XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 142 di mercoledì 11 aprile 2007

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[allegato A]
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[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

La seduta comincia alle 15.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 marzo 2007.
(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (ore 15,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro della giustizia, il ministro della solidarietà sociale, il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e il ministro dell'interno.

(Iniziative in relazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte dalla procura della Repubblica di Potenza - n. 3-00798)

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00798 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro, da notizie di stampa è emerso come la procura di Potenza, malgrado le sue ridotte dimensioni, abbia utilizzato in maniera molto ampia lo strumento delle intercettazioni telefoniche e ambientali, con dei costi molto rilevanti, se si considera la condizione della giustizia nel nostro paese, in particolare nelle nostre procure e nei nostri tribunali, che mancano addirittura degli strumenti minimi di lavoro.
A fronte di tutto questo, le chiedo allora, signor ministro, quali siano le misure adottate per fare in modo che questo strumento (che certamente è necessario in molte inchieste) venga utilizzato in maniera equilibrata, considerando tra l'altro che si tratta di uno strumento particolarmente invasivo della privacy delle persone e che produce una mole di documentazioni che spesso non vengono utilizzate, ma che producono invece danni alle persone coinvolte..

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti conoscono la mia sensibilità rispetto ai problemi che le intercettazioni pongono.
Spero che la mia sensibilità sia uguale a quella del Parlamento e che quella del Parlamento sia uguale alla mia, perché spero che lo stesso Parlamento possa deliberare il più presto possibile al riguardo.
Sin dal mio insediamento al Ministero della giustizia ho stigmatizzato in particolare il fenomeno dell'indebita propalazione del contenuto delle intercettazioni. Come è noto, ho assunte iniziative anche di carattere normativo in relazione alla problematica della pubblicità degli atti di indagine e delle intercettazioni telefoniche per garantire, da una parte, il diritto dei cittadini ad essere informati e, dall'altra, quello della stampa ad informare.
Il contemperamento di tali diritti deve realizzarsi senza però che ne consegua un Pag. 2pregiudizio per le indagini, ovvero una indebita propalazione di notizie riservate, soprattutto se relative a terzi estranei al procedimento penale.
Non mi soffermerò quindi oltre su tali aspetti. Per quanto riguarda, invece, l'oggetto più specifico della richiesta da parte degli interroganti, relativo al numero delle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte dalla procura della Repubblica di Potenza ed ai relativi costi per l'erario, faccio presente che, dai dati in possesso della Direzione generale di statistica del mio ministero, risultano emessi 526 decreti nell'anno 2003, 450 decreti nel 2004, 838 decreti nel 2005 e 808 decreti nel 2006.
Nell'anno 2003, sempre secondo i dati forniti dalla direzione generale, l'importo della fatturazione per intercettazioni è stato pari ad euro 1.534.456. Nel 2004 tale importo è stato pari ad euro 2.305.406, mentre nel 2005 esso è stato di euro 1.679.850. Nel 2006 la spesa è stata di euro 1.638.100.
Concludo dicendo che, allo stato, non possono ritenersi sussistenti i presupposti per trasmettere i dati in questione alla procura della Corte dei conti. Devo rilevare, infatti, che le intercettazioni sono state disposte con provvedimento motivato dal GIP, a seguito di richiesta anch'essa motivata del pubblico ministero.
Non risultano d'altronde elementi in base ai quali affermare, allo stato delle nostre conoscenze (è in atto anche un'ispezione al riguardo nella sede di Potenza), che le attività processuali compiute siano caratterizzate da illegittimità o irregolarità e che, quindi, costituiscano fonte di responsabilità contabile.

PRESIDENTE. Il deputato Buemi ha facoltà di replicare.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, ringrazio il signor ministro per i dati forniti che, tra l'altro, sono particolarmente esemplificativi di una situazione che procede, in maniera rilevante, verso una dimensione di costi assolutamente insostenibili per quanto riguarda il nostro sistema giudiziario.
Se tutte le procure avessero lo stesso tipo di andamento e di proporzionalità per quanto riguarda le risorse utilizzate, buona parte del bilancio del suo ministero, signor ministro, dovrebbe essere destinato alle intercettazioni telefoniche.
Credo che, comunque, sia necessario tenere presente che vi deve essere sempre un certo rapporto tra i costi ed i benefici delle risorse che vengono utilizzate ed investite.
Da questo punto di vista, mi pare che i risultati non siano particolarmente entusiasmanti. Certamente si alza attorno alla questione un grande clamore, ma quando l'intercettazione viene calata come una rete nel mare, senza obiettivi precisi o comunque con obiettivi incerti, si producono conseguenze negative: ingenti risorse vengono sottratte alla giustizia - che invece dovrebbe fornire risposte ai cittadini -, producendo dei danni alle persone che sono coinvolte indirettamente nel fenomeno delle intercettazioni (le loro comunicazioni vengono infatti registrate nei verbali, con tutte le conseguenze che conosciamo, e la discussione del fenomeno in Parlamento ne è testimonianza). Si producono, pertanto, lesioni forti ai principi costituzionali che, invece, devono essere garantiti.
Pertanto, signor ministro, pur apprezzando la sua risposta, mi auguro che vi sia un'attenta valutazione per quanto riguarda i costi ed i benefici e, quindi, un richiamo alle responsabilità da parte dell'organizzazione preposta alla verifica di tali costi.
In particolare, la Corte dei conti, pur non ravvisando alcuna responsabilità diretta, potrebbe intervenire, come fa per molte amministrazioni, a campione (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno, Verdi e Popolari-Udeur).

(Interventi per fronteggiare l'«emergenza affitti» e per una efficace politica abitativa - n. 3-00799)

PRESIDENTE. Il deputato Pellegrino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00799 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

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TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, signor ministro, il 4 aprile scorso è stata presentata una ricerca, che ha coinvolto numerose famiglie su tutto il territorio nazionale, sul disagio di vivere in affitto.
L'indagine conferma ancora una volta come il problema della casa, in particolare quello degli affitti, sia una delle principali emergenze sociali del nostro Paese: sono 4 milioni e 180 mila le famiglie che vivono attualmente in affitto in Italia e che incontrano grandi difficoltà a sostenere i costi di locazione, soprattutto nelle grandi città.
I prezzi di mercato degli affitti sono cresciuti negli ultimi anni in maniera considerevole: nel periodo 1999-2006 sono aumentati in media del 112 per cento circa.
La ricerca del Censis fotografa una situazione estremamente difficile, dove il disagio di vivere in affitto si misura soprattutto in relazione al reddito delle famiglie, penalizzando fortemente le fasce più deboli ed i giovani.
Con l'interrogazione in esame chiediamo quali interventi urgenti il Governo intende mettere in atto per fronteggiare questa emergenza.

PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, l'interrogazione pone un problema molto grave: cercherò di dare conto delle ragioni di tale problematica e dei provvedimenti che stiamo cercando di adottare.
Si chiede il motivo per cui in Italia gli affitti sono così alti. Da molti anni il patrimonio abitativo pubblico è stato sottoposto ad una tensione molto forte e si è dato avvio ad un ingente processo di vendita delle case pubbliche.
Questo porta l'Italia a trovarsi in una situazione molto strana in ambito continentale; infatti, la media degli alloggi pubblici in Europa è del 16 per cento, mentre in Italia è del 4 per cento. Gli alloggi pubblici hanno la funzione di calmierare il mercato, poiché l'offerta di alloggi ad affitto calmierato contribuisce a tenere bassi tutti gli affitti; viceversa, se il pubblico non svolge questa funzione, gli affitti seguono la logica della crescita della rendita.
Quindi, abbiamo il problema di riprendere una politica della casa caratterizzata, in primo luogo, da un'offerta di alloggi pubblici. Come intervenire? Spero che la prossima settimana, nell'ambito della riunione con i componenti del tavolo predisposto sulla questione della casa, si decida di intervenire su tutti gli alloggi pubblici che oggi non sono affittati. In tutta Italia sono circa 30 mila gli alloggi pubblici chiusi per mancanza di manutenzione straordinaria: quindi, il primo provvedimento su cui intendiamo lavorare prevede la predisposizione di un piano di manutenzione straordinaria degli alloggi pubblici, in modo da renderli tutti disponibili per l'affitto.
In secondo luogo, si prevede di intervenire sulle detrazioni fiscali per le famiglie in affitto; la proposta in discussione mira ad estendere la possibilità di detrarre una parte dell'affitto dal solo canale contrattato - così come avviene oggi - al complesso degli affitti, relativi sia al canale contrattato sia al canale libero. Seguendo questa via si potrebbe determinare un meccanismo virtuoso, per cui tutti i locatari sarebbero interessati ad avere un contratto di affitto regolare, in modo da poter detrarre una parte del canone. In questo modo, potremmo determinare un elemento positivo sia per le famiglie locatarie sia per la lotta all'evasione fiscale. In conclusione, sono questi due i terreni su cui ci stiamo muovendo.

PRESIDENTE. Il deputato Pellegrino ha facoltà di replicare.

TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, sono decisamente soddisfatto, poiché la strada giusta è proprio quella di attuare un'efficace politica abitativa, in grado di dare delle risposte risolutive alle richieste dei cittadini; ciò, anche attraverso Pag. 4l'individuazione di un adeguato fondo, utile a potenziare le risorse finanziarie.
Una vera politica di sgravi fiscali per le fasce sociali più deboli e per i giovani, contratti collettivi in grado di calmierare i prezzi, il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e un'adeguata politica degli sfratti rappresentano, sicuramente, delle soluzioni concrete al problema degli affitti e della casa.
Per quanto riguarda le fasce deboli va ricordato che il 76,4 per cento delle famiglie che vivono in affitto hanno un reddito inferiore ai 20 mila euro annui. Inoltre, va sottolineata anche la situazione drammatica di alcune famiglie che vivono nelle grandi città: infatti, una famiglia su quattro di quelle che vivono in appartamenti in locazione ha un reddito medio inferiore ai 10 mila euro annui.
Da giovane parlamentare, mi fa piacere anche ricordare la situazione di tanti giovani in Italia. Sono circa 4 milioni i giovani tra i venticinque e i trentacinque anni che, purtroppo, riescono con difficoltà ad allontanarsi dal proprio nucleo familiare; ciò è dovuto al caro fitti e alla problematica riguardante la casa.
Debbo dire che la legge finanziaria per il 2007 ha dato un importante segnale per quanto riguarda le detrazioni fiscali riguardanti, soprattutto, gli studenti fuori sede. Ebbene, ritengo che queste facilitazioni fiscali vadano estese anche ai giovani under 35, per metterli nelle stesse condizioni di loro coetanei che vivono in altri paesi europei e che hanno la possibilità di poter lasciare il proprio nucleo familiare.
Mi fa piacere anche il fatto che il Governo dimostri particolare attenzione nei confronti dei dipendenti pubblici, soprattutto per quanto riguarda coloro che lavorano in posti lontani dal luogo di residenza. Anche in questo caso, una particolare attenzione potrebbe rivelarsi sicuramente importante ai fini di una seria politica per la famiglia; in ogni caso, sono certo che la strada intrapresa andrà sicuramente incontro alle esigenze dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e La Rosa nel Pugno).

(Collocamento anticipato in quiescenza per coloro che prestano assistenza a familiari gravemente invalidi - n. 3-00800)

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00800 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

MAURO FABRIS. Signor Presidente, «Sono il padre di una ragazza di 22 anni, disabile grave e non vedente. In un paese dove la pensione anticipata è stata regalata a molte categorie, da anni sono ferme in Parlamento proposte di legge per la concessione del prepensionamento a coloro che assistono i propri figli disabili gravi (...)»: comincia così la lettera che un padre disperato ha mandato a me, come penso a tanti altri colleghi.
Questa lettera continua: «Nella maggior parte dei casi, il disabile in condizioni di gravità dipende completamente dalla famiglia che si occupa di lui e, quando egli raggiunge la maggiore età e perde, quindi, la possibilità di partecipare alla vita scolastica, la sua stessa famiglia si trova di fronte a scelte terribili: lasciare il lavoro senza aver raggiunto l'età della pensione, e vivere di assistenzialismo, o affidare il proprio figlio ad un istituto-lager, di cui è tristemente ricca la cronaca di tutti i giorni».
Pertanto, chiedo al Governo di sapere, al di là delle leggi n. 104 del 1992 e n. 328...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

MAURO FABRIS. ... del 2000, che cosa si stia facendo concretamente affinché possa essere riconosciuto il lavoro di cura prestato, nei confronti dei disabili gravi, dai genitori. Essi, infatti, chiedono, comunque, la garanzia di poter continuare a fornire tale assistenza.

PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

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PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, vorrei innanzitutto fare una premessa. La presente interrogazione si colloca, per così dire, «a cavallo» di responsabilità diverse, poiché, come risulta evidente, concerne in primo luogo le questioni previdenziali.
Da questo punto di vista, onorevole Fabris, mi sono permesso di segnalare al collega che si occupa di lavoro e di previdenza sociale - al fine di portarlo all'esame del tavolo che si è aperto sulla riforma delle pensioni nel suo complesso - il tema da lei proposto, sottolineando come esso debba essere discusso nell'ambito più generale della riforma previdenziale.
Per quanto mi riguarda, penso che sarebbe opportuno riconoscere il lavoro di cura svolto da queste persone, in modo da consentire loro di ottenere il collocamento anticipato in quiescenza. Ciò, tuttavia, sarà oggetto di discussione nella sede prima indicata.
Per quanto attiene più direttamente alle mie competenze, invece, posso sottolineare che, come lei sicuramente saprà, con l'ultima legge finanziaria è stato costituito un fondo per la non autosufficienza. Vorrei rappresentare, inoltre, che, in queste settimane, il mio Ministero è impegnato nella predisposizione di un disegno di legge sulla non autosufficienza, il quale permetta allo Stato, finalmente, di intervenire a favore delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie. Ciò eviterà di scaricare il problema completamente sulle spalle delle singole persone, così come avviene oggi.
L'ipotesi sulla quale stiamo attualmente lavorando prevede che entro tre anni, nell'ambito di un percorso graduale, lo Stato intervenga sia attraverso una rete di servizi a favore di tutte le persone non autosufficienti (quindi, non solo gli anziani, ma anche tutte le categorie che versano in tale condizione), sia coniugando, in maniera ottimale, tale rete con i trasferimenti monetari.
Questo è il lavoro che sta svolgendo il mio Ministero, e quindi la risposta all'interrogazione in oggetto è la seguente.
Il quesito che attiene specificatamente alla materia previdenziale sarà oggetto di discussione al tavolo di concertazione sulla riforma previdenziale, alla cui valutazione è stato sottoposto. Per quanto riguarda la non autosufficienza, spero che, nel giro di poche settimane, il Consiglio dei ministri approvi un disegno di legge che sancisca finalmente, anche in questo paese, livelli essenziali di assistenza - vale a dire, diritti esigibili - per tutte le persone non autosufficienti, nonché per le loro famiglie, per far sì che vi sia un intervento diretto dello Stato a favore di tali soggetti.

PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di replicare, per due minuti.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto il ministro. Vorrei preliminarmente osservare che, quando si interroga il Governo, ci si attende ovviamente una risposta collegiale dello stesso. Quindi, comprendo la distinzione dei ruoli; tuttavia, è l'Esecutivo che decide chi risponde, in questa sede, a nome e per conto dell'Esecutivo stesso.
Comunque, la ringrazio lo stesso, signor ministro. È chiaro anche a me quanto questo Governo stia facendo per affrontare la questione delle famiglie e dei singoli che vivono, per l'appunto, il problema dell'handicap. Lei ha ricordato gli importanti interventi inseriti all'interno della legge finanziaria per il 2007.
Prendo atto di quanto lei si predispone a compiere nell'ambito dell'azione del Dicastero; ritengo, tuttavia, che si debba trovare il modo - ed è questione che impegnerà anche i gruppi parlamentari - di approvare presto le proposte che giacciono in Parlamento perché si riesca a collocare anticipatamente in quiescenza le lavoratrici ed i lavoratori con familiari affetti da handicap gravi.
Come lei ha ricordato, si deve peraltro sottolineare un aspetto, vale a dire il ruolo assegnato dalla legge n. 328 del 2000 alla famiglia quale luogo di cura da privilegiare delle persone affette da handicap. Bisogna, però, predisporre in tal senso un sistema integrato di interventi e di servizi sociali - Pag. 6misura che rientra pienamente nella competenza del suo Ministero - che abbia tale obiettivo come riferimento. Bisogna evitare di porre i singoli, le famiglie, i lavoratori e le lavoratrici di fronte alla drammatica prospettiva di dovere scegliere o il lavoro o l'assistenza, specialmente quando il portatore o la portatrice di handicap finiscono il ciclo di studi obbligatori e quindi grava, purtroppo, interamente sulle spalle della famiglia, che viene lasciata sola. In questo senso, le detrazioni fiscali, le agevolazioni per l'acquisto delle automobili e quanto previsto dalla 'nostra' finanziaria sono misure certamente utili; ma è chiaro che bisogna fare assolutamente di più. Lei ha definito la cura di tali persone come un lavoro usurante, che in quanto tale potrebbe portare ad un riconoscimento specifico delle attività svolte in famiglia.

PRESIDENTE. Deve concludere...

MAURO FABRIS. Credo che ciò sarebbe assolutamente giusto; spero davvero che il Governo assuma l'impegno da lei qui qualificato come prioritario in quanto si tratta veramente di un intervento di giustizia, in tutti i sensi (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

(Iniziative in relazione ad incrementi retributivi presso l'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) - n. 3-00801)

PRESIDENTE. Il deputato Pizzolante ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00801 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

SERGIO PIZZOLANTE. Signor ministro, le rivolgiamo questa interrogazione per sapere se corrisponda al vero l'esistenza di una delibera del consiglio di amministrazione dell'ENIT per un corposo aumento di circa il 60 per cento delle corresponsioni economiche per il direttore generale. Se così fosse, ciò sarebbe in palese contraddizione con la decisione assunta dal Governo con l'ultima legge finanziaria che prevede un ridimensionamento generale delle retribuzioni dei dirigenti pubblici. Inoltre, sarebbe una decisione non comprensibile, considerato che circa il 90 per cento delle risorse di cui l'ENIT dispone sono assorbite dalla spesa corrente e considerato, altresì, che l'ENIT non si è occupato, nei mesi scorsi, dei contenuti del portale www.italia.it, costato un'enormità; un portale del tutto inadeguato per la promozione dell'Italia, dove è assente buona parte dell'offerta turistica italiana.
L'ENIT quindi, che si dovrebbe occupare di promozione turistica, non si è occupato della principale, seppur sbagliata, iniziativa di promozione del paese.
Alla luce di tutto ciò, sempre che corrisponda al vero, le chiedo come intenda comportarsi il Governo.

PRESIDENTE. Il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, ha facoltà di rispondere.

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, come è noto, il comma 577 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 richiamato dagli interroganti dispone che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri volto a stabilire i criteri per la individuazione dei trattamenti accessori massimi stabiliti per gli incarichi dirigenziali di livello generale di cui all'articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 vengano altresì disciplinati i criteri applicativi relativi alla riduzione del 10 per cento della spesa complessiva per la retribuzione dei suddetti incarichi. Questo decreto, attualmente alla firma del Presidente del Consiglio, è stato predisposto tenendo conto dei principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione dei trattamenti economici richiamati dalla citata norma del decreto legislativo.
Peraltro, va precisato che con l'articolo 12 del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito Pag. 7con modificazioni nella legge n. 80 del 2005, l'Ente nazionale del turismo italiano è stato trasformato in Agenzia nazionale, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 1, comma 19-bis, del decreto-legge n. 181 nel 2006 e successive modifiche, le funzioni di competenza statale precedentemente assegnate al Ministero delle attività produttive sono state attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri e di conseguenza la vigilanza sull'Agenzia è da ricondurre in capo allo stesso Presidente del Consiglio che, a tale riguardo, ha delegato al Vicepresidente del Consiglio le funzioni in materia di turismo.
Va poi ricordato che il regolamento di organizzazione dell'Agenzia, adottato con decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2006, stabilisce che il direttore generale sia nominato su designazione del consiglio di amministrazione dall'organo politico competente. Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato da un contratto di diritto privato, approvato con deliberazione del medesimo consiglio di amministrazione e sottoposto alla successiva approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri.
Ciò premesso, con riferimento alla questione sollevata in concreto dagli interroganti, si rappresenta che la procedura di approvazione del nuovo contratto del direttore generale è tuttora in fase di istruttoria, essendo stato il contratto stesso oggetto solo di una prima valutazione da parte del consiglio di amministrazione. Nell'ambito di tale istruttoria il Governo provvederà a verificare che l'eventuale aumento del trattamento economico del direttore generale sia disposto, come sollecitato dagli interroganti, nella ricorrenza delle pertinenti condizioni di legge, anche con riguardo alle disposizioni della legge finanziaria citata nell'interrogazione.

PRESIDENTE. Il deputato Pizzolante ha facoltà di replicare.

SERGIO PIZZOLANTE. Signor ministro, prendo atto che il Presidente del Consiglio e il ministro incaricato Rutelli cercheranno di far applicare all'ENIT quanto previsto dalla legge finanziaria, anche relativamente alle questioni che riguardano i risparmi e i vincoli sulle retribuzioni dei dirigenti pubblici. Quindi, sotto questo punto di vista, mi ritengo soddisfatto. Certamente vigileremo affinché ciò accada fino in fondo.

(Iniziative volte a garantire una più netta separazione fra l'attività di indirizzo politico e quella di gestione nella pubblica amministrazione - n. 3-00802)

PRESIDENTE. Il deputato Bocchino ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00802 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmatario.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, oggi il gruppo di Alleanza Nazionale chiede di fare chiarezza al ministro Nicolais e al Governo su una questione a nostro giudizio molto importante, ossia quella della dirigenza pubblica.
La Corte costituzionale recentemente, con due sentenze, ha dichiarato illegittime, perché incostituzionali, una legge del Parlamento e una legge della regione Lazio, poiché sostanzialmente la sistematizzazione dei contratti privatistici all'interno della pubblica amministrazione viola l'articolo 97 della Costituzione.
Noi riteniamo che quanto introdotto dalla cosiddetta legge Bassanini non solo non abbia risolto i problemi dell'efficienza della pubblica amministrazione, ma abbia rallentato l'attività di quest'ultima ed abbia altresì demotivato molti vincitori di concorso e molti dirigenti di ruolo.
Chiediamo quindi al Governo se non ritenga opportuno avviare una riflessione «a trecentosessanta gradi» sulla normativa che riguarda la dirigenza pubblica.

PRESIDENTE. Il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, ha facoltà di rispondere.

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LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito al quesito oggetto della presente interrogazione, vorrei precisare in primo luogo che la Corte costituzionale non sembra aver voluto stigmatizzare il processo di privatizzazione del rapporto di impiego della dirigenza pubblica, così come affermato dagli interroganti, ma piuttosto abbia inteso censurare l'automatismo relativo allo spoil system dei dirigenti pubblici, introdotto peraltro come misura una tantum nel corso della precedente legislatura.
Il giudice delle leggi, infatti, in particolare con la recente sentenza n. 103 del 2007, ha inteso censurare l'articolo 3, comma 7, della suddetta legge nella parte in cui disponeva che gli incarichi dirigenziali, ad esclusione di quelli apicali, cessassero in sede di prima applicazione della stessa legge il sessantesimo giorno dalla sua data di entrata in vigore, esercitando i titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attività di ordinaria amministrazione.
La Corte ha ritenuto che tale disposizione violasse gli articoli 97 e 98 della Costituzione e, in particolare, il principio di continuità dell'azione amministrativa, che è strettamente correlato a quello del buon andamento dell'azione stessa.
Per quanto riguarda poi la necessità di limitare l'accesso agli incarichi dirigenziali da parte di soggetti estranei ai ruoli dell'amministrazione, necessità sottolineata dagli onorevoli interroganti e che il Governo certamente condivide, si precisa che tale profilo non è stato preso in esame dalle citate sentenze; peraltro, il Governo, pur condividendo l'opportunità di tale limitazione, ricorda che è stata proprio la legge n. 145 del 2002 ad estendere il limite del contingente relativo al conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti estranei ai ruoli delle amministrazioni, elevandolo dal 5 al 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e dal 5 all'8 per cento della dotazione dei dirigenti di seconda fascia.
Merita, infine, ulteriore precisazione il fatto che questo Governo non ha mai utilizzato lo strumento della riorganizzazione per introdurre forme surrettizie di spoil system e ciò trova conferma proprio nel decreto-legge n. 181 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, citata dagli onorevoli interroganti, il quale ha disposto che, in prima applicazione, al fine di assicurare il funzionamento delle strutture riorganizzate, gli incarichi dirigenziali in corso al momento della riorganizzazione potessero essere mantenuti sino alla loro naturale scadenza, anche in deroga ai contingenti sopra richiamati di cui all'articolo 19, commi 5-bis e 6.
Tanto premesso, nella consapevolezza della necessità di valorizzare i principi di buon andamento dell'azione amministrativa ed esclusività del rapporto di servizio dei dirigenti richiamati dalle citate pronunce della Corte costituzionale, il Governo intende ora proporre un'organica riforma della dirigenza pubblica volta anche a rafforzare il principio di separazione fra politica e amministrazioni e ad assicurare la continuità dell'azione amministrativa.

PRESIDENTE. Il deputato Bocchino, al quale ricordo che ha a disposizione due minuti, ha facoltà di replicare.

ITALO BOCCHINO. Signor ministro, mi dichiaro soddisfatto per le sue ultime parole e prendo atto che il Governo vuole dare vita ad una riforma organica della pubblica amministrazione, di cui mi auguro si discuta presto in Parlamento. Sono invece insoddisfatto per tutto il resto della risposta che gli uffici le hanno preparato. Infatti, gli uffici hanno dimenticato di citare che quella norma è stata ripetuta dall'articolo 41 del decreto-legge n. 262, da voi voluto l'anno scorso. Pertanto, l'ultimo atto di spoil system, anzi di decadenza, quindi atto politico, è un atto vostro e mi dispiace, signor ministro, che gli uffici non glielo abbiano fatto presente.
Siamo in un cul-de-sac. Si deve evitare che si crei una situazione tale per cui i vincitori di ruolo siano demotivati perché vedono altre persone passare loro davanti. Pag. 9Inoltre, chi ha un rapporto privatistico non viene scelto - purtroppo anche a causa delle basse remunerazioni elargite dalla pubblica amministrazione - tra i migliori cervelli del paese ma tra chi fa meglio anticamera in alcune segreterie politiche.
La mia è una preoccupazione che riguarda tutti. Riguarda, in particolare, l'efficienza della pubblica amministrazione e, conseguentemente, l'efficienza del paese: un paese è moderno e competitivo se dispone di una pubblica amministrazione moderna e competitiva. Purtroppo, la nostra pubblica amministrazione rischia di non essere tale sia a causa dei problemi che ormai fanno parte della patologia della nostra burocrazia, sia a causa della confusione normativa. Ho la sensazione che si sottovalutino gli effetti della sentenza della Corte costituzionale citata che fa «cadere», di fatto, anche il vostro provvedimento inserito nel cosiddetto pacchetto Bersani.
Signor ministro, le segnalo anche un altro caso grave. Personalmente, ritengo che si debba uscire dalla logica della commistione. Vi sono, ad esempio, troppi casi di consulenze assunte fuori dalla pubblica amministrazione. Mi riferisco, in particolare, ai magistrati consulenti, presenti in numero esorbitante all'interno della pubblica amministrazione, che spesso si trovano a svolgere la funzione di controllanti e di consulenti del controllato. Questo non è possibile! Vorremmo che si facesse chiarezza attraverso una riforma organica che, oltre a rendere efficiente la pubblica amministrazione, prevedesse incentivi (premialità) in base a griglie di produttività stabilite all'interno delle amministrazioni pubbliche.

(Iniziative per la prevenzione del terrorismo di matrice fondamentalista islamica, in relazione a recenti dichiarazioni di due imam delle moschee di Torino - n. 3-00803)

PRESIDENTE. Il deputato Cota ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00803 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor ministro, i fatti sono noti e sono stati evidenziati in un servizio della giornalista Maria Grazia Mazzola durante la trasmissione televisiva Anno zero, una trasmissione, possiamo dire, non filoleghista. Tali fatti riguardano due moschee di Torino, nelle quali non si prega, e due imam che predicano odio e violenza e inneggiano al terrorismo. Uno dei predecessori di questi imam è stato espulso, in passato, con un decreto dell'allora ministro Pisanu. Da anni, la Lega Nord Padania denuncia questa situazione in ordine ai sospetti di collegamenti tra le organizzazioni terroristiche e le attività che si svolgono all'interno delle moschee (moschee, si fa per dire!). Da anni, inoltre, la Lega Nord Padania denuncia una situazione particolarmente grave nella città di Torino, nella quale le due moschee in questione insistono in quartieri assolutamente sottratti, signor ministro, al controllo della legalità: sembra di stare in una città araba.

PRESIDENTE. Deputato Cota...

ROBERTO COTA. L'immigrazione islamica è un problema, signor ministro, e al riguardo ci attendiamo da lei parole chiare.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, cercherò di essere molto sintetico e schematico perché i quesiti contenuti nell'interrogazione sono numerosi.
Innanzitutto, è in corso un'indagine preliminare della procura della Repubblica di Torino alla quale la Digos collabora. Quindi, sussiste un segreto investigativo che, anche in questa Assemblea, dobbiamo rispettare. In secondo luogo, in quella trasmissione televisiva è stato diffuso Pag. 10un documento filmato parziale, rispetto all'insieme, e non era chiaro se video e audio corrispondessero tra loro. La Digos torinese ha prodotto una prima trascrizione e traduzione della registrazione filmata integrale e la procura della Repubblica ha conferito una consulenza per la traduzione di tutte le frasi pronunciate, anche collocandole nella sequenza in cui sono state pronunciate. Inoltre, è al vaglio della procura la documentazione in arabo mostrata nel filmato. Tutto ciò che al momento posso dire è che, presumibilmente, si tratta di materiale scaricato da siti Internet jihadisti, almeno in buona parte.
Noi conosciamo gli antecedenti di questa situazione e le posso assicurare, onorevole Cota, che valuteremo la situazione in base alle risultanze di ciò che il giudice riterrà o non riterrà di fare. In altri termini, se non perseguirà per reati, valuteremo con il massimo scrupolo se vi siano i presupposti per l'applicazione di provvedimenti che in più casi già sono stati adottati. Se c'è una cosa che non si può dire è che non siano stati applicati provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e di sicurezza pubblica nei confronti di soggetti presenti, a diverso titolo, nelle moschee di Torino, Como, Varese, Reggio Emilia, Trino Vercellese e Carmagnola. Se necessario, sarà fatto anche in questa occasione; se non necessario, non saranno adottati provvedimenti, perché sarebbe un errore grave ritenere che qualunque moschea sia luogo di predicazione jihadista; questo non è vero.
Un problema delicato che è stato sollevato e sul quale riflettiamo da molto tempo è quello della registrazione e della formazione delle persone che nel nostro paese assolvono alla funzione di imam.

PRESIDENTE. Signor ministro....

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Questo è un problema di particolare importanza, sul quale si deve intervenire.
Anche se violerò il regolamento del question time, visto che ho esaurito i tre minuti di tempo a mia disposizione, mi permetterò di intrattenermi su questo punto quando risponderò all'interrogazione dell'onorevole Volontè.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno non può violare le regole...
Ha facoltà di replicare il ministro... Cota, per due minuti...

ROBERTO COTA. La ringrazio per la «promozione», signor Presidente...
Il ministro dell'interno non può violare le regole, ma gli imam le possono violare, evidentemente. Infatti, le hanno violate e non c'è stata quella presa di posizione chiara che noi abbiamo auspicato. Perché? Perché lei non può fare riferimento, signor ministro, all'inchiesta della magistratura.
Già precedentemente, con riferimento alla posizione dell'imam Bouchta, abbiamo potuto verificare come il ministro dell'interno sia dovuto intervenire proprio perché l'inchiesta della magistratura non ha portato a quei risultati che invece erano necessari per la sicurezza: cioè l'espulsione immediata. Noi oggi avremmo voluto sentire da lei, signor ministro, un impegno sull'espulsione di questi due imam, sulla chiusura delle due moschee in questione e su un'indagine approfondita da svolgere in diverse moschee che sono oggetto di sospetti.
Invece non è stato mandato un segnale chiaro, così come segnali non chiari, ma anzi negativi, questo Governo ha mandato sull'indulto e come segnali negativi sta mandando sul superamento della cosiddetta legge Bossi-Fini: segnali negativi volti a dare spazio all'immigrazione libera! E segnali sbagliati questo Governo li sta dando anche proponendo di allargare indiscriminatamente la cittadinanza a tutti! Ecco, signor ministro, noi le diciamo questo: non vogliamo ancora una volta (Commenti del ministro Amato)... Sì, la prenda così: lei fa il filosofo!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Io non faccio il filosofo!

ROBERTO COTA. Lei fa il filosofo, però ha davanti una situazione che non Pag. 11sta gestendo (Commenti del ministro Amato)! Obiettivamente, lei non è in grado di gestire questa situazione!
Allora noi le diciamo, signor ministro, che non vogliamo trovarci domani ancora nella stessa situazione di oggi, perché in tal caso le diremmo che noi glielo avevamo detto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

(Provvedimenti in relazione a recenti dichiarazioni di due imam delle moschee di Torino - n. 3-00805)

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00805 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, per non ripetere ciò che è già stato accennato, anche noi chiediamo al ministro Amato, che ha la capacità di agire nella complessità del proprio ruolo, di spiegarci come mai non siamo ancora arrivati al provvedimento di espulsione nei confronti di questi due imam. Il problema, più che riguardare i luoghi di culto, riguarda le persone, in questo caso questi due imam, che hanno incitato i fedeli dell'Islam o di un certo tipo di Islam a trattare le donne come animali senz'anima e ad usare violenza nei confronti degli appartenenti a tutte le altre religioni monoteiste, in qualche modo confermando un atteggiamento di cui tutto quel filmato, ma non solo, ci ha reso purtroppo tragicamente consapevoli nel nostro paese, dall'omicidio di Hina avvenuto l'estate scorsa ad oggi.
Il provvedimento Turco-Napolitano e il decreto Pisanu consentono a lei, signor ministro, di espellere questi imam.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Mi scuso, Presidente, se prima ho in parte interrotto il collega che parlava, ma quando ho sentito dire che si vuole concedere la cittadinanza indiscriminatamente a tutti, mi è parso inappropriato che una frase così lontana dalla verità potesse essere pronunciata senza provocare reazioni!
Su questo tema ha ragione l'onorevole Volontè, come ha ragione il collega che prima parlava: se ci sono i presupposti per l'espulsione, è mio dovere - al quale non mi sottraggo - e mia responsabilità espellere e questi presupposti non coincidono con i presupposti per l'azione penale e la condanna penale, questo lo so bene. Ma tra l'espellere una persona sulla base di una trasmissione vista la sera della domenica - l'espulsione la si fa il lunedì mattina - e l'attendere le risultanze di un'indagine penale, ci sarà pure una via di mezzo, che implica l'accertamento diretto da parte del dipartimento di pubblica sicurezza delle circostanze che possono legittimare l'espulsione.
Non è possibile, colleghi deputati - siamo tutti membri del Parlamento della Repubblica, dell'organo più alto dello Stato -, ritenere che ad un provvedimento di espulsione si debba giungere sulla base dell'aver visto una trasmissione televisiva!
Io accredito i mass media del massimo di potenza possibile, ma non fino al punto di sostituire la forza delle regole giuridiche; e quindi, pur consapevole che i presupposti dell'espulsione non siano quelli della condanna penale, ritengo mio dovere avere degli accertamenti adeguati da parte degli organi di polizia.
Se il collega Volontè me lo consente, anche se non me lo ha chiesto espressamente, vorrei riprendere il tema del «chi viene in Italia».
Noi ci troviamo questo problema perché abbiamo a che fare con quello che, secondo le religioni a cui siamo più abituati, è il ministro di culto, una persona di cui ignoriamo le regole di formazione, la provenienza e tutto il resto. È un problema che preoccupa diversi paesi europei; ho avuto modo di parlarne con i miei colleghi francesi e tedesco che hanno la stessa problematica: devo sollecitare il Pag. 12Parlamento a porsi il problema perché posso anche costruire un elenco di pura Polizia degli imam. ..

PRESIDENTE. La prego, deve concludere!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ..., visto che siamo a conoscenza di quelle cose, ma non è normativamente forte. La forza può venire qui in due modi, colleghi: o stipulando un'intesa con la confessione religiosa - e però sappiamo quali difficoltà vi siano a fare questo con il frammentato mondo islamico - oppure attraverso il disegno di legge sulla libertà religiosa in cui vi è l'articolo 9, su cui è fermo da tempo il Parlamento...

PRESIDENTE. La prego, ministro!

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ..., che ci può permettere di sottoporre ad una verifica da parte del ministro dell'interno i ministri di culto di qualunque religione. Mi auguro che la I Commissione proceda su quella strada.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Presidente, onorevole ministro, non siamo certo noi coloro che si fanno suggestionare da alcuni commentatori televisivi: con saggezza usiamo la nostra responsabilità e quindi non è di questo che stiamo parlando.
Tra il 29 marzo e l'11 aprile corrono tredici giorni: comprendo che vi sia bisogno ancora di qualche giorno per le indagini e per verificare attraverso di esse i presupposti per l'espulsione, ma immagino e confido che non occorrano altre tre, quattro o cinque settimane; altrimenti vorrebbe dire che vi è una coincidenza tra le indagini che verificano il presupposto che consente al ministro degli interni di agire attraverso il decreto di espulsione e ciò che invece la magistratura sta indagando, e quindi una lentezza del procedimento penale: vi deve essere un delta di tempo fra i due momenti!
Tenga conto, signor ministro, che tale preoccupazione non viene solo dagli ambienti di Anno zero - trasmissione che io vedo il meno possibile -, ma anche dal fatto che qualche giorno fa si è svolto l'Islamic relief in tre città italiane, in cui si è anche inneggiato alla guerra santa; viene a seguito non sono del caso Hina, come le ho ricordato, ma anche di ciò di cui lei si è occupato anche nella Consulta islamica, il cosiddetto caso UCOI - il manifesto contro la Scioah, l'indagine e l'inchiesta nei confronti di due di quegli esponenti, l'apice di quella organizzazione a Roma - proprio per aver offeso il sentimento della verità, prima ancora che della religione ebraica.
È quindi una preoccupazione reale, che lei conosce bene, in virtù della quale la invitiamo a usare, certo, la «carota», la prudenza, la tolleranza, l'intelligenza di cui è portatore, ma talvolta anche il bastone. È utile, infatti, qualora - come lei ha detto - vi siano i presupposti, farli «agire» quei presupposti: di fronte a tale contesto serve un gesto, se ve ne sono le condizioni, forte e chiaro per l'opinione pubblica.

(Misure urgenti per evadere le pratiche giacenti volte all'ottenimento del permesso di soggiorno - n. 3-00804)

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00804 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, signor ministro, nel marzo del 2006, 484 mila persone presentavano la propria domanda alle Poste per essere regolarizzate nella loro condizione di cittadini immigrati. I dati del suo ministero, ad un anno di distanza, ci informano che poco più del 45 per cento di queste domande sono state «definite», come si dice in termini tecnici. In media, nelle città capoluogo ciò riguarda appena il 30 per cento e, in alcune realtà, la situazione è peggiore (a Roma circa il 25 per cento), fino ad arrivare alla Pag. 13situazione di Milano, che rappresenta una patologia palese, dato che appena l'1,2 per cento delle domande si sono trasformate in contratti di soggiorno.
Sarebbe troppo lungo ora indicare quali siano le cause, ma credo che vi sia qualche elemento di verità nell'affermazione del viceprefetto Ennio Mario Sodano che sostiene che viviamo stabilmente in logiche emergenziali.
Vorremmo sapere quale sia il giudizio del suo ministero e suo personale, signor ministro, e quali misure urgenti il Governo intenda adottare per risolvere la situazione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, posso precisare alcuni numeri che, in parte, sono migliori di quelli ora indicati, ma lungi da me la volontà di negare il problema. Il problema esiste e abbiamo cercato di affrontarlo ripetutamente lavorando sulle procedure.
Ci troviamo, da una parte, con un sovraccarico di domande che, a mio avviso, è largamente frutto dei congegni che erano stati adottati per formare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro immigrata in base alla legge oggi vigente e, in parte, davanti ad un'oggettiva difficoltà del Ministero dell'interno, per come esso è strutturato, cioè come vent'anni fa, nel fronteggiare picchi di attività che sono venuti crescendo in modo enorme negli ultimi anni. Le prefetture sono le stesse di vent'anni fa, quando il fenomeno dell'immigrazione non esisteva affatto. Questa è già una spiegazione.
In terzo luogo, stiamo mettendo meglio a fuoco la convenzione con le Poste, che era già stata stipulata quando il Governo è entrato in carica, ma è partita in modo «zoppicante».
Aggiungo che il 68 per cento delle circa quattrocentomila domande risulta ormai definito; il 25 per cento è in attesa del parere delle direzioni provinciali del lavoro; il 7 per cento è in attesa di dati da parte degli interessati. Teniamo conto che, spesso, vi sono errori nelle domande e, in questi casi, la pratica subisce una decelerazione rilevante.
Per quanto riguarda Milano, debbo precisare che le pratiche definite sono 18.660 su 33.365, cioè poco sopra il 65 per cento perché al numero dei nulla osta rilasciati (9.680) occorre aggiungere le domande esaminate e non accolte (8.980). Sottolineo questo numero anche nei confronti di coloro che hanno parlato della vicenda come se si trattasse di una sanatoria. Stiamo valutando le domande presentate in base ai requisiti previsti alla legge cosiddetta Bossi-Fini e, alcune di queste domande, oltre ottomila, sono state respinte.
La maggior parte delle prefetture ha finito il proprio lavoro e, a trovarsi in difficoltà per il numero delle domande, sono in realtà le due o tre maggiori prefetture.
Stiamo, infine, abolendo il data entry da parte delle Poste italiane e ciò dovrebbe sveltire questo passaggio che oggi rappresenta una specie di collo di bottiglia.

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare, per due minuti.

ALBERTO BURGIO. Signor ministro, la ringrazio. Eviterò anch'io qualsiasi contenzioso in relazione ai numeri, anche perché i dati cambiano, per fortuna in meglio. Convengo con lei che l'essenziale è riconoscere (e il riconoscimento è condiviso) la problematicità della situazione.
Convengo altresì con lei che le responsabilità maggiori incombono sul Governo e sulla legislazione precedente, che, come spesso avviene quando si sceglie la strada della repressione, genera effetti perversi.
Rimane il fatto che questa condizione genera disagio, sofferenza e incertezza. Ci troviamo peraltro di fronte al paradosso di un apparato produttivo e di tante famiglie che potrebbero accogliere e includere nel nostro tessuto produttivo e sociale persone che, pur avendone titolo, non riescono, a causa delle strozzature di un sistema eccessivamente rigido, a veder riconosciuto il proprio diritto.Pag. 14
Rispondendo poc'anzi a un'altra interrogazione, ella, signor ministro, parlava di chi viene in Italia. Si tratta anche di tanta gente che fugge dalla povertà e dalla guerra e che è alla ricerca di un lavoro. Questa gente, come sappiamo, in certi casi già lavora in tutta onestà. Si tratta di realtà che - credo - il Governo dovrebbe riconoscere e sanare quanto prima.
Io la ringrazio e sono soddisfatto di sentire che il Governo e il suo ministero sono attivi per dare una risposta sollecita ed efficace a questo problema. Certo, da parte nostra non possiamo non rivolgere un ulteriore appello alla sua sensibilità e alla sua attività in quanto si tratta di una situazione davvero urgente e di grande sofferenza, della quale noi avvertiamo il dovere morale, prima ancora che politico, di farci carico.

(Iniziative volte a modificare le regole del patto di stabilità interno a favore degli enti locali - n. 3-00806)

PRESIDENTE. Il deputato Quartiani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Sereni n. 3-00806 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio il ministro dell'interno per le risposte che fornirà in merito al quesito posto dal gruppo dell'Ulivo.
Si tratta di alcune questioni relative ai bilanci comunali, considerato peraltro che il patto di stabilità relativo ai rapporti tra Stato ed enti locali, con l'ultima legge finanziaria, ha positivamente innovato rispetto al passato. Infatti, essa ha posto alla base di tutto i saldi di bilancio e non più i tetti di spesa. In questo modo ha responsabilizzato le amministrazioni e preparato il terreno per il passaggio ad una maggiore autonomia comunale, tramite il federalismo fiscale.
Si tratta ora di capire se il Governo intende intervenire con modifiche migliorative su due questioni particolarmente urgenti rispetto alle altre da noi trattate. Parlo della questione dell'uso dell'avanzo di amministrazione - oggi reso impossibile - e di quella dei bilanci dei comuni colpiti da calamità naturali.
Si tratta di questioni sulle quali l'intervento rapido del Governo potrebbe rendere più agevole la capacità di investimento in opere pubbliche da parte degli enti locali.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO. Grazie, signor Presidente. Io sono l'ultimo a negare la sostanza e la rilevanza del problema sollevato dai colleghi interroganti. Devo dire che alcuni anni fa, nel ruolo del ministro dell'interno avrei avuto una capacità di risposta molto meno relativa di quella che oggettivamente oggi posseggo.
Infatti, è stato proprio il patto di stabilità e la sua estensione all'interno ad allargare e a far prevalere il ruolo del ministro e del ministero dell'economia nel definire gli indirizzi e le conseguenti regole attinenti alla finanza locale.
Quindi, mi ritengo se non la persona sbagliata - sono pur sempre membro di questo Governo e ministro dell'interno - forse un interlocutore di Governo non adatto a riferire su questa vicenda. Sono consapevole delle disfunzioni - le ho anche segnalate - che negli enti locali si determinano quando, sulla base delle medie delle entrate e delle spese del periodo precedente, essi finiscono per trovarsi nell'impossibilità di utilizzare le risorse - e anche gli avanzi di gestione - di cui dispongono, considerato che superano le medie di quel triennio.
Nella mia veste di ministro dell'interno, mi è capitato in più casi, recandomi presso comuni dove esistono questioni attinenti alla sicurezza, sentirmi dire dai sindaci: ma perché non ci fanno assumere qualche vigile? Noi lo potremmo fare, senza violare il patto di stabilità; peraltro, malgrado il patto di stabilità sui saldi, continuano a porci vincoli specifici su singole spese. Devo dire che non è che avessero tutti i Pag. 15torti, ma questa è la situazione dinanzi alla quale ci troviamo.
Per quanto mi compete, mi posso adoperare affinchè questi argomenti vengano tenuti nel debito conto da chi ha le maggiori responsabilità, all'interno del Governo, sull'attuazione del patto di stabilità.

PRESIDENTE. Il deputato Quartiani ha facoltà di replicare.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Dopo la risposta del signor ministro, su temi che si intrecciano con ambiti di responsabilità del ministro dell'economia (al quale non abbiamo mancato con un'apposita risoluzione parlamentare, né mancheremo in futuro, di far conoscere le richieste avanzate dal Parlamento e dalla maggioranza), non posso non dichiarare la soddisfazione del gruppo dell'Ulivo.
In particolare, ci pare che il ministro non abbia chiuso le porte ad interventi migliorativi del patto di stabilità tra Stato ed enti locali, nè che il Governo metta in dubbio la necessità, come da noi sollecitata nell'interrogazione, di intraprendere un confronto con i rappresentanti dei comuni e delle province per apportare alcune correzioni, già nel brevissimo periodo, agendo sui bilanci in essere, e, successivamente, con la prossima legge finanziaria, in relazione al sistema di calcolo dei saldi e ad una migliore definizione dell'illegittimità dei bilanci preventivi, ai comuni colpiti da calamità naturali ed ai loro bilanci, all'accensione dei mutui e, infine, all'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, oggi impedito dalla legislazione vigente (esso, infatti, in quanto iscrivibile solo in entrata, non è spendibile, con conseguenze negative sui servizi resi e sugli investimenti dei comuni, soprattutto di quei comuni virtuosi, che dispongono di queste risorse e che non possono usarle a beneficio delle loro comunità).
Credo che tutto ciò, se intrecciato ad un'iniziativa comune tra amministrazione centrale e amministrazioni locali, consentirà di superare le incertezze applicative della legge, correggendo alcuni errori, e favorirà un clima di collaborazione al fine di rendere più efficiente la pubblica amministrazione e più produttivo il suo operato.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni (ore 16,05).

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Aprea, Bafile, Bersani, Bindi, Bonino, Capodicasa, Cento, Colucci, Damiano, De Piccoli, Di Pietro, Donadi, Fioroni, Folena, Galante, Landolfi, Lanzillotta, Levi, Melandri, Meloni, Leoluca Orlando, Parisi, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Rutelli, Santagata e Visco sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito che domani giovedì 12 aprile, alle ore 11,30, avrà luogo un'informativa urgente del Governo sugli sviluppi relativi alla vicenda del sequestro di Daniele Mastrogiacomo e dei suoi collaboratori afghani.
L'informativa sarà resa dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema.
Dopo il rappresentante del Governo, potrà intervenire, per dieci minuti, un rappresentante per ciascun gruppo. Per il gruppo Misto è previsto un tempo aggiuntivo.

Pag. 16

Modifica nella costituzione del Comitato per la legislazione.

PRESIDENTE. Comunico che, essendo cessato il 5 aprile scorso il turno di presidenza del Comitato per la legislazione del deputato Franco Russo, ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 2, del regolamento e sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta per il regolamento nella seduta del 16 ottobre 2001, le funzioni di presidente del Comitato per il secondo turno di presidenza - a decorrere dal 6 aprile - sono assunte dal deputato Giudice, quelle di vicepresidente dal deputato Zaccaria, cui spetterà il successivo turno di presidenza. Le funzioni di segretario restano affidate al deputato Raiti.

Su un lutto del deputato Erminia Mazzoni.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Erminia Mazzoni è stata colpita da un grave lutto: la perdita della madre.
Alla collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale (ore 16,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare il deputato Delfino, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00061. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il problema della carenza di acqua è un problema ormai tragico, sul quale anche in Parlamento abbiamo avviato da tempo una profonda discussione, non ultimo con l'approvazione di una risoluzione nella XIII Commissione agricoltura, dove unanimemente abbiamo auspicato al riguardo una forte iniziativa del Parlamento e del Governo. Oggi siamo qui ad illustrare una mozione che, come quelle presentate dai colleghi, verte sulle opere relative al piano irriguo nazionale, per sottolineare nell'Assemblea di questa istituzione, la più alta istituzione democratica del paese, questa grande necessità.
Il nostro è un paese tra i più ricchi di acqua del mondo: risulterebbe avere un'elevata capacità idrica, pari a 155 miliardi di metri cubi di disponibilità annua di acqua teorica per usi civili e produttivi, per 2700 metri cubi quota pro capite per abitante. Tuttavia, l'irregolarità dei deflussi e le inefficienze riducono questa disponibilità a 110 miliardi di metri cubi e a poco più di 2000 metri cubi pro capite.
La carenza di acqua costituisce un problema a livello mondiale, che ormai impone interventi immediati e non più rinviabili. La giornata mondiale dell'acqua, indetta recentemente dalla FAO, ha infatti evidenziato come l'attuale situazione di crescente carenza idrica debba essere fronteggiata senza perdere altro tempo a tutti i livelli: nazionale, internazionale e locale.
Gli inquietanti andamenti climatici, in continua evoluzione negativa, richiedono l'adozione di due tipi di politiche di intervento: in primo luogo, una politica globale di lungo periodo che intervenga sulle cause del fenomeno e che deve essere Pag. 17sviluppata a partire dall'attuazione e dall'implementazione degli impegni internazionali, dal Protocollo di Kyoto alle misure previste dall'Unione europea, puntando inoltre a coinvolgere gli USA, i grandi paesi industriali emergenti, quali Cina ed India, e quelli in via di sviluppo nella riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra; in secondo luogo, una politica più immediata che preveda misure di adattamento alle tendenze in atto e punti da subito ad interventi di tutela e di buona gestione delle risorse idriche.
Anche il nostro paese è coinvolto direttamente in modo significativo da tale grave cambiamento climatico. Secondo la nota sull'evolversi della situazione idrogeologica in Italia ai fini della prevenzione delle crisi idriche, nel periodo settembre 2006-febbraio 2007 l'Italia è stata interessata da una generalizzata carenza di precipitazioni e da temperature ben superiori alle medie stagionali. Tale situazione meteo-idrologica è stata sicuramente anomala, se confrontata con le caratteristiche climatologiche proprie del periodo e, in particolare, con i valori normali storici di precipitazione cumulata nei corrispondenti mesi.
Inoltre, l'esiguità della copertura nervosa attualmente presente sull'arco alpino induce ad attendersi nei prossimi mesi primaverili deflussi ridotti in confronto a quelli degli anni scorsi.
Tale situazione meteo-climatica ha originato un modesto apporto ai corpi idrici sia superficiali sia sotterranei. Sono state rilevate generalizzate diminuzioni di deflussi superficiali del reticolo idrografico ed una contrazione delle portate erogate dalle sorgenti.
Al momento, non sono ancora segnalate situazioni di particolare criticità sia per quanto riguarda l'approvvigionamento idropotabile sia per il comparto irriguo. Tuttavia, sulla base del confronto dei dati idropluviometrici e di disponibilità idrica con gli anni precedenti e con le serie storiche, si ritiene molto probabile che l'inizio della stagione irrigua, caratterizzato da notevole richiesta di risorse idriche, possa essere associato a situazioni di criticità, in particolar modo per ciò che concerne gli usi irrigui e alcune situazioni di fragilità strutturali delle reti idropotabili. Infatti, tali valori sono, ad oggi, analoghi a quelli registrati negli anni 2003-2006, segno che il governo e la gestione della risorsa, non coordinati con sufficiente anticipo, possono comunque determinare forti criticità soprattutto alla luce della notevole domanda di risorsa idrica che si determina all'inizio della stagione irrigua e che può determinare rapidi decrementi dei suddetti livelli idrometrici.
Tale situazione è stata registrata uniformemente su tutto il territorio nazionale con lievi scostamenti, ma nella sostanza rimane inalterata, ponendo i competenti organi davanti a scelte drastiche su come ripartire le poche risorse idriche disponibili tra usi civili, industriali ed agricoli.
Peraltro, il depauperamento delle risorse idriche interessa l'intera penisola. Tutto il nord Italia, in particolare l'area del bacino del Po, è infatti caratterizzata da una forte anomalia meteo-climatica, con scarse precipitazioni e un deciso aumento della temperatura rispetto alle medie del periodo. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, la situazione è ancora più grave in considerazione del fatto che la condizione di partenza è già quella di una scarsa piovosità, per cui in alcune zone si corre il rischio, a causa dell'ulteriore diminuzione delle precipitazioni e dell'aumento della temperatura, di una vera e propria desertificazione.
Le disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2007, che prevedono finanziamenti per gli interventi compresi nel piano irriguo nazionale, al fine di garantire l'avvio della realizzazione delle opere, necessitano pertanto di un'attuazione urgente.
Il Governo Berlusconi, con la delibera CIPE 27 maggio 2005, n. 74, approvò il piano irriguo nazionale, che poteva contare su due limiti di impegno quindicennali di 50 milioni di euro ciascuno per oltre un miliardo di euro di interventi a sostegno delle opere irrigue.
Tutto ciò, signor sottosegretario, come ben sa, non basta, se non è accompagnato Pag. 18da un impegno delle regioni le quali, sebbene per numerosi aspetti siano titolari della competenza in materia, non sembra abbiano affrontato adeguatamente il problema e siano, quindi, in grado di utilizzare tali risorse, in particolare, per carenze infrastrutturali presenti soprattutto al sud.
Occorre, quindi, porre in essere un'azione di forte stimolo in questa direzione ed occorre sviluppare con questi interventi tutte le tecniche in grado di favorire un miglioramento dei sistemi irrigui.
Con la nostra mozione vogliano impegnare il Governo in questa direzione, per far sì che gli interventi già previsti nel piano irriguo nazionale possano essere realizzati in tempi molto brevi.
Sarebbe, infine, utile e necessario che il Governo intervenga presso le istituzioni europee al fine di promuovere la creazione di un fondo di solidarietà per le crisi idriche, individuando in quella sede i migliori strumenti, anche assicurativi, che garantiscano una copertura per gli agricoltori che, a fronte dei sopravvenuti e crescenti rischi climatici, patiscono notevoli danni.
In conclusione, noi sappiamo che i prelievi complessivi d'acqua sono crescenti, sia per le dispersioni e le perdite delle reti acquedottistiche, sia per le alterazioni incisive prodotte dall'uomo che hanno modificato pesantemente i processi di deflusso superficiale, con conseguenze spesso rovinose.
Anche l'inquinamento delle acque, sia superficiali che profonde, rappresenta infine un elemento di allarme e di seria preoccupazione con riferimento alla disponibilità d'acqua in futuro. Siamo davanti, signor sottosegretario, ad un problema enorme e molto grave che richiede, a nostro giudizio, uno sforzo straordinario per evitare in un prossimo futuro emergenze drammatiche.
Con la nostra mozione noi chiediamo che il Parlamento e il Governo si impegnino affinché questo problema venga assunto come tematica, come priorità essenziale nell'azione legislativa e di governo e affinché si possano effettivamente utilizzare le risorse che sono già disponibili.
Auspichiamo soprattutto (questo è l'invito anche del nostro gruppo politico) che si possa definire un piano decennale per evitare che in un futuro non lontano ci si possa trovare di fronte a emergenze idriche veramente straordinarie e difficili da risolvere.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marinello, che illustrerà anche la mozione Leone ed altri n. 1-00140, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, la questione che noi poniamo nella nostra mozione - questione, a dire la verità, presente anche nelle mozioni presentate dagli altri gruppi politici, sostanzialmente omogenee, sia nelle considerazioni che nello svolgimento e talvolta anche nelle conclusioni - è stata già trattata, come ha ricordato l'onorevole Delfino, in una apposita risoluzione votata all'unanimità dalle Commissioni VIII e XIII in seduta congiunta.
La rilevanza della questione necessitava tuttavia una presa d'atto, un passaggio forte e corale in quest'Aula, proprio nella seduta plenaria della Camera dei deputati, per sottolinearne non soltanto l'importanza, ma anche l'urgenza e l'emergenza.
La questione non è soltanto relativa ad una crisi idrica (così come talvolta si è verificato anche nel passato nel nostro paese) di natura episodica o straordinaria. La questione a nostro avviso si collega ad una più ampia tematica ambientale.
Infatti, l'impoverimento idrico in atto nel nostro paese e i processi di crescente desertificazione impongono, non solo al nostro paese, ma a tutti paesi dell'intero consesso mondiale, di dare il proprio convinto apporto ad una strategia comune per evitare futuri danni irreparabili.
La catastrofe climatica si intravede all'orizzonte e l'allarme non riguarda più il futuro, ma un presente sempre più incalzante.Pag. 19
Tutto ciò si può ben capire leggendo alcune cifre: circa il 40 per cento della popolazione mondiale, 1 miliardo e 400 milioni di persone, distribuite in 80 paesi, si trova in uno stato di penuria d'acqua, con meno di 2,7 litri di acqua al giorno per persona.
Nel 2025, i due terzi della popolazione mondiale vivranno in paesi dove c'è scarsità d'acqua. Noi sappiamo che l'acqua è un bene primario e indispensabile per la vita. Proprio per questo siamo convinti che essa non può essere monopolizzata e vanno anzi create condizioni per garantirne il libero accesso da parte di tutti.
Il problema della disponibilità di questo prezioso bene e della sua gestione e distribuzione è già all'origine di importanti scontri sociali in aree ben precise e delicate del mondo: ad esempio, in India, in Bolivia, in Cina, in Africa e in Medio oriente.
È presumibile che tensioni di questo genere, in un futuro nemmeno lontano, siano destinate ad acuirsi, tra l'altro in aree già abbastanza «calde» nel nostro pianeta.
Tuttavia, paradossalmente, proprio alcuni di questi paesi sono fra i responsabili di quell'effetto serra, causa principale dell'aumento delle temperature e del calo preoccupante della piovosità e, quindi, sono parte in causa in quei fenomeni di desertificazione che stanno interessando larghe parti del pianeta.
Questi paesi, rifiutando di sottoscrivere il protocollo di Kyoto, che prevede, tra l'altro, la riduzione dell'emissione dei gas nocivi nell'atmosfera, di fatto non fanno altro che accrescere ed aggravare tale situazione; una sorta di gara al disastro, nella quale le cosiddette economie emergenti sono affiancate da colossi internazionali, quali l'Australia, gli Stati d'America e la Russia. È proprio per questo motivo che i paesi in via di sviluppo talvolta non hanno stimoli per cambiare la loro politica energetica, dal momento che trovano copertura in importanti paesi che continuano a presentarsi alle trattative internazionali per la sottoscrizione del protocollo di Kyoto e in tutti quei consessi internazionali che, comunque, pongono in maniera seria non soltanto la problematica, ma anche ipotesi di soluzione, con atteggiamenti talvolta dilatori.
In Europa, invece, è prevalso uno spirito di responsabilità. Dobbiamo necessariamente ricordare che l'8 e il 9 marzo di quest'anno a Bruxelles si è svolto il primo vertice dei Capi di Stato e di Governo dei 27 paesi membri dell'Unione europea dedicato alla lotta ai cambiamenti climatici, i cui risultati sono da considerare senza dubbio incoraggianti.
Sappiamo tutti che l'Europa si è impegnata a realizzare entro il 2020 una riduzione unilaterale dei gas serra pari al 20 per cento rispetto ai livelli del 1990 e sempre entro quella data l'Unione innalzerà obbligatoriamente dall'attuale 7 per cento al 20 per cento il consumo di energie rinnovabili. Certo, è arrivato anche il momento di porsi degli interrogativi sull'intera questione delle politiche energetiche dell'Europa e del nostro paese, di porsi la domanda su un sano, intelligente, utile utilizzo dell'energia nucleare che, fino a questo momento, fino alle attuali conoscenze della ricerca scientifica, è sicuramente la fonte di energia più importante e che produce il minor quantitativo di effetto serra. Tali propositi devono essere messi in pratica, altrimenti una parte significativa del territorio dell'Unione andrà incontro a seri problemi.
Secondo la previsione del gruppo intergovernativo di esperti sull'evoluzione del clima, per il settore dell'Europa del sud di cui fa parte anche l'Italia esiste il rischio concreto che, nel periodo da oggi al 2100, lo stress idrico in atto si possa accentuare.
Si tratta di paesi che insistono nell'area del Mediterraneo già esposti a problemi, come la siccità e gli incendi boschivi e, quindi, sono interessati da gravissimi problematiche.
In Italia, in particolare, gli effetti dello stravolgimento climatico sono già evidenti: fiumi, laghi, acque dolci sono in grave sofferenza con alcuni casi limite. È proprio di queste stagioni la situazione di crisi registrata, ad esempio, nel Po, nell'Arno, Pag. 20anche in altri corsi d'acqua e si rischia la seria perdita di spazio per le biodiversità in alcune zone, come il delta del Po e la laguna di Venezia.
Quanto abbiamo visto dal punto di vista idrogeologico durante l'inverno appena trascorso è la spia di come la situazione sia ormai arrivata alla soglia di guardia. Nel dicembre del 2006 sono caduti soltanto 8,4 millimetri di pioggia, contro i 57 millimetri di pioggia nel 2005, anno caratterizzato da rilevanti episodi siccitosi, o contro i 90 millimetri del 2002, l'anno del primo «grande secco» nel centro e nel nord d'Italia.
Ma il vero problema, così come denunciano gli esperti, è l'assoluta carenza di neve in alcune aree assolutamente strategiche del paese e mi riferisco in particolare all'intera zona delle Alpi.
Oggi, gli innevamenti che si sono accumulati dovrebbero fornire un apporto potenziale per la prossima estate di 320 miliardi di metri cubi contro i 960 del 2006. Rispetto allo scorso anno, infatti, la superficie coperta dalla neve è dimezzata sulle Alpi e lo spessore si è ridotto dai 25-125 centimetri dello scorso anno a 10-75 centimetri; cioè, in pratica, lo spessore della media delle superfici innevate si è ridotta di ben il 50 per cento.
Ripercussioni importantissime, per quanto riguarda questa situazione, si registrano, in particolare, nel Mezzogiorno d'Italia e nelle isole. A dire la verità, si tratta di aree tradizionalmente interessate da una minore piovosità, quindi da ricorrenti momenti emergenziali; in ogni caso, la scarsa piovosità che ha caratterizzato queste zone del nostro paese si somma ad un'utilizzazione carente delle risorse idriche a causa di molteplici cause. Innanzitutto, vorrei ricordare la mancata realizzazione di tutti gli invasi necessari - spesso dovuta anche alla notevole ostilità manifestata da alcune lobby ambientaliste - e la scarsa realizzazione di quelle opere infrastrutturali (le cosiddette interconnessioni) che possono costituire una valida risposta, al fine di individuare una strategia complessiva tesa al maggior utilizzo della stessa risorsa idrica. Conseguentemente, abbiamo avuto in tutta Italia - specie in quelle zone - una minore disponibilità di riserve idriche, sia per gli usi civici sia, soprattutto, per l'agricoltura; tra l'altro, minori risorse idriche hanno come conseguenza inevitabile una minore produzione di energia elettrica.
Va anche ricordato il problema legato all'efficienza degli acquedotti; infatti, in alcuni ambiti territoriali ottimali (ATO), le perdite dell'acqua immessa nelle reti supera, addirittura, il 50 per cento. Sappiamo che la percentuale di perdita considerata fisiologica, tollerabile, oscilla tra il 7, il 10, il 12 per cento; quindi, ci rendiamo conto del fatto che le cosiddette «reti colabrodo» necessitano di interventi strutturali urgenti.
Bisogna anche verificare l'intera rete nazionale poiché alcune aree del paese sono caratterizzate dal prelievo abusivo; ciò, talvolta, rappresenta anche un'emergenza d'ordine pubblico poiché in alcune aree sensibili del paese questo tipo di abitudine spesso è controllata dalla malavita organizzata.
Quindi, nel sud, nelle isole, nel resto d'Italia l'imperativo è volto ad una serrata lotta agli sprechi e ad una maggiore responsabilità nell'uso di questa risorsa, così preziosa quanto limitata: occorre utilizzare al meglio le risorse idriche disponibili.
A dire la verità, con la delibera CIPE del 27 maggio 2005 si sono resi disponibili, attraverso un sistema di mutui, oltre 1 miliardo di euro per una serie di opere irrigue ritenute indispensabili. Sappiamo pure che nella legge finanziaria per il 2007 è stata prevista una serie di interventi che servono ad amplificare proprio questo piano irriguo nazionale, già delineato negli anni passati, ma che, evidentemente, deve essere perseguito e portato a compimento con grande attenzione ed incisività. Siamo convinti che queste risorse ancora non bastano, quindi bisogna aumentarle e velocizzare l'iter e le procedure necessarie. Vi sono troppe lentezze, troppa burocrazia non solo a livello nazionale, ma anche a livello regionale, quindi si rendono necessari maggiori stimoli e sensibilizzazioni.Pag. 21
Anche l'Europa gioca un importante ruolo; ecco perché nella nostra mozione - così come in altre - si coglie l'importanza del ruolo dell'Unione europea, che, evidentemente, non può sottrarsi a questa importante responsabilità. Quindi, va affermata la necessità di costituire un fondo di solidarietà che possa dare una risposta agli agricoltori, agli imprenditori agricoltori, specie per i momenti emergenziali.
Vi sono tante altre cose che debbono essere fatte nella direzione del risparmio e dell'ottimizzazione delle risorse idriche presenti: mi riferisco ad un miglior utilizzo delle risorse idriche che passa anche attraverso pratiche agronomiche più intelligenti, selezioni di cultivar che necessitano di minori risorse idriche, sperimentazioni sempre più spinte ed intelligenti in questa direzione.
Si può e si deve intervenire anche nel settore del riutilizzo delle acque reflue, a nostro avviso importantissimo. In tale ambito, infatti, non solo alcuni paesi del nord d'Europa, ma anche alcuni paesi più a sud dell'Italia (come, ad esempio, Israele) sono molto più avanti di noi. Si tratta di un segnale che, evidentemente, dobbiamo cogliere e saper perseguire.
Siamo convinti che l'intero Parlamento debba confrontarsi su tale questione, trovando una unità di intenti. Ciò perché, rispetto a questioni così rilevanti, la divisione della politica su tesi spesso contrapposte non ha assolutamente senso. Bisogna profondere, quindi, il massimo impegno per tracciare le direttrici politiche, individuare gli obiettivi da conseguire, riempire di contenuti la nostra attività, reperire le occorrenti risorse finanziarie, garantire tempi certi ai nostri imprenditori agricoli e, soprattutto, alla nostra popolazione. Tutto questo con lo scopo di tracciare un futuro sicuramente migliore per tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pertoldi, che illustrerà anche la mozione Zucchi ed altri n. 1-00141, di cui è cofirmatario.

FLAVIO PERTOLDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il tema prioritario dei cambiamenti climatici e degli effetti che si ripercuotono sulle condizioni di competitività economica, nonché di sostenibilità delle attività stesse, costituisce l'asse portante delle diverse mozioni oggi al nostro esame.
Vorrei evidenziare che la Giornata mondiale dell'acqua indetta dalla FAO, cui ha fatto riferimento l'onorevole Delfino, la risoluzione del Consiglio europeo dell'8 e del 9 marzo scorsi e l'audizione del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Paolo De Castro, svoltasi, lo scorso 15 marzo, dinanzi alle Commissioni VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati non hanno fatto altro che ribadire la drammatica attualità di un problema che va affrontato non solo con responsabilità, ma anche con straordinaria determinazione.
Il quadro che ci viene offerto presenta situazioni diversificate sul territorio nazionale sul fronte della disponibilità della risorsa idrica. Infatti, nell'Italia meridionale, area che tradizionalmente risentiva della carenza di precipitazioni estive, sono state realizzate, nel corso dell'ultimo cinquantennio, le imponenti, importanti e necessarie opere di accumulo, anche se non tutte risultano corredate da un adeguato supporto di opere di adduzione.
Per contro, nelle aree settentrionali - in particolare, nell'area padana -, le tradizionali fonti di approvvigionamento idrico (le nevi perenni, i ghiacciai ed i laghi alpini) non rappresentano più una fonte certa per assicurare il fabbisogno estivo delle colture agricole, nonché dei distretti agroalimentari che insistono su questa importante area produttiva agricola del nostro paese.
La riduzione della portata idrica del fiume Po, inoltre, ha provocato e sta provocando tuttora la risalita del cuneo salino; ciò è assai preoccupante, anche per l'ecosistema complessivo.
Ebbene, se la legge finanziaria per il 2007 ha sbloccato risorse - come è stato ricordato dai diversi interventi che mi hanno preceduto - per oltre un miliardo Pag. 22di euro per la realizzazione degli interventi previsti dal piano irriguo nazionale, approvato con la delibera CIPE n. 74 del 27 maggio 2005, e se lo stesso piano prevede la finanziabilità di opere immediatamente appaltabili per ulteriori 600 milioni di euro, appare ora necessario un intervento programmatorio di medio e lungo periodo, al fine di realizzare nuove opere e di rendere più efficienti quelle esistenti, integrandole, laddove siano state già eseguite, con quelle di competenza regionale.
Ricordo che il piano strategico nazionale di settore pone, come obiettivo prioritario, il tema delle risorse idriche. Appare opportuno, quindi, far tradurre tali indirizzi all'interno dei singoli programmi regionali di sviluppo rurale. In tali piani, infatti, appare finalmente la giusta attenzione a tale questione, predisponendo altresì un'adeguata programmazione in tal senso.
Io credo che si dovrà definire una proposta condivisa con il mondo agricolo, con i consumatori, la società civile, il mondo della ricerca e dell'industria; una proposta da elaborarsi in collaborazione proprio con le regioni, che sono gli attori dei piani di sviluppo rurale, in un quadro di opportunità per utilizzare al meglio e anche per mitigare gli effetti delle nuove emergenze della nuova politica agricola comunitaria.
Oggi appare già evidente la prospettiva di una situazione di crisi annunciata, prospettiva che ci spinge ad impegnare il Governo su alcune iniziative che riteniamo assolutamente urgenti: ad esempio, dichiarare da subito lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po e per i bacini limitrofi che presentano simili condizioni critiche, nonché per il bacino dell'Adige e, dopo opportuna ricognizione, anche per altri bacini idraulici di fiumi. Ciò consentirebbe di attivare da subito tutti gli strumenti istituzionali necessari a governare e a gestire questa crisi.
Abbiamo individuato nelle cabine di regia in loco lo strumento forse più opportuno, cabine che vedano il concorso della Protezione civile nazionale in accordo con le autorità di bacino del Po, con le regioni e le province autonome il cui territorio insista sui punti di crisi. Ritengo si tratti di un atto più che mai opportuno in quanto teso anche a ridurre i rischi di tensione e di conflittualità che ciclicamente si ripropongono in ordine ai diversi usi, da quello agricolo agli altri di carattere industriale e civile.
Anch'io sottolineo la necessità di semplificare lo strumento del piano irriguo nazionale per una compiuta utilizzazione delle ingenti risorse allocate e rivolgo una sollecitazione in tal senso. Ritengo sia altresì necessario potenziare gli strumenti informatici - ad esempio, il sistema informativo della gestione della risorsa idrica in agricoltura - al fine di monitorare gli investimenti nazionali e regionali e così coordinare in maniera efficace la spesa pubblica.
Occorre poi introdurre cambiamenti negli orientamenti produttivi attraverso politiche agricole che sostengano gli investimenti in produzioni di qualità che richiedano una ottimizzazione dei consumi idrici ed energetici; oggi, credo che la ricerca abbia tutte le potenzialità per consentire anche agli operatori del settore agricolo di modificare gli atteggiamenti.
Infine, con riferimento a quelle opere irrigue da realizzarsi nelle regioni meridionali che ancora non vengano attuate, ritengo opportuno che il Governo rafforzi il ruolo degli organi ministeriali anche attraverso l'istituzione di una task force in grado di supportare il lavoro dei consorzi di bonifica ed accelerare così la realizzazione di quelle opere in tali zone.

PRESIDENTE. Sono presenti ed assistono ai nostri lavori le alunne e gli alunni della scuola media Don Milani di Sommacampagna in provincia di Verona; a loro e ai loro insegnanti rivolgiamo il nostro saluto (Applausi)
È iscritto a parlare il deputato Lion. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema all'ordine del giorno è particolarmente sentito dal nostro Parlamento. Pag. 23Infatti, già le Commissioni competenti, in particolare la Commissione XIII (Agricoltura) e la Commissione VIII (Ambiente) della Camera dei deputati, fin dall'inizio della presente legislatura, vi hanno dedicato specifiche sedute, affrontando sia il problema della crisi dei corpi idrici del settentrione sia lo stato delle infrastrutture idrauliche e gli interventi pubblici in campo irriguo nel meridione.
Il lavoro svolto dalle due Commissioni ha prodotto significativi risultati. In particolare, le Commissioni riunite nella seduta del 28 marzo scorso sono pervenute all'approvazione di una risoluzione che, riprendendo gli elementi contenuti negli atti di indirizzo presentati dai diversi gruppi, reca importanti indicazioni per un'azione coordinata ed incisiva, idonea a fronteggiare le difficoltà del settore idrico a livello nazionale, tenendo conto al tempo stesso della specificità delle singole aree del paese.
La Commissione agricoltura ha inoltre avviato il 6 febbraio scorso l'esame in sede referente di alcune proposte di legge, d'iniziativa dei deputati Misuraca, Lion e Delfino, concernenti l'istituzione dell'agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche in agricoltura, in relazione alle quali si è deliberato di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva per acquisire i necessari elementi istruttori.
L'acqua è una risorsa fondamentale per il sostentamento della vita sulla terra e per la conservazione dell'ambiente naturale. Le problematiche legate alla gestione qualitativa e quantitativa dei corpi idrici e, in particolare, le questioni relative alla salvaguardia delle loro disponibilità presenti e future costituiscono uno dei cardini della discussione mondiale sullo sviluppo sostenibile e sui cambiamenti climatici.
Siamo in presenza di scenari allarmanti, che oggi si pongono con particolare gravità soprattutto in ambito nazionale, specialmente per quanto riguarda le emergenze connesse alla crisi idrica: problemi di siccità e desertificazione ed eventi gravemente eccezionali, quali alluvioni e dissesti territoriali, che ormai si ripetono con preoccupante frequenza.
Non può sfuggire che nel prossimo futuro, se non interveniamo in maniera efficace, chi controllerà la distribuzione dell'acqua avrà un potere immenso. Dobbiamo con forza riaffermare che l'acqua è un bene primario pubblico e, laddove la sua distribuzione avvenga attraverso strutture di tipo commerciale, la proprietà delle fonti di approvvigionamento deve restare sotto il controllo della cittadinanza. Non è retorica statalista, ma è un principio cardine di garanzia e tutela della libertà individuale.
Si tratta di temi che bisogna affrontare con urgenza, con la consapevolezza che se si vuole giungere a soluzioni adeguate occorre intervenire in modo sistematico a diversi livelli: a livello culturale, innanzitutto, poi a livello economico e produttivo, infine a livello politico. Le azioni da adottare non si dovrebbero limitare al contenimento dei danni e alla prevenzione degli eventi calamitosi, ma dovrebbero stimolare un autentico cambiamento di prospettiva rispetto al tema della difesa delle risorse idriche, incidendo sulla formazione culturale e sulla sensibilità dei cittadini.
Per far fronte all'emergenza idrica è necessaria, infatti, la condivisione da parte di ciascuno di principi e regole che si traducano in comportamenti generalmente diffusi. Bisogna superare un vecchio orientamento, tuttora forte, che si fonda, in modo non pienamente consapevole, anche sulla concezione produttivistica e mercantile dell'uso dell'acqua, in cui la gestione delle risorse idriche si configura come uno sfruttamento delle stesse e paradossalmente vengono ritenuti uno spreco i deflussi naturali, anche se minimi, se si è in presenza di una irrigazione per scopi produttivi.
Si tratta, pertanto, di rendere effettivamente e convintamente consapevoli i cittadini che l'acqua è un bene prezioso e questa convinzione deve affermarsi nei comportamenti quotidiani. In tal senso, molto è stato fatto sul piano della comunicazione istituzionale. Rileviamo, però, che l'eccessiva commercializzazione e privatizzazione dell'acqua incide in maniera significativa sulla convinzione che, attraverso Pag. 24la monetizzazione delle risorse idriche, l'acqua, da bene comune e diritto dell'individuo, diventi una sorta di prodotto che, una volta acquistato, può essere utilizzato e sprecato a piacimento.
Risparmiare e usare razionalmente l'acqua, in primo luogo, è una questione etica, in quanto si tratta di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali, nel rispetto dell'integrità dell'ambiente e delle risorse disponibili, dal momento che non possiamo pregiudicare l'aspettativa delle generazioni future a poter vivere in ecosistemi integri e fruibili. Una maggiore disponibilità di acqua potabile, un adeguato sistema di infrastrutture atto a tutelarla dall'inquinamento e l'accesso ad adeguate risorse idriche per la produzione agroalimentare, per l'industria e per gli scopi civili sono elementi fondamentali per lo sviluppo dell'economia e per il sostentamento delle funzioni ecologiche degli ecosistemi naturali. Per questo motivo, quindi, sussiste la necessità di raggiungere un equilibrio tra crescente domanda di acqua per i diversi usi e il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi che da essi dipendono.
Riguardo alla situazione interna possiamo constatare che, nonostante l'Italia sia un paese potenzialmente ricco di risorse idriche, il fabbisogno civile produttivo non risulta adeguatamente soddisfatto del tutto nel territorio nazionale e lungo tutto il corso dell'anno. Ciò non solo per fattori climatici, ma anche per un inefficiente e vetusto sistema di opere idriche.
Una delle maggiori fonti di acqua per il nostro paese è rappresentata dalle precipitazioni. La distribuzione delle acque meteoriche fra le diverse aree del paese, tuttavia, è assai disomogenea: al tempo stesso, la qualità di precipitazione non è di per sé sufficiente a garantire un'abbondante disponibilità idrica. Si può riscontrare che, sommando le diverse fonti di approvvigionamento, si ottiene che nel complesso le risorse totali effettivamente utilizzabili ammontano a circa 52 miliardi di metri cubi annui, a fronte di un fabbisogno idrico complessivo di 40 miliardi di metri cubi.
Sulla base di questa situazione generale, occorre esaminare le modalità di utilizzo dell'acqua. Emerge innanzitutto che a livello di gestione delle risorse idriche, come per molti altri aspetti, l'Italia è un paese diviso in due. Siamo in piena crisi di emergenza idrica sia al nord sia al sud, ma per cause opposte. Al nord le criticità sono dovute al drammatico stato di dissesto idrogeologico del territorio dovuto all'eccessivo e sconsiderato sfruttamento produttivo dei corpi idrici, mentre al sud i problemi sono causati dall'assenza di infrastrutture idrauliche capaci di raccogliere e distribuire in modo razionale ed efficace l'acqua disponibile.
Nel nostro paese l'incidenza dei prelievi sulle risorse disponibili assume un valore molto elevato, superiore alla media degli altri paesi. L'Italia, infatti, si presenta come un paese sostanzialmente ricco di risorse idriche, il che ha contribuito allo sviluppo, sia in campo agricolo sia in campo industriale, di attività maggiormente esigenti sotto il profilo idrico ed ha determinato una modesta attenzione al problema del risparmio dell'acqua. Il nostro consumo idrico per ettaro si attesta su valori mediamente doppi rispetto a quelli di altri paesi europei del Mediterraneo e anche il consumo industriale, ancorché in declino, è tuttora elevato.
È facile perciò rendersi conto della gravità della situazione che si potrebbe determinare nel caso in cui si protraesse ulteriormente la diminuzione degli apporti meteorici in atto da alcuni anni. Si deve anche evidenziare che, nel persistere della crisi idrica, i livelli di inquinamento delle acque tenderebbero a salire con pesanti conseguenze sull'equilibrato funzionamento degli ecosistemi acquatici. È perciò importante imprimere una forte accelerazione a tutte le iniziative volte a porre in stretta relazione prelievi e disponibilità di risorse, a favorire il risparmio idrico ed il riutilizzo delle acque.
Proprio perché vogliamo avere un approccio positivo al problema, voglio riaffermare la contrarietà dei Verdi ad ipotesi di monetizzazione. L'acqua, infatti, è un diritto primario, quindi deve avere un Pag. 25costo contenuto. Sarebbe inaccettabile semplificare la situazione aumentando il prezzo dell'acqua, sperando così di dissuaderne l'uso. La strada giusta è invece l'incentivazione del risparmio idrico. Dovrebbe essere realizzata un'articolata serie di interventi, dall'adozione di agevolazioni per chi risparmia acqua, passando per l'adeguamento e l'equità delle tariffe e la diffusione della cultura del risparmio idrico, fino ad arrivare all'orientamento verso produzioni e attività meno idro-esigenti. Non sarebbe accettabile che nel nostro paese l'acqua costasse di più dove è scarsa perché questo aumenterebbe di molto la sperequazione anche in termini di capacità produttiva. È, infatti, del tutto ovvio che le zone con scarsità d'acqua sono anche quelle più arretrate economicamente.
La domanda idrica agricola, che rappresenta la quota maggiore della domanda complessiva, risulta in espansione per l'aumento delle superfici irrigabili e per l'effetto del maggior ricorso all'irrigazione anche nelle pianure settentrionali, nonostante il crescente, sia pure insufficiente, impiego di metodi irrigui a maggiore efficienza agronomica.
I risultati della ricerca in campo agronomico hanno dimostrato che si può fare un uso migliore dell'acqua in agricoltura; tali risultati, tuttavia, stentano a tradursi in comportamenti virtuosi e in tecniche effettivamente applicate. Le difficoltà che si riscontrano nella divulgazione tra i produttori agricoli delle conoscenze prodotte dalla ricerca dipendono in misura significativa anche dalla frammentazione degli enti gestori delle risorse idriche.
Ritengo, pertanto, ineludibile un'azione del Governo di informazione e promozione delle buone pratiche irrigue attraverso una sollecitazione di interventi coordinati da parte dei diversi soggetti coinvolti. In alcuni casi, l'impiego inefficiente dell'acqua in agricoltura è causa di crisi ambientali; basti pensare a ciò che avviene nella pianura romagnola ove si registrano gravissimi fenomeni di subsidenza o agli squilibri idrici a cui vanno incontro molti bacini italiani, tra cui il fiume Po.
Spesso, l'eccessivo impiego irriguo, unito alla cronica inefficienza dei depuratori delle città, fornisce anche un sensibile contributo al fenomeno delle atrofizzazioni dei corsi idrici e, quindi, del mare. Le soluzioni tecniche per favorire il risparmio idrico sono in gran parte note e l'impiego integrato e combinato di tutte le tecniche potrebbe già consentire un risparmio globale valutabile attorno al 30 per cento, anche tramite l'adozione di metodi irrigui dotati di elevata efficienza, come l'aspersione e, ancor di più, la microirrigazione. Altri importanti fattori non strettamente agronomici possono determinare consistenti riduzioni nei consumi e negli sprechi. La realizzazione di piccoli invasi aziendali per trattenere le acque piovane, l'adozione di turni corti e il passaggio da un sistema tariffario basato sulla superficie irrigabile ad uno parametrato al volume dell'acqua utilizzata di per sé stesso incentivebbero una immediata contrazione dei consumi e, al tempo stesso, il ricorso a pratiche agronomiche e irrigue di maggiore efficienza.
Altro aspetto di grande importanza è quello del riutilizzo delle acque. Tale processo dovrebbe essere reso per quanto possibile obbligatorio. Infatti, il riutilizzo concorre alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche e permette di limitare il prelievo di acqua. Tuttavia, occorre garantire che esso avvenga in condizioni di sicurezza ambientale. Gli standard di depurazione richiesti per il riutilizzo devono comunque essere necessariamente molto severi specialmente per quanto riguarda il rischio di contaminazione da agenti patogeni. Sarebbe auspicabile che i Ministeri competenti, in particolare quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali dedicassero maggiore attenzione al risparmio e al recupero idrico, dando indirizzi cogenti in modo che la pianificazione della gestione delle risorse idriche venga adeguatamente riconosciuta con il ruolo del riutilizzo delle acque reflue.
Una speciale riflessione si deve compiere sulla situazione delle infrastrutture Pag. 26irrigue del nostro paese. L'Italia versa in una situazione critica, sia al nord, sia al sud, ma per cause opposte. Pertanto, si deve rivolgere un impegno concreto, mirato e continuativo verso il risanamento delle carenze e dei guasti attualmente presenti. Occorre svolgere un'azione incisiva per risanare il dissesto geologico che sta travolgendo l'Italia.

PRESIDENTE. Deputato Lion...

MARCO LION. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Deputato Lion, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

MARCO LION. Concludo, affermando che ho inteso evidenziare gli aspetti essenziali che il tema dell'acqua richiama, sia in termini generali, sia per quanto riguarda le criticità che si sono manifestate in modo specifico nelle diverse aree del paese. Sono temi sui quali, come ho accennato, la Commissione agricoltura, insieme alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici hanno svolto e continuano a svolgere un intenso e proficuo lavoro di approfondimento.

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

MARCO LION. La mozione Realacci, che porta anche la mia firma, riprende i contenuti delle risoluzioni già approvate in Commissione. Faccio appello, quindi, agli altri colleghi perché si arrivi ad una sintesi e ad un documento di indirizzo unico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come deputato radicale de La Rosa nel Pugno sento di esprimere un doveroso ringraziamento al gruppo dell'UDC che ci ha costretto a questo dibattito in Assemblea su un tema così importante. Come ricordavano altri colleghi, dall'inizio di questa legislatura in sede di Commissione agricoltura ma anche in sede di Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici abbiamo trovato occasioni per discutere e per approfondire la questione della carenza idrica e dell'emergenza idrica nel nostro paese. Del resto, tali emergenze ci hanno inseguito nel 2003, nel 2006 e nel 2007.
Una nuova visione del nostro paesaggio e del nostro territorio si impone e il dibattito di oggi e dei prossimi giorni può essere utile se eviteremo di ripetere quanto ci siamo già detti e le analisi che condividiamo. I numeri sono quelli di cui tutti disponiamo e l'analisi critica è condivisa. Il problema consiste nel decidere che cosa dobbiamo fare. Questo è l'onere e l'onore della politica, questo è l'onere e l'onore, in questa fase, del Governo di centrosinistra.
Ritengo che sarebbe una soluzione parziale e, quindi, errata se riducessimo il nostro intervento politico all'enumerazione dei progetti cantierabili e realizzabili sin da subito. Occorre avere la forza e la capacità di una visione di lungo periodo, di una visione utile a costruire uno scenario nuovo e innovativo che tenga conto, certamente, dei mutamenti climatici ma anche dei mutamenti di orientamento nelle coltivazioni che negli ultimi cinquant'anni ci sono stati nel nostro paese, dei mutamenti internazionali, della globalizzazione e del cambiamento dei mercati internazionali.
Inseguire la richiesta di acqua della Pianura padana con la costruzione di tanti grandi invasi sarebbe un errore strategico e di miopia. In questo caso parlerò della realtà che conosco meglio, quella del Piemonte, visto che i dati nazionali sono già stati riportati e sono, ripeto, condivisi.
La realtà del Piemonte, che è una delle grandi regioni del Nord, che in questi ultimi anni ha conosciuto un'emergenza idrica sconosciuta in precedenza, vede un consumo medio annuo di oltre 8 miliardi di metri cubi d'acqua. Un'analisi del WWF Pag. 27risalente ad alcuni anni fa testimonia che, a livello nazionale, il 65 per cento dell'acqua viene consumata in agricoltura; nelle regioni del Nord invece questa percentuale arriva all'80-90 per cento. In Piemonte, infatti, quasi tutti quegli 8 miliardi di metri cubi vengono usati in agricoltura; solo una parte minima, 500 milioni di metri cubi, sono per usi industriali, mentre altri 500 milioni di metri cubi sono per usi civili. Allora il problema è capire come gestire e come rendere ecocompatibile la nostra agricoltura attuale.
In un momento di cambiamento climatico, ma anche di cambiamento culturale e colturale del nostro paese, dobbiamo saper dare delle linee politiche. In occasione dell'approvazione della legge finanziaria lo scorso mese di dicembre, il Governo ha accettato un mio ordine del giorno - che poi è stato anche ripreso nella risoluzione che abbiamo approvato nelle Commissioni riunite ambiente e agricoltura e che è inoltre contenuto nella mozione proposta all'esame di questa Assemblea da gran parte del centrosinistra e da gran parte dei componenti delle Commissioni riunite - in cui si parla del manuale di buona pratica irrigua, per condividere con le associazioni di categoria e con il mondo imprenditoriale agricolo delle linee di comportamento; ma è anche un tentativo vero, nuovo, di governare la riforma di questo nostro importante settore, l'agricoltura, che incide in modo diretto sullo stato dell'ambiente e sul nostro paesaggio.
Come dice il rapporto della FAO del 2002, gran parte dell'acqua utilizzata in Piemonte è consumata in agricoltura (il 50 per cento), mentre nell'industria o per usi civici essa è consumata soltanto, rispettivamente, per il 10 e per il 5 per cento. Dunque, dobbiamo porci il problema se sono ancora sostenibili i nostri campi intensivi di mais, così come le risaie allagate e i campi allagati con l'irrigazione a scorrimento, che è un'irrigazione molto dispendiosa di acqua, un sistema ottocentesco, superato ormai in molti casi dall'irrigazione a pioggia, così come anche questa è già superata dall'irrigazione a goccia o da altri sistemi innovativi, che paesi come Israele o come la Spagna in Europa stanno usando da anni.
Questo dibattito è utile e sarà interessante e produttivo se usciremo da questa discussione non con il finanziamento di tutti i progetti possibili ed immaginabili che ci vengono sollecitati e proposti, bensì riuscendo ad elaborare una nuova politica di governo del problema dell'acqua in questo nostro paese. La risposta degli invasi è una risposta utile in alcuni casi - sono laico, lo voglio riconoscere - ma non risolutiva del problema. Il Piemonte consuma 9 miliardi di metri cubi di acqua e pur essendo una delle regioni settentrionali più strutturate dal punto di vista delle infrastrutture di contenimento di invasi d'acqua, essa ha attualmente una capacità di 440 milioni di metri cubi: quindi una risorsa veramente non paragonabile con l'esigenza annuale dell'agricoltura piemontese.
Occorre dunque cambiare l'agricoltura, cambiare il rapporto con il territorio ed avere la fantasia di dare corpo, gambe e braccia ad una politica agricola ed ambientale innovativa. Sono contento che nei giorni scorsi una dichiarazione comune del ministro Pecoraro Scanio e del ministro De Castro abbia individuato nella metà di questo mese un momento per fare il quadro della situazione dell'emergenza idrica, per impostare una nuova politica di comune condivisione del risparmio idrico, anche partendo dalla situazione dell'agricoltura. Non bisogna pensare che parlare del consumo idrico in agricoltura sia un attacco all'agricoltura. Ciò è volto a salvaguardare l'agricoltura dalle esigenze idriche crescenti, che non riusciamo a sostenere.
Concludo, riservandomi di intervenire in una fase successiva del dibattito, nella speranza che questo Parlamento sappia davvero essere sensibile alle richieste del territorio ma anche, e tanto più importante, a quelle di una politica innovativa e alternativa alla costruzione dei soli invasi che questo Governo - a mio giudizio - ha come impegno.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come deputato radicale de La Rosa nel Pugno sento di esprimere un doveroso ringraziamento al gruppo dell'UDC che ci ha costretto a questo dibattito in Assemblea su un tema così importante. Come ricordavano altri colleghi, dall'inizio di questa legislatura in sede di Commissione agricoltura ma anche in sede di Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici abbiamo trovato occasioni per discutere e per approfondire la questione della carenza idrica e dell'emergenza idrica nel nostro paese. Del resto, tali emergenze ci hanno inseguito nel 2003, nel 2006 e nel 2007.
Una nuova visione del nostro paesaggio e del nostro territorio si impone e il dibattito di oggi e dei prossimi giorni può essere utile se eviteremo di ripetere quanto ci siamo già detti e le analisi che condividiamo. I numeri sono quelli di cui tutti disponiamo e l'analisi critica è condivisa. Il problema consiste nel decidere che cosa dobbiamo fare. Questo è l'onere e l'onore della politica, questo è l'onere e l'onore, in questa fase, del Governo di centrosinistra.
Ritengo che sarebbe una soluzione parziale e, quindi, errata se riducessimo il nostro intervento politico all'enumerazione dei progetti cantierabili e realizzabili sin da subito. Occorre avere la forza e la capacità di una visione di lungo periodo, di una visione utile a costruire uno scenario nuovo e innovativo che tenga conto, certamente, dei mutamenti climatici ma anche dei mutamenti di orientamento nelle coltivazioni che negli ultimi cinquant'anni ci sono stati nel nostro paese, dei mutamenti internazionali, della globalizzazione e del cambiamento dei mercati internazionali.
Inseguire la richiesta di acqua della Pianura padana con la costruzione di tanti grandi invasi sarebbe un errore strategico e di miopia. In questo caso parlerò della realtà che conosco meglio, quella del Piemonte, visto che i dati nazionali sono già stati riportati e sono, ripeto, condivisi.
La realtà del Piemonte, che è una delle grandi regioni del Nord, che in questi ultimi anni ha conosciuto un'emergenza idrica sconosciuta in precedenza, vede un consumo medio annuo di oltre 8 miliardi di metri cubi d'acqua. Un'analisi del WWF Pag. 27risalente ad alcuni anni fa testimonia che, a livello nazionale, il 65 per cento dell'acqua viene consumata in agricoltura; nelle regioni del Nord invece questa percentuale arriva all'80-90 per cento. In Piemonte, infatti, quasi tutti quegli 8 miliardi di metri cubi vengono usati in agricoltura; solo una parte minima, 500 milioni di metri cubi, sono per usi industriali, mentre altri 500 milioni di metri cubi sono per usi civili. Allora il problema è capire come gestire e come rendere ecocompatibile la nostra agricoltura attuale.
In un momento di cambiamento climatico, ma anche di cambiamento culturale e colturale del nostro paese, dobbiamo saper dare delle linee politiche. In occasione dell'approvazione della legge finanziaria lo scorso mese di dicembre, il Governo ha accettato un mio ordine del giorno - che poi è stato anche ripreso nella risoluzione che abbiamo approvato nelle Commissioni riunite ambiente e agricoltura e che è inoltre contenuto nella mozione proposta all'esame di questa Assemblea da gran parte del centrosinistra e da gran parte dei componenti delle Commissioni riunite - in cui si parla del manuale di buona pratica irrigua, per condividere con le associazioni di categoria e con il mondo imprenditoriale agricolo delle linee di comportamento; ma è anche un tentativo vero, nuovo, di governare la riforma di questo nostro importante settore, l'agricoltura, che incide in modo diretto sullo stato dell'ambiente e sul nostro paesaggio.
Come dice il rapporto della FAO del 2002, gran parte dell'acqua utilizzata nel mondo è consumata in agricoltura (il 50 per cento), mentre nell'industria o per usi civici essa è consumata soltanto, rispettivamente, per il 10 e per il 5 per cento. Dunque, dobbiamo porci il problema se sono ancora sostenibili i nostri campi intensivi di mais, così come le risaie allagate e i campi allagati con l'irrigazione a scorrimento, che è un'irrigazione molto dispendiosa di acqua, un sistema ottocentesco, superato ormai in molti casi dall'irrigazione a pioggia, così come anche questa è già superata dall'irrigazione a goccia o da altri sistemi innovativi, che paesi come Israele o come la Spagna in Europa stanno usando da anni.
Questo dibattito è utile e sarà interessante e produttivo se usciremo da questa discussione non con il finanziamento di tutti i progetti possibili ed immaginabili che ci vengono sollecitati e proposti, bensì riuscendo ad elaborare una nuova politica di governo del problema dell'acqua in questo nostro paese. La risposta degli invasi è una risposta utile in alcuni casi - sono laico, lo voglio riconoscere - ma non risolutiva del problema. Il Piemonte consuma 9 miliardi di metri cubi di acqua e pur essendo una delle regioni settentrionali più strutturate dal punto di vista delle infrastrutture di contenimento di invasi d'acqua, essa ha attualmente una capacità di 440 milioni di metri cubi: quindi una risorsa veramente non paragonabile con l'esigenza annuale dell'agricoltura piemontese.
Occorre dunque cambiare l'agricoltura, cambiare il rapporto con il territorio ed avere la fantasia di dare corpo, gambe e braccia ad una politica agricola ed ambientale innovativa. Sono contento che nei giorni scorsi una dichiarazione comune del ministro Pecoraro Scanio e del ministro De Castro abbia individuato nella metà di questo mese un momento per fare il quadro della situazione dell'emergenza idrica, per impostare una nuova politica di comune condivisione del risparmio idrico, anche partendo dalla situazione dell'agricoltura. Non bisogna pensare che parlare del consumo idrico in agricoltura sia un attacco all'agricoltura. Ciò è volto a salvaguardare l'agricoltura dalle esigenze idriche crescenti, che non riusciamo a sostenere.
Concludo, riservandomi di intervenire in una fase successiva del dibattito, nella speranza che questo Parlamento sappia davvero essere sensibile alle richieste del territorio ma anche, e tanto più importante, a quelle di una politica innovativa e alternativa alla costruzione dei soli invasi che questo Governo - a mio giudizio - ha come impegno.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Presidente, colleghi, anch'io svolgerò il mio intervento articolandolo per punti schematici, riservandomi di utilizzare una parte del tempo a disposizione nella fase successiva del dibattito.
È importante che oggi siamo qui a parlare di un grande malato che riguarda tutto il sistema idrografico di irrigazione di questo paese. Vi sono problemi che riguardano il Meridione, di cui si parla da decenni, che evidentemente è difficile risolvere perché manca forse anche la volontà; vi sono problemi che invece riguardano il Nord di questo paese, che sono emersi in maniera molto forte negli ultimi anni a seguito di alcune crisi relative all'abbassamento del livello di magra ed hanno comportato una serie di riflessioni che fino a ieri in effetti non facevamo, mentre oggi risultano necessarie.
Essendo io un uomo del Po, preferisco concentrarmi soprattutto sul suo bacino idrografico, che è un bacino importante, lo ricordiamo. Se, infatti, il territorio di invaso che occorre servire per l'agricoltura rappresenta il 25 per cento, esso è anche quello che ha numeri altissimi: il 37 per cento dell'industria nazionale, il 46 per cento dei posti di lavoro nazionale, il 55 per cento dell'intera zootecnia di questo paese e il 35 per cento dell'agricoltura complessiva gravitano intorno a questo bacino. Si tratta dunque di un territorio che ha bisogno di una grande attenzione e che oggi è in grande difficoltà.
Vorrei anche ricordare per punti schematici una materia che, comunque, non può risolversi attraverso semplici mozioni, poiché è troppo complessa, complicata, tocca troppi interessi, troppi organi ed enti. Credo pertanto che questo sia uno di quei problemi che dovremo affrontare in modo complessivo.
È bene approfittare del tempo a disposizione per ricordare il quadro generale del problema, riservandomi di entrare nel dettaglio in una seconda fase.
Vi è il quadro delle riserve idriche, quelle da cui noi attingiamo, legate alla pioggia, ai ghiacciai, alle riserve dovute alle falde, anche ipodermiche, dovute all'irrigazione negli strati argillosi, che sono andati via via scemando, diminuendo. Vi è un problema legato all'innalzamento del cuneo salino, dovuto proprio alla magra, e sul quale dovremo intervenire; altrimenti l'acqua nel bacino idrografico del Po rischierà di diventare inutilizzabile, per cui tutti gli interventi potrebbero rischiare di diventare pesanti e anche inutili.
Per quanto riguarda il quadro delle utilizzazioni di quest'acqua, vi è un uso idropotabile, idroelettrico, ambientale, turistico e irriguo. Questi sono i quattro usi che nei momenti di maggior crisi incidono più profondamente, perché vanno poi ad assorbire in misura maggiore l'acqua disponibile. Rimangono poi l'uso termoelettrico, la navigazione interna, che comunque è collegata alla quantità d'acqua, l'uso produttivo industriale e quello produttivo idrogenico.
Se facciamo una considerazione relativa all'intero scenario descritto, partendo dal presupposto che l'Autorità del bacino del Po sta già facendo un quadro per l'utilizzo della risorsa e quantomeno per il superamento delle crisi, ritengo che sia importante analizzare gli interventi, già previsti dalla normativa, confermati dalla finanziaria e dal Cipe, che permettono, senza spendere troppi soldi, di ottimizzare al massimo il sistema.
Credo che quello del Po, e in generale quello dell'irrigazione, non sia un problema di grandi opere, bensì di maggiore utilizzo delle risorse, di miglioramento di un sistema che oggi non sta funzionando.
Ho redatto, anche con l'ausilio di alcuni esperti del settore, uno schema articolato in dieci punti, che proprio per brevità richiamo sinteticamente, riservandomi, se ve ne sarà la possibilità, di entrare successivamente nel merito, perché la materia molto importante e interessante.
Vi sono innanzitutto due aspetti da analizzare: gli interventi strutturali e organizzativi, gli uni collegati agli altri.Pag. 29
Gli interventi strutturali sono quelli più conosciuti: per la funzionalità delle opere di presa e derivazione (e qui entriamo nel discorso legato, ad esempio, ai bacini di bonifica, su cui dovremo fare alcune riflessioni); per la funzionalità delle reti di distribuzione, che, come accennava prima Mellano, in alcuni casi sono anche piuttosto vetuste per cui occorrerebbe riguardarle (è uno dei problemi principali del Meridione, ad esempio, quello della dispersione di acqua); per il recupero di risorse non utilizzate (i reflui, le acque di riciclo, su cui dovremo iniziare a fare politiche serie e non solo chiacchiere). Vi sono anche interventi per la realizzazione di invasi di riserva (e in questo caso bisognerebbe superare il preconcetto che fare un invaso, ad esempio una diga, in certi contesti sia un'aberrazione e non una necessità) ed interventi per il miglioramento della sede idrogeologica e ambientale, strettamente correlati.
Gli interventi organizzativi riguardano: la riorganizzazione e la riduzione del numero dei soggetti gestori (che potrebbe essere un primo passo su cui muoversi); l'organizzazione e le modalità di utilizzo delle risorse idriche con il controllo attivo della domanda e l'adeguamento delle strutture tariffarie con il controllo passivo della domanda; la lotta all'abusivismo anche rispetto all'acqua (purtroppo nell'alveo fluviale c'è anche questo); la riqualificazione della programmazione degli interventi infrastrutturali.
Prendiamo spunto anche da ciò che avviene in altri paesi europei. Qualcuno ha realizzato il «Parlamento dell'acqua» mettendo insieme tutti gestori e varando una sorta di legge obiettivo che superasse le pastoie burocratiche e le frequenti rivalità tra enti locali e tra le stesse regioni che si contrappongono l'una all'altra. Se vogliamo giungere a ciò, sarà necessario avere molta serietà.
Non servono le cabine di regia che rischiano di non diventare altro che burocrazie che si sommano a quelle già esistenti, ma un Parlamento vero (chiamiamolo come vogliamo), cioè uno strumento veloce e attivo che sappia trovare e saper spendere le risorse necessarie. Altrimenti rischieremo di discutere soltanto quattro mozioni che, tra l'altro, sono sovrapponibili.
Si tratta di un problema reale; tutti ne siamo consci e lo condividiamo. Auspico che le mozioni trovino una sorta di sintesi unitaria; il messaggio migliore che potremmo fornire esternamente agli operatori del settore è quello di mostrare un Parlamento unitario nell'affermare che il problema esiste, che le risorse sono sufficienti e che bisogna intervenire quanto prima. Però, più che ricercare grandi soluzioni con la «bacchetta magica», che rischiano di rimandare ancora una volta il problema, cerchiamo di individuare interventi veloci, efficaci ed immediati, anche «piccoli», ma che siano di sostegno e di aiuto ad un settore che, nell'approssimarsi dell'estate, rischia di trovarsi veramente in una situazione di piena emergenza e crisi.
Dobbiamo smettere di affrontare le crisi e cominciare a curare le malattie ancora prima che si manifestino.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la discussione generale che oggi svolgiamo sulle mozioni per la realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale parte da lontano. Potremmo sintetizzarla in un'affermazione telegrafica quanto tragica, certamente non originale: «il mondo ha sete». È necessario inquadrare i nostri ragionamenti in questa prospettiva, se vogliamo sottrarci ai tecnicismi, focalizzare l'attenzione sulle emergenze idriche attuali e su quelle potenziali e avere ben chiara l'insostituibilità del bene «acqua» e delle conseguenze devastanti di una sua carenza.
Ogni anno, per mancanza di acqua potabile, cioè per sete, muoiono circa seimila bambini. Ogni giorno i bambini che muoiono per malattie legate all'uso di acqua non potabile sono altrettanti. Ogni anno scompare una città grande quanto Roma a causa dell'uso di acque contaminate, Pag. 30mentre una città grande come Firenze si ammala per la stessa ragione.
Sono cifre che mettono i brividi alla schiena e di fronte alle quali l'inedia diventa complicità criminale. Si prevede che nel 2025 la domanda di acqua potabile sarà incrementata del 70 per cento e le persone escluse dal suo uso saranno tre miliardi. Secondo l'UNEP, il programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, un terzo della popolazione planetaria vive in condizioni di stress o di crisi idrici, prevalentemente in Africa e in Asia occidentale. Ma la crescita demografica e l'espansione industriale incontrollata hanno prodotto un peggioramento notevole in Cina, India e Indonesia.
L'Italia, con i suoi oltre tremila metri cubi teorici di acqua pro capite non avrebbe dovuto correre rischi. Invece, la situazione è andata via via deteriorandosi e il quadro si è fatto preoccupante. Potenzialmente siamo molto ricchi di acque, secondi solo alla Francia tra i paesi dell'Unione europea, con 175 milioni di metri cubi teorici annui, ben al di sopra di qualsivoglia stress idrico. È un dato che rimane confortante se si prende in considerazione la disponibilità effettiva, cioè quella calcolata con l'esclusione delle perdite naturali e delle possibilità di captazione. Tuttavia, tale disponibilità che ci ha visto primeggiare in Europa in termini di quota pro capite non è omogenea - com'è noto - sul territorio nazionale: il 65 per cento delle risorse è ubicato al Nord, il 15 per cento al Centro Italia, il 13 per cento al Sud, l'8 per cento nelle isole.
I mutamenti climatici incideranno ancora di più sulla disponibilità della risorsa acqua. Le previsioni, infatti - purtroppo confermate da alcune emergenze territoriali anche clamorose come quella del Po e dell'Adige - paventano un aggravamento della siccità e un avanzamento del processo di desertificazione dell'Italia meridionale ed insulare, con una tropicalizzazione progressiva delle aree centro-settentrionali. Se gli effetti delle desertificazione sono facilmente immaginabili, non altrettanto può dirsi dell'aumento della piovosità derivata dalla tropicalizzazione.
La particolare morfologia ricca di pendii, aggravata dalla cementificazione del letto dei fiumi, dalla riduzione delle aree boschive e dalla maggiore violenza delle piogge, non fa corrispondere alla tropicalizzazione un maggiore assorbimento d'acqua, né un incremento di risorse, ma semmai un più rapido deflusso verso il mare.
Tra i settori di impiego, la parte del leone - com'è noto - la fa l'agricoltura, e lo abbiamo sentito anche nel dibattito odierno, con oltre il 50 per cento del consumo di risorse, in prevalenza al Sud, seguita dall'industria, con il 20-30 per cento concentrato soprattutto al Nord e con circa il 10-20 per cento destinato agli usi civici. Tra tali quantità, solo il 2-3 per cento viene consumato per bere e per l'alimentazione, mentre il resto è assorbito dalle «sciacquone», per il 30 per cento, da lavastoviglie e lavatrici, ancora il 30 per cento, dal bagno e dalla doccia e da altri usi, come il lavaggio delle auto.
Si tratta di dati semplici e persino banali, ma proprio per questo appare irrinunciabile la creazione di una rete duale che consenta di riservare l'acqua potabile agli usi più delicati, mentre per gli scarichi ed gli usi extradomestici si potrebbe utilizzare acqua non trattata. Occorre comunque precisare che l'Italia ha, fra i tanti diversi primati positivi - dovuti peraltro a cause naturali - anche il pessimo primato europeo degli sprechi: tra acqua prelevata e quella utilizzata c'è, infatti, un gap di circa il 27 per cento (23 per cento al Nord e 30 al Sud e nelle isole).
La causa di questi sprechi è strutturale, legata cioè ad una rete idrica carente su cui la cosiddetta legge Galli prevedeva già dal 1994 un risanamento e un graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano - com'è scritto - «rilevanti perdite». Fino a quella data, nonostante il progressivo invecchiamento delle reti idriche, gli investimenti sono paradossalmente diminuiti.
Un ulteriore aspetto problematico è stata la privatizzazione delle acque minerali che, da proprietà pubblica, sono state Pag. 31sfruttate da privati per mezzo di concessioni regionali, talvolta inique. Per poche centinaia di migliaia di euro di canone, le aziende ottengono migliaia di milioni di euro di profitti. Il tutto è quasi sempre a beneficio di alcune multinazionali.
È noto che la Nestlè, in Italia, è proprietaria dei marchi quali San Pellegrino, Levissima, Panna, mentre la francese Danone è proprietaria dei marchi Ferrarelle, San Benedetto ed altri. Esse rappresentano circa un terzo del mercato mondiale, e questo è un problema.
La materia dunque è complessa e riteniamo che debba essere trattata con serietà e con responsabilità. Le proposte avanzate nella mozione di cui il primo firmatario è il presidente della Commissione ambiente, Realacci, e da me sottoscritta, detta solo alcuni degli spunti che possono essere assemblati intorno ad un diverso rapporto con l'acqua.
Rinviare infatti la soluzione dei problemi a piani straordinari e a ricerche scientifiche su nuove tecnologie, nonchè a finanziamenti eccezionali sulle infrastrutture, senza comporre con consapevolezza la linea civica dell'educazione all'uso dell'acqua per l'agricoltura, per l'industria e per l'uso civico, significherebbe commettere ancora l'errore che rischia di esserci fatale, vale a dire ritenere la terra un oggetto cristallizzato ed inesauribile.
Noi abbiamo una diversa concezione. Riteniamo infatti - per dirla anche con un nostro amico che ci ha abbandonato prematuramente, Paolo Colli - un pioniere dell'ambientalismo di destra e fondatore dell'associazione «Fare Verde», che anche se l'acqua non vota, così come non votano gli alberi, ha bisogno di tutto il rispetto possibile, perchè dalla sua disponibilità dipende il benessere del pianeta e dell'umanità.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella speranza che le mozioni presentate possano essere sintetizzate non solo e non tanto in una petizione di principio generale, ma anche in provvedimenti cogenti, auspichiamo che il Governo riesca a rendere operativi i finanziamenti stanziati nella precedente legislatura e che le norme approvate nel corso dell'ultima legge finanziaria possano trasformarsi in azioni responsabili, prima che questa emergenza, che, per alcune aree geografiche del nostro paese, è già diventata un autentico flagello, possa deteriorare ulteriormente questo bene che, paradossalmente, se ben utilizzato, potremmo addirittura esportare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo vuole portare il proprio contributo su una tematica così importante, sentita e davvero preoccupante. Vogliamo ringraziare tutti i gruppi che hanno presentato le mozioni sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale che meritano tutte il nostro voto favorevole, proprio perché trattano di un problema, a cui dobbiamo, come Parlamento della Repubblica, dare risposte chiare, senza alcuna titubanza. È evidente che la carenza di acqua è un problema sentito in misura maggiore laddove la stessa sopravvivenza è legata a questo bene, ma dobbiamo essere coscienti che stiamo parlando del bene più importante e prezioso per l'uso civile, quindi per la nostra sopravvivenza, per l'uso industriale, dato il valore economico che ha per un paese, e per l'uso agricolo e zootecnologico.
Alla base delle preoccupazioni di tutti, vi è la forte diminuzione delle precipitazioni piovose ed il conseguente bilancio idrico sfavorevole. È sotto gli occhi di tutti che i ghiacciai si stanno riducendo in maniera vertiginosa, che le nostre Alpi e i nostri Appennini non sono più innevati come dovrebbero, che le precipitazioni stanno calando e che i bacini di contenimento e di riserva di acqua piovana sono sempre più ridotti.
Nel nostro paese manca una cultura di base, che dovrebbe iniziare dalle scuole e che dovrebbe far capire al cittadino di cosa stiamo parlando, in modo da renderlo responsabile che, quando lascia il rubinetto aperto, sta sperperando un bene, un patrimonio, che non è suo, ma che appartiene all'intera collettività.Pag. 32
La siccità del bacino idrografico del Po è sotto gli occhi di tutti ed è quella che più ci ha allarmato in questo ultimo periodo e che ha fatto sì che fossero presentate queste mozioni. Lì, si assiste ad una risalita salina che impedisce la piena attività dei settori dell'agricoltura e del bestiame, con le conseguenti preoccupazioni di ordine sociale, economico, sanitario e veterinario.
Ed è per questo che noi ribadiamo e sottolineiamo il fatto che in tutte le mozioni si ritrova questo allarme. Un allarme che parte dal Protocollo di Kyoto, che bisogna fare applicare dai paesi dell'Unione europea, dagli Stati Uniti, ma anche dalla Cina e dall'India, paesi che hanno uno sviluppo incontrollato, che fa paura e che, ovviamente, aggrava l'effetto serra.
L'aggravamento dell'effetto serra comporta naturalmente ripercussioni negative sulle precipitazioni. Paradossalmente il nostro Sud, che era abituato a precipitazioni ridotte, ha una cultura delle riserve di bacino superiore al Centro Nord, dove troviamo con zone impreparate a fronteggiare questa emergenza. La delibera del CIPE n. 74 del 27 maggio 2005, che ha approvato il piano irriguo nazionale, deve essere applicata, deve trovare sia nell'impegno quindicennale sia nell'impegno di bilancio annuale le risorse necessarie al sostegno di tutte le opere necessarie non solo da un punto di vista irriguo, ma anche per le abitazioni civili.
Il ciclo delle acque deve essere preso più seriamente in considerazione dal Governo; è un ciclo che si completa se si ha la capacità di far sì che non si butti via niente, soprattutto in certi periodi, perché le acque reflue dal consumo umano e animale possono essere ben utilizzate per la nostra agricoltura. Si tratta di una cultura che già hanno altri paesi - la Spagna, la Francia e molti paesi mediterranei dell'Africa del nord - dove la valorizzazione dell'acqua è sicuramente maggiore rispetto al nostro paese. Noi eravamo abituati, in un periodo di cosiddette vacche grasse, a sperperare questo bene e in un momento di serio calo delle precipitazioni e della capacità dei nostri bacini il problema si pone concretamente.
Il Governo, ovviamente, deve trovare dei finanziamenti in tempi rapidi per far fronte all'emergenza. Esso, tuttavia, deve varare piani non solo a breve termine, che sono sicuramente importanti, ma anche a medio e lungo termine, perché a medio termine sono l'agricoltura e l'allevamento a rappresentare delle emergenze, ma a lungo termine è la stessa alimentazione umana ad essere in pericolo, è l'approvvigionamento per le abitazioni civili a rappresentare l'emergenza.
È necessario che sia il Governo, sia la Conferenza Stato-regioni, sia, soprattutto, le regioni stesse siano preparati seriamente di fronte ad un problema così importante .....

PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha ancora a disposizione circa tre minuti; tuttavia vorrei ricordarle che questo è il tempo totale assegnato al suo gruppo per la tutta la discussione delle mozioni. Ne tenga conto, grazie.

LUCIO BARANI. Grazie Presidente, mi avvio alla conclusione per seguire i suoi consigli, che sono sempre pronti e puntuali.
Noi crediamo sia necessario ritornare sul problema con provvedimenti ad hoc per valorizzare a tutti i livelli l'acqua ed il ciclo dell'acqua e per cercare di far sì che le regioni e le amministrazioni siano maggiormente pronte ad affrontare l'importante questione.
Invito nuovamente il Governo a dare attuazione alle delibere CIPE n. 74 del 27 maggio del 2005 e n. 75 del 2006, rendendo disponibili le necessarie risorse finanziarie per fronteggiare questa emergenza.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Pag. 33

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Boco.

STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ritengo molto rilevante questa discussione e credo che la sacralità di quest'aula le attribuisca un doppio binario di importanza. Pertanto, se me lo permette, signor Presidente, vorrei intervenire alcuni minuti a seguito della discussione sulle linee generali; dopodiché, si deciderà in ordine al prosieguo dei lavori dell'Assemblea.
Ho percepito una grande sintonia tra tutti i gruppi parlamentari, nonché una grande preoccupazione e, mi permetto di aggiungere, un grande pathos attorno a questo tema.
Sono state presentate quattro mozioni parlamentari e il Governo - lo dico subito - non solo le accoglie, ma ringrazia i proponenti per avergli dato la possibilità di esprimersi in questo dibattito, dopo aver ascoltato i colleghi intervenuti.
Vorrei parlare di oneri e di onori, come ricordava il collega Mellano. Inoltre, rivolgendomi al collega Barani, vorrei anche sottolineare che il Governo ha molto a cuore questo argomento e sente sulle proprie spalle il peso di costruire e dare vita a soluzioni.
Sono stati ricordati molti temi affrontati nelle mozioni: i finanziamenti, le grandi risorse stanziate con l'ultima legge finanziaria, ma anche con quelle precedenti, nonché le decisioni assunte nella passate legislature. Assicuriamo tutto il nostro impegno e tutta la nostra attenzione rispetto alla problematica in questione: utilizzeremo, fino all'ultima, tutte le risorse che si possono mettere al servizio del nostro paese.
Poiché molti colleghi me ne hanno data l'opportunità, vorrei rispondere in termini generali. Il mondo sta cambiando: quest'Assemblea, che ha vissuto la storia della nostra Repubblica, la storia della Repubblica italiana, in passato, forse, non si è posta il problema: esso non esisteva. Noi pensavamo che tragedie come il mutamento del mondo e del clima fossero catastrofismi, cose lontane. Avevamo sempre avuto la percezione dell'esistenza di alcuni luoghi del pianeta cosiddetti sfortunati, nei confronti dei quali ci si doveva interrogare sul proprio diritto alla vita. Oggi, è nella coscienza di tutti che sta cambiando la regola del rapporto con la vita di tutta l'umanità. Quello che era considerato un bene scontato - l'acqua - sta diventando, forse, uno dei più grandi drammi che l'umanità dovrà affrontare. In alcune fasi, in alcuni momenti, in alcune zone del pianeta è un vero e proprio dramma della vita; in altre è un grande interrogativo. Se muta il clima, cambia il mondo; e noi abbiamo il dovere di modificare i nostri comportamenti: questa è la grande sfida che la politica, il Parlamento e il Governo di un grande paese come il nostro devono affrontare. Non c'è più tempo per scappare: il mutamento del clima impone un modello di società, un modello già costruito secondo un canone di sviluppo ottocentesco con tutti i suoi cardini produttivi.
Si è parlato molto di agricoltura e, nell'ambito delle mie competenze al Ministero per le politiche agricole, sento molto l'impegno di affrontare questo tema. La questione portante è esattamente quella di lavorare tutti insieme per dare vita ad un processo che coinvolge un grande paese, ai fini dell'attuazione di un grande obiettivo: cambiare i nostri comportamenti.
Vedete, nessuno pensa che si possano disperdere le nostre ricchezze. Nessuno getta quantitativi di petrolio, o di grano, o di gas, o di tutte le grandi ricchezze del pianeta, mentre è normale per noi vivere in una società che considera l'acqua una cosa che si può disperdere. Ci viviamo tutti insieme e lo dico anche se può sembrare irrituale, e me ne scuso con il Presidente Bertinotti. Il fatto è che la politica ovviamente Pag. 34ha un ruolo; un Governo ha un grande ruolo: quello di applicare le leggi e di governare il paese.
Tutti insieme però abbiamo un ruolo nuovo in questo cambiamento, ed è quello di sensibilizzare il nostro paese, di far percepire alla nostra contemporaneità, ma anche alle generazioni che verranno, che il tempo delle vacche grasse, come il collega Barani ricordava, non c'è più.
Non si tratta quindi di un problema che riguarda magari una annata particolare, ma ci viene posto invece un cambio strutturale del rapporto con il clima.
Per la prima volta la contemporaneità si pone un problema: siamo noi a cambiare e a costruire questo dramma. L'effetto serra, le immissioni in atmosfera, il surriscaldamento del pianeta, portano a dei dati oggettivi. Ecco perché le politiche sono anche un pezzo solo di un grande problema. È un grande cambiamento che io considero rivoluzionario: rivoluzionare i comportamenti soggettivi e collettivi di una intera società.
Quando si affrontano questi temi, non si parla ovviamente di un paese solo, del nostro paese, ma si parla del dovere di affrontare questa discussione nel nostro paese.
Io cerco di ricordarlo sempre: fino a poco tempo fa, fino all'Ottocento, in ogni casa che veniva costruita, si prendeva in considerazione la captazione delle acque invernali. Si captavano le piogge che davano poi la possibilità di riavere l'acqua in altri momenti. Noi, da più di un secolo, viviamo in una contemporaneità che ha abbandonato la capacità di pensare a questa possibilità.
Lo ricordava il collega Rampelli. Questo per me è un fatto che fa percepire dove siamo finiti. Per noi è normale vivere in una collettività e in una società in cui nel water delle nostre case scarichiamo acqua potabile.
Questo dimostra quanto siamo lontani e quanta strada dobbiamo fare tutti insieme per ricostruire questi comportamenti.
Le mozioni danno una possibilità, ma in Parlamento, in questa grande agorà che dà la possibilità alla politica di interrogarsi, di porre il problema, noi dobbiamo fissare esattamente l'obiettivo di un cambio completo, fatto al servizio e per servire i nostri cittadini, le nostre donne e i nostri uomini, i nostri figli, per qualche cosa di cui oggi dobbiamo riappropriarci.
Vedete, non basteranno politiche che organizzino solamente gli invasi (e non entro assolutamente nel merito di un aspetto, quello sui grandi invasi, che alcuni contestano e altri condividono). Io dico che noi ci troviamo di fronte ad un passaggio molto, molto delicato, che è quello della percezione.
Veniva ricordato in questa discussione che noi abbiamo riscontrato quest'anno solo un terzo del quantitativo usuale di innevamento che poi andrà a confluire nei grandi bacini di adduzione. La situazione sta cambiando. Ecco perché dobbiamo modificare le politiche e soprattutto dobbiamo mettere il meglio di noi stessi, della nostra ricerca, del nostro mondo, al servizio delle soluzioni che devono essere prospettate.
In un punto di una delle mozioni (io auspico tra l'altro che la discussione porti ad un documento di indirizzo unitario, come auspicava anche il presidente Lion) viene ricordato che ci sarà una conferenza nazionale sull'acqua. Proprio su quest'ultima noi dovremo puntare l'obiettivo, oltre che soffermarci sui finanziamenti e sull'applicazione rigida degli stessi. Noi ci dobbiamo porre l'obiettivo, come Italia, di reinterpretare quello che c'è a disposizione e di ripensare, ricostruire e riproporre le possibili soluzioni.
Non cambieremo ovviamente le sorti del pianeta solamente con i nostri comportamenti, ma in quest'aula abbiamo una grande responsabilità: dobbiamo essere responsabili del nostro agire. Non possiamo continuare a registrare dati relativi all'emissione di gas ad effetto serra di tali entità. Il Governo deve assumersi un impegno: deve essere vigile e sentire sulle proprie spalle l'onere e l'onore di far fronte a tale problematica, assumendosi la grande responsabilità di dire una cosa semplice: ora basta! Non si può più pensare Pag. 35di portare avanti una politica che considera l'acqua una risorsa in eccesso!
Non si vuole criticare nessuno; dobbiamo solo assumerci le nostre responsabilità, perché nel 2007 il mondo è cambiato e ciò impone un cambiamento anche da parte nostra! Se riusciremo nell'intento, incentiveremo comportamenti soggettivi e collettivi diversi, con conseguenti spunti di riflessione e determinate linee di azione.
Non so dove arriveremo, ma, di sicuro, dovremo riuscire ad ottenere il meglio di noi stessi. Il Governo si caricherà sulle spalle questa sfida, perché sente davvero di doverlo fare!
Per conseguire tale obiettivo, dovremo tendere - è un auspicio - ad un nuovo rinascimento del pensiero e dell'agire collettivo: lo dobbiamo fare costantemente, quotidianamente in ogni amministrazione, fino al Governo centrale, in ogni aula elettiva, fino a questo Parlamento che è l'Assemblea elettiva per eccellenza e credo che l'Italia si trovi nelle condizioni di poterlo fare.
Ringrazio, pertanto, i presentatori delle mozioni in esame per aver fornito l'occasione di affrontare la problematica in questione sulla quale stiamo, peraltro, già lavorando. Nelle Commissioni riunite agricoltura e ambiente, come il presidente Lion ha ricordato, questo lavoro è già iniziato.
Ora abbiamo di fronte un grande cammino, ma non bisogna perdere un passo, non bisogna perdere un giorno, non bisogna perdere mai la convinzione dell'obiettivo che vogliamo raggiungere!
Credo che la nostra vita e quella del pianeta - lo dico senza alcun catastrofismo - in questo momento della storia sia in mano agli uomini ed alle donne che avranno la capacità di leggere la realtà e di saperla cambiare.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 12 aprile 2007, alle 11,30:

1. - Informativa urgente del Governo sugli sviluppi relativi alla vicenda del sequestro di Daniele Mastrogiacomo e dei suoi collaboratori afgani.

2. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 17,40.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARCO LION IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI SULLA REALIZZAZIONE DI OPERE RELATIVE AL PIANO IRRIGUO NAZIONALE

MARCO LION. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema all'ordine del giorno è particolarmente sentito dal nostro Parlamento. Infatti, già le Commissioni competenti, in particolare la Commissione XIII Agricoltura e la Commissione VIII Ambiente della Camera dei deputati, fin dall'inizio della presente legislatura, vi hanno dedicato specifiche sedute, affrontando sia il problema delle crisi dei corpi idrici del Settentrione, sia lo stato delle infrastrutture idrauliche e gli interventi pubblici in campo irriguo nel Meridione.
Il lavoro svolto dalle due Commissioni ha prodotto significativi risultati. In particolare, le Commissioni riunite sono pervenute, nella seduta del 28 marzo scorso, all'approvazione di una risoluzione che, riprendendo gli elementi contenuti negli atti di indirizzo presentati da diversi gruppi, reca importanti indicazioni per un'azione coordinata e incisiva, idonea a fronteggiare le difficoltà del settore idrico a livello nazionale, tenendo conto, al tempo stesso, delle specificità delle singole aree del paese. La Commissione Agricoltura ha inoltre avviato, il 6 febbraio scorso, l'esame in sede referente di alcune proposte di legge concernenti l'istituzione dell' «Agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche nell'agricoltura», con le proposte Pag. 36di legge A.C. 1985 Misuraca, A.C. 2136 Lion, e A.C. 2214 Delfino, in relazione alle quali si è deliberato di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva, per acquisire i necessari elementi istruttori.
L'acqua è una risorsa fondamentale per il sostentamento della vita sulla terra e per la conservazione degli ambienti naturali. Le problematiche legate alla gestione qualitativa e quantitativa dei corpi idrici, e in particolare le questioni relative alla salvaguardia delle loro disponibilità, presenti e future, sono uno dei cardini delle discussioni mondiali sullo sviluppo sostenibile e sui cambiamenti climatici. Siamo in presenza di scenari allarmanti che oggi si pongono con particolare gravità soprattutto in ambito nazionale, specialmente per quanto riguarda le emergenze connesse alle crisi idriche (problemi di siccità o di desertificazione), e gli eventi gravemente eccezionali (alluvioni e dissesti territoriali), che ormai si ripetono con preoccupante frequenza.
Non può sfuggire che nel prossimo futuro, se non interveniamo in maniera efficace, chi controllerà la distribuzione dell'acqua avrà un potere immenso. Dobbiamo con forza riaffermare che l'acqua è un bene primario pubblico e laddove la sua distribuzione avviene attraverso strutture di tipo commerciale la proprietà delle fonti di approvvigionamento deve restare sotto il controllo della cittadinanza. Non è retorica statalista, ma è un principio cardine di garanzia e tutela della libertà individuale.
Si tratta di temi che bisogna affrontare con urgenza, con la consapevolezza che, se si vuole giungere a soluzioni adeguate, occorre intervenire, in modo sistematico, a diversi livelli: al livello culturale, innanzitutto, poi al livello economico e produttivo, infine al livello politico.
Le azioni da adottare non si dovrebbero limitare al contenimento dei danni o alla prevenzione degli eventi calamitosi, ma dovrebbero stimolare un autentico cambiamento di prospettiva rispetto al tema della difesa delle risorse idriche, incidendo sulla formazione culturale e sulla sensibilità dei cittadini.
Per fare fronte alle emergenze idriche è necessaria, infatti, la condivisione, da parte di ciascuno, di principi e regole, che si traducano in comportamenti generalmente diffusi. Bisogna superare un vecchio orientamento, tuttora forte, che si fonda, anche in modo non pienamente consapevole, su una concezione produttivistica e mercantile dell'uso dell'acqua, per cui la gestione delle risorse idriche si configura come uno «sfruttamento» delle stesse, e paradossalmente vengono ritenuti uno «spreco» i deflussi naturali, anche se minimi, se si è in presenza di derivazioni per scopi produttivi. Si tratta, pertanto, di rendere effettivamente e convintamene consapevoli i cittadini che l'acqua è un bene prezioso e questa convinzione deve affermarsi nei comportamenti quotidiani. In questo senso molto è stato fatto, sul piano della comunicazione istituzionale, rileviamo però che l'eccessiva «commercializzazione» e privatizzazione dell'acqua incide in maniera significativa sulla convinzione che, attraverso la monetizzazione delle risorse idriche, l'acqua da bene comune e diritto dell'individuo diventi una sorta di prodotto che una volta acquistato possa essere utilizzato o sprecato a piacimento.
Risparmiare e usare razionalmente l'acqua è, in primo luogo, una questione etica, in quanto si tratta di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali, nel rispetto dell'integrità dell'ambiente e delle risorse disponibili, dal momento che non possiamo pregiudicare l'aspettativa delle generazioni future a poter vivere in ecosistemi integri e fruibili.
Una maggiore disponibilità di acqua potabile, un adeguato sistema di infrastrutture atte a tutelarle dall'inquinamento e l'accesso ad adeguate risorse idriche per la produzione agroalimentare, per l'industria e gli scopi civili, sono elementi fondamentali per lo sviluppo dell'economia e per il sostentamento delle funzioni ecologiche degli ecosistemi naturali. È per questo, quindi, che sussiste la necessità di raggiungere un equilibrio tra la crescente Pag. 37domanda di acqua per i diversi usi e il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi che da essa dipendono.
Riguardo alla situazione interna, possiamo constatare che, nonostante l'Italia sia un paese potenzialmente ricco di risorse idriche, il fabbisogno civile e produttivo non risulta adeguatamente soddisfatto su tutto il territorio nazionale e lungo tutto il corso dell'anno; ciò non solo per i fattori climatici, ma anche per un inefficiente e vetusto sistema di opere idriche.
Una delle maggiori fonti di acqua per il nostro paese sono le precipitazioni. La distribuzione delle acque meteoriche tra le diverse aree del paese, tuttavia, è assai disomogenea; al tempo stesso, la quantità di precipitazioni non è di per sé sufficiente a garantire un'abbondante disponibilità idrica.
Si può riscontrare che, sommando le diverse fonti di approvvigionamento, si ottiene che nel complesso le risorse totali effettivamente utilizzabili ammontano a circa 52 miliardi di metri cubi annui, a fronte di un fabbisogno idrico complessivo di circa 40 miliardi di metri cubi.
Sulla base di questa situazione generale, occorre esaminare le modalità di utilizzo dell'acqua. Emerge innanzitutto che, anche a livello di gestione delle risorse idriche, come per molti altri aspetti, l'Italia è un paese diviso in due. Siamo in piena emergenza idrica sia al Nord, sia al Sud, ma per cause opposte: al Nord le criticità sono dovute al drammatico stato di dissesto idrogeologico del territorio, determinato dall'eccessivo e sconsiderato sfruttamento produttivo dei corpi idrici, mentre al Sud i problemi sono causati dall'assenza di infrastrutture idrauliche capaci di raccogliere e distribuire in modo razionale ed efficace l'acqua disponibile.
Nel nostro paese l'incidenza dei prelievi sulle risorse disponibili assume un valore molto elevato, superiore alla media dei paesi europei. L'Italia, infatti, si presenta come un Paese potenzialmente ricco di risorse idriche, il che ha contribuito allo sviluppo, sia in campo agricolo, sia industriale, di attività maggiormente esigenti sotto il profilo idrico ed ha determinato una modesta attenzione al problema del risparmio dell'acqua. Il nostro consumo irriguo per ettaro si attesta su valori mediamente doppi rispetto a quelli di altri paesi europei del Mediterraneo e anche il consumo industriale, ancorché in declino, è tuttora elevato. È facile rendersi conto della gravità della situazione che si potrebbe determinare, nel caso in cui si protraesse ulteriormente la diminuzione degli apporti meteorici in atto da alcuni anni. Si deve anche evidenziare che nel persistere delle crisi idriche, i livelli di inquinamento delle acque tenderebbero a salire, con pesanti conseguenze sull'equilibrato funzionamento degli ecosistemi acquatici.
È perciò importante imprimere una forte accelerazione a tutte quelle azioni volte a porre in stretta relazione prelievi e disponibilità di risorse, a favorire il risparmio idrico ed il riutilizzo delle acque. Proprio perché vogliamo avere un approccio positivo al problema, voglio riaffermare la contrarietà dei Verdi a ipotesi di «monetizzazione»: l'acqua è un diritto primario quindi deve avere un costo contenuto, sarebbe inaccettabile semplificare aumentando il prezzo dell'acqua, sperando così di dissuadere dall'uso, la strada giusta è invece l'incentivazione del risparmio idrico. Dovrebbe essere realizzata una articolata serie di interventi, dall'adozione di agevolazioni per chi risparmia acqua, passando per l'adeguamento e l'equità delle tariffe e la diffusione della cultura del risparmio idrico, fino ad arrivare all'orientamento verso produzioni e attività meno idroesigenti. Non sarebbe accettabile che nel nostro paese l'acqua costasse di più dove è più scarsa, perché questo aumenterebbe di molto la sperequazione anche in termini di capacità produttiva, poiché è del tutto ovvio che le zone con scarsità di acqua sono anche quelle più arretrate economicamente.
La domanda idrica agricola, che rappresenta la quota maggiore della domanda complessiva, risulta in espansione per l'aumento delle superfici irrigabili e per effetto del maggior ricorso all'irrigazione Pag. 38anche nelle pianure settentrionali, nonostante il crescente, seppure insufficiente, impiego di metodi irrigui a maggiore efficienza agronomica.
I risultati della ricerca in campo agronomico hanno dimostrato che si può fare un uso migliore dell'acqua in agricoltura; tali risultati, tuttavia, stentano a tradursi in comportamenti virtuosi e in tecniche effettivamente applicate. Le difficoltà che si riscontrano nella divulgazione tra i produttori agricoli delle conoscenze prodotte dalla ricerca dipendono in misura significativa anche dalla frammentazione degli enti gestori delle risorse idriche. Ritengo pertanto ineludibile un'azione del Governo di informazione e promozione delle buone pratiche irrigue, attraverso una sollecitazione ad interventi coordinati da parte dei diversi soggetti coinvolti.
In alcuni casi, l'impiego inefficiente dell'acqua in agricoltura è causa di crisi ambientali; basti pensare a ciò che avviene nella pianura romagnola, ove si registrano gravissimi fenomeni di subsidenza, o agli squilibri idrici cui vanno incontro molti bacini italiani, tra cui il bacino del Po. Spesso l'eccessivo impiego irriguo, unito alla cronica inefficienza dei depuratori delle città, fornisce anche un sensibile contributo al fenomeno dell'eutrofizzazione dei corsi idrici, e quindi del mare. Le soluzioni tecniche per favorire il risparmio idrico sono in gran parte note: l'impiego integrato e combinato di tutte le tecniche potrebbe già consentire un risparmio globale valutabile attorno al 30 per cento, anche tramite l'adozione di metodi irrigui dotati di elevata efficienza, come l'aspersione ed ancor più la microirrigazione. Altri importanti fattori non strettamente agronomici possono determinare consistenti riduzioni nei consumi e negli sprechi: la realizzazione di piccoli invasi aziendali per trattenere le acque piovane, l'adozione di turni corti, il passaggio da un sistema tariffario basato sulla superficie irrigabile ad uno parametrato al volume dell'acqua utilizzata; ciò di per se stesso incentiverebbe un'immediata contrazione dei consumi e, al tempo stesso, il ricorso alle pratiche agronomiche e irrigue di maggior efficienza.
Altro aspetto di grande importanza è il riutilizzo delle acque. Tale processo dovrebbe essere reso, per quanto possibile, obbligatorio; il riutilizzo, infatti, concorre alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche e permette di limitare il prelievo di acqua. Occorre tuttavia garantire che esso avvenga in condizioni di sicurezza ambientale. Gli standard di depurazione richiesti per il riutilizzo devono dunque essere necessariamente molto severi, specialmente per quanto riguarda il rischio di contaminazioni da agenti patogeni.
Sarebbe auspicabile che i ministeri competenti, in particolare quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e quello delle politiche agricole alimentari e forestali, dedicassero maggiore attenzione al risparmio e al recupero idrico, dando indirizzi cogenti in modo che nella pianificazione della gestione delle risorse idriche venga adeguatamente riconosciuto il ruolo del riutilizzo delle acque reflue.
Una speciale riflessione si deve fare sulla situazione delle infrastrutture irrigue del nostro paese. L'Italia versa in situazioni critiche sia al Nord, sia al Sud, ma per cause opposte. Si deve pertanto rivolgere un impegno concreto, mirato e continuativo verso il risanamento delle carenze e dei guasti attualmente presenti.
Occorrerebbe svolgere un'azione incisiva per risanare il dissesto idrogeologico che sta travolgendo l'Italia settentrionale, riportando in condizioni di equilibrio e di sostenibilità le derivazioni idriche dai bacini naturali, concedendo l'uso delle sole risorse disponibili e preservando inderogabilmente i deflussi minimi vitali di ogni corpo idrico. A quest'ultimo proposito segnalo l'esigenza di un intervento specifico e risolutore per fissare l'obbligo del rispetto del deflusso minimo vitale costante per il Lago di Idro e quello di Molveno. Al tempo stesso occorre sorvegliare gli usi industriali delle derivazioni affinché non eccedano le reali concessioni, favorendo Pag. 39usi irrigui razionali e contenuti e incrementando la manutenzione dei corpi idrici in modo che siano mantenute efficienti le loro capacità di invaso e di redistribuzione nel tempo delle acque.
Ancora, per quanto riguarda il Nord, in particolare il Ministero dell'ambiente dovrebbe verificare con urgenza l'entità effettiva del numero di concessioni in atto e controllare se esse siano proporzionate alle relative disponibilità naturali; un analogo controllo dovrebbe essere svolto nei confronti degli enti, pubblici e privati, che hanno il compito di gestire per fini irrigui le acque naturali, in modo da accertare se dietro la destinazione agricola non si nasconda in modo surrettizio l'utilizzo dell'acqua per altre attività economiche, tra cui la produzione di energia elettrica. Eventuali comportamenti ingannevoli andrebbero severamente perseguiti.
Per quanto attiene alle problematiche idriche del Meridione, le priorità sono essenzialmente due: attivare immediatamente un programma di realizzazione di infrastrutture idrauliche serio ed aggiornato; riorganizzare gli enti e gli organi con competenze in materia idrica, secondo criteri di efficienza. A tal fine dovrebbe essere favorito il superamento delle eventuali gestioni commissariali, da trasformare, se del caso, in apposite agenzie.
Il ritardo del Sud nel campo delle infrastrutture irrigue continua ad accrescersi. Le inefficienze si devono imputare principalmente al mancato utilizzo dei fondi pubblici che sono stati stanziati. Se prendiamo a riferimento il 2006, emerge che, nella ripartizione dei relativi fondi statali, a causa della assoluta carenza di progetti «esecutivi» relativi ad opere di irrigazione da ubicarsi nei territori delle regioni del Mezzogiorno, l'intero stanziamento di circa 550 milioni di euro è stato assegnato alle aree centro-settentrionali del Paese.
La mancanza di un «parco progetti», già emersa negli anni precedenti e più volte segnalata alle competenti regioni ed ai consorzi di bonifica interessati dal Commissario ad acta per le attività in passato di competenza dell'Agensud, è in gran parte da ascrivere alla situazione strutturale del sistema degli enti preposti alle attività di programmazione e progettazione delle opere irrigue che, nelle regioni anzidette, versa da tempo in uno stato di difficoltà finanziarie e di incertezza, anche dovuto alle frequenti variazioni di indirizzi regionali nei confronti di tali organismi. E indubbio, infatti, che tali enti, costretti da anni a fronteggiare un continuo stato di crisi, non riescono ad elaborare pianificazioni strategiche, dalle quali far derivare un virtuoso programma, ben definito nei tempi, di predisposizione dei progetti di intervento, in modo da soddisfare le condizioni previste per l'accesso ai finanziamenti statali.
Questo stato di arretratezza deve assolutamente cessare. Per questo motivo, dal momento che la legge finanziaria per il 2007 ha destinato apposite risorse alla realizzazione delle opere previste dal Piano irriguo nazionale, con uno stanziamento di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 150 milioni per gli anni 2008 e 2009, nonché , con ulteriori autorizzazioni di spesa, per gli anni 2007-2010, chiediamo al Governo di impegnarsi in modo specifico per assicurare che, mediante tali risorse, si contribuisca efficacemente a superare le carenza della dotazione di infrastrutture irrigue del Mezzogiorno.
Ho inteso evidenziare gli aspetti essenziali che il tema dell'acqua coinvolge, sia in termini generali, sia per quanto riguarda le criticità che si manifestano in modo specifico nelle diverse aree del paese. Sono temi sui quali, come ho accennato, la Commissione Agricoltura, insieme alla Commissione ambiente, ha svolto e continua a svolgere un intenso e proficuo lavoro di approfondimento. La mozione Realacci, che porta anche la mia firma, riprende i contenuti della risoluzione già approvata dalle Commissioni riunite e interviene su tutte le questioni che ho richiamato, sollecitando da parte del Governo una diversificata serie di iniziative, che interessano un più forte coordinamento tra il gran numero dei soggetti competenti, il controllo sulle modalità di utilizzo, l'emergenza idrica dei Pag. 40grandi bacini delle regioni settentrionali, la realizzazione nel Mezzogiorno di una rete infrastrutturale adeguata, la diffusione in agricoltura di buone pratiche irrigue. Ritengo che tale mozione rappresenti un atto di indirizzo equilibrato e completo, sul quale, come è già accaduto nelle Commissioni riunite Ambiente e Agricoltura, tutti i gruppi politici potrebbero convergere.
Ribadisco, in conclusione, l'invito pressante all'Esecutivo ad impegnarsi su un problema di importanza vitale, raccogliendo le indicazioni del Parlamento. In particolare, intendo rivolgere una specifica istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché attivi immediatamente la task force per la vigilanza sui corpi idrici oggetto di derivazioni per usi produttivi, e al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, perché vengano realizzati interventi incisivi per rendere più razionale l'uso dell'acqua in agricoltura, attraverso l'adozione di pratiche irrigue idonee a tutelare le risorse ambientali e, al tempo stesso, salvaguardare la capacità produttiva e la competitività del sistema agricolo nazionale.
Rinnovo inoltre l'invito ai presentatori delle altre mozioni di convergere su un unico testo in modo che da questa Camera parta un segnale forte al Governo e al Paese sulla gestione sostenibile delle risorse irrigue. A tal fine auspico che il lavoro già svolto positivamente nelle Commissioni riunite agricoltura e ambiente possa essere la base per un documento comune da votare la prossima settimana.