XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 133 di venerdì 23 marzo 2007

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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 10,05.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bersani, Bindi, Boco, Cento, Chiti, Colucci, Donadi, Duilio, Fabris, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Gentiloni Silveri, Maroni, Meta, Migliore, Parisi, Piscitello, Pollastrini, Rutelli, Tremonti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche relative alla presenza di strutture militari USA e NATO nella regione Campania - n. 2-00425)

PRESIDENTE. L'onorevole De Cristofaro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00425 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

PEPPE DE CRISTOFARO. Signor Presidente, la regione Campania è un territorio sempre più occupato dalla presenza di strutture militari della NATO e degli Stati Uniti. Nel corso di questi anni sono cresciute di numero le strutture per la formazione e l'addestramento delle truppe, gli aeroporti, i centri di comunicazione, gli arsenali, i poligoni di tiro e le strutture di coordinamento di scuole militari. Sono molte le installazioni significative in Campania, da Ischia, a Lago Patria, fino a quelle più consistenti di Licola, Giugliano, Napoli Capodichino, Napoli Camaldoli e Napoli Bagnoli. Questa concentrazione fa presupporre una vera e propria rete, integrata all'interno di un progetto di sistema bellico sovranazionale, che sembra corrispondere in pieno alla nuova strategia di riassetto geopolitico degli Stati Uniti, con particolare riferimento alla zona sud-orientale del mondo.
Per il comando NATO, con sede a Bagnoli, è stata prevista una nuova collocazione nel comune di Giugliano, una vera e propria cittadella, provvista di tutte le strutture necessarie alla vita civile e militare, consona alle nuove modalità operative della pianificazione strategica statunitense. Questo nuovo sito - per capirne le dimensioni - interesserà una superficiePag. 2di 85 mila metri quadrati, con una presenza di edifici civili destinati ad accogliere oltre 3 mila persone. Il nuovo complesso prevede, tra l'altro, di ospitare vari comandi della forza statunitense. Ancora, nell'ambito di una più generale dislocazione delle forze armate statunitensi, è stato trasferito a Napoli, dalla precedente sede londinese, il principale comando statunitense della marina, con il compito di pianificare e dirigere le operazioni navali nell'area europea e mediterranea, oltre al comando della sesta flotta della marina militare statunitense.
Come si vede, la marina ha spostato a Napoli il suo quartiere generale, coprendo un'area di intervento militare che comprende 89 paesi in tre diversi continenti, da Capo Nord al Capo di Buona Speranza fino al Mar Nero, con la conseguenza, per il golfo di Napoli, di un notevole incremento del transito e della sosta di unità navali e sottomarine a propulsione nucleare, utilizzate a supporto delle operazioni belliche della stessa marina.
Tutto questo, come si vede, fa diventare il sito napoletano il centro strategico dell'area mediterranea, per quel che riguarda i nuovi scenari di guerra soprattutto di natura medio orientale, tanto che proprio da Napoli sono partite le recenti operazioni belliche in quell'area, oltre che nei Balcani. Allo stesso tempo, - elemento che mi sembra da sottolineare - questa situazione espone il territorio napoletano, in conseguenza all'attracco dei sottomarini atomici nelle aree circostanti, ad una condizione di grave rischio radioattivo per gli abitanti, oltre che di serio pericolo di inquinamento ambientale. Secondo uno studio statistico, ci sarebbero infatti circa 160 passaggi di sottomarini nelle basi italiane. Il primato spetta alla base de La Maddalena, seguita da Napoli e da Taranto.
Vorrei ricordare che questi sottomarini hanno dei motori che sfruttano energia nucleare, attraverso dei reattori nucleari e trasportano essi stessi armi nucleari. Quindi, assistiamo al paradosso che, pur non avendo il nostro paese mezzi di questo genere, né utilizzando l'energia nucleare per produrre energia, paghiamo i rischi ad esso connessi per una scelta di un'altra nazione, gli Stati Uniti, che, peraltro, nei porti civili del proprio territorio, non consentono l'attracco a mezzi di tal genere.
Ricordo che scienziati e studiosi in materia nucleare concordano su un punto: i reattori a bordo di sottomarini e portaerei non otterrebbero le necessarie licenze se fossero sulla terraferma perché non dispongono dei dispositivi di sicurezza previsti dalla legge. È molto costoso, infatti, utilizzare i sistemi di schermatura a bordo di questi veicoli militari. Secondo alcune fonti, il numero di marinai contaminati, solo per aver lavorato a contatto con i reattori, è molto alto.
In questo quadro, il porto di Napoli è inserito nell'elenco degli undici porti a rischio del nostro paese ma, a tutt'oggi, non risulta essere operativo un piano di emergenza esterna per le popolazioni interessate. Una richiesta di chiarimento in merito a tale piano è stata rivolta al precedente prefetto di Napoli, il dottor Profili, da alcuni cittadini; in particolare, dal cittadino Esposito Giuseppe, al quale il prefetto rispose il 22 febbraio 2004. Allo stato attuale, questi piani non sono operativi o comunque il loro eventuale funzionamento non è conosciuto perché sembra che mancherebbero i pareri degli organi centrali e la valutazione tecnica della commissione di sicurezza e protezione sanitaria. A tale proposito, ricordo che l'articolo 128 del decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, prevede testualmente che le informazioni devono essere accessibili al pubblico sia in condizioni normali sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica. Le stesse normative europee su questa materia prevedono una pubblicizzazione dei piani di emergenza per rischio radioattivo. La mancata assunzione di tale fondamentale norma di sicurezza ha consentito di avviare da parte della Commissione europea una procedura di infrazione per l'inadempienza alla disposizione.
Per tutte queste ragioni, si chiedono al Governo maggiori delucidazioni in meritoPag. 3alla presenza crescente di tutte queste strutture militari degli USA e della NATO nell'area della Campania. Si chiede, altresì, se non ritenga che la progressiva militarizzazione impressa alla regione Campania e, in particolare, alla provincia di Napoli, non sia in contraddizione con la sicurezza del territorio e delle popolazioni locali, esponendole anche a rischi di azioni terroristiche.
Si chiede, infine, se non ritenga che l'aumentata presenza di tali strutture militari e, in particolare, di sommergibili a propulsione nucleare nelle acque del golfo di Napoli non costituiscano un livello di rischio talmente elevato per le popolazioni civili e l'ambiente circostante, tali da rendere urgente e necessaria la pubblicizzazione di tutte le procedure previste dal piano di emergenza nazionale, consentendo l'acquisizione, da parte della popolazione stessa, delle norme di comportamento da attuare nel caso dovesse verificarsi realmente una tale emergenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevole De Cristofaro, in premessa alla specifica questione del porto di Napoli, affrontata nell'interpellanza urgente che lei ha appena illustrato, è opportuno formulare alcune considerazioni generali per meglio inquadrare quella che, nell'ambito dell'atto di sindacato ispettivo in esame, viene da lei definita la nuova strategia di riassetto geopolitica degli Stati Uniti.
L'amministrazione americana, in effetti, è da tempo impegnata a definire un riposizionamento delle sue forze, così come delineato nel documento di revisione strategica US Global Defense Posture Review con l'obiettivo di adattare la struttura militare ai mutati assetti strategici.
Al fine di contrastare le nuove minacce e i nuovi rischi, in particolare il terrorismo e le crisi regionali, la strategia americana prevede infatti una riconfigurazione in senso più flessibile ed operativo delle capacità esistenti. Si tratta peraltro di un processo di revisione e di riduzione delle forze militari soggetto, di fatto, a consultazioni con alleati e partner in vista delle conseguenti decisioni operative assunte in sintonia con i paesi interessati.
Il fondamento politico e giuridico per la concessione in uso sia alla NATO sia agli Stati Uniti di infrastrutture militari è il medesimo e risiede nell'articolo 3 del Trattato Nord Atlantico che prevede la reciproca assistenza fra gli Stati membri allo scopo di conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi dell'Alleanza. Le decisioni relative alla struttura dei comandi militari NATO, tra cui il comando di Bagnoli, sono assunte collettivamente e con consenso di tutti i ventisei paesi alleati in seno all'Alleanza. La struttura dei comandi NATO è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di una profonda revisione che ha comportato, in generale, un sensibile ridimensionamento.
Questo è avvenuto anche per il comando di Napoli, perché lei ricorderà che tutta la parte aerea è stata trasferita in Turchia. Quanto alle infrastrutture USA di Capodichino e dipendenti, esse sono parte della sesta flotta americana. Tutte le infrastrutture concesse in uso agli Stati Uniti sono regolate da intese tecniche bilaterali, tra cui in particolare il memorandum di intesa del 1995, che ha riordinato la materia. Il territorio italiano ove esse sono ubicate rimane sotto il comando italiano. Per ogni base militare c'è un comandante generale della base che è un comandante italiano ed un comandante americano che però comanda soltanto i suoi ufficiali e militari americani. Il comandante italiano ha libero accesso a tutte le aree dove le installazioni sono ubicate ed è responsabile per la sicurezza. Il comandante americano è inoltre tenuto ad informare il comandante italiano in merito a tutte le attività di rilievo di natura operativa ed addestrativa. Non risulta inoltre che la base di Napoli concessa in uso agli Stati Uniti sia oggetto di alcun significativoPag. 4progetto di ampliamento, che dovrebbe in ogni caso essere preventivamente autorizzato dal Governo italiano.
Chiarito questo primo aspetto, passiamo ora ad esaminare la tematica relativa alla sosta delle unità navali a propulsione nucleare. In particolare, riguardo alla possibilità di transito o attracco di unità militari a propulsione nucleare presso i porti nazionali, il permesso di sosta delle citate unità deve essere richiesto di volta in volta, ed il suo rilascio è subordinato naturalmente alla preventiva autorizzazione da parte della difesa ed è soggetto a vincoli relativi alle attrezzature dei porti nonché al tipo e al numero delle unità contemporaneamente presenti.
Ciò posto, per la protezione della popolazione e la tutela dell'ambiente, la Marina militare ha approntato un piano di emergenza per la sosta in porto di navi militari a propulsione nucleare, al fine di delineare i compiti e le responsabilità dell'amministrazione militare. In particolare, tali disposizioni ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, prevedono azioni precauzionali, intese ad evitare o a minimizzare la possibilità di qualsiasi incidente che possa interessare tali unità, nonché ad ottimizzare le condizioni di sicurezza della sosta, sia individuando posti di ormeggio sicuri, sia informando le autorità locali preposte alla sicurezza territoriale in merito alla presenza in porto di navi a propulsione nucleare, sia attraverso un collegamento radio continuo tra l'unità e l'autorità portuale della sede.
Sono previste inoltre azioni da attuare durante la sosta per minimizzare, in caso di emergenza, i tempi di intervento: tra queste, la disponibilità di un rimorchiatore per l'eventuale trasferimento fuori porto dell'unità interessata; la gestione del servizio di monitoraggio ambientale per il controllo dei livelli di radioattività nell'aria e nell'acqua; la sorveglianza del posto di ormeggio con unità delle capitanerie di porto e dei carabinieri per evitare avvicinamenti indesiderati di imbarcazioni. Inoltre, sono previste azioni da intraprendere in caso di emergenza per assicurare il più rapido allontanamento dell'unità eventualmente sinistrata nonché modalità per fornire alle autorità locali il concorso dell'amministrazione militare nel settore sanitario dei viveri e dei trasporti, nell'ambito dei piani di emergenza predisposti dalle competenti prefetture.
Le disposizioni contenute nei piani di emergenza predisposti dagli alti comandi o dai comandi militari marittimi autonomi costituiscono un utile riferimento per definire le procedure da adottarsi, da parte delle competenti autorità locali, in favore delle popolazioni civili in caso di incidente nucleare. In particolare, tali piani vengono estesi alle competenti prefetture, che provvedono ad integrare i pertinenti piani di emergenza di protezione civile con le previsioni elaborate dai citati comandi.
Venendo ora alla specifica situazione del porto di Napoli, si osserva che le precauzioni di sicurezza per la sosta di unità militari a propulsione nucleare sono definite dal piano di emergenza e norme per la sosta di unità militari a propulsione nucleari nel porto di Napoli, edito nel gennaio 2006, che prevede nel caso di sommergibile nucleare impegnato in operazioni di soccorso reali ad altri sommergibili sinistrati l'affiancamento al molo San Vincenzo; negli altri casi l'ancoraggio in rada. Nel primo caso, l'autorizzazione viene concessa solo quando siano realmente in pericolo vite umane e, quindi, quando siamo di fronte ad una vera e propria emergenza per scopi umanitari; la sosta è limitata alle poche ore necessarie ad imbarcare sul sommergibile di soccorso il veicolo subacqueo che dovrà effettuare l'operazione di evacuazione dell'equipaggio del sommergibile sinistrato, in accoglimento di una specifica richiesta che deve provenire dalla prefettura di Napoli.
La fonda in rada, invece, riguarda le soste di unità subacquee o di superficie, di durata limitata (mediamente quattro o cinque giorni) effettuate per dare riposo al personale dell'equipaggio e per l'eventuale imbarco di viveri freschi.
L'attuale piano di emergenza accoglie le osservazioni formulate dalla commissione tecnica per la sicurezza nucleare e laPag. 5protezione sanitaria, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 230 del 1995, riunitasi a Roma presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici in data 18 aprile 2005.
Peraltro, in considerazione del fatto che negli ultimi tre anni si sono verificate soltanto due soste alla fonda di unità a propulsione nucleare statunitensi, è ragionevole poter escludere l'ipotesi - che viene paventata nella sua interpellanza - di un incremento del transito e della sosta in questo tratto di mare di unità navali e di sottomarini a propulsione nucleare da parte della Marina statunitense.
Per l'esattezza, le due unità navali che si sono fermate in questi ultimi tre anni sono la USS Roosevelt, dal 19 al 23 settembre 2005 alla fonda e la USS Eisenhower, dal 17 al 21 ottobre 2006 alla fonda.
In tale quadro, si fa notare che la competente prefettura di Napoli ha ultimato i lavori di aggiornamento del documento di pianificazione di emergenza esterna per incidenti a navi a propulsione nucleare nei porti di Napoli e Castellammare di Stabia ed ha altresì verificato la conformità dei piani di dettaglio elaborati dagli enti a vario titolo interessati dalla presenza di naviglio a propulsione nucleare.
In data 14 luglio 2006, con decreto prefettizio, è stato quindi approvato il piano di emergenza esterna per la sosta di unità navali a propulsione nucleare nei porti di Napoli e Castellammare di Stabia, parte integrante del documento di pianificazione. Il successivo 22 agosto 2006 il predetto piano è stato inviato a tutte le amministrazioni interessate.
Per quanto, invece, concerne l'opportunità di una pubblicazione delle norme di comportamento da attuare da parte delle popolazioni in caso di emergenza si fa presente che, in allegato al citato piano, redatto dalla predetta prefettura, vi è un piano particolareggiato relativo all'informazione della popolazione in cui vengono esplicitate le linee guida per l'informazione alla popolazione, sia preventiva, sia in caso di emergenza radiologica in atto.
Il piano in parola è stato trasmesso ai sindaci di Napoli e di Castellammare di Stabia, a cui compete la divulgazione dell'informazione in parola d'intesa con l'unità di crisi regionale sanitaria nonché delle autorità competenti.
In conclusione, alla luce del quadro sopra delineato, da cui si evince chiaramente come non vi sia stato negli ultimi tre anni un incremento del transito o della sosta delle unità in questione, è possibile ritenere che non sussistano allo stato i paventati elementi di preoccupazione in ordine alle condizioni di rischio radioattivo e di pericolo di inquinamento ambientale per la popolazione locale.

PRESIDENTE. L'onorevole De Cristofaro ha facoltà di replicare.

PEPPE DE CRISTOFARO. Ringrazio il sottosegretario per le utili delucidazioni, di cui invito a dare la massima pubblicità in modo da poter esattamente spiegare alla popolazione, in conformità con le leggi, cosa accade in un insediamento importante come quello del porto di Napoli.
Rimane, tuttavia, una considerazione politica, cioè un elemento di dubbio e di perplessità rispetto a quella che secondo me rimane un'anomalia.
Resta anomalo il fatto che strutture militari statunitensi - della Marina militare americana - a testata nucleare, che non possono attraccare nei porti degli Stati Uniti d'America, in quanto è vietato in base alla legislazione americana che tali mezzi attracchino nei porti civili, possano invece, anche se soltanto sporadicamente e per pochi giorni, attraccare nei porti del territorio italiano.
Ritengo che si tratti di un'anomalia sulla quale dovremmo riflettere. Penso infatti che anche all'interno di un trattato tra paesi e nell'ambito di una collaborazione fra i medesimi bisognerebbe comunque guardare in maniera sospettosa un elemento del genere.
Credo che tale elemento rimandi, naturalmente, a considerazioni politiche di carattere più generale, che dovrebbero affrontare il tema generale della presenzaPag. 6delle basi militari sul territorio nazionale italiano. Si tratta, peraltro, di un tema che credo vada affrontato in maniera non ideologica, ma con grande urgenza ed anche con grande rigore.

(Misure a favore delle imprese di pesca della Puglia colpite dall'emergenza mucillagine - n. 2-00414)

PRESIDENTE. L'onorevole Bordo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00414 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

MICHELE BORDO. Signor Presidente, questa interpellanza si è resa necessaria anche perché l'emergenza provocata dal proliferare della mucillagine sulle coste della Puglia sta assumendo dimensioni non più gestibili per il settore della pesca, sia per il suo protrarsi nel tempo - il fenomeno è presente dal gennaio del 2007, quindi da due mesi - sia per gli effetti sulle attrezzature e sul pescato. Il fenomeno desta ancora più preoccupazione se si considera la sua progressiva diffusione anche lungo le coste del mar Ionio e per una fascia di mare che arriva fino a dodici miglia.
Le associazioni nazionali di categoria hanno attivato il fondo di solidarietà nazionale. La regione Puglia, anche a seguito dell'intervento dell'istituto di biologia marina della provincia di Bari e della commissione consultiva locale della regione, ha deliberato, il 6 febbraio 2007, la presa d'atto dello stato di calamità naturale ed ha sollecitato il ministro interpellato a prendere urgenti provvedimenti in materia.
Tale intervento offre sicuramente un importante sostegno nel perdurare della fase emergenziale, ma non risulta affatto risolutivo dell'emergenza stessa, poiché le misure finanziarie non sono destinate alla risoluzione strutturale di un fenomeno che, sia sotto il profilo ambientale, sia sotto il profilo economico, tenderà inevitabilmente ad aggravarsi.
Chiediamo pertanto - oltre che da parte di chi sta parlando, anche da parte degli onorevoli Quartiani, Vico e Bellanova - di sapere se il Governo ritenga attuabile la sperimentazione del fermo tecnico prolungato, previsto dall'articolo 24 del regolamento del Consiglio dell'Unione europea del 27 luglio 2006, relativo al fondo europeo per la pesca, in caso di eventi calamitosi; se il Governo ritenga di assumere iniziative e provvedimenti a carattere normativo volti a riattivare l'istituto fiscale del credito di imposta per la pesca a supporto delle imprese che sono state colpite da questa emergenza; se il Governo, senza incorrere nelle procedure di infrazione comunitarie, sia disponibile alla creazione di un fondo destinato a garantire alle imprese di pesca un risarcimento, seppur parziale, delle perdite che si stanno verificando; se il Governo sia disponibile a reperire risorse che attivino anche fondi di rotazione, anche sotto forma di prestiti a bassissimo interesse per il settore della pesca, relativamente alle attrezzature che sono state danneggiate e per la ristrutturazione di cooperative in crisi a causa dell'emergenza mucillagine; e, infine, se lo stesso Governo intenda avviare attività di studio e monitoraggio del fenomeno, in maniera tale da consentire la raccolta di dati scientifici indispensabili alla corretta pianificazione dell'attività di pesca per il futuro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, do lettura della nota predisposta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, all'interpellanza urgente degli onorevoli Bordo ed altri. Tale interpellanza si riferisce al fenomeno della mucillagine lungo le coste della regione Puglia e ad altri interventi a sostegno del settore.
Al riguardo, quanto alla possibilità di applicare il fermo tecnico prolungato, armonizzandolo con il fermo biologico stagionale,Pag. 7ai sensi dell'articolo 24 del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca in caso di eventi calamitosi, si fa presente che la disposizione prevede la possibilità di finanziamento delle misure di aiuto all'arresto temporaneo delle attività di pesca «in caso di calamità naturale o interruzione delle attività di pesca decise dagli Stati membri per motivi di salute pubblica o altri eventi eccezionali che non derivano da misure di conservazione delle risorse». Pertanto, è esclusa la possibilità di armonizzare tale misura con quella del fermo biologico stagionale.
Non bisogna dimenticare, altresì, che per l'applicazione di tali aiuti occorre che sia ultimato l'iter di adozione del Piano strategico nazionale e del Programma operativo, ancora in corso di approvazione.
Con riferimento all'istituto fiscale del credito di imposta per la pesca, si fa presente che, giusta l'equiparazione esistente, sul piano giuridico formale, del settore ittico a quello agricolo, ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2001, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha più volte cercato di attivare iniziative normative volte ad estendere a favore degli imprenditori ittici le misure agevolative relative al credito di imposta già previste per gli imprenditori agricoli. Non appare, invece, percorribile l'attivazione di un apposito fondo destinato a garantire alle imprese di pesca un risarcimento, seppur parziale, delle perdite che si stanno verificando, in quanto lo stesso, secondo la normativa vigente, sarebbe in contrasto con gli istituti già esistenti e con la normativa dell'Unione europea.
Quanto ad altre misure di sostegno, nel ricordare che occorre operare nel rispetto dei vincoli che discendono, appunto, dalla normativa comunitaria, si fa presente che l'amministrazione è impegnata a valutare la possibilità di estendere l'operatività del Fondo centrale per il credito peschereccio ad iniziative a sostegno del comparto ittico.
Infine, si evidenzia che, sin dai primi episodi di presenza di mucillagine, l'amministrazione ha investito della problematica l'ICRAM, al fine di svolgere approfondite indagini nelle aree interessate sulla base di specifici programmi (ritengo che tali indagini saranno finalizzate a scoprire le ragioni del fenomeno ed a contrastarlo per il futuro).
Al riguardo, preme sottolineare che le attività di monitoraggio per la valutazione degli effetti delle mucillagini sulle attività di pesca rappresentano una costante dell'attività istituzionale, in quanto il monitoraggio, oltre a registrare situazioni contingenti, può sicuramente costituire un utile strumento di pianificazione delle attività di pesca.

PRESIDENTE. Grazie, signor sottosegretario.
L'onorevole Bordo ha facoltà di replicare.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, nel ringraziare della risposta, colgo l'occasione per esprimere gratitudine al ministro dell'agricoltura, De Castro, per l'attenzione che in tutte le circostanze ha sempre dimostrato nei confronti delle imprese di pesca e dei pescatori della regione Puglia.
Nel prendere atto della risposta, sottolineo tuttavia che l'emergenza dovuta alla presenza della mucillagine non può essere in alcun modo sottovalutata dal Governo e dalle istituzioni. Essa sta provocando danni ingenti alle imprese di pesca, ai pescatori, molti dei quali non hanno potuto svolgere fino in fondo il proprio lavoro.
Pertanto, anche alla luce delle proteste significative che si stanno registrando in questi giorni in tutte le province pugliesi, è forse necessario che il Governo riveda la sua posizione e, accogliendo la sollecitazione in tal senso giunta anche dalla regione Puglia, prenda in considerazione l'eventualità di riconoscere, a favore delle imprese di pesca pugliesi, lo stato di calamità naturale. Forse, questa sarebbe l'importante risposta che i pescatori si aspettano e che andrebbe incontro ad un'esigenza assolutamente rilevante, attesoPag. 8che, evidentemente, fino a questo momento il pescato non è stato sufficiente e ciò ha creato problemi economici di non poco conto per le imprese del settore. Se, nei prossimi giorni, ci fosse questa disponibilità da parte del ministro - che invito a convocare un incontro anche con le associazioni di categoria - certamente sarebbe un fatto positivo.
Nella mia interpellanza sollecitavo espressamente anche alcuni interventi strutturali. Quelli economici, volti al risarcimento dei danni subiti, sono interventi una tantum che si effettuano solo ed esclusivamente in presenza di eventi straordinari. Invece, ho chiesto che si attivi una attività di studio e di monitoraggio per capire quali siano le ragioni che producono l'emergenza mucillagine, ormai quasi ogni anno. La positiva risposta che è giunta dal Governo rispetto a questa richiesta è importante perché sulla base dei dati che otterremo, grazie a questo studio, saremo nelle condizioni di programmare meglio le attività di pesca per i prossimi anni.

(Iniziative per evitare la chiusura del centro paraplegici di Ostia - n. 2-00420)

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00420 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, quella dell'ospedale paraplegici di Ostia è una storia che ha dell'incredibile. Si tratta di uno dei migliori centri dell'Italia centrale e, nonostante gli impegni che in precedenza furono assunti, sia con un ordine del giorno presentato alla Camera, sia con l'intervento della regione, è stato progressivamente spogliato di tecnici, di personale qualificato e anche delle attrezzature; insomma, di tutto. Addirittura, una piscina per la riabilitazione, costruita vent'anni fa, non ha mai visto l'acqua, non è stata mai riempita; addirittura, è stata chiusa, pavimentata, e al suo posto si vorrebbero realizzare alcuni uffici.
Credo che si debba intervenire al più presto perché quell'ospedale, oltre a svolgere una funzione importante per i pazienti ricoverati, serve la altissima percentuale di persone che, nel corso dei decenni, dopo essere state ricoverate al CPO sono rimaste a risiedere nella zona di Ostia, che è una sorta di quartiere di Roma, e continuano a curarsi entrando e uscendo dalla struttura.
Bisogna risolvere questo problema e la ASL locale deve dire con molta chiarezza quali siano i suoi intendimenti, il suo programma e i suoi progetti al riguardo. Non è possibile che persone obbligate alla carrozzina debbano organizzare manifestazioni ogni giorno. Quattro anni fa, la struttura si era trasformata in un cumulo di macerie e ben quattro imprese vincitrici di appalti sono fuggite. Partiti, uomini politici e istituzioni si sono rimboccati le maniche e l'ospedale è stato rimesso in funzione. Come risulta dalla mia interpellanza, in una località denominata Casal Bernocchi è stata costruita un'altra sala operatoria - credo che neppure lo 0,01 per cento dei romani sappia dove si trova e, per raggiungerla, vi sono difficoltà incredibili dal punto di vista dei trasporti - mentre quella del centro paraplegici di Ostia, al centro della città, è stata chiusa. Si tenga conto anche del fatto che quest'ultima sala operatoria era stata ristrutturata, spendendo denaro pubblico. Adesso, come ripeto, è stata chiusa e ne è stata aperta un'altra in quella località, all'interno dello stesso municipio.
Vengono, quindi, spesi altri soldi, invece di provvedere a mettere a posto quelle strutture che, da tempo, hanno questa necessità. I medici, ogni giorno, recandosi nella suddetta struttura sanitaria, trovano note di trasferimenti o di spostamenti. La situazione è davvero inaccettabile, per cui vorrei sapere, al riguardo, qualcosa in più, ricordando anche che è stato accolto qui alla Camera un ordine del giorno, con il quale si richiedeva l'impegno a far diventare questo ospedale sempre più di qualità.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Serafino Zucchelli, ha facoltà di rispondere.

SERAFINO ZUCCHELLI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, come l'onorevole Buontempo sa, la gestione e l'organizzazione dei servizi sanitari, dato l'assetto istituzionale attuale, compete alle aziende e alle regioni. Il Ministero, quindi, ha desunto le notizie che ora darò dopo aver interrogato, allo scopo della richiesta che ci è stata fatta, l'azienda di Ostia e la regione Lazio.
Con riferimento a quanto lamentato dagli onorevoli interroganti, devono essere rappresentate le necessarie precisazioni fornite a questo Ministero dalla direzione generale della ASL Roma D.
L'Ospedale Centro Paraplegici di Ostia ha iniziato la propria attività nel 1957 su un corpo di fabbrica preesistente, con una dotazione di 104 posti letto. Nel corso degli anni, ha subito numerose modifiche strutturali che lo hanno condotto all'attuale assetto organizzativo di 48 posti letto.
La sala operatoria presente nel CPO è una sola e, attualmente, è in funzione per i degenti in regime di ricovero ordinario e di day hospital.
Relativamente alla piscina coperta, l'attuale amministrazione, in considerazione della inagibilità e dell'impossibilità di utilizzazione della stessa, per la mancanza dell'impianto di riempimento e smaltimento delle acque e dell'elevato costo da affrontare per la relativa messa a norma, ha ritenuto più utile procedere a recuperare una superficie di circa 300 metri quadrati, dalla quale ricavare spazi ritenuti necessari (spogliatoi per il personale, locali lavanderia ed archivio), programmando, contestualmente, la costruzione di una piscina nell'area esterna al perimetro ospedaliero.
Per quanto concerne il potenziamento della pianta organica, l'ASL ha di recente assunto tre terapisti occupazionali, 12 infermieri professionali e 2 unità amministrative. Sono state inoltre stipulate convenzioni di collaborazione clinico-scientifica con un ospedale di alta specializzazione per la riabilitazione neuromotoria, quale l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico - Fondazione Santa Lucia di Roma.
Dopo le dimissioni volontarie del precedente responsabile del servizio di chirurgia plastica, dipendente dell'Università degli studi «La Sapienza» di Roma, è stata stipulata una convenzione con la ASL Roma C, con la quale viene garantito, senza oneri aggiuntivi, il suddetto servizio, avvalendosi dell'attività professionale del primario di chirurgia plastica che opera presso tale azienda.
Nel piano di riorganizzazione, inoltre, sono state mantenute inalterate tutte le attività assistenziali relative alla mielolesione, e si è provveduto a migliorare e a razionalizzare l'utilizzazione delle risorse.
Deve essere sottolineato che il presupposto della riorganizzazione realizzata è stato il mandato attribuito dall'attuale assessore alla sanità ad una commissione regionale per la definizione di obiettivi condivisi circa la nuova progettualità operativa dell'ospedale CPO.
Tra la regione Lazio, la ASL Roma D e le associazioni è stato firmato, nella scorsa estate, un protocollo di intesa che ha evidenziato l'unanime convinzione dell'importanza delle funzioni del CPO, all'interno della rete per le mielolesioni presente nella regione Lazio, e della necessità di mantenere adeguato alla domanda sanitaria il livello delle prestazioni assistenziali erogate dalla struttura.
Nel documento è riportato testualmente che «all'interno del CPO, esistono servizi collegati al reparto di riabilitazione assolutamente assenti in gran parte delle strutture di riabilitazione del circuito convenzionato accreditato. In particolare, ci riferiamo alla possibilità di utilizzare all'interno del CPO la sala operatoria, sia per la chirurgia plastica che per interventi di neuro-urologia per i pazienti mielolesi. I servizi sopra menzionati collegati alla riabilitazione e interni al CPO sono da considerarsi elementi essenziali, insieme al DEA di II livello e ai connessi servizi di neurochirurgia e di rianimazione per ilPag. 10trattamento delle lesioni midollari in fase acuta, per poter qualificare una parte dei posti letto in Unità Spinale Unipolare».
In considerazione di quanto sopra precisato e dell'attenzione degli organi regionali relativamente alla situazione strutturale ed organizzativa dell'Ospedale di Ostia, non sembrano pertanto condivisibili i timori espressi nell'interpellanza in esame in merito alla paventata chiusura del suddetto presidio di alta specialità e ad un possibile dispendio di risorse finanziarie pubbliche.

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di replicare.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, occorre precisare che la nota preparata per la risposta del Governo è un'altra cosa rispetto alla realtà.
Infatti, qualcuno mi deve spiegare come sia possibile che prima si costruisce una piscina e la si collauda e poi ci si viene a dire che non c'è lo scarico. La ASL dovrebbe quantomeno chiedere il risarcimento dei danni a qualcuno, al progettista, all'ingegnere, al direttore sanitario! Allora, si pensa di realizzare un'altra piscina a 200 metri di distanza, sottraendo spazio ai paraplegici per praticare sport, arte ed altre attività. Quindi, si utilizza spazio di proprietà pubblica - il territorio è infatti di proprietà comunale - per realizzare un'altra piscina che, tuttavia, non si sa se disporrà dello scarico per le acque o dei filtri per la pulizia.
Inoltre, al momento, è stata trasferita una sala operatoria a Casal Bernocchi, due tecnici del reparto radiologia sono stati trasferiti in altri presidi (uno all'ospedale G.B. Grassi e un altro al centro di via Paolini) e un terzo tecnico è in ferie. Quindi, questo reparto è assolutamente inattivo.
Questo centro, oltretutto, è stato richiesto dai paraplegici anche per consentire interventi nei confronti di chi non è ricoverato. Infatti, si tratta di persone che non è facile trasportare e che, risiedendo in quel territorio, si vanno a curare presso il Centro paraplegici di Ostia. Evidentemente, per queste persone recarsi a Casal Bernocchi è come andare sulla luna, perché non vi sono servizi di trasporto pubblico adeguati e anche con l'autovettura è facile perdersi.
Signor sottosegretario, le devo dire con molta onestà che chi ha scritto quella nota non conosce assolutamente la situazione esistente, che vede questa struttura ogni giorno privata di qualcosa. Perché quanto contenuto nella nota circa il futuro non viene riferito direttamente al centro, quantomeno per rassicurare i pazienti? Siccome sono stati siglati anche dei protocolli di intesa tra le associazioni, i medici e le famiglie, perché non si va lì a dire una parola chiara sul percorso futuro?
Potrei citare tantissime inadempienze, ma credo che il problema non riguardi solo la regione. È ovvio che questa ha la competenza organizzativa, ma se c'è un centro per la ricerca sui mielolesi, se c'è un centro di ricerca per il midollo spinale, questo non riguarda solo la regione: sono centri di altissima specializzazione e, quindi, la questione attiene al quadro generale della sanità. Di conseguenza, la riorganizzazione di questi settori non rientra solo nella competenza organizzativa della regione, ma - credo - è anche parte del quadro generale della sanità del nostro paese.
Spero che questa risposta costituisca una fase interlocutoria. In un successivo atto di sindacato ispettivo sarò più preciso su ciò che è stato tolto, sul personale che è stato trasferito, sui reparti che sono chiusi, sul fatto che lo specialista sparisca dopo aver compiuto l'intervento chirurgico - quindi, la persona che è stata curata non ha più il riferimento del medico -, su operazioni che vengono fatte senza che le specializzazioni di assistenza siano presenti ventiquattr'ore (quindi, una volta concluso l'intervento, i pazienti restano abbandonati nei letti).
Credo che occorra discutere nuovamente la questione ed invito il sottosegretario ad acquisire anche qualche dato in più. Mi rendo conto che la nota è stata preparata da altri e, quindi, non posso prendermela con chi correttamente è venutoPag. 11in questa sede. In ogni caso, ritengo che anche la sua serietà politica e personale gli imponga - trattandosi di malattie particolari, di persone che soffrono e che hanno bisogno di aiuto - di non lasciare questi soggetti in balia di una burocrazia fredda, cinica e insensibile. Tali persone non possono non avere interlocutori, non possono non avere una speranza che la loro malattia venga curata sul serio da una struttura pubblica.

(Misure a favore degli inquilini di un complesso immobiliare venduto dalla società Sara alla società Babcok & Brown Montipò Srl - n. 2-00419)

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00419 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la compagnia di assicurazioni Sara, proprietaria di una serie di immobili, all'improvviso ha venduto questi appartamenti ad una società americana senza chiedere neppure agli inquilini che vi abitano da dieci, quindici o venti anni se volevano o meno comprarli. Credo che quello di prelazione sia un diritto quasi naturale, nel senso che chi abita in un appartamento, in caso di vendita dello stesso, debba avere la priorità nell'acquisto.
La Sara, che è una compagnia di assicurazioni, ha un azionista unico, cioè l'Automobile club italiano: quindi, nel capitale della società Sara c'è anche un capitale pubblico, di conseguenza non può essere considerato esclusivamente privata. L'Automobil Club è un ente pubblico senza scopo di lucro, con un amministratore indicato dai Ministeri dei trasporti e del tesoro. Pertanto, onorevole sottosegretario, se la Sara, che è una società per azioni, ha effettuato la vendita del complesso immobiliare in piena legalità, non si comprende come la proprietaria della stessa, l'ACI, non abbia influenzato la dirigenza della Sara ad avere comportamenti rispettosi dei problemi sociali, con particolare riferimento al rispetto degli inquilini, in un momento di particolare emergenza abitativa, specialmente a Roma.
Vi è anche da considerare che l'unico articolo ancora in vigore della legge sull'equo canone, a suo tempo in parte abrogata, è quello che riconosce all'inquilino il diritto di prelazione sull'immobile locato, a condizione che l'immobile sia venduto in blocco.
È anche rilevante il ruolo degli inquilini che, riuniti in associazione, hanno manifestato l'intenzione di acquistare l'immobile loro locato anche in blocco, purché le condizioni di vendita non assumessero e non assumano valore speculativo. Tale ultima legittima operazione appare sensata ed accettabile soprattutto in considerazione del fatto che la proprietà della Sara assicurazioni è nelle mani dell'Aci che, come già detto, è un ente pubblico senza scopo di lucro.
Chiedo pertanto al Governo quali iniziative intenda adottare per fare in modo che il contratto tra la Sara e la società acquirente venga contestato e, qualora non si possa dar seguito a tale ipotesi, se non ritenga di intervenire presso la nuova proprietà per mettere gli inquilini nelle condizioni di acquistare l'immobile.
Non capisco come mai si fanno fare gli affari a società finanziarie (nel momento in cui si dispone una vendita, tali case vengono vendute al prezzo di mercato, meno il trenta per cento che viene riconosciuto per le case occupate da inquilini), mentre allo stesso prezzo non possono essere vendute agli inquilini sia per non aumentare l'emergenza abitativa, specialmente in una città come Roma, sia per non creare condizioni di ingiustizia, anche perché gli inquilini hanno provveduto nel corso degli anni alla manutenzione ordinaria di tali abitazioni, tenendo in piedi immobili, che spesso vengono lasciati in uno stato di abbandono.
Il comune di Roma sta assumendo delle iniziative al riguardo, ma, a causa dell'arroganza di questi amministratori, non vi è stato alcun incontro con il sindaco diPag. 12Roma, che voleva rappresentare questa situazione di emergenza. Mi auguro che il sottosegretario, considerata anche la sua persona, non fornisca una risposta formale, burocratica, preparata dagli uffici.
Il sottosegretario sa, quando parliamo di emergenza case a Roma, quanto sia grave la situazione. Mi rendo conto che ai sensi delle norme vigenti il diritto di prelazione non è applicabile in assoluto alle proprietà private, ma, considerando che si tratta anche di capitale pubblico e che l'ACI svolge una funzione pubblica per conto della pubblica amministrazione, bisogna in una qualche maniera intervenire a tutela dei diritti degli inquilini.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, onorevole Buontempo, per rispondere adeguatamente - me lo auguro - e nei tempi brevi che sono dovuti in ragione dell'interpellanza in esame, ho fatto riferimento ai dati forniti dall'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni. Mi auguro che il collega Buontempo non voglia ritenere ciò un atto burocratico, ma un buon modo per cominciare ad approfondire il problema.
Sulla base delle informazioni che ho raccolto, sono in grado di presentare un quadro della seguente natura. L'ISVAP, precisando naturalmente che non esiste obbligo alcuno né di preventiva comunicazione delle compravendite in parola, date le loro caratteristiche, né di alcun provvedimento autorizzatorio da parte dell'Istituto medesimo, ha tuttavia fornito le seguenti informazioni, che sono desunte e, quindi, desumibili anche dall'esame dei documenti forniti dalla società Sara, con lettera 20 marzo del 2007, su specifica richiesta dell'Istituto.
In base a questa risposta posso affermare quanto segue. In primo luogo, gli immobili appostati in bilancio al 31 dicembre 2005 per 4,8 milioni di euro per lo stabile di via Acton e di 6 milioni di euro per quello in viale dei Promontori sono stati ceduti alla società Babcok & Brown Montipò Srl, con sede in Milano, ad un valore pari rispettivamente a 16,1 milioni di euro e 18,7 milioni di euro. Gli atti di compravendita, stipulati il 20 dicembre 2006, a rogito notaio Antonio Mazzocca di Roma, hanno riguardato la vendita in blocco dei complessi immobiliari in questione, oltre che di altri fabbricati siti in Trieste e Venezia. Il prezzo, determinato anche in base alla valutazione complessiva effettuata dalla società per azioni Praxi, è stato regolarmente saldato. La decisione assunta dal consiglio di amministrazione della società Sara è stata motivata, secondo quanto ha dichiarato la società stessa, da considerazioni di ordine strategico relative a nuovi e diversi intendimenti in merito agli investimenti immobiliari.
Dalla lettura degli atti di compravendita risulta che i contratti di locazione in essere sugli immobili trasferiti, indicati negli atti stessi, sono ceduti all'acquirente. Da alcuni dei modelli di contratto di locazione allegati ai predetti atti si rileva l'esistenza della previsione esplicita del riconoscimento del diritto di prelazione limitatamente al caso di vendita frazionata, mentre in altri modelli tale previsione risulta implicitamente riconosciuta attraverso il rinvio alle norme del codice civile, nonché alle altre leggi in vigore, segnatamente le leggi n. 392 del 1978 e n. 431 del 1998, per quanto non espressamente previsto nel contratto di locazione.
La società acquirente, che ha per oggetto sociale la compravendita di immobili, come riportato anche nei predetti atti, dichiara di voler rivendere i cespiti acquistati entro tre anni dalla data di stipula.
Infine, la società Sara ha dichiarato che non risultano vertenze in atto, ad eccezione di quelle già intraprese prima della compravendita, volte al recupero delle morosità e alla riconsegna dell'immobile nei casi, e solo in quelli, in cui il contratto non era stato rinnovato a scadenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di replicare.

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TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, mi aspettavo che il sottosegretario terminasse proponendo una medaglia d'oro al valor civile agli azionisti della Sara, perché da quello che emerge da quella nota sarebbero da premiare, in quanto hanno compiuto un'opera meritoria, vendendo case abitate da qualche decennio, facendo un buon affare con queste società, rispetto alle quali sarebbe interessante accertare in quale anno sono state costituite e con quali entità di capitali. È noto a tutti che nella vendita frazionata il diritto di prelazione è maggiormente tutelato. È anche vero che la società venditrice avrebbe potuto proporre agli inquilini l'acquisto dell'intero edificio allo stesso prezzo: è questa la domanda che ho rivolto al Governo.
Ogni singolo rappresentante del Governo, prima di rispondere ad atti di sindacato ispettivo, dovrebbe approfondire le questioni per le quali è chiamato a prospettare una soluzione, altrimenti siamo in balia di mattinali, di note riassuntive, mentre con gli atti di sindacato ispettivo si chiede al Governo di effettuare degli approfondimenti e, se necessario, anche qualche forzatura.
Quindi, vorrei mi fosse spiegato perché questa società, che vende a dieci, non possa farlo allo stesso prezzo al privato che occupa l'edificio in questione. La società, proprio perché è a capitale misto, avrebbe dovuto proporre l'acquisto dell'intero edificio agli inquilini, i quali avrebbero potuto costituirsi in cooperativa, accendendo un mutuo con le banche.
Si tratta di un'operazione che, per esempio, ha riguardato anche l'ente dei medici, che addirittura ha garantito i mutui di cui si sono serviti gli inquilini. Anche in quel caso la storia è iniziata allo stesso modo, nel senso che si è appreso dai giornali che l'ENPAM vendeva degli appartamenti. Il buon senso e la volontà del precedente Governo hanno consentito che l'ENPAM rivedesse la sua posizione originaria, consentendo agli inquilini di acquistare, senza alcun danno per l'ente stesso. Non stiamo chiedendo alla Sara Assicurazioni di rimetterci soldi, poiché dovrebbe proporre l'acquisto agli inquilini allo stesso prezzo e alle stesse condizioni: su questo deve intervenire il Governo!
L'ACI svolge un servizio pubblico, abbiamo a che fare con denaro pubblico, quindi non è possibile che società che gestiscono denaro pubblico trattino a pesci in faccia il cittadino normale e consentano affari d'oro alla società Babcok & Brown Montipò Srl. Perché questa società ha più diritti degli inquilini? Caro sottosegretario, perché il Governo non si informa su questi signori e non si chiede perché si regala loro questo patrimonio pubblico. Le compagnie di assicurazioni hanno usufruito anche di agevolazioni per la costruzione di case a garanzia e a protezione delle pensioni.
Mi dispiace che il sottosegretario Gianni mi abbia fornito una risposta come avrebbe fatto un qualunque altro sottosegretario, essendo egli di Roma ed appartenendo ad una forza politica a me avversa, che comunque si è occupata di questi problemi, tutelando persino le occupazioni delle case in diversi settori, compreso quello assicurativo. Un esponente politico che ha lottato per il diritto alla casa, specialmente nelle grandi città, una volta andato al Governo non può rispondermi come un qualunque sottosegretario, che si poteva trovare anche nella cantina di un partito politico o di quella società, che se ne frega altamente dei problemi e dei drammi della gente comune.
Quindi, sottosegretario, la invito ad approfondire questa questione e a rivolgersi anche ai sindacati che si occupano del problema casa, che lei dovrebbe conoscere e che erano disponibili alla costituzione di cooperative per l'acquisto degli interi edifici.
Il Governo, a mio avviso, ha titolo per intervenire perché queste società che hanno comprato, nel caso in cui rivendessero dovrebbero applicare le condizioni praticate alla Sara; inoltre, va verificato se, tramite l'Avvocatura dello Stato, si possano impugnare questi contratti a difesa degli inquilini, i quali non possono agire individualmente.Pag. 14
Questo contratto è regolare? Certo, perché la società per azioni Sara ha venduto, ma si vuole tenere conto del diritto naturale e sacrosanto alla prelazione? È inutile allora promuovere cortei sull'emergenza casa e sui senzatetto, se, una volta al Governo, non si fa assolutamente nulla per tutelare il cittadino, che oltretutto ha intenzione di acquistare la casa.
Perché dobbiamo avere queste migliaia di persone, che saranno quanto prima sfrattate, visto che chi ha comprato lo ha fatto sulla pelle dei lavoratori per fare affari d'oro? Perché il Governo non assume l'iniziativa di incontrare il consiglio di amministrazione della società Sara e quello della società Babcok & Brown Montipò, invitando al tavolo anche i sindacati che si interessano del problema della casa, al fine di verificare quali soluzioni siano possibili, avvalendosi anche di consigli legali, per recuperare questa situazione?
Questo è il comportamento che a mio avviso dovrebbe tenere un Governo che si dice sensibile a questi aspetti, anziché quello di ripetermi la storia, che in maniera sintetica nell'interpellanza che ho presentato ho già citato. Quello che mi ha detto il sottosegretario nella sua risposta è a me, così come agli inquilini, già noto. Noi vogliamo sapere invece cosa il Governo abbia intenzione di fare.
Normalmente si rivolge un'interpellanza per capire se il Governo abbia studiato il problema e se sia possibile o meno praticare una strada. Il quesito che si rivolgeva al Governo infatti era testualmente il seguente: «...se non intendano acquisire informazioni dalla società venditrice sulla compravendita citata e se si possano valutare iniziative che diano certezza di continuità alle 220 famiglie, evitando così disagi sociali di grave rilevanza, che spesso incidono su individui di età ormai avanzata, che ben difficilmente, autonomamente, sarebbero in grado di individuare soluzioni alternative».
Si chiede cioè al Governo, che può disporre di strumenti, di avvocati, di tecnici e di esperienza, di andare oltre, rispetto a dove può arrivare il cittadino semplice, ciò al fine di vedere come tali cittadini possano essere tutelati da queste vere e proprie truffe! Così io le definisco e me ne assumo la responsabilità. Se si trattasse infatti solo di un problema di entrata di bilancio, chiedo perché questa entrata non potrebbe venire dai soldi degli inquilini, anziché da quelli della società americana, che viene a comprare case a Roma per poi farci spesso altre cose o per metterle sul mercato in maniera speculativa! Dunque, c'è una società che ha capitale pubblico che consente a signori X o Y di una società americana di fare affari sulla pelle degli inquilini di quegli stabili!
Mi auguro, in conclusione, che il sottosegretario voglia approfondire dopo la sua risposta ciò che non ha approfondito prima e sinceramente mi dispiace che egli non abbia avuto maggiore cura nel capire questo problema.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 26 marzo 2007, alle 16:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 11,15.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 22 marzo 2007, a pagina 75, seconda colonna, le righe dalla settima alla undicesima si intendono sostituite dalle seguenti: «Ricordo che l'ordine del giorno Di Centa n. 9/2201/79 è stato accettato dal Governo».