XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 110 di giovedì 15 febbraio 2007

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[allegato A]
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[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 9,30.

VALENTINA APREA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Castagnetti, Franceschini, Gasparri, Gozi, Lion, Migliore, Oliva, Realacci, Scajola, Sgobio, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto (A.C. 445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-A) (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
Ricordo che nella seduta di ieri sono stati, da ultimo, esaminati gli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente come gruppo voteremo a favore dell'istituzione del nuovo sistema di sicurezza nazionale, anche se nel dibattito di ieri abbiamo sollevato alcune questioni, insieme ad altri gruppi. In particolare, una delle critiche da noi mosse e che sicuramente dovrà essere tenuta in considerazione, come sostenuto dal presidente della Commissione, attraverso future leggi, riguarda il seguente aspetto: i giornalisti, nel momento in cui vengono a conoscenza di notizie coperte da segreto e le diffondono, possono essere puniti con la reclusione fino a tre anni. Noi, come altri gruppi, siamo di ispirazione riformista e riteniamo che la stampa debba svolgere un'opera di conoscenza nei confronti dei cittadini in ordine a questioni di loro interesse.
Avevamo criticato anche il fatto che spesso e volentieri i segreti di ufficio e di Pag. 2Stato comportano notevoli problematiche, dando luogo, per così dire, a situazioni borderline tra il segreto e ciò che viene a conoscenza della libera stampa. Vorremmo al riguardo fare una considerazione, tenendo presente la nostra carta costituzionale, in particolare l'articolo 24, secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, come evidenziato ieri da qualche collega. Se i fatti per cui si è portati in giudizio riguardano il segreto di Stato e se gli elementi coperti dal segreto di Stato, che non potrà essere violato, possono essere l'elemento dirimente per l'assoluzione, ebbene l'articolo 24 non viene rispettato, come non viene rispettato l'articolo 21 della Costituzione che, al secondo comma, recita: «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
I due articoli della Costituzione citati vengono a cozzare con il testo di legge che abbiamo predisposto, che comunque - come ho già preannunciato - avrà il nostro voto favorevole, in quanto, pur essendo il provvedimento sicuramente perfettibile, con esso tuttavia si è fatto un grande passo in avanti per normare una materia molto difficile. La Commissione, con il suo presidente - lo voglio dire pubblicamente -, ha ben lavorato e si molto è impegnata. A parte qualche critica legittima da parte di vari gruppi, arriviamo ad un voto unanime proprio per il lavoro svolto dalla Commissione e dal suo presidente, che ha lavorato per far sì che questa materia fosse normata, e lo fosse con il più ampio consenso dei deputati. Per esempio, è stata attribuita per legge la presidenza del Copaco alla minoranza, per evitare che il Governo, il Presidente del Consiglio, controlli se stesso e per far sì che esista un organismo parlamentare in mano all'opposizione, consentendo al Parlamento di avere effettivamente il controllo.
Quindi, nel riconfermare il nostro voto favorevole, riteniamo necessario, con futuri provvedimenti, evitare - e lo sottolineiamo nuovamente - che la libera stampa e i giornalisti siano gli unici a pagare se diffondono e pubblicano notizie sulle quali ignorano sia stato apposto il segreto di Stato.
Vorrei sottolineare un'altra considerazione: gli interessi nazionali devono essere tutelati anche in campo internazionale, ma non in maniera fine a se stessa. Deve essere veramente in gioco l'interesse nazionale. Non deve trattarsi della solita misura fatta per i «furbetti del quartierino».
Queste sono le critiche che, come gruppo, muoviamo ad un testo di legge sul quale esprimeremo comunque voto favorevole e che riconosciamo essere frutto di un lavoro serio e competente svolto dal presidente e dalla Commissione. Abbiamo mosso queste critiche per portare un contributo costruttivo, affinché con provvedimenti successivi si possano tutelare anche i giornalisti, facendo in modo che il segreto di Stato sia apposto solo per questioni di mero interesse nazionale, tali che il segreto favorisca gli interessi del paese.
Con queste considerazioni, confermo il voto favorevole della Democrazia cristiana-Partito socialista e Nuovo PSI su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, questa riforma giunge al voto finale dopo un cammino piuttosto lungo, dopo lavori serrati in Commissione, dopo un confronto abbastanza intenso tra maggioranza e opposizione ma anche all'interno degli stessi schieramenti.
Certo, ciò avviene non senza alcune asprezze, pur nella civiltà del confronto politico e democratico.
Si tratta di una riforma che appare, nel suo approdo, profondamente cambiata rispetto al testo iniziale. Essa mostra, nel suo impianto, la novità dell'individuazione di un centro politico unico di responsabilità nel Presidente del Consiglio.
Avremmo voluto ulteriormente migliorare il testo; tuttavia, siamo sufficientemente Pag. 3soddisfatti del risultato finale. Esprimiamo, altresì, il nostro apprezzamento sulla conduzione dei lavori da parte del relatore, presidente Violante, che, anche in momenti abbastanza complicati e difficili, ha sempre mantenuto, con saldezza e pacatezza, la direzione del confronto e del dibattito. Ciò ha permesso di sciogliere alcuni dei nodi più delicati e ambigui - non tutti sono stati risolti -, che avrebbero sicuramente impedito il nostro voto favorevole. Così, fortunatamente, non è stato e, dunque, i Comunisti italiani voteranno a favore di questa riforma, che giunge dopo trent'anni dalla precedente.
Questa è una delle ragioni della tenacia con cui abbiamo mantenuto determinate posizioni e alcuni fermi convincimenti, perché si tratta di una riforma che non può guardare all'attività processuale, ma si rivolge ai decenni successivi del Paese per regolare uno degli aspetti più delicati di uno Stato democratico, ossia il controllo, la responsabilità, l'efficacia e l'efficienza dei servizi segreti. Purtroppo, - vogliamo dirlo ancora una volta e non è una criminalizzazione dei nostri apparati - la storia di questa giovane Repubblica è contrassegnata non da servizi affidabili o attaccati alle istituzioni democratiche, ma da gravissime deviazioni dei servizi stessi, dal dopoguerra ad oggi.
Sappiamo bene che il percorso è ancora lungo e che questo testo sarà trasmesso al Senato, dove si lavorerà per migliorarlo ulteriormente.
Come dicevo prima, apprezziamo l'impianto della riforma e siamo soddisfatti per aver ottenuto alcuni risultati nell'interesse generale, non di una maggioranza politica, ma del Paese, perché, fin dall'inizio, abbiamo tentato di coniugare l'esigenza della sicurezza con la garanzia dei diritti dei cittadini e di coloro che, per avventura, potrebbero incrociare la strada dei servizi segreti e restare, come è accaduto in passato, stritolati dagli stessi.
Ecco perché la sostanziale modifica dell'articolo 17, volto a comprimere al massimo le cosiddette garanzie funzionali o le cause di giustificazione circa la libertà di commettere reati da parte dei servizi segreti, ha costituito uno dei momenti più duri del confronto, ma credo anche uno dei più qualificanti.
Ancora oggi, mentre ci accingiamo ad approvare in aula questa riforma, l'opinione pubblica è profondamente colpita da ciò che è accaduto negli anni e nei mesi precedenti. Non possono lasciare indifferenti sia la risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo, circa i voli coperti della CIA, che ha visto la responsabilità enorme di tanti Governi dell'Unione europea, compreso quello italiano, sia i casi che appartengono alla nostra attualità; mi riferisco al caso Abu Omar o al caso Calipari, rispetto al quale si vuole utilizzare, non so sino a quanto nell'interesse della Repubblica, il segreto di Stato, per cercare di non far luce sull'uccisione di uno dei nostri migliori funzionari. Tutto questo ha creato e continua a creare, in ciascuno di noi, profondo turbamento e ci porta a prestare grande attenzione nell'analizzare il testo della riforma, per tentare di correggerlo e migliorarlo, sino all'ultimo istante possibile.
Abbiamo migliorato sensibilmente, anzi, direi, integralmente la materia relativa alle cosiddette cause di giustificazione ed abbiamo ridotto la portata del segreto di Stato. Noi avremmo voluto la fissazione di un termine finale ancora più basso. Nel testo della riforma, tale termine, essendo di 15 anni più eventuali proroghe, può giungere ad un massimo di altri 15 anni, quindi a 30 anni. Noi riteniamo sia un termine eccessivo, comprensivo di troppe generazioni, perché si possa consegnare all'opinione pubblica ed ai lavori degli storici quei fatti, atti, documenti e notizie sui quali, per tanti decenni, si è mantenuto il silenzio, una coltre spessissima di silenzio. Il nostro emendamento sul punto non è stato accettato, però è vero, come più volte ha detto il presidente Violante, che, in altri paesi, il termine è più lungo (60 anni in Francia o in Germania). Tuttavia, al tempo stesso, ricordo che negli Stati Uniti, potenza cui sovente l'Occidente guarda come il miglior modello, il termine è più basso, ovvero di 14 anni, e che in Pag. 4media, nonostante la facoltà di proroga, il segreto di Stato cade dopo un ventennio. Mantenendo un termine più alto, ricordiamo che la nostra storia è molto più pesante di quella degli Stati Uniti, è una storia di deviazioni, di stragi e di misteri, rispetto ai quali tutto il Paese, la democrazia, oltre che i parenti delle vittime chiedono verità e giustizia.
Abbiamo, inoltre, eliminato gli intralci previsti nel testo originario con riferimento alla magistratura, circa le attualità processuali in corso. Insomma, abbiamo migliorato il testo, ma resta ancora un grande neo, che ci ha impedito di votare lo specifico articolo riguardante le pene per chi diffonde i lavori e le notizie sui lavori del Copaco, che è un organo parlamentare di controllo politico; consideriamo un dato negativo colpire il giornalista, tra coloro i quali possono diffondere notizie. Noi non abbiamo votato quell'articolo; cercheremo di migliorarlo in Senato e non escludiamo, magari insieme all'onorevole Villetti e a tutti gli altri che non hanno condiviso questa misura, di adottare un'iniziativa legislativa opportuna (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani e di deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Grazie, Presidente. Anche io vorrei sottolineare il lavoro svolto, prima lungamente in Commissione e poi in Assemblea, per migliorare un testo che già partiva con diversi contributi (e più proposte di legge) da parte delle singole forze politiche e del Copaco. Voglio naturalmente ricordare anche il contributo del Governo e quello, fondamentale, del relatore, che ha accompagnato questo lavoro per tutte queste settimane. Voglio sottolineare ciò ancora una volta per richiamare l'impianto fondamentale di questa legge, che noi apprezziamo, ossia la responsabilità politica, che viene definita e chiaramente assegnata al Presidente del Consiglio, che a sua volta può nominare un'autorità delegata, un ministro o un sottosegretario. Vi sono poi: una condivisione delle decisioni strategiche rispetto al servizio informativo e di sicurezza con altri ministri e con il Comitato interministeriale; un effettivo potere di coordinamento sulle due direzioni, quella interna e quella estera, che, forse, finalmente, raggiungeranno un chiaro assetto e una chiara divisione di ruoli e responsabilità per aree, superando confusioni, sovrapposizioni o competizioni, che fin qui si sono determinate.
Tutto questo con un chiaro controllo parlamentare. Si tratta di un controllo parlamentare che avrà la possibilità di conoscere, esprimendo dei pareri, tutto ciò che riguarda sia il servizio sia le scelte per realizzare questo sistema informativo, e una possibilità di controllo su tutti i passaggi, anche quelli più delicati, che riguardano appunto il servizio informativo del nostro paese. Questo sistema equilibrato di responsabilità e di controllo è importante non solo perché, per la prima volta nel nostro paese, si definiscono le garanzie funzionali e le cause di giustificazione che consentiranno agli agenti del sistema di sicurezza del servizio informativo di utilizzare legalmente (e, quindi, ufficialmente), alcune condotte (comunque previste come reato) in modo abbastanza rigoroso (ma forse ancora migliorabile), ma soprattutto perché è prevista una procedura di autorizzazione che vede anche in questo caso la responsabilità politica, il controllo parlamentare e, naturalmente, il ruolo esplicito e chiaro della magistratura in questa funzione.
Si tratta quindi, finalmente, di un percorso che speriamo aiuterà non solo a chiarire e ad evitare abusi in una situazione come questa (considerata la storia lontana e recente in questioni di questo tipo, consentendo di definire in modo chiaro assunzioni di responsabilità per rispondere efficacemente a quei principi ispiratori che noi abbiamo richiamato, proponendo che vengono considerati eccezionali, indispensabili e proporzionali al fine dell'operazione, degli obiettivi che si intendono raggiungere) ma, soprattutto, a tutelare i beni comuni della collettività, al Pag. 5di là del merito della condotte, della individuazione delle fattispecie, o perlomeno della esclusione di determinate fattispecie in queste condotte. La cosa importante è rappresentata dai processi di decisione, di realizzazione e di controllo di queste scelte.
Questo va considerato insieme all'altro tema molto delicato del segreto di Stato, con riferimento al quale abbiamo definito in modo più rigoroso, più stringente e più determinato le finalità dell'utilizzo della posizione - o dell'opposizione - del segreto di Stato chiarendo la responsabilità e la competenza esclusiva del Presidente del Consiglio in materia. Anche in questo caso vi è un percorso che tiene conto e vede in ruoli determinanti il ruolo politico, il ruolo della magistratura, il ruolo del controllo e, infine, per la prima volta l'intervento e la possibilità di dirimere eventuali conflitti di attribuzione da parte della Corte costituzionale.
Credo che questo sistema di garanzie offra la possibilità di trasparenza in situazioni verso le quali abbiamo avuto un approccio diffidente, a causa della storia del nostro paese, ma che abbiamo cercato di affrontare con approfondimenti, con competenza, con studi e - ritengo - con grande equilibrio, che ci ha consentito di proporre un testo su quale penso si registrerà una convergenza molto ampia in quest'aula. Ritengo che ciò sia un elemento importante, perché si definisce una riforma che rappresenta uno dei punti più rilevanti delle nostre istituzioni democratiche. Riforme come questa hanno bisogno di un ampio consenso, e giustamente cerchiamo di ragionare e varare una riforma a prescindere dalle collocazioni di maggioranza o di minoranza, in questo momento della legislatura. Inoltre, per affrontare una riforma così profonda ed ampia si è dovuto, anche in questo caso, superare alcune resistenze, presenti anche all'interno delle stesse strutture che si riformano, e ciò non è un caso.
Sono passati dieci anni. Da almeno due legislature si tenta di varare una riforma di questo tipo. La si è potuta fare in questo momento, nonostante l'approccio e la cultura politica che guidano gli schieramenti presenti in quest'aula siano molto diversi.
Tutti abbiamo considerato, e consideriamo, l'urgenza di varare una riforma, sia perché quella del 1977 è storicamente superata in relazione al nuovo contesto internazionale, sia perché la stessa ha dimostrato tutti i suoi limiti ed ha prodotto vulnus e problemi rispetto alle responsabilità ed alle gerarchie che in essa sono determinate. Tale riforma era il frutto di una fase politica ormai, come ho già detto, superata da tempo. Si è, dunque, riscontrata una certa responsabilità per superare tale stato di cose e vi è stato bisogno di un maggiore livello di responsabilità da parte di ognuno di noi e da parte di ciascuna forza politica. Ci siamo, infatti, dovuti misurare con tutte le differenze culturali e politiche che sono emerse, anche nel dibattito in quest'aula.
Noi abbiamo cercato, per quanto ci riguarda, di ragionare su un terreno che tenesse insieme la sicurezza con le garanzie. Siamo convinti, infatti, che non sia giusto, anzi che sia dimostrato - non solo nel nostro paese, ma anche sul piano internazionale - a cosa si vada incontro quando questo equilibrio venga meno, quando, in nome della sicurezza, si pensa di sacrificare o si sacrificano - come spesso si fa ancora - libertà e garanzie fondamentali. Noi abbiamo tentato, dunque, di tenere insieme fino in fondo un'idea della democrazia con il suo sistema di garanzie, di pesi e contrappesi che resistano fino in fondo, e che siano evidenti fino in fondo. A me pare che questo sia l'elemento fondamentale che ci ha fatto condividere (per quanto - lo ripeto - ancora migliorabile) questo testo ed anche l'impianto ed i contenuti che abbiamo disegnato, anche in virtù degli emendamenti che sono stati approvati. Il ricordato equilibrio, quindi, è assolutamente salvaguardato, così come è salvaguardato - anzi, è reso evidente - il fatto che un buon funzionamento dei servizi, ossia la capacità e l'efficienza operativa di tali servizi, non può essere separato dall'affidabilità democratica e dal controllo Pag. 6politico-parlamentare degli stessi. Ciò è possibile soltanto se si riescono a rendere, in modo chiaro dal punto di vista legislativo, i rapporti ed i singoli ruoli e responsabilità presenti nel sistema.
In questo senso, mi pare che abbiamo fatto il nostro mestiere, delineando chiaramente da una parte la responsabilità politica, ma anche quella della magistratura, del controllo parlamentare e di tutti gli altri organi istituzionali operativi previsti.
Per questa ragione il voto di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sarà un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, noi ci troviamo ad affrontare un testo su un tema delicato come quello dei servizi segreti. Non possiamo non ricordare che nella storia della nostra Repubblica abbiamo conosciuto fasi molto tormentate in questo settore molto delicato della vita dello Stato.
È noto a tutti che attorno alle deviazioni della Sifar vi furono dibattiti e confronti in Parlamento che non durarono un mese o due mesi, ma anni nel loro complesso. Ci trovavamo di fatto di fronte a parti dei servizi segreti che avevano proceduto ad una schedatura dei dirigenti politici sia dell'allora maggioranza, sia dell'opposizione di quegli anni.
Vedete, quel dibattito fu molto interessante innanzitutto perché segnalò che si era arrivati a fare luce su un aspetto molto oscuro della vita della nostra Repubblica e questo lo si doveva innanzitutto alla libertà di stampa. Fu un settimanale, L'espresso, che sfidando le leggi dello Stato portò alle rivelazioni su queste mediazioni.
Il tema quindi ha un retaggio storico. Come si sa, dalla storia bisogna trarre insegnamenti. Io ho apprezzato il lavoro che è stato fatto in Parlamento, dalla Commissione, dal Comitato dei nove, e dal presidente Violante. L'ho apprezzato perché ha animato uno spirito costruttivo, vale a dire quello di cercare di contemperare due esigenze: la tutela del segreto di Stato e quella dei controlli necessari affinché i servizi non devino dai loro compiti.
Tuttavia, mi permetto di osservare che su questo tema è molto difficile stabilire delle regole, individuare un tracciato - per così dire - giusto sul quale si debbano muovere i servizi segreti. Essi, per loro natura, devono operare al di fuori di sguardi indiscreti e fuori dai controlli normali che avvengono su tutti gli altri atti dello Stato.
Attuano un'azione che, per definizione, non è trasparente. Aggiungo un altro fattore di grandissima rilevanza: esiste una zona grigia nella quale i servizi segreti operano e che non è rigidamente entro le leggi.
Infatti, se noi ci trovassimo in una situazione nella quale si possa affermare, puramente e semplicemente, che i servizi segreti devono rispettare la legge, avremmo risolto gran parte dei nostri problemi; tuttavia, non è così. Risulta molto difficile, allora, regolare con una legge comportamenti che possono violare le leggi stesse: questo è il punto. Si tratta della questione riguardo alla quale sono stati sollevati, a mio avviso giustamente, alcuni interrogativi.
Vedete, colleghi, il provvedimento al nostro esame non innova la parte del vigente dell'ordinamento penale riguardante la libertà di stampa. Come ha osservato nella seduta di ieri una collega come Tana De Zulueta - la quale, lavorando per un settimanale inglese, è stata una giornalista di grandissimo valore -, se una norma recata dal presente progetto di legge fosse stata in vigore negli Stati Uniti, non si sarebbero potuto condurre le importanti inchieste sugli enormi scandali che hanno coinvolto i servizi segreti di quel paese.
Noi abbiamo, onorevoli colleghi, un regime che non è il più liberale del mondo: forse si tratta di uno dei più restrittivi, ed io vorrei aggiungere che, Pag. 7probabilmente, è uno dei più repressivi. Ricordo che, nella definizione del testo del provvedimento, si è cercato di trattare positivamente tale tema. Tuttavia, ritengo che, per quanto si voglia disciplinare tale argomento - prevedendo controlli, chiamando in causa la Corte costituzionale, coinvolgendo il Parlamento e rafforzando il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti -, tutto ciò non sia sufficiente.
Lo voglio dire, onorevoli colleghi: non basta! Ciò perché, quando entra in gioco la ragione di Stato (tema sul quale, peraltro, si è svolto un dibattito a livello di filosofia politica), essa entra spesso in contraddizione con il rispetto delle leggi, poiché si possono violare le leggi stesse per garantire la sicurezza dello Stato.
Dobbiamo comprendere a fondo, quindi, quale sia il tema che abbiamo di fronte. Vorrei rilevare che non esistono poteri «cattivi» e poteri «buoni». La magistratura non può essere intesa come potere «buono» o come potere «cattivo» ed il potere politico non può essere giudicato «buono» o «cattivo»: esiste, invece, il bilanciamento ed il reciproco controllo dei poteri stessi.
Ricordo, a tal riguardo, che noi abbiamo criticato fortemente gli eccessi che sono stati compiuti, in una certa fase della vita della nostra Repubblica, da parte della magistratura. Eppure, oggi, quando il Governo solleva un conflitto di attribuzioni su una questione come quella relativa ai servizi segreti, i quali sono stati intercettati dalla magistratura, qualche interrogativo viene immediatamente alla mente.
Pertanto, onorevoli colleghi, esprimiamo un apprezzamento per lo sforzo bipartisan che è stato compiuto, poiché il progetto di legge in esame, doveva essere approvato sia dalla maggioranza, sia dall'opposizione. Però, c'è un vuoto.
Credo, infatti, che soltanto rafforzando una robusta opinione pubblica si possa effettivamente riuscire ad evitare che vi siano deviazioni. Su questo punto, vorrei rilevare che il testo in esame non innova, perché lascia inalterate alcune norme vigenti in materia. Tali norme, a mio avviso, non sono in grado di assicurare quella libertà della stampa che sarebbe necessaria.
Ricordo che, nella seduta di ieri, il presidente Violante, rivolgendosi anche a noi, ha invitato a presentare una proposta di legge in materia. Penso che il tema da me sollevato avrebbe dovuto essere trattato nell'ambito del provvedimento in esame; in ogni caso, presenteremo una proposta legislativa in tal senso.
Per ora, onorevoli colleghi, noi esprimiamo, come gruppo, questa valutazione, cioè che si tratta di un testo che deve essere apprezzato per i suoi aspetti positivi, ma che presenta un vuoto che consideriamo talmente grave da indurre i deputati de La Rosa nel Pugno all'astensione (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, il gruppo dell'UDC voterà a favore di questo provvedimento per ragioni di metodo e di merito. Per ragioni di metodo, perché noi abbiamo sostenuto fin dall'inizio, con riferimento, per la verità, non soltanto a questo specifico provvedimento ma a tutte le questioni centrali che riguardano riforme strutturali ed importanti per il nostro paese, la necessità di superare la logica del conflitto politico fine a se stesso per concentrarsi sulle questioni di merito. Ciò che il paese ci chiede, infatti, è proprio evitare di trasformare il confronto politico e parlamentare in una continua campagna elettorale e concentrarci sulle soluzioni che riteniamo più opportune per fare uscire il nostro paese da situazioni di impasse nelle quali si trova, purtroppo, da parecchi anni. L'approvazione, a larghissima maggioranza, della legge di riforma dei servizi di intelligence costituisce il primo fatto politicamente e istituzionalmente importante di questa legislatura e credo possa essere un buon viatico per affrontare altre questioni Pag. 8centrali per lo sviluppo del paese abbandonando pregiudizi ideologici e logiche di coalizione - che non tengono sulle questioni che, invece, interessano i cittadini - e cercando di utilizzare al meglio il ruolo e la funzione per la quale gli elettori ci hanno mandato in Parlamento.
Per quanto riguarda le questioni di merito, noi riteniamo che con il lavoro che abbiamo compiuto - per il quale ringraziamo il presidente Violante - si sia cercato di mettere insieme un sistema di regole tenendo conto delle preoccupazioni, delle sensibilità e delle culture di tutti. Inoltre, questo lavoro ha consentito di abbandonare vecchi retaggi che sono stati la causa fondamentale della impossibilità di portare a compimento, nelle ultime tre legislature, una riforma importante come questa ed ha consentito di affrontare trasversalmente temi molto difficili e molto complessi, sui quali, negli ultimi dieci anni, si è sviluppato lo scontro politico nel paese. Mi riferisco al rapporto tra Esecutivo e Parlamento e tra Parlamento, Esecutivo e autorità giudiziaria ed alla necessità di dotare gli operatori di intelligence di strutture efficienti, anche per reggere ad un confronto internazionale che, sulla questione del terrorismo, soprattutto dopo l'11 settembre 2001, ha imposto, per così dire, una agenda ed una tabella di marcia diverse rispetto a quelle che ciascuno di noi prevedeva. Mi riferisco, altresì, ad un rapporto diverso con le libertà fondamentali e ad un rapporto diverso - in precedenza, ho ascoltato con rispetto e con attenzione il collega Villetti - tra questo mondo e l'informazione.
Siamo decisamente a favore di questa riforma, anche se alcune sue parti non ci hanno convinto, soprattutto rispetto alla proposta che il nostro gruppo parlamentare ha avanzato in sede di Commissione, poiché riteniamo che, nel merito, sia ricca di elementi innovativi ed importanti. La legge che da trent'anni è in vigore disciplina questa materia in maniera parziale perché non si occupa della tutela del segreto di Stato. Inoltre, da trent'anni i nostri servizi di intelligence operano con strumenti inadeguati. Tutto questo ha portato a luci ed ombre. Luci come quelle, ad esempio, dell'ultima, recente operazione antiterrorismo che è stata condotta a Milano, a Venezia e nel resto del Veneto, ed ombre che nascono da una circostanza: non essendo mai stati definiti i confini esatti dell'azione degli operatori di intelligence, la valutazione circa la liceità o la illiceità dei comportamenti di questi operatori, al di là dell'importanza che per la sicurezza nazionale tali comportamenti potevano avere, è stata affidata al prudente - ma non sempre tale - apprezzamento da parte dell'autorità giudiziaria.
Ci siamo dunque trovati di fronte ad un sistema di regole inadeguato, innanzitutto perché, dal 1977 ad oggi, è cambiato il mondo e la necessità di una riforma era stata avvertita già dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra fredda, la cui logica aveva guidato i rapporti internazionali. Già allora avremmo dovuto porci il problema di una riorganizzazione strutturale, funzionale dei nostri servizi di informazione, proprio perché lo scenario internazionale era cambiato e si avvertiva il bisogno di strutture operative statali, nel nostro paese, in grado di cimentarsi con le nuove sfide. Tuttavia, non solo siamo arrivati in ritardo rispetto a questo appuntamento: siamo arrivati tardi anche rispetto all'appuntamento, drammatico, dell'11 settembre 2001, che ha ulteriormente sconvolto il mondo. L'11 settembre ha segnato per l'Occidente una svolta di cui forse solo oggi cominciamo a renderci conto, avendo sottoposto alla nostra attenzione con tutta evidenza un tema fondamentale: quello di una strategia di contrasto e di lotta al terrorismo che non può più essere circoscritta alle attività operative dei singoli Stati.
La globalizzazione del terrorismo, nelle sue forme più drammatiche ma anche più organizzate, sia sotto il profilo economico e finanziario, sia sotto quello militare ed operativo, ha imposto e impone la necessità che anche le strutture organizzative dell'intelligence dei vari paesi siano più raccordate ed abbiano anche una dimensione sovranazionale diversa rispetto a quella esistente oggi.Pag. 9
Questo è un tema sul quale dovremo obiettivamente porre l'attenzione nei prossimi anni. A questo riguardo, ritengo che questa riforma sia nelle condizioni di dare un contributo affinché l'Italia possa svolgere nello scenario europeo ed internazionale un ruolo coordinato e di cooperazione con le altre forze di intelligence adeguato e all'altezza del compito.
Vorrei aggiungere, sotto questo profilo, anche un'altra considerazione. È evidente, infatti, che per quanto importante questa riforma, per quanto essa affronti senza riserve e senza veli tutte le questioni più spinose su cui il confronto politico e culturale di questo paese si è avvitato per anni, non potrà essere sufficiente se il sistema giuridico internazionale non si doterà di norme atte a contrastare ed organizzare la lotta al terrorismo in maniera adeguata.
Noi scontiamo un limite, ed il caso di Abu Omar ne è una riprova: l'assenza di un codice penale internazionale che, condiviso da tutte le nazioni, sia nelle condizioni di offrire un'unica definizione di terrorismo internazionale, facendo in modo che gli Stati della comunità internazionale abbiano un parametro di riferimento giuridico normativo - e anche giurisdizionale - uniforme tale da porli nelle condizioni di contrastare questo fenomeno globale con cui dovremo, purtroppo, fare i conti per molti anni ancora.
È evidente che, nell'esaminare questo tema, abbiamo dovuto prendere atto anche dei fatti e delle vicende giudiziarie di questi ultimi mesi. Tuttavia, l'aspetto positivo è stato quello di lavorare tenendo bene a mente la circostanza particolare del momento: siamo stati chiamati a costruire un sistema di regole che non deve valere solo per oggi ma deve dimostrarsi capace di regolare e disciplinare questa materia per i prossimi decenni. I casi particolari sono quindi importanti, perché hanno posto in evidenza una serie di questioni: la sovrapposizione di competenze, l'assenza di controlli reali, l'impossibilità di tenere una struttura che sia nelle condizioni di svolgere i compiti, garantendo i diritti di libertà dei cittadini, senza una regia unica e, d'altro canto, l'assoluta inadeguatezza del sistema processuale italiano nel rapporto con le attività degli operatori della sicurezza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANPIERO D'ALIA. Mi avvio alla conclusione, Presidente, ma volevo fare poche ultime considerazioni a questo riguardo. Credo che dovremmo prendere spunto da questa riforma per porci un altro tema, quello relativo alle nuove questioni delle libertà nel nostro paese. Noi abbiamo per troppo tempo guardato al passato anche nell'esame della riforma dei servizi di intelligence, trascurando che oggi nel nostro paese - ad esempio, la vicenda Telecom ne è la riprova - abbiamo la necessità di porci i temi dei rapporti fra i diritti di libertà, la privacy e la tutela dell'identità e della riservatezza dei cittadini guardando non solo alle garanzie degli operatori e dei servizi di intelligence, che sono opportunamente disciplinate dalla legge, ma ad un contesto diverso, rispetto al quale questa legge apre la necessità di un confronto nuovo.
Per queste ragioni e per quelle che abbiamo espresso nel corso del dibattito parlamentare, siamo lieti dell'imminente approvazione unanime di questa riforma e continueremo a sostenerla come abbiamo fatto fin dall'inizio (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.

NICOLA TRANFAGLIA. Onorevole Presidente, cari colleghi, intervengo per segnalare soltanto tre punti che a noi sembrano di particolare importanza. Il primo è quello già citato dall'onorevole Licandro e riguarda i frutti positivi che ha prodotto la discussione in questa Camera del provvedimento in esame, soprattutto per quanto concerne alcuni aspetti. Mi riferisco, innanzitutto, al ruolo della Magistratura, Pag. 10che rimane ancora centrale in tutta la vicenda e che, a mio avviso, non poteva essere sostituito in maniera esclusiva dall'intervento pure positivo della Corte costituzionale. Il secondo aspetto che mi sembra rilevante riguarda le considerazioni e i cambiamenti che sono avvenuti anche rispetto al segreto di Stato. A mio avviso, non si può adottare una legge di riforma dei servizi segreti senza cercare di mettere a punto il problema di decenni di silenzio e di mistero che hanno caratterizzato la storia d'Italia negli ultimi cinquant'anni. Vorrei ricordare ai colleghi che, a partire dal secondo dopoguerra, ancora non sappiamo molte cose sulla nostra storia. A mio avviso, un'occasione come quella della riforma dei servizi deve servire al paese per esercitare una pressione sulla classe dirigente, di cui in qualche modo facciamo parte, ed arrivare a verità, sia pure scomode, su una serie di vicende, a cominciare dalla strage di Portella della Ginestra.
Il terzo punto che vorrei segnalare è quello della necessità di una nuova iniziativa legislativa, come è già stato evidenziato dagli onorevoli Villetti e Licandro. Si tratta di intervenire con una nuova iniziativa legislativa che, in qualche modo, corregga il comma 3 dell'articolo 36, che è stato così difficile accettare. Noi dobbiamo avviare un'iniziativa sul diritto di cronaca e sistemare in modo più chiaro e meno negativo per quanto riguarda la libera stampa il problema della divulgazione di elementi che possano essere stati coperti dal segreto di Stato. Dobbiamo fare in modo che la stampa diventi sempre di più un elemento di controllo e di verità piuttosto che un elemento di servizio del potere.
Da questo punto di vista non vi è dubbio che, pur approvando il provvedimento e ringraziando il Comitato dei nove, in modo particolare l'onorevole Violante, riteniamo che si debba andare avanti e cercare di completare il disegno di questa riforma dei servizi, di cui si sentiva senz'altro il bisogno.
Quindi, con questa presa di posizione molto chiara, sia per l'accettazione della legge sia per la necessità di nuove iniziative, noi ci prepariamo a votare a favore dell'intero provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, si vuole approvare questa riforma perché vi è l'esigenza di rafforzare le attività dell'intelligence.
Nell'ambito del dibattito parlamentare, sia in Commissione sia in Assemblea, abbiamo ricordato che l'emergenza internazionale degli ultimi anni - a partire dal fatidico 11 settembre 2001 - ha soprattutto evidenziato l'esigenza di contrastare il terrorismo internazionale di stampo fondamentalista non solo con la forza delle armi: questo, tra l'altro, è avvenuto e sta avvenendo in varie parti del mondo. Stiamo, infatti, per prorogare una missione militare in Afghanistan, che prevede anche la partecipazione italiana, in una fase nella quale si parla di una primavera probabilmente di grande tensione in quella parte del mondo.
In ogni caso, si è detto da più parti che serve soprattutto l'intelligence, la conoscenza, l'infiltrazione in queste aree, in questi settori. Mi riferisco alla possibilità di disarticolare in via preventiva questa minaccia, oltre che, ovviamente, rafforzare l'azione dei servizi segreti nel contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo. Proprio in questi giorni vi è stata forte preoccupazione nei confronti della concreta minaccia rappresentata dal terrorismo brigatista, che come un fiume carsico, di tanto in tanto, riemerge dal passato, minaccia e tenta di uccidere, come già avvenuto negli anni passati.
Quindi, la legge serve a rafforzare il ruolo dell'intelligence. Ricordo che nel 2005, quando vi era un governo diverso da quello attuale, si determinò una convergenza sull'approvazione di un decreto, voluto in particolare dall'allora ministro dell'interno Pisanu, che ha rafforzato tutta l'attività di contrasto ai fenomeni di illegalità interna ed internazionale.Pag. 11
Vi fu anche allora un concorso di consensi e quel provvedimento venne approvato da un'ampia maggioranza: non ricordo se proprio all'unanimità, ma comunque con il consenso di tutti gli schieramenti.
Oggi ci troviamo di fronte ad un fatto che giudico positivo poiché, pur amando la dialettica bipolare e animandola ogni qual volta vi sono argomenti che ne giustifichino la presenza nell'ambito della discussione politica, credo sia positivo dar luogo ad una legge condivisa. Si tratta di un caso molto raro in questa legislatura, credo il primo, su una vicenda di grande rilievo: infatti, se vi sono state occasioni di voti convergenti, queste avranno sicuramente interessato argomenti di minore importanza.
Si tratta di una legge importante ed è positivo che vi sia una convergenza, posto che anche la rinnovata emergenza del 2005, rappresentata dagli attentati alla metropolitana di Londra, orientò la comunità internazionale a rafforzare le strutture di intelligence.
In questa occasione voglio elogiare, sottolineare i risultati positivi del SISMI, del SISDE e del CESIS, i quali in questi anni hanno fatto sì che l'Italia non vivesse le tragiche giornate degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Spagna, che hanno subito attentati drammatici.
Anzi, voglio ricordare che, anche con la collaborazione della nostre forze dell'ordine - in quel caso si trattò della Polizia di Stato -, proprio alle porte di Roma, in periferia, fu arrestato uno dei terroristi coinvolti nelle stragi londinesi dell'estate del 2005.
Quindi, va dato atto a chi ha guidato quei servizi - oggi altri sono subentrati a quei responsabili e, sicuramente, si tratta di persone altrettanto di valore - che la loro gestione ha fornito risultati preziosi: mi riferisco al prefetto Del Mese, al generale Pollari e al generale e prefetto Mori.
Credo che quei servizi abbiano operato in maniera notevole anche all'estero: degli ostaggi in molti casi sono stati liberati, in altri purtroppo no. Penso all'epilogo drammatico della vicenda di Quattrocchi, un eroe troppe volte dimenticato che voglio ricordare in questa discussione. E voglio ricordare anche la liberazione di giornalisti, di volontari che, coinvolti nello scenario drammatico iracheno, grazie anche ai nostri servizi di sicurezza sono stati liberati.
Questo provvedimento è condiviso in quanto vi sono punti, a nostro avviso fondamentali, che riguardano una più chiara definizione delle operazioni condotte al di fuori dei vincoli legislativi che valgono per il normale cittadino. Non siamo agli «007 con licenza di uccidere»; infatti vi è un lungo elenco di reati che in nessun caso possono essere compiuti. Tuttavia, sono previste alcune procedure con precise autorizzazioni che consentono di chiarire quando attività che per il comune cittadino sarebbero giustamente considerate illegali, sono invece autorizzate e possibili per l'operatore dei servizi di sicurezza.
Non si può affermare di volere maggiore intelligence e poi prevedere che gli agenti in questione debbano agire con le regole che potrebbero valere per una maestra d'asilo o per un vigile urbano. Bisogna riconoscere possibilità più ampie di operatività, pur prevedendo paletti e confini.
Il testo in esame, sulle garanzie funzionali - così vengono definite -, stabilisce principi chiari e dovrebbe sottrarre alla discussione permanente se sia lecito o autorizzato un determinato comportamento. La legge stabilisce campi e procedure di autorizzazione e, a nostro avviso, ciò costituisce un fatto fondamentale, in quanto garantisce maggiore operatività per i servizi di sicurezza.
Inoltre, si incide anche sulla tutela del segreto. Voglio dire a coloro che votano questo provvedimento quasi vergognandosene che ieri in quest'aula dal Vicepresidente del Consiglio, Rutelli, sono state pronunciate parole molto chiare. La legge che stiamo per approvare non è fatta per inseguire la cronaca di questi giorni o i processi in atto; la legge è fatta per seguire la storia di questi anni e per soddisfare l'esigenza di maggiore sicurezza. Tuttavia, Pag. 12anche i recenti fatti di cronaca giudiziaria si intrecciano, nascendo comunque dall'emergenza della storia. I vari Abu Omar, i vari personaggi che circolano per il mondo rappresentano - poi si accerterà se a torto o a ragione - il sospetto di una minaccia.
Ieri il Vicepresidente Rutelli, rispondendo ad una interrogazione durante il question time, ha detto che, in occasione dell'indagine sul sequestro di Abu Omar, l'autorità giudiziaria ha acquisito elementi informativi anche di carattere documentale attinenti all'identità di ottantacinque dipendenti del servizio, intercettandone le utenze dei cellulari in uso, nonché elementi attinenti alla struttura e alle logiche di funzionamento del servizio medesimo non direttamente afferenti al sequestro in questione. Il materiale sequestrato - continua Rutelli - prevede che siano ritenute lese, da parte del Governo, le prerogative di decretazione, nonché gli esiti delle indagini effettuate a carico degli agenti del SISMI, depositati in occasione della richiesta di rinvio a giudizio.
Quindi, il Governo ha ribadito la giustezza della decisione di apporre il segreto di Stato per impedire l'utilizzazione degli esiti di tali accertamenti. Inoltre, il Vicepresidente Rutelli ha confermato che esiste tuttora un conflitto di attribuzione sul quale si dovrà pronunciare la Consulta e questa nuova legge richiama appunto i poteri della Consulta quale estremo organo di garanzia, di fronte al quale non si potrà opporre il segreto. Pertanto, il segreto sulle vicende milanesi era giusto e ieri proprio il vicepresidente Rutelli lo ha riproposto.
Il quotidiano la Repubblica, che ha ingaggiato una giusta battaglia giornalistica su questi temi e che spesso ha offerto anche elementi di conoscenza e di riflessione, fornisce una strana interpretazione del provvedimento in esame. Infatti, oggi c'è un articolo su la Repubblica che sostiene che sarebbe stato sventato il golpe di una norma «salva qualcuno».
Come già affermato ieri, ribadisco che in questo testo non sono contenute norme «salva Pollari» altrimenti si tratterebbe di una legge «potenzia Prodi». Se leggessimo la legge con gli occhiali della cronaca, affidando al Presidente del Consiglio il potere di apporre o meno il segreto, di revocarlo o meno e di assumere decisioni, si consegnerebbe il potere a Prodi. In realtà, tale potere viene attribuito all'istituzione, alla funzione suprema di gestione della politica. Quindi, non emaniamo né leggi ad personam pro Pollari né pro Prodi; tutto vorremmo fare, tranne che questo!
Si tratta di una legge che attribuisce al Presidente del Consiglio, quale figura guida del Governo, il potere di assumere alcune decisioni in esclusiva; infatti, anche il ministro delegato, su alcune vicende, non può esercitare i poteri spettanti al Presidente del Consiglio.
Oggi su la Repubblica si dice: sventato il colpo di Stato, perché questa norma non c'è. Ebbene, so di deludere chi ha scritto quell'articolo sul quotidiano: l'articolo 40 del testo in esame consente non solo al testimone, ma anche alla persona indagata (mi verrebbe l'impulso di fare esempi di attualità, ma non lo faccio per evitare che si dica che facciamo una legge a favore di qualcuno ) di dire che un fatto è coperto dal segreto di Stato, e che cosa farebbe secondo la legge oggi in esame il magistrato? Si rivolgerebbe all'autorità politica che avrebbe un limite temporale per confermare che è stato opposto il segreto di Stato, oppure per smascherare il fedifrago o servitore dello Stato che avesse mentito.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO GASPARRI. Ritengo dunque che il provvedimento in esame chiarisca questi aspetti.
Caro Presidente, sono queste le ragioni per le quali voteremo a favore di una riforma che nel bilanciamento tra sicurezza e libertà, senza ledere i diritti di libertà, rafforza i temi della sicurezza.
Vi è anche una soddisfazione di carattere personale: anche noi abbiamo contribuito non solo riguardo al merito della futura legge ma anche con riferimento alla denominazione degli organi. Erano, infatti, state utilizzate varie sigle e alla fine ne era Pag. 13stata scelta una che si sarebbe potuta prestare a qualche scherno giornalistico. Quindi, anche in un dialogo che si è rivelato costruttivo, ho proposto le sigle SIN e SIE, che subentreranno a quelle esistenti di Sisde e Sismi, a dimostrazione che anche sugli aspetti nominalistici vi è stato uno spirito di forte collaborazione. Avrei preferito una struttura unificata, ma quella del rafforzamento del DIS, quale momento di coordinamento, rappresenta un punto di incontro importante.
Ho concluso, Presidente. Quindi, vi sarà maggiore chiarezza sulle garanzie funzionali; maggiore tutela sul segreto, non solo per i testimoni ma anche per gli imputati, attraverso il Governo; un Copaco, che, in caso di decisione ingiusta del Governo, presso il Parlamento potrà contestarne la base; più controllo parlamentare a fronte di una maggiore operatività. Ritengo che abbiamo risolto con questa legge in maniera egregia la necessità di abbinare i controlli e le garanzie, che anche i servizi debbono ritenere un fatto necessario e salutare in uno Stato democratico, con la efficienza e la operatività che a questi servizi deve essere assicurata.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole!

MAURIZIO GASPARRI. Esprimendo soddisfazione per la formulazione degli articoli 17, 39 e 40, che forse qualche giornalista non ha valutato bene - ma potrà farlo successivamente leggendo la legge -, noi votiamo con convinzione a favore di questo testo di legge, augurando a DIS, SIN e SIE di avere gli stessi successi che le strutture ancora oggi operative hanno assicurato al nostro paese nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il provvedimento su cui oggi siamo chiamati ad esprimere il nostro voto è di fondamentale importanza nell'ottica di un ammodernamento dei servizi di sicurezza del nostro Paese, ammodernamento che da tempo si impone per consentire a tali servizi di meglio rispondere alle nuove esigenze che emergono dal mondo globalizzato, senza peraltro mai dimenticare i principi e i valori che devono presiedere a qualsiasi operazione condotta da un paese democratico come l'Italia.
Come è noto, infatti, la funzione di intelligence rappresenta un elemento particolarmente rilevante e delicato di uno Stato, in quanto non vi è dubbio che, tra i compiti e gli strumenti utili per garantire la sicurezza e la difesa del Paese, vi sia anche quello di raccogliere informazioni sui pericoli ai quali la collettività è esposta, pericoli legati alla diminuzione del consenso sui valori di fondo che reggono la convivenza civile, sia per effetto di un maggiore relativismo etico, sia per i processi connessi alla modernità e alla globalizzazione degli interessi.
Il contesto internazionale, in particolare, è profondamente mutato rispetto a quello nel quale venne varata la legge n. 801 del 1977 (sono passati quindi ben trent'anni!) e presenta un grado di maggiore di instabilità e insicurezza, risultando accresciute le incognite dello scenario globale e i relativi rischi.
Ciò non solo in conseguenza dei mutati equilibri geopolitici e per l'incombere del terrorismo internazionale. Infatti, la criminalità organizzata interna e internazionale, dedita al traffico degli stupefacenti, di armamenti e di esseri umani, attraverso lo sfruttamento dei flussi migratori, i rischi biologici, ecologici, nucleari, chimici e batteriologici, i tentativi di alterare gli equilibri economico-finanziari, le continue sfide che il mercato impone a livello mondiale, e dal cui esito dipendono le gerarchie di potenza tra gli Stati, sono alcuni dei molteplici aspetti che oggi investono l'attività di informazione svolta Pag. 14dai servizi e che implicano la necessità di adeguare tale attività anche a queste nuove esigenze.
Ne consegue che essa non riguarda più soltanto questioni militari e diplomatiche ma investe, altresì, quelle economiche e tecnologiche; la politica della sicurezza nazionale è così diventata più complessa e delicata, e ciò impone una riforma del sistema di intelligence che miri a porre i servizi nella condizione di fronteggiare questa nuova situazione.
Attualmente, infatti, l'efficienza e l'efficacia del nostro sistema di intelligence, nonostante i buoni risultati conseguiti, sono minate da una serie fattori come l'assenza di una chiara ripartizione delle competenze tra SISMI e SISDE da cui discendono conflitti, sia positivi sia negativi, di competenza tra le due strutture nonché sovrapposizioni e duplicazioni di interventi. Inoltre, il coordinamento dell'azione dei servizi di intelligence è rimesso al CESIS, il quale, però, non ha né la struttura né i poteri necessari per assicurare questa funzione. Pertanto, di fatto, SISMI e SISDE operano bypassando costantemente tale organismo e la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui esso fa capo, si trova ad essere responsabile di attività che sfuggono al suo controllo.
Anche la vigente disciplina del segreto di Stato è inadeguata in quanto, non essendo stata compiutamente definita dalla legge del 1977, lascia ampi margini di discrezionalità che hanno spesso portato i servizi ad abusare di tale strumento, in particolare in occasione di vicende tragiche che hanno colpito il nostro Paese, in relazione alle quali l'autorità giudiziaria non ha mai potuto compiutamente accertare le responsabilità del caso. A ciò si aggiunga che gli unici fatti che attualmente non possono essere coperti dal segreto di Stato sono quelli eversivi dell'ordinamento costituzionale, mentre si avverte la necessità di estendere tale esclusione anche ad altri gravi reati quali quelli connessi a terrorismo, stragi ed associazione mafiosa.
La riforma dei servizi che ci apprestiamo a votare si propone, appunto, di dare una risposta a tutte queste esigenze; il risultato è un testo particolarmente equilibrato, che prevede il coinvolgimento, anche attraverso l'approvazione di una nostra proposta emendativa, di due ministri fondamentali per la politica della sicurezza, il ministro della giustizia e quello dell'economia e delle finanze, organo di vertice del corpo della Guardia di finanza.
A mio avviso, il testo unificato che ci accingiamo a votare è frutto di un'attenta ponderazione degli opposti interessi in gioco condotta in modo serio e responsabile da tutte le componenti politiche, sia di maggioranza sia di opposizione durante tutto l'iter del provvedimento, in Commissione come in Assemblea.
Voglio segnalare in special modo l'approvazione bipartisan di numerosi emendamenti migliorativi del testo originario a dimostrazione dell'importante apporto che le opposizioni hanno dato in questo contesto; un atteggiamento costruttivo che noi auspichiamo di ritrovare anche in relazione ad altre importanti riforme che questo Parlamento si appresta ad esaminare.
Penso sia una bella pagina per la Camera dei deputati, quella di oggi; in tale contesto, un sincero ringraziamento va rivolto al relatore sul provvedimento, il presidente Violante, per l'equilibrio e la competenza con cui ha condotto i lavori su una materia così complessa e delicata e cui va riconosciuto il merito di essere riuscito a guidare con autorevolezza i lavori verso l'approvazione di una proposta moderna, efficace per la difesa delle istituzioni democratiche e, soprattutto, largamente condivisa.
Per tali ragioni, il gruppo dei Popolari-Udeur esprimerà un voto favorevole sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi, abbiamo iniziato il dibattito generale su Pag. 15questa riforma lo scorso 5 febbraio; concludiamo la prima lettura oggi, 15 febbraio: dieci giorni, soltanto dieci giorni di lavoro intenso, positivo e costruttivo di questo ramo del Parlamento.
Sono trascorsi trent'anni dalla legge di riforma del 1977; sono passati dieci anni dai primi progetti di riforma che risalgono al periodo del primo Governo Prodi, con la Commissione Iucci.
Nella scorsa legislatura, le profonde divisioni nel Governo e le tensioni anche tra i servizi e lo stesso CESIS avevano impedito una riforma legislativa cui pure noi, all'epoca dall'opposizione, ci eravamo dichiarati disponibili; in questa legislatura, grazie alla comune elaborazione tra i membri del Copaco, grazie alla posizione unitaria assunta dal Governo - che ha comunque rispettato pienamente l'autonomia del Parlamento -, grazie ad un proficuo rapporto tra maggioranza ed opposizione (che ha dato vita ad una larghissima convergenza), grazie, in particolare, al ruolo positivo e costruttivo svolto dal presidente e relatore Luciano Violante, siamo finalmente riusciti ad avviare e riusciremo oggi ad approvare in prima lettura un organico disegno di riforma dei servizi di informazione, del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e della disciplina del segreto.
Abbiamo ripetutamente richiamato il cambiamento del contesto geopolitico, con la fine della guerra fredda e la nascita di nuove minacce internazionali, di nuovi conflitti armati, del terrorismo internazionale e della proliferazione atomica. Anche e soprattutto per questo era necessaria una profonda riforma del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Abbiamo più volte ricordato in quest'aula le vicende negative, che hanno riguardato mezzo secolo di storia italiana dal dopoguerra.
Abbiamo anche dato atto di altri aspetti positivi, che hanno consentito al nostro Paese, almeno finora ma ci auguriamo anche per il futuro, di non essere teatro di grandi attentati ad opera del terrorismo internazionale, che pure hanno funestato altri paesi; penso agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Spagna, ma anche a paesi del Medio oriente, dell'Africa e dell'Asia. Con la riforma che oggi approviamo si è superata la dicotomia tra servizio dipendente dal Ministero della difesa e servizio dipendente dal Ministero dell'interno, che aveva reso difficile e spesso impotente il ruolo del CESIS e assai debole la responsabilità politica del Presidente del Consiglio.
Si è quindi scelta la strada maestra del rafforzamento della responsabilità politica del Presidente del Consiglio, del potenziamento del ruolo del DIS, che succede al CESIS, e della dipendenza di entrambi i servizi, interno (il SIN) ed esterno (il SIE), dall'unica autorità politica, direttamente, o in alcuni casi, attraverso l'autorità delegata (ministro o sottosegretario che sia). All'interno del DIS si collocano l'ufficio ispettivo, l'ufficio centrale per gli archivi, l'ufficio centrale per la segretezza (UCSE), la scuola di formazione.
C'è un assoluto parallelismo tra le funzioni del SIE, che succede al Sismi, e quelle del SIN, che succede al SISDE, ma non dovrebbe trattarsi di un mero cambio di denominazione. Tale cambiamento dovrebbe far superare squilibri da una parte e sovrapposizioni dall'altra, ma anche possibili interferenze dell'uno rispetto all'altro. Sul piano della responsabilità politica emerge il ruolo centrale del Presidente del Consiglio e, direttamente a lui collegato, dell'autorità delegata, se istituita.
Emerge anche l'importanza, al posto del più ampio CIS, del nuovo CISR, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica. Sotto il profilo del rapporto tra il Governo, il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e il Parlamento, è stato messo in evidenza da tutti - lo sottolineo anch'io - il rafforzato ruolo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, preposto ad un più stringente controllo parlamentare. Temi di particolare delicatezza sono, come tutti sanno, due questioni: le cosiddette garanzie funzionali, con la previsione di una speciale causa di giustificazione, Pag. 16e la questione del segreto di Stato, della sua tutela e della sua opponibilità, ma anche del suo superamento.
Le cosiddette garanzie funzionali sono ovviamente uno degli aspetti che possono suscitare maggiori preoccupazioni nell'opinione pubblica, ma sono state introdotte sulla base di una forte responsabilità politica e sulla base di criteri molto rigorosi, tali da escludere o rendere improbabili violazioni o deviazioni troppo facili, che comunque sarebbero sanzionate severamente.
A questo riguardo voglio dire al collega di Alleanza nazionale che mi ha preceduto che in nessun caso questa legge renderebbe giustificabile un sequestro di persona, illegalmente attuato nel nostro Paese da agenti di un servizio segreto estero, con la collaborazione ipotizzata di quello italiano; sequestro di persona che è esplicitamente vietato, anche in riferimento alle garanzie funzionali, da questa legge
Analogamente delicate ed importanti sono le norme riguardanti il segreto di Stato, sulle quali, in caso di conflitti di attribuzione tra potere politico e autorità giudiziaria, sarà chiamata alla fine a giudicare la Corte costituzionale. Infatti, con questa riforma, il ricorso alla Corte diventa effettivamente la norma di chiusura e di massima garanzia del sistema, ma in ogni caso, vorrei ricordarlo, l'autorità giudiziaria, che ha il dovere di esercitare l'azione penale, potrà continuare la sua opera quando la materia coperta dal segreto di Stato non sia essenziale per il proseguimento dell'indagine e per l'accertamento delle responsabilità penali. Ovviamente, dal segreto di Stato sono in ogni caso escluse le notizie, i documenti e i fatti relativi a reati di terrorismo, di eversione dell'ordine costituzionale, di strage o di attività criminali mafiose.
Con questo testo unificato, con questa riforma, si possono dunque rafforzare le garanzie, l'efficacia e l'efficienza degli apparati preposti alla sicurezza della Repubblica, ma soltanto il futuro - l'ho già detto nella discussione sulle linee generali e lo ripeto - ci dirà se queste norme saranno sufficienti per evitare il riprodursi di errori e deviazioni del passato e se saranno sufficienti per garantire un miglior funzionamento del nostro sistema e dei nostri servizi di sicurezza. Noi ci auguriamo che lo siano.
Noi tutti abbiamo fatto un lavoro importante e positivo per definire una riforma organica del sistema di informazione per la sicurezza che dia capacità di intelligence a questi apparati del nostro Paese, ma esclusivamente finalizzate alla sicurezza della Repubblica democratica (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Precedente, signori sottosegretari, un nuovo sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ed una nuova disciplina del segreto di Stato erano senza dubbio un'esigenza avvertita da tempo sia negli ambienti politici sia in quelli stessi dell'intelligence e - credo di poter dire - anche fra l'opinione pubblica, soprattutto quando i servizi non hanno funzionato. Fortunatamente, oggi è una giornata particolare. Proprio ieri abbiamo discusso in quest'aula di un'importante azione in materia di antiterrorismo, e non c'è dubbio che, oltre alla proficua azione delle forze di polizia e all'intelligenza e alla capacità di coordinamento degli organi giudiziari, vi è stato l'apporto delle agenzie di intelligence.
Ecco, se noi avessimo sempre potuto registrare in questi anni una così adeguata capacità di prevenzione, di azione informativa ed investigativa probabilmente oggi non saremmo qui ad avvertire con forza l'esigenza di una riforma. Tuttavia, voglio anche ricordare che, in effetti, sono passati trent'anni dall'ultima riforma, e nel frattempo - uso un'espressione ormai persino abusata, logorata - è cambiato il mondo. Sicuramente lo sforzo che abbiamo profuso in questo nostro dibattito, in questo nostro confronto ha tenuto conto dei cambiamenti intervenuti a livello Pag. 17internazionale nel confronto-scontro tra le due maggiori potenze. Oggi siamo in presenza di una vera ed unica potenza, con un teatro internazionale che si è ridislocato, modificato, e le minacce non sono più quelle classiche, storiche. Siamo in presenza della necessità di far fronte a nuove minacce per l'ordinamento democratico, che però - come abbiamo visto ieri - si aggiungono a quelle vecchie o datate.
Dicevo, quindi, che si avvertiva anche qui, in Parlamento, la necessità di una nuova disciplina dei servizi, tant'è che la Commissione si è trovata a lavorare, ad operare su più proposte. E bisogna riconoscere il buon lavoro svolto per ricondurre a sintesi le diverse iniziative.
I servizi segreti - è stato detto qui in maniera autorevole, è stato ricordato più volte - hanno avuto nel nostro paese vicende alterne non sempre positive. Tuttavia, negli ultimi anni un gruppo di nostri agenti sono stati interpreti, spesso e volentieri, di una fedeltà piena verso lo Stato, fino a pagare con la vita il loro impegno.
Non dobbiamo peraltro dimenticare quanto è emerso in questo dibattito in ordine a servizi deviati, che vorrei potessimo lasciarci alle spalle come incidenti superati, anche se bisognerà lavorare per fare chiarezza su vicende che, ancora qualche mese fa, riempivano le pagine dei nostri giornali: l'archivio segreto trovato a via Nazionale; i collegamenti con la vicenda inquietante della Telecom e tutta l'attività di spionaggio parallelo. Probabilmente vi è ancora qualche spione di troppo, qualche spione superficiale, guidato o teleguidato. Quindi, la riforma di cui abbiamo discusso e che adesso ci apprestiamo ad approvare si è riproposta di omogeneizzare le misure e di garantire una sistematicità all'interno dei servizi.
Il testo unificato che abbiamo esaminato qui in aula, sotto la regia e la competente capacità del presidente Violante, ha necessitato di lavori che ci hanno impegnato fortemente, ma che hanno consentito anche di approfondire il tema, di limare, di integrare, di migliorare e di ottenere un testo il più condiviso possibile.
Certo, si tratta di una riforma che riguarda la sicurezza dello Stato, pertanto, non può essere una riforma della sola maggioranza e, anche da questo punto di vista, abbiamo colto segnali interessanti e positivi, anche se non posso nascondere che, nel corso del dibattito, il gruppo dell'Italia dei Valori ha condiviso le considerazioni di chi affermava che, forse, una sintesi delle posizioni della maggioranza, prima del confronto con l'opposizione, avrebbe potuto essere di aiuto.
Tuttavia, siamo convinti che si tratti oggi di un provvedimento scritto a più mani, che credo abbiano lavorato in un'unica direzione condivisa. In questo momento, ci spetta di spiegare al paese che abbiamo predisposto una riforma dei servizi non per un orpello giuridico e legislativo, ma perché sentiamo la necessità di evitare altre incongruenze o spiragli di riferimento che potrebbero lasciare spazio a forme di inquinamento o di deviazione.
Italia dei Valori avrebbe valutato positivamente anche una riforma maggiormente strutturata, invece, qualche volta, abbiamo avuto l'impressione che si lavorasse più ad una razionalizzazione dell'esistente, attraverso correzioni e, soprattutto, attraverso acronimi (il DIS, l'ANS, il NOS, il CISR, il SIE, il SIN, l'UCSe), che sicuramente non sono di facile intelligibilità. Quindi, abbiamo costruito una sorta di labirinto, all'interno del quale abbiamo comunque cercato di far emergere la ratio del legislatore, che non era quella del divide et impera, come ha ricordato in aula, nella discussione sulle linee generali, il collega Felice Belisario, ma che è stata tesa a dare a tutto questo complesso di segmenti unitarietà di intenti ed una sintesi complessiva.
La riforma, come è stato più volte sottolineato, è incentrata soprattutto sulla figura del Presidente del Consiglio, perno attorno al quale tutto ruota, individuando nella sua figura e nella sua persona pro tempore, in modo certo, la direzione e la responsabilità politica dell'intelligence. È Pag. 18una scelta che Italia dei Valori condivide, riconoscendo, peraltro, che, a Costituzione invariata, si sia trattato di una certa, piccola forzatura.
Noi, infatti, non abbiamo un Primo ministro all'inglese, ma, ricordando qualche reminiscenza scolastica, un primus inter pares, con le ovvie difficoltà di gestire una nomina, in modo particolare, nel momento della revoca dei ministri. Tutto ciò è reso complicato da un sistema di partiti, che porta ad un Governo dei partiti con un Presidente, anziché ad un Governo del Presidente formato dai partiti.
Per queste motivazioni, Italia dei Valori ha fatto fatica a comprendere, fino in fondo, l'impostazione del testo unificato. Infatti, pensare ad un'autorità delegata, costituita, a discrezione del Presidente del Consiglio, da un ministro, che potrebbe essere senza portafoglio, oppure, in alternativa, da un sottosegretario della Presidenza del Consiglio, potrebbe costituire un ventaglio troppo ampio.
Tuttavia, come abbiamo avuto modo di precisare nel confronto in seno alla Commissione e nel Comitato ristretto, il Presidente del Consiglio può conferire questa delega, ma sappiamo che non sarebbe una delega piena, almeno per quanto riguarda il profilo delle responsabilità. Meglio, quindi, parlare di un «super direttore» generale del dipartimento dell'informazione.
L'aspetto che ci preme sottolineare, in conclusione, preannunciando il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori, è che, comunque, da questo dibattito sul provvedimento esce rafforzato il ruolo del Parlamento e del suo organismo di controllo, attraverso la possibilità di accentuare quello che potremmo definire, anche qui con una vecchia espressione, il controllo democratico sui servizi che, proprio per la loro natura, non sono propriamente inclini e facili ad un controllo.
Queste sono le motivazioni che ci hanno portato a fornire un contributo e ci portano oggi ad esprimere il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, colleghi, la legge che stiamo per approvare si rendeva assolutamente necessaria, direi oggettivamente necessaria, per regolamentare l'attività dei servizi di informazione e di sicurezza.
Possiamo dire che la legge, almeno per quanto ci riguarda, è ispirata a quattro criteri. Il primo è quello di dare ai servizi di informazione un'organizzazione efficiente e trasparente. Il secondo è quello di individuare una chiara responsabilità politica nella gestione dei servizi in capo ad una figura istituzionale, in questo caso il Presidente del Consiglio. Il terzo criterio è quello di realizzare un trasparente ed efficace - anche qui uso gli stessi aggettivi - controllo da parte del Parlamento e, quindi, anche da parte delle opposizioni, sulle attività dei servizi stessi. Il quarto criterio, anche se molti dei deputati della sinistra non lo hanno evidenziato, probabilmente per paura, è quello di ridimensionare il ruolo della magistratura nell'ambito di inchieste che trattano informazioni sensibili e delicate e che, a fronte di un certo protagonismo che la magistratura ha dimostrato negli anni, potrebbero produrre effetti devastanti per quanto riguarda la sicurezza del paese e per quanto riguarda le possibilità di collaborazione internazionale dei nostri servizi di informazione e di sicurezza.
Veniamo quindi al primo punto. I servizi di informazione sono senza dubbio necessari per la sicurezza di uno Stato, non devono essere però uno strumento nelle mani del Governo per colpire l'opposizione e neppure devono essere uno strumento autonomo che risponde a finalità esterne rispetto alla sicurezza. È questo il cosiddetto problema dei «servizi deviati», che in qualche caso ha fatto capolino nella nostra storia.
Penso che l'organizzazione che si definisce con questo provvedimento sia, non dico perfetta, per carità, ma tutto sommato soddisfacente, perché si individuano Pag. 19due servizi, il SIN ed il SIE, e si individua anche un organismo, il DIS (Dipartimento per l'informazione e la sicurezza), che funge da raccordo, da collettore di informazioni relativamente all'attività che i due servizi svolgono, in maniera tale che tutto venga ricondotto sotto la direzione politica del Presidente del Consiglio e poi, successivamente, o in qualche caso anche preventivamente, sotto il controllo del Parlamento attraverso il competente Comitato parlamentare.
Dobbiamo anche rilevare la positiva previsione e codificazione delle garanzie funzionali entro le quali possono operare gli agenti dei servizi. In questo caso si tratta di consentire a chi opera per tutelare la nostra sicurezza di potersi muovere senza rischiare indebite interferenze da parte della magistratura - diciamolo ancora una volta -, ma nello stesso tempo queste fattispecie vanno regolamentate in maniera analitica e puntuale per impedire che vi siano abusi, mettendo in pericolo un bene supremo come quello della libertà individuale dei cittadini. La previsione contenuta nel testo del provvedimento a nostro avviso risponde a queste finalità.
Il secondo obiettivo è quello di individuare una responsabilità politica in capo al Presidente del Consiglio. La Lega si è opposta con fermezza alla creazione di un superministro per l'informazione e per la sicurezza. Tra l'altro, l'istituzione di una tale figura è tipica dei paesi totalitari. Sarebbe stato anacronistico prevedere un ministro dell'informazione, che dovesse controllare anche tutte le comunicazioni dei cittadini sul territorio. Ciò avrebbe creato soprattutto una confusione dal punto di vista delle responsabilità politiche, peraltro, in una maggioranza litigiosa come la vostra, dove ciascun ministro cerca di portare avanti un progetto di tipo politico, più che di tipo istituzionale. Occorre, quindi, fare chiarezza ed essa non può che realizzarsi individuando in capo al Presidente del Consiglio la responsabilità politica e la direzione dei servizi di informazione e lasciando, ovviamente, al ministro dell'interno il compito di curare la sicurezza all'interno del territorio dello Stato.
Riguardo al terzo obiettivo, quello di realizzare un controllo più efficace da parte del Parlamento, a nostro avviso, la materia dell'informazione e della sicurezza è troppo delicata perché le opposizioni non possano averne accesso, anzitutto sotto il profilo dei controlli, e perché tutte o quasi tutte le opposizioni, che rappresentano anche diverse sensibilità, non vengano rappresentate nell'organismo di controllo dei servizi di informazione e della sicurezza. Penso alla Lega, che rappresenta proprio una particolare sensibilità, essendo un partito fortemente identitario in quanto portatore di interessi territoriali, quelli del nord, dove forti sono le spinte di autonomia, e che, nel passato, è stato oggetto di ingiuste e vergognose attenzioni da parte della magistratura. Non possiamo permettere che, magari attraverso un'attività deviata, le spinte di autonomia vengano, in qualche modo, colpite e ridimensionate surrettiziamente.
Si ritiene, quindi, certamente positivo l'ampliamento sia della composizione sia dei compiti di controllo del comitato parlamentare, che, oltre alle audizioni già previste, potrà richiedere una serie di documenti anche alla magistratura, relativamente alle indagini in corso, per di più al fine di controllare che la magistratura stessa svolga il suo ruolo e non altri e, soprattutto, non si infili nel teatrino del protagonismo, cui troppo spesso abbiamo assistito.
Anche in ordine al quarto obiettivo, ovvero la necessità che venga definito una volta per tutte il ruolo della magistratura su materie così delicate, è positiva la previsione delle garanzie funzionali ed è analitica la previsione in ordine al segreto di Stato. La magistratura, infatti, deve chiedere conferma, quando viene opposto il segreto di Stato; se esso è relativo ad atti, documenti, deposizioni o esami, che riguardano persone informate sui fatti, testimoni, periti o gli stessi imputati, la procedura prevede la conferma del Presidente del Consiglio, che dovrebbe impedire Pag. 20la divulgazione di notizie riservate o pericolose per la sicurezza dello Stato. Questo è un aspetto assolutamente positivo.
Rilevo, inoltre, che è stato accolto un principio portato avanti dalla Lega. L'attività dei servizi di informazione non può e non deve essere lo strumento per controllare la libera attività dei partiti e dei movimenti.Quindi, riteniamo giusta la disposizione che impedisce che le attività di spionaggio siano svolte all'interno delle sedi dei partiti - è un principio che voglio riaffermare in quest'aula - rappresentati in Parlamento e nelle assemblee regionali.
Debbo dire che questo provvedimento, per alcuni aspetti, è stato anche un'occasione mancata. Ad esempio, La Lega Nord Padania ha richiesto con forza che alcuni obblighi di informazione fossero estesi anche ai presidenti di regione...

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore...

ROBERTO COTA. Ciò perché riteniamo che chi rappresenta milioni di cittadini debba anche sapere se la sicurezza dei cittadini sul suo territorio è posta a repentaglio.
Concludo il mio intervento con una considerazione, signor Presidente: questo è uno strumento buono, certamente migliorativo della normativa vigente, purtroppo esso è attualmente nelle mani sbagliate. Fino ad oggi, infatti, non abbiamo assistito, da parte di questo Governo, ad un'efficace politica per la tutela della sicurezza. Lo abbiamo costatato in tema di immigrazione...

PRESIDENTE. È andato molto oltre il tempo a sua disposizione. Mi spiace, onorevole Cota...

ROBERTO COTA. Concludo, signor Presidente. Come stavo dicendo, lo abbiamo constatato in tema di immigrazione ed anche ieri, quando non sono state prese le distanze di fronte a certi fenomeni di terrorismo che hanno precise contiguità politiche...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole...

ROBERTO COTA. Speriamo che al più presto cambi il Governo e che, quindi, questo strumento possa essere utilizzato da mani migliori.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,20).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scajola. Ne ha facoltà.

CLAUDIO SCAJOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel corso della mia recente esperienza di presidente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza ho spesso constatato l'inadeguatezza della normativa vigente in materia di intelligence e segreto di Stato. La legge n. 801 del 1977 introdusse una disciplina all'avanguardia per quei tempi...

PRESIDENTE. Prego i colleghi nell'emiciclo di prestare attenzione...

CLAUDIO SCAJOLA. Ben presto, però, sono progressivamente emersi alcuni limiti di tale legge, accentuati dalla rapida evoluzione dello scenario nazionale ed internazionale. Con il crollo del muro di Berlino e i tragici fatti dell'11 settembre 2001 il sistema di intelligence introdotto nel 1977, modellato sulle esigenze di quei tempi, per fronteggiare un nemico ben Pag. 21identificato, ha progressivamente evidenziato inadeguatezze, divenendo ben presto obsoleto. Oggi, ci troviamo di fronte ad un nemico assai più sfuggente, che opera al di fuori di eserciti regolari e di conflitti dichiarati. A ciò si aggiunga che la globalizzazione e la conseguente interconnessione tra le diverse minacce introduce ulteriori elementi di complessità e rende anacronistico e non più sostenibile un assetto dei servizi come l'attuale, privo di una chiara direzione politica, di un efficace coordinamento centrale e di un equilibrato sistema di controlli.
In questi anni, gli apparati dei servizi hanno saputo egregiamente sopperire alle molte carenze della normativa ed hanno assicurato la nostra sicurezza, operando nel complesso - mi piace ribadirlo - con efficacia, dedizione e lealtà, ma gli strumenti posti a loro disposizione dalla legge non sono oggi più adeguati e richiedono urgente aggiornamento. La legge n. 801 del 1977, ad esempio, non permette agli agenti di compiere, a difesa della sicurezza nazionale, condotte raffiguranti reato. Vi è un paradosso: l'agente che, per ipotesi, si introduca in modo illegittimo, per impedire un possibile attentato, o che operi sotto una falsa identità, rischia una condanna penale, alla quale si può sottrarre solamente con il ricorso al segreto di Stato.
Non possiamo pretendere di combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale con armi spuntate a causa dell'inadeguatezza del quadro normativo. Occorre voltare pagina dotando il paese di un sistema di intelligence al passo con i tempi, coerente con gli scenari della sicurezza interna ed internazionale.
A questo scopo, in seno al Comitato da me presieduto, è stato elaborata con il concorso di tutti una proposta per fornire al Parlamento e alle forze politiche un contributo di esperienza e di riflessione. Questa proposta, sostenuta sin dall'inizio con convinzione dal gruppo di Forza Italia, costituisce l'ossatura del testo che ci apprestiamo a votare.
Desidero a questo proposito dare atto dalla Commissione affari costituzionali, al suo presidente, onorevole Violante, di aver saputo raccogliere con sensibilità e sollecitudine molti dei suggerimenti offerti dal Comitato e dai diversi gruppi politici.
Il dialogo così instaurato, proseguito nel dibattito in Assemblea, ha prodotto positivi risultati che hanno condotto ad una buona riforma, pur con i limiti inevitabili di qualsiasi intervento normativo, che rappresenta in questo momento storico e politico un ragionevole punto di equilibrio. Una riforma può definirsi buona quando risponde all'interesse del paese nel suo complesso. Il testo al nostro esame soddisfa a questo requisito, come dimostrano le numerose e positive novità in esso proposte.
Provo a ricordare solamente le più significative: si rafforza la direzione politica dell'attività di intelligence da parte del Presidente del Consiglio che ne risponde direttamente al Parlamento; è ridefinita la disciplina del segreto di Stato, di cui si limita la portata per la prima volta e si prevede una durata massima dello stesso; si consente, agli apparati e ai servizi di intelligence, di porre in essere, nel rispetto di stringenti limiti sostanziali e procedurali, determinate condotte illecite necessarie per esigenze di sicurezza nazionale; si realizza attraverso il DIS un accurato riparto di competenze tra il servizio interno e quello esterno, e un efficace coordinamento dell'attività dei servizi. Tale coordinamento rimuove sovrapposizioni funzionali, accresce l'efficienza operativa e riduce i costi di gestione. Inoltre, il testo affronta il rafforzamento dell'esecutivo e dell' intelligence ed il potenziamento del ruolo del Comitato parlamentare, reso più rappresentativo e dotato di nuove funzioni e di più incisivi poteri che consentiranno di svolgere con continuità ed efficacia l'essenziale ruolo di garanzia.
La riforma, inoltre, affronta e risolve - mi piace ribadirlo - il delicato nodo dei rapporti tra intelligence e autorità giudiziaria. La nuova normativa finalmente fa chiarezza in una materia nella quale occorre delimitare con precisione, anche alla luce di quanto è avvenuto nel corso di alcune recenti inchieste, funzioni e prerogative Pag. 22dell'Esecutivo, della magistratura e degli apparati di sicurezza. Si introduce, infine, una nuova disciplina in tema di controlli interni, di classifiche di segretezza, di formazione, di reclutamento, di attività simulate e di identità di copertura.
In tutte queste materie le soluzioni adottate sono nel complesso ragionevoli ed equilibrate e renderanno più moderno, trasparente ed efficace il sistema di sicurezza nazionale.
Per queste ragioni, preannuncio che il gruppo di Forza Italia voterà con convinzione in favore dell'approvazione del provvedimento al nostro esame, perché reca la forte impronta dei nostri convincimenti politici ed istituzionali per la sicurezza del nostro paese, sui quali non intendiamo mai transigere.
Esso, infatti, raccoglie e tutela l'insieme di quei valori fondamentali, come le garanzie di libertà del cittadino, che sono patrimonio fondante di Forza Italia. Sono i valori di libertà, per affermare e difendere i quali Silvio Berlusconi è sceso in campo, tredici anni fa, ed in nome dei quali abbiamo governato, per molti anni, il nostro paese: e certamente torneremo presto a governarlo di nuovo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Onorevoli colleghi, la maturità di una classe politica si misura anche con la sua capacità di dare risposte concrete e tempestive alle esigenze del paese. Nel 1977, in un'Italia lacerata dalla violenza degli opposti estremisti, le forze politiche seppero, allora, trovare unità di intenti in materia di sicurezza, dimostrando, su questo punto, alto senso di responsabilità, elevata sensibilità istituzionale e straordinaria capacità di dialogo. Ciò permise l'approvazione della legge n. 801 e la definizione di una normativa sui servizi coerente con i principi democratici ed i valori costituzionali, all'epoca minacciati dall'attacco del terrorismo interno.
A distanza di trent'anni, l'Italia è assai diversa da quella di allora. Certamente, è più omogenea dal punto di vista sociale, ma esistono ancora profonde divisioni ed una scarsa propensione al confronto che, troppo spesso, tende soltanto a delegittimare l'avversario politico.
È di grande significato il fatto che, di fronte all'esigenza di adeguare gli apparati di sicurezza del paese ai nuovi e mutati scenari, il Parlamento abbia dimostrato di essere in grado di esprimere soluzioni condivise, e ritengo che questo sia un risultato politicamente degno di grande rilievo.
È la prima volta, infatti, che in questa legislatura, su un tema...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

CLAUDIO SCAJOLA. ...di rilevanza strategica - ho concluso, signor Presidente -, le forze di maggioranza e di opposizione dimostrano di sapersi confrontare sul merito delle questioni in modo trasparente e leale.
Si tratta di un dato che, sebbene assolutamente isolato, si può ritenere confortante, e che mi auguro possa dare luogo, senza indebite confusioni di ruoli, ad una nuova stagione di più sereno confronto, nel superiore interesse del paese.
Il primo banco di prova sarà costituito proprio dal seguito dell'iter parlamentare di questa riforma. Vedremo se, in Senato, la maggioranza terrà un comportamento altrettanto costruttivo e responsabile, come quello tenuto alla Camera dei deputati, ovvero se, a causa della sua debolezza numerica e delle sue interne lacerazioni, prevarranno obsoleti preconcetti, ideologismi o soluzioni demagogiche.
Ciò che è certo - ed ho concluso, Presidente - è che il gruppo di Forza Italia, con la coerenza che contraddistingue tutta la sua azione politica, sin da ora si dichiara indisponibile nei confronti di qualunque intervento di modifica del testo del provvedimento che, infrangendo il delicato e faticoso equilibrio raggiunto, possa comunque pregiudicare le garanzie per la sicurezza e la libertà degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).

Pag. 23

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, come hanno sottolineato molti colleghi, sono ormai trascorsi trent'anni dall'entrata in vigore della legge n. 801 del 1977, che noi ci proponiamo di riformare con il testo che approveremo quest'oggi alla Camera dei deputati anche con il voto favorevole del gruppo de L'Ulivo, che preannuncio. In queste ore c'è certamente un altro dato che personalmente mi ha colpito molto, cioè che alcuni degli arrestati per fatti di terrorismo a Milano e nel nord del paese hanno meno di trent'anni. I pericoli per la democrazia, italiana e non solo, sono sempre vivi, sia quelli interni, sia quelli esterni.
Con questa riforma, all'aumentare di un pericolo o alla sensazione che un pericolo per le istituzioni, per la democrazia, per lo Stato, per i rapporti tra i popoli e per la pace sia sempre vivo, offriamo armi più «trasparenti», una democrazia più ampia e un maggiore controllo per i servizi di informazione e di sicurezza che questi pericoli devono combattere. Con questo voto oggi riformiamo una legge di trent'anni fa e andiamo anche oltre, perché non soltanto modifichiamo l'assetto e il sistema dei servizi di informazione per la sicurezza, ma anche la disciplina del segreto di Stato. Come è stato sottolineato poc'anzi nel corso dell'ultimo intervento, nell'atto che oggi compiamo in quest'Assemblea sono evidenti un dato politico e uno tecnico-ordinamentale di riforma della legge italiana. Il dato politico importante e forse inaspettato è che il Parlamento approverà all'unanimità - me lo auguro - un progetto di riforma così complesso e sostanziale. Se il voto sarà unanime, avverrà per la prima volta nel corso di questa legislatura e, comunque, su questo tema ciò non era accaduto nelle precedenti legislature.
Però vi sono anche questioni di merito e di contenuto straordinariamente importanti. Ad esempio, quanto al tema del segreto di Stato, se sarà approvata la riforma noi daremo ai cittadini italiani la possibilità di leggere una parte della storia del nostro paese. Nel peggiore dei casi, perlomeno potremo conoscere ciò che è accaduto prima di trent'anni fa, potremo leggere la storia di questo paese antecedente al 1977, che finora è stata coperta in alcune parti dal segreto di Stato. In questi trent'anni come paese abbiamo subito e combattuto il terrorismo interno e, a volte, quello esterno e abbiamo difeso, a volte meglio, a volte peggio, la nostra democrazia. Con questo provvedimento noi offriamo alla generazione che oggi ha meno di trent'anni un sistema di informazione per la sicurezza e una disciplina del segreto di Stato, che garantisce maggiormente la nostra democrazia, le nostre istituzioni, i nostri concittadini, le libertà personali, l'efficienza e la trasparenza dei servizi di informazione. All'aumentare del pericolo nel mondo noi offriamo maggiori diritti e maggiore controllo politico-parlamentare, ma anche maggiore efficienza ed efficacia professionale del sistema sicurezza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,35).

EMANUELE FIANO. Credo che questo non sia il luogo di un dibattito eccessivamente legato all'attualità, ad eventuali processi in corso o a comizi politici. Penso che si debba andare al cuore delle riforme, che noi offriamo al paese con questo importante atto.
Molti sono i punti sostanziali di riforma contenuti in questo provvedimento. Come sapete, i servizi di informazione per la sicurezza rimangono due, ma il loro lavoro sarà diviso in base non più alla competenza geografica, bensì alle funzioni. Si innova e si riforma il CESIS, che diviene DIS ed avrà vere e nuove funzioni di controllo e di coordinamento sui due servizi di informazione, anche attraverso l'istituzione di un nuovo ufficio ispettivo. I servizi di intelligence risponderanno direttamente al Presidente del Consiglio, quindi Pag. 24noi aumentiamo il controllo politico sul sistema di funzionamento dei servizi per l'informazione. Illustro tutto questo brevemente perché sono questioni già ricordate da molti colleghi.
Tuttavia, ritengo che l'elemento principale, che dovremmo sottolineare nel contenuto della riforma che stiamo affrontando e che ci accingiamo a votare, consista nell'aumento della capacità di controllo, che poniamo sull'insieme di questo sistema.
Mi permetta, signor Presidente, di citare rapidamente tre elementi. Il primo riguarda la questione delle garanzie funzionali, che consistono in una speciale causa di giustificazione per gli operatori dei servizi che tengano comportamenti astrattamente configurabili come reato.
Naturalmente abbiamo indicato molti limiti alla possibile giustificazione di queste condotte. Sinteticamente, non potranno essere in nessun caso autorizzate condotte che mettano in pericolo o ledano la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale e morale, la salute o l'incolumità delle persone; che integrino reati di attentato contro organi costituzionali o contro le assemblee regionali; che siano contro i diritti politici del cittadino o contro l'amministrazione della giustizia. Insomma, configuriamo un limite certo, democraticamente scelto dal Parlamento a tutti questi tipi di condotte, ma garantiamo anche agli operatori dei servizi (che ringraziamo per il loro lavoro che, nella grande maggioranza dei casi, risulta corretto e molto importante per la nostra democrazia) che quei comportamenti svolti senza ledere i diritti appena citati possano avvenire sotto la speciale causa di giustificazione.
Il secondo tipo di controllo fondamentale che aumentiamo è quello parlamentare e riguarda tutti noi che stiamo votando questa legge. È infatti fortemente potenziato il ruolo del Comitato di controllo parlamentare, che svolgerà funzioni di controllo effettivo e non formale nonché funzioni consultive sugli schemi dei decreti e dei regolamenti relativi al servizio.
Il Presidente del Consiglio informerà il Comitato circa le operazioni condotte dai servizi di sicurezza, quelle autorizzate in base al principio delle garanzie funzionali, comunicherà le richieste che provengono dall'autorità giudiziaria, comunicherà l'istituzione degli archivi dei servizi di sicurezza e del DIS.
In relazione anche ad alcune vicende giudiziarie che qui vengono citate viene inoltre fissato un principio fondamentale, secondo cui non potranno essere istituiti archivi diversi da quelli comunicati al Comitato parlamentare.
Per questo, per l'aumento di questi poteri di controllo del Parlamento e anche per l'ampliamento che abbiamo deciso di dare - perché accolga la maggior parte possibile di rappresentanza dei gruppi politici - abbiamo anche reso più rigidi i vincoli al segreto dell'attività che si svolge dentro il Copaco, cosa che non aggiunge nulla rispetto a reati che già esistono nel nostro ordinamento circa la violazione - mi preme dirlo - da parte di organi di stampa per ciò che riguarda il segreto di Stato: questa legge non aggiunge nulla - lo ripeto - a quel tema citato da molti colleghi!
Noi abbiamo inasprito le pene per quanto riguarda la violazione di ciò che è secretato dell'attività del Comitato parlamentare di controllo.
Infine, il terzo tipo di controllo che viene normato e riformato è quello giurisdizionale. In altre parole, introduciamo la novità principale in questo campo, cioè il divieto di opporre qualsiasi tipo di segreto alla Corte costituzionale. Noi inseriamo un organo terzo.
Questo principio che abbiamo inserito costituisce la norma di chiusura del bilanciamento delicatissimo tra gli interessi esecutivi del Governo e quelli della magistratura.
Riteniamo che ognuno debba far valere le proprie funzioni costituzionali e che, in caso di conflitto, vi sia un organo costituzionale - quale la Corte costituzionale - che dirima l'eventuale nascita di conflitti deliberando su quel tema: un organo che possa vedere ciò che oggi è coperto dal Pag. 25segreto di Stato, cosa che non succede nelle vicende in corso in questo momento, citate da molti colleghi.
Penso, signor Presidente, che abbiamo fatto un buon lavoro per la democrazia italiana. Ringrazio anch'io il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Luciano Violante, per il lavoro sapiente e saggio di collegamento tra le diverse istanze prospettate nei vari testi giunti all'esame della Commissione.
Ricordo che questo lavoro era iniziato presso il Comitato di controllo parlamentare, presieduto dal presidente Scajola.
Mi domando se sia un caso che quest'Assemblea oggi voti, probabilmente - mi auguro - all'unanimità una riforma così significativa del Parlamento sul sistema di sicurezza e di informazioni per la sicurezza proprio nelle ore in cui una gran parte del paese si ritrova allarmata per la recrudescenza di un fenomeno che forse i più pensavano ormai sopito o morto, cioè quello del terrorismo. Penso che vi sia un significato politico, che cioè gli strumenti di controllo e tutela della democrazia o si difendono tutti insieme o non si difendono, e il rischio di votare o di approvare riforme dei sistemi di sicurezza graditi solo da una parte del paese e del Parlamento è troppo grande. Per questo guardo con fiducia anche ai successivi passaggi parlamentari.
Per queste ragioni, signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, noi parlamentari de L'Ulivo voteremo ovviamente a favore di una riforma giusta, che rende il paese più moderno, più certo, più efficiente nel sistema di informazione per la sicurezza, che disciplina rapporti tra poteri che vanno messi sullo stesso piano, cioè la magistratura ed il Governo.
Abbiamo scritto un articolo importante nel testo di riforma, l'articolo 40: abbiamo avuto il coraggio di occuparci di questioni delicate che avrebbero potuto dividerci ed abbiamo scelto, invece, la via di un equilibrio delicato e nello stesso tempo sano tra i poteri dello Stato, che veda contemporaneamente salvaguardate le esigenze di difesa e quelle di inchiesta della magistratura.
Penso che quest'oggi approviamo una riforma che garantisce maggiori diritti per i cittadini e non toglie diritti agli operatori dei servizi di sicurezza e di informazione perché questo non sarebbe giusto. Maggiori diritti e maggiore efficienza sono il contrasto migliore ai pericoli che ancora oggi corre il nostro paese e che - ne sono certo - insieme sapremo combattere (Applausi).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti di una classe della scuola media Porto Romano Segrè di Fiumicino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo, sottosegretario Enrico Micheli. Ne ha facoltà.

ENRICO MICHELI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Debbo pronunciare poche parole solo per ringraziare l'aula e manifestare un forte apprezzamento per quest'ampia condivisione parlamentare. Voglio dedicare un ringraziamento particolare al Comitato di controllo, al presidente Scajola, ai suoi componenti, che hanno predisposto il testo base. Allo stesso modo ringrazio a nome del Governo il presidente Violante per il suo notevole lavoro e tutti i componenti della Commissione, che hanno svolto un decisivo lavoro di raccordo in tutte le fasi della nostra discussione (Applausi).

(Correzioni di forma - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, anche per una proposta di correzioni di forma, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento, il relatore e presidente della I Commissione, onorevole Violante. Ne ha facoltà.

Pag. 26

LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, sento il dovere non formale di ringraziare tutti i colleghi della Commissione e soprattutto quelli del Comitato dei nove, che tutti quanti insieme in sedute anche notturne hanno collaborato e cooperato a redigere questo testo -, nonché quelli del Comitato parlamentare di controllo, che sotto la guida del presidente Scajola ci hanno presentato un testo eccellente che ci ha consentito di lavorare in questo modo.
Mi consenta di dire una parola anche sugli uffici della Commissione, del Servizio studi e su tutti gli altri uffici della Camera, perché anche in questa occasione si sono confermati un'aristocrazia professionale del sistema delle pubbliche funzioni nel nostro paese. Il loro contributo è stato anch'esso determinante, come è stato determinante - e ringrazio il sottosegretario Micheli - il lavoro del Governo. Questo avrebbe potuto presentare un suo disegno di legge, che certamente non avrebbe favorito in tale contesto un esito di questo tipo. Suggerimenti, proposte, emendamenti sono però venuti con grande rispetto delle funzioni reciproche e di questo ringrazio il sottosegretario Micheli.
Gli elementi di forza di questo progetto sono quattro e molto semplici: un forte potere del Governo, una ferma linea di demarcazione tra le funzioni del Governo e quelle della magistratura (sono poteri equi ordinati e tali debbano restare), un forte controllo parlamentare e un forte controllo giurisdizionale da parte della Corte costituzionale.
Una delle novità richiamate poc'anzi dal collega Fiano - la sottolineo perché molti altri colleghi vi si sono soffermati - è la disciplina dell'opposizione del segreto di stato da parte di persone diverse dal testimone: imputati, indagati, parti civili e così via. Abbiamo stabilito che in ogni caso di opposizione del segreto da parte di uno di questi soggetti, il magistrato debba informare il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito della logica di leale collaborazione tra istituzioni dello Stato. Abbiamo previsto altresì che, se il Presidente dovesse poi ritenere che quella informazione sia essenziale, il magistrato gli chieda anche conferma del segreto di stato. Quindi, si tratta di due cose diverse: in ogni occasione in cui è eccepito il segreto, il Presidente del Consiglio dei ministri deve essere informato in quanto autorità nazionale per la sicurezza; se poi la notizia è essenziale, è informato anche ai fini della conferma. Si tratta di due linee che servono a stabilire un circuito di leale cooperazione tra le istituzioni del paese.
Molti colleghi hanno giustamente richiamato la storia, a volte drammatica e a volte sconcertante, dei servizi di sicurezza. Però, colleghi, permettetemi di dire che di quella storia fa parte anche un uomo che si chiamava Calipari, ucciso nell'esercizio delle sue funzioni e che bisogna ricordare anche quando si parla delle cose oscure riguardanti i servizi (Applausi). Infatti, non vi è stata solo tragedia, ma anche sacrificio e debbo dire, colleghi, che i servizi sono l'unica amministrazione pubblica che non tiene conferenze stampa quando raggiunge risultati positivi: ciò, perché deve tacere. Quindi noi sappiamo dei servizi ciò che a volte non funziona, ma non sappiamo mai tutto quello che funziona, tutto quello che hanno prevenuto, poiché non è comunicato all'esterno.
Un dato, però, deve farci riflettere: noi siamo stati presenti in Iraq con un forte contingente (credo fosse il terzo dopo quello degli americani e degli inglesi) e siamo l'unico paese che non ha subito attentati sul proprio territorio (Applausi). Credo che questo lo si debba alla capacità di servizi di sicurezza e alle nostre forze di polizia, alle quali va grato il nostro pensiero.
Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel testo unificato delle proposte di legge A.C. 445-A ed abbinate, propongo le seguenti correzioni di forma da apportare al testo ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento: all'articolo 1, comma 1, lettera a), le parole: «politica informativa e della sicurezza» sono sostituite dalle seguenti: «politica dell'informazione per la sicurezza»; all'articolo 4, comma 3, lettera Pag. 27i), la parola: «decreto», ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: «regolamento»; all'articolo 7, comma 7, la parola: «SIE» è sostituita dalla seguente: «SIN»; all'articolo 9, comma 3, primo periodo, come modificato a seguito dell'approvazione dell'emendamento Gamba 9.60, le parole: «per tutte le altre» sono sostituite dalle seguenti: «per le altre classifiche di segretezza indicate nell'articolo 41»; conseguentemente, al secondo periodo del medesimo comma, le parole: «, indicate nell'articolo 41,» sono soppresse; all'articolo 13, comma 2, le parole: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Con apposito regolamento»; all'articolo 17, comma 3-bis, come introdotto a seguito dell'approvazione dell'emendamento 17.203 della Commissione, dopo le parole: « Non possono essere autorizzate» sono inserite le seguenti: «, ai sensi dell'articolo 18,»; all'articolo 32, comma 1, le parole: «dei decreti e» sono soppresse.
Signor Presidente, le chiederei cortesemente di sottoporre a votazione le correzioni proposte.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dal relatore in riferimento alle correzioni di forma da apportare al testo del provvedimento a norma dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
(È approvata).

(Coordinamento formale - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 445-A ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi).

(Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto) (445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-A):

(Presenti 491
Votanti 471
Astenuti 20
Maggioranza 236
Hanno votato
471).

Prendo atto che i deputati Tucci e Zanetta non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Segnalo che assiste ai nostri lavori una classe della scuola media Giuseppe Giuliano di Latina. La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).

Per un'inversione dell'ordine del giorno (ore 11,53).

ROBERTO MENIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, vorrei sottoporre all'Assemblea una proposta di inversione dell'ordine del giorno, al fine di anticipare l'esame del punto 3.Pag. 28
La ragione di tale richiesta si può rinvenire nella circostanza che il convulso svolgersi dei nostri lavori, che è parte di una prassi che si sta imponendo negli ultimi mesi, fa sì che di fatto il principio affermato nel regolamento relativo all'esame di una quota di provvedimenti proposti dall'opposizione risulti leso dal sovrapporsi continuo di decreti e di altri provvedimenti che vengono trattati dalla maggioranza con una certa leggerezza.
Sappiamo che nelle prossime settimane giungeranno all'esame dell'Assemblea altri tre decreti-legge: quello sulla prescrizione della responsabilità amministrativa; quello sulle attività economiche, le imprese e la tutela dei consumatori; quello sulle missioni umanitarie e di pace dei nostri militari.
La scorsa settimana, la maggioranza, per una serie di problemi, ha ritenuto di interrompere i lavori quando vi era la possibilità che fosse battuta e ha ritenuto di riprenderli quando riteneva di aver consolidato la propria posizione.
Ciò che da tempo ormai si verifica per prassi consolidata è che la trattazione della quota di provvedimenti riservata all'opposizione viene di fatto meno.
Il successivo punto previsto all'ordine del giorno riguarda il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Voglio precisare che su tale questione non poniamo pregiudiziali - tra l'altro, sappiamo che su questo argomento sussistono posizioni trasversali -, ma di fatto, fino ad oggi, è stato approvato un solo articolo e sono previste ancora 150 votazioni.
Ciò vuol dire che il provvedimento di cui al punto 3 dell'ordine del giorno - quello a cui noi teniamo e il cui iter si sarebbe dovuto concludere già alla fine dello scorso anno -, relativo al riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica, è destinato a non trovare conclusione e ciò, a nostro modo di vedere, non è accettabile.
Quindi, Presidente, non si tratta di una preclusione in ordine al provvedimento sul Garante dei diritti delle persone detenute, ma della tutela di un diritto riconosciuto all'opposizione. Di fatto, a causa di un'organizzazione dei lavori che lascia sinceramente perplessi - una organizzazione per cui, per esigenze di maggioranza, si ritiene di iniziare a votare solitamente il pomeriggio del martedì, di concludere i lavori al mezzogiorno del giovedì, di interrompere i lavori dell'aula per cinque, sei o sette ore -, vi è un modo sconnesso di procedere che lede un principio e un diritto affermato dal regolamento riguardo alla quota dei provvedimenti assegnati all'opposizione.
Per questo motivo - e concludo - le chiedo, signor Presidente, di portare all'attenzione dell'Assemblea la proposta, che è di tutta l'opposizione, di procedere ad una inversione dell'ordine del giorno, nel senso di passare immediatamente alla trattazione del punto 3 all'ordine del giorno, recante la nostra proposta di modifica della Costituzione sul riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica.

PRESIDENTE. Sulla proposta formulata dall'onorevole Menia ha chiesto di parlare contro l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo per dire che alcune considerazioni che sono state svolte sono questioni tipicamente oggetto della Conferenza dei presidenti di gruppo, che i presidenti di gruppo, sia di maggioranza che di opposizione, hanno già affrontato e affronteranno ancora in quella sede.
Per quanto riguarda il prosieguo dei nostri lavori parlamentari, signor Presidente, rilevo che noi oggi abbiamo votato all'unanimità, con qualche astensione, un testo unificato di riforma dei servizi di informazione risultante da molte proposte di legge di cui una ha come primo firmatario un collega appartenente al gruppo di chi mi ha preceduto, cioè Alleanza nazionale, che una delle proposte di legge da cui è scaturito il testo unificato al secondo punto all'ordine del giorno di oggi ha come prima firmataria la collega Mazzoni, del gruppo dell'UDC, Pag. 29e, ancora, che al terzo punto all'ordine del giorno, con riferimento al quale viene richiesta l'inversione - cui io propongo di non procedere -, vi sono proposte di legge anche della maggioranza, di cui una a mia prima firma e una a firma, tra gli altri, del collega Zaccaria e anche da me cofirmata, il che dimostra che non vi è alcuna volontà di non esaminare quella riforma costituzionale.
Poiché però noi abbiamo già iniziato l'esame degli articoli e degli emendamenti del provvedimento di cui al secondo punto dell'ordine del giorno e l'abbiamo sospeso soltanto per dare la precedenza al testo sui servizi di informazione, una normale logica di coerenza e di efficacia dei nostri lavori parlamentari imporrebbe che riprendessimo il provvedimento che avevamo sospeso, di cui avevamo - ripeto - già iniziato l'esame e approvato addirittura l'articolo 1.
Per questo motivo, con molta serenità e semplicità, perché poi avremo un atteggiamento del tutto costruttivo anche sul provvedimento di cui al punto tre, che già è stato anche calendarizzato per la prossima settimana nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che si è svolta ieri, con assoluta serenità - lo ripeto - propongo di respingere la proposta di inversione dell'ordine del giorno e di passare senz'altro alla prosecuzione dell'esame del provvedimento al punto due dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Presidente, il problema posto dal collega Menia non è legato soltanto al provvedimento che immediatamente dopo dovrebbe essere portato all'attenzione dell'Assemblea, perché l'intervento da lui svolto ha una ratio legata ad una più generale considerazione dell'andamento dei nostri lavori, tant'è vero che puntualmente il collega Menia ha sottoposto alla attenzione sua, Presidente, e dell'Assemblea il fatto che, ove oggi non accedessimo all'ipotesi di inversione dell'ordine del giorno, i provvedimenti che sono in quota dell'opposizione rischierebbero di essere portati alla nostra attenzione da qui a trenta, quaranta o cinquanta giorni, coartando di fatto, e non solo sulla carta, quelle che sono le prerogative delle opposizioni. Tant'è vero che, alle considerazioni sottoposte all'Assemblea dal collega Menia, va aggiunto anche il fatto che nel pomeriggio di oggi è previsto lo svolgimento di tutta una serie di interpellanze urgenti che interessano - e ciò non sfugge a nessuno, né all'opposizione né alla maggioranza - principalmente l'opposizione.
Ove mai andassimo avanti su un provvedimento su cui devono essere ancora svolte 157 votazioni, su un provvedimento che ha visto approvato fino ad ora soltanto un articolo, su un provvedimento che ha visto la maggioranza in maniera trasversale cadere su alcuni punti, l'esame del provvedimento di cui al punto 3 dell'ordine del giorno (e non è come dice il collega Boato: egli sa benissimo che queste considerazioni noi le abbiamo già svolte in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, tant'è vero che era stato così proposto ove mai non si fosse andati avanti nell'esame di questo provvedimento, come si evince anche da quanto è scaturito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo), nel suo iter verrebbe spostato a dopo l'esame di un decreto-legge che torna dal Senato alla Camera, il cosiddetto decreto «mille proroghe».
Infatti, la prossima settimana saranno al nostro esame due provvedimenti, mentre altri due - mi riferisco al cosiddetto decreto Bersani e a quello sull'Afghanistan - impegneranno questo ramo del Parlamento sicuramente per venti, venticinque giorni. Quando si passerà all'esame delle proposte delle opposizioni? Non dica l'onorevole Boato che il provvedimento di cui al punto successivo, quello sul Garante dei detenuti, porta la firma di qualche collega dell'opposizione: non è in quota dell'opposizione! Boato, come al solito, vuole fare il gioco delle tre carte, ma ritengo non sfugga a nessuno che nel caso concreto è questione non di «quota» ma solo di firma.Pag. 30
Dunque, domando all'Assemblea se essa, come auspico, voglia proseguire i lavori nello stesso spirito che l'ha condotta all'approvazione quasi unanime del provvedimento del quale si è testé concluso l'esame in modo che i diritti dell'opposizione non vengano calpestati né per esigenze di maggioranza né per esigenze di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, intervengo per fare un po' di chiarezza, ma soprattutto per recare un aiuto allo svolgimento dei nostri lavori. Boato, con riferimento al secondo punto all'ordine del giorno, ha citato l'onorevole Mazzoni, mia collega; ma quel provvedimento non può in alcun modo venire attribuito all'opposizione in quanto anche Boato sa perfettamente che si tratta di proposte di legge che hanno dato origine ad un testo unificato, tra le quali una, addirittura, porta il suo nome.
Mi pare, piuttosto, che per tale provvedimento si ponga qualche problema, soprattutto per quanto attiene alla figura del Garante; non vorrei che, ripreso in ipotesi il dibattito, e cominciatosi a votare, si dovesse ancora una volta sospenderne l'esame.
Quindi ritengo valga la pena compiere un approfondimento ulteriore effettuando, per così dire, un supplemento di indagine sul provvedimento. Pertanto, quanto il collega Menia ha portato all'attenzione dell'Assemblea potrebbe essere giustificabile proprio in tal senso ponendo in risalto un fatto quasi esclusivamente di natura tecnica.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di inversione dell'ordine del giorno formulata dall'onorevole Menia.
(È respinta).

Sull'ordine dei lavori (ore 12,04).

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, presidente Vito.

ELIO VITO. Signor Presidente, la gravità del voto con il quale la maggioranza ha poc'anzi respinto la richiesta dell'onorevole Menia è sotto gli occhi di tutti e non intendo riaprire la questione.
Però, Presidente, desidero intervenire sull'ordine dei lavori per una questione che mi pare alquanto urgente e per la quale pregherei di ricevere l'attenzione sua e del sottosegretario Naccarato. Ieri, abbiamo ascoltato con grande attenzione - e, devo aggiungere, con qualche preoccupazione - l'intervento del ministro dell'interno Amato, che ha altresì manifestato le sue preoccupazioni per la manifestazione di Vicenza prevista dopodomani. Ora, Presidente, sul Corriere della sera, un sottosegretario del Governo di cui fa parte lo stesso ministro Amato, a proposito di quella manifestazione, esprime a sua volta le proprie preoccupazioni, per la verità alquanto diverse, se non opposte, a quelle del ministro. Il sottosegretario in questione dichiara che a suo giudizio esiste la possibilità che all'improvviso si veda comparire nella manifestazione qualche infiltrato: ma non fa riferimento agli infiltrati dei quali parlava ieri il ministro Amato. No! Si riferisce piuttosto ad infiltrati di «pezzi» di istituzioni contrari al movimento e che «lavorano» per creare incidenti.
Ora, noi abbiamo approvato poc'anzi, signor Presidente, una riforma sui servizi ampiamente condivisa dalla Camera; oggi, un sottosegretario di Stato accusa «pezzi» dello Stato, «pezzi» delle istituzioni, addirittura del tentativo di infiltrarsi nella manifestazione dei centri sociali e della sinistra radicale di dopodomani per creare incidenti.
Credo che questa intervista di un sottosegretario di Stato sia di una gravità Pag. 31assoluta, tale da richiedere che il ministro dell'interno Amato torni oggi stesso alla Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia, Alleanza nazionale e UDC).
Delle due l'una: o ha ragione il ministro Amato ad esprimere le sue preoccupazioni sulla manifestazione di Vicenza, o ha ragione il sottosegretario Cento - non credo proprio - ad esprimere tutt'altra preoccupazione nei confronti di settori dello Stato, delle forze dell'ordine e degli operatori di servizi, che invece intendiamo ringraziare, come richiesto ieri anche dal ministro Amato a tutte le forze politiche.
Poiché la manifestazione si svolgerà tra quarantotto ore e poiché la preoccupazione sarà condivisa anche dalla Presidenza, oltre che dai rappresentanti del Governo - credo che il collega di partito dei Verdi, di militanza di Lotta continua, Boato, non ce ne vorrà -, forse sarebbe più urgente cercare di capire cosa stia accadendo in vista della manifestazione di sabato, piuttosto che occuparci dei giusti diritti e delle garanzie delle persone detenute in carcere.
Tra l'altro, oggi sono previste numerose interpellanze urgenti, per cui non vorremmo che la maggioranza, dopo avere impedito la discussione di un argomento voluto dall'opposizione, volesse anche impedire che il Governo risponda, come previsto dal regolamento, alle numerose interpellanze urgenti da noi presentate. Non vorremmo inoltre che la maggioranza si nascondesse o condividesse le preoccupanti dichiarazioni del sottosegretario Cento, che invece meritano un chiarimento da parte del Governo e del Ministero dell'interno, chiarimento che va reso necessariamente in giornata alla Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Prendo atto della sua richiesta e sarà mia cura trasmetterla immediatamente alla Presidenza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Intervenendo sull'ordine dei lavori, a differenza di altri, vorrei dire che dopo le giuste argomentazioni dell'opposizione e la relativa richiesta di voto, l'Assemblea si è espressa a maggioranza e ha preso una decisione. Ora la pregherei, signor Presidente, di procedere seguendo l'ordine del giorno già stabilito, perché molti dei richiami, di natura dilatoria, che potrebbero essere fatti, come lei sa, in via ordinaria si svolgono al termine della seduta. Poco fa ci è stato rimproverato il fatto che la maggioranza a mezzogiorno vorrebbe sospendere i lavori. Mi sembra che siamo qui e vorremmo procedere con i lavori. La pregherei, signor Presidente - ovviamente a lei è affidata questa responsabilità, ma sono convinto che ci seguirà in questo - applicando il regolamento, di consentire il proseguimento dei lavori previsti nell'ordine del giorno, tanto più che gli argomenti sollevati sono stati affrontati non certo sei mesi fa, ma nelle ultime ventiquattro ore, prima dal ministro dell'interno Amato e per ben due volte, durante il question time, dal Vicepresidente del Consiglio di Rutelli.

PRESIDENTE. La ringrazio per questo invito alla responsabilità e per la conseguente fiducia.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, l'intervento svolto ora dall'onorevole Giachetti ci allarma ulteriormente. Mi ero iscritto a parlare sull'ordine dei lavori, come rappresentante dei titolari dei diritti e delle responsabilità dell'opposizione, perché particolarmente allarmati dalle parole dell'onorevole Boato, il quale, in maniera intermittente, come grande difensore delle facoltà e dei diritti del gioco parlamentare, non si è fatto scrupolo di usare quello che un collega, con espressione colorita, ha significativamente chiamato il «gioco delle tre Pag. 32carte». L'onorevole Boato ha tentato di intestare reciprocamente all'opposizione e alla maggioranza atti di iniziativa parlamentare (Commenti del deputato Boato). Ciò è molto grave. Non basta che vi siano tre o quattro proposte di legge di una parte politica, come la maggioranza, e che, per connessione di argomento, magari su un aspetto particolare, ve ne sia una di un deputato dell'opposizione, per dire che si tratta di un provvedimento voluto o presentato dall'opposizione, così come non sarebbe vero il contrario.
Poiché sia nel caso del provvedimento che riguarda la lingua italiana sia per quello che riguarda il garante dei detenuti è chiarissimo a quale versante parlamentare essi appartengono, quello sarebbe veramente il «gioco delle tre carte». Ora, i colleghi hanno spiegato benissimo, con tempi e procedure parlamentari, in qual modo si estromette completamente la quota dell'opposizione dai lavori per molte settimane. E questo è un autentico golpe parlamentare in termini regolamentari violando le regole che ci siamo dati.

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, per la verità la Camera ha votato. Quindi, eviterei...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Sì, ho capito.

PRESIDENTE. Poiché lei parla sull'ordine dei lavori, devo ricordare che c'è appena stato un voto dell'Assemblea.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, sto arrivando alle conclusioni.
L'intervento dell'onorevole Giachetti, che è anch'esso successivo al voto, manifesta addirittura un'impazienza relativamente al nostro malcontento e al nostro allarme, di cui la Presidenza - onorevole Presidente - deve farsi carico. Non è che debba soltanto prendere atto del voto: deve tutelare diritti. E se non è questo un diritto fondamentale, spiegatemi quale altro c'è a livello parlamentare! L'impazienza dell'onorevole Giachetti va denunziata sul piano regolamentare e sul piano politico, talché noi diciamo che, qualora si insista nella violazione di questo diritto fondamentale, ci riserviamo di esercitare ogni diritto di comportamento parlamentare adeguato alla stregua di questa impazienza che concretizza una violenza parlamentare.
Quindi, le parole di Boato, in combinato disposto con quelle di Giachetti, mettono in forte allarme l'opposizione e ci inducono ad una riflessione sulle modalità di svolgimento dei lavori che questa mattina si erano aperti nel migliore degli auspici. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (A.C. 626-1090-1441-2018-A/R) (ore 12,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Ricordo che nella seduta dell'8 febbraio 2007 è stato approvato l'articolo 1.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

Pag. 33

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, l'articolo 2 del provvedimento in esame riguarda le competenze della Commissione nazionale. Ci sono diversi emendamenti a questo articolo, in quanto riteniamo che le competenze siano state esageratamente allargate, e di ciò soffra la sostanza del lavoro di questa commissione nonché la sostanza delle logiche istitutive. Noi siamo soddisfatti di alcuni miglioramenti messi in essere dalla relatrice e poi assunti dalla commissione. Per esempio, l'alternatività fra il ricorso alla commissione per i diritti umani o all'autorità giudiziaria - introdotta con l'emendamento 2.500 della Commissione - è una nota estremamente importante per evitare duplicazioni di interventi che potrebbero creare, come è evidente, estreme complicazioni. Tuttavia, si è tenuto in poco in conto il nostro lavoro emendativo che passa - come dicevo - attraverso una serie di emendamenti soprattutto soppressivi. Per esempio, alla lettera c) del comma 1 si dice che il Governo, al fine di rendere il lavoro della commissione più utile, sottopone alla commissione medesima i progetti di atti legislativi e regolamentari che possono avere una incidenza su tali diritti.
Si tratta di una serie di diritti che vengono evidenziati nel capoverso precedente: la Commissione può, in particolare, proporre al Governo, nelle materie di propria competenza, l'adozione di iniziative legislative nonché di regolamenti e di atti amministrativi e sollecitare la firma o la ratifica delle convenzioni e degli accordi internazionali in materia di diritti umani.
Che ci sia questa possibilità di sollecitazione e di proposizione lo riteniamo giusto, ma che il Governo debba sottoporre alla Commissione, a tal fine, tutti i progetti di atti legislativi e regolamentari che possano avere un'incidenza su tali diritti, ci sembra limitativo delle prerogative del Governo stesso.
C'è, inoltre, la norma, che è stata modificata positivamente, relativa alla possibilità di ricezione, dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano, di segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti umani. Questo è l'oggetto principale delle competenze di questa Commissione. Vedremo poi, quando affronteremo l'articolo 3, quali sono le nostre critiche sulla procedura.
Ci pare che la lettera h), di cui abbiamo chiesto la soppressione, ampli troppo le materie di competenza, in quanto indica, fra di esse, quella di «promuovere, nell'ambito delle categorie interessate, nell'osservanza del principio di rappresentatività, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, nonché verificarne la conformità alle leggi ed ai regolamenti, anche attraverso l'esame di osservazioni dei soggetti interessati a contribuire a garantirne la diffusione e il rispetto». Ci sembra che questa competenza, rapportandosi con le categorie e cercando di mettere insieme i codici deontologici, finisca per diventare troppo ampia ed invasiva.
Inoltre, vi è un'altra competenza, prevista alla lettera i), riguardante il contatto con le autorità, le istituzioni e gli organismi pubblici (quali i difensori civici, eccetera), aventi competenza in materia di diritti umani, che, a nostro avviso, crea nuovamente un esagerato allargamento delle competenze ed una rete troppo ampia e di difficile regolamentazione e controllo.
La lettera l) va bene. La Commissione, inoltre, propone l'inserimento del comma 1-bis, in materia di collegamento con le istituzioni scolastiche, che va benissimo.
Vi è, inoltre, un'altra norma, sulla quale noi non concordiamo, ossia quella che prevede che la Commissione può svolgere la propria attività attraverso apposite sezioni dedicate a particolari materie o a specifici ambiti di competenza. Noi crediamo che, soprattutto dopo la riduzione a quattro (oltre al presidente) dei membri di questa commissione, ci sia una competenza «totale», senza bisogno di formare specifiche sezioni dedicate a particolari materie - si badi bene -, diverse anche da quelle del garante dei detenuti.
Ecco, dunque, spiegate, in breve sintesi, le nostre proposte emendative.
Il mio intervento sull'esame complessivo degli emendamenti può soltanto sottolineare Pag. 34ancora l'emendamento 2.503 della Commissione, che cambia l'impostazione della commissione, a seguito anche di quanto deciso in Assemblea sulla diminuzione del numero dei componenti ed al fatto che la Commissione debba svolgere la funzione di garante dei diritti. Mi pare che tutte le modifiche contenute in questo emendamento siano da condividere.
Rimangono ferme, invece, le nostre posizioni in termini concettuali, quando rileviamo che questa legge, per quanto riguarda i detenuti, deve riguardare soltanto le persone effettivamente detenute e non quelle private della libertà personale, perché nel concetto delle persone private della libertà personale rientrano coloro che sono trattenuti nei centri temporanei di permanenza e coloro che sono in via eccezionale e temporanea nelle camere di sicurezza, luoghi che, per le ragioni sistematiche che abbiamo già ampiamente evidenziato, riteniamo non debbano essere oggetto dell'intervento della Commissione anche attraverso la parte che riguarda le garanzie dei detenuti.

PRESIDENTE. Segnalo che assiste ai nostri lavori una classe dell'Istituto di istruzione superiore di Telese Terme (Benevento). La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 12,24).

LUIGI D'AGRÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Presidente, so che forse vado contro il regolamento...

PRESIDENTE. Cominciamo bene...!

LUIGI D'AGRÒ. Lo dico subito al fine di evitare di essere interrotto. Vorrei farle presente che un'agenzia di stampa ha battuto una rilevante notizia pochi minuti fa. Il viceministro Minniti, nel corso di un'audizione al Senato, a seguito del sequestro di un arsenale avvenuto ieri sera a Padova (ci troviamo di fronte ad un'operazione ancora in corso), ha pronunciato testualmente le seguenti parole: siamo di fronte al ritrovamento di un consistente arsenale nelle campagne padovane avvenuto ieri sera; quanto sequestrato costituisce la dotazione delle cellule di Milano e Padova.
Il questore di Padova sta tenendo una conferenza stampa in questi minuti. Mi pare che sia in atto qualcosa di ben più rilevante rispetto a quanto dibattuto in questa sede ieri e sarebbe opportuno pertanto che il Governo riferisse al Parlamento e che qualche altra iniziative, compresa eventualmente la convocazione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, venisse portata avanti, in modo da informare l'Assemblea di quanto sta accadendo, tenuto conto anche della manifestazione che si terrà a Vicenza sabato prossimo.

MARCO BOATO. A cosa serve, se il viceministro ha appena riferito il fatto al Senato?

PRESIDENTE. Il regolamento prevede che interventi di questo genere si svolgono comunque, pur tenendo conto della gravità delle cose riferite, al termine dei lavori. In ogni caso, riferirò personalmente alla Presidenza ed invito tutti i colleghi a proseguire nel dibattito.

Si riprende la discussione (ore 12,26).

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Già nella scorsa seduta noi abbiamo espresso la nostra contrarietà a questo provvedimento. Ora, manifestiamo tale contrarietà nel merito, con riferimento all'articolo 2, mediante la presentazione di una serie di emendamenti che sono sostanzialmente tutti abrogativi dei singoli commi. Ciò avviene perché noi Pag. 35riteniamo che il punto centrale di questo articolo, quello delle competenze di questa commissione, sia profondamente sbagliato.
Stiamo assistendo ad una delle tante messe in scena, che vediamo dall'inizio della legislatura, per le quali si utilizzano strumenti legislativi per realizzare e portare avanti battaglie politiche all'interno della maggioranza. È bene che tutti noi ci diciamo che l'istituzione di questa commissione è assolutamente inutile sia con riferimento alle garanzie e alla tutela dei diritti umani sia con riferimento alla tutela e alle garanzie dei detenuti. Credo, anzi, che sia assolutamente peggiorativa, perché crea un «carrozzone», una struttura con competenze che entreranno in conflitto con alcune importanti competenze istituzionali.
Se nel nostro territorio vi sono violazioni di diritti umani, non è competenza della magistratura accertarle, dato che integreranno fattispecie o ipotesi, anche gravi, di reato? Con questo provvedimento, si vuole sconfessare l'operato della magistratura, perché non la si ritiene all'altezza o perché devia dai propri compiti istituzionali? In tal caso, lo strumento per denunciare queste violazioni è il Consiglio superiore della magistratura o il Parlamento. Se la violazione dei diritti umani avviene in un contesto di tipo internazionale, si vuole dire che il Ministero degli esteri o il Presidente del Consiglio non svolgano il proprio lavoro?
In realtà, con questo provvedimento, si vuole inviare un messaggio diverso. Forse, potrebbe anche essere una censura all'operato della magistratura o del ministro degli esteri, ma, in verità, l'obiettivo è ancora meno nobile: è di creare un organismo pletorico, composto da persone che ricevono una indennità comunque alta, anche dopo l'approvazione del nostro emendamento che la limita, che, evidentemente, deve servire a sistemare persone che non hanno trovato collocazione in altro modo.
Per tale ragione, abbiamo presentato emendamenti soppressivi. Fate attenzione: questo provvedimento è dannoso e non va incontro alla finalità di tutelare i diritti umani né quelli dei detenuti. Per di più, viene diffuso il messaggio che ci si occupa sempre degli autori dei reati e mai delle vittime degli stessi. Cosa potrebbe succedere a fronte della competenza alternativa, introdotta con questo provvedimento, con riferimento ai reclami, che oggi vengono indirizzati al magistrato di sorveglianza? Sarebbe competente il magistrato di sorveglianza o, in alternativa, un organismo esterno. Si creerebbe, quindi, unicamente una soluzione di assoluta incertezza.
Attraverso gli emendamenti soppressivi che abbiamo presentato, vi chiediamo di riflettere sulla portata dell'intero provvedimento, di ritirarlo, di ripensarci e di accantonarlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, interveniamo sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 2, che è un'articolo assai importante del provvedimento al nostro esame, riservandoci poi di commentare e sostenere le singole proposte emendative che l'opposizione, nei suoi vari gruppi, ha ritenuto opportuno presentare.
Interveniamo sul complesso degli emendamenti, perché vi sono aspetti sui quali anche i colleghi di maggioranza, a nostro parere, sono tenuti a riflettere. È difficile non essere d'accordo con quanto i colleghi Boscetto e Cota hanno illustrato. L'eccessivo ampliamento delle funzioni della Commissione rappresenterebbe la sua condanna all'impotenza e all'inefficienza. Noi abbiamo sempre sostenuto, senza una pregiudiziale contrarietà ad un'istituzione di questo genere, che ampliarne eccessivamente le competenze e, quindi, le responsabilità, allargare troppo, dunque, e legittimare troppo le aspettative rispetto all'entrata in campo di questo organismo significherebbe condannarlo al fallimento e condannare alla delusione anche coloro che possono avervi fatto affidamento.
Noi intendevamo, e intendiamo tuttora, un organismo dai compiti molto mirati, Pag. 36molto ristretti, ed è a tal fine che abbiamo anche previsto, attraverso i nostri emendamenti a questo articolo, ma anche ai successivi, organici più ristretti, sia per quanto riguarda la composizione dei membri sia per quanto riguarda la struttura ed il personale. Infatti, non vogliamo, come è stato giustamente ricordato dai colleghi, un doppione o un organismo che si sovrapponga alle competenze, ai poteri, alle facoltà che spettano alla magistratura di sorveglianza, che noi assolutamente non rinneghiamo né condanniamo all'emarginazione, anzi, ne rivendichiamo la funzione e ne reclamiamo il potenziamento rispetto alle accresciute esigenze.
Dunque, noi affermiamo che i singoli diritti soggettivi, i singoli casi che non assurgano a casi emblematici di valenza generale debbano rimanere di competenza della magistratura, che tratta dei casi di diritto soggettivo prevalentemente individuale, con tutte le garanzie della giurisdizionalità, mentre l'organismo in questione deve occuparsi di casi emblematici oppure di casi collettivi, a largo e diffuso interesse quando vengono conculcati i diritti di una comunità o di una categoria, oppure, ancora, che riguardino una determinata situazione, quando in alcuni istituti di detenzione vi siano condizioni che palesemente contrastano con i diritti fondamentali della persona, con i suoi diritti insopprimibili. Riserviamo pertanto a questa Commissione, proprio perché crediamo che essa debba svolgere una funzione importante, di alto livello, una casistica ristretta nella quantità, ma assai qualificata nella dimensione, nella rilevanza ed anche nell'eclatanza di determinati casi. Ricordiamo, infatti - non so è già stato detto -, che anche la richiesta dell'ONU di dare vita a simili organismi aveva chiaramente come riferimento non paesi ad alta civiltà giuridica, a culto dell'ordine e del diritto, quali l'Italia ed altri paesi europei, ma i paesi in cui, invece, tali diritti vengono sistematicamente offuscati, negletti o, addirittura, soffocati, anche con metodi brutali o violenti.
Quindi, gli emendamenti che vanno nel segno della limitazione delle ricordate competenze non possono che trovarci d'accordo e, ancor più, quelli che eliminano il rischio di sovrapposizione delle funzioni, delle potestà e delle iniziative con quelle proprie della magistratura di sorveglianza. Per le stesse ragioni, aderendo a quanto affermava il collega Boscetto, sostengo che sia impropria la previsione di specifiche sezioni, stabilita nel comma 2 dell'articolo 2. Infatti, tale previsione è stata fatta riciclando il tema del Garante dei detenuti, che sarebbe come porre un grande ramo su un esile tronco, compiendo un'operazione legislativa aberrante ed incongruente, che sarà fonte di gravi problemi. Inoltre, se si prevede una pluralità di sezioni specifiche, vorrei che mi si spiegasse come ciò si può armonizzare con una situazione già «prosciugata» di risorse e di operatività da parte di quella che chiamiamo sezione della Commissione ma che, in realtà, è un'autorità, ossia quella che riguarda il Garante dei detenuti, che ha finito per essere la parte essenziale del provvedimento in esame.
Molto giusti sono anche, a nostro parere, gli emendamenti che tendono a discernere bene le posizioni dei detenuti in senso proprio dalla posizione dei cosiddetti trattenuti.
Infatti, la ratio è profondamente diversa: ciò che riguarda le camere di sicurezza per le forze dell'ordine o ancora i centri di identificazione e di accoglienza o, comunque, di soggiorno temporaneo hanno una ratio completamente diversa.
Se vi è un ideologismo di sinistra che tende a equiparare le posizioni, noi non possiamo che denunciarne la ideologica volontà di fare confusione e di creare problemi notevoli alla garanzie dell'ordine e della corretta disciplina del fenomeno dell'immigrazione, così da volerla gettare nella clandestinità e nell'anarchia più assoluta.
Quindi, questi emendamenti, in gran parte soppressivi dell'articolo 2, sono necessariamente tali per la maggior parte in quanto tendono a rimediare a questi errori di impianto e a questi gravi equivoci di concetto.Pag. 37
Per questo, noi tendenzialmente saremo favorevoli e poi ci riserveremo, compatibilmente con le nostre facoltà regolamentari di intervento sui singoli emendamenti, di dimostrare che ciò che abbiamo detto a livello generale si applica puntualmente a ciascuna delle norme scandite nel testo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Onorevole Presidente, se fosse vera la farsa delle «Iene» a cui abbiamo assistito, vale a dire cercare di dimostrare che parte dei componenti quest'aula fa uso di droga, sarebbe meglio che cambiassimo spacciatore...!
Dico questo perché l'articolo 2, a mio modestissimo avviso, non ha né capo né coda, è generico e totalmente incomprensibile. Alla lettera a) del comma 1, si prevede che tale Commissione ha il compito di: «promuovere la cultura dei diritti umani (...) nelle istituzioni scolastiche». Non v'è dubbio che questo sia un dato positivo e che questa sia una questione di stretta competenza del Ministero della pubblica istruzione. Vorrei capire tuttavia per quale motivo noi dobbiamo istituire una Commissione che evidentemente impegnerà tempo e risorse per affrontare questioni che sono di stretta competenza del Ministero del pubblica istruzione!
Io credo che il competente ministro della pubblica istruzione abbia il dovere - com'è evidente - di promuovere tutti gli elementi essenziali di una convivenza civile, primo fra tutti - com'è chiaro - i diritti dell'uomo.
La lettera b) del comma 1, dispone un altro compito della Commissione: «svolgere il monitoraggio del rispetto di diritti umani in Italia».
E ancora, alla lettera c) del comma 1, cosa vuol dire che la Commissione ha il compito di formulare «raccomandazioni e proposte»? Tutto diventa ancora più complicato! Che differenza c'è tra il termine «raccomandazione» ed il termine «proposta»? Ma raccomandazione di che? O il meccanismo previsto è positivo, giusto e corretto, e quindi non vi è bisogno di alcuna raccomandazione, oppure non lo è, e quindi la stessa raccomandazione è «molesta»!
Per quanto concerne i suggerimenti al Governo, probabilmente l'opposizione dovrebbe essere d'accordo, perché forse codesto Governo ne ha bisogno! Ma non credo che si possa pensare di istituire una Commissione che dia suggerimenti all'Esecutivo. Infatti, credo che il Governo, essendo la massima espressione dell'attività amministrativa nel nostro paese, debba assolutamente sapere quello che sta facendo!
Vorrei dire di più. Stiamo parlando non di meccanismi tecnici strani e complessi, ma dei diritti dell'uomo. Vogliamo forse dire che il Governo di questa nazione non sa quello che accade riguardo i diritti dell'uomo ed ha bisogno di suggerimenti? È questo ciò che stiamo scrivendo nel provvedimento!
La lettera e) del comma 1 dell'articolo 2 in esame recita che è compito della Commissione «contribuire a verificare l'attuazione delle convenzioni e degli accordi internazionali in materia di diritti umani ratificati dall'Italia». Cosa significa? Vuol dire che questa Commissione deve essere il controllore di sé stessa, perché se il suo scopo è quello di promuovere e tutelare i diritti umani, attuare un certo accordo e verificarne l'esecuzione significa agire e controllare al tempo stesso. Si tratta sicuramente di un punto totalmente confuso!
Osservo, altresì, che la lettera f) dello stesso comma recita che detta Commissione ha il compito di «collaborare con omologhi organismi istituiti da altri Stati (...)». Questo è chiaro: la competenza del Ministero degli affari esteri in tale materia è grande quanto una casa; quindi, si crea ancora una volta un duplicato del tutto inutile, con un dispendio altrettanto inutile - anzi, se riferito ai soggetti che ne beneficeranno, del tutto utile! - di risorse umane ed economiche.
È evidente poi come la lettera g) sia assolutamente inaccettabile, perché sembra, semplicemente, un atto di completa Pag. 38sfiducia nei confronti della magistratura, poiché si accolgono ricorsi circa fatti che devono essere valutati dai giudici. Non che io nutra molta fiducia nella magistratura, a dire la verità; tuttavia, sarebbe quanto meno opportuno che queste persone, anziché dedicarsi esclusivamente all'attività politica, ogni tanto giudicassero, facessero il loro lavoro e producessero! Ciò tenendo conto che, evidentemente, sono dipendenti pagati dallo Stato, fanno quarantacinque giorni di ferie all'anno e godono di amenità di questo tipo! Voglio dire, in altri termini, che è bene che giudichino loro! Sono essi, ex professo, che devono stabilire quando, in concreto, vi sia o meno un'attività in contrasto con i diritti dell'uomo!
Dopo di che, pregherei il relatore di spiegarmi il significato della lettera h) del comma 1 dell'articolo in esame, la quale è completamente incomprensibile! Essa recita, infatti, che la Commissione ha il compito di «promuovere, nell'ambito delle categorie interessate» - è da sapere quali siano queste categorie! - «nell'osservanza del principio di rappresentatività» - rappresentatività di chi e di che cosa? Chi deve essere rappresentato, per quale motivo e con quale criterio viene rappresentato? Per quale motivo sussiste la necessità di istituire una rappresentanza e non si può agire in prima persona? - «la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori (...)».
Codici di deontologia? Scusate, io conosco la deontologia che regola una professione, ma mi volete spiegare cos'è la deontologia dei diritti umani? È meglio che cambiamo spacciatori, colleghi...!
Un codice di buona condotta per determinati settori? Ma che vuol dire «buona condotta»? Quali sono questi determinati settori? Io oserei, in base alla corrente che presiedo, indicarne qualcuno, ma non so se inerisca o meno con i diritti umani!
Proseguendo, la stessa lettera h) recita che la Commissione in oggetto deve «(...) verificarne la conformità alle leggi e ai regolamenti (...)». I componenti di tale organo sono forse diventati giudici? Sono diventati poliziotti? Sono diventati pubblici ministeri? Essi devono «verificare», ma una volta che non verifichino la conformità alle leggi cosa devono fare? Emettere sentenze?
Sempre la lettera h) del comma 1 prevede che la Commissione svolga le attività sopra descritte «(...) anche attraverso l'esame di osservazioni di soggetti interessati a contribuire a garantirne la diffusione (...)». Ma chi sono questi soggetti? Di cosa stiamo parlando? Per favore, sto cominciando a non capirci più nulla!

CINZIA DATO. Da un pezzo non capisci niente!

MATTEO BRIGANDÌ. La lettera h) è totalmente...

CINZIA DATO. Che in Parlamento si faccia un tale attacco alla magistratura è insostenibile! È insostenibile (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania)!

MATTEO BRIGANDÌ. Basterebbe ascoltare quello che dico e collegare il cervello con la bocca per capire che non stavo parlando, una volta tanto, della magistratura (Commenti)!

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Brigandì.

MATTEO BRIGANDÌ. Ognuno è affetto dalla propria sindrome...
Ancora, la lettera i) impone alla Commissione di «promuovere gli opportuni contatti con le autorità», con competenze specifiche a livello centrale e locale, «in relazione alla tutela dei diritti umani»: ancora una volta, questo organismo si pone in sovrapposizione, sottoposizione, giustapposizione in riferimento ai garanti? Che cosa vuol dire - è quanto si afferma alla lettera l) - «collaborare alla realizzazione, nelle istituzioni scolastiche e nelle università, di progetti didattici e di ricerca concernenti le tematiche della tutela dei diritti umani»? Questa non è una ripetizione Pag. 39della lettera a)? Dobbiamo ripeterlo due volte? Forse, all'interno delle università ci sono alcuni nostri parenti che dobbiamo collocare da qualche parte?
Questo complesso di attività, quindi, mi pare totalmente anacoluto. Serve e servirà non per la tutela dei diritti umani ma esclusivamente, solo e soltanto, per poter far vedere agli elettori che qualcuno di noi ha fatto qualcosa, per potersi riempire la bocca con i diritti umani - tematica, ovviamente, condivisa da tutti nel nostro paese - e per poter portare avanti, forse, interessi di mera clientela.
Questo è il punto e non c'è altro! Perciò, forse sarebbe meglio ripensarci un po' anche perché due sono i rami del Parlamento e credo che questo provvedimento, ove anche riuscisse ad essere approvato in questa Camera - e ho alcuni dubbi, dopo quanto è accaduto in relazione all'articolo 1 - dovrebbe poi essere approvato dal Senato. Sarebbe meglio che nessuno di noi perdesse il proprio tempo a fare tutto questo e che, quantomeno, nel momento in cui lo si voglia fare, lo si facesse con razionalità, con criterio, in maniera di dare veramente un contributo al paese e non ancora una inutile istituzione che non serve ad alcuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, forse qualche collega ritiene inutile intervenire in questo dibattito e io stesso non ne avevo alcuna intenzione. Tuttavia, dopo aver ascoltato alcuni interventi questa mattina - non do giudizi sommari - ho avuto una tale reazione di rigetto dinanzi allo squallore delle motivazioni - in particolare quelle da ultimo ascoltate, che sono esemplari - da augurarmi che mai il resoconto integrale di questa seduta finisca all'esame degli organismi internazionali di tutela dei diritti umani. Spero non accada perché, francamente, sarebbe sconcertante. Noi siamo praticamente l'ultimo paese europeo - qualcuno ha detto che ci si rivolge al terzo mondo con un po' di disprezzo - a non avere ancora istituito il Comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani.
Nel dicembre 1993, con la risoluzione n. 48/134, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha affermato che dovrebbe essere accordata priorità allo sviluppo di strutture appropriate a livello nazionale per assicurare l'effettiva implementazione degli standard internazionali dei diritti umani. Inoltre, al punto 2), la stessa risoluzione dell'Assemblea generale riafferma l'importanza di sviluppare, in accordo con la legislazione nazionale, istituzioni nazionali effettive per la promozione e la protezione dei diritti umani e, al punto 3), invita gli Stati membri a creare o, quando già esistono, a sostenere le istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani.
La risoluzione citata risale al 1993. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economico-sociali e culturali, il 26 novembre del 2004, cioè, meno di due anni e mezzo fa, ha preso in esame la specifica situazione italiana e, nella propria raccomandazione, al punto 32, si è riferita allo Stato parte - cioè noi, l'Italia - invitandola ad intraprendere la costituzione di un'istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in Italia.
Tuttavia, non basta. Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite, il 2 novembre del 2005 - cioè, un anno e tre mesi fa - al termine dell'esame della situazione italiana, dopo aver esaminato il quinto rapporto periodico dell'Italia sull'attuazione del patto, ha raccomandato allo Stato parte - cioè, all'Italia - di costituire un'istituzione indipendente per i diritti umani in accordo con i principi di Parigi.
Ora, forse non c'è bisogno di dire queste cose ad Alleanza Nazionale - mi auguro non a tutti - e alla Lega - temo tutti - perché dopo quello che ho sentito dall'onorevole - per così dire - Brigandì poco fa, penso...

MATTEO BRIGANDÌ. Tu non puoi insultare la gente! Hai capito?

Pag. 40

MARCO BOATO. Io non sto insultando nessuno.

MATTEO BRIGANDÌ. Non puoi insultare la gente!

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Vergogna!

MARCO BOATO. Io non sto insultando nessuno.

PIETRO ARMANI. Vergogna!

MARCO BOATO. Dopo quello che abbiamo sentito dal collega Brigandì poco fa, credo che l'attenzione (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ANDREA GIBELLI. Chi sei, Boato? Chi sei per giudicare le persone?

PRESIDENTE. Onorevole Boato, se il linguaggio fosse coerente con il luogo in cui parla, nel rispetto dei colleghi, sarebbe meglio.

MARCO BOATO. Io ho il massimo rispetto. Sto dicendo che quello...

MATTEO BRIGANDÌ. Esigo delle scuse!

MARCO BOATO. Signor Presidente, la prego di non fare richiami a senso unico: li faccia almeno...

MATTEO BRIGANDÌ. Non può insultare la gente!

PRESIDENTE. Io li faccio a tutti e due. Lei riprenda...

MARCO BOATO. Finora non li ha fatti a tutti e due!

PRESIDENTE. Lo sto facendo adesso!

MARCO BOATO. Ecco, auguri...!

PRESIDENTE. Riprenda...

MATTEO BRIGANDÌ. Non può insultare la gente!

MARCO BOATO. Io non sto insultando nessuno. Ho detto che, dopo ciò che ho ascoltato poco fa...

PRESIDENTE. Da...?

MARCO BOATO. Onorevole, per così dire... Ripeto, invece, dal collega Brigandì: è un collega...!

MATTEO BRIGANDÌ. No io non sono un tuo collega! Hai capito? Li butti fuori, Presidente! (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).

MARCO BOATO. Se vuole provocare...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Brigandì, la chiamo io onorevole. Lei riprenda tenendo conto...

MARCO BOATO. Va bene, ma io ho detto che prescindo da quello che ho ascoltato, perché ciò che ho ascoltato è tutto contro...

PRESIDENTE. Va bene, prescinda e continui!

MARCO BOATO. Signor Presidente, va bene, ma guardi che so cosa debbo dire!
Per quanto riguarda il resto, invece, ho citato i documenti, ma al collega e anche amico Boscetto e agli amici di Forza Italia e dell'UDC voglio ricordare che c'è al Senato - visto che qualcuno pensa che al Senato chissà cosa accade - una proposta di legge di Forza Italia, firmato dal collega Pianetta - che è stato il presidente di un Comitato della Commissione esteri - l'atto Senato n. 898, presentato il 27 luglio del 2006, dal titolo: «Istituzione della Commissione nazionale garante della promozione e della protezione dei diritti umani».
Ricordo che, nella scorsa seduta, è stato approvato un emendamento, legittimamente, che riduce i componenti da nove a cinque. La proposta di legge di Forza Italia al Senato prevede che la Pag. 41Commissione sia un organo collegiale costituito da 30 membri - questo è il testo presentato da Forza Italia al Senato - e, per quanto riguarda i compiti della Commissione (ripeto: proposta di legge di Forza Italia, del senatore Pianetta, quest'ultimo già presidente di un Comitato della Commissione esteri per i diritti umani), puntualmente elencati, questi sono pressoché identici a quelli che abbiamo previsto all'articolo 2 del testo unificato.
Ho voluto fare questo intervento, signor Presidente, non solo per tutti i presenti in aula ma anche per chi ci ascolta dall'esterno, affinché si abbia contezza di un moto - in questo caso espresso da interventi di rappresentanti di AN e della Lega ma anche nel silenzio di altri - di opposizione all'istituzione di una Commissione che ci è richiesta dall'ONU, che ci è stata sollecitata nuovamente nel 2004 e nel 2005 e per la quale esiste una proposta di legge in questo ramo del Parlamento ed anche le proposte di legge Iovene, per il centrosinistra, e Pianetta, per il centrodestra, al Senato che vanno esattamente nella direzione della proposta del provvedimento che stiamo esaminando.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ROBERTO COTA. Sull'ordine dei lavori, signor Presidente. Poco fa l'onorevole Boato ha letteralmente insultato l'onorevole Brigandì...

MARCO BOATO. Ma va, «insultato»...!

ROBERTO COTA. ...perché l'ha apostrofato «onorevole, per così dire»: questo è un insulto. Uno può condividere o meno quello che si dice nel merito, ma non è accettabile questo tipo di insulti e chiedo che la Presidenza stigmatizzi formalmente il comportamento dell'onorevole Boato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Io ho richiamato l'onorevole Boato; credo che nella prosecuzione del suo intervento anche la modifica del tono e l'incipit successivo, cortese versi i colleghi, dimostri che il messaggio, in qualche modo, è passato. Quindi, invito a considerare superato l'incidente.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, si ha quasi l'impressione che sia una novità che in questo paese vi sia una violazione... Presidente, vorrei, ma non posso intervenire...

PRESIDENTE. Invito l'Assemblea a prestare attenzione all'intervento del collega.

MAURIZIO TURCO. Non c'è bisogno dell'attenzione, basta il silenzio.
Presidente, ascoltando gli interventi, pare che sia una novità che in questo paese vi sia una violazione persistente dei diritti umani. Eppure, ancora il 1o dicembre del 2005 il Comitato dei ministri del Consiglio l'Europa, dove era presente anche il ministro della giustizia del nostro paese, riconosceva che il problema dei ritardi della giustizia in Italia è causa di numerose violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sin dal 1980. Non è un caso che in quegli anni, nel 1984, i partiti Radicale e Socialista, grazie all'impegno del Governo Craxi, riuscirono ad inserire addirittura in bilancio l'istituzione dell'Agenzia per i diritti umani. La putrefazione del sistema allora era appena agli inizi; oggi è arrivata ad un punto tale che lo stesso Consiglio d'Europa, appena due mesi fa, alla presenza dei ministri della giustizia di tutti i paesi che fanno parte di questo organismo internazionale, ha dichiarato che le principali mancanze strutturali del sistema italiano, russo ed ucraino sono causa di numerose e ripetute violazioni della Convenzione dei diritti dell'uomo e costituiscono una grave minaccia per il principio della supremazia del diritto nei tre paesi.
Siamo di fronte al fatto che è la stessa giustizia di questo paese, che è stata richiamata quale baluardo per il rispetto Pag. 42dei diritti umani fondamentali, a mettere in crisi ed a violare essa stessa questi principi. Quindi, siamo non solo favorevoli all'istituzione di questa Agenzia - l'aspettavamo da oltre vent'anni, era una necessità allora ed oggi è qualcosa di poco più che simbolico -, ma quello che serve e ci viene chiesto da tutte le istituzioni internazionali, a cominciare dal Consiglio d'Europa, è una profonda riforma del sistema giudiziario e della giustizia in genere, che oggi è alla base della violazione dei diritti umani in questo paese e che nessuna Agenzia potrà mai sanare (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, oggi esaminiamo il complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 2, il cuore del provvedimento in oggetto.
È noto che noi dell'UDC siamo favorevoli all'istituzione di un'autorità garante dei diritti umani e delle persone private della libertà personale, ma è altresì noto - com'è stato evidenziato nel dibattito in Commissione e come traspare dagli emendamenti che abbiamo presentato - che vorremmo una figura istituzionale, un'autorità con compiti chiari, non confondibili con la funzione giurisdizionale, che è diversa. Inoltre, tale autorità deve poter svolgere un'attività di promozione culturale e di tutela dei diritti - sinteticamente disciplinati dagli articoli 2 e seguenti della Costituzione - che implicano una molteplicità di manifestazioni nell'ambito della nostra comunità nazionale.
A tal fine abbiamo posto una serie di questioni: in primo luogo, non vi può essere promiscuità, sotto il profilo dell'esercizio di funzioni, tra l'autorità garante e la magistratura. Se il cittadino assume che un'amministrazione, un privato abbia leso un suo diritto fondamentale, può tutelare il suo diritto, la sua situazione giuridica soggettiva davanti sia all'autorità giudiziaria, sia al garante; in ogni caso, non è possibile che ricorra contemporaneamente ad entrambi. Ciò, infatti, anche sul piano dei procedimenti giurisdizionali comporterebbe sostanzialmente una confusione, che non servirebbe a nessuno.
Questa è una delle questioni che abbiamo segnalato in Commissione e che è stata recepita attraverso la presentazione di un nostro emendamento, che prevede l'alternatività fra il rimedio giurisdizionale rispetto a quello rivolto al garante.
Attraverso la seconda questione sollevata e recepita in un altro emendamento, abbiamo messo in evidenza la non sufficienza della semplice segnalazione: altrimenti, si rischierebbe di appesantire, intasare il lavoro dell'autorità garante. Colui che si rivolge al garante perché ritiene che sia stato posto in essere un atto discriminatorio, lesivo di un suo diritto fondamentale, deve specificarne le ragioni - ancorché in forma diversa dai ricorsi di natura giurisdizionale - e sottoporre la sua segnalazione al rispetto di condizioni di procedibilità, che poi il garante stabilirà. Infatti il rischio consiste nell'intasare, a seguito di un eccessivo numero di segnalazioni, l'attività del garante che, in tal modo, non sarebbe più nelle condizioni di svolgere le funzioni fondamentali a lui assegnate.
Ho voluto citare questi due aspetti per evidenziare che, anche a seguito della riduzione del numero dei componenti, questo articolo 2 diventa ancor più determinante perché cambia anche la natura, la funzione e l'organizzazione dell'autorità. Quindi, si tratta di un tema delicato: ci auguriamo che le proposte che noi abbiamo formulato vengano accolte dall'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, dico subito che siamo d'accordo con l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani, prevista dal capo 1 del provvedimento in esame. Ovviamente, in seguito passeremo ad esaminare la figura del garante dei diritti delle persone detenute Pag. 43o private della libertà personale, prevista all'articolo 2.
Pur condividendo l'istituzione della Commissione, quest'ultima ci sembra un po' troppo demagogica e pletorica.
Ritengo che la libertà di critica debba essere consentita. Siamo di fronte ad una realtà simile a quella di un contesto familiare, nel quale magari un genitore parla tutto il giorno ai figli di Kant, di Hegel, di Vico e di altri filosofi, ma ad un certo punto il bambino più piccolo si rivolge al padre dicendo:«Hai ragione con tutta questa filosofia, ma cosa mangiamo adesso?».
Con tale articolo si attribuisce alla Commissione una competenza da tuttologo, perché va dalla promozione della cultura negli asili nido e nelle scuole materne, fino all'università della terza età, come si evince dalla lettera a) del comma 1. Alla lettera l) si prende in considerazione invece l'istituzione di borse di studio e di ricerca concernenti le tematiche della tutela dei diritti. Mi sembra che si voglia fare di tutta l'erba un fascio, che con questa demagogia e pletoricità dell'articolo 2 non si voglia far funzionare la commissione prevista nelle risoluzioni dell'ONU, dalle quali peraltro si evince che siamo uno degli ultimi paesi ad istituirla. Essa deve funzionare, altrimenti per quale ragione la istituiamo? Non dobbiamo farlo soltanto per poter dire che siamo bravi, ma vogliamo che essa funzioni realmente. Quando affermiamo che questa Commissione deve esprimere i pareri su tutta l'attività del Governo e del Parlamento rispetto alle questioni dei diritti umani, diciamo di tutto e di più, ma anche che questa commissione non farà niente! Quando affermiamo che, ai fini della reciprocità, il Governo e il Parlamento devono sottoporre a questa commissione tutti i progetti e gli atti legislativi che possono avere una incidenza su tali diritti, vogliamo che tale commissione non funzioni assolutamente. Quando affermiamo che essa deve redigere codici di deontologia e di buona condotta, pronunciamo parole al vento, non ne concretizziamo il lavoro.
Se vogliamo che questa Commissione funzioni veramente, dobbiamo approvare molti emendamenti che ne riducano le competenze, ai fini di una maggiore concretezza, altrimenti ci prendiamo in giro e prendiamo in giro il popolo sovrano.
Ci dovete consentire questa possibilità di critica, in quanto siamo favorevoli all'istituzione di tale organismo, ma vogliamo che la sua attività sia seria, diversamente da quanto si evince dall'attuale testo dell'articolo 2.
In Italia, i diritti umani e delle persone detenute o private della libertà personale sono calpestati tutti i giorni. Noi socialisti riformisti ci teniamo a sottolineare che nelle nostre carceri viene ancora esercitata la tortura; persone che poi hanno fatto il ministro hanno perpetrato per anni tali comportamenti. Vogliamo che questa commissione sia istituita, ma vogliamo anche che essa svolga un'attività concreta quanto a competenze e sia realizzabile.
Il comma 3 dell'articolo 2 prevede inoltre che con apposito regolamento, adottato dalla Commissione entro due mesi dalla sua costituzione, devono essere disciplinate l'organizzazione interna e le modalità di funzionamento. Come potrà tale organismo provvedere in tal senso con questa pletoricità di competenze? Diamo letteralmente i numeri: invece che di due, potremmo fissare un termine di quattro o di otto mesi, tanto siamo consapevoli che la commissione non riuscirà a fare assolutamente nulla.
Poi si stabilisce anche che la commissione deve avere contatti con gli organismi internazionali di pari grado. Quindi, siamo di fronte a tre commi contenenti un mucchio di lettere e pieni di demagogia, che sembrano fatti apposta per non far funzionare l'organismo che si intende istituire. Probabilmente, approvando molti degli emendamenti presentati, riusciremo a attribuire ad esso una maggiore concretezza.
Per dirla, come ho iniziato, con quel bambino, che è il più saggio della famiglia e che dice al padre:«Sì, va bene, ma adesso che cosa mangiamo concretamente?», che cosa facciamo, quali compiti Pag. 44attribuiamo a questa Commissione? In conclusione, occorre dire basta alla demagogia diffusa e alla pletoricità di un articolo 2 che, lasciato così, non funzionerà mai: faremmo l'ennesimo carrozzone che non servirà a nessuno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Presidente, colleghi, noi voteremo a favore dell'articolo 2 e del provvedimento nel suo complesso: lo diciamo subito per evitare possibili sospetti, peraltro espressi in maniera non giustificata.
Siamo favorevoli all'articolo 2 perché esso risponde ad esigenze di carattere internazionale. La commissione deve essere istituita - vi sono convenzioni internazionali che lo prevedono - e i compiti che ad essa vengono affidati non sono né più né meno quelli che debbono esserlo, cioè sostanzialmente di promozione culturale e di verifica.
Semmai, ci si potrebbe chiedere se questi compiti siano tali da qualificare la commissione anche come un'autorità garante, cioè se sotto il profilo dei poteri autoritativi essa abbia o meno i poteri propri delle autorità garanti. Tuttavia, non vi è alcun dubbio che i compiti ad essa affidati dall'articolo 2 siano esattamente quelli che debbono esserlo ad una commissione di questo genere.
Perciò, noi dell'Italia dei valori, a differenza di quanto abbiamo sentito esprimere dall'opposizione, siamo pienamente favorevoli all'articolo 2, come lo siamo sul provvedimento nel suo complesso, una volta che è stata modificato nel senso da noi richiesto, cioè di non attribuire compiti che possano essere in conflitto o in contrasto, anche potenziale, con quelli dell'autorità giudiziaria: né la commissione né il garante dei diritti dei detenuti hanno questi compiti, quindi siamo favorevoli all'articolo 2 e a proseguire la discussione.

PRESIDENTE. Non essendo...

GABRIELE BOSCETTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. No, onorevole, non posso darle la parola, perché è già intervenuto...

GABRIELE BOSCETTO. Vorrei soltanto rispondere brevemente al collega Boato...

PRESIDENTE. È inusuale, non può farlo. No, la prego, onorevole Boscetto...

GABRIELE BOSCETTO. Posso intervenire a titolo personale?

PRESIDENTE. No, lei non può intervenire due volte nella stessa discussione!

GERARDO BIANCO. Può intervenire per una sola volta!

GABRIELE BOSCETTO. Vi è stato un garbato appunto, volevo fargli (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Apprezziamo le sue manifestazioni di garbo, però se fossero rinviate...!
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Santelli 2.20, nonché sul subemendamento Mellano 0.2.503.2, purché riformulato.
La Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 2.500, 2.501, 2.502 e 2.503, mentre formula un invito al ritiro di tutte le altre proposte emendative presentate all'articolo 2, altrimenti il parere è contrario, sottolineando, però, che l'emendamento Mazzoni 2.70 trova i suoi contenuti nelle riformulazioni della Commissione, sulla base del lavoro svolto all'interno del Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Il Governo?

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ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Cota 2.1.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, colleghi, dell'emendamento 2.1, a firma dei colleghi Cota e Stucchi, ci interessa soprattutto la seconda previsione del secondo capoverso, riferita all'articolo 3, dal tenore: «comma 3, sopprimere le parole: come previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera g),». Tale proposta è importante perché la lettera g) del primo comma dell'articolo 2 indica, tra i compiti della Commissione, quello di «ricevere dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti di cui al comma 1 dell'articolo 1 e provvedere sulle stesse ai sensi dell'articolo 3».
Al riguardo, l'onorevole Boato non si accorge, a volte, di entrare, per così dire, a gamba tesa; gli sembra forse di entrare a ginocchio flesso ma, quando definisce squallide le argomentazioni altrui, beh!, ammetterà che ciò non esprime il massimo del garbo parlamentare. Ma io non sono uno che si impressiona né delle parole né dei toni: vado alla sostanza...

MARCO BOATO. Io non sono stato!

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. No. Ci avete accusato di aver parlato con riferimento al terzo mondo, quando nessuno ha detto esattamente questo. Noi affermiamo semplicemente che l'ONU ha evidentemente considerato le situazioni di allarme riguardo alla violazione dei diritti. Mi permetterete di dichiarare, ad onore del mio paese, che non ritengo che avesse essenzialmente d'occhio situazioni quali quella dell'Italia che, pur con tutte le insufficienze e le carenze, si colloca tra i paesi ormai ben 'cresciuti' nella cultura dei diritti umani. Diritti che l'Italia, infatti, in ogni ambito - dalla legislazione ai gangli amministrativi, al ceto politico e dirigente, alla cultura diffusa -, si sforza di rispettare. Guardiamo piuttosto ad altri paesi, che non sono tutti del terzo e del quarto mondo; no, sono piuttosto, talvolta, del primissimo mondo, di quelli che hanno un grande sviluppo, un'esplosione economica, anche in queste settimane, in questi mesi e che però se ne 'infischiano' ampiamente dei diritti civili.
Ciò detto, chiusa questa ampia parentesi, torno al merito della proposta. Quando si prevede la soppressione di questo punto, si mette a fuoco una contaminazione di competenze, una sovrapposizione di competenze e di poteri tra l'istituenda Commissione e la magistratura. Dianzi, infatti, mi sono permesso di osservare - a mio avviso, con rigore sistematico - che, quando si pongono questioni attinenti a diritti individuali e soggettivi violati, la competenza è prettamente della magistratura. Noi assegniamo a questa Commissione - alla quale ribadisco che, in linea generale e di principio, non saremmo contrari - la trattazione di casi o diffusi, generali, che riguardano comunità, ovvero molto eclatanti ed emblematici. Quando, invece, nel testo si prevede che essa possa ricevere dagli interessati le segnalazioni di specifiche violazioni di diritti, si entra nella pretta competenza della magistratura.
Quindi, noi siamo interessati a questo emendamento non tanto per la sua previsione iniziale soppressiva dell'articolo 2 quanto per la previsione finale, laddove interviene sull'inopportuna sovrapposizione delle competenze tra l'istituenda Commissione e la precipua competenza della magistratura in tale campo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

Pag. 46

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, noi non abbiamo presentato alcun emendamento soppressivo e non voteremo a favore dell'emendamento a firma dei colleghi Cota e Stucchi. Ciò dimostra la volontà, da parte nostra, di proseguire l'esame del provvedimento e rivela altresì, d'altra parte, la volontà di sfrondarlo di tutta una serie di elementi che, a nostro avviso, lo appesantiscono e risultano in sostanza negativi.
Dunque, mi domando per quale ragione il collega Boato, che tanto stimo, abbia avuto parole di risentimento nei nostri confronti quando siamo intervenuti sul complesso degli emendamenti.

MARCO BOATO. Ma non erano parole rivolte nei suoi confronti. Ho citato Alleanza Nazionale e la Lega!

GABRIELE BOSCETTO. Prendo atto di questa precisazione, ma vorrei solo dire che i nostri emendamenti sono stati presentati in Commissione e ripresentati anche in Assemblea semplicemente per migliorare il testo, non certo per bloccarlo, affinché esso abbia un percorso parlamentare volto alla sua definizione.
D'altro canto, abbiamo dato prova di questa nostra buonissima volontà, approvando l'articolo 1, ma soprattutto, nell'ambito di quell'articolo, approvando le modalità di elezione dei componenti la Commissione con una norma generica, che potrebbero creare, come ricordato dalla collega Santelli, preoccupazioni, che comunque abbiamo affidato alla reciproca comprensione delle parti politiche della maggioranza e dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento 2.1 a firma degli onorevoli Cota e Stucchi e interverrò su tutti gli altri emendamenti, perché è mia premura sottolineare che questo articolo, che riguarda la competenza della Commissione, appare «ictu oculi» anacoluto. È anacoluto perché non si riesce ad avere una determinazione completa e una linea di confine tra ciò che è possibile fare e ciò che non si può fare. In riferimento proprio all'emendamento Cota 2.1...

PRESIDENTE. Avverto che i gruppi della Lega Nord Padania e dell'UDC hanno esaurito i tempi a loro disposizione, compresi quelli aggiuntivi concessi dalla Presidenza, in ragione di un terzo rispetto a quelli fissati nell'ambito del contingentamento. Tuttavia, conformemente alla prassi, la Presidenza concederà la parola per dichiarazione di voto ai deputati di tali gruppi che ne facciano richiesta, per circa due minuti.

MATTEO BRIGANDÌ. Sono già trascorsi?

PRESIDENTE. Sono già trascorsi.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiederò la parola sul prossimo emendamento. Grazie.

PRESIDENTE. Avverto che i nostri lavori proseguiranno fino alle 13,45 per riprendere alle 15, con votazioni.
Avverto altresì che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 449
Votanti 321
Astenuti 128
Maggioranza 161
Hanno votato
54
Hanno votato
no 267).Pag. 47

Passiamo all'emendamento Mazzoni 2.70, sul quale vi è un invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzoni 2.70, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

ERMINIA MAZZONI. Presidente, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione.
L'onorevole Mazzoni ha facoltà di parlare.

ERMINIA MAZZONI. Grazie, signor Presidente. Ho fatto interrompere la votazione, perché credo che sia opportuno concedere uno spazio, anche soltanto di due minuti, per svolgere alcune riflessioni insieme all'Assemblea. Questo emendamento era stato presentato perché anche noi dell'UDC nutrivamo la preoccupazione di una definizione troppo generica delle competenze affidate alla Commissione.
A questa preoccupazione univamo anche un'ulteriore e più sensibile timore rispetto al meccanismo procedurale previsto dal successivo articolo 3. Quindi, avevamo pensato di riformulare in maniera più dettagliata le competenze assegnate alla Commissione, sottraendo alla stessa i poteri sanzionatori e, quindi, eliminando completamente il meccanismo procedimentale abbozzato nell'articolo 3, per evitare conseguenze di disequilibrio rispetto al sistema delle garanzie attualmente esistente.
Nel corso dei lavori in Commissione gli argomenti da noi posti con questo emendamento sono stati ritenuti apprezzabili da parte dei componenti la Commissione, la quale ha riscritto completamente l'articolo 3 ed ha proceduto alla riformulazione, con emendamenti che esamineremo successivamente, di parti significative dell'articolo 2.
In conseguenza di questo lavoro e, soprattutto - vorrei precisarlo -, in conseguenza dell'avvenuta modifica del testo dell'articolo 1, con l'inserimento della previsione secondo la quale i diritti umani cui facciamo riferimento sono quelli individuati all'interno della nostra Carta costituzionale, ritengo di poter ritirare il mio emendamento 2.70 perché credo sia assorbito dalla modifica già intervenuta all'articolo 1 e dalle successive modifiche che esamineremo come emendamenti della Commissione.

PRESIDENTE. Devo comunicare un dato tecnico, ringraziando l'onorevole Mazzoni per il suo intervento, la cui richiesta, peraltro, se fosse stata tempestivamente avanzata, non avrebbe generato l'inconveniente tecnico.
La votazione non è revocata ma annullata.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ritengo di far mio - se possibile e se il regolamento lo consente - l'emendamento Mazzoni 2.70 e chiedo che venga votato per parti separate. Se posso farlo mio, chiedo di parlare per dichiarazione di voto, altrimenti...

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, soltanto un presidente di gruppo può far proprio un emendamento.
Prendo atto che il vicepresidente del gruppo della Lega Nord Padania fa proprio l'emendamento Mazzoni 2.70. Quanto alla richiesta di votazione per parti separate...

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, posso parlare?

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, intende ancora intervenire... Ne ha facoltà, per un minuto.

Pag. 48

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, volevo soltanto spiegare per quale motivo intendo chiedere la votazione per parti separate. Dopo il «Conseguentemente», - la parte che recita «al comma 2 sostituire la parola: competenza con attività» è sostanzialmente il riassunto di quello che ho detto nell'intervento precedente, ampiamente criticato - la parte che recita «al comma 3, sostituire la parola: due con la seguente: sei» mi pare un po' contraddittoria, perché se una cosa è semplice il regolamento si può fare in tempi brevi. Infine, quanto alla soppressione dell'articolo 3, sono perfettamente d'accordo. Quindi, ciò evidenzia la possibilità di un atteggiamento diverso che credo anche il mio gruppo esprimerà. Per questo motivo, chiedo che la votazione dell'emendamento Mazzoni 2.70 si svolga per parti separate.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Mazzoni 2.70, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo della Lega Nord Padania, fino alle parole: «tutela dei diritti umani», non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 326
Astenuti 130
Maggioranza 164
Hanno votato
71
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che i deputati Leddi Maiola, Lenzi e Lovelli non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Comunico che, essendo stata respinta la prima parte dell'emendamento 2.70, risulta preclusa la parte consequenziale.
Passiamo all'emendamento Boscetto 2.61, sul quale la Commissione ha formulato un invito al ritiro. Prendo atto che i presentatori non vi accedono.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, intervengo a sostegno dell'emendamento Boscetto 2.61, perché, pur nella difficoltà di intervenire su una legge perfettamente inutile - noi lo sappiamo e sappiamo che, detto onestamente, questi commi sono aria fritta, che serve semplicemente a giustificare l'istituzione di un'altra authority -, anche l'aria fritta può essere migliorata.
Ritengo che la formulazione proposta dai colleghi Boscetto e Santelli, con riferimento al comma 1, lettera c), sia migliore rispetto a quella della Commissione.
Stiamo impegnando il Parlamento - vorrei sottolinearlo - nella discussione di emendamenti su un testo che è perfettamente inutile e che comporta un aggravio di spese a carico del contribuente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, l'emendamento 2.61 dei colleghi Boscetto e Santelli è assolutamente da condividere. Il problema non è quello di essere favorevoli o contrari all'istituto in sé e per sé, ma riguarda la sua operatività.
L'emendamento propone, in sostanza, di sopprimere il periodo che recita: «Il Governo, a tal fine, sottopone alla Commissione i progetti di atti legislativi e regolamentari che possono avere una incidenza su tali diritti». Colleghi, in tal modo prevediamo che il Governo abbia l'onere di sottoporre a questa Commissione, come filtro preventivo, tutti i propri progetti di atti legislativi e regolamentari! Sicuramente si intasa di lavoro questa Commissione e si pone un onere al Governo - che credo debba sempre informare i suoi progetti, i suoi testi e le sue proposte, comunque, alla cultura della Pag. 49difesa, della tutela o, addirittura, dell'arricchimento dei diritti - sottoponendoli ad una specie di filtro preventivo da parte di questa Commissione, la quale viene sovraccaricata, probabilmente, di lavoro superfluo o comunque ridondante.
Non solo, ma quali atti possono avere un'incidenza su tali diritti? Mi volete dire quale atto legislativo o regolamentare, di qualche consistenza e dignità, non vada in qualche modo ad incidere su diritti fondamentali o, comunque, su diritti rilevanti della persona? Comunque, chi interpreta quali siano gli atti che incidono in maniera apprezzabile, giuridicamente e praticamente, sul patrimonio dei diritti umani del cittadino?
I diritti in questione sono i più vari, da quello ad un ragionevole tempo nelle risposte della pubblica amministrazione, alla parità di trattamento e all'equiparazione dei sessi rispetto al diritto: saranno centinaia di materie.
Vi pare possibile che imponiamo l'obbligo al Governo di sottoporre tutti i propri atti, ogni sorta di atto regolamentare - lo dico anche per chi governa attualmente, non solo per chi governerà in futuro - a questa Commissione, come filtro preventivo?
Riflettete: mi sembra un danno sia per la funzionalità della Commissione, che viene caricata di compiti impropri, inopportuni e ridondanti, sia per il Governo, che, in questa maniera, «impecettiamo» anche rispetto alle procedure che deve seguire.
Quindi, secondo me, l'emendamento dei colleghi Boscetto e Santelli dovrebbe essere approvato all'unanimità da parte di chi ha a cuore la sorte della Commissione e del buon governo.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, chiedo di sapere perché il mio emendamento 2.6, che precede quello in esame, non è stato esaminato.

PRESIDENTE. Perché non è stato segnalato, onorevole Cota.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, inviterei il relatore e il Governo a riflettere su questa proposta emendativa.
Questo non è un emendamento di tipo ostruzionistico, è un emendamento che tende ad evitare che si crei confusione fra competenze e che si possa alterare l'interpretazione di questo istituto.
Quando si dice che il Governo sottopone alla Commissione i progetti di atti legislativi e regolamentari che possono avere una incidenza sui diritti da essa garantiti si pone ovviamente una sorta di vincolo reale al Governo. Una volta preparato un progetto di un atto legislativo o regolamentare, il Governo ha l'obbligo di farli avere a questa Commissione. Tutto ciò per fare cosa? Per avere un parere? Per verificare la congruità?
In più, come ha già detto il collega Benedetti Valentini, parlare di atti legislativi e regolamentari che possano avere incidenza sui diritti umani è quanto di più vago si possa immaginare. Cosa vuol dire? In quali materie? Con quali specificità?
Stiamo attenti a non creare un mostro che potrebbe comportare grandi problemi. Questa Commissione opererà ovviamente delle verifiche sulla base della Convenzione dei diritti dell'uomo. Il sistema dovrebbe diventare il seguente: il Governo sottopone necessariamente alla Commissione di garanzia in sostanza buona parte delle sue proposte legislative e regolamentari. Quest'ultima opera una verifica preventiva e poi finalmente si arriva in Parlamento. Abbiamo quindi istituito una sorta di istituto di mezzo. Che i tecnici non se ne abbiano a male per il paragone abbastanza azzardato, ma si configura una sorta di Corte costituzionale preventiva.
Come ricordava prima il collega Boato, anche noi non avevamo contrarietà all'istituzione della Commissione nazionale dei diritti umani, ma credo che tutte quelle parti che possano costituire fonte di problema o comunque di equivoco vadano Pag. 50risolte. Venendoci incontro in termini di volontà e comprendendo le ragioni di tutte le parti, che in questo caso non sono di tipo ostruzionistico, come è stato riconosciuto anche in Commissione, chiederei, se possibile, una rivalutazione da parte del relatore e del Governo rispetto a questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Questo dialogo parlamentare è importante e anche positivo, perché mi permette di ricordare in quest'aula - ovviamente una cosa sono i lavori della Commissione e un'altra quelli dell'Assemblea - che avevamo già fatto questa discussione nel Comitato dei nove, in particolare proprio con i colleghi di Forza Italia, cui ho sempre dato atto di un atteggiamento costruttivo in questa materia. Proprio per questo motivo la relatrice, nel dare il proprio parere, si è pronunciata favorevolmente sul successivo emendamento Santelli 2.20, che sostituisce la parola «sottopone» con la seguente: «trasmette», eliminando quella situazione che potrebbe apparire perfino di subordinazione, non condivisibile.
Mi permetto di suggerire nuovamente di ritirare questo emendamento perché voteremo tutti insieme, spero, l'emendamento Santelli 2.20.
Voglio poi ricordare che nel progetto di legge presentato dal gruppo di Forza Italia al Senato vi sono norme assolutamente analoghe al comma 1 dell'articolo 2, lettere a), b) e c). Anzi, per essere più espliciti, quel progetto di legge è più forte, perché la lettera c) recita addirittura: «segnalare le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio». Quindi, mentre noi facciamo genericamente riferimento, come è giusto che sia, ad un parere che può essere dato o meno al Governo e al Parlamento da parte di questa Commissione, il progetto di Forza Italia al Senato prevede la segnalazione di situazioni distorsive, cosa, francamente, molto più forte.
Credo che se l'emendamento 2.61 verrà ritirato o comunque non sarà approvato, voteremo opportunamente l'emendamento Santelli 2.20, che ho più volte citato e risolve bene la questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Come ha ricordato l'onorevole Boato, in Commissione abbiamo sviluppato una riflessione su questo argomento, tanto da giungere alla conclusione di condividere l'emendamento successivo, con il quale si sostituisce la parola «sottopone» con la parola «trasmette».
Credo che le preoccupazioni dell'onorevole Santelli siano serie, ma ritengo che, rileggendo il testo nella sua interezza, possano essere tacitate, essendo chiari i compiti della commissione. Essa ha il compito di formulare proposte e raccomandazioni al Governo, per le questioni di sua competenza, che riguardano la tutela dei diritti fondamentali della persona, così come previsti dalla Carta costituzionale e dei trattati, di cui l'Italia è parte. C'è, quindi, un perimetro abbastanza individuabile. Nell'attività di proposta e di raccomandazione, non è insito anche un potere di condizionamento dell'attività di Governo, né tanto meno di inibizione di tale attività e non ci sono tempi di attesa. Il Governo darà corso alla sua attività legislativa, così come è previsto di norma, ma avrà cura di trasmetterla alla commissione, affinché questa possa svolgere il suo compito di formulare raccomandazioni e dare suggerimenti in merito a quel determinato iter legislativo, di cui il Governo potrà tenerne conto o meno, a seconda della sua sensibilità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 2.61, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 51

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 451
Astenuti 3
Maggioranza 226
Hanno votato
185
Hanno votato
no 266).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Santelli 2.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 449
Astenuti 8
Maggioranza 225
Hanno votato
446
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che i deputati Marinello, Leddi Maiola e Lenzi non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,42).

ENRICO LA LOGGIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, intervengo per evidenziare una circostanza che ha suscitato qualche contrarietà, anzi, devo dire, una forte contrarietà non solo per me, ma anche per moltissimi colleghi che ne sono venuti a conoscenza. Sembrerebbe - e vorrei avere una conferma su questo, perché sarebbe gravissimo - che il Presidente Bertinotti, circa un'ora fa, abbia dichiarato ad un'agenzia che, se non fosse Presidente della Camera, avrebbe volentieri partecipato alla manifestazione di Vicenza (Commenti dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra europea).

MATTEO BRIGANDÌ. Si dimetta!

ENRICO LA LOGGIA. Trovo assolutamente irriverente nei confronti di questa Camera, del Parlamento e dell'intero sistema costituzionale del nostro paese, che il Presidente Bertinotti possa aver pronunciato - mi auguro lo voglia smentire - un'affermazione di tale gravità, perché è esattamente il contrario. Proprio per tale ragione e per il rispetto del Parlamento, non avrebbe dovuto partecipare.

PEPPE DE CRISTOFARO. Provocatore!

ENRICO LA LOGGIA. Vorrei che lei, signor Presidente, potesse accertarsi su quanto ho avuto modo di manifestare e, nel caso, il Presidente Bertinotti troverà sicuramente il modo di chiarire la sua posizione e sono certo che lo farà nel pieno rispetto della Camera dei deputati e del Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole La Loggia, non è nella mia funzione compiere questi accertamenti; e riferirò al Presidente della Camera quanto da lei dichiarato.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, essendo numerose le Commissioni e le Giunte che devono riunirsi - vi sono anche due Commissioni bicamerali -, la pregherei di attivarsi, attraverso gli uffici, affinché alle 15, quando dobbiamo riprendere i nostri lavori con votazioni, tutte le Commissioni siano sconvocate e i colleghi possano così tornare in aula.

Pag. 52

FILIPPO ASCIERTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, mi volevo associare alla richiesta precedentemente avanzata da un collega, affinché il ministro dell'interno possa esporre in quest'aula la situazione attuale e i fatti relativi all'arresto dei brigatisti ed alla nascita dell'organizzazione che è stata scoperta negli ultimi giorni. A Padova, sono state rinvenute armi, divise ed anche altre attrezzature. Sono comparsi, anche questa mattina, nel centro di Padova volantini a difesa dei personaggi arrestati. La scorsa notte è stata incendiata la porta del palazzo in cui abita il responsabile della Digos di Padova. Essendo questa una situazione che dimostra una continuità tra coloro che sono stati arrestati e, in modo particolare, un centro sociale o i centri sociali di Padova, voglio che il ministro dell'interno ci spieghi quali sono i legami e se non sia giunto il momento di chiudere questi centri sociali (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15, con il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 626 ed abbinate.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Bruno, Buontempo, Capodicasa, Cordoni, Gasparri, Giovanardi, Landolfi, Migliore, Mura, Oliva, Scajola, Stucchi, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Grazie, signor Presidente. Come già aveva avuto modo di evidenziare il collega Giachetti a conclusione dei lavori della mattinata, vorrei fare nuovamente presente un problema. È ovvio che si tratta di un problema oggettivo e indipendente dalla Presidenza: di ciò gliene do atto.
Ci risulta siano ancora in corso le riunioni di Commissione e anche degli uffici di presidenza. Mi rendo conto che da tempo, cioè dall'inizio dell'anno, noi abbiamo messo le Commissioni nelle condizioni di poter lavorare intensamente quasi tutti i giovedì pomeriggio. Anche nella scorsa legislatura e all'inizio di questa, noi abbiamo fatto sempre in modo che si alternassero i lavori di Commissione con i lavori d'aula.
Oggi il lavoro dell'Assemblea era previsto per il pomeriggio, quindi è chiaro che le Commissioni, se sarà necessario, dovranno tener conto - come credo faranno anche nelle prossime settimane - del fatto che il calendario che la Presidenza e la Conferenza dei presidenti di gruppo hanno definito richiede un intenso lavoro d'aula.
Si tratta di calendarizzare adeguatamente e mettere così in condizione i colleghi di alternare il lavoro di Commissione con quello d'aula, anche nella giornata di giovedì. Oggi è il primo giovedì da un mese a questa parte che abbiamo in previsione di lavorare su un provvedimento che richiederà ancora un po' di tempo e attenzione da parte dell'Assemblea.
Vorrei chiederle dunque di operare una verifica presso i presidenti delle Commissioni, per accertarsi che le stesse siano state sconvocate, magari dando il tempo ai colleghi di raggiungere l'aula. Ciò anche nei confronti dei presidenti delle Commissioni bicamerali. Infatti, so che sono state Pag. 53convocate tre Commissioni: rifiuti, antimafia ed anche la Commissione parlamentare per l'infanzia. Si tratterebbe comunque di dare la possibilità ai colleghi di raggiungere dalle altre sedi quella della Camera dei deputati.
Quindi, se lo ritiene opportuno, si potrebbe dare anche un congruo tempo ai colleghi - con una decina di minuti di sospensione - per poter raggiungere l'aula.

PRESIDENTE. Le posso assicurare che gli uffici stanno verificando e, non appena avremo un riscontro, sarà comunicato; l'Assemblea comunque era stata convocata per le 15 ...
Sappiamo che tutte le Commissioni sono sconvocate, ovviamente quelle della Camera. Per quanto riguarda le Commissioni bicamerali, come dice il nome stesso, sono in qualche modo indipendenti dalle nostre iniziative riguardanti il calendario.

ROBERTO GIACHETTI. E da chi dipendono?

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Grazie, signor Presidente. Lei ha ragione, le Commissioni effettivamente sono state sconvocate.
Io mi sono precipitato, mentre altri stanno arrivando. Le chiedevo per l'appunto un attimo di pazienza perché altri colleghi ci stanno raggiungendo, dal momento che le Commissioni sono state sconvocate. La ringrazio.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, le volevo solo porre una domanda. Dal momento che lei ci ha informato che le Commissioni bicamerali non dipendono dalla nostra volontà, atteso tuttavia che non esiste una Presidenza del Parlamento bicamerale, ma esistono la Presidenza della Camera o del Senato e le Commissioni bicamerali si compongono di deputati e senatori, volevo sapere da chi dipende il fatto che una Commissione bicamerale, in relazione ai lavori di una delle Camere, debba interrompere o meno i propri lavori.

PRESIDENTE. Le confesso una relativa ignoranza a tale proposito, ma istituiremo una Commissione per uno studio monografico... In ogni caso, ci stiamo informando.
A questo punto, considerando che sono ormai le ore 15,15 ed assumendo che, grosso modo...
Mi hanno appena avvertito che sono state sconvocate tutte le Commissioni, comprese quelle bicamerali. A questo punto, quindi, credo che potremmo anche riprendere i nostri lavori, come da agenda (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Presidente, è ancora in corso la riunione dell'ufficio di presidenza della X Commissione (Commenti)! Chiedo che questa venga sconvocata prima di procedere alla votazione!

PRESIDENTE. Noi riteniamo che, essendo quella Commissione ufficialmente sconvocata, non si tratti di una riunione formale.

ANTONIO LEONE. C'è la riunione di condominio (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...!

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, ribadisco che credo che la Presidenza abbia fatto e stia facendo di tutto per garantire la regolarità dei nostri lavori. In questo caso, mi permetto solamente di rappresentare un problema, sulla Pag. 54base del fatto che il singolo deputato deve essere posto nelle condizioni di esercitare un proprio diritto e, dunque, di poter venire in aula a votare.
Le chiedo, quindi, di effettuare un'ulteriore verifica presso la X Commissione, in modo che si possa successivamente procedere al voto.

ANTONIO LEONE. È ridicolo! È ridicolo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...!

ANTONELLO FALOMI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, voglio soltanto informare lei e l'Assemblea che, in questo momento, la Commissione parlamentare per l'infanzia risulta tuttora convocata, ed un suo componente se ne è andato via di corsa per poter venire in aula! Tale Commissione non è stata ancora sconvocata: quindi, insisto su questo punto, perché, evidentemente...

PRESIDENTE. No, onorevole: che sia un problema, posso riconoscerlo; che sia di difficile soluzione da parte della Presidenza, mi sembra altrettanto «bilateralmente» riconosciuto. Ci informano che tale Commissione è stata davvero sconvocata: pertanto, insisterei...

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, indipendentemente dagli interessi della maggioranza e dell'opposizione, nonché dal raggiungimento del numero legale (che da qui a poco verificheremo), vorrei rilevare che esiste un problema di principio.
Credo che ogni deputato debba poter venire in Assemblea a votare: quindi, ritengo che la Presidenza dovrebbe essere garante di tale diritto, impartendo disposizioni nette e verificandone l'attuazione. Vorrei ribadirle che le riunioni delle Commissioni bicamerali sono ancora in corso.

ANTONIO LEONE. Di cosa stiamo parlando?

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Come può constatare, alcuni colleghi che fanno parte della Commissione parlamentare per l'infanzia stanno arrivando adesso in aula. Come vede, quindi, non basta effettuare semplicemente una telefonata!
Forse occorrerà, anche in futuro, adottare determinazioni maggiormente cogenti, perché si tratta non di favorire quella o quell'altra parte politica, ma di garantire il diritto di ogni singolo deputato di poter partecipare alle votazioni!

PRESIDENTE. Riferirò le sue osservazioni alla Presidenza, onorevole Incostante.

GIANPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, vorrei svolgere due considerazioni. La prima, a mio avviso, è di natura regolamentare. Infatti, nel momento in cui si stabilisce l'orario di ripresa dei lavori dell'Assemblea e si dispone l'automatica ed immediata sconvocazione delle Commissioni, indipendentemente dal fatto che i presidenti delle stesse - per ragioni «comprensibili» - decidano di proseguire lo svolgimento delle sedute, ritengo che, salvo che non si aggiorni la seduta dell'aula ad altra data, essa possa riprendere la propria attività.
Tuttavia, al di là delle questioni di carattere regolamentare, credo anche che vi sia una questione della quale i colleghi di maggioranza dovrebbero farsi carico. Si tratta della «franchezza» dei rapporti parlamentari.
Noi siamo qui - parlo del mio gruppo - perché vorremmo confrontarci sul provvedimento in esame. Ritengo sarebbe francamente Pag. 55eccessivo continuare - lo affermo al di là delle schermaglie parlamentari - questa disputa, e forse sarebbe opportuno assumere determinazioni diverse. Sostengo ciò nel comune interesse, poiché quello in discussione è un tema serio, e non credo meriti questo tipo di considerazione.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, su cosa intende chiedere la parola?

ANTONIO BORGHESI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, la ringrazio della sua pazienza. Voglio informare i colleghi che, verso mezzogiorno, numerose agenzie di stampa hanno battuto la notizia che la polizia giudiziaria della Guardia di finanza di Milano sta notificando l'atto di chiusura delle indagini nei confronti di ottantaquattro persone fisiche e nove persone giuridiche, accusate di vari reati...

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, davvero questo è argomento da affrontare al termine della seduta.

ANTONIO BORGHESI. Signor presidente, la pregherei di farsi interprete presso la Presidenza....

PRESIDENTE. Solo al termine della seduta.

ANTONIO BORGHESI. Siccome ci sono anche colleghi parlamentari implicati in questa indagine, la pregherei di farsi interprete presso la Presidenza perché il Governo...

PRESIDENTE. A fine seduta! Onorevole, la prego di non proseguire.

ENRICO BUEMI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, torno sull'argomento precedente perché devo dire che ritengo assolutamente inaccettabile che vi sia una sottrazione di un potere parlamentare che compete a tutti colleghi, vale a dire quello di partecipare regolarmente ai lavori dell'Assemblea. Ora, le Commissioni spesso sono attanagliate dalla ristrettezza dei tempi, che impongono risposte rapide per quanto riguarda i pareri da rendere alle altre Commissioni e via dicendo. Il più delle volte i pareri si formulano «fuori sacco» verso la fine delle riunioni. Però, nel momento in cui vi è una votazione in aula, è assolutamente indispensabile non solo dire che si è intervenuti sui presidenti delle Commissioni, ma garantire - la Presidenza è tenuta a farlo - che i colleghi che sono in Commissione...

PRESIDENTE. Va bene, abbiamo capito ...

ENRICO BUEMI. ... possano arrivare in aula per votare! Siccome non hanno il dono dell'ubiquità, i colleghi devono poter venire in aula a votare...

PRESIDENTE. Abbiamo capito ...

ENRICO BUEMI. ... prevedendo i tempi necessari, senza strumentalizzazioni dell'aspetto logistico e organizzativo dei nostri lavori.

MAURO DEL BUE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, intervengo soltanto per dire che il non numerosissimo gruppo del Nuovo PSI è presente ed è pronto a votare, ma se la maggioranza...

PRESIDENTE. Non è un intervento sull'ordine dei lavori ...

MAURO DEL BUE. ... non la smette di fare auto-ostruzionismo per dilazionare i tempi anche noi non parteciperemo al voto.

Pag. 56

PRESIDENTE. Sta bene. Ora possiamo riprendere i nostri lavori.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato approvato, da ultimo, l'emendamento Santelli 2.20.
Passiamo all'esame dell'emendamento Santelli 2.21, sul quale la Commissione ha formulato un invito al ritiro.

ANTONIO LEONE. Presidente, a nome del gruppo di Forza Italia, mantengo l'emendamento Santelli 2.21.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Santelli 2.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 267
Votanti 263
Astenuti 4
Maggioranza 132
Hanno votato
11
Hanno votato
no 252)

(Sono in missione 70 deputati).

Prendo atto che i deputati Lombardo, Mungo e Scotto non sono riusciti a votare.

ANTONIO LEONE. Presidente, le chiedo di controllare le postazioni di voto dell'onorevole Vacca e Licandro (Proteste dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e Comunisti Italiani)!
Presidente, glielo chiedo formalmente! Le chiedo di procedere al controllo delle tessere e di mantenere aperta la votazione!

PRESIDENTE. Invito i deputati segretari a procedere al controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).

ROBERTO GIACHETTI. Tolga le tessere anche dall'altra parte!

MARCO BOATO. Le vado a prendere io!

PRESIDENTE. Sarà un controllo «bilaterale».

FRANCO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, intervengo per dire che, come vede, ero qui al mio posto ma la mia tessera non ha funzionato! Quindi, vorrei che venisse computato...

PRESIDENTE. Ne prendo atto (Una voce dai banchi del gruppo L'Ulivo: «Togli quella tessera!»).

ANTONELLO IANNARILLI. Vieni a prenderla (Proteste dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti). Prego, onorevole Evangelisti...

FABIO EVANGELISTI. Presidente, capisce che è difficile...! Credo sia giusto l'invito del collega Antonio Leone. Vorrei soltanto esprimere un apprezzamento per la correttezza con cui lei guida i lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Grazie.Pag. 57
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.500 della Commissione.

PIETRO MARCENARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, chiedo che i deputati segretari possano terminare il lavoro di verifica delle schede che è stato richiesto.

PRESIDENTE. Sarà fatto.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, andiamo avanti!

SILVANA MURA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, faccio presente che provengo dalla X Commissione, la cui seduta è terminata da qualche minuto.

PRESIDENTE. L'argomento è chiuso. Benvenuta...
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.500 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Vedi votazioni).
(Presenti 252
Votanti 250
Astenuti 2
Maggioranza 126
Hanno votato
248
Hanno votato
no 2)
(Sono in missione 69 deputati).

Passiamo all'emendamento Boscetto 2.26.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

GABRIELE BOSCETTO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto, nel minuto di tempo che mi è concesso.

PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, mi dispiace perché già un'altra volta gliel'ho dovuto segnalare: purtroppo, dal momento che lei è già intervenuto sull'articolo 2 e sul complesso delle proposte emendative ad esso presentate, un suo intervento, anche a titolo personale, è precluso.

GABRIELE BOSCETTO. Neanche un minuto, signor Presidente?

PRESIDENTE. No, neppure un minuto.

GABRIELE BOSCETTO. Allora, mi richiamo a quanto detto nel precedente intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento Boscetto 2.26 ripropone un tema già trattato da altri colleghi, cioè la soppressione della lettera h), che è stata commentata ampiamente. La norma si riferisce, innanzitutto alle «categorie interessate». Mi chiedo, in riferimento al momento in cui bisognerà applicare questa legge, quali siano le categorie interessate e mi chiedo come si possa approvare un testo di legge che si riferisce alle categorie interessate, trattando del tema dei diritti umani. La dimensione è così ampia, così onnivalente che non capisco quali siano queste categorie interessate. La stessa norma si richiama alla «osservanza del principio di rappresentatività». Anche in questo caso, mi si dovrebbe chiarire che cosa significhi il principio di rappresentatività, Pag. 58se applicato a questa fattispecie. Nonostante le nostra insistenti richieste, non c'è stata una risposta o un chiarimento di alcun genere. Inoltre, con questa norma si dice di voler promuovere «la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori». Che cosa significa «settori»? Si tratta di settori professionali, di gruppi di interesse o di settori di grandi materie? Che cosa sono i settori?
Mi chiedo se il Governo e i proponenti lo sappiano spiegare perché penso che un buon legislatore debba capire che cosa vota. Inoltre, il testo prosegue con le parole «nonché verificarne la conformità alle leggi e ai regolamenti». A prescindere dal fatto che il Governo e il Parlamento sono autorità normative, a vario titolo e con varie facoltà, che debbono verificare tutto questo e fermo restando che, comunque, la magistratura deve intervenire quando non ci sia conformità alle leggi e ai regolamenti, il testo continua con le parole «anche attraverso l'esame di osservazioni di soggetti interessati a contribuire a garantirne la diffusione e il rispetto».
Anche questa è una categoria vastissima, cioè qualsiasi cittadino o un gruppo di due, tre o dieci cittadini potrebbe essere oggettivamente o soggettivamente interessato a curare la diffusione e il rispetto di queste norme. Quindi, se mi permettete, tale lettera è inutile o foriera di danni enormi perché, poi, si tratta di andare ad applicare questo tipo di normativa, sollevando un contenzioso sterminato, che non capisco chi fosse chiamato a dirimerlo in base a quali criteri potrebbe poi in concreto farlo. Quindi, richiamandomi a quanto hanno detto diversi colleghi, raccomandando ai fautori della maggioranza anche di questo articolo così contraddittorio che quanto meno la lettera h) fosse espunta perché è tale da compromettere probabilmente a suon di contenzioso l'operatività della norma stessa.
Quindi, voteremo a favore dell'emendamento Boscetto 2.26.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, in realtà è venuta quasi meno la ragione del mio intervento perché il collega Benedetti Valentini ha perso un po' di tempo, ma volevo farle notare l'illogicità manifesta di quanto accaduto prima. Infatti, era palese che vi fosse una condizione politica, per cui da parte della maggioranza si faceva auto-ostruzionismo per cercare di recuperare tempi e persone, mentre da questa parte, come era visibile, vi era la volontà di far contare se la maggioranza fosse in grado di ottenere il numero legale: è evidente che ciò non avesse alcun senso.
Le volevo far notare che prima qui sotto c'erano una trentina di persone e, quindi, non aveva alcun senso che il collega Boato si affannasse a raccogliere tutte le tessere che trovava su questi banchi.

PRESIDENTE. Onorevole Menia, stiamo parlando dell'emendamento Boscetto 2.26.

ROBERTO MENIA. Lo so, signor Presidente, ma volevo soltanto farle notare questo aspetto.

MARCO BOATO. Ma di che cosa parliamo? Presidente, l'ordine l'ha dato lei!

ROBERTO MENIA. Onorevole Boato, stia tranquillo, si dia una calmata...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole dell'UDC su questo emendamento. All'inizio avevo rappresentato una posizione di contrarietà su gran parte degli emendamenti successivi a quello che ho ritirato, in quanto ho evidenziato il lavoro fatto in Commissione per recuperare lo spirito dell'emendamento presentato dall'UDC. Tuttavia, la parte «toccata» Pag. 59da questo emendamento, che interessava sicuramente anche l'UDC, non ha trovato una soluzione e, quindi, non siamo riusciti ad individuare una formulazione diversa che potesse allontanare le preoccupazioni del gruppo che rappresento. Ritengo che non ci siano, comunque, questi effetti devastanti ma che sarebbe stata opportuna una formulazione più chiara, onde evitare eventuali intralci futuri nella praticabilità dell'attività che viene sintetizzata in questa lettera; in ogni caso, in questo momento esprimiamo un voto favorevole all'emendamento e, quindi, siamo per la soppressione della lettera h).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole di Forza Italia su questo emendamento, che è anche a nostra firma, per le ragioni prima esposte dalla collega Mazzoni. Questa è una di quelle norme che creano estrema ambiguità nella formulazione e nei compiti di questa commissione, che potrebbero determinare un'alterazione sia della sua struttura che della sua funzione.
Sarebbe stato più utile non solo specificare, ma anche rendere molto stringenti questi compiti, proprio per dissipare i dubbi e le preoccupazioni - credo legittimi - di una parte; in ogni caso, visto che questo lavoro non si è potuto svolgere, noi voteremo a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, preannuncio che il gruppo della Lega Nord voterà a favore di quest'emendamento.
Fra tutte le lettere contenute nell'articolo 2, credo che la lettera h) sia la più emblematica, la meno intelligibile e caratterizzata da frasi veramente incomprensibili.
Nel mio intervento sul complesso degli emendamenti ho chiesto che il relatore ci desse quantomeno una spiegazione per capire l'italiano. Questa lettera h) è assolutamente incomprensibile e faccio un esempio: quando si fa riferimento ad «osservazioni di soggetti interessati» di chi si sta parlando? Si tratta veramente di una disposizione al di fuori di ogni comprensione della lingua italiana: per questo motivo la Lega Nord voterà a favore della soppressione di questa lettera h), quindi a favore dell'emendamento in questione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boscetto 2.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 366
Votanti 363
Astenuti 3
Maggioranza 182
Hanno votato
118
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Garavaglia non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Prendo atto altresì che i presentatori degli identici emendamenti Cota 2.9 e Boscetto 2.62 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, noi condividiamo il contenuto degli identici emendamenti Cota 2.9 e Boscetto 2.62. Infatti, come ho già avuto modo di dire all'inizio della trattazione dell'articolo 2, noi vorremmo una Commissione che si occupasse delle questioni importanti, lasciando naturalmente Pag. 60ad altri organismi i compiti diffusi di crescita culturale dei temi afferenti al culto, alla difesa, alla promozione dei diritti umani.
La istituenda Commissione è un organismo di vigilanza e d'intervento attivo rispetto alle eventuali violazioni di questi diritti. Se essa, invece, si occupa, attraverso la sua struttura di - cito testualmente - «collaborare alla realizzazione, nelle istituzioni scolastiche e nelle università, di progetti didattici e di ricerca concernenti le tematiche della tutela dei diritti umani» verrebbe impegnato un intero organismo.
Questa ulteriore incombenza potrebbe risultare negletta, trascurata, oppure potrebbe assorbire energie, compiti, tempo e risorse; così sarebbe per questo compito di tipo educativo, se così lo vogliamo chiamare.
Abbiamo la sensazione che voi stessi vogliate mettere in piedi una creatura mozzandola e rendendola non funzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo ancora una volta per sottolineare che la Lega Nord voterà a favore degli identici emendamenti Cota 2.9 e Boscetto 2.62.
Quando si è svolta la discussione sul complesso degli emendamenti forse sarebbe stato opportuno da parte della Commissione fornire una risposta per poter comprendere non dico tutta la disposizione, ma almeno la ratio, lo spirito di queste singole lettere, proposizioni normative che alla fine debbono essere applicate.
Cosa vuol dire «promuovere gli opportuni contatti con le autorità»? È possibile che un ente pubblico promuova dei contatti non opportuni? Questa dizione è talmente elastica e non descrittiva di confini che, sostanzialmente, lascia aperta la possibilità ad un qualsiasi tipo di comportamento. Per questi motivi voteremo a favore degli emendamenti in questione.

PRESIDENTE. Avverto che è stato chiesto un ulteriore controllo delle tessere di votazione.

MARCO BOATO. Prima chieda l'autorizzazione all'onorevole Menia!

ROBERTO MENIA. Prendi una camomilla!

PRESIDENTE. Invito, pertanto, i deputati segretari a procedere al controllo delle tessere di votazione (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. La lettera i) dell'articolo 2 in esame attribuisce alla Commissione il compito di promuovere gli opportuni contatti con l'autorità, le istituzioni e gli organismi pubblici, quali i difensori civici, cui la legge attribuisce, a livello centrale e locale, specifiche competenze in relazione alla tutela dei diritti umani.
Colgo l'occasione della dichiarazione di voto su questi emendamenti per esprimere una preoccupazione di carattere generale. Una delle osservazioni evidenziate in Commissione anche dalla relatrice era che un organismo di questo genere non fosse soltanto di tipo pletorico, ma che potesse essere realmente operativo. A tal fine, vi deve essere una effettiva coerenza tra strutture, adeguamenti di risorse e compiti specifici.
La nostra preoccupazione è che i compiti attribuiti a questa Commissione siano talmente vaghi e ampi da non potersi comprendere come essi possano essere svolti e in che termini. Ritengo si tratti di un problema del quale tutti ci dovremmo far carico in quanto, facendo un mea culpa da legislatori - sebbene pro tempore, in questa fase -, occorre riconoscere che le leggi italiane sono meravigliose sulla carta, ma totalmente inapplicate nella pratica.
Chiedo all'Assemblea di non scrivere anche oggi un testo che poi, inevitabilmente, sarà un bellissimo libro dei sogni, Pag. 61per poi tradursi in qualche articolo di giornale o in qualche conferenza stampa.
Se vogliamo che questi organismi abbiano efficacia, stiamo attenti nel circoscrivere realmente i compiti che essi sono chiamati a svolgere.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Presidente, ho chiesto la parola per precisare al collega Benedetti Valentini, intervenuto prima, che stavamo parlando della lettera i) e non della lettera l), a cui egli si era riferito nel suo intervento, e che, peraltro, è stata riformulata nell'emendamento 2.501 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Presidente, gli identici emendamenti in esame non sono per noi condivisibili perché raccolgono una delle intenzioni che erano racchiuse anche nel testo della proposta da me inizialmente presentata, relativamente all'istituzione del Garante dei detenuti. Al suo interno vi era infatti una previsione di contatti e di possibili raccordi che il Garante nazionale avrebbe dovuto sviluppare con le analoghe figure che si stanno costituendo a livello regionale, comunale e, a volte, anche provinciale, per una questione di logicità della operatività di questi organismi.
La lettera i) del comma 1 dell'articolo 2 riproduce quella intenzione di raccordo funzionale, e credo che, per quanto anche in questo caso la riformulazione risulti leggermente vaga, sia abbastanza chiaro l'intento, che non è sicuramente quello di attribuire al Garante poteri ultronei rispetto a quelli che gli stiamo attribuendo con questo testo unificato, ma semplicemente quello di rendere più efficace l'azione attraverso l'utilizzazione delle ramificazioni esistenti sul territorio.
Mi auguro che, oltretutto, questi interventi possano servire anche a darne una lettura successiva in sede interpretativa che possa andare verso questa direzione; quindi, vi è solo un rapporto di collegamento con i soggetti già esistenti sul territorio, senza alcuna interferenza nell'autonomia di quelli che già lavorano e che hanno competenze specifiche.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Cota 2.9 e Boscetto 2.62, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 346
Votanti 345
Astenuti 1
Maggioranza 173
Hanno votato
117
Hanno votato
no 228).

Prendo atto che la deputata Ceccacci Rubino non è riuscita a votare.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento De Zulueta 2.60 formulato dal relatore.

TANA DE ZULUETA. Sì, Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.501 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, con riferimento all'emendamento 2.501 della Commissione, accolgo l'osservazione correttiva della relatrice, Pag. 62onorevole Mascia, perché, in effetti, l'intervento che avevo svolto in precedenza era riferito a questo punto. Quindi, gliene do atto e devo dire, pur ribadendo gran parte delle osservazioni che avevo svolto, che la formulazione che è stata introdotta, è tuttavia meno aberrante, perché attribuisce quantomeno alla Commissione il compito di fornire collaborazione e non già di sostituirsi alle istituzioni stesse.
Per tale parziale correzione della originaria formulazione, il nostro gruppo esprimerà un voto di astensione sull'emendamento 2.501 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Presidente, noi, più che l'astensione, esprimiamo un voto contrario, visto che già il provvedimento è da noi valutato come inutile e superfluo e che l'emendamento 2.501 della Commissione lo peggiora.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.501 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 354
Votanti 323
Astenuti 31
Maggioranza162
Hanno votato
308
Hanno votato
no 15).

Prendo atto che il deputato Mele non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.502 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 360
Votanti 358
Astenuti 2
Maggioranza 180
Hanno votato
346
Hanno votato
no 12).

Passiamo all'emendamento Santelli 2.27.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Santelli 2.27 formulato dal relatore.

JOLE SANTELLI. No, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale esprimerà un voto favorevole sull'emendamento Santelli 2.27, soppressivo del comma 2 dell'articolo 2. Come abbiamo osservato in fase di discussione sul complesso delle proposte emendative, prevedere una più complessa articolazione della Commissione in sezioni inficia, evidentemente, il principio della sua composizione unitaria - era prevalsa infatti la tesi che essa dovesse essere unitaria per occuparsi dei diritti umani in ogni ambito; in altri termini, un'unica Commissione in grado di assumere su di sé le materie ed i poteri di intervento e di iniziativa -; ne è un riflesso, nell'articolazione concreta, già la figura del Garante delle persone detenute (che esamineremo nei successivi articoli). Diventa addirittura velleitario prevedere che una molteplicità di sezioni possano funzionare all'interno di tale organismo.

PRESIDENTE. Deve concludere...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. In buona sostanza, la previsione di più Pag. 63sezioni rischia di contraddire proprio il disegno unitario secondo il quale è stato modificato il testo. Quindi, esprimiamo un voto favorevole sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ritengo che il comma 2 di questo articolo 2 abbia la sua ragion d'essere esclusivamente nelle conferenze stampa di chi poi, alla fine, si dovrà vantare di aver portato a conclusione l'iter di questa legge; evenienza, quella della sua approvazione, che non mi auguro.
In primo luogo, osservo che la previsione del numero dei componenti è scesa drasticamente con il primo articolo. Si stabiliscono, con l'articolo 2, le competenze della Commissione ma poi, al terzo comma, si prevede che essa adotti un regolamento interno. Per legge, dunque, si vuole regolamentare il regolamento? Mi pare che ciò sia contrario ad ogni tipo di logica: si riconosce tale facoltà ma ciò è del tutto pleonastico perché è evidente che la Commissione, che già dall'articolo 1 viene considerata un organismo indipendente, può fare tutto, e quindi anche quanto previsto dal secondo comma. È pleonastico; probabilmente, stiamo discutendo a vuoto e sarebbe opportuno sopprimere questo comma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. A mio avviso, il comma 2, onorevole relatrice, aveva un reale senso nell'impostazione precedente del provvedimento quale era stata prevista nel testo licenziato dalla Commissione. Adesso ci troviamo in una situazione differente; ricordo alla relatrice ed ai colleghi che noi abbiamo previsto alla sezione del Garante dei detenuti una specificità ed un'autonomia funzionale ben definita.
Ho il dubbio che la possibilità prevista in questo comma 2 di costruire ulteriori sezioni tolga valore proprio alla sottolineatura che si voleva dare della struttura del Garante; infatti, con cinque componenti e con già due sezioni definite dalla legge, è oggettivamente difficile immaginare quante ne possano essere costituite in più. Ma soprattutto - e su ciò chiederei l'attenzione della relatrice - temo che questo comma tolga valore proprio alla definizione di sezione separata del Garante, sezione che esamineremo successivamente.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Signor Presidente, per quanto ci riguarda, resta fermo il principio indicato; preciso che tutto il testo è stato adeguato alla diminuzione dei membri di questa Commissione. Non avremo più una sezione staccata del Garante dei detenuti ma, all'interno di questa Commissione, vi sarà comunque una organizzazione del lavoro che consentirà di svolgere tale funzione secondo una particolare procedura. Come vedremo anche con l'emendamento successivo, il presidente della Commissione stessa potrà delegare un coordinatore e ciò rimane come principio ai fini dell'organizzazione interna della Commissione stessa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Santelli 2.27, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 373
Votanti 370
Astenuti 3Pag. 64
Maggioranza 186
Hanno votato
112
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che la deputata Lenzi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione del subemendamento Benedetti Valentini 0.2.503.1.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro e che l'onorevole Boscetto ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, stabilire che il personale debba essere almeno per il 50 per cento destinato al Garante dei diritti delle persone detenute costituisce un vincolo, mentre sembrerebbe più logico lasciare alla verifica delle esigenze quanto personale debba essere destinato alla parte della Commissione che si interessa dei diritti umani e quanto invece debba essere destinato alla parte della Commissione che si occupa delle garanzie dei detenuti. Stabilire già a livello regolamentare che si debba prevedere la destinazione di una quota di questo personale non inferiore al 50 per cento al supporto delle attività relative al Garante dei diritti delle persone detenute, è un qualcosa che a nostro avviso ingessa la situazione e non la rende invece duttile come dovrebbe essere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Ribadendo la contrarietà a tutto il provvedimento, noi riteniamo che nel momento in cui bisogna operare un giudizio di bilanciamento fra l'interesse della tutela dei diritti dell'uomo e quello di verifica del regolare comportamento in riferimento ai detenuti, non si possa che addivenire ad una prevalenza del primo interesse. Credo infatti che sia un interesse primario quello di verificare e tutelare i diritti dell'uomo, mentre quelli dei detenuti al massimo possono essere considerati in un rapporto di genus a specie con riferimento ai primi.
Quindi prevedere che per una parte, certamente di interesse inferiore rispetto al tutto, si debba attestare il 50 per cento delle attività lavorative, a me sembra veramente eccessivo. Per altro verso è opportuno sottolineare...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Brigandì, ma lei ha esaurito il suo tempo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Benedetti Valentini 0.2.503.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 370
Votanti 369
Astenuti 1
Maggioranza 185
Hanno votato
122
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione del subemendamento Mellano 0.2.503.2.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Signor Presidente, vorrei leggere la riformulazione del subemendamento in oggetto, concordata con il collega Mellano. Ricordo che su di esso la Commissione aveva espresso parere favorevole a condizione che ne fosse accolta la riformulazione, che è la seguente: sostituire le parole «di tutela dei detenuti e delle persone» con le seguenti: «la tutela dei diritti delle persone detenute o» ed aggiungere, in fine, la parola: «personale».

Pag. 65

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori del subemendamento accolgono la riformulazione proposta.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mellano 0.2.503.2, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 373
Votanti 370
Astenuti 3
Maggioranza 186
Hanno votato
322
Hanno votato
no 48).

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Presidente, siccome è evidente che dai banchi della maggioranza ci sono voti doppi, vorrei invitarla nella prossima occasione a tenere aperta la votazione, in modo che si capisca bene cosa sta accadendo oggi in quest'aula.

PRESIDENTE. Lei chiede un controllo o solo una tempistica sulla schermata?

ANDREA GIBELLI. Sta a lei, Presidente! È autorevole...!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.503 della Commissione.
Avverto che l'eventuale approvazione dell'emendamento 2.503 della Commissione produrrà la preclusione, ovvero l'assorbimento, delle seguenti proposte emendative: gli identici emendamenti Cota 2.13, Boscetto 2.28 e Benedetti Valentini 2.30; tutte le proposte emendative riferite all'articolo 9, ivi compresa la votazione di tale articolo; gli identici emendamenti Cota 11.1 e Benedetti Valentini 11.31; tutte le proposte emendative riferite all'articolo 14, ivi compresa la votazione di tale articolo; gli emendamenti Cota 17.1 e 17.13 e Benedetti Valentini 17.16; l'emendamento De Zulueta Tit. 60.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevoli colleghi, comprendo che il tempo e la stanchezza possano renderci un po' impazienti, però desidero precisare due questioni per i colleghi che si apprestano a votare.
La prima riguarda il fatto che vi è un problema di scelta importante laddove si faccia riferimento alle persone detenute o a quelle private della libertà personale. Non vi sfugge che si tratta di una scelta di principio. Chi di voi è d'accordo sul fatto che la legge si applichi non soltanto alle persone detenute, ma anche a quelle semplicemente trattenute presso i centri di accoglienza, di identificazione e di prima accoglienza, voterà a favore del testo proposto, mentre secondo la nostra visione il trattamento non deve essere identico. Si tratta di fattispecie soggettive completamente diverse, rispondenti a rationes assolutamente non equiparabili. Ciò sarebbe fonte di grande confusione e disfunzionalità.
Quindi, fate attenzione, perché si tratta di compiere questa scelta, di cui ognuno naturalmente assume la responsabilità.
Questo emendamento mi dà il destro per tornare sulla questione del vincolo del 50 per cento.

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Qui si sta vincolando il 50 per cento della struttura e del personale ad occuparsi solo delle garanzie del detenuto. Ciò significa limitarlo oppure renderlo sovrabbondante. Se la restante parte della Commissione, Pag. 66del suo personale e della sua struttura, in determinati momenti non fosse sufficiente, cosa faremmo?

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, deve concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Praticamente, ci siamo vincolati alla quantificazione del 50 per cento, che è quanto di più assurdo e disfunzionale ci sia.
In conclusione, non si può votare questa riformulazione del testo da parte della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire ai colleghi che questo ampio emendamento della Commissione è stato elaborato anche in collaborazione con molti colleghi dell'opposizione, proprio a seguito delle votazioni che hanno ridotto la composizione della commissione in riferimento all'articolo 1.
Quindi, tale emendamento costituisce un atto di grande responsabilità, lealtà e anche trasparenza, che, dopo la richiesta di sospensione da parte del presidente Violante, la Commissione ha svolto proprio per essere coerente con il voto dell'Assemblea, che molti di noi non avevano condiviso, ma che c'è stato e del quale abbiamo necessariamente tratto le conseguenze.
Si tratta di un emendamento di carattere fondamentale, che va ad incidere sul corpo della legge e che è conseguente proprio alle votazioni che il collega Benedetti Valentini ed altri hanno auspicato e che hanno prevalso nella precedente seduta. Quindi, invito ad approvarlo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.503 della Commissione, nel testo subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 330
Votanti 270
Astenuti 60
Maggioranza 136
Hanno votato
264
Hanno votato
no 6).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Noi voteremo contro questo articolo, perché, come ho ribadito anche intervenendo sul complesso degli emendamenti, esso evidenzia l'assoluta inutilità di questo organismo nei due aspetti riguardanti sia la tutela dei diritti umani, sia quella delle persone private della libertà personale.
Con particolare riferimento all'aspetto della tutela dei diritti umani la formulazione di questo articolo è letteralmente aria fritta. Vi è soprattutto la possibilità che questa commissione venga a sovrapporsi a ruoli e funzioni di organi, che sono istituzionalmente preposti alla tutela dei diritti umani e all'applicazioni di leggi e convenzioni sia sul nostro territorio, sia all'estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Intervengo per annunciare l'astensione del gruppo di Forza Italia. Come più volte ribadito, noi non siamo assolutamente contrari all'istituto, siamo anzi favorevoli. Purtroppo non possiamo dare il nostro voto favorevole perché non concordiamo sulle modalità con cui le competenze di questo istituto vengono definite nel testo unificato. Ci auguriamo che al Senato possano essere ulteriormente circoscritte, per cui il nostro voto di astensione è un voto di aspettativa per eventuali ulteriori passaggi.

Pag. 67

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 358
Votanti 282
Astenuti 76
Maggioranza 142
Hanno votato
255
Hanno votato
no 27).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, l'articolo 3 riguarda i poteri di accertamento, di controllo e di denuncia della Commissione. In sostanza è l'articolo che ne prevede le funzioni in termini di procedure.
Noi siamo critici sin dall'inizio su alcuni aspetti relativi a queste procedure. Devo dire che la relatrice è venuta incontro ad alcune esigenze da noi prospettate e di questo ancora una volta la ringraziamo. Da qui traggono origine alcuni emendamenti della Commissione volti a prevedere la verifica delle condizioni di procedibilità e della ricorrenza di determinati presupposti per l'invio degli atti all'autorità giudiziaria. Pertanto, la nuova formulazione del primo periodo del comma 1 dell'articolo 3 risultante dall'emendamento della Commissione - «Per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), la Commissione, verificate le condizioni di procedibilità, informa le parti interessate» - ci pare positiva.
Questo aspetto prima non era previsto e non vi era alcun accenno ad un'azione di filtro, per cui si poteva ricorrere alla Commissione in modo indiscriminato e rendere ammissibili o meno determinate istanze poteva rientrare solo implicitamente nell'attività svolta dalla Commissione stessa.
Non dimentichiamo che quando si parla di diritti umani la percezione del fenomeno che può avere qualsiasi cittadino è molto ampia, quindi è prevedibile un massiccio ricorso a tale organo. Sarebbe stato forse utile definire anche il concetto di diritti umani ai fini di queste procedure, ma non è stato fatto.
Ci sembra, però, estremamente interessante l'aver previsto in modo chiaro la verifica delle condizioni di procedibilità per l'inoltro del procedimento. Nella nuova formulazione prospettata, la soppressione della restante parte del comma 3 è dovuta all'introduzione del comma 1-bis, il quale riformula la parte della norma che abbiamo sempre criticato e che continuiamo a criticare, perché non ci pare che ancor oggi riesca a soddisfare requisiti di logica e di congruità.
In sostanza, la Commissione può richiedere alle parti interessate di fornire informazioni o di esibire documenti. A fronte di una istanza del cittadino che si lamenta del comportamento di un altro cittadino, di un ente o di una società, si chiede a quel soggetto di esibire documenti o di fornire informazioni. Anche se i cittadini vengono investiti di nuovi oneri, mi pare che questo sia legittimo, finché si tratti di oneri di informazione e di esibizione che non siano accompagnati da pesanti sanzioni. Qui, invece, le sanzioni sono pesanti, perché, se le parti rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla Commissione, sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 4 Pag. 68mila a 24 mila euro. Ad esempio, verificata l'ammissibilità della denuncia presentata da un cittadino nei riguardi di un altro per violazione dei diritti umani, se il cittadino non fornisce le spiegazioni o non esibisce i documenti richiesti, incorre nella sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 4 mila a 24 mila euro, che può essere incrementata fino al doppio del massimo e, quindi, a 48 mila euro (ovvero, quasi 100 milioni delle vecchie lire), se le parti forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri. Ci ritroviamo, quindi, con una Commissione di garanzia dei diritti umani che finisce per avere poteri specifici nell'emanazione di una sanzione amministrativa pesantissima, rispetto ad alcuni atteggiamenti o comportamenti delle parti interessate.
Abbiamo chiesto ripetutamente che questa parte della normativa venisse espunta e, comunque, abbiamo presentato l'emendamento 3.61 volto a limitare il peso delle sanzioni da 300 a 10 mila euro, invece, che da 4 mila a 24 mila. Non riusciamo a comprendere, né ci è stato spiegato, per quale ragione si debbano mantenere queste sanzioni amministrative in termini così pesanti.
Ci troviamo, quindi, nella condizione di poter chiedere che vengano accolti i nostri emendamenti, che consideriamo del tutto congrui ed aderenti a giustizia.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 3.500 e 3.501 e invita i presentatori al ritiro di tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 3, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Cota accede all'invito al ritiro del suo emendamento 3.1, formulato dal relatore?

ROBERTO COTA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente chiedo che nel corso della votazione si faccia ciò che è stato chiesto, in precedenza, dal collega Gibelli, ossia che la votazione stessa sia tenuta aperta il tempo sufficiente per consentire il controllo delle tessere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

ROBERTO COTA. Guardi là, signor Presidente! Non è possibile!

MARCO BOATO. Sì che è possibile! L'avete fatto mille volte nella scorsa legislatura!

LALLA TRUPIA. Presidente...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Presidente...

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Prego i deputati segretari di coadiuvare la Presidenza.

(Una voce dai banchi del gruppo Alleanza nazionale: Manca Deiana!)

Pag. 69

LUCIANO VIOLANTE. Deiana è presente!

ROBERTO MENIA. Deiana è entrata adesso!

MARCO BOATO. Non fare il poliziotto!

PRESIDENTE. Gli onorevoli Conte e Menia sono presenti. L'onorevole Boscetto risulta presente. L'onorevole Fasolino è presente. L'onorevole Acerbo è presente. Gli onorevoli Siniscalchi e Mungo sono presenti. L'onorevole Lombardi è presente. L'onorevole Tomaselli è presente. L'onorevole Capitanio Santolini è presente.
Avverto che la Camera non è in numero legale per deliberare, per venti deputati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Il sistema ha già computato automaticamente nove deputati, aggiunti figurativamente, in conseguenza della richiesta di voto nominale. Tale numero risulta dalla differenza tra il quorum per la richiesta di votazione qualificata e i deputati appartenenti ai gruppi richiedenti la stessa, che hanno effettivamente preso parte alla votazione. Ai fini della verifica del numero legale, dobbiamo, secondo la prassi consolidata, aggiungere, ove siano in eccedenza rispetto a quelli già inclusi figurativamente dal sistema, i deputati intervenuti per dichiarazione di voto che non sono presenti in aula e i deputati presenti in aula che non hanno preso parte alla votazione o non sono riusciti a votare (Commenti!).

MAURIZIO TURCO. Ma con chi parla? Voce!

PRESIDENTE. I seguenti deputati sono, come già detto, presenti in aula: Conte, Siniscalchi, Lombardi, Menia, Fasolino, Capitanio Santolini, Mungo, Iacomino, Boscetto, Carta, Acerbo e Tomaselli.
Ribadisco pertanto che la Camera non è in numero legale per deliberare. Il numero dei deputati intervenuti per dichiarazione di voto non è in eccedenza rispetto (Commenti)...

ROBERTO SALERNO. Vergogna! Vergogna!

PRESIDENTE. A norma del comma 2 dell'articolo 47 del regolamento, rinvio la seduta di un'ora.

La seduta, sospesa alle 16,15 è ripresa alle 17,20.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

PRESIDENTE. Dovremmo ora procedere nuovamente alla votazione dell'emendamento Cota 3.1, sulla quale in precedenza è mancato il numero legale. Tuttavia, apprezzate le circostanze, rinvio la votazione ed il seguito del dibattito ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Intervengo per segnalare una questione che ci preoccupa e che riguarda la declaratoria di inammissibilità di numerose proposte emendative presentate in Commissione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di liberalizzazioni; rischia cioè di ripresentarsi una situazione che abbiamo già vissuto.
In Commissione, gli emendamenti, sulla scorta delle decisioni del presidente, sono stati dichiarati inammissibili in larghissima misura. Noi ci facciamo parte attiva per la segnalare, per l'ennesima volta, alla Presidenza l'incongruenza di questa situazione, dopo che su un provvedimento interviene la scure dell'inammissibilità presidenziale. Mi riferisco al disegno di legge di proroga dei termini che lei sicuramente ricorderà e che ha registrato al Pag. 70Senato, solo in fase di Commissione, circa sei pagine di emendamenti tra aggiuntivi e correttivi.
Ora, noi ci preoccupiamo ancora una volta delle regole di questo ramo del Parlamento, perché - e mi avvio alla conclusione - alcuni emendamenti presentati sono di sostanza, signor Presidente, e riguardano la liberalizzazione, ad esempio in materia di tariffe del gas con riferimento preciso ai consumatori.
Ebbene, gli emendamenti presentati dall'opposizione sono stati dichiarati inammissibili con un criterio interpretativo non riferito alla rubrica della norma, ma probabilmente all'oggetto e al contenuto dell'articolato. Siamo nuovamente daccapo! Infatti, anche sotto questo profilo, la difficoltà di emendare da parte dell'opposizione - ma posso dire anche della maggioranza, considerato che la «strage» ha sicuramente colpito anche numerosi suoi emendamenti - si va ripetendo.
Allora, e concludo, Presidente, le chiedo ancora una volta di investire della situazione il Presidente della Camera, fermo restando comunque che noi, nella Commissione competente, interverremo come gruppi dell'opposizione per segnalare questa ennesima situazione paradossale in forza della quale il decreto-legge è deciso di fatto dal Governo, gli emendamenti non possono costituire - per così dire - l'allargamento anche del confronto su temi importanti, come quello della liberalizzazione che ho già citato, e noi non siamo nemmeno in grado di proporre quelle iniziative sul piano politico - lei mi comprenderà -, che poi, una volta passate al Senato, vengono non dico totalmente, ma in buona misura esaminate in Commissione o in Assemblea, con la situazione che lei può tranquillamente immaginare. La ringrazio per l'attenzione.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Presidente, il tema posto dal collega, in maniera per la verità garbata e molto puntuale, è stato già sollevato in altri tempi e su altri provvedimenti. La preoccupazione che io ora le voglio rappresentare, Presidente, non è solo legata al merito della questione, cioè all'ammissibilità tout-court, così come è avvenuto oggi nella Commissione di merito per il provvedimento a cui faceva riferimento il collega Contento.
Invece, il problema che vorrei sottoporre all'attenzione della Presidenza e che poi potrebbe effettivamente verificarsi è che lo stesso metro di valutazione ai fini dell'ammissibilità o della inammissibilità degli emendamenti non potrebbe essere usato quando ad emendare il provvedimento è lo stesso Governo, se non anche il relatore del provvedimento.
Ciò è già accaduto, Presidente, e noi lo abbiamo sottolineato alla Presidenza anche in altre occasioni. Torno a ripetere: non voglio entrare nel merito; non voglio dire che ci sono degli emendamenti proposti dall'opposizione che non passano, in quanto in Commissione, come diceva il collega Contento, vi sono state anche proposte emendative della maggioranza che non sono state ammesse. Noi ci dogliamo di questo. Tuttavia, la nostra preoccupazione è legata al fatto che potrebbe darsi - come già è accaduto - che la stessa valutazione non venga fatta per gli emendamenti proposti dal Governo o per quelli proposti dal relatore. Infatti, già circola la voce che in quel provvedimento a cui faceva riferimento il collega Contento potrebbe «entrare» tutta una serie di questioni che non sono state definite al Senato. Forse il Governo non riesce a far passare alcune norme in altri provvedimenti e quindi le fa confluire nel provvedimento sulle cosiddette liberalizzazioni, ora all'attenzione della Commissione di merito.
È questo che voglio sottoporre con forza all'attenzione della Presidenza della Camera, al fine di una valutazione equa e uguale per tutti! Altrimenti, potremmo trovarci, come è accaduto in altre situazioni, di fronte ad un decreto-legge con uno certo schema ed una certa ratio, approvati financo dal Presidente della Repubblica, Pag. 71che potremmo licenziare e liquidare in una maniera totalmente diversa rispetto al testo originario.
Era questo che intendevo sottolineare ancor prima che la presidenza della Commissione si pronunciasse sul provvedimento in questione. Mi auguro che, per il futuro prossimo - la prossima settimana sarà esaminato il provvedimento sulle liberalizzazioni - si terrà conto di queste eccezioni e di questi rilievi, alla luce di quanto accaduto in situazioni analoghe.

PRESIDENTE. Intendo innanzitutto ringraziare il collega Contento e l'onorevole Leone per aver posto la questione, che naturalmente riferirò al Presidente della Camera nei termini in cui è stata rappresentata.
Al riguardo, preciso che siamo ancora in fase di esame del provvedimento in Commissione; inoltre, rilevo che la Presidenza segue rigorosamente sempre gli stessi criteri secondo la prassi consolidata già nella precedente legislatura, e, soprattutto, a proposito di ciò che è stato accennato dall'onorevole Contento e sostenuto con particolare forza dall'onorevole Leone, che tali criteri sono fatti valere dalla Presidenza per tutti gli emendamenti, a prescindere da chi sia il presentatore, cioè se sia il singolo parlamentare, il Governo o il relatore.
I criteri di ammissibilità degli emendamenti da parte della Presidenza valgono per tutti! In ogni caso, come ho detto all'inizio, la questione sarà rappresentata al Presidente della Camera.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per migliorare la sicurezza sul lavoro - n. 2-00293)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00293 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, con il presente atto ispettivo si chiede di interpellare il ministro del lavoro e della previdenza sociale, all'indomani del grave incidente che si è verificato sui bacini marmiferi delle Alpi apuane. Era il 19 dicembre e le cronache locali, quella mattina, riportavano la notizia. Intorno alle 7.30 del 18 dicembre 2006, un operaio di 33 anni è rimasto schiacciato da un blocco di marmo nelle cave del Poggio Silvestro, in località Torano, nel comune di Carrara.
Quel giovane (non risulta nel testo dell'interpellanza) si chiamava Andrea Giovari. Secondo le prime ricostruzioni, l'uomo sarebbe rimasto schiacciato da un blocco di marmo scivolato durante il trasporto. L'operaio, che ha riportato un politrauma da schiacciamento, è deceduto immediatamente e a nulla è valso l'intervento dei sanitari del pronto soccorso di Torano che hanno operato anche con l'ausilio di un elicottero.
Probabilmente, questa è un'amara considerazione, anche questa vita poteva essere risparmiata, se si fossero seguite le più elementari norme di sicurezza. Questa, purtroppo, è una realtà che, per quanto nelle cave di Carrara negli ultimi anni la situazione sia migliorata (dopo i tristemente famosi undici morti del 2000, quasi uno al mese, ve ne sono stati due nel 2002, uno del 2005 e uno nel 2006), comunque, permane grave e presenta una criticità fortissima (le cronache locali continuamente ci raccontano di morti o di feriti gravi).
Voglio approfittare dell'occasione per citare un paio di lettere che mi sono giunte sull'argomento e che, ovviamente, non è possibile rinvenire negli atti parlamentari.
Scrive una signora di Carrara: «Gentile onorevole (...) dopo tante titubanze, le scrivo per segnalare la morte di un caro amico, che sui luoghi di lavoro ieri ha perso la vita a soli 33 anni, lasciando una Pag. 72giovane moglie ed una bellissima bambina di 3 anni, Selene. L'ennesima, inspiegabile tragedia sul lavoro, nonostante le tante combattute battaglie a tutela dei lavoratori in generale e dei cavatori apuani in particolare».
«Andrea, questo è il nome dell'ennesimo martire perito sui luoghi di lavoro ieri, resterà sempre nei nostri cuori, ma la disarmante facilita in cui, in questi atipici luoghi di lavoro, può trovare la morte un lavoratore è il segnale della sconfitta dello Stato, che non ha saputo adeguatamente prevenire e reprimere certe situazioni pericolose in cava. Meglio della sottoscritta, attenta lettrice dei quotidiani e di vicende sociali in genere, comprenderà le concause che hanno determinato il fatale esito di una giovane vita spezzata. Sicuramente occorrerebbero controlli severi della durata dei turni di lavoro, riposi giornalieri e settimanali e strutture pubbliche meglio raccordate tra loro nell'anamnesi aziendale prima che accada l'infortunio».
«Questa mia» - conclude la signora Stefania Devoti di Carrara - «non vuole essere solo uno sfogo personale, piuttosto una riflessione aperta e pacata, certa di un attivo interessamento, perché alla moglie Barbara e alla giovane Selene lo Stato sappia almeno colmare in altro modo la scomparsa di un giovane eroe».
Questa stessa signora è successivamente ritornata sull'argomento, dopo qualche giorno, per puntualizzare alcuni passaggi, affermando che, in particolare, le premeva sottolineare che «(...) tutte le tematiche afferenti il mondo del lavoro, soprattutto delle nostre cave, provengono da analisi e spunti tratti da articoli della stampa locale, sempre attenta a problematiche locali e sociali».
«Ma per conoscenza diretta» - scrive sempre la signora Devoti - «posso dire che ciò che riguarda l'impiego dei cavatori apuani in un ambiente davvero ostile, quali le cave in galleria o sotterranee, è cosa nota da tempo. Di fatto, potrà semplicemente avere conferma di quanto espresso chiedendo alcuni dati statistici riferiti alla vigilanza sui luoghi di lavoro, cioè alle cave sui monti e non nei laboratori a valle, alla direzione provinciale del lavoro di Massa Carrara».
«Scoprirà con stupore» - scrive ancora questa signora - «che la presenza dello Stato in tali ambiti è pressoché assente da anni. La causa è la mancanza di un idoneo mezzo fuoristrada per raggiungere, sui rilievi montuosi apuani, questi luoghi di lavoro. Riguardo alle ore effettivamente rese dai cavatori ogni giorno, è sufficiente effettuare servizi idonei, atti al monitoraggio degli spostamenti delle maestranze in cava al mattino, ma, per il prosieguo della vigilanza, è comunque necessario un mezzo fuoristrada».
«Infatti» - conclude - «è notorio che i luoghi di raccolta dei cavatori sono i pochi bar aperti al mattino presto, ove vengono prelevati con un mezzo 4x4 dalle ditte interessate e accompagnati in cava. Sono altrettanto certa che la sicurezza passi anche dal controllo delle ore lavorate, dei riposi giornalieri e settimanali, del rispetto dei congedi ordinari e via dicendo, e non solo dalla verifica delle protezioni alle macchine per il taglio a filo diamantato o dei dispositivi di protezione individuali. Ma per fare questo, è necessario che l'ufficio periferico del Ministero del lavoro abbia i mezzi e le risorse per fare ciò».
Ho voluto riferire il contenuto di queste due e-mail che mi sono giunte perché mi hanno particolarmente colpito, nonché per illustrare a questa Assemblea ed al Governo la specificità del lavoro di cui stiamo parlando. Va da sé che il tema assume una valenza più generale e che, da quel tragico giorno, troppi altri incidenti si sono verificati, altri morti sono stati pianti e troppi altri infortunati sono stati soccorsi. Ricordo, tra le tante, la tragedia che abbiamo vissuto in Umbria, con quattro morti.
Occorre, dunque, una forte azione di prevenzione e controllo, che si può attuare solo con il reclutamento di nuovi ispettori (attualmente mal retribuiti e professionalmente non sempre tutelati), nonché con Pag. 73maggiori finanziamenti volti alla formazione ed alla sicurezza degli addetti ai lavori.
So quanto è già stato compiuto con la legge finanziaria per il 2007, tuttavia mi interessa sapere dalla viva voce del rappresentante del Governo cosa altro si intenda ancora fare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, rispondo a quest'interpellanza molto rilevante, perché rilevante è il problema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che vede impegnato il Governo a trovare le soluzioni più efficaci per garantire la vita, la sicurezza, la salute e l'integrità fisica delle lavoratrici e dei lavoratori.
Rispondo all'interpellanza degli onorevoli Donadi ed Evangelisti, ricordando preliminarmente che con la riforma sanitaria (in particolare, con l'articolo 21 della legge n. 833 del 1978) i compiti in precedenza svolti dall'ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori sono stati attribuiti alle aziende sanitarie locali e solo alcune competenze residuali (radiazioni ionizzanti, Ferrovie dello Stato) sono rimaste al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che le esercita tramite le direzioni provinciali del lavoro.
Gli ispettori del lavoro svolgono, in ogni caso, come polizia giudiziaria, indagini ispettive ogni qual volta vengano espressamente delegati dal magistrato che si occupa del singolo caso.
Solo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412 del 1997, «Regolamento recante l'individuazione delle attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati», sono state individuate le attività - essenzialmente l'edilizia - per le quali la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro può essere esercitata anche dai servizi ispezione del lavoro delle direzioni provinciali del lavoro.
Faccio presente che il Ministero che rappresento ha promosso protocolli di intesa a livello territoriale tra direzioni del lavoro e assessorati regionali competenti nella materia o aziende sanitarie, con il coinvolgimento anche degli altri organi di vigilanza che operano sul territorio.
Fin dal suo insediamento, il Governo ha individuato, come linee programmatiche degli interventi in materia di lavoro ed occupazione, il miglioramento della tutela e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un primo «pacchetto» di interventi è stato introdotto con la legge n. 248 del 2006, che introduce importanti misure di contrasto al lavoro sommerso e al potenziamento dell'attività ispettiva. Vorrei ricordare che è stata ripristinata anche l'indennità di missione per gli apparati ispettivi che prima era stata cancellata. Altre rilevanti misure sono contenute nella legge finanziaria per il 2007.
L'impegno successivo è stato quello di rivisitare l'impianto normativo vigente e predisporre uno schema di testo unico che permetta una razionalizzazione, una più agevole applicabilità delle norme in materia; ossia è stato realizzato nel pieno rispetto dei livelli di tutela raggiunti e attraverso la piena condivisione delle linee strategiche di intervento con le regioni e le parti sociali.
In particolare, è stato elaborato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dal Ministero della salute (questo è un fatto assolutamente inedito) uno schema di disegno di legge recante delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto normativo e la riforma della salute e sicurezza sul lavoro, già sottoposto a regioni e parti sociali per la sua definizione, che è stato oggetto di un primo esame da parte del Consiglio dei ministri in data 7 febbraio 2007 e tale esame, peraltro, proseguirà nella seduta del Consiglio dei ministri di domani, 16 febbraio.
Il Governo è consapevole che, per ottenere risultati efficaci in termini di prevenzione Pag. 74e di miglioramento del quadro giuridico, l'attività legislativa dovrà essere affiancata con l'intensificazione dell'attività di sensibilizzazione sull'argomento. Il dovere di garantire la vita, la salute e l'integrità fisica dei lavoratori e delle lavoratrici richiama il Governo, le altre istituzioni e il mondo del lavoro ciascuno alle proprie responsabilità.
In quest'ottica, è stata organizzata la seconda Conferenza nazionale salute e sicurezza sul lavoro, che si è tenuta Napoli il 25 ed il 26 gennaio 2007. Questa Conferenza, dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto tra Governo, istituzioni, regioni, parti sociali e operatori del settore su un tema che rappresenta un'assoluta priorità - lo ribadisco - per l'Italia; anche in quest'occasione, peraltro, oggetto delle riflessioni del Presidente della Repubblica.
L'obiettivo condiviso è rappresentato dalla tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, di tutte le tipologie di rapporto di lavoro e per tutti i settori di attività, in un contesto caratterizzato dalla radicale trasformazione delle realtà produttive e delle forme contrattuali che impongono di conciliare la maggiore flessibilità del mercato del lavoro con la necessità di massimizzare la sicurezza di tutti.
Dalla Conferenza è emerso che la priorità di un'efficace strategia di lotta agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali sono il riordino, l'innovazione, la semplificazione della normativa, una grande campagna di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro attraverso il potenziamento dell'informazione e della formazione, il coordinamento della vigilanza dei servizi ispettivi e di controllo a livello centrale e territoriale, l'inserimento della salute e della sicurezza nei programmi scolastici ed universitari e nei percorsi formativi, la diffusione di buone pratiche e la creazione di un canale digitale sul lavoro, la lotta al lavoro sommerso ed irregolare, con particolare riferimento ad alcuni contesti territoriali e sociali, ed al lavoro precario, quali fattori determinanti degli infortuni sul lavoro.
L'indirizzo è quello di promuovere una legislazione premiale per le imprese virtuose e sanzioni severe, ma eque, calibrate sulla gravità della violazione, per quelle che non rispettano le norme sulla sicurezza sul lavoro.
In conclusione, la Conferenza ha prodotto utili convergenze per decisioni condivise, nella comune consapevolezza che il lavoro non sicuro rappresenta una vera e propria minaccia alla convivenza civile, contro la quale le istituzioni e l'intera società devono reagire per affermare il valore etico e politico della salute e della sicurezza sul lavoro. Il Governo rifiuta l'idea che gli infortuni sul lavoro siano un evento ineluttabile. Il Governo rifiuta l'idea che si possa continuare a morire di lavoro.
Per poter ottenere una riduzione del fenomeno infortunistico, i suddetti interventi normativi e l'attività di sensibilizzazione dovranno certamente essere accompagnati da più specifiche campagne informative in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché da un incremento della vigilanza; vigilanza che è comunque legata al numero degli ispettori tecnici disponibili sia nelle direzioni provinciali del lavoro che nelle aziende sanitarie locali, così come rilevato nell'interpellanza.
Il ministero che rappresento ha avviato da tempo una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del ministero e di un aumento dei contingenti di idoneo personale, per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi. In tale ambito sono stati emanati i bandi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici, destinati alle strutture territoriali (direzioni regionali e provinciali del lavoro), già conclusi con l'immissione in servizio della totalità dei candidati vincitori ed anche degli idonei per i posti resisi disponibili per rinunce nel frattempo intervenute.
Nell'ambito della valorizzazione delle professionalità dell'area della vigilanza, Pag. 75sono stati portati a termine processi di riqualificazione per il personale, per i profili di accertatore del lavoro, ispettore del lavoro, ispettore del lavoro coordinatore ed ispettore tecnico coordinatore, anche questi da impegnare per potenziare la vigilanza.
Infine, la legge finanziaria 2007, al comma 544, ha autorizzato il Ministero del lavoro all'immissione in servizio fino a 300 unità di personale risultato idoneo al concorso, di cui si è detto sopra, e all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione. Per l'attuazione di tale impegno è stata prevista altresì l'autorizzazione di spesa relativa.
Faccio presente, infine, che al comprensorio apuo-versiliese sono stati assegnati due ispettori del contingente di 44 posti programmati per la regione Toscana, mentre per le ulteriori assegnazioni del personale risultato idoneo ai concorsi, autorizzate dalla legge finanziaria per il 2007, l'amministrazione sta procedendo alla predisposizione del piano di distribuzione sul territorio, nonché a tutti gli adempimenti propedeutici per l'immissione in servizio del predetto personale.
Posso assicurare gli onorevoli interpellanti e la Presidenza, che il Governo ha nella sua agenda, come prioritario, il problema della tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Grazie, signor Presidente. Posso soltanto dichiararmi parzialmente soddisfatto.
Vorrei far presente che esistono oggi anche le meraviglie della tecnologia: anche se non siamo in diretta televisiva, qualcuno evidentemente ci ha guardato sul satellite, e ci ha inviato il seguente messaggio: «Grazie, peccato che il ministero abbia stanziato circa 30 euro al mese di missione per ogni ispettore, e i mezzi per salire alle cave continuino a mancare».
Vede, signor sottosegretario, io davvero la ringrazio: rispetto ai quesiti che avevamo posto, ci è stata una risposta, senz'altro, sul punto dove noi chiedevamo se il ministro non ritenga opportuno e urgente mettere a punto una strategia di contrasto, controllo e prevenzione del fenomeno delle morti sul lavoro, che coinvolga le regioni, gli enti locali, gli organi preposti dallo Stato. Su questo c'è davvero un elemento di soddisfazione.
Vi è un po' meno soddisfazione, appunto, per il dato specifico che riguarda la realtà del comprensorio apuo-versiliese, dove non si può lasciare alla sola azienda sanitaria locale la responsabilità di evitare altre tragedie.
Più in generale, il problema è che in Italia ogni giorno quattro persone continuano a morire nello svolgimento delle loro mansioni, a causa dell'insicurezza sui luoghi di lavoro, e questo sta diventando una vera e propria emergenza, da nord a sud.
Tutto ciò si impone davvero prepotentemente come elemento di drammatica riflessione.
Vorrei fornire allora qualche dato: nei primi cinque mesi del 2006 le morti bianche in Italia sono state 469. Voglio però arrivare ai secondi sei mesi, o meglio, arrivare ai nostri giorni. Quando abbiamo presentato l'interpellanza, in quegli stessi giorni, leggevamo una denuncia su L'Osservatore romano, che in proposito citava: «Dal primo novembre 2006 si sono già verificate 33 morti bianche». Peccato che il dato fosse incompleto: a novembre 2006, dati INAIL, in Italia ci sono stati 100 morti, cifra tonda. Di essi, 4 in agricoltura, e 96 nell'industria.
A dicembre, le vittime sono state 71, di cui 9 in agricoltura, e 62 dell'industria. A gennaio, si sono avute 65 vittime, di cui 7 nei campi e 58 nelle manifatture. Al 14 febbraio, ovvero ieri, contiamo 22 cadaveri!
La drammatica e triste statistica che ho appena riportato, rappresenta l'ennesima ulteriore tragica conferma che il tema della sicurezza sul posto di lavoro, del diritto dei lavoratori a non dover mettere Pag. 76a rischio la propria vita per portare a casa un salario, troppo spesso misero, sia una grande priorità nazionale.
I dati che ho ricordato, che sono da considerare tra l'altro «grezzi», perché verranno ufficializzati soltanto dopo 180 giorni e quindi, purtroppo, saranno in aumento, perché vi andranno considerati i feriti che decederanno (che appunto nei prossimi mesi dovremo registrare), rappresentano una carneficina quotidiana, inaccettabile per un paese civile.
Il fenomeno dei morti sul posto di lavoro, dove le norme di sicurezza non vengono rispettate, spesso è connesso con quello del lavoro nero e interessa sia lavoratori italiani che extracomunitari, i quali ultimi sono esposti in maniera particolare ai rischi del lavoro senza garanzie e senza tutele, soprattutto se clandestini. Ecco i motivi della soddisfazione, da un lato, e della insoddisfazione, dall'altro.

(Condizioni di lavoro presso l'azienda sanitaria locale Taranto 1 - n. 2-00361)

PRESIDENTE. Il deputato Patarino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00361 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

CARMINE SANTO PATARINO. La ringrazio, Presidente. Nella seduta del 21 dicembre dello scorso anno presentai come primo firmatario, indirizzandola al ministro della salute e a quello degli affari regionali, una interrogazione a risposta scritta per sottoporre alla loro attenzione una delicatissima questione riguardante lo stato di profondo malessere in cui versava, e tuttora versa, la sanità ionica a causa delle gravi insufficienze nella gestione della ASL Taranto 1.
Elencavo in quella mia interrogazione - in maniera dettagliata, anche se sintetica - tutta una serie di preoccupanti denunce che occupano da mesi, a scadenza quasi quotidiana, le prime pagine dei giornali e delle televisioni locali.
Si tratta di denunce della più diversa provenienza, avanzate cioè da rappresentanti istituzionali e politici di tutte le appartenenze, da operatori di ogni responsabilità e livello, da esponenti sindacali di tutte le sigle, da militari del NAS, da componenti della società civile e da singoli cittadini.
Con quella mia interrogazione chiedevo ai signori ministri che fosse svolta un'approfondita verifica sul contenuto di quelle denunce e, in caso di accertata attendibilità, che fossero assunti i provvedimenti più adeguati, al solo fine di ricondurre l'azione sanitaria di Taranto sulla strada della severità, della normalità, dell'efficienza.
Avvertivo ed avverto, come deputato e come cittadino, il dovere di tener conto e farmi carico delle doglianze e delle sacrosante proteste della gente della mia terra che, così come accade nel resto d'Italia dal sud al centro, al nord, non accampa diritti speciali o trattamenti di favore, non pretende attenzioni particolari, chiede soltanto il rispetto delle regole non soltanto con il riconoscimento dei diritti di ogni singolo, ma anche con l'osservanza dei doveri da parte di tutti.
In un clima di incertezze, di confusione, di crisi - in una fase come l'attuale, in cui la pressione fiscale ha superato ogni limite e i costi, anche e soprattutto quelli della sanità, gravano come mai era accaduto in passato, senza alcuna pietà sulle spalle dei cittadini, anche e specialmente dei più deboli - le istituzioni sanitarie, in tutte le loro espressioni, hanno l'obbligo morale di garantire a quei cittadini tartassati una sanità all'altezza dei tempi per qualità e congruità dei servizi e delle prestazioni, per affidabilità degli strumenti e delle attrezzature a disposizione del personale sanitario, per tempestività degli approvvigionamenti dei materiali, fondamentali per le cure e l'assistenza, e dei farmaci, la cui disponibilità e la cui utilizzazione debbono essere regolate dalle esigenze e decise secondo le valutazioni dei medici, non limitate da un capriccioso calcolo ragionieristico per far quadrare i conti ad ogni costo e per poter dichiarare enfaticamente alla stampa di aver ridotto la spesa sanitaria.Pag. 77
A Taranto, a Cagliari, a Firenze, a Bolzano e in qualsiasi altra parte d'Italia si desidera la stessa cosa: si vuole cioè che tutto quello che riguarda la sanità - medico di base, ospedale, centro diagnostico, ambulatorio, ufficio amministrativo - funzioni bene, in un clima di serenità, di armonia, di leale collaborazione e di grande rispetto nei rapporti tra dirigenti, personale sanitario, ausiliario e amministrativo e utenti.
In poche parole, quando qualsiasi cittadino è costretto a sottoporsi ad una visita specialistica o a ricoverarsi in ospedale per fare degli accertamenti o per subire un'operazione chirurgica, vuole essere sicuro di trovare l'assistenza adeguata. Se può farlo in un presidio ospedaliero della sua zona è tanto meglio, non prova gusto ad andar fuori, non si diverte di certo, se vi è costretto per curarsi, ad intraprendere lunghi viaggi verso altre regioni o nazioni straniere. Si sente più tranquillo, psicologicamente più a suo agio, quando può farlo vicino a casa sua, confortato oltreché dall'affetto dei propri cari e degli amici e dalle attenzioni e dalle premure dei medici e degli infermieri che conosce, soprattutto quando ha la consapevolezza che oltre a quelli che lo curano, anche i rappresentanti e i dirigenti delle istituzioni sanitarie con cui ha a che fare hanno al centro delle loro attenzione la sua salute.
Però quella mia interrogazione, così come mi è stato comunicato con una nota del consigliere capo del servizio Assemblea, risulta sospesa, né ad oggi mi è dato sapere a distanza di circa due mesi se e quando il Presidente della Camera prenderà decisioni in merito.
Intanto, le condizioni della sanità a Taranto e provincia sono sempre più insostenibili. Il disagio e le doglianze degli operatori e degli utenti, giorno dopo giorno, sono più preoccupanti, al punto che, se quello che è stato riportato ufficialmente dal documento redatto a seguito dell'ultimo incontro dei rappresentanti sindacali di tutte le sigle dovesse risultare vero anche solo al trenta per cento, ogni ritardo nei provvedimenti da adottare, senza escludere il commissariamento della stessa dirigenza, sarebbe inspiegabile, addirittura colposo.
Tutto il personale medico, paramedico ed ausiliario dell'intera ASL Taranto/1 è riuscito sinora, grazie alla costante dedizione, all'alto senso del dovere e a costo di pesantissimi sacrifici, a governare con coraggio le emergenze, a garantire interventi, prestazioni, cure e servizi ai pazienti e ad agire con grande intelligenza, per evitare che le carenze dovute alla cattiva gestione della dirigenza ricadessero sui cittadini.
Non vogliamo che vengano vanificati quell'impegno, quel coraggio, quelle risorse quegli sforzi. Non vogliamo che vengano mortificate professionalità di così alto livello.
Per queste ragioni, e ringrazio il presidente La Russa per avermi approvato ed autorizzato, ho presentato l'interpellanza urgente ai ministri del lavoro e degli affari regionali, nella speranza che quanto sarà riferito ora dal signor sottosegretario serva a rassicurare utenti, personale sanitario, operatori e rappresentanti sindacali di terra ionica circa la volontà dei signori ministri di intervenire concretamente e tempestivamente, per fare in modo che nella provincia di Taranto i dirigenti delle istituzioni sanitarie si guadagnino meritatamente la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, spero di poter pervenire, con la risposta all'interpellanza presentata dall'onorevole Patarino, ai risultati che egli si era prefisso.
Dagli elementi forniti dalla prefettura di Taranto e dalla regione Puglia, è emersa la seguente situazione. A seguito della deliberazione n. 2834 del 29 dicembre 2006 del direttore generale della ASL Taranto/1, relativa all'indizione di un bando di gara per il settore pulizie, le Pag. 78varie organizzazioni sindacali separatamente hanno richiesto durante il mese di gennaio 2007, l'urgente convocazione di un tavolo di confronto presso la prefettura di Taranto con la presenza della dirigenza della ASL, al fine di chiarire ogni aspetto relativo alla garanzia occupazionale dei lavoratori.
Il signor prefetto di Taranto ha, pertanto, disposto quattro riunioni distinte secondo la consuetudine derivante da espressa richiesta dei locali sindacati dei lavoratori, ciascuna con la singola organizzazione sindacale istante e tutte con la presenza del direttore generale della ASL Taranto/1.
A conclusione degli incontri tenutisi il 31 gennaio e il 1o febbraio, il direttore generale, al fine di evitare ulteriori divaricazioni e tensioni all'interno dell'ente sanitario, nonché a scongiurare gravissime perdite di posti di lavoro, ha affermato che avrebbe immediatamente provveduto a sospendere il bando di gara per i servizi di pulizia e a concertare con i sindacati, in tempi brevi, l'indizione di un nuovo bando, definendo nel contempo la problematica delle figure professionali degli ausiliari entro il mese di settembre 2007. Tale questione è stata in tal modo avviata a proficua soluzione.
Per quanto attiene, poi, le ulteriori vicende menzionate nell'interpellanza urgente in esame, la prefettura ha comunicato di aver ricevuto dalle organizzazioni sindacali, il 29 gennaio ultimo scorso, un documento conclusivo dei lavori assembleari dei lavoratori dipendenti della ASL in parola, successivo alle adunanze effettuate precedentemente in tutti i posti di lavoro dell'ente.
Nel documento erano puntualmente e dettagliatamente indicate le forti valutazioni censorie dei sindacati nei confronti dell'attività istituzionale del direttore generale della ASL Taranto/1.
La riunione indetta dal signor prefetto ai primi di febbraio ha permesso di avviare a proficua soluzione anche in questo caso la vertenza insorta, fissando la ripresa immediata delle relazioni sindacali mediante incontri, da tenersi presso il palazzo del Governo quale sede di confronto, così da consentire l'esame congiunto di specifici punti entro il periodo massimo di due mesi.
Nell'occasione è stato affermato che garanti di tale percorso sarebbero stati il prefetto e l'assessore regionale.
Faccio presente poi che l'assessore alle politiche della salute della regione Puglia, in data 7 febbraio scorso, a margine della riunione indetta con i direttori generali delle aziende sanitarie e degli istituti di ricerca a carattere scientifico pubblici e con i rappresentanti delle organizzazioni regionali e di quelle sindacali del comparto sanità, ha concordato con le predette organizzazioni sindacali e con il direttore della ASL di Taranto, dottor Marco Urago, di affrontare le problematiche evidenziate nel documento sindacale in una riunione indetta per oggi alle ore 9.
È stato precisato, altresì, che sono stati richiesti gli atti relativi ai fatti denunciati e che sarà cura dell'assessorato alle politiche della salute attivare un apposito accertamento in loco, mediante il nucleo ispettivo regionale.
Voglio precisare, infine, che la direzione provinciale del lavoro di Taranto, per quanto di sua competenza, ha comunicato che non risultano pervenuti, né da parte di singoli lavoratori, né da parte di organizzazioni sindacali, eventuali esposti o denunce al fine di attivare specifici accertamenti.

PRESIDENTE. Il deputato Patarino ha facoltà di replicare.

CARMINE SANTO PATARINO. Presidente, mi rendo conto delle difficoltà nelle quali viene a trovarsi il sottosegretario e apprezzo anche l'abilità con la quale si cerca di dissimulare una sorta di disagio che, in effetti, c'è per una relazione che è stata presentata dagli uffici e che corrisponde esattamente alla realtà.
Il sottosegretario fa riferimento soltanto a pochissimi episodi, che sono riportati invece nell'interpellanza e che ne richiamano altri, ai quali non si fa assolutamente riferimento.Pag. 79
La situazione della sanità a Taranto è pesantissima: è vero che vi è stato un incontro, come diceva il signor sottosegretario, in prefettura e poi un altro ancora da parte delle organizzazioni sindacali con l'assessore regionale, ma è altrettanto vero che da quegli incontri non è venuto alcun risultato positivo.
Da parte dei sindacati è stata resa una dichiarazione all'indomani dell'incontro, nella quale essi affermano chiaramente che non avrebbero promosso alcuna azione di protesta soltanto perché il signor prefetto aveva chiesto loro di non farne; ma la situazione continua ad essere pesante e insostenibile, anche perché, come già osservavo, non è possibile prendere in considerazione soltanto quei pochi episodi ai quali fanno riferimento gli uffici del Ministero del lavoro. Sarebbe stato, infatti, sufficiente da parte anche del ministero esaminare anche solo di sfuggita la rassegna stampa sull'argomento, che aumenta ogni giorno di volume, per capire la portata e la pericolosità del fenomeno, di cui ho ampiamente trattato nella già richiamata interrogazione a risposta scritta del 21 dicembre dello scorso anno.
È opportuno che la nostra attenzione si soffermi, ad esempio, sull'assurda decisione assunta dal direttore generale di sopprimere o di limitare il servizio dell'automedica 118 nella fascia ionica, Castellaneta Marina e Marina di Ginosa, un'area che è attraversata da un'arteria trafficatissima e ad alto rischio come la strada statale 106 e i cui abitanti distano fino a 40 chilometri dal più vicino centro abitato.
Né sono da sottovalutare le denunce effettuate: non si tratta di semplici lamentele manifestate nel chiuso di un reparto oppure in confidenza da alcuni sanitari ovvero di uno sfogo qualsiasi; si tratta, piuttosto, di notizie ufficiali, riportate da tutti i giornali locali, date dai primari dei reparti di radiologia e di neuroradiologia dell'ospedale Santissima Annunziata del capoluogo ionico, i quali così si sono pronunciati: « Rompiamo il silenzio solo per disperazione (...) perché le condizioni della radiologia e della neuroradiologia (...) sono gravissime. Tutte le apparecchiature sono vetuste ed obsolete. La risonanza magnetica è del 1993 e la TAC del 1998. L'unico angiografo che permette un'attività interventistica di eccellenza riconosciuta in Italia e all'estero» - con circa 600 interventi endovascolari l'anno - «serve anche alla cardiologia».
Tanto meno si possono trascurare altre notizie riportate dalla stampa, quale quella del 15 dicembre 2006, secondo cui presso l'ospedale civile di Castellaneta (il più importante presidio ospedaliero della zona occidentale della provincia di Taranto) sono state chiuse le sale operatorie per mancanza di anestetici per gli interventi.
Peggio ancora, è inoltre accaduto che una signora di Taranto, presentandosi in quell'ospedale per essere sottoposta a cure chemioterapiche, si sia sentita dire che non era possibile somministrarle la cura perché mancavano i farmaci. Peraltro, in queste ultime giornate è accaduto un ulteriore fatto gravissimo: sono state chiuse la TAC e la risonanza magnetica dello stesso ospedale perché non rispondono alle caratteristiche richieste sicché oggi circa 250 mila abitanti non possono in alcun modo sottoporsi ad una TAC: infatti, a Castellaneta le apparecchiature non funzionano mentre anche a Massafra, nel comune vicino, la TAC non funziona perché si è rotta. Non sappiamo per quanto tempo ancora andrà avanti tale situazione: vi sono decine e decine di pazienti in attesa, gli ospedali sono pieni e non si sa come poter fare fronte a queste emergenze.
Potrei continuare ancora molto a lungo, ma preferisco fermarmi a questo punto della mia esposizione ritenendo di avere offerto anche in sede di replica, oltre che con l'illustrazione dell'interpellanza, elementi più che sufficienti per motivare la mia totale insoddisfazione sul contenuto della risposta letta dal signor sottosegretario e per denunciare l'assurdo disinteresse mostrato dai ministri per la decisione e l'indicazione di iniziative da assumere al fine di ripristinare, come da noi Pag. 80richiesto con l'interpellanza, le condizioni di trasparenza e di buon governo nella gestione della ASL Taranto 1.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Patarino.
La Presidenza le deve una risposta sulla questione da lei posta all'inizio dell'illustrazione dell'interpellanza.
È prassi costante che la Presidenza sospenda, informandone per lettera l'interessato, gli atti di sindacato ispettivo che presentino profili di inammissibilità; ma proprio l'interpellanza che abbiamo discusso or ora riproduce, con alcune riformulazioni, il contenuto dell'atto che era stato sospeso. Pertanto, la Presidenza ritiene non vi sia motivo di dolersi per quanto accaduto.

(Presunte attività di dossieraggio compiute nei confronti di uomini politici italiani - n. 2-00266)

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di illustrare l'interpellanza Diliberto n. 2-00266 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmatario.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, la illustrerò concisamente, anche perché, com'è a tutti evidente, l'interpellanza urgente datata 6 dicembre faceva riferimento a fatti assurti agli onori della cronaca in quei giorni e che erano allora particolarmente allarmanti. Non che adesso non lo siano, ma il carattere di urgenza è in qualche modo venuto meno, anche perché nei giorni successivi alla presentazione dell'atto di sindacato ispettivo i quotidiani nazionali si sono «riempiti» di verbali di intercettazioni e di notizie che in qualche maniera chiarivano o, per altri versi, complicavano la vicenda. Inoltre, uno dei protagonisti dei fatti, dopo essere passato attraverso una corsia di ospedale, è stato infine arrestato.
Però, ritengo di dover pur spendere qualche parola sull'argomento perché evidentemente vi è un disegno provvidenziale in tutto ciò.
Questa interpellanza arriva alla nostra attenzione proprio quando la Camera dei deputati conclude l'esame del disegno di legge sui servizi segreti e nel momento in cui il gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani, nell'ambito del lavoro svolto sia in Commissione sia in Assemblea su quel provvedimento, si è distinto - credo di poterlo dire - per aver evidenziato alcune preoccupazioni, che non ci hanno impedito però di arrivare all'approvazione di quel provvedimento, così come non ci hanno impedito di migliorarlo sotto il profilo delle garanzie.
Alla fine dello scorso anno abbiamo appreso che il segretario nazionale del nostro partito, il compagno Diliberto, e il capogruppo Pino Sgobio erano stati fatti oggetto di una attività di dossieraggio, che non mirava tanto ad acclarare se i due deputati avessero rapporti con la intelligence di qualche altro paese, dell'ex Unione Sovietica in particolare, ma, per quel che si è potuto apprendere, mirava piuttosto ad avallare, da parte di questo signor Scaramella, attraverso i suoi contatti con sedicenti o effettivi agenti del KGB, quelli che parevano essere gli intendimenti di alcuni personaggi politici.
Del resto, credo che il sottoscritto non sia probabilmente la persona più adatta a rievocare le considerazioni che si possono fare sull'utilità della Commissione Mitrokhin. Ritengo che all'opinione pubblica - prima ancora che a noi deputati o rappresentanti del Governo - sia chiaro a cosa realmente doveva servire la Commissione Mitrokhin. Così come appare del tutto chiaro quale valore si può dare ad affermazioni del tipo di quelle pronunciate dall'ex agente del KGB, Limarev, il quale sostiene di aver svolto una consulenza segreta e confidenziale - almeno così è riportato sui quotidiani - in favore del già presidente della Commissione, attuale senatore Guzzanti, è pure evidente come il predetto Scaramella si presentasse a questi ex agenti del KGB per essere, si badi, non tanto e non solo un consulente della Commissione Mitrokhin, quanto il braccio destro del presidente della Commissione. Debbo dire francamente che, qualsiasi Pag. 81Commissione avessi mai a presiedere, qualora una persona che affermasse di essere il mio braccio destro finisse nelle patrie galere, sarei molto preoccupato della qualificazione del lavoro svolto dall'organismo eventualmente presieduto!
Vorrei ulteriormente aggiungere, ad illustrazione della interpellanza, che tutta questa vicenda richiama un po' quello slogan che dice «calunniate, calunniate, qualcosa resterà!». In un periodo in cui nel nostro paese si praticava disinvoltamente la finanza creativa, abbiamo appreso che si poteva anche applicare il controspionaggio creativo! Evidentemente, era una moda del momento quella di colmare la vita del paese di elementi in qualche maniera politicamente artistici!
Si trattava appunto di un'operazione mediatica di fabbricazione di una realtà, che poi alla fine è stata in qualche modo smascherata. Quello che però veramente ci interessa sapere - giacché quale fosse il peso della vicenda tutti lo abbiamo potuto apprezzare - è se si sia in qualche modo accertato quale fosse la consistenza, quale la provenienza e chi altri abbia eventualmente collaborato con questo signor Scaramella a manifestare, sia l'onorevole Diliberto, sia l'onorevole Sgobio e perfino l'attuale Presidente del Consiglio, come uomini in mano al KGB.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Nella seduta del 24 gennaio ultimo scorso, davanti al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e di sicurezza e per il segreto di Stato, il ministro dell'interno ha reso dichiarazioni sulle questioni oggetto dell'odierna interpellanza, alle quali naturalmente io farò ampio riferimento in seguito.
I rapporti trasmessi dal capo della Polizia, dal direttore del Sisde e dai Comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza riferiscono tutti su due aspetti: l'eventuale attività svolta da personale dipendente per la Commissione Mitrokhin e la documentazione fornita a seguito delle formali richieste presentate dai consulenti ufficialmente accreditati dalla Commissione stessa.
Per quanto concerne il primo aspetto, nei predetti rapporti il capo della Polizia ha comunicato che nessun dipendente della Polizia di Stato ha mai lavorato alle dipendenze della Commissione parlamentare di inchiesta concernente il dossier Mitrokhin.
L'allora direttore del SISDE ha riferito che non vi era stato alcun rapporto tra il personale del servizio e la Commissione, oltre a quelli intrattenuti dal direttore dell'ufficio affari legali e parlamentari e dai suoi funzionari in occasione degli incontri con i consulenti della Commissione per l'esibizione dei documenti da questi richiesti.
Nella relazione è precisato, inoltre, che il SISDE non ha mai avuto rapporti con Mario Scaramella e che una comunicazione in tal senso è stata resa in risposta ad una richiesta della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli.
Il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ha fornito i nominativi di un ufficiale e di due sottufficiali dell'arma, che hanno collaborato con la Commissione, rispettivamente, come collaboratore a tempo parziale e quali addetti all'archivio.
Il Comandante generale della Guardia di finanza ha fatto presente che nel settembre 2002, su espressa richiesta del senatore Guzzanti, fu segnalata una terna di ufficiali tra i quali individuare un collaboratore a tempo parziale non retribuito. L'ufficiale prescelto, dopo l'incontro formale di presentazione col presidente Guzzanti, non è mai stato chiamato a svolgere alcuna attività.
Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, vale a dire i rapporti documentali forniti alla Commissione, il capo della Polizia ha informato che la direzione centrale della Polizia di prevenzione, appositamente interpellata dal gabinetto del ministro dell'interno, ha autorizzato alla visione e al Pag. 82prelievo di copie di atti d'archivio nove consulenti formalmente accreditati dalla Commissione.
Esiste, agli atti del dipartimento della pubblica sicurezza, una minuziosa verbalizzazione che dà conto dei numerosissimi documenti fotocopiati o esibiti, così come dell'identità degli operatori di polizia che hanno tenuto i rapporti con i singoli consulenti.
Il 5 maggio 2006 il dipartimento della pubblica sicurezza ha espresso il parere che tutta la documentazione visionata o acquisita dai consulenti debba rimanere soggetta al vincolo della vietata divulgazione.
L'allora direttore del SISDE ha fatto presente che solo i quattro consulenti formalmente accreditati dal presidente Guzzanti hanno avuto accesso alla sede del Servizio per la visione della documentazione.
Il Sisde ha evaso tutte le richieste formulate, inviando le note di trasmissione del carteggio richiesto al gabinetto del ministro dell'interno-segreteria speciale e alle segreteria generale del CESIS. Il 16 maggio 2006 il servizio ha dato conferma all'ufficio stralcio della Commissione della permanenza delle esigenze di riservatezza degli atti classificati.
Il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ha informato che, avendo il presidente Guzzanti indicato il nome di un consulente della Commissione per l'accesso alla documentazione di interesse custodita negli archivi del Comando generale e del ROS, furono individuati due ufficiali referenti (il capo ufficio criminalità organizzata del Comando generale e il comandante del reparto antieversione ROS).
Nel complesso sono stati forniti 1.457 atti, di cui 14 classificati.
Un ufficiale del Comando generale ha poi rappresentato l'Arma in seno alla commissione interforze costituita presso il Ministero della difesa, per corrispondere alle richieste di documentazione avanzata dal consulente indicato dalla Commissione. Come la Polizia di Stato e il SISDE, anche l'Arma dei carabinieri ha confermato alla Commissione il livello di tutela della documentazione classificata, segnalando, nel contempo, l'inopportunità di rendere pubblico il carteggio ordinario, in considerazione dei dati sensibili in esso contenuti.
Il Comandante generale della Guardia di finanza ha comunicato che il consulente designato dalla Commissione ha avuto modo di consultare circa 1.500 documenti, acquisendo copia di 250 di essi.
In conclusione, dalle relazioni trasmesse dai vertici del sistema di sicurezza, si evince che l'apporto fornito alla Commissione Mitrokhin dalle tre maggiori Forze di polizia, in termini di personale, è stato ridottissimo e, comunque, subordinato all'espressa autorizzazione.
È stata viceversa massima la disponibilità a collaborare con i consulenti della Commissione, ciò che del resto era doveroso in relazione ai poteri costituzionalmente spettanti ad una Commissione parlamentare d'inchiesta.
Non risultano, infine, comportamenti di operatori delle forze dell'ordine tendenti a fuorviare o condizionare l'operato della Commissione stessa né, d'altra parte, vi è evidenza di attività illegali di spionaggio o documentazione a danno di cittadini compiute da appartenenti alle forze dell'ordine in un modo o nell'altro ricollegabili alla Commissione.
Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria legata al dottor Scaramella, la procura della Repubblica di Napoli ha riferito che, in data 2 marzo 2006, gli atti relativi alla posizione dello Scaramella (parte offesa di un progetto di attentato, da lui stesso denunziato, e indagato per il reato di traffico di armi) furono trasmessi al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, non appena il predetto risultò, dalle intercettazioni telefoniche disposte sulla sua utenza cellulare, essere giudice onorario presso il tribunale di Napoli.
La procura di Napoli ha comunicato di avere trasmesso alla procura di Roma, per competenza ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, anche gli atti relativi ad un altro procedimento a carico Pag. 83dello Scaramella, per fatti relativi allo smaltimento di rifiuti conseguenti ad asseriti abbattimenti di costruzioni abusive.
La procura della Repubblica di Roma ha, a sua volta, riferito che sono in corso accertamenti e si vanno sviluppando specifiche indagini su tutti gli argomenti oggetto della sua interpellanza. In particolare, per quanto riguarda il terzo quesito da lei posto, la predetta procura informa che sono state individuate conversazioni telefoniche rilevanti ai fini probatori, per la cui utilizzabilità si è intrapresa la procedura di cui all'articolo 6 della legge n. 140 del 2003.
Il Governo, posso assicurare, segue doverosamente, nel rispetto dell'autonomia ed indipendenza dell'autorità giudiziaria, l'evoluzione della particolare e delicata vicenda.

PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di replicare.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, sono molto soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario Naccarato e ancor più sono soddisfatto perché tale risposta conferma - e come Comunisti Italiani non l'abbiamo mai messo e non lo intendiamo mai mettere in dubbio, ad onta del fatto che qualcuno ce ne voglia qualche volta far debito - che in questo paese le forze dell'ordine e la magistratura fortunatamente funzionano e che quando si devono svolgere attività investigative o quando si devono domandare consulenze su attività investigative, quando ci si avvale delle forze dell'ordine e dell'opera della magistratura si raggiungono risultati verosimilmente più attendibili attraverso procedimenti più confortanti.
Visto il contenuto della risposta del sottosegretario per quanto attiene alle altre indagini aperte a carico del dottor Scaramella, ribadisco il concetto per cui se avessi un braccio destro di questo tipo mi taglierei la mano. Credo di poter dire anche, ad ulteriore riprova del fatto che si è teso attraverso una certa attività non tanto ad acclarare la verità, quanto a produrla, che mi pare di aver colto nella risposta del sottosegretario che rispetto alla richiesta di consulenza di un ufficiale dei carabinieri - persona fino a prova del contrario professionalmente capace e certamente attendibile e disinteressata - non ci si è avvalsi di essa, perché evidentemente per i fini a cui era preordinata quell'attività un ufficiale dei carabinieri, persona seria, sarebbe stato tutt'altro che utile.
Ciò che chiaramente emerge da questa vicenda è che, alla fine, molto probabilmente, una volta tanto, la verità potrà venire a galla. Chi le parla, onorevole sottosegretario, è anche membro della Giunta per le autorizzazioni di questa Camera e conosce bene il contenuto dell'articolo 6 della legge n.140 del 2003 da lei richiamato con riferimento alle intercettazioni indirette. Vedremo, prima o poi, in quale modo esse saranno anche utilizzabili.
Credo di poter dire che, a conclusione di questa vicenda, si è fortunatamente smascherata un'operazione che aveva certamente carattere eversivo, in quanto ha sempre carattere eversivo il tentativo di falsificare la realtà.
In questo momento, nel paese è vivo un importante dibattito sulla condivisione della memoria. È evidente che, a distanza di tempo, possiamo analizzare i fatti della storia e, rispetto ad essi, prospettare una visione più o meno condivisa, nonché misurarci nella differenza delle opinioni politiche. Ma certo, non potevamo consentire che - dopo che si è tentato, con operazioni, apparse chiare a tutti, di mistificare la storia di questo paese, quella precedente e quella più risalente - si proseguisse in questa opera, tentando di mistificare anche la realtà corrente.
Naturalmente, continueremo a vigilare, affinché operazioni di questo tipo siano prontamente smascherate con l'ausilio delle forze dell'ordine e della magistratura.

(Misure a favore dei lavoratori dipendenti della Serco Spa impiegati all'Esrin di Frascati - n. 2-00362)

PRESIDENTE. Il deputato Rugghia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 84n. 2-00362 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, con questa interpellanza intendiamo sottoporre all'attenzione del Governo il grave problema occupazionale che potrebbe determinarsi a carico dei lavoratori della Serco Spa, una società multinazionale che opera nella gestione e nella fornitura dei servizi informatici. Questi lavoratori sono attualmente occupati presso l'Esrin, il laboratorio dell'Agenzia spaziale europea, situato nel comune di Frascati, vicino Roma.
Il prossimo 30 gennaio 2007 scadrà il rapporto fra l'ente spaziale europeo e la società Serco, che impiega, nella gestione di un contratto di facility management e servizi informatici presso l'Esrin, 80 dipendenti. Questo contratto è detenuto da Serco ormai da oltre 20 anni e sono molti i lavoratori che, dall'inizio della gestione di questo servizio, stanno svolgendo nel laboratorio dell'Esrin la loro attività professionale. Sono, quindi, tanti i lavoratori impiegati da molti anni all'Esrin di Frascati, essendo dipendenti Serco. Tanto più, si tratta di personale altamente specializzato: ingegneri o tecnici informatici dotati di grande professionalità, che hanno garantito nel corso degli anni, nella gestione della commessa, un alto standard di qualità nella gestione del servizio commissionato dall'ESA.
A seguito di una gara indetta nel 2006, tale servizio è stato affidato a un altro consorzio guidato dalla Eds Spa, un'altra società multinazionale alla quale partecipano anche numerose società italiane del gruppo Finmeccanica.
Purtroppo, nel bando di gara, l'Agenzia spaziale europea non ha previsto alcuna clausola a tutela dei lavoratori che da molti anni stanno svolgendo questo servizio. E ciò è ancora più grave, se consideriamo che il bando europeo riguarda, per l'80 per cento del valore, anche in termini occupazionali, soprattutto i lavoratori e la commessa di Frascati.
Quindi, a maggior ragione, a nostro avviso, dovevano essere poste condizioni a tutela del personale attualmente impiegato, e da molti anni, nella gestione di questa commessa. Tra l'altro, c'è da dire che Serco Spa non è sembrata particolarmente impegnata a mantenere questo servizio. Serco Spa, nel corso di questi anni ha, tra l'altro, avviato procedure di mobilità - contrastate, anche con una certa efficacia, dal sindacato - che hanno molto preoccupato i 280 dipendenti che in tutta Italia lavorano presso questa azienda. Tali procedure di mobilità hanno determinato sia perdite occupazionali sia la perdita di opportunità di sviluppo dell'azienda e dell'ampliamento dei servizi dell'azienda stessa nel nostro paese.
Pertanto, non si intravedrebbero le opportunità di reimpiego di tale personale, che rischia di perdere il posto di lavoro all'Esrin, in altre attività gestite dalla Serco nel resto del territorio nazionale. Tale opportunità, anche alla luce del piano industriale presentato ai sindacati dalla società il 3 gennaio 2007 è, purtroppo, praticamente inesistente.
Occorre, tra l'altro, considerare che i menzionati lavoratori sono soggetti al contratto collettivo nazionale del commercio - questo è il contratto che Serco applica ai suoi dipendenti - per la categoria servizi. Inoltre, questi lavoratori, proprio per effetto di detto contratto, non hanno la possibilità di percepire, neppure in una condizione di crisi aziendale, l'indennità di mobilità. Insomma, la loro situazione è particolarmente grave. Non hanno la possibilità di essere reimpiegati in altre attività della Serco, perché tali attività sono, nel corso del tempo, diminuite nel territorio nazionale. Detti lavoratori non hanno la possibilità di usufruire degli ammortizzatori sociali, in virtù del contratto di lavoro a loro applicato e pertanto sono molto allarmati, sono preoccupati per il loro futuro.
Si tratta di ottanta famiglie, ottanta lavoratori dotati di alta professionalità, che hanno garantito un servizio di elevata professionalità nella gestione per venti anni della commessa menzionata, e che non hanno possibilità di reimpiego se Pag. 85perdono quest'opportunità, ossia il lavoro presso il laboratorio dell'Esrin di Frascati.
Questa situazione, questa incertezza per il futuro - si ricordi che il contratto scade il 30 giugno 2007 - determina, naturalmente, molte preoccupazioni, ma vi sono anche i tempi ed i modi - credo - per cercare di impedire queste gravi conseguenze a danno dei lavoratori e delle loro famiglie.
Quindi, noi chiediamo al Governo, con questa interpellanza, di poter esercitare le iniziative necessarie ed un'attività di mediazione utile e opportuna tra le parti per garantire il mantenimento del posto di lavoro ai dipendenti Serco Spa presso il laboratorio di Frascati, anche perché ciò garantirebbe la possibilità per il consorzio che si è aggiudicato la commessa di disporre di personale qualificato nella gestione di un servizio molto delicato, che è stato svolto bene per venti anni dai richiamati lavoratori, ed offrirebbe anche le giuste garanzie all'ente committente, all'Agenzia spaziale europea. Questa è la richiesta che formuliamo al Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in discussione, dagli accertamenti effettuati nei confronti della società per azioni Serco, è emerso quanto segue. La Serco, che nel 1998 ha incorporato la Tecnodata Italia Spa, in Italia svolge servizi consistenti nell'attività di supporto informatico alle aziende con proprio personale dipendente, attualmente pari a 271 lavoratori, dislocati - escludendo il personale amministrativo dell'ufficio di Frascati, pari a 18 unità - direttamente presso le medesime aziende. La fornitura di supporto informatico risulta espletata dalla società in favore dell'ESA-Esrin, Agenzia spaziale europea, in ossequio a tre distinti contratti, Il primo è denominato ID (servizi per operazioni e gestione infrastruttura informatica), avente termine il 30 giugno 2007, eseguito da 82 lavoratori, di cui 75 con contratto a tempo indeterminato.
Il secondo è l'«EOP-G» (servizi di operazione della multimission central facility), con scadenza 1o agosto 2008, eseguito da 86 unità lavorative; l'«EOP-SE» (servizi di supporto allo sviluppo scientifico e commerciale delle attività di osservazione della terra e a quelle correlate con i relativi progetti applicativi), avente termine il 31 dicembre 2007, eseguito da 20 tecnici.
Secondo quanto riferito dalla società in questione, il contratto denominato «ID» in questione, avente termine il 30 giugno 2007, sarà affidato dalla Esa Esrin alla Eds Spa. Quest'ultima è la società aggiudicatrice di un nuovo appalto.
È stato riferito altresì che, nei confronti del personale occupato nell'esecuzione del predetto contratto, sarà avviata alla fine del mese di febbraio la procedura per la messa in mobilità, tenuto conto, peraltro, che dall'esame delle tendenze registrate sul fatturato e utili e sulla base dei risultati previsti per il triennio 2007-2010, la società Serco Spa ipotizza segnali di ripresa solo dall'anno 2008.
Faccio presente inoltre che, a seguito della perdita di commesse, la forza lavoro della società Serco Spa, che applica il contratto del commercio, come è stato sottolineato, aveva già subito nel biennio passato la diminuzione di 103 unità lavorative, determinata dalla cessazione di 43 rapporti di lavoro per dimissioni volontarie, di 8 per risoluzione consensuali, di 31 per contratti a termine non rinnovati e 21 per licenziamento a seguito di mobilità.
La Serco svolge attività di supporto informatico anche in favore della Ericsson Lab Italy Spa con 11 lavoratori, con scadenza il 20 aprile 2007, in favore della regione Lombardia con l'utilizzo di 33 lavoratori, con scadenza il 19 dicembre 2007; ed in favore della JRC - Joint Research Centre presso Varese con 20 unità, che ha di recente rinnovato l'appalto fino al 30 aprile 2009.Pag. 86
Faccio presente, infine, che le problematiche di sostegno al reddito che coinvolgono i lavoratori del settore commercio, categoria servizi, nello specifico della società Serco Spa, possono trovare soluzione mediante l'applicazione delle disposizioni contenute all'articolo 1, comma 1190, della legge finanziaria 2007, che prevedono la possibilità di conseguire la concessione di idonee forme di ammortizzatori sociali (CIGS o indennità di mobilità), in deroga alle disposizioni ordinarie vigenti.
Il Ministero del lavoro può garantire gli interventi attraverso ammortizzatori sociali, ma non ha, allo stato, alcuna possibilità - purtroppo - di assicurare l'occupazione dei lavoratori della Serco Spa.

PRESIDENTE. Il deputato Rugghia ha facoltà di replicare.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, francamente mi duole non potermi dichiarare soddisfatto della risposta del sottosegretario. La situazione della Serco Spa - così come l'ho rappresentata brevemente nella mia illustrazione - è a conoscenza dei lavoratori: si tratta di una multinazionale che sta operando licenziamenti e sta rinunciando anche a servizi importanti che gestiva nel nostro paese.
Questo è stato rappresentato anche nel piano industriale presentato ai sindacati. Ciò che però si chiede al Governo, non è tanto di verificare la possibilità di garantire ammortizzatori sociali per questi lavoratori. Io mi auguro che ce ne siano, anche se purtroppo il contratto per il commercio non dà le stesse opportunità di altri contratti. Peraltro, la possibilità dell'indennità di mobilità, che è stata annunciata - come diceva il sottosegretario - anche dalla società Serco Spa, non potrà essere percepita da questi lavoratori.
Il problema tuttavia non è questo: noi abbiamo a che fare con personale altamente specializzato e che ha svolto con capacità, nel corso di questi anni, la gestione di una commessa molto impegnativa e delicata per l'Agenzia spaziale europea. Si tratta in molti casi anche di lavoratori giovani che sono per l'appunto ingegneri informatici e che debbono trovare spazio nella gestione di questo servizio.
Io non vorrei che si determinasse il paradosso che, in questa situazione, alla fine, a rimetterci saranno i lavoratori; soggetti che, per riconoscimento unanime, hanno ben operato nella gestione della commessa, garantendo, con la loro professionalità, le condizioni ottimali per la gestione del servizio che l'Esa e, quindi, l'Esrin hanno affidato a Eds.
La società Eds e l'ente committente hanno bisogno di personale qualificato che, in parte, può essere reperito tra i lavoratori della Serco.
In tale contesto, si è chiesto al Governo (e mi dichiaro insoddisfatto della risposta), anche attraverso gli strumenti che sono propri del Ministero del lavoro, in particolare, dell'Agenzia per il lavoro, istituita presso la Presidenza del Consiglio, di porre in essere un'attività di mediazione tra le parti, perché credo che vi sono le condizioni, in questo caso, per trovare una compensazione. Tale attività di mediazione potrebbe essere utile all'impresa che dovrà gestire questo servizio, senza disporre di personale in grado di farlo, con tutte le difficoltà di una fase di avvio. Tali condizioni dovrebbero essere tenute in considerazione anche dall'ente committente.
Ritengo, pertanto, si possa trovare una mediazione, ma, da parte del Governo, ci dovrebbe essere l'impegno a svolgere questo tipo di attività e di mediazione, senza le quali non si può garantire un futuro occupazionale a questi lavoratori.

(Rinvio interpellanza urgente Villetti n. 2-00369)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Villetti n. 2-00369 è rinviato ad altra seduta.

(Problemi occupazionali presso lo stabilimento Eaton di Massa - n. 2-00359)

PRESIDENTE. La deputata Cordoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 87n. 2-00359 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, non vorrei illustrare l'interpellanza, perché credo che il Governo, per rispondermi, l'abbia ben letta! Vorrei aggiungere solo alcuni elementi nuovi rispetto al giorno in cui questa interpellanza è stata presentata.
In questi giorni è stato convocato dal presidente della provincia un tavolo istituzionale, a cui hanno partecipato le organizzazioni sindacali, il management aziendale, insieme all'associazione degli industriali. In quel contesto, è stata sollevata una preoccupazione istituzionale nei confronti di uno stabilimento importante e significativo in un territorio, che ha già conosciuto nel passato profonde ristrutturazioni (mi riferisco a grandi stabilimenti nazionali, come la Dalmine e la Montedison).
Certo, non sarebbe facilmente tollerabile una nuova operazione di dismissioni!
Nel corso di quel confronto le istituzioni ed i sindacati hanno sostenuto che non era più possibile «sfogliare la margherita», perché quello stabilimento nel 2003 contava 570 dipendenti, oggi ne conta 370 e vi sono proposte di ulteriori messe in mobilità!
Il problema, pertanto, è quello di capire il disegno strategico di quest'azienda: si continua a ribadire che non vi è la scelta di abbandonare il nostro territorio e che quello stabilimento è un elemento importante ed essenziale per lo sviluppo di questa multinazionale, ma, anno dopo anno, si continua a «sfogliare la margherita».
Bisognerebbe capire - lo ritengo necessario - se a livello di Governo vi sia un piano, perché questa multinazionale nel nostro paese ha più di uno stabilimento. Inoltre, le sue capacità, i suoi poteri decisionali risiedono negli Stati Uniti d'America. Non sappiamo quale sia la missione di questo stabilimento, se riesca a realizzare quanto ad esso viene proposto dal management e dai veri proprietari.
Comunque in quell'incontro la pressione istituzionale e la minaccia di occupazione dello stabilimento, paventata dalle organizzazioni sindacali, hanno indotto il management locale a chiedere un mese di tempo, periodo entro il quale avrebbe effettuato ulteriori verifiche, assieme ai proprietari dello stabilimento ed a coloro che decidono, per valutare, per l'appunto, se sussistano le condizioni per tornare indietro rispetto all'ultima messa in mobilità che avevano proposto (si trattava di altri cinquanta lavoratori), nonché per ragionare intorno ad una ipotesi di piano industriale.
Tuttavia, non riteniamo, in un territorio come la provincia di Massa Carrara, di avere forza nei confronti di un'azienda multinazionale, che possiede numerosi stabilimenti in Italia. Già adesso non sappiamo quanto il nostro Governo potrà intervenire, proprio perché stiamo parlando di un'impresa di tali dimensioni, ma credo che l'ambito locale non sia sicuramente quello più idoneo per affrontare una discussione di questo tipo.
Ho voluto intervenire, quindi, non solo per aggiungere tali informazioni, ma per sottolineare nuovamente l'oggetto della mia interpellanza. Ribadisco, infatti, la richiesta al Governo di offrirci la possibilità di aprire un confronto anche a livello nazionale.

PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei segnalare che non solo il ministero è a conoscenza delle questioni poste dall'interpellanza in esame, ma che vi sono anche dei precedenti in tal senso. Ricordo, infatti, che il ministro Bersani ha risposto in quest'Assemblea nella seduta del 14 giugno 2006 proprio ad un'interpellanza urgente riguardante lo sviluppo occupazionale di Eaton, che, come è stato già detto, è una multinazionale che ha diversi stabilimenti nel nostro paese.
È chiaro, come precedentemente affermato, che con le multinazionali abbiamo un problema delicato, concernente il fatto Pag. 88che le decisioni vengono assunte in sedi diverse rispetto al nostro paese, quindi ricadono spesso sui territori senza che si possa fronteggiarle in maniera adeguata.
Penso, tuttavia, che debba essere profuso il massimo impegno possibile, affinché si scongiurino ulteriori riduzioni occupazionali e non vengano ulteriormente compromesse le prospettive di sviluppo delle aree interessate. Quindi, impegno sia me stesso, sia l'intero ministero che rappresento in questa sede a dare una risposta positiva alla richiesta formulata nell'interpellanza in oggetto.
Siamo disponibili, infatti, ad aprire il tavolo nazionale che è stato invocato, coinvolgendo tutti gli attori in campo (l'azienda, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali), al fine di avere chiarezza circa l'intera strategia dell'impresa e cercare di sfruttare al massimo tutto ciò che è in nostro potere, al fine di imprimere un impulso alle prospettive occupazionali dell'azienda stessa e garantire ricadute positive sul territorio.

PRESIDENTE. La deputata Cordoni ha facoltà di replicare.

ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatta della risposta data. Infatti, ci eravamo prefissati l'obiettivo di aprire un tavolo nazionale di confronto ed il viceministro D'Antoni, per conto del Ministero dello sviluppo economico, ha dato questa disponibilità.
Vorrei soltanto chiedere - anche se il rappresentante del Governo non mi potrà rispondere - che la convocazione di tale tavolo avvenga al più presto possibile, in modo da aggiungere rapidamente un altro tassello a questa vertenza.

(Situazioni di crisi industriale ed occupazionale nella regione Abruzzo - n. 2-00367)

PRESIDENTE. Il deputato De Laurentiis ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00367 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente la mia interpellanza soprattutto per sottolineare alcuni aspetti.
L'obiettivo dell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, infatti, è proprio quello di richiamare la sensibilità del Governo su un problema che, ormai, sta esplodendo nella nostra regione. Si tratta della crisi strutturale del tessuto industriale e produttivo, che qualche anno fa riguardava soltanto alcune aree limitate e specifiche del territorio abruzzese e singoli casi.
Nella scorsa legislatura, più volte in quest'aula, ho richiamato l'attenzione del Governo sul caso della Oliit, una grande azienda che, solo nel comparto di Avezzano, impiegava circa 300 dipendenti.
Sempre in quest'aula, abbiamo avuto occasione di richiamare l'attenzione del Governo sulle vicende riguardanti il tessuto industriale de L'Aquila, con riferimento al quale è stato realizzato un provvedimento importante, concernente gli ammortizzatori sociali.
Ad oggi, cominciamo a registrare (ed è questo il dato preoccupante) un cedimento strutturale che coinvolge alcune realtà del nostro territorio che, fino a qualche anno fa, erano sopravvissute alla grande competizione globale.
Assistiamo al cedimento strutturale di alcune grandi aziende dell'area industriale della provincia di Chieti, ma l'esplosione di questa crisi industriale, che ha una notevole virulenza, si sta verificando nell'area peligna dove tre grandi aziende, la Finmek, la Lastra e la Crodo, si stanno ormai avviando verso la chiusura; tale evento coinvolgerà circa 400 famiglie.
Si tratta di cifre parziali, perché il viceministro D'Antoni conosce bene l'Abruzzo e, quindi, anche questa realtà e so che è già stato coinvolto in alcuni interventi su queste aree. Tuttavia (ed è il dato preoccupante), per la prima volta nella regione Abruzzo, si assiste ad una crisi strutturale del tessuto produttivo industriale con ricadute molto pesanti sui livelli occupazionali.
Probabilmente, il tessuto produttivo abruzzese, sviluppatosi anche nell'ambito Pag. 89degli aiuti comunitari, negli ultimi dieci, quindici anni, era riuscito a crescere e a svilupparsi all'interno di un mercato nel quale ancora non regnava una competizione così stringente e forte. Ora, in una fase di economia globale, i segni strutturali del disagio del tessuto produttivo abruzzese sono evidenti. Ciò impone alle istituzioni locali e nazionali di riflettere sui relativi provvedimenti.
L'interpellanza vuole avere anche l'obiettivo di un coinvolgimento più forte, il più autorevole possibile da parte del Governo, perché, soprattutto negli ultimi due anni, la crisi che si è determinata in questa regione non ha precedenti; peraltro, il governo regionale e quello provinciale, ad oggi, non mi sembra abbiano brillato per capacità e per iniziative intraprese e nell'individuazione di provvedimenti reali e concreti che vadano verso il soddisfacimento di questo bisogno primario, che è la difesa del tessuto industriale e, quindi, dei livelli occupazionali.
Vorrei chiedere al Governo se intenda porre in essere provvedimenti urgenti, visto la criticità della situazione, che, a mio avviso, devono seguire due filoni di intervento: da una parte, occorre lenire il rischio fortissimo della perdita consistente di posti di lavoro, così come si profila nelle diverse realtà territoriali; dall'altra, in una fase di affaticamento del tessuto produttivo, vi è la necessità che il governo regionale e della provincia, di intesa con il Governo centrale, individuino i provvedimenti che consentano al tessuto industriale di reggere la competizione o, comunque, di essere meno affaticato possibile nell'affrontare il mercato. Ad oggi, non vedo alcunché, ed è questa la nostro preoccupazione più forte su cui vogliamo richiamare l'attenzione del Governo.

PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, siamo consapevoli della fase descritta nell'interpellanza ed in particolare dall'onorevole De Laurentiis, poc'anzi intervenuto. Complessivamente il paese ha attraversato e sta attraversando una fase ancora di passaggio e di sviluppo non adeguato. Quest'anno abbiamo avuto alcuni segnali che lasciano ben sperare, tuttavia siamo ancora in un momento in cui la trasformazione, l'innovazione, la competitività e la competizione globale creano problematiche assolutamente nuove e diverse.
Non vi è dubbio che in questo quadro alcune regioni, come l'Abruzzo, che negli anni passati aveva fatto grossi passi in avanti, attraversano una fase particolare di crisi. In alcune zone delle province di Chieti e de L'Aquila la crisi è esplosa in maniera significativa per un serie di circostanze che hanno determinato tale situazione. Non solo ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che bisogna fornire una risposta al quadro generale e alla situazione particolare delle singole crisi che attraversa la regione Abruzzo.
A livello generale abbiamo cercato di fornire alcune risposte nella legge finanziaria, differenziate rispetto al resto del paese per le otto regioni meridionali, tra le quali è compreso l'Abruzzo. Questa regione, avendo attraversato la fase di sviluppo, è passata per le normative comunitarie da zona obiettivo 1 a zona obiettivo 2. Tuttavia, abbiamo messo in moto tre provvedimenti in cui non operiamo tale distinzione: un intervento relativo all'abbattimento del cuneo fiscale, differenziato per le aree meridionali delle otto regioni; un intervento che riguarda le otto regioni relativo al credito d'imposta per investimenti; un intervento relativo all'individuazione di zone urbane franche che riguarderà ancora una volta queste otto regioni. Abbiamo preso tali provvedimenti proprio perché ci rendiamo conto che fare una distinzione all'interno di queste regioni sarebbe stato sbagliato se si voleva incentivare complessivamente lo sviluppo e superare il momento di crisi.
Dall'altro lato, non vi è dubbio che esiste una necessità specifica riassumibile in due questioni. Intanto, secondo la nuova impostazione del quadro comunitario Pag. 90di sostegno 2007-2013, si devono individuare le aree, il numero di abitanti e la popolazione che potranno godere degli aiuti che l'Unione europea considera di Stato. In proposito l'Unione ha individuato (e noi lo abbiamo confermato) nelle regioni l'interlocutore che deve fornire in tempi brevi tale indicazione relativamente ai territori ed alle popolazioni che potranno usufruire degli aiuti ritenuti ammissibili da parte comunitaria. In proposito, insisteremo perché ci sia data tale risposta.
Contemporaneamente, dobbiamo seguire le crisi locali laddove esse si verificano, dando loro una risposta. Come ricordato, ad esempio è questo il caso della Oliit, il cui provvedimento di messa in liquidazione è stato accompagnato da un altro preso dal ministero del lavoro in cui figurano interventi relativi al sostegno al reddito tramite ammortizzatori sociali. Tuttavia, ad essi va abbinata la ricerca di nuovi imprenditori che possano proseguire l'attività in questione, con l'affidamento al consorzio industriale di Avezzano del sito produttivo in modo che venga destinato allo stesso scopo. Seguiremo tutto questo con impegno e determinazione.
Tale impegno vale anche per la valle peligna e per la crisi esplosa in alcune aziende della zona. Stiamo cercando altri interlocutori e la possibilità di allargamento per aziende già esistenti, in modo da fornire una risposta a questa emergenza all'interno del quadro che prima ho descritto. Non vi è dubbio che tutti noi dobbiamo impegnarci con gli strumenti che abbiamo e che l'Unione europea consente di utilizzare per quanto riguarda gli aiuti. Inoltre, bisogna intervenire con interventi specifici sulle singole aziende per fronteggiare la crisi e riaprire una fase di sviluppo come quella che aveva visto l'Abruzzo protagonista e che a mio avviso potrà ritornare se tale ragione sarà aiutata e sostenuta in maniera sostanziale durante questa fase di passaggio e di crisi in cui ora versa.

PRESIDENTE. Il deputato De Laurentiis ha facoltà di replicare.

RODOLFO DE LAURENTIIS. Grazie, Presidente. Vede, viceministro D'Antoni, io non sono tra quanti ritengono che il Governo, espresso da qualsivoglia forza politica, possa risolvere le crisi industriali. Non ho mai avuto questa convinzione, anche in tempi non sospetti.
Anche le interpellanze che ho presentato nella scorsa legislatura erano motivate soprattutto dal fatto che credo che in questa regione stia declinando un modello di sviluppo, che era un modello di sviluppo forte, che aveva dato dei risultati importanti, tant'è vero che l'Abruzzo era uscito dalle regioni dell'obiettivo 1, è stato tra i primi ad uscire dall'obiettivo 1.
Mi fa piacere che stiamo rientrando nel quadro di aiuti comunitari previsti dall'articolo 87, comma 3, lettera c), del Trattato, operazione che suggerivamo da tempo anche negli anni precedenti, ma il punto critico è che manca un nuovo modello di sviluppo intorno a cui costruire un quadro economico e sociale di sviluppo e di crescita in quella regione.
È questo il punto di partenza. Allora, rispetto a questo io credo che si possa e si debba fare molto di più di quanto è stato fatto finora, perché da una parte abbiamo la necessità, dove possibile, nelle singole realtà di crisi industriale, di interloquire con nuovi soggetti imprenditoriali capaci e sopratutto volenterosi nell'avviare e nel riprendere questa realtà e rilanciarle sul mercato. Occorrono quindi nuovi imprenditori che abbiano interesse a investire in quell'area. Dall'altro lato, c'è necessità di un quadro di provvedimenti strutturali, che intervengano su crisi strutturali. Questo è il punto di partenza.
Detto ciò, credo che fra le cose che lei ci ha detto, e quelle che vediamo in quella regione, ci sia un gap enorme : quello della assenza della definizione di questo nuovo modello di sviluppo per l'Abruzzo da parte di chi ha un ruolo primario, cioè il governo della regione.
Ci dispiace che questo avvenga, anzi, devo dire che non vogliamo che questo avvenga in un momento di transizione economica forte, in cui bisogna avere le idee chiare e perseguire gli obiettivi con Pag. 91determinazione e volontà, perché il tempo, questo tempo che stiamo perdendo anche in questi giorni, queste settimane, nessuno più lo ridarà a quella regione. Nuove opportunità verranno meno e, probabilmente, non basterà soltanto limitarsi a credere che prima o poi l'Abruzzo possa ritornare a crescere.
Penso che continueremo a sollevare questo tema perché ci aspettiamo dal Governo, non nutrendo grandi aspettative da parte di quello regionale ci aspettiamo almeno dal ministro dello sviluppo un maggiore apporto e un aiuto nella definizione di questi provvedimenti strutturali, di cui l'Abruzzo ha bisogno.

(Rinvio interpellanza urgente Di Gioia - n. 2-00326)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento della interpellanza urgente Di Gioia n. 2-00326 è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio interpellanza urgente Misuraca n. 2-00360)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Misuraca n. 2-00360 è rinviato ad altra seduta.

(Piano di riorganizzazione della società Unipol - n. 2-00328)

PRESIDENTE. L'onorevole Fratta Pasini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00328 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, i piccoli azionisti della Aurora assicurazioni hanno fortemente protestato, anche a mezzo stampa, contro il piano di riorganizzazione dell'Unipol. Questo piano prevede l'acquisto della compagnia di assicurazioni Aurora.
Essi hanno protestato in particolare per quanto riguarda il prezzo, che è stato stabilito dall'OPA, che viene da loro ritenuto molto penalizzante. Hanno protestato anche per il mancato incasso del dividendo del 2006. In effetti, nel mese di gennaio la stampa riportava nel dettaglio il piano di riorganizzazione che la società di assicurazione Unipol, attraverso la comunicazione e il lancio di un'offerta pubblica di acquisto totalitaria sulle azioni di Aurora assicurazioni, intende promuovere.
Il medesimo articolo riporta, in maniera dettagliata, le fasi dell'offerta pubblica d'acquisto per una quota pari al 33,34 per cento del capitale di Aurora, che ancora la compagnia bolognese in questo momento non possiede, evidenziando che, per ciascun titolo, Unipol è disposto a spendere 2,45 euro, per un controvalore complessivo di circa 750 milioni di euro.
L'offerta pubblica d'acquisto riguarda le quote detenute da due cooperative della Legacoop, Kora e Ariete, entrambe detentrici di un pacchetto del 9,99 per cento di Aurora, dalla finanziaria del gruppo Finsoe, che possiede il 7,022 per cento, nonché da altri soci minori, che possiedono complessivamente il 6,34 per cento.
Sempre secondo questi articoli di stampa, signor Presidente, al termine dell'offerta pubblica d'acquisto, la compagnia Unipol provvederà allo scorporo dell'intero ramo d'azienda assicurativo, che sarà conferito ad una controllata appositamente costituita, e la stessa operazione sarà fatta anche da Aurora, che successivamente verrà incorporata in Unipol, società quotata.
La sola alternativa, per chi non aderisse a questa offerta pubblica d'acquisto, sarebbe o il concambio in azioni Unipol, all'atto della futura fusione, o il diritto di recesso previsto dal codice civile, che tutela gli azionisti di minoranza che non condividono un cambiamento dell'oggetto sociale, oppure la limitazione del diritto di voto, ma entrambe queste soluzioni comporterebbero Pag. 92una forte penalizzazione economica per i piccoli azionisti di Aurora.
Signor Presidente, signor sottosegretario, proprio prendendo spunto dal caso dell'Unipol, a nostro avviso il Governo dovrebbe intraprendere delle iniziative a garanzia della trasparenza dei mercati finanziari, per tutelare in particolare i diritti dei piccoli risparmiatori.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sulla base degli elementi forniti dalla Consob, ricordo innanzitutto che il documento avente ad oggetto l'offerta pubblica d'acquisto volontaria e totalitaria sulle azioni di Aurora da parte di Unipol è stato pubblicato il 26 gennaio di quest'anno, previo consenso rilasciato dalla Consob stessa il 24 gennaio, e che l'offerta è iniziata il 29 gennaio ed avrà termine il 2 marzo 2007.
Come è noto, ed anche come richiamato dall'onorevole interpellante, Unipol esercita il controllo su Aurora, con il possesso diretto di una quota del relativo capitale pari al 66,66 per cento del capitale e svolge, altresì, attività di direzione e coordinamento nei confronti della stessa, ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile.
L'offerta promossa da Unipol è di tipo volontario ed è rivolta all'acquisto, ad un prezzo unitario di euro 2,45, di tutte le azioni ordinarie Aurora non possedute direttamente dall'offerente, alla data di pubblicazione del documento.
L'offerta si colloca nel contesto di un articolato progetto di riassetto ed integrazione del gruppo Unipol, le cui modalità di attuazione sono state individuate dall'offerente nel piano industriale 2006-2009, approvato il 13 settembre 2006 ed in pari data reso noto al mercato.
Le linee generali di tale progetto sono state deliberate, per quanto di rispettiva competenza, dai consigli di amministrazione di Unipol e di Aurora in data 11 dicembre 2006. In particolare, nell'ambito dell'operazione, dopo il completamento dell'offerta, è previsto innanzitutto lo scorporo da Unipol del ramo di azienda assicurativo in favore di una società appositamente costituita e interamente controllata dalla stessa Unipol. Lo stesso dicasi per quanto riguarda Aurora, che scorporerà il ramo di azienda assicurativo in favore di una società appositamente costituita, interamente controllata dalla stessa Aurora. Infine, vi sarà la fusione per incorporazione di Aurora in Unipol con mantenimento, da parte della società risultante, dello status di società quotate in borsa.
Il progetto di fusione per incorporazione sarà sottoposto all'approvazione dei rispettivi consigli d'amministrazione entro il prossimo mese di marzo (e comunque dopo il completamento dell'offerta pubblica d'acquisto volontaria). Le assemblee straordinarie di Unipol e di Aurora chiamate a deliberare sull'approvazione della fusione - che non è sottoposta a nessuna condizione - si terranno rispettivamente nei mesi di aprile e maggio 2007. Il completamento dell'operazione di fusione e la decorrenza dei relativi effetti giuridici sono previsti entro la fine del prossimo mese di luglio.
In conseguenza dell'efficacia della fusione, tutte le azioni di Aurora non possedute da Unipol verranno annullate e, in base al rapporto di cambio, sostituite con azioni ordinarie e privilegiate Unipol di nuova emissione che saranno quotate al pari delle azioni Unipol già in circolazione e attribuiranno ai loro possessori diritti equivalenti a quelli riconosciuti agli attuali azionisti Unipol.
Il rapporto di cambio in base al quale le azioni ordinarie e privilegiate Unipol verranno assegnate, nell'ambito della fusione, per ciascuna azione ordinaria Aurora non conferita all'offerta sarà ricompreso nel seguente intervallo: azioni ordinarie Unipol fra 0,431 millesimi e 0,511 millesimi e azioni privilegiate Unipol tra 0,266 millesimi e 0,315 millesimi.Pag. 93
Si precisa che la fissazione del rapporto di cambio definitivo verrà effettuata dai consigli di amministrazione delle due società che redigeranno il progetto di fusione, prevedibilmente, entro il prossimo mese di marzo.
Il valore di liquidazione delle azioni Aurora eventualmente oggetto di recesso, pari a euro 2,30, è stato approvato dal consiglio di amministrazione di Aurora lo scorso 18 gennaio ed è stato oggetto di apposita comunicazione da parte della società.
Si aggiunge che nelle avvertenze del documento di offerta è stata fornita una completa descrizione sui diversi profili (discipline giuridiche, modalità e tempistica) concernenti il diritto di recesso che, in specifiche fasi dell'operazione, può essere esercitato dei soggetti interessati.
La Consob ha chiesto, altresì, che venisse inserita nella premessa del documento una specifica tabella contenente tutte le informazioni attinenti l'esercizio del diritto di recesso; ciò per consentire ai destinatari dell'offerta di poter effettuare un'immediata valutazione comparativa, sotto il profilo economico, delle alternative disponibili nell'ambito dell'operazione di cui l'offerta stessa è parte.
Con specifico riferimento, poi, ai piccoli azionisti di Aurora, per i quali la fattispecie in esame, secondo quanto riportato nell'interpellanza urgente, non costituirebbe una «offerta pubblica di acquisto, ma un puro e semplice obbligo da parte degli azionisti di consegnare all'Unipol le azioni Aurora al prezzo loro imposto», la Consob ha precisato che l'operazione si qualifica, sia nella forma sia nella sostanza, come un'offerta pubblica di acquisto volontario ai sensi degli articoli 102 e seguenti del decreto legislativo n. 58 del 1998, i cui termini e condizioni sono contenuti nel citato documento di offerta.
In via generale, la funzione del suddetto documento è quella di fornire «le informazioni necessarie» per consentire ai destinatari dell'offerta di pervenire ad un «fondato giudizio» sulla medesima. Sulla base delle informazioni riportate nel documento di offerta, ciascun azionista assume dunque le proprie determinazioni riguardo all'adesione all'operazione.
Trattandosi di offerta volontaria, tale circostanza assume specifico rilievo ai fini del corrispettivo stabilito per gli aderenti, la cui determinazione - a differenza di quanto avviene per le offerte di tipo obbligatorio - non è soggetta a criteri imposti dalla legge. Il prezzo d'offerta è, infatti, liberamente determinato dall'offerente e il controllo della Consob si incentra sulla completezza e trasparenza delle informazioni contenute nel documento di offerta e sul rispetto delle norme di legge e regolamentari che disciplinano lo svolgimento dell'offerta.
Si soggiunge peraltro che, relativamente all'offerta in questione, nel comunicato approvato ai sensi dell'articolo 103 del TUF, il consiglio di amministrazione di Aurora ha espresso parere favorevole all'offerta, ritenendo congruo il prezzo stabilito dall'offerente. Il consiglio ha, inoltre, conferito apposito incarico a Credit Suisse Securities (Europe) Ltd di redigere una fairness opinion circa la congruità del prezzo d'offerta.
In proposito, nell'ambito dell'iter istruttorio, è stato chiesto di integrare il documento con informazioni contenute nella predetta fairness opinion e la descrizione sintetica dei metodi utilizzati dall'advisor in relazione all'incarico ricevuto.
Il documento contiene, pertanto, tutte le informazioni tipiche richieste dallo schema regolare di riferimento; in particolare, nel paragrafo E («Corrispettivo unitario e sua giustificazione») sono state descritte le metodologie utilizzate nella determinazione del corrispettivo con relative ipotesi di risultati scaturenti dall'applicazione di ciascun metodo.
Per quanto concerne il confronto tra il corrispettivo offerto delle azioni ed i prezzi ai quali sono state scambiate le azioni Aurora, si rileva che le stesse sono state negoziate come titoli diffusi nel sistema di scambi organizzati (il cosiddetto Temex) sino all'aprile 2006. Attualmente l'operatività di tale sistema è sospesa, in vista di modifiche al regolamento disciplinante Pag. 94il suo funzionamento anche in relazione alla nuova normativa introdotta dalla direttiva MIFID.
Sotto altro profilo, viene rilevato nell'interpellanza che l'alternativa per chi non aderisca all'offerta sarebbe il concambio in azioni Unipol all'atto della futura fusione o il diritto di recesso previsto dal codice civile, in entrambi i casi con effetti penalizzanti per i piccoli azionisti.
Al riguardo, la Consob ha fatto presente che agli azionisti Aurora che non concorreranno all'assunzione della delibera di approvazione del progetto di fusione spetterà il diritto di recesso (ex articolo 2437 del codice civile) ad un valore unitario di liquidazione delle azioni Aurora stabilito in 2,30 euro.
Nel documento si riferisce che tale valore di liquidazione tiene conto dell'attuale consistenza e struttura patrimoniale di Aurora, nonchè delle sue prospettive reddituali, prima di eventuali distribuzioni di utili e di riserve e dovrà, quindi, essere eventualmente diminuito dell'importo effettivamente corrisposto a ciascuna azione a titolo di distribuzione di utili e/o riserve, anche se relative a precedenti esercizi. Tale circostanza si verificherà nelle ipotesi in cui le azioni dei soci recedenti siano liquidate in data posteriore a quella di pagamento dell'eventuale dividendo. Al riguardo si segnala che tale metodologia di valutazione è prevista dal codice civile all'articolo 2437-ter, comma 2.
Per quanto attiene al rapporto di concambio che verrà utilizzato nell'ambito della fusione, si evidenzia che nel documento viene indicato che l'intervallo fissato riflette la valorizzazione delle due società partecipanti alla fusione, su base stand alone e che, ai fini della sua determinazione, sono state adottate metodologie di valutazione usualmente utilizzate in operazioni di simile natura.
Pertanto, nel contesto della fusione, gli azionisti dell'emittente che non aderiranno all'offerta e manterranno la disponibilità delle azioni ordinarie Aurora sino al perfezionamento della fusione (prevista per il mese di luglio 2007), riceveranno un numero di azioni ordinarie e privilegiate Unipol, determinato in base alla proporzione attualmente esistente fra le due categorie di azioni, ordinarie e privilegiate.
Altro aspetto evidenziato nell'atto parlamentare consiste nella circostanza che la tempistica con la quale Unipol ha deciso di «chiudere» l'operazione (entro il prossimo mese di marzo) è tale per cui agli azionisti Aurora che aderiranno all'offerta non sarebbe corrisposto un dividendo adeguato.
In via preliminare, si fa presente che la decisione di procedere alla corresponsione dei dividendi ai soci, nonché la determinazione del relativo ammontare, compete, per legge, al consiglio d'amministrazione della società emittente ed è approvata dall'assemblea ordinaria della società; in altri termini, il diritto degli azionisti a ricevere il dividendo non è assoluto.
Si deve, pertanto, osservare che in capo ad Aurora - anche a prescindere dalla tempistica dell'operazione - non sarebbe comunque sorto alcun obbligo a corrispondere agli azionisti i dividendi relativamente all'esercizio 2006.
In ogni caso, attesa la rilevanza della questione, adeguata informativa è stata inserita nel documento nel paragrafo «Avvertenze», nonché in quello relativo alle motivazioni ed ai programmi futuri dell'offerente per quel che riguarda l'attività dell'emittente.
In via conclusiva, si aggiunge che il piano di riassetto del gruppo Unipol (nell'ambito del quale l'offerta è stata promossa) è stato approvato nello scorso mese di dicembre e contestualmente reso noto al mercato; in tale occasione sono stati definiti compiutamente gli aspetti economici dell'operazione (concambio, diritto di recesso e prezzo di offerta).

PRESIDENTE. Il deputato Fratta Pasini ha facoltà di replicare.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor sottosegretario, non vi è dubbio che non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta.
Non abbiamo messo in dubbio la liceità di questo atto: nella forma e nella sostanza sappiamo che i piccoli azionisti hanno il 6 Pag. 95e 34 per cento e chi ha deciso, oltre a Unipol, sono Legacoop, Kora e Ariete. Non vi è dubbio che non vi sia un problema sull'atto dal punto di vista formale di questa operazione. Secondo i piccoli azionisti di Aurora, però, queste operazioni non costituiscono una offerta pubblica di acquisto, ma un obbligo di consegnare all'Unipol, e a tutti gli altri azionisti che hanno preso tale decisione, le loro azioni ad un prezzo che è già imposto. Sembra, infatti, molto sospetta, come ha evidenziato anche lei, la tempistica (entro marzo) e in tal modo anche agli azionisti Aurora non verrebbe neppure riconosciuto, secondo loro, un dividendo adeguato. A giudizio di questi piccoli azionisti della compagnia di assicurazioni Aurora, dunque, queste operazioni non costituirebbero un'offerta d'acquisto, ma un puro e semplice obbligo da parte degli azionisti di consegnare all'Unipol le azioni al prezzo da loro imposto.
Prendendo ad esempio il caso così penalizzante di un gruppo di piccoli azionisti, ci saremmo aspettati dal Governo una risposta più convincente più che il resoconto di quanto è successo, che più o meno, forse in modo meno dettagliato, anche noi conoscevamo, o qualche rassicurazione, anche alla luce della recente innovazione della normativa a tutela della trasparenza dei mercati finanziari e dei diritti dei risparmiatori e anche quindi dei piccoli azionisti. Si tratta di innovazioni che, voglio ricordare, sono state introdotte dopo una serie di gravissimi scandali finanziari, che hanno danneggiato centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori, che, purtroppo, per troppo tempo sono stati considerati, e tuttora lo sono, come un «parco buoi» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Rinvio interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente D'Alia n.2-00353 è rinviato ad altra seduta.

(Riorganizzazione degli uffici giudiziari della direzione distrettuale antimafia di Palermo - n. 2-00365)

PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00365 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8), di cui è cofirmataria.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, la necessità di presentare l'interpellanza deriva da una legittima preoccupazione, avvertita da parte sia della politica, sia a mio avviso di tutti i cittadini che hanno appreso - dai giornali locali e dalle agenzie di stampa - quanto accaduto nei giorni precedenti con riferimento alla questione relativa all'ufficio di Palermo. Ho fatto ricorso alla formula «legittima preoccupazione» perché sostanzialmente, purtroppo, il tribunale di Palermo è «arcinoto» nella storia per tutta una serie di controversie e veleni che, succedutisi negli anni, hanno determinato situazioni gravi e tragiche per l'intera sicurezza del territorio meridionale.
Sono note l'importanza dell'ufficio, dei compiti che deve svolgere, nonché la necessità che si trovino in un clima sereno quanti vi operano con la loro professionalità, che sicuramente in gran parte sussiste.
Per quanto riguarda la percezione della giustizia da parte del cittadino, tuttavia, si pone la necessità di sapere che tutto è trasparente e che, quando si affrontano casi della delicatezza di quelli che purtroppo si trova a trattare la direzione distrettuale antimafia di Palermo, vi sia la massima armonia e tranquillità. Quindi, voglio chiarire che questa interpellanza non ha alcun intento polemico, al contrario intende, se possibile, rasserenare il clima; soprattutto, mi auguro che il Governo fornisca delle possibili risposte per quanto di sua competenza.
Per spiegare per sommi capi i fatti, dirò quanto segue. Nel corso dell'audizione presso la Commissione antimafia il procuratore nazionale antimafia, dottor Piero Pag. 96Grasso, magistrato stimato unanimemente per i risultati raggiunti nella sua professione, dichiara di essere sostanzialmente venuto a conoscenza della ristrutturazione organizzativa della direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo soltanto attraverso i giornali.
La denuncia è seria perché, a norma di legge, tale riorganizzazione avrebbe dovuto essergli preventivamente comunicata. La notizia di una riorganizzazione già effettuata ma non comunicata il giorno successivo è stata smentita dal procuratore capo di Palermo, dottor Messineo; la smentita non è ufficiale, ma è stata diffusa dalla stampa dopo che è trapelata da una riunione riservata avvenuta tra lo stesso procuratore Messineo ed alcuni dei suoi procuratori aggiunti. Come dichiara il dottor Grasso - il che veramente desta preoccupazione - sempre a mezzo di notizie stampa si è appreso anche di una infelice frase del dottor Messineo, nel senso che ai fini della ristrutturazione dell'ufficio «ha degli impegni da onorare, equilibri da garantire».
Il problema è che proprio la ristrutturazione della direzione distrettuale antimafia di Palermo, negli anni scorsi, quando procuratore di Palermo era il dottor Piero Grasso, era stata al centro di un'enorme querelle finita dinanzi al Consiglio superiore della magistratura. Il dottor Grasso, infatti, era per così dire stato ritenuto colpevole di avere estromesso della direzione distrettuale antimafia alcuni importanti procuratori aggiunti, senza considerare che questo era avvenuto semplicemente perché la legge prevedeva un limite nel periodo di permanenza presso la direzione distrettuale antimafia.
Quindi, proprio per la paura che si possa ricreare un clima di questo genere, ritengo vi sia la necessità - anche, se possibile, nell'ambito delle sue competenze, signor rappresentante del Governo - di un intervento ministeriale.
La frase del dottor Messineo purtroppo non è stata - come avremmo voluto - smentita nell'immediato, lo è stata soltanto dopo quattro o cinque giorni, secondo quanto riportano le fonti stampa. I giornali attribuiscono a questa frase il significato di una sorta, come sostiene il dottor Grasso, di nomina di scambio: in altri termini il dottor Messineo avrebbe ottenuto i voti di alcune correnti della magistratura in seno al Consiglio superiore della magistratura per la sua nomina a procuratore capo, in cambio del ritorno di alcuni equilibri alla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Palermo.
Capite bene che la situazione è grave e delicata, per la fiducia che chiunque di noi deve avere sia nell'operato dei magistrati e nel loro senso ovviamente di responsabilità, sia soprattutto - lo sottolineo - nelle modalità (se queste parole sono vere) con cui il Consiglio superiore della magistratura continua ad operare nell'attribuire incarichi direttivi negli uffici giudiziari.
Aggiungo a quanto detto una preoccupazione ulteriore. Sempre secondo quanto riportano le note stampa - perché per il momento ci risultano solo note stampa - tutti i procuratori aggiunti della procura della Repubblica di Palermo sarebbero applicati alla direzione distrettuale antimafia, conseguentemente nessun procuratore aggiunto coordinerebbe l'attività di contrasto alla criminalità ordinaria nel distretto di Palermo.
Ora, è chiaro che i reati di mafia a Palermo sono gran parte dei reati, però in questo caso, onorevole sottosegretari, forse bisognerà cominciare a discutere in maniera seria in Parlamento su come riorganizzare la lotta alla mafia e se tutto sommato abbia ancora senso e sia tuttora valida la strutturazione in direzioni distrettuali antimafia, creata con notevole successo vent'anni fa.
Aggiungo inoltre che il procuratore Messineo sostiene che la necessità di questa riorganizzazione deriva dal fatto che occorreva frammentare le competenze, in maniera tale che si potesse avere una visione disarticolata, cioè che ciascun procuratore applicato potesse avere una zona di influenza, ma che vi fosse poi in qualche modo una convergenza. Va tutto bene in astratto, salvo che ad uno dei procuratori Pag. 97aggiunti, al dottor Scarpinato, non solo viene attribuita la competenza sul tribunale di Trapani, ma anche quella sulla cosiddetta criminalità economica. È difficile immaginare una criminalità mafiosa, che non abbia attinenza con la criminalità economica. Cosa vuol dire tutto questo?
Sono consapevole che in questa fase il ministero non ha reali strumenti di intervento, se non quelli ordinari. Credo però che sia necessario avere un momento di chiarezza da parte del Governo e mi auguro, dopo tutto ciò che è stato scritto sui giornali, che oggi finalmente con l'intervento del sottosegretario avremo perlomeno un documento ufficiale su una circostanza incresciosa, che speriamo sia solo un incidente, che possa chiudersi il più serenamente possibile e al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Effettivamente il 5 febbraio 2007 il procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Messineo, ha adottato un nuovo documento organizzativo della direzione distrettuale antimafia, con cui si prevede che tutti i procurati aggiunti, compresi il dottor Lo Forte e il dottor Scarpinato, facciano parte della direzione distrettuale antimafia e che ad essi vengano affidati compiti di collaborazione con il procuratore della Repubblica, nella gestione di tutti i procedimenti di competenza della direzione distrettuale antimafia.
Questo assetto organizzativo deciso dal dottor Messineo non è ancora vigente, in quanto la sua concreta efficacia è stabilita a partire dal 1o marzo 2007. Con nota del 7 febbraio 2007 questo nuovo assetto è stato comunicato al Consiglio superiore della magistratura, al procuratore generale di Palermo e al procuratore nazionale antimafia. Nella stessa data del 7 febbraio 2007, la medesima comunicazione hanno ricevuto tutti i procuratori aggiunti interessati dal nuovo assetto.
L'ordinamento giudiziario, all'articolo 70-bis, quarto comma, recita: «Salvo che nelle ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia, la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia».
Con nota del 8 febbraio 2007, il procuratore Messineo inviava al Consiglio superiore della magistratura la sua interpretazione, peraltro condivisa anche da altre procure, dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, scrivendo: «Trattandosi di due prescrizioni distinte - ossia la designazione e la variazione nella composizione - e non potendosi, senza fondata ragione, attribuire al legislatore formulazioni normative inutilmente pleonastiche o contraddittorie, sembra allo scrivente che le due distinte previsioni normative si riferiscano a due situazioni del tutto separate e diversificate. Ed, invero, la designazione dei magistrati è la scelta dei sostituti destinati a comporre la DDA, scelta che, secondo il vigente impianto paranormativo, viene effettuata mediante una sorta di procedura di concorsi, in base ai criteri stabiliti per legge "delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali"».
Il procuratore di Palermo ha rilevato che è tuttora in corso una procedura di scelta per la designazione di quattro magistrati a copertura di altrettanti posti vacanti e che tale procedura sarà espletata in conformità dell'articolo 70-bis, sentito il procuratore nazionale antimafia.
Altra cosa - assume il procuratore Messineo - è, invece, la seconda ipotesi prevista dalla normativa, ossia la variazione delle composizione. Egli scrive: «Variazione nella composizione della direzione (...) nozione questa che non può identificarsi con la designazione dei magistrati e che postula necessariamente un proprio spazio di autonomia logica e fattuale».
«Certamente appartiene alla nozione di composizione della DDA il diverso assetto e la diversa distribuzione delle competenze attuate con il provvedimento in esame, ma Pag. 98vi appartiene anche l'attribuzione ai procuratori aggiunti di incarichi di collaborazione con il procuratore della Repubblica nella gestione delle indagini. Relativamente a tali incarichi (peraltro attribuiti a tutti i procuratori aggiunti, senza eccezione alcuna) incongruo sarebbe ogni riferimento ad una procedura di designazione che tenga conto dell'attitudine e dell'esperienza professionale, perché si tratta di incarichi di collaborazione conferiti ai procuratori aggiunti come tali e che, normalmente, non potrebbero essere espletati dai sostituti».
Secondo il procuratore Messineo, «la speciale natura degli incarichi di collaborazione conferita ai procuratori aggiunti operanti in DDA che hanno sempre svolto funzioni diverse e distinte dai magistrati assegnati alla DDA si estrania dalla nozione di designazione e rende ad essi applicabile la norma di cui alla seconda parte dell'articolo 70-bis, ultimo capoverso. Ne deriva - conclude il procuratore Messineo - che per gli incarichi di collaborazione dei procuratori aggiunti l'adempimento da osservarsi è la preventiva comunicazione al procuratore nazionale antimafia, formalità questa puntualmente attuata».
In proposito, secondo il procuratore Messineo, l'esigenza della preventiva informazione dovrebbe considerarsi soddisfatta, dato che il provvedimento inviato per comunicazione al procuratore nazionale non era efficace al momento della sua adozione, diventandolo soltanto il primo marzo del 2007, quindi in epoca successiva alla relativa comunicazione del 7 febbraio 2007.
Il procuratore di Palermo ha rilevato che la norma prescrive la preventiva informazione «delle eventuali variazioni nella composizione della direzione (...) assunte quale dato già oggettivato e non anche del proposito o dell'intento di attuare tali variazioni» ed ha ritenuto, quindi, di aver rigorosamente applicato, nel caso in questione, il secondo inciso del quarto comma dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario.
Il procuratore nazionale antimafia, il dottor Piero Grasso, a cui sono state chieste informazioni, ha sottolineato che la normativa in vigore, ed in particolare l'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, muoverebbe dall'intento di assicurare che nei momenti cruciali della formazione delle direzioni distrettuali il procuratore nazionale antimafia possa offrire il proprio contributo, arricchito dalla natura del suo ufficio e dalla molteplicità delle esperienze acquisite in tutto il territorio dello Stato.
Al riguardo, lo scorso 12 febbraio il procuratore nazionale antimafia ha investito della questione trattata dagli interroganti il Consiglio superiore della magistratura, richiamando l'attenzione sull'importanza della tempestività dell'informazione in tema di variazione della composizione delle direzioni distrettuali antimafia, per cui l'articolo 70-bis prevede espressamente l'informazione preventiva del procuratore nazionale antimafia.
Nella nota diretta al CSM il dottor Grasso ha rappresentato che l'informazione preventiva sarebbe finalizzata, nella logica di collaborazione istituzionale, all'espressione di un parere consapevole e motivato, la cui utilità verrebbe meno se il provvedimento su cui il parere deve essere espresso fosse già oggetto di dettagliate notizie di stampa.
Il ministro della giustizia, che considera di primaria importanza lo sforzo congiunto delle istituzioni dello Stato nella lotta alla mafia e che ritiene essenziale in tale ambito il ruolo di coordinamento delle attività investigative in capo al procuratore nazionale antimafia osserva che la questione giuridica, le due diverse posizioni di interpretazione dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario sono a prima vista obiettivamente di natura problematica, nel senso che non può assumersi che la tesi sostenuta dal procuratore di Palermo sia destituita di fondamento.
Peraltro il procuratore Messineo ha spiegato che l'attribuzione di nuovi compiti ai procuratori aggiunti rientrasse nell'ipotesi di cui alla seconda parte del comma quarto dell'articolo 70-bis e non in Pag. 99quella prevista dalla prima parte del suddetto comma. L'interpretazione potrà indubbiamente essere opinabile, ma non sembra che di per sé possa integrare un'ipotesi di abnormità, arbitrarietà o abuso.
Al contempo, se è vero che la seconda parte del citato quarto comma dell'articolo 70-bis prescrive che la comunicazione al procuratore nazionale sia preventiva, è anche vero che nel caso di specie non può non assumere un certo rilievo la circostanza che la comunicazione, pur seguendo l'adozione del provvedimento del procuratore, prevedeva l'entrata in vigore dello stesso in momento differito rispetto alla comunicazione, datata 7 febbraio 2007 con operatività 1 marzo 2007.
Pertanto il ministro della giustizia, allo stato, non ritiene di adottare provvedimenti che, secondo le norme vigenti, troverebbero il loro presupposto soltanto nella macroscopicità della violazione di legge, nell'abnormità, arbitrarietà ed inescusabilità di atti compiuti, considerando altresì istituzionalmente corretto ed opportuno lasciare spazio all'attività acquisitiva e valutativa dell'organo di autogoverno della magistratura, i cui esiti potranno certamente contribuire ad una complessiva valutazione della vicenda, per quanto attiene alle sue competenze, quindi, anche a una interpretazione corretta e uniforme dell'articolo 70-bis da parte di tutte le procure.

PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di replicare.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatta per la risposta, seppure conosca i limiti entro i quali il sottosegretario istituzionalmente può rispondere.
Mi dichiaro insoddisfatta per un motivo: il punto in discussione può essere quello di una interpretazione diversa di una norma di legge; è pur vero, però, che, proprio nella risposta fornita dal sottosegretario, è sancito il punto politico, quello che interessa a noi.
Intanto, la struttura della DNA e delle DDA ha senso, nella lotta alla mafia, in quanto vi sia una reciproca fiducia, una doverosa collaborazione, cosa che da cittadini e da politici chiediamo e pretendiamo dalla magistratura, al di là di quelli che possono essere i rapporti personali o le situazioni intercorse. E siccome l'interesse tutelato è più ampio e riguarda tutti noi, penso che sia una pretesa doverosa anche da parte nostra.
In questa vicenda vi è qualcosa di anomalo. Pur accedendo all'interpretazione per cui il procuratore di Palermo, come altri procuratori (mi sembra che il sottosegretario abbia affermato che l'interpretazione è comune anche in altre procure) potesse dare solo una comunicazione preventiva e non avanzare una richiesta di parere, non essendo peraltro ancora operativo il provvedimento ed essendo ancora nei termini, il problema è diverso, come mi sembra sottolineato nella lettera del procuratore nazionale, dottor Grasso.
Rispetto ad un ufficio delicato come quello di Palermo, ritengo che il procuratore nazionale antimafia non debba assumere notizie di tale rilievo (perché chi dirige la DDA di Palermo si occupa di una parte preponderante della lotta alla mafia) da organi di stampa. È lì il vulnus e credo che di ciò siamo tutti consapevoli.
Capisco che in termini legislativi e regolamentari l'intervento del Ministero della giustizia sia abbastanza ristretto. Per comprenderci, non chiedevamo l'apertura di un'azione disciplinare, ma ci sono altri strumenti di valutazione e, forse, di modulazione di rapporti.
Signor sottosegretario, ciò che purtroppo non mi rassicura è il fatto che conflitti di questo tipo possano essere risolti proprio in seno all'organo di autogoverno della magistratura. Purtroppo, l'esperienza di questi vent'anni, soprattutto rispetto all'ufficio di Palermo (lei, con la sua esperienza anche professionale, conosce bene le gravi situazioni che vi si sono verificate) ha mostrato che troppo spesso il Consiglio superiore della magistratura, piuttosto che aiutare la «pacifica coabitazione», ha anche creato problemi ulteriori.Pag. 100
Non è una questione di facile soluzione. Approfitto di questa occasione (sebbene lo svolgimento di interpellanze urgenti non sia la sede propria) per sollecitare un intervento. Forse dovremmo chiederci veramente, con maturità politica e con senso di responsabilità, a vent'anni di distanza, se alcuni istituti, che sono stati risolutivi in una determinata fase storica per infliggere seri colpi alla criminalità organizzata, oggi, per una normale eterogenesi dei fini (di solito anche gli istituti migliori si consegnano all'usura) non siano da rivedere. E dovremmo chiederci se anche le direzioni distrettuali antimafia non siano diventate più luoghi di «gestione di potere» e di privilegiati, che non di amministrazione reale della giustizia.
Il rischio c'è e come politica - noi come Parlamento, voi ovviamente, in questa fase, come Governo - dobbiamo assolutamente riflettere sul tema. In caso contrario, se perdessimo quest'occasione di una riflessione senza schemi e senza pregiudizi su questa materia e se la situazione di alcune regioni dovesse peggiorare, forse non ce lo perdoneremmo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Iniziative per il contenimento della spesa sanitaria in Puglia - n. 2-00366)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00366 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, parliamo di sanità di cui negli ultimi tempi si è molto discusso, naturalmente purtroppo in modo negativo a causa di alcune vicende giornalistiche che l'hanno posta all'attenzione del pubblico.
Ebbene, pur in presenza di debiti e di disorganizzazione crescenti nel quadro generale della sanità, la regione Puglia, guidata dal presidente Fitto e dalle forze della Casa delle libertà, ha rappresentato uno dei pochi esempi di buona gestione, attenta a coniugare le esigenze di bilancio ed efficienza dei servizi; meriti, che poi sono stati implicitamente riconosciuti dal Governo del centrosinistra, che, infatti, nel giugno 2006 ha escluso la Puglia dalle regioni che rischiavano di dover aumentare l'Irpef e l'Irap, per avere «sforato» la spesa sanitaria del 2005, mentre esponenti dell'attuale maggioranza nella regione Lazio hanno più volte parlato di una «cura Fitto» per risanare il proprio bilancio regionale.
Viceversa, la giunta Vendola, che è andata al governo con lo slogan «riapriamo gli ospedali chiusi da Fitto», ha da tempo avviato la spirale perversa del disavanzo sanitario; sempre a giugno 2006 è stato reso noto che lo sforamento del primo trimestre dello stesso anno avrebbe assorbito l'intero incremento del fondo sanitario regionale per il 2006, pari a 195 milioni di euro, mentre l'incremento della spesa sanitaria regionale cresceva del 21,7 per cento, a fronte del 12,5 per cento di incremento della media nazionale.
Di fronte ad un deficit crescente, valutato dal piano salute pugliese, appena emanato, in 335 milioni di euro, nel provvedimento sull'esercizio finanziario provvisorio regionale - la legge n. 39 del 2006 -, all'articolo 5, si prevede il taglio delle aziende sanitarie locali da 12 a 6 e la nomina di commissari e subcommissari: si dimezzano le aziende sanitarie locali, privando i cittadini di servizi essenziali e si moltiplicano contemporaneamente nomine e poltrone; infatti, il paradosso vuole che lo stesso Vendola dichiari che l'obiettivo «più importante» - di tale piano - «è rompere la solitudine del malato, del cittadino di fronte a una rete della salute labirintica»; ovviamente detto piano, a quanto pare, passa per il dimezzamento delle strutture.
Se lo stato finanziario del sistema sanitario della regione Puglia non deve considerarsi ancora drammatico, soprattutto confrontandolo con altre realtà, preoccupanti sono, tuttavia, le condizioni politiche della giunta pugliese, con il progressivo degrado dei servizi sanitari, del quale ogni giorno giungono segnalazioni da operatori e cittadini. Per quel che riguarda il primo Pag. 101aspetto, la stessa Rifondazione Comunista non condivide molte delle scelte in materia di sanità del governatore Vendola, la Margherita non partecipa più ai lavori del consiglio regionale, i Comunisti Italiani non partecipano alle riunioni di maggioranza, i Democratici di sinistra attaccano su tutti i fronti e l'Italia dei Valori, a giorni alterni, attacca su tutte le questioni. Quanto al secondo aspetto, talune vicende sarebbero paradossali se non fosse che, trattandosi di sanità, sono drammatiche, perché si parla della salute e dei problemi dei cittadini; la «perla» arriva dall'azienda sanitaria locale Taranto 1, che ha assunto un consulente esterno - che, peraltro, non proviene nemmeno dalla regione Puglia - a 50 mila euro, per «liberare» la stessa regione Puglia dalle «consulenze esterne»; sempre a Taranto i sindacati, - cioè la stessa macchina organizzativa che ha sostenuto Vendola nella campagna elettorale - parlano di «gestioni organizzative sconclusionate e nocive» e di «assenza di trasparenza negli atti».
Nonostante la Puglia abbia un rapporto infermieri-abitanti inferiore a quello italiano, che, peraltro, è inferiore a quello europeo (5,4 infermieri per abitante, rispetto al 6,9 comunitario), si continuano a rimandare, di mese in mese, i concorsi per l'assunzione di nuovi infermieri, mentre si prevede di non rinnovare il contratto in scadenza agli infermieri precari: sono 400 nel solo ospedale Fazzi di Lecce quelli che andranno a casa il 30 giugno 2007.
Nelle aree del brindisino, dove si voterà ad aprile 2007 per le elezioni amministrative, si aprono e chiudono reparti, si sperimentano day hospital, ma a Brindisi viene negata l'apertura di una nuova sala di neurochirurgia, nonostante richieste di intervento da parte di 800 pazienti, né abitualmente si trova posto a geriatria o a medicina generale; si pensi poi ai 22 ospedali mai finiti in Puglia, con un costo già sostenuto di quasi un miliardo di euro. Quest'ultima è la cosa più incredibile: ci sono state persone sottoposte al balletto e al movimento degli infermieri mentre erano al pronto soccorso. Infatti, a Taranto gli addetti al 118 devono fornire assistenza terapeutica al pronto soccorso, ma contemporaneamente rispondere alle chiamate di urgenza. Quindi, si rischia di essere «mollati» nel bel mezzo di una terapia d'urgenza, perché l'infermiere deve correre altrove a guidare l'ambulanza del 118.
Sempre a Taranto il pronto soccorso dell'ospedale Moscati è stato spostato 4 volte, ma non se ne conoscono i costi: attualmente si trova in un ambiente malsano, umido, illuminato dalla sola luce artificiale; però, l'azienda sanitaria locale ha siglato una convenzione con Israele «per le emergenze» (non si comprende se le emergenze di Israele o della Puglia), con l'ovvio codazzo di viaggi all'estero.
A nostro avviso, insomma, complessivamente riemerge la gestione clientelare contro cui la precedente giunta regionale si era battuta e contro la quale non si vede a cosa possa servire realmente aumentare il ticket per le visite specialistiche o tentare di introdurre un ticket del «pronto soccorso» ovvero ridurre la redditività delle case farmaceutiche, in caso di sforamenti di spesa o denunciare i medici per sovraprescrizioni.
Dunque, noi vogliamo chiedere al sottosegretario se il Governo non intenda esercitare i poteri riconosciuti dalla legge n. 311 del 2004, al fine di individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico e del contenimento della dinamica della spesa sanitaria nella regione Puglia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Antonio Gaglione, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Carlucci, onorevoli deputati, in merito alla situazione economica e finanziaria della regione Puglia, si precisa che la regione stessa ha garantito l'equilibrio economico finanziario fino all'anno 2005, ai sensi del comma 174dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 331 e altresì Pag. 102sono stati garantiti fino al 2004 la qualità delle prestazioni e il contenimento della spesa, mentre sono ancora in corso di valutazione presso il tavolo tecnico di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'articolo 12 dell'accordo Stato-regioni del 23 marzo 2005, il bilancio consuntivo regionale relativo all'anno 2005.
La data di scadenza per la comunicazione al sistema informativo sanitario del ministero della salute dei modelli riepilogativi regionali coincide con la giornata odierna, vale a dire il 15 febbraio dell'anno successivo a quello di riferimento. Solo successivamente, pertanto, potrà essere effettuata la procedura di verifica e quindi gli eventuali interventi invocati nell'interpellanza.
Sulla situazione gestionale e organizzativa della società pugliese si ritiene opportuno comunicare gli elementi forniti dal competente assessore.
L'assessorato alla politica della salute sta procedendo alla verifica dei modelli preconsuntivi del quarto trimestre dell'anno 2006; solo successivamente sarà possibile, da parte della regione, definire l'eventuale disavanzo delle aziende sanitarie. È stato sottolineato, a tale proposito che la sottostima del fondo sanitario nazionale nell'anno 2006, operato dal precedente Governo, e quantificata in 10 milioni di euro dallo stesso Documento di programmazione economico-finanziaria, ha inciso notevolmente sui conti di tutte le regioni, nonostante l'intervento successivo dell'attuale esecutivo con un incremento del fondo pari a 2 milioni di euro.
Gli orientamenti del governo Vendola vanno nella direzione di rimediare alla situazione di scarso livello assistenziale creatosi in precedenza nella regione, che ha determinato un sottodimensionamento sia degli operatori del settore, che in Puglia ammontano a complessive 35 mila unità, contro le 57 mila presenti in regioni con uguale popolazione (Emilia Romagna) o addirittura con popolazione inferiore (Toscana), che dei posti letto attivi, i quali risultano inferiori sia alla precedente programmazione che agli standard nazionali (4,5 posti letto per mille abitanti), in mancanza, peraltro, di soluzioni alternative sul territorio, alimentando, in tal modo, la mobilità dei cittadini pugliesi verso strutture sanitarie di altre regioni.
Per ovviare a tali carenze, la regione, con proprie leggi, emanate nel secondo semestre dell'anno 2005, ha provveduto ad autorizzare le aziende a bandire ed espletare i concorsi per i profili professionali più carenti nelle dotazioni organiche (ad esempio, gli infermieri professionali). L'assessore ha precisato, inoltre, che, al fine di fronteggiare eventuali situazioni di criticità nell'assicurare i livelli essenziali di assistenza, dovute anche alla programmazione del precedente Governo, con la legge regionale 8 agosto del 2006, n. 26, le direzioni generali sono state autorizzate a disporre, nelle more dell'adozione del piano sanitario regionale, l'attivazione di ulteriori attività o trasferimenti di sede, fermi restando i vincoli posti dagli standard nazionali e dalle esigenze di equilibrio economico.
L'assessorato ha ribadito che la nuova programmazione regionale è orientata verso il superamento delle rilevanti criticità emerse dai precedenti piani sanitari regionali.
Infine, in merito all'operato di taluni direttori generali, è stato precisato che la regione verificherà, anche attraverso indagini amministrative effettuate dal proprio nucleo ispettivo, l'attività gestionale delle aziende.
Con la legge regionale del 28 dicembre 2006, n. 39, sono state costituite le ASL provinciali di Bari, Foggia e Lecce; si è provveduto alla nomina dei commissari straordinari e alla cessazione dell'incarico di 9 direttori generali, dando applicazione al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 che prevede l'articolazione del servizio sanitario regionale, di norma, con una ASL per provincia. Per i direttori generali delle ASL di Brindisi e Taranto, essendo prossima la scadenza dei diciotto mesi del rispettivo mandato, ai sensi del decreto legislativo citato, una commissione regionale verificherà le attività poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi, Pag. 103assegnati a ciascuno con il provvedimento di incarico e con il documento di indirizzo economico funzionale annuale, fra i quali è prioritario il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario.
La regione ha affermato che è assolutamente fantasiosa la notizia per cui nella regione Puglia vi sarebbero ventidue strutture ospedaliere non completate e finanziate per un supposto importo di quasi un miliardo di euro. È, invece, vero che è in corso il completamento unicamente dei nuovi ospedali di Altamura e dell'IRCCS oncologico Giovanni Paolo II di Bari.
In ultimo, il Ministero della salute precisa che, con riferimento ai fondi previsti dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, la regione Puglia ha presentato, in occasione di recenti contatti intercorsi con questo ministero, un elenco di quarantuno interventi da attuare nell'ambito dell'edilizia sanitaria, che dovranno essere inseriti in una formale proposta regionale di accordo di programma. Si ritiene necessario, inoltre, osservare che il comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito presso questa amministrazione, ha valutato gli indicatori della regione Puglia in evidente processo di miglioramento.

PRESIDENTE. La deputata Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta del sottosegretario, perché ci rimanda ad una serie di dati e di verifiche che avverranno nel corso dell'anno, quindi nel secondo semestre del 2007.
Lei parla di qualità di prestazioni, ma ci tengo a farle sapere che, chiamando uno qualunque degli ospedali dell'area di Brindisi o di Taranto, per un screening mammario viene indicata la data del febbraio 2008 e lo stesso dicasi per una TAC, mentre per una visita senologica ci vogliono sette mesi e lo stesso tempo per una visita di neurochirurgia.
Lei ha parlato, invece, del problema del sottodimensionamento del personale: quindi, siamo felici perché, probabilmente, i quattrocento infermieri a rischio dell'ospedale Fazzi di Lecce non andranno a casa a giugno, ma verranno riassunti. Si tratta, dunque, di una buona notizia per gli amici dell'ospedale Fazzi che ci stanno ascoltando!
Mi sembra comunque strano che siano passati due anni da quando Vendola è stato eletto presidente della regione Puglia. Noi sappiamo che anche lei, sottosegretario Gaglione, era presente, insieme al presidente Vendola, su tutti i media della Puglia (giornali e telegiornali), per raccontare quanto fosse pessima la sanità in Puglia e come la gente perdesse addirittura la vita, quasi fosse colpa del presidente Fitto in persona! Vediamo, invece, come in questi due anni, in cui abbiamo pazientemente atteso di ricevere qualche segnale di cambiamento, non è successo nulla, tranne il fatto che sono stati aperti, come abbiamo detto più volte, alcuni day hospital in luoghi dove si sa, notoriamente, che tra poco si voterà. Ci sembra, quindi, che non sia questo il modo di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Sappiamo che il presidente Vendola ha riaperto il reparto di ostetricia dell'ospedale della sua città natale, Terlizzi, così come il senatore Latorre (il braccio destro di D'Alema) ha aperto il reparto di ostetricia a Fasano. Allora, non ci sembra che queste siano le risposte da dare ai cittadini!
Sono oltremodo preoccupata - e lo sono anche tutti i cittadini pugliesi - perché ho saputo del vostro ben architettato blitz al Senato con il quale avete soppresso il ticket di 10 euro sulle ricette. Molto bene; contemporaneamente, però, avete stabilito di affidare alle regioni il compito di individuare, concertandole con il Governo, nuove modalità alternative di compartecipazione alla spesa sanitaria. Dunque, abbiamo capito bene: da una parte togliete il ticket, ma ve lo riprenderete in qualche altro modo!
Siamo preoccupati, inoltre, perché vogliamo capire quale sarà il metodo di compartecipazione che verrà adottato dal presidente Vendola. Abbiamo il forte timore, dunque, che tale compartecipazione Pag. 104alla spesa sanitaria della regione Puglia venga realizzata chiudendo qualche reparto d'ospedale di qualche città amministrata dal centrodestra.
Insomma, a voi affidiamo questa nostra preoccupazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

(Rischi derivanti da una potenziale crisi da influenza aviaria - n. 2-00364)

PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00364 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, inizierò ricordando i fatti. Il 4 febbraio in Gran Bretagna, nell'allevamento di Suffolk, viene individuato il virus dell'influenza aviaria. Vengono abbattuti 159 mila tacchini e si tratta della prima volta che il virus H5N1 si manifesta nel 2007 in Europa occidentale.
La settimana precedente era stata riscontrata la presenza di tale virus in Ungheria. Nel 2006, il virus dell'influenza aviaria, ad alta patogenecità, è stato identificato in allevamenti di pollame ed in cinque Stati membri dell'Unione europea: Francia, Svezia, Germania, Danimarca e Ungheria. In altri nove paesi, invece - Italia, Grecia, Ungheria, Austria, Slovacchia, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca e Spagna -, il virus è stato scoperto su animali selvatici migratori.
Si sospetta che il virus si stia spargendo, anche se in misura minore rispetto allo scorso anno, per effetto delle migrazioni o delle importazioni di carni dall'estero. Nel frattempo, in Asia e in Africa esso miete vittime. La Turchia è il paese confinante con l'Europa più colpito; di recente, sono stati sottoposti a quarantena quattro villaggi dell'est del paese.
I dati non destano preoccupazione per la sicurezza, dal momento che l'Italia è all'avanguardia nei settori della tutela del consumatore e della profilassi veterinaria, ma vi è la preoccupazione che l'esplosione di nuovi focolai del virus vicino al nostro paese possa incidere sul consumo di pollame.
Il settore avicolo, infatti, va sollevandosi solo ora dalla caduta a picco dei consumi familiari subita nello scorso anno (-25,6 per cento), con un rialzo del 6 per cento. A preoccupare, dunque, è la carenza di informazioni ai cittadini, piuttosto che pericoli reali.
Credo che l'interpellanza urgente in oggetto risponda, più che alla volontà di conoscere e di sapere, all'esigenza di dare all'opinione pubblica un'informazione corretta. Tale informazione deve educare e prevenire quei fenomeni che, esattamente un anno fa, hanno sconvolto un settore che dà lavoro a 180 mila persone e ad oltre 500 aziende di trasformazione e, in alcuni ambiti delle nostre regioni, è la struttura portante del PIL dell'agricoltura.
Chiediamo al Governo quale siano le azioni che intenda intraprendere e quali siano le azioni che l'Europa sta cercando di portare avanti in questa direzione.
Credo di offrire al Governo l'occasione per fornire un'informazione corretta, onde evitare che l'esplosione di emotività, così com'è accaduto negli scorsi anni, degeneri e crei scompensi infiniti alle tante famiglie di allevatori che hanno visto ridurre, in maniera importante, il proprio reddito e la propria prospettiva di lavoro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Antonio Gaglione, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Bellotti, onorevoli deputati, si ribadisce quanto già precisato nella risposta ad una interpellanza svolta nella seduta di quest'Assemblea dell'8 febbraio e si conferma che, anche per l'anno in corso, pur in assenza dei flussi migratori in atto e in condizioni epidemiologiche definibili favorevoli, restano in vigore le misure adottate con l'ordinanza ministeriale del Pag. 10526 agosto 2005, e successive modifiche ed integrazioni, concernente misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive di volatili da cortile.
Relativamente ai recenti casi di focolai di influenza aviaria accertati in Ungheria, Regno Unito, Russia e Turchia, la Commissione europea non ha ritenuto necessario disporre misure supplementari a quelle già in vigore, finalizzate alla sorveglianza epidemiologica e all'applicazione delle norme di biosicurezza.
Pertanto, il Piano di monitoraggio per il 2007, diramato alle regioni e province autonome, prevede, con analoghi livelli rispetto allo scorso anno, la sorveglianza attiva, sia sul pollame domestico allevato che sui volatili selvatici, e la sorveglianza passiva effettuata con controlli sulle specie selvatiche a potenziale rischio trovate morte o cacciate.
Il 6 febbraio scorso si è riunita, presso il Ministero della salute, l'unità di crisi centrale per l'influenza aviaria, istituita con il decreto ministeriale del 9 gennaio 2006, per le necessarie valutazioni circa i recenti focolai di influenza aviaria riscontrati nel pollame domestico.
Alla riunione era presente il Centro di referenza nazionale di Padova, che ha fornito aggiornamenti sui focolai da virus H5N1 citati ed ha confermato che i circa 14.200 campioni, esaminati dalla data dell'11 ottobre 2005 nell'ambito del piano di sorveglianza nazionale, sono risultati tutti negativi per i virus influenzali H5 e H7 ad alta patogenicità.
In tale occasione, è stato stabilito di predisporre, in tempi rapidi, una nota indirizzata alle autorità sanitarie regionali che sintetizzi alcune raccomandazioni e ribadisca la priorità di mantenere elevato il livello di allerta e il rigoroso rispetto delle norme in vigore, anche in un periodo epidemiologicamente favorevole per il nostro territorio, come quello attuale.
Deve essere sottolineato, peraltro, che il monitoraggio realizzato fin dal 2004 e l'adozione del piano di vaccinazione di emergenza in alcune zone considerate ad elevato rischio (Lombardia e Veneto), hanno contribuito a mantenere lo status sanitario indenne da influenza aviaria.
Relativamente alle iniziative ritenute utili per supportare il comparto avicolo in presenza di un'eventuale crisi, si richiama l'attenzione degli onorevoli deputati sulla legge 11 marzo 2006, n. 81, in particolare sull'articolo 1-bis, che ha già previsto aiuti al comparto avicolo, qualora abbia subito danni in conseguenza della precedente crisi di influenza aviaria.
Inoltre, è già all'esame della Commissione europea uno schema di decreto attuativo, ai sensi di quanto previsto dalla legge citata, predisposto dal Ministero delle politiche agricole e forestali e di concerto con il Ministero della salute.

PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di replicare.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto in maniera assolutamente parziale e cercherò di motivarne le ragioni. Innanzitutto, dal rappresentante del Governo mi sarei aspettato una descrizione più ampia sullo stato di attuazione della sicurezza agroalimentare nel nostro Paese.
Nella scorsa legislatura abbiamo compreso il fatto che per sviluppare il made in Italy nel settore agroalimentare era fondamentale certificare e dare una sorta di carta di identità ai nostri prodotti agricoli. Ciò ha consentito, anche grazie all'aiuto e alla grande capacità dei nostri veterinari e del nostro servizio sanitario nazionale, di farci trovare preventivamente coperti di fronte ad una serie di patologie animali di provenienza esterna. A mio avviso, tale aspetto sarebbe dovuto essere meglio evidenziato nella risposta del Governo.
Inoltre, un'altra questione non sollevata, ma che riteniamo molto importante, è lo stato di attuazione dell'authority alimentare. Anch'essa è stata preventivamente messa in cantiere nel corso della scorsa legislatura, ma ad oggi non sappiamo quale stato di attuazione intenda darle il Governo.
La mia interpellanza urgente avrebbe dovuto costituire l'occasione intanto per Pag. 106ribadire l'assoluta sicurezza delle merci alimentari italiane, in particolare dei nostri polli. Inoltre, avrebbe potuto essere l'occasione per un richiamo sereno e serio nei confronti di chi fornisce informazione, perché essa deve essere scientifica, adeguata, adatta e non emozionale, per non gettare nel panico i consumatori che ascoltano i notiziari, come avvenuto lo scorso anno. Infine, l'interpellanza avrebbe potuto essere l'occasione per dire che il Governo, dal punto di vista della sicurezza alimentare, prosegue nella strada tracciata dall'ex ministro delle risorse agricole, Gianni Alemanno, e poi proseguita dall'allora ministro Storace. Pertanto, ritengo che sia stata persa un'occasione importante.
Il Governo, oltre ad informarci sullo stato dell'arte e sull'agenda dell'Europa riguardo alle azioni preventive che intende mettere in atto, ha, a mio avviso, anche l'obbligo di togliere qualsiasi dubbio sul problema dell'etichettatura, come invece purtroppo si adombra anche da parte di autorevoli componenti del cosiddetto governo europeo. Si tratta di un problema serio, sollevato anche dalla Coltivatori diretti e credo che il Governo italiano voglia scongiurare questo pericolo politico incombente all'interno dell'Unione europea.
Da ultimo, ritengo che quando si parla di sicurezza alimentare non ci si riferisca soltanto ai decreti attuativi, alle norme o all'esaltazione della qualità italiana. Intanto, dobbiamo rivolgere un ringraziamento doveroso per la vigilanza importante che si effettua quotidianamente nel nostro Paese, al settore del controllo, iniziando dai veterinari e dalle nostre forze dell'ordine. Per costruire questa grande sicurezza alimentare serve l'aiuto ed il contributo di tutti. Dobbiamo sempre ricordare che la sicurezza alimentare significa serenità di una nazione. Dopo i fatti verificatisi in Inghilterra relativamente alla BSE, dove è stata data informazione corretta con un ritardo di dieci anni - e sappiamo bene con quali disastri - in Italia, grazie al contributo di tutti, siamo riusciti ad evitare tali disastri. Tuttavia, alla base vi è un'informazione sana e corretta.

(Iniziative per risolvere la posizione fiscale del personale italiano a contratto presso le rappresentanze diplomatiche e gli istituti di cultura negli Stati Uniti d'America - n. 2-00368)

PRESIDENTE. L'onorevole Ferdinando Benito Pignataro ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bellillo n. 2-00368 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11), di cui è cofirmatario.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. La ringrazio, Presidente.
Signor sottosegretario, proprio mentre preparavamo questa interpellanza urgente nei giorni scorsi, è comparso sul Corriere della sera un articolo dal titolo: «I nostri diplomatici evasori per il fisco degli Stati Uniti».
L'articolo si riferisce a questo contenzioso tra Stati Uniti e Italia. Gli Stati Uniti sostengono che il personale dell'ambasciata deve pagare le tasse in loco. Il personale in servizio presso le ambasciate, le sedi consolari e gli istituti di cultura italiana ha ricevuto in questi giorni una lettera dal fisco americano, che intima di pagare le tasse arretrate entro il 20 febbraio. Si tratta di somme sostanziose: il debito pro-capite che i nostri connazionali avrebbero contratto con il fisco americano ammonterebbe a somme da 75 mila a 100 mila dollari.
L'articolo riportava tra l'altro che se queste persone non pagheranno entro il 20 febbraio, saranno trattate alla stregua di criminali comuni.
Credo che intanto sia necessario precisare che non si tratta di diplomatici, ma del personale delle sedi diplomatiche. Il fatto riguarda, in particolare, il personale non già del Ministero degli affari esteri, ma di quelle persone a contratto locale, di cui abbiamo già avuto modo di parlare per le tante vertenze e i tanti problemi, segnalati Pag. 107ai governi che si sono succeduti in questi anni e, purtroppo, rimasti drammaticamente irrisolti.
Per ultimo, proprio durante la discussione e l'esame della legge finanziaria 2007 (ma anche su questo punto non siamo riusciti a far approvare la nostra tesi) avevamo esperito il tentativo di modificare il decreto-legge n. 223 del 2006 (successivamente convertito in legge, il cosiddetto decreto Bersani), che a sua volta modificava l'articolo 3, comma 1, e l'articolo 24, comma 3, del testo unico per le imposte sul reddito, stabilendo che i soggetti non residenti, oltre a non avere diritto alle deduzioni per carichi di famiglia, non avrebbero, e non avranno, più diritto alle deduzioni per assicurare la progressività dell'imposizione, la cosiddetta no tax area.
Ci troviamo di fronte all'assurdo che il personale a contratto, il cui reddito viene sottoposto al regime fiscale italiano, subisce un trattamento fiscale discriminante rispetto a quello riservato al personale di ruolo, a parità di reddito, di condizione lavorative e familiari.
Si tratta di una delle tante discriminazioni a cui sono soggetti questi lavoratori e connazionali, i quali sono poi quei lavoratori fissi delle ambasciate, delle sedi consolari e degli istituti di cultura italiana. Si tratta di dipendenti fissi perché, mentre il personale del ministero degli affari esteri viene spostato in rapida successione da sede a sede, questi lavoratori sono la memoria storica presso le nostre sedi diplomatiche e istituti di cultura. Sono quei lavoratori che hanno il contatto, il rapporto continuo con i nostri connazionali che lavorano o risiedono all'estero.
Guardi, sottosegretario, credo che essi rischino tra l'altro anche una beffa ulteriore.
Pare infatti che le spese per le nostre sedi all'estero sarebbero decurtate del 35 per cento, facendo prevedere la chiusura di sedi consolari. A fronte di questo problema, a differenza che per il personale di ruolo non c'è nessuna previsione, per la ricollocazione del personale a contratto ed il mantenimento dei livelli occupazionali.
Su questo, sui diritti sindacali negati (basti pensare che questi lavoratori, a differenza degli altri, sono esclusi dalle elezioni delle rappresentanze sindacali, in base al decreto legislativo n. 103 del 2000), su tutte queste discriminazioni noi presenteremo nei prossimi giorni dei progetti di legge.
Le differenze e discriminazioni che riguardano questi lavoratori, però, sono tante: esse riguardano l'avanzamento professionale di carriera, diversificato rispetto al personale di ruolo, la stessa disparità di trattamento salariale (vi è fra l'altro anche una differenza nell'adeguamento all'aumento del costo della vita), le disparità sul trattamento economico in casi di malattia, il non accesso ai processi di formazione e riqualificazione.
Insomma, signor sottosegretario, si tratta di una vertenza ampia che ci auguriamo - visto che abbiamo sollevato il problema alla sua presenza - possa trovare un tavolo stabile al Ministero degli affari esteri, al fine di risolvere, caso per caso, tutte le questioni.
L'urgenza dell'interpellanza sta nel fatto che entro il 20 questi nostri cittadini o non accetteranno il condono e quindi saranno perseguiti dalla giustizia degli Stati Uniti d'America, oppure lo accetteranno e si autodenunceranno quali evasori fiscali; ciò, pur avendo regolarmente pagato le imposte - prelevate, accantonate e versate dal Ministero degli affari esteri, quale sostituto d'imposta - al ministero delle finanze americano. Essi pagano per un'omissione del Ministero degli affari esteri, che nella fase di accantonamento e versamento delle imposte avrebbe dimenticato di applicare i dettati dell'accordo bilaterale Italia-Usa. Quindi, non si tratta di evasori, ma di vittime di un errore che essi non hanno commesso.
Nei giorni scorsi le loro organizzazioni sindacali avevano chiesto all'ambasciata italiana negli Stati Uniti d'America di conferire un incarico ad un esperto americano di questioni fiscali, in modo che potesse dirimere la matassa, seguire la loro vicenda, il loro contenzioso e tentare Pag. 108di recuperare la situazione; fino ad oggi, però, non vi è stata nessuna risposta.
Anche il personale delle ambasciate di altri paesi è stato coinvolto nella verifica fiscale dall'amministrazione americana, partita nel febbraio 2006. Esso però è stato sollevato dall'amministrazione di provenienza, che è riuscita (come nel caso della Gran Bretagna, che si è fatta carico di rimborsare direttamente le imposte al fisco americano) a trovare soluzioni che tutelassero i loro dipendenti.
L'intervento che noi chiediamo riguarda lo slittamento della data del 20 febbraio relativa al condono e, nel frattempo, la revisione degli accordi fra l'Italia e gli Stati Uniti in materia tributaria, in modo che il trattamento fiscale sia improntato alla reciprocità fra stati aderenti. Insomma, vogliamo che vi siano accordi più chiari per prevenire situazioni di conflitto ed evitare le conseguenze date dalla richiesta di regolarizzazione relativa a situazioni debitorie pregresse nei confronti del personale a contratto.
Tra l'altro, vi è un precedente pericolosissimo avvenuto l'anno presso le nostre sedi consolari in Canada. Ad un dipendente le autorità canadesi hanno posto sotto sequestro tutti i beni in suo possesso e richiesto la restituzione di 300 mila euro, nonostante le tasse fossero pagate e incassate dal fisco italiano.
Quindi, si rende indispensabile la ratifica degli accordi sottoscritti da parte del Parlamento e una decisione in base alla quale le irregolarità causate dalle inadempienze del ministero vengano prontamente sanate. In ogni caso, credo urga un intervento immediato presso gli Stati Uniti per cercare di chiudere una vicenda, che potrebbe provocare danni enormi a lavoratori italiani.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Donato Di Santo, ha facoltà di rispondere.

DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Le prime avvisaglie di un irrigidimento del fisco statunitense sulla questione evocata dall'onorevole interpellante risalgono al marzo 2006. In quella occasione la nostra ambasciata a Washington aveva informato il Ministero degli affari esteri di un possibile, nuovo approccio americano al complesso tema del regime fiscale applicabile al personale a contratto, in servizio presso tutte le missioni estere negli USA.
Questo sviluppo, come segnalava l'ambasciata, lasciava tra le altre cose intravedere la possibilità di eventuali future verifiche del fisco locale sulla posizione tributaria di tutti i potenziali interessati, tra cui anche un certo numero di nostri dipendenti locali a contratto.
Nessuno sviluppo concreto è seguito nei mesi successivi. Tuttavia, il Ministero degli affari esteri ha proceduto, comunque, ad un approfondimento della materia con lo scopo di mettere meglio a fuoco la posizione fiscale del personale interessato, anche in relazione alle convenzioni vigenti.
Dalla verifica è emerso che, in una serie di casi (49 impiegati su un totale di 123) il regime fiscale previsto dai contratti di impiego dei singoli dipendenti non risultava conforme al dettato della convenzione bilaterale tra Italia e Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni, in vigore dal 1985, in quanto in essi erano contenute clausole che disponevano l'assoggettamento degli interessati ai prelievi alla fonte dell'erario italiano.
Questa difformità non era, però, immotivata. La decisione di applicare ai casi in parola il regime fiscale italiano anziché quello americano nasceva, infatti, dalla constatazione dell'esistenza di una situazione di reciprocità de facto, che è risultata sostanzialmente avallata anche dalla vigente normativa statunitense.
Veniva, infatti, rilevato che le autorità tributarie americane sembravano essere prevalentemente interessate ad esercitare la propria potestà tributaria sui propri cittadini in servizio all'estero alle dipendenze delle proprie rappresentanze diplomatiche.
Solo all'inizio dello scorso dicembre le avvisaglie di irrigidimento del fisco statunitense prendevano concretezza con la comunicazione formale a tutte le missioni Pag. 109estere degli Stati Uniti dell'avvenuta adozione di un provvedimento del servizio delle entrate, consistente in una proposta di condono fiscale diretta a tutti gli impiegati delle rappresentanze estere negli Stati Uniti che non fossero in regola con il versamento delle imposte nel paese. Come termine di scadenza per aderire alla proposta di condono veniva fissata la data del 20 febbraio 2007, un termine apparso subito palesemente inadeguato in rapporto all'obiettiva complessità della materia, come anche del numero dei soggetti di vari paesi potenzialmente coinvolti.
Di fronte alle comprensibili preoccupazioni del personale interessato, il Ministero degli affari esteri ha intrapreso una serie di iniziative e contatti miranti a ottenere una congrua proroga del suddetto termine del 20 febbraio, a pervenire ad un riconoscimento da parte statunitense dell'esistenza di una condizione di reciprocità che, anche sulla base delle stesse disposizioni interne americane (sezione 893 del codice delle entrate fiscali) consenta il mantenimento dello status quo ante ovvero, in subordine, escluda qualsiasi effetto retroattivo delle pretese del fisco statunitense.
Per il conseguimento del primo obiettivo, in aggiunta ai numerosi interventi effettuati a livello bilaterale sia a Washington sia a Roma - in parallelo con analoghe sollecitazioni svolte anche da altri paesi dell'Unione europea - sono state date istruzioni alla nostra ambasciata affinché si facesse attiva promotrice anche di un passo da parte della Presidenza tedesca dell'Unione europea. Un'iniziativa simile veniva intrapresa in ambito ONU dalla nostra rappresentanza permanente a New York.
La pressante azione condotta sulla controparte statunitense attraverso tutti i canali possibili ha sortito un primo fondamentale risultato. Abbiamo, infatti, appreso proprio ieri che le autorità americane sono infine pervenute alla decisione di prorogare fino al 30 marzo prossimo il termine per l'adesione alla proposta di condono fiscale, dando pertanto spazio all'avvio dei necessari articolati contatti anche a livello tecnico per chiarire la situazione.
Alla luce di tale sviluppo è stato già richiesto all'ambasciata a Washington di informare i propri interlocutori locali che l'Italia intende avviare immediatamente consultazioni bilaterali, che includano anche le competenti autorità tributarie, al fine di pervenire ad un'intesa definitiva e soddisfacente per entrambe le parti sulla controversa materia.
Vale la pena ad ogni modo sottolineare che, nei contatti sinora avvenuti, la controparte americana ha già manifestato la propria disponibilità ad approfondire la questione della reciprocità.
Nelle consultazioni che interverranno con le autorità statunitensi, l'amministrazione si avvarrà di uno specialista appositamente individuato dalla nostra rappresentanza a Washington.
Vorrei infine precisare che sui progressivi sviluppi della vicenda sono state tenute costantemente aggiornate le organizzazioni sindacali attraverso apposite informative, tenute sia a Roma che a Washington. Incontri di uguale tenore anche con il personale direttamente interessato si sono svolti a Washington e in altre sedi negli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Il deputato Pignataro ha facoltà di replicare.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Sono soddisfatto dell'intervento del Governo relativo alla mia interpellanza urgente, perché ritengo che il sottosegretario si sia presentato con risposte fattive alle nostre richieste di una proroga, anche se in termini molto brevi. È un fatto importante - era la prima richiesta che facevamo - che permetterà di promuovere quel chiarimento tecnico sugli accordi bilaterali e soprattutto di tentare di risolvere il problema della reciprocità.
Riguardo alla seconda questione, di cui credo non si possa che essere soddisfatti, si tratta di una risposta ad una delle richieste che era stata avanzata dalle organizzazioni sindacali e dagli stessi lavoratori Pag. 110a contratto negli Stati Uniti: essi chiedevano appunto di essere seguiti in tutta la fase di chiarimento e di confronto da uno specialista, di cui - il sottosegretario ce lo ha annunciato - la delegazione italiana si avvarrà.
Ritengo, quindi, che su questa vicenda ci possa essere soddisfazione, perché le risposte risultano adeguate e danno un segnale abbastanza chiaro di interesse da parte del Ministero degli affari esteri italiano verso questi lavoratori, che operano nelle nostre sedi consolari.
Ho fatto tutta una premessa nel mio ragionamento per arrivare a parlare di una vertenza molto più ampia, sulla quale mi pare evidente che il sottosegretario non potesse rispondere e che non era posta nei termini veri e propri di una interpellanza. Voglio, però, approfittare della presenza del sottosegretario Di Santo per sollecitarlo a questo punto, proprio perché vi sono elementi gravissimi di una vertenza che perdura da molto tempo e su cui non vi è alcuna soluzione, di farsi promotore o di promuovere in modo diretto un incontro con le organizzazioni sindacali su tutta la partita che riguarda i lavoratori a contratto delle ambasciate italiane, delle sedi consolari e degli istituti di cultura italiani all'estero.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente (ore 20,33).

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la VI Commissione permanente (Finanze) ha proceduto alla elezione del deputato Donatella Mungo a segretario, in sostituzione del deputato Luigi Cogodi, che ha cessato di far parte della Commissione.

Modifica nella composizione della Delegazione italiana presso le Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa e della UEO (ore 20,33).

PRESIDENTE. Con lettera in data odierna, il Senato della Repubblica ha comunicato che è stato operato un avvicendamento tra un membro effettivo e un membro supplente della Delegazione italiana presso le Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa e dell'Unione dell'Europa occidentale. In particolare, il senatore Tommaso Barbato è stato nominato membro effettivo e il senatore Aniello Formisano è stato nominato membro supplente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 19 febbraio 2007, alle 16,30:

Discussione del disegno di legge:
S. 1236 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Approvato dal Senato) (2200).
- Relatore: Dato.

La seduta termina alle 20,35.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. t.u. pdl 445-A e ab. - voto finale 491 471 20 236 471 63 Appr.
2 Nom. t.u. pdl 626-A/R e ab. - em. 2.1 449 321 128 161 54 267 63 Resp.
3 Nom. Votazione annullata Annu.
4 Nom. em. 2.70 parte I 456 326 130 164 71 255 63 Resp.
5 Nom. em. 2.61 454 451 3 226 185 266 63 Resp.
6 Nom. em. 2.20 457 449 8 225 446 3 63 Appr.
7 Nom. em. 2.21 267 263 4 132 11 252 70 Resp.
8 Nom. em. 2.500 252 250 2 126 248 2 69 Appr.
9 Nom. em. 2.26 366 363 3 182 118 245 68 Resp.
10 Nom. em. 2.9, 2.62 346 345 1 173 117 228 68 Resp.
11 Nom. em. 2.501 354 323 31 162 308 15 68 Appr.
12 Nom. em. 2.502 360 358 2 180 346 12 68 Appr.
13 Nom. em. 2.27 373 370 3 186 112 258 67 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. subem. 0.2.503.1 370 369 1 185 122 247 67 Resp.
15 Nom. subem. 0.2.503.2 373 370 3 186 322 48 67 Appr.
16 Nom. em. 2.503 330 270 60 136 264 6 67 Appr.
17 Nom. articolo 2 358 282 76 142 255 27 66 Appr.
18 Nom. em. 3.1 Mancanza numero legale NO