XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 136 di mercoledì 28 marzo 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

La seduta comincia alle 10,10.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Adornato, Bimbi, Brugger, Burgio, Ciocchetti, Cordoni, Donadi, Franceschini, Giovanardi, Landolfi, Lo Presti, Lusetti, Melandri, Meloni, Musi, Pisicchio, Provera, Ranieri, Sgobio, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato; Zaccaria ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (A.C. 648-1571-1782-1849-A) (ore 10,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione, in prima deliberazione, del testo unificato delle proposte di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato; Zaccaria ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica.
Ricordo che nella seduta del 12 dicembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 648-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato della Commissione e degli emendamenti ad esso presentati (vedi allegato A - A.C. 648-A ed abbinate sezione 1).
Ha chiesto di parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni sulla questione della lingua, in modo particolare in relazione ad alcune affermazioni che ho sentito fare durante la discussione sulle linee generali. In modo particolare, ho sentito affermare che la lingua italiana avrebbe costituito l'elemento unificante della nazione italiana. Vorrei sfatare questa affermazione, anche perché - come tutti sappiamo - nel 1870 erano ben pochi coloro che parlavano la lingua italiana. Possiamo dire che in totale erano 600 mila coloro che la capivano. Di questi 600 mila, 400 mila erano fiorentini. Pertanto, fare una affermazione di questo tipo significa dire una falsità storica.
Ancora, come si può sostenere che la lingua ha fatto gli italiani? Vorrei svolgere un'altra osservazione: la televisione ha Pag. 2fatto gli italiani e la lingua italiana. Sfido chiunque qui dentro - veneti, siciliani, calabresi, piemontesi - a dire che si capivano fra loro prima della diffusione della televisione. Ancora oggi facciamo fatica a capirci. Io, veneta, faccio fatica a capire un siciliano. Quindi, queste sono affermazioni che veramente non trovano motivazioni storiche e reali.
D'altra parte vorrei spendere anche qualche parola in difesa della lingua veneta, che erroneamente viene definita dialetto. La lingua veneta - lo dobbiamo dire - è addirittura anteriore a quello che viene definito italiano e che dobbiamo avere il coraggio di chiamare semmai fiorentino. Qualcuno tirava in ballo Dante. Ma tutti noi sappiamo quanta fatica ancora oggi facciano gli studenti a capire Dante e La Divina Commedia. Noi insegnanti dobbiamo usare tutto il nostro tempo per fare le cosiddette parafrasi che i nostri studenti odiano tanto. Ma, se noi diamo loro in mano testi scritti in veneto - voglio nominare Storia dea guera de Ciosa di un certo Chinazzo del tredicesimo secolo -, i nostri ragazzi capiscono benissimo cosa vi è scritto. La lingua veneta è una lingua che, come si dice, deriva dal latino parlato, ma aveva un sostrato venetico. Voglio ricordare che ad Est, dove abito, esiste il primo museo nazionale della cultura e della civiltà paleoveneta. Ebbene, nella civiltà paleoveneta, nel VI secolo a.C., esisteva già la scrittura. Esisteva una dea, Reitha, che era la dea preposta alla scrittura. Quindi, voler relegare a lingua dialettale quella veneta significa commettere veramente un errore madornale, se non addirittura un'ingiustizia.
Voglio ricordare anche che quella veneta è stata riconosciuta dall'UNESCO come lingua. Nelle amministrazioni comunali e provinciali dei nostri paesi e delle nostre città venete si parla ancora oggi la lingua veneta e tutti la comprendono: quando si dice che la lingua è tale quando essa viene usata sia in famiglia sia nel linguaggio amministrativo.
Insistere nel riconoscere quella italiana quale lingua ufficiale della Repubblica ritengo sia un grave errore ed una grave ingiustizia; conseguentemente, non si giustificherebbe l'atteggiamento dello Stato italiano il quale, ancora una volta, con il provvedimento in esame opererebbe un'ingiustizia nei confronti delle cosiddette lingue dialettali.
Mi rifiuto di far definire quella veneta lingua dialettale proprio perché noi abbiamo tutta una storia alle spalle che fa considerare la lingua veneta come una lingua a tutti gli effetti. Essa ancora oggi è parlata in tutto il Veneto orientale e in alcune zone della Lombardia, in Croazia, in Slovenia, in Brasile e in Messico. Da qui la richiesta ufficiale di riconoscere quella veneta come lingua e non come dialetto, eliminando in tal modo l'ingiustizia che verrebbe operata nei confronti appunto della lingua veneta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

TESTO AGGIORNATO AL 3 APRILE 2007

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 648-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho avuto modo di prendere visione del provvedimento di cui si discute soltanto nel momento in cui esso è giunto all'esame dell'Assemblea, ma ho ascoltato gli interventi svolti nel corso della discussione sulle linee generali.Pag. 3
Desidero esprimere, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, i dubbi che, in altro momento e in altra fase politica, erano stati sollevati sul provvedimento dal centrosinistra. Ho preso visione, dai documenti predisposti dagli uffici, degli interventi svolti nel 2002, sia dalla collega Mascia sia da altri colleghi, quando allora si discusse questo provvedimento. Esso ha chiaramente - e ciò si evince non soltanto dal suo primo firmatario - un'impostazione che deriva da una visione dello Stato che è, a giudizio mio e del gruppo La Rosa nel Pugno, assolutamente discutibile.
Siamo di fronte ad un provvedimento che si sarebbe potuto evitare. In particolare, si sarebbe potuta evitare la costituzionalizzazione della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica e, conseguentemente, il riconoscimento di un valore particolare, unificante (così viene giustificato il provvedimento), rispetto ad uno strumento che dovrebbe essere per sua natura flessibile per adeguarsi all'evoluzione e ai cambiamenti.
Approvando questa norma corriamo il rischio di relegare ulteriormente in una sacca storica, destinata ad una morte civile, le lingue regionali (i dialetti, gli idiomi, chiamiamoli come vogliamo), cioè quella parte di cultura materiale che si esprime attraverso il linguaggio. Tale cultura rischia davvero, con la costituzionalizzazione delle lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, di ricevere un ulteriore scacco e di essere posta in un angolo, con la conseguenza di tralasciare l'importante valorizzazione che la Costituzione prevede all'articolo 6 garantendo e tutelando le minoranze linguistiche e le espressioni linguistiche territoriali.
Io credo davvero che, se è ancora possibile, dovremmo ragionare e riflettere ulteriormente sul senso e sulla portata culturale di questo provvedimento. Temo tuttavia che ciò non sia possibile, considerato che c'è un accordo bipartisan per far andare avanti il provvedimento. Suggerirei però di valutare il complesso emendamenti, che non sono tanti e con i quali si cerca di correggere ed attutire la valenza forte - a mio giudizio troppo forte - della costituzionalizzazione dell'italiano come lingua ufficiale dello Stato.
È importante sottolineare tale aspetto e abbiamo deciso di affrontare la problematica questa mattina: c'è una cultura legata alle lingue territoriali e dialettali che in questi anni sta sparendo, si trova in grandissima difficoltà. La previsione della tutela delle lingue territoriali e dialettali e degli idiomi locali rimane molto spesso sulla carta.
Sostanzialmente, il testo in esame, che si concretizza nella costituzionalizzazione dell'italiano come lingua ufficiale rischia di incentivare ulteriormente il «dimenticatoio» della cultura dialettale, territoriale e locale. Certo, il provvedimento di cui è relatore il collega Bocchino ha una matrice culturale evidente. Io, anche a nome del gruppo La Rosa nel pugno, sottolineo come si poteva evitare di arrivare a questa costituzionalizzazione, in quanto la lingua ufficiale è già riconosciuta in qualche modo nell'ordinamento, attraverso normative specifiche laddove è necessario ed opportuno: dall'anagrafe agli atti ufficiali, alla legge sul notariato.
Quindi, laddove è opportuno e necessario avere un codice linguistico comune, si riconosce l'importanza dell'italiano come lingua comune; la sua ufficializzazione significa in qualche modo ideologizzarlo come strumento di unità nazionale.
A nostro giudizio, ciò è un eccesso di zelo che assume, però, un connotato anche politico, a discapito della cultura diffusa e varia, sempre più ricca e complessa, delle nuove realtà sociali dell'immigrazione. Inoltre, non si terrebbe sufficientemente conto della valorizzazione della cultura territoriale e regionale che in questi anni abbiamo contribuito a disperdere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dover trattare oggi la questione del riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica ad alcuni può apparire come Pag. 4una visione del tutto velleitaria, dai tratti squisitamente formali. Invece, proprio per la superficialità istituzionale e l'approssimazione, anche in momenti storici, con cui il problema è stato trattato sino ad oggi, questo dibattito è diventato ancor più necessario. Esso è dettato soprattutto dall'esigenza di tutelare in via permanente il nostro idioma nazionale, pena il livello di autostima della nostra identità ad un minimo storico, come dimostra purtroppo l'esempio della mia terra, l'Alto Adige. In questa terra si è affermata una netta prevalenza dell'uso della lingua tedesca, della lingua della minoranza nazionale che è maggioranza locale, anche in atti e documenti ufficiali, in violazione di precise disposizioni dello statuto di autonomia che ha rango costituzionale.
L'intensa germanizzazione della regione più settentrionale d'Italia è anche la storia dell'assassinio della nostra lingua o, forse, sarebbe più opportuno parlare di suicidio assistito, se consideriamo che la dolce lingua di Dante è costretta a capitolare, soprattutto a causa dell'indifferenza e della scarsa attenzione istituzionale dedicata alla sua preservazione.
Con il tempo si è generata una perversa inversione di tendenza in cui il fattore linguistico, un tempo considerato elemento cardine in grado di assicurare l'unità statale, in assenza di un unico centro politico-istituzionale, sta oggi gradualmente ma inesorabilmente perdendo di credibilità. Rispetto al passato, ora che l'italiano, bene o male, lo parlano tutti ed è diventata la lingua materna per la maggioranza della popolazione, si assiste ad un risveglio della disattenzione linguistica, non solo dando ampio spazio ad idiomi minoritari, ma addirittura riconoscendoli e facendo in modo che gli stessi portino ad una spersonalizzazione linguistica del nostro paese.
A Bolzano - chiedo scusa se riporto sempre lo stesso esempio ma il vilipendio linguistico in atto è così minaccioso da dover meritare un'adeguata insistenza risolutiva - è in atto una vera e propria pulizia etnica in cui se, da una parte, lo Stato ha garantito la tutela dei gruppi minoritari, della loro lingua e tradizioni, dall'altro non è riuscito ad arginare la deriva di un progressivo disuso della lingua e delle tradizioni italiane, programmato scientificamente dal partito che rappresenta maggiormente la minoranza linguistica in sede locale. Si tratta di un danno per tutti, anche per la minoranza linguistica perché, purtroppo, non parlare più l'italiano significa perdere, ovviamente, un patrimonio culturale anche per una terra che si pregia di voler essere ponte nei confronti dell'Europa.
Questa arbitraria ingerenza di altri idiomi nella nostra lingua nazionale lascia così perplessi ed incerti al punto da richiedere oggi, in quest'aula, diretta trasposizione fonografica di un'Italia che va da nord a sud, la rigida costituzionalizzazione e il riconoscimento dell'italiano quale unica lingua ufficiale del nostro paese.
Non vorrei indulgere nella retorica ricordando le fasi di formazione del nostro Stato. Vorrei evitare di ricordare il sangue sparso durante il periodo del Risorgimento da parte di quei patrioti che si sono immolati per vedere riconosciuta un'Italia unita. Vorrei, altresì, evitare di impegnarmi in disposizioni storiche sull'influenza che ha una lingua nella formazione di uno Stato nazionale. Tuttavia, ritengo sia necessario benedire alcuni passaggi chiave della storia, perché i fautori del crollo e della disgregazione della nostra cultura di appartenenza possano contrastare, attraverso le tracce storiche del passato, le deformazioni dei propri eccessi ed aprire ad una singolarità identitaria per il nostro futuro anche attraverso il fattore linguistico.
Ogni appello all'unità e alla solidarietà non possono essere compresi di fronte a chi avalla delle posizioni atte a dividere un popolo. Come si può essere davvero uniti e solidali, come può esserci uno spirito comune se non si dialoga nella stessa lingua? Il racconto biblico della caduta della torre di Babele, racchiuso nel Vecchio testamento, narra che la massima punizione che gli antichi ebrei credevano avesse dato Dio al genere umano fosse, Pag. 5appunto, la confusione delle lingue, confusione da cui nacquero solo incomprensioni e, conseguentemente, conflitti.
Nell'esperienza storica delle antiche polis greche, invece, si ricorda l'importanza di comunicare in un solo idioma. Nonostante le divisioni, quelle antiche città-Stato si riconoscevano reciprocamente come derivanti da un'unica matrice culturale e si differenziavano dalle altre popolazioni vicine proprio basandosi sulla lingua parlata. Coloro che non parlavano il greco vennero chiamati barbari, ossia, balbuzienti, che dal greco significa «coloro che non si lasciano comprendere». Esperienze di diversi tempi ed ambiti storici, ma affini nel loro esempio di forte aggregazione che, partendo dal fattore linguistico, ha portato alla vera unità politica-nazionale. Chi potrebbe negare che è solo dalla reciproca comprensione che si trovano soluzioni comuni ai conflitti?
Venendo al merito della modifica dell'articolo 12 della Costituzione, ritengo, quindi, che tale scelta debba partire dalla consapevolezza che il fattore linguistico è il nostro primo codice identitario, che decodifica le nostre scelte al cospetto di altre culture. Il fatto che nella nostra Costituzione non sia sancito che la nostra lingua è l'italiano è dovuto, senza dubbio, alla prevedibilità del caso per cui i Padri costituzionali ritenevano ovvia una simile obbligatorietà. Ma si trattava di un altro contesto storico, in cui ogni Stato aveva una forte identità che era stata ricalcata e ripassata a pennarello da anni di guerra.
Non si può, quindi, incolpare il passato per l'indifferenza o il semplicismo del presente; piuttosto, è l'atteggiamento di molti di voi in quest'aula che va imputato perché, succubi della paura e di falsi moralismi, imprigionate ancora la cultura dell'Italia ad un condannato diluirsi nella globalità e multiculturalità del pianeta.
La lingua non è un ostacolo, ma fonte di autoconservazione e ricchezza. Secondo me c'è più freddezza e mancanza di sensibilità ad ignorare questa considerazione. Ecco perché non capisco i motivi per i quali ci si oppone a ciò in ambo gli schieramenti. Io credo che, nell'interesse dell'Italia e dei cittadini italiani, la lingua debba essere protetta e divulgata, perché solo così essa sarà più forte e stimata anche all'estero. La mancata traduzione del sito web realizzato in occasione della celebrazione dei cinquant'anni dei Trattati di Roma, debitamente difeso dal vicepresidente italiano, dimostra che la mancanza di un'identità coesa all'interno del nostro paese viene immediatamente rispecchiata all'esterno.
Non dobbiamo, quindi, limitarci a pretendere la conoscenza della lingua da chi sceglie di vivere in Italia, ma dobbiamo soprattutto offrire un supporto per imparare questo veicolo della nostra storia culturale, che va opportunamente difeso anche all'esterno.
Ecco perché anche riguardo alla situazione dell'Alto Adige, che sicuramente necessita, per sua natura, di compromessi e mediazioni, bisogna far sì che la conservazione di idiomi locali non venga confusa con l'ufficialità di una sola lingua: la confusione ha portato, invece, ad un uso spregiudicato ed eccessivo di idiomi minoritari, tanto da aggirare l'ostacolo della formalità ed ufficialità di una sola lingua nel testo costituzionale.
Hanno dimostrato coraggio altri paesi europei, come la Spagna, la quale ha voluto sancire nella propria Costituzione, pur nella pluralità di regioni e comunità autonome, il centralismo e l'esclusività di una sola lingua. Infatti, l'articolo 3 della Costituzione spagnola non soltanto riconosce il castigliano quale lingua ufficiale dello Stato, ma stabilisce, altresì - e si tratta di un passaggio importante - anche il diritto-dovere al suo uso ed alla sua conoscenza: tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscere la lingua ufficiale ed il diritto di usarla. Soltanto dopo questa rigida affermazione si apre il secondo comma, dedicato al riconoscimento di ulteriori lingue spagnole: un esatto procedimento all'incontrario rispetto al nostro testo costituzionale, nel quale si riconoscono le minoranze linguistiche - all'articolo 6 -, senza specificare, in realtà, quale sia la lingua ufficiale dello Stato, in tal modo sottintendendo, implicitamente, Pag. 6che esiste una maggioranza che usa una lingua ben definita, quella nella quale mi sto esprimendo.
Non si tratta di un pregiudizio nei confronti di gruppi o etnie linguistiche. Il fatto è che oggi ci troviamo, evidentemente, di fronte a nuove sfide rispetto al 1948. Quella odierna è una realtà in cui le minoranze linguistiche rischiano di essere ampliate dal grande numero di lingue parlate dagli immigrati giunti negli ultimi anni nel nostro paese. Identità, pluralismo e contaminazione costituiscono una catena di fattori che si susseguono e che richiedono al nostro tempo scelte ben precise: è questo il momento delle scelte; è su questa base che dobbiamo costruire il nostro futuro. «No», quindi, ad un mosaico linguistico: ci rappresenti un'unica identità che possa vantare un quadro organico di norme, decisioni e comportamenti tali da costituire il presupposto per le sfide del momento!
Per tutelare la nostra unità giuridica e culturale di fronte all'insediamento sul nostro territorio di altre matrici culturali - che rispettiamo, ovviamente - l'unica via è l'integrazione, nel senso di rispettare le basi storiche e culturali dell'Italia e soprattutto la sua lingua, come avviene in Francia, paese in cui si subordina addirittura l'ottenimento della cittadinanza alla conoscenza della lingua nazionale. Alla vigilia della discussione, in Italia, di un provvedimento analogo, con riferimento al quale il multiculturalismo esasperato della sinistra stringe i termini entro cui è possibile concedere lo status di cittadino italiano, ritengo che riconoscere la lingua italiana come unico coagulante culturale del nostro paese debba assumere maggiore importanza. Si tratta di una modifica costituzionale che potrà porre quelle basi più solide per prevedere prescrizioni più rigide sulla condizione di cittadino nel nostro ordinamento.
La lingua è il modo concreto e determinato in cui storicamente manifestiamo l'ampiezza comunicativa delle nostre rappresentazioni ideali. Come il tricolore, unico stendardo sotto il quale gli italiani riconobbero la propria identità, la lingua italiana deve essere ufficialmente riconosciuta quale elemento che consente di relazionarci, quale comune linguaggio di espressione, propulsore fondamentale, allo stesso tempo, dello sviluppo economico del nostro paese.
Voglio concludere con questo mio netto schieramento verso il più granitico nazionalismo italiano, inteso in senso positivo, affinché riconoscendo un unico idioma nella nostra Costituzione possa nascere una nuova egemonia politica, quella linfa vitale della nostra cultura, troppo soggetta a freni e contaminazioni da parte di chi vuole dividere piuttosto che unire. La lingua italiana, così tanto amata all'estero e quasi congedata in Italia - basti pensare che l'Austria, al confine con l'Alto Adige, sceglie come seconda lingua per i propri alunni, per il proprio turismo, per le proprie fasi economiche, proprio l'italiano! -, merita il rispetto delle sue conquiste e dell'unità di un paese che, come la storia insegna, di fronte alla conflittualità, ha sempre potuto vantare la coerenza e la specificità linguistiche che oggi molti ci invidiano. Abbiamo, allora, il coraggio e l'orgoglio di certificarne e riconoscerne anche noi la valenza! Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula, per tutti gli emendamenti presentati, un invito al ritiro di cui mi accingo a motivare le ragioni.
Sostanzialmente, gli emendamenti tendono ad introdurre due elementi di novità nel testo unificato approvato dalla Commissione. Il primo è quello di spostare la previsione dell'ufficialità della lingua italiana dall'articolo 12 all'articolo 6 della Costituzione.
Abbiamo discusso a lungo in Commissione su quale fosse l'articolo più adatto ad ospitare tale formulazione, e la soluzione che ci ha consentito di trovare una convergenza, affinché si giungesse all'approvazione, Pag. 7è stata quella di inserirlo all'interno dell'articolo 12. È questo il motivo per cui prego i colleghi, in particolare quelli di Forza Italia, di ritirare, se è possibile, l'emendamento Santelli 1.14.
Per quanto riguarda gli idiomi locali, si tratta di una questione che venne affrontata già nella scorsa legislatura e fu, purtroppo, proprio la previsione che impedì al Senato l'approvazione della norma costituzionale.
Abbiamo svolto una audizione dell'Accademia della Crusca, da cui è emersa la necessità di costituzionalizzare la lingua ufficiale dello Stato, cosa prevista in molte normative europee e anche di paesi extraeuropei; al contrario, il tema degli idiomi locali, che può trovare una valorizzazione attraverso altre formule, anche rispetto ad altre realtà legislative, come quelle regionali, a nostro giudizio non andrebbe inserito nella Costituzione.
Una questione diversa è quella rappresentata dalla tutela delle minoranze linguistiche, che è già all'interno della Costituzione ed è questo il motivo per cui abbiamo fatto riferimento al rispetto della Costituzione e delle leggi costituzionali, proprio per preservare la tutela delle minoranze linguistiche.
Per queste ragioni, la Commissione e il relatore chiedono il ritiro di tutti gli emendamenti, esprimendo altrimenti parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Santelli 1.14 formulato dal relatore.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, per aderire all'invito formulato dal relatore, ritiro gli emendamenti Santelli 1.14 e 1.21, sottoscritti anche da me e dalla collega Biancofiore.

PRESIDENTE. Sta bene.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, intervengo per dire che non accediamo all'invito al ritiro formulato dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cota 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, come ho detto, non ritiriamo i nostri emendamenti e, anzi, ritengo grave che il provvedimento in esame, seppure calendarizzato per la terza volta, venga oggi discusso, da un lato, nel disinteresse generale e, dall'altro, con questi tempi, perché dal nostro punto di vista il provvedimento è ricco di significati negativi, ma questo lo dirò più avanti.
Inizio con l'illustrazione dell'emendamento Cota 1.2, il quale non afferma nulla di «rivoluzionario» - so comunque di utilizzare un vocabolo che a lei potrebbe interessare... - in quanto stabilisce semplicemente che «La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali» e che «La legge tutela le lingue storiche regionali costituenti patrimonio culturale della Repubblica».
Allora, Presidente, le modifiche proposte sono assolutamente compatibili con il disposto dell'articolo 6 della Costituzione, secondo cui la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Abbiamo dunque una norma costituzionale che nel 1948 stabiliva, seppure timidamente, un principio.
Noi, oggi, sconfessiamo questo principio attraverso un provvedimento incomprensibile. Infatti, l'italiano è già la lingua ufficiale (la stiamo utilizzando oggi nel Parlamento e è adoperata nella vita civile). Quindi, il fatto che non si vogliano recepire le nostre proposte emendative chiarisce Pag. 8come il segnale che si vuole lanciare è quello della cancellazione delle identità locali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere compiutamente la posizione dei Verdi rispetto a questa materia nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi in quest'aula nell'ormai lontano 12 dicembre 2006.
Poco fa, in quest'aula, ho ascoltato l'intervento, che definire «non condivisibile» è assai poco, della collega Biancofiore, la quale è arrivata a parlare di «pulizia etnica». Collega Boscetto, credo che la collega abbia espresso una posizione di Forza Italia rispetto a questo testo unificato di proposte di legge costituzionali talmente non condivisibile da metterlo in discussione nel suo esito finale. Ritengo, dunque, che il gruppo di Forza Italia dovrebbe assumersi pubblicamente qualche responsabilità al riguardo. Infatti, quella che è stata data è un'impostazione di ostilità nei confronti delle minoranze linguistiche e di ostilità nei confronti delle norme costituzionali previste nello statuto speciale del Trentino Alto Adige-Südtirol. Lo ripeto: in quest'aula è stata utilizzata l'espressione «pulizia etnica», un'espressione aberrante e delirante che credo vada esplicitamente rimarcata e stigmatizzata.
Per quanto riguarda l'emendamento dei colleghi Cota e Stucchi, posso affermare che non è come il nostro emendamento 1.3, che manterremo e che sarà esaminato in seguito, ma ritengo sia pienamente compatibile con il testo della riforma costituzionale sulla quale, alla fine, esprimeremo un voto favorevole, sia nel caso in cui siano accolti gli emendamenti sia nel caso contrario. Lo voglio chiarire per lealtà politica, anche se l'intervento della collega Biancofiore mi potrebbe indurre ad un atteggiamento diverso, tanto più che la stessa Biancofiore, insieme agli onorevoli Santelli e Boscetto, ha presentato un emendamento che è volto ad eliminare il riferimento alle garanzie costituzionali e che il collega Boschetto ha opportunamente ritirato. Voi avete presentato - lo ricordo - un emendamento che cancellerebbe il riferimento alle garanzie costituzionali contenuto nel testo illustrato dal relatore Bocchino!
Tutto questo dà un significato ideologico, ostile al pluralismo linguistico, ostile alle minoranze linguistiche, ostile alle lingue e agli idiomi regionali che non condividiamo. A nostro parere, tutto ciò dà una determinata accezione a questo provvedimento di riforma costituzionale, che, invece, condividiamo, perché è esattamente il testo presentato dal collega Zaccaria e che io stesso ho sottoscritto.
Dunque, nonostante l'interpretazione faziosa che è stata data in quest'aula, noi voteremo a favore del testo unificato e votiamo a favore anche sull'emendamento del collega Cota 1.2. Annuncio inoltre, per non intervenire laddove non fosse necessario, il voto favorevole anche sull'emendamento Cota 1.4.
In seguito, interverrò sul mio emendamento 1.3.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mellano. Ne ha facoltà.

BRUNO MELLANO. Signor Presidente, inviterei l'intera Assemblea a prestare attenzione su un provvedimento che può sembrare secondario (lo stiamo affrontando in modo un po' troppo leggero). Poiché stiamo parlando della modifica della prima parte della Carta costituzionale (tra l'altro, di una parte importante che ci rappresenta e che sancisce i valori fondamentali), credo che questo dibattito non possa essere trascurato.
Il collega Boato mi ha anticipato, ovviamente con maestria e capacità. Non ripeterò i commenti, che condivido e sottoscrivo, rispetto all'intervento del rappresentante del gruppo di Forza Italia (in questo caso, spero sia un rappresentante più territoriale che di tutta Forza Italia). Ero già favorevole agli emendamenti presentati e stavo per parlare a favore a nome Pag. 9del gruppo della Rosa nel Pugno. Sarei stato addirittura a favore anche dell'emendamento che è stato ritirato e che chiedeva di intervenire su l'articolo 6, anziché sull'articolo 12, della Costituzione. Quindi mi dispiace che sia stato ritirato. Certo, le motivazioni addotte sono molto discutibili, perché gettano una luce davvero nazionalista che non è condivisibile.
L'emendamento Cota 1.2, invece, presentato dal gruppo della Lega, si propone di ricondurre la questione della lingua italiana all'interno della tutela generale delle lingue, degli idiomi, dei dialetti, delle espressioni linguistiche italiane.
Bisognerebbe, pertanto, approvarlo (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania), come affermato dal collega Boato e previsto dai colleghi della Lega nord. È importante, infatti, difendere il patrimonio culturale che è italiano, ma non solo (Applausi di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, non sono io ad essere faziosa, perché cerco soltanto di tutelare l'identità della nostra lingua ed, in qualche modo, della nostra nazione.
L'emendamento Santelli 1.14, onorevole Boato, non sopprimeva minimamente le garanzie costituzionali - forse avrebbe dovuto capirne l'essenza -, ma introduceva una premessa.
Evidentemente, lei frequenta poco la nostra regione e, probabilmente, anche la sua maggioranza: in questi giorni, la vicepresidente della giunta della provincia autonoma di Bolzano, targata DS - lo dico chiaramente ai signori dei Democratici di sinistra, o meglio de L'Unione - si è scagliata fortemente contro la realtà dell'Alto Adige, perché la lingua tedesca sta fagocitando quella italiana. Stia più attento, quindi, a ciò che accade nella nostra regione, perché se parlo di pulizia linguistica uso questa espressione con cognizione di causa!
In questi giorni, è stata portata avanti solo la dizione tedesca della provincia autonoma di Bolzano, Südtirol; persino, la maggioranza presente in Alto Adige di lingua italiana si è scagliata contro questo problema e vi è un braccio di ferro fortissimo.
Pertanto, l'emendamento Santelli 1.14 è stato ritirato soltanto per arrivare ad un testo coordinato, così come concordato in Commissione.
Nessuno fa del nazionalismo spicciolo, collega Mellano, ma vi invito a frequentare un po' di più alcune realtà del nostro territorio, perché le minoranze vanno rispettate. Io sono la prima che vuole rispettarle, ma non si può arrivare ad una dittatura delle minoranze e rendere minoranza territoriale i cittadini italiani come noi!
Sono mesi che vi dico che, persino Napolitano, se si reca in Alto Adige, non può votare. Vi sembra di tutelare in questo modo la minoranza? Questa è la dittatura della minoranza ed è una cosa ben diversa! In questo caso si può parlare di pulizia linguistica!
Allora, per cortesia, evitiamo di fare faziosità a buon mercato e cerchiamo di frequentare più le diverse realtà e conoscere il nostro territorio prima di parlare (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, non votare l'emendamento Cota 1.2 significa mostrare veramente l'atteggiamento di questa sinistra, di grande parte della maggioranza. Con la proposta emendativa in esame si chiede soltanto di tutelare le lingue storiche regionali riconosciute dai consigli regionali.
Devo veramente riconoscere che si tratta di una mossa contro le nostre regioni, contro il federalismo, contro l'identità culturale che si vuole cancellare, ancora una volta, a favore di chi entra nel nostro territorio come ospite ed al quale Pag. 10dobbiamo riconoscere tutti i diritti. In cambio, però, conculchiamo i nostri!
Se questo significa voler bene all'Italia, non voglio essere italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania- Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei preannunziare a nome del gruppo de L'Ulivo che voteremo contro tutti gli emendamenti presentati, ma per una ragione molto semplice: noi condividiamo il testo unificato che il relatore ha illustrato e che rappresenta, come sempre quando si tratta di norme costituzionali, un delicato, ma importante punto di equilibrio.
Le garanzie di quei valori cui alcuni colleghi ora si richiamano sono ampiamente presenti nelle norme precedenti della Costituzione. Mi riferisco agli articoli 2, 3, 5 e 6 della nostra Carta costituzionale, che in questo momento - mi rivolgo ai colleghi prima intervenuti - nessuno pensa di mettere da parte. Anzi, vorrei rilevare che la disposizione in esame è concepita in maniera tale da inserirsi nell'ambito delle garanzie previste a favore del sistema delle autonomie locali e delle minoranze linguistiche, le quali sono rappresentate, in maniera che oserei definire «superba», nelle prime norme della nostra Costituzione.
L'idea di fondo che ispira il provvedimento in esame, quindi, è contenuta nell'audizione informale dei professori dell' Accademia della Crusca, più volte richiamata, i quali hanno chiarito molto bene (sicuramente, molto meglio di quanto potrei fare io) il rapporto intercorrente tra lingue nazionali, dialetti, lingue ed idiomi locali. Si tratta, infatti, di aspetti che non vengono affatto «schiacciati» da una riforma di questo tipo, il cui significato illustrerò in sede di dichiarazione di voto finale.
Preannunzio, quindi, il voto contrario del gruppo L'Ulivo sull'emendamento in esame, nonché sulle restanti proposte emendative presentate, riservandomi di esporne successivamente le motivazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, non vorrei che sfuggisse all'Assemblea l'importanza del provvedimento in esame, il quale risulta essere decisivo per il futuro del nostro paese. Ricordo che, in Commissione affari costituzionali, stiamo esaminando il progetto di legge concernente le nuove norme sulla cittadinanza; a tale proposito, vorrei segnalare che uno dei capisaldi di quel provvedimento, peraltro condiviso da tutti, è che, per diventare cittadino italiano, si debba conoscere la lingua italiana. La nostra lingua, in altri termini, è un elemento unificante, che consente a tutti coloro che nascono e vivono in Italia e che vogliano acquistare la cittadinanza italiana di comprendersi tra di loro!
Sembra una questione banale, ma non è così. Infatti, se voi vi recaste nella zona tra Prato e Poggio a Caiano, trovereste 20 chilometri di strada con cartelli scritti solo in cinese, senza che sia riportata una parola di italiano! Se andaste in alcuni quartieri di Roma, colleghi, vi accorgereste che si sta verificando lo stesso fenomeno!
Ricordo che, sul nostro territorio, sono attualmente presenti ben 120 etnie diverse. Sussiste, pertanto, la necessità che chi vive in Italia usi l'italiano (pur dando spazio, naturalmente, a chi vuole esprimersi nel proprio idioma), esaltando altresì le nostre lingue storiche.
Parlo di «lingue» perché i colleghi del gruppo della Lega Nord Padania sanno che il friulano e il sardo sono stati già riconosciuti, dalla legge italiana, come tali. In tal modo, nei consigli regionali di Udine e Cagliari si possono usare quelle lingue, con traduzione simultanea, perché qualsiasi consigliere può parlare nella lingua sarda e friulana e, per legge, deve esservi un interprete che traduca, ad esempio, dal friulano all'italiano e viceversa. Quindi, la Pag. 11tutela delle lingue è giunta fino a quel punto, anche se ritengo ciò sbagliato ed eccessivo!
L'esaltazione delle peculiarità locali, tuttavia, non può contrastare il fatto che sia necessaria una modalità di espressione, verbale e letterale, comune. Pensate, ad esempio, agli ospedali: in numerose città del nord, infatti, le indicazioni ad essi relative sono scritte in italiano, in arabo e in inglese.
Ciò che afferma la collega Biancofiore non è banale. Sono assolutamente favorevole alla tutela della lingua tedesca, ma non voglio che, in una regione italiana, sparisca l'italiano! Mi sta benissimo che, a Bolzano, si usi ovunque la lingua tedesca, ma prima viene quella italiana (Applausi dei deputati Armani e Biancofiore)!
Allo stesso modo, vorrei che a Fiume, in Croazia ed in Dalmazia, dove vi è stata una grande presenza italiana, dopo il croato e lo sloveno, fosse previsto anche l'uso della nostra lingua. Ciò perché la storia l'ha sedimentata ed esiste una minoranza che deve essere tutelata (Applausi del deputato Armani)!
Vorrei dire ai colleghi della Lega, allora, che è essenziale, per la nostra e per la vostra identità, che si stabilisca, attraverso una legge costituzionale, che la lingua ufficiale della Repubblica italiana è l'italiano. In tal modo, chiunque volesse aprire un'attività commerciale o esporre un'insegna, si dovrà prima esprimere in maniera comprensibile da tutti - italiani nati in Italia ed extracomunitari che diventeranno cittadini italiani -, attraverso una lingua unificante! Ciò deve valere anche per gli atti pubblici.
Infatti, se perdessimo un segno di identità, come la lingua, ci complicheremmo il futuro! Ciò non vuol dire assolutamente che, una volta che ci si riconosca in una lingua comune, non sia possibile valorizzare le lingue locali. Vorrei rappresentare, infatti, che anch'io non ho capito perché il friulano ed il sardo siano state definite lingue ed il veneto no! Ricordo che l'allora ministro competente addusse dotte disquisizioni sulla radice neolatina che il friulano o il sardo non avrebbero, contrariamente al bergamasco o al veneto, ma in questo caso si tratta di un'altra questione!
Invito i colleghi di tutti i gruppi parlamentari, quindi, a sostenere il provvedimento in esame; poi, si potrà votare a favore delle proposte emendative che riconoscono le specificità linguistiche o ci si potrà astenere dalla loro votazione.
È vero che in Italia c'è già una legislazione che esalta la specificità e la peculiarità di ogni realtà italiana; soprattutto, dovrebbero farlo le regioni.
Sono affezionato al dialetto modenese: è una realtà storica, ci sono commedie, libri e scritti in dialetto modenese, così come esiste una grande tradizione del veneto scritto. Esso va tutelato, ma oggi ci stiamo ponendo un altro problema. Nel nostro futuro, qual è la lingua che verrà veicolata in tutta Italia e con la quale ci possiamo capire? Qual è l'elemento distintivo che gli extracomunitari devono conoscere obbligatoriamente? È l'italiano!

ANDREA GIBELLI. È l'inglese!

DAVIDE CAPARINI. L'inglese!

CARLO GIOVANARDI. No, l'inglese va benissimo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO GIOVANARDI. Concludo, signor Presidente, ma vorrei dire agli amici della Lega che anche loro, forse, hanno qualche problema nel cancellare Manzoni e Dante, nonché nel cancellare la tradizione linguistica, letterale e poetica specifica dell'italiano che credo vada salvaguardata e proiettata verso il futuro. Non si può perdere una lingua così ricca!
L'appello che rivolgo è di non sottovalutare questo provvedimento. Ringrazio il gruppo che lo ha presentato e invito i colleghi ad esprimere con convinzione un voto favorevole, perché la tutela dell'italiano implica anche la tutela delle lingue, degli idiomi, delle minoranze che devono essere rispettate (Applausi di deputati dei Pag. 12gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, ritengo che la modifica dell'articolo 12 della Costituzione non sia altro che una provocazione che di fatto va a discriminare le altre lingue parlate nel nostro paese: ciò è inaccettabile.
La lingua veneta l'è 'na lengua millenaria: la se parlava e scriveva prima che Dante nascesse. L'era 'na lengua de la Repubblica Serenissima de Venesia, 'na lengua che anche adesso l'è parlada e capida da milioni de omini e donne nel mondo intiero. 'Na lengua che unisce (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo - Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. La prego, per favore, di usare la lingua italiana. (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FEDERICO BRICOLO. ...'Na lengua parlada nelle familie, nelle scole, sul lavoro. Mi son veneto, Presidente, la mi lengua l'è quella veneta (Il deputato Bricolo prosegue il suo intervento nell'idioma veneto)...

PRESIDENTE. La prego! La devo fermare, mi dispiace. Mi scusi, la devo richiamare all'esigenza di parlare la lingua italiana.

FEDERICO BRICOLO. Devo finire il mio intervento (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Prego, prenda la parola.

FEDERICO BRICOLO. Mi son veneto...

PRESIDENTE. La prego, deve riprendere a parlare in italiano, per favore!

FEDERICO BRICOLO. Presidente, io mi esprimo nella mia lingua!

PIETRO MARCENARO. Non sei neanche capace!

GIANPAOLO DOZZO. Stai zitto, mona!

PRESIDENTE. Debbo farle presente...

FEDERICO BRICOLO. La mi nazione è quella veneta, Presidente!

PRESIDENTE. Per favore! Siccome si sta costituendo un problema, la prego di riprendere la parola nella lingua italiana. (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)! Prego.

FEDERICO BRICOLO. Io parlo in veneto, Presidente (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)... Stemo parlando de 'na lengua da inserire nella Costituzion e parlo in quella veneta...

PRESIDENTE. Non sento, mi dispiace! Non posso...

FEDERICO BRICOLO. Mi son veneto, Presidente, e mi esprimo in veneto...

PRESIDENTE. Deputato Bricolo, mi dispiace, la devo interrompere.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, sono esterrefatto dei continui richiami che lei ha rivolto al collega Bricolo, per un motivo semplicissimo. Questo paese ha una storia e anche in quest'aula sta dimostrando di essere intollerante rispetto ad altre lingue esistenti nel paese da migliaia di anni (Vivi prolungati applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Gli insulti che abbiamo ricevuto oggi dimostrano che lo spirito federalista, autonomista Pag. 13e di rispetto delle lingue che ci sono in questo paese (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...

ROBERTO MENIA. Basta!

ANDREA GIBELLI. ...sono la dimostrazione di quanta distanza esiste rispetto ai popoli, rispetto alle nazioni e al nazionalismo in questo paese! Presidente, il nazionalismo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...! Vorrei rispondere, dato che l'invito garbato che ha rivolto ha comunque un retropensiero (Commenti del deputato Angela Napoli)...

PRESIDENTE. Vi prego di lasciare parlare il deputato Gibelli.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, riteniamo che sia inaccettabile che un parlamentare, in quest'aula, si possa così esprimere in un caso come questo, ove non vi è provocazione, tenendo conto, inoltre, che il provvedimento ha carattere eccezionale. Esso vuole cristallizzare la lingua italiana in funzione di lingua ufficiale della Repubblica, non accettando che, all'interno di questo paese, nonostante le questioni sollevate dall'ex ministro Giovanardi, esistano altre realtà culturali che meritano di essere tutelate. Lei deve attenersi a questo principio e ciò è quanto abbiamo voluto esprimere con i nostri emendamenti.
È gravissimo non solo il richiamo che lei ha fatto, ma soprattutto l'intolleranza nazionalista che qui è venuta fuori, mentre il collega parlava nella lingua dei suoi padri, che ha più di mille anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Deputato Gibelli, devo farle presente che, nel dibattito parlamentare, gli interventi sono svolti in italiano, non potendo essere consentito l'uso di idiomi, forme linguistiche o lingue diverse.

GUIDO DUSSIN. Comunista!

Testo sostituito con l'errata corrige del 3 APRILE 2007 PRESIDENTE. L'uso esclusivo dell'italiano negli atti e nei dibattiti parlamentari costituisce, infatti, in coerenza con i principi affermati nella giurisprudenza costituzionale, una vera e propria consuetudine, alla cui osservanza la Presidenza ha sempre espressamente richiamato i deputati che intendevano parlare in altra lingua o in dialetto, come loro possono riscontrare in numerosi precedenti, quali quelli del 10 agosto 1983, del 1o agosto 1996 e del 25 agosto 1998. Tale consuetudine è stata da ultimo ribadita nella XIV legislatura dall'Ufficio di Presidenza per i deputati italiani eletti all'estero.
L'uso in Parlamento della lingua italiana costituisce un requisito necessario per la piena comprensione della discussione, in primo luogo, da parte di tutti i deputati e del Governo. Richiamandomi alle pronunce delle precedenti legislature, faccio presente che esso è altresì essenziale per consentire al Presidente della Camera l'esercizio dei suoi poteri ordinatori, di direzione e di moderazione del dibattito, funzionali a garantire il rispetto delle regole di correttezza parlamentare, anche a tutela dei soggetti esterni, e lo svolgimento della discussione in forma adeguata al ruolo costituzionale del Parlamento.
È evidente come tale potere non potrebbe essere esercitato ove gli interventi fossero svolti in una forma linguistica diversa da quella nazionale.
È, altresì, evidente che l'uso dell'italiano costituisce il presupposto necessario per garantire l'attuazione del principio costituzionale della pubblicità dei lavori parlamentari attraverso la resocontazione degli interventi. Infatti, ove gli interventi si svolgessero in altra lingua, la resocontazione non sarebbe oggi sostanzialmente possibile.
Secondo i precedenti, dunque, la Presidenza non può consentire che gli interventi si svolgano in tutto o in parte in forme linguistiche diverse dall'italiano. Spero ed auspico che i colleghi comprendano che la Presidenza non può agire diversamente in questa circostanza, anche se lo fa con rincrescimento, per il rispetto Pag. 14che si deve alle forme linguistiche locali, che, oltre a conoscere un consolidato radicamento nelle tradizioni popolari, hanno dato vita nel tempo a manifestazioni culturali ed artistiche di grandissimo rilievo testimoniato dall'opera di grandi autori; penso, solo a titolo di esempio, a Carlo Porta, a Biagio Marin, a Giuseppe Gioacchino Belli e a Raffaele Viviani. Ma questo resta deciso e, come tale, non potrò che consentire di prendere la parola e di svilupparla soltanto nella lingua italiana.
PRESIDENTE. L'uso esclusivo dell'italiano negli atti e nei dibattiti parlamentari costituisce, infatti, in coerenza con i principi affermati nella giurisprudenza costituzionale, una vera e propria consuetudine, alla cui osservanza la Presidenza ha sempre espressamente richiamato i deputati che intendevano parlare in altra lingua o in dialetto, come loro possono riscontrare in numerosi precedenti, quali quelli del 10 agosto 1983, del 1o agosto 1996 e del 25 maggio 1998. Tale consuetudine è stata da ultimo ribadita nella XIV legislatura dall'Ufficio di Presidenza per i deputati italiani eletti all'estero.
L'uso in Parlamento della lingua italiana costituisce un requisito necessario per la piena comprensione della discussione, in primo luogo, da parte di tutti i deputati e del Governo. Richiamandomi alle pronunce delle precedenti legislature, faccio presente che esso è altresì essenziale per consentire al Presidente della Camera l'esercizio dei suoi poteri ordinatori, di direzione e di moderazione del dibattito, funzionali a garantire il rispetto delle regole di correttezza parlamentare, anche a tutela dei soggetti esterni, e lo svolgimento della discussione in forma adeguata al ruolo costituzionale del Parlamento.
È evidente come tale potere non potrebbe essere esercitato ove gli interventi fossero svolti in una forma linguistica diversa da quella nazionale.
È, altresì, evidente che l'uso dell'italiano costituisce il presupposto necessario per garantire l'attuazione del principio costituzionale della pubblicità dei lavori parlamentari attraverso la resocontazione degli interventi. Infatti, ove gli interventi si svolgessero in altra lingua, la resocontazione non sarebbe oggi sostanzialmente possibile.
Secondo i precedenti, dunque, la Presidenza non può consentire che gli interventi si svolgano in tutto o in parte in forme linguistiche diverse dall'italiano. Spero ed auspico che i colleghi comprendano che la Presidenza non può agire diversamente in questa circostanza, anche se lo fa con rincrescimento, per il rispetto Pag. 14che si deve alle forme linguistiche locali, che, oltre a conoscere un consolidato radicamento nelle tradizioni popolari, hanno dato vita nel tempo a manifestazioni culturali ed artistiche di grandissimo rilievo testimoniato dall'opera di grandi autori; penso, solo a titolo di esempio, a Carlo Porta, a Biagio Marin, a Giuseppe Gioacchino Belli e a Raffaele Viviani. Ma questo resta deciso e, come tale, non potrò che consentire di prendere la parola e di svilupparla soltanto nella lingua italiana.

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, volevo solo che rimanesse agli atti che vi sono stati alcuni precedenti; infatti, un mese fa, l'onorevole Alessandri ha lasciato agli atti della Camera alcune considerazioni in idioma emiliano e ciò è stato consentito con riferimento ad un provvedimento di natura ordinaria. E su tale tipo di provvedimento lei sa benissimo, Presidente, che la Lega Nord non ha alcun problema.
Oggi, la sua replica in risposta all'intervento dell'onorevole Bricolo non vale in quanto non tiene conto di un presupposto, cioè del fatto che stiamo modificando l'articolo 12 della Costituzione. Dunque, se si applica una prassi regolamentare ad una modifica costituzionale, ciò vuol dire ricadere nel principio nazionalista di non consentire ad altre realtà linguistiche di avere cittadinanza in Parlamento e questo è assolutamente grave.
Quindi, Presidente, le chiedo di rivedere la sua posizione in considerazione del fatto che l'argomento oggi in discussione ha carattere eccezionale.

PRESIDENTE. Vorrei svolgere due osservazioni. La prima riguarda il fatto che il riferimento che lei, deputato Gibelli, ha fatto si riferisce ad una sola frase e non ad un intervento. La seconda è che lei fa parte autorevolmente della Giunta per il regolamento e pertanto, nel caso intendesse proporre modifiche regolamentari, può farlo in quella sede.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il presidente La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, intervengo sulla questione in oggetto per svolgere un richiamo ed un appello al buonsenso.
Secondo l'intendimento di Alleanza Nazionale, il presente provvedimento non vuole minimamente mortificare la necessità di valorizzare gli idiomi locali.

ANGELO ALESSANDRI. Lo stai facendo!

IGNAZIO LA RUSSA. Sto parlando, ti prego di avere la bontà di ascoltarmi!
Ricordo che nella precedente legislatura, addirittura, Alleanza Nazionale espresse insieme alla Lega Nord un voto favorevole su un emendamento che prevedeva di inserire in questo provvedimento la valorizzazione degli idiomi locali. Quindi, questa è la prova provata che non sto dicendo una cosa tanto per dirla, ma perché si tratta effettivamente del riflesso di ciò che alberga nel nostro animo.
In Commissione, si è ritenuto di adottare questo testo, che è l'unico che può essere approvato; infatti, rispetto alla scorsa legislatura, vi è una maggioranza diversa.
Riteniamo che non sia importante penalizzare il veneto, il siciliano o il lombardo; al contrario, crediamo sia necessario - e per questo mi appello alla Lega -, in condizioni così diverse rispetto a quando la Costituzione fu scritta e che piuttosto creano i presupposti per un imbarbarimento della lingua attraverso altre commistioni, fissare il punto per addivenire ad una costituzionalizzazione dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica.
Ci impegniamo - lo dico ufficialmente, Presidente, ecco perché intervengo sull'ordine dei lavori, sperando che ciò possa consentire di andare avanti - ad approvare una legge ordinaria per una ulteriore valorizzazione degli idiomi, che già le regioni - e senza il nostro contrasto - hanno abbondantemente valorizzato.Pag. 15
Vi prego tuttavia di avere il buonsenso di non trasformare la discussione su questo provvedimento in un contrasto culturale ed ideologico, che non vogliamo e che non ha motivo di esistere se non per ragioni prettamente propagandistiche (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi sull'ordine dei lavori, torniamo alle dichiarazioni di voto sull'emendamento Cota 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intendo stigmatizzare il fatto che non solo la maggioranza ma anche alcuni esponenti di altri partiti politici hanno voluto limitare il riconoscimento di una regione, la Romagna, di cui parlava anche Dante ne La Divina Commedia, ma evidentemente vuitá av'lì scanzlé la lengúa rúmagnola (Prosegue l'intervento nell'idioma romagnolo)...

PRESIDENTE. Per favore, è inutile che lei insista! Le devo togliere la parola, mi dispiace (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Il deputato Pini prosegue ancora il suo intervento nell'idioma romagnolo)!
Mi dispiace molto che loro proseguano in questo modo, ma le decisioni sono state già assunte. Insisto ancora al riguardo proprio per rispetto della vostra interlocuzione e affinché si sappia che il riferimento del presidente Gibelli è ad un intervento di Angelo Alessandri contenente una sola frase in dialetto, che viene rendicontata nel testo per ragioni di evidente buonsenso. Quindi, vi prego di attenervi alla decisione presa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani si è astenuto in sede di Commissione su questa proposta di legge costituzionale perché, pur apprezzandone il testo, che rappresenta un giusto equilibrio dal punto di vista costituzionale e che non deve essere modificato in alcun modo, ritiene sicuramente importante anche il contesto nel quale essa può essere approvata. In questa Assemblea stiamo assistendo a gravissime affermazioni che minano il percorso di riconoscimento dei diritti linguistici e nazionali delle minoranze presenti sul nostro territorio. Inoltre, si usa strumentalmente la questione degli idiomi locali per alludere ad un processo di disgregazione del nostro paese. Noi stiamo affrontando l'esame di una proposta di legge costituzionale, non di un provvedimento riguardante l'una o l'altra maggioranza politica, che interessa il nostro paese a prescindere dalle diverse forme di governo e dalle diverse sensibilità.
Credo che questo dibattito sia importante perché il suo senso e la sua qualità determineranno anche la realtà di una norma che noi vogliamo introdurre nella Costituzione italiana per chiarire un aspetto pleonastico ma anche importante, cioè il ruolo della lingua italiana nella sua funzione pubblica nell'assetto costituzionale del nostro paese. Tuttavia, questa proposta di legge costituzionale non può essere utilizzata pretestuosamente contro un percorso di riconoscimento che è stato duro e ha comportato importantissime e democratiche battaglie.
L'affermazione degli articoli costituzionali che riconoscono le minoranze linguistiche è avvenuta attraverso un difficilissimo percorso politico ed una iniziativa civile volta a ottenere ciò che la Costituzione aveva già definito. Per questo motivo, riteniamo di dover ascoltare con grande attenzione il senso di questa discussione prima di approvare un provvedimento il cui testo, per come è redatto, è giusto ed equilibrato dal punto di vista costituzionale. Tuttavia, non dovrà essere consentito ad alcuno in futuro, qualunque sia la maggioranza che governerà il nostro paese, di utilizzare questa norma per comprimere altri diritti costituzionali o altri diritti di civiltà che sono stati acquisiti in questi anni di vita della Repubblica democratica antifascista.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, nel suo intervento precedente lei si è riferito a una consuetudine. Ebbene, il sottoscritto, quando svolge i suoi interventi, ha la consuetudine di inserirvi quasi sempre una frase in milanese, che l'è la mia lengua. Quindi, mi atterrò alla consuetudine e parlerò in italiano, ma ogni tanto ghe metti dentro una parola in dialet, che l'è la mia lengua.
Ciò detto, vorrei dire al professor Zaccaria che non convince la sua osservazione in riferimento all'articolo 6 della Costituzione, perché non possiamo considerare i milanesi una minoranza linguistica. Mi spiego meglio. L'insubre, el milanes, è parlato dal Canton Ticino al Po, dal Sesia all'Adda. Si tratta di cinque milioni di persone, del 10 per cento della popolazione italiana.
Definire minoranza linguistica il 10 per cento della popolazione per noi è offensivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Quindi, non possiamo dire altro che così non va bene.

PRESIDENTE. Deputato Garavaglia, deve concludere.

MASSIMO GARAVAGLIA. Mi avvio a concludere.

PRESIDENTE. Deve concludere!

MASSIMO GARAVAGLIA. Siamo d'accordo su questo provvedimento a patto che vengano recepiti gli emendamenti da noi presentati, che sono assolutamente opportuni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, confesso di avere avuto molte perplessità, sia nel corso della passata legislatura che nel corso di quella attuale, sul provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Mi hanno indotto ad esprimere un atteggiamento favorevole sopratutto le relazioni del presidente dell'Accademia della Crusca e i ragionamenti svolti nel corso della precedente legislatura.
Tuttavia, se i colleghi consentono, un argomento siffatto deve essere inquadrato culturalmente in maniera adeguata, senza pregiudizi e nella comprensione della natura di un fenomeno linguistico. La lingua è un classico elemento di comunicazione; essa è un fenomeno parlato - così è stato definito - che determina dialettica.
Ai colleghi della Lega Nord vorrei dire che sarebbe assolutamente insensato per chi persegue la vivacità della lingua italiana non stimolare le lingue locali. Le lingue nazionali sono arricchite da quelle locali.

PRESIDENTE. Deputato Gerardo Bianco, la prego di concludere.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, non abuso mai della parola e quindi, se mi permette qualche minuto in più, vorrei aggiungere che mi pare fuori discussione dire che le lingue nazionali sono un elemento vitale se sono alimentate da quelle locali. Gli articoli 6 e 12 della Costituzione danno a mio avviso tutte le garanzie affinché questo avvenga.
Rivolgendomi alla collega Biancofiore (il cui nome mi attira perché evoca in me simboli particolari), ricordo che la lingua italiana non può diventare un elemento di divisione, bensì di unione non solo dal punto di vista della cultura nazionale, ma anche di esposizione all'esterno. Si tratta di un elemento vitale. Il suo irrigidimento in una norma costituzionale forse può risultare utile; tuttavia credo che vada mantenuto il vero elemento di una lingua nazionale, che è quello di costituire un fattore cardine della vitalità di un intero popolo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Pag. 17il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, da un lato vorrei evidenziare il mio consenso su questo provvedimento che valorizza e definisce in termini precisi il ruolo della lingua italiana sul territorio nazionale. Dall'altro lato, vorrei allo stesso tempo evidenziare la seguente contraddizione. Mentre il Parlamento approva una legge che, nel rispetto delle minoranze linguistiche, conferma il ruolo della lingua italiana, molti enti locali, nonostante le ristrettezze economiche, finanziano corsi di varie lingue straniere per gli immigrati extracomunitari. Ciò non vuol dire non essere rispettosi delle matrici di provenienza, delle etnie e delle culture di che proviene da altre realtà, lontane dal nostro paese. Tuttavia, ritengo che lo Stato sia formato dal Parlamento ma anche dagli enti locali. Se gli enti locali si riconoscono nella storia, nella cultura e nell'identità italiana non possono prescindere dal ruolo che loro compete nel finanziare e nell'aiutare gli immigrati extracomunitari nell'apprendimento della lingua e della cultura italiana. Oggi sta avvenendo l'esatto contrario o, perlomeno, accanto a questo apprendimento, si insegna la permanenza di lingue e tradizioni la cui tutela, casomai, spetterebbe alle comunità locali. Desidero evidenziare questo fatto perché esso mi pare in palese contraddizione con quanto affermato in questa sede da molti colleghi. Un'effettiva aderenza...

PRESIDENTE. Deputato Garagnani, deve concludere.

FABIO GARAGNANI. L'effettiva aderenza alle condizioni di legge presuppone un'adesione intima al contenuto di questo provvedimento anche da parte delle realtà periferiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brugger. Ne ha facoltà.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, cercherò ovviamente di esprimermi nella lingua italiana; essendo di madrelingua tedesca, cercherò quanto meno di farmi comprendere (Applausi). Siamo rimasti piuttosto impressionati dal dibattito perché pensavamo che il provvedimento in esame fosse abbastanza neutrale, cioè non rivolto contro qualcuno, ma, semmai, a favore della lingua italiana. Noi abbiamo anche constatato che in Commissione questa direzione di pensiero è stata seguita dalla maggioranza e in tal senso avevamo creduto che il provvedimento fosse, semmai, un rafforzamento dell'identità nazionale, anche se da sempre consideravamo come un segno di debolezza il fatto che uno Stato dovesse inserire nella Costituzione il riconoscimento della propria lingua, posto che ritenevamo che questo fosse più che ovvio.
Quindi, se lo Stato deve inserire il riconoscimento della lingua italiana nella Costituzione, quanto meno ha dei problemi di identità perché, altrimenti, non dovrebbe farlo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Tuttavia, visto anche l'andamento del dibattito, quando si interviene contro la valorizzazione degli idiomi e delle lingue credo che si vada nella direzione totalmente sbagliata perché, semmai, l'Italia deve essere un paese che tutela questa ricchezza e le minoranze linguistiche. Da questo punto di vista, credo che, quanto meno, le nostre minoranze linguistiche abbiano da cinquant'anni una rappresentanza in Parlamento e noi abbiamo sempre combattuto per valorizzare la nostra minoranza. Tuttavia, quando oggi ho sentito gli interventi, in modo particolare quello della deputata Biancofiore, ho capito che l'impostazione del provvedimento è rivolta contro qualcuno, contro le minoranze linguistiche. È stata pronunciata - lo ha ricordato bene il collega Boato - addirittura la parola...

MICHAELA BIANCOFIORE. Pulizia linguistica!

MARCO BOATO. Hai detto pulizia etnica!

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SIEGFRIED BRUGGER. Comunque, si tratta di parole che non sono mai state usate in quest'aula, parole che non ripeto neanche. Fintanto che il provvedimento rimane neutrale e di sostegno della lingua italiana, noi ci asterremo; ma se dovessimo constatare che esso è rivolto contro le minoranze linguistiche e contro gli idiomi regionali, voteremmo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, colleghi, nel corso della discussione sulle linee generali ho già svolto un intervento e penso di avere espresso in maniera compiuta le motivazioni per cui il mio gruppo ha presentato e sostiene il provvedimento in esame. Tuttavia, vengo sollecitato a questo intervento dalle parole di un collega che, esprimendosi in veneto e dando lezioni di «veneticità», mi spinge a raccontarvi una storia tutta veneta, ma che penso possa essere utile ad una riflessione comune.
Forse molti non sapranno che più di duecento anni fa, nel 1797, l'ultimo gonfalone di Venezia venne sepolto sotto l'altare della chiesa di Perasto, nelle Bocche di Cattaro. Il capitano Viscovic, il cui nome suona slavo - ma voi sapete che Venezia ha intitolato la sua riva più bella agli schiavoni, che erano poi suoi soldati fedelissimi -, seppellì il gonfalone di Venezia con un discorso che rimane famoso, pronunciato in veneto, e che oggi ricordiamo. Si tratta del famoso discorso da cui i dalmati fanno derivare una sorta di giuramento verso l'Italia. Il conte Viscovic disse: vecio leon - questa è una citazione, e quindi si può dire -, vecchio leone, per tanti anni, per 377 anni sei stato con noi, nella buona e nella cattiva sorte, abbiamo pianto e abbiamo riso, abbiamo combattuto, abbiamo vissuto giorni felici. E conclude questo intervento commosso nella chiesa di Perasto dicendo: vecchio leone, tu rimarrai sempre con noi e noi sempre con te. «Ti con nu e nu con ti». «Ti con nu e nu con ti» sarà la bandiera sotto la quale Francesco Rismondo, il redento di Spalato, medaglia d'oro della prima guerra mondiale - che è la conclusione del Risorgimento italiano - cade nel nome dell'Italia. «Ti con nu e nu con ti» era scritto sulla poppa dell'ex ammiraglia della nostra marina militare. E cosa stava a significare? Stava a significare che, portandoci dietro la nostra identità, avevamo però bisogno di un elemento unificante. Io parlo il dialetto veneto (Una voce dai banchi del gruppo Lega Nord Padania: Lingua veneta!). Parlo il triestino, parlo il ladino del Cadore. Parlo il ladino del Cadore, sai perché? Perché mia madre, che veniva dall'Istria ed era esule per scelta di libertà e di italianità - e la cui madre era scappata prima dalla Dalmazia per restare libera ed italiana -, per parlare con mio padre, che parlava il ladino del Cadore che anche io parlo, usava l'italiano. I campani non sono una minoranza. I veneti non sono una minoranza. I friulani non sono una minoranza. Noi non siamo tante minoranze! Noi siamo tasselli di uno splendido mosaico che costituisce l'identità italiana (Applausi di deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, L'Ulivo, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), La Rosa nel Pugno). E lingua italiana è la lingua unificante di questo paese.
Allora, nel rispetto di tutte le culture, nel rispetto di tutte le provenienze, nel rispetto di tutte le lingue e di tutti gli idiomi, abbiamo il diritto e il dovere di trovare l'elemento che ci unifica e ci identifica.
Amici della Lega, quando poi usciremo in Transatlantico parleremo in italiano perché questa è la lingua comune. È quella che riconosce in noi il portato delle nostre storie, delle nostre memorie, delle nostre identità, delle nostre azioni, di quelli che ci sono stati prima di noi, di tutto quello che è poi l'identità, che anche voi - nel campanile, nella religione, nella tradizione, nello spirito - conservate. Ecco perché è bello, è giusto ed è nobile che vi sia anche nella Costituzione un riferimento all'elemento che - come diceva il Manzoni - è Pag. 19quello più profittevole per l'unità della nazione. Manzoni, che è un grande padre nobile della patria, diceva che, dopo l'unità delle armi e delle leggi, è quella della lingua che rende più profittevole l'unità di una nazione. Questa è la verità, difficile da confutare e soprattutto da non penalizzare stupidamente con qualche intervento in dialetto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente, la questione che stiamo affrontando è molto seria, e non può essere banalizzata riducendola ad uno scontro ideologico. Noi Verdi abbiamo presentato l'emendamento 1.3, firmato da Marco Boato, perché riteniamo che gli idiomi locali rappresentino un elemento fondamentale nella conservazione e nella tutela delle tradizioni storiche e culturali di questo paese. Mi rivolgo a tutti i colleghi. Gli idiomi locali - e condivido l'ultimo intervento - hanno contribuito a costruire l'unità d'Italia, a costruire una storia, a tutelare le tradizioni. Voglio ricordare che, in molta della nostra letteratura e in molte delle fiabe che sono state tramandate per via orale, gli idiomi locali rappresentano un elemento molto importante. Voteremo a favore dell'emendamento Boato e ci asterremo sugli altri emendamenti, perché riteniamo importante che tutto si fissi nell'ambito della valorizzazione degli idiomi locali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, se quest'Assemblea ascoltasse, come ha ascoltato con molta attenzione lo speech con il quale lei ha affermato che è implicito che nel Parlamento italiano si parli la lingua italiana, probabilmente anche i membri del Comitato dei nove dovrebbero rilevare che l'intervento che si vuole effettuare con il presente provvedimento sull'articolo 12 della Costituzione, oltre ad essere inutile, è anche, come spesso accade e come il dibattito di questa mattina sta dimostrando, dannoso. Cosa sta avvenendo? Con questa modifica dell'articolo 12 della Carta costituzionale, che riconosce l'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica, vengono attivate le pulsioni identitarie esistenti nel nostro paese, che significa l'attivazione di pulsioni di restringimento e di chiusura nei confronti sia dei migranti sia delle minoranze linguistiche. L'intervento svolto poc'anzi dall'onorevole Biancofiore è esemplare da questo punto di vista.
Se ci attenessimo semplicemente al dettato dell'articolo 6 della Costituzione, che stabilisce che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche, il collega Boato e i colleghi della Lega Nord Padania non sentirebbero il bisogno di inserire in Costituzione l'esaltazione degli idiomi e si potrebbe provvedere con norme ordinarie, come è stato fatto con la legge n. 482 del 1999, a tutelare l'esaltazione, la protezione e la promozione delle lingue, che ormai è affidata alle regioni.
Vi è anche un'altra pulsione che corrisponde a quella identitaria: è quella secessionista della Lega Nord Padania. Colleghe e colleghi dell'Unione, mi rivolgo soprattutto a voi, il provvedimento in esame è semplicemente il frutto dell'inseguimento che per anni le forze politiche, anche di sinistra, hanno fatto sul terreno della Lega Nord Padania per soddisfarne e per conquistarne le simpatie. In verità, il federalismo è l'opposto della secessione. Il federalismo è la chiamata all'unità del paese.
Un'ultima considerazione. Colleghi, ha ragione e pertanto seguiamo quanto ha detto il collega linguista e latinista Gerardo Bianco, vale a dire che le lingue non hanno bisogno della protezione della legge. La lingua è un organismo storico naturale che si sviluppa attraverso chi la pratica, chi la frequenta ed è il mezzo di comunicazione.Pag. 20
Presidente, le leggi non possono fare tutto. In questo caso, si dimostra che la legge è dannosa perché appunto dà la stura ai dissensi, alla lotta e alle pulsioni che noi dovremmo invece controllare.
Per tutti questi motivi, voteremo contro l'emendamento Cota 1.2 e preannuncio fin d'ora che per gli stessi motivi voteremo contro l'emendamento Boato 1.3. Non c'è bisogno, onorevole Bonelli, di inserire in Costituzione la protezione degli idiomi locali e quella delle minoranze linguistiche perché c'è già all'articolo 6. Fare qualcosa di più, come si sta dimostrando, è dannoso.
Dirò poi, in sede di dichiarazione di voto finale, perché trovo assolutamente assurdo quanto ha detto l'onorevole Biancofiore. Invito, inoltre, il collega Brugger, che ha preannunciato il suo voto di astensione, ad osservare come in questo dibattito c'è qualcosa che innesta inimicizia. Se noi l'avessimo evitato avremmo evitato anche questa inimicizia, così come avremmo evitato la non neutralità del provvedimento.
In conclusione, mi rivolgo a tutti i colleghi invitandoli a soprassedere rispetto al voto di questo provvedimento e a ripensare se sia veramente il caso di intervenire sull'articolo 12 della Costituzione perché, come detto e come questo dibattito sta dimostrando, sarebbe qualcosa di inutile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tengo a precisare che sono veneto; oltre a parlare l'italiano parlo e sento di avere una appartenenza culturale, che avverto come profonda, alla lingua della mia terra. Credo che ciò valga sia per me sia per la gran parte dei parlamentari di questa Camera in relazione alla storia e alle radici identitarie della terra di ciascuno.
Credo, peraltro, che dobbiamo tenere in debita considerazione una profonda differenza che in alcuni interventi mi è parso diventare invece un po' più labile, vale a dire quella tra le identità storiche che si esprimono anche attraverso le lingue dialettali e la tutela delle minoranze linguistiche.
Nel rivendicare con orgoglio queste mie radici e questa mia cultura, non avverto e non ho per questo una percezione di me stesso come una minoranza linguistica, ma semplicemente come quella di un italiano che è fortemente legato alla propria storia, alle proprie radici e ai valori della propria terra. Devo dire che la tutela delle minoranze linguistiche è già presente nella nostra Costituzione e si presenta già come un valore fortemente affermato e tutelato anche nei fatti. Addirittura, per alcune regioni, le minoranze linguistiche ed etniche hanno una componente particolarmente forte e sappiamo che la Costituzione riconosce loro un trattamento del tutto peculiare. Non per questo, tuttavia, noi non comprendiamo le motivazioni e le ragioni che stanno alla base dell'emendamento della Lega nord, ma crediamo soltanto che la previsione nel testo costituzionale non sia verosimilmente lo strumento più adeguato rispetto al tipo di tutela che si vuole dare.
Per questa ragione, che è peraltro quella della condivisione di un intento, quello di tutelare identità storiche e culturali che sono forti e che si esprimono talora anche e soprattutto attraverso l'idioma, ma anche nella convinzione che non sia la Costituzione a doverne fornire una tutela, bensì lo strumento delle leggi ordinarie - come è stato ricordato dall'onorevole La Russa - oltre alle iniziative che la stragrande maggioranza delle regioni italiane hanno assunto con riferimento all'identità storiche e culturali, il gruppo dell'Italia dei valori si asterrà su questo emendamento per dare un segnale che sia anche di apprezzamento verso questo impegno che noi condividiamo nello spirito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dozzo. Ne ha facoltà.

Pag. 21

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, io vorrei iniziare il mio intervento col dirghe: sior Presidente, e non tanto per mancanza di rispetto verso quest'Aula o verso di lei, signor Presidente, quanto perché la lingua che mi hanno insegnato i miei genitori e i miei nonni è il veneto.
Quindi, signor Presidente, trovo assurdo che lei non possa recepire tutto questo. La lingua - come diceva il collega Bianco - è un fenomeno parlato. Ebbene, in Veneto, la lingua veneta è parlata dal novanta per cento dei veneti! Quindi, perché non mettere in Costituzione che il veneto ha pari dignità delle altre lingue in Italia e ha pari dignità dell'italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) ? Perché? È forse mancanza di coraggio? Certamente!

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANPAOLO DOZZO. Presidente, mi scusi.

PRESIDENTE. Deve concludere, però.

GIANPAOLO DOZZO. No, no, mi scusi. Il fatto stesso...

PRESIDENTE. No, deve concludere.

GIANPAOLO DOZZO. Mi scusi un attimo. Non ho mai parlato; concludo in trenta secondi.

PRESIDENTE. Mi dispiace...

GIANPAOLO DOZZO. ...che si voglia mettere l'italiano nella Costituzione, significa il fallimento di questa nazione intesa come Stato e il fallimento del popolo italiano. Perché? Sappiamo benissimo che...

PRESIDENTE. La prego, però, deve concludere.

GIANPAOLO DOZZO. ...bisogna vedere quale italiano, Presidente; è forse quello che si parla e che sentiamo in televisione?

PRESIDENTE. Non mi costringa a toglierle la parola.

GIANPAOLO DOZZO. È questo l'italiano che vogliamo mettere in Costituzione?

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!

GIANPAOLO DOZZO. Concludo, Presidente. Mi creda, quando si parla in veneto o in siciliano o in romagnolo significa che ognuno di noi ha una propria identità, una propria caratteristica...

PRESIDENTE. Deve concludere!

GIANPAOLO DOZZO. ... una propria tradizione da mantenere! Questo per il bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere l'emendamento Cota 1.2 perché non mi sembra che vi sia alcuna contraddizione con il disposto del provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Nel momento in cui, con legge nazionale, si riconosce l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica, non è contraddittorio dire che «la Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali». Ciò significa invece valorizzare la nostra cultura e la nostra storia.
Presidente, se prima g'avess espetà, invece de agitarse, invece de ascoltà il collega...

PRESIDENTE. La prego, per favore ....

CESARE CAMPA. ...avrebbe capito tutto perché il veneto si capisce perfettamente. Quindi, Presidente, non solo sottoscrivo questo emendamento ma invito anche lei a farsi carico di invitare l'Assemblea a votare un emendamento che, in Pag. 22fondo, senza tradire la lingua italiana, valorizza le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute.

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!

CESARE CAMPA. La ringrazio perché so che agirà in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Montani. Ne ha facoltà.

ENRICO MONTANI. Presidente, dalle mie parti - che poi sono, più o meno, anche le sue - c'è un detto che dice: «Le radici profonde non gelano mai». Gli emendamenti presentati dalla Lega Nord vanno in questo senso: a preservare le nostre radici. Quand a turni da luntàn e at veghi dazura ai tècc mi am senti ul cor in màn...

PRESIDENTE. La prego, per favore...

ENRICO MONTANI. «San Vitur» di me vècc. Av rigordi...

PRESIDENTE. La prego, non mi costringa a toglierle la parola.

ENRICO MONTANI. Posso consegnare il testo?

PRESIDENTE. Può anche consegnarlo, ma la avverto che potrà essere poi riprodotto soltanto in lingua italiana, come lei sa, tranne le citazioni. (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Tranne le citazioni!

ENRICO MONTANI. È già scritto, signor Presidente!

PRESIDENTE. Tranne le citazioni!

ENRICO MONTANI. È già scritto, signor Presidente! Lo posso consegnare? Lo abbiamo già fatto!

PRESIDENTE. Va bene, ma le ho già detto cosa succederà. Il precedente è nel senso di una frase che sia immediatamente intelligibile, altrimenti non può essere accolta (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

DAVIDE CAPARINI. Sta riscrivendo il regolamento! Dieci anni fa, in quest'aula, Borghezio...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente, noi voteremo a favore di tutti questi emendamenti che richiamano le lingue storiche regionali, gli idiomi e la cultura delle varie località che costituiscono il nostro paese. Non abbiamo però nulla da dire sul fatto che la lingua italiana sia la lingua ufficiale della nostra Repubblica, così come il nostro tricolore ne è la bandiera ufficiale (come sancito nello stesso articolo 12 della Costituzione).
Ciò che invece ci preoccupa e che questo Parlamento sta trascurando è il fatto che, statisticamente, rispetto ai paesi più avanzati l'italiano non è più una lingua parlata in Europa. Addirittura, l'Unione europea giudica inutili le spese per gli interpreti italiani. È questo che ci preoccupa: l'isolamento che viviamo in Italia con la nostra lingua.
Quindi, questo dibattito è fuori tema. Le nostre culture regionali vanno mantenute perché rappresentano la nostra storia e le nostre tradizioni. Mi diceva prima il collega Cossiga che tra i pastori dei reggimenti sardi, che hanno fatto l'Italia, nessuno conosceva l'italiano, eppure si sono battuti e sono morti per l'unità d'Italia. Quindi, non è qui il problema: il problema sta nelle espressioni linguistiche cosiddette spazzatura che si ascoltano nelle nostre televisioni, che si usano tra i giovani quando comunicano con codici telegrafici, simbolici e sintetici mediante SMS telefonici.
I problemi ci sono quando ascoltiamo certi ministri che non sanno sintassi e grammatica: è questo che ci preoccupa.Pag. 23
Ci preoccupa il fatto che abbiamo un Presidente del Consiglio che è stato Presidente dell'Unione europea e ha fatto in modo che la lingua italiana scendesse in serie B, senza fare nulla per mantenere alta la nostra cultura e presenza in Europa.
È questo che ci preoccupa ed è per questo motivo che così come siamo d'accordo sull'inserimento nell'articolo 12 della Costituzione che la lingua italiana sia quella ufficiale della nostra Repubblica, siamo d'accordo anche su questi emendamenti che garantiscono la cultura, la storia e le tradizioni del nostro paese.
Onorevoli colleghi, quando parlo con mia mamma, devo usare il dialetto, altrimenti non mi capisce; so anche che la stessa cosa succede a molti altri colleghi ed alla stragrande maggioranza dei cittadini che rappresentiamo. Quindi, il nostro dibattito è fuori tema: il vero tema, in questo momento, è riuscire a far sì che l'italiano continui ad essere presente in Europa e non sia considerato una lingua di serie B o addirittura da C2, nemmeno da C1! Semmai, scriviamo nella Costituzione che i rappresentanti delle istituzioni, i ministri, debbano conoscere l'italiano: questo sì! Non mettiamoli lì perché fanno comodo o perché si spera, con loro, di riuscire a governare un paese che, da quel che si vede, non è assolutamente governato e governabile!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Presidente, intanto, sono contento perché il mio costituisce un precedente, che però deve essere utilizzato: non può affermare, signor Presidente, che è ammesso l'inserimento in un certo contesto di frasi pronunciate in una lingua locale, non in dialetto, se poi, ogni volta che lo facciamo, si irrita e ci toglie la parola! Se il concetto è quello che lei ha esposto, signor Presidente, deve applicarlo fino in fondo! Pertanto, d'ora in avanti possiamo anche esprimerci nella nostra lingua locale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Inoltre, desidero resti agli atti che l'emiliano - visto che qualcuno lo dimentica spesso - è da considerarsi una lingua, non solo un dialetto.
Colgo l'occasione per rispondere anche al collega La Russa. Secondo me, se un immigrato viene a casa nostra, oltre a conoscere l'italiano, deve anche capire qualcosa della lingua locale. Per quanto mi riguarda, un po' di emiliano, di reggiano ed anche di guastallese deve saperlo interpretare, altrimenti non si integra. Allora, ci vogliono dieci anni! Imporre la conoscenza dell'italiano comporta, magari, per un immigrato lo studio di un anno di lingua italiana ed accelerare...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANGELO ALESSANDRI. ...il riconoscimento della cittadinanza, la qual cosa sarebbe davvero un grande errore. Concludo...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!

ANGELO ALESSANDRI. Concludo rispondendo anche al collega Franco Russo, il quale porta il cognome giusto per fare il comunista. Debbo dire che, a volte...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!

ANGELO ALESSANDRI. ... il passaggio da fascista a comunista, perché quando si cerca di imporre...

PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, premetto che cercherò di non farla arrabbiare.
Credo che la domanda alla quale dobbiamo tutti dare una risposta sia la seguente: riteniamo le nostre lingue regionali una ricchezza dello spirito che ci può impedire di essere totalmente spersonalizzati Pag. 24dalla globalizzazione ovvero un retaggio del passato? Nel mondo di oggi, spersonalizzato ed impostato sull'economia, non dobbiamo dimenticare che le lingue locali, o dialetti, sono inevitabilmente il linguaggio dell'anima.
Qualcuno diceva che per parlare di questo argomento bisogna conoscere la realtà locali; io dico che, oltre a conoscere le realtà locali, bisogna conoscere la storia. A questo proposito, vorrei raccontarle, signor Presidente, la storia di Amatore Sciesa, un patriota - lo dico agli amici di Alleanza Nazionale - che di mestiere faceva il tappezziere. Nel 1850, egli entrò in contatto con i comitati clandestini repubblicani milanesi. Arrestato...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO GRIMOLDI. ... nella notte tra il 30 ed il 31 luglio 1851 mentre affiggeva manifesti insurrezionali in via Spadari...

PRESIDENTE. Mi dispiace, ma deve concludere!

PAOLO GRIMOLDI. ... venne condannato alla forca. Mentre lo conducevano al luogo dell'esecuzione, fu fatto passare sotto casa sua nel tentativo di indurlo, con il pensiero della famiglia, a rivelare i nomi dei complici e, in cambio, aver salva la vita. Il coraggioso...

PRESIDENTE. Conosciamo la formula; la prego di concludere!

PAOLO GRIMOLDI. ... alle esortazioni dei suoi carnefici, rispondeva nella sua lingua «Tiremm innanz(Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), difendendo...

PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bezzi. Ne ha facoltà.

GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, come Partito Autonomista Trentino, da più di cinquanta anni pensiamo che un uomo illuminato come Alcide De Gasperi abbia aiutato le regioni a statuto speciale con statuti che permettono l'integrazione linguistica, in Italia, tra gruppi di persone che parlano lingue diverse. Nel nostro caso il tedesco, il ladino, il mòcheno, il cimbro. Però, io che vengo dalla Val di Sole, posso dire che i miei bisnonni erano italiani sotto l'impero austroungarico e combattevano gli italiani al di là del passo del Tonale, nella Valle Camonica.
Ebbene, io credo che oggi l'Italia abbia fatto grandi passi avanti e che, attraverso gli strumenti che già vi sono nella Costituzione, si possa favorire il dialogo. Quindi, non servono forzature, ulteriori muri, ma serve il dialogo e l'impegno di persone che hanno il coraggio di investire per i nostri figli, per far comprendere che attraverso l'integrazione fra gruppi linguistici diversi possiamo portare l'Italia e i nostri figli in Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Presidente, annuncio l'astensione di Forza Italia sull'emendamento in esame, ma intendo spiegarne le ragioni.
Devo dire che mi dispiace di aver sentito alcune affermazioni in quest'aula, a cominciare da quelle di chi dice che questa legge sarebbe inutile e dannosa: al contrario, noi la riteniamo oggi assolutamente indispensabile e necessaria per sottolineare una identità nazionale culturale.
Il tema posto dai colleghi della Lega non tocca e sta a cuore solo alla Lega Nord ma anche a tutti noi. Noi riteniamo che il patrimonio linguistico regionale dell'Italia faccia parte del patrimonio della nazione e che, quindi, è indispensabile tutelarlo.
Perché ci asteniamo? Perché non è questo il punto: noi non stiamo approvando un articolo che prevede la tutela della lingua italiana - e questa sì che sarebbe una resa! -; noi stiamo inserendo nella Costituzione in ritardo, cambiando scelta...

PRESIDENTE. Deve concludere!

Pag. 25

JOLE SANTELLI. Ha ragione, Presidente, mi scusi. Noi stiamo riscrivendo che l'italiano è la lingua ufficiale, facciamo una attestazione in positivo, che non ha nulla di contrario e di negativo; ed è per questo che tanto mi dispiacciono le polemiche nei confronti della Lega quanto quelle inutili sulle...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere!

JOLE SANTELLI. ...parole - concludo subito! - della collega Biancofiore che, certo, non ha detto di non tutelare le minoranze linguistiche, ma ha detto che in quei territori vi sono le minoranze linguistiche ma anche una popolazione italiana e una lingua italiana!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Presidente, credo che le argomentazioni dei colleghi Bianco e Russo, anche a seguito di alcuni interventi per la verità «ripugnanti» che ho sentito in quest'aula, ci dovrebbero indurre a riflettere sulla opportunità di andare avanti su questo provvedimento. Lo dico anche per le considerazioni che il Presidente della Camera ha richiamato nello speech iniziale, perché la lingua italiana non ha bisogno di essere riconosciuta nella Costituzione in quanto «marca» sostanzialmente l'esistenza dello stesso Stato della Repubblica, a prescindere dal fatto che sia formalmente riconosciuto o meno.
Detto questo, e considerato che entriamo comunque nel merito del provvedimento all'esame, vorrei sottolineare che noi stiamo intervenendo sull'articolo 12 della Costituzione, che disciplina uno degli elementi o l'elemento distintivo, della Repubblica italiana, la sua bandiera. In ragione di questo...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

GIANPIERO D'ALIA. Non so, Presidente, se qualcuno è intervenuto a nome del mio gruppo e se ho altro tempo a disposizione...

PRESIDENTE. Lei sta intervenendo a titolo personale.

GIANPIERO D'ALIA. Le chiedo di poter concludere brevemente, grazie.

PRESIDENTE. Prego!

GIANPIERO D'ALIA. Sicché, interveniamo su questo punto, introducendo un ulteriore elemento distintivo della Repubblica italiana, che è la lingua italiana.

PRESIDENTE. Però, le devo chiedere di concludere!

GIANPIERO D'ALIA. Gli emendamenti che sono stati presentati sono disaggreganti perché riconoscono alle leggi regionali la possibilità di introdurre altri segni distintivi e questo è pericoloso: lo dico per quei colleghi che, erroneamente, non avendo visto il testo, intendono astenersi. Noi voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Presidente, mi scusi, prima di far decorrere il tempo a mia disposizione, vorrei chiederle di rispondere ad una domanda. Alle ore 15, in quest'aula, cosa ci sarà? Cosa è previsto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. Proseguiremo la discussione, ma svolga il suo intervento, per favore...

GIUSEPPE MARIA REINA. Caro presidente, ci sarà, perché così è disposto nel calendario dei lavori, il question time. Di quale lingua stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?Pag. 26
Per quale ragione abbiamo dovuto riempire la nostra vita quotidiana di inglesismi e di francesismi (lo stesso Parlamento introduce strutturalmente espressioni linguistiche che non sono italiane), mentre i colleghi non possono avere il diritto di manifestare l'attaccamento ai valori del loro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Forza Italia e La Rosa nel Pugno)?
Per quale ragione? Vorrei capirlo! Che vuol dire question time? Perché non me lo traducete, così come avete chiesto ai parlamentari della Lega di tradurre in italiano quello che stavano affermando?
Vedete, c'è una differenza tra lingua e dialetto: il dialetto lo parla un popolo; la lingua, invece, caratterizza una nazione, fa di un popolo una nazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Prima di affrontare l'argomento complesso del quale oggi ci stiamo occupando, dovremmo cercare di capire se l'unità di questo paese, a cui tutti teniamo, sia stata realmente compiuta e determinata!
Vengo dalle colonie, così erano intese le terre meridionali e in particolare la Sicilia al tempo dei romani; ma noi fummo regno, fummo nazione! Il dialetto siciliano non esiste: esiste la lingua siciliana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Desidero ricordarlo in questo Parlamento! E se alcuno dei padri fondatori dello statuto siciliano dimenticò, in quel momento di difficile crisi, di esaltarne le caratteristiche all'interno dello statuto, questo non significa che non esiste la lingua siciliana!
Desidero che, assieme alla lingua italiana, sia enfatizzata e valorizzata la lingua o il dialetto delle varie regioni, perché non esiste una lingua statica.

PRESIDENTE. La prego...

GIUSEPPE MARIA REINA. La lingua è un elemento dinamico e si arricchisce delle realtà dialettali delle nostre ragioni! Non c'è un contrasto! È una sintesi armonica!
Per questo, dobbiamo essere orgogliosi di difendere, invece che gli inglesismi ed i francesismi, i nostri dialetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno - Congratulazioni)!

PRESIDENTE In riferimento alla fattispecie richiamata dal deputato Reina, al di là delle possibili discussioni sulla necessità o meno di espungere dalla lingua italiana i termini stranieri entrati in uso, preciso che il regolamento della Camera dei deputati, all'articolo 135-bis, riferendosi a ciò che il deputato Reina ha appellato question time, parla dello «svolgimento di interrogazioni a risposta immediata»: come si vede, si fa ricorso alla lingua italiana.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Turci. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Reina).

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, mi trovo francamente umiliato...

PRESIDENTE. Deputato Reina, la prego, lei è già intervenuto...

LANFRANCO TURCI. Mi trovo francamente umiliato dal dibattito che si sta svolgendo in quest'aula, in queste ore.
Mi pare che, partendo da una proposta assolutamente non necessaria - altrimenti, mi aspetterei che qualcun altro proponesse di scrivere nella Costituzione che il giorno si articola in 24 ore e che le ore si articolano in 60 minuti o altre amenità del genere -, che, comunque, se aveva un significato, era di rafforzare il ruolo della lingua italiana, con gli emendamenti proposti e con il dibattito in corso otterremo il risultato opposto, ossia di indebolire la lingua italiana!
Dunque, voterò contro gli emendamenti in esame e mantengo le riserve sulla stessa proposta iniziale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Rosso. Ne ha facoltà.

Pag. 27

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, le norme costituzionali sopravvivono alla retorica, spesso anche esagerata, con cui le si sostiene. Ho ascoltato il deputato Turci; ma come si può dire di essere contrari ad una norma, come quella proposta dalla Lega, che arricchisce la posizione manifestata su base unitaria dal Parlamento, con l'ufficializzazione dell'italiano? Come si può dire, come ha affermato l'onorevole D'Alia, di essere contrari a questa norma?
Giustamente, l'onorevole Gerardo Bianco ha sostenuto - ed è stato applaudito di cuore da tutti - che l'italiano è arricchito e rafforzato dalle premesse dialettali e linguistiche che ne costituiscono la base e davvero non riesco a capire come si possa negare, come hanno fatto alcuni, per contrasto alla retorica, spesso allo sfogo identitario di alcuni deputati della Lega, una posizione costituzionale che costituisce un arricchimento forte della nostra lingua (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia e di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ricordo all'Assemblea che, qualche anno fa, Helmut Khol, nel corso di un'audizione presso le Commissioni esteri e politiche comunitarie di Camera e Senato (tenutasi alla Sala del Mappamondo), ad una domanda sulle questioni linguistiche rispose che per lui la lingua madre era costituita dalla lingua che gli aveva insegnato sua madre, se non ricordo male il dialetto della regione Renania-Palatino, dov'era nato.
Pertanto, ritengo che si debba analizzare con molta più attenzione il provvedimento al nostro esame; mi auguro, soprattutto, che il Governo si interessi in maniera più fattiva alla questione, perché, altrimenti, è meglio lasciar perdere!
La gente si potrebbe arrabbiare, perché ha a cuore la propria lingua locale, il proprio dialetto ed il proprio modo di esprimersi e non è disponibile a svendere determinati valori.
Se non capiamo questo concetto, vuol dire che non abbiamo un collegamento con la realtà, con la vita vera vissuta dai nostri cittadini e che la sinistra, che fa riferimento a quelle classi deboli che spesso utilizzano la lingua locale, ignora una parte del suo elettorato!
Siamo seri, altrimenti è meglio lasciar perdere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Holzmann. Ne ha facoltà.

GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, mi pare che stiamo uscendo dal seminato.
Vorrei ricordare che questa proposta di legge costituzionale è stata approvata due volte dalla Camera ed una volta dal Senato nella scorsa legislatura e, quindi, per un pelo non è diventata legge costituzionale. Certamente, bisogna anche ricordare che il motore di questa proposta di legge è stato il mondo accademico, prima ancora del mondo politico, e non vi è dubbio, cari colleghi della Lega, che la lingua italiana è quella che ci unisce tutti, dal Brennero a Pantelleria, fatti salvi i dialetti regionali, le lingue delle minoranze linguistiche che sono, comunque, tutelate dalla Costituzione.
Il fatto di pretendere che nella Costituzione, così come avviene in altri paesi, venga riconosciuto il ruolo unificante della lingua italiana mi pare non contrasti assolutamente con la libertà di parlare il proprio dialetto, che mi fa molto piacere ascoltare, magari fuori da quest'aula, e che può benissimo essere tutelato dalle leggi regionali. Per tale motivo, non capisco la ragione per cui lo si pretenda a livello costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, vorrei invitare i colleghi a sospendere questa discussione.Pag. 28
Ieri, mi trovavo in Croazia e, insieme al presidente della Commissione esteri, ho incontrato la minoranza italiana che sopravvive, con mille difficoltà, nella suddetta regione. Si tratta di 30 mila italiani che trovano nella lingua italiana, anche se parlano in dialetto veneto, l'unica forza per essere un'entità (questo è il significato della proposta di legge costituzionale), per sentirsi uniti, nel massimo rispetto per tutti i dialetti d'Italia che hanno il diritto ed il dovere di essere ricordati e rappresentati.
Immagino che se questi italiani, che con difficoltà vivono il fatto di essere tali in Croazia, fossero oggi presenti in aula ad ascoltare questa discussione, non ci faremmo una gran bella figura!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, anch'io mi associo a quanto affermato dal collega precedentemente intervenuto, poiché ritengo che questa discussione stia assumendo toni un po' strani.
A mio avviso, non si può confondere il fatto che vogliamo, giustamente, tutelare la lingua italiana nella Costituzione con la considerazione che sia giusto proteggere i dialetti e le identità locali. Le «aggressioni» alla nostra lingua, infatti, derivano non dai dialetti - mi rivolgo agli amici del gruppo Lega Nord Padania -, ma dall'innesto continuo di termini stranieri, che la stanno snaturando! Tale grido d'allarme si leva dal mondo della cultura, dall'Accademia della Crusca e dalla scuola. Pensate che, quando ero assessore all'istruzione della provincia di Milano, una delle campagne più seguite è stata proprio la difesa della quarta «i», vale a dire la lingua italiana.
Questo, infatti, è anche il sentimento ed il volere dei nostri studenti, i quali credono che soltanto con la difesa della nostra lingua si possa affermare una cultura che noi dobbiamo difendere, senza per questo intaccare, ovviamente, le identità linguistiche (peraltro, purtroppo sempre meno parlate) dei nostri territori di provenienza: mi riferisco, ad esempio, al dialetto milanese a Milano.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA FRASSINETTI. Vorrei concludere, Presidente, segnalando soltanto che, tra le tante regioni, è stata precedentemente citata, da un collega della Lega, anche la «Terra di mezzo». «Le radici profonde non gelano», infatti, è una frase di Tolkien: quindi, dopo aver ricordato oggi tante regioni, abbiamo avuto anche questa citazione tolkieniana (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, intervengo perché voglio affermare fortemente che la mia lingua madre è il friulano: infatti, vengo dal Friuli-Venezia Giulia, e le mie prime parole sono state pronunciate in friulano. Questa lingua e tutte le altre lingue, o espressioni, oggi esistenti in Italia sono talmente belle e forti che, molto spesso, ritengo che dovremmo ripensarle e valorizzarle nel modo migliore.
Contemporaneamente, vista l'esperienza che ho vissuto, come atleta, nel mondo, devo dire che la lingua del paese nel quale si nasce - e, quindi, con la quale ci si esprime - è molto bella. Ritengo tuttavia importante che, quando ci si confronta con il mondo, la lingua che deve rappresentare il tuo paese e la tua bandiera (quindi, la tua Italia) dev'essere l'italiano!
Interpreto questa nostra discussione odierna, quindi, come un modo per riaffermare che la lingua italiana, in particolare quando usciamo dal nostro paese o quando vi arrivano degli stranieri, debba essere la nostra grande espressione (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia, L'Ulivo e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.

Pag. 29

MARINO ZORZATO. Signor Presidente, desidero innanzitutto apporre la mia firma all'emendamento Cota 1.2. Vorrei poi osservare che occorre fare una distinzione: o il progetto di legge in esame è inutile e ridondante, oppure non capisco perché aggiungere l'espressione: «tutela le lingue storiche regionali» rappresenti una proposta contraria allo spirito del provvedimento in esame. Si tratta di una discussione che non riesco francamente a comprendere!
L'emendamento Cota 1.2, infatti, accetta l'impianto della proposta di legge costituzionale in esame e propone di introdurre una tutela a favore delle lingue locali: non riesco a capire dove stia la contraddizione!
Infine, mi scuso con l'Assemblea, perché probabilmente si avvertirà la mia inflessione veneta, ma non posso farci niente: sono nato in Veneto (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il tema in discussione riguarda le identità e presenta due letture molto diverse: una lettura «di destra», quella del nazionalismo linguistico, ed una «di sinistra», che intende la lingua quale elemento della koinè nazionale (mi riferisco a Pasolini, per usare un riferimento culturale di un certo tipo). Ebbene, ritengo inevitabile che, su un tema del genere, vi sia un conflitto.
In questo caso, tuttavia, il conflitto è di due tipi. Il primo riguarda il fatto se si tratti di una questione di nazionalismo o di identità della storia, della cultura e della letteratura italiana. La seconda questione è rappresentata, invece, dal rapporto intercorrente tra la lingua nazionale, per un verso, e le lingue storiche e gli idiomi locali, per l'altro.
Vorrei rivolgermi, pertanto, ai colleghi che hanno presentato emendamenti sulle lingue storiche e sugli idiomi. Voglio dire loro che si tratta di due questioni molto diverse, perché le lingue storiche sono una cosa e gli idiomi sono un'altra. Credo che la Commissione non abbia nulla in contrario, se fossero presentate proposte di legge in tal senso, a valutare in quali termini tali questioni possano essere affrontate nell'ambito del contesto costituzionale.
Tuttavia, in questa sede stiamo parlando della Costituzione. Un siffatto emendamento ci impedisce anche di cogliere tutte le implicazioni connesse alla lingua storica, agli idiomi e via dicendo. Allora, fermo restando che se i colleghi presenteranno un progetto di legge sul tema lo si potrà senz'altro esaminare, vorrei invitare i presentatori degli emendamenti in esame a non insistere su questo tipo di materia per un problema molto semplice...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, sto parlando come presidente della Commissione...

PRESIDENTE. Mi scusi per l'interruzione. Volevo farle notare i tempi che mi erano stati segnalati. Le chiedo scusa.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. L'invito che rivolgo ai colleghi è di presentare progetti di legge sull'idioma o sulla lingua storica, a seconda delle proprie determinazioni, per valutare insieme, in quella sede, se esista uno spazio costituzionale per l'uno o per l'altra.
Francamente, discutere all'ultimo momento se inserire un riferimento alla lingua storica o all'idioma è già di per sé un elemento di conflitto e di divisione.

GIANPAOLO DOZZO. Riportiamolo in Commissione!

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. In quest'aula, mi pare che siamo abbastanza d'accordo sul fatto che la lingua italiana è elemento della cultura, Pag. 30della storia e dell'unità che nasce prima dello Stato. Colleghi, c'è un punto di fondo che dobbiamo riconoscere. Mentre in altri paesi, come la Francia, è lo Stato che ha fatto la lingua, da noi è la lingua che ha fatto lo Stato. E l'identità la si è ricostruita sulla base della lingua italiana e non sulla base di altro. Il resto è venuto dopo.
Nel momento in cui in tanti paesi europei si stanno verificando spinte centrifughe, richiamare un elemento di identità ed unità mi pare sia un fatto positivo e non un fatto negativo.
Premesso ciò, l'invito che rivolgo ai colleghi è di presentare progetti di legge sulla lingua storica o sull'idioma, secondo le proprie convinzioni; dopodiché, in Commissione ci riserveremo rapidamente di valutare un'integrazione della Costituzione - se necessaria - su questi punti. Tuttavia, occorre una riflessione approfondita che non possiamo svolgere in questa sede.
Pertanto, il mio invito è di non insistere su questi emendamenti, di porre in votazione il testo e di riprendere il tema correttamente posto in altra sede, al fine di esprimere una valutazione. Respingere il testo in quest'aula, colleghi, vuol dire non riprenderne più l'esame domani (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Vorrei fare solo una precisazione rispetto ad una questione che mi è stata segnalata. Vorrei dire al presidente Violante che gli è stato concesso questo tempo, considerando il suo un intervento sull'ordine dei lavori. Come il presidente mi insegna, nel contingentamento, sono previsti dei tempi specifici per il relatore, ma non per il presidente della Commissione, che formalmente ha diritto a un tempo pari a quello degli altri colleghi. In questo caso, il presidente è intervenuto sull'ordine dei lavori e per ciò gli sono stati concessi questi tempi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, riprendendo l'intervento dell'onorevole Violante, credo che non si possa affrontare un problema legiferando con altri provvedimenti. Visto che stiamo esaminando questa proposta di legge costituzionale, è pienamente legittima la posizione della Lega. Credo che non si possa proporre un elemento regolamentare nell'ambito di un dibattito ed una battaglia assolutamente democratici, persino quando si usa polemicamente il dialetto (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ritengo che il diritto democratico di un gruppo parlamentare di esprimersi e di tutelare le proprie battaglie - che sono battaglie storiche per la Lega - possa manifestarsi provocatoriamente anche in un'altra lingua, anche in un dialetto, perché l'opinio iuris ac necessitatis, l'uso non può essere limitativo di una battaglia espressa in maniera pienamente democratica da un gruppo che - lo ricordo - rappresenta un partito che nella sua storia si è sempre battuto democraticamente, senza mai un solo episodio di violenza. Ciò deve essere riconosciuto da tutti. Esso non può essere decantato ed elogiato in prossimità delle scadenze elettorali per poi divenire improvvisamente secessionista quando non fa più comodo (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Credo che le battaglie della Lega siano condivisibili e, anche se non fossero tali, non si può frapporre una disposizione regolamentare al diritto più alto di esprimere liberamente la propria posizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. U pisci fete ra testa, laddove il pesce è il corpus iuris e la testa è la Costituzione. La norma stabilisce che l'italiano è la lingua ufficiale. Ciò significa che implicitamente si ammette che ci siano altre lingue non ufficiali. Al riguardo, direi che non può che essere necessario il completamento dell'emendamento in esame.
Purtroppo, l'italiano oggi sta decadendo, come abbiamo detto, ed è sorta la Pag. 31necessità di tutelare questa lingua, in base al principio che «quannu u leoni sta murennu, anche u sceccu tira cauci» (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ciò detto, credo che tale precisazione debba essere valutata con estrema attenzione anche per un altro motivo, ovvero perché l'italiano è nient'altro che una lingua regionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, continuo a far fatica ad appassionarmi a questo dibattito. Tuttavia, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi che si riscaldano sul fatto che la forza delle culture e delle tradizioni popolari non può essere certo imbrigliata in una norma, ancorché di livello costituzionale. Mi permetto di portare un esempio a cui, forse, i colleghi non pensano: nel Salento, in provincia di Lecce, esiste una comunità di cinque comuni, definiti la Grecìa salentina, dove, da oltre 2000 anni, si parla il greco antico e non c'è norma di legge che lo possa vietare o lo possa garantire. Allo stesso modo, ormai, si constata l'impossibilità che le norme arginino o fermino la contaminazione proficua con altri idiomi, espressioni linguistiche e nuove culture, in primo luogo, ma non soltanto, quelle che afferiscono all'Unione europea.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO EVANGELISTI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Capisco, però, che, se si prosegue in questo modo, si finisce con l'involuzione culturale del collega Barani, che, dall'Internazionale proletaria, aderisce all'internazionale...

PRESIDENTE. Deve concludere.

FABIO EVANGELISTI. ...e porta l'esempio di chi, magari, non parla troppo correttamente l'italiano. Sappiamo che lui preferisce ricordare chi conosceva l'italiano, ma poi violava le norme scritte nella lingua italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non ci sono dubbi che i dialetti rappresentano una forza di radicamento e di legame profondo con un territorio e ne rispecchiano il costume, la cultura e le tradizioni, ma non vi sono altresì dubbi sul fatto che la lingua italiana è la lingua della nostra unità nazionale, della nostra identità e della storia del popolo italiano.
A me non scandalizza che si vogliano tutelare il dialetto e gli idiomi. A me scandalizza che si voglia utilizzare questa occasione per esprimere un livore di anti-italianità contro la nostra identità nazionale. Respingo, in maniera decisa e ferma, il fatto che, nel Parlamento italiano, ci siano colleghi che possano esprimere tutto il loro livore contro la nostra nazione, la nostra Patria e il nostro Stato (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, la lingua veneta non può essere considerata, come è stato appena detto, un dialetto. La cultura veneta è stata un riferimento per questo paese - lo ricordo anche a lei, Presidente -, tant'è che la lingua veneta è stata una delle due lingue prese in considerazione per fondare l'italiano. Il popolo veneto va rispettato, così come la sua lingua va rispettata ed apprezzata. Voi apprezzate solo i versamenti che i produttori veneti fanno, seppur producono, parlando il veneto. Quando i veneti pagano i sghei e le tasse, questo sì che lo capìi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa, che è già intervenuto Pag. 32sull'ordine dei lavori. Le do quindi la parola per dichiarazione di voto a titolo personale. Ha facoltà di parlare, deputato La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA. Qualche minuto di perdita di tempo, Presidente, può aiutare l'Assemblea a decidere meglio e i gruppi a scegliere nella maniera più adatta, non solo con le finalità di trasferire il convincimento...
Quanti minuti ho, signor Presidente, per la dichiarazione di voto?

PRESIDENTE. Le ripeto, onorevole La Russa, lei ha un minuto.

IGNAZIO LA RUSSA. Perché un minuto?

PRESIDENTE. Perché lei è già intervenuto.

IGNAZIO LA RUSSA. No, Presidente, io sono intervenuto...

PRESIDENTE. A nome del suo gruppo è intervenuto il deputato Menia; lei è già intervenuto.

IGNAZIO LA RUSSA. Ma abbiamo 20 minuti di tempo.

PRESIDENTE. Le concedo un minuto, non complichiamoci la vita! Prego, deputato La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA. Voglio dire agli amici della Lega che il nostro preciso impegno è quello di votare un ordine del giorno - ritengo con larga adesione anche da parte della maggioranza -, perché da parte nostra vi è la piena convinzione che le lingue storiche e gli idiomi locali debbano essere tutelati. Non lo possiamo fare in questo provvedimento, ma vi è la nostra ufficiale e totale disponibilità a trovare su questo punto una convergenza e non una divisione. E se si ha a cuore questo obiettivo, invito i deputati della Lega a non insistere e possibilmente a ritirare questo emendamento.

ITALO BOCCHINO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, desidero appellarmi ai colleghi della Lega e spiegare a tutta l'Assemblea come siamo giunti ad assumere questa posizione in Commissione e nel Comitato dei nove.
In Commissione, abbiamo tenuto un'audizione molto importante su questo argomento con l'Accademia della Crusca, che ci ha spiegato in maniera dettagliata la differenza tra la lingua, le minoranze linguistiche e gli idiomi. La lingua italiana è una cosa e noi chiediamo di riconoscerla come lingua ufficiale della Repubblica. Sulla base del disposto dell'articolo 6 della Costituzione, sappiamo inoltre come sono tutelate le minoranze linguistiche, che sono rappresentate soprattutto dal tedesco e dallo sloveno.
La questione degli idiomi locali, e dei dialetti, è totalmente diversa. Mentre parliamo esiste la possibilità per le regioni di normare la valorizzazione del dialetto; dunque, la regione Veneto può dar vita ad una legge regionale, come già è avvenuto in alcune regioni.

GUIDO DUSSIN. Non è un dialetto! Rispetta il veneto!

ITALO BOCCHINO, Relatore. L'Accademia della Crusca ci ha spiegato la differenza tra lingua e dialetto; infatti, una lingua per essere tale non deve essere soltanto parlata, ma deve essere scritta ed avere espressioni artistiche, espressioni accademiche, trattati di astrofisica o di chimica.
Quindi, dobbiamo puntare su tre diversi livelli: l'ufficializzazione della lingua italiana, la tutela delle lingue e delle minoranze e la valorizzazione degli idiomi e dei dialetti, che può avvenire per legge regionale.
Pertanto, poiché ritengo che tutti siamo d'accordo sulla valorizzazione degli idiomi, vi invito ad evitare una posizione che Pag. 33rischia di affossare il provvedimento. Personalmente, sono anche d'accordo su alcune tesi proposte dai colleghi della Lega, ma dobbiamo prendere atto che in Commissione non si è raggiunta una maggioranza su questo tema e che rischiamo di non dar vita a questa riforma costituzionale.
Quindi, ribadisco l'invito al ritiro dell'emendamento, sollecitando la presentazione di un ordine del giorno che possa impegnare presto la Commissione all'elaborazione di una legge quadro che valorizzi complessivamente gli idiomi locali, passando sia attraverso leggi regionali sia attraverso leggi nazionali.

PRESIDENTE. Hanno chiesto ancora di parlare a titolo personale i deputati Caparini e Fugatti, ma non posso dar loro la parola. Ricordo infatti che l'articolo 85, comma 7, del regolamento, stabilisce che il Presidente concede la parola ai deputati che intendono esprimere un voto diverso rispetto a quello dichiarato dal proprio gruppo individuando le modalità e i limiti di tempo degli interventi.
Secondo la prassi costantemente applicata, il numero dei deputati che intervengono a titolo personale deve essere inferiore alla metà del numero degli appartenenti al gruppo. Diversamente, infatti, la posizione espressa dal gruppo sarebbe minoritaria.
Poiché il gruppo della Lega Nord è composto da ventitré deputati e si sono già svolti undici interventi a titolo personale, non posso dare la parola ad altri deputati del medesimo gruppo.

DAVIDE CAPARINI. In dissenso...!

PRESIDENTE. Prego?

DAVIDE CAPARINI. In dissenso! Intendo intervenire in dissenso, signor Presidente!

PRESIDENTE. L'ho già detto, ho appena replicato al riguardo.
Il deputato Cota, dicevo, ha chiesto la votazione per parti separate, ai sensi dell'articolo 87, comma 4, del regolamento, del suo emendamento 1.2 nel senso di votare separatamente la prima e la secondo parte. La Presidenza ritiene ammissibile tale richiesta, avendo i due commi autonoma portata normativa.
Chiedo al deputato Cota...

ROBERTO COTA. Signor Presidente, abbiamo appurato che...

PRESIDENTE. Lei non potrebbe parlare, deputato Cota.

ROBERTO COTA. Ho chiesto di parlare per dichiarazione di voto!

PRESIDENTE. Non può farlo. Deve soltanto chiarire se rimanga così confermato oppure no.

ROBERTO COTA. È confermato, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Cota 1.2, non accettata dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 429
Astenuti 39
Maggioranza 215
Hanno votato
45
Hanno votato
no 384).

Prendo atto che il deputato Zaccaria non è riuscito a votare e avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante Pag. 34parte dell'emendamento Cota 1.2, non accettata dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 290
Astenuti 185
Maggioranza 146
Hanno votato
53
Hanno votato
no 237).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cota 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, preliminarmente voglio dire che condivido pienamente quanto lei ha affermato, alcuni minuti fa, sull'uso esclusivo della lingua italiana in questa Assemblea e negli atti parlamentari. Ciò non esclude, ovviamente, l'uso di citazioni tradotte o di documenti presentati in sede di sindacato ispettivo che siano adeguatamente tradotti nello stesso strumento. Ricordo una interpellanza, presentata nel corso della VIII legislatura, relativa a un documento della minoranza linguistica ladina, scritto in ladino e tradotto in italiano. In ogni caso, signor Presidente, convengo con quanto ha detto.
Personalmente, voterò a favore di questo emendamento, ma il gruppo dei Verdi si asterrà, come si è già astenuto sull'emendamento precedente. Credo che gli interventi svolti dai colleghi della Lega Nord Padania non abbiano molto aiutato a trovare una convergenza sulle loro proposte emendative.

GIANPAOLO DOZZO. Vuoi sempre fare il professore, Boato!

MARCO BOATO. Sono ancora libero di pensare come credo!

PRESIDENTE. Per favore, lasciate al deputato Boato la possibilità di sviluppare il suo intervento. Prego, deputato Boato.

MARCO BOATO. Credo di non avere bisogno di un censore alle mie spalle, tanto più che ho espresso voto favorevole su quell'emendamento e voterò a favore anche su questo. Tuttavia, come ripeto, gli interventi che sono stati svolti e, in particolare, quello di Alessandri, che ha usato queste tematiche contro gli immigrati, li ritengo scandalosi e mi avrebbero indotto a cambiare anche atteggiamento riguardo al voto.
Per quanto riguarda il confronto che si è svolto in precedenza con la collega Biancofiore, ricordo che l'emendamento Santelli 1.21, firmato anche dai colleghi Boscetto e Biancofiore, per fortuna ritirato, prevedeva la totale soppressione della parte relativa al rispetto delle garanzie costituzionali e delle leggi costituzionali. Questo la dice lunga su quale fosse l'atteggiamento della collega.
Sul piano tecnico-giuridico vorrei ricordare all'amico Brugger - il quale ha svolto un intervento connotato da una preoccupazione che condivido - che la Costituzione austriaca, all'articolo 8, afferma che la lingua tedesca è la lingua ufficiale della Repubblica, senza pregiudizio dei diritti che la legislazione federale riconosce alle minoranze linguistiche. Da ultimo, signor Presidente, voglio ricordare che all'articolo 3 la Costituzione spagnola afferma, stabilendo una gerarchia di riferimenti che trovo assolutamente condivisibile, che il castigliano è la lingua spagnola ufficiale dello Stato, che tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscerlo e il diritto di usarlo, che le altre lingue spagnole sono anch'esse ufficiali nelle rispettive comunità autonome, in armonia con i loro statuti, e che la ricchezza dei diversi linguaggi della Spagna è un patrimonio culturale che deve formare oggetto di rispetto e di protezione speciali. Mi pare che questo modo di stabilire quale sia la lingua ufficiale, il riconoscimento delle altre lingue minoritarie e la valorizzazione del patrimonio linguistico di un territorio Pag. 35- in questo caso la Spagna, ma il discorso si potrebbe ripetere anche per l'Italia - rappresentino un giusto equilibrio costituzionale. Confermo che i deputati del gruppo dei Verdi voteranno a favore della proposta di legge, che sia emendata o meno, perché il testo che è stato presentato all'Assemblea riproduce integralmente quello della proposta Zaccaria, firmata anche da me, a nome dei Verdi.
In esso si dice: «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica, nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Ad esempio, gli statuti delle regioni a statuto speciale sono leggi costituzionali che vanno pienamente garantiti e rispettati, così come l'applicazione dell'articolo 6 della Costituzione nel quale si prevede che la Repubblica tuteli con apposite norme le minoranze linguistiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, poco fa avevo chiesto se l'era pusibil vutà per parti separà...

PRESIDENTE. La prego di parlare in italiano, se vuole proseguire.

ROBERTO COTA. Avevo chiesto la votazione per parti separate perché ritenevamo che potesse essere utile onde sgombrare il campo dalle polemiche pretestuose sollevate contro i nostri emendamenti da alcune parti della maggioranza ed anche dell'opposizione. Purtroppo, nonostante la nostra disponibilità dobbiamo rilevare che l'aula ha manifestato la vera intenzione sottesa a questo provvedimento, ovvero quella di riaffermare con la sua approvazione il per noi inaccettabile principio di centralismo e di nazionalismo, con cui si vogliono cancellare le identità locali. Infatti, le lingue regionali sono un aspetto delle identità locali.
Ho ascoltato numerose argomentazioni negli interventi che mi hanno preceduto. In particolare non ho condiviso quelle portate da esponenti dell'UDC. Peraltro, non abbiamo condiviso neppure l'appoggio fornito ieri al Governo Prodi da questo gruppo durante la votazione al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Forza Italia)! Si tratta di un'altra decisione che non abbiamo condiviso. In questa sede ci accorgiamo che incroci e «convergenze parallele» si manifestano anche su altri provvedimenti. Ad ogni modo, non ho condiviso le argomentazioni svolte dal collega Giovanardi perché è proprio attraverso la difesa delle identità locali che si contrasta la cultura della globalizzazione. È proprio attraverso la difesa delle identità locali che si impedisce un'immigrazione totalizzante che porta sul nostro territorio persone senza alcun radicamento.
Con riferimento alla legge sulla cittadinanza abbiamo chiesto con i nostri emendamenti lo svolgimento di un esame che verifichi anche la conoscenza della cultura locale. Questo è lo strumento per fare in modo che la nostra identità venga difesa in presenza di un'immigrazione totalizzante e globalizzante. Questo è il modo per difendere la nostra cultura e la nostra identità dall'islamizzazione selvaggia. Non scherziamo! Tutti e due gli aspetti possono convivere!
Oggi voi rifiutate qualcosa già contenuto nella Costituzione, riferito ad un aspetto magari minore, come giustamente sottolineato dall'onorevole Goisis. Nella Costituzione si tutelano le minoranze linguistiche. Oggi voi non volete tutelare neppure le lingue locali, che rappresentano qualcosa di molto più importante delle minoranze linguistiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà (Commenti). Per favore, evitiamo commenti inutili.

PAOLA GOISIS. Tranquilli, perché parlerò a voce alta.
Signor Presidente, intanto rifiuto assolutamente che la lingua veneta venga definita Pag. 36idioma o dialetto. Essa ha tutti i titoli per essere definita lingua. Infatti. (Commenti)...

PRESIDENTE. Per favore!

PAOLA GOISIS. Come ha ricordato l'Accademia della Crusca, la lingua veneta è dotata di una propria sintassi e di una propria grammatica. Quindi, si tratta di una lingua a tutti gli effetti.
Inoltre, mi chiedo se in quest'aula qualcuno si sia accorto che stiamo combattendo questa battaglia per definire lingua nazionale una lingua che non appartiene all'intera penisola, bensì soltanto ad una regione. Si tratta della lingua toscana.
Si vuole privilegiare questa lingua forse perché la maggioranza è di sinistra (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Si ride)?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA GOISIS. Concludo se mi lasciano parlare. D'altra parte, la destra, invece, si rivela troppo nazionalista. Ecco perché non ha accolto il nostro emendamento e mi dispiace molto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, volevo chiederle un chiarimento su questo punto. Stiamo votando un emendamento che mi pare del tutto identico ad un altro che abbiamo già respinto. Il precedente emendamento respinto reca: «La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali», mentre l'emendamento Cota 1.4 in discussione reca: «La Repubblica tutela altresì le lingue che sono riconosciute come lingue storiche regionali dai rispettivi consigli regionali».

PRESIDENTE. Non sussistono effetti preclusivi, perché il primo emendamento fa riferimento esplicitamente alla legge regionale, mentre il secondo a degli atti che potrebbero anche non essere quello della legge.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Scusi, Presidente, mi permetta...

PRESIDENTE. Credo di averle già risposto.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Sì, ma non c'è un altro atto del consiglio regionale che può riconoscere una lingua.

ROBERTO COTA. Sì che c'è, la delibera!

PRESIDENTE. Nel primo caso il riferimento è esplicito alla legge regionale; nel secondo caso, invece, le lingue vengono riconosciute dai rispettivi consigli regionali, che potrebbero farlo con atti diversi da quello della legge; perciò, questa discussione è possibile.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stucchi. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, capisco che la questione sia delicata - dalle mie parti direbbero la quistiun è delicada - ma quando nel 1988 i primi consiglieri comunali della Lega si insediarono in alcuni comuni della bergamasca, i sindaci democristiani di allora chiamarono i Carabinieri per impedire a quelle persone di parlare nella propria terra e nei propri comuni la propria lingua, e quello fu un atto di vero razzismo: questa è la verità! Voi oggi, votando contro l'emendamento Cota 1.4, vi comportate allo stesso modo e confermate la natura centralista, nazionalista e razzista nei confronti di coloro che non vogliono null'altro che tutelare la propria identità e potersi esprimere liberamente con la propria lingua, Pag. 37almeno a casa propria (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Brigandì. Ne ha facoltà, per un minuto.

MATTEO BRIGANDÌ. La legge ordinaria ben potrebbe soddisfare il requisito voluto dall'onorevole Giovanardi, per far sì che ci sia un idioma comune a tutti cittadini. In riferimento, invece, alle leggi di rango costituzionale, queste sono soltanto riferite alle regioni a statuto speciale e non già alle altre regioni, con evidente disparità di trattamento. Purtroppo, qui stiamo usando il lessico politichese e lo capiamo bene: abbiamo superato i sei mesi di legislatura in base al principio che u iattu do parrinu dopu sei misi parra latinu.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caparini. Ne ha facoltà, per un minuto.

DAVIDE CAPARINI. Sono commosso, Presidente. L'approssimazione del relatore è quantomeno sconcertante. Io citerò un celebre glottologo e linguista, autore di numerose opere, docente dell'università di Pisa, il professor Tristano Bolelli, il quale asserisce che tecnicamente i termini lingua e dialetto sono certamente interscambiabili e il loro uso non implica alcuna precisa distinzione generica o gerarchica. Il problema è che, dopo due secoli di propaganda centralista di stampo unionista e giacobino - che sono ben rappresentati dal motto «uno Stato, una nazione, una lingua» -, è passato il concetto secondo cui le lingue, quelle che voi definite dialetti, devono essere collocate in un ordine gerarchico inferiore per una decisione solo ed esclusivamente politica. Ed è questo che oggi stiamo contrastando con forza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, voteremo decisamente contro l'emendamento Cota 1.4, per due ragioni. Quanto alla prima, l'abbiamo già espressa in precedenza, ma vorrei sottolinearla nuovamente. Noi discutiamo degli elementi identificativi della nostra Repubblica, una ed indivisibile, con buona pace di chi ancora pensa che siamo prima del 1861. E siccome questo elemento si associa all'altro, che è la bandiera tricolore - capisco che qualcuno ne vorrà fare un uso diverso: fatti suoi -, è evidente che il discorso non può che essere circoscritto a questo aspetto.
Qui non è in discussione la vulnerabilità degli idiomi locali, delle lingue locali, delle tradizioni, delle identità e di quant'altro. Tutto questo sta da un'altra parte. E sta nell'articolo 6 della Costituzione, per quanto riguarda la tutela delle minoranze linguistiche; sta negli statuti speciali, per quanto riguarda le realtà in cui le minoranze linguistiche hanno come strumento di integrazione anche il riconoscimento del bilinguismo; sta negli statuti regionali, come voluti dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Sta in un'altra sede.
Qui noi discutiamo solo di una circostanza: se sia opportuno e necessario oggi - e, a quanto pare, lo è - che la nostra Repubblica, l'Italia, si contraddistingua non solo per il tricolore ma anche per la lingua italiana. Di questo stiamo discutendo.
Non credo sia opportuno, a maggior ragione, accedere alla tesi di questo emendamento, che addirittura consentirebbe, con un singolo atto amministrativo di un consiglio regionale, il riconoscimento di lingue che avrebbero pari dignità costituzionale e sarebbero in contraddizione con gli elementi identificativi della Repubblica italiana. Pertanto, siamo contrari. Ci sembra per di più un emendamento illogico, e chiediamo ai colleghi di respingerlo insieme agli altri.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

Pag. 38

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per esprimere un ringraziamento all'onorevole Cota, perché - lo confesso - non avevo capito che ieri al Senato quella che era la Casa delle libertà si fosse divisa sul voto sulle missioni internazionali, e soprattutto per chiedere di esprimersi meglio su questo punto. Mi sembra di capire, infatti, che questa divisione permane oggi anche qui, tra Alleanza nazionale, Forza Italia e la Lega. Vorrei comunque annunciare l'astensione dal voto del gruppo Italia dei valori, sulla base delle motivazioni espresse in precedenza dall'onorevole Donadi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, personalmente sono particolarmente sensibile all'apporto che alla cultura nazionale viene dato dalle realtà locali. Mi permetto però di osservare al collega Cota che il modo con il quale stanno conducendo la loro battaglia è, sotto certi aspetti, controproducente rispetto all'obiettivo che essi tentano di raggiungere. E spiego perché.
A parte ciò che ha detto il Presidente richiamando i precedenti storici e culturali, la cultura veneta non è soltanto la difesa della lingua. Peraltro, dal punto di vista tecnico, credo che sia molto impreciso parlare di lingua regionale, trattandosi di una lingua che ha una serie di variazioni al suo interno e che in un certo senso si arricchisce proprio per il contributo dato dalle singole realtà locali. C'è da tenere presente questo. Dal punto di vista scientifico, è una definizione molto imprecisa, molta inesatta. Ma, mi permetto di dire - caro, illustre collega Cota - che la cultura veneta non si caratterizza soltanto per la sua bella lingua, che suonò come un dolce eloquio a Goethe, che scendeva dalla Germania. Essa è importante soprattutto per il contributo linguistico che, a partire dal Quattrocento e dal Cinquecento, è stato dato alla lingua italiana. Vorrei ricordare che il più importante contributo di conoscenza rispetto alla lingua italiana è dato dalla cultura veneta. Parlo del contributo che, da Bembo e da Cesarotti fino alla scuola attuale di Padova, viene dato alla cultura italiana. Perché non dovete rivendicare anche questo patrimonio, che fa onore alla scienza e a tutta la cultura italiana e che ha difeso e chiarito i termini della lingua italiana [Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno e di deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]?

PRESIDENTE. Saluto e ringrazio per la loro presenza una delegazione dell'associazione «I percorsi» di Noci, in provincia di Bari, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, la bocciatura degli emendamenti presentati dal gruppo della Lega Nord Padania con i quali si intendeva tutelare le altre lingue parlate in questo paese fa sì che quello in esame diventi, di fatto, un testo razzista che va contro le altre lingue parlate in questo paese.
Visto che avete bocciato i nostri emendamenti, voi siete un Governo razzista! Un Governo che vuole discriminare e cancellare le lingue millenarie parlate da milioni di persone in questo paese. Non è la Lega Nord razzista, ma lo siete voi nei confronti dei veneti, dei lombardi, dei piemontesi, dei liguri, degli emiliani, della loro storia, delle loro tradizioni, della loro cultura e della loro lingua (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Presidente, mi so orgoglioso d'esser veneto! Le me raise ie venete, Presidente! La me nazion è quella veneta!

PRESIDENTE. La prego!

FEDERICO BRICOLO. È quella veneta! E putì votar quel che vulì sto Parlamento, ma mi parlerò sempre veneto!

Pag. 39

PRESIDENTE. La prego di parlare in lingua italiana, altrimenti le dovrò togliere la parola! Mi dispiace!

FEDERICO BRICOLO. Presidente, più che togliere la parola credo che oggi sia importante in questo Parlamento riuscire ad esprimersi. Al pari di come ci esprimiamo sul territorio parlando la nostra lingua...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO BRICOLO. ...nessuno oggi può impedirci di esprimerci nella nostra lingua madre che, per quello che mi riguarda, è quella veneta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, richiamando quanto detto in precedenza, preannuncio che il gruppo di Forza Italia si asterrà anche sull'emendamento Cota 1.4.
Desidero, inoltre, replicare al collega Boato. Il primo emendamento da noi presentato, l'emendamento 1.14, di cui sono prima firmataria, è stato poi ritirato. Tale emendamento riportava il testo...

MARCO BOATO. Mi riferivo all'ultimo emendamento!

JOLE SANTELLI. Sì, onorevole Boato, anche l'ultimo emendamento. Onorevole Boato, da parte del gruppo di Forza Italia - i cui emendamenti fanno riferimento, anche l'ultimo, all'articolo 6 della Costituzione - non c'è alcuna intenzione di limitare l'importanza delle minoranze linguistiche, anche perché esse fanno parte del patrimonio culturale di questo paese. Sarebbe pertanto opportuno, per la correttezza dei nostri rapporti, evitare di alzare vessilli che non esistono o creare polemiche che non sussistono (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lucchese, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, desidero fare una precisazione. Poco fa la collega Goisis ha detto che l'italiano è nato in Toscana, cioè è toscano. Non è così!

PAOLA GOISIS. Quello era il fiorentino!

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Chi ha studiato la letteratura italiana sa che l'italiano, prima di Dante Alighieri e di Cecco Angiolieri, è nato alla scuola di Federico II...

PAOLA GOISIS. No, quella è scuola siciliana!

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. ...con il poeta Cielo D'Alcamo, che ha scritto il famoso contrasto «Rosa fresca aulentissima» (Commenti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Garavaglia, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, ho avuto la fortuna di imparare come prima lingua il milanese; dico così perché non tutti hanno questa fortuna. A scuola ho poi imparato l'italiano che uso in questa sede, così come ho imparato l'inglese, che uso quando vado in Inghilterra e in Irlanda, e il francese, che uso quando vado in Francia.
Quello che non va in questo provvedimento è il considerare quelle locali, il lombardo, il milanese per quanto mi riguarda, lingue di una minoranza. Cinque milioni di persone che parlano in Insubria al milanees non è una minoranza! Non Pag. 40possiamo passare quindi per la tutela della lingua dei milanesi attraverso l'articolo 6 della Costituzione.
Per tale motivo è necessario che si approvi l'emendamento Cota 1.4, che ha lo scopo di tutelare tutte le lingue locali come, ad esempio, il lombardo, il veneto e l'emiliano. Insomma, ogni regione ha la sua lingua e tutte debbono essere tutelate allo stesso modo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Io mi rivolgo al Presidente Violante e al collega Zaccaria, primo firmatario della proposta di legge costituzionale n. 1849. Poiché si tratta di un provvedimento a carattere costituzionale, credo che dovremmo valutare bene le conseguenze di questo intervento sulla nostra Costituzione. Infatti, il dibattito che si sta svolgendo in quest'aula dimostra come la discussione venga strumentalizzata al fine di legittimare un processo di frantumazione del nostro paese da parte della Lega Nord, che utilizza argomenti impropri (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e inserisce nella discussione questioni che nulla hanno a che fare con l'oggetto centrale di questa proposta di legge costituzionale.

FEDERICO BRICOLO. Mona! Mona!

IACOPO VENIER. Invece, da parte dell'estrema destra si immagina di tenere un profilo basso per poi poter utilizzare l'introduzione di questo elemento nell'ambito costituzionale come un grimaldello ed uno strumento offensivo nei confronti delle minoranze linguistiche nazionali presenti nel nostro paese. Queste ultime sono state perseguitate e fortemente colpite da operazioni nazionalistiche nel passato e, ancora oggi, devono seguire - come ho già detto - un lungo percorso di iniziativa politica e di mobilitazione per vedere riconosciuti i diritti fissati nell'articolo 6 della Costituzione. Non a caso, con riferimento a quest'ultimo articolo, Forza Italia - e non solo - voleva incardinare la questione della lingua.
Allora, al Presidente Violante e al collega Zaccaria credo che vada chiesta anche una valutazione di questo percorso di discussione che fa emergere una pericolosità intrinseca in un'affermazione pleonastica di questo tipo all'interno della nostra Costituzione. Si tratta di una affermazione tanto pleonastica quanto pericolosa per il futuro se, eventualmente, si determinassero in questo paese le condizioni di una maggioranza politica diversa da quella che oggi, fortunatamente, governa l'Italia.
Quindi, noi riteniamo di aver fatto bene ad astenerci nella fase di discussione in Commissione e valutiamo in modo sempre più negativo, in quanto pericoloso, il tono e le forme che la discussione sta assumendo in quest'aula. Con riferimento a tutto ciò orienteremo il nostro voto finale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gibelli, al quale ricordo che ha a disposizione un minuto. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, si è parlato di lingua italiana e del grande contributo che Dante ha dato ad essa, nonchè delle polemiche riferite al fatto che quando si parlava solo in latino si faceva riferimento all'uso dell'allora definita lingua volgare. Quest'ultima aveva rotto una certa cristallizzazione. La stessa cosa oggi, con un'azione reazionaria, si vuole fare nella Costituzione.
Lascio agli atti della Camera la parafrasi in lombardo-milanese de La Divina Commedia e del I Canto dell'Inferno, a testimoniare l'intelligenza di chi, non uscendo dalla storia, riesce a rinnovare la società dalla base, cioè dall'identità locale. Il primo verso del I Canto dell'Inferno che tutti conoscono, «Nel mezzo del cammin di nostra vita», in milanese, nella versione lodigiana, viene parafrasato in questo modo: «Gh'avrò vüd sì e no trentacinch ani». Non si divide la nazione, ma si dà un Pag. 41contributo a questo paese rompendo le schematizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.

PAOLO GRIMOLDI. Intervengo solo per fare una precisazione rispetto a quanto detto dal relatore, che afferma inevitabilmente delle inesattezze. Infatti, nel 2003 è stata approvata in quest'Assemblea la Carta europea delle lingue minoritarie e regionali e, con essa, è stato riconosciuto il diritto all'uso delle lingue regionali in ambiti amministrativi. Tuttavia, il limite del nostro paese è quello di aver bloccato queste lingue in un elenco che enumerava le lingue: albanese, catalana, germanica, greca, friulana, ladina, occitana e sarda. Tuttavia, occorreva che ci si esprimesse in merito alle regioni, perché solo esse possono saper del parlato dei loro territori e tutelare perciò gli idiomi in modo capillare. Solo le regioni avrebbero potuto assegnare le patenti di lingua minoritaria, sulla base di criteri scientifici e reali e non del subdolo calcolo politico.
È chiaro che promuovere la tutela della lingua ladina non crea grossi problemi al centralismo di questo paese, così come riconoscere gli idiomi, quali per esempio il milanese, l'insubre o il veneto o il piemontese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Mi scusi, signor Presidente, sono depositati fior di progetti di legge, da anni, dalla Lega Nord su questo tema...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

PAOLO GRIMOLDI. Non è vero che c'è la volontà politica perché questi progetti di legge restano nel cassetto e nessuno li prende in considerazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Questo emendamento non trova il sostegno di Alleanza Nazionale per i motivi che ho espresso in precedenza. Vorrei ancora rinnovare un appello alla Lega a non offrire spazio, alibi ad interventi farneticanti, come quello del collega Venier.
Il collega Venier - ma rivolgo anche a voi questa riflessione - non ha letto, evidentemente, il testo della proposta di legge costituzionale che è talmente breve, talmente chiaro che se ci si degnasse almeno di guardarlo, probabilmente, si eviterebbero quasi tutti gli interventi che stiamo ascoltando.
Nel testo unificato della proposta di legge, amici della Lega, c'è scritto che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica, nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali. Non c'è nulla che precluda il riconoscimento, che già esiste in altre leggi - in leggi regionali o che potremo approvare - a favore delle lingue storiche, degli idiomi locali per migliorare l'uso dei dialetti, per conservare le tradizioni; anzi, è questo tipo di interventi - scusatemi se mi permetto di dirvelo - che, traumatizzando l'Assemblea, irrigidendo in qualche modo le posizioni, rischiano di creare una dicotomia, un contrasto che non c'è con la volontà di dire che esiste una lingua ufficiale, come in ogni paese che si rispetti. In alcuni Stati, come Belgio o Svizzera, ve ne può essere più d'una, ma il concetto di lingua ufficiale non può essere messo in contrapposizione ad una molteplicità di idiomi che, peraltro, discendono tutti dallo stesso ceppo - il latino - dal quale si è affermata una sola lingua, quella italiana di Federico II e poi di Dante e della cultura fiorentina. Se non capiamo questo, offriamo a Venier la possibilità di dire sciocchezze!

IACOPO VENIER. Stai zitto!

IGNAZIO LA RUSSA. Sto zitto...? Cosa hai detto? Guarda che Stalin è morto da molto tempo!

Pag. 42

PRESIDENTE. Prego tutti i parlamentari di non interrompere. Prego il deputato La Russa di proseguire.

IGNAZIO LA RUSSA. Le sciocchezze derivano, molto semplicemente, dal fatto che - chiedo scusa se te lo devo far notare - attribuire alla destra - ma immagino a tutto il centrodestra - la volontà di coartare i diritti delle minoranze linguistiche, cozza con la lettura della gran parte di questa proposta di legge, che è di cinque righe! Tre di queste cinque righe recitano, testualmente: «...nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali».
Non si può dire l'opposto di quello che c'è scritto in due terzi dell'unico articolo senza farsi dire che si stanno pronunciando delle sciocchezze (mi devi perdonare, ma è così).
Ritengo che una posizione seria, che invito la Lega e gli amici di Venier a voler considerare, debba portare a sdrammatizzare questa discussione: stiamo solo discutendo della possibilità di dire quello che era pacifico al momento della nascita della Costituzione medesima e che oggi, per mille motivi, è diventato utile affermare in essa, senza velleità nazionalistiche. È utile dire che c'è una lingua ufficiale.
Vedi, caro amico leghista, tu dici che il veneto è sicuramente una lingua: lo è. È una delle tante lingue che nascono dal latino, ma c'è un piccolo particolare, cioè, che se oggi, oltre a parlare in veneto, tu dovessi scrivere in veneto il tuo intervento e consegnarlo subito, non saresti in grado di farlo, mentre sei in grado di farlo in italiano (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Intervengo anche per rispondere all'onorevole La Russa. Qui non è questione di Casa delle libertà spaccata, cari colleghi della sinistra: pensate al fatto che al Senato non avete i numeri sulla politica estera!
Purtroppo, su questo provvedimento si sta facendo ancora molta ideologia. Ancora una volta si schiacciano le realtà locali, le tradizioni e le autonomie regionali!
Onorevole La Russa, nessuno è contrario ad introdurre nella Costituzione la disposizione secondo la quale l'italiano è la lingua ufficiale dello Stato, malgrado, come lei ha ben ricordato, siano già molte le leggi ordinarie che lo attestano. Vorrei ricordarle, onorevole La Russa, che l'articolo 3 della Costituzione spagnola dispone, al comma 1, che «Il castigliano è la lingua ufficiale dello Stato» e, al comma 3, che «La ricchezza del pluralismo linguistico in Spagna è un patrimonio culturale che sarà oggetto di speciale rispetto e protezione» (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Forza Italia).
Noi...

PRESIDENTE. Grazie...

CAROLINA LUSSANA. ... vogliamo difendere e salvaguardare il pluralismo del nostro patrimonio culturale!

PRESIDENTE. Grazie molte.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 415
Astenuti 39
Maggioranza 208
Hanno votato
41
Hanno votato
no 374).

Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.Pag. 43
Prendo atto, altresì, che il deputato Zorzato avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20.
Prendo atto che il deputato Boato non accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, credo sia evidente l'orientamento dell'Assemblea: com'era previsto - lo si era capito sia in Commissione sia in Comitato dei nove - gli emendamenti non saranno approvati, ma non mi straccerò le vesti per questo.
Ho già detto - e lo ripeto - che il gruppo dei Verdi ha presentato una propria proposta di legge ed ha sottoscritto quella del collega Zaccaria, il cui testo è giunto all'esame dell'Assemblea. Tuttavia, vorrei far riflettere - se è possibile farlo serenamente in pochi minuti - sul quadro che deriverebbe, sotto il profilo della sistematica costituzionale, dall'eventuale approvazione del mio emendamento, in ordine al quale preannuncio, ovviamente, il voto favorevole del gruppo dei Verdi.
Il testo dell'articolo 12 sarebbe il seguente: «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Le garanzie sono contenute nell'articolo 6, nell'articolo 2, dedicato ai diritti inviolabili dell'uomo, nell'articolo 3, che riconosce pari dignità senza distinzione di lingua, e via dicendo. Le leggi costituzionali sono costituite, in particolare, dagli statuti speciali del Trentino-Alto Adige/Südtirol, del Friuli-Venezia Giulia, della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e della Sardegna.
L'articolo che è poi divenuto il 6 (il cui testo è rimasto immutato dal 1948) faceva inizialmente parte, secondo gli intenti della Commissione dei settantacinque, del Titolo V della Parte seconda, ma la Costituente volle inserirlo addirittura tra i principi fondamentali, in quanto si trattava di una norma fondamentale (anche se può dispiacere a qualche collega in quest'aula) dopo venti anni di regime fascista e di oppressione e cancellazione delle minoranze linguistiche (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). L'articolo 6 recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»: apposite norme sono state, sin dall'inizio, gli statuti speciali e, successivamente, la legge n. 482 del 1999.
Il mio emendamento prevederebbe - dico prevederebbe perché, probabilmente, non verrà approvato; tuttavia, voglio spiegarne la razionalità e la sistematicità - l'inserimento in Costituzione del principio secondo il quale «La Repubblica valorizza gli idiomi locali». Se fosse approvato, avremmo una disposizione ai sensi della quale l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie costituzionali, un'altra secondo la quale la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche e, infine, una terza in forza della quale la Repubblica valorizza gli idiomi locali. La predetta gerarchia di principi non metterebbe in discussione ciò che è già nell'ordinamento (l'italiano come lingua ufficiale, ma nel rispetto delle garanzie costituzionali) - ribadisco che sono assolutamente favorevole a scriverlo nella Costituzione - e introdurrebbe anche un livello inferiore rispetto a quello della tutela con apposite norme delle minoranze linguistiche.
Il mio emendamento prevede, appunto, che la Repubblica valorizzi gli idiomi locali. Con il termine «Repubblica» si vuole fare riferimento non soltanto allo Stato centrale, ma anche alle regioni ed a tutto il sistema delle autonomie. Mi sembra una proposta razionale e sistematica che so che probabilmente non verrà approvata da quest'Assemblea, ma credo che abbia una sua dignità, una sua coerenza ed una sua piena legittimità costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, se il mio emendamento non dovesse essere accolto, Pag. 44sarebbe veramente grave perché si tratterebbe di una manifestazione chiara di volontà da parte del Parlamento. Hai voglia a sostenere talune cose, a dire che si vogliono riconoscere le autonomie e le culture locali, che si vuole trasformare lo Stato in senso federale: l'ha detto anche il Presidente della Repubblica qualche giorno fa che il federalismo fiscale è qualcosa che ormai è indifferibile. Hai voglia a fare questo tipo di affermazioni, quando poi nelle aule parlamentari si va nella direzione esattamente opposta. Perché dico «nella direzione esattamente opposta»? Perché quello che stiamo esaminando è, dal punto di vista del contenuto, un emendamento che non dice nulla di eccezionale, ma ribadisce alcuni principi che in Parlamento dovrebbero trovare cittadinanza e che hanno già trovato una presa di posizione precisa in altri atti legislativi.
Prima il collega Boato ricordava - e concludo - gli statuti delle regioni a statuto speciale che hanno valore di legge costituzionale, i quali tutelano le lingue e gli idiomi locali, come pure le norme relative, ad esempio, all'articolo 114 della Costituzione stessa, laddove si parla di «Repubblica» non formata soltanto dallo Stato. Senza contare l'ultimo atto che devo ricordare, proprio ai colleghi che stanno per votare, o meglio per non votare, un'emendamento...

PRESIDENTE. Lo ricordi pure, ma a lei ricordo anche che il tempo a sua disposizione è concluso. Prego...

ROBERTO COTA. Concludo subito. Il 27 giugno del 2000 l'Italia ha sottoscritto la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie: vi è un impegno internazionale su questo punto ma questa Convenzione peraltro non è stata ancora ratificata! Allora, come rendete compatibile la sottoscrizione di questo atto con la bocciatura dell'emendamento in esame? Proprio non riesco a capirlo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. L'Organizzazione delle nazione unite (ONU), di cui l'Italia fa parte, ogni anno censisce e pone all'attenzione dei paesi che ne fanno parte l'elenco delle lingue o idiomi in via di scomparsa: ciò a dimostrazione del fatto che una lingua non si difende da sé ma che in epoca di globalizzazione è un valore il riconoscimento, la valorizzazione e la tutela di queste lingue perché con l'estinzione dell'idioma si vengono a perdere anche brandelli di cultura, elementi di civiltà, di sentire popolare comune.
Per questa ragione anche l'Accademia della crusca richiama oggi l'attenzione del Parlamento italiano su questo comma, che tutti mi sembra siamo intenzionati a votare, volto a riconoscere nell'italiano la lingua ufficiale per difenderlo dagli anglicismi, dal depauperamento della lingua che, quotidianamente, si fa strada anche nel linguaggio parlamentare, come ha riconosciuto prima un deputato dei Socialisti italiani.
Ebbene, da questo punto di vista, gli idiomi locali, che sono stati formativi della lingua italiana, sono elemento costitutivo della nostra cultura: non riconoscere questo fatto significherebbe non riconoscere, presidente Violante, quello che lei prima ha invitato a fare in questa Assemblea. Il presidente Violante prima ha invitato i membri della Lega a ritirare i loro emendamenti per arrivare ad una più compiuta e unitaria formulazione di un testo comune. Ma al di sotto del testo presentato dagli onorevoli Boato e Cota non si sa veramente cosa possa esserci ancora di comune.
Perché non potrebbe questo Parlamento, nel momento in cui afferma l'italiano come lingua ufficiale, riconoscere ciò che nel sentire comune sia, credo, tanto della destra quanto della sinistra, cioè il fatto che gli elementi culturali del nostro essere italiani, ciò che preesisteva all'italiano, ciò che ha accompagnato la lingua italiana possano essere valorizzati in termini costituzionali? Se non facessimo ciò, interverrebbe un principio di non contraddizione. Dunque, onorevole Violante, ciò che lei ha dichiarato sarebbe soltanto un Pag. 45meccanismo, un paravento attraverso cui negare un'opportunità che la Costituzione stessa, nel suo testo originario, vuole riconoscere: il contributo di culture che all'Italia è stato dato da tanti «pezzi» autonomi di italianità, prima locale e poi nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Presidente Bertinotti, mi rivolgo a lei: non può consentire che, in quest'aula, si usino termini come «farneticante» nei confronti di chiunque di noi!

IGNAZIO LA RUSSA. L'argomento «farneticante»! Non tu! L'argomento!

IACOPO VENIER. Siamo di fronte ad un'interpretazione politica - che l'onorevole La Russa consentirà di sviluppare - che riguarda il fatto che il testo che ci viene proposto dalla Commissione, sicuramente, è accettabile nella sua formulazione. Diverso è il discorso riguardante il contesto e gli esponenti di Alleanza Nazionale. Conosco bene, venendo da una terra di confine, quale rispetto nutre quel partito nei confronti delle minoranze linguistiche nazionali presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...
Conosco bene l'onorevole Menia e le sue azioni in quel territorio (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...

ROBERTO MENIA. Taci, «Titino»!

PRESIDENTE. Per favore...!

IACOPO VENIER. ... rispetto all'affermazione dei diritti linguistici e di civiltà che sono stati sanciti dalla nostra Costituzione!
Il problema, oggi, di fronte ad un testo che può essere accettabile, riguarda il contesto politico in cui si svolge la discussione su una riforma costituzionale. Vi è un'operazione strumentale di cui abbiamo evitato l'elemento di maggiore pericolosità, vale a dire l'inserimento di una disposizione all'interno dell'articolo 6, ma che resta, nella sua attuale collocazione, per il contesto con cui la destra affronta questo tema: non parlando della questione delle minoranze linguistiche e degli idiomi locali ed utilizzando, con riferimento alla Lega Nord, quest'operazione per un'azione di scardinamento dell'impianto complessivo costituzionale, verso una separazione!
Ecco perché invitiamo ad una riflessione, anche all'interno della maggioranza, sull'opportunità di consentire all'opposizione di portare a casa questo tipo di provvedimento, in questo momento, nonostante il testo non sia non accettabile!
Si tratta di una questione eminentemente politica! Ma voi avrete potuto apprezzare politicamente quali garanzie questo tipo di destra ci dà per il futuro! E stiamo cambiando la nostra Costituzione, Presidente!

PRESIDENTE. Solo per rispondere all'osservazione che ha voluto rivolgermi, le ricordo che il Presidente è tenuto ad intervenire per difendere la dignità di ogni parlamentare. Le proposte, le idee e i giudizi che vengono espressi riguardano unicamente la responsabilità di chi li esprime.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, esprimeremo un voto contrario anche su questi emendamenti per le stesse ragioni che sono state esposte in precedenza. Per brevità richiamo solo la circostanza che non si tratta di essere contrari agli idiomi locali; il fatto è che non è questa la sede in cui introdurre questa disciplina.
Torno a dire, fino alla nausea, che stiamo integrando l'articolo 12 della Costituzione che disciplina gli elementi distintivi della Repubblica che, nel caso di specie, oltre alla bandiera tricolore, è anche la lingua italiana.
In questa sede, non ci azzecca in alcun modo, come direbbe qualcuno più autorevole Pag. 46di me, la vicenda degli idiomi locali. Per questa ragione, voteremo contro gli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, come numerosi interventi degli esponenti di Alleanza Nazionale hanno già ampiamente dimostrato, da questi banchi non solo non vi è alcuna avversione per gli idiomi ed i dialetti locali, ma anzi, proprio per quel senso di appartenenza, per l'amore che ci lega alla patria comune, composta da tante realtà e da tante specificità che affondano le proprie radici nella storia patria, vi è un affetto, una valorizzazione, una ricerca di ogni utile strumento, perché questo patrimonio, così diversificato, ma che trova unità nella lingua comune, abbia ad essere mantenuto.
Proprio per questo troviamo che non vi sia coerenza con quanto diceva il collega Cota. Non è assolutamente vero che vi sono atteggiamenti contraddittori riguardo alle convenzioni citate, alle quali, certamente, è stata già data ampia attuazione attraverso molti strumenti legislativi ordinari, in particolare con la legislazione regionale. Abbiamo la possibilità, attraverso il potere legislativo delle regioni, che come tutti sanno sono dotate ciascuna di un'assemblea di natura parlamentare, di provvedere all'ulteriore tutela degli idiomi e dei dialetti locali.
Noi ci asterremo nella votazione degli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, perché riteniamo pleonastico inserire in questo momento una specificazione non necessaria, dal momento che ciò è già insito nella legislazione nazionale e in quella regionale.
Se si avverte la necessità di compiere ulteriori sforzi in questo senso, lo si farà, ma nel momento in cui si prevede di inserisce nella Costituzione l'ufficialità della lingua italiana, non appare necessario questo richiamo, perché è già esistente, e potrebbe sminuire la stessa tutela degli idiomi e dei dialetti nazionale.
Per tale motivo, ci asterremo, anche se certamente non si può prescindere dalla necessità di approvare il provvedimento con la più ampia adesione da parte di quest'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, provengo da una provincia autonoma di Trento che sancisce i diritti delle minoranze linguistiche, quindi la specificità, il valore aggiunto e l'aspetto positivo di questo minoranze. Bisognerebbe farsi un giro per le valli trentine e vedere qual è l'attaccamento di questi popoli alla loro storia e alla loro cultura che poi viene anche sancito dal nostro ordinamento. È, quindi, una cosa importante, riconosciuta, risaputa, quasi normale.
Vedere il centralismo italiano che si arrocca su varie posizioni per non inserire il riferimento alle lingue locali e regionali all'interno di questo provvedimento è francamente penoso!
Provengo da una zona di confine tra il Trentino e il Veneto. Mio nonno, i nostri nonni, Presidente, chiamavano indistintamente coloro che provenivano dalle regioni sotto il Trentino «taliani». Le posizioni che oggi si manifestano in quest'aula mi fanno capire che i nostri nonni avevano ragione e avevano previsto bene come si sarebbe sviluppato, purtroppo, questo paese. Li chiamavano «taliani» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, si afferma che già nella Costituzione lo Stato riconosce le minoranze linguistiche. Ribadisco che noi non siamo una minoranza linguistica, perché il veneto è una lingua. Rispondendo al collega Lucchese, voglio Pag. 47dire che la lingua italiana deriva dal fiorentino di Dante. Il richiamo a Federico II e alla scuola siciliana è errato o perlomeno dovremmo richiamare anche il provenzale (da cui deriva la scuola siciliana) che, a sua volta, deriva dal latino.
La lingua veneta, invece, ha le proprie radici storiche che risalgono a 2600 anni A.C.. Non si tratta di pochi anni, come quella italiana che pretendiamo di riconoscere come lingua ufficiale.
Si tratta di una lingua che è capita dagli abitanti di questa penisola solo da cinquant'anni, dopo la diffusione della televisione. Giustamente, è stato detto che si tratta di una lingua della televisione, non della nazione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere gli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, concordando parola con parola con quanto affermato dal collega Rosso.
Vorrei invitare i colleghi al buonsenso; mi sembra che questo emendamento, che è il risultato di una serie di proposte emendative respinte, altro non dica che la lingua italiana è la lingua ufficiale, ma possiamo e dobbiamo valorizzare anche gli idiomi locali.
Mi sembra che non vi sia nulla di scandaloso e di trascendentale. Pertanto, penso che tali emendamenti si possano approvare tranquillamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà, per un minuto.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, vorrei avanzare una proposta «distensiva», seguendo un po' il ragionamento precedentemente svolto dal presidente Violante e dall'onorevole Zaccaria, i quali hanno affermato che le minoranze linguistiche sono già tutelate dalla Costituzione, nonché dagli statuti speciali, che rivestono rango costituzionale, delle regioni autonome.
Anche in questo caso, si è parlato molto di federalismo. Ebbene, facciamo una bella cosa: rendiamo tutte le regioni a statuto speciale, poi decideremo! A noi andrebbe benissimo lo statuto della regione siciliana, tant'è che lo approveremmo domani! Ci accontentiamo anche di quello del Trentino-Alto Adige, così faremmo meno fatica!
Propongo, quindi, di procedere in tal senso, perché, in tal caso, avremmo conseguito un duplice obiettivo. Il primo sarebbe la tutela della lingua, che rappresenta l'elemento fondamentale di un popolo. Quindi, dovete anche capire perché, talvolta, ci «accaloriamo», poiché la lingua è la il primo elemento identitario di un popolo!
In secondo luogo, si risolverebbe anche la questione del federalismo fiscale...

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego!

MASSIMO GARAVAGLIA. ...prevedendo venti regioni a statuto speciale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, preannuncio il voto contrario del gruppo Forza Italia sugli identici emendamenti in esame, per le motivazioni precedentemente esposte.
Se mi consente, signor Presidente, vorrei aggiungere alcune considerazioni. Infatti, con il provvedimento in esame, stiamo semplicemente prevedendo - intendo ribadirlo, perché non mi sembra abbastanza chiaro in questa discussione - che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.
Osservo che, su questa tematica, si innestano due argomentazioni estranee da tale contesto. La prima questione riguarda Pag. 48il riconoscimento delle lingue regionali, che è condiviso, ma che può essere per realizzato in altra sede, perché in questo caso non serve!
In secondo luogo, vorrei sottolineare che è stata aperta una polemica inutile sulle minoranze linguistiche. Nessuno sta polemizzando su tali minoranze, onorevole Venier, poiché nessuno vuole toccare o limitare questa parte del nostro patrimonio. Ricordo che stiamo parlando della lingua italiana, e mi stupisce che, in questo Parlamento, non si registri l'unanimità sul progetto di legge in esame. Chi è contrario, per altre motivazioni, abbia almeno il coraggio politico...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

JOLE SANTELLI. ...di dirlo in maniera chiara!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, come avevo già anticipato, il gruppo de L'Ulivo voterà contro gli identici emendamenti in esame. Desidero intervenire, quindi, soltanto per evidenziare alcuni aspetti.
Gli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20 sono tutt'altro che trascurabili, poiché ricordo che, nella scorsa legislatura, proprio l'inserimento di questa disposizione all'interno del progetto di legge di riforma costituzionale aveva condotto, al Senato della Repubblica, alla «caduta» del testo stesso. Pertanto, chi a cuore l'esito finale del presente provvedimento deve sapere che gli identici emendamenti in esame prefigurano una situazione che, nella scorsa legislatura, ha già avuto un epilogo negativo.
Mi sembra che il secondo elemento importante che intendo sottolineare sia stato già evidenziato dall'onorevole La Russa, con riferimento ad un altro emendamento. Infatti, vorrei ricordare che quando, sempre nella scorsa legislatura, si propose di approvare una normativa simile, non era contemplata la formula attuale, la quale recita: «nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Tale clausola è stata inserita nel testo del provvedimento per precisare che questa norma non intende affievolire, in alcuna misura, l'insieme delle garanzie costituzionali, nonché quelle assicurate dal nostro ordinamento. I pluralismi, infatti, sono integralmente garantiti dalla nostra Costituzione e la disposizione in oggetto le richiama.
Vorrei formulare, infine, una terza ed ultima considerazione, che nella giornata odierna non è apparsa quasi per nulla, ma che ritengo importante. La disposizione in discussione, infatti, non «mette un coperchio» e non schiaccia le autonomie, il pluralismo, i dialetti, le lingue e tutto ciò che rappresenta una ricchezza del nostro paese, perché ha una proiezione decisamente internazionale.
Infatti, oggi a livello internazionale si discute della partecipazione alla realtà globale attraverso il multilinguismo. Pertanto, come ha detto molto bene la deputata Di Centa, nel suo precedente intervento, in Italia dobbiamo dimostrare il massimo interesse verso il pluralismo linguistico; tuttavia, quando vogliamo partecipare alle assise internazionali, dobbiamo sostenere la nostra identità nazionale in quel contesto. Tale identità, tra l'altro, consente anche di effettuare quella traduzione simultanea che, in qualche modo, si voleva contestare.
La promozione della lingua, anche in una prospettiva internazionale, è, dunque, ciò che la presente modifica costituzionale tende, in maniera eloquente, a sostenere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, vorrei rispondere al collega Zaccaria chiedendogli di spiegare in quest'aula perché solo nel nostro paese - rispetto al resto d'Europa che egli ha citato - la sinistra stenti a fare delle aperture in Pag. 49senso federalista, valorizzando le autonomie e le nostre realtà territoriali.
In Gran Bretagna la sinistra ha tenuto un atteggiamento diverso e lo stesso sta facendo il Governo Zapatero con le aperture che sono state realizzate (mi dispiace citarlo, perché non condivido le sue posizioni sulla famiglia). Invece, voi siete schiavi di un'ideologia - forse portata avanti dalla sinistra radicale - che vi spinge a non riconoscere le identità locali e a non valorizzarle.
Apprendo da un'agenzia di stampa che l'onorevole Fassino prospetta la possibilità di un'apertura alla Lega. Ma come possiamo dialogare con voi che in quest'aula state perdendo una occasione importante? Stiamo modificando la Costituzione, stiamo scrivendo che l'italiano è la lingua ufficiale, ma perché non vogliamo scrivere che la nostra Repubblica deve valorizzare anche gli idiomi locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

CAROLINA LUSSANA. Di cosa avete paura? Così agevolate le spinte secessionistiche, certo non le frenate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella scorsa legislatura su questo punto la nostra Assemblea ha espresso un voto favorevole.
In questa legislatura la riproposizione del testo unificato in esame avviene a maggioranza mutata. Nel diverso contesto che si è venuto a creare, abbiamo cercato di riproporre lo stesso concetto, tentando però di assicurare anche l'intesa con chi, avendo i numeri, ha la potestà di far approvare o meno una legge. Ne è scaturita un'intesa assolutamente accettabile - lo dico anche per gli amici leghisti - con un riferimento, cui faceva cenno qualche attimo fa il collega dell'Unione, alla Costituzione, alle prerogative, ai diritti in essa contenuti.
Pertanto, ogni tentativo di reinserire un argomento diverso finisce per mettere in pericolo ciò che per noi è importante: l'affermazione che vi è una lingua ufficiale, ossia l'italiano.
Fermo restando che qualcuno in coerenza si vorrà astenere (e non vi sarà alcun provvedimento nei suoi confronti), la linea del nostro gruppo sugli emendamenti in esame è quella di esprimere un voto contrario (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, cosa vuol dire sdrammatizzare la situazione, come ha chiesto prima l'onorevole La Russa? Forse, significa che abbiamo paura; ma paura di che cosa? Abbiamo paura di minare l'unità d'Italia?
Non dovete avere paura, cari colleghi. Il nostro è un sentimento di amore per la nostra terra, per le nostre tradizioni e per le nostre identità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Spiace dover constatare che solo la Lega, forse anche con animosità e con toni accesi, porta avanti queste battaglie!
La risposta che ci viene data, da destra e da sinistra, passando per il centro, è che la sede idonea non è questa. Tuttavia, qual è la sede idonea, signor Presidente, se non questa?
Naturalmente, la Lega continuerà a condurre le sue battaglie nelle piazze e tra la gente, oltre che nelle sedi istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, intervengo solo per terminare il discorso precedente: se c'è un motivo per Pag. 50cui sono qui è per rappresentare la mia terra; non ci sono altre ragioni. Sono qui per rappresentare Reggio Emilia e l'Emilia: sun arzan e sun content d'esserl.
Credo che debba essere trasmesso un messaggio anche all'estensore di questo testo unificato: mi riferisco al deputato Napoli. Qui si vuole cercare di costruire una casa, partendo dal tetto, ma senza aver prima innalzato le mura. Non si può passare attraverso questo procedimento, quando l'Italia non ha ancora recepito la Carta europea delle lingue regionali minoritarie, approvata a Strasburgo nel 1992, ratificata nel 1997, che il nostro Stato ancora non ha mai voluto esaminare.
Signor Presidente, nel chiedere l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di una documentazione riguardante la suddetta Carta, segnalo che quanto lì indicato, magari, servirà anche a lei, per sua conoscenza personale, così come servirà ai colleghi che, forse, parlano di cose che non conoscono. In particolare, mi riferisco a quanto aveva previsto al riguardo il Parlamento europeo e ad una relazione di uno stimato professore di Bruxelles, che ha spiegato esattamente come stanno le cose. Credo che stiamo veramente parlando del nulla e, se non si parte da tali considerazioni, il tetto che state costruendo crollerà su se stesso.

PRESIDENTE. La Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti, della documentazione da lei richiamata.
Passiamo ai voti (Commenti di deputati della Lega Nord Padania)...

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare!

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di segnalare l'intenzione di intervenire per tempo e non quando si sta per procedere alla votazione.
Deputato Allasia, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, per un minuto.

STEFANO ALLASIA. La ringrazio, Presidente. Intervengo per ribadire che questa non è una polemica inutile sul riconoscimento delle minoranze linguistiche e per segnalare ai colleghi parte di un articolo di un giornale torinese, dove Giuseppe Fioroni, che conoscete come ministro della pubblica istruzione, ha accolto l'invito a considerare l'esigenza dell'insegnamento della lingua francese come lingua primaria nei territori ai confini piemontesi. Perciò, è evidente che, nel vostro programma di Governo, vi è un'antitesi: da un lato, volete far riconoscere l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica italiana e, dall'altra, disconoscete questo progetto sui territori montani.

PRESIDENTE. Deve concludere.

STEFANO ALLASIA. Il nostro disappunto è dovuto al fatto anche che non vorremmo mai vedere cancellati i nomi piemontesi o in dialetto nei paesi...

PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo a sua disposizione, deputato Allasia.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 436
Astenuti 21
Maggioranza 219
Hanno votato
63
Hanno votato
no 373).

Passiamo all'emendamento Lucchese 1.23. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Pag. 51

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, con il mio emendamento ho voluto segnalare un problema. Come tutti sappiamo, l'alfabeto italiano è composto da ventuno lettere. Vi sono poi cinque lettere (x, y, k, j e w) che sono usate nelle lingue straniere. La confusione sorge perché, ad esempio, queste lettere sono usate nelle sigle automobilistiche, anche se non appartengono al nostro alfabeto. Tra l'altro, esse non possono essere utilizzate nelle leggi italiane. La mia intenzione era, quindi, di porre all'attenzione dell'aula un problema reale. Comunque, dato che il contenuto del mio emendamento non può essere inserito nella nostra Costituzione, ritiro l'emendamento e presenterò un ordine del giorno di analogo contenuto.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che l'emendamento Santelli 1.21 è stato ritirato.
Prendo atto che anche l'identico emendamento Buontempo 1.22 è stato ritirato.
Avverto che, consistendo il testo unificato in un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.
All'esame degli ordini del giorno si procederà alla ripresa pomeridiana della seduta, dopo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo, dunque, la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni, a risposta immediata e alle ore 16,30 con l'esame degli ordini del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro delle infrastrutture, il ministro per le politiche per la famiglia, il ministro della giustizia, il ministro della solidarietà sociale e il ministro dell'interno.

(Progetto di raddoppio del tracciato ferroviario Parma-La Spezia in relazione alla salvaguardia del castello di Malnido sito nel comune di Villafranca in Lunigiana (Massa Carrara) - n. 3-00768).

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Del Bue n. 3-00768 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1), di cui è cofirmatario.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, si tratta del raddoppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia, la cosiddetta «Pontremolese» che sta ora attraversando il comune e la città di Villafranca, dopo avere già danneggiato il castello di Malnido; un castello nobile, declamato da Dante, il quale ne fu ospite.
Danni al castello sono già stati cagionati in conseguenza del passaggio dei convogli in questi 120 anni; passaggio che, ovviamente, ha provocato frane e diverse lesioni al maniero. Ovviamente, la questione è che il raddoppio della linea ferroviaria non deve più essere effettuato passando all'interno della città di Villafranca e, soprattutto, che Rete ferroviaria italiana spa, anziché chiedere ai cittadini di pagare i danni cagionati, deve riparare essa stessa il castello che ha danneggiato.

PRESIDENTE. Il ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, il castello di Malnido è di proprietà privata e dunque, i sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, i fabbricati e le opere di qualunque genere esistenti lungo le ferrovie debbono essere mantenuti in condizioni tali da non compromettere la sicurezza dell'esercizio ferroviario.Pag. 52
In relazione a ciò, Rete ferroviaria italiana ha presentato ricorso al TAR della Toscana avverso l'ordinanza del sindaco di Villafranca che aveva, per l'appunto, disposto, a carico di RFI, dapprima la chiusura del tratto di linea interessato e poi l'obbligo di limitare a 30 chilometri orari la velocità dei convogli. Il TAR della Toscana ha quindi disposto, alla fine, un rallentamento. Successivamente, RFI ha diffidato il proprietario a provvedere alla sistemazione di questo castello abbandonato e in disfacimento; si discute se lo stato del castello dipenda dal passaggio della linea ferroviaria ovvero dall'incuria nella quale viene lasciato.
Ciò detto, il progetto di raddoppio della linea «Pontremolese» - che effettivamente attraversa l'abitato di Villafranca - è stato approvato dalle regioni Toscana ed Emilia Romagna: si tratta, quindi, di una linea che deve essere mantenuta, potenziata e ammodernata.
In questo senso, condividendo le preoccupazioni del sindaco di Villafranca e di tutta la collettività locale, ho dato incarico al mio Ministero - e ringrazio l'interrogante per la sollecitazione che ha voluto porre con questa sua interrogazione - di aprire, nei prossimi giorni, un tavolo di concertazione con le parti interessate al fine di addivenire ad una soluzione che sia il più possibile condivisa e soddisfacente.
Al di là dell'individuazione tecnica di quale sia stata la causa del decadimento del castello - se la linea che vi passa accanto o l'incuria -, è ovvio che, così come hanno rilevato i vigili del fuoco nella loro relazione del 19 dicembre del 2006, diventa pericoloso lasciare la struttura nelle attuali condizioni. È questa la ragione che mi ha indotto quindi - e concludo - ad accogliere con attenzione e rispetto la sollecitazione contenuta in questa interrogazione e ad avviare le procedure che porteranno già nei prossimi giorni all'apertura da parte del Ministero del tavolo di concertazione con tutte le parti interessate.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. In effetti, se Dio vuole, vi è stato un sindaco responsabile, che ha finalmente emanato un'ordinanza. Secondo RFI, bisognava invece mettere a rischio la vita stessa dei passeggeri; c'è voluto un sindaco che dicesse a Rete ferroviaria italiana che doveva essere limitata la velocità dei convogli e che c'era pericolo per la vita dei passeggeri e della comunità locale.
Dopo che il TAR ha dato ragione al sindaco di Villafranca, ecco che in maniera arrogante e autoritaria la società Rete ferroviaria italiana se la prende con gli ignari cittadini eredi di un simbolo di cultura di tutta la Lunigiana, di tutta la Toscana e della famiglia Malaspina che ha ospitato Dante Alighieri, il più grande poeta italiano ed europeo di tutti i tempi.
Allora, perché bisogna prendersela con i cittadini? Perché le Ferrovie non intervengono per riparare il danno che hanno fatto? Ricordo che i vigili del fuoco hanno affermato che proprio i microsismi dovuti al passaggio del treno e il vento sono state le cause del danno. Dunque, perché RFI si arroga un'autorità diffidando i cittadini a riparare un castello abbandonato da sessant'anni e a spendere sei o sette milioni di euro? Perché odiate così i cittadini, tra l'altro a scapito della sicurezza?
Pertanto, signor ministro, condivido le sue affermazioni - e ciò è tutto dire detto da me, che sa perfettamente chi sono - e ritengo che abbia l'obbligo e il dovere morale di far pagare ad RFI i danni che sta perpetrando, facendo spostare una linea ferroviaria che non può continuare a danneggiare i cittadini e la cultura di un centro storico così importante.

(Iniziative per la promozione di un progetto organico di politiche sociali in favore della famiglia - n. 3-00753)

PRESIDENTE. Il deputato Pisicchio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00753 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevole ministro, la famiglia, intesa Pag. 53quale nucleo primigenio della società italiana, è ampiamente tutelata dalla nostra Costituzione che, in particolare con gli articoli 29, 30 e 31, esprime nei suoi confronti una considerazione speciale.
La coscienza civile e la cultura del nostro paese confermano l'adesione ad un'idea di famiglia come bene umano fondamentale, fondato sulla comunità di affetti, prima ancora che di sangue, dal quale dipende il futuro del paese.
La tutela giuridica, tuttavia, deve coniugarsi anche con politiche attive, volte ad offrire - così come avviene in molti altri paesi europei - incentivi e risorse per promuovere un adeguato sviluppo della comunità familiare, operando per una tutela delle madri e dei figli, attraverso meccanismi di incentivo fiscale.
Pertanto, chiedo al ministro se, in coerenza con i programmi e le dichiarazioni rese dal Governo e in ossequio ai principi costituzionali, non ritenga necessario ed urgente proporre un progetto organico di politiche sociali in favore della famiglia.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Ringrazio il presidente Pisicchio che mi dà l'opportunità di illustrare anche in questo ramo del Parlamento quanto ho potuto affermare alcune ore fa in conferenza stampa, annunciando la convocazione della Conferenza nazionale della famiglia per il 24, 25 e 26 maggio a Firenze proprio allo scopo di avviare, attraverso un dibattito aperto a tutte le componenti culturali del paese, a tutte le esperienze e a tutte le professionalità e i saperi, la redazione di un piano nazionale per la famiglia, così come previsto dalla legge finanziaria di quest'anno.
La stessa legge finanziaria ha iniziato un progetto organico per la famiglia attraverso politiche fiscali più eque, attraverso la rimodulazione degli assegni familiari e l'istituzione di un fondo per la famiglia. Tuttavia, vogliamo davvero che la famiglia italiana venga posta al centro delle preoccupazioni della politica del nostro paese e di tutte le istituzioni (del Governo, delle regioni e degli enti locali) e che ciò avvenga insieme a tutta la società italiana (le parti sociali, le categorie produttive e l'associazionismo).
Ciò costituisce anche la risposta all'andamento demografico del nostro paese. In un paese che, nel giro di pochi anni, è passato da una configurazione demografica che vedeva ciascun nonno avere cinque nipoti ad un paese nel quale ogni nipote ha cinque nonni, non possiamo non porci il problema della natalità.
D'altra parte, vorremmo svolgere politiche a sostegno della natalità, ma anche a sostegno della famiglia e, in particolare, dei giovani, perché possano creare nuove famiglie, delle famiglie con figli, affinché sia superata qualunque forma di discriminazione nell'età infantile - il nostro paese, purtroppo, presenta una povertà infantile molto alta e, come sappiamo, essa costituisce una fonte di discriminazione difficilmente superabile nel corso della vita -, ed anche a sostegno delle famiglie che invecchiano e all'interno delle quali ci sono, spesso, anziani non autosufficienti. Inoltre, vorremmo attuare una politica a sostegno del lavoro delle donne che consenta di conciliare i tempi del lavoro, della famiglia e della città.
In questo senso, durante la annunciata Conferenza avremo modo di discutere e di riflettere e avremo la possibilità di lanciare un vero e proprio piano organico di politiche per la famiglia italiana.

PRESIDENTE. Il deputato Pisicchio ha facoltà di replicare.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, desidero ringraziare la signora ministro che, con le sue affermazioni, ha rivelato una grande apertura rispetto al Parlamento e all'iniziativa che lo stesso Parlamento può assumere. Si tratterà di verificare, da parte di tutti e al di fuori delle pregiudiziali ideologiche e della ridondanza retorica che si è depositata, recentemente, sul dibattito relativo, ad esempio, alle unioni di fatto, quali percorsi concreti, Pag. 54quali atti e quali incentivi il Governo e tutte le forze politiche che compongono il Parlamento intendano adottare per sostenere la famiglia italiana.
Infatti, signora ministro, come lei ha ricordato, la famiglia vive oggi in una condizione di grande fragilità e spesso è lasciata sola a fronteggiare i problemi di una quotidianità difficile, dall'abitazione all'assistenza sanitaria, dalla insufficiente tutela del diritto allo studio dei figli alla mancanza di attenzione nei confronti delle madri che lavorano ed alla scarsa sensibilità nei confronti delle famiglie numerose o monoreddito. Vorremmo che questa Assemblea, oggi, insieme alle sue dichiarazioni riuscisse a recepire e a lanciare un messaggio di speranza per le famiglie italiane e per quei giovani che coltivano il legittimo progetto di formarle.

(Utilizzo delle maggiori entrate tributarie per politiche di sostegno alla famiglia - n. 3-00754)

PRESIDENTE. L'onorevole Rossi Gasparrini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00754 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, signor ministro, secondo quanto apparso nella stampa nazionale, la crescita delle entrate tributarie della pubblica amministrazione nel 2006 rispetto al 2005 è stata di 37,7 miliardi di euro; di questi, circa 29 miliardi erano già inclusi nelle stime della relazione previsionale e programmatica del settembre 2006, mentre 8,6 miliardi di euro risulterebbero attualmente in aggiunta a quanto allora stimato.
La scelta del Governo di nominare un ministro per le politiche per la famiglia ovviamente è un'indicazione della volontà di mettere la famiglia al centro di una politica capace di armonizzare e tutelare i diritti della persona e i diritti della famiglia. In Italia solo il 3,8 per cento della spesa sociale è destinato alla famiglia, contro una media europea dell'8,2 per cento. Chiediamo quali siano le politiche che, con queste risorse, il Ministero e il Governo intendono attuare.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Rossi Gasparrini per la sua interrogazione. È chiaro che la mia risposta, in particolare per quanto riguarda l'utilizzazione dell'extragettito, farà riferimento ai miei desideri piuttosto che a decisioni già assunte da parte del Governo. Tutti sanno, infatti, che l'Esecutivo ancora non ha preso alcuna decisione e sta discutendo con le parti sociali. È pur vero, però, che in occasione della soluzione dell'ultima crisi di Governo il Presidente del Consiglio dei ministri ebbe a dire che la famiglia sarebbe stata al centro della preoccupazione e delle politiche dello stesso Governo e ad essa sarebbe stata destinata parte consistente delle risorse provenienti dall'extragettito.
Sicuramente sarà data particolare attenzione al bene casa, sapendo che esso è importante sia per i giovani che devono costruire una famiglia, sia per molte famiglie, con figli oppure anziane. Riteniamo adeguato per questo obiettivo un intervento sull'ICI concordato con gli enti locali, purché esso tenga conto della consistenza e della composizione del nucleo familiare, con la presenza di figli, di persone disabili o di anziani non autosufficienti.
Inoltre, il bene casa deve essere considerato all'interno di un piano nazionale che il Governo sta predisponendo, porgendo particolare attenzione a coloro che non siano proprietari, ovvero a quel 20 per cento che spesso è anche a rischio di povertà. Quindi, servono politiche anche a favore degli affitti.
Si deve poi riprendere un piano di edilizia pubblica, che nel nostro paese non è più realizzato da diversi anni. Riteniamo altresì che parte dell'extragettito possa Pag. 55essere destinato ad aumentare gli assegni familiari nell'ambito del progetto costruito nella legge finanziaria. In proposito pensiamo che detrazioni ed assegni familiari siano misure molto più efficaci dell'auspicato quoziente familiare. Esso infatti costerebbe ben 15 miliardi di euro ed andrebbe a vantaggio soltanto del 30 per cento dei contribuenti più ricchi, scoraggerebbe l'occupazione femminile e finirebbe per lasciare le famiglie a reddito medio-basso con figli in una situazione di maggiore precarietà. In un'altra circostanza saremo magari in grado di parlare con l'onorevole Rossi Gasparrini e con gli altri colleghi per dimostrare come l'impianto della legge finanziaria, se dotato di più risorse, si dimostri ben più equo del quoziente familiare.
Così dedicheremo ulteriori risorse agli asili nido che costituiscono nel nostro paese, come sappiamo bene, una delle carenze maggiori nei servizi per l'infanzia e per la famiglia.

PRESIDENTE. La deputata Rossi Gasparrini ha facoltà di replicare.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor ministro, vorrei ricordare che nella legge finanziaria il Governo ha accettato un ordine del giorno impegnandosi ad attuare politiche fiscali non discriminanti verso le famiglie monoreddito. Ricordo che tale tipologia di famiglie è quella che oggi paga di più rispetto a tutti. Purtroppo per un errore di calcolo la legge finanziaria ha ulteriormente appesantito la situazione delle famiglie monoreddito, come potrò testimoniare a Firenze, sicura di essere invitata come membro dei Popolari-Udeur ma anche di un'associazione più grande, che rappresenta le donne che lavorano in famiglia.
Signora ministro, più che parlare di sogni, come vorremmo tutti, bisogna parlare di problemi e di situazioni strutturali. In questo momento le famiglie in Italia sono in difficoltà. Esse non sono in crisi; la famiglia non è in crisi. La famiglia è invece in difficoltà a causa di politiche nazionali, talvolta regionali, non adeguate. Tuttavia, come Popolari-Udeur ci incontreremo con un piano programmatico per la famiglia e per dare risposte vere alla cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

(Orientamenti del Governo in merito all'approvazione del disegno di legge riguardante i cosiddetti «Dico» - n. 3-00769)

PRESIDENTE. L'onorevole Mancini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00769 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, signora ministro, qualche ora fa proprio qui a Montecitorio è stato presentato il Family day, una manifestazione di piazza convocata per il prossimo 12 maggio da associazioni e movimenti cattolici con l'intento dichiarato di impedire che il Parlamento approvi il disegno di legge del Governo sui «Dico».
Lunedì scorso Monsignor Angelo Bagnasco, subentrato alla presidenza della Conferenza episcopale italiana dopo i sedici anni del cardinale Camillo Ruini, ha definito i diritti per le coppie di fatto inaccettabili e pericolosi. Con un pizzico di irriverente ironia si potrebbe dire: «Piove sul Bagnasco». Invece, la questione è tremendamente seria e riguarda la vita di milioni di italiani.
Ministro Bindi, cosa farà il Governo? Subirà le pressioni clericali oppure, come mi auguro, manterrà la barra dritta a difesa della laicità dello Stato e riconoscerà i diritti delle coppie di fatto?

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. In contemporanea alla conferenza stampa del Family day, il Governo ne ha tenuta un'altra in cui ha annunciato la Conferenza nazionale sulla famiglia, il cui slogan è il seguente: «Cresce la famiglia, cresce l'Italia».Pag. 56
Quindi, da questo punto di vista noi riteniamo - anche per aver convocato ben prima del Family day la Conferenza nazionale - di essere in grado di dare in tempo reale le risposte che ci verranno presentate sul tema delle politiche per la famiglia in Italia, che è al centro della preoccupazione del Governo.
Al tempo stesso, però, il Governo ha già compiuto il suo dovere, che il Parlamento gli aveva assegnato, nella redazione di un disegno di legge sui diritti individuali dei conviventi stabili. Oggi quel disegno di legge è affidato al Parlamento e sarà quest'ultimo a decidere se approvarlo così come il Governo l'ha presentato o se apportare delle modifiche. In questo senso, la prova di autentica laicità, che consiste nel rispetto del pluralismo dei valori che sono presenti in una società, dovrà essere offerta non soltanto dal Governo, ma dal Parlamento nel suo insieme.
Dico questo con grande serenità, anche perché, leggendo il manifesto che indice il Family day, si fa esplicito riferimento alla possibilità di regolare le convivenze ricorrendo alla forma del contratto privato, cioè, in altre parole, ancorché in sede privata, all'incontro di due volontà. Invece, il disegno di legge presentato dal Governo ha voluto rigorosamente evitare tutto ciò, limitandosi a registrare una situazione di fatto, non riconoscendo nessuna coppia, nessuna unione, ma soltanto i diritti dei conviventi come persone e non come forma di convivenza.
Riteniamo che un contratto di diritto privato, come incontro di due volontà, sia e rischi di essere un vero e proprio matrimonio privato contrapposto in qualche modo al matrimonio pubblico. Quindi, da questo punto di vista, siamo all'interno di un dibattito tutto giuridico, nel quale è richiesta davvero a tutti una prova di grande rigore giuridico, di grande rigore etico e, al tempo stesso, di grande laicità.

PRESIDENTE. Il deputato Mancini ha facoltà di replicare.

GIACOMO MANCINI. Signor ministro, mi auguro che proprio alla laicità si faccia riferimento in tutte le condotte che abbiamo dinanzi, anche perché nel paese esiste un sentimento diffuso di preoccupazione per i ripetuti e insistiti interventi delle gerarchie ecclesiastiche, le quali pretendono che il Parlamento non riconosca quei diritti che da anni la Spagna, la Francia e anche la Germania - il paese natale di Papa Ratzinger - garantiscono ai loro cittadini.
Ritengo che sia necessario rispondere con maggiore forza a questa offensiva; è il momento che chi ha a cuore la laicità dello Stato - penso innanzitutto ai Democratici di sinistra, all'onorevole Fassino - eviti balbettii e timidezze, si decida a far sentire insieme a noi parole chiare e nette, così come è stato fatto ai tempi delle battaglie per i referendum sul divorzio e per l'introduzione della legge sull'aborto. Sono in gioco, infatti, diritti sacrosanti, che riguardano la vita quotidiana di quelle tante persone che, pur non essendo sposate, vivono insieme (come il diritto di subentrare in un contratto di locazione, di poter prestare ed anche ricevere dal convivente l'assistenza sanitaria, di beneficiare del trattamento previdenziale e pensionistico, di aver riconosciuti i diritti successori). Niente di scandaloso, quindi, ma diritti civili che già hanno donne e uomini in tutto l'occidente.
Signora ministro, l'onorevole Enrico Boselli - il segretario dello SDI, il mio partito - ricorda spesso che i parlamentari devono avere in tasca una sola Bibbia, la Costituzione repubblicana. Temo che questo principio lo abbiano dimenticato quei ministri che, nonostante abbiano proprio giurato sulla Costituzione, hanno già assicurato la loro partecipazione al Family day e sono spesso proni ai desiderata della CEI.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIACOMO MANCINI. Mi auguro, però, che il Governo, attraverso i suoi atti e i suoi comportamenti ufficiali, difenda sempre e con convinzione la laicità dello Stato.

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(Iniziative per assicurare alla giustizia italiana i latitanti per reati di terrorismo compiuti negli «anni di piombo», che si trovano all'estero - n. 3-00749)

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00749 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole ministro, onorevoli colleghi, con la nostra interrogazione s'intende conoscere quale sia il tipo di impegno del Governo in riferimento all'estradizione di Cesare Battisti, avvenuta in coincidenza della commemorazione della morte di Marco Biagi.
Inoltre, vorremmo conoscere l'impegno che le nostre forze di polizia stanno profondendo, insieme al ministro dell'interno e al ministro della giustizia, per scoprire quella rete di appoggio di cui hanno usufruito ben 160 latitanti legati alle Brigate rosse e soprattutto coinvolti in diversi omicidi politici di matrice rivoluzionaria comunista, che ancora oggi vivono in libertà, per ricondurli nelle carceri italiane. Grazie.

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, dirò subito all'onorevole Volontè che ho disposto immediatamente, dopo l'arresto di Cesare Battisti in Brasile, l'attivazione delle procedure dirette a ottenerne l'estradizione.
Il Ministero della giustizia fa questo puntualmente: attiva le necessarie richieste di arresto ai fini extratradizionali e di consegna, e richiede l'inserimento dei latitanti nel sistema informativo Schengen, ovvero si avvale dei meccanismi Interpol nei paesi aderenti a tale organismo.
Assieme a noi, il ministro dell'interno coordina gli sforzi investigativi, d'intesa con le competenti autorità giudiziarie. Entrambi i Ministeri perseguono l'obiettivo di procedere alla cattura dei terroristi latitanti all'estero non lasciando mai nulla di intentato.
Al riguardo, posso riferire i dati che ci ha comunicato il Ministero dell'interno: attualmente risultano ricercati in campo internazionale per atti di associazione terroristica, banda armata o associazione sovversiva, 113 soggetti, di cui 59 appartenenti a gruppi terroristici considerati di estrema sinistra, 11 a gruppi considerati di estrema destra e 43 appartenenti a gruppi terroristici internazionali.
Posso assicurare che, sempre in collaborazione con il ministro dell'interno, continuerò ad agire con il massimo impegno per assicurare alla giustizia italiana i ricercati, rendendomi promotore in campo internazionale di ogni attività che dovesse rivelarsi utile per la cattura dei latitanti.
In proposito, desidero sottolineare che lo scorso mese di ottobre, incontrando a Napoli il ministro della giustizia francese, Pascal Clément, oltre ad affrontare il tema della ricerca di Cesare Battisti, gli rappresentai anche la necessità del massimo impegno del Governo francese per la cattura di numerosi latitanti italiani rifugiatisi in quel paese. Ripeto che il Ministero della giustizia, sulla base delle proprie competenze istituzionali, si attiva sistematicamente in stretta cooperazione col Ministero degli interni, per organizzare la ricerca dei latitanti sul piano internazionale. Nei confronti di tutti i soggetti fuggiti all'estero, resisi responsabili di atti eversivi e destinatari di ordine di esecuzione di pena, sono già in atto da tempo, nell'ambito della cooperazione internazionale di polizia, e con il coordinamento delle varie autorità giudiziarie, le indagini necessarie per la relativa individuazione. In virtù dell'impegno profuso, ci attendiamo di conseguire risultati sempre più soddisfacenti. Così, a nostro giudizio, è soddisfacente la cattura del latitante Cesare Battisti.

PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.

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LUCA VOLONTÈ. Onorevole ministro, la ringrazio del suo impegno pubblico e anche del rinnovato impegno che lei ha voluto manifestare rispondendo alla nostra interrogazione. È noto, tra l'altro, che uno dei terroristi arrestati qualche tempo, Alfredo D'Avanzo, veniva da un territorio specifico dell'Unione europea, e non dai Caraibi. Questo signore, pur potendo entrare in Italia, è rientrato in clandestinità per organizzare una nuova rete terroristica su cui, peraltro, si sta indagando (sono stati effettuati molti arresti nelle scorse settimane).
Anche noi teniamo molto alla estradizione di Cesare Battisti, perché riteniamo che a lui sia riconosciuto un valore simbolico dalle nuove cellule di delinquenti politici che sono presenti nel nostro territorio e che, mi permetto di dire qui pubblicamente, ricevono una forza corroborante da parte anche di questi cattivi maestri ambulanti per il territorio nazionale: ancora oggi vi è la notizia delle proteste suscitate dal signor Curcio Renato per la sua conferenza a Modena.
Scalzone non ha fatto mistero della tristezza in lui provocata dall'arresto di Cesare Battisti. Anche altri esponenti politici, presenti nell'altro ramo del Parlamento, si sono dispiaciuto di questo.
Molti di questi signori, onorevole ministro, non solo coltivano e spargono il loro concime nel territorio in cui la delinquenza partitica di origine rivoluzionaria comunista ancora oggi è presente nel nostro paese e minaccia tutti noi, ma dichiarano altresì pubblicamente di conoscere quali siano stati i rapporti di connivenza di cui questi signori hanno goduto e continuano a godere all'estero.
Mi permetto un larvato consiglio: sentire questi signori anche con riferimento alla loro conoscenza delle reti internazionali di appoggio agli ex terroristi. Ciò sarebbe una cosa utile, anche perché le loro affermazioni sono chiare in questa materia.
Grazie, e vada avanti con questo piglio e con questa determinazione!

(Orientamenti del Governo su un'eventuale amnistia per reati di terrorismo compiuti negli «anni di piombo» - n. 3-00750)

PRESIDENTE. La deputata Lussana ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00750 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmataria.

CAROLINA LUSSANA. Signor ministro, com'è stato ricordato nell'interrogazione precedente, la settimana scorsa si è tenuta a Bologna la cerimonia di commemorazione della morte - dell'assassinio! - del professor Marco Biagi, ucciso per le sue idee riformiste dalla mano terrorista che ancora c'è, purtroppo, in questo paese. Il professor Biagi è stato dimenticato da una parte della sinistra: pesa l'importante assenza del sindaco di Bologna, che rappresenta anche un sindacato che ha criticato ampiamente Marco Biagi per le sue idee, vale a dire la CGIL.
Ebbene, proprio quel giorno, vergognosamente, il senatore Russo Spena, riferendosi al caso di Cesare Battisti, a quella persona attempata - poverina! - che si troverebbe latitante in Brasile e che finalmente è stato catturato, è tornato a parlare di amnistia per i reati di terrorismo e, forse, anche per i reati comuni. Infatti, Battisti non è un terrorista, bensì un omicida: è stato condannato per quattro omicidi. Allora, vorrei capire qual è la posizione del Governo in merito all'ipotesi di amnistia.

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, come ho ricordato prima all'onorevole Volontè, ho appreso con soddisfazione la notizia che a Rio de Janeiro, sulla base della richiesta di arresto provvisorio ai fini estradizionali inoltrata dal mio Dicastero alle autorità brasiliane, si è proceduto alla cattura di Pag. 59Cesare Battisti, latitante da anni, dopo essere stato condannato - le do ragione - per quattro efferati omicidi. Egli è infatti condannato per l'omicidio dell'agente di custodia Santoro, del gioielliere Torreggiani, il cui figlio da allora è rimasto paraplegico, del macellaio Sabatini e dell'agente di polizia, Campagna.
Ho immediatamente sollecitato i competenti uffici del Ministero ad approntare gli atti da inviare alle autorità brasiliane a corredo della richiesta di estradizione. Il 20 marzo scorso, ho incontrato a Roma il nostro ambasciatore in Brasile perché ci costituissimo presso quella autorità e, inoltre, ho avuto un colloquio telefonico con il ministro delle giustizia brasiliano, al quale ho rappresentato l'importanza per il Governo italiano della pronta consegna del Battisti.
Del resto, avevo personalmente sollecitato il ministero della giustizia francese, Pascal Clément - come ho avuto modo di ricordare - per una iniziativa volta alla rintraccio del latitante in questione, oltre ad aver disposto l'invio di un funzionario del Ministero per gli opportuni contatti con le autorità brasiliane in vista della prossima presentazione della domanda di estradizione.
Non soltanto le famiglie, i parenti delle vittime, ma l'intera opinione pubblica attendono, nei confronti di chi ha commesso gravissimi crimini di sangue, che siano finalmente eseguite le sentenze pronunciate. Queste ultime sono eseguite dopo giudizi pienamente conformi agli standard europei del giusto processo, come anche riconosciuto in questo caso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con decisione del 12 dicembre 2006.
Per la verità, questo non è avvenuto per uno spirito di vendetta, ma in equa attuazione della giustizia. Questa idea presuppone, al contrario di quanto sostenuto dagli epigoni di un'indistinta responsabilità collettiva, il puntuale e garantito accertamento processuale di responsabilità - io credo - individuale.
Coerentemente con tale impostazione, rispondo così al quesito degli interroganti: personalmente, non ritengo che possa essere adottato un provvedimento di amnistia che cancelli con un colpo di spugna crimini terribili, del resto sempre esclusi nel passato da provvedimenti di clemenza. Lo ribadisco: non si può invocare un provvedimento del genere, assumendo che si è trattato di atti compiuti a causa di errori politici in una stagione - che io ho peraltro vissuto - di violenti scontri ideologici. Fare un'affermazione del genere significa negare una delle basi essenziali della convivenza civile e della stessa applicazione del diritto, vale a dire la responsabilità individuale di ciascuno per le proprie condotte, giustificando a posteriori quello che per Battisti fu esclusivamente indifferente disprezzo per la vita umana e ferocia sanguinaria.
I cittadini italiani non perdonerebbero al mondo politico - e concludo con questa mia opinione personale, Presidente - la scelta del semplice oblio a buon prezzo e, giustamente, non comprenderebbero perché chi ha ucciso inermi padre di famiglia debba essere privilegiato rispetto a chi sconta la pena per analoghi atti. All'ordine del giorno del Governo non è mai stata inserita la proposta di presentare in Parlamento un provvedimento di amnistia.
Inoltre, come sanno i colleghi, i provvedimenti di indulto e di amnistia toccano alla volontà del Parlamento e non certo del Governo.

PRESIDENTE. La deputata Lussana ha facoltà di replicare.

CAROLINA LUSSANA. Signor ministro, la ringrazio innanzitutto per il suo «ravvedimento operoso». Infatti, noi non abbiamo assolutamente condiviso la sua posizione in merito al suo sostegno di un provvedimento come quello dell'indulto.
Lei dice, come ha detto più volte, che l'indulto è stato approvato dal Parlamento. Però, lei e, forse, il Presidente del Consiglio siete rimasti soli a continuare a difendere questo tipo di provvedimento, che abbiamo definito e continueremo a definire un provvedimento sciagurato, che ha rimesso in libertà - quanti sono, signor Pag. 60ministro (avete litigato anche all'interno del Ministero, con la sua sottosegretaria, perché aveva detto che erano usciti 25 mila criminali)? - circa 26 mila criminali.
L'indulto è chiaramente un provvedimento contrario alla certezza della pena, al comune senso di giustizia dei cittadini ed è profondamente offensivo nei confronti delle vittime dei reati, che si sentono abbandonati dallo Stato.
Non possiamo non apprezzare la sua contrarietà ad un provvedimento di amnistia. Certo, si parla di terrorismo, ma mi auguro che non si arriverà mai all'approvazione di un ulteriore colpo di spugna, dopo quello dell'indulto, per i reati comuni, perché, come abbiamo detto prima, Battisti non è un eversivo ideologico, ma è un criminale comune, perché è stato accusato di aver commesso quattro omicidi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Non avremmo dovuto approvare l'indulto, ma c'è un detto popolare che dice che errare è umano - avrebbe fatto meglio il ministro a non sbagliare - ma perseverare è diabolico. Quindi, mi fa piacere che non si arrivi a questo ulteriore colpo di spugna.
Certo, signor ministro, immagino il suo imbarazzo. Lei si trova a condividere delle posizioni di Governo con il senatore Russo Spena, che parla di Battisti come di un attempato eversore di un tempo...

PRESIDENTE. La prego...

CAROLINA LUSSANA.... che invoca l'amnistia e che afferma che bisogna abrogare la legge Bossi-Fini, perché fa andare in galera troppi criminali immigrati clandestini, che commettono reati, e che bisogna abrogare la legge Fini-Giovanardi, che certo non fa andare in galera i ragazzi che fumano uno spinello, ma gli spacciatori.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Lussana.

CAROLINA LUSSANA. Allora, signor ministro, capisco il suo imbarazzo. Si parla di CDL spaccata, ma mi sembra che l'Unione stia perdendo i prezzi.
L'unico vostro collante è il potere e la paura che, se si tornasse alle urne, i cittadini vi manderebbero a casa (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia - Congratulazioni)!

(Intendimenti del Governo in merito ad iniziative per la modifica della normativa vigente in materia di consumo di sostanze stupefacenti - n. 3-00751)

PRESIDENTE. Il deputato Gasparri ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00751 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

MAURIZIO GASPARRI. Recentemente il TAR del Lazio ha bocciato, in maniera definitiva, il provvedimento del Governo che aumentava la quantità di cannabis che si può detenere senza rischiare sanzioni penali.
In questo modo è stata bocciata, anche in una sede giurisdizionale, una politica errata sulle tossicodipendenze annunciata più volte dal Governo, del quale vorremmo conoscere gli intendimenti, posto che il ministro Ferrero è andato perfino nelle sedi dell'ONU ad annunciare iniziative per la depenalizzazione dell'uso e del possesso di sostanze stupefacenti, mentre il ministro dell'interno Amato, proprio nelle stesse ore, annunciava l'ipotesi lodevole, ma non concretizzata, di controlli più stringenti, ossia addirittura una sorta di antidoping nelle scuole.
Noi riteniamo che le ipotesi di liberalizzazione e di legalizzazione delle droghe siano assolutamente errate e che anche le droghe impropriamente definite «leggere» siano altamente pericolose, come dimostrano tanti dati scientifici.
Vorremmo sapere perché il Governo non attua la legge Fini-Giovanardi, invece di ipotizzarne, peraltro malamente, per fortuna, il sabotaggio.

PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

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PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, in merito alla presente interrogazione, in primo luogo vorrei sottolineare come nessun membro di questo Governo abbia proposto di liberalizzare o di legalizzare le droghe e, quindi, l'affermazione fatta non corrisponde al vero. Inoltre, nessuno sta sabotando l'attuazione di una legge, che semplicemente viene attuata e che, per le parti significative, viene applicata dalle forze di polizia, così come previsto.
Questo Governo non ha ancora predisposto un disegno di legge in materia di modifica della normativa in materia di sostanze stupefacenti, perché a tal fine stiamo costruendo un percorso partecipato, in base al quale il sottoscritto ha effettuato una serie di audizioni con le competenti Commissioni parlamentari nelle settimane scorse e delle riunioni interministeriali con tutti i ministri interessati all'argomento. Questa mattina, inoltre, si è svolta la riunione della Consulta per le tossicodipendenze per discutere gli indirizzi sulla legge. Siamo, quindi, ancora in una fase di elaborazione degli indirizzi.
Nel caso specifico, per quanto ci riguarda, la modifica legislativa si rende necessaria perché la situazione che dobbiamo fronteggiare è quella del continuo aumento del consumo di sostanze che, avendo effetti psicotropi sulle persone, ne alterano lo stato di percezione della realtà (mi riferisco tanto alle sostanze illegali quanto a quelle legali, come l'alcol, che, tra le sostanze che alterano la percezione, è la principale causa di morte nel nostro paese).
L'ipotesi sulla quale stiamo lavorando si basa sulla centralità della prevenzione. Quest'ultima deve ritrovare vigore, in quanto il Governo precedente non ha mai elaborato il piano d'azione 2005-2008 richiesto dall'Unione europea (l'Italia è l'unico paese, oltre a Malta, ad essere inadempiente). Stiamo lavorando alla predisposizione di un piano basato sulla prevenzione, che noi riteniamo essere un punto centrale.
Per quanto riguarda le misure legislative, alla centralità della prevenzione, alla quale corrisponde il ruolo sostanziale che deve svolgere lo Stato nei confronti dei consumatori, è connessa quella della lotta al narcotraffico, che costituisce un altro fattore fondamentale. Pensiamo, inoltre...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. ... al superamento delle sanzioni amministrative generalizzate a carico dei consumatori, per rafforzare quelle applicabili ai comportamenti pericolosi degli altri, a partire dalla guida in stato di alterazione, e...

PRESIDENTE. Deve concludere, ministro.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. ... all'informazione alle famiglie per quanto riguarda i minorenni che vengano colti in flagranza di consumo di sostanze proibite.

PRESIDENTE. Il deputato Gasparri ha facoltà di replicare.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, sono ovviamente deluso dalla risposta del ministro Ferrero, il quale è in aperto contrasto, nel Governo, anche con la posizione espressa dal sopraggiungente ministro Amato, citato poc'anzi, il quale ha proposto addirittura l'antidoping nelle scuole. Lo attendiamo alla prova dei fatti: troverà il nostro sostegno.
Premesso che il ministro Ferrero ha parlato in sede ONU di depenalizzazione del consumo di droghe (le sue dichiarazioni sono riportate tra virgolette dai giornali), ribadisco che depenalizzare l'uso personale è, a nostro avviso, una forma di legalizzazione.
Nell'ordinanza che ho menzionato nell'interrogazione, con la quale ha «bocciato» le decisioni del Governo - e che, tuttavia, non ha portato alle dimissioni, da noi auspicate, di chi le aveva prese -, il TAR del Lazio ha considerato non adeguatamente Pag. 62supportata da approfondimenti e non congrua, avendo riguardo ai danni provocati dalle droghe impropriamente definite leggere, la scelta di raddoppiare il parametro moltiplicatore per la determinazione della quantità di cannabis che si può possedere senza incorrere in sanzioni penali.
Recentemente, un noto tossicologo, il professor Malizia, ha affermato che la cannabis è venticinque volte più potente e dannosa di quella che circolava un tempo: anche la droga subisce, ahimè, una sua tragica evoluzione! Vi sono altri dati importanti. Anche il giornale inglese The Independent ha rivisto la sua posizione: dopo una campagna a favore della depenalizzazione delle droghe leggere, ha fatto pubblica autocritica! Insomma, è in atto una riflessione che anche questo Governo dovrebbe concedersi.
Per quanto riguarda la prevenzione, alla quale dite di essere favorevoli, ministro Ferrero, è idoneo a realizzarla l'effetto-annuncio (ripeto che l'annuncio ed il relativo decreto sono stati sconfessati dal TAR del Lazio) del raddoppio della quantità di cannabis e di marijuana che si può legalmente detenere? Mi pare che non sia quello il modo di prevenire!
Ciò detto, la lotta all'alcolismo ed a tutte le altre dipendenze ci trova ampiamente consenzienti: non sarà...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO GASPARRI. ...questo un punto di dissenso. Condanniamo una politica di confusione e di annunci che, sin qui, ha indebolito soprattutto - e concludo, signor Presidente - le comunità terapeutiche, laiche e cattoliche, le quali svolgono quell'azione di prevenzione e recupero che la cosiddetta legge Fini-Giovanardi considera una priorità assoluta.

(Misure a tutela dei minori immigrati non accompagnati - n. 3-00758)

PRESIDENTE. Il deputato Cancrini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vacca n. 3-00758 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

LUIGI CANCRINI. Signor Presidente, il 23 febbraio di quest'anno Amnesty International ha pubblicato un rapporto dal quale risulta che, nel corso degli ultimi anni, sono giunte in Italia - e poi se ne sono perse le tracce - alcune decine di migliaia di minori: nel suo rapporto, Amnesty International li definisce minori «invisibili».
Ho preso visione, insieme ai colleghi, del provvedimento assunto ai primi di dicembre dal ministro dell'interno congiuntamente a quello della giustizia, relativamente alle nuove norme a tutela dei minori che attualmente giungono nel nostro paese in maniera illegale. Mi sembrano norme importanti che probabilmente porteranno ad un cambiamento rilevante della situazione.
Tuttavia, quello che vorrei chiedere è se il Governo abbia assunto o intenda assumere qualche iniziativa di conoscenza rispetto al dato segnalato da Amnesty International sulle decine di migliaia di minori, per l'appunto, «invisibili».

PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, i dati che abbiamo in nostro possesso sono lievemente diversi da quelli di Amnesty International ma, comunque, molto gravi, perché a noi risultano 1.733 casi di competenza e più di 4.619 cosiddetti casi di «fuori competenza» sui quali non si riesce ad incidere.
Siamo intenzionati a procedere con il Ministero dell'interno per un lavoro di monitoraggio maggiore rispetto ai dati da lei prima presentati; e riteniamo, però, che il punto fondamentale sia il seguente: in primo luogo, che occorra modificare la legislazione in modo da rendere preferibile per i minori non accompagnati che arrivino in Italia in condizioni di clandestinità Pag. 63(ed è questo l'aspetto più grosso del problema) un percorso che li faccia emergere nella visibilità pubblica e, quindi, nella regolarità, invece di un altro che ne favorisca o ne incentivi il mantenimento in una condizione di clandestinità.
La situazione attuale, infatti, con le rigidità fortissime che vi sono nella nostra legislazione, che non prevede l'espulsione dei minori di diciotto anni, ma che prevede invece, al compimento del diciottesimo anno di età, l'applicazione di criteri così rigidi che ne determinano sovente l'espulsione, fa sì che i minori siano incentivati a mantenersi nella condizione di clandestinità e quindi a finire nelle mani delle organizzazioni criminali.
Noi pensiamo, quindi, che la misura da prendere sia, da una parte, quella di modificare la legislazione in modo da favorire i percorsi di emersione dalla clandestinità alla regolarità dei minori non accompagnati (e ciò avverrà nel contesto della modifica del testo unico sull'immigrazione, la cosiddetta legge Bossi-Fini), e, dell'altra, quella di un intervento molto forte in termini di risorse relative all'accompagnamento e all'aiuto ai comuni e alle associazioni che si occupano di minori non accompagnati al fine di poterli seguire. Attualmente il fenomeno è scaricato completamente sui comuni e sulle associazioni, che hanno spese anche ingenti, e che non riescono a far fronte al fenomeno città per città.
Sempre in sede di modifica della cosiddetta legge Bossi-Fini sulla immigrazione, prevediamo l'istituzione di un fondo per i minori non accompagnati, in modo da poter fare dei programmi con i comuni e con le associazioni che consentano loro di seguire i minori e di sottrarli alle mani della malavita organizzata o al traffico di esseri umani e, come succede, alla prostituzione, tenendoli in un circuito di regolarità e di inclusione sociale.

PRESIDENTE. L'onorevole Cancrini ha facoltà di replicare.

LUIGI CANCRINI. Signor ministro, mi sembra che la risposta sia esauriente e che sia importante coniugare i due piani, quello della legislazione, dal punto di vista del diritto d'asilo del minore e della facilitazione della sua permanenza successiva (e al riguardo occorre disincentivare l'illegalità e la clandestinità come punto chiave), e quello di un fondo per l'intervento. Infatti, tutti noi abbiamo una chiara percezione del fatto che i servizi sociali dei comuni, su cui gravano gli interventi a favore dei minori che vi giungono, sono poi assolutamente insufficienti nella maggior parte dei casi.
Mi auguro, dunque, che tale testo veda presto la luce, che arrivi in aula e che se ne possa discutere. La ringrazio comunque per la compiutezza della sua risposta.

(Iniziative per la riforma della legislazione in materia di case da gioco - n. 3-00759)

PRESIDENTE. Il deputato Rao ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00759 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

PIETRO RAO. Signor Presidente, signor ministro, il motivo della nostra interrogazione va nella direzione di una liberalizzazione, che dovrebbe essere quella che ha ispirato questo Governo e che noi, per un certo periodo, non abbiamo condiviso, perché riteniamo che si tratti di una falsa liberalizzazione. Il caso specifico riguarda le case da gioco.
Il regio decreto del 1927, in seguito convertito in legge, ed altri provvedimenti del 1933, del 1934 e del 1971 hanno dato la possibilità ai comuni di San Remo...

PRESIDENTE. Deputato Rao...

PIETRO RAO. ... di Campione d'Italia, di Saint Vincent e di Venezia di aprire i casinò.

PRESIDENTE. Deve concludere.

Pag. 64

PIETRO RAO. Questa richiesta è stata già avanzata anche dalla regione Sicilia per l'istituzione e l'apertura, anzi la riapertura, perché, per un periodo, è stata aperta...

PRESIDENTE. Grazie, deputato Rao. Il tempo è finito!

PIETRO RAO. Per favore, Presidente, lei lo fa regolarmente, quando intervengo! Mi faccia intervenire...

PRESIDENTE. No, ogni deputato ha a disposizione un minuto di tempo per l'illustrazione! Le tolgo la parola, perché ha superato il suo tempo.

PIETRO RAO. Desideriamo conoscere...

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ho letto l'interrogazione che si concludeva con le parole che il collega non ha avuto modo di pronunciare. Al termine dell'interrogazione si chiede al Governo se intenda adottare iniziative, anche legislative, volte alla riapertura del casinò di Taormina.
La mia risposta, con tutta sincerità, è la seguente: no.
Il collega ha perfettamente ragione, quando sottolinea che, in Italia, vi sono quattro casinò e che quello di Taormina è rimasto chiuso in un stato di «non riautorizzazione», mentre i casinò di Saint Vincent, di Sanremo, di Venezia e di Campione d'Italia sono riusciti a sottrarsi, attraverso deroghe, ad una legislazione che, nell'insieme, è contraria. Infatti, la norma del codice penale punisce il codice d'azzardo, salvo situazioni di deroga.
Sono perfettamente consapevole che il turismo può trarre beneficio dall'esistenza di case da gioco. Tuttavia, il collega permetterà di prendere atto che le case da gioco sono foriere di fenomeni anche diversi dal turismo e che per il Ministero dell'interno rappresentano una fonte di particolare preoccupazione, in particolare in una regione nella quale esiste una organizzazione criminale di antica data che è alla continua ricerca di canali migliori e più adeguati per il riciclaggio di danaro sporco. Dai casinò, questa è una prestazione che, in più casi, è possibile ottenere.
Mi permetto di dire, per quel po' di Sicilia che ho dentro, dato che provengo da una famiglia siciliana, che voglio che la Sicilia abbia più turismo, ma vorrei che riuscisse ad ottenerlo grazie alle sue meravigliose bellezze naturali, alla sua storia. Taormina è già stupenda e bellissima. Diamo più acqua ai siciliani; forse, più che i casinò, potrebbe essere utile avere strutture alberghiere migliori, campi da golf che anche in Sicilia si possono creare, perché l'acqua c'è, ma qualcuno la nasconde.

PRESIDENTE. Deve concludere, ministro...

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Rinunciamo al casinò che, in fondo, è riuscito ad ottenere le deroghe grazie alle difficoltà delle finanze locali che di questa risorsa un po' anomala si sono avvalse per sistemare i loro conti.

PRESIDENTE. Il deputato Rao ha facoltà di replicare.

PIETRO RAO. Signor Ministro, francamente, mi aspettavo un'apertura diversa da parte del Governo. Ci rendiamo conto sempre di più che la Sicilia, forse, non è considerata una ragione appartenente all'Italia. Infatti, quando si parla di Sicilia, tutto viene negato: il ponte sullo stretto, il casinò, nonché le opportunità di sviluppo. D'altro canto, non ci vengono negati i rifiuti, il pet-coke usato a Gela e tutto ciò che vi è di negativo!
Al Nord si parla di criminalità organizzata, mentre al Sud si parla solo ed esclusivamente di mafia che rappresenta un interesse e va contro lo sviluppo della Sicilia. Riteniamo sia insostenibile continuare a pensare in questo modo, in un mondo globalizzato in cui il gioco d'azzardo Pag. 65arriva dentro le case attraverso i computer e lo Stato stesso promuove il gioco d'azzardo attraverso il Bingo ed altre forme di gioco autorizzate.
Se dobbiamo cercare altre forme di sviluppo, ritengo che quanto previsto nell'interrogazione possa essere un aiuto, altrimenti dobbiamo chiudere le case da gioco di Campione, di Venezia e di altre regioni; così mettiamo tutti alla pari, perché non vogliamo essere considerati sempre il sud del sud!

(Interventi per migliorare la tutela della sicurezza pubblica nella città di Milano e nel suo hinterland - n. 3-00761)

PRESIDENTE. Il deputato Colucci ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00761 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

FRANCESCO COLUCCI. Signor Presidente, ringrazio il ministro per la sua presenza. Vorrei ricordare che la nostra interrogazione evidenzia la grave situazione che esiste nella città di Milano per i gravi fatti di criminalità che ogni giorno sono riportati dalla stampa nazionale.
Lunedì 26 scorso migliaia di cittadini sono scesi in piazza per sostenere le richieste che il sindaco Moratti aveva inoltrato più volte al ministro dell'interno e alla Presidenza del Consiglio.
I 500 uomini delle forze dell'ordine richiesti dal sindaco Moratti credo costituiscano una cifra in difetto e non in eccesso.
In questura, rispetto al 1990, vi è una carenza di 92 unità; nell'Arma dei carabinieri vi è una carenza di 100 unità e altrettanto dicasi nella Guardia di finanza. 170 unità di Polizia e Carabinieri sono adibiti all'ufficio immigrazione.

PRESIDENTE. Onorevole Colucci, la prego di concludere il suo intervento.

FRANCESCO COLUCCI. È già terminato il tempo a mia disposizione?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Colucci, lei ha un minuto di tempo per l'illustrazione dell'interrogazione, mentre in sede di replica ha due minuti a disposizione.
Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, un minuto è crudele, quindi bisogna saperlo dosare!
Posso assicurare l'onorevole Colucci e gli altri interroganti che Milano è al centro della mia attenzione, così come lo sono altre città interessate come Milano, anche se in modi ed intensità diverse, da fenomeni vecchi e nuovi di criminalità che possono trovare una soluzione solo attraverso una collaborazione efficace (ciascuno secondo le proprie competenze e mi riferisco anche al Ministero dell'interno) con le autorità regionali e locali.
Da tempo insisto sul fatto che vi è un diritto alla sicurezza dei cittadini - tutti siamo sensibili sull'argomento - che si realizza attraverso la concertazione tra le funzioni di sicurezza e di ordine pubblico che competono allo Stato e le funzioni di controllo del territorio, sotto altra angolatura, e di gestione del territorio che competono alle regioni ed agli enti locali.
Questa è la ragione per la quale abbiamo impostato una serie di accordi sia con le regioni sia con gli enti locali che partono dalle città metropolitane.
Proprio la settimana scorsa le abbiamo riunite al ministero: erano rappresentate la città di Cagliari, di Milano, di Torino, di Roma, di Bologna, di Venezia ed altre e abbiamo prefigurato un percorso che deve portare a patti specifici con ciascuna di queste città.
Proprio ieri mi è giunta da Letizia Moratti una lettera, molto garbata, scritta da lei dopo la manifestazione svolta l'altra sera, la quale si conclude dicendo: «(...) con questo spirito di proposta e di collaborazione, e consapevole della responsabilità che ho assunto ieri di fronte a migliaia di cittadini e a tanti sindaci, ti chiedo di dare avvio alla fase di lavoro per Pag. 66la quale ci siamo solennemente impegnati al tuo tavolo».
Noi siamo qui per farlo.

PRESIDENTE. Il deputato Colucci ha facoltà di replicare.

FRANCESCO COLUCCI. Signor Presidente, stamane la stampa milanese sottolinea come alcuni sindacati di Polizia evidenziano che rispetto all'impegno, assunto dal ministro Amato, di inviare 120 persone per l'apertura di due nuovi commissariati siano state impiegate, invece, 80 unità. Vi è una severa protesta, da parte dei sindacati delle Forze di polizia, poiché si mette in evidenza come questa iniziativa sia stata adottata per «tappare la bocca» al sindaco di Milano.
Signor Presidente, non ho dubbi che il ministro sia seriamente impegnato a realizzare il proprio progetto; d'altra parte, vorrei ricordare che tale progetto, anche in occasione dell'esame dell'ultima legge finanziaria, non fu preso in considerazione, allorquando lo stesso ministro chiedeva 4.500 unità per rafforzare le Forze di polizia: adesso, infatti, si parla di soli 2.500 uomini.
Se la criminalità deve essere combattuta con la diminuzione delle Forze dell'ordine, anche considerando coloro che andranno in quiescenza, credo che, di fronte alla situazione che sta ormai dilagando in tutte le città d'Italia - in modo particolare a Milano -, questa non sia una politica in grado di corrispondere all'interesse dei cittadini italiani.
Mi riferisco, in particolare, a quegli amministratori che sollecitano sia il ministro dell'interno, sia la Presidenza del Consiglio a dare le risposte che non hanno mai ricevuto, a parte l'iniziativa assunta dal ministro Amato, il quale ha convocato i sindaci di diverse città italiane per concordare o coordinare un'azione di intervento da parte sia delle amministrazioni locali, sia del ministero competente.
Mi auguro che gli impegni che, anche in questa occasione, il ministro Amato ha assunto vengano rispettati non solo dal suo dicastero, ma soprattutto dal Governo...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

FRANCESCO COLUCCI. Con questo, ringrazio il ministro Amato per le precisazioni che ha voluto rendere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Condizioni in cui prestano servizio gli agenti di polizia presso i valichi di frontiera tra Italia e Svizzera - n. 3-00770)

PRESIDENTE. La deputata Provera ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00770 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, signor ministro, la situazione che ci accingiamo ad illustrare ha dell'incredibile. Non era credibile neppure per noi, fino a quando il sindacato unitario degli agenti di polizia l'ha prospettata al nostro consigliere regionale Juri Bossutto, assieme al quale siamo andati ad effettuare un sopralluogo di verifica.
In tal modo, abbiamo potuto prendere atto delle condizioni in cui i lavoratori di polizia frontaliera operano. Essi, infatti, vanno a lavorare percorrendo un tragitto francamente difficile per ogni cittadino che la attraversa (peraltro, essi sono obbligati a recarsi ai posti di frontiera tutti i giorni), ed essa costituisce un rischio notevole soprattutto in inverno.
Segnalo, altresì, che questi lavoratori di polizia sono tenuti a percorrere una lunga distanza, pur essendo alloggiati a Domodossola...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

MARILDE PROVERA. ... e quindi devono usare per forza tale strada. In più, essi operano in condizioni difficili, vale a dire senza servizi igienici e senza alcun supporto. Questo è il nostro «biglietto da visita», a fronte di una Svizzera...

PRESIDENTE. Deve concludere!

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MARILDE PROVERA. ...organizzatissima!
Ho concluso, Presidente. Chiediamo, quindi, cosa il Governo intenda fare per provvedere a tale situazione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, mi sono informato sulla situazione che è stata testè illustrata, che personalmente non conosco, concernente i due valichi di Ponte Ribellasca e Paglino.
Non mi risulta che le condizioni logistiche siano esattamente quelle riferite in questa sede. Ponte Ribellasca dista 32 chilometri da Domodossola; d'altra parte, i poliziotti che lavorano in tale sede preferiscono stare in quel comune, perché sul valico vi è questo piccolo posto ove assolvere la loro attività di controllo, nonché una piccola caserma di fronte.
Pertanto, tali agenti rimangono a Domodossola, che si trova a 32 chilometri dal citato valico di frontiera. Percorrere tutti questi chilometri su strade di montagna, specie d'inverno, effettivamente non è come andare ad Ostia partendo da Roma, e di questo mi rendo conto.
In ogni caso, secondo quanto mi risulta, l'impianto di riscaldamento esiste. Il posto di controllo è assai poco esposto al sole e, soprattutto d'inverno, la temperatura è piuttosto rigida. Tuttavia, mi si dice che l'impianto di riscaldamento esiste.
I turni di questi poliziotti sono, peraltro, di sei ore: non passano dodici ore lì dentro. Sono turni di sei ore. Inoltre, vi è la garitta per il controllo dei documenti, vi sono i servizi igienici, le docce e due vani destinati a piccolo alloggio.
Al valico di Paglino, a circa 20 chilometri da Domodossola (e non 32), c'è la garitta e un ufficio dotato di un impianto di riscaldamento. Non c'è il bagno, ma di fronte vi è una caserma della Guardia di finanza. Effettivamente, esiste un disagio per chi ha bisogno di andare in bagno, che deve recarsi non sotto una quercia, ma nella caserma antistante.
La prefettura, già dal 2004, ha richiesto lavori di adeguamento, e devo dare atto che il provveditorato regionale alle opere pubbliche non vi ha provveduto, pare per mancanza di risorse finanziarie.
Va sottolineato che nel 2008 - esattamente tra un anno - questa problematica verrà meno perché la Svizzera si adeguerà all'Accordo di Schengen con un «para Schengen» per i paesi che non sono membri dell'Unione europea e che, tuttavia, adottano le stesse regole. Quindi, questi due avamposti al freddo non avranno più ragione di esistere.

PRESIDENTE. La deputata Provera ha facoltà di replicare.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, per altri ovvi motivi spero che la situazione con la frontiera svizzera sia presto risolta, aderendo tale Stato all'Accordo di Schengen. Tuttavia, da qui ad allora, per questi lavoratori qualche soluzione andrà trovata.
Contrariamente a quanto si dice, loro non hanno scelto di alloggiare a Domodossola; tuttavia, non possono stare dove operano. E per fortuna fanno turni di sei ore, così come in tutte le diverse situazioni in cui opera la polizia! Salvo poi fare gli straordinari che di norma vengono richiesti con i necessari prolungamenti di orario: teoricamente essi non sono previsti, ma praticamente si verificano sempre.
I servizi igienici sono di difficile raggiungimento. Inoltre, se per riscaldamento si intende una stufa da autoalimentare, quest'ultima nel 2007 mi sembra ben povera cosa!
Penso che qualche risorsa in più si possa investire.
Va tenuto presente che i nostri militari, oltre a godere di grande solidarietà da defunti, preferirebbero ottenere solidarietà e qualche aiuto nello svolgimento della propria attività da vivi, così da compiere bene il loro mestiere.
La solidarietà che si dimostra a queste persone è tardiva. Per fortuna, possono contare sulla solidarietà fattiva dei colleghi svizzeri che a volte li accolgono, offrono Pag. 68loro una tazza di caffè, li ospitano nei loro spazi: lì almeno possono giocare a carte e scambiare quattro chiacchiere in una specie di spaccio. Dove si trovano adesso, non hanno più nemmeno quello. Infatti, è stato chiuso anche lo spazio per uno spaccio interno per altre e diverse vicende.
Francamente, è una situazione invivibile per qualsiasi essere umano. Chiederei al ministro di provvedere, sperando che fra un anno tutto si risolva automaticamente. Da qui ad allora, chiederei di avere almeno un po' di pietà, se non comprensione.

(Iniziative per la sicurezza dei cittadini, in collaborazione con le autonomie locali, e per il coordinamento delle forze dell'ordine e della polizia locale - n. 3-00760)

PRESIDENTE. Il deputato Giacomelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00760 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, signor ministro con questa interrogazione, ancora una volta, ci facciamo interpreti di una diffusa esigenza di sicurezza e di legalità che emerge in modo ampio dalle nostre comunità civili. L'Ulivo ritiene che questa esigenza di sicurezza sia una richiesta di tutti cui dare risposta, e non un tema per strumentali esercitazioni di parte, né un'occasione per offrire un comizio a qualche politico in difficoltà.
Il programma di Governo, in questo senso, conteneva, tra l'altro, un richiamo particolarmente condivisibile per noi: la collaborazione con le autonomie locali, il rafforzamento del coordinamento con le autorità locali tra le forze di pubblica sicurezza.
A nome de L'Ulivo, le chiedo quali iniziative il Governo abbia assunto per concretizzare queste indicazioni e quali ulteriori passi intenda compiere in questa direzione.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ringrazio anzitutto l'onorevole Giacomelli per l'attenzione che rivolge al tema della sicurezza che, secondo me - lo dico con tutta sincerità -, ancorché presente in programmi e discorsi, deve essere più presente tra le priorità di azione pubblica, alle quali colleghiamo la serenità della nostra vita civile e le stesse ragioni del nostro sviluppo. Chiunque conosca parti del Mezzogiorno, se non il Mezzogiorno nella sua interezza, perché questo sarebbe ingiusto, sa perfettamente quanto la sicurezza incida positivamente quando c'è e negativamente quando non c'è, ai fini dell'insediamento industriale e dell'effettivo funzionamento dell'attività di impresa laddove si è insediata.
Per realizzare le condizioni di sicurezza, serve la collaborazione tra le istituzioni di governo nazionali, regionali e locali. Di questo sono assolutamente certo, perché sono convinto, così come lo sono tutti, che le condizioni di sicurezza sono dovute ad un insieme di fattori, alcuni dei quali stanno nella responsabilità degli organi di Governo, in primo luogo, del Ministero degli interni, della pubblica sicurezza, delle forze dell'ordine, ma dipendono, altresì, anche da fattori che riguardano le condizioni di disagio sociale, il livello di legalità, l'abitabilità, la trasparenza della vita individuale e collettiva, i traffici più o meno legali, che largamente si collegano all'esercizio di responsabilità locali.
Di qui, il senso dei patti per la sicurezza, che stiamo impostando ora in chiave generale e che ci siamo impegnati a tradurre già in undici patti specifici per le undici città metropolitane nell'arco dei prossimi sessanta giorni e, poi, degli accordi con le regioni. Proprio ieri ne ho firmato uno molto positivo con la regione Friuli Venezia-Giulia.
C'è, però, un problema che dovrò porre al Parlamento e, probabilmente, lo farò presso la Commissione affari costituzionali, che è il mio naturale «dirimpettaio», Pag. 69ovvero quello delle risorse umane e finanziarie disponibili, perché tutto questo possa accadere.

PRESIDENTE. Deve concludere, signor ministro.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Il Governo si sta giustamente impegnando in piani di riorganizzazione delle proprie strutture per ricavare il massimo di succo possibile da ciò che ha, ma, una volta eliminati sprechi e scoordinamenti, temo che la sicurezza risulti ugualmente sottodimensionata nelle dotazioni di cui ha bisogno e, per tale ragione, ringrazio il Parlamento per l'attenzione che le dedica.

PRESIDENTE. L'onorevole Giacomelli ha facoltà di replicare.

ANTONELLO GIACOMELLI. Apprezzo il senso della risposta del ministro, ma devo dire che non apprezziamo chi ha responsabilità di Governo, anche di una città e, anziché misurarsi con le difficoltà di una domanda che sale dai cittadini, enfatizza la stessa domanda con manifestazioni di piazza.
Siamo invece vicini a quei sindaci di centrosinistra che oggi sono riuniti a Brescia per lavorare su idee e proposte concrete da condividere, nello spirito cui accennava il ministro, con il Governo per una risposta vera problemi dei cittadini. Il ministro Amato ha ragione, quando dice che questo tema è legato alle ragioni stesse del nostro sviluppo, e noi aggiungiamo anche alle ragioni della coesione sociale e della serenità delle nostre città.
È bene, dunque, che si parta con i patti con le città metropolitane e che si abbia poi la determinazione di procedere anche con tante altre realtà. Penso a città come la mia, Prato, dove i temi della sicurezza si declinano, non soltanto in modo tradizionale, ma anche con i temi della legalità finanziaria e di un nuovo modello di sviluppo.
Quindi, avanti con i patti sociali e con l'impegno del Parlamento a dare risposta alla questione in esame, anche in termini di risorse e di coordinamento! Quello della legalità e della sicurezza nelle nostre città è un tema vero del vivere civile e delle garanzie di tutti i cittadini: non è e non può essere tema di parte, ma è fattore vero di civiltà nelle nostre comunità (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Espulsioni disposte sulla base del decreto Pisanu recante misure per il contrasto del terrorismo internazionale - n. 3-00771)

PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00771 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, con questa interrogazione, noi chiediamo informazioni sull'attuazione della normativa di cui al cosiddetto decreto Pisanu, data, per l'appunto, l'eccezionalità di quella disciplina, che è provvisoria. Consideriamo sia molto importante che il Parlamento ed il paese siano portati a conoscenza degli effetti che essa dispiega e dell'impatto dei provvedimenti di espulsione sui diritti fondamentali delle persone che ne sono state fatte oggetto.
I giornali hanno riportato i casi di Abou El Kassim Britel e anche di Cherif Foued Ben Fotouri, cittadini rispettivamente marocchino e tunisino, tutti e due incensurati ed entrambi espulsi e, di conseguenza, incarcerati nel proprio paese senza che siano stati fatti oggetto di denunce penali.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, il tema sollevato dalla collega De Zulueta è di particolare delicatezza. La norma che il Parlamento approvò, unanime, nell'estate del 2005, poi divenuta legge 31 luglio 2005, n. 155, è una norma che consente l'espulsione di persone a carico delle quale non vi sono Pag. 70prove di un commesso reato - questo è pacifico - ma vi è il sospetto, argomentato e motivato con indizi, che la loro presenza in Italia possa concorrere allo svolgimento di attività terroristiche. Constatare che questa norma si applica in assenza di presupposti di reato significa constatare un'ovvietà che era sotto gli occhi del Parlamento quando unanime l'approvò.
La norma è collegata alla possibilità che persone che intrattengano determinati rapporti e che facciano parte di determinati ambienti possano essere corresponsabili, non ieri ma domani, di attività terroristiche.
Sono il primo, per il 'mestiere' che mi è proprio e per ciò che ho scritto nel fare quel «mestiere», a rendermi conto della delicatezza di una norma del genere e del fatto che la lotta contro il terrorismo ci porta in un'area molto molto difficile per quanto attiene alla garanzia dei diritti umani.
Posso però esprimere due considerazioni. Ogni volta, e non sono molte, che firmo un decreto di espulsione sulla base di quell'articolo 3, ho un'istruttoria di elementi che portano a concludere che il rischio sussiste. Ma so che tali elementi portano a concludere che il rischio sussiste, non che un fatto è stato commesso: come mi devo comportare, a quel punto? Alle mie spalle vi è una vicenda che il Parlamento deve sempre ricordare: nel marzo del 2006, ci arrivarono - era in carica un altro Governo, ma parlo dell'Italia - ebbene, arrivarono notizie dal Marocco secondo le quali sarebbe stato possibile, anzi concretamente possibile, che si stesse organizzando un attentato a San Petronio, a Bologna, e un altro attentato alla metropolitana di Milano. Vennero date indicazioni su gruppi che stavano probabilmente lavorando a tal fine.
Il ministro dell'interno mio predecessore provvide a sette espulsione, cinque poterono essere eseguite. Gli attentati non ebbero luogo. Io non so, e non lo sa neppure il mio predecessore, se furono quelle espulsioni ad evitare quegli attentati, ma quando firmò quel decreto il pensiero che l'allora ministro aveva nella testa era: se non lo faccio, può succedere un attentato di questa natura.
Conosco la disciplina giuridica interna di questa materia, so anche - e lo sa anche l'onorevole De Zulueta - che la Corte di Strasburgo ha superato i confini della nostra legislazione interna e sospende i decreti di espulsione quando, nel paese verso il quale si rimanda l'espulso, non sono garantiti i suoi diritti umani.

PRESIDENTE. Signor ministro, deve concludere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Infatti - ed è l'ultima argomentazione che svolgo, Presidente -, dei trenta provvedimenti di espulsione a firma del ministro dall'entrata in vigore della legge cinque, relativi a cittadini tunisini, non sono stati eseguiti per sopravvenuta sospensione da parte della Corte di Strasburgo, la quale è entrata quindi, con la tutela dei diritti, anche in questa materia.

PRESIDENTE. Grazie. La deputata De Zulueta ha facoltà di replicare.

TANA DE ZULUETA. Signor ministro, le cifre sono importanti, ma spetta anche a noi, in qualità di firmatari della Convenzione, tutelare i diritti delle persone.
A tale proposito vorrei leggere una citazione dell'Alto commissario per i diritti umani, Gil-Robles, resa dopo una sua visita in Italia nel 2005. L'Alto commissario afferma: «Poco dopo la mia visita, l'Italia ha adottato una legge relativa alla lotta al terrorismo. L'articolo 3 consente ad un prefetto e non più ad un giudice di disporre l'espulsione di uno straniero per prevenzione di terrorismo. Secondo le informazioni fornite dalle autorità italiane, queste espulsioni non possono essere effettuate qualora esistesse un rischio di persecuzione per lo straniero. A mio avviso è indispensabile che l'esame di tali rischi sia debitamente realizzato da un'autorità giudiziaria. Il ricorso giudiziario a posteriori, senza effetti sospensivi, non può essere garanzia Pag. 71sufficiente. In materia di terrorismo è fondamentale che il sistema da privilegiare sia il perseguimento penale e non il rinvio verso un altro paese. D'altro canto, è indispensabile in tali casi che vengano debitamente analizzati da parte di un'autorità giudiziaria i rischi che la persona subisca atti di tortura». Le ho citato un caso dove questo rischio sembra essersi manifestato quest'anno, signor ministro.
Ancora, l'Alto commissario continua: «Come ho spesso ripetuto, la lotta al terrorismo non deve avvenire a scapito di principi quali la democrazia e il rispetto dei diritti. Invito pertanto le autorità italiane a rivedere rapidamente questo decreto, per garantire che i diritti sanciti nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo siano pienamente rispettati».
Signor ministro, io condivido queste parole; infatti i Verdi espressero un voto contrario sull'articolo 3 (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,30 con il seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge costituzionale riguardante la lingua italiana.

La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Donadi, Folena, Gasparri, Maroni, Migliore, Mosella, Sgobio, Stucchi, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale n. 648-A ed abbinate.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli emendamenti.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 648-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 648 ed abbinate sezione 2).
Informo che è in distribuzione la nuova formulazione degli ordini del giorno Garavaglia n. 9/648/14 e Pini n. 9/648/15.
Invito il rappresentante del Governo a esprimere il parere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Lucchese n. 9/648/1; accetta l'ordine del giorno Cossiga n. 9/648/2; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Galli n. 9/648/3; non accetta l'ordine del giorno Cota n. 9/648/4; accetta l'ordine del giorno Gibelli n. 9/648/5; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Filippi n. 9/648/6; non accetta l'ordine del giorno Caparini n. 9/648/7; accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Fugatti n. 9/648/8 e Fava n. 9/648/9; non accetta gli ordini del giorno Montani n. 9/648/10, Allasia n. 9/648/11, Bodega n. 9/648/12, Brigandì n. 9/648/13, Garavaglia n. 9/648/14, anche nella nuova formulazione, Pini n. 9/648/15, Bricolo n. 9/648/16 e Goisis n. 9/648/17; accetta l'ordine del giorno Baldelli n. 9/648/18; non accetta gli ordini del giorno Biancofiore n. 9/648/19 e Lussana n. 9/648/20; infine, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Mellano n. 9/648/21.

GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 72

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo soltanto per chiedere un chiarimento al signor sottosegretario: vorrei sapere se il Governo accetta la nuova formulazione del mio ordine del giorno n. 9/648/15.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Pini n. 9/648/15, neppure nella nuova formulazione.

PRESIDENTE. Ricordo che, secondo la prassi, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Lucchese n. 9/648/1, accolto come raccomandazione dal Governo.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, intendo chiedere al Governo di accettare questo ordine del giorno perché, effettivamente, ci sono alcune discrasie riguardo alla necessità di evitare l'uso dell'alfabeto internazionale. Perciò, dal momento che lo ha accolto come raccomandazione, desidero sollecitarlo ad accettarlo. Anche ove fosse impossibile, comunque non insisterò per la votazione.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, l'onorevole Lucchese, pur non insistendo per la votazione, anche ove il Governo decida di mantenere ferma la sua posizione, sollecita un'ulteriore riflessione.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo accetta l'ordine del giorno Lucchese n. 9/648/1.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Galli n. 9/648/3, accolto come raccomandazione dal Governo.

DANIELE GALLI. Signor Presidente, chiedo al Governo di rivedere la sua posizione in quanto il mio ordine del giorno è a tutela del pubblico, dell'utenza, e di qualsiasi consumatore, in quanto si chiede che sia riportata, insieme ai prodotti acquistati, la traduzione in lingua italiana della indicazione dei componenti e delle istruzioni per il funzionamento. Tra le altre cose ciò è pertinente con la variazione che stiamo apportando alla Carta costituzionale. Se non adottiamo quei provvedimenti rispettosi del presente appuntamento costituzionale, entriamo in contraddizione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non modifica il parere precedentemente espresso e che quindi conferma di accogliere come raccomandazione l'ordine del giorno Galli 9/648/3. Prendo atto altresì che l'onorevole Galli non insiste per la votazione.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Cota 9/648/4, non accettato dal Governo.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, non capisco i motivi che hanno portato il Governo a non accettare il mio ordine del giorno. Infatti, nella parte dispositiva si impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a modificare la legge n. 482 del 1999 che consentano di estendere le tutele da essa previste per alcune lingue regionali a tutti gli idiomi locali che siano riconosciuti come lingue storiche regionali. Ad esempio, la lingua piemontese è riconosciuta a livello europeo, ma non a livello italiano. Inoltre, bocciare questo ordine del giorno significa anche agire in contrasto con la posizione unanimemente sostenuta all'interno dell'assemblea regionale del Piemonte dai partiti e dai movimenti politici. In diverse occasioni, tale assemblea ha accettato ordini del giorno su questa materia ed ha addirittura approvato il proprio statuto, sul quale nel corso della passata legislatura lo Stato non ha ritenuto di sollevare opposizione innanzi alla Corte costituzionale, che tutela non solo la lingua piemontese, ma anche il patrimonio culturale ad essa collegato. Per questo Pag. 73motivo, chiedo al Governo di rivedere il parere precedentemente espresso.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo conferma il parere precedentemente espresso e che quindi non accetta l'ordine del giorno Cota 9/648/4.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/648/4, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 348
Votanti 315
Astenuti 33
Maggioranza 158
Hanno votato
42
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare e che la deputata Zanella avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Ricordo che l'ordine del giorno Gibelli 9/648/5 è stato accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Filippi 9/648/6, accolto come raccomandazione dal Governo.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, è tutta la mattina che da molte parti, da destra e da sinistra, viene detto che si è d'accordo su questa questione, senza tuttavia introdurre riferimenti nella Carta costituzionale. Sostanzialmente, chiedo al Governo di promuovere iniziative normative - questa mattina è stato detto che si era d'accordo - affinché le regioni abbiano la facoltà di individuare all'interno dal proprio territorio gli idiomi meritevoli di essere valorizzati e tutelati. Quindi, non si capisce perché non si possa accettare del tutto il mio ordine del giorno.
Chiedo coerenza ai colleghi, sia da una parte che dall'altra, visto e considerato che stamattina si era d'accordo su questo concetto. Il mio ordine del giorno propone esattamente quello su cui questa mattina moltissimi colleghi erano d'accordo. Pertanto, chiedo loro coerenza ed insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Filippi, mi dispiace, ma sono costretto a ricordare che il gruppo della Lega Nord Padania ha esaurito il tempo a disposizione anche per gli interventi a titolo personale. Vista la fase della discussione in cui ci troviamo, la Presidenza concede la possibilità di intervenire comunque per brevi dichiarazioni di voto. Non possiamo proprio fare di più...
Ha chiesto di parlare il relatore, onorevole Bocchino.

ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, volevo invitare i colleghi della Lega a valutare la posizione offerta dal Governo, quella cioè dell'accoglimento come raccomandazione dell'ordine del giorno in esame. In questo caso si chiede al Parlamento di dar vita ad una legge che dica alle regioni che cosa fare. Ciò non è costituzionalmente corretto, perché il Parlamento non può dire alle regioni che cosa debbono fare. E qui sussiste il primo problema (che, fra l'altro, si scontra con le vostre tesi politiche): può il Parlamento intromettersi nella potestà normativa delle regioni costituzionalmente garantita? Credo che ciò non sia possibile.
In secondo luogo, dovremmo approvare una legge, che al Parlamento non compete, per dire alle regioni che possono valorizzare gli idiomi locali, ma oggi le regioni possono già farlo. Premesso che, a mio giudizio, l'ordine del giorno Filippi n. 9/648/6 era addirittura inammissibile - perché non si capisce in base a quale norma della Costituzione noi potremmo approvare una legge nazionale che interferisca sulla potestà legislativa, costituzionalmente prevista, delle regioni -, forse sarebbe opportuno fermarsi a quanto aveva detto il Governo.

Pag. 74

PRESIDENTE. Chiedo dunque nuovamente all'onorevole Filippi se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/6, accolto dal Governo come raccomandazione.

ALBERTO FILIPPI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Filippi n. 9/648/6.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 401
Votanti 372
Astenuti 29
Maggioranza 187
Hanno votato
114
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare e che la deputata Zanella avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Caparini se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/7.

DAVIDE CAPARINI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Caparini n. 9/648/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 404
Votanti 370
Astenuti 34
Maggioranza 186
Hanno votato
48
Hanno votato
no 322).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Prendo atto che l'onorevole Fugatti insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/8, accolto come raccomandazione dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fugatti n. 9/648/8.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 415
Votanti 391
Astenuti 24
Maggioranza 196
Hanno votato
118
Hanno votato
no 273).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Prendo atto altresì che il deputato Buontempo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto infine che i deputati Castellani, Germontani e Porcu hanno erroneamente votato contro mentre avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Fava se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/9, accolto come raccomandazione dal Governo.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione perché il mio ordine del giorno n. 9/648/9, di fatto, seppur involontariamente, essendo stato formulato prima della conclusione dei lavori antimeridiani, riprende gli elementi largamente condivisi all'interno dell'Assemblea, soprattutto per ciò che attiene Pag. 75alla possibilità di adottare iniziative legislative volte alla tutela delle lingue storiche regionali e locali costituenti un patrimonio culturale della Repubblica. Quindi, trovo che nel mio ordine del giorno non ci sia nulla di sovversivo, tanto meno qualcosa che vada al di là di quello che a più riprese, stamattina, nel corso della seduta, abbiamo sentito ripetere un po' da tutte le parti dell'emiciclo. Pertanto, chiedo che il mio ordine giorno venga accettato. Al riguardo, chiedo un attimo di attenzione alla maggioranza, che si sta ricomponendo, e mi auguro che il relatore - che vedo lanciare segnali al Governo - abbia riconsiderato il tema e che quindi il Governo, modificando il proprio parere, possa accettare, ripeto, il mio ordine del giorno.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, l'ordine del giorno Fava n. 9/648/9 «impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative volte alla tutela (..)»; quindi, ciò resta nella discrezionalità del Governo. Credo, dunque, che quest'ultimo possa formulare un parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Modificando il precedente avviso, il Governo accetta l'ordine del giorno Fava n. 9/648/9.

PRESIDENTE. Sta bene. L'ordine del giorno Fava n. 9/648/9 è stato quindi accettato del Governo.
Prendo atto che l'onorevole Montani insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/10, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Montani n. 9/648/10, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 423
Votanti 394
Astenuti 29
Maggioranza 198
Hanno votato
81
Hanno votato
no 313).

Prendo atto che i deputati Volontè e Ciro Alfano non sono riusciti a votare.
Chiedo all'onorevole Allasia se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9 /648/11, non accettato dal Governo.

STEFANO ALLASIA. Presidente, sulla polemica sterile che si è svolta stamane contro le lingue minoritarie, si dovrebbe fare un poco di attenzione, soprattutto nel caso di questo ordine del giorno. Nella sua premessa si evidenzia infatti che la lingua piemontese, scritta e parlata, è usata sin dal XII secolo e che perciò essa è proprio una vera koinè, con tutte le caratteristiche proprie di una lingua.
Ho presentato questo ordine del giorno proprio per fare in modo che esso sia approvato e vi sia un potenziamento nella tutela della lingua piemontese come patrimonio riconosciuto, sia in ambito nazionale, sia in quello internazionale. Ciò è dovuto soprattutto in ragione del riconoscimento che spetta alla lingua piemontese e al popolo piemontese come uno dei padri fondatori dello Stato italiano.
Chiedo perciò di immettere all'interno di questa legge il riconoscimento della lingua piemontese come uno di quei fattori di riconoscimento per il popolo piemontese.
Insisto pertanto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.Pag. 76
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Allasia n. 9/648/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 433
Votanti 410
Astenuti 23
Maggioranza 206
Hanno votato
37
Hanno votato
no 373).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Bodega se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/12, non accettato dal Governo.

LORENZO BODEGA. Presidente, mi dispiace che il Governo non abbia accettato questo ordine del giorno, perché esso contiene, come del resto gli emendamenti che sono stati bocciati in aula questa mattina, delle proposte volte ad evidenziare il carattere fondamentale di questo aspetto dal punto di vista sociale, civile e culturale. Essi soprattutto si iscrivono in quell'alveo di difesa e custodia dei valori e delle identità del nostro paese.
Questo ordine del giorno è volto anche a porre riparo a quelle «aggressioni» (lo dico ovviamente fra virgolette) che vengono dal mondo esterno e che non possono essere spacciate per contaminazioni. In un tempo nel quale si consumano conflitti sociali e religiosi e nel quale l'invasione straniera tende a creare la torre di babele, pareva indispensabile e ineludibile salvaguardare il patrimonio delle nostre lingue.
Insisto pertanto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bodega n. 9/648/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 432
Astenuti 25
Maggioranza 217
Hanno votato
54
Hanno votato
no 378).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Brigandì se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9 /648/13, non accettato dal Governo.

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, credo di proporre all'Assemblea un ordine del giorno di buon senso. È evidente, infatti, che esso si ricollega proprio all'impostazione che è stata data alla norma ed alla sua inconcludenza, come già evidenziato nell'ambito della discussione. La norma dice infatti che bisogna adottare la lingua italiana quale lingua ufficiale. Questo significa che oltre alla lingua ufficiale, devono essere riconosciute in qualche modo anche altre lingue.
Io ritengo allora che sia necessario e opportuno andare a rivalutare la lingua ligure, perché la Liguria è la regione che ci ha dato più lustro nel mondo, sicuramente, con la scoperta dell'America.
Per tali motivi insisto per la votazione e chiedo che l'Assemblea voti a favore.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brigandì n. 9/648/13, non accettato dal Governo.Pag. 77
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450
Votanti 423
Astenuti 27
Maggioranza 212
Hanno votato
45
Hanno votato
no 378).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Garavaglia se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/14 (Nuova formulazione), non accettato dal Governo.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onestamente non capiamo il parere contrario, perché noi qui chiediamo che nei futuri provvedimenti volti a dare maggiore autonomia alle regioni ci sia poi la possibilità per le regioni di scegliere fra la propria lingua regionale e la lingua nazionale italiana.
Ebbene, noi tutti sappiamo che ci troviamo in fase di attuazione del Titolo V della Costituzione. Arriveranno in Parlamento le proposte delle regioni per concretizzare maggiori forme di autonomia nell'ambito dei provvedimenti in questione e ci sarà anche la possibilità di inserire tale tematica.
Noi siamo convinti che, alla fine, arriveremo al federalismo. Il mio indimenticato amico Cerri disse che l'importante è no curr ma arrivar 'n temp. Noi, pian pianino, alla fine, ci arriveremo. Insisto pertanto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, noi deputati del gruppo dei Verdi, su una serie di ordini del giorno presentati e posti in votazione, abbiamo espresso un voto favorevole o di astensione. Abbiamo anche apprezzato che il Governo abbia accettato l'ordine del giorno Gibelli n. 9/648/5 che riguarda la ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
Invece, nel caso specifico dell'ordine del giorno Garavaglia n. 9/648/14, il quale prevede la possibilità per le regioni di adottare la lingua regionale in alternativa a quella nazionale, con riferimento a questo principio...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, stiamo esaminando la nuova formulazione che dispone: «in aggiunta». In caso contrario, l'ordine del giorno non sarebbe stato ammissibile.

MARCO BOATO. Certo, è chiaro.

PRESIDENTE. La nuova formulazione sostituisce le parole «in alternativa» con le seguenti: «in aggiunta».

MARCO BOATO. Se il testo fosse rimasto come nello stampato che ho davanti a me e di cui non mi pare fosse stata annunciata una nuova formulazione...

PRESIDENTE. Si tratta di un ordine del giorno fuori sacco, come annunziato all'inizio di seduta.

MARCO BOATO. Se il testo fosse rimasto quello dello stampato, avremmo votato senz'altro contro. Se invece il testo riformulato riporta le parole «in aggiunta», da parte dei Verdi ci sarà un voto di astensione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garavaglia n. 9/648/14 (Nuova formulazione), non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 78
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 461
Votanti 434
Astenuti 27
Maggioranza 218
Hanno votato
43
Hanno votato
no 391).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Onorevole Pini, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/15 (Nuova formulazione)?

GIANLUCA PINI. Sì, Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, non rivolgerò certamente un invito al Governo a cambiare atteggiamento, perché ritengo sia alquanto inutile, considerando anche il comportamento schizoide che viene tenuto in questa Assemblea rispetto al territorio da parte della maggioranza e non solo.
Infatti, con questo ordine del giorno non si chiedeva null'altro che potenziare la tutela di una lingua territoriale come il romagnolo. Riteniamo che sia importante che un'identità di un popolo, la quale passa anche attraverso la propria lingua, venga mantenuta viva.
Si tratta di un comportamento schizoide perché, quando si ritrovano sul territorio, i rappresentanti del centrosinistra - e non solo - che vengono dalla Romagna, si riempiono la bocca di difesa dell'identità e della lingua e, anzi, hanno esponenti famosi di quelle zone all'interno dei partiti. Penso ad esempio ai DS, con l'attore Ivano Marescotti, che va in giro a promuovere la lingua romagnola. Invece, quando si viene in aula si decreta una sonora bocciatura della tutela di una identità territoriale che noi riteniamo fondamentale - lo ripeto: fondamentale - contro il processo di globalizzazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pini n. 9/648/15 (Nuova formulazione), non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473
Votanti 451
Astenuti 22
Maggioranza 226
Hanno votato
81
Hanno votato
no 370).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Chiedo all'onorevole Bricolo se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/16.

FEDERICO BRICOLO. Presidente, noi insistiamo per la votazione dell'ordine del giorno in esame nonostante il parere negativo del Governo; ma voglio illustrarne il dispositivo: chiediamo al Governo di adottare iniziative volte a promuovere presso le istituzioni scolastiche venete azioni tese ad ampliare l'offerta formativa finalizzata ad assicurare l'apprendimento della lingua e delle tradizioni culturali da parte degli studenti, prevedendo attività di formazione ed aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline.
Dobbiamo ricordare che, purtroppo, in Veneto ci sono troppi insegnanti che non sono veneti e che insegnano senza conoscere la nostra lingua. Questo li limita nel rapporto con gli studenti. Dunque, è importante valorizzare la lingua degli studenti ed è altresì importante andare avanti con una formazione proprio per gli insegnanti che non sono veneti e che, purtroppo, insegnano ai nostri ragazzi che sono veneti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

Pag. 79

MARCO BOATO. Signor Presidente, mi sarei meravigliato, per una volta, di poter votare a favore di una proposta del collega Bricolo. Leggendo il testo, avrei considerato condivisibile questo ordine del giorno, suggerendo ai colleghi del mio gruppo di votare a favore. Però, le motivazioni con cui il collega Bricolo lo ha illustrato e sostenuto sono talmente lontane dalla nostra concezione della convivenza civile e del ruolo delle istituzioni formative, anche per quanto riguarda il processo di integrazione sociale, che - mi dispiace per lui - l'ipotizzato voto favorevole, dopo aver ascoltato le sue dichiarazioni, si tramuta in voto contrario.

FEDERICO BRICOLO. Comunista!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma a questo ordine del giorno.
Non mi meravigliano certamente le motivazione addotte dall'onorevole Boato per esprimere un voto contrario. Vorrei chiedergli, però, di leggere bene questo ordine del giorno, perché con esso si impegna il Governo a valutare l'opportunità... Boato...!

MARCO BOATO. Cosa vuoi?

GIANPAOLO DOZZO. Ti sto rispondendo, perché certamente prima non lo volevi votare, ma ora hai colto la palla al balzo per non votarlo.

MARCO BOATO. Non ho colto la palla al balzo, ho ascoltato le motivazioni!

GIANPAOLO DOZZO. Volevo suggerirti di leggere bene l'ordine del giorno, dove si impegna il Governo «a valutare l'opportunità di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative volte a promuovere» eccetera. Questo è ciò che si vota.

MARCO BOATO. Quello andava bene, ma le motivazioni sono folli!

GIANPAOLO DOZZO. Il tuo problema, Boato, è che vorresti ma non puoi: la tua coscienza ti dice di votarlo, però, per ordini di partito, non puoi farlo.

MARCO BOATO. Do io gli ordini di partito!

GIANPAOLO DOZZO. Da buon veneziano, ti dovresti vergognare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti del deputato Boato)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bricolo n. 9/648/16, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 447
Astenuti 17
Maggioranza 224
Hanno votato
104
Hanno votato
no 343).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Prendo atto altresì che il deputato Ruvolo avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo all'ordine del giorno Goisis n. 9/648/17, non accettato dal Governo. Onorevole Goisis, insiste per la votazione del suo ordine del giorno?

PAOLA GOISIS. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.
Questo Parlamento, con la legge n. 482 del 1999, che riconosceva un gruppo di lingue regionali, ha attuato una forma di discriminazione inaccettabile da noi veneti, escludendo la lingua veneta.Pag. 80
Mi appello all'articolo 3 della Costituzione, che afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, nonostante le differenze di sesso, di religione e di lingua. In questo momento siamo noi veneti ad essere discriminati, noi padani. È ora di finirla con questo atteggiamento. È tutta la mattina che vi stiamo invitando a riconoscere che le regioni hanno un potere decisionale e una competenza riconosciuta da questo Parlamento nella materia. Nonostante ciò, non si riconosce che nelle scuole venete si possa parlare veneto (Commenti del deputato Menia - Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Goisis.

MAURIZIO FUGATTI. Lasciala parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, per favore!

PAOLA GOISIS. Io non disturbo mai gli altri parlamentari, perché sono ben educata, alla maniera veneta, ciò che qui tanti non sanno fare!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Goisis.

PAOLA GOISIS. Noi chiediamo che vengano dati i finanziamenti per le scuole venete e che vengano diffusi libri di testo e la cultura veneti, che conosciamo molto bene, deputato Gerardo Bianco (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

CAROLINA LUSSANA. La lasci parlare!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Goisis n. 9/648/17, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 443
Astenuti 20
Maggioranza 222
Hanno votato
94
Hanno votato
no 349).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare. Prendo atto inoltre che i deputati Trepiccione e Zanella hanno erroneamente espresso il proprio voto mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto altresì che l'onorevole Baldelli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/18, accettato dal Governo.
Passiamo all'ordine del giorno Biancofiore n. 9/648/19, non accettato dal Governo. Onorevole Biancofiore insiste per la votazione del suo ordine del giorno?

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, intenderei riformulare la parte dispositiva del mio ordine del giorno prevedendo l'impegno del Governo a far osservare, nel pieno rispetto del bilinguismo, il dettato dello statuto di autonomia, che prevede, nella provincia autonoma di Bolzano, una toponomastica rigorosamente bilingue. Il rispetto del bilinguismo dovrebbe essere assicurato proprio nell'ottica dell'articolo 6 della Costituzione, che tutela pienamente le minoranze linguistiche.

PRESIDENTE. La Presidenza precisa che in questa fase non è possibile, da parte dei presentatori, avanzare nuove proposte: è semmai il Governo che ha questa facoltà.
Se il Governo intende assumere un'iniziativa in tal senso, è possibile pervenire ad una riformulazione dell'ordine del giorno.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, Pag. 81il testo riformulato dell'ordine del giorno Biancofiore n. 9/648/19 sarebbe accolto dal Governo come raccomandazione.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, dovrebbe dare lettura del testo riformulato.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'ordine del giorno dovrebbe essere riformulato sostituendo il dispositivo con il seguente: «impegna il Governo a tutelare il bilinguismo nella provincia autonoma di Bolzano, così come previsto dal dettato dello statuto d'autonomia all'articolo 8, che ha rango costituzionale».

GIANPAOLO DOZZO. Scusi, signor Presidente, ma non abbiamo sentito la riformulazione proposta dal Governo.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, le dispiace rileggere il testo della riformulazione da lei proposta? Se i colleghi fanno silenzio, forse è più facile per tutti comprendere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il dispositivo dell'ordine del giorno Biancofiore n. 9/648/19 dovrebbe essere riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo a tutelare il bilinguismo nella provincia autonoma di Bolzano, così come previsto dal dettato dello statuto d'autonomia all'articolo 8, che ha rango costituzionale».

PRESIDENTE. Dunque, il Governo accoglierebbe come raccomandazione l'ordine del giorno Biancofiore n. 9/648/19, purché riformulato nel senso specificato dal sottosegretario Naccarato.
Onorevole Biancofiore?

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, l'accoglimento come raccomandazione del mio ordine del giorno è inaccettabile; invito i colleghi a leggerne il testo. Francamente, cascano anche le braccia, perché il Governo dovrebbe tutelare la Costituzione italiana! Peraltro, abbiamo perso molte ore stamani per ascoltare la propaganda di alcuni colleghi, i quali non hanno capito, evidentemente, cosa si volesse far comprendere all'Assemblea ed anche al paese.
L'ordine del giorno prevede il rispetto proprio di quell'articolo 6 della Costituzione italiana che tutela le minoranze linguistiche, dal quale discende lo statuto di autonomia dell'Alto Adige. Come ho affermato stamani, anche la vicepresidenza della giunta provinciale altoatesina (in quota ai DS) si è oggettivamente preoccupata per il fatto che, in Alto Adige, con la scusa del marketing, lasciando intendere che era meglio adoperare soltanto la dizione tedesca «Südtirol», è stata completamente cancellata dal marchio turistico la dizione italiana «Alto Adige». Poiché penso che il mondo si debba evolvere e che ciò valga, in particolar modo, per una terra che, come l'Alto Adige, fa da ponte con l'Europa, credo che, oltre a quella italiana «Alto Adige» ed a quella tedesca «Südtirol», bisognerebbe introdurre la dizione inglese «South Tirol»: sarebbe questa la cosa migliore!
Sconvolge che il Governo e la maggioranza assumano questa posizione dal momento che il progetto di legge che prevedeva la denominazione del marchio della provincia autonoma di Bolzano soltanto nella lingua tedesca è stato impugnato proprio dall'attuale Governo! Forse, bisognerebbe che vi parlaste tra voi per capire cosa accade in certe parti d'Italia! La disposizione è stata impugnata dall'attuale Governo [Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e di deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Quindi, per cortesia, l'ordine del giorno dovrebbe essere accettato considerato che esso rispetta il dettato costituzionale. Inoltre, con esso si chiede al Governo e all'attuale maggioranza di evitare che siano fatte pressioni sugli atleti altoatesini di lingua tedesca ed italiana, ai quali è Pag. 82stato inibito di sventolare il tricolore e di parlare la lingua italiana: questo da un partito che sostiene la vostra maggioranza! Allora, vogliamo tutelare la Costituzione? Ciò non ha a che vedere con la cornice identitaria della lingua italiana, ma attiene a fatti oggettivi che stanno accadendo in una porzione del nostro territorio.
Qualora il mio ordine del giorno fosse accolto come raccomandazione, insisterei per la votazione.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, modificando il parere già espresso, il Governo accetta l'ordine del giorno Biancofiore n. 9/648/19, nel testo riformulato di cui ho dato lettura in precedenza.

ANTONIO LEONE. Bravo, Naccarato!

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo all'onorevole Lussana se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/648/20, non accettato dal Governo.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, con l'ordine del giorno all'esame vorrei tornare su alcune perplessità che si sono evidenziate nella discussione di questa mattina.
Ci siamo molto accalorati per inserire nella Costituzione l'italiano come lingua ufficiale dello Stato. Ma dico ai colleghi della destra e a quelli della sinistra: se voi andate nelle nostre scuole e chiedete ad un bambino quale sia la lingua ufficiale dello Stato, è chiaro che è l'italiano, (anche se qualcuno di voi vorrebbe, magari, inserire l'arabo, ma di questo discuteremo forse più avanti) (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo).
E allora, dico anche ai colleghi di Alleanza Nazionale, anche all'onorevole Menia, che prima si riscaldava in modo poco cortese nei confronti dell'onorevole Goisis...

PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza!

CAROLINA LUSSANA. E, Presidente, la inviterei, soprattutto quando parla una donna, a dire ai colleghi di attenuare i toni e la maleducazione che, a volte, vediamo in quest'aula (Applausi di deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!

PRESIDENTE. La maleducazione comunque non è accettata!

CAROLINA LUSSANA. Allora, colleghi di Alleanza nazionale, avrete una legge che è solo una bandierina ideologica e avete perso invece una grande occasione di modificare giustamente e correttamente la nostra Costituzione, prevedendo anche la valorizzazione delle lingue locali, come il veneto e il bergamasco, che rappresentano una realtà che destra e sinistra continuano ad ignorare (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lussana n. 9/648/20, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 440
Astenuti 20
Maggioranza 221
Hanno votato
55
Hanno votato
no 385).

Prendo atto che i deputati Volontè e Viola non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.Pag. 83
Prendo atto altresì che il deputato Buontempo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Mellano n. 9/648/21, accolto come raccomandazione dal Governo.

BRUNO MELLANO. Vorrei chiedere al sottosegretario di rivedere il suo giudizio, visto che abbiamo parlato per tutto il giorno della tutela, della valorizzazione e della difesa dell'italiano, come anche delle lingue dialettali. Infatti, l'ordine del giorno da me predisposto riguarda un aspetto specifico, marginale, che propone però una cosa concreta.
In giro per il mondo, soprattutto nel Sud America, abbiamo la società Dante Alighieri che ha bisogno di contributi finanziari, e credo che il Governo potrebbe compiere una rivalutazione in merito a questo aspetto.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo ha segnalato che la rivalutazione è avvenuta e che il parere sull'ordine del giorno Mellano n. 9/648/21 è favorevole.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo San Giovanni in Persiceto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 648-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Presidente, a nome del gruppo Popolari-Udeur riconfermiamo la nostra soddisfazione per il testo all'esame, rimandando alle considerazioni già espresse nel corso della discussione generale, che qui ricorderò brevemente.
La nostra Carta costituzionale è un preziosissimo patrimonio che siamo tutti chiamati a valorizzare e a difendere, che, allo stesso tempo, però, deve essere anche inteso quale testo dinamico, capace di interpretare anche le evoluzioni dello sviluppo storico e culturale, del mutare delle condizioni sociali e politiche del nostro paese.
Così com'è avvenuto di recente sull'abolizione della pena di morte, anche oggi, con l'approvazione - come ci auguriamo - di questa proposta di modifica dell'articolo 12 della Costituzione, ci troviamo di fronte, a nostro parere, ad un improcrastinabile intervento di modifica costituzionale.
Il tema della lingua nazionale non può non essere analizzato se non si tiene conto di due fenomeni che interessano l'evoluzione culturale e sociale del nostro paese.
Dobbiamo chiederci che senso abbia oggi procedere alla costituzionalizzazione di un principio, che è già presente, in effetti, nell'ordinamento, che stabilisce il ruolo della lingua italiana quale elemento costitutivo e identificante della comunità nazionale a prescindere dalle diversità localistiche. Da una parte, infatti, tale provvedimento potrebbe essere interpretato come miope, di fronte ad un mondo che si muove verso la globalizzazione, un patetico intervento legislativo volto a fermare un identità locale.
Dall'altra parte, potrebbe sembrare un intervento destinato ad arginare possibili degenerazioni localistiche interne, o tentativi di porre in contrapposizione l'identità nazionale del nostro popolo con le tradizioni storiche e culturali locali: nulla di tutto questo. Noi Popolari-Udeur riteniamo che costituzionalizzare questo principio sia un atto dovuto a tutela del patrimonio storico e culturale del nostro Paese. Ciò, anche alla luce della pregnante autonomia riconosciuta alle regioni in materia di istruzione e cultura, ai sensi del nuovo articolo 117 della Costituzione. Non possiamo dimenticare in alcun modo, infatti, il significato storico-politico che, soprattutto in epoca risorgimentale, la ricerca e la formazione di una lingua comune Pag. 84a tutti gli italiani ha assunto nella costruzione della nostra coscienza nazionale, intesa come senso di appartenenza ad un'unica nazione, erede di una storia e di una civiltà comune, benché soggetta a frammentazioni locali nel corso dei secoli passati. Ne consegue la necessità di preservare questo elemento di comunione, simbolo, al pari del tricolore, dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica, solennemente affermato dall'articolo 5 della Costituzione. Inoltre, crediamo che tale provvedimento, così come risulta dal testo espressione dei lavori d'Assemblea, in nessun modo voglia recare pregiudizio all'identità delle minoranze linguistiche.
Infine, crediamo che in materia debba anche essere sollecitata una significativa azione politica di affermazione del ruolo della lingua italiana nel contesto dell'Unione europea, di cui siamo parte avendo contribuito, tra l'altro, alla sua formazione. In tal senso, auspichiamo un'azione che sostenga il ruolo della lingua italiana accanto alle altre lingue dei principali paesi europei, in particolare dei paesi fondatori.
Per queste motivazioni, annuncio il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur nei confronti di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, credo che non solo l'Assemblea, ma anche tutti i cittadini si siano interrogati sul significato da attribuire a queste proposte di legge. Infatti, lo spirito della nostra Costituzione - e forse anche il suo aspetto letterale - contempla sicuramente la lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica; del resto, questo è ciò che normalmente avviene negli uffici pubblici e in tutte le occasioni.
Oggi, il Presidente della Camera ha più volte richiamato i colleghi della Lega Nord ad utilizzare la lingua italiana, quindi, in qualche modo si tratta di un dato del tutto scontato.
Perché nel dibattito parlamentare è stata invece sollevata tutta una serie di interrogativi? Mi sembra ci sia stato il timore che l'introduzione in Costituzione dell'italiano come lingua ufficiale potesse essere avvertita come una sorta di tentativo volto all'omogeneizzazione delle diverse realtà presenti nel nostro Paese.
Vedete, noi come gruppo parlamentare della Rosa nel Pugno, come radicali e come socialisti, siamo stati sempre per il pieno rispetto delle diversità, per la piena valorizzazione dell'individuo, per i diritti delle minoranze: è questo, del resto, il modo in cui ci siamo sempre comportati rispetto alle garanzie dei cittadini. È con questo spirito e con questa visione che ci siamo mossi nel dibattito parlamentare.
Vedete, questa mattina si è determinata una sorta di convergenza tra posizioni diverse che, in qualche modo, intendevano tutelare i diversi idiomi locali che esistono nel nostro Paese. Questo è avvenuto soprattutto da parte dei Verdi, dell'onorevole Boato, ma anche da parte dei colleghi della Lega Nord.
Ecco, individuo in questo una contraddizione che voglio sottoporre all'Assemblea. Oggi, da parte dei colleghi della Lega, ho sentito assumere tutta una serie di posizioni di grande apertura nei confronti del rispetto dei diritti delle minoranze, delle minoranze linguistiche e degli idiomi locali. Ci sono state, addirittura, delle espressioni da parte di un collega che ha voluto sottolineare come la Lega sia contro il nazionalismo, il centralismo e il razzismo.
Mi sono chiesto allora: ma quel metro che voi usate nei confronti degli idiomi locali, del rispetto delle minoranze, non è lo stesso metro che corrisponde ai principi universali per cui si deve sostanzialmente rispettare le minoranze degli immigrati che vengono nel nostro paese a lavorare, che vivono gli stessi travagli e gli stessi drammi che hanno vissuto gli italiani quando sono emigrati in America? Al di là del fatto che, naturalmente, si deve chiedere all'immigrato di rispettare l'italiano, non si deve forse rispettare anche la loro lingua (Commenti di un deputato della Pag. 85Lega Nord Padania)? È chiaro che, se viene per delinquere, l'immigrato deve andare in galera, ma se viene per lavorare, e molto spesso proviene da paesi che soffrono, che hanno difficoltà, che non hanno cibo e hanno da sfamare una famiglia, naturalmente dovrà parlare italiano, ma nella sua comunità deve poter parlare la propria lingua, come fanno ancora certi italiani nelle comunità argentine o italiane.
Le lingue straniere che si parlano nel suolo italiano non sono anche quelle un patrimonio che arricchisce la cultura italiana piuttosto che impoverirla? Il rispetto, fondamentale, che deve essere manifestato nei confronti delle diversità deve essere condotto a 360 gradi! Questa è la nostra visione. È una visione di rispetto dei diritti delle minoranze, legata alla sussidiarietà, che vede nell'individuo un motore fondamentale della nostra società, oltre che della famiglia e delle istituzioni. Questo è il senso del contributo al dibattito che noi abbiamo portato.
Si parla molto della lingua italiana, e da questo punto di vista non vorrei che si arrivasse ad una sorta di parossismo per cui se all'interno di un discorso c'è una battuta in dialetto questa deve essere censurata. Mi sembra veramente troppo, lo dico anche al Presidente della Camera, che vi sia una censura, perché se io faccio una citazione in inglese non vengo censurato, mentre se faccio una battuta in sardo, in siciliano o in romagnolo posso esserlo. Non arriviamo a queste forme estreme.
Ci troviamo in una realtà che sta molto cambiando. Nelle manifestazioni politiche negli Stati Uniti, molto spesso è accaduto nelle convenzioni dei democratici, si parla l'inglese, ma molti rappresentanti parlano in spagnolo. Un sociologo, molto noto perché parlò dei conflitti religiosi che si sarebbero verificati dopo la caduta del muro di Berlino, mi riferisco a Samuel Hungtinton, ha sostenuto che gli Stati Uniti, perdendo come base culturale l'inglese e diventando un paese bilingue, sostanzialmente venivano messi in crisi nella propria identità nazionale. Questa realtà, che molto spesso è stata chiamata glocal, rappresenta una valorizzazione degli aspetti locali, ma anche una valorizzazione della società universale e multietnica. Se noi vogliamo difendere l'italiano dobbiamo, però, mobilitare risorse, fare in modo che l'italiano possa essere studiato all'estero, che le nostre comunità italiane abbiano i mezzi per diffonderlo.
C'è un lavoro da svolgere. Penso che questo dibattito, come tutti i dibattiti parlamentari, sia servito e possa essere utile, e mi ha fatto piacere che - anche da parte di Alleanza Nazionale, che ha sostenuto con forza questo provvedimento - ogni volta che si è parlato della lingua ufficiale italiana, si è anche detto di voler rispettare la tutela delle minoranze linguistiche. Su ciò il Parlamento si può ritrovare insieme. Penso che ogni volta che ci ritroviamo insieme non è, onorevoli colleghi, una disgrazia: è una fortuna per il paese. Noi dovremmo dividerci su alcune questioni molto importanti, molto rilevanti, quelle sulle quali l'elettorato si pronunzia, ma su grandi questioni, specialmente quando riguardano la Costituzione, dovremmo essere uniti ed esprimere un voto unitario.
È per questo motivo, onorevoli colleghi, signor Presidente, che noi, come gruppo de La Rosa nel Pugno, come socialisti e come radicali, esprimeremo un voto favorevole a questa modifica costituzionale. È un voto che noi esprimiamo convintamente: non riteniamo che questa modifica fosse indispensabile, credendo che il principio che essa sottende fosse già presente all'interno dello spirito della Costituzione, ma di fronte ad un'affermazione condivisibile non si può altro che votare in modo favorevole. Faremo ciò, e lo diciamo a tutti i colleghi, non pensando di aver cambiato qualcosa nel modo in cui il nostro paese si comporta nei confronti delle particolarità, delle situazioni locali, degli idiomi locali, delle minoranze, delle minoranze straniere. Vi è un paese che ha alle spalle una grande civiltà, e tale grande civiltà è stata quella del rispetto di tutti, nella valorizzazione delle culture di tutti e credo che ciò sia il modo migliore per cui la Rosa nel Pugno, i socialisti e i radicali possano motivare il proprio voto favorevole Pag. 86a questa modifica della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Zeller, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, anzitutto affermo, in maniera che sia inteso dai colleghi e dalle colleghe che mi ascoltano il nostro «no», l'intenzione di voto di Rifondazione Comunista-Sinistra europea riguardo a questo disegno di legge costituzionale e cercherò, nei dieci minuti a mia disposizione, di motivare il nostro «no», ma soprattutto avrei l'ambizione, e spero di riuscirci, di conquistare a questa nostra posizione le posizioni degli altri gruppi parlamentari: lo dico esplicitamente soprattutto ai nostri colleghi dell'Ulivo, con cui condividiamo l'esperienza di Governo.
Il nostro, signor Presidente, non vuole essere un «no» che ribadisce l'unità, l'indivisibilità della nostra Repubblica; non è solo ciò, perché tale principio è già contenuto nella nostra Carta costituzionale. Noi ci stiamo muovendo con consapevolezza verso un'articolazione dei poteri della Repubblica e siamo assolutamente convinti che lo Stato, la sovranità, come era una volta intesa, non spetti più alla nazione, ma spetti ad una pluralità di istituzioni e mi dispiace, per questo motivo, che i colleghi le colleghe della Lega Nord credano ancora che da una concezione comunista della società scaturisca un'unitarietà della concezione del potere: non è assolutamente così, se mai lo è stato. Per noi è giusto affermare il pluralismo ed anche affermare il pluralismo delle lingue delle culture, perché sarebbe molto contraddittorio avere una concezione pluralistica delle istituzioni e della sovranità e non affermare, al contempo, il pluralismo delle culture. Siamo tanto pluralisti che diciamo che affermare, in questo momento, la lingua italiana ufficialmente nella nostra Carta costituzionale è, invece, un atto identitario, che colpisce, quindi, il pluralismo, che colpisce il nuovo pluralismo. Ha ragione - e in ciò condivido le sue affermazioni - l'onorevole Villetti: la verità è che quando oggi, nel 2007, si vuole affermare la lingua italiana a livello costituzionale, si ha in mente un'operazione politico-culturale molto negativa, e molto drammatica allo stesso tempo. Non si vuole affermare che l'identità di un popolo, l'identità di una nazione, se vogliamo ancora usare questo termine, non è un dato naturale, non è un dato prodotto dalla natura, ma è un dato storico.
Il popolo si costruisce storicamente attraverso l'incontro delle culture; sappiamo che così è stato nella storia e così vogliamo oggi consapevolmente affermarlo; ma noi miriamo coscientemente ad un popolo meticcio in cui non si affermi una identità etnica, ma una pluralità di rapporti culturali diversi che costituiscono il popolo. Un mosaico, dunque, all'interno del quale esista un mezzo che accomuna tutta la popolazione, che è naturalmente la lingua italiana, oltre naturalmente alla Carta costituzionale e ai suoi valori.
Onorevoli colleghi, rileggete l'articolo 6 della nostra Carta costituzionale, nel quale si prevede che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche - siamo pieni di giuristi, per fortuna, in quest'aula -; sappiamo benissimo che i ragionamenti possono funzionare al contrario e che un'affermazione, un riconoscimento, potrebbe escludere qualche altra cosa, ma, in questo caso, nell'affermare che esistono delle minoranze linguistiche, si riconosce l'esistenza di una maggioranza, che parla italiano. D'altra parte, onorevoli colleghi, non bisogna richiamare De Mauro per ricordare - ce lo diceva stamattina il Presidente Bertinotti - che in quest'aula si parla l'italiano e che la nostra Carta costituzionale è scritta in italiano. Ma allora perché i nostri padri costituenti non hanno riconosciuto l'italiano come lingua ufficiale (eppure, nelle precedenti esperienze costituzionali, questo riconoscimento della lingua nazionale era già stato Pag. 87previsto)? Per un motivo semplicissimo, onorevoli colleghi: nel 1948, provenendo da una esperienza fascista, che aveva italianizzato tutte le nostre regioni ai confini, che aveva snazionalizzato, colpito tutte le minoranze linguistiche, giustamente, i nostri padri costituenti hanno voluto affermare il valore delle minoranze linguistiche e lo hanno sancito con uno dei principi fondamentali (tant'è vero che sta nei primi 12 articoli della nostra Carta costituzionale).
Dunque, l'Italia afferma i diritti delle minoranze; ma una Costituzione, d'altra parte, può affermare i diritti della maggioranza? Se una Costituzione affermasse i diritti della maggioranza, una maggioranza politicamente forte, cadremmo nell'ambito di un'altra concezione di Costituzione, non più a garanzia dei deboli e dei meno forti. Una Costituzione afferma i diritti delle persone, come singoli e nelle loro formazioni sociali, e delle minoranze.
Si sostiene che stiamo vivendo una fase di globalizzazione, che vi sono i flussi migratori e che va sostenuta l'identità: è proprio questo che va messo in discussione! Si parla di identità nel momento in cui l'Italia sempre di più si batte per stare in Europa! Da una parte vogliamo costruire un popolo europeo, allo stesso tempo affermiamo una identità nazionale! Io penso che dobbiamo «costruirci» insieme agli altri popoli europei.
Vorrei dire all'onorevole Biancofiore, che questa mattina ho ascoltato con interesse, ma - devo confessare - sempre con molto turbamento, che mi è venuto in mente di esaltare l'impero austro-ungarico, perché in quel contesto, nonostante si esercitasse il dominio proprio di un impero, si parlavano e venivano riconosciute decine di lingue. Quando nel 1866 - vado a memoria - venne creato l'impero bicefalo, venne riconosciuta una pluralità di lingue ufficiali. Tutte le citazioni che sono state fatte questa mattina, dalla Carta costituzionale spagnola a quella austriaca, affermano il diritto delle minoranze.
Quindi, penso che in questo momento commettiamo un errore gravissimo, culturale prima ancora che politico, ad affermare una identità attraverso l'ufficializzazione della nostra lingua italiana.
È stata spesso citata - ho qui il documento e voglio ricordarlo anch'io -, questa famosa audizione dell'Accademia della Crusca, che, nel dire che dobbiamo difendere l'italiano, chiaramente fa il suo mestiere. Badate che Rifondazione comunista-Sinistra europea non mette in discussione la ricchezza, la storia, la cultura, entro cui si sono espresse decine di generazioni, del popolo e degli intellettuali.
Riconosciamo l'importanza della lingua italiana e il contributo che essa ha dato alla civiltà mondiale. Non vogliamo affatto sottovalutarla. I linguisti dicono «...di questa particolare mobilità dell'italiano, risultato della sua singolare storia di formazione, sarà piuttosto il caso di ricordarsene, quando si dovessero riaffacciare i propositi inaccettabili di sottoporre la nostra lingua ad una sorta di normazione ufficiale». Viva Dio! Che cosa facciamo se non normare la lingua?
I linguisti della Crusca, inoltre, precisano che, mentre, la lingua francese è stata imposta con la costruzione dello Stato nazionale, nel nostro paese, la lingua è stata un prodotto spontaneo. Anche questa mattina, si sono ricordati gli apporti della Corte di Federico II, di Dante e degli idiomi regionali. Ciò significa che la lingua italiana è nata dal basso. D'altro canto, una lingua è un organismo storico naturale, così ci viene insegnato da linguisti come Chomsky, ma voglio citare anche Marx, quando fa gli esempi sulla lingua. Essa, quindi, non si può normare a livello ufficiale, ma nasce dal modo in cui viene parlata ed arricchita.
Inoltre, trovo francamente provinciale il discorso che si muove contro gli apporti stranieri (si pensi al question time), ma bisogna tener conto che ci sono tante parole che vengono acquisite, in quanto indotte dalla comunicazione o dalla relazione fra i popoli. Sapete perché, oggi, l'inglese è la lingua più potente? Lo è non solo perché è frutto dell'impero, ma anche perché è la più flessibile ed ingloba continuamente nuovi termini al suo interno. Pag. 88Non dimentichiamoci poi che in Inghilterra, fino al 1400, la lingua ufficiale era il francese.
In conclusione, mi pare che questo discorso sull'ufficialità delle lingue sia culturalmente sbagliato e storicamente approssimato e, soprattutto, scatenerebbe quelle pulsioni identitarie che dobbiamo assolutamente combattere (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Rinuncio al mio intervento.

PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, dopo il question time e, soprattutto, dopo che molti colleghi sono alla buvette, nulla da dire sul fatto che la lingua italiana è la lingua ufficiale della nostra Repubblica, così come il nostro tricolore ne è la bandiera ufficiale, allo stesso articolo 12, fatto che andrebbe solennemente ricordato. E mi rivolgo soprattutto al collega di Rifondazione Comunista che mi ha preceduto e proprio ad una certa sinistra massimalista che spesso la confonde con molte altre bandiere nazionali. Non mi ha affatto sorpreso il voto contrario di Rifondazione.
Tuttavia, ritengo che la questione della lingua sia già stata risolta nei secoli passati, ad iniziare dal volgare del Dolce Stil Novo e da Dante, per terminare «con l'andare a lavare i panni in Arno» del Manzoni.
Naturalmente, poi, mentre ci preoccupiamo di questo, (con particolare riferimento ai territori italiani dove l'italiano è la lingua di minoranza), non ci preoccupiamo affatto che gli italiani, statisticamente, rispetto ai paesi avanzati, leggano pochissimo sia i libri che i giornali, abituati ad un linguaggio televisivo che presenta, nell'espressione linguistica, le stesse caratteristiche spazzatura identiche ai contenuti dei format e che i giovani sempre più comunicano attraverso i codici telegrafici simbolici e sintetici sms dei telefonini. Allo stesso tempo, mentre ci preoccupiamo ad esempio dell'Alto Adige, il nostro Governo non interviene in sede di Consiglio d'Europa, dove l'italiano non è neppure degno di traduzione e sono giudicate inutili le spese per gli interpreti di lingua italiana.
La lingua italiana è stata cancellata da tutte le conferenze stampa, salvo quella del mercoledì tenuta dai commissari dell'Unione europea - in particolare, da Frattini -; quindi, essa è stata esclusa dal gruppo delle cosiddette lingue stabili dell'Unione al quale appartengono francese, inglese, tedesco e spagnolo. Il fatto riveste una notevolissima importanza politica considerando che l'attuale Presidente del Consiglio, fino a poco tempo fa, ricopriva una certa carica in Europa, e la ricopriva perché ne era il Presidente. Quindi, non ha venduto solamente l'IRI: ha venduto anche la lingua italiana!
Per la prima volta, infatti, se non sbaglio, l'opinione pubblica italiana è informata per un tramite che può ben definirsi ufficiale; la notizia poc'anzi da me riferita è stata data dal portavoce del Presidente Barroso. Il nostro paese non sarà tra le nazioni guida dell'Unione, ma occuperà un posto di seconda fila: è questa una conclusione obbligata, come ha avuto modo di rilevare in un brillante articolo Ernesto Galli della Loggia. Se l'italiano è lingua poco considerata in patria, è poco probabile che abbia un ruolo primario in Europa.
Vi sarà tempo per discutere se un tale esito fosse evitabile o se fosse invece, in un certo senso, scontato da sempre; oggi dobbiamo prendere atto di questo dato politico decisivo ovvero che dal far parte del novero dei principali iniziatori della costruzione europea ne siamo diventati dei semplici comprimari. Ma non si tratta solo di ciò: attraverso la prospettiva della lingua, siamo messi d'improvviso di fronte ad un ulteriore aspetto fondamentale della Pag. 89suddetta costruzione europea, rimasto fin qui occultato dalla valanga di retorica che ci viene abitualmente 'rovesciata addosso' quando si parla di Europa. Mi riferisco all'argomento secondo il quale questa Europa non sembrerebbe affatto destinata a diventare un vero soggetto sovranazionale quanto, piuttosto, una struttura plurinazionale sottoposta alla leadership permanente, sia pur bisognosa di consenso, di un ristrettissimo gruppo di Stati nazionali. Le formazioni statali piccole e medie lentamente perderanno vigore e consistenza ma gli Stati grandi, quelli leader, certamente invece rimarranno nel pieno del loro rango e del loro potere (e specialmente di quello simbolico). È questo quanto, precisamente, rivela il modo in cui la questione della lingua si sta ponendo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 17,42).

LUCIO BARANI. L'italiano cessa di essere una lingua dell'Unione, ma non già a favore di una fantomatica ed inesistente lingua europea, bensì a vantaggio del francese, del tedesco, dell'inglese e dello spagnolo. Lingue che, se non sbaglio, appartengono a quattro Stati, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, i quali, quindi, risultano accresciuti quanto a cultura, società e tradizioni storiche; in definitiva, risultano accresciuti come Stati nazionali, appunto: altro che superamento dei medesimi in nome dell'Europa! Altro che quanto dichiara Rifondazione Comunista; lì, in quei paesi, Rifondazione non c'è, se Dio vuole! Quindi, riescono ad identificarsi nella cultura e nella tradizione che, come fa la bandiera, unisce un popolo e tengono in giusta considerazione - come giustamente ha fatto più volte nei suoi interventi la collega Lussana - le lingue regionali, le lingue locali, lingue che sono il nostro patrimonio; ed abbiamo sbagliato a non rafforzarle affermandole nella nostra Costituzione.
In tutto ciò, ovviamente, paghiamo anche errori nostri, come giustamente ha ricordato il Presidente dell'Accademia della Crusca, Francesco Sabatini; la decisione di Bruxelles è anche il frutto della svogliataggine e della pigrizia burocratica con cui, complice non trascurabile la cronica mancanza di stanziamenti, gli enti e le amministrazioni italiane preposte alla diffusione della nostra lingua e della nostra cultura interpretano da decenni il loro ruolo. La Dante Alighieri da gran tempo sopravvive a se stessa; gli istituti italiani di cultura all'estero, dal canto loro, sono pochi, privi di mezzi e per lo più considerati dalla Farnesina come l'ultima delle sue preoccupazioni; il ministro D'Alema sta sbianchettando la nostra cultura in Europa e nel mondo. Più in generale - e ciò che più è grave -, manchiamo da sempre della visione di guide politiche che comprendano come una delle principali carte che l'Italia possiede per consolidare ed illustrare il proprio ruolo sulla scena del mondo è la carta rappresentata dalla sua straordinaria vicenda culturale. I risultati si vedono; con l'ultima liberalizzazione, abbiamo tolto anche le guide professionali turistiche in Italia. Contemporaneamente, le nostre periferie si arricchiscono di una Babele di lingua etniche a fronte delle quali non solo non siamo in grado di mettere la padronanza dell'italiano come condizione di integrazione, ma abbiamo pure il timore di mettere nelle scuole i segni della nostra cultura per cui offende il crocifisso, offende il presepe e ben presto offenderà anche il tricolore. All'onorevole Evangelisti - che, riferendosi a me parlava di involuzione culturale - vorrei ricordare che, un anno fa, quando era assessore alla cultura della provincia di Massa Carrara, è stato cacciato dai partiti dell'Unione perché non era in grado di amministrare quella cultura.
Inoltre, quando in un momento come questo, il cardinal Ratzinger ripropone la messa in latino per non perdere la tradizione della Chiesa, come potremmo spaventarci di inserire nella nostra Costituzione la lingua italiana quale lingua che unisce tutto il popolo, con i suoi idiomi e dialetti regionali?Pag. 90
Noi voteremo a favore del provvedimento in esame e lo faremo convintamente. Certo, una volta che la lingua italiana sarà inserita nella Costituzione, l'Italia dei Valori dovrà pensare bene a come votare, perché qualche ministro potrebbe essere costituzionalmente incompatibile se non conosce i verbi, la sintassi e i congiuntivi (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, i primi documenti di volgare italiano, scritti in un linguaggio che voleva essere ufficiale e dotto, risalgono ad un periodo compreso tra il 960 e il 963. Si trattava di quattro testimonianze giurate rese nel corso di una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino e un piccolo feudatario locale, Rodelgrimo d'Aquino.
Dopo oltre mille anni di storia, di cultura e di arte italiana, oggi il nostro è uno dei pochi paesi occidentali in cui la Costituzione non prevede espressamente il riconoscimento della lingua nazionale quale lingua ufficiale dello Stato.

GUIDO DUSSIN. Parla italiano!

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Eppure, tentativi di colmare questo vuoto normativo ce ne sono stati fin dalla XIII legislatura; tentativi andati poi a vuoto per una serie di circostanze e di veti incrociati. Tale vuoto normativo ha incontrato anche oggi alcune contrarietà, ognuna con diverse e rispettabilissime motivazioni.
C'è chi ha ripercorso le vicende della lingua italiana dall'unità ad oggi, chi ha voluto ancora puntare sulla costituzionalizzazione degli idiomi e dei dialetti locali, chi ha voluto vedere in questo riconoscimento il ritorno ad elementi di nazionalismo, chi proprio nella difesa dell'identità nazionale ha trovato maggiori motivazioni e chi ha visto in questo riconoscimento un tentativo di affievolire la tutela delle minoranze linguistiche. Noi crediamo che introdurre questo principio sia importante essenzialmente per fornire un primo elemento dell'identità di un paese.
I Placidi cassinesi precedono di un millennio la nazione e lo Stato italiano, ma costituiscono un primo tentativo di identificazione di un paese.

ANGELO ALESSANDRI. Ma che lingua parla?

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Nel momento in cui ci si innesta in una comunità sovranazionale, nel momento in cui si assiste al tentativo di altri paesi di normalizzare l'uso della propria lingua nelle relazioni commerciali e diplomatiche e, nel caso dell'Unione europea, all'interno delle istituzioni, quando vediamo che molti di questi Stati hanno già inserito il riconoscimento della loro lingua nella Costituzione, perché mai dovremmo avere quasi paura di fare altrettanto (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord)?
Presidente, loro vogliono il dialetto e non vogliono che io parli il siciliano? Sto parlando con un'intonazione siciliana, che è un qualcosa che anche loro difendono; dunque, non capisco questa contraddizione.

PRESIDENTE. Era mia impressione che fosse meglio lasciar proseguire piuttosto che animare il dibattito.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, se lei non mi difende, mi difendo da solo! Probabilmente si accetta solo la cadenza veneta, le altre non valgono. La mia è una cadenza italiana, come le altre (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! D'altra parte, la lingua italiana è nata in Sicilia.
Semmai dovremmo sollecitare i nostri rappresentanti al Parlamento europeo per una significativa iniziativa politica di affermazione della lingua italiana nel contesto dell'Unione europea, di cui siamo parte e tra i paesi fondatori, auspicando Pag. 91una azione che sostenga il ruolo della lingua italiana accanto alle altre lingue dei principali paesi europei.
L'ufficializzazione della lingua italiana è un atto dovuto e non scontato, proprio nel momento in cui si sollecita e si affronta il problema dell'estensione della cittadinanza. Non si vogliono creare ostacoli contro qualcuno; anzi, è proprio attraverso la piena conoscenza dell'italiano che potrà avvenire quella integrazione con il resto della comunità.
Con questo non vogliamo andare contro quegli idiomi che non hanno riconoscimento ufficiale. Anche se lo ha fatto già un altro collega, vorrei al riguardo citare nuovamente il professor De Mauro. Egli ha affermato che, nel confronto europeo e mondiale, c'è qualcosa di fondamentale e specificatamente italiano ed è proprio la tenace e millenaria persistenza delle differenziazioni linguistiche e culturali delle popolazioni che hanno convissuto e vivono in Italia.
Onorevoli colleghi, credo che oggi si siano trovati i giusti equilibri per inserire questa norma nella Costituzione e credo anche che le ragioni siano state più forti dei rispettabili dissensi, per cui si può finalmente inserire quest'ultimo principio tra quelli fondamentali della nostra Repubblica.
Per tale motivazione, annuncio il voto favorevole del gruppo dell'UDC, con buona pace dei deputati della Lega Nord Padania [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Spero di non avere sbagliato la pronuncia del suo cognome... Prego, onorevole Cota.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, quantomeno ho capito ciò che lei ha detto (Commenti).
Questa proposta di legge costituzionale potrebbe sembrare soltanto un provvedimento inutile e, oggettivamente, lo è. Abbiamo perso una giornata del nostro lavoro parlamentare per capire che si parla l'italiano, che lo si parla in questa Assemblea e lo si parla al di fuori di essa. Obiettivamente, mi sembra che questa non sia stata una bella dimostrazione, all'esterno, dell'utilità dei lavori parlamentari. Con tutti i problemi che ci sono fuori di qui, con tutte le questioni urgenti che devono essere affrontate, noi abbiamo perso, quest'oggi, un giorno di lavoro per stabilire che si parla l'italiano. Tra l'altro, come giustamente mi suggeriscono i colleghi, lo si parla anche male, visto che abbiamo fatto fatica a comprendere alcuni interventi.
Tuttavia, non è questo il punto. Noi non abbiamo nulla contro l'italiano e, anzi, avremmo anche espresso voto favorevole su questa proposta di legge costituzionale. Sappiamo che quella italiana è la lingua ufficiale, quella che tutti noi parliamo, e sappiamo che, in Parlamento e fuori di esso, la si parla. Però, nel momento in cui, dopo 60 anni, si vuole inserire questo concetto all'interno della Carta costituzionale, evidentemente si vuole dare a questo inserimento un significato politico. Questo significato è evidente alla luce del fatto che, insieme al riconoscimento della lingua italiana, non si è voluto dare un riconoscimento anche alle lingue locali, alle lingue regionali, con tutto il portato di storia, di costumi, di tradizioni e di cultura ad esse collegato.
Il segnale che è stato dato è quello di un'affermazione del centralismo e del nazionalismo, di un'affermazione della cultura unica e di una negazione delle identità locali e del federalismo. Il federalismo, infatti, non è soltanto fiscale. Certamente, quest'ultimo è importante; tuttavia, accanto ad esso c'è anche il federalismo culturale, il rispetto della cultura dei territori. Non accettando le nostre proposte emendative, evidentemente, si è voluto dare questo segnale.
Avremmo anche accettato una legge inutile. Purtroppo, nonostante tutti i problemi che ci sono al di fuori da questa Assemblea, a questo costume ormai ci siamo abituati, in questi giorni. Vi è l'esigenza di rilanciare le nostre imprese, c'è il problema della sicurezza e così via. Ebbene, Pag. 92si parla di sicurezza soltanto quando si organizzano manifestazioni o quando la Lega Nord Padania pone il problema nelle sedi competenti.
Si preferisce parlare di Dico e dei massimi sistemi. Si preferisce sprecare la giornata di oggi a discutere della lingua italiana.
Tuttavia, ripeto che questa legge, oltre ad essere inutile, è anche dannosa perché certamente ha il significato di riaffermare il centralismo ed il nazionalismo e non tutela le identità locali. La Lega ha invece il dovere di portare avanti le istanze del territorio che tutti avrebbero dovuto avere a cuore. Ricordo soltanto che nel 2000 anche l'Italia ha sottoscritto la Convenzione per la tutela delle lingue regionali e locali, che non è stata ancora ratificata. La bocciatura dei nostri emendamenti vuol dire aver bocciato anche quella Convenzione che invece per noi costituisce un impegno internazionale.
E non è vero che negli altri Stati la lingua ufficiale viene specificata senza prendere in considerazione le lingue locali. Negli Stati federalisti - e pensiamo che il nostro così dovrebbe essere - le lingue locali sono assolutamente prese in considerazione. In Spagna ad esempio addirittura esiste il bilinguismo, riaffermato fermamente anche nel nuovo statuto della Catalogna applicato da Zapatero.
Inoltre, esiste anche un'ulteriore questione politica che si riallaccia al merito di questo provvedimento. Infatti, oggi abbiamo assistito al preoccupante «inciucio» avvenuto in quest'aula. Tale «inciucio» segue quanto avvenuto ieri al Senato dove l'UDC ha sostenuto il Governo Prodi con una operazione politica da noi contestata fermamente e che soprattutto è contestata dalla gente per le strade. I cittadini non hanno accettato che nelle ultime elezioni ci si sia schierati da una parte per poi fare da stampella al Governo, sostenendolo in Parlamento nel corso di una votazione delicata.

ANGELO COMPAGNON. Sostenendo una mozione! Devi dire le cose come stanno!

ROBERTO COTA. Ieri abbiamo assistito a questa strana convergenza che si sta ripetendo anche in sede di I Commissione affari costituzionali dove si sta discutendo la legge sulla cittadinanza. Sta prendendo piede l'affermazione di un principio su cui non siamo d'accordo, ovvero il principio dello ius soli secondo il quale sarebbero cittadini tutti i figli degli immigrati, forse compresi quelli senza fissa dimora. In proposito alcuni nostri alleati della Casa delle Libertà non hanno fatto un'opposizione convinta, presentando invece emendamenti indirizzati verso tutt'altra direzione.
Siamo preoccupati perché non affermare oggi la tutela delle identità locali vuol dire allargare le maglie al processo di globalizzazione e di cancellazione della nostra identità. L'immigrazione selvaggia si contiene difendendo la nostra identità. Oggi invece si vuole sradicare una pianta con tutte le sue radici. Lo sradicamento delle piante porta alla conseguenza che le frane colpiscono direttamente le case perché non esiste più il contenimento garantito naturalmente dagli alberi grazie alle loro radici. Oggi state staccando un pezzo delle nostre radici!
Quando poi si parlerà di cittadinanza, disporremo di un'identità più debole perché questo Parlamento sancisce oggi che la nostra identità non è un valore da tutelare. L'identità è quella dei territori, delle regioni, delle lingue locali, della storia, della tradizioni e della cultura. Noi vogliamo difendere tali identità e per questo motivo voteremo in senso contrario a questa legge, approvata senza gli emendamenti da noi presentati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, confermo ed annuncio il voto favorevole del gruppo dei Verdi alla proposta di legge costituzionale in esame, anche se in sede di esame degli emendamenti - e ci dispiace - è stato respinto il nostro emendamento Pag. 93(che prevedeva, in aggiunta, che la Repubblica valorizza gli idiomi locali) che, comunque, avrebbe positivamente integrato la norma costituzionale che ci accingiamo ad approvare. Le questioni di carattere più generale le ho affrontate nell'ormai lontano 12 dicembre 2006, nel corso della discussione sulle linee generali, ma voglio richiamare anche l'intervento che il nostro capogruppo, Angelo Bonelli, ha svolto questa mattina in sede di discussione degli emendamenti.
Signor Presidente, colleghi, se la proposta di legge costituzionale verrà definitivamente approvata con la doppia deliberazione prevista dall'articolo 138 della Costituzione, per la prima volta, dal 1948 ad oggi, si modificherà - meglio, si integrerà - uno dei principi fondamentali della Costituzione, inserendo un nuovo comma all'articolo 12, che è appunto l'ultimo dei principi fondamentali. Mi auguro e ci auguriamo che, fra qualche mese, sarà possibile avanzare un'analoga iniziativa integrativa e di arricchimento sul piano dei principi fondamentali anche per quanto riguarda l'articolo 9 della Costituzione, introducendo - come già facemmo in prima lettura, nella scorsa legislatura, all'articolo 9 - anche i principi che riguardano la tutela dell'ecosistema e degli animali. Ho presentato, a nome dei Verdi, una proposta di legge costituzionale sia in questa che nella precedente legislatura: oggi è l'atto Camera n. 1782, che fra poco verrà approvato in un testo unificato; nella XIV legislatura avevo presentato l'atto Camera n. 2289 anche con i colleghi Bressa e Amici; in questa legislatura ho anche sottoscritto, a nome dei Verdi, la proposta di legge costituzionale Zaccaria ed altri, atto Camera n. 1849, che richiamo con particolare forza perché ha proposto e propone esattamente il testo che oggi verrà approvato dall'Assemblea così come è stato licenziato in sede referente dalla Commissione affari costituzionali.
Noi Verdi riteniamo che occorra depotenziare al massimo la carica ideologica - nazionalistica e ostile alla tutela delle minoranze linguistiche - che, purtroppo, era contenuta nelle relazioni alle due proposte di legge costituzionali presentate dal gruppo di Alleanza Nazionale, anche se debbo dare atto che da parte di tale gruppo questi toni e questi accenti oggi non sono stati riproposti in aula. Bisogna anche evitare qualunque uso strumentale di questo principio costituzionale - che qualcuno ha tentato di fare - contro gli immigrati, che in molti casi costituiscono, fra l'altro, nuove minoranze linguistiche rispetto a quelle storiche. È evidente che la conoscenza della lingua italiana è un fattore di positiva integrazione sociale e culturale degli immigrati, ma è altrettanto evidente che questo non c'entra assolutamente nulla con la riforma costituzionale, la quale ha una lunga storia alle spalle. Nessuno in quest'aula ha mai messo in dubbio che l'italiano sia la lingua ufficiale della Repubblica da sempre, principio che - ben prima della stessa Repubblica ma, comunque, a partire dallo Stato unitario - è sempre stato parte del nostro ordinamento. Comunque, bisogna ricordare che, durante tutto il regime fascista, per vent'anni si è tentato di cancellare, di reprimere, di espropriare e di conculcare tutte le minoranze linguistiche, in modo particolare la minoranza linguistica tedesca in Alto Adige. Per questo, sono state di pessimo gusto le dichiarazioni che abbiamo ascoltato anche in quest'aula questa mattina, in riferimento polemico con la minoranza linguistica tedesca dell'Alto Adige Südtirol.
Proprio perché c'è stata l'oppressione e la repressione da parte del regime fascista nei confronti delle minoranze linguistiche, la Costituente ha inserito tra i principi fondamentali della nostra Costituzione l'articolo 6, che, come tutti sanno, recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche».
Anzi, come ho già ricordato, inizialmente la Commissione aveva proposto questa disposizione costituzionale nell'ambito del Titolo V, seconda parte della Costituzione. Nella Costituente, invece, venne deciso di anticipare la disposizione sulle minoranze linguistiche fino ai principi fondamentali, non a caso, dopo l'articolo 2 sui diritti inviolabili dell'uomo Pag. 94dopo l'articolo 3 sulla pari dignità di tutti senza distinzione di lingua, dopo l'articolo 5, relativo alla Repubblica una e indivisibile e che riconosce e promuove le autonomie locali, nonché prima dello stesso articolo 7, sui rapporti tra Stato e chiesa.
Tuttavia, onorevoli colleghi, ci sono volute - a parte gli statuti speciali del 1948 - ben tredici legislature per arrivare ad attuare l'articolo 6, con la legge n. 482 del 15 dicembre 1999 «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», approvata per l'appunto dal Parlamento di quella legislatura. E verso la fine di quella stessa XIII legislatura fu approvata anche la legge n. 38 del 2001, per la tutela della minoranza slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia. Già la citata legge n. 482 del 1999 affermava - e afferma, in quanto è ancora in vigore - all'articolo 1: «La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano ». Questo è del resto un principio - come ho già detto - contenuto in numerose norme dell'ordinamento, a partire dalla legge n. 89 della 1913 sul Notariato, all'articolo 54. Tuttavia, nella XIII legislatura la prima proposta di legge costituzionale in questa materia era - purtroppo - proprio finalizzata ideologicamente e nazionalisticamente quasi allo scopo di compensare e ad attenuare - impropriamente e polemicamente - la legge appena allora approvata (la n. 482 del 1999, sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche). Non è un caso che non andò in porto in quella legislatura. Per questa carica ideologica, soprattutto contro la minoranza linguistica di lingua tedesca in Alto Adige Südtirol, purtroppo, tale proposta di legge è sempre riapparsa in quelle presentate da Alleanza nazionale, anche nella scorsa legislatura, oltre che in quella attuale; basta leggersi le relazioni che l'accompagnano.
Lo ripeto: per fortuna, non ho sentito da parte del gruppo di Alleanza nazionale riecheggiare in quest'Aula contenuti di questo tipo, sebbene purtroppo li ho sentiti da parte di qualche esponente di Forza Italia.
Come ho già detto io stesso, a nome dei Verdi, ho tuttavia presentato una proposta di legge costituzionale sia nella scorsa che nella attuale legislatura. In quest'ultima, ho sottoscritto a nome dei Verdi anche la proposta di legge costituzionale Zaccaria.
Dopo un ampio e difficile dibattito, nel testo approvato in sede referente della I Commissione, è risultato condivisibile e più equilibrato il rispetto dei testi originali, proprio perché ha recepito alla lettera, e non solo, il principio ovvio - ma che è giusto introdurre in Costituzione - che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica, oltre all'affermazione che ciò è riconosciuto «nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». In quest'aula sono stato altresì presentati un emendamento di Forza Italia ed uno di Alleanza nazionale che tendevano a sopprimere questo periodo e, fortunatamente, sono stati entrambi ritirati.
Il riferimento alla garanzie previste dalla Costituzione e dalla legge costituzionali riguarda ovviamente gli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione - che ho già citato - oltre che gli statuti delle regioni a statuto speciale, dove sono riconosciute le minoranze linguistiche. Si tratta di statuti che - come si sa - sono leggi parificate a quelle costituzionali.
In questo modo, noi riteniamo che ogni strumentalizzazione identitaria nazionalistica è evitata in radice nel testo costituzionale che approveremo, anche se più di una volta le ho sentite riecheggiare in quest'aula.
Il nuovo principio già presente nell'ordinamento come più volte ho detto, assume di certo rango costituzionale, senza tuttavia in alcun modo poter violare le altre garanzie costituzionali per la minoranze linguistiche. Questo principio, del resto, è già inserito nella costituzione francese, all'articolo 2, comma 1; in quella portoghese all'articolo 11, comma 3; in Austria, all'articolo 8; in Spagna, all'articolo 3 ed in altre Costituzioni. Il testo spagnolo è il più coerente e completo, come ho già avuto modo di dire stamattina in quest'aula.
In ogni caso, nell'ambito della legislazione regionale è possibile valorizzare gli Pag. 95idiomi locali, tanto più che esiste anche il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Tale patto è già stato ratificato nel nostro paese da trent'anni. Inoltre, vi è la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, il cui provvedimento di ratifica il Governo - proprio poco fa - si è impegnato a ripresentare.
Queste sono le ragioni per cui il gruppo dei Verdi voterà a favore di questa proposta di legge costituzionale che abbiamo noi stessi contribuito a presentare e di cui siamo anche cofirmatari. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Verdi e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belisario. Ne ha facoltà.

FELICE BELISARIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome dell'Italia dei Valori annuncio il voto favorevole sulla proposta di legge costituzionale.
In Italia, a differenza di altri paesi anche a noi vicini, come la Francia, la lingua ha avuto, fin dai primi secoli del secondo millennio, una funzione unificatrice sul territorio, sia tra persone di cultura, sia in seno al popolo. Quando la bandiera della Repubblica ancora non esisteva, la lingua italiana era un tratto unificante negli usi e nei costumi di tutta la nostra penisola. La nostra stessa unità politica, arrivata solo dopo la metà dell'ottocento, per molti versi risulta il punto di arrivo proprio del lento processo linguistico. A Metternich, il quale diceva che l'Italia era solo un'espressione geografica, rispondeva, qualche decennio più tardi, il Carducci dicendo: «Certamente è un'espressione letteraria».
Dell'ufficialità della lingua italiana, però, non esiste alcuna menzione all'interno della Carta costituzionale. Il motivo è fin troppo semplice: sessant'anni fa nessuno avrebbe mai pensato che potesse essere necessario specificarlo. Bisogna considerare, evidentemente, anche quel periodo storico.
Diversi paesi europei - lo ricordava il collega che mi ha preceduto - hanno sentito la necessità di inserire nelle proprie Costituzioni il riferimento alla lingua ufficiale fin dall'approvazione del Trattato di Maastricht. Certamente, ciò è avvenuto in Francia, con la modifica dell'articolo 2 della Costituzione francese, e già in precedenza numerosi altri paesi europei avevano inserito nelle loro Carte fondamentali il riconoscimento della lingua ufficiale. Ciò è avvenuto anche in contesti plurilinguistici, quali l'Irlanda, la Finlandia e la Spagna, pur con le tutele previste, sia in ambiti sostanzialmente omogenei, quali il Portogallo e l'Austria. È interessante sottolineare che soprattutto le Costituzioni più recenti hanno inteso valutare il dato linguistico, quali la Spagna, il Portogallo e il Belgio.
Oggi, in epoca di globalizzazione, la lingua italiana va quindi tutelata attraverso una legge costituzionale che ne sottolinei l'ufficialità.
L'italiano è e deve continuare ad essere una lingua viva, a disposizione di tutti coloro che temporaneamente o stabilmente decidano di fare dell'Italia la propria casa. Queste persone devono avere un idioma unico attraverso cui relazionarsi con gli altri. Anche in vista delle nuove norme sulla cittadinanza e di una società dal profilo sempre più multietnico, la lingua italiana costituisce sempre più uno strumento prezioso per l'integrazione, una koiné dialectos, un linguaggio comune che, come tale, va costantemente valorizzato e salvaguardato.
La stessa tutela delle minoranze linguistiche, ad esempio, presente all'articolo 6 della Costituzione, a rigor di logica ha senso solo se esiste una lingua ufficiale. Tutto ciò - è bene sottolinearlo - non è una novità assoluta sotto il profilo giuridico. Infatti, la specifica in questione è già presente nell'ordinamento italiano: la legge n. 482 del 1999, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, dispone all'articolo 1 che la lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano; inoltre, i nostri codici impongono l'uso della lingua italiana negli atti pubblici ed in quelle giudiziari.Pag. 96
Per questo motivo, la modifica dell'articolo 12 della nostra Costituzione non rappresenta nulla di nuovo, ma certamente qualcosa di doveroso: di doveroso - questo sì! - nei confronti dell'italiano, da sempre tratto distintivo del nostro popolo, della nostra cultura e della nostra identità.
Per queste ragioni, ribadiamo, come gruppo di Italia dei Valori, il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, nel presentare la proposta di legge costituzionale a mia prima firma mi aspettavo qualche difficoltà: provenendo da un partito di minoranza, pensavo che una simile proposta, non essendo sottoscritta da deputati della maggioranza - che pure avrebbero potuto farlo, rientrando la materia anche nelle corde di diversi di loro -, potesse trovare l'appoggio di tutta la Casa delle libertà e, semmai, potesse determinare la necessità di un confronto dialettico con esponenti della sinistra (almeno con alcuni).
Non ho sbagliato del tutto nel prevedere un confronto dialettico con alcuni esponenti della sinistra, ma debbo rilevare con sincero rammarico che ho trovato un atteggiamento di chiusura, a mio avviso anche comprensibile, per certi versi, in considerazione del momento politico, ma ingiustificato nei contenuti e nelle modalità - per la drammaticità che ne ha caratterizzato la manifestazione -, da parte degli amici della Lega. Allora, tocca a me tentare di fare un brevissimo esame del testo unificato al nostro esame (del resto, l'ho già fatto intervenendo su un emendamento).
Non è che si tratti di inserire nella Costituzione un articolo nuovo, magari anche a casaccio! Il testo in esame propone di modificare l'articolo 12 della Costituzione, che attualmente recita: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni». Nell'articolo non c'è scritto che sono riconosciuti gli stendardi comunali e gli stendardi regionali, che rappresentano molto per noi, tanto è vero che li innalziamo durante le nostre manifestazioni; eppure, non è venuto in mente ad alcuno - nemmeno alla Lega - di introdurre nella Costituzione tale tutela. Allo stesso modo, non è venuto in mente a noi - a me almeno - che aggiungere all'articolo 12 un comma ai sensi del quale «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali» implicasse ciò che, esattamente come gli stendardi comunali e regionali, è già patrimonio comune, acquisizione ormai generalizzata del nostro pensiero, vale a dire il fatto che sono tutelate le minoranze linguistiche e gli idiomi locali. Peraltro, le minoranze linguistiche sono tutelate dall'articolo 6 della Costituzione.
Certo, se qualcuno avesse intenzione di presentare una proposta di legge, anche di portata costituzionale, per aggiungere all'attuale testo dell'articolo 6 («La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche») un comma che riconoscesse e in qualche modo salvaguardasse le lingue storiche e gli idiomi locali, patrimonio culturale comune della nostra nazione, della nostra patria, sarei assolutamente favorevole, ed anche il gruppo di Alleanza Nazionale, se inserita in quel contesto, esprimerebbe sulla predetta proposta, qualora fosse presentata, un voto favorevole.
Non è colpa mia se la Lega fino ad ora non ha mai avanzato un disegno di legge di questo tipo, non è colpa mia se oggi stiamo discutendo di un'altra cosa, dei segni distintivi dell'identità nazionale, che sono la bandiera e la lingua, senza bisogno di subordinate!
Vedete, la lingua - lo spiega bene l'Accademia della crusca, che ha mandato una relazione che vi prego di leggere - ha un significato oggi assai più importante di quello che poteva avere per i fondatori della patria, più esattamente per i padri Pag. 97della Costituzione, quando questo tema non venne affrontato perché, nell'immediato dopoguerra, era dato per scontato che la lingua ufficiale fosse l'italiano e che non ci potesse essere da parte di nessuno la volontà di mettere in discussione questo dato. Era pacifico e fu quello il motivo per cui tale previsione non venne inserita nella Costituzione, come il fatto che il sole sorge al mattino e tramonta alla sera!
Oggi, a distanza di qualche decennio, ma non per un fenomeno interno, non per pericoli di secessione, ma perché tutte le lingue europee, di fronte al nuovo contesto socioculturale (come dice non Ignazio La Russa, non la destra, ma la relazione che abbiamo ricevuto dall'Accademia della crusca), hanno acquistato una centralità prima impensabile, le lingue dei grandi paesi hanno bisogno di acquisire una più precisa riconoscibilità: è questa la motivazione che ci viene dall'alto luogo da cui promana il documento in questione, a firma di Francesco Sabatini, Nicoletta Maraschio e Vittorio Coletti.
Allora, in questo contesto abbiamo sentito la necessità di riaffermare l'ufficialità della lingua che parliamo ogni giorno e che scriviamo. Nessuno più di me è innamorato dei dialetti: scherzando, sono andato persino a canticchiare una canzone in lombardo, io che non ho mai rinnegato le mie origini e radici siciliane! Potrei fare lo stesso con canzoncine venete e liguri perché amo, come molti di voi, come molti di noi, i dialetti e li considero un patrimonio inalienabile della cultura italiana; ma che c'entra questo con la contrapposizione?
Ricordo fra l'altro che l'unità nazionale, di cui anche la lingua è segno distintivo, venne, a costo del sacrificio della vita, realizzata da moltissimi patrioti lombardi e veneti. Non voglio essere retorico ma ne citerò uno. Amatore Sciesa, milanese, mentre veniva condotto al patibolo, venne fatto fermare di fronte alla propria madre, alla moglie, ai propri parenti, perché rinnegasse la propria fede e si dicesse contrario al sentimento di unità nazionale. Amatore Sciesa, milanese, rispose in dialetto, disse «Tiremm innanz!» in lombardo per santificare il suo sacrificio a favore della nazione italiana.
Credo, quindi, anche con questo modestissimo esempio, che non vi possa essere contrapposizione fra l'uso degli idiomi locali e la necessità di identificarsi in una lingua, in un linguaggio, in un modo di scrivere con i crismi di ciò che significa lingua comune, con le parole che servono alla ufficialità.
Prima l'ho detto in un intervento occasionale: è vero, l'Italia ha una serie di lingue neo-italiane, chiamiamole così, che nascono tutte dal latino e che hanno tutte la stessa dignità. La Sicilia, per bocca di un collega, ha rivendicato la primazìa nella nascita della lingua italiana, del volgare; la Toscana ancor di più: potremmo fare a gara da questo punto di vista, ma potremmo anche dire che eguale o, forse, ancora maggiore antica tradizione aveva il Veneto; sicuramente ha una sua struttura di lingua il sardo, la ha sicuramente il friulano, ma sta di fatto che in questo coacervo di lingue, tutte discendenti dallo stesso ceppo, il latino, si affermò, e non a caso, il volgare, cioè l'italiano, con Dante, Boccaccio e con tutto ciò che la cultura italiana ha successivamente prodotto.
Oggi, credo si debba essere orgogliosi di questa produzione letteraria, per cui noi parliamo e scriviamo in italiano. Sfido chiunque - compreso me, orgogliosamente amante dei dialetti - a scrivere in siciliano o in milanese e sfido i veneti a scrivere «cse», esattamente come lo pronunciano, ma non lo si fa mai (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

GIANPAOLO DOZZO. Xe!

IGNAZIO LA RUSSA. Non protestate perché il mio tono è amichevole.
Come dicevo, non lo facevano i veneti, non lo faceva il doge, che scriveva in latino. È vero, si parlava il veneto, ma si scriveva in latino: né a Venezia né nel Friuli si è mai verificata la possibilità che la lingua parlata venisse tradotta in scrittura ufficiale, se non in casi eccezionali.
Allora amici, vi prego, tuteliamo gli idiomi locali nel luogo e nella sede opportuna, Pag. 98ma non mettiamo in atto una contrapposizione che offre solo il destro a chi continua a cianciare di volontà ipernazionalistica: stiamo parlando dell'orgoglio di sentirsi italiani, dell'orgoglio di un'identità comune. Siamo orgogliosi di precisare in Costituzione che siamo figli della stessa Patria e parliamo la stessa lingua (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo Forza Italia). Alleanza Nazionale ha il piacere di promuovere in un Parlamento che non vede una maggioranza di centrodestra la condivisione di questo valore che per noi è fondamentale, uno dei motivi pregnanti del nostro impegno politico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, questo è il secondo intervento sulla Costituzione in questa legislatura. Ricordo che alcune settimane fa, questa Assemblea, a grande maggioranza, ha avviato la procedura di revisione costituzionale in riferimento all'articolo 27 della Costituzione.
Come è stato ricordato, questo è un intervento che riguarda l'articolo 12 e nasce da un'iniziativa del gruppo di Alleanza Nazionale, rammentata ora dall'onorevole La Russa. Naturalmente, in questa legislatura ci troviamo anche di fronte ad un obbiettivo che deve essere dichiarato in maniera molto esplicita. Ammoniti dalla recente esperienza referendaria - che aveva consentito interventi di ampia portata, spesso realizzati con maggioranze esigue - siamo impegnati a ricercare una convergenza sulle modifiche che toccano il quadro costituzionale. Si tratta di modifiche la cui urgenza è diversamente valutata dai soggetti proponenti e, come ho detto, questa iniziativa era stata originariamente pensata nell'ambito di un contesto derivante da precedenti legislature; l'iter è stato ricordato molto bene dall'onorevole Boato nell'ambito della discussione sulle linee generali. Quindi, non si tratta di un'iniziativa nata all'improvviso, ma che grazie al concorso di diversi soggetti poteva acquistare - a mio modo di vedere questo è avvenuto - un significato che va molto al di là dell'originario disegno. Dall'altra parte, nel momento stesso in cui dichiariamo di volere testi ampiamente condivisi, non possiamo sorprenderci poi se su questi testi convergono diverse parti dello schieramento politico con motivazioni che a volte possono essere diverse nelle loro radici ideali.
È chiaro che noi non affrontiamo a cuor leggero revisioni della Costituzione, sappiamo, infatti, che quest'ultima è stata modificata oltre trenta volte attraverso interventi di revisione - trentasette volte, per la verità - e attraverso leggi costituzionali trentaquattro o trentacinque volte: quindi, abbiamo alle spalle esperienze molto significative in questi sessant'anni di esperienza costituzionale.
Interventi che hanno riguardato anche la prima parte, perché lo stesso articolo 10 della Costituzione ha visto una legge costituzionale che ne ha modificato in parte il significato. È venuta spesso fuori, nel corso della giornata di oggi e durante la discussione sulle linee generali, la considerazione: che bisogno c'era di scrivere questa norma se non l'hanno scritta i padri costituenti nel 1948?
Nel 1948 vi era una realtà diversa nel paese e semmai vi era l'esigenza, di fronte ad un certo uso che è stato fatto della lingua e ad una certa considerazione anche sul piano normativo che era stata fatta di questo fenomeno, di difendere in modo prioritario le minoranze. Da lì nascono le norme, in particolare quella presente nell'articolo 6, ma anche quelle contenute nell'articolo 2 e nell'articolo 3 della Costituzione, che fanno riferimento a questa realtà articolata e complessa e che parlano del pluralismo e dei pluralismi. Questo nel nostro paese è stato affermato. Con riferimento alle autonomie speciali tutto ciò è stato poi ribadito negli statuti e nelle leggi costituzionali che si riferiscono a queste autonomie.Pag. 99
Noi dobbiamo quindi dire con franchezza che la norma che stiamo varando oggi non poteva essere la stessa norma che si sarebbe scritta nel 1948, perché allora vi erano esigenze storiche e politiche diverse nel paese. Oggi, noi abbiamo una necessità diversa, una necessità che non abbiamo sentito soltanto nel nostro paese. Molti paesi europei, lo hanno ricordato in tanti, anche con motivazioni diverse, hanno introdotto norme di uguale tenore sostanzialmente in relazione ad un fatto storico di grande portata, il processo di costruzione europea, è stato proprio quel processo a far emergere l'esigenza di dare un significato anche a questo elemento.
Tra i vari interventi che ho sentito oggi ho colto una breve, sintetica, ma, a mio modo di vedere, significativa espressione di un'atleta che oggi siede in Parlamento, l'onorevole Di Centa, che ha detto: quando sono nella mia terra o mi confronto tra altri italiani ho l'orgoglio di parlare la mia lingua regionale, di esprimermi con parole che mi sono proprie in questo contesto. In questo ha perfettamente ragione. Ha detto anche, però, che quando partecipava alle gare di livello internazionale sentiva la necessità, impellente, di utilizzare la lingua italiana. Non è un caso, infatti, che, quando capita di vincere qualche gara, venga sventolata la bandiera nazionale.
Oggi, in questo momento storico, chi non riesce a cogliere questo elemento a mio modo di vedere compie un errore. Qualche tempo fa, il 15 febbraio, il Corriere della sera titolava un suo articolo «Difendere l'italiano nelle istituzioni comunitarie». Era un accenno ad una sparuta manifestazione di alcuni italiani che cercavano di arrivare al Presidente della Repubblica. Il sostegno, diceva in quel caso da Strasburgo l'articolista, del Presidente della Repubblica alla fine lo hanno avuto; Giorgio Napolitano si è schierato in difesa dell'uso dell'italiano nelle istituzioni comunitarie.
Si tratta di una piccola notiziola, che forse non dovrebbe avere neanche il rilievo della sottolineatura, ma più che a questa notiziola vorrei dare risalto ad un passaggio contenuto in un altro articolo del Corriere della sera, questa volta a firma di Francesco Sabatini. Sabatini è uno dei tre professori dell'Accademia della Crusca che hanno consegnato quelle quattro paginette, che voi potete trovare anche sul sito Internet dell'Accademia, che in molti di noi hanno determinato un cambiamento di ottica su questo problema. Sono pagine significative ed emblematiche.
Francesco Sabatini dice: «Nel seminario alla Bocconi sul multilinguismo in Europa relatori di otto paesi hanno confermato che rifioriscono le lingue nazionali. Nessuno nega il bisogno di una lingua mondiale che, almeno per ora, è l'inglese, ma si riconosce ormai che questo strumento di comunicazione tra tutti i popoli del globo non è sufficiente; anche quella ipotesi di mondializzazione, di globalizzazione linguistica che avviene attraverso la lingua inglese (gli stessi inglesi non riconoscono più quella lingua, che loro non appartiene e, infatti, nei convegni internazionali, amano differenziarsi), ma» dice ancora Sabatini «stiamo riscoprendo la funzione vitale delle lingue nazionali, anche in presenza di una lingua irradiata su tutto il pianeta. Si ripensano, perciò, i progetti di insegnamento delle lingue, evitando i propositi di massiccio ed esclusivo insegnamento di un inglese perfetto».
Credo che sia questa la prospettiva nella quale collochiamo, nella Costituzione, oggi, il riferimento alla lingua italiana. Si tratta di un riferimento che avviene, ed è importante rilevarlo, grazie ad un'intesa in Commissione sulla formulazione, che è stata ripetuta più volte, ma è breve e sintetica, come devono essere le formule costituzionali, ossia che «l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali».

PRESIDENTE. Onorevole Zaccaria...

ROBERTO ZACCARIA. Ho concluso, signor Presidente. Noi non l'avremmo scritta così e non l'avrebbero scritta così i padri costituenti, ma la formula «(...) nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali» Pag. 100vuole preservare tutte quelle esigenze di pluralismo alle quali oggi alcuni hanno fatto riferimento. Questa è l'intenzione di chi ha scritto questa norma: non volevamo «calare un coperchio» sulla ricca realtà del nostro paese, ma soltanto proporre un'indicazione che collocasse l'Italia nel contesto internazionale, dotata di un simbolo di unificazione. Ha detto, e concludo su questo aspetto, il presidente Violante, nell'introdurre la discussione sulle linee generali, che siamo in un paese in cui, in qualche modo, vive il pluralismo, a volte frantumato, ed a volte anche con elementi di disgregazione. Cercare, in questi contesti, momenti di unità può essere un valore che rilancia con forza tutto il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, nel dichiarare il voto favorevole di Forza Italia su questo provvedimento, vorrei sottolineare alcuni dati. Credo che questo testo unificato sia importante e che sia parimenti importante approvarlo in questo momento, a larga maggioranza nel Parlamento; anzi mi rammarico che alcune forze politiche non abbiano consentito a questa Assemblea di esprimersi all'unanimità, perché sarebbe stato un bel risultato.
Questo è un provvedimento che, se me lo consentite, ha un occhio rivolto al passato, perché, come hanno già detto altri colleghi, è il riconoscimento di quanto la lingua abbia fatto quale elemento unificante del paese, ma anche e soprattutto come fattore di sviluppo sociale. Ricordiamoci che all'atto dell'unità d'Italia pochissimi erano i nuovi italiani che conoscessero la lingua italiana. In precedenza, parlando con l'onorevole Di Centa, - lo dico sorridendo ai colleghi della Lega - ricordavo che tempo fa trovai alcune vecchie cartoline spedite dal mio bisnonno a sua madre durante la prima guerra mondiale: erano scritte in francese. Non conoscevano l'italiano, la lingua ufficiale era il francese, oltre al calabrese ed ai dialetti locali.
La lingua è, quindi, soprattutto, uno strumento di sviluppo e di progresso sociale, di emancipazione, specialmente per le classi più deboli; dobbiamo riconoscerlo.
Quello al nostro esame è anche un provvedimento rivolto all'attualità e al futuro. È rivolto all'attualità perché ci confrontiamo con altri paesi e la lingua è anche uno strumento di progresso e di sviluppo per il nostro commercio, per le nostre istituzioni. Molti paesi investono nella diffusione della conoscenza della propria lingua, perché i giovani che studiano come seconda o terza lingua l'italiano avranno rapporti con il nostro paese, che per noi sono importanti. Purtroppo, sinora la nostra lingua o, meglio, la politica sulla lingua non è stata sufficientemente supportata, mentre è importante che ciò oggi accada.
È altrettanto importante sostenere la lingua al nostro interno, proprio perché, in un grande momento di transizione, in questo passaggio epocale, noi come italiani ci rivolgeremo ad altre persone che giungeranno nel nostro paese.
Prima di tutto, ci dovremmo chiedere che cosa fa sì che noi stessi siamo italiani. La lingua, per dirla alla Manzoni, è uno dei fattori che fa questo paese. Noi ci porgeremo verso di loro anche con questo strumento. Colleghi della sinistra, riconoscere la lingua non è uno strumento contro l'immigrazione - come ho sentito dire da voi -, ma uno strumento per l'integrazione, uno strumento di conoscenza, per consentire a chi arriva nel nostro paese di avere le nostre medesime possibilità.
Proprio a tale proposito, mi vorrei rivolgere ai colleghi della Lega. Noi scriviamo oggi questo testo per gli altri, per le altre nazioni che già l'hanno fatto, come rivendicazione del nostro orgoglio nazionale, della nostra identità; lo scriviamo per coloro che arrivano nel nostro paese. Non abbiamo bisogno, come Parlamento italiano, di dire che l'italiano è la lingua ufficiale di questo paese, questo è il punto! Pag. 101Non lo scriviamo per noi, ma per gli altri! Poi, fra di noi, ci diciamo anche che, accanto alla lingua italiana, il patrimonio storico e culturale di questo paese è composto anche da altre lingue, da altri idiomi, e troviamo la strada per coltivare e arricchire anche la consapevolezza e la cultura su queste materie.
Colleghi, nell'università calabrese da qualche anno è stato inserito l'insegnamento del dialetto, perché anche noi teniamo alle nostre tradizioni; ma siamo calabresi e siamo italiani; siamo veneziani e siamo italiani; siamo triestini e siamo italiani. Affronteremo la questione in un altro momento; avete ragione a porre il problema, ma questo non è il momento adatto, perché stiamo parlando ad altri.
Per concludere, mi auguro che, nel prosieguo dell'esame del provvedimento al Senato, alcune forze politiche scelgano una strada diversa, non perché esse sottopongano all'attenzione temi sbagliati, ma perché non siamo nella sede giusta.
Mi rivolgo ai molti colleghi che più volte hanno paventato, nell'introduzione di questo articolo, una sorta di pericolo per le zone nelle quali esiste il bilinguismo. Do per scontato che sessant'anni di democrazia in questo paese abbiano insegnato tanto a tutti: il fatto che si scriva che la lingua italiana è la lingua ufficiale dello Stato non impedisce di tutelare le minoranze linguistiche, come sempre abbiamo fatto.
Abbiamo presentato alcuni emendamenti, perché ci sembrava organicamente più coerente inserire questo tema all'articolo 6 della Costituzione. Io li ho ritirati, soprattutto perché mi ha convinto quello che ha detto l'onorevole Zaccaria: abbiamo sessant'anni di giurisprudenza costituzionale e di dottrina alle spalle; evitiamo che il cambiamento di impostazione del legislatore sia interpretato in diverso modo. Mi ha convinto una notazione giuridica, non una notazione politica. Sinceramente, mi sembra inutile inserire tutti quegli incisi all'articolo 6 o all'articolo 12, perché ciò mette in rilievo quanta paura noi stessi abbiamo del legislatore italiano, dimostrando che forse non confidiamo abbastanza nella nostra capacità politica e di riconoscimento nazionale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sanna. Ne ha facoltà.

EMANUELE SANNA. Signor Presidente, prendo la parola con amarezza, in dissenso rispetto al mio gruppo, per dichiarare il mio voto contrario alla proposta di inserire in Costituzione la norma che definisce l'italiano lingua ufficiale dello Stato. Il mio voto contrario a questo provvedimento nasce da tre fondamentali ragioni.
In primo luogo, le modifiche costituzionali, anche se limitate, vanno affrontate con la più larga partecipazione di tutti parlamentari ed anche con il più ampio coinvolgimento dei cittadini. In questo caso, il circuito democratico è stato molto asfittico e sbrigativo.
In secondo luogo, questa modifica incide su uno dei capisaldi della coesione dell'identità nazionale e non può essere, a mio avviso, varata senza un'attenta valutazione delle conseguenze istituzionali, giuridiche e culturali, che la nuova norma determina nella vita dei cittadini.
In terzo luogo, nel 1947, onorevoli colleghi, i costituenti tennero conto del ricco patrimonio linguistico di cui erano e sono tuttora depositarie le diverse comunità territoriali e regionali che compongono lo Stato nazionale unitario. A me sembra che questa modifica costituzionale sia pericolosamente anacronistica e prescrittiva di una lingua di Stato, in una fase storica in cui siamo in cammino verso un assetto federale della nostra Repubblica e mentre, sia pure a fatica, nasce la Costituzione europea degli Stati e soprattutto delle regioni e dei popoli europei, con le loro peculiarità storiche, culturali e linguistiche.
Per queste ragioni, signor Presidente, come parlamentare italiano e come deputato della Sardegna, non posso votare questo provvedimento (Applausi di deputati Pag. 102dei gruppi L'Ulivo, Lega Nord Padania e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.

ANTONIO ATTILI. Anch'io parlo in dissenso rispetto al mio gruppo e voterò contro il provvedimento. Gli argomenti utilizzati in tutto questo lungo dibattito non mi hanno persuaso dell'utilità di questo provvedimento.
Anzitutto, il legame che si è voluto istituire così stretto tra l'identità e la lingua è riduttivo, perché l'identità di un popolo si compone di tanti elementi e di tanti fattori e sicuramente noi non possiamo né dobbiamo inserirli tutti nella Costituzione. Oltre alla lingua, infatti, c'è la religione, ci sono le tradizioni popolari, c'è una storia condivisa e mi sembra davvero singolare che molti colleghi che hanno esaltato l'importanza della lingua, magari, danno un giudizio negativo della Resistenza, che pure dovrebbe essere un elemento fondamentale della nostra storia.
La seconda questione per me non convincente è una ricostruzione dell'influenza che ha avuto la lingua italiana nella costruzione dello Stato unitario, che è assolutamente inaccettabile. Non è la lingua che ha fatto lo Stato, ma la lingua è stata imposta da una scelta statale voluta a metà dell'Ottocento, quando, legittimamente e coscientemente, si scelse la lingua italiana, allora minoritaria, come lingua della scuola e della pubblica amministrazione.
La verità va detta: oggi noi facciamo una scelta politica, perché, quando si parla di lingua, si parla di politica, come già acutamente ci diceva Antonio Gramsci. Facciamo una scelta che, per fortuna, non avrà nessun effetto pratico, né sulla lingua italiana né sulle lingue minoritarie, che, teoricamente, sono sullo stesso piano, ma che ha invece un grande valore simbolico, che valuto negativamente. Stiamo di nuovo gerarchizzando le lingue che si utilizzano in Italia. Ci sono voluti cinquant'anni per attuare l'articolo 6 della Costituzione e questo provvedimento rappresenta un pericoloso passo indietro. Per questi motivi, voterò contro il provvedimento (Applausi di deputati dei gruppi L'Ulivo e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, oggi stiamo consumando una violenza nei confronti della nostra storia. Sino alla fine del Risorgimento, nessuna autorità, né politica né religiosa, aveva tentato di imporre la lingua toscana come lingua nazionale.
L'italiano era certo presente nella letteratura, e sicuramente era adoperato come utile strumento di colloquio tra gli Stati e tra le autonomie; ma non era certamente una lingua imperiale: non era stato imposto, come il francese; neppure era un dialetto imposto con la forza delle armi come avvenne nel caso dell'Inghilterra. Dite di voler...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma ha già utilizzato il tempo concessole per il suo intervento a titolo personale; un minuto è già trascorso.

DAVIDE CAPARINI. È lo stesso tempo a titolo personale che ha concesso all'altro collega intervenuto!

PRESIDENTE. L'altro gruppo non l'aveva ancora consumato.

DAVIDE CAPARINI. Scusi, ma a me risulta che il tempo a titolo personale sia uguale per tutti. Il deputato de L'Ulivo, dianzi intervenuto, glielo può confermare. Quindi, mi deve almeno dare il tempo concesso all'ultimo intervenuto.

PRESIDENTE. Concluda...

DAVIDE CAPARINI. Grazie, Presidente; molto gentile. Comunque, considerato che mi chiede di concludere il mio intervento, sarò breve.Pag. 103
Quindi, si tratta di conferire dignità alla nostra identità, alle nostre tradizioni ed alle nostre culture.
Avete sostenuto in molti interventi che le lingue regionali devono e possono avere maggiore dignità: ebbene, è sufficiente che voi approviate il provvedimento che da tanto, troppo tempo, giace dinanzi alla Commissione competente senza essere preso in esame in alcun modo. Oppure, sarebbe sufficiente che venisse approvata la carta europea sulle lingue. Insomma, la verità è che state tentando di compiere è un'operazione prettamente ideologica; è un'affermazione...

PRESIDENTE. Adesso è davvero trascorso il tempo...

DAVIDE CAPARINI. Però, Presidente, le sembra questo il modo di condurre i lavori dell'Assemblea, considerato il rumore...
Comunque, concludo.
Caro La Russa, sicuramente voi oggi state compiendo un'operazione ideologica, state affermando principi a voi cari (Commenti del deputato Salerno); all'insegna del motto di «uno Stato, una nazione, una lingua», state ancora riproponendo il vostro cavallo di battaglia.

ROBERTO SALERNO. Vergogna!

DAVIDE CAPARINI. Lei si sente orgoglioso di essere italiano; io, dopo questa giornata, continuo ad essere orgoglioso e fiero di essere lombardo.

ROBERTO SALERNO. Vergogna!

DAVIDE CAPARINI. Soprattutto mi sento tale, vedendo come avete mal speso il tempo per approvare una legge inutile e ideologica! Una legge di cui il paese assolutamente non aveva bisogno (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Alleanza Nazionale - Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ROBERTO SALERNO. Vergogna!

DAVIDE CAPARINI. Una legge contro le identità, contro le nostre tradizioni e contro la storia di quel paese che lei tanto vanta di voler difendere in questo Parlamento, ma purtroppo, mio caro La Russa...

ROBERTO SALERNO. Vergognati!

DAVIDE CAPARINI. ...stavolta non ha onorato il suo impegno (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo - Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, intervengo solo brevemente per evidenziare un profilo che rafforza il nostro voto contrario sul provvedimento. Questa maggioranza e questo Governo hanno respinto un ordine del giorno che semplicemente chiedeva di tutelare il patrimonio culturale veicolato dalle lingue diverse dall'italiano e di tenere conto della speciale condizione in cui si trovano le minoranze linguistiche residenti nel territorio dello Stato. Per me, che provengo da una provincia autonoma e che so quanto tutto ciò sia importante, francamente è di difficile comprensione assistere al voto contrario del centrosinistra su un semplice ordine del giorno - come sappiamo, tale atto non è una legge; si tratta, invece, quasi di una semplicissima dichiarazione di intenti - mentre poi ministri e sottosegretari, nelle valli trentine, vengono a parlarci di minoranze, di autonomia: tengono lezioni su tali questioni mentre, poi, votano contro!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per osservare che approvare questa proposta di legge, il cui articolo unico dispone: L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione Pag. 104e dalle leggi costituzionali« è opera molto buona; ma altrettanto buono sarebbe stato approvare la modifica che avrebbe aggiunto un successivo comma - che non sarebbe stato in contrasto - dal seguente tenore: «La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali». Non vi sarebbe stato contrasto tra commi mentre sarebbe stato molto utile e opportuno.
Sono veneto, ma mi sento veneto e italiano: non vi è contrasto tra le due previsioni. Qualcuno invece ha voluto in questa sede strumentalizzare la questione. Penso che prossimamente avremo modo di riprendere tale questione, per far sì che ciascuno si senta a casa propria nel nostro paese con le proprie tradizioni e con la propria cultura.
La Repubblica se tutela anche le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche e regionali, non fa altro che valorizzare la nostra tradizione e la nostra cultura. In un momento di globalizzazione, valorizzare la specificità delle nostre terre non fa altro che bene!
Per tale motivo, sono rammaricato per il non voto sul secondo emendamento, mi accontento per ora del primo capoverso. Sono sicuro che molto presto modificheremo questo errore madornale che stiamo compiendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare perché, se fossero stati ascoltati gli interventi, le nostre posizioni sarebbero state accolte.
Vorrei ricordare che il pronunciamento del primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II, il padre della patria, è stato fatto in lenga piemonteìsa. Pertanto, manteniamo una posizione ferma, da veri piemontesi: Bogianen (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allam. Ne ha facoltà.

KHALED FOUAD ALLAM. Signor Presidente, intervengo a titolo personale.
Penso che nei prossimi anni avremo bisogno di nuovi strumenti di integrazione e la lingua italiana, la lingua nazionale, costituisce un enorme strumento di integrazione, in quanto occorre guardare alla dinamica linguistica attraverso il fatto che andremo sempre di più verso una società di tipo plurale e diverso.
La lingua è il fattore essenziale dell'integrazione, non bisogna assolutamente pensare alla questione della lingua nazionale e al suo inserimento nella Costituzione come ad una deminutio rispetto ai dialetti o alle lingue locali (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 648-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge costituzionale nn. 648-1571-1782-1849-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Deputati del gruppo Lega Nord Padania espongono vessilli regionali - Deputati del gruppo Alleanza Nazionale espongono il tricolore italiano e intonano l'inno di Mameli).

(Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano Pag. 105quale lingua ufficiale della Repubblica) (648-1571-1782-1849-A):

(Presenti 464
Votanti 436
Astenuti 28
Maggioranza 219
Hanno votato
361
Hanno votato
no 75).

Prendo atto che i deputati Volontè, Testoni, Santelli e Cesini non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
La Presidenza prende atto della presenza in aula di numerose bandiere e, a norma del regolamento, invita i deputati a rimuoverle (Commenti). Constatando che l'invito non viene accettato, invito i commessi a procedere alla rimozione (I commessi ottemperano all'invito del Presidente).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (A.C. 626-1090-1441-2018-A/R) (ore 19).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Ricordo che nella seduta del 15 febbraio 2007 è mancato il numero legale nella votazione dell'emendamento Cota 3.1.

(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate sezione 1).
Dobbiamo dunque procedere nuovamente alla votazione dell'emendamento Cota 3.1.
Ricordo che in questa fase non sono consentiti interventi per dichiarazione di voto, dovendosi procedere nuovamente alla predetta votazione.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450
Votanti 361
Astenuti 89
Maggioranza 181
Hanno votato
42
Hanno votato
no 319).

Prendo atto che la deputata Mura ha espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, le chiedo un minuto di tempo per poter cambiare posto...

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Contento 0.3.500.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, approfitto di questo momento di relativa confusione per illustrare il subemendamento che abbiamo inteso presentare in riferimento all'emendamento 3.500 della Commissione e conseguentemente all'articolo 3, in particolare per quanto concerne i poteri di accertamento, di controllo Pag. 106e di denuncia attribuiti alla istituenda Commissione nazionale. Sappiamo che tale Commissione dovrebbe sostanzialmente ricalcare i profili del difensore che è stato istituito molto tempo fa e che aveva lo scopo di tutelare i privati cittadini nei confronti della pubblica amministrazione. La singolarità dell'articolo 3 in discussione è che esso è rivolto sostanzialmente a fare in modo che la Commissione intervenga non soltanto, come sarebbe giusto, opportuno e auspicabile, nei rapporti tra il cittadino e l'amministrazione pubblica, a tutela di quei diritti che giustamente sono riportati nel provvedimento in esame, ma anche nei rapporti tra privati cittadini. Si tratta di un argomento abbastanza importante per quanto ci riguarda, sia perché scardina la filosofia tipica delle commissioni di garanzia per i diritti umani, come in questo caso, sia perché rischia di mettere in discussione un altro caposaldo del nostro ordinamento giuridico. Generalmente, infatti, nei rapporti tra privati l'accertamento della violazione dei diritti, fossero anche fondamentali, è demandata all'intervento della magistratura. Invece, con la norma che, purtroppo, stiamo per approvare faremo in modo che la Commissione abbia poteri diretti di intervento nei confronti di privati cittadini, imprese e imprenditori.
Il gruppo di Alleanza Nazionale ritiene doveroso segnalare che la disponibilità, già mostrata in più occasioni, a discutere e ad affrontare il tema dell'istituzione della Commissione dei garanti che è oggetto del nostro esame era riferita all'intervento della Commissione a tutela del cittadino nei confronti dei poteri pubblici.
Invece, crediamo che sia un errore trasformare questa Commissione, come vedremo più avanti, in un'istituzione sostanzialmente confusa a cui chiunque può rivolgersi, spesso scavalcando la magistratura, attribuendole addirittura compiti di regolamentazione e di intervento, ma non di mediazione, che francamente non sembrano consoni a quanto accade nelle altre esperienze europee fatte in questo campo.
Noi avevamo cercato di circoscrivere l'intervento della Commissione alle amministrazioni pubbliche o ai soggetti di diritto pubblico, mentre la Commissione parlamentare di merito, con la presentazione del suo emendamento 3.500, la cui votazione seguirà quella del mio subemendamento, ha ritenuto opportuno mantenerle il potere di richiedere alle parti interessate, anche private, la fornitura di informazioni o l'esibizione di documenti.
Ciò che è peggio è che la norma sanziona in via amministrativa questo tipo di atteggiamenti, qualora le parti forniscano informazioni o esibiscano documenti non veritieri. Non vorremmo che sotto l'egida della giusta garanzia di questi diritti trasformassimo l'istituenda Commissione in un organismo che interviene nei confronti di privati e che sanziona - badate bene - non l'omissione di risposte, ma la non veridicità, in una sorta di giudizio a lei attribuito che vogliamo segnalare come errore all'attenzione dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ai fini dello sviluppo della discussione avverto che i gruppi Alleanza Nazionale, Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro, Lega Nord Padania, nonostante sia stato concesso l'aumento di un terzo, hanno esaurito i tempi a loro disposizione. Secondo la prassi saranno consentiti soltanto alcuni brevi interventi che saranno computati a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ascolto sempre con grande attenzione il collega Contento e a volte mi succede di dargli pubblicamente ragione. Purtroppo non è questo il caso, perché l'emendamento 3.500 della Commissione, che lui vorrebbe cambiare radicalmente, rappresenta il frutto di un precedente dibattito avvenuto in quest'aula e in sede di Comitato dei nove, che ha portato a cambiare completamente il testo del primo comma dell'articolo 9 e ad inserire il riferimento alle parti in modo che non vi sia un intervento puramente autoritativo da parte della istituenda Commissione.Pag. 107
Forse il collega, in genere sempre attento e puntuale, ha letto male l'emendamento presentato dalla Commissione. Egli infatti ha affermato che la Commissione può sanzionare la veridicità o meno di un documento. Ciò non è vero. Infatti, il testo dell'emendamento, dopo la parola «conseguentemente», contiene le seguenti parole: «se le parti rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni». La previsione contenuta nel testo dell'emendamento è pertanto molto diversa.
Ripeto inoltre che tale testo è stato costruito in sede di Comitato dei nove insieme ai colleghi dell'opposizione, proprio per garantire non solo la possibilità di un contraddittorio politico in questa sede, ma anche di un contraddittorio tra le parti, in riferimento alla istituenda Commissione.
Pertanto, annuncio il voto contrario sul subemendamento Contento 0.3.500.1 ed invito a votare a favore dell'emendamento 3.500 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, vorrei intervenire anche per rispondere all'onorevole Boato. Il punto non è semplicemente formale o burocratico. L'onorevole Contento ha sollecitato l'Assemblea a rendersi conto che stiamo istituendo nuovi carrozzoni politici, che spendono soldi e delegittimano la magistratura. Mi meraviglio che una parte politica, la quale in passato ha utilizzato ampiamente la lotta politica portata avanti da alcuni settori della magistratura, introduca oggi una struttura burocratica che pesa sulle tasche dei cittadini e sui conti pubblici per fare un favore ad un gruppo politico piuttosto che ad un altro. Inoltre, si dà vita ad una nuova struttura pubblica che agisce come una sorta di «grande fratello» che interviene perfino nel controllo di strutture ed aziende private.
Peraltro, anche l'istituzione complessiva di un organismo così fatto avrebbe lo scopo di controllare il potere pubblico e non il contrario. Quindi, ritengo che la norma vada cambiata anche per attenuare il danno e, di conseguenza, dichiaro che esprimerò un voto favorevole sul subemendamento Contento 0.3.500.1.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Contento 0.3.500.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 440
Votanti 437
Astenuti 3
Maggioranza 219
Hanno votato
179
Hanno votato
no 258).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.500 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, l'emendamento 3.500 della Commissione, da una parte, è apprezzabile perché stabilisce che ci sia la verifica delle condizioni di procedibilità prima di informare le parti interessate riguardo al tipo di intervento della Commissione medesima; dall'altra, invece, fa sì che permanga un aspetto negativo che ci condurrà ad esprimere un voto contrario sull'emendamento in esame, cioè quello contenuto nel comma 1-bis. Infatti, non solo sussistono tutte le condizioni di dubbio delle quali parlava il collega Contento, ma è rimasta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 4 mila a 24 mila euro, stabilendosi che tale sanzione può essere incrementata fino al doppio del massimo - quindi, 48 mila euro - se le parti forniscono documenti non veritieri.Pag. 108
Di conseguenza, se le parti interpellate non fornissero informazioni o non esibissero documenti, avrebbero il pregiudizio di subire una sanzione amministrativa che parte da 4 mila euro. Siccome le parti potranno essere e saranno anche costituite da tanti privati, ci domandiamo per quale ragione non si stabilisca un minimo molto più basso, come avevamo proposto in un nostro emendamento, ma si parta da una somma più alta. Abbiamo tentato di farci spiegare la ratio che ha condotto non solo ad inserire, ma anche a mantenere queste cifre così alte, ma tale spiegazione non ci è stata data. Possiamo capire che ci possa essere una sanzione rilevante nel caso si vada ad interpellare un ente pubblico o una società per questioni di particolare importanza, ma, nel momento in cui si chiede ad una parte privata di esibire un documento e, se ciò non avviene, si stabilisce una sanzione amministrativa così alta, si fa torto a ragioni di congruità o di logica.
Chiedo nuovamente all'abilissima relatrice - che ha modificato il discorso in relazione alla necessità di condizioni di procedibilità - queste spiegazioni ed anche di provvedere a diminuire tali cifre quanto meno nei minimi, perché in questo caso non c'è alcuna differenza fra un foglio che non arriva e un intero carteggio, fra una parte privata che abbia un reddito minimo ed una società che abbia un reddito altissimo. Mi chiedo cosa porti a questa valutazione, che, a nostro avviso, è sbagliata e ci costringe ad esprimere un voto contrario sull'emendamento 3.500 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, noi siamo contrari all'emendamento 3.500 della Commissione perché non soltanto si istituisce una commissione inutile, ma addirittura si prevede - come ha già ricordato il collega Boscetto - una sanzione francamente fuori dal mondo. Infatti, punire con il pagamento di una somma da 4 mila a 24 mila euro soltanto per un'omissione legata alla mancata trasmissione di informazioni e di documenti è veramente qualcosa che dire eccessivo è poco.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Relatore. Presidente, intervengo per rispondere alle obiezioni dei colleghi e per ricordare - come è già stato sottolineato dal collega Boato - che questo emendamento è il frutto di un lavoro in Commissione e, in particolare, nel Comitato dei nove. Il dovere ed il potere sanzionatorio della Commissione è doveroso per qualsiasi autorità garante, altrimenti è chiaro che le sue richieste non avrebbero una grande efficacia. Il potere sanzionatorio e le cifre indicate rappresentano il risultato di una verifica che abbiamo fatto, anche rispetto alle altre autorità. Quindi, si tratta di cifre che corrispondono ad esperienze già in corso e sperimentate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Intervengo soltanto per ribadire che noi non voteremo a favore dell'emendamento proposto per la ragione che ho già anticipato. Infatti, questa Commissione allarga il suo spazio di intervento ai rapporti tra privati, perché le sanzioni che sono state testé richiamate sono estremamente alte e, anziché risolvere questioni di diritto fondamentali, finiranno per alimentare ulteriore contenzioso, anche sulla base di una mancata risposta ad un'informativa e su un giudizio di non veridicità dei documenti dimessi.
Io credo che questa strada possa essere evitata, perché non renderà un servigio agli importanti diritti garantiti, ma - purtroppo - aumenterà la burocrazia, nonché il contenzioso.

Pag. 109

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Intervengo brevissimamente, Presidente, solo per dire che questo emendamento della Commissione e della maggioranza è la conferma della malafede di chi propone questo provvedimento.

MARCO BOATO. In malafede lo puoi dire a te stesso! Te la tieni, la malafede!

EDMONDO CIRIELLI. Questo emendamento non è altro che una tassa per finanziare la costituzione di questa Commissione. Infatti, una multa così spaventosamente alta non può essere altro che una tassa di autofinanziamento di tale assurda Commissione.

MARCO BOATO. Se ne intende di malafede...

EDMONDO CIRIELLI. Alla fine, essa comporterà semplicemente un appesantimento burocratico del nostro Stato, che è già un Molock burocratico, e una nuova tassazione per i soggetti privati. Infatti, sappiamo, per esempio, che molte amministrazioni pubbliche non pagano neanche la spazzatura ai comuni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Voglio economizzare al massimo il mio tempo a disposizione. I colleghi hanno già detto quanto io volevo dire, eccetto un'ulteriore osservazione: nel momento in cui si prevede una sanzione di questo genere, facendo confusione tra pubblico e privato - e in misura anche così «terroristica» - non si prevede a chi si possa ricorrere per impugnare una sanzione di questo genere.
Ogni sanzione irrogabile nel nostro ordinamento presuppone ed impone che si possa impugnare il provvedimento dinnanzi ad una qualche autorità. Questo è un vuoto legislativo che creerà enormi problemi, ammesso che vi interessi qualcosa nel momento in cui si vara una normativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.500 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 437
Votanti 432
Astenuti 5
Maggioranza 217
Hanno votato
283
Hanno votato
no 149).

Prendo atto che i deputati Ciro Alfano, Pelino, Lovelli e Lomaglio non sono riusciti a votare.
Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.500 della Commissione, sono preclusi gli emendamenti Contento 3.67 e 3.68, Costa 3.60, gli identici emendamenti Cota 3.3, Benedetti Valentini 3.12 e Boscetto 3.17, nonché l'emendamento Boscetto 3.61. Inoltre, risultano così assorbiti gli identici emendamenti Cota 3.4 e Costa 3.63.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Costa 3.62.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Ho chiesto la parola sull'ordine dei lavori per sollecitare cortesemente una riflessione: vorrei che domandasse agli uffici se il tempo fissato per il nostro dibattito è lo stesso che venne offerto in occasione dell'esame del precedente provvedimento relativo all'istituzione del Garante per i diritti delle persone detenute. Infatti, come ricorderà sicuramente Pag. 110il presidente della I Commissione, quel provvedimento venne rimesso all'esame delle Commissioni e quella stessa proposta venne unificata, compendiandola all'interno di un'altra; naturalmente, in tal modo si è ampliato il testo dell'articolato che stiamo esaminando.
Siccome non siamo certamente mossi da intenti ostruzionistici - e lo stiamo dimostrando in questo rapporto di confronto e di collaborazione - vorrei chiederle se lei, come in altre occasioni è stato fatto, possa rivedere la sua decisione, assegnandoci un tempo congruo in aggiunta a quello «striminzito» che ci è stato attribuito, in modo da poter illustrare i pochi emendamenti che abbiamo segnalato e continuare così questo confronto, anche con l'amico Boato.

PRESIDENTE. Onorevole Contento, sicuramente procederemo alla verifica dei tempi relativi al precedente provvedimento. Informerò il Presidente della Camera della sua richiesta, invitando a proseguire la discussione con un criterio di proporzionalità e di ragionevolezza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costa 3.62, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 443
Votanti 442
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato
197
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Galletti non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costa 3.64, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 437
Votanti 431
Astenuti 6
Maggioranza 216
Hanno votato
169
Hanno votato
no 262).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costa 3.65, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450
Votanti 444
Astenuti 6
Maggioranza 223
Hanno votato
181
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che il deputato Borghesi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.66, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 446
Astenuti 2
Maggioranza 224
Hanno votato
184
Hanno votato
no 262).Pag. 111

Prendo atto che il deputato Borghesi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario e che il deputato D'Agrò non è riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Contento 3.70.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, intervengo sperando che i nostri interventi siano apprezzati anche dalla maggioranza.
Vorrei richiamare l'attenzione su una questione che riteniamo, anche in questo caso, abbastanza importante e che allontana il modello italiano da quelli europei, soprattutto rispetto ai paesi del nord Europa, dove questa istituzione è stata già abbondantemente sperimentata.
Il comma 5 dell'attuale articolo 3 recita: «La Commissione, quando verifica l'esistenza di comportamenti non conformi alle norme interne e internazionali in materia di diritti umani, richiede al soggetto interessato di agire in conformità, anche formulando specifiche raccomandazioni». In sostanza, a seguito dell'istruttoria, la Commissione adotta il suo provvedimento.
La nostra opinione è che, sulla scorta dei modelli che ho richiamato, sia fondamentale il tentativo di conciliazione. Infatti, se così non fosse, invece di utilizzare questa istituzione a favore di un componimento degli interessi che sono in gioco, nell'ottica della tutela degli importanti diritti che vengono garantiti, rischieremmo, come vedremo più avanti, di aumentare il contenzioso.
Ecco perché, a nome del gruppo di Alleanza nazionale, chiedo di votare a favore di questo emendamento.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Signor Presidente, il Comitato dei nove si è consultato e ha deciso di rivedere il proprio parere, esprimendo un parere favorevole sull'emendamento Contento 3.70. Infatti, lo spirito di questa Commissione è di lavorare per raccogliere i consensi, prevenire i problemi, risolvere i conflitti e, in ultima analisi, assumere le iniziative opportune per risolvere le questioni che riguardano la tutela dei diritti umani.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI MANCONI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Anche il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, desidero ringraziare la relatrice, onorevole Mascia, per avere espresso, modificando l'iniziale orientamento, parere favorevole sull'emendamento Contento 3.70. La ringrazio anche per le spiegazioni che ha fornito in materia di sanzioni amministrative, sebbene non siano risultate soddisfacenti. Invero, ci sembra che il richiamo ai poteri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni o a quelli dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato non calzi: l'istituendo Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale dovrà tutelare interessi in relazione ai quali non vi è la possibilità di applicare sanzioni così pesanti in tutti i casi, soprattutto con riferimento ai soggetti privati.
Mi pare, tuttavia, che l'opera della relatrice e lo spirito con il quale essa interviene siano del tutto commendevoli. Pertanto, voteremo a favore dell'emendamento Contento 3.70, prendendo atto con piacere del parere favorevole espresso dalla relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento 3.70, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 112

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 438
Astenuti 16
Maggioranza 220
Hanno votato
424
Hanno votato
no 14).

Prendo atto che il deputato Forlani non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.501 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 455
Astenuti 3
Maggioranza 228
Hanno votato
440
Hanno votato
no 15).

Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.501 della Commissione, risulta precluso l'emendamento Contento 3.71.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, mi rivolgo a lei per invitarla a rivedere la decisione assunta in relazione al mio emendamento 3.71.
L'emendamento della Commissione 3.501 sostituisce alle parole: «può rivolgersi» le seguenti: «si rivolge, ove ne ricorrano i presupposti»; tuttavia, o il mio emendamento 3.71 andava posto in votazione prima di quello della Commissione o il suo testo mantiene comunque valore, nel senso che è possibile coordinarlo con quello dell'emendamento testé approvato.
Per la verità, e concludo, la questione di fondo era - per noi - cercare di evitare di finire sempre davanti ai giudici (effetto prodotto, invece, dalla proposta che la maggioranza sostiene). Cosa accade se il provvedimento della Commissione non è accolto o se il comportamento del destinatario non è coerente? Quello che, purtroppo, stiamo consentendo con legge dello Stato: la Commissione si rivolgerà all'autorità giudiziaria competente! In altre parole, si andrà sempre davanti alla magistratura...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MANLIO CONTENTO. ... e ciò farà aumentare il contenzioso giurisdizionale!
Mi sembrava più corretto, signor Presidente, valutare meglio questo aspetto sottoponendolo all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.13 e Boscetto 3.14.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà (Commenti).

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento soppressivo del comma 8, noi riteniamo che la disposizione a tenore della quale «Se gli uffici sovraordinati decidono di provvedere in conformità alla richiesta della Commissione» - perché c'è stata un'inerzia - «l'attivazione del procedimento disciplinare a carico del dipendente al quale risulta attribuibile l'inerzia è obbligatoria», stabilisca una condizione che vincola fortissimamente l'amministrazione pubblica.
Sarebbe meglio prevedere, come mi pare sia accaduto in qualche altra parte del testo in esame, che il procedimento disciplinare possa essere attivato sussistendone i presupposti; cioè rendere obbligatorio Pag. 113un procedimento disciplinare e, quindi, obbligare un'amministrazione a metterlo in essere è qualcosa che non ci pare congruo e ci pare invece che sia la prima volta che una norma del genere venga ad essere inserita in un provvedimento come quello all'esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il comma 8 dell'articolo 3 della proposta di legge all'esame è davvero sorprendente e sorprende che provenga da chi vanta di avere una cultura partecipativa delle problematiche e delle vicende individuali dei lavoratori.
Ci sembra davvero discriminatoria per i lavoratori la previsione di un automatismo nell'attivazione del procedimento disciplinare, per un dipendente pubblico, magari anche per un'erronea comprensione del problema, e anche rispetto ad una norma e ad una Commissione che andiamo ad istituire, che è davvero bizzarra.
Sono davvero sconcertato che i colleghi della sinistra non comprendano come questa norma, per come è stata predisposta, sia davvero antimoderna, non a passo con i tempi e sicuramente non concepibile dal punto di vista dell'organizzazione amministrativa del nostro Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, vorrei fare una breve aggiunta a quanto hanno detto i colleghi, con cui concordo, per segnalare alla relatrice e all'intera Assemblea che si va ad introdurre una norma che mette nuovamente a soqquadro il nostro sistema giuridico; il fatto che si preveda in questa fattispecie l'attivazione obbligatoria di un procedimento disciplinare è qualcosa che rompe il sistema, che introduce una incertezza del diritto e non una certezza. In apparenza, infatti, mettere in moto per forza, obbligatoriamente, un procedimento disciplinare dovrebbe essere una forma di certezza; al contrario, la norma all'esame prevede una situazione in cui è il sistema ad essere messo a soqquadro, dove in situazioni simili avremo trattamenti diversi nelle varie fasi e nei vari uffici della pubblica amministrazione. È qualcosa su cui io, fossi in voi, colleghi della maggioranza, porrei la massima attenzione per le gravi conseguenze che ne potrebbero derivare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Presidente, dopo avere segnalato - visto che vi è stato un cortese scambio - al collega Contento che, come ha visto, il confronto parlamentare può ottenere risultati positivi, tutte le volte che è successo, vorrei dire qualcosa, recependo un altro stile, al collega Cirielli, che è un grande garantista e che poco fa ha accusato non di avere una opinione diversa - che sarebbe normale in Parlamento - ma di malafede i parlamentari che hanno redatto questo testo (che fra l'altro appartengono non solo alla maggioranza ma anche all'opposizione).
Io sento che, in altre sedi, si chiede l'azione disciplinare obbligatoria nei confronti dei magistrati, e invece, in questo caso, quando non c'è un automatismo, ma quando la pubblica amministrazione ometta di conformarsi alle decisioni, non presentando un dissenso motivato, (perché se presentasse un dissenso motivato non vi sarebbe alcuna azione disciplinare spiegando perché non è d'accordo con le posizioni della Commissione per i diritti umani), cioè, quando una burocrazia - per i magistrati sì, collega Cirielli, l'azione disciplinare obbligatoria -, di fronte ad una Commissione sui diritti umani che pone un problema, se ne disinteressa totalmente, non facendo Pag. 114nulla, non presentando neppure un dissenso motivato, a quel punto la Commissione non aziona il procedimento disciplinare, di cui non avrebbe il compito, ma si rivolge agli uffici sovraordinati a quelli originariamente interessati e quegli uffici riconoscono che aveva ragione la Commissione, che aveva sbagliato il sottoordinato a non fare nulla, a non presentare un dissenso motivato, dire che in questo caso l'azione disciplinare sia un atto non garantista, collega Cirielli, io non so, allora, che cosa intenda lei per «garantismo».
Io credo che siano assolutamente inconsistenti le obiezioni che sono state fatte, mentre in altri casi, al contrario, avevamo riconosciuto il fondamento dell'emendamento del collega Contento che abbiamo approvato tutti insieme, e per questo invito a votare contro gli emendamenti Benedetti Valentini 3.13 e Boscetto 3.14.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Benedetti Valentini 3.13 e Boscetto 3.14, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
194
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Volontè avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 3.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 446
Astenuti 3
Maggioranza 224
Hanno votato
200
Hanno votato
no 246).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento 3.72, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 441
Astenuti 23
Maggioranza 221
Hanno votato
191
Hanno votato
no 250).

Passiamo alla votazione dell'articolo 3. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, purtroppo gli interventi del mio gruppo hanno incontrato un atteggiamento di chiusura da parte della maggioranza, tranne in un caso per il quale ha prevalso il buon senso.
Si intende approvare un testo anche nel caso in cui non abbia le basi per reggersi, per funzionare; quindi, il mio gruppo, con dispiacere, è costretto a votare contro l'importante articolo 3. Infatti, come recita la sua rubrica, esso stabilisce i poteri di accertamento, di controllo e di denuncia della Commissione, cioè il suo mansionario. Purtroppo, Pag. 115tale articolo è concepito in modo tale che non potrà funzionare, oppure produrrà guasti superiori ai vantaggi.
Per questi motivi, il voto che esprimerà complessivamente il gruppo di Alleanza Nazionale sarà contrario all'articolo 3.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, dichiaro il voto contrario del mio gruppo nei confronti dell'articolo in oggetto. Ciò, anche perché sia la Commissione sia la maggioranza non hanno voluto affrontare in maniera positiva le proposte presentate dall'opposizione.
Voglio dire al collega Boato che la malafede politica la dimostra anche quando vuole dettare all'opposizione il comportamento da tenere. Purtroppo, siamo ancora in un regime democratico, quindi noi facciamo quello che riteniamo giusto; soprattutto, anche se le dispiace, le diciamo in Parlamento che lei sbaglia come ha sempre sbagliato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 431
Astenuti 25
Maggioranza 216
Hanno votato
280
Hanno votato
no 151).

Secondo quanto preannunciato per le vie brevi ai gruppi parlamentari, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 29 marzo 2007, alle 9:

1. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A).
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (366-1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Bimbi ed altri n. 1-00113, Gozi ed altri n. 1-00114, Elio Vito ed altri n. 1-00120, Maroni e Pini n. 1-00123, Volontè ed altri n. 1-00125, Zacchera e La Russa n. 1-00126 e D'Elia ed altri n. 1-00127 sul rilancio del processo costituzionale europeo e dell'azione dell'Unione europea.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Giovanardi ed altri n. 1-00112, Mura ed altri n. 1-00117, Meta ed altri n. 1-00118, Leone ed altri n. 1-00121, Maroni Pag. 116ed altri n. 1-00122 e Beltrandi e Villetti n. 1-00124 sulle iniziative per contrastare il fenomeno delle cosiddette «stragi del sabato sera».
(al termine delle votazioni)

5. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 19,40.

DOCUMENTAZIONE RICHIAMATA DAL DEPUTATO ANGELO ALESSANDRI IN SEDE DI DICHIARAZIONE DI VOTO SUGLI IDENTICI EMENDAMENTI BOATO 1.3 E COTA 1.2 RIFERITI AL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 648-A ED ABBINATE

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

Conclusa a Strasburgo il 5 novembre 1992; approvata dall'Assemblea federale il 25 settembre 1997; ratificata con strumenti depositati dalla Svizzera il 23 dicembre 1997; entrata in vigore per la Svizzera il 1o aprile 1998 (Stato 5 settembre 2006)

Preambolo
Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari della presente Carta,

considerato che il Consiglio d'Europa ha lo scopo di attuare un'unione più stretta fra i membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro comune patrimonio,
considerato che la protezione delle lingue regionali o minoritarie storiche dell'Europa, alcune delle quali rischiano di scomparire col passare del tempo, contribuisce a conservare e a sviluppare le tradizioni e la ricchezza culturali dell'Europa;
considerato che il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce un diritto imprescrittibile, conformemente ai principi contenuti nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite e conformemente allo spirito della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa,
tenuto conto del lavoro effettuato nell'ambito della CSCE, segnatamente dell'Atto finale di Helsinki del 1975 e del documento della riunione di Copenhagen del 1990;
sottolineato il valore dell'interculturalità e del plurilinguismo e considerato che il promovimento delle lingue regionali o minoritarie non dovrebbe avvenire a scapito delle lingue ufficiali e della necessità di apprenderle;
coscienti del fatto che la tutela e il promovimento delle lingue regionali o minoritarie nei diversi paesi e regioni d'Europa contribuiscano in modo considerevole a costruire un'Europa fondata sui principi della democrazia e della diversità culturale, nell'ambito della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale;
tenuto conto delle condizioni specifiche e delle tradizioni storiche proprie di ogni regione dei paesi d'Europa,
hanno convenuto quanto segue: (.......)

Campo d'applicazione il 23 giugno 2006.

Stati partecipanti:
(*) Armenia ratificata il 25 gennaio 2002 ed entrata in vigore il 1 o maggio 2002;
(*) Austria ratificata il 28 giugno 2001 ed entrata in vigore il l o ottobre 2001;
(*) Cipro ratificata il 26 agosto 2002 ed entrata in vigore il 1o dicembre 2002;
(*) Croazia ratificata il 5 novembre 1997 ed entrata in vigore il 1o marzo 1998;
(*) Danimarca ratificata l'8 settembre 2000 ed entrata in vigore il 1o gennaio 2001;Pag. 117
(*) Finlandia ratificata il 9 novembre 1994 ed entrata in vigore il 1o marzo1998;
(*) Germania ratificata il 16 settembre 1998 ed entrata in vigore il 1o gennaio 1999;
(*) Liechtenstein ratificata il 18 novembre 1997 ed entrata in vigore il 1o marzo1998;
(*) Lussemburgo ratificata il 22 giugno 2005 ed entrata in vigore il 1o ottobre 2005;
(*) Norvegia ratificata il 10 novembre 1993 ed entrata in vigore il 1o marzo 1998;
(*) Paesi Bassi (**) ratificata il 2 maggio 1996 ed entrata in vigore il 1o marzo 1998;
(*) Regno Unito (***) ratificata il 27 marzo 2001 ed entrata in vigore il 1o luglio 2001;
(*) Isola di Man ratificata il 23 aprile 2003 ed entrata in vigore il 23 aprile 2003;
(*) Serbia ratificata il 15 febbraio 2006 ed entrata in vigore il 1o giugno 2006;
(*) Slovacchia ratificata il 5 settembre 2001 ed entrata in vigore il 1o gennaio 2002;
(*) Slovenia ratificata il 4 ottobre 2000 ed entrata in vigore il 1o gennaio 2001;
(*) Spagna ratificata il 9 aprile 2001 ed entrata in vigore il 1o agosto2001;
(*) Svezia ratificata il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il 1o giugno 2000;
(*) Svizzera ratificata il 23 dicembre 1997 ed entrata in vigore il 1o aprile 1998;
(*) Ucraina ratificata il 19 settembre 2005 ed entrata in vigore il 1o gennaio 2006;
(*) Ungheria ratificata il 26 aprile 1995 ed entrata in vigore il 1o marzo 1998;

Riserve e dichiarazioni.
(*) Le riserve e le dichiarazioni non sono pubblicate nella RU, eccetto quelle della Svizzera. I testi, in francese e inglese, possono essere consultati sul sito internet del Consiglio d'Europa: http://conventions.coe.int oppure ottenuti presso la Direzione del diritto internazionale pubblico (DDIP), Sezione Trattati internazionali, 3003 Berna.
(**) Per il Regno in Europa.
(***) La Carta vale per la Gran Bretagna e l'Irlanda del Nord.

Riserve e dichiarazioni.
Svizzera. Il Consiglio federale svizzero dichiara, conformemente all'articolo 3 paragrafo 1 della Carta, che il romancio e l'italiano sono in Svizzera le lingue ufficiali meno diffuse alle quali si applicano i paragrafi seguenti, scelti conformemente all'articolo 2 paragrafo 2 della Carta: (......).

***

Le lingue minoritarie parlate nel territorio dello Stato italiano Proposte per una politica di Plurilinguismo Integrale - A cura di: Dr. Roberto Bolognesi Università di Groningen (Paesi Bassi) - Matteo Incerti Giornalista pubblicista.

Introduzione:
Nelle proposte che qui presentiamo, ci siamo prefissi l'obiettivo di indicare, in base a criteri il più possibile tecnici, le lingue minoritarie presenti nel territorio dello Stato italiano.
Comunque, rispetto al problema della distinzione fra lingue e dialetti, è importante precisare da subito che una simile distinzione è, oltre certi limiti, tecnicamente impossibile, oltreché politicamente pretestuosa. Citiamo in proposito le parole di Guido Barbina: «Tralasciamo, perché puramente accademico e a volte fuorviante il pretestuoso problema della differenziazione fra lingua e dialetto: una simile distinzione, peraltro impossibile, non ci porterebbe certamente a chiarire il problema di una corretta classificazione dei casi di difformità linguistica italiani».
Al contrario del convincimento diffuso fra i profani, quando un linguista parla del Pag. 118«dialetto X della lingua Y», non sta descrivendo un rapporto fra due entità linguistiche collegate gerarchicamente, ma sta solo cercando di risparmiare le molte parole che gli occorrerebbero per ripetere che si sta riferendo ad un certo sistema linguistico X, il quale per comodità si può indicare come varietà socialmente e/o geograficamente delimitata di una famiglia di idiomi sufficientemente omogenea da poter essere indicata, sempre per comodità, come lingua Y.
Da un punto di vista strettamente tecnico, in effetti, il dialetto X si può altrettanto giustificatamente definire come lingua in quanto sufficientemente definito e circoscritto, mentre la lingua Y andrebbe più giustamente definita come famiglia di dialetti Y.
Queste definizioni, però, non tengono conto del fatto che nessuna lingua, neppure la parlata di in un piccolo villaggio di montagna, costituisce un sistema interamente omogeneo: i giovani parlano in un modo almeno leggermente diverso dagli anziani, e così le donne rispetto agli uomini, e così pure le diverse classi sociali tendono a differenziarsi linguisticamente. Questa situazione già molto fluida anche a livello strettamente locale si complica enormemente quando si prendono in considerazione i diversi dialetti, cioè quelle varietà della lingua che vengono usate in territori distinti. Tenendo conto di questa realtà, quindi, anche la somma di tutti queste parlate locali e sociali si può altrettanto giustificatamente definire come lingua: una famiglia di dialetti che condividono una serie di caratteristiche, escludendone invece altre. La decisione di quali siano le caratteristiche che distinguono una lingua dall'altra è comunque sempre almeno in parte arbitraria, perchè le lingue appartengono a loro volta a famiglie linguistiche formate da lingue simili, spesso confinanti e aventi un'origine comune. Nella pratica succede spesso che per comodità si usino definizioni geografiche di lingue e dialetti, anziché strettamente linguistiche. Tecnicamente, perciò, i termini lingua e dialetto sono, se non perfettamente equivalenti, certamente interscambiabili e il loro uso non implica nessuna precisa distinzione genetica e/o gerarchica. Meno che mai viene sottinteso un giudizio di valore.
Quando usa il termine dialetto, perciò, un linguista non fa altro che avvertire il lettore o l'ascoltatore che sta restringendo la sua attenzione ad una serie limitata di fenomeni linguistici che sono presenti in una data varietà (poco o punto conosciuta), e assenti dalle varietà strettamente collegate della stessa lingua (invece già nota). Per esempio, definendo il sestese come dialetto campidanese meridionale del sardo, si fornisce immediatamente una serie di informazioni sull'altrimenti indefinita lingua parlata nel villaggio di Sestu (provincia di Cagliari).
L'uso dei termini lingua e dialetto che invece si fa in politica implica un rapporto gerarchico fra le due entità e un giudizio di valore: la lingua sarebbe qualcosa di superiore al dialetto; il dialetto una forma degenerata, o comunque inferiore, della lingua. Quest'uso linguisticamente infondato dei due termini è il risultato di una scelta politica molto comune che restringe l'uso del termine (titolo onorifico, verrebbe da dire) lingua alla lingua ufficiale dello Stato, applicando agli altri idiomi la qualifica di dialetti. Il linguista norvegese Einar Haugen ha provocatoriamente illustrato questa distinzione pseudo-linguistica con le seguenti parole: «Una lingua è un dialetto con alle spalle un esercito e una flotta».
In termini leggermente più neutri possiamo dire che in politica solitamente si concede la dignità di lingua agli idiomi di chi dispone di mezzi di pressione sufficienti a farsi riconoscere come comunità etnico-linguistica distinta da quella maggioritaria, Una volta ottenuto lo status di lingua (e i relativi finanziamenti), anche gli idiomi minoritari possono venire dotati di tutti quegli strumenti, esterni ai sistemi linguistici stessi, che caratterizzano le lingue ufficiali degli stati: una norma standard, grammatiche e dizionari redatti in modo professionale, l'insegnamento nelle scuole, lo sviluppo di testi prestigiosi, l'uso in occasioni e documenti ufficiali.Pag. 119
Contrariamente a quanto si pensa normalmente, questi strumenti sono la conseguenza, e non la causa, dello status ufficiale di una lingua. I dialetti ne sono privi unicamente a causa della debolezza politica e/o economica delle comunità linguistiche in cui vengono parlati.
Nel preparare questo documento sulle diverse lingue minoritarie parlate oggi nel territorio dello Stato italiano, abbiamo rifiutato la distinzione pseudo-linguistica fra lingue e dialetti. Abbiamo invece suddiviso i diversi idiomi in due gruppi, in base alla loro posizione politica: da un lato, quelli la cui diversità e specificità rispetto all'italiano vengono già riconosciute a livello internazionale e sono in via di riconoscimento da parte dello Stato italiano, e dall'altro quelli che ancora oggi vengono totalmente negati e discriminati da parte dello Stato, ma che a livello regionale e anche da parte di studi internazionali vengono riconosciuti come lingue, cioè come sistemi linguistici ben distinti dall'italiano.
In pratica, dalla nostra analisi risulta che tutti i cosiddetti dialetti italiani sono lingue distinte, e non dialetti dell'italiano. Fatta eccezione per il toscano e il romanesco, i cosiddetti dialetti italiani sono tutti lingue che si sono sviluppate in modo autonomo e diverso rispetto al fiorentino che ha costituito la base per l'italiano standard: il piemontese e il napoletano, per esempio, non meno che il sardo e il friulano.

1. Le Lingue in via di riconoscimento da parte dello Stato italiano.

Nella realtà politica italiana l'uso spregiudicato delle arbitrarie definizioni di lingua e dialetto è servito finora ad aggirare l'articolo XX della Costituzione che prevede la tutela delle minoranze linguistiche. I diritti linguistici delle minoranze sono finora stati elusi etichettando come dialetti, anziché come lingue, tutti gli idiomi minoritari che non godono della tutela di uno stato confinante dell'Italia: in pratica, tutte le lingue minoritarie meno il francese, il tedesco e lo sloveno, la cui tutela è stata garantita da trattati internazionali.
Oggi, per fortuna, l'atteggiamento verso le minoranze etnico linguistiche sta cambiando anche in Italia. La Camera dei deputati ha approvato un provvedimento (n. 196), che aspetta ora l'approvazione del Senato (n. 3336), riguardo alla valorizzazione di un primo gruppo di lingue regionali e minoranze etnico-linguistiche. Questa legge costituisce un passo importante per le lingue riconosciute e prevede l'introduzione del bilinguismo nelle istituzioni e nel sistema educativo, ma discrimina ancora altre lingue regionali, arbitrariamente escluse dal provvedimento. Nel testo originale del provvedimento esisteva un articolo della legge, n. 169, che prevedeva un futuro allargamento delle lingue riconosciute dando di fatto potestà legislativa in materia alle regioni e non più allo Stato. Ma l'azione politica dei deputati di Alleanza Nazionale, che ha trovato su questo punto la convergenza di deputati dell'opposizione di centrodestra ed anche di ampi settori della maggioranza di centrosinistra, ha fatto sì che questo articolo della legge fosse eliminato dal testo definitivo.
Rispetto a questo punto, riteniamo molto grave la decisione negare alle regioni il diritto ad autodefinirsi come rappresentanti legittime delle minoranze etnico-linguistiche del proprio territorio. E stato adottato invece ancora una volta il principio della ragion di Stato, per cui è la maggioranza a disporre a proprio piacimento dei diritti delle minoranze. Per negare i diritti delle minoranze, pur riconosciuti dalla Costituzione, è ancora sufficiente per la maggioranza negare l'esistenza di queste: in pratica basta continuare a definire le lingue minoritarie come dialetti.
Come esempio dell'arbitrarietà di questa situazione valga il caso del sardo: fino al 1995 il governo italiano parlava di dialetti sardi, negandone la dignità linguistica, due anni dopo veniva approvata dal Governo la legge regionale n. 26/97 sulla lingua sarda. Linguisticamente in Sardegna Pag. 120non era cambiato nulla, ma in Italia era cambiata la maggioranza di Governo.

Le Comunità Etnico-Linguistiche riconosciute dalla legge n. 169.
Albanesi - 98.000 persone che vivono nelle regioni meridionali e precisamente in Calabria, Sicilia, Puglia e Abruzzo;
Sud Tirolesi - 290.000 persone che vivono nella Provincia Autonoma di Bozen-Bolzano (65,43 per cento della popolazione residente in Sud Tirolo). Queste persone parlano il tedesco;
Carinziani - 2.000 persone che vivono nella Provincia di Udine in Friuli (0,38 per cento della popolazione locale della Provincia di Udine);
Camici - 1. 400 persone che vivono in Provincia di Belluno nel Veneto (0,66 per cento della popolazione locale della Provincia di Belluno);
Catalani - 18.000 persone che vivono nella città di Alghero in Sardegna, che hanno origini catalane e parlano il catalano;
Croati - 2. 600 persone che vivono nella Regione del Molise (0,79 per cento della popolazione residente in quella Regione);
Franco-Provenzali-Valle d'Aosta - Circa 90.000 persone che vivono nella Regione Autonoma della Valle d'Aosta ed in Piemonte. Le comunità più numerose vivono nella città di Aosta (60 per cento della popolazione residente) e a Torino (0,89 per cento della popolazione cittadina);
Francofoni della Valle d'Aosta - 20.000 persone in Valle d'Aosta (17,33 per cento della popolazione residente nella Regione Autonoma della Valle d'Aosta);
Friulani - 526.000 persone che vivono nella Regione Autonoma del Friuli. Questo gruppo etnico rappresenta il 56,32 per cento della popolazione residente in Friuli. La Regione Friuli ha una propria legge per la valorizzazione della Lingua Friulana e diverse amministrazioni locali, tra le quali quella di Udine, hanno approvato con la sola contrarietà o astensione dei gruppi dei CCD del Friuli (democristiani conservatori) e di Alleanza Nazionale, iniziative che attuano il bilinguismo;
Greci - 20.000 persone che vivono nella Provincia di Reggio Calabria (0,89 per cento della popolazione residente) e nella Provincia di Lecco, Puglia (1,88 per cento della popolazione della provincia di Lecce);
Ladini - 55.000 persone che vivono tra il Trentino,il Sud Tirolo e la Provincia di Belluno, nel Veneto. I Ladini rappresentano in provincia di Bolzano il 4,19 per cento della popolazione locale, in Provincia di Trento 1'1,69 per cento e in Provincia di Belluno il 10 per cento. Per le elezioni che si svolgono nel Trentino-Sud Tirolo esiste una speciale normativa approvata nel 1998 che assegna al gruppo Etnico Ladino una propria rappresentanza politica elettiva;
Occitani - 178.000 persone, delle quali 50.000 circa parlano regolarmente la lingua occitana. Gli Occitani sono residenti nella Provincia di Cuneo, nella Regione Piemonte (4,19 per cento della popolazione residente), nella provincia di Torino e in quella di Imperia, Liguria. A livello culturale, il mondo occitano negli ultimi anni sta vivendo una «nuova primavera» con iniziative, concerti, pubblicazioni.
Questi progetti vengono realizzati anche con l'aiuto di fondi comunitari;
Sardi - 1.269.000 persone che vivono e risiedono nella Regione Autonoma della Sardegna e rappresentano il 77,48 per cento della popolazione dell'Isola. La Regione Sardegna sta attuando, negli ultimi anni, diversi piani per sviluppo di una forma standard scritta, tutelando al tempo stesso tutte le varianti locali della Lingua Sarda. Progetti per l'insegnamento del Sardo sono avviati dalle Province e da diversi Comuni;
Sloveni - Circa 70.000 persone che vivono nella città di Trieste (9,6 per cento Pag. 121della popolazione) nella provincia di Gorizia (8 per cento della popolazione) e di Udine (3 per cento della popolazione);
Walser, Cimbri, Mocheni - La valorizzazione di questi gruppi etnolinguistici germanici avviene tramite la protezione del gruppo etnico Germanico residente nel Sud Tirolo, nonostante queste Comunità non siano residenti su quel territorio. I Walser risiedono in Valle d'Aosta e Piemonte nelle Provincie di Vercelli e Novara, i Cimbri in Veneto (Verona e Vicenza) e Trentino (Trento) e i Mocheni nella Provincia autonoma di Trento.

(*) Valorizzazione linguistica e culturale delle Comunità Zingare di Sinti e Rom.

In un primo tempo diverse proposte di legge prevedevano la valorizzazione anche dei 130.000 cittadini di etnia Rom e Sinti. Successivamente la legge è stata modificata perché la maggioranza dei deputati del Parlamento italiano non ha ritenuto che sussistessero le condizioni per il riconoscimento, in quanto mancava un riferimento di questa cultura ad un territorio specifico. Seguendo le proprie tradizioni, infatti, le Comunità Zingare non sono stanziali, ma prevalentemente nomadi.

2. Le lingue discriminate dallo Stato italiano

Veneto
La Lingua Veneta, parlata nella Regione Veneto è tra quelle discriminate e «tagliate» da parte dallo Stato italiano, che la classifica erroneamente come un dialetto dell'italiano.
Secondo una ricerca del 1998 dell'Istat (l'Istituto Statistico italiano), anziché usare l'italiano, il 52 per cento degli abitanti del Veneto parla principalmente la lingua regionale, che per mille anni fu la lingua ufficiale della Serenissima Repubblica di Venezia.
Nel marzo 1995 la Giunta Regionale del Veneto, su iniziativa dell'allora assessore Ettore Beggiato (oggi consigliere regionale di Veneti d'Europa), pubblicò un «Manuale della Grafia Veneta Unitaria». Diverse amminstrazioni comunali del Veneto hanno poi adottato il bilinguismo veneto-italiano nei propri atti. Nelle ultime legislature della Regione Veneto, sono state presentate da più gruppi, svariate iniziative a sostegno della lingua veneta e una mozione per il suo riconoscimento è stata presentata il 20. 5. 1998, con Ettore Beggiato come primo firmatario. Una variante della Lingua Veneta, il Talian, parlato da centinaia di migliaia di discendenti di immigrati veneti in Brasile, è stata decretata, per una settimana, lingua ufficiale in Serafina Correa, Stato del Rio Grande do Sol, Brasile. La Lingua Veneta viene classificata lingua nettamente distinta dall'italiano standard in diversi studi internazionali come l'Unesco Red Book of Endangered Languages (1993-1996) del professor Tapani Salminen - Università di Helsinky e l'Ethnologue, Languages of the World, 13ma Edizione, pubblicato negli Stati Uniti d'America dal Summer Institute of Linguistica.
Il Veneto costituisce uno degli esempi più chiari della malafede di chi pretende di discriminare i dialetti sulla base della loro pretesa inferiorità: la lingua madre di diverse importanti personalità del passato, come l'esploratore Marco Polo o lo scrittore Carlo Goldoni, non era certo l'italiano-standard ma il Veneto.

Piemontese.

Questa lingua parlata in Piemonte è di natura gallo-romanza.
Lo Stato italiano invece la relega al rango di «dialetto» (da intendersi forma corrotta) dell'italiano. Questo nonostante esista un documento del Consiglio d'Europa (doc. 4745/12.10.81) che riconosce il Piemontese come lingua distinta, mentre una legge del Consiglio Regionale del Piemonte (n. 37/97, primo firmatario Roberto Rosso) riconosce questo idioma a livello regionale, prevedendo anche l'istruzione facoltative nelle scuole.Pag. 122
Lo Stato italiano non ha ritenuto valorizzare e riconoscere il Piemontese tra le Lingue Regionali e Minoritarie legalmente riconosciute. Contro questa decisione, sia il Presidente del Governo Regionale del Piemonte Enzo Ghigo (lettera del 26.5.1998) che il Consiglio Regionale del Piemonte praticamente all'unanimità con 35 consiglieri su 36, astenuta Rifondazione Comunista (risoluzione del 12.10.99) hanno protestato ufficialmente con il Governo.
A livello regionale esiste ora una Consulta per la Lingua Piemontese, che riunisce oltre venti associazioni culturali che si occupano del recupero e della formazione dei quadri scolastici per il futuro insegnamento nelle scuole. Il mancato riconoscimento da parte dello Stato italiano, impedisce però una azione più incisiva da parte dei Comuni e delle Comunità anche in campo internazionale.
Il primo documento storico ritrovato in lingua piemontese risale al XII Secolo ed è il Sermon Subalpengh, un documento di carattere religioso che si scaglia contro episodi di corruzione nelle gerarchie della Chiesa Cattolica.
Studi come l'Unesco Red Book of Endangered Languages del professor Salminen, The Ethnlogue e l'Istituto Linguistico Scozzese dell'Isola di Sky Sabhal Mor Outaig, classificano il Piemontese come una lingua vera e propria separata dall'italiano.
Sul piano culturale, il Piemonte e la sua lingua e cultura da anni partecipano regolarmente attraverso associazioni culturali, al Festival Interceltico di Loriant.

Emiliano e Romagnolo.

La Lingua Emiliana e quella Romagnola, parlate nella Regione Emilia e Romagna, sono anche esse classificate dallo Stato italiano dialetti (semplici varietà) dell'italiano-toscano, quindi non suscettibili di riconoscimento come lingue distinte.
Anche questo è un falso di Stato. Lo dimostra il fatto che l'Unesco Red Book for Endangered Languages del professor Tapani Salminen (che è anche membro della Commissione dell'Unesco che si dedica di Lingue Regionali e Minoritarie) riconosce l'Emiliano come Lingua Gallo-Romanza e non italo-romanza. Fra l'altro la lingua viene parlata pure nello Stato di San Marino.
Lo stesso riconoscimento viene dall'Ethnologue che parla dell'Emiliano e del Romagnolo come «structurally separated language from Italian», («Lingua strutturalmente separata dall'italiano»). Per il Romagnolo in particolare, un altro importante riconoscimento da: Meic Stevens che lo indica come idioma distinto dall'italiano e facente parte della sottofamiglia emiliano-romagnola.
A livello amministrativo regionale, la Regione Emilia e Romagna nel 1994 ha emanato una legge che pur denominando queste lingue «dialetti» (legge n. 45 del 7.11.1994 Tutela e valorizzazione dei dialetti dell'Emilia e Romagna) prevede anche la possibilità di finanziare iniziative scolastiche.
A parte un primo finanziamento nel 1995, in questi ultimi anni la legge non è stata utilizzata e promossa a dovere dalle amministrazioni della Regione Emilia e Romagna.
Data la distinzione pseudo-linguistica operata dallo Stato italiano, però, il termine «dialetti», introdotto nel testo della legge regionale, impedisce un ulteriore passo avanti verso un riconoscimento ufficiale.
Una delle obiezioni che vengono mosse contro il riconoscimento dell'Emiliano è che esistono diverse varianti (dialetti) e non una lingua standard scritta. Chi muove questa obiezione confonde la causa con l'effetto: tutte le lingue non standardizzate mancano, appunto, di una forma standard. Questa arriva, appunto, in seguito ad un riconoscimento ufficiale che rende possibile e necessario lo sviluppo di uno standard.
Il sardo, per esempio, già riconosciuto da anni a livello europeo ed in via di riconoscimento a livello ufficiale italiano, non ha ancora una forma scritta standardizzata Pag. 123e presenta invece molte varianti locali: esattamente come tutte le lingue che non hanno ancora subito l'azione livellatrice e omologatrice di una politica linguistica centralizzata.
E la stessa situazione dell'Emiliano o di altre lingue regionali ancora non riconosciute ufficialmente e relegate, dal punto di vista legislativo e psicologico, nel ghetto di Stato dei «dialetti».
Anche se non esiste una lingua standard, gli emiliani quando parlando nella loro variante locale possono capirsi a vicenda senza grandi problemi.
Nella Regione Emilia e Romagna in questi anni si è notato un rifiorire di iniziative musicali ed anche culturali che hanno come tema le parlate di questa Regione. Esistono anche gruppi musicali di giovani.
Riguardo all'insegnamento scolastico, purtroppo non ancora diffuso, è da segnalare un positivo esperimento, fatto nel 1979-80 dal direttore didattico Gastone Tamagnini, presso la Scuola Media Statale «M. Buonarotti» di Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia. In questo intervento sperimentale, agli alunni fu insegnato per due mesi la cultura e lingua del posto. Esperimenti altrettanto positivi dell'utilizzo della Lingua Romagnola nelle Scuole sono stati avviati nella Scuola Elementare «Martiri Fantini» di Cervia (Ravenna) dalle professoresse Claudia Benedetti e Fabiana Giunchi. A livello televisivo, trasmissioni quotidiane in lingua emiliana nella variante reggiana e bolognese vengono trasmesse da due emittenti locali private Teletri colore (L'Almanacco di Auro Franzoni) e da Sesta Rete (Notiziari Bulgnais).
Il dizionario tascabile di Lingua Bolognese/Emiliana di Luigi Lepri e Daniele Vitali, pubblicato nel 1999 a dalla casa editrice Vallardi ha venduto in poche settimana diverse migliaia di copie, e ora è pronta una seconda ristampa. Un successo che la dice lunga sull'interesse dei cittadini/pubblico sulla riscoperta e la valorizzazione proiettata nel futuro delle proprie radici.

Lombardo.

L'Unesco Red Book of Endangerd Languages riconosce anche al Lombardo lo status di lingua, appartenente al ceppo gallo-romanzo. Ed è il Lombardo, e non l'italiano-toscano, che viene parlato da oltre 300. 000 persone in Canton Ticino (Svizzera) e anche in alcune vallate del Trentino, confinanti con la Lombardia, secondo lo studio dell'Unesco ed 1'Etnologue.
In generale tutte le parlate lombarde «sono molto differenti dall'italiano standard» e secondo lo studio di Ethnologue «i parlanti possono essere senza problemi bilingui». Nel Canton Ticino, le amministrazioni locali del Cantone da tempo attuano una politica di valorizzazione della parlata lombarda che purtroppo, non viene emulata dalla Regione Lombardia.
Quest'anno, il 26-27 marzo presso l'Università degli Studi di Pavia si è svolto un importante convegno su «Archivi culturali, oralità e scrittura». Franco Lurà del Centro per il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana -VSI) e Giovanni Bonfandini dell'Università di Milano hanno proposto nel loro intervento («Problemi concernenti la costituzione di un archivio integrato scritto e orale dei dialetti lombardi») la creazione di un Archivio delle parlate lombardofone.
Su Internet sono presenti diverse iniziative di privati ed associazioni in favore del Lombardo nelle sue varianti linguistiche.

Ligure.

Il ligure, classificato come lingua gallo-romanza dall'Unesco Red Book for Endangered Languages, da The Ethnologue e dall'università Sahhal Mor Outaig, è parlato in una sua variante (il Monegasco) anche nel Principato di Monaco e nei territori francesi confinanti con la Liguria.
A livello privato, con associazioni culturali e gruppi musicali, sono presenti diverse iniziative per il recupero di questa lingua, a cui manca oggi una forma standard Pag. 124scritta. A livello amministrativo, il Comune di Alassio tre anni fa ha rinominato la toponomastica nella lingua ligure attuando una politica bilinguistica.
Questo è stato fatto sfidando i divieti legislativi dello Stato italiano che risalgono a norme emanate durante il regime fascista. Anche il ligure è considerato dallo Stato Italiano un «dialetto» e non una lingua regionale, e in quanto tale viene discriminato.

Siciliano.

La Sicilia, che dal 1946 gode di un proprio Statuto di Autonomia, mai applicato fino in fondo dai politici Siciliani che l'hanno governata sino ad oggi, è l'unica Regione a Statuto Speciale che non si vede riconosciuta la propria lingua. Sia l'Unesco Red Book che Ethnologue e molti altri studiosi affermano che il siciliano è una lingua distinta dall'italiano.
Secondo lo Studio del Centro Ethnologue di Dallas, «il Siciliano è differente dall'Italiano standard in modo sufficiente per essere considerato una lingua separata»,«è inoltre una lingua ancora molto utilizzata e si può parlare di parlanti bilingui» in siciliano e italiano standard.
Se a livello culturale esiste ancora oggi una fiorente attività che ruota sul siciliano, a livello politico mancano ancora forti segni di rilancio della battaglia per la valorizzazione della lingua siciliana. La rinascita in questi ultimi anni di movimenti politici sicilianisti come Noi Siciliani o il Partito Siciliano d'Azione potrebbe però riportare in auge questa tematica.

Napoletano e lingue regionali meridionali.

Anche il Napoletano e le lingue italo-meridionali, secondo l'Unesco sono da considerarsi lingue separate dall'italiano standard (Toscano) e non dialetti di questo. L'attività di valorizzazione è portata avanti principalmente da associazioni culturali e gruppi musicali. Sono presenti anche siti Internet in lingua napoletana. Anche la lingua napoletana e le altre parlate meridionali, soffrono il fatto di essere state confinate dalla cultura ufficale italiana nel «ghetto» dei dialetti.
Come il veneto, anche il napoletano può fra l'altro vantare un'illustre tradizione letteraria.

Lo studio dell'Unesco Red Book of Endangered Languages.

In questo documento è stato citato più volte lo studio Unesco Red Book of Endangered Languages: Europe stilato per conto dell'Unesco dal linguista finlandese Tapani Salminen (Università di Helsinky) tra il 1993 ed il 1996. Salminen fa parte della Commissione dell'Unesco Lingue Regionali e Minoritarie. Questa la classificazione del patrimonio linguistico dello Stato italiano secondo questo studio internazionale.

Lingue Gallo-Romanze: franco-provenzale, piemontese, ligure, lombardo, emiliano, veneto (altri linguisti fra cui Carlo Tagliavini, riconoscono il veneto come lingua derivante da un substrato venedico, forse non indoeuropeo).

Lingue Reto-Romanze: ladino e friulano.

Lingue Sarde: sardo, gallurese, sassarese.

Lingue Italo-Romanze: toscano e centrale (Italiano Standard), siciliano, italiano meridionale incluso il napoletano, italkian (la lingua delle comunità ebraiche ormai parlata da poche centinaia di persone). A riguardo delle parlate delle comunità ebraiche è interessante notare come in passato queste parlassero non l'italkian ma il giudeo-modenese,il giudeo-veneto, il giudeo-mantovano a seconda degli, stati e delle città preunitari in cui risiedevano.

Pag. 125

Lingue Occitano-Romanze: occitano e catalano.

Proposte operative per una politica basata sul pluralismo linguistico.

Questo è il quadro generale delle principali lingue regionali parlate oggi all'interno del territorio dello Stato italiano. Come si può vedere, questo quadro è più ampio rispetto a quello delle lingue che Io Stato italiano si appresta a riconoscere mediante la legge n.196. Questa legge è un importantissimo passo in avanti, ma non certamente è sufficiente per chi crede fino in fondo nel rispetto di tutte le identità, culture e lingue.
Come ovviare quindi a quelle discriminazioni di Stato ed evitare che siano le «maggioranze» centraliste e prettamente stataliste a decidere quali sono le lingue da valorizzare e quali invece quelle da relegare nel ghetto del «dialetto»? Come evitare che forme standard di lingue anche regionali, vengano imposte sulle varianti locali.
Ecco alcune proposte che possono essere applicate non solo nello Stato italiano:
a) La politica di riconoscimento e valorizzazione linguistica non deve essere decisa e gestita dai governi centrali e dagli Stati, ma dalle Regioni e da altri Enti Locali che siano espressione delle comunità locali. E così che le cosiddette «minoranze» potranno uscire dal ghetto minoritario, per diventare realmente comunità attive e riconosciute con gli stessi diritti delle «maggioranze» di Stato. Le istituzioni internazionali quindi devono prendere atto dei riconoscimenti attuati a livello Regionale e non quelli a livello Statale.
b) Avviare ed educare a una politica plurilinguistica e multiculturale. Una società multiculturale è realizzabile solo se Ia valorizzazione delle varie culture autoctone e delle comunità alloctone è reciproca. E questo può accadere solo se si parte dalla valorizzazione delle culture e lingue locali e regionali, per arrivare via via anche a quelle delle comunità alloctone residenti sul territorio e all'insegnamento delle lingue straniere per comuni.

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2 Nom. em. 1.2, II p. 475 290 185 146 53 237 73 Resp.
3 Nom. em. 1.4 454 415 39 208 41 374 72 Resp.
4 Nom. em. 1.3, 1.20 457 436 21 219 63 373 72 Resp.
5 Nom. odg 9/648/4 348 315 33 158 42 273 76 Resp.
6 Nom. odg 9/648/6 401 372 29 187 114 258 75 Resp.
7 Nom. odg 9/648/7 404 370 34 186 48 322 75 Resp.
8 Nom. odg 9/648/8 415 391 24 196 118 273 75 Resp.
9 Nom. odg 9/648/10 423 394 29 198 81 313 73 Resp.
10 Nom. odg 9/648/11 433 410 23 206 37 373 73 Resp.
11 Nom. odg 9/648/12 457 432 25 217 54 378 73 Resp.
12 Nom. odg 9/648/13 450 423 27 212 45 378 73 Resp.
13 Nom. odg 9/648/14 n.f. 461 434 27 218 43 391 72 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. odg 9/648/15 n.f. 473 451 22 226 81 370 72 Resp.
15 Nom. odg 9/648/16 464 447 17 224 104 343 72 Resp.
16 Nom. odg 9/648/17 463 443 20 222 94 349 72 Resp.
17 Nom. odg 9/648/20 460 440 20 221 55 385 71 Resp.
18 Nom. t.u. pdl cost 648-A-e ab-voto fin. 464 436 28 219 361 75 69 Appr.
19 Nom. t.u. pdl 626-A/R ed abb. - em. 3.1 450 361 89 181 42 319 69 Resp.
20 Nom. subem. 0.3.500.1 440 437 3 219 179 258 68 Resp.
21 Nom. em. 3.500 437 432 5 217 283 149 69 Appr.
22 Nom. em. 3.62 443 442 1 222 197 245 69 Resp.
23 Nom. em. 3.64 437 431 6 216 169 262 69 Resp.
24 Nom. em. 3.65 450 444 6 223 181 263 69 Resp.
25 Nom. em. 3.66 448 446 2 224 184 262 69 Resp.
26 Nom. em. 3.70 454 438 16 220 424 14 69 Appr.
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 31
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 3.501 458 455 3 228 440 15 69 Appr.
28 Nom. em. 3.13, 3.14 441 439 2 220 194 245 69 Resp.
29 Nom. em. 3.15 449 446 3 224 200 246 69 Resp.
30 Nom. em. 3.72 464 441 23 221 191 250 69 Resp.
31 Nom. articolo 3 456 431 25 216 280 151 69 Appr.