XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 113 di mercoledì 21 febbraio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 9,35.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, Cordoni, Dato, Delfino, Gianni Farina, Frias, Giancarlo Giorgetti, Leoni, Lion, Marcenaro, Migliori, Palumbo, Paroli, Rosso, Stramaccioni e Tremonti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Mura ed altri n. 1-00095, Sereni ed altri n. 1-00096, Balducci ed altri n. 1-00098, Cioffi ed altri n. 1-00102, Frias ed altri n. 1-00103 e Lussana ed altri 1-00104 sulle iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi (ore 9,38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Mura ed altri n. 1-00095, Sereni ed altri n. 1-00096, Balducci ed altri n. 1-00098, Cioffi ed altri n. 1-00102, Frias ed altri n. 1-00103 e Lussana ed altri 1-00104 sulle iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che, nella seduta di ieri, il sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità, Donatella Linguiti, è intervenuta in sede di replica, esprimendo altresì parere favorevole sulle mozioni Mura ed altri n. 1-00095, Sereni ed altri n. 1-00096, Balducci ed altri n. 1-00098, Cioffi ed altri n. 1-00102, Frias ed altri n. 1-00103 e parere contrario sulla mozione Lussana ed altri 1-00104, in relazione alla quale è stato altresì respinto l'emendamento Turco 1-00104/1.

MASSIMO GARAVAGLIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per avere un chiarimento. Noi eravamo impegnati in Commissione bilancio, anche con provvedimenti importanti in discussione, però abbiamo dovuto abbandonarla per venire in aula a seguire la discussione di questa mozione, che per noi è molto importante. A fronte della richiesta di sospendere i lavori della Commissione, il presidente Duilio ha affermato che è prassi costante non sospendere i lavori, se non in occasione dello svolgimento di votazioni in Assemblea.
Pertanto, chiediamo che sia disposta la sospensione della seduta della V Commissione per consentirci di seguire questo dibattito o, quanto meno, un chiarimento definitivo sulla questione.

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PRESIDENTE. Onorevole Garavaglia, ieri la questione è stata sollevata con riferimento ad un'altra fattispecie, ad un'altra materia da alcuni colleghi, ma quella da lei evidenziata oggi, in effetti, è diversa, perché ieri il dibattito riguardava la discussione sulle linee generali. Oggi invece, essendo nella fase delle dichiarazioni di voto, quindi in una fase di votazione, la questione che lei solleva è fondata; la fattispecie, ripeto, è diversa rispetto a quella di ieri.
Per questa ragione, le assicuro che sarà disposta la sconvocazione di tutte le Commissioni eventualmente riunite.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertolini. Ne ha facoltà.

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, nello svolgere la mia dichiarazione di voto per il gruppo di Forza Italia sulla mozione che insieme alle colleghe della Casa delle libertà abbiamo presentato, innanzitutto vorrei sgombrare il campo da qualunque equivoco ed ambiguità, soprattutto alla luce del comportamento tenuto ieri dalla maggioranza e dal Governo in quest'aula. Abbiamo chiesto ed ottenuto di votare e di discutere queste mozioni, che hanno ad oggetto la condanna delle violazioni dei diritti fondamentali che le donne straniere subiscono sul nostro territorio a causa di tradizioni e di precetti religiosi. Purtroppo, i casi di violenza non avvengono solo sul nostro territorio - è di ieri la notizia di un efferato omicidio ai danni di una donna - e, quindi, credo che il tema sia di grande attualità e debba far riflettere. Di conseguenza, non siamo venuti qui per discutere della condizione della donna e delle discriminazioni di genere nella loro interezza e generalità: dico ciò anche perché questo giustificherà i nostri voti sulle mozioni presentate in gran parte dalla maggioranza.
Ieri in quest'aula il sottosegretario ha addirittura parlato non solo di questi temi, ma di violenza all'infanzia. Vorrei dire, proprio per non lasciare nessun equivoco, che noi siamo particolarmente sensibili a queste tematiche e le riteniamo assolutamente prioritarie nell'agenda di Forza Italia e della Casa delle libertà, ma il tema che volevamo discutere quando abbiamo presentato le mozioni era un altro, particolarmente delicato.
Abbiamo voluto portare all'attenzione del mondo politico e di quest'Assemblea la condizione di quelle donne che, in nome del fondamentalismo e dell'oscurantismo religioso, subiscono violenze, umiliazioni e discriminazioni. Quindi, volevamo parlare di una parte dell'universo femminile che oggi è presente anche nel nostro territorio.
Nell'immaginario collettivo si pensa di solito all'immigrazione extracomunitaria e spesso se ne parla in termini esclusivamente maschili. Le donne restano esseri quasi invisibili all'interno di questo fenomeno, mentre il loro ruolo è essenziale per capire il grado di sviluppo di una comunità.
Da molti anni, in realtà, il nostro paese è stato eletto come luogo di immigrazione da migliaia di donne straniere ed il continuo aumento di donne extracomunitarie presenti in Italia, unito alla tendenza di alcuni gruppi stranieri a formare nel nostro paese una famiglia, ha certamente aperto un capitolo nuovo nel campo dei problemi sociali.
A nostro avviso, sono proprio le donne a portare il peso dei conflitti tra cultura d'origine e adattamento al nuovo ambiente di appartenenza, molto più degli uomini. Sono le donne che devono gestire un rapporto conflittuale con le tradizioni e i valori originari, attraverso la reinterpretazione delle pratiche educative, alimentari, sanitarie, del vivere quotidiano proprio della cultura femminile e sono loro che vivono quotidianamente una condizione di minorità e di debolezza, purtroppo anche nel nostro paese.
Secondo un sondaggio, condotto di recente dall'unico organo di informazione in lingua araba diffuso sul territorio nazionale, Pag. 3l'85 per cento delle donne di fede musulmana che vive in Italia ritiene la situazione dei diritti e delle libertà individuali del tutto insoddisfacente, anche a causa di interpretazioni forzate dei precetti islamici.
I dati raccolti da diverse associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico evidenziano che l'86 per cento delle donne presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico. Solo il 10 per cento delle 400 mila donne islamiche presenti in Italia conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici - quindi, non secondo la nostra qualità di vita -, si potrebbe definire normale.
In tal senso per le donne sussiste una doppia condizione di subalternità: quella che vivono relativamente al loro stato di immigrate, ma anche quella relativa al sesso. E tutto ciò aumenta la loro debolezza e la loro vulnerabilità.
Per queste donne l'isolamento è molto forte, in particolare per quelle che non hanno un lavoro, che vivono in casa. L'80 per cento di esse non esce di casa se non viene accompagnato da figure maschili della famiglia di appartenenza e, nonostante ciò, quasi tutte le ricerche sull'immigrazione, i dati statistici di cui siamo in possesso, le attività, l'accesso al lavoro, i progetti di formazione e tutti gli scritti sull'argomento trascurano il fenomeno della differenza di genere nell'immigrazione e dimenticano troppo spesso il volto femminile tra le molte facce di questo fenomeno.
Purtroppo le donne sono soprattutto vittime di violenze psicologiche, fisiche, di sfruttamento e di abusi. La cronaca quotidiana ci informa con crescente drammaticità di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria.
Molte donne immigrate, arrivate nel nostro paese magari in cerca di un futuro migliore, devono subire tutto questo, pensando soprattutto che non vi è una via di scampo, che non vi è un modo per evitare pratiche disumane e vergognose. Stiamo parlando di matrimoni forzati, di mutilazioni genitali, di riduzioni in schiavitù e di prostituzione.
Sul nostro territorio si moltiplicano le denunce di donne extracomunitarie di religione islamica vittime di matrimoni poligamici celebrati in centri di preghiera autorizzati dallo Stato a svolgere una libera attività associativa, ma che non hanno alcuna autorità giuridica per porre in essere un'unione che possa essere considerata valida dallo Stato.
Tali matrimoni rappresentano non solo una grave violazione dell'ordinamento penale italiano - quindi, del nostro ordinamento giuridico -, ma anche una grave lesione della dignità umana delle donne musulmane presenti in Italia. Infatti, queste donne spesso ignorano la non validità dell'unione ufficializzata in moschea, subendone comunque le conseguenze, soprattutto in caso di ripudio.
Si tratta di pratiche millenarie, di consuetudini che si tramandano di generazioni in generazioni, imposte alle donne immigrate, che spesso non sanno che tutto questo nel nostro paese è severamente vietato dalla legge.
Sono fenomeni alimentati dalla disinformazione, dalla superstizione, dall'isolamento, dalla mancata conoscenza, dai pregiudizi, dalla scarsa consapevolezza dei propri diritti, ma soprattutto dalla paura di ciò che può accadere se ci si ribella o dalla paura di quello che potrebbero pensare i familiari o la comunità di appartenenza.
È per questo che bisogna informare queste donne e bisogna far sapere che si può dire di «no» e che ci sono dei modi per far valere i propri diritti. In un contesto di riferimento così drammatico - non cito i casi avvenuti in quanto credo che ormai tutti li conoscano e perché sono, purtroppo, all'ordine del giorno - non comprendo come gran parte della sinistra, in nome di un'eccessiva propensione al dialogo, anche come le frange più estreme del mondo islamico, e in nome di una malintesa integrazione, non trovi il coraggio di denunciare questa situazione di diffusa illegalità.Pag. 4
Permettetemi di dire che trovo ancora più assordante il silenzio da parte delle donne della sinistra italiana che, per affinità di genere e per sensibilità politica - a mio avviso -, dovrebbero essere in prima fila nella denuncia di tale situazione. Devo dire che anche ieri il Governo ha creato in quest'aula un precedente grave e ingiustificabile con i suoi pareri sulle nostre mozioni. Mi chiedo soprattutto perché vi siano tanta reticenza, tanti timori e tante timidezze. Io credo che in politica occorra avere anche il coraggio di prendere posizioni scomode che non rispondono ad un immediato tornaconto politico, ma che vanno nella direzione di uno stringente e rigoroso rispetto dei valori che noi riteniamo inderogabili e che devono informare l'intera nostra attività parlamentare e sociale.
È per questo motivo che nel dispositivo della nostra mozione, su cui inspiegabilmente il Governo dà un parere negativo, abbiamo previsto l'impegno per il Governo a promuovere iniziative, anche legislative, volte a tutelare e a garantire sul nostro territorio il rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia.
Intendiamo promuovere un miglioramento delle loro condizioni di vita attraverso specifici corsi di alfabetizzazione di italiano e programmi di inserimento nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, oltre a campagne di sensibilizzazione che permettano a queste donne di conoscere i propri diritti, i possibili strumenti di autotutela e soprattutto i mezzi per farli valere. Ad esempio, cito l'iniziativa del telefono multilingue che rende più agevole alle donne extracomunitarie denunciare la propria condizione. Ieri il Governo ci ha detto che tutto questo è già stato fatto nel nostro paese. Allora, dico al Governo che forse, invece di elencarci che cosa ha fatto, avrebbe potuto fornirci i dati positivi e i risultati raggiunti da queste iniziative. Al contrario, la realtà ci dice che la situazione è ben diversa da come è stata descritta.
Credo infine che non sia più rimandabile una presa di posizione forte da parte del Governo sui comportamenti di gran parte di quegli esponenti del mondo islamico che, attraverso dichiarazioni ufficiali, si pongono al limite della legalità in materia di rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia.
A tal proposito con la nostra mozione chiedevamo e chiediamo che tutte le associazioni di rappresentanza che pongono in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano, quindi contrari alla nostra legge e, in generale, lesivi della condizione delle donne extracomunitarie, vengano escluse dalla Consulta islamica. Anche al riguardo il sottosegretario - evidentemente non informato - afferma che questa situazione non esiste.
Chiudo lanciando un appello, ma anche una sfida alle colleghe della sinistra: il testo della mozione che noi abbiamo presentato e nel quale abbiamo unificato le varie mozioni che provenivano dalla Casa delle libertà - anche per dimostrare la nostra unità d'intenti - è un testo certamente di denuncia forte, coraggiosa e convinta, ma nella sostanza molto equilibrata.
Quelli che stiamo trattando oggi non sono temi che ci possono vedere divisi. Quello del rispetto, della tutela e della difesa della donna non rappresenta un tema che possa generare pretestuose contrapposizioni. Dobbiamo impegnarci tutti per i diritti delle donne extracomunitarie per assicurare loro condizioni di vita migliore. Questo è un campo di battaglia comune, a prescindere dal colore dell'appartenenza politica.
È per questo che annuncio il voto favorevole di Forza Italia sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104 ed auspico su di essa un «sì» convinto di tutta l'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

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MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, siamo chiamati ad esprimerci su una serie di mozioni che apparentemente vertono sulle iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi. Dalla loro lettura risulta che l'unica ad affrontare effettivamente il tema della violazione delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi è la mozione Lussana ed altri n. 1-00104.
Per questa ragione ieri ho presentato a tale mozione un emendamento, visto che negli impegni previsti in tale atto a carico del Governo ve ne era uno che mi pareva particolarmente importante non lasciar cadere, in quanto era l'unico ad avere attinenza con le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi. Mi riferisco alla parte che impegna il Governo a chiedere alle confessioni religiose un documento in cui si condanna in modo inequivocabile la poligamia e tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici. Credevo - e credo - che tale richiesta debba essere estesa a tutte le confessioni religiose che abbiano un qualsiasi tipo di rapporto con la Repubblica italiana.
È vero che la mozione Lussana ed altri n. 1-00104 in alcuni punti risulta ridondante; ad esempio, è chiaro che, qualora venissero commessi dei reati (come ha ora ricordato la collega Bertolini), dovrebbe essere compito della magistratura perseguirli e non certo del Governo. Inoltre, quanto viene descritto nella premessa ha a che fare con una serie di reati già iscritti nel nostro codice penale.
Tuttavia, il dibattito, e soprattutto il voto, hanno avuto un esito un po' strano. In occasione della votazione nella quale è mancato il numero legale, per l'assenza di tre deputati, l'intero gruppo di Rifondazione Comunista e molti colleghi dell'Ulivo hanno votato a favore del mio emendamento, su cui vi era il parere favorevole del Governo. Alla ripresa dei lavori (legittimamente, per carità), dopo tre ore, senza che in aula vi fosse stato alcun intervento, la votazione è stata ripetuta. Con l'eccezione di quattro colleghi, l'intero gruppo di Rifondazione Comunista, ma soltanto 38 colleghi dell'Ulivo hanno confermato il voto favorevole sul mio emendamento.
Ritengo che vi sia in proposito un problema politico. Vi è stata una chiara espressione da parte del Governo sull'emendamento ed era anche chiaro che esso era riferito alla mozione Lussana ed altri n. 1-00104. Penso che sia utile a tutti, innanzitutto ai colleghi di Rifondazione Comunista e a quelli dell'Ulivo (visto che si è trattato di uno «spostamento di massa» all'interno dei gruppi rispetto al voto precedente), che i colleghi spieghino in questa sede le ragioni per le quali hanno ritenuto di dover cambiare posizione, anche per poter comprendere meglio i veri impegni che ciascun gruppo e ciascun deputato intendono chiedere in questa sede.
Relativamente agli altri atti, a mio avviso quello più vicino ai nostri intendimenti è la mozione Mura ed altri n. 1-00095, in particolare per quanto riguarda l'impegno a promuovere un programma di educazione e formazione sui diritti umani per tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Spero che sia possibile votare per parti separate la mozione Lussana ed altri n. 1-00104, estrapolandone il primo capoverso del dispositivo, nel quale si prevede la promozione di programmi di educazione e di formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole. Noi, infatti, crediamo sia questo il vero atto politico attraverso il quale sarebbe possibile, in questo momento, dare l'unica risposta concreta per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi.
Vorrei rilevare che la materia è molto specifica e non ha nulla a che vedere con la violenza di genere cui si fa riferimento nelle altre mozioni all'ordine del giorno. Anche se si tratta di un tema che, indubbiamente, incontra un forte interesse da parte nostra, ribadisco che ciò non attiene affatto all'argomento all'ordine del giorno dell'Assemblea.
Ritengo infine, signor Presidente, che in questa Assemblea sia stata spesso travisata la nozione di libertà religiosa, quasi fosse Pag. 6un principio «esterno» - se non estraneo - allo Stato di diritto ed alla stessa Repubblica italiana; in altri termini, è sembrato si trattasse di un concetto importato da altri ordinamenti.
La libertà religiosa, invece, costituisce uno dei principi fondamentali dello Stato democratico, che consente a tutte le confessioni religiose di potersi esprimere liberamente. Sappiamo, tuttavia, che nessuna confessione, anche in nome dei propri principi, riveste lo stesso valore della libertà di pensiero, di coscienza e di religione che sta alla base dei propri convincimenti, della propria attività e del proprio propagandare!
È per questo motivo, dunque, che il nostro gruppo ribadisce - essendo questo il luogo ove si deve svolgere il dibattito politico - l'esigenza di fare chiarezza sulla votazione che ha avuto luogo ieri, nonché su questo cambiamento repentino di posizioni, avvenuto senza che nulla sia accaduto tra un voto e l'altro (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesini. Ne ha facoltà.

ROSALBA CESINI. La ringrazio, Presidente.
Agosto 2006: Hina Saleem viene uccisa dal padre, che non condivideva le sue scelte. Titolo dei giornali: «Muore perché rifiuta la sharia»! Settembre 2006: Khaur P. si suicida perché non accetta il matrimonio impostole dalla famiglia. Titoli: «Donna indiana sceglie la libertà»! Febbraio 2007: Maha Saidi viene picchiata e segregata in casa. Titoli: «I poliziotti perquisiscono l'appartamento e sequestrano testi islamici»!
Si è trattato di tre fatti gravi, esecrabili e da punire severamente; sono stati eventi che hanno suscitato scalpore e destato l'attenzione dei grandi quotidiani nazionali. Di più: ricordo che, a seguito di uno stupro in una città del nord, si è arrivati ad organizzare una serrata. Bene, si dirà, molto bene: finalmente, la nostra società si ribella allo scempio quotidiano! Invece, no: più semplicemente, un maghrebino aveva violentato una giovane italiana!
Lo scandalo era costituito non dall'odioso crimine in sé, ma dal fatto che a commetterlo fosse stato un extracomunitario! Questo è il punto, colleghi! È questo il motivo per cui la mozione presentata originariamente dal gruppo della Lega Nord Padania - poi confluita nel documento di indirizzo unitario del centrodestra - su questi avvenimenti ci preoccupa e ci indigna.
Ci indigna perché vuole sottolineare o dimostrare che «il mostro» è fuori di noi, vale a dire che è «l'altro da noi» per etnia e convinzioni religiose. Ci preoccupa poiché occulta un dato incontestabile, vale a dire il vero movente di questa tipologia di crimini. Mi rivolgo ai colleghi che mi hanno preceduto, ma tornerò successivamente su tale argomento.
Richiamo altri esempi, presi dai giornali di oggi. Viterbo: padre e zio, italiani, violentano 3 bambine. Avellino: uccisa dal compagno della madre, italiano. Luglio 2006: Stella Palermo, uccisa ad Albenga dall'ex fidanzato, italiano. Silvia Mantovani, uccisa a Parma dall'ex fidanzato, italiano. Ottobre 2006: Norma Rado Mazzotti, uccisa in provincia di Padova dall'uomo con cui aveva una relazione, italiano.
I titoli dei quotidiani, stavolta rigorosamente locali, vertono sul tema: lei lo lascia, lui, colto da raptus, la uccide. Due pesi e due misure, colleghe e colleghi, modi diversi e non neutrali di fare informazione, quindi, di «fare senso comune». In un caso, si sottolinea il movente religioso che obbliga ad annientare il desiderio di libertà; nell'altro, è l'attimo di follia che scatena il crimine. Eppure tutte le vicende, nessuna esclusa, hanno una radice comune: tutte queste donne sono state trucidate, picchiate, seviziate, violentate per lo stesso identico motivo, perché volevano decidere della propria vita. I loro assassini, seviziatori, picchiatori, violentatori, di culture e religioni diverse, hanno in comune la medesima incrollabile convinzione di essere i padroni della vita di figlie, di mogli, di fidanzate.Pag. 7
I nomi di queste donne si aggiungono ad una lista lunghissima, dato che l'uccisione è, per le donne dai 14 ai 44 anni, la prima causa di morte in Europa. Avete capito bene? La prima causa di morte in Europa per le donne, in questa fascia di età, non è una malattia, non è il cancro, non sono gli incidenti stradali, ma è l'uccisione per stupro, per percosse, per non perderne il possesso!
Ma veniamo all'Italia. L'ISTAT, nel rapporto sulla sicurezza dei cittadini, ci informa che, ogni giorno, sette donne, in Italia, sono violentate. Il 3 per cento della popolazione femminile tra i 14 e i 59 anni - mezzo milione di donne - ha subito una violenza. Dieci milioni di donne - il 50 per cento - ha subito una molestia a sfondo sessuale. Il 3 per cento ha subito ricatti sessuali sul posto di lavoro per essere assunta o per un avanzamento di carriera. Il 3 per cento degli stupri sono commessi da estranei, mentre la metà sono commessi da mariti, da fidanzati, da «ex», da parenti stretti.
Il rapporto Eures-Ansa ci dice che, nel 2005, 174 donne sono state uccise; 138 di loro in famiglia. Telefono Rosa ci informa che, nel 2005, sono triplicate le denunce di stupro rispetto all'anno precedente e la questura di Roma ci dice che, nella capitale, ogni tre giorni, una donna subisce uno stupro.
Da un'indagine nei centri antiviolenza dell'Emilia, si evince che la stragrande maggioranza delle donne vittime di violenze e degli autori delle stesse sono persone del tutto normali e che i crimini, per lo più, si consumano in famiglia. Persone normali, dunque, questi criminali e per di più familiari. Come dire: il killer non bussa, perché ha le chiavi. C'è davvero da preoccuparsi dello stato delle famiglie in Italia.
Visti i dati, cosa avremmo da insegnare agli altri, dall'alto di questa italianissima normalità violenta? Ci auguriamo che il dibattito su questi temi, seppure iniziato in maniera strumentale, possa, comunque, essere utile per portare all'attenzione del Parlamento, e forse anche del paese, un tema che riguarda ed interroga tutti, uomini e donne che aspirano ad una società fondata su rapporti civili tra i sessi.
Intanto, riteniamo utile cominciare ad usare un termine più appropriato per nominare i crimini in danno al genere femminile. Questa parola, non coniata da noi, è femminicidio. Cito da un testo elaborato da un gruppo di giuriste democratiche: per femminicidio deve intendersi ogni pratica violenta, sia fisica che psicologica, che attenta all'integrità, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, con il fine di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico e psicologico, fino alla sottomissione o alla morte della vittima. E di femminicidio, colleghe, è corretto parlare ogni volta che una donna è vittima di un atto criminoso, perché è donna, perché specificatamente non è la donna che l'uomo, quell'uomo, e la società vorrebbero.
Il femminicidio è un fenomeno trasversale a classi e culture ed è occultato perché, di solito, si consuma in famiglia. Ha origini da tradizioni patriarcali, usanze che quasi ovunque nel mondo sono veicolate da strutture sociali, come le religioni, il sistema formativo, quello informativo e giuridico, innanzitutto per controllarne la peculiarità e la funzione procreativa e per garantire la subordinazione delle donne in ogni sfera pubblica e privata.
Nel nostro paese, grazie alle lotte della sinistra e del movimento delle donne, in particolare dell'UDI, di cui mi onoro di far parte, molti passi avanti sono stati fatti. Non possiamo dimenticare che solo fino a pochi anni fa lo stupro era ancora un reato contro la morale, così come sappiamo quali e quanti effetti devastanti derivino dalla legge n. 40 del 2004, che obbliga l'impianto persino degli embrioni malati nel corpo delle donne e che le costringe al «nomadismo procreativo»; passi avanti, certo, ma quanta strada da fare ancora per vincere la discriminazione sessuale!
Per questo vogliamo denunciare con forza l'ipocrisia di chi si scandalizza per il velo imposto alle musulmane e, contemporaneamente, Pag. 8si batte per imporre la presenza di associazioni antiabortiste nei consultori. Per questo denunciamo l'ipocrisia di chi condanna una religione, quella islamica, che si fa legge dello Stato, ma, contemporaneamente, sostiene le gerarchie cattoliche nella pretesa che lo Stato non legiferi su tematiche ad esse sensibili.
C'è bisogno di coerenza, colleghi, e di obiettività. Bisogna saper vedere che laddove si propugni la volontà di sottomissione delle donne, laddove si voglia impedire loro di avere signoria sul proprio corpo, laddove le si voglia relegare ad una mera funzione di contenitore privo di facoltà di decidere della propria sessualità e della propria capacità procreativa, ebbene, qualunque sia il contesto, la c'è discriminazione sessuata.
Tutte le donne consapevoli che l'autodeterminazione e l'affermazione dell'inviolabilità del corpo femminile sono l'unica via per l'affermarsi di rapporti civili tra i sessi chiedono anzitutto che lo Stato si liberi da ogni ingerenza religiosa e faccia rispettare le proprie leggi, al di là di ogni convenzione o tradizione religiosa. Per il dispiegarsi della democrazia e dell'eguaglianza sostanziale lo Stato, pur garantendo il pieno rispetto delle libertà religiose, deve essere laico, totalmente e completamente laico, ed allo Stato laico compete rimuovere, come afferma la nostra Costituzione, tutti gli ostacoli che si frappongono al dispiegarsi dell'uguaglianza dei diritti.
Signora sottosegretario, il popolo della sinistra e, in particolare, le donne di quel popolo, hanno molte attese nei confronti del nostro Governo; vengano allora ripristinati al più presto i diritti calpestati dalle politiche neoliberiste e dall'approccio moralista dei Governi di destra, e possano finalmente vedere la luce i nuovi diritti di cittadinanza per cui si battono le donne italiane ed immigrate. Si correggano dunque e subito le vergognose norme della cosiddetta legge Bossi-Fini e si avvii una seria politica di integrazione!
Infine, così come per ogni essere umano non è sufficiente vivere la dimensione lavorativa per avere una coscienza di classe, per una donna, per ogni donna, non basta essere nata con il corpo di femmina per avere consapevolezza dell'origine e degli esiti del conflitto tra i sessi: lo constatiamo anche dal dibattito in quest'aula. Noi riteniamo che questa consapevolezza vada, invece, sostenuta da uno Stato per definizione laico e democratico.
Pertanto chiediamo che questo Governo riservi adeguate risorse e strumenti per la scuola, per le istituzioni territoriali e sociali, per la promozione di una cultura del rispetto delle differenze e dei generi, incentrata sull'inviolabilità del corpo femminile, in modo che sia possibile, all'inizio del terzo millennio, nel nostro paese, avviare un percorso comune di uomini e donne, anche immigrati, sotto il segno del confronto paritario tra i sessi.
Per questi motivi, voteremo a favore di tutte le mozioni presentate dai gruppi di maggioranza e contro quella presentata dal centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora rappresentante del Governo, le mozioni presentate dai vari gruppi ed il dibattito che ne è seguito hanno già prodotto un risultato direi estremamente positivo, ossia quello di consentire a quest'Assemblea di affrontare il problema delle violenze nei confronti delle donne, delle limitazioni delle loro libertà e delle discriminazioni dei loro diritti. È un concetto che ho già avuto modo di esprimere illustrando la mozione che ho presentato, ma che ritengo opportuno ribadire, oggi, in quest'aula, quantomeno di fronte ad un maggior numero di colleghi.
Nel corso della discussione sulle linee generali si sono delineate due impostazioni. Quella sostenuta dall'opposizione si concentra esclusivamente sulla violenza nei confronti delle donne musulmane; quella, diversa, che sta alla base delle mozioni presentate dai gruppi di Italia dei Pag. 9Valori, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista e dei Verdi, tende ad ampliare, invece, la prospettiva del dibattito, affrontando il tema di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, pur tenendo presente la diversa condizione economica, sociale e culturale delle donne italiane e straniere.
Nelle mozioni presentate dall'opposizione sono presenti affermazioni vere, condivisibili, che derivano dalle tristi cronache di episodi dei quali sono state vittime giovani donne musulmane. Tuttavia - ci tengo ad affermarlo - in un intervento, in particolare, sono state citate alcune pratiche di violenza e di discriminazione nei confronti delle donne musulmane che sono state attribuite al Corano, citando un versetto di cinque righe.
Credo che condannare una intera religione, che conta oltre un miliardo di seguaci e ha condiviso con noi la storia dell'Occidente, a partire da alcune pratiche inaccettabili, sia un modo per fomentare una guerra di religione della quale nessuno credo senta il bisogno. Da parte nostra, poi, non dimentichiamo che anche in Europa, nel mondo cattolico, per secoli le donne sono state considerate esseri senz'anima e, per gran parte del medioevo, hanno subito processi infamanti e hanno pagato con la vita le accuse di stregoneria. Quanto alle concubine faccio notare che anche nella sacra Bibbia vi sono almeno quindici citazioni; lo stesso Abramo non solo ebbe più mogli ma anche diverse concubine.
Con questo intendo dire che non credo sia lecito utilizzare citazioni di testi sacri, di qualsiasi religione, per trovare alibi alle violenze e alle discriminazioni di qualunque essere umano. Le culture e le civiltà hanno proprie dinamiche, ed evolvono con propri tempi, dai quali non si può prescindere. Quasi tutti i paesi del mondo - ci tengo a sottolinearlo: anche i paesi di religione islamica - hanno sottoscritto la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979 e ratificata dall'Italia nel 1985. A questo impegno dobbiamo, noi per primi, dare attuazione e su questo impegno dobbiamo richiamare i Governi inadempienti, al di là di tutte le religioni, culture e tradizioni.
Nella nostra epoca, nella quale il diritto è scritto nei Parlamenti nazionali e nei consessi internazionali, di questo occorre parlare e a questo occorre attenersi. Data per scontata la libertà di ogni individuo di professare qualunque religione, tutto ciò deve valere ancor più in Italia, che è uno Stato laico e che riconosce libertà individuali a tutti i cittadini, ai quali chiede, senza alcuna differenza, il rispetto integrale delle sue leggi. Prima di giudicare le altre nazioni, ricordiamoci che, sempre in Italia, le disposizioni sul delitto d'onore sono state definitivamente abrogate soltanto con la legge n. 442 del 5 agosto 1981 e che soltanto con le sentenze della Corte costituzionale n. 126 del 19 dicembre 1968 e n. 147 del 3 dicembre 1969 è stata sancita l'incostituzionalità dell'articolo 559 del codice penale che prevedeva la reclusione fino a due anni per il solo adulterio della moglie e non anche per quello del marito.
Con forme diverse, la discriminazione fra i generi è ben presente anche nel progredito Occidente e ciò è testimoniato dal fatto che il 2007 è l'anno europeo delle pari opportunità. Questo è un dato politico simbolico per richiamare tutti gli Stati membri a colmare la disparità che ancora esiste tra uomini e donne. Si affronti pure la questione della violenza sulla donna, della tutela dei suoi diritti e della garanzia delle sue libertà, ma facciamolo per tutte le donne, senza trascurare la situazione delle donne italiane!
Vorrei sapere che differenza ci sia tra l'umiliazione e la violenza subite da Maha, picchiata e massacrata dal padre perché troppo indipendente e occidentalizzata e quelle subita da una donna maltrattata dal marito all'interno delle mura domestiche. Il padre di Maha, probabilmente, usa come pretesto per la sua violenza una cultura molto lontana dalla nostra che molti suoi connazionali già hanno superato, così come il marito italiano che picchia la moglie si rifà a tradizioni e Pag. 10costumi che, fino agli anni '60, giustificavano persino il delitto d'onore. Per fortuna, oggi non sono più accettati da nessuno.
Credo che dobbiamo evitare di considerare noi stessi migliori degli altri e che dobbiamo lavorare affinché la nostra visione di rispetto integrale degli esseri umani, oltre ad essere affermata dalle leggi, diventi una prassi di vita.
In quasi tutte le mozioni, si chiede al Governo di condividere con la Consulta islamica e con l'UCOII la condanna di ogni forma di discriminazione di genere. Ciò non solo è giusto, ma è l'obiettivo minimo che dobbiamo porci in quanto parlamentari e in quanto donne.
Concludendo, l'Italia dei Valori annuncia il voto favorevole sulla propria mozione, su quelle presentate dai gruppi dell'Ulivo, di Rifondazione Comunista e dei Verdi, mentre voterà contro la mozione dell'opposizione e si asterrà, invece, sulla mozione dell'UDEUR (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei sviluppare due ragionamenti, nei pochi minuti concessi per la dichiarazione di voto.
Il primo ragionamento riguarda la diversità di impostazione delle mozioni che sono state presentate. Una parte di tali mozioni, quelle originarie che hanno permesso l'apertura di questo confronto, vertono esclusivamente sulle vicende che hanno interessato, nelle settimane e nei mesi scorsi, il nostro paese. Si tratta di vicende drammatiche di sangue, di delitti di famiglia, perpetrati in nome di una presunta fede religiosa islamica e che hanno destato il più profondo sconcerto nell'opinione pubblica italiana.
Un'altra parte di queste mozioni parla, invece, in generale, delle violenze sulle donne, nel mondo e, in particolare, nella società occidentale. Si tratta, come potete verificare leggendo le mozioni stesse, di questioni sostanzialmente diverse, a meno che non si pensi che non esista una specificità della violenza perpetrata in famiglia in Italia in nome di una presunta interpretazione della religione islamica e che tutto possa rientrare, quindi, in una considerazione di carattere generale sulla violenza nei confronti delle donne. Io penso che non sia così e, quindi, il mio voto, come laico e liberale, andrà a favore di quelle mozioni che hanno posto il problema della specificità della violenza ispirata a presunti concetti religiosi, commessa in Italia nel corso di questi mesi e di queste settimane.
Lo dico perché, francamente, non ritengo proponibile un'equiparazione tra questi atti e quelli, sia pur violenti, condannabili e deprecabili, che sono stati commessi, anche in Italia, nella società occidentale ed europea, nonostante la cultura liberale, nei confronti delle donne. Né ritengo proponibile un'equiparazione tra il modo in cui un'errata interpretazione della religione islamica concepisce il rapporto tra uomo e donna e tra padre e madre ed i figli, con quella concepita nella società occidentale.
Il caso di Hina è drammatico e ha risvegliato le coscienze di tutti noi, ponendoci di fronte ad un grande problema, quello della difficile integrazione di questa cultura con la nostra.
Quando parliamo di integrazione, onorevoli colleghi, dovremmo conoscerne bene il significato: «integrare» significa mettere insieme, coniugare culture e tradizioni diverse.
Ma se esistono nuclei familiari che entrano in Italia prospettando all'interno della nostra società delle nicchie di intolleranza religiosa e una concezione dei rapporti familiari incompatibili con la nostra cultura e con la nostra storia, allora questa non è integrazione! Questo è il contrario dell'integrazione, e si tratta della difesa di un'intolleranza, di un fanatismo religioso e di un'incapacità di raccogliere dalla nostra civiltà, dalla nostra società, quei germi positivi che la cultura liberale ci ha consegnato.Pag. 11
Certo, qualcuno potrebbe dire che fino a poco tempo fa anche in Italia esisteva il delitto d'onore. È vero, ma se facciamo una valutazione obiettiva della condizione della donna nella società occidentale e la paragoniamo con quella della donna nella società islamica, ci renderemo conto di quali problemi potrebbe provocare una mancata integrazione tra queste due culture nel nostro paese e, in generale, in Europa.
Ho ascoltato recentemente parole poco laiche - sembrerà che dica un paradosso - da parte di molti esponenti della religione musulmana, in particolare da parte di alcuni imam, che concepiscono ancora la società occidentale come terreno di conquista, come conquista dei loro valori e della loro fede: l'imam di Latina, ad esempio, recentemente in una trasmissione televisiva ha parlato della possibilità che anche Roma cada sotto il dominio musulmano. È questa un'idea che aveva nel passato la religione cattolica, l'idea cioè di evangelizzazione del Terzo mondo, dell'Estremo oriente e dell'America latina, ma che oggi ha finalmente abbandonato, e che invece quest'altra religione - la musulmana - ci ripropone tale e quale. Su questi aspetti dobbiamo essere chiari.
Mi stupisco - lo dico da laico, da liberale e da socialista riformista - che le mozioni presentate dall'Unione non mettano l'accento sulla difficile integrazione, sull'intolleranza e sulla disparità di rapporti tra uomo e donna, che tuttora esistono nella società islamica, e sulle difficoltà che ciò provoca nell'integrazione con la cultura del nostro paese, e parlino invece, in generale, della condizione della donna. Io dico che la difesa della libertà, della dignità e dei diritti - a cui sono particolarmente sensibile - non va mai sposata con l'ideologia. Quando essa si sposa con l'ideologia finisce per incontrare difficoltà, in particolare, nel non condannare talune società perché ideologicamente più affini a noi, e nel condannare, invece, forse in modo eccessivo, altre società perché ideologicamente nostre nemiche. Quando si affrontano questi problemi - lo dico in particolare ai colleghi della sinistra - non si è di destra! Quando si affronta la questione della libertà e dei diritti della donna, in particolare in rapporto a pregiudizi di ordine religioso, non si è di destra solo perché non si parla male degli USA e della società occidentale! Fate un salto di qualità! Siate sempre a favore della libertà in qualunque condizione e situazione e di qualsiasi paese si parli, altrimenti non sarete credibili.
Ed è paradossale che, da un certo punto di vista, la mozione più chiara, più esplicita, che pone questo problema con maggiore forza sia quella presentata dal gruppo della Lega Nord Padania che, com'è noto, non è tradizionalmente un partito di cultura liberale; le diverse mozioni prospettate dal centrosinistra, invece, non sono state così attente a quel valore, dato che si mette in discussione non la società occidentale ma la cultura islamica o, se volete, certe interpretazioni fanatiche di quella cultura.
A me non piace questo essere liberali a senso unico e a giorni alterni!
Fate tutti un salto di qualità, colleghi, compagni della sinistra e ponetevi il problema del perché, ieri, avete bocciato l'emendamento Turco, proposto dalla Rosa nel Pugno, sul quale il Governo aveva espresso un parere positivo: un caso singolare.
Anche il centrodestra l'ha bocciato - personalmente, ho votato a favore - ma il centrodestra non fa parte della coalizione di Governo Non mi stupisco che il centrodestra bocci un emendamento proposto da un partito di Governo sul quale, quest'ultimo, aveva espresso un parere favorevole. Mi stupisco del fatto che la maggioranza di Governo abbia bocciato un emendamento proposto da un partito di Governo sul quale il Governo aveva espresso un parere positivo. Mi consentirai, caro Marco, che questo è un fatto piuttosto anomalo nel comportamento parlamentare. Forse perché La Rosa nel Pugno è un partito particolarmente attento ai problemi della laicità e della libertà e non è malato di visione ideologica sul Pag. 12problema della libertà; ovunque si parli di libertà, lì c'è una sensibilità e un'attenzione particolare.
Questo è ciò che intendevo dire, annunciando al contempo il mio voto favorevole, da laico, da liberale, da socialista riformista, sulle mozioni presentate dall'opposizione e il voto contrario su quelle presentate dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Devo ammettere che anch'io questa mattina, così come nella giornata di ieri, sono rimasta sconcertata nell'ascoltare le dichiarazioni del rappresentante del Governo e nel constatare il tenore che sta assumendo questo nostro dibattito, che è ben esplicitato da alcuni interventi pronunciati dai colleghi della maggioranza, dell'Unione (penso, in particolare, alla collega dei Comunisti Italiani), i quali evidenziano, ancora una volta, la mancanza di coraggio nell'affrontare in quest'aula, in una sede parlamentare, un argomento così spinoso come quello delle limitazioni alle libertà individuali della donna in nome di un precetto o di precetti religiosi.
Vedete, la questione è tutta qui, signora sottosegretaria. Lei ieri ha esordito ringraziando l'opposizione, perché sono io la prima firmataria di questa mozione (una mozione che è stata depositata addirittura a settembre), per avere sollevato il tema: ma quale tema?
Un tema che voi non volete affrontare! Un tema che voi - per usare un'espressione di linguaggio comune - siete riusciti artificiosamente ad annacquare, perché le limitazioni alla libertà individuale non sono le violenze. Il concetto di «limitazioni della libertà individuale» è un concetto che lei ben comprenderà, che le colleghe ben comprendono, essendo molto più ampio. È un concetto che voi avete riportato e avete voluto generalizzare, facendolo rientrare nella questione, più ampia e generale, della violenza alle donne.
Ho sentito poc'anzi l'onorevole - di cui al momento non mi sovviene il nome - del gruppo dei Comunisti Italiani dire nel suo intervento che la violenza è un fatto riguardante tutti, non solo le comunità islamiche, ma anche noi occidentali. Lei, signora sottosegretaria, ieri, nel suo intervento non ha fatto altro che ribadire ciò, così come non fanno altro che ribadire ciò le altre colleghe dell'Unione che sono intervenute. È stato detto che la violenza riguarda tutti, che la violenza è la prima causa di morte delle donne tra i 25 e i 44 anni, ma di questo noi siamo tutti consapevoli. Siamo sicuramente consapevoli di ciò ed è un tema che riceve la nostra massima attenzione.
Prima che arrivasse il disegno di legge del Governo ho presentato, già nella passata legislatura, delle proposte di legge contro la violenza sessuale, quella violenza sessuale che, grazie al cielo, come è stato ricordato in quest'aula, non è più un reato contro la morale ma, finalmente, un reato contro la persona! Peccato, però, onorevoli colleghe, che sia ancora rubricato - non mi sembra che vi sia niente di diverso nel disegno di legge governativo - come un reato contro la libertà personale e non come un reato contro la vita e l'incolumità della persona! Questo è quel cambiamento culturale che voi tanto invocate e che forse dovremmo avere il coraggio di realizzare, magari trasversalmente, in una nuovo provvedimento contro la violenza sessuale. Temo, tuttavia, che in questo strano Parlamento, di trasversale, di battaglie portate avanti anche dalle donne vedremo poco. L'ipocrisia, care colleghe, non è certo della Lega, non è certo del centro destra: è la vostra!
Non volete affrontare il tema: di che cosa avete paura? Di dire che nel nostro paese la mozione nasce dal caso di Hina Salem, che è stata sgozzata perché la legge della sharia è prevalsa sull'amore di un padre nei confronti di una figlia? Avete paura di dirlo! Non ho mai sentito una volta citare la parola «Islam»! Avete paura di offendere la suscettibilità dell'Islam: Pag. 13è questa la verità! Il vostro è un autentico negazionismo, si nega che vi siano delle comunità...

FABIO EVANGELISTI. Leggi il giornale! Avellino...

CAROLINA LUSSANA. Fammi parlare...! Presidente...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Lussana!

CAROLINA LUSSANA. Si nega che vi siano culture diverse, religioni diverse, interpretazioni di queste diverse religioni - ditemelo voi che siete grandi esperti del multiculturalismo, forse ne sapete più di me - secondo cui non viene riconosciuta la parità dell'uomo rispetto alla donna, che è considerata rispetto a lui inferiore. Allora, io non volevo arrivare a questo punto, però, visto che voi negate tutto... Addirittura ho sentito tirare in ballo vergognosamente la mercificazione del corpo della donna, la donna «contenitore», secondo la Chiesa cattolica: vergognatevi di dire questo! La Chiesa cattolica ha un'intesa con lo Stato italiano [Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)], così come tutte le altre religioni che hanno sottoscritto un'intesa e che sono sottoposte ai principi del nostro ordinamento giuridico, principi nei quali il divieto di discriminazione e l'assoluta parità fra uomo e donna sono riconosciuti. Non è così per l'Islam!
E allora, leggiamo cosa dice l'Islam, il Corano, nella Sura IV, ad esempio: gli uomini sono superiori alle donne, perché Allah diede loro il predominio, sono di loro proprietà ed essi le dotino dei loro beni. Neghiamo anche questo, neghiamolo! Sarà un'interpretazione, ma questo è scritto nel Corano, ed è in nome di questi versetti che qualche fanatico sgozza la figlia, perché vuole vivere all'occidentale.
La nascita di una figlia è considerata come una disgrazia, anche questo c'è scritto nel Corano: rendiamocene conto! Quando si annuncia - si dice - ad uno di voi la nascita di una figlia, la sua figura si copra di tristezza! O vorremmo ricordare il caso di quell'affiliato all'UCOII che era stato espulso, e che poi è tornato nel nostro paese, perché noi accogliamo tutti: questa è la vostra cultura, che vuole smantellare la Bossi-Fini e che ci sottopone a rischi veramente enormi! Ebbene, questo signore va semplicemente in una moschea a Verona e dice: beh, le donne... Le donne sono tutte delle capre e quindi è anche giusto picchiarle...!
Vorrei ancora leggervi un'altra affermazione abbastanza interessante, che riguarda un determinato punto della nostra mozione, cara signora sottosegretaria. Lei ha detto: cos'è che ci infastidisce soprattutto di questa mozione? Tra l'altro, debbo dire che ci ha ringraziato per avere aperto il dibattito, ma non ha avuto in questi giorni la volontà di dialogare con noi. Non ho ancora capito perché dice «no» ai nostri dispositivi, che sono chiari, che vanno nell'ottica di offrire alle donne islamiche gli strumenti giuridici ed educativi per sottrarsi a questo tipo di violenze. Probabilmente, le dà fastidio la parte del dispositivo in cui si chiede di escludere dalla Consulta islamica quelle associazioni di rappresentanza che dimostrano di non sottoporsi o di non riconoscere i principi del nostro ordinamento giuridico: è questo che le dà fastidio?
Quando, infatti, ieri le ho fatto presente che l'UCOII ha un'imputazione ed è sottoposta ad indagine per istigazione all'odio razziale, lei mi ha detto, onorevole sottosegretaria che vi è la presunzione di innocenza e non sono stati ancora condannati.
Andiamo avanti così! E magari continueranno a dire che bisogna picchiare le donne, oppure ci insegneranno, come fa Piccardo - sappiamo chi è Piccardo, il rappresentante dell'UCOII -, un modo «soft» per picchiare le donne. Sentiamo che cosa dice Hamza Roberto Piccardo nell'interpretazione della di Sura IV, versetto 34 del Corano: si può ben capire perché il Corano fornisca al marito gli strumenti per fronteggiare l'insubordinazione Pag. 14della moglie, prima di arrivare all'estremo rimedio del divorzio: rimprovero, esclusione dell'affettività del rapporto coniugale, punizione fisica. Riguardo quest'ultima, si noti che la Sunnah dell'Inviato l'ha sconsigliata con fermezza, in casi estremi l'ha permessa, a condizione di risparmiare il volto e che i colpi vengano inferti con un fazzoletto e con il bastoncino che si usa per la pulizia dei denti. Questo scrive Piccardo, che ci insegna a picchiare in modo soft la donna: ma voi negate tutto questo e qui veramente vi ammantate di una grande ideologia!
Allora, è chiaro che noi non possiamo sottostare ad un modo di operare che non affronta il vero problema. Vorrei ricordare a tutti che le mozioni in esame, come si evince dal titolo, hanno ad oggetto la privazione delle libertà individuali in nome di precetti religiosi. Le mozioni non volevano affrontare, dunque, il tema, ampio ed assai serio, della violenza contro le donne in generale; ma voi avete voluto mettere tutto nello stesso calderone, in modo tale che l'ipocrisia da me già denunciata non ci consentisse di affrontare veramente il problema.
Abbiamo posto anche il tema della poligamia, ma non ho sentito pronunciare, al riguardo, alcuna parola: anche su questo c'è stato un assoluto silenzio! Si obietterà che, nel nostro ordinamento, la poligamia è vietata. Come mai, allora, un giudice di Bologna non ha riconosciuto la colpevolezza di un islamico, argomentando che non si poteva ritenere integrato il reato di bigamia perché il matrimonio religioso islamico non aveva effetti civili nel nostro paese? Sono tutte questioni che voi non volete affrontare!
Cara sottosegretaria, signora sottosegretaria, lei ha elencato tutte le proposte che sono state presentate ...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CAROLINA LUSSANA. ... a favore delle donne: si tratta di proposte che sono state presentate tutte dalla Casa delle libertà (anche quella in materia di tratta delle persone). Certo, le abbiamo presentate noi! Ricordo la battaglia che abbiamo condotto anche in occasione dell'esame della proposta di legge contro l'infibulazione. Anche in quel caso, tutte le volte, prevaleva la vostra tolleranza: in nome della diversità culturale e religiosa, non si voleva tutelare l'inviolabilità della donna...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

CAROLINA LUSSANA. ... non si volevano tutelare i diritti inviolabili della persona! Ma questi, cari colleghi, cara sottosegretaria, sono diritti in ordine ai quali non si può scendere a patti: dobbiamo difenderli, anche nei confronti dell'integralismo! Non siete certo di aiuto alle donne islamiche...

PRESIDENTE. Grazie...

CAROLINA LUSSANA. ... le quali ci chiedono coraggio, ci chiedono di farci carico dei loro problemi e di aiutarle a raggiungere...

PRESIDENTE. Grazie...

CAROLINA LUSSANA. ... quella libertà che da noi, in Occidente - vivaddio! -, non viene negata (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, credo che, in quest'aula, in queste ore, stia accadendo una cosa molto importante e molto seria, che mi auguro sia ripresa dai media nei giorni successivi. Sta accadendo una cosa che è anche sottovalutata da molti, perché il dibattito che si sta svolgendo in quest'aula avrà sicuramente grosse conseguenze sulla società italiana e sul modo in cui affronteremo il problema delle donne islamiche, e non solo, nei prossimi anni.
Credo che stiamo prendendo decisioni importanti: si tratta di prendere una posizione Pag. 15chiara, netta e coraggiosa - e sottolineo «coraggiosa» - a tutela delle donne islamiche che, oggi, sono oggetto di violenza in Italia. C'è bisogno di un coraggio che questo Governo non ha, di un coraggio che manca - e mi stupisco molto - alle donne della sinistra, le quali si sono sempre lanciate in battaglie furibonde, anche un po' arcaiche, ogni tanto, improntate ad un femminismo antico, a tutela delle donne, senza logica e senza senso, quando, spesso, ci sono leggi contro di loro. Tanto per fare un esempio, l'aborto è sempre contro le donne, sempre e comunque; però, non si tocca, perché, per le donne della sinistra, esso è un tabù assolutamente intoccabile!
Pur essendovi simili prese di posizione, che spesso sono contro le donne, in questo caso, invece, quando si tratta di difendere le donne islamiche con coraggio, si sorvola, si dicono le cose a metà, non si ha il coraggio di andare fino in fondo. Secondo me, è questa la ragione per la quale il sottosegretario, ed il Governo tutto, evidentemente, respinge la mozione della Casa delle libertà: non può essere che la respinga soltanto per un problema di schieramento e di appartenenza politica; non è possibile che si dica «no» alla mozione della Casa delle libertà solamente perché viene dalla Lega, dall'UDC, da AN o da Forza Italia!
Sarebbe veramente un'ulteriore offesa alle donne islamiche che si liquidassero queste cose per problemi di appartenenza politica. Questi argomenti non dovrebbero essere né di destra né di sinistra, ma, purtroppo, ancora una volta qui registriamo una divisione, che mi sconcerta e mi lascia assolutamente esterrefatta. È già stato ricordato che non si può paragonare quanto è oggi oggetto di dibattito in quest'aula con la situazione delle donne italiane che subiscono molte violenze, che sono spesso maltrattate e che sono soggetti deboli davanti a certi tipi di crudeltà, che nessuno di certo nega. Non si può effettuare questo paragone, dal momento che l'85 per cento delle donne di fede musulmana ritiene la situazione dei loro diritti individuali del tutto insoddisfacente. Dove sono, in quest'aula, nella sinistra, i paladini dei diritti individuali, che ogni tanto sbucano per difendere diritti che non esistono e che, su questi, invece, tacciono?
Vale la pena di ricordare che il velo è considerato uno strumento di sottomissione dall'85 per cento delle donne islamiche, che l'86 per cento delle donne islamiche sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico, che l'85 per cento non esce di casa se non è accompagnata da figure maschili e potrei proseguire ancora. Allora, di che si sta parlando? Possiamo paragonare la situazione delle donne italiane a quella di queste donne, che sono veramente delle schiave nel nostro paese e che nessuno ha intenzione di liberare? Questo Governo non sta facendo quello che doveva.
Ricordo che, il 25 gennaio scorso, durante lo svolgimento in aula di una mia interrogazione a risposta immediata sul problema della poligamia, che è davvero serio, che sta dilagando in Italia e che i giudici non affrontano come dovrebbero, ho chiesto al Governo di monitorare tale fenomeno e di intervenire su di esso in maniera convinta. La risposta che mi è stata data da un sottosegretario fu del tutto insoddisfacente. Questo è segno che, forse, per paura dell'Islam, di ritorsioni, per accordi che non sono a conoscenza dei molti o, evidentemente, per qualche strana ragione, non s'intende affrontare questo tema alla radice. Altrimenti - mi associo anch'io alla collega Lussana - che senso ha rifiutare, come è stato detto da parte del Governo, che non si accetta di escludere dalla Consulta islamica dei rappresentanti dell'Islam che hanno comportamenti contrari all'ordinamento giuridico italiano? Qui non stiamo dicendo nulla di strano. Stiamo dicendo che chi è fuori dall'ordinamento giuridico italiano e, quindi, non accetta la nostra Costituzione, deve stare fuori dalla Consulta islamica. Non c'è niente di più logico e normale di una richiesta di questo genere. Il Governo, però, su questo, non si vuole impegnare, glissa, preferisce tacere e rifiuta la nostra mozione. Allora, oggi, in quest'aula, il centrosinistra e il Governo si assumono Pag. 16una grossa responsabilità. Dovrete avere il coraggio di dire alle donne islamiche di questo gioco al ribasso, di questo perenne compromesso e di questa perenne mediazione, quando non c'è niente da mediare, perché è tutto chiarissimo. Le donne islamiche, fuori da qui, aspettano delle risposte e noi, vigliaccamente, non gliele stiamo dando, perché, evidentemente, non si ha il coraggio di intervenire in maniera seria e rigorosa.
Vorrei poi sottolineare come il fatto che le mozioni del centrosinistra siano tutte diverse e separate non deponga a favore di una voce unanime che, in questo senso, deve unire tutte le forze del Parlamento per cercare di superare questi problemi.
Allora, si moltiplicano i casi di ferocia, queste forme di schiavismo e noi restiamo in silenzio. Dobbiamo smetterla di approfittare delle violenze che ci sono sulle donne - ci sono e nessuno lo nega - per cercare di criminalizzare in ogni caso le famiglie italiane, perché questa è un'operazione ideologicamente scorretta. Infatti, non è vero che tutte le famiglie italiane sono violente, generano mostri, uccidono e sono da condannare. È un'esigua minoranza di violenti che, purtroppo, trova nella famiglia uno sfogo e dei soggetti deboli, ma è assolutamente una minoranza e dobbiamo tenerlo presente. Dobbiamo smetterla di usare questi sistemi, che sono molto discutibili, per mettere sotto accusa tutte le famiglie italiane, come se fossero luogo perenne di violenza e di cattiverie.
Per tali motivi, approfittiamo anche di questa occasione per lanciare un segno di solidarietà a quelle famiglie sane e per bene che, in qualche modo, garantiscono il futuro del nostro paese e cerchiamo di essere coraggiosi nei confronti delle famiglie islamiche che se lo aspettano [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signora rappresentante del Governo e colleghi, per il gruppo dei Verdi è già intervenuta nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi lunedì 12 febbraio la collega Paola Balducci, che è anche la prima firmataria della nostra mozione, e fra poco interverrà, sempre a nome del gruppo dei Verdi, per dichiarazione di voto anche la collega Grazia Francescato. Questo dibattito è stato originato da alcuni gravissimi episodi di violenza nei confronti di alcune donne musulmane in Italia. Noi condividiamo la denuncia di questi episodi, esprimiamo la nostra solidarietà nei confronti di queste donne e, in generale, delle donne musulmane in Italia, ma non soltanto. Sottolineiamo la necessità di combattere questa violenza, di promuovere l'educazione, la formazione, l'informazione, di promuove e tutelare i diritti umani, in particolare il principio della parità tra donna e uomo, e i diritti delle donne in modo specifico.
D'altra parte, riteniamo sia giusto ma troppo unilaterale limitarsi - come hanno fatto molti colleghi e colleghe del centrodestra - a tutto questo, estrapolando alcuni pur gravissimi episodi di violenza su donne musulmane, che noi condanniamo, dal contesto storico, sociale, culturale della violenza, più in generale, sulle donne, anche nelle nostre società occidentali, anche nella nostra società italiana. Vorrei fare una breve citazione dall'ottimo intervento svolto ieri a nome del Governo dal sottosegretario Linguiti, la quale affermava che, come evidenzia il Consiglio d'Europa, le violenze subite dal partner, marito, fidanzato o padre sono la prima causa di morte - collega Capitanio Santolini - ed invalidità permanente per le donne europee tra i 16 e i 44 anni. Nella nostra Europa - ricordava ieri il sottosegretario - 10 milioni di donne tra i 14 e i 59 anni hanno subìto molestie sessuali o ricatti sessuali nel corso della loro vita. Sono 900 mila i ricatti sessuali sul lavoro, 500 mila gli stupri o tentati stupri. Il fatto stesso - continuava il sottosegretario - che, nella maggior parte dei casi, la violenza rimane taciuta è indicativo del clima di isolamento e di ulteriore violenza in cui questi fatti terribili si consumano. Le stesse forme di Pag. 17molestie e violenze maschili ai danni delle donne vengono perpetrate senza distinzione di età, di ceto sociale ed appartenenza etnica o religiosa. Si definisce, in questo modo, un quadro di seria emergenza sociale e culturale che investe le stesse basi del vivere civile.
Mi pare un atto di grande consapevolezza e responsabilità aver fatto tale affermazione in quest'aula, mi pare un atto di grave irresponsabilità da parte di qualche esponente del centrodestra non tenerne minimamente conto. In queste settimane, ad esempio, stiamo discutendo in Commissione affari costituzionali la proposta di legge sulla libertà religiosa, che a suo tempo era stata presentata anche dal Presidente Berlusconi, e stiamo discutendo in aula alla Camera il testo unificato delle proposte di legge sull'istituzione della Commissione per la promozione e la protezione dei diritti umani.
Quindi, è singolare e sconcertante che nella mozione di alcuni gruppi del centrodestra - mi riferisco in particolare alla Lega e ad Alleanza Nazionale - si chieda di contrastare la violenza nei confronti dei diritti umani e di promuovere la tutela di tali diritti (questo noi lo condividiamo pienamente) ma al tempo stesso si tenti di impedire, prima in Commissione e poi in Assemblea, l'approvazione della proposta di legge sulla libertà religiosa e di coscienza, che rappresenta uno dei diritti umani fondamentali anche per le donne musulmane, e si cerchi in generale di bloccare la proposta di legge sull'istituzione della commissione per la promozione e la protezione dei diritti umani anche nel nostro paese, uno degli ultimi in Europa a non averla ancora istituita. In sostanza, mentre nella mozione si chiede il rispetto dei diritti umani, in aula si cerca di impedire l'istituzione della commissione per la tutela dei diritti umani.
In Italia, gli omicidi che avvengono tra le mura domestiche - la collega Capitanio Santolini non se n'è accorta - sono più numerosi di quelli commessi dalla mafia: 146 nel 2004; 174 nel 2005 a fronte di 146 omicidi dovuti alla criminalità organizzata. Sono dati assolutamente agghiaccianti. Le vittime degli omicidi compiuti in famiglia in Italia sono donne per il 70 per cento e in otto casi su dieci l'omicida, che è un uomo, è in genere il coniuge, il convivente, un familiare, l'ex coniuge o l'ex convivente. Questi dati agghiaccianti ci inducono non certo a sottovalutare la gravità della condizione delle donne islamiche, alle quali esprimiamo la nostra solidarietà ed il nostro impegno, ma anche ad affrontare più in generale il drammatico fenomeno della violenza sulle donne anche nelle nostre società occidentali, anche nella nostra realtà italiana.
Per questo condividiamo il richiamo a tutti i documenti di carattere internazionale e comunitario - convenzioni, carte dei diritti, rapporti, risoluzioni, rapporti, raccomandazioni, piani di azione - che la rappresentante del Governo ha giustamente ricordato nel suo intervento insieme agli obiettivi indicati, da perseguire con un approccio multidisciplinare e interdisciplinare.
Il gruppo dei Verdi voterà quindi a favore non solo della propria mozione, a prima firma Balducci, ma anche di tutte le altre presentate dai gruppi dell'Unione, che sono ampiamente convergenti e complementari nel comune obiettivo di combattere la violenza e la discriminazione verso le donne - le donne musulmane, ma con riferimento a tutte le donne - e di promuovere i diritti umani e l'autentica parità dei diritti e delle opportunità tra uomo e donna (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Filipponio Tatarella. Ne ha facoltà.

ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Grazie, Presidente. Intervengo su questo tema osservando prima tutto che, benché la nostra sia stata definita l'età dei diritti nientemeno da Norberto Bobbio - ed è vero che in questi tempi assistiamo ad una enorme mole di dichiarazioni di riconoscimento di diritti dell'uomo e dunque anche delle donne -, purtroppo tale definizione e le dichiarazioni di riconoscimento, Pag. 18nonché la vastissima letteratura in materia, nonché la legislazione sia nazionale che internazionale, non hanno ancora trovato nella coscienza collettiva un riconoscimento adeguato e dunque una prassi conseguente. In altri termini, la violenza sulle donne persiste, purtroppo, ancora oggi. Tale violenza certamente sussiste e persiste anche in Italia ed in Europa, ma vogliamo vedere quali e quanti modi vi sono per disconoscere i diritti delle donne.
Ci lamentiamo di non essere abbastanza rappresentate in Parlamento, ma vogliamo fare la differenza tra questa nostra richiesta e questa nostra «lamentela» e chi invece viene uccisa perché vuole scegliere un partner, un compagno, un marito anziché un altro? Se noi ci sentiamo vittime, non so in che modo dovrebbero sentirsi vittime coloro che rischiano di perdere la propria vita!
Evidentemente, se noi non siamo ancora considerate persone al cento per cento, le donne musulmane sono considerate come degli oggetti. Ciò pertanto giustificherebbe la possibilità di ucciderle o comunque di privarle della libertà fisica, psichica e morale. Non so se questa abissale differenza sia abbastanza chiara!
Onorevole Boato, è vero: avete presentato un disegno di legge sulla libertà religiosa. Noi non è che non vogliamo la libertà di religione; non vogliamo la sua legge, che probabilmente non contiene nessuna libertà e nessuna religione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
Proprio perché riteniamo che i diritti umani siano universali, ieri ero venuta in aula con l'intenzione di esprimere uno voto favorevole anche sulle mozioni della sinistra, in quanto anche esse trattano in fin dei conti di diritti delle donne. Evidentemente, avrei privilegiato la mozione della destra, in quanto la ritengo più specifica.
In ogni caso, poiché mi hanno insegnato che occorre sempre iniziare dalle questioni più urgenti, vogliamo forse porre sullo stesso piano le condizioni di noi donne italiane, che non siamo abbastanza rappresentate in quest'aula, e donne musulmane che vengono uccise? Mi vergognerei molto se mettessi in prima linea questa mia pretesa rispetto a quelle delle donne musulmane [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!
Ripeto, ero venuta qui con l'idea di esprimere un voto favorevole anche sulle mozioni della sinistra tuttavia, quando il sottosegretario non ha accettato la nostra mozione, ci ho ripensato. Non l'ho fatto per ritorsione - ritengo che il mio partito sia superiore a queste piccole cose -, ma perché ritenevo che, trattandosi di diritti universali, non dovessero far capo ad un'ideologia. Ma così si è fuori dai diritti umani.
Non volete salvare la morale, non volete salvare la politica, ma salvate almeno il diritto! Infatti, il disconoscimento dei diritti delle donne musulmane - poiché si attua in Italia - rappresenta un disconoscimento del nostro ordinamento giuridico. E il Governo e il Parlamento devono difendere il diritto, altrimenti si legifera sconfessandolo.
In ogni caso, esprimeremo un voto favorevole, oltreché sulla mozione Lussana n. 1-00104, esclusivamente sulla mozione Cioffi ed altri n. 1-00102 presentata dall'Udeur, in quanto l'idea dei diritti umani e dei diritti delle donne che emerge dagli altri documenti risponde ad una visione limitatissima che non interessa nessuno.
Quello che proponete non ci interessa affatto in quanto, come al solito, strumentalizzate anche ciò che è sacro. Infatti, se non sono sacri i diritti umani, vorrei sapere cos'altro c'è di sacro. La sacralità è una cosa antica quanto lo stesso essere umano.
Diceva l'onorevole Boato che noi stiamo «boicottando» l'istituzione della commissione in materia di tutela dei diritti dei detenuti. Ebbene, io avanzo una proposta: rispetto a quella commissione, proprio per darle un corpo, una funzionalità e un senso, prevediamo anche la funzione di controllo e di tutela dei diritti delle donne immigrate, e in ispecie delle donne musulmane, che, rispetto a noi, sono decisamente Pag. 19più deboli. Allora, forse la suddetta commissione potrebbe cominciare ad avere un senso e le somme che lo Stato deve investire per tenerla in piedi cominciano ad avere una qualche giustificazione.
Noi siamo senza parole dinanzi al fatto che il Governo non abbia spiegato i motivi per cui la nostra mozione non è stata accolta. È chiaro che il non detto è più significativo del detto. Abbiamo capito benissimo le ragioni di una simile posizione. Ma noi invitiamo tutta l'aula a votare per la nostra mozione, malgrado il parere del Governo. Io vi chiedo questo non perché dobbiate essere generosi con noi, ma perché questa è una buona occasione affinché siate generosi con voi stessi. In questo modo eviterete di commpiere un atto ingiusto non solo verso gli altri, ma anche verso voi stessi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sandra Cioffi. Ne ha facoltà.

SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, è stato già ricordato in quest'aula che il 2007 è l'anno per le pari opportunità. Non si tratta soltanto di una celebrazione, ma di una vera e propria presa di distanza e di una lotta contro ogni tipo di violenza a danno dei più deboli, in questo caso le donne. Si deve isolare ed emarginare ogni atto di violenza che viene fatto sulle donne e valutare le ragioni per cui avvengono tali atti. Gli episodi di violenza che hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica situazioni di oppressione e di violazione dei diritti umani nei confronti di donne islamiche o che entrano a far parte delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese certamente non possono lasciarci indifferenti e pertanto dobbiamo prendere una posizione.
Ci spiace constatare che da parte della Consulta islamica italiana e in molte altre comunità musulmane presenti in Italia non ci sia stata una presa di posizione di netta condanna verso questi, come altri episodi lesivi del rispetto dei diritti umani e delle dignità delle donne.
Questo silenzio, come sappiamo, è contrario alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato nel 1979 e che l'Italia ha ratificato nel 1985. Tale convenzione rappresenta da sempre, in materia di tutela dei diritti umani e delle donne, una grandissima conquista. Tutti gli Stati che l'hanno sottoscritta si sono impegnati ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne, per il raggiungimento di una sostanziale uguaglianza fra i sessi.
In Italia esistono ancora moltissime donne islamiche che vivono in una situazione di non pieno godimento dei diritti umani, mentre aumentano - purtroppo - le denunce di quelle che vivono in una condizione di disagio e sono costrette ad accettare matrimoni poligamici. È necessario prendere coscienza delle diverse situazioni e condannare ogni atto di violenza perpetrato ai danni e nei confronti delle donne, che, in questo caso, sono vittime innocenti.
Riteniamo pertanto che la strada da seguire per combattere i soprusi e le violenze è anche e soprattutto, come abbiamo detto più volte, il dialogo interculturale ed interreligioso, che deve essere improntato al reciproco rispetto culturale e religioso e soprattutto al rispetto dei diritti umani, della nostra Costituzione e delle nostre leggi.
Ecco quindi che occorre prendere al più presto adeguati provvedimenti per contrastare ogni forma di discriminazione e di violenza e costruire un sereno rapporto con culture e religioni diverse, tra cui quella islamica. È di primaria importanza attivarsi subito e ciò al fine di garantire la scolarizzazione, il diritto all'istruzione e, conseguentemente, l'inserimento culturale di tutte le immigrate, quindi anche delle donne islamiche. Bisogna pertanto sostenere la promozione di iniziative finalizzate a rimuovere le difficoltà di inserimento dovute alla scarsa conoscenza della lingua italiana e favorire Pag. 20lo sviluppo di una cultura informatica, presupposto essenziale per l'inserimento delle immigrate del mondo del lavoro. Per quanto riguarda tale inserimento, esso si potrebbe favorire anche tramite forme di microcredito che valorizzino le competenze e le caratteristiche di tali donne.
Con le associazioni moderate islamiche è necessario lavorare e creare sempre maggiori rapporti che possano contribuire a facilitare un percorso di dialogo. Inoltre, tale dialogo interculturale deve allargarsi anche a favore di iniziative rivolte ai docenti, che devono avere gli strumenti necessari per gestire la complessità delle relazioni umane legate a fattori multietnici e multiculturali.
In questo caso stiamo parlando di donne islamiche, ma è urgente un impegno immediato e prevedere corsie preferenziali per realizzare condizioni di garanzia di diritti umani e di pari opportunità per tutte e tutti, in ogni settore, tenuto conto tra l'altro che è l'anno europeo per le pari opportunità (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, mi associo all'intervento del collega ed amico Boato ed intervengo ovviamente a supporto della mozione dei Verdi, Balducci ed altri n. 1- 00098, sottolineando però che sia io che la collega Tana De Zulueta abbiamo sottoscritto anche la mozione Frias ed altri n. 1-00103, che riteniamo puntuale ed efficace.
In particolare, vorrei soffermarmi sulla richiesta del mio gruppo di avviare con urgenza un tavolo che coinvolga la consulta islamica e le più importanti comunità presenti in Italia per affrontare insieme ed arginare insieme il tema devastante della discriminazione e della violenza nei confronti delle donne islamiche, ma non solo di quelle islamiche, come detto in numerosi interventi.
Tale confronto potrà essere utile solo se avrà come cardine un principio, cui non a caso ci richiamiamo nella nostra mozione, che purtroppo all'inizio del terzo millennio sembra essere in estinzione più del panda, e sempre più eroso dall'assalto di opposti integralismi. Si tratta del principio di laicità, quale caposaldo dell'attività statuale e legislativa, che consente nel caso specifico di tutelare tutte le espressioni di libertà, a cominciare da quella religiosa, ma salvaguarda al contempo il rispetto di fondamentali diritti e di libertà individuali.
A questo proposito sto rileggendo gli interventi svolti in quest'aula da un nostro collega di un secolo fa, Leone Caetani, tra i più illustri rappresentanti di questa nobile famiglia, eletto alla Camera tra i radical-socialisti dal 1909 al 1912. Caetani fu un grande islamista, autore di dieci annali sull'islam e grande conoscitore dell'oriente. Fu anche l'unico a dire di no e a votare contro la guerra in Tripolitania, chiedendo invece che i fondi destinati a questa invasione venissero convogliati per la formazione di una classe di diplomatici e di funzionari in grado di comprendere e dialogare con le diversità della cultura orientale ed islamica. Ancora più lungimirante, egli sosteneva la necessità di istituire in tutto il paese organismi promotori del dialogo tra le religioni per facilitare la comprensione reciproca e scongiurare che entrassero in rotta di collisione. Purtroppo la sua era una voce alta ma isolata, destinata, come spesso accade in questi casi, a non essere ascoltata. Penso che sia il caso di recuperarla, anche perché Caetani si richiamava ad un altro grande principio, oggi più che mai negletto, ovvero quello della complessità.
Noi dobbiamo evitare, a tutti costi, di operare una lettura riduttiva e semplicistica del mondo islamico e dobbiamo fare i conti, altresì, con le sue tante sfaccettature ed i suoi numerosi volti, facendo attenzione a non associarlo, naturaliter, alla intolleranza ed alla violenza.
Per carità, nessuno nega la gravità e la diffusione del maschilismo e della discriminazione di genere anche all'interno dell'universo Pag. 21islamico, spesso in nome di una volutamente errata interpretazione di norme religiose. Vorrei rilevare, tuttavia, che non esiste un'equivalenza automatica tra religione islamica e violenza sulle donne, poiché si tratta, purtroppo, di errori diffusi in tante culture. Desidero ricordare, a tale riguardo, gli stessi dati già illustrati dal collega Boato e ripresi dalla collega Cesini.
Vorrei altresì rammentare che, in queste analisi, non partiamo da zero. Come femminista della prima ora, nonché fondatrice di una delle prime riviste del femminismo in Italia, Effe (parlo del 1973), ricordo che il movimento delle donne ha prodotto un'enorme e preziosa mole di lavoro su tali temi. Si tratta di analisi approfondite, che in questa sede non ho tempo di richiamare, ma cui vi rimando.
A proposito di voci di donne, osservo come sia abbastanza curioso che non vengano citate, nell'ambito di questo dibattito...

PRESIDENTE. Onorevole Francescato, la invito a concludere!

GRAZIA FRANCESCATO. ...le voci delle protagoniste del mondo islamico, da Rania di Giordania a scrittrici come Khalida Messaoudi, Fatma Mernissi o Rita El Khayat. Sono tutte voci che ci invitano - e concludo, signor Presidente - a non eludere la sfida dell'approfondimento in base ai principi, già citati, della laicità e della complessità; in caso contrario, la possibilità di costruire davvero una società plurale, rispettosa delle diversità e capace di garantire la convivenza civile ci sfuggirà sempre più di mano.
Preannuncio, quindi, che il nostro gruppo voterà a favore, oltre che della mozione da esso presentata, di tutti gli atti di indirizzo presentati dai gruppi parlamentari appartenenti al centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, devo riconoscere che non è facile intervenire in questo dibattito. Presentando la nostra mozione, ritenevamo di poterci confrontare, anche con i colleghi della maggioranza, su temi che dovrebbero appartenere a tutti.
Ricordo che le mozioni all'esame dell'Assemblea - in particolare quella presentata dal gruppo della Lega Nord Padania che tutti i gruppi di opposizione, compreso il mio, hanno successivamente sottoscritto (esprimendo, tra l'altro, la capacità di sintetizzare le loro posizioni in un unico atto di indirizzo) - traevano origine da fatti drammatici e da vicende di cronaca che hanno devastato il nostro paese: giovani donne islamiche, in nome di un credo religioso, sono state uccise barbaramente!
Partendo da tali fatti, abbiamo ritenuto di dover affrontare in maniera più compiuta, determinata e forte, in quest'aula, temi come l'integrazione, il dialogo interculturale e la tutela dei diritti umani. In questa Assemblea, tuttavia, si è volutamente creata confusione, poiché si è cercato di coprire la disattenzione del Governo di fronte a questioni così importanti.
Stiamo parlando di integrazione, signor Presidente e onorevoli colleghi, nonché di multiculturalismo. Integrare vuol dire mettere a confronto due identità; significa aprirsi al dialogo e cercare di individuare una strada utile per realizzare una convivenza civile, armonizzando le identità nazionali. Ma ciò non deve avvenire lasciando che una identità arretri, in maniera insana e poco coraggiosa, rispetto ad identità prevaricanti, più forti e violente! Ciò è quanto sta accadendo, purtroppo.
La maggioranza, presentando le proprie mozioni, ha cercato di colmare questo vuoto. I gruppi di maggioranza, infatti, hanno cercato mettere tante parole tra la disattenzione dimostrata e la gravissima violenza che stiamo denunciando in questa Assemblea!
Il Governo «abbassa la guardia», rispetto a questi fatti atroci, per non dover confessare la propria incapacità ad affermare Pag. 22una propria identità democratica. L'Esecutivo, in altri termini, non vuole ammettere l'incapacità di difendere i propri principi fondamentali e le regole democratiche del suo ordinamento. Questo è ciò che stiamo ascoltando in quest'aula, colleghi! Questa è la notizia drammatica che emerge dal nostro dibattito!
Ricordo che si è parlato di laicità dello Stato e di libertà religiosa, poiché ho ascoltato i colleghi precedentemente intervenuti far riferimento a tali principi. Ma cosa c'entra la libertà religiosa, la libertà di vivere in coscienza la propria fede religiosa, con la morte, la violenza, l'essere vittima di violenze e l'imposizione? Siamo proprio su un'altra sponda, onorevole Boato! Questa non è libertà religiosa! Per lei, la libertà religiosa è la libertà di essere uccisi barbaramente (Commenti del deputato Boato)? Non posso accettarlo!
Tra l'altro, a cosa serve, oggi, ricollegandosi a questi fatti, ricordare le violenze che avvengono in famiglia? È un argomento per noi nodale, cruciale. A nostro avviso, quello della famiglia e dell'indebolimento di quest'istituto (che purtroppo si sta verificando) a causa dell'abbassamento del livello di percezione etica del nostro paese, è il tema dei temi! Non ci dobbiamo far carico di questo?
Certamente, onorevoli colleghi, per farsi carico di questi problemi, non serve confonderli con il problema dell'integrazione e dei diritti delle donne islamiche. Sicuramente, non serve proporre i Dico e fare arretrare ulteriormente la famiglia! Quando si presenta un problema, non si deve intervenire abolendo quel minimo di perimetro (perché oramai si tratta di ciò), ma, al contrario, si devono affrontare coraggiosamente le difficoltà, cercando di rafforzare gli strumenti che già abbiamo a disposizione.
Voi procedete al contrario, ma non può riuscire il vostro tentativo di confondere! Anzi, lo ritengo una barbarie verbale e politica! Stiamo parlando di un tema ben preciso, che avreste dovuto affrontare in maniera diversa. Tirate in ballo dati drammatici sulle violenze che avvengono nel nostro paese e nei paesi europei: allora, facciamocene carico! Presentiamo domani un'ennesima mozione. Noi già l'abbiamo fatto! Voi dovreste presentare strumenti adeguati di risoluzione di questi problemi che affliggono la nostra società; ma non ha senso creare una competizione tra le violenze che avvengono nelle famiglie italiane e quelle delle quali questo Governo, se fosse veramente democratico, dovrebbe farsi carico. Credo che questo sia un atteggiamento irresponsabile e lo dimostrano la lettura dei punti sui quali noi, come opposizione, avremmo voluto impegnare questo Governo e la reazione contraria dello stesso.
Il Governo ha annunciato un voto contrario sulla nostra mozione, nella quale si chiede di promuovere iniziative anche legislative per tutelare e garantire sul territorio nazionale i diritti delle donne islamiche, di promuovere la cultura delle donne islamiche, la conoscenza linguistica, di istituire un telefono multilingue per consentire la denuncia dei fatti che colpiscono queste donne in tempo reale, in modo da intervenire per aiutarle, di avviare iniziative pubbliche di sensibilizzazione nei confronti di queste vicende, di queste vite drammatiche che noi ospitiamo sul nostro territorio, e (lo ripeto, ma lo hanno ribadito anche altre colleghe) di escludere dalla Consulta... Presidente, vorrei che il rappresentante del Governo mi ascoltasse e che ci ripensasse, anche se è impegnato in altre conversazioni...

PRESIDENTE. Sottosegretario Linguiti, è pregata di prestare ascolto.

ERMINIA MAZZONI. Vorrei che il Governo si rendesse conto che è un assurdo esprimere parere contrario sull'impegno di escludere dalla Consulta chi è contro il nostro ordinamento (questo è ciò che c'è scritto), l'ordinamento italiano!
Signor rappresentante del Governo, il parere favorevole espresso sulle mozioni presentate dai colleghi della maggioranza è sin troppo facile: tali mozioni non dicono nulla, non impegnano assolutamente, sono volutamente non impegnative, per non approfondire un tema che vede il Pag. 23Governo in carica incapace di tutelare i diritti, l'ordinamento e l'identità del nostro paese. Chiaramente, a causa dell'intenzione sottesa alle mozioni presentate alla maggioranza, non posso che invitare il mio gruppo a votare contro le stesse, perché non posso avallare l'atteggiamento di questa maggioranza, mirante a nascondere il vero tema che oggi si sta affrontando. Posso, invece, promuovere un voto favorevole sulla mozione presentata dai colleghi dell'Udeur, perché si tratta di una mozione che, per quanto riduttiva, contiene in parte quell'anelito che noi abbiamo, e che abbiamo rappresentato con la nostra mozione, ossia di realizzare l'integrazione, di sostenere, di accompagnare, di integrare le donne di cui stiamo discutendo, per evitare in futuro il compimento di altri atti di barbarie. Ed è chiaro che confermo, con forza, la richiesta al Governo di riconsiderare il parere espresso sulla mozione sottoscritta dal mio gruppo, perché tale parere contrario è una confessione della volontà del Governo in carica di abdicare alla funzione fondamentale di tutelare l'identità nazionale del nostro paese [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allam. Ne ha facoltà.

KHALED FOUAD ALLAM. Signor Presidente, vorrei soltanto puntualizzare alcuni elementi che mi sembrano appartenere ad un dibattito sulla società. Ovviamente, si tratta di un dibattito che attraversa non soltanto l'Italia, ma l'intera società occidentale.
Mi pare evidente che il passaggio alla modernità per ogni società è stato sempre rappresentato dall'emancipazione femminile e dalle lotte delle donne. Lo è stato per l'Europa e per l'Occidente e lo sarà, ovviamente, per l'intero mondo musulmano. Dico questo perché, in realtà, le donne musulmane - o le donne dell'Islam, se le si vuole definire così - non hanno aspettato voi per prendere coscienza del loro dolore (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani) ed anche della necessità delle loro lotte politiche sociali ed culturali.
Dico ciò anche perché un nemico può sempre nascondere un altro nemico e mi sembra evidente che vi è una certa ambiguità in tutto questo, anche se sono ben consapevole dell'arretratezza e delle immani discriminazioni tra donne e società nel mondo musulmano in generale, e nel mondo arabo in particolare. Ma attenzione, vi è sempre un confine da non superare, una frontiera così invisibile che è estremamente rischiosa. Un conto è, infatti, prendere atto, mobilitare, progettare politicamente ed aiutare tutte le forze democratiche, le forze emancipatrici, le forze liberatrici che sono anche in seno al mondo musulmano, altro conto è puntare il dito contro un presunto nemico, che oggi si chiama l'islam o i musulmani. Dico ciò perché è pericoloso, perché l'islam non si trova più soltanto nel mondo musulmano: vi è un'importante diaspora dell'Islam stesso in Occidente e mobilitarsi per l'emancipazione delle donne, questo sì, può essere una lotta.
Dico questo perché, in realtà, in alcuni settori del centrodestra vi è una certa facilità o spregiudicatezza con cui si citano, talvolta, alcune sure del Corano. Certamente, sono stato il primo a dire ed a scrivere più volte che vi sono alcune sure, alcuni capitoli del Corano molto violenti, molto discriminatori. Attenzione, però: il Corano non si legge così. Voi cadete esattamente nella stessa trappola del fondamentalismo islamico, perché date una lettura di tipo essenzialista del Corano (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Comunisti Italiani e Italia dei Valori), mentre noi ci battiamo per un'interpretazione del Corano ermeneutica, storica, adattata ai tempi moderni.
Non si gioca così con una civiltà e con una memoria come quelle dell'Islam. Il primo passo verso l'integrazione è costituito proprio dalla capacità di distinguere una civiltà dalle scommesse, dalle poste in gioco e dalle lotte politiche attraverso le Pag. 24quali, oggi, si definisce il ruolo della donna nell'Islam e la sua emancipazione (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Comunisti Italiani e Verdi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo dire che questo Parlamento, ancora una volta, ha perso l'occasione per essere unito su un tema che dovrebbe accomunarci tutti, con l'unico intento di dare una risposta a un problema reale, cioè che il nostro paese è diventato un paese di immigrati. La sinistra, di fronte a questo problema, ancora una volta innalza barriere ideologiche, giustificandole con argomentazioni che - scusatemi - sono un po' vecchie, superate.
È stata citata ancora una volta la santa inquisizione da parte della collega dell' Italia dei Valori, ma si tratta di avvenimenti di cinque secoli fa. Nel frattempo, ci sono state la rivoluzione americana e la rivoluzione francese e si è imposto il sistema liberale e democratico in Europa e nel mondo occidentale. È stato ricordato che anche da noi, in Occidente, di molte violenze e fatti criminali sono vittime le donne. Ricordo a tutti che, il più delle volte, questi episodi sono legati alla forte tensione che sicuramente oggi esiste in termini di relazioni sociali e all'interno delle famiglie. Pensate che nella vostra Spagna, che spesso prendete a esempio e nella quale Zapatero addirittura ha voluto la parità tra ministri di sesso maschile e di sesso femminile, negli ultimi due anni è esploso il tema della violenza sulle donne nell'ambito della famiglia e sono aumentate vertiginosamente le morti di donne!
Allora, il problema è ben altro; il problema è quello di dire chiaramente, in termini forti, che l'Italia, come tutto l'Occidente, sicuramente vuole prendere coscienza del fatto di essere diventata una realtà in cui l'immigrazione è normale. Questo, però, deve avvenire all'interno di un sistema chiaro, in cui siano accettati i valori sui quali questa Europa e questo Occidente sono stati creati e si sono sviluppati negli ultimi secoli. Questo si vuole chiedere, senza volere in qualche modo condannare o criminalizzare alcuno.
Ho ascoltato con attenzione l'intervento del collega Allam e devo dire che condivido le considerazioni sui toni un po' forzati nei confronti dell'islam che sono stati espressi da alcuni colleghi. Voglio ricordare che anche in talune parti della Cina e dell'India non islamiche la condizione della donna non è migliore di quella di altre realtà islamiche. Credo però sia importante capire che annacquandoli, come avete fatto voi, con le vostre mozioni in cui si dice tutto e il contrario di tutto, i problemi non si risolvono.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,30)

ENZO RAISI. La mozione presentata dalla Casa delle libertà chiede di informare le tante donne che vengono nel nostro paese a cercare un futuro circa la realtà del sistema valoriale nel quale vivono e le condizioni e le opportunità che possono avere. Mi riferisco alla uguaglianza rispetto agli uomini ma anche alle opportunità nel mondo del lavoro, nella scuola e all'assistenza sanitaria. Tutto questo lo possono ottenere attraverso una giusta e corretta informazione che consente loro di uscire da una realtà culturale e sociale diversa, quella del loro paese. Il nostro paese, infatti, è altra cosa e possono esserci tali opportunità ma devono essere per tutti.
Credo che il problema non sia soltanto quello del velo; il problema è quello di far capire che la realtà e il sistema valoriale del nostro paese sono diversi. Queste donne, quando vengono in Italia, devono essere innanzitutto informate. In fin dei conti, questo è ciò che chiede la mozione presentata dalla Casa delle libertà, che vuole essere un documento non esclusivo ma inclusivo di una realtà che noi vogliamo accogliere nel nostro paese, ma all'interno del sistema con il quale il Pag. 25nostro paese e il mondo occidentale si sono sviluppati nei secoli. Non capire questo e voler rifiutare il dialogo, il confronto e la condivisione di un percorso uguale per tutti dimostra come la sinistra del nostro paese sia ancora la più arretrata d'Europa, se non del mondo occidentale.
Questa è un'occasione perduta - lo ripeto ancora una volta in questo dibattito parlamentare - per affrontare un tema delicato che, però, ci può vedere ancora uniti, se si parte da quel sistema di valori, che è costituito dalla storia del nostro paese, dalla storia occidentale e delle liberaldemocrazie in cui viviamo, in cui è netta la distinzione tra il mondo laico e il mondo religioso e in cui è ben chiaro il ruolo della donna all'interno del paese.
Mi dispiace l'accenno polemico che viene fatto nell'introduzione di alcune mozioni della sinistra, in cui si afferma che ancora oggi c'è un elemento di discriminazione nella nostra società nei confronti della donna: dove? Qual è questo elemento?

PRESIDENTE. La prego...

ENZO RAISI. Sicuramente, lo si trova dal punto di vista normativo. Allora, bisogna far capire alle donne e, soprattutto, alle donne immigrate, che vengono qui per avere delle opportunità, che la legislazione di questo paese e quella europea danno loro grandi opportunità di inserimento. È bene che possano accoglierle, per uscire da una condizione che sicuramente oggi non è felice per loro (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, la mozione presentata dall'opposizione parte, a mio avviso, da alcuni dati concreti e fa riferimento ad alcuni fatti di violenza realmente accaduti sulle donne. Tuttavia, l'analisi di tali fatti è il frutto di una scelta metodologica ben precisa: l'estrapolazione di episodi molto specifici di cronaca, ai quali viene attribuito un carattere generale di verità, persino quasi di attendibilità statistica, in relazione alla violenza di genere.
Ne deriva, quindi, una lettura evidentemente forzata, che tende a strumentalizzare tali fatti - condannabili, ma parziali -, per costruire o rafforzare attorno ad essi la prova inconfutabile del carattere intrinsecamente retrogrado ed oppressivo dell'Islam. Già il titolo della prima mozione che è stata presentata era in se stesso un punto di arrivo che tradiva le intenzioni dichiarate nel dispositivo e che rendeva evidente il bersaglio, ossia l'Islam, attraverso la criminalizzazione di un intero corpo religioso, passando tramite la presa in prestito o come pretesto della condizione femminile nel mondo musulmano.
Risulta innegabile che esista una violenza di matrice religiosa, spesso legittimata da alcuni Stati. Tuttavia, il problema della violenza sulle donne e il presunto carattere giustificatore o, addirittura, istigatore dell'Islam non possono in alcun modo essere messi in relazione.
Dunque, in primo luogo, l'Islam non è un blocco monolitico e statico, sempre e ovunque uguale a se stesso. Non lo è nella concezione del rapporto fra religione e Stato; non lo è nella pratica delle relazioni uomo-donna. Sono innegabili i livelli di subordinazione e violenza nei confronti delle donne in vari paesi musulmani e, Pag. 26molto spesso, a questa oppressione viene data una giustificazione religiosa, anche se molte pratiche sono preesistenti all'islamizzazione di molti popoli e vanno affrontate e combattute per quelle che sono. Tuttavia, considerare tali deviazioni come prerogative dell'intero universo musulmano è un'operazione indebita, perché parte da una visione gerarchica, eurocentrica e, soprattutto, molto parziale, basata su un'idea di superiorità non solo economica, ma anche culturale, etica e religiosa da parte dell'Occidente.
La questione della violenza sulle donne è determinata da relazioni di potere. La sovrastruttura ideologica patriarcale si è servita delle istituzioni sociali (la religione, il sistema educativo, il quadro normativo generale e i mass-media) per fondare e assicurare la subordinazione delle donne nelle relazioni di potere familiari, economiche e sociali. Soltanto una visione culturalista attribuisce alle culture e alle religioni le cause dei fatti di cronaca, condannabili da ogni punto di vista.
Per rispetto, preferisco non parlare della morte della ragazza pakistana, perché tutto è un po' grottesco, e vorrei, invece, citare tre fatti di cronaca, che hanno visto vittime delle donne e tutte si riferiscono al mese di maggio del 2005. Naturalmente, non uso i nomi veri: Anna Rosa è stata trovata morta, con la gola squarciata, nel centro storico genovese; Adele è stata trovata decapitata nei pressi di una stazione di servizio di Roma (minacciata più volte dall'ex marito, aveva presentato denunce, senza risultati); Nancy è stata strangolata e seppellita viva dall'amante in provincia di Venezia, dopo una lite in auto (vent'anni).
Che dire, quale cultura e quale religione hanno ispirato questi «bravi ragazzi» a togliere la vita a queste loro donne? Perché ognuna di queste donne italiane non ha avuto la stessa attenzione rivolta alla giovane donna pakistana che ha fatto la stessa loro fine?
In secondo luogo, la violenza contro le donne è trasversale. Avremmo potuto convenire con qualche proposta se i fatti, la realtà, l'incidenza di quanto denunciato riguardassero soltanto, anche prioritariamente, il gruppo incriminato, ma le fredde statistiche degli istituti di ricerca ci dicono altrimenti. Lo stesso studio «Combattere la violenza contro le donne», pubblicato nel 2006 a cura del Consiglio d'Europa, ci ha mostrato un panorama ben diverso: il 45 per cento delle donne europee è o è stato vittima di violenza fisica o psicologica e gli autori, per la maggior parte, sono uomini legati alla sfera familiare della vittima; in Europa la violenza subita rappresenta la prima causa di morte delle donne di età compresa fra i 16 e i 50 anni (l'Italia si colloca nella media europea).
I numerosi fatti di cronaca che rivelano la normalità quotidiana della violenza contro le mogli, le fidanzate, le amiche, le vicine di casa, così come i recenti casi di abusi sulle donne compiuti da ragazzi minorenni ci impongono con urgenza una riflessione sul tema della crescente disposizione alla violenza, presente nelle giovani generazioni, e sulla diffusa permanenza di nuove forme patriarcali dentro la crisi di identità e di certezza dei maschi adulti italiani. Dunque, non si può cercare nella religione, in nessuna religione più delle altre, la causa di un problema che riguarda tutte le società e colpisce trasversalmente ogni gruppo sociale, indipendentemente dalla classe sociale e dal luogo di origine e dal livello di istruzione. Cercare di individuare un solo gruppo come attore o responsabile di questa drammatica realtà ci fa quindi perdere di vista le dimensioni reali del problema che colpisce tutta la società perché ogni donna picchiata, maltrattata, umiliata è o dovrebbe essere una ferita per l'intera collettività.
Quel ricorso selettivo all'etica nell'analisi della società italiana e nella violenza di genere costruisce una cortina di fumo, impedisce di vedere quello che c'è veramente dietro. L'ultimo rapporto Eures, il centro di ricerca economico e sociale che ogni anno pubblica in collaborazione con l'Ansa un'indagine sugli omicidi volontari in Italia, non soltanto ci ricorda la tremenda realtà delle violenze all'interno delle famiglie italiane, ma documenta che i dati sulle violenze contro le donne immigrate Pag. 27sono esattamente sovrapponibili a quelli delle violenze contro le donne italiane: il 70 per cento delle vittime sono donne sia nelle famiglie italiane sia nelle famiglie immigrate; l'88 per cento degli autori, in ambedue i casi, sono uomini.
Non regge proprio l'analisi delle brave ragazze occidentali emancipate che salvano dalle barbarie le povere donne soggiogate di un'inferiore civiltà. In materia di violenza non abbiamo un pulpito né alto, né robusto (lo si può dire in materia di diritti sociali e politici, qualora si ragioni in funzione di eventuali graduatorie).
Per combattere la violenza e la subalternità delle donne occorre un'alleanza trasversale, quanto è trasversale il fenomeno, senza gerarchie e senza che nessuno salga in cattedra e dia lezioni. Riguarda tutte le società, e insieme lo possiamo affrontare. Occorre un salto di qualità per la maturazione di una nuova e più ampia consapevolezza della dimensione non soltanto politica ma anche soprattutto culturale e sociale del problema. Occorre, quindi, una legge con un carattere integrale, non basato soltanto sulla repressione ma anche sulla prevenzione e sul lavoro culturale integrale, che tocchi tutte le sfere della vita, della società e delle istituzioni.
La liberazione delle donne da ogni forma di violenza e di subalternità passa necessariamente attraverso la loro autodeterminazione. Nessuna pretesa di imporre comportamenti, da parte di Stato, dal legislatore; nessuna pretesa di voler decidere noi, donne occidentali, quello di cui le donne immigrate avrebbero bisogno, considerandole, noi stesse, cittadine di serie B. Le misure in favore delle donne immigrate vanno orientate a colmare il gap fra chi gode di pieni diritti di cittadinanza e chi è doppiamente esclusa: esclusa a causa della propria condizione di migrante ed esclusa dalle eventuali condizioni di subalternità individuale.
In conclusione, preannuncio il voto a favore sulla nostra mozione e sulle altre che si ispirano a questi principi. Voteremo, invece, contro la mozione presentata dall'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, oggi il Parlamento ha perso - sta perdendo - una grande occasione su un tema che doveva essere condiviso trasversalmente. Oggi, la mozione che stiamo discutendo riguarda la violenza delle libertà individuali delle donne in nome di precetti religiosi. Ho ascoltato molti interventi che nulla hanno a che fare con il tema di questa mozione e rimango anche esterrefatta per come si voglia fare di tutta l'erba un fascio. Non stiamo parlando della violenza delle donne in generale, stiamo parlando di violenze sulle donne per precetti religiosi: ciò su cui siamo chiamati a discutere è un'altra storia.
Capisco - soprattutto, capiscono le italiane e gli italiani - questo politically correct, questo buonismo che impregna, anche, forse, trasversalmente, i membri di questo Parlamento, tuttavia, non credo di potere essere smentita dai fatti. Basta infatti aprire i giornali di oggi per leggere che in Pakistan è stato sgozzato un ministro donna per questioni religiose, che in Cisgiordania è stata ammazzata una ragazza per precetti religiosi.
Allora, di che cosa stiamo discutendo? Vogliamo aprire gli occhi? Vogliamo capire come vivono le donne musulmane immigrate nel nostro Paese? Vogliamo capire che, tutti i giorni, per precetti religiosi, le donne vengono sottomesse dal loro clan maschile?
Capisco - perché ero al funerale di Hina Salem - la giovane donna pakistana uccisa dal clan maschile perché non era una buona musulmana: Capisco il disinteresse che nutre la maggioranza di questo Parlamento quando, pur avendo un Governo con il più nutrito numero di sottosegretari e ministri, non è stato mandato un rappresentante del medesimo a quei Pag. 28funerali, dove quella giovane donna è morta in quel modo e doveva diventare il simbolo dell'integrazione: capisco che non c'è un grande interesse.
Tuttavia, non riesco a capire come mai siate contro la nostra mozione, che è stata firmata dalla Lega, dall'UDC, da Forza Italia, da Alleanza Nazionale per dimostrare il nostro comune sentire su queste tematiche, che veramente ci interessano, al di là delle bandiere ideologiche e delle difese di qualcuno che, in questo momento, non avrebbe bisogno di essere difeso.
Chiedo ancora una riflessione sulla nostra mozione perché, veramente, mettiamo al centro dei nostri interessi la difesa delle donne musulmane nel nostro paese. Lo facciamo con forza, con determinazione, perché (tutti giorni ciò che pensiamo è accreditato da episodi di violenza che succedono a queste donne) riteniamo che non bisogna coprirsi gli occhi, generalizzare, pensare ad altro. Dobbiamo, invece, essere concentrati sul fatto che, ormai, nel nostro Paese, nella nostra nazione vi sono califfati che si sottraggono alla nostra giurisdizione: questo è il punto di cui non ci rendiamo conto! Non riusciamo più a far applicare le nostre leggi nemmeno per difendere le donne musulmane nel nostro Paese!
Allora, mi dispiace che il Parlamento, oggi, perda quest'occasione, un'occasione che doveva vederci tutti uniti. Stiamo parlando di un problema grave che, ogni giorno, aumenta di più.
Non ci possiamo neanche farci incantare dalle parole di alcuni di voi. Ci vorreste convincere che il problema non sia questo, solo per spostare, invece, l'attenzione: non ci sto!
Non ci sto a spostare l'attenzione, non ci sto a farmi portare su altri binari. Ritengo che il punto centrale sia questo: ogni minuto, ogni giorno, nel nostro Paese, facciamo finta di non vedere quello che sta succedendo. Questa è la sfida dei prossimi anni. È una sfida cui non ci possiamo sottrarre, rispetto alla quale non possiamo essere impreparati. Vediamo ciò che sta accadendo nel resto del mondo.
Da questo punto di vista abbiamo un privilegio, abbiamo già visto in quei paesi che hanno percorso la strada che oggi voi ci volete indicare il fallimento totale sulla politica dell'immigrazione. Allora forse abbiamo ancora il tempo per riprenderci da tutto questo, per capire, in quei paesi che predicavano quello che voi oggi state predicando, la fine che hanno fatto fare alle donne e la fine che hanno fatto fare in una sfida: parlo così perché ho fede nell'Islam, ho fede nei musulmani, ma non posso averla per un Governo e per una maggioranza che molte volte non condanna con tutti i mezzi a disposizione le prese di posizione della Consulta islamica, ad esempio, sulla poligamia. Vorrei vedere un documento trasversale, che la condanni senza «se» e senza «ma»; invece, purtroppo, non è così.
Ho ancora ben presente, quando in questo Parlamento fu esaminata la proposta di legge per inasprire le pene sull'infibulazione, alcune donne della sinistra come si espressero e come votarono. Lo dico con rammarico, perché, come ho già fatto capire dalle mie parole in precedenza, credo che dovremmo abbandonare questa politically correct, questo finto buonismo, questa finta solidarietà; dovremmo smettere di portare avanti questioni che non c'entrano con la violenza che le donne islamiche subiscono ogni giorno per precetti religiosi, e non fare finta che il problema non esista ma metterci tutti insieme per affrontarlo veramente.
Oggi il Parlamento ha perso una grande occasione. Credo che non accadrà nulla e trovo grave il fatto che il Governo non abbia accettato la nostra mozione, perché sarebbe bastato leggere i dispositivi e le nostre richieste che andavano nel senso della difesa delle donne musulmane nel nostro Paese.
Avete fatto come sempre: non ascoltate, state andando avanti per una strada che è molto pericolosa e penso che presto gli italiani lo capiranno molto bene (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania)!

Pag. 29

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Intervengo a titolo personale, Presidente, per rispondere al collega Khaled Fouad Allam su due punti.
Come prima cosa, vorrei dire che anche noi, sprovveduti del centrodestra, sospettiamo che vi sia un fermento da parte delle donne islamiche nel loro paese, ma non è di questo che si tratta; si tratta bensì delle donne islamiche nel nostro paese, nei confronti delle quali abbiamo sentito di esprimere anche in questo modo la nostra solidarietà e di impegnare in tal senso il Governo.
In secondo luogo, in questa gara di lezioni su che cosa debba essere l'integrazione culturale per noi sprovveduti del centrodestra, vorrei dire che integrazione vuol dire innanzitutto condividere principi e valori comuni, sui quali ci si può e ci si deve integrare. La mozione in questione non vuole fare altro che ribadire quelli che sono i valori e i principi irrinunciabili per noi, soprattutto per quanto riguarda le donne [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Presidente, non vi è dubbio che le mozioni che sono state oggetto di discussione in quest'aula hanno avuto un merito: quello di avviare un tema difficile e complesso con punti di vista anche molto diversi.
Quindi, io non tacerò e non darò conto della discussione che imputa al centrosinistra la mancanza di coraggio nel parlare dell'Islam e delle questioni che riguardano le violenze sulle donne musulmane, perché non di coraggio si tratta, ma di capire sul serio come vogliamo affrontare la questione.
Le mozioni hanno avuto, dunque, il merito di squarciare il velo intorno al tema della violenza e quelle del centrosinistra hanno teso ad allargare il tema, perché le questioni della violenza, della negazione dei diritti e della discriminazione sulle donne musulmane non portano il segno di una parzialità di tipo religioso, ma assumono fortemente un elemento di natura culturale e politica. Questo merito lo abbiamo avuto fuori dalle cronache, pur dolorose, che hanno segnato negli scorsi mesi le notizie riportate dai giornali. E ciò avrebbe dovuto portare questa Assemblea e questo Parlamento ad una discussione nella quale il «noi» e il «voi» non fossero così assordanti.
Credo che la violenza contro le donne - l'hanno ripetuto molte colleghe - abbia rappresentato, da sempre, lo strumento più odioso per affermare e decidere i rapporti di potere all'interno dei generi, ma anche per costruire i rapporti sociali e politici. Proprio all'interno di questa dinamica, il percorso di libertà femminile ha determinato, invece, un processo che, a partire dalla consapevolezza della propria identità, della soggettività, dell'essere individuo delle donne, ha teso sempre più a testimoniare che lo scarto con una maggiore libertà femminile significava riprodurre il tema della violenza e del dominio sul corpo femminile. Anzi, io credo che proprio il tentativo di questi mesi e le cronache che ci parlano di una violenza che aumenta testimonino proprio questo crinale: più va avanti la consapevolezza di un percorso di libertà femminile, più si tenta di rimettere ordine al disordine simbolico rappresentato proprio da quel percorso di libertà femminile.
È per questo che io credo sia stato giusto chiedere al Governo, oggi, proprio in vista dell'Anno europeo delle pari opportunità, insieme al tema della violenza, che fossero affrontati tutti quei molteplici elementi che vanno sotto il titolo di discriminazione della capacità vera di assolvere ad una funzione paritaria fra uomini e donne. Era questo l'obiettivo delle mozioni, Pag. 30proprio perché non vogliamo isolare la violenza, sapendo che questa è un dato di tutto rilievo nella sua unitarietà.
Le mozioni presentate dalle colleghe dell'opposizione hanno teso, invece, a porre una questione alla quale guardiamo con grande rispetto ed interesse e che siamo seriamente impegnate ad affrontare, assumendo un punto di vista che non è quello assoluto di chi pensa di avere, sempre e comunque, la verità in tasca. Cos'è questo assoluto? È il non voler riconoscere che, a partire dagli anni Ottanta, abbiamo assistito ad una deprivatizzazione dell'uso della religione: la religione ha sempre assunto, ed assumerà sempre di più, uno spazio pubblico, che serve a ridefinire i contorni del rapporto tra pubblico e privato, tra i diritti e gli ordinamenti, tra la concezione del proprio essere ed i precetti religiosi.
E a noi sembra molto strano che si possa parlare della violenza e della discriminazione sulla base dei precetti religiosi. A questo proposito, vorrei rispondere con grande serenità alla collega Lussana. Poiché l'idea di precetto religioso, richiamata nel titolo della mozione, non attiene più, per gran parte delle persone, semplicemente alla sfera privata, ma rappresenta un tratto della propria identità, a quel precetto non si può rispondere con l'assolutezza dei valori di tipo occidentale. Non è buonismo: è semplicemente il riconoscimento di una funzione laica della concezione della politica ed anche del rispetto nei rapporti con la libertà religiosa.
La verità è che nella questione si assumono due elementi. Il primo: la presenza delle donne straniere (in particolare, le donne musulmane, ma non solo) nel nostro paese impone alla politica, al Governo, ed anche all'uso di una laicità al di là della sua norma giuridica di essere sempre più uno strumento flessibile che si adatta alle condizioni che storicamente si determinano e che deve saper armonizzare i propri ordinamenti con gli ordinamenti - come dire? - del fare e del continuo divenire di questa idea della laicità e della norma giuridica. Non c'è dubbio, però, che queste donne che vengono in Italia, di fronte al fatto di essere, già in quel momento, discriminate - esse trovano le difficoltà di un processo di integrazione che ben altri strumenti dovrebbe avere -, tendono, di fatto, ad assumere la comunità come l'unico elemento che le rafforza, che le protegge: quasi il prevalere della comunità rispetto all'idea del diritto della persona e della sua incolumità!
Ecco perché ci è parso che, pure accanto ad alcuni elementi propositivi ed importanti contenuti nella mozione, riguardanti gli strumenti più attivi di una funzione di politiche pubbliche a sostegno di questi elementi, le premesse, il contesto e la motivazione dalla quale si è partiti non soltanto non siano convincenti, ma rischino paradossalmente di produrre non un elemento di apertura, ma un irrigidimento delle verità cosiddette assolute.
Del resto, l'identità ed anche la laicità sono concetti che dobbiamo saper manovrare con grande duttilità. Le identità, quando si racchiudono, si restringono e si proteggono, non producono nulla di buono, ma solo il fondamentalismo e l'elemento del fanatismo ed anche quando la laicità non assume, al proprio interno, il valore dell'efficacia della funzione pubblica e della concezione dello Stato, noi corriamo il rischio di avere solo una condotta agevolatoria della laicità.
Ecco perché credo che, di fronte a tali questioni, ad una complessità che sempre più ci chiamerà a fronteggiare le sfide che provengono da un mondo globalizzato, il rapporto tra le condizioni, i diritti e le libertà femminili che riguardano tutti, indipendentemente dall'etnia e dalla religione devono diventare tema centrale su cui ridefinire il confine della funzione propria di uno Stato laico. Non c'è solo il rispetto del nostro ordinamento giuridico, ma c'è anche la capacità di trovare insieme, proprio con queste donne, la capacità concreta di avviare un percorso di emancipazione e libertà.
Vedete, care colleghe e cari colleghi, è proprio di questa mattina la notizia - a testimonianza che nulla, mai, è dato per Pag. 31scontato, che, in qualsiasi parte del mondo, anche la condizione stessa di chi vuole essere donna immigrata, ma fedele musulmana, oggi pone a loro stesse elementi che riguardano la propria capacità e consapevolezza dell'essere donne ed individui - dell'uccisione di un ministro pakistano da parte di un fanatico il quale, con quell'assassinio, ha ottenuto due grandi obiettivi: colpire ancora una volta l'identità femminile e la libertà, ma anche l'idea dell'affermazione che il precetto religioso possa avere il prevalere sulla concezione della personalità e della soggettività. È un grande tema complesso, non riconducibile all'interno di una discussione che tenga, ancora volta, a fare del «noi» e del «voi» l'unico elemento di discrimine politico.
Questi sono i motivi per i quali in questa discussione avremmo voluto svolgere una riflessione più pacata e serena, senza aver paura di pronunciare la parola Islam, per trovare al suo interno e nel rispetto di quella civiltà, le strade consapevoli di autonomia, di indipendenza e di libertà delle donne, perché solo attraverso quell'idea di libertà e di consapevolezza si può aprire un dialogo che non è fatto della cultura dell'assimilazione.
Questo è il tema vero con il quale vorremo confrontarci e sarà il tema della discussione sulla legge della libertà religiosa che proprio per questo, di fronte alla nuova funzione pubblica, chiede oggi allo Stato di avere un atteggiamento completamente diverso, anche nella definizione delle proprie politiche pubbliche.
Voteremo con convinzione le mozioni del centrosinistra, precisando che, proprio in questa discussione, ci sarebbe piaciuta una premessa forse meno ideologizzata e meno enfatica, nel tentativo di risolvere questioni che, invece, per il modo in cui si affrontano, corrono il rischio di determinare l'incomunicabilità e l'impossibilità del dialogo. È per questo che, pur apprezzando, in maniera convinta, una serie di questioni, esprimeremo, in maniera altrettanto convinta, un voto contrario sulla mozione presentata dalla Casa delle Libertà (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Prima di passare ai voti, avverto che vi sono due richieste di votazione per parti separate, una avanzata dall'onorevole D'Elia e l'altra dall'onorevole Lussana.

SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, intervengo proprio per chiedere la votazione per parti separate della mozione a prima firma della collega Lussana e per spiegarne brevemente le ragioni. È una richiesta del gruppo de La Rosa nel Pugno, condivisa anche dal gruppo dell'Italia dei Valori, che ha presentato una mozione a prima firma della collega Mura. La richiesta riguarda un primo voto separato tra le premesse e il dispositivo e, successivamente, un voto separato fra i primi quattro capoversi della parte dispositiva della mozione Lussana e gli ultimi due, il quinto e il sesto.
Credo che sia possibile, anzi, auspicabile, su questioni così importanti, come quella di cui stiamo discutendo, ovvero la violazione delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi, trovare delle convergenze all'interno di quest'aula tra maggioranza e opposizione.
Noi voteremo contro le premesse, voteremo a favore dei primi quattro punti del dispositivo e voteremo contro gli ultimi due. In particolare, in ordine al quinto capoverso ricordo che è stato bocciato l'emendamento Turco, che in qualche modo temperava un'espressione che può avere dei connotati discriminatori nei confronti dell'Islam, in quanto esprime un pregiudizio ideologico-culturale anti-islamico. Sul sesto punto del dispositivo avevamo dei dubbi sul nostro comportamento di voto, ma abbiamo deciso di votare contro perché anche questo capoverso si presta ad interpretazioni, da parte dell'autorità Pag. 32politica, che possono comportare una esclusione dalla Consulta islamica di organizzazioni islamiche. Si fa riferimento a comportamenti; ebbene, noi sappiamo che se questi comportamenti configurano dei reati possono esservi delle esclusioni a ragione, ma non è detto che i semplici comportamenti riguardanti una condotta personale possano essere tali da precludere la partecipazione alla Consulta islamica di organizzazioni islamiche.
Per tali ragioni chiediamo, dopo aver annunciato come voteremo sui singoli punti, il voto per parti separate della mozione Lussana n. 1-00104.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Presidente, la nostra richiesta riguarda la votazione per parti separate della mozione presentata dal collega Cioffi. Chiediamo un voto per parti separate fra le premesse e gli impegni contenuti nella parte dispositiva. Anche io vorrei motivare brevemente questa scelta a nome di tutti i gruppi della Casa delle libertà. Al di là delle parole che abbiamo ascoltato, è chiaro che su questo tema l'Unione sceglie di adottare la strada del voto politico. Abbiamo visto, nonostante la disponibilità manifestata, magari sottobanco, da parte di alcuni colleghi e di alcuni gruppi come vi sia stata poi la «blindatura» politica.
Su un tema del genere decidete di non condividere alcuni impegni presenti nella nostra mozione, che sono invece di assoluta ragionevolezza. Pertanto, chiediamo comunque la votazione per parti separate non comprendendo - lo dico alle colleghe dell'Unione intervenute e alla rappresentante del Governo - come possiate dire di no alla nostra mozione e poi votare sì alle premesse della mozione Cioffi, che invece noi condividiamo, dove espressamente si parla di violenze nei confronti delle donne islamiche, dove espressamente, onorevole Mascia, non credo in maniera strumentale, si citano i casi di Hina, di Khaur, di Maha. Si tratta degli stessi casi citati dalle nostre mozioni. Nella mozione Cioffi, come anche nella nostra, si dice espressamente che nella Consulta islamica non vi è stata alcuna condanna di questi gravi episodi nei confronti delle donne e si riprende il caso dell'iman Ghoneim che a Verona ha detto che le donne sono come delle capre e possono essere picchiate.
Questa è la vostra ipocrisia! Votatevi la vostra mozione! Io ribadisco che la Casa delle libertà voterà a favore della mozione Cioffi nelle premesse e noi come Lega ci asterremo sul dispositivo. Voteremo «no» a tutte le vostre altre mozioni perché avete scelto la contrapposizione politica e su quella strada andrete da soli. Vedremo poi gli altri baratti che vi saranno quando parleremo di altre questioni eticamente sensibili come i Dico, perché forse qui, sulla pelle delle donne musulmane state cercando convergenze che riguardano temi a voi molto più cari (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario Linguiti. Ne ha facoltà.

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Presidente, onorevole deputati, vorrei esprimere il parere del Governo sulle due richieste di votazioni per parti separate. Ovviamente, per quanto già detto, ribadisco il parere contrario sulla mozione Lussana per quanto riguarda le premesse ed anche i capoversi cinque e sei del dispositivo.
Voglio ricordare soltanto un aspetto, con riferimento in particolare al sesto capoverso: in nessun organismo facente capo al Governo, rappresentato dallo stesso ministro dell'interno, possono essere presenti organizzazioni di rappresentanza che pongano in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano in generale e alla dignità della condizione delle donne, anche non comunitarie. Inoltre, come già detto anche in questo caso, con riferimento alle onlus - e l'UCOII è appunto una onlus -, l'agenzia per le organizzazioni non lucrative che Pag. 33opera sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri esercita poteri di indirizzo, promozione, vigilanza e ispezione. Pertanto - come dicevo -, sul quinto e sesto capoverso esprimiamo parere contrario, perché strumentalmente farebbero presupporre che questo Governo disattenda le proprie stesse disposizioni.
Per quanto riguarda invece il primo capoverso del dispositivo, il testo può essere accolto ad eccezione delle parole «extracomunitarie presenti in Italia», in quanto il Consiglio di ministri - in particolare su proposta di diversi ministeri - ha già presentato un disegno di legge contro la violenza nei confronti delle donne, nel quale non distingue tra donne italiane e donne non native. Dal nostro punto di vista, tutte le iniziative a tutela dei diritti e del rispetto delle donne non possono che essere rivolte a tutte le donne presenti nel nostro territorio.
Si accolgono invece il secondo e il terzo capoverso, intendendo il terzo capoverso nello spirito - pur se così non è scritto - del potenziamento del numero di telefono multilingue già esistente. Come già detto, ne esistono addirittura due. Quindi, possiamo accogliere il testo, nello spirito del potenziamento di questi due numeri telefonici che sono a disposizione di tutte le donne vittime di violenza o di discriminazioni.

PRESIDENTE. Sottosegretario, le chiedo scusa. Relativamente al parere da lei espresso sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104, lei ha detto che il parere del Governo è contrario sulla premessa. Rispetto ai capoversi primo, secondo e terzo, ha chiesto una riformulazione?

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Sì, signor Presidente, nel senso che nel primo capoverso dovrebbero essere eliminate le parole «extracomunitarie presenti in Italia» e nel terzo capoverso si dovrebbe sostituire la parola «istituire» con la parola «potenziare» perché il numero telefonico esiste già.

PRESIDENTE. Onorevole Lussana, accoglie le riformulazioni proposte dal Governo?

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, accogliamo la riformulazione per quanto riguarda il terzo capoverso, visto che si tratta di una misura già in essere. Per quanto riguarda, invece, la riformulazione in merito alle donne extracomunitarie presenti in Italia, questo è secondo noi un elemento edificante della mozione perché riteniamo che programmi di educazione - mi sembra che durante l'esame della finanziaria sia stato approvato un emendamento che andava in quella direzione, presentato dall'onorevole Santanchè - devono essere rivolti in modo mirato alle donne islamiche extracomunitarie, per fornire gli strumenti giuridici ed educativi che consentano loro di sottrarsi a questo tipo di violazione o a limitazioni della libertà individuale.
Signora sottosegretaria, c'è non un'intenzione razzista o discriminatoria ma un ausilio in più per queste donne che sicuramente vivono una condizione culturale diversa rispetto alle donne italiane. E dobbiamo avere il coraggio di dirlo e denunciarlo.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lussana.
Sottosegretario, l'onorevole Lussana ha accolto una parte della sua richiesta di riformulazione. Il parere del Governo sul primo capoverso è da intendersi favorevole o contrario?

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Signor Presidente, ripeto che, per quanto riguarda il primo capoverso che parla di iniziative volte a tutelare e garantire nel territorio nazionale il rispetto dei diritti umani e civili delle donne, per noi è imprescindibile che tali iniziative siano rivolte a tutte le donne, perché i diritti e la tutela delle donne devono riguardare tutte e non soltanto una parte di esse. Come ho già detto - e forse l'onorevole Lussana non ha mi ha ascoltato Pag. 34bene -, gli argomenti da lei esposti riguardano il secondo capoverso, sul quale abbiamo espresso parere favorevole. Sul primo capoverso per noi rimane fondamentale non restringere il campo d'azione, tenendo presente che abbiamo già presentato un disegno di legge in questo senso.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, poiché l'onorevole Lussana ha compreso la richiesta del Governo ed ha scelto di non accoglierla, il parere del Governo sul primo capoverso è da intendersi contrario?

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, c'è un'implicita ed ulteriore richiesta di votazione per parti separate, nella misura in cui sussiste un parere contrario sul primo capoverso ed uno favorevole sul secondo e terzo capoverso?

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Sì, esatto.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei semplicemente capire se sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104 siamo chiamati a votare secondo la suddivisione della stessa in tre parti: la prima parte riguardante le motivazioni, la seconda i primi quattro capoversi del dispositivo e la terza il quinto e il sesto punto del dispositivo.
Poiché mi pare di capire che sulla seconda parte su cui saremo chiamati a votare il Governo abbia espresso nei confronti delle proposte formulate alla collega Lussana motivazioni differenti di accoglimento o meno, chiedo comunque di verificare se non sia possibile egualmente procedere ad una votazione in blocco della parte dell'impegno, sapendo che sussiste anche la facoltà del Governo di rimettersi all'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, se nessuno chiede la votazione per parti separate, si può anche votare «in blocco».

CAROLINA LUSSANA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, la ringrazio anche per aver ricordato alla signora sottosegretario che avevo ben compreso il significato del suo intervento, tant'è che ho accolto la riformulazione in merito al potenziamento, mentre ho spiegato le ragioni per cui riteniamo importante che questi programmi siano rivolti in modo particolare alle donne extracomunitarie, per non rientrare in quell' «annacquamento» generale con cui avete voluto svilire il significato originario della nostra mozione.
Quindi, a questo punto, rifiutiamo la richiesta dell'onorevole Quartiani di votare in blocco il dispositivo, ma vogliamo votare per parti separate ogni singolo capoverso.

PRESIDENTE. Onorevole Lussana, credo che potremmo mettere ai voti la premessa come prima votazione; il primo capoverso del dispositivo, sul quale il Governo esprime parere contrario, come seconda votazione; il secondo e il terzo capoverso del dispositivo, sui quali il Governo esprime parere favorevole, come terza votazione; il quinto e il sesto capoverso del dispositivo, sui quali il Governo esprime parere contrario, come quarta votazione.

ANTONIO LEONE. Votiamola parola per parola, signor Presidente!

PRESIDENTE. La ringrazio per il contributo, onorevole.

Pag. 35

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Signor Presidente, volevo precisare che, come è stato già detto, il Governo si rimette all'aula.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor sottosegretario, il Governo ha già espresso dei pareri...

DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Mi riferivo alle proposte sulle modalità di votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Dobbiamo ora procedere alla votazione della mozione Mura ed altri n. 1-00095.
Avverto che, ove venisse approvata la mozione Mura ed altri n. 1-00095, il terzo capoverso del dispositivo della stessa assorbirebbe il quarto capoverso del dispositivo della mozione Lussana ed altri n. 1-00104.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mura ed altri n. 1-00095, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 496
Votanti 493
Astenuti 3
Maggioranza 247
Hanno votato
260
Hanno votato
no 233).

Prendo atto che i deputati Casini e Piro non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sereni ed altri n. 1-00096, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 497
Votanti 493
Astenuti 4
Maggioranza 247
Hanno votato
256
Hanno votato
no 237).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Balducci ed altri n. 1-00098, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 499
Astenuti 3
Maggioranza 250
Hanno votato
260
Hanno votato
no 239).

Passiamo alla mozione Cioffi ed altri n. 1-00102.
Avverto che ne è stata richiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare la parte motiva separatamente dal dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della mozione Cioffi ed altri n. 1-00102, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 36

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 495
Votanti 447
Astenuti 48
Maggioranza 224
Hanno votato
418
Hanno votato
no 29).

Prendo atto che il deputato Vacca non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della mozione Cioffi ed altri n. 1-00102, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 498
Votanti 271
Astenuti 227
Maggioranza 136
Hanno votato
270
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Frias ed altri n. 1-00103, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 503
Votanti 500
Astenuti 3
Maggioranza 251
Hanno votato
258
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla mozione Lussana ed altri n. 1-00104.
Avverto che il quarto capoverso del dispositivo di tale mozione risulta assorbito dal terzo capoverso del dispositivo della mozione Mura ed altri n. 1-00095.
Avverto altresì che è stata richiesta la votazione per parti separate della mozione Lussana ed altri n. 1-00104, nel senso di votare distintamente: la parte motiva della mozione; il primo capoverso del dispositivo; il secondo ed il terzo capoverso, nel testo riformulato, del dispositivo; ed infine il quinto ed il sesto capoverso del dispositivo.
Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104, limitatamente alla parte motiva, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 500
Votanti 496
Astenuti 4
Maggioranza 249
Hanno votato
245
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104, limitatamente al primo capoverso del dispositivo, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).

(Presenti 504
Votanti 499Pag. 37
Astenuti 5
Maggioranza 250
Hanno votato
259
Hanno votato
no 240).

Prendo atto che la deputata Sasso si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104, limitatamente al secondo ed al terzo capoverso, nel testo riformulato, del dispositivo, accettati dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 477
Astenuti 25
Maggioranza 239
Hanno votato
471
Hanno votato
no 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lussana ed altri n. 1-00104, limitatamente al quinto ed al sesto capoverso del dispositivo, non accettati dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 498
Votanti 497
Astenuti 1
Maggioranza 249
Hanno votato
240
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che il deputato Piro non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1236 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Approvato dal Senato) (A.C. 2200) (ore 12,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.
Ricordo che nella seduta del 19 febbraio 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (vedi l'allegato A - A.C. 2200 sezione 1).

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2200)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2200 sezione 2).
Avverto che l'unica proposta emendativa presentata è riferita all'articolo 1 del decreto-legge (vedi l'allegato A - A.C. 2200 sezione 3).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto non strettamente attinente all'oggetto del decreto-legge in esame, l'emendamento Leone 1.1, non previamente presentato in Commissione.
Ricordo, infatti, che il decreto-legge in esame si limita a disporre l'abrogazione del comma 1343 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007, recante disposizioni Pag. 38in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.
L'emendamento presentato, invece, è volto a novellare un diverso comma - il 220 - della medesima legge finanziaria per il 2007, in particolare, estendendo al reato di abuso d'ufficio (di cui all'articolo 323 del codice penale) l'applicabilità della misura di prevenzione della confisca, disciplinata dall'articolo 444 del codice di procedura penale e dalla legge n. 575 del 1965, recante disposizioni contro la mafia.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Voglio riferirmi alla dichiarata inammissibilità del mio emendamento. Se questo provvedimento fosse stato al Senato, l'emendamento da me portato all'attenzione dell'Assemblea sicuramente sarebbe stato ritenuto ammissibile. Qui tornano «a bomba» tutta una serie di considerazioni che vanno fatte sui differenti criteri di ammissibilità degli emendamenti tra il Senato e la Camera.
Tuttavia, quello che voglio principalmente porre alla sua attenzione, Presidente, al fine di un ripensamento della dichiarata inammissibilità dell'emendamento, è legato non solo e soltanto al fatto che l'emendamento da me proposto si riferisce ad un altro comma della legge finanziaria. La ratio politica del decreto che si sta discutendo è esattamente la stessa della ratio politica dell'emendamento da me presentato. Che cosa è accaduto con il cosiddetto emendamento Fuda al comma 1343 della legge finanziaria? C'è stato un errore - chiamiamolo così - da parte del Governo nel momento in cui è stato inserito nella legge finanziaria la riduzione dei tempi di prescrizione per i reati contabili dei pubblici amministratori. È insorta l'Unione e tutta una serie di frange al suo interno, cosicché è stato presentato in fretta e furia un decreto, il 27 di dicembre scorso, al fine di cassare quella norma.
Che cosa è accaduto con l'argomento che io ho voluto sottoporre con il mio emendamento a questa Assemblea? Alla Camera è accaduto che era stato proposto un emendamento - peraltro pure approvato - che riguardava i poteri di confisca dello Stato di tutta una serie di beni legati a diversi reati, tra cui l'abuso di ufficio. Stranamente, e forse anche qui per quell'ignota mano che aveva inserito il cosiddetto emendamento Fuda relativo all'accorciamento dei termini di prescrizione dei reati contabili, è accaduto che è stata inserita una nuova formulazione di quell'emendamento - nel momento in cui è stato sottoposto il maxiemendamento - che lasciava intatto tutto l'iter previsto con riferimento alle confische di tutti i reati previsti in quel comma 1343 dei fatta eccezione per i reati legati all'abuso d'ufficio, quindi ai pubblici amministratori.
Questa disparità di trattamento, questa idea falsa della giustizia che procede a gettone a seconda del momento e di chi la propone e, ancora, a seconda delle insorgenze, molte volte non legate ai fatti, da parte di alcuni componenti dell'Unione ha fatto sì che ci troviamo oggi con una norma già efficace con la legge finanziaria e che prevede tutta una serie di confische di beni meno quelli sequestrati e confiscati in relazione a reati di abuso d'ufficio.
Eppure, ci ritroviamo con una valutazione della Presidenza che parla di inammissibilità per estraneità di materia! La materia è esattamente la stessa. Noi vogliamo una volta per tutte che la Presidenza prenda atto che non si può legiferare al Senato in un modo e alla Camera in un altro. Vogliamo che la Presidenza di questa Camera faccia valere le proprie prerogative anche nei confronti dell'altro ramo del Parlamento e che si riveda il giudizio di ammissibilità su questo emendamento.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Intende intervenire sullo stesso argomento...? Ne ha facoltà.

Pag. 39

MANLIO CONTENTO. Sì, signor Presidente. Vorrei intervenire sulla sua dichiarazione di inammissibilità in merito all'emendamento 1.1. Non discuto che il criterio utilizzato in questo caso sia coerente con i princìpi e le regole che disciplinano la materia. Tuttavia, la questione sollevata dal collega Leone merita attenzione perché abbiamo ancora di fronte agli occhi, allorché affrontammo la questione dell'emendabilità di un decreto-legge, il ricordo di quando cercammo in quest'aula, a cominciare dal presidente della I Commissione (affari costituzionali), di venire incontro alle esigenze dei parlamentari, denunciando la prassi seguita al Senato a proposito degli emendamenti.
Ribadisco la correttezza della decisione sull'ammissibilità; tuttavia, ricordo che nelle prossime ore esamineremo un provvedimento rimandato dal Senato (mi riferisco al decreto-legge cosiddetto «proroga termini») nei confronti del quale potremmo verificare in maniera plastica quanto accaduto. Alla Camera sono stati dichiarati inammissibili decine e decine di emendamenti, mentre al Senato sono stati inserite (il termine va di moda) « lenzuolate» di proposte emendative approvate da quel ramo del Parlamento.
Signor Presidente, non credo che si possa sollevare il problema in quest'aula e poi non porsi in maniera non necessariamente dura, ma almeno coerente con tali premesse, nei confronti dei provvedimenti che ritornano dal Senato. Non può essere presa in considerazione una nostra presa di posizione volta ad impedire al Senato ed ai senatori di fare quanto il loro regolamento e la sua interpretazione consentono. Tuttavia, questa Camera dovrebbe quantomeno (ed è questo il motivo del mio intervento) cominciare a porsi il problema in relazione alle parti dei provvedimenti che giungono emendate in contrasto con i nostri princìpi. Credo che occorra cominciare a discutere se non sia il caso di presentare emendamenti soppressivi di quelle parti, per far comprendere che questo ramo del Parlamento non ha posto invano e per caso la questione dell'emendabilità dei provvedimenti trasmessi dal Senato, ma lo ha fatto (e ricordo la dotta discussione cui abbiamo preso parte) per difendere le proprie prerogative.
Signor Presidente, rimetto a lei la valutazione, ben sapendo che ancora un volta durante l'esame di un altro decreto-legge (mi riferisco all'altra cosiddetta «lenzuolata» sulle liberalizzazioni, conosciuta anche come provvedimento Bersani, ora all'esame della X Commissione attività produttive) quei criteri, che a mio giudizio la Presidenza ha fatto valere, non sono stati rispettati, per esempio nel caso degli emendamenti presentati dal relatore. In particolare, mi riferisco alla tassa sulle ricariche telefoniche, estesa, contro la norma dell'articolo, alle carte relative alla televisione digitale a e a quelle prepagate per i collegamenti su Internet.
Non vi possono essere due misure con cui si giudica l'ammissibilità, di cui una restrittiva, quando gli emendamenti sono magari presentati dall'opposizione, ed un'altra più largheggiante e grazie alla quale il contenuto della norma può essere modificato per il tramite di alcuni emendamenti. Queste sono le ragioni per cui è anche il gruppo di Alleanza Nazionale, pur rendendosi conto della correttezza della decisione, invita la Presidenza a far sì che questo tipo di aggiustamenti, che purtroppo avvengono troppo spesso, non vadano quantomeno a detrimento dell'opposizione e della sua battaglia condotta in quest'aula e nelle Commissioni parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ovviamente stiamo intervenendo sull'ordine dei lavori, riferendoci al giudizio di inammissibilità che lei, a nome della Presidenza della Camera, ha espresso. Il collega Leone ha obiettato in proposito, come peraltro è legittimo, visto che è stato fatto altre volte in quest'aula; tuttavia, in seguito egli è in realtà intervenuto sul merito dell'emendamento. Pag. 40Su questo merito non intendo intervenire, dichiarando semplicemente che, se questa norma fosse inserita non in un decreto-legge, bensì in un disegno di legge ordinario, non avrei alcuna difficoltà a votare in senso ad essa favorevole.
Però, vorrei osservare che, in questo caso, ci troviamo in un ambito diverso. Ritengo indiscutibile - ed il collega Contento, con molta lealtà politica, gliene ha dato atto - la declaratoria di inammissibilità che la Presidenza della Camera ha pronunciato, perché siamo di fronte ad un decreto-legge (il quale, come recita la Costituzione, viene adottato in casi straordinari di necessità ed urgenza) finalizzato ad entrare in vigore prima del 1o gennaio 2007. Ciò al fine di abrogare un comma dell'articolo unico della legge finanziaria che aveva suscitato, giustamente, fortissime reazioni critiche in moltissimi settori politici, nonché nell'opinione pubblica.
Al contrario, l'emendamento Leone 1.1. - vorrei ribadire che, per quanto mi riguarda, lo ritengo condivisibile nel merito - è una proposta emendativa che non possiede nessuna esigenza di straordinarietà ed urgenza, oltre, ovviamente, a non avere alcuna attinenza con il merito specifico del decreto-legge in esame.
Per quanto riguarda il rapporto con il Senato della Repubblica, ricordo che abbiamo discusso più volte, anche nella seduta di ieri, tale materia. Non intendo tornare ad affrontarla in questa sede; tuttavia vorrei rappresentare che condividiamo e condivido le considerazioni espresse circa la disparità manifestatasi, in questa vicenda, tra i due rami del Parlamento.
Siccome ho letto con attenzione il solito, pregevole dossier del Servizio studi, che ci ha informato anche circa l'andamento dei lavori preso quel ramo del Parlamento, vorrei rassicurare il collega Leone che, in questo caso, la Presidenza del Senato ha dichiarato inammissibili o improponibili tutte le proposte emendative, presentate sia dall'opposizione sia dalla maggioranza (segnalo, tra l'altro, che numerose di queste recano la prima firma del senatore Salvi), che non avevano un'attinenza diretta con il presente provvedimento d'urgenza.
Rilevo, inoltre, che numerosi altri emendamenti presentati dall'opposizione (riguardanti, specificamente, la materia dei giudizi di fronte alla Corte dei conti) sono stati dichiarati ammissibili, sono stati votati e sono stati respinti dall'Assemblea del Senato della Repubblica: pertanto, il testo è giunto al nostro esame nella sua formulazione originaria. Tuttavia, molte proposte emendative - che per brevità non leggerò, perché devo concludere (ma sono rinvenibili nel citato dossier predisposto dal Servizio studi della Camera) - sono state dichiarate inammissibili o improponibili. Voglio quindi ribadire, rivolgendomi al collega Leone, che si tratta di emendamenti presentati sia dall'opposizione, sia dalla maggioranza di centrosinistra.
Pertanto, mi sembra che la questione dei rapporti tra Camera e Senato, già affrontata più volte, resti ancora aperta. Rammento anche che ho già sostenuto che il merito dell'emendamento Leone 1.1 sarebbe del tutto condivisibile; tuttavia, ritengo indiscutibile la pronuncia della Presidenza della Camera dei deputati sull'inammissibilità delle proposte emendative riferite al provvedimento in esame. In questo caso, inoltre, tale decisione trova numerosi precedenti delle pronunce della Presidenza del Senato della Repubblica sugli emendamenti presentati allo stesso decreto-legge.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, con riguardo alle obiezioni sollevate dall'onorevole Leone (riprese anche dall'onorevole Contento) in ordine alla decisione di dichiarare inammissibile l'emendamento da lui presentato, la Presidenza - come più volte è stato rilevato (da ultimo nella seduta del 31 gennaio 2007) - ricorda che l'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento, al fine di garantire il rispetto dei criteri stabiliti dalla legislazione vigente in ordine alla specificità e alla omogeneità delle disposizioni recate dai decreti-legge e ai limiti del loro contenuto, prevede per la valutazione dell'ammissibilità degli emendamenti Pag. 41criteri più rigorosi rispetto a quelli fissati nell'ambito del procedimento legislativo ordinario, stabilendo in particolare che devono essere dichiarati inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano «strettamente attinenti» alla materia del decreto-legge.
Come specificato dalla circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997, la stretta attinenza al contenuto del decreto-legge «deve essere valutata con riferimento ai singoli oggetti ed alla specifica problematica affrontata dall'intervento normativo».
L'emendamento Leone 1.1 risulta privo del requisito della stretta attinenza, così come definito, benché possa ritenersi - nelle argomentazioni del presentatore - la sussistenza di una qualche connessione finalistica all'intervento del decreto-legge cui è riferito.
Al riguardo, tuttavia, la Presidenza non può che ribadire la propria decisione, atteso che - in base ad una prassi consolidata nella XII, XIII e XIV legislatura - il criterio finalistico, ad integrazione di quello materiale, è applicato in via eccezionale con riferimento ai decreti-legge in materia di proroga di termini e ai provvedimenti collegati alla manovra finanziaria in ragione del loro specifico carattere.
Fermo dunque restando il giudizio sull'ammissibilità, rappresenterò comunque al Presidente della Camera le osservazioni formulate dai colleghi intervenuti, in particolare dagli onorevoli Leone e Contento.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2200)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 2200 sezione 4).
Avverto che sono in distribuzione le nuove formulazioni degli ordini del giorno Marinello n. 9/2200/23 e Costa n. 9/2200/24.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno Bertolini n. 9/2200/1, il Governo non accetta la parte motiva, perché contiene critiche al Governo, ma accetta quella dispositiva, purché la parola «più» prima di «rigorosa» sia sostituita dalla seguente: «sempre».
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Leone n. 9/2200/2, il Governo non accetta la premessa per i motivi precedentemente spiegati, ma accetta la parte dispositiva, purché si sostituisca la parola «più» con la seguente: «sempre».
Dell'ordine del giorno Armosino n. 9/2200/3 il Governo non condivide la premessa, ma accetta il dispositivo.
Con riferimento all'ordine del giorno Luciano Rossi n. 9/2200/4, il Governo non accetta la premessa, sempre per gli stessi motivi, ma condivide il dispositivo, purché si sostituisca la parola «più» con la seguente: «costantemente».
L'ordine del giorno Galli n. 9/2200/5 mi sembra superato da quanto è stato detto con riferimento ai precedenti ordini del giorno. Ad ogni modo, il Governo non accetta la premessa, ma accetta il dispositivo.
Anche l'ordine del giorno Mistrello n. 9/2200/6 è superato; tuttavia, il Governo non accetta la premessa, ma solo il dispositivo, purché la parola «più» sia sostituita dalla seguente: «sempre»...

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, sono costretta ad interromperla, perché vi è stato un errore da parte della Presidenza. Prima della fase dell'espressione del parere da parte del Governo, erano previsti interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno. Si tratta di un errore della Presidenza e le chiedo scusa per questo.

LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Prego.

PRESIDENTE. Continueremo successivamente con l'espressione dei pareri del Governo sugli ordini del giorno.Pag. 42
L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/2.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, poiché vi è stato questo errore procedurale, in maniera interlocutoria posso chiedere al sottosegretario Scotti chiarimenti sulla richiesta di riformulazione del mio ordine del giorno?

PRESIDENTE. Onorevole Leone, lo potrà fare nella fase successiva.

ANTONIO LEONE. Va bene, Presidente.
L'ordine del giorno è in linea anche con l'emendamento, che avevamo presentato e che è stato dichiarato inammissibile.
Nell'operato di Governo, carente per quanto riguarda il 99 per cento ed oltre dei provvedimenti che sono stati proposti, fino ad ora è stato dimostrato che non ve ne è neanche un'azione incisiva per fare in modo che l'impiego del denaro pubblico a livello centrale (mi riferisco ai vari ministeri) sia rigorosamente oculato, al fine di evitare tutta una serie di discrepanze, di «favoritismi» e di normative, legate a ciò che è accaduto nel cosiddetto decreto «mille proroghe».
A nessuno sfuggirà, quando passeremo all'esame di quel provvedimento (tutto ciò è in linea con quanto stiamo osservando attraverso il nostro ordine del giorno) che al Senato (cosa che non può accadere alla Camera) nel decreto mille proroghe sono state inserite diverse norme e «normine» legate alle richieste cosiddette minimali per accontentare Tizio, Caio o Sempronio: è una sorta di «marchettificio», che emerge non dalla solita legge finanziaria, ma da un provvedimento finalizzato solo a prorogare alcuni termini che interessano tutta la nostra produzione normativa. Così non è stato e di ciò dovremmo occuparci da qui a poco.
Tuttavia, quell'argomentazione è attinente a ciò che stiamo cercando di esprimere attraverso i nostri ordini del giorno, per far sì che il Governo punti l'attenzione definitivamente ed in maniera seria su un argomento che può essere un perno dell'azione di Governo.
Onorevoli colleghi, il fatto è che all'interno del disegno di legge finanziaria è stato, surrettiziamente, maldestramente o inopinatamente, inserito un emendamento che mirava ad accorciare i termini di prescrizione per i reati contabili, quando si è sempre parlato, dall'altra parte, di legislazione del Governo precedente, di leggi ad personam; poi è stata individuata stranamente, una serie di situazioni, quali ad esempio quelle riguardanti il comune di Roma, che avrebbe usufruito della norma relativa al mancato pagamento, a seguito di una condanna da parte della Corte dei conti, di ben 32 milioni di euro. Questo esempio, unito ad un'altra serie, dimostra che forse non si è trattato, poi, di ciò a cui la maggioranza si è appigliata, vale a dire di un errore tecnico a livello di informatica, nell'inserimento nel testo di un emendamento che, guarda caso, non è nemmeno uguale all'emendamento inizialmente proposto dal senatore Fuda. Infatti, se così fosse stato, l'errore avrebbe potuto anche comprendersi, nel senso che non si era fatto in tempo a «pulirlo», ad estrapolarlo; quell'emendamento era stato preso ed era stato pari pari, trasposto nel maxiemendamento al disegno di legge finanziaria. È invece accaduto che nella finanziaria, sempre a causa di quell'errore tecnico, si è inserito un emendamento diverso rispetto a quello inizialmente presentato. Ciò vuol dire che vi è stata una mano che ha riformulato tale emendamento e la stessa mano lo ha preso e lo ha inserito nel provvedimento. Successivamente, sapremo quale fine faranno le indagini avviate in merito dal ministro Di Pietro: sino ad oggi, non ne abbiamo ancora conosciuto l'esito.
Ritornando al merito del mio ordine del giorno, esso invita il Governo ad adoperarsi, in sede sia legislativa, sia regolamentare, al fine di rendere più stringenti le regole dell'azione amministrativa, affinché essa sia sempre più corretta, più trasparente e non legata alle furbizie, ai sotterfugi per accontentare gli «amici degli amici». Questa è l'azione di un Governo serio! Ma forse tale non è questo Governo, che vuole perseguire un'azione intesa a Pag. 43«moralizzare» i dispendi delle amministrazioni centrali ed è proprio ciò che noi chiediamo, con questo ordine del giorno.

GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intenderei aggiungere la mia firma ai 28 - se non erro - ordini del giorno presentati dai colleghi di Forza Italia, perché, comunque, lo spirito di tali ordini del giorno è condivisibile. Capisco che il sottosegretario possa non condividere le critiche o gli appunti di natura politica in essi contenuti, ma la filosofia di fondo dei medesimi deve sicuramente essere perseguita, in un paese che voglia gestire al meglio le finanze pubbliche e rispettare i soldi - detto in parole povere - dei cittadini, quindi le tasse che vengono pagate...

PRESIDENTE. Onorevole Stucchi, le chiedo scusa: lei può aggiungere la sua firma ad un ordine del giorno ma, non essendo presentatore di un ordine del giorno, non può svolgere un intervento sul merito.

GIACOMO STUCCHI. Va bene, signor Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio.
L'onorevole Gianfranco Conte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/25.

ROBERTO GIACHETTI. Oooh! Adesso sì...!

GIANFRANCO CONTE. La ringrazio per la stima, onorevole Giachetti. Allo stesso modo devo ringraziare, signor Presidente, l'onorevole Boato, che nella sua gentile esposizione ci ha dato il proprio assenso all'approvazione di questa norma, che è stata purtroppo dichiarata inammissibile! Quest'ordine del giorno torna sulla questione. Come aveva già spiegato il collega Leone, al Senato sono stati introdotti alcuni errori, a cui il Governo sta cercando di rimediare: mi riferisco alle questioni del «tetto» massimo degli stipendi per i dirigenti dello Stato, del CIP 6, del comma 1343 della legge finanziaria.
Avremmo preferito che la maggioranza si fosse accorta di questo, chiamiamolo così, «errore» compiuto al Senato. Non è comprensibile perché oggi l'onorevole Boato ci dica che l'obiettivo dell'emendamento dichiarato inammissibile è sicuramente accettabile e ci suggerisca - non capisco, poi, perché lo suggerisca a noi: dovrebbe, forse, suggerirlo alla sua maggioranza ed al Governo - di apportare una correzione assolutamente necessaria.
Anche a questo proposito torna ad emergere la differenza tra quanto avviene in questo ramo del Parlamento e quanto accade presso il Senato. La Commissione affari costituzionali aveva evidentemente ben compreso il contenuto dell'articolo 1, comma 220, tant'è che nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria in quest'Assemblea era stata adottata una determinazione per ricomprendere l'abuso di ufficio, previsto dall'articolo 323 del codice penale, tra i reati suscettibili di dare corso a sequestro e confisca dei beni.
Il Senato non soltanto ha introdotto il comma 1343 sulla prescrizione dei termini, ma ha anche apportato una piccola modifica. Queste piccole modifiche, che sono state apportate con il maxiemendamento approvato al Senato, sono tante, alcune anche divertenti. Cito, tra le altre, quella tendente a garantire l'accessibilità alle fonti idriche, che ha comportato l'imposizione di una tassa sulle bottiglie per l'acqua minerale in plastica; cito anche un'altra norma molto singolare, quella in base alla quale sono tassati nella misura del 2 per cento i tornei di carte organizzati nei circoli privati. Queste sono alcune delle esemplificazioni che si possono fare. Allo stesso modo, il Senato è intervenuto, con il provvedimento cosiddetto «mille proroghe» per modificare alcune norme della legge finanziaria, tra le quali quelle relative ai comuni ai quali, pur essendo fuori Pag. 44dal patto di stabilità, viene attribuita la possibilità di procedere a nuove assunzioni.
Per concludere questo intervento, signor Presidente, mi rivolgo al gruppo di Italia dei Valori e all'onorevole Boato per affermare che sarebbe auspicabile - questo è il senso del mio ordine del giorno - un intervento del Governo per ripristinare l'inserimento dell'articolo 323 del codice penale tra le norme che possono dar luogo al sequestro e alla confisca dei beni. Credo che il signor sottosegretario potrà accettare questo ordine del giorno, che impegnerebbe il Governo e la maggioranza e, soprattutto, coloro i quali si sono sempre dimostrati sensibili a garantire la correttezza dei comportamenti della pubblica amministrazione: ad essi mi rivolgo perché diano un parere positivo all'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo in merito all'ordinato andamento dei lavori dell'Assemblea. Ovviamente, noi siamo in questa sede per proseguire i lavori secondo necessità. Tuttavia, ci stiamo avvicinando alle ore 13 ed è opportuno che i colleghi sappiano che, per la situazione che si è determinata, al momento non si procederà a votazioni. Pregherei la Presidenza di comunicare, orientativamente, l'orario della ripresa delle votazioni, per organizzare meglio i lavori dell'Assemblea.
Inoltre, dovremmo abituarci a una sempre maggiore puntualità quanto all'orario di sospensione delle sedute, perché non si può stare qui fino alle 13 o alle 13,30 o alle 14. Non è questo il modo con il quale possiamo andare avanti. La sospensione della seduta e la sua ripresa devono rispettare orari certi, che possono essere superati di cinque o dieci minuti, ma non possiamo essere «prigionieri politici» in questa Assemblea! Non possiamo essere liberi o meno a seconda di come soffia il vento!
Signor Presidente, le chiedo di comunicarci l'orario in cui presumibilmente si procederà alle votazioni oppure la invito a sospendere la seduta, perché alle 13 o, al massimo, alle 13,30, deve essere sospesa. Ci sarà, poi, la ripresa pomeridiana, ma non può esserci continuità nell'incertezza.
In ogni caso, ritengo che non possano costituire precedente sedute che vanno avanti «a prescindere», senza un orario di sospensione stabilito.
Dobbiamo avere la certezza dei tempi, affinché i deputati possano svolgere correttamente il loro dovere.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, le ricordo che il regolamento della Camera non prevede alcun vincolo orario di sospensione delle sedute, in particolar modo per la pausa del pranzo.
Al momento vi sono ancora venti deputati iscritti a parlare per l'illustrazione degli ordini del giorno. Lei sa che ciascuno ha a disposizione cinque minuti. Venti iscritti sono il totale che risulta in questo momento, ma potrebbero iscriversene altri. In questo modo arriveremmo intorno alle 14,30. Credo che potremmo prevedere, comunque, una sospensione per le ore 14 per consentire ai colleghi di pranzare e tornare in aula alle ore 15.
Tuttavia, le ricordo - e lo sottolineo - che non vi è alcun obbligo regolamentare in tal senso e non vi sono precedenti in ordine alla sospensione dei lavori per la pausa del pranzo.
L'onorevole Boscetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/13.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno intendiamo impegnare il Governo a valutare l'opportunità di varare norme dirette a rendere molto più celeri i procedimenti innanzi alla Corte dei conti.
Certamente, la discussione in relazione alla reiezione del cosiddetto «emendamento Fuda», ci fa pensare a un miglioramento Pag. 45della normativa in materia di giudizi davanti alla Corte dei conti, pur nella vigenza di una buona legge, la legge n. 20 del 1994.
Le esigenze di cui sto parlando sono già state evidenziate dall'ottima relatrice, l'onorevole Dato, che ha testualmente affermato, durante la sua relazione: «L'inopportuno emendamento pone però all'attenzione di tutti noi una questione di sicura importanza, su cui tutti insieme dovremmo riflettere in modo proficuo. La materia della responsabilità amministrativa è stata riordinata dalla legge n. 20 del 1994, in una stagione di grandi riforme delle autonomie locali e sono state proprio le autonomie locali a richiedere che su una classe di amministratori non gravasse questa "spada di Damocle", con giudizi decennali, interminabili, che proseguivano anche dopo molti anni che l'amministratore non ricopriva più alcun incarico e che, addirittura, rischiavano di ricadere nella responsabilità degli eredi. Con la legge del 1994 venne ridata una sistemazione a tutta questa materia, ma non vi è dubbio che i tempi del giudizio sono troppo lunghi ancora oggi e che sulla materia sarà doveroso e necessario intervenire. Tuttavia, non si ritiene opportuno che lo si faccia all'interno di una legge finanziaria e, secondo un giudizio generalizzato, non è assolutamente opportuno farlo agendo sui tempi di prescrizione».
Concordo al cento per cento con le parole dell'ottima relatrice, che, ancora una volta, ci ha dato il segno della propria abilità e della propria capacità di leggere le norme anche quando sono di così piccola portata, sul piano della stesura, ma di così grande portata sul piano dei principi.
Noi riteniamo che, quando nel 1994 si è posta in essere la legge n. 20, si siano affermati principi nuovi ed importanti. Si è limitata la responsabilità dei pubblici amministratori soltanto al dolo e alla colpa grave. Ciò ha fatto sì che si affermasse che si andava contro l'articolo 97 della Costituzione, perché anche gli altri tipi di colpa dovevano in qualche modo essere posti a carico del pubblico dipendente.
L'obiezione è stata che, ponendo a carico del dipendente soltanto i fatti commessi con dolo o colpa grave, noi sveltiamo l'azione amministrativa; facciamo sì che questi pubblici dipendenti si preoccupino soltanto di lavorare bene, senza starsi a preoccupare degli atti commessi con colpa lieve, che altrimenti avrebbero finito per bloccare o ritardare l'azione amministrativa.
La Corte costituzionale, investita da diversi giudici e dalla Corte dei conti, ha ritenuto questa normativa, che promuove una così buona logica amministrativa per i dipendenti, conforme al dettato costituzionale (articolo 97 della Costituzione). La stessa cosa dicasi per la responsabilità che gravava sui poveri eredi - magari dopo decenni di procedimento contabile avviato nei confronti di colui che era divenuto il de cuius - che rappresentava qualcosa di borbonico, e che ora viene meno.
Cosa rimane oggi di negativo? Soltanto i tempi lunghi - troppo lunghi - del giudizio contabile. A tale proposito, è necessario intervenire in materia di prove, limitando il campo di intervento della Corte dei conti nell'ambito della verifica delle situazioni di danno in modo tale che, una volta verificate tali situazioni, si possa, in tempi brevi, giungere alla definizione delle responsabilità.
Il nostro deve quindi essere un intervento volto a migliorare in questa direzione la legge n. 20 del 1994. Chiediamo, pertanto, che il Governo accetti il mio ordine del giorno n. 9/2200/13.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'ordine del giorno Grimaldi n. 9/2200/28, di cui condivido la premessa ed il dispositivo.

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PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Benedetti Valentini.
L'onorevole Ravetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/8.

LAURA RAVETTO. Signor Presidente, questo ordine del giorno è volto ad impegnare il Governo a rivedere il funzionamento della giustizia contabile.
Il provvedimento al nostro esame prevede, tra l'altro, un intervento normativo per la eliminazione del comma 1343, dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, di cui, di fatto, è stata disconosciuta, da parte dello stesso Governo, la paternità.
Tale comma prevedeva non un'abbreviazione ma un'anticipazione della data di decorrenza dei termini di prescrizione. In altre parole, il comma in questione prevedeva che la decorrenza quinquennale del termine di prescrizione fosse calcolata non dal momento di accertamento dell'illecito, ma da quello di commissione dell'illecito. Indipendentemente da un giudizio di natura puramente giuridica sulle modalità - è noto, infatti, che il principio giuridico generale, che informa la verifica della commissione del reato, in ordine ai termini prescrizione, non è certamente quello della commissione dell'illecito ma quello della verifica dello stesso, ciò al fine di dar modo al giudice competente di avviare un procedimento istruttorio che non penalizzi l'arrivo a sentenza -, e indipendentemente dal merito ed anche dal giudizio logico su un comma di questo tipo, la cui applicazione avrebbe provocato un danno erariale immenso, quello che vogliamo porre in rilievo è che la disposizione contenuta in quel comma ha suscitato, di fatto, anche una sollevazione generale dei giudici contabili.
In particolare, ha suscitato le rimostranze del presidente della Corte dei conti, il quale ha fatto presente che l'applicazione avrebbe portato, di fatto, ad annullare una serie innumerevole di processi in corso, quindi, avrebbe portato all'impossibilità di addivenire a sentenza per una serie imprecisata ma molto vasta di reati di natura contabile.
Ciò - riteniamo - dovrebbe fare riflettere quest'istituzione, non soltanto sulle modalità di legiferazione proprie (ci si chiede, infatti, come sia possibile l'inserimento di un comma che tutti disconoscono all'interno di una legge finanziaria con la successiva necessità di arrivare ad un decreto per l'eliminazione dello stesso laddove, probabilmente, vi erano pure i termini di revisione già in sede di discussione della finanziaria stessa) ma anche sull'efficacia della nostra giustizia contabile.
Probabilmente, vi è un problema di procedimento (come già affermato dal collega poc'anzi, per cui dovremmo pensare ad una riforma del processo di per sé, posto che proprio la fase istruttoria appare tale da non consentire al giudice contabile di disporre di tempi adeguati per gli accertamenti) ed organizzativo. Bisogna verificare l'efficacia dei costi che sosteniamo tutti come contribuenti per l'esercizio dell'attività da parte della Corte dei conti.
Riteniamo che la serietà di un paese si valuti, senza dubbio, dall'efficacia delle proprie istituzioni giudiziarie e che la tutela del cittadino e della democrazia siano collegate ad un procedimento giudiziario che deve essere non soltanto equo e giusto ma anche certo.
Se, di fatto, è sufficiente un comma di una legge per togliere certezza al nostro diritto contabile ed eliminare la possibilità dei giudici di operare, questo è un problema democratico.
Pertanto, impegniamo il Governo a valutare la possibilità di un'azione complessiva di riforma sul giudizio contabile, a verificare l'effettivo impiego delle risorse attualmente a disposizione dei giudici contabili in modo da rendere i tempi di giustizia se non proprio celeri, perlomeno minimamente adeguati all'immagine di un paese moderno.
Per questo sosteniamo quest'ordine del giorno.

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

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LUCIO BARANI. Semplicemente per chiedere di poter sottoscrivere questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene.
L'onorevole Santelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/12.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, mi auguro che il Governo accolga quest'ordine del giorno con cui si pone un problema più generale, relativamente alla magistratura amministrativa e, in particolare, alla Corte dei conti, cioè, la celerità e l'efficienza della magistratura contabile.
Sappiamo che questo tipo di magistratura, soprattutto quella della Corte dei conti, potrebbe costituire realmente un argine rispetto all'intervento successivo della magistratura penale. Tutto ciò, se fosse efficiente, se fosse realmente utile al sistema, se fosse in grado, in termini di urgenza, di dare quelle risposte immediate che la pubblica amministrazione dovrebbe avere.
Sarà, però, per un difetto di organizzazione, sarà probabilmente - come evidenzia la scelta privilegiata dall'ordine del giorno in questione - un problema anche di tipo legislativo, ma comunque sta di fatto che tutta la magistratura amministrativa e anche quella contabile, in realtà, oggi non sono in grado di svolgere appieno quella funzione di monito, di richiesta e di controllo.
C'è un problema, ovviamente, a livello nazionale e governativo ma, onorevole sottosegretario, lei sa bene che il problema è ancora più serio con riguardo alle amministrazioni locali e soprattutto alle regioni, dove oggi si concentra in maniera maggiore la questione della spesa pubblica.
Un controllo reale della Corte dei conti che possa servire - lo ribadisco - da barriera: teniamo conto che sono venute a mancare anche una ulteriore serie di misure predisposte dalla legge precedente per il controllo della spesa locale, soprattutto per quella di comuni e province. Non abbiamo che controlli amministrativi, che potevano comunque costituire anche un filtro preventivo rispetto all'evolversi di situazioni che, in termini di spesa pubblica, non sono certo congeniali al sistema.
Tolto quel tipo di controllo - parlo in modo specifico dei poteri che erano attribuiti al CoReCo, come lei sa - e non avendo predisposto dei poteri sostitutivi nei confronti del commissario del Governo, quindi non avendo le prefetture la capacità di intervenire nell'immediato, ci troviamo politicamente e sostanzialmente in una sorta di situazione già definita con comuni o enti locali in dissesto, senza avere gli strumenti preventivi per l'intervento.
È chiaro che in termini di politica in questo caso il Governo dovrà scegliere quale degli organismi pubblici e quale tipo di magistratura utilizzare al fine di evitare ciò che si è detto; chiaramente, in questa funzione, il ruolo della magistratura contabile potrà essere da ridefinire e da ridisegnare. Mi auguro che il Governo possa accogliere l'ordine del giorno in questione e presentare al Parlamento - vista la delicatezza della materia una iniziativa legislativa da parte del Governo sarebbe necessaria - una proposta che possa rivedere interamente la questione.
Signor sottosegretario, nel corso dell'errore procedurale precedente, lei aveva avanzato alcune proposte di riformulazione degli emendamenti ed in esse era evidente l'impostazione del Governo, quella di migliorare tutto ciò che già esiste e che va bene: il problema è che tutto ciò che già c'è non va bene, perché altrimenti le situazioni esistenti nel Paese sarebbero ben diverse, così come la fiducia rispetto a taluni accertamenti.
Ciò che accade generalmente non è così; soprattutto - lo ribadisco - per quanto riguarda le procure regionali della Corte dei conti, lei sa che la situazione non è assolutamente così tranquilla. In particolar modo, l'innestarsi in forma binaria del procedimento contabile e contemporaneamente dei passaggi degli atti alla magistratura ordinaria costituisce una sovrapposizione di situazioni, spesso non utile, non relativamente alla difesa del cittadino indagato o del pubblico amministratore Pag. 48indagato; molto spesso il sistema non risulta efficiente soprattutto per quanto riguarda gli interessi della pubblica amministrazione da tutelare.
Si tratta di un tema importante su cui ritengo che potremo confrontarci in maniera seria e costruttiva.

PRESIDENTE. L'onorevole Giudice ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/2200/9.

GASPARE GIUDICE. Presidente, come tutti i colleghi ricorderanno, l'inserimento del comma 1343 durante la discussione della recente legge finanziaria ha provocato certamente sconcerto e giustificate reazioni negative, anche se dobbiamo dare atto al Governo e alla relatrice di avere immediatamente posto un rimedio a quella svista. Non vi è dubbio, però, che quel fatto deve indurre il Parlamento e tutti noi a due riflessioni, una di tipo politico e l'altra di tipo tecnico.
Quando il Parlamento è chiamato a legiferare in una maniera del tutto disordinata e approssimativa, è facile che accadano incidenti di questo genere; quando si licenzia una legge finanziaria, che dovrebbe semplicemente porre i limiti macroeconomici entro i quali durante l'anno si dovrà legiferare, mentre diventa un provvedimento enorme (1460 commi!) in cui vengono inserite moltissime materie che con la legge finanziaria non hanno nulla a che vedere, è inevitabile che accadano incidenti come questi. Ed è così che ci ritroviamo con un Parlamento che viene inseguito nel dover intervenire e correggere, come già è accaduto molte volte con altri decreti e altri emendamenti sulla recente legge finanziaria. Ne è assoluta testimonianza il provvedimento che ci vedrà impegnati subito dopo l'approvazione del testo in esame, e cioè il cosiddetto «mille proroghe», che è diventato una finanziaria 2.
Si interviene sul patto di stabilità; si interviene erogando nuove risorse ai comuni; si interviene con fatti microsettoriali. Io credo che simili incidenti non nascano per caso: questi incidenti, ad uno dei quali il Governo ha posto rimedio, nascono a causa di un modo di legiferare assolutamente disorganico e disordinato, che necessita di una riflessione da parte di tutto il Parlamento affinché si riconquisti la capacità di legiferare in maniera corretta ed ordinata.
Oltre che un problema di tipo politico, se ne pone anche uno di tipo tecnico. Diciamo pure che la Corte dei conti esercita le sue funzioni con estrema lentezza, con ritardo e, quindi, non con adeguata efficienza. È per questo che si verificano fatti come quelli previsti dall'articolo e dal comma che abbiamo «aggiustato».
Signor sottosegretario, credo che lei vorrà dare atto dell'esistenza di questa problematica e vorrà accettare un ordine del giorno che impegna il Governo a compiere un'attività fondamentale, vale a dire a dare maggiore tempestività e velocità all'azione della Corte dei conti, affinché possa essere più utile una verifica della magistratura contabile non solo sul piano della legittimità, ma anche e soprattutto su quelli dell'efficacia e del controllo della spesa pubblica.
Credo che dalla conversione del decreto-legge in esame dobbiamo trarre una lezione: in futuro, non si legiferi in maniera disordinata perché, continuando così, nel corso di questa legislatura, saremo costretti ad operare svariate correzioni agli «strafalcioni» che inevitabilmente verranno fuori a causa di un tale modo di legiferare!
Spero che il Governo accetti il mio ordine del giorno e si attivi affinché l'azione di verifica e di controllo della Corte dei conti sia più veloce e più efficace.

PRESIDENTE. L'onorevole Fratta Pasini ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Nan n. 9/2200/14, di cui è cofirmatario.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, non è difficile illustrare l'ordine del giorno di cui sono cofirmatario, anche perché esso concerne una materia che è stata già affrontata dai colleghi Pag. 49e che riguarda la vita pubblica del nostro Paese.
Viene in rilievo un problema annoso e mai risolto, che viene ulteriormente aggravato. L'abrogazione dell'articolo 1, comma 1343, relativo alla decorrenza dei termini per l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte della Corte dei conti, da una parte, non risolve i problemi delle lungaggini dei processi e dell'inefficienza dell'azione degli uffici giudiziari e, dall'altra, genera, secondo noi, un aumento dei costi.
Sappiamo tutti che si tratta di un problema enorme: fiumi di inchiostro sono stati utilizzati dai giornali per puntare il dito non soltanto sulle lungaggini del nostro sistema giurisdizionale, anche amministrativo, arrivate ad eccessi intollerabili, ma anche sull'aumento dei costi. Abbiamo appreso che i nostri uffici giudiziari non possono più acquistare nemmeno la carta per le fotocopiatrici; molti di essi denunciano che addirittura non riescono a comprare non soltanto il materiale di cancelleria, ma neppure la carta igienica! E noi andiamo avanti approvando provvedimenti che, oltre a non favorire la riduzione dei tempi dei procedimenti giurisdizionali, accrescono costi e spese!
Signor Presidente, il nostro ordine del giorno ricorda che la magistratura contabile è caratterizzata, come le altre, da tempi lunghi per la definizione dei procedimenti e da un'infinità di procedimenti arretrati ancora pendenti. Dobbiamo porre rimedio ai difetti funzionali che affliggono la magistratura ordinaria, amministrativa e, in questo caso, contabile, perché la giustizia dovrebbe essere più celere, soprattutto a vantaggio dei cittadini!
In cosa vogliamo impegnare il Governo, signor Presidente? Ad adottare finalmente quelle iniziative legislative opportune volte a diminuire i tempi dei processi, con particolare riferimento alla magistratura contabile. Dobbiamo assicurare un'efficienza e un'efficacia all'azione degli uffici giudiziari e dobbiamo diminuirne i costi. Mi auguro che, almeno sotto forma di ordine del giorno, questo invito venga accolto dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Fedele ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/19.

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, con questo ordine del giorno, poniamo vari problemi. Anzitutto, il decreto-legge al nostro esame tende ad abrogare una norma della legge finanziaria, da poco approvata, che aveva introdotto un comma che riduceva i termini per l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte della Corte dei conti.
Voglio brevemente ricordare come quella norma è passata. Conosco personalmente il senatore Fuda: non è certamente uno sprovveduto e non si sarebbe avventurato mai in un'operazione del genere, se, in qualche modo, non vi fosse stata una copertura, copertura che, tra l'altro, c'è stata, perché la previsione normativa è stata inserita, è passata ed è stata modificata. Sicuramente il senatore Fuda, se aveva portato avanti quell'intervento, lo aveva fatto con motivazioni, a suo dire, di certo legittime. Per fortuna, è poi venuto fuori quel «can can» per il quale il Governo è stato costretto a prendere provvedimenti, facendo peraltro qualcosa di inusuale, ovvero presentando un decreto-legge per cercare di bloccare un'operazione che aveva visto la contrarietà dapprima della Corte dei conti e poi dei cittadini italiani che si erano ribellati.
Si tratta certamente di un modo di operare e di legiferare che la dice lunga sulla capacità di governo di questa maggioranza e sulla maniera con la quale si opera su argomenti così delicati durante la finanziaria. Ritengo che anche il decreto-legge al nostro esame sia un modo improprio di operare, in quanto non si dovrebbero usare questi sistemi, ovvero la decretazione d'urgenza, per intervenire su un disegno di legge, quando ancora questo non ha nemmeno dispiegato i suoi effetti.
A mio avviso, le prese di posizione forti che ci sono state da parte delle massime Pag. 50autorità dello Stato, degli esponenti governativi ed anche di moltissimi esponenti della stessa maggioranza hanno costretto il Governo ad emanare questo decreto-legge e a portarlo avanti in maniera sicuramente inusuale.
L'ordine del giorno che ho presentato va proprio in questa direzione. Riteniamo che il metodo di attuare la legislazione con provvedimenti d'urgenza, che non hanno i contenuti tipici richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, non sia consono, normale e che bisognerebbe ridurlo al minimo. Ci rendiamo, però, anche conto che questa variegata maggioranza, purtroppo, non è sempre in condizione di legiferare nel modo giusto e corretto ed è spesso costretta ad agire in questa maniera.
Ci auguriamo, almeno, che il Governo accolga questo ordine del giorno, il quale mira a regolamentare questo modo di legiferare, che sicuramente interessa tutti, sia il centrosinistra, in questo momento, ma, quando sarà - e speriamo presto -, anche il centrodestra, nel momento in cui tornerà al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Campa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/22.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, questo ordine del giorno, che ho presentato insieme ai colleghi Fabbri e Mistrello Destro, anzitutto impegna il Governo ad abrogare non solo il comma 1343 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.
Basterebbero gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto per ribadire, infatti, che non solo questo comma introdotto nella legge finanziaria deve essere abrogato. Ha ragione l'amico Fedele quando dice che sostanzialmente qua nessuno è fesso. Qualcuno ci ha preso in giro, qualcuno cercava di favorire i «furbetti», qualcuno che magari va nelle televisioni e spara sempre contro la Prima Repubblica si è dimenticato o credeva di poter dimenticare i comportamenti di correttezza istituzionale, favorendo chi certamente non ha compiuto il proprio dovere.
Questo comma deve essere certamente abrogato. È nel migliore dei casi un errore, sicuramente è qualcosa di scandaloso e disdicevole.
Vorrei che il signor sottosegretario facesse mente locale e ricordasse al suo Governo che vi sono altri provvedimenti disdicevoli all'interno della legge finanziaria che devono essere abrogati perché penalizzano i cittadini italiani.
Abroghiamo allora questo comma 1343! Siete stati pizzicati, avete gettato la maschera e siete dovuti tornare indietro precipitosamente, ma tornate indietro anche su altre questioni. Oggi si scopre non solo che avete tassato le famiglie con più figli (che per voi hanno la fortuna, o la sfortuna, di pagare più tasse), perché anche chi nel nostro paese ha per sua sfortuna un figlio disabile si accorge che il Governo Prodi lo ha tassato di più, togliendogli il sostegno che aveva prima. Il ministro dell'economia parla di disallineamento da correggere, ma allora se si tratta di qualcosa da correggere che si corregga!
Giustamente, sulla spinta delle pressioni della nostra parte politica, della minoranza in questo consesso, che non è minoranza nel paese, ma sta anzi diventando una maggioranza che ancora è silenziosa ma presto farà sentire la propria voce, state modificando questo comma 1343. Modificate allora questo disallineamento da correggere, perché altrimenti non sarete credibili. Vi sono troppi effetti penalizzanti nei confronti delle famiglie, specie quelle che hanno più problemi. Proprio oggi leggevo sul giornale del caso di un genitore con un figlio disabile di diciotto mesi, con un reddito di 40 mila euro, uno di quegli italiani ricchissimi che dobbiamo assolutamente combattere e defraudare dei loro risparmi e dei loro redditi, con il viceministro che accusa i comuni di aver aumentato le tasse, dimenticandosi che l'origine di tutto questo sta proprio nella sua legge finanziaria. Tornando al caso in questione, questo genitore, in base alla legge finanziaria, che doveva aumentare gli assegni familiari, ottiene un assegno di circa 46 euro. Se il suo figliolo fosse stato normalmente abile Pag. 51avrebbe ricevuto 71 euro! In sostanza, nel nostro paese, con la vostra legge finanziaria, con la finanziaria di Prodi, che era a favore della famiglia e di chi ha di meno e deve essere aiutato, chi ha un figlio disabile non solo non viene aiutato, ma, addirittura, viene penalizzato.
Chi ogni giorno, come questo padre e come tante altre famiglie italiane, è già costantemente in battaglia tra fisioterapia, esami clinici, barriere architettoniche, sguardi compassionevoli delle persone, chi nel proprio vivere quotidiano incontra queste difficoltà che non sono facilmente comprensibili se non si vivono sulla propria pelle, trova anche da parte di Prodi e del suo Governo questa attenzione molto «positiva».
Vedete, nel mio ordine del giorno non chiedo soltanto di abrogare il comma 1343, che è scandaloso. Del resto, lo hanno detto tutti. Tutti concordano su questo. Verrebbe da chiedersi, però, per quale motivo sia stato inserito. Come ricordava l'amico Fedele in precedenza....

PRESIDENTE. Onorevole Campa...

CESARE CAMPA. Concludo, Presidente. Recupero il tempo dell'amico Fratta Pasini, che non ha utilizzato tutti i minuti a sua disposizione. L'amico Fedele ha fatto prima un'affermazione molto importante: quel qualcuno non era sprovveduto e le cose le sapeva; voleva evidentemente raggiungere questo risultato. Ecco, dobbiamo assolutamente abrogare questo comma e anche tutte le parti della finanziaria che hanno consentito il raddoppio delle imposte in 700 città italiane. Siamo quasi all'87 per cento in più. Vi sono persone...

PRESIDENTE. Onorevole Campa, per cortesia, dovrebbe concludere!

CESARE CAMPA. Concludo, Presidente, dicendo che è scandaloso il modo in cui le promesse di Prodi si realizzano oggi. Si realizza ciò che Prodi aveva detto: vedrete con la busta paga di gennaio quale sarà il risultato. Difatti lo vedono le famiglie italiane: più tasse, più difficoltà! Ecco perché con questo ordine del giorno, signor Presidente, chiediamo con forza di cancellare non soltanto il comma 1343 ma anche tutte le norme che introducono ulteriori balzelli contro i cittadini italiani.

PRESIDENTE. L'onorevole Armosino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/3.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, colleghi, più volte in quest'aula ho avuto modo di rimarcare come la legge finanziaria del 2006, quindi quella a valere per l'anno 2007, contenga norme molto disorganiche fra di loro e prevalentemente indirizzate all'aumento della pressione fiscale. Analogamente, la finanziaria, contrariamente all'impegno che era stato assunto con il Documento di programmazione economico-finanziaria, non contiene alcuna norma in ordine al contenimento della spesa. Queste osservazioni, che tutti noi dell'opposizione abbiamo fatto durante la discussione della legge finanziaria, appaiono oggi conclamate dalle affermazioni che tutti leggiamo e ascoltiamo da parte delle associazioni di categoria e degli stessi cittadini. Siamo di fronte ad una finanziaria che ha incrementato l'imposizione fiscale e non ha affatto posto mano alla spesa pubblica nel senso di un suo contenimento e - questa volta sì - di una sua riorganizzazione e di un suo riordino.
Allora, personalmente ritengo che non sia casuale e si inserisca, invece, proprio in questo contesto la disposizione del comma 1343, che altro non è se non un esempio classico di scarsa attenzione all'esigenza di rigore nell'azione amministrativa e nella gestione della cosa pubblica. E quanto è derivato dal cosiddetto emendamento Fuda, - che oggi dovrebbe essere modificato, se verrà approvato da quest'Assemblea il provvedimento al nostro esame - è un argomento che non può essere sottaciuto, al pari di tutte le altre questioni che noi abbiamo sollevato al momento della discussione ed approvazione della legge finanziaria. E la maggioranza sosteneva che le questioni da noi sollevate fossero prive di motivazione ovvero non portassero Pag. 52poi alle conseguenze che abbiamo, purtroppo, preventivamente indicato e che oggi si sono tutte puntualmente verificate.
Allora al Governo si deve chiedere soltanto di togliere di mezzo il comma che, con un colpo di spugna, determina una conseguenza negativa per i conti dello Stato e fa sì che non si sia più responsabili economicamente per le azioni che sono state commesse. È anche il momento in cui il Governo deve impegnarsi realmente al riguardo. E non ci dica che l'ha già fatto, perché potremmo obiettare - questa volta con dati concreti - quanto ve ne sia l'esigenza. Dicevo che è il momento in cui il Governo deve individuare in modo corretto e coerente - e non soltanto relativamente a questo «incidente» - un criterio volto a migliorare davvero la trasparenza e l'efficienza dell'azione amministrativa. Infatti, sono proprio la trasparenza e l'efficienza dell'azione amministrativa che costituiscono lo strumento fondamentale per un corretto ed attento utilizzo delle risorse pubbliche. Che non vi sia, invece, un corretto ed attento utilizzo delle risorse pubbliche è una constatazione che in questo momento viene evidenziata dall'opposizione e ribadita da tutti i cittadini di questo paese. Questi ultimi, vedendo negare le asserzioni del Documento di programmazione economico-finanziaria e vedendo aumentare le uscite, hanno la fondata prova che le affermazioni che sono state fatte erano false, ma hanno anche il fortissimo timore che il rilevantissimo extragettito che si è verificato nel corso del 2006 ad altro non sia destinato - nelle mani di un Governo così «leggero» nella gestione del denaro degli altri, cioè non loro - che ad incrementare ulteriormente la spesa pubblica, con detrimento davvero delle pretese azioni di risanamento che si dice di voler realizzare.

PRESIDENTE. L'onorevole Palmieri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/17.

ANTONIO PALMIERI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno mi porta a fare una considerazione. Lei non era con noi nella scorsa legislatura e non ha potuto vedere il «circo» che si verificava in quest'aula durante l'approvazione dei cosiddetti provvedimenti ad personam - che, in realtà, erano leggi a beneficio di tutti per far funzionare meglio la macchina della giustizia - e come l'allora opposizione, oggi temporanea maggioranza, si divertiva o, meglio, oltraggiava l'aula con delle esibizioni che non rispettavano questo luogo. Da quando l'emendamento in questione è stato introdotto nella finanziaria con il consenso del Governo mi sono chiesto cosa sarebbe successo se l'avesse fatto il Governo Berlusconi. Probabilmente, avremmo avuto, da allora ad oggi, non solo in quest'aula ma anche nel paese, ininterrotte geremiadi e girotondi che allegramente avrebbero fatto merenda attorno alla Camera e al Senato, e l'attenzione dell'opinione pubblica sarebbe stata costantemente focalizzata su questo tema da parte dei media.
Tutto questo non è successo, non solo perché noi ci comportiamo diversamente ed abbiamo ben altro rispetto delle istituzioni, delle aule parlamentari e delle decisioni del Governo, ma anche perché il controllo della comunicazione in questo paese è nelle mani della sinistra, nonostante quello che loro dicono e vanno dicendo ormai da dodici anni a questa parte. In questo senso - ed è la seconda osservazione con la quale commento il mio ordine del giorno a firma anche dei colleghi Stradella e Paroli - respingiamo al mittente non solo le vecchie lezioni di moralità e di superiorità morale che la sinistra ci ha imposto in tutti questi anni, ma anche quella che sicuramente, da oggi in poi, riprenderà imperterrita a propinare a noi e a tutti gli italiani, in nome di questa superiorità morale che è totalmente presunta e che, alla prova dei fatti, scivola su «bucce di banana» come questa.
A questo proposito, non c'è stata da parte del Governo e di questa provvisoria maggioranza nessuna scusa nei confronti degli italiani e delle istituzioni per questo emendamento introdotto surrettiziamente nella finanziaria. Loro hanno parlato, Pag. 53come io dico virgolettando nel dispositivo del mio ordine del giorno, di eccessiva leggerezza e approssimazione, ma si sono ben guardati dal dire che hanno sbagliato, che chiedono scusa e sono consapevoli che questo è un atto grave nei confronti del funzionamento delle nostre istituzioni, della Corte dei conti, dei cittadini e di quegli amministratori che non si comportano bene nell'esercizio delle loro funzioni: tutto questo non c'è stato.
Per questo motivo - e mi avvio a concludere, perché non voglio sottrarre tempo a lei, signor Presidente, all'Assemblea e a coloro che ci stanno seguendo attraverso la radio o la televisione -, con il dispositivo del mio ordine del giorno, impegno ironicamente il Governo a rivedere questo modo di legiferare, che appare dettato da eccessiva leggerezza ed approssimazione e crea solamente confusione nell'opinione pubblica.
Allora, se a questo Governo resta ancora una briciola di ironia, lo invito a far proprio questo dispositivo, altrimenti, visto che oggi è il mercoledì delle Ceneri e inizia la Quaresima - per la verità per gli italiani è cominciata da quando questo Governo si è insediato -, abbia almeno la compiacenza di cospargersi per qualche momento il capo di cenere, chiedendo scusa non tanto a noi, ma a tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardo ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Grimaldi n. 9/2200/28, di cui è cofirmatario.

MAURIZIO BERNARDO. L'ordine del giorno in esame intende impegnare il Governo su due argomenti che possono sembrare di poca importanza a chi, da quando è iniziata questa legislatura, al dibattito parlamentare ha preferito un diverso modo di confrontarsi anche con l'opposizione, immaginando che le azioni compiute da ognuno di noi fossero motivate esclusivamente da un atteggiamento ostruzionistico e non da un riconoscersi in un sistema democratico, nel quale cerchiamo di spiegare le ragioni per le quali interveniamo, sostenendole rispetto a chi, come noi, ha già avuto modo di governare il nostro paese.
Allora, il primo aspetto che ritengo possa indurre a condividere il contenuto di questo ordine del giorno riguarda la possibilità di conoscere dal Governo le ragioni che hanno portato ad adottare un provvedimento d'urgenza, sul quale vi sarebbero diverse perplessità in ordine alla costituzionalità dello stesso, ai sensi dell'articolo 77 della Costruzione.
Probabilmente, occorrerebbe svolgere una riflessione - che potrebbe condurre anche ad una sorta di ammissione di colpa - in ordine alla responsabilità del Governo. Già durante l'esame della legge finanziaria su tale argomento emersero numerose contraddizioni fra le diverse forze che oggi ci governano, e furono posti in evidenza quei distinguo che nel quotidiano si verificano su argomenti molto importanti, come quello oggi in discussione.
Chiediamo pertanto al Governo di immaginare un diverso modo di legiferare rispetto a quello adottato fino ad oggi, ricercando anche un metodo più rigoroso. Infatti, quello che i colleghi hanno sostenuto nei loro interventi precedenti, mettendo in risalto un aspetto di carattere moralistico che spesso ci viene ricordato guardando a sinistra, noi non possiamo condividerlo. Un argomento come questo, che riguarda la prescrizione dei reati all'interno dell'amministrazione pubblica e in modo particolare dei dipendenti pubblici e ciò che ne deriva all'interno del sistema degli enti locali (quel contenimento della spesa tanto richiamato in occasioni diverse) riteniamo debba porre l'accento su un metodo che, ovviamente, non possiamo condividere. Ecco perché credo che l'oggetto della nostra discussione costituisca un tema particolarmente delicato.
Noi sappiamo quello che è accaduto fino ad oggi rispetto a provvedimenti importanti: il ricorso alla fiducia, dibattiti svolti raramente, ed anche attualmente lo possiamo verificare nelle aule delle rispettive Pag. 54Commissioni a cui ognuno di noi partecipa; basti pensare a ciò che sta avvenendo in riferimento al cosiddetto decreto Bersani.
Ebbene, concludo dicendo al sottosegretario che ci ascolta che l'invito che vogliamo rivolgere al Governo è piuttosto chiaro, anche perché non ci servono lezioni di etica e di morale nell'amministrare la cosa pubblica, in quanto lo abbiamo fatto in passato a livello nazionale in contesti diversi, e mi riferisco gli enti locali.
Sarà stato un refuso o qualcosa di diverso quello che qualcuno prima intendeva sottolineare negli interventi precedenti. Consentiamo il beneficio del dubbio. Forse, essendo stati scoperti in corso d'opera, avete dovuto fare ricorso ad una modalità che noi non condividiamo. Ci rendiamo conto tuttavia di quanto sia importante questo aspetto, che mette in risalto la questione che ho evidenziato all'inizio del mio intervento: mi interessa sapere se il Governo intenda rispondere in quest'aula del Parlamento ai punti evidenziati nella mozione.

PRESIDENTE. L'onorevole La Loggia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/20.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, intervengo per pochissimi minuti, anche meno di quelli che mi sono assegnati per richiamare nuovamente l'attenzione del Governo, ma vorrei dire anche di tutta l'Assemblea e della Presidenza della Camera. È di tutta evidenza - e non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo -, l'excursus giuridico, sempre che questa espressione non sembri troppo forte, attraverso il quale si è arrivati all'inserimento dell'emendamento in questione...
Peggio ancora appare la soluzione che è stata trovata e sulla quale mantengo - e penso di essere in buona compagnia insieme a diversi altri studiosi della materia - le mie perplessità, in ordine alla relativa costituzionalità o alla sua ammissibilità in rapporto al nostro ordinamento costituzionale.
Tuttavia, questo dimostra ancora di più - qualora ve ne fosse stato bisogno - che tutta la procedura di preparazione, di esame, di approvazione della legge finanziaria e del bilancio meritano un profondo e veramente radicale cambiamento. Noi ci stiamo lavorando. Conto quanto prima di avere anche il progetto di legge da porre all'attenzione delle altre forze politiche. So che anche il Governo ci sta lavorando.
L'ordine del giorno che ho presentato e sul quale hanno apposto la loro firma anche i colleghi Armosino e Zorzato, è volto ad impegnare il Governo ad adottare iniziative per rispondere alle esigenze indicate in premessa, vale a dire adottare le iniziative volte a definire quanto prima procedure più razionali e funzionali di definizione e approvazione del bilancio dello Stato e della legge finanziaria, ovviamente nel pieno rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.
Oso sperare, signor sottosegretario, che questo ordine del giorno possa trovare accoglimento perché non dice nulla che possa rappresentare un argomento sensibile dal punto di vista del contrasto politico - sempre legittimo - tra maggioranza e opposizione, ma individua un problema o, meglio, sottolinea il verificarsi di un problema, indicando al Governo la possibilità di trovare una soluzione.
Lo sottopongo in verità alla sua attenzione, signor sottosegretario, in modo che sull'argomento il Governo possa esprimere parere favorevole e far seguire iniziative adeguate, sulle quali ovviamente avremo modo di confrontarci.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2200/23.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la questione che pongo nel mio ordine del giorno ha in effetti un duplice rilievo e tratta sostanzialmente due questioni, di cui una contenuta nella parte motiva ed una nella parte dispositiva. Quella contenuta nella parte motiva riguarda il comma 1343, Pag. 55quindi uno soltanto dei 1364 commi che compongono il famoso articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.
Non voglio entrare nel merito del provvedimento in questione e quindi del decreto-legge al nostro esame. Tra l'altro, l'onorevole La Loggia, che mi ha preceduto, ha sollevato alcuni rilievi di natura costituzionale, relativi in particolare alla violazione dell'articolo 76 della Costituzione. Sostanzialmente emergono due questioni e due domande che poniamo alla riflessione dell'Assemblea , ma soprattutto a quella del Governo. Inoltre, mi richiamo a precise questioni e a precise domande poste da alcuni colleghi negli interventi che mi hanno preceduto. Chi è stato effettivamente il mandante di quell'emendamento? Chi materialmente si è prestato a questo gioco e perché?
Non sono assolutamente nelle condizioni di rispondere alla domanda «chi», né tantomeno di avanzare in proposito delle ipotesi. Vi sono illustri rappresentanti del Governo, dal ministro Di Pietro, per le sue passate esperienze, a tanti parlamentari provenienti dal «rito Ambrosiano», che, quantomeno per motivi professionali, hanno sicuramente mezzi, strumenti ed attitudine mentale per capire meglio chi sia stato il mandante e l'esecutore di questa norma.
Sul «perché», evidentemente dovranno essere pur adotte alcune motivazioni. Per capire il «perché» bisogna rispondere esclusivamente ad una domanda. Signor sottosegretario, mi rendo conto che lei è particolarmente nervoso quando si trattano questi argomenti. Tuttavia, siamo qui per ricordare che il vostro sistema di potere nella regione Calabria ha bisogno anche di questo; ha bisogno del voto di scambio ed anche del «comma di scambio». In Calabria stanno accadendo fatti gravissimi che voi conoscete bene. Gran parte di quella regione è al di fuori del controllo dello Stato e vi sono territori non controllati neppure dalle forze dell'ordine. Le aziende sanitarie locali e quelle ospedaliere sono in gran parte sotto il controllo della malavita; il consiglio regionale è composto per la gran parte da membri sotto avviso di garanzia, molti dei quali accusati di reati e collusioni gravissime.
Questo è il sistema di potere che avete determinato in Calabria ed evidentemente il comma 1343 non rappresenta altro che un significativo voto di scambio, nonché il prezzo politico da pagare ad un rappresentante importante che vi aprì la strada alla conquista della regione Calabria e che probabilmente è utile e strategico anche oggi, non solo in Calabria ma anche al Senato, dove, come è ben noto, i vostri numeri sono estremamente risicati. Tuttavia, dopo aver detto queste cose sul «chi» e sul «perché», sta a voi, alla vostra coscienza, alla vostra capacità politica, ma soprattutto al giudizio del paese, dare precise risposte.
Quindi, vorrei passare alla questione contenuta nella parte dispositiva del mio ordine del giorno. Sostanzialmente chiedo che sia rivolta una decorosa attenzione alle norme scritte e poi inviate all'esame del Parlamento, in particolare a quelle per le quali si chiede il voto di fiducia alla Camera, al Senato, o in ambedue i rami del Parlamento. Tale attenzione è dovuta per il rispetto nei confronti delle istituzioni, delle Assemblee, ma soprattutto del paese e dei cittadini. Quindi, le norme devono essere assolutamente più meditate e ponderate, nonché valutate con estrema attenzione e correttezza. Ciò, di fatto, non sta accadendo perché non si tratta del primo errore.
Questo sicuramente è un errore eclatante, perché è legato ad un fatto tutto sommato brutto e, per certi versi, politicamente e moralmente anche «sudicio» (anche se si tratta di un'altra storia). Tuttavia, dal punto di vista delle vostre procedure, nonché del processo di legiferazione che ha caratterizzato il vostro Governo...

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, si avvii a concludere!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ...evidentemente vi è parecchio da dire: vi invitiamo, allora, a rivedere i vostri metodi. L'ordine giorno che sto Pag. 56illustrando, infatti, a mio avviso è meritevole di essere accettato, proprio perché va in tale direzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Fasolino ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Germanà n. 9/2200/18, di cui è cofirmatario.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, credo che l'esigenza di modificare la legislazione relativa alla Corte dei conti incontri l'unanime accordo delle forze politiche. Vi sono, infatti, troppi processi lenti e prescrizioni eccessive, delle quali, spesso, non riusciamo a cogliere la ratio.
Desidero ricordare, per ultimo, quanto è accaduto in occasione dell'inaugurazione dell'anno contabile presso la procura regionale della Corte dei conti della Campania. Durante tale evento, il procuratore regionale, Arturo Martucci di Scalfizzi, in un primo momento ha reso affermazioni interessanti. Tra l'altro, egli ha pronunziato questa frase: si avverte la consapevolezza diffusa del momento che si vive in Campania, e a Napoli, per i problemi legati ad una certa concezione del modo di amministrare la cosa pubblica, che viene percepito come distorto e lontano dai bisogni dei cittadini«, salvo correggersi, subito dopo, con una preoccupante dichiarazione: se può apparire chiara l'esistenza di un danno pubblico, non è agevole individuare singoli e puntuali comportamenti antidoverosi nella catena delle responsabilità amministrative».
Mi domando, quindi: si tratta dell'annunciato colpo di spugna salvifico per le malefatte della sinistra? Non do una risposta: desidero solo affermare che la misura contestata, introdotta nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria per il 2007, si presta, in maniera molto puntuale, a suscitare le preoccupazioni che ho testé espresso.
Ciò perché quando il relatore sul disegno di legge finanziaria, in un contesto che non era assolutamente proprio e senza che si fosse svolta una discussione sull'argomento, propone una normativa che, in definitiva, rappresenta un colpo di spugna per una serie di procedimenti contabili, allora non possiamo che rivedere l'intera questione con occhio sospetto. Al riguardo, vorrei dire che concordo con quanto affermato dal collega Palmieri.
Se questo provvedimento fosse stato adottato dal Governo Berlusconi, quante sirene si sarebbero spiegate nelle piazze, nelle strade, nelle tv e sui giornali del nostro paese?
Il Governo Prodi ha tentato l'assist. La cosa non gli è riuscita bene, perché, in ogni caso, vi è stata una certa reazione. Ora, il Governo stesso, per «metterci una pezza», abroga la norma licenziata nella legge finanziaria.
A nostro avviso, bisogna bandire le norme ad personam, bisogna cominciare a riguardare la materia in una ottica più strategica. È questo che chiediamo con l'ordine del giorno che sottoponiamo all'attenzione dell' Assemblea. Chiediamo, altresì, che le problematiche relative alla Corte dei conti e alle questioni di importanza generale trovino una sistemazione logica razionale e non vengano affrontate per tentativi, che possono andare bene o male, ma che dimostrano l'insufficienza, l'incapacità dell'attuale Governo di affrontare, in modo strategico, i nodi del nostro paese.
Dunque, mi auguro che il Governo, in un sussulto di responsabilità, voglia accogliere anche la nostra indicazione di affrontare queste materie delicate ed importantissime in modo diverso, non episodico, non clientelare.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata e alle 16,30 con il seguito dell'esame di questo provvedimento.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro dei trasporti, il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il ministro per le politiche per la famiglia, il ministro delle infrastrutture e il ministro della giustizia.

(Iniziative del Governo in materia di politica dei trasporti e sviluppo dell'intermodalità - n. 3-00655)

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00655 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, ringrazio il ministro per aver accolto la richiesta contenuta nella mia interrogazione. Ritengo che la politica dei trasporti incida nell'economia del paese in modo determinante. È noto che la migliore situazione si ha con l'intermodalità del trasporto. A questo proposito, in merito alle quattro modalità previste - mobilità su strada, su ferrovia, per mare e in aria -, tre sono liberalizzate e tutti vi possono operare liberamente. Invece la parte ferroviaria non è liberalizzata, con grave nocumento per quanto riguarda la tariffa del trasporto.

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Credo che occorra riorganizzare tutto il sistema e aumentarne la sicurezza. Il Governo dovrebbe rispondere e dovrebbe dirci quali provvedimenti urgenti intenda assumere al fine di mettere ordine in questo settore.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere. Ministro, le ricordo che ha tre minuti a disposizione.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, l'onorevole Misiti chiede esattamente quali provvedimenti il Governo intenda assumere per mettere ordine nel settore dei trasporti, sia di persone che merci, per sviluppare una politica che privilegi l'intermodalità e le modalità che riducono spese degli utenti, inquinamento del territorio, consumo energetico, numero di vittime.
Vorrei dire innanzitutto che, rispetto ai sette punti nei quali si articola l'interrogazione dell'onorevole Misiti, mi trovano pienamente consenziente il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il settimo punto - dirò successivamente qualcosa per il quinto e il sesto punto -, ovvero convengo sul fatto che, per poter diminuire costi, effetti dell'inquinamento ed incidenti da parte del sistema dei trasporti, sia assolutamente necessario sviluppare una politica di trasferimento modale con una direzione precisa: quella che va dalla strada verso la ferrovia o verso il mare.
Premesso questo, devo dire che il Governo e il Ministero dei trasporti, in particolare, sono pienamente impegnati in questa direzione sia con un'iniziativa di carattere complessivo, vale a dire con il piano generale della mobilità - nell'ambito del quale una parte essenziale è rivestita da integrazione modale e trasferimento modale -, sia con interventi specifici, in particolare con il sostegno finanziario al trasferimento delle merci dalla strada al mare attraverso il cosiddetto ecobonus, per il quale, proprio nelle settimane scorse, è stata emanato un provvedimento, già pubblicato in Gazzetta ufficiale, per un importo di circa 240 milioni di euro che serviranno a sostenere le operazioni di trasferimento dalla strada al Pag. 58mare. Faccio presente peraltro che sono già in funzione - chiamiamole così - 150 autostrade del mare, vale a dire percorsi marittimi da un punto all'altro, alternativi a quelli della strada. Aggiungo che, nell'incontro svoltosi ieri - il bilaterale Italia-Spagna -, abbiamo sottoscritto un accordo con il ministero dei trasporti spagnolo per fare in modo che, su tratte comuni (cito per esempio la Civitavecchia-Barcellona), si possa avere una reciprocità di intervento da parte del Governo spagnolo, in modo da elevare ancora di più il sostegno a questi trasferimenti modali.
Per quanto riguarda il quinto punto dell'interrogazione, relativo agli aumenti delle tariffe ferroviarie, devo dire che questi fanno parte di un piano industriale che le Ferrovie dello Stato hanno illustrato in una riunione dell'8 febbraio al Presidente del Consiglio e ai ministri interessati e che deve ancora essere discusso. È già stato fissato un incontro per la prossima settimana e, quindi, non vi è nulla che sia stato deciso - né avrebbe potuto esserlo unilateralmente - da parte delle ferrovie in tema di tariffe...

PRESIDENTE. Signor ministro...

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Concludo, signor Presidente. A piano industriale approvato si tratterà anche la materia delle tariffe.
Infine, per quanto riguarda l'Alitalia, credo che, pur non nascondendo la situazione critica nella quale la compagnia si trova, il percorso che il Governo ha tracciato e che è ora in una fase viva, quella della discussione...

PRESIDENTE. Grazie, ministro.
L'onorevole Misiti ha facoltà di replicare.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor ministro, la ringrazio per le spiegazioni che ha dato e le assicurazioni che ha fornito su quanto esposto nella mia interrogazione. Credo che sia giusta soprattutto l'ultima osservazione. Ritengo che il piano industriale delle ferrovie vada sottoposto ad una profonda revisione, in modo tale che sia aumentata la sicurezza, da una parte, e siano contenuti gli aumenti, dall'altra, soprattutto perché già vi è stato uno aumento molto elevato a gennaio, che ha raggiunto livelli del 15 per cento rispetto alle tariffe precedenti. Quindi, aggiungere a tale 15 per cento un altro 10 per cento di incremento, come prevede il consiglio di amministrazione della holding ferroviaria, credo sia una decisione assolutamente da respingere.
Tuttavia, se non si arriva ad una liberalizzazione ed a una suddivisione di quanto attiene all'infrastruttura ferroviaria rispetto a Trenitalia e finché Trenitalia stessa non andrà sul mercato a gestire i treni, ritengo che le tariffe non potranno che aumentare, in quanto vi è confusione tra infrastrutture e gestione dei viaggiatori e delle merci.

(Interventi a tutela dei viaggiatori in relazione agli aumenti tariffari previsti dal piano industriale 2007-2011 delle Ferrovie dello Stato - n. 3-00656)

PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00656 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

GIAMPIERO CATONE. Signor ministro, il nuovo piano industriale 2007-2011 di Trenitalia Spa...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole, cambi microfono per favore; dal suo non si sente bene.

GIAMPIERO CATONE. Signor ministro, il nuovo piano industriale 2007-2011 di Trenitalia prevede che entro l'autunno le tariffe di Intercity, Eurocity ed Eurostar aumenteranno complessivamente del 20 per cento. Trenitalia prevede altresì per il 2007 aumenti medi del 3,5 per cento nelle tratte locali, anche se la relativa decisione spetta alle regioni. Lo stesso piano industriale prevede nel 2007 un taglio al personale di 3.500 unità, che è il risultato di Pag. 594.500 uscite, a fronte di 1.000 nuove assunzioni, di cui 450 a tempo determinato.
Vorremmo sapere se non ritenga opportuno intervenire, ed in che modo, per assicurare una legittima tutela dei viaggiatori, dei pendolari e degli studenti, costretti a subire ulteriori aumenti che andranno inevitabilmente ad incidere sul bilancio familiare, e se, e quali, garanzie sono state chieste a tutela del personale che l'azienda considera in esubero.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Devo dirle, onorevole Catone, che anzitutto vi è l'intendimento del ministro di intervenire sulla politica tariffaria, ma debbo ribadire quanto ho appena detto poco fa, ossia che i menzionati aumenti tariffari sono stati ipotizzati nel piano industriale che l'8 febbraio scorso l'amministratore delegato ed il presidente di Ferrovie hanno illustrato, per la prima volta, al Presidente del Consiglio ed ai ministri delle infrastrutture, dei trasporti, delle attività produttive e dell'economia e delle finanze. In tale occasione, non si è neanche discusso del piano. È stata una semplice illustrazione, al termine della quale abbiamo chiesto di poter esaminare il documento che ci è stato consegnato e di ridiscuterlo in base alle osservazioni che ciascun ministero riterrà opportuno fare.
Questo significa che non c'è alcun piano industriale. Ovviamente, ciò vale anche a proposito delle tariffe, per le quali - come correttamente è stato riportato - sono stati ipotizzati aumenti dell'ordine del 5 per cento per le lunghe percorrenze e del 3,5 per cento per le percorrenze regionali. Anche a tale riguardo, quindi, tutto è ancora da decidere. Ricordo che gli aumenti introdotti - se non erro - due mesi fa, sulla base di un accordo tra Ferrovie dello Stato, Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero dei trasporti, sono stati approvati per tenere conto dei mancati aumenti degli anni passati e che, comunque, per poter procedere ad aumenti tariffari occorre definire con un provvedimento, con una delibera del CIPE, la nozione di «servizio universale». Fino a quando questo servizio universale non sarà stato precisato, nei suoi contorni, con una delibera del CIPE, nessun aumento tariffario potrà essere introdotto unilateralmente dalle Ferrovie dello Stato. Aggiungo - dato che nella parte finale dell'interrogazione mi sembra che vi sia stato un riferimento al riguardo - che, nel confronto con le Ferrovie dello Stato, intendiamo correlare strettamente gli aumenti tariffari con il miglioramento delle prestazioni dei servizi e, in particolare, del comfort, della pulizia e della puntualità.

PRESIDENTE. L'onorevole Catone ha facoltà di replicare.

GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, un piano industriale, comunque, esiste ed è stato, comunque, esplicitato e prevede, comunque, aumenti delle tariffe, alcuni dei quali si sono già verificati. Il problema sostanziale, signor ministro, è che indubbiamente questi aumenti dovranno essere necessariamente applicati per tenere fede a quel piano industriale, indipendentemente dal quale non potrebbero andare avanti né Trenitalia, né Ferrovie Spa. A mio avviso, la scusa per mantenere questi aumenti è semplicemente una, e cioè che in cinque anni non è stato possibile aumentare le tariffe.
Allora, ciò che nel corso dei cinque anni del Governo Berlusconi non è stato possibile, oggi è possibile? Signor ministro, credo che non si possa accettare una decisione del genere senza un programma che incida anche sulla qualità del servizio. In altri termini, non si possono prevedere aumenti con un piano industriale in cui non ci sono riferimenti specifici all'aumento della qualità del servizio. In ogni caso, non si possono prevedere aumenti senza prima predisporre azioni per la riduzione delle inefficienze e degli sprechi all'interno dell'azienda che, attualmente, è incapace di migliorare la qualità del servizio Pag. 60in termini di sicurezza, di tempi di percorrenza, di puntualità e, soprattutto, di igiene.
Credo che il Governo abbia l'obbligo di intervenire per una tutela legittima dei viaggiatori, vessati, prima, dai ritardi e, oggi, anche dalle tariffe. Noi vorremmo che i treni italiani partissero tranquillamente in orario. Da ultimo, ma non per importanza, le chiediamo un ulteriore impegno per la salvaguardia del livello occupazionale - del quale non si è detto - indispensabile per la sicurezza dei viaggiatori e per la sicurezza del personale dipendente delle Ferrovie dello Stato.

(Interventi in relazione agli aumenti tariffari previsti dal piano industriale 2007-2011 delle Ferrovie dello Stato, anche al fine dell'efficienza del servizio e della tutela dei livelli occupazionali dell'azienda - n. 3-00657)

PRESIDENTE. L'onorevole Francescato ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bonelli n. 3-00657 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), di cui è cofirmataria.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor ministro, anche noi Verdi vogliamo parlare di questa sorpresa, di questa amara sorpresa per chi viaggia in treno, cioè della prospettiva di un aumento del prezzo dei biglietti, nella misura del 10 per cento, a partire dal 1o ottobre prossimo. Anche noi vogliamo ricordare che si tratta di un ulteriore aumento, non certo dell'ultimo. Già all'inizio dell'anno c'era stata un'impennata e, purtroppo, ulteriori aumenti sono previsti a partire dal 2009, nella misura del 5 per cento all'anno.
Non possiamo dimenticare che, di fronte a questi rincari, i viaggiatori, soprattutto i pendolari, sono sottoposti a disagi di tutti i tipi: ritardi, servizi che lasciano a desiderare, materiale rotabile malconcio e sicurezza non soddisfacente. Anche noi chiediamo al Governo (repetita iuvant, speriamo!) di adoperarsi per scongiurare tali aumenti e subordinarli ad un effettivo miglioramento della sicurezza, in primis, della qualità dei servizi e dell'efficienza, tutelando anche gli attuali livelli di occupazione, per non parlare delle ricadute ambientali, su cui mi soffermerò in seguito.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, sono costretto anche io a ripetermi, ovviamente.
Gli aumenti tariffari di cui stiamo parlando sono ipotizzati nel piano industriale presentato dalle Ferrovie dello Stato. Però, debbo ribadire che non esiste alcun piano industriale, che esisterà se e quando sarà stato approvato anche dal Governo e dai ministeri interessati, diventando un documento stringente per le parti. Fino a quel momento, non esistono aumenti tariffari.
Gli aumenti tariffari che ci sono stati in precedenza hanno riguardato una sorta di concessione da parte del Ministero dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze per tenere conto di pregressi che le Ferrovie dello Stato avanzavano rispetto agli anni passati, nei quali era stato approvato un provvedimento che consentiva gli aumenti, che, successivamente, erano stati negati. In quel caso, è stata fermata una situazione. Per consentire ulteriori aumenti, se ci dovessero essere, si dovrà definire ed approvare il piano industriale.
Insisto sul fatto che, in questa occasione, si dovrà definire la nozione di «servizio universale» per capire quali sono i servizi che debbono essere coperti con interventi da parte dello Stato, quelli che rientrano nei contratti di programma delle regioni e quelli che, invece, possono essere lasciati liberi.
A questo medesimo discorso si ricollega quello degli ipotizzati esuberi. Nel piano industriale si parla di un'ipotesi di turn over, ossia di fuoriuscita di alcuni lavoratori e di mancate assunzioni, diminuendo così la consistenza complessiva dei lavoratori. Pag. 61Anche in questo caso, non vi è nulla di deciso e tutto è da discutere.
Invece - si tratta di un impegno al di fuori dei documenti ipotetici -, la linea del Ministero dei trasporti, come può essere testimoniato da alcuni provvedimenti adottati, è quella di salvaguardare la fascia dei lavoratori pendolari e, quindi, delle linee diverse dalla TAV, dall'Eurostar e dalle grandi linee di comunicazione intercity.
In secondo luogo, si tratta di chiedere, come abbiamo già fatto e come faremo con un atto di indirizzo successivo, che ogni e qualsiasi aumento sia collegato ad un cambiamento sostanziale delle condizioni di agibilità dei treni, in particolare, del comfort, della pulizia e della puntualità. Le Ferrovie dello Stato hanno già avviato due azioni, una sulla puntualità e una sulla pulizia. Per il comfort è necessario acquistare nuovi treni. Queste azioni, quindi, già sono state avviate.

PRESIDENTE. L'onorevole Francescato ha facoltà di replicare.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor ministro, ciò che lei ha detto ci conforta, ma non del tutto.
Vogliamo ricordare, ancora una volta, che il risanamento delle nostre disastrate ferrovie non può passare soltanto attraverso una escalation delle tariffe, a danno dei consumatori. Lo ripetiamo: ogni aumento deve essere accompagnato da un contestuale miglioramento dei servizi, specie per i pendolari, i giovani e gli studenti, che sono la stragrande maggioranza del popolo dei treni.
C'è un altro motivo di preoccupazione, una novità che vorrei introdurre nel dibattito, relativamente ad un'apprensione di stampo ambientale che si unisce a quelle di carattere sociale. Proprio nel momento in cui l'intera comunità umana, persino il recalcitrante Governo Bush, riconosce che il riscaldamento globale costituisce una delle minacce più gravi che pendono sul pianeta, proprio nel momento in cui, finalmente, seppur con decenni di ritardo, si punta all'efficienza, alla mobilità sostenibile e all'innovazione tecnologica, per tagliare i famigerati gas serra - ricordo che il settore dei trasporti incide per il 26-30 per cento sulle emissioni -, è davvero assurdo che non si cerchi di fare fino in fondo una politica «amica dei treni», capace di incentivare il passaggio dalla gomma al ferro, che lei ben sa essere cruciale per ridurre l'inquinamento e i danni alla salute e affinché l'Italia possa finalmente ottemperare al Protocollo di Kyoto, cosa in cui finora non è riuscita (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

(Misure per la salvaguardia del patrimonio zootecnico bufalino con particolare riferimento alla regione Campania - n. 3-00658)

PRESIDENTE. L'onorevole Pisacane ha facoltà di illustrare l'interrogazione Fabris n. 3-00658 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.

MICHELE PISACANE. Signor Presidente, signor ministro, nella regione Campania, più precisamente nella provincia di Caserta, risultano essere allevati 125 mila capi bufalini corrispondenti ad oltre il 60 per cento del patrimonio zootecnico nazionale.
Purtroppo, circa 1.600 capi sono risultati positivi al controllo per la brucellosi bufalina. Sappiamo tutti che l'allevamento bufalino è una ricchezza della zootecnia italiana; lo è, soprattutto, per il sud del paese e, in particolar modo, per Caserta. Tale allevamento è finalizzato alla produzione della mozzarella, alimento che subisce continui attacchi da parte di multinazionali del settore che, con prodotti dalla commercializzazione incontrollata e ottenuti con altri tipi di latte, stanno cercando di appropriarsi del nome e del mercato.
Signor ministro, le chiedo quali provvedimenti intenda adottare al fine di dare attuazione al piano triennale per il contenimento e l'eradicazione della brucellosi Pag. 62bufalina in Campania, così come peraltro previsto dalla legge n. 292 del 27 dicembre 2002...
A lei, sicuramente, non sfugge che il richiamato piano avrebbe dovuto avere inizio entro il 15 gennaio 2007, a tutela della salvaguardia del patrimonio genetico della specie allevata e, conseguentemente, del livello occupazionale del comparto.

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, l'interrogazione pone l'accento sulla situazione epidemiologica del territorio di competenza della ASL Caserta 2, dove, secondo le stime, sono allevati circa 130 mila capi bufalini in 767 aziende.
Sulla base dei primi accertamenti epidemiologici ufficiosi, allo stato ci troviamo di fronte a un tasso di presenza della brucellosi del 50 per cento, contro il 3 per cento finora stimato. Il che potrebbe comportare l'abbattimento di non meno di 50-60 mila capi in un arco ristretto di tempo, con ripercussioni sull'intera economia della zona.
La situazione presenta necessità di interventi diretti a ridurre l'impatto del numero dei capi infetti da abbattere in un breve arco di tempo, soluzione che comporta, però, correttivi al piano regionale di risanamento vigente.
Naturalmente, qualsiasi soluzione deve essere adottata nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, e qualsiasi adeguamento, purché compatibile con le norme in vigore, potrà essere affrontato nell'ambito della task force prevista dall'ordinanza del Ministero della salute del 14 novembre 2006, concernente misure straordinarie di polizia veterinaria in materia di tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina e brucellosi ovicaprina (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...

MAURIZIO GASPARRI. A casa!

TOMMASO FOTI. Il Governo a casa!

MATTEO BRIGANDÌ. Ma quale Governo?

PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar parlare il ministro.

MAURIZIO GASPARRI. Il Governo non c'è più!

PRESIDENTE. Prego i colleghi di rispettare il ministro che sta parlando. Vi prego...

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Tale ordinanza è stata concordata sia con le regioni interessate - Calabria, Campania e Puglia - sia con la Commissione europea. La task force è stata integrata con un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali al fine di individuare e discutere tipologie di intervento di competenza del Ministero che prevedono aiuti destinati a compensare gli allevatori interessati al piano di risanamento. Sono stati, infatti, sollecitati sia un intervento regionale nell'ambito del piano di sviluppo rurale, sia interventi a livello nazionale da parte del Ministero per il ristoro dei danni volti a rendere meno traumatiche le operazioni di bonifica degli allevamenti dei capi infetti.
Per questi ultimi interventi di ristoro dei danni ci si sta muovendo nel rispetto dei nuovi orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato, che prevedono forme di sovvenzione per perdite di reddito dovute a obblighi di quarantena e alle difficoltà del ripopolamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Pisacane ha facoltà di replicare.

MICHELE PISACANE. Signor Presidente, signor ministro, intanto le dico che la sua risposta è esauriente. La problematica della brucellosi bufalina ha assunto Pag. 63per la regione Campania, in particolar modo - come lei stesso ha affermato - per la provincia di Caserta, un'enorme rilevanza sul piano sociale ed economico-occupazionale, tant'è che da anni forma oggetto di specifici interventi sia da parte del legislatore nazionale che del legislatore regionale.
Le organizzazione del territorio e le associazioni di categoria esprimono forti preoccupazioni per il livello occupazionale a rischio. Infatti, vi è una contrazione di circa 5 mila posti di lavoro in un territorio già fortemente provato dal livello di disoccupazione tra i più alti d'Europa, dove la criminalità organizzata è un fenomeno di portata nazionale.
Purtroppo, non si vuole tenere in reale considerazione il substrato economico e sociale su cui si va ad incidere, continuando a rifiutare ogni forma di suggerimenti e di osservazioni scientifiche utili ad affrontare e risolvere concretamente la problematica in questione, già esistente da anni.
Ahimé, signor ministro, vengono sempre e di più richiesti al mondo della produzione primaria e dell'allevamento ulteriori sacrifici: è il caso di porre all'attenzione del Governo, ma soprattutto a quella del Parlamento nel suo insieme, il rischio reale di cancellare l'intero patrimonio genetico bufalino campano, se non si contrappone, all'abbattimento dei capi, un nuovo piano triennale che preveda l'interazione con l'utilizzo del vaccino RB51 per procedere alla profilassi vaccinale dei bufali in modo sistematico e obbligatorio nelle aree a rischio.
Mi auguro di vero cuore che il Governo, e il Parlamento vogliano porre rimedio per evitare di spingere un intero e prestigioso settore verso una condizione di diffusa paura degli operatori con una forte contrazione economica e produttiva le cui conseguenze rischierebbero di diventare grandi, anche per l'ordine e la sicurezza...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pisacane.

(Iniziative per monitorare la corretta applicazione del regime di carcerazione di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario - n. 3-00667)

PRESIDENTE. L'onorevole La Russa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00667 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).
Le ricordo che lei ha un minuto di tempo a disposizione.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, l'interrogazione in oggetto, a mia firma ma redatta dall'onorevole Consolo, riguarda e riguardava il regime carcerario per i mafiosi di cui all'articolo 41-bis, che in qualche modo sembra stia sparendo, così come denuncia il magistrato dottor Grasso.
Ma la vicenda politica che è sopraggiunta ci impone di non svolgere tale interrogazione signor Presidente, e di chiedere cortesemente ai ministri Mastella, Di Pietro, De Castro e Bindi, a questi ministri, se hanno ritenuto di essere presenti in quest'aula credendo che all'ordine del giorno vi fosse la questione sugli sfratti delle abitazioni: non c'è questo tema all'ordine del giorno in questo momento e, dunque, come abusivi di quelle poltrone che stanno occupando in questo momento, non hanno più titolo di stare qui (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)! Sono abusivi, Presidente!

TOMMASO FOTI. A casa!

MATTEO BRIGANDÌ. A casa!

IGNAZIO LA RUSSA. Noi le chiediamo di interrompere immediatamente questo inutile question time, in cui rispondono dei fantasmi che hanno perso al Senato il diritto, già contestato, di governare l'Italia, che non li merita (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole La Russa (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...! Lei ha...

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IGNAZIO LA RUSSA. Devono andare a casa! Devono rispettare il Parlamento! Devono sospendere immediatamente... Non è possibile che lei (Dai banchi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale si scandisce reiteratamente: Dimissioni! Dimissioni!)...

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, la prego di interrompere...! Le tolgo la parola perché ha esaurito il suo tempo (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Onorevole La Russa, ha esaurito il suo tempo!
Onorevole ministro Mastella, prego, ha facoltà di parlare.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Io non ho alcuna difficoltà a rendermi conto (Commenti del deputato La Russa)... Sono qui da più di trent'anni sul piano parlamentare, credo anche più di La Russa (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...

TOMMASO FOTI. È abbastanza!

ROBERTO MENIA. Sì, è abbastanza!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Se è abbastanza, lo deciderà il popolo! Se il popolo ha deciso più per me che per lei, vi sarà anche una differenza (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori, Comunisti Italiani e Popolari-Udeur - Commenti dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)...!
Mi rendo conto che al Senato vi è stato non uno scivolone ma più di uno scivolone. Quindi sarebbe anche ingiusto sottovalutare; però devo anche dire correttamente - siamo richiamati a dati politici - che è anche un po' un'alterazione quella che state facendo, perché in quest'aula vi è la maggioranza. Al Senato non c'è, ma in quest'aula la maggioranza c'è (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania)...

ANTONIO LEONE. Ma c'è il bicameralismo!

PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar parlare il ministro!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. In quest'aula la maggioranza c'è (Commenti del deputato La Russa)... Poi, non devo insegnare all'onorevole La Russa che, costituzionalmente, fino a quando il Governo è in carica, o perché c'è e non ci sono ancora le dimissioni e lo decide il Presidente del Consiglio, anche sul piano dell'ordinaria amministrazione vi sono atti neutri.
Devo dire la verità, onorevole Russa: io ero in grazia di Dio da un'altra parte; sono venuto qui e la risposta interessa più a lei di quanto possa interessare a me. Se lei la risposta non la vuole, per me non è un problema...

IGNAZIO LA RUSSA. Non serve, non è che non la voglio! Non sei più rappresentativo di chi può rispondere!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Scusi, onorevole La Russa, la rappresentatività non la decide lei, ma la decide il Capo dello Stato. Se il Capo dello Stato decide, il Governo, per ovvie ragioni, avendo maturato un insuccesso che non è un semplice infortunio parlamentare, lo riconosco (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Decide il Capo dello Stato ma non lei!
E poi, con molta obiettività...

IGNAZIO LA RUSSA. Un po' di decenza, Mastella!

ANTONIO LEONE. Ma di cosa parliamo?

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Non debbo spiegare a lei la prassi costituzionale, nel senso che, fino a quando un Governo c'è, questo è legittimato a starci; dopo di che, qualora vi fossero atti diversi, se ne prenderebbe atto.
Inoltre, visto che mi si richiama a questo, vi invito a stare attenti: dalle mie parti si dice che il cantante buono esce Pag. 65alla fine (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega Nord Padania)... State attenti, perché il senatore Cossiga, che è stato tra quelli che hanno determinato questa congiuntura sfavorevole per noi, ha votato contro, ma ha dichiarato che D'Alema non si sarebbe dovuto dimettere! Quindi, valutate, state un po' calmi, perché non vorrei che vi fossero cose un po' diverse da quelle che ora accampate!

IGNAZIO LA RUSSA. Tempo, Presidente!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente...

IGNAZIO LA RUSSA. Tempo! Presidente, fai il Presidente...!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Poiché non sono in grado di rispondere, perché non ne ho voglia, prendo atto di questo. Ho dato le mie spiegazioni, in termini di una irritualità di natura parlamentare, di cui prendo atto; non vorrei, però, che questa fosse chiamata a sistema, perché, signor Presidente, ci siamo ritrovati una volta in maggioranza ed un'altra all'opposizione: quello che vale per uno, vale anche per l'altro (Commenti dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)... Quindi, questo tipo di prassi, da vecchio parlamentare, riterrei, signor Presidente, che potrebbe essere eliminata, nel senso che o è più giusto, in casi simili, non rispondere, e si decide che il Governo non risponde, perché sono emersi fatti nuovi...

ANTONIO LEONE. Presidente!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Se, invece, la Presidenza ritiene che si debba rispondere, è giusto che io...

ANTONIO LEONE. Presidente, mi dia la parola!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. ... venga qui, com'è giusto che mi si rivolgano domande. Grazie.

PRESIDENTE. L'onorevole Fini ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Presidente!

PRESIDENTE. Le è nota, onorevole Leone, perché conosce il regolamento, la caratteristica di questa seduta (Commenti del deputato Leone)...

ANTONIO LEONE. Non c'è più regolamento, Presidente! L'ha stravolto il Governo (I deputati del gruppo Alleanza Nazionale scandiscono reiteratamente: «Dimissioni! Dimissioni!»)!

PRESIDENTE. No, il regolamento lo stiamo applicando!

ANTONIO LEONE. Mi deve dare la parola, Presidente!

PRESIDENTE. Il regolamento (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)... Il regolamento della Camera prevede che questa seduta sia dedicata alle interrogazioni a risposta immediata, con ripresa diretta televisiva. Al termine di questa seduta, che ha le predette caratteristiche, riprenderemo i nostri lavori ordinari e lei, onorevole Leone, avrà tutta la possibilità di porre le questioni politiche che riterrà di sollevare.
Prego, onorevole Fini, ha facoltà di parlare.

GIANFRANCO FINI. Signor Presidente, io ringrazio il ministro Mastella, il quale, con l'amabilità che gli è propria e con l'esperienza parlamentare che lo contraddistingue - anch'io sono in Parlamento da molti anni; se lei è in Parlamento da qualche anno più di me, è unicamente per ragioni anagrafiche, non perché il popolo abbia deciso in modo diverso (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Si ride) -, ha considerato l'intervento dell'onorevole La Russa non una provocazione. Pag. 66Sappiamo perfettamente che nel question time si dovrebbe intervenire con riferimento alle interrogazioni all'ordine del giorno, ma l'onorevole La Russa ha posto un problema politico, e il ministro Mastella è cosciente del fatto che il problema politico c'è ed è enorme.
Dalle mie parti, non si dice che il cantante buono si vede alla fine. Certo che c'era - e, forse, c'è ancora - un cantante che pensava di essere molto buono, il ministro degli esteri, il quale ha affermato, tramite il maggiore quotidiano italiano: «Se non abbiamo la maggioranza, andiamo a casa». Dalle mie parti, si dice che un uomo d'onore è tale quando mantiene ciò che ha detto (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania)! Vedremo se le mie parti coincidono con le sue; vedremo se la politica ha ancora una dignità! Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania).

(Interventi di sostegno a favore del comparto agrumicolo siracusano - n. 3-00660)

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini...

ANTONIO LEONE. Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Leone, la richiamo all'ordine! Lei sa che le caratteristiche di questa seduta sono definite.

ANTONIO LEONE. Ma quali caratteristiche!

PRESIDENTE. Possono parlare gli interroganti, quelli che hanno presentato le interrogazioni.

ANTONIO LEONE. Allora, doveva rispondere!

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini...

ANTONIO LEONE. Presidente, mi deve dare la parola!

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00660 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).

ROSALBA CESINI. Onorevole e legittimo ministro, il settore agrumicolo siracusano è in grave crisi (Proteste dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)...

GREGORIO FONTANA. A casa! A casa!

ROSALBA CESINI. A rischio sono l'attuale sostentamento dei produttori e le coltivazioni future (Dai banchi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale si scandisce reiteratamente: Dimissioni! Dimissioni!).
Al momento, i braccianti non dispongono di alcun reddito e, come nei due anni precedenti, non raggiungeranno le giornate utili per percepire l'indennità di disoccupazione (Dai banchi dei deputati del gruppo Forza Italia si scandisce: A casa! A casa!).

ANTONELLO IANNARILLI. Vai a casa!

ROSALBA CESINI. Il comitato di produttori e braccianti di Francofonte, con una petizione popolare, chiede ai vari livelli istituzionali interventi rapidi per scongiurare una crisi che sta devastando (Proteste dei deputati del gruppo Forza Italia - Dai banchi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale si scandisce reiteratamente: Dimissioni! Dimissioni!) ...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di considerare che state togliendo ad una collega parlamentare il diritto di intervenire! La caratteristica di questa seduta è quella di offrire a tutti i parlamentari la possibilità di interloquire con il Governo.

ROSALBA CESINI. Siete dei fascisti!

PRESIDENTE. La vostra è una manifestazione di intolleranza che non può essere accettata (Commenti dei deputati del Pag. 67gruppo Alleanza Nazionale)... Richiamo all'ordine il presidente La Russa e gli altri...!
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,50.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
L'onorevole Cesini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00660.

ROSALBA CESINI. Grazie, Presidente. Signor ministro, il settore agrumicolo siracusano è in grave crisi. A rischio sono l'attuale sostentamento dei produttori e le coltivazioni future. Al momento i braccianti non dispongono di alcun reddito e, così come nei due anni precedenti, non raggiungeranno le giornate utili per percepire il sussidio di disoccupazione. Il comitato dei produttori e dei braccianti di Francofonte, con una petizione popolare, chiede ai vari livelli istituzionali interventi rapidi per scongiurare una crisi che sta devastando l'economia del territorio.
Signor ministro, servono risposte urgenti: pensiamo all'utilizzo del fondo di solidarietà nazionale per gravi crisi di mercato introdotto con la legge finanziaria; pensiamo ad accordi per un ritiro straordinario di succhi freschi da destinare alla beneficenza. Tuttavia, per dare effettiva stabilità al comparto e reddito ai lavoratori sarebbe necessario un impegno forte del Governo nel promuovere un tavolo di concertazione tra enti locali, produttori, organizzazioni sindacali e trasformatori.
Chiedo al Governo se intenda adoperarsi in tal senso e quali ulteriori misure intenda adottare.

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, la situazione della crisi dell'agrumicoltura siciliana, in particolare della provincia di Siracusa, è ben nota al ministero ed è all'attenzione politica dell'azione di Governo. In tal senso sono stati definiti interventi importanti per supportare le filiere ed i territori coinvolti. Si tratta di problemi che riguardano purtroppo molti bacini produttivi nazionali, in particolare del comparto ortofrutticolo.
L'azione e le risposte si legano alla natura delle crisi, che possono derivare da fattori esterni ed imprevedibili ed in altri casi riguardano invece problemi di carattere strutturale legati alla produzione e alla filiera.
Per il primo caso, quello delle crisi di mercato legate ad accadimenti eccezionali e per le quali siano dimostrabili la presenza di condizioni anomale di mercato (crollo dei prezzi o dei redditi rispetto alle quotazioni degli anni precedenti e di uno stesso periodo), la legge finanziaria 2007, grazie al supporto delle Commissioni agricoltura di Camera e Senato, con il comma 1072 ha istituito un fondo per le crisi di mercato. Si tratta di uno strumento importante, con una dotazione di ben 100 milioni di euro, che potrà finalmente offrire risposte nuove ed efficaci.
Al momento stiamo lavorando alla definizione delle modalità attuative degli interventi e del regime di aiuti che dovrà essere notificato all'Unione europea per l'approvazione.
Per le crisi che nascono da problemi strutturali, invece, la situazione è diversa. L'organizzazione comune di mercato del comparto ortofrutta mette a disposizione dei produttori agricoli strumenti idonei a migliorare l'efficienza delle proprie produzioni sia dal punto di vista commerciale che produttivo, attraverso forme di aggregazione in organizzazioni di produttori che attuano specifici programmi operativi, cofinanziati al 50 per cento e finalizzati al miglioramento dell'efficienza produttiva e commerciale dei propri associati, con indubbi vantaggi per i produttori anche in termini di riduzione dei costi.
Nel nostro paese, tuttavia, gli strumenti aggregativi dell'OCM sono poco utilizzati dai produttori, in particolare ciò accade in Sicilia, con la conseguenza che gli strumenti offerti dall'Organizzazione comune Pag. 68di mercato, quali programmi operativi e relative risorse economiche, non permettono quel miglioramento strutturale della base produttiva e commerciale del settore.
Si sottolinea, inoltre, come la riforma dell'OCM ortofrutta, attualmente in corso di definizione a Bruxelles, confermi e rilanci il ruolo centrale delle organizzazioni dei produttori, attribuendo ad esse anche dei compiti nuovi come il riferimento a interventi a difesa del reddito e delle crisi. Per definire possibili campi di azione si ricorda altresì che, in presenza di una specifica OCM, non sono consentiti interventi di carattere nazionale, che sarebbero configurabili come aiuti di Stato non autorizzati e quindi è importante dare piena attuazione all'OCM. Stiamo lavorando in tal senso a Bruxelles per riuscire anche a mantenere gli impegni presi con tutta le filiera produttiva nazionale.

PRESIDENTE. L'onorevole Cesini ha facoltà di replicare.

ROSALBA CESINI. Signor ministro, la ringrazio. In questo momento le comunità delle zone interessate ci stanno ascoltando con attenzione e con grande apprensione. È infatti crescente la disperazione dei soggetti, che vivono sulla loro pelle il dramma di una crisi che ormai sta diventando cronica. Dunque, il problema è molto serio. Sappiamo che stiamo parlando di avvenimenti che riguardano terre, in cui la mafia tende ad infiltrarsi laddove lo Stato e le istituzioni non riescono a dare risposte adeguate o si mostrano deboli.
Sappiamo che vi sono questioni strutturali da affrontare. Mi riferisco in primo luogo, alla carenza, quando non assenza totale, di industrie di trasformazione nel Meridione, così come alla diffidenza dei produttori ad unirsi per essere più competitivi per quantità e qualità della produzione. Sarà estremamente importante che in sede comunitaria vengano garantite le nostre quote di produzione e, in particolare, nell'OCM ortofrutta, da approvare entro l'anno, sarà importante che il nostro Governo si batta, nell'ambito delle norme a sostegno delle crisi di mercato, affinché possa aumentare la percentuale dei cofinanziamenti comunitari, sia per i ritiri dal mercato sia per le incentivazioni delle aggregazioni in organizzazioni di produttori.
Questo Governo ha il dovere di dare speranza ai lavoratori e ai produttori agrumicoli del siracusano. Le sue risposte vanno in questa direzione, per cui, anche a nome di quelle comunità, la ringraziamo; così come la ringraziamo di aver brillantemente risolto l'annosa questione dei contributi agricoli, aspetto questo che ha ridato un po' di fiato a tante imprese. Si tratta ora di una lotta contro il tempo, signor ministro, perché, come ben sa, tutti i soggetti che stanno vivendo il dramma della prolungata crisi devono essere messi al più presto nelle condizioni di sbarcare «u' lunariu», il lunario, per sé e per le proprie famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

(Danni all'agricoltura prodotti dall'inquinamento nell'area circostante il polo petrolchimico di Gela - n. 3-00661)

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00661 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, signor ministro dell'agricoltura, le acque pure del fiume Dirillo, che sono raccolte in un invaso nel territorio di Licodia Eubea, in provincia di Catania, per la loro grandissima parte sono straordinariamente utilizzate dall'impianto petrolchimico di Gela e, si badi bene, precipuamente per il raffreddamento delle caldaie. Quindi, oltre ad essere in qualche modo degradati sul piano della coscienza e del danno ambientale che viene determinato ogni giorno a Gela e nel territorio circostante, gli agricoltori siciliani di tutta quell'area vengono anche rapinati materialmente della possibilità di utilizzare acque pure e valide. Noi chiediamo...

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PRESIDENTE. Grazie, onorevole Reina.
Il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, l'interrogazione pone l'accento sul grave stato di degrado ambientale in cui versa l'area di Gela, con gravi ripercussioni sul settore agricolo. La tematica è all'attenzione del Governo.
Quanto alla rilevata criticità sanitaria e ambientale si fa presente che il territorio di Gela, oltre che sito di bonifica di interesse nazionale, ai sensi della legge n. 426 del 1998, è dichiarato area ad elevato rischio di crisi ambientale. Pertanto, il Ministero dell'ambiente ha svolto l'attività istruttoria sui progetti di messa in sicurezza e di emergenza sul piano di indagine dello stato di contaminazione dei suoli, delle falde e sui progetti di bonifica. Per l'istruttoria degli elaborati progettuali già dal gennaio 2006 sono state condotte, ai sensi della legge n. 241 del 1999, numerose conferenze di servizi, istruttorie e decisorie, oltre che molteplici riunioni a cui hanno preso parte tutti gli enti e gli istituti scientifici di livello nazionale.
Sulla base delle informazioni acquisite è emersa la necessità di attivare incisivi interventi volti alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino del sito, la cui realizzazione consentirà il rilancio e il consolidamento delle principali attività economiche, ivi compresa l'agricoltura. Si fa presente altresì che, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, lo stato di emergenza, in vigore nella regione siciliana sin dal 31 gennaio 2007, è stato prorogato al 31 gennaio 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio ultimo scorso. Occorre poi sottolineare che, nell'ottica di una soluzione collaborativa e condivisa dell'emergenza in atto, è stato predisposto un piano di azione che ha coinvolto, oltre all'amministrazione regionale siciliana, anche tutte le amministrazioni a diverso titolo competenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, la maschera che per pochi istanti io, i colleghi del Movimento per l'Autonomia ed altri qui accanto a me abbiamo indossato ed indossiamo (I deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia e deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista indossano mascherine bianche) non riesce a proteggerci sul piano della coscienza dai miasmi mefitici, che si procurano a Gela attraverso l'attività dell'impianto petrolchimico.

PRESIDENTE. Invito i colleghi a togliersi la maschera per rispetto del Parlamento, altrimenti sarò costretto nuovamente ad un richiamo all'ordine.
Onorevole Lo Monte, la richiamo all'ordine.
Prosegua il suo intervento, onorevole Reina.

GIUSEPPE MARIA REINA. Una maschera non ha mai procurato grandi danni: ben altre manifestazioni sono state intentate in quest'aula!

PRESIDENTE. Chiedo agli onorevoli Rao, Neri e Oliva di rimuovere la maschera. Li richiamo tutti e tre all'ordine. Al secondo richiamo sarò costretto ad espellerli dall'aula.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signori rappresentanti del Governo, volete continuare ad ignorare lo sciopero della fame che il leader degli autonomisti siciliani, Raffaele Lombardo, ha iniziato seriamente - e non per scherzo - a partire da domenica 18 febbraio?
Si tratta di uno sciopero che intende porre l'attenzione sui grandi temi che riguardano le devastazioni procurate dagli impianti petrolchimici in Sicilia (a Gela, a Priolo, a Milazzo). Devastazioni che hanno conseguenze anche su tutte le altre attività dell'uomo, in primo luogo su quelle agricole.Pag. 70
Credo che la risposta fornita dal Governo sia insoddisfacente. Siamo di fronte ad un esecutivo che risulta assente, latitante e incapace di esprimere una politica seria.

(Misure a favore del settore dell'ortofrutta trasformata, anche con riferimento a recenti iniziative in sede comunitaria - n. 3-00662)

PRESIDENTE. L'onorevole Sperandio ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lombardi n. 3-00662 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.

GINO SPERANDIO. Signor ministro, oggi intendiamo dare visibilità in Parlamento a quei lavoratori che hanno iniziato uno sciopero della fame per denunciare la situazione dell'ortofrutta in serra e che ci chiedono di intervenire in difesa di questo settore.
Nel silenzio della grande stampa, questi lavoratori si fanno carico di una vicenda importante e noi abbiamo posto in evidenza quali sono gli elementi che conducono il settore su un crinale assai rischioso: la commercializzazione, i fenomeni di dumping collegati a frodi alimentari e la questione dell'OCM ortofrutta.
La lotta siciliana ci parla dell'attuazione del programma dell'Unione che prevede l'implementazione del ciclo corto, la sicurezza alimentare, la tracciabilità del prodotto. Occorre evidenziare anche le questioni dei diritti dei lavoratori del settore e della battaglia al lavoro nero in agricoltura.
La nostra politica agroalimentare non può assecondare le grandi industrie agroalimentari o, addirittura, le multinazionali legate alla produzione di OCM. Per questo chiediamo al Governo...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sperandio.
Il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, con riferimento a quanto rappresentato, non si possono non condividere le preoccupazioni espresse sullo stato di forte difficoltà in cui versa l'ortofrutta italiana, in particolare quella siciliana.
Come ho già avuto modo di dire in precedenza, l'attuale Organizzazione comune di mercato dell'ortofrutta mette a disposizione una serie di strumenti che, qualora pienamente utilizzati, dovrebbero assicurare un effettivo beneficio al comparto. Tuttavia, tali strumenti dell'OCM non sempre sono utilizzati a pieno come sarebbe auspicabile, con la conseguenza di ricorrenti situazioni di crisi del comparto, di carattere sia strutturale sia congiunturale.
Quanto alla proposta di riforma dell'OCM, nel condividere le preoccupazioni rappresentate in merito al disaccoppiamento totale degli aiuti, si assicura che l'amministrazione si adopererà in tutte le sedi comunitarie per ottenere - in particolare per il settore della frutta trasformata e del pomodoro - un periodo di transizione tra il sistema vigente e quello proposto dalla Commissione, attraverso un regime di disaccoppiamento parziale.
Nel contempo, l'azione dell'amministrazione a favore della tutela del comparto esplica un'attività di controllo esercitata dall'ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari. Tale attività ha avuto un importante risultato proprio in questi ultimi mesi e viene espletata soprattutto attraverso i mercati ortofrutticoli all'ingrosso, la grande distribuzione organizzata e gli esercizi commerciali al dettaglio. Essa è stata orientata in particolare alla verifica dell'etichettatura dei prodotti, la quale - lo ricordo - obbliga già all'indicazione dell'origine dei prodotti ortofrutticoli freschi e segnatamente alla corretta indicazione dell'origine della categoria e delle varietà.
Con particolare riferimento alla regione siciliana, l'ispettorato ha assicurato controlli sull'intero territorio regionale attraverso Pag. 71gli uffici periferici di zona e i laboratori di analisi di Catania. Solo negli ultimi nove mesi, complessivamente si sono effettuati sopralluoghi in 591 aziende, con 488 dirette controllate, 781 tipologie di prodotti che hanno portato a denunciare 25 casi di irregolarità e 15 aziende sono state sottoposte a sequestro. Anche nell'area del pomodoro pachino si è potuto attivare un'azione di controllo che sta dimostrando la sua efficacia.

PRESIDENTE. L'onorevole Lombardi ha facoltà di replicare.

ANGELA LOMBARDI. Grazie, signor Presidente. Lo sciopero della fame praticato dai contadini siciliani e le mobilitazioni annunciate nei prossimi giorni dalle organizzazioni sindacali narrano di una crisi che riguarda l'ortofrutta, con pesanti ricadute sociali ed economiche per il nostro paese, in particolare per le aree del Mezzogiorno. Tali iniziative parlano di una crisi profonda che viene anche da quel mondo che ci chiede di rovesciare il modello agricolo del WTO, l'organizzazione mondiale del commercio. Non si tratta di un Parlamento o di un Governo, ma tale organizzazione vuole imporre un modello a livello planetario. Quest'ultimo è un modello fondato su una furia produttiva che produce insicurezza alimentare, fame nel sud del mondo, desertificazione e impoverimento dei territori. Allora, signor ministro, le lotte di questi giorni dei contadini - li voglio chiamare proprio così - ci chiedono con forza di ripensare all'agricoltura di qualità che abbia al centro la qualità del lavoro e del prodotto, quindi la sicurezza alimentare; ci chiedono di porre al centro la cura e la manutenzione del nostro territorio.
Per questo siamo convinti che gli aiuti disaccoppiati previsti per l'ortofrutta - come del resto anche lei ha voluto sostenere - sono profondamente sbagliati. Infatti, essi sono volti a favorire la rendita e non il lavoro, non il prodotto né la qualità del prodotto. E in Europa rischia di vincere chi è in grado di proporre il prezzo più basso a danno della qualità, del lavoro e del prodotto. Gli effetti conseguenti li stiamo vedendo per l'appunto nell'ortofrutta meridionale.
Per questo credo che il Governo, in difesa del made in Italy e della dieta mediterranea, quindi in difesa di una vera e propria cultura, dovrà impegnarsi per ottenere risultati che non debbono somigliare a quelli ottenuti dal già ministro Alemanno riguardo allo zucchero.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELA LOMBARDI. Vorrei concludere rilevando che bisogna lavorare, come lei pure ha detto, signor sottosegretario, ad un modello che valorizzi il territorio.

(Operatività delle misure di sostegno alla famiglia previste dalla legge finanziaria 2007 - n. 3-00663)

PRESIDENTE. L'onorevole Galletti l'ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-00663 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor ministro, lei ha combinato un pasticcio. Per tutta la discussione sulla legge finanziaria ha sostenuto che dalla riforma delle aliquote fiscali avrebbero avuto un vantaggio i redditi più bassi e in particolare quelli delle famiglie con figli. Noi abbiamo provato a spiegare in quella sede che così non sarebbe stato, in quanto si sarebbero scaricati gran parte degli oneri sugli enti locali. Di conseguenza, le addizionali IRPEF degli enti locali avrebbero necessariamente stravolto il sistema. La situazione oggi è che, prendendo a riferimento undici capoluoghi di provincia su venti, tutti pagano di più - e sottolineo tutti -, ma chi paga un po' di più è la famiglia con due figli rispetto a quella che ha un figlio solo e così crescendo.
Non solo, ma se aggiungiamo a questo gli assegni familiari, la questione non cambia: si alza la soglia di guadagno (in alcuni capoluoghi arriva a 30 mila euro, mentre Pag. 72in altri a 35 mila) ma comunque le famiglie con più figli ci rimettono rispetto alle altre.
La domanda è molto semplice: come si intende ovviare a questo pasticcio che abbiamo combinato e, soprattutto, quali sono le ragioni che ci hanno spinto su questa strada?

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Galletti che con l'interrogazione in oggetto mi consente di chiarire l'equivoco nel quale è caduto, probabilmente insieme a molti altri lettori de il Sole 24 Ore di due giorni fa. Si tratta di un equivoco così grande che lo stesso quotidiano è stato costretto per ben due giorni a smentire in proposito.
Infatti, il suo ragionamento, onorevole Galletti, sarebbe corretto se ci fermassimo alla trasformazione operata nella legge finanziaria, passando dalle cosiddette deduzioni fiscali alle detrazioni fiscali. Tutti sanno che con le detrazioni fiscali si diminuisce ciò che il contribuente deve pagare, mentre con le deduzioni si diminuisce l'imponibile. Noi abbiamo compiuto tale operazione perché è chiaro che essa va a vantaggio di tutti i redditi medio-bassi. Infatti, per quanto si possa diminuire l'imponibile a chi guadagna poco, sempre pochi vantaggi gli si danno. Si tratta infatti di una misura che va a vantaggio dei redditi medio-alti.
Il ragionamento dei redattori de il Sole 24 Ore, che abbiamo dimostrato essere sbagliato grazie agli interventi del ministero delle finanze e dell'ANCI, assume il fatto che, se non si diminuisce l'imponibile, le aliquote delle addizionali comunali e regionali IRPEF incidono maggiormente di quanto non avrebbero fatto se vi fossero state le deduzioni al posto delle detrazioni.
Fin qui il ragionamento potrebbe anche essere valido. Peccato che non si sia tenuto conto del fatto che, accanto alle detrazioni, vi sono gli assegni familiari. Ciò che è stato attribuito alle famiglie italiane con figli e reddito lordo fino a 40 mila euro all'anno ci porta a dire (con tabelle alla mano che le consegno, onorevole Galletti; purtroppo non posso leggerle integralmente in quanto sono molto numerose ed allora le consegnerò perché rimangano agli atti) con chiarezza che guadagna il 65 per cento delle famiglie italiane con un figlio minore, il 67 per cento di quelle con due figli minori ed il 76 per cento di quelle con più di due figli minori. Tutto ciò avviene al netto delle addizionali; al lordo, la percentuale relativa alle famiglie con due figli arriva all'80 per cento.
Voglio far notare che attualmente solo il 7 per cento delle regioni e dei comuni italiani ha aumentato le addizionali IRPEF. Pertanto, tale misura non è generalizzata. Tuttavia, anche laddove tale circostanza si è verificata, ben il 76 per cento delle famiglie con più di due figli trae vantaggi dalla legge finanziaria, il 67 per cento di quelle con due figli ed il 65 per cento di quelle con un solo figlio.

PRESIDENTE. Ministro Bindi, la prego di concludere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Come vede non abbiamo combinato pasticci, ma abbiamo dato vantaggi al 70 per cento delle famiglie italiane con figli (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, signor ministro per le politiche per la famiglia, lei sa che quello che sta dicendo con imbarazzo è frutto probabilmente delle tabelle prodotte per l'ennesima volta dal Ministero del tesoro e su cui abbiamo discusso durante il dibattito relativo alla legge finanziaria. Tali tabelle l'hanno indotta a dire il 28 dicembre scorso che il 2007 sarebbe stato l'anno di svolta per la famiglia, grazie a Prodi ed alla sua legge finanziaria, e che l'hanno indotta a dire il 17 gennaio che, grazie alle detrazioni fiscali Pag. 73ed agli assegni familiari, le famiglie avrebbero risparmiato fino a 772 euro. Come si evince anche dalla lettera odierna scritta dal ministero a il Sole 24 ore, i fatti purtroppo sono del tutto diversi. Non lo dice un quotidiano nazionale, ma anche altre persone, tra cui - per citarne una - il fratello di Ciriaco De Mita, suo compagno di partito, che ha dimostrato come questa manovra finanziaria non solo peggiori la condizione delle famiglie con figli, ma sia anche al limite della incostituzionalità.
Ciò perché introduce il criterio - caro a lei, e proposto anche attraverso i Pacs - per cui il principio di uguaglianza non vale: infatti, condizioni uguali sono trattate in maniera diversa!
Allora, onorevole ministro per le politiche per la famiglia, la invito a non «incaponirsi» su una realtà che grida vendetta, perché si può sbagliare nella vita! Noi glielo avevamo detto: le famiglie italiane stanno facendo i loro conti, e chi ha più figli a carico paga di più! È esattamente l'opposto di ciò che si voleva fare! La invito, quindi, a prendere atto della realtà con umiltà, poiché deve rendersi conto che bisogna modificare radicalmente quella riforma del sistema fiscale che avete varato.
Non sono l'UDC, il Vaticano o il forum delle famiglie a dirlo: lo affermano economisti, esperti italiani ed internazionali di diritto amministrativo ed un commercialista qualunque, il quale dimostra che la realtà è diversa dalla sua fantasia!
Onorevole ministro Bindi, capisco anche, ed ho concluso...

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, concluda.

LUCA VOLONTÈ. ...la confusione di queste ore e, probabilmente, dei prossimi giorni. Tale confusione, però, non può arrecare nocumento alla realtà delle famiglie italiane. Le famiglie, per colpa non sua, ma di questo Governo, il quale è il primo a prevedere un ministero per la famiglia...

PRESIDENTE. La prego di concludere...!

LUCA VOLONTÈ. ...con la vostra riforma fiscale, anziché guadagnarci, ci perdono!

(Effetti delle misure di sostegno alla famiglia adottate dal Governo, con particolare riferimento allo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi - n. 3-00664)

PRESIDENTE. L'onorevole Zanotti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Fincato n. 3-00664 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmataria.

KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, ministro Bindi, senza alcun dubbio la qualità dello sviluppo può essere garantita da nuove politiche che, assumendo come parametro del benessere sociale del Paese anche la condizione delle famiglie, realizzino il potenziamento delle reti di sostegno, prevedano interventi economici e servizi e riconoscano i diritti sia delle persone che le compongono, sia dell'intero nucleo familiare.
In tal senso, la legge finanziaria per il 2007 ha segnato, senza alcun dubbio, una netta, decisa e strategica inversione di tendenza rispetto alle politiche varate dal centrodestra, spesso rappresentate da abbandono o da interventi caritatevoli e da una tantum del tutto inconsistenti. Fra le diverse misure a sostegno delle famiglie, ricordo che la legge finanziaria prevede 300 milioni di euro da destinare al potenziamento della rete degli asili nido.
Si tratta di un vero e proprio piano straordinario per superare le profonde disuguaglianze che vi sono sul territorio nazionale, nonché...

PRESIDENTE. Onorevole Zanotti, concluda!

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KATIA ZANOTTI. ...per aumentare in modo considerevole i posti degli asili nido, anche con orari maggiormente flessibili e costi ridotti. Insomma, più servizi per l'infanzia a sostegno delle famiglie e delle donne che, pur scegliendo...

PRESIDENTE. La prego di concludere...!

KATIA ZANOTTI. ...la maternità, decidono anche di lavorare.

PRESIDENTE. Grazie...

KATIA ZANOTTI. Signor ministro, vorremmo quindi conoscere gli interventi e le iniziative che intende intraprendere in tale ambito.

PRESIDENTE. Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, mi dispiace molto che sia andato via l'onorevole Volontè, perché, con un po' più di tempo a disposizione, avrei chiarito anche le sue idee, che continuano ad essere molto confuse!
Con la vigente legge finanziaria, infatti, come ricordato giustamente anche dall'onorevole interrogante Zanotti, non soltanto è stato stanziato un investimento di 3 miliardi di euro in deduzioni fiscali ed in assegni familiari, ma è stata anche prevista, finalmente, l'istituzione di un fondo per la famiglia - che ammonta a 210 milioni di euro -, con i quali finanzieremo, in larga parte, la conciliazione dei tempi di lavoro, il rilancio dei consultori familiari ed il sostegno all'attività di assistenza agli anziani non autosufficienti.
Inoltre, sosterremo il piano straordinario di costruzione di asili nido, il quale, a sua volta, prevede, in tre anni, un finanziamento di 300 milioni di euro, che il Governo intende investire attraverso un accordo di programma stipulato con le regioni, gli enti locali, le fondazioni bancarie ed il sistema imprenditoriale italiano, fino a raggiungere una cifra che si potrà aggirare intorno ad un miliardo di euro. Tale piano ci consentirà di costruire, nei prossimi tre anni, 90 mila posti negli asili nido. Ciò non solo per offrire un servizio all'infanzia, ma anche per meglio conciliare il lavoro delle donne, il cui basso tasso di occupazione rappresenta un altro aspetto negativo del nostro Paese.
Questa è una vera politica per la famiglia! Non si tratta, infatti, della politica delle una tantum o delle deduzioni fiscali che premiavano i redditi più alti. Tale politica, al contrario, va a vantaggio delle famiglie, dei nuclei con figli e delle donne che lavorano!
Aggiungo, inoltre, che stiamo preparando la Conferenza nazionale sulla famiglia, che si terrà, a Firenze, nel mese di maggio. Sarà un'occasione nella quale tutto il paese rifletterà sul tema e sarà lanciato un piano nazionale per la famiglia, che darà vita ad una legge organica per la famiglia, a sostegno soprattutto della natalità, delle famiglie con figli, degli anziani non autosufficienti, del lavoro delle donne. Questo perché il Governo di centrosinistra - quel Governo che ci auguriamo che, nonostante le obiettive difficoltà di oggi, possa continuare ad onorare i propri impegni con gli elettori - ha a cuore la crescita e lo sviluppo di questo Paese, incentrati sui valori fondamentali che difendiamo con politiche vere e non con gli spot, la propaganda e la sporadicità degli anni precedenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Fincato ha facoltà di replicare. Le ricordo che ha due minuti di tempo a sua disposizione.

LAURA FINCATO. Signor Presidente, signor ministro, la ringrazio per la chiarezza con la quale ha confutato tesi che non stanno in matematica, ma non stanno soprattutto in politica. Infatti, l'articolo de Il Sole 24 ore del 19 febbraio, certamente, è stato non vero e fuorviante. Le tabelle che lei ha a disposizione e che poc'anzi ha mostrato svelano come queste nuove aliquote IRPEF e le detrazioni correggano le storture precedenti; aumenta il reddito a Pag. 75disposizione delle famiglie e, non piccolo particolare, diminuisce il numero dei contribuenti che non pagano le addizionali locali.
Anche in questo caso, verrebbe da chiedere un po' di correttezza a chi dichiara che tutta l'Italia è uguale. Non è così, non tutti i comuni hanno applicato le addizionali; quindi, sarebbe molto più serio un ragionamento, che si attenesse ai principi e alla realtà e non fosse sempre legato all'ideologia, su una famiglia, che è quella descritta dall'Istat piuttosto che dai disegni di certi colleghi che sono intervenuti.
La nostra legge finanziaria si è attenuta a principi importanti: la qualità dello sviluppo e la distribuzione equa. In questo secondo punto, lei, signor ministro, ricordava le detrazioni, i miliardi in assegni familiari, gli aiuti per la creazione degli asili nido.
È quindi vero e fattivo l'intervento per la famiglia, per l'occupazione e per l'infanzia, perché al centro del lavoro di questo Governo e di questa maggioranza stanno i seguenti punti: i servizi e il sistema del lavoro, per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati.
Noi vogliamo battere il declino della fertilità, vogliamo che ci siano i figli, vogliamo generare i figli, vogliamo accogliere i figli e questo significa (e lei lo sta dicendo) che si deve cambiare il modo di essere nel mondo del lavoro delle donne, creando servizi flessibili, cambiandone le rigidità e le tipologie.
Il tempo pieno per entrambi i genitori vuol dire entrare nel tempo delle donne e nella rete dei servizi. Significa seguire la via europea, non soltanto nordeuropea, quella che è stata indicata a Lisbona...

PRESIDENTE. Onorevole Fincato...

LAURA FINCATO. ... quella dei paesi che dimostrano che il lavoro femminile e i servizi fanno più famiglia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

(Iniziative per l'ammodernamento delle infrastrutture nel Mezzogiorno, con particolare riferimento alle infrastrutture ferroviarie della Puglia - n. 3-00665)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Gioia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00665 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, ministro, lei conosce bene le difficoltà del Mezzogiorno dal punto di vista infrastrutturale e gli impegni che il Governo nel centrosinistra ha assunto, per risolvere queste problematiche e rilanciare lo sviluppo economico ed occupazionale.
In tale contesto, vi sono grandi difficoltà in una realtà, come quella della regione Puglia, le cui infrastrutture ferroviarie ed autostradali versano in grandi difficoltà.
Vi è anche il problema della provincia di Foggia, con particolare riferimento allo sviluppo dell'alta capacità ferroviaria e agli interventi sulla linea ferroviaria Foggia-Caserta, dove ancora oggi manca il doppio binario.
Per questo motivo, chiediamo con grande determinazione al ministro delle infrastrutture gli atti ufficiali, per dare risposte ai cittadini pugliesi e della Capitanata.

PRESIDENTE. Il ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, due sono le questioni specifiche poste con l'interrogazione; ad esse risponderò in modo puntuale.
In merito alla vicenda relativa alla tratta Foggia-Napoli, Ferrovie dello Stato assicura che gli interventi previsti non prevedono lo spostamento della stazione di Foggia; quindi, si passa per Foggia.
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Per quanto invece concerne il raddoppio della linea ferroviaria Foggia-Caserta, che fa parte dell'itinerario più ampio Roma-Napoli-Bari, rendo noto che lo scorso 20 luglio 2006, tra Ministero delle infrastrutture, Ministero dei trasporti, regione Campania, Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana, è stato sottoscritto un protocollo che individua i seguenti interventi: velocizzazione e raddoppio della tratta Cancello-Benevento, per un costo stimato in 1 miliardo 392 milioni di euro; raddoppio della tratta Apice-Orsara di Puglia, per un costo stimato in 2 miliardi 210 milioni di euro; raddoppio, infine, della tratta Foggia-Bari - appunto, dunque: Foggia-Bari - con un collegamento diretto, per un costo stimato in 97 milioni di euro. Già adesso sono previsti, nel contratto di programma, 219 milioni 500 mila euro e si sta procedendo alla progettazione.
Stiamo realizzando tali interventi nonostante abbiamo dovuto far fronte (e stiamo facendo fronte) ad una serie di impegni di spesa che noi abbiamo «trovato» e che erano rimasti non onorati: dai circa 7 miliardi di euro per l'alta velocità - con fatture scadute da pagare - ai circa 2 miliardi e mezzo o 2 miliardi 700 mila euro che mancavano e mancano per completare la «Salerno-Reggio Calabria».
Infine, la informo che lunedì prossimo, alle 9 di mattina, a Bari, il Ministero stipulerà un altro contratto di programma con la regione e gli altri enti interessati per circa un altro miliardo e mezzo di euro relativamente ai PON nel 2007-2011, programmi operativi di competenza nazionale; in tale ambito provvederemo all'inserimento sia del Nodo di Bari sia di altre importanti opere infrastrutturali, sia viarie sia ferroviarie.
Come vede, si tratta di un impegno importante per il Mezzogiorno, proprio per fare fronte alla situazione lasciata dal precedente Governo; ricordo che soltanto il 13 per cento degli investimenti previsti dalla cosiddetta legge-obiettivo era stato destinato... Solo l'8 per cento al sud, mentre il 77 per cento erano andati al nord. Questi sono fatti.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Gioia ha facoltà di replicare, per due minuti.

LELLO DI GIOIA. Mi ritengo soddisfatto della sua risposta, signor ministro. Ovviamente non poteva essere diversamente, dal momento che avevamo assunto con le comunità meridionali un impegno forte: incidere sui problemi strutturali ovvero quelli dell'infrastrutturazione del nostro Paese.
Siamo tutti convinti di come, nella scorsa legislatura, siano stati pochissimi i finanziamenti rivolti al Mezzogiorno d'Italia e, in modo particolare, alla nostra regione Puglia. Fa piacere che lei abbia voluto sottolineare, anche con dovizia di particolari - e puntualmente indicando le somme stanziate -, le «strozzature» del sistema ferroviario che si rinvengono nella nostra realtà pugliese, in modo particolare nella provincia di Foggia.
Siamo soddisfatti per la risposta data sulla questione della tratta Foggia-Benevento-Caserta, che verrà raddoppiata; quindi, i finanziamenti non sono stati dirottati. Ci riteniamo altresì soddisfatti, d'altronde, per gli interventi sull'alta velocità, che non escludono la stazione di Foggia.
Voglio sottolineare tutto ciò perché lei possa assumere ulteriori impegni e dare risposte ai problemi ed alle difficoltà trovate. Vi sono due statali, la n. 16 e la n. 17, che vengono definite le statali della morte a causa degli incidenti stradali che vi avvengono sistematicamente. Al riguardo, vorremmo sapere come mai, pur essendo stati appaltati, i lavori sono fermi e non si riesce a riprenderli.
Credo che lei, signor ministro, possa prendere a cuore questo problema e dare risposte immediate ad una realtà che è fortemente critica da un punto di vista infrastrutturale (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Verdi).

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(Iniziative per la tutela dell'istituto matrimoniale in relazione alla disciplina sul ricongiungimento familiare - n. 3-00666)

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00666 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), di cui è cofirmatario.
Avverto che il ministro Mastella si è dovuto recare a Palazzo Chigi, in relazione agli sviluppi della situazione politica (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania - Commenti) e risponderà eccezionalmente all'interrogazione il ministro per le politiche per la famiglia, onorevole Bindi, considerata anche l'attinenza della materia.
Prego, onorevole Alessandri, ha facoltà di parlare. Le ricordo che ha a disposizione un minuto.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, personalmente non accetto la risposta da parte dell'onorevole Bindi, perché, in questo momento, non sappiamo neanche se sia ancora ministro e dobbiamo attendere la conclusione del vertice per saperlo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia - Commenti)! Onestamente, credo che i rimpasti di Governo, di solito, richiedano qualche ora. Pensare che lei, ministro Bindi, sia già diventata ministro della giustizia mi spaventa anche un po', onestamente.
Quello affrontato nell'interrogazione è un tema talmente serio, riguardante una decisione del tribunale di Milano, che non mi sento, onestamente, di ricevere la risposta da parte del ministro Bindi, la quale se ne sta andando (Commenti)...

ANDREA GIBELLI. Vai, vai, vai... È proprio quello che devi fare, vattene!

ANGELO ALESSANDRI. Esattamente come il Governo: se ne va a casa!

ANDREA GIBELLI. È un'indecenza! È un'indecenza (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

CARMEN MOTTA. Nella scorsa legislatura aveva sempre risposto Giovanardi!

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, le ricordo che ha ancora 16 secondi di tempo a disposizione. Prego i colleghi...

ANDREA GIBELLI. Vergognatevi!

PRESIDENTE. Prego i colleghi di fare silenzio e di lasciar concludere l'onorevole Alessandri.

ANGELO ALESSANDRI. Devo dire che la perplessità è grande, anche perché credo che abbiamo tutti imparato a leggere il giornale. Secondo Il Corriere della Sera che, tra l'altro, è un giornale che, di solito, riporta in modo molto preciso le vostre parole, il vicepremier D'Alema, ieri, ha dichiarato che se non c'era la maggioranza al Senato, se ne sarebbero andati tutti a casa (Deputati del gruppo Lega Nord Padania mostrano una copia de Il Corriere della Sera - Commenti)!

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, ha esaurito il tempo a sua disposizione.
Voglio ricordare che l'onorevole Bindi è ministro tuttora in carica e che la caratteristica, lo ripeto, delle interrogazioni a risposta immediata è quella di consentire a tutti i gruppi di interloquire con il Governo. Anche il suo gruppo, onorevole Alessandri, ha avuto questa possibilità. Come lei sa, nella precedente legislatura, normalmente era il ministro per i rapporti con il Parlamento che veniva in aula a rispondere. In questa legislatura, in sede di Ufficio di Presidenza, si è considerata la possibilità che ministri appartenenti allo stesso gabinetto potessero eccezionalmente rispondere in luogo dei colleghi. Per questa ragione...

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori!

PRESIDENTE. No, non c'entra l'ordine dei lavori. L'ordine dei lavori, come lei sa, Pag. 78onorevole Gibelli, per questa seduta è prestabilito, e non è sub iudice. Quindi, adesso...

ANDREA GIBELLI. Ci sono dei precedenti!

PRESIDENTE. No, onorevole Gibelli, non ci sono.

ANDREA GIBELLI. Non è così!

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, la prego di consentire la prosecuzione...

ANDREA GIBELLI. Basta convocare la Conferenza dei capigruppo!

PRESIDENTE. Capisco che lei stia utilizzando la diretta televisiva, ma la prego di consentire la conclusione dei lavori. Non mi costringa a sospendere la seduta perché, a questo punto, sarebbe una sospensione definitiva e priverebbe...

ANDREA GIBELLI. Non è possibile cambiare il ministro in corso!

PRESIDENTE. ...i colleghi di Forza Italia della possibilità di interloquire con il Governo (Commenti).
Il ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, mi consenta, però - anche se questa espressione in bocca mia è un po' insolita! -, poiché chi ci ascolta non ha capito cosa volevano gli interroganti, di lasciare agli atti...

PRESIDENTE. Ministro, lei non può lasciare agli atti... C'è la diretta televisiva e lei deve dare lettura del testo della risposta (Commenti).

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Va bene. Rubo un secondo per far capire ciò che è successo, perché (Commenti)...

PRESIDENTE. Proceda, onorevole ministro, per cortesia.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Ricostruisco anzitutto i fatti, così anche chi ci segue capisce.
L'ambasciata d'Italia ad Islamabad ha rigettato l'istanza di visto per ricongiungimento familiare presentata dalla cittadina pakistana Samara Zahid, con la motivazione che il matrimonio contratto per telefono con il signor Chatta Zahid Mushtaq, anch'egli cittadino pakistano, residente in Italia, non è conforme al nostro ordinamento. Il marito dell'interessata ha proposto ricorso avverso il provvedimento dinanzi al tribunale di Milano che, con ordinanza dello scorso 1o febbraio, ha annullato il provvedimento dell'ambasciata.
Devo aggiungere che, in un caso analogo, il Ministero degli affari esteri aveva recentemente proposto dinanzi alla Corte di cassazione un ricorso avverso un decreto della corte d'appello di Brescia con cui era stato accolto il ricorso di un cittadino pakistano, Rassol Shaid, il quale aveva anch'egli contatto matrimonio in Pakistan via telefono. La Corte di cassazione, con sentenza n. 2055, del 22 settembre 2006, rigettò tale ricorso, ritenendo che lo stato di coniuge debba essere affermato ove il matrimonio sia contratto «nella forma e nelle attestazioni dell'ordinamento di provenienza dei coniugi». In effetti, i limiti posti dalle norme fondamentali del nostro ordinamento al riconoscimento di statuti giuridici diversi sono individuati soltanto nel contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico italiano e con il buon costume. Con una decisione il cui merito non può essere sindacato in sede politica né amministrativa, i giudici hanno ritenuto che non realizza un tale contratto il caso del matrimonio tra i cittadini pakistani cui si fa riferimento. In effetti, il tribunale di Milano ha fatto applicazione dei principi che regolano i rapporti tra legge nazionale ed internazionale e, in particolare, dell'articolo 28 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto Pag. 79internazionale privato, il quale riconosce la validità del matrimonio quando esso è considerato valido dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi.
D'altra parte, ricordo che per molti decenni il matrimonio per procura ha costituito una tipica forma matrimoniale utilizzata dagli emigrati italiani. Nel caso di specie, siamo di fronte ad una modalità più moderna, che vuole superare gli stessi ostacoli ed intende realizzare le stesse finalità del matrimonio per procura.
In definitiva, all'autorità amministrativa italiana non spetta un sindacato sulle forme stabilite dalla legge straniera per la celebrazione di un matrimonio valido a tutti gli effetti di legge, dovendosi limitare il suo intervento ad un mero controllo sulla reale sussistenza delle condizioni previste dalla legge straniera.

PRESIDENTE. Signor ministro, la prego di concludere.

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Tutto ciò non ha niente a che vedere con la poligamia, che preoccupava molto l'onorevole interrogante. Aggiungerei, in qualità di ministro per le politiche per la famiglia, che ho trovato davvero singolare che i difensori del matrimonio, quali si sono dichiarati, in questi giorni, gli interroganti, siano così preoccupati per un altro matrimonio che si è celebrato, ancorché in via telefono, nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Comunisti Italiani e Verdi)!

PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Bindi per aver saputo leggere la risposta confezionata dal ministro della giustizia, onorevole Mastella. Sarebbe bastato anche un funzionario, forse, per far questo.
Devo dire che l'argomento è, in effetti, molto serio. Però, se cominciamo ad accettare il matrimonio per telefono credo che, poi, il passo successivo potrebbe essere anche quello del voto degli extracomunitari per telefono e, magari, del divorzio via SMS e della patente di guida via play station! Allora, perché non accettare le dimissioni del Governo a mezzo stampa? Era questo che chiedevo, cioè sapere se siate ancora in carica come ministri, se questo Governo abbia ancora un senso (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale) oppure se, nel conclave di Palazzo Chigi, si stia decidendo qualcos'altro!
Mi è stato ricordato, in precedenza, che Umberto Bossi, anni fa, a Pontida, utilizzò un'espressione che rende l'idea e che rivolgo, non a lei, ma a D'Alema: un uomo si riconosce anche quando, data la propria parola, la mantiene. D'Alema, ieri, ci ha fatto una promessa, ci ha fatto sognare. Rispondendo ad un giornalista che gli domandava se, nel caso non avessero ottenuto la maggioranza, quest'oggi, al Senato, sarebbero andati tutti a casa, egli ha risposto di sì, assolutamente, trattandosi di un fatto di rilevanza costituzionale. Allora, lei, che sta ancora giocando a fare il ministro, ci dica perché non se ne va a casa, così come il suo vicepremier l'ha invitata a fare, su il Corriere della Sera di oggi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Perché ci interrogate, allora? Se non siamo più in carica, perché ci interrogate?

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Bindi, a casa!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. A casa!

ANGELO ALESSANDRI. Questo è il vero problema!
Per quanto ci riguarda, la nostra contrarietà al «foglietto», alla velina che lei ha appena letto è totale, visti gli SMS e le telefonate che stanno arrivando da Pag. 80parte della gente perbene, che sta esultando perché, finalmente, dovete andarvene a casa!

ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Calma, calma!

ANGELO ALESSANDRI. Noi siamo con loro! Se questo vale per il matrimonio, vale anche per le vostre dimissioni! Governo, a casa! Anzi, utilizzando una frase pronunciata in questa Assemblea, qualche anno fa, aggiungo: Napolitano, cucù! Questo Governo non c'è più (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

(Misure a favore della filiera della produzione del latte e della mozzarella di bufala campana - n. 3-00659)

PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Russo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Elio Vito n. 3-00659 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario.
Chiedo ai colleghi di prestare un po' di attenzione e di fare silenzio. Questa è l'ultima interrogazione.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, dubito che il ministro possa rispondermi. Come sa, il Governo era traballante, ora è di minoranza. Di fatto dimissionato, il ministro Mastella ci ha informato che, non essendo minoranza alla Camera, si sente ministro della Camera, non ministro del Senato.
Comunque, per senso di responsabilità, noi siamo qui e continuiamo il nostro lavoro di interroganti. Lei, se se la sente, magari a titolo personale, ci può rispondere e spiegare, in particolare, ciò che sta accadendo nel territorio aversano, dal quarto trimestre del 2006.
Come lei sa, si è registrato un notevolissimo incremento di animali affetti da brucellosi. Comprenderà come la crisi di questo settore metta in ginocchio la più importante filiera agroalimentare, legata alla produzione di latte di bufala, essenziale per la già asfittica economia campana.
Ci dica, ministro, quali sono i veri motivi che hanno impedito al ministro della salute di approvare il nuovo piano straordinario per il contenimento e l'eradicazione della brucellosi bufalina entro il 15 gennaio scorso, così come previsto dalla legge finanziaria, e, soprattutto, signor ministro, avremmo piacere di sapere quali sono i prossimi atti e le prossime iniziative. Ci riferiamo, ovviamente, alle iniziative delle prossime ore, visto lo stato comatoso del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, mi limito a rispondere alla domanda e non faccio commenti.
Al fine di completare quanto già detto in occasione della precedente interrogazione di competenza del mio dicastero, si evidenzia che il nuovo piano triennale per il contenimento e l'eradicazione della brucellosi, di cui al comma 1073 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, è già in fase di attuazione.
Il piano deve rispettare le disposizioni a tutela della salute pubblica ed animale, previste proprio dall'ordinanza del ministro della salute del 14 novembre 2006, concernente misure straordinarie di polizia veterinaria in materia di tubercolosi, brucellosi bovina e bufalina e brucellosi ovicaprina.
Nel corso di una riunione svoltasi proprio pochi giorni fa, il 12 febbraio, congiuntamente all'autorità della regione Campania, con la quale siamo in stretto contatto, insieme alla provincia di Caserta e ad un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si è convenuto che il piano debba essere redatto a cura della stessa regione e, successivamente, inoltrato al Ministero della salute.Pag. 81
Allo stato, il piano antibrucellosi non è ancora pervenuto, per le valutazioni di competenza, al Ministero della salute. Lo stesso, per la relativa applicabilità sul territorio, dovrà essere sottoposto alla valutazione della Commissione europea.
Al fine di non consentire che ulteriori ritardi nell'applicazione delle misure straordinarie già disposte possano favorire una maggiore diffusione della malattia nelle aziende interessate, il ministro della salute ha emanato l'ordinanza del 14 febbraio 2007, concernente misure straordinarie di polizia veterinaria integrative di quelle già previste nell'ordinanza del 14 novembre 2006, diramata in via d'urgenza, per via telegrafica, alle autorità sanitarie ed entrata immediatamente in vigore.
La recente ordinanza ribadisce che i piani regionali di profilassi per la prevenzione e l'eradicazione delle malattie degli animali a carattere diffusivo, adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 292, devono essere predisposti nel rispetto delle misure sanitarie di cui all'ordinanza del 14 novembre 2006.
Pertanto, la situazione, pur nella sua difficoltà e nei ritardi, è assolutamente all'attenzione del Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Russo ha facoltà di replicare.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, signor ministro, non sono soddisfatto della sua risposta. Avrei preferito maggiore franchezza, ma comprendo il suo imbarazzo, a parte la condizione particolare di oggi in cui siete di fatto dimissionati. L'imbarazzo immagino derivi anche dal dover indicare nei rappresentanti della regione Campania i responsabili di questi drammatici eventi. I loro ritardi stanno complicando anche la vostra difficile e improbabile azione.
Il latte di bufala è il vero oro bianco della Campania, ma questo Governo sembra più aduso a costosi accordi sulle spalle dei contribuenti, volti a tutelare, proteggere e, di fatto, a finanziare la FIAT di turno, garantendo la solita cassa integrazione a migliaia di lavoratori. Eppure, il sistema mozzarella di bufala significa oltre 20 mila addetti in un'area dove il lavoro, grazie alle vostre politiche, è sempre più un miraggio.
Signor ministro, se si fosse intervenuti per tempo con un adeguato piano vaccinale, avremmo sicuramente salvato molti di questi capi. Noi vogliamo tutelare il consumatore e, per questo motivo, avremmo desiderato che si fosse agito per tempo, come sollecitato, con una vaccinazione dei capi sani e con esami di ricerca della brucellosi, partendo dalla condizione di rischio per il consumatore, cioè dal latte di stalla.
Si vuole, per partito preso, abbattere capi al sud, in Campania, nel casertano, per consentire a nuove aree nazionali o addirittura straniere, a nuove realtà produttive di emergere. Bell'esempio di libera concorrenza! Si ammazza la realtà campana per far crescere altro.
Semmai, occorrono misure straordinarie per salvare la bufala mediterranea italiana e la filiera lattocasearia della mozzarella di bufala, che non deve essere toccata con le solite ordinanze burocratiche, che ingessano il sistema, non tutelano la qualità della produzione, dimenticano il consumatore e mirano a penalizzare un'area ed un prodotto che, sul piano della concorrenza, ha avuto la capacità di porre in essere brillantissime performance, nonostante i ritardi e le inadempienze della regione Campania e di questo Governo nazionale.
Ma, intanto e per fortuna, d'ora in avanti, non dovrete essere più voi ad occuparvi del governo del paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta fino al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata per le ore 17.

La seduta, sospesa alle 16,45, è ripresa alle 17,30.

Pag. 82

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, a seguito di quanto stabilito nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, che tornerà a riunirsi domani mattina alle ore 9,30, darò ora lettura dell'ordine del giorno della seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 22 febbraio 2007, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1236 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Approvato dal Senato) (2200).
- Relatore: Dato.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2114-B).
- Relatore: Amici.

La seduta termina alle 17,35.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 10
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. moz. Mura e a. 1-95 496 493 3 247 260 233 72 Appr.
2 Nom. moz. Sereni e a. 1-96 497 493 4 247 256 237 72 Appr.
3 Nom. moz. Balducci e a. 1-98 502 499 3 250 260 239 72 Appr.
4 Nom. moz. Cioffi e a. 1-102, I parte 495 447 48 224 418 29 72 Appr.
5 Nom. moz. Cioffi e a. 1-102, II parte 498 271 227 136 270 1 72 Appr.
6 Nom. moz. Frias e a. 1-103 503 500 3 251 258 242 72 Appr.
7 Nom. moz. Lussana e a. 1-104, I parte 500 496 4 249 245 251 72 Resp.
8 Nom. moz. Lussana e a. 1-104, II parte 504 499 5 250 259 240 72 Appr.
9 Nom. moz. Lussana e a. 1-104, III parte 502 477 25 239 471 6 72 Appr.
10 Nom. moz. Lussana e a. 1-104, IV parte 498 497 1 249 240 257 72 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.