XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 121 di mercoledì 7 marzo 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 10.

TITTI DE SIMONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, Boato, Cento, Cordoni e Del Mese sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali (A.C. 2193-A) (ore 10,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti e il relatore per la IV Commissione ed il Governo hanno espresso i rispettivi pareri.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2193-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2193 sezione 1), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2193 sezione 2).
Ricordo che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2193 sezione 3).
Ricordo altresì che è stato presentato un emendamento riferito al titolo del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2193 sezione 4).
Passiamo all'emendamento Bricolo 1.21. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.

FEDERICO BRICOLO. No, signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro ed insisto per la votazione del mio emendamento 1.21.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.Pag. 2
Avverto che i gruppi di Forza Italia ed Alleanza Nazionale hanno chiesto la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,07).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,30.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2193-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bricolo 1.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, ritengo opportuno innanzitutto porre in rilievo come il Governo, per evidenti scopi di stabilità della propria maggioranza, abbia ritenuto di «costruire» il presente provvedimento in maniera da assicurare l'apparenza di alcune scelte piuttosto che la sostanza. È del tutto evidente il tentativo di descrivere quelle cui il nostro paese partecipa come missioni strettamente civili e, come tali, orientate essenzialmente alla cooperazione allo sviluppo. Noi non neghiamo che il Governo abbia reperito - dal nostro punto di vista, correttamente - risorse adeguate per porre in essere tali interventi nei singoli paesi in cui si svolgono queste missioni: Balcani (Kosovo e Bosnia), Medio Oriente, Libano, Iraq e Afghanistan; tuttavia è evidente che iniziare l'esame del provvedimento con questo Capo I e con questo articolo 1, che descrivono gli interventi di cooperazione allo sviluppo e umanitari, anziché la presenza di militari italiani all'estero impegnati in operazioni, che sono evidentemente di pace anche quando si prefigurano più in chiave di peace keeping che di peace enforcing, sia un tentativo per confondere le idee. Noi, naturalmente, a questo tentativo intendiamo sottrarci.
Valutando l'entità delle risorse destinate alla copertura dei costi delle missioni cui il nostro paese partecipa, si può osservare che, a fronte di poco più di 100 milioni di euro destinati alle missioni civili, si spende circa dieci volte di più per quelle militari. Ciò significa che è in atto un tentativo di mistificazione della realtà che non va certo a beneficio ma a danno di quella parte della maggioranza che legittimamente ritiene di non dover dare il suo voto o, meglio, di dover distinguere la sua posizione da quella della sua maggioranza. Che ciò lo si faccia, in questa sede, per motivi politici interni, tutti lo comprendiamo; tuttavia è opportuno che sia chiaro, almeno nei confronti dei cittadini che ci ascoltano e che leggeranno sui giornali come questa Assemblea ha gestito questo provvedimento, che si sta ponendo in atto, lo ripeto, un tentativo di mistificazione della realtà.
L'Italia è impegnata in missioni che si prefiggono la pace e la stabilizzazione interna dei paesi in cui si interviene, e che utilizzano, come strumenti per raggiungere questi obiettivi, innanzitutto l'impiego di militari e, in parallelo, sebbene con l'impiego di risorse dieci volte inferiori, interventi di cooperazione allo sviluppo.
In questo articolo 1, dedicato agli interventi di cooperazione allo sviluppo, sono inserite alcune norme che, a nostro avviso, richiedono particolare attenzione e chiarezza. Dico ciò perché quando si destinano fondi per interventi di cooperazione allo sviluppo e si indicano come possibili beneficiari oltre a realtà locali dei paesi ospitanti anche realtà italiane, siano Pag. 3esse ONG o aziende con fini di lucro, sorge il dubbio che con il derogare ad alcune disposizioni di legge - il provvedimento prevede, ad esempio, la deroga alle norme di contabilità generale dello Stato nel caso di affidamenti in urgenza - qualcuno voglia fare un favore a qualche amico o ad un amico degli amici.
Per questo motivo riteniamo che la precisazione contenuta nell'emendamento Bricolo 1.21 debba ottenere l'approvazione dell'Assemblea: potrà essere definita ridondante ma, nel dubbio, meglio un po' di più che un po' di meno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Osservo con stupore che questo emendamento ha ricevuto il parere negativo delle Commissioni e del Governo. Ritengo che, invece, si tratti di un emendamento di assoluto buonsenso. Le organizzazioni non governative che operano in questi territori costituiscono senza dubbio entità di cui si sa poco. Infatti, mentre sappiamo che un'organizzazione governativa è l'emanazione politica di una certo Governo, quella non governativa è un'associazione non determinata, quindi formata da volontari e via dicendo.
Pretendere che l'organizzazione debba dare una qualche garanzia di serietà costituisce il minimo: non posso pensare ad un'organizzazione non governativa, fatta da una famosa casa farmaceutica, che riceve dei soldi, andando poi magari a comprare le provvidenze dalla casa farmaceutica di cui è partecipe. Quindi, ritengo che, onde evitare ogni tipo di speculazione o di situazione poco chiara, pretendere delle garanzie per questa tipologia di soggetti - appunto, le ONG - sia il minimo etico. Sono veramente meravigliato per il fatto che la sinistra, sempre così attenta alla trasparenza ed alla pulizia in ogni intervento, su questo aspetto abbia glissato ed espresso un parere negativo.
L'emendamento dell'onorevole Bricolo non è solo condivisibile, ma è anche di assoluto buonsenso perché garantisce la trasparenza, assicurando che i soldi impegnati dalle organizzazioni non governative vadano a finire a beneficio del popolo che usufruisce dei servizi previsti.
Per questo motivo, invito i colleghi in Assemblea - che al momento mi sembrano un po' distratti - a riflettere su quanto detto e a voler esprimere un voto positivo su questo emendamento.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Intervengo giusto perché l'Assemblea sia a conoscenza del dibattito che si è svolto in Commissione e in sede di Comitato dei nove e non vi siano stravolgimenti della realtà. Mi rendo conto che l'onorevole che ha appena parlato non fa parte delle Commissioni e non ha partecipato alla discussione (quindi, può portare delle argomentazioni assolutamente fuorvianti), però ritengo sia meglio fare chiarezza sul perché si è chiesto di ritirare questo emendamento, pena l'espressione di un parere contrario.
Vi spiego il motivo. L'emendamento chiede, a parte la comprovata fama, che è di difficile attestazione, che le ONG utilizzate debbano rispondere ai criteri dell'articolo 28 della legge n. 49. Ci si potrebbe allora chiedere: ma come, qualcuno è contrario all'applicazione di queste normative di legge? Sarebbe assurdo! Infatti, così non è (Commenti del deputato Brucolo).
Il motivo - onorevole Bricolo, potrà replicare in seguito, ma ora mi lasci terminare l'intervento - è legato al fatto che questa applicazione della legge è già contenuta nel decreto-legge. Se si legge il comma 4, si fa riferimento al fatto che va applicata la legge n. 165.
Nella legge n. 165 è scritto che «(...) per le realizzazioni degli interventi indicati dalla legge si applicano le disposizioni della legge n. 49».Pag. 4
Quindi, innanzitutto, c'è un problema di ridondanza rispetto a qualcosa che nella legge c'è. Inoltre, c'è un problema ulteriore.
Laddove si decidesse di inserire l'emendamento, andrebbe considerato che il comma in esame è stato modificato con un emendamento dell'opposizione presentato dall'onorevole Paoletti Tangheroni, che chiede esplicitamente di utilizzare personale locale, tutte le volte che è possibile, per effettuare gli interventi che possono essere compiuti in loco. Inserire in questo comma, dove noi chiediamo esplicitamente di utilizzare prioritariamente personale locale, una norma che riguarda la scelta delle ONG nazionali sarebbe di fatto in contraddizione anche con lo spirito che si è voluto dare al comma stesso.
All'interno del decreto-legge è, quindi, chiarissimo che tutte le ONG utilizzate devono rispondere all'articolo 28 della legge n. 49 del 1987; perciò reinserire questo richiamo in questo passaggio è inutile, sbagliato e forse anche un po' pretestuoso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. L'emendamento in questione è assolutamente inutile e contraddittorio, come ha sottolineato prima la presidente Pinotti. Esso tende a sminuire anche il lavoro fatto in Commissione in cui si è recepito parte della proposta dell'opposizione riguardo alle caratteristiche che debbono avere gli interventi ed il coinvolgimento delle esperienze e delle realtà locali nei processi di cooperazione allo sviluppo.
L'intervento su questo emendamento mi consente, però, di valorizzare complessivamente l'impianto dell'articolo 1 del decreto-legge, che contiene gli elementi fondamentali di discontinuità rispetto al precedente decreto-legge che abbiamo approvato in luglio. L'aumento importante dello stanziamento per la cooperazione allo sviluppo, che arriva a 40 milioni di euro per quanto riguarda l'Afghanistan, è accompagnato da un elemento di strutturazione, con la differenziazione esplicita della cooperazione allo sviluppo dall'intervento militare. Esso rappresenta, quindi, un passo verso la fine di quella commistione fra militare e civile, una delle caratteristiche negative dell'esperienza afghana che rendono difficile la stabilizzazione di quella società in quanto dovrebbe avvenire attraverso la cooperazione e non attraverso l'intervento militare.
Successivamente, anche grazie ad emendamenti dell'opposizione abbastanza inutili, se non provocatori, affronteremo l'incardinamento all'interno del provvedimento della conferenza internazionale di pace con il riconoscimento della presenza di un conflitto militare aperto a cui deve corrispondere una soluzione di carattere politico e non eminentemente militare. L'articolo 1 del provvedimento chiarisce anche che la cooperazione allo sviluppo, nelle sue forme tradizionali, riconosciute anche dalla legge finanziaria, che finalmente ha dato maggiore spazio agli interventi di cooperazione allo sviluppo, va considerata come priorità dell'intervento italiano in Afghanistan, in Libano e nelle altre aree in cui siamo impegnati con la nostra presenza militare.
Nel respingere e quindi associarmi all'invito al ritiro o al rigetto dell'emendamento da parte della collega Pinotti, è importante riconoscere che nell'articolo 1 di questo decreto-legge si incardina quell'elemento di avanzamento della discontinuità politica che rappresenta questo testo rispetto a quelli che abbiamo discusso in passato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Presidente, onorevoli colleghi, su questo tema introdotto dall'emendamento del collega Bricolo le Commissioni si sono effettivamente soffermate abbastanza a lungo proprio perché, come sottolineava l'onorevole Cossiga, gli interventi della cooperazione e gli interventi di tipo umanitario, Pag. 5di natura sostanzialmente civile, ripetutamente previsti nel testo del provvedimento, da una parte hanno una rilevanza di per sé, dall'altra rappresentano uno dei vari aspetti, che già sottolineavamo in sede di interventi sul complesso degli emendamenti e di discussione sulle linee generali, di enfatizzazione «cosmetica» degli aspetti civili rispetto a quelli militari.
Proprio in questo senso riteniamo sia fondamentale chiarire, nella maniera più precisa possibile, anche le caratteristiche che devono essere possedute dagli operatori che saranno finanziati con risorse pubbliche per l'attuazione di questi interventi. Non ci hanno affatto convinto né la presidente Pinotti né gli altri colleghi che sono intervenuti, sostenendo che questo emendamento sarebbe fuorviante, ed anche il richiamo a diverse specificazioni che sarebbero contenute in altra parte del medesimo articolo 1 non ci pare affatto sufficiente. Il fatto che si parli, altrove, dell'applicazione di norme salvo che sia diversamente disposto evidentemente presuppone che nell'articolo 1, commi 1 e 2, siano contenute norme speciali. Perciò, non è affatto scontato che si debbano applicare quelle richiamate in altra parte.
L'onorevole Bricolo, con l'emendamento 1.21, sostiene che debbono essere applicate le norme generali sulle ONG, ovviamente con riferimento alle organizzazioni italiane. Del resto, aver previsto la possibilità di ricorrere a risorse del luogo esclude di per sé che la norma si applichi a tali organizzazioni. Invece, è importantissimo chiarire in maniera esplicita, senza rinvii e senza possibili diverse interpretazioni, che per le organizzazioni italiane alle quali si debba ricorrere nel caso in cui le risorse presenti in loco non siano sufficienti a garantire la bontà degli interventi si applicano le norme previste per le organizzazioni non governative dalla legge nazionale richiamata nell'emendamento. Anche l'indicazione della chiara fama è un criterio che può essere utilmente inserito perché è evidente che nell'ambito delle ONG rispondenti ai requisiti previsti dalla legge italiana ce ne possano essere alcune ritenute non in grado di far fronte a quegli interventi.
Se il problema fosse - come sosteneva la presidente Pinotti - quello di un più chiara formulazione, nulla osta evidentemente che si possa chiedere e ottenere una riformulazione dell'emendamento in un senso che possa essere più utile, ai fini di questa specificazione.
Pertanto, annuncio il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma a questo emendamento e per richiamare le puntuali osservazioni svolte dal collega Gamba.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bricolo 1.21, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 506
Votanti 505
Astenuti 1
Maggioranza 253
Hanno votato
219
Hanno votato
no 286).

Prendo atto che il deputato Angelino Alfano non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole. Prendo atto altresì che la deputata Provera si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo all'emendamento Paoletti Tangheroni 1.53.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni, al quale il Governo si è associato.

Pag. 6

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, come vede, questo emendamento ricalca, nelle intenzioni, l'emendamento Bricolo 1.21 che è stato appena respinto. Credo sia indispensabile cercare di comprendere lo spirito con il quale queste proposte emendative, apparentemente ridondanti, sono state presentate. Si tratta di creare una cultura della sensibilità e di richiamare ad una grande attenzione quando si opera in situazioni così sensibili e così delicate come quelle di cui ci occupiamo.
La nostra preoccupazione, signor Presidente, onorevoli colleghi, sorge da una constatazione: mentre nel precedente analogo decreto-legge, che abbiamo già convertito, il ministro D'Alema aveva voluto inserire nel testo una attenzione particolare rispetto a quella scelta, purtroppo nella relazione tecnica allegata al decreto-legge al nostro esame tale aspetto non è stato preso in considerazione.
Tutti noi lavoriamo nella Commissione affari esteri e, quindi, abbiamo notizia di ciò che avviene sul fronte: purtroppo, sappiamo che è facilissimo, se non c'è molta cura ed attenzione, che le scelte vengano compiute, seppure in piena buona fede e sulla spinta dell'emergenza, magari a favore di organismi che non hanno i necessari requisiti.
Devo dare atto alle Commissioni di aver cercato insieme di predisporre una sorta di ombrello protettivo per questa situazione, privilegiando le risorse locali, perché, rispetto agli errori che può commettere uno sprovveduto esterno, sono sicuramente minori quelli di uno sprovveduto locale. Quindi, abbiamo ottenuto la previsione di questo criterio. Però, secondo noi - questo è il senso e questa è la logica dei nostri emendamenti - ciò non è sufficiente.
Un'apparente ridondanza - sottolineo apparente - costituisce semplicemente un richiamo alla prudenza. Mi rivolgo al Governo, del quale sono presenti due membri che in Commissione hanno dato grande prova di sensibilità su questo tema. Credo che stiamo vivendo una stagione in cui la «pulizia» normativa deve cedere il passo alla prudenza e, pertanto, chiedo al Governo e ai relatori di riflettere in questo senso e di aiutarci a creare tutti insieme una cultura della prudenza quando si lavora in questo campo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, io voterò sempre in maniera difforme rispetto alla posizione del Governo e delle Commissioni. Ho però la fortuna di essere un deputato della minoranza e, quindi, di poter fare ciò che ritengo più opportuno e che la mia coscienza mi detta, non essendo vincolato al voto, alla modalità di espressione e alla ragione di partito o, peggio, a ragioni di interesse o di bottega.
La mia posizione è quella del popolo della pace, che ormai in quest'aula non ha nessun uditore. Per me il criterio deve essere quello della pace «senza se e senza ma». I nostri militari non devono fare la guerra e, soprattutto, non una guerra che non li interessa. Le nostre missioni non possono che essere missioni di pace.
Quindi, è evidente che il rifinanziamento di questa missione, nel momento in cui i soldati fossero armati - e non potrebbe essere altrimenti -, non può che essere valutato negativamente dal sottoscritto.
Per questo motivo, come chiarirò in successivi interventi, la mia posizione è quella che ho illustrato (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Brigandì era a titolo personale...

MATTEO BRIGANDÌ. Sì, è chiaro che il mio intervento era a titolo personale.

Pag. 7

PRESIDENTE. Ne prendo atto. Prego, onorevole Bricolo.

FEDERICO BRICOLO. Intervengo su questo emendamento anche per rispondere a ciò che ha affermato prima la presidente Pinotti relativamente al mio emendamento 1.21, che abbiamo già votato, che chiedeva di stabilire dei requisiti per le ONG che operano in luoghi così rischiosi, dove è molto importante la loro azione operativa sul territorio, e che vengono sovvenzionate anche con fondi statali.
L'inserimento dell'espressione «comprovata fama», come si chiedeva nel nostro emendamento, era volto a far capire che molte organizzazioni non governative, purtroppo (e le cronache dei giornali sono piene di questi fatti), sono state create non certo per perseguire finalità umanitarie, ma per fare veri e propri affari. Alcune multinazionali farmaceutiche creano le cosiddette ONG, alle quali riciclano farmaci scaduti che poi vengono portati in quei territori, dove la popolazione avrebbe bisogno di altri sostegni.
Vi sono, inoltre, ONG politicizzate, che fanno politica, che sono diventate «stipendifici», che, molto spesso, sono costituite per dare occupazione agli amici degli amici e che sono controllate da partiti politici. Al riguardo, richiamo l'esempio dell'ONG Movimondo che, di fatto, è dei DS, perché Claudio Bernabucci, che è un ex funzionario del partito, è stato presidente dell'Organizzazione fino al 1998 ed il penultimo presidente, Giuseppe Crippa, è stato deputato. Movimondo, l'Associazione per la partecipazione allo sviluppo (APS) di Torino, Alisei e Cesvi, nel 2005, sono state indagate ed accusate dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in quanto fruitrici di fondi anche comunitari, per aver distribuito servizi senza appalto di gara. In sostanza, cedevano servizi ad aziende da loro controllate, speculandoci sopra. Sono state accusate di frode dagli organismi europei di controllo. Movimondo è una delle tante ONG controllate, di fatto, da partiti politici rappresentati anche in questo Parlamento.
Dunque, mi sembra evidente, onorevole Pinotti, visto che lei fa parte anche di quel movimento, la necessità di stabilire alcune regole...

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Quale movimento?

FEDERICO BRICOLO. I DS.

ROBERTA PINOTTI. Relatore per la IV Commissione. È un partito!

FEDERICO BRICOLO. Occorre dare alcune regole a queste ONG che vanno ad operare sul territorio.
Con il nostro emendamento, volevamo raggiungere questo obiettivo. Quando l'abbiamo presentato nelle Commissioni, il viceministro Intini ha risposto che non era in grado di valutare la portata dell'emendamento e ci ha rivolto un invito al ritiro. Ciò dimostra anche le professionalità dei ministri che seguono questi provvedimenti.
Nelle Commissioni, l'altro giorno, mi è stato detto che la previsione del criterio della «comprovata fama» (l'ha riferito lei, presidente Pinotti) limiterebbe l'azione di queste ONG, perché si andrebbero a ridurre quelle che non possono essere definite di «comprovata fama».
Crediamo sia giunto il momento di fare chiarezza su questa operazione. È evidente che molte ONG svolgono il loro lavoro onestamente, un lavoro encomiabile, e che molto spesso si assumono rischi elevatissimi per portare avanti la loro azione umanitaria e sfruttano il volontariato; tuttavia, altre ONG sono state fin troppo politicizzate e - lo ripeto - oltre a perseguire vere e proprie truffe, diventano contenitori dove assumere amici degli amici, funzionari di partito.

PRESIDENTE. Onorevole Bricolo...

FEDERICO BRICOLO. Con questo emendamento, abbiamo cercato di aprire questa discussione in un'Assemblea che sembra molto distratta su problemi così importanti.

Pag. 8

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intervengo sul tema, perché l'emendamento proposto dai colleghi Paoletti Tangheroni e Cossiga va nella stessa direzione dell'emendamento precedente.
Si rafforza ulteriormente la necessità di precisare i requisiti riferiti agli operatori e alle organizzazioni cui possono essere attribuiti incarichi per tutti quegli interventi umanitari, di cooperazione, di ricostruzione indicati nel primo comma dell'articolo 1 del provvedimento, proprio per le ragioni che indicavamo, ma che, con riferimento a questo emendamento, sono, se ve ne fosse bisogno, ancora più pregnanti, necessarie e cogenti.
Infatti, se è vero, com'è stato riferito, che sono state introdotte, a seguito anche di alcuni interventi di colleghi della minoranza, norme che privilegiano, in qualche modo, il ricorso ad operatori e ad organizzazioni locali (ciò, evidentemente, per favorire, anche dal punto di vista sostanziale, le iniziative di ricostruzione e di ritessitura del contesto civile), resta il fatto che gran parte di queste attività continuerà, come è già successo, ad essere svolta da operatori italiani e, quindi, da ONG nazionali. Anzi, se ne prevede l'estensione, dopo una giusta preferenza per quelle italiane rispetto a quelle di altri paesi.
Allora, francamente, non si comprende il motivo per cui la maggioranza ed il Governo insistano nel respingere norme volte a precisare meglio i requisiti cui queste organizzazioni devono rispondere. A maggior ragione, ciò non si comprende quando nel provvedimento, in molte circostanze, si deroga esplicitamente alle norme generali dello Stato in ordine all'attribuzione di incarichi per opere pubbliche, nonché alle norme sulla contabilità dello Stato e quant'altro.
È incomprensibile il motivo per cui la maggioranza ed i relatori, pur affermando di condividere lo spirito di questa iniziativa, poi dichiarino di non volerla accogliere sulla base di presunte contraddittorietà o - peggio - del carattere pleonastico, a loro dire, di simili inserimenti.
Se è possibile - come ritengo sia possibile - precisare meglio i requisiti che queste organizzazioni devono possedere, richiamando norme dello Stato che valgono in senso generale, francamente è incomprensibile il motivo per cui ciò non si voglia fare.
Allora, sorge il sospetto - come ha già detto il collega Bricolo - che si voglia, invece, mantenere un margine di discrezionalità maggiore per avere le mani libere nell'individuazione degli operatori che si preferiscono, non per ragioni di correttezza e coerenza, ma per altre motivazioni che sarebbe meglio cercare di evitare.
Quindi, anche sull'emendamento in esame, Alleanza Nazionale esprimerà un voto certamente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.53, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 523
Votanti 521
Astenuti 2
Maggioranza 261
Hanno votato
231
Hanno votato
no 290).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bricolo 1.56.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, evidentemente l'argomento in esame ha suscitato un certo interesse sia in Commissione sia in Assemblea. L'emendamento Pag. 9Bricolo 1.56 di fatto propone di tornare al testo originario del decreto-legge. Il comma 3 dell'articolo 1 su cui stiamo lavorando, relativo all'affidamento di incarichi temporanei di consulenza ad enti, organismi specializzati e via dicendo, nel testo originario presentato dal Governo includeva sostanzialmente solo l'eccezione: in altri termini, autorizzava il Ministero degli affari esteri ad affidare tali incarichi (vedremo poi come questa formulazione, da un certo punto di vista, non assicuri la chiarezza del processo di affidamento) ed introduceva, in particolare, una deroga agli articoli della legge n. 266 del dicembre 2005, che aveva inteso riordinare questa materia.
Il rischio è sempre lo stesso, ossia che non tanto il Ministero, quanto organizzazioni interne ad esso, direzioni generali, singoli dirigenti, per motivazioni meno nobili, possano procedere, in deroga a normative dello Stato, all'affidamento di incarichi lucrativi o meno, che comunque possono comportare un esborso anche ingente da parte delle casse dello Stato, seguendo procedure non trasparenti, quando addirittura evidentemente truffaldine.
Nel testo originario del Governo non erano inseriti, al di là delle deroghe, strumenti anche minimi che assicurassero una trasparente assegnazione. In sede di Commissioni, con l'esame di emendamenti su cui peraltro vi fu il voto favorevole della maggior parte dei gruppi (in proposito furono presentate proposte emendative anche da parte di esponenti del mio gruppo), fu inserita una norma, corrispondente al secondo periodo del comma in questione, che intende specificare come questi rischi debbano essere evitati. In proposito, è stata introdotta una formulazione che innanzitutto fa riferimento all'opportunità che questi incarichi siano affidati a personale, ovvero ad enti, del paese in cui l'intervento deve essere esplicitato. Nel momento in cui il Governo italiano ritiene di dover stanziare finanziamenti (nello specifico, per l'Afghanistan 40 milioni di euro, per l'Iraq 30 milioni di euro) per attività di cooperazione allo sviluppo e per altri interventi di natura umanitaria (ricordiamoci che stiamo parlando dell'articolo 1), in sede di Commissioni si è ritenuto corretto prima di tutto identificare nelle realtà locali i destinatari di questo intervento. Quindi, anche quando si tratta di ricostruire una centrale elettrica o la parte di un acquedotto distrutta dalla guerra o dall'incuria, le Commissioni (e su questo ci siamo dichiarati favorevoli) hanno ritenuto che anche la parte più viva del lavoro locale, con riferimento alla progettazione ed altro, dovesse essere utilizzata per portare benefici alle popolazioni.
All'interno del dibattito presso le Commissioni si è comunque sottolineato come per particolari tipi di interventi si presentasse la necessità di ricorrere ad altro personale e ad altri organismi, stante l'irreperibilità in loco di professionalità o di organizzazioni adeguate. Poiché comunque si vuole intervenire a beneficio del paese, per impedire la mancata erogazione del contributo e quindi per effettuare quel tipo di attività, si è data la possibilità di coinvolgere anche diverso personale, appartenente ad organizzazioni non lucrative o ad imprese, in particolare italiane, ma anche di altre nazioni.
Il dibattito in aula ha portato a stigmatizzare come questo pericolo esista e come apparentemente non vi sia sufficiente attenzione da parte del Governo affinché esso sia evitato. Appoggiamo quindi la proposta dell'onorevole Bricolo di tornare indietro in maniera provocatoria nei confronti del Governo. Se non vi è bisogno di fare di più, non basta quello che avete scritto voi?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, in relazione a questo emendamento soppressivo presentato dall'onorevole Bricolo, mi permetto di rivolgergli l'invito a ritirarlo o comunque a rivedere la posizione che ha portato a presentarlo. Infatti, è vero che il comma 3 dell'articolo Pag. 101 presenta aspetti problematici. Sappiamo quanto il terreno della cooperazione, dell'impegno sociale e del lavoro di assistenza e supporto alle popolazioni, per quanto ispirato e motivato dai princìpi più nobili ed apprezzabili, molto spesso nelle situazioni di emergenza, come quelle molto delicate di guerra o di dopoguerra dove sono avvenute devastazioni, si presti a scopi speculativi e ad intenti diversi da quelli mossi dallo spirito umanitario. Molte volte si verificano problemi di disorganizzazione e di incompetenza e non sempre le risposte corrispondono alle reali esigenze.
Ne abbiamo avuto un esempio abbastanza evidente con il lavoro di organizzazioni non governative in Afghanistan, che, anche se animate da molti buoni propositi, non sempre hanno interpretato nel modo migliore le esigenze, creando le condizioni perché poi si arrivasse agli obiettivi di rinascita, riorganizzazione della società, rilancio del tessuto produttivo e quindi di autosufficienza del paese. Così, era in questo senso comprensibile l'intento fissato nella legge finanziaria del 2005 per l'anno 2006, che cercava appunto di portare ordine nella materia, ponendo dei vincoli all'assegnazione di questi incarichi ed al conferimento di queste attività, nonché alla scelta dei soggetti che avrebbero dovuto espletarle.
Capisco che introdurre una deroga, in questi momenti difficili, nei tre paesi che sono menzionati dall'articolo 1 (Afghanistan, Sudan, Libano), cioè quelli che presentano indubbiamente, insieme all'Iraq, le situazioni più critiche, possa suscitare qualche preoccupazione e qualche sospetto di eventuali nuovi abusi o di un'eventuale nuova futura eccessiva elasticità. Comprendo quindi le preoccupazioni che hanno spinto il collega Bricolo a presentare questo emendamento. Tuttavia, già in Commissione questa disposizione era stata migliorata con l'approvazione di un emendamento della collega Paoletti Tangheroni, teso in qualche modo a rettificare e riequilibrare la norma, assicurando la possibilità, anzi l'obbligo, di assegnare priorità e di privilegiare risorse e professionalità locali, favorendo quindi, nell'azione di cooperazione e di ricostruzione, la scelta di soggetti appartenenti ai territori nei quali si svolgono le missioni. Si tratta quindi di una norma che in qualche modo favorisce e consolida la ripresa occupazionale, il miglioramento delle condizioni di vita, le prospettive per i giovani, oltre che un recupero - perché è veramente questo il grande problema di questi paesi che devono rinascere, risorgere dopo grandi devastazioni - dell'autostima e della consapevolezza di poter concorrere alla rinascita del proprio paese, senza il rischio di essere percepiti, dalle presenze straniere, come soggetti incapaci di concorrere appunto alla rinascita del proprio paese, essendo al contrario considerati in grado di svolgere a pieno titolo questo ruolo. Quindi con tale norma si assicura una prospettiva anche psicologica alle popolazioni locali di poter essere protagonisti del rinnovamento e del futuro del proprio paese.
Credo quindi che questa integrazione normativa in Commissione abbia migliorato la disposizione e che dunque vengano meno quelle ragioni di sospetto e di preoccupazione che potevano aver giustificato l'emendamento soppressivo del collega Bricolo. Anzi, ritengo che il mantenimento oggi di questo comma terzo dell'articolo 1 introduca migliori garanzie di valorizzazione e di stimolo nei confronti delle popolazioni locali, rispetto ai processi di cooperazione e di ricostruzione in tali paesi.

FEDERICO BRICOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.56, riservandomi di riproporre in maniera più articolata il tema in esso affrontato attraverso un apposito ordine del giorno. Vorrei però motivare, se lei mi consente, questo ritiro.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Credo che sia importante da questo punto di vista, anche Pag. 11se l'Assemblea è molto distratta, cercare di fare il punto della situazione di quello che sta succedendo nelle varie missioni di pace, ma soprattutto in Afghanistan. Noi crediamo che questo sia un teatro sempre più difficile e sempre più critico, dove purtroppo ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Non so se questo Governo sia in grado di portare avanti un'operazione, come quella afghana, senza arrivare a posizioni che possano mettere in crisi una linea di politica estera che di fatto è collegata direttamente con quella portata avanti nella passata legislatura dalla Casa delle libertà.
In ogni caso, l'azione che stanno conducendo i nostri uomini è sicuramente rilevante, poiché essi presidiano zone importanti dell'Afghanistan, come Kabul ed Herat. Al riguardo, ricordo che tutte le informazioni fornite dall'intelligence, da fonti giornalistiche e, soprattutto, dagli stati maggiori dei paesi impegnati in quella missione di pace riferiscono che sarà imminente una escalation di violenza.
La nostra missione di pace si dovrà confrontare, dunque, con atti di guerriglia o di guerra, condotti dai mujaheddin islamici, i quali hanno deciso di scatenare, nei mesi primaverili o estivi, una controffensiva per giungere al controllo di numerose aree del paese.
Vorrei segnalare che, al contempo, stiamo svolgendo azioni umanitarie. Illustrerò alcuni dati per far comprendere quali siano, in questo momento, le condizioni di vita della popolazione in Afghanistan. Ricordo, infatti, che il 23 per cento della popolazione vive, più o meno, con un dollaro al giorno; l'aspettativa di vita è di 42 anni; la mortalità infantile raggiunge il 165 per mille; infine, l'80 per cento della popolazione risulta essere analfabeta. Occorre tener conto del fatto, inoltre, che tanti anni di controllo del territorio da parte delle truppe islamiche e dei talebani in quel paese ha ridotto le donne in una condizione che, forse, è stata la più drammatica in tutto il pianeta!
Pertanto, le nostre organizzazioni non governative devono intervenire su un territorio che risulta essere effettivamente difficilissimo, anche se hanno a disposizione fondi per realizzare progetti anche molto importanti. Tuttavia, osserviamo che in Parlamento vengono presentate proposte emendative, o ordini del giorno, con i quali si chiede al nostro Governo di assumere l'iniziativa di acquisire la produzione di oppio direttamente dall'Afghanistan, per poi «girarlo» - non si capisce bene come - al settore farmaceutico.
Noi pensiamo che non sia in alcun modo possibile sostenere iniziative del genere in un paese dove, effettivamente, la piaga più dolorosa è rappresentata, probabilmente, dal controllo del territorio da parte dei narcotrafficanti, nonché dallo sfruttamento della popolazione locale per coltivare papaveri da oppio.
Dobbiamo tener conto che, nel 2005, in quel paese è stato prodotto 87 per cento dell'oppio mondiale, per un giro d'affari complessivo pari a circa 40 miliardi di dollari - che rappresentano più del 50 per cento dell'intero PIL afgano -, con circa 100 mila ettari destinati alla coltivazione dei papaveri da oppio.
Abbiamo riscontrato, invece, che, grazie all'attività di cooperazione promossa dal nostro paese, nelle aree dove sono giunti incentivi finalizzati alla riconversione delle colture - sostituendo il papavero da oppio soprattutto con uliveti, che servono a produrre olio e a soddisfare, chiaramente, il fabbisogno afghano - si sono registrati ottimi risultati. In tal caso, infatti, la coltivazione del papavero da oppio è stata abbattuta di oltre il 70 per cento.
Ciò non è avvenuto, invece, laddove iniziative ed interventi come quelli citati non sono stati intrapresi. Nell'ambito di un'ottica di cooperazione, dunque, a mio avviso non bisogna in alcun modo perdere di vista l'obiettivo da perseguire, vale a dire riuscire...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO BRICOLO. ... a portare - concludo, Presidente - in quel paese non solo democrazia, ma anche sviluppo economico. Vorrei rilevare, quindi, che possiamo promuovere lo sviluppo solo sostenendo Pag. 12iniziative come quelle testè descritte.

PRESIDENTE. La ringrazio: conseguentemente, l'emendamento Bricolo 1.56 è stato ritirato dal proponente.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.51.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, ricordo che, sull'emendamento in esame, è stato espresso parere favorevole sia dalle Commissioni, sia dal Governo. È evidente, quindi, che anche il nostro gruppo voterà per la sua approvazione, e ringraziamo per l'attenzione che è stata prestata al riguardo.
Vorrei osservare che, apparentemente, l'emendamento Paoletti Tangheroni 1.51 sana soltanto una «dimenticanza formale» del provvedimento. Tale «dimenticanza», infatti, non aveva reso chiaro che, tra i possibili beneficiari dei contributi di cui abbiamo sin qui trattato (che devono essere prioritariamente destinati ad enti o persone aventi nazionalità dei paesi in cui vengono realizzate gli interventi in questione), rientrassero anche persone, enti o società appartenenti agli altri paesi dell'Unione europea. Infatti, nel testo originario, si faceva generico riferimento ad «altre nazionalità»; quindi, si distingueva tra personale locale, personale o enti italiani e poi genericamente si diceva «di altre nazionalità».
Il nostro intento era quello di chiarire e non di complicare o di sabotare l'opera del Governo, che comunque apprezziamo, rivolta ad interventi alla cooperazione e allo sviluppo di natura umanitaria nei paesi in cui continuiamo a svolgere missioni. Il nostro intento era tuttavia anche quello di sollevare un problema. Sinceramente, poiché nell'Europa allargata convivono realtà economiche pienamente sviluppate - come quella del nostro paese, della Germania o della Francia - e realtà in fase di secondo sviluppo - come quella della Romania -, riteniamo che si debbano trovare le professionalità, le organizzazioni, gli enti e le imprese in grado di svolgere questi interventi.
Faccio questa affermazione per sottolineare che probabilmente, nel momento in cui non si riescono a reperire localmente - facciamo l'esempio dell'Iraq - le professionalità o le organizzazioni richieste, non vi è bisogno di estendere il campo di applicazione all'intero globo terra-acqua, in quanto credo che tale ricerca possa compiersi compiutamente all'interno dell'Unione europea.
Ebbene, l'estensione a tutto il mondo - quando si era dimenticato di chiarire che invece avevano un ruolo particolare i cittadini, gli enti e le società dell'Unione europea - ci è sembrata una leggerezza; è una prima leggerezza - infatti non vedo né malizia né dolo da parte dell'estensore del provvedimento - che come tale veniva intesa. Tuttavia, un insieme di leggerezze può far sorgere un dubbio e quando le leggerezze sono veramente troppe si inizia a pensare che ci possa essere anche il dolo!
Da questo punto di vista, gradirei ricevere dal Governo alcuni chiarimenti. Quando non viene esplicitato che i cittadini dell'Unione europea possono partecipare con i medesimi diritti a sovvenzioni od altro garantite dal Governo italiano, ritengo che per la normativa comunitaria in realtà vi sia stata una semplice dimenticanza; in altri termini, nessuna legge italiana può, per dimenticanza o per dolo, escludere dai medesimi diritti cittadini o enti e imprese dell'Unione. Cosa diversa è sicuramente l'assunzione o il lavoro all'interno di strutture dello Stato, come possono essere i ministeri, le direzioni generali o altri enti, ma, nel momento in cui si richiedono professionalità esterne, è evidente - indipendentemente dal fatto che ciò sia esplicitato o meno - che i cittadini dell'Unione hanno gli stessi diritti dei cittadini italiani.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.51, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 13

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 522
Votanti 521
Astenuti 1
Maggioranza 261
Hanno votato
517
Hanno votato
no 4).

Passiamo all'emendamento Paoletti Tangheroni 1.54.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, mi permetta un discorso un po' più generale per inquadrare questo ed altri emendamenti che saranno esaminati successivamente.
Colleghi, se si parla di interventi di cooperazione, inseriti nel quadro di una missione di pace, il meccanismo stesso della cooperazione deve diventare una risorsa per i paesi in cui andiamo a portare la pace. Non deve essere l'occasione per conseguire noi dei guadagni; sarebbe gravissimo, se così avvenisse. Il meccanismo stesso della cooperazione deve, invece, diventare risorsa per coloro ai quali noi portiamo aiuto in una prospettiva di ricostruzione. Bisogna essere attenti e fermissimi su tale versante; lo affermo con la franchezza e con la forza che mi conferisce anche la consapevolezza di una certa unanimità. Unanimità però, colleghi e Presidente, che forse riscontriamo in questa Assemblea ma certamente non fuori di essa. Ancora, infatti, manca una cultura intesa a trasformare in risorsa il meccanismo stesso della cooperazione. La prova di quanto sto affermando sono gli innumerevoli corsi che ancora si tengono illudendo i nostri ragazzi che sia ancora il tempo di quaranta anni fa, quando ci recavamo nei villaggi per diffondere tecnologia e cultura delle quali quelle popolazioni erano sprovviste. Ora, signori, il problema dei paesi in via di sviluppo è quasi sempre la disoccupazione intellettuale; dunque, basta con l'inviare ragazzini ad avere la «loro» avventura: non si può più permettere una tale vicenda! Dobbiamo oggi, attentamente e oculatamente, far diventare risorsa tutto quanto portiamo sul posto.
Questa è la logica che deve essere seguita e devo dichiarare con orgoglio di far parte di questa Camera perché tale logica era stata invero accolta dal Governo e dall'Assemblea nel testo del precedente provvedimento sulla missione in Iraq, quando era stata approvata una proposta emendativa. Quella proposta oggi riproponiamo per estenderne la previsione, molto chiaramente e con tutte le precisazioni del caso, a tutte le missioni di pace.
Mi ricordo che per fare approvare in modo unanime quella disposizione si pesò attentamente ogni parola... Chiedo scusa, ma ritengo che il Governo dovrebbe avere maggiore attenzione per il mio intervento (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Mi scusi, sottosegretario, ma chiederei maggiore attenzione perché il discorso riguarda proprio il Governo. Governo che, dopo la testé ricordata vicenda della proposta emendativa poi divenuta legge con l'approvazione di tutta l'Assemblea e dopo avere accettato un ordine del giorno ancora più cogente in questo senso, presenta al Parlamento un decreto contenente una relazione tecnica che disattende completamente quella stessa disposizione. Mi domando se facciate affidamento sul fatto che la gente non legga i vostri allegati - non voglio pensarlo, vi sarebbe dolo! - o se non li abbiate letti voi (il che sarebbe grave)! Se non è così, vi domando allora quale sia la spiegazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,30).

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Esistono, infatti, parecchi ambiti per i quali si richiede specificamente - posso ad esempio segnalare il caso dell'Iraq - l'impiego di personale: senza imbarazzo prevedete l'impiego di otto esperti italiani, senza aggiungere alcuna motivazione alla Pag. 14base di tale decisione. Ciò ci porta a nutrire grave preoccupazione.

PRESIDENTE. Deve concludere...

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mi permetta, Presidente, questo è anche il motivo di una certa, apparente ridondanza nei nostri emendamenti. Siamo, infatti, molto preoccupati di tale circostanza. Mi riservo di tornare su tale elemento perché, vede Presidente, noi stiamo cercando le soluzioni più adeguate perché si spendono tanti denari pubblici e vorremmo fossero spesi per una vera costruzione di pace.

PRESIDENTE. Onorevole, lei avrebbe dovuto pronunciarsi sull'invito al ritiro; dunque, mantiene l'emendamento 1.54 a sua prima firma?

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, mi riservo di decidere dopo avere ascoltato gli altri interventi.

PRESIDENTE. Onorevole, devo allora intendere che lei ha deciso di mantenere la proposta emendativa.
Ha avuto la parola per pronunciarsi sull'invito al ritiro; ha quindi deciso di mantenere l'emendamento, come era nelle sue prerogative di fare. Sta bene.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Non è così...!

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Ma non ha deciso in tal senso!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, avendo ascoltato la collega Paoletti Tangheroni, ritengo che l'emendamento in esame sia particolarmente appropriato. Il comma 3 dell'articolo 1 stabilisce che «Per le finalità e nei limiti temporali previsti dal comma 1, il Ministero degli affari esteri è autorizzato ad affidare incarichi temporanei di consulenza o specifiche attività anche ad enti e organismi specializzati, nonché a stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa con personale estraneo alla pubblica amministrazione»; ciò, naturalmente, ove ricorra il presupposto che non esistano in loco disponibilità adeguate per favorire le attività delle organizzazioni non governative.
Tuttavia, chi stabilisce l'esclusione delle disponibilità in ambito locale e, di conseguenza, rende possibile applicare il predetto comma 3 dell'articolo 1? Basta una semplice disponibilità del Ministero degli affari esteri ovvero occorre una formale indicazione da parte dell'ambasciatore italiano, il quale fa sapere al Ministero degli affari esteri che non vi sono disponibilità in loco e che, quindi, si possono stipulare contratti, in base al comma 3 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, con soggetti estranei all'amministrazione pubblica? Io ritengo che l'emendamento Paoletti Tangheroni 1.54 sia particolarmente appropriato: esso individua l'autorità che può stabilire se vi siano o meno disponibilità locali (in questo caso, l'ambasciatore italiano competente), la cui indicazione, relativa all'inesistenza delle professionalità richieste nella realtà locale, attiva l'applicazione della norma.
Che si abbia una procedura stabilita per legge, in base alla quale l'indicazione dell'inesistenza di disponibilità locali proviene dall'ambasciatore competente ed è inviata al Ministero degli affari esteri, il quale, preso atto di essa, provvede alla stipulazione di contratti con soggetti estranei all'amministrazione pubblica, mi sembra positivo e corretto, anche dal punto di vista della trasparenza di contratti che, talvolta, come ha ricordato il collega Bricolo, hanno dato luogo ad operazioni disinvolte delle quali si è dovuta occupare la magistratura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcenaro. Ne ha facoltà.

PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, sugli emendamenti dei colleghi Paoletti Pag. 15Tangheroni e Cossiga relativi al comma 3 dell'articolo 1 si è già svolta una discussione, dapprima in Commissione e, successivamente, in Comitato. Peraltro, la stessa questione è posta anche da emendamenti successivi, segnatamente dagli emendamenti Paoletti Tangheroni 2.52 e 2.51, il cui testo è parzialmente diverso.
Sulla questione che l'emendamento in esame pone c'è stata condivisione. D'altra parte, lo stesso testo del decreto-legge, là dove imputa al Ministero degli affari esteri la responsabilità di dichiarare che non sono state reperite in loco le capacità e le competenze necessarie all'esercizio delle funzioni richieste, individua una certificazione sicura, evidentemente necessaria affinché quanto abbiamo deciso venga effettivamente attuato.
Tuttavia, la modalità che questo emendamento indica e presenta è particolarmente rigida. Mi pare che in sede di Comitato dei nove si fosse determinata una generale convergenza sul fatto che sarebbe stato strumento più opportuno per affrontare la questione quello di un ordine del giorno che, anche tenendo conto delle osservazioni alla relazione tecnica, l'onorevole Paoletti Tangheroni ha svolto. Questo è un elemento di indirizzo sull'applicazione di un punto sul quale si era dimostrata convergenza.
Per questo, io ripropongo la possibilità - e non mi pare che l'onorevole Paoletti Tangheroni l'abbia respinta - che si ricorra alla via del ritiro e alla formulazione dell'ordine del giorno che peraltro risponde in altro modo al problema posto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, questo emendamento presentato dal collega Paoletti Tangheroni, accanto ad altri, chiama in campo la necessità di intervenire nelle aree nelle quali si svolgono - o si sono svolti - le missioni internazionali con personale o con organismi altamente qualificati.
La questione dell'impiego di persone ed organismi è assai delicata, non tanto perché le attività che sono chiamate a svolgere si tengono in zone ad alta pericolosità e con tutte le problematiche conseguenti, ma anche perché non vorremmo - e lo ha adombrato nel suo intervento la collega Paoletti Tangheroni - che vi fosse una facilità di scegliere con assoluta discrezionalità tra i soggetti disposti a recarsi in quei luoghi per svolgere proprie personali esperienze, ma non utili alla popolazione e allo svolgimento dei compiti assegnati.
Non dimentichiamoci che vengano stanziati cifre importanti, e pertanto la questione non è di poco conto. In fondo, l'emendamento della collega è di una semplicità lampante. Infatti, si limita a dire che questi organismi debbano essere di comprovata fama ed in possesso dei requisiti di idoneità per accedere a contratti con lo Stato. Allora, sorge spontaneo un dubbio: come mai ci si oppone a questo emendamento che si limita a richiamare le condizioni tecnico-giuridiche per le quali si possono stipulare contratti con lo Stato? A chi si vogliano dare piuttosto questi incarichi? Allora, se vi è buona fede da parte della maggioranza e degli esponenti del Governo, non vedo che cosa osti ad accettare e ad accedere a questa specificazione che la collega ha introdotto attraverso un suo emendamento. Davvero in questo caso si alimentano sospetti.
Tra l'altro, voglio ricordare ai colleghi e all'Assemblea che esistono - e le esamineremo poi in coda alla discussione - ordini del giorno presentati da colleghi della maggioranza, e ricordo la collega De Zulueta, che chiedono che coloro i quali vengono inviati nell'azione di missione siano in possesso di specifiche qualità e requisiti, soprattutto in ordine allo svolgimento di azioni di sicurezza, con impiego della polizia privata, eccetera. Magari si esprimerà il voto sull'ordine del giorno della collega De Zulueta, mentre non si vuol accedere all'emendamento adesso al nostro esame, il quale rappresenta una forma di garanzia di trasparenza. Infatti, è proprio questo che chiediamo: trasparenza!Pag. 16
Chi sono coloro che verranno retribuiti per svolgere queste missioni? Quali sono gli organismi che non solo riceveranno i finanziamenti, ma addirittura sceglieranno le persone da inviare in missione, al posto del Governo o del Ministero degli esteri? Guardate, colleghi, è un fatto assolutamente importante e delicato. Insisto ed intervengo per richiamare l'attenzione su tale questione, assai delicata. Almeno, come norma di prudenza, si dovrebbe prevedere che i nominativi delle persone inviate nelle missioni e scelte da tali organismi scelti siano conosciuti e comunicati al Parlamento, allegando di volta in volta le adeguate motivazioni. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, a titolo personale, l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Grazie, signor Presidente. Il mio intervento a titolo personale tecnicamente è in dissenso, ma in realtà serve a chiarire un aspetto, che certo non vuole essere una critica a quanto da lei detto. Signor Presidente, lei è intervenuto «a cavallo» dell'intervento dell'onorevole Paoletti Tangheroni, che era iniziato con una Presidenza diversa. L'onorevole Paoletti Tangheroni è intervenuta nella fase di dichiarazioni di voto sull'emendamento, per sua espressa richiesta, ed ha definito la natura del suo intervento, non certo perché le sia stata sollecitata una risposta da parte della Presidenza.
L'intervento dell'onorevole Paoletti Tangheroni ha riguardato l'emendamento, così come altri interventi. La possibilità di ritirare l'emendamento spetta al presentatore dell'emendamento stesso, in qualunque momento del dibattito, purché non sia iniziato il voto. Da questo punto di vista, poiché può accadere che un intervento del Governo o dei colleghi possa avere come risultato quello di convincere il presentatore di un emendamento a ritirarlo, penso che l'onorevole Paoletti Tangheroni correttamente non lo abbia ritirato, avendo ancora la facoltà di ritirarlo o meno.

PRESIDENTE. Desidero solo precisare che all'inizio, così come mi è stato riferito, la Presidenza aveva chiesto alla collega se ritirava o meno l'emendamento, così come proposto dalle Commissioni e dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Grazie, Presidente. Faccio presente all'Assemblea che ormai, è diverso tempo che stiamo discutendo su questo provvedimento e non abbiamo ancora discusso nessun emendamento presentato dal centrosinistra. Di fatto non c'è stato nessun intervento da parte dei parlamentari del centrosinistra. È evidente che questa maggioranza, dunque tutto il centrosinistra, ha assunto una posizione «senza se e senza ma» per mantenere le nostre truppe in missione di pace in Afghanistan. Ne prendiamo atto sulla base della lettura degli atti parlamentari.
Nella passata legislatura ho sempre seguito i lavori della Commissione difesa. Ricordo le centinaia di emendamenti presentati dai colleghi, che adesso non hanno nemmeno il coraggio di intervenire o di essere presenti in aula. Sono scappati, sono nascosti nei corridoi e non vogliono entrare in aula perché hanno paura di esprimersi a favore di un provvedimento che non condividono. Vorrei ricordare le centinaia di emendamenti presentati nella scorsa legislatura dai colleghi del centrosinistra, tutti ovviamente contro le missioni di pace portate avanti dal nostro Governo, in particolar modo per quella in Afghanistan. Non c'è un solo emendamento di Rifondazione comunista! Vediamo Giordano, che ne ha presentati centinaia nella scorsa legislatura...

FRANCESCO GIORDANO. I miei colleghi!

FEDERICO BRICOLO. Appunto, i tuoi colleghi! Non c'è un emendamento dei comunisti italiani.
Anche ieri, in televisione, alcuni suoi esponenti hanno ribadito di appoggiare il ritiro delle truppe dall'Afghanistan, ma Pag. 17non hanno poi avuto il coraggio di presentare emendamenti in aula (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
Non c'è neppure un emendamento dei Verdi, che ogni giorno sui giornali chiedono il ritiro delle truppe, ma non hanno il coraggio di far nulla al riguardo. Cosa è successo? È successo semplicemente che la settimana scorsa il Governo è caduto sulle linee di politica estera e non ha avuto la fiducia della maggioranza al Senato. Di colpo, gli ideali pacifisti, che voi del centrosinistra avete usato nelle piazze per scatenare i componenti dei centri sociali, che inneggiavano alla pace portando la violenza, che facevano sventolare le bandiere della pace, quegli ideali pacifisti che avete esaltato a Vicenza, contro l'allargamento della base americana, di colpo sono svaniti.
Tali ideali non fanno più parte della vostra battaglia politica, rimane solo la ferrea volontà di mantenere le nostre truppe in un teatro di guerra, come è quello attuale in Afghanistan. Si tratta di militari che non sono armati sufficientemente e che, conseguentemente, rischieranno la loro vita semplicemente perché per voi sono più importanti i posti di potere - le sedie di Governo e quelle degli enti sulle quali vi siete seduti - che gli ideali. La mia ritengo sia una riflessione corretta, che chiunque dovrebbe fare in questa sede ma che, al contrario, non viene fatta in alcun modo dal centrosinistra che, lo ripeto, si nasconde, non parla, non interviene e non presenta proposte emendative a questo provvedimento.
L'emendamento della collega Paoletti Tangheroni 1.54 lo considero assolutamente opportuno in quanto con esso si chiede che l'ambasciatore italiano competente - cioè la nostra rappresentanza diplomatica in Afghanistan e negli altri paesi in cui si svolgono le missioni di pace - debba giustificare, con una dichiarazione scritta, l'eventualità che non si possa portare avanti l'azione cooperativa utilizzando personale o ONG locali, e dunque si debba per forza far ricorso a personale e ad ONG italiane e della Comunità europea.
Il contenuto dell'emendamento in esame è assolutamente coerente con le finalità del presente provvedimento che attribuisce notevole importanza alla cooperazione allo sviluppo in quei territori. Di tale emendamento le Commissioni e il Governo hanno chiesto il ritiro in quanto non vogliono assumersi alcuna responsabilità forse perché - e ritorno al ragionamento fatto poc'anzi - sono altre le ONG che debbono operare in quei territori, magari quelle collegate direttamente con partiti facenti parte di questa maggioranza, i cui uomini, al Ministero degli affari esteri, sono stati, lo ricordo, motivo di scandalo per essere indagati per truffa dagli organismi di controllo della Comunità europea. Di tali ONG ricordo, ad esempio, le tante collegate a Rifondazione Comunista, come quella di Agnoletto, di cui tutti ricordiamo la contrarietà allo svolgimento del G8 di Genova, sebbene la sua ONG riceva fondi proprio dal G8, che, una volta eletto al Parlamento europeo, è sparito dalla circolazione e di lui non se ne sente più parlare.
In conclusione, noi chiediamo chiarezza, anche attraverso il presente emendamento che probabilmente sarà ritirato dai presentatori, in materia di interventi umanitari compiuti dal nostro paese in queste missioni di pace all'estero.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, annuncio il ritiro dell'emendamento 1.54, a mia prima firma, e preannuncio che ne trasfonderò il contenuto in un ordine del giorno invitando fin da ora il Governo ad accoglierlo.

PRESIDENTE. Sta bene: l'emendamento Paoletti Tangheroni 1.54 è pertanto ritirato.

Pag. 18

PAOLO RUSSO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, il capo del Dipartimento della protezione civile, dottor Guido Bertolaso, si è polemicamente dimesso dalla carica di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania.
Al riguardo, noi avevamo avuto occasione di sostenere che, in condizioni di emergenza, i triunvirati non servono, anzi rendono impossibile ogni cammino. Avevamo anche precisato che sarebbe stato necessario dargli poteri certi e pieni senza la necessità di frequentare, con il cappello in mano, i santuari della politica campana, peraltro responsabili di quell'emergenza.
Capisco anche che il dottor Bertolaso non è senatore, né garantisce senatori a questa risicata maggioranza, ma scaricare così uno dei migliori funzionari del nostro paese ed abbandonare la Campania ad un infame destino rappresenta un vulnus non facilmente riparabile...

PRESIDENTE. Onorevole Paolo Russo, qual è la questione che pone sull'ordine dei lavori? Lei sta parlando di altra materia.

PAOLO RUSSO. Per tali motivi, signor Presidente, chiediamo che il ministro dell'ambiente venga subito in Parlamento a riferire su questo gravissimo episodio, che penalizza ulteriormente la Campania e genera ulteriori disastri [(Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Onorevole Paolo Russo, le assicuro che riferirò il Presidente della Camera la richiesta da lei testé formulata.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.52.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è evidente che nessuno può essere contrario ad una conferenza di pace, tanto meno in quest'aula, dove molti si riempiono la bocca di questa parola, anche a sproposito.
Certamente, il gruppo di Alleanza Nazionale ha dimostrato sempre di sostenere, nei fatti, le ragioni della pace, peraltro mai distinta e scevra dalle condizioni che questa deve sostenere e che, in particolare, fanno riferimento alla sicurezza e all'ordine.
Il motivo per il quale il nostro gruppo si esprimerà favorevolmente con riguardo a questo emendamento soppressivo del comma 6-bis risiede, peraltro, in tutta una serie di considerazioni di particolare rilevanza, in parte già illustrate da altri colleghi del mio gruppo in sede di discussione sulle linee generali e di interventi sul complesso degli emendamenti.
Signor Presidente, il riferimento, il cenno alla conferenza di pace sull'Afghanistan è stato introdotto nel provvedimento oggi al nostro esame nel corso dell'iter nelle Commissioni ma, evidentemente, non compariva nel testo originario del decreto-legge approvato dal Governo.
È il caso più evidente di quegli «zuccherini», di quelle «carote», di quegli espedienti con cui la maggioranza - o meglio, in questo caso, il Governo - ha ritenuto di intervenire per guadagnare dei motivi di finto consenso da parte delle fazioni dell'estrema sinistra comunista, del gruppo dei Verdi e di tutti quegli altri esponenti che, in più di un'occasione, si sono in passato espressi contro la missione militare in Afghanistan, espedienti che il ministro degli esteri, onorevole D'Alema, ha individuato per guadagnare un risicato consenso: vedremo se sarà così anche al Senato.
Si tratta di un intervento del tutto strumentale, così come del tutto strumentale è la decisione di inserire un'autorizzazione di spesa di poche centinaia di migliaia di euro per poter far cenno a questa conferenza di pace sull'Afghanistan quando, in realtà, è evidente a tutti che, se Pag. 19veramente il Governo avesse voluto promuovere tale iniziativa (come non abbiamo dubbi di ritenere che il Governo italiano farà in sede ONU e nelle altre sedi per la sua successiva organizzazione), non vi sarebbe stata alcuna necessità di una previsione in questo provvedimento.
È chiaro che, com'è già avvenuto per la conferenza che questo Governo, poco dopo il suo insediamento, ha promosso sul Libano qui a Roma, nell'ambito degli stanziamenti del Ministero degli esteri del bilancio dello Stato, certamente vi sono dei capitoli ai quali si potrebbe ricorrere per far fronte a queste necessità.
È chiaro l'intento strumentale consistente nel voler far cenno qui, oggi, a questa conferenza - che poi si definisce di pace - senza avere chiarito sufficientemente in che modo essa si dovrebbe realizzare, le modalità con cui dovrebbe essere organizzata e promossa e quali parti dovrebbero essere coinvolte. Risulta infatti di tutta evidenza che non sarà molto facile ottenere la partecipazione, per esempio, delle presunte controparti (fatto che sarebbe comunque oltremodo censurabile da parte nostra), cioè i terroristi di Al Qaeda, le fazioni talebane e altri gruppi, per non parlare del rischio di creare possibili ripercussioni, non sempre favorevoli, con riferimento al quadrante dei vari paesi confinanti. Tra l'altro, mi sembra che lo stesso Governo Karzai nutra seri dubbi in merito a tale questione, non essendo state chiarite le modalità di cui ho detto.
Per questo motivo, quindi, il nostro gruppo voterà a favore della soppressione di questo strumentale riferimento che è stato inserito, ribadendo che, al contrario, quando saremo in grado di conoscere le reali modalità e i contenuti della conferenza di pace sull'Afghanistan - o come si chiamerà -, non potrà mancare il nostro sostegno ove tale conferenza sarà veramente finalizzata ad un intervento positivo per quel disgraziato paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, affermo esplicitamente che quello che sto per svolgere, come tutti i miei interventi anteriori e posteriori, è un intervento a titolo assolutamente personale che non coinvolgerà il gruppo. Vorrei leggere l'articolo 11 della Costituzione: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
A me sembra strano che in questa aula un leghista debba dire tali cose sbandierate da altri, ma adesso me ne faccio vanto, perché - che sia chiaro! - io sono assolutamente su posizioni pacifiste e non credo che l'Italia debba esporre a rischio il sangue dei propri militari per guerre che non le appartengono.
Per tali motivi voterò assolutamente in contrasto con le posizioni governative. Io sono per la pace. No alla guerra!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, intervengo per interloquire con la collega Paoletti Tangheroni, che ha presentato l'emendamento, e con il collega Gamba. Con il collega Brigandì interloquiremo in occasione della prossima manifestazione pacifista, quando lo avremo tra le nostre file, visto che si è convertito oggi.

FEDERICO BRICOLO. Lui vota contro il decreto-legge; tu, invece, a favore!

RAMON MANTOVANI. Per quanto riguarda la questione della conferenza internazionale di pace, così come delineata nel decreto, vorrei ricordare intanto a tutte le colleghe ed i colleghi che la conferenza era già richiamata nell'atto di indirizzo approvato da questa Camera nel luglio scorso. In essa si potevano leggere le seguenti affermazioni: «(...) una nuova conferenza internazionale sull'Afghanistan ha lo scopo di favorire un dialogo a livello regionale e di rilanciare l'impegno della Pag. 20comunità internazionale volto alla ricostruzione economica e civile del paese, alla pacificazione (...)», e così via.
Ebbene, io penso sempre che un Governo, quando riceve un indirizzo dal Parlamento, debba tradurlo in fatti e noi apprezziamo il fatto che, solo qualche mese dopo la votazione di questo atto, il Governo italiano, subito dopo le elezioni di mezzo termine statunitensi, abbia prima fatto delle dichiarazioni critiche nei confronti della logica militare e poi avanzato la proposta di una conferenza internazionale. Noi abbiamo ritenuto che questo atto politico fosse in coerenza con quanto indicato dal Parlamento e comunque abbiamo apprezzato questa posizione del Governo.
Il fatto che tale previsione sia introdotta all'interno di un decreto-legge non deve meravigliare. Introduciamo anche tanti altri criteri e tanti altri capitoli di spesa che apparentemente non c'entrano nulla con lo svolgimento delle operazioni militari del nostro contingente militare in Afghanistan o in qualsiasi altro paese. Siccome la proposta della conferenza internazionale è una proposta avanzata dal Governo italiano nel foro internazionale, noi riteniamo giusto che il Governo si impegni anche dal punto di vista della spesa per l'indizione della stessa, ben sapendo che non è facoltà del solo Governo italiano convocare una conferenza internazionale e che questo verrà fatto nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Infine, al collega Gamba vorrei far presente una cosa. Egli ha parlato della necessità, essendo questa una conferenza definita di pace, di far sedere al tavolo, se non ho capito male, ove la conferenza si svolgesse, tutti i partecipanti al conflitto, ivi compresa Al Qaeda. Il collega Gamba in parte ha ragione, perché tradizionalmente le conferenze di pace si svolgono in questi termini; vorrei ricordargli, però, che il caso dell'Afghanistan rappresenta una fattispecie specifica. Il governo dei talebani, quando ha subito l'intervento militare unilaterale, perché è così che è iniziata la guerra in Afghanistan, non era riconosciuto dal sistema delle Nazioni Unite. Solo il Pakistan e gli Stati Uniti d'America intrattenevano relazioni ufficiali ed intense con il governo dei talebani, che noi abbiamo sempre condannato ed indicato come un pericolo per l'intera umanità. Un'eventuale conferenza internazionale che si svolgesse senza la presenza - per dirla volgarmente - del mullah Omar o di Bin Laden sarebbe del tutto legittima e potrebbe ugualmente definirsi conferenza di pace. Infatti, l'uno non rappresenta un governo legittimo e noi, al contrario degli Stati Uniti, non abbiamo mai considerato quello dei talebani come un governo legittimo; l'altro rappresenta un'organizzazione criminale e terroristica. Una conferenza internazionale di pace, quindi, ben potrebbe prendere decisioni e provvedimenti, anche senza la partecipazione di questi contendenti all'interno del conflitto.
Per questi motivi noi respingeremo, ovviamente, questo maldestro tentativo di attaccare la giusta politica del Governo italiano sulla conferenza internazionale di pace e anche il maldestro tentativo di oscurare una delle cose migliori che il Governo italiano è stato capace di fare (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Verdi).

MARIO PEPE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori?

MARIO PEPE. Signor Presidente, intervengo per un richiamo all'articolo 8, comma 1, del regolamento. Vorrei sapere se, nelle ultime ore, siano intervenute modifiche nella composizione del Governo perché il sottosegretario Forcieri occupa comodamente la poltrona riservata al Presidente del Consiglio dei ministri, quando, invece, dovrebbe sedere tra i banchi riservati ai sottosegretari di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

Pag. 21

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, intendo associarmi alla richiesta dell'onorevole Paolo Russo circa l'intervento...

PRESIDENTE. La richiesta è già stata avanzata.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, la prego, mi faccia evidenziare...

PRESIDENTE. La richiesta è stata avanzata in un momento non rituale. Non apriamo un dibattito su questo!

MARIO LANDOLFI. Presidente, mi consenta di evidenziare un solo dato...

ANTONIO LEONE. Presidente, perché gli toglie la parola?

PRESIDENTE. Onorevole Landolfi, le tolgo la parola perché su questo argomento si è già parlato. Lei sa molto bene che l'onorevole Paolo Russo avrebbe potuto parlare soltanto alla fine della seduta; ho lasciato che intervenisse ma, a questo punto, non posso consentire che si apra un dibattito. È stata richiesta una informativa urgente del Governo: quando ci sarà l'informativa urgente si aprirà il dibattito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, all'alba di oggi è scattata l'offensiva dei contingenti inglese, canadese, olandese e neozelandese - 4.500 uomini, oltre a mille militari dell'esercito afgano - nella regione meridionale di Helmand, in Afghanistan, ritenuta tra quelle maggiormente infestate dai talebani, che stanno cercando di riprendere il controllo di tanta parte del territorio del paese. Questa offensiva si preannuncia durissima, configura di per se stessa un vero e proprio conflitto e può considerarsi una sorta di anticipazione di quanto avverrà nei prossimi mesi, cioè una vera e propria guerra che dovrebbe integrare una sorta di soluzione finale nei confronti di talebani, signori della guerra, narcotrafficanti e terroristi di Al Qaeda, rifugiati nelle aree tribali. Tutte queste forze ostacolano la stabilizzazione della democrazia e della pace che, in questi anni, le presenze internazionali hanno perseguito in Afghanistan. Sono tra coloro che ritengono - molti osservatori internazionali si sono pronunciati in tal senso - che ulteriori recrudescenze militari, per quanto giustificabili in base all'emergenza e alla difficoltà della situazione, non costituiscano, a lunga scadenza, la soluzione più efficace per arrivare alla stabilizzazione.
O, meglio, esse potrebbero costituirla soltanto nel momento in cui siano stati esperiti inutilmente tutti gli altri tentativi di carattere politico, diplomatico e multilaterale.
Quindi, non posso non essere favorevole all'idea di una conferenza di pace sull'Afghanistan, con lo scopo di affrontare, in modo mirato e approfondito, con una tregua e con una pausa, tenendo conto dell'esperienza di questi anni, i problemi irrisolti, le questioni sul tappeto e le risposte che ancora si possono dare, per capire quali sono gli errori e le criticità, rettificare i comportamenti e, soprattutto, come dicevo ieri nel mio intervento, coinvolgendo i paesi limitrofi con maggiore intensità e con una loro responsabilizzazione, quali l'Iran, il Pakistan e la Repubblica popolare cinese.
Ritengo, però, che in questa sede e in questo provvedimento uno stanziamento sia inappropriato, poiché non conosciamo la consistenza, le modalità e i moduli organizzativi di questa conferenza, né chi parteciperà, quali argomenti verranno discussi, quali saranno le dimensioni, quali paesi saranno favorevoli e che tipo di configurazione assumerà tale conferenza. Come facciamo, in questo senso, anche solo a determinare la somma dell'apporto finanziario italiano?
Credo che, nel momento in cui le Nazioni Unite avranno approvato l'istituzione di una conferenza e si capirà di che tipo di organo si tratterà, con quale oggetto e con quali attori protagonisti e Pag. 22partecipanti, allora si potrà quantificare anche l'apporto di carattere finanziario del nostro paese.
In questo provvedimento, che reca una proroga della partecipazione italiana e del finanziamento a missioni umanitarie, un simile stanziamento mi sembra inappropriato. Esso veramente risponderebbe a quell'esigenza, già segnalata dal collega Gamba, di compiacere una parte della maggioranza, inserendo un intervento, che in questo provvedimento verrebbe a sproposito, per far accettare una decisione che, altrimenti, come abbiamo visto nelle scorse settimane, viene accettata con notevoli «mal di pancia» da una parte della maggioranza stessa.
Per questo motivo, voterò a favore dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.52, pur rimanendo fermamente favorevole all'indizione di una conferenza di pace che abbia un ruolo decisivo nella promozione del nostro paese a livello internazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Signor Presidente, ovviamente siamo giunti ad un momento decisivo della discussione su questo decreto-legge, che riguarda un impegno politico importantissimo che il nostro Governo ha voluto fosse scritto nell'impianto stesso della legge di proroga delle missioni.
I colleghi della destra farebbero bene ad ascoltare gli interventi del nostro Governo, come avrebbero fatto bene ad ascoltare anche la replica del viceministro Intini nella discussione sulle linee generali del provvedimento, in cui egli ha chiarito molto bene quali saranno i soggetti che miriamo a coinvolgere nella conferenza di pace, partendo dal riconoscimento, che ha compiuto per tutti noi il Presidente del Consiglio, dell'esistenza in Afghanistan di un conflitto aperto e dichiarando l'impegno italiano a lavorare per la sua soluzione.
Come ha detto e spiegato lo stesso ambasciatore italiano a Kabul nelle audizioni presso le Commissioni affari esteri e difesa, vogliamo coinvolgere i soggetti necessari a trovare una soluzione ad un conflitto aperto, prendendo atto che il fronte dei talebani non è unitario e deve essere scomposto, e ricondurre tale conflitto, che sta insanguinando il paese e che non può essere fermato e risolto con i soli mezzi militari, all'interno di un processo politico che lo porti alla sua conclusione.
Veda, signor Presidente, se un collega, come l'onorevole Forlani, che normalmente svolge ragionamenti in parte condivisibili, sicuramente moderati, utilizza certe categorie per spiegare le iniziative militari statunitensi, come quella della disinfestazione, quasi che parti del territorio afgano siano popolate da insetti che occorre eliminare, o parole, quali la necessità di una soluzione finale alla guerra che si è scatenata e che gli Stati Uniti hanno voluto portare ad una ulteriore escalation, ciò svela quanto la destra avrebbe potuto fare se, oggi, in questo Parlamento non ci fosse una diversa maggioranza, un diverso Governo, un Governo che lavorerà per una soluzione diversa nel contesto delle relazioni internazionali, nel sistema delle alleanze in cui è coinvolto, ma con una posizione chiara. E in questo provvedimento è incardinata la soluzione per l'Afghanistan, vale a dire una conferenza internazionale di pace che veda coinvolta, prima di tutto, la popolazione afgana, che ricostruisca forza e legittimità dell'istituzione di quel paese, ma che veda presenti anche gli Stati confinanti della regione, ossia la Russia, la Cina, il Pakistan e l'Iran, soggetti senza i quali non ci sarà alcuna soluzione per l'Afghanistan.
Per questo, lavoreremo ed è importante che sia dichiarata «conferenza di pace», non una semplice conferenza internazionale, ma una conferenza che ha come scopo quello della conclusione di un conflitto aperto.
Per tutte queste ragioni, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà radicalmente contro l'emendamento in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ovviamente è del tutto legittimo che il Governo si impegni a promuovere una conferenza di pace nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sul problema dell'Afghanistan.
Non è in discussione l'iniziativa del Governo. Certamente, si possono nutrire dubbi sulla possibilità di realizzare questo obiettivo, ma se una conferenza di pace potesse portare la pace in Afghanistan, credo che il Parlamento italiano sarebbe favorevole.
Vorrei sollevare un problema dal punto di vista delle responsabilità che ho avuto in passato come presidente della Commissione finanze e come membro della Commissione bilancio e che riguarda il testo del comma 6-bis di cui ci apprestiamo a votare l'emendamento soppressivo.
La domanda è la seguente: è possibile per il Parlamento stanziare una somma in un decreto-legge, che risponde a requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, per il finanziamento di una conferenza che è ipotetica, perché sarà oggetto di un'iniziativa del Governo? Se questa iniziativa del Governo troverà una risposta nella sede delle Nazioni Unite, vi saranno dei costi che il Governo potrà determinare. Rivolgo questa domanda al presidente della Commissione bilancio o alla Presidenza. Forse è il caso di accantonare, per un momento, questo comma e, fermo restando il significato politico dell'emendamento soppressivo, di sapere se non si debba riscrivere la formulazione del comma 6-bis dell'articolo 1, prevedendo qualcosa come «promuovere la conferenza di pace», per stanziare risorse, altrimenti queste saranno impegnate a fronte non di una necessità, ma di un'ipotesi che è tanto remota e che non sappiamo se avrà mai una realizzazione.
Quindi, chiederei alla Presidenza di voler esaminare l'aspetto finanziario, e non politico, che assume questo problema.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, la Commissione bilancio, evidentemente, ha ritenuto di non dovere eccepire alcunché rispetto a questo profilo.
Lei sa molto bene che la previsione di un'iniziativa del Governo che non avesse la copertura finanziaria sarebbe esposta all'osservazione opposta rispetto a quella che lei ha avanzato. Quindi, immagino che la Commissione bilancio abbia ritenuto opportuno lasciare quel finanziamento, per rendere fattibile tale iniziativa, fermo restando che il tema dell'istituzione della conferenza di pace è suscettibile di diverse decisioni in altre sedi. Credo, quindi, che questo sia stato il ragionamento svolto dalla Commissione bilancio che, comunque, ha già vagliato il provvedimento in esame.
Immagino che lei intenda replicare a questa mia precisazione: l'ho fatta solo perché lei si è rivolto anche alla Presidenza, non per altre ragioni. Prego, onorevole La Malfa.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, se lei me lo consente, questa è la tipica affermazione che trova la sua migliore collocazione in un ordine del giorno o in una mozione. Del resto, il collega Mantovani ed altri ancora hanno fatto riferimento all'esistenza di una mozione che prevede, da parte del Governo italiano, una iniziativa del genere. Non sto discutendo l'aspetto politico. Sto dicendo semplicemente che è difficile pensare di stanziare dei fondi per un'iniziativa la cui realizzazione non è certa; né si sa se si svolgerà sotto l'egida delle Nazioni Unite. Non vi è un margine definito e direi che, a questo punto, l'ordine del giorno sarebbe lo strumento più adatto cui ricorrere in questa situazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, anche noi esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.52 che avevamo proposto in Pag. 24Commissione e che è stato ripresentato dai colleghi di Forza Italia. Esso è volto a sopprimere il comma 6-bis dell'articolo 1 del decreto-legge in esame e prevede lo stanziamento di fondi per l'istituzione di una conferenza internazionale di pace. È evidente a tutti che questo emendamento è volto a coprire le divisioni interne al centrosinistra; e diventa un alibi soprattutto per i partiti che si rifanno ai movimenti pacifisti, che in passato, nel corso dell'esame di provvedimenti di finanziamento delle missioni all'estero, hanno sempre espresso un voto contrario. È un alibi per non entrare nel merito della questione.
Il collega Venier ha accusato in precedenza il centrodestra di non ascoltare le parole del Governo. Noi le ascoltiamo, collega Venier, e leggiamo anche gli atti parlamentari: ci basiamo su questo. Ricordo, ad esempio, un emendamento proposto dal presidente del gruppo dei Comunisti Italiani in Commissione, che chiedeva il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan. Quell'emendamento oggi non è stato ripresentato in Assemblea. Mentre, fino alla settimana scorsa, i colleghi della sinistra radicale (definiamola così) erano contrari alla missione di pace in Afghanistan, in questo momento miracolosamente tutti assumono un atteggiamento favorevole sul provvedimento.
Lo abbiamo detto prima: la scorsa settimana il Governo è stato battuto sulle linee di politica estera al Senato. Dopodiché, di fatto, è arrivato l'ordine di scuderia non solo del presidente Prodi, ma anche dei ministri dei partiti presenti nel Governo, che non vogliono perdere la poltrona, dei tanti sottosegretari della compagine governativa, nonché delle segreterie di partito. Si tratta di una copertura, di un alibi. Credo che, se si vuole discutere sul ritiro delle nostre missioni a livello internazionale, lo si può fare solo nelle sedi adeguate.
Ricordiamo all'Assemblea e, soprattutto, al centrosinistra, che la nostra presenza in Afghanistan è stata richiesta da una risoluzione dell'ONU. Ricordiamo, inoltre, che la missione viene portata avanti dalla NATO e che questo Governo, poche settimane fa, a Riga, in sede NATO ha ribadito la presenza delle nostre truppe in Afghanistan.
Dunque, a questa conferenza di pace non si capisce bene chi dovrà aderire. Non è possibile fare una conferenza di pace chiedendo anche l'intervento dei mujaheddin talebani che in questo momento stanno combattendo contro i 37 paesi che partecipano alla missione di pace in Afghanistan. Ma se non parliamo con i talebani, che sono i primi a contestare queste missioni di pace con la guerriglia e con gli atti di terrorismo, è chiaro che la conferenza di pace diventa un momento di dibattito che non può produrre alcun risultato pratico.
L'ipocrisia da voi dimostrata con questi provvedimenti e con questi atteggiamenti di fatto si ripercuote negativamente contro voi stessi. Quanti ragazzi e quanti pacifisti avete illuso e, mi permetto di dire, preso in giro negli anni passati, quando facevate le manifestazioni di piazza chiedendo il ritiro delle nostre truppe, mentre oggi in Parlamento votate in senso favorevole a questo provvedimento!
Invece, l'altra possibilità a disposizione è quella di rivedere con il voto parlamentare, sugli emendamenti presentati e sul provvedimento nel suo complesso, la presenza o meno delle nostre truppe su questi territori. Ad esempio, noi siamo stati molto critici ed abbiamo votato in senso contrario sei mesi fa al rifinanziamento delle missioni, relativamente a quella portata avanti in Libano. Anche questa missione è stata richiesta dall'ONU e prevede il disarmo degli hezbollah presenti al confine tra Libano ed Israele. Il compito dei nostri uomini in quel territorio è di cooperare con l'esercito libanese per giungere al disarmo dei terroristi hezbollah. Ebbene, ciò non è stato fatto ed anzi le fonti di intelligence che giungono nel nostro paese sono tutte concordi nell'affermare che, al contrario, è operativo un riarmo degli hezbollah nel sud del Libano. Dunque, se vogliamo essere coerenti con quanto diciamo, dobbiamo dimostrarlo anche in Parlamento.

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PRESIDENTE. Onorevole Bricolo, la prego di concludere.

FEDERICO BRICOLO. Quindi, bisogna votare chiaramente sulla base della propria contrarietà o meno alle missioni di pace e non appellarsi a conferenze di pace che non servono a nulla.

PRESIDENTE. Onorevole Bricolo, il concetto è chiaro.
Passiamo ai voti... Mi scuso, l'onorevole Paoletti Tangheroni si era iscritta in precedenza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mi sono passati avanti un po' di colleghi, ma non fa niente! Le pari opportunità saranno rispettate in altra sede!

PRESIDENTE. È stata una mia distrazione, di cui mi scuso.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Era solo una battuta.
Signor Presidente, a lei ed ai colleghi vorrei dire che siamo di fronte ad un equivoco. Il Governo non ha mai chiesto questa conferenza di pace. Infatti, il comma in questione è confinato con il numero 6-bis, a dimostrazione che si tratta di un'aggiunta fatta in sede di Commissioni. Sono perfettamente d'accordo con l'onorevole Mantovani sul fatto che, qualora esista un atto di indirizzo, il Governo debba ad esso uniformarsi. Per conoscenza dello stesso onorevole Mantovani, faccio presente che l'attuale Governo non si allinea neppure alle disposizioni di legge e quindi non vedo perché dovrebbe farlo nei confronti di una mozione.
Detto questo, credo che si tratti di un tema molto importante, ovvero di una conferenza non «di pace», ma «sulla pace». Permettetemi di dirlo. Quindi, il tema della conferenza riguarda cosa debba intendersi per pace in Afghanistan. Questo avrebbe senso e nient'altro, se vogliamo parlare seriamente, onorevole Venier, e non fare vaghe enunciazioni di principio. Allora, questa conferenza non deve essere confinata in un comma 6-bis che ha il sapore di emendamenti presentati all'ultimo minuto, come avviene costantemente in ogni legge finanziaria. Il senso di quello che deve intendersi per pace in Afghanistan non può essere contenuto in un emendamento «fuori sacco». Si tratta di un argomento che deve avere la dignità che ad esso spetta.
E perché mai il Parlamento su una argomento così importante dovrebbe conferire una delega in bianco al Governo, che peraltro ne chiede molte? Su questo argomento non può farlo ed il Parlamento, che ha avuto la sensibilità di proporlo, deve avere anche la possibilità di discuterne e di precisarne i contorni.
Infatti, una conferenza sulla pace in Afghanistan richiederebbe alcune precisazioni. Chi inviteremmo a quel tavolo? Chi sarebbero ad oggi i contendenti? Si è parlato del mullah Omar. Ma chi ancora dovremmo chiamare per avere una conferenza «di pace» e non «sulla pace»? Sicuramente dovremmo chiamare anche i «signori della guerra», pagati dalla mafia russa e da quella cinese, che proteggono il commercio dell'oppio. Non lo chiedo per fare polemica, ma per sapere. Ritengo che in proposito occorra essere molto seri.
Credo che l'argomento «pace» in Afghanistan meriti la dignità di una precisazione e di una considerazione, che non può essere relegata nel comma 6-bis, neanche se voluto dal Governo. Peraltro, sottolineo e preciso che questo Governo non ha parlato di conferenza di pace, nonostante la richiesta precisa in una mozione condivisa, che era stata prevista. Rifiutando veramente di dare una delega in bianco su un tema così importante, noi rivendichiamo per lo stesso Parlamento, che ha avuto la sensibilità di porre in evidenza questo tema, il diritto di affrontarlo nei termini in cui deve essere affrontato.
Per questo, signor Presidente, domando ai colleghi più sensibili: ma veramente si vuole la pace in Afghanistan o si intende solo dire che si vuole la pace in Afghanistan? Pag. 26Ed ancora: veramente avete l'accordo su questo tema? Perché continuate a dire che il Governo lo ha voluto, quando il Governo non ci ha nemmeno pensato? Questi sono interrogativi, ai quali bisogna rispondere, prima di decidere se rifiutare o meno l'emendamento in esame, che peraltro riporta le cose nella giusta dimensione, vale a dire non affrontare un tema così importante in una piega nascosta, ma dare ad esso la dignità che merita.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, a me pare che il Governo da alcuni mesi conduca un'iniziativa politico-diplomatica difficile, tesa a contribuire a creare le condizioni per la convocazione di una conferenza internazionale sull'Afghanistan. Ne ha parlato al Consiglio atlantico di Riga, nel corso di riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dei ministri degli esteri a Bruxelles, nei contatti bilaterali con gli alleati europei e con gli stessi Stati Uniti. Credo che chiunque guardi alla prospettiva di un Afghanistan che si stabilizzi, alla pacificazione di quel paese, non possa non convenire con la necessità di lavorare per una conferenza internazionale.
Vi sono incertezze, resistenze, ostacoli; tuttavia, il Governo ritiene che promuovere questo obiettivo, lavorare per raggiungerlo e persuadere gli alleati dell'opportunità dello svolgimento della conferenza sia utile e significativo, oltre che importante. Nei prossimi giorni si svolgerà a Baghdad un incontro negoziale - una sorta di conferenza - al quale parteciperanno i paesi limitrofi dell'Iraq per discutere su una possibile via d'uscita dalle difficoltà, in cui versa la vicenda irachena. Sembrava impossibile, eppure un passo avanti nella direzione di una conferenza si è compiuto.
Perché in un quadro di difficoltà non è opportuno lavorare ed impegnarsi per una conferenza internazionale per l'Afghanistan, che coinvolga i paesi limitrofi (l'iniziativa positiva dei paesi limitrofi dell'Afghanistan sarà importante ai fini della stabilizzazione di quel paese) e i grandi soggetti multilaterali, che sono interessati alla stabilizzazione? Sul Governo iracheno e sul Presidente Karzai si possono avere tutte le opinioni, ma quest'ultimo negli incontri che si sono avuti si è espresso favorevolmente rispetto all'ipotesi di una conferenza, anche se ha segnalato le difficoltà e in particolare i problemi che si pongono nel rapporto tra Afghanistan e Pakistan.
Voglio dire che nei termini in cui il Governo in più occasioni ha posto tale questione, l'iniziativa politico-diplomatica per lo svolgimento della conferenza internazionale di pace per l'Afghanistan dovrebbe essere sostenuta dal complesso delle forze parlamentari, che hanno - almeno credo - tutte a cuore la pacificazione e la stabilizzazione di quel paese.
È questo, dunque, il senso dell'iniziativa parlamentare, delle decisioni adottate nelle Commissioni e del lavoro in cui è impegnato il Governo per quanto riguarda la convocazione della Conferenza internazionale per l'Afghanistan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, ho seguito l'intervento svolto dal presidente Ranieri, relatore per la III Commissione, il quale di fatto ha chiarito una questione, che anche l'onorevole Paoletti Tangheroni aveva tentato di definire nei suoi contorni.
Vorrei rilevare, in altri termini, che a favore dello svolgimento della citata Conferenza di pace vi sono due iniziative, una assunta dal Governo, l'altra dal Parlamento; ricordo, tuttavia, che l'Esecutivo non aveva originariamente previsto tale Conferenza nell'ambito del decreto-legge in esame.
Ebbene, noi non stiamo esprimendo la nostra contrarietà a tale iniziativa del Governo, ma stiamo rilevando che non si Pag. 27tratta del momento giusto e che il decreto-legge non è il provvedimento più opportuno per perseguire tale obiettivo.
Rammento, infatti, che l'Esecutivo aveva stanziato, al comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, 127.800 euro per l'organizzazione della Conferenza di Roma sulla giustizia in Afghanistan, ma non aveva previsto l'organizzazione di una Conferenza internazionale di pace per l'Afghanistan, poiché non è questo il provvedimento normativo più idoneo!
Per fare contenta la sua maggioranza, il Governo ha successivamente inserito uno stanziamento di 500 mila euro per lo svolgimento di tale Conferenza di pace, ma dal momento che il gruppo Popolari-Udeur non era d'accordo, ha accettato che venisse approvato dal Parlamento un'autorizzazione di spesa di 50 mila euro per organizzare a Roma una Conferenza per le pari opportunità a difesa dei diritti umani delle donne e dei bambini dei territori, in cui si svolgono le missioni in oggetto!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPE COSSIGA. Sottolineo che il Governo non lo aveva previsto e che sono state le Commissioni parlamentari ad introdurre questo stanziamento: stiamo parlando di due questioni diverse tra loro!
Come già è accaduto al Senato, in occasione delle comunicazioni rese dal ministro Parisi, constato che qui c'è qualcuno che è d'accordo con l'Esecutivo, ma non siete voi (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.52, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 530
Votanti 528
Astenuti 2
Maggioranza 265
Hanno votato
236
Hanno votato
no 292).

Prendo atto che il deputato Rocco Pignataro non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.55.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, vorrei evidenziare che in realtà su tali tematiche (e ritengo una buona cosa che ciò sia avvenuto) anche in Commissione difesa si era registrata l'unanimità. La IV Commissione ha infatti approvato una risoluzione concernente il problema rappresentato da quelle che nel linguaggio comune sono definite le cluster bomb.
Si tratta, come è noto, di quel piccolo munizionamento che è distribuito a pioggia o a grappolo da un certo tipo di ordigno e che, se resta inesploso, non solo si comporta come se fosse una mina antiuomo (notoriamente proibita dalla normativa internazionale), ma diventa ancor più pericoloso: per ragioni tecniche, infatti, molto spesso la forma ed il colore di questo submunizionamento attirano i minori.
Vorrei segnalare che nel testo originario del decreto-legge in esame era stata introdotta una disposizione, comunque apprezzabile ed importante, relativa allo stanziamento di 300 mila euro per l'acquisto di rilevatori di ordigni esplosivi. Tali dispositivi dovranno essere successivamente ceduti alle forze armate libanesi, al fine di assicurare la massima efficacia nell'ambito dell'attività sia di sminamento, sia di rilevamento e di bonifica di aree colpite, ad esempio, da munizionamento di cluster bomb ancora inesploso.Pag. 28
Ricordo che in sede di Commissioni riunite si tentò anche di incrementare tali fondi.
In particolare ci venne fatto presente - e di ciò prendemmo atto, tanto che ritirammo l'emendamento - che la cifra stanziata di 300 mila euro era stata concordata con il Governo libanese, in quanto equivalente all'acquisto di quel numero di dispositivi di rilevamento, che poi le forze armate libanesi in loco sarebbero state realmente in grado di utilizzare; che, pertanto, incrementare la somma non era utile, in quanto poi non ci sarebbe stato nessuno in grado di utilizzare i dispositivi in questione.
Faccio tuttavia presente che all'interno di questo articolo, denominato «Interventi alla cooperazione e allo sviluppo», vi è questo stanziamento che, trattandosi di bonifica di ordigni, è indubbiamente di carattere umanitario. Si tratta di 300 mila euro, che evidentemente torneranno in Italia, in quanto acquisteremo 300 mila euro di dispositivi dall'industria italiana e poi li daremo in uso ai libanesi; tuttavia, si tratta di fondi che permetteranno ai libanesi di effettuare queste operazioni in maniera autonoma. Allo stesso tempo nell'emendamento che avuto l'appoggio del Governo e della maggioranza in Commissione di fatto destiniamo, centomila euro, dei circa 30 milioni stanziati per il Libano, ad un'attività di sensibilizzazione e di formazione per il popolo iracheno.
Come maggioranza apprezziamo questa previsione. Colgo l'occasione per far riferimento ad uno degli aspetti che ho evidenziato all'inizio del mio intervento, cioè a come questo articolo 1 del decreto-legge in esame (Interventi per la cooperazione e lo sviluppo) sia stato costruito in una maniera assolutamente strumentale.
In alcuni dei commi precedenti, ad esempio nel comma 5, si stanziano 10 milioni di euro per il contributo italiano all'Unione africana per l'istituzione di una forza internazionale di pace in Somalia.
In realtà questa forza internazionale di pace non è di cooperazione allo sviluppo o puramente umanitaria, ma militare, essendo volta ad assicurare quel contesto di sicurezza minima, necessario anche alle operazioni di cooperazione e umanitarie. Quindi, perché nascondete quando mandiamo i soldati o destiniamo dei fondi per questo, come nel caso specifico all'Uganda per inviare dei militari in Somalia? Non bisogna vergognarsi di ciò, in quanto anche i militari assicurano la pace!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, dica pure al sottosegretario di sedersi sulla poltrona della Presidenza del Consiglio, tanto se vi si siede Prodi, vi si può sedere chiunque (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!
Con riferimento all'intervento precedente, vorrei dire che sarebbe stato facile rispondere «alla leghista», cioè meglio convertito che invertito, ma l'argomento è talmente serio che mi impone una riflessione.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Cafone!

MATTEO BRIGANDÌ. La riflessione è la seguente: quando si parla di conversione vuol dire che vi è una via principale, il cristianesimo, a cui Paolo si converte sulla via di Damasco. Quindi, vi è una via giusta e la conversione significa adesione a questa via giusta.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì...!

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, non ho a disposizione cinque minuti?

PRESIDENTE. Mi risulta che avrebbe sempre parlato a titolo personale; in questo caso il tempo a disposizione è di un minuto.

MATTEO BRIGANDÌ. Parlo per cinque minuti...

Pag. 29

PRESIDENTE. Sta bene.

MATTEO BRIGANDÌ. La conversione avviene su una cosa positiva, per cui ho la certezza - me lo dice la stessa sinistra quando parla di conversione - che la mia è la via giusta.
Respingo comunque l'appellativo di «convertito» perché - in quest'Assemblea chiedetene pure conferma all'onorevole Bruno Mellano, che siede nelle vostre file -, ho sempre condotto le battaglie sulla pace a casa mia, a Torino, in Piemonte, non vi è quindi alcuna conversione, né vi è alcuna novità sul mio atteggiamento e sulla mia politica; invece, mi pare si riscontri una conversione nell'atteggiamento e nella politica di qualcun altro.
Infatti, Presidente, proprio perché non seguiva l'indirizzo del Governo precedente, il Governo Prodi a mio avviso avrebbe potuto e dovuto portare una novità in Europa: nel momento in cui America e Russia non erano più contrapposte, l'interlocutore naturale degli Stati Uniti non avrebbe potuto essere rappresentato da altri che dall'Europa. Invece, noi ci siamo attestati su modalità di azione dell'Europa e dell'Italia servilistiche nei confronti dell'America; ciò è avallato dalle stesse forze, che fino a ieri avevano avversato tale orientamento.
Vorrei chiedere ai colleghi di spiegarmi per quale motivo non siamo ad esempio in grado di imporre agli Stati Uniti la cessazione del regime di sanzioni economiche applicato nei confronti di Cuba: non si può pensare che costoro si comportino da padroni del mondo! Da forze politiche che hanno sempre sostenuto tali argomenti declamandoli sulle piazze dinanzi ai loro elettorati - piazze ed elettorati che oggi tradiscono - mi sarei atteso che rinnovassero, qui ed ora, l'affermazione delle loro tesi, almeno in piccola parte, eventualmente rispettando l'esigenza scaturente dalla circostanza che il Governo non deve cadere e perciò dichiarando la loro posizione in questo ramo del Parlamento anziché al Senato. Invece, tutti si sono, come suole dirsi, allineati e coperti, con il ritiro di tutte le proposte emendative, sul presupposto che il loro spazio politico ed il sostegno al Governo siano addirittura più importanti delle idee, per le quali la sinistra si è sempre battuta.
Resto senza parole e forse sarebbe opportuna un po' di vergogna!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Signor Presidente è importante spendere alcune parole nel momento in cui la maggioranza si appresta ad approvare questo emendamento dell'opposizione. Con questo emendamento, infatti, noi chiariamo uno degli scopi fondamentali della missione in Libano e mostriamo di avvertire la necessità di formazione della popolazione riguardo alla presenza di centinaia di migliaia di cluster bomb sul territorio libanese.
Voglio chiarire all'onorevole Cossiga che noi non siamo tout court contrari alle missioni di carattere militare. Ad esempio, quella libanese presenta una caratteristica fondamentale, che anche questo emendamento consente di fare emergere: è terza rispetto alle parti in causa e serve a ristabilire e a garantire la sicurezza della popolazione, di chi, dopo aver visto bombardare il proprio paese e distruggere i propri quartieri, alla fine di una guerra sanguinosa che ha prodotto migliaia di morti, nelle ultime quarantotto ore del conflitto ha ancora visto l'utilizzo di una quantità abnorme, infinita di questo tipo di munizionamento - le cluster bomb - assolutamente non necessario, neanche sotto il profilo militare e teso a distruggere l'economia dell'intero sud del Libano e a rendere impraticabile la possibilità stessa di pensare ad un futuro per i contadini e per la popolazione libanesi.
Chi ha fatto ciò, onorevole Cossiga, è il Governo israeliano; è importante che in quest'Assemblea si dichiari che l'azione anche difficile e pericolosa dei nostri militari per lo sminamento è frutto di una guerra di aggressione, che ha avuto anche momenti drammatici e che continua a mietere vittime per l'uso di strumenti Pag. 30bellici, che la comunità internazionale dovrebbe mettere al bando in quanto si tratta di armi che colpiscono eminentemente la popolazione civile.
Vede, onorevole Cossiga, oggi ci sono scuole nel sud del Libano dove i bambini si presentano avendo raccolto sugli ulivi le cluster bomb rilasciate dalle bombe lanciate dagli aerei israeliani! Ebbene, quei bambini devono essere protetti anche dalla presenza di una forza militare, i cui compiti siano quelli di ristabilire la sicurezza, proteggere la popolazione, interporsi tra le forze in conflitto, costruire le condizioni affinché anche in Medio Oriente si arrivi ad una conferenza internazionale che realizzi una pace basata sul diritto.
In conclusione, nel momento in cui accogliamo l'emendamento in esame, a favore del quale voteremo, è importante anche chiarire di chi sia la responsabilità della presenza in territorio libanese di queste terribili bombe. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, sebbene non accada molto frequentemente, mi trovo d'accordo almeno su una cosa con l'onorevole Venier: l'emendamento in esame, non a caso accolto quasi all'unanimità, deve rappresentare, in qualche modo, anche un monito di condanna ed un'esortazione all'inibizione permanente dell'uso di un certo tipo di bombe e munizioni, le bombe contro le persone, le bombe a grappolo, cluster bombs, le quali provocano effetti micidiali e prolungati nel tempo a danno delle popolazioni civili, soprattutto di quelle più indifese, più inesperte, più sprovvedute (bambini ed agricoltori).
Non posso, quindi, non trovarmi d'accordo con l'emendamento Paoletti Tangheroni 1.55, nello spirito di una messa al bando dei predetti sistemi di armamento e della loro utilizzazione. Ricordo, però, al collega Venier - il quale ha fatto riferimento agli effetti devastanti di quella breve guerra tra Israele e gli Hezbollah che ha travagliato il già martoriato Medio Oriente l'estate scorsa - che quell'invasione e quegli scontri, che pure ebbero effetti crudeli ed inquietanti, che hanno giustificato la missione UNIFIL 2, erano legati all'assassinio, del tutto gratuito ed ingiustificato, di sei soldati israeliani da parte di Hezbollah e dal rapimento di altri due soldati che ancora si trovano nelle mani dei sequestratori. Quando si ricordano le modalità di certi scontri, bisognerebbe rammentare anche le cause che li hanno provocati e da chi sia provenuta l'aggressione o la provocazione.
Ciò detto, aderisco all'emendamento in esame, al quale dichiaro di voler aggiungere anche la mia sottoscrizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente, anche noi voteremo a favore dell'emendamento in esame. Tuttavia, vorremmo fare un po' di chiarezza in merito alle responsabilità. Non è possibile sentire affermare in quest'aula che Governi democratici hanno responsabilità, mentre gruppi terroristici sono vittime: non è possibile riscrivere la storia! Questo vale per il Libano, per l'Iraq, per l'Afghanistan, per il Sudan e per tutti i paesi nei quali siamo impegnati in missioni umanitarie e internazionali.
Onorevoli colleghi, mi sento un po' a disagio di fronte ad un emendamento che stanzia 100 mila euro per una finalità così importante: appena 100 mila euro per bonificare il territorio da bombe a grappolo che, come ben sapete, sono di produzione europea (magari anche italiana)! Provo disagio perché 100 mila euro sono pari al compenso che è stato corrisposto ai presentatori del Festival di Sanremo per un'ora di trasmissione (peraltro, il compenso è stato pagato con il canone versato dai cittadini italiani)!
Mi sembra un po' sproporzionato, mi sembra che il Titanic stia affondando e che per demagogia una certa sinistra massimalista, Pag. 31che non ha niente a che spartire con la sinistra riformista, che ho l'onore di rappresentare in questa assise parlamentare, vuole continuare: il Titanic sta affondando e l'orchestra continua suonare.
Com'è possibile pensare di portare avanti una politica, prevedere un'organizzazione di pace da noi, con un profilo del nostro Governo così basso, che arriva a mettere a repentaglio la stessa vita dei nostri soldati , con regole di ingaggio non chiare e con l'invio di persone nei paesi in cui sono in corso le missioni di pace? Termino, ricordando - spero mi si comprenda - una massima dell'apostolo Paolo, il quale sosteneva che abbiamo due orecchie e una bocca sola: due orecchie perché dobbiamo ascoltare il doppio, una bocca perché dobbiamo parlare la metà. Ma certe dichiarazioni di certi segretari politici, che sono in quest'aula, mettono a repentaglio la vita dei nostri soldati e dei giornalisti sequestrati (Commenti dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Bisogna ascoltare di più e parlare molto di meno e fare meno demagogia, senza riscrivere la storia unilateralmente, né tifare per i terroristi. Basta! Noi scendiamo in piazza contro questa sinistra radicale che è con i terroristi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Grazie, signor Presidente.
Voteremo a favore dell'emendamento presentato dalla collega Paoletti Tangheroni. Ci meravigliamo del tono dell'intervento del disinformato collega che è intervenuto in precedenza, che non sa che l'emendamento di cui parla è stato presentato dall'opposizione e quindi la quantità di risorse stanziate è stata proposta dall'opposizione. Egli non sa nemmeno che questa attività consiste nell'informazione, non nello sminamento. Lo sminamento è già in atto ed è in capo alle Forze armate italiane e costa ben di più di 100 mila euro.
Giustamente la collega Paoletti Tangheroni ha previsto la necessità di fare informazione, per esempio, facendo vedere la fotografia di una mina ai bambini per spiegare loro che non è un giocattolo e che quindi non va toccata. Devo dire che la somma di 100 mila euro, per un territorio così limitato e per il numero di scuole che sono presenti, è una dotazione sufficiente.
Infine, vorrei simpaticamente interloquire con il collega Brigandì, che dalle parole dette mi sembra si sia convertito oggi al pacifismo. Ho capito, dalle sue citazioni degli Evangeli, che si è convertito ad una religione proveniente dal Medio Oriente, che alle popolazioni della Padania e delle Gallie è stata imposta con le armi e che ha sempre rivendicato, nonostante la secolare sede della Chiesa cattolico-romana in Italia, la propria origine africana. Grazie. (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Grazie, signor Presidente.
È pleonastico dire che voteremo a favore di questo emendamento, ma vorrei osservare che ritengo quasi scandaloso il fatto che la sinistra non sia stata in grado di presentare emendamenti nemmeno di questo tipo, a difesa dei bambini, che loro dicono, sventolando le bandiere della pace, di voler difendere e tutelare, essendo contrari alla guerra.
Cosa bisogna dire? Per «ordini di scuderia», la sinistra sta rinunciando al proprio fine, che è quello di rispettare e tutelare la pace. È come se noi della Lega Nord votassimo contro il federalismo. Credo che di questo debbano tener conto, rinunciando ad essere sempre e soltanto succubi degli ordini, per non perdere la poltrona sulla quale siedono. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevole Cossiga, lei aveva chiesto di intervenire a titolo personale. Pag. 32Dovrebbe precisare in che cosa consiste il suo intervento, in modo che io possa valutare se consentirle di sviluppare i suoi argomenti al termine della seduta.

GIUSEPPE COSSIGA. Presidente, il fatto personale consiste, in relazione all'emendamento in esame, nell'attribuzione da parte dell'onorevole Venier di una mia posizione acriticamente di supporto alle scelte di un Governo amico ed alleato come quello di Israele. Quindi, volevo soltanto invitare l'onorevole Venier ad informarsi su qual è la mia posizione su questi temi, eventualmente anche attraverso i colleghi di Rifondazione Comunista. Grazie.

PRESIDENTE. Passiamo i voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.55, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 515
Votanti 514
Astenuti 1
Maggioranza 258
Hanno votato
508
Hanno votato
no 6).

Passiamo all'emendamento Paoletti Tangheroni 2.53 sul quale vi è un invito al ritiro. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

GIUSEPPE COSSIGA. Vedo che i colleghi si lamentano e li capisco: nella scorsa legislatura anche noi ci siamo lamentati molto. Di solito su questi temi siete voi ad intervenire, a dare contributi e a identificare i distinguo. Evidentemente in questo caso, invece, voi vi lamentate perché dovete stare zitti (Commenti dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Comunisti Italiani). Quindi capisco bene, vi lamentate perché dovete votare, mentre avete ritirato i vostri emendamenti e non potete parlare!

PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar parlare l'onorevole Cossiga.

GIUSEPPE COSSIGA. Vi capisco: è una cosa difficile ingoiare i rospi. Per noi questo non è un rospo, perché siamo sostanzialmente d'accordo sul provvedimento d'urgenza che è in assoluta continuità - a parte le forme e un po' di cosmesi del testo - con quello che si è sempre fatto.
Questo emendamento propone - come peraltro ha citato l'onorevole Ranieri, presidente della Commissione - di destinare una parte dei 30 milioni di euro che sono previsti per l'Iraq all'organizzazione di una Conferenza di pace sull'Iraq stesso.
Su questo emendamento ci sono delle posizioni piuttosto curiose; per esempio, ancora una volta, da parte della Commissione bilancio. Quest'ultima non ha eccepito nulla - come ha fatto notare il presidente La Malfa - riguardo uno stanziamento di cui non è chiara la destinazione per una Conferenza di pace in Afghanistan. La Commissione bilancio ha eccepito sulla destinazione (infatti non si identifica uno stanziamento, ma vi è solo una destinazione) di 500 mila euro a questo fine, mentre con riferimento all'emendamento precedente lo stesso sistema non era stato eccepito.
Questi sono i miracoli dei numeri: evidentemente, nella Commissione bilancio i numeri si leggono a seconda delle convenienze. Ora, però, colgo l'occasione per parlare anche di un altro punto.
In effetti, il presidente Ranieri in Commissione ha sottolineato - in quanto relatore - che la Conferenza di pace sull'Iraq c'è già. È il Governo iracheno che la sta organizzando. Non è come questa fantomatica conferenza di pace sull'Afghanistan che è stata proposta dal Governo Pag. 33italiano. In Iraq, la Conferenza di pace la sta organizzando il Governo iracheno. La cosa curiosa - ma per me non lo è poi così tanto - è che a questa Conferenza di pace noi non saremo invitati, neanche come osservatori. A me il dubbio viene. La ragione per cui non saremo invitati è che forse qualcuno nel Governo iracheno ha comunque interpretato come una fuga quello che era un ritiro programmato.
Io immagino che il nostro Governo sarebbe stato invitato, mentre per quanto riguarda il vostro capisco il motivo per il quale non lo sia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, non ho compreso esattamente il meccanismo delle accuse rivoltemi poc'anzi. Certo è che non mi sento insultato se mi si assimila all'Africa, né credo che vi siano altri tipi di insulti collaterali, anche perché io, oltretutto, non sono italiano; conseguentemente, non posso reagire a certe accuse.
Personalmente, il problema che si pone è, al tempo stesso, semplice e chiaro: questo Governo ha aumentato le spese militari. Alla faccia del pacifismo! Qui vi è gente che fino a quindici giorni fa andava per strada a prendere in giro gli esponenti dei centri sociali, i pacifisti, i no global, dicendo che era per la pace «senza se e senza ma», e sostenendo, durante il precedente Governo Berlusconi, che bisognava riportare subito a casa i nostri militari impegnati in missioni all'estero. All'epoca si discuteva se tali missioni fossero di guerra o di pace; mentre il Governo Berlusconi sosteneva che fossero di pace, la sinistra, al contrario, diceva che erano di guerra. Ora tali missioni sono divenute automaticamente di pace, al punto tale che, al provvedimento in esame, la sinistra non ha presentato alcuna proposta emendativa. Questo è problema, il resto è sofismo e sovrapposizione! Tutta quella gente è stata, quindi, presa in giro dalla sinistra! Qui c'è una sola voce che vuole la pace «senza se e senza ma»! Sappiamo tutti esattamente quello che accadrà in quei paesi con l'inizio della primavera; conseguentemente sarebbe opportuno che i nostri soldati tornassero a casa per evitare che possano essere massacrati.
Per tutti questi motivi, insisto nella mia posizione, per cui voterò contro questo provvedimento e contro tutte le proposte fatte al riguardo dal Governo. I nostri soldati devono tornare a casa e non devono macchiarsi di sangue! Noi dobbiamo perseguire la pace, lo ripeto, «senza se e senza ma» (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti...
Chiede adesso di intervenire per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Invito i colleghi a segnalare la loro volontà di intervenire per tempo. Prego, onorevole Bosi, ha facoltà di parlare.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, ha ragione. Sarò telegrafico. Noi, coerentemente con quanto già affermato, criticandola, in merito alla previsione della Conferenza di pace in Afghanistan, saremo contrari anche alla proposta di una conferenza di pace da svolgersi in Iraq, per la quale sarebbe previsto anche un apposito stanziamento.
Da ultimo, mi permetto di suggerire alla collega Paoletti Tangheroni di trasfondere il contenuto del presente emendamento in un ordine del giorno, qualora il Governo fosse disponibile ad accoglierlo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 2.53, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 34
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 507
Maggioranza 254
Hanno votato
218
Hanno votato
no 289).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 2.51, del quale il relatore per la IV Commissione ha proposto una riformulazione, esprimendo altrimenti parere contrario.
Chiedo all'onorevole Paoletti Tangheroni se accetti la riformulazione proposta dal relatore per la IV Commissione.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, chiederei al relatore per la IV Commissione di leggere la proposta di riformulazione dell'emendamento, a mia prima firma, 2.51.

PRESIDENTE. Invito il relatore per la IV Commissione a leggere all'Assemblea la proposta di riformulazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 2.51.

ROBERTA PINOTTI. Relatore per la IV Commissione. La proposta, peraltro letta ieri in aula, consiste nel sostituire la parola «disposizioni» con la seguente: «attività» e la preposizione «alla» con la seguente: «nella».

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se intendano accettare la riformulazione proposta.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Accetto la riformulazione, Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. La riformulazione era stata preannunciata in sede di Comitato dei nove; quindi, era assolutamente corretto indicarla all'Assemblea nel momento della votazione. Ringrazio dunque la presidente Pinotti per aver dato seguito a questo fondamentale adempimento.
Vorrei ora esprimere il consenso del gruppo di Alleanza Nazionale su questo emendamento - su cui anche le Commissioni si esprimono favorevolmente, così come il Governo - perché richiama l'ambito di discussione che abbiamo svolto all'inizio di questa mattinata in riferimento ad altra situazione similare.
Riteniamo sia fondamentale precisare, ancora una volta, in maniera dettagliata le procedure riguardanti lo svolgimento delle attività umanitarie, civili, di ricostruzione - comunque, di cooperazione - che sono previste nelle varie parti di questo provvedimento.
Il punto centrale al quale si riferisce questo emendamento è quello della certificazione della mancanza di risorse locali - in questo caso, riferite all'Iraq - per l'intervento suppletivo da parte di organizzazioni italiane o di altri paesi.
Poiché tutto si basa sull'accertamento della mancanza di risorse locali, era fondamentale precisare come e chi dovesse dare tali indicazioni con riguardo a queste attività. Quindi, opportunamente qui si indica il capo della rappresentanza diplomatica a Bagdad. Sono state inoltre precisate - opportunamente -, attraverso le riformulazioni, le modalità di questo intervento. È positivo che un'indicazione di un gruppo dell'opposizione - condivisa poi dagli altri - sia stata accolta e sia stata trasformata in patrimonio comune in un momento positivo dei lavori delle Commissioni congiunte, esteri e difesa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione l'onorevole Brigandì voto. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Mi chiedo dove sia il senatore Rizzo. È molto semplice...

PRESIDENTE. I senatori non sono presenti in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

MATTEO BRIGANDÌ. Lo so che non sono presenti in quest'aula. Non mi sono Pag. 35chiesto, infatti, se il senatore Rizzo fosse presente in aula. Mi sono chiesto, molto più semplicemente, dove sia.

GIOVANNI CARBONELLA. Chi se ne frega dove sta!

PRESIDENTE. Forse allude ad un parlamentare europeo, o sbaglio?

MATTEO BRIGANDÌ. Sì, ha ragione. Mi chiedo dove egli sia perché, dalle dichiarazioni ascoltate, mi pare che vi siano due partiti diversi. Mi pare che si facciano determinate affermazioni per cercare di illudere la gente e che si affermino cose diverse in quest'aula, sempre per cercare di illudere la gente. Mi pareva che qui si mettessero in dubbio alcuni fatti relativi agli americani ma, invece, qui siamo di fronte al servilismo totale e assoluto nei confronti dell'America: di questo si tratta!
Questa mattina hanno incriminato (pare sia stato dichiarato colpevole e sia assoggettabile ad una pena fino a 25 anni) una persona che in America ha osato andare contro il Presidente degli Stati Uniti dicendo che la guerra in Iraq era priva di fondamento. Questo, ormai, è un dato chiaro! Gli americani hanno mosso guerra all'Iraq con un meccanismo di guerra preventivo che è stato dimostrato infondato. A fronte di questo, hanno posto in essere un Governo fantoccio che ha processato l'ex Capo dello Stato, che personalmente avrei ucciso poiché non ho alcun affetto o comprensione nei suoi confronti, senza un vero appello (Commenti dei deputati di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea). Su questa posizione non vi è alcuno che dica assolutamente nulla. Siamo diventati tutti filo americani? È una cosa fuori dalla grazia di Dio in questo tipo di guerra! Si fa una guerra preventiva, vengono a mancare i presupposti di questa guerra e, nonostante ciò, tutto va bene?
Se è giustificabile questa logica con l'Iraq, è giustificabile anche con il resto del mondo. A fronte di questo, signor Presidente, forse vi è una logica imperialista, come ben diceva una volta la sinistra. Questi sono andati lì non per prendere l'Iraq, ma per prendere il petrolio! Non si sente una voce in quest'aula, ma dove è finita la sinistra (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcenaro. Ne ha facoltà.

PIETRO MARCENARO. Intervengo soltanto per chiedere a tutti noi che in una discussione così impegnativa e carica di responsabilità l'Assemblea rispetti un tono adeguato all'importanza delle cose che stiamo discutendo. Devo far rilevare il linguaggio così grave che l'onorevole Brigandì usa in tutti i suoi interventi, che da un po' di tempo a questa parte sono fatti non a titolo personale, ma a nome del gruppo che rappresenta e, per questa ragione, quindi, sono ancora più gravi. Se parla per cinque non può che parlare a nome del suo gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista - Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 2. 51, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 508
Maggioranza 255
Hanno votato
505
Hanno votato
no 3).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Bricolo 2.54.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento formulato dai relatori e dal Governo.

Pag. 36

FEDERICO BRICOLO. Non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Intervengo su questo emendamento anche se, in realtà, abbiamo già trattato il tema. Visto che esso è proposto all'articolo che si occupa dell'Iraq e fa riferimento alla necessità di identificare con chiarezza le caratteristiche degli enti o degli organismi italiani che percepiscono finanziamenti da parte del Governo, vorrei sottoporre all'Assemblea un punto non secondario, a mio avviso.
Questo punto è stato sollevato in un ordine del giorno, a firma dei colleghi Bonelli e De Zulueta, riferito ad alcune indicazioni che sono fornite dal Governo nella sua relazione tecnica in relazione ad un previsione di spesa di circa tre milioni e mezzo di euro per stipulare e coprire un contratto con una società di sicurezza privata presente in Iraq al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità del personale civile presente presso l'unità di sostegno alla ricostruzione.
È evidente che siamo di fronte ad una confusione, ad un piccolo pasticcio commesso da questo Governo, che, lo ricordiamo tutti, per venire incontro ad una posizione frettolosa, ma comunque forte, rappresentatagli da una parte della sua maggioranza, anziché seguire il già programmato ritiro dall'Iraq così come era stato stabilità dal precedente Governo con una pianificazione attenta, concordata sia con le forze di coalizione presenti sia con il Governo iracheno, cioè per accontentare una parte della sua maggioranza, ha adottato la tecnica del prendi i soldi e scappa. Improvvisamente, cioè, ha deciso di andare via dall'Iraq.
In base alla programmazione da noi stabilita, al compimento della missione era stato previsto anche di mantenere in Iraq personale in numero limitato, ma adeguato a garantire la sicurezza degli italiani impegnati in tale paese, in particolare nell'unità di sostegno alla ricostruzione.
La continuità è evidente - voi siete andati via di corsa, quando noi avevamo diversamente programmato - proprio in questo emendamento. Avendo portato via tutti i soldati e non essendo più in grado, per vostra disattenzione, se non per dolo, di garantire una sicurezza adeguata al personale italiano impiegato nella unità di sostegno alla ricostruzione, è sorta la necessità di stipulare un contratto con una agenzia di sicurezza che, come abbiamo visto, potrebbe essere italiana. Ciò comporterebbe i problemi che sono stati indicati dall'onorevole Bonelli nel suo ordine del giorno 9/2193/3 quanto alla identificazione dei soggetti che realmente controllano l'agenzia, all'adeguata professionalità e ad altri problemi che, come è noto, esistono, in assenza di una legislazione specifica sulle società private di sicurezza in Italia.
È problema sul quale non si è riusciti ad intervenire e del quale peraltro dovremo occuparci. Nel caso in cui, anziché andare via di corsa, come questo Governo ha deciso di fare, in maniera più onesta e coerente con la necessità di garantire un contesto di sicurezza in Iraq, si fosse più correttamente programmato il rientro e si fosse lasciato personale delle Forze armate o dell'Arma dei carabinieri in misura adeguata a garantire la sicurezza, oggi non ci troveremmo a dover stanziare tre milioni e mezzo di euro, che non sono pochi, da destinare alle necessità di sicurezza dell'unità di sostegno alla ricostruzione.
Tra l'altro, poiché molti emendamenti che abbiamo presentato non sono stati approvati, non sapremo mai dove finiranno questi tre milioni e mezzo di euro. In altri termini, non sapremo se saranno destinati ad una società italiana o ad una presunta società di sicurezza con personale iracheno che, magari, dopo qualche mese, si scoprirà essere dedita non tanto alla sicurezza quanto alla organizzazione di attentati alle forze della coalizione. Oppure saranno destinati - questo potrebbe suscitare una reazione ancora più accesa di quella dell'onorevole Bonelli, contenuta nel suo ordine del giorno - a una delle tante società di contractor americane Pag. 37che svolgono, in quel paese, attività di sicurezza con conclamata fama, per usare, parafrasandola, una espressione dell'onorevole Bricolo. Il pasticcio che il Governo ha fatto nel voler andare via così di corsa dall'Iraq...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cossiga.

GIUSEPPE COSSIGA. ...oggi ci obbliga a risolvere anche questo problema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo a titolo personale come in tutte le altre occasioni, salvo quelle nelle quali sono intervenuto a nome del mio gruppo parlamentare. Il discorso è estremamente semplice e chiaro. Capisco che possa bruciare ma è così: voi nelle piazze dite «bianco» e qui fate «nero». Siccome nelle piazze c'è la gente, voi la tradite e siete i traditori del popolo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, condivido le finalità dell'emendamento Bricolo 2.54 ed invito ad esprimere voto favorevole su di esso. Non si capisce per quale motivo non si debba introdurre in questo decreto-legge un criterio di maggiore attenzione nell'erogazione dei fondi. Parliamo di fondi per organizzazioni umanitarie e si fa riferimento ad una serie di attività di complemento. In precedenza, il collega Cossiga ha specificato, soprattutto in riferimento ad alcuni settori della sicurezza, quali complessità emergano. Non si vede per quale motivo un richiamo preciso e puntuale alle norme che riguardano anche le organizzazioni non governative non debba essere inserito nel provvedimento in esame. Comprendiamo le difficoltà politiche di uno schieramento che deve approvare una misura complessiva che non condivide, che non sostiene. Però, fate attenzione perché, spesso, anche rispetto alle organizzazioni umanitarie occorre maggiore senso di responsabilità. Abbiamo vissuto in passato, anche momenti drammatici, sequestri di persone appartenenti alle organizzazioni di volontariato.
Ovviamente, quando sono accaduti questi fatti, lo Stato è intervenuto. E ricordo che anche in Iraq, dove adesso non c'è più la presenza militare, sono intervenuti i militari e i servizi di sicurezza, per fortuna, per garantire l'incolumità di alcune persone. Purtroppo, ciò non sempre è stato possibile (ricordo la morte drammatica di Quattrocchi), ma in altri casi sì, come in quello delle due giovani esponenti di una organizzazione non governativa, che furono salvate dall'azione dei servizi di sicurezza.
Peraltro, voglio sottolineare, in una fase altrettanto drammatica del rapimento di un giornalista italiano de la Repubblica, che ci vuole serietà. Leggiamo in questi giorni che la procura della Repubblica di Roma vorrebbe gli atti di tutte le trattative che hanno accompagnato la liberazione della Sgrena. Se i servizi di sicurezza pubblicassero a puntate sui giornali o consegnassero alla magistratura tutti gli atti, vorrei sapere come potrebbero agire in queste ore per cercare di portare a casa, come tutti ci auguriamo, libero e vivo, il giornalista de la Repubblica. Lo dico perché c'è un atteggiamento superficiale, a volte, di alcuni settori della magistratura e di alcuni settori politici.
L'operatività, quindi, delle organizzazioni non governative o degli interventi umanitari è spesso correlata a rischi, perché il fatto di andare in quei luoghi con scopi umanitari non rende esenti da pericoli ed aggressioni, da attentati e sequestri.
Nella sostanza, questo emendamento cerca anche di restringere la possibilità di finanziamento e di sostegno alle organizzazioni che posseggono dei requisiti che fanno immaginare che abbiano una maggiore Pag. 38consapevolezza dei rischi che affrontano. Sappiamo che vi sono organizzazioni umanitarie che hanno scritto pagine di eroismo civico in tanti contesti rischiosi. Perché lasciare il campo libero da interventi?
Poi, ce ne ricorderemo dopo, perché, se per ragioni politiche o clientelari si dessero i soldini ad un amichetto, che, andando in Iraq e non avendo la competenza, la professionalità e la saggezza che anche chi va a compiere operazioni umanitarie deve avere, potrebbe andare incontro a dei rischi, chi dovrebbe intervenire? I soldati che non ci sono? I servizi di sicurezza, che devono fare il resoconto alla procura della Repubblica: «Stiamo trattando con questo e con quello»? Facciamo come il «Grande fratello»: trasmettiamo in diretta, ventiquattro ore su ventiquattro, come i servizi segreti liberano gli ostaggi? Vogliamo fare questo?
Credo che l'emendamento del collega Bricolo restringa le possibilità di erogazione di fondi solo alle organizzazioni che, avendo i requisiti previsti dalla legge, si spera possano e sappiano affrontare con la necessaria consapevolezza gli interventi umanitari in scenari così drammatici e complessi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, non amo l'ipocrisia, ma qui stiamo giocando con essa. Mi chiedo come la maggioranza possa non approvare l'emendamento dell'onorevole Bricolo, che chiedo di sottoscrivere, che ci riporta ad minimo di logica.
Penso anche al futuro, amici, perché chi ha partecipato alle audizioni sa, per esempio, che ad Herat vi sono dei cooperanti (qui stiamo parlando dell'Iraq, ma dovremo occuparci anche del problema dell'Afghanistan), che non vogliono la collaborazione militare. Addirittura, i militari sono stati fatti trasferire e si tengono quelle persone fuori dalle aree controllate.
Cosa succede nel momento in cui qualcuno viene sequestrato? Ciò è già successo. Chi va a difendere queste persone?
Allora, dovremmo prendere i mercenari, perché, se non poniamo questi limiti, questi lavori vengono svolti da loro, ossia quelli che sui vostri blog di sinistra e sugli articoli dei giornali sono gli «americani travestiti». Addirittura, in Brasile è in corso un grande scandalo in queste settimane, perché ci sono dei militari che si tolgono la divisa e si fanno assumere.

PRESIDENTE. La prego, onorevole Zacchera, deve concludere.

MARCO ZACCHERA. In conclusione, prego tutti i deputati, se non c'è ipocrisia, ad approvare questo emendamento, perché si tratta di applicare la legge nello spendere i soldi dello Stato.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, vorrei ripetere quanto detto all'inizio.
L'emendamento che stiamo discutendo in questo momento è analogo al primo emendamento che è stato posto in votazione e che riguardava la missione in Afghanistan, in Sudan e in Libano. Questo emendamento, invece, è relativo all'articolo 2, dove si parla dell'Iraq.
Però, ci tengo a sottolineare nuovamente una questione, dato che ho ascoltato ancora in quest'aula interventi che, con motivazioni politiche anche diverse, nel merito mettono in dubbio che ci possa, ci voglia o ci debba essere l'applicazione della legge n. 49 del 1987.
Perché si sappia cosa stiamo votando e che non si tratta di ipocrisia, ma soltanto della volontà di non ripetere quanto già è scritto in una legge, vorrei ricordare che, così come era al comma 4, dell'articolo 1, anche per quel che riguarda l'articolo 2, al comma 6 si stabilisce che, alla missione, per tutti gli incarichi che devono essere Pag. 39assegnati alle ONG, si applicano determinate disposizioni del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165. Purtroppo, in Italia abbiamo questa modalità di scrivere i testi di legge, vale a dire che si rimanda alle leggi precedenti, senza indicarne il contenuto.
Ma se si va a leggere la legge cui si fa riferimento, si apprende che, per la realizzazione degli interventi, si applicano le disposizioni di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49. Quindi, a questo provvedimento, per tutte le attività che saranno assegnate alle ONG italiane (ovviamente, non sono ricomprese quelle straniere, perché non stanno sotto la stessa legislazione), si applicano determinate disposizioni. Questo emendamento, dunque, rappresenta un di più rispetto a quanto è già contenuto nel testo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere anch'io l'emendamento in oggetto, condividendone i contenuti e le finalità.
Non è possibile affidare a chi non abbia una comprovata e di sicura idoneità alcuni incarichi; lo si farebbe in modo estremamente superficiale.
Bisogna capire la volontà del Governo rispetto al modo di impiegare le organizzazioni non governative in Iraq. Ritengo sia molto pericoloso questo tipo di attività. Tra l'altro, visto e considerato che le finalità previste sono le medesime di quelle che perseguivano le Forze armate, riusciremo a determinare una chiara situazione: per poter assicurare gli stessi interventi, spenderemo di più, oggi, con queste organizzazioni, che con l'impiego dei militari.

PRESIDENTE. Onorevole Ascierto...

FILIPPO ASCIERTO. Ma considerato che c'è anche la volontà di offrire ad altri la possibilità di intervenire, vorrei ricordare oggi, in aula, il sacrificio di Quattrocchi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, non ho capito una cosa con riferimento alla relatrice Pinotti (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Comunisti italiani): se anche lei condivide ciò, se sostiene che quanto chiede l'emendamento in esame è già ricompreso nella legge, perché l'emendamento non viene accolto? Repetita iuvant: se vogliamo rafforzare questo aspetto, perché non si vuole accogliere l'emendamento? Se è condiviso, vuol dire che sia l'emendamento in esame sia quello presentato all'articolo 1 vanno bene!
Come dice qualcuno, si fa peccato a dubitare, ma spesso ci si azzecca. Secondo me, non lo si vuole approvare, perché le cose non stanno in questo modo: non lo si vuole scrivere, per dare al Governo la piena libertà di utilizzare qualsiasi organizzazione, senza vincoli!
Vorrei fare una provocazione: non ci vorrete mica portare le cooperative rosse a svolgere questo servizio (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, nel dichiarare anch'io di voler sottoscrivere l'emendamento in oggetto, faccio mie le parole del collega che mi ha preceduto. Non riesco a comprendere per quale motivo, come ha spiegato anche l'onorevole Gasparri, le Commissioni ed il Governo siano contrari.
Il collega che mi ha preceduto ha usato l'espressione repetita iuvant. Io direi: quod abundat non vitiat. Ma il problema è che qui, forse, c'è qualcosa di più. Quindi, chiedo che questo emendamento venga votato e vi appongo la mia firma.

Pag. 40

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per concordare con quanto detto dalla relatrice. Allora, considerato che la relatrice è d'accordo con quanto disposto dall'emendamento in esame - che sottoscrivo - non comprendo perché non si possa abbondare piuttosto che deficere (lo dico, visto che molti hanno citato locuzioni in latino): melius abundare quam deficere!
A questo punto, invito tutti ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento in esame. La relatrice è d'accordo e in molti interventi si è sostenuto che è opportuno chiarire questo punto, anche per evitare ulteriori confusioni. Signor Presidente, auspico un voto unanime da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, attorno a questo emendamento si è accesa una discussione per la verità assai seria. Riconosco l'onestà di intenti dell'onorevole Pinotti: può anche essere sovrabbondante aggiungere espressioni che qualificano i soggetti chiamati poi a ad operare. È chiaro che la lettura dei commi, delle leggi, dei riferimenti normativi non può essere riprodotta in quest'aula. Ma francamente in tal modo si creano condizioni di grande incertezza.
Comunque, siamo in presenza di un testo scritto male, nel quale è difficile ritrovare quel richiamo alla legge n. 49 del 1987 cui faceva riferimento la collega Pinotti.
A questo punto, propongo che si proceda in questo modo: poiché si invita a ritirare un emendamento che si ritiene ridondante, come sempre avviene nella prassi parlamentare, valgano gli atti parlamentari nel momento in cui si procederà all'interpretazione. Mi rivolgo al viceministro degli affari esteri che sta leggendo i suoi giornali: trovo molto grave che egli non dichiari, perché resti agli atti, che quanto stanno chiedendo tutti i parlamentari è nelle intenzioni del Governo.
Se a maggioranza siete in grado di respingere un emendamento di garanzia (che chiede che questi soggetti debbano essere di comprovata fama), perlomeno resti agli atti parlamentari che il rappresentante del Governo presente alla seduta si assume la responsabilità di dichiarare che quanto richiesto è nelle intenzioni del Governo. Ove ciò non fosse e permanesse il silenzio del rappresentante del Governo, ci sarebbe da dubitare sulle sue buone intenzioni; intenzioni che - ricordiamolo bene - riguardano la garanzia della trasparenza dell'amministrazione e la sicurezza di coloro che mandiamo ad operare in quei difficili contesti. Chi sono? Sono amici degli amici? Sono persone serie? Hanno la giusta professionalità? Credo che l'ultima parola spetti al Governo.
Se l'onorevole Intini si alzerà e dirà che è intenzione del Governo procedere con questo metodo, mi riterrei abbastanza soddisfatto. In quel caso, si potrebbe accedere all'idea del ritiro. Altrimenti, preannuncio fin da questo momento il voto favorevole del mio gruppo, mantenendo tutte le riserve richiamate dai colleghi intervenuti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ronchi. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, signor viceministro Intini, non capisco perché lei continui a tacere rispetto a una richiesta corale del Parlamento su questo argomento. Credo che le richieste degli esponenti dell'opposizione, degli onorevoli Gasparri, Consolo, Ascierto, siano fondate: chiediamo soltanto trasparenza e qualità rispetto a un tema così decisivo e delicato.
Perché si vuole tacere e non si vuole accedere a queste giuste osservazioni dell'opposizione? Almeno ci dica cosa pensa! Lei non può rimanere in silenzio ed ignorare richieste fondate, concrete, ispirate ad un'alta qualità, moralità e soprattutto specialità, Pag. 41in un settore così delicato del quale si sta parlando.
Signor viceministro, non credo che il silenzio sia la migliore risposta a richieste giuste e sacrosante dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Il presidente Pinotti, sollecitata in qualità di relatore, ha chiesto di intervenire. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, in realtà è stato chiesto di intervenire anche al Governo. Tuttavia, in questo caso mi permetto di ricostruire...

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, lo ha già fatto prima...

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Onorevole Bricolo, io non l'ho interrotta!

PRESIDENTE. All'onorevole relatore per la IV Commissione è stato chiesto di fornire precisazioni.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Vorrei ricostruire quanto avvenuto in sede di Comitato dei diciotto (Commenti del deputato Bricolo), atteso peraltro che alla parte finale dei lavori dello stesso l'onorevole Bricolo non ha potuto (e me ne dispiace molto) partecipare.
Mi rivolgo a tutti i colleghi che dicono: «Repetita iuvant». Il problema sta nel fatto che nel testo ciò è scritto. Pertanto, mi dichiaro d'accordo con quanto scritto nel testo e non con quanto contenuto nell'emendamento. Sia chiaro. Tuttavia, quando in sede di Comitato dei diciotto ho riproposto la lettura, dicendo che ciò era già contenuto nel testo, nessun esponente dell'opposizione ha proposto una riformulazione. In quel momento non sarebbe stato difficile procedere ad una riformulazione e presentare quindi un emendamento adeguato, non riferendolo, come avvenuto, al comma 5, ma in questo caso al comma 6 e nel precedente al comma 4. Invece di citare la legge n. 165 del 2003, che occorre andare a cercare per capire cosa si sta applicando, si sarebbe potuto più giustamente inserire a chiare lettere cosa effettivamente essa recita. Dato però che in sede di Comitato dei diciotto non erano state sollevate obiezioni rispetto alla spiegazione formale che avevo portato, non si è ritenuto di dover procedere ad una riformulazione.
Non è questione di volere. Qualcuno ha adombrato il sospetto che esista qualcosa da nascondere. Invece, il testo, come logica vuole, è stato letto e spiegato. Constatato che tale assicurazione esiste, non è sembrato necessario ripeterla.
Detto ciò, credo che si debba dare atto del fatto che molti emendamenti dell'opposizione sono stati accolti. Pertanto, non vi è stata la volontà di non ascoltare e di non recepire i suggerimenti dell'opposizione. Anche in questo caso, in realtà non vi è alcuna volontà di chiusura. Tuttavia, devo riferire che al termine della riunione del Comitato dei diciotto nessuno ha chiesto una riformulazione, che in quel momento poteva essere utilmente fatta.

CESARE CAMPA. Accantoniamo!

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Chiedo se non sia possibile accantonare l'emendamento Bricolo 2.54 per poi procedere eventualmente ad una sua riformulazione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Qual è il parere del relatore?

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Dovrebbe essere chiaro che nella riformulazione deve essere esplicitato quanto contenuto nella legge. Quindi si dovrebbe chiarire quanto già esiste e Pag. 42non aggiungere qualcosa già contenuto nella legge (Commenti del deputato Bricolo)... No, non l'emendamento!

PRESIDENTE. Per quanto riguarda la proposta di accantonamento? Deve chiarire se è favorevole o meno.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. No, non sono favorevole all'accantonamento (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania - Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, vorrei replicare a quanto sostenuto poco fa dal presidente Roberta Pinotti.
Mi dispiace, ma non corrisponde a verità il fatto che nel provvedimento sia già ricompresa l'indicazione di quanto contenuto nell'emendamento. Può darsi che vi sia un riferimento generico, come abbiamo già detto, ma assolutamente esso non è già contenuto, altrimenti l'emendamento sarebbe inammissibile, come è di tutta evidenza. Non è comprensibile neppure la censura riguardo al comportamento del Comitato dei diciotto, che ha preso atto delle precisazioni della presidente Pinotti, non avendo tuttavia in quel momento la possibilità di riformulare alcunché. Se vi fosse la volontà di riformulare l'emendamento, questo potrebbe se del caso essere chiesto al presentatore Bricolo, che non avrebbe - ritengo - problemi ad accogliere una riformulazione opportuna, che facesse salvi il contenuto del suo emendamento e di tutte le dichiarazioni pervenute dai colleghi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Il dibattito sta a nostro modo di vedere prendendo una piega paradossale. Il fatto che si possa chiedere con forza che queste organizzazioni siano serie e conosciute è il minimo! Abbiamo già avuto la vicenda delle Simone - qualcuno lo ricorda - che andavano ad insegnare la raccolta differenziata a Baghdad, sotto i bombardamenti: andassero a Caserta e in Campania a insegnare la raccolta differenziata (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
Non vogliamo ritrovarci di nuovo con gli amici degli amici a fare operazioni discutibili a pagamento e poi a dover pagare riscatti per portarli indietro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bricolo 2.54, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
Prego i colleghi di accomodarsi e di votare dalle rispettive postazioni.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Hanno votato
198
Hanno votato
no 268).

Prendo atto che le deputate Nicchi e Paoletti Tangheroni non sono riuscite ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 2.50. Si tratta dell'ultimo emendamento che voteremo in mattinata.

CESARE CAMPA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 43

CESARE CAMPA. Signor Presidente, sono le 13.50 e le Commissioni sono convocate per le 14. Abbiamo peraltro necessità di andare anche a colazione. Non vorrei che, mancando l'onorevole Boccia, non ci fosse più ordine nei nostri lavori! Dobbiamo assolutamente sospendere la seduta per andare in Commissione!

PRESIDENTE. Se ricordo che ho già dichiarato aperta la discussione su questo emendamento.
Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 2.50, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà... (Commenti).
Chiedo scusa ai colleghi.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 418
Maggioranza 210
Hanno votato
418).

Prendo atto che i deputati Burgio, Dato, D'Ambrosio, D'Ippolito Vitale, Calgaro, Cinzia Fontana e Ronchi non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 13,42).

ENRICO NAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO NAN. All'inizio della legislatura ho presentato alcune interpellanze. È ormai trascorso quasi un anno e non ho avuto alcuna risposta, nemmeno ad una di esse. Mi risulta che questo non sia un caso isolato e quindi chiedo alla Presidenza di sollecitare il Governo affinché dia una risposta alle interpellanze che i parlamentari presentano.
In un anno - ripeto - non ho avuto neanche una risposta!

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Nan riferirò al Presidente della Camera affinché interessi il Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, e successivamente alle 16.30, con il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione n. 2193-A.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro del lavoro e della previdenza sociale, il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il ministro per l'attuazione del programma di Governo ed il ministro dello sviluppo economico.

(Applicazione delle norme volte alla stabilizzazione dell'occupazione, contenute nella legge finanziaria 2007, ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti all'INPGI - n. 3-00695)

PRESIDENTE. L'onorevole Del Bue ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00695 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, signor ministro del lavoro, la conosco per Pag. 44essere persona precisa e meticolosa; pertanto, gradirei una risposta che potesse tranquillizzare una categoria, o magari irrigidirla ulteriormente, ma che almeno facesse chiarezza sulla questione da me evidenziata, concernente una discriminazione che attraversa i giornalisti.
Ciò alla luce della legge finanziaria per il 2007, la quale, come lei sa, ha previsto una disciplina per la trasformazione dei vecchi contratti co.co.co. e dei contratti a progetto in rapporti di lavoro subordinato, rimandando al 30 aprile 2007 la stipula di accordi sindacali.
Come certamente lei saprà - o mi auguro che lei sappia -, l'INPGI, vale a dire l'istituto di previdenza dei giornalisti, attraverso i suoi dirigenti, ha negato l'adozione di tale disciplina, in nome di una diversa natura dell'ente previdenziale, essendo stato lo stesso privatizzato.
Tutto ciò determina una evidente discriminazione...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

MAURO DEL BUE. ...e spero che tale discriminazione di questi lavoratori rispetto ad altri possa trovare una soluzione. Le chiedo, pertanto, di rispondere a tale quesito.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Onorevole Del Bue, come lei sa, le disposizioni recate dai commi dal 1202 al 1209 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, relative ai provvedimenti mirati all'emersione del lavoro nero o irregolare, prevedono una serie integrata di misure, comprendenti sia la stipula di accordi e di atti di conciliazione, sia la determinazione delle somme dovute a titolo di contribuzione dei committenti.
Con riferimento a quest'ultimo aspetto, tali disposizioni si riferiscono direttamente ai datori di lavoro che contribuiscono a forme obbligatorie di previdenza pubblica. Infatti, i detti provvedimenti implicano un minor flusso di entrate a titolo sia contributivo, sia di sanzioni civili.
La sostenibilità finanziaria delle misure è indirettamente a carico del bilancio dello Stato, che provvede sistematicamente al riequilibrio dei bilanci degli enti previdenziali pubblici, con trasferimenti annuali.
Per gli enti previdenziali privatizzati, invece, le citate norme non sono immediatamente applicabili, anche per gli indubbi riflessi sui loro bilanci, non essendovi possibilità alcuna di rientro dagli oneri connessi. Ciò perché, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 509 del 1994, a detti enti non sono consentiti finanziamenti pubblici, diretti o indiretti.
Dunque, una diversa interpretazione dei commi in questione da un lato, si risolverebbe in una palese violazione del divieto di finanziamento statale dei citati enti e, dall'altro, si porrebbe in contrasto con il tenore letterale del comma 1205 della legge finanziaria per il 2007, il quale, con riferimento alla stabilizzazione dei titolari di contratto di collaborazione, fa richiamo espresso alla cosiddetta «gestione separata INPS», costituita ai sensi dell'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
Ciononostante, il mio Ministero, consapevole dell'esistenza e della rilevanza del problema, ha già aperto un tavolo tecnico di confronto con tutte le parti interessate, in primo luogo FNSI, FIEG e INPGI, per trovare una soluzione condivisa da tutti.
A tale proposito, si rappresenta che l'INPGI ha comunicato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere disponibile a discutere, nell'ambito della propria autonomia, la possibilità di affrontare l'onere finanziario che potrebbe derivare dall'adozione di delibere - soggette all'approvazione ministeriale, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 509 del 1994 - di estensione della disciplina in parola anche ai giornalisti iscritti alla cosiddetta «gestione separata dell'INPGI».Pag. 45
Come vede, onorevole Del Bue, noi abbiamo affrontato con precisione il problema, anche attraverso un confronto diretto con le parti interessate.

PRESIDENTE. L'onorevole Del Bue ha facoltà di replicare, per due minuti.

MAURO DEL BUE. Prendo atto della risposta del ministro, che sostanzialmente interpreta questo dispositivo alla luce della diversa natura, privatizzata e non pubblica, dell'ente di previdenza INPGI e, nel contempo, manifesta un'attenzione e una giusta preoccupazione affinché i lavoratori non siano discriminati in considerazione della natura del loro ente previdenziale.
Ciò riguarda soprattutto il mondo del giornalismo dove, come lei sa, il precariato costituisce una forma consueta di lavoro, e non solo per i giovani, che spesso per molti anni restano precari senza alcuna possibilità di iniziare una carriera, che è la conseguenza diretta di rapporti di lavoro subordinati (prima il praticantato e poi, a seguito di un esame, il mondo giornalistico professionistico).
Quindi, si tratta di avere consapevolezza del fatto che non si possono adottare misure che discriminino i lavoratori tra loro e che, soprattutto nel mondo del giornalismo, l'attenzione sul problema del precariato deve essere doppia, proprio per evitare l'abuso del precariato da parte degli editori come strumento di lavoro ordinario. Vorrei che il Governo ponesse particolare attenzione a tale problematica che ormai riguarda giovani e non solo che da troppi anni si trovano in queste situazioni insopportabili.

(Iniziative per l'assunzione degli idonei al concorso per 75 posti di ispettore tecnico del lavoro - n. 3-00696)

PRESIDENTE. L'onorevole Cassola ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00696 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

ARNOLD CASSOLA. Signor ministro, nel 2006 si sono conclusi i concorsi per la selezione di 850 ispettori del lavoro, di cui 775 amministrativi e 75 ingegneri.
Al concorso per 75 posti da ingegnere ne sono risultati idonei 111: 13 vi hanno rinunciato, quindi sono rimaste 23 persone idonee, ma non assunte.
Con la legge finanziaria per il 2007 è stata prevista l'assunzione di altri 300 ispettori del lavoro in più rispetto a quelli già assunti, ma si tratta esclusivamente di amministrativi, non essendo prevista l'assunzione di ingegneri.
Pertanto, chiedo al Governo se non ritenga di dover adottare le opportune iniziative, in particolare normative, per assicurare la soluzione di questa situazione, che appare iniqua soprattutto nei confronti dei 23 idonei non assunti.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Onorevole Cassola, lei sa che il Governo, fin dal suo insediamento, ha individuato, come linee programmatiche degli interventi in materia di lavoro e di occupazione, il miglioramento della tutela e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
La grande attenzione in questa materia è dimostrata anche dalla legge n. 248 del 2006, che ha previsto importanti misure di contrasto al lavoro sommerso e di potenziamento dell'attività ispettiva.
Recentemente il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro, presentato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dal Ministero della salute, a testimonianza concreta del lavoro di squadra che caratterizza l'operato di questo Governo e frutto non solo di un approfondito esame tecnico-giuridico, ma soprattutto di una laboriosa opera di concertazione con le parti sociali e con le regioni.
Anche la seconda Conferenza nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro, tenutasi a Napoli il 25 e 26 gennaio scorsi, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto tra Governo, istituzioni, regioni, parti sociali ed operatori Pag. 46del settore su un tema che rappresenta una assoluta priorità per l'Italia.
Il Ministero che rappresento è altresì consapevole che i suddetti interventi normativi dovranno certamente essere accompagnati non solo da più specifiche campagne informative in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, ma anche da un incremento della vigilanza.
In tal senso, sono state da tempo avviate una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza ed all'aumento dei contingenti di idoneo personale per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi.
Da ultimo, la legge finanziaria per il 2007, all'articolo 1, comma 544, ha autorizzato il Ministero del lavoro all'immissione in servizio di altri 300 ispettori amministrativi, come lei ricordava. Peraltro, nel corso dei relativi lavori parlamentari, le proposte avanzate da questa amministrazione, tendenti ad ottenere l'estensione del finanziamento ivi previsto per l'assunzione anche degli idonei del concorso a posti di ispettore tecnico del lavoro, non hanno trovato riscontro.
Attesa la rilevanza della problematica - la cui soluzione positiva determinerebbe l'immissione in servizio di alcune unità ispettive tecniche necessarie al rafforzamento degli interventi, in particolare nel settore delle costruzioni -, è intendimento del Ministero del lavoro recuperare la possibilità di far luogo all'assunzione, oltre che di ispettori amministrativi, anche di ispettori tecnici.

PRESIDENTE. Deve concludere...

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. In tal senso, l'amministrazione si attiverà ulteriormente nelle sedi competenti per verificare in concreto la fattibilità di un percorso che determini il risultato auspicato.

PRESIDENTE. L'onorevole Cassola ha facoltà di replicare, per due minuti.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor ministro, sono alquanto soddisfatto della sua risposta perché mi sembra si convenga sulla necessità di assumere nuovi ingegneri proprio per continuare nell'opera intrapresa, volta alla rivalutazione, alla tutela e alla sicurezza sui posti di lavoro, come lei ha poc'anzi riferito. Fa dunque bene il Governo in questo caso ad aumentare sia l'organico sia, anche, la qualità e la professionalità del personale già esistente. Infatti, dalle statistiche che ho dinanzi, risulta, per il 2001, una carenza di 456 ispettori tecnici (ovvero ingegneri) nelle varie regioni d'Italia - ad esempio, in Piemonte ne mancavano 44, in Veneto 48, e via di dicendo -; mi sembra che tuttora manchino tali figure, almeno nelle sedi provinciali di Trieste, Gorizia, Pordenone, Urbino, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Oristano e via dicendo.
Quindi, è importante che il Governo continui ad impegnarsi per tutelare la salute dei lavoratori con corsi di aggiornamento e, altresì, con la creazione di nuovi posti di lavoro.

(Misure di carattere previdenziale a favore dei lavoratori esposti all'amianto - n. 3-00697)

PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00697, per un minuto (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, signor ministro, nell'ambito di un'emergenza davvero grave quale quella dell'amianto si verificano vicende incresciose, che dimostrano un'attenzione davvero scarsa, persino da parte delle istituzioni, alle sofferenze prodotte dal lavoro.
Tra queste, quella che si segnala a Livorno: centinaia di ricorsi in appello, opposti dall'avvocatura provinciale dello Stato di Livorno, a partire dai primi mesi del 2005, contro tutte le sentenze di primo grado favorevoli al riconoscimento dell'esposizione all'amianto nei termini stabiliti dal decreto legislativo del 1991. Contro tutte le sentenze favorevoli: si evidenzia, Pag. 47quindi, una strategia di contrapposizione ai diritti ed alle esigenze del lavoratore. Ciò avviene mentre, in quella stessa area, si registrano numerosi decessi per mesotelioma della pleura, specialmente tra gli ex lavoratori dell'ENI di Livorno.
Si tratta di comportamenti delle istituzioni che denotano totale insensibilità alle sofferenze del lavoro...

PRESIDENTE. Deve concludere...

ALBERTO BURGIO. ...e che raccomandano, a nostro giudizio, l'intervento del ministro, che sappiamo molto attento ai temi della salute e della sicurezza.
Vorrei conoscere il parere ed il proposito del ministro al riguardo.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Onorevole Burgio, la ringrazio per la questione che lei pone oggi all'attenzione del Governo; essa è ben nota al Ministero del lavoro, ed è altresì ben nota la sofferenza che deriva ai lavoratori da questa situazione, che si protrae da lungo tempo.
Noi conosciamo la particolare rilevanza e delicatezza del tema dell'amianto e per tale ragione abbiamo sempre dimostrato la necessità di adottare iniziative utili e necessarie a tutelare la salute dei lavoratori esposti, anche con specifico riferimento alla situazione, da lei ricordata, dei lavoratori della compagnia portuale di Livorno e ad altre situazioni ancora.
Ciò premesso, si ribadisce, però, l'intenzione del ministero, come di consueto, di non invadere la sfera di autonomia gestionale degli enti previdenziali, anche in considerazione della responsabilità che grava sui responsabili dei medesimi e che potrebbe nascere dalle scelte relative alla condotta processuale da tenere con riferimento a singole vicende giudiziarie.
Peraltro, proprio in ragione della ricordata rilevanza della problematica, il ministero ha comunque intenzione di interpellare gli istituti previdenziali competenti e di acquisire ogni utile elemento di valutazione, al fine di monitorare l'evoluzione della questione, così da ricercare un punto di equilibrio fra le esigenze di tutela della salute dei lavoratori ed il dovuto rispetto della sfera di autonomia dei predetti enti.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro.
L'onorevole Burgio ha facoltà di replicare, per due minuti.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, ringrazio il ministro e capisco l'esigenza di rispettare l'autonomia degli enti. D'altra parte, lo prendo in parola con riferimento all'impegno che egli ha assunto in questa sede.
A me sembra opportuno ricordare che quella legata all'esposizione all'amianto è davvero una vicenda drammatica. Nel nostro paese, stando ai dati dell'Istituto superiore di sanità, sono coinvolti tra un milione e un milione e duecentomila lavoratori (secondo altre fonti, i lavoratori coinvolti sarebbero oltre tre milioni), soprattutto nei settori navale, chimico, ferroviario e nell'edilizia.
A me pare, insomma, che si richieda davvero, a questo punto, un sovrappiù di volontà politica, anche - lo ribadisco - contro comportamenti censurabili di talune istituzioni, e comunque per sanare quanto prima le lacune della normativa vigente. Il ministro ha fatto riferimento alla situazione dei portuali della compagnia portuale di Livorno, i quali non si vedono riconosciuti i benefici di legge soltanto perché, per qualche mese, non hanno maturato i dieci anni richiesti dalla normativa in vigore.
Mi auguro, e concludo, che il ministro voglia dare il suo contributo, per la parte che gli compete, in vista della più rapida approvazione di una nuova normativa sui danni da esposizione all'amianto. A tale riguardo, annuncio che, nei prossimi giorni, presenteremo anche alla Camera una proposta di legge analoga a quella già presentata al Senato, nel mese di aprile, Pag. 48da molti senatori dei gruppi dell'Unione, con il sostegno di oltre 28 mila firme di cittadini e lavoratori. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Burgio.

(Applicazione della cassa integrazione straordinaria ai lavoratori della Pastificio Ambra di Puglia Spa - n. 3-00698)

PRESIDENTE. L'onorevole Rocco Pignataro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00698 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), per un minuto.

ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, signor ministro, in data 1o febbraio 2007, la Pastificio Ambra di Puglia Spa, ha avviato la procedura di mobilità, per cessazione dell'attività, di tutto il proprio organico, corrispondente a ben cinquantotto unità di personale, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991.
Premesso che i soggetti coinvolti dalla citata situazione, d'intesa con il servizio politiche del lavoro, sezione vertenze collettive dell'amministrazione provinciale di Bari, hanno individuato un percorso diverso ed alternativo alla messa in mobilità, facendo preventivo ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, così come disciplinata, per il caso di cessazione dell'attività, dall'articolo 2, lettera a), del decreto ministeriale 18 dicembre 2002; premesso, inoltre, che la problematica riguarda ben cinquantotto lavoratori che operano presso la Pastificio Ambra di Puglia Spa da oltre trenta anni e che, nella maggior parte dei casi, sono componenti di famiglie monoreddito; chiediamo quali iniziative il ministro interrogato intenda assumere affinché l'INPS eroghi tempestivamente la cassa integrazione guadagni straordinaria nei confronti dei predetti lavoratori.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Grazie, signor Presidente.
Onorevole Pignataro, con riferimento all'interrogazione in trattazione, riferita ad una specifica situazione aziendale e relativa alla procedura di mobilità, ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, avviata dal Pastificio Ambra di Puglia Spa, come lei ha ricordato, per cessazione dell'attività, faccio presente - ma, del resto, lei lo ha già rilevato - che presso la provincia di Bari, in data 1o marzo del corrente anno, vi è stato un incontro tra la medesima società e le parti sociali per trovare una soluzione alternativa alla collocazione in mobilità di tutte le maestranze dell'azienda.
È stato concordato in tale sede che il pastificio Ambra di Puglia presenterà la richiesta di cassa integrazione speciale per crisi e per cessazione relativa a cinquantotto unità, per un periodo di dodici mesi a decorrere dal 5 marzo 2007. Pertanto, sarà richiesto il pagamento diretto da parte dell'INPS del suddetto trattamento.
Non appena la società presenterà la richiesta di concessione del trattamento di cassa integrazione speciale, il ministero, coerentemente con l'azione di tutela della posizione dei lavoratori sinora sempre svolta in tutte le situazioni, si adopererà per attivare tutte le iniziative necessarie per l'emanazione del decreto di concessione del trattamento e per la conseguente erogazione del trattamento stesso da parte dell'INPS nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Rocco Pignataro ha facoltà di replicare.

ROCCO PIGNATARO. Grazie, Presidente.
Signor ministro, mi dichiaro molto soddisfatto della sua risposta perché sono convinto che alle dichiarazioni seguiranno i fatti. È molto importante, signor ministro, che l'INPS eroghi tempestivamente la CIGS nei confronti dei suddetti lavoratori, in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie monoreddito. Questi soggetti costituiscono l'unica fonte di reddito Pag. 49per i propri familiari. Per questi casi si comprende bene che ciò che per tanti possono apparire fatti quotidiani, come il pagamento di una bolletta telefonica, della luce e del gas, per tali lavoratori addirittura qualche volta può essere un ostacolo insormontabile che si ripercuote sulla stabilità e sulla serenità delle famiglie.
Pertanto, signor ministro, credo che con un'azione tempestiva possiamo dimostrare che le istituzioni, in generale, e questo Governo, in particolare, non sono oppressivi controllori dei doveri, ma coraggiosi garanti dei diritti dei cittadini.

(Attuazione della normativa comunitaria relativa ai contratti d'inserimento per le donne - n. 3-00699)

PRESIDENTE. L'onorevole Drago ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00699 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).

GIUSEPPE DRAGO. Grazie, Presidente.
Signor ministro, la cosiddetta legge Biagi n. 276 del 2003, tra le altre cose, ha recepito e disciplinato un regolamento comunitario del 2002 che fa rientrare nel concetto di lavoratori svantaggiati anche le donne che risiedono in un'area territoriale dove la disoccupazione femminile supera almeno il 10 per cento quella maschile. Tutto ciò ha consentito che in queste aree - per altro individuate con decreto ministeriale del 17 novembre del 2005 (Lazio, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia e Sardegna) - le imprese potessero assumere donne lavoratrici con un contratto di inserimento abbastanza vantaggioso sia per le imprese stesse, sia per le lavoratrici.
Tuttavia, queste opportunità erano già previste da precedenti decreti e fino al 31 dicembre del 2006. A questo punto noi intendiamo chiedere ad ella, signor ministro, se intende prorogare queste misure che indubbiamente hanno dato l'opportunità di creare numerosi posti di lavoro.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Onorevole Drago, come lei sa e come ha ricordato, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2006, è entrato in vigore il decreto interministeriale del Ministero dell'economia e del Ministero del lavoro, relativo agli aiuti per lo sviluppo dell'occupazione femminile, strumento che ha reso possibile l'attuazione dell'articolo 54, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003.
Il provvedimento stabilisce i criteri di utilizzazione del contratto di inserimento, istituto che ha sostituito il contratto di formazione e lavoro del settore privato a favore delle donne di qualsiasi età, residenti in area geografica il cui tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno al 20 per cento di quella maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quella maschile.
Il decreto ministeriale che ha definito le aree territoriali nelle quali può essere utilizzato questo contratto che - come lei ha ricordato - è scaduto a fine dicembre 2006 e deve essere rinnovato secondo quanto stabilito dalla legge.
A questo proposito posso affermare che è intendimento del Ministero che rappresento utilizzare tutti gli strumenti ancora in vigore, come il contratto di inserimento, che possano consentire di agevolare lo sviluppo dell'occupazione femminile, ivi compreso eventualmente il decreto ministeriale citato, anche nell'attuale fase caratterizzata da un'attenta riflessione in ordine alle modifiche da apportare alla legislazione vigente in materia di mercato del lavoro che ha per noi l'obiettivo di favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro stessi, coerentemente con gli indirizzi di Governo e con il programma dell'Unione.

PRESIDENTE. L'onorevole Drago ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE DRAGO. Ringrazio il ministro per la sua risposta, anche perché dai dati che abbiamo a disposizione numerose Pag. 50sono le aziende che hanno utilizzato questo strumento e numerose, quindi, le donne che per la maggior parte sono potute rientrare al lavoro, perché in molti casi più che di contratto di inserimento si tratta di un contratto di reinserimento, come anche ella ha ricordato.
Apprezziamo la sua risposta, signor ministro, nel momento in cui, tra l'altro, ella sostiene che nonostante la legittima prospettiva del Governo di svolgere una riflessione complessiva sulla legge Biagi, ci conferma che questo strumento sarà utilizzato in quanto strumento di politica attiva del lavoro, molto utile in quelle aree che hanno un alto indice di disoccupazione, soprattutto al femminile.

(Stanziamenti straordinari a favore della regione Lazio in relazione al piano di rientro del deficit sanitario della regione - n. 3-00700)

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00700 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

MASSIMO GARAVAGLIA. Grazie, Presidente. La regione Lazio, come tutti ben sanno, ha accumulato negli anni un debito sanitario enorme, oltre 11 miliardi di euro. Per dare l'idea, questa cifra rappresenta un terzo della già mastodontica finanziaria del buon Prodi. Ora, la legge prevede che le regioni coprano questi buchi automaticamente e autonomamente, mettendo i ticket e alzando le tasse. Per il Lazio, invece, la situazione è diversa in quanto il Governo interviene pesantemente con un mutuo dissimulato di 5,8 miliardi, con un altro intervento di 2,3 miliardi di cui non si comprende bene la ragione.
Chiediamo, quindi, di sapere come il Governo giustifichi questo intervento, alla luce soprattutto del principio di responsabilità inderogabile delle regioni e dei loro amministratori.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, in effetti vi è stato un accordo tra il ministro della salute, il ministro dell'economia e delle finanze e la regione Lazio per l'approvazione del piano di rientro in riferimento al debito accertato nell'ottobre 2006, che ovviamente fa riferimento anche ad amministrazioni precedenti, pari a 9,9 miliardi di euro.
Lo Stato si impegna ad attivare gli strumenti legislativi ed amministrativi per consentire alla regione il rimborso anticipato, mediante l'erogazione alla regione stessa di una somma a titolo di prestito, a fronte della quale la regione è impegnata a versare annualmente per trenta anni, a decorrere dal 2008, l'importo di 310 milioni di euro specificamente individuato e finalizzato nel bilancio regionale. Per raggiungere questo obiettivo è stato necessario integrare le risorse che la regione Lazio si è dimostrata in grado di garantire annualmente per trenta anni per la copertura dei disavanzi pregressi. Ciò avviene con il ricorso ad una quota delle risorse accantonate dallo Stato nella Tabella B della legge finanziaria per il 2007 per contribuire alla regolazione dei debiti nel settore sanitario.
Non è comunque la sola regione Lazio ad essere in queste condizioni. Sono sette le regioni che devono rientrare. Tre hanno già firmato un accordo: Lazio, Abruzzo e Liguria. Quattro regioni invece non hanno ancora firmato alcuna intesa: Molise, Campania, Sicilia e Sardegna.
Il Governo sta anche pensando alla possibilità di approvare un provvedimento legislativo urgente in cui sia prevista l'utilizzazione della somma di 3 miliardi di euro, già prevista dalla legge finanziaria, piegandola a questi parametri che già sono stati utilizzati con le regioni con le quali è stato sottoscritto l'accordo. Tali parametri sono: debito regionale non coperto malgrado l'attivazione al livello massimo della leva fiscale regionale su IRAP e su Pag. 51addizionale regionale all'IRPEF (misure che le regioni devono comunque avere già adottato se avevano un deficit sanitario); ulteriore sforzo fiscale richiesto ai fini dell'ammortamento del debito accumulato fino al 30 dicembre 2005; rapporto tra debito non coperto e livello delle risorse derivante dalla massimizzazione delle aliquote fiscali regionali che tiene conto dei limiti della capacità fiscale regionale a fronteggiare il debito accumulato; infine, un debito regionale in termini pro capite che tiene conto del peso del debito accumulato sui cittadini residenti.
Per concludere, non è previsto un trattamento ad hoc per la regione Lazio ma sono stati previsti provvedimenti generali. Ci sono regioni che hanno un deficit sanitario consistente. Come ripeto, le date dimostrano che si è trattato di amministrazioni diverse; vi ho anche elencato le regioni, alcune delle quali non sempre sono state amministrate dal centrosinistra. Quindi, non è un problema di schieramento politico: per poter fronteggiare il rientro dal debito sanitario debbono fare il loro dovere e non devono farlo pagare soltanto ai cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di replicare, per due minuti.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, la risposta non ci soddisfa. Innanzitutto, alla Lega Nord Padania non interessa sapere se il «buco» di bilancio nel Lazio lo abbia provocato il centrodestra o il centrosinistra. Ci interessa che sia ripianato in modo equo, anche per rispetto alle altre regioni che, invece, il «buco» nel bilancio non lo hanno fatto. Detto questo, la questione più importante è quella della serietà delle politiche di contenimento della spesa pubblica. Già con i comuni questa serietà è andata a farsi benedire! Con il decreto cosiddetto mille proroghe, infatti, avete dato ai comuni che non hanno rispettato il patto la possibilità di assumere personale. Quindi, come potete pretendere, adesso, che i comuni siano seri? Con le regioni sta andando anche peggio. La spesa sanitaria costituisce oltre il 70 per cento della spesa delle regioni e, se non c'è controllo della spesa sanitaria, non c'è controllo della spesa pubblica regionale. Nel Lazio, voi concedete questo mutuo dissimulato, palesemente incostituzionale, perché i mutui si possono richiedere solo per investimenti e non per finanziare la spesa corrente. Tanto è vero che la Cassa depositi e prestiti non ha potuto richiedere un mutuo di sei miliardi di euro. Inoltre, andate ad assegnare queste altre risorse.
Tutto questo ha un solo risultato, quello di consentire al Lazio dell'amico Marrazzo di non imporre il ticket. Ciò è palesemente ingiusto, innanzitutto perché il Lazio è la regione italiana con la maggiore spesa farmaceutica e, siccome tutti sanno che il ticket costituisce un ottimo disincentivo, anche solo per questo motivo lo si sarebbe dovuto imporre. Inoltre, in questo modo si dà un segnale veramente devastante perché si premia chi non rispetta le regole, si umiliano gli amministratori capaci - che sono tanti - che invece le regole riescono a rispettarle e si umiliano i cittadini che pagano. Caro ministro, per noi il federalismo è un'altra cosa, prima di tutto è responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

(Iniziative per la sicurezza della circolazione stradale, con particolare riferimento ai giovani utenti della strada - n. 3-00701)

PRESIDENTE. L'onorevole Barbi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Meta n. 3-00701 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

MARIO BARBI. Signor Presidente, signor ministro, la sicurezza stradale è per noi motivo di grave preoccupazione. Siamo turbati dalle notizie di incidenti mortali che avvengono sulle nostre strade. Sono oltre cinquemila le morti per incidente stradale ogni anno e tante, troppe Pag. 52vittime sono giovani. Ce ne accorgiamo ogni settimana, con quei tragici bollettini delle stragi del sabato sera.
La sicurezza, dunque, è una priorità importante e grave, che esige riflessioni serie e scelte coraggiose. La patente a punti, necessaria, sembra avere esaurito la capacità di scoraggiare i comportamenti irresponsabili e pericolosi, soprattutto da parte dei giovani. Si avverte la necessità di un impegno convergente e straordinario di tutti, operatori pubblici e privati, per la formazione e la prevenzione. Servono, inoltre, sanzioni più efficaci.
Vogliamo chiedere al Governo quali iniziative intenda assumere per rendere la circolazione stradale meno pericolosa e più sicura, innanzitutto per i più giovani utenti della strada.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, innanzitutto il Governo è preoccupato e tutti noi dobbiamo esserlo, come diceva l'onorevole Barbi, per i tanti e troppi incidenti che continuano a verificarsi nel nostro paese, provocando morti e feriti soprattutto tra i giovani, ma non solo. Quindi, non possiamo essere indifferenti, è necessario agire e farlo in diverse direzioni, non ve n'è una soltanto.
Riferisco ciò che il Governo sta facendo e ha deciso già questa mattina nel Consiglio dei ministri per il superamento di alcune norme del codice della strada, allo scopo di determinare una maggiore sicurezza: in particolare, per il rafforzamento dell'azione di contrasto ai comportamenti di guida ad alto rischio, la previsione dell'arresto fino a sei mesi e dell'ammenda fino a 12 mila euro, in caso di guida in stato di ebbrezza alcolica o di assunzione di sostanze stupefacenti, con eventuale confisca del veicolo in caso di tasso alcolemico superiore a 1,2 grammi per litro; la previsione di pene alternative, come l'obbligo di svolgere servizi di utilità sociale e di fornire assistenza alle vittime di incidenti stradali che siano rimaste inabili; la modifica del codice della strada e l'avvio della revisione dell'impianto della patente a punti, prevedendo, in particolare, la sottrazione dei punti anche alle patenti per ciclomotori o quadricicli leggeri, l'innalzamento a 16 anni di età per la guida dei quadricicli leggeri, un intervento sulla tabella dei punti della patente riguardo ai comportamenti di guida ad elevato rischio, una ridefinizione del percorso della perdita e della riacquisizione dei punti e una procedura di riassegnazione più rigorosa, basata su un esame e valutazioni più severi.
Vi sono, inoltre, altre misure, tra le quali voglio sottolinearne due: la messa in sicurezza delle dodici strade più pericolose ed un'azione di monitoraggio e di educazione alla sicurezza stradale a partire dalle scuole.
Infine, prevediamo un coinvolgimento con il sistema delle imprese e delle istituzioni, anche attraverso un partenariato pubblico o privato, per il miglioramento della sicurezza stradale in quelle strade che sono percorse per motivi di lavoro.

PRESIDENTE. L'onorevole Meta ha facoltà di replicare.

MICHELE POMPEO META. Signor ministro, la sua risposta dimostra l'impegno del Governo sul tema della sicurezza stradale e della lotta all'incidentalità di fronte ai troppi morti e feriti, in larga parte, come lei ricordava, giovani e giovanissimi.
La Commissione che io presiedo ha deliberato un'inchiesta sulla sicurezza stradale, già alcuni mesi fa; in tale ambito si avvarrà, nelle prossime settimane, del contributo degli operatori, delle associazioni (a partire da quella delle vittime della strada), delle forze dell'ordine e di specialisti.
Il Parlamento ha approvato i provvedimenti con cui sono stati introdotti la patente a punti e lo sportello telematico dell'automobilista. Penso che occorra ripartire da quel modo di procedere, individuando Pag. 53una corretta pianificazione degli interventi di medio e lungo termine non legati alla emotività del momento, a partire, come lei diceva, dalla manutenzione delle strade più pericolose e dalla segnaletica.
L'introduzione della patente a punti, come ricordava il collega Barbi, ha rappresentato in Italia un formidabile strumento, tanto da ridurre nei primi sei mesi il numero dei morti del 20 per cento. L'effetto della deterrenza, purtroppo, si è andato progressivamente esaurendo per una serie di motivi. Ora, però, si possono introdurre nuove normative, che sono state studiate e, in parte, già proposte in appositi emendamenti presentati al disegno di legge di conversione che la Camera voterà la prossima settimana. A questo proposito, non ho capito con quale strumento il Governo intenda proporre tale normativa, se con un decreto-legge, oppure avvalendosi degli strumenti già in itinere.
Penso che, a partire dalle prossime occasioni, oltre alle proposte che lei avanzava, si possa affrontare la questione del «foglio rosa» per la guida, in particolare, dei motoveicoli e della qualificazione professionale dei formatori, proseguendo con una serie di proposte che ella ricordava.

PRESIDENTE. Onorevole Meta...

MICHELE POMPEO META. Penso che sia necessario modificare le procedure di rilevazione e di comunicazione degli incidenti stradali - problema ancora non risolto nel nostro paese - e tutta una serie di altre misure.
Mi avvio alla conclusione: vedrà, come me, signor ministro Chiti, che l'uso delle cinture di sicurezza e del casco è in costante diminuzione. Penso che occorra far comprendere l'importanza dei comportamenti corretti da parte dei guidatori...

PRESIDENTE. Onorevole Meta, dovrebbe concludere...

MICHELE POMPEO META. Il risultato si potrà ottenere, più che con l'inasprimento delle sanzioni pecuniarie già elevate, con l'effettività e la certezza delle sanzioni contro i comportamenti davvero scorretti.

(Assunzione di personale negli uffici delle Poste della provincia di Bolzano e qualità del servizio postale - n. 3-00702)

PRESIDENTE. L'onorevole Zeller, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00702 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

KARL ZELLER. Signor Presidente, nell'interrogazione si chiedono lumi in merito ad una vicenda davvero incredibile attinente al servizio, o meglio, al disservizio postale in provincia di Bolzano.
In diversi comuni della provincia non sono più recapitati lettere e giornali anche per settimane consecutive, il che sta creando un notevole disagio tra i privati e anche un enorme danno alle imprese locali.
Vogliamo sapere, pertanto, quali iniziative intenda intraprendere il Governo o il ministro competente, per porre fine a questa situazione davvero insostenibile.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, vorrei specificare che, per il contratto che esiste con la società Poste, spetta a quest'ultima garantire, con i suoi organi statutari, gli obblighi connessi alla fornitura del servizio universale.
Il Ministero delle comunicazioni ha un potere di vigilanza per verificare il corretto espletamento del servizio universale, ma non ha potere di intervento diretto sulla gestione dell'azienda. Personalmente, sono convinto che sarebbe bene che quest'azione Pag. 54di controllo non solo venisse esercitata a livello centrale, ma che fosse attribuita alle istituzioni democratiche sul territorio.
Per quanto guarda le questioni che lei sollevava, la società Poste ha fatto presente al Ministero che il proprio modello organizzativo prevede come il responsabile delle risorse regionali, pur avendo la sede a Mestre, anziché a Bassano, rappresentando il direttore delle risorse umane centrali, ed avendo con questo un rapporto di stretta dipendenza, sia in grado di assolvere alle proprie responsabilità. In poche parole, la società Poste ritiene che questo consenta l'osservanza delle disposizioni legislative che impongono anche il rispetto della quota proporzionale di impiego di unità appartenenti a vari gruppi linguistici, l'obbligo di residenza in ambito provinciale, il possesso delle attestazioni di bilinguismo nei casi previsti come i servizi allo sportello.
In ogni caso, le osservazioni che lei qui ribadiva saranno oggetto di un intervento ulteriore e di un controllo da parte del Ministero delle comunicazioni in questo suo compito ispettivo di vigilanza.
Per quanto riguarda le questioni occupazionali, la società Poste ha comunicato che, in coerenza con quanto è stato concordato con i sindacati nazionali per l'avvio, in tempi brevi, del piano di assunzioni a tempo indeterminato, anche la provincia di Bolzano sarà interessata a queste immissioni di personale, ovviamente sempre in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa vigente.
Nel prossimo futuro, il Governo, che è sensibile, come ha dimostrato con atti concreti, alla questione della stabilizzazione del lavoro, non mancherà di svolgere un'opera di vigilanza nei confronti della società, seguendo con attenzione il concretizzarsi degli accordi sindacali cui facevo riferimento, compreso quelli riguardanti la provincia di Bolzano.
Infine, la società Poste italiane ha confermato, come lei stesso nella interrogazione ricordava, che, per assicurare uno svolgimento del servizio, sono stati comunque effettuati alcuni inserimenti di personale con contratto a tempo determinato, attingendo ad una graduatoria che, tenendo conto delle specificità altoatesine, è dedicata esclusivamente al personale in possesso dei requisiti richiesti.
In ogni modo, da più parti d'Italia, non solo dalla provincia di Bolzano, ci vengono segnalate disfunzioni soprattutto nelle zone montane e nelle zone periferiche per l'esercizio di questo servizio universale e questa verifica il Governo vorrà farla con la società Poste in modo ancora più stringente.

PRESIDENTE. L'onorevole Zeller ha facoltà di replicare. Le ricordo che ha due minuti di tempo a sua disposizione.

KARL ZELLER. Signor Presidente, ringrazio il Governo per la sua risposta, anche se non sono del tutto soddisfatto. Soprattutto, le informazioni date dall'amministrazione delle Poste non corrispondono alla verità. Infatti, in base alla norma di attuazione, il personale dovrebbe essere gestito da Bolzano. Invece, al direttore competente sono state tolte tutte le competenze in materia, e una delle cause principali di queste disfunzioni sta proprio nel fatto che il personale viene praticamente amministrato da Mestre, con scarsa sensibilità per le esigenze di queste zone montane.
Auspico che, in futuro, forse anche in base a questo intervento e ad uno più incisivo da parte del Ministero competente, tale situazione possa essere migliorata.

(Tempi di adozione del decreto di attuazione del Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici - n. 3-00703)

PRESIDENTE. L'onorevole Pagliarini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00703 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, signor ministro, in Italia ci sono Pag. 55troppi lavoratori, donne e uomini, privi di diritti, costantemente sotto ricatto a causa della loro condizione lavorativa precaria.
Questa maggioranza e questo Governo si sono assunti un impegno preciso con gli italiani: dare centralità al rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Noi Comunisti italiani abbiamo sottoscritto con convinzione i 12 punti presentati dal Presidente del Consiglio durante la crisi di Governo, ma ovviamente, per quanto ci riguarda, l'assenza di un riferimento esplicito alla lotta alla precarietà non può e non deve essere letto come un disimpegno del Governo. Al contrario, chiediamo al Governo di rafforzare la strada della lotta alla precarietà.
Per queste ragioni, per ribadire in modo chiaro il rispetto degli impegni presi con gli elettori, chiedo quali iniziative il Governo voglia adottare per rispettare i termini di presentazione del decreto di attuazione del Fondo per la stabilizzazione dei precari.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, vorrei intanto confermare agli interroganti che vi è un impegno coerente per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici che sarà mantenuto dal Governo. Sulla base di ciò verrà adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento ai commi 417 e 418 della legge finanziaria per il 2007, rispettando il termine previsto del 30 aprile.
È già in corso di predisposizione un atto di indirizzo per chiarire i dubbi interpretativi sorti in merito all'applicazione della nuova disciplina; ciò anche per consentirne una tempestiva e univoca attuazione.
Inoltre, il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione sta istituendo un tavolo di concertazione con regioni, enti locali e organizzazioni sindacali per avviare l'operazione da questo punto di vista.
In ogni caso, ribadisco che l'intenzione del Governo è quella di salvaguardare, nell'ambito della complessa azione volta a stabilizzare il personale precario, che avverrà nei tempi previsti, le finalità di operare scelte di qualità e adottare criteri di selezione improntati al rispetto del principio costituzionale dell'imparzialità. Il processo di stabilizzazione ha, infatti, la finalità ultima di immettere a tempo indeterminato forze nuove e qualificate nell'amministrazione, al fine di dare finalmente ai giovani precari un riconoscimento per gli anni trascorsi al servizio dello Stato e delle sue istituzioni, tra mille sacrifici, con grande impegno, senza certezza sul futuro, in taluni casi con un uso distorto degli strumenti della cosiddetta flessibilità.
Quindi, il Governo manterrà l'impegno che ha assunto discutendo ed approvando la legge finanziaria per il 2007.

PRESIDENTE. L'onorevole Pagliarini ha facoltà di replicare. Ricordo all'onorevole Pagliarini che ha due minuti di tempo a disposizione.

GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, signor ministro, combattere il precariato significa fare i conti con una società che sta pagando il grave peggioramento delle condizioni sociali. Ce ne accorgiamo tutti quando mettiamo a confronto il tenore di vita dei giovani con quello dei loro genitori.
Per la prima volta dal dopoguerra, la generazione dei figli sta peggio di quella dei padri. Mi domando, signor ministro, se il mondo della politica non abbia il dovere di aiutare i figli a rendersi indipendenti dai padri.
Invece, in questo paese succedono altre cose. Succede che settori rilevanti del Parlamento alzino la loro voce contro i Dico, in nome della difesa di quella famiglia tradizionale che un ragazzo precario non potrà mai costruire.
Tutto ciò è molto ipocrita. Oggi in Italia è impossibile per due ragazzi precari costruirsi Pag. 56una famiglia e chi spaccia per flessibilità il ricorso al precariato non difende il futuro dei figli, ma li sta condannando alla più totale incertezza.
Signor ministro, bisogna avere il coraggio di dire certe verità e noi, Comunisti italiani, pensiamo che la battaglia contro la precarietà debba essere una priorità per tutto il mondo della politica, che inizi dal rifiuto di alcuni luoghi comuni. Non è vero che il precariato è un prezzo da pagare; non è vero che consente di creare più occupazione; non è vero che aiuta il sistema delle imprese a competere. Vedo con piacere che il Governo ha scelto da che parte stare e perciò sono soddisfatto della risposta del ministro, perché dimostra che su questo tema, tutti assieme, intendiamo dare segnali concreti all'insegna della svolta richiesta dai lavoratori e dai cittadini.
Stiamo parlando del nostro Governo, signor ministro, e della nostra maggioranza che ha sottoscritto con gli elettori un patto per il cambiamento che va rispettato. Su questo terreno noi, Comunisti italiani, continueremo ad essere inflessibili.

(Mancato rispetto dei requisiti di accessibilità per i soggetti disabili nella realizzazione del portale del turismo italiano www.italia.it - n. 3-00704)

PRESIDENTE. L'onorevole Campa ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00704 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).

CESARE CAMPA. Signor Presidente, ministro Chiti, il ministro Rutelli ha finalmente presentato il portale del turismo italiano. Da più parti ci viene segnalato che detto portale, pur in presenza dei 45 milioni di euro di spesa prevista per la sua realizzazione, risulta non accessibile. Insieme al collega Palmieri, nel corso della passata legislatura, avevo presentato una proposta sull'accessibilità dei siti della pubblica amministrazione, più nota come legge Campa-Palmieri o come legge Stanca. Per questi motivi sono molto preoccupato e chiedo come il Governo intenda porre mano e risolvere i problemi di accessibilità, ora peraltro prevista per legge. L'inaccessibilità dei siti della pubblica amministrazione, in questo caso del sito del Ministero del turismo, infatti, preclude a molti cittadini, e soprattutto al vasto mondo della disabilità, di beneficiare di tale opportunità e crea di fatto una grande e negativa discriminazione. Inoltre, priva l'azienda Italia di potenziali turisti italiani ed esteri.
Come già dicevo prima, tutto ciò ci preoccupa molto, sia per le opportunità negate che per le potenzialità perse.

PRESIDENTE. Onorevole Campa, dovrebbe concludere.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, concludo chiedendo, assieme al collega Palmieri, come il Governo intenda risolvere questa spiacevole questione.

PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.

VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, in merito alla logo Italia, citato nelle premesse della vostra interrogazione, faccio presente la sua scelta è avvenuta attraverso una gara svoltasi secondo le modalità previste dal Codice degli appalti, approvato nel 2005. La commissione interministeriale ha valutato gli elaborati provenienti da 59 agenzie. Il progetto risultato vincitore è stato proposto dall'agenzia Landor di Milano.
Per quanto concerne il portale, in particolare per la previsione del rispetto dei requisiti di accessibilità di cui alla legge n. 4 del 2004, faccio presente che, nell'ambito delle convenzioni stipulate per la realizzazione del portale del turismo italiano, non è necessario che tale previsione sia espressamente e formalmente contenuta perché essa è già contemplata dalla legge del 2004. Tale legge, avendo natura Pag. 57di fonte primaria, non è derogabile da alcun strumento convenzionale. Il dipartimento per l'innovazione e le tecnologie ha informato che il portale stato sviluppato secondo le direttive del protocollo internazionalmente denominato W3C, al fine di perseguire i massimi livelli di accessibilità che la tecnologia in questo momento consente.
Con riferimento al secondo punto dell'interrogazione, relativo alle iniziative che il Governo intende assumere in merito alla questione dell'accessibilità del portale, si fa presente che in questo momento è in corso un processo di ottimizzazione del portale stesso.
È intenzione del Governo condurre questa azione in completa sinergia con le regioni: ciò nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, che attribuisce la materia del turismo alla competenza esclusiva regionale. Tuttavia, occorre rilevare che per quanto riguarda l'attività di cosiddetto popolamento del sito, cioè di validazione dei contenuti informativi, a fronte della consegna delle credenziali di accesso alle regioni che è avvenuta a metà ottobre 2006, ad oggi solo sei regioni (Toscana, Umbria, Lombardia, Abruzzo, Campania e Piemonte) hanno assicurato l'attività di loro competenza. Quindi, è questo il percorso che deve essere rapidamente concluso e portato a termine.
Nell'ambito di questa ottimizzazione, il Governo intende garantire - lo ribadisco a lei e a tutti - che il portale risponda ai requisiti di accessibilità previsti dalla legge n. 4 del 2004 e quindi, in quanto fruibile anche dai soggetti disabili, sia uno strumento fondamentale per il superamento delle barriere virtuali. Questo al fine di dare anche in questo caso una concreta ed effettiva attuazione di quel principio di eguaglianza previsto nell'articolo 3 della nostra Costituzione, che per tutti noi deve essere un punto di riferimento non variabile, ma coerentemente da seguire.

PRESIDENTE. L'onorevole Palmieri, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANTONIO PALMIERI. Signor ministro, lei ha colto lo spirito della nostra interrogazione, che non voleva essere strumentale, bensì nasceva, come ha ricordato il collega Campa, da una vera preoccupazione da parte dell'intero gruppo di Forza Italia, che su questo tema aveva nella scorsa legislatura fatto molto, dando avvio a quel processo legislativo, che ha portato all'approvazione da parte dell'intero Parlamento della cosiddetta legge Stanca.
Noi ci eravamo molto preoccupati, perché siamo attenti al tema dell'accessibilità e siamo attenti anche al portale del turismo in quanto tale. Riteniamo infatti che esso sia un'occasione per recuperare del tempo perso, che non va sprecata. Quando avevamo letto nelle settimane e nei giorni scorsi, sia in vari blog sia nei siti Internet sia su molti quotidiani italiani, una serie di critiche molto pesanti contro questo portale, non solo per quanto riguarda l'accessibilità ma anche per quanto riguarda l'usabilità - si attendeva un minuto per scaricare la prima pagina del sito, cosa che francamente non era sopportabile; c'erano inoltre svariati errori nelle traduzioni nelle parti in multilingua del sito ed ancora non erano attivi molti dei servizi previsti dal progetto originario, che, lo ricordo, era un progetto iniziato nel 2004 dal Governo Berlusconi e dal ministro Stanca -, ci eravamo molto preoccupati e per questo il nostro gruppo ha presentato l'interrogazione in oggetto.
Devo dire quindi che siamo lieti delle sue parole. Le prendiamo per buone. Ci facciamo però il nodo al fazzoletto, perché non vogliamo che www.Italia.it diventi, come purtroppo spesso succede nel nostro paese, l'ennesima occasione perduta; vedo accanto a lei il ministro Bersani che un po' sorride sotto i baffi, che non ha, ma al tempo stesso è consapevole di quanto...

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Sotto i capelli!

ANTONIO PALMIERI. Siamo uguali come chioma, ministro! Dicevo, di quanto sia importante questo portale, per portare in Italia turisti.Pag. 58
Concludo, Presidente, ricordando che il nostro riferimento al logo che promuove il nostro paese nel mondo, era dovuto al fatto che straordinariamente questo logo è del tutto simile al logo di Izquierda unida, che, come tutti sapete, è un partito spagnolo di estrema sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Iniziative in relazione al caso del detenuto Antonio Cordì - n. 3-00705)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00705 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).
Avverto che l'interrogazione in titolo è stata testé sottoscritta dagli onorevoli Mellano e Turco.

SERGIO D'ELIA. Mi dispiace molto che non sia presente il ministro Mastella, destinatario della interrogazione in oggetto, anche perché sul caso ho presentato due interrogazioni, nel luglio del 2006 e ai primi di febbraio di quest'anno, senza ottenere però alcuna risposta. Spero oggi dunque di poter avere una risposta soddisfacente.
Il caso è molto chiaro. Nel febbraio 2006 al signor Antonio Cordì, 64 anni, detenuto nel carcere di Cuneo, viene diagnosticato un cancro al polmone, per il quale i medici richiedono un ricovero in ospedale per un intervento chirurgico urgente: ricovero che il tribunale di sorveglianza di Cuneo non ha autorizzato. Nell'aprile 2006, il detenuto viene trasferito nel carcere di Secondigliano, dove i sanitari ribadiscono l'urgenza di un intervento chirurgico, ma anche il tribunale di sorveglianza di Napoli nega il ricovero in ospedale.
Alla fine di luglio 2006, il signor Cordì viene finalmente ricoverato al Cardarelli, ma il primario di chirurgia toracica dell'ospedale definisce talmente gravi le sue condizioni di salute da considerarlo ormai inoperabile per l'espandersi di metastasi, che, nel dicembre 2006, arrivano anche al cervello.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,05)

SERGIO D'ELIA. Chiedo al ministro perché sia stato fatto passare così tanto tempo prima del ricovero in ospedale per un intervento che avrebbe potuto bloccare un cancro diventato oggi incurabile, di chi siano le responsabilità, ma soprattutto che cosa intenda fare per evitare che il signor Cordì muoia in carcere, come purtroppo è già accaduto a molti detenuti nel cosiddetto carcere duro.

PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, alla luce delle informazioni assunte presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e le autorità giudiziarie competenti, si rileva innanzitutto che Antonio Cordì, detenuto sottoposto al regime di cui all'articolo 41-bis, fu trasferito il 20 aprile 2006 dalla casa circondariale di Cuneo a quella di Napoli, proprio in conseguenza della patologia di cui è affetto e del grave quadro clinico individuato dai sanitari nel febbraio 2006. Durante il periodo di detenzione a Cuneo non vi fu alcun provvedimento di diniego di autorizzazione ad effettuare visite o ricoveri. Il magistrato di sorveglianza autorizzò sempre il ricovero del detenuto per lo svolgimento dei necessari accertamenti, a norma dell'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario.
Il Cordì è giunto il 3 maggio 2006 presso il centro diagnostico terapeutico di Secondigliano, dove ha eseguito nuovi esami clinici e visite specialistiche. Egli è stato sottoposto, inoltre, ad una serie di consulenze esterne in ospedali cittadini presso i quali è stato ricoverato per brevi periodi a seguito di autorizzazioni sempre concesse dall'autorità giudiziaria.
Le condizioni del Cordì sono tenute sotto controllo dal personale specialistico del centro diagnostico terapeutico di Napoli Secondigliano.Pag. 59
Quanto ai provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria competente, è stato accertato che sin dallo scorso 8 giugno il magistrato di sorveglianza di Napoli si è pronunciato favorevolmente sulle richieste del Cordì di ricovero in un luogo esterno di cura, emettendo complessivamente 17 ordinanze di ricovero per l'effettuazione di attività diagnostiche e terapeutiche. Non risulta, dunque, alcun provvedimento di diniego di ricovero in luogo esterno di cura, sicché la condizione di inoperabilità del detenuto non è attribuibile ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,07)

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Esistono, invece, quattro provvedimenti di rigetto di istanze di differimento pena, di cui agli articoli 146 e 147 del codice penale, emessi uno dal tribunale di sorveglianza di Cuneo e tre dal tribunale di sorveglianza di Napoli. Essi riguardano, però, la questione della compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime penitenziario. Tali provvedimenti sono stati emessi dopo un'istruttoria completa che ha interessato, da ultimo, anche la Direzione nazionale antimafia e la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Essi risultano congruamente motivati ed il loro merito è insindacabile da parte dell'autorità politica ed amministrativa.
Allo stato, dunque, non si rilevano né inadempienze né condotte di magistrati che siano disciplinarmente apprezzabili, visto che le condizioni di salute del Cordì, anche in virtù dei provvedimenti giudiziari adottati, non solo sono state costantemente tenute sotto controllo dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma sono altresì trattate sia con le risorse interne che con quelle esterne agli istituti, mediante l'immediata ospedalizzazione del detenuto.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di replicare, per due minuti.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, il detenuto Antonio Cordì avrebbe potuto essere operato già nel febbraio del 2006, quando lo stesso medico dell'ospedale di Cuneo si era detto disponibile ad operarlo entro cinque giorni. Che lui sia uscito a fare degli esami diagnostici non lo metto in dubbio, ma non è stato ricoverato ai fini di un intervento chirurgico. Quindi, sono assolutamente insoddisfatto di questa risposta.
La verità è che dal regime dell'articolo 41-bis si può uscire soltanto in due modi: o da pentito o da morto. Spero che il ministro Mastella non voglia far uscire anche il signor Cordì da morto. Lo riterrei politicamente responsabile.
Quattro anni fa, con il collega Maurizio Turco, del Partito radicale e della Rosa nel Pugno, abbiamo fatto un giro nelle sezioni in cui si applica l'articolo 41-bis per trarne un libro dal titolo significativo: «Tortura democratica».
Assieme al collega, abbiamo potuto riscontrare non pochi casi di detenuti infartuati, colpiti da ictus, malati di cancro, paralizzati o costretti su una sedia a rotelle, e ciò senza neanche il piantone in cella, nemmeno nei giorni successivi ad un intervento al cervello!
Nel solo carcere di Secondigliano, nel 2006, sono morti sedici detenuti; i deceduti in tutte le carceri italiane sono stati centootto, di cui quarantasei per suicidio. Negli ultimi sette anni sono morti in carcere, in Italia, 1.106 detenuti.
Può accadere che si muoia in carcere per cause naturali o per suicidio, come avviene fuori; il fatto è che nelle carceri, in particolare nel «carcere duro», c'è poco di naturale e di normale, perché le malattie ed i suicidi sono causa di morte in misura maggiore rispetto alla norma: ad esempio, la percentuale dei suicidi in carcere è venti volte maggiore rispetto a quella registrata nella società!
La ragione è semplice, se è vero come è vero che, nel bilancio dell'Amministrazione penitenziaria, su un budget di 3 milioni di euro solo 85 mila euro sono Pag. 60destinati alla medicina in carcere. In particolare, nel regime dell'articolo 41-bis, la salute è anche un'arma di ricatto.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

SERGIO D'ELIA. Per essere curati, infatti, si deve uscire dal carcere duro, ma per poter uscire dallo stesso ci si deve pentire: quindi, se non ci si pente, si rimane sottoposti al regime del cosiddetto 41-bis, e non si viene curati come si deve, cioè come la legge e la Costituzione prescrivono, indipendentemente dal reato che si è commesso!
Ciò è intollerabile e ritengo indegno...

PRESIDENTE. Onorevole D'Elia, dovrebbe concludere!

SERGIO D'ELIA. ...di un paese civile, signor ministro, il fatto che da questo regime carcerario si possa uscire soltanto da pentiti, oppure, come si suol dire, «coi piedi davanti»!

(Iniziative per garantire la gratuità dell'insegnamento della lingua italiana ai cittadini italiani residenti all'estero - n. 3-00706)

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00706 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), per un minuto.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, vorrei preliminarmente osservare che l'insegnamento della lingua e della cultura italiana all'estero esige istituzioni e strutture moderne, all'altezza degli standard europei. Ricordo, altresì, che la problematica relativa al sostegno delle comunità italiane nel mondo non solo era presente nel programma di Governo, ma è espressa chiaramente anche nel primo dei dodici punti con cui il Presidente Prodi ha voluto rilanciare l'operato del suo Esecutivo. Tale valorizzazione, inoltre, non può prescindere dall'insegnamento della lingua italiana ai nostri cittadini residenti all'estero.
Premesso ciò, vorrei sapere quali provvedimenti intenda assumere il Governo al fine di garantire la gratuità dell'insegnamento della lingua italiana e dei relativi materiali didattici per i cittadini italiani residenti all'estero in età di obbligo scolastico, per ottemperare...

PRESIDENTE. Onorevole Razzi, concluda!

ANTONIO RAZZI. ... a quanto previsto dalla Costituzione, dalle normative vigenti in materia di obbligo scolastico ed anche dal programma di Governo.

PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.

GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, l'Esecutivo avverte la forte esigenza di perseguire politiche di rilancio dell'immagine, della cultura e del ruolo dell'Italia nel mondo, come è chiaramente evidenziato nel programma di Governo e come è stato ribadito, di recente, dal Presidente Prodi. Il successo di tali politiche presuppone un ruolo importante delle comunità degli italiani all'estero, le quali possono offrire all'Italia un grande patrimonio di esperienze, di cultura e di relazioni umane e professionali.
Ricordo che il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) dedica l'intera Parte V alle scuole italiane all'estero, investendo il Ministero degli affari esteri del compito di promuovere ed attuare all'estero iniziative scolastiche, nonché attività di assistenza scolastica a favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti immigrati.
È compito dello stesso ministero, inoltre, istituire corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti dei lavoratori italiani che frequentino, nei paesi di immigrazione, le scuole locali Pag. 61corrispondenti alle scuole italiane elementare e media, nonché corsi speciali annuali per la preparazione dei lavoratori italiani e dei loro congiunti agli esami di idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media.
Il citato decreto legislativo prevede che, con provvedimenti adottati di concerto con il ministro della pubblica istruzione, le scuole italiane statali all'estero siano conformate, per il loro ordinamento, alle corrispondenti scuole statali del territorio nazionale. Agli alunni delle scuole italiane funzionanti all'estero, agli iscritti e ai frequentanti le altre istituzioni educative o partecipanti alle altre iniziative scolastiche, i libri di testo sono forniti gratuitamente dal Ministero degli affari esteri. Infatti, la legge n. 448 del 1998 ha modificato il testo unico, estendendo all'intera scuola dell'obbligo la previsione sulla gratuità dei libri di testo.
Ricordo infine che i corsi di lingua e di cultura italiana per i connazionali residenti all'estero sono attualmente più di 30 mila e gli allievi sono nel mondo oltre mezzo milione. La disponibilità di bilancio per l'organizzazione e lo svolgimento di tali corsi è, per l'anno 2007, pari a 29 milioni 500 mila euro.
L'Esecutivo intende dunque proseguire fattivamente nell'azione di valorizzazione della lingua italiana e di rilancio del ruolo delle comunità italiane nel mondo mediante l'investimento di ingenti risorse.

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di replicare.

ANTONIO RAZZI. Signor ministro, mi ritengo soddisfatto della risposta (Applausi polemici di deputati del gruppo Forza Italia), poiché ritengo sia importante garantire che i cittadini residenti all'estero godano di tutti i diritti costituzionali della nostra Repubblica.
Sono convinto che l'impegno del Governo a procedere in questa direzione è chiaro. Ritengo che sia giunto il momento di assicurare un intervento dello Stato in materia di riforma delle istituzioni scolastiche all'estero che si occupano dell'insegnamento della lingua italiana. Inoltre, urge rinnovare il quadro di norme e regole che disciplinano questa materia, creando interventi in rete tra i diversi ministeri che se ne occupano (il Ministero degli affari esteri, quello della pubblica istruzione, quello delle politiche comunitarie e quello del lavoro).
Abbiamo destinato massicci interventi alla promozione del made in Italy, abbiamo destinato molte risorse per la promozione dei nostri prodotti all'estero, ma dobbiamo intervenire con la stessa determinazione per sostenere la promozione della lingua italiana all'estero, se vogliamo esportare meglio e di più.
Se investiamo dieci euro sulle merci, dobbiamo allora investire cento sulle persone che, con la loro semplice presenza, veicolano queste merci. Se non ci sforziamo di fare ciò, rischiamo di rendere inutile l'investimento sull'economia; sono le persone e i cittadini il vero centro di attrazione dell'italianità, non solo i prodotti. Questi ultimi, senza l'umiltà italiana che pervade la società ospitante, non sono nulla, sono solo prodotti effimeri destinati all'attenzione momentanea e stagionale.
Gli italiani all'estero, con la loro vita e la loro testimonianza, costituiscono la garanzia della diffusione del made in Italy. Pertanto, l'insegnamento dell'italiano gratuito e moderno, per i cittadini italiani in età di obbligo scolastico, rappresenta un ottimo investimento. La ringrazio anche a nome di tutti gli italiani all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative normative a favore delle piccole e medie imprese fornitrici di grandi aziende di distribuzione - n. 3-00707)

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00707 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario.

CARLO CICCIOLI. Com'è noto, negli ultimi decenni è in corso un processo molto profondo di ristrutturazione del Pag. 62commercio e della distribuzione. Si è passati dalla piccola distribuzione diffusa alla grande distribuzione, con un conseguente vantaggio significativo per i consumatori, il risparmio e le possibilità di scelta.
Tuttavia, vi è un altro aspetto - che sta passando sotto traccia, che viene ignorato - caratterizzato dal fatto che tutta la politica di distribuzione passa attraverso nove o dieci catene - nella maggioranza di proprietà di stranieri - che praticano una politica di concorrenza tra loro schiacciando l'«esercito» dei fornitori. Mi riferisco alle piccole e medie imprese italiane - si tratta soprattutto di produttori agroalimentari - che, operando in un sostanziale regime di monopolio delle catene di distribuzione, vengono costrette a regole insopportabili, che ne determinano spesso il dissesto economico e il fallimento.

PRESIDENTE. Deve concludere...

CARLO CICCIOLI. Ebbene, presentai un'interrogazione nell'estate dello scorso anno, cui non ha fatto seguito alcun provvedimento del Governo.
Chiedo pertanto al Governo cosa intenda fare per correggere tale anomala situazione.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, il problema sussiste e negli ultimi anni non si è certo risolto, anzi, si è aggravato. Vorrei, quindi, far presente agli interroganti che soluzioni facili non esistono.
In premessa dirò dell'attenzione che stiamo dedicando al sistema delle piccole e medie imprese, che cerchiamo di rafforzare comunque attraverso specifici provvedimenti, tra i quali voglio ricordare il cuneo fiscale, il credito di imposta per la ricerca e l'innovazione - plafonato per garantire una riserva alle piccole e medie imprese - il credito di imposta per i nuovi investimenti nel Mezzogiorno, il fondo per la finanza d'impresa dedicato alle piccole e medie imprese e, in particolare, l'allestimento della figura giuridica della «rete di impresa» che dovrebbe, favorendo l'aggregazione dei piccoli soggetti, renderli più attivi e più forti anche nei confronti dei grandi, a cominciare da quelli della distribuzione.
Per quanto riguarda il merito dell'interrogazione, ritengo di dover sottolineare che esistono - in particolare, ad esempio, proprio nel settore alimentare - alcune normative che possono colpire le patologie più evidenti a proposito dei mancati pagamenti o dei tempi lunghi dei pagamenti delle aziende di distruzione nei confronti delle piccole e medie imprese.
Condivido tuttavia con gli interroganti l'esigenza di rafforzare le forme di conciliazione stragiudiziali delle controversie, peraltro già previste da leggi speciali.
Quanto alle nostre iniziative in proposito, faccio presente che, attraverso un tavolo che abbiamo aperto con l'Unioncamere per una rivisitazione dell'attività delle Camere di commercio, intenderemmo rendere più forti queste procedure di conciliazione. Naturalmente il problema è delicato, perché all'interno di un sistema concorrenziale aperto le normative possono spingersi solo fino ad un certo punto.
L'interrogazione mi dà tuttavia l'occasione di ricordare che, laddove siano riscontrati comportamenti diretti a far valere in modo improprio posizioni di forza nei rapporti contrattuali, si potrebbe configurare l'ipotesi di comportamenti restrittivi della concorrenza e quindi sussisterebbero, a mio avviso, i presupposti per un intervento delle competenti autorità per la concorrenza per sanzionare, se del caso, situazioni di abuso di posizione dominante.
A mio avviso per il futuro l'adozione di una tale prospettiva potrebbe aiutarci ad inviare segnali atti a favorire il ravvedimento da certi comportamenti, che spesso sono effettivamente censurabili.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di replicare, per due minuti.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione l'intervento Pag. 63del ministro, che ringrazio per la presenza fisica in Assemblea; sono tuttavia insoddisfatto della risposta perché i provvedimenti citati riguardano soprattutto altri settori dell'economia.
Nel caso in esame, ci troviamo in un ambito molto particolare e tuttavia importante per l'economia della nostra nazione.
Vorrei ricordare - dal momento che il significato della mia interrogazione è anche quello di una denuncia pubblica - i meccanismi di dominio posti in essere da queste catene (in genere, francesi ed olandesi) e dalle stesse cooperative.
Esse obbligano i fornitori a partecipare alle campagne pubblicitarie ed a cedere sottocosto, in occasione del lancio di determinati prodotti, generi non solo alimentari; pagano a centottanta giorni a tasso zero (sostanzialmente, fanno da banca alla catena); se una parte della merce rimane invenduta, la restituiscono con il pretesto che non è regolare (quindi, il rischio di impresa ritorna a carico del fornitore); in un caso particolare hanno addirittura fatturato ad alcuni fornitori il costo sostenuto per l'accentramento del magazzino (che la catena distributiva aveva in un centro del nord) asserendo che, poiché i fornitori realizzavano un risparmio per effetto dell'accentramento medesimo, erano tenuti a contribuire ai costi sostenuti per l'apertura.
Siamo di fronte non soltanto ad un dominio, ma anche a comportamenti molto gravi: in particolare, se il fornitore rifiuta o mette in discussione alcune delle menzionate regole, la catena stabilisce che a partire dall'indomani non è più tra i suoi fornitori. Ciò comporta che, essendo il mercato molto limitato, il fornitore non ha più l'interlocutore, non ha più il cliente.
In conclusione, il caso non può essere affrontato né con l'ordinario strumento costituito dalla presentazione di una domanda giudiziale al tribunale civile, né ricorrendo alle camere arbitrali istituite presso le Camere di commercio (anche tale strumento, infatti, è inidoneo).
Rivolgo un appello al Governo affinché in materia approvi un provvedimento, che ponga regole precise e rimuova questa situazione di concorrenza sleale, di dominio, di vero e proprio monopolio.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ciccioli.
È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,40 con il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di missioni umanitarie e internazionali.

La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,40.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Boato, Boco, Brugger, Cento, Donadi, Folena, Forgione, Franceschini, Landolfi, Maroni, Mazzocchi, Meta, Migliore, Oliva, Piscitello, Pisicchio, Ranieri, Reina, Sgobio, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2193-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato votato, da ultimo, l'emendamento Paoletti Tangheroni 2.50.
Passiamo ora all'emendamento Paoletti Tangheroni 2.52, sul quale le Commissioni e il Governo hanno espresso parere contrario.Pag. 64
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Come avevo anticipato, Presidente, proseguo in questa occasione nella spiegazione del contenuto di due emendamenti che si assomigliano. Noi abbiamo visto anche dalle precedenti proposte emendative che la sensazione è quella che, tutti d'accordo, vogliamo cercare di dare il massimo della trasparenza alle operazioni che vengono svolte.
Credo che, per quanto riguarda l'Iraq, la situazione sia ancora più complessa, dal momento che non vi sono nostri militari. Dunque, l'attenzione perché le cose si svolgano non solo con trasparenza, ma anche in modo da dare il massimo sostegno alle popolazioni, deve essere massima. Infatti, in Iraq tutte le iniziative a chi sarebbero affidate? Non esistono professionalità locali. Forse alla società cui si affida la sicurezza dei militari? Allora, a parer mio, la volontà di far ricadere gli incarichi sotto la responsabilità diretta dell'autorità diplomatica diventa ancor più cogente rispetto ad una situazione dove, invece, vi sono perlomeno delle strutture militari in atto.
Pertanto, questo è il senso del mio emendamento, di cui raccomando l'approvazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Le cose dette dalla collega Paoletti Tangheroni sono di buonsenso. Mi stupisco pertanto del parere contrario espresso dal Governo e dalle stesse Commissioni. Concordiamo con il contenuto dell'articolo 2 del decreto-legge in esame e con quanto sostenuto dal Ministero degli affari esteri, che esclude che esistano localmente le professionalità richieste.
Riteniamo che nessun collega possa avere problemi a votare a favore di questo emendamento, in quanto è giusto identificare formalmente chi sia la persona che si assume la responsabilità di dichiarare che non esistano personalità locali con le caratteristiche richieste. Penso che il fatto che lo faccia l'ambasciatore sia la cosa più ovvia. Dunque, esiste una figura che può assumersi tale responsabilità, che peraltro rientra nei propri compiti. Altrimenti si tratta di una responsabilità generica, che non si sa a chi far assumere e con quali criteri. Credo che questo emendamento rappresenti una garanzia per tutti; inviterei pertanto il Governo e le Commissioni a rivedere il loro orientamento, sollecitando comunque i colleghi a votare a favore dello stesso.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Paoletti Tangheroni, lei è già intervenuta sull'emendamento: cosa intende segnalare?

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Intervengo per ritirare l'emendamento, invitando il Governo ad accogliere un ordine del giorno di analogo contenuto, di cui preannuncio la presentazione.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che i presentatori ritirano l'emendamento Paoletti Tangheroni 2.52.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cicu 3.50.

SALVATORE CICU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Cicu lei non può intervenire su questo emendamento in quanto è già intervenuto nella discussione sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Questo emendamento è finalizzato a dimostrare ancora una volta l'atteggiamento assolutamente ipocrita che l'attuale maggioranza ha nei confronti non solo dell'Assemblea, ma anche dell'opinione pubblica in generale. Il Governo, per la prima volta, si muove Pag. 65andando contro la consuetudine che era sempre stata seguita, secondo la quale il provvedimento di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali dovrebbe essere presentato al Parlamento ogni sei mesi, in modo da valutare lo stato dell'arte dell'azione dei nostri militari nelle missioni di pace, i costi ed i benefici, per poi passare all'approvazione del rifinanziamento delle missioni.
Il centrosinistra, soprattutto la sinistra radicale, è sempre stato un fautore di questa linea, cioè - lo ripeto - della necessità che il provvedimento di rifinanziamento venisse discusso ogni sei mesi e non una volta all'anno, proprio perché in questo modo si creava un momento di dibattito e di confronto in Parlamento. Oggi il Governo, invece, inserisce una clausola nuova nel provvedimento in esame, che contrasta con ciò che è sempre stato portato avanti sia nella passata legislatura sia all'inizio di questa, prorogando la missione per un anno intero.
È evidente a tutti che siete diventati convinti sostenitori delle missioni in Afghanistan, in Libano e nelle varie parti del mondo dove siamo impegnati e che addirittura volete prorogate per un anno intero queste missioni.
Siete i primi a non chiedere il dibattito in Parlamento per vedere gli effettivi risultati sui territori in cui operiamo ogni sei mesi. Devo dire che questo dimostra l'ipocrisia dell'attuale centrosinistra, soprattutto della sinistra più radicale, posto che il Governo, già sei mesi fa, aveva manifestato la volontà di introdurre la norma in questione. È evidente che il Governo cerca di dilatare il più possibile i tempi di discussione sui decreti-legge di proroga delle missioni internazionali perché nel centrosinistra vi sono motivi di contrasto interno, visto che una parte della maggioranza è assolutamente contraria alle missioni di pace. Ricordo perfettamente, però, le dichiarazioni dei segretari politici di Rifondazione Comunista o dei Comunisti Italiani, che erano intervenuti minacciando una crisi di Governo se i ministri della difesa e degli affari esteri avessero portato avanti con forza questo provvedimento.
Oggi, invece, vediamo che tutti hanno cambiato idea e si è deciso di prorogare la missione per un anno intero. Credo che questa sia l'ennesima brutta figura che fate. Parlo soprattutto a quelli che si sono sempre detti convinti pacifisti. Siamo di fronte ad una missione di pace che diventa invece una missione di pace in un territorio di guerra.
Ogni giorno, ci possiamo aspettare - lo abbiamo visto già ieri, leggendo le cronache dei giornali che riportavano il sequestro del giornalista di la Repubblica - che Al Qaeda o i talebani cerchino in ogni modo di mettere in difficoltà i nostri uomini che partecipano alle missioni di pace. Neppure sono da escludere, a questo punto, attentati nel nostro paese. Invece, voi fate finta di nulla e chiedete il rifinanziamento per un anno intero, senza dare al Parlamento la possibilità di rivedere, tra sei mesi, le proprie posizioni su questi provvedimenti.
Al di là di tutto ciò, comunque, noi dobbiamo prendere in considerazione un altro aspetto della vicenda. Un Governo così debole, che ha difficoltà nel sostenere le proprie missioni di pace e, dunque, l'operato dei propri militari in territori così difficili, credo sia chiaramente il primo obiettivo per chi, come i terroristi islamici e gli appartenenti ad Al Qaeda, si adopera per cercare di metterci in difficoltà. Nulla si può escludere, dunque, che possa essere organizzato ed attuato contro i nostri uomini e anche nel nostro paese. Nel corso di cinque anni di legislatura, abbiamo affrontato il problema delle conseguenze degli attentati dell'11 settembre 2001 e della presenza dei nostri militari in Iraq, in Afghanistan e nei vari teatri operativi del mondo.

PRESIDENTE. Onorevole Bricolo...

FEDERICO BRICOLO. Concludo, signor Presidente.
Dicevo che noi siamo riusciti sempre a evitare qualsiasi attacco terroristico, nel Pag. 66nostro paese. Credo il Governo debba adoperarsi in tal senso. In questo momento, è importante e vitale, per noi, adottare tutte le misure di sicurezza necessarie, soprattutto nei confronti delle comunità islamiche presenti nel nostro paese, per garantire la sicurezza anche di chi vive a casa propria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, siamo di fronte ad una delle cosiddette discontinuità, in particolare in relazione alla procedura adottata sino ad ora per il rifinanziamento delle missioni. Ricordiamo che, per quanto riguarda i precedenti decreti-legge analoghi, emanati non soltanto da questo ma anche dal precedente Governo, si è sempre svolto un dibattito acceso - che, invece, quest'oggi in Assemblea mi sembra che langua - sulla opportunità addirittura di differenziare, nell'atto normativo, missioni di natura diversa. Ricordo che, nel corso della precedente legislatura, in alcuni casi, soprattutto in relazione alla missione militare in Iraq, si era arrivati addirittura allo scorporo.
Un altro aspetto sul quale si è lungamente dibattuto riguarda invece l'opportunità di allungare o abbreviare il periodo di copertura finanziaria ottenibile con un singolo decreto-legge, al fine di permettere al Parlamento di affrontare, in momenti significativi, con un provvedimento da approvare in Assemblea, ciascuna singola missione. Ci si è sempre aspettati che il Governo fosse in grado di fornire informazioni e risposte su ogni singola missione perché in ogni caso, come ben sappiamo, si tratta di missioni diverse (quella ad Hebron è assai diversa dalla missione in Afghanistan, così come quella in Bosnia è diversa dall'insieme delle missioni in Iraq). Per la prima volta con questo decreto-legge e, debbo dire, per iniziativa del Governo - perché noi tendiamo a modificare quanto è stato direttamente inserito - si è proceduto a uniformare, in maniera anche piuttosto disordinata, come vedremo in occasione dell'esame dei successivi emendamenti, al 31 dicembre 2007 il termine entro cui la copertura finanziaria è autorizzata. Nel linguaggio che normalmente adottiamo in Parlamento, si tratta del periodo per il quale le missioni sono autorizzate, dato che, come sappiamo, in assenza di altri atti, politicamente il finanziamento coincide con l'autorizzazione, anche se le cose, poi, non stanno esattamente così. Noi proponiamo, a beneficio del Parlamento e delle forze di opposizione e di maggioranza che, invece, si ristabilisca la calendarizzazione semestrale degli interventi.
Ebbene, qual è la vera ragione per cui in questo decreto-legge, per la prima volta, rinnegando tutto ciò che avevate detto, voluto e fatto fino a questo momento, si passa ad una calendarizzazione più lunga? Evidentemente, per problemi tutti interni alla vostra maggioranza, perché non vi sono altri motivi, volete spostare il più lontano possibile nel tempo, in particolare dopo ciò che è successo al Senato nelle scorse settimane proprio sulla politica estera, il momento della verifica della vostra maggioranza, soprattutto al Senato, quando si vedrà se questa maggioranza è in grado di fornire un supporto su un tema fondamentale come quello della politica estera.
Noi, come sapete, siamo favorevoli all'insieme di queste missioni internazionali, e, tra l'altro, non abbiamo mai avuto paura della semestralizzazione, perché eravamo consci della solidità della nostra maggioranza. In questa fase, come peraltro ben sapete, abbiamo già dichiarato, in tutte le sedi, che condividiamo l'impianto e l'assoluta continuità di questo decreto-legge e, quindi, con questo emendamento vogliamo soltanto chiedere a questa maggioranza di non rinviare, puramente per motivi di stabilità interna, un momento così importante per il Parlamento, come quello della discussione sulle missioni.
Si è sempre detto che in politica estera la posizione bipartisan costituisce una ricchezza. Ebbene, poiché è una ricchezza, non ci convince questo sterile atteggiamento Pag. 67di riportare a problemi e a calcoli interni ed esclusivi della maggioranza la questione del rifinanziamento delle missioni. Non avremmo difficoltà, in alcuni casi, ad approvare tout court il fatto che il periodo di rinnovo della missione coincida con gli impegni che questo o altri Governi della Repubblica hanno preso nelle sedi internazionali in cui tali missioni sono state negoziate. Per l'Afghanistan, sappiamo che le date sono previste ben al di là del 2007, ma vi sono altri esempi in cui, invece, in sede internazionale si fa riferimento a date che non sono né il 30 giugno, né il 31 dicembre.
Quindi, sinceramente non comprendiamo come possiate subordinare la politica estera alle gravi difficoltà interne alla vostra maggioranza; avete imbavagliato una parte della vostra maggioranza, spendendo soltanto qualche numero (dal 30 giugno al 31 dicembre). Questo, nella situazione di necessaria uniformità e di sostegno bipartisan che bisogna garantire alle missioni dei nostri militari e dei civili all'estero, riteniamo sia un atto non degno, per cui pensiamo che, di conseguenza, si debba votare a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, sottoscrivo l'emendamento Cicu 3.50 e lo faccio in modo convinto, soprattutto alla luce dell'esperienza della passata legislatura.
Vorrei ricordare che in Commissione difesa abbiamo analizzato e lavorato in modo intenso su alcune proposte di legge, di cui una era presentata dal sottoscritto, un'altra dal presidente Ramponi ed una anche dalla sinistra. Con la mia proposta volevo stabilizzare l'impegno delle missioni internazionali di pace, uniformare i trattamenti retributivi dei militari impiegati, stabilire le procedure e, quindi, rendere stabile tutto ciò che riguarda l'impiego dei militari oltre i confini nazionali.
Caso strano, chi si è opposto a tutto ciò è stata proprio una parte del centrosinistra, affermando che il decreto era giusto, perché ogni sei mesi bisognava verificare le regole di ingaggio, l'utilità della missione e, semmai, così come è nell'anima e nel cuore di alcuni esponenti della sinistra, procedere al ritiro dei nostri militari.
Ebbene, a nostro avviso, vi era la necessità di prorogare queste missioni, perché, ancora oggi, non crediamo che le stesse possano esaurirsi entro il 31 dicembre 2007. Infatti, l'impegno per la solidarietà non può essere a termine, fino a quando negli scenari di guerra accade ciò cui stiamo assistendo in questi giorni e a cui abbiamo assistito nel recente passato.
Allora, perché, oggi, la sinistra modifica questo atteggiamento? Lo cambia, perché, evidentemente, non vuole trovarsi nelle condizioni in cui si sta trovando in questi giorni, in cui vi sono distinguo molto forti e dove la stessa maggioranza è messa in crisi.
Ritengo, che, più che delle crisi della maggioranza, occorra porsi problemi seri. Non abbiamo alcun problema né sotto il profilo della condivisione delle missioni né sotto quello dell'impegno per la pace dei nostri militari, cosa che avete voi.
E come sosteneva giustamente Cossiga, ne avete fatte di tutti i colori: avete voluto distinguere una missione dall'altra, avete disquisito su alcuni fatti sui quali non vi era nulla da obiettare, vale a dire l'autodifesa e la difesa dei nostri militari, l'impegno soprattutto per la costruzione di un percorso di pace fatto di solidarietà, verso la costruzione di ospedali, il ripristino delle condutture idriche e dell'energia elettrica.
Ebbene, oggi, di fronte a questa forma ipocrita di prolungamento dei termini, diciamo no. Se volete prorogare i termini, presentate una bella proposta di legge in Commissione, discutiamone insieme, e uscite fuori dalle vostre contraddizioni. Venite fuori da questo falso pacifismo che attanaglia una parte della sinistra e abbiate il coraggio di discuterne seriamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

Pag. 68

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, gli argomenti che sono stati usati, soprattutto quelli del collega Cossiga, meritano alcune risposte.
Se c'è un punto sul quale, per usare termini ironici, ci avete «beccato in castagna», esso riguarda il voto separato su tutte le missioni, che abbiamo insistentemente chiesto nelle scorse legislature e che, peraltro, è previsto dal programma dell'Unione.
Se denunciate un'incoerenza, una contraddizione sul fatto che il decreto-legge accorpi, come sempre è stato fatto, tutte le missioni, avete ragione. Perfettamente ragione. Penso che questa sia una contraddizione che sarebbe inutile nascondere. Speriamo che un giorno si trovi una giusta soluzione; noi, comunque, insisteremo perché la si trovi. Quanto al resto, mi dispiace, ma avete completamente sbagliato indirizzo.
In primo luogo, le missioni sono decise sulla base di mozioni parlamentari. Tutte le missioni, persino quelle più controverse, persino quelle sui bombardamenti della Repubblica federale jugoslava, furono autorizzate da un voto su una mozione parlamentare. Quindi, è del tutto ovvio che qualsiasi di queste missioni, in qualsiasi momento, per una qualsiasi novità intervenuta nel corso dello svolgimento della missione medesima, potrebbe essere revocata, interrotta, chiusa con voto su una mozione parlamentare. Questa è una facoltà del Parlamento.
Mi meraviglio che dei colleghi di opposizione pensino che questa facoltà non possa essere esercitata. Sono liberi di proporre qualsiasi mozione, così come noi lo saremmo nel momento in cui pensassimo di doverlo fare.
Il problema della proroga annuale è dovuto ad un fatto specifico che mi permetto di ricordare perlomeno ai componenti della Commissione esteri della scorsa legislatura. Qual è il motivo per cui tutte le nostre missioni devono essere prorogate di sei mesi in sei mesi? Ci sono due motivi concorrenti: uno è che le Nazioni Unite, per prassi, prorogano le proprie autorizzazioni di sei mesi in sei mesi. Peraltro, nel corso del tempo, è invalsa la pratica di prorogarle di sei mesi in sei mesi per modificare il finanziamento di queste missioni, tanto che nella scorsa legislatura, le stesse missioni hanno trovato coperture diverse. E ciò - mi permetto di dirlo - anche con il saccheggio di capitoli di spesa che certamente con le missioni militari, pacifiche o umanitarie, di guerra o meno, non avevano niente a che vedere. Perfino l'8 per mille è stato usato come capitolo di spesa per finanziare le missioni militari!
È sempre venuta da parte nostra la richiesta dell'istituzione di un capitolo di spesa previsionale nel bilancio dello Stato per finanziare questa iniziativa che spetta al Governo e al Parlamento. A tal proposito, onorevole Ascierto, nella scorsa legislatura - quando è stato smentito dal suo Governo - lei ha trovato in Rifondazione Comunista qualcuno che ha sempre sostenuto la parificazione del trattamento di tutti i militari in tutte le missioni.
Vedo che lei annuisce: noi non facciamo demagogia militarista o apologia dei militari, ma abbiamo a cuore il trattamento economico dei nostri soldati e riteniamo che la strada maestra per raggiungere questo obiettivo sia l'istituzione di un capitolo di spesa per finanziare tali missioni. Si tratta di un obiettivo che lei non è mai riuscito a raggiungere nella scorsa legislatura, essendo stato smentito dal suo Governo, che faceva tanta propaganda sulla solidarietà ai militari, ma che poi li trattava male dal punto di vista economico.
Infine, vorrei ricordare - e ho concluso - che la proroga di un anno non è affatto tesa a superare i problemi che pure esistono su questa materia, a livello sia di giudizio sia di singoli voti al Senato. Anzi, potrebbe trattarsi di un autogol: infatti, il tentativo di prorogare di un anno la missione potrebbe indurre al sospetto eventuali dissidenti o, comunque, taluni senatori recalcitranti.
Ma non è questo il punto e non è questo il motivo per cui avevamo chiesto di superare la proroga semestrale con l'istituzione di un capitolo di spesa nel bilancio dello Stato. Non lo abbiamo fatto Pag. 69per i motivi - scusatemi - piuttosto fasulli che avete citato (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, a me appare chiara una sola cosa, ossia che la variazione della proroga da sei mesi a un anno è dettata da un unico motivo: probabilmente, una verifica al Senato di tali situazioni porterebbe difficoltà alla maggioranza. C'è un unico modo per evitare il saccheggio delle risorse pubbliche per finanziare le missioni di guerra, ossia evitare questo tipo di missioni. Tutti i soldati devono tornare a casa!
L'onorevole Mantovani, parlando di conversione, ha affermato che mi sono convertito: vorrei provare a fare il contrario. Mi piacerebbe convertire almeno un esponente della sinistra alle ragioni della pace. La pace deve prevalere senza «se» e senza «ma» e, pertanto, le missioni di guerra devono cessare. Occorre riportare i soldati in patria e aiutare eventualmente la gente (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, l'onestà intellettuale dell'onorevole Mantovani è fuori discussione: egli è conosciuta come persona intellettualmente corretta. Tuttavia, posso testimoniare che nel suo intervento vi è stata una imprecisione in merito alla missione in Jugoslavia, che fu votata da questo Parlamento solamente dopo il suo inizio. La missione in Jugoslavia iniziò con atti di guerra, mentre il Presidente del Consiglio di allora, onorevole D'Alema, mentiva a questo Parlamento, dichiarando che si trattava soltanto di voli di ricognizione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
Nello specifico, all'onorevole Mantovani e agli altri colleghi dico di essere completamente d'accordo e di trovare coerente con l'atteggiamento passato del centrodestra e del centrosinistra il prolungamento del mandato relativo alle missioni, con l'eccezione di quella che riguarda il Libano, ovvero il comma 1 dell'articolo 3. Ci siamo tutti vantati di essere andati in Libano su mandato ONU. Tale mandato relativo ad UNIFIL scade il 31 agosto 2007. Nulla ci induce oggi a ritenere con certezza che tale mandato debba o possa essere prorogato. Sappiamo anche che in Libano sono annunciati venti di tempesta.
L'emendamento in questione è complesso perché tocca più punti. Se vogliamo salvaguardare la continuità dell'impegno, possiamo prolungare di un anno le missioni. Tuttavia, quella riguardante il Libano potrebbe meritare un'eccezione.
Pertanto, chiedo alla Presidenza ed anche alle Commissioni di votare per parti separate l'emendamento Cicu 3.50, riguardante la missione in Libano, nel senso di votare il primo capoverso distintamente dai successivi. Se possibile, le Commissioni dovrebbero differire con un proprio emendamento la data in questione dal 30 giugno al 31 agosto. In questo caso verrebbe coperto esattamente il mandato dell'UNIFIL, cui si attengono anche le truppe italiane. Se così non fosse, ma solo in questo caso, ci limiteremmo a mantenere il termine del 30 giugno e riproporremo il problema limitatamente al Libano, anche in base alla situazione che ci sarà sul campo in quel momento ed anche in base alle decisioni che saranno assunte dall'ONU.

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, le chiedo scusa. Può chiarire i termini della richiesta relativa alla votazione per parti separate?

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, l'emendamento Cicu 3.50 prevede una prima parte che recita: «al comma 1, sostituire le parole: 31 dicembre 2007 con le seguenti: 30 giugno 2007». A questa prima parte, segue la successiva, che inizia Pag. 70con la parola: «conseguentemente». Pertanto, proporrei di votare distintamente la prima parte, escludendo quella che inizia con la parola «conseguentemente», che potrebbe essere posta in votazione successivamente, in un'unica soluzione. L'eventuale approvazione della prima parte dell'emendamento non comporta necessariamente l'approvazione della parte successiva, che quindi può essere votata separatamente.

PRESIDENTE. Quindi, si procederebbe distinguendo la prima parte dell'emendamento da quella consequenziale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.

IACOPO VENIER. Signor Presidente, gli attacchi e le accuse rivolte al mio gruppo e al segretario del mio partito impongono una brevissima replica. Infatti, se la polemica è sicuramente accettabile, quello che non è accettabile è la deformazione della realtà e delle posizioni da noi espresse.
I deputati della destra sanno bene che non stiamo parlando soltanto dall'Afghanistan, ma di un decreto che proroga tutte le missioni italiane. Inoltre, in questo quadro non stiamo parlando di rifinanziamento, ma stiamo autorizzando una proroga. Questo Governo ha infatti finalmente previsto ed attuato il finanziamento con l'istituzione di un apposito fondo istituito con la legge finanziaria. Non si è quindi comportato come i Governi precedenti, che grazie all'approvazione semestrale reperivano le risorse per finanziare le missioni militari anche su capitoli impropri, sino al punto di coprire la missione di guerra in Iraq con i fondi per la cooperazione allo sviluppo.
Ciò è quello che avete fatto quando avete governato e noi abbiamo contrastato questa politica e certamente non l'ordinata discussione sulla proroga della missione che oggi, dopo la riforma del sistema di finanziamento, può avvenire all'interno della legge finanziaria.
Abbiamo chiesto la presentazione di singoli decreti e criticato il Governo per non averlo fatto, in quanto ciò avrebbe potuto consentire l'approfondimento della discussione. Tuttavia, oggi dobbiamo affrontare complessivamente la questione e possiamo decidere di prorogare, non di finanziare, le missioni di un anno, salvo poterle interrompere in qualsiasi momento, qualora il Governo e il Parlamento lo decidano.
Infine, voglio dire all'onorevole Bricolo che accusare coloro che si battono per la pace e per una diversa politica estera di disfattismo e collusione con il nemico è qualcosa che abbiamo già sentito nel passato e che ha prodotto in Italia regimi politici autoritari e dittature.
Il dibattito democratico e la possibilità di esprimere le proprie opinioni e di non farsi condizionare in nessun modo dall'azione terroristica è il modo per battere il terrorismo. Se noi non ci facciamo condizionare e non impediamo alla nostra democrazia di essere una democrazia in cui tutte le posizioni sono legittime e nessuna viene criminalizzata in questo modo inaccettabile, allora, così facendo, faremo opera di contrasto ad ogni integralismo e ad ogni vocazione autoritaria, che purtroppo vediamo sedere anche in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ferme restando le considerazioni svolte dall'onorevole Rivolta, che sono pronto a condividere, vorrei ribadire che la questione della tempistica ci sembra chiaramente una scelta per mettere il bavaglio a coloro che nella sinistra votano con il «mal di pancia» questi interventi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
Si vogliono ridurre le occasioni di voto: questa è la verità, cari colleghi. Diciamocelo! Invece che fare ogni sei mesi, proroghiamo oltre i termini - ultra petita, stavo per dire oltre le richieste, oltre le necessità, oltre le scadenze delle Nazioni Pag. 71Unite, oltre qualsiasi limite, e questo solo per ragioni di difficoltà politica del centrosinistra.
Noi sappiamo che, in particolare quella in Afghanistan, è una missione di carattere militare e che l'attualità ci richiama drammaticamente ai rischi, agli impegni, alle difficoltà, alla necessità di determinazione, che accompagnano questa missione, che non è una missione solo umanitaria o solo politico-turistica, ma è bensì un impegno gravoso, che le nostre Forze armate affrontano. Ecco perché riteniamo che vi sia una contraddizione nel voler differire i termini: solo per diminuire le votazioni! Dunque voi adattate il calendario alla condizione comatosa dell'Unione! Questa è una cosa francamente inaccettabile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, desidero intervenire per svolgere alcune considerazioni volte a chiarire le ragioni per le quali non mi trovo consenziente con il complesso dell'emendamento in esame. Si tratta di un emendamento che mira a portare alla scadenza del 30 giugno 2007, quindi tra pochi mesi, l'autorizzazione delle Camere per la prosecuzione delle missioni militari all'estero.
Credo che le missioni militari all'estero richiedano stabilizzazione. Ci sono state in passato esigenze di «temporalizzare» il voto semestralmente, legate alle condizioni di bilancio, perché le missioni talvolta si sono rese necessarie improvvisamente e questo per il reperimento delle risorse ha indotto - ha costretto, se vogliamo - a non disporre un finanziamento annuale, bensì periodico, semestralmente.
Oggi siamo, nei fatti, di fronte ad una stabilizzazione delle missioni; cito al riguardo solo quella dell'Afghanistan, in relazione alla quale gli organismi NATO, cioè i vertici dei Capi di Stato appartenenti alla NATO (trattandosi di missione ISAF), hanno addirittura auspicato, hanno anzi convenuto, che la missione in Afghanistan debba proseguire fino al 2011.
A questo proposito vi è addirittura un ordine del giorno del collega Cossiga, che ha anche illustrato questa posizione, nel quale si impegna il Governo a proseguire nella sua azione fino al 2011. Volevo dire al collega Cossiga e agli altri presentatori che in tutto questo c'è una apparente - e non solo - contraddizione: da un lato si auspica che la missione si stabilizzi - ed è indubitabile che debba stabilizzarsi per ragioni incontrovertibili, giacché tutti sanno che, purtroppo, la situazione che si è determinata non è di breve durata - ; dall'altro si vuol chiedere alle Camere di votarla di nuovo tra pochi mesi.
A me pare che questo possa essere un artificio per creare qualche problema - su questo poi mi intratterrò in sede di dichiarazione di voto - all'ala antagonista o comunque a quella pacifista dello schieramento dell'Unione. Però non è questa la nostra posizione; noi crediamo fortemente nel valore delle missioni, crediamo che debba essere data stabilizzazione anche per garantire una maggiore copertura alle nostre Forze armate, che si impegnano e rischiano sul terreno. Ecco perché non mi sento di convergere sull'ordine del giorno richiamato e invito i colleghi a riflettere e a ritirarlo. In ogni caso, non ritengo di poter esprimere voto favorevole sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo intanto per sottoscrivere l'emendamento del collega Cicu 3.50, poi per sottolineare come la questione della copertura finanziaria ci appaia francamente secondaria rispetto al problema politico che questo emendamento pone nei confronti del centrosinistra.
Se invece la questione è relativa al rinnovo semestrale delle missioni da parte dell'ONU, ricordiamo, come ha già detto il collega Rivolta, che la risoluzione n. 1701 dell'ONU copre la missione UNIFIL fino al 31 agosto e che vi è la proposta di un subemendamento da parte del collega Rivolta - Pag. 72con la richiesta di votazioni per parti separate - su cui ci attenderemmo una risposta.
Noi sappiamo benissimo che le missioni all'estero meritano che il Parlamento le monitori, che il Parlamento discuta, che il Parlamento si esprima con una certa periodicità e crediamo che questo allungamento dei tempi - mi riferisco al finanziamento per un anno - sia un meccanismo non trasparente della maggioranza volto a nascondere un problema politico che è sotto gli occhi di tutti, che ha portato la maggioranza parlamentare ad una crisi di Governo consumatasi nel corso degli ultimi giorni.
Il collega Mantovani diceva che potrebbe addirittura essere un autogol e noi, dal punto di vista politico, ci auguriamo che lo sia. Pur mantenendo il nostro sostegno forte alle missioni e ai nostri militari, crediamo che la maggioranza non abbia i numeri al Senato e abbia delle grosse difficoltà anche in questa Camera; non vogliamo che questo venga nascosto né al Parlamento né all'opinione pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, in effetti, il voto favorevole su questi emendamenti, visto che si procederà a diverse votazioni, è rafforzato anche dalla considerazione che in passato, come si ricorderà, a cominciare dalla scorsa legislatura - ma il problema si è riproposto in questa - , si è più volte parlato e auspicato, nell'ambito delle due Commissioni e anche di quest'aula, che si arrivasse a dei provvedimenti generali che evitassero la costante ripetizione di decreti-legge in ordine alla partecipazione italiana alle missioni militari internazionali e di altra natura.
Tutti o quasi - comunque molti gruppi - si sono in precedenza espressi favorevolmente su questa ipotesi, ma poi la questione è caduta nel dimenticatoio. Ciò è accaduto perché ci sono delle evidenti contraddizioni, delle volontà diverse, che non consentono di arrivare ad una definizione complessiva della vicenda. A questo punto non vediamo per quale ragione, rimanendo lo strumento del decreto-legge, non si debba mantenere la periodizzazione semestrale; l'unico motivo è quello che è stato indicato dall'onorevole Gasparri: si vogliono evitare le votazioni periodiche in Parlamento per far correre a questa maggioranza che non c'è il minor numero di rischi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, intervengo brevemente, riallacciandomi all'intervento dell'onorevole Rivolta, per significarle che l'avverbio «conseguentemente» non fa parte dell'emendamento che noi abbiamo presentato, perché in effetti non vi è alcuna conseguenza tra i due aspetti. Poiché presumo che questo termine, che non ha ragione d'essere, sia stato inserito dagli uffici, propongo che si proceda a votazioni per parti separate, ma non come propone il collega Rivolta, ossia votando il primo comma e poi tutti gli altri, bensì comma per comma, specificando ogni volta all'Assemblea quello che viene posto in votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi Cicu ed agli altri firmatari di questo emendamento. Credo che la polemica politica, che naturalmente è giustificata nei confronti delle contraddizioni della maggioranza, non ci possa portare ad un comportamento contraddittorio in Assemblea rispetto alle impostazioni di fondo che noi abbiamo adottato nel corso degli ultimi anni. Se il Governo propone un testo con il quale si Pag. 73dichiara d'accordo nel ritenere che si debbano finanziare le missioni per l'intero anno solare 2007, non vedo come possiamo opporci a questa proposta e prospettare un finanziamento soltanto per sei mesi. Per questo motivo, qualora i colleghi insistessero per la votazione di questo emendamento, mi sentirò obbligato a votare contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, anzitutto intendo sottoscrivere l'emendamento Cicu 3.50. Desidero segnalare inoltre che, in realtà, tutto il provvedimento in esame è notoriamente caratterizzato da una sorta di funambolismo politico da parte dell'attuale maggioranza, incapace di dare un assenso tout court per la necessità di trovare quegli spazi, che consentano a gran parte dei componenti della stessa maggioranza di giustificarsi non con la coscienza, ma con il popolo che li ha votati.
Con grande capacità dialettica ed oratoria l'onorevole Mantovani ha spiegato le ragioni per cui è opportuna la proroga di un anno, che potrebbero essere convincenti, così come potrebbero esserlo le argomentazioni dell'onorevole Bosi, ma se ci fosse una maggioranza coesa e d'accordo sull'intervento militare e su ciò che esso significhi. Siamo dinanzi esattamente al contrario, quindi mi sembra abbastanza assurdo volerci convincere che siete talmente d'accordo con l'intervento in Afghanistan da volerlo finanziare per un anno, quando è evidente la ricerca di una scappatoia per sottrarsi ad un confronto parlamentare, specialmente nell'altro ramo del Parlamento, che evidentemente è ormai una Camera chiusa, in cui non si vota. È la prima legislatura in cui si assiste ad un Parlamento monocamerale; d'altra parte, si tenta il più possibile di tenere vuote quelle aule parlamentari, per evitare che vengano meno i voti determinanti di una parte della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, l'onorevole Mantovani ha già efficacemente riassunto le ragioni che sostengono la proposta di un finanziamento annuale delle missioni. Anche l'onorevole La Malfa ha testé argomentato in modo convincente la scelta del finanziamento annuale. Del resto ho sempre trovato discutibile la durata semestrale e credo, quindi, che sia ragionevole e razionale individuare una durata temporale più ampia per quanto riguarda il finanziamento delle missioni, come probabilmente fanno anche i parlamenti di altri stati che partecipano alle missioni.
Per quanto riguarda un problema che condividiamo, quello di una valutazione delle missioni e del loro andamento, credo che il Parlamento - lo ricordava l'onorevole Mantovani - possa sempre impegnare il Governo e i responsabili dello svolgimento delle missioni in audizioni e discussioni impegnative. A tale proposito presso le Commissioni esteri e difesa della Camera è avviata un'indagine conoscitiva, che approfondirà nel corso del tempo l'andamento delle missioni.
Mi pare che, ad una valutazione scevra da pregiudiziali politiche che guardi al sodo della questione, si possa convenire da parte di tutti sul carattere razionale di un finanziamento annuale delle missioni.
Per quanto riguarda l'UNIFIL 2 sappiamo bene - mi riferisco a quanto diceva l'onorevole Rivolta, anche per essere stati insieme nel Libano - che la situazione nel sud di questo paese resta tale per cui le Nazioni Unite provvederanno, ad un prolungamento della missione rispetto alla data di scadenza prevista per la fine del prossimo agosto.
In ogni caso, se intervenissero novità o se le Nazioni Unite si orientassero diversamente - cosa che non credo alla luce del quadro di notizie e di informazioni che disponiamo sul Libano - certamente il Pag. 74Governo e il Parlamento interverrebbero decidendo in conformità con eventuali diverse decisioni delle Nazione Unite.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Intervengo innanzitutto per sostenere la richiesta della collega Paoletti Tangheroni di votare per parti separate per intiero per ogni missione, così come è stato proposto dalla collega, il che potrebbe essere anche in linea con quello che pensa il collega Mantovani. Nel momento in cui ammette, infatti, che l'accorpamento delle varie missioni è un errore, questo, almeno per quanto riguarda i limiti e i tempi per il rifinanziamento, potrebbe essere un modo per distinguere le varie missioni.
Non è però assolutamente credibile tutto quello che è venuto fuori da questo dibattito, ivi comprese le ragioni esposte - ritengo a titolo personale, non per conto della maggioranza o del Governo - da parte del collega Mantovani, nel senso che discenda solo e soltanto dall'idea di portare a termine un vecchio progetto di allungamento del rifinanziamento ad un anno anziché a sei mesi, altrimenti questo si sarebbe fatto già nella scorsa tornata, cioè a luglio, quando c'è stato il rifinanziamento che portava il termine di sei mesi: perché allora non si è portato il tutto ad un anno, così come invece si vuole fare adesso?
Evidentemente siete stati colti con le mani nella marmellata, perché il vostro silenzio in quest'aula durante la discussione del provvedimento in esame fa il paio con il 31 dicembre 2007; ed è per questo motivo che bisogna riportare un equilibrio, altrimenti vi è un sillogismo che fa spavento. Voi chiedete un monitoraggio continuo, di accorciare quanto più possibile le missioni di pace e poi portate il termine da sei mesi a un anno per il rifinanziamento: che politica è questa se non quella del vostro silenzio sulla politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?

PRESIDENTE. Dunque, l'onorevole Paoletti Tangheroni ha chiesto di votare separatamente ciascuna disposizione che incide sull'autorizzazione di spesa relativa alla proroga della partecipazione alle diverse missioni.
Procederemo quindi alla votazione della prima parte dell'emendamento.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Se la prima parte venisse respinta, ovviamente diventerebbe preclusa la parte conseguenziale, a partire da «conseguentemente»...

ANTONIO LEONE. No!

MARCO BOATO. Lei ha proposto di votare la parte contenente l'avverbio «conseguentemente», ma non si tratta di singoli emendamenti: è un «conseguentemente» che viene precluso da...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, è una votazione per parti separate e ogni parte dell'emendamento ha una sua autonomia logica.

MARCO BOATO. La parola «conseguentemente» è retta dal primo capoverso dell'emendamento, che sposta la data. Mi sembra che, se fosse respinto il primo capoverso, sarebbero precluse le parti seguenti.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, ogni disposizione contenuta ha una propria autonomia logica. L'avverbio «conseguentemente» è stato introdotto dal presentatore, ma ciò non toglie - ripeto - che ogni parte abbia una propria autonomia logica.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 75

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, rispetto molto il collega Boato, ma è stato tratto in inganno dall'avverbio «conseguentemente», che è stato aggiunto dagli uffici e non dai presentatori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che sull'emendamento Cicu 3.50 la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 1, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 504
Votanti 503
Astenuti 1
Maggioranza 252
Hanno votato
191
Hanno votato
no 312).

Prendo atto che il deputato Belisario non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 2, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 514
Votanti 512
Astenuti 2
Maggioranza 257
Hanno votato
195
Hanno votato
no 317).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 3, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 506
Votanti 504
Astenuti 2
Maggioranza 253
Hanno votato
189
Hanno votato
no 315).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 4, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 512
Votanti 510
Astenuti 2
Maggioranza 256
Hanno votato
193
Hanno votato
no 317).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 6, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 508
Votanti 505
Astenuti 3
Maggioranza 253
Hanno votato
192
Hanno votato
no 313).Pag. 76

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 7, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 517
Votanti 515
Astenuti 2
Maggioranza 258
Hanno votato
194
Hanno votato
no 321).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 8, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 516
Votanti 514
Astenuti 2
Maggioranza 258
Hanno votato
192
Hanno votato
no 322).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 9, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 514
Votanti 512
Astenuti 2
Maggioranza 257
Hanno votato
186
Hanno votato
no 326).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 10, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 507
Astenuti 3
Maggioranza 254
Hanno votato
189
Hanno votato
no 318).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 11, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 507
Astenuti 3
Maggioranza 254
Hanno votato
190
Hanno votato
no 317).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 12, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 77

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 520
Votanti 518
Astenuti 2
Maggioranza 260
Hanno votato
195
Hanno votato
no 323).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 13, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 519
Votanti 515
Astenuti 4
Maggioranza 258
Hanno votato
195
Hanno votato
no 320).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 14, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 521
Votanti 518
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato
195
Hanno votato
no 323).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 15, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 523
Votanti 519
Astenuti 4
Maggioranza 260
Hanno votato
196
Hanno votato
no 323).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 16, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 526
Votanti 523
Astenuti 3
Maggioranza 262
Hanno votato
197
Hanno votato
no 326).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 17, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 524
Votanti 519
Astenuti 5
Maggioranza 260
Hanno votato
196
Hanno votato
no 323).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamentoPag. 78 Cicu 3.50, limitatamente alla parte riferita al comma 18, non accettata dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 522
Votanti 520
Astenuti 2
Maggioranza 261
Hanno votato
197
Hanno votato
no 323).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cossiga 3.57.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, capisco che la votazione che abbiamo terminato possa apparire un poco speciosa. Pensate cosa sarebbe successo se, anziché presentare un solo emendamento, che poi è stato riformulato in questo senso, ne avessimo presentati diciassette, cosa che non abbiamo fatto!
Abbiamo speso un po' di tempo a votare, anche se avremmo preferito un solo voto; tuttavia, la riformulazione ci ha costretti a questo passaggio.
L'emendamento in esame - a tal proposito vorrei interloquire con l'onorevole Mantovani -, in realtà - e mi dispiace che l'onorevole Bosi non se ne sia accorto -, è un classico caso di come l'apparenza inganni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,43)

GIUSEPPE COSSIGA. Infatti, questo emendamento - sul quale, se non erro, vi è il parere contrario della V Commissione e sarei anche disposto ad una riformulazione o a cancellare direttamente l'ultimo periodo - non parla di finanziamento, ma di un'altra cosa.
L'onorevole Mantovani ha fatto riferimento alla procedura consolidata di autorizzazione delle missioni; procedura non prevista dalla legge, ma che ormai è divenuta una prassi della proroga e anche dell'autorizzazione delle singole missioni. Mi riferisco alla procedura che prevede: comunicazioni del Governo e mozione parlamentare.
L'onorevole Rivolta ha fatto riferimento all'anomalia del Kosovo che, a mio avviso, costituisce un utile precedente. Infatti, se è vero che esiste una prassi consolidata, secondo la quale la missione di combattimento all'estero inizia dopo la mozione, il Kosovo costituisce un utile precedente in quanto, dal mio punto di vista, in questo paese è nella disponibilità del Governo iniziare una missione all'estero senza votare una mozione, come l'onorevole D'Alema ha fatto per il Kosovo.
Non siamo in Germania, in cui invece è necessaria una votazione del Parlamento e non siamo neanche negli Stati Uniti dove, dopo le prime ventiquattr'ore, la presenza di soldati americani all'estero è subordinata ad un voto del Parlamento. In Italia ciò non è previsto dalla legge.
Se l'emendamento venisse approvato, magari votando per parti separate e respingendo la seconda parte, questa sarebbe la prima volta in cui si lega la partecipazione militare di un contingente italiano in una missione all'estero ad un voto del Parlamento. Non parlo di proroga, ma di autorizzazione alla partecipazione.
Faccio riferimento al 2011 in quanto, in una delle strane anomalie di questa legislatura, si tratta della data individuata dal ministro della difesa in sede di comunicazione al Parlamento degli impegni assunti in ambito NATO. La data del 2011, onorevoli colleghi, è quella che, dal punto di vista della programmazione e della permanenza di personale militare della NATO in Afghanistan, viene assunta quale base per la programmazione.Pag. 79
Occorre chiarire la questione. Stiamo dicendo che, così come il ministro della difesa ha confermato nelle sedi opportune - sia in sede NATO, sia in sede parlamentare -, noi ci stiamo prendendo carico di una permanenza di nostri militari in una missione della NATO - fino a quando quest'ultima ce lo richiederà e con i distinguo e le limitazioni di cui potremo discutere in seguito - che non è fino al 31 dicembre del 2007, ma fino al 2011.
Potremo discutere ogni sei mesi, un anno o due anni di come rifinanziare questa missione, ma mettiamoci in testa un punto fondamentale: la missione ISAF in Afghanistan durerà ancora a lungo! E stiamo parlando di una missione in cui, ad oggi, i militari italiani non sono stati direttamente impiegati in combattimento, anche in relazione a scelte fatte da questo Governo e dal precedente. Ma non siamo noi che determiniamo l'evoluzione del fronte in Afghanistan!
Quindi, possiamo decidere di non spostarci in aree che non sono sotto la nostra diretta responsabilità, ma non possiamo impedire per legge o con una modifica alle regole di ingaggio che i talebani o i terroristi di Al Qaeda vengano ad attaccarci dove siamo.
Stiamo parlando di cose serie, stiamo parlando di impegno internazionale, stiamo parlando di una missione pericolosa, che rischia di vedere i nostri militari in prima linea. Preferirei che, soprattutto in Parlamento, si dicesse la verità: il nostro impegno è lungo e rischia di essere doloroso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, trovo interessanti le argomentazioni dell'onorevole Cossiga per difendere un emendamento il cui intento strumentale, per così dire, è conclamato.
Vorrei anzitutto far presente al deputato Leone che il mio intervento precedente era svolto a nome del mio gruppo e non già in rappresentanza della maggioranza: quando pronunciamo interventi a nome di tutta la maggioranza lo dichiariamo previamente.
In verità, mi sono piuttosto domandato quale dei quattro esponenti di Forza Italia poc'anzi intervenuti nel dibattito avesse parlato a nome del gruppo di appartenenza; sono infatti intervenuti i colleghi Cossiga, Paoletti Tangheroni, Rivolta e Leone con affermazioni tra loro differenti anche in relazione a quanto dianzi dichiarato nel mio intervento. Francamente, attendo dall'onorevole Leone un chiarimento per sapere se il suo sia stato un intervento a titolo personale o a nome del gruppo Forza Italia.
Quanto alla questione affrontata da questo emendamento - e altresì tornando, retrospettivamente, sulla questione, circa la quale abbiamo testé votato l'emendamento Cicu 3.50, relativa alla proroga di molte missioni fino al 31 dicembre -, l'onorevole Cossiga sa bene che qualsiasi missione prevede che i propri comandi programmino la propria attività ben al di là dell'autorizzazione ricevuta dalle Nazioni Unite o dai singoli Governi i cui militari partecipino a quelle operazioni. Ma, onorevole Cossiga, vorrei ricordarle che noi operiamo pur sempre in un sistema diverso dai regimi militari di alcuni paesi; un sistema, il nostro, nel quale il Parlamento ed il Governo possono in qualsiasi momento decidere di mettere fine ad una missione.
Vorrei ancora ricordarle, onorevole Cossiga, che la missione Enduring freedom si è conclusa; eppure, quella missione recava nel nome un'indicazione tale che un emendamento a sua firma avrebbe forse potuto «coprire» all'infinito quella missione. Invece, le Nazioni Unite e gli stessi soggetti che hanno dato vita a quella operazione ne hanno abbandonato gli obiettivi che in parte sono stati acquisiti dalla missione ISAF, che pure era nata con altri intenti e sotto altri auspici. Tutto ciò denuncia la chiara strumentalità della sua argomentazione e del testo del suo emendamento.
All'onorevole Rivolta vorrei rivolgere un ringraziamento per l'apprezzamento Pag. 80fatto nei miei confronti; ha infatti riconosciuto la mia onestà intellettuale: anch'io gli riconosco la sua. Devo peraltro aggiungere che, nel mio precedente intervento, mi sono soffermato anche sulle necessarie autorizzazioni alle missioni. In effetti, sulla questione del bombardamento della Repubblica federale di Jugoslavia da parte degli aerei della NATO, l'autorizzazione del Parlamento fu concessa sulla base di un ordine del giorno presentato in questa Assemblea del seguente tenore: si approva l'operato del Governo.
Ad onor del vero, però, onorevole Cossiga, lei dovrebbe sapere - se non altro per il nome che porta, atteso che altro autorevole esponente della sua famiglia ha sollevato questo tema - che il Governo invocò allora un obbligo internazionale assunto e firmato solennemente in sede NATO. Obbligo internazionale che è passato sotto il nome di Activation Act e che fu sottoscritto dall'allora Presidente del Consiglio Prodi. Impegno che prevedeva una partecipazione automatica, dal punto di vista militare, all'implementazione di una decisione politica già assunta e definita in sede NATO.

PRESIDENTE. Deve concludere...

RAMON MANTOVANI. Non riconobbi la legittimità né di quella decisione né, tanto meno, dell'approvazione e autorizzazione a posteriori di quella missione; però, ad onor del vero, bisogna, per così dire, dare a Cesare quel che è di Cesare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la contraddizione tra l'emendamento in esame e gli altri presentati dai colleghi di Forza Italia, esaminati e votati poco fa, relativi alla durata delle missioni, è soltanto apparente. Questi ultimi erano motivati dalla volontà di evidenziare come fosse diversa la definizione dei tempi nei provvedimenti precedenti e come l'improvvisa modifica dell'ambito temporale (nel decreto-legge in esame l'autorizzazione è riferita all'intero anno 2007) costituisse uno di quegli escamotage, di quei piccoli trucchi escogitati dal Governo e, in altro ambito e riguardo ad altre situazioni, dai gruppi di maggioranza, per cercare di condurre in porto il provvedimento in esame con il minor danno possibile (con l'occhio rivolto alla ben diversa situazione che si presenterà al Senato della Repubblica).
Poiché la maggioranza ha bocciato tali emendamenti, esprimendosi negativamente sull'ipotesi di riportare a sei mesi la durata della missione, come avevano disposto per tutte le missioni i provvedimenti precedenti, appoggiando l'emendamento Cossiga 3.57, sottoscritto da altri colleghi di Forza Italia, intendiamo dare a questo aspetto del provvedimento un valore anche emblematico di impegno politico. È chiaro, infatti, che la missione in ordine alla quale il contrasto all'interno delle forze di maggioranza è più forte - tale contrasto ha trovato espressione in molte manifestazioni organizzate dagli esponenti della sinistra estrema, della sinistra comunista - è quella in Afghanistan.
Ha ben ragione l'onorevole Cossiga quando fa riferimento alle dichiarazioni del ministro della difesa Parisi, il quale ha affermato che non saranno certamente brevi i tempi della missione Isaf: dovendo continuare ad esercitare funzione, mandato e compiti, la missione in parola presupporrà ancora la partecipazione, onorevole ed efficace, del nostro contingente militare. Prevedere un più lungo respiro temporale, non tanto riferito alla copertura finanziaria e coincidente con quella che presumibilmente sarà la reale tempistica della missione Isaf, sarebbe in questo caso, dopo un voto del Parlamento, un impegno chiaro a non modificare l'atteggiamento riguardo alla missione in Afghanistan, che ha - essa sì! - contraddistinto la continuità dell'azione del precedente Governo e di quello in carica, che più volte, per bocca dei suoi ministri, ha riconfermato la partecipazione italiana Pag. 81alla missione, contro le richieste e le affermazioni di alcuni esponenti della maggioranza.
Allora, al di là dell'impegno, il collega Mantovani ha detto una cosa ovvia e giusta, che non confligge minimamente con il contenuto dell'emendamento Cossiga 3.57: è chiaro che, anche approvandolo, si fa un discorso di lungo respiro; ma ciò non ci toglierebbe la possibilità, in futuro, di disimpegnare o di ridurre i tempi della missione a seconda delle contingenze sopravvenute. Votare a favore dell'emendamento Cossiga 3.57, affermando una politica di lungo respiro, vuol dire non soltanto riconfermare gli impegni dell'Italia nei confronti della NATO, dell'Alleanza e di tutti i partecipanti alla grande coalizione, ma anche riaffermare, anche in termini politici, la volontà di portare avanti la lotta al terrorismo, al regime talebano e proseguire con determinazione quanto è stato già fatto egregiamente dai nostri soldati e che continuerà ad esserlo grazie anche all'appoggio dei gruppi attualmente di minoranza, i quali continuano a dimostrare la propria serietà, nella stessa ottica che aveva giustificato i provvedimenti nello stesso senso del Governo Berlusconi e della maggioranza precedente (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il collega Cossiga poco fa ha affermato che stiamo parlando di cose serie. Nel prenderlo in parola, mi chiedo se sia serio quanto sta avvenendo.
Il collega Cossiga ed altri del centrodestra (per sua fortuna non il collega Gamba, il quale poco fa, un po' arrampicandosi sugli specchi, ha cercato di giustificare due emendamenti contraddittori di cui non è firmatario) hanno proposto di anticipare la scadenza dell'autorizzazione, che noi fissiamo al 31 dicembre 2007, al 30 giugno 2007. L'emendamento è stato bocciato ma, qualora fosse stato approvato, la missione Isaf sarebbe stata autorizzata soltanto fino al 30 giugno 2007.
Con il successivo emendamento il collega Cossiga, che parla di cose serie, vuole autorizzare la prosecuzione della partecipazione italiana alla missione Isaf dall'1 gennaio del 2008 al 31 dicembre del 2011. Quindi, dieci minuti fa hanno sostenuto che l'autorizzazione andava anticipata soltanto al 30 giugno, mentre qualche minuto dopo - visto che si parla di cose serie - propongono di posticiparla fino al 31 dicembre del 2011.
A me parrebbe un po' una buffonata, ma diciamo che è una cosa poco seria. Pertanto, voteremo contro questo emendamento.

GIUSEPPE COSSIGA. Buffonata è personale...! Chiedo di parlare a titolo personale.

PRESIDENTE. L'onorevole Cossiga ha già parlato; gli sarà data la parola quando interverrà sul prossimo emendamento.

GIUSEPPE COSSIGA. Chiedo di parlare a titolo personale!

PRESIDENTE. Il titolo personale non c'entra assolutamente.

GIUSEPPE COSSIGA. Allora chiedo di parlare per fatto personale!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO PICCHI. Grazie, Presidente. Mi sembra che il collega Boato non abbia capito lo spirito del ragionamento del collega Cossiga, che era il seguente: un conto è autorizzare la partecipazione alla missione, altro conto è il relativo finanziamento. Pertanto, non vedo francamente se queste affermazioni e considerazioni siano serie o meno.
Invece voglio ricordare che quando voi avete votato l'emendamento precedente sul Libano, cari pacifisti, avete autorizzato il finanziamento a partecipare ad una missione Pag. 82che va ben oltre l'attuale mandato ONU. Credo che le persone serie siano quelle che propongono degli emendamenti coerenti con i mandati internazionali dell'Italia e non chi invece nelle piazze dice una cosa, poi viene in quest'aula e fa tutto e il contrario di tutto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevole Presidente, intervengo per chiarire all'onorevole Boato che noi non siamo persone poco serie. I casi sono due: o c'è una verifica periodica costante delle missioni, quindi i decreti hanno una periodicità semestrale, oppure bisogna delineare il prima possibile un'exit strategy, visto che avete respinto la nostra proposta di una verifica più puntuale, che peraltro è quello che chiedevate voi da sempre quando eravate all'opposizione e anche ora che siete alla maggioranza.
Allora noi facciamo una proposta diversa: poiché in Afghanistan non è prevedibile uno sbocco sereno e rapido di questa crisi, con questo emendamento proponiamo di dare un respiro più ampio alla missione. Dunque c'è una logica in questa proposta, caro onorevole Boato: è impegnato al telefono, ma gli riferiranno queste osservazioni. Noi proponiamo di dare uno scenario più ampio e poniamo questa missione al riparo da scadenze costanti, in modo tale che nell'arco di tre o quattro anni si possa programmare in maniera adeguata un intervento militare e umanitario di ogni natura, per dare all'Afghanistan una prospettiva.
Purtroppo, in quella terra da qualche secolo vi sono ricorrenti crisi militari, conflitti, occupazioni, invasioni, scontri. Mi auguro che prima del 2011 l'Afghanistan - concludo Presidente - diventi un paese dove ogni diritto sia praticabile. Temo che forse il termine del 2011 verrà raggiunto senza aver risolto tutti i problemi, che l'Afghanistan si trascina da qualche secolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Solo per annunziare che, in coerenza con il voto contrario dato all'emendamento Cicu 3.50, voterò a favore dell'emendamento Cossiga 3.57, perché va esattamente nella direzione del testo del Governo e di ciò che io penso debba essere fatto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cossiga 3.57, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 496
Votanti 476
Astenuti 20
Maggioranza 239
Hanno votato
198
Hanno votato
no 278).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cossiga 3.58.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, intervengo preliminarmente per un richiamo al regolamento.
Io le ho formalmente chiesto la parola ai sensi dell'articolo 42 del regolamento, per stigmatizzare un termine infelicemente usato dall'onorevole Boato.
Come è noto le buffonate le fanno i buffoni e le stupidaggini le dicono gli stupidi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). In precedenza, Presidente, lei non mi ha dato la parola per fatto personale. Intervengo ora per sottolineare che Pag. 83io ho il diritto di chiarire che mi sento «toccato» dal punto di vista personale, mentre lei ha il diritto di specificare se lo sia o meno, ma non può negarmi la parola.

PRESIDENTE. Onorevole Cossiga, questa mattina le avevo già riconosciuto la possibilità di intervenire per fatto personale quando in effetti non vi era stata alcuna offesa, in quanto si trattava di opinioni politiche. Il dibattito che si svolge tra colleghi è tale per cui - mi pare ormai interpretazione consolidatissima - i fatti personali riguardano le offese alle persone (Commenti del deputato Campa). Nella fattispecie, vi è stato un collega che è intervenuto e ha ritenuto di interpretare il suo intervento in un modo. È intervenuto un altro collega del suo gruppo e ha spiegato, interloquendo con l'onorevole Boato, che aveva capito male, e la cosa quindi era chiarita.
In ogni caso, la Giunta per il regolamento, con parere del 24 ottobre 1996, ha stabilito che a discrezione del Presidente gli interventi per fatto personale sono rinviati alla fine della seduta. Questa mattina le avevo già concesso un'occasione per chiarire il suo pensiero; non vorrei però affermare una prassi per cui ogni volta che un collega si riferisce all'intervento di un altro collega poi vi è sempre un intervento immediato per spiegare che non si voleva dire come è stato interpretato.
Precisato questo, tutti gli interventi di coloro che chiederanno di prendere la parola per fatto personale, qualora la Presidenza non dovesse rilevare che si tratti di situazioni di particolare delicatezza, saranno rinviati al termine della seduta, sulla base di una decisione assunta dalla Giunta per il regolamento.
Proseguiamo ora nei nostri lavori.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Cossiga 3.58 non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Grazie del chiarimento necessario, Presidente. Approfitto dell'occasione della votazione di questo emendamento per interloquire in maniera, mi auguro, cortese con l'onorevole Boato, al quale dico soltanto che, al di là delle sue valutazioni, probabilmente, come ha già detto l'onorevole Picchi, non aveva colto la lieve differenza tra ciò che diceva l'emendamento precedente e ciò che diceva l'emendamento respinto ancor prima. Me ne dispaccio, perché dell'onorevole Boato ho il massimo rispetto; evidentemente la stanchezza o la disattenzione lo ha portato ad utilizzare parole che dalla sua bocca avrei preferito non sentire.
Con il mio emendamento 3.58, anche qui a volte l'apparenza inganna, affrontiamo un altro punto, che non è esplicitamente o semplicemente legato alla data del 30 giugno piuttosto che a quella del 31 dicembre. In questo decreto-legge, in effetti, vi è una singola missione che non viene prorogata al 31 dicembre 2007: si tratta della missione ALTHEA in Bosnia-Erzegovina.
Questo punto è stato affrontato in sede di Commissioni riunite ed i relatori, in riferimento al parere contrario espresso su questo emendamento, hanno fornito dei chiarimenti che non ci hanno soddisfatto. Si è detto che la missione ALTHEA è in corso di ridefinizione da parte dell'Unione europea, l'organismo che la guida, e quindi non vi è la necessità di prorogarla sino al 31 dicembre, posto che si sa che entro il 30 giugno sarà modificata. Tuttavia, ciò che vale per la Bosnia dovrebbe valere anche per le altre missioni, dovrebbe valere, ad esempio anche per l'UNIFIL. D'altronde noi non possiamo decidere sulla base di semplici valutazioni.
Sinceramente, la logica e la coerenza a cui faceva riferimento l'onorevole Bosi non riesco a vederle. Non riesco a vederle quando le missioni di guerra in Somalia sono inserite nell'articolo riguardante la ricostruzione in Afghanistan e non riesco a vederle anche quando percepisco che le date sono state fissate, forse, da qualche funzionario ministeriale senza entrare nello specifico di ciascuna missione. Quello che noi stiamo proponendo, a questo punto in uniformità con il testo del Pag. 84decreto-legge così com'è, è che in Bosnia la missione ALTHEA, che potrà essere sempre annullata o modificata dal Parlamento, sia prorogata al 31 dicembre come tutte le altre.
Mi permetta, signor Presidente, anche di interloquire un momento con l'onorevole Mantovano, che ha voluto fare riferimento ai miei più augusti parenti. Com'è noto, onorevole Mantovano (Commenti)... Sì, Mantovani. Comè noto, la conoscenza dei fatti non si trasmette per via genetica. Di quell'episodio particolare, tra l'altro, preferisco non avere memoria, perché tutti ricordiamo bene che, al di là di quanto fece l'Esecutivo presieduto dall'onorevole Prodi prima delle sua caduta, il Governo D'Alema nacque - desidero dimenticare esattamente in che modo - per fare una guerra a seguito di una operazione di trasformismo parlamentare che preferirei non fosse associata al mio nome (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, desidero confermare il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale anche sull'emendamento Cossiga 3.58. In effetti, ancora una volta ci troviamo di fronte ad un aspetto pasticciato e confuso del provvedimento in esame. Al di là del contesto, sul quale, evidentemente, il gruppo di Alleanza Nazionale non può non confermare il suo coerente atteggiamento favorevole, il decreto-legge in esame manifesta diversi aspetti pasticciati e confusi e operazioni di natura «cosmetica», che sono distribuite in tutti i suoi articoli.
Come già sottolineato dall'onorevole Cossiga, è incomprensibile la diversità di trattamento riservata alla missione ALTHEA e, in particolare, l'atteggiamento diverso che è stato tenuto anche dalla Commissione bilancio - la quale, se non sbaglio, ha espresso parere contrario su questo emendamento - quando vi sono parti dello stesso provvedimento, riferite ad altre missioni, che presentano la stessa, identica formulazione e la stessa, identica costruzione anche in termini di copertura finanziaria. Il presidente Ranieri, in questo caso relatore per la III Commissione, in sede di discussione nell'ambito del Comitato dei diciotto, ha confermato e motivato il parere contrario dei relatori, che si è trasformato in un parere contrario delle Commissioni, su questo emendamento. A suo dire, la missione ALTHEA sarebbe in corso di ridefinizione ed è da vedere in che termini eventualmente continuerà la partecipazione italiana ad essa. Per sua stessa dichiarazione, ha anche ammesso che non è detto che ci sarà una riduzione della nostra partecipazione che, quindi, giustifichi un termine più breve e uno stanziamento finanziario più limitato. Invece, si potrebbe benissimo prevedere un potenziamento di questa missione, atteso che alcuni altri paesi potrebbero ritirare le proprie truppe e destinarle ad altre missioni e ad altri impieghi e che ciò potrebbe necessitare un maggiore impegno da parte del nostro paese.
Se questo è vero, come credo che sia, mi domando per quale ragione non dobbiamo prevedere per la missione in Bosnia-Erzegovnia un termine esattamente identico a quello delle altre missioni, con una previsione di copertura finanziaria adeguata, in modo di lasciare alla discrezionalità del Governo, nel momento della ridefinizione della missione in sede europea, la determinazione degli aspetti esatti. Se si risparmierà qualche euro, ovviamente, bene potrà essere utilizzato in altro ambito. Sarebbe segno di grande serietà, tuttavia, prevedere una copertura già da ora e un termine omogeneo rispetto a quello delle altre missioni.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, siamo già dinanzi ad un orientamento definito e Pag. 85assunto in sede europea circa la riconfigurazione della missione ALTHEA. Si tratta non di una ipotesi o di una possibilità, ma di una scelta, che nasce dalla presa d'atto che il processo di stabilizzazione in Bosnia è proceduto. Quindi, pure in presenza di difficoltà, che ci sono note, l'Unione europea ritiene possibile un ridimensionamento della presenza militare ed una messa a punto dei particolari entro il mese di giugno.
Quindi, all'indomani di una compiuta riconfigurazione della presenza militare in quel panorama, che comporterà anche un disimpegno di alcuni paesi e una presenza di altri, avremo la possibilità di decidere le dimensioni relative all'impegno finanziario del nostro paese per quella missione.
In funzione di una scadenza che già conosciamo e che si presenterà nei prossimi mesi, è stata adottata questa soluzione per quanto riguarda il rifinanziamento della missione ALTHEA e mi sembra che anche questa decisione abbia una sua razionalità e che non debba suscitare sospetti né contrarietà pregiudiziali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, coerentemente con quanto abbiamo affermato in ordine all'emendamento che intendeva ridurre i termini di queste missioni al 30 giugno prossimo, non trovo corretto il fatto che, invece, si preveda per la missione denominata ALTHEA la data del 30 giugno, anziché quella del 31 dicembre.
Concordo con le valutazioni del relatore Ranieri, presidente della Commissione affari esteri, sulla previsione, per la verità un po' ottimistica, secondo la quale al 30 giugno potremo concludere quella missione, perché, francamente, conservo qualche perplessità. Tuttavia, si poteva benissimo prevedere, anche in questo caso, la scadenza al 31 dicembre, salvo abbreviarne il termine, risparmiando sullo stanziamento, e decidere anche in via amministrativa.
Sicuramente, il relatore Ranieri si rende conto che, fissando la scadenza del 30 giugno, qualora quella missione non dovesse terminare, il Governo e, poi, il Parlamento si troverebbero a dover rielaborare un provvedimento di rifinanziamento. Ciò, francamente, romperebbe con una linea che noi condividiamo, ossia quella di dare una maggiore copertura e, quindi, un maggior suffragio politico alle missioni internazionali, cercando di sottrarle a quelle strumentalizzazioni alle quali ci aveva abituato una certa sinistra, perché noi abbiamo sempre creduto nelle missioni e vogliamo crederci, perché ci identifichiamo con il lavoro di operatori di pace che in quei teatri i nostri militari svolgono.
Pertanto, sarebbe stato meglio che tutte le missioni avessero avuto la loro copertura parlamentare e finanziaria fino alla fine dell'anno.
Dichiaro, quindi, che voteremo a favore dell'emendamento Cossiga 3.58, perché ci sembra coerente con la linea che stiamo perseguendo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cossiga 3.58, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 506
Maggioranza 254
Hanno votato
219
Hanno votato
no 287).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cicu 3.59. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.

Pag. 86

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Il motivo per cui era stato formulato un invito al ritiro di questo emendamento è che, avendo approvato nell'ufficio di presidenza la proposta che presenteremo al Presidente Bertinotti circa una indagine conoscitiva, era ovvio che si poteva chiamare il Governo a riferire. Ma sullo spirito, ossia sul fatto che si chieda in ogni caso una relazione al Governo sulla missione, non c'è alcuna contrarietà. Quindi, se l'emendamento non viene ritirato, il parere è comunque favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dalle Commissioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, di questa scelta ringrazio ovviamente i relatori. Vorrei soltanto specificare che, nell'emendamento in oggetto, abbiamo parlato di missioni di cui ai commi da 1 a 17, perché si tratta di interventi sostanzialmente diversi gli uni dagli altri. Dunque, non ha senso fare un unico calderone. Chiederemo che il Governo venga a riferire specificamente su ciascuna missione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, trovo molto saggio da parte del relatore aver accettato lo spirito di questo emendamento. Non sempre, in passato, analoghe richieste sono state accettate.
Mi corre l'obbligo però di interloquire con l'onorevole Cossiga. Non ho mai pensato che si trasmetta per via genetica né una conoscenza né tanto meno un'opinione. Mi scuso, dunque, se ha interpretato le mie parole in quel senso. Del resto, per la concezione che ho della famiglia, che non coincide con quella dell'onorevole Cossiga, non attribuirei mai questa importanza. Chiamavo solo a memoria, per testimoniare che la tesi che stavo sostenendo era stata riconosciuta valida da un'altra persona che porta il suo nome. Spero che, invece, il suo tentativo di negare la mia identità, modificando il mio cognome, non fosse una ritorsione, ma un semplice e banale incidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, intervengo per chiedere di aggiungere la mia firma a questo emendamento che fa giustizia di alcune questioni che questa sera abbiamo discusso.
Vorrei ricordare al collega che non è vero che non è mai stato concesso. Precedentemente, abbiamo parlato di missioni che, nella scorsa legislatura (del cui Governo facevo parte) avevano una scadenza semestrale, per le questioni di bilancio di cui si è detto. Questa era la migliore occasione nella quale il Parlamento poteva rivalutare e ridiscutere.
Quindi, nel momento in cui portiamo la scadenza al 31 dicembre 2007, è giusto che entro il 30 giugno 2007 il Governo venga a riferire sull'andamento di queste missioni. Mi fa anche piacere che sia stato espresso parere favorevole dal relatore. Aggiungere la mia firma significa dare coerenza al ragionamento che abbiamo svolto questa sera.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere la mia Pag. 87firma all'emendamento in esame, perché ritengo doveroso ascoltare il Governo su eventuali novità e per conoscere gli sviluppi delle missioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 3.59, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 526
Votanti 524
Astenuti 2
Maggioranza 263
Hanno votato
516
Hanno votato
no 8).

Prendo atto che i deputati Poretti, Ossorio e Pedica hanno espresso un voto contrario, mentre avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cossiga 3.60, sul quale ricordo che le Commissioni e il Governo hanno espresso parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo). Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, intervengo per spiegare il senso di questo emendamento, che è importante. Sono felice che le Commissioni ed il Governo abbiano espresso parere favorevole sull'emendamento in esame, ma credo che la relativa discussione abbia un senso.
Al comma 18 abbiamo trovato le parole cultura araba, ma se per cultura araba si intende quella più lontana a tutte le missioni che sono qui riportate, allora abbiamo ritenuto doveroso introdurre le lingue davvero più lontane, che sono quelle parlate in Afghanistan. I 17 commi precedenti riguardano questioni sostanzialmente diverse l'una dall'altra e, quindi, vanno guardate - questo è il nostro intendimento - tutte con attenzione e cura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, parlavo di questo con i presidenti delle Commissioni: in fondo, secondo il testo del Governo, gli uomini della missione dovrebbero essere resi edotti della lingua e della cultura arabe. Forse possiamo più generalmente far riferimento a tutti i paesi nei quali sono impegnati, cioè alla lingua e alla cultura di tutti i paesi (sono tantissimi) in cui questi uomini sono impegnati. Forse le Commissioni possono riformulare il testo in modo più generale, il che lo renderebbe molto più adeguato.

PRESIDENTE. Qual è l'opinione dei relatori sulla proposta avanzata dall'onorevole La Malfa?

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. La considerazione dell'onorevole La Malfa ci sembra fondata; quindi, potremmo accoglierla.

PRESIDENTE. Presidente Ranieri, dal punto vista formale si tratta di un nuovo emendamento; quindi, dovremmo procedere in questo modo: l'onorevole Cossiga ritira il proprio e le Commissioni ne presentano un altro.

UMBERTO RANIERI, Relatore per la III Commissione. Sta bene. Il nuovo emendamento farà dunque riferimento alle lingue ed alle culture dei paesi in cui si svolgono le missioni».

PRESIDENTE. Avverto che le Commissioni hanno presentato l'ulteriore emendamento 3.150, del seguente tenore: «Al comma 18, sostituire le parole: «alla lingua e alla cultura araba» con le seguenti: «alle lingue e alle culture dei paesi in cui si svolgono le missioni». Pag. 88
Prendo atto che il Governo lo accetta e che i presentatori ritirano l'emendamento Cossiga 3.60.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.150 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 515
Votanti 510
Astenuti 5
Maggioranza 256
Hanno votato
507
Hanno votato
no 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rugghia 4.50, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 507
Astenuti 6
Maggioranza 254
Hanno votato
504
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Belisario non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bricolo 5.50.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo di ripristinare il codice penale militare di guerra per i nostri militari, che in questo momento sono impegnati nelle missioni di pace.
Questo codice era sempre stato applicato nella passata legislatura relativamente alle missioni di pace portate avanti dal precedente Governo. Invece, il Governo Prodi ha riconosciuto uno dei tanti contentini alla sinistra radicale, che ha chiesto di applicare alle missioni di pace il codice penale militare di pace.
Visti gli scenari assolutamente critici che si stanno prefigurando in Libano ed in Afghanistan, crediamo che sia più opportuno tornare ad applicare il codice militare penale di guerra, anche perché questo codice - uno dei più avanzati esistenti al mondo - garantisce i civili stessi dalle ingerenze eventualmente poste in essere da militari: una parte di esso, infatti, concerne il diritto umanitario bellico, non previsto dal codice militare di pace.
Dunque, poiché riteniamo che il mio emendamento sia di buon senso ed opportuno - se si hanno presenti gli scenari che si stanno prospettando in questo momento sia in Afghanistan, sia in Libano - ne chiediamo l'approvazione da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto voglio aggiungere la mia firma all'emendamento dell'onorevole Bricolo perché in passato, in occasione delle discussioni relative a provvedimenti precedenti, ero stato io stesso a promuovere alcune proposte emendative aventi il medesimo senso.
Riguardo al disegno di legge presentato dal Governo Berlusconi, relativo ad una delega per la ridefinizione e le ampie e complessive modifiche dei codici penali militari di pace e di guerra, avevamo già discusso in quest'Assemblea circa l'opportunità e le diverse ragioni che sostenevano quanto previsto dai primi provvedimenti del Governo precedente sulle missioni internazionali. Pag. 89Essi avevano introdotto l'applicazione delle disposizioni di cui al codice penale militare di guerra con alcune modificazioni, riferite in particolare alle questioni di natura procedimentale e alla competenza giurisdizionale del tribunale militare di Roma; ciò, per non incidere sull'istituzione dei tribunali penali militari di guerra, previsti dal codice di cui sopra solo in caso di reale svolgimento di un conflitto.
Come dicevo, in molte occasioni avevamo sostenuto la bontà della previsione che aveva introdotto l'applicazione di queste norme per alcune missioni, in particolare per quelle in Afghanistan ed in Iraq. Ora ci troviamo ovviamente in presenza anche di quella riferita al Libano, ma rimangono valide, come erano valide allora, le ragioni che sostenevano la disposizione che è stata cancellata in occasione dell'approvazione dell'ultimo provvedimento espresso da questo Governo e da questa maggioranza.
Ancora una volta si è previsto un piccolo contentino - peraltro, in questo caso particolarmente dannoso - per i gruppi della sinistra estrema, comunista, per giustificare una volta di più il loro voto favorevole al complesso delle disposizioni, che viceversa in passato spesso era stato, come è noto, negato.
Le ragioni sono sempre le stesse, quindi le disposizioni del codice penale militare di guerra, così come modificate, sono molto più opportune riguardo alla necessità della coesione del contingente militare in circostanze ed in situazioni, che non sono quelle di un conflitto armato in senso stretto, ma che in tempi moderni assomigliano molto alle circostanze ed alle situazioni che si debbono fronteggiare in occasione di queste missioni così pericolose.
Tali disposizioni tutelano maggiormente il nostro contingente militare ed anche i civili, che eventualmente potessero essere fatti oggetto di atteggiamenti e comportamenti penalmente rilevanti da parte degli stessi nostri militari.
È evidente quindi che l'atteggiamento favorevole (è sempre stato tale da parte del gruppo di Alleanza nazionale) nei confronti di quella previsione normativa è confermato in questa circostanza, con la sottoscrizione dell'emendamento Bricolo 5.50 e con l'espressione del voto favorevole, così come accaduto in occasione della discussione del provvedimento precedente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, desidero anch'io sottoscrivere l'emendamento Bricolo 5.50 e svolgere alcune brevissime considerazioni.
Con la nuova maggioranza ed il nuovo Governo non è stata più prevista l'applicazione delle norme del codice militare di guerra nei confronti delle missioni, probabilmente in omaggio ad un'anima pacifista, che alla sola lettura delle parole «codice militare di guerra» insorge, temendo chissà quali usi impropri delle armi da parte dei militari! In realtà, come è stato giustamente ricordato, il nostro codice militare di guerra è uno dei più evoluti e più apprezzati e si pone in termini di assoluto garantismo, soprattutto nei confronti delle parti deboli della popolazione.
Infatti, se in combattimenti ad alta intensità o in circostanze in cui dovessero acquisire il controllo totale di un territorio i militari commettessero abusi o reati nei confronti della popolazione inerme o civile, risponderebbero con pene molto più severe.
Pertanto, questo pregiudizio nominalistico intorno all'espressione «codice militare di guerra» ci lascia francamente esterrefatti. Anche i nostri militari pagano un prezzo alto (poiché vi sono disposizioni in ordine alla linea di comando), che può mettere a repentaglio la loro sopravvivenza, sull'altare di un pregiudizio nominalistico che è stato montato in ordine a tale concetto.
Vorrei che qualcuno ci spiegasse una volta per tutte in sede di Commissione (non vi sarà l'occasione questa sera pertanto chiederò alla collega Pinotti di assumere Pag. 90un'iniziativa al riguardo) le prerogative e le caratteristiche del codice militare di guerra per sfatare finalmente questo pregiudizio, che è stato alimentato e montato francamente con una certa approssimazione e con una leggerezza più unica che rara.
Mi meraviglio che il Governo abbia accolto questo pregiudizio; chi conosce il mondo militare sa quanto questo abbia provocato e produca riserve e malumori nelle Forze armate.
Le rinnovo, in conclusione, la mia volontà di sottoscrivere l'emendamento Bricolo 5.50 (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bricolo 5.50, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 506
Votanti 503
Astenuti 3
Maggioranza 252
Hanno votato
226
Hanno votato
no 277).

Prendo atto che il deputato Ventura non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cossiga Tit. 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, si tratta dell'ultimo emendamento di una serie lunga e defatigante che sancisce un fatto curioso avvenuto in quest'aula.
Tutto sommato, i gruppi che hanno, a mio avviso, dimostrato, anche nell'altro ramo del Parlamento, la maggiore convinzione nell'esprimere voto favorevole nei confronti di queste missioni e addirittura sul testo adottato da questo Governo, sono quelli che hanno presentato il maggior numero di emendamenti, intervenendo di più. Coloro che, invece, hanno assunto una posizione contraria hanno presentato emendamenti in sede di Commissioni, ma, successivamente alla «caduta» del Governo sulle tematiche di politica estera, tali proposte emendative si sono liquefatte, sono sparite (non le abbiamo più viste)!
Questa liquefazione ha caratterizzato anche la volontà di difendere le proprie opinioni, non tanto di quei gruppi che, obtorto collo e per ragioni di tenuta di questa inutile maggioranza e di qualche poltrona, voteranno a favore di questo provvedimento, quanto di quelle poche teste indipendenti, che sono capaci di difendere le proprie posizioni, anche a costo di essere sanzionati dal proprio partito. Oggi in quest'aula c'è stato il silenzio, e non c'è stato neanche un Turigliatto a difendere la propria posizione.
Sarò peraltro brevissimo. Il mio emendamento vuole correggere il titolo - è l'ultimo tentativo - di un provvedimento che ha stanziato 100 milioni di euro per le missioni umanitarie rispetto al miliardo di euro stanziato per le missioni militari; si tratta di un emendamento che vuole correggere il titolo di un provvedimento che fa finta di dire al paese che le cose sono diverse da quelle che realmente sono. Lo so che questa proposta emendativa verrà bocciata, ma ci tengo a fare un riferimento ad un documento ufficiale dello Stato maggiore della Difesa, alla scheda informativa sulla missione in Afghanistan.
Perché rimanga agli atti, desidero leggere la definizione della missione ISAF e, in particolare, dell'ultima revisione del piano operativo 10302, che è applicato a questa missione, per dimostrare che veramente si tratta di una missione militare, se Pag. 91non addirittura di una missione di guerra. Ebbene, lo Stato maggiore della Difesa, in questo documento, anche se magari nelle Commissioni, per opportunità politica, non è stato detto, scrive: la missione è quella di condurre operazioni militari in Afghanistan, secondo il mandato ricevuto, in cooperazione e coordinazione con le forze di sicurezza afgane e con quelle della coalizione, al fine di assistere il Governo afgano nel mantenimento della sicurezza.
Questa è la missione ISAF! Possiamo forse nasconderlo, ma questa è la missione ISAF e questa è la ragione per cui - noi ci auguriamo di no - qualche nostro soldato potrebbe subirne le conseguenze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, voteremo a favore di questo emendamento, perché le motivazioni addotte dall'onorevole Cossiga mi sembrano ampiamente condivisibili.
Vede, Presidente, occorre - questo è un richiamo che mi permetto di fare alla maggioranza - in estrema sintesi uscire dall'equivoco. Perché non chiamare con il loro nome queste missioni, che sono militari, oltre che umanitarie e civili? Mi sembra che la chiarezza sia assolutamente necessaria, per la trasparenza con la quale devono essere portati avanti i provvedimenti legislativi.
Quindi, anche a nome del mio gruppo, dichiaro voto favorevole sull'emendamento Cossiga Tit. 1. (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cossiga Tit. 1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256
Hanno votato
233
Hanno votato
no 277).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2193-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2193 sezione 5).
Informo che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Bricolo n. 9/2193/21.
L'onorevole Pedrizzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/18.

RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, ho presentato questo ordine del giorno perché ve n'é un altro, presentato al decreto sull'Afghanistan, che reca la firma di rappresentanti dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra europea, Verdi e Rosa nel Pugno, che ha suscitato i peana del ministro Ferrero e persino la benedizione del ministro D'Alema.
Si tratta di un ordine del giorno che ha dell'inaudito. La sinistra radicale, nel senso di pannelliana, con il placet del Governo, vuole comprare l'oppio afghano per farne morfina anti-dolore, ossia vuole finanziare terroristi di Al-Qaeda a spese dei contribuenti italiani! La soluzione escogitata da queste «menti sopraffine» per risolvere il problema dei narcotrafficanti afgani, dunque, non é quella di intervenire con volontà politica a livello di ONU e di comunità internazionale, per finanziare uno sradicamento ed una riconversione delle colture, ma quella di incentivare l'attività di coltivazione e produzione della droga, quando tutti sanno che gran parte dei proventi del narcotraffico afghano servono proprio per finanziare i terroristi di Al-Qaeda.Pag. 92
Molti sanno che le piantagioni afghane sono fonte di oltre il 90 per cento dell'eroina mondiale. La proposta, quindi, non è né nuova, né realistica. Le piantagioni di oppio si trovano nelle zone coltivate proprio dai terroristi; non sono certamente controllate da piccoli coltivatori indipendenti, ma dai talebani e dall'organizzazione terroristica, con cui non si capisce bene in che modo l'Italia vorrebbe, e potrebbe, trattare e che hanno già un «cliente» che non ama essere scontentato: il cartello delle mafie internazionali, a spese, lo ripeto, dei contribuenti italiani.
Del resto, basta considerare da chi viene avanzata tale proposta. Sono gli stessi che avversano ferocemente la legge Fini e che hanno sempre proposto la legalizzazione della droga come arma efficace per sconfiggere il terrorismo, cioè per non far guadagnare i soldi ai talebani. Ora, invece, i soldi ai talebani glieli farebbero guadagnare, ma il fine è sempre lo stesso: arrivare a legalizzare le sostanze stupefacenti.
Invece, onorevoli colleghi, signor Presidente, la strada da percorrere è opposta, utilizzare cioè, gli strumenti che abbiamo a disposizione per combattere efficacemente la diffusione della droga. Uno di essi è certamente, lo ribadisco, la riconversione delle colture, una strategia di lungo termine, che ha iniziato a dare, proprio in questi ultimi anni, i primi risultati. Si pensi solo al «triangolo d'oro» del sud-est asiatico: Birmania, Laos e Thailandia, in cui si è passati, in pochi anni, dai 180 mila ettari di coltivazione ai 20 mila di oggi. Certo, non è un percorso semplice e lineare, ma va perseguito con forza, coerenza e determinazione, affiancandolo con un impegno concreto di tutti i paesi del mondo nel ridurre la domanda interna, vero motore dell'escalation dei consumi a cui assistiamo.
In poche parole, si tratta di eliminare la coltura e la cultura della droga e, comunque, la proposta di acquistare l'oppio per uso legale non è praticabile, perché la domanda mondiale di oppio legale, che serve agli ospedali per terapie anti-dolore, è ampiamente soddisfatta, già attualmente, dai paesi che ne sono autorizzati: Australia, Francia, Turchia e India. Il mercato illecito dell'oppio è pari a 6 mila tonnellate, quello lecito è pari a 400 tonnellate. È evidente che la saturazione sarebbe immediata e non sapremmo cosa fare di tonnellate di oppio afghano immesso sul mercato. Tutto ciò, si badi bene, non lo diciamo noi, ma uno che se ne intende e che è di sinistra: Pino Arlacchi, già direttore dell'Agenzia delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine, una valutazione confermata dal suo successore, Antonio Maria Costa...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole...

RICCARDO PEDRIZZI. Sto concludendo, signor Presidente. Stavo dicendo di Antonio Maria Costa che, nel bocciare la proposta della sinistra radicale, ha detto: «Per l'Afghanistan è una proposta pericolosa».
Per queste ragioni ho presentato l'ordine del giorno n. 9/2193/18 ed invito l'Assemblea ad approvarlo.

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/25.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, in claris non fit interpretatio (Applausi ironici dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Italia dei Valori). È, quindi, evidente che siamo di fronte ad una situazione estremamente chiara e limpida, che non può che essere riassunta in un modo altrettanto chiaro ed altrettanto limpido.
In quest'aula non ci sono ale pacifiste: se c'è qualcuno che appartiene a quest'ala, tiri su una mano, lo dica e voti contro il provvedimento in esame che è stato definito nella scorsa legislatura certamente un provvedimento di guerra!
Ho visto le piazze piene, con persone del popolo capitanate da persone che siedono in quest'aula, che hanno detto che Pag. 93qui vi sono degli eversivi - ma cortesemente facciano i nomi, come li faccio io! -; persone che siedono in quest'aula e che sbandieravano le loro bandiere ad arcobaleno, che urlavano «Pace senza se e senza ma» e che oggi si trovano a votare in una posizione esattamente diversa rispetto a quella che hanno promesso al popolo.
Il mio capogruppo, Andrea Gibelli, mi ha detto: «Matteo, misura le parole!». Le ho misurate: traditori precisi (Una voce dai banchi dei deputati dei gruppi della maggioranza: Scemo)!

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/8. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Presidente, colleghi, vogliamo illustrare il nostro ordine del giorno che è in totale opposizione all'ordine del giorno, su cui farà la dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi, presentato dagli onorevoli Sereni, D'Elia, Venier, Mantovani ed altri. Ci muoviamo cioè in una logica opposta, in una logica che viene dall'Agenzia dell'ONU per la lotta alle tossicodipendenze, quella che ha spinto il responsabile di quell'Agenzia a dire che l'acquisto dell'oppio per scopi legali, e in particolare per la produzione di farmaci antidolorifici, sottoponendo le coltivazioni a procedure di controllo con l'obiettivo di contrastare il narcotraffico, oltre che moralmente inaccettabile non servirebbe a nulla, in quanto le maggiori quotazioni del mercato illegale indurrebbero i coltivatori di oppio a soddisfare quel tipo di domanda.
Mi sembrano ragioni di assoluto buonsenso. Invito dunque alla riflessione quella parte dell'attuale maggioranza che su questi temi ha avuto posizioni diametralmente opposte a quelle che sottostanno all'ordine del giorno Sereni ed altri n. 9/2193/4, che ha una sua coerenza. In quest'aula per più di quindici anni, e ancora oggi, è presente un'anima cosiddetta libertaria, che ritiene, in questo caso l'acquisto di oppio, nel caso del dibattito sulle tossicodipendenze la liberalizzazione delle droghe, come un elemento di libertà di scelta e che quindi deve essere nient'affatto penalizzato. Vi è un'anima anche nel centrosinistra che invece lo ritiene sbagliato: allora vi invito a riflettere sul nostro ordine del giorno, ma anche sulla votazione che farete sull'ordine del giorno Sereni ed altri n. 9/2193/4.
Il nostro ordine del giorno era già stato presentato nelle votazioni precedenti sulla missione in discussione, anche durante il Governo precedente, che si era impegnato a fare in modo che l'indicazione importante e urgente di estirpare le coltivazioni di oppio in quello Stato, unica fonte sia per i signori della guerra che per i commercianti di morte e i terroristi internazionali di Al Qaeda, potesse realizzarsi in tempi ristrettissimi ed incidere laddove le fonti di finanziamento arrivano nelle casse dei terroristi presenti là, ma presenti anche qua, sul territorio e nello scacchiere europeo ed occidentale.
Chiediamo che ciò venga fatto con più forza ancora anche da questo Governo, in collaborazione con l'operazione interforze ISAF, e che al posto di quelle coltivazioni si aiutino i coltivatori e i contadini del popolo afghano a introdurre quella agricoltura e produzione biologica di cui tanto si è parlato anche nel nostro paese, tenendo qui alcune conferenze internazionali che esaltino il ruolo delle coltivazioni e dei coltivatori dei paesi d'origine.
Ora, non si capiscono una serie di posizioni contraddittorie, come quella di esaltare quel tipo di coltivazione biologica e l'altra, invece, di evitare di introdurla in un paese come quello afghano; non si capisce come non si possa tener conto dell'Agenzia contro il narcotraffico dell'ONU e invece si proponga l'acquisto in blocco di produzioni oppiacee da quel paese.
Non si capisce - lo dico con una battuta, ma vi invito a riflettere fino in fondo su quali saranno le conseguenze se fosse approvato l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 - per quale motivo comprare questa droga all'origine e non da un intermediario. Non si capisce, cioè, come si possa giustificare una lotta a tutto Pag. 94campo, legittima, giusta e sempre più necessaria, sul nostro territorio nei confronti dei commercianti di questa sostanza, che porta alla morte centinaia di migliaia di giovani, come stigmatizzare l'uso della cocaina e, poi, invece comprarla attraverso un acquisto in blocco laddove si produce.
Mi sembrano contraddizioni impossibili da conciliare, se non per un semplice fatto. Questo ordine del giorno, legittimamente annunciato da alcune forze politiche di estrema sinistra e dai radicali nelle passate settimane, è diventato una sorta di ordine del giorno dell'intera coalizione di maggioranza e si identifica, sempre più, come la condizione per cui alcune di queste forze possano votare l'intero provvedimento.
Mi sembra una mediazione al ribasso alla quale non solo mi oppongo, ma rivolgo alle forze dell'attuale maggioranza più oculate su questa materia un invito a guardare con attenzione a questo ordine del giorno che produrrebbe gravi danni e contraddizioni insanabili nell'ordinamento italiano.

PRESIDENTE. L'onorevole Lucchese ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/31.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor ministro, l'articolo 1, al comma 6-ter, prevede l'autorizzazione di una spesa di 50 mila euro (una piccola somma) per l'organizzazione a Roma di una Conferenza per le pari opportunità a difesa dei diritti umani delle donne e dei bambini nei territori in cui si svolgono le missioni all'estero, in occasione dell'anno europeo per le pari opportunità.
Valuto positivamente tale iniziativa, però non si comprende in base a quali criteri sia stata valutata la spesa, che non appare adeguata all'evento che si intende organizzare. Sembra che si sia voluto soltanto elargire una somma simbolica, perché magari, vi è qualcuno che organizza una conferenza di questo tipo a prezzi, come si suol dire, stracciati.
Chiedo, quindi, al Governo di provvedere affinché possa incrementare la somma attualmente stanziata, in modo che vi sia un buon esito della lodevole iniziativa, dato che non ritengo che con la cifra stanziata essa possa essere portata a termine in modo esemplare e meritorio.

PRESIDENTE. L'onorevole Garnero Santanchè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/19.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, ci tengo ad illustrare il mio ordine del giorno per avere l'attenzione dell'Assemblea. Sono sotto gli occhi di tutti la condizione delle donne afgane e le discriminazioni, che sempre più sono rivolte nei loro confronti. Non voglio perdermi nell'illustrare ciò che le donne afgane vivono tutti giorni e devono sopportare sulle loro spalle. Vi sono certamente stati miglioramenti per quanto riguarda la loro partecipazione alla vita politica nel paese. Ricordiamo bene le immagini di quelle donne che sfidavano i cecchini e le violenze per andare a votare, mentre oggi possono partecipare alla vita politica del paese.
Non è una questione di appartenenza partitica. Non credo che vi possano essere divisioni di appartenenza, quando si parla di diritti umani. Sappiamo bene che in Afghanistan, anche se è stata varata la nuova Costituzione che recita che deve esservi piena parità tra uomo e donna, tale condizione è ancora molto lontana.
Oggi stiamo esaminando il decreto legge sul rifinanziamento delle missioni tra cui è compresa quella in Afghanistan e spero che il Parlamento non si divida sull'ordine del giorno da me presentato. Chiedo al Governo che si impegni, affinché parte delle risorse, che si mettono a disposizione della missione in Afghanistan, siano usate per la tutela delle donne. Sarebbe estremamente importante.
Non ho visto accenni alla questione femminile in Afghanistan. Credo che ciò non debba passare inosservato e che quest'Assemblea possa unirsi nel sostenere l'impegno del Governo contenuto in questo ordine del giorno. Infatti, ritengo che quando si parla di diritti umani, nessuno dovrebbe sottrarsi!

Pag. 95

PRESIDENTE. Avverto i colleghi che la Presidenza intende portare a conclusione, possibilmente questa sera, la votazione dei 35 ordini del giorno presentati. In proposito vi è anche un'intesa tra i gruppi; quindi questa sera dovremmo concludere i nostri lavori con la votazione degli ordini del giorno.
Do questa informazione non per condizionare i colleghi, che hanno tutti i titoli per intervenire, ma per portarli a conoscenza dell'impegno che ci siamo assunti, per poi proseguire con la votazione finale del provvedimento nella mattinata di domani.
L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/17.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno si riferisce all'intricata questione esistente in Kosovo e nei Balcani in generale.
Con il presente decreto-legge si tratta il rifinanziamento della missione e appare opportuno sottolineare che il contingente italiano della brigata Pinerolo dal 15 maggio 2006 ha il comando in una zona molto difficile.
Il ruolo che i nostri soldati stanno svolgendo in questo territorio è indubbiamente assai importante. Sappiamo che vi sono ancora echi di quella guerra e che la situazione è molto tesa, spesso a causa anche delle diverse etnie presenti sul territorio.
La brigata Pinerolo sta svolgendo un'azione di presenza e di deterrenza per mantenere un ambiente sicuro, quindi una vera missione di pace. I compiti assegnati ai nostri militari riguardano attività di ordine pubblico, di controllo del territorio e dei luoghi di culto, perché per l'integrazione in Europa è molto importante che ci sia veramente la pace in Kosovo.
L'articolo 1 del decreto-legge in esame, attinente al finanziamento degli interventi di cooperazione allo sviluppo, nulla prevede in merito all'erogazione di fondi destinati appunto alla cooperazione allo sviluppo in Kosovo.
Sarebbe importante che il Governo accogliesse quest'ordine del giorno per dare un segnale, adottando le opportune iniziative anche normative, volte ad integrare le risorse economico-finanziarie, affinché i militari possano svolgere il loro ruolo di pace anche con strumenti diversi.
Ad esempio, vi è una radio gestita dai nostri militari - Radio Italia - che è ascoltata in tutta la nazione e che contribuisce a portare la pace, la conoscenza e l'integrazione tra europei. Ritengo quindi importantissimo che questa missione di cooperazione per lo sviluppo del Kosovo possa ricevere un'integrazione di finanziamenti (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Giancarlo Giorgetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/35.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, colleghi, ho presentato un ordine del giorno sulla vicenda dei due militari israeliani rapiti lo scorso luglio, sulla quale è caduta una coltre di silenzio.
Mi rendo conto che questa vicenda presenta aspetti delicati. Purtroppo i familiari dei militari rapiti non hanno più notizie. Ritengo pertanto che sia importante che, in un'occasione come questa, si riaccendano i riflettori su tale questione.
So che il Governo italiano si è mosso in passato in tale direzione; però è forse opportuno che in quest'Assemblea, in Parlamento, tutti i colleghi ribadiscano unanimemente l'importanza di dare nuovamente risalto a tale vicenda e di intensificare gli sforzi in tutte le sedi, anche nelle istituzioni internazionali, per tentare di riallacciare quei rapporti, che permettano di addivenire ad una soluzione positiva o, quanto meno, a portare qualche nuova informazione ai familiari dei due militari che, tra l'altro, si sono recentemente recati in visita presso la Camera dei deputati.
L'invito rivolto con quest'ordine del giorno, sul quale intendo sensibilizzare il Governo, è che si faccia ancora di più rispetto a quanto sicuramente si sta già operando (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

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PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/26.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che noto una forte contraddizione in seno alla sinistra, che si dimostra tanto preoccupata degli extracomunitari presenti in Italia, ma non altrettanto interessata alla condizione degli extracomunitari nei loro paesi di origine. Noi della Lega Nord da sempre abbiamo sostenuto l'importanza di aiutare e sostenere nei loro paesi le popolazioni in difficoltà; noi chiediamo per loro dignità e rispetto, consentendo l'ingresso nel nostro paese solo a chi abbia già garantito un lavoro (quindi una casa), proprio per questo motivo siamo criticati e demonizzati. La sinistra, che invece apre le porte a chiunque, vuole apparire generosa e solidale, in realtà destina milioni di persone alla clandestinità, all'emarginazione, alla solitudine e spesso alla delinquenza.
Noi vogliamo la tutela della dignità di tutti gli individui, quindi anche della donna. L'ordine del giorno presentato va in questa direzione: chiediamo che una quota consistente dei finanziamenti stanziati per le missioni militari all'estero sia riservata all'educazione della donna, tenuta volontariamente nell'ignoranza per meglio assoggettarla, schiavizzarla, asservirla ai voleri del maschio, il padre prima, il marito poi.
Domani, 8 marzo, è la giornata della donna e quindi vorremmo che veramente la donna venisse valorizzata. Sappiamo tutti che lo sviluppo ed il miglioramento di ogni società passano attraverso il miglioramento e lo sviluppo delle condizioni della donna. Ella è infatti la madre che insegna ai figli: se non è consapevole dei propri diritti e del proprio valore, non saprà educare i propri figli - vale a dire gli uomini ed i mariti di domani - al rispetto delle proprie madri, delle proprie mogli e delle proprie figlie.
È risaputo che il grado di arretratezza di un paese è direttamente proporzionale al grado di ignoranza e analfabetismo della popolazione, quasi sempre tenuta assoggettata proprio per non farla emergere. Piaghe sociali presenti in quei paesi quali l'infibulazione - quasi sempre voluta proprio dalle madri - la lapidazione delle donne (talora anche di quelle violentate), l'omicidio delle ragazze che non vogliono usare il velo (e che, magari, vogliono indossare i jeans) sopravvivono e rimangono salde proprio sulla base dell'ignoranza, nella quale vengono mantenute le donne.
Se veramente la sinistra volesse aiutare queste popolazioni dovrebbe approvare questo ordine del giorno, teso a soccorrerle a casa loro, ad evitare di snaturare la loro società sradicandole dai loro paesi ed a snaturare anche la nostra società importando 'fiumi' di popolazioni diverse, che nulla hanno a che fare con la nostra civiltà occidentale.
Anche la modernizzazione della società italiana è passata attraverso la scolarizzazione delle masse e delle donne in modo particolare; non è stato tanto il femminismo, ma proprio l'estensione della scolarizzazione a tutti, quindi anche alle donne, a permettere alla nostra società italiana di compiere passi da gigante.
Se la sinistra non votasse il mio ordine del giorno assumerebbe il significato di un togliersi la maschera pacifista, di solidarietà, per mostrare il suo vero volto, ipocrita, di chi a parole afferma di volere il bene...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLA GOISIS. ... di queste popolazioni, ma nei fatti le vuole invece mantenere in uno stato di soggezione, di minorità, per meglio manipolarle, magari a scopo elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/20.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno riguarda la situazione del Kosovo. Ricordiamo bene la guerra ed il bombardamento ordinato Pag. 97dall'allora presidente D'Alema senza nemmeno il voto del Parlamento. Ricordiamo bene anche la forte opera di contrasto che la Lega Nord ha svolto contro tale operazione, un'opera di contrasto realmente pacifista, al di là delle chiacchiere, pur contro il «politicamente corretto», contro le posizioni generali (che, poi, si sono rivelate non tanto corrette...).
Ebbene, sembra che un piano del Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite miri a riconoscere una sorta di sovranità nazionale, che prefigura, di fatto, un'unilaterale proclamazione di indipendenza da parte dell'autorità di Pristina. Tuttavia, pare che il suddetto progetto non abbia il consenso della Serbia e della Russia. V'è anche il rischio che l'ipotesi di un Kosovo indipendente alimenti l'irredentismo albanese in Macedonia, che aggiungerebbe ulteriori problemi. Sappiamo, altresì, che l'UCK ha in mente un progetto di unica grande Albania islamica. Ciò causerebbe sicuramente forte instabilità nel Balcani, cosa della quale non si avverte alcuna necessità.
Pertanto, invitiamo il Governo a non avere fretta, a non riconoscere alcuna accordo sul destino del Kosovo fino a quando non sarà stato raggiunto un accordo complessivo al quale partecipino anche la Serbia e la minoranza serba del Kosovo. Questo per quanto riguarda il contenuto del mio ordine del giorno.
Se mi è consentito, desidero commentare brevemente l'episodio verificatosi poc'anzi. Al termine dell'intervento dell'onorevole Brigandì, abbiamo sentito rivolgere al collega, dai banchi della sinistra, l'epiteto «scemo». Ora, è di tutta evidenza che si possono avere opinioni discordanti; tuttavia, secondo noi, il rispetto e l'educazione sono sopra ogni cosa.
Comunque, il collega Brigandì si è reso disponibile - se il collega che ha pronunciato la parola vuole farsi riconoscere - a confrontarsi sulla questione in ogni modo. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

MATTEO BRIGANDÌ. Dobbiamo fare un test d'intelligenza!

PRESIDENTE. È del tutto evidente che tutti i colleghi sono tenuti ad usare un linguaggio adeguato anche in occasione dei confronti più aspri.
L'onorevole Germontani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/9.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, con il mio ordine del giorno chiedo un'azione molto concreta da parte del Governo: il rifinanziamento del Medical City Hospital di Baghdad. Rivolgo il mio appello al Governo affinché sia mantenuto l'impegno assunto dall'Italia a favore delle popolazioni civili irachene. Il presidente Prodi ed il ministro D'Alema hanno più volte dichiarato di ritenere che le missioni civili debbano essere aumentate e rafforzate rispetto a quelle militari.
Cos'è avvenuto? Nel 2003, il Governo di centrodestra, grazie all'impegno forte del ministro degli esteri di allora, il presidente di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, ha deciso di finanziare la Croce rossa italiana al fine di impiantare un ospedale da campo e, successivamente, provvedere alla gestione di alcuni reparti del Medical City Hospital di Baghdad.
In particolare, la Croce rossa nel 2003 aprì, grazie a questi finanziamenti, un proprio reparto per grandi ustionati presso il Medical City Hospital della capitale, curando ben oltre 200 mila persone. Tutto questo nell'ambito dell'intervento complessivo italiano in Iraq: nel contesto dell'operazione denominata Antica Babilonia e nel quadro generale della quarta fase dell'operazione Iraqi freedom, era stata prevista una componente militare a garanzia della cornice di sicurezza dell'opera di ricostruzione del paese. Tuttavia, è avvenuto che, con la conclusione della missione italiana in Iraq, il Governo di centrosinistra, guidato da Romano Prodi, non ha provveduto a rifinanziare il Medical City Hospital di Baghdad, privando così di cure migliaia di persone e del posto di lavoro oltre cento famiglie di medici, infermieri e tecnici iracheni.
Allora, con il mio ordine del giorno chiedo al Governo quali siano gli intendimenti Pag. 98dell'attuale maggioranza in relazione al rispetto della decisione del rifinanziamento del Medical City Hospital di Baghdad, al fine di conciliare questa decisione con la volontà più volte manifestata di incrementare e rafforzare le missioni civili internazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Zacchera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/16.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, interverrò per pochi minuti perché l'ora è tarda. Il mio ordine del giorno è estremamente semplice: noi chiediamo che il Governo si impegni ad adottare opportune iniziative per dotare i soldati italiani di tutte quelle altre armi difensive (materiali, veicoli, mezzi aerei e terrestri) che possano permettere loro di svolgere al meglio la propria missione ed assicurare un'adeguata protezione al nostro contingente attuale. Ciò si riferisce ovviamente sia al Libano, sia a quelle particolari situazioni a rischio come l'Afghanistan, dove all'aumentare - come si teme - della pressione militare dei nostri avversari, i nostri uomini e le nostre donne si trovino nell'impossibilità di difendersi adeguatamente.
Lo dicevo anche ieri in sede di audizione; ho rivolto specifiche domande ai nostri vertici delle Forze armate, chiedendo se i nostri uomini e le nostre donne siano sufficientemente tutelati da questo punto di vista. È stato fatto notare che lo sono per situazioni che di carattere normale o comunque non per l'impiego in un eventuale scenario bellico.
Allora, io chiedo che il Governo sia libero di intervenire immediatamente e soprattutto nel caso - Dio non voglia - vi fosse una recrudescenza delle situazioni, per dotare le nostre Forze armate di tutti gli armamenti necessari. Penso che non si debba guardare a spesa, quando sono in gioco delle vite umane, soprattutto dei nostri soldati o comunque delle nostre Forze armate. Da questo punto di vista, essi hanno il diritto di essere da tutelati al meglio e mi riferisco sia ai mezzi di difesa personale, sia ai veicoli.
Voi sapete che è molto grave la minaccia che proviene dalle mine nascoste lungo le strade. Si è visto che molti dei nostri veicoli non sono dotati degli strumenti per difendersi dai pericoli incombenti rappresentati delle mine. Queste possono scoppiare soprattutto sotto il pianale dei mezzi di trasporto, che peraltro dovrebbero essere corazzati. Da qui, la necessità di dotarsi di mezzi più moderni. L'Italia possiede mezzi moderni, benché non in numero sufficiente e senza ragionevole garanzia di sicurezza. Proprio perché si attende soprattutto in Afghanistan - e forse anche Libano - un peggioramento della situazione, chiedo che non si guardi a spese, ma che il Governo si assuma l'impegno di mantenere l'assoluto stato di difesa delle nostre truppe. Ciò con l'avvertenza, sottosegretario Intini, che se l'ordine del giorno verrà accolto come raccomandazione, io non accederò alla richiesta ed insisterò per la sua votazione. Infatti, voglio vedere quali deputati non saranno d'accordo su questo tipo di impegno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Fasolino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/28.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, credo che la missione in Afghanistan si presenti come un'occasione importante per l'Italia e per il nostro Parlamento per dire una parola significativa nei confronti dello spaccio di droga.
Senza «se» e senza «ma», l'Afghanistan è il maggior produttore di oppio al mondo, anzi, alcune stime danno la produzione di oppio vicina al 90 per cento della produzione mondiale. Attraverso il suo derivato acetilato, l'eroina, l'oppio invade i mercati mondiali e tra le varie droghe è senza dubbio la più devastante, perché più della cocaina, più di altri prodotti che inducono dipendenza, riduce la presenza delle endorfine fisiologiche fino ad annullarle del tutto, per cui diventa Pag. 99sempre più difficile uscire dall'inferno della droga.
A questo punto, io credo che, avendo «sottomano» il paese che produce il maggior quantitativo di droga, occorrerebbe un intervento mirato che fosse insieme un intervento militare e di polizia, ma soprattutto un intervento volto a favorire l'agricoltura afgana in modo da integrarla nei mercati europei e mondiali, predisponendo un piano molto articolato per fare in modo che questa agricoltura si risollevi ed il contadino afgano non sia così obbligato a coltivare l'oppio.
Quindi, da questo punto di vista, io credo che l'Italia possa svolgere un'utile azione anche attraverso una proposta strategicamente valida; pertanto il mio ordine del giorno è volto ad impegnare il Governo a svolgere, nell'ambito delle sue competenze, una utile azione di proposta e di mediazione nei confronti dei paesi che sono convenuti in Afghanistan nell'ambito delle decisioni dell'ONU.

PRESIDENTE. L'onorevole Menia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/12.

ROBERTO MENIA. Il mio ordine del giorno prende spunto da una previsione contenuta al comma 8 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame. Per la precisione, esso riguarda la disposizione che prevede lo stanziamento di 300 mila euro per la cessione a titolo gratuito alle forze armate libanesi di rilevatori di ordigni esplosivi, in linea con la risoluzione ONU n. 1701 del 2006.
Prendo spunto da una disposizione particolare perché questa si inserisce nell'ambito di un disegno di legge che rifinanzia vari interventi sullo scenario internazionale di ordine militare ed umanitario da parte dell'Italia. Faccio presente allora come il nostro Parlamento abbia già avuto modo - ricordo che nella scorsa legislatura vi fu una discussione approfondita in proposito - di esprimere un voto all'unanimità contro le mine antiuomo.
L'ordine del giorno che io propongo e che ritengo possa essere tranquillamente accolto dal Governo, perché dovrebbe trovare una condivisione di intenti assoluta, si riferisce alla possibilità da parte italiana di intervenire in altri scenari con disposizioni analoghe. In particolare, esiste un impegno italiano in sede europea riguardante la situazione in Darfur, dove - come è noto - le cronache dicono che siamo arrivati a quasi mezzo milione di morti e sicuramente a più di due milione e mezzo di profughi, e non ci sono segnali, sia da parte delle autorità nazionali sudanesi sia da parte di altre organizzazioni nazionali o internazionali, di un tentativo di pacificazione, che dovrebbe passare certamente attraverso un cessate il fuoco che è stato concordato. In realtà vi è una dimostrazione di incapacità palese di proteggere quelle popolazioni dal genocidio e dai crimini di guerra.
Il Darfur sembra essere una delle zone, in assoluto, più minate. L'impegno che si richiede, quindi, al Governo, con questo ordine del giorno è quello di adottare le opportune iniziative volte a garantire l'individuazione di risorse economiche e finanziarie necessarie per incrementare le operazioni di sminamento in quell'area. È un po' quello che si fa con questo decreto-legge in Libano, affidandosi alle forze armate libanesi. Penso che anche in un altro scenario disgraziato del pianeta l'Italia dovrebbe svolgere il suo compito come sa svolgerlo, cioè con intelligenza, abilità e capacità.

PRESIDENTE. L'onorevole Rivolta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/2193/1.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/2193/1 riguarda la presenza delle nostre truppe in Libano. La Commissione affari esteri, poche settimane fa, ha avuto la opportunità di audire il capo di stato maggiore, ammiraglio Di Paola. In quella occasione, all'ammiraglio Di Paola è stato evidenziato che noi conosciamo, oggi, la situazione di alcune aree di crisi, nelle quali sono presenti le nostre missioni e che noi sappiamo che, in alcune di esse, cioè in Pag. 100Libano, in Afghanistan e in Kosovo, per motivi diversi la situazione può fortemente deteriorarsi. È possibile, infatti, se non addirittura probabile, che ci si trovi di fronte alla necessità, almeno, di importanti azioni di difesa di carattere bellico. In Afghanistan, forse, potrebbe essere necessario qualcosa di più di una semplice difesa.
A queste considerazioni, l'ammiraglio Di Paola, che è un galantuomo e una persona che non ama mentire ma che ha un alto senso delle istituzioni, ha risposto che, allo stato attuale, l'armamento in dotazione alle truppe italiane è sufficiente. Ma alla domanda volta a sapere, in modo particolare, se l'armamento sarà sufficiente qualora la situazione si deteriorasse, l'ammiraglio Di Paola, proprio perché è il galantuomo che dicevamo, non ha dato una risposta esatta e pertinente. Non avrebbe potuto fare diversamente perché tutti noi sappiamo - chi non lo sa non vuole saperlo o, semplicemente, mente a se stesso - che la dotazione delle nostre truppe, come diceva l'ammiraglio Di Paola, è sufficiente per la situazione in cui si trovano in questo momento. Tuttavia, sia in Kosovo, sia in Libano, sia, soprattutto, in Afghanistan tutti i segnali ci fanno pensare che, per motivi diversi, la situazione molto probabilmente si deteriorerà. In tal caso i nostri militari non sarebbero dotati di un armamento adeguato e sufficiente.
In Libano, in particolare, la missione UNIFIL attribuisce alle nostre truppe, e a quelle degli altri eserciti attualmente sotto il nostro comando, il compito di intervenire a fianco dell'esercito libanese per sorvegliare la zona, disarmare Hezbollah o impedire che possa riarmarsi, intervenire, su richiesta dell'esercito libanese, anche al di fuori della zona attualmente di nostra competenza e garantire per quanto possibile la tenuta del democratico e legittimo Governo del premier Fouad Siniora.
La situazione, come ripeto, potrebbe deteriorarsi e, come sappiamo, Hezbollah sta procedendo al proprio riarmo; infatti, a nord del fiume Litani, che segna attualmente il confine dell'area in cui sono stanziate le nostre truppe, sta procedendo - lo sappiamo con assoluta certezza - a creare nuove fortificazioni, a reintegrare di armamenti quelle già esistenti e a rifornirsi, presumibilmente attraverso il confine siriano o per mezzo di sbarchi notturni sulla costa, di nuove armi che reintegrino l'armamento distrutto dal bombardamento effettuato da Israele, nel corso della guerra della scorsa estate.
Se questo succederà e se al nostro esercito, come previsto dal mandato, venisse richiesto non solo di difendersi e di presidiare quella zona, ma anche di uscirne, per disarmare gli hezbollah insieme all'esercito libanese, abbiamo l'assoluta certezza che l'armamento e la dotazione in possesso del nostro esercito non sono tali da garantire l'incolumità dei nostri militari nello svolgimento del compito che è stato loro formalmente attribuito, anche da questo Parlamento per le votazioni precedenti, fino al 31 dicembre 2007.
L'ordine del giorno, quindi, chiede al Governo di riferire al Parlamento su quale sia, in caso di deterioramento della situazione, il grado di sicurezza sul quale le nostre truppe possono contare e di provvedere ad adottare quel minimo di armi indispensabili e necessarie per lo svolgimento del compito dei nostri militari, come potrebbe risultare necessario.
Qualora non fosse possibile, dopo l'accordo con il Governo libanese e con gli alleati, provvedere al giusto adeguamento dell'armamento e ottemperare agli obblighi previsti dal mandato, si chiede al Governo di ammettere pubblicamente - mi dispiace - ma vergognosamente, il fallimento della nostra missione e, al fine di salvare almeno l'immagine delle nostre truppe e la loro incolumità, di decidere apertamente per il loro ritiro.
Questo è il contenuto del mio ordine del giorno...

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta...

DARIO RIVOLTA. Ho ancora un minuto, Presidente?

Pag. 101

PRESIDENTE. No, onorevole Rivolta, lei ha terminato il suo tempo.

DARIO RIVOLTA. Allora, interverrò in dichiarazione di voto su un altro ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, di cui è cofirmatario.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, questo ordine del giorno è firmato dai deputati Sereni, D'Elia, Venier, Mantovani, Donadi, Mattarella, Brugger, Villetti, Bonelli e Fabris.
Si tratta di un ordine del giorno che non allude neanche lontanamente ad un'ipotesi antiproibizionista sulla droga. È una proposta che ha scopi umanitari, ma anche politici, strettamente legati alla situazione in Afghanistan, soprattutto in considerazione di una discontinuità con il passato e di una soluzione che in prospettiva non sia esclusivamente militare.
In questi giorni ho sentito dire cose francamente allucinanti nelle dichiarazioni rese ai giornali, ma anche in quest'aula, sulla questione dell'oppio e sulla proposta contenuta nel nostro ordine del giorno. Si è parlato addirittura di narcotraffico legalizzato, di un Governo che diventa narcotrafficante e dell'Italia mercante di oppio e finanziatrice dei talebani e dei produttori di oppio.
La proposta del nostro ordine del giorno è la stessa che fa da anni la Croce rossa internazionale, che non mi pare sia un'organizzazione dedita al narcotraffico. La Croce rossa condivide tale proposta proprio per i fini umanitari che la ispirano (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
L'oppio non è materia del demonio, come era considerato lo zolfo nel Medioevo. L'oppio, come peraltro lo zolfo, può essere adoperato anche a fini terapeutici medico-scientifici. La coltivazione di oppio - lo ricordo ai colleghi - è già legale in alcuni paesi europei, come la Francia, l'Ungheria e la Spagna; Australia e India producono oppio legale per ricavarne la morfina, che serve nella terapia del dolore. Non mi pare che siano Stati narcotrafficanti, ma questa produzione è assolutamente insufficiente per rispondere alla domanda mondiale di morfina a fini terapeutici.
È paradossale, invece, che in Afghanistan, dove si producono 6.100 tonnellate di oppio ogni anno non esista morfina per la terapia del dolore e che negli ospedali afghani si continua ad operare chirurgicamente senza anestesia. Mi pare una forma di razzismo quella per cui l'80 per cento della morfina prodotta a livello mondiale viene consumata in soli dieci paesi, occidentali e ricchi, mentre nei paesi in via di sviluppo, che costituiscono l'80 per cento della popolazione mondiale, si consuma solo il 10 per cento di morfina.
In Africa, dove l'AIDS sta distruggendo intere popolazioni, la morfina è sconosciuta e i malati terminali muoiono tra atroci sofferenze.
È una proposta umanitaria quella che avanziamo, peraltro in una prospettiva di là da venire: non è per oggi, tanto meno per domani.
Non proponiamo di acquistare l'oppio né dai talebani né dai signori della guerra né dai signori della droga. Semmai, proporremmo, ma non lo facciamo neanche in quest'ordine del giorno, di sottrarre ai talebani, ai signori della droga e ai signori della guerra l'arma micidiale dell'oppio illegale che costituisce un'ipoteca sulla vita civile, sulle stesse istituzioni e sulle prospettive di Stato di diritto in Afghanistan.
Più precisamente, con quest'ordine del giorno chiediamo al Governo italiano non di acquistare l'oppio afgano, ma - e cito testualmente il dispositivo -, di sostenere nelle sedi internazionali competenti (quindi, le Nazioni Unite), ogni iniziativa tesa ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio, anche attraverso eventuali programmi di riconversione delle colture illecite di oppio in Afghanistan in colture legali, ai fini dell'utilizzazione dell'oppio medesimo per le terapie del dolore.
È questo che noi proponiamo.

Pag. 102

PRESIDENTE. Onorevole D'Elia...

SERGIO D'ELIA. Non vedo i talebani, non ci sono i narcotrafficanti né i signori della guerra.
Mi avvio alla conclusione, ricordando che gli interlocutori sono le Nazioni Unite, il Governo afgano, che deve essere d'accordo e, semmai, i piccoli agricoltori afgani che sono oltre due milioni e che vanno sottratti al ricatto e al controllo dei talebani (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e L'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Gregorio Fontana ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2193/5.

GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, ho presentato quest'ordine del giorno, in quanto, nei giorni scorsi, vi sono state alcune denunce da parte di determinati membri del Governo britannico, in particolare del viceministro Kim Howells che alla Camera dei comuni ha reso la seguente dichiarazione (la cito dal resoconto stenografico): so di nazioni che hanno inviato elicotteri che potrebbero benissimo starsene parcheggiati nei principali aeroporti europei, visto il valore del contributo che danno in alcune regioni afgane.
Ebbene, dopo questa dichiarazione, sono stati pubblicati diversi articoli di stampa che hanno individuato anche nell'Italia una nazione a cui il viceministro Howells faceva riferimento.
Questo è un fatto molto delicato e grave, perché, negli ultimi tempi, la situazione in Afghanistan è particolarmente critica: vi è la necessità di portare a termine alcune operazioni, quali le evacuazioni mediche da parte degli alleati e le truppe, impegnate nelle zone dove i combattimenti sono più aspri, hanno la necessità di compiere questi interventi.
Dunque, i nostri elicotteri, secondo quanto riferito da alcuni giornali, erano indicati tra i mezzi non particolarmente operativi e solidali in queste operazioni di soccorso.
Con quest'ordine del giorno, chiediamo che gli elicotteri dislocati in Afghanistan siano utilizzati per queste operazioni e che sia espressa solidarietà ai nostri alleati impegnati in prima linea. Gli AB212, che sono di stanza a Kabul, tra l'altro, sono particolarmente idonei a questo tipo di operazioni di soccorso, perché possono contenere quasi sei barelle per gli eventuali feriti; quindi, sono particolarmente operativi.
Chiedo al Governo di esprimere parere favorevole su quest'ordine del giorno; in tal modo, si potrebbero fugare i dubbi sull'incapacità e sulla mancanza di solidarietà da parte delle nostre truppe.

PRESIDENTE. È così esaurita l'illustrazione degli ordini del giorno. Invito pertanto il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il sottosegretario Verzaschi esprimerà il parere sugli ordini del giorno che riguardano il Ministero della difesa, io sui restanti ordini del giorno.
Il Governo accetta l'ordine del giorno De Zulueta n. 9/2193/2, con la proposta - che peraltro è stata accolta dai presentatori - di riformulare la prima parte dell'ultimo capoverso del dispositivo, sostituendo le parole: «a sollecitare il comando Nato di Kabul (ISAF)» con le seguenti: «ad avviare un dibattito nelle competenti istanze politiche della NATO, volto».

PRESIDENTE. L'onorevole presentatrice ha accolto la sua riformulazione?

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Sì, signor Presidente.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bonelli n. 9/2193/3, mentre accetta l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito dell'espressione del parere favorevole sull'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, risulta Pag. 103precluso il primo capoverso del dispositivo dell'ordine del giorno Volontè n. 9/2193/8.

LUCA VOLONTÈ. È una vergogna !

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Il Governo non accetta gli ordini del giorno Volontè n. 9/2193/8, di cui è precluso il primo capoverso; non accetta altresì l'ordine del giorno Germontani n. 9/2193/9, che può essere comunque trasformato in una interrogazione.

PRESIDENTE. Signor viceministro, sull'ordine del giorno Germontani n. 9/2193/9 il parere è contrario?

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Sì, signor Presidente.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Gasparri n. 9/2193/10, mentre non accetta gli ordini del giorno La Russa n. 9/2193/13 e Migliori n. 9/2193/15. L'ordine del giorno Pedrizzi n. 9/2193/18 è precluso per quanto riguarda le premesse, mentre si accetta il dispositivo.

PRESIDENTE. No, le premesse non sono precluse. Mi pare che lei intenda dire che il parere è contrario alle premesse, mentre è favorevole per il dispositivo.

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Le premesse sembrerebbero in contraddizione con l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, perché tra l'altro recano: «(...) premesso che qualsiasi iniziativa volta a consentire la possibilità di acquistare l'oppio (...) contrasterebbe con le misure (...)». Comunque, il Governo ne accetta il dispositivo.

PRESIDENTE. In effetti, le premesse sono precluse. Il Governo dunque è favorevole al dispositivo di tale ordine del giorno.

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Il Governo accetta gli ordini del giorno Garnero Santanchè n. 9/2193/19 e Garavaglia n. 9/2193/20, quest'ultimo purché riformulato come peraltro abbiamo concordato con i presentatori, nel senso di sostituire il dispositivo con il seguente: «Invita il Governo ad adoperarsi in sede ONU per una soluzione sul destino del Kosovo pacifica e condivisa da tutte le parti».

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Garavaglia n. 9/2193/20 accettano tale riformulazione.

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Paoletti Tangheroni n. 9/2193/23, purché il dispositivo sia così riformulato: «Impegna il Governo e in particolare il Ministero degli affari esteri affinché l'utilizzo del personale locale avvenga solo dopo che sulla base delle informazioni fornite dalle ambasciate italiane competenti sia stata esclusa l'esistenza in loco delle professionalità richieste per la realizzazione delle iniziative di cooperazione previste dal presente decreto». Peraltro, l'onorevole Paoletti Tangheroni concorda con tale riformulazione.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Lazzari n. 9/2193/24, Goisis n. 9/2193/26, Quartiani n. 9/2193/27, Fasolino n. 9/2193/28 e Pinotti n. 9/2193/30. Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Lucchese n. 9/2193/31 e Giuditta n. 9/2193/32, mentre accetta l'ordine del giorno Affronti n. 9/2193/33.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Cioffi n. 9/2193/34 ed accetta l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/2193/35.

PRESIDENTE. Invito il sottosegretario Verzaschi ad esprimere il parere sugli ordini del giorno per i quali è competente il Ministero della difesa.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo non accetta gli ordini del giorno Rivolta n. 9/2193/1, Cossiga n. 9/2193/6, Cicu n. 9/2193/7, Pag. 104Ronchi n. 9/2193/11, Ascierto n. 9/2193/14, Bricolo n. 9/2193/21, Brigandì n. 9/2193/25 e Dussin n. 9/2193/29.
Il Governo accetta invece l'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/2193/5 nonché l'ordine del giorno Zacchera n. 9/2193/16, purché nel dispositivo le parole: «volte a dotare i soldati italiani» siano sostituite dalle seguenti: «a continuare a dotare i soldati italiani»; altrimenti, sembrerebbe che quest'ultimi non siano dotati di mezzi per potersi adeguatamente difendere.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Zacchera accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2193/16 e non insiste per la votazione.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Infine, il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Menia n. 9/2193/12, Frassinetti n. 9/2193/17 e Fallica n. 9/2193/22.

PRESIDENTE. Chiedo se vi è qualche collega che intende intervenire per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4.

PRESIDENTE. Poiché l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 è stato accettato dal Governo, secondo la prassi non sarà posto in votazione.

CARLO GIOVANARDI. Allora chiedo di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, debbo una risposta al collega Della Vedova, poiché quando è stata avanzata la proposta dell'onorevole D'Elia non mi sono espresso né a favore, né contro la stessa, ma ho fatto presente che l'importante tema meritava un approfondimento.
Si dà il caso che questa proposta vada in rotta di collisione con la comunità internazionale perché quattro giorni fa l'International narcotics control board di Vienna ha presentato il suo rapporto annuale, confermato anche dall'Assemblea parlamentare della NATO, in cui stronca attraverso dati di fatto la proposta di cui sopra.
Le scorte di oppio - mi riferisco ai documenti ufficiali del board - per produrre analgesici e morfina legale per gli ospedali sono abbondanti e coprono il fabbisogno mondiale per oltre due anni.
Secondo il rapporto, che potete trovare in rete, questa carenza non esiste; verosimilmente se si volesse estendere il trattamento anche ad altri paesi - ad esempio, quelli africani - questo richiederebbe un lungo lavoro formativo sui medici prescrittori e la costituzione di una rete di distribuzione, oggi inesistente in alcune aree del mondo. Questo richiederebbe anni e non modificherebbe assolutamente questo bilancio fra produzione e necessità, che oggi non esiste.
Ci sono poi paesi come la Russia e la Cina, i quali hanno particolarmente sottolineato che le loro metodologie per il dolore spessissimo non includono i morfinici.
Anche dove questa produzione è consentita - per esempio in India, un paese abbastanza stabile dal punto di vista politico-militare - si stanno verificando episodi di diversione verso l'uso illegale. Possiamo immaginare che nell'attuale Afghanistan qualcuno sia in grado di garantire che la produzione legalmente autorizzata non venga stornata in canali illeciti, soprattutto in quelle parti del territorio controllate dai talebani?
Il board ha fatto poi presente che il prezzo da pagare ai contadini per l'oppio corrisponderebbe a circa un quinto di quanto offerto dai narcotrafficanti.
Appare ovvio ed evidente che i contadini sarebbero incentivati dal mercato illegale ad assumere una copertura legale per vendere poi a chi paga cinque volte il prezzo, a meno che in Afghanistan, in Colombia o in Bolivia qualcuno pensi di Pag. 105aumentare di cinque volte il prezzo per finanziare direttamente il terrorismo e la guerriglia nelle aree fuori controllo.
La comunità internazionale in Afghanistan ed in Bolivia sta invece cercando di disincentivare la produzione di oppio; in alcune aree ciò è avvenuto, perché i contributi erogati hanno portato allo sradicamento della produzione del papavero. Pertanto, anche con la cooperazione dei coltivatori, come risulta nel rapporto di quest'anno del board, se vi è volontà politica si può arrivare a ridurre la produzione ed il consumo dell'oppio.
Voglio ricordare che l'anno scorso a Vienna ho incontrato una delegazione iraniana. L'Iran è il paese che paga il prezzo più alto rispetto all'invasione del narcotraffico: migliaia di ragazzini iraniani muoiono, perché dai confini dell'Afghanistan viene esportato l'oppio illegale in Iran e una delle preoccupazioni maggiori di quel Governo è proprio quella di contrastare il narcotraffico.
Il Governo iraniano, che fa parte del board, è uno dei più decisi nel contrastare ogni ipotesi come quella che oggi il Governo italiano ha in qualche modo avallato. Mi riferisco all'iniziativa dell'onorevole D'Elia, che purtroppo ci porta ad un nuovo strappo con la comunità internazionale. Mentre gli organismi internazionali dell'ONU e della Nato fotografano ufficialmente una certa realtà, rilevando che la soluzione proposta è dannosa e controproducente, il Governo italiano si pone in una posizione di scontro perdente nei confronti di tutta la comunità internazionale. Ciò accade purtroppo - lo devo dire ai colleghi che esprimeranno un voto favorevole su questo ordine del giorno - sulla base di presupposti di fatto economici, che sono del tutto falsi, perché tutto parte della premessa che non vi sia morfina sufficiente a coprire il mercato mondiale.
Vi sono scorte per due anni, pertanto è inutile che sottolinei che l'iniziativa del collega D'Elia è del tutta ideologica (Commenti del deputato D'Elia) e porta a sostenere una sorta di legalizzazione della produzione e del consumo dell'eroina, anche in questo come primo passo per arrivare poi a ciò che, onestamente, gli antiproibizionisti sostengono, vale a dire la legalizzazione dell'uso delle sostanze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, intervengo a sostegno dell'ordine del giorno Garavaglia n. 9/2193/20, presentato dal gruppo della Lega Nord e che opportunamente il Governo ha accettato, secondo il quale si dovrebbe sviluppare una nuova politica della comunità internazionale nei confronti del popolo serbo. Il popolo serbo viene trattato a livello internazionale, nonché dall'ONU, come un «calimero» di serie B. Infatti, i principi dell'inviolabilità dei confini e dell'autodeterminazione dei popoli confliggono sempre in danno dei serbi.
Per quanto riguarda il principio dell'inviolabilità dei confini, i serbi sono stati brutalmente espulsi da territori quali l'Ucraina e la Slavonia, in cui abitavano da secoli. In nome dell'autodeterminazione dei popoli, i serbi vengono espulsi oggi dal Kosovo in cui pure abitavano. Vi è, quindi, un popolo che, sulla base delle determinazioni del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Ahtisaari, dovrebbe sempre subire, senza il diritto di presentarsi come una nazione libera e indipendente (oggi è fortunatamente democratica).
Sono lieto che il Governo abbia accettato tale ordine del giorno e mi auguro che vi sia un'equiparazione di trattamento tra le nazioni, senza favoritismi per qualcuno, come gli albanesi del Kosovo o i croati della Slavonia e dell'Ucraina; non si può essere continuamente contrari al principio di autodeterminazione di popoli come quello dei serbi di Bosnia a cui non viene consentito di raggiungere la nazione madre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

Pag. 106

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, vorrei esprimere la mia posizione contraria sull'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4.
Conosciamo tutti la valenza puramente indicativa che rivestono gli ordini del giorno, perché tutti li utilizziamo come sostitutivi di norme. Anche questo ordine del giorno, in realtà, è la conferma dell'indecisione che caratterizza questa maggioranza.
L'ipotesi di facilitare la legalizzazione di coltivazioni dell'oppio per uso farmaceutico era stata prevista in una parte del testo del decreto-legge, ma successivamente gli stessi relatori hanno proposto la soppressione della norma, a dimostrazione dell'indecisione dello schieramento della presunta maggioranza anche su tale tema.
Avete proposto la norma, l'avete tolta e avete detto ai proponenti di presentare un ordine del giorno. Un ordine del giorno non si nega a nessuno! Quindi, i presentatori dell'ordine del giorno sanno benissimo che questa è una grida manzoniana, anche perché vorrei capire come l'Italia da sola possa risolvere una questione che investe la comunità internazionale (sappiamo che è portata avanti con molta fatica, perché gli impegni assunti a livello ONU non sempre sono stati coronati da successo). Tuttavia, la proposta di una legalizzazione della coltivazione dell'oppio per uso farmaceutico dei prodotti ricavati da queste coltivazioni è stata criticata negli ultimi giorni anche da esponenti noti della sinistra. Cito fra tutti il professor Arlacchi, che ha ricoperto vari ruoli - è stato componente di questo Parlamento, è stato ai vertici delle Nazioni Unite - e che in questi giorni ha contestato la validità dell'ipotesi. Eppure egli è persona molto lontana dalle posizioni politiche dello schieramento di centrodestra!
Entrando nel merito dell'ordine del giorno, sottolineo la sua irrealizzabilità. Esso si fonda sull'illusione che la coltivazione legalizzata dell'oppio demotiverebbe coloro che ricavano più fondi da uno spaccio illegale di queste sostanze, che si dovrebbero pagare a prezzi rilevanti.
Va sottolineata anche la scarsa necessità di questi farmaci antidolorifici, che sono già ampiamente disponibili sul mercato. Le coltivazioni di oppio vanno distrutte! La riconversione delle colture è un'esigenza primaria; la coltivazione di papavero e la produzione di oppio va contrastata semmai con maggiore decisione, anche dalla comunità internazionale e dall'Italia, che spende soldi per le missioni umanitarie e militari in Afghanistan e certamente dovrebbe essere più rigida, insieme a tutta la comunità internazionale, nel pretendere la distruzione di quelle coltivazioni, non la loro presunta legalizzazione!
Concordo con le osservazioni del collega Giovanardi: c'è un messaggio surrettizio in questo ordine del giorno e in questa discussione, sostanzialmente una sorta di santificazione delle sostanze. Questo è l'obiettivo reale! Si sa che l'ordine del giorno non produrrà alcun effetto; lo sapete benissimo! Vi hanno cancellato, cari promotori dell'ordine del giorno, la norma dal decreto-legge! I relatori hanno presentato l'emendamento! Quindi, siete stati sbugiardati e sconfessati!
Questo è un «decreto sofferenza» per il centrosinistra, perché proroga missioni militari in contesti delicati come quello dell'Afghanistan - questa è la realtà -, dove ci sono conflitti e non ci sono solo aspetti secondari (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Ci sono anche altri aspetti strani: c'è un ordine del giorno presentato dal centrosinistra che chiede informazioni sugli istituti di vigilanza che dovranno garantire la sicurezza. Infatti, con questo decreto-legge noi diciamo che in Iraq, rimandati a casa i soldati, saranno gli istituti di vigilanza, o non si sa meglio chi, a dover garantire, con personale locale iracheno, la sicurezza di coloro che sono lì per missioni umanitarie. Auguri! Speriamo bene! Chissà chi saranno questi personaggi locali assoldati con soldi italiani! Forse faranno part time i protettori dei volontari e part time i terroristi: la mattina metteranno le bombe e il pomeriggio cercheranno di dire come si devono evitare...Pag. 107
Ci sono mille problemi per voi nel dire «sì» a una missione militare che non volete e che però dovete prorogare: questi strani sistemi di sicurezza per i volontari - in un altro contesto, passando dall'Afghanistan all'Iraq -, tanto che voi stessi, con un ordine del giorno, chiedete più controlli per capire una vicenda è che molto strana... Un tentativo di parlare bene di oppio, morfina e quant'altro, sapendo che questo ordine del giorno è il frutto della sconfitta dei proponenti, bocciati dagli stessi relatori che hanno detto «no» a quella norma.
In ogni caso - e concludo, Presidente -, riteniamo che le coltivazioni di papavero vadano distrutte, perché nel mondo deve circolare meno droga; non bisogna fare il narcotraffico di Stato per favorire i terroristi e i talebani (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, non sono stato più di tanto sorpreso dal fatto che il Governo abbia accettato l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, ma sono molto sorpreso che gli uffici l'abbiano dichiarato ammissibile. Ritengo che questo ordine del giorno sia inammissibile, perché - vorrei essere smentito su questo - a me risulta che in Afghanistan, paradossalmente, la coltivazione di papavero da oppio sia illegale. Chiedo agli uffici di verificare se quello che a me risulta sia vero. Infatti, se in Afghanistan la coltivazione - anche se è paradossale - risultasse, come a me sembra, illegale, non sarebbe possibile ipotizzare una distinzione tra coltivazioni legali ed illegali e noi commetteremmo una intromissione in una legislazione di Stato straniero. Quindi, in questo caso, sarebbe inammissibile un ordine del giorno che contenesse questo argomento.
Anche se così non fosse, signor Presidente, questo ordine del giorno, animato da buone intenzioni, è totalmente condivisibile, fino all'ultima frase. È condivisibile fino a quando dice «riconversione delle colture»; ma quando dice da «illecite» in «legali», e per questo scopo che è stato presentato, mi pare che i presentatori - ahimè! - non conoscano - o non ricordino - quali sono le regole del mercato. Possiamo acquisire un'intera produzione per toglierla dal mercato se la produzione stessa è, di per sé, limitata. Aumenterà il prezzo, ma solo se la produzione è potenzialmente limitata Tuttavia, in Afghanistan i territori oggi coltivati a papavero da oppio sono ancora una minima quantità rispetto a quelli che potrebbero essere coltivati e, a questo punto, se si aumentasse la quantità della domanda, andando a cercare sul mercato l'oppio che servirebbe per scopi terapeutici, non lo si toglierebbe a chi ne fa un uso lecito, ma semplicemente si invoglierebbero i contadini ad aprire altri campi di coltura e, quindi, ad aumentare la quantità della produzione stessa di oppio. Dunque, si verificherebbe il paradosso per cui, a breve termine si avrebbe un aumento del prezzo sui mercati, che dovremo pagare noi, mentre una parte sicuramente andrebbe a soddisfare la domanda illegale per mantenere il canale di contatto e, in un momento successivo, si avrebbe un aumento globale della produzione. Tra l'altro, se anche fosse realizzabile l'ipotesi prospettata dai colleghi Sereni, D'Alia ed altri - cosa che non è, perché il mercato ha le sue regole, piaccia o non piaccia - per quanti anni funzionerebbe? Per quanto tempo? Indefinitamente? Fino a quando riusciremmo a comprare? A quali prezzi? A prezzi sempre crescenti? In quali quantità? In quantità sempre crescenti? Dovremmo creare i malati apposta per usare l'oppio su di loro?
Chiedo, comunque, agli uffici di verificare se corrispondano al vero le informazioni in mio possesso, secondo cui oggi non è legale alcuna coltivazione di papavero da oppio in Afghanistan. Se così fosse, con quest'ordine del giorno, accettato dal Governo, ci intrometteremmo nella legislazione vigente in uno Stato straniero, auspicandone la modifica, cosa Pag. 108che normalmente e notoriamente è sempre stata ritenuta inammissibile da parte della Presidenza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, lei sa molto bene che deve rivolgersi alla Presidenza e non agli uffici. La Presidenza le risponde che il testo dell'ordine del giorno Sereni n. 9/22193/4, che voglio rileggere insieme a lei, è tale per cui prescinde da ogni valutazione sulla possibilità che sia illegale - o ritenuta tale - la coltivazione dell'oppio in Afghanistan. Infatti, si dice: «(...) ogni iniziativa tesa ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla coltivazione ed al commercio illegale di oppio (...)» - strategia di contrasto - «(...) anche attraverso eventuali programmi di riconversione delle colture illecite (...)», quindi anche attraverso questa possibilità.
Per quanto riguarda l'ultima parte delle questioni da lei sollevate, onorevole Rivolta, ovviamente la Presidenza non è tenuta a rispondere. Voglio semplicemente dire che lei conosce molto bene la distinzione tra un ordine del giorno e un provvedimento di legge. Eventualmente, quest'ultima sarà la sede per discutere delle questioni che lei ha, da ultimo, sollevato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova.

DARIO RIVOLTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori...

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, l'onorevole Della Vedova, che appartiene al suo gruppo, sta per intervenire. Egli potrà raccogliere il suo pensiero... Penso che interverrà anche a suo nome...

DARIO RIVOLTA. Ho chiesto di parlare sull'ordine dei lavori, signor Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Rivolta, interverrà successivamente sull'ordine dei lavori. Ho già dato la parola all'onorevole Della Vedova.
Prego, onorevole Della Vedova, ha facoltà di parlare.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, anch'io vorrei svolgere alcune brevi considerazioni sull'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4. Credo che sia un «fuor d'opera», come pure molti colleghi hanno fatto, inserire la discussione di questo ordine del giorno nel quadro proibizionisti-antiproibizionisti.
Credo che questo ordine del giorno vada affrontato e discusso nella sua letteralità - che peraltro il Presidente ha appena avuto modo di rileggere - e che vada inserito nell'ambito, come è scritto, di una «strategia di contrasto» al narcotraffico, che finanzia coloro che in Afghanistan hanno un progetto antitetico al nostro, che invece è quello di stabilizzare nella legalità e nella democrazia la società civile e politica afgana.
Il collega Giovanardi ha detto che vi sono i magazzini pieni: io ho passato qualche ora sui siti Internet dell'ONU per cercare i dati, e obiettivamente vi è una puzzle di dati da cui è difficile uscire. Vi è un dato di fatto, però, e cioè che esiste un mercato per la produzione legale di oppio. Noi europei sappiamo che si ha a che fare con i mercati-non mercati di prodotti agricoli, dove non c'è libertà di produzione. A maggior ragione per quanto riguarda l'oppio, vi sono alcuni paesi, la Tasmania, quindi l'Australia, l'India, la Turchia, ma anche la Francia e la Spagna, ai quali vengono assegnate delle quote di produzione legale di oppio.
Ciò che questo ordine del giorno chiede, e non c'entra nulla discutere di droga, di diffusione o altro, è se noi vogliamo in quella strategia di contrasto al traffico illegale di oppio, al narcotraffico, nel tentativo di ridurre le fonti di finanziamento dei nostri nemici in Afghanistan, assegnare una parte di quella produzione legale ai produttori e ai contadini afgani.
Credo che sia una proposta ragionevole, formulata in un modo estremamente prudente, rinviando la definizione alle sedi internazionali opportune. Pensiamo solo al caso italiano. Tra il 2004 e 2005 le dosi di Pag. 109prodotti farmacologici derivanti dall'oppio, dalla morfina in particolare, ma non solo, sono passate da 7 a 22 milioni, in conseguenza dell'approvazione della legge sulle terapie del dolore.
Il consumo è in crescita. Certo, vi è un problema di prezzo, ma qui il know-how europeo su come si interviene a sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli o para-agricoli ci verrebbe tranquillamente in soccorso. Certo, esistono soluzioni alternative, quelle dell'eradicazione della riconversione delle colture. In paesi vivaci, diciamo così, ma non quanto l'Afghanistan, si compiono questi tentativi finanziati con milioni o miliardi di dollari (pensiamo alla Colombia) e i risultati sono pessimi. I piani ONU di riconversione, quelli ad esempio di Arlacchi, che siglò un accordo con i talebani, riconoscendo lui per primo come vicesegretario dell'ONU un regime che non riconosceva nessun altro al mondo, hanno portato a risultati obiettivamente e storicamente fallimentari (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
Credo che riconsiderare - concludo, signor Presidente - la possibilità di riconoscere una quota di produzione legale di oppio, che al mondo serve e servirà sempre di più, anche ai contadini afgani, come si fa con quelli indiani o con quelli tasmaniani, sia una soluzione, per di più formulata in modo prudente e ragionevole.
Ritengo che sia corretto che il Governo intenda promuovere una seria valutazione di questa prospettiva nelle sedi internazionali, e il traffico di droga, il consumo di droga, il proibizionismo e l'antiproibizionismo con questo hanno poco a che fare (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani)!

DARIO RIVOLTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La pregherei però di intervenire proprio sull'ordine dei lavori, essendo già intervenuto nel merito.

DARIO RIVOLTA. Certamente, intervengo sull'ordine dei lavori, signor Presidente.
Volevo invitarla, come Presidenza, proprio a riconsiderare l'ipotesi di dichiarare inammissibile l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, perché oggi abbiamo una situazione in cui l'eventuale acquisto, anche per scopi terapeutici, da parte delle comunità internazionali di oppio in Afghanistan, secondo le modalità suggerite nell'ordine del giorno in esame, dovrebbe essere fatto sul mercato nero, a meno che non avvenga una modifica nella legislazione dell'Afghanistan.
Allora, posto che noi non possiamo deliberare modifiche legislative in uno Stato estero, la invito a riconsiderare l'ammissibilità dell'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

LUCA VOLONTÈ. Ha ragione!

PRESIDENTE. La Presidenza ha già valutato (lei sa che la Presidenza non può intervenire nel merito più di tanto) e, così com'è formulato, l'ordine del giorno non pone profili di inammissibilità. È evidente che si tratta di impegnare il Governo a promuovere iniziative sul piano internazionale e quella sarà la sede in cui verrà sicuramente valutata la legalità degli interventi. Non dubito assolutamente che le istituzioni internazionali non promuovano interventi che non rispondano a requisiti di legalità.
In ogni caso, per quanto riguarda la Presidenza, la valutazione è stata effettuata e viene confermata.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, sono cofirmatario dell'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 e mi rammarico veramente delle argomentazioni che ho sentito portare nel dibattito, ad esempio ieri, dall'onorevole Bocchino e dal collega Volontè. Una cosa è affermare che non si è d'accordo per i motivi addotti dall'onorevole Pag. 110Rivolta e altro è accusare di voler comprare droga dai talebani e di voler finanziare i «signori della guerra». Sono accuse inaccettabili che non dovrebbero albergare nel nostro dibattito.
Sono d'accordo con le parole che ha speso l'onorevole D'Elia per illustrare e difendere il testo di questo ordine del giorno. Vorrei ricordare, fra l'altro, che nell'ordine del giorno che lei, signor Presidente, non ha letto completamente vi è il riferimento all'applicazione di una direttiva che il Parlamento ha già dato al Governo con un atto di indirizzo approvato il 19 luglio scorso.
Capisco che bisogna trovare argomenti dell'ultimo minuto per cercare contraddizioni o problemi o chissà quali incongruenze nella posizione della maggioranza, ma ricordo che nell'atto di indirizzo che abbiamo votato a luglio impegnavamo il Governo all'elaborazione di un piano efficace di riconversione delle colture di oppio anche ai fini di una loro parziale utilizzazione per le terapie del dolore. Mi sembra che l'ordine del giorno che il Governo oggi accoglie rappresenti un passo in avanti verso una direzione che il Parlamento ha già stabilito per il Governo.
È vero che a livello internazionale vi sono ampi dibattiti sulla questione. Non vi è solo la Croce rossa internazionale che, spero, non vogliate considerare come un «demonio», ma vi è anche l'Organizzazione mondiale della sanità, che denuncia una carenza di terapia del dolore in gran parte dei paesi del mondo.
È vero, come dice l'onorevole Giovanardi, che quella organizzazione che fa parte del sistema delle Nazioni Unite ha parlato del mercato attuale, ma il mercato attuale insiste soprattutto nei paesi (per dirla in altre parole) ricchi, i cui cittadini e i cui sistemi sanitari possono permettersi di accedere all'acquisto della morfina che attualmente è sul mercato. Noi, invece, pensiamo che vada aumentata la produzione di morfina per offrire sollievo a quelle persone che muoiono in paesi che hanno dieci dollari di reddito mensile per ogni abitante e ciò si può fare solo aumentando la produzione.

LUCA VOLONTÈ. Diamogli da mangiare, non la morfina!

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Diamogli da mangiare!

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, lasci concludere l'onorevole Mantovani.

RAMON MANTOVANI. Perché, onorevole Volontè, è così eccitato da questo tema? Non capisco. Del resto, parlare di morfina dovrebbe calmare gli animi e non eccitarli così tanto...

LUCA VOLONTÈ. Infatti, vedo che sei calmo!

ROBERTO SALERNO. Vergogna!

CESARE CAMPA. Vergogna!

PRESIDENTE. Lasciate parlare il collega Mantovani.

RAMON MANTOVANI. Uno dei paesi che, attualmente, è autorizzato alla produzione legale di oppiacei è la Turchia e l'efficacia della riconversione delle produzioni da illecite a legali ha fatto sì che in Turchia venisse eliminata la produzione illegale e fosse ricondotta nell'ambito della legalità anche quella parte di produzione che i contadini portavano avanti. Chi ha memoria si ricorderà che, negli anni Sessanta e Settanta, la maggioranza dell'eroina che si trovava sui nostri mercati clandestini proveniva dalla Turchia. Oggi, non è più così. Perché non può avvenire lo stesso per l'Afghanistan?
Infine, hanno ragione i colleghi Della Vedova e D'Elia a parlare concretamente, senza tirare in ballo le teorie e le posizioni antiproibizioniste che, peraltro, albergano in tutti gli schieramenti e sono piuttosto trasversali nel Parlamento.
Ma voglio dire una cosa sull'efficacia di quel bureau che dice di voler combattere il narcotraffico e che, da quando esiste e da quando ha voluto implementare una politica repressiva della produzione e del consumo, non ha fatto altro che aumentare Pag. 111a dismisura il commercio internazionale di stupefacenti. Inoltre, quel bureau non è riuscito a farsi dare l'elenco dei compratori delle materie chimiche, prodotte tutte da società multinazionali, che servono alla trasformazione dell'oppio in eroina e della coca in cocaina (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani e Verdi). Per la cocaina, ad esempio, vi sono 26 elementi chimici che devono concorrere alla trasformazione della coca in cocaina.
Ebbene, le multinazionali chimiche si sono sempre rifiutate di fornire a quell'organismo l'elenco dei loro compratori. Occorrerebbe la lente d'ingrandimento per capire dove risiedono certe responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani e Verdi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, lo confesso, non ho l'esperienza e la conoscenza che l'onorevole Mantovani ha in materia di oppiacei e morfine, pertanto non voglio seguirlo in questa sua analisi sulle questioni tecniche.

FULVIA BANDOLI. Non serve sapere, basta leggere!

FRANCESCO BOSI. Piuttosto, sono davvero meravigliato del comportamento del rappresentante del Governo il quale, con molta superficialità, ha ritenuto di accettare l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, senza tenere conto che l'Italia, che partecipa ai consessi internazionali nei quali si è discusso di tale questione, si è sempre allineata su posizioni negative che, per la verità, hanno trovato un unico sostenitore nel Portogallo.
Io che partecipo anche all'Assemblea parlamentare della NATO posso dire che anche lì si è riproposta questa valutazione, che è stata accantonata dopo un'ampia ed approfondita discussione.
Domando allora all'onorevole Intini - che non mi sembra abbia ascoltato con molta attenzione questo dibattito - cosa faranno il ministro degli affari esteri e il Presidente del Consiglio di questo paese, a seguito dell'accettazione da parte del Governo dell'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4, laddove tale questione non solo non è stata mai sostenuta, ma è stata addirittura bocciata ed accantonata?
È ovvio che non si può parlare di una strategia di contrasto e di disincentivazione alla produzione in una zona delicata e difficile come il sud dell'Afghanistan, dove non si è in grado di acquisire sotto il controllo internazionale la merce, di venderla e di compensare i coltivatori. Vi rendete conto di quello che state dicendo?
Signor viceministro, ritengo che lei, prima di accettare questo ordine del giorno, avrebbe dovuto consultare il suo ministro degli esteri e il suo Presidente del Consiglio. Infatti, delle due l'una: o lei si è distratto nell'esprimere il parere - forse, come diceva l'onorevole Gasparri, un «sì» ad un ordine del giorno non si nega a nessuno, magari per compiacere la serie dei firmatari - oppure sta seguendo una linea che non è mai stata quella dell'Italia, che non si è mai palesata e contro la quale si registrerebbe il nostro isolamento da parte della comunità internazionale, tanto a livello delle Nazioni Unite, quanto a livello della NATO.
Davvero, è andata in scena, nell'aula di Montecitorio, una rappresentazione singolare, particolare. Spero si tratti di una gaffe; altrimenti, se ne riparlerà: non si possono sostenere, nell'Assemblea della Camera dei deputati, tesi che non trovano alcun riscontro negli impegni che l'Italia assume e nella partecipazione del paese alle sedi dove il problema è stato già valutato e discusso.
Le sceneggiate, per favore, risparmiatecele: pensavamo, stasera, di parlare di questioni serie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

Pag. 112

LUCA VOLONTÈ. Faccia intervenire Intini!

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, lei è già intervenuto.
Prego, onorevole Zanella.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, vorrei sottolineare che la proposta contenuta nell'ordine del giorno in esame è molto realistica ed è altresì fondata sull'effettuazione di studi di fattibilità; è quindi radicata sicuramente in un'analisi, in uno studio che è documentato e documentabile.
A mio avviso, dovremmo evitare di ridurci ancora una volta ad un confronto sterile e molto strumentale tra posizioni contrapposte.
Da una parte, stanno, infatti, i sostenitori di una modalità di eradicamento dell'oppio, assolutamente impraticabile; mi riferisco all'evidente fallimento di qualsiasi tentativo di utilizzare, come propone alquanto sconsideratamente il collega Volontè - il quale, addirittura, afferma che si tratterebbe di una metodologia ecologica -, il famoso fusarium ovvero il fungo patogeno: l'esperienza tragica della Colombia negli anni passati - e anche presenti, purtroppo! - dimostra che si tratta di un agente patogeno che colpisce non soltanto altre coltivazioni ma addirittura uomini e donne. Il collega potrebbe fare riferimento, se volesse ricevere un'informazione più accurata e scientificamente fondata, agli studi del dipartimento di micologia dell'Università della Tuscia.
Dall'altra parte, tuttavia, stanno le proposte di sradicare la coltivazione dell'oppio secondo quanto sperimentato in questi mesi e in questi anni; ma l'evidente fallimento di tali metodi risulta, come è stato osservato più volte in questa sede, dal fatto che sono ben 156 mila gli ettari coltivati a papavero e dalla circostanza che ormai il 92 per cento della produzione di oppio derivi dalle coltivazioni in Afghanistan. Coltivazioni che producono un ammontare di guadagni pari - sembrerebbe dai calcoli effettuati - a 500 miliardi di dollari; tali risorse, naturalmente, finanziano il narcotraffico, nonché le politiche e le aggressioni dei terroristi e dei Taliban.
Quindi, mi pare che la nostra proposta - che è quella della maggioranza - meriti di essere presa in considerazione anziché venire quasi derisa, come ha fatto il collega di Alleanza Nazionale, Gasparri. Essa andrebbe valutata in maniera oggettiva, per quello che è, considerando che noi siamo pronti anche a ritirarla qualora non avesse la valenza e la fattibilità che invece, a nostro giudizio, possiede.
Mi pare, quindi, che il confronto possa svolgersi in maniera molto tranquilla, su base scientifica, in modo da non precludere la possibilità di tentare di raggiungere l'obiettivo convintamente dichiarato: è nostro interesse che abbia termine una produzione che è andata aumentando e che, date le condizioni che sono sotto gli occhi di tutti, rischia di aumentare ulteriormente.
Qualora non vi fosse una riconversione forte, un fiume di oppiacei continuerebbe ad arrivare in Occidente, mercato che assorbe l'offerta e che fa calare anche il prezzo: nelle nostre città...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUANA ZANELLA. ...la morfina, l'eroina, le droghe illegali costano sempre meno anche a causa di questa offerta (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. L'ultima collega che ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati è l'onorevole Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, stiamo esaminando e votando le disposizioni contenute nel disegno di legge di conversione del decreto-legge che proroga la partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali; quindi, discutiamo semplicemente il rifinanziamento di tali missioni, compresi Pag. 113stipendi, garanzie pensionistiche e trattamenti di missione ai militari in esse impegnati.
Aver visto ammesso in questa azione l'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 e, soprattutto, avere sentito che il Governo, in modo non completamente calato nella realtà, lo ha accettato, mi ha davvero messa in difficoltà.

LUCA VOLONTÈ. Brava!

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Io dico che esistono principi etici ed esiste il diritto di questo Parlamento di essere informato fino in fondo prima che sia introdotto, attraverso un ordine del giorno, il principio secondo il quale liberalizziamo, anzi permettiamo la coltivazione di droghe in altre nazioni.
L'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 è valido fino alla locuzione «coltivazione naturali»: lì si dovrebbe fermare il testo, perché non è obbligatorio andare da altri popoli e dire loro di coltivare l'oppio e quant'altro; si può dire loro, invece, di coltivare qualcosa di più razionale.
In questo contesto, credo che avrò grossi dubbi a votare a favore dell'ordine del giorno Sereni n. 9/2193/4 se, in modo subdolo, si vuole introdurre un principio non etico (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Invito i colleghi a prendere posto, onde procedere ordinatamente alle votazioni.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno Rivolta n. 9/2193/1, non accettato dal Governo...
Scusate, Colleghi! Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà (Commenti).

ALESSANDRO FORLANI. Onorevole Presidente, anziché intervenire nella discussione sul complesso degli ordini del giorno, preferisco intervenire sui singoli ordini del giorno in relazione ai quali ho qualcosa da dire, perché altrimenti (Commenti)...

PRESIDENTE. È un suo diritto, onorevole Forlani. Quelli che urlano sono i tifosi del Milan, ma noi non li ascoltiamo...!
Prosegua pure, onorevole Forlani.

ALESSANDRO FORLANI. Non si direbbe che sia un mio diritto, signor Presidente, vista l'atmosfera!
Con riferimento all'ordine del giorno Rivolta n. 9/2193/1, condivido molte considerazioni in esso contenute. Tuttavia, nella parte dispositiva, che, di solito, è quella politicamente più rilevante, l'ordine del giorno è volto ad impegnare il Governo «a valutare l'opportunità di dichiarare il fallimento della missione e di ordinare l'immediato ritiro di tutto il contingente italiano». Ebbene, io ho creduto nella missione in Libano. La missione UNIFIL 2, nella quale l'apporto italiano ha un ruolo rilevante, ha posto fine ad una guerra e, tra tante difficoltà e tanti processi non conclusi, sta garantendo un minimo di tregua e di pace in quel paese.
In un atto di indirizzo politico, che impegna il Governo e il Parlamento del paese maggiormente responsabilizzato e, anzi, che oggi ha il comando della missione, prevedere già l'eventualità del fallimento significa ammettere l'eventualità della sconfitta e, quindi, quella del ritiro. Questo non mi sembra politicamente dignitoso per il nostro paese impegnato in quella missione.
La stessa cosa - per non disturbare oltre i colleghi - vale per gli ordini del giorno Brigandì n. 9/2193/25 e Dussin n. 9/2193/29 che contengono (Commenti). ..

PRESIDENTE. Vi prego di lasciar parlare l'onorevole Forlani. È un suo diritto intervenire ed intervenire nel silenzio dell'aula. Prosegua pure, onorevole Forlani.

ALESSANDRO FORLANI. Gli ordini del giorno Brigandì n. 9/2193/25 e Dussin n. 9/2193/29 contengono valutazioni analoghe, cioè l'eventualità che non si realizzi la finalità della missione e dunque la previsione del ritiro. In ogni caso, bisognerebbe Pag. 114capire qual è la finalità e a che punto siamo in grado di definire che la missione non è riuscita. Mi sembra, questo, politicamente non opportuno e non corretto nei confronti degli alleati, oltre che un atto che non dimostra solidarietà verso le popolazioni e gli Stati che stiamo tutelando con la nostra presenza (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Non essendovi altre richieste d'intervento, passiamo ai voti.
Come già precisato, secondo la prassi, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rivolta ed altri n. 9/2193/1, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 499
Votanti 494
Astenuti 5
Maggioranza 248
Hanno votato
206
Hanno votato
no 288).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Bonelli ed altri n. 9/2193/3, accolto dal Governo come raccomandazione.

ANGELO BONELLI. No, signor Presidente, non insistiamo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno Cossiga n. 9/2193/6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà (Commenti). Guardate che se si continua così perdiamo più tempo; quindi conviene consentire all'onorevole Cossiga, che lo chiede, di svolgere il suo intervento.

GIUSEPPE COSSIGA. Il sottosegretario Verzaschi se n'è già andato, ma qui ha fatto un pasticcio. Questo è un ordine del giorno a sostegno della NATO e delle dichiarazioni del ministro Parisi. Non voglio mettere in difficoltà il viceministro Intini, che su questo tema è già stato protagonista; pertanto, ritiro questo mio ordine del giorno, e così facciamo pace.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cicu n. 9/ 2193/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 499
Astenuti 4
Maggioranza 250
Hanno votato
218
Hanno votato
no 281).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Volontè n. 9/2193/8, nella parte non preclusa, non accettato dal Governo
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 501
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
222
Hanno votato
no 279).

Pag. 115

Prendo atto che il deputato Forlani non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Germontani n. 9/2193/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 505
Votanti 503
Astenuti 2
Maggioranza 252
Hanno votato
222
Hanno votato
no 281).

Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Gasparri n. 9/2193/10, accolto dal Governo come raccomandazione.

MAURIZIO GASPARRI. No, signor Presidente, non insistiamo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ronchi n. 9/2193/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 513
Votanti 510
Astenuti 3
Maggioranza 256
Hanno votato
226
Hanno votato
no 284).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Menia n. 9/2193/12, accolto dal Governo come raccomandazione.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno La Russa n. 9/2193/13.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno La Russa n. 9/2193/13, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510
Votanti 509
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato
224
Hanno votato
no 285).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ascierto n. 9/2193/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 511
Votanti 510
Astenuti 1
Maggioranza 256
Hanno votato
228
Hanno votato
no 282).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Migliori n. 9/2193/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 116

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256
Hanno votato
228
Hanno votato
no 282).

Ricordo che l'ordine del giorno Zacchera n. 9/2193/16 è stato accettato dal Governo, nel testo riformulato, mentre l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/2193/17 è stato accolto come raccomandazione: prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione.
Constato l'assenza del presentatore dell'ordine del giorno Pedrizzi n. 9/2193/18: si intende che vi abbia rinunziato. Ricordo che gli ordini del giorno Garnero Santanchè n. 9/2193/19 e Garavaglia n. 9/2193/20, nel testo riformulato sono stati accettati dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bricolo n. 9/2193/21 (Nuova formulazione), non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 510
Maggioranza 256
Hanno votato
228
Hanno votato
no 282).

Ricordo che l'ordine del giorno Fallica n. 9/2193/22 è stato accolto dal Governo come raccomandazione: prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione. Gli ordini del giorno Paoletti Tangheroni n. 9/2193/23, nel testo riformulato, e Lazzari n. 9/2193/24 sono stati accettati dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brigandì n. 9/2193/25, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
213
Hanno votato
no 287).

Ricordo che gli ordini del giorno Goisis n. 9/2193/26, Quartiani n. 9/2193/27, Fasolino n. 9/2193/28 sono stati accettati dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dussin n. 9/2193/29, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 505
Astenuti 2
Maggioranza 253
Hanno votato
198
Hanno votato
no 307).

Ricordo che gli ordini del giorno Pinotti n. 9/2193/30 e Affronti n. 9/2193/33 sono stati accettati dal Governo. Gli ordini del giorno Lucchese n. 9/2193/31, Giuditta n. 9/2193/32 e Cioffi n. 9/2193/34 sono stati accolti come raccomandazione: prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione. L'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/2193/35, infine, è stato accettato dal Governo.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 8 marzo 2007, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali (2193-A).
- Relatori: Ranieri, per la III Commissione e Pinotti, per la IV Commissione.

2. - Informativa urgente del Governo sulle recenti vicende della gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Campania.

3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine. (1638-A).
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (366-1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.

7. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20.35.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 2193-A - em. 1.21 506 505 1 253 219 286 49 Resp.
2 Nom. em. 1.53 523 521 2 261 231 290 46 Resp.
3 Nom. em. 1.51 522 521 1 261 517 4 46 Appr.
4 Nom. em. 1.52 530 528 2 265 236 292 45 Resp.
5 Nom. em. 1.55 515 514 1 258 508 6 45 Appr.
6 Nom. em. 2.53 507 507 254 218 289 45 Resp.
7 Nom. em. 2.51 508 508 255 505 3 45 Appr.
8 Nom. em. 2.54 466 466 234 198 268 45 Resp.
9 Nom. em. 2.50 418 418 210 418 45 Appr.
10 Nom. em. 3.50 I parte 504 503 1 252 191 312 53 Resp.
11 Nom. em. 3.50 II parte 514 512 2 257 195 317 53 Resp.
12 Nom. em. 3.50 III parte 506 504 2 253 189 315 53 Resp.
13 Nom. em. 3.50 IV parte 512 510 2 256 193 317 53 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 3.50 V parte 508 505 3 253 192 313 53 Resp.
15 Nom. em. 3.50 VI parte 517 515 2 258 194 321 52 Resp.
16 Nom. em. 3.50 VII parte 516 514 2 258 192 322 52 Resp.
17 Nom. em. 3.50 VIII parte 514 512 2 257 186 326 52 Resp.
18 Nom. em. 3.50 IX parte 510 507 3 254 189 318 52 Resp.
19 Nom. em. 3.50 X parte 510 507 3 254 190 317 52 Resp.
20 Nom. em. 3.50 XI parte 520 518 2 260 195 323 52 Resp.
21 Nom. em. 3.50 XII parte 519 515 4 258 195 320 52 Resp.
22 Nom. em. 3.50 XIII parte 521 518 3 260 195 323 52 Resp.
23 Nom. em. 3.50 XIV parte 523 519 4 260 196 323 52 Resp.
24 Nom. em. 3.50 XV parte 526 523 3 262 197 326 52 Resp.
25 Nom. em. 3.50 XVI parte 524 519 5 260 196 323 52 Resp.
26 Nom. em. 3.50 XVII parte 522 520 2 261 197 323 52 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 3.57 496 476 20 239 198 278 51 Resp.
28 Nom. em. 3.58 506 506 254 219 287 50 Resp.
29 Nom. em. 3.59 526 524 2 263 516 8 50 Appr.
30 Nom. em. 3.150 515 510 5 256 507 3 50 Appr.
31 Nom. em. 4.50 513 507 6 254 504 3 50 Appr.
32 Nom. em. 5.50 506 503 3 252 226 277 50 Resp.
33 Nom. em. Tit. 1. 510 510 256 233 277 50 Resp.
34 Nom. odg 9/2193/1 499 494 5 248 206 288 49 Resp.
35 Nom. odg 9/2193/7 503 499 4 250 218 281 49 Resp.
36 Nom. odg 9/2193/8 503 501 2 251 222 279 49 Resp.
37 Nom. odg 9/2193/9 505 503 2 252 222 281 49 Resp.
38 Nom. odg 9/2193/11 513 510 3 256 226 284 49 Resp.
39 Nom. odg 9/2193/13 510 509 1 255 224 285 49 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 44
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. odg 9/2193/14 511 510 1 256 228 282 49 Resp.
41 Nom. odg 9/2193/15 510 510 256 228 282 49 Resp.
42 Nom. odg 9/2193/21 510 510 256 228 282 49 Resp.
43 Nom. odg 9/2193/25 502 500 2 251 213 287 49 Resp.
44 Nom. odg 9/2193/29 507 505 2 253 198 307 49 Resp.