XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 149 di martedì 24 aprile 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,30.

GIUSEPPE MARIA REINA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Basile, Brugger, Buontempo, Colucci, De Simone, Franceschini, Lion, Morrone, Pinotti, Piscitello, Sgobio, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione della mozione Meta ed altri n. 1-00147 sulla sicurezza stradale in coincidenza con la settimana mondiale proclamata dalle Nazioni Unite (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Meta ed altri n. 1-00147 sulla sicurezza stradale in coincidenza con la settimana mondiale proclamata dalle Nazioni Unite (vedi l'allegato A - Mozione sezione 1).
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Ricordo altresì che, nella seduta del 19 marzo 2007, si è svolta la discussione sulle linee generali delle mozioni Giovanardi ed altri n. 1-00112, Mura ed altri n. 1-00117, Meta ed altri n. 1-00118, Leone ed altri n. 1-00121, Maroni ed altri n. 1-00122, Beltrandi e Villetti n. 1-00124, Frassinetti ed altri n. 1-00144, Fabris ed altri n. 1-00145, vertenti sulla questione delle cosiddette «stragi del sabato sera», materia parzialmente analoga a quella della mozione oggi all'ordine del giorno. Tali mozioni sono state ritirate dai presentatori in coincidenza con la discussione della mozione Meta ed altri n. 1-00147.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla mozione all'ordine del giorno.

ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, il Governo ribadisce il parere favorevole sulla mozione Meta ed altri n. 1-00147, già preannunciato nella seduta di ieri.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferdinando Benito Pignataro. Ne ha facoltà.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, onorevoli deputati, laPag. 2mozione all'ordine del giorno si presenta come un atto d'indirizzo politico nei confronti del Governo riguardo alla sicurezza stradale. Viene discussa in concomitanza con la prima settimana mondiale della sicurezza proclamata dalle Nazioni Unite che si svolgerà dal 23 al 29 aprile. Vorremmo ricordare in questa sede che affrontare il problema della sicurezza stradale è elemento prioritario per il Paese. In Italia, fra il 1973 e il 2002, gli incidenti stradali hanno causato circa 230 mila morti e 7 milioni di feriti. Gli ultimi dati parlano di oltre 220 mila incidenti, che hanno causato oltre 320 mila vittime e 5 mila 600 morti. I decessi tra i giovani tra i diciotto e i ventiquattro anni sono stati più di mille. Si tratta di una vera emergenza sociale rispetto alla quale occorre un chiaro cambiamento di tendenza. È necessaria una politica di forti investimenti in favore della sicurezza, della formazione delle persone e del potenziamento dei controlli sulle strade. Nello specifico, chiediamo che il Governo si impegni a dare seguito agli indirizzi approvati in sede di Consiglio dei ministri al fine di raggiungere l'obiettivo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime, così come stabilito dal programma di azione europea del 2000; a migliorare la qualità delle infrastrutture stradali e a proseguire nella realizzazione di interventi strutturali e infrastrutturali per modificare il modello di trasporto incentivando il trasporto ferroviario e marittimo, a minore impatto ambientale e sociale; a incrementare i controlli adeguandoli ai livelli europei anche sui mezzi pesanti; a stimolare le case costruttrici ad investire in moderne tecnologie per aumentare in maniera significativa i livelli di sicurezza stradale.
In particolare, rispetto al grave fenomeno delle «stragi del sabato sera», che nel nostro paese rappresenta la prima causa di morte dei giovani, chiediamo al Governo che si impegni a promuovere campagne di educazione stradale nelle scuole, azioni di sensibilizzazione a favore dei giovani sui temi della prevenzione della sicurezza stradale, l'impiego di mezzi di trasporto pubblico collettivo per il trasferimento dei giovani nei luoghi del divertimento e a sostenere tutte le iniziative a favore della prima settimana della sicurezza globale sulle strade indetta dall'ONU, in particolare le iniziative che si svolgeranno sabato 28 aprile a favore di una notte senza incidenti.
Negli anni Sessanta in Italia circolavano poco più di 3 milioni di autoveicoli. Oggi siamo sull'ordine dei 35 milioni. Di conseguenza, si è intensificata la densità della circolazione e sono aumentati i pericoli per l'uomo: incidenti stradali e danni per la natura, inquinamenti acustici ed atmosferici. La rete viaria dell'Italia è la più affollata d'Europa: l'80 per cento delle merci viaggia su gomma e spesso gli autocarri transitano a vuoto. I veicoli pesanti, costruiti come mezzi di locomozione e come strumenti per arricchire e migliorare la qualità della vita, sono diventati troppo spesso strumenti incontrollabili di morte. Quasi 100 mila decessi e tre milioni di feriti sono lo sconvolgente bilancio di dieci anni di incidenti stradali.
Nel triennio dal 1993 al 1995 gli incidenti hanno causato mediamente 7 mila morti l'anno, ossia un morto ogni settantacinque minuti primi e 238 mila feriti, uno ogni due minuti primi. Ogni anno in Italia scompare un paese di 7 mila abitanti. È questo il tragico risultato degli incidenti stradali. Il costo economico è valutabile in 16 miliardi di vecchie lire. Il costo sociale è elevatissimo: tra i feriti una parte consistente dovrà, per il resto della vita, convivere con un handicap acquisito.
La media è di 24 mila invalidi permanenti ogni anno. La domanda è: che fare? Sono stati proposti una miriade di rimedi per debellare un fenomeno che costituisce un attentato quotidiano alla vita umana. C'è chi ha proposto più investimenti per la sicurezza stradale, chi pene più severe per i conducenti, chi il miglioramento delle strade, chi campagne di informazione per sensibilizzare i giovani ad assumere comportamenti maggiormente responsabili nei confronti della circolazione stradale, chi di rendere i veicoli in grado di proteggere meglio gli occupanti dalle conseguenze dei sinistri.Pag. 3
Sono stati costituiti comitati e consulte provinciali per la sicurezza stradale, al fine di elaborare piani che prevedono, tra l'altro, di informare sull'importanza dell'uso del casco protettivo e delle cinture di sicurezza, di attuare maggiori controlli e attività di repressione dei comportamenti scorretti alla guida, di verificare l'efficacia della segnaletica per eliminare le situazioni di pericolo e di emergenza nelle strade.
Oggi i problemi in materia di mobilità sicura nascono come funghi e si dissolvono come neve al sole, senza apportare alcun miglioramento alla sicurezza stradale. Occorre perciò diffidare di pseudoesperti e di piani di sicurezza stradale che spesso si mostrano inefficaci. Con le numerose e varie innovazioni normative introdotte nel codice della strada non si sono conseguiti i risultati positivi che tutti si auguravano. Il numero degli incidenti continua ad essere allarmante. La sicurezza stradale non si fa con l'accensione dei fari anche di giorno sulle autostrade e sulle strade extraurbane, che ha il solo effetto di far aumentare il consumo di carburante e di lampadine, con il divieto dell'uso del telefono cellulare se non con auricolare o viva voce, con il divieto di vendere sostanze alcoliche lungo le autostrade, con la chiusura delle discoteche ad una certa ora, con la patente a punti, che prevede corsi di formazione senza esame finale, con il certificato di idoneità per la guida di ciclomotori che si consegue solo con l'esame teorico.
La sicurezza stradale è fatta di pochi, ma essenziali elementi: una seria e approfondita visita medica collegiale per accertare i requisiti psicofisici dei conducenti, la modifica del sistema di esame sia teorico che pratico per il conseguimento della patente di guida, la padronanza nella guida, una conoscenza ragionata e l'osservanza delle norme del codice della strada, l'eliminazione delle insidie presenti nella rete viaria, un'idonea ed efficiente segnaletica stradale e la qualità del programma di studio e dell'educazione stradale.
Sulla mobilità sicura il Governo di centrosinistra deve dunque effettuare una corretta inversione del senso di marcia, se non si vuole ritrovare anche nei prossimi anni con un bilancio negativo in termini di vite umane. La legge sulla circolazione stradale in vigore per decenni nel nostro paese, il testo unico approvato nel 1959, è stata sostituita con il decreto legislativo n. 285 del 1992.
Il nuovo codice della strada, entrato in vigore il primo gennaio 1993, è stato oggetto di continue modifiche: da una fase di eccessiva staticità normativa si è passati ad una fase di eccessive modifiche. Il predetto processo di riforma, dettato dalla crescita raccapricciante dei sinistri, ha partorito una serie di leggi e provvedimenti inopportuni ed inefficaci, nel silenzio generale e, purtroppo, con l'astensione delle forze di sinistra.
Dubito, ad esempio, che la patente a punti abbia garantito risultati importanti. È noto a tutti lo scandalo esploso in Italia dei corsi per il recupero dei punti decurtati dalle patenti di guida. Si rilasciavano attestati di frequenza per corsi che, in effetti, non si svolgevano.
La mia proposta è rendere il codice della strada meno corposo, più accessibile e comprensibile, ma soprattutto rivolto alle norme di comportamento e alla prevenzione degli incidenti stradali. È il termine «prevenzione» che continua a essere un tabù. La logica della repressione, delle multe, del ritiro delle patenti, della decurtazione dei punti prevale su quella della prevenzione.
Occorre inoltre rompere il monopolio detenuto dai privati nel campo dell'educazione stradale; non esiste infatti un sistema educativo pubblico di cui si possa avvalere il cittadino italiano che aspira al conseguimento della patente di guida. L'unica opportunità è data agli studenti dai progetti di insegnamento dell'educazione stradale nelle scuole, resi obbligatori a partire dall'anno scolastico 1994-1995. È necessario abolire anche la figura dell'allievo privatista all'esame di teoria e di guida. Occorre rendere obbligatoria la frequenza di un corso di preparazione presso un autoscuola oppure presso altri soggetti abilitati a tenere corsi. Nei prossimi giorniPag. 4in tutta Italia l'esame di teoria per il conseguimento della patente di guida si effettuerà con una nuova procedura; esso, cioè, non si svolgerà più con una scheda cartacea nel caso di candidati con possesso della licenza di scuola media inferiore o con un colloquio nel caso di allievi non scolarizzati oppure stranieri, ma mediante un sistema informativo a traduzione in tutte le lingue ufficiali dell'ONU. Nutro dubbi e grandi perplessità...

PRESIDENTE. Onorevole Pignataro...

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Concludo, Presidente. Poiché avevo altre argomentazioni da svolgere, mi limito a preannunziare il voto favorevole del gruppo dei Comunisti Italiani sulla mozione in discussione e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Onorevole Pignataro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ricci. Ne ha facoltà.

MARIO RICCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor viceministro, la mozione in discussione rappresenta una prima tappa, almeno per noi di Rifondazione Comunista-Sinistra europea, di un difficile e lungo percorso che si pone l'obiettivo di ridurre progressivamente e dimezzare entro il 2010, come si propone la settimana mondiale per la sicurezza stradale, il numero delle vittime derivanti da incidenti stradali nel nostro paese.
Le statistiche testimoniano un grande dramma sociale con oltre 5 mila morti l'anno e 300 mila feriti, con un alto indice di invalidità permanente, con un costo sociale di circa 30 miliardi di euro, cioè 60 mila miliardi delle vecchie lire, ossia l'importo corrispondente a quello di una manovra finanziaria ogni anno; l'Italia detiene purtroppo un record negativo, con un tasso di mortalità di 9,2 morti per 100 mila abitanti, ponendosi al di sopra della media europea che è di 8,1 morti ogni 100 mila abitanti.
Nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi ieri sulla mozione in esame in quest'aula del Parlamento, il mio collega e compagno di gruppo Ezio Locatelli ha indicato alcune ragioni strutturali di questa vera e propria strage. Alcune di esse sono evidenziate nella mozione in discussione e per questo esprimeremo un voto favorevole su di essa, proprio perché rappresenta l'inizio di pratiche politiche che mirano al superamento di questo grave e drammatico fenomeno sociale. Si tratta di ragioni sociali che però devono divenire, nelle prossime settimane, una pratica concreta dell'azione di Governo, a cominciare da un'approfondita ricerca di soluzioni da inserire nel disegno di legge sulla circolazione stradale d'iniziativa del Governo, discussione che è stata simbolicamente avviata proprio ieri in quest'aula del Parlamento. Si tratta di un provvedimento che, per quanto ci riguarda, siamo impegnati a modificare e migliorare, che rappresenta una base di partenza di questo lungo lavoro, e che tuttavia presenta un profilo eccessivamente sanzionatorio con una sorta di accanimento pecuniario - si pensi, ad esempio, all'esosità delle multe, che arrivano fino a 24 mila euro -, con conseguenze familiari che possono derivare da questo accanimento pecuniario e persino con tracce di proibizionismo sulle quali ci riserviamo di intervenire presentando specifici emendamenti.
Tuttavia riteniamo che il provvedimento giunga puntualmente in discussione per affrontare questo grave problema.
Pertanto, i principi di fondo di questa mozione, che si abbina alla discussione sul disegno di legge sulla circolazione stradale e sull'autotrasporto, devono evitare una «torsione» celebrativa della settimana mondiale sulla sicurezza stradale proclamata dalle Nazioni Unite, alla quale abbiamo voluto dare un significato pregnante e di impegno concreto che travalica i contenuti tecnici e sanzionatori presenti nel disegno di legge citato. Tali strumentiPag. 5richiedono alcune modifiche, come dicevo prima, e soprattutto politiche di accompagnamento per una mobilità sostenibile incentrata sulla dignità della persona e sul valore della qualità della vita.
Siamo ormai abituati ad ascoltare appelli, in ogni circostanza drammatica, come quella dell'incidente avvenuto sulla A-4 durante la settimana scorsa, che finiscono per divenire, nei casi migliori, luoghi comuni se non ipocrisia sociale, qualora non siano accompagnati da iniziative volte ad intervenire strutturalmente su questo problema che affligge le strade italiane. Appelli come quelli della domenica, relativi alle stragi del sabato sera, sono dettati dall'emotività e fanno dimenticare gli interventi che devono essere effettuati attraverso politiche di radicale modifica della politica dei trasporti del nostro Paese.
Pensiamo, ad esempio, che siamo di fronte ad un modello di organizzazione sociale e produttiva che determina una sorta di cultura della fretta, alla Vita da stress. Riguardo ai trasporti del nostro Paese, pensiamo alla separatezza tra tempi di lavoro e di vita, in cui i tempi di lavoro si prolungano invadendo quelli di vita, soprattutto per i lavoratori e gli studenti. Questi ultimi, in assenza di un servizio pubblico efficiente, sono costretti a condurre una «vita da stress» e a correre costantemente, prolungando i tempi di lavoro e i tempi di studio che sottraggono loro tempo per la vita.
Chiediamo pertanto che si svolga una approfondita discussione, perché vogliamo superare la cultura che in molti casi, come è testimoniato dalle statistiche sopra richiamate, si tramuta da fretta e stress da vita in fretta di morte e, quasi, di morire.
Credo quindi, che sarebbe stato un bene, per dare significato stringente alla nostra discussione, durante la settimana mondiale per la sicurezza stradale, promuovere una diffusa campagna di informazione e di educazione su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione delle istituzioni locali, delle scuole, delle associazioni e delle fondazioni, ormai da decenni impegnate su questo tema.
Sarebbe opportuno, dunque, dare inizio ad una radicale modifica delle modalità di trasporto nel nostro Paese, realizzando una vera inversione di tendenza nella cultura, negli stili di vita e nelle pratiche individuali di mobilità urbana ed extraurbana.
Faccio alcuni esempi per definire il dramma davanti al quale ci troviamo: nella città di Roma il settanta per cento delle persone si muove con il mezzo privato; la densità automobilistica nella capitale d'Italia conosce l'indice mondiale più elevato (932 auto per mille abitanti e 400 mila moto e motorini circolanti). In questa città vi è una presenza irrisoria del trasporto su ferro: 51 chilometri di tram e 36 chilometri di metropolitana.
Il trasporto pubblico locale, per contro, non ha conosciuto lo sviluppo qualitativo e quantitativo idoneo a prevenire e scoraggiare l'uso del mezzo privato, con drammatiche conseguenze sul congestionamento urbano, sullo spazio per i parcheggi, sull'inquinamento dell'aria e sull'inquinamento acustico.
L'Italia, del resto, conta 35 milioni di auto - come è stato ricordato - vale a dire 600 auto ogni mille abitanti; un record mondiale. Per quanto ancora possiamo sopportare una simile trappola mortale? Noi pensiamo che una concreta politica di prevenzione di un così drammatico fenomeno come l'elevato numero di incidenti stradali richieda una radicale riorganizzazione del servizio pubblico collettivo. Devono essere indirizzate in tal senso le risorse necessarie, con un'effettiva redistribuzione verso il basso dei flussi finanziari pubblici e con la creazione di un efficace ed efficiente servizio pubblico collettivo che privilegi il trasporto su ferro. Questa è, secondo noi, la risposta puntuale ed importante, anche se non esaustiva, al fenomeno di cui ci occupiamo.
I sistemi locali di mobilità sono lo snodo concreto per una riduzione della quantità di incidenti stradali. Le grandi aree metropolitane chiedono modalità alternative al sistema di mobilità esistente e la soluzione non può essere data dalla terza o quarta corsia, di cui molto spessoPag. 6si parla anche nei territori interessati, ma da una progressiva diminuzione dell'uso del mezzo privato. Concludo riferendomi brevemente alla questione delle stragi del sabato sera, e lo faccio parafrasando un grande poeta dell'ottocento, Giacomo Leopardi, il quale, parlando del sabato del villaggio, rappresentava la società contadina di allora in cui il sabato era il grande giorno, il giorno in cui i giovani soprattutto godevano intensamente. Io non ho alcuna nostalgia bucolica, anche se ritengo che alcuni valori di quell'epoca dovrebbero essere recuperati, quali esempio di una comunicazione semplice, ma importante, ai fini di solidarietà e coesione sociale. Il nostro sabato purtroppo è il sabato della modernità drammatica per molti giovani, per molti studenti e per molti lavoratori che trovano in quella serata il tempo della liberazione artificiale.

PRESIDENTE. Deve concludere.

MARIO RICCI. Concludo, signor Presidente.
Trovano - dicevo - il tempo per uno stare insieme contaminato dai disvalori della perdita del senso di sé e della vita, per liberarsi fittiziamente dai ritmi di lavoro, dai ritmi e dalle tensioni sociali, dai vuoti interiori e dalla solitudine a volte invisibili, che si trasformano in una furia suicida. Ci possiamo interrogare in questo senso...

PRESIDENTE. Mi dispiace, ma il suo tempo è scaduto.

MARIO RICCI. Con questo spirito voteremo la mozione unica che è stata presentata (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Uggè. Ne ha facoltà.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa settimana della sicurezza stradale credo si possa dire che non comincia bene, anzi comincia male. Comincia male perché abbiamo dovuto assistere al silenzio drammatico della nostra stampa. Quest'oggi, i quotidiani riprendono notizie sicuramente di grande interesse e ci parlano della nuova emergenza siccità, dimenticando di andare a verificare le cause per le quali il paese vive una crisi energetica. Ci si limita ad evidenziare le situazioni evidenti, ma certamente in tutti questi anni poco si è fatto per individuarne le cause. Quando si apre il dibattito sul nucleare evidentemente emergono vecchie ideologie e subito ci si dimentica di quali saranno le conseguenze: innanzi tutto la crisi energetica.
Nella stessa situazione ci troviamo per quanto riguarda la sicurezza stradale. Tutti la invocano, tutti evidenziano la necessità di un intervento da parte dei poteri pubblici. Ieri mattina, però, nel corso di una trasmissione radiofonica, il nostro ministro dei trasporti, interrogato a proposito della sicurezza stradale non trovava niente di meglio che scaricare sul Parlamento, o meglio, su una parte del Parlamento, cioè sull'opposizione, le responsabilità della mancata discussione.
La conduttrice di questa interessante trasmissione diceva: ma cosa fanno i politici? Ma perché non parlano di questo problema che coinvolge pesantemente le famiglie e la società?
Ebbene, ieri il Parlamento ha discusso a lungo di un disegno di legge sulla sicurezza e sulla circolazione stradale ed ha dibattuto i contenuti di una mozione che vede la condivisione di tutti i gruppi e che ha al centro il rispetto e la tutela della vita.
Oggi i giornali tacciono. Non bisogna chiedersi cosa fanno i politici, ma cosa fanno i giornali, cosa fanno i media, cosa fa la stampa per evidenziare, per educare la gente alla cultura della vita, per sostituire la cultura della vita a quella dello sballo, quella della responsabilità a quella della deresponsabilità.
Stamani abbiamo appreso attraverso le agenzie di stampa che questa notte, versoPag. 7le ventiquattro, un rom ubriaco ha falciato con un furgone quattro ragazzi ad Appignano, in provincia di Ascoli Piceno.
Ebbene, questo ulteriore episodio ci induce a considerare cosa fare concretamente. Colleghi, credo che quando parliamo di sicurezza dobbiamo smetterla di fare della semplice e sterile demagogia. Dobbiamo partire dai dati oggettivi, quelli statistici. Ho sentito qualcuno prima accennare al fallimento presunto delle iniziative del Governo precedente adottate in materia di sicurezza stradale, quali le modifiche al codice della strada e l'introduzione della patente a punti. Si vada a vedere, quel collega, i dati ufficiali che sono riconosciuti, che sono quelli diffusi dall'Istat e dall'ACI. Nei due anni e mezzo di applicazione della patente a punti i risultati ci dicono che c'è stata una riduzione dei decessi sulle strade pari al 19,5 per cento.
Questi non sono dati dell'opposizione, non sono di Lunardi, ma sono dati ACI ed Istat. Si vada a vedere quali sono le cause che determinano insicurezza sulle strade. Guarda caso tra i primi elementi che vengono indicati c'è la incompatibilità delle infrastrutture con l'incrementato traffico. Allora non è sufficiente dire che il traffico è aumentato, non è sufficiente dire che abbiamo troppi mezzi pesanti sulle strade. A tale proposito dovremmo vedere i dati a livello comunitario e scopriremmo che l'Italia è poco avanti rispetto alla media europea del traffico assicurato attraverso i mezzi pesanti. Ma anche qui dovremmo aprire un ragionamento diverso, e cioè sul cambiamento del modo di produrre, che è passato da un sistema basato sugli stock ad uno basato sui flussi.
È chiaro che, se i mezzi di trasporto sulle strade diventano magazzini viaggianti, il traffico aumenta; è chiaro che la flessibilità diventa un elemento fondamentale. Ecco perché bisogna intervenire su quelle che sono le cause reali, e quindi parlare di logistica, di piano della logistica; tutte cose che il ministro Bianchi sembra aver dimenticato o sembra voler affogare in un fantomatico piano della mobilità.
Se le infrastrutture sono l'elemento che incide sulla sicurezza, voglio qui fornire un dato europeo (quindi, anche questo non proveniente dall'opposizione). Si dice che l'Italia è stata il paese in cui negli anni 2002-2003 si è registrato il livello di investimenti più elevato: gli investimenti sono raddoppiati rispetto ai sei anni precedenti ed essi hanno rappresentato ben il 25 per cento del totale degli investimenti dell'Europa a 27.
Questi sono dati, questi sono interventi concreti che voi avete abbandonato, bloccando le opere pubbliche e creando una situazione di disagio.
Siamo convinti assertori della mozione che indica quelli che sono gli interventi necessari, per creare le condizioni di maggior sicurezza, fare informazione e dare conoscenza di quanto avviene a distanza di un certo numero di chilometri. Dobbiamo porre i soggetti che «si mettono» sulle strade in condizione di sapere che cosa avviene a duecento, trecento o cinquecento chilometri di distanza. Oggi abbiamo un nuovo servizio di informazione che, se le cose vanno bene, fornisce dati che sono in ritardo di tre o quattro ore. È capitato anche a me, recentemente, mentre andavo verso Venezia: sulla corsia opposta dell'autostrada si snodava una coda di dieci chilometri tra Desenzano e Brescia, mentre Isoradio forniva informazioni solo di traffico intenso.
Servono controlli, certezza delle sanzioni e segnaletica chiara! È ora di smetterla di porre limiti inutili, e di «fare cassa» a livello comunale mantenendo per alcuni mesi cartelli che impongono la riduzione di velocità per lavori mettendo proprio in quei luoghi punti di controllo. L'articolo 142, comma 2, del codice della strada stabilisce che questi limiti devono essere rimossi immediatamente, tempestivamente, ma ciò non viene fatto. Non lo fanno i comuni né gli enti proprietari della strada. In questo modo non si fa certamente sicurezza, come non si fa sicurezza introducendo limiti a livello territoriale per rispondere a esigenze locali. La circolazione è un fatto che va affrontato a livello complessivo, di sistema, di rete. ÈPag. 8inutile che chiacchieriamo sugli effetti che determinano le mancanze di interventi e ci lamentiamo ogni volta che si verificano gli incidenti. Dobbiamo invece intervenire sulle cause.
Ritorno all'episodio del rom ubriaco: sicuramente lo stato di ubriachezza è una delle cause fondamentali degli incidenti stradali. Vediamo alcuni dati significativi forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità. Il tasso alcolemico allo 0,2 fa sì che il 20 per cento dei soggetti non siano sicuri nella guida, manifestano un'iniziale allungamento del tempo di reazione allo stimolo visivo, una riduzione della capacità di suddividere l'attenzione tra due o più fonti d'informazioni, tra stimoli visivi e stimoli auditivi. Il tasso alcolemico allo 0,5 fa sì che il 25-30 per cento dei soggetti sia incapace di guidare correttamente e porta a una riduzione della visione stereoscopica e alla riduzione della resistenza visiva all'abbagliamento. Una quota tra il 30 e il 50 per cento degli incidenti stradali gravi o mortali sono da correlare al consumo di bevande alcoliche.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO UGGÈ. Se questi sono i dati, cari colleghi, e vogliamo veramente intervenire concretamente, domandiamoci cosa possiamo fare in questa materia. Vogliamo introdurre la «tolleranza zero»? Vogliamo affrontare effettivamente le cause che determinano gli incidenti stradali? Smettiamo di fare demagogia, inventandoci dati che non esistono, citando situazioni che sono solo nella fantasia di qualcuno. L'Italia ha avviato un percorso positivo con il Governo Berlusconi e oggi lo vogliamo rafforzare attraverso questa mozione...

PRESIDENTE. Deve concludere, per cortesia.

PAOLO UGGÈ. ... sulla quale esprimeremo voto favorevole. Dobbiamo portare avanti questo percorso con serietà, partendo dai dati, eliminando le forme di demagogia, per dare certezza dell'applicazione delle sanzioni rapportate a quelli che sono i comportamenti, e non fare, diciamo così, una battaglia al massacro. Dobbiamo far vincere la cultura della vita rispetto alla cultura della non vita (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, come già avevo preannunciato ieri, noi voteremo a favore di questa mozione, perché è ben scritta, sia nelle premesse sia nella parte dispositiva. Ci sono tutte le questioni rilevanti per uno stabile incremento della sicurezza stradale, e anche in un ordine condivisibile di priorità. Non c'è solo e tanto l'incremento delle sanzioni per gli automobilisti, ma prima ancora sono previsti interventi strutturali sulle strade, che non possono essere a «costo zero», e l'incremento dei controlli.
Con questo evidenzio anche con piacere come lo sforzo «bipartigiano», coronato da successo pieno, abbia consentito di raggiungere una buona, opportuna ed efficace sintesi. Almeno in questa occasione ciò va senz'altro riconosciuto. Ci auguriamo che l'intervento dell'Esecutivo in materia vorrà e saprà seguire quanto stabilito nella mozione (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, innanzitutto vorrei sottoscrivere la mozione Meta n. 1-00147, in concomitanza della quale sono state ritirate le mozioni di cui discutemmo in quest'aula alcune settimane fa, che riguardavano specificatamente una questione che anche in questa mozione viene affrontata: il problema delle stragi del sabato sera. Nella mozione all'ordine del giorno si impegna il Governo ad aderire ed a sostenere tutte le iniziative che sabato 28 aprile si svilupperannoPag. 9a favore di una notte ad incidentalità zero tramite l'incentivazione, in collaborazione con gli enti locali, dell'uso dei mezzi di trasporto pubblico e della rinuncia volontaria all'uso dei mezzi privati, nonché a promuovere una volta all'anno un sabato a incidentalità zero. Questo perché, nel complesso delle questioni sollevate sull'incidentalità nell'ambito della settimana mondiale dell'ONU sugli incidenti stradali. In Italia vi è una specificità negativa, tragica e terribile.
Abbiamo sottolineato come in Italia, negli ultimi quattro anni, il venerdì ed il sabato sera siano deceduti tanti ragazzi quanti soldati americani sono morti in quattro anni nella guerra in Iraq. Tremila soldati hanno perso gli americani in guerra, tremila ragazzi sono morti negli ultimi quattro anni sul fronte del divertimento. A questo numero si aggiungano i circa diecimila che hanno perso la vita negli ultimi dieci anni. È la prima causa di morte dei giovani nel nostro paese. Ci troviamo di fronte ad un sovrappiù di incidenti: ci sono due decessi ogni 100 incidenti in Italia negli altri giorni della settimana e nelle altre notti della settimana, mentre ci sono 4,8 morti ogni 100 incidenti nelle ore notturne del venerdì e del sabato che vanno dalle due alle sei del mattino. Tutti gli incidenti sono ripetitivi, l'ultimo di questa settimana, in cui hanno perso la vita una ragazza di 16 anni e due ragazzi di 17 anni, è il classico incidente da strage del sabato sera: tre e mezza del mattino, nessun segno di frenata, a due chilometri da casa e, purtroppo, il guidatore è risultato positivo all'etilometro. Sono quindi le concause che conosciamo: la stanchezza, la carenza di sonno, l'impasticcamento e, molte volte, l'alcool.
Spesso questo circuito infernale, questo nomadismo senza regole tra i locali di trasgressione e sballo comporta che ogni sabato e venerdì sera ci sia un sacrificio umano, perché tale diventa, di un numero sterminato di giovani che perdono la vita o rimangono permanentemente lesi, con costi umani e sociali terribili, che gravano sulla società italiana.
Questo segnale a che cosa serve? Devo dire che il Parlamento si affianca ad una mobilitazione straordinaria della società civile: da Fiorello a Zapping (Forbice ha raccolto le firme e le adesioni a questa iniziativa), al quotidiano nazionale il Resto del Carlino, al Milan, alla Fiorentina, ai campioni dello sport ed a decine di enti locali, province e regioni. Cosa rappresenta il tentativo di questa notte del 28 aprile? L'obiettivo è quello di alzarsi domenica mattina e scoprire finalmente che ci si può divertire andando in discoteca, al pub, al ristorante o al bar con i mezzi pubblici, a piedi, in bicicletta, o con qualsiasi altro mezzo, ma in sicurezza. Invitiamo i genitori quella notte a non dare la macchina privata ai figli e invitiamo anche tutti i colleghi, così come io ho fatto, ad organizzare incontri con familiari ed amici in quella notte, raggiungendo i locali utilizzando possibilmente i mezzi pubblici, dimostrando, quindi, che una società come quella italiana, davanti a questa strage infinita, non può rimanere inerte.
Ho fatto un paragone. Quando siamo andati ai funerali dei due alpini che sono morti in Afghanistan, ai quali erano presenti il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio e tutti i ministri, vi è stata una grande commozione, ma ho sottolineato più volte che non c'è meno commozione il lunedì o il martedì, quando si tengono i funerali di questi ragazzi di 17 o di 18 anni, che oltretutto cadono sul fronte del divertimento.
Molte volte ci sono anche gli interessi economici di gestori disonesti, gente che fa veicolare la droga, che sulla trasgressione o sullo sballo costruiscono la loro fortuna. Ci sono migliaia di gestori onesti, ma c'è anche chi specula sui giovani e specula fino a togliere loro la vita perché li mette in condizione di guidare in quelle ore della notte in cui non c'è sicurezza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO GIOVANARDI. Ho concluso, Presidente. Ribadisco l'adesione a questa mozione, che credo sia unitaria, e formulo l'invito che il 28 aprile costituisca unPag. 10impegno per tutti per dimostrare che questa strage può essere fermata [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Onorevoli colleghi, la mobilità dei cittadini è una necessità prima ancora di un loro diritto ma lo sviluppo della mobilità di massa, basato sui mezzi privati, ha prodotto e sta producendo in tutto il mondo una vera e propria carneficina, paragonabile per dimensioni alle morti causate dalla malaria, con 1 milione 200 mila decessi all'anno e 50 milioni di feriti (come viene giustamente ricordato nella mozione che stiamo votando).
Sinceramente, sono rimasta sconvolta nell'apprendere dal recentissimo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità che, in tutto il mondo, sulle strade, muore un ragazzo ogni novanta secondi, una media agghiacciante (succede anche adesso mentre stiamo parlando).
Per il ruolo importante che l'Italia riveste fra i paesi più industrializzati del mondo, abbiamo il dovere di attivarci presso gli organismi internazionali, dall'ONU alla Banca mondiale, per supportare un piano d'azione globale decennale per migliorare la sicurezza stradale nei paesi in via di sviluppo, così come proposto dalla Federazione internazionale dell'automobile con una petizione alle Nazioni Unite.
Allo stesso tempo, saremo utili a noi stessi e agli stessi paesi in via di sviluppo se sapremo risolvere e superare le carenze strutturali ed i ritardi che il nostro Paese ha accumulato nel contesto europeo ed internazionale.
L'obiettivo rivendicato dalla mozione presentata e condivisa dall'intero Parlamento di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime, così come stabilito dal programma di azione europea varato nel 2000, deve rappresentare soltanto una tappa, pur difficile, di un cammino che riduca ulteriormente il bilancio drammatico di vite spezzate sulle nostre strade. Questo è un problema che, da molto tempo, si pone all'attenzione dell'opinione pubblica in tutta la sua gravità e che, finora, è stato affrontato con scarsi risultati e con insufficiente impegno rispetto alle conseguenze drammatiche, sociali ed economiche che produce.
La mozione che ci apprestiamo a votare ha un altro merito, quello di essere stata sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari e di avere ricevuto il consenso unanime di tutta la Camera. Questa unità di intenti della classe politica nazionale può diventare un punto di riferimento per l'intera nazione, dimostrando che, sulle questioni fondamentali, il Parlamento sa essere unito e rappresentare l'interesse generale. Si tratta di un atto politico reso ancora più importante dal punto di vista simbolico perché cade nella prima settimana mondiale della sicurezza stradale.
Non entrerò nel merito di tutte le misure che impegneranno il Parlamento e il Governo, già nei prossimi giorni, nella discussione del disegno di legge n. 2480 perché riflettono in gran parte le mie convinzioni e quelle dell'intero gruppo Italia dei Valori: l'aumento dei controlli sulle strade, il contrasto dell'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, la riforma del codice della strada, gli interventi sulle infrastrutture e sull'educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado, la formazione degli automobilisti e degli stessi formatori, nonché le campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Sono tutte proposte scaturite dal dibattito che si è tenuto alla Camera negli ultimi giorni.
Il gruppo Italia dei Valori ha partecipato con spirito costruttivo al dibattito sulle stragi del sabato sera, presentando una propria mozione ed auspicando che la Camera potesse fornire una risposta unitaria ad un problema che riguarda tutti i cittadini. In quella occasione abbiamo lavorato perché si arrivasse ad un testo chePag. 11potesse essere condiviso ed approvato da tutti: lo abbiamo sottoscritto e convintamente lo voteremo.
Ciò che dovremmo ottenere con tutti i mezzi a disposizione è la collaborazione delle associazioni delle famiglie delle vittime della strada e delle associazioni dei pubblici esercizi al fine di proporre nuovi stili di vita per i nostri ragazzi, che servano a prevenire le morti del sabato sera, che rappresentano la prima causa di decesso per i giovani tra i diciotto e i trent'anni. La media gioventù non può continuare a morire sulle strade inutilmente, con grave danno per le proprie famiglie e l'intera società.
Queste tragedie riflettono una concezione della vita e un modo di viverla che, rincorrendo falsi miti, conducono all'autodistruzione. Immaginiamo, invece, un futuro per i nostri figli nel quale possano crescere nel segno dell'umanità, della cultura, di una qualità ricca di relazioni umane, dove si affermi l'essere e non l'apparire, la cultura della vita e non della morte.
Come appare evidente, questo dibattito non può che obbligarci a ridiscutere il tipo di società che abbiamo costruito e che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni. A fronte di grandi conquiste nel campo tecnologico e scientifico, nello stesso modo non siamo riusciti a sviluppare una concezione della vita più umana e più rispettosa della vita stessa.
A partire da questo dibattito, che unisce tutto la Camera, voglio augurarmi che, sulle questioni fondamentali, sapremo ritrovare la stessa unità di intenti anche in futuro.
Questa è la migliore risposta che possiamo dare ai cittadini, che la stanno attendendo da troppo tempo. Per questo motivo, dichiaro il voto favorevole dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, intervengo per apporre la mia firma su questa mozione, che recepisce anche la mozione che avevamo presentato insieme al collega l'onorevole Giovanardi.
Credo che oggi questo passaggio parlamentare sia importante, innanzitutto perché non si poteva più fare finta di nulla. Molto spesso noi stessi siamo stati un po' partecipi con la nostra indifferenza al bollettino che tutti i lunedì mattina leggevamo sui giornali, apprendendo, nell'indifferenza, alcune volte, la morte di tanti nostri giovani.
Non mi dilungo sui dati, perché i miei colleghi, che mi hanno preceduto su questo argomento, hanno già avuto modo di indicare le cifre impressionanti relative alle giovani vittime di tutti i weekend sulle strade. Anche l'orario ci deve fare riflettere.
Credo che dovremmo ragionare su una questione più importante, ossia la sacralità della vita e la cultura della vita, che fa parte della nostra cultura occidentale. Troppo spesso diamo ai nostri giovani - con quell'indifferenza di cui dicevo prima - il potere, nelle loro mani, di autodistruggersi.
Credo che questa mozione sia importante, anche se non basterà per risolvere il problema, perché si tratta anche di una questione culturale, nel senso che dovremmo fare di più, tutti insieme, ed impegnarci per la cultura della vita e per far capire ai giovani - credo di poterlo affermare, come donna del mio tempo - che nessuno di noi è contrario al divertimento. Il nostro slogan era appunto: Accorcia la notte e allunga la vita.
In questi giorni, ho avuto modo di parlare con molte associazioni e con le famiglie delle vittime della strada e, peraltro, debbo dire che la società civile ha partecipato moltissimo, perché moltissime sono le iniziative assunte all'interno delle loro associazioni. Devo dire con soddisfazione che ho riscontrato che anche i giovani, coloro che sono opinion nel nostro Paese, si impegnano su questa tematica. Mi riferisco, ad esempio, a Fiorello, che haPag. 12fatto più di una trasmissione, come Zapping, e ad alcuni quotidiani, che ne hanno fatto una vera e propria campagna.
Credo che stiamo andando nella giusta direzione, perché forse abbiamo aspettato troppo tempo. Nella passata legislatura c'è stato per me un giorno molto triste quando il ministro Giovanardi presentò una sua proposta di legge che per un solo voto non venne approvata.
Ebbene, quello è un voto che pesa, che ha pesato e che continuerà a pesare, anche perché credo che non solo il Parlamento, ma un'intera Nazione, quando non si batte per la difesa dei propri giovani, dovrebbe svolgere una riflessione molto amara. Non ci può essere un paese che non investa sui giovani e in questo caso si tratta di investire sulla loro vita e di preservarla, perché spesso non si capisce o si rimanda la comprensione delle conseguenze, che possono essere per tutta la vita, non solo per chi muore ma anche per chi rimane, per il dolore straziante delle famiglie: non c'è dolore peggiore di quello provocato dalla perdita di un figlio.
Allora, oggi è stato compiuto un passo avanti: vi è una mozione unitaria, che credo vedrà il voto dell'intera Camera, ma non basta.
Sarà importante, questa volta, il 28 di aprile, che ci siano più iniziative possibili a sostegno di questa campagna - secondo me, dobbiamo far sì che questa data diventi fissa, ossia che ogni anno, il 28 aprile (o in un'altra data sulla quale accordarci) ci sia una «notte simbolo» - per poter finalmente leggere sui giornali del giorno dopo che c'è stata mortalità zero.
Si vieta la circolazione stradale, come abbiamo visto in molte regioni del Nord e in molte città, a causa delle polveri sottili. Bene: io credo che vietare la circolazione stradale per una notte, dalle 22 alle 6, sia un'iniziativa assolutamente giusta. Vanno bene anche i provvedimenti che sono stati presi per affrontare questo problema. Li abbiamo sentiti elencare prima, poiché sono contenuti nel disegno di legge. Io insisto nel dire che non basta, che ci abbiamo messo molto tempo e che oggi è sicuramente un inizio. Tuttavia, dobbiamo proseguire su questa strada e dobbiamo continuare anche con iniziative che ricordino il più spesso possibile, ai nostri giovani, la cultura del divertimento.
Ritorno ancora un secondo, Presidente, sul valore della sacralità della vita, perché credo che la vita stessa non sia un bene disponibile per noi umani e che non possiamo accreditare la cultura delle scelte sbagliate. Allora, dobbiamo veramente impegnare tutto il Parlamento, al di là delle distinzioni o delle appartenenze, perché, quando si parla di questi temi, ritengo che la condivisione dovrebbe nascere spontanea. Oggi, forse l'approvazione di questa mozione sancisce anche questo principio, che spesso non è così scontato. Pertanto, proprio per i motivi che ho illustrato, il gruppo Alleanza Nazionale voterà a favore della mozione in oggetto [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo vuole portare il proprio contributo, esprimendo un voto favorevole su questa mozione sulla sicurezza stradale, in coincidenza con la settimana mondiale proclamata dalle Nazioni Unite. Vogliamo, ovviamente, oltre ad apporre la nostra firma sulla mozione, ricordare anche Kofi Annan, il segretario generale dell'ONU, il quale, proprio nell'ottobre 2005, in occasione dell'istituzione della prima settimana mondiale sulla sicurezza stradale, ha voluto, con forza, che questa fosse in celebrata in tutto il mondo.
Diciamo la verità: la vera scossa al ministro dell'interno, Giuliano Amato, l'ha dato un appello significativo, apparso su giornali autorevoli, firmato da Massimo Gramellini, Michele Serra e Beppe Severgnini. Questo appello è diventato un vero è proprio «manifesto» contro tanta retorica inutile, che ho ascoltato anche daPag. 13molti colleghi in quest'aula, sulle stragi del sabato sera. Non ce la possiamo prendere con i giovani: in qualche modo, ciò ha creato imbarazzo al ministro, tanto che egli si è sentito subito in dovere di rispondere: lei tenga duro, Severgnini, la Polizia farà la sua parte.
Giova, allora, rileggere in quest'Assemblea, quanto è scritto in tale autorevole appello. Dall'inizio dell'anno, sono morti sulla strada più giovani italiani che in tutte le missioni militari, dal 1945 in poi, del nostro paese. Per interrompere questo suicidio collettivo «a puntate», il Governo si accinge a dettare regole ed a inasprire sanzioni, attraverso un disegno di legge, presentato in questa Camera, che abbiamo discusso ieri, che è solo repressivo, poiché si tratta solo di norme speciali. Come già il Governo precedente, ingrandisce il cartello «attenti al cane», senza rendersi conto che «il cane» non c'è! Il «cane» sono le auto della polizia, dei carabinieri e dei vigili urbani, le quali dovrebbero controllare il territorio, dissuadendo gli ubriachi dal salire in auto o sottoponendo i sospetti alla prova del palloncino.
Segnalo che in Germania, dove bevono «peggio» - ma non meno che da noi -, le stragi del sabato sera non esistono più, e neppure in Francia. Ciò non in virtù di un miracolo, o della particolare resistenza alcolica degli «indigeni». Il crollo degli incidenti, infatti, ha coinciso con la decisione di far sostare una pattuglia di agenti davanti ai locali «a rischio».
Che cosa costa imitarli? Nelle casse dello Stato ci sono 37 miliardi di entrate fiscali extra: potremmo permetterci di usarne qualcuno per pagare gli straordinari alle Forze dell'ordine; persino la Federvini ha promesso un aiuto in tal senso.
Se il numero di incidenti crollasse di colpo, sapremmo di essere sulla strada giusta, e, quindi, coraggio, ministri Amato, Bianchi, Melandri, Di Pietro: fatelo per i ragazzi e un po' anche per i genitori, che passano le notti in bianco in attesa di una porta che si apre e non di un telefono che squilla.
Proprio qui sta il punto della denuncia: lo Stato decide di usare metodi repressivi forti, senza disporre poi degli effettivi strumenti per applicarli, ma questo in gergo si chiama demagogia. I dati sono risaputi e riportati abbondantemente sulla stampa: essi ci dicono che solo il 3 per cento delle patenti italiane è stato controllato con l'etilometro rispetto al 16 per cento della media europea e al 38 per cento dei paesi più severi (ad esempio, in Francia 8 milioni di controlli l'anno, in Spagna 4 milioni, in Italia 200 mila).
Ma di cosa stiamo parlando, onorevoli colleghi? Su 35 milioni di patenti italiane ciò rappresenta una probabilità di controllo ogni centosettantacinque anni: si tratta di statistica, una scienza, non chiacchiere o demagogia. Guardate i numeri che la scienza statistica ci mette a disposizione e riflettete. Fate funzionare i neuroni: si dovrebbe far funzionare il nostro Governo!
Leggiamo ora che l'obiettivo di questo Governo è quello di arrivare ad un milione di controlli nel 2007, cifra ancora modesta che di per sé denuncia il fatto di essere ben lontani dal numero dei controlli effettuati dai paesi che hanno risolto il problema delle stragi del sabato sera.
Verrebbe da chiedere, inoltre, se si intendono eseguire questi controlli sempre con quei quattro poliziotti che circolano per le strade durante le ore notturne. È infatti sufficiente leggere qualunque rapporto dei sindacati delle forze dell'ordine per conoscere le condizioni da terzo mondo, lo spreco organizzativo, gli organici ridotti ed il livello degli stipendi che vengono attribuiti alle nostre Forze di polizia.
Del resto, se il senso di insicurezza è aumentato nei cittadini - come è dimostrato da altra indagine statistica -, ci dovrà pur essere un motivo, ed il vero motivo è anche questo Governo.
Il problema quindi non è tanto istituire un ennesimo codice etico, ma vedere quanta parte del «tesoretto» si è disposti ad investire per aumentare gli organici e le dotazioni dei servizi dell'ordine. Quanto? È questa la cifra che desideriamo conoscere.Pag. 14
Infine, leggiamo nel provvedimento all'esame che ai gestori - titolari o concessionari che siano - delle dodici tratte autostradali individuate come pericolose su tutto il territorio italiano, è fatto obbligo di provvedere con priorità ad ogni forma di intervento manutentivo, modificativo o quant'altro possa garantire migliori condizioni di sicurezza.
Cosa vuol dire «fatto obbligo», se in questo disegno di legge recante disposizioni in materia di autotrasporto merci e circolazione stradale non è previsto nemmeno un euro di multa, mentre si prevedono 24 mila euro a chi si trova con l'etilometro alterato? Ciò significa che questo Governo protegge le multinazionali che gestiscono le autostrade: vergogna! Si predispone un provvedimento con un articolo che non contiene alcuna sanzione per i forti. Questo Governo è dunque forte con i deboli e debolissimo con i forti, i quali sono peraltro i suoi finanziatori.
Se non vengono previste sanzioni precise, rischiamo di restare con una bella dichiarazione di principio e niente di più.
In particolare, si può evidenziare che, in materia di abuso di alcool e droghe nei luoghi di divertimento, le misure preventive messe in atto da anni (biglietto gratis a chi non beve e che poi guida la macchina, chiusura ad una certa ora del locale, trasporto pubblico notturno per la discoteca, guidatore scelto per il rientro a casa, e via dicendo) possono dimostrarsi utili per contrastare i pericolosi effetti collaterali provocati dalla «cultura dello sbando», ma rappresentano anche dei deleteri palliativi, che vanno a legittimare la grave degenerazione culturale esistente, responsabile di tanti funerali, disabilità permanenti, occupazione di posti in ospedale e nei pronti soccorsi.
L'attuale disegno di legge allo studio del Governo appare deludente, in quanto, mentre da una parte interviene sui cosiddetti rimedi palliativi, dall'altra si rende colpevolmente latitante nell'affrontare alla radice le cause del fenomeno. Inoltre, appare francamente contraddittorio, da un lato, giungere ad un terrorismo sanzionatorio sulle stragi e, dall'altro, vedere il ministro Livia Turco proporre l'innalzamento della quantità di cannabis.
Concludendo, signor Presidente, noi del gruppo Nuovo-PSI abbiamo un consiglio da dare.
Non condividiamo il disegno di legge proposto dai ministri Bianchi, Amato, Mastella e Di Pietro. La vera prevenzione degli incidenti stradali e delle stragi del sabato sera, forse, è quella di vedere questi quattro ministri dimissionari e sostituiti da altri più capaci.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, una mozione, un atto di indirizzo parlamentare è sempre un aspetto importante e significativo, e, a mio avviso, questa mozione dà un'indicazione molto forte anche al Governo. Il Governo l'ha accettata e potremmo essere tutti soddisfatti, visto e considerato che la mozione porta la firma di tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e di opposizione.
Credo, però, che dovremmo fare un'ulteriore riflessione e dovrebbe farla anche il Governo: dovremmo capire cosa si deve fare per quanto riguarda la sicurezza stradale all'interno del nostro Paese. Molti colleghi hanno rilevato che si è perso quel clima che si era determinato nella scorsa legislatura. Il provvedimento che va sotto il nome di «legge sulla patente a punti» aveva raggiunto alcuni obiettivi importanti e significativi: la diminuzione del 20 per cento dei morti sulla strada è certamente un obiettivo importante e fondamentale. Certo, le norme hanno agito, ma anche in quella occasione avevamo detto che non erano sufficienti, che non era sufficiente la sanzione e, quindi, la repressione; quello che mancava e quello che manca - anche nei provvedimenti che sono al nostro esame - è una capacità di fare prevenzione all'interno del nostro paese e, quindi, di puntare tutto sulla formazione e sull'educazione.
Non voglio fare alcuna polemica nei confronti del Governo e, in particolare, delPag. 15viceministro, ma certo quel clima si è perso, si è andato via via stemperando: si sta dissipando una serie di motivazioni e di idealità che noi avevamo arricchito in una certa stagione, per quanto riguarda la difesa della vita e della famiglia. Come giustamente è stato rilevato, infatti, i morti sulle strade portano alla disintegrazione della famiglia almeno per l'80 per cento.
Il Governo sta agendo attraverso una serie di iniziative che ci preoccupano fortemente: qui bisogna capire se prevale il profitto, l'interesse economico oppure la tutela della vita. Molte volte ritengo che prevalgano, invece, il profitto, l'interesse economico, l'interesse di alcune corporazioni molto attive in questo settore. Quando vedo, ad esempio, che il Governo dimostra veramente miopia - prorogando l'entrata in vigore delle fasce retroriflettenti, che agiscono per la prevenzione delle stragi del sabato sera -, ritengo che ci troviamo di fronte ad una situazione di lassismo, ma soprattutto di scarsa attenzione rispetto ad un fenomeno che non può essere sottaciuto.
Quando vedo che il Governo accantona un provvedimento che era stato assunto sulla razionalizzazione della segnaletica stradale, ritengo che ci troviamo in presenza di una serie di atti politici, non conseguenziale rispetto alla gravità di un fenomeno che non può riguardare, colleghi, semplicemente un ministero. Ho detto anche ieri, in sede di discussione sulle linee generali, che questo è un tema che coinvolge la scuola, le famiglie, tanti ministeri e la società civile. Ecco perché il tema della sicurezza stradale e quello della competenza, signor Presidente, dovrebbero essere considerati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Alla fine della legislatura avevamo approvato, in un decreto-legge convertito in legge, un osservatorio sulla sicurezza nei trasporti.
Abbiamo avanzato una proposta su una agenzia per la sicurezza dei trasporti nel loro complesso. Se il Governo ha la volontà di affrontare questo tema in termini più impegnativi, certamente anche questo provvedimento dovrà andare avanti e avere un suo riscontro ed una sua soluzione. Ritengo che vi siano altri momenti, tanti altri momenti, e che certamente con le sole sanzioni non si esaurisca la soluzione di questo problema. Non vorrei che questa mozione - e concludo veramente, signor Presidente -, fosse semplicemente un «contentino» in coincidenza della settimana dedicata dall'ONU alla sicurezza stradale.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole Tassone.

MARIO TASSONE. Sarebbe poca cosa: avremmo fatto una mozione, avremmo anche coinvolto l'onorevole Giovanardi nelle sue motivazioni per quanto riguarda le stragi del sabato sera, ma non avremmo concluso molto e avremmo semplicemente derubricato come un fatto burocratico e gestionale anche questo tema e questo argomento [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, sarò molto breve. I Verdi, con il collega Bonelli, hanno già sottoscritto questa mozione unitaria condivisa da tutti i gruppi sulla sicurezza stradale in coincidenza con la settimana mondiale proclamata dalle Nazioni Unite. Poco fa ho aggiunto anche la mia firma alla mozione e credo che sia pienamente condivisibile non soltanto ciò che è contenuto nelle varie premesse a questo atto di indirizzo ma in primo luogo che sia pienamente condivisibile l'obiettivo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime, come stabilito dal programma di azione europea del 2000.
Ovviamente tutti noi auspichiamo che si arrivi a qualcosa di più che dimezzare il numero delle vittime entro il 2010, ma nella mozione sono contenuti una serie di impegni nei confronti del Governo realistici e condivisibili che coinvolgono nonPag. 16solo l'attività del Governo a livello nazionale ma anche il ruolo degli enti locali, delle associazioni delle famiglie delle vittime della strada, delle associazioni dei gestori degli esercizi di ritrovo, di intrattenimento e soprattutto il coinvolgimento dei giovani sui temi della prevenzione e della sicurezza.
Per questi motivi, Signor Presidente, confermo il voto favorevole del gruppo dei Verdi.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, l'iniziativa di oggi ci porta ad esprimere un voto relativamente ad un impegno che evidentemente non si rivolge solo alle politiche dei trasporti e di sicurezza dell'Europa rispetto ad un ambito più complesso, ma impegna anche il Governo ed il Parlamento ad adottare tutta una serie di iniziative di carattere legislativo volte a portare il Paese verso una direzione che ha avuto particolare successo in altri paesi in rapporto alla sicurezza stradale.
Durante la passata legislatura il problema è stato affrontato in più direzioni. Uno dei problemi molto sentiti in questo Paese è il ritardo infrastrutturale, non solo in termini di quantità di infrastrutture disponibili sul mercato soprattutto trasportistico sul piano strettamente economico, ma anche in rapporto alla qualità delle infrastrutture. Le battaglie di tante categorie in questi anni stanno a dimostrarlo: la categoria dei motociclisti ha chiesto per anni attraverso i suoi rappresentanti infrastrutture che prevedessero dispositivi a tutela del grande rischio al quale è sottoposto evidentemente il mondo delle due ruote. È stato introdotto un importante strumento che ha modificato il codice della strada, sono stati individuati nuovi dispositivi in termini di sicurezza, è stata introdotta, come già ricordato, la patente a punti che ha ridotto oggettivamente le morti sulle strade.
Rimane però un problema culturale di fondo. Noi ci troviamo oggi a fare una sintesi di un dibattito che è vivo nel Paese da anni. È stato affrontato il problema partendo dalla cosiddetta mozione Giovanardi che sollecita un impegno rispetto alle stragi del sabato sera. La Lega ha assunto un'altra iniziativa sempre volta a promuovere l'educazione stradale. Non abbiamo individuato, invece, come problema centrale - questa è una battaglia che porteremo avanti nei prossimi anni - quello dell'autoveicolo e della limitazione della sua circolazione come deterrente all'abuso, durante il fine settimana, di sostanze stupefacenti ed alcoliche. Noi riteniamo che debba essere ricercato il giusto equilibrio tra la libertà di circolazione ed un'educazione stradale che si colloca a monte: non a caso, nella passata legislatura - mi auguro che il Governo accolga il mio invito - è stata votata all'unanimità in Commissione (quindi, non si tratta di un discorso di destra o di sinistra) una risoluzione che, presentata dalla Lega Nord ma sottoscritta da tutti gruppi parlamentari, non ha avuto attuazione. Mi auguro che si provveda durante questa legislatura, proprio in risposta all'impegno che oggi tutti assumiamo.
Deve trattarsi, però, di una risposta concreta: più specificamente, occorre che il Ministero dei trasporti si faccia promotore di alcune iniziative. In particolare, potrebbero essere proposte ai giovani le cosiddette pubblicità shock, già utilizzatePag. 17in altri paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti, che mostrano ai giovani gli effetti devastanti causati dagli incidenti.
Oggi c'è ancora una cultura che, per pudore, non so per quale motivo, tende a spettacolarizzare la distruzione dell'autoveicolo a seguito dell'incidente, ma non fa vedere gli effetti che l'incidente medesimo provoca sulle persone (che magari sopravvivono) all'interno dell'abitacolo. Ne ho esperienza diretta perché mi sono fatto mandare alcuni spot pubblicitari. Ad esempio, è stata organizzata dal governatore del Texas, qualche anno fa, un'apposita campagna: sono state intervistate persone che hanno riportato danni fisici irreversibili, le quali sottolineavano, come testimonial, la necessità di condurre gli autoveicoli in maniera molto più responsabile e molto più sicura. Vi assicuro, colleghi, che quelle immagini, che hanno scioccato me, potrebbero avere lo stesso effetto anche sui nostri giovani, i quali non hanno, spesso, la consapevolezza diretta, e reiterata, di quello che accade quando si guidano veicoli in uno stato psicofisico non perfetto.
È arrivato il momento, anche nel nostro Paese, di provocare una discussione al riguardo (può farlo anche un soggetto pubblico, una pubblica amministrazione o lo stesso Governo). Noi dobbiamo avere il coraggio di farlo: al voto parlamentare deve seguire un'azione di pubblicità educativa! Vi assicuro che sono tanti i testimonial silenziosi che potrebbero dare la loro disponibilità ad affrontare il problema. Non è corretto, invece, demonizzare, come spesso è stato fatto in quest'aula, le attività imprenditoriali; non è accettabile, al di là del valore simbolico, una sospensione della circolazione in un dato week-end dell'anno: può servire a far discutere, ma non si può comunque mortificare la libera circolazione.
La richiesta della Lega, che è stata accolta solo in parte nella mozione Meta n. 1-00147, che comunque voteremo, era di non limitare la circolazione, ma di ipotizzare un fine settimana con il divieto di somministrazione di alcolici all'interno delle discoteche ed all'interno dei locali in cui si vendono i superalcolici, proprio per dimostrare che il problema è costituito dall'abuso dell'alcol e non dall'utilizzo dell'autoveicolo.
In questo senso vanno intese tutte le iniziative che sono indicate nella premessa della mozione Meta, che riprende alcune argomentazioni già contenute nella mozione Maroni ed altri, proprio per sottolineare che si tratta di un problema di carattere educativo. Paesi come la Gran Bretagna, che ha una lunga tradizione legata ad uno stile di vita molto «esasperato» (dal punto di vista del modo in cui i giovani ed i meno giovani stanno insieme), hanno comunque individuato alcuni strumenti. Ad esempio, le associazioni delle vittime della strada hanno proposto che una persona, durante un fine settimana, non utilizzi sostanze alcoliche. È una cosa che si può fare, non mortifica nessuno anzi, salva decina e decine di vittime.
Un problema presente in questo Paese, e lo dimostrano le statistiche dopo la modifica al codice della strada in termini di patente a punti, è legato al sistema dei controlli. Quando le Forze dell'ordine sulle strade erano coinvolte in misura rilevante attraverso controlli fatti a tappeto si è registrata una caduta del numero delle vittime della strada e degli incidenti, perché vi era la consapevolezza del controllo. Ma era un controllo di tipo fisico che creava in ogni caso una deterrenza a monte.
Non credo che gli autovelox vadano invece in quella direzione; trattandosi di un tentativo ex post di svolgere una funzione di deterrenza l'autovelox ha dato spesso luogo ad abusi da parte di alcune amministrazioni locali che lo hanno utilizzato come un prelievo improprio sul piano fiscale, posizionando tali strumenti in postazioni collegate non alle esigenze di sicurezza, ma a quelle di cassa dei comuni: questo non è accettabile. Manca una cultura di fondo che concepisca tale strumento come un modo per salvare vite e non per far fare cassa alle amministrazioni.Pag. 18Va quindi regolamentato l'utilizzo dell'autovelox in funzione della deterrenza.
Ciò oggi può costituire un termine di paragone; si deve consentire alle attività commerciali di continuare a svolgersi in modo assolutamente sereno, senza essere demonizzate; né devono essere assunte posizione demagogiche e simboliche, come ad esempio quella di non utilizzare il mezzo di trasporto privato perché dopo una settimana si torna a farne uso. Occorre invece una costante presenza educativa che dimostri nei fatti che la vita è un valore. Non deve «passare» il principio secondo cui, come accade oggi, tutte le menomazioni fisiche e tutti i drammi umani devono essere nascosti e messi nel dimenticatoio. Basta vedere la pubblicità di oggi e la spettacolarizzazione; come dicevo prima, sui giornali e sui media si fanno vedere le automobili ma non si mostra mai cosa accade alle persone che hanno subito degli incidenti. Bisogna superare questo tabù come è avvenuto in certi paesi; gli Stati Uniti, per esempio, lo hanno fatto senza veli, testimoniando cosa accade ad una persona che subisce un incidente grave. Questo deve diventare il simbolo del valore della vita, che è alla base del senso della mozione; non si tratta solo di un invito a definire nuove regole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabris. Ne ha facoltà.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, desidero ringraziare la Presidenza, la Conferenza dei capigruppo e il presidente Meta per aver voluto inserire, assieme alla Commissione trasporti della Camera, il presente dibattito proprio all'interno della settimana promossa dall'ONU per la sicurezza stradale. Ciò rappresenta un segno politico importante che spero venga accolto e diffuso nel nostro Paese, perché di discussioni come queste ce n'è veramente bisogno. Mi rivolgo anche a quei colleghi che, purtroppo, non hanno perso occasione - come dimostrano gli interventi del collega Barani e anche del collega Uggè - per usare questi temi per fare una misera polemica di natura politica. Penso che su materie come questa non si possa scherzare, non si possa renderle oggetto di polemica di natura partitica o tra maggioranza e opposizione.
Questo è un tema serissimo perché ormai investe tutte le famiglie italiane, purtroppo, visto che nel nostro Paese gli incidenti stradali hanno fatto più morti, dalla fine della seconda guerra mondiale, di quanti ne abbiano fatto tutti i conflitti precedenti. Si tratta di un tema drammatico che ogni giorno, mediamente, causa la morte di sedici, diciotto, venti persone e che genera costi economici e sociali incredibili. Quindi, per favore, colleghi, evitiamo la retorica, come ha ricordato qualcuno, ma evitiamo anche di fare strumentalizzazioni di natura politica, inadatte a tali questioni. Sarebbe facile rispondere, per così dire, con la stessa moneta; al riguardo, mi rivolgo al collega Uggè, che è stato al Governo per cinque anni, quando nel suo ministero proponevano di aumentare la velocità sulle autostrade, ricordandogli che per cinque anni non è stato investito neanche un euro nel piano nazionale per la sicurezza stradale, il quale viene invece rifinanziato in questa occasione.
Voglio dire all'onorevole Barani che il problema non è certo quello della prevenzione basata sulle dimissioni di questo o di quel ministro, il problema è quello di prendere atto che non ci sono state politiche efficaci in questo Paese per ridurre un fenomeno che viene da tutti accettato. Credo che il dramma vero sia esattamente questo: noi pensiamo, in fondo, che per andare per strada occorra pagare un prezzo, che in fondo per poter circolare può capitare di morire, e quindi accettiamo tranquillamente questa casistica impressionante che ci vede agli ultimi posti, anzi in regressione, rispetto al resto d'Europa per numero di incidenti stradali.
Una strage continua che viene di fatto accettata. L'ubriaco che va in macchina e ammazza qualcuno viene considerato nonPag. 19un delinquente, ma un «poveraccio» cui è capitato un incidente stradale. In questo non c'è quella sanzione morale e sociale che invece colpisce altri tipi di reati. Ciò spiega il motivo per cui in Italia avviene questa carneficina che non si riesce a fermare. C'è una tolleranza, un'acquiescenza, un'accettazione di un fenomeno tragico. Allora, altro che polemiche di natura politica, qui si tratta di fare un discorso molto serio, molto profondo che tocca finanche il senso della considerazione che ha la vita nel nostro paese. Qualcuno mi deve spiegare perché si muore di più al nord, ad esempio, rispetto al sud d'Italia. Si tratta quindi di questioni culturali, prepolitiche, che sono difficili da mutare.
D'altra parte, il piano nazionale per la sicurezza stradale prevedeva esattamente questo: un intervento a 360 gradi, prendendo atto che l'educazione di per sé non basta, come non bastano la prevenzione e la repressione. Tanto è stato fatto per migliorare alcune delle componenti che condizionano gli incidenti stradali, per esempio la sicurezza del mezzo e il soccorso immediato, ma poco si è riusciti a fare per l'elemento principale, relativo alla «testa» di noi italiani che andiamo per strada. Da questo punto di vista, insisto, l'intervento deve essere molto radicale.
Di conseguenza condivido la mozione in esame e ringrazio il presidente Meta per l'opera di sintesi che ha effettuato. Ci sono elementi molto importanti, indicazioni preziose, ma ritengo che bisognerà adesso, in occasione della discussione sull'iniziativa del Governo in questa materia, proporre misure ancora più dure, ancora più radicali. Dobbiamo prendere atto che in altri paesi europei - ricordo, ad esempio, l'esperienza della Francia, della Spagna, dell'Inghilterra, della Germania - si è riusciti effettivamente a dimezzare rapidamente gli incidenti stradali adottando politiche molto rigorose, molto serie, molto dure, ma continue ed organiche. I risultati sono subito arrivati.
Da questo punto di vista - mi rivolgo dunque a chi mi ascolta in quest'aula e a quanti ci stanno ascoltando attraverso la radio - ci dobbiamo mettere d'accordo tra noi italiani. Perché non è possibile piangere i nostri morti sulle strade di lunedì, dopodiché invocare il lassismo in tutte le direzioni di martedì. Questo è quanto capitato ogni volta che abbiamo preso dei provvedimenti poco seri, rigorosi peraltro, per tentare di fermare l'incidentalità stradale: abbiamo avuto le mamme che protestavano perché venivano sequestrati i motorini dei ragazzi che circolavano senza casco; i proprietari di auto che assolutamente si opponevano a denunciare chi guidasse il mezzo ad alta velocità su strade urbane; tutta una serie di interventi di questa natura - non parliamo delle organizzazioni di categoria - che hanno dimostrato come quella cultura dell'accettazione, della assuefazione agli incidenti stradali che c'è purtroppo in Italia, sia effettivamente sostenuta da tutte queste realtà.
Noi, ripeto, come Parlamento, ed il Governo per la sua parte, dobbiamo trovare una sintesi anche rispetto alle tante proposte che sono state formulate, perché c'è un problema culturale su cui confrontarci col resto del Paese. Lo stesso tema del nomadismo giovanile o dell'alcolismo fra i giovani si è pensato di combatterlo ricorrendo a controlli efficaci, inasprendo le pene.
Io ricordo, nella precedente legislatura al Senato, un dibattito nel quale si prevedeva di inasprire le norme del codice penale per coloro che uccidono le persone guidando in stato di ebbrezza. In quell'occasione ho sentito discutere di cultura del vino, della libertà individuale, del fatto che in questo paese si è abituati a bere un bicchiere quando si va a tavola, senza alcun rispetto e attenzione nei confronti dei morti provocati da chi, ubriaco, guida i mezzi. Questo è il punto, insisto, nodale e centrale di tutta la nostra discussione. La tolleranza zero invocata da questo o da quel Governo si è dovuta regolarmente infrangere e regolarmente fermare di fronte a questo tipo di atteggiamento, di risposta da parte del Paese. Quindi io credo - e mi rivolgo al viceministro De Piccoli - che sia giunto il momento diPag. 20valutare una delle proposte inserite anche nel programma dell'Unione, che prevedeva l'istituzione di una sorta di Agenzia nazionale per la sicurezza stradale.
Dobbiamo prendere atto che siamo di fronte ad un'emergenza, altrimenti discutiamo della questione nella distrazione di tutti, perché tanto i morti toccano gli altri (ma a volte toccano anche noi), assolviamo al nostro dovere, salvandoci l'anima, ma finisce lì. Preso atto che, nella precedente legislatura, venne compiuto un errore madornale come quello di chiudere l'ispettorato per la circolazione e la sicurezza stradale che esisteva presso l'ex Ministero dei lavori pubblici, credo sia giunto il momento di istituire in questo Paese - dobbiamo pensarlo seriamente - un'agenzia nazionale o un altro organismo che si ponga l'obiettivo specifico della sicurezza stradale e che, insieme alla Protezione civile, coordini le competenze che sono attualmente frantumate (vi sono competenze del Ministero dell'interno, dei lavori pubblici, dei trasporti, della sanità, della pubblica istruzione). Qualcuno ci deve spiegare, ad esempio, perché l'articolo del codice della strada, da sempre in vigore, che prevede l'obbligatorietà dell'insegnamento dell'educazione stradale a scuola non viene rispettato. Qualcuno ce lo deve spiegare! Quando avevo responsabilità di Governo e mi confrontavo con i colleghi della pubblica istruzione sul tema, mi veniva risposto che non c'è tempo per fare tutto a scuola. In questo ragionamento si evidenzia quella incultura della sicurezza stradale di cui stiamo discutendo o di cui, per quanto mi riguarda, tento di far discutere in quest'Assemblea. C'è un'incultura della sicurezza stradale che, anche a livello della massima istituzione che dovrebbe educare i giovani, viene ed è stata pienamente assorbita. Pertanto, una norma di legge che è nel codice della strada non viene applicata dal sistema scolastico nazionale, con i risultati che abbiamo visto. Inoltre, noi abbiamo delle norme risibili per cui, fino a tre o quattro anni fa, non era obbligatorio...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURO FABRIS... nemmeno il patentino per guidare i motorini; e ancora oggi consentiamo che i giovani, dai sedici anni, senza alcuna prova pratica, guidino, ad esempio, le city car con passeggeri a bordo, girando per le nostre città. Gli esempi potrebbero continuare, ma, signor Presidente, concludo, preannunziando il voto favorevole del gruppo Popolari Udeur sulla mozione in esame.
Vorrei invitare il Governo ed i colleghi - al riguardo ho avanzato una proposta aggiuntiva e concreta, che porteremo avanti in un'altra occasione - a riflettere su come, anche da parte nostra, serva davvero fare di più per cambiare questa incultura della sicurezza stradale esistente nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, da molti è stato detto che ieri si è aperta la prima settimana mondiale della sicurezza stradale istituita dall'ONU nell'ottobre 2005. La Camera ha deciso, in questa occasione, di inserire nel calendario dell'Assemblea l'esame del disegno di legge n. 2480, che si occupa di sicurezza stradale; inoltre i gruppi parlamentari hanno presentato una mozione unitaria, che ci stiamo apprestando ad approvare, che tratta questo tema con particolare riferimento alle cosiddette stragi del sabato sera. Nel presentare questa mozione, i gruppi parlamentari hanno voluto porre all'attenzione del Parlamento e del Paese il tema della sicurezza stradale, al fine di contribuire ad affrontare quei nodi di fondo che sono ad oggi rimasti irrisolti nel sistema della mobilità del nostro paese.
Lo hanno fatto - è stato sottolineato dalla maggioranza dei colleghi - con uno spirito unitario, che invece mal si concilia con la demagogia di alcuni interventi, per fortuna pochi, che abbiamo ascoltato, i quali sembrano teorizzare l'inizio di questo fenomeno con il cambio di maggioranza di Governo e che non esitano adPag. 21utilizzare il dolore delle famiglie per pura propaganda politica.
I dati a nostra disposizione, purtroppo, sono drammatici: 230 mila morti dal 1973 al 2002, 5.426 morti nel solo 2005, per un costo stimato di 30 milioni di euro, che corrisponde a 2 punti e mezzo del prodotto interno lordo. Questi valori sono il risultato di una crescita delle vittime che si è riscontrata dal 1996 al 2002 e di una successiva riduzione delle stesse causata dalla patente a punti e dal piano nazionale della sicurezza stradale, riduzione che ha però fortemente rallentato il suo effetto negli ultimi due anni.
Il nostro Paese si colloca al primo posto a livello mondiale per l'utilizzo di autovetture - 654 veicoli ogni mille abitanti - con un progressivo aumento dell'uso dei ciclomotori e dei motoveicoli che, in particolare nelle aree urbane, determinano un ulteriore aumento di pericolosità, soprattutto tra i giovani che possono guidare tali mezzi pur essendo in possesso del solo foglio rosa.
Crediamo che, allo stato attuale, la sicurezza stradale in Italia presenti tre ordini di problemi che vanno affrontati in maniera rapida ed efficace. Il primo fra questi è che il tasso di mortalità italiano è al di sopra della media europea e colloca l'Italia all'ottavo posto nella graduatoria dei quindici paesi.
Il secondo di tali problemi è che il tasso di riduzione delle vittime degli incidenti stradali in Italia è inferiore a quello medio europeo; con la tendenza attuale, il nostro paese non riuscirà a raggiungere l'obiettivo comunitario del dimezzamento delle vittime entro il 2010.
L'ultima questione è che nel nostro paese esistono enormi divari di sicurezza nelle varie aree del territorio nazionale, sia per quanto riguarda i livelli di rischio, sia per quanto riguarda l'evoluzione nel numero delle vittime. La IX Commissione, di cui faccio parte, ha deliberato nei mesi scorsi un'indagine conoscitiva sulla sicurezza stradale, che dovrebbe concludersi entro il mese di giugno. Ci proponiamo così, avvalendoci del contributo di soggetti esperti in materia, di suggerire soluzioni e strategie non dettate dall'emotività, ma che abbiano l'ambizione di fronteggiare e risolvere in via strutturale una grande emergenza nazionale.
Crediamo che sia necessario operare attraverso due distinte linee di azione e cioè attraverso azioni strutturali, che per loro natura richiedono tempi medio-lunghi, tese a modificare il sistema di governo della sicurezza stradale. Accanto ad esse, sono necessarie subito misure rapide per dare una risposta immediata ai problemi di sicurezza stradale più urgenti.
Le azioni strutturali dovranno riguardare la programmazione, come è stato detto, attraverso l'aggiornamento del piano nazionale della sicurezza stradale e soprattutto attraverso strumenti di finanziamento, come non è sempre avvenuto negli anni scorsi.
Tali azioni dovranno riguardare la regolamentazione, attraverso una riforma organica del codice della strada, e in questo senso il Governo ha già richiesto la delega. Dovranno riguardare la formazione - è stato ricordato da molti - attraverso l'educazione stradale nelle scuole e la formazione dei tecnici e degli utenti; dovranno riguardare l'informazione e la sensibilizzazione (l'iniziativa parlamentare si muove anche in questo senso). Ci sono anche le misure rapide, immediate, che si debbono concentrare soprattutto nel contrasto dei comportamenti di guida ad alto rischio, attraverso l'inasprimento delle sanzioni e la revisione della patente a punti; dovranno riguardare la messa in sicurezza immediata delle strade più pericolose e una revisione organica della segnaletica stradale, che in Italia è caotica, poco efficace e difficilmente comprensibile dai guidatori.
Nessuno, fino ad oggi, è intervenuto su tali problemi: non lo ha fatto il precedente Governo (lo devo dire) lasciando l'ANAS e le Ferrovie prive di finanziamenti e costringendo il nostro Governo ad intervenire con un decreto-legge urgente, nel luglio scorso, che ha permesso di far ripartire i cantieri, compresi quelli di messa in sicurezza delle strade.Pag. 22
Il disegno di legge A.C. 2480, su cui si è svolta ieri la discussione generale, si pone appunto l'obiettivo di attuare misure rapide relative all'inasprimento delle sanzioni previste per il mancato rispetto delle norme del codice della strada. La mozione che stiamo per approvare, invece, affronta il tema in un'ottica più complessiva e impegna il Governo a dare seguito ad una serie di azioni volte a conseguire l'obiettivo deciso nel 2000 dall'UE di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime della strada.
Come è stato ricordato dal collega Barbi durante la discussione generale, se riusciremo a raggiungere questo obiettivo in Italia, a partire dal 2010, vi saranno 3 mila morti in meno ogni anno, (tra cui 600 giovani che potranno continuare a vivere la loro vita) e 160 mila feriti in meno.
Nel merito, la mozione, citando alcuni degli impegni più significativi, impegna il Governo - e su questo noi chiediamo all'Esecutivo, già da ora, di dare seguito a questi impegni - ad attivarsi per migliorare la sicurezza stradale; ad attivarsi tramite misure specifiche nei riguardi dei neopatentati che statisticamente costituiscono una categoria ad alto rischio; a stimolare le case costruttrici di automobili all'utilizzo delle più moderne tecnologie utili ad aumentare il livello di sicurezza dei veicoli; a favorire, attraverso un programma organico, il riequilibrio del trasporto verso la modalità a minore impatto ambientale e sociale; e ad aumentare drasticamente il numero dei controlli, poiché in un quadro di scarsi controlli ogni provvedimento di inasprimento di sanzioni si rivelerebbe inutile e forse anche dannoso.
Infine, la mozione impegna in particolare il Governo a sostenere tutte le iniziative collegate alla settimana mondiale della sicurezza stradale, specialmente quelle previste per sabato 28 aprile al fine di favorire una notte ad incidentalità «zero».
Il gruppo L'Ulivo condivide pienamente il testo della mozione e ha contribuito in maniera determinante, grazie al presidente Meta, a trovare una soluzione unitaria che su questo tema era indispensabile.
Il gruppo condivide gli obiettivi che essa si prefigge e inoltre ha contribuito al suo inserimento nell'ordine del giorno, in sede di Conferenza dei capigruppo, perché ne riconosce l'alto valore simbolico e anche la capacità comunicatrice e di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini.
Per questo motivo annunciamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Meta ed altri n. 1-00147, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 421
Votanti 417
Astenuti 4
Maggioranza 209
Hanno votato
417.

Prendo atto che i deputati Belisario, Costantini, Suppa e Tuccillo non sono riusciti ad esprimere il proprio voto. Prendo altresì atto che il deputato Piro non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Pag. 23

Seguito della discussione della proposta di legge Capezzone ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività (A.C. 1428-A) e dell'abbinata proposta di legge Allasia ed altri (A.C. 1543) (ore 11,19).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Capezzone ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Allasia ed altri.
Ricordo che nella seduta di ieri sono state esaminate le proposte emendative relative all'articolo 1 e sono state accantonate le proposte emendative relative agli articoli 2 e 3 del testo.
Avverto che prima dell'inizio della seduta è stato ritirato l'emendamento Nannicini 2.51. Chiedo al relatore, presidente della Commissione Attività Produttive, deputato Capezzone, quali indicazioni intenda dare all'Assemblea per la ripresa dei lavori.

DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, questa mattina si è riunito il Comitato dei nove e credo che siamo in condizione di procedere molto rapidamente, fino alla conclusione dei nostri lavori.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso riferite (vedi l'allegato A-A.C. 1428 sezione 1). Invito il relatore ed il Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti e sugli articoli aggiuntivi presentati all'articolo 2.

DANIELE CAPEZZONE. Relatore. Signor Presidente, posto che il presentatore ha ritirato l'emendamento Nannicini 2.51, come lei stesso ha anunciato, la Commissione conferma il parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 2.
Preannuncio fin d'ora che, per quanto riguarda l'articolo 3, l'emendamento 3.100 della Commissione è stato ritirato.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento La Loggia 2.52, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 420
Votanti 418
Astenuti 2
Maggioranza 210
Hanno votato
197
Hanno votato
no 221).

Prendo atto che i deputati Dato e Piro non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo all'emendamento Lazzari 2.53.

MAURIZIO BERNARDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, intervengo solo per annunciare il ritiro dell'emendamento Lazzari 2.53, nonché del successivo Lazzari 2.50, dei quali sono cofirmatario.

Pag. 24

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, ringrazio il Governo, il relatore ed, in particolare, i colleghi Quartiani, Giachetti, Ventura e Mantini, che hanno aperto, insieme a me, questa riflessione sull'articolo 2. Credo che tale articolo, collegato all'articolo 1, rappresenti un grande sforzo per rilanciare l'istituto dello sportello unico. Con la previsione della conferenza unificata, con la previsione delle asseverazioni e con la previsione della dichiarazione di inizio attività i testi del cosiddetto decreto Bersani e della proposta di legge Capezzone possono trovare una modalità di rilancio dell'attività anche attraverso l'eliminazione di alcuni costi burocratici.
L'istanza del mio emendamento che ho ritirato era relativa ad un aspetto particolare. Il legislatore tende sempre a far proliferare le dichiarazioni di inizio attività. Sono previste, infatti, nel settore edilizio, nel settore dei rifiuti, in quello della telefonia mobile e così via. L'ultima è stata prevista per le autoscuole. È necessario riportare la dichiarazione di inizio attività al suo spirito originario quale era stato previsto dall'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, che stabiliva un percorso amministrativo semplificato, con il minor numero possibile di oneri per il cittadino. Un'asseverazione e la responsabilità diretta dell'impresa, del cittadino o del professionista hanno un costo.
Quindi, preannuncio la presentazione di un ordine del giorno non concordato col Governo. Del resto, non si ritirano gli emendamenti al fine di concordare un ordine del giorno. Il mio emendamento, forse, non stava bene né a Capezzone né a Bersani. Dovremo svolgere un'attenta riflessione al riguardo quando discuteremo il primo provvedimento sulla materia, ovvero il disegno di legge sulla modernizzazione ed efficienza dell'amministrazione pubblica e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese, presentato dal ministro Nicolais. Con il mio ordine del giorno invito il Governo ad eliminare la proliferazione delle dichiarazioni di inizio attività che si discostano nella forma, nella sostanza e nella possibilità di tutela dal modello prefigurato dall'articolo 19 della legge n. 241 del 1990; a verificare con particolare attenzione la possibilità di dare al cittadino e alle imprese la capacità di scelta del procedimento amministrativo, inclusa la DIA, al fine di raggiungere l'autorizzazione in modo meno oneroso, sia da un punto di vista economico sia burocratico; a rendere espresso l'effetto del silenzio-assenso - perché c'è scritto, ma non è espresso - conseguente alla mancata adozione di qualsiasi provvedimento nei termini prescritti da parte della pubblica amministrazione (questo è un altro tema importante), nonché ad introdurre un regime sanzionatorio, sia per chi dice cose false, sia per chi non risponde nei tempi e nelle modalità dovute.
A nome del gruppo dell'Ulivo, dichiaro il voto favorevole sull'articolo 2 del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, desidero richiamare l'attenzione del presidente e relatore, onorevole Capezzone. È di tutta evidenza che siamo più che d'accordo sull'intera impostazione di questa proposta di legge, tant'è che c'eravamo anche cimentati a fornire un ulteriore contributo migliorativo attraverso il mio emendamento 2.52, che è stato posto in votazione e respinto dall'Assemblea dopo che il relatore ed il Governo avevano espresso su di esso parere contrario.
Per la verità, non abbiamo ben compreso le ragioni di questa posizione, stante il fatto che il testo dell'emendamento - chiunque può leggerlo e riscontrarlo - andava nella stessa identica direzione della proposta di legge, avanzando alcuni ulteriori miglioramenti al fine di raggiungerePag. 25l'obiettivo che ne è posto a fondamento.
Per tale ragione, signor Presidente e signor relatore - mi rendo conto che ormai la votazione è stata fatta, non ho fatto in tempo a chiedere la parola prima, ma non credo che ciò avrebbe potuto cambiare le cose -, sull'articolo 2 così come formulato, non mi sento, a titolo personale - ovviamente, non intendo impegnare nessun altro - di esprimere un voto favorevole.
Pertanto, preannuncio il mio voto di astensione sull'articolo 2, che avrebbe potuto essere di gran lunga più incisivo e più organico se solo vi fosse stata un'attenzione maggiore nello spirito che anima la proposta di legge in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo dopo che è stata annunciata la presentazione dell'ordine del giorno da parte dell'onorevole Nannicini che, di fatto, tenta di mettere una «pezza» all'ennesimo pasticcio che risulterà nel testo definitivo del provvedimento.
La giornata di ieri ha dimostrato che sulla volontà di velocizzare le procedure in tema di apertura di un nuovo impianto o insediamento di natura industriale noi non abbiamo, in linea di principio, alcuna eccezione da sollevare.
Chiedo, rivolgendomi allo spirito ambientalista che dovrebbe animare il centrosinistra, se è disposto - e ritorno sulla questione che ieri è stata sottoposta all'attenzione dei colleghi, ma che, per tutta una serie di motivi, nonostante le aspettative di una parte dellAssemblea, non è stata assolutamente affrontata - a votare un provvedimento che accontenta il presidente Capezzone solo nel titolo (lo dico con garbo e con rispetto). Nella passata legislatura sono state condotte battaglie anche per la tutela ambientale, per limitare l'impatto ambientale. È accettabile oggi che, seguendo la scappatoia della conferenza di servizi, la richiesta di un imprenditore crei le condizioni di una variante urbanistica al piano regolatore, imponendo all'amministrazione di piegarsi alla volontà del singolo rispetto alla collettività? La nostra parte politica, il centrodestra, e in primo luogo la Lega, è assolutamente disponibile nei confronti dei principi della libertà e del liberismo, che, però, non possono non avere regole. Questo tema dovrebbe appartenere a voi, e invece da parte vostra sento solo il silenzio.
Non si può, per un calcolo di natura politica, accettare all'articolo 1 (con le conseguenze dell'articolo 2 che ieri il collega Nannicini ha illustrato al Governo, e che oggi invece vengono nascoste dietro un ordine del giorno) lo scempio sulla programmazione territoriale in campo urbanistico, per vendere una norma-manifesto che non ha nulla a che fare con l'iniziativa impostata dal presidente Capezzone. Questo non è accettabile che si verifichi da parte vostra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Non è una questione di propaganda politica o di strumentalizzazione. Avevamo iniziato un percorso comune e il testo della proposta di legge abbinata all'iniziativa Capezzone dimostrano che eravamo disposti ad accettare un percorso che poneva l'impresa nelle condizioni di avere tempi certi, senza imporre, come singolo, iniziative industriali, come nel testo dell'articolo 1, laddove lo strumento urbanistico non prevede aree destinate (o se le prevede, esse sono comunque insufficienti), e il presupposto della legge n. 241 del 1990 ammette senza deroga la variante urbanistica. Dove sono finite le vostre battaglie ambientali, colleghi del centrosinista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Ciò non è accettabile. Il vostro silenzio oggi in Assemblea testimonia che anche in passato non credevate alla vostra battaglia sulla legge obiettivo. Avete predicato bene; oggi razzolate male (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 26

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, prendo la parola solo per precisare la portata del provvedimento di legge che la Camera sta approvando, che restituisce certezza del diritto per tutti i soggetti coinvolti: per la pubblica amministrazione, per i cittadini e per le imprese.
Tutti gli interessi pubblici rilevanti sono tutelati perché, contrariamente a quanto è stato un attimo fa affermato, le procedure definite con il provvedimento in esame non impongono scelte ai consigli comunali, che rimangono titolari assoluti, arbitri indiscutibili della pianificazione territoriale. La norma definisce semplicemente le procedure affinché il consiglio comunale si esprima sulle scelte urbanistiche, nel caso in cui le richieste, le ipotesi, i progetti di iniziative produttive non risultino ricompresi tra quelli di cui gli strumenti urbanistici si occupano, dettando norme e disciplinando modalità specifiche di uso del suolo.
La Conferenza di servizi, quindi, non costituisce e non assume la funzione di organo sovraordinato rispetto ai consigli comunali, che mantengono integra la propria sovranità. Gli stessi devono esprimersi in tempi definiti, perché le proposte di insediamenti produttivi non possono essere mantenute in una condizione di incertezza per lungo tempo. I consigli comunali, quindi, quando non siano previste talune destinazioni urbanistiche devono esprimersi in tempi certi, con un sì o con un no, sulla base di autonome valutazioni non sindacabili da parte di altri organi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire solo per svolgere due precisazioni. La prima di carattere personale: ieri avevo chiesto espressamente, in sede di votazione dell'articolo 1, che il Governo ci rassicurasse sulle nostre preoccupazioni circa l'applicazione dell'automatismo derivante dalla lettura di questo confuso comma 8, ma in quell'occasione nessuno ha ritenuto importante o necessario rispondere, tant'è vero che siamo giunti ad un voto contrario.
Prendo atto del fatto che l'autorevolezza del mio bravo collega ed amico Andrea Gibelli ha spinto il Governo a sbilanciarsi con un giorno di ritardo, ma d'ora in avanti, quando avremo questioni importanti da porre, non lo farò più personalmente, ma dovrò rivolgermi a qualcuno più qualificato all'interno di quest'aula. Permettetemi di far presente che a me non avete risposto, mentre oggi a Gibelli avete cercato di rispondere, senza peraltro aver chiarito alcuno dei dubbi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,40).

GIOVANNI FAVA. Vorrei anche sottolineare che avremmo preferito venisse aperto un minimo di discussione anche sugli emendamenti presentati dal collega La Loggia, di cui consideravamo valido l'impianto generale; infatti, la storia di questo Paese ci insegna che laddove non esista un meccanismo sanzionatorio di alcun tipo, il rischio è che i provvedimenti approvati restino lettera morta, perché poi l'applicazione diventa molto spesso oggetto della volontà e della arbitrarietà dei soggetti che sono chiamati a dar loro esecuzione.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Fava.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Grazie, signor Presidente. Ovviamente, non condivido ciò che il rappresentante del Governo ha detto; credo che il rappresentante del Governo non sia mai stato in un consiglio comunale. Il consiglio comunale è organo diPag. 27indirizzo e di controllo, ha una sua programmazione, non può rincorrere tutti i progetti e tutte le iniziative imprenditoriali che vengono dall'esterno e che non sono ricomprese nella sua programmazione. Non lo può fare perché non è deputato a farlo. Avrebbe solamente il compito di seguire tutte le sollecitazioni che vengono dall'esterno, ne deriverebbe un caos incredibile. Noi mettiamo i consigli comunali nella condizione del caos e dell'anarchia.
Ho seguito l'intervento di ieri del collega Nannicini in religioso silenzio, aspettando che forzasse di più la mano, perché chi come me, che da 17 anni faccio il sindaco, sa di cosa stiamo parlando, si rivolge al Governo chiedendo che su questo tema venga in Parlamento qualcuno con più competenze, perché non possiamo lasciare all'anarchia o al caos le amministrazioni comunali, che non gestiranno più il territorio e non ne avranno più il controllo.
La programmazione, infatti, non è solo una mera programmazione di indirizzo urbanistico; se venissero man mano accolte, a macchia di leopardo, le sollecitazioni che vengono da quello o quell'altro imprenditore, l'esecutivo sarebbe in difficoltà nel portare avanti una programmazione vera di opere pubbliche ed ovviamente di servizi, fognature, acquedotti, viabilità e pubblica illuminazione. Tutto si ripercuoterà in negativo a carico delle casse comunali e ci saranno ulteriori aggravi di spese.
Badate bene, su questo punto inviterei anche il relatore a stare attento. Io sono tra i cofirmatari di questa legge, ma cum grano salis. Non creiamo caos nelle pubbliche amministrazioni. Queste sono più di 8 mila in Italia e alcune sono di piccole dimensioni con strutture urbanistiche e tecniche esigue.
Il piccolo comune di cinquecento abitanti non è come Milano, Roma, Firenze, Bologna e Genova: ha qualche geometra, niente di più! Quindi, non ce la fa a seguire le pressioni che vengono dagli imprenditori e le imposizioni che, in quel consiglio comunale, sotto il falso messaggio di chi promette posti di lavoro, rischiano di alterare in maniera irreversibile il territorio. Questa che stiamo portando avanti non è una cultura di sinistra e riformista.
Mi associo a quanto già detto dal collega La Loggia: anch'io, personalmente, non mi sento più di esprimere il mio voto. Spero che l'ordine del giorno del collega Nannicini sia tenuto in considerazione perché quell'ordine del giorno, solo quello, può salvare molte amministrazioni comunali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Intanto, vorrei ricordare che siamo ancora in sede di votazione degli emendamenti. Infatti, non siamo passati alle dichiarazioni di voto conclusivo e ritengo che dovremmo tarare i nostri interventi in modo diverso. In realtà, al di là di ciò che ho sentito finora, questi emendamenti tendono a restringere ulteriormente i tempi di valutazione dello sportello unico per quanto riguarda le pratiche che vengono presentate.
Invece di aiutare una pratica nel senso di immettere nel percorso approfondimento, conoscenza, integrazione, si tagliano ancora di più i tempi di lavoro. Per questo motivo penso sia giusto esprimere un orientamento contrario su questi emendamenti e mantenere questa impostazione durante la votazione. Questa è la prima cosa da fare. Così facendo, anche i colleghi che non hanno seguito il provvedimento sapranno, in sede di votazione, che di questo si sta discutendo.
Sull'insieme delle considerazioni espresse sull'articolo 2, osservo che esse hanno dei riflessi anche sull'articolo 1. Ritengo che in tali valutazioni si rinvengano alcune incongruenze, anche in riferimento all'espressione del voto di ieri sull'articolo 1. Va da sé che ieri, con la votazione sull'articolo 1, si sono posti pesanti vincoli a ridosso del consiglio comunale. Abbiamo cercato di lavorare su questo aspetto attraverso alcuni emendamenti con alcuni colleghi dell'opposizione, ma sono stati respinti.Pag. 28
È anche sbagliato dire che in questo modo vengono completamente svuotati i consigli comunali. Infatti, i consigli comunali vengono ulteriormente indeboliti perché un parere della Conferenza dei servizi porrà, oggettivamente, pesanti elementi di pressione sugli amministratori, siano essi componenti della giunta o del consiglio comunale. Tuttavia, la titolarità, formalmente, rimane, per fortuna, ancora in capo al consiglio comunale.
Questa proposta di legge, da noi compresa ma non gradita, come si è capito fin dall'inizio, pone le premesse per una discussione che è ancora tutta da svolgere sul decreto Bersani. Spero che in quella sede gli approfondimenti di merito saranno più attenti rispetto al modo con cui siamo arrivati a porre queste pure premesse, che saranno sviluppate in modo ben più approfondito con il decreto.
Per quanto riguarda le dichiarazioni di voto finale, mi esprimerò in quella sede, che mi sembra del tutto sbagliato anticipare. Tuttavia, sugli emendamenti in votazione, richiamo l'attenzione sul fatto che, paradossalmente, accentuano le preoccupazioni fin qui espresse anche dall'opposizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 440
Votanti 417
Astenuti 23
Maggioranza 209
Hanno votato
397
Hanno votato
no 20).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare. Prendo atto altresì che la deputata Zanella avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo La Loggia 2.010. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione su questo articolo aggiuntivo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo). Mi auguro che, a parte il diritto di parlare, ci sia anche il diritto di ascoltare. Chiedo un attimo di attenzione, perché l'argomento è realmente importante. Non volevo essere polemico, tutt'altro.
L'intera impostazione della proposta di legge in esame è volta a fornire maggiori certezze e, soprattutto, maggiore rapidità nei confronti dell'azione svolta dal cittadino che desideri iniziare una determinata attività, qualunque essa sia, secondo l'articolato sin qui votato.
Qual era e quale è l'intendimento di questo articolo aggiuntivo? L'intendimento è quello di stabilire delle sanzioni. In una dichiarazione autocertificativa è possibile dichiarare tutto quello che si desidera, ma occorre anche assumersene la responsabilità. Sicché, se qualcuno dovesse dichiarare qualcosa di non vero, deve subirne le conseguenze.
Al contrario - questo è il punto - laddove la pubblica amministrazione, il comune, l'ufficio preposto ad effettuare il controllo o chiunque altro dovesse opporre, anche solo strumentalmente, una perdita di tempo o una sbagliata od impropria valutazione - ed è noto che nella pubblica amministrazione, pur essendoci degli eccellenti funzionari e dirigenti, talvolta, ce ne può essere qualcuno meno diligente, ma non voglio dire di più in questa sede - oppure, laddove fosse dimostrato che l'atteggiamento della pubblica amministrazione, attraverso un suo funzionario, sia stato in qualche modo vessatorio - chiamiamolo in questa maniera - nei confronti di chi vuole iniziare o ha già iniziato una determinata attività, la stessa pubblica amministrazione, insieme e in solido con il dirigente infedele o non diligente, deve prevedere una forma di risarcimento a favore del cittadino, ilPag. 29quale, in questo contesto, verrebbe danneggiato.
Mi è stato spiegato che su queste proposte emendative è stato espresso un parere contrario perché bisognava chiedere il parere della Commissione giustizia, che non è stato chiesto. Ne prendo atto. Non siamo più in tempo per chiedere il parere della Commissione giustizia, ma non credo che possa essere negata la validità di questo argomento.
Quindi, per dare un contributo all'approvazione rapida di questo provvedimento - presidente Capezzone, mi rivolgo a lei - e non nascondendo il mio forte rammarico perché evidentemente non c'è stato un approfondimento adeguato rispetto ai tentativi del nostro gruppo parlamentare e del sottoscritto per rendere ancora più efficace la proposta emendativa in esame, signor Presidente, ritiro, sia pure a malincuore, il mio articolo aggiuntivo 2.010, al fine di evitarne la bocciatura da parte dell'Assemblea. Infatti, è già stato presentato un ordine del giorno di identico contenuto, che corrisponde alla stessa impostazione, e vorrei che tutta l'Assemblea fosse quanto meno interessata ad un argomento di tale delicatezza.
Auspico comunque che, poiché ci saranno altri passaggi parlamentari, questo articolo aggiuntivo, forse con maggiore diligenza e con una valutazione più attenta, possa trovare una collocazione all'interno del provvedimento. Come ripeto, si può stabilire tutto ciò che si vuole, ma, se non si prevede una sanzione adeguata in caso di falsa dichiarazione o di infedele interpretazione da parte della pubblica amministrazione, quanto previsto rischia di rimanere un mero flatus vocis.
Poiché, quindi, non desidero che ciò accada e poiché sono convinto che la proposta di legge in esame rompa un fronte, facendoci compiere un enorme passo avanti, ritiro il mio articolo aggiuntivo ed interverrò nuovamente - se il Presidente lo consentirà - per illustrare l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'articolo aggiuntivo La Loggia 2.010 è pertanto ritirato.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Formisano 2.02.

ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il ritiro del mio articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Sta bene: conseguentemente, anche l'articolo aggiuntivo Formisano 2.02 è ritirato.

(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 3 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 1428 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 3.101.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo accetta l'emendamento 3.101 della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.101 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 30

(Presenti 430
Votanti 428
Astenuti 2
Maggioranza 215
Hanno votato
427
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo sull'articolo 3 perché evidentemente anche il voto che è stato appena espresso dal mio gruppo e dall'Assemblea dimostra, comunque, la volontà di dirigersi in una certa direzione.
Il mio intervento precedente, in sede di dichiarazione di voto sull'articolo 2, ha indotto il Governo ad riaprire la discussione in merito all'articolo 1. Se ho capito bene, l'Esecutivo ha affermato che le dichiarazioni che ho reso in aula non corrispondono al vero. Chiedo adesso al rappresentante Governo di fornire precisazioni, perché quanto sosterrà lo stesso Governo potrà modificare l'orientamento del gruppo della Lega Nord sul voto finale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,53)

ANDREA GIBELLI. L'Esecutivo ha dichiarato che la potestà dell'amministrazione comunale in merito alla programmazione urbanistica non è comunque violata. Allora, il Governo deve spiegare - e le chiedo garbatamente di darmi un riscontro -, che cosa vuol dire il capoverso che stabilisce che, in caso di decisione negativa del consiglio comunale, lo stesso consiglio comunale, conseguentemente, può deliberare una diversa localizzazione dell'area. Ciò vuol dire che il comune non si può opporre alla conferenza di servizi, ma, al massimo, può decidere una diversa localizzazione.
Se mi sbaglio, allora perché il Governo non emenda il provvedimento, rinviando lo stesso in Commissione, ipotizzando anche il caso in cui vi sia un diniego, da parte del consiglio comunale, che blocca l'iter della conferenza dei servizi? Ciò perché se ha ragione lei, vuol dire che l'amministrazione comunale, come mi auguro, dispone comunque di un potere di veto. A quel punto, la conferenza dei servizi convocata dallo sportello unico è inutile.
Infatti, nel caso in cui la conferenza esprima un parere positivo ed il comune, non prevedendo una certa area nelle sue decisioni urbanistiche, eserciti un potere di veto, allora la conferenza di servizi avrà attivato un iter assolutamente inutile. Quindi, o esplicitiamo ciò, oppure ha ragione la Lega Nord, quando sostiene che vengono espropriati i poteri del comune, che non ha la possibilità di opporsi alla conferenza di servizi! Dunque, o il Governo specifica tale aspetto, oppure saremo costretti a cambiare il nostro giudizio sull'intero provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, non ho alcuna difficoltà a chiarire il senso della disposizione richiamata, che peraltro mi pare non meriti ulteriori chiarimenti, poiché il significato letterale è desumibile in maniera diretta da quanto previsto nel citato comma 8 di cui all'articolo 1.
In caso di decisione negativa, infatti, il consiglio comunale «può» deliberare - non «deve» - una diversa localizzazione, nel senso che può ipotizzarne una differente rispetto a quella richiesta dal proponente. Quindi, il consiglio comunale può offrire delle alternative in ragione di un autonomo apprezzamento che effettua sulla fattispecie considerata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

Pag. 31

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor rappresentante del Governo, e se il comune non vuole? Perché è scritto - e l'italiano è una lingua abbastanza precisa - che il comune può dire di no e proporre una localizzazione diversa, ovvero ridimensionare il progetto. Può dire di no, sì o no? Ce lo dica! Nella norma non è scritto. Se è così, allora scrivetelo, perché non è scritto così (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Certo che può dirlo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 433
Votanti 402
Astenuti 31
Maggioranza 202
Hanno votato
400
Hanno votato
no 2).

(Esame dell'emendamento riferito al titolo - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'emendamento Tit. 1. della Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 1428 sezione 3).
Chiedo al Governo di esprimere il parere sulla proposta della Commissione di modifica del Titolo.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento Tit. 1 della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tit. 1. della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 432
Votanti 413
Astenuti 19
Maggioranza 207
Hanno votato
412
Hanno votato
no 1).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 1428 sezione 4).
Avverto che l'ordine del giorno Lazzari n. 9/1428/4 è stato ritirato dal presentatore.
Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1428/6.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, intervengo brevemente soltanto per ribadire il concetto che avevo già ben chiarito, almeno spero, nell'illustrazione dell'emendamento che poi ho ritirato, vista la contrarietà del relatore e del Governo.
L'ordine del giorno sostanzialmente riproduce il contenuto di quell'emendamento e chiede che il Governo, in considerazione dello spirito della legge, che mira a semplificare i vari adempimenti, valutando altresì che pari importanza deve essere accordata alla veridicità delle dichiarazioni rese dal cittadino nell'ambito del generale processo di autocertificazione ed alla responsabilità in capo alla pubblica amministrazione in caso di diniego infondato, si impegni a valutare ed affrontarePag. 32questo argomento in modo da dare reale efficacia alla proposta di legge che ci accingiamo a votare.
Mi auguro fortemente, signor relatore, rappresentante del Governo e colleghi tutti, che almeno l'ordine del giorno possa trovare il vostro consenso. Male farebbero l'Assemblea, la Commissione ed il Governo nel caso in cui non volessero assumersi la responsabilità di procedere verso un miglioramento, non soltanto utile e doveroso ma totalmente indispensabile affinché le disposizioni che ci apprestiamo a votare abbiano un senso compiuto.
Altrimenti, ripeto, avremmo fatto un ottimo tentativo con le migliori intenzioni, ma, come sappiamo tutti, delle migliori intenzioni è lastricata la via dell'inferno e, almeno io, vorrei potermi salvare da questa eventualità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accetta tutti gli ordini del giorno presentati.

PRESIDENTE. Avverto che, ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno, che sono stati tutti accettati dal Governo, non saranno posti in votazione.

ENRICO LA LOGGIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, chiedo che ci sia un voto dell'Assemblea sul mio ordine del giorno n. 9/1428/6. Ringrazio vivamente il Governo per il parere favorevole espresso, ma, in conseguenza di questo, mi sembra opportuno che l'Assemblea si pronunci.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno La Loggia n. 9/1428/6, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 401
Astenuti 23
Maggioranza 201
Hanno votato
360
Hanno votato
no 41).

Prendo atto che il deputato Tassone non è riuscito ad esprimere il voto.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare il relatore, presidente Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, credo che oggi sia una giornata positiva per tutti. Innanzitutto, nel merito, perché ci accingiamo a consegnare un testo al Senato che può aiutare a superare una situazione esistente assolutamente inaccettabile. Questo è un paese in cui oggi la pubblica amministrazione non fa ancora sufficientemente il tifo per le imprese. Questo è un paese in cui, per aprire una nuova impresa, occorre un numero enorme di autorizzazioni preventive, da cinquantotto a ottanta. Bene, noi possiamo superare tutto questo e capovolgere un meccanismo: passare dalla logica delle autorizzazioni preventive alla logica dei controlli successivi, ma questo è emerso con chiarezza nel dibattito.
L'altro aspetto positivo - e mi avvio a concludere - è quello di metodo. LaPag. 33politica italiana è abituata a tante occasioni di litigiosità, di rissosità. Questa, invece, è un'occasione in cui gran parte del Parlamento, gran parte delle forze politiche, quasi senza eccezioni, possono dire di aver lavorato fianco a fianco fino al momento del voto finale. Il ceto politico è spesso accusato, talvolta anche giustamente, di occuparsi solo della propria agenda, ma, in questo caso, è in presa diretta sul mondo delle imprese e sulle esigenze del mondo produttivo.
Ringrazio il rappresentante del Governo, il sottosegretario Bubbico, che ha lavorato in modo così saggio. Vorrei ringraziare altresì tutti i membri della Commissione, con cui abbiamo per sei mesi lavorato in modo intenso e collaborativo, le forze di maggioranza in Commissione e in Assemblea - che hanno, con grande lealtà, sostenuto il provvedimento -, le forze di opposizione, cui voglio dare atto di una determinazione particolare in ogni passaggio del provvedimento; da ultimo, ma non ultimo, ringrazio gli uffici, in particolare quelli della X Commissione, per il contributo straordinario che hanno dato. È un ringraziamento di cuore, ma anche l'auspicio che, poiché stiamo per consegnare il testo al Senato, si possa poi lavorare sul seguito della vita dell'impresa. Abbiamo reso più facile la partenza di una nuova intrapresa, ora possiamo lavorare per ulteriori forme di sburocratizzazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, accogliendo lo spirito che aleggia nell'aula, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Formisano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

ANNA TERESA FORMISANO. Consegnerò il mio intervento, non prima però di avere annunciato il voto favorevole [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Commenti]... Presidente Casini, vogliamo dire come votiamo (si ride)?
Preannuncio il voto favorevole del gruppo dell'UDC su questo provvedimento, al quale credo abbiamo dato un contributo importante raccomandando al Governo di prendere un impegno costruttivo sull'ordine del giorno che ci vede primi firmatari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, indubbiamente stiamo per votare un provvedimento che rappresenta un sasso nello stagno della legislazione italiana rispetto all'apertura di una nuova impresa. Il mio intervento sarà molto breve. Il lavoro che è stato svolto in questa Assemblea e nelle Commissioni, in particolare nella X Commissione, è stato un lavoro importante ma difficile. Abbiamo visto anche le difficoltà in quest'aula, pur in un clima di reciproco rispetto e di attenzione alle istanze condivise da tutti. Il testo del provvedimento andrà al Senato e sarà opportunamente analizzato con l'attenzione che merita. Speriamo non sia stravolto, speriamo anche che qualche correttivo in particolare rispetto ai temi sollevati dai colleghi della Lega Nord Padania possa essere introdotto senza stravolgere il provvedimento. Questo è un provvedimento che ha senso e valenza se riusciamo ad approvarlo, come se fosse uno slogan che si traduce in una normativa. Sette giorni per un'impresa non può essere solo un bello ed efficace slogan, ma deve diventare norma finalizzata al rispetto delle tutele ambientali, del diritto e delle competenze delle autonomie locali che tutte assieme vogliamo rispettare.
Quindi preannuncio un voto favorevole, sapendo che abbiamo seguito un iter complicato, anche con la presentazione di rilevanti emendamenti in Assemblea. Vi saranno altre fasi durante le quali ritorneremoPag. 34sul testo. Sappiamo però che questa è una pietra importante in uno stagno: abbiamo invertito l'onere della prova, abbiamo dato fiducia ai nostri amministratori locali, e ai nostri imprenditori, dobbiamo avere la forza di portare a casa questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Affronti. Ne ha facoltà.

PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, nel preannunciare il voto favorevole dei Popolari-Udeur su questo provvedimento (non potrebbe essere diversamente perché siamo tra i firmatari di questa proposta di legge), chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto. Si tratta di una proposta positiva per le piccole e medie imprese in del nostro Paese e quindi ben vengano queste occasioni dove le forze politiche unitariamente convergono per fare delle riforme che servono al paese e agli imprenditori e a creare motivi di nuova occupazione.

PRESIDENTE. Onorevole Affronti, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della sua dichiarazione di voto, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvana Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, annuncio anch'io il voto favorevole di tutto il gruppo dell'Italia dei Valori su questo provvedimento e anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Mura, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Grazie, deputato Presidente. La relazione introduttiva della proposta di legge n. 1543 comincia con queste parole: «Fare impresa in Italia è davvero un'impresa». Infatti prima di oggi il primato di difficoltà lo raggiunge l'imprenditore che voglia avviare un'attività di raccolta e smaltimento rifiuti il quale deve svolgere almeno sessantotto adempimenti burocratici e bussare a ventiquattro diverse amministrazione. Mi dispiace però che rimarrà tale e, anzi andrà peggio anche dopo aver approvato il provvedimento Capezzone. La proposta di legge Capezzone è stata abbinata ad un testo che porta il mio nome insieme a quello dei colleghi Fava e Pini. Abbiamo sostanzialmente condiviso la ratio fin dall'inizio di questa norma, pur mantenendo però alcuni necessari distinguo. Nella discussione la maggioranza ha stravolto il provvedimento, pur condividendo l'impostazione generale nella quale si va a stabilire un meccanismo di incentivazione attraverso un sistema di contribuzione ai comuni.
Siamo sempre a favore di tutto ciò che dallo Stato centrale viene a beneficio della periferia, soprattutto delle piccole comunità, delle piccole località, in particolare di quelle di montagna. Non possiamo condividere, invece, un meccanismo che aumenti il sistema di contribuzione, qualora si tratti di comuni ricadenti nelle aree degli obiettivi 1 o 2. Diversamente, si creerebbero discriminazioni: non è in alcun modo dimostrato che le amministrazioni pubbliche (di questo stiamo parlando) che non ricadono in aree svantaggiate abbiano situazioni di cassa migliori rispetto a quelle ricomprese in tali aree: non è così, ed facile dimostrarlo. Dunque, con il predetto meccanismo si potrebbe creare una sperequazione che non sarebbe assolutamente in linea con i nostri principi. Infatti, siamo convinti che servano più risorse agli enti locali; siamo altresì fermi sul principio che la distribuzione di queste risorse debba essere effettuata inPag. 35modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Abbiamo constatato, ad esempio, che sui singoli emendamenti sono state assunte posizioni che possono apparire contraddittorie e che ci sono elementi che creano in noi allarme. Comprendiamo le esigenze politiche della maggioranza, che ha avuto la necessità di fare quadrato e di trasfondere nel provvedimento in esame tutto il contenuto dell'atto Camera n. 2272, ossia tutto ciò che riguardava lo sportello unico, già oggetto di un provvedimento presentato dal Governo ed attualmente all'esame della competente Commissione.
Abbiamo compreso l'imbarazzo che può aver provato personalmente il presidente della Commissione, che è anche relatore, nel doversi districare tra un testo all'esame dell'Assemblea ed uno in discussione in Commissione, all'interno un provvedimento diverso. Capisco, quindi, che il testo iniziale, ad un certo punto, sia stato preso e, attraverso il meccanismo del copia ed incolla, sia stato inserito, quasi stravolto, all'interno del maxiemendamento; tuttavia, devono essere evidenziate le nostre perplessità, ad esempio, in merito al comma 8.
Noi abbiamo scelto di condividere il percorso intrapreso, ma in un momento in cui tutto ciò che si discuteva era sostanzialmente conforme al testo che avevamo presentato. Finché si è parlato e si è discusso di sfumature, è andato tutto bene. Quando, però, come nel caso del menzionato comma 8, sono state violate le prerogative degli enti locali - di ciò stiamo discutendo - imponendo un meccanismo perentorio, attraverso il quale si toglie sovranità agli enti locali, e stabilendo un automatismo mediante il quale, nel caso in cui non esistano destinazioni urbanistiche idonee ad accogliere determinate attività produttive (qualora queste ultime siano state oggetto di conferenze di servizi preliminari, il comune si debba adeguare a quanto disposto dalle conferenze medesime), sostanzialmente si viola il principio dell'autonomia dell'ente locale - allora ci siamo trovati in difficoltà. Lo ribadisco perché il nostro atteggiamento in questo momento potrebbe apparire, come ho detto in apertura del mio intervento, un po' contraddittorio: stiamo per votare il provvedimento, riscritto da un maxiemendamento della Commissione, che presenta alcune zone d'ombra che riteniamo non esser state oggetto di un'articolata discussione, tale da fugare i nostri dubbi.
Noi condividiamo lo spirito che ha animato il dibattito e comprendiamo che tutti abbiano un po' di fretta, ma non possiamo dimenticare che stiamo varando provvedimenti che avranno ripercussioni importanti sulla vita di cittadini e soprattutto sul funzionamento dell'amministrazione pubblica. Non so quanti in quest'aula si siano prodigati a leggere il provvedimento così come sarà approvato da quest'Assemblea oggi, e quanti di costoro abbiano idee chiare sugli effetti pratici del tipo di impostazione scelto. Non è detto che un'azienda abbia tutte le carte in regola per poter svolgere una certa attività sul territorio. Dal punto di vista ambientale e normativo, non è detto che si possa in qualche modo decidere, di fatto, di adottare una variante urbanistica (di ciò stiamo parlando). Infatti, se in virtù delle deliberazioni della conferenza di servizi si decidesse di realizzare alcuni insediamenti in una certa area, il comune dovrebbe prenderne atto ed adeguare il proprio strumento urbanistico: mi sembra che questo meccanismo violi i principi fondamentali dell'autonomia degli enti locali.
Annuncio che il nostro voto sarà contrario; mi dispiace, perché - lo ripeto - lo spirito che ci aveva animati fino questo punto è stato sicuramente diverso.
Votando la parte che attiene all'obbligatorietà della variante da parte dell'amministrazione locale in presenza di conferenze di servizi a monte (alla quale abbiano partecipato i soggetti legittimati, da soggetti istituzionali ben evidenziati), non possiamo far finta di non sapere quali potrebbero gli effetti peggiorativi.
L'Italia è il paese dei comitati, lo abbiamo visto. Esiste un comitato per qualsiasi tipo di soluzione amministrativa; ormai non si decide più nulla in questoPag. 36paese. Non abbiamo pensato che in tal modo ai comitati viene conferita la medesima dignità rispetto agli enti locali; non si può pensare che i comitati, soggetti portatori di interessi propri, possano avere, in un certo qual modo, lo stesso identico peso e la stessa identica capacità di rappresentanza all'interno di un contesto così importante come la conferenza dei servizi. Infatti, in un paese come questo, nel quale ci si inventa di tutto e di più, sarebbe troppo facile pensare che tutti i soggetti che ne facciano richiesta, in qualche misura legittimati in quanto portatori di interessi specifici, possano prendere parte a queste conferenze di servizi.
Noi procederemo decisamente in senso opposto rispetto allo spirito iniziale del provvedimento; abbiamo infatti inteso promuovere un provvedimento che andasse nella direzione dello snellimento delle procedure e nel rispetto delle leggi e soprattutto della volontà degli enti locali e delle istituzioni, unici soggetti titolati a compiere delle scelte. Non possiamo mescolare le carte in questo modo. Se continuiamo ad allargare il numero dei soggetti che possono dare delle opinioni ed esprimere pareri vincolanti entriamo in un ginepraio infinito, col rischio di dar luogo ad infiniti contenziosi.
Per questo motivo, a nome del gruppo Lega Nord Padania, annuncio il voto contrario su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferdinando Benito Pignataro. (Commenti)... Colleghi, per cortesia!
Prego, deputato Pignataro, ha facoltà di parlare.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, colleghi, non ho preparato alcun testo da consegnare; mi limiterò, comunque, ad una stretta dichiarazione di voto.
Il provvedimento iniziale per i Comunisti Italiani rappresentava un progetto per molti aspetti inaccettabile che creava molte perplessità e difficoltà ad approvarlo. Il lavoro svolto dalla Commissione e dall'Assemblea, come anche l'apporto del Governo, lo ha profondamente modificato. Ciò mette anche noi Comunisti Italiani nelle condizioni di esprimere un voto favorevole sul provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, visto il clima e la necessità dell'Assemblea di procedere rapidamente, articolerò il mio intervento per punti sintetici. Nutrivamo forti dubbi nel dare il nostro parere favorevole su questo provvedimento; lo si era capito dall'inizio ed era evidente, durante la discussione, che ci fossero, e ci sono tuttora, forti punti di sofferenza, seppure da noi sia condivisa la necessità di misure di snellimento e di miglioramento tecnologico che in sé l'istituzione di uno sportello unico prevede e può facilitare nelle varie comunità, nei vari comuni.
Nonostante questo, le perplessità erano e sono molte. Solamente con un processo emendativo si è riusciti a fare in modo che misure che rivolgono maggiore attenzione a interventi di pura forma, come l'accorciamento per legge dei tempi - e che, potendo non risultare nei fatti, rischiano quindi di produrre dei peggioramenti -, possano essere ancora corrette al Senato e con il futuro provvedimento Bersani. Analogo discorso vale per correzioni concernenti rischi di scarsa sorveglianza o di condizionamento sulle autonomie locali e di indubbio peso sui consigli comunali, che a nostro avviso andranno corrette; sono questioni che affronteremo con il provvedimento Bersani e con il passaggio al Senato di questo provvedimento.
Avevamo pertanto forti dubbi e alcune questione di fondo rimangono. L'approvazione di alcuni emendamenti ci porta comunque a comprendere che sussistono i tempi per una discussione più pacata e lineare; diamo quindi un segnale positivo all'avvio di questo lavoro con il voto favorevole del gruppo. (Applausi del deputato Capezzone).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo solo per annunciare che il gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI voterà a favore di questo provvedimento; l'onorevole Del Bue e chi vi parla, del resto, siamo tra i firmatari di una delle due proposte di legge.
Ringraziamo l'onorevole Capezzone per il lavoro svolto e, anche se parzialmente criticato, il rappresentante del Governo, Bubbico. Noi ci riteniamo, però, tra coloro che condividono le critiche mosse a questa proposta di legge dall'onorevole La Loggia, dall'onorevole Nannicini, dall'onorevole Gibelli: infatti, se c'è un «cartellino giallo» da dare in ordine a questa proposta di legge - giallo, e non rosso, perché siamo vicini al 25 aprile e al 1o maggio - è quello nei confronti del ministro Bersani, il quale è intervenuto «a gamba tesa» su questo provvedimento, rendendolo meno bello, meno importante di quanto si poteva fare se ce lo avesse lasciato modificare. Ma questo è un piccolo Governo che non può farci fare grandi leggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.

GIORGIO CONTE. Anch'io, Presidente, mi limiterò solo ad apprezzare le circostanze (Commenti)...

PRESIDENTE. Colleghi per cortesia...

GIORGIO CONTE. ...chiedendo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Giorgio Conte, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

GIORGIO CONTE. Dichiaro comunque il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale. Ho apprezzato le circostanze per rispetto nei confronti dei colleghi che hanno già consegnato il testo delle loro dichiarazioni di voto; mi unirò a loro, ma non posso esimermi dall'apprezzare l'impegno congiunto e comune di buona parte di maggioranza e opposizione che hanno raggiunto un importante anche se delicato equilibrio su un testo largamente condiviso e che condivide anche Alleanza Nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, colleghi, annuncio con dispiacere che il gruppo dei Verdi, allo stato del dibattito e delle modifiche apportate, non riconosce le condizioni per un voto favorevole al provvedimento.
A parte gli «ululati» che sento adesso dall'aula, la motivazione per cui il gruppo dei verdi non voterà a favore, ma si asterrà sulla proposta di legge ( rimettendo al gruppo parlamentare al Senato di condurre una battaglia per una incisiva modifica del provvedimento), è perché bisogna dire chiaramente le cose come stanno: si tratta di una proposta di legge che vuole non semplificare l'avvio di nuove imprese, ma introdurre elementi che in primo luogo entrano in collisione con le leggi urbanistiche nazionali per quanto attiene alle pianificazione urbanistiche di competenza dei comuni. Inoltre, tali elementi entrano in collisione con norme e principi costituzionali che attengono alle disposizioni a cui prima mi richiamavo.
Francamente ci sono principi sui quali le conferenze di servizi non possono derogare per scardinare il territorio. Ora, la questione....

PRESIDENTE. Colleghi, non si può sopportare, però, che mentre parla un collega si facciano gli ululati nell'aula del Parlamento, vi prego!

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ANGELO BONELLI. La ringrazio Presidente, ma questo attiene alla serietà di chi ulula: chi ulula non sa parlare.!
Comunque, detto questo, c'è un problema molto serio: noi verdi riteniamo che nel nostro paese si debba fare una battaglia per la semplificazione che consenta alle imprese di sburocratizzare, ma non si può creare un alibi per il quale attraverso questo procedimento si può determinare lo scardinamento delle regole sul territorio.
Allora, il nostro atteggiamento, la nostra posizione di astensione è un atteggiamento di disponibilità che vuole avviare al Senato una battaglia per una forte modifica che ponga al centro della questione sia la semplificazione, sia il rispetto delle regole della sovranità dei comuni e della tutela ambientale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. La ringrazio Presidente. Non me ne abbiano i colleghi, ma farò alcune brevissime considerazioni e quindi non utilizzerò tutto il tempo necessario.
Chiederei ai colleghi una cortesia: tutti noi in altre circostanze abbiamo ascoltato chi interveniva nel corso del dibattito e, pertanto, a conclusione di una discussione che ritengo importante, vorrei motivare le ragioni per cui il gruppo di Forza Italia esprimerà voto favorevole sul provvedimento in esame.
Non me ne abbia neanche il sottosegretario di Stato, Bubbico, perché so con quanta attenzione ha seguito i lavori nel corso delle settimane e dei mesi precedenti, ma in questa occasione avremmo voluto che fosse presente il ministro Bersani. Sul provvedimento in esame potremmo seguire il metodo del presidente della Commissione, Capezzone, come dimostrato dallo spirito e dai contenuti che culturalmente condividiamo, nel senso di avviare un confronto vero e reale sul tema in discussione, restituendo dignità ai membri della Commissione e della Camera, per poi entrare nel merito dei contenuti.
Inoltre, considerato che noi, come tutti i colleghi sanno, abbiamo assorbito, anche modificando, alcune parti di ciò che sarà la prossima «lenzuolata» (su cui discuteremo prossimamente, entrando nel merito dei contenuti), la presenza del ministro Bersani sarebbe stata certamente più apprezzata.
Come risulta dalle dichiarazioni dei colleghi della maggioranza che mi hanno preceduto, si è voluto far notare dei distinguo; tra l'altro, rimango anche un po' sorpreso, ad esempio, che l'onorevole Trepiccione, del gruppo dei verdi, abbia previamente sottoscritto il provvedimento in esame per poi compiere un passo indietro su un argomento estremamente delicato che comporterebbe la previsione di misure di semplificazione, richieste dal nostro tessuto socio-economico, nel contesto di un processo di liberalizzazione in senso più ampio e non univoco, come, purtroppo, avvenuto fino ad oggi. Questo è il motivo per cui la presenza del ministro sarebbe stata importante e ci auguriamo che tutto ciò accada con i prossimi provvedimenti.
Alcune formazioni politiche sono reduci dai rispettivi congressi. Si è iniziato a parlare - lo invocavamo da tempo - di un bipolarismo mite che dovrebbe avere dei risvolti di carattere pratico, in termini di confronto vero e democratico, entrando anche nel merito dei contenuti.
Ci auguriamo che il modello seguito nella Commissione attività produttive ed in Assemblea vada in questa direzione (mi riferisco anche ad altri argomenti che affronteremo nel corso delle prossime settimane), se davvero vi è la volontà di fornire una risposta reale al paese su temi come questo.
Pertanto, preannunzio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tomaselli. Ne ha facoltà.

SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, chiedo anche io che la PresidenzaPag. 39autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

SALVATORE TOMASELLI. Mi limiterò a motivare rapidamente, in pochi secondi, il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo su tale provvedimento, a cui abbiamo concorso in maniera determinante, sia in Commissione sia in Assemblea. Si tratta di un ulteriore intervento che va nella direzione del principale obiettivo del centrosinistra al governo del Paese: la modernizzazione dell'Italia.
Quando questo lavoro incontra la positiva collaborazione dei gruppi parlamentari di opposizione, come è avvenuto in questa circostanza, non possiamo che rallegrarcene, poiché siamo convinti che, al di là della legittima polemica politica, quando il lavoro si pone nell'interesse del paese si costruiscono utili punti di convergenza.
Vorrei dire al capogruppo del gruppo parlamentare dei Verdi che le loro preoccupazioni sono anche le nostre e che non vi può continuare ad essere nel nostro Paese una contrapposizione tra sviluppo e tutela dell'ambiente.
Crediamo che nel provvedimento siano previste forme adeguate di autotutela della pubblica amministrazione che possono mettere al riparo dalle preoccupazioni che sono state esposte in questa sede.
Il rapporto tra la pubblica amministrazione e i sistemi imprenditoriali del nostro paese è apparso per troppo tempo stretto, incuneato in un tunnel di cui non si vedeva l'uscita. La necessità della semplificazione amministrativa appare prioritaria per il rilancio della competitività delle imprese, un fattore strategico per il rilancio dell'intera economia italiana.
Fondamentale è stato, in queste settimane, il lavoro di sintesi - per il quale voglio ringraziare il sottosegretario Bubbico, per l'impegno costante che ha messo a disposizione -, che mi sembra ben riuscito, tra l'iniziativa parlamentare proposta dal presidente Capezzone, sostenuta da parlamentari di molti gruppi, e l'iniziativa del ministro Bersani, che oggi ci consente di approvare un provvedimento che rilancia la pulsione e la strategicità dello sportello unico nel rapporto tra pubblica amministrazione ed imprese, specie in relazione all'apertura di nuove attività e di nuove iniziative imprenditoriali.
Questo è un atto di fiducia! Il gruppo dell'Ulivo intende vedere in questo provvedimento un atto di fiducia, e salutarlo così, verso gli operatori economici e il sistema delle imprese del nostro paese, che per anni hanno condotto sacrosante battaglie per lo Stato amico e per una burocrazia partner, anziché ostacolo, e affinché essi colgano questa opportunità di semplificazione nel quadro della ripresa economica del Paese. Ma anche - e finisco signor Presidente e colleghi - verso la pubblica amministrazione, verso i funzionari pubblici, troppo spesso raffigurati come lenti o, peggio, fannulloni, ma che in realtà possono trovare in questo provvedimento, come nei provvedimenti in itinere in discussione, a cominciare dal cosiddetto disegno di legge Nicolais, nuove motivazioni per essere maggiormente impegnati in una riforma della pubblica amministrazione amica dei cittadini e delle imprese, in un processo di responsabilizzazione e di semplificazione.
È un ulteriore impegno con cui il gruppo dell'Ulivo, sostenendo questo provvedimento, va nella direzione di trasformare e modernizzare il paese e la concorrenza del nostro sistema imprenditoriale, aumentando le opportunità e rafforzando la crescita dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la PresidenzaPag. 40sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1428-A ed abbinata)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1428-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione della proposta di legge con il seguente nuovo titolo:
«Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e disciplina dell'avvio dell'attività di impresa.» (1428-A): la Camera approva (vedi votazioni).

(Presenti 430
Votanti 408
Astenuti 22
Maggioranza 205
Hanno votato
392
Hanno votato
no 16).

È così assorbita la concorrente proposta di legge n. 1543.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi parlamentari, la trattazione dei successivi punti 3 e 4 all'ordine del giorno è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30 per lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo.

La seduta, sospesa alle 12,35, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, De Piccoli, Fabris, Meta, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sulla recente uccisione di tre persone di religione cristiana avvenuta in Turchia (ore 14,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla recente uccisione di tre persone di religione cristiana avvenuta in Turchia.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo misto.

(Intervento del sottosegretario di Stato per gli affari esteri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli.

FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'assalto del 18 aprile scorso a Malatya, nel sud della Turchia, ha avuto tre vittime: due cittadini turchi ed uno tedesco, che lavoravano in una piccola casa editrice impiantatasi in quella città. Le tre persone sono state uccise, dopo essere state sottoposte a lunghe torture, nel momento in cuiPag. 41la polizia, avvertita da un loro collega, stava per fare irruzione nell'appartamento.
L'ipotesi più verosimile è che il movente fosse di carattere religioso, dato che la casa editrice era di ispirazione cristiano-protestante e stampava testi religiosi. Le stesse vittime facevano parte della piccola comunità presbiteriana locale. Quanto agli autori, le prime ipotesi sono riconducibili o agli estremisti nazionalisti, in particolare il partito della Grande unione, o a quelli religiosi di Hezbollah turco. Questi ultimi, per le modalità del delitto, sono al momento i principali indiziati.
I primi arresti hanno messo in evidenza la matrice religiosa: sono stati infatti arrestati dieci studenti che alloggiavano presso un collegio gestito da una nota associazione caritatevole di ispirazione islamica, legata al variegato panorama di sette religiose vicine anche al partito al Governo, che peraltro ha condannato prontamente e in modo netto il crimine e messo in moto tutte le procedure investigative e di polizia necessarie.
Il presunto capo del commando Emre Gunaydin, piantonato in ospedale per le ferite riportate gettandosi dal balcone per sfuggire alla polizia, sarebbe stato espulso un mese fa dal collegio per comportamento violento.
Ad oggi sono stati convalidati sei arresti: il Gunaydin e altre quattro persone con l'accusa di omicidio, nonché la fidanzata dello stesso con l'accusa di favoreggiamento; altre sei persone sono a piede libero ma in attesa di processo per associazione a delinquere.
Questi i fatti. Vale la pena comunque di spendere due parole per evidenziare il contesto in cui sono maturati.
Malatya è un centro a prevalente vocazione agricola, nella Turchia profonda, toccata solo marginalmente dall'impetuoso sviluppo economico delle aree costiere, ma anche di altri centri anatolici.
La comunità cristiana si limita a qualche decina di unità ed è un facile obiettivo in un contesto di diffuso degrado socio-economico, nel quale l'estremismo e la xenofobia trovano facili adesioni.
Secondo quanto emerge dalle prime indagini, l'attentato sarebbe in definitiva maturato negli ambienti giovanili di una galassia di piccole formazioni radicali nella quale si realizza una progressiva e sicuramente preoccupante saldatura tra le motivazioni religiose e quelle nazionaliste. Rileva al riguardo quanto dichiarato dagli arrestati, ovvero l'aver agito per la religione e per lo Stato.
Tramite la presidenza di turno tedesca e la Commissione, l'Italia e l'Unione tutta hanno immediatamente condannato, nei termini più fermi, l'orrendo episodio ed hanno chiesto al Governo turco di prendere tutte le misure necessarie per portare i responsabili del triplice assassinio davanti alla giustizia e per garantire la piena libertà di culto. In questo senso l'istanza italiana ed europea è che l'Esecutivo turco agisca con particolare vigilanza e attui una capillare opera di prevenzione contro le derive estremiste che minacciano la stabilità dello Stato stesso, assicurando altresì nel contesto del vasto e complesso programma di riforma il pieno rispetto della libertà religiosa in favore degli appartenenti alle confessioni minoritarie.
La Turchia insomma, deve essere consapevole che partecipare al processo che porta all'ingresso nell'Unione europea significa accettare, all'interno del complesso dei valori e dei principi condivisi, anche il rispetto della libertà religiosa.
Va sottolineato, ad ogni buon conto, che le autorità di polizia turche stanno svolgendo con determinazione le attività investigative e che sul piano politico si è registrata una netta ed inequivocabile condanna del crimine ai massimi livelli delle istituzioni turche. Unanime è stata altresì la sconfessione da parte di tutti gli organi di stampa e della società civile turca nel suo insieme.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.Pag. 42
Ha chiesto di parlare la deputata Bimbi. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, il gesto orrendo di Malatya si colloca in un duplice scenario che non possiamo riferire esclusivamente a problematiche di tipo religioso o alla persecuzione dei gruppi minoritari cristiani, che pure è evidente. È in corso una guerra che una minoranza di fondamentalisti politici e religiosi conduce contro il pluralismo religioso e culturale, per minare la separazione tra politica e religione e ridurre l'identità turca alle sue radici tradizionali di cultura islamica. Tale cultura è interpretata surrettiziamente come egemonia della religione di maggioranza nella sfera pubblica, come univocità del costume familiare inteso in senso patriarcale, come sovrapposizione tra religione e nazione. Tutto ciò che si discosta da questi paradigmi, la laicità dello Stato, la critica intellettuale, il pluralismo religioso, l'uguaglianza uomo-donna e le domande di cittadinanza delle minoranze etnico-linguistiche, è semplicemente negato e il prezzo è il sangue di chi si assume il coraggio di testimoniare, nella parola o nell'azione, una diversità di interpretazione della democrazia e della presenza delle minoranze relative alla sfera politica.
Tuttavia l'uccisione di cristiani, giornalisti e magistrati, i processi intentati a noti intellettuali, tra cui alcune donne eminenti, e le minacce più o meno velate ad un premio Nobel si collocano in un quadro più vasto della crisi di modernità della Turchia di oggi. L'Islam politico, anche nella sua veste moderata, pretende troppo spesso che una maggioranza culturale relativa, a religione musulmana, traduca i precetti religiosi e soprattutto i costumi che si ritengono coerenti ad essi in leggi dello Stato. La classe politica troppo spesso è chiamata ad interpretare il proprio credo religioso come norma positiva da imporsi per legge a tutte le minoranze ma, soprattutto, a quell'altra maggioranza relativa che ritiene quale principio ineliminabile per lo Stato turco la separazione tra religione e politica, anche se fino a ieri ha ritenuto talvolta legittimo imporre la laicità con la forza. Quindi gli estremisti, che si fanno persecutori delle minoranze religiose, lavorano anche per radicarsi all'interno della popolazione e per tradurre la valorizzazione della cultura religiosa islamica in un progetto di egemonia politica.
Alla Turchia che vuole entrare in Europa non abbiamo da offrire che l'esperienza culturale europea di un pluralismo religioso ottenuto dopo aver fatto memoria del molto sangue versato, dell'intolleranza e anche del passato dell'Olocausto. A questo riguardo chiediamo alla moderna Turchia di riflettere sul proprio passato.
Il pluralismo religioso è la garanzia per la costruzione di una sfera pubblica plurale e di una legislazione fondata sul dialogo, sui princìpi che uniscono e non sulle credenze che dividono, al fine di costruire una democrazia non perfetta per sempre ma continuamente perfettibile.
Ci ricorda Hans Kung nel suo ponderoso volume Islam. Passato, presente e futuro che non c'è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni, non c'è pace fra le religioni senza dialogo tra le religioni, e non c'è dialogo tra le religioni senza una ricerca sui fondamenti stessi delle religioni.
Questo è anche l'appello che noi dobbiamo rivolgere, da politici, alle autorità religiose nello spirito di Assisi, che riteniamo anche Benedetto XVI abbia testimoniato quando si è raccolto in preghiera nella Moschea blu. Si tratta dello stesso spirito che hanno portato per le strade di Istanbul i cittadini turchi che hanno reagito agli assassini di Hrant Dink, gridando «siamo tutti armeni», e di Malatya, gridando «siamo tutti cristiani». Noi non dobbiamo chiudere le porte all'adesione della Turchia all'Unione europea ma dobbiamo restare giustamente molto esigenti con essa. Credo che, ribadendo chiaramente questa determinazione, insieme con la difesa del pluralismo e della libertà religiosa, facciamo la nostra parte anche come Parlamento e Governo italiano.

Pag. 43

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, penso che questo doloroso episodio ci debba indurre ad una riflessione su due piani distinti, che sono stati trattati anche in maniera distinta dall'intervento del Governo. Il primo è quello che riguarda chiaramente la reazione del nostro Governo e della Comunità europea nel suo insieme nei confronti di questo omicidio; il secondo piano è rappresentato dal rapporto con il Governo turco e il comportamento tenuto da quest'ultimo sulla vicenda.
Debbo dire che ho trovato leggermente dissonante nella relazione del Governo il riferire che alcune delle comunità estremiste che potrebbero essere coinvolte in questo delitto farebbero parte sostanzialmente dell'area culturale generale che sostiene il Governo turco. Mi sembra importante mantenere il rapporto con questo Governo amico e alleato su una base più concreta e senza nasconderci dietro a un dito, per i rischi potenziali dell'ingresso della Turchia nell'Unione, ma mantenendo gli occhi fissi sullo sforzo che comunque anche questo Governo compie per portare la Turchia in una realtà democratica e culturalmente omogenea. Sicuramente dobbiamo tutti aiutare il Governo turco in questo cammino e differenziare la nostra valutazione per quanto riguarda l'ambiente culturale e sociale globale della Turchia.
Non sempre e non solo si può pensare che l'ingresso nell'Unione europea sia legato agli sforzi e agli atteggiamenti di un Governo. Ritengo che si debba fare una valutazione più globale anche sulla situazione reale della società turca, che evidentemente è non più indietro, ma più distante dai desideri di questo Governo. È necessario, quindi, porre grande attenzione a ciò che di positivo sta tentando di fare il Governo turco in un ambiente complesso. Nella società turca un laicismo anti-religioso quasi si oppone ad un ritorno di una religione, quale l'Islam, che non comprende il senso della laicità, così come lo comprende la nostra cultura. Si pone dunque un problema rilevante per chi opera su questi due terreni. Quella turca è una società molto diversa dalla nostra, in cui forse difficilmente potrà attecchire il valore della laicità dello Stato in un ambiente democratico, che rappresenta invece la base e la radice dell'Unione europea e del nostro Paese. Grande attenzione, quindi, all'opera del Governo turco, ma grande preoccupazione per chi tenta di accelerare l'ingresso di un Paese la cui società forse non è pronta ad entrare in Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il 18 aprile, dopo l'efferato delitto - e non l'assalto - avvenuto in Turchia, monsignor Ruggiero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca disse che quella era la sconfitta del dialogo. Noi del gruppo di Alleanza nazionale riteniamo che quell'efferato delitto sia stato anche la sconfitta di un dialogo con la Turchia, un paese che aveva intrapreso con tutte le nazioni, compreso l'Italia, un dialogo. Il nostro Paese voleva e vuole un'Europa delle nazioni - in cui sia ricompresa la stessa Turchia - che rispetti in ogni singolo Paese quel pluralismo religioso, che nasce proprio dalla presenza di più religioni i cui usi e costumi debbono liberamente integrarsi nella società e nel Paese che li ospita. Tuttavia, per fare ciò è necessario che vi siano delle regole ben precise, che ogni nazione deve rispettare. Per tale motivo, noi ci siamo battuti e continueremo a batterci affinché nella Carta costituzionale europea sia previsto il richiamo alle radici cristiane. Solo chi crede, chi si rifà, ai valori culturali e laici del cristianesimo in Europa può ambire ad essere inserito nell'Europa delle nazioni.
La Turchia sappia che questa è la condizione che l'Italia deve porre perché essa possa entrare nell'Unione europea.
Signor sottosegretario, la Turchia è consapevole che non si tratta di un gruppoPag. 44isolato, ma di uno zoccolo duro di quel fondamentalismo fanatico, che proprio il 14 aprile, quattro giorni prima dell'efferato delitto di cui discutiamo, aveva già avvisato il Governo. In quel giorno, ad Ankara hanno sfilato centinaia di migliaia di turchi gridando frasi contro le religioni, e in favore di un pazzesco laicismo che il Governo turco continua a sostenere.
Poco fa, le agenzie di stampa ci hanno informato che Erdogan ha indicato Abdullah Gul come nuovo presidente della Repubblica turca. Sappiamo che egli è un moderato, ma anche che faceva parte del Partito della Virtù. Si tratta di uno di quei partiti islamici fondamentalisti, che da un lato avvisano la polizia che bisogna trovare i responsabili dell'efferato delitto, però poi, attraverso la stampa, controllata interamente dal Governo, continuano a battersi contro qualsiasi forma di religione.
Le autorità percepiscono che qualcosa di grave sta per succedere in Turchia; per questo è importante, signor sottosegretario, che il Governo italiano stia bene attento. Pochi giorni fa monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia, ha affermato di essere stato avvisato dalle autorità turche di stare molto attento nell'uscire e di avvisare i nostri sacerdoti di stare attenti nel mostrarsi in pubblico, ed egli stesso ha confermato che qualcosa di grave sta per avvenire in Turchia. Visto che sappiamo che il 29 aprile, fra poco, ci dovrebbe essere il «bis» di quello che è accaduto il 14, attraverso il nostro intervento non soltanto vogliamo condannare questo efferato delitto, non soltanto vogliamo dire che siamo vicini a tutti coloro che in Turchia professano qualsiasi religione, non soltanto apprezziamo la grande apertura di un dialogo che sua Santità Benedetto XVI ha inaugurato durante la sua recente visita in Turchia, ma chiediamo al Governo che convochi con urgenza l'ambasciatore turco in Italia, per far presente che il mantenimento di una libertà e di un multiculturalismo religiosi è la premessa e la condizione affinché l'Italia dia l'assenso all'entrata della Turchia nell'Unione europea.
Signor sottosegretario, non sottovaluti quanto monsignor Luigi Padovese pochi giorni fa ha detto, cioè che l'Italia non rimanga ancora una volta, per così dire, assente di fronte ai delitti che quotidianamente avvengono nei paesi dove non è ammessa qualsiasi religione. Noi italiani non possiamo sicuramente stare con coloro che non vogliono e non accettano un multiculturalismo religioso nel proprio paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, la condanna verso ciò che è avvenuto da parte nostra, com'è ovvio, è totale. La libertà religiosa è un diritto fondamentale dell'uomo. La laicità dello Stato presidia e garantisce tale diritto, e gli Stati devono difendere il diritto alla libertà religiosa anche da gruppi come quelli che hanno agito in Turchia. Devono farlo in modo efficace, quindi è giusto che il Governo italiano abbia chiesto al Governo turco di garantire che giustizia sia fatta, e che attraverso questa giustizia nei confronti dei responsabili della strage, del delitto, si garantisca maggiormente la libertà religiosa, che è uno dei fondamenti della democrazia.
Nell'informativa del sottosegretario Crucianelli ho colto un punto che mi ha allarmato. Mi pare sia la prima volta che ci troviamo di fronte a un attentato che coniuga il fondamentalismo religioso con una rivendicazione di natura nazionalistica. Come sapete, colleghe e colleghi, in Turchia vi sono due fondamentali linee di pensiero che seguono strade diverse.
Ci sono i militari che hanno garantito, anche con la forza, come è stato ricordato, la laicità dello Stato e che, a loro volta, sono profondamente nazionalisti e duramente repressori di qualsiasi minoranza etnica. Essi non vogliono sentir parlare di ciò che è avvenuto in Armenia e tutt'oggi sono persecutori dei curdi e anche di altre minoranze nazionali. Se si assiste allo svilupparsi di un fenomeno che coniuga entrambi questi aspetti, allora assistiamo aPag. 45qualcosa di veramente pericoloso che bisogna stroncare sul nascere.
Quindi, proprio per questo, cosa possiamo fare oltre che condannare questi episodi, oltre che dare la nostra solidarietà alle vittime di questi episodi, oltre che sollecitare il Governo turco a fare in fondo il suo dovere? Dobbiamo essere coerenti sino in fondo, introducendo nel negoziato sull'ingresso della Turchia nell'Unione europea condizioni precise circa il rispetto delle libertà religiose ed il rispetto delle minoranze nazionali etniche. Sappiamo bene che questo è un punto dolente, perché l'Unione europea non è coerente da questo punto di vista e fa finta di non vedere che in Turchia non si riconosce il diritto all'esistenza di una cultura, di un autogoverno, da intendersi diverso dall'indipendenza, ma equivalente all'autogoverno garantito ai baschi, ai catalani, o, per fare un esempio più vicino a noi, al Trentino-Alto Adige. Anche per questa via passa un'efficace azione dell'Unione europea.
La trattativa con la Turchia per il suo ingresso nell'Unione europea, al contrario di altri negoziati, è aperto nel suo esito finale circa l'ingresso o meno in Europa. Ci troviamo, quindi, in una trattativa in cui si può influenzare l'andamento delle cose in quel paese. Peraltro, il Governo italiano è impegnato da una risoluzione, recentemente votata all'unanimità in Commissione esteri - come il sottosegretario Crucianelli sa bene - ad introdurre all'interno del negoziato con la Turchia questi elementi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Non ripeto le osservazioni di molti colleghi, degli ultimi due in particolare, perché le condivido. Ricordo al sottosegretario che il Vicepresidente del Consiglio di allora, l'attuale senatore Follini, rispondendo ad una nostra interrogazione urgente del 20 gennaio di due anni fa, ci confermava che il Consiglio europeo tenutosi il 16 ed il 17 dicembre del 2004 aveva deciso che la Turchia soddisfaceva i criteri politici di Copenhagen per l'avvio al negoziato di adesione. Si trattava di verificare questo percorso iniziato nel dicembre 2004 tenendo conto soprattutto di alcuni elementi che abbiamo sentito riecheggiare anche qui: i diritti umani; il diritto alla libertà religiosa; il diritto al rispetto dell'etnia.
Ci viene ricordato ora che questo confronto tra Unione europea e Turchia è aperto; chiedo pertanto esplicitamente al Governo di prendere atto che i criteri di Copenhagen non sono confermati nella loro evoluzione applicativa, perché, caro sottosegretario, un anno fa eravamo qui a parlare di Don Santoro - non di «mio cugino in carriola» - morto in un'altra regione della Turchia certamente non perché era moro piuttosto che biondo. Oggi parliamo di un attentato avvenuto il 18 aprile e lei ha giustamente portato elementi che, pur essendo realistici, aggravano la situazione: non solo la conferma della barbarie, ma anche il collegamento tra alcuni esponenti dei gruppi responsabili di questo macabro omicidio rituale ed il partito del presidente Erdogan. È chiaro che un capo di un partito, ancor più se ha anche una carica di rilievo istituzionale, deve innanzitutto rifiutare questi voti ed espellere queste persone dai propri partiti democratici, mettendoli al bando.
Dico questo non perché siamo contro quella democrazia, ma perché una democrazia non può prevedere che venga ufficializzato il collegamento tra chi ritiene di far politica sgozzando i cristiani e chi vuole invece portare avanti una evoluzione dei diritti per tutta la Turchia. Noi chiediamo quindi un impegno esplicito nelle prossime ore.
Mi sembra francamente incredibile che il nostro Paese, in una terra lontana come l'Afghanistan, faccia giustamente pressione per verificare che ci sia correttezza nel processo che riguarda un collaboratore di una ONG italiana (mi riferisco ad Hanefi, collaboratore di Emergency) rispetto ad alcune accuse, mentre noi ci fermiamo ad un telegramma di rammarico nei confronti di un Governo che più volte - abbiamoPag. 46ribadito - deve entrare assolutamente, dal nostro punto di vista, nell'Unione europea.
Mi sembra francamente allucinante, lo ripeto, allucinante! Non so se sia frutto del caldo che è arrivato velocemente nel nostro Paese o di qualche altra riflessione. Non si dice niente, se non un forte rammarico, ma non si prende alcuna iniziativa nei confronti della Turchia per chiedere un impegno reale, non teorico, o uno stop alla verifica fino a quando i criteri di Copenhagen non vengano accettati rispetto alle etnie e alla libertà religiosa.
Non si dice niente sulla Turchia o sulla Indonesia. Sono stati ammazzati cinque cristiani nel giro di sei mesi, ma non abbiamo nulla da dire. Eppure l'Indonesia siede di fianco al ministro degli esteri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Eppure, per quanto riguarda la Turchia, ho ricordato Don Andrea Santoro e posso ricordare anche il giornalista armeno-cristiano ucciso qualche giorno fa. Sembra che parliamo di un avvenimento rispetto al quale non sappiamo di essere di fronte ad una escalation.
Ora io ritengo che ci sia bisogno da parte del nostro Governo di un'azione chiara, decisa e trasparente, che riguardi i rapporti bilaterali tra noi e la Turchia e tra l'Italia e l'Unione europea, perché il processo iniziato il 16-17 dicembre 2004 abbia un punto di verifica. La verifica peraltro non impone una decisione politica astratta da parte dell'Italia o dell'Europa; la impongono i morti sgozzati che in questi mesi hanno costellato le strade turche. Nessuno vuole processare il primo ministro Erdogan, ma certamente non si può immaginare che in quel paese nasca e fiorisca la democrazia, si rispettino i criteri per entrare in una partnership o addirittura nell'Unione europea quando i parametri di Copenhagen, che sono il rispetto della libertà religiosa e della propria etnia popolare, vengono distrutti. Le chiediamo ufficialmente, signor sottosegretario, una presa di posizione che superi il rammarico e vada verso un'azione chiara nei confronti della Turchia [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, sentendo gli interventi precedenti, fa piacere che evidentemente quanto la Lega anni addietro ha denunciato per prima sul problema dell'ingresso della Turchia in Europa venga oggi recepito anche da altre forze politiche.
Il fatto di cronaca efferato che ci giunge dalla Turchia è l'ultimo di una serie (e anche noi avremmo voluto sentire dal Governo una presa di posizione in merito all'ingresso della Turchia in Europa), perché un anno fa parlavamo di Don Santoro e qualche giorno fa abbiamo parlato del giornalista e intellettuale armeno Hrant Dink che è stato ucciso in Turchia. Il Governo, però, ha riferito che i colpevoli dell'ultimo efferato omicidio hanno dichiarato di averlo commesso per la religione e per lo Stato. Evidentemente, è proprio all'interno di questa frase che vanno ricercate le motivazioni.
Riflettiamo sul fatto che quando è stato arrestato l'assassino dell'intellettuale Dink, il colpevole è stato celebrato come un eroe nazionale, non da una parte esigua della minoranza, bensì dalle forze dell'ordine e dai poliziotti che l'hanno arrestato. È stato celebrato dalla polizia che aveva l'incarico di effettuare i controlli e, quindi, evidentemente da chi dovrebbe tutelare la laicità dello Stato e il rispetto delle leggi e della vita in un paese che invece celebra come eroe un assassino.
Evidentemente c'è qualcosa di fondo nel sistema turco che non funziona. È un paese pervaso in molti ambiti da intolleranza e integralismo e tutti dovremmo chiederci sino a che punto meriti l'ingresso in Europa. Anche perché questi sono fatti di cronaca dai quali - come ci ha detto anche il Governo - vengono poi prese facilmente le distanze da parte degli esponenti politici turchi.
Ma il problema che lo Stato turco oggi non ha ancora risolto nella sostanza è ilPag. 47rispetto delle minoranze curda e armena. Ricordiamo, inoltre, che la Turchia, di fatto, ha chiuso le frontiere, ha interrotto le relazioni diplomatiche e commerciali con l'Armenia e non mi pare che stia cercando di riallacciare questi rapporti.
Oggi la Turchia occupa militarmente metà del territorio di Cipro, paese membro dell'Unione europea, e non mi pare che ciò possa essere vagamente ricondotto allo spirito democratico e partecipativo dell'Unione europea. Sta occupando militarmente metà di un paese europeo! Bisogna prendere in considerazione questo aspetto e denunciarlo con forza ogni volta.
Il problema è che, nell'ultimo efferato episodio dei tre cristiani uccisi, gli autori sono dieci studenti, come ha detto lei, signor sottosegretario. Quindi, dovremmo anche interrogarci su cosa viene autorizzato o, quanto meno, permesso all'interno del sistema scolastico turco per capire, ancora una volta, la situazione di quello Stato, non solo in ambito religioso.
Inoltre, le normative vigenti oggi in Turchia inevitabilmente penalizzano le richieste di autonomia delle minoranze. Vi è poi l'ingerenza da parte dell'esercito: la Turchia, con tale ingerenza, non può assolutamente definirsi un paese veramente democratico e, quindi, sicuramente non può sperare di entrare nell'Unione europea in termini democratici e di rispetto della democrazia.
Ma ciò che più ci preoccupa e che vogliamo denunciare è che, nonostante questa mancanza di democrazia, la Turchia, qualora entrasse nell'Unione europea, sarebbe il paese più popoloso e con la popolazione anagraficamente più giovane in Europa, per cui avrebbe all'interno del Parlamento europeo la rappresentanza più cospicua, ma, al tempo stesso, evidentemente, anche quella meno democratica e meno integrata rispetto ai valori e i principi dell'Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo che dobbiamo essere grati al sottosegretario Crucianelli perché ci ha informato con grande sensibilità e rapidamente su questo avvenimento luttuoso, che tutto il Parlamento certamente condanna.
Come hanno messo in evidenza tutti gli intervenuti, si tratta di un attacco grave alle istituzioni democratiche e alla cultura del popolo turco. Si vuole tornare indietro, evidentemente, rispetto alle conquiste che questo popolo ha raggiunto in passato in termini di laicità, attraverso i suoi uomini, tra cui viene ricordato Ataturk, che è stato fondamentale nella storia della Turchia per aver avvicinato questo paese ai grandi Stati dell'Occidente.
È ovvio che ci sono delle contraddizioni e delle carenze. C'è sempre di più la necessità di passare dalla teoria ai fatti, ossia alla concretezza. La separazione tra religione e politica è stata messa in crisi nell'ultimo decennio proprio con l'affermarsi di partiti che fanno direttamente capo a personaggi religiosi, anche se laici.
Quindi, con questo atto e con quelli che sono stati perpetrati nel recente passato, attraverso attacchi terroristici organizzati contro i cristiani, si vuole certamente allontanare questo grande paese musulmano dalla possibilità di entrare nell'Unione europea.
In effetti, noi riteniamo che vi sia bisogno di dialogo tra le religioni e anche tra le popolazioni che compongono questo grande paese. È evidente però che, se ancora vi sono grandi problemi da risolvere da parte del Governo e della classe dirigente turca, grandi passi in avanti siano stati compiuti dalla stessa società turca, sebbene ancora rimangano problemi riguardo al rapporto tra la maggioranza della popolazione e i curdi: sappiamo benissimo quanta sia la crudeltà, soprattutto dei militari, contro questa popolazione! Inoltre, vi è la questione non risolta di Cipro, come anche l'attacco alla cultura. A tale proposito, vorrei ricordare che il premio Nobel per la letteratura ha deciso di abbandonare la sua amata città Istanbul e di trasferirsi negli Stati Uniti.
È però evidente che noi, come Italia e come Europa, non possiamo abbandonarePag. 48la Turchia né la maggioranza della popolazione turca che vuole convivere con l'Occidente. Credo sia inoltre necessario condividere lo sforzo che le forze politiche e democratiche turche fanno per cercare di avvicinarsi a noi, di avvicinarsi all'Europa: anche questo va sottolineato.
Tuttavia, esaminando l'episodio, ci rendiamo conto che sembra esserci un filo rosso tra i gruppi che hanno commesso diversi attentati (diverse associazioni segrete), le città dove essi sono avvenuti e i legami che ci sono tra le città. Tutto sembra partire dall'attentato al nostro amato papa Wojtyla, proseguire con quello a Don Santoro dello scorso anno, e passando anche per questo ultimo: questi eventi sono tutti legati da un filo rosso e ispirati da chi non vuole che il popolo turco faccia progressi e vada a collocarsi tra i paesi che possono incidere in modo da evitare a livello internazionale una guerra tra religioni. Infatti, l'islamismo turco è molto diverso da quello di altri paesi.

PRESIDENTE. La prego di concludere!

AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo, dicendo che l'Italia dei Valori, come tutti gli altri gruppi che si sono espressi, condannano con forza questi efferati delitti e suggeriscono all'Europa di non cambiare la propria posizione, anche se è giusto essere molto rigidi.
Per questo motivo invito il Governo italiano a chiedere al Governo turco, facendosi garante, di assicurare che giustizia sia fatta su tutti gli episodi e su questo in particolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, ringrazio anch'io il sottosegretario per la sollecitazione con cui ha risposto alla richiesta di informativa urgente. Non sembri strano che proprio un deputato radicale della Rosa nel Pugno voglia intervenire leggendo un passo dell'intervista fatta da un importante giornale nazionale al nunzio apostolico, monsignor Antonio Lucibello, rappresentante e ambasciatore di Benedetto XVI ad Ankara. Alla precisa domanda a lui rivolta, se esista un clima di generale ostilità verso i cristiani, monsignor Lucibello ha risposto: «Assolutamente, direi di no. Come nel caso di don Andrea, e come in quello del giornalista Hrant Dink, l'opinione pubblica è stata presa di sorpresa; e la maggioranza delle persone vive questi episodi con molta amarezza. Non dobbiamo dimenticare la reazione, e il senso di civismo che ha mostrato la società turca in occasione dell'assassinio di Hrant Dink. C'è stata una grande manifestazione, a cui ha partecipato un numero veramente imponente di uomini e donne, e mi ricordo quei cartelli: Siamo tutti armeni» (...). «Non dobbiamo dimenticare quelli che sono i piani delle aspirazioni della società turca, e cioè l'ingresso in Europa. Sarebbe un errore imputare a tutto il paese quella che può essere una situazione culturale locale» (...). «Come ha detto il Primo ministro proprio in occasione dell'uccisione del giornalista Dink, chi è responsabile di questi assassini è certamente qualcuno che non vuole bene alla Turchia. E anche in questo caso io penso si debba dire la stessa cosa».
Anche noi della Rosa nel Pugno diciamo la stessa cosa: chi vuole approfittare di questo efferato delitto, che tutti condanniamo, che tutti abbiamo condannato, è qualcuno che non vuole bene alla Turchia, che in modo miope non vede quanto sarebbe utile, necessario ed urgente proseguire, incentivare ed aiutare il percorso di avvicinamento e di rispetto dei requisiti che si richiedono alla Turchia per l'ingresso in Europa.
Non si può pensare però che tutto si risolva immediatamente, saltando i passaggi previsti dal negoziato di adesione della Turchia all'Unione europea: sono già previsti dei passaggi che richiedono atti puntuali entro il 2014. Non possiamo pensare che tutto possa essere fatto subito, anche se lo auspichiamo.
Auspichiamo che la Turchia si adegui il più velocemente possibile ai nostri paraPag. 49metri, alle nostre richieste, alle richieste dell'Unione europea e ai precisi requisiti che le si chiedono per poter finalmente accoglierla nell'Unione europea. Però non possiamo sottovalutare né dimenticare quanto è successo in questi giorni. Immediatamente il Primo ministro Erdogan ha condannato e attivamente operato per assicurare alla giustizia turca gli assassini. Hanno fatto immediati arresti, hanno tempestivamente individuato - speriamo con efficacia e con efficienza, quindi individuando precisamente gli assassini - la matrice da cui deriva questo efferato delitto.
Però occorre - e ciò è stato qui rappresentato - non entrare nel teatrino che ci vede tutti discutere di questi atti in chiave antiturca. Noi dobbiamo chiederci come possiamo aiutare la Turchia in questo processo, come possiamo essere al fianco della Turchia in questo processo, sapendo che molti passi sono stati fatti.
La Turchia ha ratificato il Patto internazionale per i diritti civili e politici, ha ratificato la Convenzione europea per i diritti umani, ha ratificato il XIII Protocollo per abolire la pena di morte. Noi non possiamo dimenticare che qualcuno vuole, rivendicando un fanatismo - io lo ritengo tale -, cioè quello di riconoscere le radici cristiane dell'Europa, confrontarsi con chi in qualche modo ha un altro fanatismo, ovvero quello di volere il «tutto e subito» dei diritti civili, magari misurati con il metro del nord Europa ed applicati immediatamente anche in una realtà così diversa e così complicata come è ancora oggi la Turchia.
Occorre davvero aiutare questo percorso, superando questi fanatismi e sapendo che la strada che abbiamo scelto in altre situazioni ci porta a dire che, per ottenere l'abolizione della pena di morte, si opera per ottenere in questo momento una moratoria. Il paragone è lo stesso. Noi siamo per riconoscere pari dignità e ingresso immediato della Turchia nell'Unione europea proprio perché si tratta un percorso di avvicinamento che ci aiuta a tenerla agganciata ai nostri valori e al valore attrattivo dell'Europa come Unione europea, permettendoci di dire ai fratelli della Turchia che questa è la loro casa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tana de Zulueta. Ne ha facoltà.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, anch'io ringrazio il Governo per l'informativa che ci ha reso. Come i colleghi, ritengo che questo orrendo delitto sia avvenuto in un momento molto delicato per la Turchia. Un momento in cui erano in corso fortissime pressioni e manifestazioni di massa dei partiti nazionalisti per far desistere il Primo ministro dal candidarsi alla Presidenza della Repubblica. In questo clima di forte tensione è avvenuto un crimine terribile. Il Parlamento non può che condividere la condanna e l'appello ad assicurare alla giustizia i colpevoli e soprattutto la vigilanza delle autorità turche nei confronti di questi movimenti estremisti.
La condanna è stata espressa dalla Presidenza tedesca dell'Unione europea: ricordo che una delle tre vittime era, giustappunto, un cittadino tedesco.
Condividiamo la preoccupazione espressa dal rappresentante del Governo circa la saldatura apparentemente in atto tra il peggiore fondamentalismo e le più profonde e pericolose pulsioni nazionaliste in Turchia. Le modalità dell'assassinio, l'ora in cui è avvenuto sembrano suggerire che i colpevoli erano convinti che avrebbero avuto l'impunità. A questo proposito, ricordo che il giovane assassino di padre Santoro l'anno scorso fu fotografato mentre veniva festeggiato dai poliziotti che l'avevano arrestato. Malatya, il luogo del delitto, è una tranquilla e - oggi - grande città semirurale; però, è collegata ad eventi molto oscuri anche per noi. È la città di Mehmet Ali Agca, l'uomo che tentò di assassinare Papa Woytila. Ma è anche la città di Hrant Dink assassinato a Istanbul nel gennaio di quest'anno. Probabilmente, c'è un motivo per queste correnti oscure. Malatya era una delle più importanti città armene della Turchia e la popolazione armena è stata quasi interamente uccisa o cacciata. Infatti, una delle vittime fu seppellitaPag. 50proprio nel cimitero armeno di Malatya.
Credo che dobbiamo prendere atto che i due poteri che si scontrano in Turchia in questo momento - da una parte, le forze armate e i campioni kemalisti della laicità dello Stato e, dall'altra, il partito islamista moderato al Governo - sembrano sempre meno interessati in queste ultime fasi della vita politica turca alla tutela dei diritti umani.
Un altro segno preoccupante è che, nello stesso giorno in cui è avvenuto l'assassinio dei tre protestanti, la Corte turca ha dichiarato non colpevoli gli assassini di un padre e un figlio in un processo considerato simbolico nella zona curda del paese, verdetto che suscitò scandalo anche in Turchia.
Se è vero che la tutela dei diritti civili e umani in Turchia è diventata una preoccupazione sempre meno urgente delle autorità, credo che l'Europa debba riconoscere che ne ha, in qualche misura, la responsabilità. La maggioranza dei cittadini della Turchia, secondo gli ultimi sondaggi, hanno perso la speranza di poter accedere all'Unione europea e molti sostengono che nemmeno vogliono entrarvi. La speranza di entrare a far parte dell'Unione europea - finché c'era - ha spinto la Turchia verso una straordinaria stagione di riforme, compresa l'abolizione della pena di morte, e di fermento culturale con la pubblicazione di molte riviste.
Perdere questa speranza vuol dire perdere lo slancio riformista che è nel nostro interesse sostenere. Pertanto, credo che, nel chiedere alle autorità turche di vigilare sempre più sulla libertà di culto e sul rispetto dei diritti umani, dobbiamo consentire a questo importante Paese, in uno spirito di vera buona fede, ossia senza precostituire scuse per escluderlo in futuro (quando avrà sostenuto gli esami necessari), di entrare in Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cioffi. Ne ha facoltà.

SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare il rappresentante del Governo per l'informativa urgente e per la chiarezza con cui ha riferito sul tragico episodio del massacro di Malatya. L'orrore dei tre cristiani sgozzati da un gruppo di giovanissimi - voglio sottolinearlo - appartenenti alle forze fondamentaliste islamiche ci pone certamente una serie di profondi interrogativi nei confronti del processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Se il Governo di Ankara vuole entrare in Europa, come sappiamo, deve assolutamente tener conto delle richieste dell'Unione europea tra cui, in primis, vi è quella di isolare e combattere ogni estremismo con forza e senza mezzi termini. È intollerabile, infatti, che si possa morire in un paese islamico solamente perché si è cristiani. Infatti, il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa è un aspetto fondamentale di tutti i paesi democratici e, per ciò che ci concerne, di quelli che vogliono entrare a far parte dell'Unione Europea.
Certo, non si può negare che i progressi compiuti dalla Turchia negli ultimi tempi, che le hanno permesso di ottenere nel 2005 lo status di paese candidato ad entrare in Europa, sono significativi. Ma non basta, perché il massacro di Malatya dimostra che ci sono ancora molte cose che devono essere fatte. Perciò è necessario che il Governo turco dia concreta testimonianza - non solo in questo caso, ma sempre, in ogni caso - di rispettare, anzi, di farsi garante, delle libertà religiose.
Il capitolo dei diritti umani e, soprattutto, la protezione delle minoranze e delle libertà religiose restano infatti uno dei punti caldi, anzi nodali, del negoziato di adesione turca all'Europa. Per questo è necessario che dal monitoraggio costante che Bruxelles effettua sulla Turchia emergano con chiarezza i progressi fatti ed i problemi che ancora restano da affrontare. È necessaria una valutazione costante al riguardo, per aiutare quel processo di europeizzazione che sta facendo - bisogna dirlo - dei passi in avanti.
Da parte nostra, pur consci dell'importanza economica e strategica della Turchia,Pag. 51riteniamo che, finché i diritti umani e religiosi non saranno completamente garantiti, non si potrà accogliere tale Paese nell'Unione Europea, ma si dovrà in tutti i modi lavorare insieme affinché questo percorso possa compiersi in maniera chiara ed inequivocabile. Per questo auspichiamo che il Governo di Ankara abbia sempre una posizione chiara non solo verso questa crudele e inumana tragedia, così com'è avvenuta, ma verso tutto ciò che può rappresentare, anche in futuro, un attacco durissimo ai principi della libertà e della tolleranza.
È necessario sventare ogni strategia destabilizzante tesa a colpire le minoranze e a rallentare il processo di integrazione europea. A tale proposito, non si può far a meno di sottolineare, come lei stesso, signor sottosegretario, ha fatto, che tutti gli episodi di violenza sono maturati nelle regioni dell'est, che sono luogo di degrado socioeconomico e covo sia dei nazionalisti sia dei fanatici dell'islam.
Si tratta di una vera e propria lotta non solo al cattolicesimo, ma alla libertà religiosa di tutte le minoranze. Infatti, a Malatya sono stati colpiti, nell'ultimo caso, anche i protestanti. Queste barbare uccisioni di esponenti di tali minoranze, se non sono bloccate con forza, possono rappresentare, ripeto, non solo un attacco alla stabilità, alla pace ed alla tolleranza, ma un vero e proprio ostacolo all'entrata della Turchia, auspicabile, nell'Unione Europea.
È necessario, a tal proposito, non sottovalutare il ruolo dei movimenti estremistici (vorrei ricordare, per esempio, quello dei Lupi grigi, il gruppo cui apparteneva Alì Agca e che ha rafforzato l'ideologia ultranazionalista, mischiandola con il fondamentalismo islamico). Questi fenomeni vanno combattuti ed isolati perché solo così può prevalere il rispetto dei diritti umani. Vorrei ricordare che questo percorso nasce anche dal dialogo che deve partire dal basso, coinvolgendo i giovani sui valori democratici. Un paese come la Turchia, che rappresenta varie sfaccettature politiche, economiche e religiose, deve tenere conto di ciò.
Noi Popolari-Udeur auspichiamo che questo processo avvenga e siamo certi che il nostro Governo si farà garante di sollecitare al Governo turco una maggiore sorveglianza delle regole elementari della convivenza internazionale ed il rispetto degli impegni presi in ambito europeo, tra cui, in primis, il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, mentre stiamo parlando dei gravi avvenimenti accaduti in Turchia, dei tre protestanti e, ancora prima, di padre Santoro e del giornalista Dink - circostanze che non fanno altro che alimentare seri dubbi sull'ingresso di questo paese in Europa - è bene ricordare in questa Assemblea, dove alcune condoglianze volano miste a tanta demagogia, un fatto che pochi sanno o ricordano. Mi riferisco al fatto che, nel 2005, il sindaco di Roma, Valter Veltroni, forse futuro leader del partito democratico, ha inaugurato all'Eur un monumento a Kemal Atatürk consistente in un libro bianco in marmo statuario di Carrara - marmo che si estrae da una montagna situata nella mia zona - eseguito dallo scultore Luciano Massari. Il nome dello scultore mi ha aiutato a ricordare l'evento, essendo egli lo stesso artista che ha eseguito la statua di Dante Alighieri (ben altra figura) in Villafranca in Lunigiana, comune di cui mi onoro di essere sindaco.
Voglio comunque leggere l'intitolazione fastosa ideata dal comune di Roma: «Nel sessantesimo anniversario della scomparsa di Mustafa Kemal Atatürk, il grande statista turco, simbolo di liberalismo e democrazia non solo per la Turchia ma per l'Europa intera, la città di Roma dedica alla memoria del fondatore del popolo turco un monumento per riflettere sul tema della pace universale, dell'identità e del rispetto per tutti i popoli». Per riflettere sul rispetto dei popoli? Singolare! Ma Veltroni sa chi era Atatürk davvero?Pag. 52
Cominciamo allora, per quanto è possibile, a fare chiarezza. Kemal è considerato padre della Turchia moderna perché firmatario del trattato di Losanna che vide nascere la Turchia dalle ceneri dell'impero ottomano, già decaduto nel 1908 con l'avvento dei Giovani turchi. Le sue immagini, statue e quadri ritrovati in ogni angolo della Turchia, sicuramente le avrà viste anche Emma Bonino che è la strenua sostenitrice di una Turchia europea. Le troverete a sovrastare qualsiasi capo politico straniero che varchi i confini turchi. Non a caso il primo atto della visita di un Capo di Stato estero è l'omaggio al mausoleo di Kemal. Questa idolatria dell'uomo cara a Veltroni, che somiglia tanto a quella di Lenin o Stalin nella Russia sovietica, è un dato di fatto quotidiano in Turchia.
Noi parlamentari del Nuovo PSI vi dobbiamo però dire chi era Kemal Atatürk. Quando nel maggio del 1919 la Grecia ebbe, in qualità di vincitrice della prima guerra mondiale, il mandato di controllare la regione di Smirne, abitata in maggioranza da greci, Kemal vi portò il suo esercito, dando il via a nuovi omicidi di massa culminati nel grande eccidio di Smirne che, nell'agosto del 1922, diede la morte a migliaia di greci ed armeni. Kemal è all'origine dello sradicamento di due milioni di greci e dello sterminio di un milione di greci del Ponto in Asia minore; è complice, inoltre, nonché sicario, degli assassini che organizzarono il genocidio armeno ed è all'origine della discriminazione nei confronti delle popolazioni curde dell'Anatolia. Purtroppo per gli innalzatori di Stato, la realtà parla di un uomo che, al pari di Hitler o di Stalin, ha costruito una patria sullo sterminio sistematico di coloro che non si riconoscevano nel suo progetto di «ottomanizzazione» degli abitanti dell'Anatolia.
Inoltre, i poco documentati innalzatori di Stato del leader turco sono poco documentati e non sanno che in Turchia è tuttora in vigore una legge del 1951, nonostante i 20 milioni di euro sborsati da noi contribuenti europei per la riforma del codice penale turco. Questa legge è davvero singolare già nel titolo: «Legge concernente i crimini contro la memoria di Kemal Atatürk». Il primo articolo di questa legge punisce ogni offesa contro i fondatori della Repubblica turca con una pena da uno a tre anni di prigione. Il secondo articolo raddoppia la condanna se il crimine è commesso attraverso i mezzi di comunicazione. Il risultato di questa legge è che nessuno in Turchia può dire la verità ovvero che Kemal Atatürk è responsabile di genocidio. Il sindaco Veltroni dovrebbe ricordare, inoltre, che nel 1942 quando la Turchia e l'Italia erano alleate dei nazisti, fummo noi a costruire il monumento a quell'uomo democratico. Cito da una rivista fascista: «Vittoria dell'architettura italiana all'estero. L'Italia indice il concorso internazionale del monumento ad Atatürk Kemal Pascià ad Ankara». Anche in questo caso Veltroni è stato battuto sul tempo.
Contemporaneamente, nell'anno 2005, a Milano, ad Oriana Fallaci è stato negato l'Ambrogino d'oro, forse perché non le era 'simpatica' la Turchia. Queste vicende hanno a che fare con la morte dei religiosi cristiani molto più di tante parole vuote ascoltate in quest'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Neri. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, desidero ringraziare il rappresentante del Governo per la chiarezza con cui ha svolto l'informativa, senza edulcorarla nei suoi essenziali dati di fatto. Desidero ringraziare quanti hanno dato un contributo importante in questo dibattito e in particolare, non solo perché ha parlato prima di me, il collega Barani. Il suo intervento mi consente di evidenziare una preoccupazione di fondo: stiamo cercando di valutare con la dovuta sensibilità democratica un fatto che sfugge, a mio modo di vedere, alla logica democratica.
Tre cristiani sono stati massacrati in Turchia da esponenti del fondamentalismoPag. 53islamico solo ed esclusivamente in quanto cristiani. Questa è la negazione di quelli che sono i principi fondamentali di libertà che l'Italia e l'Europa riconoscono. Agli articoli 19, 20 e 21 della nostra Costituzione sono enunciati in maniera chiarissima i principi di libertà di culto e di espressione del pensiero, i quali sono gli stessi principi condivisi da tutti gli Stati che fanno parte dell'Unione europea. Quest'ultima, nel sancire come principi fondamentali di libertà queste manifestazioni che devono per l'appunto essere libere, ha recepito la dottrina della tolleranza, la capacità di accogliere e comprendere l'altro, la capacità di aprirsi in un rapporto di fattiva e fraterna collaborazione con l'altro; concetti che costituiscono i fondamenti del cristianesimo, inteso in senso non confessionale ma culturale.
Ecco perché l'Europa oggi non può non dirsi cristiana ed ecco perché da laico - come ho già avuto modo di dire, esercitando in quest'Assemblea la funzione di parlamentare sono un laico rappresentante del popolo italiano - sento il dovere di rappresentare in questa Camera i fondamenti dell'identità culturale del popolo italiano che non possono non dirsi cristiani, per quel portato di civiltà e di democrazia che il cristianesimo oggi rappresenta nel mondo e che comunque è carattere fondante dell'Europa.
Perché dico questo? Perché negare l'evidenza di un'aggressione sistematica da parte del mondo islamico ai valori e ai rappresentanti della cultura cristiana è un pericolo dal quale dobbiamo rifuggire, affermando innanzi tutto la nostra identità.
Chiedo che il Governo si faccia fermamente promotore nei confronti della Turchia della richiesta di rispetto dei valori fondamentali di libertà dell'Europa e che si faccia deciso sostenitore dell'inserimento nella Costituzione europea del riferimento alle radici cristiane, senza le quali saremo destinati a soccombere all'aggressione di un fondamentalismo islamico sempre più forte (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-nuovo PSI).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 16.

Informativa urgente del Governo sulla vicenda dell'imprenditore Titti Pinna, rapito in Sardegna nel settembre 2006.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla vicenda dell'imprenditore Titti Pinna, rapito in Sardegna nel settembre 2006.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentati dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del viceministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il viceministro dell'interno, onorevole Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, so bene che il passare del tempo in casi così delicati e così umanamente coinvolgenti suscita legittimi interrogativi. Tuttavia posso garantire - questo è il senso della mia presenza in aula - che l'impegno del Governo, delle istituzioni, delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria attorno al caso Pinna, che è stato immediatamente attivato, non è mai venuto meno, pur dovendosi tuttavia scontrare con le oggettive difficoltà connesse al reato di sequestro di persona. Non vi è stata e non vi è dunque alcuna sottovalutazione, come risulta evidente dalle misure effettivamente predisposte. Si sta seguendo quotidianamente la situazione, mettendo in campo una complessa attività investigativa ed unaPag. 54altrettanto diffusa attività di controllo del territorio, di cui darò dettagliatamente conto.
Lo farò premettendo che certamente non sfugge a nessuno in questa Assemblea la difficoltà obiettiva e l'estrema delicatezza della trattazione di queste vicende ed i limiti invalicabili posti dalle circostanze in cui ci troviamo. Come è noto, vi sono un reato e due indagini in pieno svolgimento, purtroppo. Di tali indagini e delle loro necessità, a partire dalla riservatezza, il Governo e il Parlamento non possono che essere rispettosi. Dare un aiuto a quanti sono impegnati a risolvere il caso significa prima di tutto discuterne, tenendo conto delle esigenze dell'inchiesta. Ciò serve per non portare alcun nocumento intanto al signor Pinna e secondariamente all'accertamento di tutte responsabilità.
È all'interno di questi vincoli, che ho volutamente richiamato all'inizio del mio intervento, che verrà dunque svolta la mia informativa, sperando di essere compreso da questo Parlamento.
Prima però di fare il punto della situazione, consentitemi di dirvi che il Governo si stringe idealmente intorno alla famiglia Pinna, alla comunità sarda, ed a quanti in questi mesi sono incaricati di sollecitare la partecipazione dell'opinione pubblica, dal comitato «Titti Pinna libero» al consiglio regionale di Sardegna, che il 3 ottobre scorso ha approvato un ordine del giorno nel quale si è dato peraltro atto del più alto scrupolo e massimo impegno - cito testualmente - profuso dagli inquirenti e dalle forze dell'ordine per individuare i responsabili e liberare quindi l'ostaggio.
I fatti sono stati più volte ampiamente ricostruiti. Nel pomeriggio del 19 settembre 2006 ignoti sequestravano Giovanni Battista Pinna dalla sua azienda agricola situata in località Monte Frusciu, nel comune di Bonorva (Sassari), allontanandosi con l'autovettura della vittima, una Fiat Punto di colore azzurro, targata AK271AF. Questa autovettura veniva poi rinvenuta il giorno successivo in un terreno agricolo situato a breve distanza dal luogo del fatto.
Il signor Pinna contattava alle ore 18 la sorella Maria Margherita informandola, attraverso il proprio cellulare, di essere stato sequestrato e le chiedeva di predisporre la somma di 300 mila euro per il pagamento del riscatto. Alle 19.30 il padre della vittima denunciava l'accaduto presso la caserma dei carabinieri di Bonorva. Alle 21.08 dello stesso giorno perveniva alla famiglia Pinna un'altra telefonata, da parte di un anonimo che asseriva che si sarebbero visti l'indomani a mezzogiorno.
Inoltre, sono pervenute ai familiari alcune telefonate, almeno due delle quali considerate attendibili, con le quali veniva ribadita la richiesta di 300 mila euro per la liberazione del loro congiunto.
Dopo la notizia del rapimento, nella provincia di Sassari e in quelle limitrofe, è scattato il piano coordinato antisequestro, con battute e posti di controllo lungo le arterie stradali principali e secondarie. Sono state altresì avviate attività investigative nei confronti di pregiudicati sardi ritenuti sospetti, nonché di altri soggetti.
Si è altresì attivata una complessa attività di intelligence. In particolare, dal punto di vista più propriamente operativo, sono stati assicurati in quelle aree la presenza continua, ventiquattro ore su ventiquattro, di un consistente numero di uomini delle Forze di polizia, ed un servizio, integrato dal giornaliero impiego di elicotteri, per ricognizioni aeree. Un impegno che non ha mai subito soste o flessioni e che, anzi, nell'ultimo periodo è stato ulteriormente intensificato.
Con decreto del Ministro dell'interno del 23 settembre 2006 è stato inoltre costituito e messo a disposizione dell'autorità giudiziaria competente, ai sensi della legge 15 marzo 1991 n. 82, un apposito nucleo interforze composto da Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza. Da allora ad oggi, nei territori dove potrebbe essere tenuto prigioniero il Pinna, vengono effettuati costantemente rastrellamenti, battute e perquisizioni, anche con l'ausilio di unità cinofile.Pag. 55
Le indagini sul sequestro, sulle quali, ribadisco, nulla si può dire perché coperte dal segreto istruttorio, sono coordinate dalla procura distrettuale di Cagliari, che ha anche disposto, come è noto, il blocco dei beni della famiglia Pinna.
Tutte le ipotesi sul tappeto vengono attentamente valutate e considerate. Tuttavia, lo stretto riserbo che accompagna l'attività degli inquirenti non consente, al momento, di avvalorare l'attendibilità delle diverse ipotesi e ricostruzioni che in queste settimane si sono succedute sugli organi di stampa.
A conclusione di questo mio intervento posso assicurarvi di avere trasmesso al Parlamento tutte le informazioni a nostra disposizione e non coperte da segreto istruttorio.
Nel confermare che le indagini continuano con ritmo serrato, mi impegno, a nome del Governo, a tenere informato il Parlamento su tutti gli sviluppi della vicenda.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Attili. Ne ha facoltà.

ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, voglio anzitutto ringraziare il Viceministro per la sensibilità che ha dimostrato venendo a riferire su questa difficile vicenda che ormai dura da tanti mesi e che continua a tenere in ansia ed in angoscia la famiglia e l'intera Sardegna.
In effetti, si tratta del primo classico sequestro dopo la fase di intervallo successiva al sequestro Melis, conclusosi positivamente, e al suicidio del giudice Lombardini, che aveva rappresentato un momento di svolta; finalmente, infatti, dopo tanti anni, si era riusciti ad arrivare ai diversi livelli, compreso quello dei «colletti bianchi», che per troppo tempo avevano garantito e consentito che prosperassero i sequestri di persona in Sardegna.
Pur tuttavia, il pericolo non era mai del tutto cessato, perché vi erano stati alcuni sequestri diversi, i cosiddetti «sequestri delle ventiquattro ore»; pertanto non si era mai abbassata la guardia né mai la si deve abbassare per questo tipo di reati presente in Sardegna.
Il sequestro di Titti Pinna è stato, come dire, un fulmine a ciel sereno, sotto questo profilo. Comprendiamo la riservatezza ed il fatto che sono in corso ancora indagini ed azioni operative molto significative. È certo, comunque, che il trascorrere del tempo, purtroppo, induce a previsioni non ottimistiche: questo va detto.
Voglio dire che la Sardegna ha reagito in modo estremamente positivo: vi è stata una grande mobilitazione dei sindacati, dei partiti politici e delle istituzioni, con manifestazioni tenute a Bonorva ed altrove, che hanno dimostrato la volontà di questa regione di affrancarsi e come il sequestro di persona sia opera di gruppi ristretti, estranei alla cultura della Sardegna. Questa regione, lo ripeto, ha reagito piuttosto con grandi manifestazioni popolari di vario tipo ed in tutto questo periodo, tenendo viva l'attenzione.
È però anche necessario - e bisogna dirlo - avviare un ragionamento in prospettiva e iniziare una grande campagna di informazione e di sensibilizzazione alla legalità. Infatti, a nostro parere, le scuole devono essere coinvolte in tali iniziative in quanto abbiamo il compito di formare le giovani generazioni per far comprendere ciò di cui la Sardegna ha bisogno.
Quest'ultima è una regione che è in grado di affrontare i problemi, seppur con difficoltà, e di trovare la strada verso il progresso economico e civile.
Devo anche riconoscere - come è stato ricordato dal Ministro - che c'è stato un grande impegno delle forze dell'ordine. Noi che viviamo in quella realtà abbiamo riscontrato, anche visivamente, l'impegno delle forze dell'ordine e ritengo che siano stati fatti - e si continuino a fare - tutti i passi necessari, come si può evincere dalle parole riferite dal ministro.
Non perdiamo la speranza, non abbassiamo la guardia e cerchiamo di arrivarePag. 56fino in fondo. Le forze dell'ordine sanno che non solo le istituzioni, ma tutti i cittadini sardi sono loro vicini in questo momento con l'obiettivo di restituire Titti alla famiglia, alla quale ovviamente siamo vicini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, naturalmente anch'io mi associo all'abbraccio che tutte le istituzioni dedicano alla famiglia di Titti Pinna; tuttavia non nascondo un certo imbarazzo nell'intervenire in questa discussione, imbarazzo che peraltro ho colto, in parte, anche nelle parole del viceministro.
La Camera, quindi le istituzioni, a parecchi mesi dall'inizio di questa vicenda, si riunisce secondo le modalità di una procedura parlamentare d'urgenza. È difficile negare che l'urgenza esista perché Titti è ancora in mano dei sequestratori, però è evidente, a mio avviso, una certa forzatura nel voler attribuire, attraverso questa iniziativa, alle istituzioni, Parlamento e Governo, un ruolo non loro.
Trovo nelle parole del Viceministro la conferma, a noi già nota, del continuo impegno delle Forze dell'ordine e della magistratura, nonostante alcune difficoltà.
Il collega Attili ha parlato di un lungo periodo in cui non sono stati compiuti rapimenti «classici», un lungo periodo in cui, senza entrare nei dettagli, sono avvenuti cambiamenti, anche dal punto di vista dell'organizzazione del sistema che si occupa dei sequestri in Sardegna. Non dico che si è abbassata la guardia, ma forse - (ahimè) il tempo determina queste cose - è diminuita in parte l'efficacia di intervento. So che le Forze dell'ordine e la magistratura (ma anche i Governi che si sono succeduti) continuano a prestare attenzione, ma purtroppo è nei momenti del bisogno che poi si mette alla prova l'efficacia dell'intervento.
Come dicevo, l'imbarazzo è dovuto al fatto che non vorrei che questo incontro fosse un tentativo da parte delle istituzioni di conquistare la prima pagina, di diventare protagoniste di un'opera di sensibilizzazione nel tentativo di mantenere la luce accesa sul problema dei sequestri, che in realtà dovrebbe appartenere alla società civile.
La Sardegna di oggi è sempre più attenta al problema dei rapimenti di persona. Ritengo che in primis il compito delle istituzioni sia, per quanto riguarda il Governo, quello di gestire e predisporre gli strumenti idonei a combattere efficacemente questa piaga. Il compito delle istituzioni parlamentari, invece, è quello di predisporre strumenti diversi, che permettano, anche dal punto di vista culturale, di superare questa piaga che, ahimè, non è stata estranea alla cultura della nostra isola soprattutto nel passato.
Quando la società si fa carico di cambiare, di intraprendere una strada nuova con cui allontanarsi da una cultura che non mette al centro la libertà della persona - anche se questa cultura fa parte, ahimè, di un passato non lontano - le istituzioni la devono seguire e supportare. Le istituzioni hanno un ruolo, la società rimane il centro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, anche noi esprimiamo la nostra vicinanza alla famiglia Pinna, che in questo momento soffre più di ogni altra in attesa di rivedere il proprio congiunto. Ringraziamo il Governo e il ministro, di cui conosciamo la serietà e l'impegno; non avevamo dubbi al riguardo, sempre che si possa essere soddisfatti parlando di queste cose. Non abbiamo dubbi neppure sull'impegno futuro.
Parlare oggi di Titti Pinna significa soprattutto non dimenticarlo. Tutti insieme dobbiamo fare uno sforzo, soprattutto noi sardi. Ritengo che in una società, quando succedono fatti negativi, debbano essere evidenziate le responsabilità ed è molto meglio che ciascuno le assuma per la propria parte perché in qualche maniera, quando una comunità non si comporta secondo i canoni, siamo tutti responsabili.Pag. 57Quindi, con questo intervento non intendiamo vedere il Governo come un antagonista. Tuttavia, esso sicuramente rappresenta tutti noi e proprio per questo lo sollecitiamo a svolgere un compito che lo vede impegnato in primis.
Questo è un problema che dobbiamo sentirci addosso, perché è chiaro che la Sardegna sotto questo aspetto deve fare passi in avanti. Da una parte sicuramente le istituzioni devono prestare un'attenzione maggiore alla scuola, come diceva il mio collega, ma probabilmente anche la politica deve prestare un'attenzione maggiore a problemi che normalmente si nascondono e che sono a monte di atti che non sono leciti. Ciò non significa che siamo noi i responsabili - responsabile è colui che compie simili azioni - ma in questo contesto, come ripeto, credo sia utile per tutti noi svolgere una riflessione nel senso che ho indicato.
Invitiamo quindi il Governo ad impegnarsi ancora di più proprio perché questa situazione è anomala; d'altronde, anche la stampa specialistica comincia a prospettare dubbi diversi. Quindi, per evitare che questi dubbi comportino un allontanamento dall'impegno, come normalmente succede quando passa tanto tempo, diventa forse in tal senso un'emergenza fare in modo che Titti Pinna possa tornare alla Sardegna e ai suoi familiari. Dobbiamo perciò impegnarci e invitiamo pertanto il Governo a fare in modo che si arrivi quantomeno a sapere come si sono svolti i fatti e ad attivarsi affinché il nostro Titti possa ritornare sano e salvo in seno alla propria comunità e alla propria famiglia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Non posso ringraziare il viceministro Minniti, come hanno fatto altri colleghi, perché avrei preferito che fosse venuto in Assemblea a dire che Titti Pinna è tornato a casa e gode di ottima salute. Per questo avrei sicuramente fatto un plauso, seguito da tutti noi. Non è lodandoci che facciamo tornare a casa i sequestrati.
Infatti non si tratta solo del sequestro di Titti Pinna. È una questione legata a un malcostume non solo sardo. L'atto di sequestrare le persone, di tenerle segregate, privandole della libertà personale, non è, lo ripeto, un malcostume del popolo sardo o della popolazione italiana, ma sfortunatamente riguarda tutta la popolazione mondiale. Di questo bisogna rendere atto al popolo sardo.
In questi casi, appare necessario fornire specifiche assicurazioni, soprattutto ai familiari - che sono quelli che stanno soffrendo sicuramente di più - e allo stesso sequestrato. Faccio l'esempio non di un caso di sequestro, ma di una persona, in provincia di Torino, che si è persa il 22 ottobre 2006, in Val Pellice, un certo Antonio Guzzo. È una situazione diversa rispetto ad un caso di sequestro, ma comunque analoga in quanto anche in questo caso il Governo non sta facendo assolutamente nulla, a parte alcuni riscontri iniziali riferiti più che altro a sollecitazioni provenienti dalle amministrazioni locali per ritrovare persone scomparse, come, appunto, Antonio Guzzo. In questi casi, il Governo deve essere parte attiva e non latitante; altrimenti non solo la popolazione locale, ma l'intera popolazione, si sentirebbe «sguarnita» e, conseguentemente, intenzionata a farsi quasi giustizia da sola.
Il Governo dovrebbe porre rimedio a questo malcostume, che sembrava oramai svanito da qualche tempo, ma che sta riprendendo piede, sfortunatamente sul territorio sardo dove oggettivamente è più facile nascondere le persone. Non è possibile che ancora nel 2007 possano verificarsi casi in cui non sia possibile ritrovare una persona. Il Governo attivi a questo fine l'intelligence, evitando di impiegarla nel seguire i vari politici, la sera e non solo, e la ponga a disposizione della magistratura per la ricerca delle persone attualmente sequestrate in Italia.
Mi pare che nessuna parte politica in quest'Assemblea voglia recriminare nei confronti del Governo. Da parte dell'Esecutivo stesso c'è stata una compiacenza nell'esposizione di quest'oggi; tuttavia, nonPag. 58è stata ancora trovata una soluzione di merito, quella necessaria per un sequestro come quello operato qualche mese fa nei confronti di Titti Pinna. Di ciò bisogna rendere conto innanzitutto ai familiari, ma anche al singolo cittadino e all'intera popolazione italiana.
Noi del gruppo della Lega Nord Padania siamo sempre stati fautori di una politica molto dura contro chi sequestrava, chi privava della libertà personale, anche la più piccola. In un caso del genere è necessario usare il pugno duro e non bisogna andare tanto per il sottile. A tale proposito, un errore commesso in precedenza da questo Governo è stato la presentazione del disegno di legge sull'indulto, perché, grazie a quella norma, sono stati rilasciati diversi sequestratori. Il Governo ne deve rendere conto alla cittadinanza e ne dovrà rendere conto eventualmente anche in futuro.
Il dato di fatto è che Titti Pinna in questo momento non è ancora tornato a casa e non si sa dove sia tenuto prigioniero. Il Governo ha la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, come è già avvenuto in altre situazioni. La sfortuna di Titti Pinna forse è quella di non essere stato sequestrato all'estero, in Afghanistan. Noi non ci dobbiamo assolutamente affidare a format televisivi come, ad esempio, Chi l'ha visto o ad organizzazioni come Emergency di Gino Strada. Il Governo, lo ripeto, utilizzi immediatamente tutti gli strumenti che ha a disposizione per riuscire a liberare Titti Pinna.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, riteniamo opportuno e utile che il Governo abbia reso l'odierna informativa su una vicenda così angosciante come la sparizione, avvenuta già il 19 settembre 2006, di Titti Pinna allevatore di Bonorva, un paese agricolo del centro della Sardegna.
Ringraziamo il Viceministro Marco Minniti per le informazioni che, nonostante la delicatezza della situazione determinata dalle indagini in corso, ci ha dato, delle quali prendiamo atto con relativa soddisfazione. Comprendiamo che è stato fatto tutto il possibile per farci sapere ogni dettaglio, ogni particolare, nei limiti di quanto dicevo sopra.
A distanza di molti mesi dal momento in cui l'allevatore è stato sottratto ai suoi familiari, anche il papa Benedetto XVI ha pronunciato un appello per la sua liberazione. Noi vogliamo innanzitutto esprimere piena solidarietà e forte condivisione nei confronti della famiglia, doppiamente penalizzata, in primo luogo dalla scomparsa di Titti Pinna, e secondariamente dalle varie forme di sciacallaggio che l'hanno vista vittima: da quelle riguardanti il pagamento di un riscatto, che almeno lascerebbero posto alla speranza, a quelle, assai più gravi, attinenti a voci incontrollate, ingiustamente lesive dell'onorabilità di Pinna, e che con crudeltà feriscono la sensibilità della famiglia già provata.
L'Italia dei Valori ha già partecipato al moto di popolo, che ha inteso tenere i riflettori costantemente puntati su questa inquietante vicenda, perché dinanzi a temi fondamentali come la vita non esistono graduatorie di serie A e di serie B. Il primo dovere infatti è quello di testimoniare la memoria accanto alla famiglia e alle popolazioni sarde.
L'Italia dei valori, partito della legalità e del rispetto della persona umana, ha partecipato alle assemblee e alle marce, attraverso il collega Federico Palomba ha presentato un'interrogazione parlamentare volta a consentire l'esibizione, durante le partite di calcio, di striscioni che condannano i sequestri di persona e ricordano che una persona non è più nella sua comunità d'affetti e di socialità. Noi pensiamo che non bisogna lasciare niente di intentato per risolvere questo drammatico enigma, che ha per posta una vita umana.
Confidiamo che gli inquirenti sappiano dare risposte precise, che noi vivamente auspichiamo siano nel segno della speranza e del rientro in famiglia. E per la serietà che riconosciamo alla magistratura e alle forze dell'ordine, chiediamo loro diPag. 59raddoppiare gli sforzi, per non archiviare questa vicenda e dare certezze, ripetiamo, che ci auguriamo siano fauste per la sicurezza del presunto ostaggio.
Nel frattempo, mentre ringrazio ancora una volta il Viceministro anche per l'impegno di tenere informato il Parlamento sugli sviluppi della vicenda, l'Italia dei Valori si stringe accanto alla famiglia e alla comunità di Bonorva.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, ringrazio a nome dei Verdi il Viceministro per la sensibilità dimostrata anche dal fatto che oggi è presente in aula, davanti a noi, a darci le spiegazioni riguardanti una vicenda così dolorosa, che ci fa tornare indietro di tanti anni, alla drammatica epoca in cui il sequestro di persona era diventato una consuetudine molto preoccupante, specialmente in alcune regioni d'Italia.
L'impegno del Governo è stato manifestato dalle parole del viceministro, ma noi vorremmo aggiungere qualcosa. Anzitutto vorrei esprimere una dichiarazione, dal cuore, di solidarietà nei confronti della famiglia così umanamente sofferente. Pensiamo a quale sia la condizione di una famiglia che non conosca, dopo mesi e mesi, la sorte del proprio congiunto. Credo si tratti di un dolore profondo, di una frattura che neppure il ricongiungimento, speriamo al più presto, con il proprio familiare potrà servire a ricucire.
Sono stati tanti gli interventi in questa vicenda complessa, dolorosa e drammatica da parte delle autorità religiose, dal parroco locale fino all'altissima autorità di Papa Benedetto XVI, e della società civile, penso a don Luigi Ciotti o al nostro Presidente della Camera, Fausto Bertinotti.
La Croce rossa italiana ha recentemente rivolto un nuovo invito ai rapitori invocando un gesto di umana pietà, né va dimenticato lo stesso richiamo di una persona che ha subito per tanto tempo un sequestro, parlo di Giuseppe Soffiantini, l'imprenditore che a sua volta fu vittima di un lungo sequestro dieci anni or sono.
Caro Viceministro, lei lo sa meglio di me, da un lato per queste vicende giudiziarie è giusto e rispettoso il segreto investigativo, spesso utile al raggiungimento degli obiettivi quando la vicenda è così complessa e quando il territorio e le condizioni sono così difficili; tuttavia resta in tutti noi cittadini, ma anche in noi che li rappresentiamo, un preoccupante silenzio sulla condizione del rapito, un silenzio che dura ormai da più di sei mesi. Ovviamente, nessuno di noi ha perso la speranza e mai la perderemo, credo però che noi istituzioni tutte, il Viceministro ce ne ha dato atto, abbiamo il dovere di mantenere alta l'attenzione su questa vicenda affinché non venga mai dimenticato chi è caduto nelle mani dell'anonima sequestri.
Chiediamo quindi a tutte le istituzioni, alla società civile e a tutti gli uomini e donne di buona volontà un impegno effettivo affinché l'attenzione su un uomo ingiustamente privato della libertà personale non si spenga con il passare del tempo. Per ottenere la liberazione dobbiamo allora batterci per sconfiggere quello che sarebbe un barbaro ed inaccettabile silenzio su un dramma non solo personale, ma anche familiare e civico. Chiediamo pertanto che anche i mass media facciano la loro parte, affinché, attraverso la memoria, sia possibile tenere viva anche la speranza di riavere il rapito presto tra di noi.
Un'ultima osservazione: non ci sono sequestri di diversa importanza, né persone di diverso rango o degne di una diversa considerazione, se è vero che l'articolo 3 della Costituzione sta lì a rammentarci che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e che hanno pari dignità sociale, senza distinzione di censo e di condizioni personali. Il rapimento di Titti Pinna sta lì a dimostrare, purtroppo, che la piaga dei sequestri non è ancora stata definitivamente estirpata dalla nostra società e che questo male oscuro è sempre pronto a colpire come un'infezione, pronto ad espandersi sempre di più.Pag. 60
Lo Stato deve tenere fermo il timone della legalità e rafforzare la sicurezza. Non solo fermezza, però: lo Stato deve ricordarsi di avere un volto umano, in modo che sia possibile esplorare tutte le strade immaginabili e possibili per giungere ad una positiva conclusione del sequestro. Solo attraverso un simile sforzo sarà possibile rompere questo assordante silenzio e potremo finalmente sperare concretamente di far ritornare il rapito e tutti i rapiti alle loro case.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor Viceministro, prendo finalmente atto in maniera positiva che, dopo numerose richieste avanzate in Aula e dopo diverse interrogazioni rimaste inevase, il Governo abbia accolto l'invito del Presidente della Camera a riferire in Assemblea sulla situazione legata al sequestro di Titti Pinna.
Date per scontate la solidarietà e la vicinanza alla famiglia da parte delle istituzioni, che credo siano fuori discussione, occorre affrontare invece il tema sotto gli occhi di tutti, che sta diventando sempre più un problema per tutti e in particolare per la famiglia. Di questo sequestro ormai non ne parlava più nessuno, era diventata quasi una pietra gettata nello stagno. Si è nuovamente riaccesa questa speranza grazie al «Movimento per Titti libero», grazie all'azione di Soffiantini, grazie all'invito di Papa Ratzinger e all'invito di tante sensibilità sociali, che hanno chiesto ripetutamente che su questo tema si facesse chiarezza.
Capisco, onorevole Minniti, che la riservatezza delle azioni investigative serve per creare le condizioni per arrivare alla soluzione del problema, tuttavia la famiglia sa che da oggi c'è lo Stato e credo che ciò sia la cosa più importante. Lo Stato si impegna seriamente con i suoi organismi competenti a fare l'impossibile fino alla fine per trovare una soluzione al sequestro. Finora, è rimasta una speranza soltanto nella città di Bonorva, nella popolazione, negli amministratori, in coloro i quali sono vicini alla famiglia, nella sorella che attraverso i microfoni della RAI chiede di avere notizie e speranze.
Dopo sette mesi, però, questo giovane imprenditore di Bonorva è ancora nelle mani dei suoi rapitori. Tutti sperano che il sequestrato stia bene, che ritorni presto a casa, però, Viceministro, mi consenta una considerazione particolare: negli ultimi tempi, i leader delle forze politiche nazionali si sono espressi in merito alla soluzione dei sequestri che sono avvenuti negli anni, anche di quelli famosi avvenuti in Sardegna e nel nostro paese, compreso quello di Aldo Moro. Quanti hanno detto che forse era meglio avviare una trattativa? Viceministro, il sequestro dei beni in questo caso è davvero la soluzione migliore per risolvere il problema o non pensa che i famosi 300 mila euro di cui si è parlato sin dall'inizio siano in realtà un milione di euro, al cui pagamento la famiglia non è in grado di far fronte?
Sono interrogativi inquietanti che pongo alla sua attenzione, perché questo è uno snodo, lo ripeto, uno snodo! Negli interventi che, recentemente, ho svolto in aula, ho richiamato l'attenzione del Parlamento e del Governo su questo sequestro, sostenendo che tutti abbiamo festeggiato la liberazione del giornalista sequestrato Mastrogiacomo. Sono state condotte grandi trattative e sono stati assunti impegni forti in tutte le direzioni. Non sono state tralasciate determinate soluzioni che, tuttavia, sono servite a portare a casa il giornalista. Non credo che le vicende siano equiparabili, tuttavia - come diceva anche la collega che mi ha preceduto - la vita di un giovane imprenditore di un piccolo paese della Sardegna è pari alla vita di un grande giornalista di una grande testata giornalistica.
Allora, in conclusione, ciò che l'opinione pubblica, la gente e l'intera Sardegna vogliono sapere è fino a che punto l'impegno di cui parla il Viceministro è veramente mirato a risolvere il problema, oppure se si aspetta di avere una notizia che non vorremmo mai ricevere o se, piuttosto, c'è uno spirito di grande impegnoPag. 61per trovare delle soluzioni che passino, se necessario, anche attraverso trattative, come già avvenuto in altri sequestri in Sardegna.
Il collega Cossiga, per ciò che conosce per vie dirette, sa benissimo, più di altri, quanti sequestri sono stati risolti in modi rimasti coperti dal segreto di Stato o dal segreto delle indagini della procura distrettuale o degli inquirenti.
Dunque, pongo questo interrogativo da parlamentare e da sardo, perché sembra quasi che ci sia una sorta di coltre di nebbia.

PRESIDENTE. La prego...

ANTONIO SATTA. Concludo, Presidente.
La gente di Sardegna e l'Italia, il nostro Paese, vogliono sapere che stiamo facendo sul serio e che sarà fatto ogni tentativo per riportare a casa il giovane imprenditore Titti Pinna, confidando nell'impegno preso dal Viceministro a riferire puntualmente e costantemente al Parlamento le novità che si dovessero verificare.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 2 maggio 2007, alle 10,30:

1. - Discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (per la discussione sulle linee generali).

2. - Discussione della proposta di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 1003 - D'iniziativa dei senatori ROSSA ed altri: Istituzione del «Giorno della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (2489).

e delle abbinate proposte di legge: ASCIERTO; ANGELA NAPOLI; ZANELLA ed altri; ZANOTTI ed altri (1071-1361-1995-2007).

(ore 15)

3. - Discussione dei documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68 primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Angela Napoli (Doc. IV-quater, n. 8).
- Relatore: Giovanardi.

Applicabilità dell'articolo 68 primo comma, della Costituzione, nell'ambito di procedimenti penali riuniti nei confronti di Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini e Luigino Vascon, del deputato Roberto Maroni e del senatore Roberto Calderoli, deputati all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 9).
- Relatore: Giovanardi.

Applicabilità dell'articolo 68 primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Bellillo (Doc. IV-quater, n. 10).
- Relatore: Paniz.

4. - Seguito della discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura.

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 1003 - D'iniziativa dei senatori ROSSA ed altri: Istituzione del «GiornoPag. 62della memoria» dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (2489).

e delle abbinate proposte di legge: ASCIERTO; ANGELA NAPOLI; ZANELLA ed altri; ZANOTTI ed altri (1071-1361-1995-2007).

6. - Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
BOATO ed altri; D'ELIA ed altri; MASCIA ed altri; PISCITELLO: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (193-523-1175-1231-B).
- Relatore: Boato.

7. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.

8. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ZELLER ed altri; BRUGGER ed altri; BENVENUTO e VANNUCCI: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (197-206-931-A).
- Relatore: Pinotti.

(ore 19,30)

9. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 1411 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario (Approvato dal Senato) (2534).

La seduta termina alle 16,40.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO FERDINANDO BENITO PIGNATARO SULLA MOZIONE META ED ALTRI N. 1-00147.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Onorevoli deputati, la mozione al nostro esame si presenta come un'azione di indirizzo politico nei confronti del Governo per quanto riguarda la sicurezza stradale.
Essa viene illustrata in concomitanza con la «prima settimana mondiale della sicurezza stradale», proclamata dalle Nazioni Unite, che si svolgerà dal 23 al 29 aprile 2007.
Vorremmo ricordare in questa sede che l'affrontare il problema della sicurezza stradale è elemento prioritario per il paese. In Italia, fra il 1973 e il 2002, gli incidenti stradali hanno causato circa 230 mila morti e 7 milioni di feriti. Gli ultimi dati parlano di oltre 220.000 incidenti, che hanno causato oltre 320.mila vittime e 5.600 morti. I decessi di giovani tra i 18 e i 24 anni sono stati più di 1000.
Si tratta di una vera emergenza sociale, rispetto alla quale occorre un chiaro cambiamento di tendenza. È necessaria una politica di forti investimenti in favore della sicurezza, della formazione delle persone e del potenziamento dei controlli sulle strade.
Nello specifico, chiediamo che il Governo si impegni nel dare seguito agli indirizzi approvati in sede di Consiglio dei ministri al fine di raggiungere l'obiettivo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime (così come stabilito dal «ProgrammaPag. 63di azione europeo del 2000»); - migliorare la qualità delle infrastrutture stradali; proseguire nella realizzazione di interventi strutturali e infrastrutturali per modificare il modello di trasporto, incentivando il trasporto a minore impatto ambientale e sociale (ad esempio, il trasporto ferroviario e marittimo); - incrementare i controlli, adeguandoli ai livelli europei, anche sui mezzi pesanti; - stimolare le case costruttrici ad investire in moderne tecnologie per aumentare in maniera significativa i livelli di sicurezza stradale.
In particolare, rispetto al grave fenomeno delle «stragi del sabato sera», che nel nostro paese rappresentano la prima causa di morte dei giovani, chiediamo che il Governo si impegni a promuovere campagne di educazione stradale nelle scuole; promuovere azioni di sensibilizzazione a favore dei giovani sui temi della prevenzione e della sicurezza stradale e - promuovere l'impiego dei mezzi di trasporto pubblico collettivo per il trasferimento dei giovani nei luoghi di divertimento, nonché a sostenere tutte le iniziative a favore della «prima settimana per la sicurezza globale sulle strade» indetta dall'ONU, in particolare quelle che si svolgeranno sabato 28 aprile 2007 a favore di una notte senza incidenti.
Negli anni sessanta in Italia circolavano poco più di 3 milioni di autoveicoli; oggi siamo nell'ordine di 35 milioni. Di conseguenza, si è intensificata la densità della circolazione e sono aumentati i pericoli per l'uomo (incidenti stradali) e i danni per la natura (inquinamento acustico ed atmosferico). La rete viaria dell'Italia è la più affollata d'Europa. L'80 per cento delle merci viaggia su gomma e spesso gli autocarri transitano a vuoto. I veicoli pensati e costruiti come mezzi di locomozione, come strumenti per arricchire e migliorare la qualità della vita, sono diventati troppo spesso strumenti incontrollabili di morte.
Quasi centomila decessi e tre milioni di feriti sono lo sconvolgente bilancio di dieci anni di incidenti stradali. Nel triennio 1993-1995 gli incidenti hanno causato mediamente settemila morti l'anno, ossia un morto ogni 75 minuti primi, e 238 mila feriti, uno ogni 2 minuti primi.
Ogni anno in Italia scompare un paese di settemila abitanti: è questo il tragico risultato degli incidenti stradali. Il costo economico è valutabile in 16 mila miliardi di vecchie lire. Il costo sociale è elevatissimo. Tra i feriti una parte consistente dovrà convivere per il resto della vita con handicap acquisiti. La media è di 24mila invalidi permanenti ogni anno.
Che fare? Sono stati proposti una miriade di rimedi per debellare un fenomeno che costituisce un attentato quotidiano alla vita umana.
C'è chi ha proposto più investimenti per la sicurezza stradale, chi pene più severe per i conducenti, chi il miglioramento delle strade, chi campagne di informazione per sensibilizzare i giovani ad assumere comportamenti maggiormente responsabili nei confronti della circolazione stradale, chi di rendere i veicoli in grado di proteggere meglio rispetto alle conseguenze dei sinistri. Sono stati costituiti comitati e consulte provinciali per la sicurezza stradale al fine di elaborare piani, che prevedano, tra l'altro, di informare sull'importanza dell'uso del casco protettivo e delle cinture di sicurezza, di attuare maggiori controlli e di svolgere e attività di repressione dei comportamenti scorretti alla guida nonché, di verificare l'efficacia della segnaletica per eliminare le situazioni di pericolo e di emergenza sulle strade.
Oggi i progetti in materia di mobilità sicura nascono come funghi e si dissolvono come neve al sole, senza apportare alcun miglioramento alla sicurezza stradale. Occorre perciò diffidare da pseudoesperti e piani di sicurezza stradale che spesso si mostrano inefficaci.
Con le numerose e varie innovazioni normative introdotte nel codice della strada non si sono conseguiti i risultati positivi che tutti si auguravano: il numero degli incidenti continua ad essere allarmante.
La sicurezza stradale non si fa con l'accensione dei fari anche di giorno sullePag. 64autostrade e sulle strade extraurbane, che ha il solo effetto di far aumentare il consumo di carburante e di lampade, con l'uso del telefono cellulare con auricolare o a viva voce, con il divieto di vendita di sostanze alcoliche lungo le autostrade, con la chiusura delle discoteche ad una certa ora, con la patente a punti, che prevede corsi di formazione senza esame finale, con il certificato di idoneità per la guida di ciclomotori, che si consegue solo con l'esame teorico.
La sicurezza stradale è fatta di pochi ma essenziali elementi: seria e approfondita visita medica collegiale per accertare i requisiti psico-fisici dei conducenti, modifica del sistema di esame, sia teorico che pratico, per il conseguimento della patente di guida, padronanza nella guida, conoscenza ragionata ed osservanza delle norme del codice della strada, eliminazione delle insidie presenti nella rete viaria, idonea ed efficiente segnaletica stradale, qualità del programma di studio e dell'educazione stradale.
Sulla mobilità sicura il Governo di centrosinistra deve dunque effettuare una corretta inversione del senso di marcia, se non ci si vuole ritrovare, anche nei prossimi anni, con un bilancio negativo in termini di vite umane.
La legge sulla circolazione stradale, in vigore per decenni nel nostro paese (testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 15 giugno 1959, n. 393), è stata sostituita dal decreto legislativo del 30 aprile 1992, n. 285. Il Nuovo codice della strada, entrato in vigore il 1o gennaio 1993, è stato poi oggetto di continue modifiche. Da una fase di eccessiva staticità normativa, si è passati ad una fase di eccessive modifiche.
Il predetto processo di riforma, dettato dalla crescita raccapricciante dei sinistri, ha partorito una serie di leggi e provvedimenti inopportuni e inefficaci nel silenzio generale e, purtroppo, con l'astensione delle forze di sinistra.
Dubito, ad esempio, che la patente a punti abbia garantito risultati importanti. È noto a tutti lo scandalo esploso in Italia dei corsi per il recupero dei punti decurtati dalle patenti di guida: si rilasciavano attestati di frequenza per corsi che in effetti non si svolgevano.
La mia opinione è quella di rendere il codice della strada meno corposo, più accessibile e comprensibile, ma soprattutto rivolto alle norme di comportamento ed alla prevenzione degli incidenti stradali. È il termine «prevenzione» che continua ad essere tabù. La logica della repressione, delle multe, del ritiro delle patenti di guida, della decurtazione dei punti prevale su quella della prevenzione.
Occorre, inoltre, rompere il monopolio detenuto dai privati nel campo dell'educazione stradale. Non esiste, infatti, un sistema educativo pubblico di cui si può avvalere il cittadino italiano che aspira al conseguimento della patente di guida. L'unica opportunità è data agli studenti dai progetti di insegnamento dell'educazione stradale nelle scuole, reso obbligatorio a partire dall'anno scolastico 1994-1995.
È necessario abolire anche la figura dell'allievo privatista all'esame di teoria o di guida. Occorre rendere obbligatoria la frequenza ad un corso di preparazione presso l'autoscuola oppure presso altri soggetti abilitati a tenere corsi.
Nei prossimi giorni in tutta Italia l'esame di teoria per il conseguimento della patente di guida si effettuerà con una nuova procedura. Esso cioè non si svolgerà più con una scheda cartacea, nel caso di candidati con possesso della licenza di scuola media inferiore, o con un colloquio, nel caso di allievi non scolarizzati oppure stranieri, ma mediante un sistema informativo e traduzione in tutte le lingue ufficiali ONU.
Nutro dubbi e grandi perplessità sul nuovo sistema di esame. La nuova metodologia, basata sull'impiego di tecnologie informatiche, penalizzerà i soggetti deboli, gli stranieri e i candidati dotati di scarsa cultura, e non eleverà la preparazione degli idonei alla guida.
La sostituzione della prova a colloquio (teoria) con i quiz informatizzati non ridurrà il numero degli incidenti e non aiuterà la sicurezza stradale.Pag. 65
L'esame di teoria, che è uno dei momenti più significativi della prevenzione, è stato oggetto di un intervento, a mio avviso, negativo. Un esame con il sistema orale vale molto di più dell'esame a questionario, impostato in modo sibillino e astruso. I quiz vengono a volte risolti con uno sforzo mnemonico, un colpo di fortuna.
È l'esame il primo vero problema nella prevenzione degli incidenti. Si deve intervenire sul programma di studio e sugli esami. Necessita un programma di educazione stradale che si limiti all'essenziale della segnaletica e delle norme di comportamento e che venga snellito e liberato da argomenti che non hanno alcuna attinenza con la sicurezza stradale: si pensi alle nozioni sui contratti di assicurazione.
Sull'esame di guida, invece, guarda caso, non si è intervenuti. Non basta essere in possesso di semplici nozioni tecniche per guidare un veicolo, bisogna dare tempo e modo al giovane aspirante al conseguimento della patente di assimilare non solo la tecnica della guida ma anche la cultura della guida. Il prolungamento del periodo temporale di validità del foglio rosa, dagli attuali sei mesi a dodici mesi, darebbe la possibilità ai candidati di conseguire una preparazione migliore.
Bisogna puntare sull'uomo per fare di esso un buon conducente. Ciò anche in considerazione del fatto che, se le cause degli incidenti sono le più disparate, quali la condizione ambientale o del veicolo, la causa principale resta tuttavia il comportamento del conducente: velocità non moderata, manovra irregolare di sorpasso, omessa precedenza, guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Nonostante i più sofisticati congegni elettronici (notiziari informativi, pannelli a messaggio variabile, telecamere, i primi protagonisti della sicurezza attiva, cioè quella che interviene a prevenire gli incidenti, sono i conducenti di veicoli.
La sicurezza stradale non è un optional, ma va considerata come una delle priorità nazionali.
Il conseguimento di questi obiettivi può essere raggiunto solo attraverso una modifica globale del nostro attuale modello di sviluppo. Un modello di sviluppo che ha fatto sì che per troppi anni si sia trascurato, nel nostro paese, il trasporto ferroviario.
Non mi sfugge cosa abbia rappresentato il trasporto automobilistico in termini di crescita dello sviluppo economico italiano, né il ruolo trainante del settore automobilistico per l'economia del nostro paese.
Siamo però arrivati ad un punto che richiede una svolta radicale: sappiamo che già nel 2007 si sono dovute fronteggiare situazioni di difficoltà finanziaria per le Ferrovie dello Stato e siamo a conoscenza degli effetti negativi del blocco ferroviario.
Riteniamo però che nella legge finanziaria per il 2008 si debba fare un balzo in avanti. Non è più sufficiente ripianare i disavanzi: occorre invece rilanciare una politica di investimenti d'intesa con le organizzazioni sindacali.
È necessario promuovere una grande politica di sviluppo del sistema ferroviario, pensando non solo agli investimenti già in essere e al settore dell'alta velocità, ma prevedendo anche un vigoroso e importante intervento nel settore del trasporto regionale a favore delle ferrovie che un tempo erano di concessione governativa e pensando alla creazione di un sistema di adeguati collegamenti metropolitani.
La finanziaria per il 2007, incalzata dall'esigenza di ripianare il disavanzo esistente e dalla necessità di garantire la prosecuzione dei cantieri in corso, ha completamente trascurato tale settore. È invece questo il settore che può fornire risposte adeguate anche alle tristemente note tragedie che si consumano quotidianamente sulle nostre strade.
So quanto sia difficile porre limiti ad un giovane rispetto alla guida di automobili sempre più veloci e potenti. Ma la sfida si può vincere se ci mettiamo nelle condizioni di offrire un sistema di trasporto ferroviario locale che sia in grado di soddisfare, nello stesso modo, le esigenze dei nostri giovani. Già diverse esperienzePag. 66sono state compiute; ma non sono sufficienti, e per fare un salto di qualità occorre una cultura politica diversa. Occorre cioè la consapevolezza che ci sono settori che devono rimanere in mano pubblica, per l'interesse generale che ricoprono.
Occorre rilanciare, attraverso il settore pubblico, la sfida di efficienza del sistema. So che è un percorso lungo e difficile, ma sono altrettanto convinto che è l'unico percorso possibile, l'unica via che può garantire, nel tempo, i risultati sperati. Con questo non intendo negare la validità delle misure che si stanno adottando, ma, accanto a queste, occorre attuare una linea politica di alto profilo che, accanto all'attuale modello di sviluppo, si impegni nel settore ferroviario.
Ciò significa non solo pianificare e realizzare i grandi itinerari, pur necessari, ma anche impegnarsi nella realizzazione degli itinerari regionali. Questo risultato deve vedere l'impegno del Governo e delle organizzazioni sindacali, che tanto peso hanno nell'organizzazione del lavoro in questo importante settore della vita italiana.
In conclusione, il gruppo dei Comunisti italiani della Camera concorda con la mozione in discussione, però vorrebbe che accanto ad essa ci fosse la predisposizione di un piano generale volto a cambiare l'attuale modello di sviluppo, per dare una risposta ai nostri giovani, alle loro famiglie, perché le persone che ogni giorno vivono e circolano sulle strade italiane possano farlo in tranquillità e sicurezza.
Pertanto, per le argomentazioni espresse, dichiaro il voto favorevole dei Comunisti Italiani!

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI ANNA TERESA FORMISANO, PAOLO AFFRONTI, SILVANA MURA, GIORGIO CONTE E SALVATORE TOMASELLI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1428-A.

ANNA TERESA FORMISANO. Onorevoli Colleghi, nell'intervenire a nome del gruppo dell'UDC sul provvedimento al nostro esame, ritengo opportuno fare una premessa, gli interventi in materia di dichiarazione d'inizio attività e le modifiche allo sportello unico per le imprese contenuti nel testo non saranno la bacchetta magica che risolverà i problemi che affliggono i nostri piccoli e medi imprenditori.
Oggi in Italia fare impresa costituisce veramente una impresa. Il nostro Paese si trova agli ultimi posti dei paesi OCSE per costi complessivi e farraginosità burocratiche.
Una recente ricerca mette a nudo gli ostacoli e le lungaggini burocratiche che si riversano su chi vuole costituire un'azienda. Un dedalo di carte e tasse eccessive.
Tutto questo ha un costo ed in Italia il conto è più salato che in altri Paesi, se si confrontano le procedure e gli ostacoli presenti in Italia rispetto a quelli di altri paesi europei ed altri appartenenti all'OCSE. E non è che la situazione migliori se dal Sud si sale al Nord, e per un Paese che si vanta di far parte del G8 questo non è accettabile: 9 adempimenti amministrativi e fiscali per costituire una nuova impresa; 17 diversi passaggi presso gli uffici della Pubblica Amministrazione, con un costo di 284 giorni, al fine di ottenere permessi e autorizzazioni per la costruzione di un immobile da destinare ad uso magazzino; 8 successivi passaggi burocratici (il doppio di ciò che è richiesto mediamente nell'insieme dei paesi OCSE) per la registrazione della proprietà di un bene immobile strumentale allo svolgimento dell'attività di impresa; occorrono 40 passaggi legali amministrativi e 1.210 giorni prima di giungere ad una sentenza ingiuntiva atta a risolvere un eventuale contenzioso commerciale. Ecco perché abbiamo da subito guardato con favore a questi provvedimento che consentirà alle imprese a ai cittadini di allentare e liberarsi di quei lacci che ostacolano lo spirito imprenditoriale e che, oltre ad essere per la gran parte inutili, comportano una perdita di competitività sul piano internazionale, proprio perché, come ho già detto, all'esteroPag. 67non conoscono questo tipo di adempimenti e possono quindi utilizzare questo vantaggio comparativo.
I rischi conseguenti a questa innovazione sono tutti nel tipo di controllo previsto per consentire una tutela adeguata dei cittadini e delle imprese stesse messa a repentaglio dalle nuove attività. La risposta a questa domanda è stata trovata con un ribaltamento delle funzioni di controllo che da preventivo è diventato successivo, anzi direi che il controllo ex post della pubblica amministrazione si sia rafforzato rispetto alla normativa precedente. Potremmo dire che è finalmente scoppiata la pace tra la pubblica amministrazione ed il cittadino/impresa anche se sappiamo che ancora molto c'è da fare. Il nostro giudizio, tuttavia, è sostanzialmente positivo (e soprattutto diverso da quello a suo tempo dato e che daremo sulle lenzuolate di Bersani) ed il suo iter virtuoso in Commissione ed anche in Aula conferma tale giudizio. Lo scopo era quello di offrire agli imprenditori la chance di poter adempiere a tutte le procedure necessarie per uno start up aziendale in maniera semplice e rapida conferendogli, al tempo stesso un ruolo significativo di responsabilità temperato da un più rigoroso controllo della pubblica amministrazione. E un primo passo positivo anche se credo dovremmo occuparci di altre strozzature presenti nel nostro sistema imprenditoriale se comparato a quelli dei paesi dell'Unione se teniamo in conto che fare impresa in Italia costa 17 volte di più che nel regno Unito e 11 volte in più che in Francia.
Credo che, dopo questo primo passo, più che alle false liberalizzazioni occorra puntare alla eliminazione degli altri fattori che costituiscono non solo un ostacolo allo sviluppo dell'attività dei piccoli e medi imprenditori, ma rappresentano una barriera all'entrata di investitori stranieri che preferiscono indirizzarsi verso altri paesi. Mi riferisco agli adempimenti degli oneri fiscali, che secondo i calcoli della Banca Mondiale può arrivare a pesare per il 76 per cento degli utili realizzati dall'impresa, rispetto al 47,8 per cento medio dei paesi OCSE e al 25,8 per cento dell'Irlanda; un sistema giudiziario lento e ingolfato, se si pensa che per far rispettare i termini di un contratto commerciale in giudizio nel nostro paese, sono necessari 40 passaggi legali-amministrativi e ben 1.210 giorni prima di giungere a una sentenza ingiuntiva e risolvere la disputa, mentre nel Regno Unito occorrono mediamente 229 giorni, 300 negli Stati Uniti, 331 in Francia, (per non parlare delle cause in materia di lavoro e di previdenza e assistenza o per i procedimenti fallimentari); ed infine l'Energia, le imprese italiane pagano la bolletta più cara di tutti e il prezzo del gasolio per autotrazione è il più alto dopo quello del Regno Unito. Eppure, del costo totale, 1.117 euro per mille litri di gasolio, il 54 per cento è dovuto per accise e Iva.
Se si confrontano i prezzi dell'energia elettrica per usi industriali si scopre che le imprese italiane devono pagare un sovrapprezzo dovuto alla fiscalità pari al 276 per cento di quanto mediamente pagano per le imposte le altre imprese europee. L'auspicio dunque è che questo sia un buon punto di partenza. Mi avvio a concludere con la speranza che il Governo dia seguito all'impegno contenuto nell'ordine del giorno, che mi vede firmatario, volto a prevedere, per i comuni che ancora non hanno attivato lo sportello unico e che non sono nelle condizioni economiche di poter sostenere un impegno comunque oneroso, quei contributi necessari ad attivare un servizio che comunque avrebbe un suo sicuro ritorno.
Ringraziando ancora il relatore per la disponibilità e collaborazione dimostrata, annuncio il voto favorevole del gruppo UDC.

PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, siamo in presenza di un provvedimento largamente condiviso ed idoneo a rilanciare le piccole e medie imprese del nostro Paese. Annuncio sin d'ora il voto favorevole dei Popolari-Udeur perché abbiamo condiviso questo testo fin dal primo avvio, essendo tra i firmatari di questa proposta di legge. Noi condividiamo l'obbiettivoPag. 68di operare una radicale semplificazione dei procedimenti oggetto dell'azione della pubblica amministrazione per rendere più agevole alle imprese l'assolvimento degli impegni burocratici, nonché quello di creare condizioni che garantiscano la libertà di concorrenza per l'esercizio di determinate attività economiche.
Gli innumerevoli adempimenti amministrativi attualmente necessari per aprire un'attività costituiscono un grave ostacolo allo sviluppo dell'imprenditorialità e mortificano il regolare sviluppo della nostra economia.
La proposta di legge d'iniziativa di alcuni deputati riprende il filo ma anche rinnova, dopo gli ultimi anni di immobilità normativa, le riforme avviate, dieci anni fa, dal precedente Governo Prodi con la legge delega n. 59 del 1997, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, che trasferì competenze e risorse alle regioni e agli enti locali e con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998, che disciplinò lo sportello unico comunale per le attività produttive e che ci si propone ora di modificare per dare spazio alla nuova disciplina.
Negli anni si è infatti evidenziata la necessità di modificare la normativa vigente a causa della mancata o ritardata semplificazione delle normative e delle ristrettezze organizzative e finanziarie. Oggi la rinnovata attenzione del Governo verso lo sviluppo del sistema produttivo non si limita certamente solo a snellimenti procedurali né ad operazioni di deregulation deleterie per la tutela dei diritti della persona e dell'ambiente, ma deve, viceversa, misurarsi con una più difficoltosa, ma ben più efficace attività di individuazione e abbattimento di tutti gli adempimenti amministrativi non giustificati da interessi pubblici primari, valorizzando le reciproche responsabilità dell'imprenditore e dell'amministrazione.
Il provvedimento interviene nella fase più delicata dell'iniziativa imprenditoriale, il suo avvio, e lo fa modificando il meccanismo delle autorizzazioni. Il disegno di legge infatti ribalta la filosofia dei rapporti tra cittadini ed operatori economici: gli oneri della burocrazia peseranno maggiormente sulle amministrazioni, accorciando i tempi delle autorizzazioni ed allungando quelli degli eventuali controlli. Per poter avviare immediatamente un'attività, saranno così necessarie soltanto l'autocertificazione e la denuncia di inizio attività, ed i doverosi controlli verranno effettuati successivamente, cosa che accade nella maggior parte dei Paesi europei.
Tutto ciò ha un duplice vantaggio: da un lato, l'abbattimento dei tempi morti, che a volte si traducono in lunghi mesi (o addirittura anni) di attesa, occorrenti per l'ottenimento di tutti i certificati amministrativi; dall'altro, la responsabilizzazione degli imprenditori nei confronti della pubblica amministrazione.
Ormai da anni l'eccessiva farraginosità dei procedimenti burocratici ha fortemente influito sull'efficienza delle attività produttive italiane e gli imprenditori hanno trovato ostacoli ed impedimenti nel tentare di entrare nel mondo produttivo. Tutto ciò ha senz'altro scoraggiato lo sviluppo delle piccole e grandi imprese e conseguentemente è sempre più forte il rischio di fughe all'estero da parte di quanti intendano investire e produrre in Italia. Il nostro Paese non può permetterlo e deve, nei fatti, intervenire concretamente nel liberare le imprese dalla pressante morsa della burocrazia. È da ricordare a questo proposito che i costi indiretti della burocrazia sui bilanci delle imprese italiane sfiorano quasi un punto percentuale del PIL.
Questa è invece una di quelle riforme «a costo zero» che, come rappresentanti del Parlamento, ci siamo impegnati a portare avanti per rendere la vita economica del nostro Paese più vicina a quella delle nazioni a noi concorrenti, ottenendo nello stesso tempo crescita economica e maggiore attrattiva per gli investitori stranieri.
Il provvedimento si inserisce tra quelle iniziative, come i decreti Bersani, che serviranno a rendere l'Italia un Paese più competitivo e avrà sicuramente effetti positivi per quanto riguarda la crescita economica. Questo è il nostro modo di intendere la politica: una politica fatta diPag. 69misure concrete, serie, capaci di soddisfare l'interesse dei cittadini attraverso un approccio serio, moderno e liberale.
È inoltre un provvedimento che aiuta i giovani. È chiaro infatti che ne gioveranno maggiormente i soggetti che non hanno ancora un'attività ma intendono avviarla. È ovvio quindi che la maggior parte di questi soggetti sono potenziali giovani imprenditori.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, per tutti questi motivi, il voto dei Popolari-Udeur non può che essere convintamente positivo.

SILVANA MURA. Nell'annunciare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori su questa proposta di legge mi preme ribadire la grande importanza di questo provvedimento, che si propone di ridurre i tempi delle autorizzazioni per l'avvio di nuove imprese e di attivare finalmente gli sportelli unici su tutto il territorio nazionale, dal momento che l'Italia detiene il poco invidiabile primato dei tempi più lunghi e dei costi più alti a livello europeo.
Una delle cause di questo stato di cose è rappresentata dall'eccessivo numero di norme e dalla difficoltà di interpretare le stesse: si tenga conto che il Parlamento italiano ha prodotto dal 1990 al 2004 ben 3.445 leggi nazionali, pari alla somma di Germania, Spagna e Gran Bretagna tutte insieme.
L'avvio di una nuova impresa in Italia comporta costi superiori del 7,2 per cento rispetto alla media europea così come riportato dallo studio della Confartigianato del giugno del 2006.
Tradotta in valori assoluti, questa diseconomia del nostro paese corrisponde ad un maggior onere della nostra burocrazia di 192 milioni di euro all'anno, pari a 456,21 euro in più per ogni nuova impresa italiana rispetto alle imprese europee.
In particolare, la Banca Mondiale, ha stimato che il costo di avvio delle nostre imprese è 2,6 volte superiore al costo medio europeo e a livello globale l'Italia è al sessantasettesimo posto immediatamente dietro la Corea, l'Uzbekistan ed il Messico.
Se poi analizziamo i dati relativi ai tempi (per esempio quelli relativi alla costruzione di un immobile destinato a magazzino) l'Italia risulta essere al centoventinovesimo posto, con 284 giorni necessari a completare le 17 procedure richieste, ed al sessantottesimo posto per quanto riguarda i costi delle procedure stesse.
A fronte di questo stato di cose non possiamo stupirci del basso stato di sviluppo e di innovazione dell'economia italiana, in gran parte basata sulle piccole e medie imprese e dell'altrettanto basso livello degli investimenti stranieri in Italia.
Si comprende inoltre come il peso eccessivo della burocrazia, dovuto in parte alla sua scarsa produttività, ma soprattutto al numero eccessivo di leggi, «leggine» e regolamenti, sia ormai diventato una delle maggiori cause del declino economico del nostro paese.
La proposta di legge che stiamo oggi votando e che ha visto in Commissione e nella discussione in Aula un consenso trasversale tra le varie forze politiche e la convergenza dello stesso Governo, va proprio nella direzione indicata dall'Europa di semplificare e velocizzare l'iter autorizzativo per l'avvio di nuove imprese abbassandone, di conseguenza, i relativi costi.
Nell'intento di migliorare la relazione tra amministrazione ed imprese a partire dal 1998, sono stati istituiti gli sportelli unici per le attività produttive ma, nonostante le buone intenzioni, in molte aree del paese non si è ancora provveduto alla loro costituzione nonostante siano trascorsi ben 9 anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 447, che li prevedeva.
A questo proposito si è previsto che i comuni che non hanno ancora istituito lo sportello unico dovranno designare un ufficio competente a ricevere le comunicazioni ed a svolgere le attività previste dal procedimento autorizzativo.
Si prevede inoltre che le comunicazioni tra amministratori locali e cittadini avvenganoPag. 70nella massima celerità e trasparenza in formato elettronico con trasmissione per via telematica, condizione questa indispensabile per una moderna società dell'informazione.
In questo modo si vuole anche offrire parità di condizioni agli imprenditori delle aree del paese meno organizzate, che finora non hanno usufruito dei servizi degli sportelli unici.
Al fine di garantire l'indispensabile trasparenza e controllo sociale si prevede che lo sportello unico, anche su richiesta dei singoli cittadini o di associazioni e comitati, convochi riunioni per via telematica dandone pubblicità.
Queste procedure partecipate di controllo utilizzando i supporti informatici non possono che migliorare l'attività delle pubbliche amministrazioni inducendo maggior tasso di legalità e correttezza nei comportamenti, temi che l'Italia dei Valori vuole particolarmente promuovere come elementi cardine dello sviluppo economico e sociale del nostro paese.
Se vi è un deficit nello sviluppo di intere regioni ciò si deve anche e soprattutto all'arbitrio di amministrazioni che sfruttano la molteplicità di leggi, «leggine» e regolamenti per favorire interessi particolari a discapito dell'interesse generale, che consiste nell'imparzialità delle decisioni.

GIORGIO CONTE. Il mondo produttivo italiano continua a chiederci un potenziamento di interventi. Interventi volti alla semplificazione amministrativa e procedurale, di imprese già esistenti o di quelle in via di decollo. Il generale principio di priorità dell'intervento amministrativo continua a determinare una lentezza inaccettabile che contribuisce a imbrigliare la nascita di nuove imprese e a mortificare le potenzialità di settori senza dubbio strategici dell'economia italiana.
A seguito di interventi importanti in questo senso portati avanti nella scorsa legislatura, leggiamo questo provvedimento come il segnale positivo di un percorso già iniziato dal Parlamento e dal precedente Esecutivo. L'Italia è pronta per un salto di qualità, lo diciamo da tempo, un salto che le consenta di liberare tutte le energie produttive, spesso vittime del sistema che ne svilisce l'iniziativa. Un imprenditore che in Italia voglia intraprendere una nuova attività deve chiedere e poi attendere autorizzazioni di ogni tipo, con tempi lunghissimi e con una aleatorietà senza pari in Europa. Tutto questo crea sfiducia, indebolimento e scarso entusiasmo tra gli attori del mondo produttivo. Basti pensare ai tempi per una concessione edilizia che possono anche superare i due anni. Una situazione insostenibile e paradossale, dunque, su cui è necessario invertire la rotta, come Alleanza Nazionale invita da tempo a fare. Ben venga allora la semplificazione se questo vuol dire dar fiato ai piccoli imprenditori che, da provvedimenti come questo, possono ricevere il giusto slancio e l'altrettanto giusta iniezione di energia. Come? Per conseguire il risultato è necessario una semplificazione, riducendo al minimo la burocrazia attraverso un intervento riduttivo dell'attività di controllo preventivo e istruttorio della pubblica amministrazione.
Perché un'impresa possa entrare nel mercato e agire, quindi, occorre che atti come l'autocertificazione o la denuncia di inizio attività divengano il metodo ordinario e più veloce per potenziare e investire anche nel rischio. Bisogna invertire la priorità dei controlli, depotenziando quelli ex ante e potenziando al contrario quelli ex post dell'amministrazione, assicurando i tempi e gli strumenti necessari affinché tale verifica possa essere svolta in modo sempre accurato e rigoroso.
L'articolo 1 estenderà e potenzierà il ricorso all'autocertificazione, consentendone l'utilizzo nella generalità dei casi e prevedendo che trascorsi sette giorni (invece dei sessanta attualmente previsti) dalla presentazione della domanda il soggetto è comunque autorizzato ad avviare la nuova attività produttiva. Tale termine resta sospeso nel caso in cui l'amministrazione richieda l'integrazione della documentazione presentata o convochi il soggetto per una audizione; in quest'ultimo caso, si prevede l'introduzione di un congruoPag. 71termine per il suo svolgimento (oltre novanta giorni), a tutela delle legittime aspettative del richiedente, ma anche della stessa amministrazione. Tutela del singolo, quindi, ma anche tutela dell'interesse collettivo di cui lo Stato deve continuare a farsi portavoce, evitando però l'odioso ruolo della tagliola burocratica.
Per quanto attiene, invece, lo sportello unico delle imprese, un apposito criterio direttivo è volto a superare le difficoltà che si riscontrano nei contesti in cui tale struttura non è stata ancora attivata, prevedendo che il responsabile dei procedimenti in questi casi sia il sindaco.
L'articolo 2 si pone l'obiettivo di configurare una sorta di corsia preferenziale per le attività produttive abbreviando il termine trascorso il quale il soggetto richiedente può avviare l'attività e, contestualmente, prolungare il termine entro il quale l'amministrazione può intervenire, in via successiva, per vietarne la prosecuzione. Più specificamente, per chi vuole dare inizio ad un'attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, il termine ordinario di trenta giorni viene ridotto a sette. L'amministrazione in caso di accertata carenza dei requisiti richiesti può intervenire dopo l'inizio attività, con controlli rigorosi e con un termine di possibilità di intervento raddoppiato rispetto ad oggi. Una buona legge, quindi, che riceverà il sì convinto del gruppo di Alleanza Nazionale. Ci sono anche delle considerazioni politiche su cui voglio soffermarmi. Il nostro voto favorevole è la dimostrazione che da parte nostra non c'è una chiusura pretestuosa e demagogica ai provvedimenti come altre volte nelle precedenti legislature. Purché, come in questo caso, i provvedimenti siano di portata realmente innovativa e siano nel segno dell'impulso all'attività economica.
Ma c'è anche un altro dato su cui porre l'attenzione. Quando il Governo interviene con lo schema dei decreti partorisce norme di difficile applicazione, vari e diversi sono gli esempi di questi mesi. La legge che ci apprestiamo a votare oggi, invece, è frutto del lavoro del Parlamento che, se interpellato ( e accade raramente!), dimostra in modo inequivocabile di riuscire a lavorare bene tenendo fede alla sua missione, quella cioè di fare le migliori leggi possibili a interesse del cittadino.
Finalmente quindi un esempio di una collaborazione proficua, un equilibrio delicato come ha detto il presidente Capezzone, dunque, tra maggioranza e opposizione che riunite assieme sono riuscite a licenziare un testo largamente condiviso che speriamo possa riuscire a semplificare l'agire del mondo produttivo e possa dare una spinta importante alla ripresa economica.

SALVATORE TOMASELLI. Nell'annunciare il voto favorevole del mio gruppo, intendo evidenziare come il gruppo parlamentare dell'Ulivo abbia concorso in maniera determinante al provvedimento in materia di sportello unico e di avvio di nuove attività d'impresa, che oggi la Camera dei Deputati si appresta ad approvare.
Intendiamo salutare questo provvedimento come un ulteriore intervento nella direzione di quello che è il principale obiettivo del centro sinistra al governo del paese: modernizzare l'Italia.
E quando questo lavoro incontra la collaborazione positiva dei gruppi parlamentari di opposizione non possiamo che rallegrarcene, convinti come siamo che, al di là delle polemiche politiche, quando il lavoro è volto all'interesse del paese si costruiscono utili punti di convergenza.
E vorrei dire al capogruppo dei Verdi che le loro preoccupazioni sono le nostre: dobbiamo finalmente affrancare il nostro paese dall'eterno dualismo tra sviluppo ed ambiente. È possibile perseguire una politica di sviluppo e di sostegno all'iniziativa imprenditoriale difendendo ed anzi valorizzando l'ambiente come una risorsa essenziale. Ed in questo provvedimento, vi sono adeguati meccanismi di autotutela da parte della pubblica amministrazione che possono aiutare a perseguire tale obiettivo.
Il rapporto tra pubblica amministrazione e sistemi imprenditoriali appare da anni nel nostro paese, sempre più stretto. La necessità della semplificazione amministrativaPag. 72è prioritaria per il rilancio della competitività delle imprese, come fattore strategico per il rilancio dell'intera economia.
Il confronto con altre nazioni ci vede in una situazione di forte svantaggio competitivo.
Il CER - Centre for European Reform - posiziona l'Italia al ventunesimo posto tra i 27 paesi dell'Unione per quanto riguarda l'attuale grado di raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona, che fissa al 2010 il termine per fare dell'Unione Europea l'economia più dinamica e competitiva del mondo.
L'Index of Economic Forum - indice annuale di libertà economica - classifica l'Italia al sessantesimo posto su 157 paesi.
In Italia aprire una nuova azienda richiede più di 60 giorni, mentre in Francia e in Germania ne bastano circa 40. Infine, i ritardi e le complessità burocratiche costano al sistema produttivo italiano circa 15 miliardi di euro all'anno. E potremmo continuare.
Fondamentale è stato il lavoro di sintesi, che mi sembra ben riuscito, tra l'iniziativa parlamentare proposta dal presidente Capezzone e sostenuta da parlamentari di molti gruppi e l'iniziativa del ministro Bersani, che oggi ci consente di approvare un provvedimento che rilancia la funzione e la strategicità dello sportello unico nel rapporto tra pubblica amministrazione e imprese, specie in relazione all'apertura di nuove attività e/o iniziative imprenditoriali. E a tal proposito voglio ringraziare il sottosegretario Bubbico, a nome del gruppo dell'Ulivo, per l'impegno profuso in queste settimane.
Decisiva è la spinta verso un ricorso più organico e strutturale all'utilizzo della modalità telematica di trasmissione degli atti e di svolgimento degli iter istruttori, un elemento determinante verso un utilizzo sempre più massiccio delle tecnologie informatiche da parte della pubblica amministrazione.
Il ricorso diffuso dell'autocertificazione non è solo un atto di responsabilizzazione degli operatori economici e dei loro tecnici che contribuisce ad un alleggerimento degli oneri istruttori a carico degli uffici pubblici, ma si configura come un vero e proprio salto di qualità e di innovazione culturale nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini.
Si richiama, infine, l'estensione e lo snellimento dell'utilizzo delle conferenze di servizi e la previsione di una decisiva e feconda collaborazione tra sportelli unici, camere di commercio e associazioni imprenditoriali.
Il gruppo dell'Ulivo saluta questo provvedimento come un atto di fiducia verso gli operatori economici ed il sistema delle imprese, che per anni hanno condotto sacrosante battaglie per uno Stato amico ed una burocrazia partner anziché ostacolo, affinché colgano questa opportunità di semplificazione dentro una fase di ripresa economica del paese, nonché verso la pubblica amministrazione, e i funzionari pubblici, troppo spesso raffigurati come lenti o, peggio, «fannulloni», i quali possono trovare nuove motivazioni ed essere maggiormente impegnati nel processo di responsabilizzazione della pubblica amministrazione e di semplificazione dei procedimenti.
Un ulteriore contributo verso il processo di modernizzazione del paese, da conseguire con politiche di rafforzamento della crescita già in atto, di ampliamento delle opportunità e di maggiore concorrenza: è questo l'impegno perseguito dal Governo e dalla maggioranza di centrosinistra che l'Ulivo convintamente intende continuare a promuovere e sostenere, anche con il voto favorevole a questo provvedimento.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. mozione Meta ed altri 1 - 147 421 417 4 209 417 75 Appr.
2 Nom. pdl 1428-A e abb - em. 2.52 420 418 2 210 197 221 75 Resp.
3 Nom. articolo 2 440 417 23 209 397 20 75 Appr.
4 Nom. em. 3.101 430 428 2 215 427 1 75 Appr.
5 Nom. articolo 3 433 402 31 202 400 2 75 Appr.
6 Nom. em. Tit. 1 432 413 19 207 412 1 75 Appr.
7 Nom. odg 9/1428/6 424 401 23 201 360 41 75 Appr.
8 Nom. pdl 1428-A e abb - voto finale 430 408 22 205 392 16 73 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.