XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 134 di lunedì 26 marzo 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 16.

MARCO BOATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 marzo 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Azzolini, Bafile, Bersani, Bindi, Boco, Bonino, Cento, Chiti, Colucci, D'Antoni, Damiano, De Brasi, De Piccoli, Donadi, Duilio, Fiano, Fioroni, Forgione, Franceschini, Galante, Gentiloni Silveri, Gozi, Landolfi, Lanzillotta, Levi, Maroni, Melandri, Minniti, Morrone, Leoluca Orlando, Ottone, Parisi, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Ranieri, Rutelli, Santagata, Sgobio, Visco, Elio Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Gestione commissariale per l'emergenza nel settore del traffico e della mobilità nella città di Palermo - n. 2-00395)

PRESIDENTE. Il deputato Lomaglio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00395 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo costretti a ritornare su un argomento su cui in precedenza con altri colleghi (tra gli altri, ricordo in particolare il collega Franco Piro) già avevo ritenuto necessario interpellare il Governo su cosa stia accadendo in merito alle emergenze del traffico e dell'inquinamento atmosferico nella città di Palermo. In data 30 ottobre 2006 il Governo ha risposto ad una nostra interpellanza in cui si denunciava la gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico e si chiedeva la revoca dei poteri affidati al sindaco di Palermo Cammarata come commissario straordinario per l'emergenza traffico. Tale richiesta era avanzata in considerazione del fatto che i molteplici interventi infrastrutturali, dell'importo complessivo di circa 2 miliardi e 100 milioni di euro, finanziati in varie forme, compresa l'accensione di mutui da parte del ministero delle infrastrutture, erano rimasti in gran parte inattuati. A nostro parere infatti l'azione del commissario non ha prodotto alcun beneficio alla salute ed alle condizioni di vita dei cittadini palermitani. A questo proposito va detto che sono ormai numerose e quotidiane le proteste provenienti dai cittadini, dalle Pag. 2organizzazioni sindacali (tra cui in particolare quelle della polizia municipale cittadina), dal Movimento di difesa del cittadino, dalla Legambiente e da altre associazioni ambientaliste. Tali soggetti hanno denunciato una situazione vissuta anche drammaticamente a causa del rischio sempre più elevato dell'insorgenza di tumori e di malattie polmonari, considerate come malattie professionali dagli operatori della polizia municipale della città.
In risposta all'interpellanza il Governo ha evidenziato che secondo l'ordinanza della Presidente del Consiglio dei ministri n. 3255 del 2002 il precario assetto della mobilità costituisce la causa principale dell'elevato livello di inquinamento atmosferico ed acustico nelle città di Palermo. Per tali ragioni erano stati indicati dal commissario delegato Cammarata i settori di intervento ritenuti prioritari, inseriti in un cronoprogramma inviato al Dipartimento della protezione civile. In questa sede credo che sia opportuno ricordare quali fossero queste priorità individuate dal commissario, ovvero il piano integrato del trasporto pubblico di massa a guida vincolata, il programma urbano dei parcheggi, il completamento della maglia della viabilità principale e l'eliminazione di punti di criticità nella rete stradale.
Va ricordato che in quell'occasione il Governo - rispondendo alla nostra interpellanza, allora come in questo pomeriggio, nella persona del sottosegretario Naccarato -, aveva precisato che per l'attuazione di detti interventi il commissario delegato si era avvalso sia delle procedure ordinarie, curate dagli uffici dell'amministrazione comunale competenti nel settore del traffico e della mobilità, sia delle procedure straordinarie, utilizzando quindi i poteri derogatori di cui alla citata ordinanza n. 3255 del 2002.
Ritengo si debba sottolineare che, sempre in quell'occasione, il sottosegretario incaricato di rispondere all'interpellanza evidenziò come il ricorso alle procedure straordinarie sarebbe stato attivato solo al fine dello snellimento dei procedimenti amministrativi per l'attuazione di opere pubbliche, la cui realizzazione avrebbe dovuto permettere l'abbattimento degli elementi inquinanti. Ma già allora - almeno questa fu la mia sensazione - risultava evidente, anche al rappresentante del Governo che l'opera del commissario straordinario era stata del tutto insoddisfacente ed inefficace, tanto da indurre lo stesso sottosegretario ad impegnarsi in un'attenta vigilanza sui risultati ottenuti. In tal senso, vi fu un'esplicita sottolineatura di cui diedi atto al Governo e in maniera particolare al sottosegretario.
I poteri straordinari e derogatori, affidati al sindaco di Palermo con l'ordinanza n. 3255 del 2002, sono scaduti il 31 dicembre 2006. Risulta agli interpellanti che il Consiglio dei ministri abbia ritenuto che non sussistessero più le condizioni per la concessione della proroga; a tale proposito, e senza alcuna volontà di polemica, ho il dovere di citare il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Pecoraro Scanio, il quale, a mio avviso giustamente, opportunamente e comprensibilmente, ebbe a dichiarare, soltanto qualche mese fa, che «occorre uscire da questa logica dei poteri straordinari. Bastano i normali poteri di un sindaco per affrontare un'emergenza come questa» - quella, appunto, delle emergenze del traffico e dell'inquinamento atmosferico nella città di Palermo - «e per ridurre il traffico a tutela della salute dei cittadini. Né mi pare» - seguiva a dichiarare il ministro - «che la gestione commissariale a Palermo abbia prodotto particolari benefici». Quindi, si manifestò una condivisione rispetto al giudizio espresso da me, da altri interpellanti - e, in particolare, dall'onorevole Piro -, nonché da numerose associazioni ambientaliste e da comitati di cittadini che, anche a mezzo di denunce alla procura della Repubblica, espressero un giudizio diffuso nella città di Palermo. Un giudizio secondo il quale, pur con poteri molto ampi e risorse economiche ingenti, l'opera del sindaco di Palermo quale commissario straordinario sarebbe stata assolutamente inefficace e improduttiva ad eccezione dei campi indicati con la precedente interpellanza. Mi riferisco alla nomina di consulenti la cui opera e la cui Pag. 3efficacia lascio intendere alla comprensione dei cittadini di Palermo e di chi mi ascolta.
Abbiamo ora appreso dagli organi di informazione - ed è questo il senso della nuova interpellanza - che è stata predisposta (e credo sia stata pubblicata) dagli uffici della Protezione civile nazionale una nuova ordinanza; a tale atto, a quanto mi consta, ha già fatto seguito, dopo la data di presentazione dell'interpellanza, la formale intesa con il sindaco di Palermo e con il presidente della regione Cuffaro. Tale ordinanza mirerebbe - e in tal senso è diretta la nostra domanda - a confermare, fino al 31 dicembre 2007, il commissario delegato nella persona del sindaco di Palermo, con l'obiettivo di «superare definitivamente la situazione di criticità nel settore del traffico e della mobilità (...)»;
Onorevole Naccarato, voglio manifestare profondi dubbi sulla riconferma del commissario delegato: si tratta di una riconferma di poteri che avviene a pochi mesi dalla scadenza elettorale per il rinnovo dell'amministrazione comunale di Palermo e che appare in netta contraddizione con le evidenti incapacità dimostrate in tanti anni dal sindaco Cammarata. Le ragioni che hanno portato all'emanazione di questa ulteriore ordinanza mi appaiono e ci appaiono incomprensibili rispetto alle ragioni ed agli obiettivi che la motivano, se dovesse essere confermato che la nuova ordinanza verrebbe emanata ai sensi dell'articolo 5, commi 3 e 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, con l'affidamento al sindaco soltanto di poteri ordinari e non più straordinari e derogatori.
A questo punto, le nostre richieste sono chiare. Chiediamo di sapere se il Presidente del Consiglio, su proposta del responsabile della protezione civile, Guido Bertolaso, abbia deciso di emanare o abbia già emanato un'ordinanza di protezione civile che confermi, fino al 31 dicembre 2007, il sindaco quale commissario delegato per l'emergenza nel settore del traffico e della mobilità nella città di Palermo; quali siano le ragioni che hanno spinto il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del capo del Dipartimento della protezione civile, ad emanare il provvedimento; quali siano le caratteristiche e gli obiettivi di tale provvedimento. Nel caso in cui il sindaco di Palermo fosse stato confermato nelle funzioni di commissario delegato, intendiamo sapere quali siano i poteri affidati, nonché le risorse finanziarie ed economiche che allo stesso siano state assegnate o siano in via di assegnazione e quali siano esattamente le finalità.
Inoltre, vogliamo sapere quali risultati il Governo ritenga potranno essere raggiunti dal commissario delegato nei pochi mesi che mancano alla scadenza del nuovo commissariamento. Insisto nel ricordare che siamo vicini alla scadenza del mandato del sindaco di Palermo e prossimi alla competizione elettorale, mentre la scadenza della delega come commissario per l'emergenza del settore del traffico è prevista per il 31 dicembre 2007. Ricordo, inoltre, che i tempi per l'insediamento della nuova compagine amministrativa saranno tali, probabilmente, da determinare l'insediamento della nuova giunta del comune di Palermo intorno alla prossima estate.
Per queste ragioni chiediamo al rappresentante del Governo (ho piacere che sia il sottosegretario Naccarato) di fornire con la consueta puntualità e incisività le risposte alle nostre domande.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, com'è noto, lo stato di emergenza ambientale nella città di Palermo, proprio in relazione alla situazione del traffico e della mobilità, deliberato nel corso della seduta del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2002, non è attualmente più in vigore, non essendo stato ulteriormente prorogato alla sua naturale scadenza fissata per il 31 dicembre 2006.
Non risulta, peraltro, che l'eventualità di disporre o meno di una tale proroga sia Pag. 4stata oggetto di valutazione da parte del Consiglio dei ministri, né che lo stesso Consiglio si sia formalmente espresso nei termini di una non sussistenza delle condizioni per la concessione di un'ulteriore proroga.
In proposito, con nota del 31 ottobre 2006, il commissario delegato, sindaco della città di Palermo, nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3255 del 22 novembre 2002 relativa agli interventi urgenti di protezione civile ritenuti necessari al superamento dell'emergenza, ha rappresentato la necessità di prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2007, in modo da assicurare l'attuazione ed il completamento degli interventi e delle opere già programmate ed avviate con continuità e regolarità sotto la gestione commissariale.
Il Dipartimento della protezione civile, già con nota del 14 novembre 2006, aveva espressa al commissario delegato il proprio parere negativo in merito alla suddetta richiesta, tenuto conto dello stato di avanzamento di interventi in via di realizzazione, del considerevole periodo di tempo trascorso dalla data della prima dichiarazione dello stato di emergenza e, non ultimo, del fatto che le analoghe emergenze ambientali in atto nelle città di Catania e Venezia sono ormai concluse.
In alternativa, il predetto Dipartimento ha ritenuto opportuno proporre l'emanazione di un'ordinanza di protezione civile, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non derogatoria dell'ordinamento giuridico vigente.
Successivamente, il sindaco di Palermo ha ribadito l'esigenza improcrastinabile di ottenere la proroga dei poteri straordinari.
Il Dipartimento della protezione civile ha, quindi, ritenuto di dover rimettere ogni relativa valutazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, informandola delle motivazioni addotte con una nota del 13 dicembre 2006.
Considerate le valutazioni espresse in merito dalla Presidenza del Consiglio, propendenti per un'ordinanza non derogatoria e preso, altresì, atto delle esigenze rappresentate dal sindaco di Palermo, commissario delegato, relative all'opportunità di dar corso alle opere ancora in fase di realizzazione, miranti ad alleggerire la pressione del traffico, si è deciso, per la tutela del superiore interesse della collettività, di adottare la proposta di ordinanza così come formulata dal Dipartimento della protezione civile.
Pertanto, è stato predisposto uno schema di provvedimento che, lasciando l'incarico di commissario delegato al sindaco di Palermo fino al 31 dicembre 2007, assicuri la permanenza di un unico centro commissariale di approvazione delle ulteriori iniziative di completamento e disciplini le ulteriori fasi delle opere connesse da realizzare, assicurando ogni indispensabile celerità al prosieguo delle pertinenti attività procedurali - lo sottolineo - al sindaco di Palermo pro tempore.
In particolare, con quest'ultima ordinanza si autorizza il commissario delegato a continuare ad avvalersi della struttura commissariale di cui all'articolo 3 della precedente ordinanza n. 3255 del 2002, nonché della collaborazione degli uffici regionali, degli enti locali, anche territoriali, e delle amministrazioni periferiche dello Stato.
Inoltre, il provvedimento consente al commissario delegato, al fine di addivenire alla conclusione degli interventi e delle opere pubbliche già avviate, di utilizzare le risorse ad esso già assegnate o in via di assegnazione.
Infine, pur mancando i presupposti per una proroga dello stato di emergenza e riconoscendo la presenza di una diffusa situazione di crisi, suscettibile di determinare pregiudizi alla collettività interessata, ed al fine di non vanificare quanto finora realizzato, nel predetto schema di ordinanza è stata formalizzata la possibilità per il commissario delegato di utilizzare le procedure d'urgenza previste dall'ordinamento vigente per il completamento di opere da considerarsi di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.
Lo schema di provvedimento è stato inviato, per le relative valutazioni, al Presidente della regione siciliana che, in data 8 marzo 2007, ha sancito la prescritta Pag. 5intesa regionale, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998 e, contestualmente, l'ha inviata, per conoscenza, al sindaco di Palermo, a seguito di una precorsa corrispondenza in proposito.
Si fa presente che il predetto sindaco ha reso dichiarazioni agli organi di stampa in merito ad una presunta prosecuzione dei poteri commissariali straordinari, pur essendo perfettamente a conoscenza delle determinazioni assunte dal Governo e sopra illustrate.
Il Dipartimento della protezione civile, al fine di fugare qualsiasi dubbio su un presunto cambiamento di rotta del Governo rispetto a valutazioni che - si ribadisce - sono rimaste immutate nel corso del tempo, ha ritenuto di dover rappresentare immediatamente le proprie osservazioni in merito al contenuto dell'articolo di stampa, evidenziando, in particolare, che la bozza del provvedimento è semplicemente uno strumento normativo che, per facilitare il rientro alla gestione ordinaria del contesto critico relativo al traffico, consente al sindaco-commissario delegato di ultimare gli interventi già attivati, avvalendosi esclusivamente delle procedure acceleratorie previste dall'ordinamento giuridico vigente.
Infine, per quanto riguarda le risorse finanziarie destinate alla realizzazione degli interventi, si precisa che il Governo non ha stanziato risorse straordinarie per fronteggiare lo stato di emergenza dichiarato con il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2002, né risulta rispondente al vero la notizia di un finanziamento tramite mutui da parte del Ministero delle infrastrutture di 2 miliardi e 100 milioni di euro.

PRESIDENTE. Il deputato Lomaglio ha facoltà di replicare.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, vorrei intanto ringraziare il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, perché la sua risposta è stata chiara ed utile per comprendere ciò che è avvenuto.
Tuttavia, proprio perché la risposta è molto chiara, non posso dichiararmi soddisfatto della scelta fatta dal Governo, visto che, per le cose che sono state dette in quest'aula, appare evidente come questa ulteriore ordinanza abbia inserito elementi, a mio avviso anche preoccupanti, di ambiguità e di incertezza, tant'è che l'attuale sindaco di Palermo, Diego Cammarata, ha continuato - lo evidenziava il sottosegretario con chiarezza - a giocare sulla natura delle competenze a lui affidate, nonché sulle prerogative concesse, in una situazione, quindi, che non credo agevoli la soluzione dei problemi dell'inquinamento e la necessaria tutela della salute dei cittadini di Palermo.
Peraltro, prendo atto che il giudizio che la Protezione civile esprime nei confronti dell'opera del sindaco di Palermo è negativo. Se non ho ascoltato male le dichiarazioni del rappresentante del Governo, la ragione per cui si è ritenuto di non dover concedere i poteri straordinari e derogatori, che erano stati comunque ulteriormente richiesti dal sindaco Cammarata, era legata ad un giudizio di inefficacia dell'azione svolta dal commissario delegato in questi anni e al fatto che le iniziative che dovevano essere attivate solo in piccolissima parte sono state effettivamente realizzate o, perlomeno, avviate.
Alla luce di queste dichiarazioni non si comprende dunque il senso del mantenimento di una struttura commissariale quale quella descritta oggi dalla nota qui riportata dal sottosegretario, né quale sia l'utilità di una struttura commissariale affidata ad un commissario che - come io continuo a pensare - non ha fatto bene il proprio lavoro, anzi probabilmente lo ha fatto male, non raggiungendo gli obiettivi nonostante le risorse disponibili.
Rimango dell'opinione che altre avrebbero dovuto essere le scelte operate dal Governo, il quale in questo senso dovrebbe fare chiarezza ed esprimere anche un giudizio compiuto sul mancato raggiungimento degli obiettivi. In questo senso mi sarei aspettato - e lo chiedo formalmente anche oggi - il monitoraggio delle attività comunque avviate e il giudizio su di esse.Pag. 6
Tenuto conto che - come ricordava e chiosava opportunamente il sottosegretario Naccarato - quello di commissario delegato è un incarico affidato non ad personam bensì in considerazione del ruolo e della carica istituzionale ricoperta, e quindi non alla persona dell'attuale sindaco Cammarata ma al sindaco di Palermo in quanto tale, credo che, avendo scelto il Governo di mantenere con quell'ordinanza la struttura commissariale e affidare comunque il completamento delle opere - per ciò che ho compreso - al sindaco di Palermo, il sindaco che dovrà assolvere a tali iniziative non dovrebbe essere più Diego Cammarata. Spero fermamente, infatti, che un altro sindaco, e quindi un altro delegato, possa assolvere ai compiti per il cui svolgimento il sindaco Cammarata ha avuto a disposizione lunghi anni dando dimostrazione di non essere assolutamente capace di far fronte ad una emergenza pericolosa e dannosa per i cittadini di Palermo, che sta rischiando davvero di arrecare non solo un danno alla salute dei cittadini, ma anche un grave vulnus alla credibilità delle istituzioni in quella città.

(Iniziative per la messa in sicurezza della viabilità nel distretto apuano - n. 2-00406)

PRESIDENTE. Il deputato Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00406 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la ringrazio, così come ringrazio il sottosegretario ed i rappresentanti del Governo. Voglio brevemente ricordare il senso dell'interpellanza urgente. Nella notte fra il 27 ed il 28 febbraio, quasi un mese fa, una frana ha isolato cinque paesi montani del massese, quali Casania, Gronda, Guadine, Rediceti e Resceto. Si tratta di piccole realtà; stiamo parlando soltanto di 500 persone, ma che, a tutt'oggi, rimangono isolate. Esse debbono attraversare il fronte della frana a piedi, perché con i mezzi non è ancora possibile. La strada interrotta è l'unica via di collegamento tra questi paesi ed il capoluogo apuano. Come dicevo, gli abitanti isolati sono 500. Immediatamente sono partite le operazioni di soccorso, portate avanti dalla Protezione civile, dai Vigili del fuoco, dai volontari della Misericordia, della Croce Bianca, della Croce Rossa; circa 30 persone ancora oggi sono sotto la frana per assicurare un monitoraggio continuo.
Il movimento franoso di cui stiamo parlando, in verità, non è di grandi dimensioni. Eppure, è stato particolarmente pericoloso perché la frana si è fermata a soltanto 50 metri dalle case. Che la situazione fosse di pericolo lo stanno a dimostrare le reti metalliche di protezione apposte soltanto l'estate scorsa proprio a monte di questo paese. Tuttavia, soltanto 50 metri hanno impedito che ci potesse essere una tragedia.
Il versante interessato è quello dei Cesoni, all'appendice meridionale del monte Cipolla, vicino al torrente Renara. La frana ha interessato un tratto della via Alta Tambura, per una lunghezza di circa 80 metri lineari. La porzione del piede, dicono i tecnici, insiste a 60 metri dal paese di Guadine. Quest'ultimo è quello che ha rischiato di più; gli altri, in verità, non hanno corso alcun rischio, ma subiscono le stesse conseguenze del disagio, a causa dell'isolamento in cui sono costrette. Io ho portato e consegnerò poi a mano al sottosegretario le foto e anche i rilievi dell'incidente che si è determinato.
Con questa interpellanza intendo in primo luogo chiedere al Governo se sia a conoscenza di ciò che è successo quella notte e della situazione di disagio in cui versano i cittadini dell'intera area. Costoro, infatti, in questo momento sono privi dell'unica via di comunicazione che dava loro la possibilità di raggiungere i luoghi di lavoro e il centro. Soprattutto, c'è un problema di tranquillità psicologica perché la frana continua ad incombere e pertanto tutto il versante è in pericolo.
Intendo chiedere inoltre se il Governo non reputi opportuno adoperarsi per favorire un rapido ritorno alla condizione di Pag. 7normalità. Io, ancora sabato mattina, mi sono interessato presso gli uffici locali sia della Protezione civile, sia dell'amministrazione comunale di Massa, i quali mi hanno detto che forse tra una settimana - ma c'è ancora il punto interrogativo - si potrà porre termine a questo stato di disagio, almeno per quanto riguarda gli spostamenti.
Come ultima questione chiedo, infine, se si intenda riconoscere lo stato di calamità naturale e quali possano essere gli stanziamenti disponibili per il ripristino non solo della viabilità della strada, ma anche della messa in sicurezza del versante interessato dal movimento franoso.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Grazie, Presidente. In effetti, come ha già ricordato l'onorevole Evangelisti in questa interpellanza urgente, un movimento franoso si è verificato alle ore 0,15 del 28 febbraio 2007, in località Guadine, nel comune di Massa.
Tale dissesto, che è stato costantemente seguito dal centro funzionale del Dipartimento della protezione civile, è stato caratterizzato da una estensione di circa 20 metri, ed ha interessato la strada comunale di accesso alle frazioni montane di Guadine, Gronda e Redicesi, Casania e Resceto, isolando circa mille residenti.
In relazione alla dichiarazione dello stato di emergenza, ai sensi della legge n. 225 del 1992, si fa presente che non risulta pervenuta al Dipartimento della protezione civile alcuna istanza in merito da parte della regione Toscana che, invece, ha dichiarato lo stato di emergenza regionale (ai sensi dell'articolo 11, comma 2, lettera a), della legge regionale n. 67 del 2003), con decreto del Presidente della giunta regionale n. 38 del 5 marzo 2007.
Tutto ciò premesso, sulla base della documentazione agli atti e dalle informazioni ricevute dal Ufficio territoriale del Governo-Prefettura di Massa, è emerso che sono attualmente in corso i lavori di rimozione dei massi instabili e la messa in sicurezza del versante lungo il quale si è verificata la frana.
I lavori si protrarranno per circa 25 giorni, al termine del quale si valuterà la possibilità di rendere nuovamente percorribile la strada.
Attualmente il transito pedonale è reso possibile con l'accompagnamento, mentre il passaggio dei mezzi di soccorso si effettua attraverso un varco della larghezza di circa due metri, ricavato nei materiali franati che invadono la strada. Inoltre, sul posto è garantita 24 ore su 24 l'assistenza tecnica e sanitaria da parte del comune, dell'azienda sanitaria locale e da parte dei volontari.
Nel complesso quindi, pur permanendo una situazione di disagio per la popolazione, la fase critica dell'emergenza può considerarsi superata, anche se la riapertura della strada richiede dei tempi non quantificabili con esattezza.
In relazione all'aspetto idrogeologico, il territorio comunale di Massa ricade nell'ambito della Autorità di bacino regionale Toscana nord, che ha approvato il piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI) con decreto del Consiglio della regione Toscana n. 11 del 25 gennaio 2005.
Il piano ha individuato l'area in cui si è verificata la frana come «area di pericolosità geomorfologica molto elevata» (PFME), e l'ha sottoposta a vincoli e prescrizioni relative alla edificabilità.
Inoltre, il PAI, in considerazione degli scenari di pericolosità individuati, ha fornito elementi per la predisposizione dei piani di protezione civile, al fine di ridurre le condizioni di rischio cui è esposta la popolazione.
Pertanto, all'interno delle aree perimetrate con la sigla PFME, gli insediamenti, le infrastrutture, le opere pubbliche e private, nonché gli edifici sparsi, sono da considerarsi a rischio geomorfologico molto elevato e quindi gli enti competenti, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, provvedono a predisporre piani di emergenza contenenti le misure per la Pag. 8salvaguardia della incolumità delle popolazioni interessate (articolo 15 delle norme tecniche di attuazione).
A seguito dell'evento franoso verificatosi, l'Autorità di bacino regionale ha effettuato dei sopralluoghi e ha disposto uno studio integrativo a cura dell'università di Siena, per definire nel dettaglio il fenomeno ed individuare le linee di intervento per la messa in sicurezza dell'intero versante. In proposito, il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ha finanziato, dal 2002, quattro interventi nel comune di Massa, in diverse località, per complessivi 3.602.000 euro.
Per quanto riguarda il soccorso alle imprese agricole colpite dal movimento franoso, potranno essere attivati gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale a conclusione dei rilevamenti da parte degli organi tecnici della regione Toscana, territorialmente competente.
Attualmente, ancora nessuna richiesta formale di intervento è pervenuta al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Qualora pervenga la proposta regionale, si assicura che il predetto Ministero provvederà all'istruttoria di competenza per l'emissione del decreto di declaratoria, ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.
Infatti, il predetto decreto legislativo n. 102 prevede a favore delle aziende agricole danneggiate nella misura non inferiore al 30 per cento - 20 per cento se trattasi di zone svantaggiate - la concessione di contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria, prestiti ad ammortamenti quinquennali per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento e in quello successivo, la proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso, contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostruzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte. Inoltre, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole, possono essere adottate anche misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, con onere della spesa a carico del fondo di solidarietà nazionale.

PRESIDENTE. Il deputato Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Naccarato, che è stato molto preciso in alcune risposte; però, forse, è necessario chiarire almeno due punti. I tre milioni di euro a cui faceva riferimento lei, signor sottosegretario, non sono stati utilizzati per la messa in sicurezza del versante, ma per interventi nell'area del comune di Massa, a proposito della quale mi permetto di fare una piccola precisazione. L'area è composta da due parti, la parte pianeggiante, che si affaccia sul mare, e la parte retrostante, che è il versante montano. Insisto proprio sulla messa in sicurezza del versante montano, che sovrasta il paese di Guadine, perché qui vi è una situazione di costante pericolo, denunciata addirittura a partire dagli anni Cinquanta, sia per quelli che vi abitano che per i residenti nei paesi attigui.
Immagino che lei non conosca la zona, ma spero possa un giorno venire a farci visita per verificare come la valle sia caratterizzata da una sorta di biforcazione, proprio lì dove c'è il paese di Guadine; nell'altra valle, che confluisce nel punto in cui c'è stata la frana di cui parliamo, nel 1983 si è verificato un tragico evento, con le stesse caratteristiche: una piccola frana - stiamo parlando della stessa consistenza morfologica - ha distrutto un'intera famiglia (cinque persone). In quell'occasione, la frana rovinò direttamente nel centro del paese di Forno.
A partire da allora, sembrò che un percorso per la messa in sicurezza del versante potesse essere iniziato, con l'adozione di provvedimenti responsabili, mirati a debellare ulteriori episodi disastrosi. In verità, qualcosa è stato fatto, a seguito anche di precise segnalazioni giunte alle amministrazioni comunali da parte degli esperti, dei geologi e degli stessi abitanti Pag. 9del posto. Sono state stese delle reti metalliche proprio questa estate - fortunatamente - sopra il paese di Guadine. Ma le posso assicurare che anche queste reti di protezione, a fronte di un masso di 17 tonnellate, davvero poco avrebbero potuto fare. Anche questo oggi non sembra più sufficiente, considerata l'enorme consistenza di questi massi che sono rimasti in bilico nella parte alta del monte. Si tratta di una frana particolare perché, almeno dai primi rilievi, pare che ci sia stato non un vero e proprio cedimento franoso del terreno, ma un rotolare dei massi (si definiscono «massi erranti»). Infatti, a detta dei tecnici che operano sul luogo, non si è presentata la solita grande massa di terra e fango scivolata a valle, ma si è verificato il distacco di una parte di crosta terriera e di arbusti causato dalla caduta di un enorme masso.
Ciò che, comunque, desta molta preoccupazione è il fatto che sono rimasti in bilico tanti altri massi che potrebbero cadere da un momento all'altro, anche a seguito della più piccola scossa tellurica. Poiché la situazione è grave - e, soprattutto, gravi sono i disagi - sarebbe necessario evitare ulteriori perdite di tempo, nonché sprechi di risorse umane ed economiche.
Nel prendere atto che lo stato di emergenza è stato dichiarato a livello regionale, faccio presente che con l'interpellanza in trattazione ho cercato di porre non soltanto il tema dell'intervento immediato, ma anche quello dei lavori da realizzare a seguito delle indicazioni che verranno dai tecnici dell'università di Siena. Se ora, nella prima fase, si è provveduto allo sfalcio della vegetazione, alla messa in opera delle reti paramassi, alla formazione dei cordoli, alla realizzazione di un fosso nella zona a guardia della nicchia di distacco, e ad altro ancora, occorre considerare che i veri problemi - per affrontare i quali vi sarà bisogno di un concorso di forze da parte del Governo nazionale, della regione e degli enti locali - sono costituiti dallo studio delle fratture, dalla mappatura degli interventi di chiodatura e consolidamento delle reti paramassi, dallo studio per l'installazione delle barriere e delle opere di regimazione idraulica provvisorie e definitive, che sono le uniche in grado di mettere in sicurezza il versante di cui trattasi.
Comunque, la ringrazio signor sottosegretario. Non so se debba usare la canonica formulazione secondo la quale ci si dichiara o meno soddisfatti; ad ogni modo, nel dichiararmi largamente soddisfatto, la ringrazio di nuovo, signor sottosegretario.

(Applicazione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate - n. 2-00417)

PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00417 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, una delle forme più avanzate di cooperazione tra Stati in materia penale, la quale persegue obiettivi diversi ed ulteriori rispetto alla realizzazione del processo penale, nella fase delle indagini ed in quella del successivo giudizio, consiste nel cosiddetto trasferimento dell'esecuzione, ovvero nel pieno inserimento di una fase del processo penale in un ordinamento statale diverso da quello nel quale il processo stesso ha avuto origine. Lo strumento in parola risponde all'esigenza, diffusamente avvertita nell'attuale contesto caratterizzato dalla libera circolazione delle persone e dall'aumento della criminalità internazionale, di trasferire il procedimento nello Stato in cui appaia più semplice o conveniente l'esecuzione, tenuto conto della duplice esigenza di evitare la duplicazione dei giudizi per i medesimi fatti e di realizzare una migliore tutela del condannato mediante l'esecuzione della pena nel luogo più adatto al suo reinserimento sociale.
Tali obiettivi sono perseguiti dalla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata dal Consiglio d'Europa il 21 marzo 1983, entrata in vigore il 1o luglio 1985 e ratificata da sessantuno Pag. 10Stati, di cui diciassette non facenti parte del Consiglio d'Europa. Come emerge dal preambolo, tale cooperazione deve essere attuata nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia e deve favorire il reinserimento sociale dei condannati.
L'Italia ha ratificato la predetta Convenzione con legge 25 luglio 1988, n. 334, ed ha dato attuazione alle sue disposizioni con legge 3 luglio 1989, n. 257. Il quadro giuridico è completato dal Protocollo addizionale adottato il 18 dicembre 1997, entrato in vigore il 1o giugno 2000, ratificato da trentuno Stati (mi risulta che, al momento, non l'abbia ratificato l'Italia).
Signor Presidente, tracciato in sintesi il quadro giuridico generale, vorrei soffermarmi brevemente sul contenuto dell'interpellanza, che, come anticipato, ha lo scopo di sollecitare il Governo e gli organi competenti ad assicurare una migliore applicazione della Convenzione e ad instaurare una prassi decisionale adeguata all'iter temporale in uso presso gli Stati firmatari della stessa. Si tratta di un'accelerazione assolutamente necessaria al fine di favorire il preconizzato reinserimento sociale dei condannati.
Certamente, non può essere ignorato che la Convenzione in parola è ispirata ad un'ampia discrezionalità degli Stati firmatari nella decisione e nella definizione dell'eventuale accordo di trasferimento del condannato, secondo il tradizionale modello della cooperazione interstatuale.
Tuttavia, trattandosi di una prassi piuttosto ricorrente nell'area geografica dei quarantasei Stati membri del Consiglio d'Europa, si deve ritenere che un paese come l'Italia, considerato uno dei maggiori difensori dei diritti umani in ogni parte del mondo, non debba dare adito a critiche feroci per i ritardi negli adempimenti degli obblighi sottoscritti a livello internazionale.
Ciò evidenziato, signor Presidente, non si ritiene debbano essere imputati solo ai problemi tecnico-giuridici i notevoli ritardi lamentati dai cittadini interessati all'espletamento della procedura di trasferimento. Il problema delle lungaggini burocratiche nell'attuazione delle disposizioni della Convenzione sul trasferimento dei condannati riscontrato in Italia è un problema ben noto su cui diversi Stati hanno già presentato osservazioni al Consiglio d'Europa.
Pur considerando le difficoltà da affrontare, derivanti non solo dalla diversità dei sistemi giuridici dei diversi paesi, ma anche consistenti, per esempio, nella necessità di traduzione dei numerosi documenti richiesti dalla procedura di trasferimento, gli interpellanti sollecitano il Governo a porre in essere tutte le misure possibili per accelerare l'iter amministrativo e giudiziario per il trasferimento dei condannati nei rispettivi paesi d'origine. Il loro reinserimento sociale si realizza anche con il sostegno e la vicinanza delle persone appartenenti alla sfera familiare.
Vorrei aggiungere che, essendo stato eletto parlamentare europeo, sono ben a conoscenza dell'enorme lavoro svolto dalla nostra rete di sostegno all'estero, dove vi sono tanti cittadini italiani che, talvolta anche per problemi di mancato inserimento, incappano nelle maglie della giustizia. In tali casi, una procedura più attenta e rispondente alle richieste dei nostri connazionali eviterebbe sicuramente mali peggiori.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. In merito all'interpellanza dell'onorevole Narducci, si deve osservare che la procedura di trasferimento in Italia dei cittadini italiani condannati all'estero è disciplinata dalla Convenzione di Strasburgo del 1983. In base ad essa, le domande di trasferimento in Italia dei nostri concittadini devono essere indirizzate dal Ministero della giustizia dello Stato richiedente al Ministero della giustizia dello Stato richiesto e le risposte devono seguire lo stesso canale di comunicazione ministeriale. In via generale, non appena perviene l'istanza del detenuto nello Stato estero, il dipartimento degli affari di giustizia apre immediatamente un fascicolo ed inizia ad istruire la pratica, Pag. 11richiedendo la documentazione necessaria, ai sensi dell'articolo 6 della predetta Convenzione, e provvedendo alla traduzione degli atti e delle sentenze. Una volta che tutta la documentazione è stata tradotta nella lingua italiana, che è la lingua imposta dal codice, viene iniziata la procedura giurisdizionale per il riconoscimento della sentenza ai sensi dell'articolo 730 del codice di procedura penale, con la fissazione dell'udienza per il riconoscimento della sentenza penale straniera da parte della Corte d'appello competente. La fissazione più o meno tempestiva dell'udienza dipende da diverse ragioni, quali, ad esempio, il carico dell'ufficio giudiziario che dovrà trattare la causa di delibazione oppure le difficoltà incontrate per la notifica di documenti all'interessato, che non abbia eletto domicilio in Italia.
Il Ministero della giustizia, dopo aver atteso l'irrevocabilità della sentenza, deve attendere - come dicevo - l'ordine di esecuzione della pena da parte della Procura generale e, una volta esaurito questo iter, può autorizzare il trasferimento del detenuto.
A tale autorizzazione segue la presa in consegna del detenuto da parte degli uffici Interpol in Italia, che devono operare di concerto con gli uffici Interpol del paese richiedente.
In base ai dati statistici risultanti dall'applicazione della Convenzione di Strasburgo si rileva che il termine per i trasferimenti di detenuti con i paesi aderenti alla Convenzione, tra cui la Germania, va mediamente dai dieci ai sedici mesi.
Considerando che molti di questi passaggi - oltre a quello giurisdizionale rappresentato dalla delibazione della sentenza - sono anche di natura burocratica, ci siamo mossi in due direzioni. Da una parte, il Ministero degli affari esteri ha comunicato che le rappresentanze diplomatico-consolari, allorché vengano a conoscenza di una richiesta di trasferimento, svolgono ogni possibile intervento per accelerare l'iter procedurale nel paese estero e, dall'altra, il Ministro della giustizia curerà con attenzione che la fase burocratica sia svolta il più celermente possibile sollecitando, nei limiti delle competenze ministeriali, anche la fase della delibazione giudiziaria da parte dell'autorità competente.

PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di replicare.

FRANCO NARDUCCI. Innanzitutto, ringrazio il rappresentante del Governo per la chiarezza della risposta e per i dettagli che, del resto, agli interpellanti sono ben noti. In ogni caso, lo ringraziamo per l'impegno, che traspare dall'esposizione della risposta, a voler accelerare i necessari tempi tecnico-amministrativi e burocratici.
Signor sottosegretario, lei sa bene che molti paesi - la Svizzera, la Bulgaria e tanti altri - hanno presentato osservazioni presso il Consiglio d'Europa sul «caso Italia». Infatti, mentre il Ministero della giustizia del Baden-Württemberg, nel giro di cinque giorni, ha risposto ad un nostro concittadino condannato a dieci anni di carcere, la risposta del nostro Governo - quello precedente - è giunta solo dopo più di un anno, per comunicare che l'udienza è calendarizzata dopo sei mesi.
Pertanto, chiedo a questo Governo - che anche io sostengo -, in qualità di parlamentare eletto all'estero - e non per una forma di indulgenza, ma per una forma di rispetto delle convenzioni sottoscritte -, cosa intenda fare per accelerare il processo decisionale relativamente al trasferimento delle persone condannate. Tra l'altro, conoscendo tutta la rete di sostegno che, come italiani all'estero, abbiamo costruito anche per motivi che hanno a che fare non con la criminalità internazionale, ma con ragioni di sfortuna (non ci sono solo i vincenti, ma anche i perdenti), ritengo che a queste persone dovrebbe essere riconosciuta una possibilità di reinserirsi a titolo pieno nella società.
In tal senso, gli interpellanti chiedono al Governo di analizzare a fondo questa problematica, affinché si possa sottrarre l'Italia dal tiro delle osservazioni che si vanno sempre più accumulando.

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(Gestione della Società Sviluppo Italia - n. 2-00427)

PRESIDENTE. Il deputato Ossorio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00427 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, vorrei ringraziare il viceministro, onorevole D'Antoni, per la sua presenza da cui deduco che l'attenzione del Governo sull'argomento che illustrerò brevemente è enorme, perché immenso è il problema.
Signor Presidente, è da diverso tempo che abbiamo di fronte a noi un problema la cui eventuale e coerente risoluzione rappresenta una grande opportunità di crescita per il nostro paese. È uno dei capitoli più complessi della gestione aziendale pubblica italiana degli ultimi dieci anni, le cui contraddizioni hanno assunto quasi un carattere emblematico. Mi riferisco alla questione di Sviluppo Italia Spa, ossia di quella società nata, come è ben noto, nel 1999, con la missione di promuovere, accelerare e diffondere lo sviluppo imprenditoriale del paese tramite l'attrazione di investimenti esteri.
Come è noto, si è trattato di un esperimento che ha prodotto risultati molto contraddittori che, per alcuni aspetti, qualcuno non esita a definire fallimentari. Certo, al di là di qualsiasi intento polemico, si può affermare che ha rappresentato un investimento costoso e doloroso per le finanze pubbliche del nostro paese. Di certo, per alcuni aspetti ha mostrato l'inclinazione ad una di quelle degenerazioni tipiche del sistema statale italiano - verso cui ormai vi è un'azione contraria da parte della maggior parte della classe politica italiana -, che pare avere quasi un'innata predisposizione all'inefficienza, i cui elevatissimi costi, in termini di sviluppo e di crescita, ciclicamente ci si ritrova a fronteggiare.
Dopo aver creato holding con scopi nobili di attrazione di investimenti per le aree svantaggiate, lo Stato, dopo qualche anno, si è spesso dovuto confrontare con creature diverse rispetto allo scopo per cui erano state create: strutture anacronistiche, enormemente ramificate, estese e cresciute, capaci di vivere di vita propria, basandosi spesso su meccanismi poco chiari dal punto di vista dell'azione quotidiana contabile e gestionale, enormemente costosi, perché inclini a metodi di gestione da guardare con molta attenzione.
A dire il vero, cosciente di questo brutto difetto italico - chiamiamolo così - proprio Sviluppo Italia nasceva, nell'intenzione di chi l'aveva voluta, anche per contrastare questa tendenza, per essere l'esempio di un nuovo modo di fare e di intendere l'investimento pubblico.
A quanto pare, le intenzioni non hanno trovato un chiaro riscontro. Infatti, risulta all'interpellante che Sviluppo Italia si è avvalsa, in questi otto anni, di: 1.677 dipendenti, 11 società controllate direttamente, oltre 30 controllate indirettamente e 17 società regionali; ha speso 84 milioni l'anno per spese amministrative e ha pagato retribuzioni alte ai manager, ben oltre i tetti stabiliti quest'anno in finanziaria. A fronte di tutto questo ha raccolto, se le mie informazioni sono giuste, solo 300 milioni di euro di investimenti in due anni.
Se queste poche cifre corrispondono al vero, e chiedo a lei, signor ministro, di dare al riguardo una conferma definitiva, anche per fare chiarezza rispetto ai tanti dati riportati a più riprese dagli organi di comunicazione, il risultato non si potrebbe definire certo eclatante; al contrario, difficilmente si potrebbe contestare il fallimento rispetto allo scopo per cui l'agenzia Sviluppo Italia era nata e che era nelle aspettative di gran parte della classe politica italiana.
Nell'arco di questo periodo, pare che questa società abbia creato un vero e proprio gruppo piramidale, come si dice in economia aziendale. Si tratta di un sistema di partecipazione, per così dire, «a cascata», con 11 società partecipate, ognuna delle quali non solo aveva al proprio interno decine di consiglieri di amministrazione, secondo le notizie riportate dai giornali, più che lautamente retribuiti, ma, come in un gioco di incastri, Pag. 13possedeva partecipazioni in altre società ove, spesso, i consiglieri ricoprivano anche una doppia mansione, con retribuzioni evidentemente doppie.
Tuttavia, l'oggetto dell'interpellanza non è costituito solo dalle retribuzioni, ma anche dalla qualità della spesa pubblica. Al riguardo, potrei citare diversi esempi, attingendo alle notizie riportate dalla stampa. A tale proposito, pare opportuno che il Governo chiarisca, tra l'altro, la situazione di Italia Navigando, una delle 11 società di scopo che, a quanto pare, non può certo vantare una storia aziendale di grande successo. La società possiede ancora 15 società controllate e 12 collegate, tra le quali anche la Marinagri resort Spa, impegnata nella costruzione di un villaggio turistico sulla costa ionica. Al riguardo, alcune fonti di agenzia (ad esempio, l'Ansa del 26 e del 27 febbraio 2007 o l'AdnKronos del 27 febbraio 2007) hanno avuto modo di interessarsi al problema e di dare comunicazione di ciò che accadeva nella zona della costa ionica, dove era in atto la costruzione di un villaggio turistico.
Appare dunque necessario chiarire anche l'aspetto del livello dei costi e delle consulenze esterne, di cui si è spesso avvalsa Sviluppo Italia, considerandoli in particolare rispetto agli obiettivi effettivamente raggiunti.
Solo per fare alcuni esempi, in virtù di quanto riportato da diversi organi di informazione, in base a dati di cui sono in possesso, tra il 2004 e il 2005 Sviluppo Italia avrebbe speso ben 90 mila euro di consulenze per modificare solo l'immagine del gruppo all'estero (probabilmente il logo) e avrebbe affidato a singole società cifre decisamente considerevoli: 224 mila euro per gestire servizi come il call center. Sarebbero stati anche finanziati piani per individuare gli sprechi, per farne la mappatura e bilanciare così la società.
Allo stato, all'interrogante non è dato conoscere il risultato di tali piani e potrebbe essere utile che il Governo intervenga per renderli noti, forse questo pomeriggio. Insomma a quanto pare ci troviamo di fronte ad una gestione che appare non solo improduttiva, ma anche contraria allo spirito con il quale l'agenzia era stata ideata.
Sviluppo Italia, anziché attrarre investimenti e finanziare progetti ed idee innovative, soprattutto per il Mezzogiorno che ci sta molto a cuore, come sta a cuore al viceministro, onorevole D'Antoni, pare abbia finito per svolgere un ruolo diverso, forse, improprio, facendo salvataggio di aziende anche statali, indebitate, investendo a fondo perduto in imprese già in gravi difficoltà sul mercato. La partecipazione in diverse società con lo scopo di salvare altre imprese pare confermare questa distorsione.
In definitiva, Sviluppo Italia - la mia opinione pare abbastanza consolidata e diffusa - ha evidentemente fallito la missione per cui era stata creata dal Governo nel 1999.
Esistono oggi due ordini di problemi. Da un lato, abbiamo ancora bisogno di fare luce su alcuni aspetti della passata gestione e di individuare le responsabilità di quanti hanno contribuito agli sprechi di risorse, alla deviazione degli investimenti, nonché alla divergenza rispetto alla natura delle progetto, ma dall'altro occorre, a mio parere, fare luce anche sulle responsabilità politiche, se esistono, che hanno contribuito a tale distorsione.
Con la mia interpellanza, le chiedo, pertanto, di fornire una risposta agli interrogativi posti e, successivamente, di indagare per capire come e perché sia stato possibile usare l'agenzia in modo così poco comprensibile e contraddittorio, non perseguendo il bene della nazione.
Chiedo alla Presidenza la possibilità di consegnare agli uffici il testo scritto della restante parte del mio intervento.

PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Ringrazio l'onorevole Ossorio per questa sua iniziativa, che stimola il Governo a misurarsi con un tema significativo ed importante. Pag. 14Del resto, il tema era già stato affrontato in maniera molto puntuale durante l'iter della legge finanziaria, sia in questo ramo del Parlamento sia al Senato e, dopo un dibattito tra le forze politiche e lo stesso Governo, si è pervenuti alla formulazione di alcuni articoli importanti della stessa legge, che indicano una strada nuova per lo strumento Sviluppo Italia. Tale strada è quella che noi stiamo perseguendo ed applicando proprio per cercare di uscire da una condizione che definiamo critica.
Sui particolari si potrebbe fare un esame dettaglio quanto si vuole, ma ciò che conta in questo momento è che noi, applicando la norma della legge finanziaria, abbiamo provveduto alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione composto da tre persone, proprio per aprire una fase nuova di riproduzione di consiglieri e, attraverso questi, di dispersione di risorse, perché, come stabilisce la legge finanziaria, noi, partendo da Sviluppo Italia, dovremo avere la «casa madre», composta da un consiglio di amministrazione di non più di tre persone, e poi quattro società al massimo, tre società di intervento ed una cosiddetta società veicolo, che raccolga tutte le partecipazioni di minoranza che Sviluppo Italia ha collezionato nel corso della sua iniziativa. Nessuna di queste quattro società potrà avere più di tre consiglieri. Questa misura fornisce l'idea di un modo di muoversi da parte di questo Governo e dell'attuale maggioranza, totalmente diverso da quello del Governo precedente.
In questo senso, la formulazione che noi diamo allo stesso strumento Sviluppo Italia, anche a partire dalla sua denominazione, fornisce un contributo di chiarezza. Sviluppo Italia cambierà nome e diventerà Agenzia per l'attrazione degli investimenti e per lo sviluppo di impresa proprio per rimarcare di per sé, sin dalla sua denominazione, il compito per cui era nato e che nel corso degli anni ha smarrito. Puntiamo ad un piano di riconversione molto forte, che, utilizzando anche le risorse professionali interne esistenti, possa determinare una condizione tale da poter svolgere il proprio compito istituzionale: attrarre gli investimenti esteri, soprattutto nel Mezzogiorno. Sappiamo tutti quanto abbiamo bisogno di questo strumento. L'Italia attrae scarsi investimenti dall'estero in tutto il territorio nazionale e ne attrae ancora meno nel Mezzogiorno. Abbiamo assolutamente bisogno, quindi, di uno strumento che serva a questo scopo, una vera e propria agenzia. Altri paesi europei hanno portato avanti un'esperienza di agenzia molto positiva con risultati importanti. Anche noi vogliamo provarci, pertanto, nell'individuare questo piano, che poi il Parlamento ha approvato con la legge finanziaria, abbiamo delineato un percorso per raggiungere questo tipo di obiettivo.
Nel consiglio di amministrazione abbiamo insediato delle persone a nostro giudizio valide e competenti, di grande esperienza professionale, che giudichiamo in grado di affrontare questo tipo di problematiche. Con le organizzazioni sindacali stiamo portando avanti l'impostazione di tutto il progetto, che riordinerà e rimescolerà gli assetti della società.
Quindi, pur nel vincolo del mantenimento occupazionale, che noi vogliamo rispettare, non c'è dubbio che ci sarà un riassetto ed un piano di mobilità significativo, che riguarderà il personale. Noi questo lo vogliamo fare con il consenso delle organizzazioni sindacali e si tratta di una partita importante e significativa, che stiamo portando avanti con impegno e serietà.
Nei prossimi giorni adotteremo il provvedimento, che la stessa finanziaria ci obbliga ad emanare. Dunque, vogliamo rispettare la tempistica molto stretta prevista dalla finanziaria - si parlava infatti del 31 marzo e del 30 giugno -, anche se vi sarà lo slittamento di qualche settimana a causa dei tempi connessi con la nomina del consiglio di amministrazione, con il tipo di governance da garantire alla società e con i passi necessari per l'adozione di questo provvedimento. Vogliamo rispettare nella sostanza quanto scritto nella finanziaria. Per noi è infatti fondamentale questo piano di riordino ed il raggiungimento di questi obiettivi.Pag. 15
Penso che, nel fare tutto questo, dobbiamo stare anche attenti a salvaguardare quello che di buono in questi anni si è creato, nonostante le criticità. Sicuramente c'è un'esperienza di microcredito significativo, soprattutto nelle regioni meridionali, che dobbiamo salvaguardare, perché costituisce uno degli elementi importanti dello svolgimento dell'attività ed anche una delle esigenze del territorio meridionale. Abbiamo inoltre l'esperienza significativa di una società, la Infratel Italia, che nonostante tutte le difficoltà è riuscita a mettere in moto un importante processo di diffusione della banda larga, da nessuno portata avanti nel sud se non da questa società (si tratta infatti della parte meno appetibile dal mercato, che riguarda i piccoli comuni che non hanno una grande domanda). Pertanto, se tale attività non viene portata avanti da una società pubblica, difficilmente questo territorio potrà essere coperto dalle nuove tecnologie. Le regioni hanno poi stipulato una convenzione con la società Infratel Italia, che va proprio in questa direzione. Abbiamo anche registrato un uso del cosiddetto contratto di localizzazione, che è lo strumento che viene messo in moto per l'attrazione di investimenti esteri, pari a 590 milioni di euro di investimenti, che se verranno tutti compiuti daranno un'occupazione vicina alle cinquemila unità di nuovo personale.
Nel complesso, alcune delle attività vanno rispettate e potenziate. Molte altre, invece, dovranno essere letteralmente trasformate, con un processo di ristrutturazione profonda e quindi con un'azione di pulizia e con la fine di ogni pressappochismo e di ogni «formula» che possa far disperdere risorse pubbliche. Tutto ciò, con una grande attenzione da parte del Ministero interessato e da parte del Parlamento. In conclusione, credo che a questo lavoro di attenzione, che il Ministero deve rivolgere a tutto quello che sarà svolto da Sviluppo Italia, deve corrispondere poi quel controllo parlamentare, che iniziative pregevoli, come quella di oggi dell'onorevole Ossario, contribuiscono a determinare.

PRESIDENTE. A conclusione dell'illustrazione della sua interpellanza, onorevole Ossorio, lei aveva chiesto di poter consegnare agli uffici il testo della parte finale del suo intervento. Al riguardo, la Presidenza chiarisce quanto segue. Come lei sa, il procedimento relativo alle interpellanze è caratterizzato dal principio di oralità, per garantire il contraddittorio con il Governo. Quindi, se lei vuole, in sede di replica, consegnare il testo di eventuali considerazioni aggiuntive, naturalmente questo è possibile.
Ha dunque facoltà di replicare il deputato Ossorio.

GIUSEPPE OSSORIO. La ringrazio, signor Presidente, anche per il richiamo formale alle modalità di svolgimento in Assemblea del rapporto con il Governo in tema di interpellanze.
Innanzitutto voglio ringraziare, ma non formalmente, il viceministro, del quale ammiro sempre il garbo e la qualità della politica, come la sua scuola riesce ancora a porgere.
Le devo dire, signor viceministro, che sono parzialmente soddisfatto per l'avvenire, vale a dire per l'orizzonte che lei ha delineato rispetto ad una questione che sta molto a cuore sia alla sua cultura politica, sia alla mia (che ritengo lei conosca).
Tuttavia, dopo averle evidenziato che Sviluppo Italia possiede undici società controllate direttamente, trenta società controllate indirettamente e diciassette società regionali, e che sostiene un costo annuo di 84 milioni di euro per spese amministrative (ciò significa, per un contabile, spese generali), mi sarei atteso che il Governo dicesse all'Assemblea che, a causa della cattiva conduzione - vale a dire, a causa di quella che oggi definiamo la «qualità» della spesa pubblica -, vorrebbe operare in un determinato modo.
Dal momento che so che lei è molto sensibile a questo argomento, signor viceministro, vorrei ribadire che il problema non è ciò che, forse, verrà realizzato - perché sono certo che lo faremo -, ma quanto non è stato fatto. Si è trattato, infatti, di un disastro finanziario a danno Pag. 16della spesa pubblica! Noi dovremmo farci carico di tale questione, comprendendo perché alcune cose non siano state fatte.
Voglio sottolineare che non ho usato l'espressione «scatole cinesi», perché non appartiene al mio linguaggio, ma ho parlato di «catena piramidale». Il problema, tuttavia, esiste, ed allora ritengo - e sono certo che lei, signor viceministro, si farà carico di ciò - che occorra affrontarlo per capire cosa non è accaduto!
Non sono un liberista, come lei sa bene; anzi, devo dirle che rimpiango la Cassa del Mezzogiorno. Tuttavia, il danno che queste macrostrutture arrecano alla finanza pubblica è enorme: è questo il motivo per cui sono certo che il Governo, nei prossimi tempi, presterà maggiore attenzione sotto tale punto di vista.
Non devo ricordarle l'esperienza, che lei conosce bene, compiuta in Irlanda dall'Industrial Development Agency (IDA): in tal caso, infatti, si è registrata una qualità dell'amministrazione della spesa pubblica molto elevata. Soprattutto, non devo ricordare a lei che, nell'ambito di quella esperienza, il cittadino ha l'opportunità di ottenere informazioni su ciò che compie l'azienda pubblica, nonché sul modo in cui tale agenzia agisce e spende il danaro pubblico.
Vorrei, pertanto, che questo Governo - l'Esecutivo che ho voluto e per il quale, in campagna elettorale, mi sono battuto - affrontasse tale problema, anche perché, in questo modo, potremmo dare finalmente una risposta seria alla questione meridionale.
La ringrazio, signor viceministro: spero che, in un prossimo futuro, avremo modo di interloquire sugli interventi che questo Governo saprà sicuramente realizzare, al contrario di quanto è avvenuto in passato

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 27 marzo 2007, alle 10:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(ore 12)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (2340-A).
- Relatori: Pisicchio, per la II Commissione e Folena, per la VII Commissione.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A)
Pag. 17
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (366-1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Bimbi ed altri n. 1-00113, Gozi ed altri n. 1-00114, Elio Vito ed altri n. 1-00120, Maroni e Pini n. 1-00123, Volontè ed altri n. 1-00125, Zacchera e La Russa n. 1-00126 e D'Elia ed altri n. 1-00127 sul rilancio del processo costituzionale europeo e dell'azione dell'Unione europea.

7. - Seguito della discussione delle mozioni Giovanardi ed altri n. 1-00112, Mura ed altri n. 1-00117, Meta ed altri n. 1-00118, Leone ed altri n. 1-00121, Maroni ed altri n. 1-00122 e Beltrandi e Villetti n. 1-00124 sulle iniziative per contrastare il fenomeno delle cosiddette «stragi del sabato sera».

La seduta termina alle 17,20.