato progressivamente.
Quando il Parlamento autorizza il Governo ad esercitare una delega entro il tempo limitato di sei mesi, è difficile pensare che sia altrettanto nello spirito della Costituzione spostare il termine da sei a diciotto mesi e poi, su proposta del Comitato dei nove o della Commissione, portarlo a ventiquattro mesi.
L'esercizio della delega non può durare metà o l'intera legislatura, a meno che non siano emerse particolari difficoltà, che sono del resto indicate nella relazione del Governo.Pag. 25
Sono emerse necessità di coordinamento con la riforma degli altri ordini professionali. Forse non ci sono le condizioni per l'esercizio della delega. Sarebbe più trasparente dire: «Non ci sono le condizioni per esercitare questa delega entro un tempo limitato, come la Costituzione prevede. Quindi, la lasciamo decadere e quando saremo pronti la eserciteremo».
In altre parole, onorevoli colleghi, poiché la questione di cui si tratta non è il merito, ma l'esercizio della delega e i tempi di esercizio della delega, credo che non si possa che respingere questo disegno di legge, perché introduce un principio molto pericoloso: quando il Governo riceve una delega, questa può essere successivamente estesa nel tempo a piacere.
Mi riferisco a questo problema e mi rivolgo ai colleghi di tutte le parti politiche, perché questo è un tema molto più generale. Se noi, attraverso la nostra legislazione, continuiamo a ridurre le prerogative del Parlamento - questo può oggi valere per l'attuale opposizione, ma domani può valere per un'altra opposizione - distruggiamo le basi costituzionali della nostra attività legislativa. Questa è la ragione del nostro voto contrario su questo disegno di legge (Applausi del deputato Siliquini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, devo dire che mi trovo un po' a disagio, perché come presidente della Commissione affari sociali nella passata legislatura ho seguito attentamente tutto l'iter legislativo dell'approvazione della legge n. 43 del 2006 e non posso, cari colleghi del centrosinistra, che trovarmi d'accordo con l'onorevole Siliquini, allora sottosegretario, giacché ricordo perfettamente tutte le dichiarazioni che sono state da lei riportate sulla necessità, l'importanza e l'urgenza di regolamentare tali professioni. Quelle nuove professioni, come l'onorevole Astore ha ricordato, sono state istituite nel 1999 con la legge Berlinguer, che ha introdotto le lauree brevi - perché tutto è iniziato da lì - e dal 1999 ad oggi ancora non hanno una regolamentazione, caro onorevole Astore, e sono così lasciate a se stesse, mentre vi sono anche delle direttive europee che impongono le regole per l'esercizio della professione, con degli esami di Stato e l'istituzione dei relativi ordini professionali.
Poi si può essere o non essere d'accordo sull'istituzione degli ordini professionali: noi siamo per la riconferma degli ordini professionali e, soprattutto, come ha detto l'onorevole Di Virgilio, per una rimodulazione delle loro funzioni, perché non le svolgono in maniera non dico corretta, ma precisa.
Si sono poi anche avanzate delle ipotesi di non istituzione degli ordini professionali. Oltretutto, giustamente, l'onorevole La Malfa si è chiesto quanto debba durare questa delega al Governo? Dodici, diciotto, ventiquattro mesi? Fra sei mesi saremo un'altra volta al punto di partenza, perché del coordinamento che avete richiesto al Ministero della giustizia e che vi porterebbe a coordinare di tutti gli ordini professionali, ancora non sappiamo niente. Nella passata legislatura si era lavorato anche a ciò e, se non ricordo male, vi era l'onorevole sottosegretario Vietti che si occupava di tale problema, ma non si riesce a portare avanti le soluzioni prospettate.
Queste professioni, colleghi, sono di una grandissima importanza. Non si tratta del problema politico di accattivarsi 500 mila voti in più: fortunatamente in questo momento il centrodestra ha di più di 500 mila voti di vantaggio (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale), non avremmo, quindi, simili problemi se andassimo in questo momento alle elezioni. Non è questo il problema: semmai è quello della validità e dell'importanza di tali professioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,55)

GIUSEPPE PALUMBO. Parliamo di infermieristica, ostetrica (ci sono qui le ostetriche,Pag. 26che stanno protestando per la legge che dovremmo approvare) e delle riabilitative, che sono importantissime, sono le più preziose in questo momento, con l'aumento della vita media. Ci riempiamo tanto la bocca, onorevole Astore, del grande lavoro che abbiamo svolto da un anno a questa parte in Commissione. Non abbiamo fatto niente! Abbiamo esitato solo un provvedimento, ossia quello sui defibrillatori. Aspettiamo ancora quella sul parto e sulla non-autosufficienza: anche su questo da un anno in Commissione non abbiamo fatto niente. Fra poco avremo anche il provvedimento - si dice da un momento all'altro - sulla proroga o meno del regime intramoenia.
La Commissione ha parlato molto, abbiamo svolto tremila audizioni sulla famiglia e un'indagine conoscitiva importantissima, che è durata otto mesi, ma dopo un anno non ho ancora visto un provvedimento legislativo che sia finalizzato ai problemi sociali o ai problemi medici di cui voi dite. E ancora chiediamo proroghe, aspettiamo altri sei mesi, eccetera.
Cari colleghi, a proposito dell'importanza di tali professioni, dobbiamo anche considerare i guai di cui spesso leggiamo nella stampa, quando vi sono degli errori - così vengono chiamati - in campo sanitario.
Tali errori sono dovuti anche ad un'inesatta organizzazione nel campo delle professioni che un tempo si chiamavano paramediche, poiché non è sempre e solo il medico che ha la colpa. Anche l'organizzazione che circonda il medico deve essere regolamentata, gestita ed aggiornata: istituzione degli ordini significa anche aggiornamento e controllo su tali nuove professioni di importanza fondamentale. Quando si verificano degli incidenti, dunque, non ci possiamo lamentare se non facciamo altro che rimandare ancora la soluzione di questo tipo di problemi!
Il punto, dunque, non è se attendere sei mesi più o sei mesi in meno. Quel che occorre è essere chiari su ciò che si vuol fare: vogliamo forse restare in questa situazione di limbo e di assenza degli ordini professionali? Noi siamo in favore della conferma dell'istituzione degli ordini e per il loro riordino.
Andare avanti con la situazione attuale non è possibile, neppure dal punto di vista costituzionale, come ha sottolineato l'onorevole La Malfa. Non è più pensabile continuare a gestire il sistema salute come lo si sta gestendo in questo momento, poiché stiamo rischiando di creare un disordine nel campo delle organizzazioni non solo mediche, ma soprattutto paramediche, che sono di fondamentale importanza (ne cito una sola: il tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, che è importantissimo per tutti gli interventi in sala operatoria).
Se, dunque, non regolamentiamo subito queste professioni, rischiamo davvero di causare danni alla popolazione. Su questo problema non si può più giocare né fare demagogia: occorre dare al più presto una regolamentazione a queste professioni.
Del resto, abbiamo istituito tali professioni nel 1999, abbiamo istituito la laurea triennale, la laurea specialistica e il master: ora dobbiamo regolamentarle, non vi è altro da fare. È per queste ragioni che preannunzio il voto contrario del mio gruppo, non già per non concedere una proroga di sei mesi, ma per una questione di principio, ossia per la sicurezza e la legalità che dobbiamo garantire a queste professioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo per preannunziare il nostro voto contrario sul provvedimento in esame. Il compito del Parlamento è legiferare, non differire. Nell'ultimo anno, non abbiamo fatto altro che differire e prorogare: non siamo mai riusciti ad entrare nel merito di un problema e risolverlo. Sento parole come «demagogia» e «Paese reale». Sono un po' stanco del «socialismo reale», di cui abbiamo visto i guai che ha causato! È ora che Governo e Parlamento entrinoPag. 27nel merito del problema e lo risolvano una volta per tutte.
Cari colleghi, l'intervento dell'onorevole La Malfa ci deve far riflettere, poiché egli evidenzia che non stiamo rispettando la Costituzione. Quella stessa Costituzione che voi sbandierate ad ogni piè sospinto, stabilisce infatti, all'articolo 76, che non è possibile concedere simili proroghe: ciononostante, con violenza, voi volete far proprio questo.
Si tratta di un chiaro segnale di debolezza del Governo, che si riflette sul Parlamento (al Senato più che alla Camera). Ne derivano uno stallo ed una paralisi. Come non riuscite a mettervi d'accordo su nulla, sono convinto che non riuscirete nemmeno a portare avanti questa cultura di governo complessa e preda della demagogia. Parlate di «valorizzazione delle professioni»: sono tutte fregnacce! Non riuscite a concludere!
Il Paese si aspetta da noi una risposta su argomenti tanto importanti. Considerate che stiamo assumendo infermieri e tecnici dall'estero che conoscono pochissimo la lingua italiana e Dio solo sa quanto sia importante conoscere e comprendere il significato delle parole in campo sanitario, poiché si possono sbagliare le diagnosi! Soprattutto al nord si fa sempre maggiore uso di personale straniero, causando grandi difficoltà sia ai pazienti, sia al raggiungimento degli obiettivi sanitari.
Alla luce di questa critica, preannunzio il voto contrario del mio gruppo su questo provvedimento che dispone il differimento dei termini per l'esercizio della delega, anche perché esso è contrario - desidero che ciò sia sottolineato - all'articolo 76 della Costituzione italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Girolamo. Ne ha facoltà.

LEOPOLDO DI GIROLAMO. Signor Presidente, sempre più la qualità dei servizi che acquistano importanza in misura crescente nei Paesi avanzati è determinata dalla qualità della risorsa umana.
Tutti gli studi sottolineano che i risultati raggiungibili da un sistema sanitario, in termini di miglioramento delle condizioni di salute della popolazione e della stessa capacità di risposta ai bisogni di salute, dipendono non soltanto dall'innovazione tecnologica, ma, soprattutto, dalla organizzazione del sistema stesso e, quindi, dalla qualità dei servizi offerti e, in primo luogo, dalle capacità professionali e relazionali degli operatori coinvolti.
Il discorso vale per tutte le professioni, ma ancor più per quelle che si esplicano nel settore sanitario, nel quale la qualità della risorsa umana e la capacità di relazione con i cittadini costituiscono elemento fondamentale del risultato.
Per tale ragione, l'evoluzione di questi anni nel settore delle professioni sanitarie, concretizzatasi nei decreti sui nuovi profili delle professioni sanitarie, nelle leggi n. 42 del 1999 e n. 251 del 2000 (volute e votate - lo ricordo, come ha già fatto l'onorevole Astore - dal centrosinistra allora al Governo) e nella stessa legge n. 43 del 2006, che ha visto un concorso unanime delle forze politiche su una proposta di legge di iniziativa parlamentare, ha seguito l'evoluzione organizzativa del Servizio sanitario nazionale che, con il passaggio all'aziendalizzazione, ha concretamente avviato una organizzazione del lavoro per modelli professionali, con una radicale ridefinizione del ruolo di ogni operatore all'interno dell'organizzazione sanitaria.
Tale evoluzione è stata dettata dalla necessità di fornire risposte adeguate a domande di salute rivolte ad una medicina sempre più complessa e articolata, in quanto non identificabile solo con la cura, ma anche con il benessere, la prevenzione, l'assistenza, la riabilitazione e l'educazione alla salute.
Ciò comporta l'affermarsi di una modalità di lavoro fondata non più su un rigido vincolo gerarchico, ma su un sistema di relazioni fra i vari professionisti, che interagiscono, ciascuno per il proprio ruolo e competenza, per dare una risposta il più possibile compiuta e qualificata ai bisogni dell'utente.Pag. 28
Si realizza, quindi, un approccio organizzativo e gestionale prevalentemente orientato alla complessità, tramite un intervento interdisciplinare che fonda i suoi presupposti sulle categorie dell'autonomia, della responsabilità e della cooperazione.
Da queste premesse, nella passata legislatura scaturì la legge n. 43 del 2006, che valorizzò ancor più la formazione dei professionisti sanitari (attraverso il completamento del loro percorso formativo di tipo universitario), regolò le procedure per l'individuazione di nuove professioni sanitarie, ponendo fine ad una eccessiva creatività regionale, e dettò al Governo norme per l'istituzione di ordini e albi per le professioni sanitarie.
Sappiamo che su questa ultima indicazione si è sviluppata negli anni passati - e ancora permane - una vasta discussione che ha visto quasi una contrapposizione fra chi puntava ad estendere il sistema ordinistico a tutte le professioni intellettuali e chi voleva, invece, abolire gli ordini professionali medesimi. La scelta compiuta con l'approvazione di quella legge fu quella di dare vita a nuovi ordini sulla base di due fondamentali riflessioni: In primo luogo, sul fatto che la stessa Commissione europea escludesse i servizi sanitari dal campo di applicazione della direttiva europea sulla concorrenza, ritenendo la salute un bene costituzionalmente garantito e, quindi, di interesse generale; in secondo luogo, perché una parte dei professionisti sanitari si era già dotata di ordini e albi e, quindi, si rendeva necessario procedere ad una omogeneizzazione e perequazione.
Dopo il suo insediamento, il Governo Prodi ha lavorato per ottemperare al disposto della delega e, con il pieno accordo delle categorie interessate, il Ministro della salute aveva predisposto (Deputati del gruppo della Lega Nord Padania si recano al centro dell'emiciclo, mostrando all'indirizzo dei banchi del Governo copie del quotidiano La Padania recante in prima pagina il titolo: «Fuori dalle balle»)...

PRESIDENTE. Onorevole Di Girolamo, le chiedo scusa un attimo... (Deputati del gruppo Lega Nord Padania si collocano ai banchi del Governo mostrando copie del quotidiano La Padania recante in prima pagina il titolo: «Fuori dalle balle» - Commenti). Onorevoli colleghi, voi sapete che questo comportamento non è assolutamente consentito! Onorevoli colleghi, per cortesia, non è consentito questo comportamento! Non costringetemi a richiamarvi all'ordine! Non costringetemi a richiamarvi all'ordine, per favore!
La seduta è sospesa (Deputati del gruppo della Lega Nord Padania gridano: Fuori dalle balle).

La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 12,55.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il comportamento tenuto dai deputati della Lega Nord, nelle forme in cui si è svolto, non ha precedenti ed è da considerarsi del tutto inaccettabile.
Ho tempestivamente provveduto a informare il Presidente della Camera (Commenti di deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). .. Ho tempestivamente provveduto a informare il Presidente della Camera, il quale investirà dell'episodio l'Ufficio di Presidenza per le determinazioni di competenza.
La Presidenza della Camera intende comunque impegnarsi perché episodi di questo tipo non abbiano a ripetersi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, quest'aula ha visto molte cose nel corso degli anni: proteste, più o meno decorose, ma non abbiamo mai visto occupare in questo modo, senza peraltro nessun motivo riferito all'andamento dei lavori, i banchi del Governo, e restare in modo prepotente e offensivo seduti su quelle sedie.
Credo che noi tutti, maggioranza e opposizione, dobbiamo evitare una specie di assuefazione alle stupidaggini, per cui ci si abitua a tutto e a forza di abituarsi a tutto non si valuta fino in fondo la gravità dei gesti che sono stati compiuti. StamattinaPag. 29è stato compiuto un gesto molto grave, per cui non basteranno neanche sanzioni disciplinari, uno sfregio alla dignità di quest'Aula e alla dignità delle istituzioni [(Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur, di deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Occupare i banchi del Governo non è un atto di protesta legittima da parte dell'opposizione contro la maggioranza, è un atto di squadrismo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur).
Pertanto, chiedo, e spero, che i presidenti dei gruppi dell'opposizione, non coinvolti in nessun modo in questa protesta, abbiano parole di dissociazione netta, perché in quest'aula ci alterniamo nei ruoli, ma l'aula e il Parlamento sono di tutti, e credo che solo il senso di responsabilità dei parlamentari del centrosinistra abbia evitato che la situazione degenerasse.
Per tale motivo, signor Presidente, la preghiamo di trasmettere al Presidente della Camera la richiesta di un'attenzione dura fino in fondo, con sanzioni disciplinari serie per il comportamento avvenuto. Alla vergogna politica ci penseremo noi, fuori da quest'aula. Non ci trascinerete mai - lo voglio dire agli esponenti della Lega Nord, che ora non sono presenti - in una rissa che calpesta la dignità del Parlamento. Occupare quei banchi non è un atto contro il Governo del momento, ma è un atto vile e stupido contro tutto il Parlamento [(Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur, di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento deve essere lo specchio del nostro Paese, nel senso dei buoni costumi, di una presa di coscienza che sia effettivamente adeguata alla gravità del momento, a ciò che sta avvenendo intorno a noi e alle attese che ci sono per il nostro lavoro.
Ci siamo trovati dinanzi ad un'utilizzazione dei mass media - perché questo si è voluto fare - cinica e irresponsabile, che tutti dobbiamo denunciare (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur).
Siamo stati volta a volta al Governo e all'opposizione, lo diceva bene l'onorevole Franceschini, ma tutti sappiamo molto bene che il nostro prestigio dipende anche dallo stile, dalla serietà e dal modo con cui ci confrontiamo.
So cosa si è voluto fare con questa occupazione: in un momento in cui vi è da parte dell'opinione pubblica un'ansiosa richiesta di modificazione, di riforma della politica e così via, si è voluto in qualche modo alimentare uno specchio ed un'immagine del Parlamento che fosse deprecabile.
Sappiamo infatti ciò che avviene e come reagisce la gente. La gente non guarda solo coloro che occupano quei banchi, ma dice: ma che spettacolo inverecondo, di questo spettacolo siete in qualche modo responsabili tutti. Vi è solo un modo per sottrarsi ad un simile giudizio: che, tutti insieme, lo stigmatizziamo con sincerità, con autorevolezza e con impegno. Questo è l'invito che rivolgiamo a tutte le forze del Parlamento italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-SinistraPag. 30Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur).
Sembrano lontani i tempi in cui Piero Calamandrei, allora deputato, poteva far scrivere sulla sua rivista a Vittorio Emanuele Orlando, il Presidente della vittoria, un saggio magistrale, Il parlare in Parlamento, in cui si aveva un senso quasi religioso di questa funzione Ma è giusto che sia così, perché chi ha vivo il senso della democrazia sa che, senza il Parlamento, la democrazia è messa in pericolo. Con un alto prestigio del Parlamento la democrazia è difesa, con un basso prestigio del Parlamento la democrazia è messa in pericolo. Non c'è maggioranza o minoranza che tenga: si tratta di un tema che attiene alla coscienza democratica della nostra Repubblica.
È vero ciò che è stato detto: una cosa del genere non era mai avvenuta. Verrebbe voglia di far ricorso al Vangelo: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale), perché non sanno il male che fanno anche nei loro confronti. La cosa che dobbiamo assolutamente dire, tutti insieme, è quanto segue: o noi, tutti insieme, sappiamo respingere questi metodi, o essi tornano in testa a tutti noi. Per questo motivo chiediamo un comportamento severo della Presidenza, e che il Parlamento sia restituito alla sua funzione. Tanto più si sa parlare meglio in Parlamento, tanto meno si ha bisogno di ricorrere a tali comportamenti; tanto più gli argomenti sono forti, tanto meno si ha bisogno di ricorrere ai cartelli.
Con questo spirito vogliamo che questa brutta pagina sia chiusa, e sia chiusa con una grande responsabilità collettiva che permetta al nostro Paese di guardare al Parlamento come a un'Assemblea seria, di gente che si confronta seriamente, che si combatte anche aspramente, ma sempre nell'interesse della democrazia e del popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, non vi è motivo, anche grave, che possa spingere un gruppo parlamentare ad un'iniziativa così grave e offensiva delle istituzioni democratiche del nostro Paese [(Applausi dei deputati del gruppo DCA- Democrazia Cristiana per le autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, L'Ulivo, Forza Italia, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche)].
Forse, signor Presidente della Camera, non sarebbe stato inopportuno un atto da parte sua che immediatamente correggesse questa iniziativa, per far sgomberare il gruppo della Lega dai banchi del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur).
Sono stato parlamentare per due legislature, compresa quella, inaugurata nel 1992, che vide i leghisti, per la prima volta, entrare in Parlamento. E stavo pensando, proprio in questi giorni, a quanto il gruppo della Lega di oggi fosse diverso da quello conosciuto tra il 1992 e il 1994, che agitava i cappi in Parlamento.
Pensavo che vi fosse stata un'assuefazione del gruppo della Lega al rispetto delle istituzioni democratiche, anche dovuta al fatto che si matura negli anni, attraverso lo svolgimento di incarichi istituzionali, anche a livello locale oltre che nazionale, una confidenza con le regole della democrazia. Purtroppo tale atto mi fa ricredere su questa mia sensazione, e, pertanto, lo condanno, in quanto lesivo della dignità del Parlamento della RepubblicaPag. 31e della Camera dei deputati, e mi associo a quanti, prima di me, si sono augurati che tutte le forze parlamentari prendano nettamente atto della gravità di quanto è avvenuto e che l'Ufficio di Presidenza, del quale faccio parte, possa prendere i provvedimenti necessari [(Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche e di deputati del gruppo Forza Italia)].

PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, quanto al comportamento della Presidenza, è evidente che la sospensione della seduta era necessaria in quella condizione, ed è altrettanto evidente che la sospensione della seduta viene disposta affinché il comportamento contrario al Regolamento venga rimosso.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle parole dei colleghi che mi hanno preceduto e per esprimere un senso profondo di amarezza - quasi di angoscia - per ciò a cui abbiamo assistito durante la sospensione dei lavori. Quanto è avvenuto non solo è inaccettabile, ma deve essere stroncato con provvedimenti che dicano che gesti come questi non si possono ripetere. Assistendo a questa sceneggiata drammatica dei colleghi della Lega, sono stato colpito da quella sorta di sorriso quasi ebete di alcuni di questi nostri colleghi, che sembravano contenti di fare un gesto goliardico. In verità, dietro quel sorriso, più che un gesto goliardico, c'era un atto blasfemo nei confronti delle istituzioni repubblicane, che sono di tutti e che non possiamo lasciare travolgere, a metà tra la tragedia il grottesco. Non possiamo accettare cose come queste (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche)!
Ritengo anche che questa interruzione sia durata troppo a lungo. Mi sarei aspettato un gesto rapido con l'ordine di sgombero, utilizzando la forza d'ordine che abbiamo all'interno della Camera e che sono i commessi. Infatti, c'è mancato un pelo che non fossero gli stessi deputati, la maggioranza di quest'aula, a prendere una misura di autodifesa della propria dignità. Non si può arrivare a questo punto! Non si può arrivare a questo punto (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche)!
Vorrei ricordare che quest'aula ha vissuto in anni lontani la tragedia di dover vedere una parte dei suoi componenti ritirarsi, per difenderne la dignità, «sull'Aventino». Ho chiesto per scherzo e con un'ironia non leggera a qualche collega durante la sospensione se dovevamo andare «sull'Aventino». È chiaro che non vogliamo andare «sull'Aventino», ma - attenzione - è vero che le tragedie si ripetono a volte come farsa, ma dietro le farse possono tornare anche le tragedie, per parafrasare un detto famoso.
Consentitemi non solo di unirmi a questo sentimento di protesta, non solo di chiedere misure drastiche da parte della Presidenza della Camera, non solo di rinnovare la critica per l'eccessiva durata della sospensione e dell'atto cui abbiamo assistito, ma anche di chiedere a tutti i gruppi, perfino a coloro che hanno compiuto questo gesto, di rendersi conto che in un momento di crisi profonda del Paese, in cui anche con leggerezza si parla di crisi della politica, gesti come questi possono colpire drammaticamente la nostra democrazia. (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi,Pag. 32Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia indignazione è totale, e non lo dico oggi dimenticandomi di ieri. Purtroppo - lo può dire il Presidente Violante, lo avrebbe potuto dire chi è stato con noi la scorsa legislatura - abbiamo visto atti di una gravità molto simile anche in altre circostanze.

DOMENICO VOLPINI. Mai!

LUCA VOLONTÈ. L'atto di oggi della Lega, il singolo atteggiamento che oggi ha tenuto, l'ho definito, e lo definisco anche in quest'aula, un atteggiamento squadrista. [(Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche)]. Un atteggiamento che viola non solo la dignità del Parlamento, ma che impedisce volontariamente che il Parlamento possa operare. Ciò non significa che le camicie verdi sono uguali alle camicie nere, ma che questo singolo atto è inaccettabile. Senza mezze parole e senza mezze misure, non si può che condannare questo atto, così come si sono condannati in quest'aula, con la stessa enfasi e con lo stesso impegno, anche da parte di entrambi gli schieramenti, comportamenti posti in essere da altre forze politiche che lì sono state, con altri cartelli.
Pertanto, signor Presidente, anche io voglio invitare lei e il Presidente Bertinotti a smettere un atteggiamento...

TEODORO BUONTEMPO. Meglio squadristi che ladri!

LUCA VOLONTÈ. ...di benevolenza nei confronti di quanto abbiamo visto non solo oggi, ma anche nel corso della legislatura, con le diverse gravità delle situazioni.
Sono convinto che il Parlamento non è solo il luogo in cui il popolo elegge i propri rappresentanti, chiedendo loro di trovare una via per il bene comune, senza rinunciare alle proprie identità. È soprattutto il luogo dove si svolge l'opposizione, perché l'opposizione non può essere al Governo, perché l'opposizione non può essere dentro gli organi della magistratura, perché l'opposizione non è negli enti locali, ma è qui!
Pertanto, chiedo all'opposizione - allora come oggi, con gravità diverse ma con la gravità assoluta dell'atto di oggi - di non sfruttare l'occasione di rappresentare le proprie ragioni nel Parlamento, con un atto che non è goliardico, ma grave, perché impedisce al Parlamento di lavorare: è doppiamente grave, per la prima e per la seconda ragione.
Non ci possono essere mezze misure, neanche in sede di Ufficio di Presidenza, per i richiami e le sanzioni che esso vorrà irrogare agli autori di questo atto. Inoltre, mi consenta, signor Presidente, forse un richiamo anche nei confronti dei questori, o della Presidenza, che non ha agito tempestivamente, non sarebbe male (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur). Non sarebbe male, perché non impedire che venga sequestrata l'aula per mezz'ora mi sembra un atteggiamento di eccessiva tolleranza rispetto ai lavori del Parlamento [(Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur)].

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, inizio dandole atto di aver ripreso la seduta, dopo la sospensione, con una chiara e precisa condanna - ha detto «inaccettabile» - dell'iniziativa della Lega Nord. La ringrazio per il modo con cui ha condotto la seduta, e le esprimo la solidarietà che spero sia di tutta l'Assemblea [(Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), e di deputati del gruppo L'Ulivo)].
Non so cos'altro, caro collega Volontè, avrebbe dovuto e potuto fare il Presidente, che si è anche recata successivamente a parlare personalmente con coloro che si trovavano in aula, pur non essendo suo compito, ma compito dei questori. Si è addirittura sostituita, semmai, ad altre inadempienze. Cerchiamo di misurare le parole.
Per il resto, credo che la vicenda si commenti da sola. Ritengo che con i fatti, e non con le parole, il gruppo di Alleanza Nazionale ha reso chiaro qual era il proprio atteggiamento: non ha partecipato all'iniziativa ed è uscito vistosamente dall'aula quando l'iniziativa è trasmodata in scontro fisico. Questa è la nostra posizione, chiara, inequivocabile, con i fatti, non col senno di poi e con le parole, con le chiacchiere.
Perché le chiacchiere vanno a zero quando c'è la memoria. Qui nessuno è in grado di scagliare la prima pietra, perché quella poltrona di Presidente...

ENRICO BUEMI. Noi non l'abbiamo mai fatto!

IGNAZIO LA RUSSA. Stai zitto!

ROBERTO VILLETTI. Noi non l'abbiamo mai fatto!

IGNAZIO LA RUSSA. Stai zitto! Stai zitto! Stai zitto, col baffetto!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore...

IGNAZIO LA RUSSA. Quella poltrona fu occupata - ero giovane - da un esponente della sinistra, non dei banchi del Governo, ma della Presidenza della Camera! Allora, qui nessuno scagli la prima pietra. Che il fatto sia da condannare... (Proteste dei deputati del gruppo L'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)

Una voce: Mani pulite!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

IGNAZIO LA RUSSA. Non ce l'ha pulite! Alleanza Nazionale ha espresso la propria condanna, ripeto, con i fatti. E alla Lega dico di più: la memoria vale anche per gli amici della Lega. Quando con ben altro stile, in un'altra stagione politica, i giovani di Alleanza Nazionale (che furono, per questo, perseguiti dalla legge e poi assolti) fecero un semplice girotondo - poi diventati famosi ed eleganti, allora considerati atto squadristico, perché nella maglietta avevano scritto «elezioni anticipate» - a dire che si trattava di un atto inaccettabile contro la democrazia c'era la Lega che allora sosteneva, insieme a voi, il Governo di quel momento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Allora, qui nessuno può scagliare la prima pietra. Se la condanna dell'atteggiamento dei colleghi della Lega è chiaro, devo anche rilevare che la parte più inaccettabile, se ci può esser una graduatoria, di quello che è successo, non è la prima, che è gravissima, ma la successiva: il trasmodare in scontro fisico. Lì c'è la colpa degli esponenti della Lega, che hanno accettato una provocazione, ma c'è stata una provocazione.
Vedete, le regole vanno rispettate: il compito di liberare l'aula spetta ai commessi, su ordine dei questori; invece alcuni deputati di sinistra hanno provato a farsi giustizia da sé, quegli stessi che quando proponiamo leggi sulla legittima difesa sono contrari. Predicate bene e razzolate male (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!Pag. 34
Male ha fatto la Lega a raccogliere la provocazione, male avete fatto voi a cercare di farvi giustizia da soli (Commenti del deputato Buemi - Proteste dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi e Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, la invito a proseguire nel suo intervento.

IGNAZIO LA RUSSA. Fatti, non parole! Signor Presidente, nel rinnovarle il ringraziamento per il modo in cui ha condotto i lavori dell'Assemblea in questo difficile momento, ritengo di dover ribadire la nostra assoluta distanza da questo atteggiamento - è l'ultimo argomento che affronto, se mi volete ascoltare -, che porta acqua al mulino dell'antipolitica e di una campagna che, a mio avviso, non è casuale, ed è condotta da ambienti ben circoscritti e ben definiti, che hanno tutto l'interesse a gettare fango sul Parlamento e sulla politica, non quella con la «p» minuscola - per cui potrebbero aver ragione - ma anche quella con la «p» maiuscola, alla quale noi di Alleanza Nazionale vogliamo continuare a richiamarci (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, colleghi, vorrei esprimere, se me lo consentite, tre semplici concetti. Il primo: anch'io mi associo alle parole di condanna che il Presidente di turno della Camera ha espresso a nome di tutti, e credo che sia inutile fare a gara ad aggiungere nuovi o più pesanti aggettivi rispetto a quanto è successo (intollerabile, inaccettabile, inqualificabile); è accaduto qualcosa che non doveva accadere e che non corrisponde al decoro ed al rispetto delle istituzioni che ciascuno di noi deve sempre portare, anche quando la polemica politica diventa aspra.
Il secondo concetto - lo dico senza polemica, credetemi - è che sono contento che in questo momento, sulla condanna di questo gesto, siamo tutti - ripeto: tutti - d'accordo e sono altresì contento per il fatto che ciò avvenga in maniera quasi scontata. Non vi sono qui i colleghi dell'allora PCI napoletano, ma racconterò un episodio del 1992, di quando ero giovane consigliere comunale radicale: furono occupate l'aula del consiglio comunale, l'aula e i banchi della giunta, da esponenti della società civile che entrarono nel consiglio comunale per chiederne lo scioglimento, in quanto ritenevano quel consiglio non più rappresentativo della città (eravamo, infatti, in piena tangentopoli e in quello scandalo furono coinvolti esponenti del pentapartito, che avevano un'ampia maggioranza a Napoli, e anche esponenti dell'opposizione di sinistra). Quando, alla fine, l'aula del consiglio comunale fu liberata, fui l'unico a protestare contro quell'episodio, e il pentapartito, onorevole Bianco, concordò con l'allora Ministro dell'interno Mancino un frettoloso decreto di scioglimento del consiglio comunale di Napoli, nonostante non ne ricorressero le ragioni amministrative (decreto contro il quale presentai ricorso al TAR, con esito prevedibile), L'atteggiamento che ebbero allora la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista fu quello di concordare una via d'uscita; il Partito Comunista commissariò Napoli e se stesso, arrivò il commissario Bassolino, e i frutti di tale gestione si sono notati. Quindi, sono contento che rispetto all'occupazione che vi è stata poco fa, vi sia questa condanna totale ed unanime.
Il terzo concetto che vorrei esprimere - vi pregherei di prestare un po' di attenzione - è il seguente: non credo che le sanzioni che giustamente l'Ufficio di Presidenza assumerà rispetto alla gravità dell'episodio possano risolvere la questione, e se qualcuno si illude che la questione possa essere risolta o arginata con le sanzioni dell'Ufficio di Presidenza si sbaglia di grosso.
Come detto giustamente dal presidente La Russa, nel Paese è in atto una campagna contro la politica e di delegittimazionePag. 35delle istituzioni, rispetto alla quale non solo siamo acquiescenti, ma - consentitemi di dirlo - assistiamo al fatto che i Presidenti delle Camere ne sono partecipi; perché quando vengono rese dichiarazioni e assunte decisioni dall'Ufficio di Presidenza che tentennano sulla difesa del ruolo e della dignità del Parlamento, credo si ponga un problema che vada affrontato tutti insieme [(Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)].
Non è che non ci siano sprechi, o non ci siano «tagli» da fare alla politica. Credo, però, che stiamo assistendo, in maniera acquiescente, ad una campagna volta ad aggredire la legittimità stessa delle istituzioni e che qualcuno, che dovrebbe avere titolo più di altri per difendere la dignità e la rappresentatività delle istituzioni, non si stia comportando in tal senso. A volte, quindi, diamo la sensazione di essere noi stessi, con il capo chino, a subire le giuste fustigazioni popolari.
Non è solo questa la ragione per cui non saranno sufficienti le sanzioni, alle quali, immagino, i colleghi della Lega Nord erano ben preparati e per le quali non saranno certo preoccupati. Tali sanzioni saranno, per loro, ragione di ulteriore vanto rispetto all'opinione pubblica del nord. Credo che stia accadendo qualcosa di più grave, di cui la maggioranza dovrebbe rendersi conto, ovvero che dall'esito delle scorse elezioni politiche, del quale nessuno ha voluto mai prendere seriamente atto, sta crescendo nel Paese un vero e proprio moto di rivolta (Applausi della deputata Biancofiore). Sta crescendo nel Paese, e in alcune zone del Paese, un vero e proprio moto di rivolta nei confronti dell'operato del Governo. Ritengo che continuare a far finta di nulla e continuare a pensare che si possa galleggiare in una situazione del genere sia un ulteriore elemento che rischia di produrre delegittimazione delle istituzioni. La politica deve prendere atto di quando giunge il momento di «cambiare la mano», di fornire risposte coraggiose ed adeguate, anche al consenso popolare.
Se la politica cerca di far finta di nulla rispetto al consenso e alla volontà popolare, credo che anche ciò partecipi a quel gioco al massacro nei confronti delle istituzioni e della politica stessa dal quale noi ci vogliamo sottrarre (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, colleghi, ovviamente il gruppo parlamentare dei Verdi esprime sconcerto totale per l'accaduto. Ci associamo alle parole che sono state pronunciate. Un atto di squadrismo è avvenuto in Parlamento, si è scritta una pagina nera della storia della Repubblica, ma devo dire che, non perché voglia alimentare tensioni ulteriori in aula, certamente gli ultimi due interventi hanno provocato, in me, ulteriore sconcerto. Non si può, sull'episodio poc'anzi accaduto, fare dell'equilibrismo e trovare giustificazioni politiche riguardo ad una presunta rivolta nel Paese (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche). Di quale rivolta si parla quando si calpestano le istituzioni? È una questione di stile, onorevole Elio Vito, di senso delle istituzioni e dello Stato. In circostanze del genere, le uniche parole che devono essere pronunciate sono di condanna!
La rivolta, a cui lei fa riferimento, si trova, probabilmente, nelle vostre idee, legittima, ma oggi dobbiamo essere uniti nel condannare quanto è accaduto. Voglio leggervi alcune affermazioni, indicative della forte preoccupazione che dobbiamo avere tutti. Sono le dichiarazioni che il vicepresidente del gruppo della Lega Nord, subito dopo aver lasciato l'aula, ha reso ai giornalisti. Le voglio leggere: vogliamo elezioni subito, vogliamo le elezioni subito, per la seconda volta, questo Governo devePag. 36andare a casa per il bene di tutti. Fino a che non ci sarà una risposta del Presidente della Repubblica continueremo così. Attendiamo l'incontro tra Bossi e Napolitano.
Ebbene colleghi, questa è una vergogna, è una minaccia alle istituzioni inaccettabile! Hanno ragione coloro i quali sostengono che nessuna sanzione potrà cancellare un tale atto: é una minaccia nei confronti delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche)!
A questo punto, mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, ma anche a quelli dell'opposizione, che con grande senso delle istituzioni e dello Stato sono intervenuti: dobbiamo andare noi dal Presidente della Repubblica, noi che abbiamo a cuore la tutela delle istituzioni dello Stato! Non possiamo accettare che esse siano calpestate in questa maniera (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche - Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, il nostro gruppo è sconcertato e indignato per quanto accaduto finora. L'episodio di squadrismo - che anch'io non esito a definire tale - apre una voragine democratica all'interno di quest'aula. Peraltro, come vedete, i banchi ancora vuoti della Lega e le dichiarazioni testé lette dal presidente Bonelli indicano che c'è bisogno non solo di una sanzione, ma anche di una prevenzione nei confronti di atteggiamenti, che con irresponsabilità una forza rappresentata all'interno del Parlamento potrebbe continuare ad assumere.
Sappia, signora Presidente - e sappiano anche i questori - che per quanto ci riguarda è impossibile mantenere un livello di accettabilità della convivenza democratica all'interno dell'aula, se vengono violati i principi minimi della rappresentanza parlamentare e della tutela di coloro che rappresentano il popolo che li ha eletti.
Il fatto che questo sia il primo episodio nella storia, ahimé, non mi rassicura, come non rassicura coloro i quali pensano che ciò sia frutto di una strategia politica di una parte del Parlamento, ma allo stesso tempo che questa non sia stata l'occasione giusta - lo voglio dire anche ai presidenti La Russa ed Elio Vito - per riaprire polemiche. Ringrazio, da tale punto di vista, la linearità dell'intervento del presidente Volontè: o la condanna è unanime - e si giudica il Parlamento un patrimonio comune di tutta la rappresentanza istituzionale del Paese democraticamente eletta - oppure penso...

CARLA CASTELLANI. Zitto, buffone! Pensa a Caruso e alla droga!

PRESIDENTE. Onorevoli, per cortesia...

GENNARO MIGLIORE. ...che la possibilità di esprimere una condanna sia semplicemente un'occasione sprecata: è vero, penso che quest'azione abbia un corrispettivo fuori da quest'aula e che l'idea che le istituzioni si debbano tutelare non parta dalla difesa di privilegi, ma innanzitutto dalla difesa e dall'affermazione delle nostre prerogative.
Voi - lo dico a quei banchi vuoti, che però rappresentano una parte politica del Paese - non potete delegittimare l'istituzione parlamentare: non vi sarà consentito dalla coscienza democratica del Paese. Saranno necessarie non solo sanzioni amministrative, ma anche prese di posizione politiche da parte degli organismi competenti della Camera, che impediscano il ripetersi di simili atti.
Colleghe e colleghi, il ragionamento sull'antipolitica non può essere svolto sulla base di iniziative come queste, che contribuiscono in maniera grave e clamorosa alla crescita di una disaffezione: occorrePag. 37rendere impraticabili questi comportamenti e trasparenti le misure da intraprendere per sanzionarli. Penso che, in questo momento, l'appello all'unità di tutto il Parlamento sia un elemento necessario, ma, nello stesso tempo, non vi nascondo che considero assolutamente preoccupante utilizzare questa sede, ancora una volta, per avanzare richieste che riguardano anche altissime cariche ed esponenti dell'opposizione che ricoprono importanti incarichi, come quelli che affermano che non si può più tirare la corda. Di quale corda state parlando, se in questo momento noi siamo così esposti rispetto alla credibilità vostra e nostra, dell'opposizione e della maggioranza?
Penso che questo sia il patrimonio comune da difendere. Non ci si deve arrogare il diritto della memoria di dire che lo avevo denunciato anch'io in un'altra forma, ma occorre pronunciarsi oggi in maniera decisa su quello che è accaduto e sullo squadrismo. Vorrei sentire questa parola, perché di squadrismo si è trattato e come tale va sanzionato.
Colleghe e colleghi, oggi siamo ad un passaggio delicato ed importante. Sarà assolutamente decisivo che si manifesti la compattezza, che almeno a parole si è determinata sul giudizio sull'episodio e che la prossima Conferenza dei presidenti di gruppo non sia semplicemente una nuova arena di polemiche, ma il tributo dovuto al rispetto di questa istituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, non ho nessuna difficoltà a riconoscerle un'assoluta correttezza nella conduzione dell'Assemblea ed anche per il suo intervento nel momento in cui la seduta è stata sospesa. Vorrei, però, riprendere ora alcune considerazioni che sono state svolte.
Mi associo naturalmente a chi ha denunciato il carattere squadrista di questa operazione preordinata. Essa è molto di più di una stupidaggine e mi richiama alla mente un altro passaggio difficile: era il 1992 quando, sempre dai banchi del gruppo della Lega, l'onorevole Leoni Orsenigo faceva sventolare il cappio. Il clima era lo stesso, da basso impero. Di questo dobbiamo ragionare. Ho ascoltato gli interventi, soprattutto politici, dei colleghi del centrodestra. Ieri non ho avuto nessun problema a polemizzare duramente con il collega Volontè sul terreno della politica, ma oggi non ho nessun problema - anzi mi onoro di farlo - a riconoscergli un alto senso delle istituzioni e dello Stato. Sottoscrivo interamente il suo intervento e ringrazio anche gli altri colleghi del centrodestra, che non si sono allineati alle posizioni e all'atteggiamento scelto dal gruppo della Lega Nord. Nelle parole che sono state pronunciate da altri, invece, è passato il giustificazionismo. Non vi è stata la dissociazione, è arrivata addirittura la delegittimazione di questo Parlamento!
Quando si parla di antipolitica, come correttamente è stato fatto, si deve anche sapere che l'antipolitica non travolgerà, e non travolgerebbe, soltanto chi oggi sta al Governo, ma tutti. Oggi non è stata messa in discussione la legittimità del Parlamento, ma la sua credibilità. Agli occhi del Paese oggi siamo tutti meno credibili. Di ciò vorrei che anche i colleghi del centrodestra fossero chiaramente coscienti, anche perché abbiamo osservato alcuni riflessi condizionati, che purtroppo vi sono stati. Faccio riferimento soltanto ad un episodio, rispetto ai tanti che si potrebbero citare, verificatosi nella mezz'ora in cui la seduta era sospesa. Nel momento in cui i colleghi della Lega Nord hanno lasciato l'aula, una collega - l'onorevole Lussana - rivolgendosi ad un collega di Forza Italia, cercava di spiegargli quale fosse l'atteggiamento del «vero uomo». Il «vero uomo» è quello che ha coraggio. Il «vero uomo», però, è anche quello che ha il coraggio delle proprie azioni.
I «colleghi uomini» della Lega Nord non hanno nemmeno il coraggio dellePag. 38proprie azioni, perché, come nella favola del lupo e dell'agnello, di Fedro, il «lupo leghista» - quando lei, signora Presidente, è scesa giù insieme al capogruppo Maroni - ha affermato di essere stato aggredito e provocato, mentre è stato aggredito il Parlamento. Noi tutti siamo stati provocati dal loro atteggiamento. (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche).
Da questa situazione, quindi, si può uscire soltanto con la politica, oltre che con i provvedimenti, che giustamente l'Ufficio di Presidenza, che immagino si riunirà immediatamente, dovrà adottare. Con la politica! Non mi permetto di dire che cosa dovrà fare il Presidente Napolitano.
Ci mancherebbe altro che mi aggiungessi ai tanti che cercano di tirargli la giacca!
Vorrei però che, prima di ricevere il presidente Bossi, il Presidente Napolitano gli chiedesse la dissociazione dal comportamento di oggi; che il Presidente Prodi, prima di tornare ad incontrare Bossi sul tema del federalismo fiscale, chiedesse la condanna di quello che oggi è successo; che il presidente Berlusconi, prima di salire al Quirinale, chiedesse prima a Bossi la condanna di quanto è successo oggi. Allora, forse sì, saremmo tutti un pochino più credibili di fronte a questo Paese e ai nostri elettori (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Prima di passare al prossimo intervento, comunico ai colleghi che, al termine di questa fase, procederemo comunque alla votazione finale sul disegno di legge in esame.
Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, anche io, a nome del gruppo Popolari-Udeur, voglio manifestare un profondo senso di disagio e di frustrazione. Non avrei mai pensato che bastasse entrare in quest'aula - che si trasforma, ogni giorno di più, in una sorta di girone dell'inferno - per essere etichettato come ladro, imbroglione, drogato, truffatore, di tutto e di più: è il giudizio che aleggia nel Paese e che noi rafforziamo con questi gesti, che non voglio assolutamente commentare, perché si sono commentati da soli: sono inqualificabili.
Tuttavia dico che, così facendo, si contribuisce a scavare una fossa comune, dentro la quale poi, alla fine, rischiano di finire tutti. Chiedo, invece, di andare alla radice del problema e di cercare di capire quali siano le motivazioni che spingono a gesti così sconsiderati.
È stato avanzato qualche paragone anche con i comuni: devo dire che, talvolta, i comuni hanno atteggiamenti molto più seri e responsabili di quelli che abbiamo dimostrato stamattina in quest'aula.
Immagino che questo nervosismo - accentrato e acuito negli ultimi giorni, forse da qualche vicenda elettorale - trovi un minimo di comprensione e che si torni a ragionare: qualche gita fuori porta, qualche pic-nic sui colli romani forse può restituire quella calma che qui è necessaria.
Se le motivazioni di tali gesti sono anche gli ultimi risultati elettorali, vorrei ricordare - mi sono documentato per non sbagliare - che nel precedente Governo, di fronte ad una serie infinita di insuccessi e di sconfitte, il giudizio non era così catastrofico com'è oggi.
Infatti, in occasione delle elezioni amministrative del 2002, su Il Sole 24 ore del 28 maggio 2002, il centrodestra commentava la sconfitta con le seguenti parole: «Non me ne sono occupato neanche ieri, ma mi sembra che l'incontro di domani per la firma dell'accordo NATO-Russia sia cosa più alta e importante delle elezioni amministrative, che sono passate in secondo piano».
Quando si registrava la sconfitta alle amministrative del 2003, si dichiarava a IlPag. 39Giornale del 27 maggio 2003: «È un voto amministrativo, il risultato non può riguardare il Governo».
Quando si registrava la sconfitta alle amministrative del 2004, sempre il centrodestra dichiarava a Il Messaggero del 28 giugno 2004: «Non vedo perché il Governo non debba rimanere, abbiamo un mandato di cinque anni e intendiamo rispettare il programma. Tutto il resto è strumentale».
Potrei continuare con le europee, con le regionali, con tutte le elezioni possibili e immaginabili che nella precedente legislatura sono state perse dal Governo che guidava il Paese.
Da parte nostra non c'è stato lo stesso atteggiamento, non c'è stata la richiesta, la rincorsa e lo strattonamento nei confronti delle nostre figure istituzionali e delle nostre cariche più alte per cercare di ottenere quanto ci era stato negato dal voto, quando ci siamo presentati agli elettori, in maniera diversa.
Consigliamo, allora, di tornare alla calma, al ragionamento e a quel dialogo necessario fra le parti, altrimenti la delegittimazione reciproca produrrà l'effetto per cui, qualora a seguito di elezioni dovesse cambiare il Governo del Paese, di sicuro non cambierebbe il giudizio dei cittadini, che abbiamo fatto «schifare» ed allontanare irrimediabilmente dall'interesse per la politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sgobio. Ne ha facoltà.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non penso nella maniera più assoluta che quello che si è consumato in quest'aula poco fa possa essere inserito nella rubrica come un atto di scarsa dignità oppure che offende solo la dignità del Parlamento. Non si tratta di qualcosa che attiene alla sfera morale o a quella, ancora più ristretta, del decoro; si tratta di un atto, nel suo valore simbolico, eversivo, che non è stato compiuto per caso. Non è una svista: i colleghi della Lega sapevano quello che facevano, sapevano di sferrare un colpo terribile alle istituzioni democratiche e sapevano, altresì, che la loro presa di posizione e il loro atto vandalico costituivano il tassello di un mosaico, costruito nel nostro Paese da tempo, che ha come obiettivo principale la democrazia e, soprattutto, la Costituzione repubblicana. (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
Questa è la verità. Si tratta di un atto che va consegnato come un ulteriore tassello di quel piano di rinascita nazionale, che fu scoperto tra le carte di Gelli, ma che chiaramente non atteneva solo al capo della P2: era qualcosa di molto più vasto che interessava gangli notevolmente più grandi del Paese.
Se analizziamo la storia del Paese negli ultimi quindici anni, ci accorgiamo come atti come quello appena consumato, l'uno dopo l'altro, e proposte simili, che ledono la dignità del Parlamento e la sua funzione, siano venuti accatastandosi l'uno sull'altro. È vero, presidente Vito. Si tratta di un atto che si colloca nell'ambito della destabilizzazione del Paese; è un attacco alla politica, non nei confronti dei politici e del loro reddito; si tratta di un attacco sferrato nei confronti delle istituzioni democratiche, perché indebolire la politica e far sì che essa compia gli innumerevoli passi indietro che è chiamata a fare significa consegnare il potere del Paese nelle mani di altri: si tratta di un potere che, non attenendo alla politica, atterrà a qualcosa di diverso, ossia a quelle forze oscure, economiche e sociali, che vorrebbero fare a meno della politica e impossessarsi completamente di quel potere.
Sono d'accordo con lei, presidente Vito: la difesa delle istituzioni attiene a tutti coloro - a prescindere dalla collocazione in questa aula - i quali hanno a cuore la difesa delle stesse, della democrazia e della libertà. Siamo tutti chiamati a difenderle, ma con gli atti e i fatti, seriamente.
Presidente Vito, lei parla continuamente di rivolta. Le rivolte sono quelle che nascono dal popolo e che mettono in campo il popolo, che si ribella nei confronti dei governi. Quando l'attacco arrivaPag. 40attraverso poteri occulti, i dossier, gli attacchi di stampa e dall'interno del palazzo, non si tratta di rivolta, ma di eversione, di un tentativo dall'interno di attaccare i processi democratici dello Stato.
Anche a lei mi rivolgo, presidente La Russa: capisco che dalle sue radici venga la definizione di «provocatori» per coloro i quali sono scesi dai banchi della sinistra per tentare di liberare i banchi del Governo. Ma così come dalle sue radici viene la parola «provocazione» nei loro confronti, è dalle radici di coloro i quali siedono in questi banchi che è venuta la rivoluzione, la rivolta vera (Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale) per riconquistare le libertà che venivano negate, per riconquistare, con le armi in pugno e con il sangue, la capacità di poter sedere oggi su questi scranni e di poter decantare la democrazia!
Vede - onorevole Presidente, mi avvio alla conclusione - la Presidenza non può fare molto in queste occasioni, ma voglio ricordarle che nella passata legislatura il gruppo dei Comunisti Italiani per avere esposto, in silenzio, mentre parlava il Presidente del Consiglio dell'epoca, un cartello «No War», cioè no alla guerra, fu sospeso per una settimana dall'aula. I colleghi Cento e Bulgarelli furono trascinati fuori a viva forza. Non chiedo altrettanto, ma chiedo che la severità che fu applicata allora nei confronti del nostro gruppo e dei colleghi del gruppo dei Verdi (Commenti del deputato Marinello) sia applicata adesso, perché non è possibile difendere la democrazia solamente con le belle parole, ma è necessario il rispetto delle leggi e dei regolamenti ed è quanto chiediamo noi Comunisti Italiani (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, non esiste giustificazione alcuna, né politica, né regolamentare, per impedire il normale svolgimento dei lavori del nostro Parlamento e per violarne le regole. Questo è il punto di fondo che deve governare il giudizio di questo gravissimo episodio cui abbiamo assistito.
La gravità dell'episodio è nel fatto che esso si sia verificato. Poco, sfortunatamente, possono fare le parole, che pur devono essere pronunciate, a commento di un episodio molto doloroso della vita democratica del nostro Paese.
In questo senso mi associo alle parole di quanti, a cominciare dall'onorevole Franceschini, hanno condannato con chiarezza questo episodio che ferisce il nostro Parlamento. Esprimo questa valutazione recisa e negativa del comportamento della Lega, tanto più che con questo partito siamo stati insieme in un'alleanza di Governo nell'ultima legislatura e oggi condividiamo l'opposizione a questo Governo.
Voglio però dire a tutti i colleghi dell'opposizione che, proprio perché sentiamo che nel Paese vi è oggi un maggiore consenso e forse la maggioranza degli italiani condivide le critiche che muoviamo al Parlamento, si impone a tutti noi una maggiore compostezza e un maggiore rispetto del Parlamento, che è proprio di chi aspira al diritto di governare l'Italia.
Queste sono le ragioni per le quali, signor Presidente, ho voluto esprimere in questo modo la solidarietà a lei, che ha presieduto pro tempore la nostra seduta ed esprimere insieme la piena fiducia che la Presidenza della Camera saprà difendere, come essa deve, la dignità del Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori, Popolari-Udeur e La Rosa Nel Pugno e di deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole La Malfa.
In conclusione del dibattito, desidero dare atto ai deputati questori per il modo con cui, insieme alla Presidenza, hanno gestito la situazione creatasi in aula, con l'intento di stemperare le animosità per ricondurre la vicenda entro i termini di contesto parlamentare (Commenti).
Ribadisco, avendo parlato con il Presidente della Camera, che l'Ufficio di Presidenza sarà convocato al più presto per le determinazioni di competenza - valuteremoPag. 41se sia possibile convocarlo anche domani - in relazione all'episodio ad opera dei deputati della Lega.
Riprendiamo le dichiarazioni di voto finale.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Di Girolamo, che non aveva potuto concludere il suo intervento per dichiarazione di voto.

LEOPOLDO DI GIROLAMO. Signor Presidente, intendo concludere l'intervento, anche se non è facile riprendere la parola sulla politica e sulle questioni che interessano la vita quotidiana delle persone, dopo quanto accaduto. Tuttavia, proprio per non dare ragione a chi vuole delegittimare la politica e i luoghi in cui essa si pratica (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani) e perché riteniamo che il libero confronto delle idee sia l'essenza stessa della democrazia, continuerò e finirò il mio intervento.
Come ho già detto poc'anzi, il Governo Prodi ha lavorato tempestivamente per ottemperare a quanto stabilito nella delega e ha preparato, entro il mese di luglio, il testo del decreto di attuazione. Nel frattempo, l'esigenza di riformare complessivamente la normativa sulle professioni, ormai divenuta inadeguata rispetto a quella europea e alle dinamiche imposte dalla globalizzazione, ha indotto lo stesso Governo a presentare, per il tramite del Ministro della giustizia, un disegno di legge delega in materia di riforma delle professioni intellettuali, attualmente all'esame delle Commissioni riunite giustizia e attività produttive.
Si tratta di un compito non facile, lo ricordo all'onorevole Siliquini. Nel corso della precedente legislatura il Governo Berlusconi non è riuscito, con la propria maggioranza, ad attuare alcuna riforma delle professioni, malgrado i propri intenti, e l'unico testo arrivato al voto è stato proprio quello di iniziativa parlamentare, poi divenuto la legge 1o febbraio 2006, n. 43.
Pertanto, la necessità di armonizzare il testo del decreto attuativo della legge n. 43 del 2006 con le nuove disposizioni, che risulteranno dal provvedimento di riforma delle professioni intellettuali, ha determinato la necessità di differire il termine per l'esercizio della delega sull'istituzione dei nuovi ordini professionali sanitari. Siamo convinti che ciò sia opportuno e non rappresenti un escamotage per venir meno ad un impegno assunto da tutto il Parlamento.
Per questo motivo voteremo a favore del provvedimento in discussione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Correzioni di forma - A.C. 1609)

GERO GRASSI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI, Relatore. Signor Presidente, desidero sottoporre all'Assemblea la seguente correzione di forma da apportare al testo del disegno di legge n. 1609: nel titolo, la parola: «ostetriche» è sostituita dalla seguente: «ostetrica».
Inoltre, prima del voto finale, seppure in un momento particolarmente delicato per l'Assemblea, mi sia consentito esprimere alcune considerazioni sul provvedimento in discussione. Sarò breve, senza rispondere al livore polemico proveniente da alcuni interventi che mi hanno preceduto.
Non siamo in presenza di alcuna proroga o rinvio (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia)...

PRESIDENTE. Onorevole Grassi, le chiedo scusa, ma le ricordo che ci troviamo nella fase della votazione. Pertanto, la invito a concludere.

Pag. 42

GERO GRASSI, Relatore. Vorrei solo fare presente che, al centro del provvedimento in discussione, si mantiene l'interesse superiore del paziente.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1609)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1609 , di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione» (1609)

Presenti 389
Votanti 388
Astenuti 1
Maggioranza 195
Hanno votato 239
Hanno votato no 149
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per le politiche per la famiglia, il Ministro della giustizia e il Ministro per l'attuazione del programma di Governo.

(Effetti distorsivi derivanti dalla recente rimodulazione degli assegni familiari - n. 3-00973)

PRESIDENTE. Il deputato Widmann ha facoltà di illustrare l'interrogazione Brugger n. 3-00973 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario.

JOHANN GEORG WIDMANN. Signor Presidente, signor Ministro, l'INPS a gennaio ha emanato una circolare con i nuovi calcoli degli importi degli assegni per il nucleo familiare in base alle disposizioni della legge finanziaria per il 2007, evidenziando una penalizzazione delle famiglie più numerose e con disabili, che si dovevano, invece, tutelare.
L'assegno per il nucleo familiare è stato istituito nel 1988 ed è considerato una prestazione di carattere previdenziale erogata ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati da lavoro dipendente e, dopo il 2002, ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell'INPS. Tutti gli anni si rideterminano gli importi degli assegni per il nucleo familiare, ciò però non avviene per i vecchi assegni familiari istituiti nel 1955, gli unici spettanti ai coltivatori diretti.
Chiedo quindi, signor Ministro, come intenda procedere per correggere tale grave effetto distorsivo ed ingiusto, evidenziato dai calcoli INPS...

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PRESIDENTE. Onorevole Widmann, concluda.

JOHANN GEORG WIDMANN. ...e se ritenga opportuno adeguare gli importi dei vecchi assegni familiari per i coltivatori diretti e concedere anche agli artigiani e ai commercianti un beneficio simile.

PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, onorevole Widmann, nella legge finanziaria dell'anno corrente abbiamo provveduto alla rideterminazione degli assegni al nucleo familiare, come una prima tappa di un progetto più ampio che intendiamo sviluppare già a partire dal prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria, che vada a configurarsi come un vero e proprio sostegno alla genitorialità e che riunifichi, in un unico istituto, sia le detrazioni sia gli assegni al nucleo familiare: un vero e proprio assegno per i figli.
Riteniamo che debba avere un carattere universale e, quindi, prescindere dallo status lavorativo dei genitori e, come tale, estendersi oltre i lavoratori dipendenti, per essere diretto anche ai figli dei lavoratori autonomi. Deve configurarsi come un assegno che abbia, però, una natura fiscale e, come tale, dovrebbe implicare anche la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie, intervenendo ovviamente anche nei confronti dei cosiddetti «incapienti» verso i quali intenderemmo, già in sede di redistribuzione dell'extra-gettito, intervenire, così come previsto dal comma 4 della legge finanziaria.
Per quanto riguarda gli effetti distorsivi, abbiamo provveduto a correggere la circolare emanata dall'INPS con una nuova circolare, frutto di un nuovo decreto interministeriale, che ha previsto che le famiglie con soggetti inabili non possano avere una corresponsione inferiore agli altri nuclei familiari, mentre intendiamo naturalmente provvedere, nella prossima legge finanziaria a introdurre vantaggi per tali famiglie.
Per quanto riguarda poi le famiglie con più figli, le famiglie numerose, tengo a precisare che con l'ultima legge finanziaria abbiamo esteso fino al reddito di 90 mila euro lordi l'anno i benefici per nuclei familiari con cinque figli che percepiscono, per ciascun figlio, 116 euro annui. Si tratta di una misura assolutamente nuova perché, come l'onorevole Widmann ricorderà, precedentemente la corresponsione degli assegni familiari si fermava ad un reddito molto più basso.
Per quanto riguarda il futuro, intendiamo sicuramente intervenire sui cosiddetti «vecchi assegni familiari», in maniera particolare rivolti ai coltivatori diretti ....

PRESIDENTE. Signor Ministro, concluda.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia.. ..a fronte di un nuovo accordo con la categoria e a fronte, naturalmente, di adeguata copertura economica.
Per il futuro, è nostra intenzione estendere questa misura anche a tutti i figli dei lavoratori autonomi, riordinando anche il trattamento fiscale, che, come lei sa, è diverso fra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, perché riteniamo che i figli dei lavoratori autonomi non sono «figli di un dio minore».

PRESIDENTE. L'onorevole Widmann ha facoltà di replicare.

JOHANN GEORG WIDMANN. Signor Ministro, ho seguito con interesse e con attenzione la sua esposizione e anche le prospettive positive per il futuro. Mi dichiaro soddisfatto.

(Iniziative per contrastare il dilagare di fenomeni di violenza e di eversione - n. 3-00974)

PRESIDENTE. L'onorevole Menia ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00974 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.

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ROBERTO MENIA. Signor Ministro, una volta di più siamo costretti ad occuparci di questioni che attengono a violenza, eversione, intimidazioni ed altro. Anche lo scorso fine settimana Roma è stata teatro di manifestazioni violente, che sono seguite alla visita del Presidente Bush. In particolare, al termine del corteo, e poi della manifestazione, in nottata, ci sono state le vicende della stazione Tiburtina. Sono avvenuti scontri gravi, che hanno causato danni materiali ed economici e una trentina di feriti - e di ciò ci importa ancora di più - tra le Forze dell'ordine. Ma quello che ci ha sconcertato è l'ordine impartito alle Forze dell'ordine, in particolare ai poliziotti e ai carabinieri, come testimoniato da diversi loro componenti e riportato dai giornali, che sono stati costretti a subire, per oltre un'ora, la sassaiola e il lancio di oggetti contundenti di tutti i tipi. Ci sono stati oltre una trentina di feriti e l'ordine impartito - ripeto - è stato di lasciarsi colpire impunemente.
Vorremmo capire da questo Governo se si tutela la legge, se si tutelano le Forze dell'ordine, se si tutela la gente e l'ordinato vivere o se si dà, piuttosto, copertura a delinquenti in libera uscita. Chiediamo a questo Governo cosa intenda fare, da ora in poi, per garantire per davvero il rispetto della legge.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, la risposta che oggi mi viene sollecitata dagli onorevoli interroganti mi induce ad esprimere, ancora una volta, la forte indignazione che provo per tutte le forme di intolleranza politica e di violenza. L'ho fatto pochi giorni fa, manifestando sdegno per chi, lo scorso 3 giugno, a L'Aquila ha inneggiato alla morte dei carabinieri in Nassiriya, dei professori Biagi e D'Antona, dell'ispettore Raciti, e lo faccio oggi, considerando infame l'oltraggio alla lapide di via Fani e condannando tutti coloro i quali hanno trasceso i limiti di un libero manifestare, trasformando il dissenso in attacco all'ordine pubblico, a settori, a cose e a persone.
Tuttavia, per quanto le premesse del discorso possano apparire in linea con quelle degli interroganti, devo dire che sono diverse le conclusioni. A mio avviso, infatti, non si tratta di assumere iniziative o di programmare interventi normativi. Si tratta, invece, di applicare soltanto con rigore e giustizia gli strumenti di cui già disponiamo, per garantire la sicurezza della comunità. Il nostro sistema è già tarato da tempo per la tutela dell'ordine pubblico, nel rispetto della libera manifestazione del pensiero, di ogni pensiero. Purtroppo, però, non si può escludere che talvolta i facinorosi travalichino i limiti di una pacifica manifestazione, sconfinando nel sopruso e nella violenza. In casi come quello della visita a Roma del Presidente Bush, in cui l'attenzione delle istituzioni è stata necessariamente alta, non si può semplicisticamente trasformare ogni evento negativo in una critica generica o in un giudizio sfavorevole sulla bontà dei controlli e degli strumenti predisposti dal Governo e da forze di polizia assai esperte. Gli onorevoli ricordano, del resto, che disordini di piazza e comportamenti eversivi, come affermato anche dall'onorevole La Russa nella sua interrogazione, non sono mancati neanche nella scorsa legislatura. Sul versante della prevenzione, le Forze dell'ordine continuano a fornire un servizio organizzato ed efficiente e sono intervenute con attenzione e fermezza. Manifesto nei loro confronti la solidarietà mia personale e del Governo.
Sul versante giudiziario, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha riferito che gli arrestati sono stati portati dinanzi al tribunale per la convalida dell'arresto e saranno giudicati nei prossimi giorni, con rito direttissimo, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, con l'aggravante della lesione personale aggravata. Il tribunale ha convalidato l'arresto e, a seguito della richiesta di misura cautelare avanzata dal pubblico ministero, ha applicato la misura dell'obbligo di firma ad uno degli imputati. GliPag. 45altri sono stati liberati, tenuto conto del fatto che non presentavano precedenti penali.
Oltre le mie competenze, però, non mi permetto di andare. Ben comprendono gli onorevoli interroganti che il potere politico non può sconfinare in valutazioni di merito, rimesse esclusivamente all'autorità giudiziaria e da operarsi soltanto all'interno del processo penale.

PRESIDENTE. L'onorevole Menia ha facoltà di replicare.

ROBERTO MENIA. La ringrazio, signor Ministro, e sarei tentato di dichiararmi quasi totalmente soddisfatto a proposito della sua risposta, per i termini, vorrei dire morali, che lei ha usato, perché ha fatto bene a definire «infame» colui il quale o coloro i quali hanno usato certe parole nei confronti dei nostri eroi di Nassiriya, e a pronunciare parole come «sdegno» e «indignazione».
Ad una questione non mi ha, però, risposto: lo sdegno e l'indignazione non bastano, quando constatiamo che, purtroppo, da quando il Governo di cui lei è membro è in carica, vi è una tolleranza oggettiva nei confronti di una certa fascia che si colloca politicamente all'estrema sinistra. Con la strana «vicenda» di una sinistra «di lotta e di governo» notiamo che ci sono ministri che stringono le mani e segretari di partito che prendono parte a manifestazione assieme a teppisti di vario tipo. In particolare, ci preoccupa il fatto - ed è che questo il punto sul quale lei non mi ha risposto - che alle Forze dell'ordine sia stato dato l'ordine di non reagire, di non rispondere: centinaia e centinaia di esponenti delle Forze dell'ordine, alle quali va la nostra solidarietà. Ma la solidarietà non dev'essere soltanto un fatto di parole, dev'essere anche un fatto di atti concreti. Gli esponenti delle Forze dell'ordine hanno subito, per oltre un'ora, una sassaiola con cubetti di porfido, con bottiglie, con oggetti contundenti di tutti i tipi, che avrebbe potuto portare facilmente a conseguenze ben più pesanti di quelle che si sono prodotte. Ciò che ci preoccupa è che c'è tuttora una parte di questa maggioranza, di questo Governo che si «coccola» certi personaggi, che si «coccola» quelle aree estreme nelle quali, poi, c'è il «brodo di coltura», per il quale qualcuno pensa poi legittimamente di andare a L'Aquila ad inneggiare alla Lioce o alle Brigate Rosse. Ci sono altri elementi che spiegano come la lotta politica possa facilmente degenerare nell'intolleranza e nella violenza: è il caso di coloro che, purtroppo, mettono in pratica tali comportamenti.
Signor Ministro, apprezzo quanto lei ha detto, apprezzo i termini che ha usato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO MENIA. Però, le ripeto, la nostra solidarietà alla polizia, alle Forze dell'ordine, a coloro che ogni giorno fanno sì che possiamo vivere civilmente ed ordinatamente in Italia e tutelano la nostra libertà è anche un fatto che va oltre le parole. Chiedo un esame di coscienza a tutti i rappresentanti di questo Governo. Se si avesse il coraggio di andare, in coscienza, oltre le parole, ed arrivare per davvero ai fatti, con certi modi di fare sarebbe ora di chiudere per davvero (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

(Iniziative in relazione all'inchiesta del pubblico ministero di Potenza sulle «logge occulte» - n. 3-00975)

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00975 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, con un socialista garantista non si può parlare che di giustizia, e in particolare di «malagiustizia», di comportamenti a dir poco discutibili e inquietanti del pubblico ministero di Potenza, che, con disinvoltura, ha disposto arresti avventati, ha inflitto la tortura del carcere preventivo a molte persone risultate innocenti:Pag. 46vallette, attori, artisti, uomini del mondo dello spettacolo, sindaci, e ad altre persone. Tale atteggiamento persecutorio ha un costo sociale altissimo.
Ora, il nostro eroico indagatore ha progettato di fare una «radiografia» di tutte le logge massoniche italiane, non di Potenza, dove è la sua sede, ma a trecentosessanta gradi, «dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno». Il nostro «securo fulmine» ora vuole aprire fascicoli con corsi e ricorsi storici tipo quelli di Palmi, che hanno portato Cordova ad aprire decine di migliaia di fascicoli e a chiuderli, con l'effetto di saccheggiare le risorse dello Stato...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. ...che avrebbero potuto essere destinate ad un più utile impiego. Cosa intende fare, signor Ministro?

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, sarei tentato di dire: faccio quanto mi è consentito dalle norme, non è che posso andare al di là di esse. Devo dire, in verità, che le doglianze avanzate dall'onorevole Barani sono un po' generiche da questo punto di vista, perché non è che rinvenga l'indicazione concreta e specifica di comportamenti giudiziari che possano assumere rilievo ai fini di un'eventuale stigmatizzazione. L'interrogante fa riferimento al fatto che un pubblico ministero, in un processo, abbia richiesto numerosi arresti nei confronti di persone che, successivamente, le indagini avrebbero rivelato immeritevoli di misure cautelari; che in un altro processo abbia disposto una capillare acquisizione degli elenchi degli appartenenti a logge massoniche.
Questi, di per sé, secondo giurisprudenza corrente, non sono atti illegittimi, abnormi o abusivi: non scorgo cioè provvedimenti inficiati da violazione di legge. Non sappiamo quali esigenze delle indagini abbiano indotto il pubblico ministero al compimento di tali atti, né la nostra posizione politica ed istituzionale ci consente di entrare in valutazioni di merito, che spettano esclusivamente ai giudici e vanno esercitate in sede processuale.
Come l'onorevole Barani sa, tutte le attività investigative sono sottoposte al vaglio dell'organo giudicante deputato alla verifica di carattere endoprocessuale degli atti posti in essere dal pubblico ministero e dalle altre parti del procedimento. Mi sembra dunque chiaro che, riguardo alle vicende in questione, non sussiste alcun presupposto per un approfondimento di tipo disciplinare. Allo stesso modo, non ritengo necessario intraprendere iniziative di carattere normativo: a mio parere, i rimedi di carattere giurisdizionale già assicurati dall'ordinamento alle parti all'interno del processo garantiscono un efficace controllo e l'eventuale correzione degli atti posti in essere e delle valutazioni di merito compiute.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, debbo dire che gli unici complimenti che posso rivolgere all'indirizzo del Ministro sono quelli per la cravatta: per il resto, non condivido quel che è stato detto.
Signor Ministro, ci troviamo di fronte a piccole storie di miserabili protagonisti, alla ricerca di notorietà, che, forse col concorso dei mass media, sperano di trovare la strada più agevole per far soldi e buona carriera - come, del resto, ha fatto illo tempore il suo collega Di Pietro. Razionalmente, questa volontà di effettuare un censimento di logge massoniche è inconcepibile: essa porterà alla spesa di oltre 20 milioni di euro (10 sono stati già spesi). Se vi fossero cento pubblici ministeri di questo tipo in Italia, il Ministero spenderebbe all'incirca 2 miliardi di euro, 4 mila miliardi di vecchie lire: tutte risorse che dovrebbero essere, piuttosto, indirizzate al sociale, alle pensioni, alle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese o a mandare i propri figli all'università.Pag. 47Invece, costoro sperperano il denaro pubblico per loro megalomania, per farsi grandi, per andare in televisione, a mo' di fotomodelle della giustizia sculettanti, solo per avere notorietà. Costoro infliggono un danno incommensurabile alla giustizia e sottraggono risorse incredibilmente elevate, che potrebbero essere meglio utilizzate.
Signor Ministro, lei sa che, all'inizio del Novecento, vi erano massoni in quest'aula; il suddetto pubblico ministero li avrebbe indagati tutti. Così avrebbe indagato parlamentari quali Garibaldi o Mazzini, ma anche un altro massone di nome Mozart. Ma dove vuole andare? Non si può aprire un fascicolo su 20 o 30 mila nomi in quanto affiliati alla massoneria, tutti regolarmente registrati: è una megalomania! Noi socialisti riformisti presenteremo dunque una proposta di legge affinché, come avviene in tutti i Paesi europei, anche in Italia vengano effettuate visite psicoattitudinali e psichiatriche periodiche ai magistrati, in modo da garantire le legittime aspettative del popolo italiano, sovrano anche nel campo della giustizia.

(Iniziative relative al fenomeno delle minacce da parte di brigatisti detenuti nelle carceri di massima sicurezza - n. 3-00976)

PRESIDENTE. L'onorevole Galletti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-00976 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, signor Ministro, nei giorni scorsi si è svolta a L'Aquila una manifestazione organizzata dal gruppo Olga (Ora di liberarsi dalle galere) per esprimere solidarietà a Nadia Lioce e agli altri brigatisti. Durante la manifestazione sono stati scanditi slogan odiosi contro Biagi, D'Antona ed Ilda Boccassini. Ne cito uno per tutti, non per fare una graduatoria dei più vergognosi, ma perché lo trovo particolarmente odioso: «Marco Biagi non pedala più». Nel frattempo, comparivano scritte analoghe sui muri di Bologna, la mia città, e Monsignor Bagnasco riceveva lettere di minaccia di morte. Mentre accadeva tutto questo, leggevamo su un giornale di un continuo scambio di informazioni fra i brigatisti incarcerati e il mondo esterno. Vorremmo dunque sapere quali provvedimenti si intenda adottare per reprimere definitivamente il fenomeno delle comunicazioni e delle minacce dei brigatisti detenuti nelle carceri di massima sicurezza, e se siano in corso indagini per accertare ogni responsabilità connessa alla manifestazione, in particolare con riguardo ai partecipanti che hanno evidenziato un inaccettabile collateralismo nei confronti delle Brigate rosse.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta agli onorevoli interroganti comunico quanto mi è stato riferito dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. La detenuta Lioce Nadia Desdemona fa parte di una organizzazione eversiva denominata BR-PCC ed è stata sottoposta al regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario per il ruolo primario ricoperto in quella organizzazione.
Gli altri brigatisti, che - come lei - hanno avuto un ruolo di spicco, sono ristretti in un apposito circuito ad elevato indice di vigilanza. In merito al fenomeno di comunicazioni e minacce cui fa riferimento l'onorevole interrogante, tengo a sottolineare che il testo dattiloscritto quasi illegibile, riportato sulla busta da lettere rinvenuta nella cella della Lioce durante una perquisizione ordinaria, è stato sequestrato proprio grazie alle misure speciali applicate ai soggetti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis.
La busta, infatti, è stata sequestrata perché la corrispondenza della detenuta è sottoposta al visto di censura, su disposizione della competente autorità giudiziaria.Pag. 48Tale carteggio è stato trasmesso alla Procura della Repubblica de L'Aquila, che non si è limitata a convalidare il sequestro, ma ha anche disposto un'ulteriore perquisizione della camera detentiva della Lioce.
Tutta la documentazione relativa all'episodio è stata, quindi, inviata alle procure della Repubblica di Roma, Bologna e Firenze per l'ulteriore corso. Con riguardo, poi, alla manifestazione confluita all'esterno del carcere de L'Aquila, in cui è stata espressa solidarietà nei confronti delle nuove Brigate rosse e, in particolare, della detenuta Lioce, mi ricollego a quanto già riferito in occasione di un recentissimo e analogo question time, ossia alla mia riprovazione, evidentemente, per quanto si è verificato in quella circostanza.
Il procuratore della Repubblica presso il tribunale de L'Aquila, naturalmente nei limiti in cui lo consente il riserbo investigativo, ha riferito che la magistratura inquirente si è subito attivata, iscrivendo in merito ai fatti segnalati il procedimento penale tuttora in corso.
Risulta confermato che alla manifestazione hanno partecipato anche ex brigatisti, tra i quali Maurizio Ferrari. Il procedimento è assegnato al magistrato che ebbe a ricevere l'informativa preliminare della Digos, la quale ha acquisito materiale fotografico, cinematografico e sonoro che sarà utilizzato per ricostruire i fatti e individuare eventuali responsabilità penali.
È stato, inoltre, riferito che per il prossimo 18 giugno è fissato un incidente probatorio nel quale sarà disposta una perizia altamente specialistica, utile ad accertare gli eventuali collegamenti tra la detenuta Lioce e persone esterne al carcere.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Ministro, apprezziamo molto la sua risposta e la determinazione delle sue opinioni in merito ai fatti che abbiamo sollevato con il question time. Resta, però, qualche interrogativo, che ovviamente non riguarda lei ma il tempo che viviamo, e cioè come sia stato possibile autorizzare o tollerare una manifestazione come quella de L'Aquila, alla quale hanno partecipato tutti i movimenti - lo sottolineo: tutti - presenti oggi nel nostro Paese, che fanno riferimento all'area antagonista, all'area anarco-insurrezionalista o a quella, peggiore, di continuità con le nuove Brigate rosse.
Si tratta di un elemento di grande e viva preoccupazione per tutti i cittadini italiani, considerata la saldatura esistente o il pericolo di una saldatura, anche con le organizzazioni, criminali in nome dello smantellamento dell'articolo 41-bis, e il collegamento tra la manifestazione de L'Aquila e, in particolare, quella di Roma anti-Bush. Credo, quindi, tali elementi ci debbano fare riflettere per il futuro, perché, come lei ben sa signor Ministro, sono usciti e stanno uscendo dal carcere tanti brigatisti condannati e cosiddetti irriducibili non pentiti, come il Ferrari di cui si parlava. Riaffiora, quindi, in tutta la sua emergenza un pericolo eversivo che, in forme violente, conoscevamo da tempo.
Riteniamo - concludo, signor Presidente - che sia necessario tenere più alta la guardia e che così debbano comportarsi tutte le istituzioni responsabili, perché inneggiare agli assassini di servitori dello Stato è da carogne, che meritano solo la galera, in quanto uccidono per la seconda volta Biagi, D'Antona e tutte le vittime del terrorismo, annientano di nuovo le famiglie delle vittime e rischiano di farci precipitare nuovamente nel periodo più scuro del nostro paese, gli anni di piombo. Sollecitiamo questo tipo di attenzione e ce ne facciamo carico per la nostra parte.

(Iniziative ispettive in relazione al procedimento penale riguardante l'omicidio di Renato Biagetti - n. 3-00977)

PRESIDENTE. L'onorevole Smeriglio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00977 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

MASSIMILIANO SMERIGLIO. Signor Presidente, signor Ministro, il 7 maggio haPag. 49preso avvio l'udienza preliminare del processo scaturito dall'omicidio di Renato Biagetti, giovane frequentatore del centro sociale Acrobax di Roma.
All'udienza preliminare i difensori facevano presente di non aver rinvenuto, all'interno del fascicolo di indagine, i verbali delle dichiarazioni rilasciate da Biagetti poco prima di morire.
Alla successiva udienza la procura depositava in atti una notazione di servizio dalla quale risultava che i carabinieri di Ponte Galeria avevano, in effetti, assunto il Biagetti a sommarie informazioni testimoniali, ma avevano omesso di redigerne apposito verbale, sicché l'effettivo contenuto di quanto dichiarato dal Biagetti è ormai consegnato al solo ricordo del carabiniere operante, il quale, solo dietro formale richiesta, si è deciso a consegnare agli atti la verbalizzazione delle operazioni compiute.
Si è appreso, inoltre, che l'imputato del processo appena iniziato è figlio di uno dei carabinieri in forza presso la stazione che ha condotto l'indagine.
Le chiedo quali iniziative si intendano porre in essere per verificare i fatti e le circostanze sopra riportate e le eventuali responsabilità per il mancato affidamento delle indagini ad altri organi di polizia giudiziaria, meno coinvolti emotivamente nell'accertamento dei fatti.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta all'onorevole Smeriglio faccio presente che il presidente del tribunale di Civitavecchia ha comunicato che, con atto depositato il 26 marzo 2007, il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di Vittorio Emiliani, imputato dell'omicidio di Renato Biagetti commesso il 27 agosto 2006. Il processo è tuttora in fase di udienza preliminare.
Il presidente del tribunale ha precisato che le circostanze riferite dall'interrogante riguardo all'attività difensiva svolta nell'interesse dei familiari della vittima, al provvedimento emesso dalla GUP in ordine alla ricerca dei verbali delle dichiarazioni rese ai carabinieri dal Biagetti poco prima di morire e al conseguente deposito all'udienza del 24 maggio 2007 della notazione dei militari di Ponte Galeria attestante l'omessa redazione dei verbali, corrispondono fedelmente al contenuto degli atti del procedimento penale.
Le eventuali conseguenze processuali della circostanza sono ovviamente in corso di valutazione nell'ordinario giudizio, che sarà chiamato in prosieguo all'udienza preliminare del prossimo 28 giugno.
Sulla base di tali premesse, gli accertamenti di carattere ispettivo richiesti dall'onorevole Smeriglio verrebbero a sovrapporsi all'attività giurisdizionale in corso provocando un'indebita interferenza nel procedimento penale.
È rimesso al giudice procedente, d'altra parte, il compiuto accertamento dei fatti, il chiarimento dei dubbi avanzati e la valutazione delle prove che sono state acquisite.
Per tale ragione, allo stato non può essere accolta la richiesta dell'interrogante diretta a ottenere l'attivazione dei poteri ispettivi del Ministro la giustizia, come anche quella diretta a verificare l'esistenza dell'ipotesi di conflitto di interessi in capo ad uno dei carabinieri che partecipa alle indagini, dovendosi peraltro far presente che la verifica di tale ultimo aspetto non rientra comunque nelle competenze del Ministro della giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Smeriglio ha facoltà di replicare.

MASSIMILIANO SMERIGLIO. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la risposta dettagliata. Chiaramente non posso dichiararmi soddisfatto. Credo che intorno a questo processo vi sia un clima non sereno. Continua anche durante il dibattimento un clima di difficoltà, nato sin dall'inizio, ossia da indagini probabilmente non svolte nel migliore dei modi e dal tentativo di farle coincidere con un omicidio per futili motivi quando, invece,Pag. 50siamo di fronte ad altra fattispecie, spiegata dai fatti e anche dal processo.
Peraltro, i due imputati avevano già in tasca due biglietti per Santo Domingo che, come lei sa, è un Paese senza l'estradizione per l'Italia. Inoltre, la informo che il comune di Roma si è costituito parte civile in questo processo. Quindi, credo che tutte le iniziative tese a rompere il clima di omertà e di difficoltà intorno al processo vadano messe in atto a partire - lo ripeto - dall'evidente conflitto tra chi indaga e chi è indagato.

(Interventi per salvaguardare la vocazione turistica dell'isola di Lampedusa - n. 3-00978)

PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00978 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, da un recente studio de Il Sole 24 Ore - che non è un organo di parte o, quantomeno, non della nostra parte - risulta che i clandestini sul nostro territorio sarebbero 650 mila. Il nostro Paese sarebbe, quindi, ai vertici della graduatoria europea.
Molti di questi clandestini, circa i quattro quinti, sbarcano sull'isola di Lampedusa. L'ultimo sbarco, verificatosi la notte scorsa, è stato di 315 clandestini. Con la presente interrogazione chiediamo al Governo come intenda fronteggiare tale fenomeno, se intenda o meno arginarlo e quali intenzioni abbia proprio con riferimento all'isola di Lampedusa. Lo stesso Governo, infatti, aveva inserito tra i punti prioritari del proprio programma elettorale - è vero che constava di 270 pagine, ma era stato più volte evidenziato - la valorizzazione del Mezzogiorno e della sua vocazione turistica.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, il fenomeno degli sbarchi di provenienza dalle coste del nord Africa è una delle conseguenze dell'accentuazione dei movimenti migratori prodotti dalla globalizzazione, dalle differenze di reddito e dalla situazione demografica nei vari continenti.
Tutti i Paesi mediterranei dell'Unione europea affrontano gli stessi problemi di contenimento dei flussi irregolari, ma anche di salvaguardia della vita e dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo. I 22.016 sbarchi sulle coste italiane del 2006, ad esempio, non sono molto differenti dai quasi 30 mila sbarchi sulle coste spagnole nello stesso anno o sull'isola di Malta.
Queste stesse difficoltà sono state affrontate dal passato Governo, durante la cui gestione - lo ricordo - gli sbarchi in Sicilia sono aumentati dai 5.504 del 2001 ai quasi 23 mila del 2005.
Lampedusa è la zona più esposta a questo fenomeno e sulle sue coste, in effetti, è stato rintracciato l'82,4 per cento degli sbarchi avvenuti in Italia nel 2006.
Per affrontare tale questione, il Governo sta procedendo su un doppio binario: il contenimento degli arrivi irregolari e il miglioramento dei servizi di rapido spostamento dei nuovi arrivati verso la terraferma. Il Governo ha rilanciato la cooperazione con la Libia per il controllo delle partenze regolari dalla sponda sud e si registrano già chiari segni di miglioramento. Gli arrivi a Lampedusa nei primi cinque mesi del 2007 sono calati del 26 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Inoltre, il Governo intende anche riaffermare il ruolo della cooperazione allo sviluppo a favore dei Paesi di origine come fattore di contenimento della spinta migratoria regolare.
Infine, allo scopo di migliorare la gestione degli sbarchi è in corso di ultimazione a Lampedusa un nuovo centro, l'ex caserma dell'esercito Luigi Adorno, vicino all'aeroporto e lontano dalle zone turistiche dell'isola. Tale centro non è aggiuntivo, bensì sostitutivo di quello attualmente esistentePag. 51e permetterà di accogliere i nuovi arrivati in condizioni più dignitose e con strutture più moderne. Peraltro, il centro di Lampedusa non è più un centro di permanenza temporanea dal 2006, con un'ordinanza, tra l'altro, a firma dell'allora Ministro Maroni.
Lampedusa ospita un centro di primo soccorso e di accoglienza che non è destinato al trattenimento prolungato degli stranieri, ma ai primi soccorsi e al loro rapido trasferimento verso altri centri in Italia, proprio per minimizzare l'impatto della loro presenza sull'isola. La vocazione turistica di Lampedusa viene così assecondata dal miglioramento del centro di primo soccorso, oltre che dalla predisposizione di un servizio di telemedicina a favore della popolazione isolana previsto nel vecchio centro.

PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha facoltà di replicare.

ROBERTO COTA. Non siamo soddisfatti della risposta del Ministro. Non ha chiarito nulla dal punto di vista dell'immigrazione, ossia su come fare ad arginare i fenomeni migratori. Il nuovo disegno di legge che il Governo sta cercando di presentare, che propaganda - anzi, realizza - il modello dell'immigrazione libera, secondo la nostra opinione, non è la soluzione per Lampedusa, così come per il resto del Paese. Non siamo, inoltre, soddisfatti per la risposta che ha dato con riferimento all'isola di Lampedusa.
Il Ministro ha sostenuto che l'obiettivo è quello di spostare rapidamente gli immigrati che arrivano sull'isola e ha confermato che sull'isola stessa sarà a breve realizzato un nuovo centro, che è fortemente osteggiato proprio dal territorio.
Quindi, non capiamo qual è il vero orientamento del Governo. Lo stato di fatto è di grave difficoltà, tanto è vero che nelle ultime elezioni nell'isola di Lampedusa è emerso un forte malcontento nei confronti del Governo e della sua politica. I risultati ottenuti dalla Lega Nord sono una testimonianza di questo malcontento e noi ci faremo carico, ovviamente, in maniera assolutamente decisa e anche propositiva, di tutelare gli interessi dell'isola di Lampedusa, perché il federalismo è un modello che va senz'altro bene al nord, ma è anche l'unica via per lo sviluppo del sud (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Iniziative per una politica europea comune in materia di immigrazione - n. 3-00979)

PRESIDENTE. L'onorevole Cassola ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00979 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor Ministro, come abbiamo visto, le tragedie umanitarie nel Mar Mediterraneo nel corso delle ultime settimane sono davanti agli occhi di tutti. È evidente che ogni Paese deve impegnarsi nel salvare le vite umane nelle proprie zone di competenza e vi deve essere maggiore cooperazione tra gli Stati per affrontare efficacemente il problema dell'immigrazione clandestina.
Il programma di questo Governo titola uno dei capitoli relativi alle politiche dell'immigrazione: «Gestire l'immigrazione con l'Europa e col mondo», sottolineando la necessità di gestire e governare in maniera efficace le migrazioni internazionali con efficaci forme di collaborazione tra Paesi di destinazione e con i Paesi di origine e di transito.
In questa ottica, vorremmo conoscere cosa intende fare il Governo italiano presso le istituzioni europee perché l'Unione europea adotti una politica comune riguardo l'immigrazione e affinché il concetto di solidarietà venga tradotto in pratica, con tutti i 27 Paesi membri, che contribuiscano fattivamente al coordinamento e alla cooperazione nelle operazioni di soccorso nel Mar Mediterraneo, coinvolgendo in quest'ambito anche le autorità libiche.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

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GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Il problema delle ricorrenti tragedie dell'immigrazione nel Mediterraneo è costantemente oggetto dell'attenzione del Governo. La pericolosità del passaggio dall'Africa all'Europa tramite barconi e imbarcazioni di vario tipo e foggia dirette verso le isole che formano la frontiera più esterna dell'Unione europea - le Canarie, Lampedusa, Malta - è indubbiamente un problema europeo, che nessuno Stato può pensare di risolvere singolarmente.
La normativa internazionale, le regole europee e il senso comune convergono nell'imporre l'obbligo di salvataggio in mare quando delle vite sono in pericolo. L'Italia sta facendo il suo dovere intervenendo sia nelle proprie acque territoriali, sia andando a prestare soccorso, in caso di necessità, in zone talvolta relativamente lontane.
L'Italia partecipa attivamente all'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) di cui è il secondo contributore in mezzi e la cui costituzione era stata invocata già dal 2000 dall'allora Presidente del Consiglio Amato.
Tra pochi giorni verrà avviata un'operazione comune europea nell'ambito di Frontex, denominata operazione Nautilus, destinata al pattugliamento del Mediterraneo meridionale. Tale operazione permetterà sia di contrastare l'immigrazione irregolare, sia di individuare le situazioni di emergenza in mare, riducendo così le perdite di vite umane con una struttura flessibile e in un ambito di condivisione dei costi.
Per assicurare pieno successo a tali operazioni è necessario ricercare la partecipazione alle operazioni di pattugliamento da parte della Libia, con la quale è già stata migliorata in altri campi la cooperazione al contrasto dell'immigrazione clandestina. Questa cooperazione va comunque ricercata in un contesto scrupoloso di rispetto dei diritti umani.
Da molti anni l'Italia fa presente in sede europea la necessità di introdurre dei meccanismi di condivisione dei costi di soccorso e di asilo. Il regolamento europeo Dublino 2 attribuisce l'obbligo di trattare la domanda di asilo al primo Paese di transito nell'Unione e, così facendo, pone un peso elevato sulle spalle dei Paesi che costituiscono la frontiera sud dell'Unione.
Il libro verde della Commissione europea, presentato il 6 giugno scorso, ricorda che entro la fine del 2010 verrà adottato un sistema europeo comune in tema di asilo e riconosce che gli obiettivi della seconda fase dovrebbero essere sia di raggiungere più elevati standard comuni di protezione dell'Unione europea, sia di assicurare un maggior grado di solidarietà tra gli Stati membri.
L'Italia intende continuare a lavorare in sede europea in tale direzione.
Vorrei infine ricordare che, oltre ad assicurare la sicurezza in mare e il pieno rispetto del diritto di asilo in un ambito di giusta di distribuzione dei costi tra i paesi, servono anche altre misure per scoraggiare i viaggi della disperazione e l'immigrazione clandestina: è necessario offrire agli aspiranti migranti dei canali di ingresso ai lavori legali effettivamente percorribili, in misura compatibile con le necessità dell'economia italiana e con le possibilità di integrazione.
Il Governo ha approvato un disegno di legge delega di riforma del testo unico sull'immigrazione proprio per completare in maniera costruttiva la combinazione di misure necessarie a contrastare l'immigrazione clandestina, il traffico di persone e lo sfruttamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Cassola ha facoltà di replicare.

ARNOLD CASSOLA. Signor Ministro, sono parzialmente soddisfatto della risposta del Governo, perché mi preoccupa proprio la mancanza di solidarietà che ancora esiste tra i paesi dell'Unione europea, che di fatto stanno lasciando soli Malta, Spagna e Italia nell'affrontare questo problema. Non è possibile che vari paesi membri dell'Unione non si curino di tale questione: si tratta di un problema europeo di cui devono farsi carico tutti iPag. 5327 Stati e, a tal proposito, noto anche un senso di frustrazione da parte del commissario Frattini per la mancata partecipazione di certi paesi.
Un altro grande problema che lei ha menzionato è costituito dall'atteggiamento della Libia, in relazione al quale non mi sembra vi siano grandi segni di cambiamento. Le autorità libiche non si stanno adoperando per salvare vite umane ed evitare tragedie umanitarie, nonostante le continue sollecitazioni: questo è inaccettabile. Inoltre, il problema è ulteriormente complicato dal fatto che la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951, che tutela i diritti fondamentali della persona.
Mi sembra che l'Unione europea non stia insistendo con il vigore dovuto con le autorità di Tripoli, in merito a questa delicata materia. Non vorrei che gli interessi commerciali di Malta con la Libia, gli interessi riguardanti il rifornimento di gas libico all'Italia, la vendita di un sistema missilistico alla Libia da parte di Tony Blair, stiano impedendo ai governi europei di parlare in maniera chiara alle autorità libiche di cosa significhi il rispetto per i diritti umani e per il valore della vita.
Sono convinto che il Governo italiano farà ben presente alla Commissione europea che la dignità delle persone non può e non deve mai essere oggetto di baratto con alcun interesse economico.

(Tempi per l'applicazione della normativa in materia di credito d'imposta - n. 3-00980)

PRESIDENTE. L'onorevole Li Causi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00980 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, mi rivolgo al Ministro per portare all'attenzione del Governo, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur, due ordini di questioni di rilevante importanza per l'economia italiana, nelle aree svantaggiate del nostro Paese.
Il primo riguarda il ritardo dell'avvio a regime del nuovo credito d'imposta, che frena il rilancio dell'economia; il secondo riguarda il blocco cautelativo del precedente credito d'imposta. Tale sospensione è paradossale perché vige anche per le imprese, che sono già state riconosciute titolari del diritto al credito d'imposta e hanno maturato un legittimo affidamento sulla base delle scelte compiute dal nostro Governo con il cosiddetto decreto mille proroghe, che concede una proroga per l'ultimazione degli investimenti, che rischia di essere, in realtà, infruttuosa.
Il mio intervento vuole avere anche lo scopo di sapere quale ingranaggio si sia inceppato nella procedura volta ad ottenere il nulla osta da parte dell'Unione europea, nonché i tempi entro i quali la situazione si sbloccherà, in modo da dare precise indicazione alle numerose imprese che si trovano in stato di incertezza.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, nell'ambito delle politiche a sostegno delle aree svantaggiate del Paese, e segnatamente del Mezzogiorno, il Governo ha introdotto, principalmente con la legge finanziaria per il 2007, una serie di strumenti tesi ad agevolare le attività di nuovo investimento e di ricorso delle imprese al lavoro a tempo indeterminato. La riduzione del cuneo fiscale, ad esempio, consente alle imprese del Sud una riduzione della base imponibile dell'IRAP pari a 10 mila euro per ogni addetto a tempo indeterminato.
Il credito di imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate rende agevolabili le acquisizioni di macchinari, impianti, attrezzature varie, programmi informatici utilizzati dalle piccole e medie imprese e brevetti riguardanti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi.
Ciò che appare rilevante, anche ai fini di una più agevole programmazione finanziaria degli investimenti da parte dellePag. 54imprese che intendono allargare o migliorare la propria dotazione di capitale, è l'estensione del periodo di incentivazione, che copre un lungo arco temporale, che va dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006, sino al termine del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013.
Le norme che riguardano il nuovo credito di imposta sono costruite in modo tale da essere pienamente conformi alle regole comunitarie, in particolare alle deroghe previste dall'articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea in tema di aiuti di Stato. Il credito di imposta previsto dalla legge finanziaria risulta, infatti, essere del tutto coerente con la previsione di un sostegno alle imprese nel caso in cui gli aiuti siano destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni, in cui il tenore di vita sia anormalmente basso o si abbia una grave forma di sottoccupazione (paragrafo 3 dell'articolo 87 del Trattato), oppure nell'ipotesi in cui gli aiuti siano destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche in alcune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.
Non vi dovrebbero essere, pertanto, dubbi sulla piena operatività di quanto previsto dai commi 271 e 279 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) e il fatto che tale strumento fosse previsto dal programma di Governo e che all'impegno assunto nei confronti degli elettori e soprattutto nei confronti delle imprese che operano nel Mezzogiorno corrisponda un'effettiva realizzazione, costituisce un elemento per il Governo di notevole importanza.
In ordine al nulla osta definitivo da parte delle autorità comunitarie, il Governo al momento è attivamente impegnato a garantire in tempi rapidi - ovvero nell'arco delle prossime settimane - la definitiva autorizzazione della Comunità europea riguardo all'approvazione della Carta degli aiuti a finalità regionale, che è stata notificata dal Governo in sede comunitaria, e che ha visto, tra l'altro, il pieno coinvolgimento delle regioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Li Causi ha facoltà di replicare.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, potrei anche ritenermi soddisfatto per la risposta del Ministro Santagata, perché mi pare di aver capito che il Governo non voglia sottrarsi al suo ruolo.
Come parlamentare voglio, al riguardo, ricordare l'impegno profuso con la legge finanziaria 2007, in occasione della quale abbiamo lavorato per favorire gli investimenti per il Mezzogiorno, ma duole constatare che, nonostante gli sforzi del Governo, ad oggi tale bonus non risulti ancora operativo. La mancata utilizzabilità degli incentivi sta frenando il rilancio del Meridione, zona in cui, spostando un volume adeguato di capitali di investimento dall'esterno e insieme agli investimenti di iniziativa locale, si può suscitare un processo di crescita della produzione. Per attirare nuovi capitali di investimento le politiche di sviluppo locale ricorrono essenzialmente allo strumento degli investimenti pubblici diretti e allo strumento agevolativo degli investimenti privati (è una coniugazione per far sì che l'area svantaggiata possa avere anche una risorsa positiva).
Il fermo dell'Unione europea alla Carta degli aiuti, indispensabile per l'operatività del credito di imposta, causa notevoli preoccupazioni tra gli operatori dei vari settori, soprattutto se confrontato con l'impegno straordinario che il Governo ha mostrato di voler proseguire e perseguire per il rilancio dell'economia nelle aree svantaggiate.
I nostri imprenditori vogliono investire nelle proprie terre, senza volersene andare. I cittadini italiani sono ormai convinti che la velocità dell'economia è maggiore di quella della politica. Ministro Santagata, se disattendiamo coloro i quali hanno diritti acquisiti, mi chiedo cosa penseranno di noi coloro che attendono tali diritti. Aggiunge che, comunque, non sì può attendere all'infinito.

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(Rispetto degli impegni assunti dal Governo italiano nei confronti del Global fund per la lotta contro l'AIDS, la malaria e la tubercolosi - n. 3-00981)

PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00981 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

VALDO SPINI. Signor Presidente, signor Ministro, attribuiamo un grande valore all'impegno - che non è solo umanitario, ma anche sociale e che, in certe aree, diventa addirittura un fatto economico - della lotta contro le grandi epidemie, in particolare l'AIDS, ma anche la malaria e la tubercolosi. Abbiamo più volte sottolineato, con grande rincrescimento, che l'Esecutivo in carica nel 2005, il Governo Berlusconi, era inadempiente per 25 milioni di euro nel conferimento al Global fund; anche nel 2006 l'intera quota di 120 milioni di euro non è stata corrisposta, così come è avvenuto nel 2007 (la scadenza era prevista per il mese di giugno).
Abbiamo anche sottolineato che nell'ultimo vertice del G8 svoltosi in Germania il Presidente del Consiglio ha dichiarato che l'Italia avrebbe stanziato, per la lotta all'AIDS, 400 milioni di dollari all'anno per i prossimi dieci anni. Anche nella mia qualità di ambasciatore del Partito del socialismo europeo per la lotta contro l'AIDS, le chiedo - felicitandomi di questo impegno, che sottolineo positivamente - se ciò, concretamente, significhi che gli impegni pregressi e non onorati nella lotta all'AIDS verranno ottemperati.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, il fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria nasce in sede di G8 nel 2001, anche grazie all'iniziativa del nostro Paese. Con il passare degli anni, il fondo ha mostrato di essere uno strumento efficace nel contrastare la diffusione di malattie, che da sole sono responsabili ogni anno della morte di circa sei milioni di persone. Le informazioni disponibili mostrano, infatti, che oltre 1 milione 800 mila persone sono state salvate, negli ultimi cinque anni, in virtù degli interventi finanziati dal fondo globale.
L'efficacia degli interventi del fondo appare legata alla loro immediata concretezza: somministrazione diretta di medicinali anti-AIDS, anti-tubercolosi e anti-malaria; distribuzione di tende anti-malaria; assistenza ai bambini rimasti orfani. Le risorse messe a disposizione del fondo, in questi anni, da un ampio numero di paesi e di istituzioni private superano ormai 7,5 miliardi di dollari e, come dicevo prima, hanno consentito di intervenire su oltre due milioni di persone. È quindi molto importante che le iniziative del fondo non solo possano andare avanti, ma possano anche rafforzarsi sul piano finanziario e dell'ampiezza degli interventi.
Da questo punto di vista, il Presidente del Consiglio Prodi, in occasione del recente G8 tenutosi in Germania, ha rinnovato l'impegno del Governo italiano nel contribuire al finanziamento del fondo globale. Le risorse che verranno indirizzate nel 2007 verso il fondo, annunciate dal Presidente del Consiglio, sono pari a 260 milioni di euro, al fine in primo luogo di riparare alla mancata erogazione di risorse verso il fondo, da parte del Governo precedente, per oltre 130 milioni di euro; in secondo luogo di coprire, per il 2007, l'ammontare di risorse annuali che il nostro Governo è impegnato a dare al fondo medesimo. Lo strumento tramite il quale l'Italia sarà in grado di onorare i suoi impegni con il fondo globale, attuali e pregressi, sarà fornito dall'assestamento del bilancio di giugno di quest'anno.

PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di replicare.

VALDO SPINI. Signor Ministro, abbiamo apprezzato il quadro da lei tracciato:Pag. 56noi parliamo di fondi e di euro, dietro ai quali però ci sono vite umane, che concretamente, con tali stanziamenti, possono essere salvate. Sappiamo quanto si tratti di una situazione delicata, in particolare in zone come l'Africa - in cui sono colpiti bambini incolpevoli, o colpevoli solo di essere nati da genitori che sono stati o sono sieropositivi - o in situazioni in cui, addirittura, intere generazioni lavorative sono falcidiate. Vi è oggettivamente una grande priorità in questa direzione e non ci sono ostacoli di carattere finanziario che tengano nei confronti della necessità di onorare tali impegni.
Dalle parole del Ministro mi sembra di comprendere che il Governo sia pienamente consapevole della necessità di chiudere positivamente la vicenda con l'assestamento di bilancio. Le nostre parole sono anche tese a rafforzare quest'intenzione. Sappiamo bene che, quando si arriva all'assestamento di bilancio, vi sono numerose spinte in varie direzioni: sia chiaro che leviamo la nostra voce in Parlamento affinché lo stanziamento sia rispettato. In tal senso segnalo al Ministro che, insieme all'onorevole Leoni, abbiamo presentato una proposta di legge, attualmente in discussione, che stabilisce una quota fissa nel bilancio dello Stato per il fondo anti-AIDS, in modo che essa non venga posta in discussione - ogni volta che c'è un assestamento di bilancio - per altri e nobilissimi obiettivi, che pure il Governo può porsi.
Prendiamo atto con molto piacere che l'assestamento di bilancio, sul quale certamente vigileremo, sarà l'occasione per chiudere questa vicenda di inadempienze pregresse. Credo che se il Governo sosterrà la proposta di legge presentata dall'onorevole Leoni e da me - che in qualche modo blocca e individua le risorse per questo fine, che come dicevo è di grandissimo rilievo umanitario, ma anche economico e sociale - potremo risolvere definitivamente il problema. Se poi i fondi saranno ulteriormente incrementati come annunciato, certamente anche in quel caso ci saranno il nostro sostegno e il nostro consenso.

(Misure per l'efficienza e la modernizzazione della pubblica amministrazione - n. 3-00982)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00982 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, desidero in primo luogo rivolgere un invito e una preghiera al Ministro Santagata perché possa rassicurare il Ministro Mastella, ma anche i telespettatori. Avrà capito, infatti, dal suo intervento che il povero collega Barani ha ancora molti scheletri nel suo vecchio armadio socialista, visto che vede il pubblico ministero Di Pietro agitare ancora i suoi sonni.
Per venire all'interrogazione in esame, lei conosce la sensibilità del gruppo Italia dei Valori sul tema dei costi della politica, ma non siamo meno sensibili al tema dei costi della pubblica amministrazione. Come lei ben sa, nel programma di governo dell'Unione è scritto a chiare lettere che è dalla qualità dell'amministrazione che dipendono la qualità dell'attuazione delle politiche pubbliche e la qualità dei servizi resi ai cittadini. La domanda che le rivolgiamo è volta a conoscere quali siano le intenzioni del Governo rispetto alla necessità di mettere in campo una serie di provvedimenti capaci di valorizzare al meglio la pubblica amministrazione e quali gli strumenti per riuscire ad adeguare i costi ai risultati.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, il programma di governo ha elevato il miglioramento della qualità dell'azione della pubblica amministrazione e la valorizzazione del ruolo di questa nell'ambito economico e sociale a questione centrale della politica dell'Esecutivo.Pag. 57
Come evidenziato nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri sulla pianificazione strategica nel 2007 e 2008, le amministrazioni dovranno procedere a snellimenti degli adempimenti amministrativi gravanti sui cittadini e le imprese. Particolare attenzione dovrà essere concentrata sulla semplificazione delle procedure per l'apertura e l'ampliamento di attività economiche e, più in generale, gli interventi tesi alla maggiore efficienza della pubblica amministrazione, a livello sia centrale, sia locale, dovranno essere basati sui principi di meritocrazia e di misurazione dei risultati conseguiti. In attuazione del programma, il Governo è fortemente impegnato nel dare concrete e fattive risposte agli italiani, che chiedono un'amministrazione che tuteli i loro diritti e che eroghi servizi pubblici di qualità, assicuri sicurezza e integrità del territorio e sostenga le attività imprenditoriali ed economiche. In particolare, per realizzare tali obiettivi è stato presentato il cosiddetto disegno di legge Nicolais, che reca un complesso di misure finalizzate a garantire l'efficienza delle amministrazioni pubbliche ed a ridurre i costi burocratici per i cittadini e per gli operatori economici.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16)

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Il conseguimento di tali obiettivi viene perseguito attraverso la semplificazione e l'accelerazione dei tempi e delle modalità di svolgimento dell'attività amministrativa. Il disegno di legge introduce, inoltre, interventi di modernizzazione di funzioni e di procedure, limitando l'intervento pubblico ai casi in cui lo stesso risulti strettamente indispensabile, in attuazione del noto principio di sussidiarietà di derivazione comunitaria.
Un'altra importante direttrice lungo la quale il disegno di legge si snoda è l'estensione ai gestori di servizi pubblici di alcune disposizioni poste a presidio della trasparenza e della tutela dell'utente privato.
Il Governo, poi, è fortemente impegnato nell'opera di riduzione dei costi cosiddetti della politica delle strutture burocratiche. Partiamo dalle iniziative già prese con il decreto-legge Bersani nel 2006 (decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) per continuare con quelle della legge finanziaria 2007, che hanno portato a significative riduzioni dei costi, a snellimenti e alla chiusura di alcune strutture non più ritenute necessarie.
Il Governo - lo ripeto ancora una volta - è impegnato a presentare entro il mese di giugno un apposito disegno di legge sui costi della politica e sulla riorganizzazione della struttura amministrativa, che porti ad eliminare soprattutto le sovrapposizioni di funzioni, che generano i maggiori costi ed anche le maggiori disfunzioni per i cittadini, a garantire una maggiore trasparenza dell'attività pubblica ed a snellire le strutture sia politiche che amministrative.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro perché è stato puntuale nella risposta. Tuttavia, non me ne vorrà se insisto nel sottolineare che nei fatti la nostra amministrazione è ancora lontana dagli standard di efficienza sui quali potrebbe attestarsi.
Sappiamo tutti che pesano sull'amministrazione ritardi dovuti spesso a distorsioni politiche e burocratiche e, al di là di ogni propaganda, i dati dell'OCSE fin dal 2001 rilevano come il cammino compiuto dalla nostra pubblica amministrazione sulla via dello sviluppo e della modernizzazione sia stato particolarmente lento (con riferimento soprattutto al precedente Governo e alla precedente legislatura).
Come gruppo dell'Italia dei Valori continuiamo a considerare la pubblica amministrazione come una risorsa nevralgica, ma abbiamo il dovere di saperla valorizzare. Occorre creare un ambiente più favorevole agli investimenti - come abbiamoPag. 58sostenuto nella nostra interrogazione -, migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e ridurre i costi della pubblica amministrazione.
Soltanto attraverso una più coerente ed efficace riduzione dei costi è possibile ottenere un sensibile miglioramento della qualità dei servizi, puntando anche - perché no? - sulla meritocrazia come principale strumento di selezione del personale e su criteri di valutazione dell'azione della pubblica amministrazione.
Al tempo stesso, come lei opportunamente ha sottolineato, ci serve un sistema decentrato che richiede, però, inevitabilmente, amministrazioni locali più efficaci ed un sistema comunicativo interno ai vari livelli molto più veloce, capace, tra le altre cose, di contribuire alla riduzione degli sprechi.
Infine, lo sottolineo con forza, ciò che noi chiediamo è un'azione volta ad evitare ritardi e sprechi, che non possono essere più tollerati in un sistema democratico competitivo e moderno.

(Iniziative per la messa in sicurezza dei depositi di materiale radioattivo di Trino e di Saluggia (Vercelli) e per il riconoscimento delle compensazioni ambientali - n. 3-00983)

PRESIDENTE. Il deputato Rosso ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00983 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), di cui è cofirmatario.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, signor Ministro, come lei ben sa, in Italia ci sono circa dieci siti deputati a raccogliere scorie radioattive, tanti quanti erano in precedenza le centrali nucleari dismesse o i siti di ritrattamento del combustibile nucleare. Tre di essi si trovano in provincia di Vercelli, a 25 chilometri di distanza l'uno dall'altro: due di essi, gli impianti Eurex e Avogadro, presso Saluggia e uno, la vecchia centrale Enrico Fermi, a Trino.
I siti richiamati sono assolutamente inadeguati allo scopo poiché sono stati investiti da due successive alluvioni nel 1994 e nel 2000; addirittura, nella seconda alluvione, le acque del fiume Dora Baltea sono entrate all'interno del sito Eurex provocando lo sbandamento dei bidoni radioattivi e il rilascio di radioattività all'esterno (da notare che a pochi metri di distanza c'è l'adduzione dei pozzi del più grande acquedotto piemontese, che è l'acquedotto del Monferrato).
A fronte di tutto ciò il Governo Berlusconi cercò di trovare una soluzione, dapprima, con l'individuazione del sito di Scanzano e, dopo, prevedendo l'evacuazione delle scorie almeno dal sito già esistente.
Per tale ragione, signor Ministro, chiediamo quali iniziative stia intraprendendo il Governo per accelerare e non rallentare i suddetti processi.

PRESIDENTE. La prego di concludere. Grazie.

ROBERTO ROSSO. Un'ultima cosa: vorrei sapere se finalmente, a distanza di cinque anni, verranno riconosciute le compensazioni ambientali che i siti oggetto di deposito aspettano e che il Governo si ostina a non dare.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, si tratta di una questione rilevante che richiederebbe più spazio di quello consentito dal question time.
Si rende noto che la nuova amministrazione dell'APAT competente per materia, all'indomani del suo insediamento, si è trovata di fronte al problema di rilevamenti di tracce di contaminazione da stronzio 90, registrate nello scorso mese di agosto nelle immediate vicinanze della piscina all'interno dell'impianto Eurex, ed ha immediatamente richiesto alla Sogin, la società che detiene il combustibile e che gestisce l'impianto, un piano di intervento destinato a risolvere definitivamente ilPag. 59problema. Tale richiesta ha portato alla presentazione del programma di svuotamento della piscina con il trasferimento del combustibile irraggiato in essa nell'adiacente deposito Avogadro.
L'APAT, in considerazione della temporaneità della permanenza del combustibile all'interno del deposito Avogadro, il cui svuotamento dovrà comunque iniziare entro tre anni, e del limitato quantitativo del combustibile da trasferire in esso dall'impianto Eurex, rispetto a quanto già attualmente presente, ha ritenuto accettabile il sito di destinazione proposto, lasciando tuttavia aperta, nel corso dell'iter istruttorio, la possibilità di soluzioni alternative.
La conclusiva autorizzazione al trasporto è stata data tenendo conto del parere espresso dalla giunta regionale del Piemonte, oltre che di quello del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Al fine di verificare e tenere sotto controllo l'infiltrazione della radioattività, che potrebbe eventualmente essersi accumulata nel terreno e nelle falde freatiche, la campagna di monitoraggio idrogeologico e radiologico di tutta l'area interessata sarà proseguita sotto il controllo dell'APAT, anche dopo il rilascio della piscina Eurex.
In tale campagna sono e continueranno ad essere coinvolti, oltre all'APAT e alla Sogin, anche l'ARPA Piemonte e gli uffici tecnici della regione, della provincia e dei comuni interessati.
È in tale contesto di analisi tecnica che possono essere valutate eventuali proposte d'integrazione e di miglioramenti sia delle tecnologie di rilevazione sia delle metodologie di controllo del potenziale inquinamento radioattivo, individuando le misure di tutela ambientale e sanitaria eventualmente da adottare.
Per quanto attiene al programma di trasferimento all'estero del combustibile irraggiato dei siti di Trino e Saluggia, esso si è reso concretamente possibile solo a seguito dell'accordo intergovernativo sottoscritto il 24 novembre 2006 dal Ministro Bersani e dal suo omologo francese.
Sul piano operativo a tale accordo ha fatto seguito la stipula del contratto tra Sogin e la società francese Areva per il trasferimento e il riprocessamento presso l'impianto di La Hague della quasi totalità del combustibile irraggiato oggi presente nei siti italiani.

PRESIDENTE. La prego di concludere

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Vorrei solo dire che, riguardo alle misure compensative previste dalla legge n. 368 del 2003, la legge stessa affida il compito di indicare il quantitativo di materiale presente nei singoli siti e le relative condizioni di rischio per le quali è stato richiesto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una verifica delle stime già effettuate, ed è stata constatata una non adeguata rispondenza di tali stime rispetto ai parametri indicati dalla legge.

PRESIDENTE. La ringrazio...

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Su una nuova base tecnica, quindi, ben allineata con tali parametri, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare potrà trasferire in tempi brevi le proprie valutazioni al CIPE, con le adozioni delle delibere di competenza.

PRESIDENTE. Il deputato Rosso ha facoltà di replicare.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, la risposta del Ministro è preoccupante, perché sappiamo che già da anni si trasferiscono, per fortuna, le scorie radioattive accumulate a Trino e, soprattutto, a Saluggia presso gli stabilimenti inglesi, e più recentemente si è arrivati a stipulare un accordo con la Francia.
È preoccupante il fatto che l'ARPA, l' Agenzia regionale per l'ambiente del Piemonte, ha riscontrato specificamente, in merito a quanto lei prima affermava, signorPag. 60Ministro - lo cito testualmente - l'impossibilità per mancanza di fondi pubblici di scavare nuovi pozzi e di monitorare laddove effettivamente serve, al fine di tenere sotto controllo non solo i recenti casi di contaminazione da stronzio 90, ma anche tutto il processo di smantellamento dei siti previsto nei prossimi anni.
Quindi si tratta di uno stato d'incuria che speriamo sia migliorato con fondi pubblici, anche perché, come ricordava Carlo Jean - l'allora Commissario straordinario del Governo -, non vi sono protezioni né vi è alcuna tutela contro attacchi terroristici e incidenti. Infatti, nel caso in cui si verificassero tali eventi, ci sarebbe la necessità di evacuare dal Nord Italia, in particolare dal nord-ovest, alcuni milioni di persone.
Infine, per quanto riguarda le compensazioni ambientali, l'APAT, l'Agenzia pubblica territoriale per l'ambiente, aveva già individuato le risorse da trasferire ai siti. Il Governo ha lasciato passare un altro anno e mezzo per studiare il problema.
Signor Ministro, francamente, cosa si aspetta ancora? È possibile mantenere il danno ed in più subire la beffa? È possibile che i luoghi non adeguati ad accogliere i depositi radioattivi, in considerazione dei fiumi che li possono inondare, continuino ad averne, ed inoltre che non vengano loro conferite neppure le compensazioni approvate all'unanimità dal Parlamento?
Speriamo davvero che le sue parole sui tempi brevi possano essere registrate come tali, e non solo come «venticello».

(Tempi di adozione del decreto interministeriale in materia di accertamenti sull'assenza di tossicodipendenza per particolari categorie di lavoratori - n. 3-00984)

PRESIDENTE. Il deputato Mellano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00984 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, signor Ministro, questa interrogazione nasce a seguito di alcune vicende di cronaca, in particolare quella che ha visto coinvolta una scolaresca del Vercellese che, durante una gita scolastica, ha subito un incidente stradale. A seguito di indagini e accertamenti, è risultato che l'autista, forse, nei giorni precedenti poteva aver assunto droghe.
Al di là dell'episodio specifico, sul quale non voglio intervenire e non chiedo notizie al Ministro, ho potuto verificare, però, che l'articolo 125 del testo unico delle leggi sugli stupefacenti fin dal 1990 - quindi da diciotto anni, con tredici Governi che si sono succeduti, di collocazione politica diversa - prevedeva degli accertamenti rivolti verso persone appartenenti a determinate categorie che con il loro lavoro avrebbero potuto mettere a rischio l'incolumità altrui. Tale parte del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 non è mai stata attuata.
In questa fase in cui, per fortuna, il nostro Governo ha in previsione di rivedere...

PRESIDENTE. Onorevole Mellano, deve concludere.

BRUNO MELLANO. ...la legislazione sulla droga, chiedo se quella parte della normativa sia in corso di attuazione.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, onorevole Mellano, questa interrogazione solleva l'attenzione sul decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e, in particolare, sull'attuazione dell'articolo 125, inerente agli accertamenti di assenza di tossicodipendenza.
In merito si evidenzia primariamente che, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, l'attribuzione della materia della tutela e sicurezza del lavoro alla competenza concorrente di Stato e regioni comportaPag. 61che lo Stato non possa esercitare autonomamente la potestà regolamentare sulla materia, così come invece previsto dall'articolo 125 del decreto del Presidente della Repubblica suddetto, antecedente alla riforma del Titolo V.
Per questo motivo il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, unitamente al Ministero della salute, ha riproposto nel corso dell'anno 2006 al coordinamento tecnico con le regioni e le province autonome due schemi di decreto, uno riguardante le alcooldipendenze e l'altro le tossicodipendenze, da sottoporre alla decisione della Conferenza Stato-regioni.
In sede tecnica, al momento, è stato già approvato un accordo sullo schema legislativo relativo alle alcooldipendenze dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nella seduta del 16 maggio 2006. In tale sede, vi è stata anche un'assunzione di impegno da parte delle regioni di far pervenire delle proposte in ordine allo schema sulle tossicodipendenze elaborato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e da quello della salute. Tale riformulazione dello schema è stata solo di recente inoltrata dal coordinamento delle regioni ai suddetti Ministeri che, attualmente, ne stanno esaminando i contenuti e stanno lavorando alla elaborazione di un accordo da sottoporre al più presto alla Conferenza Stato-regioni.

PRESIDENTE. Il deputato Mellano ha facoltà di replicare.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, signor Ministro, sono soddisfatto della risposta perché testimonia un lavoro in corso, quanto mai importante e decisivo, su un tema che vede la classe politica, ma anche i media, occuparsi del problema, anche in modo emergenziale, solo quando ci sono episodi che hanno il colore della cronaca o il colore della tragedia.
Noi, come Rosa nel Pugno, con l'appoggio convinto che diamo al Governo, siamo in attesa che il Governo stesso dia attuazione alle pagine 186 e 187 del suo programma, dove si prevedeva la riforma drastica della legislazione attuale sulla droga.
Nei giorni scorsi il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha illustrato le linee guida, sia al Senato sia alla Camera, di un possibile intervento governativo per riformare la normativa e, all'interno di questa riforma complessiva, speriamo si possa dare piena attuazione anche a quelle norme non attuate del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, che possono recare un vantaggio ed un'agevolazione rispetto ad una sicurezza generale dell'opinione pubblica. Ciò sempre, però, tenendo conto che il consumatore di droghe dovrebbe essere punibile solo se provoca danni ad altri. Lo Stato deve, invece, riservarsi il lavoro di prevenzione, di cura, di informazione, con un taglio che vorrei antiproibizionista, ma che fosse almeno di limitazione del danno.
Il 26 giugno prossimo ricorre la giornata mondiale contro la droga. Speriamo che, almeno in quella data, le Commissioni parlamentari possano cominciare a lavorare sulla riforma del testo unico sugli stupefacenti.
È quanto mai allarmante la relazione che nello scorso anno il Ministro ha presentato al Parlamento, in cui emerge un raddoppio soprattutto dei consumatori di droghe pesanti, ma anche di droghe leggere; emerge, altresì, la sconfitta evidente...

PRESIDENTE. Onorevole Mellano, concluda.

BRUNO MELLANO. ...di un sistema proibizionistico che non ha saputo limitare i danni, neanche rispetto ai consumatori.

(Misure volte al superamento del fenomeno della precarietà nel mondo del lavoro - n. 3-00985)

PRESIDENTE. La deputata Codurelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00985 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

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LUCIA CODURELLI. Signor Ministro, il precariato colpisce in modo drammatico i giovani e le donne del nostro Paese, che sono il nostro futuro. Tale fenomeno è emerso con grande drammaticità anche in occasione dell'indagine conoscitiva sulle cause e le dimensioni del precariato nel mondo del lavoro svolta dalla Commissione lavoro.
In Italia, il precariato si caratterizza soprattutto per una lunga ed eccessiva permanenza nel lavoro flessibile; non si può certo definire tutto il lavoro flessibile «precariato», ma è possibile farlo quando è gestito come tale, in alcune occasioni ben specifiche. In moltissimi casi, invece, soprattutto nell'ambito delle nuove occupazioni, si assiste alla trasformazione di tale fenomeno in precarietà.

PRESIDENTE. Onorevole Codurelli, concluda.

LUCIA CODURELLI. Il lavoro nero, poi, rappresenta un altro grosso problema. Dati dimostrano con drammaticità che in esso sono coinvolte almeno 3 milioni di persone.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

LUCIA CODURELLI. Per questo motivo, in particolare, oggi il nostro Paese ha bisogno di misure adeguate, di ammortizzatori sociali, affinché si offra una risposta a questi nuovi lavori.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, con riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'onorevole Codurelli, va innanzitutto ricordato il confronto già in atto fra Governo e parti sociali nell'ambito del tavolo di concertazione «Tutele, mercato del lavoro e previdenza» istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che sta esaminando proprio queste specifiche tematiche.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,20)

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. In tale sede, il Governo ha illustrato gli interventi individuati come prioritari: quelli volti ad un miglioramento del sistema di tutele per i lavoratori, alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro, alla riforma degli ammortizzatori sociali, all'emersione del lavoro irregolare, alla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché alle iniziative da intraprendere in materia previdenziale.
Scendendo nel dettaglio di tali interventi prioritari, si ritiene opportuno un sempre maggiore impegno per garantire migliore qualità e stabilità nel lavoro, in modo da valorizzare le forme di buona flessibilità e contrastare tipologie contrattuali che comportano situazioni precarizzanti.
Con specifico riferimento alle misure volte a favorire il superamento del fenomeno della precarietà nel mondo del lavoro, desidero evidenziare le misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro che il Ministero del lavoro sta perseguendo in base agli impegni assunti nella legge finanziaria 2007: sono quelle relative ai percorsi di stabilizzazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto.
Una particolare attenzione, come detto, sarà dedicata alla riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, intesa a realizzare un sistema universale di tutele indipendenti dalle dimensioni di impresa e che non abbia nell'appartenenza settoriale o nella tipologia dei contratti un possibile elemento di esclusione.
Fra le priorità da segnalare c'è il potenziamento degli interventi volti a contrastare il lavoro nero e irregolare e a sviluppare, contestualmente, gli strumenti per l'emersione del sommerso, anche attraversoPag. 63un'azione incisiva da parte dei servizi ispettivi, in coordinamento con gli altri soggetti istituzionali competenti. In tal modo potranno essere realizzati uniformi ed efficaci interventi sul territorio, ottimizzando l'impiego delle risorse disponibili, mediante l'impiego di tecnologie informatiche condivise, con particolare riguardo ai settori più delicati, quali ad esempio quello dell'edilizia e dell'agricoltura.

PRESIDENTE. L'onorevole Schirru, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, desidero ringraziare il Ministro per la risposta, che è abbastanza chiara e puntuale, pur vertendo su temi che - me ne rendo conto - sono difficili, richiedono studi, attenzione e, soprattutto, l'individuazione di soluzioni concrete, concertate e condivise tra le parti sociali.
Per tale motivo mi ritengo soddisfatta, tuttavia vorrei ribadire e ricordare a tutti noi che il lavoro è un bisogno fondamentale per affermare la dignità della persona: è autonomia, libertà, capacità di stare alla pari nella società.
La strategia della flessibilità del mercato del lavoro per favorire una maggiore occupazione, in Italia, più che in altri Paesi, ha portato a forme pesanti di precarietà, con contratti di lavoro discriminanti sia per la durata, sia per l'instabilità, ma soprattutto per l'assenza di tutele sociali come malattia, cassa integrazione guadagni, disoccupazione e maternità.
I giovani e le donne sono le persone più segnate dal fenomeno della precarietà e del lavoro nero, come è stato richiamato. Sono anche le categorie, oggi, più a rischio di povertà e disagio sociale. Gli stessi disabili, nonostante la buona legge 12 marzo 1999, n. 68, faticano a realizzare l'integrazione lavorativa. Sono i soggetti più istruiti ma meno remunerati, sottoinquadrati, costretti spesso a lavori invisibili, umili, con orari ridotti, a chiamata o da ripartire con altri lavoratori, così come previsto dalla legge 14 febbraio 2003, n. 30.
Per tale motivo, desidero sottolineare che - come ribadito dal Ministro - fra le priorità dell'azione di Governo è previsto che si mettano in campo, da subito, quei provvedimenti capaci di estendere, a tutti i lavoratori a contratto o soggetti a forme atipiche di lavoro, in tutti i settori di attività, quelle tutele sociali minime previste dallo Statuto dei lavoratori.
Va bene ridurre il costo del lavoro, che è un problema molto sentito dalle imprese, ma occorre pensare anche ad uniformare gli oneri previdenziali per assicurare a tutti i lavoratori - a questi lavoratori - una pensione più dignitosa.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMALIA SCHIRRU. Concludo, Presidente. Ma soprattutto, e giustamente, bisogna individuare regole affinché la flessibilità sia momentanea, funzionale alla produzione di particolari settori di attività e, comunque, tutelata. Inoltre...

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, dovrebbe concludere.

AMALIA SCHIRRU. Sì, signor Presidente. È importante stimolare le regioni per rendere i servizi per l'impiego più efficienti, capaci di accompagnare i lavoratori durante i periodi di disoccupazione e favorire l'assunzione mirata dei disabili.
Suggerisco, in conclusione, di promuovere una campagna nazionale di sensibilizzazione, per affermare che l'assunzione dei disabili conviene ed è utile alla crescita economica e sociale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Problemi occupazionali presso la cartiera di Foggia - n. 3-00986)

PRESIDENTE. L'onorevole Napoletano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00986 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14) per un minuto.

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FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, signor Ministro, l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Foggia rappresenta, da oltre cinquant'anni, una delle strutture produttive più importanti e rappresentative del capoluogo dauno e dell'intera Capitanata. Negli anni Ottanta, infatti, la cartiera di Foggia era in grado di garantire l'occupazione di 1.600 unità lavorative. Attualmente, invece, fra un'esternalizzazione e l'altra, i lavoratori occupati sono poco più di 400, mentre il consiglio di amministrazione ha effettuato, dal 1o giugno 2007, la chiusura della seconda linea continua.
Tale scelta aziendale determina, da subito, un forte ridimensionamento dei livelli produttivi ed una grave preoccupazione sul futuro dei lavoratori e della cartiera stessa. Pertanto, si chiede a nome del gruppo dei Comunisti Italiani di sapere se il Ministro del lavoro e della previdenza sociale non ritenga necessaria un'iniziativa del Governo, in grado di favorire un dialogo ed una soluzione condivisa tra le parti interessate, al fine di tutelare i livelli occupazionali e di rilancio dell'azienda.

PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, con riferimento all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Napoletano e relativa alla situazione della cartiera di Foggia, illustro quanto comunicato in merito dalla competente direzione provinciale del lavoro.
In particolare, il predetto ufficio ha reso noto che il 1o giugno 2007, a causa della riduzione di commesse per la produzione della carta commerciale, è stata fermata, per una sospensione temporanea, la seconda linea industriale, nella quale risultano impiegate venticinque unità lavorative. In seguito a tale sospensione temporanea, le medesime unità sono state impiegate, nello stesso impianto, in attività di manutenzione conservativa.
L'azienda ha dichiarato nel corso dell'accesso ispettivo, di non voler sopprimere tale linea di produzione e che, anche in caso di prolungata inattività della stessa, non sarebbero previste riduzioni di organico. Ha fatto presente, inoltre, per una maggiore precisione, che nello stabilimento di Foggia non esiste alcuna macchina continua litotipografica.
Il direttore dello stabilimento, sentito in merito, avrebbe dichiarato inoltre che non è prevista l'interruzione della produzione di targhe per ciclomotori e per automobili. Non sono emersi elementi che facciano pensare ad un'interruzione della produzione di carte speciali per la carta di identità, passaporti e ricettari medici.
Da qualche mese è stata trasferita presso lo stabilimento di Foggia la produzione degli scontrini del gioco lotto, con un impiego di manodopera pari a circa quaranta unità.
È prevista, infine, l'entrata in funzione, nella seconda metà dell'anno prossimo, di un impianto di adesivizzazione di carte speciali. In proposito è stato già sottoscritto il contratto di acquisto della macchina da una azienda tedesca, con un investimento di circa 7 milioni di euro.
Dagli accertamenti effettuati sembrerebbe quindi che la situazione di criticità, così descritta, sia in via di risoluzione. Vorrei comunque assicurare all'onorevole Napoletano che il Governo continuerà comunque a seguire tale vicenda con la dovuta attenzione fino alla sua definitiva risoluzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Napoletano ha facoltà di replicare.

FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, signor Ministro, non posso che dichiararmi soddisfatto da quanto ella ha testé evidenziato, che tranquillizza almeno i lavoratori interessati e l'intera cittadinanza di Foggia e dell'intera Capitanata, che hanno visto sempre in questa azienda una delle strutture produttive più rappresentative.
In realtà la preoccupazione è derivata dal fatto che (è venuta adesso questa viaPag. 65aziendale e ci fa piacere) in passato ciò che doveva essere temporaneo, purtroppo è diventato stabile. Il tutto perché le scelte aziendali sono state dirette sempre verso l'esternalizzazione, così da far temere anche per il valore aggiunto dato dalla qualità di alcune carte speciali, che, come è stato ricordato, servono alla produzione di carte di identità, passaporti, gioco del lotto e altro. Anche perché il Poligrafico aveva beneficiato di fondi speciali già istituiti dal Governo D'Alema e, anche se gli stessi erano stati ridotti dal successivo Governo Berlusconi, comunque lo Stato aveva predisposto un piano di investimenti, un piano di rilancio.
Per cui siamo soddisfatti e siamo convinti che il Governo continuerà a sostenere l'attività in questione guardando anche ad un rilancio effettivo di tale azienda da parte dello Stato nell'ambito del quale si sappia anche concertare con i rappresentanti dei lavoratori, dando sicurezza e certezza alle famiglie di un territorio, come quello della Capitanata, che ha già subito forti riduzioni occupazionali da parte di aziende non solo pubbliche, ma anche private.
Bisogna, in buona sostanza, difendere con le unghie il lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Buffo, Cacciari, Donadi, Franceschini, La Malfa, Landolfi, Palumbo, Pinotti, Ranieri, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per l'abrogazione dell'esproprio del teatro Petruzzelli di Bari - n. 2-00591)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00591 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, vorrei preventivamente fare una precisazione. L'interpellanza da me presentata insieme ad altri colleghi parlamentari non vuole in alcun modo essere un ostacolo alla ricostruzione del teatro Petruzzelli, come è stato oggi scritto sulla stampa locale da alcuni parlamentari della maggioranza, che vi hanno visto un possibile ostacolo. Anzi, con questa interpellanza intendo agevolare la ricostruzione ed evitare che ci possano essere delle conseguenze a seguito dell'esproprio per quello che dirò nel corso del mio intervento.
Infatti, in data 21 novembre 2002, fu sottoscritto a Roma, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, un solenne e formale protocollo di intesa tra enti pubblici territoriali (la regione Puglia, la provincia e il comune di Bari) e la famiglia proprietaria del teatro Petruzzelli, distrutto da un incendio doloso il 27 ottobre 1991.
In forza di detto protocollo, gli enti pubblici territoriali suddetti si obbligavano, tramite apposita fondazione, a ricostruire e consegnare entro quattro anni il teatro funzionante, per poi acquisirlo in uso quarantennale verso la corresponsione alla famiglia proprietaria di un canone di 500 milioni di lire, oltre agli aggiornamenti.Pag. 66
La famiglia proprietaria, poco tempo dopo, in esecuzione del protocollo di intesa, consegnò quanto stabilito alla sovrintendenza e gli organi competenti degli enti territoriali - regione Puglia, provincia e comune, come è stato detto - emisero le ratifiche e le approvazioni previste, sempre in conformità agli accordi.
Tutto, in altri termini, filava liscio in base agli accordi sanciti nel protocollo di intesa già menzionato, che aveva consentito il pacifico avvio del primo appalto dei lavori parziari, destinato alla bonifica e al consolidamento del sottosuolo, nonché al restauro del foyer e alla predisposizione dell'impiantistica. Nel frattempo, la fondazione deputata a gestire la ricostruzione e la successiva gestione del teatro veniva istituita con la legge n. 310 del 2003 ed entrava a far parte, quale quattordicesima unità, del ristretto novero delle fondazioni lirico-sinfoniche nazionali, già enti lirici. Ricostruito il foyer, gli enti pubblici territoriali, e segnatamente il comune di Bari, omettevano di attivarsi e di attivare la fondazione per la rapida prosecuzione e il rapido completamento dei lavori, con la motivazione che occorreva sottoporre a verifica il progetto redatto dalla sovrintendenza, pur contrattualmente approvato, e che per il completamento occorrevano più fondi di quelli previsti.
Passavano quasi due anni di totale fermo dei lavori e in alcuni casi gli enti pubblici si astenevano perfino dal riversare alla fondazione i contributi cui erano obbligati e che avevano già deliberato. Il tutto perché una sorta di pleonastica commissione ispettiva stabilisse, come difatti stabiliva, che il progetto andava bene, salvo piccoli ritocchi, del resto possibilissimi anche in corso d'opera, senza necessità di fermare i lavori.
In data 7 agosto 2006 la sovrintendenza pubblicava l'ulteriore bando di gara per il secondo appalto dei lavori. Quindi, oltre un mese prima della pubblicazione del decreto-legge era stato pubblicato dalla sovrintendenza detto bando di appalto dei lavori.
Il bando prevedeva quindi la ripresa, che era stata riattivata senza alcun bisogno di esproprio, con il protocollo di intesa del 2002, proprio in forza delle rispettive obbligazioni assunte dagli enti locali: la possibilità dell'esproprio era stata definitivamente accantonata transattivamente tra le parti pubbliche e private. Cosicché il disegno di legge di conversione del decreto-legge sembrava espropriare non per interessi generali, ma per mascherare le inadempienze dei pubblici poteri, in quanto detto bando di gara successivamente viene annullato con ordinanza, presupposto della quale è una nota del comune di Bari che definisce l'immobile fra altro non sicuro ai fini della pubblica incolumità: cosa abbastanza strana perché nel foyer, già inaugurato, si svolgevano delle mostre, non ultima quella di opere fotografiche dell'allora prefetto di Bari, e in concomitanza degli eventi del teatro nel cantiere si svolgevano veri e propri concerti.
Un mese e mezzo prima dello scoccare della scadenza quadriennale di ultimazione dei lavori, sanzionata con apposita indennità, il Governo emanava, mentre la ricostruzione del teatro era ben lontana dall'essere completata, un decreto-legge di urgenza, ex articolo 77 della Costituzione, con cui disponeva il trasferimento coattivo del Teatro Petruzzelli al comune di Bari, senza che il comune ne sapesse assolutamente nulla, verso un indennizzo da versarsi con una determinazione del prefetto di Bari, da parte del comune stesso, in favore dei proprietari espropriati. L'esproprio era motivato dall'enunciazione della celere ripresa delle attività culturali del Petruzzelli, glissando sulla circostanza che detta ripresa era stata impedita proprio dall'inadempimento degli enti pubblici territoriali e dalla fondazione rispetto al proprio programma di ricostruzione.
Il decreto-legge di esproprio n. 262 del 2006 veniva convertito nella legge 24 novembre 2006, n. 286. La parte maggioritaria della famiglia proprietaria presentava un ricorso per decreto ingiuntivo, in cui chiedeva emettersi ingiunzione del pagamento relativo all'indennità dovuta nell'ipotesi prevista dal protocollo di intesa, e in via subordinata richiedeva al giudicePag. 67monitorio di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per il relativo sindacato sulla legge di esproprio, ove l'applicazione di detta legge, ritenuta incostituzionale, ostacolasse la concessione dell'invocato decreto ingiuntivo.
Le ricorrenti proprietarie sollevavano nel ricorso varie censure di incostituzionalità, tra cui quella secondo cui il Governo aveva emanato il decreto-legge di esproprio in assenza dei requisiti della decretazione d'urgenza, cioè il caso di straordinaria necessità ed urgenza.
In data 23 maggio 2007, il presidente della seconda sezione civile del tribunale di Bari, dottor Di Lalla, cui era affidato l'esame del ricorso, ha ordinato la rimessione degli atti alla Corte costituzionale disponendo la notificazione del provvedimento ai soggetti interessati. Le parti sono il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica: ecco perché, anche in questo senso, il Parlamento viene coinvolto.
Nello specifico, come può leggersi testualmente, il giudice rimettente in sede monitoria, ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 18, commi 2 e 3, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, concernente l'esproprio del Petruzzelli di Bari, e gli articoli 2, commi 105 e 106, della legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286, recanti disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - sottolineo: disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - in relazione all'articolo 77, comma secondo, della Costituzione, ricorrendo su tutti i profili formali e sostanziali quella situazione di assoluta evidenza della mancanza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che giustifica il sindacato della Corte costituzionale in ordine al difetto di legittimità costituzionale del decreto, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione italiana.
La Corte costituzionale, infatti, a cominciare dalla sentenza n. 29 del 1995, fino alla recente sentenza n. 171 del 2007, in merito alla questione logicamente prioritaria dell'eventuale efficacia sanante della legge di conversione del decreto-legge, ha affermato e ribadito il principio secondo il quale «il difetto dei requisiti del caso di straordinaria necessità ed urgenza, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge». Infatti, il sindacato della Consulta non è precluso dalla legge di conversione del decreto-legge, atteso che l'eventuale vizio di quest'ultimo si risolve in un vizio della stessa legge di conversione, per avere quest'ultima erroneamente valutato l'esistenza di requisiti di validità in effetti non sussistenti ed aver quindi convertito in legge un atto che non poteva essere convertito.
Ciò posto, la Corte, attraverso dette sentenze, in merito all'individuazione dei limiti della decretazione d'urgenza posti dall'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, ha ritenuto ammissibile il sindacato di legittimità relativamente all'esistenza o meno dei presupposti straordinari di necessità e di urgenza del decreto-legge, salvo ritenere, a tutela della discrezionalità politica, che la mancanza di tali requisiti deve risultare evidente. In particolare, come si legge nella recentissima sentenza n. 171 del 2007, «l'utilizzazione del decreto-legge - e l'assunzione di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l'articolo 77 della Costituzione - non può essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta».
L'ordinanza del 23 maggio 2007, emessa dal tribunale di Bari, evidenzia poi che, sebbene la norma impugnata sia inserita in un decreto-legge, poi convertito in legge dalla legge n. 286 del 2006, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, la previsione dell'esproprio del teatro Petruzzelli in favore del comune di Bari non ha alcuna finalità né di natura finanziaria, riferita alla disciplina del bilancio dello Stato e degli enti locali, né di natura tributaria, riferita alla modifica del regimePag. 68delle entrate pubbliche, tale non potendo considerarsi lo scopo di attribuire direttamente all'ente locale (il comune di Bari) la proprietà del bene, come soluzione, in ipotesi più utile, della gestione del servizio rispetto a quella della concessione in uso da parte dei privati proprietari. Il collegamento formale dell'esproprio alle tematiche della finanza pubblica non solo non è individuabile, ma neppure è, in un modo o nell'altro, indicato.
In ordine al profilo sostanziale, con riferimento alla finalità enunciata nel decreto di garantire la celere ripresa delle attività culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari, la citata ordinanza afferma che lo scopo di riorganizzare l'attività di una fondazione lirica non presenta di per sé il carattere della straordinaria necessità ed urgenza, risolvendosi invece in ordinaria modificazione degli assetti stabiliti con la gestione delle attività culturali in ambito locale.
Come risulta dagli stessi lavori preparatori della legge di conversione, la norma stabilente l'esproprio del teatro è stata introdotta per risolvere un'annosa vicenda e tutelare l'interesse ad una migliore fruizione del bene da parte della collettività, così ammettendo non solo il difetto di collegamento con la manovra di bilancio, ma anche l'assenza di ogni carattere di indispensabilità ed urgenza con riguardo alla finalità dichiarata.
Anche l'ex Presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, in un recentissimo articolo su Il Sole 24 Ore, ha affermato: «La Corte costituzionale censura la prassi di introdurre nei decreti-legge disposizioni che non sono necessarie e urgenti. Secondo la Corte, inoltre, l'avvenuta conversione del decreto in legge non vale a sanare la mancanza dei presupposti. Uno dei vizi della politica nel nostro Paese è l'uso improprio o strumentale delle regole istituzionali: e la funzione di garanzia della giustizia costituzionale serve anche a sanzionare e quindi a impedire tale uso. Come è avvenuto con una sentenza depositata due giorni fa. Ciò ha consentito alla Corte di riconoscere e dichiarare la violazione [...] realizzata attraverso l'inserimento in un decreto-legge di una disposizione estranea al suo oggetto e diretta a raggiungere un risultato [...] per il quale non si rinveniva alcuna ragione di straordinaria urgenza e necessità».
Signor Presidente, se possibile vorrei utilizzare anche il tempo della replica, che sarà breve.

PRESIDENTE. Ciò non è possibile, onorevole Di Cagno Abbrescia.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Sta bene. Riportato tale discorso, intendo ribadire che l'intervallo tra la remissione alla Corte della decisione del giudice e la pronuncia è stato pari ad un anno.
Nel frattempo, alla città di Bari verrà imposto il pagamento di oneri relativi all'esproprio decretato da una legge dello Stato e, nello stesso tempo, il Governo avrà stanziato ulteriori finanziamenti.
Quindi, chiediamo al Governo - e, per esso, al Ministro, che in molti casi si reca a Bari ad inaugurare la ripresa di lavori quando ancora non possono iniziare - se non ritenga opportuno intervenire in tempi rapidi e in forma di autotutela, attraverso un intervento legislativo che stabilisca l'abrogazione dell'esproprio del teatro Petruzzelli nei confronti della famiglia, ripristinando conseguentemente l'operatività del protocollo di intesa sottoscritto in data 21 novembre 2002, al fine di evitare aggravi di spesa pur consentendo i lavori per la ricostruzione del teatro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Elena Montecchi, ha facoltà di rispondere.

ELENA MONTECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, sarò un po' più breve dell'onorevole Di Cagno Abbrescia, ma anche io cercherò di ricordare alcuni passaggi significativi che riguardano la vicenda relativa al teatro Petruzzelli di Bari, distrutto quasi integralmente, come si ricorderà, il 27 ottobre 1991 da un incendio doloso.Pag. 69
Il primo intervento legislativo in favore del teatro fu quello della legge n. 444 del 1998. Si trattava di una destinazione finanziaria di 16 miliardi di lire preordinati alla ricostruzione del teatro. I fondi - anche in questa sede sono state ricordate alcune questioni - furono spesi dalla soprintendenza per i beni architettonici della Puglia, con procedure ad evidenza pubblica, per effettuare urgenti lavori di consolidamento e copertura delle parti più esposte dell'immobile.
Ulteriori somme, circa 4 miliardi di vecchie lire, furono messe a disposizione dalla soprintendenza medesima per ulteriori spese connesse ai primi interventi e alle spese di progettazione dell'intervento di restauro e consolidamento complessivo.
Nel novembre 2002, la regione Puglia, la provincia e il comune di Bari e la famiglia proprietaria sottoscrissero un protocollo d'intesa che prevedeva l'esecuzione, tramite apposita fondazione da costituire tra regione, provincia e comune, dei lavori di ricostruzione definitiva e la concessione in uso esclusivo a tale fondazione - dopo quattro anni - del teatro, dietro la corresponsione alla famiglia proprietaria di un canone di locazione dell'immobile di 500 mila euro annui per i successivi quarant'anni.
Gli interventi finanziari dei suddetti enti territoriali erano previsti in 16,5 milioni di euro, da aggiungersi ad ulteriori 5 milioni di euro, a valere sui fondi del gioco del lotto del Ministero per i beni e le attività culturali per l'anno 2003.
Si tratta, evidentemente, di notevolissimi esborsi della pubblica amministrazione.
A fronte di tali notevolissimi esborsi della pubblica amministrazione, la famiglia proprietaria, che - come emerge dagli atti giudiziari - non aveva previsto neppure una congrua copertura assicurativa del teatro incendiato, sarebbe rimasta proprietaria dell'immobile completamente restaurato con le risorse della collettività.
Occorre anche qui ricordare che la famiglia era titolare del solo diritto di superficie al momento della prima costruzione dell'immobile e che il comune di Bari avrebbe potuto, al trascorrere di tre anni di inattività conseguenti alla distruzione, riappropriarsi dell'area ai sensi della convenzione a suo tempo stipulata.
Successivamente, con la legge n. 310 del 2003, il Parlamento dotò la città di Bari di una fondazione lirico-sinfonica adatta a sostenere le attività musicali interrotte da molto tempo.
Non posso nemmeno qui sottacere un altro importantissimo elemento a suffragio dell'intervento governativo, che viene contestato dagli onorevoli interroganti, dello scorso dicembre: l'Avvocatura dello Stato si era espressa nel 2002 (con il parere n. 325), prima del protocollo di intesa, a favore di una procedura espropriativa proprio per il grande interesse culturale dell'immobile e soprattutto per i notevoli esborsi economici già sopportati dalla collettività fino a quel momento su un immobile privato, ma tale procedura espropriativa non ebbe luogo.
Nel 2006, all'insediamento del Governo attualmente in carica, nessuna operazione era stata intrapresa ai sensi del protocollo di intesa stipulato nel 2002 per iniziare i lavori di restauro e, d'altronde, le risorse pubbliche suindicate non sarebbero state neppure sufficienti. Con il decreto-legge contestato dagli interpellanti sono state invece individuate le risorse necessarie a completare i lavori (ulteriori otto milioni di euro) e si è successivamente provveduto - mi si consenta di dirlo - a tempo di record alle necessarie procedure di appalto, a bandire la gara, ad assegnare i lavori e ad iniziarli il 14 maggio scorso.
È notizia di oggi, peraltro, la conclusione, al termine di una rapida quanto approfondita istruttoria da parte del prefetto di Bari, della procedura di liquidazione dell'indennizzo a favore dei proprietari, determinato in 16.419.166 euro.
Dunque questo Governo ha, nei fatti, concretamente e rapidamente determinato tutte le condizioni affinché il teatro possa esser messo in condizioni di riaprire per la fine del 2008 e riprendere le sue attività culturali attraverso la fondazione lirico-sinfonica istituita nel 2003.Pag. 70
I cittadini di Bari potranno valutare i fatti e a loro spetta il giudizio su chi vuole o meno ostacolare i lavori. Ciò dimostra, inequivocabilmente, l'urgenza e la necessità dell'esproprio e del relativo intervento legislativo, che ha consentito la rapida acquisizione del teatro Petruzzelli alla mano pubblica e il suo restauro volto a restituire alla collettività pugliese (e, più in generale, a quella italiana) la fruizione di un servizio culturale necessario e di elevato livello.
Quanto ai rilievi che sono stati proposti nell'interpellanza sulla procedura seguita e sul rispetto dei vincoli costituzionali, non possiamo che richiamare l'iter legislativo di conversione del decreto legge, durante il quale (in particolare mi riferisco alla fase della prima lettura presso la Camera dei deputati) nessun rilievo è stato sollevato sulla norma relativa al Petruzzelli, né in sede di Comitato per la legislazione, né ai sensi del Regolamento della Camera, dai competenti uffici e dall'Assemblea, la quale, peraltro, respinse le pregiudiziali di costituzionalità, che pure erano state presentate sull'intero provvedimento.
Quanto all'omogeneità della disposizione rispetto al corpus del provvedimento, non può sfuggire che essa è collocata in un insieme più ampio di norme in materia di beni e attività culturali, che comprendono non solo il riordino del Ministero e del Dipartimento per il turismo, con la previsione di un nuovo concorso per quaranta dirigenti ministeriali, ma anche la ridisciplina dell'allocazione degli interventi finanziari in favore dei beni culturali e dello spettacolo attraverso la società Arcus e l'intervento a favore del teatro Petruzzelli.
Non vi è quindi nessuna eterogeneità o intrusività della norma sul Petruzzelli, che si colloca in una complessiva manovra di interventi urgenti, anche in materia di sostegno delle attività culturali.
Si fa riferimento, poi, nell'interpellanza ad una recente ordinanza del giudice civile di Bari di rimessione della norma al vaglio della Corte per la ritenuta carenza dei presupposti della decretazione d'urgenza.
Al riguardo, non posso che ribadire, anche alla luce degli spunti argomentativi che ho sviluppato, che il Governo attende con rispetto e fiducia la decisione della Consulta. Il rispetto istituzionale e la fiducia sono tali che ci impediscono di addentrarci in un'aula parlamentare nel raffronto e nell'esegesi delle sentenze della Corte in materia di decretazione d'urgenza.
L'ordinanza non ha comunque effetti sospensivi dei procedimenti di esproprio e di realizzazione dei lavori di restauro, né l'eventuale annullamento della norma provocherebbe i danni erariali paventati nell'interpellanza, atteso che, qualsiasi dovesse essere la sorte finale della proprietà del bene, il restauro del teatro e la sua restituzione alla fruibilità della città costituiranno comunque per questo Governo un importante risultato positivo e una vittoria per l'interesse pubblico.
Non vi è quindi alcuna ragione per la quale il Governo intenda procedere all'abrogazione della norma sul teatro Petruzzelli. Anzi, il Governo intende rispettare gli impegni normativi e finanziari assunti per riconsegnare il teatro alla città.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia facoltà di replicare.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, non posso essere soddisfatto, dal momento che un atto tipico del parlamentare viene addirittura visto polemicamente, anche alla luce di alcune situazioni che sono maturate e che dal tribunale sono state notificate sia al Governo che alle due Camere.
Nello stesso tempo, non si può sostenere che anche la massima autorità dello Stato non si sia interessata del problema che abbiamo sollevato. Lo stesso Presidente Napolitano, infatti, ha «bacchettato» in questi giorni Governo e Parlamento sull'abuso dello strumento della decretazione d'urgenza e ha ritenuto necessario il sindacato della Corte costituzionale, proprio per l'assoluta evidenza della mancanza di alcuni requisiti (in questo caso dei requisiti di necessità e urgenza del decreto di esproprio).Pag. 71
Signor sottosegretario, anche noi a Bari volevamo e vogliamo tutti che il teatro sia ricostruito e apra nuovamente. Tuttavia, da liberali e liberisti quali vogliamo essere non a parole, ma realmente, in relazione alla vicenda in esame, sembra strano che in alcune commissioni nell'ambito del consiglio comunale di Bari, proprio gli esponenti dell'attuale maggioranza politica governativa erano coloro che alzavano il dito chiedendo di stare lontani dalla paventata possibilità di esproprio, che, come lei ha richiamato, era stata anche sottolineata dalla stessa Avvocatura dello Stato.
Siamo convinti che i lavori possano andare avanti e il Governo ha fatto bene anche a mettere a disposizione l'ulteriore tranche (che ci auguriamo che possa essere definitiva e che possa consentire il completamento dei lavori).
La richiesta di noi interpellanti, tuttavia, era un'altra: sapere che cosa succederà. Non è inevitabile che il comune di Bari (che, tra l'altro, non ha stanziato nessuna somma e non ha mai parlato nell'ambito del consiglio comunale, quindi di un consesso democratico, di ciò che avverrà) dovrà accendere dei mutui per poter sopperire alla messa a disposizione, in attesa della decisione della Corte.
Se la Consulta dovesse sancire l'illegittimità dell'esproprio, inevitabilmente esporrebbe l'ente locale ad aver acceso dei mutui, pagato interessi, attivato procedure economiche e amministrative, che inevitabilmente si ritorcerebbero su esso stesso e, quindi, sui cittadini baresi, che avranno il teatro, ma lo dovranno pagare, forse amaramente.
Alla luce di questo discorso, prendiamo atto di quanto ci ha detto, che il Governo intende andare avanti: tra l'altro lo aveva già dichiarato nei giorni precedenti. Saremo sulla riva del fiume per vedere come andrà a finire; passerà un anno, quando la Corte emetterà la sua sentenza - che noi rispetteremo, convinti come siamo che essa rappresenti la massima istituzione di questo Paese - e certamente sarà una decisione lineare e approfondita.
Tuttavia, ci sono delle premesse che mi sono proposto di sottolineare: non solo la sollecitazione del Presidente Napolitano, ma anche quella che un ex Presidente della Corte ha ritenuto di formulare. Pertanto, non sono soddisfatto della risposta. Dovremmo aspettare e aspetteremo.

(Modalità di attuazione dei lavori previsti dal consorzio industriale del Sulcis Iglesiente per il dragaggio del porto di Portovesme - n. 2-00578)

PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00578 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, come lei sa il Ministro dell'ambiente ha posto il divieto ai lavori previsti dal consorzio industriale del Sulcis Iglesiente per il dragaggio del porto di Portovesme. Questi lavori, che tra l'altro erano già stati concordati con la regione Sardegna e con il Ministero dello sviluppo economico, prevedono l'asportazione di un milione di tonnellate di sabbia per consentire l'attracco di navi di maggiore stazza all'interno dell'area portuale, nonché il ripascimento del litorale prospiciente il bacino dei fanghi rossi.
Il Ministero dell'ambiente prevede prioritariamente a qualsiasi intervento, quindi comprese le bonifiche, la realizzazione di un muro a cinquanta metri di profondità, con l'obiettivo di frenare il flusso di liquidi inquinanti verso il mare. È chiaro che questa presa di posizione ha creato fortissime rimostranze da parte dei lavoratori, degli industriali e degli stessi sindacati, perché tutti sanno che sono previsti interventi strutturali per far fronte ad una crisi produttiva persistente in quest'area. Pertanto, non può non esserci una forte preoccupazione per la possibilità di cambiamento di strategie industriali che le multinazionali operanti nel territorio, in particolare quelle del settore della metallurgia dei metalli non ferrosi, possano successivamente intraprendere.
Quindi, l'anteporre la costruzione del muro in fondo al mare ad ogni altroPag. 72intervento è sicuramente di ostacolo allo sviluppo, non solo del porto, ma anche dell'intera area industriale.
Onorevole sottosegretario, vorrei che lei si rendesse conto di cosa crei nel territorio del Sulcis Iglesiente questo provvedimento del Ministero dell'ambiente. Infatti, è paradossale il comportamento del Governo e anche del governo regionale del presidente Soru, che è comunque corresponsabile, in quanto anch'egli è d'accordo con questa situazione. È paradossale perché il Governo con una mano dà un aiuto al nostro territorio del Sulcis Iglesiente e con l'altra vi si contrappone.
Infatti, la crisi industriale del nostro territorio si unisce alle difficoltà che ci sono nella messa in esercizio della miniera di carbone, che dovrebbe risolvere quei problemi che stanno a cuore non solo al nostro territorio e al Governo regionale, ma anche al ministro Bersani. Egli più volte in quest'Assemblea ha sostenuto la necessità che quelle aziende ottenessero delle agevolazioni in termini di tariffe elettriche, per le quali si aspetta una soluzione da parte dell'Unione europea. È necessario stabilire un patto di intesa tra gli stessi Ministeri, la regione e le aziende interessate in cui si preveda la costruzione in Sardegna di una centrale a carbone, dato che ivi persiste l'unica miniera di carbone che abbiamo in Italia e che dovrebbe produrre energia elettrica a bassi costi utile alle industrie lì ubicate, che producono metalli non ferrosi.
Tale problema è stato già affrontato dal Governo Berlusconi, che vi ha trovato soluzione con la legge n. 80 del 2005, ed il Governo attuale sta sostenendo in Europa questa tesi.
Noi siamo preoccupati e ci chiediamo come sia possibile che la Sardegna possa prepararsi a risolvere da sola i suoi problemi, com'è giusto che sia e come l'Unione europea richiede, visto che queste tariffe saranno concesse solo se, nel frattempo, la Sardegna si sarà organizzata per far sì che il problema di cui stiamo discutendo venga superato.
Ebbene, per superare tale problema, se vogliamo che nel nostro territorio nasca una centrale che produca energia elettrica a bassi costi, che necessita non solo di carbone nostrano, ma anche di importazione, ci interroghiamo sul modo in cui il carbone possa giungere nel nostro porto, se quest'ultimo non è attrezzato per far arrivare le navi a tale scopo destinate.
Ci troviamo di fronte ad un impasse che dobbiamo necessariamente superare; non si può sostenere che non si può realizzare quest'opera se prima non si costruisce il muro che serve per bloccare eventuali sostanze provenienti dal retroterra e inquinanti il mare. Le stesse aziende, attraverso uno studio elaborato con l'università di Cagliari, hanno proposto soluzioni alternative.
Noi non discutiamo in questa sede su quale sia la soluzione migliore, perché lasciamo prendere la decisione a chi ne ha le competenze. Ciò che contestiamo è che non si può, in modo assoluto, predisporre una soluzione di questo tipo. Infatti, realizzare un muro vuol dire investire somme di denaro ingenti e impiegare del tempo, ma nel frattempo si blocca tutto quello che, invece, serve per superare questa crisi.
Noi chiediamo al Governo che rifletta su tale posizione e si renda conto che essa non risponde neanche all'interesse di un'azione unitaria dell'Esecutivo. Come ho detto prima, lo stesso Ministro Bersani sta affrontando tale situazione e si sta battendo per superare il problema. Sarebbe opportuno che l'attuale Governo - il quale troppo spesso e da troppo tempo ci ha abituato a capire che non è unito, poiché spesso e volentieri i ministeri operano ognuno per proprio conto - si rendesse conto che sarebbe molto utile un dialogo fra i due Ministri al fine di trovare una soluzione che permetta finalmente di superare questa fase devastante sul fronte occupazionale. La situazione critica alla quale mi riferisco investe, infatti, un territorio vasto, che soffre da diversi anni e che ora vede aprirsi - anche attraverso soluzioni interne, e con il conseguente sviluppo del territorio - una possibilità diPag. 73sviluppo e di occupazione per i disoccupati, che nel nostro territorio superano anche il tasso del 30-35 per cento.
Non vediamo come tale obiettivo possa essere raggiunto se il Ministro dell'ambiente persiste ancora in una soluzione così drastica, che impedisce qualunque movimentazione. Ci sembra veramente assurdo e riteniamo giusto metterlo in evidenza. Speriamo e chiediamo che venga presa in considerazione la nostra proposta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza dell'onorevole Mereu, riguardante il piano di disinquinamento del Sulcis Iglesiente, si ricorda innanzitutto che l'area predetta è stata inserita tra i siti da bonificare d'interesse nazionale con il decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001 ed è stata perimetrata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del 12 marzo 2003.
Il sito, ubicato nella parte sud-occidentale della Sardegna, comprendente 3 province e 34 comuni, ha nel proprio perimetro le seguenti aree industriali: le vaste aree minerarie, nelle quali si rinvengono notevoli centri di pericolo costituiti da scavi di grande dimensione, discariche, bacini di decantazione per fanghi di processo e cumuli di scarti di lavorazione; gli agglomerati industriali di Portovesme, di Sarroch, di Assemini e quello di San Gavino Monreale. Nell'attuale perimetro è inoltre ricompresa una vasta fascia marina, prospiciente l'area a terra, che si estende fino ad una distanza dalla costa di tre chilometri, da Cagliari a Capo della Frasca.
Ad oggi si sono tenute sul sito undici conferenze di servizi istruttorie e nove conferenze di servizi decisorie. Le maggiori aziende operanti nell'agglomerato industriale di Portovesme hanno attivato le procedure di caratterizzazione ai sensi della vigente normativa in materia di bonifica.
I risultati della caratterizzazione, unitamente alle analisi pregresse effettuate sull'area, hanno fatto emergere un quadro dello stato di qualità di suolo ed acque, che evidenzia una contaminazione pesante e diffusa relativamente a metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, composti alifatici clorurati cancerogeni c alifatici alogenati.
Atteso quindi il grave stato della contaminazione, nel corso delle conferenze di servizi è emersa la convenienza tecnico-economica di dar luogo ad un intervento di messa in sicurezza d'emergenza della falda di tipo unitario e coordinato, basato sulla realizzazione di un barrieramento fisico.
Le aziende operanti nell'agglomerato industriale di Portovesme hanno comunicato, quindi, che intendevano procedere congiuntamente allo studio e alla progettazione per la messa in sicurezza d'emergenza della falda, affidando il coordinamento al Consorzio Nucleo di Industrializzazione del Sulcis Iglesiente e la redazione del progetto all'Università di Cagliari.
La conferenza di servizi decisoria dell'11 luglio 2006 ha richiesto alle società la trasmissione del progetto consortile di bonifica della falda basato sulla realizzazione di un marginamento fisico fronte mare e lato laguna. Detta soluzione progettuale consentirebbe la successiva adozione di interventi di bonifica in situ dei suoli mediante tecnologie biologiche e chimiche, che, garantito l'isolamento delle fonti inquinanti, potranno essere progettate e programmate su tempistiche di più ampio respiro, quindi, con minore impatto ambientale e anche con minore costo specifico. Tale risparmio sarà altresì incrementato dalla minor quantità di acqua emunta contaminata da sottoporre a trattamento in impianto dedicato, dovendo garantire esclusivamente l'equilibrio piezometrico.
La conferenza ha, altresì, sottolineato che, qualora il termine stabilito per laPag. 74presentazione di detto progetto non fosse stato rispettato, ciascuna azienda avrebbe dovuto provvedere per le aree di propria competenza.
Infine, considerata la pesante e diffusa contaminazione delle acque di falda e l'inadeguatezza dei sistemi di messa in sicurezza d'emergenza attualmente attivi sulle aree di competenza di ciascuna azienda, i partecipanti alla medesima conferenza di servizi hanno richiesto, nelle more dell'attivazione del progetto congiunto, l'immediato potenziamento delle predette misure di messa in sicurezza d'emergenza della falda.
Con nota del 15 novembre 2006, il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione del Sulcis Iglesiente, per conto delle citate aziende, in luogo del progetto di barrieramento fisico richiesto ha trasmesso un progetto preliminare basato sulla realizzazione di un barrieramento idraulico, discusso nel corso della conferenza di servizi istruttoria del 20 dicembre 2006 e, poi, in quella decisoria del 20 marzo 2007.
In quest'ultima conferenza è stata ribadita la necessità della realizzazione di un marginamento fisico integrale, che risulterebbe la migliore soluzione in termini di protezione dei bersagli sensibili costituiti dal mare e dalla laguna.
Con riferimento poi all'area portuale di Portovesme, oggetto dell'interpellanza, il citato consorzio industriale ha avviato la procedura di bonifica, sottoponendo a caratterizzazione l'intero bacino portuale, dei cui risultati si è preso atto con prescrizioni nella citata conferenza di servizi decisoria del 27 marzo 2007.
Detti risultati evidenziano una contaminazione diffusa da metalli, principalmente piombo, zinco, cadmio, mercurio, nichel e rame.
Con riferimento, quindi, a quanto prospettato in merito alla possibile incidenza della realizzazione del barrieramento fisico, quale misura di messa in sicurezza d'emergenza della falda, sul piano di sviluppo economico della zona industriale, si fanno presenti alcune considerazioni.
In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dall'onorevole interpellante, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 996, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (la legge finanziaria per il 2007), «nei siti oggetto di intervento di bonifica di interesse nazionale (...) le operazioni di dragaggio possono essere svolte anche contestualmente alla predisposizione del progetto relativo alle attività di bonifica».
In secondo luogo, il muro di confinamento costituisce parte integrante delle opere complesse di bonifica, in quanto la costruzione di esso consentirà di impedire il deflusso di acque sotterranee contaminate verso il mare e le aree lagunari e quindi, in conformità con la normativa vigente, l'isolamento delle sorgenti primarie di contaminazione.
In terzo luogo, la soluzione del barrieramento fisico individuata consentirà - come, del resto, è già stato rilevato - la possibilità di adottare gli interventi di bonifica in situ dei suoli, mediante tecnologie biologiche e chimiche che, garantito l'isolamento delle fonti inquinanti, potranno essere progettate e programmate su tempistiche di più ampio respiro, quindi, compatibili con la realtà industriale, con minore impatto ambientale e, soprattutto, a minor costo specifico.
In quarto luogo, ferme restando le esigenze di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, è necessario garantire alle aziende presenti nel sito la possibilità di effettuare investimenti, che permettano di mantenere la competitività del sistema produttivo, nonché di effettuare i necessari aggiornamenti impiantistici, idonei a ridurre ogni forma di inquinamento in atto rispetto ad aria, acqua, suolo e sottosuolo.
In conclusione, nel caso specifico si ritiene che le operazioni di bonifica non costituiscano alcuno ostacolo alle attività portuali. Infatti, le attività svolte dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sui siti di interesse nazionale, per i quali sono stati sottoscritti appositi accordi di programma, non solo sono volte alla realizzazione di interventiPag. 75di ripristino ambientale, ma sono anche funzionali allo sviluppo economico e industriale del sito.
Riguardo al secondo quesito, relativo allo stato di attuazione degli interventi previsti dal piano di disinquinamento per il risanamento del territorio del Sulcis, la regione Sardegna ha fatto presente di avere impegnato le somme disponibili che l'amministrazione statale ha trasferito nel 1995, nel 1998 e nel 1999, per complessivi 65 milioni di euro, rispetto ad un fabbisogno finanziario pari a 100 milioni di euro.
Gli interventi previsti dal piano sono in gran parte in corso di realizzazione; alcuni sono in via di completamento e riguardano, in particolare, la caratterizzazione, il risanamento, la riqualificazione ambientale e la valorizzazione del territorio del comune di Portoscuso, la bonifica dello stagno di Sa Masa, nonché gli interventi di bonifica dei suoli e dell'acquifero sotterraneo nelle aree del polo industriale di Portovesme e i relativi interventi di riqualificazione.
Ad ogni buon fine, si rappresenta che il Governo è sensibile alle problematiche prospettate: si auspica, perciò, che si giunga a una reale riconversione dell'uso del territorio in questione, con attività compatibili con il piano industriale, e che le attività siano condotte nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile, limitando i rischi per la salute umana e per l'ambiente.

PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di replicare.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, non sono soddisfatto del risultato dell'interpellanza. Non me ne voglia, onorevole sottosegretario, ma qualche località che ha nominato non fa parte del Sulcis Iglesiente. Non è un problema: evidentemente c'è stato un disguido.
Il problema vero è come mai tale provvedimento del Ministero dell'ambiente abbia generato reazioni da parte di tutte le istituzioni nel nostro territorio, se, come afferma il sottosegretario, non vi è nessun ostacolo affinché i lavori da effettuare si svolgano serenamente.
Il presidente del consorzio industriale, che tra l'altro è un uomo di centrosinistra, infatti protesta continuamente e ha anche scritto al Ministero per avere risposte positive. Quindi, vi è una protesta. Anche un sindacato sta chiedendo incontri con la regione Sardegna, perché si rende conto del pasticcio in atto.
Quando si afferma, infatti, che bisogna erigere un muro nel fondo nel mare, non si tratta di un'opera che si può fare immediatamente. Vorrei poi capire, quando si usa il termine «contemporanea», che cosa si intenda.
L'inquinamento esiste e nessuno lo può negare. Tutti siamo consapevoli che si debba bonificare, ma nel frattempo non possiamo dire che, siccome non si riesce a portare a compimento la realizzazione del muro, non si eseguono neanche lavori che servano a bonificare il territorio. Siamo in una situazione di stallo che produce esclusivamente danni. Non stiamo cercando una soluzione diversa. Non sto dicendo, da deputato di centrodestra, che qualcosa oggi va male, ma soltanto che in questo momento il Ministero dell'ambiente non ha un comportamento che favorisca lo sviluppo del territorio. Tutto ciò che il sottosegretario afferma, in effetti, è presente anche qui da noi.
Le aziende rispondono, intanto, che, anziché costruire il muro, sulla base di uno studio condotto con l'università di Cagliari - quindi, con una struttura indipendente - si possono erigere barriere idrauliche, installando pozzi o facendo funzionare quelli già esistenti. Si parla di ottantuno pozzi. Potrebbe essere una soluzione ideale, ma quello che a noi interessa soprattutto è di dare attuazione alla volontà di migliorare la situazione e a questo fine bisogna che si inizi a fare tutto ciò che è possibile. Non possiamo condizionare. Ecco la parola giusta: noi non vogliamo il condizionamento, perché il condizionamento impedisce di perseguire quegli obiettivi che tutti diciamo di voler raggiungere.
Si auspica che il territorio abbia il suo sviluppo, che i nostri giovani trovino occupazione, che le aziende trovino in quelPag. 76territorio gli interessi che consentano alle stesse di continuare a produrre, però tutto di fatto si ferma, perché ancora una volta si parla sempre di azioni prioritarie o contemporanee.
Mi permetto di portare all'Assemblea un'esperienza che ho avuto recentemente a Berlino, dove rappresentavo la Camera dei deputati insieme alla collega Francescato, in materia di cambiamenti climatici, un problema di interesse mondiale. Vi partecipavano i maggiori rappresentanti dei Governi degli altri Paesi e posso dire che spesso e volentieri l'Italia, sotto il profilo ambientale, si presenta come uno Stato che deve fare sempre il meglio, il tutto.
Ciò è anche giusto, ma quando lavoravo mi hanno sempre insegnato che, quando qualcuno sostiene di fare l'ottimo, in genere non vuole fare niente e che la scusa per fare bene è utilizzata in realtà per non fare nulla.
Questo è più o meno anche l'atteggiamento dei Verdi e degli ambientalisti italiani, che non voglio coinvolgere perché non sono presenti. Mi piacerebbe, però, che chi ascolta potesse meditare su questo punto. Gli altri Stati partono da un presupposto diverso. Ad esempio, quando parliamo con la Cina, con il Sudafrica o con l'India, che sono gli Stati oggi più interessati dalle emissioni di CO2, che tutti vogliamo diminuire, tutti sostengono di condividere le preoccupazioni al riguardo, ma affermano, nel contempo, che è necessario coniugare lo sviluppo con la tutela dell'ambiente.
Quando sono intervenuto in quel momento ho affermato che anche noi in Italia abbiamo, a macchia di leopardo, qualche situazione che può essere se non uguale alla Cina, a volte molto vicina. Non bisogna essere netti nelle nostre affermazioni, ma dobbiamo trovare dei compromessi perché il ruolo della politica è quello di pensare anche alle persone, alle famiglie. Non possiamo delegare tutto ai tecnici che devono solo dire quale provvedimento tecnico, quale soluzione tecnica è migliore. Non sempre le due cose si sposano e non è vergogna dirlo chiaramente.
Dobbiamo trovare sì una soluzione ambientale, perché gli abitanti di tali luoghi vogliono una soluzione di questo tipo, ma dobbiamo parlare di qualità della vita quando c'è; se la qualità della vita non è stata raggiunta è difficile far capire la situazione alle persone. Noi abbiamo l'obbligo e il dovere di difendere queste posizioni e di affermare che certamente va operata una bonifica, va trovata una soluzione, ma mai impedendo lo sviluppo di quel territorio come di fatto il Ministro dell'Ambiente sta facendo.
Affermiamo tutto ciò non perché sia una mia convinzione ma perché tutti giornali locali, la Api sarda, i rappresentanti degli industriali sono contrari al provvedimento in esame. Allora qualcosa ci sarà che non va! Non vogliamo dire di avere ragione, ma qualcosa che non va ci sarà! Ci aspettiamo da parte del Ministero che si possa raggiungere l'obiettivo ambientalista, ma sempre tenendo conto - come detto da me precedentemente - delle esigenze fondamentali delle persone e della società. Le forze sindacali si stanno mobilitando e la mia interpellanza vuole essere di aiuto al loro impegno.
Spero che quando il sottosegretario usa il termine «contestualmente» - che rappresenta già un miglioramento - non intenda dire di non voler far fare niente o che debba partire la costruzione di questo muro, rispetto al quale però non siamo a conoscenza di chi si debba addossare i costi. Non conosciamo neanchè i tempi e la progettazione, non essendoci ancora un pieno accordo.
Speriamo che questa interpellanza serva a far riflettere ulteriormente e a permettere di trovare una soluzione diversa a chi, in Sardegna, opera nel territorio, di cui lo ripeto, non possiamo per qualunque motivo condizionare lo sviluppo.

(Vicenda dei migranti eritrei recentemente naufragati presso l'isola di Malta - n. 2-00577)

PRESIDENTE. L'onorevole De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00577 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

Pag. 77

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, le vicende che ci hanno spinto a presentare l'interpellanza in esame risalgono al mese scorso e hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica non solo in Italia, ma anche a livello mondiale. Mi richiamo infatti ad una fotografia apparsa in prima pagina su qualche giornale italiano, che ritraeva una barca stipata, piena di persone (tra le persone molte donne e bambini) che venne avvistata da una aereo dell'autorità maltese il 21 maggio.
Pare che l'aereo abbia lanciato l'allarme, ma purtroppo la risposta fu molto lenta, tanto che ci vollero nove ore perché una nave maltese arrivasse sul luogo, a circa 80 miglia a sud di Malta, ma in quel momento ormai l'imbarcazione era scomparsa.
L'allarme fu lanciato anche dagli stessi naufraghi - dalle fotografie la barca appariva evidentemente in avaria - i quali allertarono i propri parenti, pare, in Europa, in particolare in Gran Bretagna e forse anche in Italia.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha lanciato un appello accolto dal Governo italiano - ricordo che i cittadini dell'Eritrea, secondo le linee guida delle Nazioni Unite, hanno titolo a chiedere l'asilo politico in quanto sono esposti a gravi rischi di ritorsione su se stessi e sui propri familiari, nel caso vengano identificati pubblicamente e soprattutto qualora vengano respinti verso il loro Paese - con il quale si chiedeva di tentare di rintracciare questa barca.
Le operazioni italiane iniziarono il 24 maggio, con la mobilitazione sia della Marina italiana, sia della Guardia costiera, svolte in un primo momento solo nelle acque di competenza italiana e successivamente, a seguito dell'autorizzazione del Governo libico, anche nelle acque libiche.
La ricerca non portò alla scoperta dell'imbarcazione scomparsa ma a quella di un altro fatto, forse altrettanto scioccante. Infatti fu fotografato dal cielo - da un aereo italiano - un gruppo di uomini aggrappati a delle gabbie da pesca, gabbie per l'allevamento di tonni, ed in seguito abbiamo scoperto che tali uomini erano rimasti su quelle gabbie per ben tre giorni, perché il pescatore maltese che trainava quel recinto si era rifiutato di accoglierli a bordo.
La Marina italiana ha portato in salvo ventisette persone, ma non si trattava dei naufraghi della barca scomparsa, perché erano di altra nazionalità.
Dopo tale episodio, accolto con sollievo e soddisfazione dalle Nazioni Unite - e voglio sperare anche dall'opinione pubblica, perché lo spettacolo di quegli uomini aggrappati alle reti dei tonni ha rappresentato la vergogna d'Europa - anche un peschereccio spagnolo ha portato in salvo un altro gruppo di naufraghi.
Tuttavia non abbiamo più notizie dei cinquantatre uomini, presenti nella fotografia iniziale del 21 maggio, tranne che per una chiamata, pervenuta in Gran Bretagna da uno dei detti naufraghi, il quale ha riferito di essere approdato in Libia e di essere stato nuovamente posto in stato di detenzione.
Sorge da tale situazione la necessità di presentare l'interpellanza urgente al Governo - poiché non sono riuscita ad avere conferma di tale notizia - e rivolgo allo stesso un'urgente sollecitazione, affinché ottenga informazioni dalle autorità libiche: in primo luogo occorre chiedere alle dette autorità se siano a conoscenza del fatto che tali persone siano state trattenute in Libia; in secondo luogo occorre chiedere alle stesse di consentire l'accesso ai centri di detenzione ai rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in quanto queste persone, ed anche altre, avrebbero diritto - almeno in molti casi - allo status di rifugiati.
Infine chiedo all'Esecutivo di raccomandare al Governo libico di non rimpatriare queste persone in Eritrea, in quanto, come ho già detto, correrebbero gravi pericoli, nonché di ricordare all'autorità libica le proprie responsabilità, in adempimento ad una Convenzione sottoscritta nel 1969 nell'ambito dell'Organizzazione dell'unità africana, con la quale sono state delineate le linee guida per la protezione dei rifugiati.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo è ben consapevole di quanto sia delicato il caso sollevato dall'onorevole De Zulueta, e si tratta di una delicatezza che deriva in primo luogo dalla drammaticità del contesto e dalla frequenza con cui questi fenomeni migratori avvengono.
Per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti il Governo non può che confermare quanto segnalato dall'onorevole De Zulueta, cioè che il 24 maggio la Marina militare italiana ha tratto in salvo ventiquattro emigranti rimasti aggrappati per tre giorni, come lei ha descritto, alla gabbia per tonni di un rimorchiatore maltese. Quanto accaduto ha destato, come abbiamo ricordato, vive emozioni in Italia e in altri Paesi europei, tanto più che il recupero dei ventisette naufraghi veniva seguito a distanza di una settimana dal ripescaggio dei cadaveri di altri naufraghi, da parte della nave, la Motte Picquet, della Marina militare francese.
Proprio per riflettere sulle modalità e per far fronte a episodi di questa natura è stata avviata una discussione in ambito europeo sulla possibilità di migliorare l'assistenza umanitaria in mare in un quadro di partenariato con gli Stati terzi e di solidarietà europea.
Non disponiamo di notizie certe sui cinquantasette eritrei citati nel comunicato dell'agenzia ANSA del 31 maggio. Abbiamo interpellato l'ufficio dell'UNCHR di Roma, l'Alto commissariato per i rifugiati, e raccolto informazioni attraverso la nostra ambasciata a Tripoli, ma allo stato attuale non vi è alcuna conferma che i cittadini eritrei, cui l'interpellanza ha fatto riferimento, siano effettivamente trattenuti in Libia.
Sul piano più generale va, d'altra parte, osservato che la Libia non è parte della Convenzione del 1951 sui rifugiati e, quindi, non è giuridicamente tenuta a garantire l'accesso ai centri dove vengono trattenuti i rifugiati. Inoltre, va tenuto presente che, sebbene l'Alto commissariato sia già oggi in grado di comunicare con le autorità libiche per chiedere informazioni e svolgere la sua attività di istituto, non sono tuttavia ancora stati finalizzati i negoziati per l'accordo di sede del Commissariato sui rifugiati, che regolerà l'attività del suo ufficio a Tripoli.
In ogni caso voglio assicurare all'onorevole De Zulueta che il Governo è perfettamente consapevole della drammatica situazione interna all'Eritrea che è all'origine del fenomeno di immigrazione sistematica verso altri Paesi, da parte soprattutto di giovani che intendono ad ogni costo cercare all'estero condizioni di vita meno precarie.
L'Eritrea vive, infatti, una fase di crescente militarizzazione del Paese, che viene giustificata sul piano interno invocando l'esigenza di una mobilitazione nazionale per fronteggiare il pericolo di un eventuale conflitto con l'Etiopia. La coscrizione obbligatoria con ferma minima di tre anni, in vigore dopo il conflitto con l'Etiopia, nonché il razionamento dei beni di prima necessità come gli alimentari, il carburante, la stessa energia elettrica, provocano un esilio sempre più accentuato in particolare dei giovani sia via terra, attraverso il Sudan, appunto la Libia, in direzione della costa nord del Mediterraneo, sia via mare.
A fronte di questa situazione il Governo continua a svolgere ogni passo utile sia sul piano bilaterale sia in concertazione con i nostri principale partner e alleati, per richiamare il regime eritreo alle sue responsabilità in materia di diritti umani e delle libertà fondamentali. Allo stesso modo il Governo italiano non mancherà di adoperarsi nel caso in oggetto come negli altri, affinché i rifugiati, da qualsiasi Paese provengano, vengano messi al riparo da rischi di tortura e da altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

PRESIDENTE. L'onorevole De Zulueta ha facoltà di replicare.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatta. Non c'èPag. 79dubbio che il Governo abbia tentato in tutte le sedi di avere le notizie che cercavamo.
Volevo, però, più in generale fare un'osservazione per quanto riguarda i nostri rapporti con la Libia. L'Italia ha spesso sottolineato di avere una buona collaborazione con la Libia nella lotta all'immigrazione irregolare. Purtroppo, non conosciamo i termini di questi accordi in quanto non sono mai stati illustrati in sede parlamentare e questa opacità, in questo caso, è di intralcio a una migliore collaborazione, ad esempio alla possibilità di rintracciare persone scomparse.
Vorrei cogliere questa occasione per sottolineare che, l'Italia, in sede europea, ha siglato un accordo per partecipare all'operazione Frontex, che è un'operazione di collaborazione per la lotta all'immigrazione irregolare in mare. Tale accordo, fino ad oggi, è stato operativo solo sulla costa africana occidentale (da cui erano partiti i migranti verso le Canarie). Chiedo per questo con urgenza - anche il sottosegretario Craxi ha ricordato che è urgente migliorare la risposta, per quanto riguarda il soccorso mare dei migranti - che tale accordo sia esteso.
È importante che la lotta all'immigrazione irregolare dia tutte le garanzie, per quanto riguarda la tutela dei diritti e dell'incolumità delle persone che potrebbero essere intercettate; se fossero di fatto respinte verso la Libia, si creerebbe un grosso problema.
So che l'Italia vuole coinvolgere la Libia nell'operazione Frontex, però ritengo che sia molto importante che tale coinvolgimento avvenga secondo le norme stabilite dalle Convenzioni internazionali, per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e, soprattutto, per quanto riguarda la protezione dei rifugiati.
Credo che, su questo fronte, non solo sia necessario richiamare l'Eritrea - come ha detto il sottosegretario Craxi - al pieno rispetto dei diritti umani; tale richiamo vale anche per la Libia, Paese nel quale - come sappiamo - sono state condannate a morte sei infermiere bulgare; esse non hanno potuto accedere ad un giusto processo, insieme a un medico palestinese e avrebbero subito anche delle torture. Il quadro, quindi, non è affatto rassicurante, se si vuole trasformare la Libia in un partner nella gestione dell'immigrazione.
Chiedo al Governo se possa continuare a tenere viva l'attenzione per quanto riguarda queste persone - nella speranza che si riesca a rintracciarle - e, soprattutto, se sia possibile tener fermo il punto, per quanto riguarda le garanzie per i diritti umani, anche nei confronti della Libia.

(Processo di privatizzazione della Fincantieri - n. 2-00579)

PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00579 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, la mia sarà una breve illustrazione, poiché la vicenda è ben nota anche al Sottosegretario Tononi, che saluto. Si tratta di una vicenda industriale, che mi permetterei di definire sorprendente e, forse, temo anche paradigmatica di questa fase della storia del nostro Paese.
In breve, si tratta di una grande impresa industriale, di proprietà pubblica, sana, leader mondiale nel settore della cantieristica, che occupa poco meno di trentamila persone - se consideriamo anche l'indotto - in tutto il Paese (dal nord, comprendendo la Liguria, il Friuli, fino alla Sicilia).
Si tratta, dunque, di un «non problema», che rischia invece di tramutarsi in un problema drammatico, in primo luogo per l'occupazione di queste persone. Ciò è davvero stupefacente se si considera che, invece, la nostra economia di problemi ne presenta molti, e seri. Perché tale questione rischia di trasformarsi in un problema? Perché la Fincantieri rischia di essere privatizzata attraverso la quotazione in borsa di un pacchetto azionario sostanzialmente eguale a quello che rimarrebbe nella mano pubblica, cioè il 48 perPag. 80cento. Abbiamo già visto cosa può succedere: la vicenda di Alitalia lo ha insegnato.
La Fincantieri rischia di essere esposta alla speculazione finanziaria e immobiliare, con le conseguenze che deriverebbero, da queste premesse - lo lascio immaginare a lei, Presidente, e ai colleghi -, non solo sul terreno dell'occupazione, ma anche sul terreno della dispersione di saperi e di capacità produttive della nostra industria.
Entro nel dettaglio soltanto su quelli che, a mio avviso, sono gli elementi di fondo, essenziali, di tale quadro: lo stato dell'impresa.
Leader mondiale, Fincantieri detiene quasi il 60 per cento degli ordinativi mondiali della cantieristica e ha segnato un incremento degli ordinativi, dal 2005 al 2006, di poco meno del 40 per cento, per un totale di dieci miliardi di euro. Per farvi un'idea: oggi Fincantieri ha quattordici navi in ordinativo - anzi quindici perché se n'è aggiunta una ieri - a fronte di nove dell'immediata concorrente (l'azienda finlandese Aker); detiene il 43 per cento del mercato delle navi da crociera; è in continua espansione, ultimamente ha comprato un cantiere di riparazione e trasformazione navi in Germania; non ha alcuna esposizione debitoria verso le banche; detiene un ottima accumulazione delle riserve. Sul terreno industriale del cosiddetto know-how, della proprietà dei brevetti e prototipi, ci è invidiata nel mondo; tra l'altro, si tratta di prototipi e brevetti che interessano anche settori sensibili per la sicurezza del Paese. Il numero degli occupati totali (elemento, peraltro, socialmente rilevante) è di poco inferiore ai trentamila, distribuiti in maniera omogenea lungo tutto lo stivale, da Trieste (sede della direzione generale) a Monfalcone, Sestri Ponente, Genova, La Spezia e Marghera, ma anche a Palermo e Castellammare di Stabia, passando per Ancona, e ne ho citati soltanto alcuni!
In tali luoghi, signor Presidente, questi operai lavorano - con paghe tra le più basse d'Europa! - e chiedono soltanto di poter continuare a fare il loro lavoro in sicurezza, come stanno facendo e come si sono guadagnati sul campo il diritto di fare. Fincantieri, infatti, ha attraversato anche periodi difficili, ma ha riconquistato la propria funzione di leader con il lavoro e con la capacità imprenditoriale e, soprattutto, produttiva.
A fronte di questo quadro, cosa succede? Succede - per tale motivo abbiamo presentato la nostra interpellanza urgente - che il Governo, anzi i Governi (perché questa è una storia che dura da quindici anni, fin dall'inizio degli anni Novanta) reiteratamente, anzi - per usare un'espressione del sottosegretario Letta - testardamente, perseguono la finalità di dismettere per fare cassa, perché si tratta di un'operazione in larga misura di cartolarizzazione, e di privatizzare, secondo la teologia per la quale lo Stato non si deve interessare di produzione, anche quando la produzione va bene e le industrie pubbliche funzionano e stanno sul mercato senza essere assistite: tutto ciò con il rischio (riconosciuto esplicitamente Governo perché anche questo è stato detto, dal sottosegretario, nell'incontro di lunedì scorso con le organizzazioni sindacali) e la prospettiva di una finanziarizzazione.
Infatti, poiché si tratta di un settore a scarsa redditività nell'immediato, rischia di essere interessato soltanto il sistema creditizio e, sullo sfondo, si profila anche il rischio della totale dismissione e di una speculazione edilizia immobiliare sulle aree eventualmente dismesse.
Non voglio soffermarmi ulteriormente sui numeri, né sul fatto che, per ammissione dell'amministratore delegato, l'eventuale ricavato di tale collocazione in Borsa - che noi chiediamo non avvenga! - sarebbe destinato solo per il 10 per cento ad una ricapitalizzazione, perché il restante 90 per cento andrebbe all'azionista (cioè al Ministero dell'economia e delle finanze) e, dunque, si tratterebbe - come dicevo - di una cartolarizzazione! Non voglio, altresì, soffermarmi ulteriormente sui rischi di speculazione.
Osservo ciò: ci lamentiamo continuamente, quando parliamo all'opinione pubblica, del fatto che abbiamo un'economiaPag. 81che stenta e fa fatica. Parliamo, addirittura, del problema che il nostro apparato produttivo «perde colpi»! Qualcuno, addirittura, parla del declino industriale di questo Paese! Quando, però, abbiamo a che fare con veri e propri gioielli del nostro apparato industriale, cosa facciamo? Dismettiamo!
Conosco la vicenda, signor sottosegretario, perché la seguo da anni e da vicino, conosco la motivazione, e cioè il fatto che questo nuovo piano industriale richiederebbe ottocento milioni.
So anche che lei ha personalmente dichiarato che - se non ho letto male o se le fonti di cui dispongo non sono male informate - il Governo stanzierebbe 400 di tali milioni per la ricapitalizzazione, ove si realizzasse l'ipotesi di andare in borsa.
Però - me lo consenta - ho qualche dubbio su tali cifre, perché qualche mese fa tali importi indicati dal management, e non dai sindacati, erano inferiori e di molto: si parlava di 200, 250, massimo 300 milioni di euro per la ricapitalizzazione a fronte del medesimo piano industriale e il management affermava che tali cifre potevano essere autofinanziate.
All'improvviso si parla di ottocento milioni e, allora, si comprende che si tratta di una cifra funzionale a giustificare la necessità di quotarsi in borsa; insomma, una situazione che davvero lascia qualche perplessità.
Dunque, chiediamo a lei, signor sottosegretario, e per il suo tramite al Governo, quali siano le vostre valutazioni al riguardo e se quella testardaggine qualche volta non sia forse mal investita.
Chiediamo come giudicate il rischio di una delocalizzazione delle attività come prodromo ad una eventuale dismissione. Chiediamo, insomma, se non riteniate che sia il caso di rivedere la strategia adombrata, che tra l'altro nel piano industriale che conosciamo, non sarebbe neanche all'altezza di un turn over dei pensionamenti (si parla di 1.500 nuove assunzioni in cinque anni, cioè largamente sotto il turn over), e ciò a fronte di numerosi accordi disattesi dall'attuale management.
Mi riferisco soprattutto all'adeguamento degli organici e al turn-over: reiteratamente l'amministratore delegato attuale non ha mantenuto gli impegni assunti.
Chiediamo, infine, se non sia il caso che il Governo ci ripensi per conservare un pezzo importante del nostro apparato industriale e garantire la possibilità di continuare nella sua attività produttiva.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, credo di dover capire fino in fondo le ragioni sottostanti tale processo di privatizzazione che il Governo ha già, peraltro, espresso e che oggi ribadirò.
Se necessario farò una premessa che riguarderà non soltanto quello che Fincantieri è oggi - come vedrà su molti punti siamo in assoluto accordo - ma anche sulle prospettive di Fincantieri, alla luce del mercato in cui opera.
Innanzitutto, partiamo da ciò che Fincantieri è oggi. Si tratta di un'azienda sana, l'ha detto anche lei e lo condivido pienamente, è un leader di mercato, ma non ha purtroppo, come lei ha ricordato, il 60 per cento del mercato della cantieristica: ha quote tra il 30 il 40 per cento di alcune nicchie di mercato quali le navi da crociera e le navi da trasporto. È però, un'azienda che esporta molto, è un campione nazionale, per usare un termine un po' controverso ma che non mi dispiace, capace di realizzare importanti sinergie tra il settore civile e militare, i suoi segmenti principali di attività, con il civile che, come sappiamo, è preponderante.
Si tratta di un'azienda che ha conseguito un posizionamento così apprezzabile nel corso degli anni, progressivamente conquistando nuovi clienti, nuovi ordini. Lei ha citato un dato che ribadisco: 10 miliardi di portafoglio ordini alla fine del 2006, che vale quasi quattro anni di fatturato, quindi un importo molto significativo.Pag. 82
Tutto ciò l'ha ottenuto facendo leva sulle sue prerogative in termini di competenza sul design, sulla tecnologia, sulle capacità di assemblaggio. È, insomma, un'azienda che in questi anni ha ben operato e che oggi rappresenta una realtà molto sana. Ha dovuto anche fronteggiare delle variabili obiettivamente negative negli anni, quali, ad esempio, il venir meno degli aiuti pubblici alla cantieristica, piuttosto che il deprezzamento del dollaro o, ancora, il forte aumento dei prezzi delle materie prime e dell'energia elettrica.
Quindi, sono stati anni positivi per una realtà che oggi indubbiamente possiamo ritenere tra le più brillanti nel panorama manifatturiero italiano.
Quali sono, però, le prospettive per questa azienda nei mercati in cui essa opera? Sono prospettive incoraggianti perché, per la maggior parte, i settori di attività di Fincantieri sono caratterizzati da tassi di crescita significativi.
Mi riferisco, in particolare, alla crocieristica, ma anche alle navi da trasporto, i ferry. Meno promettenti sono le prospettive del settore militare, come sappiamo, perché i budget della difesa sono in calo un po' dovunque, anche in Italia, e tale settore rappresenta di gran lunga il principale mercato di sbocco per questa azienda.
Poi, vi sono interessanti potenzialità in nicchie di mercato contigue al core business come il cosiddetto refitting cioè l'ammodernamento delle navi esistenti o il business dei mega yacht che, per motivi che sarebbe interessante esplorare, è in grandissima espansione a livello mondiale.
L'azienda, a fronte di queste prospettive così incoraggianti e promettenti del mercato, di grande crescita, per consolidare e mantenere la propria posizione di leadership, ha ritenuto di formulare un piano industriale di forte sviluppo delle proprie aree di attività, che segue varie direttrici, a cominciare dall'acquisizione di nuovi clienti nel core business della cantieristica.
Come lei sa, il rapporto privilegiato con il gruppo Carnival, che è il principale operatore mondiale del settore, è un punto di forza di Fincantieri, ma è anche un limite, per certi versi. Quindi, acquisire nuovi ordini e nuovi clienti è importante, e in questo senso l'azienda si è mossa bene. Anche recentemente, ha conseguito nuovi ordinativi da parte di altri operatori del settore.
Un'altra direttrice importante è certamente quella di occupare nicchie di mercato ad oggi inesplorate o quasi, come i mega yacht, sul quale segmento Fincantieri si è affacciata da poco, oppure di costruire una rete globale di servizio al cliente.
Parlavo prima di refitting: la Fincantieri è presente nel mediterraneo, a Palermo; è presente, con una quota di minoranza, in un cantiere tedesco per il nord Europa; non è presente nei Caraibi, che è il terzo grande mercato, che va sviluppato. Naturalmente, Fincantieri ambisce a consolidare queste presenze.
Nel campo militare, l'obiettivo prioritario di Fincantieri è di diversificare il livello geografico, entrando sul mercato americano e acquisendo ordini anche da altri Paesi, che magari non possono sfruttare una capacità produttiva locale. Noi crediamo che questo piano industriale, che abbiamo discusso per mesi con l'azienda, sia un buon piano, basato su un'analisi realistica del contesto di mercato e impostato su linee di azione convincenti e credibili, che conduce a risultati importanti e positivi da un punto di vista finanziario, ma anche e soprattutto strategico.
Del resto, riteniamo - e lo riteniamo davvero - che se Fincantieri rimane ferma, se non investe nel suo futuro, che deve necessariamente essere di sviluppo, data la dinamica di mercato, corre il serio rischio di perdere la sfida del mercato globale, dove sempre più la massa critica, la capacità di innovare costantemente il prodotto e la capacità di fornire ai propri clienti servizi globali sono fattori critici di successo.
Questo è il percorso di sviluppo che noi condividiamo; naturalmente, tale percorso presenta un'altra faccia della medaglia: quella delle risorse finanziarie necessarie per poterlo intraprendere ed attuare.Pag. 83
Lei, onorevole Burgio, ha citato alcuni numeri, che io in buona misura confermo, ma vorrei menzionare alcuni altri aspetti. Innanzitutto, gli investimenti: sono stati ipotizzati per investimenti sui cantieri circa 600 milioni di euro nell'arco di piano, quindi fino al 2011. Di questi, 525 in Italia. Si tratta di una cifra molto considerevole.
A ciò si aggiungono gli investimenti che la società ha ipotizzato per le acquisizioni di cui parlavo prima, che consentiranno di rafforzare quel business e di espandersi in segmenti contigui al core business. Si aggiungono gli investimenti in ricerca e sviluppo, che sono circa 50 milioni annui. Si aggiungono le esigenze finanziarie che derivano dal forte aumento del circolante in questa azienda, sia dall'incremento del fatturato, com'è fisiologico, ma anche e soprattutto da un trend di mercato inarrestabile, volto all'aumento delle dimensioni delle navi, con il conseguente allungamento dei tempi di realizzazione e la necessità di finanziare un capitale circolante crescente.
Vi è, poi, un forte impegno - lei lo ha menzionato, ma io vorrei dare una luce un po' diversa - sul fronte occupazionale, per valorizzare le risorse esistenti in azienda, e anche per assumere nell'arco di piano 1.500 persone, che, in base ai numeri a mia disposizione, sono più del turn over fisiologico, che è pari a 250 unità all'anno. Si tratta di 1.250 persone all'orizzonte di piano per un saldo netto positivo di 250 persone.
I risultati attesi a fine piano sono molto positivi e incoraggianti: forte aumento dei ricavi e dei profitti. Si tratta di un grande rafforzamento per quest'azienda, che le consentirà di mantenere la leadership di mercato che ha conseguito in questi anni.
Quello di Fincantieri è un piano che condividiamo, perché salvaguarda l'unitarietà dell'impresa, evitando smembramenti, anzi, investendo nel business in cui Fincantieri è attiva oggi, e rafforzandolo. È un piano che non contempla alcuna delocalizzazione delle attività svolte nei cantieri italiani, per i quali, anzi, come dicevo prima, si prevede di investire in modo significativo per l'ammodernamento nei medesimi.
In conclusione, si tratta di un piano industriale convincente e credibile da parte di un'azienda sana e dinamica, che vuole crescere e svilupparsi, perché è chiamata ad affrontare e vincere la sfida di un mercato in crescita.
È un piano industriale però che presuppone risorse finanziarie importanti, che Fincantieri da sola non è in grado di garantire con il suo autofinanziamento. Riteniamo, quindi, che per non pregiudicare l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario soprattutto dell'impresa, siano necessari nuovi capitali, che abbiamo quantificato (e tale numero è noto perché l'ho già menzionato in altre circostanze) in circa 400 milioni di euro. Lo Stato non intende e non può provvedere, anche perché esistono norme sugli aiuti di Stato che ben conosciamo a livello comunitario.
Crediamo quindi che la soluzione più logica sia il collocamento in borsa di Fincantieri, destinato prevalentemente a reperire risorse finanziarie per l'azienda. Lei ha menzionato una citazione, se ho ben capito, dell'amministratore delegato Bono che certamente, se l'ha fatta, è sbagliata. Dubito che l'abbia fatta: non può aver detto che il 90 per cento del capitale reperito in Borsa sia destinato all'azionista, perché non è così. Semmai è più probabile il contrario. Non voglio fare numeri perché è difficile, ma certamente la maggior parte di quanto reperito attraverso il collocamento in borsa è destinato a Fincantieri per i suoi investimenti, per il suo futuro, non per l'azionista venditore.
Un altro punto fondamentale è che lo Stato conserverà una quota non inferiore al 51 per cento. Ciò anche in considerazione del fatto che questa azienda ha una valenza strategica molto importante per il Paese, data la sua presenza nel settore militare. Quindi è il collocamento di una quota di minoranza, non una privatizzazione, volto ad ottenere i capitali necessari all'azienda per crescere, per creare occupazione, per rimanere leader di mercato.Pag. 84
Siamo consapevoli che su queste ipotesi non c'è convergenza di vedute, che forti sono state e sono tuttora le perplessità , come lei ha espresso. Devo dire che il processo che abbiamo seguito credo sia stato un processo apprezzabile per molti versi; è un confronto che dura da mesi con le organizzazioni sindacali e con i sindaci delle città dove Fincantieri è presente.
Avremo un'ulteriore riunione e un ulteriore confronto la prossima settimana, a Palazzo Chigi, su questo tema. Spero davvero che ne possa scaturire la condivisione di un percorso. Il percorso in cui noi, come Governo, intendiamo attivarci è quello che ha come suoi capisaldi innanzitutto il collocamento in borsa di una quota minoritaria di Fincantieri, finalizzata al reperimento di risorse finanziarie, consentendo a Fincantieri di attuare un piano industriale di crescita e di sviluppo, per il bene dell'azienda, per il bene del Paese, che così non perderà una dei suoi grandi campioni nazionali.
Del resto, se mi consente, onorevole, devo anche dire che il mancato reperimento delle risorse finanziarie che riteniamo necessarie per poter fare quanto ho menzionato prima ridimensionerebbe in maniera significativa le prospettive di sviluppo dell'azienda, mettendo a rischio la leadership di mercato che si è conseguita in questi anni e, quindi, mettendo a rischio anche ciò che Fincantieri è oggi.

PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di replicare.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, il sottosegretario, che ringrazio naturalmente, sa che da questa parte dell'Assemblea il Governo riceve comportamenti leali e costruttivi, ma nessun cedimento alla semplificazione di problemi complessi. In ragione di ciò gli chiedo quindi, e per suo tramite lo chiedo a tutto il Governo, a cominciare dai Ministri interessati, di ascoltare le nostre preoccupazioni, che devo dire rimangono, ahimé, intatte dopo la sua risposta, e gli chiedo altresì di valutare con particolare attenzione le nostre richieste, che poi non sono nostre.
Egli ha detto che il Governo giudica «buono» il piano industriale. Sì, lo giudica buono, però contemporaneamente riconosce che il piano industriale, nella misura in cui implica la quotazione in Borsa del 48 per cento del pacchetto azionario, porterà in Fincantieri le banche. E sappiamo che le banche sono un sistema di vasi comunicanti, che ragionano in termini di redditività finanziaria, e che questo settore non garantisce fisiologicamente una redditività comparabile ai tassi d'interesse, non voglio neanche dire alla speculazione finanziaria. Garantisce sul piano dell'occupazione.
Questo è un classico delle privatizzazioni: ex ante appaiono tutti scenari radiosi; il problema è che storicamente, però, si verifica sempre come minimo una precarizzazione di larghe fette dell'occupazione. Spero naturalmente di essere smentito, ed anzi, in prima battuta, spero che non procederete nella direzione evocata.
Il sottosegretario assicura che non vi saranno delocalizzazioni delle attività produttive; è però un fatto che lo scorso gennaio il management della società ha proceduto all'acquisto di un cantiere low cost in Ucraina: questa notizia non è stata smentita dalla stampa. Occorrerebbe allora chiedere al management di essere più attento nell'interlocuzione con i mass media, poiché la democrazia vive di informazione.
Il sottosegretario afferma, inoltre, che sarebbe pregiudizievole per lo sviluppo dell'impresa il fatto che essa rimanga ferma. Ciò è naturale: ma perché dovrebbe restare ferma? Perché, se in Europa molte aziende pubbliche funzionano e crescono (penso alla Renault in Francia), dobbiamo considerare la dismissione o la privatizzazione come condizioni per il dinamismo del nostro apparato industriale pubblico? È questo che non si riesce a comprendere. Perché dobbiamo lesinare fiducia nei confronti della nostra capacità produttiva quando è in mano pubblica?Pag. 85
La verità è che, in questa storia, vi sono carenze del management che, come dicevo in premessa, non ha onorato precisi impegni e ciò dovrebbe essere un elemento da tenere presente, nell'ambito del rapporto di affidamento che lo Stato mantiene nei confronti dei propri alti dirigenti. Va detto poi che da parte della politica - negli anni ma, ahimè, anche in questi ultimi tempi - è stata adottata una condotta non sempre lineare né sufficientemente esplicita: ricordo, lo ho riportato anche nel testo dell'interpellanza, che lo scorso novembre il Vicepresidente del Consiglio D'Alema, se non ricordo male nel corso di un question time, garantì che non vi erano orientamenti di apertura al mercato del capitale Fincantieri. Oggi, invece, ci troviamo a fare i conti con una prospettiva ben diversa. È una modalità che non ci appare consona alla rilevanza dei temi che stiamo trattando.
Vi è poi il tema del rapporto con i lavoratori, signor sottosegretario: è questo il punto che ci preme mettere in evidenza. Sapete che vi è una raccolta di firme che ha coinvolto oltre il 70 per cento delle maestranze della società - operai, impiegati, tecnici, ingegneri, dirigenti - e che vi richiede di fermarvi. È curioso che persino la dirigenza, non il vertice del management, ma la dirigenza, gli ingegneri, cioè coloro che progettano e costruiscono le navi, vi dicano che ce la possono fare e vi chiedono di non procedere in tale direzione, ed invece si continua a risponder loro che ciò non è vero. Bisognerebbe essere più cauti.
E vi sono poi i sindaci e gli amministratori locali che sono preoccupati: non vogliamo prendere in carico le loro preoccupazioni? Non avranno una qualche ragion d'essere? State attenti, perché non si può governare contro o senza un contatto diretto e un ascolto attento in primo luogo delle persone che lavorano.
Signor sottosegretario, lei sa che domani, qui a Roma, vi sarà uno sciopero ed una manifestazione: naturalmente, una risposta positiva alle nostre istanze e preoccupazioni avrebbe contribuito ad una facilitazione, ma giocoforza le cose faranno il loro corso.
Su una questione, però, vorrei richiamare la sua attenzione nel concludere il mio intervento: lei diceva che sarebbe interessante soffermarsi sul fenomeno dei megayacht. È vero, sarebbe molto interessante, perché si tratta di un settore trainante: si vendono e si costruiscono sempre più di questi megayacht. Ebbene, io avrei una piccola chiave di lettura, certamente estemporanea e improvvisata, di questo fenomeno: questo è un settore in espansione perché il modello di sviluppo che chiamiamo «globalizzazione neoliberista» genera diseguaglianza e radicalizzazione della polarizzazione. D'altra parte, è sufficiente leggere i rapporti che l'Istat compila rispetto al nostro Paese.
Temo che la scelta di andare in Borsa, di ricapitalizzarsi attraverso il coinvolgimento del sistema creditizio, di spingere verso una finanziarizzazione vada precisamente in quella stessa direzione. Naturalmente speriamo di no, per quanto riguarda la specifica attività oggetto della nostra interpellanza, ma ho il timore, invece, che le nostre preoccupazioni siano fondate.
Ad ogni modo, signor sottosegretario - e torno a ringraziarla -, lei ha in questa sede proferito impegni molto solenni e si è impegnato a nome del Governo. L'aula parlamentare è una sede che, benché oggi sotto attacco, rimane essenziale per la nostra vita civile e per la nostra democrazia, e gli impegni proferiti in questa sede sono come scritti nella pietra: noi vi chiediamo di assumerli e di considerarli come precisi ed inderogabili obblighi.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Leone n. 2-00570)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Leone n. 2-00570 è rinviato ad altra seduta.

Pag. 86

(Presunte disparità nel sistema dei crediti formativi e scolastici derivanti dall'ordinanza ministeriale n. 26 del 2007 - n. 2-00597)

PRESIDENTE. L'onorevole Dato ha facoltà di illustrare l'interpellanza urgente Fiano n. 2-00597 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5), di cui è cofirmataria.

CINZIA DATO. Signor sottosegretario, come lei sa, con la nostra interpellanza ci riferiamo all'ordinanza ministeriale n. 26 che, all'articolo 8, commi 13 e 14, introduce una palese discriminazione tra chi si avvale dell'insegnamento della religione cattolica e chi no, in relazione all'attribuzione del credito scolastico negli scrutini di ammissione alla maturità.
Si dirà che ormai gli scrutini sono conclusi e che i commi incriminati dall'ordinanza hanno esaurito i loro effetti. Tuttavia, lei si renderà conto che stiamo parlando di principi - in particolare dei principi di una istituzione fondamentale di un Paese qual è la scuola - e sui principi non si può transigere.
La formulazione dell'ordinanza ministeriale appare ambigua, perché, pur riprendendo il contenuto di ordinanze precedenti, non contiene nelle disposizioni generali - come invece quelle facevano - il richiamo esplicito dell'articolo 309, comma 4, del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione e del decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202, nel quale è ben chiarito che il voto dell'insegnante di religione cattolica in sede di deliberazioni del consiglio di classe non può essere determinante.
Inoltre, l'ordinanza ministeriale introduce una nuova discriminazione, con l'idea che coloro che non scelgono né insegnamento di religione cattolica né materie alternative che, come lei sa, spesso non vengono di fatto rese disponibili per gli studenti dagli istituti scolastici per tutta una serie di ragioni - ma noi genitori sappiamo bene che non esistono, nella maggior parte dei casi, reali alternative all'insegnamento di religione -, coloro, ripeto, che, appunto, non scelgono di fatto l'unico insegnamento disponibile nella maggior parte delle scuole, quello della religione cattolica, avrebbero dovuto, per conseguire analoghi benefici, cercare a posteriori improbabili certificazioni di attività utili per i crediti formativi.
Ciò, nonostante il fatto che la Costituzione, il nuovo Concordato, le intese con le altre religioni e il decreto legislativo n. 297 del 1994 ripetano costantemente, sebbene inutilmente, che la scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica non possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione. In questo modo, nonostante il fatto che la Corte costituzionale abbia stabilito, una volta per tutte, che chi non si avvale dell'insegnamento della religione cattolica non ha alcun obbligo a farlo, e quindi non è penalizzato in alcun modo - altrimenti ciò equivarrebbe ad imporre in qualche misura l'obbligatorietà della scelta -, di nuovo si introduce una differenza tra chi ha seguito l'insegnamento della religione cattolica e chi non lo ha seguito, aggiungendo la discriminazione tra i pochi fortunati che abbiano a disposizione materie alternative interessanti e credibili e coloro che in quell'ora abbiano legittimamente scelto di uscire dalla scuola.
Nell'ordinanza ministeriale n. 26 del 2007, sei confessioni religiose non cattoliche e numerose associazioni hanno percepito la grave discriminazione e hanno promosso un ricorso al TAR ottenendo la sospensiva dei due commi dell'articolo 8.
Il Ministro, invece di comprendere le ragioni di chi si è sentito discriminato e di correggere rapidamente l'ordinanza ministeriale che, lo ripeto, mancava dell'accenno sopra riportato, è ricorso al Consiglio di Stato con una motivazione poco convincente perché, pur ammettendo che l'insegnamento della religione non può essere valutato ai fini dell'attribuzione del credito scolastico, insiste nel dire che chi segue l'insegnamento della religione cattolica con profitto (o di una materia alternativa che, però, come abbiamo detto, inPag. 87pratica non esiste nella gran parte gli istituti) deve in qualche modo essere premiato.
Apprendiamo, dopo aver depositato l'interpellanza, che il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Ministro, tra l'altro perché non si rinvengono i profili di pregiudizio grave e irreparabile in capo agli originali ricorrenti, mentre significativi pregiudizi possono patire i destinatari delle norme impugnate.
Ora, è veramente imbarazzante che la sentenza del Consiglio di Stato arrivi due giorni dopo gli scrutini, a guaio già combinato, che seppur probabilmente minimo nei suoi effetti, attiene a dei principi, alla cittadinanza e alla coesione di un Paese.
Si ammette, quindi, che l'ordinanza ministeriale n. 26 del 2007 avrebbe potuto dare diritto ad un sospirato punto in più di credito scolastico solo a chi si fosse avvalso dell'insegnamento della religione cattolica e di materie alternative (nel frattempo non disponibili) e non agli altri.
Si ricorda, peraltro, che parliamo di un punto in più nel giudizio di ammissione consapevoli del fatto che esso possa influire sul giudizio finale e lei sa, signor sottosegretario, che tale giudizio ha un valore determinante per i concorsi e per l'ammissione all'università. Ciò crea davvero imbarazzo, in un Paese come il nostro, da parte di un Governo che io sostengo, appassionatamente, ma del quale non capisco alcune posizioni come questa.
Non posso non farmi voce dell'accorato desiderio di riconoscersi nelle decisioni del Governo da parte dei rappresentanti di molte delle associazioni citate che si trovano in un momento di difficile comprensione del senso di alcune scelte.
A questo punto i danni sono fatti, ma probabilmente ammettere l'errore - credo - sarebbe un atto doveroso e indispensabile per ricreare un clima di serena collaborazione tra credenti e non credenti, tra cattolici ed appartenenti ad altre religioni, tanto più che il clima che si è creato spingerà gli interessati a proseguire per le vie giurisdizionali.
Tali argomenti non dovrebbero, invece, essere oggetto di contese giudiziarie, ma costituiscono una importante domanda di appartenenza, di cittadinanza, di diritti civili e fondamentali, lo ripeto, per la coesione sociale.
Il Governo dovrebbe, pertanto, prendere l'iniziativa per chiarire cosa sia successo e quali provvedimenti intenda assumere, in quanto la scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica non dia più luogo ad alcuna forma di discriminazione, che, peraltro, non è coerente con i principi che ispirano la religione cattolica stessa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione, Maria Letizia De Torre, ha facoltà di rispondere.

MARIA LETIZIA DE TORRE, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, prima di rispondere ai diversi quesiti posti nell'interpellanza in discussione, ricordo che, sulla questione, è già stato riferito in quest'aula il 31 maggio scorso. In quell'occasione, ho già affermato che questi temi non possono dividere il Paese e vorrei anche aggiungere che, forse, è necessario ritornare allo spirito del concordato, per cui l'ora di religione cattolica non doveva vertere sul catechismo della religione cattolica stessa, ma rappresentare un momento dedicato a una cultura che appartiene ad una parte della cultura di questo Paese.
In merito al primo punto dell'interpellanza, ricordo che l'insegnamento della religione cattolica trova la sua disciplina nella legge 25 maggio 1985 n. 121, che ha ratificato e reso esecutivo l'accordo addizionale del 18 febbraio 1984 - con il quale è stato modificato il Concordato lateranense - e nelle successive specifiche Intese stipulate tra lo Stato e la CEI, rese esecutive con i decreti del Presidente della Repubblica del 16 dicembre 1985, n. 751 e del 13 giugno 1990, n. 202.
In particolare, l'articolo 9 della suddetta legge prevede che debba essere assicurato, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica agli allievi che ne facciano richiesta, che debba essere garantito a ciascuno ilPag. 88diritto di scegliere se avvalersi o meno di detto insegnamento e che l'esercizio di tale diritto non debba dare luogo ad alcuna forma di discriminazione.
In forza delle norme dell'Accordo e delle successive Intese, l'insegnamento della religione cattolica si colloca nel quadro delle finalità della scuola ed ha dignità formativa e culturale pari a quelle delle altre discipline.
Quanto alla partecipazione dei docenti di religione all'attività degli organi collegiali della scuola, la stessa è prevista al punto 2.7 dell'Intesa - resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica n. 202 del 1990 - la quale stabilisce che gli insegnanti di religione cattolica fanno parte della componente docente degli organi scolastici con gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri insegnanti. Tuttavia, essi partecipano alle valutazioni periodiche finali soltanto per gli allievi che si sono avvalsi di tale insegnamento, fermo restando quanto previsto dalla normativa statale in ordine al profitto e alla valutazione di tale insegnamento.
Il medesimo disposto precisa anche che nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una delibera da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale. Infatti, a norma dell'articolo 309, comma 4, del testo unico in materia di istruzione - decreto legislativo n. 297 del 1994 - l'insegnante di religione per la valutazione del profitto della sua disciplina non dà un voto, ma esprime un giudizio. La circostanza che, per gli alunni che se ne avvalgano, la comunicazione del profitto avvenga mediante una speciale nota, anziché nel contesto delle altre discipline, assume un rilievo ininfluente, in quanto attiene esclusivamente alle modalità di comunicazione e non a quelle di svolgimento dell'insegnamento della religione cattolica.
Riguardo al secondo punto che richiama le sentenze della Corte costituzionale n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991, faccio presente che la normativa vigente è conforme alle richiamate sentenze della Corte costituzionale in quanto assicura parità di trattamento agli alunni che non intendano avvalersi della regione cattolica, sia attraverso l'offerta da parte delle scuole di attività alternative (certamente c'è da augurarsi che tali attività ci siano, e comunque, per quanto ne sono a conoscenza, so che ci sono tante offerte formative all'interno degli istituti scolastici), sia attraverso la possibilità concessa allo studente di svolgere studi individuali, sia anche - come a suo tempo chiarito con circolare n. 122 del 1991, a seguito della richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 1991 - di optare di allontanarsi dalla scuola durante l'ora dell'insegnamento della religione.
Relativamente al terzo punto, circa la presunta violazione da parte dell'ordinanza in questione delle norme dell'articolo 309, quarto comma, del decreto legislativo n. 297 del 1994, valgono le considerazioni già espresse con riguardo al primo punto dell'interpellanza.
In ordine alla risposta fornita alla interpellanza urgente numero 2-00561 dell'onorevole Poretti in data 31 maggio 2007, confermo che l'insegnamento della religione non può non essere valutato ai fini dell'attribuzione del credito scolastico, dal momento che il regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1998) formalmente riconosce, ai fini della valutazione del credito, il grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell'anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e tenendo in considerazione anche l'assiduità della frequenza scolastica, ivi compresa, per gli istituti dov'è prevista, la frequenza alle aree di progetto, l'interesse e l'impegno nella partecipazione al dialogo educativo, alle attività complementari e integrative, ed eventuali crediti formativi.
Preciso, al riguardo, che nella prima stesura del resoconto stenografico della seduta del 31 maggio scorso, relativa alla discussione della succitata interpellanza urgente, per mero errore materiale nella trascrizione della frase è stato omesso un «non». Tuttavia, dal contesto del discorso, si rileva che il significato è quello chePag. 89l'insegnamento della religione cattolica viene valutato ai fini dell'attribuzione del credito scolastico. L'errore è già stato corretto nella versione Internet, per la versione cartacea seguirà l'errata corrige.
Per quanto riguarda il quinto punto dell'interpellanza faccio presente che l'istituto del credito scolastico è stato introdotto dalla legge n. 425 del 10 dicembre 1997, recante disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, e disciplinato nel successivo regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323 e che le disposizioni contenute nell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 nulla innovano, in quanto richiamano espressamente il citato regolamento n. 323.
Ai sensi della normativa succitata è credito scolastico: il giudizio espresso dal docente di religione per gli allievi che si avvalgono dell'insegnamento della religione e dai docenti delle attività alternative per quelli che si avvalgono di tale attività, la certificazione della scuola per altre attività, ivi compreso lo studio individuale. Per gli allievi che hanno scelto di assentarsi dalla scuola, l'arricchimento conseguito attraverso l'eventuale partecipazione ad iniziative formative rese note alla scuola stessa viene valutato come credito formativo.
Nell'ipotesi in cui non fosse riconosciuta la partecipazione del singolo discente all'attività didattica svolta dal docente di religione, si finirebbe per alterare il sistema attuale che impone all'amministrazione scolastica di valutare e riconoscere come credito l'impegno in ciascuna delle attività svolte di cui si compone la complessiva offerta dell'istituto e i risultati conseguiti sul piano formativo; in tal caso la religione cattolica non verrebbe valutata né come credito scolastico né come credito formativo.
Infine, con riguardo all'ordinanza del tribunale amministrativo del Lazio che ha sospeso l'efficacia dell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007, contenente istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria superiore, nella parte in cui, all'articolo 8, punti 13-14, prevede l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica, il Consiglio di Stato, a seguito dell'appello proposto dal Ministero, ne ha sospeso l'esecutività, ripristinando l'efficacia dell'ordinanza ministeriale.
Evidentemente, il Consiglio di Stato, nel concedere la sospensione dell'esecutività dell'ordinanza del TAR, non ha ravvisato alcuna lesione attuale e concreta degli interessi delle organizzazioni che hanno avanzato ricorso, né dei discenti - ed in particolare dei due appellanti - che non hanno optato per l'insegnamento della religione cattolica, ovvero per le attività alternative, tenuto conto che nulla viene tolto ai fini della loro personale valutazione, sicché restano per i medesimi integre le possibilità di conseguire il massimo del credito, tanto più che non si versa in ambito concorsuale, con la conseguenza che, in definitiva, i risultati raggiunti dagli altri non assumono rilievo alcuno. Diversamente, si sarebbe corso il rischio di pregiudicare la maggioranza dei discenti destinatari delle norme impugnate, che avevano optato per l'insegnamento della religione cattolica o per le attività alternative, e che, dunque, vantavano una legittima aspettativa affinché tali attività fossero riconosciute in sede di attribuzione del credito scolastico. L'amministrazione ha avuto ora notizia che l'appello al Consiglio di Stato è stato accolto nella camera di consiglio del 12 giugno - come ricordato - e che, pertanto, la sospensiva del TAR Lazio è stata definitivamente annullata, con conseguente conferma dell'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007, oggetto di contestazione nella parte riguardante l'articolo 8, punti 13 e 14.

PRESIDENTE. L'onorevole Dato ha facoltà di replicare.

CINZIA DATO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta maPag. 90non posso dichiararmi soddisfatta perché sono certa che questa risposta del Governo non sia sufficiente a soddisfare le richieste, i sentimenti e i diritti di coloro che si ritengono penalizzati da simili criteri. Peraltro, io ricordo, sottosegretario, che lei stessa ha affermato che l'insegnamento della religione non può essere valutato ai fini dell'attribuzione del credito scolastico; e, mi perdoni se semplifico, quella tra credito scolastico e credito formativo è una differenza che corre tra un criterio quantitativo e un criterio qualitativo.
Che il giovane che riesce ad impegnarsi in più opportunità di crescita e di maturazione, venga considerato positivamente, alla luce di questo suo impegno, è un dato comprensivo e giusto, ma lei capisce che se noi mettessimo a parità di condizioni i giovani che svolgono attività extrascolastiche, di volontariato, sportive e di apprendimento delle lingue (a parte il fatto che spesso le attività extrascolastiche che si svolgono dipendono anche dalle possibilità complessivamente considerate della famiglia di appartenenza, e, quindi, tali attività andrebbero valutate a prescindere dal reddito della famiglia di appartenenza), troveremmo comunque una diversità di valutazione tra i giovani che, o perché sono fortunati e usufruiscono di un insegnamento molto interessante della religione cattolica che, dunque, diviene per loro naturale seguire, o perché sono credenti, verrebbero di fatto privilegiati rispetto a coloro che, in ipotesi, appartenessero ad altre religioni o che, viceversa, non ne avessero alcuna.

MARIA LETIZIA DE TORRE, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Ma non è così! Possono fare anche lo studio individuale.

CINZIA DATO. Non si può ammettere in alcun caso che vi sia una diversità, nel senso che l'appartenere o meno ad una religione non ha alcuna relazione con i valori in cui ci si riconosce, né con il percorso di maturazione filosofica, concettuale ed etica che ciascuno di noi ha, perché possiamo avere tutti quanti gli stessi valori e, peraltro, nella vita, sotto questo profilo, le nostre condizioni cambiano e si evolvono. L'appartenere ad una religione o meno cambia soltanto il titolo di legittimazione che si dà: gli uni possono credere a dei valori per la rivelazione, gli altri possono credere perché li attribuiscono all'umanità; e, sottosegretario, non credo che introdurre diversità di questo genere aiuti il dialogo che bisogna costruire nel nostro Paese, nonché il senso di coesione e di identità, al di là delle forme specifiche in cui questo si concretizza.
La scuola italiana offre la possibilità dell'insegnamento di religione, e questa è una buona opportunità, ma che ciò si traduca in un fattore percepito come possibile discriminazione per i giovani, ritengo non sia davvero un bene per il nostro Paese. Perché non si ascoltano almeno le religione che hanno firmato intese con lo Stato, prima di fare ordinanze simili? E perché non si ascoltano anche le associazioni, per esempio, dei non credenti, che portano contributi importanti al nostro Paese e alla riflessione sulla difesa dei diritti di tutti e di ciascuno?
Che ci si consideri cattolici o meno, è importante pensare che non sia vero che la libertà di ciascuno di noi comincia dove finisce la libertà dell'altro o finisce dove comincia la libertà dell'altro: sarebbe bello che la libertà di ciascuno di noi cominciasse dove comincia la libertà di ciascuno degli altri.

MARIA LETIZIA DE TORRE, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Ma stiamo confondendo i piani!

CINZIA DATO. Mi auguro, sottosegretario, che il Governo possa davvero intavolare un dialogo aperto con tutti coloro che, a seguito di decisioni simili, hanno difficoltà a identificarsi nell'azione di un Governo, che tutti giudichiamo positiva e che sosteniamo.
Le chiedo di aprire un dialogo diretto con i portatori di sentimenti profondi e di grande dignità perché non mi sembra un buon mezzo affidare a querelle giuridiche un dialogo costitutivo della nostra coesionePag. 91sociale, come quello che pongono i rappresentanti delle associazioni che hanno promosso il ricorso e sensibilizzato il nostro impegno.

(Determinazione dell'importo del deficit sanitario della Puglia - n. 2-00482)

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzaracchio ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00482 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmatario.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, sul deficit sanitario accumulato dalla regione Puglia nell'anno 2006 - giunta presieduta dall'onorevole Vendola - il Governo ha assunto due posizioni letteralmente opposte. La prima, quella del Ministero dell'economia e della Corte dei conti e riferita al tavolo Governo-regioni, è espressa nei dati pubblicati il 14 aprile 2007 da Il Sole 24 Ore, che ne riportava la fonte autorevole e dai quali risultava che la Puglia, nel 2006, aveva accumulato un deficit di 290 milioni di euro nei conti sanitari per il 2006, classificandosi al secondo posto, dopo la regione Sicilia, tra le cosiddette «regioni canaglia».
La seconda posizione, quella del Ministero della sanità, espressa solo tre giorni dopo, in data 17 aprile 2006, in una dichiarazione del Ministro Livia Turco all'agenzia di stampa Dire recitava testualmente: «290 milioni di extradeficit per la Puglia? Solo indiscrezioni di stampa. La Puglia si dimostrerà virtuosa». L'assessore al bilancio della regione, Francesco Saponaro, aggiungeva: «Al tavolo tecnico stiamo portando i nostri calcoli. La stima è che il deficit su base annua del 2006 sia più basso degli anni precedenti, e assommi a 167 milioni di euro».
Come preannunciato dal Governo, a fine aprile il Presidente del Consiglio Prodi ha inviato alla regione Puglia una lettera di diffida ed ha, in seguito, nominato il presidente della regione Commissario per il ripiano del deficit del 2006, imponendo alla regione la presentazione al Governo di un piano di rientro dal deficit che, nel frattempo, è stato presentato dalla regione Puglia al Ministero dell'economia e delle finanze e ammonta a 211 milioni di euro, a fronte di un deficit che, secondo il Ministero, ammonta a 290 milioni. Quindi, prima si è detto 167, poi 190, poi 211, poi 290 milioni di euro.
Vorremmo sapere se il Governo sia riuscito a farsi un'idea unica e condivisa sulla cifra del deficit sanitario della Puglia nel 2006 e vorremmo conoscere i motivi per i quali due Ministri del Governo avessero due visioni opposte e numeri completamente diversi sui conti sanitari della Puglia nel 2006.
Vorremmo anche sapere se il deficit accertato dal Ministro dell'economia e delle finanze e dalla Corte dei conti fosse di 290 milioni di euro e se il piano di rientro presentato dalla regione Puglia ammontasse a 211 milioni di euro. Ciò vorrebbe dire che il piano di rientro è insufficiente o che il Ministro dell'economia e delle finanze e la Corte dei conti avevano dati sbagliati.
Il Governo è in grado di comunicare la cifra esatta - accertata non dalla regione Puglia, ma dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze - del deficit della Puglia nel 2006? Perché il Ministro dell'economia e delle finanze non si è ancora espresso sul piano di rientro presentato dalla regione Puglia?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, le dichiarazioni del Ministro Livia Turco riportate nell'interpellanza sono state rilasciate ad alcuni organi di stampa in occasione della firma, lo scorso 17 aprile, del protocollo d'intesa da parte dei Ministri della salute e dello sviluppo economico e dei presidenti delle otto regioni del sud e delle isole, con il quale viene inserito per la prima volta, negli obiettivi del quadro strategico nazionale 2007-2013, lo sviluppo dei servizi sanitari nel Mezzogiorno, utilizzandoPag. 92fondi europei per 3 miliardi di euro.
Le regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna potranno destinare tali risorse economiche all'ampliamento e all'ammodernamento della propria rete sanitaria, in aggiunta a quelle previste dal Servizio sanitario nazionale. Tali regioni hanno così la possibilità di trasformare quello che è stato definito un «ritardo storico» in un'opportunità straordinaria di innovazione dell'assistenza sanitaria e di crescita economica e sociale.
In tale occasione, il Ministro Turco ha espresso una valutazione complessivamente positiva sulla tenuta del sistema gestionale della sanità in Puglia, in relazione al carattere non strutturale che sembra avere il disavanzo registrato per la regione nel 2006 e all'impegno dell'amministrazione regionale nell'individuazione dei necessari provvedimenti di correzione.
Il disavanzo 2006, certificato dal tavolo di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'articolo 12 dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, è pari a 291,890 milioni di euro.
La valutazione è basata sui dati di preconsuntivo che le regioni trasmettono al nuovo sistema informativo sanitario del Ministero della salute. Del tavolo fanno parte rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero della salute, dei coordinamenti sanità e affari finanziari delle regioni, dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, del Dipartimento per gli affari regionali, della segreteria della Conferenza Stato-Regioni, della segreteria della Conferenza delle regioni e province autonome.
Il disavanzo 2006 costituisce un campanello di allarme che il Governo ha immediatamente registrato, attivando di conseguenza la procedura prevista dall'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), come modificato e integrato dall'articolo 1, comma 796, lettera c) della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), e diffidando la regione ad adottare i necessari provvedimenti di copertura.
La valutazione espressa dal Ministro Turco, senza nulla togliere alla cogenza della procedura attivata, inquadra peraltro il disavanzo 2006 nel contesto specifico della sanità pugliese. In passato la regione ha fatto registrare disavanzi molto contenuti che è stata in grado di coprire con risorse proprie e, inoltre, sono in fase di accertamento da parte della regione possibili fattori correttivi.
Soprattutto l'amministrazione regionale ha dichiarato il proprio impegno ad individuare le misure per la copertura del disavanzo e a realizzare i necessari interventi. Al riguardo, va sottolineato che proprio in base alla procedura avviata ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004 e successive modificazioni, il Presidente della giunta in qualità di Commissario straordinario procede ad individuare i fattori correttivi e le misure di copertura necessarie, la cui congruità sarà poi valutata dal tavolo di verifica.
L'azione del Governo è volta a realizzare un rapporto di cooperazione con tutte le regioni che, nel rispetto della loro autonomia e della loro completa responsabilità di bilancio, consenta di conseguire più avanzati obiettivi di efficacia e di efficienza del Servizio sanitario nazionale.
Va infine rilevato che un segnale positivo che il Governo ritiene di poter cogliere nella realtà sanitaria pugliese è costituito anche dal fatto che nel corso dell'ultimo anno questa regione ha recuperato fortemente sul piano della propria capacità programmatoria.
Infatti, nel corso delle ultime settimane si è concluso favorevolmente l'iter istruttorio per la sottoscrizione di un nuovo accordo di programma per l'utilizzo di fondi ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per l'edilizia sanitaria e l'ammodernamento tecnologico.
Si tratta di un accordo per circa 400 milioni di euro, che sarà portato all'approvazione della Conferenza Stato-regioni in una delle prossime sedute.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzaracchio ha facoltà di replicare.

Pag. 93

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, sono soddisfatto per la parte concreta. Per quanto riguarda, invece, la «parte fantasiosa» relativa alle dichiarazioni del Ministro della salute, che il sottosegretario Patta sostiene siano state rese casualmente, posso ritenere che si tratti di un fatto secondario.
La mia soddisfazione però resta, perché finalmente il sottosegretario rivela la reale entità del debito nella sanità della regione Puglia, cioè 291 milioni 800 mila euro. Ciò significa che sia le stime dell'assessore alla sanità, che aveva fornito una prima valutazione di 168 milioni di euro, sia i dati forniti dalla regione al Ministero, che ammontavano a 211 milioni di euro, si sono rivelati non veritieri.
Finalmente il Governo ci dice la verità. Speriamo che adesso il Governo possa seguire la situazione, perché la regione Puglia deve dire attraverso quali strumenti, quali mezzi riuscirà a coprire la differenza tra i 211 milioni di euro comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze e i 291,800 milioni di euro che rappresentano il debito effettivo.
Tale risposta la fornirà con calma il Governo, perché nel frattempo debbo ritenere che il debito continuerà ad aumentare, ma teniamo comunque a sapere, anche entro tempi relativamente brevi, come coprirà questa differenza. La ringrazio comunque per aver finalmente rivelato la verità.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 18 giugno 2007, alle 11,30:

Discussione del disegno di legge:
Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (2161-A).

e delle abbinate proposte di legge: PEDICA ed altri; NICOLA ROSSI ed altri; LA LOGGIA e FERRIGNO (1505-1588-1688).
Relatore: Giovanelli.

La seduta termina alle 19.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1609 - em. 1.2 405 404 1 203 169 235 82 Resp.
2 Nom. em. 1.100 437 434 3 218 251 183 80 Appr.
3 Nom. articolo 1 439 437 2 219 248 189 80 Appr.
4 Nom. articolo 2 424 422 2 212 236 186 80 Appr.
5 Nom. odg 9/1609/1 442 435 7 218 49 386 80 Resp.
6 Nom. ddl 1609 - voto finale 389 388 1 195 239 149 76 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.