XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 151 di giovedì 3 maggio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 10,05.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, è in corso la Conferenza dei presidenti di gruppo. Non sono d'accordo! Non si può iniziare...! Chiedo la sospensione, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori!

PRESIDENTE. Adesso terminiamo la lettura del processo verbale. C'è il segretario che sta leggendo il processo verbale. Alla fine del lettura del processo verbale le darò la parola.

IGNAZIO LA RUSSA. È irregolare! È irregolarissimo!

PRESIDENTE. No, non è irregolare. Alla fine della lettura del processo verbale le darò la parola.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, prosegue la lettura del processo verbale.

IGNAZIO LA RUSSA. Non si può fare, non si può fare!

PRESIDENTE. La seduta è iniziata regolarmente, il segretario ha iniziato la lettura del processo verbale; alla fine le darò la parola. Non abbiamo proceduto ad alcuna decisione, quindi stia tranquillo. Lei è stato Vicepresidente: sa che lo svolgimento dei lavori sino a questo momento è assolutamente regolare. Prego, onorevole segretario.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, prosegue la lettura del processo verbale (Commenti del deputato Bocchino).

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Sull'ordine dei lavori (ore 10,13).

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, la mia è un'«obiezione di coscienza». Lei lo capirà perché ha richiamato il mio ruolo di Vicepresidente; posso quindi avere anch'io un ruolo per interloquire.
Dal momento che è in corso la Conferenza dei capigruppo, e che intendo questa mattina presidiare l'aula, perché gli argomenti che si discutono sono importanti e voglio sentire ed essere presente sin dall'inizio, non è possibile per me partecipare ai lavori della Conferenza dei capigruppo se nel frattempo devo ascoltare - e potrebbe interessarmi - che cosa ha da leggere il segretario, per poter eventualmente interloquire.
Lei ha prima giustamente detto, alla fine della lettura del processo verbale: «Se non vi sono obiezioni» (...); io avrei potuto avere un'obiezione, ma se fossi stato alla riunione della Conferenza dei capigruppo non avrei potuto formularla.Pag. 2
Come vede, la mia non è un'argomentazione peregrina, ma è il frutto di un ragionamento e di un'esigenza reale, e quindi la mia «obiezione di coscienza» diventa «obiezione di regolamento». La prego pertanto di sospendere la seduta fino al termine della riunione della Conferenza dei capigruppo, per consentirmi di parteciparvi.

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, lei sa molto bene, come presidente di gruppo, che avrebbe potuto porre la questione di un rinvio dell'inizio della seduta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
Se lei non l'ha posta in quella sede... La seduta era convocata per le ore 10...

IGNAZIO LA RUSSA. Ma cosa dice? Questa è la sede!

PRESIDENTE. Mi lasci finire, mi lasci finire (Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Lei avrebbe potuto porre la questione in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, e mi sarei sicuramente adeguato.
Non essendo stata posta la questione, lei sa molto bene che la Conferenza dei presidenti di gruppo può svolgersi anche contemporaneamente ai lavori dell'Assemblea e che non c'è un obbligo di sospensione della seduta, poiché le due riunioni possono svolgersi contemporaneamente.
Peraltro, essendo lei capogruppo, sa molto bene che la Conferenza dei presidenti di gruppo si sta occupando di materia diversa da quelle che esamineremo nella seduta odierna.
In ogni caso, lei ha posto un problema e chiedo...

IGNAZIO LA RUSSA. Non si arrampichi sugli specchi...

PRESIDENTE. Non sto arrabbiandomi...

IGNAZIO LA RUSSA. Sospenda la seduta!

PRESIDENTE. C'è una proposta di sospensione della seduta (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,15).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,35.

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,50.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bimbi, Boco, Bonino, Brugger, Cento, Cordoni, Donadi, Duilio, Folena, Franceschini, La Malfa, Levi, Lusetti, Meta, Migliore, Pili, Pinotti, Ranieri, Reina, Santagata, Stucchi, Tassone, Villetti, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,52).

PRESIDENTE. Con riferimento ad alcune affermazioni del presidente La Russa prima della sospensione della seduta, la Presidenza precisa che i segretari, all'inizio di ciascuna seduta, sono tenuti, su disposizione del Presidente, a dare lettura del processo verbale nell'esercizio delle Pag. 3funzioni loro attribuite dall'articolo 11 del regolamento e nell'ambito delle finalità istituzionali che a loro competono, quali membri dell'Ufficio di Presidenza della Camera.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, questi ritardi nell'apertura dei lavori non fanno bene all'immagine della Camera.
Detto ciò, la ringrazio per questa precisazione. I segretari di Presidenza - è bene che lei lo abbia ribadito - non possono prendere alcuna iniziativa, né prendere la parola nell'esercizio delle loro funzioni. È bene riaffermarlo, perché, alcune settimane fa, qualcuno ha dato del bugiardo ad un segretario che ripeteva una prassi costante. Qualche altro è salito sul palco della Presidenza rivolgendo delle minacce: non ho ancora sentito parole di condanna di quel gesto da parte della Presidenza.
La polemica è una ricchezza della politica, signor Presidente, e anche il contrasto in Assemblea fa parte della democrazia di questo consesso; è legittima ogni forma di protesta, purché si svolga nell'ambito delle disposizioni regolamentari e, quando le travalica, il Presidente deve applicare il regolamento. Anche questa mattina il segretario ha dovuto ottemperare alle disposizioni del Presidente; questa Camera si regge perché siamo intransigenti sulle regole, altrimenti non si governerebbe.
Non mi dispiace l'amicizia con il collega Bocchino, però un vecchio parlamentare sa bene che non si può replicare; perciò è necessario il rispetto delle funzioni, altrimenti non si è né spiritosi, né coraggiosi.

PRESIDENTE. La mia precisazione, onorevole Buontempo, era doverosa nei suoi confronti, poiché lei, nello svolgimento delle funzioni che le sono attribuite dal regolamento e dalle disposizioni del Presidente, era tenuto a dare lettura del processo verbale, come è stato fatto correttamente. Non poteva, come ora lei ha rilevato giustamente, interloquire con chi la interrompeva. Era doveroso precisarlo e la ringrazio anche della sua integrazione
Saluto gli studenti della classe IV del Liceo classico di lingua tedesca di Merano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, voglio fare la parte della persona pedante. Non è la prima volta che l'aula rimane in una sorta di «chiacchiericcio» per dieci minuti: a volte succede per un quarto d'ora, a volte per mezz'ora.
Dall'inizio della seduta al momento in cui cominciano le discussioni trascorrono minuti, decine di minuti, senza sapere che cosa stia accadendo.
Non voglio emulare il collega Boccia che in Assemblea, nella scorsa legislatura, ha fatto puntualmente applicare il regolamento. Le chiedo però di far presente al Presidente e ai vicepresidenti che una volta che è stato fissato l'orario di inizio della discussione o delle votazioni ma non è possibile procedere perché ci sono riunioni in corso o perché il Comitato dei nove o l'Ufficio di presidenza hanno degli adempimenti da svolgere, se ne deve dare comunicazione, perché la durata degli intervalli nei lavori dell'Assemblea non può dipendere da ciò che sta accadendo nel resto del Palazzo. È una questione di correttezza ma anche di buon andamento dei nostri lavori (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. La ringrazio del richiamo, che ritengo giusto. Cerco sempre di attenermi al rispetto degli orari fissati. In questa circostanza dovevamo attendere che scadessero i venti minuti di preavviso comunicati prima della sospensione. Dato che stava profilandosi la chiusura della Conferenza dei presidenti di gruppo abbiamo atteso per evitare - lo dico apertamente - che fosse assunto questo argomento come un pretesto, come mi è parso Pag. 4sia accaduto nella prima parte della nostra seduta. Comunque il suo richiamo è assolutamente pertinente.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197-206-931-A) (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza.
Ricordo che nella seduta del 16 aprile si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 197-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato della Commissione e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 197 sezione 3).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 197 sezioni 1 e 2).
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, chiedo una brevissima sospensione della seduta per consentire al Comitato dei nove di riunirsi per prendere in considerazione la possibilità di una modifica del termine di due anni contenuto nel testo ai fini della rinuncia all'obiezione di coscienza. Mi sembra che ciò potrebbe consentire, in termini molto rapidi, di realizzare una più larga intesa sul testo.

PRESIDENTE. Chiedo alla relatrice, presidente Pinotti, di pronunziarsi sulla richiesta di sospensione della seduta.

ROBERTA PINOTTI, Relatore. Va bene, signor Presidente, possiamo procedere ad una sospensione di dieci minuti. Il Comitato dei nove potrà riunirsi al proprio tavolo qui in aula.

PRESIDENTE. Sta bene.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle 11,10.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,10.

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito della riunione del Comitato dei nove, la Commissione ha presentato l'emendamento 1.50, il cui testo è in distribuzione. Il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti è fissato alle ore 11,30.
Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. In Commissione, la tematica sollevata in particolare dall'emendamento presentato dall'onorevole Gamba è stata discussa e approfondita e si sono anche confrontate posizioni diverse.
Capisco la preoccupazione in primis dell'onorevole Gamba, che ha seguito con attenzione i lavori sia della Commissione sia del Comitato ristretto che ha elaborato il testo oggi al nostro esame (affinché resti a verbale, ricordo che esiste anche un testo a firma dell'onorevole Brusco, di Forza Italia, che ricalca sostanzialmente il testo di questo provvedimento e che, purtroppo, non è stato abbinato per ragioni legate alla tempistica della presentazione), nonché dei colleghi che sostengono questo emendamento. Questa proposta di legge si introduce, di fatto, nel solco che abbiamo tracciato quando abbiamo anticipato, nel corso della scorsa legislatura, la sospensione del servizio di leva. Con quelle disposizioni, infatti, sono stati toccati anche molti aspetti che riguardano addirittura Pag. 5la renitenza alla leva, tuttavia, a mio avviso, si era dimenticato di mettere ordine anche nella tematica dell'obiezione di coscienza e del servizio civile.
Dunque, le motivazioni della preoccupazione del collega Gamba e degli altri colleghi sono sicuramente condivisibili posto che ci si domanda perché si debba permettere a chi, in coscienza, non ha fatto il servizio militare di partecipare poi, per esempio, ad un concorso per le Forze armate. Questo tema è stato dibattuto in Commissione ma, poiché la maggior parte dei gruppi (come dei parlamentari che hanno seguito i lavori in Commissione) ha ritenuto, comunque, importante procedere con questa proposta, si era trovato, in Commissione, un primo punto di mediazione, cioè l'introduzione di un periodo di tempo - di due anni - dopo il congedo dal servizio civile al fine di poter accedere a questo beneficio (per chi lo vede come tale) o soddisfare un diritto (per chi la pensa in un altro modo).
Quando siamo giunti in aula, altri colleghi, che non avevano avuto modo di partecipare ai lavori della Commissione, hanno sollevato ulteriori dubbi. Personalmente, mi riconosco nel testo licenziato dalla Commissione, ma percepisco le perplessità emerse come un arricchimento fornito dall'Assemblea (come sempre accade, posto che in Commissione si è in pochi mentre in aula si è in tanti). In questo senso, sia la proposta di sospensione dell'onorevole Bosi, sia il lavoro della Commissione, che ha finalmente portato alla presentazione di questo ulteriore emendamento, ritengo che siano in linea con lo spirito del lavoro svolto all'interno della Commissione e da apprezzare quali ulteriori contributi al tentativo di approvare una legge coerente e giusta.
Quindi, preannuncio fin d'ora il nostro voto favorevole anche rispetto all'emendamento della Commissione poc'anzi presentato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei poter motivare la mia contrarietà rispetto a questo provvedimento. Sono invece favorevole all'emendamento del collega Gamba, di Alleanza Nazionale, se non altro in coerenza con quanto già dissi ad un'associazione di obiettori di coscienza quando ero ministro con delega per il servizio civile nazionale.
Vennero infatti da me a propormi un provvedimento di questo tipo e io risposi - e qui ribadisco la mia posizione di allora - che conoscevo due categorie di persone serie: quella dei ragazzi che, quando avevano ricevuto la cartolina, erano partiti per il servizio militare (finendo in Sicilia, Friuli o ovunque fossero stati assegnati nell'ambito della leva obbligata) e quella dei giovani che, sulla base della legge, per ragioni filosofiche, morali e religiose, ripugnando loro imbracciare le armi, si erano dichiarati obiettori di coscienza, optando, quindi, per il servizio civile sostitutivo.
Ricordo anche che negli anni Settanta ciò comportava il carcere: l'obiettore di coscienza andava in carcere. In seguito, con l'evoluzione legislativa venne stabilito che il servizio civile durava più di quello militare. Infine, i due servizi vennero parificati in termini di tempo.
Io ho sempre sostenuto, contro una pubblicistica che qualificava come cialtroni gli obiettori di coscienza - i quali avrebbero fatto questa scelta solo per convenienza - che, in realtà, c'erano motivazioni serie alla base delle loro convinzioni. Devo anche dire che, in sede di dibattito generale, non hanno dato un grande aiuto agli obiettori di coscienza alcuni colleghi i quali sono intervenuti sostenendo che nella vita si può cambiare idea, che c'erano giovani che dovevano studiare o dare un esame, che erano dispiaciuti per la caserma dove sarebbero andati, che avevano un lavoro, perché tutto ciò capitava anche ai giovani che erano partiti per fare il servizio militare!
La dichiarazione fatta allora in coscienza ha già prodotto i suoi effetti giuridici, perché chi si è dichiarato obiettore di coscienza non ha prestato il servizio militare. Sono contrario ad introdurre per legge una terza categoria: quella dei furbi Pag. 6che, per convenienza, hanno utilizzato una dichiarazione che li impegnava a non utilizzare le armi, salvo poi ripensarci e ritirarla, ad esempio, per andare a caccia. Quale credibilità avrebbe un Paese in cui l'obiettore di coscienza, che ha visto il suo collega partire per il servizio militare, dopo qualche anno decide di andare a caccia per uccidere la selvaggina? Mi domando: chi ha esercitato il diritto all'obiezione di coscienza affermando di non poter imbracciare le armi e, successivamente, va a fare il carabiniere, quando sarà di pattuglia e dovrà usare le armi, dichiarerà di volersi valere della prima dichiarazione o della seconda, considerandola irrevocabile, o, ancora, dirà di avere cambiato nuovamente idea e di aver scelto di arruolarsi perché in cerca di un lavoro?
Milioni di persone hanno fatto il servizio militare; ottocentomila hanno fatto gli obiettori di coscienza; chiunque si è trovato ad un bivio ed ha fatto i calcoli con la propria coscienza sulla scelta da compiere. Io ho fatto il carabiniere di leva, non ho il porto d'armi, non vado a caccia e non capisco quale limitazione costituisca per la vita futura di un giovane obiettore non avere il porto d'armi. Ci sono decine di milioni di italiani che non hanno il porto d'armi e che, per questo, non si sentono diminuiti nei loro diritti, e tra costoro vi è anche chi ha prestato il servizio di leva. Quindi voterò a favore dell'emendamento che propone di portare a cinque anni il termine originario di due anni, ma non a favore del provvedimento, perché l'Italia non può essere sempre il paese di Pulcinella, che mortifica ed umilia le persone che hanno svolto una determinata attività.
Gli alpini sfileranno a Cuneo, il 12 maggio, per manifestare contro la proposta di legge in esame che, come hanno precisato in un comunicato, suona come una beffa nei confronti di chi ha fatto il militare rispondendo alla chiamata alle armi, alla quale, magari, il vicino di casa non ha risposto per ragioni di pura convenienza. Il nostro è un Paese che non premia le persone serie e, ripeto, tali sono gli obiettori di coscienza veri, che hanno esercitato un loro diritto ed hanno fatto il servizio sostitutivo e coloro che hanno prestato il servizio di leva.
Ritengo che introdurre per legge una terza categoria, rappresentata da coloro che hanno fatto gli obiettori di coscienza per convenienza e che oggi non vogliono neppure sopportare la piccola limitazione di non avere il porto d'armi, sia una scelta sbagliata da parte del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, il provvedimento non può vedermi favorevole. Mentre il collega Giovanardi ha fatto il carabiniere di leva, io lo sono tuttora, anche se in aspettativa, e non ritengo giusto mettere sullo stesso piano chi ha scelto di servire la patria, adempiendo un dovere, e chi, in modo molto furbesco, soprattutto negli ultimi tempi, ha optato per l'obiezione di coscienza. Una volta l'obiezione di coscienza era una scelta che era compiuta sulla base di motivazioni etiche e che si pagava anche personalmente; con il passare del tempo è diventata una utilità: invece di servire la patria io scelgo di servire comodamente, vicino alla mia abitazione, in modo civico e sociale, una istituzione. Si tratta chiaramente di una scelta di convenienza, anche perché quando poi un gran numero di persone si è avvalso di tale opportunità, non c'è stata neanche più la possibilità di utilizzare tutti gli obiettori i quali, quindi, sono rimasti a casa ritenendo di avere comunque risposto al dovere di servire la patria.
Oggi, con il provvedimento in esame si vuole cancellare tutto ciò che appartiene al passato, inventando lo status di «obiettore a tempo determinato»: dopo due anni, infatti, l'obiettore di coscienza può partecipare, sullo stesso piano di tutti gli altri, ai concorsi nelle forze dell'ordine (entrando nel mondo militare come volontario Pag. 7in ferma breve), nonché a concorsi nella polizia municipale. Qualche sindaco, in effetti, ha già assunto molti obiettori di coscienza nella polizia municipale, trattandosi di un corpo che non utilizza le armi. Si tratta di una considerazione sbagliata, che abbiamo avversato e continueremo ad avversare, per le possibilità che il testo offre a tutti coloro che non hanno espletato il servizio militare.
Non possiamo consentire tale conclusione: sarebbe una disparità di trattamento nei confronti di chi ha scelto di svolgere il servizio militare molto lontano dal luogo di residenza, di chi ha effettuato la scelta di vita professionale di servire la patria e le istituzioni e di lottare contro la criminalità. Tutto ciò mi sembra assurdo: sostituire all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge in materia di obiezione di coscienza l'attuale dicitura con la dicitura «ad eccezione delle armi e dei materiali esplodenti privi di attitudine a recare offesa alle persone» mi sembra voler dare una «scacciacani» all'obiettore di coscienza; se questo è tutto quello che si vuole realizzare, non è opportuno incaricare il Parlamento di dare una pistola a salve agli obiettori di coscienza.
È importante, però, non diversificare o mettere insieme, in modo opposto, ciò che insieme non può stare: chi, cioè, ha un concetto di patria, avendola servita, e chi, invece, non ha tale tipo di concetto; chi ha voluto fare l'«imboscato» e chi, invece, ha lavorato seriamente per le istituzioni. Rispetto tutti coloro che hanno fatto in passato la scelta di obiezione di coscienza e chi, attraverso il terzo settore, ha potuto dare il proprio aiuto a chi aveva bisogno, ma coloro che lo hanno fatto in modo scientifico e per un'utilità propria non possono essere considerati alla stregua di tutti coloro i quali, invece, hanno servito le istituzioni della patria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alle 11,30 è fissato il termine per la presentazione dei subemendamenti all'emendamento 1.50 presentato dalla Commissione su questo strano provvedimento che vuole, in un certo senso, armare gli obiettori di coscienza. È una cosa veramente surreale. Le chiedo, pertanto - in coscienza, con un'obiezione serena e non «armata» -, vista la delicatezza del momento, di prolungare di quindici minuti il predetto termine. Credo che lei, signor Presidente, in coscienza, mi accorderà questa possibilità.

PRESIDENTE. Ritengo di poter accogliere la sua richiesta. Il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti all'emendamento 1.50 della Commissione è pertanto differito alle 11,45.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, do atto alla relatrice di avere accolto la proposta di portare a cinque anni il termine per rinunciare alla condizione di obiettore di coscienza.
La questione della quale stiamo discutendo con il provvedimento in esame è molto delicata, in quanto l'obiezione di coscienza consiste in una scelta che scaturisce da una condizione dell'animo e da profondi convincimenti, che può anche essere riconsiderata e meditata maggiormente. Bisogna però stare attenti, poiché l'obiezione di coscienza conosciuta nel periodo in cui vigeva la leva obbligatoria è stata notoriamente abusata come soluzione per evitare il servizio militare, per poter svolgere in sostituzione altre attività a carattere civile.
I giovani - dato che la scelta dell'obiezione veniva prospettata al compimento del diciottesimo anno di età - molte volte hanno optato per l'obiezione per profondo convincimento, ma altre volte per una convinzione meno fondata, elaborata ed assimilata. L'ipotizzato termine dei cinque anni evita questo improvviso ripensamento, che porta a considerare l'obiezione di coscienza come una scelta solo strumentale ad una vita più comoda, come Pag. 8un'opzione meno difficile. Portare il termine a cinque anni, quindi, significa voler dar credito ad un serio ed elaborato ripensamento che matura in un arco di tempo più lungo.
Ovviamente, si potrebbe obiettare sul perché siano stati previsti cinque anni, piuttosto che sette o dieci, ma il problema che abbiamo di fronte è se la decisione in esame possa considerarsi irrevocabile. Credo che l'irrevocabilità possa sussistere solo di fronte a questioni di maggiore importanza, mentre dovrebbe essere maggiormente valutata con riferimento all'obiezione di coscienza rispetto all'esercizio di un'attività militare, che postula l'uso delle armi, la possibilità di aggressione e di utilizzo delle armi contro la persona.
Credo, quindi, che le posizioni radicali debbano essere accantonate, perché è riduttivo dire che l'obiezione si concretizza solo nel non uso delle armi, ad esempio nell'esercizio della caccia. È chiaro, infatti, che si tratta di questioni del tutto diverse, in quanto colpire un uomo è completamente diverso dal colpire un animale, un fagiano.
Allo stesso modo, ritengo che dobbiamo grande rispetto a coloro i quali esercitano l'obiezione di coscienza e la considerano un fatto irrevocabile nella propria vita, per cui credo che proprio l'irrevocabilità debba segnare una scelta così altamente ponderata. C'è da domandarsi, peraltro, se all'età di diciotto anni si possa giungere ad una scelta così ponderata da poter valere per tutta la vita. Per questo motivo ritengo che sia stato giusto prevedere un termine maggiore.
Ciò naturalmente divide anche le coscienze del corpo parlamentare, perché non credo che in questa sede dobbiamo decidere se siamo a favore o contro, in quanto apparteniamo a questo o a quel partito. Ritengo che la questione oggetto del provvedimento in esame, l'obiezione di coscienza, comporti tanto il rispetto del travaglio che può intervenire in una persona e che può portare anche al ripensamento, quanto il rispetto della prerogativa di chi deve decidere, di chi deve legiferare come il corpo parlamentare.
Per questo motivo, credo che gli emendamenti, quello dell'onorevole Gamba come altri che potranno essere presentati nel proseguo del dibattito, debbano essere considerati con grande rispetto e con grande considerazione perché trattano questioni di coscienza. Non esprimerei quindi una valutazione di gruppo, ma farei appello, rispetterei le decisioni dei singoli parlamentari. Ritengo infatti che questo non sia un provvedimento che scaturisce dalla disciplina di partito, ma sia piuttosto un provvedimento che nasce da una intima valutazione del corpo parlamentare in ordine a questioni di grande delicatezza e di seria impostazione.
Questo è quanto ci anima, nella convinzione di dover rendere un servizio al Paese e di dover dare anche un'impronta di civiltà alla nostra comunità nazionale e sulla quale, ripeto, è necessario avere un grande rispetto e una grande accortezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Il provvedimento in discussione, a mio modo di vedere, solleva una serie di gravi problemi che dovrebbero essere discussi in maniera molto più approfondita di quanto sia avvenuto frettolosamente e un po' a latere rispetto ad altre discussioni avvenute in quest'aula. Non credo che la questione possa essere affrontata soltanto dal punto di vista del cambiamento della disciplina che presiede alla formazione delle Forze armate, dell'esercito professionale e all'abolizione del servizio di leva.
Questa trasformazione dei criteri della formazione delle Forze armate pone indubbiamente una serie di conseguenze, tra cui la sussistenza di un diritto all'obiezione di coscienza che non ha più diretta attinenza con il sistema nel suo complesso.
Ritengo che la questione possa essere affrontata anche nei termini di equilibrio e di buonsenso testè illustrati dall'onorevole Bosi, ma ritengo altresì che ci sia un livello della questione molto più radicale. Mi riferisco in particolare agli interventi dei colleghi Giovanardi e Ascierto, che Pag. 9rappresentano in maniera significativa il nodo della questione. Sostanzialmente, vi è una contrapposizione tra due visioni. La prima è totalizzante ed etica e comporta il diritto dello Stato a chiedere il sacrificio per la difesa della patria sino al versamento del proprio sangue e al versamento del sangue altrui.
L'altra visione è quella ugualmente totalizzante ed etica del diritto a sottrarsi a tale obbligo morale, ma soltanto in ragione di una vocazione, altrettanto totale, di rinuncia all'uso delle armi, di sottrazione totale all'obbligo in questione. Tale sottrazione arriva fino a costituire sostanzialmente una sorta di stigma duraturo per tutta la vita: è questo il punto essenziale che rimetto in discussione.
Ovviamente, nel raffronto fra i due imperativi etici - da una parte il sacrificio fino al sangue, dall'altra la rinuncia fino alla cancellazione di una parte di sé - prevale quello etico dello Stato, come è ovvio, che detiene il potere di decidere e di irreggimentare la coscienza dei propri cittadini, secondo una scala non di utilità concrete e di valori, ma di imperativi etici, al punto che la legge sull'obiezione di coscienza - come giustamente ricordava poc'anzi il collega Giovanardi - venne ottenuta in seguito a una mobilitazione, a sacrifici, al carcere e, per un periodo non poco significativo, ha comportato un servizio anche più lungo di quello della leva obbligatoria. Noi contestiamo proprio tale impostazione contrapposta di imperativi etici.
L'obiezione di coscienza ha rappresentato una grande maturazione delle giovani generazioni nel corso degli anni Settanta e Ottanta, che soltanto un dibattito davvero distorto può ridurre, semplicisticamente e anche demagogicamente, al tentativo di alcuni giovani delle nuove generazioni di sottrarsi, di fare i «furbetti», addirittura di imboscarsi. In realtà, matura una consapevolezza che si nutre di valori diversi, di cui la criticità nei confronti dell'uso delle armi a fini bellici, della guerra, è una componente essenziale. Ho sempre pensato che il rifiuto delle armi a fini bellici fosse qualcosa che ha una sua specificità e pregnanza, che non può essere generalizzata a qualsiasi dimensione di uso delle armi o di materiali che abbiano a che fare con le armi, proprio per la specificità e la pregnanza che attribuisco alla critica della guerra e alla critica della soluzione bellica dei conflitti e delle questioni internazionali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,40)

ELETTRA DEIANA. La vocazione alla critica delle armi e alla critica della guerra ha accompagnato un'evoluzione di tipo storico-antropologico della nostra società, che ha come fondamento positivo la maturazione di un diverso concetto della cittadinanza e dei diritti di cittadinanza e, di conseguenza, una critica al dispositivo giuridico che presiede ai rapporti tra lo Stato e i cittadini. Si tratta di un punto che credo vada affrontato con chiarezza nel provvedimento.
Lo Stato non è detentore dell'etica pubblica e non è detentore del foro della coscienza individuale. Lo Stato non può stabilire per legge che un ragazzo di diciotto anni debba essere fedele all'impegno che ha preso per tutta la durata della sua vita. Si tratterebbe di attribuire allo Stato il presidio di un'etica, tra l'altro tutta sottratta alla vita reale delle persone e tutta depositata, alla fine, negli uffici, nelle norme e negli apparati dello Stato. Lo Stato deve regolare i rapporti fra i cittadini, le istituzioni, gli apparati dello Stato.
La legge questo deve fare! Quel dispositivo arcaico, che pure sussiste da lungo tempo negli Stati moderni, per cui su tutta una serie di materie, di questioni - oggi dovremmo discutere di tutte le questioni cosiddette eticamente sensibili, ma non è il caso di aprire questo capitolo - come quella del servizio militare, delle armi, della difesa della patria, che è uno dei capitoli fondamentali, noi abbiamo da parte della tradizione della statualità anche moderna questa idea di detenzione del diritto di stabilire in che modo deve essere Pag. 10servita la patria; il modo è quello del sacrificio e del sacrificare la vita altrui.
Il diritto all'obiezione di coscienza ha rappresentato nel nostro Paese un'esperienza un'importantissima che ha portato alla luce una possibilità di servizio a disposizione del Paese ricca ed articolata, come è stata quella degli obiettori di coscienza.
L'obiezione di coscienza rimane un valore non astratto, che deve essere assunto come strumento per moltiplicare la disponibilità dei giovani e delle giovani a prestare la loro opera per la sicurezza e la tutela, la protezione e la salvaguardia del nostro Paese. Rimane un deposito importantissimo e la modifica di quella legge che manteneva e rispecchiava l'elemento di fondo punitivo - nonostante le trasformazioni positive - nei confronti dei giovani che avevano obiettato, nel senso che attribuiva loro un marchio da qui a tutta la vita. In realtà, era una specie di «cittadinanza dimidiata», perché quei giovani venivano privati e vengono privati di un diritto, quello del ripensamento e quello di rinegoziare i rapporti con lo Stato e al riconoscimento del contributo fondamentale che loro, come quelli in armi, hanno dato per la tutela, per la sicurezza e per il bene del proprio Paese.
Il motivo di fondo, il nucleo, è la rimessa in discussione di un dispositivo normativo che anziché proporre un rapporto ex aequo, pur nella differenze di compiti, ruoli e poteri, perché è chiaro che il potere del legislatore dello Stato è ben altro rispetto al potere del singolo cittadino di obiettare, avvicina il più possibile la scala di valori e di poteri tra cittadini e Stato.
Noi appoggiamo questo provvedimento e non abbiamo nulla da obiettare, anche rispetto alla proposta di portare a cinque anni il termine per rinunciare alla condizione di obiettore di coscienza, anche se eravamo d'accordo per i due anni. La discussione sul tale provvedimento offre l'occasione di un confronto su uno dei nodi che una moderna statualità deve poter affrontare e che è appunto quella delle modalità, delle procedure che regolano i rapporti tra cittadini e cittadine e Stato (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi addentrerò sulle valutazioni di carattere etico che sono state qui richiamate dalla collega Deiana.
Vorrei dire che questo Governo e questa maggioranza, che hanno svolto la campagna elettorale contro la cultura dei condoni, si apprestano, con questa proposta di legge, a dare valore al condono più «grande», relativo al principio generale del diritto positivo, non del diritto etico, in quanto previsto dalla Costituzione e secondo cui è dovere dei cittadini difendere la patria.
Si è peraltro detto, nel corso dell'esperienza parlamentare, che la patria si difende anche col servizio civile e così è voluto dare spazio anche a chi in buona fede riteneva che, fermo restando il dovere dei cittadini di difendere la patria, si poteva comunque farlo anche senza impugnare le armi.
Oggi si vuole con un colpo di spugna, e quindi con un condono vero e proprio, cancellare questo principio: la verità è che noi sappiamo che molti ragazzi, instradati da cattivi maestri, erano dei «furbetti», perché pensavano di eliminare in questa maniera il servizio militare, e di svolgere un comodo servizio civile e - soprattutto negli anni Ottanta - a casa propria; o, peggio ancora, molti altri giovani ricorrevano all'obiezione di coscienza - lo ricordo anche per esperienza professionale - pur non essendo affatto dei non violenti, risultando anzi pregiudicati per reati contro la persona, per atti di violenza politica, e quindi non essendo affatto vero che si trattava di persone contrarie alla violenza.
«La verità più vera» è che quando non erano servi di un'altra nazione, come è capitato a molti per l'Unione Sovietica, erano persone contro la Patria e contro questo Stato.Pag. 11
La proposta normativa in esame è peraltro irrisoria perché in effetti non ha alcuna reale conseguenza giuridica; quindi fanno bene i miei colleghi ad affermare che in realtà non ci sarebbe affatto bisogno di una attività parlamentare. D'altro canto l'Assemblea non riesce ad occuparsi di temi importanti perché la maggioranza non è in grado di portare, in tale sede, argomenti seri, e quindi siamo costantemente chiamati a parlare di mozioni o di altre simili «quisquilie».
La verità è che si vuole con questa proposta portare avanti proprio ciò che afferma la collega Deiana, coerentemente dal suo punto di vista, ovverosia che l'idea della patria non esiste ed è un'idea che sta soltanto nella testa di qualche sognatore o, peggio ancora, di qualche fanatico.
Non condividiamo tale principio, quindi intendiamo esprimere con forza il voto contrario a questa proposta di legge che ha soltanto una valenza ideologica (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, io immagino lo stato d'animo di un giovane che abbia regolarmente espletato il servizio di leva e che partecipi ad un concorso per agenti di pubblica sicurezza o carabinieri, e al quale concorso non vada molto bene, e che, dall'altra, si ritrovi un suo coetaneo, che abbia invece chiesto l'applicazione della legge sugli obiettori di coscienza, affermando che aborriva le armi (scelta ovviamente da rispettare), il quale partecipi invece con successo allo stesso concorso.
Dunque, quel giovane che ha servito lo Stato - io direi anche la patria, e non vedo perché si debba avere timore di questo termine - non potrà fare l'agente di pubblica sicurezza, mentre potrà farlo il suo coetaneo, dichiaratosi obiettore di coscienza. Tale situazione creerebbe non solo il disagio del singolo, ma anche una condizione di assoluta ingiustizia proprio per l'alto riconoscimento che le nostre norme, la Costituzione, attribuivano e tuttora conferiscono all'obiettore di coscienza, riconoscimento che nasce proprio dal rispetto per la coscienza, i sentimenti e i valori della singola persona.
Ora, siccome si sta discutendo del termine di due o di cinque anni, onorevoli colleghi, vorrei osservare che da circa un anno e mezzo nessuno viene più reclutato. Quindi, quando parliamo degli obiettori di coscienza, ci riferiamo a persone che hanno chiesto di potersi avvalere di questo diritto almeno cinque, sei, sette anni fa, visto che negli ultimi anni non venivano più neppure chiamati, poiché si sapeva che il servizio di leva obbligatorio sarebbe stato abolito. In quella occasione vennero anche cambiate le norme che garantivano un maggior rispetto nei confronti degli obiettori di coscienza.
Se non verrà stabilito un tempo congruo, rischiamo che la proposta di legge che stiamo esaminando diventi assolutamente inapplicabile, perché nei prossimi due o cinque anni non esisteranno più obiettori ai quali chiedere di rinunciare al loro diritto. Sarà superato, non ci saranno più soggetti ai quali applicare la norma.
Si tratta di una riflessione a cui invito il relatore e il presidente della Commissione. È questo il motivo per cui ritengo che il numero di anni dal momento della collocazione in congedo debba essere necessariamente superiore a quello in discussione, altrimenti rischiamo di approvare una norma che non serve ad alcuno.
Non so se il rappresentante del Governo abbia seguito questo ragionamento: prevedere un termine di due o cinque anni dal congedo, vuol dire porre in essere una norma inapplicabile, perché - considerato che il servizio di leva obbligatorio è stato abolito negli ultimi anni - il congedo lo ha ottenuto chi ha chiesto l'applicazione della norma sull'obiezione di coscienza almeno due anni fa: parliamo quindi di chi si è congedato nel 1990, nel 1995, nel 1997.
Allora, se verrà stabilito il termine di due o cinque anni dal momento del congedo, ciò significherà impegnare il Parlamento Pag. 12e il denaro pubblico per una norma inapplicabile, perché non ci saranno più soggetti che se ne potranno avvalere.
Ritengo che sia un atto di buon senso aumentare il numero degli anni. Siamo dell'opinione che quel numero di anni debba essere riportato fino al momento in cui non si potrà essere più richiamati nell'esercito, data valida per tutti. Il riferimento dovrà essere l'età anagrafica, che mi sembra sia di 45 anni, oltre la quale non si può più essere richiamati. Gli effetti della richiesta verranno meno a quella data, non prima.
Colleghi, qual è il significato di questa norma? Dichiararsi obiettore non significa solo non voler servire la patria o difenderla in qualunque circostanza, anche nel caso in cui essa venisse attaccata, occupata: non è solo questo! L'obiettore di coscienza aborrisce essere in armi, aborrisce il solo pensiero di organizzare la sua forma mentis per difendersi contro un'altra persona. Aborrisce l'uso delle armi e del conflitto, l'educazione mentale allo scontro e al confronto. Allora, come può una persona che ha sottoscritto questi valori dire: faccio il carabiniere, faccio l'agente di pubblica sicurezza, faccio cose per le quali mi devo porre in contrasto, anche con le armi, anche con la difesa delle armi?
Tale è il punto fondamentale. Chi ha fatto riferimento a tali valori non può accedere a delle funzioni, dei mestieri, delle mansioni che hanno il contrasto alla base. Un responsabile delle forze dell'ordine accetta di difendere la vita dei membri della collettività, e non per niente è armato. È amato perché anche in casi estremi non deve rinunciare al contrasto contro la malavita organizzata o il singolo malvivente.
A chi si è appellato al rispetto di quei valori, neppure lo stato di necessità dovrebbe consentire di avere una pistola in mano. Altrimenti, operiamo una discriminazione tra ricchi e poveri. La maggior parte degli obiettori apparteneva alle classi agiate (basta andare a guardare le statistiche). Approvando l'emendamento in esame, tuttavia, cosa andiamo a creare? Una discriminante anche di natura economica, per la quale può accadere che l'obiettore disoccupato, senza lavoro o con maggior disagio sociale, per bisogno e necessità vince un concorso per l'accesso ad un pubblico impiego che implica l'utilizzo delle armi; pertanto, allo scopo di sostenere economicamente la propria famiglia rinuncia a principi per i quali la Costituzione e la legge italiana hanno garantito il massimo rispetto. Non si cambia, quindi, la ratio della norma - e concludo - passando da due a cinque anni per accedere alla rinuncia allo status di obiettore di coscienza, ma si stabilisce che chi ha chiesto il rispetto delle proprie convinzioni etiche come obiettore mai più possa avere un'arma tra le mani.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo di Alleanza Nazionale ha esaurito i tempi a sua disposizione previsti dal contingentamento, e che, a seguito della richiesta avanzata per le vie brevi di un ampliamento dei tempi, la Presidenza ha concesso tempi aggiuntivi pari a un terzo di quelli originariamente assegnati.
I tempi a disposizione del gruppo a seguito dell'ampliamento sono di 8 minuti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, la ringrazio per l'ampliamento. Cercherò quindi di essere rapido, esponendo una serie di considerazioni che mi paiono doverose.
Vorrei esprimere in primo luogo una considerazione di ordine generale. Il provvedimento in esame è di fatto un inno all'incoerenza; si tratta di una disciplina normativa dedicata ai voltagabbana, ai «pacifinti», come si dice con recente ironia. Con tale provvedimento si inventa di fatto lo status di obiettore «a termine». Come se si potesse prendere in giro lo Stato! Riprendo a contrario l'argomentazione usata dalla collega Deiana del gruppo di Rifondazione Comunista: come se esistesse un perenne diritto di «ripensarci» anche nei confronti dell'autorità! Diceva bene prima il collega Giovanardi: le Pag. 13persone si dividono in due categorie, quelle serie e quelle poco serie.
Sono serie quelle che operavano la difficile scelta dell'obiezione in anni difficili o coloro che hanno conquistato tale diritto, ma è chiaro che ad esso vanno collegate delle conseguenze che rispondono a criteri di logica e di coerenza. Se un cittadino dichiara che per sua scelta morale, per suoi valori, per sue convinzioni filosofiche, religiose, morali, etiche rifiuta di imbracciare le armi, lo fa poi per tutta la vita e non a tempo, non solo quando poteva scegliere di non fare il militare! Come affermava il collega Buontempo, il problema oggi neppure si pone, perché la leva obbligatoria è finita da due anni fa; ma, signor Presidente, ritengo che a tale proposito vadano dette parole chiare.
Vorrei aggiungere un'ulteriore considerazione. Non è un caso che la proposta di legge in esame nasca dall'accorpamento di iniziative legislative diverse, quelle di Zeller, Widmann e Brugger. Ne spiegherò il motivo: la gran parte di coloro che scelsero l'obiezione di coscienza proveniva dall'Alto Adige. Sapete perché? Perché molti cittadini italiani di lingua tedesca non volevano servire l'esercito italiano, come prescriveva la Costituzione. Scelsero allora di fare gli obiettori di coscienza, in modo da non indossare le stellette dell'esercito italiano. Oggi però costoro vogliono fare i concorsi per diventare, ad esempio, vigili urbani presso i loro comuni, dove magari sono in maggioranza; vogliono andare in giro armati, vestiti da Schulzen, ma non possono farlo in quanto scelsero l'obiezione di coscienza. Questa è la motivazione per cui ben due proposte di legge provengono da tali zone. Su una simile oggettiva e lampante incoerenza vanno espresse parole chiare!
In conclusione, vorrei brevemente esprimere una considerazione, in quanto i nostri tempi sono ristretti: non penso che scrivere una pagina, come quella che stiamo scrivendo oggi, faccia onore al Parlamento! Cercheremo di intervenire sul complesso degli emendamenti, per quanto possibile, in una logica di riduzione del danno, ma il provvedimento in esame grida vendetta al cielo: è assolutamente immorale ed è dedicato ai volta-gabbana (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, a nome del mio gruppo, vorrei esprimere un orientamento favorevole sul provvedimento in esame, che contiene una modifica all'articolo 15 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente l'eliminazione dei divieti derivanti dalla scelta di obiezione di coscienza al servizio militare di leva.
Desidero motivare il nostro voto a favore con tre considerazioni: la prima riguarda l'obiezione di coscienza quale istituto che, come tanti altri, può aver dato adito ad un certo opportunismo. Può darsi, infatti, che molti obiettori di coscienza non fossero tali, che abbiano cioè approfittato della legge per evitare il servizio militare e svolgere, così, un più «comodo» servizio civile. Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che la legge sull'obiezione di coscienza - voluta dai riformisti, dai liberali e dai libertari di questo Paese - è una legge di civiltà che ha consentito ai veri obiettori, coloro che rinunciano per principio all'uso delle armi, di farlo. La legge 8 luglio 1998, n. 230 è stata votata dal Parlamento della Repubblica italiana e non va, a mio avviso, contestata con le motivazioni rese nei precedenti interventi.
Il secondo ragionamento riguarda, invece, la drammatizzazione, da parte di alcune forze politiche, relativa alla modifica dell'articolo 15 della legge in questione. Una drammatizzazione che si scontra con il fatto che oggi, in Italia, non esiste più il servizio di leva obbligatorio: stiamo parlando di vicende che riguardano il passato, non il presente o il futuro.
Stiamo parlando anche - e questa è la terza motivazione alla base del mio voto favorevole - della possibilità che coloro i quali hanno utilizzato l'istituto dell'obiezione di coscienza cambino opinione nell'arco della vita. Onorevoli colleghi, questo Pag. 14è un punto fondamentale: non si può vincolare una persona ad una scelta per tutta la vita. Può accadere, ad esempio - come è accaduto - che coloro che da giovani pensavano che la nostra società si potesse cambiare con le armi o, al contrario, che mai le armi potessero essere utilizzate neppure per difesa personale cambino opinione crescendo e maturando.
La legge introduce quindi un istituto che consente la rinuncia allo status di obiettore di coscienza. Mi pare effettivamente un elemento utile per affermare che al mondo tutto cambia, non soltanto l'opinione dei partiti; pensiamo, ad esempio, che un tempo la sinistra italiana era contraria agli eserciti di professionisti e che il cosiddetto «popolo in armi», ovvero il modello del servizio di leva obbligatorio per tutti, era una rivendicazione del movimento socialista delle origini. Oggi, al contrario, la sinistra è favorevole ad un esercito di professionisti e non ad un esercito di popolo; quindi abolisce col suo consenso e col suo concorso il servizio di leva obbligatorio.
Capita di cambiare opinione: un tempo la sinistra era per il proporzionale - pensiamo a Turati, a Don Sturzo -, oggi è per il maggioritario. Perché non pensare allora che anche le persone possano cambiare opinione e possano essere in un dato momento della loro vita categoricamente contrari, anche per motivi di difesa personale, all'uso delle armi, ma possano poi cambiare opinione e rinunciare a questo status? Qualcuno dice che lo fanno per motivi opportunistici, perché vogliono poter partecipare a dei concorsi e magari vincerli. Ma perché impedire per tutta la vita ad un giovane - magari in una situazione precaria o senza lavoro -, solo perché in passato si è avvalso della legge sull'obiezione di coscienza, di partecipare ai concorsi per lavori che prevedono l'utilizzo delle armi? Ce ne sono tanti e non sono necessariamente di carattere militare, ma anche di carattere civile, ad esempio per i forestali.
Per quale motivo vincolare una persona per tutta la vita ad una scelta fatta quando aveva diciotto, diciannove o vent'anni?
Questo mi sembra l'argomento fondamentale della nostra discussione, su cui invito a riflettere. Se abbiamo una cultura liberale ispirata all'idea che le persone, così come accade per le forze politiche, possano cambiare opinione, se pensiamo che non sempre le opinioni si cambiano per motivi di opportunismo, ma anche per motivi reali, perché si crede al cambiamento o perché si maturano nuovi convincimenti, allora davvero non si capisce per quale motivo si debba fare un dramma di una modifica della legge vigente, che oggi impedisce a chi ha fatto in passato una scelta di rinuncia alle armi di fare nel corso della propria vita una scelta diversa.
È con questo spirito, di apertura al «revisionismo» e alla libertà di cambiamento delle opinioni, che il mio gruppo voterà a favore della proposta di modifica dell'articolo 15 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa maggioranza umilia la Camera dei deputati impedendole di occuparsi di importanti problemi sociali, economici ed istituzionali che affliggono il paese, ma trova il tempo e si impegna anche sul piano ideologico per approvare una legge che autorizza i cittadini a prendere in giro lo Stato. Ciò è gravissimo, è una pagina oscura, anche al di là della episodica portata del provvedimento stesso.
Non ho nulla in contrario se il cittadino, che anche strumentalmente in passato si sia dichiarato obiettore di coscienza, accede in seguito, per esempio, dopo nuovi percorsi, alla licenza di porto di fucile per uso di caccia, a patto però che egli riconosca che non si tratta di un'attività violenta, né tale da mettere in discussione la civiltà dei rapporti, come invece ideologicamente si rischia di sostenere. Cosa diversa è tuttavia accedere a concorsi per impieghi, uffici, funzioni o missioni che comportano oggettivamente - e probabilmente - l'uso delle Pag. 15armi, pur legittimo, nei confronti anche di altri esseri umani.
La norma al nostro esame è pertanto assolutamente inutile e peraltro tale da autorizzare i cittadini meno ispirati a nobili principi e più strumentali nei loro comportamenti a farsi beffe della legge e dello Stato.
Voterò quindi secondo le indicazioni dei colleghi Giovanardi e Ascierto, vale a dire contro la norma e a favore degli emendamenti che, diciamo così, limitano i danni, ma sottolineo all'attenzione degli onorevoli colleghi che questa non è una bella pagina della dignità parlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, anch'io ero incerto se intervenire o meno: alcuni colleghi mi hanno fatto notare che il Parlamento avrebbe potuto dedicare il proprio tempo a provvedimenti più significativi.
Ritengo che tutti i provvedimenti abbiano una loro valenza ma, indubbiamente, quello al nostro esame lascia perplessi. Tuttavia, nonostante tutto, credo che quando siano in ballo principi morali ognuno di noi debba fare la propria parte, come peraltro è stato detto - credo dall'onorevole Bosi - a prescindere dalle appartenenze partitiche o ideologiche, che pure condizionano.
Il provvedimento in esame contiene alcune previsioni che possono essere condivisibili. Personalmente, rispetto la logica sottostante alla proposta finalizzata ad equiparare i cittadini e a porre rimedio anche a valutazioni diverse che un giovane si trova a fare in età matura. Tuttavia, occorre tener presente che, in ogni momento della propria vita possono farsi delle scelte che necessariamente implicano delle conseguenze. Pertanto, il legislatore deve porsi davanti al cittadino con l'obiettivo di non commettere ingiustizie e di non sanare le medesime, una volta verificatesi.
Questo provvedimento rischia, a mio parere in modo arbitrario, di equiparare situazioni tra loro profondamente diverse: quella dei giovani, dei cittadini che hanno compiuto un dovere verso la propria patria, affrontando rischi, emarginazioni e difficoltà nel continuare gli studi (come coloro che hanno adempiuto agli obblighi di leva), e quella di altri che, per scelte morali, che io rispetto ma sulle quali c'è da discutere, hanno obiettato. Ad esempio, all'epoca in cui l'Italia si è collocata all'interno dell'alleanza alternativa al Patto di Varsavia, che fin dall'inizio degli anni novanta aveva progettato l'invasione dell'Italia, in particolare della pianura padana, come testimoniano gli archivi del KGB, coloro che obiettavano, a mio modo di vedere sono stati dei traditori del proprio paese, pertanto, credo di doverli rispettare in modo relativo. Questi, comunque, hanno fatto una scelta chiara. In quel momento storico, il nostro paese si collocava da una parte e poteva essere attaccato dall'altra: poche persone hanno avuto il coraggio di affrontare, onestamente, una scelta che pure non condivido e che era gravida di conseguenze. Altri hanno scelto la comoda via dell'obiezione di coscienza, che consisteva nel nascondersi nei comuni o nell'essere dislocati presso partiti e sindacati o in ogni caso nel non fare nulla.
Di fronte a questa situazione, ritengo che il ripensamento possa essere ammissibile e che sia altrettanto comprensibile la possibilità di difendersi in situazioni di pericolo, contenuta in parte di questo provvedimento. Tuttavia, l'accesso ad attività che richiedono non soltanto la disponibilità di svolgere una determinata funzione, bensì un'adesione intima a particolari motivazioni (come avviene, ad esempio, per l'appartenenza all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato e via discorrendo), ritengo sia qualcosa di profondamente diverso.
Inoltre, come è noto, le giovani generazioni sono spinte ad accedere a questo tipo di carriera e di vita a causa delle situazioni occupazionali nelle quali si trovano, a prescindere dall'ispirazione e dalla motivazione ideale, che però dovrebbe essere sempre presente.Pag. 16
Oggi, che non c'è più la coscrizione obbligatoria, non si pongono queste considerazioni. Tuttavia non si può sanare per il passato una situazione in cui sussisteva una possibilità di scelta ed in cui tanti giovani, come giustamente è già stato detto, appartenenti alle classi più deboli del paese, senza appoggi politici o sindacali, sono stati collocati a distanza di centinaia di chilometri dal proprio paese. Difatti, conosciamo tutti le condizioni di estremo disagio delle nostre Forze armate e dei giovani che si trovavano in Friuli a difendere il proprio paese in una situazione non particolarmente esaltante. Però tali soggetti hanno sacrificato un anno della loro vita, a volte anche di più, per adempiere ad un loro dovere, volontariamente o involontariamente. Non possiamo quindi parificarli ad altri che, con una valutazione di opportunismo o di scelta ideologica - pochi, ad onor del vero - hanno fatto una scelta diversa. Pertanto, io distinguerei tra l'adesione o la possibilità di accedere ad alcuni impieghi o incarichi istituzionali (che a mio modo di vedere assolutamente non può essere concessa, perché richiede, in considerazione del momento in cui fu effettuata quella scelta di vita qualcosa che oggettivamente non c'è) dalla possibilità di difendersi.
Inviterei i colleghi a tenere presente che si parla ovunque di senso dello Stato; quindi manifestiamo un senso dello Stato, in quanto oggi si tende a ricomporre la divisione ideologica del Paese, ma tutto questo non può essere realizzato a discapito della dignità delle istituzioni e delle scelte fondamentali di vita, di politica estera e di difesa, che hanno caratterizzato il nostro Paese.
Con questo provvedimento, che può apparire piccolo e banale, si tratta anche di votare contro un «pezzo» della nostra storia patria, contro quei cittadini che hanno concepito una loro vita civile, sociale e militare a difesa di alcuni ideali di fondo che ci debbono trovare accomunati tutti. Per cui consiglierei maggiore cautela nell'affrontare tale argomento.
Per tale ragione, a titolo personale, esprimerò un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, oggi si sono udite in quest'aula espressioni davvero troppo forti e troppo ideologizzate. Ho sentito parlare, ma non è assolutamente motivo di polemica, di imperativi etici da parte dello Stato. Sicuramente, ho capito male, e sicuramente non era questa l'intenzione della collega che così si è espressa, infatti, se davvero parliamo di imperativi etici questi non possono provenire dallo Stato. Rispetto a imperativi etici dello Stato mi sento di dire: no, grazie!
In ordine, poi, al senso più profondo della discussione, si è parlato anche della possibilità di cambiare opinione. Se da una parte solo i paracarri non cambiano mai opinione, in questo caso non è questione di cambiare o meno opinione, ma siamo di fronte a situazioni paradossali, ad inutili vessazioni che si possono determinare per chi, qualche anno fa, in un'altra fase della vita personale, politica ed istituzionale del nostro paese, ha fatto scelte di un certo tipo.
La vita è piena di contraddizioni, però - e lo dico ai colleghi che, con tanto impeto, hanno fatto riferimento alla patria, ai valori, al sangue e ai caduti - chi ha fatto il servizio militare, oggi, in un concorso pubblico, non è più legittimato di chi ha svolto il servizio civile, facendo obiezione di coscienza, in quanto sono sullo stesso identico piano. Il punto è che dobbiamo capire la differenza che esiste, sul piano internazionale, tra operazioni di polizia, di peace-keeping e operazioni militari o interventi di guerra.
La stessa differenza vale anche per l'uso delle armi che, in ambito civile, possono essere utilizzate per la repressione del crimine o per il mantenimento dell'ordine pubblico rispetto ad un uso militare. Di questo abbiamo cercato di parlare.Pag. 17
Il provvedimento in esame nasce dalla legge n. 772 del 1972, che garantiva la possibilità di obiezione di coscienza, per motivi morali, religiosi e filosofici. Ebbene, nel corso della vita di ciascuno, come cambia la morale, può cambiare anche il credo religioso, e può cambiare - anzi deve cambiare - l'approccio e infine l'approdo filosofico, se è una vita in divenire, se è una vita dinamica.
Quindi, avevamo affermato l'idea di una legge che non punisce l'obiettore, ma che lo garantisce nel suo intento morale, agendo all'interno della legge e non al di fuori di essa. Ma essa, effettivamente, ha prodotto dei paradossi. Sicuramente, nel passato possono essere state perpetrate delle «furbate», e possono essere state escogitate astuzie e furbizie opportunistiche; e può darsi che anche domani, di fronte alla modifica della legge, ci sia spazio per azioni furbesche e strumentali. Tuttavia, dobbiamo capire che questa norma, nel momento in cui non esiste più la leva obbligatoria, deve anche essere protetta. Pertanto, non dovrà più sussistere, ad esempio, l'impossibilità - parlo per assurdo, ovviamente - di ricoprire un ruolo dirigenziale in una fabbrica che costruisce sistemi di sicurezza per le autovetture (penso agli airbag) perché sono considerati oggetti esplosivi; o che non si possa lavorare in una cava o in una miniera perché vi si adopera materiale esplosivo; o che non si possano praticare sport olimpici come il tiro a piattello o il biathlon, trattandosi di attività in cui l'uso delle armi è consentito, perché neppure alla lontana esse sono assimilabili ad alcuna attività bellica o militare in senso proprio.
Per queste ragioni, preannuncio il voto favorevole dell'Italia dei Valori sul provvedimento in esame che consente a tutti di compiere un passo in avanti, in una situazione che dal punto di vista internazionale è francamente molto più drammatica di quella qui rappresentata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo che nella prima legislatura in cui sono stato eletto alla Camera dei deputati - nel 1992 - si discuteva del tema dell'obiezione di coscienza e una legge che introdusse questo principio, quando vigeva ancora l'obbligo della leva, fu rinviata alle Camere dall'allora Presidente della Repubblica Cossiga.
La materia in discussione è sempre stata delicata e controversa, e già allora sostenevamo che era utile accelerare l'abolizione della leva obbligatoria introducendo forze armate volontarie, risolvendo così il problema alla radice. L'obiezione di coscienza che (come molti colleghi hanno detto anche oggi) è stata utilizzata pretestuosamente da molti - accanto a tanti soggetti motivati - per sfuggire all'obbligo della leva, veniva superata dall'abolizione della leva obbligatoria e dalle forze armate volontarie. È stato necessario del tempo, ci siamo arrivati, e durante il Governo Berlusconi è stata anche anticipata l'abolizione della leva obbligatoria e quindi il passaggio completo delle forze armate al volontariato.
Oggi, contestiamo questa proposta di legge perché offre - come è stato detto da molti colleghi, ma voglio aggiungere la mia voce a quella di quanti, nel mio gruppo e non solo, mi hanno preceduto - una serie di vantaggi a chi si professò obiettore di coscienza evidentemente in malafede, perché con questo provvedimento potrebbe ottenere il porto d'armi e partecipare a concorsi nelle forze armate. Allora, quell'obiezione che pronunciò era sincera? Rispondeva a scelte etiche discutibili ma rispettabili, o era l'espediente per sottrarsi al servizio militare e farne uno di altra natura (che poi - com'è stato detto - nel tempo è stato ridotto nella durata e portato allo stesso tempo - dodici mesi - dell'esercito e delle forze armate)?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO GASPARRI. Concludo signor Presidente.
Siamo dunque contrari a questa «legge pretesto», che premia i furbi e che è una Pag. 18presa in giro, soprattutto nei confronti degli obiettori che fecero quella scelta per motivazioni ideali pagandone il prezzo, quando si poteva correre qualche rischio e incorrere in qualche sanzione.
È una legge di cui non comprendiamo la motivazione reale: perché il vero obiettore dovrebbe andare poi nelle forze armate? Perché dovrebbe utilizzare le armi? Perché dovrebbe sparare, anche solo per cacciare? Riteniamo che sia una «legge-beffa», che non deve essere assolutamente approvata (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati esauriti dal gruppo Alleanza Nazionale anche i tempi aggiuntivi, secondo la prassi, la Presidenza non consentirà ulteriori interventi da parte dei deputati di tale gruppo, fatta eccezione per un intervento di un minuto per ciascuna singola proposta emendativa, al fine di consentire l'espressione della posizione del gruppo medesimo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, a preoccuparmi è soprattutto il fatto stesso che oggi ci troviamo a discutere di questo provvedimento: è infatti da questa mattina che l'Assemblea è impegnata su un provvedimento che certamente è tutto tranne che urgente e non guarda ai veri problemi del Paese. In Commissione giacciono numerose iniziative che riguardano le reali difficoltà che il nostro Paese sta attraversando ed è arduo per noi riuscire a discuterle e portarle avanti fino a farle arrivare in aula. Invece, siamo qui a discutere di un provvedimento che, a mio avviso, non è altro che uno dei prezzi che il Governo Prodi deve pagare alla sua eterogenea maggioranza. Oltretutto, si tratta di un provvedimento che presenta contenuti estremamente seri e che è inaccettabile prendere in giro come si sta facendo.
Ricordo che, negli anni Settanta, quando svolgevo il servizio militare, vi erano i primi obiettori di coscienza, che venivano adoperati da una certa parte politica come una bandiera ideologica, il più delle volte sventolata contro l'esercito e contro un certo tipo di Stato. E ricordo benissimo di aver conosciuto alcuni di questi ragazzi: persone per bene, ragazzi seri, che hanno fatto di quella loro scelta una bandiera vera e che, sono convinto, in questo momento non hanno alcun interesse per un provvedimento di questo tipo. La loro, infatti, era una scelta vera; non era - come ha detto qualcuno stamani - un marchio che rimane per tutta la vita. Poiché le scelte sono scelte, e delle scelte e si è orgogliosi, non vi è motivo di cambiarle. E se anche è vero che nella vita si possono fare dei cambiamenti, va detto che l'obiezione di coscienza non era un marchio: era una scelta.
Di conseguenza, anche l'emendamento che eleva da due a cinque anni i tempi per la rinuncia allo status di obiettore mi pare un escamotage; mi pare cioè uno strumento che va comunque a risolvere i problemi di quei «qualcuno» per i quali, probabilmente, il provvedimento è stato portato avanti. Si è parlato della possibilità di accedere ai concorsi, della necessità di avere un posto di lavoro: ma questi sono aspetti che non hanno nulla a che fare con le scelte che sono state compiute. L'obiezione di coscienza è stata una conquista che il nostro Paese democratico ha permesso a tutti coloro che avevano ed hanno una visione particolare rispetto alle armi, all'esercito e ad un certo impegno nella società.
Per questo motivo, credo sia davvero preoccupante che oggi ci troviamo a discutere di questo provvedimento, anziché affrontare prioritariamente tutti gli argomenti realmente importanti per il nostro Paese. E dunque, per quanto mi riguarda, voterò non solo contro il provvedimento, ma anche contro l'emendamento che eleva da due a cinque anni i tempi per la rinuncia, poiché - come dicevo - si tratta solo di un accordo e di un escamotage, che non risolve alcun problema né va incontro ad una logica.
La preoccupazione - e concludo - è che di prezzi come questo ve ne siano Pag. 19ancora molti da pagare; la preoccupazione è cioè che in quest'aula, per pagare i prezzi del Governo Prodi, daremo priorità a quel che non serve e lasceremo invece da parte i veri problemi del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, gran parte della discussione è stata basata sul diritto di cambiare idea: un diritto che io credo nessuno possa contestare.
È naturale che chi, soprattutto da giovane, ha formato un mondo di idee possa, nel corso della vita, con l'esperienza, trovarsi a cambiarlo.
Tuttavia, ciascuno di noi vive la vita di tutti i giorni, ha una casa dove abita, un paese o una città dove è cresciuto, degli amici; alcuni di loro hanno svolto il servizio militare, altri non lo hanno svolto. Tutti sappiamo, nella constatazione pratica di quello che ci è successo, che coloro che hanno chiesto di evitare il servizio militare da arruolati, invocando l'obiezione di coscienza, nel 99 per cento dei casi - ed è una stima prudenziale - l'hanno fatto per opportunismo e non per convinzione: era più comodo pensare, attraverso l'obiezione di coscienza, di rimanere a casa e impegnarsi in un'attività che si conciliasse molto più facilmente con le occupazioni che già si stavano svolgendo, magari anche solo quella di studio. Tale scelta era più facile perché consentiva di rimanere vicino agli affetti, quelli nuovi o quelli familiari, già costruiti, e a qualcuno consentiva anche di continuare un'attività addirittura di lavoro in nero.
Sappiamo e abbiamo constatato - per fortuna, speriamo, in pochi casi - che a volte l'obiezione di coscienza non veniva neppure svolta: bastava l'apparenza, bastava presentarsi un giorno alla settimana, qualche ora, e qualche organismo compiacente avrebbe certificato che veniva svolto il servizio sostitutivo del servizio militare, che si era ottenuto attraverso l'obiezione di coscienza. Questa è la realtà! Una realtà che era consentita dalla legge esistente. Sappiamo anche che l'uno per cento, forse esagero, ma comunque qualcuno, si è avvalso di tale facoltà, perché profondamente convinto che non si dovesse, per quanto lo riguardava, svolgere alcun servizio militare.
Però, proprio con un senso pratico, guardando alla realtà e alla nostra esperienza, se cercassimo di immaginare, facendo delle osservazioni del tutto teoriche, quanti di quell'uno per cento che ha scelto l'obiezione di coscienza per convinzione potrebbero trovarsi a cambiare idea, vedremmo che forse non valeva nemmeno la pena di proporre il provvedimento in esame: infatti, se una piccola percentuale tra tutti coloro che hanno scelto l'obiezione di coscienza era profondamente convinta, la maggior parte di loro - lo sappiamo - continuerà a rimanere convinta, com'è nel suo diritto. Solo pochi di quelli che hanno evitato le armi, che hanno evitato la divisa e il dovere di prestare servizio alla Patria nell'esercito, solo pochi di loro - possiamo pensarlo, direi, con il buonsenso - sarebbero tra coloro che hanno cambiato idea. Invece, tra coloro che rientrano nel 99 per cento che ha scelto per opportunismo, non sappiamo quale percentuale ci possa essere, ma certamente una percentuale maggiore, perché se allora hanno modificato o distorto quelle che potevano essere le proprie idee, se mai ne hanno avute, dicendo e dichiarando di essere obiettori di coscienza, anche oggi, ugualmente, possono modificare o distorcere le proprie idee, se ne hanno, dicendo che adesso non sono più obiettori di coscienza. Molti di questi rientranti nel 99 per cento potrebbero trovarsi nelle condizioni di dire che hanno cambiato idea. Ma a questo punto, se noi approvassimo la proposta di legge in esame, accadrebbe ciò che diceva poco fa il collega Benedetti Valentini: ci troveremmo, oggettivamente, di fronte a una presa in giro dello Stato e delle istituzioni. Perché chi di noi ha fatto il servizio militare sa che non sempre sono state rose e fiori. Fare il servizio militare ha comportato qualche sacrificio psicologico, molti sacrifici pratici, per alcuni di noi, anche perdere degli anni preziosi per il Pag. 20completamento degli studi e il conseguimento della laurea, oppure per cominciare l'attività lavorativa e guadagnare i soldi necessari per poter contribuire al mantenimento della famiglia.
Quelli di noi che hanno fatto il servizio militare, in nome di un'obbedienza a una legge o in nome della volontà di servire le istituzioni ed adempiere a quello che sembrava, all'epoca, essere il dovere di tutti, hanno affrontato questi sacrifici. Quelli più furbi, invece, non hanno affrontato questi sacrifici, hanno ottenuto oggettivamente dei piccoli privilegi - almeno la maggior parte di loro - e oggi, con la proposta di legge al nostro esame, diremo: voi furbi valete quanto coloro che, invece, sono stati meno furbi di voi; voi che non avete avuto il senso del dovere (secondo ciò che in quel momento le leggi dichiaravano essere il dovere) oggi valete come coloro che il senso del dovere lo avevano.
Se, allora, dovessimo suggellare con una legge questo sentimento, questa equiparazione tra chi ha rispettato fino in fondo le leggi di allora e chi, invece, le ha osservate, ma con furbizia; se dovessimo oggi equiparare tra di loro queste due categorie, anche con misure che, come ricordava il collega Buontempo, potrebbero, magari attraverso concorsi, sfavorire chi ha fatto il proprio dovere e favorire chi non l'ha fatto; se dovessimo fare così, noi stessi, con l'approvazione di questa proposta di legge, contribuiremmo a prendere in giro lo Stato.
Forse, però, al fondo della proposta di legge al nostro esame - non certo, immagino, nei proponenti, ma in qualcuno di chi vorrebbe votarla, ad esempio la collega Deiana - c'è veramente una scelta ideologica. Magari vi è una volontà, consequenziale, di affermare, nel momento in cui tale proposta di legge viene approvata, che della Patria non ci interessa niente, che la Patria è un concetto che non esiste e non riconosciamo e che il dovere nei confronti della Patria è una cosa lontana da noi.
L'unico dovere che riconosciamo è quello verso noi stessi o, forse, collega Deiana, verso la nostra ideologia; la comunità che riconosciamo, forse, collega Deiana, è solo quella politica, partitica, ideologica e non quella più grande del Paese.
Se, dunque, si tratta di una scelta ideologica, se le parole della collega Deiana fossero la motivazione, anche se in seconda istanza, di molti che volessero votare questa proposta legge, allora, colleghi, vi dico: siamo veramente molto lontani; assumetelo fino in fondo questo momento di responsabilità; siate espliciti come ha fatto la collega Deiana.
Se la vostra è una scelta pratica e di rispetto delle istituzioni, vi dico, colleghi: non possiamo, non potete equiparare chi ha fatto una scelta di sacrificio con chi ha fatto una scelta di furbizia; ciò sarebbe veramente una presa in giro delle istituzioni medesime.
Se la vostra, invece, è una scelta ideologica, abbiate allora il coraggio di affermarlo e di dire: noi non siamo interessati al senso del dovere, non siamo interessati al senso della Patria, ma ci importa solo il nostro piccolo gruppo, la nostra piccola ideologia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, tutti i membri dell'Assemblea costituente - dai comunisti, che oggi probabilmente non ricordano più le origini dei loro padri, ai liberali, passando per i socialisti, i democristiani e i repubblicani - «recintarono» rigorosamente i limiti entro i quali il nostro Paese avrebbe potuto essere in armi. Ma, entro quei limiti molto rigorosi, convennero tutti, cara onorevole Deiana, che la difesa della patria fosse sacro dovere del cittadino e non ebbero vergogna a usare un termine che lei oggi dileggia.
Ci fu differenza, nella sensibilità di alcuni, rispetto a questa posizione ed infatti - come ricordavano in precedenza alcuni colleghi - il Parlamento repubblicano scelse di prevedere la possibilità per alcuni di svolgere il servizio civile e di fare obiezione di coscienza.Pag. 21
Vi erano, effettivamente, dei casi nei quali motivi filosofici e religiosi indussero alcuni cittadini a ritenere che portare armi fosse per loro improponibile; ed essi affrontarono anche la galera per questa ragione. Ma, come hanno detto molti, accanto a quei precursori in cui la morale era ferma, molti altri per opportunismo scelsero di scegliere, sulla base della legge, la stessa strada. Era, infatti, senza dubbio estremamente più facile far giocare i bambini due ore alla settimana nell'oratorio presso casa anziché fare il militare a 500 chilometri di distanza. Anche allora la legge non fu capace di evitare le truffe; ma che oggi si proponga una legge per creare nuove possibilità di truffa rappresenta veramente una scelta illogica. È vero, infatti, che ognuno può cambiare idea (viva, anzi, la libertà che consente di farlo!), ma non per questo si deve permettere che chi magari dieci anni fa avesse truffato lo Stato dichiarandosi falsamente obiettore di coscienza , al solo fine di sottrarsi a quegli oneri che altri cittadini si accollavano, oggi partecipi ai concorsi per posti che comportano l'uso delle armi su un piano di parità rispetto ad altri cittadini che avrebbero autonomamente il diritto di farlo.
Poiché questo è un principio di logica repubblicana, mi confonde il fatto che oggi qui vi siano forze politiche di maggioranza che, anziché comportarsi nel senso e nel rispetto dell'etica repubblicana, si comportano come una «società dei magnaccioni». È per questi motivi che, a titolo personale, preannuncio fin da ora il voto contrario sul testo unificato in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, desideravo lasciare una breve traccia del mio intervento; per questo motivo ho chiesto, seppur brevemente, la parola.
Desidero ricordare ai colleghi che il termine «pacifisti», non è una crasi tra pacifisti e opportunisti; in realtà, come ha detto bene l'onorevole Menia, si tratta in questo caso di «pacifinti». Colleghi, io non sono mai stato pacifista. Ho una tradizione di famiglia ed anche personale - avendo svolto gli studi in un collegio navale - che mi porta a criticare il pacifismo, nel rispetto però di tale posizione. Quest'ultima deve essere intransigente; infatti, è troppo comodo essere pacifisti quando si tratta di non espletare il servizio militare per poi poter miracolosamente riprendere le armi grazie ad un provvedimento di legge. Ciò non va assolutamente bene ed è qualcosa che mi sento di condannare.
Per questi motivi, il mio voto sul testo unificato in esame sarà contrario non solo per disciplina di gruppo, ma anche e soprattutto per convinzione personale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Signor Presidente, intervengo per stigmatizzare come intollerabile il fatto che in questa Assemblea decine e decine di migliaia di persone che hanno scelto di fare il servizio civile siano definiti dei furbi, degli opportunisti o dei truffatori dello Stato. Siamo di fronte ad una legge dello Stato conquistata con molta difficoltà, che è stata applicata. Ciascuno di noi, nel momento in cui ha ricevuto l'invito a prestare il servizio militare, ha fatto una scelta.
A tal proposito, volevo rispondere all'onorevole Rivolta: vi è anche qualcuno a sinistra - il sottoscritto è uno di questi - che ha scelto di prestare il servizio militare. Questa è stata una scelta consapevole, in quanto i cittadini hanno potuto decidere. Essi hanno deciso di espletare il servizio militare oppure hanno deciso di fare il servizio civile poiché entrambe queste forme sono un contributo al nostro Paese, sono una forma di dovere civico, sono un modo di rappresentare e di dare attuazione ai principi e ai doveri sanciti nella Costituzione.
Non credo che questa Assemblea possa tollerare che una parte dei parlamentari insulti centinaia di migliaia di persone che Pag. 22hanno svolto il servizio civile nel nostro Paese. Con l'adempimento di questo dovere costituzionale essi hanno infatti permesso il funzionamento di un sistema di solidarietà, hanno fatto funzionare associazioni e strutture che hanno dato risposte ai bisogni del Paese. Certo, ci saranno stati anche degli abusi, ma quel contributo è talmente importante che oggi una proposta di legge riconosce la necessità di avere una forma di servizio civile, una forma di contributo e di azione dei cittadini a favore della comunità.
Il testo unificato in esame, che regolamenta un problema di dettaglio, diventa pertanto una cartina di tornasole della circostanza che in questo Parlamento, in questo Paese, c'è ancora una parte della destra che considera il militarismo - e non il servizio militare - un valore. Essa disdegna ogni opzione civile ed etica che fuoriesca dal servizio in armi come unico mezzo per espletare il proprio dovere nei confronti del Paese, credendo appunto che questo sia l'unico modo di fornire la propria partecipazione al dovere civico. Credo che questo sia un fatto grave. La discussione del presente provvedimento ci consegna una responsabilità ancora più forte nel fare in modo che l'idea della partecipazione e dell'assolvimento del dovere civico nella costruzione di un'identità di cittadinanza pacifica, nel rispetto del mandato della nostra Costituzione, costituisca un fatto non solo culturale ma anche politico per le scelte che dovremo compiere in questa legislatura.
Per tutte queste ragioni, che ho esposto nel dettaglio, voteremo a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, poiché il testo unificato in esame contiene disposizioni, poi confermate dagli emendamenti presentati, che limitano i diritti della persona, a mio avviso si tratta di uno dei casi in cui la Costituzione prevede il voto segreto nelle aule parlamentari, proprio perché con gli emendamenti la Camera amplia, limita o elimina i diritti sacrosanti previsti dalla Costituzione per ogni singola persona.
Nel momento in cui la Camera vota perché una persona possa o meno accedere ad alcuni diritti generali previsti dalle norme di legge e dalla Costituzione, si rientra nei casi previsti dagli articoli 49 e 51 del regolamento e dagli articoli della Costituzione che prescrivono il voto segreto nei casi in cui è in discussione la limitazione della libertà e dei diritti della persona.
Chiedo, quindi, rivolgendomi anche al presidente del gruppo di Alleanza Nazionale, onorevole La Russa, che vengano applicate queste norme e le votazioni abbiano luogo a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. La Presidenza si riserva di valutare la questione da lei sollevata alla luce delle previsioni di cui all'articolo 49 del regolamento.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la relatrice, presidente Pinotti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Relatore. Signor Presidente, poiché sono stati presentati cinque subemendamenti riferiti all'emendamento 1.50 della Commissione, chiedo una breve sospensione della seduta per consentire al Comitato dei nove di valutarli.

PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 13,10.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ROBERTA PINOTTI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Gamba 1.1, nonché sui subemendamenti Gamba Pag. 230.1.50.1, 0.1.50.2, 0.1.50.3, 0.1.50.4 e Buontempo 0.1.50.5. Ovviamente la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.50.

PRESIDENTE. Il Governo?

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Ricordo che, prima della sospensione della seduta, il gruppo di Alleanza Nazionale ha avanzato una richiesta di votazione a scrutinio segreto con riferimento agli emendamenti e ai subemendamenti presentati.
Al riguardo, ricordo che l'emendamento della Commissione incide sul comma 1, lettera b), numero 2), capoverso 7-ter del testo che introduce la facoltà di rinunciare allo status di obiettore di coscienza, prevedendo che essa possa essere esercitata una volta decorsi almeno cinque anni e non già due anni dal collocamento in congedo, come attualmente previsto nel testo.
Tale previsione, a differenza delle altre prevalenti norme del provvedimento, alla luce dei criteri interpretativi enunciati nell'ambito della Giunta per il regolamento del 7 febbraio e del 7 marzo 2002, appare suscettibile di incidere sui principi e sui diritti di libertà di cui all'articolo 21 della Costituzione (libertà di manifestazione del pensiero), richiamati dall'articolo 49 del regolamento, in considerazione del fatto che vengono modificate «le condizioni sostanziali per l'esercizio dei diritti in questione», introducendo la possibilità di una nuova determinazione del soggetto interessato in ordine al proprio status, ricollegando a ciò specifici effetti giuridici.
Analoghe considerazioni valgono sulla base di un giudizio di prevalenza anche per l'ulteriore emendamento presentato, Gamba 1.1.
La richiesta può, pertanto, essere accolta nei termini sopra detti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gamba 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, non desidero aggiungere ulteriori argomentazioni a quelle già indicate dai colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale - mi riservo di far ciò in sede di dichiarazione di voto finale -, tuttavia, l'emendamento fondamentale che abbiamo presentato, insieme con il collega Ascierto, si riferisce alla soppressione della seconda parte di questo testo, soppressione che consentirebbe, perlomeno, il mantenimento della prima parte, quella meno dannosa rispetto al mostro giuridico che si sta creando con questo provvedimento.
Sono sorte preoccupazioni riferite ad alcune storture che si sarebbero verificate in ordine alla previsione di divieti eccessivi disposti dalla legge sull'obiezione di coscienza con riferimento a coloro che hanno esercitato tale diritto. A nostro modo di vedere, tali storture potrebbero essere eliminate con l'intervento previsto dalla prima parte dell'articolo unico e semplicemente con una modifica del decreto in materia di armi da parte del ministro dell'interno. Proponiamo di abrogare la parte dell'articolo che si riferisce ad un meccanismo, assurdo, di dichiarazione di rinuncia ad un diritto, che rappresenta una mostruosità e che non fa altro che premiare i furbi. Peraltro, curiosamente, con tale dispositivo la sinistra vorrebbe dare il permesso di portare le armi, di andare a caccia e di utilizzare gli esplosivi a coloro che per motivi ideologici, a suo tempo, si sono dichiarati contrari all'uso delle stesse. Francamente, è una cosa incredibile! Invito perciò l'Assemblea a riflettere sull'opportunità di esprimere un voto favorevole sull'emendamento soppressivo Gamba 1.1, che manterrebbe le uniche preoccupazioni valide (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Betta. Ne ha facoltà.

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MAURO BETTA. Signor Presidente, intervengo per esprimere contrarietà all'emendamento soppressivo Gamba 1.1: il testo della proposta di legge in esame è il risultato di un lungo confronto tra le forze politiche in Commissione, dove si è raggiunto - e credo si sia trattato di un fatto comunque importante - un largo consenso che purtroppo stamani, in quest'aula, non si è manifestato. In secondo luogo, voglio anch'io ribadire la necessità di riconoscere alle persone la possibilità di cambiare idea. A tal proposito, ricordo che, recentemente, modificando un decreto legislativo, il Governo ha ritenuto di abrogare il delitto di renitenza alla leva, per ragioni di contenzioso e dietro sollecitazione della Corte di giustizia europea, in considerazione del fatto che è stata modificata la disciplina della materia. Ciò dà il senso della necessità da parte del Parlamento di affrontare anche il tema dell'obiezione di coscienza con un'attenzione particolare. Infine, voterò contro l'emendamento in esame perché all'interno di quest'aula molti colleghi hanno sostenuto posizioni politiche a mio giudizio fortemente datate, ricorrendo a motivazioni legate più a ciò che è successo in passato che non ai contenuti, comunque innovativi, della legge n. 230 del 1998. Ricordo, infatti, che la legge menzionata partiva dal presupposto che servire la patria è un obbligo per tutti i cittadini, aggiungendo però che la patria si poteva servire sia con il servizio militare sia con quello civile. Ritengo allora che sia utile approvare la proposta in esame per superare anche le molteplici situazioni di contenzioso attualmente pendenti su queste tematiche, considerando che i Tribunali amministrativi regionali stanno accogliendo i ricorsi presentati dai cittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, vorrei far notare che la votazione segreta si giustifica, normalmente, quando vengono in rilievo questioni personali, non di principio; tuttavia, la richiesta di voto segreto avanzata da Alleanza Nazionale sull'emendamento della Commissione che propone il passaggio da due a cinque anni del termine decorso il quale è consentito revocare l'obiezione di coscienza, rischia di incrociarsi con le posizioni della sinistra più radicale e di preludere ad una soluzione peggiorativa, essendo il periodo di cinque anni più ragionevole ai fini di un eventuale ripensamento. Segnalo all'attenzione dell'Assemblea e dei proponenti che tale soluzione rischia di andare in una direzione opposta rispetto a quella conclamata (Applausi del deputato Fasolino). Tutto ciò è sconcertante, anche perché credo che l'utilizzo del voto segreto per questioni di principio e di coscienza sia un'anomalia davvero rimarchevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, dichiaro di voler sottoscrivere l'emendamento Gamba 1.1, che mi convince pienamente.

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, sono assolutamente contrario a quanto affermato dall'onorevole Bosi. È proprio il voto segreto a dare la libertà, anche ai deputati del centrosinistra che lo ritenessero, di non fare approvare questa norma, che ritengo davvero inquietante, pur rispettando chi ha fatto l'obiettore di coscienza. Quando si chiede il voto segreto non lo si fa per avvantaggiare una parte anziché l'altra: io non l'ho fatto calcolando che potesse portare vantaggi o svantaggi, perché quando sono in ballo i limiti dei diritti della persona, si difende, sempre e comunque, la libertà del Parlamento (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

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LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Vorrei chiedere la cortesia - per me, non per gli altri, che sono tutti esperti - di capire, votazione per votazione, quali siano i singoli emendamenti oggetto di deliberazione; abbiamo ascoltato argomentazioni sull'uno e sull'altro emendamento, che, però, hanno confuso le mie idee. Se lei, quindi, potesse precisare ogni volta l'oggetto della votazione, farebbe una cosa utile almeno a me.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 1.1, che prevede la soppressione della lettera b) al comma 1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 408
Astenuti 41
Maggioranza 205
Voti favorevoli 139
Voti contrari 269).

Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.3, riferito all'emendamento 1.50 della Commissione, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intervengo anche per chiarire all'onorevole Volontè che, adesso, stiamo esaminando i subemendamenti all'emendamento della Commissione, che modifica semplicemente il momento a decorrere dal quale si può effettuare la «strampalata» dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza. Come tutti sanno, la leva è stata sospesa ormai da più di due anni: i due anni che sono attualmente previsti dal testo, pertanto, è come se non ci fossero, considerati anche i tempi per l'entrata in vigore del provvedimento in esame. La Commissione propone di portare da due a cinque anni il termine decorso il quale è possibile rinunciare allo status di obiettore di coscienza, ma ciò non fa altro che punire esclusivamente una piccola quota: gli ultimi soggetti che hanno scelto l'obiezione di coscienza. Per tutti gli altri, invece, è tamquam non esset. Con questi subemendamenti, quindi, cerchiamo almeno di diversificare gli effetti in modo da renderli un minimo credibili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Presidente, prima di procedere al voto vorrei sapere dal Governo - chiedendo in modo particolare la cortesia di una risposta - se, qualora il provvedimento fosse approvato senza emendamenti, quindi nel testo voluto dalla Commissione, sarebbe possibile per una persona che ha svolto il servizio sostitutivo come obiettore di coscienza e che poi rinunci al relativo status, assumere l'incarico di Presidente del Consiglio supremo della difesa (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende rispondere (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 407
Astenuti 46
Maggioranza 204
Voti favorevoli 133
Voti contrari 274).

Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Presidente, con i subemendamenti presentati cerchiamo di limitare l'effetto devastante della prevista dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza che - come dirò in seguito - costituisce un diritto soggettivo, come dispone la legge stessa, e non uno status, come, in maniera impropria, prevede il provvedimento in esame. Si intende, quindi, limitare l'effetto della dichiarazione di rinuncia e del divieto di porto d'armi e di utilizzo delle armi, di cui al comma 6. Sul comma 7 torneremo in seguito.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 404
Astenuti 48
Maggioranza 203
Voti favorevoli 134
Voti contrari 270).

Passiamo alla votazione del subemendamento Buontempo 0.1.50.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Il fatto che il Governo non abbia risposto all'onorevole Rivolta non significa che l'onorevole Rivolta abbia pronunciato una bestemmia.
Non riesco a capire il perché di questa norma e ciò spiega il senso del mio subemendamento che prevede il termine dei venticinque anni. Se non sbaglio, il Presidente della Margherita - l'onorevole Rutelli - legittimamente era un obiettore di coscienza. Allora, mi chiedo se la vera finalità di questo provvedimento, di cui nessuno capisce la motivazione, possa essere proprio la copertura di incarichi presso il Consiglio supremo della difesa o di altri incarichi per i quali è necessario aver assolto il servizio di leva.
Il mio subemendamento, quindi, si propone di fissare l'età giusta, affinché i soggetti che hanno prestato il servizio sostitutivo civile al tempo in cui occorreva apposita dichiarazione di obiezione di coscienza, non vengano protetti da questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Buontempo 0.1.50.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450
Votanti 399
Astenuti 51
Maggioranza 200
Voti favorevoli 123
Voti contrari 276).

Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

Pag. 27

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Anche in questo caso, cerchiamo ulteriormente di limitare i danni conseguenti a questo strampalato emendamento della Commissione, diversificando gli effetti riguardo alla decorrenza dei termini. Si prevede, infatti, di superare il divieto di cui al comma 6 con il decorso di sette anni, mentre, con riferimento al comma 7, è previsto il decorso di cinque anni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 412
Astenuti 42
Maggioranza 207
Voti favorevoli 131
Voti contrari 281).

Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Questo subemendamento ha un contenuto che potremmo definire inverso a quello precedente. Anche in questo caso, infatti, si cerca di diversificare il decorso del tempo minimo necessario per avere la possibilità di effettuare la dichiarazione di rinuncia ad un diritto senza che ciò comporti l'assunzione dei relativi oneri, prevedendo che per il divieto concernente il porto delle armi e tutti i permessi conseguenti rimanga fissato il termine di cinque anni previsto dall'emendamento della Commissione e che per l'altro divieto, ossia quello riferito alla prima parte, il termine sia di sette anni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 405
Astenuti 53
Maggioranza 203
Voti favorevoli 125
Voti contrari 280).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.50 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Chiedo la parola per annunciare che, nonostante fortissime perplessità, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore di questo emendamento della Commissione perché lievemente limitativo del danno (per rimanere nei termini propri di altri provvedimenti), in quanto dal punto di vista morale perlomeno non consente che la dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza sia fatta praticamente nel momento stesso in cui si è esaurito il servizio civile per obiezione di coscienza, prevedendo appunto un termine di cinque anni.
È una norma puramente di principio in quanto, anche in questo caso, l'applicazione sarebbe limitata solo al caso di successive revoche della sospensione della leva.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente mi rivolgo di nuovo al Governo per una chiarificazione dei vari passaggi. In Pag. 28primo luogo, vorrei sapere se il Governo, che ha preso posizione sulle proposte emendative, sul testo finale si dichiari favorevole, contrario o si rimetta all'Assemblea. Vorrei capire la posizione Governo sull'intero provvedimento nel momento in cui lo stiamo per votare.
In secondo luogo, ripropongo anch'io una domanda non banale: vorrei sapere se nella normativa attuale, quella in vigore, l'incarico di ministro della difesa, quello di Presidente del Consiglio e gli incarichi collegati siano incompatibili con chi si è dichiarato obiettore di coscienza e se con questo provvedimento e rimuovendo questo vincolo ci siano personaggi politici che, essendosi dichiarati obiettori di coscienza, beneficerebbero della rimozione del suddetto limite e quindi potrebbero svolgere futuri incarichi che oggi la legge vieterebbe loro. È una domanda precisa che rivolgo al Governo perché, se così fosse, questo provvedimento avrebbe un ulteriore significato politico molto serio da valutare.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, per quanto riguarda la prima parte della domanda dell'onorevole Giovanardi, in Commissione ci siamo rimessi al parere della Commissione stessa, poiché abbiamo riscontrato un'ampia disponibilità, ma soprattutto un'ampia convergenza sul testo che era stato presentato. Abbiamo espresso parere favorevole anche sull'ultimo emendamento presentato dalla Commissione, proprio perché esso andava incontro anche ad altre richieste presentate sia dalla maggioranza sia dall'opposizione. Di conseguenza, ribadisco il parere espresso in precedenza.
Riguardo alla seconda parte della sua domanda, mi pare molto strumentale e non credo sia il caso di rispondere...

CARLO GIOVANARDI. È il caso eccome!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, innanzitutto, e ai colleghi, immediatamente dopo, perché il provvedimento in esame per noi è importante, come si è capito. È un provvedimento che non abbiamo compreso nella sua natura, che avremmo potuto votare, se fosse stato in qualche modo condiviso e argomentato, se, per esempio, si fosse previsto, a fronte delle disposizioni contemplate, una norma che riconoscesse un privilegio nei concorsi pubblici, o qualcosa di simile, a chi ha prestato il servizio militare. Vi è uno squilibrio, nel tentativo di rimettere in gioco, come se nulla fosse, chi ha usufruito della possibilità di essere esentato dal servizio militare, nei confronti di chi invece lo ha svolto e non ha alcun vantaggio.
Presidente, mi scuso per la premessa, ma annuncio che noi deputati di Alleanza Nazionale - e ciò vale anche per molti colleghi di Forza Italia - intendiamo tutti svolgere le dichiarazioni di voto, per cui ci sembra più corretto chiedere di rinviare tutto a martedì, quando tutte le dichiarazioni di voto potrebbero essere svolte l'una di seguito all'altra, senza l'interruzione che inevitabilmente, alle ore 14, come previsto, dovrà comunque avvenire. Pertanto, per correttezza chiedo di poter rinviare a martedì la parte finale del dibattito, con le dichiarazioni di voto e il voto finale. Mi rimetto anche all'attenzione dei colleghi degli altri gruppi.

PRESIDENTE. Colleghi, in ogni caso devo precisare che siamo in fase di dichiarazioni di voto; quindi, dovremo comunque procedere al voto dell'emendamento che stiamo esaminando.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, tutti riteniamo importante il provvedimento in esame, a prescindere dalla posizione di ciascuno. Sull'argomento i Pag. 29deputati di Alleanza Nazionale sono intervenuti ripetutamente e utilizzando anche i tempi a titolo personale che, come è noto, sono di tutti i gruppi. Noi riteniamo che sia invece molto utile arrivare ad approvare il provvedimento nella giornata di oggi.
Mi rivolgo con molta serenità al collega La Russa, facendogli notare che quello al nostro esame è un provvedimento contingentato; i tempi a disposizione dei gruppi sono esauriti, per cui ciascuno può intervenire solo per il tempo che stabilirà la Presidenza e non necessariamente per un minuto per gli interventi a titolo personale, data la fase a cui siamo arrivati, come insegnano i precedenti dell'onorevole Casini della scorsa legislatura.
Signor Presidente - atteso che la seduta ha avuto inizio alle 10, come richiesto dai gruppi di opposizione, atteso che abbiamo rinviato ulteriormente i lavori perché il collega La Russa, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, aveva l'esigenza di seguire il dibattito fin dall'inizio, essendo impegnato nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. Le chiedo di andare avanti fino alle 14. Se ci saranno molti interventi, ciò ci aiuterà per la prossima settimana, avendo noi consumato quella quota di tempo che ci consentirà, la settimana prossima, di procedere al voto. Ovvero, se iniziamo le dichiarazioni di voto, com'è noto, signor Presidente, potremmo anche - procedendo magari noi, all'interno della maggioranza, ad un lavoro di sintesi - consentire lo svolgimento degli interventi che l'opposizione riterrà necessari e approvare oggi il provvedimento in esame.
Riassumendo, signor Presidente, essendo noi convinti, come l'onorevole La Russa, che si tratti di un provvedimento importante, riteniamo utile arrivare oggi al voto finale. Intanto, possiamo procedere al voto dell'emendamento 1.50 della Commissione e successivamente verificare il numero degli interventi, il tempo che la Presidenza intende accordare e quindi decidere come proseguire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se il collega Giachetti fosse stato un po' più attento alla richiesta dell'onorevole La Russa, forse non avrebbe svolto quell'intervento. A parte il fatto che non siamo stati noi a voler iniziare i lavori odierni alle dieci, ma il Presidente Bertinotti, dato che era prevista la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo alle 9,30; tant'è vero che il Presidente Bertinotti non ha voluto che riprendessero i lavori dell'Assemblea prima del termine della riunione della Conferenza dei presidenti dei gruppi. Evidentemente, il collega non si è ancora ripreso dallo sciopero della fame.
Il collega La Russa ha fatto una proposta del seguente tenore: finiamo oggi, questa mattina, i voti e rinviamo a martedì - collega La Russa, correggimi se sbaglio - le dichiarazioni di voto e il voto finale. Che senso ha dire: «finiamo, andiamo avanti fino a consumare il tempo»?. Tempo non ce ne sarà più. Rimane solo il tempo per le dichiarazioni di voto, che faremo la settimana prossima insieme al voto finale.
Dunque, è questa la richiesta del collega La Russa che io appoggio e non mi pare che, seguendo la strada del collega Giachetti, rischieremmo di andare a finire ad oggi pomeriggio. Noi siamo anche pronti a riprendere i lavori nel pomeriggio, così come tutti voi sicuramente (Commenti del deputato Giachetti) - eh, ne sono certo! -, per finire comunque alla settimana prossima, portandoci inutilmente dietro ancora l'esame di alcuni emendamenti. Il buonsenso, invece, suggerirebbe di concludere velocemente, intorno alle 14, l'esame degli emendamenti e rinviare, alla settimana prossima - visto che c'è, come diceva il collega Giachetti, interesse su questo provvedimento - soltanto le dichiarazioni di voto - che si vogliono svolgere e non consegnare il testo come qualcuno ha ipotizzato - e il voto finale. Questa è la proposta avanzata dal collega La Russa, che noi riteniamo di appoggiare.

Pag. 30

PRESIDENTE. Colleghi, direi intanto di votare l'emendamento al nostro esame per poi riprendere...

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per porre un'altra questione. Vorrei sapere quando si discuterà in Assemblea della vicenda, sollevata da numerosi gruppi parlamentari, relativa alle polemiche che hanno investito la Chiesa, il Vaticano, che noi abbiamo ritenuto molto più importanti del provvedimento al nostro esame (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo, La Rosa nel Pugno e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri...

MAURIZIO GASPARRI. È giusto che in Parlamento si discuta di quanto accaduto!

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, su tali questioni, come lei sa, bisognerebbe prendere la parola al termine della seduta. Al momento, l'Assemblea sta esaminando e si accingeva a votare un emendamento. Per cui, cortesemente, andiamo avanti con la votazione dell'emendamento 1.50 della Commissione...

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, i colleghi chiedono di parlare in dissenso dal gruppo!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, chi parla in dissenso dal proprio gruppo?

IGNAZIO LA RUSSA. I colleghi Bocchino e Foti.

PRESIDENTE. Onorevole Foti, prego, ha facoltà di parlare.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, a me pare che le argomentazioni che aveva testé sviluppato il collega Gamba, trovino una limitazione nella votazione di questo emendamento.
A noi pare sia difficile sostenere un'obiezione di coscienza di durata limitata, o a tempo. Ci pare più opportuno che, se si vuole approvare un provvedimento serio, non vi siano limiti temporali entro i quali si possa compiere una specie di ravvedimento operoso, perché tale è l'argomento in discussione. Prima si è parlato di un'ipotesi di due anni, poi di una di cinque. Chi ha questi due benefici, oggi, nella misura maggiore del tempo, ha la possibilità di andare a caccia; chi, invece, è da sette o otto anni, non ha più questa possibilità. A me pare, signor Presidente, che per un ragionamento di equità, visto che stiamo parlando di un argomento che genera da una sensibilità di tipo personale...

PRESIDENTE. Onorevole Foti, deve concludere.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, lei non mi ha detto il tempo a mia disposizione...

PRESIDENTE. Onorevole Foti, il suo è un intervento a titolo personale, in dissenso dal gruppo: lei ha disposizione un minuto di tempo. Ha già parlato per più di un minuto.

TOMMASO FOTI. Bisognava dirlo che avevo un minuto di tempo a mia disposizione. Ne prendo atto. Concludo, annunciando che proprio per tale motivo voterò contro.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Benedetti Valentini, che chiede di intervenire, ricordo che i tempi a disposizione del gruppo di Alleanza Nazionale sono esauriti. L'unica possibilità è quindi quella di intervenire in dissenso dal proprio gruppo. Onorevole Benedetti Valentini, intende parlare in dissenso dal gruppo?

Pag. 31

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Sì, Presidente. Le confermo questa ipotesi. Non c'è dubbio che la posizione espressa dal collega che ha attivamente lavorato in seno al Comitato dei nove sia sorretta da intendimenti positivi. È quella che ormai è chiamata la limitazione del danno, e che ormai è diventata la regola generale dei lavori di questa Assemblea: noi siamo qui, sempre o nel 99 per cento dei casi, a limitare i danni. Noi applichiamo una sorta di catenaccio legislativo, ma prima o poi qualche malaugurato goal purtroppo entra e non sono mai goal positivi.
Dissento dunque, e pur condividendo lo spirito della posizione illustrata dal collega a nome del gruppo, affermo che non si può accedere a tale mezza misura, ovverosia a quella che cerca di salvare il principio, ma che per altra via lo compromette.
Quindi, per le ragione esposte e per la coerenza che ci deve informare su argomenti di tale genere, voterò anch'io contro l'emendamento stesso.

PRESIDENTE. Mi pare che vi siano ancora alcune richieste di intervento in dissenso di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale.
Poiché - lo ripeto - i tempi sono ampiamente esauriti, posso dare la parola per un massimo di trenta secondi ciascuno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, ci sono interventi in dissenso per far perdere tempo ed altri convinti: il mio lo è. È l'intervento di un parlamentare che ha sostenuto che almeno l'articolo 1 fosse, in parte, accettabile.
Però, ci prendiamo in giro se prima bocciamo gli emendamenti, che renderebbero più logico un periodo di tempo credibile, e poi la stessa Commissione propone un periodo di cinque anni che, secondo me, è risibile se si riferisce a chi a suo tempo aveva fatto questo tipo di scelta, probabilmente motivata, ma non al punto tale da maturare nello spazio di cinque anni.
È un opportunismo ed io sono contrario agli opportunismi. Pertanto, voterò in modo convinto contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà. Le ricordo che il tempo a sua disposizione è di trenta secondi.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, anch'io dissento dalla dichiarazione di voto fatta dal collega Gamba a nome del gruppo Alleanza Nazionale.
Il collega Gamba ha affermato che la soluzione offerta dall'emendamento della Commissione è leggermente meno dannosa rispetto al testo originario, che, di fatto, rappresentava una soluzione inesistente, prevedendo un periodo di due anni dal momento in cui si era concluso il servizio da obiettore di coscienza.
Quindi, dissento perché credo che quello del collega Gamba sia un atto di buonismo inutile e che si debba invece votare contro questo emendamento...

PRESIDENTE. Concluda!

ITALO BOCCHINO. ...perché comunque fa parte di un impianto normativo inaccettabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso rispetto alla posizione espressa dal collega Gamba a nome del gruppo, in quanto è effettivamente originale, come è stato detto ora da alcuni colleghi, introdurre questo elemento, relativo alla tempistica, su una questione di grande valore e di natura complessiva.
Siamo cioè in presenza di un logica che io comprendo e che è stata definita di Pag. 32riduzione del danno da parte del collega Gamba, ma egli comprenderà le regioni profonde per le quali il suo ragionamento non convince il gruppo di Alleanza Nazionale (nella sua maggioranza) e che, come vede Presidente, non a caso si esprime con un forte dissenso rispetto alle dichiarazioni del collega Gamba.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, dichiaro che, contrariamente a quanto enunciato dal gruppo, mi asterrò. Ritengo, infatti, che sarebbe stato molto più opportuno fissare un termine entro il quale operare con la dichiarazione che rivede la scelta di obiezione di coscienza.
Avendo scelto questa strada noi consentiamo a chiunque, decorso quel tempo, di decidere secondo convenienza, ovverosia quando e come gli convenga effettuare quella dichiarazione.
Non mi sembra una soluzione seria ed è per questo che mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo in dissenso, ma mi astengo perché ho condiviso in Commissione tutto il percorso insieme all'onorevole Gamba, ed ho presentato un emendamento soppressivo di una parte dell'articolo, quindi non posso accettare altre modulazioni.
Noi non siamo per uno status di obiezione a tempo determinato, né possiamo valutare la riduzione del danno sotto il profilo della disparità di trattamento, tra chi ha servito la patria e chi non lo ha fatto. Per tali ragioni mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.

MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso rispetto all'indicazione di voto che ha dato il nostro rappresentante, onorevole Gamba.
E pur comprendendo le motivazioni che lo hanno spinto - forse per spirito di partecipazione alla Commissione - a dare un parere favorevole a questo emendamento, non riesco assolutamente a comprendere quale possa essere la ratio migliorativa nell'aumentare il periodo di tempo decorso il quale si possa operare la rinuncia da due a cinque anni, o ad altro lasso di tempo; perciò questa proposta di legge è, secondo noi, assolutamente inaccettabile.
Dunque, per rispetto dell'onorevole Gamba, non mi sento neanche di dare un voto contrario a tale emendamento e annuncio il mio voto di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signora Presidente, mi dispiace che ella abbia mostrato disappunto rispetto alle richieste che legittimamente le stiamo ponendo. Però vede, Presidente, io considero l'obiettore di coscienza, per mutuare un termine militaresco, in «servizio permanente effettivo». Questo servizio permanente effettivo deve durare sempre per l'obiettore di coscienza. Ora, il buonismo che permea la proposta di portare da due a cinque il numero degli anni - sto concludendo, Presidente - mi sembra eccessivo; è questo il motivo per cui io, in dissenso dal gruppo, mi asterrò su questa votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Presidente, mi pare che il rappresentante di Forza Italia al Comitato dei nove abbia chiesto di intervenire. Se lei lo consente, io mi esprimerei dopo aver sentito la voce ufficiale del rappresentante del gruppo.

Pag. 33

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, penso che saranno in pochi che alla radio ci stanno ascoltando in questo momento e ancor meno quelli che capiscono cosa sta succedendo. La tecnica parlamentare si apprende anche seguendo una trasmissione alla radio.
Con il mio intervento intendo esprimere la posizione ufficiale del gruppo a cui appartengo in relazione all'emendamento in esame. I colleghi sanno bene che questo permetterà a molti di loro di intervenire in dissenso e di parlare per circa un'ora. È quello che abbiamo appena visto.
L'onorevole Gamba ha espresso una posizione concordata e ha permesso a molti colleghi del suo gruppo, che la pensavano in maniera diversa, di poter intervenire, cosa che è avvenuta nel corso di tutte le votazioni, perché è agli atti che le indicazioni del capogruppo e del gruppo non sono state praticamente mai seguite dal gruppo di Forza Italia. Questa è la vita parlamentare! (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
La ragione per cui esprimerò parere favorevole sull'emendamento in esame - pur essendo contrario ad accedere alla mediazione su di esso - è quella di mantenere un certo tipo di compattezza su questo punto, motivo per cui si è addivenuti insieme al collega Gamba, ai colleghi della Lega e a quelli dell'UDC, a proporre alla Commissione di passare da due a cinque anni.
Quindi, confermando il mio sostanziale disinteresse per questo emendamento, perché concordo che di fatto non abbia alcun effetto, confermo il voto favorevole del gruppo su di esso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Vorrei intervenire in dissenso, come il collega Cossiga aveva previsto. Sono in dissenso perché non cambia la sostanza fra due o cinque anni, soprattutto non cambia alla luce della nuova normativa che ha sospeso il servizio di leva e quindi non può richiedere nemmeno l'obiezione di coscienza. Ben diverso sarebbe stato se, nell'emendamento approvato dalla Commissione, fosse stato previsto un termine di quindici o venti anni, ma da due a cinque non c'è molta differenza: cinque anni sono l'equivalente di due. Non è nemmeno un tamponamento del danno, una sua correzione: il danno persiste. Per questo motivo voterò contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Anch'io, in dissenso dal gruppo cui appartengo, ritengo che questo emendamento, pur avendo una sua finalità, non risolve il problema di fondo che è quello dell'incompatibilità del presente provvedimento con una situazione come quella dell'obiettore di coscienza, che ha fatto scelte ben precise, che non possano essere assolutamente modificate o attenuate.
È questa la ragione per cui anche questo emendamento, che pure ha una propria logica, non si giustifica perché il provvedimento è in sé sbagliato - errato, a mio modo di vedere - in quanto sanziona un'ingiustizia come quella sulla quale mi sono soffermato e si sono soffermati anche altri colleghi del mio gruppo. Il problema non è di cinque o quindici anni, diceva il collega Rivolta, e io lo condivido: il problema è a monte, va risolto con coerenza, soprattutto tenendo presente alcuni presupposti essenziali che non si sono verificati. Questa è la ragione per cui su questo emendamento mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal Pag. 34proprio gruppo, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, il mio sarà un voto di astensione critica, ma non nei confronti del collega Gamba che ha voluto aderire all'emendamento presentato dalla Commissione, ma, semmai, nei confronti del Governo e della maggioranza, che ritengono, presentando l'emendamento in esame, di «edulcorare la pillola», o, meglio ancora, di prenderci in giro, di prendere in giro tutti i cittadini che hanno ritenuto fosse un loro dovere fare il servizio militare. Ritengono, invece, di premiare i «furbi», coloro i quali non hanno voluto fare il servizio militare, e adesso vogliono rivedere le proprie posizioni per tornaconto personale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, il mio è un dissenso strumentale, è semplicemente un modo per ribadire, nei pochi secondi che ho a disposizione, che se la maggioranza avesse acconsentito ad una richiesta semplice, come quella di rinviare al pomeriggio di oggi la votazione, il gruppo di Alleanza nazionale avrebbe immediatamente votato a favore dell'emendamento in esame. Così avverrà di fatto: rinvieremo la votazione al pomeriggio; io proponevo invece di rinviare a martedì prossimo. Nel pomeriggio vi saranno delle difficoltà in più: sono certo che otterrete il numero legale, ma troverete una maggiore difficoltà. Anticipo, infatti, che, non essendo stata accolta la nostra richiesta, non parteciperemo alla seduta di oggi pomeriggio se non per il numero di parlamentari strettamente necessario a esporre le nostre opinioni.
Signor Presidente, sono in dissenso dall'emendamento in esame strumentalmente, per affermare che, a volte, un minimo di ascolto in più eviterebbe inutili strascichi come questo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Martinelli. Ne ha facoltà.

MARCO MARTINELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimerle il mio dissenso dal collega Gamba, anche perché, come più volte è stato detto, la questione non è più se si tratti di due, cinque o anche venticinque anni. L'obiezione di coscienza, lo dicono le parole stesse, è una convinzione che nasce all'interno di noi, e non può essere cambiata «a tempo». Ritengo che non sia questo il momento giusto per affrontare una tematica del genere.
Mi trovo d'accordo con il collega La Russa quando afferma che dobbiamo affrontarla con più calma, e forse, se vi fosse stato maggiore ascolto da parte della maggioranza per le tesi che provengono dai banchi dell'opposizione, sarebbe stato tutto più semplice (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Essendo ormai quasi le ore 14, e atteso che alle ore 15 avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, direi comunque dopo il voto che ci attende, di sospendere la seduta per riprendere al termine del question-time le dichiarazioni di voto ed il voto finale su questo provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, anche il mio è un intervento strumentale in dissenso ed intendo svolgerlo per esaurire questi ultimi minuti.
Ho già avuto modo di affermare in precedenza che trovo sostanzialmente immorale che si introduca oggi con il provvedimento in esame la categoria degli obiettori «a responsabilità limitata» o «a termine», se preferiamo.
D'altra parte, secondo le disposizioni dell'emendamento che stiamo per votare, elevare il termine, originariamente previsto Pag. 35di due anni (ciò significava farlo valere per tutti, posto che la leva è finita due anni fa), a cinque...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO MENIA. ...fa sì che siano puniti di fatto gli ultimi ad aver compiuto questa scelta e premiati i primi. Si introduce di fatto un elemento...

PRESIDENTE. Onorevole Menia, dovrebbe concludere.

ROBERTO MENIA. ...che va a creare due categorie, quella dei privilegiati e quella dei meno privilegiati. Sotto tale aspetto, quindi, anche se si ragiona nella logica della «limitazione del danno», trovo che si tratti di un provvedimento fondamentalmente incostituzionale, motivo per il quale mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

CARMELO PORCU. Signor Presidente, l'amico Gamba mi è molto simpatico, ma in questo momento non posso esprimere il mio voto favorevole nei confronti del suo emendamento, perché, se si è obiettori una volta, lo si è per sempre. Sarebbe come avviene per i falsi invalidi, che diventano ciechi ed invalidi e poi possono guidare anche la macchina. Se una persona dice che gli piacciono le armi, non può poi cambiare idea. Questa è l'Italia che si basa sull'imbroglio e sulla furbizia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Ciò è assolutamente inaccettabile!
Dovrebbero fare un esame di coscienza coloro i quali hanno tenuto un tale comportamento, condannabile dalla coscienza morale del Paese! Questo è un inno alla furbizia ed è totalmente inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, colgo questo minuto di tempo...

PRESIDENTE. Ha trenta secondi, onorevole, non un minuto.

TEODORO BUONTEMPO. Va bene, se preferite posso intervenire per un richiamo al regolamento. Credo che l'Assemblea non debba rimanere prigioniera! Quando i presidenti dei gruppi si riuniscono e stabiliscono degli orari, questi ultimi possono essere sforati di qualche minuto, ma l'Assemblea non può rimanere costantemente prigioniera degli eventi! Alla Camera, i tempi, gli orari, le convocazioni e la chiusura della seduta sono cose certe! Ciò garantisce a tutti i parlamentari di svolgere, secondo coscienza, il proprio dovere. La prassi prevede una sospensione dei lavori che va dalle 13 alle 13,30. Le ore 14, ed oltre, signor Presidente, sono un evento straordinario che solo l'Assemblea può legittimare! Solo l'Assemblea, con un suo voto, può stabilire di modificare una prassi o quanto è stato stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, concluda.

TEODORO BUONTEMPO. Concludo, Presidente. La Presidenza - in questo caso mi riferisco a lei, che si sta attenendo a quanto è stato fatto in passato da altri Presidenti - non può di volta in volta decidere, come una molla elastica, fino a dove si possa arrivare! Quando si stravolgono i tempi della seduta, occorre un voto dell'Assemblea!

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, non vi è stata alcuna determinazione da parte della Conferenza dei presidenti di gruppo relativa all'orario di sospensione della seduta. Spesso i lavori dell'Assemblea si sono prolungati fino a questi orari; sono le 14 meno cinque (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Meno due minuti, va bene, meno due minuti!Pag. 36
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Pedrizzi. Ne ha facoltà.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, chi ha fatto studi di filosofia, quando sbagliava i ragionamenti, si sarà spesso sentito ripetere dal professore di filosofia questa frase: «per la contraddizion che nol consente». In questo caso, la contraddizione non lo consente per ciò che riguarda l'obiezione di coscienza, perché o si è obiettori di coscienza sempre, o non lo si è mai! Non lo si può essere ad intermittenza e a seconda delle convenienze! Per tale motivo non posso votare come ha indicato il collega Campa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Mi scuso: ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che voterò in dissenso dal mio gruppo, in quanto ritengo che vi siano forme di furbizia non accettabili da parte del Parlamento su un argomento tanto serio e importante come l'obiezione di coscienza e, di conseguenza, la coscienza dei cittadini. Il mio voto sarà, pertanto, un voto di dissenso rispetto a quello dichiarato dall'onorevole Campa.

PRESIDENTE. Faccio presente ai colleghi che sono le ore 14 e che, se procediamo al voto dell'emendamento 1.50 della Commissione, saremo poi in grado di sospendere la seduta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, anch'io vorrei esprimere un voto di dissenso, sottolineando che quest'Assemblea ha perso un'intera mattinata a non votare un provvedimento che prende in giro tanti nostri giovani. Si tratta di un testo diseducativo per chi è chiamato ad operare delle scelte e deve poi coerentemente portarne avanti le conseguenze. Credo che...

PRESIDENTE. Onorevole Castellani, concluda.

CARLA CASTELLANI. Concludo, Presidente. Se i cittadini italiani ascoltassero il dibattito che oggi si è svolto in quest'aula, si allontanerebbero sempre più dal mondo della politica. Non stiamo facendo un buon servizio al Paese!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti... Onorevole La Russa, le chiedo scusa, lei è già intervenuto sull'ordine dei lavori...

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Credo che il Presidente abbia ragione nel voler passare alla votazione perché il regolamento non ammette interruzioni nel corso delle dichiarazioni di voto. Quindi, in ossequio al regolamento, ma soprattutto per rispetto e cortesia nei confronti del Presidente, noi sospenderemo alle ore 14 gli interventi.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Russa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 388
Votanti 367
Astenuti 21
Maggioranza 184
Voti favorevoli 321
Voti contrari 46).Pag. 37

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta e riprenderà al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, con le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 14,02).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che martedì 8 maggio, alle ore 9,30, avrà luogo un'informativa urgente del Governo sulla recente aggressione subita da Mario Segni durante la raccolta di firme per il referendum elettorale.
È stato altresì stabilito di rinviare il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1609 - Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione dopo gli argomenti previsti nella settimana da martedì 8 a venerdì 11 maggio.
Il disegno di legge n. 2480 - Disposizioni in materia di autotrasporto merci e di circolazione stradale, il cui seguito dell'esame è previsto da martedì 29 maggio, sarà iscritto all'ordine del giorno dell'Assemblea, al solo fine di deliberarne il rinvio alla Commissione, la prossima settimana dopo la conclusione dell'esame del decreto-legge in materia sanitaria.
L'esame delle mozioni sul rilancio del processo di integrazione e sull'allargamento dell'Unione europea, già previsto in calendario a partire da lunedì 14 maggio, avrà luogo nella settimana 14-18 maggio al termine dell'esame della proposta di legge n. 1318 in materia di conflitti di interessi.
L'esame della proposta di legge n. 2427 - Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio (Approvata dal Senato) avrà luogo nell'ultima settimana del mese di maggio in luogo della proposta di legge n. 1268 - Nuove norme in materia di dispersione e conservazione delle ceneri.
L'esame della proposta di inchiesta parlamentare doc. XXII, n. 8 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario, previsto per la prossima settimana, ove concluso dalla Commissione, non avrà luogo non essendosi realizzata tale condizione.
L'organizzazione dei tempi per la discussione della proposta di legge n. 2427 - Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Annunzio delle dimissioni e della nomina di sottosegretari.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato, in data odierna, la seguente lettera:
«Onorevole presidente,
La informo che il Presidente della Repubblica con proprio decreto in data 24 aprile 2007, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei Ministri, ha accettato le dimissioni rassegnate dal sottosegretario di Stato allo sviluppo economico senatore Paolo Giaretta, con decorrenza dal 1o maggio 2007, ed ha nominato, con la stessa decorrenza, Sottosegretario al medesimo Dicastero il signor Marco Stradiotto.
firmato: Romano Prodi».

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza, con lettera in data 2 maggio 2007, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia):
S. 1449 - «Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante Pag. 38disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari» (Approvato dal Senato) (2567) - Parere della I Commissione.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

BASILIO GERMANÀ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASILIO GERMANÀ. Signor Presidente, prendo la parola per sollecitare la risposta ad un'interrogazione a mia firma rivolta al Presidente del Consiglio e riguardante le risorse stanziate in finanziaria per la Sicilia e per la Calabria, ovvero per l'area dello Stretto di Messina.

PRESIDENTE. Onorevole Germanà, sarà cura della Presidenza sollecitare il Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e, alle 16,30, con il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 197 ed abbinate.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata alle quali risponderanno il ministro dell'università e della ricerca, il ministro dei rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il ministro del lavoro e della previdenza sociale, il ministro dei trasporti e il ministro per le politiche europee.

(Iniziative per avviare una nuova politica degli investimenti per la ricerca scientifica e l'università - n. 3-00841)

PRESIDENTE. Il deputato Misiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00841 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1) per un minuto.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signori ministri, i Consigli europei di Lisbona nel 2000, di Barcellona nel 2002 e di Bruxelles nel 2003, hanno approvato documenti che mettono in collegamento gli investimenti in ricerca scientifica e innovazione tecnologica con la competitività, la crescita economica e l'occupazione.
Come è ormai consuetudine in Europa, a Lisbona è stato stabilito che, per l'anno 2010, tutti i paesi europei devono investire il 3 per cento del PIL in ricerca scientifica e tecnologica.
È evidente che l'Italia presenta un gap notevole, in quanto investendo in ricerca e sviluppo meno rispetto alla media europea dei 27 Paesi membri, deve preoccuparsi di raggiungere tale obiettivo, magari attraverso un graduale innalzamento dei livelli di investimento.
Pertanto, vorrei sapere quali provvedimenti il Governo intenda assumere al fine di superare questa situazione.

PRESIDENTE Il ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Onorevole Misiti, l'università italiana è effettivamente maltrattata: poche risorse, meno certamente di quelle che servirebbero perché costituisca un elemento forte della crescita culturale, civile, sociale ed economica.Pag. 39
Nel corso degli anni è stata anche umiliata da provvedimenti legislativi che hanno consentito, non senza responsabilità accademiche, la proliferazione delle sedi, la frammentazione dei corsi, attraverso il perverso meccanismo delle convenzioni di massa, la mortificazione del titolo di studio e degli studenti seri, la moltiplicazione (cinque solo nell'ultimo mese della passata legislatura) delle università telematiche (anche quando l'unica struttura è rappresentata da un appartamento e da un computer).
Il deficit maggiore si ha in termini di risorse umane. Vi sono poco più di mille ricercatori per un milione di abitanti. Pertanto, siamo agli ultimi posti dei trenta maggiori paesi del mondo (al di sotto della Spagna e del Portogallo). Questi ricercatori vengono pagati meno degli operai, i quali, a loro volta, non sono pagati molto: 800 euro un dottorando, 1100 euro un assegnista, 1200 euro un ricercatore.
Inoltre, ogni anno, oltre seimila laureati si recano all'estero, moltissimi lo fanno per necessità e non per libera scelta. Un giovane arrivato alla laurea costa allo Stato mediamente cinquecentomila euro. Eppure esportiamo, gratuitamente, capitale umano pregiato per risparmiare qualcosa nelle strutture e sugli stipendi.
In merito ad un punto della sua interrogazione, vorrei dire che non avrei proposto un provvedimento come quello del rientro dei cervelli perché è un patetico tentativo di ripescare con un cucchiaio l'acqua che va via da un torrente in piena, perché non si può chiedere di rientrare in Italia ai nostri giovani ricercatori all'estero, offrendo contratti a termine, senza costruire una prospettiva di lavoro stabile.
Ciò nonostante, mi sto adoperando affinché questo provvedimento non diventi, per così dire, una fregatura e sortisca un qualche effetto positivo. Abbiamo rifinanziato il provvedimento sul rientro dei cervelli, abbiamo consentito la proroga dei contratti triennali in scadenza, insieme al CUN abbiamo fornito una nuova e legittima interpretazione dell'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, che consente la chiamata diretta, la possibilità cioè di diventare professore ordinario o associato anche ai giovani che hanno avuto esperienza di insegnamento e ricerca nelle università di altri paesi.
Nel decreto di ripartizione del fondo di finanziamento ordinario delle università sono previste apposite risorse: 5 milioni di euro volti a finanziare il programma di rientro dei cervelli e le chiamate dirette. Ma questi sono solo i primi indispensabili provvedimenti. C'è bisogno di giovani ricercatori e di invertire la tendenza all'invecchiamento delle nostre università e dei nostri enti di ricerca. Proprio per questo la legge finanziaria 2007 prevede un piano straordinario di assunzione di ricercatori sia nelle università, 140 milioni nel triennio, sia negli enti di ricerca, 67,5 milioni nel triennio.
In conclusione, informo il Parlamento che ho inviato proprio oggi alla CRUI e al CUN, per il parere previsto dalla legge, il nuovo regolamento di disciplina dei concorsi per ricercatore, regolamento che introduce standard internazionali per noi insolitamente innovativi per la selezione e la verifica del merito, capace di contrastare localismo, clientelismo e nepotismo.

PRESIDENTE. Il deputato Misiti ha facoltà di replicare.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, ringrazio il ministro Mussi per le notizie e per le spiegazioni che ha dato, di cui non posso che essere soddisfatto. Però voglio sottolineare il fatto che i finanziamenti per la ricerca provengono sostanzialmente da due fonti: quella europea che richiede un cofinanziamento italiano, e la fonte nazionale (naturalmente sia pubblica sia privata). Quindi è evidente che gli attori della ricerca sono diversi: gli enti di ricerca, le imprese, le università (è vero che se le università non funzionano non abbiamo ricercatori bravi), i consorzi interuniversitari e anche i parchi scientifici e tecnologici. È vero anche che questi enti di ricerca e soprattutto le imprese devono essere all'altezza per competere a livello europeo al fine di ottenere finanziamenti per grandi progetti.Pag. 40
È quindi evidente che si può arrivare certamente al 3 per cento del PIL non solo con lo sforzo del Ministero, ma con un sforzo del sistema complessivo: dei Ministeri della salute e dell'agricoltura, dell'intero Governo e soprattutto anche dell'insieme delle grandi imprese italiane, che in parte sono imprese di eccellenza anche nella ricerca e nell'applicazione tecnologica e che in parte «dormono». Occorre anche sottolineare il difetto congenito dell'imprenditoria italiana la cui maggioranza è formata da piccolissime e medie imprese.

(Iniziative per il rilancio del sistema universitario italiano - n. 3-00842)

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00842 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmataria.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevole ministro, con questa interrogazione il gruppo di Alleanza Nazionale vuole evidenziare la situazione finanziaria grave in cui versano le università italiane. Il 19 aprile i rettori si sono riuniti e hanno lanciato un preoccupante allarme in quanto mancano un miliardo e mezzo di euro per fronteggiare le più immediate urgenze, che sono rappresentate in primo luogo dagli aumenti stipendiali dei docenti e del personale tecnico amministrativo. Inoltre va considerato il decremento di un miliardo derivante dall'inflazione, che nell'ultimo biennio è stato del 5 per cento.
Con questa interrogazione si vuole porre l'accento sul fatto che oltre a questi gravi problemi di ordine finanziario, esiste anche una gestione non virtuosa di tante università così come il comitato di indirizzo per la valutazione, istituito e determinato dalla precedente legislatura era riuscito a evidenziare. Quindi chiediamo al Governo quali iniziative...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA FRASSINETTI. ...intenda porre in essere, visto che è stato istituito un altro organo inutile, a mio avviso, vale a dire l'Agenzia nazionale della valutazione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Onorevole Frassinetti, quando ho assunto questo incarico ministeriale ho trovato una situazione confusa e piuttosto gremita di patologie. Moltiplicazione degli atenei, da 40 a circa 80 in pochi anni: l'ho fermata. Proliferazione delle sedi, 400 sedi universitarie con poco più di 100 province in Italia: l'ho frenata. Svendita delle lauree con il sistema delle convenzioni facili (finanziaria 2001): l'ho fermata. Proliferazione senza alcun controllo di qualità delle università telematiche: l'ho fermata. Frammentazione irrazionale delle classi di laurea che, nel decreto sulle classi ora al vaglio della Corte dei conti, ho frenato. Tutti provvedimenti che costituiscono un «pacchetto serietà», condizione preliminare per ragionare del resto.
È vero, come lei e gli altri interroganti affermano, che non poche università gestiscono in modo non virtuoso le loro attività. Ma ve ne sono anche tante altre che compiono il loro dovere, con docenti e ricercatori che contribuiscono a tenere alto il livello qualitativo degli studi e della ricerca in questo Paese.
Ebbene, proprio per premiare le situazioni virtuose e per colpire quelle viziose, è stata introdotta l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che non capisco perché sarebbe inopportuna, come ella sostiene. L'agenzia di valutazione esiste in quasi tutti i Paesi europei, la sua istituzione allinea - secondo gli impegni assunti con il processo di Bologna - l'Italia ai migliori standard europei e ci consente di governare il sistema premiando essenzialmente la qualità.
So bene che tutto questo non basta in quanto vi è un problema di risorse e di Pag. 41finanziamenti: un problema molto acuto e drammatico, su questo convengo. Siamo fermi per l'università allo 0, 88 del PIL; l'1,1 per la ricerca: a distanza siderale dagli obiettivi di Lisbona, clamorosamente sotto la media europea. Gli investimenti pubblici sono sotto del 20-30 per cento rispetto a quelli europei, quelli privati dell'80 per cento.
Condividiamo tutti l'affermazione che uno sviluppo senza ricerca condanna l'Italia.

PRESIDENTE. Signor ministro, la invito a concludere.

FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Per questo convengo sul fatto che sin dalla prossima legge finanziaria occorra fare di più, molto di più, anche dal punto di vista delle risorse finanziarie e lo ritengo un dovere precipuo del Governo e del Parlamento.

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di replicare.

PAOLA FRASSINETTI. Ringrazio il ministro Mussi, ma penso che, nonostante la sua risposta, la preoccupazione permanga soprattutto in relazione alla difficoltà, al collasso economico davanti al quale il mondo universitario è paralizzato.
Credo sia importante, a questo riguardo, compiere una riflessione seria sui limiti delle autonomie finanziarie così come congetturate, che spesso e volentieri inducono le università ad una concorrenza verso il basso. Penso che questo sia sicuramente un problema che dovrà essere risolto: le università non devono avere la preoccupazione meramente quantitativa di dover annoverare iscritti, ma la preoccupazione qualitativa di essere delle università efficienti.
Per fare questo, quindi, ritengo non vi sia il bisogno di organismi pletorici. La critica che muoviamo all'istituzione del nuovo organismo concerne l'ampiezza delle competenze, talmente vasta da poterne depotenziare il significato. Ritengo invece che in questo senso siano veramente necessari una qualità ed un concetto di meritocrazia che vadano a incidere e a stanziare risorse per le università virtuose.
Penso purtroppo - e temo - che invece questo nuovo organo sia paralizzante, burocratizzante e che non aiuti l'università italiana a crescere così come dovrebbe, in un sistema dove la concorrenza deve esserci ma deve essere attuata e spinta su livelli alti.
Credo quindi che, per risolvere questa crisi, vi sia bisogno non soltanto di maggiori finanziamenti - ecco perché ritengo che il cosiddetto «tesoretto» andrà senz'altro investito nell'università e nella ricerca - ma anche di una programmazione attenta, seria, che individui dove destinare i fondi. Solo in questo modo potremo avere un'università che in grado di creare una classe dirigente che sappia portare il Paese fuori dalla crisi.

(Iniziative del Governo in materia di diritto di voto per gli immigrati, nell'ambito della riforma del testo unico sull'immigrazione - n. 3-00843)

PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00843 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmatario.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, il disegno di legge di delega per la riforma del testo unico sull'immigrazione, deliberato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 24 aprile scorso, rappresenta il tentativo di distruggere tutti gli istituti più qualificanti della cosiddetta legge Bossi-Fini sull'immigrazione: la programmazione degli ingressi, il contratto di soggiorno, le misure di contrasto all'immigrazione clandestina, i centri di permanenza temporanea finalizzati all'effettiva espulsione dei clandestini.
A questa prospettiva, secondo noi assai pericolosa, si aggiunge tra l'altro una previsione di dubbia costituzionalità: l'estensione dell'elettorato attivo e passivo per le Pag. 42elezioni amministrative agli immigrati titolari di permesso di soggiorno. La materia del diritto di voto è disciplinata dall'articolo 48 della Costituzione, che lega tale diritto alla cittadinanza, nonché dall'articolo 51, per ciò che concerne l'elettorato attivo e passivo. Poiché dunque l'attribuzione di questo diritto ai non cittadini deve passare attraverso la revisione costituzionale, e certo non può essere stabilita da un decreto legislativo, vogliamo sapere dal Governo se intenda procedere a questa palese violazione della Costituzione.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, la riforma della legge Bossi-Fini è uno dei capisaldi del programma dell'Unione. La legge in vigore, incentrata sull'equivalenza immigrato-forza lavoro, a nostro giudizio si è mostrata non soltanto per molti aspetti iniqua, ma soprattutto - come dimostrano anche i dati più recenti - inefficace nel contrastare l'immigrazione clandestina. Il nostro intendimento è quello di governare l'immigrazione costruendo forme adeguate di convivenza.
L'immigrazione è presente oggi in tutte le società più ricche ed avanzate: occorre dunque gestirla in modo razionale e non farne un terreno privilegiato di scontro fra gli schieramenti politici. È necessario promuovere flussi regolari, con l'attenzione sempre rivolta ad un obiettivo di comune interesse: quello dell'inclusione di coloro che vengono a cercare lavoro nel nostro Paese. L'indispensabile attenzione alla sicurezza dei cittadini - che è compito primario di ogni Governo, e così del nostro - è non alternativa ma complementare a queste scelte. Coerentemente con quanto affermato anche in campagna elettorale, abbiamo perciò intrapreso un percorso legislativo per una nuova politica degli ingressi, la regolamentazione organica del diritto d'asilo, la modifica delle disposizioni in materia di cittadinanza ed il riconoscimento del diritto di voto alle elezioni amministrative, che costituisce l'oggetto specifico dell'interrogazione in esame.
Il disegno di legge di delega che il Governo si accinge a presentare al Parlamento prevede infatti che, in armonia con quanto stabilito dal capitolo C della Convenzione sottoscritta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, l'elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative sia esteso agli stranieri che hanno ottenuto nel nostro Paese un permesso per soggiornanti di lungo periodo, secondo le modalità e le condizioni già previste per i cittadini dell'Unione Europea. Ricordo a noi tutti che un tale obiettivo, in cui si esprime la pienezza dell'essere cittadino, con i diritti e i doveri a ciò collegati, è sempre stato sostenuto e voluto dagli italiani emigrati in altre nazioni. La Convenzione di Strasburgo è stata ratificata dall'Italia per i soli capitoli A e B - così dispose la legge n. 203 dell'8 marzo 1994. Occorre ora completare il quadro ratificando anche il capitolo C, per determinare tutte le condizioni giuridiche necessarie alla piena operatività delle norme delegate sull'esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni amministrative. Ricordo infatti che, in base agli articoli 10 e 11 della nostra Costituzione, da una parte, «la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali» e, dall'altra, l'Italia consente «alle limitazioni di sovranità» «in condizioni di parità con gli altri Stati». Nessuna incostituzionalità, dunque, ma solo un intervento legislativo, inevitabilmente complesso, ma nel più rigoroso rispetto delle procedure dettate dalla stessa Costituzione.
Infine, per completezza, ricordo agli interroganti che la ratifica del capitolo C della Convenzione di Strasburgo è oggetto della proposta di legge n. 956, presentata dal senatore Ripamonti.

PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.

Pag. 43

PAOLO GRIMOLDI. Signor ministro, lei evidentemente non legge molto i giornali e non ha molto presente la cronaca che anche in questi giorni è riportata su tutte le testate locali e nazionali.
L'immigrazione è un problema e porta spesso e volentieri la criminalità. Quest'ultima subentra nel momento in cui l'immigrato viene qui a casa nostra e non ha un posto di lavoro. Un immigrato che viene qui e deve trovare i mezzi di sussistenza per sopravvivere, senza avere un posto di lavoro, è ovvio che delinque.
Il problema, signor ministro, è che la delinquenza e l'insicurezza sono un costo sociale e noi chiediamo, al contrario di lei, che la sicurezza sia un valore da garantire. Non solo, quello che volete prevedere voi, la figura dello sponsor, è qualcosa di assolutamente delirante, perché è sufficiente che l'immigrato che viene nel nostro paese, senza alcuna prospettiva, - fosse anche un terrorista - si autosponsorizzi per poter ottenere l'eventuale permesso di soggiorno. Inoltre, siamo profondamente contrari a ciò che proponete sul diritto di voto.
La Lega, tramite il suo segretario federale, proprio ieri ha annunciato che raccoglierà le firme per chiedere l'abrogazione della legge che intendete approvare. Siamo profondamente contrari ad essa e ci batteremo per promuovere un referendum abrogativo, perché crediamo che si possa votare a destra o a sinistra, per la Lega o per il suo partito, signor ministro, ma lo dobbiamo decidere tra di noi: non si delega a chi arriva nel nostro paese da luoghi distanti migliaia di chilometri il potere di decidere del nostro futuro e del futuro dei nostri figli.
Fino a prova contraria, questo è un asse la cui sovranità appartiene al proprio popolo e la Lega Nord farà di tutto per far sì che questa sovranità continui a spettare a tale popolo. Non solo non sono soddisfatto della sua risposta, ma sono anche indignato e preoccupato di quello che avete in mente di realizzare per fare una «marchetta» politica all'estrema sinistra.

PRESIDENTE. Deputato Grimoldi, concluda...

PAOLO GRIMOLDI. Concludo, signor Presidente. Sono certo che la Lega, insieme alla stragrande maggioranza dei cittadini di buonsenso di questo Paese, fermerà, se non per via parlamentare, quanto meno per referendum, questa proposta di legge.

(Iniziative per la realizzazione di uno svincolo autostradale in corrispondenza della zona industriale di Borgo Incoronata della città di Foggia - n. 3-00844)

PRESIDENTE. Il deputato Di Gioia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00844 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

LELLO DI GIOIA. Signor ministro, la città di Foggia, come risulta dal censimento del 2001, è tra le cento città con una densità di popolazione estremamente elevata, per l'esattezza è al venticinquesimo posto. Essa ospita un agglomerato industriale importante, nella cosiddetta zona industriale, che è attraversato dalla strada statale n. 16, che lei sicuramente conosce, in quanto è sempre stata definita la «statale della morte». Questo agglomerato industriale è molto distante dal casello autostradale e ciò rientra in un quadro più generale, che riguarda il grande deficit infrastrutturale del Mezzogiorno d'Italia.
Per questo riteniamo sia necessario realizzare, nelle vicinanze dell'agglomerato industriale, un nuovo casello autostradale. Ciò agevolerebbe il trasporto delle merci, ma soprattutto eliminerebbe il grosso gap infrastrutturale oggi esistente.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Pag. 44Il tema dello sviluppo delle infrastrutture in Puglia, come lei sa, onorevole Di Gioia, è all'attenzione del Governo, che recentemente ha sottoscritto con la regione un accordo, inserito nel programma nazionale per il Mezzogiorno, per individuare e selezionare interventi sul territorio.
La zona industriale di Foggia si trova in prossimità dei lavori, tuttora in corso, di ammodernamento della strada statale n. 16; per il miglioramento della viabilità nella zona di Foggia è inoltre previsto, nell'ambito della convenzione tra l'ANAS e la regione Puglia, l'ammodernamento del tratto Foggia-Cerignola. Inoltre, sono stati previsti tre lotti di lavori in corrispondenza del tratto della strada statale n. 16, che porteranno l'attuale sezione stradale a quattro corsie, due per ogni senso di marcia.
Per quanto riguarda, invece, il secondo svincolo autostradale richiesto nella sua interrogazione, al momento esso non è previsto nei piani finanziari vigenti della società Autostrade per l'Italia che gestisce la A14 Bologna-Taranto.
La società Autostradale ci informa che, nel bacino interessato alla collocazione del nuovo casello autostradale, il tasso di mobilità è ritenuto basso. Il traffico autostradale sul tratto compreso tra Foggia e l'allacciamento con la A16 si approssima ai 15 mila veicoli medi giornalieri; i valori di traffico, quindi, sono sensibilmente più bassi sia rispetto alla media della rete autostradale per l'Italia, che è di oltre 46 mila, sia rispetto alle altre tratte della stessa A14: Ancona-Pescara, 42.800, Pescara-Lanciano, 37.400, Lanciano-Canosa - in cui ricade l'area interessata -, 20.200.
L'area territoriale indicata, inoltre, è già servita dai caselli di Foggia e di Cerignola est; un eventuale nuovo casello, a giudizio della società Autostrade, non risolverebbe il problema della sicurezza della statale n. 16 né, tanto meno, un suo forte alleggerimento dal traffico pesante, perché la relativa scarsa capacità della A14 di attrarre traffico merci sarebbe, in buona parte, imputabile alla poca propensione degli autotrasportatori a sostenere il costo del pedaggio sulle brevi percorrenze in presenza di una viabilità alternativa con prestazioni accettabili.
Questa, ad oggi, la situazione. Comunque, la richiesta di un nuovo svincolo autostradale potrà essere, a giudizio della società Autostrade, nuovamente valutata alla luce di eventuali incrementi di flussi di traffico e, per quanto riguarda la parte politica e cioè il Governo, valutata nel prosieguo dei rapporti di collaborazione con la regione Puglia, sulla base anche delle priorità che la regione stessa indicherà.

PRESIDENTE. Il deputato Di Gioia ha facoltà di replicare.

LELLO DI GIOIA. Signor ministro, ovviamente non mi ritengo soddisfatto della replica che lei ha svolto, per il semplice motivo che già in precedenti circostanze abbiamo rappresentato al Governo - e mi riferisco al passato Governo - la necessità di un ulteriore casello autostradale nella zona Incoronata di Foggia.
Vi erano state al riguardo delle promesse, e vi era anche un'indicazione, da parte della società Autostrade per l'Italia, che in quella realtà avrebbe potuto esservi un ulteriore casello autostradale. Ci sembra quanto mai strano, dunque, che la stessa società abbia fornito, in pochissimo tempo, risposte diverse, nel senso, cioè, della non necessità in questo particolare momento di realizzare un ulteriore casello autostradale. Vorrei sottolineare, oltretutto, che il casello di Cerignola è cosa ben diversa dalla realizzazione del casello autostradale di Foggia e, quindi, mi pare inopportuna la considerazione che lei ha svolto.
Anzitutto, vorrei ricordare a lei e ai ministri - in particolare al ministro delle infrastrutture - che il rapporto con la regione non riguarda semplicemente ed esclusivamente questo tipo di intervento, ma concerne anche altri interventi importanti sulla viabilità. Mi pare che, a tal proposito, anche il ministro delle infrastrutture non si sia rivelato particolarmente sollecito nell'inquadrare la questione Pag. 45infrastrutturale del Mezzogiorno d'Italia e, in modo specifico, della realtà di Capitanata, per il semplice fatto che non si prevedono interventi significativi.
Vorrei, pertanto, sollecitare il Governo - sul piano politico - ad assumere una posizione forte affinché la realtà di Foggia, già oggi penalizzata, possa trovare almeno soddisfazione per ciò che riguarda un problema serio per lo sviluppo economico e produttivo di quella realtà, attraverso la realizzazione un secondo casello autostradale.

(Iniziative per la concessione di un tratto ferroviario all'amministrazione comunale di Aulla (Massa Carrara) - n. 3-00845)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00845 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, è dal 2005 - da oltre due anni, cioè - che è stato completato il raddoppio ferroviario «Pontremolese» nel tratto Santo Stefano Magra-Chiesaccia di Villafranca in Lunigiana, con la realizzazione della nuova stazione di Aulla fuori dal centro urbano.
Ovviamente, rimane il vecchio tratto realizzato dal Cavour nel 1891 con le due stazioni di Aulla e Caprigliola, che danno brutta immagine di sé, sono abbandonate a sé stesse e bloccano la viabilità, la mobilità dei mezzi e delle merci, le attività produttive e il commercio.
Sono un ostacolo che deve essere superato e ciò non importa alle Ferrovie, lo lasciano lì nonostante l'amministrazione lo abbia richiesto. Allora chiedo: perché le ferrovie non donano questo tratto abbandonato e pericoloso all'amministrazione comunale di Aulla, al fine di eseguire i lavori di ammodernamento necessari allo sviluppo del territorio?

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Quanto sostenuto dall'onorevole Barani è vero. Infatti, la tratta ferroviaria in questione è stato dismessa in seguito alla realizzazione del nuovo tratto e della nuova stazione. Gli immobili citati nell'interrogazione sono compresi nel programma di riorganizzazione del settore immobiliare delle Ferrovie dello Stato, che prevede l'attribuzione dei beni non più strumentali ad un'altra società del gruppo, con l'obiettivo della loro valorizzazione e della loro vendita.
La richiesta formulata dall'interrogante, l'onorevole Barani, deve essere valutata in questo quadro. Infatti, occorre considerare che la società Ferrovie dello Stato ha dichiarato la propria disponibilità ad esaminare la possibile cessione, sottolineando però che i beni in questione sono iscritti nel bilancio della società Rete Ferroviaria Italiana e che pertanto l'eventuale donazione produrrebbe una minusvalenza nel bilancio della società proprietaria. È bene precisare che sono già intervenuti, ci risulta, contatti informali tra la direzione compartimentale delle Ferrovie e l'amministrazione comunale di Aulla, per verificare la possibilità di giungere ad un accordo di interesse comune.
Le Ferrovie hanno confermato al riguardo la loro intenzione di cedere l'intero comparto, costituito dalla variante di tracciato in questione, con modalità che dovranno essere definite nel dettaglio. È nostro auspicio che attraverso il confronto fra le ferrovie e gli enti locali, possano essere individuate le soluzioni che consentono alle parti la soddisfazione delle rispettive esigenze.
Per quanto riguarda il Governo, posso assicurare all'onorevole Barani che ci adopereremo per favorire tale confronto e per contribuire ad un'auspicabile intesa.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente non sono soddisfatto per due motivi: in primo luogo, avrebbe dovuto Pag. 46esserci il ministro delle infrastrutture Di Pietro, che ha cercato di evitare il confronto con chi ha fatto di Aulla il comune «dedipietrizzato», ovvero il socialista del nuovo PSI che sta parlando. In secondo luogo, come si può sostenere, signor ministro - lei che era presidente della giunta regionale toscana quando è stato approvato questo nuovo tracciato - che le Ferrovie vogliono valorizzare e vendere un tratto ferroviario, un rilevato ferroviario che è inquinato, che è lasciato a se stesso, che è divenuto ormai un bosco, con un muro pericolante che sta mettendo in difficoltà la viabilità, impedendo il flusso delle merci e l'ammodernamento della viabilità, previsti dal piano di indirizzo territoriale regionale, dal piano territoriale di coordinamento provinciale e dal piano strutturale del comune di Aulla?
Le società Ferrovie dello Stato è un ente che ha a cuore solo i grandi guadagni e non favorisce le necessità del territorio. Essa si limita solamente a dare liquidazioni miliardarie agli amministratori delegati, quando si dimettono, ma non a valorizzare il territorio. Infatti, chiunque ascolti quotidianamente Isoradio è informato che le autovetture al casello autostradale di Aulla (vi è un movimento di oltre tre milioni di automezzi all'anno), intralciano il traffico (questa barriera ha diviso in due Aulla). Ci vuole buonsenso a donare quegli immobili ad una amministrazione che si accolli l'onere di smaltire i rifiuti che vi sono e di abbattere quella barriera per i cittadini. Le Ferrovie si devono vergognare ed il Governo, non domani, non oggi, ma ieri avrebbe dovuto risolvere questo problema! Tutto ciò lo riferisca al ministro Di Pietro, che ha la mia disistima!

(Iniziative del Governo in relazione ai rilievi sollevati dalla Commissione europea sul disegno di legge Gentiloni di riforma del sistema radiotelevisivo - n. 3-00846)

PRESIDENTE. Il deputato Romani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Elio Vito n. 3-00846 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

PAOLO ROMANI. Signor Presidente, come sicuramente il ministro sa, ma mi riferisco al ministro Gentiloni, notizie di stampa hanno riferito di una lettera firmata dal direttore generale della Commissione europea che sovrintende alla concorrenza nei mercati, dottor Philip Lowe, che è giunta al nostro Ministero delle comunicazioni.
Secondo quanto riferisce un articolista del Corriere della Sera, la lettera fornirebbe un primo placet della Commissione europea al disegno di legge Gentiloni che è attualmente in discussione presso le Commissioni cultura e trasporti della Camera. La stessa fonte riferisce di una risposta che il Governo, nella persona del ministro Gentiloni, sta predisponendo ai rilievi che comunque la Commissione europea ha avanzato nei confronti della proposta di riforma presentata dall'esecutivo.
Tutto quanto è stato anticipato dai giornali sembra essere assolutamente lontano dal vero. È vero, invece, che la lettera contiene molti rilievi, fra i quali quello fondamentale che riguarda la impossibilità di fissare per legge...

PRESIDENTE. Deputato Romani, concluda.

PAOLO ROMANI. ...il tetto massimo di introiti pubblicitari al 45 per cento del totale del mercato televisivo. Si chiede quindi di sapere dal Governo se abbia ricevuto la lettera, se intenda divulgarla velocemente e soprattutto quali siano le risposte del ministro Gentiloni alla lettera stessa.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali.Pag. 47Signor Presidente, la nota della direzione generale per la concorrenza della Commissione europea indicata dagli onorevoli interroganti ha ricevuto intanto una tempestiva risposta del Ministero delle comunicazioni. Questa nota si inserisce nel contesto di una procedura di infrazione contro la legge esistente che è la cosiddetta legge Gasparri e non una proposta di legge che è ancora in Parlamento; questa procedura di infrazione è stata avviata lo scorso 19 luglio dalla Commissione europea.
Per l'Unione europea la legge Gasparri contrasta con le regole comunitarie in materia di gestione efficiente dello spettro e dell'accesso non discriminatorio alle frequenze. In particolare la Commissione nel luglio scorso, in occasione dell'avvio della procedura di infrazione, sottolineava la perdurante esistenza di barriere all'ingresso di nuovi operatori impossibilitati ad acquistare frequenze, manifestando l'esigenza di rimuovere sollecitamente tale situazione modificando la legge Gasparri, onde evitare la prosecuzione della procedura stessa.
Il Governo italiano ha risposto a quella prima lettera con la nota del 13 settembre 2006 con cui esprimeva la volontà di adeguare la legislazione interna alle disposizioni dell'ordinamento comunitario violate. È quanto avvenuto con la presentazione del disegno di legge Gentiloni di riforma del sistema radiotelevisivo, finalizzato a disciplinare la fase transitoria del passaggio dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale, secondo i principi dell'ordinamento comunitario.
La lettera della Commissione dell'Unione europea del 12 aprile scorso mira a verificare se il disegno di legge sia sufficiente a correggere le distorsioni provocate dalla legge Gasparri, riportando il diritto televisivo italiano nel solco di quello comunitario. La nota dell'Unione europea, a differenza di quanto sostenuto dagli interroganti, non esprime un orientamento negativo sul disegno di legge in Gentiloni; al contrario richiama la valutazione complessivamente positiva delle disposizioni del disegno di legge già espressa nei mesi scorsi. Nella nota gli uffici della Commissione europea non entrano nel merito della valutazione della soglia del 45 per cento delle risorse pubblicitarie in quanto tale, ma formulano solo osservazioni giuridico-formali in ordine all'opportunità di un'automatica associazione tra il superamento di detta soglia e la nozione di posizione dominante. Osservazioni che non mettono in discussione i contenuti del disegno di legge.
Il Governo italiano ha comunque costantemente chiarito il carattere transitorio ed eccezionale della disposizione che fa riferimento alla posizione dominante, sottolineando come essa sia finalizzata all'introduzione di una misura temporanea di tutela del pluralismo e della concorrenza nella fase di passaggio del sistema televisivo dalla tecnologia analogica a quella digitale.
La risposta del Ministero delle comunicazioni ha richiamato sul punto anche quanto espresso dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che in sede parlamentare ha osservato come tale misura sulla pubblicità sia destinata ad una durata limitata nel tempo e come possa rivelarsi proporzionale al fine dell'ampliamento del pluralismo.

PRESIDENTE. Il deputato Romani ha facoltà di replicare.

PAOLO ROMANI. Dichiaro la mia totale insoddisfazione per la sua risposta, ministro. Speravamo infatti che il ministro Gentiloni, in questo caso lei, avrebbe acconsentito a mettere immediatamente a disposizione del Parlamento la lettera che ci è stata inviata dall'Unione europea. Non solo: ci attendevamo che avrebbe anche riconosciuto il ritardo con il quale il Ministero delle comunicazioni aveva comunicato il ricevimento della stessa. Ci aspettavamo inoltre che il ministro Gentiloni avrebbe preso atto dei rilievi mossi dal commissario europeo Kroes (ed è inutile negare che vi siano stati!), sul punto centrale della sua proposta di legge - ovvero quella del tetto del 45 per cento - ed avrebbe anticipato, in questa sede, le Pag. 48proposte di modifica che a questo punto si sono rese necessarie. Infatti, come affermato dal commissario Kroes, fissare un tetto massimo di raccolta pubblicitaria, in questo caso del 45 per cento, significa porre dei limiti per legge al fatturato delle aziende interessate e, di fatto, porre un limite alla libera iniziativa tipica dell'economia di mercato. Il fatto che il Governo si prepari a rispondere ai fondati rilievi della Commissione europea giustificando come transitorio il vincolo di legge al fatturato di RAI e Mediaset e che, in una logica di mercato aperto come quella in cui operano le aziende di settore, intenda considerare transitorio un blocco di quasi cinque anni al fatturato di imprese che garantiscono elevati livelli occupazionali, significa demolire le prospettive di sviluppo di aziende solide, se non addirittura condurle coattamente a condizioni di crisi.
Ci spiace, infine, constatare che il Governo non ha voluto avvalorare la tesi della Commissione europea in base alla quale è contrario ai principi comunitari definire ex lege una posizione dominante, poiché la normativa comunitaria non prevede automatismi nel definire in base a termini fissi di riferimento una posizione dominante vietata (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Misure per garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento alle aree portuali - n. 3-00847)

PRESIDENTE. Il deputato Benvenuto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Pinotti n. 3-00847 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

ROMOLO BENVENUTO. Signor Presidente, vorrei cominciare citando il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale, testualmente, ha affermato che abbiamo il dovere istituzionale di impegnarci nel sollecitare risposte al problema delle morti sul lavoro. Quello del nostro Paese è davvero un tragico bilancio: nel 2006 vi sono stati 1256 incidenti mortali sul lavoro, quindi quasi quattro morti al giorno, ed un milione di infortuni sul lavoro in un solo anno. Inoltre, a tal proposito, vorrei sottolineare che la manifestazione dei sindacati dei lavoratori del 1o maggio si è incentrata proprio sull'argomento delle morti bianche. Vorremmo sapere, dunque, quali sono le misure che il Governo intende mettere in atto ed ha già messo in atto per risolvere il problema, con particolare riferimento alle condizioni di lavoro nei porti, che sono del tutto peculiari e che, pertanto, meritano un'attenzione adeguata.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROMOLO BENVENUTO. Anche sul tema dei porti abbiamo interesse a sapere quali sono le azioni che il Governo intende intraprendere.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, l'interrogazione urgente alla quale mi accingo a rispondere prende spunto, purtroppo, ancora una volta, da incidenti avvenuti durante lo svolgimento di un'attività lavorativa in ambito portuale. In occasione della festa del lavoro del 1o maggio lo stesso Presidente della Repubblica, come lei ha ricordato, ha voluto richiamare l'attenzione di tutte le istituzioni sulla piaga degli infortuni sul lavoro sollecitando ad un impegno pronto ed immediato nella linea di continuità dell'azione incisiva che il Governo e la maggioranza hanno fin da subito tracciato. In proposito voglio ricordare il pacchetto sicurezza varato la scorsa estate, le misure previste nella legge finanziaria, il forte incremento dell'attività ispettiva realizzato anche attraverso l'aumento del personale, che dal prossimo 1o luglio registrerà l'immissione in servizio di ulteriori 241 nuove unità. È indubbio, peraltro, che la tematica della sicurezza investa la competenza primaria del Ministero da me rappresentato Pag. 49ma anche quella di un cospicuo numero di amministrazioni: come noto, infatti, la legge n. 833 del 1978 ha affidato numerosi compiti alle ASL in materia di prevenzione, igiene e controllo sullo stato di salute dei lavoratori e a tali competenze devono aggiungersi specifici compiti di altre amministrazioni per settori particolari.
La specifica materia della vigilanza nelle aree portuali, caratterizzata da una specifica disciplina normativa relativa sia all'attività nel porto che a quella del personale imbarcato, è rimessa, dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 271 del 1999 e dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 272 del 1999, all'autorità marittima, alle aziende unità sanitarie locali ed agli uffici di sanità marittima. A tal proposito, vorrei evidenziare che nel disegno di legge delega in materia di sicurezza, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 13 aprile ed attualmente all'esame del Senato, tra i principi di delega è prevista anche la realizzazione di un coordinamento delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro su tutto il territorio nazionale, finalizzato all'emanazione di indirizzi generali uniformi ed alla promozione dello scambio di informazioni.
È prevista, inoltre, la razionalizzazione ed il coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, al fine di rendere più efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione e promozione della salute, attraverso l'eliminazione di dispendiose duplicazioni di adempimenti. Si tratta di una misura rivolta non solo a razionalizzare l'attività delle varie amministrazioni interessate, ma anche a «travasare» le esperienze finora maturate nei diversi comparti interessati. Una particolare attenzione è riconosciuta alla cultura della formazione in materia di sicurezza nel settore scolastico ed a quella della prevenzione aziendale. È evidente, in proposito, che è stata e sarà fondamentale, nel prosieguo, la collaborazione e l'interscambio tra le diverse parti coinvolte, al fine di rendere comuni le esperienze di ogni singolo comparto.

PRESIDENTE. La deputata Pinotti ha facoltà di replicare.

ROBERTA PINOTTI. Signor ministro, la ringrazio per quanto ha illustrato. Ovviamente, considerata la drammaticità dei dati che ha ricordato il mio collega, è difficile dichiararsi soddisfatti, ma sono favorevolmente colpita dall'impegno da lei descritto e dalle proposte formulate. Mi sembra che l'impegno del Governo si stia traducendo in misure legislative ed amministrative: speriamo di vederne presto gli effetti. Un incidente sul lavoro non è mai frutto di una fatalità: costituisce sempre una sconfitta. La nostra azione di contrasto deve avere i caratteri della continuità, della prevenzione, della formazione e della vigilanza: signor ministro, lei ha descritto un programma che tiene conto di tutti questi elementi. È importante, sicuramente, migliorare anche la legislazione. È da sottolineare, inoltre, il fatto che ultimamente il problema degli incidenti sul lavoro sia seguito con particolare attenzione dai mezzi di comunicazione, come abbiamo avuto modo di osservare anche in occasione della festa del 1o maggio. Spero, tuttavia, che non si debba più porre l'attenzione su tali vicende, perché la speranza è che non ne accadano più; dobbiamo guardare con favore, comunque, all'attenzione dell'opinione pubblica sul fenomeno, rispondendo in modo adeguato a questo inaccettabile dramma. Ce lo hanno ricordato, del resto, anche il Presidente Napolitano ed altri importanti esponenti politici qui presenti, come il ministro Damiano ed il Presidente della Camera.
Mi permetto, tuttavia, di ricordare che, purtroppo, fra il primo Governo di centrosinistra e questo c'è stata una battuta d'arresto: le ipotizzate assunzioni e le iniziative che erano state messe in campo in termini di analisi e di lavoro congiunto fra ispettori e magistrati non hanno avuto seguito.

PRESIDENTE. Onorevole Pinotti, la prego di concludere.

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ROBERTA PINOTTI. Sono contenta di ritrovare, però, nelle parole del ministro, la ripresa di quei profili di intensificazione. Non possiamo ricordarci della sicurezza sul lavoro e delle garanzie per i lavoratori soltanto il 1o maggio e quando dobbiamo, purtroppo, piangere i nostri morti.

(Misure a tutela dei lavoratori impiegati nella sorveglianza nel porto di Messina sanzionati da Rete ferroviaria italiana - n. 3-00848)

PRESIDENTE. Il deputato Mario Ricci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00848 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

MARIO RICCI. Signor Presidente, lunedì 26 marzo milioni di telespettatori hanno potuto apprendere da un servizio televisivo della trasmissione Le Iene che i traghetti ferroviari che operano sullo Stretto, fra Villa San Giovanni e Messina, sono in condizioni di degrado: su di essi il servizio è organizzato con progressiva riduzione e tagli al personale.
I contenuti del servizio televisivo dovevano indurre Rete Ferroviaria Italiana a svolgere una riflessione ed aprire una seria indagine sulle cause di queste inefficienze ed inadeguatezze. La risposta è stata, come sempre, la stessa: la sospensione per dieci giorni di due guardiani del turno notturno e di uno del turno pomeridiano.
Non è la prima volta. In altre circostanze, lo ricorderanno i ministri del lavoro e dei trasporti...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO RICCI. ...un servizio di Report portò al licenziamento in tronco di altri 3 lavoratori.
Dovremmo capire come il ministro del lavoro intende intervenire per tutelare e salvaguardare i diritti e la dignità dei lavoratori.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, nel rispondere a questa interrogazione ho il pregio di rappresentare non solo il Ministero del lavoro, ma l'intera compagine governativa, trattandosi di materia che investe le competenze anche di altri dicasteri, quali quello dei trasporti e dell'economia e delle finanze. A tal proposito, occorre ricordare che Rete Ferroviaria Italiana (RFI) è una società del gruppo Ferrovie dello Stato. Con riferimento alle questioni sollevate dagli interroganti, la società Ferrovie dello Stato ci ha comunicato che, per quanto attiene alla sicurezza delle unità navali non operative in sosta, è in corso presso l'autorità marittima di Messina la definizione di regole comuni a tutti gli armatori attraverso un provvedimento che, garantendo sul piano armatoriale la prioritaria sicurezza delle navi e del porto, istituzionalizzi un'organizzazione di sicurezza, con l'individuazione di compiti e responsabilità.
La stessa società ci ha comunicato che è stata già ufficializzata la volontà aziendale di procedere al rinnovo di una parte dei traghetti ferroviari, con lo stanziamento di un importo iniziale di 60 milioni di euro. In particolare, i lavori per la nave Iginia sono già stati programmati e la procedura è già stata avviata sin dal mese di gennaio. Nell'interrogazione viene evidenziato, inoltre, che sono state irrogate sanzioni disciplinari a tre lavoratori della RFI - Direzione navigazione, di cui due sorveglianti del turno di notte ed uno del turno pomeridiano, in quanto ritenuti dall'azienda direttamente responsabili delle mancanze loro ascritte.
Per quanto attiene, infine, ai provvedimenti disciplinari contestati, la società ha riferito che gli stessi sono stati emessi a seguito di verifiche effettuate da una apposita commissione di inchiesta. La società afferma, infatti, di essere venuta a conoscenza della circostanza che il 20 marzo 2007 una troupe televisiva si è recata senza Pag. 51alcuna autorizzazione a bordo della nave traghetto Iginia, ormeggiata nel porto di Messina, presso il molo commerciale Luigi Rizzo. La Commissione d'inchiesta ha accertato che detta troupe è salita a bordo della nave traghetto Iginia e ne è discesa in un orario compreso tra la fine del secondo turno e l'inizio del terzo turno di guardiania.
In detto periodo, erano adibiti alla sorveglianza presso il suddetto molo commerciale Luigi Rizzo tre guardiani, di cui uno per il secondo turno, con il compito di sorvegliare due navi - la nave traghetto Iginia e la nave veloce Tindari -, e due guardiani per il terzo turno, addetti alla sorveglianza di tre navi, le due precedenti e la nave veloce Selinunte.
La società ha contestato ai guardiani di non essersi accorti della presenza a bordo di estranei e ritenute le giustificazioni addotte dai lavoratori non sufficienti a discolparli. Gli stessi sono stati tutti sanzionati con il provvedimento disciplinare della sospensione dal servizio per dieci giorni. Sotto questo specifico aspetto, che resta circoscritto all'ambito privatistico del rapporto di lavoro tra i dipendenti sanzionati e RFI, il ministero da me rappresentato non può che ricordare la facoltà dei lavoratori di ricorrere, qualora lo ritengano opportuno, alle procedure per la convocazione di un collegio di conciliazione ed arbitrato, anche tramite le associazioni sindacali di riferimento, per impugnare le predette sanzioni o, in alternativa, ricorrere al giudice ordinario.
In ogni caso...

PRESIDENTE. Signor ministro, la invito a concludere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale.. ..il Ministero del lavoro seguirà con attenzione l'evolversi della vicenda e dichiara sin d'ora la massima disponibilità ad intervenire in funzione mediatoria e conciliativa qualora le parti vogliano avvalersi di tale intervento.

PRESIDENTE. Il deputato Mario Ricci ha facoltà di replicare.

MARIO RICCI. Signor ministro, lei ha dato una risposta abbastanza «asettica», di carattere tecnico-giuridico, e non ha voluto o non ha potuto rispondere ai rilievi di carattere politico e sociale che noi abbiamo in qualche modo segnalato nella nostra interrogazione. Lei ha vicino a sé il ministro Bianchi, che conosce bene la vicenda.
La sospensione dal lavoro dei ricordati lavoratori è il risultato di una tensione che nella realtà dello Stretto dura ormai da mesi, soprattutto dopo l'incidente mortale del 15 gennaio sulla nave Segesta, in cui persero la vita quattro lavoratori.
È in corso una dura battaglia contro la riduzione degli equipaggi nel servizio di traghettamento poiché esso è un punto nodale riguardante la sicurezza degli utenti, dei cittadini ed anche dei lavoratori. Con la riduzione dell'equipaggiamento, infatti, viene meno anche la sicurezza nel servizio di traghettamento.
Si sono ricordate le parole del Presidente della Repubblica e del Presidente della Camera riguardo alle morti bianche; quindi anche questa vicenda dovrebbe portare il Governo, che è espressione di una rappresentanza sociale nota, a fare una riflessione e ad impedire che il management di Rete Ferroviaria Italiana continui a perpetrare forme di arroganza e di repressione, anziché interrogarsi sullo stato del servizio di traghettamento sullo Stretto di Messina e ad affrontare con serietà i gravi problemi che attengono alla precarietà del lavoro che ancora oggi registriamo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO RICCI. Pensiamo, ad esempio, che siamo in presenza di un contratto a viaggio, quindi altro che precarietà!
Rivolgiamo ancora l'appello al ministro del lavoro e al ministro dei trasporti a valutare con la dovuta attenzione le vicende che abbiamo segnalato nella nostra interrogazione.

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(Applicazione delle norme contenute nella legge finanziaria 2007 riguardanti il libero e gratuito accesso alla battigia - n. 3-00849)

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00849 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

ANGELO BONELLI. Come è evidente, la stagione balneare sta per aprirsi e le spiagge italiane dovrebbero essere utilizzate dalle famiglie italiane.
Signor ministro, il problema è che le spiagge italiane sono per la maggior parte privatizzate, e le famiglie italiane, per poter andare al mare ed esercitare un diritto del tutto normale e pacifico, devono pagare a volte anche 20 o 30 euro per entrare nei vari stabilimenti. Ebbene, la finanziaria ha introdotto una norma molto importante che garantisce il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia anche ai fini della balneazione.
Questo è un principio importante, che ci consente di uniformarci a quanto avviene in molti paesi d'Europa e del mondo, in cui per andare al mare non si deve pagare. Sembrerà una sciocchezza, ma è qualcosa che pesa molto alle famiglie italiane.
Chiedo quindi, signor ministro, cosa stiano facendo le capitanerie di porto, anche in relazione all'ordinanza che i comuni dovranno emettere per garantire il ricordato diritto ai cittadini e alle famiglie italiane.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Onorevole Bonelli, per rispondere al quesito da lei posto, il Ministero, in ottemperanza al disposto della finanziaria, articolo 1, comma 251, ha emanato in data 27 marzo 2007 una circolare con la quale ha definito gli obblighi dei titolari delle concessioni balneari al fine di consentire il libero e gratuito accesso per il raggiungimento della battigia. Ripeto, libero e gratuito accesso. Con tale circolare si è inteso evidenziare l'esigenza di dare seguito all'indirizzo normativo, prevedendo opportuni meccanismi di raccordo tra l'ente investito del compito di gestione, ovvero le amministrazioni regionali e comunali, e i concessionari degli stabilimenti.
Si è precisata la portata da attribuire alla disposizione di legge in sede applicativa al fine di evitare che l'utente del litorale possa rivendicare il diritto a stabile occupazione dell'area di battigia e si è promossa una attività di raccordo tra autorità marittime ed enti locali, evidenziando la necessità di inserire, nelle ordinanze balneari degli enti di gestione, le prescrizioni mirate ad assicurare il libero accesso alla battigia, la previsione di idonei varchi tra i siti in concessione, la disciplina delle modalità di fruizione nell'ambito demaniale prossimo alla battigia, prevedendone il libero attraversamento. Contemporaneamente, le autorità marittime periferiche sono state invitate dal Ministero ad inserire, nelle proprie ordinanze di sicurezza balneare, disposizioni per garantire in via continuativa la destinazione della fascia di battigia per attività correlate alla gestione delle emergenze.
Infine, le stesse autorità marittime sono state invitate a porre in essere una mirata attività di vigilanza, tenendo costantemente informato il Ministero dei trasporti sulla fruizione dei litorali, anche al fine di fungere preliminarmente da sperimentazione dell'impatto della norma per eventuali misure correttive che dovessero essere introdotte in vista della stagione estiva.

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di replicare.

ANGELO BONELLI. Signor ministro, la ringrazio della risposta e la invito ad esercitare una funzione di controllo, attraverso le capitanerie di porto, circa l'effettiva adozione, da parte dei vari comuni Pag. 53o delle regioni che hanno competenze in materia, nell'emissione delle ordinanze balneari. Risulta che alcuni comuni, ad esempio, non stiano recependo il dispositivo della norma contenuta in finanziaria, oggetto della mia interrogazione a risposta immediata.
Come lei ben sa, la misura relativa alla possibilità di accedere alla battigia si è resa necessaria per il fatto che buona parte delle realtà urbanizzate sono ormai occupate da stabilimenti che hanno di fatto privatizzato e creato un uso privatistico di un bene - che è un bene comune - come quello di poter andare al mare e consentire tale diritto alle famiglie, come ho avuto modo di esporre nella relazione introduttiva.
Mi permetto di fare una considerazione, e concludo il mio intervento, riguardo all'uso della battigia con riferimento alle emergenze. Ciò avviene, però non si può impedire ai cittadini di raggiungere il mare, perché altrimenti sarebbe impedito a tutti di raggiungere il mare e potersi fare il bagno. Il punto è che l'Italia deve fare un grande sforzo, signor ministro, per diventare europea e stare anche in un mondo - non voglio citare Rio de Janeiro, non voglio citare Nizza, non voglio citare molte altre città - dove il mare può esser utilizzato dai cittadini.
Non è possibile che una famiglia debba pagare 20 o 30 euro solo per consentire ai propri figli di fare il bagno al mare. Penso, e concludo ringraziandola signor ministro, che non dobbiamo far vedere il mare in cartolina ai figli di ceti sociali deboli, e vedere alcuni che magari si fanno il bagno, mentre altri stanno fuori dai recinti. Si tratta di una situazione che un Paese democratico, attento ai diritti, non può assolutamente permettere. Signor ministro, confido sicuramente nella sua sensibilità e nella sua attenzione.

(Tempi di apertura al traffico commerciale dell'aeroporto di Pontecagnano (Salerno) - n. 3-00850)

PRESIDENTE. Il deputato Del Mese ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00850 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10 ).

PAOLO DEL MESE. Onorevole ministro, sono decenni che la provincia di Salerno attende l'apertura al traffico dell'aeroporto di Pontecagnano. Ricordo che ero ragazzino - sto parlando di oltre quarant'anni fa - e già si era in attesa della sua apertura. Purtroppo, un'iniziativa così positiva per la provincia di Salerno, ma non solo per la provincia di Salerno, bensì per l'intero Mezzogiorno, tarda ad essere avviata al funzionamento e è la difficoltà, da parte di tutti, di capire quando l'aeroporto sarà aperto ufficialmente e soprattutto che tipo di gestione vi sarà da parte dell'autorità aeroportuale. Naturalmente, la stampa ha sottolineato la necessità dell'apertura. Più volte, sul piano ufficiale, sono state pubblicate date, poi puntualmente non rispettate. L'iniziativa, che potrebbe essere un'occasione di sviluppo eccezionale per l'intera provincia, tarda ad essere avviata e concretizzata...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLO DEL MESE. ...per cui chiedo di conoscere la data e le modalità di gestione dell'apertura dell'aeroporto.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Onorevole Del Mese, la società aeroporto Salerno Spa. ha gestione parziale, a titolo precario, dello scalo di Salerno Pontecagnano. Tale aeroporto, aperto al traffico civile, ha registrato, nell'anno 2005, movimenti legati alla sola aviazione non commerciale o aviazione generale, non avendo registrato alcun traffico di tipo commerciale. Risulta inoltre che sono azionisti della società di gestione la Società Salerno interporto Spa., con il 9 per cento, e il Consorzio aeroporto Salerno, con il 91 per cento (ciò per definire il quadro della situazione proprietaria attuale).Pag. 54
L'ENAC, ente nazionale per l'assistenza, ha in corso l'istruttoria relativa all'affidamento in concessione a tale società della gestione totale, ai sensi del regolamento n. 50021 del 1997. Dopo la definizione di tale concessione sarà possibile la sottoscrizione della convenzione per l'affidamento in concessione totale e la firma del successivo decreto interministeriale di concerto fra il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Nel frattempo l'ENAC ha rappresentato il fatto che l'esame e la valutazione del piano degli interventi necessita di taluni chiarimenti dei criteri applicativi previsti dal regolamento n. 521 del 1997. In particolare, tale piano riguarda le società di gestione di aeroporti con volumi di traffico limitati e comunque entro i 250 mila passeggeri annui.
Pertanto, congiuntamente con l'ENAC è in via di predisposizione da parte di questo Ministero un apposito schema di direttiva per la definizione di criteri aggiornati di tipo tecnico-economico ai fini dell'affidamento in concessione in gestione totale degli aeroporti con un traffico inferiore a 250 mila passeggeri annui.
Gli aspetti peculiari di tale provvedimento riguardano il periodo massimo dell'affidamento, le specifiche modalità di redazione del piano, il monitoraggio annuale sulla gestione per verificare il raggiungimento degli obiettivi economici ed infrastrutturali prefissati. Detta direttiva, del cui iter si sta occupando da vicino il sottosegretario Annunziata e nella quale rientrerà l'aeroporto di Salerno Pontecagnano, dovrà poi essere sottoposta al parere competente Ministero dell'economia e delle finanze. Per gli aspetti più strettamente tecnici è disponibile una scheda predisposta dall'ENAC che fa capire quali siano i tempi non lunghi, ma neppure immediati per l'attivazione della concessione.

PRESIDENTE. Il deputato Del Mese ha facoltà di replicare.

PAOLO DEL MESE. Signor Presidente, non posso dichiararmi sicuramente soddisfatto della risposta fornita dal ministro. Ho posto una domanda precisa. L'interpretazione letterale e razionale di quanto affermato dal ministro significa che di apertura aeroporto non se ne parla, oppure se ne parla nel momento in cui saranno realizzate tutte le procedure tecniche ed amministrative relative all'apertura.
Tutto ciò in contraddizione rispetto alle dichiarazioni ufficiali, comprese le deposizioni dell'assessore regionale ai trasporti che indicavano il 2007 come l'anno che finalmente avrebbe visto il primo aereo atterrare e decollare dall'aeroporto di Pontecagnano. Ciò mi sembra alquanto impossibile che sia realizzato.
L'apertura dell'aeroporto rappresenta un'occasione di sviluppo eccezionale, che non riguarda soltanto l'aspetto turistico ma anche quello commerciale, poiché esso è collocato in una zona al centro della costiera amalfitana e di quella cilentana, con collegamenti veramente interessanti e suscettibili di sviluppi eccezionali, con il porto commerciale di Salerno, che è uno dei primi per volume d'affari nel nostro Paese, e con l'interporto che sorgerà nel territorio del comune di Battipaglia.
In conclusione, mi dichiaro insoddisfatto della risposta fornita ed invito il Governo e il ministro ad adoperarsi affinché la realizzazione di quest'opera possa essere realizzata (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

(Misure per la continuità territoriale in relazione agli aumenti tariffari della compagnia Air One sulla tratta Roma-Alghero - n. 3-00851)

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00851 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

ELIAS VACCA. Presidente, signor ministro, la vicenda oggetto della mia interrogazione a risposta immediata è emersa soltanto in questi ultimi due giorni e per la verità, siccome l'interrogazione è così Pag. 55«fresca», c'è stata anche da parte nostra un'indagine in progress, che ci ha consentito di stabilire che il problema dell'elevazione ingiustificata delle tariffe rientranti nel sistema della continuità territoriale è relativo ai biglietti acquistati via web e non a quelli acquistati presso le agenzie.
Sinteticamente, la legge sulla continuità territoriale, che è un'ottima legge, diventa ancora migliore se c'è vigilanza da parte del potere pubblico sul rispetto delle regole connesse al bando e degli ordini di servizio. È evidente che il diritto dei sardi ad essere trasportati in orari e a condizioni certi non può andare a detrimento dei vantaggi economici che essi riceverebbero qualora fosse vigente un regime di concorrenza. Questo è il senso dell'interrogazione anche nella parte che riguarda i cosiddetti vettori low cost.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Onorevole Vacca, al quesito da lei posto fanno riferimento i decreti ministeriali nn. 35 e 36 del 29 dicembre 2005, con i quali sono stati imposti gli oneri di servizio pubblico sugli aeroporti della Sardegna. In particolare, il decreto n. 35 ha riguardato i collegamenti di Cagliari, Olbia e Alghero con Roma e Milano, mentre il decreto ministeriale n. 36 ha riguardato le città di Alghero, Cagliari e Olbia per i collegamenti con Bologna, Torino, Firenze, Napoli, Palermo e Verona.
In questo secondo caso, qualora nessun vettore avesse accettato di operare su tali rotte era stata prevista una compensazione finanziaria massima di venti milioni di euro annui.
Si tratta quindi di un'imposizione di oneri di servizio su un totale di sedici rotte tra la Sardegna e i principali aeroporti italiani.
Detti collegamenti, e in generale l'intero contenuto dei predetti oneri di servizio, sono stati individuati dalla conferenza di servizi presieduta dal presidente della regione Sardegna.
Per gli aspetti più strettamente tecnici rendo disponibile una scheda riepilogativa dalla quale si evince che sulla tratta oggetto del quesito da lei sollevato, onorevole Vacca, la tariffa per le categorie protette deve essere pari a 46 euro. La cifra nettamente superiore a quelle stabilite è da imputarsi - come ha riferito il vettore - ad un errore del sistema di regolazione per la determinazione della tariffa, per la quale il vettore si è impegnato a porre rimedi in tempi ristretti, e, ascoltato per le vie brevi in tempi recentissimi, si è altresì impegnato al rimborso della cifra pagata in eccesso.
Per quanto riguarda la richiesta di ripristinare la possibilità che altri vettori effettuino collegamenti dall'aeroporto di Ciampino, la Commissione europea, con la decisione del 23 aprile 2007, ha richiesto di non includere tutto il sistema aeroportuale degli aeroporti di Roma e di Milano, ma solo singoli aeroporti.
Pertanto, per aderire alla richiesta della Commissione è stato programmato un incontro tra la regione Sardegna ed ENAC per tener conto che alla data del 1o agosto prossimo dovranno essere notificate alla Commissione le modifiche da apportare ai due decreti, di imposizione di oneri di servizio pubblico, nel rispetto della continuità territoriale della regione Sardegna.
Detto in parole più semplici, sarà possibile il collegamento con l'aeroporto di Ciampino.

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di replicare.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, signor ministro, credo che i sardi, più che l'interrogante, abbiano motivo di essere soddisfatti delle sue risposte, anzitutto per la tempestività con la quale si è azionato il controllo sul vettore che agisce in regime di non concorrenza, cioè di monopolio, per effetto della continuità territoriale, ma io credo che la soddisfazione dei sardi sarà ancora maggiore quando potranno constatare che la disponibilità al rimborso sui biglietti maggiorati in tariffa sarà effettiva, e mi auguro che la compagnia Pag. 56provveda a questi rimborsi senza che vi sia necessità di lettere di avvocati o di cause davanti al giudice di pace, che comunque evidentemente i consumatori non potranno mancare di attivare nel caso in cui la risposta data a lei fosse disattesa.
Ancor più soddisfatti possiamo essere della risposta fornita relativamente alla pronuncia anche in sede comunitaria sullo scorporo dei sistemi aeroportuali.
Questo significa, come lei diceva in parole povere, che evidentemente potremo avere a breve, io spero, un doppio regime: quello della continuità territoriale (e la relativa legge è appunto una legge buona, che va difesa, che ci dà garanzie sugli oneri di servizio, sul diritto dei sardi ad essere trasportati certamente e a fasce orarie convenute in modo tale che siano utili alle loro necessità) e contemporaneamente il regime con il quale si riattiva un meccanismo, non solo di sana concorrenza, ma tale da rispondere anche ad una domanda diversa da quella della continuità territoriale. È una domanda di incoming e outcoming, come si dice nel gergo dei trasporti, che consente al territorio sardo non solo di avere maggiori opportunità di sviluppo attraverso i flussi turistici che si muovono con le compagnie low cost, ma anche di soddisfare il diritto - lo voglio ricordare - di tanti studenti e di tante persone che hanno parenti emigrati di conoscere il mondo e di andare a trovare i loro cari a costi accessibili.
Quindi la ringrazio, signor ministro, a nome dei sardi per entrambe le risposte (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

(Orientamenti del Governo in relazione alle quotazioni raggiunte dall'euro ed agli effetti sulla ripresa economica - n. 3-00852)

PRESIDENTE. Il deputato La Malfa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00852 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, signor ministro le quotazioni dell'euro sono giunte a quasi 1, 40 rispetto al valore del dollaro (erano meno di un dollaro tre anni fa).
Le conseguenze di questa fortissima e progressiva rivalutazione sulle esportazioni europee ed italiane sono ovvie ed inevitabili. Vi è dunque un rischio molto forte, per un paese esportatore come l'Italia, di vedere delle conseguenze negative sulla ripresa debole che si è messa in movimento.
La mia domanda è che cosa pensa il Governo di questa situazione, e se non ritenga che vi siano le condizioni per l'attivazione dei meccanismi di cui all'articolo 111, comma 2, del Trattato europeo che affida al Consiglio dei ministri europei gli orientamenti in materia di cambi, cioè l'indirizzo politico generale dell'Europa, per fare in modo che la Banca centrale adotti misure che non comportino conseguenze negative per l'occupazione.

PRESIDENTE. Il ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, Emma Bonino, ha facoltà di rispondere.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, il Governo condivide l'analisi del deputato La Malfa. In effetti, anche la crescita del nostro Paese è trainata, anzi potremmo dire «trascinata», dalle esportazioni che, anche in base agli ultimi dati Istat, ci porterebbero (peraltro al netto della bolletta energetica) già oggi in una situazione estremamente positiva, con una importante riduzione del disavanzo.
Venendo al merito del quesito, vorrei far notare tre questioni. La prima riguarda gli scenari dell'economia, che rimangono favorevoli e sono costantemente rivisti al rialzo, soprattutto quelli della Germania, che costituisce la vera locomotiva dell'Europa. L'ultima revisione al rialzo risale alla settimana scorsa.
La seconda questione da sottolineare si riferisce alle esportazioni italiane che, come lei sa, si indirizzano in gran parte nell'area dell'euro.Pag. 57
La terza questione riguarda il fatto che le esportazioni e i prezzi delle materie prime vengono pagate in dollari; da questo punto di vista costano di meno alle imprese italiane e sono meno gravose per i loro conti.
Fatte queste precisazioni, assicuro il collega La Malfa che il Governo garantisce la massima sorveglianza ed è pronto a sostenere le esportazioni italiane e le aziende che vanno all'estero, confrontandosi regolarmente a livello europeo con gli altri Stati membri, con la Commissione e con la Banca centrale.
In particolare, per quanto attiene alle iniziative da assumere che lei suggeriva in base l'articolo 111 del Trattato europeo, ricordo, ma onorevole La Malfa lo sa bene, che i ministri dell'Eurogruppo insieme alla Banca centrale europea discutono costantemente dell'andamento del cambio e delle sue implicazioni; non hanno un atteggiamento né indifferente né passivo e definiscono posizioni comuni in merito alle iniziative da assumere.
Quindi, le considerazioni da me formulate e condivise in sede Ecofin non fanno emergere ad oggi forti preoccupazioni circa l'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro, né - sottolineo - esistono divergenze istituzionali tra Commissione, Banca centrale europea e Stati membri sulla situazione economica dei cambi.
Per tali ragioni ci pare che nulla giustifichi l'attivazione dei meccanismi previsti dal Trattato, e infatti nessuno ad oggi lo contempla. Al contrario, la comune visione del quadro economico garantisce che le politiche europee siano volte al risanamento dei conti pubblici, all'attuazione della strategia di Lisbona per la crescita più che mai necessaria in Europa come in Italia.
Ci sembra questa la strada da percorrere in tale fase per mantenere il dato di crescita a cui l'onorevole La Malfa faceva riferimento.

PRESIDENTE. Il deputato La Malfa ha facoltà di replicare.

GIORGIO LA MALFA. Signor presidente, ho la sensazione che il Governo abbia fatto un po' di confusione...

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. No!

GIORGIO LA MALFA. ...nell'affrontare la questione. Il ministro ha iniziato dicendo che condivideva le preoccupazioni esposte dall'interrogante, poi ha spiegato che tutto va bene, come si diceva un tempo «tutto va bene madama la marchesa», in questo caso ministro Bonino!
L'euro si è rivalutato del 40 per cento nel corso di questi anni. Che una rivalutazione di questo genere possa essere sana, utile alla ripresa economica è frutto di una teoria economica che io non conosco, che forse il ministro Bonino conosce ed è più avanti di me, ma io non la conosco. So invece che l'aumento continuo del valore dell'euro sul mercato dei cambi porterà ad una caduta dell'esportazione.
Lei dice, ministro Bonino, che non ha molta importanza perché tanto è la Germania che ci potrà trarre fuori dalle difficoltà, e la Germania sta andando bene. In tutto questo mi pare si faccia una grave confusione: la situazione italiana non è la situazione di un paese che cresce al quattro per cento o al tre e mezzo per cento. È un paese che cresce a malapena al due per cento l'anno. C'è uno studio della Fondazione Italiani Europei, - che è una fondazione vicina ai democratici di sinistra, o a quelli che erano i democratici di sinistra - che sostiene che con questo trend nel prossimo anno l'Italia perderà almeno mezzo punto della sua crescita. Se il Governo non è consapevole, sfortunatamente ne saranno consapevoli le imprese italiane e i cittadini italiani che dovranno fare i conti con una situazione che progressivamente peggiorerà.

(Iniziative per contrastare la contraffazione delle merci nell'ambito dell'Unione europea - n. 3-00853)

PRESIDENTE. La deputata Formisano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 58n. 3-00853 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, prendo la parola per chiedere al ministro se sia a conoscenza, come credo, che, secondo il rapporto Rapex 2006, è cresciuto del 32 per cento il numero dei prodotti identificati come pericolosi nell'ambito dell'Unione Europea (si tratta, soprattutto, di giocattoli ed elettrodomestici). Il numero maggiore di queste segnalazioni, il 24 per cento, ha riguardato proprio tali categorie.
Qual è la nostra preoccupazione? Il rischio maggiore per i bambini è stato quello del soffocamento (il 49 per cento); il 2 per cento delle segnalazioni ha invece riguardato giocattoli che avrebbero potuto causare seri problemi per la vista.
Con la presente interrogazione le chiedo se non ritenga opportuno adottare ogni utile iniziativa volta a sollecitare un maggiore impegno ed una maggiore collaborazione con i paesi dell'Unione europea per contrastare il fenomeno delle merci contraffatte, anche favorendo la collaborazione dei paesi terzi.

PRESIDENTE. Il ministro del commercio internazionale e per le politiche europee Emma Bonino, ha facoltà di rispondere.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, deputata Formisano, il Governo in effetti condivide le preoccupazioni che lei esprime ed elencherò ora le iniziative che stiamo prendendo. Condivido le sue preoccupazioni; del collega La Malfa condividevo l'analisi, cioè che la crescita è «trainata» dalle esportazioni, non invece le preoccupazioni.
Stiamo agendo a livello bilaterale, a livello europeo ed a livello internazionale, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio.
Per quanto riguarda il livello bilaterale, il Ministero del commercio internazionale, che dirigo, aprirà entro il 31 maggio 19 desk anticontraffazione nei paesi più «sensibili», da cui provengono gran parte di tali prodotti. Essi avranno sede in località nevralgiche: in Cina, a Pechino, a Shanghai, a Hong Kong, a Canton, a Nanchino e a Chengdu; a Taiwan; in India, a New Delhi, a Mumbai e a Chennai; ma anche in Corea del sud, a Seul, in Vietnam, come lei sa, altro paese di provenienza delle merci contraffatte; e, inoltre, a Dubai, a Istanbul, ad Ankara, a Mosca, New York e San Paolo. In tutto sono 19 desk anticontraffazione che dovrebbero aiutare per lo meno a monitorare, se non ad arginare, il fenomeno.
La seconda strategia è a livello comunitario, per quanto riguarda l'accesso al mercato. Le posso assicurare che i paesi membri dell'Unione europea sono determinati quanto noi a far valere tali principi. Sottolineo però alla collega Formisano che una buona parte dei prodotti contraffatti in circolazione nel nostro paese sono di produzione italiana, quindi, anche da questo punto di vista, la questione si complica.
Stiamo agendo, inoltre, a livello bilaterale, affinché i trattati di libero scambio di nuova generazione abbiano principalmente ad oggetto gli elementi della contraffazione e della proprietà intellettuale. In particolare, stiamo studiando con grande attenzione la proposta dell'accordo di commercio anticontraffazione, ideata da Stati Uniti d'America e Giappone, e che potrebbe dare buoni frutti.
Lei accenna poi ad una situazione aggravante rispetto alla contraffazione, che è di per sé un dato preoccupante dal punto di vista economico: mi riferisco al fatto che i prodotti contraffatti sono anche insicuri. Si sommano due elementi che vanno affrontati, a nostro avviso, sia in sede bilaterale sia europea ed anche globale. Credo, inoltre, lo ripeto, che il nuovo schema di accordo internazionale anticontraffazione, ideato da Stati Uniti e Giappone, che stiamo studiando, possa fornire un elemento di intervento interessante anche in questo ambito.
Rimane infine da controllare il territorio italiano, che presenta una serie di Pag. 59elementi di preoccupazione, che l'interrogante immagino conosca perfettamente.

PRESIDENTE. La deputata Formisano ha facoltà di replicare.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, onestamente, mi ritengo soddisfatta solo in parte, in quanto, come è stato affermato dal ministro Bonino, esiste anche un problema di produzione italiana, la quale, purtroppo, è pari al 4 per cento, dato di non poco conto!
Vorrei sottolineare alcuni aspetti: le notifiche della Commissione europea, dal primo trimestre del 2007, sono, purtroppo, già aumentate del 35 per cento ed è ovviamente preoccupante.
So che una delegazione europea - della quale, immagino, farà parte anche il ministro Bonino - si recherà in Cina, per sottoscrivere un protocollo di intesa in ordine a questo tipo di problematiche. Potrebbe essere l'occasione, ministro, per fissare alcuni paletti importanti, ma ciò che mi preoccupa è un altro aspetto: esiste, purtroppo, in Italia, un proliferare di nuovi negozi che vendono tali prodotti. Questo è il grave problema! Mentre, infatti, per i prodotti alimentari, abbiamo il controllo da parte dei NAS e delle ASL, su questo tipo di prodotti non vi è alcun controllo.
Esiste, inoltre, ministro, se mi permette, una concorrenza sleale nei confronti di quei negozianti ed esercenti commerciali che vendono prodotti a norma CEE, che sono sfavoriti da una concorrenza sleale. Le famiglie, purtroppo, sono spesso attratte dal prezzo più favorevole, senza pensare alle conseguenze a cui tutto ciò può portare.
Non possiamo aspettare che l'Europa si esprima rispetto a tale problema. Vanno bene gli incontri bilaterali, tuttavia mi permetto di dire che dobbiamo fare qualcosa! Mi permetto di suggerirle, signor ministro, un'idea: un coordinamento, una task force tra il suo Ministero, il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Ministero dello sviluppo economico, al fine di realizzare un controllo sinergico sui prodotti in entrata nel nostro Paese. Il problema, infatti, consiste nel controllare alle dogane quali tipi di prodotti...

PRESIDENTE. Deputata Formisano, concluda.

ANNA TERESA FORMISANO. Concludo, Presidente. Stiamo parlando della salute dei bambini e ciò mi preoccupa ancora di più! Tornerò su questo argomento, aspetto da lei un chiarimento in merito a questa proposta, se vuole, anche nella Commissione attività produttive, della quale faccio parte [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,40.

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2 del regolamento, i deputati Brugger, Donadi, Migliore, Mura, Pinotti, Sgobio, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge A.C. 197-A ed abbinate.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si sono esaurite Pag. 60le votazioni sulle proposte emendative presentate.
Avverto che, consistendo la proposta di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso ma direttamente alla votazione finale.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 197-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Tucci che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi intervengo brevemente per stigmatizzare in qualche modo il livello del dibattito di questa mattina. Abbiamo avuto una discussione che, forse anche per logiche politiche e di schieramento o di bandiera, ha trasceso, a mio giudizio, la legittima diversità di opinioni su un testo che può essere importantissimo o anche di parziale importanza, ma che tuttavia interviene su una questione delicata, quella dell'obiezione di coscienza su cui questo Paese si è confrontato per anni con battaglie civili che hanno portato al riconoscimento del diritto individuale di scegliere su come servire la patria: se con le armi, o con la prestazione di un servizio sostitutivo e alternativo all'utilizzo delle armi.
Abbiamo invece sentito stamattina da molti colleghi, alcuni che stimo personalmente, un dibattito che ha trasceso la questione, che ha fatto riferimento ad una retorica patriottarda che riconosce valore alla sola difesa armata, e dunque valore positivo solo alla difesa con le armi prestata da chi ha servito la patria con il servizio militare. Considerata la calma di questa parte pomeridiana della seduta pomeridiana, ho voluto stigmatizzare quanto accaduto.
Credo che la discussione politica di questa mattina abbia preso veramente una strada che forse potrà far arrossire per le cose che sono state dette chi leggerà i resoconti stenografici della seduta di stamane o chi andrà a risentire gli interventi, magari su Radio Radicale.
Credo, davvero, che siamo di fronte ad un provvedimento che ha una sua rilevanza, che ha una sua valenza e che in qualche modo sana una questione aperta da anni, mettendo un punto fermo su alcune situazioni kafkiane e al limite del paradosso: ad esempio il divieto di esercitare l'attività di cavatore che viene preclusa a chi ha fatto il servizio civile perché comporta l'utilizzo di dinamite o altri strumenti di questo tipo.
Molto semplicemente volevo lasciare traccia del dispiacere causato dal dibattito di questa mattina e dell'impressione veramente negativa che abbiamo dato al Paese con ripetuti interventi di ostruzionismo dei colleghi che - ritengo - hanno trasceso persino le intenzioni di quanti intendevano opporsi al provvedimento.
Siamo di fronte ad una norma che, nel testo originario in modo migliore che nel testo emendato - con i cinque anni ora previsti dalla nuova formulazione -, rendeva in qualche modo giustizia ad un percorso individuale che dovrebbe sempre prevedere la possibilità di scelta, di cambiare idea, opinione e orientamento. Questo è possibile su tutte le questioni civili, individuali e personali e dunque deve essere possibile anche su un tema così fondamentale come la difesa di un sistema, di un valore, quello della democrazia e della partecipazione democratica, del nostro essere parte di uno Stato e, dico di più, di una comunità come quella Europea.
Sappiamo che il provvedimento chiude una pagina storica importante, che - come ho già detto nel corso della discussione sulle linee generali - ha visto un impegno preciso e puntuale di alcuni militanti storici del partito radicale (come Roberto Ciccio Messere) e che testimonia, nel nostro Paese, l'anima laica e cattolica, nonché l'anima dei testimoni di Geova i quali, con la loro disobbedienza civile ed obiezione di coscienza, hanno conquistato uno spazio di libertà per tutti, rispetto al Pag. 61servire la patria in modo diverso da quanto è stato tramandato da una certa cultura militarista e lasciato, come traccia, anche dal dibattito di questa mattina.
Per questo motivo, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, annuncio che voteremo a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesini. Ne ha facoltà.

ROSALBA CESINI. Signor Presidente, dopo la «bulimia» di retorica spesso faziosa e strumentale che ha caratterizzato tanta parte del dibattito, intendiamo attenerci ad uno stile più sobrio ed essenziale, restando ancorati al merito.
Dichiaro, preliminarmente, da parte del mio gruppo, il voto a favore del provvedimento che modifica la legge 8 luglio 1998, n. 230. L'obiezione di coscienza è un concetto che, come ogni altro, è soggetto all'evoluzione storica. È, cioè, un concetto che va trattato in termini storicamente determinati. Oggi esso non ha gli stessi contenuti o lo stesso significato del passato anche prossimo, perché, cambiando il contesto in cui si colloca, ne cambia anche la valutazione.
Oggi, infatti, anche il concetto di difesa non significa più solo entrare nelle Forze armate per contribuire a difendere, armi in pugno, i confini della patria da aggressioni esterne. Oggi, per difendere la patria, per renderla più forte e capace di accoglienza, per farla sempre più «casa per tutti», si può scegliere tra il servizio militare, esercitato in Forze armate professionali - che vedono il proprio ruolo e i propri compiti mutare continuamente con l'evolversi del contesto economico, socio-culturale e politico globale - e il servizio civile, contribuendo all'attenzione verso i più deboli nella società, alla protezione dei beni culturali, ambientali e alla protezione civile, per rispondere alle emergenze dovute a calamità.
Se, da una parte, la rinuncia alla leva obbligatoria ha indirizzato le Forze armate verso un modello di difesa professionale, attrezzato per gestire le sfide globali dell'epoca contemporanea, dall'altra i quasi ottantamila ragazzi e ragazze che annualmente fanno domanda per il servizio civile, sono il segno di un'evoluzione dello stesso istituto dell'obiezione di coscienza.
Attraverso i vari passaggi legislativi che hanno gradualmente trasformato le Forze armate introducendo un nuovo modello di difesa, l'obiezione di coscienza, da faticosa concessione dello Stato - il «leviatano» della concezione assolutista e totalitaria, evocato a più riprese dalla destra militarista in quest'aula - a chi ne faceva una scelta personale legata a profonde e irrinunciabili convinzioni, è diventata, coerentemente con la concezione liberale dello Stato, un diritto garantito a chiunque e, quindi, anch'esso un modo alternativo e complementare di servire la patria.
Evoluzione del concetto di obiezione di coscienza non significa però un suo svuotamento di significato, anzi, caduto l'obbligo del servizio militare, l'obiezione di coscienza diventa ancor più un valore e un diritto condiviso, legato al più ampio concetto di obiezione alle armi e scelta di metodi non violenti, che va oltre l'opposizione alla leva obbligatoria e che va collegata a un modello di difesa del paese e di costruzione della pace alternativo a quello militare.
Il venir meno del servizio di leva obbligatoria ha però lasciato scoperto, a livello legislativo riguardo l'obiezione di coscienza, situazioni ingiustificate dalle motivazioni etiche che ne stanno alla base. Ciò inoltre ha comportato discriminazioni a danno dei cittadini nati fino al 1985 in quanto sottoposti all'obbligo della leva che, come conseguenza della loro obiezione di coscienza, verrebbero sottoposti a vita a divieti che non riguardano più invece i nati dopo tale data.
Il testo in esame risponde bene a tali questioni. Innanzi tutto il provvedimento ristabilisce il diritto al cambiamento di opinione e al mutamento della coscienza: una persona che ha scelto l'obiezione di coscienza può decidere, per motivi che considera giusti ed opportuni in una nuova fase della realtà, di cambiare opinione. Sia Pag. 62chiaro però che lo stesso principio deve potersi applicare anche nell'opposta direzione, per esempio, nel caso di militari che volessero ad un certo punto diventare obiettori di coscienza. A questo punto però il cambiamento diventa irrevocabile, e l'ex obiettore, liberato da vincoli di legge dovuti all'obiezione di coscienza, viene però inserito nelle liste delle persone soggette a richiamo militare in caso di mobilitazione.
Infine il testo in esame elimina quei divieti dovuti all'obiezione di coscienza che sono ingiustificati. Il divieto, ad esempio, di usare le armi non può essere esteso a quegli strumenti come fucili e lancia-siringhe per i veterinari, o l'uso della dinamite nelle cave, che armi non sono in quanto non indirizzate a recare offesa alle persone e a minacciare l'ambiente naturale. Per tutti questi motivi, signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani esprimerà un voto favorevole sul provvedimento in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Zulueta. Ne ha facoltà.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Verdi esprimeranno un voto favorevole sul provvedimento in discussione, anche se abbiamo alcune riserve sulla modalità con cui si è arrivati a discutere di questa delicata materia. Siamo convinti che la coscienza abbia una sua evoluzione e per questo non ci opponiamo all'idea che anche qualche giovane che si è dichiarato obiettore possa averci ripensato e voglia ora fare un lavoro che comporti l'uso delle armi. Ovviamente, a maggior ragione, dobbiamo salvaguardare tutte quelle situazioni paradossali che si sono venute a creare nel tempo e alle quali questo testo risponde puntualmente. Quello che però vogliamo sottolineare con forza e che nessuno può prendere a pretesto questi pochi casi (i ricorsi presentati ad oggi sono poche decine) per cancellare con un colpo di spugna un pezzo di storia del nostro paese costruito da 800 mila giovani che, rifiutando l'uso delle armi, hanno costruito nel tempo una forma di difesa della patria alternativa a quella militare. Tanto che oggi, malgrado i limiti economici riconosciuti dalla finanziaria, sono oltre centomila i giovani che ogni anno vorrebbero accedere al servizio civile volontario, e sono sempre maggiori le esperienze dei corpi civili di pace.
Come dicevo, la materia è molto delicata, e per questo ci siamo impegnati in Commissione affinché venissero ascoltate le associazioni degli obiettori, insieme ai principali enti in cui questi hanno prestato il servizio civile, per esempio la Caritas italiana e l'Arci servizio civile. Da queste associazioni sono state evidenziate alcune perplessità e sono state avanzate alcune proposte che noi vogliamo sostenere.
Può suonare strano che esistano ancora associazioni di obiettori, oggi che la leva è congelata e chi fa il militare lo fa volontariamente. Ma, giustamente, ci hanno spiegato che l'obiezione è una scelta di vita, dove si rifiuta l'idea che le controversie vengano risolte con la forza, e si lavora per costruire una alternativa nonviolenta. E questo non viene meno solo togliendo di mezzo l'obbligo della leva.
Da tutte le associazioni ascoltate, anche se con sfumature diverse, sono emerse chiaramente due proposte che auspico il Parlamento voglia quanto prima affrontare in coerenza con il provvedimento che stiamo per licenziare.
Se l'evoluzione della coscienza viene concessa agli obiettori, altrettanto deve avvenire per i militari, infatti deve essere garantita la possibilità di dichiararsi obiettori anche in presenza di forze armate totalmente volontarie, come è dimostrato anche da paesi, come gli Stati Uniti, che hanno una storia più consolidata di forze armate volontarie.
Inoltre, visto che parliamo di lavoro che comporta anche la produzione di armi, deve essere garantita anche a chi lavora in questo settore la possibilità di obiettare, senza dover per questo perdere il posto di lavoro.
Ci troviamo di fronte ad una sospensione dell'obbligo di svolgere il servizio militare, che in alcune condizioni previste Pag. 63dalla legge potrebbe essere reintrodotto. Anche in quest'ottica, le associazioni chiedono che venga creato presso l'Ufficio nazionale del servizio civile un albo, in cui andrebbero automaticamente iscritti d'ufficio gli 800 mila giovani dichiaratisi obiettori in questi anni - ma anche ogni altro cittadino - anche se non interessati alla leva, che manifestano la loro dichiarazione di obiezione di coscienza, anche ai fini di eventuali riattivazioni della leva obbligatoria, cosa che non possiamo - ahimè - escludere.
Approfittando del fatto che stiamo parlando di obiezione di coscienza e di servizio civile, vorrei lanciare un appello ai colleghi e al Governo, affinché si affronti urgentemente l'emergenza che sta attraversando l'attuale servizio civile nazionale. Infatti, a causa delle insufficienti disponibilità finanziarie si sa già che con il prossimo bando ordinario sarà finanziato solo un terzo dei progetti presentati, pari a circa 39 mila volontari, a fronte di una domanda da parte degli enti di 122 mila. Ed intanto si è bloccato a tempo indeterminato l'accreditamento.
Durante la giornata nazionale dell'obiezione di coscienza e del servizio civile, lo scorso 15 dicembre, il Capo dello Stato ha affermato che il servizio civile contribuisce - sue testuali parole - «a rafforzare le istituzioni e il tessuto democratico al di là delle contrapposizioni di parte» ed ha altresì auspicato «che possano essere attuate tutte le misure necessarie a valorizzare il servizio civile». Onorevoli colleghi non lasciamo cadere nel nulla l'appello del Capo dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, già nel corso del dibattito ho esplicitato i motivi che portano il mio gruppo a votare a favore del provvedimento di legge in esame, e pur tuttavia ritengo opportuno in sede di dichiarazione di voto sottolineare - anche alla luce del dibattito e degli interventi che mi hanno preceduto - alcuni elementi della polemica che è stata alla base di questo confronto.
Anzitutto vi è stato da parte di alcuni colleghi una sottolineatura di scarsa importanza di questo provvedimento, ed è sintomatico il fatto che proprio coloro che hanno definito questo provvedimento scarsamente importante, abbiano finito invece per sviluppare su di esso una polemica politica e a tratti perfino ideologica, come se coloro che hanno scelto di fare gli obiettori di coscienza abbiano scelto una scappatoia per evitare il servizio militare, e non siano invece stati animati da una vocazione antimilitarista, di rifiuto di principio delle armi, che è riconosciuta dalla nostra legge.
Di converso, ho sentito anche alcuni colleghi che hanno sostenuto l'ipotesi opposta, e cioè che sarebbe stato un valore di per sé il fatto di rifiutare il servizio militare e l'uso delle armi per difendere la patria, ritenendo invece il servizio civile come obiettivo, diciamo più umanitario e più idoneo a perseguire questi valori.
Ritengo invece che la legge non fissi alcun valore, ma si inserisca pragmaticamente per affermare un principio che a me pare basilare, e cioè la possibilità - e parliamo del passato, perché oggi non siamo più in regime di obbligatorietà del servizio di leva per i giovani, quindi tutta la nostra discussione riguarda coloro che si sono avvalsi dell'istituto dell'obiezione di coscienza in passato - di recedere da questo status, di non essere - diciamo così - «condannati a vita» come obiettori di coscienza.
Dal momento che nessuno di noi può essere condannato a vita per le proprie idee, non vedo perché un obiettore di coscienza debba essere condannato a vita per una scelta che ha compiuto quando aveva diciotto, diciannove o vent'anni. Vi è chi sostiene che il provvedimento in esame potrebbe essere un incentivo all'opportunismo; si fa cioè l'ipotesi che qualcuno prima affermi di essere obiettore e poi - dopo due anni (o anche cinque, ma il provvedimento ne prevede due) - receda da questo status per ottenere la posizione Pag. 64sociale offerta da concorsi pubblici che prevedono l'utilizzo di armi. Una simile argomentazione sarebbe significativa se oggi vi fosse ancora il servizio obbligatorio di leva; ma dal momento che la leva obbligatoria è stata abolita, mi pare che l'argomento non sia pertinente per questo provvedimento (al contrario di altri che possono incentivare certi comportamenti).
Un altro punto attiene al fatto che si parla di «uso delle armi». Ora, io non credo che l'uso delle armi ricada sempre sotto un'unica categoria: un conto è usare un'arma per offendere, altro conto è usarla per difendere, altro conto ancora è usarla per cacciare. Sotto quest'ultimo punto di vista, con tutto il rispetto che nutro per i colleghi dei Verdi, devo dire che non credo che sia la stessa cosa utilizzare un'arma per cacciare o per far parte di un esercito: uomini e animali non sono, né possono essere, la stessa cosa. Anche su questo si fa una gran confusione: la vecchia legge intendeva l'obiezione di coscienza come l'inammissibilità dell'utilizzazione di armi per tutta la vita da parte di coloro che da ragazzi avevano fatto ricorso a questo istituto per evitare il servizio militare e si erano instradati invece sulla via del servizio civile.
Devo dire poi, signor Presidente e onorevoli colleghi, che sono convinto che anche il servizio civile sia stato in passato un'occasione per dare il proprio contributo al servizio della Patria. Del resto, la legge ha equiparato servizio militare e servizio civile: non ha collocato il servizio civile in secondo piano rispetto a quello militare. I giovani che hanno servito il nostro Paese per un anno - e anche qualcosa di più - attraverso il servizio civile nel volontariato, negli enti pubblici, nelle organizzazioni assistenziali e sociali, non hanno svolto un'attività secondaria o meno utile rispetto a quella dei ragazzi che hanno invece svolto a pieno titolo il servizio militare.
È dunque a queste considerazioni, e alla filosofia secondo cui nella vita, in fondo, tutto è provvisorio, che dobbiamo ispirarci. E provvisorie sono anche le idee di ognuno di noi, com'è ben noto a questo Parlamento: cambiano le idee dei partiti, cambiano le idee degli uomini; possono dunque ben cambiare anche le idee dei giovani! Come ho detto in sede di dibattito sulle linee generali, ci sono persone che da ragazzi credono che l'utilizzo delle armi sia indispensabile per cambiare la società, e poi se ne pentono - meno male! - ed arrivano a forme di lotta democratica e pacifica. Ci possono dunque anche essere giovani che a diciotto anni rifiutano categoricamente qualsiasi tipo di utilizzo delle armi, e poi assumono un atteggiamento per così dire più laico, onorevole Giovanardi, di fronte a questa possibilità (Commenti del deputato Giovanardi). Ci possono essere anche coloro che da ragazzi pensano che l'uso delle armi, anche solo per difesa, sia da rifiutare e poi assumono un atteggiamento su questa materia - consentimi l'aggettivo, che non è offensivo né per te né per la tua cultura - più laico, più libero, più maturo e più equilibrato. Perché non considerare una simile eventualità? Nessuno di noi è condannato a vita ad un pensiero e ad uno status. Per quale motivo, dunque, dobbiamo condannare a vita ad uno status un ragazzo di diciotto anni che fa la scelta dell'obiettore di coscienza?
Questa è la possibilità che dà la legge. La legge prevede la facoltà di recesso dallo status di obiettore di coscienza e la possibilità, attraverso questo recesso, di partecipare a quelle attività e a quei concorsi che prevedono l'uso delle armi.
Ritengo si tratti di un provvedimento equilibrato, giusto, da apprezzare e da approvare. Qualcuno ha affermato che diamo la possibilità agli obiettori di coscienza di diventare cacciatori. Anche questo non credo che sia un reato; per me che pure, lo ripeto, non considero la caccia uno sport come gli altri, ed anche se è uno sport olimpico non lo pratico e non mi interessa, la caccia non è un reato. Non credo che un cacciatore sia la stessa cosa di un assassino, e quindi non vedo quale sia il problema di principio sollevato dal provvedimento in esame, che, ripeto, dà la possibilità a ragazzi che nel passato - non oggi, perché l'obbligatorietà del servizio di Pag. 65leva è stata superata - hanno fatto uso dell'istituto dell'obiezione di coscienza, di recedere da quello status e di partecipare a pieno titolo alla vita sociale e civile, come qualsiasi altro ragazzo (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, come presentatore di una delle proposte di legge confluite nel testo unificato non posso che salutare con favore il provvedimento in esame.
Questa Assemblea, finalmente, si accinge ad eliminare un'ingiusta penalizzazione degli obiettori di coscienza, vale a dire il divieto di esercitare tutte le attività che comportano, in qualche modo, l'uso di armi (come la caccia, la partecipazione ai concorsi per le Forze armate, la Polizia, i Carabinieri, la Guardia di finanza, il Corpo forestale e persino la disciplina sportiva del biathlon).
Tali divieti sono stati concepiti a suo tempo innanzitutto per dissuadere dal presentare istanze di riconoscimento dell'obiezione di coscienza non sincere o di comodo. Con la radicale riforma del servizio militare avvenuta nel 2000 ed entrata in vigore nel 2005, con la cessazione del servizio di leva obbligatorio e l'introduzione del servizio di leva professionale, l'istituto dell'obiezione di coscienza è ormai superato. Sono però rimasti i divieti per gli obiettori: oggi centinaia di migliaia di obiettori sono dunque esclusi da tante opportunità, anche di lavoro.
Mentre nell'attuale ordinamento si può cambiare regione, idea politica e, con una modifica fatta recentemente con un provvedimento del Consiglio dei ministri, anche gruppo linguistico, dopo il decorso di cinque anni, ciò non è possibile per gli obiettori, che rimangono vincolati per sempre ad una scelta fatta in giovane età.
Riteniamo quindi giusto che il Parlamento affronti la problematica nel senso da noi auspicato. Il testo proposto costituisce un'unificazione molto ben riuscita tra i vari testi presentati, consentendo finalmente il recesso dallo status di obiettore dopo il decorso di cinque anni dalla collocazione in congedo. Credo che sia stata trovata una buona sintesi tra le diverse esigenze, anche perché l'ex obiettore, una volta che abbia rinunciato al suo status, può sì chiedere, per esempio, il porto d'armi, ma è altresì soggetto alla chiamata alle armi in caso di mobilitazione.
Nessuna indulgenza e nessun favoritismo, quindi, ma semplicemente l'introduzione di una soluzione equilibrata e sensata. Ringrazio i colleghi di maggioranza e di minoranza, ma in particolare la relatrice, la presidente della IV Commissione Roberta Pinotti, per la sua tenacia ed il paziente lavoro che ha portato alla compilazione di un ottimo testo, anche sotto il profilo della tecnica legislativa.
Annuncio quindi il voto favorevole della Südtiroler Volkspartei, della componente politica delle minoranze linguistiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, mi dispiace di non essere d'accordo con l'onorevole Zeller e neanche con l'onorevole Del Bue, ma le considerazioni fin qui svolte sul fatto che questa sia una proposta di legge equilibrata e corretta e sulla necessità di consentire ai giovani di cambiare idea e di non dover subire per tutta la vita le conseguenze di un loro atto di volontà vengono contraddette dal testo: in esso, infatti, si stabilisce che chi vuole fruire della possibilità di rinunciare allo status di obiettore lo può fare - è previsto esplicitamente - presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l'Ufficio nazionale del servizio civile.
Quindi, quello che è revocabile diventa irrevocabile, ma ciò, naturalmente, è anticostituzionale: infatti, se viene riconosciuta Pag. 66la libertà di coscienza che presiede alla possibilità di revocare un meccanismo attraverso il quale non si è fatto il servizio militare, non si capisce poi per quale ragione scriviate che questo giovane che revoca - e che poi viene iscritto nei registri di leva in caso di chiamata obbligatoria - ha reso irrevocabile la sua scelta per tutta la vita.
Ciò tanto per sottolineare come la norma al nostro esame sia stata scritta in maniera affrettata ed anche giuridicamente infondata. Ma la norma di cui stiamo discutendo è sbagliata non solo per questo motivo.
Avendo avuto l'onore per cinque anni di seguire il Servizio civile nazionale che, giustamente, è cresciuto fino a 80 mila ragazzi, tutti impegnati (ma devo dire che il nostro Governo raddoppiò i fondi per il Servizio civile nazionale, mentre adesso sento che purtroppo solo il 30 per cento delle domande potrà essere soddisfatto), sono stato il primo a sottolineare l'importanza di uno strumento che oggi consente di servire la patria o con le armi o senza di esse.
Lo dichiarò il Presidente Ciampi e l'ha ribadito Napolitano: si tratta di una scelta di grandissima civiltà, inquadrata nel principio costituzionale di difesa della patria e, quindi, vi è stata una evoluzione giustamente normativa che ha portato a questo risultato, che, oltretutto, ha consentito di superare lo steccato tra ragazzi che maneggiano le armi e coloro che prestano il servizio civile.
Ma sappiamo bene tutti che storicamente, sino a tre anni fa, ogni giovane, all'arrivo della cartolina precetto, doveva rispondere a se stesso se adempiere ad un obbligo faticoso e oneroso - si trattava, infatti, di andare a centinaia di chilometri da casa, di soprassedere agli studi e, qualche volta, di perdere un lavoro - o fare come chi abitava nello stesso palazzo e si dichiarava obiettore di coscienza. La legge, infatti, gli permetteva per ragioni filosofiche, morali e religiose di dire: «Io non posso toccare le armi, non posso maneggiare le armi e quindi faccio il servizio civile».
Chi faceva questa dichiarazione, peraltro, sapeva benissimo che avrebbe avuto una limitazione molto piccola: sulla base delle sue convinzioni, non avrebbe potuto in seguito andare a caccia o fare il carabiniere, in pratica, avere il porto d'armi. Ma milioni di italiani, pur avendo fatto il militare, ugualmente non hanno il porto d'armi e non vanno a caccia.
Non so se riuscite a cogliere la contraddizione da «paese di Pulcinella», la beffa di chi ha fatto l'obiezione di coscienza, non ha prestato il servizio militare e poi, magari, si fa fotografare con sette lepri uccise. Afferma il collega Del Bue: una cosa è sparare agli uomini, altra sparare agli animali. Fatto sta che i soldati italiani, i militari di leva del dopoguerra (ben un milione) non hanno mai sparato a nessuno, mentre i cacciatori agli animali sparano, e proprio gli amici Verdi ci hanno qui spiegato di essere contrari per principio alla caccia e a chi uccide gli animali.
Se gli animali vengono uccisi da chi si è dichiarato obiettore di coscienza, rimango comunque perplesso. E mi lascia ancora più perplesso il fatto che chi si è dichiarato obiettore di coscienza, e quindi non vuole maneggiare le armi, domani possa fare il mio collega carabiniere di pattuglia. Chi mi garantisce, infatti, che chi ha cambiato idea una volta non venga poi a dirmi che il carabiniere lo ha fatto per una ragione di stipendio e che, al momento di usare le armi, non la pensi nuovamente come quando ha fatto l'obiettore di coscienza?
Abbiamo forse la coscienza «tira e molla»? Siamo un paese che si trova in un sinallagma di prestazioni! Prestazione significa educare un giovane a rispettare un impegno, una volta assunto. Una coppia che a trent'anni adotta un bambino non può poi dire: «Ho cambiato idea e adesso il bambino non lo voglio più mantenere; avevo sì preso un impegno ma ora ho cambiato idea».
Chi ha fatto obiezione di coscienza, inoltre, ha «incassato» subito. Nel contratto che ha stipulato con lo Stato, infatti, facendo l'obiettore di coscienza e prestando Pag. 67servizio civile non ha fatto il servizio militare, non è partito, non ha abbandonato la casa e non si è sottoposto - come milioni di suoi colleghi - ai disagi del servizio militare. Di fronte all'altra parte della prestazione, e cioè al mantenimento di un impegno a non avere il porto d'armi, lo Stato ed il Parlamento dicono: «Abbiamo scherzato, tu adesso puoi fare una dichiarazione irrevocabile per cui non sei più obiettore di coscienza e per tutta la vita non puoi più cambiare idea, e, quindi, se c'è necessità di andare a fare il militare in caso di guerra, devi andarci».
Ma vi rendete conto del ginepraio di contraddizioni che avete scritto, del fatto, cioè, che ci sono milioni di persone - a cominciare dagli alpini che sfileranno il 13 maggio e che ieri hanno preso una posizione durissima - che si sentono umiliate e offese da questa vostra decisione (e sono coloro che hanno fatto il militare)? E ve ne sono altre decine o centinaia di migliaia che, avendo fatto gli obiettori di coscienza, si sentono offese dal fatto che voi «sporchiate» la loro decisione.
Allora, sono molto più vicino agli obiettori coscienza di quanto non lo siate voi. Voi date una mano formidabile, infatti, a quelli che per decenni hanno detto che gli obiettori di coscienza erano persone che per convenienza non volevano fare il militare, erano dei cialtroni, erano ragazzi non in buona fede ma in malafede, che facevano una scelta di comodo. Voi, con questa proposta di legge sostenete questa tesi, date fiato a quella destra militarista che avete evocato e che ha sostenuto per anni che l'obiezione di coscienza era una scelta di comodo. In questo modo la fate diventare effettivamente una scelta di comodo.
Tutto ciò perché esiste una lobby di obiettori? Essi sono venuti anche da me, quando ero ministro. Vi sono cento, duecento, trecento persone, che vengono a sindacare e a chiedere, perché uno di questi vuole andare a caccia, l'altro vuole fare il carabiniere. Dunque, il Parlamento deve muoversi per questa lobby? Li ho ascoltati ed educatamente ho spiegato loro quello che vi spiego oggi: riconosco la categoria delle persone serie che hanno fatto il servizio militare così come riconosco la categoria delle persone serie che hanno fatto gli obiettori di coscienza; non voglio riconoscere per legge la categoria dei furbi, quelli che, dopo aver fatto quella dichiarazione, affermano oggi di aver cambiato idea.
In che modo molte persone - lo ripeto ancora una volta a favore di chi leggerà gli atti parlamentari - hanno motivato quella decisione? La caserma era lontana, vi era un concorso da affrontare, vi era la possibilità di un lavoro; e perciò si sono dichiarati obiettori di coscienza, per non fare il militare: questa vi sembra una giustificazione? Vi sembra serio che lo Stato dica ai giovani che gli impegni presi possono essere disattesi in questa maniera? È un atteggiamento educativo?
Neanche nei contratti privati è ammesso un simile comportamento. Nessuno può stipulare un contratto e, a fronte dell'adempimento dell'altro contraente, rispondere, nel momento in cui si devono adempiere le proprie obbligazioni, di aver scherzato e di non voler adempiere più perché si è cambiata idea.
Provate nel diritto civile e nei contratti a comportarvi in questa maniera. E se qualcuno ha fatto un contratto con lo Stato, perché non lo deve adempiere? È una così grande privazione non andare a caccia? È una così grande limitazione non avere il porto d'armi? Io non vado a caccia e non ho il porto d'armi; tuttavia non ho fatto l'obiettore di coscienza.
Perciò rispettiamo veramente le persone serie, quelle che hanno fatto una scelta non di comodo; non impegniamo il Parlamento in un provvedimento che è assolutamente sbagliato, perché se tutto quello che avete affermato sul principio che si possa cambiare idea è che le scelte sono revocabili, allora non si comprende perché avete sostenuto nel provvedimento che questa posizione é irrevocabile, è tale per tutta la vita e ci si impegna a non cambiare più idea. Pertanto ho qualche difficoltà a riconoscere questo diritto, per le ragioni che ho cercato di spiegare Pag. 68(Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ritornerò brevemente su una serie di problematiche che ho sollevato questa mattina e che ritengo utile riproporre anche alla luce del dibattito che si è già sviluppato e che è stato ripreso oggi pomeriggio. In particolare, voglio insistere su un aspetto, che già veniva menzionato ora, ovvero l'unica parte dell'intervento dell'onorevole Giovanardi che condivido, riguardo al valore del servizio civile e all'obbligo che è stato ricordato da eminenti esponenti della Repubblica (ma che concerne tutti) di sancire il servizio civile nel dettato costituzionale della difesa della patria.
È vero che il riconoscimento di questa connessione che esiste, fra i due versanti della difesa, dovrebbe distruggere veramente gli argomenti che sono stati opposti nel dibattito di questa mattina, relativamente ad una visione della difesa del Paese che riduca tutto all'uso delle armi e all'opzione bellica, intesa come guerra attiva. Riaffermo che, vorrei ribadirlo, poiché siamo reduci da una giornata dedicata al dibattito sulla memoria, la Repubblica italiana affonda le sue radici storiche in una lotta di liberazione che vide fortemente connessa una resistenza militare, anche aspra, con una resistenza civile di altissimo livello, che ritengo dobbiamo ancora scoprire nella sua profondità, nella sua radicalità e nel vasto coinvolgimento che esercitò su settori della popolazione italiana, sulla parte femminile in maniera peculiare, la quale sostenne un contributo essenziale. Quindi è nella radice storica che ha dato vita alla Costituzione - che qui viene invocata tirandola da una parte e dall'altra - ed è nella fattualità del contesto storico che permise la nascita della Repubblica e della sua Costituzione che va ricercata la connessione tra difesa civile e difesa in armi che risulta inevitabile non soltanto alla luce della storia, ma anche a fronte di un ragionamento concreto.
Non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che la legge sull'obiezione di coscienza abbia aperto una strada importante per una ridefinizione di un capitolo così essenziale per la vita nazionale. Pertanto mi sembrano ridicole e fuori tempo massimo le argomentazioni unilaterali di tipo patriottico che sono state pronunciate questa mattina, anche con accenti veramente offensivi, nei confronti di chi utilizzò tale legge.
Voglio mettere in risalto anche altri aspetti. La legge sull'obiezione di coscienza fu il frutto di una grande crescita della coscienza democratica del nostro Paese, dove non c'era soltanto una critica all'ideologia militarista che informava in quegli anni le Forze armate, quell'ideologia patriottarda - mi rendo conto che utilizzo un aggettivo sgradevole - dove la patria veniva ridotta ad un'entità astratta infarcita di valori metastorici e ideologici. Non si trattava soltanto della crescita di una cultura critica nei confronti di questi lasciti arcaici e di epoca prerepubblicana - per parlarci chiaramente - ma era anche il frutto di una crescita della coscienza dei diritti di cittadinanza.
Credo che non si possa dimenticare il contesto in cui avveniva la coscrizione obbligatoria. Mi limito a ricordare il fenomeno terribile del «nonnismo», in cui i giovanissimi, quasi adolescenti, erano sbattuti in situazioni dove la latitanza delle tutele dello Stato era il dato fondamentale. Allora, evidentemente, chiedere un giuramento da qui all'eternità a giovani (che spesso vivevano in maniera contraddittoria e confusa quello spazio che nella società si era creato tra l'obbligo di partire in coscrizione e la possibilità di sfruttare gli spazi di democratizzazione che il Paese attraversava in quegli anni), traducendolo in una obiezione civile permanente, corrisponde, come ho detto stamattina, ad Pag. 69una concezione del rapporto tra cittadini e Stato che proprio allora veniva messa radicalmente in discussione.
Sostanzialmente, veniva messa in discussione la pretesa dello Stato di essere depositario di una eticità superiore per quanto riguarda una serie di questioni fondative dello Stato stesso, tra cui l'obbligo di difendere il proprio Paese - perché indubbiamente ciò costituisce un obbligo - ridotto alla sua versione arcaico patriottarda: il sacrificio del sangue fatto non quando fosse necessario, ma come premessa ideologica, come metafora del bene assoluto di cui lo Stato era depositario e normatore assoluto.
Tutto ciò è stato messo in discussione al fine di rendere possibile un rapporto meno totalizzante tra cittadini e Stato e uno spazio di negoziazione, di ridefinizione, anche di accompagnamento nel caso dei giovani durante la leva obbligatoria in un percorso di formazione. Questo aspetto deve essere il punto di riferimento nella discussione della presente proposta di legge, altrimenti si rischia di trattare le questioni della difesa del Paese nell'indifferenza e nell'esaltazione di certi valori che non si comprende bene come possano essere riproposti nella maniera ascoltata stamani. Credo, quindi, che si è trattato di uno spazio di presa di coscienza di democratizzazione dei rapporti con le istituzioni, con gli apparati dello Stato. Tra l'altro, vi sono stati ampi fenomeni di innovazione: penso alla democratizzazione e alla sindacalizzazione della polizia, che ha rappresentato praticamente un grande fenomeno di ingresso dello spirito repubblicano-costituzionale autentico nei luoghi separati dello Stato. Da questo punto di vista, condivido quello che è stato detto, in particolare dalla collega Tana De Zulueta, sull'enorme valore dell'esperienza e dell'impegno di oltre ottocentomila obiettori di coscienza che in trentatré anni hanno concretizzato i principi di solidarietà sociale e di non violenza, costruendo un nuovo paradigma di cittadinanza attiva e di difesa del nostro Paese o della patria - per chi ama questo modo di riferirsi alla Repubblica - che è entrato nella cultura della nostra società e nel suo ordinamento giuridico, grazie anche a numerose sentenze della Corte costituzionale.
Ricordo che la legge sulla scelta dell'obiezione di coscienza al servizio militare, che ha avuto come risultato la costituzionalizzazione di fatto dell'obbligo, per così dire multiforme, della difesa del Paese e, quindi, il riconoscimento a questo livello della difesa civile, nasce, tuttavia, con un intento diverso che è sanzionatorio e punitivo...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ELETTRA DEIANA. ... esattamente da Stato etico che, a fronte del passo indietro che deve fare rispetto al paradigma supremo della difesa, richiede a ragazzi appena usciti dagli anni dell'adolescenza di uniformarsi ad un paradigma altrettanto totalizzante. Quindi parliamo delle cose per come sono state e si sono manifestate nella nostra storia; ricordo che cos'era per i ragazzi di non tanti anni fa...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ELETTRA DEIANA. Alla luce di queste considerazioni, riaffermo con forza il voto favorevole del mio gruppo alla proposta di legge in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione comunista-Sinistra europea e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho già avuto modo di precisare la posizione del gruppo dell'Italia dei Valori sul provvedimento che stiamo per licenziare. Mi preme però richiamare alcuni passaggi e sottolineare la situazione un po' paradossale che si va delineando in quest'aula per la quale - chiedo scusa per la grossolana estremizzazione - chi normalmente è a favore dell'uso delle armi voterà contro un provvedimento che in teoria allarga questa possibilità, mentre chi, Pag. 70come ad esempio il sottoscritto, in linea di massima è risolutamente contrario, voterà a favore.
Vale forse la pena riepilogare i termini della questione, le tappe che hanno caratterizzato il percorso del testo unificato in discussione. Facendo una breve ricostruzione storica, possiamo partire dal caso di obiezione, avvenuto nel 1948, di Pietro Pinna, il non violento finito in carcere per dieci mesi e che provocò, già allora, grande scalpore nell'opinione pubblica. Altri casi si verificarono negli anni Cinquanta e, tra questi, vi è quello riguardante il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, che nel 1961 scelse la disobbedienza civile nei confronti della decisione della commissione ministeriale sulla censura che aveva vietato la proiezione in Italia del film francese Non uccidere, del regista Claude Autant-Lara, che esaltava appunto la figura dell'obiettore di coscienza e la cui proiezione, secondo la commissione, poteva configurare il reato di istigazione a delinquere.
La Pira, proiettando il film e richiamando l'attenzione dei governanti sulla necessità di educare gli Stati al pieno rispetto delle coscienze, dovette addirittura affrontare un'azione giudiziaria e pesanti critiche da parte dell'Osservatore Romano. Anche se, fortunatamente, in quell'occasione non fu definito un terrorista, La Pira fu oggetto di critiche e polemiche anche da parte di illustri uomini politici. Contemporaneamente, nella Francia di De Gaulle si varava un'apposita legge sull'obiezione di coscienza.
La legge Pedini del 1966 sembrò offrire una soluzione al problema, permettendo una sorta di servizio civile nel terzo mondo, ma aveva anch'essa i suoi limiti. A partire dal 1968, soprattutto in virtù di un crescente sentimento antimilitarista e dell'incremento del numero delle obiezioni, il problema trovò un'eco rilevante, fino ad arrivare al pieno riconoscimento, con la legge n. 772 del 1972, del diritto di obiezione di coscienza per motivi morali, religiosi e filosofici. Sottolineo ancora una volta come questi dati non siano acquisiti una volta per tutte, ma, facendo parte della sfera del divenire umano, possano subire alcuni cambiamenti.
L'approvazione di quella legge, però, non risolse tutti i problemi e non placò le critiche, ma segnò un sicuro passo in avanti nella definizione della questione. La legge, da allora, non punisce più l'obiettore, il quale, garantito nel suo intento morale, agisce nei limiti della legge e non più al di fuori di essa. Di conseguenza, lo stesso uso delle armi e della forza bellica è stato riconsiderato come possibile modalità di risoluzione dei conflitti. Ulteriori riconoscimenti in questo senso sono stati operati, da ultimo, dalla legge n. 230 del 1998, che, anche a seguito di numerose pronunce dei più alti organismi istituzionali di livello sia nazionale che internazionale, ha sancito la piena operatività del diritto all'obiezione di coscienza, non criticabile da parte di alcuna commissione ministeriale.
A nostro avviso, furbizie ed opportunismi ci sono sempre stati e ci possono sempre essere. Lasciando da parte, comunque, le furbesche strumentalizzazioni delle quali, in alcuni casi, la legge n. 230 è stata oggetto, lo Stato ha perso l'occasione di utilizzare il servizio civile, che - è importante ricordarlo - non ha minore dignità rispetto al servizio militare, come strumento attivo per veicolare e sperimentare, all'interno delle Forze armate, l'innovazione culturale costituita dalle forme di difesa non armata.
Il punto è proprio questo: si fa confusione fra un uso delle armi a scopo bellico ed un uso delle armi per la difesa, l'ordine pubblico, la prevenzione e la repressione dei reati. Proprio all'interno del servizio civile doveva essere intensificata e meglio regolamentata l'educazione alla pace ed alla ricerca di forme di soluzione delle controversie internazionali, mediante strumenti diversi ed alternativi alla guerra, come stabilisce anche l'articolo 11 della Costituzione; speriamo, tuttavia, che non sia troppo tardi per realizzare tale proposito programmatico.
Sottolineo, a tal proposito, una coincidenza: nel 1998, mentre veniva pubblicata Pag. 71la nuova legge sull'obiezione di coscienza e l'uso delle armi belliche, a Roma si varava la costituzione di un Tribunale penale internazionale contro i crimini di guerra ed il genocidio. Segnali non irrilevanti, in tempi tragici, come i nostri, che rivelano come una parte dell'umanità sia alla ricerca, seppur lentamente e tra numerose contraddizioni, di un modo per allontanarsi da un'ideologia di guerra.
Il provvedimento odierno rappresenta, dunque, una tappa di questo processo di sviluppo civile e culturale dell'istituto dell'obiezione di coscienza, volta a rimuovere ogni residua vessazione di trattamento nei confronti di quanti, diversi anni addietro, hanno effettuato una scelta che ora li condiziona fortemente, senza offrire loro alcuna possibilità di revoca di scelte compiute in un'età - quella tra i diciotto e i venti anni - in cui decisioni, scelte di vita e sentimenti sono talvolta frutto di impulsi, di irrequietudini, di impeti ideali, che a volte possono essere anche riconsiderati.
Consideriamo quindi positivamente il provvedimento in esame, che tende a rimuovere tutte le preclusioni, spesso anche irragionevoli, che gravano sugli obiettori. Stamattina ho già fatto l'esempio dei paradossi per cui oggi un obiettore di coscienza non può neanche praticare uno sport olimpico come il tiro al piattello. Tali preclusioni non hanno alcun motivo di continuare a limitare le scelte degli obiettori, a maggior ragione dopo il superamento dell'istituto dell'obiezione di coscienza, a seguito della radicale riforma del servizio militare, che ha decretato la fine della leva obbligatoria.
Siamo pertanto dell'idea che, soltanto rimuovendo ogni forma di preclusione e vessazione nei confronti degli obiettori, lo Stato avrà realmente riconosciuto e garantito loro quel diritto fondamentale della persona che è la libertà di coscienza, un diritto innato, costitutivo di ogni persona in quanto tale. Al riguardo, menzionando - spero le farà piacere, signor Presidente - ciò che scriveva Giuseppe Dossetti: ogni persona ha diritti antecedenti lo Stato e lo Stato stesso non costituisce tali diritti, non li crea né li attribuisce, ma semplicemente li dichiara e li riconosce.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto di Alleanza Nazionale, come è risultato chiaramente dal dibattito di questa mattina in aula, sarà radicalmente contrario. Abbiamo mantenuto la nostra coerenza, che ha fatto sì che il nostro sia stato l'unico gruppo ad opporsi fermamente a questo provvedimento in tutte le fasi del suo iter, in Commissione in sede referente, nelle Commissioni in sede consultiva, in Assemblea e nell'ambito della illustrazione di emendamenti e subemendamenti.
Anzi, gli interventi che hanno svolto molti colleghi del mio gruppo stamattina hanno dimostrato quanto ancor più ferma fosse l'opposizione, anche in riferimento ad alcune indicazioni di voto che, come è noto, pur con molte perplessità, avevo dato in senso favorevole riguardo all'emendamento presentato dalla Commissione che, come ho più volte ribadito, era semplicemente limitativo di un danno grave che va ben al di là dei numeri e dei soggetti che sono e saranno coinvolti dagli effetti di questo provvedimento (sempre ammesso che il provvedimento venga approvato anche dall'altro ramo del Parlamento).
Si tratta di un progetto in relazione al quale, mi sia consentita la franchezza, si è assistito ad una serie di assurdità giuridiche e politiche, ad una confusione di concetti in quest'aula, che mai mi era capitato in precedenza di ascoltare. Ebbene, la realtà è che evidentemente molti degli interventi svolti dai colleghi dei gruppi dei Verdi, di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani, della Rosa nel Pugno e dell'Italia dei Valori o discutono di argomenti diversi da quelli contenuti in questo provvedimento - nel senso che i colleghi non hanno capito di cosa stiamo parlando - oppure - e credo che sia Pag. 72l'ipotesi più probabile - vedono degli infingimenti e una malafede nel momento in cui si affrontano questi problemi. Ciò in quanto vi sono evidentemente pacifisti, ambientalisti e antimilitaristi che desiderano che gli obiettori di coscienza portino ed usino le armi, fabbrichino le armi e gli esplosivi, partecipino alla direzione delle imprese belliche che producono i sistemi d'arma, utilizzino gli esplosivi nelle attività produttive ed estrattive e dirigano le industrie belliche.
Inoltre, si pretende che gli obiettori di coscienza, che hanno rifiutato l'utilizzo delle armi rispetto al sacro dovere previsto dall'articolo 52 della Costituzione relativo alla difesa della patria, possano ora diventare carabinieri, poliziotti, militari di qualsiasi tipo di Forze armate, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e di qualsiasi altro corpo che preveda nell'esercizio della sua attività l'utilizzo delle armi. Questa è la realtà!
Stiamo votando un provvedimento che consente a coloro che si sono dichiarati contrari all'utilizzo delle armi di fare proprie quelle ideologie in ordine alle quali si sono dichiarati contrari. Ciò è talmente abnorme che richiama il paradosso ricordato in precedenza da un collega, ossia che coloro che come noi, quale gruppo di Alleanza Nazionale, come la destra, è stato sempre favorevole alle Forze armate, a coloro che difendono i supremi interessi della patria, anche a rischio della propria vita e del sacrificio supremo, voteranno contro questo provvedimento, mentre coloro che si dichiarano sempre antimilitaristi, contrari all'uso delle armi, pacifisti, voteranno a favore di questo progetto che prevede proprio la possibilità, per una serie di soggetti, di svolgere le ricordate attività. Francamente, è un paradosso che ritengo non possa sfuggire a chiunque si accosti a questo dibattito con un minimo di onestà intellettuale.
Questo provvedimento è semplicemente la sommatoria di tanti piccoli interessi di bottega e, come giustamente diceva l'onorevole Giovanardi, la vittoria di una lobby che ha utilizzato i diversi gruppi secondo i propri canali di preferenza. Non è un caso che questo provvedimento prenda origine da due proposte presentate da deputati della Südtiroler Volkspartei che hanno dimostrato di voler rimuovere quegli impedimenti di cui ora parleremo, perché confliggevano con gli interessi di coloro che si sono rifiutati a suo tempo di svolgere il servizio militare nelle Forze armate italiane, perché non condividevano il patto di solidarietà che deve esistere tra i cittadini per la difesa della patria, che hanno beneficiato del diritto di svolgere il servizio civile, come obiettori di coscienza, ma che fanno parte anche attualmente, o che vogliono far parte, di corpi paramilitari che evidentemente prevedono l'utilizzo delle armi, il porto d'armi o la fabbricazione delle armi.
È questo il punto. A ciò si sono aggiunti gli interessi diversificati di altri soggetti. Ditemi voi se non è un paradosso il fatto che il gruppo dei Verdi voti a favore della caccia!
Il gruppo di Alleanza Nazionale è radicalmente contrario a questo provvedimento per ragioni morali, giuridiche e di merito, in funzione ordinamentale e di sistema.
Inoltre, con questo testo, è stata ingenerata una enorme confusione: la previsione di uno status relativamente alla posizione dell'obiettore di coscienza. Ma lo status, per definizione - e contesto che questa definizione possa essere attribuita all'obiettore di coscienza -, è una posizione complessiva di un soggetto nell'ambito della collettività, in un corpo sociale minore, in ordine alla quale è prevista una particolare sfera di capacità, di diritti e di doveri.
In questo caso, non vi è nulla di ciò. Si tratta di una posizione soggettiva - l'obiezione di coscienza è stata riconosciuta dalla legge n. 280 del 2004, come diritto soggettivo per coloro che rifiutavano, per motivi culturali, sociali, filosofici, religiosi, politici, l'utilizzo delle armi. Questa è la realtà. Non c'entra niente lo status. Si rifiutava, per queste ragioni, l'utilizzo delle armi e, in ordine a tale diritto, riconosciuto Pag. 73dalla legge citata - anche se non con il favore di chi parla né di chi lo ha preceduto in questi banchi -, è stato previsto un servizio alternativo.
Tale servizio alternativo prevedeva però contestualmente il divieto di una serie di conseguenze che sono quelle che ora si vuole rimuovere in capo a chi si è dichiarato a suo tempo obiettore di coscienza. Detta situazione crea una doppia disparità di trattamento, una doppia iniquità e, credo, anche un doppio contrasto con l'articolo 3 della Costituzione relativo, come è noto, al principio di uguaglianza.
Rimuovendo ora questi divieti per coloro che a suo tempo si sono dichiarati obiettori di coscienza, si producono due conseguenze. La prima si risolve in una disparità tra tutti coloro che essendo stati già interessati, precedentemente al servizio militare, da alcune delle situazioni indicate - mi riferisco a coloro che avevano il porto d'armi, a chi era impiegato in imprese belliche, a chi era cacciatore, e a chi ovviamente era stato già nelle Forze armate per vari motivi -, non potevano ottenere la concessione del servizio civile.
Coloro che allora non hanno potuto, dal loro punto di vista, beneficiare del servizio civile, in quanto erano nelle stesse posizioni giuridiche che adesso si vogliono attribuire ad altri, si vedono negare a posteriori un diritto che è invece riconosciuto a coloro che, a suo tempo, hanno evidentemente «fatto i furbi».
Vi è una seconda disparità: coloro che invece hanno svolto il servizio militare, non beneficiando di quegli aspetti, proprio perché volevano mantenere la possibilità di non sottostare ai divieti che erano previsti dalla legge sull'obiezione di coscienza, ovviamente si trovano in un'ulteriore posizione di disparità rispetto a questi ultimi, beneficiati dal vostro provvedimento. Pertanto, vi sono due iniquità.
Che dire poi dell'assurdità della dichiarazione di rinuncia a uno status? Ma quale rinuncia ad uno status? Ovviamente, si potrebbe rinunciare a qualcosa, se tale rinuncia comportasse il reintegro dei doveri che erano previsti in ordine al beneficio concesso: sarebbe un provvedimento che avrebbe un minimo di serietà giuridica e morale, se chi ora rinuncia allo status - come è stato definito e che io contesto - di obiettore di coscienza, fosse chiamato, adesso, ora per allora, a svolgere il servizio militare, perché altrimenti vi sarebbe un ulteriore caso di disparità. Ma, come tutti sanno, il servizio militare di leva non può più essere svolto, pertanto si tratta di un ulteriore premio per i furbi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Ecco perché, cari colleghi, altro che destra militarista! Non voglio scendere nelle definizioni della sinistra, come potrebbe essere chiamata dopo questa bella prova di oggi, ma certamente questa è la destra del rigore, della coerenza e del rispetto dei valori. Chi ha contratto un patto con lo Stato, come con qualsiasi altro soggetto, deve mantenerlo.

PRESIDENTE. Concluda...

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Prevedere soluzioni unilaterali, senza che ciò comporti né penali né risarcimenti, non è soltanto diseducativo, ma amorale, ed è un oltraggio verso tutti coloro che invece hanno mantenuto i patti stipulati con lo Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Intervengo per dichiarare il voto favorevole della Lega Nord al provvedimento in esame e lo dico anche da persona, da ragazzo che all'epoca svolse il servizio civile in sostituzione di quello militare; una scelta libera, che assolutamente non rinnego oggi, e credo non rinnegherò mai, perché ho ritenuto che seguire, aiutare ragazzi disabili per dodici mesi, fosse un modo di svolgere un'attività comunque utile, al pari di chi ha prestato il servizio di leva.
Non metto certo in dubbio il valore della vita militare, ma ritengo che chi ha Pag. 74fatto una scelta diversa debba comunque essere rispettato. Quando si aiutano famiglie che hanno in casa ragazzi disabili, si cerca di lenire un po' la loro sofferenza quotidiana, si compie comunque un'azione meritoria.
Non credo che tutti gli obiettori di coscienza siano stati degli «imboscati» o abbiano fatto scelte di comodo, o abbiano svolto il servizio vicino a casa propria. Sicuramente tali casi si sono verificati, ma forse si tratta di leggende metropolitane che devono essere sfatate e che sono dure a morire. Si sono verificati del resto anche nell'esercito, casi di soggetti che magari hanno svolto il servizio militare nella città di residenza. Sono di Bergamo e conosco ragazzi, miei coetanei, che hanno svolto il servizio militare proprio nella nostra città.
Allora, che differenza vi è tra chi svolge servizio civile nella propria città e chi svolge servizio militare nella propria città? Da questo punto di vista, nessuna.
Credo anche che si debba riconoscere l'importanza del lavoro svolto da tutti questi ragazzi quando sono stati chiamati alla leva. È una testimonianza di affetto, anche perché hanno lasciato sicuramente un grandissimo ricordo nelle sedi dove sono stati chiamati ad operare.
Personalmente, ogni volta che partecipo alle manifestazioni organizzate dalle varie Armi, nelle diverse manifestazioni e adunate nazionali, percepisco anche un senso di ammirazione per quelle persone e di rispetto per ciò che hanno fatto.
Non credo sia giusto, pertanto, mettere in competizione o dire se è meglio o peggio aver fatto una scelta piuttosto che un'altra. Dipende da quello che si è fatto durante quei dodici mesi, dipende dal risultato finale che si è ottenuto.
Per quanto riguarda il provvedimento, in esame ritengo si tratti comunque di una scelta giusta. Inoltre non credo che tutti gli ex obiettori faranno la richiesta del porto d'armi per andare a caccia piuttosto che per tirare al piattello o per fare altre cose. È una possibilità che, diciamo così, viene restituita ma non è obbligatorio esercitarla.
Con questo breve intervento, quindi, sottolineo la volontà del nostro gruppo di votare a favore del provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia ha partecipato attivamente ai lavori in Commissione che hanno portato alla stesura di questo provvedimento. Ha dato il suo contribuito, partecipando attivamente e presentando delle proposte che non sempre sono state accettate, ma non può che supportare il testo di mediazione a cui siamo arrivati; pertanto, in continuità con quanto fatto, il mio gruppo voterà a favore del provvedimento.
È evidente che data anche la tematica che questo provvedimento tocca, il gruppo di Forza Italia garantirà, come sempre, la libertà di coscienza ai suoi membri; sottolineo «garantirà», non «concederà», perché la libertà è insita nel mandato di ogni parlamentare, la si può garantire, la si deve garantire e tutelare, ma nessuno l'ha può concedere, non abbiamo bisogno di nessuna concessione per votare liberamente.
Ebbene, noi voteremo a favore perché riteniamo che questo provvedimento, in effetti, sia in continuità con quanto Forza Italia ha fatto nel corso della sua storia, vale a dire con quella politica che ha portato anche all'accelerazione del processo di sospensione del servizio di leva, che ricordo è stato sancito dal precedente Governo con l'intervento specifico di Forza Italia. Noi riteniamo che questo provvedimento si collochi in quello stesso solco e risolva alcuni problemi che, per una ragione o per un'altra, non erano stati risolti da quel provvedimento.
Noi non riteniamo che il provvedimento in esame rechi offesa né a chi ha fatto la scelta, lodevole e coraggiosa, di servire la patria in armi, né a chi ha fatto la scelta, per ragioni di coscienza, di Pag. 75servire la patria in altro modo. Ho ascoltato colleghi - debbo dire con dispiacere - usare termini duri, per differenziare le motivazioni che hanno portato giovani nel corso di questi trent'anni a fare la scelta del servizio civile, a fare cioè la scelta dell'obiezione.
Questo provvedimento, chiudendo un periodo della nostra storia, mette anche ordine sul significato dell'obiezione di coscienza e quindi della scelta del servizio civile. L'obiezione di coscienza non è unica: c'è chi ha obiettato perché non ha voluto prestarsi all'utilizzo bellico delle armi; c'è chi ha obiettato perché ha ritenuto - se mi concedete il termine, e questa è un'obiezione liberale, anche di destra se vogliamo - che non fosse utile servire la patria, parlo soprattutto degli anni Novanta, prestando un servizio militare in cui di fatto non si veniva addestrati neanche a fare il militare (ho amici che hanno sparato sei colpi nel corso di diciotto mesi di servizio militare, quindi probabilmente sanno usare un fucile quanto lo sa usare un bambino delle elementari).
Ebbene, questo provvedimento mette anche fine alla disparità tra chi ha fatto una scelta per una ragione e chi l'ha fatta per un'altra. E quando dico chi l'ha fatta per un'altra, mi riferisco anche a coloro che qualcuno ha, in maniera leggera a mio avviso, definito furbetti se non addirittura cialtroni. Ebbene, se un ragazzo di diciotto anni ha deciso di utilizzare una legge esistente per non fare quel tipo di servizio militare, non vedo come questo Parlamento possa stabilire chi è furbetto e chi cialtrone. Ciò che questo provvedimento vuole sancire è che ciascuno ha fatto la propria scelta in coscienza ed in piena libertà.
Con questo provvedimento noi restituiamo alla libertà di ciascuna persona la possibilità anche di rivedere le proprie scelte. Scelte di questo tipo non possono essere identificate come definitive: con questo provvedimento, quindi, ridiamo la libertà alle persone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benvenuto. Ne ha facoltà.

ROMOLO BENVENUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Ulivo voterà a favore della proposta di legge all'esame, e sono soddisfatto, anche in quanto primo firmatario di una delle proposte che formano il testo unificato dalla Commissione difesa.
Le proposte di legge di modifica dell'articolo 15 della legge n. 230 del 1998, licenziate all'unanimità dalla Commissione difesa nel testo oggi all'esame, consentono di allineare meglio la normativa vigente, riguardante i cittadini che hanno prestato servizio civile sostitutivo, al dettato degli articoli 3, 4, 35 e 51 della Costituzione, concernenti la pari dignità sociale senza distinzione di sorta, l'eguaglianza tra i cittadini, il diritto al lavoro e l'accesso ai pubblici uffici.
L'attuale normativa non consente, a chi abbia modificato i propri convincimenti personali nel corso della vita, di richiedere una revoca del proprio status di obiettore di coscienza espresso a diciotto anni.
Tale normativa ha attribuito dignità giuridica solo ad una predefinita ed unilaterale manifestazione di obiezione di coscienza, obbligatoriamente legata non solo alle concezioni sull'esercito e sulla difesa non violenta, ma anche all'indifferenziato rifiuto di ogni attività che abbia una vaga, anzi vaghissima, correlazione con armi e materie esplodenti, ivi compreso il ruolo delle forze di polizia o di attività sportive non correlabili all'offesa della persona.
In ogni caso, lo status di obiettore, creato dalla legge n. 230 del 1998, rappresenta forse l'unico esempio di condizione giuridica irrevocabile, tuttora presente nel nostro ordinamento, nei riguardi della libertà decisionale dell'individuo costituzionalmente garantita.
È possibile nel nostro ordinamento cambiare religione, orientamento politico, cambiare coniuge dopo un divorzio, così come è possibile revocare senza limitazioni altre forme di obiezione di coscienza, Pag. 76regolamentate per legge, anche ben più importanti di quella in esame, come la sperimentazione su animali o addirittura l'interruzione di gravidanza: solo la scelta dell'obiezione di coscienza alla leva militare è, sinora, immodificabile a vita.
Tale discriminazione è acuita dal fatto che ai cittadini nati dopo il 1985, quindi dopo la fine della leva obbligatoria, non è obbligatoriamente richiesto di manifestare alcun orientamento né di sottostare a conseguenti vincoli di sorta.
Si tratta solo di una discriminazione nei confronti di una generazione specifica: riguarda i soli maschi e, appunto, di una sola generazione, perché prima non c'era la possibilità dell'obiezione di coscienza e oggi non c'è più la leva.
L'espletamento del servizio civile sostitutivo, in caso di successivo interesse ad ottenere legittimamente determinate licenze di pubblica sicurezza - per interventi in professioni quali, ad esempio, quelle del direttore di cava, del geologo, dell'addetto alle prospezioni sotterranee, del guardaparco, del vigile urbano, dell'operatore di forze di polizia locale e statale, e persino del fuochista addetto ai giochi pirotecnici - si è trasformato per molti in un peso e non solo in un'esperienza degna di orgoglio per chi lo ha svolto.
Centinaia di migliaia di ex obiettori continuano certamente ad apprezzare senza rimpianti l'esperienza umana e di utilità sociale del servizio che hanno svolto, tuttavia molti ormai manifestano di trovare vessatorie le disposizioni, che, in nome di un malinteso senso di coerenza a vita, impediscono loro di praticare numerosi mestieri e persino alcuni sport di rango olimpico.
E sono forse i più attenti alle ragioni della difesa nazionale e i più vicini alle forze armate quelli che oggi dovrebbero apprezzare la possibilità, prevista da questa proposta di legge, di poter cambiare idea sulla base di una maturazione interiore dell'individuo, o a seguito dello stesso trascorrere degli anni, che certamente possono incidere in modo assai significativo sui convincimenti profondi e sul personale rapporto con lo Stato e la patria.
Non sono pochi gli ex obiettori di coscienza che, dopo decenni, si trovano a rivedere criticamente la propria scelta di adesione assoluta alla non violenza, compiuta in età poco più che adolescenziale. Spesso ciò comporta un travaglio interiore del tutto rispettabile, che è giusto che sia riconosciuto dalla collettività. Il principio della coerenza, espresso da alcuni colleghi, rappresenta certamente un valore, ma lo è altresì il principio della possibilità di cambiare opinione.
Come viene effettuata la sintesi tra questi due valori dal disegno di legge che oggi discutiamo? Prevedendo un tempo nel corso del quale è possibile una maturazione che porti ad un cambio di idee: la coerenza dura per il tempo stabilito, che noi abbiamo portato da due anni - come era inizialmente previsto - a cinque, sulla base di considerazioni che sono state svolte utilmente dall'opposizione e sono state raccolte dalla Commissione e dal relatore. Tutto avviene ciò nel pieno riconoscimento di scelte altrui altrettanto rispettabili qualora fossero ancora vive, riguardanti il concetto di obiezione di coscienza quale scelta di vita e di interiorizzazione totale del principio di non violenza.
Chi ha assistito anziani, guidato ambulanze, accompagnato scolaresche in parchi naturali, accompagnato non vedenti, assolvendo così pienamente al dovere di difesa della patria, scopre, magari a venti anni di distanza, che è a lui impedito di diventare uno specialista di polizia scientifica, un vigile urbano, un dentista della marina militare, un addetto ai fuochi artificiali, piuttosto che il responsabile in una miniera, un ufficiale di polizia tributaria, un elicotterista del corpo forestale o uno sciatore del gruppo sportivo delle Fiamme oro. Un tale campionario di paradossi giuridici va probabilmente oltre la stessa volontà del legislatore dell'epoca.
Il TAR dell'Abruzzo, con una recentissima sentenza del 2007, una delle tante che di recente vedono soccombere l'Ufficio Pag. 77nazionale per il servizio civile e il Ministero della difesa in materia di revoca dello status di obiettore, ha recentemente affermato: «L'obiezione di coscienza è un diritto di natura personalissima e connesso anche all'evolversi della personalità del soggetto ed al suo spiegarsi nell'ambito sociale e lavorativo; esso, quindi, è nella piena disponibilità dell'interessato che può farvi rinuncia come e quando ritiene, in forma anche implicita, ponendo in essere comportamenti "non coerenti", ovvero, come nel caso in esame, intraprendendo un'attività lavorativa di "guardia giurata" e chiedendo alla Prefettura l'autorizzazione al porto d'armi.
La normativa non tratta espressamente della rinuncia all'obiezione di coscienza, proprio perché non ha ritenuto di doverla circondare di formalità, al pari del riconoscimento, essendo sufficiente il sopravvenire di "condizioni ostative"».
Tali principi vanno tuttavia riaffermati per via legislativa e non lasciati solo al contenzioso instauratosi tra i cittadini e i Ministeri competenti per il riconoscimento del diritto a normali scelte lavorative e a modifiche di orientamenti personali per loro stessa natura insindacabili.
Del resto, lo stesso Governo Berlusconi, per mezzo dell'onorevole Mantovano, allora Sottosegretario di Alleanza nazionale, diede un parere favorevole sul progetto di legge n. 2871 presentato dal senatore Maffioli al Senato, di argomento esattamente analogo a quello in esame, proprio sulla base di considerazioni di questo genere.
In conclusione, auspico l'approvazione del testo unificato licenziato dalla IV Commissione difesa, con una larga maggioranza, come è avvenuto nella Commissione stessa, e una successiva rapida approvazione al Senato, per la definitiva trasformazione in legge della Repubblica.
Ringrazio la IV Commissione difesa e il suo presidente e relatore, tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione che daranno voto favorevole per il lavoro svolto e dichiaro per tutti questi motivi che il voto dell'Ulivo sarà un voto favorevole e convinto (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, se questo provvedimento non è stato approvato in Commissione in sede legislativa, ciò è dovuto al voto contrario di Alleanza nazionale. Non è affatto vero ciò che ha sostenuto il collega nel precedente intervento, vale a dire che esso è stato approvato all'unanimità...

MARCO BOATO. A larga maggioranza!

TEODORO BUONTEMPO. ...perché Alleanza nazionale, anche su dichiarazione dell'onorevole Gamba, ha sempre espresso un voto contrario, anche alla possibilità che la Commissione deliberasse in sede legislativa.
Siamo l'unico partito - rivendichiamo con orgoglio questa posizione politica - a non aver condiviso nel merito il provvedimento e ad aver conseguentemente impedito che l'approvazione avvenisse in Commissione. Desidero che ciò sia chiaro e resti a verbale.
Mi meraviglio di come si faccia appello alle scelte negative del Governo Berlusconi e come invece si condannino le sue scelte positive (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 197-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Pag. 78

(Votazione finale - A.C. 197-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 197-A ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori, chiedendole di prendere atto...

PRESIDENTE. Per prendere atto, occorre formalmente passare al voto.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Avverto che la Camera non è in numero legale per deliberare per 180 deputati.
A norma dell'articolo 47, comma 2, del regolamento, dovrei pertanto rinviare la seduta di un'ora, al fine di ripetere la votazione dopo la sospensione. Tuttavia, anche alla luce dei precedenti e tenendo conto del consenso dei gruppi, rinvio direttamente la votazione finale ad altra seduta.
Passiamo dunque al successivo punto all'ordine del giorno, per il quale non sono previste votazioni.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 18,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Misure per ridurre il precariato nelle Forze armate - n. 2-00426)

PRESIDENTE. L'onorevole Duranti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Folena n. 2-00426 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmataria.

DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, rinunzio ad illustrare l'interpellanza.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi, ha facoltà di rispondere.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, nel merito il Governo ha già avuto modo di fornire i dovuti chiarimenti su questa vicenda in sede di risposta a due interrogazioni presentate presso la IV Commissione Difesa della Camera dei deputati, rispettivamente l'8 e il 22 marzo scorso.
L'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 prevede, infatti, un programma di stabilizzazione dei lavoratori precari «storici» che siano in servizio da almeno tre anni o che conseguano tale requisito per effetto di contratti stipulati prima del 29 settembre 2006, ovvero che nei cinque anni antecedenti al 1o gennaio 2007 siano stati in servizio almeno un triennio.
La stessa disposizione dispone che «le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale in argomento e prioritariamente del personale di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more delle procedure di stabilizzazione».
Al riguardo, si ritiene che le Forze armate siano escluse dalle disposizioni generali sulle assunzioni nel pubblico impiego, in quanto la materia è regolata da normative speciali. Infatti, il quadro di riferimento normativo nell'assetto del personale è delineato da almeno tre provvedimenti: la legge 14 novembre 2000, n. 331, il decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e la legge 23 agosto 2004, n. 226, che sono relativi alla professionalizzazione delle Forze armate.
Le consistenze del personale sia a tempo indeterminato che a tempo determinato e le dotazioni organiche vengono determinate annualmente con decreto di concerto dai ministri della difesa, dell'economia e della funzione pubblica, secondo un andamento coerente con l'evoluzione Pag. 79degli oneri previsti dalle sopraindicate normative.
Pertanto, le varie disposizioni relative alla stabilizzazione in argomento del rapporto di impiego del personale a tempo determinato previste dalla legge finanziaria per il 2007 non sono applicabili al personale volontario in ferma prefissata delle Forze armate.
Nel merito, le Forze armate, poiché escluse dal blocco delle assunzioni disposto dalla finanziaria e, conseguentemente, dall'utilizzo del previsto fondo per la stabilizzazione del personale precario, non possono essere ricomprese tra le amministrazioni destinatarie della ripartizione della quota del fondo medesimo.
Diversamente il citato comma 519 è estensibile al personale a tempo determinato dell'Arma dei carabinieri di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, in quanto i Corpi di polizia partecipano alla ripartizione del suddetto fondo di cui alla legge finanziaria cui ci siamo testé riferiti.
Quanto, invece, alla stessa Arma dei carabinieri, i destinatari della sopraindicata disposizione sono gli AUFP (Allievi Ufficiali in Ferma Prefissata), in servizio al 31 dicembre 2006, che abbiano prestato tre anni di servizio o che matureranno tale periodo per effetto di proroghe o di trattenimenti già intervenuti alla stessa data.
Del resto, la stabilizzazione non può essere applicata agli ufficiali in ferma di due anni e sei mesi, in quanto le ferme dei militari volontari sono previste dalla normativa vigente, perché indispensabili alla peculiare organizzazione delle Forze armate, la quale necessita della presenza di un'aliquota di personale che, per età e condizioni fisiche, sia idoneo ad assolvere i compiti strettamente operativi.
È infatti opportuno ricordare che il ricorso agli AUFP, come già era avvenuto in passato con l'ufficiale di complemento, ha come precipua finalità quella di garantire alle Forze armate, per un predeterminato e limitato periodo temporale, l'utilizzo di professionalità tecniche atte a fronteggiare rapidamente particolari eccezionali esigenze operative, peculiari sia per l'età che per le funzioni da svolgere. Diversamente, verrebbe alterata la dinamica dei reclutamenti ordinari che avvengono attraverso i ruoli normali e speciali.
Per quanto riguarda, in particolare, l'auspicata proroga della ferma prefissata degli ufficiali di Esercito, Marina e Aeronautica militare, si fa notare che in relazione al taglio del 15 per cento delle risorse destinate alla professionalizzazione delle Forze armate, operato dall'articolo 1, comma 570, della finanziaria 2007, è stato necessario rimodulare in chiave riduttiva la programmazione dei reclutamenti delle varie categorie di personale militare, già a partire dall'anno 2007.
Quanto, invece, al richiamato personale volontario di truppa, il fatto che le disposizioni sulla stabilizzazione del personale precario di cui alla finanziaria 2007 siano applicabili solo all'Arma dei carabinieri e alla Guardia di finanza, e non all'Esercito, alla Marina ed all'Aeronautica, appare in linea con la programmazione delle Forze armate basata sulla normativa vigente, la quale prevede già la possibilità di sbocchi occupazionali in favore del personale in ferma temporanea attraverso determinate «riserve di posti» nell'ambito delle ordinarie procedure selettive concorsuali.
In particolare, si fa osservare che la suddetta legge 23 agosto 2004, n. 226, che istituisce due nuove categorie di personale di truppa delle Forze armate - i volontari in ferma prefissata di un anno e in ferma quadriennale - ha ampliato le opportunità di sbocco occupazionale nelle carriere iniziali delle stesse Forze armate ovvero delle Forze di polizia per tali categorie di personale, attraverso un diverso e più favorevole dimensionamento dei volumi organici dei volontari di truppa in servizio permanente e in ferma prefissata, nonché un miglioramento del sistema di riserve di posti in favore dei volontari stessi (riserva del 100 per cento dei posti per i volontari in ferma prefissata di un anno per i concorsi nei ruoli iniziali delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo militare della Croce rossa).
Tale legge rappresenta un insieme complesso ed organico di previsioni strettamente Pag. 80interconnesse, che danno vita ad un sistema perfettamente calibrato di bacini comunicanti e autocompensanti, in cui ad un decremento del personale di una categoria corrisponde necessariamente l'incremento di un'altra.
D'altro canto, le dinamiche dei reclutamenti del personale militare sono state concepite in maniera coerente con le disposizioni della normativa di settore sulla trasformazione dello strumento militare in senso interamente professionale su base esclusivamente volontaria, al fine di adeguare l'organizzazione militare alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla predetta normativa.
Come noto, tale delicato e complesso processo di trasformazione, tuttora in corso, è finalizzato al conseguimento di uno strumento militare adeguato alle esigenze connesse al mutato quadro geo-strategico.
In tale quadro, si fa presente che, proprio alla luce dei tagli operati al bilancio della Difesa nella passata legislatura e della citata riduzione per il 2007 del 15 per cento delle risorse dedicate alla professionalizzazione dello strumento militare, lo stato maggiore della difesa, su incarico del ministro della difesa, ha avviato un approfondimento concettuale ai fini dell'opportuna verifica della sostenibilità della struttura complessiva dell'attuale modello di difesa sulla base delle risorse effettivamente disponibili e, al contempo, della sua adeguatezza per l'assolvimento degli impegni derivanti dai dettami della Carta costituzionale e dalle scelte del nostro Paese in tema di difesa e sicurezza.

PRESIDENTE. L'onorevole Duranti ha facoltà di replicare.

DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, a dire il vero non sono soddisfatta della risposta del Governo, per una ragione. Voglio ricordare il parere che l'ufficio legislativo del Ministero della difesa, in data 4 gennaio 2007, aveva scritto in una nota esplicativa agli stati maggiori affermando appunto, a proposito dei contenuti della legge finanziaria, che il comma 519 dell'articolo unico dispone la proroga della ferma prefissata degli ufficiali ausiliari aventi i richiesti requisiti nelle more della procedura di stabilizzazione. In quella nota si affermava dunque che il comma 519 faceva riferimento anche agli ufficiali in ferma prefissata e che questi dovevano essere trattenuti in servizio nelle more delle procedure di stabilizzazione. L'aspettativa della stabilizzazione da parte degli ufficiali in ferma prefissata è stata dunque indotta dal comma 519 dell'ultima legge finanziaria.
Il Governo e la maggioranza sono impegnati a risolvere il problema della precarietà nella pubblica amministrazione e a tal proposito intendo ricordare che il Ministero della difesa registra un considerevole numero di lavoratori precari: lavoratori occasionali, a tempo determinato, a convenzione. Il Ministero della difesa figura tra i ministeri che impiegano un'alta quantità di lavoratori precari, cui vanno aggiunti i lavoratori delle Forze Armate che oggi nutrono un'aspettativa di stabilizzazione a causa della legge finanziaria e del comma specifico che fa riferimento prioritariamente al personale di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ovvero gli ufficiali in ferma prefissata di ciascuna Forza armata, non solo dei carabinieri.
Auspico dunque che il Governo dia risposte in tempi brevi anche a questa categoria di lavoratori precari del nostro Paese, impegnandosi a risolvere la situazione.

(Rinvio interpellanza urgente Pedrizzi - n. 2-00470)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza Pedrizzi n. 2-00470 è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio interpellanza urgente Leone - n. 2-00489)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Pag. 81Governo, lo svolgimento dell'interpellanza Leone n. 2-00489 è rinviato ad altra seduta.

(Azioni di vigilanza e verifica presso l'azienda ospedaliera S. Elia di Caltanissetta - n. 2-00475)

PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00475 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmatario.

FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, non intendo illustrare il testo presentato, quanto fare entrare in argomento il sottosegretario che purtroppo - e me ne dispiace - non è titolare della delega sull'argomento che stiamo per trattare.
Avrei rinunciato anch'io oggi alla risposta dell'interpellanza a causa dello sciopero degli aerei che forse non ci consente di tornare a casa.
Ora più che mai, tuttavia, questa interpellanza è urgente. Sto parlando in quest'aula ma è come se fossero simbolicamente qui presenti il sindaco della città, i cittadini e tutte le forze politiche.
In questo momento l'azienda ospedaliera e, quindi, anche l'ospedale di Sant'Elia, stanno attraversando un momento davvero di crisi profonda.
Si tratta di una struttura realizzata già da molti anni, grazie anche alla lungimiranza dei politici del passato - questo devo riconoscerlo - che costituisce punto di riferimento per un bacino di utenza molto grande rappresentato non solo dalla città e dalla provincia di Caltanissetta, bensì anche dalle province di Enna, di Agrigento e, in parte, dai comuni delle Madonie.
Signor Presidente, la salute, attualmente, è qualcosa di sensibile che interessa tutti. L'ospedale di Sant'Elia, che è andato avanti anche grazie all'abnegazione di tantissimi sanitari, medici e paramedici, in questo momento sta attraversando un momento di crisi. È destinatario di un finanziamento di circa 26 milioni di euro e, grazie all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, sono già stati appaltati i lavori relativi alla ristrutturazione di un'ala e alla realizzazione di una piattaforma nella quale trasferire le sale operatorie.
Pertanto, chiediamo al Governo se ha seguito l'esecuzione dei lavori, in quanto riteniamo che sia avvenuta in ritardo. Ci risulta, altresì, che, poiché i lavori sono stati consegnati in ritardo, la ditta aggiudicataria abbia chiesto un risarcimento per la tardiva consegna. Successivamente, entrerò nel merito dell'argomento.
Nella città di Caltanissetta, ormai da mesi, i medici, i capireparto, la cittadinanza, gli utenti, le associazioni di volontariato, noi tutti, abbiamo assistito - mi consenta il termine - ad un bailamme dell'organizzazione temporanea dei servizi, in quanto l'ospedale doveva essere soggetto a ristrutturazione.
Il fatto che interi reparti fossero trasferiti e portati da un posto all'altro, anche con grande nocumento di parte dei degenti e degli ammalati, e senza il coinvolgimento dei responsabili di reparto, ha creato un grande disagio.
Tuttavia, sia le forze politiche di centrodestra sia quelle di centrosinistra, tutti quanti noi, siamo stati così sensibili da essere vicini e dare noi stessi i consigli necessari al management al fine di trovare delle soluzioni ideali per i degenti.
Nella nostra interpellanza urgente si fa anche riferimento alla mancata attivazione del dipartimento oncologico di terzo livello, la cui individuazione è stata prevista dal piano sanitario della regione Sicilia del 2000. Pertanto, in mancanza della sua attuazione, chiediamo se il Governo nazionale condivida le nostre preoccupazioni.
Nella nostra interpellanza urgente ci si riferisce, inoltre, ad un avvenimento che si è verificato il 1o aprile, data in cui, il direttore generale e il direttore sanitario hanno bloccato le sale operatorie in conseguenza della ristrutturazione. Signor sottosegretario, non sto qui a dirle «la levata di scudi», peraltro legittima, che vi è stata da parte della cittadinanza e dei medici. Qualora lo facessi, dal momento Pag. 82che le notizie sono state fornite anche dalla dirigenza dell'azienda ospedaliera, lei sicuramente mi risponderebbe che dal 1o maggio tutto è stato risolto. In tal caso, potrei replicare che la situazione avrebbe potuto essere risolta diversamente.
Inoltre, la nostra interpellanza risale al 19 aprile, data dalla quale, inopinatamente ed inaspettatamente, «a ciel sereno», il direttore generale (precisamente il 27 aprile), con una lettera indirizzata al primario di chirurgia lo ha, per così dire, liquidato, licenziato, sebbene in presenza di un contratto a termine della durata di sette anni, grazie a quanto previsto dall'articolo 15-septies del decreto legislativo n. 502 del 1992. Si tratta di un primario molto stimato ed affermato sul piano sia professionale sia umano che ha portato avanti con tanti sacrifici il reparto di chirurgia.
È inspiegabile come il direttore generale abbia potuto licenziare, senza una stretta di mano, un ringraziamento, ma semplicemente con una lettera di quattro righe, quindi con un atto cartaceo, un valido professionista. Anche in quella occasione tutti noi abbiamo protestato insieme alla chiesa locale e al nostro vescovo. Il problema nasce dal fatto che il primario - signor Presidente, mi appello anche alla sua sensibilità e alla sua capacità di capire i problemi - viene liquidato perché la finanziaria regionale non consente più altre spese.
Quindi, ci ritroveremo con un sostituto facente funzione, e ovviamente immagino che ciò comporterà un costo economico. Ma la cosa paradossale, signor Presidente, è che questo primario ritorna al suo ospedale di appartenenza, dove nel frattempo si era insediato un altro primario con altro contratto, e quindi a quattro chilometri di distanza vi è un ospedale che ha due primari. Ciò non era stato fatto presente nell'interrogazione, ma le sorprese, signor sottosegretario, quando le aspettiamo, arrivano. Avevo datato l'interpellanza il 19 di aprile, questa invece è datata il 27 di aprile.
Devo aggiungere inoltre, signor sottosegretario, che si è registrato un comportamento antisindacale (qualcuno l'ha definito anche incostituzionale) da parte del manager. Ci sono, e me ne assumo la responsabilità, delle testimonianze: in una riunione il direttore generale dell'ospedale Sant'Elia ha detto a chi era presente, in questo caso a medici ed a paramedici, che non doveva uscire alcuna dichiarazione su ciò che avveniva in ospedale, pena il licenziamento.
Queste cose sono state pubblicate, e, indubbiamente, tutto ciò ci mette in difficoltà. Questo direttore generale manca di rispetto istituzionale in quanto non ha dato seguito a ciò che la politica, siano essi deputati regionali, nazionali, sindaco, forze politiche, aveva indicato. Come Penelope, di giorno lui accettava le nostre indicazioni, di notte purtroppo si ritrovava a fare ben altri lavori!
Ma non è solo mancanza di rispetto nei nostri confronti. Il rappresentante dello Stato, ovvero il prefetto di Caltanissetta, ha indetto una riunione insieme al sindaco, per capire i motivi per cui si stanno verificando tutti questi eventi, ma il direttore generale non si è presentato, motivando che mancava il direttore sanitario. Aggiungo, con un po' di ironia, che quando partecipa il direttore sanitario quest'ultimo non può assumere impegni perché manca il direttore generale.
Per questi motivi, signor sottosegretario, chiedo al Governo se può intervenire in sostegno dell'ospedale Sant'Elia, che in questo momento è in difficoltà, con una visita ispettiva da parte del Ministero della salute, che ha competenza per le verifiche di cui le ho accennato, per i nuovi elementi che le ho fornito, anche a difesa dei cittadini che in questo momento necessitano di una struttura della quale abbiamo senz'altro tutti bisogno. Sono in attesa quindi di capire le decisioni che ha assunto il Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.

ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, naturalmente rispetto Pag. 83alle novità che ora sono state rappresentate si tratterà di verificare la possibilità di intervenire oppure di presentare un'ulteriore istanza. In merito alla situazione dell'azienda ospedaliera Sant'Elia di Caltanissetta riporto preliminarmente le notizie che il Ministero ha provveduto ad acquisire presso la stessa azienda. Il direttore generale ha precisato che tutti gli atti di riorganizzazione temporale dei servizi sono stati sottoposti, discussi ed approvati nell'ambito del competente assessorato regionale e che il programma temporale dei lavori è stato formalmente approvato dall'assessore pro tempore.
L'organo di vertice aziendale ha sottolineato inoltre l'inevitabile necessità della contrazione dei posti-letto, in quanto i lavori appaltati concernono non solo la costruzione di un nuovo monoblocco - quindi esterno all'edificio ospedaliero esistente -, ma anche la completa ristrutturazione di una intera ala dell'ospedale, sette piani su otto. Si sono potute iniziare le opere di ristrutturazione, che riguardano circa il 25 per cento della superficie di degenza, solo a condizione dell'accorpamento dei reparti, che ha determinato conseguentemente la riduzione della capacità ricettiva in termini di posti-letto. La direzione aziendale ha evidenziato come la presenza di degenti all'interno del nosocomio abbia reso necessario garantire ai pazienti una destinazione temporanea, che è stata debitamente riadeguata dal punto vista strutturale e impiantistico.
Relativamente alla riduzione delle sedute di attività operatoria, lamentata nell'atto parlamentare, è stato precisato che in conseguenza dei tagli alla spesa sanitaria - introdotti con la legge finanziaria regionale, alla quale hanno fatto seguito specifiche direttive assessoriali -, non è possibile procedere al momento a nuove assunzioni, se non dietro specifica autorizzazione.
L'unità operativa di anestesia e di rianimazione del Sant'Elia ha subito, nell'immediato trascorso e per diversi motivi, una diminuzione del numero di dirigenti medici in servizio. Inoltre, secondo quanto affermato dall'azienda, appare sempre più difficile il reperimento di medici anestesisti, come è possibile rilevare anche dal fatto che l'ultimo avviso pubblico di incarico è andato deserto. Per quanto sopra esposto, l'azienda è stata costretta a ridurre le sedute operatorie a dieci alla settimana.
La direzione aziendale, a seguito di una serie di riunioni tecniche che hanno coinvolto anche il personale medico delle unità operative del dipartimento di chirurgia, ha preso in esame una serie di soluzioni definendo alcuni strumenti di natura contrattuale che, previo raccordo con le organizzazioni sindacali di categoria, potranno portare alla soluzione del problema.
Nelle more della definizione dei meccanismi economici incentivanti, il direttore dell'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione ha assicurato l'aumento delle suddette sedute dal 1o maggio ultimo scorso, per garantire almeno i livelli pregressi di attività. Inoltre, è stata chiesta all'assessorato regionale alla sanità la necessaria autorizzazione a conferire incarichi al personale medico e paramedico in deroga al vigente blocco delle assunzioni.
Relativamente alla istituzione del dipartimento oncologico di terzo livello, con atto deliberativo n. 126 del 2 marzo 2007, la direzione aziendale ha preso atto anche della richiesta avanzata dal comitato «Pro malato oncologico», ha provveduto a rivedere il proprio atto aziendale ed ha richiesto all'assessorato l'istituzione del suddetto dipartimento, unitamente ai necessari finanziamenti per la logistica, le attrezzature e il personale sanitario. Al riguardo, è stato precisato che tale dipartimento, previsto come interaziendale con l'AUSL n. 2 di Caltanissetta, è stato tuttavia cassato in sede di approvazione preliminare dell'atto aziendale.
Nel merito di quanto richiesto dagli onorevoli deputati, si segnala che nell'accordo di programma sottoscritto dal Ministero con la regione Sicilia in data 30 aprile 2002, era previsto - tra gli altri - anche l'intervento denominato «ristrutturazione ed adeguamento a norma dell'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta». Tale Pag. 84intervento è stato ammesso a finanziamento in data 13 settembre 2004, per un importo complessivo di 25.048.159 euro, di cui 23.795.751 euro a carico dello Stato.
Dai dati risultanti dal monitoraggio effettuato dalla competente direzione generale di questo Ministero il 31 dicembre 2006, l'intervento risulta in esecuzione, con un forte ritardo peraltro sull'inizio dei lavori che sono cominciati il 1o luglio 2006. Al momento attuale risultano spesi solamente 1.160.000 euro. Pertanto, il Ministero della salute ha proposto di inserire l'intervento suddetto nell'elenco degli appalti oggetto di possibile ispezione da parte della competente Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture, ai sensi del protocollo di intesa tra il Ministero e la stessa Autorità sottoscritto in data 13 febbraio 2007. Si precisa che la compilazione definitiva dell'elenco è in corso di predisposizione.
In merito inoltre agli altri profili concernenti l'assistenza sanitaria e le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, questo Ministero ha già provveduto a richiedere gli opportuni approfondimenti all'assessorato regionale alla sanità. Si rileva inoltre che gli onorevoli deputati fanno riferimento correttamente al Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (Siveas), istituito dal ministro Livia Turco con decreto ministeriale del 17 giugno 2006.
Si ricorda infatti che negli ambiti di intervento del sistema, che rappresenta uno strumento di raccolta e coordinamento dei dati provenienti anche dai sistemi sanitari regionali, sono ricompresi tra gli altri la verifica degli indicatori previsti dal «patto per la salute», sottoscritto con le regioni, il rispetto dei livelli di qualità delle prestazioni sanitarie ed i tempi di esecuzione dei lavori di costruzione o ammodernamento di ospedali e strutture sanitarie.

PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di replicare.

FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, ho molti anni di esperienza in quest'aula, e mai ho provato un imbarazzo simile a quello che provo questa sera. Signor sottosegretario, non vi è niente di personale nei suoi confronti, ma mi trovo in una situazione paradossale: la risposta che le è stata preparata dagli uffici, cui debbo ora replicare, è fondata su dati che - e non me lo sarei assolutamente aspettato - voi avete acquisito dalla stessa direzione dell'azienda ospedaliera cui noi rivolgiamo le nostre critiche, delle quali ci assumiamo la responsabilità. Con la vostra risposta, avete solo dato una copertura all'azienda ospedaliera.
Dunque, non vi è alcuna soddisfazione da parte mia: anzi, sono costretto a replicare. Ciò mi dispiace, perché la cittadinanza di Caltanissetta - che credo ci stia seguendo numerosa attraverso il circuito televisivo della Camera - in questo momento si sentirà delusa da un Governo nazionale da cui ci aspettavamo tanto per capire come sia possibile intervenire per salvare l'ospedale. Pertanto, è necessario entrare nel merito di ciò che vi ha detto la direzione sanitaria: ma ciò va fatto, se lei mi permette, perché è giusto che anche i funzionari e i dirigenti del Ministero che preparano la risposta alla politica sappiano che scrivere senza rendersi conto di ciò che si scrive è non dico un malcostume, ma certo un'abitudine che deve essere superata. Altrimenti siamo tutti delegittimati, noi rappresentanti del territorio e voi, senza colpa, rappresentanti del Governo. Non lo dico per fare polemica.
Penso in particolare, signor sottosegretario, alla maniera superficiale, approssimativa ed improvvisata con cui sono state effettuate le procedure di accorpamento e di spostamento di alcune unità di degenza. Basti pensare al fatto che l'unità operativa di ostetricia e ginecologia, ubicata al sesto piano dell'ospedale - dove si trovano le sale parto ed il complesso operatorio - è stata trasferita al secondo piano, con grave rischio sotto il profilo della sicurezza, poiché si è dovuto trasportare le partorienti in barella attraverso gli ascensori, che spesso sono fuori uso.

Pag. 85

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 18,40)

FILIPPO MISURACA. Quanto mi è stato letto, dunque, mi lascia l'amaro in bocca. Stiamo veramente occupandoci della salute dei cittadini, o le interpellanze e le interrogazioni diventano semplicemente un fatto burocratico? Mi fa piacere che stia presiedendo il presidente Bertinotti, che stimo per la sua sensibilità anche nei confronti delle classi deboli.
Signor Presidente, si stava parlando di un ospedale abbandonato a se stesso, e il rappresentante del territorio - ma credo di parlare a nome di tutta la cittadinanza - si sta rivolgendo al Governo perché si intervenga per definire come si possa evitare la caduta di un ospedale che è punto di riferimento di molte province: Caltanissetta, Agrigento e in parte di quella di Palermo. La risposta del sottosegretario - l'ho già precisato: non vi è nulla di personale - si è invece collocata su un piano meramente burocratico.
Signor sottosegretario, lei deve sapere una cosa, che io denuncio in questa sede: quando il management - il direttore generale, il direttore sanitario e il direttore amministrativo - riduce i posti letto, è chiaro che esso non è più soggetto a verifiche. Accade quindi che in questo momento - se voi non lo avete capito lo denuncio io - questi tre burocrati non saranno più soggetti a verifiche, perché è evidente che la riduzione dei posti letto è avvenuta. Sa come sarebbe potuta avvenire la ristrutturazione, signor sottosegretario? La pregherei di guardare (Il deputato Misuraca mostra una pagina di un quotidiano) quello che le sto mostrando. Questo è il plastico dell'ospedale. Si provvede alla ristrutturazione di un'ala dell'ospedale, anziché realizzare la piattaforma dove potevano essere ubicati i locali da ristrutturare.
Indubbiamente tutto questo fa sorridere, fa capire che c'è qualcosa che non va. Sul dipartimento oncologico, la delibera del 23 gennaio 2007 a cui lei faceva riferimento, di cui io sono in possesso, è stata ottenuta solo a seguito di tante battaglie combattute da tutta la deputazione regionale e nazionale, assieme alle associazioni di volontariato. Ma sa questa delibera cosa contiene? Questa delibera è una dichiarazione di impegno fatta nei confronti dell'assessorato regionale alla sanità con la quale si esprime la volontà di ripristinare il dipartimento oncologico di terzo livello. Ma sa come siamo arrivati a questo? Perché l'assessorato non ha fatto altro che approvare una precedente delibera con la quale lo stesso direttore generale dell'ospedale aveva declassato il dipartimento oncologico di terzo livello.
Come vede, signor sottosegretario - mi assumo la responsabilità -, c'è malafede da parte di chi dirige l'ospedale in questo momento.
Per quanto riguarda la riduzione delle sale operatorie, non prendiamoci in giro. L'accordo sindacale c'è, è stato sottoscritto con le organizzazioni sindacali mediche e dal 1o maggio 2007 le sedute operatorie avvengono attraverso il ricorso - sa a che cosa? - al pagamento di ore suppletive agli anestesisti.
Lo sappiamo che in Sicilia - questa è un'altra vicenda - gli anestesisti sono numericamente pochi e per tale motivo verranno sottoposti a stress psicofisico, con possibili gravi conseguenze per la sicurezza dei malati. Allora, c'è qualcosa che non va - e io mi sforzo di farlo capire - in questo momento nella sanità. Non è un problema di centrodestra o di centrosinistra, il problema è quello di capire i bisogni reali della gente.
La risposta che vi hanno dato dalla direzione aziendale sul dipartimento oncologico di terzo livello, se mi permette, ribalta le responsabilità - sa su chi? - sul dirigente dell'ispettorato sanitario della regione siciliana, che avrebbe opposto il proprio diniego a quanto proposto dall'azienda ospedaliera. Ma il diniego trova il suo fondamento nella incompiutezza degli atti dell'azienda e nella mancata proposta di servizi, quali la radioterapia, all'interno della struttura. Ma anche questo è un problema che abbiamo superato, Pag. 86perché la radioterapia si realizzerà in un comune a quattro chilometri di distanza.
C'è la responsabilità da parte del direttore generale di non volere attivare un accordo interaziendale, tra l'azienda ospedaliera e quella territoriale. L'assessore regionale è venuto a Caltanissetta a discutere di tutto questo, ma purtroppo il direttore generale è ancora inadempiente.
Chiudo facendo un appello al Presidente Bertinotti: Presidente, denunciavo poco fa che questo direttore generale, in una riunione con i medici e i paramedici dell'ospedale, ha minacciato i presenti - me ne assumo la responsabilità - che se fosse trapelato quanto avveniva dentro la struttura sarebbe venuto meno il posto di lavoro. Qualcuno - c'è rassegna stampa ampia ed abbondante al riguardo - ha definito quel comportamento antisindacale. Qualcun'altro lo definisce incostituzionale. Però, mi creda Presidente, forse la politica deve riflettere sul fatto che le aziende debbono essere assegnate a chi ha competenza, a chi ha davvero il desiderio di lavorare. Io credo che il direttore, il soggetto di cui stiamo parlando, dedichi poco tempo a questa struttura.
Da parte mia non c'è nulla di personale nei confronti del direttore generale, non gli ho mai chiesto né un trasferimento di infermieri né di far vincere un concorso a qualcuno. C'è semplicemente il desiderio, mio e di altri colleghi a cui sta a cuore la salute del cittadino, di capire come possiamo fare ricrescere questo ospedale, perché tre anni di lavori indubbiamente determineranno l'abbandono dell'ospedale di Caltanissetta da parte dei cittadini e c'è anche la demotivazione dei professionisti, i quali, indubbiamente, non sono motivati.
Apprendo semplicemente una cosa ed è l'unica notizia confortante: a seguito del ritardo nella consegna dei lavori - io aggiungo a seguito del risarcimento che ha chiesto la ditta per la consegna dei lavori - il Ministero della salute ha deciso di sottoporre ad ispezione l'ospedale Sant'Elia.
Signor sottosegretario, non è solo questa l'ispezione che noi chiedevamo, quella cioè sul piano economico-finanziario e sulla durata dei lavori. Pertanto di ciò mi rammarico, e le debbo notificare non solo il mio dispiacere ma anche - le devo confessare - la scarsa sensibilità che il Governo nazionale ha dimostrato questa sera nel dare risposte ai cittadini di Caltanissetta, più che all'onorevole Misuraca, che ha semplicemente riportato in aula i bisogni di questa gente.
Pertanto, poiché la politica regionale (che io volevo bypassare appellandomi al Governo nazionale) è rimasta ancora una volta inerte e questo Esecutivo non mi ha dato risposte esaustive, ritengo - mi creda veramente - che nei prossimi giorni ci rivedremo di nuovo a parlare di tali argomenti in quest'Assemblea.

(Rinvio interpellanza urgente Barani - n. 2-00464)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Barani n. 2-00464 è rinviato ad altra seduta.

(Misure per fronteggiare il fenomeno degli incidenti sul lavoro - n. 2-00469)

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00469 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, desidero soltanto fare due puntualizzazioni molto brevi.
La prima riguarda un aspetto, per così dire, operativo: la situazione delle «morti bianche» sta diventando oramai drammatica ed il nostro paese quasi tutti i giorni registra eventi luttuosi di lavoratori e di padri di famiglia che muoiono sui posti di lavoro. Il Presidente della Repubblica si è fatto carico, dal suo altissimo magistero, di questo grave problema invitando il Governo ad assumere iniziative concrete per fronteggiare questo aspetto.Pag. 87
Con l'interpellanza odierna, chiediamo al Governo quali misure intenda porre in campo e, tra queste, ne proponiamo alcune, come, ad esempio, l'assunzione degli idonei dei concorsi sia per ispettori del lavoro amministrativi che per ispettori del lavoro tecnici. Attendiamo, dunque, di conoscere dal Governo i suoi intendimenti in merito alle iniziative da porre in essere per fronteggiare e cercare di prevenire questo grave fenomeno.
La seconda puntualizzazione riguarda un aspetto più politico, quello della dissuasione e repressione delle gravi responsabilità di chi non mette in campo le misure idonee a prevenire tali eventi luttuosi. A questo proposito, sento il dovere di richiamare il fatto che può risultare difficile alle istituzioni, alle forze politiche e al Governo porre in campo o anche solo dichiarare di voler porre in campo un'adeguata politica repressiva quando, in questa Assemblea, diverse forze politiche, con l'estensione dell'indulto ai responsabili delle «morti bianche», hanno in qualche modo legittimato o banalizzato la gravità di questo fenomeno.
I sindacati reclamano tolleranza zero: essi lo possono fare, non altrettanto le forze politiche (e sono molte) che hanno concesso l'indulto nei confronti dei responsabili delle «morti bianche».
Comunque, contiamo e speriamo che il Governo - rimasto estraneo a quella delibera parlamentare - ponga in essere, anche sul piano della dissuasione e della repressione, gli opportuni interventi. Grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.

ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, effettivamente così come rappresentato nell'interrogazione in esame, il crescendo impressionante di morti bianche negli ultimi periodi rende assolutamente necessario il potenziamento degli organici preposti al controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro e l'adozione di misure idonee a contrastare il triste ed inaccettabile fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro.
Sin dall'atto del suo insediamento, il Governo, in coerenza e in attuazione del programma, ha posto il tema della lotta al lavoro nero ed irregolare e della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro al centro della propria azione strategica.
Infatti, già nel DPEF, il Governo ha avuto modo di tracciare le linee dell'intervento in materia. Prima attuazione sono state le misure adottate per i cantieri edili con l'articolo 36 bis del decreto Visco Bersani della scorsa estate. L'intervento è proseguito, come è noto, con le incisive misure recate dalla legge finanziaria che hanno segnato una chiara indicazione di percorso.
Per quanto riguarda il rafforzamento degli organici del personale ispettivo, faccio presente che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in base a quanto previsto dal comma 544 dell'articolo 1 della legge 296 del 2006, ed in relazione alle risorse assegnate con il successivo comma 545, è stato autorizzato all'assunzione di 241 unità di ispettori del lavoro risultati idonei, da assegnare alle direzioni provinciali e regionali del lavoro delle regioni per le quali furono banditi i concorsi a 795 posti di ispettore del lavoro - profilo professionale C2.
Noi siamo partiti, come Ministero del lavoro, il 30 aprile del 2006 con 2019 ispettori; nel periodo maggio-luglio 2006 abbiamo immesso in servizio 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici sono stati immessi nel mese di dicembre 2006.
I nuovi 241 ispettori del lavoro saranno tutti immessi entro il 2 luglio 2007 arrivando ad un organico complessivo degli ispettori di 3130 unità con un aumento del 55 per cento rispetto allo scorso anno.
I carabinieri avranno - anche sulla base della finanziaria - al 2 luglio un incremento di 60 unità, passeranno cioè da 443 a 503 a cui si sommano 1746 ispettori dell'INPS e 404 ispettori dell'INAIL.Pag. 88
Quindi, l'organico a luglio 2007 sarà complessivamente di 5783 unità, comprendendo i 241 ispettori e i 60 carabinieri previsti dalla finanziaria 2007, realizzando un incremento complessivo della forza ispettiva pari al 48 per cento globale.
Inoltre, con il decreto Bersani del luglio 2006 è stata reintrodotta l'indennità di trasferta in favore del personale ispettivo che era stata abrogata dal Governo precedente.
Nel periodo che va da luglio 2006 ad aprile 2007 si è realizzata, inoltre, un'inversione del rapporto tra attività dedicata agli accessi ispettivi ed attività burocratiche in sede, portando la prima dal 40 per cento al 60 per cento, e viceversa riducendo la seconda, dando quindi una forte impronta operativo all'azione dei nostri ispettori, che aveva perso incisività negli anni precedenti. Tuttavia pensiamo anche che l'azione ispettiva fatta nelle sedi, sia un'azione importante che va fortemente riqualificata.
Infine, la scorsa settimana, in occasione dell'importante evento di comunicazione promosso dal nostro Ministero per una nuova cultura del lavoro regolare, attraverso la realizzazione di 20 conferenze stampa che si sono tenute contemporaneamente in tutta Italia, una per ciascuna regione, per lanciare la campagna «Esci dal nero. Conviene», promossa in occasione della presentazione dei dati ispettivi del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, INPS e INAIL, con la collaborazione di Italia Lavoro, il ministro Damiano ha annunciato che saranno disponibili ulteriori risorse finanziarie a favore dell'attività sul campo degli ispettori.
Infatti, su richiesta esplicita del ministro del lavoro, condivisa dall'intero Governo, è stato disposto dal Ministero dell'economia un decreto di variazione del bilancio che prevede un'integrazione di 3 milioni di euro a favore dei capitoli concernenti le indennità di missione da corrispondere agli ispettori del lavoro e al personale dell'Arma dei carabinieri addetto alla tutela del lavoro.
Inoltre è allo studio del Ministero del lavoro l'emanazione di decreto che istituirà una task force nazionale, operativa in stretta sinergia tra tutti i soggetti interessati, per avere la possibilità di pronto intervento nelle situazioni particolarmente critiche e di emergenza.
Questa task force, coordinata direttamente dal direttore generale delle attività ispettive del Ministero potrà intervenire in tutto il territorio nazionale, in rafforzamento delle forze ispettive dislocate territorialmente.
L'obiettivo che il Ministero del lavoro sta perseguendo è quello di rafforzare le funzioni di coordinamento e di indirizzo di tutte le attività ispettive, attraverso il potenziamento del ruolo della Commissione nazionale di coordinamento, istituita ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 2004, che il Ministro riunisce ogni due mesi, così come con l'insediamento della cabina di regia per il contrasto della lavoro nero e i piani di emersione, che verrà insediata entro giugno 2007, così come previsto dal comma 1156 della finanziaria e disposto in apposito decreto ministeriale, predisposto dal nostro Ministero nelle scorse settimane anche attraverso il confronto e la consultazione di tutte le parti sociali, che è attualmente alla valutazione della Conferenza unificata Stato-regioni.
Infine, si sta predisponendo, con la collaborazione di Italia lavoro, un piano straordinario di formazione e aggiornamento che interesserà tutta la forza ispettiva, attraverso un programma articolato di interventi che procederà da fine maggio 2007 a febbraio 2008, i cui contenuti formativi sono stati oggetto di protocollo di intesa tra parti sociali e direzioni competenti del nostro ministero.
Con tale piano ci si propone anche di incrementare e qualificare la dotazione strumentale e tecnologica messa a disposizione dei nostri ispettori.
Per concludere, quindi, nelle prossime settimane, esperite le necessarie procedure, saranno assunti 241 nuovi ispettori, operazione che sarà completata entro i primi di luglio, nonché 60 unità nel comando dei carabinieri presso il Ministero del lavoro, cui va aggiunto il personale Pag. 89ispettivo dell'INPS, dell'INAIL e delle regioni. Difatti le stesse, ai sensi della legge n. 833 del 1978, hanno la competenza primaria per il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Il decisivo intervento del Governo in questi primi mesi dal suo insediamento è ulteriormente segnato dall'approvazione del disegno di legge delega del testo unico sulla sicurezza a cui si è pervenuti dopo un lungo confronto con le regioni e con le parti sociali e di cui non posso che auspicare una rapida discussione e approvazione del Parlamento (che deciderà di modificarlo, di migliorarlo, ma certamente abbiamo bisogno di una rapida approvazione) nello spirito di una collaborazione unitaria su temi così centrali per la vita del Paese e sui quali la massima autorità dello Stato ha più volte richiamato l'attenzione di tutti.
Voglio rassicurare l'onorevole interrogante che, pertanto, la possibilità di dar luogo ad ulteriori assunzioni, così come richiesto, è all'attenzione del Governo.
Naturalmente, si dovrà tener conto, per un verso, degli oneri finanziari che l'operazione comporta e, per l'altro, del limiti di capienza della pianta organica del personale ispettivo, di cui è allo studio un eventuale ampliamento.
Il Governo è altresì fortemente impegnato a garantire, per il personale ispettivo, le risorse necessarie per poter svolgere al meglio e più efficacemente l'attività di vigilanza; in particolare con riferimento all'espletamento delle missioni ed alle dotazioni strumentali.
Inoltre, sono allo studio (usciranno nei prossimi giorni) strumenti che abbiamo già previsto come il DURC (documento unico di regolarità contributiva) e stiamo approntando gli indici di congruità, (strumenti sui quali abbiamo avuto già avuto modo di discutere). Credo pertanto che siamo sulla strada giusta (almeno così riteniamo) se in pochi mesi 90 mila edili prima sconosciuti all'INAIL sono stati regolarizzati attraverso un'azione ispettiva davvero molto efficace.
Rispetto ai drammi che ogni giorno capitano nel nostro Paese forse ciò non è sufficiente, ma forse ci fa dire che la direzione che abbiamo intrapreso e la strumentazione che abbiamo individuato, ci fanno andare nella strada giusta.

PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di replicare.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, vorrei ringraziare la sottosegretario per l'ampia relazione svolta e per la risposta, tutto sommato, esauriente. Desidero anche esprime apprezzamento per la lena con la quale il Governo sta affrontando un dramma sociale così rilevante.
Certamente la formazione e la dotazione di ulteriori risorse a disposizione dell'attività ispettiva sono assolutamente essenziali. Gli interpellanti sono a conoscenza dell'imminente assunzione di altre 241 unità, tuttavia, ritengono che l'organico debba essere ancora potenziato, e, per questa ragione, hanno chiesto di conoscere l'intendimento del Governo in ordine alla possibilità di ampliare l'organico con l'assunzione degli altri 630 idonei del concorso. Riteniamo, infatti, che di fronte ad un problema così grave vi sia la necessità, da garantire anche facendo ricorso ad un ulteriore stanziamento, di avere maggiori controlli.
Prendiamo atto del fatto che è all'attenzione del Governo, ed è affidato alla sua sensibilità, anche l'ampliamento delle piante organiche. Al riguardo confidiamo che il sottosegretario si faccia interprete presso il Governo della necessità di ampliare ulteriormente le piante organiche e di ricorrere, quindi, a qualunque provvedimento normativo o amministrativo a tal fine necessario.

(Rinvio interpellanza urgente Di Gioia - n. 2-00326)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso del presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza Di Gioia n. 2-00326 è rinviato ad altra seduta.Pag. 90
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 7 maggio 2007, alle 11,30:

Discussione del disegno di legge:
S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (2534-A).
- Relatori: Piro, per la V Commissione e Zanotti, per la XII Commissione.

La seduta termina alle 19.

Pag. 91

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2427

Pdl n. 2427 - Soggiorni breve durata stranieri

Tempo complessivo: 16 ore, di cui:

  Discussione generale Seguito esame
Relatore 15 minuti 15 minuti
Governo 15 minuti 15 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici   20 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 29 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) 1 ora e 6 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 6 ore e 51 minuti 4 ore e 54 minuti
L'Ulivo 37 minuti 1 ora
Forza Italia 34 minuti 42 minuti
Alleanza Nazionale 33 minuti 28 minuti
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 32 minuti 21 minuti
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 32 minuti 21 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 17 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 16 minuti
La Rosa nel Pugno 30 minuti 16 minuti
Comunisti Italiani 30 minuti 16 minuti
Verdi 30 minuti 16 minuti
Popolari-Udeur 30 minuti 15 minuti
Pag. 92
DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista - Nuovo PSI 30 minuti 13 minuti
Misto 31 minuti
(Minoranze linguistiche: 12 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 12 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 7 minuti)
13 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti;
Repubblicani, Liberali, Riformatori: 3 minuti)

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Segr t.u. pdl 197-A ed abb. - em. 1.1 449 408 41 205 139 269 78 Resp.
2 Segr subem. 0.1.50.3 453 407 46 204 133 274 78 Resp.
3 Segr subem. 0.1.50.4 452 404 48 203 134 270 78 Resp.
4 Segr subem. 0.1.50.5 450 399 51 200 123 276 78 Resp.
5 Segr subem. 0.1.50.1 454 412 42 207 131 281 78 Resp.
6 Segr subem. 0.1.50.2 458 405 53 203 125 280 78 Resp.
7 Segr em. 1.50 388 367 21 184 321 46 78 Appr.
8 Nom. t.u. pdl 197-A - voto finale Mancanza numero legale NO

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.