XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 106 di giovedì 8 febbraio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 10,05.

MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Bruno, Del Mese, De Simone, Evangelisti, Gozi, Leoni, Lion, Maroni, Pinotti, Realacci, Sgobio, Stucchi, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (A.C. 626-1090-1441-2018-A/R) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato di iniziativa dei deputati Mazzoni; Mascia ed altri; Boato e Mellano; De Zulueta: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, il subemendamento Benedetti Valentini 0.1.503.1 ed è stato accantonato il subemendamento Brigandì 0.1.503.2.
Avverto, inoltre, che dopo la fine della seduta, il presentatore ha ritirato il predetto subemendamento accantonato. La Commissione ha, quindi, presentato il subemendamento 0.1.503.3, ricompreso nel fascicolo, sul quale la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate - sezione 1).

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 626-A/R ed abbinate - sezione 2).
Passiamo al subemendamento 0.1.503.3 della Commissione. Invito il Governo ad esprimere il proprio parere su tale proposta emendativa, che, se nessuno chiede di parlare, porrò in votazione.

LUIGI MANCONI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

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MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei precisare che non ho mai ritirato il mio subemendamento 0.1.503.2 e chiedere quindi un termine, seppur brevissimo, perché intendo ripresentarlo.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, debbo informarla che il suo subemendamento è stato ritirato dal deputato Cota, tramite lettera, a nome del suo gruppo, durante i lavori del Comitato dei nove. Forse non è stato informato di questo fatto.

MATTEO BRIGANDÌ. Ribadisco che intendo chiedere un termine per ripresentare il mio subemendamento; altrimenti, raccoglierò le firme, perché credo che sia comunque un mio diritto.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, non posso accogliere la sua richiesta, perché la Commissione ha presentato un subemendamento e non è possibile presentare un subemendamento ad un altro subemendamento.

ALBERTO GIORGETTI. Ma com'è possibile?

PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo passare alla votazione.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,14).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 10,45.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

GIANCARLO GIORGETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, intendo intervenire con riferimento all'articolo 86 del nostro regolamento. Presidente, lei ha richiamato una prassi che, di fatto, preclude la possibilità ad ogni singolo deputato di emendare subemendamenti della Commissione o del Governo. Non intendo contestare tale prassi. Voglio però ricordare che l'utilizzo di questa facoltà da parte della Commissione o - tanto peggio - del Governo deve essere sempre ricondotta a specifiche fattispecie, che riguardano modifiche di carattere formale limitate e senza rilevante significato politico. Al contrario, un utilizzo - diciamo così - eccedente la normale amministrazione, ai limiti dell'abuso, della facoltà da parte della Commissione o, peggio - lo ribadisco -, del Governo di subemendare emendamenti della Commissione o di deputati, precludendo qualsiasi possibilità ai singoli parlamentari di emendare tali subemendamenti, significherebbe di fatto «tappare la bocca» all'istituzione parlamentare.
Per questo motivo, chiedo che la Giunta per il regolamento sia investita del problema, al fine di ricondurre a specifiche fattispecie la possibilità o - meglio - l'impossibilità da parte del Parlamento e del singolo parlamentare di subemendare ulteriormente subemendamenti presentati dal Governo e dalla Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

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PRESIDENTE. Onorevole Giorgetti, comprendo bene il senso della questione che lei ha posto. Come lei sa, tuttavia, il regolamento non contiene alcuna disposizione che precluda alla Commissione di presentare subemendamenti. Si tratta, infatti, di una scelta di tecnica legislativa che attiene alla discrezionalità della Commissione stessa e, in questo senso, sono numerosi i precedenti che risalgono alle precedenti legislature, all'ultima in particolare.
Del resto, è assolutamente consolidato il principio secondo cui non possono essere presentati subemendamenti a subemendamenti. Il subemendamento, infatti, per sua natura, ha contenuto e portata più limitati dell'emendamento, incidendo soltanto su una parte del testo dell'emendamento cui è riferito. Pertanto esso, ancorché presentato dalla Commissione o dal Governo oltre il termine ordinario, si inserisce in un contesto già noto, determinato dall'emendamento al quale accede, rispetto al quale è già stata garantita la possibilità di presentare proposte modificative.
Mi rendo conto, comunque, della delicatezza della questione che lei ha posto e concordo con lei che la stessa debba essere sottoposta alla Giunta per il regolamento. Quindi, accolgo in questo senso la sua sollecitazione.

LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo...? Anche lei per un richiamo al regolamento, onorevole Barani?

LUCIO BARANI. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, quando ha iniziato la seduta, venti minuti fa, ha detto che il subemendamento Brigandì 0.1.503.2 è stato ritirato, se non sbaglio dall'onorevole Cota. Io sono l'ultimo firmatario di quell'emendamento, a nome del mio gruppo: io non l'ho ritirato. Non vorrei che in questa Assemblea ci fossero deputati e gruppi di serie A e deputati e gruppi di serie B. Anche noi vorremmo rispetto e vorremmo essere considerati! Altrimenti, ce lo dite e noi informeremo i nostri elettori che la Camera dei deputati non è una Camera democratica e che si agisce a seconda delle convenienze.

PRESIDENTE. Onorevole Barani, lei sa bene che, con il ritiro della firma, a nome del gruppo della Lega Nord, da parte dell'onorevole Cota, le due firme residue - Brigandì e Barani - non erano sufficienti per sostenere il mantenimento del subemendamento richiamato. Questa è la ragione.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, penso che si stiano facendo una serie di forzature. Ieri sera, eravamo in sede di dichiarazione di voto, e in quella sede è poi avvenuto tutto quello che c'è stato, il rinvio e quant'altro.
Questa mattina in Assemblea vediamo scomparire dal fascicolo degli emendamenti il subemendamento Brigandì 0.1.503.2 per il quale si era in fase di dichiarazione di voto. Il collega che ha preso la parola prima di me, ponendo la questione, era uno dei firmatari di quella proposta emendativa.
Personalmente non credo si possa sottrarre al dibattito dell'Assemblea una proposta emendativa sulla quale si stavano già svolgendo, lo ripeto, le dichiarazioni di voto. Presidente, questo fatto è di per sé già grave perché non si riesce a comprendere l'accanimento sulla questione degli stipendi dei membri della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani. È come se già si sapesse il nome di chi comporrà quell'organo e si volesse tutelare quel signore su uno stipendio evidentemente già concordato.
Presidente, la prego di rivedere la sua decisione in merito al subemendamentoPag. 4che si dice ritirato, Brigandì 0.1.503.2, sul cui ritiro oltretutto non sono d'accordo tutti i firmatari e che, inoltre, non può essere fatto proprio dai gruppi. Ci troviamo, cioè, in una situazione tale per cui quel subemendamento ieri non era stato ritirato, e su di esso si sono svolte delle dichiarazione di voto; successivamente, si è sospesa la seduta ed oggi la si riapre senza quel subemendamento. Ripeto, inoltre, che tale subemendamento non può essere fatto proprio dai gruppi.
Ritengo che quella appena descritta rappresenti una sottrazione assolutamente inaccettabile per l'Assemblea, anche perché il testo del subemendamento 0.1.503.3 della Commissione non contiene una lieve difformità rispetto al subemendamento Brigandì 0.1.503.2, ma ci troviamo di fronte ad un testo completamente diverso da quello sul quale ieri, gruppi e deputati, in Assemblea, si erano già espressi nel merito. Credo, pertanto, che una cosa di questo genere potrebbe eventualmente verificarsi solo con l'accordo di tutti i gruppi, ma l'Assemblea non si può vedere sottratta una materia sulla quale ha già dibattuto e sulla quale si sono svolte delle dichiarazioni di voto. Presidente, i colleghi che si sono già espressi nel merito con la loro dichiarazione di voto, li vogliamo ascoltare se accettano questa procedura, oppure no?
In conclusione, ritengo che quel subemendamento non possa «scomparire» dai lavori dell'Assemblea. La Presidenza scelga la procedura migliore, che può essere anche quella di «mantenerlo in piedi» insieme al subemendamento della Commissione. Quest'ultimo, infatti, non cancella le altre proposte emendative presentate. Se poi si vuole fare una forzatura e si mantiene solo il subemendamento della Commissione, allora non si può sostenere che non è possibile presentare un subemendamento a quello presentato dalla Commissione! Noi oggi ci troviamo, lo ripeto, nella situazione secondo la quale non possiamo fare nostro il subemendamento Brigandì 0.1.503.2, e non possiamo neanche modificare quello della Commissione.
Quella seguita, a mio avviso, è una procedura incredibile che crea un precedente assolutamente inaccettabile! Già ieri, lo diceva un collega, è stato sottratto un emendamento mentre si svolgevano le relative dichiarazioni di voto. È assolutamente inaccettabile che una maggioranza, quando «traballi» sull'esito del voto, possa ritirare una proposta emendativa quando gli pare e in qualunque momento!
Noi chiediamo di trovare il modo di reinserire nel testo del provvedimento la previsione per la quale lo stipendio dei membri della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani sia riferito allo stipendio percepito dai parlamentari, al fine di evitare ogni altra alterazione e per fare una battaglia di buonsenso e di pulizia morale.
Presidente, ci dica lei, scelga la formula più opportuna, affinché ciò possa essere fatto in modo da reinserire - come chiedo io - nel dibattito odierno dell'Assemblea quanto le è stato, con una forzatura regolamentare, sottratto.

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, siccome lei ha ritenuto di riproporre la questione che abbiamo risolto ieri sera in ordine all'accantonamento del subemendamento Brigandì 0.1.503.2, devo ribadire, come avevo già comunicato ieri sera, che presso la Presidenza è disponibile la documentazione relativa a tutti i precedenti.
Devo dire che anch'io ho visionato i precedenti e, con riferimento alla passata legislatura, quelli relativi ai casi di accantonamento durante le dichiarazioni di voto sono numerosi. Del resto, è anche comprensibile che ciò avvenga perché in quale sede maturano le condizioni per chiedere l'accantonamento se non quando vi è una dichiarazione di voto che pone delle condizioni nuove?
L'ultimo esempio in tal senso - vorrei ribadirlo per rispetto ai colleghi della Lega Nord Padania - nella precedente legislatura riguardava proprio una proposta di accantonamento da parte dell'onorevole Polledri - che è stata accolta - durante le dichiarazioni di voto. Questa non è la prassi bensì una condizione che - ritengoPag. 5- risponde anche ad una logica regolamentare: la sede delle dichiarazioni di voto è quella in cui si forma una nuova volontà o una nuova intenzione che la Camera esamina, cioè quella di accantonare al fine di approfondire la materia.
Quindi, la prego di considerare che il comportamento della Presidenza è stato assolutamente corretto e rispettoso del regolamento e di tutte le prerogative parlamentari.
In questo caso noi ci troviamo di fronte alla situazione seguente (l'ho già detto rispondendo alla questione posta dall'onorevole Barani). Vi era un subemendamento; nella Conferenza dei capigruppo tenutasi ieri sera dopo la sospensione dei lavori dell'Assemblea, si è discusso di questo e si è convenuto di portare la materia in sede di Comitato dei nove. In quella sede, nel Comitato dei nove, che è un organo parlamentare (non si sottratte al Parlamento alcunché, posto che non è stata decisa la presentazione di un nuovo testo di subemendamenti in una sede extraparlamentare) era presente il rappresentante del gruppo della Lega Nord il quale ha ritenuto di ritirare la propria firma dal subemendamento. In quel caso, si è determinata una condizione tale per cui il subemendamento Brigandì 0.1.503.2 è stato considerato decaduto perché mancavano i presupposti per la sua presentazione: non vi era un sostegno sufficiente. Tuttavia, in quella sede, cioè, nel Comitato dei nove, si è andati oltre. Non è stato un capriccio quello dell'onorevole Cota, bensì una manifestazione di disponibilità a cercare una formulazione che fosse il più ampiamente condivisa. Questo è il senso della riunione del Comitato dei nove: ci si riunisce per trovare una soluzione a un problema su cui, in Assemblea, ci si è fermati. Questo è ciò che è avvenuto alla luce del sole, senza alcuna sottrazione o mortificazione delle prerogative parlamentari. Spero di essere stato esauriente per quanto riguarda le questioni che mi ha sottoposto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. A seguito delle sue parole, signor Presidente, mi permetta di esprimerle il nostro ringraziamento perché esse hanno precisato che il contesto nel quale stiamo agendo rispetta in pieno il regolamento e ciò ci rende più sereni. Il regolamento, come tutti sanno, è fatto di norme e precedenti di cui spesso maggioranza e opposizione sono «vittime e carnefici»: alcune volte vengono contestati, altre utilizzati.
A lei, signor Presidente, a proposito delle parole del collega Giorgetti, vorrei dire che, anche quando siamo in contrapposizione su molti punti, dobbiamo avere la lucidità di individuare i momenti in cui vengono poste delle questioni che, a prescindere dallo schieramento politico di cui siamo parte, indubbiamente interessano la vita stessa del nostro Parlamento nel quale vi è, innanzitutto, la possibilità, per ogni singolo deputato, di poter svolgere il proprio mandato attraverso gli strumenti che il regolamento prevede. Non c'è dubbio che quanto da lei detto corrisponde alla realtà, cioè, che vi sono molti precedenti che legittimano quanto accaduto. Tuttavia, non c'è dubbio che anche la questione posta dal collega Giorgetti meriti un approfondimento da parte della Giunta per il regolamento.
Quindi, noi concordiamo con la sua decisione, come con la richiesta del collega Giorgetti di verificare, in sede di Giunta per il regolamento, questa fattispecie (penso che l'altra sia assolutamente normale e naturale). Non c'è dubbio che la questione posta dal collega Giorgetti meriti un approfondimento perché qualche problema, a mio avviso, lo pone.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei sottoporle un'ulteriore argomentazione in aggiunta a quelle già ascoltate dai colleghi.
Nel corso di questa legislatura ci siamo trovati davanti ad una serie di escamotage per «dribblare» alcuni problemi. Ad esempio, mi riferisco all'emendamentoPag. 6suddiviso in centinaia di commi che ha risolto il problema della legge finanziaria o all'ordine del giorno con il quale si è preteso di intervenire su una legge, perché una nuova lettura al Senato avrebbe creato problemi e così via. Vorrei soltanto dire che se viene presentato, come accaduto per la legge finanziaria, un articolo «schermo» (per usare una metafora dantesca) e poi ad esso viene riferito un subemendamento, contenente la norma effettiva, si finisce sostanzialmente, come in questo caso, con l'eliminare la possibilità per il singolo parlamentare di svolgere la propria attività emendativa.
Signor Presidente, ha certamente pregio quanto lei ha detto, ovvero che esiste un Comitato dei nove nel quale si prendono decisioni a nome dei gruppi, ed in proposito bene ha fatto l'onorevole Cota a mediare, perché questo era il suo compito. Tuttavia, è altrettanto vero che ciascun parlamentare, una volta eletto, rappresenta l'unità della nazione. Quindi, non lo si può orbare del suo sacrosanto diritto di emendare un testo. È certamente vero che con la sola firma del capogruppo posso raccogliere 23 firme, ma in cinque minuti posso anche tentare di raccoglierne 30 trasversali agli schieramenti.
A mio avviso, la Presidenza deve garantire una giustizia di sostanza e non di forma. Si corre il rischio che questo escamotage, sia oggi che in seguito, funzioni non nel senso di presentare un articolo inutile, che non sarà approvato, ma che ad esso si riferisca un subemendamento non più emendabile. Pertanto, con il subemendamento si supera tutto. Le consegno molto tranquillamente questa osservazione e chiedo che lei faccia giustizia sostanziale e non meramente formale. Altrimenti, i computer potrebbero tranquillamente sostituire tutti i magistrati, risparmiando anche sui costi loro collegati.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, mi pare che le sue argomentazioni aggiungano altri motivi per sostenere la richiesta già avanzata dall'onorevole Giancarlo Giorgetti di sottoporre la questione alla Giunta per il regolamento. In qualità di giurista, lei per primo sa molto bene che il suo invito a soddisfare la sostanza anziché la forma non può essere da me raccolto perché la mia funzione mi impedisce di violare la forma, ovvero quanto prescritto dal regolamento. Tuttavia, mi rendo conto della fondatezza delle sue osservazioni e sicuramente ora esiste un argomento in più per sottoporre la questione alla Giunta per il regolamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, ero presente al Comitato dei nove. La questione sottoposta dall'onorevole Giancarlo Giorgetti è diversa da quella che lei ha richiamato in apertura di seduta. Infatti, essa è indipendente dal ritiro o meno di questo o di quell'emendamento. Se, in sede di Comitato dei nove, la Commissione o il Governo presentano un subemendamento, e quindi redigono un testo nuovo, ai deputati deve essere certamente concesso il termine per poter presentare un subemendamento. Così dovrebbe essere, perché tecnicamente l'emendamento della Commissione o del Governo non può qualificarsi come subemendamento, ma, al limite, come emendamento. Non può cristallizzarsi questo pericoloso precedente. Non sono d'accordo sul fatto che l'emendamento della Commissione venga classificato come subemendamento; esso deve essere qualificato come emendamento, indipendentemente dal fatto che gli emendamenti precedenti vengano o meno ritirati. Anche se gli emendamenti fossero mantenuti, il passaggio di quell'emendamento, che lei oggi classifica come subemendamento, precluderebbe tutti gli altri emendamenti.
Quanto detto è l'argomento che ripropongo, ovvero che quell'emendamento della Commissione venga classificato come emendamento e non come subemendamento e che, a fronte di tale decisione, sia data la possibilità di subemendarlo, non soltanto al gruppo della Lega, ma a tutti i gruppi presenti in quest'aula e, quindi, a tutti i parlamentari. Si tratta di due cose diverse. Non possiamo creare un precedentePag. 7pericoloso, che potrebbe dare il via alla presentazione da parte del Governo di emendamenti che la Presidenza qualifica come subemendamenti, impedendone così la discussione in Assemblea, a fronte di testi oggettivamente nuovi.

PRESIDENTE. Onorevole Cota, la qualifica di subemendamento non è una decisione discrezionale della Presidenza. Questo subemendamento è stato presentato dalla Commissione e dal suo presidente in questa veste e la Presidenza ha semplicemente certificato che, per esso, era compatibile la qualifica di subemendamento, perché accedeva e si riferiva ad un articolo preciso e conosciuto e ad un emendamento preciso e conosciuto. Quindi, la Presidenza ha semplicemente registrato e preso atto della presentazione da parte della Commissione di un subemendamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, posto che anch'io condivido la richiesta del presidente Giorgetti di sottoporre la questione alla Giunta per il regolamento, vorrei cortesemente chiedere al presidente Violante se può spiegare all' Assemblea le posizioni che sono state assunte in merito al subemendamento in questione, perché sembra che non ci sia più la paternità dello stesso. Allora, a titolo personale, avrei piacere di sapere chi era contrario e chi, invece, era favorevole, per capire anche il merito della questione; infatti, seppur è legittimo cambiare opinione, mi sembrerebbe strano che lo si facesse tra le 10 di sera e le 9 del mattino. Peraltro, dal momento che ora non si alza in piedi nessun collega per parlare a favore del lavoro svolto ieri in Commissione, mi sorge il dubbio che sia stata un'invenzione e che, quindi, siamo di fronte ad una fiction. Ringrazierei il presidente Violante della sua disponibilità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là dell'interpretazione dei codicilli, che appassiona soprattutto chi di noi esercita la professione forense, ma poco l'opinione pubblica - che ci sta ascoltando e che, forse, non è poca -, noi ci stiamo rendendo conto che stiamo maneggiando il regolamento non per far esprimere il Parlamento, ma per non farlo esprimere. Questo è politicamente molto grave. Non discuto della regolarità formale in questo caso della sua dichiarazione o di interpretazioni che taluni possono fare, più o meno legittimamente, ma dico che, sicuramente, ieri sera ci siamo lasciati su un subemendamento del collega Brigandì ed altri (quindi non solo di un gruppo parlamentare), sul quale si stava realizzando una larga convergenza di volontà e che era ispirato al principio del ridurre gli oneri necessari all'attuazione della norma in questione e, a fronte di questa convergenza di volontà che si stava preannunciando e con le dichiarazioni di voto in corso - cosa sulla quale si è lungamente polemizzato -, è stato chiesto l'accantonamento del subemendamento Brigandì 0.1.503.2 per scongiurare la votazione in quel momento e rimandarla. A questo punto, ci ritroviamo questa mattina - ecco perché ho detto che stiamo lavorando per non far esprimere il Parlamento e questo è davvero inaccettabile - con un testo che tradisce la volontà del presentatore, addirittura, preconizzando effetti contrari.
Infatti, si andrebbe comunque a stabilire una retribuzione o un'indennità addirittura superiore a quella prevista nel testo di partenza. Nella sostanza, ciò sarebbe scandaloso.
Quando discuteremo nel merito, io vi dimostrerò con le cifre che il meccanismo previsto è fondato, mettendo a raffronto l'emendamento 1.503 della Commissione con il mio emendamento 1.17. Ora, veniamo a stabilire che il subemendamento Brigandì non esiste più e che per tale motivo non si può più subemendare. Dunque, ci troviamo «incaprettati» a far passare una norma che comporta un aumentoPag. 8e non una diminuzione dell'indennità dei membri della Commissione in esame.
Se questo vi sembra significhi rispettare la sovrana volontà di un Parlamento che ieri sera si stava già esprimendo con dichiarazioni di voto, interpellate la vostra coscienza di parlamentari e non di maneggiatori di codicilli, come peraltro in questo momento non dovremmo essere.
Io mi sento in coscienza di appoggiare la proposta dell'onorevole Cota perché rispetta la forma, ma soprattutto rende onore alla sostanza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente Violante, in modo che possa anche rispondere alla richiesta dell'onorevole Volontè in merito a quanto avvenuto ieri in Commissione. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Sì, certo. Signor Presidente, se mi permette, prima volevo dire che il problema della non modificazione dei subemendamenti è determinato dal principio per cui se il subemendamento può essere corretto con un subemendamento, che a sua volta può essere corretto da un altro subemendamento, non si finisce più. Questa è la ragione per cui dal 1948, cioè da quando funziona questa Assemblea, il subemendamento non è modificabile.
Detto questo, per quanto riguarda ieri, signor Presidente, noi abbiamo sentito le motivazioni dell'Assemblea e abbiamo ritenuto che la proposta emendativa presentata fosse da correggere sulla base delle affermazioni fatte. Abbiamo quindi chiesto un accantonamento del subemendamento per correggerne il testo. Altrimenti, qual è il motivo per cui dibattiamo, colleghi? Noi qui discutiamo per fare le leggi o per fare la guerra? Se discutiamo per fare le leggi, allora ci ascoltiamo, ci correggiamo, umilmente accettiamo le correzioni, veniamo in Assemblea con i testi corretti. È proprio questo ciò che è accaduto ieri.
Nel Comitato di nove - e qui raccolgo l'invito del presidente Volontè - abbiamo fatto riferimento al plafond dei parlamentari, che corrisponde alla retribuzione dei presidenti di sezione della Cassazione. Il conto è stato fatto adesso dal collega Donadi che, se vuole, può intervenire, e viene fuori che il calcolo è perfetto.
Abbiamo scritto il subemendamento l'ho letto due volte e ho chiesto singolarmente a ciascun gruppo, Lega Nord, Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC, Popolari-Udeur e via dicendo, a tutti, chiamandoli uno per uno, se erano d'accordo. È così? Tutti hanno detto che erano d'accordo.
In questo modo, essendo tutti d'accordo, tutti abbiamo ratificato la proposta emendativa. Le cose - è ovvio - possono cambiare, ma vorrei dire ai colleghi che lo stare alle decisioni è un punto di correttezza politica e parlamentare, senza il quale questo Parlamento perde qualunque legittimazione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
Allora, qui dobbiamo aver chiaro che quando ci s'impegna, lo dobbiamo fare fino in fondo. Poi, il collega Brigandì ha posto una questione ed è un suo diritto porla. Ha discusso con i suoi colleghi se era giusto o sbagliato ritirare le firme dal proprio subemendamento ed è un suo diritto farlo. Tuttavia, io credo che, per il funzionamento della politica - prima ancora che del Parlamento -, i colleghi che hanno partecipato al Comitato dei nove in rappresentanza dei gruppi, assumendosi la responsabilità della rappresentanza di questi e prendendo pertanto una decisione, devono stare fermi su quella. In caso contrario, colleghi, non c'è alcuna possibilità di uscirne.
Anche questa discussione, Presidente, se mi permette, ha un margine di correttezza che io rispetto. Però, presenta anche un altro aspetto che è di frustrazione. All'interno di questa discussione, infatti, vi è una componente di frustrazione. Infatti, il problema della rappresentanza politica, oggi, è centrale per la democrazia, in quanto essa qui e in altre forme è fortemente diminuita nella sua capacità di esprimere esigenze, interessi e di portare avanti battaglie. Lo sappiamo! Ma il terreno sul quale si guadagna la questione che stiamo discutendo, non è quello dellaPag. 9retribuzione dei membri di questa Autorità, quanto quello di stabilire tra noi delle regole e dei modi di comportamento che ci facciano essere autorevoli! Se non lo siamo e rimettiamo continuamente in discussione ciò che è stato deciso, cari colleghi, non c'è retribuzione che risolva il problema. Io vi chiedo scusa, ma questo è un punto politico e parlamentare assolutamente centrale.
Infatti, più avanti, affronteremo altre questioni delicate, come i servizi di sicurezza e così via, quindi avremo altri problemi. Allora, se decidiamo di intervenire, si corregge di conseguenza.
La maggioranza umilmente ieri, com'era giusto, ha accettato la sconfitta sul numero dei componenti la Commissione. Abbiamo corretto questo punto. Abbiamo ascoltato ciò che dicevano i colleghi di maggioranza e di opposizione - soprattutto di opposizione - sulle retribuzioni di tali componenti. Ebbene, abbiamo corretto il punto.
Questo è il Parlamento!

TEODORO BUONTEMPO. Ma è stato corretto secondo l'indirizzo dell'Assemblea...?

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Onorevole Buontempo, vedrai! Ora spero che parli il collega Donadi che ha le cifre in mano per spiegare come in realtà diciamo la stessa cosa.
Però io voglio dire una cosa. Buontempo, tu sei un parlamentare vecchio come me: pensi davvero che il primato della politica e del Parlamento si misuri sui mille euro? È questo (Commenti del deputato Buontempo)...? No, lo so che non è così (Commenti)...!

TEODORO BUONTEMPO. Mi meraviglio...!

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Lo so che non è così (Commenti)!

TEODORO BUONTEMPO. Mi meraviglio...!

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. No: lo so che non è così! Ora, però, spero che delle cifre parli il collega Donadi, e ti dimostrerà che le cose stanno così! In ogni caso, mi pare che tu debba convenire con me!
Se abbiamo discusso ed abbiamo apportato correzioni, ciò è un fatto positivo, che testimonia il primato del Parlamento! Se poi tutti abbiamo concordato sulla correzione, è un fatto altrettanto importante, colleghi! Tutti abbiamo preso atto che erano giuste le considerazioni critiche che qui sono state rappresentate!
Il testo che abbiamo proposto adesso ha ricevuto l'unanimità, espressa gruppo per gruppo, dei consensi: vorrei che questo fosse chiaro, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo e di deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

PRESIDENTE. Mi pare che, con l'intervento del presidente Violante, almeno la questione inizialmente sollevata come pregiudiziale sia stata definitivamente chiarita.
Prima di passare alla votazione, chiedo all'Assemblea di prestare un po' di attenzione.

Nel Giorno del ricordo (ore 11,15).

PRESIDENTE (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, il prossimo sabato 10 febbraio ricorre il «Giorno del ricordo», istituito dal Parlamento con la legge n. 92 del 2004. Con questa decisione, la rappresentanza nazionale ha inteso associare solennemente alla memoria storica del Paese la tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, il dramma dell'esodo dalle loro terre degli istriani, dei fiumani e dei dalmati nel secondo dopoguerra, le vicende dolorose che hanno segnato la storia del nostro confine orientale.
Rinnovare il ricordo di tanti italiani che, in quel tempo terribile, hanno subito la violenza dell'odio ideologico ed etnico,Pag. 10cui si è aggiunta la ferita di un lungo oblio, rappresenta oggi, per tutta la comunità nazionale, un passaggio obbligato ed un riferimento indispensabile nell'affermazione dei fattori fondanti della propria identità e del proprio percorso comune.
Il lungo cammino compiuto dalla nostra democrazia, profondamente e saldamente radicata nella Costituzione e negli altissimi valori di civiltà che essa custodisce, ci consente e ci obbliga a guardare alla dignità vilipesa di quei nostri concittadini come ad un patrimonio ideale e vivo, presente, che appartiene a tutti noi: un fattore di unità, e non di scontri o divisioni; un dato di verità da rispettare e preservare nella sua integrità storica, sottraendolo alla logica delle rivendicazioni di parte come ai tentativi di sminuirne la portata storica e, dunque, politica e morale.
Oggi la Camera dei deputati, nel rinnovare il ricordo delle tante storie di dolore di cui si compone la vicenda del nostro confine orientale, si unisce idealmente ai sentimenti di coloro che le hanno vissute direttamente ed al cordoglio dei familiari di coloro che furono barbaramente uccisi, e ribadisce, con forza, l'impegno ad edificare il futuro della convivenza tra i popoli e le nazioni del mondo nel segno del reciproco riconoscimento, della solidarietà, della libertà e della democrazia.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi - Il deputato Menia espone un drappo blu raffigurante il simbolo dell'Istria italiana).

Si riprende la discussione (ore 11,19).

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 626-A/R ed abbinate)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame del subemendamento 0.1.503.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, desidero esprimere l'apprezzamento mio e del gruppo per la saggezza che hanno dimostrato, ieri, il Parlamento ed il Comitato dei nove e, oggi, la Commissione, proponendo il subemendamento 0.1.503.3 in esame. È stato saggio fare affidamento sulla persuasione che il Comitato avrebbe tenuto conto delle indicazioni emerse in Assemblea ed avrebbe formulato una proposta accettabile. Quindi, abbiamo fatto bene, ieri, a chiedere e a votare per l'accantonamento. Oggi, la Commissione ha dimostrato di avere recepito ampiamente le indicazioni del Parlamento formulando un subemendamento che noi condividiamo totalmente, anche perché la retribuzione base è quella del presidente di sezione della Corte di Cassazione, alla quale è in qualche modo collegata anche l'indennità dei parlamentari.
A tale proposito, desidero porgere ai colleghi i dati, fornitimi dal mio capogruppo (il quale li ha ottenuti, a sua volta, dal Ministero), relativi alla retribuzione lorda, mensile ed annuale, del presidente di sezione della Corte di cassazione: la retribuzione mensile è di 10.194 euro, che, moltiplicato per tredici mensilità, dà un ammontare annuo di circa 131 mila euro. Mi sembra una retribuzione giusta, adeguata e, secondo noi, opportunamente inferiore a quella che era stata elaborata in un primo tempo. Ci sarà, evidentemente...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Palomba se la interrompo, ma devo invitare i colleghi a contenere il brusio perché molti non riescono ad ascoltare l'oratore.
Prego, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA. Dicevo, signor Presidente, che, poiché c'è una decurtazione, una riduzione (sia pure entro limiti di grande dignità) della retribuzione dei componenti della Commissione nazionale, ci sarà, evidentemente, a rendiconto, una differenza rispetto alla somma prevista; tuttavia, non ci saranno problemi, perché la differenza potrà essere stornata e restituita.
Sta di fatto che il subemendamento proposto dalla Commissione è determinatoPag. 11da una scelta di grande saggezza, che noi condividiamo. Inoltre, esprimiamo grande soddisfazione ed apprezzamento per l'importante lavoro svolto dal presidente Violante e da tutta la Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, desidero soltanto puntualizzare taluni aspetti e svolgere alcune considerazioni che ritengo utile sottoporre all'Assemblea in vista di un voto sul subemendamento in esame che già annuncio essere favorevole.
La prima considerazione riguarda una questione di forma. Premesso che, con assoluta correttezza, ci conformeremo alle decisioni assunte dai nostri rappresentanti nel Comitato dei nove - del resto, non casca il mondo se faccio notare che ieri c'è stato, in quest'aula, un momento di particolare agitazione e tensione, quando si è registrata una condivisione dei criteri che il mio subemendamento aveva proposto più trasversale di quella che era prevista -, sarebbe stato opportuno, a mio avviso, anche sul piano della correttezza, lasciare un briciolo di spazio alla possibilità di consultare quanto meno i presentatori (anche in questo caso, trasversali) del predetto subemendamento.
È chiaro che il criterio generale secondo il quale i componenti della Commissione nazionale non vanno strapagati è stato recepito. È altrettanto chiaro che siamo ben distanti da quello che si era detto.
Un ulteriore aspetto da precisare concerne il fatto che la legge la quale stabilisce il trattamento economico dei parlamentari dispone che le quote mensili vengono determinate dagli Uffici di Presidenza delle due Camere in misura tale da non superare il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione ed equiparate. Secondo me, male ha fatto il legislatore a non accordarle direttamente - ogni volta che c'è un aumento, c'è il finimondo su tutti i giornali -, perché la retribuzione dei parlamentari finisce per essere più bassa di quella dei presidenti di sezione della Corte di cassazione.
Di più, signor Presidente: all'interno di questa retribuzione ci sono da calcolare un paio di voci, che valgono 2 o 3 mila euro, quali l'assegno di solidarietà e l'assegno per la sanità, che evidentemente incidono per una certa parte.
Come tutti sappiamo, la nostra retribuzione ammonta a circa 5 mila euro netti: non è, certamente, una retribuzione bassa. Tuttavia, credo che la Presidenza, anche rispetto all'approvazione di un ordine del giorno sulla tutela dell'immagine di questa Camera, si debba adoperare, affinché questo dato sia conosciuto nella sua precisa entità e non nell'ammontare enormemente difforme che si legge sui giornali.
Ciò detto, signor Presidente, credo che in questo momento ci troviamo di fronte a due alternative: votare a favore di questo subemendamento, che comunque segue la linea di quello da noi precedentemente presentato; oppure, esprimere un voto contrario. In questo caso, si tornerà alla norma iniziale, che fissa un ammontare estremamente più oneroso rispetto a questo.
Pertanto, con riferimento al criterio del male minore, prendendo atto dell'assoluta impossibilità di ottenere, per motivi di forma, una giustizia sostanziale, non essendovi la possibilità di presentare un subemendamento, ritengo che questo sia comunque un risultato. Per queste ragioni, esprimerò un voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, credo che bisogna avere molto rispetto per il lavoro che i colleghi svolgono nelle Commissioni competenti, lavoro relativo ai provvedimenti che giungono in Assemblea. Credo anche che bisogna avere altrettantoPag. 12rispetto per il lavoro che i colleghi svolgono in quest'aula.
Se ieri si è aperta una discussione su un subemendamento che noi de La Rosa nel Pugno abbiamo condiviso - mi riferisco a quello del collega Brigandì - credo ciò sia servito a perfezionare un provvedimento che condividiamo.
Quelli della democrazia non sono costi su cui si possono concedere sconti, tanto più se stiamo parlando dell'istituzione di una Commissione volta a monitorare e tutelare il rispetto dei diritti umani nel nostro Paese. Quindi, nessuno sconto su questo!
Mi è dispiaciuto ieri ascoltare - anche se non manifestati pubblicamente - reazioni e commenti di colleghi che ci accusavano di aver fatto una mossa demagogica, ossia di aver aperto una discussione relativa ai costi della politica. Un conto sono i costi della politica - che spesso sono costi dell'antipolitica e dell'antidemocrazia - un conto sono i costi della democrazia. Questo provvedimento rientra nei costi sostenibili della democrazia.
Il dibattito di ieri, che abbiamo sollecitato con una dichiarazione di voto anche sul subemendamento del collega Brigandì (che, personalmente, ho anche sottoscritto per consentire il raggiungimento della quota dei 30 deputati necessari affinché lo stesso potesse essere depositato), ci ha aiutato a migliorare un punto incerto del provvedimento in esame.
Ora, lo stipendio dei membri della Commissione nazionale è stato parametrato in maniera precisa a quello del presidente di sezione della Corte di cassazione. Credo che, quantomeno, questo punto sia stato precisato; non so se abbiamo dimezzato o ridotto di un terzo l'ammontare di quello che sarebbe potuto essere nella sua imprecisione lo stipendio dei membri della Commissione. Ora, però, c'è un paletto a cui riferirsi e di ciò siamo contenti. Nessuna iniziativa demagogica, ma la certezza del diritto anche nell'esercizio di una funzione importante per la democrazia del nostro Paese!
Per questo motivo, La Rosa nel Pugno esprimerà un voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole dei Verdi sul subemendamento 0.1.503.3 della Commissione, che in sede di Comitato dei nove, nella riunione tenutasi ieri sera, abbiamo condiviso all'unanimità.
Inoltre, intendo ricordare a qualche collega dell'opposizione, che se lo è dimenticato, che nella scorsa legislatura è stata approvata dal Parlamento una legge elettorale totalmente nuova, per la Camera e per il Senato, in base a due emendamenti della maggioranza di centrodestra di allora e in base ad una serie di subemendamenti condivisi solo dalla suddetta maggioranza, sui quali ci è stato formalmente vietato di presentare in qualità di opposizione ulteriori subemendamenti.
Quindi, l'intera legge elettorale, sulla cui base è stato eletto questo Parlamento, è stata approvata in base a due maxiemendamenti e ad una serie di subemendamenti esclusivamente presentati dalla maggioranza di centrodestra. In ogni caso, questa è una discussione che potremo riaprire in sede di Giunta per il regolamento.
Confermo comunque il voto favorevole dei Verdi sul subemendamento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la vicenda si conclude in maniera abbastanza paradossale e sulla stessa il nostro gruppo preferisce rimanere in compagnia della propria coerenza.
Intanto, il fatto che sia previsto un limite è un bene perché, se venisse menoPag. 13il subemendamento, non sarebbe previsto alcun tetto; pertanto, sarebbe assurdo esprimere un voto contrario sullo stesso.
Tuttavia, il fatto che si preveda un'indennità che aumenta e non diminuisce è dimostrato da una considerazione semplicissima. Il mio emendamento 1.17 prevedeva la diminuzione dell'onere complessivo per le indennità da 2.340.000 euro a 1.340.000 euro. Ciò sulla base del presupposto che la compagine sarebbe stata dimezzata da otto a quattro membri.
Poiché l'emendamento della Commissione 1.503 prevede pedissequamente ciò che stabilisce il mio emendamento, pur dimezzando il numero dei componenti l'onere resta lo stesso. Pertanto, anche il più sprovveduto comprende che stiamo preconizzando un aumento e non certo una diminuzione dell'indennità. Quindi, messi di fronte alla propria coerenza, non si può esprimere un voto favorevole sul presente subemendamento.
Concludo col dire che l'onorevole Violante, come sempre assai abile nell'argomentare, insiste nell'affermare che vi è lo sbarramento del subemendamento perché su di esso si raggiunge un accordo. Tuttavia, come affermato dal collega Cota, se vi è un subemendamento interamente sostitutivo della formulazione di un precedente testo, solo astrattamente si può parlare di un subemendamento, in quanto in realtà si tratta di un emendamento ex novo.
Per questa ragione, che non è minimamente preconcetta, ma che ho dimostrato con cifre alla mano - e se qualcuno le può smentire lo prego di farlo -, anche a costo di votare da soli insieme alla nostra coerenza, per rispetto dell'opinione pubblica e di ciò che abbiamo affermato ieri, noi tuttalpiù possiamo astenerci.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Ulivo, annuncio il voto favorevole sul subemendamento 0.1.503.3 della Commissione. Questo voto è non soltanto sorretto da convinzione ma anche utile a ristabilire, in questa fase abbastanza concitata del nostro dibattito, la chiarezza su alcuni criteri che credo debbano, non soltanto informare il prosieguo della discussione di questo testo, ma costituire una regola di ordine generale. Nella giornata di ieri non abbiamo proceduto alla votazione del subemendamento Brigandì 0.1.503.2 e non avendo proceduto a quel voto ci siamo assunti una responsabilità, ma abbiamo assolto anche il dovere di tenere conto della discussione che si è aperta in Assemblea. In tal modo, si è potuto lavorare nel Comitato dei nove alla luce dell'esigenza che era stata posta in questa sede. Lo ha ricordato con grande nettezza e correttezza il presidente Violante. Ritengo, però, che spetti a ognuno di noi, quale componente del Comitato dei nove, il compito di ristabilire un reciproco rispetto.
Secondo la nostra valutazione, quella proposta emendativa poneva non soltanto la questione dell'entità dell'indennità del presidente della Commissione, stabilendo che non dovesse essere superiore a quella dei parlamentari, ma contestualmente dava avvio ad una discussione per stabilire se dovessimo riferirci ad una indennità o ad una retribuzione. Abbiamo esaminato una serie di testi e siamo giunti alla formulazione del subemendamento in esame, che in qualche modo tiene conto della sostanza della questione politica che è stata posta e permette di dire una verità che spesso viene taciuta, cioè che l'indennità dei parlamentari non ha una configurazione legislativa, essendo agganciata a quella dei magistrati con funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione. Al collega Benedetti Valentini è stato chiesto, come a tutti gli altri, di pronunciarsi nel merito di questa riformulazione. Abbiamo concluso la discussione stabilendo che saremmo tornati in Assemblea con un elemento di unitarietà approvato dall'intera Commissione.
Anche sulla questione da ultimo posta dal collega Benedetti Valentini riguardo alla determinazione del budget complessivo, credo che dobbiamo dire alcunePag. 14verità. Il budget complessivo necessario all'istituzione di questa commissione non riguarda esclusivamente le indennità del presidente e degli altri componenti ma è finalizzato a consentire lo svolgimento dei compiti che stiamo prevedendo e a cui questa istituzione dovrà fare fronte. Altrimenti, anche su questo avrebbe ragione il collega Benedetti Valentini. Si può anche decidere che l'istituzione di una commissione serva soltanto a prevedere un appannaggio per i suoi componenti e per il presidente. Su questo, però, L'Ulivo e l'intero centrosinistra non sarebbero d'accordo e, siccome abbiamo lavorato per tutt'altro, credo che questo sia l'elemento più convincente per votare a favore di questo subemendamento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nel corso della seduta di ieri ho sollevato il problema delle proposte di legge relative al garante per l'infanzia. Giustamente, la Presidenza ha risposto che questi problemi devono essere affrontati in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo; non c'è dubbio al riguardo. Tuttavia, sollecito la Presidenza della Camera a fare presente in quella sede che ci sono proposte di legge relative al garante per l'infanzia sulle quali si sono pronunciati favorevolmente sia il Governo, sia l'Unione europea, sia l'ONU. Anzi, l'Italia è stata censurata più volte per non avere ancora istituito la figura del garante per l'infanzia. La Camera approverà l'istituzione del Garante per i detenuti e questo certamente è un elemento di garanzia dei diritti umani. Però, mi sembra incredibile che rimanga nei cassetti la questione del garante per l'infanzia.
Esprimerò con decisione voto contrario su questo subemendamento sia perché costituisce una alterazione dell'orientamento sul quale l'Assemblea si stava esprimendo nella giornata di ieri, sia perché non mi piacciono queste manovre generali di «soccorso rosso» che intervengono per salvare la sinistra quando è un po' in imbarazzo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, intervengo nel dibattito che si è aperto nuovamente questa mattina, per fare qualche rapida considerazione. Ritengo che il ruolo dell'opposizione possa essere svolto in maniera più adeguata attraverso posizioni di merito comprensibili.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,40)

ERMINIA MAZZONI. Stamattina ciò non è avvenuto, perché non ho colto, negli interventi dei colleghi, alcun elemento che potesse farmi cambiare idea rispetto alle posizioni che abbiamo assunto responsabilmente ieri nell'ambito del Comitato dei nove.
Aggiungo, peraltro, che questo tipo di atteggiamento produce unicamente una delegittimazione del Parlamento, nelle sue articolazioni funzionali, dei gruppi parlamentari, nella loro funzione di raccordo democratico nell'esercizio della funzione parlamentare, e, tra l'altro, anche dei singoli parlamentari che, a nome dei gruppi, partecipano ai lavori di tali organismi per svolgere la funzione parlamentare.
Non credo che la funzione del parlamentare si possa esaurire all'interno di quest'aula, dove si fa più rumore che sostanza, mentre, nelle Commissioni, si lavora in maniera molto più seria.
Ieri, nel Comitato dei nove, ci siamo fatti carico delle preoccupazioni rappresentate nel subemendamento dell'onorevole Brigandì e del senso del dibattito che si era sviluppato nell'aula ieri sera. In particolare, vi erano una questione politica e una di merito.Pag. 15
Per quanto riguarda la questione politica, credo che essa possa avere il suo fascino e il suo appeal, perché, attraverso quella formulazione del subemendamento, prevedendo cioè un aggancio alle indennità dei parlamentari, si rappresentava quanto ci sia di sproporzionato nella mentalità comune sui costi della politica e quanto i costi della politica, ossia le indennità e le retribuzioni dei parlamentari, siano, in effetti, molto più bassi delle indennità che invece vengono riconosciute per altre funzioni amministrative dello Stato, che rimangono nell'ombra.
Quindi, si trattava di un messaggio condivisibile, che poneva la questione politica dell'esigenza della riduzione dei costi.
Per quanto concerne la questione di merito, invece, anche ieri sera mi ero permessa di formulare delle obiezioni in relazione al subemendamento, così com'era formulato e proposto all'aula. Ritenevo, così com'è stato condiviso anche dal Comitato dei nove, che quella formulazione non fosse adeguata a raggiungere l'obiettivo della riduzione dei costi che ci proponevamo, perché vi era un riferimento improprio all'indennità dei parlamentari, che, come tutti sappiamo, non è univocamente individuabile, e vi era, inoltre, un riferimento all'indennità netta, che costituisce un dato improprio se inserito all'interno di un testo di legge.
Rispetto a questo problema, ieri sera abbiamo lavorato nel Comitato dei nove, proponendo una riformulazione del subemendamento, che riproduce esattamente la formulazione che porta ad individuare e a calcolare l'indennità dei deputati e dei senatori.
Credo che, in tal modo, abbiamo raggiunto l'obiettivo che si proponeva l'onorevole Brigandì e quello che ci proponiamo tutti quanti, ossia la riduzione dei costi. Abbiamo svolto un lavoro che oggi non merita di essere messo in discussione.
Quindi, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo dell'UDC rispetto a questo subemendamento della Commissione, mi permetto di annunciare, riproponendo quanto già detto ieri in quest'aula, che presenterò un ordine del giorno - sperando che il regolamento della Camera me lo consenta -, per invitare il Governo, a maggior ragione dopo l'approvazione di questo subemendamento, a provvedere immediatamente al riordino delle authority, affinché si raggiunga quell'obiettivo complessivo della riduzione dei costi.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzoni, nel ringraziarla, le segnalo che il gruppo dell'UDC ha esaurito i tempi a disposizione previsti nel contingentamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, stiamo assistendo al festival dell'ipocrisia.
Questa legge è assolutamente sbagliata, perché crea un inutile «carrozzone», che serve - lo abbiamo visto - per sistemare chi non è riuscito ad essere sistemato nel giro dei 102 sottosegretari e ministri e nel giro delle nomine governative.
Vorrei però ricordare, brevemente, ciò che è successo ieri.
Il gruppo della Lega ha presentato una proposta emendativa per contenere i costi di questo «carrozzone», per stabilire che i componenti l'Authority o la pseudo Authority non potessero guadagnare più dei parlamentari.
Ieri si è fatto ricorso ad uno stratagemma, grazie al quale è stato impedito il voto dell'Assemblea e siamo stati costretti a rinviare il seguito dell'esame del provvedimento; in seno al Comitato dei nove la maggioranza ha poi cercato di salvarsi la faccia, riproponendo, con altre parole, esattamente il nostro emendamento. Per questo abbiamo votato a favore, e non perché siamo stupidi! Le «altre parole» sono quelle contenute nel testo di legge che stabilisce l'indennità dei parlamentari. Per questo, la proposta ha avuto questa formulazione. Loro sono stati costretti ad accettare il nostro emendamento; lo ripeto, sono stati costretti!
Tuttavia...

PRESIDENTE. Onorevole Cota, la invito a concludere.

Pag. 16

ROBERTO COTA. Tuttavia, visto che non sono disattento, vorrei segnalare un errore materiale nella stesura del subemendamento. Infatti, quando si parla di «trattamento», si deve specificare che il trattamento deve essere riferito a 12 mensilità, non al «trattamento complessivo».
Segnalo che ieri, nella riunione del Comitato dei nove, - dato che sono stato attento e non sono stato lì a giocare -, il presidente Violante ha letto il testo esattamente corrispondente a quello contenuto nella legge con riferimento alle indennità parlamentari! Voglio che sia posto in votazione quel testo esatto! Perché ieri - ripeto - nella riunione del Comitato dei nove, si è letto esattamente quel testo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo) e non il testo che oggi è stato stampato e riportato!
È così! E chiamo a testimoniare tutti componenti del Comitato dei nove (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Presidente Violante, vuole aiutarci in questa situazione?

LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, ho letto testualmente sia il testo della legge sia il subemendamento. Il subemendamento in esame è stato letto a tutti e l'onorevole Cota ha detto che andava bene. È chiaro? E questo credo possano dirlo tutti i colleghi qui presenti: è stato letto il subemendamento e Cota ha detto che andava bene. Se ha cambiato idea sono fatti suoi e dei suoi rapporti con il gruppo, ma ho l'impressione che in questo Parlamento ci voglia un po' di coerenza.
Lo ripeto: il subemendamento è stato già letto come presentato in aula e Cota era d'accordo in quella sede; ora ha cambiato idea, ma questi sono fatti suoi e non credo che interessi all'Assemblea.

ROBERTO COTA. No, sono d'accordo, ma l'hai letto così!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, numerosi colleghi che sono intervenuti prima di me hanno riassunto i lavori della Commissione e del Comitato dei nove di ieri. Effettivamente, il Comitato dei nove ha recepito l'indicazione dei gruppi parlamentari e riscritto la norma; per un motivo ovvio di eleganza, abbiamo preferito non far riferimento direttamente ai parlamentari, ma alla norma che riguardava i parlamentari. Per la verità, il testo, che è stato letto in definitiva in Commissione è esattamente quello che è stato riproposto oggi, su cui Forza Italia, in sede di Comitato dei nove, ha espresso parere favorevole. Per questo, esprimeremo voto favorevole sul subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frias. Ne ha facoltà.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sul subemendamento della Commissione, se non altro per rispetto nei confronti di una decisione che abbiamo preso collettivamente in Commissione, anche alla luce di quello che era stato il dibattito in aula di ieri pomeriggio.
Vorrei far notare che più del novanta per cento del tempo utilizzato per la discussione sull'istituzione di una Commissione per la tutela dei diritti umani e per le garanzie delle persone private della libertà, è stato impiegato in realtà per una discussione di carattere prettamente economicista. Si potrebbe pensare che, in fondo, siamo tutti d'accordo sulla sostanza, ma temo che non sia così e l'intervento dell'onorevole Cota lo conferma. Vi sono persone che pensano sia inutile; ovviamente è nel diritto di ognuno di noi pensarla come ci pare, ma è stato utilizzato a pretesto un problema serio per cercare di demolire la sostanza di un provvedimento che molti di noi ritengono sia fondamentale per il paese.
Dunque, vi sono grandi problemi di costi della politica, della burocrazia e dellaPag. 17pubblica amministrazione che vanno affrontati nella sede opportuna; in questo senso, salutiamo con favore l'annuncio della collega dell'UDC sull'atto di indirizzo che il suo gruppo intende presentare, e penso che dobbiamo muoverci in questo senso. In ogni caso, non possiamo sistematicamente travisare la sostanza della questione che stiamo discutendo, utilizzando argomentazioni di questo tipo.
Penso che molti colleghi potranno dire alla loro base, al loro elettorato, quanto tali argomentazioni siano state determinanti per moralizzare la politica: sono comunque dell'idea che ci sia molta poca serietà in tutto questo. Infatti, la questione dei costi della politica va affrontata integralmente - magari partendo da noi stessi -, evitando di utilizzare pretestuosamente uno strumento fondamentale anche per la civiltà e la qualità della democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo, Verdi e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Adenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole, da parte del gruppo Popolari-Udeur, sul testo riformulato dalla Commissione. Confermo che quest'ultimo è stato condiviso all'unanimità e che si tratta di una apprezzabile soluzione, la quale, a nostro parere, lancia alcuni messaggi che debbono sicuramente essere raccolti. Mi riferisco alla revisione, al riordinamento delle authority, anche dal punto di vista del trattamento economico, ed al rigore economico, elemento che, a mio parere, è stato comunque tenuto in debita considerazione dal provvedimento in esame: ciò, tra l'altro, si potrà rilevare dal prosieguo del dibattito.
Nel corso della lunga - troppo lunga - discussione di questa mattina, è emerso ancora un problema regolamentare, per cui auspichiamo si metta mano anche al regolamento della Camera, al fine di renderlo più snello ed efficace.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente intervengo per annunciare anche il voto favorevole del gruppo al quale appartengo sul subemendamento in esame: è necessario, comunque, fare alcune considerazioni. In primo luogo, mi riferisco ai colleghi della Lega Nord, in particolare all'onorevole Cota. Abbiamo firmato insieme un subemendamento e insieme lo dovevamo ritirare, quindi riteniamo che sia stato fatto uno sgarbo al nostro gruppo.
A parte questo, ho sentito l'intervento dell'onorevole Mazzoni per l'UDC, ma ho anche ascoltato il suo intervento di ieri che rileggo: «Al momento credo che la formulazione recata dal testo del provvedimento in esame sia la migliore, peraltro non potrà subire le conseguenze positive di una eventuale revisione dell'indennità relativa a tutte le altre authority, vale a dire a tutti quanti gli organismi similari; pertanto, preannuncio il voto contrario del gruppo UDC». Stiamo parlando dell'unico gruppo che si è schierato contro quella proposta emendativa, tant'è che se oggi abbiamo a che fare con il subemendamento della Commissione, condiviso praticamente da tutti, lo dobbiamo al dibattito e non certamente ad un gruppo che si era già schierato contro a prescindere.
Noi ci complimentiamo, poiché a volte si può cambiare idea in meglio. Si trattava di una considerazione che dovevo fare perché ieri, attraverso gli interventi dell'onorevole Brigandì e del sottoscritto, siamo arrivati a questo subemendamento; ciò, perché ci abbiamo creduto lottando fino in fondo ed oggi, al riguardo, c'è una larga condivisione.
L'onorevole Violante mi deve permettere un'ultima considerazione; egli è molto abile, capace e preparato, sicuramente collocato una spanna sopra tutti noi. In ogni caso, non mi è piaciuta una sua considerazione che, tra l'altro, ha portato ad un applauso dell'Unione, anch'esso non gradito. Egli ha sostenuto che il primatoPag. 18della politica non si misura su mille euro; io dico che il primato della politica si misura anche su mille euro: basti pensare ai milioni di italiani che percepiscono molto meno di quella cifra non riuscendo per questo ad arrivare a fine mese. Credo che il primato della politica si misuri anche su cento euro se tale cifra va a finire nelle tasche giuste, è questo il nostro compito. Quindi, anche quando riusciamo a risparmiare un euro abbiamo svolto il nostro compito ed oggi, grazie alla nostra proposta emendativa, abbiamo svolto il nostro dovere di parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel confermare il voto di astensione preannunciato dall'onorevole Benedetti Valentini, per le ragioni di tutta evidenza che sono emerse anche in quest'ultima parte del dibattito, vorrei tranquillizzare la collega Frias, con la quale concordo sulla prima parte del suo intervento, perché credo che su questo provvedimento (non sul subemendamento) non vi sarà il voto contrario di nessuno dei gruppi della maggioranza, né dell'opposizione, perlomeno del gruppo di Alleanza Nazionale. Tuttavia non bisogna trovare un alibi per non capire quello che è successo politicamente in quest'aula su questo provvedimento.
Non è un caso che il Governo su questo provvedimento sia caduto, e ciò è capitato solo tre volte dall'inizio della legislatura. È caduto non sul merito, cioè sulla tutela, della quale possiamo discutere nelle forme, ma è caduto su un dato che noi abbiamo denunciato, cioè sul tentativo di cavalcare questo importantissimo argomento per farne terreno di spartizione delle poltrone (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Credo che questo dato sia un dato politico di fondo, che non va certo ad onore di chi, approfittando o utilizzando impropriamente un argomento così sensibile, spera di sistemare una maggioranza che si dimostra del tutto traballante (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.503.3 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 490
Votanti 420
Astenuti 70
Maggioranza 211
Hanno votato
414
Hanno votato
no 6).

Prendo atto che il deputato Marinello non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.503 (Nuova formulazione) della Commissione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro che con questo voto, almeno per questa mattina, chiudiamo una parte dell'argomento, cioè quella che attiene agli oneri e alle spese, che non è affatto una parte secondaria. Si tratta infatti di una parte incisiva - ieri non abbiamo parlato a vuoto -, e questo non per sottovalutare la portata del merito, tutt'altro.
Prima di fare la mia dichiarazione di voto sull'emendamento in esame, chiedo in primo luogo alla Presidenza di valutare se non sia il caso di posticipare l'esame di questo emendamento a quando esamineremo l'articolo 18, perché le conseguenze del voto, come il Presidente può vedere, ricadono, per la maggior parte addirittura, appunto sull'articolo 18. Se risultasse approvatoPag. 19questo emendamento, poi tutti gli emendamenti al successivo articolo 18 resterebbero completamente tagliati fuori.
Mi chiedo quindi se questo voto non debba essere posticipato per l'appunto all'esame della conclusiva norma sulla copertura finanziaria. Se su questo punto la Presidenza intende pronunciarsi, io mi esimerei anche dal motivare il voto sull'emendamento stesso, se invece si ritiene che questa richiesta non sia accoglibile, allora mi pronuncerò sul voto di questo emendamento.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA, Relatore. Vorrei specificare che l'emendamento 1.503 (Nuova formulazione) della Commissione è il risultato della condizione posta nel parere espresso dalla Commissione bilancio. Così ci è stato proposto e così noi ci siamo adeguati. Precedentemente si trattava di due emendamenti distinti; adesso quello al nostro esame è frutto della condizione posta ieri dalla Commissione bilancio.

PRESIDENTE. Avverto i colleghi che, dall'eventuale approvazione dell'emendamento 1.503 della Commissione, secondo la nuova formulazione, risulterebbero assorbiti gli emendamenti Benedetti Valentini 1.17 e l'emendamento 1.500 della Commissione; risulterebbero altresì preclusi gli emendamenti Cota 1.15 e tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 18, ad eccezione dell'articolo medesimo, che invece sarà regolarmente posto in votazione. Ciò è conseguenza di una evidente e chiara decisione della Commissione e del Comitato dei nove di presentare l'emendamento riferito all'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, non ne facciamo una questione fondamentale, ma è comunque corretto farla presente. Siamo pronti a passare al voto, ma mi sembra comunque corretto segnalare il problema dell'assorbimento dei successivi emendamenti. È giusto che i deputati sappiano che dell'articolo 18 non si parlerà più che si procederà direttamente alla sua votazione.
Con estrema sintesi faccio presente che non possiamo votare a favore dell'emendamento 1.503 della Commissione, non soltanto perché in qualche modo esso ha recepito in maniera strumentale solo una parte, per le ragioni che ho già detto, aumentando in sostanza le indennità, ma anche perché in esso non viene accolto l'emendamento, che avevo presentato insieme ad altri colleghi del gruppo, volto ad abbattere l'onere complessivo di 6 milioni 990 mila euro fino ad una cifra pari a 4 milioni di euro. La nostra motivazione fondamentale è che questo organismo debba essere asciutto, snello, a costi bassi e si debba occupare dei casi gravi, perché delle singole posizioni di diritto soggettivo si devono occupare la magistratura di sorveglianza, che non deve essere privata dei propri compiti, o le autorità amministrative.
Si va quindi ad un'ampliamento delle funzioni, che porterà ad un depotenziamento e ad un'inflazione sostanziale del ruolo della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani. Per questa ragione, che è di sostanza e non solo di carattere economico, voteremo contro l'emendamento della Commissione, che riguarda in maniera essenziale il finanziamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.503 (Nuova formulazione) della Commissione, come subemendato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 20

(Presenti 489
Votanti 476
Astenuti 13
Maggioranza 239
Hanno votato
402
Hanno votato
no 74).

Prendo atto che il deputato Laratta ha espresso erroneamente un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Come già preannunciato, sono conseguentemente assorbiti gli emendamenti Benedetti Valentini 1.17, l'emendamento 1. 500 della Commissione ed è precluso l'emendamento Cota 1.15 nonché tutte le proposte emendative riferite all'articolo 18.
Passiamo alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Vorrei soltanto dire che voteremo contro l'articolo 1, così come formulato, perché riteniamo che questo sia l'articolo centrale, che individua la composizione della Commissione, che, come ho già specificato nell'intervento di poco fa, risulta essere un inutile carrozzone, che non ha alcuna utilità pratica, se non quella di sistemare gli «amici degli amici», ossia persone che non si è riuscito a sistemare nel Governo, tra i centodue ministri e sottosegretari, o con altri incarichi di sottogoverno.
Allora, bisogna costituire un organismo con competenze che, per certi versi, sono molto fumose e, per altri versi, si intersecano e si sovrappongono alle funzioni della magistratura di sorveglianza.
Per questo motivo, riteniamo che l'inutilità dell'organismo e la sua sovrabbondanza motivino il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo soltanto per annunciare il voto favorevole del gruppo dei Verdi sull'articolo 1 , che è quello che dà l'impronta a tutto il provvedimento. Noi stiamo istituendo la Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani, che avrà anche una sezione specializzata per la tutela dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Io credo sia semplicemente indecente quello che abbiamo ascoltato poco fa, vale a dire che si tratti di un carrozzone per sistemare qualcuno. Fra l'altro, la composizione della Commissione - ovviamente - sarà paritetica fra le persone indicate sia dalla maggioranza che dall'opposizione. Ma, soprattutto, assolveremo ad un compito, ad una responsabilità nei confronti dell'Assemblea delle Nazioni Unite che ha sollecitato tutti gli Stati ad istituire un organismo analogo fin dal 1993. E l'Italia era rimasto l'unico paese in tutta Europa a non averlo ancora fatto.
Quindi, ciò che abbiamo sentito in precedenza è semplicemente - lo ripeto - indecente rispetto all'importanza della Commissione che stiamo istituendo. Confermo pertanto il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 490
Votanti 435
Astenuti 55
Maggioranza 218
Hanno votato
411
Hanno votato
no 24).

Prendo atto che i deputati Alessandri e Simeoni non sono riusciti a votare.
Prendo atto altresì che il deputato Sgobio si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.Pag. 21
Secondo quanto convenuto nella riunione di ieri della Conferenza dei presidenti di gruppo, essendo stato votato l'articolo 1, rinvio il seguito del dibattito ad altra seduta.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto (A.C. 445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-A) (ore 12,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
Ricordo che nella seduta del 5 febbraio si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 4.203; 6.200; 8.200; 13.200 e 14.200. Avverto inoltre che l'emendamento Gasparri 4.100, in ragione del suo contenuto, deve intendersi più opportunamente riferito all'articolo 2, come interamente sostitutivo dell'articolo medesimo: esso sarà quindi posto in votazione immediatamente dopo la votazione dell'articolo 1.
Avverto che sono stati ritirati gli emendamenti presentati dal gruppo Italia dei Valori, ad eccezione dell'emendamento Belisario 30.2.
Avverto che l'emendamento 2.60 deve intendersi sottoscritto dagli onorevoli Galante, Licandro e Sgobio.

(Esame degli articoli - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli, nel testo unificato della Commissione.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 445 ed abbinate sezione 1).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, il gruppo dei Comunisti italiani è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 445 ed abbinate sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, parlando sull'articolo 1, colgo l'occasione fornitami dal suo intervento circa gli emendamenti e la portata preclusiva di taluni di essi, per annunciare fin d'ora il ritiro dell'emendamento 4.100, che abbiamo presentato sia in Commissione che in Assemblea perché rimanesse comunque traccia, nel confronto parlamentare, della proposta di legge iniziale del nostro gruppo, che prevedeva l'unificazione dei servizi in un'unica struttura. A ciò si riferisce l'emendamento 4.100.
Nel corso dei lavori in I Commissione (Affari costituzionali), non a caso, il mandato al relatore è stato affidato con un consenso unanime, si è convenuto su unaPag. 22struttura di altra natura della quale discuteremo a partire da oggi. La storia poi ci dirà, quando avremo approvato la legge, quali delle posizioni di partenza, quelle di un tipo e quelle di un altro, erano le più giuste. Noi ritenevamo che anche l'unificazione dovesse essere un'opzione da valutare, ed essa è servita, come vedremo nel corso del dibattito, a rafforzare le strutture di coordinamento.
In conclusione, preannuncio, lo ripeto, il ritiro dell'emendamento 4.100, a mia prima firma, presentato in Assemblea proprio per sottolineare un percorso che mi auguro possa proseguire in maniera condivisa (ma questo dipenderà, come è ovvio, dalle scelte che faremo). Dal ritiro di questo emendamento, chiaramente, derivano ovvie conseguenze a catena.

PRESIDENTE. Sta bene, l'emendamento Gasparri 4.100, s'intende ritirato.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne facoltà.

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Signor Presidente, manteniamo l'emendamento, sottoscritto da me, dall'onorevole Licandro e dall'onorevole Galante, a prima firma Belisario 2.60, per il quale il gruppo dell'Italia dei Valori ha annunciato il ritiro.

PRESIDENTE. Onorevole Sgobio, l'emendamento è quindi fatto proprio dal gruppo dei Comunisti Italiani?

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, colgo l'occasione dell'esame di questo primo articolo del provvedimento per illustrare brevemente il senso complessivo della proposta di riforma del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di Stato.
Si tratta di un lavoro estremamente importante che cerca di porre mano ad un tema che, da oltre trent'anni, i Parlamenti che si sono succeduti nel tempo hanno tentato di correggere. La legge attualmente vigente porta evidenti i segni del tempo trascorso. Le condizioni della sicurezza nazionale e della sicurezza internazionale sono radicalmente cambiate rispetto a trent'anni fa. Sarebbe, pertanto, del tutto anacronistico immaginare di poter affrontare le nuove sfide del terrorismo internazionale con strumenti che, alla prova del tempo, si sono dimostrati non più adeguati. E quello che è stato fatto è stato uno sforzo importante perché, come è facile comprendere, non ci troviamo di fronte ad una proposta di riforma presentata dal Governo, ma ad un'iniziativa parlamentare che, come ha ricordato pochi istanti fa il collega Gasparri, ha visto impegnate forze di maggioranza e di opposizione nel tentativo di trovare una sintesi comune che consentisse di modernizzare il sistema della sicurezza nazionale, che riteniamo sia stata fatta con razionalità.
Innanzitutto, abbiamo immaginato che la funzione prevalente e rilevante nel sistema della sicurezza nazionale dovesse essere confermata nella figura del Presidente del Consiglio dei ministri. Partendo da questo dato si è costruita un'architettura per consentire davvero al Presidente del Consiglio di essere l'autorità di sicurezza nazionale. Si è deciso, partendo da questa testata d'angolo, di costruire un'architettura, all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri, che incardini una struttura con reali compiti di coordinamento. Ed è per questo motivo che nasce il dipartimento sull'informazione e la sicurezza, che sostituisce la figura istituzionalmente molto sbiadita e priva di compiti e competenze reali quale era il CESIS. Il dipartimento sull'informazione e la sicurezza costituisce, in qualche modo, l'asse portante del sistema che, ripeto, assume in sé compiti e funzioni prima non previstePag. 23dall'ordinamento. Il coordinamento da parte del DIS sarà effettivo rispetto all'autonomia operativa dei due servizi che avranno una diversa e più chiara definizione di compiti, competenze e attività, e competenze territoriali: uno si occuperà delle attività rivolte all'estero, l'altro delle attività rivolte all'interno.
All'interno del dipartimento per la sicurezza sono previste significative innovazioni. Ne vorrei citare una per tutte: l'istituzione di una funzione ispettiva, che consente al Presidente del Consiglio di verificare, in piena autonomia e anche durante l'azione dei singoli servizi, la correttezza dei comportamenti degli stessi. È inoltre prevista, presso il dipartimento per la sicurezza, l'istituzione di archivi storici centrali, che restituiscono unitarietà anche al patrimonio storico dell'attività dei servizi. La figura del direttore di dipartimento dei servizi, infine, assume autentici compiti di coordinamento.
Accanto a questi, che rappresentano gli aspetti più rilevanti dell'organizzazione del sistema dei servizi, si è ripensata - lo ripeto in sintesi - la funzione e l'attività dei due servizi di sicurezza, definendo con un criterio molto semplice e netto gli ambiti di competenza: le attività che si svolgono all'estero e quelle che si svolgono all'interno. Ciò consentirà di ripensare le attività dei due servizi in maniera più razionale, evitando pericolose attività che si sovrapponevano l'una all'altra.
Accanto a questa grande e importante innovazione se ne è aggiunta una altrettanto significativa, cioè, avendo in qualche modo potenziato l'attività dei servizi, avendo meglio definito l'attività degli stessi, avendo responsabilizzato al massimo livello, nella figura del Presidente del Consiglio, l'autorità della sicurezza nazionale, abbiamo immaginato di costruire uno strumento importante di contrappeso e di controllo, aumentando e potenziando i poteri del Copaco (il comitato parlamentare di controllo sui servizi) il quale assume nuove funzioni: in ordine all'attuazione dei regolamenti relativi ai servizi, che devono essere sempre visti e valutati dal comitato di controllo ma, soprattutto, affidando a tale comitato di controllo un potere di verifica anche delle spese che i servizi stessi hanno il compito istituzionale di realizzare.
Questa è un'autentica novità perché consente, da parte del Parlamento, di verificare, una volta che le operazioni siano concluse, la correttezza e regolarità delle stesse.
Stiamo entrando, cioè, in un'altra dimensione, molto più moderna, una dimensione istituzionalmente molto equilibrata e razionale.
Accanto a queste iniziative di tipo istituzionale si è cercato di mettere mano anche al sistema delle garanzie funzionali e a quello del segreto di Stato, dando a questa riforma una completezza e un'organicità di cui c'era davvero bisogno, riportando ad unitarietà una serie di norme che sono tenute insieme da un filo a razionale continuo.
Per quanto riguarda le garanzie funzionali, si cerca di uscire dalla situazione di ambiguità sostanziale che caratterizza le attività dei servizi, cercando di dare dignità al lavoro e all'operatività degli stessi, ma anche di dare la possibilità al Parlamento, attraverso la funzione centrale del Presidente del Consiglio dei ministri, di controllare, davvero, le attività che i servizi possono mettere in atto.
Il tema delle garanzie funzionali e delle cause di giustificazione ha a che fare con la democrazia, la trasparenza e la civiltà di un'organizzazione democratica che affida alle attività di intelligence un compito decisivo per la sicurezza nazionale. Tutto questa materia è passata, durante i lavori di Commissione, attraverso un confronto molto approfondito e complesso che ha saputo far emergere un'unità sostanziale nelle forze presenti nel Parlamento.
Ritengo che lo sforzo fatto in Commissione e che oggi, con l'avvio di questa discussione, è affidato alle decisioni dell'Assemblea sia importante.
Questo Parlamento deve assumersi fino in fondo la responsabilità di portare a termine tale sforzo perché stiamo parlando di una partita che riguarda, sì, un settore molto particolare dell'amministrazionePag. 24dello Stato e della democrazia nel nostro Paese, ma la cui delicatezza è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo una grande responsabilità e siamo chiamati tutti quanti ad esercitarla fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, il primo articolo al nostro esame è il cuore politico del provvedimento. Con esso si supera l'attuale responsabilità politica rispetto ai servizi, ora facente capo al Ministero della difesa ed al Ministero dell'interno, che per alcuni versi causa difficoltà di coordinamento tra i servizi stessi. Nel testo al nostro esame la responsabilità politica fa capo al Presidente del Consiglio dei ministri. Si tratta di una delle innovazioni più importanti dell'intera materia, che di fatto completa quella già prevista nella vecchia disciplina, in cui il Presidente del Consiglio è autorità nazionale di sicurezza. Tuttavia, con la nuova proposta di fatto ad esso vengono corrisposti reali poteri di coordinamento sui servizi.
Già l'onorevole Bressa ricordava che presso la Presidenza del Consiglio verrà istituito il dipartimento specifico. Pertanto, farà capo alla Presidenza del Consiglio l'effettivo coordinamento amministrativo sui due servizi operativi tramite il suddetto dipartimento. Una delle innovazioni fondamentali è rappresentata dalla responsabilità politica del Presidente del Consiglio, accentuata anche da tutta una serie di compiti a lui assegnati in maniera esclusiva.
Sappiamo che tradizionalmente nella nostra storia repubblicana la politica italiana è stata accusata di essere deresponsabilizzata. Visto che il Parlamento, in caso di approvazione del provvedimento, conferisce una serie di poteri specifici ai servizi, si riconosce la necessità come bilanciamento di conferire una responsabilità politica altrettanto definita e forte. Credo che si tratti di un punto importantissimo del provvedimento.
Nel corso dell'esame degli altri articoli vedremo come sia sempre ricondotta al Presidente del Consiglio la parte più delicata e direttiva nei confronti dell'operatività dei servizi, la conoscenza delle operazioni svolte dagli stessi ed il coordinamento dell'attività dell'intero Governo. Ribadisco che si tratta a mio avviso di un punto fondamentale, rispetto al quale l'approvazione dell'articolo costituirà un tassello fermo per la stessa politica di sicurezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, la riforma al nostro esame rappresenta uno dei passaggi più importanti e delicati di questo scorcio di legislatura. Come ho già avuto modo di dire, essa cade nel momento in cui vengono consegnati al Paese ed all'opinione pubblica fatti di particolare gravità che riguardano la storia non lontana, ma recente, recentissima, attuale dei nostri servizi. Si tratta di una riforma che muta l'impianto e sposta, individuandola in capo al Presidente del Consiglio, la responsabilità riguardo ai nostri servizi.
Ne condividiamo l'approccio, tanto che abbiamo lavorato e stiamo tuttora lavorando affinché questo asse diventi ancora più forte e si consolidi, si eliminino quelle zone grigie e sfumate di alcuni passaggi normativi della riforma che potrebbero attenuarne l'impianto e lo spirito complessivo. C'è, quindi, ancora da lavorare e si procederà in Commissione nelle prossime ore e nei prossimi giorni, perché esistono alcuni punti di estrema delicatezza, rispetto ai quali non può non tenersi in considerazione la storia di questo Paese e le deviazioni di cui i servizi italiani, nella pur giovane storia di questa Repubblica, si sono resi protagonisti, ma anche perché vogliamo che, nel nome della sicurezza, questo Paese non precipiti in un generale clima di insicurezza, per quanto concerne i diritti individuali dei cittadini e, complessivamente, per la tenuta dello Stato democratico.
Ecco la ragione per la quale continuiamo ad avere perplessità su alcuniPag. 25punti: la previsione del ministro per la sicurezza, quanto indicato dall'articolo 17 sulle cause di giustificazione, alcuni aspetti della disciplina del segreto di Stato, delle innovazioni che si introducono e il giro di vite, che ritengo eccessivo e troppo duro, nei confronti dell'informazione e della stampa. Credo che questa Camera nei prossimi giorni valuterà con piena consapevolezza cosa significhi sommare le cause di giustificazione al segreto di Stato, ad interventi più complicati per la magistratura e ad una sorta di argine verso l'informazione. Il rischio, quello che temiamo - e lavoriamo assieme a tutte le altre forze politiche perché ciò non avvenga - è che ci sia una eccessiva blindatura rispetto a ciò che i servizi possono fare o non fare in questo Paese, per la sicurezza sia dei cittadini sia della Repubblica nel suo complesso. Riteniamo che previsioni, che, addirittura, possono portare alla sospensione di diritti costituzionali investano profili molto delicati, su cui bisognerà riflettere ancora a lungo, senza compiere tentativi di accelerazione, ma procedendo con grande attenzione.
Anche oggi il Paese resta inquieto dinanzi a ciò che si legge, ad uno dei casi in cui uno dei nostri migliori dirigenti e funzionari dei servizi, Calipari, ha perduto la vita. Ci sono qui dinamiche che non comprendono i cittadini e che - lasciatemelo dire - non comprendiamo neppure noi, così come non comprende il Parlamento e neppure quest'organo che, in futuro, quando passerà questa riforma, avrà il compito fondamentale di assicurare il controllo politico nei confronti dei servizi e dei suoi apparati; è il Presidente del Consiglio, che ne porta la responsabilità complessiva.
Per queste ragioni, noi crediamo che oggi si possa iniziare l'esame del primo articolo e riprendere subito il lavoro per migliorare ancora il testo che è emerso dopo lunghe e faticose settimane di lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, abbiamo svolto lunedì scorso, il 5 febbraio, in quest'aula, un ampio ed approfondito dibattito di carattere generale, dopo la relazione del relatore presidente Violante, in cui anch'io, a nome del gruppo dei Verdi, insieme ai colleghi tutti i gruppi, ho cercato di affrontare la tematica complessiva della riforma che abbiamo al nostro esame.
È chiaro che tutti gli elementi che abbiamo affrontato insieme nel confronto - devo dire vasto ed anche approfondito e sereno - che si è svolto lo scorso 5 febbraio li ritroveremo adesso, avremo occasione di affrontarli nuovamente e di riproporli in sede di esame degli emendamenti riferiti a ciascuno dei 45 articoli di cui si compone l'attuale testo unificato delle proposte di legge in materia di riforma dei servizi di informazione e di sicurezza e disciplina del segreto.
Non occorre ricordare qui puntualmente - l'ho già fatto nella discussione sulle linee generali - che siamo tutti consapevoli che la storia di questo dopoguerra, con riferimento ai ruoli dei servizi che genericamente si chiamano «servizi segreti di informazione e sicurezza» o, meglio, «servizi di informazione per la sicurezza», è stata travagliata e, potrei dire con un eufemismo, complessa e ricca di elementi di criticità.
Ricordiamo, Per quanto riguarda il servizio di sicurezza militare, i passaggi caratterizzati non solo dal cambio delle sigle, ma anche da svolte di carattere decisivo sul piano istituzionale - dal SIM al Sifar, al SID e al SISMI -, e gli analoghi passaggi che vi sono stati con riferimento alle competenze, sotto il profilo dell'informazione e della sicurezza, che facevano capo al Ministero dell'interno, dalla Divisione affari riservati in poi, con le varie sigle e gli istituti che si sono succeduti, fino all'attuale SISDE.
È una storia cui accenno semplicemente per rendere evidente a tutti che la complessità di queste vicende ci è ben nota e del resto ha ormai riempito non solo interi scaffali di biblioteca, ma in alcuniPag. 26casi, purtroppo, interi scaffali giudiziari, essendo stata oggetto di vicende giudiziarie drammatiche e complesse.
La riforma del 1977, che è tuttora in vigore, avrebbe dovuto segnare una svolta radicale rispetto alle vicende che ho poco fa ricordato. In parte, così è stato.
Oggi comunque, al di là dei giudizi su vicende specifiche rispetto alle quali non è questa l'occasione di riflettere più a fondo (infatti ormai la materia è oggetto del dibattito storico, politico e istituzionale e delle vicende giudiziarie), a distanza di quasi trent'anni da quella riforma, è evidente a tutti - e mi pare che al riguardo vi sia l'unanimità in questo come nell'altro ramo del Parlamento - la necessità di una nuova riforma, radicale e integrale del sistema.
La ragione principale è dovuta al totale cambiamento del contesto internazionale e geopolitico, in particolare dopo la caduta del muro di Berlino del 1989. Una conseguenza positiva di tale caduta è stata la fine della guerra fredda, accompagnata però, inaspettatamente, da una conseguenza negativa quale quella del riaccentuarsi delle minacce di carattere terroristico sul piano internazionale e della proliferazione di nuovi conflitti.
È evidente, comunque, che il cambiamento del contesto geopolitico richiede una profonda riforma, al di là degli aspetti di carattere ordinamentale, del nostro sistema di informazione per la sicurezza. Vorrei osservare che l'articolo 1 del provvedimento, attualmente in esame, ne rappresenta il cardine principale, anche se non esclusivo, poiché riguarda le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Presidente del Consiglio, infatti, diventa, in modo assai più forte rispetto a quanto previsto dalla legge del 1977 attualmente in vigore, il punto di riferimento fondamentale dell'intera responsabilità politica di indirizzo, direzione e coordinamento per quanto riguarda il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, oltre a rappresentare l'autorità nazionale per la sicurezza per quanto attiene a tutti gli aspetti che riguardano l'opposizione del segreto di Stato, nonché la delicata materia dei nulla osta di segretezza.
Credo che non sia un caso se sono state presentate ben poche proposte emendative a tale articolo. Alcune di esse verranno forse ritirate, ma comunque non penso siano tali da poter sconvolgere l'impianto dell'articolo 1 del provvedimento. Su tale articolo, infatti, si è svolto un ampio ed approfondito lavoro di riflessione e di definizione delle competenze attribuite, in via esclusiva, al Presidente del Consiglio dei ministri.
L'intero impianto del progetto di legge, come è stato già accennato dai colleghi che mi hanno preceduto, prevede alcune articolazioni del sistema di sicurezza, che chiamano in causa, in primo luogo, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica.
Dal punto di vista delle strutture, considero rilevante soprattutto il nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che avrà responsabilità, finalità, obiettivi e competenze assai più accentuate rispetto all'attuale CESIS. Ciò anche in riferimento - ma non solo - alla costituzione degli uffici ispettivi al proprio interno, alla centralizzazione degli archivi, all'istituzione della scuola di formazione ed al ruolo dell'UCSe nell'ambito dello stesso DIS.
È prevista, altresì, una nuova articolazione dei due servizi. Il Servizio di informazione per la sicurezza esterna (SIE) fa riferimento al vecchio SISMI, ma avrà caratteristiche diverse; allo stesso modo, il Servizio di informazione per la sicurezza interna (SIN) succederà al vecchio SISDE, ma possederà anch'esso connotati diversi.
Ciò che ritengo fondamentale è che entrambi i servizi saranno totalmente equiparati dal punto di vista delle responsabilità, delle competenze e degli obiettivi, nonché degli obblighi che, nell'ambito del sistema complessivo per l'informazione e la sicurezza, dovranno assolvere.
Per concludere, essendo previste competenze enormi in capo al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore sotto il profilo della responsabilità politica e non,Pag. 27reputo importante renderci conto della necessità di prevedere, con legge, anche la possibilità che le competenze non attribuite in via esclusiva al Presidente del Consiglio siano delegate, laddove lo si ritenga, ad un ministro o ad un sottosegretario di Stato che esercitino esclusivamente tale funzione.
Occorrerebbe altresì prevedere che se, in attuazione di questa previsione, venisse ad essi attribuita tale competenza (ricordo che, nel provvedimento, l'abbiamo definita «Autorità delegata»), allora anche il ministro o il sottosegretario dovrebbero entrare a far parte del sistema complessivo di informazione per la sicurezza della Repubblica, di cui al successivo articolo 2.
Per non intervenire successivamente, annuncio già fin d'ora (anche se siamo in sede di interventi sul complesso delle proposte emendative), quindi, il voto contrario del gruppo dei Verdi sui diversi emendamenti presentati all'articolo in esame, sui quali credo verrà formulato un invito al ritiro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 12,38)

MARCO BOATO. Al contempo, preannuncio il voto favorevole del mio gruppo sull'articolo 1 del provvedimento, il quale definisce, con grande scrupolo e precisione, le competenze attribuite in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei ministri per quanto concerne il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo brevemente non soltanto per ricordare, come hanno già fatto i colleghi, che l'articolo in esame è fondamentale - infatti, ne abbiamo molto discusso -, ma anche per sottolineare che la riforma dei servizi di sicurezza attende di essere esaminata in Assemblea dalla XIII legislatura.
Impegnandoci in un lavoro faticoso, complesso, ma anche molto approfondito, siamo riusciti a predisporre un testo sostanzialmente condiviso. L'elemento principale che ci ha visti accomunati, pur dopo essere partiti da iniziative legislative che contenevano svariate proposte relative all'organizzazione dei servizi di sicurezza, alla loro struttura e ad altri aspetti, è proprio quello disciplinato dall'articolo 1: l'affidamento alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio di tutte le vicende che attengono al servizio informativo.
È stata giustamente ricordata la storia travagliata dei servizi di sicurezza, non priva di elementi di novità anche nel recente passato. Nelle nostre discussioni, durante le quali abbiamo ricostruito ed analizzato le passate esperienze, ci è parso avere maggiore rilevanza l'elemento che determinava un non chiaro assetto delle responsabilità. Tra le ragioni per le quali la legislazione in vigore - inadeguata, oggi, rispetto ai tempi ed al contesto internazionale - non ha funzionato vanno indicati l'insufficienza dei controlli (riguardo ai quali vanno definite alcune questioni) e, principalmente, la mancata definizione dei ruoli, delle responsabilità e delle funzioni. Queste le motivazioni basilari di un impianto che abbiamo condiviso.
All'esordio, l'articolo 1 contempla, appunto, una chiara attribuzione di responsabilità al Presidente del Consiglio e, in tal modo, supera limiti e contraddizioni contenuti nella riforma del 1977 relativamente a dipendenze dei servizi di sicurezza, funzionali o dirette, da altri ministeri. In altre parole, l'articolo in esame chiarisce qual è l'autorità politica che risponde dell'intera struttura dei Servizi di sicurezza del nostro paese e, nel contempo, proprio per questa ragione, introduce elementi di equilibrio e contrappesi rispetto ad altre funzioni dello Stato, rispetto ad altri poteri riconosciuti dalla Costituzione. Soprattutto, nel definire la struttura gerarchica e funzionale dei servizi di sicurezza, la disposizione introducePag. 28un elemento di chiarezza con riferimento alla responsabilità della politica informativa e della sicurezza.
Più specificamente, l'articolo 1 definisce le competenze esclusive del Presidente del Consiglio. Noi abbiamo ritenuto importante - e lo abbiamo sottolineato - che tali competenze esclusive non riguardassero tutte le questioni, ma soltanto quelle principali: ad esempio, il segreto di Stato e la nomina dei direttori dei Servizi, di cui è giusto che il Presidente del Consiglio risponda in prima persona. Inoltre, abbiamo lavorato affinché altre competenze non esclusive potessero essere delegate ad altre autorità. Su questo tema, del quale si occupano i successivi articoli 2 e 3, si è svolta un'ampia discussione. In particolare, è stato posto in risalto che alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio deve anche corrispondere la possibilità concreta di svolgere le funzioni e di garantire non soltanto la definizione delle strategie, ma anche il controllo effettivo sul funzionamento dei servizi di sicurezza. Pertanto, abbiamo ritenuto che talune competenze non esclusive fossero opportunamente delegabili ad un ministro o ad sottosegretario in qualità di «autorità delegata».
Le ragioni della nostra condivisione non attengono soltanto alla parte iniziale del provvedimento, ma sono completate da altre, relative a molti altri aspetti che esamineremo nel prosieguo. Sotto questo profilo, va sottolineato sin d'ora che il provvedimento in esame garantirà un effettivo controllo parlamentare: un organismo apposito avrà, finalmente, la possibilità vera di controllare non solo le strategie e la realizzazione degli obiettivi dichiarati, ma anche gli strumenti individuati per l'attuazione dei compiti (comprese le questioni concernenti il personale, le spese, e via dicendo). Questo bilanciamento e questo completamento della responsabilità politica con il controllo parlamentare sono i cardini fondamentali sui quali poggiano tutti gli articoli successivi, che esamineremo in seguito. Intanto, mi interessava sottolineare la nostra condivisione rispetto all'impianto iniziale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, questo provvedimento è molto complesso e consta di molti articoli. Discuteremo, poi, dei vari aspetti, man mano che il dibattito proseguirà.
L'articolo 1 è importante, perché individua le competenze fondamentali in ordine alla direzione politica dell'attività dei servizi di informazione. Se dovessimo dividere questo provvedimento in alcune macroaree, la prima sarebbe proprio quella delle competenze politiche; la seconda riguarderebbe l'organizzazione e la struttura del sistema; la terza sarebbe relativa alla nuova disciplina del segreto di Stato e delle garanzie funzionali degli agenti che operano per conto dei servizi di informazione.
Proprio con riferimento alla prima parte del provvedimento, che riguarda le competenze politiche, la Lega ha condotto una battaglia e sostenuto una posizione: queste competenze politiche devono essere assolutamente chiare e, conseguentemente, devono essere individuate con assoluta trasparenza.
Per questo motivo, siamo stati contrari alla possibile sovrapposizione di competenze che si sarebbe venuta a creare prevedendo una nuova figura, quella di un ministro per l'informazione e la sicurezza.
A parte il fatto che la figura di un ministro per l'informazione e la sicurezza di solito viene introdotta nei paesi comunisti: non vi è traccia nei paesi occidentali e democratici dell'istituzione di un ministro con queste competenze....

GIANCLAUDIO BRESSA. Il Regno Unito!

ROBERTO COTA. Peraltro, tali competenze andrebbero a sovrapporsi a quelle del Presidente del Consiglio, cui spetterebbe la responsabilità politica, e a quellePag. 29del ministro dell'interno, che sostanzialmente è il responsabile, anche agli occhi della collettività, della tutela e della sicurezza sul territorio dello Stato.
Per questo motivo, abbiamo cercato di portare un po' di chiarezza nell'ambito del dibattito, individuando chiaramente una figura, quella del Presidente del Consiglio, che dovrà essere il responsabile politico della gestione dei servizi di informazione e sicurezza e che potrà delegare alcune funzioni ad un sottosegretario oppure ad un ministro senza portafoglio, come è già capitato.
Avremmo preferito stabilire una possibilità di delega soltanto rispetto al sottosegretario, affinché la funzione in capo al Presidente del Consiglio fosse ancora più chiara. Però, rispetto al testo originario, la previsione della figura del ministro per l'informazione è, comunque, stata espunta. Deve esservi un Presidente del Consiglio responsabile dei servizi ed un ministro dell'interno responsabile della sicurezza e dell'ordine pubblico in ambito interno.
Se fosse stata accolta la precedente formulazione, immagino i contrasti che si sarebbero creati a livello politico tra il Presidente del Consiglio, il ministro della sicurezza, magari appartenente ad un'altra forza politica, e il ministro dell'interno, di un'altra forza politica ancora.
Avremmo assistito, prima ancora che alla gestione di una materia così delicata come quella dell'informazione e della sicurezza, ad una lotta politica all'interno della maggioranza, magari a colpi di «spacchettamento» con qualche decreto-legge, per dare più o meno potere a questo o a quel partito, a questo o a quell'esponente.
Abbiamo condotto la nostra battaglia e si è arrivati a questa formulazione del testo: all'articolo 1 si stabiliscono alcune competenze riservate in via esclusiva al Presidente del Consiglio. Mi fermo qui; dopodiché, interverremo nel merito sui singoli emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, abbiamo avviato questo lavoro da tempo, sia in sede di Comitato di controllo sui servizi sia in Commissione, in considerazione della necessità di affrontare, dopo trent'anni, senza tabù, senza riserve e senza stereotipi e ideologismi, un tema che appare centrale per il nostro paese.
L'organizzazione di un sistema di informazione per la sicurezza efficiente è condizione preliminare perché un paese sia non solo più sicuro, ma anche capace di svolgere un ruolo adeguato, nello scenario europeo ed internazionale, a tutela degli interessi fondamentali dello Stato, che non sono rappresentati solo da quello della sicurezza - che è indubbiamente il principale -, ma anche da quello dello sviluppo, della competizione e della produzione in un quadro di libero mercato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 12,50)

GIANPIERO D'ALIA. Queste sono le ragioni per le quali sin dall'inizio abbiamo chiesto ed ottenuto che, su questo provvedimento - che interessa l'intero paese e non questa o quella maggioranza politica -, si introducesse un diverso metodo di confronto, che guardasse ai contenuti delle questioni da affrontare più che agli schieramenti a cui ciascuno di noi appartiene.
Fino ad oggi, questo metodo ha prodotto risultati positivi, grazie allo sforzo fatto da tutti: dal relatore, dal presidente della Commissione, da tutti i gruppi parlamentari e, in particolare, dai componenti del Copaco.
Nell'articolo 1 di questa proposta è contenuto, come si diceva in precedenza, il cuore dell'organizzazione dei nuovi servizi di informazione.
In primo luogo, occorre sottolineare che questo testo separa nettamente l'attività di intelligence da tutte quelle attività che riguardano la tutela della sicurezza nazionale e che appartengono alla competenza esclusiva del Ministero dell'interno e del Presidente del Consiglio, non nella sua funzione di titolare della politicaPag. 30di intelligence, ma nella sua funzione di autorità nazionale per la sicurezza.
Vogliamo affermare ciò con chiarezza, in quanto anche la formulazione del testo non è una questione formale, ma sostanziale. Infatti, si disciplinano i servizi di informazione per la sicurezza, vale a dire tutta quella fase preliminare, affinché gli organi dello Stato preposti alla tutela della sicurezza nazionale siano posti nelle condizioni di agire, in Italia e all'estero, in maniera assolutamente efficace.
In questo contesto, abbiamo riempito di contenuti il principio, già espresso nell'articolo 1 della legge n. 801 del 1977, secondo il quale questa responsabilità politica è incardinata nella figura del Capo del Governo. Si tratta di una responsabilità che, tuttavia, nel tempo è stata diluita attraverso una polverizzazione o, comunque, una ripartizione delle competenze operative. In ogni caso, la responsabilità politica in capo al Presidente del Consiglio ha un senso se quest'ultimo è nelle condizioni di gestire direttamente, attraverso il dipartimento di informazione per la sicurezza, anche la strategia operativa degli apparati di intelligence. Altrimenti, vi è uno scarto tra la responsabilità, che è diventata solo formale, del Presidente del Consiglio e l'attività operativa concreta.
Pertanto, abbiamo cercato di definire con esattezza quali sono le competenze del Capo del Governo che non possono essere delegate a nessuno. Evidentemente, oltre a quella principale e generale rappresentata dalla responsabilità dell'alta direzione politica dei servizi di intelligence, ve sono altre due altrettanto fondamentali.
Si tratta della apposizione e della tutela del segreto di Stato e delle autorizzazioni relative alle cosiddette garanzie funzionali. Queste attività, proprio per la loro peculiarità, sono soggette a un sindacato che è non soltanto giurisdizionale, afferendo anche alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio nei confronti del Parlamento. Inoltre, il sindacato giurisdizionale, in questo caso, è affidato in parte alla magistratura ordinaria e in parte - ulteriore elemento di novità - alla Corte costituzionale. È assolutamente evidente, quindi, che specificare che di questi atti il Presidente del Consiglio risponde anche al Parlamento, oltre che alla magistratura ordinaria e alla Corte costituzionale, è un ulteriore elemento di novità di questo testo, al quale si associa, come bilanciamento, un rafforzamento dei poteri di controllo parlamentare. Del resto, in tutte le democrazie moderne è il Parlamento che deve comunque essere garante della trasparenza dell'azione dei servizi di intelligence nei confronti dei cittadini. In sintesi, questo è il lavoro che abbiamo svolto e che risulta dalla formulazione dell'articolo 1 del provvedimento in esame.
Nell'ambito dello stesso articolo 1, peraltro, è stata individuata una soluzione di compromesso tra quanti, come noi, ritenevano necessaria l'istituzione della figura del ministro per le informazioni sulla sicurezza e quanti pensavano, ad esempio, che l'istituzione obbligatoria di questa figura potesse costituire, nel tempo e nell'evoluzione dell'istituto, in qualche modo un pericolo, piuttosto che un aiuto, per il Presidente del Consiglio dei ministri. Abbiamo stabilito, allora, che è nella facoltà del Presidente del Consiglio avvalersi di un ministro senza portafoglio o di un sottosegretario di Stato, ovviamente per le funzioni che possono essere delegate e non per quelle che sono di competenza esclusiva. In tal caso, però, si è stabilito che se qualcuno è delegato a disimpegnare queste funzioni - che essendo concentrate nella Presidenza del Consiglio si sono moltiplicate, sono complesse e afferiscono direttamente alla capacità operativa dei servizi - è necessario che se ne occupi in via esclusiva. Nella eventualità che si istituisca la figura di un ministro senza portafoglio, a nostro avviso, paradossalmente si rafforzerebbe ancora di più il controllo parlamentare, considerata la possibilità per il Parlamento di approvare una mozione di sfiducia individuale nei confronti dei ministri. Questo consente, nel caso in cui il Presidente del Consiglio intenda nominarlo, un ulteriore rafforzamento del controllo parlamentare.
Queste sono le ragioni che ci hanno portato a convergere sul testo dell'articoloPag. 311 del provvedimento in esame che, come è stato ricordato, è centrale. Rispetto ad esso, evidentemente, esprimiamo apprezzamento e soddisfazione, anche alla luce del lavoro emendativo che, in questi ultimi giorni, abbiamo svolto in sede di Commissione e di Comitato dei nove per renderlo ancora migliore e più adeguato, e per mettere i colleghi del Senato nelle condizioni di compiere un lavoro meno faticoso di quello che è toccato a noi, che abbiamo esaminato il testo in prima lettura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sulla necessità di una riforma dell'ordinamento dei nostri servizi di informazione e sicurezza penso non vi sia alcun dubbio, anche alla luce delle esperienze recenti che, al di là della capacità e della efficienza operativa, sicuramente hanno evidenziato elementi di perplessità. Proprio per questo, credo che una riforma dei servizi di informazione e di sicurezza debba avere una particolare qualificazione. L'ambito di attività di questo particolare settore dello Stato è, per sua natura, materia incerta e scarsamente verificabile o, almeno, verificabile e controllabile solo con una certa difficoltà. La questione della certezza nella riconoscibilità e nell'attribuzione delle responsabilità ed il relativo controllo sono elementi primari. In altri termini, non possiamo avere una situazione in cui possa sorgere incertezza rispetto a chi abbia la responsabilità di quanto accade. Si tratta di una responsabilità oggettiva, nel senso che la funzione richiede indirizzi e controlli.
Bene hanno fatto la I Commissione e i colleghi che hanno lavorato su questo argomento ad attribuire al Presidente del Consiglio questa responsabilità fondamentale, escludendo tutta una serie di questioni e di competenze dalla possibilità di essere delegate.
Tuttavia, la possibile nomina di una figura del rango di ministro nella direzione di questo settore introduce sicuramente elementi di dubbio. È vero che la norma è stata formulata in maniera tale che il Presidente del Consiglio ha la facoltà - non un obbligo - di nominare un ministro competente specificamente sulla materia, ma, nello stesso tempo, questa scelta, nel caso in cui fosse fatta, certamente indebolirebbe la capacità di riconoscimento delle responsabilità effettive. Infatti, lo status giuridico del ministro, di per sé, mette in evidenza una responsabilità politica, che, invece, il sottosegretario non ha, proprio perché svolge una funzione di supporto al ministro, che ha i poteri in materia.
Quindi, nell'esprimere un giudizio complessivamente positivo, faccio rilevare che vi sono ancora alcuni elementi sui quali bisogna sviluppare una discussione (anche se penso che il lavoro già svolto nell'ambito del Comitato dei nove abbia sciolto alcuni nodi).
Rimangono, comunque, questo nostro dubbio e questa nostra incertezza, anche alla luce di quanto è accaduto nella storia del nostro paese. Certamente, sono state attribuite responsabilità ai ministri e ai sottosegretari, ma, nello stesso tempo, non si è mai capito bene a chi rispondessero effettivamente questi importanti apparati dello Stato.
Quindi, vi deve essere la riconoscibilità della responsabilità, ma anche un adeguato sistema di controllo, in primo luogo, da parte di colui che ha la responsabilità sull'attività, ma anche degli apparati che sono stati previsti, sia come forma di controllo interno, con un adeguato sistema ispettivo (per il quale sono state previste le incompatibilità che abbiamo apprezzato), sia esterno, del Parlamento, attraverso il Comitato parlamentare di controllo sull'attività di informazione e sicurezza.
Questi sono i rilievi di maggiore portata. Sappiamo che si sta lavorando anche per sciogliere gli ultimi nodi che sono rimasti aperti.
Resta, però, una questione di fondo, che voglio sottolineare, anche perché la storia ci ha indicato i problemi, spesso senza indicare la strada per risolverli,Pag. 32ossia quella relativa al rapporto tra mondo dei servizi di informazione e sicurezza e organi di stampa.
Questa è una materia che riveste importanti profili di democrazia perché riguarda l'effettivo esercizio di tutte le facoltà democratiche del paese. Sappiamo quanto gli organi di stampa siano fondamentali per sviluppare adeguate azioni di controllo popolare e democratico. Però, sappiamo anche che vi sono beni che devono essere tutelati, come la sicurezza nazionale e la vita degli operatori che sono impegnati in particolari attività.
Noi auspichiamo che, nel prosieguo della discussione, anche rispetto a tale questione, vi sia la capacità di dare una risposta adeguata.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, questo articolo - lo dico anche ai colleghi che si apprestano a votare - sostanzialmente cambia l'assetto degli attuali servizi di sicurezza.
Oggi i servizi sono due: uno dipende dal ministro dell'interno e l'altro dipende dal ministro della difesa. Non ci sarà più questo tipo di dipendenza e i servizi dipenderanno direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Questa norma stabilisce quali sono le competenze esclusive del Presidente del Consiglio dei ministri, ossia quelle che non può delegare ad altri soggetti.
Su quest'aspetto sono intervenuti alcuni colleghi (il collega Licandro e, poc'anzi, il collega Buemi), al fine di valutare la possibilità che un altro organo possa esercitare queste funzioni, coadiuvando il Presidente del Consiglio.
Finora, è accaduto che il Presidente della Consiglio si sia avvalso o di un sottosegretario (è la situazione attuale) o di un vicepresidente del Consiglio dei ministri (è stato il collega Mattarella) o di un ministro con altri incarichi (è stato il collega Frattini) o di un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con funzioni di verbalizzatore del Consiglio dei ministri (è stato il dottor Letta). Finora, da questo punto di vista, c'è stato di tutto.
Avendo deciso di ricondurre al Presidente del Consiglio la responsabilità, abbiamo stabilito che il Presidente del Consiglio possa avvalersi o di un sottosegretario o di un ministro. Alcuni colleghi hanno espresso diverse valutazioni critiche su questo punto, che credo esamineremo nella prossima seduta. Ma qual è punto?
Se queste funzioni fossero delegabili soltanto al sottosegretario, sarebbe l'unico caso, nel nostro ordinamento giuridico, che le funzioni di un sottosegretario non possano essere esercitate da un ministro, cosa che, francamente, credo sia abbastanza discutibile dal punto di vista dell'ordinamento, essendo il sottosegretario, per definizione, un soggetto che riceve la delega dal ministro. Pensiamo che vi debba essere un ministro senza portafoglio, anche perché questo soggetto deve avere la forza di dialogare con gli altri ministri (degli esteri, della difesa e dell'interno), che, certamente, non sono ministri di serie B, ma di serie A, quindi, con una loro forza.
Inoltre, è difficile che il Presidente del Consiglio, da solo (non accade in alcun ordinamento) possa sostenere la conoscenza quotidiana di tutto ciò che accade all'interno dei servizi, anche perché, oggi come oggi, vi sono poteri di particolare incisività. Lo esamineremo dopo.
Tuttavia, le regioni per le quali riteniamo che vi debba essere la figura del Presidente del Consiglio con poteri esclusivi in ordine alle questioni principali, che riguardano la politica della sicurezza, e poi, successivamente, un'autorità delegata (un sottosegretario o un ministro a scelta del Presidente del Consiglio), dipende dalla necessità di avere, anche per il Parlamento, un interlocutore che abbia una sua forza e una sua legittimazione.
Sulla questione posta poc'anzi dal collega Buemi relativa agli organi di stampa, valutiamo alcuni aspetti. Noi abbiamo scritto una norma che riprende quantoPag. 33abbiamo tutti quanti votato a proposito delle Commissioni antimafia, sul ciclo dei rifiuti e di tutte le Commissioni d'inchiesta da circa quindici anni a questa parte, ossia che il giornalista che riveli notizie coperte dal segreto è punito, a norma dell'articolo 326 del codice penale che riguarda la rivelazione dei segreti d'ufficio. Ma voglio dire all'onorevole Buemi, che, anche se non scrivessimo questa norma, sarebbero lo stesso, perché una volta che la notizia venisse pubblicata, chi la pubblica risponde per concorso con chi ha dato la notizia e quindi, da questo punto di vista, non cambia assolutamente niente. Questa è la ragione per la quale abbiamo tenuto presente l'articolo 326, ma discuteremo anche di questo.
Andando al merito degli emendamenti, formulo un invito al ritiro per tutti, con una brevissima motivazione.
Per quanto riguarda, l'emendamento Gasparri 1.100, la Commissione rivolge un invito al ritiro, perché risponde ad un disegno legittimo, ma diverso da quello che...

PRESIDENTE. Presidente Violante, è già stato ritirato.

LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Mi scuso, non lo sapevo.
Per quanto riguarda l'emendamento Capotosti 1.60, la Commissione invita al ritiro, perché eliminerebbe la possibilità che queste funzioni siano attribuite, in via esclusiva, al Presidente del Consiglio. Essendo funzioni particolarmente delicate a garanzia della democrazia, riteniamo che sia bene che le eserciti esclusivamente il Presidente del Consiglio.
Così come formulo l'invito al ritiro dell'emendamento del collega Diliberto 1.62, che intende attribuire la possibilità di nomina e revoca dei direttori dei servizi non solo al Presidente del Consiglio, ma anche all'autorità delegata. È bene, invece, che queste funzioni siano esercitate soltanto dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Infine, per quanto riguarda l'emendamento Capotosti 1.61, la Commissione invita al ritiro, perché sarebbe sbagliato che il Comitato parlamentare esprimesse un parere vincolante sull'ammontare della spesa preventiva. Questo, evidentemente, deve restare al Presidente del Consiglio in relazione alle scelte di politica della difesa che intenderà fare il Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENRICO LUIGI MICHELI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, abbiamo lavorato insieme e con grande piacere abbiamo constatato che gran parte del Parlamento condivideva un disegno di adeguamento di una normativa ormai superata. Abbiamo lavorato e siamo giunti ad alcune conclusioni sulle quali si sta discutendo.
Gli articoli 1 e 2 sono fondamentali, perché costituiscono il centro della riforma: i poteri al Presidente del Consiglio, non più poteri separati tra il ministro dell'interno e il ministro della difesa ed il Presidente del Consiglio.
L'articolo 2 conferisce alla Presidenza del Consiglio la struttura necessaria per poter operare quotidianamente. Quindi riteniamo che questa sia una soluzione, nell'ambito del provvedimento, per quel che rappresenta, abbastanza ideale e significativa.
Per quanto riguarda il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 1, il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Gasparri 1.100 è stato ritirato.
Chiedo all'onorevole Capotosti se accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.60.

GINO CAPOTOSTI. Sì, Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Diliberto 1.62 accolgono l'invito al ritiro.
Prendo atto, altresì, che l'onorevole Capotosti ritira il suo emendamento 1.61.Pag. 34
Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor presidente, questa riforma interviene dopo tanti anni di studi, di valutazioni e di ricerche, soprattutto a partire dagli anni 1990, 1992 e 1993, quando fu svolto un lavoro dalla Commissione presieduta prima da Chiaromonte e poi da Pecchioli.
Il tentativo è quello di razionalizzare il tutto. Lo sforzo si è fatto e si sta facendo, lo voglio sottolineare, in termini anche positivi. Finisce il CESIS, che non aveva funzionato, perché non era sovraordinato rispetto alle altre due direzioni generali. Speriamo che il DIS funzioni e che anche gli altri due servizi possano funzionare. Vorrei però far notare, così come già fatto l'onorevole D'Alia, che avrei preferito vi fosse il ministro per la sicurezza, proprio per la ragione a cui faceva riferimento il presidente Violante. Non c'è dubbio che il Presidente del Consiglio dei ministri diventa autorità, come lo è stato, per la sicurezza. Il problema è di capire il ruolo di questa autorità delegata, rispetto anche alla competenza esclusiva del Presidente del Consiglio dei ministri. Questo per evitare che ci possano essere confusioni e soprattutto sovrapposizioni, che sarebbero anche dannose rispetto al funzionamento dei servizi stessi.
Nel prosieguo dell'esame dell'articolato si potranno poi valutare alcuni aspetti, anche rispetto al coordinamento con le altre forze di polizia. Abbiamo creato tante sigle rispetto all'esigenza sia di contrastare la criminalità organizzata, sia di dar vita ai servizi di sicurezza nel nostro paese. Non c'è dubbio che questo provvedimento sia importante e speriamo che possa giungere alla sua conclusione, ma soprattutto, che possa funzionare in termini reali.
Avrei preferito che sul Copaco, signor relatore, signor Presidente, colleghi, vi fosse un controllo più stringente. È vero che oggi esiste una certa capacità di «interloquire» con il Copaco, ma ritengo che avere una conoscenza del bilancio, non certo nel dettaglio, anche per capire quanto si spende in funzione dei risultati, sia un passaggio fondamentale. Se la Commissione potesse rivedere alcuni aspetti, ciò sarebbe utile, sia per incidere sui poteri del Copaco in maniera efficace, sia per dar vita ad un controllo di merito ed effettivo.
Per questi motivi, annuncio, a nome del mio gruppo, il voto favorevole sull'articolo 1 (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
477
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Ciro Alfano e Belisario non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che i deputati D'Antona e Tenaglia hanno espresso erroneamente un voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 445-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C.445 ed abbinate sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere i pareri della Commissione.

Pag. 35

LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, faccio presente che, in virtù di un'intesa intercorsa tra i gruppi parlamentari, il parere sull'unico emendamento riferito all'articolo 2 sarebbe rinviato alla prossima seduta. In questa fase intendevamo soltanto svolgere la discussione sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Aprea, Berruti, Borghesi, Brugger, Catone, Ceccuzzi, Del Mese, Forgione, Franceschini, Fugatti, Fundarò, Galletti, Germontani, Levi, Mungo, Pinotti, Scajola, Sgobio, Tolotti, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Gestione dell'emergenza rifiuti in Puglia - n. 2-00341)

PRESIDENTE. L'onorevole Fitto ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00341 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.

RAFFAELE FITTO. Presidente, la scorsa settimana abbiamo accettato di aggiornare ad oggi l'interpellanza in esame, avendo il Governo chiesto un approfondimento. Ci auguriamo pertanto che le risposte vadano nella direzione auspicata, anche se l'aggiornamento su tali temi è costante ed immediato. Infatti, già da questa mattina vi sono novità preoccupanti e serie, che indicheremo in modo specifico all'attenzione del Governo e che, presumo, non potranno essere oggetto delle comunicazioni odierne del sottosegretario Naccarato, al quale per questo motivo chiederò di rispondere nei prossimi giorni, anche in forma scritta, purché vi sia una posizione chiara.
La presente interpellanza, che ho presentato insieme al collega Leone ed ai colleghi pugliesi, deriva da una serie di considerazioni di cui abbiamo già discusso in una precedente interpellanza, in cui era stata posta una parte del problema. Il tema viene ora esplicitato completamente nel quadro delle nostre preoccupazioni sul tema della gestione dei rifiuti, rispetto al quale vi chiediamo di dare una risposta specifica.
La situazione della nostra regione è molto particolare: avevamo già detto, in occasione dell'esame della precedente interpellanza, quali fossero i rischi cui la Puglia andava incontro e anche quali fossero le gravi responsabilità ed omissioni - e sottolineo «omissioni» - che sono state compiute nella gestione del sistema dei rifiuti della nostra regione.
La regione Puglia aveva un sistema di gestione dei rifiuti individuato con procedure di gara sulle quali non tornerò perché sono note al Governo. Su tale sistema di gestione dei rifiuti e sul loro trattamento vi sono una serie di ricorsi sui quali la regione in tutte le sedi competenti ha avuto ragione nel merito. Ciò ha portato la nostra regione a poter completare, entro undici mesi dall'espletamento delle gare, la realizzazione di sistemi impiantistici per il trattamento dei rifiuti.Pag. 36
Su questo avvengono fatti piuttosto curiosi per cui nella precedente occasione abbiamo chiesto al Governo di dare risposte precise, che ci auguriamo di avere oggi.
Risulta vero che, nella costituzione che la regione Puglia ha fatto insieme al commissario per l'emergenza, quest'ultimo, che coincide nella persona del presidente della regione, si costituisce per il tramite della Avvocatura generale dello Stato, mentre la regione Puglia, che finanzia i progetti, si costituisce con un avvocato del libero foro?
Risulta essere vero (ciò che abbiamo dimostrato anche allegando un dossier consegnato al Governo) che la regione Puglia - al TAR, dove era costituita con nomina della precedente giunta comunale, e al Consiglio di Stato - si è costituita in tutti i ricorsi, tranne uno, nel quale «casualmente» le sarà sfuggito di costituirsi, mentre a differenza di tutti gli altri ha addirittura cambiato gli avvocati?
Risulta essere vero che in questa direzione, su tale vicenda, nel momento in cui l'impresa che gestisce l'impianto della Sud Gas di Poggiardo e sostanzialmente quasi tutte (tranne una) le discariche della provincia di Lecce, ha presentato un ricorso al TAR e al Consiglio di Stato, abbia perso al TAR e che, in quel ricorso nel quale la regione si è «dimenticata» di costituirsi presso il Consiglio di Stato, essa abbia avuto la capacità, affiancando al suo avvocato lo studio dell'avvocato Pellegrino (che ricordiamo essere nella persona del presidente della provincia di Lecce), di ottenere un risultato positivo, grazie alla non costituzione della regione?
Risulta essere vero che, nei mesi scorsi, lo studio Pellegrino - di cui è titolare il presidente della provincia di Lecce il quale, in questi giorni, dovrebbe, terminata la fase commissariale, subentrare nelle competenze sui rifiuti - ha predisposto un altro ricorso avverso la firma dei contratti che risolverebbero l'emergenza sulla base delle gare predisposte? È vero che oggi esiste una situazione in base alla quale i rifiuti, per scelta del commissario e del presidente della provincia di Lecce, indicata sui giornali ai quali viene comunicata, vengono inviati all'impianto di biostabilizzazione della società Sud Gas - facente parte dello stesso gruppo industriale cui ho fatto riferimento - per una trattamento di biostabilizzazione da noi indicato, signor sottosegretario, nei giorni scorsi, come un trattamento inadeguato?
Nelle giornate di oggi e di ieri, il sindaco di Grottaglie, un sindaco non dello stesso nostro colore politico - circostanza che può giovare alla comprensione dei fatti - ha valutato l'opportunità di chiamare i carabinieri del NOE per un prelievo della spazzatura verificando come essa, a quanto pare, non verrebbe trattata nei modi indicati dalla legge. Nel caso della discarica del comune di Fragagnano, il sindaco ha addirittura respinto i rifiuti perché non trattati nel modo adeguato.
Inoltre, è possibile tollerare tali avvenimenti in una situazione nella quale la Protezione civile destina 4 milioni di euro - e forse ancora di più - alla copertura del costo aggiuntivo di 47 comuni che conferiscono i rifiuti a tale impianto di biostabilizzazione? Ciò, peraltro, per un trattamento inutile: infatti, come il Governo sa molto bene e come abbiamo indicato nell'interpellanza, con il decreto legislativo n. 36 del 2003 si obbligherebbero i comuni e le regioni ad effettuare il trattamento di biostabilizzazione ma ogni anno è stata prorogata la disciplina preesistente. Si domanda, poi, se l'ufficio del commissario abbia autorizzato l'utilizzo di tale impianto anche in presenza di deroga, antecedente a tale autorizzazione, che non obbliga il trattamento di biostabilizzazione del rifiuto.
Sono tutte questioni molto gravi, che stiamo denunciando da giorni e sulle quali riteniamo vi sia un atteggiamento o di disinteresse o di presa d'atto automatica delle indicazioni e delle notizie che vengono comunicate dal livello territoriale. Stiamo indicando tutto ciò da tempo e sulle questioni indicate abbiamo puntualmente consegnato tutti i documenti atti a dimostrarne la veridicità.
Ci chiediamo se non sia il caso che il Governo dedichi maggiore attenzione alla vicenda per capire se e come venganoPag. 37spese queste risorse e se, con tali presupposti, sia necessario ed opportuno continuare nei finanziamenti. Non sarebbe piuttosto il caso che il Governo valutasse con la massima attenzione se nominare o meno un nuovo commissario per l'emergenza? Si è sostenuto che la situazione di emergenza è terminata; il dottor Bertolaso, responsabile della protezione civile, in una pubblica intervista, ha dichiarato di prendere atto delle dichiarazioni della presidente della regione che per lui fanno fede.
Noi invece stiamo evidenziando, dal giorno in cui ciò è accaduto, una serie di problemi seri che rischiano nei prossimi giorni di determinare una situazione di caos e soprattutto possono condurre la nostra regione in una condizione nella quale purtroppo si possono intravedere i fantasmi di quanto è accaduto in altre regioni d'Italia, in particolare nella Campania. Mi riferisco alla possibilità che questi rifiuti 'vaghino'; e da qualche ora, infatti, alcuni camion di rifiuti 'vagano' tra una discarica ed un impianto senza sapere di chi sia, ad oggi, la competenza su di essi. Chi è responsabile della gestione dei rifiuti? Chi autorizza?
Con dichiarazioni pubbliche, i sindaci, i presidenti dell'ambito territoriale, i presidenti delle province si chiamano fuori dalla questione e sono in attesa di sapere da parte del Governo - e quindi della Protezione civile - di chi sia oggi la competenza sui rifiuti. In teoria, su tali questioni, in modo particolare e diretto, sarebbe delle province; in pratica, però, attendiamo di avere chiarimenti. E lo faremo incalzando il Governo, ma non (lo ribadisco) per mero spirito polemico di carattere politico ed irresponsabile auspicando il tanto peggio, tanto meglio. No, lo facciamo, lo faremo e continueremo a farlo perché, qualora dovesse, come riteniamo, realizzarsi una situazione di caos purtroppo dovremo dire: ve l'avevamo detto! A meno che il Governo, responsabilmente - e questo è l'appello rivolto con l'interpellanza -, non prenda atto della situazione e provveda concretamente intervenendo e assumendosi alcune responsabilità. Meglio, signor sottosegretario, agire adesso che dopo, di fretta, quando la situazione ormai è degenerata, tra uno o due mesi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, dico subito all'onorevole Fitto e agli altri interpellanti con molta franchezza che il Governo è assolutamente aperto ad ogni ulteriore approfondimento, perché è interessato alla massima trasparenza su tutta questa complessa materia. Naturalmente, come gli interpellanti sanno, vi sono delle strutture che riferiscono ad altre strutture che rielaborano ed assemblano. Del resto, la stessa situazione è in evoluzione ad horas, come l'onorevole Fitto segnala; quindi, posso confermare e ribadire che il Governo è assolutamente disponibile ad ulteriori e più rigorosi approfondimenti, qualora non giungessimo ad una prima soddisfacente soluzione. In effetti, su alcuni aspetti, onorevole Fitto, al Governo non sono stati forniti elementi.
Per quanto riguarda il quesito concernente la presunta necessità di revocare i provvedimenti del commissario delegato n. 51/CD del 21 dicembre 2006 e n. 53/CD del 2 gennaio 2007, riguardanti l'utilizzo degli impianto di Poggiardo della Sud Gas srl e quello riguardante la scelta del commissario delegato di passare alle modalità di trattamento dei rifiuti denominata biostabilizzazione, il Governo rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che nel settembre 2004 veniva sottoscritto un accordo per l'utilizzo della discarica di Nardò al servizio del bacino di Lecce 2, a condizione che la stessa cessasse l'attività entro il mese di luglio del 2006. I notevoli ritardi accumulati nelle procedure di gara europea per affidare il servizio di gestione dei rifiuti urbani, a valle della raccolta differenziata, hanno portato alla crisi diPag. 38fatto del bacino, con la conseguente necessità di dover provvedere ad assicurare in forma diversa la corretta gestione dei rifiuti fino all'avvenuta realizzazione di nuovi impianti pubblici programmati.
I ritardi nella definizione delle gare sono state connessi a contenziosi, come ricordava l'onorevole Fitto, attivati prima dinanzi al TAR della Puglia e successivamente dinanzi al Consiglio di Stato, in merito sia alle procedura di gara sia alle successive aggiudicazioni. I contenziosi si sono risolti con esiti contrastanti solo nell'aprile del 2006.
Ove non si fossero attese le definizioni conclusive dei ricorsi, si sarebbe rischiato di gravare la pubblica amministrazione di consistenti richieste di danni da parte dei soggetti contraenti, eventualmente non più titolati a seguito delle decisioni della giustizia amministrativa. Nel luglio del 2006, in concomitanza con la sottoscrizione dei contratti per la realizzazione del sistema impiantistico di gestione dei rifiuti urbani a regime nel territorio della provincia di Lecce, si sono tenuti diversi incontri presso la prefettura di Lecce, volti a determinare le possibili soluzioni di intesa fra regione, provincia e comuni interessati.
Durante tali incontri, sono emerse due possibili soluzioni per affrontare la crisi già allora ritenuta imminente: la possibilità di ricorrere agli impianti per la gestione dei rifiuti urbani presenti in altri ambiti territoriali, sia della stessa provincia di Lecce che delle altre province pugliesi, oppure il ricorso temporaneo agli eventuali impianti privati per la gestione dei rifiuti speciali esistenti nell'ambito del territorio del bacino LE2.
In relazione alle uniche possibilità sopraindicate, il commissario delegato ha ritenuto opportuno scartare la prima per evitare di allargare a macchia d'olio la situazione di emergenza nei territori limitrofi interessati dallo stesso ritardo nella realizzazione degli impianti pubblici a regime.
È stata dunque scelta la seconda soluzione, provvedendo con ogni opportuna urgenza e mediante avviso pubblico ad una ricognizione degli impianti di trattamento dei rifiuti speciali esistenti per la gestione temporanea dei rifiuti urbani indifferenziati del bacino LE2.
La valutazione tecnica delle quattordici manifestazioni di interesse pervenute, operata unitamente alla provincia e all'autorità per la gestione dei rifiuti urbani nel bacino LE2, ha condotto all'individuazione dell'impianto di trattamento esistente a Poggiardo di proprietà della Sud Gas Srl, per il quale si era manifestata l'esigenza di effettuare un'integrazione impiantistica consistente nella realizzazione delle linee di biostabilizzazione per assicurare il trattamento dell'intera produzione dei rifiuti urbani indifferenziati a valle della raccolta differenziata.
Il commissario delegato ha fatto presente che all'epoca dei fatti vigeva l'obbligo, già previsto nell'articolo 7, comma 1 del decreto legislativo n. 36 del 2003, di provvedere entro il 31 dicembre 2006 ad evitare il conferimento dei rifiuti indifferenziati negli impianti di discarica. Del resto, allora non si poteva immaginare che nella legge finanziaria 2007, approvata di recente, fosse contenuta una proroga dell'entrata in vigore di tale norma al 31 dicembre 2007.
Va inoltre sottolineato che le attivate modalità di trattamento dei rifiuti (biostabilizzazione e selezione) consentono una migliore gestione ambientale dei rifiuti urbani ed una migliore utilizzazione delle discariche, o almeno così dovrebbe essere.

RAFFAELE FITTO. Così va meglio!

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il commissario delegato ha fatto altresì presente che, nel corso delle numerose riunioni riguardanti il percorso per affrontare l'emergenza, tutte condivise con il complesso delle autonomie locali, si è definito il ciclo temporaneo di gestione dei rifiuti urbani indifferenziati del bacino LE2 presso l'impianto privato di Poggiardo, di proprietà, appunto, della Sud Gas srl, ricorrendo per il successivo smaltimento agli impianti di discarica per rifiuti speciali.Pag. 39
Da quanto precede, nelle more della realizzazione del sistema che servirà a regime i comuni del bacino LE2, l'utilizzo dell'impianto della società Sud Gas è di tutta evidenza correlato ad una situazione transitoria determinata dalla crisi ambientale in atto, non potendosi ritenere tale scelta avulsa dal contesto emergenziale.
La non perfetta adesione della soluzione adottata alle previsioni del piano a regime concernente il bacino LE2, peraltro, non solo è determinata dalla rappresentata necessità di provvedere in termini di urgenza, ma anche dal fatto che il piano regionale che disciplina il funzionamento degli impianti appositamente realizzati per il trattamento dei rifiuti è posteriore alla realizzazione dell'impianto della Sud Gas, che, tuttavia, è in grado di assicurare il trattamento preliminare dei rifiuti urbani tal quali per abbattere il livello di umidità e, conseguentemente, per mitigare l'impatto del conferimento finale dei rifiuti trattati negli impianti di discarica individuati e cioè le discariche per i rifiuti non pericolosi site a Grottaglie ed a Fragagnano.
Per quanto riguarda invece la questione relativa alla sperimentazione relativa all'impianto della Sud Gas, è importante chiarire che tale sperimentazione concerneva esclusivamente la possibilità di sottrarre quote di rifiuti urbani trattati dal circuito di smaltimento per destinarli ad attività di recupero e di ripristino ambientale e non già a valutare la funzionalità dell'impianto, come rappresentato dall'onorevole interrogante.
Gli esiti della sperimentazione ad ora acquisiti hanno dimostrato che la citata possibilità di riutilizzo e di recupero delle quote di rifiuti non è consentita e, pertanto, i rifiuti pretrattati nell'impianto di Poggiardo vengono oggi destinati allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi. Al riguardo si evidenzia che la suddetta destinazione in discarica non è in contrasto con la normativa nazionale vigente, in particolare con il decreto legislativo n. 36 del 2003, menzionato proprio dall'onorevole Fitto.
Circa l'aspetto finanziario, si rende noto che, allo stato, con l'articolo 9 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2006, n. 3545, sono stati stanziati, a titolo di anticipazione, 2 milioni di euro, a carico del fondo della protezione civile, subordinatamente ad un'apposita integrazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Tali fondi sono stati assegnati al commissario delegato, per consentire l'adozione di misure di carattere urgente, finalizzate alla rimozione della situazione di elevato rischio igienico ambientale, determinatosi nei comuni della provincia di Lecce.
Riguardo a tali risorse economiche, il commissario delegato ha sottolineato che le stesse risultano utili per sostenere le pubbliche amministrazioni, a causa dell'incremento tariffario relativo ai maggiori oneri connessi al trattamento dei rifiuti indifferenziati. Tali maggiori oneri sono il risultato dei costi di trattamento, eventuale recupero e smaltimento presso gli impianti di discarica dei rifiuti speciali e vedono la partecipazione di una serie di soggetti diversi.
Del resto, i costi derivanti dai bandi di gara e, più in generale, dal ciclo completo e moderno dei rifiuti, sono senz'altro più elevati dei costi del tradizionale conferimento in discarica dei rifiuti urbani, elemento questo che rafforza la necessità strategica di aumento della percentuale di raccolta differenziata, anche alla luce della necessità di realizzare maggiori economie da parte dei comuni, per quanto attiene alle operazioni di smaltimento.
Nel corso dei citati incontri con le autonomie locali, il commissario delegato ha assunto l'impegno di verificare la possibilità di sostenere economicamente i comuni per l'aumento tariffario che ne sarebbe conseguito e, nella stessa sede, lo stesso commissario ha chiesto ai comuni di impegnarsi per raggiungere percentuali di raccolta differenziata di almeno il 30 per cento, al fine di evitare ulteriori aggravi di costi e di consentire l'avvio al trattamento di un minore quantitativo di rifiuti.Pag. 40
Circa, invece, la procedura utilizzata per la valutazione di impatto ambientale, in relazione all'impianto di Poggiardo, si fa presente che il commissario delegato ha autorizzato le deleghe previste dal normativa comunitaria in caso di urgenza, ovvero la direttiva 85/377/CE, articolo 2, comma 3, lettera c), e che la relativa preventiva comunicazione alla Commissione europea è stata effettuata prima di procedere all'approvazione del potenziamento dell'impianto di Poggiardo, intervenuto con un'ordinanza commissariale (n. 46 del 2006).
Si ribadisce, pertanto, anche in questo caso, il ricorso a procedure strettamente connesse ad una situazione di grave emergenza.
Le procedure ordinarie per la VIA hanno, invece, riguardato la gestione a regime dei rifiuti urbani. Al riguardo, si rappresenta che il progetto relativo al trattamento di base dei rifiuti urbani del bacino LE2, con localizzazione dei relativi impianti pubblici a Poggiardo e a Corigliano d'Otranto e il progetto riguardante l'impianto di produzione del combustibile, derivato dai rifiuti, denominato CDR, a Cavallino, sono stati approvati dal commissario delegato a valle delle procedure di VIA e come risultanti dalle gare attivate dalla precedente gestione commissariale, in data del 31 gennaio 2007, con i provvedimenti commissariali nn. 44 e 47 del 2007.
Infatti, il contenzioso relativo alle suddette procedure di gara, bandite nel dicembre 2003 dall'allora commissario delegato, di cui fa menzione l'onorevole interpellante, è stato definito con sentenza del Consiglio di Stato lo scorso aprile 2006, così che, a seguito delle procedure di VIA, si è potuti finalmente giungere all'approvazione di progetti con i citati decreti del 31 dicembre 2007.
In particolare, circa il contenzioso della società Monteco S.r.l., contro gli atti dell'ex commissario delegato, onorevole Fitto, concernente le procedure di gara relative all'affidamento della gestione dell'impianto complesso al servizio del bacino LE3 e LE2, il commissario delegato ha fatto presente, con un comunicato stampa del 30 gennaio 2007, di essersi costituito in giudizio per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, per resistere al gravame proposto dalla ditta interessata davanti al Consiglio di Stato.
Si sottolinea, inoltre, che dinanzi al dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato che ha censurato aspetti procedurali del bando di gara, il Commissario delegato afferma di avere provveduto a sanare le irregolarità riscontrate nelle procedure, confermando successivamente gli esiti delle procedure di gara. Contro quest'ultima decisione del Commissario delegato, la società Monteco ha proposto un nuovo ricorso.
Riguardo alle procedure d'urgenza e ai poteri di gestione commissariale, si fa presente che, con nota protocollo n. 223/CD del 15 gennaio scorso, il Commissario delegato ha comunicato al Dipartimento della protezione civile l'esigenza di porre termine ad una gestione commissariale nel delicato settore dei rifiuti e delle bonifiche, nonchè la contestuale necessità di assicurare, attraverso una gestione stralcio specificatamente disposta e disciplinata dal Governo nazionale, la continuità amministrativa concernente le procedure relative a puntuali iniziative di bonifica delle aree di interesse nazionale ricadenti in Puglia, individuate specificatamente dal Commissario delegato nell'area di Manfredonia, dove si deve completare l'opera di bonifica dei siti ove si trovano le discariche «Pariti 1- liquami» e «Pariti 2». In particolare, il Commissario delegato ha sottolineato la necessità di bonificare la discarica «Pariti 1- liquami», caratterizzare la discarica «Pariti 2» e le aree marine dei siti di Taranto, Brindisi e Manfredonia.
Il Commissario delegato ha, altresì, evidenziato come la questione rifiuti non sia risolta.
C'è ancora da perseguire, infatti, importanti obiettivi: garantire la chiusura conclusiva del ciclo di gestione dei rifiuti, con la definizione delle necessarie intese per l'utilizzazione di tutto il CDR (combustibile derivato dai rifiuti) prodotto in alcuni ambiti territoriali, come l'area nordPag. 41barese, l'area metropolitana di Bari, Brindisi; sviluppare al massimo la raccolta differenziata ed il connesso recupero di materia, che offre importanti prospettive socio-economiche al nostro territorio; assicurare la presenza sul territorio di impianti di compostaggio, essenziali per il trattamento della frazione umida da raccolta differenziata.
Questi obiettivi, però, non necessitano della presenza di poteri speciali commissariali, perché sono obiettivi che si perseguono attraverso la ricerca di concertazioni ed intese, attraverso la specifica gestione dei servizi di raccolta. È il momento che entrino in campo responsabilmente gli enti locali e gli ATO rifiuti affinché la regione, insieme alle province, si riappropri delle proprie specifiche funzioni e capacità di definizione di adeguate politiche ambientali del settore dei rifiuti.
Ciò detto, si rappresenta che, a seguito della richiesta del commissario delegato, la dichiarazione dello stato di emergenza in scadenza alla data del 31 gennaio 2007 non è stata prorogata e che è in corso di predisposizione un'ordinanza di protezione civile ai sensi dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992.
Tale provvedimento normativo non derogatorio alla vigente legislazione verrà emanato al fine di consentire il completamento degli interventi programmati, assicurando la necessaria continuità amministrativa e di monitoraggio sull'attuazione delle attività poste in essere in regime straordinario. Ciò al fine di superare il contesto critico provocato dalla gestione dei rifiuti urbani nel territorio della regione Puglia.
In particolare, il Commissario delegato intende provvedere alla chiusura del ciclo di smaltimento attraverso l'utilizzazione del CDR ed alla bonifica dei siti di interesse nazionale di Brindisi, Manfredonia e Taranto.
Infine, riguardo ai quesiti in merito alle dichiarazioni del consigliere regionale pugliese della Margherita e al presunto conflitto di interessi del presidente della provincia di Lecce, si ritiene che tali questioni non attengono alle competenze del commissario delegato e non riguardano neanche le attribuzioni conferite dalla vigente legislazione al Dipartimento della protezione civile.

PRESIDENTE. L'onorevole Fitto ha facoltà di replicare.

RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, chiaramente non posso dichiararmi soddisfatto, non fosse altro perché tutto ciò che è stato detto dal sottosegretario Naccarato lo abbiamo già letto, nei giorni scorsi, sui giornali, sui quali sono riportate le posizioni che il commissario ha manifestato pubblicamente.
Chiediamo - ed insistiamo su questo punto - che il Governo, in forma autonoma, onde evitare di doverlo fare quando la situazione sarà degenerata, presti oggi attenzione a tale questione. Perché? Parto dalla conclusione.
Lei sa, signor sottosegretario, che il presidente della provincia di Lecce oggi dovrebbe avere competenza piena, così come lei ci ha appena detto, e che lo studio legale dello stesso presidente difende il principale ed unico gestore delle discariche della provincia di Lecce? Forse non lo sa; glielo dico io, in modo che rimanga agli atti. Leggendoli, forse potrà comprendere come oggi sia difficile pensare che il presidente della provincia di Lecce, Pellegrino, sia in condizione di determinare l'apertura o meno di una discarica di un impianto senza incidere direttamente sugli interessi di un grande assistito del suo studio.
Allo stesso modo, le voglio sottoporre, molto tranquillamente, un'altra questione, che farebbe bene ad approfondire nell'interesse generale. Il consigliere regionale al quale si fa riferimento è stato direttore dell'impresa Monteco Srl - che viene difesa dal presidente della provincia - fino al giorno della sua elezione ed è consigliere di amministrazione di tale società; egli ha lanciato, prima che lo facesse il commissario, l'idea di utilizzare questi impianti, così come poi è avvenuto.
Aggiungo un altro elemento. La domanda sulla quale ho riposto molta attenzionePag. 42non ha ricevuto una risposta, perché la struttura commissariale utilizza l'Avvocatura dello Stato. La regione Puglia, che ha finanziato gli interventi, utilizza invece gli avvocati. Cosa è accaduto, fino ad oggi, in tutti i ricorsi? È successo che la regione Puglia e la struttura commissariale hanno avuto due legali: un avvocato dell'Avvocatura dello Stato per conto del commissario ed un avvocato del libero foro per conto della regione.
La sua risposta non mi convince perché in tutti i ricorsi, tra il TAR ed il Consiglio di Stato, la regione ha addirittura cambiato il proprio avvocato! In altri termini, su venti ricorsi la regione Puglia ha cambiato diciannove avvocati, mentre su uno gli è «sfuggito»! Qual è questo ricorso? Quello relativo all'impresa alla quale ho fatto riferimento!
Sono tutte circostanze e coincidenze che io evidenzio alla sua attenzione perché sono alla base del problema, così come lo è la valutazione di impatto ambientale alla quale ha fatto riferimento. Non è così, perché si è seguito per un impianto di un privato una procedura «veloce», durata 7 giorni, mentre per tutti gli altri impianti oggetto delle gare alle quali ha fatto riferimento non è bastato un anno e mezzo per completare l'iter della procedura di valutazione di impatto ambientale! Anche questo, allora, rappresenta un elemento che suscita grande preoccupazione.
Vi è un'altra questione. In questo caso, si tratta di una competenza diretta del Governo, perché lei ha detto che la protezione civile destinerà 2 milioni di euro - si dice che saranno 4 e forse se ne chiederanno 9: non lo so, mi attengo alla cifra di 2 milioni di cui lei ha parlato - per finanziare un intervento: si tratterebbe del trattamento dei rifiuti in un impianto senza che ve ne sia bisogno.
Vorrei infatti dirle, in modo che anche ciò rimanga agli atti per i prossimi giorni, che il termine di scadenza del regime transitorio della normativa sulle discariche di cui al decreto legislativo n. 36 del 2003 è stato prorogato dalla legge finanziaria per il 2007, approvata il 20 dicembre 2006 e pubblicata il 27 dello stesso mese.
Lei sa cosa è accaduto? Il 21 dicembre, vale a dire il giorno dopo, il commissario ha firmato l'ordinanza alla quale lei ha fatto riferimento (l'ordinanza n. 51), sostenendo - lo ricordo perché lo abbiamo ascoltato - che non sapeva che vi era tale proroga, che immaginava che non avrebbe potuto essere disposta (segnalo che noi l'avevamo già approvata) e che firmava tale ordinanza considerando che la proroga non era stata stabilita. È accaduto che, a partire dal 28 dicembre - vale a dire, il giorno dopo la pubblicazione della legge finanziaria -, si è deciso di conferire i rifiuti a tale impianto: non le sembra molto strano e curioso?
Peraltro, non le sembra curioso che si utilizzi detto impianto quando in tutta la regione, invece, i rifiuti giungono in discarica «tal quali», a differenza di questo? La conseguenza è che la protezione civile, paradossalmente - qui la chiamo in causa, così come chiamo in causa il Governo e direttamente la protezione civile -, stanzia due milioni di euro, o forse di più, per coprire i maggiori costi! Sa quali sono questi maggiori costi? Sono quelli sostenuti per portare i rifiuti di quarantasette comuni a Poggiardo per utilizzare tale impianto: unica situazione in tutta la regione!
Sa, quindi, dove vanno a finire questi soldi? Vanno ad aumentare ingiustificatamente i pagamenti a favore dell'azienda di cui sopra: quella difesa da uno studio legale, quella autorizzata da un incontro in prefettura tra il commissario e il presidente della provincia, quella che ne ha un beneficio che potrebbe essere coperto o con le risorse finanziarie della protezione civile o con la triplicazione, solamente per quarantasette comuni, della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti!
Allora, signor sottosegretario, dopo averle posto problemi seri, le rammento che, come ho accennato in precedenza - e voglio ribadirlo in chiusura della mia replica -, i sindaci dei comuni di Grottaglie e Fragagnano o hanno mandato via i camion con la spazzatura (il primo) o li hanno fatti accedere alla discarica (il secondo), a condizione, però, che i carabinieriPag. 43del NOE prelevassero un campione al fine di verificare la natura del rifiuto trattato.
Perché ho voluto dirle queste cose, signor sottosegretario? Ebbene, le sembra normale che si autorizzi un impianto privato senza che sia stata fatta, preventivamente, la sperimentazione? Non è vero, poi, quanto ha affermato poc'anzi - per meglio dire, quanto le hanno riferito - signor sottosegretario. Infatti, se verificherà, si accorgerà che nell'interpellanza è scritto che i sindaci dei bacini interessati hanno espresso un giudizio negativo sull'utilizzo dell'impianto. Ciò nonostante, cinque giorni dopo è stato pubblicato l'avviso del commissario delegato, che dava alle ditte interessate soltanto dieci giorni di tempo per far conoscere la loro volontà (ed è risultata aggiudicataria l'azienda che ho già indicato).
Mettendo insieme i predetti fatti, ne traggo la seguente considerazione finale: le risorse della Protezione civile vanno utilizzate per le esigenze reali, per le situazioni che potrebbero diventare esplosive. Aggiungo, altresì - consegno a lei questa ulteriore considerazione, signor sottosegretario -, che il Dipartimento della protezione civile, in questi giorni, dovrà seguire con attenzione quanto sta accadendo, anche perché, da ieri ad oggi, sono intervenute tante novità. In una situazione di caos generalizzato, camion pieni di rifiuti vanno di qua e di là sul territorio della regione!
Come può vedere, signor sottosegretario, sono in gioco interessi enormi, che non sono estrapolati dal contesto locale, amministrativo, politico e, in alcuni casi, professionale, ma sono ad esso molto legati.
Allora, signor sottosegretario, desideriamo consegnare alla sua attenzione la seguente riflessione: la cosa migliore sarebbe che il Governo e il Dipartimento della protezione civile leggessero con attenzione il resoconto stenografico del dibattito svoltosi oggi. Ritengo, infatti, che la presentazione di una nuova interpellanza, di contenuto analogo, farebbe perdere tempo a noi ed a lei: conoscendo le procedure, posso immaginare che lei chiederebbe notizie, che le amministrazioni interessate le indicherebbero tutta una serie di questioni non rispondenti al vero e che io ascolterei con ritardo, forse, in occasione della trattazione dell'interpellanza, ciò che sarebbe già emerso dal «dibattito» svoltosi, nel frattempo, sui giornali!
Perciò, è importante sapere se il Governo sia consapevole del livello di gravità della situazione. È vero che la gestione commissariale e le competenze sono territoriali; tuttavia, il Governo non dimentichi mai che l'azione del commissario e tutto quello che ho riferito sono frutto di un'ordinanza commissariale che consente al commissario medesimo di muoversi in deroga a tutte le leggi: è da questo punto che bisogna partire!
Nel consegnare le nostre considerazioni alla sua riflessione, signor sottosegretario, ribadiamo che non ci riteniamo affatto soddisfatti, perché i problemi da noi indicati rimangono senza risposta alcuna (soprattutto quelli che presentano interrelazioni molto preoccupanti...). Vi chiediamo di effettuare le dovute verifiche, perché dovremo interrogarci tutti al riguardo (e, soprattutto, dovremo interessarci tutti dei problemi indicati). Temo che la questione sollevata potrà creare molti problemi al territorio della nostra regione.
Confido nell'unico elemento positivo emerso dal confronto odierno, vale a dire nella sensibilità del sottosegretario, al quale chiediamo di comprendere la gravità della situazione e di sensibilizzare nel modo giusto le istituzioni alle quali spetta intervenire. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Rinvio interpellanza urgente Diliberto n. 2-00266)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente Diliberto n. 2-00266, riguardante presunte attività di dossieraggio compiute nei confronti di uomini politici italiani.
Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, loPag. 44svolgimento dell'interpellanza urgente è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative per la liberazione degli ostaggi rapiti in Nigeria - n. 2-00337)

PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00337 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente Castagnetti, rappresentante del Governo, sottosegretario Naccarato, come loro ben sanno, quattro addetti ad una stazione di pompaggio dell'Agip, nei pressi del terminal di Brass, nello Stato di Bayelsa, nella regione petrolifera della Nigeria, sono stati rapiti lo scorso 7 dicembre 2006. Uno, Roberto Dieghi, è stato rilasciato il 18 gennaio. Dei tre ancora nelle mani dei sequestratori, Imad Saliba è di nazionalità libanese e due sono italiani: i tecnici Francesco Arena, dell'ENI, e Cosma Russo, contrattista della NAOC, società controllata dall'ENI.
La mia parte politica è certa che l'unità di crisi della Farnesina stia facendo tutto il necessario per restituire alle loro famiglie i tecnici rapiti.
Per parte nostra, ci sentiamo vicini alla loro angoscia. Il fatto che il gruppo politico armato che ha rivendicato il rapimento, il MEND (Movimento per la emancipazione del delta del Niger) non abbia mai, in casi analoghi, ucciso gli ostaggi non ci rende meno preoccupati.
Il sequestro di persone innocenti a scopo di ritorsione e di scambio è una pratica particolarmente odiosa e disumana, a prescindere da qualsiasi possa essere la motivazione addotta a giustificazione dell'atto. Il sequestro, l'isolamento, la detenzione in cattività di una persona è una forma di violenza e di tortura che va condannata in qualsiasi contesto si presenti.
Ciò detto, spero nel modo più netto e inequivocabile possibile, non credo che in sede politica ci si possa responsabilmente limitare ad esprimere solidarietà ed a formulare buoni auspici.
È preciso obbligo della politica, del Parlamento e del Governo, considerare tutti gli aspetti della realtà dentro cui è maturato questo dramma, per tentare di evitare conclusioni irreparabili e che si possano replicare.
Si deve sapere, infatti, che questo episodio è solo uno degli ultimi di una lunga e spaventosa serie di attacchi alle infrastrutture petrolifere delle compagnie internazionali presenti nell'area e ai tecnici lì operanti.
Ricordo solo quelli subiti dalla nostra compagnia, l'ENI, di cui si è avuta notizia dall'inizio dell'anno scorso: il 23 gennaio 2006 fu attaccata una piattaforma senza alcun danno; il giorno successivo, il 24 gennaio, una ventina di uomini armati hanno svaligiato la sede del quartier generale della città di Port Harcourt, provocando 9 morti nello scontro a fuoco con la polizia privata; il 18 marzo è stato fatto esplodere l'oleodotto Agip che collega Tebidaba al terminal di Brass, con enorme spargimento di greggio e l'interruzione del flusso; l'11 maggio vennero sequestrati per un giorno, a Port Harcourt, tre tecnici dell'ENI, tra cui un italiano, Vito Macrina; dal 25 al 31 luglio la stazione di pompaggio di Ogbainbiri è stata occupata pacificamente da un gruppo di giovani ribelli, i quali chiedono e ottengono un risarcimento; il 28 agosto è rapito il tecnico della Saipem Mario Pavesi, che verrà rilasciato quattro giorni dopo; il 28 ottobre viene occupata la stazione di pompaggio a Clough Creek, nelle vicinanze di Bayelsa, senza conseguenze; il 6 novembre è la volta della stazione di pompaggio a Tebidaba, con sequestro di 48 dipendenti rilasciati dopo 17 giorni; il 12 novembre un altro attacco a una piattaforma non precisata; il 22 novembre attacco alla nave-piattaforma Mystras della Saipem al largo di Port Harcourt, con rapimento di 7 tecnici e scontro a fuoco dove muoiono 4 persone, tra cui David Hunt, il sovrintendente della produzione britannico dell'Agip, e viene ferito un italiano, Mario Caputo, in maniera non grave.
Poi, ancora, dopo il rapimento del 7 dicembre dei nostri connazionali, di cuiPag. 45stiamo parlando e che è ancora in corso, il 18 dicembre si è verificata l'esplosione di una autobomba nel perimetro interno del complesso Agip a Port Harcourt.
Signor rappresentante del Governo, credo che questo scarno elenco possa bastare ad affermare che la regione del delta del Niger non sembra offrire quegli elementi minimi di sicurezza necessari per svolgere normali attività imprenditoriali.
Nel delta del Niger stiamo assistendo all'escalation di una vera e propria guerra a bassa intensità tra vari gruppi di ribelli e guerriglieri che fanno capo a diverse etnie e le major petrolifere, con a capo la Shell, la Chevron, la Exxon Mobil, la Total e la nostra ENI, accusate di depredare le risorse naturali dell'area. Conflitto che il Governo e le forze armate nazionali nigeriane non sembrano essere in grado di controllare.
Alcuni osservatori parlano di vietnamizzazione del Golfo di Guinea. Tant'è che, nel marzo dello scorso anno, quando l'ammiraglio Henry Ulrich, comandante della flotta USA di stanza in Europa e nel Golfo di Guinea, visitò la Nigeria, una delegazione di rappresentanti delle compagnie petrolifere gli chiese di incrementare la protezione alle loro numerose piattaforme (33 fisse, 20 galleggianti, 13 navi cisterna, 700 pozzi a terra offshore, che estraggono 2,5 milioni di barili al giorno).
La nostra quota, dell'ENI e dell'Italia, è pari a 160 mila barili al giorno, per un valore di 7-8 milioni di dollari al giorno. In più, vi è il maxicontratto per l'estrazione e la liquefazione del gas naturale degli impianti di Brass.
La risposta dell'ammiraglio Ulrich fu che gli Stati Uniti si sarebbero limitati a controllare le navi in transito al largo, in acque profonde, e che dentro al delta le compagnie si sarebbero dovute proteggere da sole.
Detto questo, i due aspetti che a mio avviso dovremmo prendere in considerazione in questa sede sono i seguenti: la catastrofica situazione ambientale e umanitaria del delta del Niger; le finalità e le modalità della nostra presenza in quell'area con l'ENI, la più grande impresa di Stato, controllata dal Governo.
La Nigeria, il più popoloso paese africano, vive una situazione paradossale, ben descritta da Luca Manes, nel Manifesto, nella rubrica «terra terra»: «Per la Nigeria il petrolio è da troppo tempo una maledizione (...) Il panorama del territorio del delta del Niger è costellato da abbaglianti fiammate altre decine di metri, causa di rumorose esplosioni che si susseguono giorno e notte, spesso anche a poca distanza dai villaggi (i pennacchi di fuoco sono così imponenti che si possono distinguere nettamente dalle riprese satellitari). Con i gas flaring si disperdono nell'aria tossine inquinanti, come il benzene, che tra le popolazioni locali ha provocato l'aumento in maniera esponenziale di tumori e di malattie respiratorie quali la bronchite e l'asma». Si formano così piogge acide e inquinanti al suolo, dove si deposita una «pellicola nera» di idrocarburi e fuliggine che rende impossibile le pratiche agricole. La Nigeria da sola produce 70 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. In particolare, a farne le spese sono le popolazioni Ijwerkan Ijaw (13 milioni di abitanti), gli Ogoni, gli Ugborodo, gli Odioma.
In un rapporto di Amnesty International diffuso nel 2004 viene scritto: «Il mancato rispetto, da parte del Governo della Nigeria, dei propri obblighi in difesa dei diritti umani sta provocando una escalation di violazioni dei diritti civili, politici, sociali, economici e culturali». Mentre Javier Gonzales, responsabile di Amnesty Italia per l'Africa, ha affermato: «Il Governo federale delega le sue competenze sul territorio alle compagnie petrolifere. Soprattutto in materia di sicurezza».
Veniamo ora alla nostra industria di Stato, l'ENI, presente in Nigeria dal 1962 con alcune consociate.
Ovviamente, non metto in dubbio la legittimità giuridica dei contratti stipulati con i diversi Governi che si sono succeduti in Nigeria, né le royalties pagate. Ma, nemmeno dopo la fine della dittatura militare, nel 1999, e il ritorno al potere diPag. 46un Governo elettivo la situazione sembra essere migliorata: nel delta non si sono visti i «dividendi della democrazia».
Le associazioni umanitarie e di difesa dei diritti degli indigeni e la stessa Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo, l'OCSE, chiedono alle compagnie multinazionali che sfruttano risorse locali di adottare «codici di condotta volontari», per evitare ogni impatto negativo della loro attività sulle popolazioni e sull'ambiente. Infatti, non è affatto scontato che le royalties pagate finiscano davvero a beneficio di politiche di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni locali. E, quando ciò avviene, le compagnie rischiano di diventare oggettivamente complici di cattive amministrazioni statali.
Come dice splendidamente l'ambasciatore Roberto Toscano, nel libro intitolato La violenza e le regole, il primo principio delle politiche di solidarietà e di sviluppo con i popoli meno sviluppati dovrebbe essere quello di «non fare danni».
Ora, signor sottosegretario, la questione, molto crudamente, è la seguente: l'ENI in Nigeria ha assunto le dovute attenzioni nei riguardi degli ecosistemi e delle comunità locali direttamente investite dalle operazioni di estrazione degli idrocarburi? A noi risulta che all'ENI, due anni fa, sia stata rifiutata la certificazione dell'indice azionario per l'investimento socialmente responsabile denominato «FTSE 4 GOOD», perché non soddisfaceva i criteri riguardanti i diritti umani. Vorremmo sapere se è vero e, comunque, quali sono i controlli che il Governo normalmente esercita nei riguardi di società controllate che operano all'estero. Ricordo che, nel 2002, l'ENI ha firmato un protocollo con le organizzazioni sindacali sull'assunzione di responsabilità sociale anche nei riguardi della promozione dello sviluppo socioeconomico delle comunità in cui il gruppo è presente. Non abbiamo, invece, alcun dubbio, purtroppo, signor sottosegretario, sul fatto che l'ENI non applica le migliori tecnologie a salvaguardia dell'ambiente nelle tecniche di estrazione del petrolio. I famigerati gas flaring potrebbero essere imbrigliati e neutralizzati, non bruciati a cielo aperto, e si potrebbero evitare spaventosi inquinamenti dell'atmosfera, devastazione del delta e danni biologici documentati alla popolazione. I danni ambientali già prodotti devono comportare una bonifica di cui non si ha notizia. Ricordo che già la Shell è stata condannata dall'Alta Corte nigeriana a risarcire la popolazione del delta, per danni ambientali.
Infine, pongo a voi un quesito: in attesa di accertare le effettive condizioni di sicurezza e di reciproca convenienza tra le compagnie petrolifere e le comunità locali, il Governo non ritiene sia il caso di rendere disponibile l'ENI a rinunciare - come il senatore Cossiga ha chiesto in una interrogazione al Senato - o a ritrattare (come io dico, più modestamente) i propri impegni, contratti e programmi? In particolare, a noi sembra che la realizzazione di nuovi impegnativi impianti di liquefazione di gas naturale a Brass, a Bonny Island (da importare con gasiere criogeniche e rigassificare in Italia) sia un vero azzardo anche dal punto di vista industriale, in questa situazione.
Insomma, a me pare che dovrebbero tornarci alla mente i buoni insegnamenti di Enrico Mattei, che sapeva bene che la politica internazionale si incrocia pesantemente con quella energetica e che lavorare per la pace significa non sfruttare i paesi fornitori e nemmeno metterli in concorrenza tra loro. All'ingegner Scaroni e al ministro Bersani vorrei dire: ben venga l'OPEC anche del gas, oltre a quella del petrolio, perché un dollaro in meno al barile o al metro cubo di gas naturale non vale la vita né dei lavoratori impegnati nei pozzi, né degli abitanti che ci vivono attorno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, a seguito del rapimento, avvenuto il 7Pag. 47dicembre scorso - come ricordava l'onorevole Cacciari - presso il terminal dell'Agip di Brass, in Nigeria, di tre connazionali e di un cittadino libanese dipendenti dell'ENI o di società subappaltatrici, sono stati subito attivati, naturalmente, tutti i canali diplomatici per acquisire l'impegno delle autorità nigeriane a compiere ogni possibile sforzo per la liberazione degli ostaggi attraverso negoziati e mezzi pacifici, evitando, cioè, il ricorso a temute azioni di forza che avrebbero potuto compromettere la vita degli ostaggi stessi. A tal fine, l'ambasciatore italiano ad Abuja ha immediatamente effettuato una serie di passi presso la Presidenza della Repubblica nigeriana e i locali organi istituzionali incaricati di risolvere il caso, ottenendo assicurazioni sia sull'impegno delle autorità nigeriane per la liberazione degli ostaggi, sia sul ricorso in via esclusiva a mezzi pacifici. L'azione del Governo italiano è giunta al più alto livello, cioè al Presidente della Nigeria, Obasanjo, mediante l'intervento personale del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro degli esteri, onorevole Massimo D'Alema. Inoltre, cogliendo l'occasione di un incontro a margine del vertice dell'Unione africana ad Addis Abeba del 30 gennaio scorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Romano Prodi, è tornato sull'argomento con il Presidente nigeriano, il quale lo ha rassicurato circa l'impegno di quelle autorità, e suo personale, per giungere alla liberazione degli ostaggi attraverso i negoziati già avviati con il MEND, escludendo qualsiasi ricorso ad azioni di forza.
Il Governo intende naturalmente continuare, sia a livello diplomatico, sia attraverso i contatti stabiliti dalle altre competenti istituzioni, ad adoperarsi per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani dei rapitori e ad assistere i familiari, in collaborazione con l'ENI, sino alla definitiva soluzione del caso. A tale proposito, è stato richiesto dal Governo italiano un ulteriore incontro ad Abuja con il Presidente Obasanjo e con il ministro degli esteri, che potrebbe avere luogo nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda, più in generale, il contesto in cui è maturato il rapimento dei nostri connazionali, si ritiene opportuno ricordare che il MEND è formato da un ristretto nucleo di persone politicamente impegnate, che coordina dall'esterno le azioni delle milizie indipendenti attive nell'area del delta (circa una decina di gruppi organizzati) e fornisce loro una certa copertura ideologica. A tali milizie, impegnate nell'azione di sabotaggio degli impianti e di sequestro dei lavoratori colà occupati, si vanno poi spesso ad aggiungere bande di criminali comuni, che approfittano dell'evidente stato di insicurezza della regione.
Si rammenta che, da svariati anni, le popolazioni locali hanno portato avanti rivendicazioni volte ad ottenere una più equa ripartizione delle risorse derivanti dal petrolio, nonché una politica di contrasto del degrado ambientale causato dall'attività di sfruttamento dei giacimenti. Del resto, lo stesso Presidente Obasanjo ha ritenuto necessario impegnarsi pubblicamente a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, preannunciando importanti interventi in opere infrastrutturali.
Va notato, inoltre, che i sempre più frequenti episodi di violenza nel delta del Niger, come ha ricordato l'onorevole Cacciari, sono da porre in relazione con i tentativi di mettere in difficoltà lo stesso Governo federale, alla vigilia delle elezioni presidenziali programmate per il 21 aprile prossimo.
Tale situazione contingente si inserisce, accentuandole, sulle cause storiche della instabilità della regione, ovvero la rivalità etnica, il separatismo e la povertà locale. La dirigenza locale appare, inoltre, sempre più spesso implicata nel sistema di collusioni economiche e strumentalizzazioni politiche, che, nel loro insieme, finiscono per alimentare i movimenti ribelli e incoraggiare gli atti di violenza.
Quanto al secondo quesito, concernente la politica energetica utilizzata in Nigeria dall'ENI, si fa presente che il Governo ha avviato una serie di iniziative che vanno nella direzione di assicurare gli approvvigionamentiPag. 48in un contesto di crescente dipendenza dell'Europa dall'estero, che oggi è al 50 per cento e, nel 2030, potrebbe salire anche all'80 per cento. L'Italia si sta avviando, su molti punti, lungo la strada che l'Unione europea ha indicato nel suo recente rapporto sull'energia.
Con il disegno di legge sull'energia e le misure contenute nella finanziaria, fino ad arrivare ai progetti industriali sull'efficienza energetica, il paese ha intrapreso politiche che segnano una decisiva inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi.
La scelta del Governo è quella di valorizzare le misure di efficienza energetica e di promozione delle fonti rinnovabili, individuando obiettivi di crescita coerente con gli obiettivi europei, consapevoli di un ritardo da superare con politiche di incentivazione idonee e con un nuovo patto con regioni ed enti locali.
Tutto ciò consentirà di raggiungere una migliore diversificazione delle fonti energetiche ed una riduzione della dipendenza dagli idrocarburi, coniugando, allo stesso tempo, un impegno sostenibile e virtuoso per contrastare il cambiamento climatico.
I risultati di tali politiche non potranno, tuttavia, modificare sostanzialmente la posizione dell'Italia quale paese consumatore di energia, ma povero di fonti primarie, nei confronti dei paesi produttori.
Il Governo, quindi, ha sostenuto, in sede europea, la necessità di parlare con una sola voce nel dialogo con i paesi produttori e con il resto dei paesi consumatori, ed è favorevole all'idea di organizzare una conferenza con i principali paesi fornitori di petrolio e di gas, tra i quali anche la Nigeria. In tale conferenza, potrebbero essere proposti obiettivi di lungo termine per la diversificazione dell'approvvigionamento e obiettivi per la promozione delle fonti energetiche di energia e l'efficienza.
Quanto al comportamento dell'ENI all'estero, tale azienda ha fatto presente di avere un codice di comportamento che rispecchia i principali standard di lavoro e protezione ambientale, in raccordo con le normative esistenti a livello dei paesi in cui opera e con le principali convenzioni internazionali.
Ha aderito, inoltre, all'iniziativa Global Compact promossa dall'ONU nel 2000, che si articola in dieci principi fondamentali in materia di standard di lavoro, diritti umani e tutela ambientale. ENI diffonde anche un bilancio annuale, il Rapporto salute, sicurezza e ambiente, e la pubblicazione «Impegni e azioni per lo sviluppo sostenibile».
Per quanto riguarda il rapporto tra l'utilizzo dei ricavi petroliferi da parte dei paesi produttori ed il loro sviluppo sostenibile, ENI ha aderito al Extractive Industries Transparency Iniziative (EITI), un'iniziativa lanciata dal Governo britannico nel 2003 alla quale hanno aderito venti governi (tra cui la Nigeria) e industrie estrattive allo scopo di migliorare la trasparenza nell'utilizzo delle risorse generate dall'estrazione degli idrocarburi.
In particolare, in Nigeria risulta che ENI abbia realizzato, negli ultimi anni, vari progetti documentati a favore delle popolazioni locali nei settori dello sviluppo agricolo, dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione e della protezione dell'ambiente. Tra gli interventi più significativi realizzati è stato segnalato il sostegno ad un programma di sviluppo agricolo Green River Project nel delta del Niger, il contributo a favore della lotta all'AIDS e alla malaria, gli interventi di protezione e conservazione ambientale, quali il controllo dell'erosione costiera, la gestione responsabile dell'impatto ambientale e delle attività operative mediante il progetto Zero Gas Flaring.

PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di replicare.

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, sono soddisfatto per quanto riguarda l'annuncio della conferenza con i paesi fornitori di idrocarburi che mi pare il Governo italiano, e non solo, stia lanciando.
Sono molto preoccupato e angosciato per l'andamento delle trattative per il rilascio dei dipendenti della nostraPag. 49azienda di Stato, tra cui i due connazionali.
In tutta sincerità, sottosegretario, non credo che insinuare il sospetto che le estese attività di guerriglia e di rivolta popolare che stanno avvenendo nel delta del Niger, e non da adesso (risalgono almeno a venti, venticinque anni fa), siano imprese criminali comuni, che il motivo di questa instabilità sia una rivalità etnica e che vi sia una strumentalizzazione politica, negando invece l'evidenza dei fatti (invito il Governo a svolgere una missione insieme ai tecnici per vedere lo stato degli ecosistemi in cui è ridotto il delta del Niger a causa dello sfruttamento delle compagnie occidentali, per vedere lo stato di inquinamento e di morte biologica, oltre che di danni alla salute, documentata dai cronisti degli Stati Uniti d'America che si sono recati in quelle zone per verificare lo stato di salute dei bambini), faciliti la trattativa.
Dobbiamo dire la verità, dire come stanno le cose, qual è il debito ecologico che abbiamo noi occidentali, in che stato, in nome dei nostri fabbisogni energetici, in nome dei nostri stili di vita e del nostro consumismo, abbiamo ridotto, tramite le nostre compagnie controllate dallo Stato, intere regioni del globo; credo che questo non sia al servizio né della verità né dei nostri connazionali che in quelle zone versano in una situazione drammatica.
Ho posto due domande, la prima sugli indirizzi che l'Eni ha ricevuto dal Governo e la seconda se il Governo si accontenti del progetto Green River che ha stanziato 17 milioni dal 1996. Non sono briciole, bensì insulti, azioni propagandistiche che l'ENI ha portato avanti; pensate che solo in pubblicità l'ENI spende dieci volte tanto. Non credo che il Governo possa esimersi dal dire alla propria azienda di Stato che deve cambiare radicalmente ed immediatamente rotta, tenendo un atteggiamento completamente diverso dal passato nei confronti di quelle popolazioni sfruttate a causa delle loro risorse energetiche.
Caro Governo, caro sottosegretario, se non diamo un segnale in questo senso saremo noi a mettere a rischio la vita dei nostri connazionali.
Inoltre, voglio capire se il Governo ha ancora intenzione, date queste condizioni di sicurezza, di inviare connazionali in quei luoghi: ricordiamoci, infatti, che costoro non saranno da considerarsi morti o feriti sul lavoro per cause accidentali. Essi sono sottoposti ad un rischio del quale ce ne stiamo bellamente infischiando, quindi ci dovremmo astenere urgentemente dall'inviare in quei luoghi nostre maestranze.
Non possiamo mercificare la vita di dipendenti di aziende pubbliche: a tal riguardo, si apre una questione morale sullo sfruttamento e sul mantenimento di nostre attività in paesi a così alto rischio, tra l'altro malvolute - uso un eufemismo - dalle popolazioni locali. Da questo punto di vista non posso sentirmi soddisfatto. Il problema è rappresentato dai nostri quattro connazionali, a cui va tutta la nostra solidarietà.
Vorrei, inoltre, che all'impegno firmato da padre Alex Zanotelli e tanti altri seguissero iniziative concrete da parte del Governo.

PRESIDENTE. In attesa che giunga in aula il rappresentante del Governo competente a rispondere ai successivi atti di sindacato ispettivo, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,20.

(Convenzione stipulata dall'ospedale San Carlo di Potenza con l'Associazione «Centro aiuto alla vita» - n. 2-00346).

PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare l'interpellanza Lombardi n. 2-00346 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei portare all'attenzione del sottosegretarioPag. 50Patta la valenza molto negativa di un episodio che, d'altra parte, si iscrive in una serie infinita di episodi che durano da anni e che hanno al centro, come caratteristica peculiare, la volontà di minare l'efficacia, la legittimità e l'operatività di due leggi fondamentali, che hanno fatto la storia dell'autodeterminazione dei diritti delle donne nel nostro paese, la n. 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza e la n. 405 del 1975 relativa all'istituzione dei consultori.
Ripeto, si tratta di un episodio estremamente significativo avvenuto in una città della Basilicata, Potenza, che riguarda la struttura sanitaria regionale ed è, quindi, di stretta competenza della regione, ma che investe due leggi nazionali che richiedono, richiederebbero e, mi auguro, richiederanno un'attenzione particolare da parte del Governo.
L'ospedale San Carlo di Potenza, nel 2000, ha stipulato una convenzione con l'associazione di volontariato «Centro aiuto alla vita», al fine di prevenire l'interruzione volontaria di gravidanza. Questo è il focus della vicenda che, come ho già detto, è caratteristica di una serie di episodi analoghi, che hanno al centro il permesso e l'autorizzazione concessa ad organizzazioni contrarie alla legge n. 194 di entrare nelle strutture pubbliche e svolgere propaganda, opera di convincimento, moral o immoral suasion, nei confronti delle donne che hanno preso le loro decisioni o che, comunque, hanno diritto a prenderle in un contesto completamente diverso.
La convenzione, che è anche stata al centro di una grande contestazione da parte del movimento delle donne della Basilicata, è scaduta, ma risulta agli interpellanti - anche da dichiarazioni di dirigenti dell'ospedale - che l'associazione continua a svolgere la propria attività di volontariato all'interno dell'azienda in un locale assegnato ad hoc, il che mi sembra di notevole gravità anche perché gli esponenti dell'associazione possono girare liberamente nei corridoi e nei locali dell'ospedale con camici bianchi e avvicinare le donne come vogliono.
Per quanto riguarda l'applicazione della legge n. 194, nei termini di aiuti, consigli e suggerimenti che le donne possono chiedere, la norma è molto chiara: sono i consultori, istituiti con la legge n. 405 del 1975, i luoghi a ciò preposti. Non vi possano essere deroghe e, laddove vi fossero, rappresenterebbero una grave violazione di punti cardinali di alcune leggi, che riteniamo debbano essere rigorosamente difese.
La domanda che rivolgiamo è cosa abbia intenzione di realizzare il Governo per rimettere al centro il proprio impegno a difesa delle due leggi fondamentali di cui ho poc'anzi parlato e, in particolare, cosa intenda fare per promuovere una nuova stagione di rafforzamento e rilancio dei consultori, che a nostro modo di vedere rappresenterebbero oggi uno strumento essenziale per ritornare con i piedi per terra in relazione ai bisogni, alle esigenze e agli orientamenti di autodeterminazione delle donne, al di fuori delle campagne propagandistiche, mediatiche e ideologicamente orientate intorno alla legge n. 194, salvaguardando il diritto fondamentale delle donne di esercitare il controllo sulla propria sessualità, sulla propria capacità riproduttiva, insomma sul complesso delle questioni che sono state al centro di lotte faticose che le donne in Italia hanno compiuto e che hanno portato a realizzare alcuni punti di civiltà giuridica nelle relazioni tra i due sessi e nel rapporto tra la parte femminile della società italiana e lo Stato medesimo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Con riferimento alla problematica segnalata dagli onorevoli interpellanti, il Ministero della salute ha chiesto informazioni al competente assessorato alla sanità della regione Basilicata.
Dalla documentazione pervenuta risulta che con nota del 1o giugno 1998 l'associazione Centro di aiuto alla vita Gianna Beretta Molla ha chiesto di collaborarePag. 51con l'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza per il conseguimento della finalità di cui alla legge 2 maggio 1978, n.194, in materia di prevenzione dell'aborto volontario.
In esecuzione della deliberazione n. 172 dell'8 febbraio 1999, il 4 ottobre 2000 è stato sottoscritto tra l'azienda ospedaliera e il Centro di aiuto alla vita un atto di convenzione della durata di tre anni, che, dopo tacito rinnovo di pari durata, è scaduto in data 3 ottobre 2006.
La convenzione consentiva al Centro di aiuto alla vita di effettuare pubblicità circa l'esistenza e gli scopi della associazione presso le unità operative di ostetricia e di ginecologia e presso i rispettivi ambulatori dell'azienda ospedaliera. L'azienda autorizzava la presenza, nei giorni previsti per l'espletamento dell'iter per l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG), degli operatori del Centro di aiuto alla vita (riconoscibili dal cartellino) per un incontro con le donne che ne avessero fatto richiesta, in collaborazione con gli operatori sanitari del servizio di IVG.
La regione ha precisato che, nel periodo di vigenza della convenzione, gli operatori del Centro di aiuto alla vita hanno operato nel rispetto della convenzione e che nessuna segnalazione, formale o informale, di disagio da parte dei cittadini utenti è stata registrata, né dalla direzione sanitaria dell'ospedale né dal tribunale dei diritti del malato. Quanto alla presunta violazione della normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali e sensibili, l'azienda assicura che nessun dato identificativo e sensibile è mai transitato tra la struttura medesima e il centro.
Con nota del 2 gennaio 2007 l'associazione ha presentato una richiesta di proroga della convenzione. Al fine di realizzare una più organica attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 194 del 1978, l'azienda ospedaliera in data 11 gennaio 2007 ha richiesto all'AUSL n. 2 di Potenza di fornire la propria disponibilità per la necessaria collaborazione tramite i consultori familiari.
L'azienda non ha rinnovato la convenzione, concedendo, tuttavia, l'autorizzazione a svolgere l'attività di volontariato, contemplata nello statuto del Centro, in locali appositamente assegnati e nel rispetto di modalità specificamente indicate dall'azienda.
La vicenda in esame è stata oggetto di discussione all'interno della competente Commissione permanente del Consiglio regionale della Basilicata, nella seduta dell'1 febbraio 2007. In quella sede l'assessore regionale alla salute ha giudicato pienamente conforme alla normativa vigente il comportamento tenuto dall'azienda ospedaliera San Carlo e ha preannunciato l'emanazione di un atto di indirizzo alle aziende sanitarie in materia di consultori familiari per la piena e sistematica utilizzazione dei consultori familiari in relazione alle funzioni loro spettanti, in base alla legge n. 194 del 1978, nonché per la regolamentazione delle funzioni riconosciute dalla stessa legge ad altri soggetti.
Relativamente a quanto richiesto dagli interpellanti, va ricordato che l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dispone che all'interno delle strutture sanitarie è favorita la presenza e l'attività degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono stipulare, senza oneri a carico del fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità di collaborazione. La stessa norma, tuttavia, contiene un esplicito richiamo alla doverosa osservanza del diritto alla riservatezza che deve essere comunque garantito al cittadino e del principio della non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari.
Premesso dunque che la presenza all'interno delle strutture ospedaliere dell'organizzazione del volontariato e della tutela di diritti è contemplata dalla legge nel rispetto dei limiti ivi previsti, nel caso specifico è necessario operare un «distinguo» fra la valutazione senza dubbio favorevole dell'attività che tali organizzazioni possono svolgere nel perseguimentoPag. 52degli obiettivi fissati dalla legge n. 194 del 1978, anche utilizzando i locali messi a disposizione dalle strutture ospedaliere, e la presenza degli operatori di tali organizzazioni nei reparti dove si recano le donne, che hanno già deciso di interrompere la gravidanza e, soprattutto, nel momento in cui si praticano gli interventi di interruzione volontaria della gravidanza, presenza che pare quanto mai inopportuna.
Non sbagliano gli interpellanti a richiamare il ruolo che la legge n. 194 del 1978 assegna ai consultori nell'assistere la donna in gravidanza e nella prevenzione degli aborti.
Il consultorio ha la funzione di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza e, specialmente quando la richiesta di interruzione sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, sociali o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito le possibili soluzioni dei problemi proposti; di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza; di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre; di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza, sia dopo il parto.
Nella relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 riguardante l'anno 2004 e contenente i dati provvisori relativi al 2005, che è stata presentata dall'attuale ministro al Parlamento il 21 settembre 2006, si è avuto modo di evidenziare che uno degli strumenti disponibili per prevenire il ricorso all'aborto è lo svolgimento di uno o più colloqui con i membri di una équipe professionalmente qualificata, come quella presente nei consultori. In una studio pilota condotto dall'Istituto superiore della sanità, in cui al consultorio era necessario rivolgersi per la prenotazione dell'intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si è potuto verificare che il 5 per cento delle donne ritornava sulla sua decisione in seguito al colloquio e veniva sostenuta per il proseguimento della gravidanza.
La centralità dei consultori nell'attuazione del dettato legislativo, ivi compresa la parte riguardante il riconoscimento del valore sociale della maternità, non esclude la collaborazione con le formazioni sociali presenti sul territorio. Ai sensi della stessa legge, infatti, sono i consultori che, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.
Per quanto concerne le azioni, che questo Ministero intende porre in essere per potenziare la rete dei consultori sul territorio e di cui la relazione al Parlamento già citata ha evidenziato le criticità, è da ricordare il Progetto obiettivo materno infantile, adottato con decreto ministeriale del 24 aprile 2000 e recepito integralmente nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, concernente la definizione dei livelli essenziali di assistenza.
Il progetto assegna un ruolo centrale ai consultori familiari e definisce dettagliatamente non solo gli aspetti organizzativi, ma anche gli obiettivi da raggiungere, i corrispondenti indicatori di esito ed i conseguenti indicatori di risultato e di processo, nonché le azioni da svolgere mediante offerta attiva.
È ragionevole ritenere che l'applicazione integrale del suddetto progetto, nel quale il percorso nascita rappresenta una componente strategica centrale, possa produrre come conseguenza diretta ed indiretta un'ulteriore e rilevante riduzione del ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza, già fortemente diminuita nel nostro paese, dopo l'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978.
Deve, inoltre, essere sottolineato che, in coerenza con gli obiettivi individuati dal POMI e dal Piano sanitario nazionale 2006-2008, il ministro ha presentato un disegno di legge recante norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozionePag. 53del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato, attualmente all'esame della XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, nel quale viene previsto il potenziamento dell'attività dei consultori familiari con programmi specifici per la salute preconcezionale e riproduttiva, la tutela della maternità e la promozione dell'allattamento al seno.
Il disegno di legge intende, fra l'altro, contrastare le disuguaglianze territoriali e sociali di accesso ai servizi dell'area materno-infantile, migliorandone la fruibilità da parte della popolazione più svantaggiata, e promuovere la continuità assistenziale del percorso nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere.
Per il necessario raccordo con il piano sanitario nazionale 2006-2008, inoltre, dovrà essere siglata un'intesa Governo-regioni per la promozione delle attività previste e per la definizione da parte degli enti territoriali dell'entità della quota di risorse finanziarie da destinare a tali attività, nell'ambito dell'1,3 per cento delle risorse disponibili per il Servizio sanitario nazionale e vincolate, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
La legge finanziaria 2007, infine, prevede che il ministro delle politiche per la famiglia, avvalendosi dello specifico fondo, realizzi con il ministro della salute un'intesa, in sede di conferenza Stato-regioni, concernente i criteri e le modalità per la riorganizzazione dei consultori familiari, allo scopo di potenziare gli interventi di carattere sociale a favore delle famiglie.

PRESIDENTE. L'onorevole Lombardi ha facoltà di replicare.

ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, ci riteniamo parzialmente soddisfatte della risposta.
Abbiamo ritenuto di interpellare il Governo su tale tema non tanto per provocare un'ingerenza nelle scelte praticate da regioni o aziende ospedaliere, ma per provare ad affermare che, su temi di interesse nazionale, in particolare su questioni come quelle poste dalla legge n. 194, non è possibile produrre azioni differenziate, che in qualche modo nelle regioni contraddicano lo spirito della stessa legge.
Come si è potuto constatare e come lei stesso ha affermato, a seguito delle proteste del movimento delle donne il direttore ha ritenuto, con una formulazione un po' ambigua, di sospendere la convenzione con il Centro di aiuto alla vita nell'ospedale, ma di consentire allo stesso di svolgere la propria azione di volontariato, che non si presenta - ne sono certa - come un elemento di tutela dei diritti.
Pertanto, a mio parere essa non è assolutamente conforme allo spirito della legge n. 194, perché, come lei sa, i volontari del Centro di aiuto alla vita sono in aperto contrasto con tale legge e considerano l'interruzione volontaria di gravidanza al pari di un crimine. Questa è un'opinione che può e deve essere legittimamente espressa addirittura anche nelle piazze, nei comizi, nel volantinaggio, non certo nei luoghi pubblici dove, invece, le donne si recano per esercitare un diritto.
La legge n. 194 è il frutto di una domanda forte che è provenuta dalla società, in particolare da un grandissimo movimento delle donne, che la deputata Deiana ha prima ricordato e che ha permesso di fondare la legge su una filosofia specifica.
Sappiamo che tale filosofia ispiratrice è quella dell'inviolabilità del corpo della donna e della sua libertà di decidere su di sé e sul proprio corpo. Purtroppo, la tentazione di mettere invece sotto tutela il corpo della donna, in nome di etiche predefinite in modo aprioristico, riaffiora drammaticamente in particolare in questo tempo di precarietà, come accade con scelte lasciate agli enti locali su questioni, che invece non possono essere delegate a questo livello di autonomia.
La legge n. 194 non a caso ha assegnato ai consultori, come lei stesso ha ricordato, la funzione dell'informazione e della prevenzione, non quella della propaganda. Signor sottosegretario, bisogna quindi ragionare - e mi pare che ilPag. 54Governo lo stia facendo, a quanto lei stesso ha detto - su come tale funzione possa essere potenziata. Si tratta di una funzione importante, che non va confusa in alcun modo con la propaganda, proprio perché tende all'affermazione del fatto che siano proprio le donne a decidere su di sé.
Non faccio parte di quelle donne che pensano che la scelta di interrompere la gravidanza sia necessariamente un dramma. Sono convinta che si tratti di una scelta individuale e che come tutte le scelte individuali contenga una certo grado di emotività, diverso per ogni donna chiamata a prendere tale decisione. Per l'appunto sono convinta che si tratti di una scelta, che come tale è stata riconosciuta dalla legge e che deve esserlo da parte di tutti. L'ospedale è il luogo in cui si esercita un diritto ed esso non può essere sottoposto ad alcuna ingerenza. Un diritto non deve trovare nei luoghi pubblici ostacoli al suo esercizio ed alla sua affermazione.
Piuttosto, deve essere aperta una riflessione su come incoraggiare gli enti locali alla realizzazione in particolare di un articolo della legge n. 194, che a me pare interessante e che forse dovremmo tutti maggiormente promuovere. Mi riferisco all'articolo 15, che prevede la promozione dell'aggiornamento del personale sanitario, oltre che sui metodi anticoncezionali, anche sull'uso delle tecniche più moderne e rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna nonché meno rischiose per l'interruzione di gravidanza. Si tratta di un punto - questo sì - che potrebbe essere incoraggiato attraverso la sperimentazione diffusa negli enti locali della RU 486, sicuramente meno invasiva rispetto ad un'interruzione volontaria di gravidanza tradizionale.
Purtroppo, in tempi di precarietà, di frammentazione e di separazione da se stessi come i nostri, si possono utilizzare anche movimenti integralisti come quello per la vita per produrre l'involuzione democratica, che vuole separare la maternità da una scelta libera e consapevole delle donne. Sono convinta che l'Unione tutta - come scritto nel nostro programma e come dimostrato dal nostro lavoro quotidiano - voglia affermare l'esatto contrario, ovvero il valore della democrazia e dei diritti. Per questo credo che tutti saremo impegnati in un'operazione di valorizzazione degli aspetti interessanti, che concedono alle donne la libera scelta in merito alla legge n. 194, rafforzandoli sui territori per la crescita della democrazia.

(Iniziative per garantire la tutela degli animali nello svolgimento dei palii - n. 2-00347)

PRESIDENTE. L'onorevole Azzolini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00347 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

CLAUDIO AZZOLINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, devo premettere che domenica 21 gennaio scorso si è svolto a Buti, in provincia di Pisa, un palio (almeno così definito) che ha avuto come seguito l'abbattimento di un cavallo ed il ferimento di un altro. Quindi, riterrei impropria la definizione di palio, perché si tratta più che altro di una mattanza rituale. È infatti opportuno sottolineare che nell'edizione del 2004 dello stesso palio si era già registrato lo stesso tragico bilancio.
Vorrei anche ricordare, signor sottosegretario, che lei, rispondendo in aula lo scorso 12 ottobre 2006 - quattro mesi or sono - ad una precedente interpellanza urgente (n. 2-00171) su fatti purtroppo analoghi occorsi nei palii di Ferrara, Feltre, Avola e Belpasso, aveva sottolineato che condivideva molto delle amare considerazioni esposte dal sottoscritto ed annunciava un'iniziativa legislativa in tempi rapidi. Rendendomi conto delle difficoltà oggettive di questi tempi rapidi per le iniziative legislative del Governo, non le sollecito questa sua disponibilità già manifestata. Le ricordo ancora che, nella stessa risposta, lei aveva anche assicurato il massimo impegno da parte del Ministero della salute, affinché le regioni svolgessero la funzione di vigilanza sulla corretta applicazione dell'articolo 8 del decreto delPag. 55Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2003 sulla tutela degli animali, in merito proprio a corse di cavalli su circuiti cittadini (che non definirei più circuiti, ma percorsi, perché nell'ambito urbano un circuito del genere non avrebbe legittimità di esistere). Sempre in riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00171 chiedevo, inoltre, se il ministro dell'interno ritenesse opportuno emanare una direttiva urgente alle prefetture, affinché le commissioni di vigilanza sui pubblici spettacoli non concedessero il nulla osta per le corse di equidi in percorsi urbani delle regioni, che non avessero ancora recepito con atto legislativo e sanzioni l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003, ovvero affinché le prefetture disponessero, comunque, il divieto per le eventuali relative analoghe commissioni comunali.
Le chiedo, pertanto, signor sottosegretario, quali iniziative concrete il ministero di suo riferimento, così come quello degli interni, abbiano posto in essere o avviato e con quali tempi - per quelle sì occorrono tempi certi - per adempiere agli impegni assunti formalmente in quest'aula, così come riportati in premessa. Questo risponderebbe, inoltre, all'esigenza di rispettare la legge n. 189 del 2004 per la tutela degli animali, nella quale c'è proprio un passaggio relativo a questi episodi. Non è pensabile che si possa tollerare, da parte delle autorità locali, che vengano violate le leggi dello Stato, soprattutto quando i prefetti, che hanno competenza sul territorio, siano stati sollecitati anche da parlamentari dello stesso territorio, nonché dal sottoscritto. Glielo ricordai allora e lo faccio in questa seconda istanza e mi auguro che non ce ne sia una terza. Ciò significherebbe che lei, signor sottosegretario, non soltanto con la sua buona volontà, di cui le do atto, e con la sua sensibilità, ma con un'efficienza un po' più determinata nell'ambito del suo ministero, potrebbe risolvere, se non in maniera complessiva, almeno i casi denunciati da me e dai colleghi che hanno sottoscritto questa interpellanza urgente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor presidente, in seguito a quanto precisato in sede di risposta alla precedente interpellanza nella seduta del 12 ottobre 2006 e per corrispondere a diverse osservazioni pervenute circa l'impropria utilizzazione di cavalli in gare pericolose ed improvvisate nelle strade urbane, già in data 27 ottobre 2006 il ministro Livia Turco ha indirizzato una nota urgente relativa al benessere degli equidi in manifestazioni popolari agli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il ministro della salute ha inteso richiamare l'attenzione degli enti territoriali sull'applicazione degli impegni derivanti dall'accordo con le regioni e le province autonome, in materia di benessere degli animali da compagnia del 6 febbraio 2003, recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2003.
In particolare, l'articolo 8 dell'accordo, riportato integralmente nella suddetta nota, prevede che gli enti menzionati s'impegnino ad autorizzare lo svolgimento di gare nel corso di manifestazioni popolari soltanto in presenza di misure idonee, quali la copertura delle piste delle corse con materiale che possa ridurre i colpi degli zoccoli sul terreno asfaltato o cementato, nonché la presenza lungo il percorso della gara di sponde capaci di ridurre il danno in caso di cadute dei cavalli.
Il ministro ha evidenziato la necessità della trasmissione al Ministero della salute di tutte le informazioni relative alla concreta applicazione dell'accordo da parte delle regioni. L'organo politico ha inteso anche sottolineare che comportamenti non coerenti con gli impegni sanciti possono configurare responsabilità sanzionabili ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 189, recante disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.Pag. 56
Con ciò l'organo politico ha inteso raccomandare anche che le autorità sanitarie territoriali vigilino costantemente sullo svolgimento di tali manifestazioni e, che qualora queste non possano essere evitate, venga comunque assicurato il rispetto delle condizioni prescritte.
Per la rilevanza della problematica e allo scopo di poter garantire una soluzione adeguata, è intenzione del ministro della salute presentare in tempi rapidi uno specifico disegno di legge in materia. Per completezza d'informazione, si segnala che il Ministero dell'interno ha precisato che l'organizzazione del palio delle contrade di S. Antonio di Buti (Pisa) aveva ricevuto il parere favorevole della commissione tecnica comunale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, fatto salvo il rispetto di alcune prescrizioni: apposizione di idoneo materiale arido sul manto stradale, adozione di misure di protezione della delimitazione del percorso di gara, eccetera.
La prefettura di Pisa ha comunicato peraltro che la regione Toscana non ha ancora recepito con proprio provvedimento normativo l'articolo 8 del DPCM del 28 febbraio 2003.

PRESIDENTE. L'onorevole Azzolini ha facoltà di replicare.

CLAUDIO AZZOLINI. Signor Presidente, non ci si può dichiarare insoddisfatti per la cortesia non soltanto del sottosegretario Patta, ma altresì per la completezza delle informazioni che egli ha avuto la gentilezza di rendere in questa sede.
Tuttavia, rimaniamo al punto di partenza: tutto quanto esperito, il caso vuole che si ripeta ancora dopo due o quattro anni lo stesso episodio, nella stessa località. Quindi, delle due, l'una: o le dichiarazioni cartacee lasciano il tempo che trovano da parte degli enti interloquiti - ma evidentemente non delle iniziative che lei ha posto in essere come Ministero della salute - oppure c'è qualche cosa che necessita di un ritorno sull'argomento da parte del ministero.
Infatti, ci sono state delle omissioni di atti dovuti da parte delle competenti autorità locali e, conseguentemente, chi ha violato le disposizioni dello stesso ministro, oltre che le leggi dello Stato italiano, deve pur pagare sul versante della responsabilità che ciascuno di noi ha nei ruoli specifici che svolge e che mette in campo ogni giorno.
Io le rinnovo l'apprezzamento per la sua puntualità e cortesia, ma rimane questo interrogativo: a quando la prossima conversazione? Infatti, questa diventa una letteratura di merito ed io non credo che nel nostro paese almeno le cose sulle quali possiamo e dobbiamo intervenire possano essere rimandate sine die.
Non credo nemmeno che vi sia bisogno di nuove leggi: quelle esistenti sono fatte bene, bastano e avanzano. D'altronde, l'applicazione delle stesse dipende anche dalla determinazione con la quale i soggetti sono allertati e sensibilizzati dall'autorità competente. La ringrazio.

(Utilizzo del methotrexate, dell'Ru486 e del misotropol a scopi abortivi - n. 2-00350)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00350 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5) di cui è cofirmataria.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la magistratura milanese, come è noto, aveva condotto un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con il methotrexate (tali interventi erano stati eseguiti dal professor Umberto Nicolini presso l'ospedale Buzzi di Milano). Avviata tale inchiesta, il pubblico ministero, Marco Ghezzi, ne ha chiesto l'archiviazione.
Egli, nella richiesta di archiviazione, ha fatto riferimento a generiche delibere regionali ed avrebbe sostenuto, secondo quanto pubblicato dall'agenzia ANSA, che l'aborto farmacologico con questa sostanza chimica (il methotrexate) ricalca la prassiPag. 57vigente in alcune regioni, come l'Emilia-Romagna e la Toscana - in quest'ultimo caso, si tratta non del methotrexate, ma della RU486; tuttavia, è sempre un aborto chimico -, dove la pratica è autorizzata dalla stessa autorità regionale.
Ora, come è risaputo, non esiste alcun protocollo autorizzato da un ente di controllo, in nessun paese, sull'uso abortivo del methotrexate, ed addirittura l'Organizzazione mondiale della sanità ne sconsiglia l'uso: si tratta di dati ufficiali.
Il Consiglio superiore della sanità, interpellato in proposito, si è espresso con estrema chiarezza sul problema del ricovero per l'intervento abortivo effettuato attraverso un sistema chimico. Dal verbale relativo alla seduta del 18 marzo 2004, infatti, risulta che lo stesso Consiglio avrebbe sostenuto che: «(...) alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologia della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione avviene in ambiente ospedaliero (...)»; quindi, con tutte le tutele previste in tale ambito.
Sulla base di tale parere, il direttore generale del Ministero della salute, dottor Nello Martini, nel 2004, ha stabilito - ovviamente, in base al citato verbale del Consiglio superiore della sanità - che la sperimentazione della RU486 ( a quei tempi, come è noto, era in uso nell'ospedale Sant'Anna di Torino, con il dottor Viale, e fu oggetto di molte polemiche) doveva essere conforme alla legge n. 194 del 1978. Dunque, gli aborti dovevano avere luogo in ambiente ospedaliero, e quindi bisognava completarli in tale ambito. Si tratta della ragione per cui è stata disposta la sospensione della sperimentazione al Sant'Anna, dal momento che gli aborti - che, come sia sa, si svolgono in due fasi - avvenivano fuori dall'ambiente ospedaliero.
Chiediamo al sottosegretario Patta ed al ministro della salute, pertanto, se esistano delibere regionali in tale materia e quali siano quelle cui ha fatto riferimento il pubblico ministero Ghezzi.
In conseguenza di tutto quanto ho detto in premessa, chiedo se il Ministero della salute non ritenga veramente grave che si faccia uso di abortivi chimici non approvati da un ente farmacologico italiano, peraltro utilizzati senza avvertire il comitato di bioetica dell'ospedale.
Inoltre, chiedo di sapere se si ritenga ancora valido il parere del Consiglio superiore della sanità - non ci risulta, infatti, che esso sia stato in qualche modo smentito - e, ove sia tuttora valido, per quale ragione non venga rispettato e sia abitualmente disatteso là dove è adoperata la RU486 (come in Emilia-Romagna, regione nella quale le donne, rischiando molto, completano l'aborto fuori dalle strutture ospedaliere). Chiediamo di sapere, altresì, perché il citato parere non sia stato rispettato nemmeno dal professor Nicolini dell'ospedale Buzzi. Il fatto è grave, per noi - ed insisto - dal punto di vista della tutela della salute delle donne.
Infine, chiediamo di sapere quali interventi intenda adottare il ministero per impedire che le pillole abortive (sappiamo che l'aborto indotto con sostanze chimiche avviene in un tempo prolungato) che la RU486, methotrexate e misoprostolo (tutti farmaci abortivi) siano usati senza la garanzia di un protocollo autorizzato dall'Associazione italiana per il farmaco e dall'EMEA per il nostro paese, soprattutto con riferimento alle recenti norme sull'utilizzo off label dei farmaci (che, com'è noto, sono stati regolamentati nell'ultima legge finanziaria).
Tutto ciò ci preoccupa perché vi è cattiva informazione sull'uso della RU406. Com'è noto, nel corso di un'indagine informale sull'uso della RU406, che stiamo conducendo in XII Commissione, siamo venuti a conoscenza di dati allarmanti sotto il profilo dei danni che possono essere arrecati alle donne. Insomma, non è vero che l'aborto chimico è più sicuro, più tranquillo e non invasivo, come pure si continua ad affermare anche in quest'aula.
La situazione richiederebbe grande attenzione. Al contrario, la richiesta di archiviazione del predetto pubblico ministero non depone a favore di una grandePag. 58attenzione delle istituzioni nei confronti di un uso disinvolto (adopero un eufemismo) delle suddette sostanze abortive.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in relazione ai primi due quesiti posti dagli interpellanti, dalla documentazione trasmessa dal competente Ministero della giustizia non risultano gli estremi di delibere regionali alle quali avrebbe fatto riferimento il pubblico ministero né quale sia la documentazione scientifica prodotta dal consulente del magistrato, in quanto appartenente alla competente sede processuale.
Relativamente a quanto di competenza di questo Ministero, si conferma quanto già precisato nelle risposte a numerosi precedenti atti parlamentari di analogo contenuto, ulteriormente ribadito dal ministro Livia Turco in occasione del question time che ha avuto luogo nella seduta della Camera del 28 giugno 2006. La posizione attuale del Ministero della salute è quella di confermare le decisioni precedentemente assunte, nel corso del 2005, in merito a due pareri di contenuto medico-scientifico del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004 e del 20 dicembre 2005. Ciò in quanto, alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione della gravidanza avviene in ambiente ospedaliero. Il parere del 20 dicembre 2005 riporta, testualmente, che l'associazione di mifespristone e misoprostolo debba essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, e che la donna debba essere trattenuta in ambiente ospedaliero fino ad aborto avvenuto.
Va ricordato che, nell'ambito del protocollo di intesa siglato tra Governo e regioni per il patto nazionale per la salute, la legge finanziaria per il 2007, come peraltro segnalato dagli stessi interpellanti, ha stabilito che la disposizione dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge del 17 febbraio di 1998, n. 23 (nota come legge Di Bella), che consente al medico di prescrivere un medicinale per indicazioni non autorizzate, in mancanza di una valida alternativa terapeutica, non può essere applicata in caso di ricorso a terapie farmacologiche a carattere diffuso e sistematico a carico del servizio sanitario nazionale quale alternativa terapeutica per pazienti portatori di patologie per le quali esistono farmaci autorizzati e specificamente indicati.
L'unica deroga prevista dalla recente legge finanziaria è quella dell'impiego del medicinale off label solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche. La norma ha voluto anche definire un percorso di individuazione dei responsabili dei relativi procedimenti applicativi nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche rimandando alle regioni l'adozione, entro il 28 febbraio 2007, di disposizioni in tal senso. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali la responsabilità anche di natura amministrativa per eventuale danno erariale è del direttore sanitario.
Si ritiene, pertanto, che tale nuova disposizione, che legittima l'utilizzo di tali farmaci esclusivamente nell'ambito circoscritto dei protocolli sperimentali, fornisca una soluzione adeguata e concreta a quanto auspicato dagli onorevoli interpellanti.

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non direi che possiamo ritenerci soddisfatti. Rispetto ai primi due quesiti il Governo dichiara di non sapere rispondere. Si tratta di quesiti seri, perché sono volti a tentare di capire cosa ha portato a pronunciare una sentenza che, francamente, ci lascia molto perplessi. È stata, infatti, archiviata un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con una sostanza chimica.
Non sapere esattamente a cosa si è riferito quel magistrato, non sapere qualiPag. 59siano stati i dati prodotti (se sono stati prodotti o se, probabilmente, ciò non è stato fatto), dovrebbe in qualche modo allarmare il Ministero della salute, che dovrebbe occuparsi della salute di tutti i cittadini e della corretta informazione degli stessi.
Lo ripeto: sulla pillola RU486, in particolare, perché è la più famosa, e sull'aborto chimico si sta facendo una drammatica disinformazione, di cui saranno vittime le giovani donne, che pensano di fare una passeggiata prendendo quella pillola, quando sappiamo da dati scientifici obiettivi che ciò non è vero.
Per essere benevoli, c'è stata una sottovalutazione di quanto avvenuto a Milano, una sottovalutazione rispetto ad un evento che potrebbe avere conseguenze molto serie, perché apre un varco a interpretazioni di tutti i tipi nei confronti di quei medici che usano queste donne; alla fine, infatti, si tratta di un uso del corpo femminile veramente drammatico.
Sono soddisfatta che il verbale del Consiglio superiore della sanità sia ancora valido: non possiamo che essere soddisfatti del fatto che l'aborto chimico debba avvenire in ospedale, fino a completamento dello stesso; quindi, le donne non possono essere dimesse. Ciò, però, andrebbe detto. Invece, ci risulta che in Emilia Romagna e in Toscana le donne che prendono la pillola abortiva vengono subito dimesse.
Nessuno fornisce loro un'informazione corretta; nessuno dice: guarda che devi rimanere qui due, tre, quattro o cinque giorni, a seconda di ciò che il tuo corpo richiederà, perché le reazioni sono individuali e, quindi, non sarà possibile che tu torni a casa prima che l'aborto sia completato. Sono convinta che se le donne avessero questa informazione corretta da parte degli ospedali non tutte - anzi, molto poche - ricorderebbero a questi sistemi, perché, tra l'altro, vi è proprio problema organizzativo della vita, con dolori, pericoli, emorragie ed altro, che la letteratura descrive (non lo stiamo dicendo noi).
Se, dunque il parere dell'Istituto superiore di sanità è vero, bisognerebbe mettere in campo, anche da parte del Ministero, una corretta informazione di ciò che sta avvenendo, ma mi sembra - lo ripeto - che ciò non stia succedendo ed anche in quest'aula si ascoltano continuamente slogan che, in qualche modo, nobilitano questo sistema per abortire, quando si tratta di un sistema di sperimentazione sul corpo delle donne e contro le donne. Non ci pare possibile che vengano utilizzate queste sostanze - lo ripeto -, ed anche se il Ministero ritiene legittimo l'uso di queste sostanze nei protocolli sperimentali, noi riteniamo che, non essendoci assolutamente un protocollo autorizzato dall'Aifa (associazione italiana farmaci) e dall'Emea - perché non vi è - e, quindi, non esistendo un protocollo per un uso corretto di questi farmaci, sia veramente una forzatura l'uso, ancora in essere, di queste sostanze. Pertanto noi continueremo a presentare interpellanze sul tema, signor sottosegretario, continueremo a domandarci perché vi è questa pessima informazione e questo uso disinvolto di tali sostanze chimiche e, quindi, fino alla prossima volta, cercheremo di capire meglio cosa è successo a Milano e cercheremo anche di fare in modo che il Ministero sia anch'esso informato su ciò che succede nel nostro paese.

(Misure per fronteggiare una potenziale crisi da influenza aviaria - n. 2-00351)

PRESIDENTE. L'onorevole Palumbo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00351 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

GIUSEPPE PALUMBO. Signor sottosegretario Patta, come lei ben sa (ho avuto modo di leggere anche alcune sue dichiarazioni, oggi, su Libero), con l'arrivo della stagione invernale, nelle ultime settimane, si è registrata una preoccupante ripresa dei casi di influenza aviaria in molti paesi - Giappone, Corea del sud, Ungheria -, che sono in allarme per la presenza del virus nei propri allevamenti. In Indonesia, addirittura, vi è stato il decesso di unaPag. 60donna affetta dall'influenza aviaria, che sarebbe il sessantatreesimo nella storia del paese, dal 2003 ad oggi.
Tutti i quotidiani italiani, nei primi giorni di febbraio, hanno riportato anche il caso clamoroso che si è verificato nel Regno Unito, in cui sono stati abbattuti migliaia di tacchini perché era stato segnalato un caso di influenza aviaria, per la presenza del virus H5N1. Secondo i dati ufficiali dell'Organizzazione mondiale della sanità, che continua a raccomandare ai Governi nazionali la massima allerta nei confronti di questo virus, i casi di influenza aviaria nell'uomo confermati dal 2003 ad oggi sono 270, i decessi sono 164 ed i paesi con essere umani infettati sono 10.
Signor sottosegretario, come lei sicuramente saprà, a seguito dell'emergenza che si verificò nella seconda metà del 2005 - oltretutto, il primo caso si manifestò proprio nella mia regione, a Catania, in cui si riscontrò in un'anatra, se non sbaglio, la presenza del virus H5N1 -, lo scorso inverno anche l'Italia ha ritenuto opportuno dotarsi, in linea con le indicazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità, di un sistema di norme e di un pacchetto di vigilanza sanitaria, che è altrettanto importante, per prevenire, gestire ed eventualmente - speriamo mai - rispondere ad un'eventuale crisi dovuta all'influenza aviaria.
Il Parlamento, come lei ben sa, ha approvato la legge n. 244 del 2005, che indica le misure urgenti da intraprendere nei confronti di un eventuale evento pandemico. Tra le misure più importanti, è stata costituita una specifica unità di crisi all'interno del Centro controllo per le malattia (istituito con la stessa legge), per monitorare lo sviluppo di una eventuale pandemia.
In questa legge, ricordo ancora, erano presenti dei finanziamenti per aumentare il ruolo organico dei veterinari, il ruolo organico delle guardie forestali, di altri addetti, eccetera; insomma, tutto un sistema che potesse in ogni caso prevenire e cercare di controllare e osservare sin dall'inizio eventuali rischi connessi all'influenza aviaria.
Inoltre, all'articolo 2 della stessa legge, veniva anche previsto che fossero costituite delle scorte nazionali di farmaci da utilizzare quale prima risorsa per tamponare l'influenza aviaria. Come lei ben sa infatti, in un primo momento vengono utilizzati i farmaci antivirali, successivamente, una volta che il virus viene isolato, vi sarà la preparazione del vaccino, che però ha dei tempi tecnici per poter essere preparato, di circa due o tre mesi. Per queste ragioni veniva raccomandato allora nella legge l'opportunità di dotarsi di una scorta nazionale, e di equivalenti scorte regionali (così dice testualmente la legge), per poter trattare circa il 20 per cento della popolazione nella prima fase dell'epidemia.
Dal punto di vista della vigilanza veterinaria, il nostro paese può vantare sicuramente un livello di organizzazione ed una puntuale strategia di risposta operativa dei propri servizi rispetto all'eventualità di una nuova crisi di influenza aviaria. Una regolare sorveglianza nella filiera avicola, l'applicazione di misure per la biosicurezza e un attento controllo sulle importazioni sono le principali tra le attività poste in essere dallo Stato finalizzate a garantire un adeguato livello di protezione.
A tale stringenti misure di vigilanza veterinaria però, non sembra corrispondere un'eguale preparazione del nostro paese dal punto di vista della vigilanza sanitaria. Nonostante l'Organizzazione mondiale della sanità abbia a più riprese raccomandato ai singoli Governi di dotarsi nel breve periodo di una significativa copertura di farmaci antivirali, risulta che il nostro paese abbia deciso di optare per delle strategie di risposta, diciamo, più soft, in controtendenza rispetto alle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e alle politiche di tutti paesi europei.
Ho qui una statistica dove risulta addirittura che in Francia vi sono dosi pari al 50 per cento della popolazione. Sebbene dunque, ribadisco, l'Organizzazione mondiale della sanità abbia raccomandato una copertura di antivirali intorno al 20 perPag. 61cento, risulta che oggi in Italia si riesca a garantire una copertura di poco più del 6 per cento, ci avviciniamo forse al 7 per cento. Ciò a differenza di tutti maggiori paesi europei, prima fra tutti, come detto, la Francia. Tale ritardo nell'approvvigionamento espone probabilmente (speriamo mai, naturalmente) il nostro paese al rischio di non poter disporre del dovuto stock di farmaci antivirali a fronte di un'eventuale richiesta immediata, il che rappresenta la prima barriera, diciamo, che si può frapporre nel caso di un'eventuale arrivo dell'influenza aviaria.
Se quanto riportato da noi corrisponde al vero, vorremmo sapere a che punto sia lo stato di attuazione del Piano pandemico nazionale, per poter essere un poco più tranquilli, e se il ministero ritenga che nostro paese sia adeguatamente preparato a prevenire ed eventualmente a fronteggiare l'impatto di una potenziale crisi di influenza aviaria, e ancora, se il ministro non ritenga opportuno allinearsi al più presto alle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e innalzare quindi gli attuali livelli di copertura.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.

GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in merito alla problematica rappresentata dagli onorevoli interpellanti sugli aspetti di sanità veterinaria, si comunica che è stato recentemente diramato alle regioni e alle province autonome il nuovo piano di monitoraggio per il 2007, che prevede una sorveglianza attiva (controlli seriologici modulati sull'analisi del rischio), sia sui volatili domestici, sia sui volatili selvatici, e una sorveglianza passiva, effettuata con controlli sulle specie selvatiche ritenute a rischio, trovate morte o cacciate.
Il 6 febbraio si è riunita, presso il Ministero della sanità, l'unità di crisi centrale per l'influenza aviaria, istituita con decreto ministeriale 9 gennaio 2006, per le necessarie valutazioni circa i recenti focolai di influenza aviaria riscontrati nel pollame domestico (Ungheria, Sud della Russia e Regno Unito). Alla riunione era presente, tra l'altro, il Centro di referenza nazionale di Padova, che ha riferito giornalmente sui focolai del virus H5N1 citati ed ha confermato che i circa 14 mila 200 campioni esaminati, dalla data del 1o ottobre 2005, nell'ambito del piano di sorveglianza nazionale, sono risultati tutti negativi per i virus influenzali H5 e H7 ad alta patogenicità.
In occasione della suddetta riunione, è stato stabilito di predisporre, in tempi rapidi, una nota indirizzata alle regioni e alle province autonome, che sintetizzi alcune raccomandazioni e ribadisca la priorità di mantenere elevato il livello di allerta e il rigoroso rispetto delle norme in vigore, anche in un periodo epidemiologicamente favorevole nel nostro territorio come quello attuale.
In merito a quanto richiesto nell'atto parlamentare, si ribadisce che il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale, approvato nella Conferenza Stato-regioni il 9 febbraio 2006, è stilato secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2005 e costituisce l'aggiornamento del precedente Piano italiano multifase per una pandemia influenzale, pubblicato nel 2002.
Il piano si sviluppa secondo le fasi pandemiche dichiarate dall'Organizzazione mondiale della sanità, prevedendo, per ogni fase e livello, obiettivi ed azioni, e rappresenta il riferimento nazionale in base al quale le regioni stanno completando la predisposizione dei piani operativi regionali.
Molte delle azioni individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità sono già state realizzate, adeguandosi alle necessità richieste dalla situazione epidemiologica. Il piano prevede, tra le azioni chiave, come peraltro indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità, l'acquisizione di farmaci antivirali appartenenti alla classe degli inibitori della neuraminidasi.
Il Ministero della sanità ha già provveduto all'acquisto di tali specialità medicinali sulla scorta delle indicazioni fornitePag. 62dall'Organizzazione mondiale della sanità e sulla base del parere espresso dal comitato scientifico del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) e del comitato scientifico dell'Agenzia italiana del farmaco.
Al momento, l'Italia dispone di circa 40 milioni di dosi, sia prodotto pronto all'uso, sia prodotto in bulk. In conformità alle previsioni del piano, la scorta nazionale dei farmaci antivirali è in corso di dislocazione a livello periferico, su base regionale, secondo il piano di distribuzione concordato con le regioni.
Una parte della riserva nazionale di farmaci antivirali rimarrà stoccata presso il Ministero della sanità (quota di compensazione) e sarà utilizzata qualora la situazione epidemiologica lo rendesse necessario, con modalità veloci e sicure e di mobilitazione su tutto il territorio nazionale.
Si precisa che l'uso dei farmaci antivirali, sulla cui efficacia esistono, nel mondo scientifico, pareri contrastanti, può rivelarsi utile - lo si sottolinea - sempre a scopo profilattico, in presenza di primi casi o di piccoli cluster, quando ancora non è disponibile un vaccino. Proprio con tali finalità, è stata costituita la scorta di tali farmaci, per il numero di dosi già indicato.
La cautela adottata nell'acquisto di tale quantitativo è supportata da motivazioni epidemiologiche, in quanto, in fase di pandemia, fase 6, per l'OMS, la profilassi con antivirali sembra essere poco appropriata e potrebbe rivelarsi addirittura controproducente, dal momento che l'utilizzo allargato ed improprio di tali farmaci aumenterebbe il rischio di emergenza di ceppi virali resistenti, oltre al rischio di effetti collaterali.
Il Ministero della salute, pertanto, in linea con le indicazioni dell'OMS, conferma che sul territorio nazionale la vigilanza è permanente, con circa mille prelievi al mese effettuati negli ultimi cinque mesi, tutti con esito negativo; vorrei ricordare che, in Italia, nessun allevamento di polli, di volatili, è stato mai contagiato dall'H5N1. I casi ricordati dall'onorevole sono riferiti a meno di una decina di cigni selvatici nella stagione ricordata.

PRESIDENTE. L'onorevole Palumbo ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, per quanto riguarda la parte riguardante i controlli veterinari che sono stati svolti, mi ritengo abbastanza soddisfatto, anche se, come ha detto lo stesso sottosegretario Patta, il tutto si è intensificato dopo il 6 febbraio. Lei stesso, sottosegretario, ha detto che alcune regioni addirittura stanno ancora provvedendo. Vorremmo che tutte le regioni fossero più attive nel monitorare con più attenzione ed efficacia eventuali casi di rischio per evitare che si debba correre successivamente.
Ma se tutta l'organizzazione, effettivamente, sta funzionando e ha funzionato anche allora, quando si registrarono casi di aviaria (ma del resto in Italia non successe granché, lo dico con tutta sincerità), mi sorge una perplessità: lei giustamente ha detto che abbiamo 40 milioni di dosi, ma gran parte di esse è costituita solo da principio attivo. Quindi, prima che sia confezionato in dosi somministrabili di antivirale, passa del tempo; non si tratta di un mese, ma di un lungo periodo, addirittura da sei a dodici mesi, fino ad un anno. È vero, abbiamo stoccato tanti milioni di dosi di antivirale, ma quello prontamente disponibile rappresenta il 7 per cento. L'altro, come lei stesso ha detto, è in forma di principio attivo che successivamente deve essere preparato e confezionato.
Speriamo che non vi sia bisogno di fare l'antivirale e che il rischio di pandemia non si determini; tuttavia, se il ministero fosse più pressante nell'obbligare le regioni a fare la loro parte per l'acquisto di un antivirale pronto, sicuramente saremmo tutti più tranquilli e più sicuri nell'eventualità che ciò possa succedere. Finora, anche grazie alla situazione climatica, ci è andata bene; infatti, la temperatura così alta non favorisce questo rischio. Tuttavia,Pag. 63se dovessero cambiare le cose, i rischi vi sarebbero. Del resto, l'Inghilterra e l'Ungheria non sono lontanissime e ciò potrebbe succedere. Speriamo di no!
Per quanto concerne la seconda parte non mi ritengo soddisfatto, mentre sapevo di questa grande organizzazione che sicuramente è attiva.

(Rinvio interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353, riguardante la qualità dei servizi offerti dalle Ferrovie dello Stato nell'area dello stretto di Messina.
Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio interpellanza urgente Villetti n. 2-00356)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente Villetti n. 2-00356, riguardante presunte pressioni esercitate da rappresentanti della Chiesa Cattolica sul tema delle unioni di fatto.
Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso del presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.

(Misure per il risanamento ambientale nel territorio di Gela con riferimento ai carburanti utilizzati nell'impianto petrolchimico Eni-Agip di Gela - n. 2-00333)

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interpellanza Oliva n. 2-00333 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7), di cui è cofirmatario.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, a Gela, antichissimo insediamento di popolazioni elleniche approdate stabilmente in Sicilia, parte non secondaria di quella civiltà mediterranea generatrice di una cultura, che si è irradiata informando di sé la nascita e lo sviluppo di altri popoli e nazioni europee; a Gela, ridotta oggi miseramente ad un esecrabile scempio di brutalità urbanistica che ne ha distrutto l'identità e violato la dignità, tristemente segnata dalla violenza criminale organizzata, devastata sul piano ambientale e della salubrità dei cittadini, come altre parti delle coste dell'isola, dalle terribili conseguenze, che derivano dall'attività incontrollata degli stabilimenti petrolchimici; a Gela oggi si uccide con il consenso dello Stato.
L'abominio più orrendo ed esecrabile che uno stato di diritto, moderno e democratico per autodefinizione, possa compiere, ovvero la legittimazione di atti che possono provocare la morte delle persone, si è bellamente realizzato, separando il diritto al lavoro da quello alla salute, in modo consapevole e determinato, in danno di migliaia di cittadini siciliani, che sono stati in tal modo privati anche del più elementare dei loro diritti civili, quello di essere considerati e tutelati quali cittadini dello Stato aventi gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri.
Con il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 57 dell'8 marzo 2002, venivano adottati provvedimenti urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet coke) negli impianti di combustione.
Tali disposizioni normative intervenivano a modificare il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e introducevano la novità di una deroga a tale regime, consentendo l'uso del pet coke nell'ambito del luogo di produzione per alimentare impianti di combustione. Nondimeno, con le nuove disposizioni il limite delle emissioni inquinanti in atmosfera veniva portato ad un livello pari a cinque volte superiore rispetto a quello previsto ad esempio per gli inceneritori; uno degli elementi su cui tecnicamente veniva fondata l'esigenza della novazione normativa consisteva nelPag. 64fatto che a Gela, negli impianti ENI-Agip, veniva adottata la tecnica più evoluta a disposizione, unico esempio in Italia, che permetteva una combustione ambientalmente sicura di pet coke. In realtà tale tecnica, più comunemente intesa come sistema snox, non risolve adeguatamente il problema della emissione dei metalli, che costituiscono un pericoloso ed insidioso effetto collaterale dell'utilizzo del pet coke.
Nella fase di conversione in legge del decreto in parola il Governo espresse un orientamento favorevole rispetto ad un ordine del giorno che, ad onta dell'ampia formulazione e dunque della universale applicazione sul territorio nazionale delle nuove disposizioni, delimitava l'ambito di applicazione delle medesime misure esclusivamente alla realtà industriale del petrolchimico di Gela.
Sotto tale profilo nella sostanza, anche se non nella forma, le disposizioni in parola venivano a costituire una sorta di lex specialis, che però dispiegava strabicamente effetti positivi solo per una delle parti in causa, ovvero l'ENI-Agip, ma non riconosceva granché proprio a coloro che sarebbero stati i beneficiari ab origine (od almeno per tali erano stati fatti passare), ovvero i lavoratori dell'impianto, che in definitiva non venivano ad acquisire sul piano formale né garanzie in ordine alla stabilità e certezza del posto di lavoro, né forme retributive coerenti con il gravissimo rischio incombente, avendo davanti a sé lo spettro terribile di un probabile futuro di malattie tumorali.
Dunque, la giustificazione di fondo dell'iniziativa del Governo, che aleggia in tutto il dibattito parlamentare svoltosi nella circostanza (aprile 2002) sia alla Camera dei deputati sia al Senato, risiedeva nel fatto che, a seguito dell'intervento della magistratura che aveva posto sotto sequestro gli impianti di stoccaggio del pet coke, l'ENI-Agip aveva sospeso l'attività di tutto l'impianto e ne minacciava definitivamente la chiusura, per ragioni di antieconomicità gestionale, provocando in tal modo la perdita del posto di lavoro di migliaia di addetti ed un conseguente impoverimento, se non annichilimento, delle attività di indotto che insistono sul territorio e, quindi, delle condizioni economiche complessive di Gela. A tali eventi, non riuscendo a poter contare su alternative valide (che, comunque, non pervenivano da alcun lato) si opponevano con forza tutta la cittadinanza, le forze politiche e sociali di ogni colore ed appartenenza ed anche la stessa regione siciliana, trovando poi sostegno nell'azione del Governo ed in una sorta di variegata maggioranza realizzatasi per l'occorrenza in Parlamento.
Orbene, a parte il fatto che proprio nel 2000 il bilancio d'esercizio dell'ENI-Agip aveva registrato un avanzo netto di 14mila miliardi delle vecchie lire e proprio per questo si era avviata la stagione della sua privatizzazione, vi è pure da considerare come in Italia ben sei centrali termoelettriche su sette funzionino a gas e non si riesce a capire perché mai, proprio a Gela, debba essere denegata tale possibilità ovvero quella di individuare altre soluzioni praticabili, come, ad esempio, l'uso delle biomasse.
Naturalmente, lo stato di cose descritto si aggrava ogni giorno di più per effetto dei considerevoli danni alla salute, che l'immissione in atmosfera delle sostanze nocive sopradescritte, in particolare i metalli, con buona pace del sistema snox, provoca e si è costretti a registrare numerose malformazioni ed un'altissima percentuale di patologie tumorali, senza contare il contributo non secondario all'implemento dell'effetto serra, con buona pace dei propositi di Barroso in ordine alle misure che vorrebbe adottassero i paesi membri dell'Unione europea per conseguire una riduzione del 20 per cento delle emissioni inquinanti.
L'interpellanza che presentiamo è diretta, anzitutto, al signor ministro dell'economia che, purtroppo, non vediamo rappresentato. Siamo venuti a conoscenza di un atto che ci preoccupa, in quanto la dice lunga su quale ruolo abbia in realtà l'ENI nel nostro paese. Sembrerebbe che, pur a fronte della nostra richiesta, il ministro per l'economia abbia lasciato correre laPag. 65questione adducendo come giustificazione il fatto che non sarebbe competente a svolgere alcunché nella materia.
Siamo preoccupati di ciò, perché nel sito ufficiale dell'ENI risulta (basta andare a consultarlo) che proprio il ministro dell'economia, in tale qualità, ha la rappresentanza del 30,30 per cento, diretta e indiretta, delle azioni dell'ENI e quindi è il socio di maggioranza. Come insegna il codice civile, l'attività gestionale è delegata al consiglio di amministrazione, ma la politica, la proiezione, la programmazione dell'ENI dovrebbe essere delegata all'assemblea, dunque al ministro dell'economia, che ha la piena e totale responsabilità. Se non ce l'ha, ha la piena e totale irresponsabilità.
Sia chiaro, dunque, che ci troviamo di fronte ad un'incapacità di interlocuzione e davanti al fatto sorprendente che l'ENI non risponde a nessuno, pur essendo nominalmente una sorta di società per azioni dove lo Stato dovrebbe, attraverso importanti istituzioni come il Governo, esercitare un determinato ruolo. In prima persona il ministro dell'economia e non, quindi, solo il ministro dell'ambiente, al quale abbiamo rivolto l'interpellanza per conoscenza, deve dirci cosa intende fare a Gela con il petrolchimico e con l'uso del pet coke.
Siamo in possesso di tutto il dibattito parlamentare, che si è svolto nella precedente circostanza e attendiamo che proprio questo Governo, che è ricco di uomini, che in quella circostanza si ersero a difesa di Gela e delle sue prerogative, inverta questa rovinosa marcia per il popolo siciliano e per i cittadini di Gela.
Infatti, vedete, il danno che è stato fatto non è solo limitato - e già è tanto, tantissimo e gravissimo! - alla situazione ambientale e alla salubrità dei cittadini, ma è stata messa la Sicilia e dunque Gela in particolare nella condizione di non avere più proiezione, possibilità di inserimento nei processi di trasformazione e dello sviluppo corretto della chimica italiana.
Prima ancora del ministro dell'ambiente su questo ci deve rispondere il ministro dell'economia; è su queste cose che deve darci una risposta il Governo e la chiediamo a gran voce, sapendo che già nei prossimi giorni insceneremo come deputati non solo nazionali, ma anche europei e regionali, delle manifestazioni mirate proprio a Gela; e proprio a Gela chiederemo conto anche al governo regionale delle azioni che deve intraprendere, insieme a quello nazionale, affinché questo sconcio abbia a finire.
Come è stato possibile - mi chiedo da cittadino, prima ancora che da parlamentare - che un Parlamento scientemente abbia votato, convertendolo in legge, un decreto-legge solo per Gela e solo sotto la spinta emotiva del posto di lavoro, sapendo che il pet coke è veleno allo stato puro? È una vergogna nazionale! È qualcosa che resterà negli annali come esempio brutale di come possano essere trattate le popolazioni del sud!
Se è vero che vi è un nuovo Governo in questa nazione, se è vero che questo Governo guarda diversamente agli interessi dei meridionali e, segnatamente, a quelli dei siciliani, si assumano oggi, non domani o dopodomani, i provvedimenti per derogare a tutto questo!
Si abroghino quelle norme, si riporti Gela nella condizione di partecipare come tutti gli altri luoghi, come è accaduto per esempio a Porto Marghera, vicino a Venezia, e anche altrove. Si portino i siciliani nella condizione di avere pari dignità, pari diritti, pari opportunità prima di tutto e semplicemente sul piano della propria vita.
Questa ENI, che si trincera dietro l'antieconomicità e che registra vergognosamente sulle spalle e sul sangue dei cittadini 14 mila miliardi di avanzo, venga riportata alla condizione di essere diretta dallo Stato e non di esercitare un ruolo di cui, a questo punto, ci sfugge fino in fondo la reale consapevolezza e che, probabilmente, dovrebbe essere oggetto di ben altra attenzione da parte del Parlamento e di ben altre mirate e qualificate iniziative: ma questo è un capitolo che - state tranquilli - apriremo più avanti!Pag. 66
Allora, il ministro dell'economia e delle finanze rinsavisca, cambi i tecnici, che non sanno neppure leggere le carte che gli sottopongono...

PRESIDENTE. Deve concludere...

GIUSEPPE MARIA REINA. ...si assuma la responsabilità che gli compete dinanzi alla nazione e, se non vuole rispondere qui, in Parlamento oggi, risponda dall'alto del seggio che occupa assumendo le opportune iniziative, chiedendo conto e ragione all'ENI della condotta finora seguita e intervenendo per modificarla. Noi chiediamo l'abrogazione di tali misure e la riconversione dell'impianto senza che debbano patire i lavoratori, i cittadini ed il sistema economico che è coinvolto.

PRESIDENTE. Onorevole Reina, mi permetto di ricordarle che, con la sua interpellanza, lei si è rivolto al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non già al ministro dell'economia e delle finanze.

GIUSEPPE MARIA REINA. Che significa? Non è così! È stato cambiato. Le dico che nella versione originaria l'interpellanza era rivolta al Ministero dell'economia e delle finanze. È così! Come sanno bene gli uffici di segreteria con i quali oggi mi sono lamentato, mi sono trovato dinanzi ad una modifica in seguito alla quale, all'improvviso, il ministro dell'ambiente...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole. In ogni caso, è presente il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio, che è autorizzata a rispondere a tutte le questioni da lei sollevate.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha, dunque, facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza esposta dall'onorevole Reina sull'utilizzo del pet coke negli impianti di combustione presso il petrolchimico di Gela e sull'urgenza di procedere ad un piano di risanamento ambientale, si rappresenta quanto segue.
Anzitutto, il Ministero dell'ambiente non può non condividere le impostazioni generali seguite dagli interroganti, le preoccupazioni sull'urgenza, l'analisi politica complessiva.
In secondo luogo, con riferimento alle competenze proprie del Ministero, appare anzitutto urgente ripristinare l'inclusione del pet coke tra i rifiuti e conseguentemente applicare la normativa di riferimento. Come è ricordato nel testo dell'interpellanza, infatti, questo scarto di lavorazione è stato elevato a rango di combustibile solo ed esclusivamente con l'intento di evitare conseguenze sociali determinate dall'intervento della magistratura, pur dovuto, in riferimento alle pratiche di gestione del residuo da parte dell'azienda proprietaria degli impianti. Va però evidenziato come tale provvedimento sarebbe opportuno fosse accompagnato da un più ampio coinvolgimento delle istituzioni nazionali e locali, dei soggetti economici coinvolti e dei sindacati, al fine di evitare il ripetersi di incresciose tensioni sociali come quelle che hanno ispirato l'intervento di cui si chiede la revisione. In questo senso, bene hanno fatto gli interpellanti a mettere in evidenza la necessità di evitare che l'uso del ricatto occupazionale finisca con il produrre distorsioni normative che non solo non sono sufficienti ad offrire una maggiore garanzia sotto il profilo lavorativo ma per di più espongono i lavoratori stessi e la popolazione in generale ad ulteriori elementi di rischio sanitario. È pertanto intenzione del Ministero dell'ambiente riaprire un tavolo di trattative specifiche sull'uso del pet coke indirizzato a garantire il rispetto della salute dentro e fuori gli impianti, nonché la corretta interpretazione delle normative europee in merito alla definizione di «combustibile» e di «rifiuto».
Per quanto poi attiene agli interventi di bonifica dell'area industriale in oggetto, già inclusa tra quelle ad elevato rischio diPag. 67crisi ambientale ai sensi della legge n. 462 del 1998, il Ministero dell'ambiente ha concordato con le autorità regionali quattro linee di intervento prioritario che riguardano la potabilizzazione delle acque, il disinquinamento del suolo e del sottosuolo, l'abbattimento dell'inquinamento atmosferico e la garanzia della massima sicurezza dei luoghi di lavoro.
Su questi interventi, si è in attesa di ricevere le indicazioni di ciascuna delle amministrazioni coinvolte anche in merito alle risorse economiche disponibili ed agli strumenti tecnici più efficaci da usare per il rapido raggiungimento degli obiettivi. Va però rilevato che, nelle more degli interventi urgenti necessari, il problema dell'impatto complessivo del sito industriale di Gela-Priolo-Melilli sull'intero territorio, ed in particolare il preoccupante dato relativo all'incidenza di malformazioni neonatali che si riscontra nella popolazione residente nell'area interessata, può e deve essere affrontato nelle più alte sedi istituzionali.
È evidente, infatti, come non si possa più dilazionare un'azione di programmazione produttiva che, da una parte, garantisca i lavoratori e, dall'altra, ponga le condizioni per una trasformazione radicale dell'assetto produttivo, in un'ottica di maggiore integrazione tra le vocazioni naturali, ben ricordate nell'interpellanza, e le produzioni industriali.
A tale riguardo, l'applicazione della direttiva europea sulle migliori pratiche impiantistiche e politiche ambientali integrate - che sarà oggetto del lavoro della neonominata commissione nazionale IPPC sulla prevenzione e controllo dell'inquinamento - può rappresentare un significativo punto di partenza. Il compito di detta commissione, infatti, sarà quello di esaminare lo stato dell'arte delle diverse tecnologie produttive in un'ottica di valutazione dei miglioramenti possibili, al fine di garantire il rispetto rigoroso delle norme sui limiti emissivi nei diversi comparti ambientali.
È necessario, quindi, vedere in questo processo l'opportunità di dare avvio ad una riqualificazione industriale e produttiva più compatibile con le esigenze sociali complessive.

PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, non posso, se non altro per il modo cortese con cui è stata fornita la risposta da parte del rappresentante del Governo, che ritenermi per una parte soltanto soddisfatto. Ribadisco che lo faccio non tanto per assolvere ritualmente ad una funzione, ma perché vorrei ricordare in questa sede che i siciliani hanno offerto un contributo notevole allo Stato unitario.
Noi non abbiamo mai sognato avventure secessioniste. Abbiamo sempre pensato all'Italia come ad uno Stato importante. Avremmo voluto, da chi ha governato questo paese in tutti questi anni, a prescindere dal colore politico, che vi fosse un'attenzione diversa per la nostra terra che era una terra di confine, di frontiera, per la sua storia.
Per tale motivo, abbiamo rivendicato a gran voce, prima ancora della Costituzione, l'autonomia della nostra regione; tale autonomia, tuttavia, ha senso ed è funzionale soltanto nell'ambito dello Stato unitario nel quale crediamo.
Vogliamo, pertanto, che gli atti che si compiono restituiscano ai siciliani la dignità e l'orgoglio di sentirsi prima di tutto italiani, come tutti gli altri!
A Gela si deve una riparazione, con un atto forte e serio dello Stato e del Governo.
Come forza politica, il Movimento per l'autonomia non è qui per rivendicare oziose prese di posizioni che appartengono a questo o a quello schieramento.
Se dal Governo verranno forti elementi di inversione di tendenza reale, noi li accompagneremo con la nostra attenzione e con il nostro consenso, perché siamo qui per servire non i partiti, ma la gente ed il popolo che ci ha eletto.
Attendiamo, quindi, nei prossimi giorni, signor sottosegretario, e non nelle prossime settimane, l'intesa con il ministro perPag. 68l'economia - che ha la responsabilità, lo ribadisco, di controllare in sede societaria l'attività dell'ENI - affinché si trovi il modo di assumere le iniziative legislative e gli interventi più appropriati per risolvere questo delicato problema che va inquadrato anche nell'ottica delle problematiche riferite a malformazioni ed a patologie tumorali che sono determinate, nell'intero territorio isolano, dalla presenza di raffinerie, centrali di trasformazione del petrolio, stabilimenti petrolchimici e quant'altro.
Bisogna agire con mano ferma, determinata, con un intervento chirurgico deciso, se vogliamo salvare ancora qualcosa di quella che un tempo era considerata una delle più belle terre della nostra Europa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

(Tempi di adozione del regolamento per la determinazione della tariffa relativa alla gestione dei rifiuti urbani - n. 2-00355)

PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00355 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).

ANGELO PICANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la nostra interpellanza tende a sollecitare il Governo affinché dia attuazione al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo che reca la disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani. Tale disposizione, infatti, prevede che i criteri generali, sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, siano disciplinati con regolamento (da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del codice) del ministro interpellato, di concerto con il ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato-regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (il cosiddetto CESPA) e i soggetti interessati. Tale regolamento non risulta ancora emanato. Infatti, in base al successivo comma 7, la tariffa viene determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle autorità d'ambito. Ciò posto, si segnala che il comune di Cassino nel mese di gennaio 2007 ha disposto il raddoppio della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, prevedendone, inoltre, la retroattività al 1o gennaio 2006. Contro tale provvedimento si sono svolte diverse manifestazioni popolari ed esiste una certa preoccupazione per l'ordine pubblico. Tali manifestazioni finora sono state guidate da organizzazioni sindacali di categoria, ma esse potrebbero anche sfuggire di mano a chi sino ad ora le ha controllate e quindi vi potrebbero essere proteste culminanti in azioni clamorose tali da preoccupare per la tenuta dell'ordine pubblico. La stessa aula consiliare del comune è stata occupata dall'opposizione, contraria al rincaro della tassa sui rifiuti.
Tale situazione è tanto più critica in quanto nei comuni vicini l'entità della tariffa è di gran lunga inferiore. Infatti, a Cassino tale tariffa è di 3,16 euro al metro quadrato per abitante, a Sora è al 2,31 euro e nel comune capoluogo di provincia, Frosinone, a 1,90 euro. Negli altri comuni della provincia, inoltre, esistono tariffe ancora più basse. Pertanto, la popolazione si chiede le ragioni di costi così elevati.
Il sindaco si è giustificato affermando di aver dato applicazione al decreto Ronchi che prevedeva la copertura al 100 per cento dei costi. Tuttavia, se tutti smaltiscono nell'impianto di Col Felice, l'unica differenza rispetto agli altri comuni sarebbero i costi della raccolta. Riflettendo sul fatto che la gara per la raccolta dei rifiuti è stata annullata a causa di evidenti errori procedurali, chiediamo dove sia la strozzatura che porta così in alto i costi per la città di Cassino, tenendo presente che il comma 5 dell'articolo 238 prevede che entro quattro anni vi debba essere l'integrale copertura dei costi.
Quindi, alla luce della situazione critica indicata, chiediamo di sapere dal ministro se non ritenga necessario accelerare l'iterPag. 69di predisposizione del decreto, di cui al comma 6 dell'articolo 238 del codice ambientale, tenendo conto, peraltro, del fatto che il termine per la sua emanazione è scaduto e prevedendo forme di compensazione o agevolazione per chi - fino alla sua entrata in vigore - ha contribuito in misura maggiore.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito all'interpellanza urgente proposta dagli onorevoli Picano e Fabris, si rappresenta quanto segue.
È utile premettere che il comune di Cassino ha confermato di aver provveduto nel senso riferito dagli onorevoli interroganti e che, di fronte alle tensioni sociali registrate sull'intero territorio, ha comunque avviato un tavolo di concertazione con le delegazioni sindacali. Al fine di chiarire il quadro normativo attualmente vigente, deve anzitutto precisarsi che l'articolo 238 del codice ambientale ha previsto espressamente la immediata soppressione della tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi), a decorrere dall'entrata in vigore del codice ambientale. Il medesimo articolo, al comma 11, ha tuttavia previsto in via transitoria che, sino al compimento degli adempimenti previsti dal regolamento ministeriale da emanarsi per attuare la nuova tariffa, continuino ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti, ossia il decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 27 aprile 1999 ed i regolamenti comunali eventualmente già adottati a livello sperimentale per introdurre la tariffa Ronchi che siano ancora vigenti al momento dell'entrata in vigore del codice ambientale.
Secondo le stime effettuate a livello statistico con riferimento all'anno 2005, circa 750 comuni hanno già introdotto il regime tariffario a livello sperimentale ed a titolo volontario con norme regolamentari, in applicazione dei commi 1-bis e 16 dell'articolo 49 del decreto Ronchi, prima che lo stesso fosse abrogato, ed a quanto risulta anche il comune di Cassino ha legittimamente fatto altrettanto. Desta in ogni caso perplessità la scelta del comune in questione di modificare il piano tariffario in sede di approvazione del bilancio di previsione, con portata retroattiva al 1o gennaio 2006, posto che la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto espressamente, all'articolo 1, comma 169, che gli enti locali possano, sì, deliberare - entro il 31 marzo 2007 - le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza, contestualmente all'approvazione del bilancio di previsione, ma con effetto dal 1o gennaio 2007 preso come «anno di riferimento». Ciò detto, per quanto di competenza del Ministero che rappresento, evidenzio che si sta già ponendo in essere ogni utile adempimento finalizzato all'emanazione del decreto ministeriale necessario a dare piena attuazione all'articolo 238, comma 6, del codice ambientale. Si cercherà ad ogni buon conto di accelerare il relativo iter, sulla scorta delle problematiche rappresentate da questa interpellanza, compatibilmente con le pressanti esigenze connesse all'emanazione dei numerosi altri decreti ministeriali che sono parimenti in fase di predisposizione in questo momento. È opportuno in conclusione precisare che nel citato decreto ministeriale attuativo dell'articolo 238 non potranno in ogni caso essere previste «forme di compensazione o agevolazione per chi - fino alla sua entrata in vigore - ha contribuito in misura maggiore», essendo i casi di agevolazione tassativamente enunciati dal comma 7 del citato articolo 238.

PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di replicare.

ANGELO PICANO. Signor Presidente, sono sostanzialmente soddisfatto perché la rappresentante del Governo ha detto che il ministro sta ponendo in essere tutte le procedure per accelerare l'emanazione degliPag. 70atti che portino finalmente alla fissazione di una tariffa che possa essere di riferimento per i comuni. Infatti, i costi così diversificati tra un comune e un altro non riescono a convincere l'opinione pubblica dei motivi di certe scelte, visto che - come accennavo nell'introduzione - il comune di Cassino smaltisce i rifiuti e, quindi, utilizza anche i mezzi di trasporto così come altri comuni.
Quindi, la differenza enorme che c'è nella raccolta dei rifiuti non si giustifica da nessun punto di vista. Anch'io auspicherei che il Ministero, che certamente non ha poteri ispettivi, possa tuttavia sollecitare l'Authority per i lavori pubblici o i NAS a controllare se le procedure adottate siano state veramente corrette. Ciò allo scopo di dare il messaggio all'opinione pubblica che si è agito con la massima responsabilità, benché l'annullamento della gara ha certamente lasciato qualche perplessità.
Perciò, mi auguro che si proceda all'emanazione degli atti conseguenti all'applicazione del codice ambientale per rassicurare e tranquillizzare l'opinione pubblica la quale, vedendosi raddoppiata la tassa di smaltimento dei rifiuti, certamente non trova soddisfazione, ma anzi è preoccupata. Soprattutto le famiglie monoreddito, infatti, certamente non hanno piacere di vedersi raddoppiate le tasse da momento all'altro.

(Iniziative per estendere le agevolazioni previste dalla legge finanziaria per il 2007 alla rottamazione dei ciclomotori Euro 0 - n. 2-00348)

PRESIDENTE. L'onorevole Fabris ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00348 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor sottosegretario e colleghi, ho presentato questa interpellanza perché, com'è noto, la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006) prevede espressamente che: «a decorrere dal 1o dicembre 2006 e fino al 31 dicembre 2007, in caso di acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, con contestuale sostituzione di un motociclo appartenente alla categoria Euro 0, realizzata attraverso la demolizione (...) è concessa l'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità».
Sostanzialmente, con questa norma si prevede la rottamazione. Ciò è stato senza dubbio giusto, viste le condizioni delle nostre città e la mobilità all'interno delle stesse. Tuttavia, questo tipo di intervento riguarderebbe solo i motocicli Euro 0 immatricolati, con conseguente impossibilità da parte dei cittadini di rottamare i ciclomotori (per intenderci i 50cc.).
Questa esclusione, probabilmente non voluta, non appare - a mio modo di vedere - coerente con lo spirito della legge, che intende invece favorire il ricambio del parco circolante, tanto più che oggi i veicoli più obsoleti appartengono proprio alla categoria dei ciclomotori.
Per tali ragioni - come si può evincere dal testo che ho presentato -, ritengo quanto mai necessario estendere questa previsione normativa contenuta nella legge finanziaria per il 2007 anche ai ciclomotori appartenenti alla categoria Euro 0.
Non a caso, ho domandato in questo senso al ministro dei trasporti se e quali iniziative normative intenda adottare al fine di sanare il vuoto normativo, in modo che l'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità, in caso di acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, possa avvenire non solo con la contestuale sostituzione di un motociclo, ma anche di un ciclomotore appartenente alla categoria Euro 0.
Da tempo, come sappiamo, gli utenti delle due ruote a motore si stanno rivolgendo sempre più verso motoveicoli immatricolati, prevalentemente scooter, dedicati alla mobilità urbana, sostituendo ai vecchi ciclomotori. Vorrei segnalare che i veicoli immatricolati sono per la quasi totalità con la motorizzazione a quattro tempi, che consente minori emissioni, bassi consumi e soprattutto non comporta problemi in termini di particolato (PM 10).Pag. 71Al contrario, pressoché tutti ciclomotori obsoleti Euro 0, dispongono di motori a due tempi che, al pari dei vecchi diesel, emettono quantità significative di PM 10. Per tali ragioni, in Lombardia, ma anche nel comune di Roma, sono state deliberate restrizioni del traffico per lunghi periodi che, di fatto, rendono inutilizzabili i motocicli e i ciclomotori per uso quotidiano.
Per capirci, le preoccupazioni relative alla necessità di migliorare la qualità dell'aria e di rispettare i valori-limite per le emissioni del traffico veicolare sono in aumento; tale obiettivo riguarda migliaia di comuni, tra cui tutte le aree metropolitane, così come è definito dall'articolo 8 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.
Il territorio coperto da tali comuni (e questo mi sembra il dato importante) rappresenta il 75 per cento del totale del mercato delle due ruote a motore. Da qui, l'esigenza di accelerare la sostituzione dei vecchi ciclomotori ancora in circolazione - stiamo parlando di circa 3 milioni e 400 mila ciclomotori - con veicoli omologati Euro 3, che possono usufruire dell'esenzione prevista dalla legge finanziaria.
I vecchi motocicli immatricolati Euro 0 con motore a due tempi sono circa 600 mila e rappresentano un problema sempre meno prioritario. Il resto è costituito da motocicli con motore a quattro tempi, ai quali è comunque consentita la circolazione perché contribuiscono solo in modo marginale alle emissioni.
Devo riconoscere che, nelle ultime settimane, non solo molte associazioni di categoria, ma anche numerosi utenti si sono dichiarati pronti a rottamare il proprio vecchio ciclomotore, con la speranza di ottenere l'esenzione del pagamento della tassa di proprietà, così come previsto dalla legge finanziaria per il 2007, ma hanno trovato «l'intoppo» che segnalo nella mia interpellanza.
Vorrei evidenziare che anche le concessionarie sul territorio (in sostanza, i rivenditori) fanno presente che ricevono veramente molte richieste in tal senso, ma non sanno come rispondere agli utenti interessati.
Quindi, spero veramente che il Governo prenda atto di tale «svista», o comunque della scarsa chiarezza del testo che abbiamo approvato: ricordo anche il dibattito preliminare all'approvazione del disegno di legge finanziaria in questa materia, e quando si discuteva di motocicli, si intendevano chiaramente anche i ciclomotori.
Auspico, quindi, che si possa sanare sostanzialmente tale questione, di modo che anche la demolizione dei ciclomotori Euro 0 serva a rendere più efficace la misura introdotta nella legge finanziaria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito interpellanza presentata dall'onorevole Fabris, si rappresenta quanto segue.
In attuazione del principio di salvaguardia ambientale ed al fine di incentivare la riduzione del parco circolante dei motoveicoli, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2007), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006, il Governo ha previsto, nel caso di demolizione di un motociclo appartenente alla categoria Euro 0 e contestuale acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, che il venditore sostenga il costo della demolizione del motoveicolo nei limiti di 80 euro, costo che viene recuperato attraverso il meccanismo del credito d'imposta, e che l'acquirente possa, conseguentemente, beneficiare dell'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità.
Stante l'espressa dizione della norma citata, deve ritenersi che la rottamazione di un ciclomotore non dia luogo ad agevolazioni fiscali.
L'estensione dell'agevolazione anche a tale fattispecie, non trascurando il maggiorPag. 72onere che ne conseguirebbe, può essere realizzata esclusivamente attraverso un intervento legislativo, la cui valutazione circa l'opportunità dello stesso implica un forte impegno istituzionale, che coinvolgerebbe diverse amministrazioni, ciascuna in funzione delle proprie competenze.
Per quanto di spettanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, esso, in data 22 dicembre 2006, ha sottoscritto con l'Associazione nazionale ciclo motociclo e accessori un accordo di programma finalizzato alla riduzione delle emissioni in atmosfera derivanti dal parco circolante dei ciclomotori. Per l'attuazione di tale accordo, il Ministero ha impegnato risorse pari a 15 milioni di euro al fine di incentivare l'acquisto di motocicli e ciclomotori con ridotti consumi ed emissioni, ciclomotori elettrici e biciclette a fronte della contestuale rottamazione di ciclomotori vetusti.
Nel caso di nuovo acquisto, le spese di rottamazione sono per il 50 per cento a carico del rivenditore e per il restante 50 per cento a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Nel caso, invece, della cosiddetta rottamazione pura, cioè non a fronte di un nuovo acquisto, le spese di rottamazione sono interamente a carico del Ministero.
Per quanto concerne i contributi legati all'acquisto, questi sono diversi in relazione al mezzo acquistato: per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di una bicicletta, è previsto un incentivo pari al 25 per cento del costo della bicicletta, fino ad un massimo di euro 250; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un motociclo elettrico o di un quadriciclo elettrico, è previsto un incentivo pari al 30 per cento del veicolo, fino ad un massimo di mille euro; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore elettrico, è previsto un incentivo pari al 30 per cento del costo del veicolo, fino ad un massimo di 700 euro; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore «euro 2» a quattro tempi, di un ciclomotore «euro 3» o di un ciclomotore ibrido, è previsto un incentivo pari al 15 per cento del costo del veicolo, fino ad un massimo di euro 300; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore «euro 2» a due tempi è previsto un incentivo pari all'otto per cento del costo del veicolo fino a un massimo di euro 150.
Data la disponibilità economica, le soluzioni individuate sono state ritenute le più congrue ai fini della tutela ambientale e della diminuzione dei livelli di inquinamento. Ad ogni buon conto, pur comprendendo i rilievi sollevati dall'interpellante, si ritiene dirimente, ai fini della correttezza dell'approccio seguito, il citato accordo con l'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori, che, evidentemente, aveva interesse a tutelare tutte le categorie produttive del settore, e che ha trovato proprio nell'accordo un punto di equilibrio tra esigenze economiche aziendali accompagnate da obiettivi di qualità ambientale.

PRESIDENTE. L'onorevole Fabris ha facoltà di replicare.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, mi devo dichiarare assolutamente insoddisfatto. Nel ringraziare la signora sottosegretaria per aver letto il solito testo predisposto dagli uffici (i quali, come al solito, fanno da passacarte senza entrare nel merito delle questioni), colgo l'occasione, signor Presidente, per rilevare che questo modo di trattare le interpellanze e di impegnare l'attività della Camera è assolutamente inutile. Personalmente, è la prima volta, in questa legislatura, che sollevo il problema, ma altri colleghi l'hanno già fatto, come mi ricordava in precedenza l'onorevole Satta. Ebbene, signor Presidente, lo solleveremo ancora, fino a quando l'istituto delle interpellanze urgenti (che, di solito, si svolgono il giovedì pomeriggio) sarà mantenuto in vita. O facciamo funzionare l'istituto, signor Presidente, oppure è inutile che perdiamo tempo noi e che lo facciamo perdere ai rappresentanti del Governo: in questo modo, si sprecano risorse pubbliche per celebrare un rito che, nella maggior parte dei casi, si rivela assolutamente inutile!Pag. 73
Per quanto concerne, più specificamente, la mia interpellanza, ho rivolto l'atto al ministro dei trasporti, ma è venuto a rispondere un rappresentante del Ministero dell'ambiente! Ho posto un problema relativo ai ciclomotori, ma la risposta riguarda le biciclette! Vorrei capire che tipo di confronto possa essere questo e quale utilità possa avere! Lasciamo perdere! Diciamo, allora, che una delle possibilità consentite ai parlamentari sul piano del sindacato ispettivo non può essere mantenuta perché il Governo o, meglio, gli uffici - cambiano i Governi, ma la prassi non muta! - predispongono degli appunti per le risposte in maniera assolutamente routinaria, scrivono ciò che vogliono senza attenersi al merito delle interpellanze e «mandano» i sottosegretari a fare figure che non meriterebbero! Assolutamente non va bene!
Quindi, chiedo alla Presidenza di intervenire presso il Governo nei modi consentiti per fare in modo che, almeno quando le interpellanze sono rivolte a ministri chiaramente individuati (come nel mio caso), venga a rispondere uno dei circa cento sottosegretari - non ricordo più con precisione quanti ne abbiamo... - che fanno parte del Governo (il più numeroso, mi pare di aver capito, nella storia della Repubblica). Non è possibile che si rivolga un'interpellanza al ministro dei trasporti, che su questo punto può rispondere, come ha fatto in tante altre occasioni, dal momento che la Motorizzazione civile ha competenze molto chiare (allora, ciclomotori sono anche le quattro ruote: le citycar che circolano sulle strade delle nostre città sono classificate come ciclomotori; si dovrebbe svolgere una bella discussione al riguardo). In particolare, in considerazione del fatto che mi occupo della materia da qualche anno, so che la Motorizzazione ha dimostrato, in altri casi, di avere possibilità di intervento superiori a quelle che il sottosegretario ci ha ricordato.
Signor Presidente, purtroppo, credo di aver sprecato il mio tempo; anzi, ritengo che lo abbiamo sprecato tutti, compresa la sottosegretaria. Ancora una volta, il Governo ci risponde attraverso scritti frutto di uno sforzo molto minimo degli uffici. A tal proposito, contesto, ancora una volta, il modo di agire, e spero che gli uffici registrino questo tipo di intervento.
Non possiamo confrontarci con dei burocrati: o ci confrontiamo con un organo politico e, allora, svolgiamo un discussione utile e produttiva; diversamente, sarà bene portare la questione innanzi alla Conferenza dei presidenti di gruppo.
In questo modo, ci prendiamo reciprocamente in giro!
Sono assolutamente insoddisfatto per la risposta in ordine all'interpretazione che poteva essere data al testo della legge finanziaria. Ricordo anche il dibattito che si è sviluppato al riguardo. Gli uffici potevano almeno fare lo sforzo di leggere i documenti preparatori dell'esame avvenuto in Assemblea, che riguardavano peraltro un maxiemendamento. Nemmeno a dire che abbiamo svolto un dibattito di merito su questo punto specifico. Tuttavia, è stato svolto un lavoro in Commissione e vi è stato anche un confronto in Assemblea, specificatamente sulla materia della rottamazione. Da questo punto di vista, c'erano già i presupposti, a mio avviso, per formulare l'interpretazione cui facevo cenno.
Certo, se poi il fondo stanziato è quello, tale rimane! Nessuno ha preteso di aggiungere finanziamenti. Tuttavia, non si può non riconoscere che la richiesta riguardante il tema della rottamazione fosse rivolta a rinnovare il parco circolante nelle nostre città, con riguardo non solo ai motocicli, ma anche ai ciclomotori. Dire che è prevista la rottamazione del ciclomotore, se si acquista una bicicletta, evidentemente, non c'entra nulla con il merito del quesito posto.
Lo ripeto: sono assolutamente insoddisfatto! Avviso gli uffici, se mai leggeranno il resoconto: ripresenterò la questione e non si azzardino a mandare di nuovo un sottosegretario che si occupa di altre materie! A questo punto, poteva rispondermi anche il sottosegretario per la salute, che era qui presente, o altri ancora.Pag. 74
Cerchiamo di restare sul punto: se poniamo delle questioni, il Governo deve rispondere. Può anche dire che non è d'accordo o può non darci risposte, ma non può prendere lucciole per lanterne.
Sotto questo profilo, signor Presidente, c'è anche un atteggiamento scorretto che mi permetto di segnalarle, perché così non va assolutamente bene (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!

PRESIDENTE. Onorevole Fabris, come presidente di gruppo lei ha la possibilità di sollevare la questione nelle sedi opportune, a partire dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Per quanto riguarda le sue osservazioni sul Governo, è presente un rappresentante dell'Esecutivo e credo che la sottosegretaria Marchetti riferirà le sue osservazioni.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale (ore 18,18).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 7 febbraio 2007, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale il senatore Tommaso Barbato in sostituzione del senatore Aniello Formisano, dimissionario.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 febbraio 2007, alle 16:

1. - Discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.

2. - Discussione delle mozioni Lussana ed altri n. 1-00025 e Bertolini ed altri n. 1-00093 sulle iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi.

La seduta termina alle 18,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. t.u.pdl 626-A/R e ab-sub 0.1.503.3 490 420 70 211 414 6 62 Appr.
2 Nom. em. 1.503 n.f. 489 476 13 239 402 74 61 Appr.
3 Nom. articolo 1 490 435 55 218 411 24 61 Appr.
4 Nom. t.u. pdl 445-A ed abb. - articolo 1 480 479 1 240 477 2 61 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.