XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 154 di mercoledì 9 maggio 2007

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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,35.

TITTI DE SIMONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bimbi, Gianni Farina, Gasparri, Meloni e Rigoni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,38).

EDMONDO CIRIELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, intendo denunciare un episodio gravissimo avvenuto questa notte a Nocera Superiore, e chiedo alla Presidenza di invitare il Governo a riferire in Assemblea al riguardo.
Ieri mattina il commissario straordinario per i rifiuti ha requisito, a Nocera Superiore, un depuratore che è destinato al risanamento del fiume Sarno e che non è ancora in funzione in quanto non è stato ancora collaudato. Il commissario ha disposto, ieri mattina, l'invio di ben 80 camion, che sono arrivati a Nocera Superiore la sera stessa. Si tratta di una procedura assolutamente inaudita! Il sindaco non è stato ascoltato e, in un solo giorno, è stato fatto quello che per anni non si è fatto da nessuna parte in Campania!
Questa notte le forze dell'ordine, guidate del vicequestore Maione, hanno effettuato una carica a seguito della quale sono finiti in ospedale il sindaco ed il presidente del consiglio comunale di Nocera Superiore. Peraltro, l'idea di stoccare all'interno di un depuratore che non è ancora in funzione quintali e quintali di percolato rappresenta un grave rischio ecologico. Ma non è questo il punto. Penso che il Ministro dell'interno debba venire a spiegare in aula se in questo Stato esista ancora la democrazia e se le forze dell'ordine possano essere «spinte» in maniera così vergognosa.
Chiedo che la Presidenza informi immediatamente il Governo dell'accaduto e che quest'ultimo venga a riferire a proposito di un episodio così grave, che non è degno di un Paese democratico.

PRESIDENTE. Informerò il Presidente della Camera e la Presidenza assumerà le opportune iniziative.

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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (A.C. 2534-A) (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario.
Ricordo che nella seduta di ieri sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti e che, ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del Regolamento devono essere ancora svolti ventidue interventi.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 1), modificato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 4).
Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti il deputato Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, desidero illustrare l'emendamento Leone 1.202, che è un emendamento soppressivo.
Perché riteniamo di sostenere fortemente tale emendamento soppressivo? Perché, come è stato detto già da tanti colleghi, il provvedimento in esame è privo di alcuni fondamentali requisiti costituzionali.
La prima argomentazione che vorrei svolgere riguarda i presupposti di necessità e urgenza. Sappiamo come la Costituzione stabilisca che, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori con forza di legge. La dizione dell'articolo 77 della Costituzione, che ho testè citato, vede sottolineati non solo concetti quali quelli di necessità ed urgenza dei casi, ma anche di straordinarietà. Diventa, quindi, necessario capire cosa si sia voluto fare, in questo frangente, da parte del Governo.
Come motiva il Governo la decisione di non ricorrere ad una legge o, meglio, ad un progetto di legge ordinario, ma ad un decreto-legge? Nel modo seguente: «Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione» - e questa è solo l'invocazione di una formula - «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di consentire il risanamento strutturale e selettivo dei servizi sanitari regionali in disavanzo e di conseguire gli obiettivi della manovra finanziaria prevista dalla legge finanziaria del 2007 (...) emana il seguente decreto-legge».
Dal momento che il provvedimento riguarda un ripianamento che è relativo ad anni precedenti, come si fa a sostenere la straordinaria necessità ed urgenza di consentire il risanamento strutturale e selettivo dei servizi sanitari e regionali in disavanzo? Questo tipo di logica, ammesso che si tratti effettivamente di quella sottesa al testo, doveva trovare la sede opportuna in una proposta di legge o in un disegno di legge governativo che potesse essere discusso nei modi ordinari, senza tutte le difficoltà - mi riferisco soprattutto a quella del rispetto del termine di sessanta giorni - connesse al peculiare iter dei decreti-legge.
Abbiamo già criticato in moltissime occasioni il vostro comportamento sistematico e abbiamo anche detto, provocatoriamente, che, se volete continuare ad Pag. 3«usare» in questo modo l'articolo 77 della Costituzione, lo dovete modificare: proponete una riforma costituzionale che preveda l'eliminazione dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza e stabilite che, quando il Governo lo ritiene, adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge! Si porrebbe fine, in tal modo, all'ipocrisia di invocare un testo normativo fondamentale qual è l'articolo 77 della Costituzione senza rispettarlo. Abbiamo constatato che il termine di sessanta giorni di cui al comma 3 del predetto articolo pregiudica costantemente la possibilità di intervento almeno di una delle due Camere; infatti, la pendenza di tale termine iugulatorio costringe a trasmettere ad una Camera - quasi sempre alla Camera dei deputati - testi che non si ha più il tempo di modificare e di ritrasmettere all'altro ramo del Parlamento. Di conseguenza, un'intera Camera, nel nostro caso 630 deputati, non possono intervenire ed essere al servizio di coloro che li hanno eletti.
Allora, nella riforma costituzionale che vi ho invitato a proporre potreste introdurre una norma ai sensi della quale i decreti-legge perdono efficacia se non convertiti in legge entro novanta giorni dalla pubblicazione. Il termine sarà più lungo, ma consentirà alle Camere il pieno esercizio delle loro funzioni, senza che il sistema della «navetta» finisca per far perimere il decreto-legge.
Non siamo riusciti a comprendere, né ci è stato spiegato dal Governo, perché, ancora una volta, si sia fatto ricorso al provvedimento d'urgenza! Ci piacerebbe sentire una risposta tecnica, ma anche di merito, da parte del Governo, e ci auguriamo che essa venga data.
Ma altri sono i punti di incompatibilità, sotto il profilo costituzionale, del provvedimento al nostro esame.
Ve ne è uno, a mio parere, che è fondamentale e che è stato già denunciato in tanti interventi. Vediamolo, però, in modo più preciso e più specifico.
Il parere reso dalla I Commissione recita tra l'altro: «considerato che, per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento è riconducibile in primo luogo all'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato le materie concernenti il "sistema tributario e contabile dello Stato" e la "perequazione delle risorse finanziarie"; in secondo luogo all'ambito di cui alla lettera m) del comma citato, che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale"; ed in terzo luogo all'ambito della "tutela della salute", che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione elenca tra le materie di legislazione concorrente di Stato e regioni».
Esaminando criticamente questa parte del parere della I Commissione, ritengo non si possano mettere in gioco termini di esclusività della competenza statuale, in quanto le norme delle quali stiamo discutendo non concernono il «sistema tributario e contabile dello Stato», né la «perequazione delle risorse finanziarie» - ove questo concetto venga correttamente inteso secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale -, neppure e tanto meno la lettera m), ossia la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Infatti, questo tipo di garanzia non può porsi in essere attraverso una norma che attribuisce alle regioni 3 miliardi di euro dicendo in qualche modo: «Voi regioni che siete state inadempienti abbiate questo contributo e poi imponete della fiscalità per vedere come restituirlo». Qui non si provvede ad equalizzare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, ma si compie una operazione - discutibilissima anche sul piano della compatibilità con l'articolo 3 della Costituzione - che, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione che sancisce il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, premia regioni che sono state poco abili in termini Pag. 4di gestione delle proprie risorse, a scapito di altre che invece questa abilità hanno dimostrato, soprattutto mettendo a carico dei cittadini delle regioni che si sono ben comportate imposizioni che permettono di destinare i citati 3 miliardi di euro alle regioni che invece hanno male agito. Ciò lo abbiamo definito immorale, ma ancora una volta lo vogliamo denunciare in termini di non compatibilità con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
L'argomento più forte, tuttavia, riguarda la legislazione concorrente ed il regime di attribuzione di finanziamenti a destinazione vincolata dallo Stato alle regioni. Sappiamo come nel nuovo assetto costituzionale - mi riferisco alla riforma del Titolo V - si ritenga preclusa per lo Stato la possibilità di attribuire alle regioni, in una materia di legislazione concorrente, finanziamenti a destinazione vincolata, come sono i 3 miliardi di euro di questo provvedimento.
La Corte costituzionale ha affermato questi principi attraverso varie sentenze. Penso, in particolare, alla n. 423 del 29 dicembre 2004, in cui si legge: «Non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle regioni ovvero» - tale è il caso in esame - «in quella concorrente, pur nel rispetto, per quest'ultima, dei principi fondamentali fissati con legge statale (...) ove non fossero osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli ambiti materiali di propria competenza». Il concetto espresso dalla Corte costituzionale nella sua giurisprudenza e, in particolare, in questa sentenza, mi pare molto chiaro: si vuole evitare che l'intervento dello Stato in materie di legislazione concorrente finisca per limitare le prerogative delle regioni, venendo così a configurare una ingerenza. Né si può osservare che non si può parlare di ingerenza in quanto il provvedimento non farebbe che attribuire poste attive alle regioni (che, a prima vista, ne risulterebbero dunque avvantaggiate): costante giurisprudenza afferma, infatti, che si ha ingerenza anche in questo caso.
Come si pensa, dunque, di poter superare questo formidabile problema costituzionale, che potrebbe spingere la Corte, invocata in giudizio in sede di conflitto fra regioni e Stato, a riaffermare - come tante volte ha già fatto nel recente passato - l'incostituzionalità di norme del genere di quella in esame? Se ciò accadesse, il provvedimento cesserebbe di avere efficacia, insieme a tutto ciò che ad esso è collegato, con i danni che possiamo facilmente immaginare.
La Commissione Affari costituzionali ha compreso bene che questo è il punto nodale...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Boscetto.

GABRIELE BOSCETTO. ... ed ha cercato così di affermare nel suo parere che, ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 98 del 21 marzo 2007, «lo speciale contributo finanziario dello Stato (...) ben può essere subordinato a particolari condizioni finalizzate a conseguire un migliore o più efficiente funzionamento del complessivo servizio sanitario, tale da riservare in ogni caso alle regioni un adeguato spazio di esercizio delle proprie competenze nella materia della tutela della salute». Occorre, però, sottolineare che queste condizioni non si realizzano nel caso in esame: il provvedimento, infatti, non garantisce affatto alle regioni la possibilità...

PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, concluda.

GABRIELE BOSCETTO. ... di avere uno spazio operativo positivo nella materia della sanità, ma soltanto di recepire del denaro in un modo costituzionalmente illegittimo.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, come direbbe Giovan Battista Vico, ci troviamo nuovamente di fronte ai corsi e ricorsi della storia; in modo meno aulico, meno preciso, meno tecnico, a me verrebbe da commentare: siamo alle solite! Ancora una volta siamo, infatti, di fronte ad un provvedimento che premia chi non è virtuoso e chi spreca, mentre non solo non premia, ma addirittura ridicolizza ed offende chi si comporta in modo corretto e da buon padre di famiglia.
In buona sostanza, con il provvedimento che la maggioranza intende proporci si intende elargire, per così dire, regalare 3 miliardi di euro per ripianare il disavanzo sanitario di quelle regioni che non sono state virtuose. Quali sono le regioni non virtuose? Qual è la classifica dei non virtuosi, di coloro, cioè, incapaci di gestire i quattrini della collettività e le ormai poche risorse dei contribuenti? Il Lazio, la Campania, l'Abruzzo e la Liguria. Il Lazio, ad onor del vero, fa la parte del leone, anche se nominare il leone, per un veneto «doc» come me, lasciatemelo dire, è qualcosa che tocca il cuore e, quindi, è preferibile dire che fa la parte non del leone, ma, piuttosto, della pecora nera, il che rende meglio l'idea.
Dei 3 miliardi di euro il Lazio ha deciso di portarsene a casa 2,3, dal momento che li ha già messi nelle poste di bilancio a fronte di un provvedimento che il Parlamento non ha ancora approvato. Quindi, il Lazio, o meglio, i suoi governanti, oltre a non essere virtuosi, dimostrano anche di possedere un altro difetto: l'arroganza.
Il nord, di fronte a questo provvedimento, non ci sta, chiedendo provvedimenti per la propria tutela, per una sana gestione, per la difesa di principi ed in particolare del valore della meritocrazia! Riteniamo infatti - ed avremo modo di spiegarlo anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni - che questo provvedimento non sia corretto né nella forma né, tanto meno, nella sostanza. Nonostante la nostra ferma contrarietà, proveremo comunque, con una serie di emendamenti, a renderlo meno disastroso.
Va evidenziato che chi voterà a favore del provvedimento in discussione si esprimerà, comunque, contro il principio della meritocrazia. I bravi governanti che hanno saputo ben gestire, nel rispetto delle competenze riconosciute anche dal decreto legislativo n. 56 del 2000, dalla contestuale riforma del Titolo V della Costituzione e da provvedimenti successivi (in conseguenza ed in linea con i principi evidenziati, che definiscono e regolano oneri e responsabilità delle regioni in materia sanitaria), o comunque - come è accaduto per il mio Veneto - hanno chiesto, con responsabilità, un contributo oggettivo ai propri cittadini, ebbene, costoro oggi si chiederanno a cosa sia servito essere stati virtuosi.
Chi, invece, ha mal gestito oggi viene premiato da questa maggioranza, e, considerato che siamo nel mezzo di campagne elettorali per il rinnovo di alcune province e comuni, proprio gli amministratori non virtuosi probabilmente faranno una campagna elettorale «vendendosi» sul territorio, come si suol dire, non l'abilità di aver ben gestito ed amministrato - come dovrebbe essere -, ma quella di aver reperito risorse dallo Stato centrale.
Allora ci si chiede: continuando di questo passo, quale sarà il risultato finale? Potrà essere soltanto il collasso, il fallimento economico ed etico.
Inoltre, signor Presidente, i 3 miliardi che la maggioranza sta decidendo di erogare alle regioni non virtuose, da dove vengono reperiti? È chiara la loro provenienza; si tratta di quella che noi chiamiamo la gallina dalle uova d'oro. Di essa si parla da ben venticinque anni, signor Presidente, ed è costituita dalle tante persone che lavorano, che producono il PIL e che pagano le tasse, permettendo così al Paese di andare avanti.
È, quindi, inevitabile, rivolgendomi a quei colleghi eletti - come me - al nord, che fanno parte di questa maggioranza, chiedersi in che modo, con quale faccia, con quale coerenza, esprimeranno nelle prossime ore un voto favorevole sul provvedimento Pag. 6in esame, che insulta i bravi amministratori che sono al loro fianco nelle regioni settentrionali, mentre premia, come continueremo a sottolineare, gli incapaci.
Perciò chiedo inevitabilmente un atto di coerenza anche a quei colleghi che, provenendo dal nord ed intervenendo in nome e per conto dei cittadini del nord, voteranno, nelle prossime ore, a favore di questo disegno di legge. Chiedo un atto di coerenza, la stessa che dovrebbero avere quei governanti incapaci che hanno generato il deficit sanitario.
Il Lazio, signor Presidente, costringe a reperire oggi 2,3 miliardi di euro. Una buona soluzione potrebbe essere quella di usare come copertura per questo provvedimento, anche in riferimento ad una quota di quelle risorse che dovrebbero essere attribuite al Lazio, i fondi destinati a Roma capitale. Si responsabilizzi il Lazio e si faccia pagare chi ha scelto i cattivi amministratori, ovvero si rendano responsabili gli stessi cittadini del Lazio, chiedendo una copertura almeno parziale del «buco» tramite un'applicazione o un eventuale incremento dei ticket sulle prestazioni sanitarie di questa regione.
Signor Presidente, vorrei citare un esempio che può servire per focalizzare ed evidenziare i danni che questo provvedimento, se approvato, potrebbe arrecare e come la pensa la gente comune (è quella che conta realmente in questo Paese). Mia nonna è nata nel 1915; un mese fa si è fratturata la spalla ed inoltre soffre di osteoporosi; se io raccontassi a mia nonna quanto si spende per la sanità nel Lazio, sono certo, conoscendola, che ella, usando il buonsenso di una volta, quel buonsenso che regna ancora dalle mie parti, farà semplicemente uno più uno e mi chiederà subito di farsi curare a Roma.
Mi sembra, signor Presidente, di sentirla mentre mi dice (vorrei usare una frase nella lingua veneta, come è ormai consuetudine nell'Assemblea): «Con tutti sti schei, ghe sarà ospedali chi pare Las Vegas e dotori che anca da tuto el mondo i riva per farse curare in Lazio o in Campania».
Invece, il buonsenso di una persona anziana dovrà fare i conti con la realtà; leggendo i giornali, accendendo la televisione, ascoltando i telegiornali (più o meno satirici), si renderà conto che la realtà è un'altra. La realtà è la seguente: nonostante tutti gli sperperi e tutti i quattrini utilizzati, la sanità del Lazio non rappresenta certo un fiore all'occhiello! Questa è la realtà che fa «schiumare» di rabbia il nord!
Il provvedimento in esame deve essere fortemente criticato, oltre che nella sostanza, anche nella forma. Si tratta di un provvedimento in buona sostanza incostituzionale. Innanzitutto, essendo un decreto-legge, manca del fondamentale requisito di necessità e di urgenza prescritto dall'articolo 77 della Costituzione (come è stato ripetuto anche nei giorni scorsi). Inoltre, esso viola ben cinque articoli della Costituzione: l'articolo 117 sul riparto della potestà legislativa, l'articolo 97 sul principio del buon andamento della pubblica amministrazione, l'articolo 77 (come già ricordato) sui requisiti di necessità ed urgenza, l'articolo 3 sul principio di uguaglianza tra i cittadini (sul quale mi soffermerò nel seguito del mio intervento) e l'articolo 32 sul diritto alla salute.
Signor Presidente, l'articolo 3 della Costituzione garantisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, ma, ancora una volta, con il provvedimento in esame tale principio non viene rispettato. Si palesa, infatti, che in questo Paese esistono cittadini di serie «a» e cittadini che vengono considerati «servi della gleba», buoni solo per fare gli schiavi, senza uguali diritti, ma con molti più doveri, cittadini neppure di serie «b» ma di serie «c»!
Signor Presidente, tutto ciò può essere sintetizzato con una sola parola...

PRESIDENTE. La invito a concludere!

ALBERTO FILIPPI. ... una parola che mette i brividi: razzismo! I provvedimenti che contengono, invece del principio della meritocrazia, quello della disuguaglianza e del razzismo non devono essere approvati.Pag. 7
Concludo, rilevando che ogni Stato, ogni comunità, come anche ogni azienda o regola economica, perché funzioni, si deve basare sul principio della meritocrazia. Alcune aziende, alcuni Stati hanno basato la loro gestione prescindendo da tale principio. Uno di questi Stati si chiamava «Unione Sovietica»! Oggi, nel mondo, a pensarla in tal modo, cioè prescindendo dall'agire in base al principio della meritocrazia, sembra che sia rimasta soltanto questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.

MARINO ZORZATO. Signor Presidente, il provvedimento in esame è preoccupante, se solo leggiamo il titolo: «Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario». Se ci riferiamo agli anni 2001-2005, dovremmo capire dove sia l'urgenza dopo sei anni di ritardo. Inoltre, tali disavanzi sono riferiti solo ad alcune regioni e anche questo ci preoccupa un po'. D'altra parte, nel titolo si utilizza la parola «selettivo» e coprire selettivamente il disavanzo di alcuni, a nostro avviso, penalizza certamente altri.
L'articolo 1 prevede il concorso dello Stato con uno stanziamento di 3 miliardi di euro per il ripiano dei deficit di alcune regioni, in deroga, secondo quanto sancito dal testo del decreto-legge, alla normativa vigente. Già quando si parla di deroga alla normativa vigente, «gatta ci cova», qualcosa non va. Tale deroga, infatti, prevede il ripiano di tali disavanzi a carico delle regioni; ciò significa che qualche regione ha sforato, ma che dovranno ripianarne il passivo tutti i cittadini di altri territori. Ma perché si è passati da un sistema di controllo e contenimento degli obiettivi - come avevamo previsto nelle leggi finanziarie della scorsa legislatura con il Governo Berlusconi e con il ministro Tremonti, quando avevamo introdotto i meccanismi sanzionatori in caso di mancato raggiungimento di obiettivi e risultati ed i meccanismi premiali per il raggiungimento di tali obiettivi - ad un sistema di condono mascherato?
Utilizzo la parola «condono», su cui tornerò più avanti, perché ho l'impressione che il provvedimento in esame non sia altro che un condono mascherato. Avete sempre criminalizzato tale termine, accusandoci, in qualche circostanza, di aver utilizzato questo strumento. Il decreto-legge in esame, viceversa, dà un segnale contrario, in quanto penalizza le regioni virtuose. Chi si impegna ad amministrare bene ed a contenere la spesa, siglando un patto con i propri cittadini, con la promessa di una buona gestione delle fiscalità per la realizzazione di una buona sanità, è in questo caso penalizzato. Vengono, invece, incentivate le regioni «spendaccione» che nel patto con i cittadini li invitano a non preoccuparsi, perché tanto qualcuno pagherà.
Fossero poi regioni che hanno una sanità efficiente! È vero che la sanità italiana è tra le migliori d'Europa e del mondo, ma come media e non nel suo complesso. Le regioni che stanno sforando pesantemente i conti dello Stato e che chiedono a tutti noi di pagare i loro debiti sono quelle che hanno una cattiva sanità. I loro cittadini, infatti, vanno poi a curarsi nelle strutture sanitarie delle regioni virtuose.
Signor Presidente, c'è qualcosa che non va: questo Governo deve preoccuparsi non di ripianare tali debiti, ma di chiudere qualche struttura sanitaria che produce costi senza fornire servizi sanitari! La contraddizione di questo Governo verso se stesso è mastodontica. Chi leggeva il DPEF presentato nel luglio 2006 e le prime dichiarazioni del ministro Padoa Schioppa notava tra gli obiettivi primari il contenimento della spesa sanitaria mediante riforme strutturali. Viceversa, il primo provvedimento assunto è stato quello di spendere parte del famoso «tesoretto» - questa è la realtà vera - per pagare i debiti di regioni che hanno votato per Prodi.
Infatti, parliamoci chiaro, il ripiano in esame non è per tutte le regioni, ma per quelle che vi hanno dato i voti per vincere. Oggi state quindi pagando un debito elettorale, Pag. 8incentivando gli altri cittadini d'Italia a non credere più in voi, e non c'è niente di peggio che insinuare nel cittadino il dubbio che, forse, sarebbe opportuno modificare comportamenti virtuosi, inducendolo in qualche modo a fregarsene di uno Stato che non rispetta il cittadino stesso.
L'unico principio di fondo del decreto-legge in esame è premiare le regioni e gli amministratori che non hanno svolto il loro dovere e non hanno saputo amministrare bene. Sembra, anzi, che tale decreto-legge inviti i governatori a non preoccuparsi nel contrarre debiti. È come se gli venisse detto: quanto più create una voragine e siete inefficienti, tanto più lo Stato interverrà, perché tanto ci avete votato!
Bisogna chiedersi il motivo per cui il Governo, dopo aver sottoscritto un patto per la salute con tutte le regioni per gli anni 2007, 2008 e 2009, nel quale si è stabilita l'entità delle risorse disponibili e la loro distribuzione, dopo qualche mese, trova, nasconde e mette da parte un flusso netto di circa 3 miliardi di euro, destinandolo solamente ad alcune regioni. Mi pare un comportamento radicalmente diverso dall'impostazione seguita nei nostri cinque anni di Governo.
Nel precedente Governo, infatti, il ministro Tremonti, affrontando con coraggio molte critiche, nell'obiettivo di ripianare i debiti dello Stato e rendere più efficiente la pubblica amministrazione, emanò un decreto esemplare; contestualmente, inviò, nel giugno del 2002, una lettera alla Corte dei conti e alle banche con la quale queste ultime venivano diffidate, in forza dell'articolo 119 della Costituzione, dal concedere crediti ad amministrazioni pubbliche a copertura di deficit di gestione. È quindi evidente la differenza tra i due comportamenti, il nostro e il vostro.
Voglio ricordare ai colleghi e al Governo che le regioni Veneto e Lombardia hanno presentato un ricorso alla Corte costituzionale avverso questo decreto, sollevando una questione di costituzionalità. Oltre alla mancanza di trasparenza, i due governatori lamentano che è stato disatteso l'accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-regioni.
Siamo d'accordo che lo Stato interviene a posteriori per sanare i debiti nascosti di regioni poco virtuose; tuttavia, che senso ha che alcune regioni virtuose, come il Veneto o la Lombardia, tassino i propri cittadini per garantirsi una sanità efficiente? Che senso ha che stipulino patti con i loro cittadini - con i quali si espongono anche sul piano elettorale (tenendo conto, peraltro, che, quando si aumenta la pressione fiscale, non c'è sempre un ritorno elettorale positivo) - quando poi altre regioni seguono comportamenti diversi? Che senso ha, ancora, mantenere in alcune regioni una sanità efficiente, dando vita al fenomeno dei cosiddetti «pellegrinaggi della salute» (sono 100 mila le persone che vengono a curarsi in Veneto da altre parti d'Italia), quando poi dobbiamo sostenere spese aggiuntive a causa di una sanità mal gestita in altre regioni? Inoltre, che senso ha garantire le cosiddette «corriere della salute» e contemporaneamente dover pagare per la cattiva gestione sanitaria delle altre regioni? C'è qualcosa che non va, ovvero un diverso comportamento del Governo e dello Stato nei confronti dei cittadini delle varie regioni.
Il ministro Turco, peraltro, afferma che questo provvedimento sottrae sovranità alle regioni poco virtuose e centralizza il controllo. Ma come, le regioni spendono, contraendo debiti, e l'unico potere che sottraiamo loro è proprio la responsabilità di pagare i debiti? In altri termini, paghiamo i loro debiti? Mi sembra che c'è qualcosa che non va e che, come si dice dalle nostre parti, ci stiamo prendendo per i fondelli!
L'articolo 119 della Costituzione esclude ogni garanzia dello Stato sui prestiti contratti dagli enti territoriali per le spese correnti. In questo caso, però, non solo garantiamo, ma paghiamo; quindi, facciamo addirittura di peggio! Gli stessi colleghi dell'opposizione in diversi interventi svolti nelle Commissioni riunite hanno sollevato obiezioni sulla conversione di questo decreto-legge. Ricordo, a Pag. 9tale proposito, la collega Zanella dei Verdi, che, di certo, non è sospettabile di essere di parte, la quale ha sostenuto che non ha senso che il Veneto aumenti l'imposizione fiscale per rendere migliore la sanità a carico dei suoi cittadini quando poi alla fine tutti noi paghiamo i debiti delle regioni che non seguono questo comportamento.
Inoltre, stiamo parlando di un provvedimento che, oltre a ripianare i debiti, non si preoccupa di chi li ha contratti: gli amministratori, i politici o i tecnici. Se il decreto-legge ripianasse i debiti colpevolizzando chi li ha contratti, mettendoli alla gogna - intendo dire, Presidente, una gogna politica -, sospendendoli dalle loro funzioni, rimuovendoli dalle funzioni dirigenziali esercitate negli ospedali dove sono stati contratti questi debiti e mandandoli finalmente a casa, allora si potrebbe sostenere che si tratterrebbe di un provvedimento «tampone». Un provvedimento che, pur pagando i debiti, punisce i mal governanti e, in tal caso, ci si potrebbe, per così dire, anche turare il naso. Invece, non è così: paghiamo i debiti, ci teniamo quei politici e quegli amministratori in quelle regioni che li votano. Signor Presidente, c'è qualcosa che non va!
Ci avete accusato, per anni, di condonare per fare cassa per lo Stato, mentre tutti i cittadini pagavano. Il vostro primo provvedimento vero è volto però anch'esso a fare condoni, per le «vostre» regioni: spendete il cosiddetto «tesoretto», spendete la cassa di tutti noi per pagare i debiti contratti da voi. Altri due provvedimenti come questo e il «tesoretto» sparirà! Da voi, chi sbaglia viene premiato, mentre chi paga (i cittadini) e ben governa le regioni viene penalizzato. Da voi, chi sbaglia, ovvero gli amministratori e i gestori di queste aziende, non paga.
Ma vi rendete conto che alcune parti d'Italia chiedono più di altre il federalismo fiscale? E lo chiedono da anni! Alcune parti d'Italia più di altre soffrono queste ingiustizie. Leggendo la stampa - ed è ormai stampa nazionale -, si apprende che alcune popolazioni del nord, strette tra tali ingiustizie del Governo centrale (quella di oggi è palese) ed il perdurare dell'antistorico stato di privilegio delle regioni a Statuto speciale, stanno facendo esplodere il loro malcontento con referendum separatisti. Tali popolazioni non ci ascoltano più, non ci credono più, stanno seguendo il denaro e gli interessi. Hanno ragione perché non riusciamo più a difenderle, non c'è uno Stato giusto, non c'è giustizia fra popolazioni italiane. Stiamo oggi inducendo questi popoli a ritenere di non potersi fidare dello Stato!
Rispetto al tema del federalismo fiscale, che tutti noi vorremmo - ma alcuni solo a parole -, voi pretendete di costituire, nell'ambito dell'accordo Stato-regioni, un fondo di perequazione a favore delle regioni più deboli. Si tratta di un fondo sociale su cui tutti concordiamo; voi volete, però, che tale fondo sia gestito da questo Stato: non, quindi, con un accordo tra le regioni, secondo un principio di compartecipazione alla spesa e di verifica dei conti. Costituite il fondo sociale e il fondo perequativo ritenendo che le solite regioni lo finanzino e lo costituiscano e che le solite altre regioni ne usino come previsto nel decreto-legge in esame. Ma chi decide le modalità? Lo Stato, questo Stato, che dà i soldi, non controlla come si spendono e sembra quasi dire: spendeteli tutti, spendetene di più, tanto i debiti, come si dice da noi, li paga Pantalon!
Qualche giorno fa il Governo, nella persona di un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, si è recato in Veneto per verificare il malessere sociale di questi territori che stanno organizzando, giorno per giorno, il referendum per appartenere al Trentino, dove si pagano le tasse ma si usano gli introiti relativi a quella regione. I veneti, invece, pagano le tasse ma il gettito finisce a Roma. Poi, vediamo come lo usate!
Il Governo ha predicato bene promettendo di essere attento a tali esigenze e riconoscendo che il tema è serio, dato l'obiettivo di giungere al federalismo fiscale e quindi alla permanenza sul territorio del gettito delle tasse. Il Governo, insomma, ha fatto bei discorsi, ma lo Pag. 10stesso Esecutivo, nella persona del sottosegretario Letta, mentre appunto in Veneto predica bene, a Roma oggi legifera in maniera tale che si può sostenere che invece razzoli male.
Peraltro, i ragionamenti che risultano dalla stampa li nascondete bene. La gente però è stanca dell'ipocrisia e delle bugie. Mi riferisco al nord, da cui provengo, ma osservo che tutti gli italiani sono stanchi del malgoverno e del fatto che qualcuno paghi le tasse e qualcuno no e della circostanza che taluno spenda bene i soldi e talaltro no. Soprattutto, quanto non è accettabile è che, in qualche regione virtuosa, i cittadini paghino - e poi controllino (ma anche in tali luoghi li si rende, per così dire, «arrabbiati») - ricevendo tuttavia dei servizi discreti mentre da qualche altra parte si paga meno, si ottiene di più, si fa pagare i debiti e si ricevono anche servizi scadenti.
Presidente, uno Stato serio, che consideri le regioni e i suoi cittadini tutti uguali, si preoccupa di migliorare i servizi e di penalizzare gli amministratori e i dirigenti....

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARINO ZORZATO. Termino, Presidente. Il tema non è pagare i debiti, ma rimuovere coloro che li hanno causati; il tema è convincere i loro cittadini che potranno essere governati meglio. Andando avanti così, a mio avviso, saranno sempre governati male (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, onorevoli deputati, il provvedimento che da ieri stiamo esaminando - sotto vari aspetti, anche perché la materia è piuttosto complessa - è una sorta di sanatoria per alcune regioni «clandestine», ovvero un condono. Alla faccia di quelli che non volevano fare i condoni! Sono previsti 3 miliardi di euro, ossia circa 6 mila miliardi delle vecchie lire, per ripianare il disavanzo sanitario accumulato da alcune regioni, fondamentalmente quattro, a partire dal 2002 fino al 2005: esse accedono già al fondo transitorio, istituito dalla legge finanziaria per il 2007 e hanno applicato - o dovrebbero averlo fatto - i massimi livelli di addizionale IRPEF ed IRAP e dispongono, inoltre, di ulteriori strumenti di prelievo diretto.
Ci si chiede, pertanto, perché nel nostro Paese ci siano regioni alle quali è concesso di continuare a creare «buchi» che continuiamo a coprire e perché ci siano, invece, regioni che, cercando di essere responsabili, non provocano «buchi» e non chiedono di coprirli. Forse, la risposta vera è quella che da parecchi anni la Lega, in quest'Assemblea, sta sostenendo: l'Italia, una e indivisibile, così come voi la intendete e così come ritenete che sia, non esiste. Quell'Italia non esiste! Esistono invece sette, otto o, forse, quindici Italie diverse: ci sono regioni autonome che, per fortuna loro, hanno modo di prelevare alla fonte, trattenere i loro soldi e reinvestirli per i loro cittadini. Ci sono regioni virtuose che, dovendo rispettare il patto di stabilità, compiono sforzi adeguati per rispettarlo; ci sono, invece, le cosiddette «regioni furbe» che considerano «carta straccia» i patti di stabilità stessi perché consapevoli del fatto che, di fronte ad uno Stato debole e ad un Governo ancora più debole, basta fare «buchi» di bilancio, tanto qualcuno li ripiana.
Ma se c'è la «banda Bassolino» - e mi ricordo che c'è anche «nonno Bassotto» -, una domanda dobbiamo porcela: con riferimento a quanto succede in Campania con la questione dei rifiuti, io, da uomo del nord, da «nordista», mi sento preso in giro almeno dagli ultimi sette o otto anni di gestione. Continuiamo ad assistere tutti gli anni all'emergenza rifiuti creata apposta perché poi i Governi creano l'emergenza, portano soldi e attorno a quei soldi qualcuno «mangia» e qualcun altro si «foraggia» la campagna politica. Non si può andare avanti così, perché ci sono regioni che invece devono costruire gli impianti di smaltimento e fare i conti con i loro elettori. Addirittura, ci sono comuni Pag. 11nella provincia di Treviso che, spendendo tanti soldi e non facendo business, effettuano, unici esempi in tutto il Paese, una raccolta porta a porta, che è premiante; loro sì che sono più virtuosi. Ma perché, se è vero che tutti dovrebbero agire così, ci sono regioni e province che non lo fanno?
Anche per quanto riguarda la sanità, ritroviamo come esempio la Campania e credo che al riguardo stia passando un concetto pericoloso. Dianzi mi riferivo alle regioni autonome; ebbene, non lamentatevi (sicuramente io non lo farò) se in alcuni enti territoriali - per adesso si tratta di comuni, ma poi si tratterà di province, come quella di Rovigo, o di regioni o, addirittura, di macro-regioni, come la Padania -, ad un certo punto, la gente si stanca di sentire continuamente chiacchiere, promesse di federalismo, cambiamenti, riforme mentre poi, alla fine, tutto ciò non arriva mai. Se Asiago o Lamon, con qualche altro comune, cominciano a chiedere di passare in Trentino una ragione ci sarà ed è la stessa per cui dieci anni fa - esattamente oggi è la ricorrenza - alcuni veneti decisero di lanciare un messaggio, un grido d'allarme: lo fecero in maniera un po' naif, artigianale, ma per quanto mi riguarda fu un grande segnale, un grande momento di rivalsa di un popolo che non ne poteva più. Salirono sul campanile di San Marco e furono soggetti ad un tentativo di repressione statale, che credo abbia portato solo danni e non benefici allo Stato. Qualcosa, infatti, non funziona nel nostro Paese se, mentre i criminali vengono portati in carcere e rilasciati con l'indulto dopo due mesi, si fa fare più di un anno di isolamento in carcere ad un gruppo di persone che ha voluto solo rivendicare la propria identità veneta, salendo con la bandiera veneta su un campanile. Questo è anche uno dei motivi per cui continuo a sostenere, lo ribadisco per la seconda volta, che l'Italia non esiste. Esistono tante Italie e dovrebbero forse esistere tanti Governi. Per quanto mi riguarda, infatti, stando alla legittimazione conferita dal voto popolare, non esiste neanche questo Governo. L'ho detto il primo giorno che sono intervenuto: siete illegittimi! Finché non verranno effettuati i calcoli reali, tenendo conto anche di quanto successo con le schede in Emilia-Romagna, per me Prodi è Presidente del Consiglio sub iudice, così come il Presidente della Repubblica Napolitano, in quanto eletto da queste Camere.
Bisogna cercare di fare chiarezza su questa vicenda, in quanto ci sono sicuramente passaggi poco trasparenti e perequazioni poco logiche. Se, infatti, confrontate gli introiti derivanti dal prelievo sul territorio e poi valutate le risorse a disposizione delle varie regioni dopo la perequazione poco logica e trasparente dello Stato nazionale scoprite che le regioni che avevano più soldi pro capite da spendere in sanità per i loro cittadini risultano essere agli ultimi posti. Si rovescia completamente il rapporto.
Se andassimo a verificare la situazione anche in base ai parametri dell'evasione regione per regione, che sono difficili da poter accertare, vedreste che le regioni che meno pagano hanno più soldi pro capite per i propri cittadini, mentre quelle che di fatto sono più regolari ne hanno meno.
Queste ultime, tuttavia, riescono, ciò malgrado, a mantenere una sanità in ordine ed a fare in modo che i cittadini delle altre regioni del Paese vengano a curarsi al nord. Ciò in quanto, nonostante tali grandi buchi, evidentemente la sanità in Campania o in Sicilia, dove è difficile anche determinare il deficit reale, non funziona. Torna, quindi, per la terza volta, l'argomento, quasi uno spettro - so infatti che vi dà fastidio, ma è anche uno dei motivi per cui siedo in Parlamento - che l'Italia non esiste. Se, quindi, l'Italia non esiste, mentre esistono tre regioni che detengono il 63 per cento del deficit che oggi si intende ripianare con i 3 miliardi di euro stanziati dal provvedimento, ben capite che qualcosa in questo Paese non funziona.
Con riferimento agli argomenti ascoltati ieri, e che vengono spesso svolti in questa Assemblea, occorre una puntualizzazione: Pag. 12si chiama sempre FF, ma non è il federalismo fiscale, bensì la «fregatura fiscale» di questo Governo.
Posso accettare tutto, di dialogare o discutere all'infinito sulle riforme possibili anche in materia fiscale, ma non sono più disposto ad accettare che si spacci per federalismo fiscale ciò che federalismo fiscale non è. Non so se questo Governo abbia mai approfondito, se l'abbia mai fatto in maniera seria e concreta, come funzioni uno Stato federale. In uno Stato federale, vi è un foedus, che vuol dire patto-unione, che si stipula tra entità divise. Uno Stato federale nasce così! Entità divise che si siedono attorno ad un tavolo e decidono di unirsi in base a un patto nel quale lo Stato centrale non è mai colui che comanda. Sono invece le singole entità del patto federale che insieme decidono. Questo è uno dei grandi principi di democrazia. Perdemmo il grande treno, nel diciannovesimo secolo, con buona parte della classe politica - da Cattaneo a Proudhon a Ferrari - che ci aveva avvertito della necessità di unire ciò che era diviso non dall'alto, in maniera centralista, applicando poi magari il regime prefettizio di Napoleone, ma invece partendo dai popoli, partendo dalle realtà, dalle diversità che costituiscono un grande valore aggiunto.
Qui oggi stiamo ragionando esattamente in maniera opposta. Il danno fu fatto allora e dal 1861 ad oggi di tempo ne è passato. Stiamo ora cercando di ragionare per fare un passo indietro e ciò riguarda in particolar modo proprio la sanità. Lo ricordo perché abbiamo perso una grandissima occasione quasi un anno fa, con il referendum sulla devolution. Credo che questa sinistra abbia fatto votare contro solo ed esclusivamente perché altrimenti il Governo Prodi sarebbe caduto. Invece, secondo me, abbiamo perso un grande treno.
Prodi promise che, se non fosse passato il referendum, entro pochi mesi avrebbe iniziato lui a fare le riforme, ma è passato un anno e di riforme neanche abbiamo cominciato a parlarne seriamente. Questo è un Paese che ha bisogno di cambiare in maniera veloce, altrimenti non lamentatevi se c'è qualcuno che pensa di andare in Trentino o se qualcuno sventola la propria bandiera rischiando anche il carcere: la gente quando è veramente stanca e non vede un segnale di cambiamento da parte dello Stato, legittimamente cerca di dimostrare in tutti i modi che il cambiamento, se nessuno glielo regala, cerca di prenderselo.
Lo Stato deve cercare di evitare ciò, deve cercare di intervenire prima. Se uno Stato federale non c'è ed occorre compiere un passo all'incontrario, allora facciamolo questo passo! Realizziamo il decentramento, la devolution!
Dove sta la «fregatura fiscale» che state compiendo? Esattamente nel fatto che, se fossimo in uno Stato federale, vi sarebbero venti regioni, tipo il Trentino-Alto Adige, dove i soldi vengono chiesti ai cittadini (il 90 per cento delle tasse, il 75 per cento dell'IVA ed accise regionali e provinciali). Questi soldi, però, arrivano e si fermano a Trento ed essi saranno spesi per i cittadini residenti nei comuni e nel territorio di Trento. Non bisogna dunque elemosinare allo Stato, perché ciò che a quest'ultimo serve già glielo diamo, per il resto, si pensa alla gente.
Potremmo avere venti regioni così se fosse un'Italia e se non fosse vero l'assioma che ho citato all'inizio del mio intervento, cioè che l'Italia non esiste. Se tutto ciò fosse vero, avremmo venti regioni, tipo il Trentino, ed avremmo uno Stato federale e sarebbe vero quanto il Ministro Chiti, pochi giorni fa, pochi mesi fa, ha sostenuto a Reggio Emilia in tema di riforme, vale a dire che ci vuole un Parlamento più snello e più giovane e con meno parlamentari e che occorre ripensare al ruolo del Senato, magari ad un Senato delle regioni. Signori, ciò è esattamente la devolution! Voi l'avete voluta bocciare e adesso state cercando di farla voi, con il guaio e il rischio di perdere almeno cinque o dieci anni di tempo, mentre se l'avessimo approvata prima, dato che sarebbe entrata in vigore nel 2011, si sarebbe potuta aggiustare se non vi piaceva, ma intanto le riforme sarebbero passate e sarebbe iniziato un grande Pag. 13percorso di cambiamento nel Paese. Abbiamo perso una grande occasione, di cui siete pienamente responsabili.
Noi siamo ancora qua e, rappresentando la gente del nord, che è stanca, sentiamo il dovere di non mollare e di continuare a pungolare perché tali riforme siano realizzate. Siamo ancora qua a spingere questo benedetto Parlamento affinché le compia.
Con il provvedimento in esame voi fate esattamente il contrario. Qui non c'è federalismo fiscale. Nella legge finanziaria avete detto: lo Stato prende cento e cento ci teniamo; anzi, poiché avete aumentato le tasse, prelevate 130 e ve li tenete tutti. Alla gente, a livello comunale, provinciale e regionale, non date nulla. Questo non è federalismo, questo è un centralismo bieco! Avete fatto, però, la «furbata», che dura finché c'è qualcuno che vi crede. Dopo, al momento di presentare la dichiarazione dei redditi o di pagare l'ICI, la gente comincerà forse a rendersene conto. Voi avete attribuito facoltà a sindaci, province e regioni di aumentare alcune tasse, ma questo non è federalismo fiscale, questo è semplicemente un aumento indiscriminato e criminale, dal punto di vista politico, delle tasse. Il federalismo fiscale è un'altra cosa: cento di tasse, non si aumentano, ma cinquanta non sono destinate più a Roma in quanto rimangono direttamente sul territorio.
Non possiamo, una volta che abbiamo dato cento, che diventano centotrenta, venire a elemosinarvi ogni volta le briciole e vedere che i panettoni, non le briciole, vanno a coprire i soliti «buchi» dei soliti amici della banda «Bassotti-Bassolino». Ricordo che quest'ultimo fu invitato dalla sinistra reggiana, a Reggio Emilia, a spiegare a noi reggiani come si risolve il problema dei rifiuti. Credo che ci voglia faccia tosta, ipocrisia e anche un po' di malafede.
Non so cosa aspettiate a procedere ad un commissariamento della regione Campania, che sarebbe quanto mai indispensabile visto che questi patti di stabilità e le regole non vengono rispettate. A tale riguardo, lo ricordo, ho anche presentato un'interrogazione parlamentare, la cui risposta rimetto alla vostra bontà, dato che finora non mi è pervenuta. Dico ciò, in particolare, al sottosegretario dei Verdi, onorevole Cento, oggi presente in aula, il quale dovrebbe essere attento a queste tematiche. Voi, al contrario, preferite la spazzatura per strada, l'emergenza continua, una sanità che continua a chiudere buchi. È questa una politica ambientalista o comunque di responsabilità di sinistra riformatrice? No, questa è una politica da democristiani; è una politica da mantenimento di prebende, di appalti, di soldi, di gestione politica, che penso nulla abbia a che fare con il nostro Paese!
Il nord non ci sta, l'Italia non esiste! Concludo, con una frase di un politico francese, che da oggi in poi cercherò di utilizzare spesso - Gambetta -, facendo però una parafrasi: guardate, tra questo schifo di Paese e la Padania libera, il Governo Prodi è solo un ponte, e noi ci cammineremo sopra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Verro. Ne ha facoltà.

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Intervengo su questo provvedimento per esprimere il giudizio fortemente negativo del mio gruppo, elencando alcune ragioni relative al pregiudizio di costituzionalità dello stesso, che appare inopportuno nei modi di applicazione e che ha l'obiettivo, come è noto, del risanamento o del presunto risanamento, strutturale dei servizi sanitari regionali sistematicamente in disavanzo. Mi riferisco in via preliminare all'articolo 1, in particolare al «mostruoso» comma 3, che prevede testualmente: «Nelle regioni interessate dal presente decreto, per garantire il puntuale pagamento dei debiti accertati (....), per un periodo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive relativamente ai debiti sanitari di cui al presente decreto nei confronti dei soggetti debitori ed i pignoramenti eventualmente Pag. 14eseguiti non vincolano gli enti debitori ed i tesorieri». Il Governo si rende conto della incostituzionalità di questo comma che ostacola palesemente la realizzabilità del diritto all'effettiva tutela giurisdizionale costituzionalmente garantita? A fronte di un diritto fondamentalmente riconosciuto e garantito dalla nostra Repubblica, quello di consentire a tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, con la conseguente sancita inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, si rende così vulnerabile il dettato costituzionale. Ciò grazie ad un meccanismo ingiustificato né giustificabile, che vorrebbe sospendere per dodici mesi ogni possibilità di agire esecutivamente per i crediti maturati nel quinquennio 2001-2005, riconosciuti giudizialmente ed oggetto di provvedimenti e sentenze di condanna delle ASL. Tra l'altro, non vi siete limitati a comprimere per dodici mesi il diritto difensivo, ma siete intervenuti retroattivamente su diritti sostanziali accertati giudizialmente. Questa è l'intenzione del Governo in spregio dei fondamentali diritti e dei principi che reggono il nostro ordinamento, il quale implica certezza di diritto, la sua realizzazione e la sua eguaglianza, quali condizioni primarie intimamente legate all'essenza stessa dello Stato, garantito dai tribunali che costituiscono le fondamenta sulle quali lo Stato di diritto si basa. A questo voi contrapponete il mero arbitrio dei poteri statali.
Se ci mettessimo nei panni dei magistrati ci sentiremmo frustrati se entrasse in vigore questo provvedimento, in quanto sminuirebbe l'operato di chi, facendo il proprio dovere, applica le leggi. Non sottacciamo, inoltre, la palese violazione della norma comunitaria, in particolare la direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, recepita dallo Stato italiano con il decreto legislativo del 9 ottobre 2002, n. 231, in tema di contratti tra imprese e pubblica amministrazione, con il dichiarato obiettivo di contrastare i ritardi di pagamento nel mercato interno.
Il provvedimento che vi accingete ad approvare viaggia in direzione diametralmente opposta ai principi ispiratori della direttiva comunitaria e della stessa legge di recepimento. Create, infatti, i presupposti di instabilità del sistema sanitario mettendo in crisi i fornitori del sistema stesso che, proprio per garantire la continuità delle proprie prestazioni, sono stati indotti dalla pubblica inadempienza a ricorrere sistematicamente al credito loro concesso, non solo sulla base delle rispettive e personali affidabilità, ma anche e soprattutto sulla base della convinzione della corretta applicazione delle norme vigenti e quindi sulla vigenza di uno Stato di diritto.
Appare opportuno quantomeno un chiarimento da parte del Governo in ordine ai possibili profili di incompatibilità della sospensione delle procedure esecutive rispetto alla disciplina comunitaria in materia di transazioni commerciali; profili che, qualora riconosciuti come sussistenti, potrebbero comunque determinare nuovi e maggiori oneri non previsti.
Ribadisco che, l'attivazione di procedure di infrazione nei confronti dello Stato italiano, potrebbe determinare riflessi finanziari non previsti in termini di sanzioni, spese legali e interessi.
Voglio poi sottolineare come siffatta situazione di deficit di disavanzo, è stata già prevista dal legislatore con la legge 30 dicembre 2004, n. 311, che al comma 174 prevede che le regioni, ove si prospetti sulla base di un monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adottino i provvedimenti necessari a pena di un loro commissariamento.
Prima di scaricare l'onere sui privati, perché non si utilizzano gli strumenti legislativi già presenti? Non è forse vero che qualche mese fa con la legge finanziaria si è già provveduto con un fondo straordinario a sostenere le regioni in deficit strutturale? Scoprire oggi, a pochi mesi di distanza, che in il «buco» esiste e persiste, ci lascia veramente sgomenti. Ancora più perplessi ci lascia la soluzione adottata dal Governo per recuperare la copertura dell'onere derivante dalla riduzione del ticket, andando a colpire, quasi Pag. 15in modo indiscriminato, alcune autorizzazioni di spesa, le risorse del Fondo per le politiche per la famiglia, quelle del Fondo per le non autosufficienze, quelle del Fondo per le politiche giovanili e quelle del Fondo unico per lo spettacolo, quasi si trattasse di «figli di un Dio un minore». D'altronde, a me pare che a questo Governo non interessano le politiche sociali a sostegno dei cittadini contribuenti. Anche qui, mi sembra opportuno che il Governo confermi che il loro utilizzo non pregiudica la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle suddette risorse.
Vorrei segnalare ancora che la clausola di copertura non appare, sotto il profilo formale, formulata in modo corretto, in modo particolare laddove non richiama le autorizzazioni di spesa nell'entità stabilita dalla tabella C allegata alla legge finanziaria per l'anno 2007, neppure laddove fa un generico riferimento alla riduzione dell'autorizzazione di spesa, anziché all'utilizzo delle risorse previste quando si hanno ad oggetto fondi.
Vorrei poi sottolineare quanto sia negativo - su questo tema si è soffermato molto bene il collega Zorzato - e controproducente l'effetto di incentivo a comportamenti non virtuosi che scaturisce da questo provvedimento, che produce profili di profonda iniquità e di ingiustizia, nonché disparità di trattamento tra regioni virtuose e regioni invece che non hanno saputo o voluto gestire con criteri di razionalità ed efficienza la spesa sanitaria.
Paradossalmente, si finisce così per favorire le regioni nella quali le spesa sanitaria non è stata tenuta sotto controllo, finendo per fornire indicazioni, alle regioni più attente ai profili finanziari, che in futuro potrebbero rivelarsi devastanti per il bilancio dello Stato.
Vorrei spendere poche parole sull'annoso problema del ricorso allo strumento dei decreti-legge. Qui la forzatura è evidente e bene ha detto l'altro giorno il collega Garavaglia quando ha affermato che il Presidente della Repubblica non potrà firmare questo «mostro giuridico», in quanto con questo provvedimento andato a sanare un «buco», generato nel periodo 2001-2005 dalle regioni non virtuose per le quali, come dicevo prima, pochi mesi fa con la finanziaria avete previsto un sostegno con un fondo straordinario.
Siamo profondamente convinti che non vi era bisogno alcuno di intervento, peraltro a mio modo di vedere non risolutivo, da parte dello Stato. A maggior ragione laddove, riguardo al provvedimento d'urgenza, si sia agito in palese violazione di diritti e principi fondamentali a scapito, in primo luogo, dello stesso Servizio sanitario nazionale che pure rientra tra le primarie garanzie di cui lo Stato si è fatto carico, conseguentemente a scapito dei fruitori di questi servizi, cioè i cittadini utenti, in particolare quelli delle regioni oggetto di questo provvedimento, sempre più in balia, purtroppo, dei disservizi sanitari acuiti ancor di più dai recenti fatti di cronaca degli ultimi giorni, che sono purtroppo la foto di un Servizio sanitario che in alcune regioni sembra proprio al collasso e figlio di un caos organizzativo e programmatico veramente spaventoso.
Per tali motivi, che aggiungo a quelli che hanno fornito i miei colleghi, preannuncio che il voto del gruppo di Forza Italia su tale provvedimento sarà contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, il Governo forse farebbe meglio a rispondere alle eccezioni che gli vengono continuamente mosse perché esse meritano oggettivamente una risposta. In tal modo avrebbe a disposizione armi meno spuntate nei confronti del nostro atteggiamento, da qualcuno definito ostruzionistico, ma che certamente non è tale. Il Governo non può, con un'operazione che a dir poco potrebbe essere definita ardita, non replicare alle elementari eccezioni procedurali che sono state avanzate.
Prima di entrare nel merito delle questioni, ritengo che bisogna sottoporre all'attenzione Pag. 16del Governo e dell'Assemblea l'eccezione di natura costituzionale relativa al provvedimento in esame. Innanzitutto, consideriamo, sempre riguardo a questo provvedimento, che la forma è anche sostanza. Riguardo a tale aspetto sarebbe anche interessante una pronuncia della Presidenza in tema di procedibilità. Il provvedimento in esame, lo ricordo, è stato emanato dal Presidente della Repubblica che ne ha rilevato i requisiti di necessità e urgenza. La Costituzione, se non ricordo male, indica che i requisiti di urgenza e necessità siano rilevati non dal Presidente della Repubblica, ma dal Governo. Quindi, è il Governo a dover rilevare che ricorrono i requisiti di necessità ed urgenza, non già, lo ripeto, il Presidente della Repubblica. Questo è un meccanismo già di per sé strano.
A nulla rileva, inoltre, il fatto che esista una prassi costante indirizzata in tal senso secondo il principio amicus sum magistris sed magis vera amica est veritas. In altre parole, il maestro è la prassi consolidata di un organo istituzionale, quale la Camera, quando propone determinate proposizioni normative; ma la vera maestra è la verità, cioè maestra è la Costituzione ed essa prevede quanto ho appena affermato.
Il secondo problema è inerente al principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, secondo il quale tutti i cittadini hanno pari dignità e pari condizioni personali. Ciò detto, mi chiedo e chiedo una risposta specifica su questo punto. Come si può pensare che un cittadino sia pari ad un altro quando si determinano le seguenti due situazioni diverse: un cittadino di una regione investe dei soldi in tasse e ad esso viene fornito un livello di assistenza sanitaria minima che però viene pagata anche dal cittadino di un'altra regione. Si tratta di una disuguaglianza grande quanto una casa: i cittadini di una regione si pagano i loro consumi, così come fanno i cittadini di un'altra regione; però, i consumi della prima sono a carico anche della seconda regione. Sostanzialmente si tolgono delle risorse ad una regione per darle ad un'altra. Siccome presuppongo che le risorse non sono rubate ma investite in attività amministrative a favore dei cittadini, ciò significa che sottraiamo risorse a taluni cittadini per darle ad altri, incidendo così sul diritto di uguaglianza dei cittadini. Trovo che ciò sia grave e mi aspetto una risposta in merito del Governo.
L'Esecutivo deve spiegarci come può emanare una norma di questo tipo a fronte della eccezione che ho appena sollevato. Il Governo ci deve dire se è tutelato il diritto di uguaglianza dei cittadini, ma non lo fa.
La seconda questione che intendo sollevare - cercherò di fare in fretta per non far perdere tempo all'Assemblea - è relativa alla difformità del contenuto del provvedimento in esame rispetto all'articolo 77 della Costituzione, con riferimento alla straordinaria urgenza.
Siamo di fronte alla stessa situazione in cui ci trovammo riguardo al provvedimento sulla città di Napoli in merito allo stato del decoro urbano. È evidente, perché problemi di tale sorta non nascono da un giorno all'altro, che non esisteva il requisito di urgenza per quanto riguarda la città di Napoli.
Nel caso del provvedimento in esame non ci troviamo di fronte a una città piena di spazzatura, ma a regioni che devono pagare i loro debiti. Quale straordinaria urgenza c'è nel pagare i debiti, nel pagarli prima o nel pagarli dopo? Se ci fossero delle cause in corso, delle pendenze, dei soggetti che minacciano di sospendere l'attività di assistenza sanitaria ai cittadini, forse potrebbe essere rilevata una qualche urgenza. Dal momento che non è così - non esiste cioè alcuna minaccia alla salute fisica dei cittadini -, l'urgenza dove sta, se non nel voler scegliere una via più breve e nel sottrarre al dibattito parlamentare il meccanismo di uscita da questo vicolo cieco?
Purtroppo - o per fortuna, non lo so - il procedimento fallimentare non può essere applicato alle regioni: la regione non può essere dichiarata fallita, e perciò continua ad andare avanti anche quando è evidente lo stato fallimentare. Non ho Pag. 17alcuna intenzione di dire, come alcuni miei colleghi, che il governatore debba andarsene a casa, perché magari egli ha ereditato i suoi problemi da quello precedente. Voglio semplicemente dire che occorre trovare un meccanismo che dia delle risposte a questi problemi. Altrimenti, è evidente che, se fossi il governatore di una regione e volessi fare propaganda elettorale o, comunque, catturare un consenso rispetto al mio predecessore - che è stato ligio a spendere quello che aveva e non di più - non dovrei fare nient'altro che dare la possibilità a tutti di ricoverarsi gratuitamente in clinica per sottoporsi ad operazioni chirurgiche. In altre parole, si garantirebbero sistemi di assistenza dispendiosissimi, tanto qualcun altro pagherebbe e, comunque, io non potrei essere sanzionato.
Torniamo al principio di uguaglianza, perché gli abitanti di alcune regioni avranno delle prestazioni che altri non hanno. Si dice che ricorre il requisito di urgenza. Ma dov'è l'urgenza? Tali questioni dovevano essere affrontate per tempo e il Parlamento avrebbe dovuto dibattere su di esse. Non si tratta certo di mettere il taccone al «buco» (c'è un «buco», andiamo a tacconarlo), quanto, di trovare un meccanismo tale per cui il «buco» non si crei più.
In questi giorni ho sentito più volte ricorrere la parola «virtuoso». Chiamiamolo così, diciamo che occorre trovare un meccanismo virtuoso per cui le regioni pagano e amministrano i propri denari nell'ambito delle risorse che hanno, e quando non le hanno, si dovrà ricorrere a una sanzione, che deve essere individuata (si potrà trattare di commissariamento o di decadenza).
Vorrei fare un esempio. Nel 1994 ricoprivo la carica di senatore durante il primo Governo Berlusconi. Relativamente alla regione Calabria si disse: questa è l'ultima volta che noi rinnoviamo il provvedimento relativo a 11 mila forestali. Sono passati governi di sinistra, di destra, del sud, certo non del nord: cosa hanno fatto? Hanno continuato più volte a rinnovare questo tipo di provvedimento, per un motivo estremamente semplice, perché voi capite bene che chi a livello di assistenzialismo ha in mano 11 mila posti di lavoro in Calabria, comanda. In un luogo dove non c'è lavoro, 11 mila posti di lavoro - vale a dire 11 mila famiglie che avranno mogli, figli, cugini e parenti - significano che, nel momento in cui vi fosse una competizione elettorale in Calabria, se si presentasse lo stesso Romano Prodi, perderebbe sulle preferenze personali nei confronti di chi ha 11 mila voti individuali in mano.
Ma è questo il modo di fare politica? Perché, poi, alla fine, tutti i nodi vengono al pettine: infatti, giochiamo finché vogliamo, ma quando avevamo una moneta, la lira, che poteva essere svalutata, si poteva fare quello che si voleva; invece, in una situazione europea dove l'euro italiano conta esattamente quanto quello francese e, soprattutto, quello tedesco, è evidente che queste cose non ce le possiamo permettere.
Dunque, questo problema deve essere discusso nell'ambito di un dibattito parlamentare, dove ognuno può dire la sua, e non nell'ambito di un procedimento di urgenza dove tutte le bocche sono necessariamente tappate. Possiamo intervenire sul complesso degli emendamenti, possiamo parlare, dall'altra parte tuttavia non ci sarà nessuno che ci sta a sentire. Si può instaurare solo un rapporto di forza, cosicché noi diciamo che il provvedimento non deve essere approvato e dall'altra parte dicono che deve passare, ma il risultato quale sarà? Non c'è un dibattito dal quale, con un po' di buona volontà, possa scaturire una soluzione al problema. C'è un problema che interessa gli italiani e, quindi, interesserà tutti i parlamentari, perché essi sono i rappresentanti degni di coloro che li hanno eletti (e qualora non fossero degni, è perché chi li ha eletti non è degno). Quindi, sono evidentemente frutto del popolo italiano e qui, in Parlamento, si discute per trovare una soluzione...
Signor Presidente non ho fretta.

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PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Cancrini di consentire al sottosegretario di ascoltare.

MATTEO BRIGANDÌ. No, vi prego, lasciatelo stare...!

PRESIDENTE. Onorevole Cancrini...

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, in tutta onestà, non ho fretta...!

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo scusa, onorevole Brigandì.

MATTEO BRIGANDÌ. Non c'è bisogno di scuse, se vuole continuare...

PRESIDENTE. Prosegua pure, onorevole Brigandì.

MATTEO BRIGANDÌ. Ero rimasto all'articolo 77 della Costituzione. Dunque, il Governo ci deve dire perché è stato attivato un meccanismo di urgenza, perché il 9 maggio 2007 sussiste il problema del 2001, quando non c'era neanche il Governo di sinistra. Quindi, era chiaro che il problema - ammesso che il Governo di sinistra sia stato indolente - sussisteva il 27 aprile dello scorso anno; da quel giorno ad oggi, con la vostra schiacciante maggioranza, ben potevate presentare un disegno di legge che risolvesse definitivamente la questione, con norme primarie e norme secondarie, con precetti e sanzioni. Non si può dire: «qui c'è il pesce, qui c'è la rete, andate a pescare». Allora, se è così, perché non è stato fatto? Nulla succede a caso in generale - questo ce lo dicono i fisici - ma io sono convinto che nulla succeda a caso neanche in politica. Sono convinto che si è aspettato apposta un momento di crisi per potere intervenire d'urgenza. Però mentre l'immondizia a Napoli era una cosa visibile e la crisi, c'era o non c'era, comunque era preannunciata, qui cosa accade se le regioni non pagano?
L'istanza di fallimento non si può presentare. Probabilmente accadrà che gli elettori cercheranno di votare in un altro modo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MATTEO BRIGANDÌ. Sono stato brevissimo, avevo ancora delle altre eccezioni procedurali che il tempo tiranno, ahimè, non mi consente di formulare. Vorrei concludere sottoponendo all'attenzione del Governo, insieme alle altre questioni, i problemi che ho descritto, per i quali credo sarebbe una questione di lealtà e di decenza avere una risposta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, prendo la parola per esprimere la mia contrarietà al decreto in esame, che - come diceva ieri il mio amico Crosetto nel suo appassionato intervento - viola la Costituzione in ben cinque articoli.
È un momento non facile per la sanità italiana, che vive una continua emergenza. Stamattina, mentre stiamo discutendo, sono state effettuate le autopsie sui corpi di Cosima Ancona, 73 anni, e Pasquale Mazzone, 83 anni, due degli otto morti di Castellaneta. Ma quello di Castellaneta è solo l'ultimo dei casi di malasanità. Pochi giorni fa è morta una persona anziana cadendo da una barella, dove era stata alloggiata perché nel reparto, all'ospedale di Napoli, mancavano i posti letto. E come non ricordare il Policlinico Umberto I, questo «mostro a due teste», dove convivono centri di eccellenza e il più nero degrado; questo moloch che mangia miliardi, con i suoi quattrocento primari, molti dei quali sono inutili, e che la giunta di sinistra in carica non ha riformato.
La Campania e il Lazio sono le principali regioni beneficiarie del decreto in esame. In Campania l'assessore regionale alla sanità gestisce il suo assessorato come un viceré, con metodi clientelari biechi. Pag. 19Presso l'ospedale di Battipaglia ha previsto tre posti di primario per un unico reparto. A proposito, a Battipaglia il 27 e il 28 maggio si vota per le elezioni amministrative e suo figlio, candidato al consiglio comunale di Napoli, è stato eletto a furor di popolo, ha preso 8 mila preferenze. Gli è bastato fare il giro degli ospedali della città, andare dai primari e portare «i saluti di papà». E lo stesso assessore, «viceré» della Campania, proprio mentre stiamo ripianando i suoi debiti, ha recentemente dato mille euro di aumento ai «miniprimari», in vista delle elezioni amministrative.
Intanto, in queste due regioni continuano a vivere gli «ospedali-scatoletta», ospedali che vivono in agonia, in carenza cronica di mezzi. Se voi fate una passeggiata ai Castelli romani, nell'arco di pochi chilometri quadrati sono presenti sette ospedali che non hanno infermieri - voi sapete che gli infermieri sono un'emergenza nazionale - che non hanno mezzi, che sono ovviamente costretti a ridurre la qualità dei servizi. Ma ancora non si è fatto nulla.
Vorrei ribadire che il decreto in esame ci riporta indietro, a un periodo buio della nostra Repubblica: il periodo in cui lo Stato pagava i debiti delle ASL a piè di lista; il periodo in cui c'è stata una follia legislativa che ha generato uno spaventoso debito pubblico, il quale pesa come un macigno sul futuro del Paese. Il Governo non ha imparato la lezione del passato. Diceva Tocqueville che quando il passato non rischiara l'avvenire, lo spirito brancola nel buio. Questo Governo sta brancolando nel buio e porterà il Paese verso un nuovo declino. Per tali motivi, negheremo il voto favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mancuso. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, le disposizioni in oggetto sono relative all'applicazione automatica dell'innalzamento dell'addizionale IRPEF e della maggiorazione dell'aliquota IRAP. A tal fine è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3 miliardi di euro per il 2007, che verrà ripartita tra le regioni interessate sulla base dei debiti accumulati fino al 31 dicembre 2005.
Nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione il Senato ha introdotto due nuove previsioni. Con la prima è stato disposto il divieto per i creditori, nei dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge di conversione, di intraprendere o proseguire azioni esecutive relative ai debiti sanitari nelle regioni interessate. Con la seconda è stata disposta la riduzione da 10 a 3,5 euro, limitatamente al 2007, della quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica e ambulatoriale introdotta dalla legge finanziaria vigente.
Per quanto concerne i profili di copertura, il comma 2 dell'articolo 1-bis del decreto-legge, sempre introdotto dal Senato, prevede che all'onere derivante dall'attuazione dell'articolo, pari a 350 milioni di euro, si provveda mediante la riduzione di diversi fondi - e qui il tasto dolente - quali il Fondo per i paesi in via di sviluppo, il Fondo per la famiglia e il Fondo per le non autosufficienze. Non mi occuperò del primo, che forse porterebbe un po' troppo lontano nella discussione, comunque certamente non ci stupisce che sia proprio il Fondo per la famiglia a venire intaccato visti i gravi problemi interni alla coalizione di centrosinistra. Basta pensare ai Dico, scomparsi dall'agenda politica, e al Family Day che incombe ed a tutte le altre note difficoltà.
Ma ciò che risulta ancora più evidente è la riduzione del Fondo per le non autosufficienze. Infatti, in Commissione affari sociali, della quale faccio parte, durante i cinque anni della passata legislatura e ancora in questo primo anno della nuova, dai colleghi del centrosinistra si è sempre sentito ripetere il «ritornello» che i governi, di centrodestra prima e di centrosinistra poi non hanno previsto abbastanza fondi per le non autosufficienze. Gli stessi parlamentari di sinistra si trovano, Pag. 20però, in difficoltà, perché a parole fanno i virtuosi, ma, nei fatti, il loro Governo virtuoso non è.
La spesa sanitaria, come sappiamo, rappresenta circa il 70 per cento dei bilanci regionali. Più volte, la Corte dei conti ha denunciato la sottovalutazione dei costi della sanità negli ultimi anni e l'insufficienza delle misure correttive proposte. Alcune misure di risparmio e di spesa previste dal Governo sono state definite dalla stessa Corte dei conti «irrealistiche». Ad esempio, nel 2005, la metà dei risparmi per la sanità attesi dalla manovra di finanza pubblica doveva essere realizzata con interventi sulla spesa farmaceutica, nonostante la stessa Corte dei conti avesse valutato che, già nel 2004, tale risultato non era stato raggiunto. Questa è la logica conseguenza del voler ottenere dei risultati immediati agendo proprio sulla spesa farmaceutica che, solitamente, produce i suoi effetti un anno per l'altro. Anche nell'ambito farmaceutico, tuttavia, si è chiesto troppo alle aziende farmaceutiche e ai titolari di farmacia e quindi non si può ottenere nulla di più.
Vale la pena di richiamare l'accordo dell'8 agosto 2001, sottoscritto tra Stato e regioni, che introdusse per la prima volta un livello di finanziamento pubblico non più limitato ad un'annualità, ma esteso al successivo quadriennio. Una misura, questa, rilevante, introdotta dal Governo di centrodestra. Tuttavia, nel corso degli anni il sistema è rimasto fortemente sottofinanziato e il debito contratto dalle regioni ha continuato a crescere, così come sono aumentate le distanze tra le regioni virtuose e quelle in difficoltà. La legge finanziaria vigente ha registrato un incremento delle risorse pari a 3,3 miliardi di euro rispetto a quanto finanziato dalle precedenti e prevede l'istituzione di un fondo transitorio destinato alle regioni nelle quali si sia registrato un elevato disavanzo.
Quanto al merito del provvedimento in esame, l'articolo 1 dispone il concorso dello Stato, con il finanziamento di 3 miliardi, al ripiano dei disavanzi regionali nel settore sanitario per il periodo 2001-2005, derogando alla normativa vigente secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni.
All'articolo in esame sono state aggiunte, nel corso dell'iter presso l'altro ramo del Parlamento, disposizioni concernenti le azioni esecutive intraprese nei confronti di soggetti pubblici per il pagamento dei debiti accumulati nel settore sanitario, le quali disposizioni prevedono che non si possano iniziare o proseguire azioni esecutive relative ai debiti accumulati nei dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il provvedimento reca altresì all'articolo 1-bis, introdotto anch'esso al Senato, la previsione della riduzione da 10 euro a 3,5 euro della quota fissa sulle ricette per prestazioni di medicina specialistica ambulatoriale, a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge fino alla fine dell'anno. Nel corso dell'esame congiunto da parte delle Commissioni bilancio e affari sociali della Camera, un emendamento dei relatori ha eliminato del tutto tale ticket.
Devo anche sottolineare alcuni aspetti circa la differenza di atteggiamento nella spesa da parte delle regioni del nord rispetto a quelle del sud. Provengo dalla regione Piemonte e non voglio certo rubare il mestiere ai colleghi della Lega Nord, però è di tutta evidenza che le regioni del nord sono più virtuose: tanto il «mio» Piemonte, governato dalla «zarina» - è il suo nome d'arte - Bresso, quanto Veneto e Lombardia, presiedute da Galan e Formigoni, che hanno deciso di ricorrere alla Corte costituzionale contro questo «decreto salva-debiti della sanità» - come è stato definito -, con delibere delle due giunte su proposta dei citati presidenti Galan e Formigoni.
Sono stati rilevati anche problemi di costituzionalità, nel corso di alcuni interventi che mi hanno preceduto, relativamente all'articolo 119 della Costituzione, improntato al principio della piena responsabilità finanziaria che ciascun ente deve assumere in relazione alle funzioni di Pag. 21cui è titolare. Ugualmente si configura una violazione dell'articolo 117 della Costituzione in quanto viene a determinarsi una pesante interferenza dello Stato nella materia «tutela della salute», che invece appartiene alla competenza delle regioni.
Credo vada citato anche il fatto emblematico che tra le cinque regioni più indebitate non a caso vi è la Campania di Bassolino che - come è stato ricordato negli interventi di molti colleghi che mi hanno preceduto - si è distinta quanto a fantasia nelle spese. Ed è notizia di ieri che anche il consiglio comunale di Napoli ha voluto dotarsi di una serie di benefit «a pioggia» per tutti i consiglieri, fatto che suona come un insulto alla popolazione della Campania che ha tanti problemi di occupazione e soprattutto ambientali, legati alla cattiva gestione dei rifiuti. Non si possono sentire queste cose! Mi ero annotato dall'intervento di un collega che ha parlato ieri che, mentre vi sono problemi sul fronte della gestione dei rifiuti, addirittura è stato messo a disposizione un milione di euro per finanziare i corsi per aspiranti «veline»: anche questo la dice lunga sulla serietà nella gestione dei denari pubblici di quella regione.
È strano poi che queste regioni possano essere giunte ad accumulare debiti così elevati senza che siano stati esercitati meccanismi di controllo, e ve ne sono diversi. Viene allora da chiedersi: i direttori generali non rispondono mai di questi comportamenti? Infatti, la cifra totale è la somma del danno - per così dire - economico creato da tutte le aziende (anche se nella sanità sappiamo bene che è quasi improprio parlare di aziende). Gli obiettivi da raggiungere sono previsti dai contratti triennali o quinquennali che legano, in un rapporto di lavoro, la giunta regionale e questi direttori generali, che con i rispettivi direttori sanitari e amministrativi dovrebbero appunto conseguire - tra gli altri obiettivi - il pareggio di bilancio, essendo una chimera per queste regioni addirittura conseguire un attivo di bilancio. Quindi, quanto meno i direttori generali vanno chiamati, insieme ai governatori delle regioni, a rispondere di culpa in vigilando perché hanno le loro colpe.
Certo i problemi sono molti, e non posso che limitarmi a qualche cenno. Vi sono in primo luogo problemi di organico: in talune regioni, quali la Campania ed il Lazio, gli organici sono indubbiamente gonfiati e - non voglio rubare il lavoro ai colleghi della Lega - grida vendetta il fatto che in Lombardia vi siano meno di 2 dipendenti ogni 1000 abitanti e nel Lazio del presidente Marrazzo ve ne siano 7 o 7,5. È questo, evidentemente, un altro aspetto che certo condiziona pesantemente i conti.
Vi è poi il problema del «pendolarismo» dal sud al nord: molti italiani sono infatti costretti a pendolarismi odiosi, costosi, faticosi per i malati e per le loro famiglie, in parte per l'assenza di strutture, ma altre volte anche per cattiva informazione o per la gestione troppo «baronale» di certi servizi, che pure funzionano. Eppure vi sono regioni, in particolare Lazio e Campania, che sono molto esposte sul fronte economico ma che pure presentano buone - quando non ottime - strutture e certamente anche bravi professionisti.
Si deve poi anche dire che, nonostante le «pie illusioni» del Ministro Bindi e del Ministro Turco, vi è un eccessivo ricorso alle strutture private. Anche su questo aspetto il Governo sarà chiamato ad una prova di capacità nella gestione del rapporto di lavoro fra le aziende ed i medici, dovendo individuare la soluzione fra un rapporto soltanto pubblico o uno misto pubblico-privato. Vedremo in proposito nei prossimi mesi cosa il Governo proporrà all'Assemblea.
Chiudo il mio intervento - molto critico nei confronti del provvedimento in esame, come del resto sono stati quelli di tutti colleghi di Alleanza Nazionale - domandando quali misure strutturali il Governo voglia mettere in campo per risolvere il problema. Infatti, al di là di queste «pezze», che - come usa dire dalle mie parti - sono «più brutte del buco», non si capisce come in un Paese già assai tassato, ed anzi tartassato (come emerge se Pag. 22si fa il confronto con i partner europei), si possa pensar di andare avanti con misure che mirano a salvare dagli eccessivi debiti le regioni non virtuose. Piuttosto, lo Stato ed il Governo centrale, ottemperando al loro ruolo in materia di tutela della sanità (in generale, e senza intromissioni nella gestione e nel coordinamento dei servizi, che sono materia che compete invece alle regioni), dovrebbero su questo problema fornire indicazioni alle regioni ed agli assessori regionali.
Non entro infine nella vicenda del «tesoretto», da cui però credo sarebbe forse opportuno trarre qualche risorsa per intraprendere interventi strutturali veri e seri, che servano anche per il futuro e non solo per il passato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a dodici mesi dall'inizio della legislatura, ci ritroviamo a dover convertire l'ennesimo decreto-legge del Governo, in nome di una urgenza che ci insegue ormai da un anno. Ciò mi fa pensare a quel che hanno scritto illustri professori in materia di decretazione d'urgenza (penso in particolare a L'emergenza infinita del professor Simoncini). Al di là comunque di ciò che è stato scritto sull'abuso della decretazione d'urgenza, credo che il continuo utilizzo dello strumento del decreto-legge debba far riflettere l'intero Parlamento: credo infatti che si stia in questo modo creando un vulnus importante, che riduce il Parlamento dal suo ruolo di legislatore ad un ruolo di mera presa d'atto delle decisioni del Governo.
Il provvedimento che oggi ci accingiamo - o quanto meno ci proviamo - a convertire in legge attiene al ripiano dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, in attuazione di quanto recentemente disposto dal comma 796 dell'articolo 1 della legge finanziaria per l'anno 2007.
É un comma che avevamo accolto con estremo interesse perché, nel rispetto della riforma realizzata dal centrosinistra del Titolo V della Costituzione, demandava alle regioni una serie di responsabilità relative all'indebitamento del settore sanitario. Ma già oggi si propone un provvedimento che interviene in deroga all'obbligo delle regioni di ripianare i disavanzi sanitari con oneri interamente a loro carico (ricordo l'articolo 4 del decreto-legge n. 347 del 2001).
Colleghi, ciò può essere comprensibile, poiché non è la prima volta che lo Stato centrale si appropria di un compito a lui non ascritto, e può anche essere considerato normale l'intervento finanziario per aiutare alcune regioni che non riescono a ripianare il proprio disavanzo.
Ciò che sorprende, invece, è che non si intervenga per comprendere i motivi per i quali vicende di questo genere avvengono e che non si voglia indagare fortemente per evitare di ritrovarci, tra alcuni mesi, in situazioni analoghe. L'impressione che trasmettiamo all'esterno con interventi di questo genere - riflettevo oggi, leggendo alcuni giornali - è quella di premiare, assistere ed aiutare coloro che sbagliano, «sbordano» e mal gestiscono, mortificando, invece, coloro che, attraverso una oculata gestione delle risorse dello Stato, rispettano i parametri di correttezza.
È un messaggio sbagliato, e ne consegue che coloro che si sono ben comportati potranno maggiormente allargare i cordoni della borsa, tranquilli e sicuri che alla fine lo Stato interverrà in loro aiuto.
Colleghi, vorrei riferirmi in particolare, almeno per quanto riguarda questo articolo, ad una variazione apportata dal Senato, che, modificando il comma 3 dell'articolo 1, ha disposto il divieto per i creditori, per dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di intraprendere o proseguire azioni esecutive relativamente ai debiti sanitari nelle regioni interessate, prevedendo altresì che i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i tesorieri e che i relativi debiti insoluti producono esclusivamente interessi legali. Sulla misura aggiunta dal Senato - che ritengo particolarmente grave - credo vada aperta una attenta riflessione. Devo dare atto ad alcuni colleghi della maggioranza Pag. 23di aver anch'essi espresso grandi perplessità sul tema nella discussione che si è sviluppata nelle Commissioni riunite bilancio e affari sociali.
Sin dall'inizio, appena conosciuta la modifica effettuata dal Senato, abbiamo immediatamente lanciato un forte messaggio sulla incostituzionalità della norma in questione, sostenendo che, peraltro, si rischiava l'apertura di una procedura di infrazione dinanzi alla Comunità europea.
La nostra non era una posizione strumentale, tant'è vero che un autorevole studio condotto da un centro studi parlamentari, il cui testo è stato distribuito ai componenti delle Commissioni riunite, ha svolto un'analisi molto attenta su questi aspetti.
Appare subito chiara l'incostituzionalità della norma inserita dal Senato, posto che essa palesa la volontà del legislatore di eradicare temporaneamente la realizzabilità del diritto all'effettività della tutela giurisdizionale richiesta, costituzionalmente garantito dagli articoli 2 e 24 della Costituzione.
A fronte di un diritto fondamentale riconosciuto e garantito dalla Repubblica con l'articolo 2 della Costituzione, quale quello di consentire a tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, con conseguente sancita inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento - rammento l'articolo 24 della Costituzione - con particolare riferimento alla fase processuale più importante, che è per l'appunto quella della concreta soddisfazione del diritto giudizialmente accertato, si prospetta il vulnus di siffatto dettato costituzionale, in virtù di un meccanismo assolutamente ingiustificato, né giustificabile. Tale meccanismo vorrebbe sospendere per dodici mesi ogni possibilità di agire esecutivamente nei confronti dei crediti maturati nel quinquennio 2001-2005, riconosciuti giudizialmente ed oggetto di provvedimento e sentenza di condanna nei confronti delle ASL e delle regioni al relativo immediato pagamento. È un aspetto importante di cui il Parlamento deve prendere atto e che, pur nella sua sovranità, non può ignorare.
Per non dire dell'altro aspetto che abbiamo evidenziato con estrema chiarezza, con riferimento alla normativa comunitaria. Infatti, ricordo che è avvenuta recentemente l'approvazione, da parte di questa Assemblea, della legge comunitaria, in cui si è tentato di intervenire nella miriade di infrazioni contestate al nostro Paese, tra cui quella relativa alla direttiva 2000/35/CE del 29 giugno del 2000, entrata in vigore l'8 agosto del 2002, comunque recepita dallo Stato con il decreto-legge n. 231 del 2002, in tema di contratti tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la consegna di merci e la prestazioni di servizi a fronte del pagamento di un prezzo.
Onorevoli colleghi, non stiamo parlando né di un contrasto legittimo tra la maggioranza e l'opposizione, né di diversità di vedute tra una forza politica ed un'altra, ma di fatti, che dovrebbero indurre sia un Governo serio, sia un Parlamento altrettanto serio, a rendersi conto, in maniera trasversale e bipartisan, che al Senato è stato commesso un errore, non su proposta di Forza Italia o di Alleanza Nazionale, né della Margherita o di Rifondazione Comunista. La consapevolezza che il Senato ha commesso un errore, significa prendere atto che noi ci presentiamo al Paese ponendo sotto i piedi la stessa Costituzione, mettendoci nella condizione di dover difendere il nostro Paese dinanzi all'ennesimo rischio di infrazione rispetto alla Comunità europea.
Non si tratta per i relatori ed il Governo di accogliere l'emendamento di una parte politica o dell'altra, ma di prendere coscienza di aver commesso un errore e di provvedere a stralciare, a sopprimere il terzo, il quarto e il quinto periodo del comma in questione. Ho verificato che la richiesta di soppressione è stata proposta dalla Lega e da tante altre forze politiche, tra cui Forza Italia e Alleanza Nazionale, ma non è questo il problema, che consiste, invece, nel prendere atto di aver fatto una corbelleria e cancellare la modifica apportata Pag. 24dal Senato ristabilendo la dignità del Parlamento con un modo di legiferare più corretto, più giusto e più confacente ad un Paese serio.
Questo è il problema, al di là delle valutazioni condivisibili, che ho avvertito riguardo al riparto dei 3 mila milioni di euro per l'anno 2007 tra le regioni cosiddette «canaglie» e le regioni virtuose.
Chi sbaglia ha un beneficio, mentre chi ha fatto bene ha fatto soltanto il suo dovere. Questi sono gli aspetti certamente più inquietanti relativi all'articolo 1 del provvedimento al nostro esame. Per quanto riguarda l'articolo 1-bis, relativo alla riduzione dell'importo della quota fissa per ricette per prestazioni e assistenza specialistica ambulatoriale (ciò che abbiamo chiamato in questi giorni «l'abolizione del ticket», finalmente!), devo riconoscere che si tratta di una scelta giusta.
Conveniamo sull'opportunità di arrivare all'abolizione del ticket, ma riteniamo che sia stata percorsa una strada tortuosa, complessa, e poco chiara ai cittadini (i fruitori del nostro lavoro e del nostro legiferare). Il Senato, infatti, ha inizialmente ridotto il ticket da 10 euro a 3,5, inventando una copertura «drammatica», che consisteva nella riduzione del ticket a fronte, però, della diminuzione degli stanziamenti per i disabili e la famiglia, inviando al ceto debole il messaggio di guadagnare «mille lire» per una cosa, ma di perderne 1.500 per altre.
Devo dare atto, ringraziandoli, sia all'intera Commissione bilancio, sia al Governo, che, su questo tema, hanno bene operato respingendo tale tipo di copertura e tornando alla copertura originaria, anche se una parte di essa ha trovato collocazione nei debiti pregressi, che ritengo possano creare ancora qualche problema. Forse sarebbe stato più logico e più corretto (abbiamo atteso tanto tempo!) attendere un paio di mesi in più, abolire il ticket, attendere l'assestamento, trovare una copertura più adeguata, anziché una soluzione temporanea. Infatti, abbiamo sentito parlare in questi giorni di abolizione del ticket, ma parlerei piuttosto di sospensione del ticket, dal momento della conversione in legge del decreto-legge in esame sino al 31 dicembre 2007, con l'impegno del Governo di abolire il ticket in occasione della legge finanziaria per l'esercizio 2008. Signori miei, dobbiamo dire la verità...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GASPARE GIUDICE. Di fatto, stiamo «bloccando» i ticket sino al 31 dicembre 2007; nella prossima finanziaria - mi auguro - procederemo alla loro abolizione. A tale proposito, onorevole Lettieri, preannuncio la presentazione di un ordine del giorno volto ad impegnare il Governo ad abolire il ticket nella legge finanziaria anche per il 2008, perchè oggi lo stiamo solo sospendendo.
Gli elementi fondamentali sono i seguenti: la necessità di creare un controllo (e, quindi, istituire una commissione d'inchiesta) per non trovarsi più in situazioni di questo genere; eliminare le norme palesemente incostituzionali; reperire una migliore copertura per i provvedimenti approvati dall'Assemblea. Per questi tre punti non possiamo dare il nostro voto favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che il dibattito svoltosi in quest'aula abbia reso palesi non solo alcune incongruenze del provvedimento in esame, ma anche alcune questioni fondamentali che meritano di essere ulteriormente approfondite.
La prima questione, di carattere politico, più che sanitario, è quella relativa alla responsabilità della gestione in ambito sanitario, che sostanzialmente è attribuita in modo totale alle regioni.
Credo che su questo punto il Parlamento debba svolgere una valutazione. Com'è possibile che si affrontino un tema ed un provvedimento come quelli al nostro esame senza chiedersi quali siano le sanzioni, Pag. 25anche politiche, che dovrebbero ricadere su chi ha gestito la sanità nelle regioni oggi oggetto di aiuto attraverso il finanziamento dello Stato e, quindi, dei contribuenti italiani? Difatti, se è vero - come innegabilmente lo è - che questo provvedimento denota una sorta di sperequazione nei confronti dei contribuenti italiani che fanno parte di regioni virtuose e che purtroppo oggi sono chiamati, mediante l'imposizione fiscale, a contribuire al soddisfacimento delle ragioni di amministrazioni regionali che non hanno svolto correttamente i loro compiti, è altrettanto vero che sul piano politico tale responsabilità deve essere in qualche modo evidenziata.
Vi è, in effetti, una questione che va richiamata alla nostra attenzione, relativamente, come è stato detto, ad alcune norme costituzionali. Non vi sono soltanto i principi di buona amministrazione - sui quali sarebbe, in questo caso, opportuno stendere un velo pietoso, per le chiare ed evidenti situazioni in cui versano le amministrazioni regionali sotto il profilo sanitario -, bensì ve ne sono anche altri che non producono apertamente un conflitto evidente nei confronti di alcune norme costituzionali, ma che, sotto il profilo politico, debbono essere evidenziati.
A tale proposito, anche nei pareri espressi dalle Commissioni cui il provvedimento è stato assegnato in sede consultiva vi sono richiami abbastanza singolari, se non addirittura divertenti. Quando si fa riferimento alle «competenze legislative dello Stato», con riguardo al sistema tributario e contabile non si può invocare tale disposizione costituzionale per il provvedimento in esame: non vi è nulla di contabile per quanto concerne lo Stato e non vi è nulla di tributario. Semmai, è l'esatto contrario: c'è stata la violazione aperta di norme legislative che imponevano il ripiano dei deficit e che, quindi, facevano carico direttamente alle amministrazioni regionali e alle responsabilità politiche, oltre che di gestione, dei vari «governatori» e delle loro «congreghe» politiche, così come emerso da alcuni rilievi espressi in quest'aula.
Per quanto riguarda il riferimento alla perequazione delle risorse finanziarie, vorrei ricordare che il principio di perequazione si ha nei confronti di sbilanciamenti derivanti sicuramente da squilibri sociali e territoriali e non dal fatto che una regione abbia aumentato a dismisura il livello di indebitamento, non riuscendo a far fronte alle obbligazioni assunte. Pertanto, anche la prerogativa con cui vengono affrontati questi concetti non è soltanto distorta, ma è politicamente inaccettabile. Infatti, non stiamo parlando di «squilibri territoriali», ma di gestione pessima della cosa pubblica da parte non solo dei «governatori», quanto, in primis, di chi aveva la responsabilità della politica sanitaria nelle ricordate regioni.
Sul piano politico, credo dunque che tali responsabilità vadano restituite al Governo, perché ho ascoltato divertito per cinque anni le accuse - in larga parte, o comunque in parte, corrette - nei confronti della spesa pubblica aumentata dal Governo di centrodestra. Potrei, ad esempio, ricordare come il Servizio sanitario nazionale sia partito da un finanziamento di circa 70 miliardi di euro nei cinque anni precedenti per arrivare a 90 miliardi e ciò è stato fatto da un Governo di centrodestra che tentava di privilegiare, tra le sue azioni politiche, la questione sanitaria. Non è tuttavia pensabile che debba, al contempo, ricordare queste accuse rivolte al Governo di centrodestra e, poi, constatare il ripianamento «a piè di lista» dei debiti causati da dissennate politiche sanitarie.
Inoltre, per essere coerenti, ritengo che, sostenere che questo provvedimento faccia riferimento - è scritto nei pareri - addirittura alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale rappresenti un'altra bugia.
Tutto ciò non è vero, perché i ricordati fondi non sono rivolti, come ho già detto, a riequilibrare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, ma a pagare i debiti pregressi che, come è emerso più volte nel dibattito, fanno riferimento agli anni dal Pag. 262001 in poi. Quindi, anche sotto questo aspetto, la censura più forte va rivolta nei confronti di chi ha tentato di difendere ciò che non è difendibile, vale a dire il ripiano di gestioni deficitarie e politicamente colpevoli, con conseguenze che pesano, da un lato, sulle regioni male amministrate riguardo alla sanità, dall'altro, sull'intero Stato nazionale e sui contribuenti italiani, che sono chiamati a ripianare tali disavanzi di carattere finanziario.
Ma c'è di più. Come è stato più volte ricordato in quest'Assemblea, le regioni che si trovavano in condizioni difficili sotto il profilo sanitario non erano solo quelle per cui si interviene con il presente provvedimento, ma anche altre: mi riferisco al Piemonte, al Veneto e alla Basilicata. Risulterebbe che tali regioni abbiano adottato, sulla base delle informazioni emerse nel confronto parlamentare, a cominciare da quello in Commissione, piani di finanziamento e di ristrutturazione delle loro situazioni ed avviato un percorso virtuale, con l'aumento dell'imposizione fiscale, con la rivisitazione dei ticket o con ulteriori provvedimenti di gestione di carattere economico e finanziario. Come si spiega che il Governo, a fronte di alcune regioni che hanno posto in essere atteggiamenti virtuosi, faccia finta che non esistano comportamenti responsabili, come quelli che ho richiamato, e corra in soccorso di quelle regioni che, nonostante accordi pregressi (faccio riferimento anche agli anni del Governo di centrodestra), hanno continuamente e ripetutamente disatteso quegli accordi che avevano liberamente sottoscritto, accumulando ulteriori aspetti negativi per quanto riguarda la questione debitoria?
Un'altra questione che reputo divertente riguarda un aspetto, ancora una volta, menzognero. Si fa riferimento ad un intervento che sarebbe dell'ordine di circa 3 miliardi di euro, anche se ho qualche dubbio che sia così. Prendo spunto da quanto emerge dalle convenzioni che sono state sottoscritte, ad esempio, nel Lazio e nella Campania. Quanto alla prima, non posso dimenticare l'immagine dell'attuale presidente al tempo in cui gestiva una trasmissione televisiva e si metteva dalla parte di chi veniva vessato. Desidero ricordare, prima di tutto a me stesso, gli atteggiamenti di critica nei confronti delle istituzioni nel momento in cui non intervenivano secondo principi di solerzia, di economicità e di efficienza. Ebbene, come si legge alla pagina 438 del dossier di documentazione predisposto dagli uffici della Camera dei deputati, il livello del debito verso i fornitori accertato nel 2006 è pari a circa 9.900 milioni di euro. Il debito commerciale assunto dalla regione Lazio ammonta a circa 10 miliardi di euro. Altro che Mi manda Rai Tre! Mandate la Corte dei conti a Marrazzo per capire cosa diavolo hanno combinato in tutti questi anni (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania)!
Inoltre, ancora una volta, non si dice apertamente, in quest'Assemblea, che l'intervento dello Stato, oltre ai 3 miliardi di euro, si è già manifestato o si manifesterà, se è vero - come è vero - quanto è scritto a pagina 48 del citato dossier di documentazione, ovvero che lo Stato si impegna ad attivare gli strumenti legislativi ed amministrativi per consentire alla regione il rimborso anticipato, mediante l'erogazione alla regione stessa di una somma a titolo di prestito, a fronte della quale la regione si impegna a versare annualmente per trent'anni, a decorrere dal 2008, allo Stato, a titolo di rimborso, l'importo di 310 milioni di euro. Ciò significa che lo Stato non stanzia solo 3 miliardi, ma interviene per l'estinzione di quei prestiti direttamente e, a fronte di ciò, il bilancio della regione in questione è gravato per trent'anni di 310 milioni di euro l'anno.
Se questo aspetto richiede ulteriori disamine, non per commissariare la regione in questione, considerato che ci sarebbero profili di incostituzionalità, ma per utilizzare a livello economico e finanziario la mano pesante, lo lascio giudicare ai colleghi che ascoltano!
Analoga vicenda riguarda la Campania dove, ammesso che sia vero - lo dicono le convenzioni e non l'onorevole Contento di Alleanza Nazionale -, il debito in questione Pag. 27ammonta a circa 3.500 milioni di euro. Quindi, cosa volete che siano altri 3 miliardi e mezzo?
Cari colleghi e amici della Lega, la questione non attiene al federalismo, ma alla responsabilità della politica. Sono disponibile a sentir dire che, come al solito, il male peggiore della politica sono i privilegi, ma vorrei sapere dal Governo come devono essere pagate le responsabilità politiche di chi amministra le regioni nei confronti dei cittadini. Inoltre, considerate le convenzioni, che sono poca cosa e, per alcuni versi, sono anche divertenti, vorrei sapere cosa il Governo ha preteso nei confronti della gestione delle ricordate regioni. Quasi divertito, mi chiederei se è possibile risparmiare, in quanto le citate convenzioni prevedono il cosiddetto partenariato, ovvero l'affiancamento di una regione più virtuosa rispetto alle altre. Chiediamo al «governatore», dato che si ha il partenariato, di licenziare almeno l'assessore competente! Si registrerebbe un risparmio di pochi euro ma, perlomeno sul piano politico, si avrebbe una reazione che l'opinione pubblica apprezzerebbe o che, quanto meno, le persone soggette a questo tipo di gestione sanitaria dovrebbero apprezzare. Anche sotto questo aspetto il Governo avrebbe potuto, e dovuto, impegnarsi di più, a tutela sia della sua immagine, sia naturalmente di quei cittadini costretti a pagare di più e a vedere aumentata, ancora una volta, la spesa delle amministrazioni pubbliche per un ripiano dissennato di debiti che hanno origine in comportamenti molto chiari e riconducibili, purtroppo, alla gestione politica delle regioni in questione.
Altra vicenda estremamente divertente, se non fosse tragica, è la violazione dei principi costituzionali a tutela dei creditori. La Campania aveva già ottenuto una transazione con molti creditori, ma, ad onta di tutto quel percorso, si stabilisce che le azioni esecutive dei creditori sono sostanzialmente inefficaci. Si tutelano, quindi, (e lo dico tra virgolette) i «mascalzoni» responsabili di aver portato sull'orlo del fallimento, anzi al fallimento inoltrato, la gestione sanitaria, mentre si colpiscono i creditori che hanno assicurato la sopravvivenza delle regioni! Credo che sia un altro esempio di giustizia equa! Con il Ministro della giustizia che abbiamo, del resto, mi sembra perfettamente coerente che le norme assunte in tale campo violino non soltanto le conoscenze normali e consuete ma anche i principi di garanzia posti a favore dei cittadini e delle imprese.
Come si può immaginare che a pagare i costi di tale dissennata politica siano proprio coloro i quali sono stati danneggiati più volte? Come si fa a non garantire il pagamento dei debiti nei confronti di cittadini e delle imprese causati da una politica dissennata?
A mio avviso, la problematica non riguarda solo il ticket. Il ticket più grande, nel Paese, è rappresentato dal Governo di centrosinistra, che spero gli italiani aboliranno presto (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sul complesso degli emendamenti per evidenziare alcune questioni che ritengo di fondamentale importanza per il buon andamento dell'amministrazione pubblica e delle regioni.
Fatico ad entrare nell'ordine delle idee e nella dimensione della grandezza delle cifre che sono in ballo. Si parla di deficit finanziari, di gestioni disastrose da parte delle pubbliche amministrazioni in un settore alquanto delicato, come quello della sanità. Come abbiamo ascoltato nelle discussioni di questi giorni, le cifre sono molto alte: la regione Lazio ha un bilancio consolidato in deficit nel settore sanitario di circa 11 miliardi di debiti; bisogna vedere, alla fine, quali siano le cifre esatte, perché si fa sempre fatica a comprendere le giuste cifre ed i giusti costi: per il 2006, comunque, è stato registrato un deficit accertato di 1,25 miliardi di debiti. Il decreto-legge in esame prevede un importo complessivo di tre miliardi di euro, quasi Pag. 28tutti destinati alla regione Lazio, in parte alla regione Campania e alla regione Abruzzo; penso che la Liguria abbia colmato il «buco» che aveva.
Siamo in presenza, quindi, di una problematica che, sicuramente, crea disparità di trattamento e differenziazioni politiche all'interno del Paese Italia. La regione Lombardia, ad esempio, era pronta a ridurre il livello dei ticket, ma, ancora una volta, il Governo, nonostante le promesse, non ha mantenuto l'impegno: in forza delle disposizioni della legge finanziaria, infatti, il ticket di 10 euro continua a gravare sulle spalle dei cittadini. La regione Lombardia era pronta ad eliminarlo o a ridurlo, ma non è riuscita nell'intento, perché l'esecutivo non ha ancora cambiato la legge.
A chi aveva manifestato in Lombardia per l'abolizione del ticket, in modo particolare i sindacati ed i politici di centrosinistra, occorre ricordare che l'indirizzo al quale rivolgersi è e rimane Palazzo Chigi. Nel vertice con le regioni, infatti, il Governo ha ammesso di avere gravemente sbagliato, imponendo il ticket di 10 euro e promettendo enfaticamente 350 milioni di euro per la sanità delle regioni. Ad oggi, però, il Governo non ha ancora dato attuazione a tale impegno e, quindi, non ha concluso nulla di operativo, illudendo così i cittadini: esso, infatti, ha ammesso di non poter agire se non con una modifica alla legge finanziaria, il che implica, ovviamente, tempi lunghi ed incerti.
Ad oggi, quindi, nulla è cambiato né per le regioni né per i cittadini. Con le leggi attualmente vigenti le regioni non possono abbassare né abolire i ticket di 10 euro e i cittadini, purtroppo, devono pagarlo, perché la legge vieta di rendere operativo il piano che la regione Lombardia aveva predisposto per la riduzione di quell'odioso balzello.
La regione Lombardia è stata, inoltre, la prima - e per molto tempo l'unica - a denunciare l'iniquità di questa sovrattassa ed è pronta ad eliminare o abbassare il ticket, adeguandolo alla cifra come previsto dallo Stato. Il Governo dovrebbe dare attuazione a ciò, in base a quanto affermato, attraverso l'utilizzo del decreto-legge, quindi, in tempi rapidi e non certo biblici, come avverrebbe se fosse adottato lo strumento della legge. Ma, ancora oggi, non vi è nulla di nuovo sotto il sole, anche se l'esame del provvedimento in discussione sta procedendo speditamente. Allora, non è forse questa una discriminazione, una disparità di trattamento, una disuguaglianza, una differenziazione politica?
Numerosi sono i dubbi che mi fanno pensare ad una violazione di articoli normativi che va oltre il buon senso e il principio di uguaglianza. Lo hanno ricordato in tanti, ma vogliamo ricordarlo sempre e lo ricorderemo quando andremo nelle nostre piazze a spiegarlo alla gente: in particolare, prossimamente allestiremo i nostri gazebo per la raccolta delle firme contro la legge che prevede l'ingresso extracomunitario nel nostro Paese.
Si tratta, quindi, di disposizioni che vanno oltre il buon senso e il principio di uguaglianza. Per quanto riguarda il principio di uguaglianza, lo stesso titolo del decreto-legge in esame, che reca disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi sanitari pregressi, discrimina di fatto le regioni che hanno accumulato disavanzi nel periodo 2002-2005. Tale discriminazione è fondata sul fatto che soltanto alcune regioni, quelle più inefficienti e meno capaci, sono ammesse ad accedere ai finanziamenti straordinari statali. Si assiste, pertanto, ad una doppia violazione dell'articolo 3 della Costituzione: sotto il profilo dell'uguaglianza formale, per cui tutte le regioni sono uguali dinanzi alla legge, e sotto il profilo della ragionevolezza, per cui è manifestamente irragionevole il criterio selettivo utilizzato per regolare l'accesso delle regioni in disavanzo.
Viene violato, inoltre, anche il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'articolo 97 della Costituzione. Le regioni, in quanto pubblici uffici, sono chiamate costituzionalmente ad assicurare il buon andamento dell'amministrazione e tale obbligo assume Pag. 29un peculiare rilievo nel settore sanitario che, come noto, impiega l'80 per cento dei bilanci regionali.
Peraltro, alle responsabilità amministrative - non l'ho sentito ancora dire in quest'aula - dobbiamo sommare anche quelle burocratiche; sono, infatti, d'accordo sul fatto che chi ci amministra debba assumersi forti responsabilità, ma le responsabilità devono essere anche a carico della struttura tecnica, dei funzionari e dei dirigenti, che, a volte, le scaricano da un settore all'altro. A volte la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 12,05).

LORENZO BODEGA. Alla fine, occorre fare sempre una rincorsa contro il tempo, per cercare di dare delle risposte e di erogare quei servizi essenziali ai cittadini che devono essere garantiti a tutti. Come abbiamo visto, le violazioni sono molteplici. Il provvedimento è finalizzato a sanare - tanti hanno parlato di sanatoria - un'inefficienza cronica di alcune regioni e rappresenta un'evidente negazione del principio costituzionale, disincentivando le regioni cosiddette virtuose.
Viene violato, inoltre, anche il principio di autonomia e responsabilità finanziaria regionale, di cui all'articolo 119 della Costituzione, in quanto lo straordinario intervento statale in esame si pone palesemente in contrasto con i principi di autonomia e responsabilità finanziaria di ciascuna regione.
Detto questo, segnalo da ultimo anche la violazione del principio di leale collaborazione tra gli enti territoriali, di cui all'articolo 120 della Costituzione, improntato ad nuovo spirito cooperativo, incentrato sulla stipula periodica di patti di stabilità.
Il collega Cota ieri ricordava con determinazione che, in un paese normale, chi non è in grado di amministrare va a casa, chi non è in grado di spendere il denaro pubblico e lo sperpera viene messo sotto accusa, chi fa politica assistenziale, invece di badare agli interessi dei cittadini, se ne assume le responsabilità. Ma facendo così, nel nostro Paese chi si comporta in tal modo viene premiato. Questo è ciò che si legge tra le righe del provvedimento in esame e che voi state facendo.
La Lega Nord Padania ha sempre sostenuto le battaglie contro l'assistenzialismo, nonché la trasformazione dell'attuale Stato in uno Stato federale, dove tutti si dovrebbero assumere la propria responsabilità.
Ieri, il nostro presidente Maroni, nella riunione del gruppo, ci ha mostrato una vecchia videocassetta in cui il nostro leader Umberto Bossi - era il 1982, se non ricordo male, più di venti anni fa - ripeteva quei canoni che costituivano il fondamento del nostro movimento. Quei principi sono ancora oggi attuali; pertanto, aveva anticipato di decenni ciò che sarebbe successo oggi in Italia.
Mi chiedo, pertanto, perché nel Lazio è avvenuto tutto ciò. Perché oggi dovete ripianare tali debiti? Sicuramente perché abbiamo avuto a che fare con una categoria di amministratori pubblici incapaci, per non dire altro, e aggiungo - come ho già detto - anche le responsabilità della burocrazia, dei dirigenti, dei funzionari, dei direttori di settore, dei primari, degli addetti responsabili del pronto soccorso (non so chi di noi è andato al pronto soccorso ed ha constatato di persona ciò che succede).
Concludo brevemente il mio intervento - che non vuole essere contrario e strumentale a tutti costi, ma vuole essere fortemente critico -, evidenziando che si è criticato ovunque il modello lombardo della sanità, al quale mi riferisco, essendo di Lecco. Tale modello non solo si è rivelato il più efficiente ed efficace, come tra l'altro testimonia la cronaca di questi ultimi mesi, ma ha provveduto da sè ad arginare il deficit esponenziale che ha caratterizzato molte regioni italiane.
Mi pare che si sia tornati alla vecchia logica del «tanto paga Pantalone», perché si parla di un deficit complessivo di miliardi di euro e non si mettono in atto interventi e politiche in grado di arginare Pag. 30la spesa, nella convinzione che, poiché la salute è sacra ed il diritto alle cure è sancito dalla Costituzione, prima o poi lo Stato provvederà.
Siamo di fronte al classico caso di un conflitto di competenze tra le regioni, tra le cui materie di intervento rientra quella della sanità, e lo Stato, che sulla carta formula gli indirizzi generali, ma poi, in realtà, il Governo nazionale tratta le regioni distinguendo tra figlie e figliastre, «rammendando» e coprendo laddove si è sprecato, non si è governato e non si è programmato.
Sullo sfondo di tale tema vi è la questione della qualità della sanità italiana, che, nonostante a mio avviso sia eccellente, ogni giorno viene minata da casi di malasanità, di imperizia, di negligenza che compromettono il profilo della sanità del nostro Paese.
Dobbiamo frenare il passaggio da una regione all'altra in cerca del reparto di eccellenza e del primario «super», quando non ci si reca all'estero con i cosiddetti viaggi della speranza e del miracolo, che fanno torto alla qualità di primo ordine dei nostri medici e delle nostre università, i quali meriterebbero più fondi e più attenzione. Occorre mettere la ricerca nelle condizioni di valorizzare al meglio le nostre intelligenze.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LORENZO BODEGA. Concludo, Presidente, e ringrazio per la pazienza chi ha voluto ascoltarmi, affermando che sul provvedimento in esame non si può che formulare un giudizio fortemente contrario, poiché esso è largamente iniquo nei suoi presupposti e nelle sue conclusioni.

Nel Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (ore 12,15).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed il rappresentante del Governo). Onorevoli colleghi, come sapete, ricorre oggi il giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, istituito recentemente con legge 4 maggio 2007, n. 56.
Nel ricordo commosso del sacrificio di tutti coloro che hanno perso la vita per le barbarie del terrorismo, la Camera dei deputati si unisce al dolore dei familiari, formula loro i sentimenti della più intensa solidarietà e vicinanza e rinnova l'impegno delle istituzioni democratiche per l'affermazione dei valori di libertà, democrazia e giustizia custoditi dalla nostra Carta costituzionale. Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento (l'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).

Si riprende la discussione.

(Ripresa dell'esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, è veramente incredibile che alla Camera, la quale, insieme al Senato della Repubblica, dovrebbe essere il tempio della democrazia e della legalità, venga discusso un simile provvedimento. Purtroppo, anche nelle sedute precedenti, ho rilevato come tra gli stessi deputati vi sia una scarsa conoscenza del provvedimento in esame.
Nell'immaginario collettivo, che comprendo possa ancora appartenere alla massaia, ma non ai parlamentari, sussiste ancora l'idea che, dal punto di vista sanitario, nel nostro Paese esistano regioni di serie A e regioni serie B, per il semplice fatto che, storicamente, vi sono regioni povere e regioni ricche. Sgombriamo il campo da questa falsità. Oggi, in Italia, le regioni ricevono inizialmente circa la stessa quota pro capite, cioè gli stessi soldi per ogni cittadino che deve essere assistito dal punto di vista sanitario. Ciò che cambia successivamente è la capacità di utilizzare questi soldi e, quindi, l'efficacia dei Pag. 31vari sistemi sanitari regionali. Ad esempio, il Piemonte, come evidenziato da molti istituti di certificazione straniera, vanta certamente la miglior sanità pubblica anche a livello europeo, soprattutto nel periodo della giunta precedente di centrodestra (insieme a qualche altra regione italiana, come la Lombardia e il Veneto), chiudendo sempre i propri bilanci in pareggio, nonostante le dichiarazioni di qualche ministro in televisione. Per realizzare il pareggio di bilancio, tale regione non ha a disposizione un livello di risorse maggiore rispetto alle regioni Campania o Lazio, perché dispone di 1.400 euro all'anno circa per ogni piemontese, esattamente come per ogni altro cittadino italiano.
A ciò si aggiunge il fatto che la regione Piemonte assiste un altro 25-30 per cento di persone (tale percentuale corrisponde all'incirca ad un milione di persone, non poche peraltro!); si tratta di una cifra ben superiore alla media italiana di cittadini non piemontesi che pagano le tasse nelle altre regioni, le quali dovrebbero ripagare il Piemonte per queste prestazioni sostenute, ma poi, ovviamente, all'italiana, non lo fanno. Tra le altre cose, la regione Piemonte vanta vari miliardi di vecchie lire di crediti nei confronti di altre regioni che, ormai, sono diventati sostanzialmente inesigibili.
Detto ciò, la differenza sta nell'efficacia dell'utilizzo del denaro. Non intendo sollevare una questione di destra o di sinistra, di chi c'è stato prima o di chi ci sarà dopo, perché oggi parliamo di debiti dal 2000 al 2005; tuttavia, dal 2000 al 2007, secondo quanto risulta dai dati provvisori, nella regione Lazio il livello del disavanzo continua ad andare avanti esattamente come prima. Mi riferisco semplicemente alla capacità del sistema socio-economico di ogni regione di far funzionare o meno il proprio sistema sanitario.
Ebbene, a fronte di tale situazione che porta, ad esempio, una regione come il Piemonte ad essere in perfetto pareggio, vi sono altre regioni che, invece, perdono tre, quattro, cinque, dieci miliardi di arretrati, come la regione Lazio.
Con questo provvedimento non si individuano le cause della differenza di efficienza tra una regione e l'altra; si mette semplicemente una pezza al sistema sanitario nazionale (con voi è la terza in pochi mesi), come se, continuando a mettere pezze, i problemi si risolvessero da soli.
La regione Lazio ha accumulato 10 miliardi di debiti negli ultimi anni, che andremo a coprire con 2 miliardi subito e altri 6 miliardi che lo Stato «graziosamente» presta con una restituzione presunta, forse in trent'anni: quindi, con un mutuo mascherato che la Cassa depositi e prestiti fortunatamente non ha voluto concedere per «carità di patria», oltre che per un minimo buon senso. Diamo un miliardo alla regione Campania e, nello stesso tempo, la regione Lazio sta continuando ad accumulare ogni anno esattamente gli stessi debiti che hanno portato sul bilancio corrente ad avere oggi 10 miliardi di debito complessivo. Quindi, arriviamo ad esaurire le risorse, prevedendo un ulteriore prestito di 6 miliardi, che dovrà essere restituito in ogni parte, ogni anno, per trent'anni; nel frattempo, ogni anno continuiamo ad accumulare debiti.
Come facciamo ad uscire da questa situazione, se nel provvedimento non c'è il minimo richiamo al senso di responsabilità di chi gestisce? Potrei capire se si dessero 3 miliardi a fondo perduto, se ci si mettesse una pietra sopra, facendo però emergere i nomi e i cognomi di chi in questi 15 anni ha creato tale situazione, senza metterli in galera (altrimenti dovremmo pure mantenerli), ma almeno escludendoli dal sistema amministrativo pubblico italiano per manifesta incapacità.
Continuiamo, invece, a dare stipendi a persone che hanno portato in dieci anni a dieci miliardi di debito accumulato. Non possiamo minimamente accettare una situazione del genere. A ciò si aggiunge un minimo di buonsenso costituzionale: l'unità d'Italia, quando fa comodo, la si sventola in tutte le salse, mentre quando non fa comodo la si dimentica! Perché i piemontesi devono pagare il ticket e i laziali no? Perché nella regione Piemonte Pag. 32si pagano le tasse con una quota di evasione infinitesimale e in altre regioni, invece, c'è il 70 per cento di economia sommersa? Mi viene da ridere quando si dice che queste regioni hanno applicato il massimo possibile delle addizionali; se si applica il massimo delle addizionali sul 10 per cento di gente che paga le tasse e il 90 per cento non le paga, non le ha pagate prima e non le pagherà dopo, come si risolve il problema? Nel provvedimento non c'è alcun riferimento alle responsabilità personali degli amministratori. Prendiamo ad esempio il Banco di Sicilia: 6 miliardi di debito, 2 miliardi dati ai primi dieci creditori, che poi non hanno restituito i soldi, e non c'è stato nessuno che sia venuto qui a rispondere della firma per la concessione di un fido di 200 miliardi ad una persona; nessuno è stato mai chiamato a rispondere!
In questo caso è la stessa cosa: ci sono regioni dove si paga il ticket e regioni dove non lo si paga, regioni dove si pagano le tasse e regioni dove non si pagano. L'IRAP, che dovrebbe essere una tassa nazionale, che serve a coprire gran parte della spesa sanitaria, la si paga per l'85 per cento sopra il Po, mentre sotto il Po non sanno neanche cosa sia, non esiste! Ricordo che l'IRAP, come minimo, costituisce il 5 per cento del monte salari e, siccome gli stipendi ci sono in tutta Italia e gli occupati sono dappertutto e sono più o meno in proporzione agli abitanti, non è possibile che la si paghi per l'85 per cento dove vive il 25 per cento della popolazione italiana, vale a dire in Padania! Anche questa è una cosa che nessuno dice. Per non parlare - visto che voi siete federalisti - del Fondo di solidarietà nazionale in materia sanitaria, ossia altri 6 o 7 miliardi che vanno sempre nel «calderone» e che si aggiungono ai 1400 euro a testa di cui si diceva all'inizio.
Qualcuno mi deve spiegare, soprattutto i sostenitori del tricolore e dell'unità d'Italia, perché i piemontesi, che alla fine sono dei poveracci che lavorano dalla mattina alla sera, devono pagare con altre due o tre regioni, sempre del nord, l'intero fondo nazionale! Ditemi come fa ad essere nazionale un fondo che, distribuito gratis a tutte le regioni, è pagato al 65 per cento da un'unica regione come la Lombardia.!
Quando parliamo di federalismo o di argomenti seri di questo tipo, intendiamo affermare che il Paese non si salverà più se non vi introduciamo la cultura della responsabilità e se persone come Bassolino - il quale non è capace di «tirar su i sacchetti della spazzatura per strada», sostiene di aver firmato contratti senza averli letti (perché non aveva tempo), organizza concorsi per veline e spende milioni di euro all'anno per pagare l'affitto per l'ufficio di rappresentanza della regione Campania nella quinta strada di New York - non vengono chiamate a rispondere del modo in cui amministrano.
Non si tratta di essere padani o leghisti, ma di essere persone di buonsenso.
Chi spende deve pagare e il fondo di solidarietà serve per le emergenze e per ciò che le regioni più povere non possono oggettivamente sostenere, non per permettere gli sprechi continuamente provocati da chi poi non ne risponde.
Riteniamo che non vi sia alcuna urgenza, perché comunque stiamo parlando di una questione di anni fa.
Riteniamo sia opportuna qualche settimana in più di discussione in Commissione ed in Assemblea, e che non si debba seguire la consuetudine di far arrivare i provvedimenti alla Camera quando mancano poche ore alla loro scadenza, per poi porvi la questione di fiducia. In tal modo, infatti, non si ha mai tempo per ragionare e discutere, e ciò non dipende, secondo quanto afferma il Presidente, dall'opposizione o dall'ostruzionismo della Lega.
È necessario approfondire in modo serio l'esame del provvedimento in oggetto. Se non si introduce la cultura della responsabilità, il Paese non si salverà più (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, colleghi parlamentari, il presente decreto-legge, Pag. 33modificato nel corso dell'esame al Senato, si inserisce nel quadro di una lunga serie di interventi legislativi adottati nel corso degli ultimi anni per far fronte al grave e ricorrente problema dello sforamento, da parte di alcune regioni, dei limiti di spesa in materia di Servizio sanitario nazionale.
Il precedente Governo, con l'azione del ministro Tremonti, aveva messo in moto un meccanismo che, suscitando molte critiche, con molto coraggio tendeva a ripianare i debiti e invitava gli amministratori ad utilizzare le risorse in modo più efficiente.
Con un provvedimento del giugno 2002, le regioni venivano richiamate ad una certa corresponsabilità proprio facendo riferimento all'articolo 119 della Costituzione.
Oggi, il ministro Padoa Schioppa si vanta di essere il «re del rigore», ma, come affermava il collega Lupi, è in sostanza solamente «il re delle tasse», poiché va esattamente nella direzione opposta e firma il provvedimento in esame che in qualche misura contraddice tutti i principi di buona amministrazione.
Questo decreto-legge - ciò è stato richiamato da molti colleghi, e non solo da parte di esponenti di Forza Italia - ha dei limiti sostanziali, proprio per il fatto che all'articolo 1 prevede un ripiano dei disavanzi regionali nel settore sanitario per il periodo 2001-2005, derogando alla normativa vigente, secondo la quale gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni.
Il provvedimento in esame contraddice, altresì, un accordo che proprio Padoa Schioppa e la maggioranza avevano stipulato con le regioni nel settembre dell'anno scorso, ai sensi del quale venivano in qualche maniera richiamati determinati principi, si stanziavano 4,5 miliardi di euro e si imponeva un comportamento coerente con i principi di buona amministrazione. Oggi tutto ciò viene di fatto disatteso, si stanziano altri tre miliardi di euro e si premiano coloro che sostanzialmente non hanno adempiuto gli accordi sottoscritti.
È interessante quanto diceva ieri il collega Crosetto, il quale ricordava a quest'Assemblea, per la verità molto disattenta, che forse alcuni deputati della sinistra non sono in aula perché si vergognano di dover votare a favore di un provvedimento che non saranno in grado di giustificare ai loro elettori, specie a quelli delle regioni più virtuose: il Veneto, la Lombardia, ed altre ancora.
Gli elettori del centrosinistra avranno da ridire nei confronti dei loro eletti e rimpiangeranno di avere scelto quali loro rappresentanti coloro che di fatto non rispettano la Costituzione e considerano di serie B i cittadini del Veneto o della Lombardia.
Come diceva il collega Crosetto in maniera molto puntuale, il provvedimento in esame sostanzialmente disattende almeno cinque articoli della Costituzione: l'articolo 3, che sancisce il principio di uguaglianza tra i cittadini (motivo per cui gli elettori del Veneto dovranno chiedere conto ai deputati della nostra regione, che per la verità non vedo in aula, circa il loro comportamento rispetto al provvedimento in oggetto); l'articolo 119, sulla responsabilità finanziaria degli organi dello Stato e del Governo centrale; l'articolo 117, sulle competenze regionali; l'articolo 97, che sancisce il principio del buon andamento della pubblica amministrazione; infine, viene violato l'articolo 32, in quanto si reca un pregiudizio al diritto alla salute.
Vorrei osservare come non solo si violano gli articoli della Costituzione che abbiamo elencato, ma, soprattutto, viene disatteso un principio sacrosanto, sul quale dovrebbe essere creata una barriera contro chi vuole infrangerlo: quello della buona amministrazione.
Avendo riguardo a tale principio, signor Presidente, colleghi della sinistra, voglio osservare come con il provvedimento in esame noi stiamo dicendo agli amministratori: perché dovete amministrare bene? Perché dovete mirare al pareggio? Perché non dovete sforare il bilancio? Perché dovete limitare nei confronti dei cittadini di Venezia, di Chioggia, delle nostre isole, della terraferma veneziana il Pag. 34diritto ad alcune prestazioni che forse competerebbero loro? Perché dobbiamo far quadrare i conti, quando invece qualcuno è autorizzato a non farli quadrare? Mi riferisco a qualcuno che a settembre ha sottoscritto un accordo con lo Stato centrale, il quale, per la verità, è sempre troppo centrale e non federalista. Infatti, proprio in base a quell'accordo, avrebbe dovuto essere lungimirante e prevedere un comportamento virtuoso di tutte le regioni, mettendole tutte nella condizione di poter esercitare il diritto alla salute.
L'accordo è oggi sostanzialmente disatteso, non tanto dalle regioni, ma dall'altra parte contraente, da parte dello Stato, che vuole essere centralista nei confronti del Veneto e della Lombardia e nei confronti di altre regioni vuole invece essere la mamma buona. Forse, Presidente, perché tra quattro settimane si voterà? Forse perché avete bisogno di prendere quei voti? Cattivi amministratori quali siete avete sempre la capacità di fare uno scambio, magari penalizzando i cittadini che non vi hanno votato.
Il comportamento serio di forze politiche responsabili dovrebbe essere, invece, quello di dare un giudizio di merito e di assicurare pari opportunità a tutti, senza togliere nulla ad alcuno. Voi, invece, state dicendo alla regione Veneto: avete amministrato bene, bravi, «mona»! - come qualcuno ha detto ieri -, «bravo Galan, mona!». Infatti, altri governatori, che sono più furbi di lui, possono contare sull'aiuto dello Stato centralizzato, ignorando tutte le norme di buona amministrazione: possono contare su un aiuto per le questioni della nettezza urbana, del sistema ambientale, delle guardie forestali, mentre lui non può assolutamente contarci.
In Veneto, abbiamo 150 forestali per una regione in cui ci sono molte foreste e qui, invece, qualcuno ha consentito che vi sia l'assunzione di 15 mila forestali. A proposito di sprechi, ieri sera in televisione abbiamo visto la situazione di alcuni cittadini della benemerita regione Campania (vorrei tanto abitare in Campania, perché non solo ci sono il sole e la musica, ma anche un atteggiamento di grande generosità della regione). Duemila persone sono state assunte non tanto per fare gli spazzini o i netturbini, ma perché, come hanno dichiarato gli interessati nel corso della trasmissione televisiva, «così è la politica: ci hanno assunto per non fare assolutamente nulla, ma noi garantiamo i voti al centrosinistra in queste regioni». Vedete, è qui il vulnus di questa sinistra. Il collega Contento ha ragione quando dice che l'unico ticket da eliminare è quello del Governo Prodi! Dobbiamo mandarli a casa a «calci sul sedere», perché siete voi che incitate i nostri amministratori a non essere responsabili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Siete voi, così come il sindaco di Venezia l'altro giorno, il quale, in barba a qualsiasi questione etica, afferma che è giusto essere dalla parte dei no-global, invita Casarini a occupare altri spazi nella città di Venezia e ringrazia il nipote, l'altro Cacciari, che sempre gli è stato contrario, perché finalmente è in sintonia con lui. È il sindaco Cacciari, che si dimentica di essere responsabile come amministratore e anche come educatore, a dare un messaggio molto negativo. Si può preoccupare, si deve preoccupare se i comuni non sono sensibili. Sono principi di comportamento che non ci appartengono.
Noi siamo per la legalità, noi siamo per il buon governo, noi diciamo agli amministratori che bisogna rispettare le leggi dello Stato, che bisogna rimboccarsi le maniche, che ciascuno deve fare la propria parte, che deve sussistere il senso di responsabilità! Oggi non solo questo senso viene qui disatteso, ma addirittura si invita ad agire in senso contrario.
La cosa più negativa, signor Presidente e colleghi della sinistra, amici veneziani e amici veneti, è il fatto che siete assenti da quest'aula perché vi vergognate: infatti, state rincorrendo il Governo, supplicandolo di porre la questione di fiducia, per poter affermare che siete costretti a votare questo provvedimento, per andare nelle nostre case, a Venezia e a Mestre, in terraferma, a dire che non potevate non votarlo, perché era stata posta la questione Pag. 35di fiducia e, se non lo aveste votato, sarebbe tornato Berlusconi. Bisogna, ancora una volta, agitare lo spettro, lo spauracchio, perché non avete il coraggio di votare a favore di un provvedimento che è scandalosamente sbagliato per i motivi di incostituzionalità che ricordava prima il collega Crosetto e per i motivi che prima ricordava anche l'onorevole Giudice, ma anche per motivi politici.
Signor Presidente - mi rivolgo anche al collega veneto o veneziano che non vedo in aula -, ricordo la passata legislatura, quando con molta forza la sinistra antagonista, e non solo, nelle riunioni che si tenevano con le categorie, ricordava i peccati originali del Governo Berlusconi. Berlusconi, con il ministro Tremonti, non aveva aumentato il Fondo per la disabilità; era giudicato responsabile perché la disabilità nel nostro Paese ha bisogno di maggiori risorse, di un aiuto più concreto. Mi rivolgo all'onorevole Vianello, che non è più in quest'aula: con che faccia ti rivolgerai ai cittadini di Venezia, quando scoprirai che nel finanziamento di questa norma a favore del ripiano dei bilanci di regioni non virtuose, a danno della tua regione, questo Governo di sinistra ha previsto una copertura di spesa di 250 milioni di euro, sottraendone, tra l'altro, 50 mila dal Fondo delle politiche per la famiglia e 50 mila dal Fondo per le non autosufficienze? Si noti la differenza: Berlusconi veniva accusato di non avere implementato il fondo e qui, in piazza Montecitorio, si svolgevano le manifestazioni.
Il Senato ha approvato una copertura di spesa che tagliava le risorse e che abbiamo provveduto alla Camera dei deputati a modificare in parte. Ma che comportamento diverso! Che responsabilità diversa!
Parlavate bene - anzi, ultimamente parlate anche male - e razzolate male; oggi parlate anche male, giacché la sinistra, per bocca del suo massimo esponente, Massimo Cacciari, rispetto ai no global, afferma: «Venite, abbiamo bisogno di voi! Venite a occupare anche altre zone! Se i comuni sono insensibili alle vostre esigenze, venite ad occupare». Questo rappresentante della sinistra ha avuto la sfrontatezza di dire in consiglio comunale che, in fondo, i no global non avevano chiesto nessun contributo, dimenticandosi che abbiamo dovuto acquistare un capannone che era stato occupato da loro, abbiamo dovuto restaurarlo a suon di miliardi della pubblica amministrazione e abbiamo dovuto riconsegnarlo a loro, che non lo avevano mai abbandonato. Ciò, signor Presidente...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CESARE CAMPA. Mi avvio a concludere, perché sono questioni che fanno male al cuore. Penso anche a lei, che si vergognerà di far parte di questa maggioranza, con questa sinistra.
Rivolgo un appello a coloro che hanno un passato storico importante: svincolatevi da questa sinistra, che è contro la responsabilità, contro il buon governo! Abbiate un sussulto! Tornate all'ovile, in quel centrodestra che ha garantito al nostro Paese quel minimo di governabilità, di pace e di progresso che voi ancora adesso state sacrificando!
Signor Presidente, mi appello a lei che sta «scampanellando» perché il mio tempo sta per scadere: mi vergogno di appartenere ad un gruppo di veneti che non è presente in Aula, perché si vergogna di far sentire la propria voce (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Dussin, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, credo che, in relazione al provvedimento oggi al nostro esame, sia già stato detto, da tutti i colleghi che mi hanno preceduto, quali sono i punti negativi. Farò, quindi, delle osservazioni che probabilmente non avranno il Pag. 36carattere della novità, ma ritengo comunque necessario intervenire nel dibattito in corso.
Pur svolgendo oggi l'Aula l'esame del complesso degli emendamenti, le mie considerazioni partono dal tipo stesso di strumento legislativo che è stato utilizzato. Non è un aspetto ininfluente, giacché viene utilizzato il decreto-legge per una materia che non solo non ha le caratteristiche dell'urgenza, ma che contraddice anche tutti gli atti che sono stati compiuti dal vostro Governo.
In particolare, due sono gli elementi che non possono non essere sollevati. In primo luogo, il Governo Prodi continua a non capire - lo stanno capendo, invece, altri paesi europei - che le politiche sono vincenti se si fondano sul merito. L'esempio che date con il provvedimento in esame nega il merito, premiando, al contrario, coloro che hanno disatteso le indicazioni e non si sono impegnati.
La sanità è un tema particolarmente delicato. Signor rappresentante del Governo, non le sfuggirà che sarà difficile dire ai cittadini delle regioni «virtuose» (che si sono visti imporre dei sacrifici) che è stato tutto uno scherzo, che abbiamo sbagliato e che, invece, deve essere seguita l'indifferenza rispetto alla spesa e alla tutela dei cittadini.
È singolare dover intervenire per ripianare i debiti della regione Puglia, dove muoiono otto persone in pochi giorni. Certo, l'episodio è all'esame della magistratura. Ma se ciò fosse accaduto nel mio Piemonte, quando l'amministrazione era di destra, certamente il presidente della regione avrebbe dovuto dimettersi.
La Puglia è una regione singolare che, in un anno e mezzo, ha visto crescere il buco della sanità in modo esponenziale. Se da parte vostra potesse venire l'indicazione di una spesa per la sanità «allargata», per la tutela dei cittadini, potremmo anche fare qualche riflessione. Ma l'esempio che date come governatori dello Stato e delle regioni è di inefficienza.
Spero che non consideriate i cittadini italiani come un'immensa platea di schizofrenici, ai quali poter dire, prima, che imponete i ticket, poi, che li riducete e che siete costretti a prendere alcune decisioni a causa di un preteso buco nei conti pubblici lasciato dal Governo Berlusconi, mentre in privato pensate a come spartirvi il «tesoretto». Né i più «virtuosi» tra voi possono dire che useranno il «tesoretto» - accumulato non certo da voi, perché tali sforamenti sono imputabili ai vostri uomini e alle vostre donne - per le famiglie e per i più deboli quando, invece, per coprire la riduzione del ticket vogliono intaccare il Fondo sociale.
Non ho dubbi che il popolo italiano abbia sentito abbastanza e - aggiungerei - subìto abbastanza, anche se qualcuno della mia parte politica dice che non ci facciamo abbastanza sentire.
Non potremo mai dare la nostra adesione a tale provvedimento, perché, da un lato - lo ribadisco -, ci insegna ad essere scialacquoni e, dall'altro lato, nega i principi che ci hanno consentito di lasciare nelle vostre casse cospicue somme di denaro. Uno di quei principi afferma che «chi sfora paga».
Colleghi, il tanto decantato federalismo, che oggi dite di voler realizzare - ad esempio, con la volontà di mantenere l'ICI che, in quanto tassa dei comuni, va lasciata nella loro disponibilità -, presuppone, appunto, quel principio di responsabilità che voi bellamente negate.
L'altro motivo per cui non potremo assolutamente votare il vostro provvedimento è questa politica dell'effetto «annuncio», in base alla quale si ridurrebbe da 10 a 3,5 euro il ticket sulle visite specialistiche, intaccando il Fondo sociale, dicendo, allo stesso tempo, che il «tesoretto» sarà destinato alle famiglie.
Per cortesia, imparate il sano e buon detto latino suum cuique tribuere: lasciate che chi sfora paghi, lasciate che chi sporca paghi e date un esempio di dignità e di dirittura morale. Altro che invocata paura sulla lotta all'evasione! L'atteggiamento da voi tenuto con questo provvedimento è quanto mai e quanto più diseducativo: predicate bene, ma razzolate molto male, e lo fate con il denaro dei contribuenti italiani.Pag. 37
Quindi, mi rivolgo ai colleghi, comunque amministrati, di quelle regioni che hanno contenuto nei limiti la spesa sanitaria: come potremo dire ai nostri conterranei che da noi costa tutto il doppio? Come diremo ai nostri conterranei, ai quali abbiamo spiegato che bisogna procedere al riordino degli ospedali, che non è possibile avere l'ospedale sotto casa, e ai quali abbiamo spiegato che dobbiamo lavorare sull'eccellenza, che possiamo avere solo dei pronto soccorso? Come direte loro, se la forma di educazione alla quale tentiamo di portarli è quella che l'esigenza sanitaria cresce con l'avanzare dell'età, che bisogna provvedere alle prime emergenze «sotto casa» e poi anche spostarsi? Voi state insegnando che possiamo ripianare i debiti della Puglia, ma forse pensate che qualcuno dei cittadini, anche solo del Piemonte, vada a farsi curare in Puglia, dove otto decessi sono il numero minimo affinché una classe dirigente si allarmi?
Non credo che ciò avverrà. Auspico, anzi, che ciò non avvenga, perché quella malasanità costa il doppio della sanità delle nostre regioni, nelle quali ciascuno è chiamato a contribuire nei limiti di quanto dovuto e ciascuno di noi sa che deve fare delle rinunce in nome dell'interesse collettivo, per avere una sanità che possa essere erogata ai ricchi e ai poveri.
Da ultimo, andate a spiegare alle famiglie, ai nuclei o ai soggetti ai quali pensavate di rivolgervi dicendo che un Governo liberale e liberista li avrebbe affamati che avete provveduto a rimpinguare le loro tasche! Vi risponderanno mostrandovi le buste paga e quella di maggio sarà molto significativa, così come lo è stata quella di aprile! Andate a dire loro che interverrete con tutele legislative e, contemporaneamente, presentate questo vostro provvedimento, con il quale avete sottratto risorse alla spesa sociale. Dovete fare entrambe le cose contemporaneamente. Non bisogna avere la laurea per capire che schizofrenico non è il popolo italiano, ma quel Governo che in questo momento lo rappresenta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Secondo le intese sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, e proseguirà alle 16,30, con il seguito della discussione del disegno di legge n. 2534.

La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il Ministro dei trasporti, il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia.

(Iniziative per evitare una procedura di infrazione da parte della Commissione europea in relazione alle norme che prevedono a favore degli enti religiosi e delle Onlus l'esenzione dal pagamento dell'ICI sugli immobili utilizzati anche a fini commerciali - n. 3-00860)

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00860 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la questione oggetto della mia interrogazione è di una semplicità eloquente. Gli enti religiosi e le Onlus sono attualmente esenti dal pagamento dell'ICI anche per gli immobili utilizzati a fini commerciali, che cioè nulla hanno a che fare con le finalità istituzionali di quegli enti ed organizzazioni. La Commissione europea è intervenuta sull'argomento scrivendo varie volte al Ministro dell'economia e delle finanze.
Domando quali iniziative intenda assumere il Governo nel suo complesso - non già quindi il solo Ministro - per evitare l'avvio da parte della Commissione Pag. 38europea di un'ennesima procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, in merito all'interrogazione in esame occorre innanzitutto precisare che l'avvio di un'istruttoria da parte della Commissione europea ha riguardato l'originaria formulazione della norma che fa riferimento ad una legge avente lo stesso numero - il 248 - ma che risale al 2005.
Successivamente, nel corso della nuova legislatura, come sa l'onorevole interrogante, con la legge n. 248 del 2006 si è proceduto ad una modifica in forza della quale l'esenzione si intende applicabile alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale. La precedente formulazione era la seguente: l'esenzione disposta dal decreto legislativo del 1992 si intende applicabile alle attività indicate a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. La differenza, evidentemente, è non solo lessicale, ma di impostazione politico-programmatica.
Tale modifica era anche finalizzata a tenere conto di una denuncia che era stata presentata alla Commissione europea, con la quale si evidenziava come la norma originaria si configurasse come un aiuto di Stato ai sensi degli articoli 87 ed 88 del Trattato CE, in quanto sembrava favorire talune attività commerciali, con l'effetto di falsare la concorrenza e gli scambi comunitari. Gli uffici dell'amministrazione finanziaria hanno già avuto modo di fornire gli opportuni elementi di risposta, sulla situazione esistente, direttamente alla Commissione europea.
In ogni caso, poiché non penso affatto che lei, onorevole Turco, abbia sbagliato nel presentare la sua interrogazione, al fine di valutare la compatibilità della normativa vigente - quella che ho richiamato - con le regole europee, è stata già istituita, il 2 ottobre scorso, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze una commissione di studio con il compito di approfondire le problematiche che riguardano l'applicazione dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili ove si svolgono attività di religione o di culto e quant'altro.
Onorevole Turco, poiché lei giustamente domanda cosa intenda fare il Governo nella sua completezza, il Consiglio dei ministri, sulla base del lavoro svolto da tale organismo, valuterà se vi sono gli elementi per fornire alla Commissione europea ulteriori chiarimenti ed informazioni necessarie ad evitare l'apertura di una procedura di infrazione, o se invece sarà necessario provvedere ad apportare eventuali modifiche. Naturalmente, il Parlamento sarà informato delle determinazioni che saranno prese sulla base sia del lavoro della commissione sia della valutazione del Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. L'onorevole Turco, ha facoltà di replicare.

MAURIZIO TURCO. Signor ministro, sono sconcertato. Quel che lei ci ha detto è tutto vero, tranne per un particolare: nel mese di settembre, il Ministero dell'economia e delle finanze ha risposto alla Commissione europea spiegando che il «decreto Bersani» - leggo testualmente - è valido a risolvere tutti i dubbi interpretativi sul problema in oggetto.
Ciò non è vero, perché, come lei, signor Ministro, ci ha ricordato, il 2 ottobre - esattamente 15 giorni dopo - veniva istituita la suddetta commissione, dal momento che il cosiddetto decreto Bersani aveva dato luogo a difficoltà interpretative ed applicative.
Conosciamo la Commissione europea e il suo modo di procedere. Noi abbiamo la certezza che sia stata violata la legge comunitaria; una valutazione simile ce l'ha anche la Commissione europea, tant'è che, con riferimento tanto al primo quanto al secondo caso, continua a chiedere informazioni.Pag. 39
Crediamo che, francamente, occorrerebbe un po' più di coraggio laico, vale a dire un maggiore coraggio nel rispettare le leggi e la legalità di questo Paese, così come gli accordi internazionali da noi sottoscritti. Siamo contrari ai privilegi, siano o meno previsti da leggi, siano essi accordati alle oligarchie politiche - non abbiamo problemi a riconoscerlo - o alle gerarchie vaticane.
Riteniamo che vi sia un modo di procedere in quanto lei ci ha raccontato che non appare poi così evidente. Siamo certi che la Commissione europea terrà atto anche di quanto detto in questa sede per meglio formulare le sue valutazioni. Spero, quindi, che il 12 maggio, proprio in nome del coraggio laico, saranno in tanti ad essere con noi a Piazza Navona per dire «no» a questo modo di fare (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

(Iniziative per la modifica delle norme del patto di stabilità interno al fine di non penalizzare gli enti locali «virtuosi» - n. 3-00861)

PRESIDENTE. L'onorevole Giuditta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00861 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

PASQUALINO GIUDITTA. Signor Ministro, il motivo per il quale ho presentato questa interrogazione scaturisce dal fatto che l'applicazione delle nuove norme del patto di stabilità interno previste dalla legge finanziaria per il 2007 ha creato enormi difficoltà ai comuni e alle province del nostro Paese.
Infatti, la corretta applicazione delle stesse ha generato diffuse preoccupazioni, provocando un rallentamento delle politiche di sviluppo negli enti locali più virtuosi, a causa della impossibilità di utilizzo dei risparmi accumulati dagli stessi. Desidero ricordare che tali risorse sono in realtà il frutto di una corretta gestione amministrativa degli anni precedenti, ma, nella vigenza dell'attuale normativa, le amministrazioni locali, non potendo applicare l'avanzo di amministrazione, sono costrette inevitabilmente a limitare le loro attività.
È paradossale, signor Ministro, che gli enti che hanno correttamente gestito la spesa, rispettando i vincoli della legge nelle gestioni precedenti, vengano addirittura penalizzati. Secondo informazioni, sarebbe in fase di elaborazione un piano del Governo sulle tasse locali e sul federalismo fiscale...

PRESIDENTE. Onorevole Giuditta, deve concludere.

PASQUALINO GIUDITTA. Signor Ministro, è assolutamente necessario che in questo piano sia prevista anche la modifica del patto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giuditta.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.
L'onorevole Giuditta, pone la questione del rimedio ad alcune criticità che sono state evidenziate nella vita delle autonomie locali.
Per quanto riguarda la situazione dei cosiddetti enti «virtuosi» - come l'onorevole interrogante li definisce nella sua interrogazione - bisogna precisare che lo sforzo di miglioramento dei saldi finanziari, rivolto pure a tali enti, è frutto anche dell'orientamento espresso dalle associazioni rappresentative delle autonomie locali, sia nel periodo precedente sia durante l'iter parlamentare del disegno di legge finanziaria per il 2007.
Questo orientamento, in considerazione delle dimensioni della manovra, trovava una sua motivazione nell'esigenza di far partecipare tutti gli enti locali alle regole del patto e non soltanto quelli in disavanzo; vi era, quindi, anche un elemento di collegialità e di solidarietà.Pag. 40
Ne consegue che anche gli enti in avanzo nel triennio 2003-2005, assunto a base di riferimento per il patto di stabilità interno relativo all'anno 2007, debbano migliorare ulteriormente gli obiettivi di bilancio. È opportuno precisare, però, che il miglioramento richiesto a tutti gli enti deve essere calcolato al netto dei trasferimenti interni alle pubbliche amministrazioni; ciò sulla base di quanto stabilito dalle regole di contabilità nazionale.
La situazione di bilancio del triennio 2003-2005 tiene conto invece anche dei trasferimenti statali, che determinano quindi un risultato di avanzo di bilancio per alcuni enti.
Onorevole Giuditta, tuttavia non c'è dubbio che questa situazione abbia determinato alcune serie difficoltà anche alle autonomie locali, di cui il Governo è consapevole. Il meccanismo della media delle entrate e delle spese del periodo precedente infatti, impedisce di utilizzare risorse che sarebbero disponibili, in quanto provenienti da avanzi di bilancio o da entrate di carattere straordinario.
Il Governo è consapevole dell'importanza di tale problema e della necessità di agevolare anche per questa via l'impegno delle autonomie locali per una maggiore qualificazione della spesa e per un contributo al rilancio dello sviluppo, anche per una loro piena responsabilizzazione sulle decisioni di bilancio e sulle conseguenze che ne derivano.
Per queste ragioni, il problema della utilizzazione per investimenti degli avanzi di bilancio e delle entrate derivanti dalla vendita dei beni immobili dovrà essere affrontata e risolta: un tavolo tecnico sta esaminando, come diceva l'onorevole Giuditta, questo problema con le autonomie locali. Questo è il nostro impegno. Occorre tuttavia evitare che da questa scelta consegua un peggioramento complessivo dei saldi di finanza pubblica, come avverrebbe per effetto dell'incremento delle spese di parte capitale, rispetto agli obiettivi programmatici.
Per questo è indispensabile - a questo dovrà anche concorrere il tavolo tecnico - procedere preliminarmente alla quantificazione delle risorse disponibili da parte delle autonomie locali al 31 dicembre 2006 e, successivamente, preordinare la loro compensazione in termini di fabbisogno e di indebitamente netto. Si procederà, dunque, su questa strada e contemporaneamente, come lei diceva, il Governo sarà impegnato a perfezionare il provvedimento sul federalismo fiscale.
È in corso un confronto...

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.. .. con la Conferenza delle regioni e delle autonomie locali e il Parlamento sarà presto interessato a questo disegno di legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Giuditta ha facoltà di replicare.

PASQUALINO GIUDITTA. Signor Presidente, penso di potermi ritenere soddisfatto della risposta fornita dal ministro Chiti.
Al riguardo, vorrei ricordare all'Assemblea che l'UDEUR, tramite il sottoscritto, ha presentato una proposta di legge che prevede tale modifica al patto di stabilità interno agli enti locali; modifica che, a nostro parere, è necessaria, per dare l'opportunità agli enti più rispettosi delle norme di poter impegnare l'avanzo di amministrazione.
Accolgo con favore anche la conferma da parte del ministro, della volontà di giungere ad una soluzione del problema, per quello che ha dichiarato adesso, in quanto è interesse di tutti che gli enti locali possano utilizzare queste risorse per realizzare interventi necessari alla collettività.
Nel ribadire la necessità di questo provvedimento, ritengo doveroso precisare alcuni aspetti. Dai consuntivi del 2005, depositati presso il Ministero dell'interno, emerge un dato significativo: i comuni al di sopra dei 5 mila abitanti hanno accumulato avanzi di amministrazione per un totale di 4,6 miliardi di euro e le province per 1 miliardo di euro.Pag. 41
Tali amministrazioni si vedono limitate, pertanto, nella realizzazione di un'efficace ed efficiente politica di gestione degli enti. L'applicazione dell'avanzo potrebbe consentire il finanziamento di servizi ed opere pubbliche, utili allo sviluppo socio-economico delle comunità interessate. In particolare, emerge sempre di più la necessità della riqualificazione urbana e soprattutto l'adeguamento del patrimonio edilizio scolastico alla normativa di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per la quale lo Stato non ha previsto alcun trasferimento. Va segnalato, inoltre, che l'applicazione dell'avanzo non incide nell'immediato sulla gestione di cassa, in quanto i tempi per la realizzazione delle opere consentono l'utilizzo delle risorse in più esercizi finanziari.

(Interventi presso Ferrovie dello Stato Spa per il potenziamento dei servizi a favore dei viaggiatori nell'ambito del nuovo piano industriale - n. 3-00862)

PRESIDENTE. L'onorevole Zunino ha facoltà di illustrare l'interrogazione Meta n. 3-00862 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmatario.

MASSIMO ZUNINO. Signor Presidente, signor Ministro, il sistema ferroviario e il suo potenziamento e ammodernamento, sono questioni strategiche per lo sviluppo del nostro Paese.
Due fatti accaduti recentemente hanno Motivato questa nostra interrogazione. In primo luogo, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, con le quali lo stesso afferma che l'arretratezza del materiale rotabile, soprattutto per i pendolari, è a livello del Terzo mondo - in nessun Paese europeo i pendolari viaggiano come in Italia - e come lei sa, signor Ministro, ogni giorno 1 milione 500 mila persone si servono per i propri spostamenti dei treni delle ferrovie italiane.
In secondo luogo, il parere favorevole espresso dal Governo sul piano industriale predisposto da Ferrovie dello Stato Spa per il periodo 2007-2011, che, secondo il Governo, deve dare al Paese non solo un sistema ferroviario più moderno ed efficiente ma anche una forte spinta agli investimenti.
Alla luce di quanto ricordato e anche in relazione alle esigenze che su questo tema hanno posto le organizzazioni sindacali confederali dei lavoratori ferroviari...

PRESIDENTE. Onorevole Zunino, deve concludere!

MASSIMO ZUNINO. ... e le associazioni dei consumatori, le chiediamo, signor Ministro, come il Governo intende intervenire affinché Trenitalia e Ferrovie dello Stato Spa attuino forti investimenti tesi ad acquistare nuovi treni e a potenziare i servizi nell'interesse dei viaggiatori e dei lavoratori.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, devo innanzitutto chiarire, nel rispondere all'interrogazione in esame, che in realtà non vi è stata un'approvazione formale da parte del Governo del piano industriale delle Ferrovie dello Stato Spa. Vi è stata invece una presa d'atto da parte dei ministri più direttamente interessati (trasporti, infrastrutture ed economia) del fatto che nel piano erano state recepite alcune delle indicazioni più cogenti date dagli stessi ministri rispetto al piano presentato circa un mese fa.
In sintesi, tali richieste riguardavano il fatto che il piano industriale dovesse essere non un semplice piano di risanamento finanziario, bensì un vero e proprio piano di sviluppo di quella che è la più grande impresa pubblica italiana.
Il requisito di fondo segnalato era proprio quello richiesto dagli onorevoli interroganti, ovvero che si riconosca che il servizio ferroviario è una risorsa strategica per il Paese.Pag. 42
Ciò detto, per quanto riguarda le organizzazioni sindacali, è stato programmato un calendario di incontri che sarà avviato già a partire dalla prossima settimana, proprio al fine di discutere il suddetto piano.
Per quanto riguarda, in particolare, il materiale rotabile, soprattutto quello relativo ai pendolari, quantificati in quasi due milioni, che è stato effettivamente oggetto di un rilievo critico del Presidente del Consiglio, il Ministero dei trasporti si è già fatto promotore di un apposito provvedimento, inserito nella legge finanziaria 2007, per l'acquisto di nuovi treni per un importo di 300 milioni di euro in tre anni, sotto forma di contributi che andranno agli enti che lo richiederanno, segnatamente alle regioni.
Inoltre, nel piano delle Ferrovie dello Stato Spa, di cui si sta parlando, è previsto l'acquisto, in cinque anni, di mille nuovi treni, il che dovrebbe contribuire in maniera sostanziale al miglioramento della qualità del servizio.
Concludo, infine, ricordando che il principale strumento di programmazione del Ministero dei trasporti, ovvero il piano generale della mobilità - le cui linee guida verranno presentate a partire dal 15 maggio prossimo e portate in discussione, ovviamente dopo le sedi parlamentari, con tutte le regioni italiane - è fortemente incentrato sul trasferimento del trasporto merci dalla strada alla ferrovia e, quindi, ha nel piano di sviluppo delle Ferrovie dello Stato Spa il suo principale riferimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, ringraziamo il Ministro per la sua risposta. Apprezziamo lo sforzo che ha fatto il Governo in questo anno di lavoro per restituire centralità al trasporto ferroviario, sia per ragioni economiche e sociali (si tratta di un servizio fondamentale per i cittadini e per le imprese), sia per ragioni ambientali derivanti dall'aumento del traffico veicolare e per l'esigenza di rientrare nel rispetto dei parametri di Kyoto.
Crediamo che si debba proseguire per questa strada, che passa necessariamente per alcune scelte concrete, che sono - come ricordava il ministro Bianchi - l'individuazione delle risorse necessarie agli investimenti e al finanziamento dei contratti di programma, l'elaborazione del piano generale della mobilità (che costituisce un passaggio essenziale) e l'elaborazione del piano industriale delle Ferrovie dello Stato Spa, essenziale anche per concertare, con le organizzazioni sindacali, i passaggi successivi.
Riteniamo, pertanto, che il gruppo delle Ferrovie dello Stato Spa e le sue società operative abbiano di fronte un passaggio impegnativo, che dovrà puntare a superare le inefficienze gestionali che, soprattutto nel trasporto passeggeri, ma anche - come ben sappiamo - nel trasporto merci, hanno causato un decadimento del livello del servizio e un'insoddisfazione generale dell'utenza. In particolare, il problema pendolari è stato anche oggetto di interpellanze e interrogazioni e, quindi, di attenzione da parte dei parlamentari, dell'Assemblea e della Commissione.
La vera novità della politica dei trasporti deve essere questa e...

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, deve concludere.

MARIO LOVELLI. ... su di essa si misurerà la credibilità del Governo e del management aziendale.
Da questo punto di vista siamo soddisfatti per le dichiarazioni rese oggi dal Ministro e anche per la chiarezza della risposta...

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, concluda!

MARIO LOVELLI. ...che individua nei mille treni per il trasporto passeggeri e nell'ammodernamento complessivo del trasporto sulle medie e lunghe distanze e sugli investimenti...

Pag. 43

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lovelli.

(Piano industriale delle Ferrovie dello Stato Spa recentemente approvato dal Governo - n. 3-00863)

PRESIDENTE. L'onorevole Moffa ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00863 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

SILVANO MOFFA. Onorevole ministro, prendendo atto di quanto da lei testé dichiarato in ordine alla rispondenza del piano industriale alle indicazioni del Ministero delle infrastrutture, noi vorremmo ricevere qualche elemento in più su cui riflettere, dal momento che dagli organi di stampa emerge un quadro del piano presentato dalle Ferrovie dello Stato Spa tutt'altro che positivo, sia sotto il profilo dell'aumento tariffario (che nel tempo acquista un valore percentuale estremamente elevato) sia con riferimento alla riduzione degli organici. Per non parlare poi del sistema merci, che è fortemente colpito in ragione della riduzione significativa di stazioni ferroviarie adibite al trasporto delle merci. Più che un piano di sviluppo a noi sembra...

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, concluda!

SILVANO MOFFA. ...un piano che riduce fortemente la capacità di modernizzare il sistema ferroviario. Ecco perché le chiediamo spiegazioni e chiarimenti in merito a tale piano.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Onorevole Moffa, lei comprende che debbo rispondere a tale parte della sua interrogazione in modo analogo a quanto poc'anzi ho dichiarato con riferimento al precedente atto di sindacato ispettivo. Il Governo non ha approvato il piano di gestione delle ferrovie. I ministri direttamente interessati - quelli, rispettivamente, per i trasporti, delle infrastrutture e dell'economia e delle finanze - hanno esaminato, nell'arco di circa un mese, il piano che era stato presentato, fornendo suggerimenti e dando atto alle Ferrovie dello Stato Spa di avere accolto molti di questi ultimi. Hanno altresì dato atto del fatto che effettivamente questo piano oggi si può considerare non solo un intervento di risanamento finanziario, come pure è (ed era ovviamente indispensabile), ma anche un piano di sviluppo.
Da questo punto di vista, posso riferire su alcuni degli aspetti che lei ha sottolineato in quest'occasione. Per quanto riguarda gli aumenti tariffari, ho già dichiarato in molte altre occasioni che finora tale aumento è stato accordato alle Ferrovie unicamente per i treni di fascia alta, cioè per l'alta velocità, gli Eurostar e per alcuni treni ad alta percorrenza. Per quanto riguarda tutte le altre percorrenze, ogni decisione in merito alle tariffe è rimessa alla definizione del concetto di «servizio universale» - ovvero di quel servizio che può essere coperto con contributo da parte dello Stato e che è attualmente all'esame di una commissione che comprende componenti del NARS e del CIPE - e, per essere autorizzata, dovrà passare attraverso una delibera di quest'ultimo. Fino a quel momento, lo ripeto, gli aumenti tariffari sono esclusivamente quelli conferiti già alcuni mesi fa per la cosiddetta fascia alta.
Per quanto riguarda il trasporto merci, attualmente questo ambito è sicuramente il punto più debole della struttura delle Ferrovie dello Stato Spa, ma è anche uno dei punti qualificanti del piano che verrà illustrato dalla prossima settimana, a partire dalle organizzazioni sindacali, ma anche in sede parlamentare. È stato infatti assunto il requisito del trasferimento modale dalla strada alla ferrovia, per quanto riguarda - lo ripeto - il trasporto merci, che ci vede attualmente in ritardo fortissimo rispetto anche agli altri Paesi europei. Pag. 44Ad esempio, nel nostro Paese viaggia per strada il 66 per cento delle merci, contro la media dell'Unione europea del 44 per cento, mentre il 12 per cento viaggia su ferro contro la media europea del 23 per cento.
Per quanto riguarda il trasporto regionale, il piano prevede una forte riorganizzazione del trasporto su ferro nell'ambito dei principali aree metropolitane, il che consentirà di affrontare in maniera decisiva gravi problemi come quelli del consumo energetico e dell'inquinamento ambientale. È previsto, inoltre, come ho poc'anzi ricordato rispondendo all'interrogazione precedente, un piano di acquisto in cinque anni di mille nuovi treni proprio per la disponibilità dei trasporti locali: ciò non in alternativa, ma in parallelo con il completamento del programma dell'alta velocità-alta capacità che ha un suo canale di finanziamento attraverso il Ministero delle infrastrutture.

PRESIDENTE. Ministro Bianchi, concluda!

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Infine, per quanto riguarda l'opportunità di discutere il piano in questione nelle competenti sedi parlamentari, ho già dato la più ampia disponibilità ai Presidenti delle Commissioni trasporti di Camera e Senato, suggerendo che a queste audizioni partecipino congiuntamente gli amministratori delle ferrovie e il Ministro dei trasporti.

PRESIDENTE. L'onorevole Moffa ha facoltà di replicare.

SILVANO MOFFA. Signor Ministro, la ringrazio per la risposta, ma mi dichiaro assolutamente insoddisfatto per una serie di motivazioni, che, data la ristrettezza dei tempi, cercherò di elencare rapidamente.
La prima considerazione riguarda la scelta che lei ha definito «piano strategico». Mi chiedo come possa configurarsi un «piano strategico», a fronte di una decurtazione di ben 300 stazioni che riguardano il trasporto merci. Faccio notare che 300 stazioni equivalgono al 60 per cento complessivo e che, per la parte restante, soltanto il 10 per cento è ubicato nel centro-sud. Andiamo verso uno squilibrio sostanziale del sistema paese per quanto riguarda il trasporto ferroviario che si pone in controtendenza rispetto a quel «piano strategico» di cui lei, signor Ministro, ha parlato.
Inoltre, in termini di organico, si parla di una decurtazione di oltre 10 mila dipendenti, il che, evidentemente, rende chiaro l'intento di imprimere un'accelerazione a quel processo che deve portare - come è stato da lei annunciato anche in sede di audizione in Commissione - all'unico macchinista nel sistema rotabile. Si tratta di un problema che non può esser affrontato e risolto fino a quando non ci sarà una verifica sull'effettiva bontà e qualità del sistema tecnologico che si intende applicare. Lei sa che su questo problema anche i sindacati sono molto fermi.
Abbiamo un problema di sicurezza e un problema di strategia complessiva. Il rischio è che con questo piano non si ottenga il risultato che lei auspica, vale a dire di fare in modo che le merci possano essere trasportate su ferro anziché su gomma. In realtà, avverrà esattamente il contrario.
Concludo chiedendo che la Commissione sia investita del problema, perché ritengo che un piano industriale di questo rilievo e livello non possa essere trascurato. Dobbiamo promuovere un confronto nell'ambito della Commissione parlamentare, perché stiamo parlando davvero del futuro del Paese, a fronte della decurtazione di interventi sull'alta velocità.

(Interventi per garantire la sicurezza sulle strade statali in Sicilia - n. 3-00864)

PRESIDENTE. L'onorevole Neri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00864 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmatario.

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SEBASTIANO NERI. Signor ministro, questo Governo, sin dal suo insediamento, ha deciso di decurtare gli investimenti per le infrastrutture nel Mezzogiorno e in Sicilia, annullando, ad esempio, la realizzazione del Ponte e dell'alta velocità ferroviaria. Il sistema siciliano dei trasporti su terra è caratterizzato da una grande arretratezza oggettiva, ancor più marcata se rapportata al resto del Paese.
Sulle nostre strade, in particolare sulla Catania-Gela, sulla Ragusa-Catania e sulla Agrigento-Palermo, ogni giorno, per carenze strutturali e di sicurezza, si verificano numerosissimi incidenti con un pesante bilancio di morti e feriti.
Non più tardi dell'ottobre scorso lei ha avviato una campagna di comunicazione il cui slogan principale era: la sicurezza è il primo dei nostri impegni.
Prendendo atto della vostra pervicacia nel volere negare gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno, quanto meno in relazione alla sicurezza tanto propagandata, vorremmo conoscere le iniziative che il Governo intende assumere.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Onorevole Neri, le rispondo anzitutto per ribadire che il Governo e il Ministero dei trasporti, invece, stanno prestando la massima attenzione al sistema della mobilità della regione Sicilia.
Come ho anticipato qualche giorno fa a Catania, nel corso dell'inaugurazione della nuova aerostazione, a partire dalla prossima settimana verranno presentate le linee guida del piano generale della mobilità, sulla base delle quali si aprirà il confronto con le amministrazione regionali.
In questo senso, già da tempo, ho inviato al presidente della regione Sicilia la proposta di un confronto con il Ministero dei trasporti proprio in relazione al quadro del trasporti nella regione.
Scendendo nello specifico del tema della sicurezza stradale, a cui è stato fatto riferimento, come anche lei ha ricordato, questo costituisce uno degli impegni basilari del Ministero dei trasporti, teso a porre un freno al numero impressionante di vittime e a rispettare l'impegno, assunto dall'Unione europea, di una diminuzione - ormai, probabilmente, non più ottenibile - del 50 per cento dell'incidentalità.
In relazione a ciò, tuttavia, il Governo ha già avviato una serie di iniziative, di cui la più importante è la riforma del codice della strada attraverso la presentazione di un disegno di legge delega. Nella legge finanziaria, articolo 1, comma 1035, è previsto lo stanziamento di 159 milioni di euro per il triennio 2007- 2009 per le attività connesse con l'attuazione, valutazione ed efficacia del piano nazionale della sicurezza stradale, che è il principale strumento di governo di cui disponiamo. Nell'atto di indirizzo del Governo per la sicurezza stradale è altresì previsto l'impegno per la messa in sicurezza delle dodici strade più pericolose del Paese con lo svolgimento dell'analisi di sicurezza delle strade dove si concentra gran parte dell'incidentalità. Tale analisi consente di definire i possibili interventi di rimozione e contrasto di quei fattori che le rendono in questo momento così pericolose.
Venendo più in particolare a trattare delle strade citate nell'interrogazione - ovvero quelle che riguardano il territorio siciliano (Gela-Catania, Ragusa-Catania e altre), esse, pur non rientrando tra le dodici per le quali sono stati già previsti interventi nel disegno di legge presentato in Parlamento, rientrano in una graduatoria di 1091 strade censite secondo un ordine che va dalla quarantatreesima posizione detenuta dalla Ragusa-Catania alla centonovantacinquesima detenuta della Gela-Catania. Potrei, inoltre, fornire in dettaglio il numero dei morti e dei feriti avvenuti in queste tratte.
Tali strade sono quindi sotto osservazione al pari delle altre e per esse, dunque, il pacchetto di misure che ci riproponiamo di adottare in attuazione dell'atto di indirizzo conterrà, spero, interventi di carattere sia infrastrutturale sia trasportistico adeguati alle necessità.

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PRESIDENTE. L'onorevole Neri ha facoltà di replicare.

SEBASTIANO NERI. Signor Ministro, pur facendo ogni sforzo per riconoscere la sua buona fede nel coniugare i verbi al futuro in relazione alle condizioni di sicurezza della rete viaria siciliana, ho però qualche difficoltà a potermi definire soddisfatto.
Certamente è sotto gli occhi di tutti la realizzazione dell'ennesima corsia autostradale tra due capoluoghi lombardi, Milano e Brescia; cito tale caso, ma si potrebbero portare ad esempio tante altre realtà dove si lavora alacremente al potenziamento doveroso e giusto della rete viaria per rispondere alle esigenze di trasporto di quei territori. Tuttavia, in Sicilia e nel Mezzogiorno, non solo in ordine agli interventi infrastrutturali ma anche con riferimento al ripristino delle condizioni di sicurezza, continuiamo a sentirci coniugare i verbi al futuro. Sarebbe sufficiente un semplice sopralluogo, anzitutto sulle citate strade Catania-Gela, Ragusa-Catania e Palermo-Agrigento, ma anche su tante altre, per renderci conto che il problema non riguarda il raddoppio delle corsie o la realizzazione degli spazi vitali per rendere sicura la circolazione. I problemi riguardano, invece, l'assenza di manutenzione del manto stradale, di segnaletica verticale e orizzontale, di tutte quelle condizioni minime che sono di ausilio ad una guida sicura.
Allora non è sorprendente contare quotidianamente i morti sulle strade, che sono reali e non coniugati al futuro. Quotidianamente incidenti mortali costringono famiglie siciliane a prendere atto dell'assenza delle pubbliche istituzioni ai livelli minimi essenziali. Quindi non posso reputarmi soddisfatto e le pongo una domanda che vuole essere retorica, sperando che i fatti la vanifichino: qual è il numero congruo di morti che il Governo ritiene possa giustificare un intervento immediato sulle strade in modo da non coniugare più i verbi al futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI)?

(Iniziative normative volte alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica delle autovetture - n. 3-00865)

PRESIDENTE. L'onorevole Camillo Piazza ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00865 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).

CAMILLO PIAZZA. Signor Presidente, signor Ministro, la mia interrogazione ha lo scopo di sostenere misure volte ad aiutare il nostro pianeta. A nostro avviso, non è sufficiente chiudere i centri urbani le domeniche o tartassare i consumatori, ma occorre chiedere all'industria dell'auto di impegnarsi di più sul versante dell'innovazione tecnologica. L'accordo volontario tra Unione europea e costruttori di automobili, purtroppo, non sta ottenendo la riduzione della percentuale di CO2 emessa nell'aria con l'inquinamento.
I dati del 2005 indicano che i progressi conseguiti, se comparati a quelli del 2004, non superano l'uno per cento. Le emissioni medie del parco delle auto vendute nel 2005 sono rimaste pari a 162 grammi per chilometro quadrato. A questo punto, chiedo al ministro e al Governo se possano intervenire, anche in sede comunitaria, per fissare il limite previsto a 120 g/km, al fine di poter ridurre sensibilmente l'inquinamento atmosferico.

PRESIDENTE. Il Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, faccio presente, anzitutto, che le argomentazioni addotte nell'interrogazione sono di tale complessità ed ampiezza che mi riesce difficile, ovviamente, rispondere in poco tempo; ho ritenuto opportuno, pertanto, portare un rapporto sulla questione trasporti Pag. 47e cambiamenti climatici, che consegnerò poi alla Presidenza. Rispondo invece concisamente su due aspetti, uno riguardante il quadro comunitario europeo con riferimento alla questione, l'altro riguardante il quadro nazionale.
Per quanto riguarda il quadro europeo, dai dati resi noti dalla Commissione europea si evince che, in relazione alla riduzione delle emissioni di CO2 di autovetture e veicoli commerciali leggeri, la Commissione sta predisponendo un quadro legislativo finalizzato a ridurre, entro il 2012, le emissioni di CO2 alla quantità di 120 grammi per chilometro quadrato. Tale limite sarà corredato da un'indicazione circa gli indirizzi che gli Stati membri dovranno fornire alle case automobilistiche per uniformarsi a questi obiettivi. Essendo compito precipuo del Ministero dei trasporti negoziare le normative concernenti i veicoli a motore e, quindi, anche quella in questione, ci stiamo impegnando in tale contesto per contribuire alla definizione di tale norma di carattere europeo.
Per quanto riguarda il quadro nazionale, stiamo discutendo congiuntamente con il Ministero dell'ambiente, anzitutto per attuare le misure di riduzione delle emissioni inquinanti previste in base ad alcuni articoli della legge finanziaria per il 2007. La programmazione degli interventi per il fondo di mobilità sostenibile, con riferimento alla quale, nei giorni scorsi, ho apposto la firma di concerto con il Ministro dell'ambiente, prevede uno stanziamento di novanta milioni di euro annui nel periodo 2007-2009, al fine di migliorare la qualità dell'aria nelle aree urbane e potenziare il trasporto urbano. A tale fine, ribadisco, è stato già firmato il relativo decreto.
Con quello stesso decreto è stata rifinanziata la sperimentazione dell'autostrada ferroviaria Aiton-Orbassano, in un accordo congiunto con il Ministro dei trasporti francese. Richiamo l'attenzione, infine, sul fatto che il piano generale della mobilità, che fin dall'inizio dell'insediamento nel Ministero è stato considerato uno strumento indispensabile nel settore dei trasporti, è ormai in via di presentazione; al riguardo, ritengo che su tale base si debba sviluppare la discussione anche con riferimento a tali aspetti, visto che è fondamentale il requisito della mobilità sostenibile fondata sull'intermodalità, che in quel piano viene evocata.
Sottolineo, infine, due aspetti fondamentali della questione che ho già riferito ieri sera nell'ambito di un'audizione in Commissione congiunta trasporti e ambiente della Camera. Anzitutto, da tutti i dati emerge che il tipo di trasporto a più basso impatto ambientale è, per diversi ordini di grandezze in meno, quello ferroviario e quindi bisogna porre in essere ogni sforzo per trasferire il maggior numero possibile di passeggeri, e soprattutto di merci, su questa modalità.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la prego di concludere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. In secondo luogo, il processo di innovazione tecnologica, che sicuramente è in corso e permette di avere veicoli sempre meno inquinanti, è del tutto vanificato dall'aumento più che proporzionale del parco dei veicoli circolanti. Ciò ci conforta ancor più nel sostenere che l'ipotesi di lavoro sulla quale muoversi è decisamente quella del trasferimento modale.

PRESIDENTE. L'onorevole Camillo Piazza ha facoltà di replicare.

CAMILLO PIAZZA. Signor Presidente, mi dichiaro completamente d'accordo con le indicazioni che il ministro dà sull'impostazione complessiva della mobilità urbana. Credo che spostare il traffico delle persone dalla macchina al treno sia veramente la soluzione migliore da adottare. È del tutto evidente che sulle politiche dell'innovazione tecnologica serva molto chiedere alle imprese di fare il proprio dovere. Non a caso, quando nell'interrogazione abbiamo indicato la quantità di 120 grammi per chilometro, lo abbiamo fatto perché sappiamo che soprattutto imprese Pag. 48italiane come la FIAT sono in grado di produrre un simile risultato. Il Governo deve far sì che chi ha svolto questa azione di innovazione possa trovare ausilio da parte della Comunità europea, che, purtroppo, ci vede molto assenti sul piano dell'accettazione delle nostre indicazioni.
Per tale motivo, chiedo al Governo di fare in modo che negli atti governativi sia inserito un vincolo forte e concreto, affinché si stabilisca che l'innovazione tecnologica è la cosa migliore da portare avanti e che il limite fissato, anche da parecchi anni, dagli studi condotti da molte strutture ambientaliste, di 120 grammi per chilometro, debba essere rispettato in maniera vincolante da parte degli altri produttori. Ciò perché, da una parte, è giusto riconoscere alle nostre imprese un valore aggiunto, ma, dall'altra parte, dobbiamo chiedere alle imprese del mondo europeo e asiatico di agire allo stesso modo. Non basta, infatti, vietare le domeniche l'uso degli autoveicoli, ma occorre veramente far sì che tutte le persone e le industrie che si occupano di questo argomento facciano la loro parte.

(Misure per migliorare le condizioni di sicurezza nelle città italiane - n. 3-00866).

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-00866 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, signor Ministro, con questa interrogazione il gruppo dell'UDC ha voluto chiedere al Governo, in particolare al Ministro Amato, quale sia la politica dell'esecutivo di centrosinistra su un tema molto delicato, sentito e complesso, quale quello della sicurezza nelle grandi aree urbane. Abbiamo cercato di ricostruire alcuni fatti che abbiamo citato nell'interrogazione, dalla vicenda del muro di Padova a quella di via Sarpi a Milano, a quella di piazza Verdi a Bologna, all'omicidio del tabaccaio di Torino, ai fatti di Napoli e, da ultimo, a ciò che la stampa di oggi riporta con riferimento alle baraccopoli. Queste ultime interessano 15 mila persone ai confini della città di Roma e nella stessa città, con scenari anche inquietanti, come gli interventi dei carabinieri, che hanno sequestrato droga in alcuni di tali campi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANPIERO D'ALIA. Abbiamo voluto illustrare questo scenario non per giocare sulle paure, ma per far comprendere che vi è un tema che allarma tutti, sul quale sussiste la necessità di capire cosa il Governo intenda fare.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Ringrazio l'onorevole D'Alia per l'interrogazione in esame, che tocca un tema che, fin dall'inizio del mio mandato, considero cruciale e, come lui, complesso, che dipende da tanti fattori, e far incastrare questi diversi fattori rispetto a ciascuna situazione diventa ciò che più conta da parte nostra.
La mia esperienza di questi mesi dimostra che, laddove le amministrazioni locali sono sensibili, quanto è giusto che si sia, al tema della sicurezza, garantiscono che i loro vigili stiano attenti al rispetto della legalità, dalle piccole alle grandi cose, in città, garantiscono un'illuminazione che non lascia alcuna zona d'ombra che possa facilitare il delitto nelle zone nelle quali la propensione al crimine è più elevata, il problema della sicurezza è già in parte risolto, o meglio affrontato.
Sul lato opposto, la sicurezza in molte delle nostre città è connessa alla capacità delle forze di polizia che dipendono dal Ministro dell'interno e da quelle che dipendono dai Governi di altri paesi nel fronteggiare l'enorme spostamento di droghe da est e da ovest verso i nostri territori. Siamo alle prese con la rotta che porta l'eroina dall'Afghanistan, siamo alle prese con le rotte che portano la cocaina Pag. 49dall'America latina in Europa, la rotta diretta atlantica e la rotta, ora indiretta, che passa dall'Africa. Se non mettiamo insieme con efficacia tutti questi fattori, non ci possiamo illudere, anche raddoppiando le pattuglie di polizia in ciascuna città, di riuscire effettivamente a sradicare o almeno a ridurre il fenomeno.
Per questo, da un lato, lavoriamo in collaborazione con le polizie di altri paesi, dall'altro abbiamo adottato la strategia dei patti per la sicurezza delle città che, nelle prossime settimane, dovrebbero coinvolgere tutte le città italiane cosiddette «metropolitane», al di là di quelle su cui già vi sono state anticipazioni. Le anticipazioni, onorevole D'Alia, non hanno sradicato la criminalità, non hanno posto fine ai delitti, non ci hanno dato l'assoluta tranquillità, ma ci hanno dato il senso che qualcosa può cambiare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. È accaduto così a Napoli - dove le forze dell'ordine hanno violato la sovranità di fatto che la camorra aveva su blocchi cittadini e su interi quartieri, dove si sono moltiplicati gli arresti - e la situazione è migliorata anche a Bologna, dove in piazza Verdi vengono attivati controlli straordinari nelle ore serali e il tema della violenza sessuale è all'attenzione.

PRESIDENTE. Mi scusi, signor Ministro...

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Stiamo compiendo passi in avanti, con questa strategia e con risultati che ancora sono parziali.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia, ha facoltà di replicare.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Ministro, pur apprezzando il garbo, la correttezza e la linearità del suo intervento e l'onestà con cui parla di risultati parziali, comprenderà che non possiamo ritenerci soddisfatti, perché le sue azioni, la sua politica e le sue opinioni si scontrano con un contesto parlamentare e politico della sua maggioranza che ha dato segnali, in questi mesi, in controtendenza. Ne cito alcuni a titolo esemplificativo, per ragioni di brevità.
Il primo è costituito dalla legge finanziaria per l'anno 2007, che ha ridotto e tagliato le risorse nel settore della sicurezza, bloccando il turn over e facendovi fare le nozze con i fichi secchi: pertanto, mi rendo conto della difficoltà che il Ministro dell'interno incontra nel riuscire a far quadrare la situazione. Anche i patti sulla sicurezza, senza risorse e senza uomini, cercano di razionalizzare, ma rischiano di non produrre i risultati sperati, come in parte si è verificato.
Un ulteriore esempio riguarda il tema dell'immigrazione: è evidente che, su tale tema, più si lancia un segnale di allentamento nel meccanismo sanzionatorio di prevenzione e di repressione dei fenomeni di immigrazione clandestina, più la percezione di insicurezza cresce nei cittadini, indipendentemente dai dati reali, e ciò in particolar modo nelle grandi aree urbane.
Dunque, non ci possiamo ritenere soddisfatti: apprezziamo i suoi sforzi personali, ma censuriamo una politica di questo Governo che certamente non va nella direzione sperata dai cittadini italiani [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

(Utilizzo di dati statistici non omogenei nella determinazione dei comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti - n. 3-00867)

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00867 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

ROSALBA CESINI. Signor ministro, con la legge finanziaria per il 2007 si è stabilito un incremento del contributo ordinario per i comuni fino a cinquemila abitanti, aventi una percentuale di bambini Pag. 50sino a cinque anni superiore al 5 per cento della popolazione totale. Ma i dati ISTAT utilizzati dal ministero per l'assegnazione dei fondi sono stati estratti da due tabelle che fanno riferimento a periodi temporali diversi.
In particolare, l'incidenza dei minori sulla popolazione è desunta da una statistica relativa al 2004, denominata «Posas», mentre la popolazione totale è ricavata dalla statistica denominata «P2», che riporta dati relativi al 2005.
L'uso di dati temporalmente disomogenei ha provocato evidenti squilibri, tanto che rischiano di essere inclusi tra i fruitori del contributo quei comuni la cui popolazione, nel 2005, è diminuita rispetto all'anno precedente e, al contrario, vengono esclusi quelli che hanno avuto una popolazione in crescita. Le chiedo come si intenda intervenire per porre riparo ad un errore così macroscopico.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. La collega interrogante ha ragione. Il problema è esattamente nei termini che ha indicato, ed è in quei termini perché la norma che fu «confezionata» in Parlamento - credo con il contributo del Governo, sia chiaro - è frutto di quegli emendamenti che si presentano in seconda battuta.
Ricordo che la norma, nella sua «purezza» originaria, prevedeva solo uno stanziamento ad hoc per i piccoli comuni. In seguito maturò in Parlamento l'ipotesi di favorire con questo stanziamento i piccoli comuni in ragione del tasso di popolazione infantile ed anziana in essi presente; a quel punto ci si rifece normativamente ai dati disponibili dell'ISTAT. È un fatto di cui evidentemente ci si è accorti dopo - chi ha scritto la norma forse non ne era consapevole - che l'ISTAT fornisce in tempi diversi, ogni anno, i dati relativi all'insieme della popolazione e i dati relativi alle classi di cittadini in ragione dell'età. Per cui, alla fine del 2005, noi abbiamo i dati «freschi» per l'insieme della popolazione, ma i dati relativi alle classi di età sono ancora quelli del dicembre precedente. Quest'anno, una volta constatata la disfunzione indicata dalla collega e rinviata per i comuni la data di approvazione dei loro bilanci al 30 aprile, abbiamo aspettato il più possibile per comunicare loro i dati rilevanti ai fini di questo particolare stanziamento.
Tuttavia, l'ISTAT ha comunicato i dati sulle classi di età che ci sarebbero serviti esattamente il 30 aprile, cioè il giorno in cui stava scadendo il termine finale per l'approvazione dei bilanci. Di conseguenza i bilanci sono stati approvati, come lei ha detto, ed è chiaro che a questo punto il recupero potrà avvenire sul prossimo esercizio, ma c'è comunque questa sfasatura e bisognerà verificare con l'ISTAT, con il quale ora lavoriamo per il prossimo censimento, se c'è un modo per riavvicinare i tempi. Ma non c'è dubbio, ed è ragionevolmente comprensibile, che il dato sulla popolazione aggregato è più facilmente ottenibile in modo tempestivo rispetto a quello sulle classi di età che viene in seguito. Anche se avessimo fatto riferimento ai dati ISTAT della medesima data, ci saremmo trovati che, alla data del 31 dicembre, avevamo gli uni «freschi», ma gli altri ancora dell'anno precedente.

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini ha facoltà di replicare.

ROSALBA CESINI. La ringrazio, signor Ministro, per le notizie che ha fornito, che sono confortanti per il futuro, perché bisognerà porre rimedio a quella che ritengo sia stata una grande ingiustizia e, come lei dice, mi auguro che almeno per gli anni 2008 e 2009 ci si riferisca a dati ISTAT coerenti tra di loro.
Signor Ministro, veniamo da un lungo periodo di tagli agli enti locali operati dal Governo di centrodestra, il che ha costretto molti comuni a fare salti mortali per mantenere servizi che fanno davvero la differenza nella qualità della vita di una comunità. Ora ci attendiamo che questo Governo inverta la tendenza, dando però al contempo precisi indirizzi per il perseguimento Pag. 51del miglior rapporto possibile tra spesa pubblica e qualità delle prestazioni erogate dai comuni.
Capisco che non è una sua competenza diretta, signor Ministro, ma lo Stato, rispetto a questi fondi, non chiede alcuna rendicontazione dei trasferimenti, né, d'altra parte, sono state indicate le priorità da perseguire nell'utilizzo di queste risorse. Per cui, paradossalmente, comuni poco accorti o con scarsa capacità programmatoria si limiteranno alla semplice distribuzione «a pioggia» delle risorse aggiuntive, senza costruire nulla di serio.
È necessario, invece, che questi fondi siano destinati in primo luogo a favorire l'erogazione dei servizi per l'infanzia e per la popolazione anziana in forma associata tra i comuni, il che consentirebbe un miglioramento sia quantitativo sia qualitativo delle prestazioni a parità o addirittura con risparmio di spesa.
Noi Comunisti Italiani riteniamo che un Governo di centrosinistra, questo nostro Governo, debba qualificarsi proprio sulle finalità e sulle modalità di impiego delle risorse pubbliche, sappia cioè coniugare l'estensione dei diritti, dei servizi alla persona, il miglioramento della qualità della vita...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROSALBA CESINI. ...a partire da quella di larghe fasce sociali, spesso solo sfiorate dalla fruizione dei servizi, al rigoroso controllo della spesa pubblica, combattendo sprechi e clientelismi.
Questa è la nostra comune missione, signor Ministro, sulla quale vigileremo e per la cui realizzazione stimoleremo il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

(Misure per garantire l'ordine pubblico a Milano e per diffondere una cultura della legalità - n. 3-00868)

PRESIDENTE. L'onorevole Bodega ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni ed altri n. 3-00868 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, signor Ministro Amato, due sono le questioni oggetto dell'interpellanza in esame. La prima riguarda le scritte apparse nella cosiddetta Chinatown milanese - via Paolo Sarpi - nei confronti della Lega Nord e, in modo particolare, del consigliere comunale di Milano, nonché segretario provinciale del nostro movimento, Matteo Salvini.
La seconda questione è relativa invece ad alcune dichiarazioni rilasciate, stando ad articoli di stampa, dal sindaco di Venezia, Cacciari, in merito all'inaugurazione di un nuovo centro sociale e di un nuovo spazio culturale, in cui testualmente diceva: se i comuni non vi danno retta fate bene ad occupare, anche un capannone nel centro storico, poi in qualche maniera ci si mette d'accordo.
Chiediamo al Governo quali iniziative intenda adottare per garantire l'ordine e la democrazia a Milano, in merito ai fatti accaduti, e cosa intenda fare per rendere più efficace la cultura della legalità a fronte delle dichiarazioni negative di alcuni esponenti istituzionali.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, è vero, ci sono state quelle scritte e coloro che le avevano tracciate e che avevano affisso anche manifesti minacciosi nei confronti del segretario provinciale della Lega, Matteo Salvini, sono stati identificati come appartenenti al centro sociale «Il cantiere» e sono stati deferiti all'autorità giudiziaria per minacce aggravate. I fatti risalivano, in realtà, alla notte tra il 4 e il 5 maggio; le scritte poi vennero viste il 7 maggio e per questa ragione la sua interrogazione fa riferimento a tale ultima data.
L'episodio è brutto ed inquietante proprio perché, in primo luogo, identifica una singola persona, in quanto tale, come Pag. 52bersaglio di quelle che sono autentiche minacce, in un momento nel quale questa sola circostanza ci induce ad una particolare attenzione, tant'è vero che è stata disposta una misura di vigilanza, seppure mobile, sull'abitazione del capogruppo in consiglio della Lega.
Si tratta di una vicenda che si inserisce in un contesto di problemi di sicurezza a Milano, legati proprio alle minacce nei confronti dei singoli, che desta in noi particolare preoccupazione e quindi particolare attenzione. Il patto per la sicurezza al quale stiamo lavorando per la città di Milano ha un capitolo specialmente attento a questo profilo.
Sulla questione di Venezia, che aveva incuriosito anche me, mi è giunta una lettera del sindaco che asserisce di non avere mai incitato chicchesia a occupazioni o a comportamenti comunque illegali e afferma che nel suo breve intervento al centro sociale ha sottolineato il valore di iniziative di aggregazione culturale e sociale in una sede che era stata restaurata a spese dei suoi attuali occupanti, che hanno vinto una regolare gara.
Il sindaco Cacciari, pertanto, ci tiene a sottolineare - credo che in questo abbia ragione - che non tutti i centri sono eguali tra loro e che questo è un luogo di civilissima aggregazione. Tanto è vero che la lettera (mi permetto di dirlo perché lo si trova nel testo della stessa) si conclude invitando gli onorevoli interroganti a recarsi a Venezia per visitare quel centro.

PRESIDENTE. L'onorevole Bodega ha facoltà di replicare.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, ringrazio il ministro Amato per la risposta, che non ci soddisfa in modo particolare. La prima questione, quella della cosiddetta chinatown milanese, è degenerata da fenomeno sociale ad uno di tipo criminale. Negli stessi giorni, nella mia città, Lecco, come in tante altre, la comunità cinese è venuta allo scoperto per presentare le proprie attività e la propria identità.
Nelle piccole città, dove la questione sicurezza è diventata cruciale, è pur sempre controllabile attraverso uomini e mezzi, ad esempio le telecamere, ma nelle metropoli, grazie anche all'omertà e alle dimensioni di queste città che favoriscono la possibilità di camuffarsi, assistiamo ad intollerabili episodi di violenza, di intimidazione (è il caso di Matteo Salvini e della Lega) e di autentica criminalità. Se non ci fossero l'accortezza e il buonsenso dei nostri concittadini, avremmo ogni giorno feriti e morti. Esprimo, quindi, da parte dei deputati della Lega Nord, piena solidarietà al bravo Matteo Salvini.
Per quanto riguarda la seconda questione, è deprecabile l'atteggiamento di un sindaco - di qualsiasi parte politica esso sia e chiunque sia - che, con l'autorevolezza della carica e il peso delle parole, rischia di provocare una deriva qualunquista e violenta.
Sappiamo bene infatti come l'occupazione dei centri, degli spazi pubblici, parta da presupposti non violenti per approdare, con l'alibi della rivendicazione di diritti, a forme di abusivismo e di arroganza nelle pretese.

PRESIDENTE. Deve concludere.

LORENZO BODEGA. Il sindaco non è un pedagogo, ma ha il dovere di educare al senso civico: la «lezione» del professor Cacciari è irricevibile per tutti coloro, sindaci in testa, che ogni giorno devono battersi con prefetture, questure e carabinieri per garantire la convivenza civile e pacifica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Posizione del Governo in merito ad esternazioni che incitano all'intolleranza ed alla violenza nei confronti della Chiesa cattolica n. 3-00869)

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00869 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il «concertone» del 1o maggio, che ormai è Pag. 53diventato l'unico anello di congiunzione tra i sindacati e i giovani, visto che per questi ultimi i sindacati non pensano ad altro che a tale evento, è diventato, questa volta, anche un palcoscenico un po' strano perché un guitto, tale Rivera, ha preso di mira con pesanti esternazioni ed insulti il Vaticano, quindi il mondo cattolico in generale, ma anche il Capo di uno Stato, ovverosia il Papa. Ciò si inserisce in un clima che è sotto gli occhi di tutti, che ha condotto anche agli episodi di minacce nei confronti dell'arcivescovo Bagnasco.
Chiediamo pertanto al Ministro Amato cosa intenda fare per contrastare l'intolleranza che si sta sviluppando verso il mondo cattolico da parte di una certa sinistra in particolare, in quali modi intenda individuare i responsabili delle minacce nei confronti del monsignor Bagnasco e quali sono le azioni che ha predisposto per tutelare lo stesso arcivescovo.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Noi seguiamo con grande attenzione la situazione che si è creata intorno al monsignor Bagnasco, ed è a dir poco deprecabile che si sia formata questa fermentazione, che l'ha portata a diventare addirittura di dimensione nazionale, nelle voci, nelle scritte e nelle minacce. È brutto che una persona che svolge una missione di quella sorta, e che poi assurge ad un incarico di rilevanza nazionale, si trovi a dover fronteggiare il clima che tutto questo manifesta.
Noi, ovviamente, nel nostro compito istituzionale, ci siamo domandati se è un clima o se è anche una situazione di insicurezza vera quella ora descritta. È un punto importante che abbiamo cercato di chiarire lavorando scritta su scritta, comunicato su comunicato, fonte su fonte, arrivando a concludere che esistono delle consonanze molteplici con alcune tematiche proprie dell'anarco-insurrezionalismo. Tali tematiche portano poi ad una complessiva valutazione per la quale, da un lato, si vede la traccia dello stesso anarco-insurrezionalismo, dall'altro, si percepisce che si è scatenato un fenomeno imitativo, anche da parte di persone o gruppi che non ne sono partecipi e che, con una finalità semplicemente ignobile, anche se non immediatamente pericolosa, fanno da coro in tutta questa vicenda.
Noi quindi dobbiamo seguirla e, ovviamente, garantiamo a monsignor Bagnasco il massimo di sicurezza e gli siamo grati come italiani per la serenità con la quale, in questo contesto, continua ad assolvere alla sua missione. È una serenità della quale noi ci sentiamo di essere garanti.

PRESIDENTE. Signor Ministro, concluda.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Quanto all'altra vicenda alla quale l'interrogazione si riferisce, mi permetta di esprimermi su di essa sottolineando che alla fine ha provocato uno degli episodi di maggior consonanza tra Stato e Chiesa di questi ultimi anni: la consonanza tra il segretario di Stato ed il Presidente del Consiglio nell'invitare tutti ad usare il buonsenso, finché ce l'hanno, e a ricordarsi che la misura è una delle qualità prime per una buona convivenza civile.

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, signor Ministro, noi non siamo né sereni, come monsignor Bagnasco, né tanto meno plaudiamo alla consonanza tra il Presidente Prodi e il segretario di Stato Vaticano. Lei ha fatto un excursus del quale non avevamo bisogno in questa sede, mentre è sotto gli occhi di tutti che non ha risposto: intendevamo avere da lei altre notizie, che invece non ci ha dato.
Come si può plaudire ad una consonanza nel momento in cui assistiamo ad un «concertone» trasmesso in diretta TV - grazie anche agli 800 mila euro versati dalla RAI agli organizzatori -, in cui un guitto si scaglia contro il Papa e una folla lo applaude perché viene insultato il Capo di uno Stato, che è anche il Capo della Chiesa cattolica?Pag. 54
Lei non ci viene a dire se sono stati individuati i responsabili delle scritte contro Bagnasco. Non deve rassicurare soltanto noi: poco fa aveva accanto il guardasigilli Mastella che, quando si è verificato il fatto del 1o maggio, egregio signor Ministro dell'interno, ha rilasciato una dichiarazione di questa natura: «Bisogna stare molto attenti perché noi saremo in piazza il 12 maggio per il Family Day e mi auguro che non succeda nulla».
Le preoccupazioni sulla serenità di monsignor Bagnasco, che non sono le nostre, non sono neanche dei componenti del vostro Governo. Lei oggi non è venuto a dire assolutamente nulla su ciò che il Governo sta facendo. Le esternazioni del Presidente Prodi, che lasciano il tempo che trovano - anche perché, evidentemente, non sapeva neanche di cosa si parlasse e a cosa si riferisse il segretario di Stato quando le ha rilasciate -, non mi sembrano in grado di appagare il Parlamento, così come non appagano il nostro gruppo. Non sono appagati neanche gli italiani, che sono preoccupati come noi e come il ministro Mastella, perché questa escalation della sinistra nei confronti del mondo cattolico deve essere fermata e, per fermarla, non bastano le sue parole e le sue chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Iniziative per contenere i costi connessi alle operazioni di intercettazione disposte dalle autorità giudiziarie - n. 3-00870)

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00870 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, ovviamente, da socialista riformista del Partito Socialista-Nuovo PSI, garantista per definizione, chiedo di conoscere i costi delle intercettazioni - vero cancro con metastasi della nostra società, della nostra magistratura -, che incidono in maniera particolarmente gravosa sul bilancio delle spese di giustizia, in primo luogo per i costi connessi alle operazioni di intercettazione, registrazione, noleggio di apparati, trascrizione ed eventuale traduzione. Lei deve sapere, infatti, signor Ministro, che la lingua italiana ha una certa musicalità: chi la trascrive e non la conosce, non ha cultura, non conosce la sintassi, non conosce la grammatica, non conosce i toni e i suoni, il più delle volte può commettere errori. In secondo luogo, i costi sono onerosi per il fatto che negli ultimi anni si registra una tendenza ad un progressivo incremento del numero delle intercettazioni, il cui costo è superiore a quello che lo Stato mette a disposizione per i disabili e pari ai ticket della sanità di tutte le regioni italiane. Cosa intende fare per questa deriva giustizialista dell'Italia che ha costi enormi pagati dagli italiani?

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, credo che siano noti all'onorevole Barani e a questa Camera, ma anche all'intero Parlamento, sia il mio impegno sia la costante attenzione in materia di intercettazioni, che si è anche concretizzata in un disegno di legge che è stato approvato recentemente quasi all'unanimità proprio da quest'Assemblea. L'obiettivo è quello di contemperare le esigenze investigative con il diritto alla riservatezza dei cittadini. Tra le varie libertà ho sempre detto che la dignità della persona umana andava salvaguardata e da ciò deriva il declinare di altre libertà, come quella dell'informazione, per la quale, pure, è evidentemente giusto garantire le esigenze che la concernono.
Debbo anche osservare, al tempo stesso, che la maggior parte delle intercettazioni è di natura ambientale, telefonica e viene disposta per competenza dalle direzioni distrettuali antimafia. L'indispensabilità dello strumento - va anche detto - si è evidenziata per gli accertamenti e assai spesso ha consentito, ad Pag. 55esempio, di portare avanti la lotta alla criminalità organizzata. Poi, ci sono altre intercettazioni che riguardano la cattura dei latitanti, ad esempio all'estero. Insomma, lo strumento investigativo, francamente, mi pare che conosca un coefficiente molto alto di complementarietà con questo tipo di indicazione che emerge.
Il Parlamento ha stabilito alcune condizioni di salvaguardia della dignità della persona e della misura investigativa, che assai spesso rimane come criterio fondativo per determinare la possibilità di cattura di latitanti o di coloro i quali hanno questioni con la giustizia e non sono in connessione con la legalità, e, al tempo stesso - l'ho detto - è garantita anche l'esigenza di natura informativa. Quanto ai costi, mi pare che proprio in questa sede - l'ho fatto io - si è dato respiro finanche all'ipotesi di non esprimere forme di interferenza rispetto alla magistratura, ma piuttosto di effettuare la contabilità attraverso la Corte dei conti, fino a quando eventualmente l'altro ramo del Parlamento non dovesse modificare la situazione. La ringrazio del contributo che ha dato insieme a tantissimi altri colleghi, quasi all'unanimità, e, come vede anche lei, ci si è mossi per determinare questa condizione.
Per quanto mi riguarda, posso tener conto di aspetti normativi, come quelli che sto attivando con il mio collega, il Ministro delle comunicazioni, per quanto concerne il ristoro dei costi sostenuti dai gestori telefonici per l'effettuazione delle prestazioni obbligatorie di cui all'articolo 96 del codice delle comunicazioni. Detto questo, però, né il Governo né altra autorità politica possono in alcun modo interferire e operare incursioni in maniera un po' «piratesca» all'interno dell'attività giudiziaria esercitata legittimamente, dettando disposizioni, per quanto mi riguarda, o criteri direttivi sull'uso di questo strumento che rimane vitale ai fini investigativi.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor presidente, ho ovviamente voluto provocare il signor Ministro, visto che ero tra i deputati che il 17 aprile 2007 ha votato a favore del disegno di legge.
L'ho voluta provocare perché vorrei vedere un ministro - e so che lei ha grandi capacità - che magari si interessi di meno dei Dico, della politica estera, di altre questioni, e che essendo Ministro della giustizia si concentri un po' sulla mala giustizia che esiste in Italia. Se lei facesse un sondaggio tra gli italiani, sia sulla giustizia penale sia civile sia amministrativa, il consenso tenderebbe a zero.
I problemi continuano a sussistere. Lei sa perfettamente che gli italiani hanno votato un referendum sulla responsabilità civile dei giudici, che non viene mai rimarcata. Si tratta dell'unico potere che non paga: se sbagliano i medici pagano e altrettanto avviene per gli ingegneri, i commercialisti e qualsiasi singolo cittadino; i giudici invece quando sbagliano non pagano mai. Tale intoccabilità li porta a una deviazione giustizialista, ad interessarsi di fatti non rilevanti, causando danno all'Italia e agli italiani anche dal punto di vista economico, sottraendo risorse.
È possibile che abbiamo intercettazioni dieci volte superiori alla media dei paesi europei? Non è tollerabile! È un cancro, è un tumore e lei, in qualità di Ministro, lo deve asportare! La Corte di giustizia europea, relativamente ai principi contemplati dalla Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo firmata a Roma il 4 novembre del 1950, ci ha più volte richiamato a proposito dei diritti dell'uomo calpestati dalla nostra magistratura. La invito a interessarsi più di giustizia e a far sì che i giudici che sbagliano, che sono la stragrande maggioranza, paghino i loro errori.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. Non dovrebbero incidere sul prodotto interno lordo mentre intervengono su oltre il 30 per cento del PIL! Termino chiedendo che lei sfati il dicunt generalizzato secondo cui non ci Pag. 56sono più italiani liberi, ma italiani in attesa di giudizio. Lei deve dimostrare la capacità di essere un Ministro della giustizia...

PRESIDENTE. Grazie.

LUCIO BARANI. ... e, se riuscirà a fare ciò, deve avere il nostro plauso.

(Condizioni di detenzione degli internati presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Sant'Eframo (Napoli) - n. 3-00871)

PRESIDENTE. L'onorevole Caruso ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00871 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor ministro, intendo sottoporre alla vostra attenzione l'esperienza drammatica, che ho vissuto in prima persona, durante l'ispezione parlamentare all'interno dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Sant'Eframo, nel quale sono rinchiusi 104 internati nella situazione di degrado e abbandono più totale: celle sporche, sudice e sovraffollate, con anche sette pazienti in ogni singola stanza.
La cosa che più mi ha sconvolto, e che vorrei porre alla vostra attenzione, è la «camera di coercizione». È presente, in tale struttura, una sala con tre letti di contenzione, nella quale i pazienti vengono tenuti, anche oltre una settimana, in una condizione di sofferenza indescrivibile, con i polsi e le caviglie legati all'estremità dei letti e con una fascia sul torace che immobilizza il corpo, e che quindi rende impossibile qualsiasi movimento.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Tale stato di contenzione può protrarsi anche per settimane, come risulta dal registro sanitario. Chiedo se tutto ciò sia possibile in un Paese cosiddetto civile e democratico.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, l'onorevole Caruso sa che, per quanto mi riguarda - ma credo che ciò sia valido anche per tutti coloro che siedono in quest'aula - pongo una costante attenzione alla problematica dei reclusi, e che proprio di recente ho risposto alla richiesta di un mio intervento in merito a condizioni analoghe riscontrate nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa.
Anche in tale occasione, e lo ribadisco oggi, ho indicato come priorità la necessità che sia data piena attuazione al decreto legislativo n. 230 del 1999, con il quale fu stabilito il trasferimento delle competenze sanitarie dall'amministrazione penitenziaria al servizio sanitario nazionale ed alle regioni. Mi sono già impegnato a verificare l'attualità dei criteri seguiti per registrare il tempo di permanenza degli internati in ospedale, ponendo altresì l'attenzione sulla questione della imputabilità degli autori di reati.
Tale tema è oggetto anche di proposte che saranno portate alla vostra attenzione quando - lo faremo a breve - la commissione per la riforma del codice penale le avrà ultimate.
Quanto alla condizione degli internati di Sant'Eframo, cui fa riferimento l'onorevole Caruso, posso riferire - evidentemente, da questo punto di vista, sono un tramite, anche se con responsabilità politica - le informazioni che ho avuto dal dipartimento dall'amministrazione penitenziaria. Risulta che gli interventi di ristrutturazione edilizia dell'ospedale sono, allo stato, in fase di progettazione, sicché attualmente il numero degli internati e dei detenuti assegnato alla struttura è stato tendenzialmente limitato a cento rispetto ai 190 posti letto. Nel programma dei lavori 2007-2009 è stata prevista la ristrutturazione di sezioni non utilizzate, la realizzazione di impianti antiintrusione, il rifacimento degli impianti di idrici e termici, l'ampliamento dell'impianto TV via Pag. 57cavo. Il provveditorato della regione Campania, inoltre, su indicazione del direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, ha suggerito che i dieci ausiliari AL di III livello presenti nella struttura siano applicati di supporto al lavoro svolto dagli addetti alla manutenzione ordinaria dei fabbricati e che vengano stipulate convenzioni con gli operatori sociosanitari.
Per quanto riguarda il problema delle contenzioni fisiche, devo osservare che si tratta di atti di stretta competenza medica, disposti soltanto dopo un accurato esame psichiatrico e solo al fine di scongiurare che il paziente in stato di acuto scompenso psichico si renda pericoloso, ahimè, per sé e per gli altri. Se le condizioni cliniche dell'internato non sono estremamente gravi si opta, invece, per il regime di isolamento idoneo ad impedire il contatto con altri soggetti.
Per quanto riguarda, poi, l'internato sottoposto a coercizione a seguito di un tentativo di evasione, preciso che la contenzione è stata disposta previa visita del sanitario ed è durata soltanto un giorno, venendo subito sostituita con il regime di isolamento. Ad ogni modo, si può comunque assicurare che sarà impegno costante delle competenti articolazioni ministeriali effettuare - lo chiedo anche al Parlamento; come ha fatto lei, onorevole Caruso, possono farlo anche gli altri parlamentari - scrupolose verifiche, ed adottare gli opportuni provvedimenti. Se giungeranno anche indicazioni al ministro od alle predette articolazioni ministeriali, sarò ben lieto di fare il possibile per rendere più umana la permanenza di queste persone - e sottolineo: persone - all'interno di tali strutture psichiatriche giudiziarie.

PRESIDENTE. Il deputato Caruso ha facoltà di replicare.

FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor ministro, desidero farle presente che, in merito alla vicenda dell'OPG di Napoli, lei citava, e quindi confermava, la presenza della ricordata sala di coercizione, nella quale i pazienti vengono legati alle estremità del letto, per i polsi, per le caviglie e per il torace. Credo che sia una pratica disumana; questi crudeli supplizi potevano, forse, avere luogo nel medioevo o sotto il regime di Pinochet, ma oggi, in Italia, in un Paese democratico e civile non è possibile pensare che una persona rimanga legata ad un letto per 24 giorni, per tutto il giorno - ventiquattr'ore su ventiquattro - come risulta dal registro medico di un ragazzo che ho conosciuto durante le ispezioni: Marco Orsini. Credo che ciò sia veramente indecoroso e, a tal proposito, vorrei citare un breve passaggio di una lettera di uno dei ragazzi che hanno vissuto tale esperienza: «La coercizione è un luogo di sofferenza dove non ci si può muovere. Danno da mangiare imboccandoti con un cucchiaio, i bisogni si fanno in un buco del letto dove sotto c'è il secchio e la notte non passa mai. Sono rimasto legato anche 15 giorni e sentivo un forte dolore alle caviglie e ai polsi. La stanza è piccola: ci sono tre letti di contenzione e a volte sono tutti occupati. C'è chi bestemmia, chi grida, chi chiede per pietà di essere sciolto».
Visitando gli OPG ho vissuto anche l'esperienza di trovare, in tali condizioni, un ragazzo che, piangendo, mi chiedeva di fare qualcosa per slegarlo, ma noi possiamo fare solo questo: denunciare tali episodi. Occorrerebbe soprattutto fare in modo, attraverso una proposta di legge che ritengo quanto mai urgente, di superare e di chiudere tali OPG, che sono veramente un istituto del passato, considerato che la legge n. 180 del 1978 ha già chiuso tutti manicomi. Non si comprende, dunque, per quale motivo dovrebbero ancora esistere questi istituti manicomiali (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

(Iniziative relative alla normativa a favore dei magistrati che optano per la permanenza presso sedi disagiate - n. 3-00872)

PRESIDENTE. Il deputato Costantini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 58n. 3-00872 (Vedi l'allegato A - interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, signor Ministro, nel 1998 lo Stato ha assunto un impegno nei confronti di alcune centinaia di magistrati di nuova nomina ed ha detto loro: se accettate una delle sedi classificate come disagiate e se accettate di trattenervi in una di queste sedi per oltre cinque anni, avrete un titolo di preferenza assoluta allo scadere dei cinque anni nei confronti di qualunque altro magistrato. I cinque anni sono trascorsi, ma lo Stato sembra essersene dimenticato, tanto è vero che nel 2005 si è «rimangiato» detto impegno, essendo stato promotore di una legge che ha precisato che il diritto alla preferenza non è più opponibile al 100 per cento dei magistrati, ma soltanto ai magistrati nominati uditori successivamente al 9 maggio del 1998.
So che il disegno di legge concernente la riforma dell'ordinamento giudiziario è all'esame del Senato, e ritengo che potrebbe essere l'occasione giusta per ripristinare la norma originaria. Mi auguro che si faccia ciò, ma mi interessa molto conoscere l'opinione politica, sua e del Governo, conoscere, dalle sue parole e dalla sua posizione, se vi è la volontà precisa e puntuale del Governo di mantenere fede a quell'impegno assunto nei confronti di alcune centinaia di magistrati nel 1998.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interrogazione dell'onorevole Costantini, faccio presente che la legge n. 133 del 1998 è stata introdotta allo scopo precipuo di risolvere l'annoso problema della copertura delle sedi giudiziarie particolarmente disagiate, dove nessuno voleva oggettivamente essere assegnato. La legge in questione ha prodotto una serie di benefici per coloro i quali hanno colto questa che sembrava anche, per alcuni aspetti, una opportunità per il sistema giudiziario in genere, ed ha attribuito, tra i benefici, non soltanto il trasferimento con preferenza assoluta in caso di permanenza nella sede per cinque anni, ma anche l'aumento dell'indennità integrativa speciale, il trasferimento del coniuge, un'indennità in caso di trasferimento d'ufficio, il calcolo dell'anzianità in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede dopo il primo biennio di permanenza.
Tuttavia, la legge ha anche comportato oggettivamente effetti secondari non di poco conto. Si è potuto infatti constatare che i posti nelle sedi più ambite venivano praticamente monopolizzati dai magistrati che avevano prestato servizio per cinque anni nelle sedi disagiate, preferiti anche ai magistrati aventi molti più anni di anzianità. Con l'articolo 14-sexiesdecies del decreto-legge n. 115 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168 del 2005, si è cercato, in parte, di porre rimedio a questo stato di cose, trasformando il diritto assoluto in diritto relativo, ossia in un diritto esercitabile solo da parte dei magistrati nominati uditori dopo il 9 maggio 1998, cioè dopo l'entrata in vigore della legge. Il Consiglio superiore della magistratura - e quindi non il ministro - ha ritenuto di dare a tale norma una interpretazione restrittiva al fine di garantire il diritto di tutti coloro che all'epoca dell'entrata in vigore del citato decreto-legge erano stati già destinati ad una sede disagiata, ed ha affermato che nei confronti di questi ultimi non poteva essere applicata la limitazione introdotta dall'articolo 14-sexiesdecies citato. Il TAR del Lazio invece si è pronunciato - peraltro, la sentenza è stata appellata dal CSM - ribadendo che l'esercizio del diritto di preferenza può essere esercitato soltanto nei confronti dei soggetti entrati in magistratura dopo l'entrata in vigore della legge n. 133 del 1998.
Allo stato - l'onorevole interrogante mi chiede l'indicazione politica per quanto riguarda ciò e, quindi, rispondo in merito -, tentiamo di contemperare tale esigenza di passaggio dall'assoluto al relativo. Mi Pag. 59riferisco all'articolo 6 del recente disegno di legge per la riforma dell'ordinamento giudiziario che appunto, come l'onorevole Costantini ha rilevato, è in discussione al Senato della Repubblica. Nel citato disegno di legge, in linea generale viene eliminato il sistema della preferenza dei trasferimenti in favore dei magistrati da assegnare a sedi disagiate, stabilendo che tale preferenza continui ad essere riconosciuta soltanto in favore dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima dell'entrata in vigore del provvedimento. Tale disegno di legge vuole abrogare la disposizione sul beneficio della preferenza, ma riconosce comunque il raddoppio del punteggio di anzianità per il primo trasferimento successivo alla destinazione a ufficio, per ogni anno di effettivo servizio in sede disagiata dopo il primo biennio di permanenza.
Sono inoltre allo studio da parte mia interventi utili a perfezionare il sistema, nell'intento di contemperare le aspettative di quei magistrati che, facendo affidamento sull'originaria consistenza del diritto di prescelta, decisero di esercitare le funzioni nelle sedi disagiate e quelle dei magistrati entrati in servizio prima dell'entrata in vigore della legge n. 133 del 1998, sempre naturalmente nell'ottica dell'assoluta preminenza dell'interesse generale alla copertura delle sedi disagiate che, come è noto, si trovano nelle regioni a più alto tasso di criminalità organizzata.

PRESIDENTE. L'onorevole Costantini ha facoltà di replicare.

CARLO COSTANTINI. Signor ministro, purtroppo non posso dichiararmi completamente soddisfatto. Comprendo la sua esigenza di contemperare aspettative diverse, però in questo caso il diritto o viene negato o viene affermato. Infatti, se si fa riferimento al quadro normativo del 1998, che ha generato un'aspettativa e un affidamento nei confronti di queste persone e di queste famiglie, il diritto di prescelta si pone nei confronti del 100 per cento dei magistrati.
Se si fa riferimento, invece, al quadro normativo intervenuto sette anni più tardi, e dunque dopo il quinquennio di permanenza nelle sedi disagiate, l'opponibilità di tale diritto di prescelta è circoscritta al 2 o al 3 per cento dei magistrati, poiché gli uditori entrati in servizio successivamente al maggio del 1998 costituiscono tale frazione del complesso di magistrati in servizio.
Il problema è dunque fondamentale, poiché si tratta di tutelare il principio dell'affidamento di persone che hanno fatto riferimento ad una legge dello Stato, nonché il principio dell'irretroattività della norma. È infatti gravissimo che nel 2005 il legislatore sia intervenuto per negare un diritto che era stato riconosciuto sette anni prima, un diritto che aveva comportato in molti casi scelte difficili sul piano familiare e scelte coraggiose sul piano personale (si trattava infatti di ricoprire posti ed assicurare la presenza delle istituzioni in zone dove nessuno voleva recarsi). La invito pertanto, signor ministro, a fare qualcosa in più: a rifiutare un approccio quantitativo e privilegiarne uno qualitativo, perché questa deve essere la posizione espressa da un Governo come il nostro.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, intervengo solo per chiedere se sia possibile riprendere la seduta alle 17, anziché alle 16,45, come si fa di norma. Talune Commissioni, infatti, stanno terminando l'esame di provvedimenti i cui iter, per queste giornate di lavoro piuttosto faticose, si sono un poco complicati (la seduta della VII Commissione è ancora in corso, e credo che ve ne siano altre in corso). Se riprendessimo i lavori dell'Assemblea alle 17 si darebbe alle suddette Commissioni il tempo necessario per valutare l'esame di alcune questioni.

Pag. 60

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Giachetti.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 17.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 17.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buontempo, Folena e Giovanardi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2534-A.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)

PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione un fascicolo contenente ulteriori proposte emendative.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso l'ulteriore prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 5).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono proseguiti gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volonté. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo anch'io per confermare il nostro voto contrario a questo provvedimento e per riprendere alcuni ragionamenti che sono già stati svolti da molti colleghi. Ricordo ieri l'apertura della discussione da parte dell'eccellente capogruppo della Lega Nord, Andrea Gibelli, che abbiamo molto apprezzato per i contenuti, nonché per lo stile.
Possiamo dire sinceramente in quest'aula - mi rivolgo al sottosegretario, col quale abbiamo condiviso tante battaglie, anche nelle scorse legislature - che il provvedimento al nostro esame rispetta, anche minimamente, un criterio di rigore? Signor sottosegretario, lei ora non può rispondermi, ma, ricordando i suoi tanti interventi in Commissione finanze, la risposta è nel suo sguardo e nel suo volto.
Non è accettabile, infatti, che vi siano governatori che vengono premiati non per un principio di efficienza o per aver fornito servizi maggiori ai propri cittadini, ma per lo sperpero delle proprie risorse. Tutto ciò, evidentemente, non ha nulla a che vedere nemmeno con una «scampagnata», una «goliardata», che il Presidente del Consiglio ha avuto modo di fare qualche settimana fa, incontrando chi ha importato e proposto nel nostro Paese il tema del federalismo fiscale, l'onorevole Umberto Bossi, e promettendo a colui che ha avuto questo pregio che il Governo si sarebbe mosso nella direzione di questo principio.
Il provvedimento in esame dovrebbe rispondere non tanto ad un modello «fantastico» di federalismo, quanto, almeno, ad un principio di federalismo fiscale e al principio di sussidiarietà, approvato quest'ultimo dalla Camera due legislature fa, sotto la Presidenza Violante, come criterio fondamentale per valutare i provvedimenti che, portati in discussione dal Governo, sarebbero usciti dall'Assemblea. Né il federalismo fiscale né il principio di sussidiarietà, dunque, ma, addirittura, il contrario del rigore che, invece, si vorrebbe far digerire ai cittadini italiani, prelevando soldi dalle loro tasche! Ciò per far fronte ad una maggiore spesa in funzione di una maggiore efficienza?
Siamo, dunque, in presenza di un provvedimento che determina una maggiore efficienza di quelle amministrazioni e maggiori investimenti al fine di rendere la sanità pubblica più rispondente alle esigenze di quelle regioni? Se così fosse, ci si Pag. 61potrebbe alzare e rivolgere all'Aula un grande appello, non solo alla solidarietà, ma anche alla compartecipazione, per un miglioramento complessivo delle finanze in funzione di una maggiore efficienza del sistema. Ma neanche di questo si tratta, purtroppo! Ci troviamo, piuttosto, di fronte a situazioni di alcune regioni che vengono ripianate e i cui buchi vengono coperti con la terra di tutti cittadini e ad una pervicace volontà di proseguire in questo sperpero.
Si pone, quindi - lo dico all'amico sottosegretario - una vera questione morale indipendente dai colori politici: è una questione morale che sta al centro della situazione messa in evidenza da questo decreto-legge e che riguarda alcune amministrazioni regionali. Perché non dovremmo dire le cose come sono?
Vi è una questione enorme nel nostro Paese, che riguarda in questo specifico provvedimento alcune regioni nei confronti della sanità pubblica e dei loro cittadini, e - guarda caso - per alcune di esse non concerne solo la sanità, ma anche, per esempio, il problema dello smaltimento dei rifiuti.
Come possiamo fare finta di chiudere gli occhi, come possiamo cucire su di essi dei bottoni scuri per non vedere che questa situazione permane da dieci anni e non vi è il coraggio di affrontarla, né in un dibattito pubblico, né con un provvedimento che abbia un minimo di efficacia? Tutto ciò a scapito di chi? A scapito di quelle amministrazioni regionali e di quei manager sanitari che, invece, nel loro territorio cercano di attuare il principio di efficienza della spesa, non per guadagnare, ma almeno per pareggiare i propri conti.
Allora, questa situazione non può essere accettata, né può essere accettato un provvedimento che finge di nascondere con una toppa un buco che allarga le maglie dell'abito sempre a scapito degli altri.
Non si tratta di un problema di mancanza di sussidiarietà: è una questione di serietà e di volontà da parte di un esecutivo, dopo dieci anni, di affrontare seriamente e di adottare concretamente provvedimenti nei confronti di una situazione che è francamente intollerabile. È intollerabile continuare a premiare non chi vince una gara, ma colui che giunge ultimo, che, anzi, si bea di essere ultimo, perché sa che, arrivando ultimo, avrà la maglia e la medaglia del primo della classe e toglierà la medaglia d'oro al primo, che sarà data all'ultimo.
Mi sembra che questo atteggiamento faccia poco parte della cultura di premiare gli ultimi, facendoli diventare i primi, poiché si tratta di una volontà pervicace di stimolare le amministrazioni di quelle regioni ad arrivare sempre ultime, sapendo che sarà sottratta, attraverso un prelievo dalle tasche dei cittadini, di tutti gli italiani, alle altre amministrazioni regionali la possibilità di continuare a rendere servizi migliori.
Perciò, possiamo sostenere anche che questo provvedimento viola non solo molte parti della Costituzione ed il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, ma anche il principio di libertà! Infatti, i cittadini di quelle regioni sono meno liberi di scegliere con accuratezza i propri amministratori regionali. È più libero un cittadino che, attraverso il proprio voto, sa di poter valutare con oggettività l'operato della propria amministrazione o un cittadino che sa che, qualunque sia il proprio voto, anche se quell'amministrazione svolgerà male i propri compiti, verrà premiata dallo Stato, ossia da chi rappresenta l'interesse generale?
Inoltre, gli eletti in quelle regioni hanno interesse a comportarsi correttamente, secondo il semplice principio della buona amministrazione, del buon padre di famiglia? No, anzi, lo stimolo è quello di continuare a erogare spese e ad assumere clientelarmente i dipendenti di alcuni settori, perché, comunque, quel giudizio, quel vaglio pubblico sarà garantito da quel tipo di mala-amministrazione e non sarà oggetto certamente di un richiamo pubblico da parte dell'amministrazione centrale.
Questo decreto-legge «salva-buchi» o «salva-debiti» premia l'irresponsabilità e la clientela di alcune regioni che per anni Pag. 62hanno continuato con questo atteggiamento, senza fornire alcuna certezza di non volerlo più seguire in futuro.
Si tratta di un decreto-legge che ha come oggetto il premio nei confronti non dei virtuosi, ma di coloro che, invece, ne occupano il posto, di coloro che «bucano» le finanze pubbliche in funzione di un disservizio da erogare ai propri cittadini. Tale criterio, in questo senso, lede non solo il principio di uguaglianza dei cittadini, ma anche - l'ho detto prima - quello della responsabilità finanziaria delle amministrazioni pubbliche.
Mi chiedo e chiedo al sottosegretario, ovvero alla persona che oggi rappresenta il Governo con grande onore, dati anche i suoi trascorsi di rigore nella scorsa legislatura, come sia possibile che il Ministro dell'economia, noto a Bruxelles come in Italia per essere colui che afferma, ad ogni piè sospinto, ad ogni respiro, che la più grande emergenza del Paese è riportare il rigore nella pubblica amministrazione, abbia firmato un decreto-legge come questo, che è il contrario dell'efficienza e del rigore nella pubblica amministrazione. Tale provvedimento non solo viola tali semplici criteri, ma addirittura va contro coloro che li applicano nella gestione delle proprie amministrazioni regionali. Questi principi valgono, pertanto, solo ed esclusivamente in funzione del colore politico? La cattiva amministrazione viene cancellata se il colore politico è quello della maggioranza che sostiene il proprio dicastero?
Si assiste ad una violazione esplicita anche del semplice principio di ragionevolezza, secondo il quale si devono valutare in modo eguale due situazioni uguali; si introduce, cioè, un criterio di ineguaglianza nei confronti dei cittadini, ma anche di giudizio nei confronti della pubblica amministrazione e dell'azione del Governo.
Lo Stato, adottando questo criterio, si presenta al cittadino come un ingordo nei confronti di chi fa il proprio dovere, amministrazioni e cittadini, perché premia non solo chi si sottrae al dovere di lealtà nei confronti dell'amministrazione, ma addirittura chi crea le condizioni perché esso non trovi applicazione.
In conclusione, signor Presidente, onorevole sottosegretario, tutte le ragioni esposte ed i criteri sopra richiamati non sono di ostracismo politico, di colore politico avverso a quello che oggi sostiene l'attuale maggioranza, ma si rifanno a criteri di ragionevolezza e di costituzionalità (cioè di giustizia) che devono informare il lavoro della pubblica amministrazione, che un Governo chiamato dalla Costituzione a fare il bene dei cittadini, non di una parte di essi che viene privilegiata, ha il dovere di rispettare, senza operare discriminazioni.
Per queste semplici ragioni, di buonsenso e di ragionevolezza, invito il sottosegretario che rappresenta il Governo (di cui ricordo molti discorsi che, proprio su tali principi, riprendevano la diversa maggioranza di allora, cui giustamente si opponeva), ad alzarsi in Aula senza aspettare che arrivi un ministro ad annunciare la posizione della questione di fiducia e ad avere il coraggio, per coerenza con le proprie battaglie e con la ragione umana, di dire all'Assemblea che il Governo si è reso conto che il provvedimento in esame è contrario al minimo buonsenso e al rispetto del principio di uguaglianza cui il Governo stesso è tenuto, come ognuno di noi (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.

LORENA MILANATO. Signor Presidente, ancora una volta in quest'Aula siamo costretti a stigmatizzare un pessimo modo di legiferare del Governo e della maggioranza, al quale non riusciamo proprio ad abituarci.
Vengono utilizzati strumenti legislativi impropri, come quello del decreto-legge, per raggiungere finalità che potrebbero essere facilmente conseguite attraverso una ordinaria attività legislativa parlamentare.Pag. 63
Ancora una volta, quindi, il Parlamento e l'Assemblea sono messi di fronte al fatto compiuto, rimanendo con poco tempo a disposizione per la discussione di questioni complesse come quella che stiamo affrontando oggi.
Il decreto-legge in esame si inserisce nel quadro di una lunga serie di interventi legislativi che sono stati adottati, negli ultimi anni, per fare fronte al grave problema dello sforamento, da parte di alcune regioni - permettetemi di aggiungere: sempre le solite regioni! -, dei limiti di spesa per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Si prevede, infatti, con uno stanziamento di 3 miliardi di euro per il 2007, il ripiano dei disavanzi regionali per il periodo 2001-2005, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, la quale prevede che gli oneri di ripiano dei deficit siano a carico delle regioni.
Poichè il provvedimento interviene dopo oltre un anno e mezzo, è chiaro che è assolutamente escluso che ricorrano i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione, che individua i presupposti affinché possano essere adottati i decreti-legge. Del resto, all'assenza dei requisiti previsti dall'articolo 77, cioè quelli di necessità e urgenza, questo Governo ci ha abituato con la presentazione nei mesi scorsi di molti decreti-legge per nulla giustificabili.
Sul decreto-legge in esame, pertanto, non possiamo che ribadire la nostra totale contrarietà, non solo nel metodo, come già detto, ma anche nella sostanza.
Entrando, quindi, nel merito del provvedimento, vorrei ricordare come per tutta la passata legislatura il Governo Berlusconi abbia lavorato per contenere l'aumento della spesa sanitaria regionale. A tal fine, sono stati conclusi una serie di accordi con le regioni che consentissero il passaggio da un sistema di semplice monitoraggio e controllo della spesa regionale ad un sistema in cui si stabilivano degli obiettivi, prevedendo un meccanismo sanzionatorio nel caso di mancato raggiungimento del risultato ovvero un meccanismo premiale al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.
Con questo decreto-legge si dà un segnale che, invece, va esattamente in senso contrario. Si penalizzano le regioni virtuose - e, quindi, tutti i cittadini di tali regioni - mentre si incentivano le regioni meno virtuose, che possono contare, come in questo caso, sul ripiano a posteriori degli sfondamenti di spesa prodotti.
Vorrei ricordare, se dovesse servire ai colleghi della maggioranza, che i cittadini residenti nelle regioni virtuose si sono trovati a dover pagare più tasse e, contemporaneamente, si sono anche trovati a poter usufruire di meno risorse statali.
Secondo quanto si legge nella relazione predisposta dal Governo, il decreto-legge in esame viene configurato come un'azione di risanamento strutturale dei servizi sanitari regionali sistematicamente in disavanzo. In realtà, assistiamo ad un'erogazione straordinaria - e, quindi, tutt'altro che strutturale - di ingenti risorse che vanno a ripianare selettivamente i deficit.
Non dovrebbe essere necessario ricordare - ma evidentemente, invece, lo è - che, in virtù degli accordi tra Stato e regioni stipulati il 3 agosto 2000 e l'8 agosto 2001, dell'intesa del 23 marzo 2005 e, da ultimo, del patto per la salute del 28 settembre 2006, siglato tra le regioni e l'attuale Governo, la normativa vigente stabilisce un livello di finanziamento per il servizio regionale utile a garantire i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie in condizioni di efficienza, lasciando a carico dei bilanci regionali la spesa per l'erogazione di livelli di prestazioni superiori. Tutto ciò è volto proprio a responsabilizzare i comportamenti delle spese regionali.
In quest'ottica, molte regioni hanno provveduto a sanare tempestivamente i disavanzi, attivando tutte le misure utili, compresa quella della leva fiscale. Altre, invece, hanno ritenuto di agire diversamente, determinando quei disavanzi significativi per i quali sono mancate le relative coperture.
Pertanto, in virtù di questo, voglio sottolineare con forza come tale provvedimento Pag. 64sia doppiamente discriminatorio, sia nei confronti delle regioni virtuose, sia nei confronti di tutti cittadini residenti in queste regioni.
Vorrei ricordare - non posso fare a meno di farlo - la regione Veneto, da cui provengo, dove una gestione attenta, oculata e responsabile delle risorse pubbliche consente di raggiungere livelli di eccellenza nella sanità, come affermato non solo da noi, ma dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità.
Ricordo, inoltre, il fenomeno del gran numero di pazienti che giungono dalle aree del Paese dove non si è in grado di garantire un livello di assistenza per i cittadini residenti. Stiamo parlando delle stesse regioni che oggi, con questo provvedimento, stanno ricevendo un ulteriore aiuto dallo Stato, in virtù del fatto che evidentemente hanno saputo creare pochi servizi e molti debiti.
Quando regioni come il Veneto e la Lombardia avranno la possibilità di recuperare i crediti che vantano nei confronti delle regioni meridionali? Forse mai. Quando si potranno migliorare i servizi anche nelle regioni del sud, permettendo ai cittadini residenti di curarsi nelle loro città?
Per concludere, questo provvedimento è la prova provata dell'errore di metodo che state compiendo. Gli obiettivi del patto per la salute per il periodo 2007-2009 dovrebbero concretizzarsi nel contenimento della spesa sanitaria al 6,7 per cento, da raggiungere principalmente attraverso gli strumenti del ticket e della leva fiscale. Non crediamo che quella intrapresa sia la strada giusta e, del resto, il Governo, contraddicendo se stesso, lo conferma riducendo il ticket dal 10 al 3,5 per cento e abolendo quello sulla diagnostica. Vorrei ricordare che tali ticket erano stati inseriti dal Governo solo quattro o cinque mesi fa nella legge finanziaria per l'anno 2007 e che, forse, vengono aboliti oggi solo perché ci troviamo in piena campagna elettorale.
A questo proposito, vorrei sottolineare come tale soluzione susciti, in ogni caso, molte perplessità. Ci sono dei dubbi di violazione sostanziale dell'articolo 81 della Costituzione sulla copertura finanziaria, ossia sull'utilizzo, in un primo momento, del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, mentre successivamente tale proposta è stata riformulata, nel senso di andare a intaccare gli stanziamenti per i vari fondi, tra cui quello per le non autosufficienze e quello per le famiglie. Tuttavia, neanche questa soluzione può andar bene.
Una conduzione sicuramente disordinata e strabica di questo Governo non può che aumentare i dubbi sulla possibile realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica definiti a livello europeo.
In conclusione, siamo contrari a questo provvedimento perché, ancora una volta, penalizza i cittadini e molte regioni serie e attente, come il Veneto, e non accenna minimamente a prevedere sanzioni e misure che rafforzino, invece, il principio di responsabilità degli amministratori regionali.
Tutto ciò crea non pochi allarmi o, quanto meno, seri dubbi sulla realizzabilità degli obiettivi di stabilizzazione della spesa sanitaria indicati dal Governo nell'ultima legge finanziaria. In ogni caso, anche volendo prendere per buoni questi obiettivi e gli interventi per realizzarli, va avviata - questo è un invito che sento di rivolgere al Governo - una discussione sui modi per migliorare l'efficienza della gestione e la qualità dei servizi.
Sarebbe auspicabile, quindi, che si procedesse a dar corpo e vita ad un federalismo pienamente responsabile, che attribuisca alle regioni il potere di stabilire i livelli delle prestazioni, imponendo contemporaneamente l'onere di finanziarli in modo autonomo, ponendo fine a questi meccanismi di assistenzialismo verso una certa area del nostro Paese.
Nella mia regione, il Veneto, stiamo vivendo una stagione di grande preoccupazione. Comunità intere, prima nel bellunese, poi al confine con il Friuli Venezia-Giulia, infine nell'altopiano di Asiago, stanche di essere strette da regioni a statuto speciale che possono godere di molte agevolazioni e che ricevono dallo Pag. 65Stato molto di più di quanto ricevono i nostri cittadini veneti, chiedono di andarsene dalla regione, promuovendo referendum - che finora hanno avuto, come tutti sanno, un esito favorevole - per chiedere l'annessione al Trentino e al Friuli. I comitati promotori - vorrei ricordarlo ai colleghi - non vedono al loro interno i partiti, ma semplicemente cittadini di diversa appartenenza politica e di varie estrazioni, quindi meno politicizzati.
Ritengo che ciò che sta accadendo rappresenti un pericolo per il nostro Paese e sono certa che provvedimenti come quello in discussione oggi non facciano che aumentare il malessere e il grande senso di frustrazione del cittadino, che sempre di più soffre per questa palese violazione del principio di uguaglianza, che dovrebbe essere sempre garantito (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fitto, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.

LUIGI CASERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, leggendo oggi le prime pagine dei giornali e vedendo ciò che sta avvenendo in questa Assemblea, potrebbe sembrare che in questo Paese esistano due Governi. Da una parte, un Governo che, con la voce del Presidente Prodi e del Ministro dell'economia e delle finanze, predica rigore e risanamento dei conti e auspica azioni molto dure sulla politica economica, per tenere l'Italia all'interno degli accordi presi in sede europea: il Presidente Prodi, ieri, a Milano, si è vantato di avere riportato l'Italia all'interno del Patto di stabilità europeo, mentre oggi il Ministro dell'economia e delle finanze ha sostenuto che le pensioni non si toccano e che lo scalone è fondamentale per la tenuta dei conti pubblici; dall'altra, invece, in questa Assemblea si discute un decreto che sembra proposto da un Governo che abbia delle idee e delle missioni completamente diverse.
Si tratta di un provvedimento che altera tutti i principi su cui si è cercato di contenere la spesa pubblica a livello sanitario, con il quale il Governo stravolge qualsiasi banale regola del mercato sanitario, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi altro mercato presente nel Paese.
Il Governo cerca dunque di stravolgere le regole banali su cui si basa la spesa pubblica. Quest'ultima in Italia è formata da tre grandi macro-aree: la spesa pubblica improduttiva dei servizi, su cui deve essere esercitata un' azione a livello di ministero e di enti locali; la spesa previdenziale; la spesa sanitaria. Quest'ultima, per una serie di meccanismi che si sono determinati nel tempo, è una spesa che è demandata alle regioni e il cui controllo avviene a livello regionale.
Nel passato si è cercato, con grandi difficoltà - si tratta infatti di un settore molto sensibile per il cittadino, in cui spesso l'intervento economico rischia di diminuire il livello dei servizi, in questo caso di un servizio fondamentale come quello della sanità -, di prevedere una serie di regole volte a salvaguardare i benefici del cittadino e, nello stesso tempo, i conti pubblici. All'interno di queste regole, sono stati stabiliti patti che le regioni e il Governo devono mantenere in modo tale da conseguire questi obiettivi.
Se, quindi, con tale decreto, si pensa - come effettivamente si pensa - di far saltare tali patti, premiando le regioni che non li hanno mantenuti (alcuni giornalisti nel passato le hanno chiamate «regioni canaglia», perché non hanno mantenuto il patto per il paese e per tutti i cittadini) e penalizzando invece quelle che li hanno mantenuti, si dimostra quale sia la linea che si intende mantenere nella realtà, a differenza dei proclami enunciati ieri dal Presidente Prodi all'università Bocconi e sui giornali dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il Governo sta utilizzando un momento favorevole, dal punto di vista economico, nazionale ed europeo, ma rischia di far saltare qualsiasi azione di risanamento intrapresa. Mi chiedo perché un cittadino lombardo, piemontese, veneto od emiliano Pag. 66deve mantenere i patti che un governatore lombardo, emiliano, veneto o piemontese ha sottoscritto con il Governo, quando il Governo, per primo, non li mantiene e non sanziona le regioni inadempienti.
Il decreto in esame, in termini di immagine e di indirizzo futuro, è veramente pesante per i conti del Paese. Mi chiedo dove sono tutti quei professori che nel passato ci attaccavano appena ipotizzavamo una semplice azione di condono. Ho seguito dibattiti, negli anni scorsi, sui media, relativi ai vari condoni presentati, e oggi da quei professori non sento una parola, come non sento una parola da parte di tutti i colleghi del centrosinistra, che nel passato ci accusavano di distruggere i conti del Paese, di alterare le finanze dello Stato, di essere totalmente irresponsabili sul futuro dei nostri figli, quando tutti sappiamo benissimo che questo decreto altera i normali rapporti all'interno della spesa sanitaria, che è una delle componenti fondamentali della spesa pubblica.
Mi chiedo anche dove sono tutti quei parlamentari e quei teorici del centrosinistra e del federalismo che solitamente discutono sull'autonomia impositiva locale, sul maggior decentramento, sul fatto che le regioni debbano avere maggiori responsabilità: come è noto, oltre alle responsabilità, ci deve essere anche un rapporto di responsabilizzazione. Ma se non mettiamo le regioni di fronte alle loro responsabilità, non capisco che genere di responsabilizzazione ci possa essere.
Il decreto in esame tocca altre tre componenti importanti. La prima è quella dei ticket, che avete introdotto nella legge finanziaria per il 2007 e adesso volete togliere, come ha osservato la collega Milanato. Dite ai cittadini che cosa volete; ritengo che il ticket sia uno strumento importante per far partecipare i cittadini ad una spesa rilevante come quella sanitaria: deve essere usato con intelligenza, deve essere usato a fronte di un miglioramento complessivo del sistema sanitario nazionale, ma non può essere utilizzato prendendo in giro i cittadini, dicendo, ad esempio, che lo si introduce a dicembre per poi toglierlo a febbraio, per reintrodurlo a giugno e toglierlo nuovamente a giugno dell'anno successivo. Come fa il cittadino a rispondere a leggi che devono essere credibili, quando è lo stesso legislatore a prenderlo in giro?
La seconda questione riguarda le coperture: mi meraviglio di come il sottosegretario che rappresenta il Governo, che conosco come attento lettore delle coperture - abbiamo trascorso anni in Commissione bilancio a discuterne -, individui coperture come quelle approvate al Senato per decreto-legge in esame, che sono chiaramente inesistenti ed attingono a fondi che dovevano essere destinati ad altre spese, che sono, però, incomprimibili. Penso, ad esempio, che in questo Paese non si possa comprimere la spesa per la non autosufficienza.
L'ultimo tema, quello fondamentale, riguarda il fatto che il provvedimento in esame altera il normale rapporto commerciale fra la pubblica amministrazione e le imprese che si rapportano con essa. Non possiamo pensare di rendere la pubblica amministrazione più efficiente e che le migliori imprese possano competere nelle gare pubbliche quando, un giorno sì e uno no, alteriamo i criteri con cui si sono impostate le gare; quando, un giorno sì e uno no, pensiamo di far saltare le gare sull'alta velocità; quando, con il decreto in esame, diciamo alle imprese, che hanno fatto conti ben precisi su quanto introitare, sui tempi entro i quali introitare, sugli oneri finanziari per effettuare le forniture al servizio sanitario pubblico: «voi questi soldi non li prenderete adesso, molto probabilmente li prenderete tra un anno».
Come fa un normale imprenditore a pensare di competere ancora e quindi di partecipare a queste gare? Come fanno le migliori imprese sanitarie a pensare di fornire la pubblica amministrazione sanitaria quando, in corso di pagamento, alterate le normali condizioni di gara? Su questo, vorrei sentire le voci della sinistra, attente come noi alle esigenze - fondamentali per lo sviluppo del Paese -, oltre Pag. 67che delle imprese, anche dei cittadini e dei contribuenti, che in questo caso sono i malati.
Come potete pensare che le migliori imprese sanitarie, cioè quelle che fanno i migliori investimenti, che sono disposte a spendere di più per la ricerca e per l'innovazione dei propri prodotti, quelle che hanno migliori prodotti per il malato, possano continuare a venire in Italia, in un Paese in cui si alterano in modo così forte le normali regole di mercato? Le più grandi multinazionali non verranno più in Italia, perché sapranno che, se va bene, prenderanno i soldi fra due anni e, se va male, rischiano di non prenderli più.
In questi giorni si discute molto di «sistema Italia» e di difesa dell'italianità delle aziende, si effettuano operazioni industriali molto confuse a difesa dell'italianità del «sistema paese», ma quando si devono stabilire regole per far sì che il Paese diventi appetibile nei confronti degli investimenti stranieri, esse vengono stabilite, a parole, sui giornali, nel modo più giusto, ma poi vengono alterate nella realtà dei fatti con provvedimenti - in questo caso un decreto-legge su cui molto probabilmente porrete la questione di fiducia - che creano una sfiducia nei confronti del mondo che sarà difficile recuperare.
Chiedo al Governo e al sottosegretario, con riferimento a problemi così palesemente rilevanti per il «sistema paese», di porvi rimedio, di cercare di intervenire, di modificare la situazione, per far sì che si arrivi alla fine dell'attuale fase della politica italiana. Si tratta di una fase in cui vi è un ampio dibattito sui giornali, in cui si parla di liberalizzazione, di concorrenza, di Paese che si deve sviluppare, e via dicendo, mentre i provvedimenti concreti vanno in una direzione completamente opposta.
Auspico che con il provvedimento in esame si possa fare qualcosa, che il Governo possa recepire le nostre richieste, che potranno arrecare un beneficio futuro al Paese, e che si possa, una volta tanto, governare non solo a parole, come si sta facendo in questi giorni, ma anche con i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso delle proposte emendative.
Invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative presentate.

FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, prima di esprimere il parere, i relatori vorrebbero, se possibile, intervenire nel dibattito.

PRESIDENTE. Nell'ambito dell'espressione del parere, onorevole Piro, ha la possibilità di allargare il ragionamento.

FRANCESCO PIRO. Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, siamo in due relatori....

PRESIDENTE. Entrambi avete la parola per l'espressione dei pareri, e in questo contesto avete la possibilità di estendere la vostra riflessione.

FRANCESCO PIRO. Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, prima di arrivare alla formulazione del parere vero e proprio sulle proposte emendative presentate, ritengo necessario e utile formulare qualche considerazione sul dibattito, molto lungo e approfondito, che si è svolto nella fase degli interventi sul complesso delle proposte emendative stesse.
Signor Presidente, signore e signori deputati, credo innanzitutto che vada svolta una considerazione, perché troppo spesso è stato qui sollevato un problema di carattere politico sulla natura del provvedimento, come se vi fosse una continuità politica tra la responsabilità delle giunte regionali e l'azione del Governo. Tutti credo possano dare atto ai relatori, ma anche a quanti della maggioranza sono intervenuti, di non aver fatto mai riferimento alla diversa natura politica delle giunte che hanno operato ed operano nelle regioni interessate dal provvedimento in Pag. 68esame. È necessario ricordare, però, a questo punto, che tre delle quattro regioni che hanno già firmato i piani di rientro e che quindi sono interessate dal decreto, vale a dire il Lazio, l'Abruzzo e il Molise, nel periodo considerato, cioè il quinquennio 2001-2005, erano amministrate da giunte di centrodestra, mentre la Campania era amministrata da una giunta di centrosinistra. Per quanto riguarda la quinta regione, la Sicilia, che potrebbe essere quasi sicuramente interessata dal provvedimento, visto che è nella fase conclusiva l'elaborazione del piano di rientro, anch'essa nel quinquennio interessato era governata da una giunta di centrodestra. Ritengo che se dovessimo fermarci a tale aspetto, non faremmo compiutamente il nostro dovere.
Credo che il Governo, nell'adottare il provvedimento in esame, se ne sia assunto la piena responsabilità, e abbia assunto su di sé anche un grande compito, che è quello non soltanto di arrivare a una soluzione definitiva - relativa ai debiti pregressi e alle situazioni incresciose che si sono determinate - ma anche quello di porre uno stop definitivo al generarsi, al riprodursi continuo, in tali regioni, di sempre nuovi e più gravi disavanzi.
Tali considerazioni ritengo valgano anche per motivare la costituzionalità del provvedimento in esame. Sono state riproposti, nel corso degli interventi, temi che erano già stati sollevati e dibattuti, con la presentazione di ben tre questioni pregiudiziali, che poi l'Assemblea ha respinto. A tale proposito, intendo esprimere poche considerazioni. In primo luogo, la Corte costituzionale è già intervenuta con alcune sentenze, ribadendo la piena legittimità dell'intervento dello Stato in materia sanitaria e quindi non individuando, in tale intervento - assunto con determinate forme e in determinate circostanze - alcuna lesione delle prerogative costituzionali delle regioni. In secondo luogo, vi è un altro aspetto, a mio avviso costituzionalmente rilevante, ma che ha anche natura sostanziale, riguardante la motivazione dell'emanazione del provvedimento in esame: mi riferisco al fatto che la permanenza di deficit elevati e la produzione di nuovi deficit stanno incidendo - e ancor più sono destinati a incidere - sui livelli essenziali di assistenza nelle regioni.
È compito dello Stato non solo determinare i livelli essenziali di assistenza, ma garantire che in ogni parte del Paese - quindi in ogni regione - tali livelli essenziali di assistenza siano effettivamente assicurati a tutti i cittadini, senza dunque che vi sia pregiudizio di un diritto costituzionalmente garantito per cittadini residenti in regioni diverse. Pertanto, credo sia compito dello Stato, nel momento in cui si prospetta o addirittura si verifica un pregiudizio di tali diritti, intervenire, ed è esattamente ciò che il Governo ha fatto con il provvedimento in esame, prevedendo misure di natura finanziaria, ma anche legate alle procedure, ai vincoli, all'effettiva possibilità di eliminare lo stock di debito che si è determinato nelle regioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ORE 17,43)

FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Pertanto, bene ha fatto il Governo, da questo punto di vista, ad intervenire con un provvedimento che apparentemente è semplice, ma che invece riguarda questioni abbastanza complesse.
Abbiamo già detto, ma credo sia opportuno ribadirlo a fronte degli interventi che sono stati svolti, che il decreto-legge presenta tutti i requisiti di straordinaria necessità e urgenza. La straordinarietà è legata al fatto che i precedenti provvedimenti - assunti nella passata legislatura ma anche all'inizio di quella in corso - da una parte hanno previsto misure volte a fornire risorse alle regioni per il ripiano dei debiti pregressi, e dall'altra hanno costruito un'«armatura» legislativa per impedire la riproduzione dei debiti e dei disavanzi.
Entrambi i filoni, quello finanziario e quello legislativo, con tutta evidenza, non sono stati risolutivi, e non lo sono stati perché non sono state adottate, in questi Pag. 69anni, le due misure davvero necessarie: la prima, volta ad accertare in maniera puntuale quale sia effettivamente l'indebitamento della regione; la seconda, volta a prevedere vincoli forti, ineliminabili, insuperabili alla ripetizione dei disavanzi. Da questo punto di vista - l'abbiamo già osservato, ma credo che sia opportuno ribadirlo - occorre ricordare che le risorse messe a disposizione dell'operazione di rientro dai ripiani non sono soltanto quelle previste dal provvedimento in esame, vale a dire i tre miliardi, ma sono anche le risorse che vengono riattivate e che discendono dai contributi statali che, a causa dell'inadempienza delle regioni rispetto al rientro dai disavanzi, sono stati congelati e adesso vengono liberati.
Ricordo che per le cinque regioni interessate si tratta di una somma che ammonta a poco meno di 7 miliardi di euro. Tali somme erano già di pertinenza delle regioni, ma sono state - lo ripeto - congelate e adesso, a seguito della firma dei piani di rientro e in relazione allo stato di avanzamento degli stessi piani, sono liberate e lo saranno ulteriormente.
A ciò si aggiungono le risorse assegnate dalla legge finanziaria, attribuite anche queste alle regioni per circa 2,5 miliardi. Non va dimenticato che se è importante il contributo dello Stato, altrettanto importante, ovviamente anche superiore in termini numerici, sarà il contributo che sono chiamate a dare, anche dal punto di vista finanziario, le regioni stesse. Ad esempio, nel piano di rientro della regione Lazio, è previsto che, a fronte di un ammontare del debito emerso di circa 10 miliardi, la regione sia chiamata a provvedere con proprie risorse per circa 6 miliardi e 600 milioni di euro. Ma, al di là delle somme, il vero problema è che la massa di risorse mobilitata corrisponde, almeno allo stato dei fatti, all'ammontare dei debiti accertati e, quindi, la massa delle risorse mobilitate e che sarà mobilitata in un lasso di tempo breve - nel giro di un anno - è tale da poter consentire la piena soddisfazione anche dei creditori delle ASL. Ciò assume, ovviamente, notevole rilevanza.
A lungo si è discusso della previsione introdotta al Senato relativa al blocco per dodici mesi delle procedure esecutive. Da una parte, sia in sede di relazione, sia in Commissione abbiamo manifestato le nostre perplessità e abbiamo dato la disponibilità a verificare gli interventi. Come sarà successivamente chiarito dalla collega Zanotti, a questo problema è stata data una soluzione definitiva, nel senso che i relatori si sono fatti carico di presentare un emendamento soppressivo, eliminando di conseguenza il problema. Dall'altra parte, invece, la massa delle risorse dà, almeno fino a questo momento, piena garanzia della totale soddisfazione dei crediti vantati dai fornitori e dai prestatori d'opera.
Altre due questioni sono emerse con grande forza dal dibattito, collegate a numerose proposte emendative che sono state presentate. La prima questione è quali garanzie abbiamo che non si ripeteranno i disavanzi e quali eventualmente dovranno essere gli interventi «repressivi» di tale comportamenti.
A questo punto, credo che debba essere data una risposta, che non è tanto contenuta nel testo del decreto-legge, quanto nell'insieme delle misure che già sono previste, ad esempio nel comma 796 della legge finanziaria, che vengono inasprite e di cui viene prevista l'attivazione automatica, all'interno dei piani di rientro che sono stati firmati con le regioni. È previsto, ad esempio, che nel caso in cui si dia origine nel corso della vigenza dei piani di rientro a qualunque inadempienza da parte delle regioni - in queste fattispecie rientra sicuramente la produzione di nuovo disavanzo - scatti automaticamente la misura consistente nell'incremento dell'addizionale all'IRPEF e dell'addizionale all'IRAP, non più soltanto nella misura massima prevista dalla legge, ma nella misura necessaria a coprire il nuovo disavanzo che eventualmente non dovesse essere coperto da mezzi ordinari di bilancio da parte della regione. Dico ciò in particolare ai tanti colleghi della Lega che sono intervenuti e che hanno fatto riferimento Pag. 70a questo aspetto nei loro interventi. A me sembra una misura molto forte, sicuramente efficace.
La seconda questione attiene all'eventuale sanzione della responsabilità degli amministratori: credo che non si sia prestata sufficiente attenzione al fatto che...

FEDERICO BRICOLO. Ladri, ladri! Avete rubato dalle tasche del nord!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Stai zitto! Vergognati!

PRESIDENTE. Invito il relatore a proseguire e l'onorevole a non intervenire.

FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente proseguo con tutta serenità.
Non si è ben valutato quale meccanismo viene messo in piedi con il decreto-legge e con la firma e l'attuazione dei piani di rientro.
La più grave forma di sanzione per gli amministratori e per i politici amministratori ritengo consista nel fatto di essere privati della possibilità di agire o meglio di agire autonomamente. Questo succederà perché tutti i provvedimenti in materia sanitaria, con l'assistenza dei nuclei tecnici e degli advisor che verranno nominati dal Governo, potranno essere assunti soltanto previa sottoposizione e approvazione da parte del Governo. Qualcuno l'ha definita una cessione di sovranità. Metto le virgolette al termine sovranità; sicuramente è una forma di limitazione fortissima delle autonome possibilità di determinazione.
Per quanto riguarda la questione di sanzionare coloro che hanno generato deficit, ricordo che è stata inserita nella legge finanziaria una norma, con il comma 734, che impedisce a tutti coloro che hanno ricoperto incarichi di amministrazione, negli enti, nelle istituzioni, nelle aziende pubbliche e che abbiano provocato disavanzi per tre esercizi consecutivi di poter essere nominati in qualunque altra istituzione, ente, azienda analoga; quindi da questo punto di vista esiste già una norma abbastanza efficace.
Concludo il mio intervento, signor Presidente, esprimendo, come mi compete, il parere per quanto riguarda gli emendamenti all'articolo 1. Esprimerò il parere solo sugli emendamenti per cui il parere delle Commissioni è favorevole, rimanendo inteso che per gli altri è contrario.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sugli identici emendamenti Garavaglia 1.70, Giudice 1.154, Cancrini 1.183, Zinzi 1.184, Ulivi 1.187, Angelo Piazza 1.189, D'Elpidio 1.192 e Zanella 1.200, in considerazione del fatto che si tratta di emendamenti identici all'emendamento 1.500 delle Commissioni, che sopprime all'articolo 1, comma 3, il terzo, quarto e quinto periodo.
Le Commissioni esprimono altresì parere favorevole sugli emendamenti Leone 1.331 e 1.332.
Per quanto riguarda gli emendamenti riferiti all'articolo 1-bis del decreto-legge, il parere sarà espresso dalla relatrice Zanotti.

PRESIDENTE. Sta bene. Prego, onorevole Zanotti.

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni, di replica per quanto riguarda la discussione generale e gli emendamenti, dopodiché esprimerò il parere sugli emendamenti relativi all'articolo 1-bis.
Sono sconcertata - lo dico ai colleghi della minoranza e in particolare a quelli della Lega - per il dibattito che si è sviluppato in Assemblea. Anche in ragione delle ultime interruzioni dell'onorevole Bricolo, con l'accusa di essere ladri, ricavo l'impressione che vi sia una questione che ci divide profondamente, e forse tale divisione è persino insanabile.
Si tratta di una questione di cultura politica, per cui dico a tutti i colleghi dell'opposizione che c'è una divisione profonda che riguarda proprio l'idea di federalismo, con l'aggettivo, che io sottolineo: solidale.

PAOLO GRIMOLDI. Va a cagare!

Pag. 71

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Ma ci vada lei e la smetta! La prego, Presidente.

PRESIDENTE. È un linguaggio non consono all'Assemblea, e la preghiera è quella di sospendere realmente questo tipo di manifestazioni verbali.

ANDREA GIBELLI. Sospenda la seduta, Presidente! Il federalismo solidale è un'altra cosa. Questo è un furto!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. No, non sospenda la seduta. Ho il diritto di parlare come relatrice.

GAETANO FASOLINO. È un provvedimento vergognoso!.

MATTEO BRIGANDÌ. Deve esprimere il parere (Commenti del deputato Trupia)!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. È un problema di cultura politica. Voglio ricordare a proposito di furti che noi facciamo riferimento ai debiti 2001-2005, che riguardano gestioni... (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania). È un problema di cultura politica che ci divide, in un'ottica di federalismo solidale... (Commenti).

PRESIDENTE. Credo che la vostra opinione possa comunque essere contenuta in manifestazioni più adatte al linguaggio da mantenere in Assemblea. Continui pure, onorevole Zanotti.

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Tale ottica ha al centro la tutela del diritto alla salute di tutti i cittadini di questo Paese, ma si tratta di una tutela che riguarda i cittadini ovunque siano residenti. Ciò determina da parte delle regioni più forti un impegno, un aiuto, un accompagnamento nelle situazioni di difficoltà di alcune regioni.
Voglio anche dire, a tutti i colleghi dell'opposizione che si sono intrattenuti nei loro interventi in questi giorni, che persino nella stessa Commissione si è preso atto del lavoro svolto.
Mi riferisco alle proposte emendative presentate dai relatori, alla discussione che ha dato conto della disponibilità espressa sia dai relatori sia dai colleghi della maggioranza, raccogliendo e dando risposta ai due punti di maggiore criticità - esclusivamente due - su cui la discussione nelle Commissioni indubbiamente è stata intensa e abbiamo persino avuto delle opinioni fortemente condivise.
Come ho ricordato nella relazione, non abbiamo dovuto discutere a lungo per produrre un emendamento che desse immediata risposta alla questione della riduzione a 3,5 euro dei ticket sulla specialistica e per esprimere la totale contrarietà a quel tipo di copertura di spesa.
Ho sentito nel corso di questa discussione - forse perché gli argomenti non erano tantissimi - molti colleghi soffermarsi sulla questione della non autosufficienza, delle politiche giovanili, della cooperazione allo sviluppo, del Fondo per lo spettacolo, sapendo bene che tale problema in Commissione era già stato risolto. Ci siamo presentati in Aula con un emendamento dei relatori che ha dato risposta in termini sia di abolizione del ticket, sia di una copertura di spesa che era assolutamente alternativa a quella che abbiamo messo in discussione e che ha cancellato una copertura così discussa.

PAOLO GRIMOLDI. Per un anno!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Per un anno, e poi si è detto che in sede di finanziaria si sarebbe ragionato complessivamente, secondo me in maniera corretta, sulle modalità di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti. Mi pare che si sia affrontata la questione con molta serietà.

PAOLO GRIMOLDI. Per un anno!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Sì, fino alla fine del 2007, poi in sede di finanziaria ragioneremo.Pag. 72
Abbiamo discusso a lungo anche della questione che riguarda il blocco per dodici mesi delle procedure relative ai crediti. I colleghi del Comitato dei diciotto sanno bene che oggi, come relatori, abbiamo dato una risposta che è andata esattamente nella direzione di tutte le obiezioni che sono state sollevate e che hanno trovato in un emendamento soppressivo, come si dice, la cancellazione della questione. Non era possibile essere più chiari e netti nel tentare un'interlocuzione che fosse, intanto, un segnale di disponibilità, e poi una raccolta, anche positiva, di valutazioni, sulle quali, non lo neghiamo, anche dentro la maggioranza sono state sollevate osservazioni.
Ritengo che la discussione di oggi abbia evidenziato elementi di assoluto pregiudizio nei confronti del provvedimento, soprattutto da parte dei colleghi della Lega. È del tutto evidente che si tratta di un pregiudizio - voglio ricordarlo ancora e voglio sottolinearlo -, nonostante si parli di debiti riferiti agli anni 2001-2005 e relativi a regioni governate dal centrodestra.

PAOLO GRIMOLDI. Ma non da noi!

KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Ma di cosa stiamo parlando?
Per concludere, voglio dire che, respingendo questa posizione di principio, è opportuno ragionare anche sulla strumentazione normativa utilizzata in questa fase. Si tratta di una strumentazione normativa prevista dal Governo di centrodestra, dal Governo Berlusconi, che, fra l'altro, con le leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006, ha stanziato 4 mila miliardi di euro per dare risposta, ancora in quella fase, alle situazioni di sbilancio e di disavanzo economico delle regioni più in difficoltà.
Con il provvedimento in esame non solo si è fatta chiarezza sull'entità del debito, ma si è fatto di più: si è costruito un sistema di controllo molto stringente, con un affiancamento molto forte dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze rivolto a quelle regioni che presentano situazioni di difficoltà.
Tutto questo per dare un segnale netto e chiaro di svolta sulla questione finanziaria, delle risorse che alimentano il sistema sanitario di questo paese; che, ripeto, non è solo una questione fa riferimento alla tutela sacrosanta dei diritti delle persone in termini di salute, ma diventa un fattore di grande sviluppo economico. E diventa tale se si arriva all'azzeramento dei debiti, per evitare una situazione non più sostenibile che rischia di portare all'implosione della sanità.
Voglio anche ricordare che questo non è un ripiano a piè di lista: ci siamo abituati per anni a ragionare in questi termini, per anni siamo stati di fronte ad un sistema sanitario assolutamente sottofinanziato rispetto ai bisogni reali e poi, alla fine, si procedeva ad un ripiano a piè di lista. Anche in termini di cultura, il provvedimento, segna un'innovazione ed è uno scarto davvero forte rispetto al passato.
Il dibattito non è riuscito, poiché è pregiudiziale, a dare conto di tutto questo. Noi speravamo e continuiamo a sperare che la discussione svolta nelle Commissioni porti ad una valutazione definitiva sul provvedimento sgombra da pregiudiziali, proprio perché - voglio ribadirlo - in Commissione si è lavorato intensamente e, a conclusione, si sono trovati dei punti di condivisione.
Passo, quindi, a formulare il parere sugli emendamenti.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Giudice 1-bis.200 e sul subemendamento Giudice 0.1-bis.0100.10, poiché integra l'articolo aggiuntivo 1-bis.0100 (nuova formulazione) delle Commissioni, di cui si raccomanda l'approvazione.
Le Commissioni raccomandano altresì l'approvazione del loro emendamento Tit. 1 (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 73

MATTEO BRIGANDÌ. Credo ci sia una logica che porta ad esprimere il parere del Governo. La logica è chiara: c'è una preposizione normativa che è fatta da chi la propone, in questo caso dal Governo, che viene discussa in Commissione e, poi, in Assemblea. Nel momento in cui in Assemblea si esprime la posizione di tutti i parlamentari, questa posizione deve essere vagliata nel momento in cui si formula il parere, prima da parte delle Commissioni e, poi, da parte del Governo. Però, in questo caso, ci siamo ritrovati di fronte - giudichi lei, signor Presidente, se dico una cosa per un'altra - ad un dibattito in cui l'ultima parola è rimasta ai relatori in rappresentanza delle Commissioni, invece che all'Assemblea. Se così è, il Governo esprimerà un parere dopo aver sentito, per ultimo, quello che le Commissioni avevano da dire. Questo ha portato ad un'inversione della procedura.
Chiedo, allora, che venga consentito di replicare a quanto detto dai relatori, i quali hanno dimostrato di parlare non nella loro competenza di soggetti che esprimono il parere sugli emendamenti. Quindi, chiedo che venga riaperta la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, perché si possa controbattere serenamente a quello che hanno detto i relatori a nome delle Commissioni e il rappresentante del Governo possa esprimere il suo parere, che non deve essere necessariamente identico a quello delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, la legittima esigenza di ribattere può trovare espressione, conformemente alla prassi e al Regolamento, in sede di discussione sui singoli punti, non con la riapertura, in questa fase, della discussione.
Qual è il parere del Governo sulle proposte emendative presentate?

MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, intanto vorrei tranquillizzare l'onorevole Brigandì: quest'Aula non annoia mai! I dibattiti parlamentari sono sempre e comunque utili e il Governo ringrazia tutti coloro che sono intervenuti, perché, al di là del taglio polemico di alcuni interventi, essi dimostrano che c'è una sostanziale condivisione delle preoccupazioni per lo stato della situazione debitoria che si registra in alcune regioni che sono parte importante del nostro Paese.
A me non interessano le polemiche. Ringrazio la Commissione, i relatori, tutti coloro che, nel corso di alcune defatiganti riunioni, hanno lavorato con grande impegno. Tutti - non solo la maggioranza, anche l'opposizione ha dato un contributo notevole, al di là del voto finale che potrà essere espresso - intendevamo fare in modo che il testo pervenuto dal Senato fosse modificato, fosse migliorato.
È stato fatto riferimento, nel dibattito, a una volontà del Governo di adottare il decreto-legge in esame perché le regioni interessate sarebbero amministrate da coalizioni coincidenti con quella della maggioranza di governo. Devo dire con franchezza che ritengo non troppo convinti coloro che hanno fatto tale supposizione, proprio perché il periodo cui si fa riferimento è quello del 2001-2005, nel quale le maggioranze erano molto diverse. C'è un dovere da parte del Governo di intervenire, non verso gli amministratori delle regioni che hanno sicuramente pesanti responsabilità per la situazione debitoria che si è determinata, ma per garantire ai cittadini di quelle regioni, a tutti i cittadini di tali regioni i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, i diritti ad avere un'assistenza sanitaria di elevato livello. Qualsiasi Governo, non solo questo, anche un altro se fosse stato in carica, sarebbe stato costretto ad adottare un provvedimento simile. Non è il colore politico delle ricordate amministrazioni che è alla base della decisione adottata dal Governo, né tantomeno - mi sia consentito - lo è una valutazione di tipo elettoralistico, perché siamo in presenza di una consultazione locale diffusa in varie parti del territorio nazionale.Pag. 74
Vorrei ancora sottolineare che, nel merito, il decreto-legge prevede - e ciò è stato richiamato con puntualità dall'onorevole Piro - vincoli stringenti per gli amministratori regionali. Non è che diciamo: bravo, bravi, perché oggettivamente bravi non lo sono stati (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se si legge attentamente il testo, ci si accorgerà che non soltanto sono previsti un monitoraggio, una vigilanza e un controllo continui da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e da parte del Ministero della salute, ma per tali regioni si prevede anche una forma di «tutoraggio»; che, detto con molta franchezza, è una forma di penalizzazione almeno sul piano dell'immagine, di cui gli amministratori interessati non possono certo essere gratificati.
Vi è, quindi, un vincolo molto forte per quanto riguarda il piano di risanamento: se gli amministratori regionali non si atterranno a quei vincoli, se non li rispetteranno, scatteranno - purtroppo, ma è necessario prevederlo - aumenti dell'IRPEF e dell'IRAP, come ricordato poc'anzi dai relatori.
Altro che regalo! Non è un regalo quello che facciamo: ci rendiamo conto che il servizio sanitario, relativamente ai livelli di qualità da offrire ai nostri cittadini, deve essere uniforme, omogeneo in tutte le regioni e, in una fase in cui il federalismo sta facendo progressi - faticosamente, se volete - riconosco anche il merito di coloro che, per primi, ne hanno parlato e hanno imposto a quest'Assemblea, più volte, il dibattito in materia.
Il nostro, però, è un Paese che ha bisogno di gradualità; voi sapete che il Governo è fortemente impegnato in questa materia, per cui la prossima discussione sulla legge relativa al federalismo fiscale ci vedrà impegnati a dimostrare se la scelta effettuata è coerente con i nostri desideri. Il Governo è stato chiaro su tale punto: vogliamo dare attuazione agli articoli della Costituzione, come modificati dalla recente riforma, e quindi anche al federalismo fiscale, sempre tenendo conto del dovere di offrire servizi omogenei sul territorio.
Per quanto riguarda la responsabilità degli amministratori regionali, che, in questo caso, non sempre c'è stata - voglio ricordarlo -, c'è da augurarsi che il provvedimento in esame, che, lo ripeto, non penalizza i cittadini delle menzionate regioni (si tratta di regioni molto importanti), spinga tutti gli amministratori ad un maggiore rigore.
In Commissione, è stato anche introdotto un articolo - sul quale il Governo si è pronunciato favorevolmente - che prevede che gli esiti della verifica annuale dei piani di rientro siano tempestivamente trasmessi dal Ministro dell'economia e delle finanze al presidente della Corte dei conti, per le valutazioni di competenza dell'istituto, anche ai fini dell'avvio di un eventuale giudizio di responsabilità. Quindi, colleghi, non c'è alcuna «tenerezza» nei confronti di coloro che, ripeto, hanno la responsabilità di attuare il piano di risanamento sottoscritto.
Il Governo, in sede di dibattito in Commissione, ha dato il proprio assenso a rivedere, come dicevo poc'anzi, alcune norme, compresa quella dell'abolizione, fino al 2007, del ticket sanitario, già ridotto da 10 a 3,5 euro in sede di discussione del provvedimento al Senato. La volontà parlamentare - in questo caso, di tutta la Commissione - è stata quella di abolirla e il Governo ha dato il proprio assenso, e ci siamo fatti carico di rivedere la copertura finanziaria, perché ritenevamo quella approvata al Senato non coerente con le nostre scelte di politica sociale. Si attingeva a fondi destinati alle fasce deboli, alle famiglie, ai disabili e così via e quindi abbiamo ritenuto di dovere individuare una diversa copertura; è stato fatto e credo con grande soddisfazione da parte di tutti i rappresentanti delle varie forze politiche.
Su un altro punto molto discusso si è giunti ad una soluzione, anche se il voto - almeno formalmente - non è stato unanime. Dell'accettazione relativa all'estrapolazione del comma 3 dell'articolo 1, tanto Pag. 75discusso negli ultimi due giorni, possiamo attribuire il merito - se mi è consentito - non solo alla maggioranza, ma anche a quei parlamentari di tutti i gruppi che nel corso dell'esame nelle Commissioni di merito si sono coerentemente battuti, facendosi carico di tutelare il «mondo», diciamo così, dei creditori che, purtroppo, la norma, così come era prevista, finiva per penalizzare.
Abbiamo tentato inizialmente di trovare una soluzione mediata, che giungesse sostanzialmente ad una stessa soluzione positiva per i creditori, soprattutto per quelli che erano, e sono, in possesso di una sentenza che riconosceva i loro crediti nei confronti delle varie aziende sanitarie e così via. Alla fine, il Governo ha preso atto delle perplessità mostrate da tutti i gruppi politici, compreso qualche gruppo della maggioranza, e responsabilmente abbiamo deciso di accogliere questo emendamento, frutto del lavoro delle Commissioni.
Come vedete, non è il caso di dare sempre, su una materia così delicata come questa, una valutazione strumentale, perché questo è un atto dovuto. Lo ripeto: qualsiasi Governo avrebbe dovuto adottare un provvedimento di fronte ad una situazione che, ripeto, ci preoccupa profondamente e ci ha chiamato alla responsabilità di assumere una decisione, questa che abbiamo adottato, di un decreto-legge che entrasse in vigore immediatamente, proprio per non consentire un aumento esponenziale di questa massa debitoria che - lo ripeto - è enorme.
Il nostro Governo in questo caso ha adottato un provvedimento che noi riteniamo efficace. Mi preme sottolineare semplicemente un dato, prima di concludere il mio intervento. Nel corso del dibattito svoltosi in sede di Conferenza Stato-regioni sul decreto-legge in esame, i rappresentanti di alcune importanti regioni che non sono interessate alle misure da esso recate, pur esprimendo formalmente il loro dissenso, hanno però compreso l'urgenza e la necessità di un intervento che individuasse una soluzione per frenare la crescita di questi debiti. Sono infatti convinto che anche agli amministratori di queste importanti regioni del nord stia a cuore il destino dei cittadini di quelle regioni del centro-sud che, purtroppo, si sono trovate ad affrontare questa situazione certamente non gratificante.
Ciò detto, rinnovo il mio ringraziamento a quanti, in quest'aula, sono intervenuti e rassicuro l'onorevole Brigandì che quest'Assemblea non annoierà mai questo Governo.
Sulle proposte emendative presentate il Governo esprime parere conforme a quello espresso dai relatori.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 18,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 18,45.

La seduta, sospesa alle 18,25, è ripresa alle 18,55.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti. Pag. 76Ne ha facoltà (Applausi polemici dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

MATTEO BRIGANDÌ. Era ora (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Non mi pare che l'opposizione sia molto dispiaciuta!
Signor Presidente, il Governo ha predisposto un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2534, di conversione del decreto-legge n. 23 del 2007, sul quale preannuncio, dopo il vaglio di ammissibilità da parte della Presidenza, l'intenzione di porre la questione di fiducia (Vivi commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Le consegno ora il testo dell'emendamento.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

ANDREA GIBELLI. Vergogna!

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. La vergogna è l'ostruzionismo che fate (Commenti - Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, per la verità non avevo intenzione di prendere la parola, anche perché quello del ministro Chiti è solo un preannunzio. Ma devo dire che mi sembra vergognoso che il Ministro concluda la propria richiesta di fiducia basandola sul nostro ostruzionismo, viste le modalità con cui si è giunti in quest'aula a porre la questione di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania)! Il Ministro Chiti deve infatti ricordare che il tempo che si è perso specialmente nell'ultima fase - è sotto gli occhi di tutti - era dovuto soltanto alla necessità di consentire al Governo di mettere insieme i «cocci» all'interno della maggioranza su alcuni problemi che il provvedimento in esame ha sollevato (Vivi commenti dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani). È inutile che facciate questi commenti: avete avuto bisogno di tempo per convincere Rifondazione Comunista su alcuni punti, per ritirare gli emendamenti presentati e per arrivare ad ottenere il consenso sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
Il nostro ostruzionismo è servito almeno ad una cosa: abbiamo visto finalmente accolti alcuni dei nostri emendamenti da parte delle Commissioni e del sottosegretario che seguiva il provvedimento. Se questo è ostruzionismo, se le riflessioni che abbiamo portato all'attenzione dell'Assemblea sono il presunto ostruzionismo, ben venga l'ostruzionismo! La verità è che finalmente siete riusciti a far quadrare i conti e siete venuti con il Ministro Chiti, il vostro «portatore di fiducia» - ormai lo possiamo tranquillamente chiamare così - a manifestare nuovamente in quest'aula un'altra sconfitta di questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, ritengo che sia un fatto grave - mi associo alle parole del collega Leone - quanto un Ministro della Repubblica ha affermato su uno strumento legittimo che la Lega Nord Padania non ha nascosto, nelle sue dichiarazioni, di utilizzare di fronte a qualcosa che essa riteneva inaccettabile per il Paese. Riteniamo infatti giusto adottare tutti gli strumenti che il Regolamento ci mette a disposizione per fare opposizione.
Lo abbiamo fatto. Volevamo entrare nel merito del provvedimento, ma ciò ci è stato impedito, e di vergognoso, mi spiace Ministro, c'è il suo atteggiamento, che oggi Pag. 77fa pagare ai toscani - le persone che abitano nella sua regione - i debiti sanitari per un cinico calcolo politico.
È di questo che il Governo deve vergognarsi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, oltre ad associarmi alle parole del collega Leone, in particolare per quanto riguarda la critica infondata che il Ministro ha espresso sul nostro ostruzionismo, vorrei ricordare ai relatori delle Commissioni Bilancio e Affari sociali - con i quali abbiamo discusso il provvedimento - che, fin da ieri mattina, avevamo detto che se non fossero stati modificati alcuni aspetti - in particolare, i periodi terzo, quarto e quinto del comma 3, dell'articolo 1 - noi avremmo insistito sul dibattito e sull'approfondimento dei temi.
Ci voleva poco a capire che, modificando quegli aspetti, introducendo gli elementi che poi il sottosegretario Lettieri ha riconosciuto necessari, si poteva avviare ad una soluzione molto più rapida la discussione in atto.

PRESIDENTE. Seguendo la prassi, concederò la parola ad un deputato per gruppo. Vi sono richieste, evidentemente, da parte di gruppi per i quali c'è già stato un intervento. Avverto i colleghi appartenenti a tali gruppi che, pertanto, non posso concedere loro la parola.

DARIO RIVOLTA. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, alla fine le darò la parola.
Ha chiesto ora di parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Ministro Chiti, se lei osserva bene qual è stato l'atteggiamento del nostro gruppo, con due interventi soltanto nell'ordine della discussione, capirà perfettamente che non vi è stato alcun atteggiamento ostruzionistico. Peraltro, negli interventi che sono avvenuti, avevamo chiesto anche noi che venisse modificato il decreto-legge al nostro esame.
Occorre sempre operare una distinzione, non tanto perché vogliamo distinguerci, ma in quanto su ogni provvedimento che viene portato in quest'aula e sulle accuse rivolte ai singoli gruppi bisogna sempre fare un ragionamento serio e sereno.
Abbiamo condiviso, in parte, l'azione ostruzionistica che i gruppi dell'opposizione hanno svolto, sapendo perfettamente che si poteva modificare il decreto-legge al nostro esame. Ma sappiamo perfettamente che la disponibilità a modificarlo deve essere espressa a chiare lettere dal Governo e non certamente dall'opposizione.
Quindi, l'azione che è stata portata avanti fino adesso ha condotto ad un risultato: il Governo ha ammesso che molte delle azioni portate avanti dall'opposizione, che chiedeva modifiche, in qualche modo avevano un assunto di verità. In sostanza, se è necessario fare questa «trafila» per arrivare a tali ammissioni, ben venga anche questo tipo di atteggiamento ostruzionistico (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Ministro, le sue parole non fanno giustizia, perché del nostro gruppo è intervenuto solo il sottoscritto, nemmeno in discussione generale, ma sul complesso degli emendamenti.
È stato un intervento solo ma, ovviamente, di critica importante, con il quale abbiamo voluto sottolineare che la nostra regione - la Toscana, che l'ha visto presidente della giunta regionale - ed altre, come la Lombardia, il Veneto e l'Emilia, erano regioni virtuose, i cui cittadini non meritavano di pagare 6 mila miliardi del vecchio conio (3 miliardi di euro) per i danni provocati da amministratori delle ASL e da direttori generali che non meritano di essere riconfermati, poiché crediamo Pag. 78che continuerebbero a sperperare il denaro pubblico, pensando che il Governo coprirà i loro conti.
Nelle ASL di cui parlo - soprattutto in Campania, ma anche nel Lazio - il debito è strutturale ed è destinato ad aumentare sempre di più per i costi imputabili ai dipendenti, ai noleggi di macchinari sanitari e alle convenzioni.
Il prossimo anno dovremo prevedere forse 4, 5, 6 o 10 miliardi di euro.
Tuttavia, noi abbiamo fatto ciò con un unico intervento; pertanto, se questo Esecutivo non è in grado né di governare, né di portare i suoi parlamentari a confrontarsi con le minoranze e deve procedere a colpi di fiducia, non è responsabilità né del nostro gruppo, né dell'opposizione: si tratta dell'incapacità di governare di questa maggioranza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sappiamo che, nel gioco delle parti ciascuno fa la sua. Parimenti, sappiamo perfettamente - è sempre accaduto - che al momento dell'apposizione della questione di fiducia le opposizioni contestano questa decisione.
Non capisco, tuttavia, cosa si possa imputare al ministro Chiti. Potete consultare il «libro dei precedenti» (quello che quando ero all'opposizione, nella scorsa legislatura, onorevole Leone e amici dell'attuale opposizione, ci avete aperto molte volte per raccontarci quante cose erano accadute), e riscontrerete che in molte occasioni il Governo precedente ha posto la fiducia addirittura all'inizio di una discussione generale, e non dopo due giorni nei quali siamo stati in quest'aula ad ascoltare. Vorrei aggiungere che, nella differenza di atteggiamenti che può essere marginale e valutata politicamente, è accaduto assai di rado che un Governo, pur arrivando a porre la questione di fiducia poiché un decreto-legge va convertito, abbia comunque recepito le indicazioni che arrivavano non solo dalla maggioranza, ma anche dall'opposizione, proponendo modifiche e votandole in Commissione, prima di porre la questione di fiducia.
Vi è uno stile in ogni cosa. Si può sostenere quel si vuole; in modo molto leale, la Lega ha dichiarato formalmente dinanzi a quest'Assemblea che avrebbe praticato l'ostruzionismo. Onorevole D'Agrò, mi rendo conto che ci può essere una distinzione, ma il Governo può fare anche specifiche particolari. Tuttavia, nell'economia del dibattito, è emerso un ostruzionismo in atto e, al contempo, è chiaro che il Governo, avendo un obbligo nei confronti del Paese e impegni con la maggioranza, dopo due giorni nei quali non si è svolta una sola votazione e si è disputato solo un dibattito - questa mattina vi erano ancora ventitré iscritti a parlare - non ha potuto fare altro. Poiché il provvedimento deve tornare all'esame del Senato e le opposizioni giustamente rivendicano che anche a Palazzo Madama vogliono disporre del tempo necessario ad esaminare il decreto-legge, è del tutto evidente che non vi era altra strada da percorrere.
È giusto criticare, è sicuramente lecito mettere in discussione nel merito il provvedimento, come le opposizioni hanno fatto, ma addirittura contestare perché si sono persi 10 minuti tecnici per porre la questione di fiducia mi sembra obiettivamente eccessivo.
Quindi, ritengo che, nel gioco delle parti, possiate criticare la questione di fiducia, ma essa è il risultato di un atteggiamento che è impossibile nascondere o, addirittura, non rivendicare (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Prendo atto della presentazione da parte del Governo dell'emendamento Dis. 1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2534-A, di conversione del decreto-legge n. 23 del 2007, in materia di ripiano di disavanzi sanitari, sul quale il Ministro per i rapporti con il Parlamento Pag. 79e le riforme istituzionali ha preannunziato l'intenzione di porre la questione di fiducia.
Dovremmo ora sospendere i nostri lavori per effettuare il vaglio di ammissibilità. All'esito di tale vaglio il testo sarà, come di consueto, posto a disposizione del Comitato dei diciotto.

DARIO RIVOLTA. Chiedo di parlare per fatto personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, voglio sottolineare che intervengo per fatto personale perché mi sono sentito, come componente di questa Assemblea, offeso dalle parole del ministro Chiti (Commenti dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
Mi dispiace che il ministro Chiti dimentichi, in questo momento, che la nostra è una Repubblica parlamentare, che il Parlamento è il rappresentante diretto del popolo.
Il ministro Chiti non ha solo espresso un giudizio di valore, quello di «ostruzionismo», (che è legittimo da parte del collega Giachetti, come da parte di qualunque altro parlamentare, ma non lo è, a mio avviso, da parte di un rappresentante del Governo quando si trova in quest'aula), ma ha anche giudicato «vergognoso» il dibattito (fosse esso ostruzionistico o no) che si è svolto in Assemblea.
Le chiedo, signor Presidente, di tutelare la dignità del Parlamento, chiedendo al ministro Chiti, il quale - lo capisco - può essere nervoso e può capitare a tutti, di ritirare il termine «vergognoso» da lui usato, oppure ripristinando lei stesso, Presidente, l'ordine nel Parlamento, qualora il ministro Chiti non chiedesse scusa, riprendendo le dichiarazioni del ministro e condannandole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, mi pare che il dibattito si sia già svolto e che i rappresentanti del suo gruppo e di tutti gli altri gruppi abbiano avuto la possibilità di esprimere le proprie opinioni, anche polemiche. Il ministro Chiti ha reagito...

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Deve chiedere scusa!

PRESIDENTE. ...a un intervento di analogo tenore: pertanto, mi pare che l'episodio sia stato già chiarito.
Come già annunciato, sospendo la seduta per effettuare il vaglio di ammissibilità, sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo, all'esito del quale il testo verrà, come di consueto, posto a disposizione del Comitato dei diciotto.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 19,30.

La seduta, sospesa alle 19,10, è ripresa alle 19,30.

PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza ha effettuato il vaglio di ammissibilità sull'emendamento Dis.1.1. (Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 6) interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2534-A di conversione del decreto-legge n. 23 del 2007, in materia di ripiano di disavanzi sanitari, sul quale il rappresentante del Governo ha preannunciato l'intenzione di porre la questione di fiducia.
Sulla base di tale esame, la Presidenza ritiene ammissibile l'emendamento presentato, che è stato trasmesso al Comitato dei diciotto.

(Posizione della questione di fiducia - Emendamento Dis.1.1. del Governo - A.C. 2534-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti. Ne ha facoltà.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Colgo questa occasione, prima di motivare ufficialmente la posizione della Pag. 80questione di fiducia, per chiarire - almeno spero - un punto della precedente discussione.
Non ho voluto - mi dispiace se questa è stata l'impressione - né esprimere una valutazione sulle persone, né, meno che mai, sul Parlamento, né sull'ostruzionismo, che è previsto dal Regolamento e che noi stessi, quando eravamo all'opposizione, abbiamo praticato. Ho reagito, in realtà, ad una provocazione, perché anche porre la fiducia è una scelta che i Governi fanno. Si può dissentire, ma anche quando si adottano queste misure è necessario motivarle politicamente.
Detto questo, vorrei dire che non abbiamo posto la questione di fiducia per motivi interni alla maggioranza. C'è stato, onorevole Leone, un confronto alla luce del sole nella maggioranza e con l'opposizione. Il testo di questo emendamento e del decreto-legge nel suo complesso trova pienamente unita la maggioranza.
La questione sorprendente è che, secondo quanto emerso nel dibattito, l'emendamento trova punti di convergenza anche con l'opposizione. Questo è il punto di stranezza della situazione politica che viviamo, perché il Governo e la maggioranza non sono stati chiusi nel confronto su un decreto-legge così delicato e importante, che non riguarda soltanto i debiti della sanità.
Al Senato erano già state accolte proposte emendative avanzate dall'opposizione e anche alla Camera ci sono stati interventi di modifica. Voglio ricordare a tutti noi quelli più significativi: è stato abolito il ticket sulla diagnostica (è stata una richiesta comune, sollevata più volte nella discussione di questi mesi, sin dal dibattito sulla legge finanziaria per l'anno 2007); è stata modificata la copertura finanziaria del decreto-legge; sono stati abrogati i commi 3, 4 e 5 riguardanti la sospensione esecutiva nei confronti dei debitori; è stata anche introdotta la trasmissione alla Corte dei conti per un eventuale giudizio di responsabilità non solo amministrativa, ma anche contabile. Questo è il testo del provvedimento che è stato sottoposto all'esame di questa Assemblea e che sarà oggetto del voto di fiducia e del voto finale.
Proprio perché il Governo ha accettato queste modifiche, in un confronto serio con la maggioranza e con l'opposizione, il provvedimento deve tornare al Senato e decadrà qualora non fosse nuovamente approvato da quel ramo del Parlamento entro il prossimo 19 maggio e si perderebbero tutti quegli arricchimenti e quelle modifiche di cui ho parlato, che incidono sulla vita concreta dei cittadini.
È questo il motivo per cui abbiamo dovuto scegliere di porre la questione di fiducia. Il gruppo della Lega Nord Padania, infatti, ha dichiarato esplicitamente che, utilizzando legittimamente il Regolamento - a tal proposito ho avuto più di un colloquio, anche alla luce del sole, con gli esponenti di questo gruppo parlamentare - avrebbe tenuto una condotta ostruzionistica fino a quando fosse stato possibile. Non sarebbero pertanto stati garantiti i tempi per una definitiva approvazione del provvedimento.
Mi dispiace, perché credo che, se non fossimo stati costretti a porre la questione di fiducia, probabilmente l'atteggiamento dei gruppi parlamentari e dei deputati durante il dibattito non sarebbe stato forse favorevole, ma comunque sarebbe stato diverso rispetto alla scelta che ora si dovrà compiere.
Per queste considerazioni, signor Presidente, colleghi, come ho preannunciato, a nome del Governo, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'emendamento del Governo, su cui è stata ora dichiarata l'ammissibilità dalla Presidenza, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2534 di conversione del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare per la precisazione Pag. 81il Ministro Chiti, visto che la richiesta di chiarimenti su alcune parole che sono «volate» in quest'Assemblea era stata fatta da un membro del gruppo cui appartengo, l'onorevole Rivolta.
Voglio aggiungere, senza alcuna polemica, che forse questa fiducia rimarrà un mistero. I nostri interventi avrebbero potuto essere interrotti con un semplice voto: infatti sarebbe stato sufficiente chiedere il voto per la chiusura anticipata della discussione sul complesso degli emendamenti. Invece, la maggioranza ha consentito che si andasse avanti stancamente su questa strada, senza neanche forzare i tempi. È chiaro che, in questo modo, si incute legittimamente il sospetto, come ho detto prima, signor Ministro, che il tempo servisse non solo a noi per rappresentare le nostre esigenze, ma anche alla maggioranza per ricomporsi al proprio interno. È quello che ho detto prima e di questo mi deve dare atto: gli strumenti da parte della maggioranza per proseguire su questo provvedimento c'erano, ma non sono stati messi in atto.
Infine, considerato che sono stati accolti alcuni nostri emendamenti - e di questo vi ringrazio - non comprendo perché poi non si è tentato di andare avanti con il provvedimento. L'atteggiamento della Lega, come lei ha sottolineato, era quello di un solo gruppo, mentre non è stato verificato l'atteggiamento di Forza Italia e di altri gruppi dell'opposizione.
Era questo il motivo del mio intervento precedente. La ringrazio, in ogni caso, del chiarimento. Comunque, torno a ripetere che questa fiducia, mai come questa volta, per voi e anche per noi, rimane un mistero, per altri non lo so.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, sono corso in aula perché ho sentito dai televisori del circuito interno le dichiarazioni del ministro Chiti.
La ringrazio per aver voluto sottolineare la rabbia del nostro movimento rispetto a un provvedimento che non condividiamo. Con la franchezza che anche in altre circostanze ci ha visti impegnati, abbiamo deciso di aiutare il dibattito attraverso delle azioni consentite dal Regolamento, vale a dire mediante l'utilizzo del tempo necessario per intervenire sul complesso degli emendamenti.
È evidente che questa misura viene utilizzata, a seconda che ci si trovi in maggioranza o all'opposizione, dalla parte politica avversa quando non si ritiene opportuno entrare nel merito del provvedimento che, con una scelta politica autonoma, si decide di contrastare con la denuncia politica e parlamentare: è un provvedimento che, come abbiamo detto negli interventi sul complesso degli emendamenti, non riteniamo possa costituire una strada percorribile.
È altrettanto vero che il nostro gruppo aveva presentato una serie di emendamenti e, a causa della scelta del Presidente Bertinotti di tagliarne una gran parte, utilizzando una norma del Regolamento, è stata fortemente ridotta la nostra possibilità emendativa. Di fatto il Presidente della Camera ha consentito di entrare nel merito soltanto di pochi emendamenti e il nostro gruppo ne aveva presentati solo 18. A tal proposito, al di là dei precedenti, riteniamo grave il voler limitare l'intervento dei parlamentari.
La questione di fiducia - ciò non mi vede d'accordo con quanto da lei affermato - si è resa necessaria, a nostro avviso, più che altro per affrontare le questioni all'interno della maggioranza; anche se il mio rimane un giudizio politico. Calcolando i tempi con l'applicazione dell'articolo 85 del Regolamento, la cosiddetta «norma ghigliottina», si verifica nei fatti che si sarebbe potuto, nel vostro interesse, evitare la fiducia e intraprendere, semmai, un difficile percorso parlamentare.
Rimane evidentemente la gravità di non voler affrontare la questione nel merito. In questa legislatura molti precedenti dimostrano che spesso l'azione di carattere ostruzionistico si manifesta in punti ben determinati dell'iter di approvazione del Pag. 82provvedimento. La questione di fiducia è stata posta comunque a monte di un percorso politico, che riteniamo molto ostico per quanto riguarda i rapporti all'interno della maggioranza. Mi permetto di dirle che, intervenendo per primo, a nome del mio gruppo, sul complesso degli emendamenti, mi ero riferito alla considerazione - questo è un giudizio politico, che non lascia spazio comunque al confronto avvenuto in precedenza e che non ha nulla di personale - che dalla Toscana, sua regione d'appartenenza, signor ministro, e salendo verso nord molti parlamentari del centrosinistra debbano, se non vergognarsi, almeno sentirsi in forte imbarazzo. Tali parlamentari, infatti, sul territorio chiedono ai propri «governatori», di centrodestra e di centrosinistra, di rispettare i patti di stabilità; ma ci sono alcune regioni che non lo fanno.
Il provvedimento in esame certifica la non percorribilità in concreto di una serie di aperture di natura politica che fanno riferimento al federalismo fiscale, giacché diviene politicamente difficile spiegare che si potrà porre in essere - a parole, nelle vostre intenzioni, ma vedremo nelle prossime settimane cosa accadrà - un meccanismo di federalismo fiscale che obbligatoriamente impegnerà le regioni ad un'autoregolamentazione connessa ad un principio di responsabilità assolutamente inderogabile. Ciò in considerazione del fatto che i tre miliardi di euro del famoso «tesoretto», che l'estrema sinistra, in particolare Rifondazione Comunista, intende impegnare...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA GIBELLI. Concludo, signor Presidente. Stavo dicendo che l'estrema sinistra intende impegnare il «tesoretto» per estendere l'assistenza di tipo sociale ad una serie di garanzie che ritiene sensibili e per molte altre questioni sulle quali non mi trovo d'accordo Oggi, un piccolo «tesoretto» se ne va attraverso i buchi di bilancio di regioni che non hanno nulla in comune con chi, invece, ha voluto risparmiare, ha saputo rimanere nel patto di stabilità. Ciò obbliga oggi ad affermare che lo Stato centrale permette di «farla franca» a chi, in alcune regioni, non vuole rispettare le regole.
In tale prospettiva politica, il tono molto acceso della Lega si giustifica rispetto ad una serie di aspettative che la posizione della questione di fiducia - senza la quale il dibattito, in tempi ragionevolmente certi, ci avrebbe portato ad un approfondimento in merito - ci ha impedito di poter discutere.
Signor ministro, a volte la parte politica che rappresento testimonia in Assemblea in maniera molto diretta, non evidentemente sul piano personale, del fatto che anche da parte della gente c'è una fortissima indignazione. Molte persone, infatti, ci hanno scritto e-mail dal sud d'Italia, dalle regioni guidate dal centrosinistra che rispettano il patto di stabilità, che affermano che la battaglia che Lega Nord sta combattendo in Parlamento è sacrosanta, perché difende un diritto di tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano aula per l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta dell'Assemblea riprenderà subito dopo la conclusione di tale riunione.

La seduta, sospesa alle 19,45, è ripresa alle 20,30.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis.1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2534 - Conversione in Pag. 83legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato - scadenza: 19 maggio 2007).
Poiché la questione di fiducia è stata posta alle ore 19,35 di oggi, la votazione per appello nominale avrà inizio alla stessa ora di domani, giovedì 10 maggio.
La votazione per appello nominale avrà luogo, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, domani, giovedì 10 maggio, a partire dalle ore 19,35. Le dichiarazioni di voto avranno pertanto inizio alle ore 17 di domani, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto in ordine crescente.
Il termine di presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 11 di domani.
Secondo quanto convenuto nella Conferenza dei presidenti di gruppo, dopo la votazione della fiducia, avrà luogo la deliberazione sull'urgenza della proposta di legge n. 2149 - Disposizioni recanti agevolazioni fiscali e altri benefici per le famiglie numerose e l'esame della questione pregiudiziale presentata al disegno di legge n. 2567 - Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (Approvato dal Senato - scadenza: 29 maggio 2007).
Come unanimemente stabilito, si procederà quindi all'esame degli ordini del giorno presentati ed alle dichiarazioni di voto finale, per concludere l'esame del disegno di legge di conversione n. 2534 nella nottata di domani, entro le ore 2 (dopo la mezzanotte). Ciò è stato oggetto di deliberazione unanime.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

BRUNO MELLANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta, la n. 4-01263, presentata il 12 ottobre 2006. Tale interrogazione, che non era affatto urgente al momento della sua presentazione, lo è diventata quando l'ho sollecitata, il 4 gennaio 2007, ed è divenuta urgentissima quando mi sono permesso di scrivere al Ministero della salute e direttamente al ministro Livia Turco e quando ho ripetutamente sollecitato in merito, con telefonate dirette, il ministero.
Tale interrogazione a risposta scritta riguarda il provvedimento che il Governo avrebbe dovuto emanare per l'individuazione di zone vulnerabili ai fitofarmaci, in base alla decisione che la regione Piemonte ha assunto nel 2003, ai sensi della legge n. 152 del 1999, di individuazione delle aree vulnerabili ai fitofarmaci. Si tratta della prima, e finora unica, regione italiana che ha ottemperato alla legge italiana, che appare già tardiva in ordine all'applicazione di direttive europee riguardanti sostanze come la simazina, l'atrazina, e simili.
Sono davvero sdegnato per non avere ricevuto risposta, e quindi ho voluto formalmente richiamare la Presidenza e sollecitare, tramite la stessa, il Ministero della salute, perché si tratta di un provvedimento necessario e urgente, benché ormai tardivo.

PRESIDENTE. Onorevole Mellano, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo all'interrogazione da lei richiamata. Peraltro, il rappresentante del Governo era presente in aula e ha sicuramente raccolto la sua sollecitazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 10 maggio 2007, alle 17:

(ore 17 e dopo l'esame dei punti 2 e 3)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo Pag. 842007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (per la votazione della questione di fiducia e il seguito dell'esame) (2534-A).
- Relatori: Piro, per la V Commissione e Zanotti, per la XII Commissione.

(dopo la votazione della questione di fiducia)
2. - Dichiarazione di urgenza della proposta di legge n. 2149.

3. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
S. 1449 - Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (Approvato dal Senato) (2567).

(al termine dell'esame del punto 1)
4. - Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alla proposta di legge n. 2490.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge (per la deliberazione del rinvio in Commissione):
Disposizioni in materia di autotrasporto merci e di circolazione stradale (2480-A).
- Relatore: Meta.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE L'URGENZA

PALMIERI ed altri: Disposizioni recanti agevolazioni fiscali e altri benefìci per le famiglie numerose (2149).

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE LO STRALCIO

S. 1452 - D'iniziativa dei senatori BIANCO ed altri: «Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza (Approvata dalla I e dalla II Commissione permanente del Senato)» (2490).

La seduta termina alle 20,35.