XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 94 di giovedì 18 gennaio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 9,05.

MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Boato, Bocci, Buontempo, Crema, Delfino, Evangelisti, Gianni Farina, Khalil, Lion, Lusetti, Meloni, Mereu, Migliori, Pagliarini, Pinotti, Ranieri, Realacci, Reina, Rivolta e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale (A.C. 1496); e delle abbinate proposte di legge: Ciocchetti ed altri; Giancarlo Giorgetti e Caparini; Ronchi ed altri; Pescante ed altri; Del Bue (A.C. 587-711-1195-1803-1840) (ore 9,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Ciocchetti ed altri; Giancarlo Giorgetti e Caparini; Ronchi ed altri; Pescante ed altri; Del Bue.
Ricordo che nella seduta del 27 novembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, in merito al provvedimento che ci apprestiamo a discutere, vorrei porre una questione che ho già avuto modo di evidenziare nella competente VII Commissione e in quella a cui appartengo, cioè la Commissione trasporti. Purtroppo, ho rilevato che nella Commissione trasporti, pur avendo il provvedimento un risvolto determinante nella futura formazione nel mercato radiotelevisivo, non è stato appropriatamente discusso ed approfondito. Nella precedente legislatura abbiamo approfonditoPag. 2le materie inerenti al sistema radiotelevisivo con le Commissioni congiunte VII e IX, ma, purtroppo, così non è avvenuto in questa legislatura, in cui la mia Commissione è stata chiamata solo ad un ruolo consultivo.
Sappiamo tutti benissimo che la qualità dei programmi forma, poi, la qualità e il marchio delle emittenti, quindi determina i gusti dei telespettatori; che, nel momento in cui si parla di diritti di trasmissione dei campionati di calcio e poi, a maggior ragione, nel corso della discussione questi si trasformano in diritti di trasmissione dei campionati sportivi, la materia influenzerà e determinerà l'organizzazione, i gusti e, quindi, il futuro scenario mediatico. Per tali motivi, pongo alla Presidenza tale questione, che trovo dirimente e fondamentale per il futuro svolgimento e approfondimento del dibattito di temi analoghi a questo. Il presidente della IX Commissione ha già avuto modo di scrivere al Presidente della Camera e di sottolineare la questione; quindi, vorrei che anche l'aula l'analizzasse.

PRESIDENTE. La Commissione ha espresso il regolare parere; avrebbe potuto eccepire una questione di competenza, ma non ci risulta. Conseguentemente, la procedura concretizzata è da ritenersi corretta. Prendiamo atto che è già stata effettuata la segnalazione alla Presidenza, la reitereremo ed eventualmente ne terremo conto per il futuro.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 1496 sezione 1 e sezione 2).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
Constando il testo di un unico articolo, al fine di consentire una più ampia valutazione delle questioni poste dal provvedimento, la Presidenza ha ritenuto di ammettere alla discussione ed al voto un numero maggiore di emendamenti, pari al doppio di quelli che sarebbero consentiti. A tal fine, i gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione, pari rispettivamente a 14 e 4.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, ed 89, comma 1, del regolamento, in quanto estranei all'oggetto del provvedimento in esame, gli articoli aggiuntivi Prestigiacomo 1.041 e 1.042, non previamente presentati in Commissione e volti ad esentare dal pagamento del canone di abbonamento televisivo i cittadini di età pari o superiore a settant'anni e con reddito annuo lordo non superiore a 25 mila euro.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1496 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1496 ed abbinate sezione 3).
Constato l'assenza degli onorevoli Romagnoli e Del Bue, che avevano chiesto di parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato. Nessun altro chiedendo di parlare, dovremmo ora chiedere al relatore di esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative presentate.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,15).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

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Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1496 ed abbinate).

PRESIDENTE. Considerando che l'onorevole Romagnoli è entrato in questo momento in aula e che il suo ingresso va interpretato come manifestazione della volontà di intervenire, in via eccezionale gli darò la parola. Prego, onorevole Romagnoli, ha facoltà di parlare.

MASSIMO ROMAGNOLI. Grazie, signor Presidente. Svolgerò un intervento molto breve sui diritti televisivi, solo per ricordare per l'ennesima volta a questo Governo che, nonostante il precedente abbia dato la possibilità ai cittadini all'estero di votare, di eleggere 18 parlamentari, ancora oggi le nostre televisioni nazionali - mi riferisco alla RAI, soprattutto per quanto riguarda gli incontri di calcio - vengono oscurate. Coloro che sono all'estero per vari motivi, sia di studio, sia di famiglia, sia di lavoro vorrebbero mantenere un rapporto con la madrepatria. Noi continuiamo a negare loro tale rapporto, nonostante vi siano persone che li rappresentano nel Parlamento. Questo Governo, in continuazione, in tutti i provvedimenti che finora ha adottato, ha tentato di non prendere mai in considerazione che vi sono ben 4 milioni di nostri connazionali residenti all'estero, anche i quali hanno il diritto di seguire le nostre trasmissioni, come noi le riceviamo in Italia.

PRESIDENTE. Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,20, è ripresa alle 9,40.

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Adenti 1.65 è stato ritirato dal presentatore e, conseguentemente, invito il relatore ad esprimere il parere sui restanti emendamenti riferiti all'articolo 1.

PIETRO FOLENA, Relatore. Chiedo scusa, signor Presidente, credo che ci sia un collega che vorrebbe intervenire sul complesso degli emendamenti.

NICOLA BONO. Signor Presidente, non può parlare...!

PRESIDENTE. Onorevole Folena, le ricordo che sono decorsi i venti minuti per il preavviso.

ARNOLD CASSOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Grazie, signor Presidente. Vorrei intervenire sul complesso degli emendamenti, anche per rispondere all'intervento precedente, in merito a ciò che è stato detto sul lavoro del Governo...

PRESIDENTE. Onorevole Cassola, la possibilità di un suo intervento in questa fase è esclusa dal fatto che è già decorso il termine di preavviso di venti minuti. Abbiamo già considerato quindi esaurita la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti. Se lei decide comunque di parlare in relazione al primo emendamento, ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, accolgo il suo invito e preannunzio che interverrò sul merito del primo emendamento in esame.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei svolgere un richiamo al regolamento, in relazione a quanto da lei testé affermato. Il problema è comunque risolto, perché l'onorevole Cassola ha deciso di intervenire sul primo emendamento che sarà esaminato, ma vorrei ricordare che esistono almeno un milione e mezzo di precedenti in ragione dei quali èPag. 4possibile intervenire sul complesso degli emendamenti finché il relatore non ha espresso il parere. Ormai il collega Cassola parlerà a margine dei cinque minuti da lei concessi, ma vorrei ricordare che comunque esistono dei precedenti in quest'aula e che, in ragione di essi, il regolamento andrebbe applicato allo stesso modo per tutti.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la Presidenza prende atto del suo richiamo, ma ricordo che avevamo considerata esaurita la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti.

GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei soltanto ricordare che lei stava già invitando il relatore ad esprimere il parere. Se il collega intende intervenire sul primo emendamento, può farlo, ma comunque la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti è chiusa.

PRESIDENTE. Condivido la sua opinione.

ARNOLD CASSOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, vorrei semplicemente essere trattato come tutti gli altri parlamentari. Se esistono dei precedenti, non possiamo applicare il regolamento a seconda di chi chiede la parola, per cui per alcuni parlamentari i precedenti vengono applicati solo perché sono volti conosciuti e, al contrario, ciò non accade nei confronti di coloro che sono meno noti.

PRESIDENTE. Onorevole Cassola, se la sua scelta è chiara, potrà intervenire sul primo emendamento, dopo che il relatore avrà espresso il suo parere.

PIETRO FOLENA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, raccomando l'approvazione degli emendamenti 1.500, 1.501 e 1.502 della Commissione. Formulo un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, di tutti i restanti emendamenti presentati, fatta eccezione per gli identici Ciocchetti 1.203 e Pescante 1.204, sui quali il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Prendo atto che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
Ove dunque i presentatori non comunichino il ritiro delle rispettive proposte emendative per le quali vi è un invito in tal senso, la Presidenza le porrà in votazione.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, non ritengo sia necessario riscrivere interamente il testo del disegno di legge al nostro esame, come intende fare questo emendamento. In questo provvedimento, vi è un riferimento molto importante agli italiani all'estero. Mi stupisce che l'onorevole Romagnoli, intervenuto prima, abbia invece rilevato che questo Governo non si prende mai cura di tali soggetti. Al comma 2, lettera h), si può notare che è stato recepito dalla Commissione un emendamento presentato dal mio gruppo, quello dei Verdi, e, più specificamente, da me e dal collega Poli, con il quale si specifica che la tutela degli utenti dei prodotti audiovisivi è riferita sia a coloro che sono in Italia sia a coloro che sono all'estero. Mi sembra che questa sia la prima volta, nella giurisprudenza italiana, che venga effettuato questo riferimento. Prima, quindi, dell'utilizzo di tattiche e strategie, che in Parlamento sono varie - come italiano all'estero, per sei mesi, ho studiato i metodi e le procedure parlamentari -, sarebbe meglio dirsi come stanno le cose.
Faccio notare che quanto è stato compiuto per gli italiani all'estero, anche se ancora poco, è molto importante: dalPag. 5primo giugno prossimo, per la prima volta, gli italiani di Caracas, di Berlino, di Buenos Aires o di Canberra, non dovranno più andare a Canicattì o a Bisceglie per avere la carta di identità, ma basterà recarsi al consolato di quelle città; inoltre, sempre per la prima volta, da quest'anno, lo Stato italiano può usare le sue proprietà all'estero anche ai fini commerciali, finora bloccate o, qualche volta, male usate, che possono così costituire un reddito importante per tutta la comunità italiana all'estero, come per lo Stato stesso.
È, dunque, certamente da considerare un buon primo passo quanto si è visto, in questi mesi, per gli italiani all'estero.
Per concludere, il Governo italiano sta lavorando per il bene degli italiani all'estero, ma dobbiamo lavorare anche per il bene degli stranieri in Italia. Dobbiamo smetterla con certe dichiarazioni becere, rilasciate anche da politici italiani, che hanno prodotto l'effetto di associare automaticamente ad un tunisino, ad un albanese, ad uno slavo gli omicidi sanguinosi, per poi scoprire che sono stati commessi, come nel caso di Erba, dai vicini di casa, Olindo e Rosa, italici al 100 per cento. Smettiamola di rilasciare dichiarazioni irresponsabili, come fanno Calderoli o Borghezio, e cerchiamo di dare dignità agli italiani all'estero ed agli stranieri in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, stiamo parlando di diritti televisivi delle società sportive? Lo chiedo perché sono rimasto sorpreso dall'intervento precedente.
Intendo segnalare all'attenzione dell'Assemblea l'emendamento a mia firma 1.31, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge in esame. In primo luogo, consentitemi di osservare come non sia stata sufficiente l'esperienza della finanziaria, formata da più di 1.500 commi di un articolo unico per far perdere il «vizio» al Governo di legiferare con provvedimenti formati da un unico articolo. Ciò riduce enormemente la possibilità di interventi emendativi da parte dei gruppi parlamentari, in quanto esso è proporzionato, non solo alla rilevanza e consistenza del gruppo parlamentare, ma anche al numero di articoli che compongono la norma. In questo caso, con un disegno di legge composto da un unico articolo affrontiamo una problematica estremamente importante e delicata, che avrebbe comportato un'articolazione, anche dal punto di vista tecnico, di ben altra natura.
Il gruppo di Alleanza Nazionale si è visto, perciò, costretto a presentare un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo proposto dal Governo. In merito alla «filosofia» di tale emendamento, occorre ricordare che la problematica relativa alla gestione dei diritti televisivi delle società sportive risale alla legislatura precedente. È stata una battaglia, un'iniziativa nata dal gruppo di Alleanza Nazionale. L'onorevole Andrea Ronchi, infatti, è stato presentatore, nella passata legislatura, di una proposta di legge in tempi non sospetti (cioè prima che scoppiasse l'ultimo scandalo che ha interessato il calcio italiano), finalizzata a realizzare condizioni di maggiore equità all'interno del sistema calcistico nazionale.
Si riteneva infatti che la vendita soggettiva dei diritti televisivi costituisse elemento di per sé perturbatore e, comunque, di forte squilibrio all'interno del sistema calcistico italiano, partendo dalla considerazione che più forte è la squadra, più prestigiosa è l'associazione calcistica, maggiore è la possibilità di cessione, in termini soggettivi, dei diritti televisivi. Ciò andava a nocumento delle società calcistiche minori e creava difficoltà.
Inoltre, l'essere squadra prestigiosa portava all'esigenza di mantenere sempre alti, molto alti, gli standard di realizzazione delle prestazioni sportive, aprendo le maglie al rischio della permeabilità verso azioni illegali e, quindi, verso le vicende accertate di intervento illegale nell'ambito della gestione delle società stesse.Pag. 6
La proposta avanzata dal gruppo di Alleanza Nazionale, quindi, prevedeva la vendita collettiva dei diritti delle società sportive...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

NICOLA BONO. Mi dica, signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Bono, la avverto che il tempo a sua disposizione è terminato.

NICOLA BONO. Mi trovavo ancora nella fase «propedeutica» dell'illustrazione del mio emendamento!
Vorrei osservare, signor Presidente, che stiamo parlando di una proposta emendativa che sostituisce interamente l'articolo unico del disegno di legge in esame: si tratta, praticamente, del «cuore» di tale provvedimento. Se poi non è possibile esaurire le considerazioni sul cuore del disegno di legge...

PRESIDENTE. Onorevole Bono...

NICOLA BONO. ...in una battuta, mi consenta...!

PRESIDENTE. Onorevole Bono, comprendo le sue ragioni; tuttavia ribadisco che ha solo cinque minuti di tempo a disposizione.

NICOLA BONO. Mi consenta almeno di concludere in maniera celere e logica quanto stavo dicendo, Presidente.
Vorrei evidenziare che, attraverso la mia proposta emendativa, si tende a «destrutturare» la normativa in esame, la quale prevede il conferimento di una delega al Governo. Approvando il mio emendamento 1.31, interamente sostitutivo dell'unico articolo di cui consta il provvedimento, definiremmo, invece, una gestione della cessione dei diritti televisivi svincolata dalla delega al Governo. A mio avviso, infatti, essa rappresenta una forzatura assolutamente ingiustificata, ed è stata proposta dal Governo per varare una normativa maggiormente «dirigista».
Noi, al contrario, proponiamo che sia il Parlamento a stabilire le modalità alla base della cessione collettiva, da parte delle società calcistiche, dei diritti televisivi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, vorrei illustrare i motivi per i quali il nostro gruppo voterà contro l'emendamento presentato dall'onorevole Bono e da altri colleghi. La risposta risiede proprio nella motivazione addotta dal collega Bono: la proposta emendativa in esame, infatti, è contraria al conferimento al Governo della delega prevista dal provvedimento.
Ritengo molto importante tale delega al Governo, perché consente di affrontare due questioni. La prima riguarda il sistema sportivo: il provvedimento in esame, infatti, permette di definire norme «snelle» ed in grado di riportare nelle mani dell'autorganizzazione della Lega calcio e delle società sportive un tema così importante, quale la distribuzione e la vendita collettiva dei diritti televisivi.
La seconda questione concerne, invece, il sistema delle comunicazioni. Ritengo che ci si trovi in una fase di transizione del sistema, tanto è vero che, prossimamente, esamineremo i progetti di legge che afferiscono a tale materia. Proprio per il motivo che stiamo attraversando una fase di transizione, reputo importante adottare regole-quadro «snelle» e coerenti, che siano in grado di governare una transizione del sistema tecnologico davvero inedita per il nostro paese.
Vorrei osservare che le due problematiche sono notevolmente intrecciate tra loro. Del resto, come recita il testo del disegno di legge in esame, dopo il conferimento delle deleghe al Governo e l'adozione degli opportuni decreti legislativi, vi sarà la possibilità, in un secondo momento,Pag. 7di adeguare le stesse regole ad un sistema in continua evoluzione.
Ricordo che veniamo non solo da una situazione drammatica nel settore del calcio, ma anche da una condizione altrettanto drammatica ed unica, nel panorama mondiale, per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni. Sappiamo che, in Europa, molti paesi hanno adottato scelte molto precise in tale ambito: tra questi, rammento la Germania, la Francia e l'Inghilterra. Tali Stati, infatti, si sono dotati di regolamenti «snelli» in materia di vendita dei diritti televisivi ed hanno favorito il più possibile l'autorganizzazione delle società sportive e delle Leghe calcio.
Ritengo che, proprio grazie al dibattito parlamentare che si è svolto in sede di Commissione, si sia riusciti a favorire il più possibile la capacità di autorganizzazione e di autoriforma di un sistema che, davanti all'opinione pubblica, aveva raggiunto un livello veramente molto basso di credibilità (per una questione morale, ma non solo), facendo perdere senso e valore all'evento sportivo.
Credo che, attraverso il disegno di legge in esame, sia possibile ristabilire un equilibrio: tentare di riscriverne interamente il testo, come propone l'emendamento Bono 1.31, provocherebbe uno squilibrio davvero molto forte.
In altre parole, penso vi sia la necessità di assicurare una tutela relativa agli eventi sportivi per gli utenti dei prodotti radiotelevisivi.
Ringrazio l'opposizione che si è adoperata per modificare, anche dal punto di vista linguistico, alcuni tratti del provvedimento. Penso, in particolare, alla proposta d'inserimento del concetto di «utente» e non soltanto di «consumatore». Ritengo sia stata una scelta importante che qualifica ulteriormente il provvedimento, perché si rivolge certamente al sistema della comunicazione, a quello sportivo e a quello del calcio, ma, finalmente, per la prima volta, guarda anche agli utenti, ossia ai cittadini.
È molto importante che la qualità televisiva del prodotto sportivo possa essere il più possibile accessibile e conforme alle regole, che spero riusciremo presto a darci in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, non so quale film abbia visto la collega, ma sicuramente è diverso da quello che ho visto io, in quanto l'operato del Governo in questa materia è stato a senso unico: non ha guardato, in alcun modo, alle ragioni dell'opposizione e, soprattutto, alle ragioni e alle necessità del mondo sportivo.
I nostri emendamenti e i miei interventi verteranno principalmente su due elementi.
Il primo è che lo sport si fonda su valori sociali, educativi e culturali: è inclusione e partecipazione. Le associazioni sportive hanno, sì, il diritto di organizzarsi autonomamente, ma non possono prescindere dalla missione loro affidata, ossia quella di promuovere lo sport che rappresentano attraverso i vivai, l'attività giovanile, l'inclusione sociale non solo dei giovani sportivi, ma anche dei disabili.
Tutto questo non è presente nel provvedimento in esame! È abbozzato nella relazione ma, all'atto concreto, nel momento in cui nel provvedimento si stabilisce come ripartire le importanti ed uniche risorse su cui il mondo sportivo può contare, ossia quelle provenienti dai diritti televisivi, ci si dimentica di dare direttive precise, di definire le quote di riferimento per le federazioni o per le leghe da destinare alla missione che esse hanno.
Inoltre, il provvedimento è lacunoso per quanto riguarda l'aspetto televisivo e della formazione dei mercati e soprattutto va nella direzione esattamente opposta a quella che, almeno a parole, il relatore si era proposto di seguire.
Sappiamo benissimo che l'esclusiva sui diritti televisivi è determinante nella formazione delle preferenze dei telespettatori e che queste determinano il valore del marchio di una televisione, tant'è vero chePag. 8alcune emittenti acquistano i diritti televisivi su determinati campionati. In questo caso stiamo parlando - ed è importante che l'Assemblea lo sappia - di tutti i campionati professionistici, che si svolgeranno sul nostro territorio, dunque non solo calcistici, come originariamente era stato scritto nel disegno di delega del Governo.
Tutti questi diritti saranno, dunque, determinanti nella formazione della preferenza dei telespettatori. Pensate che alcune emittenti investono addirittura nell'acquisto dei diritti a prescindere se questi saranno in attivo, ossia hanno un valore di loss leader all'interno del fatturato di un'emittente, proprio perché, seppure in perdita, quei diritti portano telespettatori.
Attenzione, i campionati di calcio di serie A hanno maggior valore, pur non dando in assoluto lo stesso numero di telespettatori di altri eventi sportivi come le Olimpiadi o i mondiali di altre specialità, perché sono continui nel tempo e creano fidelizzazione ed affezione al marchio. Insomma, orientano le preferenze, siano esse di telespettatori di emittenti a pagamento oppure in chiaro.
Ho fatto questo esempio per dire che stiamo definendo l'orientamento dei telespettatori ed il mercato del futuro e nel farlo il Governo dimentica che sul mercato delle emittenti a pagamento è presente un solo soggetto e che quindi esiste una condizione di monopolio. E proprio a quel soggetto noi oggi stiamo regalando per i prossimi anni il monopolio sui diritti televisivi, come approfondiremo durante il dibattito sui prossimi emendamenti. Pertanto, chiedo ai colleghi di approfondire ed analizzare quello che stanno votando, perché in realtà stanno approvando una delega che cambierà profondamente la natura del mercato televisivo, con riflessi importantissimi nel settore sportivo dal nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, credo che l'ispirazione e lo spirito dell'emendamento al nostro esame siano certamente condivisibili. D'altra parte, si tratta di un emendamento coerente con le posizioni sostenute dal gruppo di Alleanza Nazionale anche nel corso della precedente legislatura, che tuttavia non riuscirono a produrre quel mutamento in realtà necessario nel campo dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi. La condivisibilità dell'emendamento sta nel fatto che anche in esso si ribadisce la svolta in merito alla gestione dei diritti di trasmissione, passando da un sistema individuale, facente capo alle singole società operanti, ad una contrattazione collettiva.
Abbiamo potuto misurare nel corso di questi anni come il passaggio ad una gestione individuale dei diritti televisivi di trasmissione degli eventi sportivi abbia determinato seri disequilibri nella gestione stessa di importanti eventi sportivi, come ad esempio il campionato di calcio. Sicuramente la normativa del passato ha consentito la formazione di uno squilibrio nel campionato di calcio, che di fatto ha ristretto a pochissime squadre (in concreto si parla di tre-quattro compagini) la competizione per lo scudetto. Evidentemente è stata introdotta una distorsione perché a mio avviso un campionato equilibrato è quello in cui effettivamente tutte le squadre partecipanti hanno all'incirca le stesse opportunità di vittoria finale.
La logica della contrattazione individuale dei diritti televisivi ha invece portato ad un notevole squilibrio che attraverso questo disegno di legge, che stiamo discutendo e che speriamo di approvare rapidamente, cerchiamo di superare. Da questo punto di vista certamente non vi è contrasto in merito all'ispirazione di fondo.
Il punto che invece resta aperto è quello relativo agli strumenti con cui si determina tale svolta nella contrattazione dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi. Infatti, la scelta operata dalla Commissione, in quanto maturata in tale sede, è quella della delega al Governo a fronte dell'altra ipotesi prospettata dall'emendamento Bono 1.31 a firma dei colleghi di Alleanza Nazionale.Pag. 9
Anche alla luce dell'esperienza del passato, credo che sia più opportuno procedere attraverso lo strumento della delega. Già nel passato, nel momento stesso in cui siamo stati incalzati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato perché mutassimo il vecchio regime, forse avremmo dovuto fare ricorso allo strumento della delega. In tal modo, avremmo potuto approvare norme più ponderate e attente, che avrebbero consentito di risolvere tutti i problemi. Anche allora, infatti, sotto l'urto e la pressione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, abbiamo legiferato, a mio avviso, senza tenere conto di tutti i fattori. In questo senso, lo strumento della delega costituisce uno strumento importante, che ci consentirà di avere una legislazione e una disciplina dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi un po' più attenta, un po' più precisa e meno soggetta a valutazioni che, in questa sede, ancora non siamo riusciti a produrre.
Voglio aggiungere che, naturalmente, la scelta di una delega al Governo non vuol dire che il Parlamento sia tagliato fuori. I decreti legislativi, infatti, dovranno tornare nella sede parlamentare e in quella circostanza credo sarà possibile per il Parlamento dare ulteriormente il suo contributo.
Ecco le ragioni per le quali esprimeremo voto contrario su questo emendamento, pur rispettandone l'ispirazione e pur rispettando la coerenza con la quale Alleanza Nazionale conduce questa battaglia fin dalla scorsa legislatura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vi è una grande contraddizione tra il consenso che si è registrato tra le forze politiche sui punti fondamentali del contenuto di questo provvedimento legislativo, anche in sede di Commissione, e la procedura che si è scelta, quella di una legge di delega che, in qualche misura, espropria il Parlamento di una delle sue fondamentali prerogative, quella di legiferare. Ritengo che ci debba essere un motivo in base al quale il Governo ha chiesto una delega per poter legiferare. L'unico motivo che vedo, alla luce della mia non brevissima esperienza politica e parlamentare, è che il Governo intende attribuirsi il merito politico di questa legge di fronte al mondo sportivo e, in particolare, a quello del calcio che, a maggioranza, in particolare attraverso la Lega, più volte ha chiesto un simile provvedimento.
Questo disegno di legge è condiviso, almeno, in due punti fondamentali: il primo è quello del passaggio dalla contrattazione individuale a quella centralizzata; il secondo, conseguente al primo, è quello della necessità di un maggiore equilibrio di carattere finanziario tra le diverse società sportive.
Spieghiamo bene al Parlamento e ai parlamentari che non hanno seguito l'iter di questo provvedimento legislativo che esso si applica non soltanto al mondo del calcio ma, attraverso una richiesta ufficialmente formulata dalla Federazione e dalla Lega, anche al mondo del basket. Quando si parla di eventi sportivi professionistici, quindi, ci si riferisce ad avvenimenti legati alle discipline del calcio e del basket. La centralizzazione è stata necessaria per evitare che nella contrattazione individuale si determinassero disparità, per così dire, tra chi avrebbe potuto ottenere una cifra particolarmente significativa e chi, alla fine, avrebbe potuto addirittura essere escluso da qualsiasi beneficio.
Ha ragione il deputato intervenuto in precedenza, in quanto la crisi finanziaria di tante società, soprattutto di quelle piccole, nonché il grande divario esistente dal punto di vista dell'assetto finanziario tra le grandi e le piccole società di serie A, il divario finanziario abnorme esistente tra la serie A e la serie B, da un lato, e tra queste ultime due e le serie C 1 e C 2 e il mondo dilettantistico, dall'altro, sono dovuti essenzialmente a due motivi.
In primo luogo, la legge Bossman che ha eliminato il principio della proprietà dei calciatori attraverso il cartellino, chePag. 10permetteva alle piccole società di vendere il giocatore valido alle grandi società e di introitare una sufficiente risorsa per sostenere le spese dei diversi campionati. Adesso, dopo la suddetta legge, le grandi società si prendono il calciatore quando non ha più contratto e, comunque, non sono più disponibili ad investire soldi nelle piccole società per comprare calciatori.
In secondo luogo, l'avvenuto l'ingresso della televisione a pagamento, che ha premiato nel mercato televisivo le grandi società a scapito delle piccole.
Ecco dunque l'importante intesa, raggiunta anche all'interno della Commissione, favorevole alla centralizzazione dei diritti televisivi. Mi rendo conto che - visto che in questo momento si parla di liberalizzazioni - questo potrebbe apparire anche un principio poco liberale; tuttavia ritengo che esso sia necessario per curare i mali esistenti nel mondo dello sport e, in particolare, in quello del calcio (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Signor Presidente, cogliendo l'occasione dell'emendamento in esame, ritengo opportuno rileggere con attenzione quanto affermato dal presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Catricalà, nel corso delle audizioni in Commissione cultura.
Egli, dopo aver sottolineato la rilevanza centrale del problema della mutualità rispetto a tutti gli altri problemi, precisò che, con riferimento all'assetto in genere dei mercati televisivi e delle comunicazioni, «non appare opportuna alcuna regolazione fissa delle modalità di vendita dei diritti televisivi». «L'esperienza - proseguiva Catricalà - ha dimostrato che l'evoluzione dei mercati è talmente veloce che simili interventi legislativi si traducono necessariamente in ingiustificate cristallizzazioni delle dinamiche economiche, che divengono subito obsolete e dunque distorsive del processo concorrenziale». «L'intervento normativo in questione - concludeva Catricalà - rischia di essere non conclusivo se non si accompagna ad esso un'incisiva riforma dei meccanismi interni dell'ordinamento calcistico, che presiedono alla ripartizione delle risorse».
Ho voluto citare tale intervento in quanto la perplessità di fondo che ci accompagna nell'esame di questo provvedimento è corroborata da alcune valutazioni provenienti dal presidente dell'Autorità, che è regolatrice anche di questa materia. Mi pare che le recenti prese di posizione abbiano dimostrato che il sentimento e il sentire di quest'ultimo non siano cambiati.
Al di là del fatto specifico che a tale settore debba essere garantita una maggiore mutualità, nel senso che anche le piccole società calcistiche devono avere accesso alle risorse che il mercato televisivo mette a disposizione, ritengo che alcuni «indurimenti» della proposta di legge Melandri sul settore soprattutto per quanto riguarda i diritti televisivi, potrebbero comportare alcuni problemi.
Ci auguriamo che il Governo sia nelle condizioni di apportare alcune modifiche e che durante l'esame del provvedimento in Assemblea l'Esecutivo sia più sensibile rispetto alle varie proposte emendative presentate dai gruppi di opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ricordo che il Governo ha espresso su tutte le proposte emendative parere conforme a quello del relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 417
Votanti 413
Astenuti 4Pag. 11
Maggioranza 207
Hanno votato
181
Hanno votato
no 232).

Prendo atto che il deputato Mele non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Caparini 1.101.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini.

DAVIDE CAPARINI. Approfitto dell'esame di questo emendamento, che è interamente sostitutivo dell'articolo 1, per spiegare le ragioni della nostra contrarietà al provvedimento di delega in discussione.
La Lega Nord è da sempre stata fautrice del ritorno alla contrattazione collettiva dei diritti, tanto che nella passata legislatura, proprio a firma di uno dei suoi più autorevoli esponenti, il collega Giorgetti, ha presentato tra i primi presso la Commissione cultura una proposta di legge in tal senso.
Nel corso dei mesi e degli anni, quella proposta di legge è stata elaborata, aggiornata, anche a fronte delle numerose indagini svolte dal Parlamento e dall'Autorità della concorrenza e del mercato, cosa che voi non avete fatto, perché il testo che ci avete proposto è stato reso a noi inemendabile di fatto, non avendo avuto modo di concorrere alla sua stesura.
Il problema fondamentale del provvedimento oggi all'esame è quello di chi siano i titolari dei diritti sportivi. La normativa italiana e quella europea, ancora oggi, definiscono la titolarità in seno alla squadra ospitante; in tal senso, numerose sono in materia le delibere anche da parte dell'Autorità, che non starò a citare. Quali condizioni si debbono verificare perché quella titolarità venga espropriata dalla squadra per cederla ad un soggetto che potrebbe essere individuato nell'organizzatore dei campionati, come lo sono le leghe, oppure nella federazione, come suggerisce l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'indagine che si è da poco conclusa e di cui il 5 gennaio è stata presentata la relazione (di cui peraltro non abbiamo preso atto)?
Su questo punto mi rivolgo al presidente della Commissione: purtroppo, a causa dei tempi stretti e della strozzatura della discussione su questo provvedimento, non abbiamo avuto modo di prendere atto dell'importante conclusione che l'Autorità nelle comunicazioni ha svolto in merito alla sua indagine.
La cessione ad un soggetto superiore della titolarità della squadra deve in qualche forma essere giustificata da un interesse che potrebbe essere quello della salvaguardia del prodotto, cioè del campionato (e quindi la mutualità interna e tutto ciò che ne consegue, l'equilibrio tra le squadre più deboli e quelle più forti), oppure dalla missione sportiva: quindi, ad esempio, cedo la titolarità in quanto vi è un interesse superiore che è quello di tutelare lo sport a cui appartengo, creando le condizioni perché vi siano risorse per lo sport giovanile, per i vivai, per l'impiantistica e altro.
Purtroppo, in questa legge delega questi due aspetti non sono presenti.
Ho avuto più volte modo di far rilevare quest'aspetto discriminante e determinante che esporrà il Governo, in sede di stesura dei decreti delegati, a sicuri ricorsi presentati dai soggetti interessati. Dico ciò facendo riferimento, in particolare, all'esperienza della UEFA Champions League a cui tutti abbiamo dovuto rapportarci, la quale, come tutti sappiamo, è organizzata, su tutto il continente europeo, in modo simile alla lega calcio di serie A. Riguardo a tale manifestazione sportiva, faccio osservare che alcuni soggetti interessati prentarono ricorso per presunta violazione delle norme europee sulla libera concorrenza. La sentenza che ne è seguita è stata molto chiara ed esplicita; essa ha evidenziato che l'accordo sulla contrattazione collettiva dei diritti di televisivi vincola la concorrenza sia a monte, sia a valle e, come tale, esso è da considerarsi restrittivo della libera concorrenza. Nonostante ciò, tale accordo è giustificato perché esso, pur vincolando le norme sulla libera concorrenza, concorre, attraverso una redistribuzione delle risorse e con una visione particolareggiata dei vivai e,Pag. 12quindi, dello sport praticato a livello giovanile e dilettantistico, allo sviluppo del gioco del calcio. Purtroppo, tutto questo non è previsto nel provvedimento al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, credo che non siano ancora del tutto chiare le ragioni dello scontro tra maggioranza ed opposizione sul provvedimento in esame, soprattutto intorno al tema delega «sì», delega «no». Dico ciò perché dal tenore degli interventi svolti da alcuni colleghi, alcuni dei quali apprezzabili come, ad esempio, quello svolto dall'onorevole Falomi, tale tema è considerato, rispetto al contenuto della norma, come una sorta di optional, mentre, a mio avviso, non è da considerarsi secondario.
Colleghi, faccio ricordare che tutte le volte che il Governo chiede al Parlamento una delega compie una forzatura nei confronti delle Camere perché, come sappiamo, tale disegno di legge delega altro non è che l'affidamento di prerogative del Parlamento al Governo; con esso, in pratica, si trasferisce all'Esecutivo il diritto di normare su una determinata materia. In questo caso mi chiedo: che motivo vi era di ricorrere ad un disegno di legge delega? Sulla materia, infatti, fin dalla scorsa legislatura vi era, sia da parte del gruppo di Alleanza Nazionale sia da parte di altri gruppi parlamentari, un'indicazione e una convergenza di fondo. Non vi era, quindi, da parte del Governo la necessità di affermare una propria posizione, dovendo semplicemente prendere atto di quello che era già emerso, come detto, nel corso della passata legislatura.
Vi è anche un altro aspetto che non ci convince. Si è detto, almeno all'inizio (ora non si è avuto più il coraggio di confermarlo), che la delega serviva per accelerare i tempi di attuazione della nuova normativa. A parte il fatto che l'andamento dei lavori parlamentari ha dimostrato l'esatto contrario, ciò non è comunque vero. Anzi, in tal modo si finisce per ottenere l'esatto contrario; difatti, approvando il provvedimento in esame si finirà per allungare i tempi di entrata in vigore della legge di otto-nove mesi circa.
Ci troviamo dinnanzi ad una situazione per la quale, non definendo tutti gli aspetti di dettaglio - che, comunque, sono elementi fondamentali all'interno della impostazione della nuova normativa - e dovendoli necessariamente affidare ai decreti legislativi (che sono necessariamente successivi all'approvazione del disegno di legge), andiamo a far levitare i tempi naturali di questo provvedimento. Nella migliore delle ipotesi, tenuto conto dei pareri obbligatori delle Camere, dei pareri obbligatori del Consiglio di Stato e quant'altro, andremo, sicuramente, a finire ad oltre un anno dall'approvazione della legge.
Con i nostri emendamenti, si proponeva, invece, di normare gli aspetti di dettaglio, andando a definire uno scenario all'interno del quale la normativa sulla cessione collettiva dei diritti televisivi delle società sportive sarebbe stata applicata all'indomani della pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale. In questo sta uno degli aspetti più rilevanti, più dirompenti - mi si consenta l'espressione - del confronto, o meglio, dello scontro, tra Governo e opposizione, intorno al tema - certamente non neutrale - che consiste nello scegliere la linea della delega rispetto alla proposta avanzata da parte di Alleanza nazionale - che veniva da lontano - di affrontare i temi che comportavano la nuova normativa.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Bono per il suo intervento.
Assiste ai nostri lavori una classe della scuola media di Via Pintor a Roma, cui la Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Forza Italia condivide le argomentazioni esposte dallaPag. 13Lega e da Alleanza Nazionale sul problema della delega. Questa è una delega molto delicata e costituisce un fatto inusuale nei rapporti tra sport ed istituzioni perché si entra nel merito di scelte che appartengono all'autonomia e all'autogoverno dello sport italiano, in palese violazione di questi stessi principi.
Non esistono precedenti analoghi nei rapporti tra istituzioni e sport italiano, tantomeno esistono precedenti simili in Europa perché se è pur vero che in alcuni paesi europei - i principali - come Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Gran Bretagna, anch'essi interessati ad una regolamentazione sulla ripartizione degli utili provenienti dalla contrattazione dei diritti televisivi, qualche Governo è intervenuto per imporre la centralizzazione della commercializzazione, nessun Governo è però intervenuto con leggi per dare indicazioni su come ripartire questi fondi. Qui si ritiene (è stato forse commesso un errore in buona fede ma dico ciò con una punta di ironia) di essere di fronte ad un finanziamento pubblico: questi sono soldi privati, che appartengono ad un'attività di commercializzazione, la cui titolarità, così come rilevato dall'Authority competente, appartiene alle società di calcio, cioè, società private, società per azioni, molte delle quali, addirittura, quotate in borsa.
Ecco perché, francamente, riteniamo che questa delega costituisca un provvedimento dirigistico, verticistico e - mi si passi l'espressione - veterostatalista che crea un vulnus molto delicato. Mi domando che cosa accadrà in futuro, laddove questo Parlamento - me lo auguro - sarà chiamato a decidere su altri provvedimenti legislativi - a mio modesto avviso ancora più delicati di questo - come nel caso della legge n. 91 sul professionismo sportivo, il fine di lucro, la natura giuridica delle società sportive professionistiche, per i quali sarebbe necessaria una trattazione prioritaria rispetto a questo stesso provvedimento.
Mi domando e chiedo - e il quesito è lecito - quante e quali tipo di deleghe il Governo chiederà, nel momento in cui verrà affrontato questo argomento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Siamo alle prese con una questione, che è la vera questione del dissenso in merito al contenuto, che si è registrata tra alcune forze politiche all'interno della Commissione. Condivido molte delle osservazioni fatte dall'onorevole collega Pescante. Ho già detto precedentemente che sono anch'io contrario rispetto alla procedura adottata, vale a dire alla delega al Governo. Ho però una perplessità su questo punto, che espongo alla Camera dei deputati nel modo più semplice possibile. Se si ritiene che, a fronte della contrattazione individuale dei diritti televisivi, nel mondo del calcio in particolare, si determini un profondo disagio all'interno delle società, che non riescono a mettersi d'accordo tra loro sulla ripartizione delle risorse, come è ipotizzabile, allora, a fronte dell'introduzione del principio della contrattazione centralizzata, che le stesse società si mettano d'accordo tra loro se non esiste, dal punto di vista legislativo, una determinazione di quote? Questo è l'interrogativo che mi pongo.
Anch'io, allora, con travaglio dopo profonde riflessioni sulla materia e dopo un confronto con alcuni esponenti del mondo del calcio e del basket, sono arrivato alla determinazione di accogliere l'idea che sia il Parlamento - e mi dispiace di dover dire il Governo, se si tratterà di una legge delega - ad individuare delle quote, che non siano tali da mettere tutti sullo stesso piano (non sono tutti bigi i gatti nella notte, così come la Juventus e il Chievo non vengono trattate allo stesso modo), all'interno delle quali vengano collocate le diverse società calcistiche e del mondo del basket. Questo è un principio che mi sembra vada nella direzione auspicata dalle stesse società, cioè un principio che punti sostanzialmente a determinarne un maggiore equilibrio di risorse nel mondo dello sport professionistico.
Questa è la motivazione che mi induce dunque ad accogliere l'idea delle quote,Pag. 14mentre contestualmente mi induce a manifestare perplessità rispetto alla questione dell'autonomia nella ripartizione delle quote, cioè rispetto alla delega (in questo caso non al Governo ma alla lega), per la ripartizione delle quote. Capisco la profonda convinzione di un uomo di sport, come l'onorevole Pescante, geloso custode dell'autonomia del mondo dello sport rispetto al mondo della politica, però un conto è l'autonomia, che è sacrosanta e prevista dalla Costituzione, un conto è l'autosufficienza. Quello che è accaduto recentemente, soprattutto nel mondo del calcio, ci rende davvero consapevoli che non è più il tempo dell'autosufficienza. Credo sia giusto che finalmente un Governo della Repubblica italiana si sia dotato di un Ministero dello sport, perché anche dal punto di vista costituzionale i compiti di vigilanza sul governo dello sport, affidato al CONI, di fatto non sono mai stati gestiti in passato.
Inoltre, se si vuole davvero autonomia, cari colleghi deputati, bisognerebbe finirla di assumere le cariche di presidenti delle leghe, perché ci sono ancora troppi casi di deputati presidenti di lega. In questo caso, penso che l'autonomia vada a farsi benedire, a meno che ognuno di noi non voglia essere autonomo da se stesso!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Grazie Presidente. Colleghi, intervengo sull'emendamento Caparini 1.101 di cui si sta discutendo in questo momento. Pur apprezzando lo sforzo che i colleghi della Lega hanno fatto di definire in maniera abbastanza dirigistica una proposta di legge che stabilisce addirittura le quote percentuali di ripartizione - una delle contestazioni che come gruppo UDC abbiamo fatto alla proposta originaria presentata dal Governo -, pur in una logica di maggioranza-opposizione, noi non possiamo votare a favore di questo emendamento, ritenendo che vada a ledere totalmente la logica su cui ci siamo sempre battuti e ci battiamo, anche durante l'esame di questo disegno di legge. Il discorso del riconoscimento dell'autonomia dello sport all'interno di leggi che definiscono principi generali in base ai quali si possa poi giungere da parte delle autorità sportive a definire le possibilità di gestione e di ripartizione delle quote dei diritti televisivi è per noi fondamentale.
Annuncio quindi che il mio gruppo voterà contro questo emendamento, ritenendo che rappresenti il contrario di una logica di rispetto dell'autonomia dello sport.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Caparini 1.101, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 432
Votanti 360
Astenuti 72
Maggioranza 181
Hanno votato
88
Hanno votato
no 272).

Prendo atto che il deputato Mele non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ciocchetti 1.39.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, noi abbiamo presentato questo emendamento, interamente sostitutivo dell'articolo oggetto di esame, per cercare di rendere più equilibrato il testo presentato dal Governo. Il lavoro della Commissione - voglio qui riconoscere la disponibilità, la professionalità e l'equilibrio che il relatore, presidente della Commissione, nel portare avanti la conduzione di questoPag. 15dibattito - ha prodotto un dibattito un po' troppo indirizzato nel tentativo di costruire un contrasto su un provvedimento che poteva trovare tranquillamente l'unanimità di questa Assemblea, senza voler arrivare per forza a creare casi politici o questioni che nulla avevano a che fare con il provvedimento in essere. Da parte di settori della maggioranza e del Governo questo non si è voluto fare, e me ne rammarico molto, perché credo che come Commissione avevamo lavorato per tentare di trovare questo punto di equilibrio, che, a mio avviso, è ancora possibile trovare: basterebbe soltanto considerare in modo diverso un paio di emendamenti, sui quali, per il momento, vi è il parere contrario del Governo e del relatore.
Vi è una questione di merito e di metodo espressa anche dai colleghi dell'opposizione in riferimento alla procedura giuridica e legislativa della delega, che, per quanto ci riguarda, rappresenta un fatto importante, ma non decisivo. È un fatto importante, perché comunque credo che, seppure nel nostro ordinamento il concetto di delega esista, e tutti i governi lo hanno utilizzato, non bisogna, però, mai eccedere nell'utilizzo di questi strumenti. Probabilmente, in alcuni aspetti di questa vicenda il meccanismo della delega era necessario e utile, tanto che il mio emendamento in una sua parte, quella della gestione del periodo transitorio, la richiama, visti i contratti in essere e la necessità di trovare in qualche modo, anche in momenti diversi, la definizione di questo problema. Il resto poteva essere definito tranquillamente attraverso una legge ordinaria senza delega.
I due principi che voglio richiamare e che sono stati richiamati nella battaglia che abbiamo portato avanti in Commissione sono, da un lato, il rispetto dell'autonomia dello sport e, quindi, la possibilità, pur con poteri sostitutivi da parte del Governo, che il soggetto organizzatore del campionato di calcio possa determinare i criteri di riparto delle risorse che verranno dalla vendita dei diritti televisivi. La prima parte è stata accolta con il parere favorevole espresso dal relatore e dal Governo al nostro emendamento, che stabilisce la possibilità per la lega di avere un tempo per determinare autonomamente la definizione dei criteri di riparto. La seconda questione è relativa alle piattaforme, cioè alla possibilità di sublicenziare i diritti, di poter acquisire piattaforme e diritti per piattaforme di cui non si hanno il possesso delle concessioni.
Credo che abbiate affrontato tale questione in maniera sbagliata, probabilmente soltanto per alimentare qualche polemica, che è legata anche ad altri provvedimenti legislativi e ad altre questioni che fanno parte del dibattito politico di questo paese, purtroppo da troppo tempo. Invece, poteva essere affrontata con serenità, utilizzando anche strumenti e meccanismi che abbiamo già a disposizione in questo paese, che lasciassero la giusta flessibilità ad un sistema che è in completa evoluzione, un sistema tecnologico che nei prossimi anni porterà ad avere non solo Internet, i telefonini, il satellite, il digitale terrestre, ma altre piattaforme che potranno permettere di vedere le partite di calcio. In questo modo, voi irrigimentate la legge, rendete dirigistico un sistema che, invece, ha bisogno di flessibilità. Quale migliore flessibilità poteva essere offerta se non utilizzando il ruolo dell'antitrust e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni? Questa è la nostra proposta e spero che nel corso dibattito ci sia, da parte della maggioranza e del Governo, la possibilità di riflettere ulteriormente su questa opportunità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronchi. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Signor Presidente, concordo con quanto detto dall'onorevole Ciocchetti riguardo l'errore profondo che, signor ministro, signori sottosegretari, il Governo sta compiendo. La scorsa legislatura, insieme, noi di Alleanza Nazionale e l'allora opposizione - ringrazio pubblicamente il sottosegretario Lolli per quanto ha fatto nel corso di questi anni -, abbiamo condotto una battaglia culturalePag. 16prima che politica per cancellare una legge profondamente sbagliata, quella della trattazione soggettiva dei diritti televisivi. Eravamo in pochi; finalmente questa cultura è diventata di tanti. Abbiamo avviato un percorso importante per riportare la trattazione dei diritti televisivi in un sistema collettivo, perché abbiamo visto, anche a livello di «calciopoli» e quant'altro, che cosa è successo e che cosa significa la trattazione soggettiva dei diritti: uno strumento di pochi per fare gli interessi di pochi ai danni della collettività.
Signor ministro, non c'era bisogno della legge delega. Il vostro è un Governo blindato perché avete paura anche di un refluo, di un sospiro, di un sussurro. Mancava poco ad un facile accordo, e lo ha ricordato bene l'onorevole Ciocchetti. Voi fate un grande errore, anche rispetto al discorso della piattaforma. Avete fatto un grande errore a non volervi mettere attorno ad un tavolo perché c'era la possibilità culturale e politica di approvare questa legge insieme. Perché il Parlamento non può essere chiamato neanche su argomenti così importanti, che sono frutto e patrimonio della collettività? Perché non c'è la vostra cultura di ragionare insieme. Neanche su un provvedimento che la scorsa legislatura era condiviso da tutti siete riusciti a trovare lo spazio culturale prima che politico per fare insieme questa battaglia. Allora, ha ragione l'onorevole Ciocchetti quando parla di una legge ad impianto dirigista. Questo mercato ha bisogno di flessibilità e sta evolvendo giorno dopo giorno. La legge deve essere in grado di essere aperta e di acquisire le grandi innovazioni del mercato.
Credo di parlare a nome di tutta l'attuale minoranza per dire che, in realtà, voi non volete approvare questo provvedimento insieme, perché qualcun altro vuole usare lo stesso provvedimento in vista di qualche altro appuntamento importante. Credo che questo non sia il modo di legiferare. Questo non è il modo di impostare i rapporti tra i partiti, questo non è il modo di servire il paese. In una materia così importante, che abbiamo constatato quali guasti abbia creato nel mondo sportivo ed anche presso la pubblica opinione, voi vi siete comportati in modo cieco, non avete voluto aspettare di ragionare insieme. Noi tutti, tutti i partiti della Casa delle libertà, eravamo disposti a metterci insieme, come è stato fatto giustamente dai colleghi - che ringrazio tutti - in Commissione, per poter ragionare. Eravamo disposti ad arrivare anche ad un compromesso. Non lo avete voluto, perché in realtà voi avete paura anche di un compromesso. Siete, infatti, chiusi, culturalmente ancor prima che politicamente. Voi, con questa chiusura, con tutti i vostri «no» state mettendo una pietra tombale su un provvedimento che avrebbe potuto dare un grande respiro allo sport italiano (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, sì può tornare all'esperienza UEFA Champions League, che può essere un faro, una guida per districarsi in questo difficile terreno della contrattazione collettiva. La deroga concessa dalla Commissione europea tiene conto, sostanzialmente, del principio di solidarietà a tutti livelli e tra tutte le discipline per quanto riguarda il modello proposto dall'UEFA Champions League. Tale deroga - deroga, lo ricordo, valida fino al 2009 - è stata concessa anche a fronte della decisione del Consiglio europeo, che ha accettato il principio della contrattazione collettiva per fini di solidarietà, per fini mutualistici. Quindi, è preminente il concetto di trasferimento dai club grandi, ricchi, a quelli piccoli ed è anche preminente il concetto di trasferimento e di redistribuzione delle risorse, anche al fine della formazione di nuovi giocatori, su cui in sostanza si fonda tutto il movimento calcistico.
Ed è proprio per tale motivo che noi, con l'emendamento interamente sostitutivo a mia prima firma, 1.101, che è stato testé votato, ed anche con prossimi emendamenti che proporremo alla vostra attenzione,Pag. 17abbiamo voluto identificare le quote di ripartizione delle risorse in base al principio di equità, nell'intenzione di assicurare un equilibrio competitivo, con il principio della ripartizione in base ai risultati sportivi e al bacino di utenza (definito non dalle squadre, ovviamente, ma dagli operatori televisivi, in questo caso).
Ciò che a noi interessa in modo particolare sono due quote: la prima è quella che deve essere, a nostro avviso, ripartita a ciascuna società in base agli investimenti fatti nei vivai e, soprattutto, certificata dai minuti giocati dai giocatori di nazionalità italiana in prima squadra. Questa, infatti, deve essere la cartina di tornasole dell'impegno e dell'investimento di una squadra nell'attività vivaistica e nella promozione dello sport. Abbiamo mutuato il regolamento oggi utilizzato dalla Lega C, che ha tale principale missione. Una quota deve essere destinata - ci dispiace che nella delega originariamente fosse definita tale quota e successivamente, purtroppo, sia stata stralciata - alla mutualità del sistema dilettantistico (prima calcistico ed ora, come è noto, di tutti gli sport), alla Lega che, dal nostro punto di vista, si deve occupare per statuto della missione e dell'organizzazione di corsi periodici, dell'inclusione sociale, del recupero delle situazioni dei disabili o, comunque, delle situazioni di disagio sociale ed anche della formazione tecnico-calcistica, non solo dei ragazzi e dei giovani, ma anche dei formatori.
Abbiamo sentito il dovere di scrivere tutto ciò, di proporlo e di votarlo. Purtroppo, nel corso della discussione nelle Commissioni, alcuni aspetti sono stati edulcorati, fino in alcuni casi a scomparire, e di questo ci lamentiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Signor Presidente, l'emendamento 1.39, che è sostitutivo di tutto il testo presentato dal Governo, ci trova ragionevolmente d'accordo, anche perché tendenzialmente risolve un problema che abbiamo già sottolineato in Commissione e che di nuovo richiameremo oggi in aula, quello della suddivisione e della vendita dei diritti televisivi.
Per fare un esempio concreto, impedire di vendere e di acquisire i diritti per più piattaforme può creare dei problemi e penso che su questo aspetto il ministro Melandri e il sottosegretario Lolli siano particolarmente sensibili.
Laddove, in alcune piattaforme, esiste di fatto una situazione di monopolio - mi riferisco al satellite o ad Internet, ovviamente riferendomi rispettivamente a Sky e a Telecom - la Lega calcio tenterà la vendita del prodotto, cercando di incassare i maggiori introiti e avrà di fronte un unico interlocutore. Pertanto a Sky o a Telecom verranno chiesti «x» milioni di euro. I rappresentanti delle aziende, in quel momento seduti al tavolo delle trattative, scopriranno l'assenza di concorrenti e proprio per questo fatto essi offriranno alla Lega un millesimo rispetto alla richiesta iniziale.
Ciò significa che, a regime, attivata la delega da parte del Governo, al calcio giungeranno risorse inferiori rispetto a quelle attualmente esistenti. Poiché questo provvedimento tenta, da una parte di incrementare le risorse, dall'altra di suddividerle secondo un principio, mi auguro non rigido, di mutualità tra le squadre di calcio, di fatto tra qualche anno il calcio avrà risorse minori di quelle attuali.
Allo stato attuale, in un regime di contrattazione soggettiva e non collettiva, esiste già la possibilità per chi ha acquisito diritti di più piattaforme di cederle ad altri. Ciò non avvantaggia certo nè il calcio né i titolari delle piattaforme, ma solo il consumatore.
Il calcio è un bene di consumo largamente popolare e quindi è obbligatorio, per chi presenta provvedimenti di questo tipo, riconoscere quali siano gli interessi del consumatore, del cittadino e dell'utente televisivo. Fino ad oggi il sistema si è organizzato in maniera efficace. Ad esempio, Mediaset ha ceduto a Sky la possibilità di trasmettere le partite che non era riuscita ad acquisire e lo stesso èPag. 18avvenuto per Telecom. C'è stata quindi una distribuzione di mercato, in regime di autoregolazione, che ha consentito al consumatore finale di avere il miglior prodotto televisivo possibile. Devo dire che questo emendamento, che «salta», grazie al cielo, la possibilità di predeterminare tutto ciò che invece è predeterminato dal provvedimento presentato dal Governo risolve il problema. Ecco perché riteniamo opportuno votare a favore dell'emendamento Ciocchetti 1.39 (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, il mio intervento è mirato soprattutto a sottolineare una grande sensibilità del mondo dello sport nei confronti del contenuto di questa legge di delega.
Per la prima volta nella storia, in un paese come l'Italia, dove lo sport è riuscito a far salire il tricolore sul pennone più alto in tutti i settori sportivi e in tutte le discipline - non per ultimo alle Olimpiadi di Torino e ai mondiali di calcio - tutti gli sportivi, praticanti e non, si chiedono come mai, improvvisamente, - fatto mai successo nella storia - la politica e il Governo ritengano di dover intervenire in un sistema di grande autonomia ed autogoverno dello sport, riconosciuto in modo forte in tutto il mondo, che ha dato grandi risultati per l'Italia, andando ad intaccare proprio quella indispensabile e riconosciuta autonomia.
Ci chiediamo questo e ci chiediamo, anche e soprattutto, se nel futuro questa delega (che, al momento, guarda ai diritti televisivi per il calcio), possa magari, visto che si tratta di denari pubblici (quelli che vengono dati al CONI), suggerire come poi gli stessi dovranno essere ripartiti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di svolgere alcune precisazioni rispetto a come sono andati in questi quattro mesi i lavori in Commissione. Va indubbiamente riconosciuta all'onorevole Ronchi la coerenza rispetto al tema della vendita centralizzata; egli, però, doveva anche ricordare che, nel 2005, quando il suo provvedimento fu accolto e firmato da parte di tutti i gruppi dell'opposizione perché venisse approvato in sede legislativa, lo stesso venne bloccato dal Governo e dal maggior partito di Governo, Forza Italia, che era contrario alla vendita centralizzata, in contraddizione con il testo approvato all'unanimità dalla Commissione.
Ricordo che, ad un certo punto, alcuni autorevolissimi esponenti dell'opposizione hanno chiesto di ritirare la delega al Governo e far proseguire questo provvedimento in legislativa. C'è stata la disponibilità del Governo, del presidente della Commissione e della maggioranza. Dopo un mese, si è preso atto che, nell'opposizione, c'erano diverse posizioni di merito, non di metodo, tant'è vero che sull'emendamento Caparini, questa mattina, avete votato in tre modi diversi. Questo è il dato vero. Devo riconoscere al collega Caparini di porre il vero problema delle quote al calcio dilettantistico, e, invece, agli altri partiti di essere contrari alle quote; infatti, ci avete convinto ad eliminare i numeri e le quote rispetto al testo originario.
Vengo ora ad altre due questioni. È stata descritta, in questa prima parte del dibattito, l'idea di una maggioranza che rifiuti qualsiasi forma di confronto. Vorrei che ogni deputato facesse la fatica di confrontare il testo del disegno di legge originario rispetto al testo della Commissione; vedrà così che il discorso, che è stato ricordato, di considerare anche il mondo del basket, come altro sport di squadra professionistico, è stato sollecitato dall'onorevole Del Bue, o, ancora, vedrà che sono state accolte segnalazioni, che provenivano dalle audizioni di esponenti del mondo del calcio, dalla Lega calcio, dal presidente Matarrese, dagli onorevoli Ciocchetti e Pescante, per le quali si è passati dalla titolarità dei diritti alla contitolarità, e che si è ridata alla Lega calcio la prioritàPag. 19di avanzare una proposta prima del Governo. Vorrei che questo fosse chiaro e voteremo questo emendamento.
Allora, non ci stiamo che si dica che non si è ascoltato e non ci si è confrontati, perché, in questi mesi, noi abbiamo accolto otto o dieci punti, provenienti non tanto dell'opposizione, quanto dall'autonomia del mondo dello sport, cui si riferiva prima la collega Di Centa.
Riguardo all'interessante tema sollevato dall'onorevole Romani, quello del sistema di monopolio, ricordo al collega che allora era presidente della Commissione, che avremmo voluto altrettanta attenzione, come opposizione, quando si parlava di monopolio, di prevalenza del ruolo dei media, quando si discusse la legge Gasparri. Allora, ponemmo noi il problema, anche nel mondo dello sport, del monopolio, e non fummo ascoltati.
Non vogliamo entrare nel confronto tra i proprietari di questo o di quell'ente, perché non compete al Parlamento, così come vorrei che tutte le persone in questo Parlamento fossero libere, come il sottoscritto, mai intervistata - neppure una - da quell'emittente citata prima (penso, quindi, di parlare con più libertà di altri).
Voglio solo dire che questo (che deve rientrare come tema di discussione nei lavori in corso e in quelli che si svolgeranno al Senato) è un tema vero. Da parte della maggioranza - mi rivolgo al collega Pescante, allora autorevolissimo sottosegretario allo sport - vi è stata la volontà di non fare polemica rispetto ad un testo condiviso, risalente al 2004, in cui si sosteneva quanto contenuto nel provvedimento presentato da Ronchi e quanto contenuto nel disegno di legge in esame. Chiediamo il rispetto del lavoro svolto dalla Commissione in questi quattro mesi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, sottolineo che avevo chiesto la parola prima dell'intervento del collega e che non si tratta affatto di una risposta polemica ad alcune osservazioni che non rispondono a verità. Non risponde a verità il fatto che, nel momento in cui fu presentata una proposta per la contrattazione centralizzata, nella passata legislatura, il gruppo di Forza Italia abbia votato contro in quanto contrario alla centralizzazione. In realtà, ci era sembrata un'iniziativa (lo dico con grande rispetto verso i proponenti) con un vago sapore preelettorale, che andava approfondita.
Il dibattito in corso e le problematiche affrontate in Commissione sono la dimostrazione che questo tema non era così semplice da risolvere con un'iniziativa di carattere legislativo, a pochi mesi dalle elezioni.
Voglio anche far rilevare che, nel momento in cui era stata chiesta la nostra disponibilità per affrontare la questione in sede legislativa in Commissione, ci siamo resi disponibili...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pescante, ma ha terminato il tempo a sua disposizione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciocchetti 1.39, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 443
Votanti 441
Astenuti 2
Maggioranza 221
Hanno votato
201
Hanno votato
no 240).

Prendo atto che i deputati Fiano e Fiorio hanno espresso erroneamente un voto favorevole, mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pescante 1.1.Pag. 20
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. L'emendamento 1.1 a mia firma rappresenta il punto cruciale della posizione del gruppo di Forza Italia nei confronti del provvedimento in esame. Chiediamo, preliminarmente, la sospensione dell'articolo 1, in quanto contrari, come già abbiamo fatto rilevare, alla delega al Governo, che non trova giustificazioni né di carattere tecnico né di carattere politico né di urgenza.
In tema di urgenza, inoltre, intendo far rilevare che, essendo stata richiamata nella relazione di accompagnamento del ministro al provvedimento, è in corso un'interpretazione assolutamente non condivisibile, cioè che la crisi del mondo del calcio sia dipesa soprattutto, non anche, dalla sperequazione dei contributi derivanti dall'utilizzazione dei diritti radiotelevisivi.
Tale circostanza ha sicuramente avuto un'influenza sulla competitività del campionato, ma nessuna influenza, invece, sulla crisi che ha sconvolto il mondo del calcio. Si è trattato di una «crisi di palazzo», un palazzo che ha tollerato violazioni, se non addirittura manipolazioni, di norme statutarie e che non ha saputo avvalersi di rigorosi sistemi di controllo. In questo settore era auspicabile un intervento legislativo prioritario. Invece, si è preferito seguire la strada della delega e dell'urgenza, senza neanche attendere le conclusioni della Commissione cultura o del lavoro svolto dall'ottimo commissario Pancalli.
Si sono voluti fissare «paletti» che, come hanno già fatto rilevare l'amico e collega Ronchi, nonché la stessa onorevole Di Centa, violentano l'autogoverno dello sport, ma senza addurre motivazioni plausibili.
Ebbene, vorrei evidenziare che l'emendamento presentato dal gruppo di Forza Italia, interamente sostitutivo dell'articolo unico del provvedimento in esame, stabilisce al comma 1, così come acclarato dall'authority competente, che ciascuna società sportiva ha la titolarità esclusiva di sfruttare l'evento sportivo. Al comma 3 di tale proposta emendativa, invece, è previsto che la commercializzazione dei diritti abbia luogo in forma centralizzata; al comma 4, che le procedure di commercializzazione siano poste in essere dalle leghe professionistiche; al comma 5, infine, si stabilisce che i criteri di ripartizione delle somme siano previsti da norme interne della lega.
Orbene, si tratta di un emendamento che si ispira alla cultura di un partito che intende subordinare gli interventi dirigistici dello Stato alla tutela ed alla salvaguardia della libertà individuale e collettiva, rappresentata, in questo caso, dall'autonomia e dall'autogoverno dello sport.
Abbiamo tutte le carte in regola per poterlo affermare, poiché, nei cinque anni di Governo della precedente legislatura non vi è stato un solo provvedimento, che potesse essere considerato un'invasione di campo.
Accettando la proposta emendativa in esame e facendola quindi approvare dall'Assemblea il Governo darebbe concreta dimostrazione di non avere alcuna intenzione di aprire, per il settore sportivo, la stagione dell'interventismo. Non è necessario che la liberalizzazione dello sport venga inserita nell'agenda del ministro Bersani: esiste da sessant'anni ed ha prodotto ottimi risultati sui campi sportivi, come ha fatto rilevare la collega Di Centa. Continuiamo a rispettarla!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Rusconi per avermi citato in occasione dell'esame della cosiddetta legge Gasparri, ma vorrei fargli notare la differenza profonda intercorrente tra il problema di allora e quello trattato oggi.
Vorrei segnalare che ho ricordato il monopolio di Sky sulla piattaforma satellitare e l'attuale monopolio di Telecom sulla piattaforma Internet, ma non per condannarne la condizione di monopolisti;Pag. 21quindi, non intendo entrare nel merito del ragionamento circa la giustezza o meno del monopolio stesso.
Vorrei sottolineare, al contrario, che, prendendo atto di tale situazione, in un regime di contrattazione dei diritti televisivi, la situazione di monopolio «di fatto» - che rimarrà tale, poiché difficilmente qualche altro operatore entrerà, nei prossimi anni, nel sistema satellitare - farà in modo che la contrattazione genererà minori risorse finanziarie per il calcio. Nessuno, infatti, potrà entrare in competizione con l'attuale monopolista della piattaforma satellitare e ciò non consentirà di incrementare le risorse da destinare a favore del calcio stesso.
È questo il problema che si pone. Vorrei osservare, peraltro, che nei prossimi anni la rigidezza della proposta governativa determinerà di fatto una decurtazione a regime delle risorse a favore del sistema calcistico. Vorrei soprattutto rilevare che ciò non permetterà di risolvere il problema relativo a quella mutualità che tutti, giustamente, chiedono diventi il principio basilare del provvedimento in esame.
Vedo che è arrivato adesso in Assemblea il ministro Gentiloni, mentre il ministro Melandri è in aula sin da questa mattina: la ringraziamo per la sua presenza. Dal momento che so che i due ministeri potrebbero nutrire anche sensibilità diverse, mi auguro che, nel prosieguo dell'esame del provvedimento (in questa o forse in un'altra aula del Parlamento) vi possa essere la disponibilità ad affrontare anche il problema da me sollevato. Ribadisco che la situazione di fatto fa aumentare il rischio che vi siano, per tutte le società calcistiche, risorse finanziarie minori rispetto a quelle attualmente disponibili. Questo, dunque, è il nostro auspicio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, con il mio intervento desidero rivolgermi al ministro Melandri, perché credo che proprio lei, con la sua forza, la sua carica e, soprattutto, gli atteggiamenti che ha dimostrato fino ad oggi, abbia dato prova di essere vicina allo sport, nonché agli atleti ed alle atlete che hanno vinto per l'Italia.
Lei ha sempre dimostrato di aver avuto a cuore l'autonomia dello sport. In questo caso, vorremmo che, per la prima volta, l'autonomia dello sport potesse essere un valore nel vero senso della parola. Chiedo pertanto proprio a lei, ministro, di dimostrare che lo sport rappresenta un valore e che la politica non cerca di «entrare» dentro lo sport stesso. Ministro, le chiedo di sostenere ciò che ha sempre affermato, vale a dire l'autonomia e l'autogoverno dello sport: quest'ultimo la ringrazierà sicuramente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, credo che l'emendamento presentato dal collega Pescante segua la stessa direzione dei ragionamenti che abbiamo cercato di sviluppare in questi mesi in Commissione, in questi giorni nel Comitato dei nove e, oggi, in aula.
Approfitto del fatto che finalmente è arrivato in aula il ministro Gentiloni per cercare di rimettere al centro della discussione - se il ministro avrà la gentilezza di ascoltare il dibattito - una questione che è ancora irrisolta.
Attraverso il lavoro della Commissione e la disponibilità del relatore e della componente sportiva del Governo (che, in qualche modo, ha consentito di trovare un equilibrio) siamo riusciti a raggiungere un compromesso nel discorso dell'autonomia dello sport, con un emendamento che approveremo successivamente.
Rimane aperta, invece, la questione riguardante la gestione delle gare che la Lega calcio dovrà affrontare per cercare di vendere i diritti televisivi alle varie piattaforme. Caro ministro, lei ci insegna che, in questo settore, quella tecnologica è un'evoluzione costante. Ci attendono profondiPag. 22cambiamenti in termini di piattaforme disponibili per vedere le partite di calcio, di basket e di altri sport professionistici. Anche noi dobbiamo fare modo di assicurare l'assenza di posizioni dominanti in questo settore.
Se oggi esiste una posizione dominante, è sicuramente quella del satellite. Infatti, in Italia, c'è soltanto una piattaforma che trasmette partite di calcio via da satellite e si chiama Sky (non lo dico per demonizzare). Del resto, non vi sono altri operatori che hanno scommesso su questo settore, ma credo che questo problema debba essere affrontato e risolto attraverso un sistema flessibile, che possa offrire una grande opportunità di sviluppo. Da questo deriva la necessità di non irreggimentare in termini legislativi questa materia.
Esistono alcune Authority: l'Antitrust e l'Autorità delle comunicazioni. Si tratta di due Autorità che svolgono un lavoro importante e che, su delega, su indicazione legislativa di questo Parlamento, possono regolare questo settore.
Credo che questa sia la chiave, il compromesso o il punto di equilibrio che può fornire una risposta e consentire anche di ampliare il numero dei gruppi parlamentari che voterà questo provvedimento, in modo da creare al Senato le condizioni per svolgere un dibattito più sereno su un provvedimento su cui potremmo essere tutti d'accordo, ma sul quale, purtroppo, a causa di una forte rigidità, in particolare del Ministero delle comunicazione e della maggioranza, non si riesce a raggiungere un equilibrio.
Credo che le parole inserite nelle proposte emendative non siano vangeli. Si possono prevedere riformulazioni che consentano l'elaborazione di un testo privo di rigidità, al fine arrivare all'approvazione di un provvedimento necessario. È una scelta importante che questo Parlamento deve compiere.
Vorrei rivolgere, ancora una volta, un appello al Governo e alla maggioranza, affinché fino all'ultimo si tenti di trovare una soluzione a tale questione, che ancora oggi resta irrisolta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, avevo chiesto la parola per replicare ad alcune affermazioni rese dal collega Rusconi, che come sempre con grande passionalità cerca di rappresentare situazioni diverse da quelle che sono in realtà. Inoltre, l'arrivo del ministro Gentiloni mi dà anche la possibilità di sottolineare un aspetto fondamentale di questo disegno di legge.
L'onorevole Rusconi ha fatto intendere che in esso da parte della maggioranza vi sia stata grande accoglienza alle proposte provenienti dal mondo dello sport e dall'opposizione. Nulla di ciò è vero, ma non devo sprecare molte parole per dimostrare la mia affermazione. Infatti, è sufficiente che i colleghi leggano il testo in distribuzione; esso contiene pochissime parti in neretto le quali, come è noto, costituiscono la differenza tra il testo originario e quello approvato dalla Camera. Tali differenze riguardano aspetti di mero aggiustamento tecnico e linguistico, secondo criteri più corretti per la lingua italiana, senza minimamente attenere al merito del provvedimento, che è rimasto nella sua impostazione originaria ed anzi in alcuni punti a mio avviso è stato addirittura peggiorato. Infatti, i pochi emendamenti introdotti risultano essere perfino peggiorativi, come vedremo quando si arriverà al punto in questione.
Addirittura l'onorevole Rusconi ha tentato di evidenziare chissà quale differenza di vedute all'interno dell'opposizione, a proposito della fissazione o meno delle quote di distribuzione dei diritti soggettivi. Non è esattamente così. Il testo del Governo riporta un'impostazione coerente al principio della delega senza definire le quote. Esso stabilisce un principio secondo il quale le risorse derivanti dalla vendita dei diritti soggettivi sono distribuite prioritariamente in quote uguali tra tutti i soggetti. Lo stesso articolo non disciplina neppure le percentuali da assegnare alla mutualità, ma dà indirizzi generici per farsi carico dei principi di mutualità.Pag. 23
Ciò che invece sostiene il gruppo di Alleanza Nazionale, in contrapposizione al testo del Governo, non è la definizione di quote precise bensì di minimi al di sotto dei quali non è opportuno scendere, altrimenti non si fa la legge. Non ha senso scrivere una norma se non si stabiliscono per legge criteri minimi attorno ai quali trovare una convergenza. Questo è il punto di vista di Alleanza Nazionale, che va valutato in coordinamento all'altro aspetto che Governo e maggioranza non hanno voluto affrontare, ovvero il delicato tema delle piattaforme. Nel frattempo però il ministro Gentiloni si è assentato; tuttavia, voglio esprimere comunque questo concetto, che ripeterò quando avrà l'amabilità di ritornare in aula.
Onorevoli colleghi, il principio delle piattaforme è l'elemento fondamentale dell'impianto di questa legge. In essa è stabilito e prefigurato un meccanismo di concessione in termini monopolistici per almeno una delle piattaforme. Infatti, la norma è stata costruita in modo tale da avere uno ed un solo interlocutore. È alquanto strano che un Governo, composto da partiti che per anni hanno denunciato situazioni di presunto monopolio od oligopolio sul mercato televisivo, si facciano in seguito portatori di una norma così pesante, così inquietante e così preoccupante ai fini della prefigurazione di rapporti particolari tra uno schieramento ed un soggetto privato, che gestisce una determinata realtà nel campo dell'emittenza satellitare. Questo dato è grave non solo sotto l'aspetto morale e politico e per la situazione inquietante che crea, ma anche per la sostanza del risultato che cerchiamo di ottenere.

PRESIDENTE. Onorevole Bono...

NICOLA BONO. Concludo, signor Presidente, ma lei capisce che ci troviamo in un momento cruciale e se mi interrompe con il campanello mi fa perdere l'enfasi...

PRESIDENTE. Prosegua pure, onorevole Bono.

NICOLA BONO. Grazie, signor Presidente.
Stavo sostenendo la tesi che tutto questo non si può accettare neanche dal punto di vista del risultato. Voi tutti capite, anche ove non abbiate conseguito una laurea in economia e commercio, che, se nella cessione dei diritti collettivi delle società vi è una competizione tra una pluralità di soggetti, si eleva il prezzo finale e aumenta le possibilità di introito per tutte le società, a prescindere dalle quote di ripartizione. La scelta di un percorso che individui un solo interlocutore determina un danno oggettivo per le società. Stiamo approvando questa legge per danneggiare le società calcistiche o per migliorare le condizioni della commercializzazione dei diritti? Mi auguro sia data una risposta a questa domanda.

PRESIDENTE. Onorevole Bono, la qualità retorica della sua conclusione ha giustificato il prolungamento del suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, abbiamo visto come per giustificare una forzatura rispetto alla normativa relativa alla cessione forzata dei diritti soggettivi delle società di calcio ad un organismo che si occupi della loro contrattazione ci debbano essere criteri e finalità mutualistiche. Alla luce della recente indagine, conclusasi il 21 dicembre dello scorso anno, svolta dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato, vorrei incentrare l'attenzione sul soggetto che si dovrebbe occupare di questa contrattazione. Non è un aspetto secondario. Infatti, nel momento in cui si adotta la decisione, che noi abbiamo rigettato e abbiamo disperatamente tentato di emendare, di non definire le quote, neppure minime, da destinare ai settori giovanili e alla mutualità generale, diventa fondamentale la individuazione del soggetto incaricato di attuare questa prima contrattazione e di procedere alla ripartizione delle risorse. Abbiamo deciso che non dovrà essere il Parlamento; mi auguroPag. 24che non sarà il Governo ad occuparsi della definizione delle quote. Vorrei capire, però, quale sarà il soggetto che il Governo individuerà, nel momento in cui redigerà le norme delegate. Con le nostre proposte di legge e le nostre proposte emendative, noi abbiamo chiesto che la scelta cada sulle leghe e, in particolar modo, sulla lega dilettanti, alla quale abbiamo destinato una quota minima del 10 per cento, per soddisfare la sua missione generale. Se non saranno le leghe, dovrà essere la federazione, come chiede l'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Non sono tra coloro che prendono per oro colato tutto ciò che l'Authority suggerisce; tuttavia gli elementi portati alla nostra attenzione effettivamente sono interessanti e costituiscono spunti molto importanti. Proprio dal punto di vista giuridico, infatti, l'Autorità ha definito i poteri di regolamentazione nell'ambito della federazione, che gode di uno statuto e di un ordinamento particolare. Ciò consentirebbe ad essa, oltre che di esercitare il potere di autorganizzazione, anche di individuare un terzo soggetto, quale è attualmente la COVISOC, per definire la redistribuzione.
Non è del tutto indifferente chi sarà deputato alla ripartizione di queste risorse. Infatti, se ci si deve basare su principi e criteri meritocratici e se si deve tenere fermo il faro della mutualità generale e quindi della ripartizione equa delle risorse ai fini della crescita dell'intero sistema sportivo, appare fondamentale definire quale dovrà essere l'organo tecnico che, nel corso del tempo, sarà in grado di modificare tali quote.
Vorrei che su questo tema il Governo spiegasse all'Assemblea i propri orientamenti; infatti, non è indifferente che siano le leghe o le federazioni ad occuparsi della ripartizione delle risorse.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo per ribadire alcuni concetti già richiamati dai colleghi che mi hanno preceduto - in particolare dagli onorevoli Romani e Bono - per quanto concerne la possibilità di concorrenza tra gli operatori della stessa piattaforma.
Ricordo che, in sede di X Commissione, trattando di tale problematica, anche da parte dei colleghi della maggioranza si era registrata una certa condivisione, che poi non ha avuto seguito in quella sede a causa di problemi legati alla tempistica. Tra l'altro il presidente e il relatore si erano personalmente impegnati in Commissione ad aprire una discussione su tale tema in sede di dibattito in aula.
Vedo che questa mattina non vi è un effettivo dibattito su tale aspetto; pertanto prendiamo atto per l'ennesima volta dell'incongruenza di questa maggioranza, che prima si dichiara disponibile e che poi, quando si arriva ai fatti concreti, continua ad essere assolutamente non disponibile al dialogo e al confronto con l'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 427
Votanti 426
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato
192
Hanno votato
no 234).

Prendo atto che i deputati Borghesi e Fava non sono riusciti a votare e che ques'ultimo avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pescante 1.55.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.

Pag. 25

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, questo emendamento è dettato unicamente da considerazioni di carattere tecnico.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,30)

MARIO PESCANTE. Ogniqualvolta nel provvedimento governativo, probabilmente per un eccesso di tecnicismo giuridico, si fa riferimento alle società sportive, si parla di soggetti e non di società partecipanti ai campionati. Questo termine, nell'accezione sportiva, è inusuale. Infatti, i soggetti partecipanti alle competizioni sportive si chiamano atleti, se concorrono a titolo individuale, o squadre, nel caso partecipino a campionati.
Questa osservazione non è solo lessicale. Infatti, poiché nel disegno di legge si fa riferimento anche a benefici economici da ripartire tra i soggetti partecipanti ai campionati, se non si chiarisce bene che si fa riferimento unicamente alle squadre, si corre il rischio - non è solo un'ipotesi - che altri soggetti protagonisti dei campionati e organizzati in associazioni - mi riferisco, ad esempio, ai calciatori e agli arbitri - possano sentirsi chiamati in causa per rivendicazioni di varia natura.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

DAVIDE CAPARINI. Presidente, avevo chiesto di parlare!

PRESIDENTE. Prego, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.

DAVIDE CAPARINI. Lei ed io non leghiamo molto, perché quando presiede lei, casualmente... ignora! Basterebbe uno sguardo, ovviamente... I deputati e i colleghi che sono in questa postazione, come lei sa, sono direttamente impegnati nei lavori... Ci sono dei problemi?

PRESIDENTE. No, nessun problema: prosegua, onorevole!

DAVIDE CAPARINI. Sentivo qualche mugugno...!

SALVATORE CANNAVÒ. Parla!

DAVIDE CAPARINI. Torniamo dunque a parlare del settore televisivo. Fino ad ora abbiamo incentrato la nostra attenzione sullo sport e quindi sui criteri di ripartizione delle risorse; ora interroghiamoci su quali siano queste risorse.
Abbiamo visto che la necessità di una contrattazione collettiva deriva dal fatto di soddisfare dei requisiti mutualistici, ovviamente partendo dal presupposto che la somma delle parti debba essere comunque superiore per poter avere maggiori risorse da redistribuire. Abbiamo, altresì, visto che nella formazione dei gusti, quindi nell'affermazione di un marchio televisivo, l'acquisizione dell'esclusiva dei diritti, siano essi criptati o in chiaro, è fondamentale per la particolare caratteristica che i campionati di calcio hanno. Parlo di campionati di calcio, ma, con le debite proporzioni, lo stesso concetto può valere per quelli minori, che danno un'acquisizione di nuovi telespettatori marginale, ma importante, dal punto di vista del reddito pro capite.
Dicevo come l'acquisizione dei diritti in esclusiva abbia un ruolo basilare nella determinazione dei gusti e nella fidelizzazione del pubblico, in quanto, trattandosi di campionati che hanno una cadenza costante, cioè con eventi che si ripetono, hanno un'influenza fondamentale nella formazione delle preferenze e - ne consegue - nell'acquisto dei prodotti che gli sponsor decidono di proporre, inserendoli nelle trasmissioni televisive o anche solo nell'acquisto di abbonamenti a questa o a quella televisione a pagamento.
Il punto fondamentale è che con questo disegno di legge stiamo determinando quali saranno in futuro i soggetti che rispetto ad altri potranno avvantaggiarsi nell'acquisizione di quei diritti. È tanto importante questo aspetto che voi in un precedente Governo, a firma di un vostro autorevole ministro (il ministro Veltroni), avevate addirittura adottato una decretazionePag. 26d'urgenza, il cosiddetto decreto Veltroni sulle società sportive professionistiche, per impedire la formazione di posizioni di monopolio o comunque di vantaggio all'interno del mercato e della televisione a pagamento, definendo delle quote per gli operatori e, ove vi fosse il caso di un solo operatore, un limite antitrust che era negli anni di stesura e di durata del contratto.
La critica che la Lega Nord vi sta facendo riguardo al provvedimento in esame è che la distribuzione della contrattazione su più piattaforme comporterà che il valore totale del pacchetto offerto, purtroppo - ed è questo ciò che noi paventiamo - sarà minore di quello che oggi si ha con la contrattazione soggettiva, facendo con ciò venire a mancare uno dei motivi...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

DAVIDE CAPARINI. ... per cui siamo impegnati in questo provvedimento, cioè quello di aumentare le risorse da redistribuire.
Questo è un aspetto cruciale a cui il Governo dovrebbe dare risposta per tranquillizzare chi vede in questo provvedimento uno degli strumenti, che consenta all'intero movimento sportivo di acquisire maggiori risorse.

PIETRO FOLENA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA, Relatore. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione quanto detto dal collega Pescante sia poc'anzi sia ieri in sede di Comitato dei nove; desidero, pertanto, sgombrare il campo da qualsiasi equivoco.
Colleghi, quella di soggetti è una definizione usuale che ricorre nella norma in riferimento alle società. Del resto, se la si va a leggere si osserva che si fa riferimento al soggetto preposto alla organizzazione della competizione sportiva - Lega calcio o Lega basket - ed ai soggetti partecipanti alla medesima competizione. La lettura della norma dà, quindi, perfettamente il quadro della situazione in ordine ai soggetti: il soggetto collettivo, la Lega, i soggetti partecipanti, le società sportive. Qui, infatti, non stiamo parlando dell'associazione arbitri, di quella dei calciatori o di altri soggetti.
Desidero, pertanto, affermare con chiarezza che l'interpretazione inequivoca, da lasciare agli atti dell'odierno dibattito parlamentare anche eventualmente presentando un apposito ordine del giorno, è che per soggetti partecipanti alle competizioni sportive si intendono i soggetti giuridicamente titolati, cioè le società sportive calcistiche o di basket (la titolarità dei diritti, lo ricordo è combinata fra le società sportive partecipanti ed il soggetto organizzatore).
In conclusione, invito il rappresentante del Governo ad esprimersi su questo aspetto e, al tempo stesso, rinnovo l'invito ai presentatori a ritirare l'emendamento Pescante 1.55. Sarebbe, infatti, singolare che su questo punto ci dividessimo, anche perché noi tutti pensiamo che i diritti televisivi devono essere attribuiti solo alle società sportive e al soggetto organizzatore e non ad altri soggetti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, come membro della Commissione per le politiche dell'Unione europea mi corre l'obbligo di sollevare sul provvedimento in esame una perplessità di natura tecnica riguardo alla strada intrapresa dal Governo in materia di contrattazione collettiva dei diritti televisivi, in quanto ciò potrebbe crearci problemi a livello comunitario, soprattutto in sede d'adeguamento dell'ordinamento interno a quello europeo. In particolare, mi preme evidenziare come potrebbe rappresentare un errore disciplinare per legge e in maniera così restrittiva la contrattazione dei diritti televisivi, tenuto conto che nel resto dei paesi dell'Europa la vendita collettiva di tali dirittiPag. 27ha riguardato solo ed esclusivamente specifiche e circoscritte deroghe alla normativa antitrust. Potrebbero, pertanto, sorgere, lo ripeto, problemi riguardo la compatibilità di tale provvedimento con l'articolo 81 del Trattato che, come sappiamo, vieta accordi tra le imprese.

GIOVANNI LOLLI, Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI, Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive. Signor Presidente, intervengo per confermare l'interpretazione data dal relatore, onorevole Folena, in merito alle comprensibili perplessità sollevate poc'anzi dall'onorevole Pescante. A tale riguardo, ricordo che in questo provvedimento abbiamo utilizzato la terminologia e le definizioni correnti. Non devono, pertanto, esserci, equivoci che quando nel provvedimento si parla di soggetti, si fa riferimento alle società sportive. Rimane pertanto agli atti quest'interpretazione della norma data dal Governo. Lascio a voi la valutazione di presentare o meno un apposito ordine del giorno a tal riguardo; tuttavia, a mio parere, non credo ci possano essere equivoci.

MARIO PESCANTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, ringrazio sia il relatore sia il rappresentante del Governo per i chiarimenti forniti, che ritengo siano da considerare come un'interpretazione obiettiva della norma. Non credo, pertanto, necessario presentare un apposito ordine del giorno, anche perché l'interpretazione data poc'anzi della norma risulta agli atti. Conseguentemente, ritiro il mio emendamento 1.55.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.500 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 435
Votanti 434
Astenuti 1
Maggioranza 218
Hanno votato
428
Hanno votato
no 6).

Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 1.500 della Commissione, risultano preclusi gli emendamenti Caparini 1.103, Bono 1.81 e Pescante 1.56.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paniz 1.45, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 440
Astenuti 2
Maggioranza 221
Hanno votato
202
Hanno votato
no 238).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.32, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 28

(Presenti 445
Votanti 442
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato
207
Hanno votato
no 235).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.2, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
198
Hanno votato
no 241).

DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ricordo ai rappresentanti del gruppo della Lega Nord Padania che hanno esaurito il tempo a loro disposizione. Atteso che siamo in prossimità della chiusura dei lavori su questo punto, la Presidenza invita i colleghi del gruppo della Lega Nord ad utilizzare i tempi riservati per gli interventi a titolo personale. Saremo tolleranti in questo senso ma non troppo...

DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Vorrei chiedere alla Presidenza, in considerazione del fatto che abbiamo esaurito i tempi a nostra disposizione, di autorizzare un ampliamento degli stessi. I colleghi avranno avuto modo di verificare che il nostro comportamento è stato costruttivo nel corso dell'esame di tutto il provvedimento. Quindi, vorremmo avere la possibilità, comunque, di contribuire fino alla fine dell'esame del medesimo. Chiedo quindi alla Presidenza un ampliamento dei tempi a nostra disposizione, anche in vista del prosieguo della discussione; infatti, questo dibattito si avvia a conclusione, ma ci ritroveremo presto a discutere ancora di questo argomento.

PRESIDENTE. L'ampliamento dei tempi richiesto da un gruppo può essere consentito dal Presidente della Camera. Sottoporrò pertanto la sua richiesta al Presidente della Camera, ma propongo di andare avanti nel frattempo secondo i tempi prestabiliti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paniz 1.46, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 446
Votanti 445
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato
210
Hanno votato
no 235).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.85, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 448
Astenuti 4
Maggioranza 225
Hanno votato
207
Hanno votato
no 241).Pag. 29

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paniz, 1.47, non accettato dalla Commissione, né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 452
Votanti 449
Astenuti 3
Maggioranza 225
Hanno votato
211
Hanno votato
no 238).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.501 della Commissione.

DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Presidente, poco fa ho chiesto un ampliamento dei tempi a disposizione del gruppo della Lega. So che è il Presidente della Camera a disporlo...

PRESIDENTE. Si, ma in questo momento, non è presente. Lei quindi può parlare solo a titolo personale. È previsto un minuto di tempo, ma saremo più tolleranti rispetto a tale previsione.

DAVIDE CAPARINI. Formalmente ho chiesto un'altra cosa e vorrei una risposta. Il fatto che non vi sia fisicamente il Presidente della Camera non la esime dall'alzare la cornetta del telefono che è alla sua sinistra e chiamarlo per chiedere se può autorizzare un ampliamento dei tempi. In questo momento...

PRESIDENTE. Lei non sa se ho già provato a fare ciò o meno.

DAVIDE CAPARINI. In questo momento io non ho la possibilità di intervenire...

PRESIDENTE. Lei ha la possibilità...

DAVIDE CAPARINI. Non ho la possibilità di intervenire per il tempo di cui potrei disporre nel caso in cui mi venisse concesso un ampliamento dei tempi, che è di cinque minuti per ogni emendamento, come lei sa. Ora, io in un minuto potrei anche farcela - tenterò - però, comunque, chiedo alla Presidenza di farmi sapere se ho diritto o meno ad un ampliamento dei tempi.

PRESIDENTE. Ho chiesto una collaborazione e le ho spiegato che è una questione che non concerne la Presidenza in modo generico, bensì il Presidente della Camera, che in questo momento non è possibile rintracciare. Ci abbiamo provato!
Io però le ho detto che non applicherò il minuto che le spetta in modo fiscale, ma che le posso venire incontro nelle more del tempo che ci separa dalla conclusione delle votazioni. Si tratta di dieci minuti, onorevole Caparini. Peraltro, il problema è che il tempo assegnato alla Lega Nord è stato già tutto utilizzato dal suo gruppo. Questa è la situazione.

DAVIDE CAPARINI. Presidente, qui si vede la differenza culturale...

PRESIDENTE. È probabile!

DAVIDE CAPARINI. Io non ho un approccio borbonico, per cui si tollera (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)... O lei mi dice che ho a disposizione cinque minuti, oppure che ne ho solo uno.

PRESIDENTE. Due minuti!

DAVIDE CAPARINI. Non a caso mi sono laureato in ingegneria. Non so in cosa lei si sia laureato! (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

CINZIA DATO. Non è possibile, Presidente!

Pag. 30

PIETRO FOLENA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA, Relatore. Intervengo sull'emendamento 1.501 della Commissione. Non è usuale, ma lo voglio fare per richiamare l'attenzione dell'Assemblea. Sono state sollevate anche polemiche questa mattina e proseguirà un confronto tra posizioni anche diverse sia sullo strumento della delega sia su altri punti di questo provvedimento. Tuttavia, vorrei segnalare che la Commissione cultura ha deciso in modo unanime di inserire, rispetto al testo originario del Governo, questa norma, che è di enorme rilievo, in quanto essa vuole affermare il diritto di cronaca.
Si tratta di un tema che è stato sollevato soprattutto dalle emittenti televisive e radiofoniche locali. Non parliamo solo dei grandi campi di calcio e delle grandi squadre di serie A e di serie B, ma anche della difficoltà, che ha l'emittenza nello svolgere anche quella immediata funzione di cronaca, perché essendo «privatizzato» il mercato dei diritti televisivi queste esclusive che vengono date ai grandi soggetti tante volte vengono utilizzate per impedire l'esercizio di un diritto, che invece è garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione. Questo è dunque un tema, che riguarda la garanzia che il servizio pubblico radiotelevisivo possa esercitare la propria funzione, il diritto di cronaca.
Quindi, il fatto che vengano concessi i diritti televisivi e che si apra un mercato dei diritti televisivi non può in alcun modo rappresentare una compressione del diritto del servizio radiotelevisivo di dare informazione da parte delle grandi emittenti televisive private, che operano su scala nazionale, che pure hanno rubriche di news, di informazione e quindi il dovere e il diritto di fornire informazioni. Mi permetto soprattutto di porre l'accento su quello che succede nei «campi di periferia» ogni domenica oppure ogni sabato, con tante difficoltà che ci sono e che noi, con questa norma che ha una valenza concreta, oltre che simbolica, vogliamo rappresentare.
Nella sostanza il mondo vasto della televisione e dell'emittenza radiotelevisiva italiana è invitato ad esercitare fino in fondo le proprie potenzialità e le proprie competenze per informare i cittadini, come è nel suo diritto e com'è assolutamente indispensabile, nei termini in cui questo è codificato dalla Costituzione e dalle nostre leggi.
Quindi l'emendamento 1.501 della Commissione rappresenta a mio modo di vedere un tentativo di riaffermare un principio, che troppe volte nel corso di questi anni non è stato invece realizzato nel concreto svolgersi del mercato privato dei diritti televisivi, che ha impedito che le emittenti potessero esercitare questo diritto all'informazione per tutti i cittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, colleghi, credo che questo emendamento, approvato all'unanimità in Commissione, esprima esattamente un'esigenza importante e fondamentale che tutte le emittenti televisive e radiofoniche, in particolare le più piccole (regionali, locali) si sono viste limitare in questi ultimi anni: il diritto di cronaca. Questo diritto è stato limitato da un sistema evoluto, che ha portato all'esclusiva dei diritti televisivi per alcuni eventi sportivi.
Credo che essere riusciti ad arrivare a definire unanimemente all'interno di questo disegno di legge una norma così importante consenta alla molteplicità di realtà esistenti sul territorio del nostro paese, sia a livello radiofonico che televisivo, di mantenere un rapporto ed un feeling con lo sport, sia di vertice sia dilettantistico e locale; consenta altresì a chi non possiede il satellite, il digitale terrestre, Internet o il tv-fonino di seguire la propria squadra del cuore attraverso le molteplici emittenti locali. Spero che nella formulazione del provvedimento di delega, che porterà a stabilire le regole più precise, il Governo voglia fare in modo che questo sia un criterio prioritario da seguire,Pag. 31in modo che possa poi entrare automaticamente all'interno dei contratti che la Lega calcio stipulerà con i soggetti concessionari delle piattaforme, evitando così ciò che sta accadendo in tutti campi di serie A e B, dove viene impedito alle televisioni e alle radio private di entrare addirittura all'interno degli spogliatoi o di fornire il risultato delle partite.
Ritengo che questo emendamento relativo alla possibilità di assicurare il diritto di cronaca sia importante e positivo, in quanto dà un segno fondamentale a questa legge; pertanto il mio gruppo, come ha già fatto in Commissione, voterà a favore dello stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo a questo emendamento. In chiusura del dibattito di questa mattina vorrei esprimere solo poche parole. Sarà soltanto una coincidenza, ma alla ripresa dell'attività i lavori di questa Assemblea si sono svolti in un regime di grande collaborazione, anche se ovviamente di forte contrapposizione, come vediamo anche nel dibattito di oggi. Questo mi dà ragione, Presidente, nel ringraziarla, non in modo formale, ma sostanziale, del lavoro che svolge in questa Assemblea e nel manifestare il mio apprezzamento per come adempie i suoi doveri nel momento in cui, sulla base degli accordi presi dai gruppi, senza una ragione, le vengono rivolte critiche fuori luogo.
Sono convinto che il Presidente della Camera, che ha la competenza di riconoscere ulteriori tempi ai gruppi che ne fanno richiesta, con la sua saggezza e come è sua consuetudine, saprà operare come si è già fatto in passato e credo non vi saranno problemi al riguardo. Pertanto, noi riteniamo assolutamente gratuite le accuse che le vengono rivolte continuamente quando esercita la sua funzione, tanto più in una giornata in cui gli accordi dei gruppi hanno consentito di lavorare in maniera serena, facendo funzionare l'Assemblea nel modo migliore (Commenti del deputato Leone). Signor Presidente, la ringrazio proprio in ragione di quanto abbiamo ascoltato dal collega Caparini, perché lei applica il regolamento e ci aiuta a lavorare nel modo migliore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Avevo chiesto la parola per esprimere il voto favorevole del gruppo di Forza Italia relativamente all'emendamento della Commissione sul diritto di cronaca; spendo però anche due parole sull'intervento che mi ha preceduto.
Non se ne abbia, se non mi associo ai complimenti per un dibattito che si è svolto civilmente e con grande collaborazione, ma attribuisco questo merito alla materia che stiamo trattando, cioè lo sport. Quindi, non se ne abbia neanche l'amico Giachetti, se non attribuisco a lei il merito dei lavori, ma all'argomento che abbiamo trattato. Per il resto, non vorrei entrare nel merito della questione perché immagino che il collega abbia da dire qualcosa al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, mi rivolgo al ministro Gentiloni per richiamare la sua attenzione sul fatto che, oltre a votare tutti a favore - mi fa piacere perché il diritto di cronaca è una questione che il mio gruppo ha posto negli anni e c'è stato un rischio di sequestro delle notizie per molte piccole e medie imprese -, sussiste un problema: il controllo da esercitare sul rispetto di queste pattuizioni, il controllo che anche la piccola radio e televisione, che ha un proprietario con un cognome non dominante, possa veder rispettato questo diritto. Nell'ambito della delega, vi chiederei di ragionare con l'Autorità - ho sentito moltePag. 32volte citare a sproposito l'Autorità antitrust e ne parleremo martedì - sull'espansione dei suoi poteri; infatti, ha chiesto non solo flessibilità, ma poteri per stroncare le posizioni dominanti e gli accordi di cartello, per intervenire su ogni tipo di accordo che alteri il mercato e le regole della libertà della comunicazione. Questa seconda parte non l'ho sentita citare.
Mi auguro che nelle prossime ore il Governo voglia riflettere non solo su alcune delle cose qui dette, ma su altre riflessioni avviate dalle Autorità in questo periodo, che credo debbano essere recepite integralmente. Se si potesse fare in questo provvedimento, sarei ben felice di votare un emendamento concordato sull'insieme di queste materie (perché l'Autorità non fornisce pareri come menu à la carte, in cui se ne prende ciascuno a giorni alterni e quello che conviene).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, so che la capacità di mantenere l'ordinato svolgimento dei lavori generalmente non deve essere riconosciuta, ma è un fatto che viene naturale: c'è chi ci riesce e chi ha maggiori difficoltà: sarà la storia della legislatura a dircelo. Vorrei invece tornare all'esame del provvedimento, che è ben più importante di come lei conduce l'Assemblea. Questo emendamento è l'esempio di come avremmo potuto lavorare e collaborare nel momento in cui la stragrande maggioranza delle forze politiche all'interno della Commissione era disponibile ad arrivare alla contrattazione collettiva, proprio per il bene del movimento sportivo ed anche per i futuri scenari del sistema della comunicazione. Purtroppo, si tratta di un risultato minimo. Avremmo potuto registrarlo come uno dei tanti, invece rimane un dato fondamentale: probabilmente, questo sarà l'unico risultato della mediazione e dell'interesse di tutti i gruppi che vogliono lavorare perché, finalmente, non solo lo sport, ma anche l'emittenza locale abbia la rilevanza che noi gli abbiamo sempre riconosciuto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, sarebbe stato bello se, accanto a questo emendamento - che pone una soluzione al problema dell'accesso al diritto di cronaca anche da parte delle emittenti locali, cosa che, finora, era stata «fagocitata» e che, non a caso, registra la convergenza unanime di tutti i gruppi -, si fosse previsto anche di rendere possibile il concorso alla assegnazione dei diritti di trasmissione a tutti i soggetti, in maniera tale da evitare situazioni monopolistiche.
Torno a dire che le due cose vanno di pari passo, perché ha poca importanza liberalizzare o rendere accessibile il diritto di cronaca alle emittenti a livello territoriale, quando poi si costruiscono percorsi che bloccano, o rendono prefigurato, il risultato a livello di commercializzazione dei diritti stessi. Colgo l'occasione, poi, signor Presidente - lei me lo consentirà - per fare una riflessione sull'intervento kafkiano di Giachetti che evidentemente, essendo un agit-prop creativo, era preoccupato che non fosse accaduto alcun incidente in aula e, quindi, ha provato a realizzare una condizione per la quale tale incidente potesse accadere. Non mi è parso che lei avesse bisogno di particolare solidarietà. Ritengo, in ogni caso, di ringraziare Giachetti, perché anima sempre in maniera elegante e positiva i nostri lavori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.501 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 443
Votanti 442Pag. 33
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato
435
Hanno votato
no 7).

Sulla base degli accordi intercorsi tra i gruppi parlamentari, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza si adoperi affinchè si possa accedere ed uscire dalla Camera senza alcun problema. Quando i signori questori hanno esposto la relazione sul progetto di bilancio interno, la Camera ha approvato, all'unanimità, un ordine del giorno, che invitava la Presidenza ad aver cura del prestigio di questa istituzione.
Noi, solitamente - e anche ieri è avvenuto -, uscendo dalla Camera subiamo l'assalto di giornalisti che passano il loro tempo non a fare cronaca, ma a cercare di dileggiare questa istituzione, nella persona dei vari deputati. Le chiederei cortesemente di predisporre, anzitutto, un servizio che avverta i deputati della presenza di giornalisti davanti alla sede della Camera e, in secondo luogo, aspetto molto più importante, identificare nome, cognome e residenza dei giornalisti, provvedimento possibilissimo da adottare, tenendo conto che è di competenza della Camera il piazzale antistante, considerato anche che la Camera stessa ha provveduto a mettere vasi di fiori, a mettere le stelle, a togliere le stelle, e cose di questo tipo. Stavo dicendo che chiedo alla Presidenza di poter identificare tali giornalisti. È, infatti, evidente che ci si trova in una chiarissima disparità, nel senso che non è possibile sporgere querele nei loro confronti.
Chiederei, dunque, questo doppio titolo di tutela alla Presidenza della Camera, affinché si permetta ai deputati di accedere ed uscire senza essere dileggiati dai giornalisti. Grazie.

PRESIDENTE. La ringrazio. Sottoporrò la questione al Collegio dei questori ed al Comitato per la sicurezza della Camera.

FRANCO GRILLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare l'attuazione di un ordine del giorno approvato in sede di esame del bilancio interno, sull'introduzione della tecnologia wireless, wi-fi, in aula, per consentire ai parlamentari di lavorare con una connessione veloce anche durante i lavori dell'Assemblea. Sono moltissimi i colleghi che ormai usano il computer e questo credo sia un fatto largamente positivo in un paese, quale l'Italia, che mostra, purtroppo, una certa arretratezza sull'utilizzo delle nuove tecnologie. Il suddetto ordine del giorno era stato accolto dai questori ed è condiviso, praticamente in modo unanime, da quest'Assemblea.
Volevo sollecitarne una rapida attuazione. Colgo anche l'occasione per esprimere la mia opinione sull'intervento precedente, perché, se da un lato, alcuni colleghi mostrano disagio di fronte ad una certa «aggressività» di rappresentanti della stampa di fronte a palazzo Montecitorio, dall'altro penso che non si possa limitare il diritto di cronaca.
Un parlamentare è un personaggio pubblico e deve saper affrontare con dignità, intelligenza ed abilità anche la stampa. Se non lo sa fare, deve prendersela con se stesso e non certo con la stampa.

PRESIDENTE. Sicuramente sottoporrò il primo dei temi da lei sollevati al Collegio dei questori.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.

Pag. 34

ANTONELLO FALOMI. Anch'io mi associo alla richiesta dell'onorevole Grillini circa l'attuazione dell'ordine del giorno, approvato dalla Camera dei deputati, relativa all'introduzione della tecnologia wi-fi, utile per consentire ai deputati di utilizzare il personal computer anche in aula.
In realtà, ho chiesto di intervenire per sollecitare una interpellanza, la n. 245 del 28 novembre del 2006, relativa agli appalti di pulizie nelle Ferrovie dello Stato. Vorrei che la Presidenza si facesse carico di questa esigenza.

PRESIDENTE. La Presidenza si farà carico delle sue richieste.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 12,15.

Informativa urgente del Governo sulla situazione e sulle prospettive dell'Alitalia e del trasporto aereo e sul relativo confronto tra Governo e sindacati.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla situazione e sulle prospettive dell'Alitalia e del trasporto aereo e sul relativo confronto tra Governo e sindacati.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del ministro dei trasporti)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, l'informativa che è stata richiesta al Governo, a nome del quale riferisco in aula, riguarda la vicenda dell'Alitalia, in modo particolare, alla luce dello sciopero che le organizzazioni sindacali avevano proclamato, fin dal 27 dicembre 2006, e fissato per il giorno 19 gennaio 2007, successivamente sospeso o rinviato ad altra data, il giorno 17 gennaio 2007.
Ricordo in proposito che, in data 29 dicembre 2006, sulla scorta di una delibera del Consiglio dei ministri del 1o dicembre 2006, il Ministero dell'economia e delle finanze, che è detentore del 49,9 per cento del capitale dell'Alitalia, ha avviato una manifestazione di interesse per l'acquisto di una quota non inferiore al 30,1 per cento del capitale, nonché di una serie di obbligazioni convertibili. La scadenza del bando per la manifestazione di interesse è il 29 gennaio 2007.
In sintesi, la selezione di chi manifesterà questo interesse avverrà sulla base di contenuti economici delle offerte e delle analisi dei piani industriali che verranno presentati dai soggetti interessati all'acquisto dei titoli, anche al fine di verificare - sto leggendo, testualmente, il bando - la compatibilità con gli obiettivi di risanamento, sviluppo e rilancio dell'azienda che il Governo ritiene imprescindibili. In tale ambito, si terrà conto di profili di interesse generale, quali, ad esempio, livelli occupazionali, adeguata offerta dei servizi e copertura del territorio. Il Ministero identifica, fin da ora, quali impegni necessari e non derogabili dagli interessati, il mantenimento di una partecipazione del capitale di Alitalia di controllo e, comunque, non inferiore al 30,1 per cento, per un periodo di tempo congruo e coerente con il perseguimento degli obiettivi del piano industriale, nonché la salvaguardia dell'identità nazionale di Alitalia e la garanzia di qualità e quantità del servizio offerto di copertura del territorio. Questi sono i requisiti sulla base dei quali verranno vagliate le offerte, all'indomani della scadenza del 29 gennaio.
Tornando la questione dello sciopero, segnalo che questo era stato indetto due giorni prima, ovvero il 27 dicembre, dell'uscitaPag. 35del bando da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e che, già il giorno successivo, il 28 dicembre 2006, il garante per l'attuazione degli scioperi aveva fatto rilevare ben tre violazioni alla legge di regolamentazione. In base a tale rilievo, l'associazione Upi (Unione piloti italiani) aveva revocato la sua partecipazione allo sciopero. Successivamente, in data 16 gennaio 2007, il medesimo garante, permanendo le posizioni delle organizzazioni sindacali, segnalava agli interessati il pericolo - leggo testualmente la segnalazione - di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona, costituzionalmente tutelati, in relazione al programmato sciopero di tutto il personale dipendente del gruppo Alitalia, soprattutto qualora non venissero adottate misure per assicurare le prestazioni minime e per delimitare la durata nell'ambito delle ventiquattr'ore, in conformità con l'articolo 2 della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, nonché con gli articoli 7 e 20 della citata regolamentazione provvisoria. A seguito di questa ulteriore segnalazione, l'associazione Ugl revocava a sua volta lo sciopero. Tuttavia, le altre organizzazioni sindacali insistevano per il mantenimento e per una convocazione urgente da parte del Governo. A questa richiesta, il ministro dei trasporti ha dato seguito con una lettera del 16 gennaio 2007, che vorrei leggere, indirizzata a tutte le associazioni sindacale, che così recita: «Come è noto, il Consiglio dei ministri, nel quadro degli impegni assunti dal Presidente del Consiglio in materia di trasporto aereo, ha approvato, nel mese di dicembre, un disegno di legge delega per la riforma del trasporto aereo e ha pubblicato l'invito a manifestare l'interesse all'acquisto di azioni dell'Alitalia. Si tratta, nel complesso, di fatti importanti che avviano una stagione di interventi strutturali e sistematici sui vari elementi del settore, che ritengo contribuiranno a migliorare il servizio reso ai clienti, cittadini o imprese che siano, e per i quali ho ben presente l'attenzione e la disponibilità da tutti voi espressa nel corso della fase istruttoria. Si tratta, ora, di procedere operativamente ed è mio parere che, per quanto riguarda l'Alitalia, essendo in corso un provvedimento di evidenza pubblica, non siano opportuni incontri formali, al fine di evitare qualsiasi forma di turbativa. Viceversa, per quel che riguarda il trasporto aereo nel suo complesso, ritengo sia possibile, sin d'ora, concordare a tempi brevi un incontro per proseguire lungo il percorso indicato dal citato disegno di legge».
In sostanza, con questa lettera e con una serie di dichiarazioni avute nel corso di incontri informali, il ministro dei trasporti ribadiva la piena disponibilità ad incontrare le organizzazioni sindacali ed a discutere del provvedimento complessivo di riforma del trasporto aereo, mentre ribadiva l'inopportunità che la medesima discussione, riguardante l'Alitalia, si svolgesse prima della chiusura dei termini del bando di gara.
Infine, in data 17 gennaio, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Letta, ed il ministro dei trasporti, congiuntamente, hanno convocato le organizzazioni sindacali per il giorno 1o febbraio 2007, dunque, in data immediatamente successiva alla scadenza del bando. A seguito di tale convocazione, le altre organizzazioni sindacali, che avevano ancora mantenuto lo sciopero, lo hanno sospeso rimandandolo a data da destinarsi.
Questa è l'informativa sul rapporto tra Governo e sindacati in relazione alla vicenda Alitalia, per la quale ribadisco quanto ho già detto poco fa. Ritengo che una discussione aperta, che è assolutamente necessario svolgere anche in relazione alle decisioni che si prenderanno nel prosieguo dell'operazione avviata con il bando, debba avvenire dopo la scadenza del bando stesso, ossia dopo il 29 gennaio.

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Meta. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, prendo atto e condivido la scelta del ministro, che mi sembra moltoPag. 36corretta, di non entrare nel dettaglio delle vicende dell'Alitalia, vista soprattutto la fase delicata legata alla scadenza del 29 gennaio, data in cui si verificheranno le manifestazioni di interesse alla partecipazione per l'acquisizione dell'Alitalia.
Il gruppo de L'Ulivo e la Commissione che presiedo hanno apprezzato la scelta del Governo ed il bando predisposto con cui si evidenziano, a grandi linee, in questa prima fase, gli obiettivi strategici della privatizzazione del gruppo. Le voglio ricordare, in quanto le condivido: il risanamento, il rilancio, lo sviluppo ed anche una chiara ed autorevole presenza italiana nel settore del trasporto aereo e la difesa dei posti di lavoro.
Signor ministro, siamo convinti che possono davvero tornare a coincidere gli interessi della compagnia Alitalia, gli interessi dei lavoratori e quelli dell'economia collegata all'Alitalia, che non può non avere anche un sistema di efficiente e sicura manutenzione, come lo hanno gli altri vettori europei. L'Alitalia è e deve rimanere un vettore che tiene insieme le attività di volo e la ricchezza di uno straordinario distretto manutentivo, così come fanno le compagnie francesi, quelle tedesche e quelle inglesi.
Proprio partendo da questa profonda convinzione, ho auspicato, a nome della Commissione, una ripresa del dialogo tra il Governo, le organizzazioni sindacali ed il vertice dell'Alitalia, per ottenere, appunto, la sospensione dello sciopero che, in questa fase, non avrebbe aiutato la soluzione della crisi. Ho espresso già ieri soddisfazione per le iniziative assunte dal Governo ed anche per la sensibilità dimostrata dai sindacati, proprio perché mi sono impegnato in questa direzione.
Certo, la novità delle ulteriori dimissioni di un componente il consiglio di amministrazione - ancorché doverose, e forse anche tardive - apre delicati problemi statutari, che siamo sicuri l'azionista affronterà in maniera efficace e tempestiva, di modo che la società possa trovarsi nel pieno della proprio capacità operativa.
Vorrei rilevare che anche il piano industriale predisposto dai vertici non ha sicuramente funzionato. Il consiglio di amministrazione dell'Alitalia è stato nominato dal precedente Governo (e lo affermo senza alcuna strumentalizzazione). Sappiamo che la situazione non era rosea - anzi, era molto critica -, ma le previsioni di un pareggio nel 2006, indicate dal vertice dell'Alitalia agli azionisti e al Parlamento, non si sono verificate e la situazione è ulteriormente peggiorata.
Considero importante l'intenzione del Governo di voler affrontare le problematiche esistenti all'interno del trasporto aereo, anche perché, negli anni scorsi, è mancata ogni visione sistematica nello stesso trasporto aereo, nonché negli altri settori di trasporto.
Dobbiamo giungere ad una svolta, partendo dai problemi di merito. Le assicuro, signor ministro, che in Commissione coinvolgeremo tutti i soggetti del sistema prima di presentare la nostra proposta normativa all'esame dell'Assemblea.
Vogliamo restituire certezza agli operatori aeroportuali, ai vettori e ad ai lavoratori, chiamandoli a compartecipare da attori alla svolta che lei ha annunciato. Desideriamo, altresì, che vengano precisate le funzioni del Ministero dei trasporti, dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (il quale dovrebbe elaborare le regole e garantire la sicurezza del sistema) e dell'Ente nazionale per l'assistenza al volo, che proprio in questo mese sta internalizzando importanti attività precedentemente affidate in appalto.
A tale proposito, ritengo necessario vigilare affinché il processo di internalizzazione avvenga in modo corretto e nel rispetto dei diritti dei lavoratori e della sicurezza; allo stesso modo, considero importante occuparsi del futuro dei lavoratori e delle attività che restano escluse dal processo di internalizzazione.
Signor ministro, sia per l'ENAC, sia per l'ENAV Spa è opportuno che si provveda, senza ulteriori indugi, a regolarizzare i due consigli di amministrazione, da tempo incompleti.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

Pag. 37

MICHELE POMPEO META. Vogliamo che l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo - sto concludendo, signor Presidente - possa essere messa in grado di operare dopo i tagli di risorse e di personale avvenuti nei cinque anni trascorsi.
Desideriamo puntare, signor ministro, a migliorare il funzionamento del sistema nel suo complesso. Questa, infatti, è la domanda proveniente dal paese, dai lavoratori degli aeroporti italiani e dall'imprenditoria: realizzare un sistema nel quale l'Italia possa davvero giocare la propria partita in modo autorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ringrazio il ministro per la sua presenza. Ci fa molto piacere vederla, signor ministro, perché, dalle notizie di agenzia di ieri, avevamo visto che lei aveva dichiarato che non avrebbe parlato di Alitalia.
Quindi, ci era sorto un dubbio, ed avevamo pensato che forse lei non sapeva di dover venire a riferire in questa sede oggi, o magari pensava di far intervenire un sottosegretario, o forse avrebbe mandato il ministro Di Pietro, il quale, nella giornata di ieri, è stato particolarmente loquace in ordine alla questione Alitalia. Invece, constatiamo con piacere che è venuto lei, signor ministro.
Lei, comunque, non ci ha fornito grandi elementi. Infatti, ha letto il bando, ha raccontato la storia dello sciopero ed ha letto le lettere che ha inviato ai sindacati, ma non ci ha dato grandi novità rispetto a quanto già conoscevamo dai giornali e dalle agenzie di stampa.
Ricordo che abbiamo inizialmente chiesto lo svolgimento di questa informativa urgente, perché eravamo fortemente preoccupati in relazione non soltanto alla situazione che investe la nostra compagnia di bandiera, ma anche allo sciopero indetto da numerose sigle sindacali. Tale sciopero è successivamente rientrato e lei ha raccontato, anche in maniera dettagliata, la storia e l'evolversi dalla fine di dicembre sino al suo differimento, avvenuto soltanto nella giornata di ieri.
Signor ministro, ci rimane in qualche modo un dubbio, e ci piacerebbe sapere se lei, se questa agitazione fosse continuata, avrebbe precettato o meno i lavoratori. Ci permettiamo di attendere le prossime occasioni, per vedere quale sarà il suo atteggiamento nei confronti di un sindacato che ha accusato il Governo di avere già un piano segreto o di non avere alcuna strategia in ordine alla questione Alitalia.
Differenze di sigle, differenze di opinione, divergenze di posizioni e di idee, ma, comunque, è un attacco frontale al Governo in ordine a tale questione.
Potremmo porci anche un'altra domanda: chissà se, di fronte ad un Governo di altra natura, vi sarebbe mai stato il ritiro di questo sciopero generale che, come lei ha giustamente sottolineato, ministro, non aveva neanche i requisiti di temporaneità, oltre a non garantire i servizi minimi.
Ma, visto che lo sciopero è rientrato, lei, ministro, avrebbe dovuto chiarirci almeno la posizione del Governo in merito al fatto che il consiglio di amministrazione di questa azienda, come ricordava giustamente il collega Meta, ha perso tre dei suoi cinque membri; con soli due membri nel consiglio, si pone un problema di composizione e di statuto interno con riflessi sull'effettivo funzionamento del consiglio di amministrazione e sulla sua reale efficacia. Tant'è vero che (forse, avrebbe dovuto dircelo lei, signor ministro), per il 22 febbraio, è stata convocata l'assemblea dei soci o per ricostituire il consiglio di amministrazione o per un commissariamento.
Forse, ministro, avrebbe dovuto spiegarci come mai sia lei, sia il Presidente del Consiglio - che forse ha l'attenuante, ma neanche troppo, di essere all'estero - avete appreso dai giornalisti la notizia delle dimissioni del consigliere Spinetta.
Inoltre, visto che lo sciopero è rientrato e che è stata fatta una convocazione dei sindacati per le giornate del 1o e del 2 febbraio, credo sarebbe opportuno chiarire se siano state fornite ulteriori informazioni di carattere informale al sindacato visto che ieri l'agenzia Ansa, alle 19,49, batteva la notizia che Epifani si èPag. 38recato a palazzo Chigi per avere informazioni sul tema delle pensioni e sulla vertenza dell'Alitalia.
Insomma, signor ministro, Prodi parla di un futuro rigoroso e corretto per l'Alitalia. Noi crediamo che il Governo abbia poche idee e molto confuse al riguardo. Crediamo vi sia una grande agitazione e un grande fermento intorno a questo bando. Crediamo che le condizioni di bando fissate dal Governo siano scelte precise, ma ci sta a cuore la compagnia, ci sta a cuore la logica di mercato, che deve presiedere a un acquisto e al potenziamento della compagnia, ci stanno a cuore l'occupazione e la funzionalità del servizio che questa compagnia deve rendere ai cittadini.

PRESIDENTE. La prego...

SIMONE BALDELLI. Ci domandiamo, signor ministro, se, oltre a dare notizie informali al sindacato, non sia il caso, in una logica di interesse generale, coinvolgere in questo processo il Parlamento e l'opposizione.
Evidentemente, in questo periodo avete dato prova di non avere le idee chiare sulla questione Alitalia. Avete parlato troppo e male. Con le dichiarazioni che avete reso in questo periodo, certamente, non avete fatto il bene della nostra compagnia di bandiera.
Ci auguriamo che ci sia un'inversione di tendenza e crediamo, nell'interesse della compagnia, che si svolga un lavoro serio e rigoroso ed auspichiamo...

PRESIDENTE. Deve concludere...

SIMONE BALDELLI. ...che il bando e le procedure siano svolte nella maggiore regolarità possibile, affinché la compagnia abbia funzionalità, logiche di mercato, salvaguardia dell'occupazione e soprattutto servizio ai tanti cittadini che di questo servizio beneficiano ogni giorno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor ministro, lei si è soffermato doverosamente sul problema attinente ai rapporti con il sindacato e alle questioni che attengono al ripensamento da parte dello stesso sindacato rispetto all'annunciato sciopero. Di questo la ringraziamo, anche perché, in effetti, la tempestività con la quale era stato proclamato lo sciopero, indubbiamente, introduceva un elemento di preoccupazione in quel quadro programmatico che il Governo e l'Alitalia stanno portando avanti, in un momento decisivo - come lei giustamente ha ricordato - per lo scioglimento di quel nodo essenziale che riguarda il rilancio della nostra compagnia di bandiera.
Mi riferisco, evidentemente, ai tempi fissati dalla procedura di evidenza pubblica da lei richiamata ed anche agli elementi che possono interagire in maniera negativa con il processo avviato.
Tuttavia, non vi è dubbio che la situazione attuale, alla luce delle già richiamate dimissioni di alcuni membri del consiglio di amministrazione, rendono il quadro ancora più complesso ed inquietante. Non esiste soltanto un aspetto di rilievo giuridico, sul quale ci saremmo attesi una risposta da parte del Governo. Di questo si tratta, ovvero capire oggi qual è l'atteggiamento del Governo rispetto ad un problema che attiene alla gestione ed alla stessa vita del consiglio di amministrazione, in una fase in cui, tra l'altro, è stata avviata una procedura di gara. È evidente inoltre che il quadro complessivo è reso ancora più inquietante perché, nella fattispecie, vi sono le dimissioni riguardano un membro del consiglio di amministrazione che rappresenta un'alleanza internazionale nel sistema del trasporto, e non sappiamo ancora, essendo fermi alle notizie di stampa, se da parte di Air France e KLM vi sarà o meno un'offerta. Tutto ciò avviene mentre aleggia una domanda sollevata trasversalmente da tanti deputati e senatori (anche quando Cimoli era venuto in Commissione per riferire), per cercare di capire su quale livello di indirizzo di piano industriale ci stiamo orientando.Pag. 39
Ringrazio il presidente Meta che ha ricordato con quale responsabilità la IX Commissione sta cercando di creare i presupposti per intervenire in maniera sostanziale nel riordino del sistema del trasporto aereo in Italia. Tuttavia, caro Meta, nel momento stesso in cui lei si è soffermato sulle inevitabili linee di indirizzo di un piano industriale per il rilancio della compagnia e la tutela dei livelli occupazionali, in effetti non ha fatto niente altro che richiamare le parti conclusive della relazione resa da Cimoli in Commissione dove veniva sollecitata anche un'azione governativa volta a migliorare sostanzialmente la funzionalità dell'ENAC e dell'ENAV e dove veniva richiamato come prima responsabilità il ruolo del Governo e delle forze parlamentari per avviare concretamente il riordino dell'intero sistema.
È proprio rispetto a tali questioni che denuncio una mancanza di raccordo operativo del Governo con il Parlamento. È questo ciò che ancora oggi manca; anche se è evidente che, essendo aperta una procedura di evidenza pubblica, è difficile parlare in questo momento in maniera approfondita del tema, ma è altrettanto vero che rischiamo di trovarci di fronte a situazioni preordinate su cui non vi è stato alcun confronto in Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Moffa, deve concludere.

SILVANO MOFFA. Continuiamo a denunciare con forza questa situazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mario Ricci. Ne ha facoltà.

MARIO RICCI. Signor Presidente, vorrei partire da una vicenda che nelle ultime ore ha interessato la stampa ed il settore del trasporto aereo: mi rifererisco all'azzeramento del consiglio di amministrazione dell'Alitalia. Tale azzeramento è stato costruito nel corso di mesi, perché siamo ormai a distanza di neppure un anno dalla terza dimissione da questo organo di amministrazione di un settore così importante come l'Alitalia.
Addirittura, dieci consiglieri hanno rinunciato all'incarico, nel corso di questi ultimi anni, e questo, probabilmente, è un annuncio del fallimento strategico del management dell'Alitalia.
Affermo questo perché, a nostro avviso - non c'entra la procedura di gara per l'avvio della privatizzazione dell'Alitalia e non c'è alcuna turbativa d'asta - noi siamo nella condizione, a partire dall'azzeramento, di sottolineare nuovamente e chiedere con forza la sostituzione del vertice aziendale, a cominciare dall'amministratore delegato, Cimoli, che è il primo responsabile del dissesto produttivo, industriale e finanziario dell'Alitalia.
Per dimostrare che non abbiamo un accanimento ideologico nei confronti dell'amministratore delegato, citerò alcuni esempi che mi aiuteranno a sostenere questa ineludibile necessità per le prospettive della società. Innanzitutto, risulta al signor ministro - lo verifichi - che sono in corso assunzioni di personale, con forme atipiche di contratto di lavoro, che l'Alitalia non saprà come utilizzare, anche rispetto ai processi di riorganizzazione? La mozione di indirizzo discussa e approvata il 6 dicembre scorso non indicava al Governo e all'impresa di adottare interventi adeguati ad affrontare il problema della precarietà del lavoro nel settore del trasporto aereo, a cominciare dall'Alitalia? Come secondo esempio, segnalo al signor ministro la necessità di verificare se corrisponda al vero che 35 dei 78 velivoli a disposizione, facenti parte del patrimonio dell'Alitalia, siano stati posti fuori servizio, con gravi conseguenze sul traffico passeggeri, per via di una cattiva gestione del settore di manutenzione della società. Inoltre, quanto al tema lungamente trattato nell'informativa dal signor ministro, sottolineo l'arroganza e il completo abbandono delle relazioni sociali da parte del vertice aziendale, relazioni necessarie a motivare tutte le maestranze per uno straordinario sforzo nel tentativo di salvare l'impresa. Anche questo era un punto indicativo della mozione di indirizzo.
È in questo contesto, signor ministro, che avviene la proclamazione dello scioperoPag. 40generale di venerdì, poi rientrato per la convocazione, seppure tardiva, da parte del Governo, fissata al 1o febbraio. Tutti i sindacati del settore sono stati costretti ad usare l'arma estrema dello sciopero per sollecitare l'arresto immediato dell'opera di deindustrializzazione avviata dal vertice aziendale e, per chiedere un indirizzo chiaro sulla procedura di privatizzazione in corso che garantisca, attraverso il rilancio della produzione, un nuovo profilo industriale della compagnia. Quindi, vi è l'esigenza di un confronto propositivo che segni l'avvio di una nuova fase produttiva dell'Alitalia, visto che tale confronto si è arenato da molto tempo per l'incompetenza del vertice aziendale e per la sordità a queste richieste dell'amministratore delegato. In tal senso, nella mozione era contenuto un passaggio fondamentale, quello della necessità di un recupero di quelle relazioni sociali necessaria a motivare le maestranze in un passaggio così difficile.
Da ultimo, vorrei sottolineare la assoluta separatezza tra Parlamento ed Esecutivo. Questo ci dispiace perché, come abbiamo sottolineato con forza già nel corso del dibattito del 6 dicembre scorso, essa ripropone ancora una volta la questione cruciale del ruolo e del peso che questa Assemblea dovrebbe giocare nella vicenda.

PRESIDENTE. Onorevole Mario Ricci...

MARIO RICCI. Un altro punto fondamentale inserito nella citata mozione era quello del mantenimento di una presenza pubblica significativa nei nuovi assetti societari, messo in discussione proprio dalle procedure di bando che avviano il processo di privatizzazione. Avremmo preferito che la cessione del 30,1 per cento di quote costituisse il limite massimo e non il limite minimo. Tale esigenza aveva due obiettivi: da una parte, quello della capacità attrattiva nei confronti delle manifestazioni di interesse; dall'altro, quello del mantenimento di un ruolo significativo della presenza pubblica anche nei futuri sviluppi dei processi produttivi e industriali della società.

PRESIDENTE. Onorevole Mario Ricci, deve concludere.

MARIO RICCI. In questo caso, vi è il rischio che possa essere messo sul mercato l'intero pacchetto azionario del 49,1 per cento, oggi in dotazione al Governo ed al pubblico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor ministro, ho qualche imbarazzo a prendere la parola dopo le sue comunicazioni, delle quali comunque la ringrazio.
Signor Presidente, ci troviamo di fronte alla presenza del ministro Bianchi - che a me è sempre gradita -, le cui competenze rispetto a questo settore sono affievolite rispetto a quelle del ministro dell'economia. E, se fosse stato presente il ministro dell'economia, sicuramente il collega Mario Ricci non avrebbe posto quei quesiti su Cimoli. Infatti, se Cimoli è stato mantenuto nel suo incarico, ciò è avvenuto per volontà dell'azionista di riferimento, pertanto la richiesta dovrà essere formulata da un rappresentante della maggioranza allo stesso ministro dell'economia.
Signor ministro, lei ha fatto riferimento al 19 gennaio, alla data dello sciopero poi revocato a seguito della contrattazione avvenuta con il Governo. Tuttavia, sussistono gravi problemi riguardanti l'Alitalia, con riferimento sia presente sia al futuro. Certamente, la presenza del ministro dei trasporti sarebbe stata essenziale per fornire una risposta in ordine all'attuazione dei processi riformatori, che noi avevamo avviato sia per quanto concerne i requisiti di sistema e quindi i diritti aeroportuali, sia per quanto riguarda ovviamente la gerarchia aeroportuale tra scali di interesse nazionale e scali di interesse regionale. Ciò potrebbe consentire di fronteggiare la crisi dei vettori del nostro paese.
Con riferimento all'ENAC e all'ENAV, perché non è andata avanti quella riforma che attribuisce la certificazione all'ENAC? Si trattava di un punto fondamentale della nostra riforma, per evitare controllori e controllati.Pag. 41
In questa vicenda di gare, qual è la politica del Governo per quanto riguarda l'Alitalia? Il ministro Di Pietro ha dichiarato sui giornali che è contrario all'arrembaggio finanziario. Cosa significa arrembaggio finanziario? Esiste una politica del Governo in merito? Eppure, nei giorni scorsi, il Presidente del Consiglio aveva avocato a sè la problematica relativa all'Alitalia; anzi si parlava di una cabina di regia. Ma, qual è la politica del Governo? Cosa si vuole fare dell'Alitalia? Stante l'esistenza di una gara, si intende svendere l'Alitalia o vi è una politica che si intende attuare affinché l'Alitalia rimanga la compagnia di riferimento?
Qual è l'azione del Governo?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Ritengo che vi siano dei quesiti e oggi siamo nella nebulosità più atroce, signor ministro. Ritengo perciò che lei - io la conosco anche per la sua sensibilità - dovrebbe avvertire l'opportunità di chiedere un confronto in Parlamento, proprio su quesiti e temi che gli vengono sottoposti. Credo, però, che sia esigenza dei colleghi soprattutto pretendere che venga il ministro dell'economia a fare chiarezza sui tanti argomenti, temi e interrogativi riguadanti non soltanto Alitalia ma l'economia legata anche alla politica dei trasporti del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor ministro, la vicenda di Alitalia per quanto ci riguarda ormai ha assunto toni grotteschi. Lei è da poco che è ministro, ma la vicenda - come è noto - viene affrontata da una decina d'anni a questa parte da tutta una serie di governi che si sono susseguiti. Abbiamo avuto nella scorsa legislatura un passaggio relativo al «prestito ponte». Lei ricorderà - avendo seguito la vicenda non dai banchi parlamentari ma dalle cronache giornalistiche - il voto praticamente unanime tra centrodestra e centrosinistra sulla necessità di sostenere la compagnia di bandiera.
In quel dibattito vi era lo scetticismo che esprimo oggi - e che era conseguenza anche di quel voto - non credendo in una compagnia tecnicamente fallita, alla mercé di colossi industriali europei e non europei, che sono stati capaci di costruire i piani industriali. Nel dibattito di questa mattina dal presidente Meta e da altri colleghi sia di centrodestra che di centrosinistra, e anche dalle sue parole, ho sentito ripetere alcune cose che francamente hanno fatto il loro tempo.
Il primo aspetto che è stato sottolineato è quello della necessità di inserire Alitalia all'interno di un processo che veda nella riforma del trasporto aereo... Ricordo che nella passata legislatura, quando il mio amico viceministro Tassone interveniva, era contento che il Parlamento lo ascoltasse, per cui invito il Presidente di turno a sollecitare da parte dell'ex ministro Tassone quel rispetto che ho sempre avuto nei suoi confronti nella scorsa legislatura all'interno della maggioranza: glielo dico amichevolmente.
Tornando al discorso della riforma del trasporto aereo, per dare garanzia alle società di gestione aeroportuale, per dare un ruolo ad ENAC ed ENAV, vi fu tutto un dibattito sulle sovrapposizioni di carattere normativo e di competenze dopo l'increscioso incidente di Linate dell'8 ottobre 2001, che avviò la discussione in Parlamento: quella però è una questione che riguarda il sistema.
Oggi non siamo di fronte alla necessità non di individuare - come ha detto lei - i piani industriali che accompagnano la manifestazione di interesse all'acquisto della quota di Alitalia messa a disposizione, perché, signor ministro, il piano industriale c'è già! Infatti, quando venne individuata la necessità di concorrere con una quota pubblica al «prestito ponte», l'Europa ci diede cinque elementi imprescindibili per la presentazione di un piano industriale che consentisse loro di dare il via libera allo stesso «prestito ponte», non interferendo in termini di concorrenza con il libero mercato, come British Airways, ad esempio, tentò subito di opporre; si osservava infatti che i soldi pubblici che vannoPag. 42a sostenere un'azienda in un libero mercato potrebbero creare una turbativa nel mercato stesso.
L'Europa ci diede delle indicazioni: quindi qualunque soggetto privato che interverrà rispetto alla quota messa a disposizione non dovrà inventare un nuovo piano industriale. Su questo punto avrei voluto avere delle risposte, perché non può esservi un piano industriale per ogni stagione né un partner internazionale ogni anno, a seconda di come tira il vento del Governo. Vi sono delle condizioni industriali e su questo avrei voluto avere delle certezze.
Qual è il male vero di Alitalia? La politica «romanocentrica» che vede un sindacato che non vuole far muovere assolutamente nulla pur di assicurarsi una serie garanzie occupazionali che hanno fatto il loro tempo. A tale riguardo, faccio osservare che ben il 75 per cento dei biglietti della compagnia sono venduti al nord e nonostante ciò la maggior parte dei dipendenti di Alitalia non si è mostrato disponibile a muoversi da Roma. In Alitalia è presente una casta di privilegiati - lo voglio sottolineare polemicamente - che ha fatto fallire tutti i piani industriali dell'azienda. Mi chiedo quale soggetto, nazionale o internazionale, di natura privata sarà disponibile a mediare con una situazione industrialmente insostenibile che ha portato tecnicamente al fallimento dell'Alitalia, sebbene nelle finanziarie approvate da tutti i Governi, senza il voto della Lega Nord Padania, si sia sempre individuata una quota di finanziamento pubblico per tutelare quella che il ministro, in maniera infelice, ha definito la identità nazionale di Alitalia. Ma non esiste l'identità nazionale di Alitalia!

PRESIDENTE. Deputato Gibelli, concluda.

ANDREA GIBELLI. Concludo, Presidente. È necessario, invece, che siano spesi bene i soldi di chi Alitalia l'ha mantenuta pagando imposte e tasse, nonostante il servizio scadente da essa fornito. Quella che una volta era una compagnia di bandiera a livello internazionale, ora è una succursale di Air France (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pedrini. Ne ha facoltà.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rivolgo subito al ministro chiedendogli di aiutare quest'Assemblea a cercare di comprendere che cosa sta avvenendo dietro Alitalia. Nelle varie sedi parlamentari mi sono espresso più volte con riserva su alcune cose che in tale azienda sono accadute.
Dico subito che non condivido la diagnosi formulata dal collega che mi ha preceduto; anzi esprimo la mia solidarietà alle forze sociali, al sindacato e ai lavoratori, anche per gli scioperi da essi proclamati in quanto vedono in forse sia il loro rapporto di lavoro sia anche qualcosa di ben più grave: la stessa esistenza della compagnia, la si chiami di bandiera o di riferimento.

PRESIDENTE. Scusi, deputato Pedrini; prego i colleghi di consentire all'onorevole Pedrini di continuare a svolgere il suo intervento.
Prego, deputato Pedrini, prosegua pure.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor ministro, a lei risultano manovre finanziarie non industriali e grandi interessi di alcune banche in questo tentativo di takeover su Alitalia, dettato forse più da esigenze di realizzare plusvalenze da operazioni finanziarie piuttosto che dalla capacità di indicare un piano industriale adeguato che consentirebbe di rispettare in questo paese il diritto costituzionalmente garantito dall'articolo 16 della nostra Carta fondamentale?
Anche le recenti dimissioni dei vertici dell'azienda lasciano qualche perplessità. A tale riguardo, desidererei sapere se tali dimissioni siano state il frutto di una regia oppure erano concordate. Nutro il dubbio che si tratti di qualcosa di immediato, deciso solamente negli ultimi tempi.Pag. 43
Quali sono le ripercussioni sul valore di Alitalia di queste dimissioni? Come incidono le perdite di quest'anno e, soprattutto, quale conseguenza scontiamo, non tanto per le dimissioni, quanto piuttosto per ciò che si sta verificando economicamente sulle eventuali, pesanti svalutazioni? In questo momento, agli effetti della patrimonializzazione e del valore, il rapporto dollaro-euro, rispetto alle consistenze degli asset dell'azienda, che valore riesce poi a determinare agli effetti della vendita? Ora, siamo in presenza di un sistema di privatizzazione rispetto al quale non vorrei apparire come colui che è contro le privatizzazioni. Secondo me, però, troppo spesso si confondono i termini «privatizzazioni» e «liberalizzazioni»: si tratta di due cose molto diverse.
Vedo, invece, un pericolo - mi permetta l'estrema franchezza - nell'atto di indirizzo, un tentativo dirigistico attuato nel momento in cui, contemporaneamente, si va verso una forma di privatizzazione. Tuttavia, le privatizzazioni si fanno dopo le liberalizzazioni, cercando di capire che si liberalizzano ma non si privatizzano le strutture essenziali. Sono seriamente preoccupato che, dopo questo fatto, avvenga un simile processo in settori fondamentali, come si intravede già all'orizzonte: penso alla sanità, all'energia, alla salute, all'acqua, alla sicurezza, agli altri sistemi di trasporto e via di dicendo.
Siamo in presenza di una serie di piani industriali, con un vertice aziendale che ha dichiarato a giornali internazionali, come il Wall Street Journal, non più tardi di pochi mesi fa, che avrebbe messo in moto una macchina da guerra, fatto utili, assicurato il pareggio di bilancio al 2006, e che ci ha presentato piani industriali, tutti regolarmente contraddetti: non è, signor ministro, che queste dimissioni porteranno alla nomina del commissario, della stessa persona che in questo momento, invece, dovrebbe essere chiamata a profonde responsabilità per ciò che ha fatto, responsabilità che si cerca, al contrario, di imputare ai sindacati, demonizzandoli, quando questi non potevano non fare ciò che hanno fatto? Forse, addirittura, a volte, sono stati anche un po' blandi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi e colleghe, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni il gruppo della Rosa nel Pugno è stato felicemente e positivamente sorpreso dalla decisione del Governo di avviare questa procedura di alienazione della partecipazione pubblica in Alitalia.
La ragione per cui abbiamo accolto positivamente questa decisione sta nel fatto che ci appare l'unica idonea a garantire una discontinuità nella gestione di Alitalia rispetto ad un «andazzo» degli ultimi trent'anni che ha portato alla situazione che tutti noi conosciamo molto bene. È l'unica via per assoggettare Alitalia ai principi di mercato - quindi, per salvare l'azienda - che, altrimenti, sarebbe destinata a morte certa.
Tuttavia, la privatizzazione - anzi, l'alienazione delle quote, così com'è stato ricordato da molti altri colleghi - di per sé non garantisce che l'azienda non finisca per esaurirsi, divenendo preda di qualche gruppo che la svuoti, magari utilizzandone solo il nome o gli slot che possiede.
Quindi, ritengo che occorra tenere la barra dritta in tutti i passaggi di questa procedura - che mi sembra sia stata ben avviata - da una parte, contemperando la necessità di non fare fuggire gruppi industriali che intendano seriamente investire con un piano industriale nell'azienda (quindi evitando di mettere troppi paletti) e, dall'altra, evitando i rischi di svendite o manovre esclusivamente finanziarie.
Penso che questo tentativo si sarebbe già dovuto fare molti anni fa.
Sono lieto che lo si faccia ora. Sosterremo il ministro in questa procedura. Devo dire che vi sono tante organizzazioni corporative e sindacali, che a mio avviso sono fortemente corresponsabili dello stato di disastro in cui si trova la società.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Soffritti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SOFFRITTI. Desidero innanzitutto ringraziare il ministro, che ci ha dato la possibilità di discutere di questo tema particolarmente importante ed interessante. Prendo atto e condivido le considerazioni che ha svolto a proposito di Alitalia. Ho partecipato circa un mese fa all'incontro che c'è stato tra le due Commissioni congiunte di Camera e Senato, nel corso del quale sia il ministro Bianchi sia il ministro dell'economia e delle finanze hanno esposto la situazione di questa importantissima società nazionale. Vorrei ora svolgere alcune considerazioni di carattere generale. Il ministro Bianchi è al Governo da otto mesi, mentre stiamo parlando di una situazione che si sta trascinando da moltissimo tempo. Aggiungo che, se il Governo giunge alla proposta che ha formulato, ciò dipende dal fatto che non sono state compiute delle scelte. La situazione finanziaria era tale, che non era possibile nient'altro rispetto a ciò che è stato proposto dal Governo. Questa è la realtà in questo momento. Io l'ho vista così.
Credo che alla fine, quando ci sono queste crisi, sia l'elemento finanziario a determinarne la svolta. Io temo molto, perché noi abbiamo delle grandi responsabilità anche su altre grandi aziende pubbliche, dove il carico finanziario è di dimensioni enormi. Parlo di queste cose per arrivare ad un argomento, che qui è stato ampiamente trattato: quello delle privatizzazioni o delle liberalizzazioni. Credo - sto parlando per conto del partito dei Comunisti Italiani - che il tema da affrontare sia quello di riuscire a far convivere la presenza pubblica in queste grandi strutture con il mantenimento degli equilibri di bilancio, perché altrimenti noi parliamo, parliamo, parliamo, poi quando arriviamo alla fine succedono queste cose. Per fare ciò è necessario raggiungere un accordo serio, profondo e condiviso con le organizzazioni sindacali. Non si scappa dal rapporto con le organizzazioni sindacali.
Personalmente ho vissuto delle responsabilità abbastanza significative nel settore dei trasporti e credo che in questo ambito la situazione non sia dissimile. Lì c'è un elemento di fondo. Chi si illude, anche per un solo istante, di poter dirigere questi settori senza un rapporto stretto con le grandi organizzazioni sindacali sta vivendo fuori dalla realtà. Il risultato alla fine diventa devastante. La questione è che ci vuole la forza, il coraggio e la volontà, e a mio avviso questo Governo ha le condizioni politiche per fare tutto questo. Qui dentro qualcuno, che ora non è presente, ricordava che, se ci fosse stato qualcun altro, molto probabilmente lo sciopero non sarebbe stato revocato.

SIMONE BALDELLI. È presente, collega!

ROBERTO SOFFRITTI. Io credo che sia vero, ma ritengo che ciò significhi qualcosa di preciso. Vuol dire che c'è un rapporto che consente alle grandi organizzazioni sindacali di guardare a questo Governo in un determinato modo e penso che questo rapporto positivo che c'è debba essere mantenuto. Quindi, bene hanno fatto a trovare una soluzione che sposta e stabilisce l'incontro.

SIMONE BALDELLI. Li avrebbero precettati!

ROBERTO SOFFRITTI. Credo che in questa situazione ci sia la possibilità di individuare talune soluzioni. Adesso, alla fine del mese, scadrà il termine per la manifestazione di interesse, che dal punto di vista giuridico significa che ci sono delle persone che presentano una domanda e che i ministeri hanno la possibilità di verificare se costoro hanno le caratteristiche per partecipare al bando. Poi comincia la fase più delicata, in cui si fissano le clausole sociali; queste si fanno con i sindacati e si inseriscono all'interno del capitolato che si va a preparare, ed è quello il momento in cui ci si gioca la partita. Ed io credo che in quel momentoPag. 45sia indispensabile che quel 30 per cento resti tale, mentre l'altro 19 per cento resti in mani pubbliche.
Tutto questo sarà possibile se s'intreccia il capitolato e la clausola sociale e, quindi, se si raggiunge sostanzialmente un accordo vero e credibile fondato sul consenso dei sindacati.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Il ministro dell'economia ha detto altre cose!

ROBERTO SOFFRITTI. Ho sentito anche io che ha detto altre cose. Sto riferendo ciò che io penso rispetto a questo percorso. Se non vogliamo scivolare lentamente, anche senza volerlo, verso privatizzazioni diffuse, dobbiamo stabilire un raccordo profondo e vero con le organizzazioni sindacali. Non è vero che queste organizzazioni non comprendono i problemi delle aziende. Eccome se li comprendono, perché li misurano sulla pelle delle persone che lavorano!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Picano. Ne ha facoltà.

ANGELO PICANO. Presidente, signor ministro, noi abbiamo apprezzato l'orientamento del Governo sulla privatizzazione di Alitalia, soprattutto perché siamo convinti che o rompiamo il cordone ombelicale che porta la politica ad interferire pesantemente nella gestione delle aziende pubbliche o altrimenti non ne veniamo mai fuori, perché si favorisce una specie di deresponsabilizzazione del management. Spesso non si riesce a discernere esattamente le responsabilità personali dalle interferenze provenienti da altri settori della società nazionale. Certamente vi è stata una carenza di gestione, è evidente. La fuga precipitosa ci fa capire in quale stato comatoso versi Alitalia ed il Governo ha fatto bene a muoversi su questa linea. Aspettiamo naturalmente che arrivino le manifestazioni di intenti, con la speranza che vi sia qualche cordata di grande spessore e di grande professionalità che possa prendere in mano la compagnia.
Riteniamo che anche una vischiosità nelle relazioni industriali vada superata, in modo che le relazioni, più che mai necessarie per mantenere la pace nella società, ma anche per spingere avanti una politica di sviluppo societario, si indirizzino verso la concertazione, sempre più necessaria, alla luce della trasparenza dei rapporti tra sindacato e azienda.
Indubbiamente, vi sono altre carenze e il ministro ha fatto bene a ricordare che esiste un disegno di legge sulla riforma del trasporto aereo. Ci sono state altre carenze che hanno pesato sulla compagnia, come il mancato potenziamento degli aeroporti di Fiumicino e di Malpensa, e che in qualche modo si sono fatte sentire pesantemente sui risultati aziendali.
Il Governo è certamente cosciente della posizione geografica del nostro paese nel contesto europeo, che funge quasi da piattaforma logistica dell'intero continente ed è una specie di centro di passaggio tra le merci provenienti dall'oriente e le merci europee. Ciò richiede, quindi, una riflessione attenta sul trasporto aereo, uno degli strumenti di sviluppo della società moderna, perché sempre di più ne avremo bisogno e sempre più si moltiplica il traffico di merci e passeggeri, quindi, sempre migliore deve essere l'offerta di servizi moderni ed economici che il nostro paese deve offrire; altrimenti credo che la Cina o il Medio Oriente troveranno presto altri canali per arrivare in Europa. Noi abbiamo gli strumenti, invece, per candidarci ad essere uno dei punti di riferimento per lo sviluppo dei traffici in Europa, con grandi benefici per il nostro paese.
Il discorso sui trasporti deve essere globale e deve coinvolgere, oltre che il trasporto aereo, anche quello marittimo, quello autostradale e quello ferroviario. Credo, però, che a questo debba puntare il nostro Governo se vuole rendere un beneficio al paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Pag. 46

Sull'ordine dei lavori (ore 13,17).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, volevo portare alla sua attenzione un fatto accaduto fuori dell'aula ma all'interno di Montecitorio.
Apprendiamo dall'Ansa che il collega Caruso sostiene che ci sono due bombe molotov nel cortile della Camera. Molto probabilmente, ci si trova di fronte alla solita pagliacciata cui il collega Caruso ci ha abituato nel corso di questa legislatura. Un altro falso allarme c'era stato di recente, come lei ricorderà, Presidente, quando il collega Caruso ebbe ad annunciare ai giornalisti che era stata piantata della marijuana nelle fioriere della Camera. Credo che - al di là della frustrazione personale o politica dell'onorevole Caruso di non essere più un no-global rivoluzionario, di essere accusato dai suoi ex colleghi di lotta di essersi imborghesito e di essere magari accusato dai suoi nuovi colleghi di Governo di essere ancora un no-global - per la serietà dei lavori di quest'Assemblea, per il suo giusto funzionamento e per il rispetto che dobbiamo anche al personale della Camera, l'Ufficio di Presidenza anche in questa occasione debba assumere delle determinazioni.
Quindi, sottopongo alla sua attenzione questa vicenda perché non la si può soltanto lasciare alle agenzie di stampa o ai giornali. Credo che in quest'Assemblea vada sollevato il problema. Faccio appello alla sua sensibilità affinché porti in Ufficio di Presidenza tale questione, affinchè tale organo, con riferimento al comportamento del collega Caruso, adotti eventuali provvedimenti in merito.

PRESIDENTE. La Presidenza non è a conoscenza dei fatti, se non per la lettura del lancio di agenzia di qualche minuto fa. Accerteremo i fatti; in ogni caso, riferirò la sua sollecitazione al Presidente della Camera.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Cordoni, Folena, Gentiloni Silveri, Gozi, Landolfi, Melandri e Rigoni sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Nomina del presidente della Commissione straordinaria di liquidazione del comune di Taranto - n. 2-00226)

PRESIDENTE. L'onorevole Franzoso ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00226 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).

PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, intendo illustrare sinteticamente la mia interpellanza, anche perché credo che essa abbia in sé tutte le motivazioni per cui è stata presentata con urgenza. Non mi resta pertanto che stigmatizzare gli effetti di tale urgenza, atteso che, ancora prima che venisse nominato il commissario straordinario liquidatore del comune di Taranto, noi presentavamo istanza, il 9 novembre 2006, e siamo ridotti, a nomina avvenuta e dopo che è trascorso un notevole lasso di tempo, ad illustrare questa interpellanza, che ancora oggi conferma inPag. 47sé tutte le motivazioni poste alla sua base. Con questa interpellanza esponevamo i nostri dubbi sulle motivazioni e sull'opportunità che il dottor Boccia fosse nominato a capo della commissione di liquidazione del comune di Taranto, atteso che per lo stesso comune di Taranto è stato accertato - con atto del commissario, dottor Blonda, n. 234 del 17 ottobre 2006 - il dissesto finanziario.
Prima di ascoltare la risposta del Governo alle questioni poste nell'interpellanza, ricordo al ministro dell'interno che noi abbiamo presentato, in data 8 novembre 2006, una denuncia (sottoscritta da me unitamente al collega senatore Nessa), oltre che alla Corte dei conti, alla procura della Repubblica di Taranto ed allo stesso ministro dell'interno sulle motivazioni addotte dal commissario, dottor Blonda, per dichiarare il dissesto di Taranto. Siamo pertanto in attesa, sia in forma scritta, sia in via gerarchica o come si riterrà meglio opportuno, di una risposta da parte dello stesso ministro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Francesco Bonato, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO BONATO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, risponderò a breve nel merito. Rispetto alle stigmatizzazioni fatte dall'onorevole Franzoso, voglio sottolineare che da parte nostra, quando ci è stata comunicata la presentazione dell'interpellanza posta all'ordine del giorno, la nostra disponibilità è stata totale. A noi risulta che il suo svolgimento è stato più volte rinviato nel tempo su richiesta dell'interpellante. Ribadisco, quindi, che, quando l'interpellanza in esame era stata iscritta all'ordine del giorno dell'Assemblea, noi eravamo disponibili a dare da subito la risposta.
Rispondo ora nel merito all'interpellanza urgente dell'onorevole Franzoso sulla nomina del professor Boccia a presidente della commissione straordinaria di liquidazione del comune di Taranto. Le modalità di funzionamento dell'organo straordinario di liquidazione, sia nella forma monocratica, sia in quella collegiale, sono - come lei ben sa, onorevole Franzoso - tassativamente previste dagli articoli 252 e seguenti del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In particolare, la disposizione disciplina la composizione della commissione straordinaria di liquidazione, prevedendo, a tal fine, anche la procedura da seguire per la presidenza dell'organismo.
Sotto il profilo della competenza, l'organo straordinario di liquidazione è chiamato a pronunciarsi relativamente a fatti e ad atti di gestione che consistono nella rilevazione della massa passiva, nell'acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento, anche mediante l'alienazione dei beni patrimoniali, e nella liquidazione e pagamento della massa passiva. Altro adempimento assegnato all'organo straordinario di liquidazione è, infine, quello della denuncia alla procura regionale presso la Corte dei conti, nell'ipotesi in cui vengano accertati danni all'ente locale o all'erario.
Dall'impianto complessivo delle norme sopra citate, emerge che il legislatore ha inteso separare nettamente la gestione dell'ente locale in risanamento dalle funzioni di carattere strettamente tecnico-operativo, demandate all'organo straordinario di liquidazione, la cui attività, in nessun caso, si sovrappone a quella degli organi comunali, ancorché commissariati, svolgendo, nel contempo, funzioni essenziali di supporto e collaborazione al fine di promuovere, attraverso la più efficace gestione delle risorse acquisite, il reale risanamento dell'ente.
Ora, date la difficoltà di qualsivoglia risanamento di un ente in dissesto e la particolarità dei problemi che la situazione di Taranto presentava, l'orientamento che ha guidato l'azione del Ministero dell'interno è stata tutta rivolta alla ricerca di persone dotate di tecnicalità, esperienza e capacità tali da garantire l'assolvimento di un compito così gravoso, in cui le alte capacità professionali rappresentavano un requisito fondamentale e indispensabile. Un compito, tra l'altro, inPag. 48cui il rispetto delle procedure e delle disposizioni normative è fortemente cogente e lascia poco spazio, se non nulla, alla discrezione. L'attività dell'organo straordinario di liquidazione è, infatti, sottoposta, tra l'altro, alla vigilanza del Ministero dell'interno, attraverso la commissione centrale per la finanza locale. Quello che più importa, però, è che questo è un compito strettamente e sostanzialmente tecnico-amministrativo, in cui si tratta di accertare i requisiti di ammissibilità dei crediti verso l'ente e di recuperare le risorse da destinare alla liquidazione di tali debiti. Le caratteristiche prettamente tecnico-operative della commissione giustificano, dunque, la previsione normativa, secondo cui i componenti della stessa siano in possesso degli indispensabili requisiti di natura professionale, a fronte delle funzioni che sono chiamati a svolgere.
Ricordo che, su proposta del Ministero dell'interno, è stata nominata, con decreto del Presidente della Repubblica del 10 novembre 2006, la commissione straordinaria di liquidazione composta dal professor Francesco Boccia, capo del dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal dottor Mario Agostino Pazzaglia, segretario generale a riposo, e dal dottor Giuseppe Caricati, direttore amministrativo contabile presso la prefettura di Potenza. In conformità all'articolo 252 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il presidente viene eletto dalla commissione stessa poiché, come nella maggior parte degli organi collegiali, la scelta del presidente rientra nella libera determinazione dell'organo stesso che provvede ad eleggere, nel suo seno, il presidente.
Venendo ora, in modo specifico, ai rilievi mossi dagli onorevoli interpellanti, va precisato che il professor Francesco Boccia, oltre a rivestire le funzioni di dirigente statale di livello apicale, è professore associato universitario in discipline economiche, è stato ricercatore presso la London School of Economics and Political Science ed ha svolto significative esperienze di gestione negli enti locali.
Per quanto attiene ai profili di incompatibilità, ricordo che il comma 3 dell'articolo 2152 prevede espressamente che, ai componenti della commissione, si applichi la stessa disciplina delle incompatibilità prevista dall'articolo 236 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per la nomina dei revisori dei conti. Non può quindi far parte dell'organo di liquidazione straordinaria chi, nei due anni precedenti alla nomina, abbia rivestito l'incarico di componente degli organi dell'ente locale. Non risulta questa la situazione del professor Boccia, avendo ricoperto l'incarico di assessore presso il comune di Bari, in una realtà territoriale, quindi, diversa dall'ente locale cui è chiamato ad operare nell'ambito della commissione straordinaria di liquidazione.
La libera scelta operata dalla commissione stessa con il verbale n. 1 del 23 novembre 2006 (è stato nominato all'unanimità, come presidente, il professor Boccia) non è sindacabile, ricadendo nella libera espressione della volontà dell'organo, ma è condivisibile, essendo il professor Boccia, come precedentemente riferito, docente universitario di materie economiche e persona di riconosciuta ed apprezzata competenza.

PRESIDENTE. Il deputato Franzoso ha facoltà di replicare.

PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, sarebbe inopportuno considerarmi soddisfatto della risposta data dal sottosegretario, atteso che l'interpellanza urgente non verteva sull'incompatibilità ma sull'inopportunità di nominare il dottor Boccia, prescindendo dai requisiti e dal fatto che sia stato nominato dalla commissione. In quel periodo, tutti gli organi di stampa hanno preannunciato la nomina del professor Boccia a presidente della commissione liquidatoria per il dissesto finanziario di Taranto, e poi ciò si è avverato. La formalità della commissione che lo ha nominato è emblematica.Pag. 49
Conosciamo un po' tutti, poi, le funzioni demandate all'organo, cioè alla commissione, ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Il problema è proprio nella funzione che deve svolgere, che si rimarca ancora più rispetto al momento in cui è stata presentata l'interpellanza, quando ancora il professore non si era insediato, alla luce degli accadimenti seguiti all'insediamento. Ricordo, onorevole sottosegretario, che la tardività della risposta non può essere ascrivibile ad un rinvio avvenuto durante le feste di Natale, atteso che il dottor Boccia si è insediato una decina di giorni dopo la formulazione dell'interpellanza urgente.
Proprio nelle competenze sta l'inopportunità di avere indicato il professor Boccia, vista la specificità delle denunce della Corte dei conti in merito alla necessità di non sovrapporsi agli organi comunali, infatti, di fatto esercita una funzione demandata in una situazione ordinaria agli organi comunali, la vendita dei beni. La motivazione alla base della denuncia fatta dal sottoscritto alla Corte dei conti, al Ministero dell'interno ed alla procura della Repubblica verte sull'inopportunità di dichiarare il dissesto, che pesa negativamente sulla testa della società, proprio quella società che richiedeva trasparenza e legalità da parte di tutti e non solo di una parte.
Tale funzione avrebbe dovuto consigliare al Governo di evitare di nominare il professor Boccia, atteso che egli non è stato il candidato del comune di Canicattì o di una frazione, ma ha partecipato alla competizione riguardante le primarie per il governo regionale, nel 2005, con l'attuale presidente della regione, atteso che il professor Boccia è stato in carica, fino a poco tempo fa, come assessore al comune di Bari (per la verità, non con grandi meriti, visti i risultati, stando a quanto letto sui giornali che hanno riportato le considerazioni della stessa Corte dei conti) ed atteso che era pienamente occupato nelle funzioni svolte come consigliere presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
A tutto ciò si aggiunge che in questo periodo il professor Boccia, con tutte le conferenze stampa che sta svolgendo sul territorio, sta esercitando una funzione politica.
Vi è di più, caro sottosegretario, e lo constaterebbe ancora oggi! Se lei leggesse le notizie relative alla Puglia pubblicate sui giornali di ieri, scoprirebbe che vi è una diatriba tutta interna alla maggioranza, in particolare nel gruppo consiliare della Margherita della regione Puglia. Quel gruppo, infatti, si è spaccato verticalmente: cinque consiglieri regionali hanno chiesto le dimissioni dei propri assessori in giunta ed hanno affermato di riferirsi alla corrente del professor Boccia! Ciò significa che il professor Boccia svolge, in Puglia, una funzione politica, essendo addirittura capocorrente di un partito della maggioranza!
Se non sono queste le considerazioni che avrebbero dovuto portare quantomeno a considerare la inopportunità di nominare Francesco Boccia a capo della commissione straordinaria di liquidazione per effetto del dissesto del comune di Taranto, credo che dovremmo evidentemente convincerci di ciò che ho sempre detto e che continuo a sostenere. Ho sempre affermato, infatti, che questa maggioranza tende solo ad occupare tutte le poltrone possibili, in barba alla trasparenza e, se mi è consentito, data la mancanza di trasparenza, forse anche in barba all'opportunità ed alla legalità degli atti stessi, che andremo a verificare successivamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

(Iniziative per escludere le casse peota dal novero degli operatori finanziari di cui all'articolo 155 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - n. 2-00246)

PRESIDENTE. L'onorevole Martinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00246 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, il contenuto dell'interpellanzaPag. 50urgente che ho presentato risulta chiaro. Infatti, il decreto legislativo n. 385 del 1993, testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, contiene l'elenco generale degli intermediatori operanti nel settore finanziario. Tra questi, vi sono anche le casse peota, che possono svolgere la loro attività secondo quanto stabilito dalla delibera 9 febbraio 2000 del comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Tale deliberazione prevede un numero limitato di soci e stabilisce un importo massimo per la raccolta dei fondi.
Il problema che intendo evidenziare deriva dal provvedimento del 22 dicembre 2005 del direttore dell'Agenzia delle entrate, il quale obbliga tali casse peota ad utilizzare la casella di posta elettronica certificata: pertanto, sussisteva l'obbligo di attivare tale strumento di posta elettronica entro il 31 dicembre 2006; in caso contrario, sarebbero state comminate gravi sanzioni.
Vorrei segnalare che, ad oggi, numerose casse peota (soprattutto nella regione Veneto, come riportato nel testo della stessa interpellanza) non hanno ottemperato a tale disposizione, a causa sia della gravità e della complessità delle procedure, sia dei significativi oneri finanziari da esse comportati.
Voglio ricordare che le casse peota sono enti non costituiti in forma societaria, diffusi soprattutto nella regione Veneto, che svolgono attività di raccolta di fondi tra gli associati ed erogano finanziamenti nei confronti degli stessi, ispirandosi ai principi della mutualità. Segnalo che sono formate, per lo più, da persone anziane che quindi non hanno una notevole dimestichezza con i mezzi informatici, soprattutto con la posta elettronica certificata.
Con la presente interpellanza si chiede, quindi, di escludere le casse peota dai citati adempimenti, a causa dell'atipicità della loro forma societaria. Si domanda, inoltre, di disporre un'eventuale proroga dei termini di adempimento, al fine di evitare l'irrogazione di gravi sanzioni, come previsto dal citato provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Si chiede, infine (anche se ciò mi sembra difficile), se sia possibile eliminare i limiti relativi al numero di associati e all'importo massimo di raccolta fondi per associato. Si tratta di realtà molto particolari e quindi mi sembra effettivamente eccessivo parificare le casse peota agli istituti bancari e creditizi o simili. Non mi pare opportuno porre a carico di tali enti ulteriori oneri ed obblighi, soprattutto amministrativi, per lo svolgimento della loro attività; diversamente, essi dovrebbero chiudere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Nicola Sartor, ha facoltà di rispondere.

NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, nell'interpellanza in esame, le signorie loro onorevoli chiedono di eliminare l'obbligo, per le casse peota del Veneto, di fornirsi di un sistema di posta elettronica certificata per la trasmissione telematica delle richieste degli uffici finanziari, di cui all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (poteri degli uffici) ed all'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (attribuzioni e poteri degli uffici dell'imposta sul valore aggiunto), le cui modalità di attuazione sono state disposte dal provvedimento n. 188870 del 22 dicembre 2005 del direttore dell'Agenzia delle entrate, nonché di prorogare il termine per l'adozione di tale sistema di posta al 30 giugno 2007.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha osservato che, alla luce della normativa vigente, le casse peote sono soggette alle disposizioni di cui agli articoli 106 e seguenti del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), nonché all'iscrizione nell'apposito elenco degli intermediari finanziari tenuto dall'Ufficio italiano cambi, nella sezione loro riservata dall'articolo 155, comma 6, del predetto testo unico.
Ne consegue che i soggetti in argomento sono stati inseriti nell'elenco degli operatoriPag. 51finanziari di cui all'allegato 3 del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 dicembre 2005, contenente le disposizioni relative alle modalità di trasmissione telematica delle richieste e delle risposte, nonché dei dati, delle notizie e dei documenti in esse contenuti, ai sensi dell'articolo 32, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e dell'articolo 51, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Per quanto riguarda, dunque, la prima delle richieste formulate dagli onorevoli interpellanti, l'esclusione dei soggetti dall'elenco degli intermediari finanziari può avvenire solo tramite una modifica normativa, in considerazione delle fonti che li hanno inclusi (testo unico bancario e delibera del Comitato interministeriale del credito e risparmio), anche se può convenirsi sulla scarsa rilevanza fiscale ai fini delle indagini finanziarie degli operatori in oggetto.
L'Agenzia delle entrate ha precisato che, ad oggi, circa quaranta soggetti appartenenti alle casse peote hanno comunicato l'indirizzo di posta certificata. Occorre sottolineare, inoltre, che, ad avviso dell'Agenzia, la procedura non è né complessa né particolarmente onerosa.
Quanto alla richiesta di proroga del termine previsto per l'adozione del sistema di posta elettronica certificata, l'Agenzia delle entrate ha evidenziato che il nuovo sistema di colloquio è stato introdotto con gradualità ed avviato definitivamente dal 1o settembre del 2006, a seguito di proroghe disposte con i successivi provvedimenti del direttore dell'Agenzia del 24 febbraio 2006 e del 28 aprile 2006, anche per consentire le necessarie modifiche tecniche a tutti gli operatori finanziari.
Desidero, inoltre, precisare che recentemente (in data 16 gennaio 2007) l'Agenzia delle entrate ha inviato a tutti gli operatori finanziari una lettera con la quale si dà un ulteriore termine di 30 giorni per adeguarsi ai termini già due volte prorogati.

PRESIDENTE. L'onorevole Martinello ha facoltà di replicare.

LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatto, in quanto, se si dà atto che le casse peote hanno effettivamente una tematicità molto diversa da quella di altri intermediari bancari, è inopportuno inserire questo obbligo. Mi fa piacere, invece, che il direttore delle entrate abbia deciso la proroga e che non sia così fiscale nel perseguire o sanzionare meglio le casse peote nella loro attività, nel caso in cui si certifichi qualche mancanza in merito a questa comunicazione via telematica.

(Trattamento giuridico ed economico dei docenti civili di materie non militari delle scuole sottufficiali della Marina militare di Taranto e della Maddalena - n. 2-00265)

PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00265 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, provo un po' di disagio nell'illustrare questa interpellanza che tocca una categoria, quella dei docenti civili di materie non militari nelle scuole sottufficiali della Marina militare di Taranto e della Maddalena, legata all'amministrazione della difesa, senza soluzione di continuità da tantissimi anni, per mezzo di convenzioni previste dai decreti ministeriali del 20 dicembre 1971 e del 13 gennaio 1995, n. 165, emanati dal Ministero della difesa.
In più occasioni il gruppo dei Popolari-Udeur ha posto con forza questo problema, perché, nonostante i tantissimi anni di servizio alle dipendenze della suddetta amministrazione, questi insegnanti (per alcuni si parla addirittura di più di trent'anni) hanno sempre vissuto in uno stato di precarietà storica che non trova uguali in nessun'altra categoria di dipendenti dello Stato.Pag. 52
A questa condizione di incertezza del lavoro, si è aggiunto il disagio economico derivante dal fatto che gli stessi non hanno maturato alcuna anzianità di servizio, per cui sono sempre stati retribuiti alla stregua degli insegnanti della pubblica istruzione di prima nomina, senza mai nessuno scatto di anzianità o di progressione di carriera.
Con il recepimento da parte del Governo della direttiva europea sul lavoro a tempo determinato si è sperato in una possibilità di conversione delle convenzioni a termine in rapporti a tempo indeterminato, cosa che non si è verificata; pertanto, la tanto attesa stabilizzazione del rapporto di lavoro è rimasta una mera illusione. Inoltre, l'amministrazione ha assunto la decisione, per far fronte alle nuove e mutate esigenze didattiche, di affidare gli incarichi di insegnamento a docenti appartenenti a scuole private che, attraverso gare di appalto, si sono aggiudicate la possibilità di svolgere attività di insegnamento all'interno degli istituti militari. Si tratta di un altro autentico schiaffo.
Lo scorso anno i rispettivi comandanti delle scuole sottoufficiali di Taranto e de La Maddalena hanno comunicato che, a causa della riduzione degli stanziamenti, ad un numero cospicuo di insegnanti (15 su 39 a Taranto e 5 su 17 a La Maddalena) non sarebbe stata rinnovata la convenzione, per cui avrebbero perso il posto di lavoro. Gli insegnanti hanno intrapreso, quindi, alcune iniziative volte ad evitare il licenziamento, ma con conseguente riduzione delle retribuzioni pari ad un terzo dello stipendio, poiché le convenzioni sono state rinnovate per tutti ma a 12 ore, contro le normali 18 ore di lezione settimanali. Attualmente, questi insegnanti percepiscono uno stipendio che si aggira intorno agli 800 euro, che, come si può ben capire, sono assolutamente insufficienti a provvedere al fabbisogno di qualsiasi famiglia.
Il disagio in cui vivono questi insegnanti è gravissimo, per quanto attiene sia alla sfera della dignità personale e professionale, sia a quella puramente economica.
A La Maddalena il comandante ha preso immediatamente in esame la possibilità di distribuire i carichi didattici in maniera equa tra gli incaricati, attivando la direzione degli studi; a Taranto, invece, grazie all'iniziativa congiunta degli insegnanti e di alcune organizzazioni sindacali, si è giunti alla stipula di un accordo con i rappresentanti dell'ente difesa, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e dal comandante delle scuole sottoufficiali di Taranto, in cui, in via del tutto temporanea, si procedeva al rinnovo delle convenzioni a tutti i docenti alle condizioni sopra indicate (12 ore settimanali).
Nel corso della precedente legislatura, per sanare tale situazione di precariato pluriennale è stata approvata la legge 20 febbraio 2006, n. 79, che prevede l'immissione negli organici del personale civile della difesa di detti insegnanti, ma finora non è accaduto nulla.
Pertanto, come gruppo Popolari-Udeur ed interpretando anche il pensiero dell'onorevole Sgobio e dei suoi colleghi di gruppo, intendiamo porre con forza la seguente domanda. Chiediamo al sottosegretario presente se il Governo intenda assumere l'impegno affinché sia promosso un intervento forte e decisivo per risolvere definitivamente il problema della precarietà. Nella legge finanziaria sono stati compiuti sforzi enormi per sistemare migliaia e migliaia di lavoratori precari, ma non si riesce a trovare la soluzione per collocare 50-60 lavoratori che da trent'anni svolgono seriamente il loro lavoro necessario all'interno delle scuole dei sottufficiali della marina, sia a La Maddalena che a Taranto.
Nella legge finanziaria i gruppi dei Popolari-Udeur e dei Comunisti Italiani hanno presentato un emendamento per permettere tale stabilizzazione. Questa proposta emendativa è stata esclusa dal maxiemendamento presentato in prima lettura alla Camera. L'ordine del giorno relativo è stato accolto, anche se comePag. 53raccomandazione, dal Governo. Egualmente, durante la seconda lettura al Senato l'emendamento è stato escluso dal maxiemendamento. Nei giorni scorsi lo abbiamo ripresentato l'interno del cosiddetto provvedimento «mille proroghe». Ebbene, esso è stato già respinto dal Governo e quindi lo riprenderemo in Assemblea.
Signor sottosegretario, chiediamo se sia davvero così difficile trovare una soluzione per questi insegnanti. Ci domandiamo anche se essi non abbiano avuto il torto di servire fedelmente lo Stato con un'attività che non viene ripagata neppure in base alle normali tariffe sindacali previste per i docenti. Pertanto, chiediamo al Governo, in occasione della presentazione di questo emendamento, di assumere l'impegno di accoglierlo ed approvarlo. È vero che le risorse finanziarie sono sempre più esigue, ma non credo che si mandi in rovina lo Stato se, dopo quanto è stato fatto nella legge finanziaria per sistemare migliaia e migliaia di dipendenti precari di tutte le amministrazioni pubbliche, si compia uno sforzo davvero quasi insignificante per stabilizzare questi insegnanti che - ripeto ancora una volta - da trent'anni servono lo Stato gratis et amore Dei.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi, ha facoltà di rispondere.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il conferimento degli incarichi a docenti civili per l'insegnamento di materie non militari presso scuole, istituti ed enti della Marina e dell'Aeronautica è stato disciplinato con la legge n. 1023 del 1969. I predetti docenti, incaricati dell'insegnamento, sono scelti tra gli insegnanti di ruolo e non di ruolo abilitati di istituti e di scuole statali, previo nulla osta del Ministero della pubblica istruzione, mediante convenzioni annuali. I criteri e le modalità per la scelta di tali docenti e per la determinazione dei compensi da attribuire in relazione al livello didattico dei corsi di insegnamento sono stabiliti con decreto del ministro della difesa, da emanare di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze e con il ministro della pubblica istruzione.
In virtù di tali previsioni, le scuole sottufficiali di Taranto e de La Maddalena si avvalgono, da tempo, della collaborazione di docenti civili per l'insegnamento di materie non militari, in forza di contratti annuali stipulati sulla base della normativa in vigore e del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola.
Nel corso degli anni, il relativo rapporto negoziale è stato periodicamente rinnovato. Allo scadere del 2005, gli istituti di formazione hanno dovuto esaminare con cura l'esigenza dei presupposti per la conferma dei contratti di cui trattasi alla luce sia della prevista riduzione degli afflussi di personale non direttivo, cioè i volontari in ferma prefissata quadriennale, sia di contingenti restrizioni di natura finanziaria al bilancio dell'amministrazione della difesa. Le riduzioni di stanziamento operate al bilancio della difesa negli anni 2004-2006 - come ampiamente illustrato dal ministro della difesa in sede di audizione sulle linee programmatiche del dicastero, presso le Commissioni difesa riunite di Senato e Camera, nel luglio scorso - hanno avuto ed avranno conseguenze, nel breve e medio termine, sui capitoli di spesa relativi al reclutamento, alla formazione ed all'alloggiamento del personale militare, con possibili riflessi, in prospettiva, anche sulle capacità operative dello strumento militare.
In tale quadro, allo scopo di adeguare la struttura didattica ai nuovi limiti organici e finanziari, i comandi delle scuole hanno avviato una azione di revisione dei piani didattici stessi, prevedendo il ricorso alla docenza civile nella misura consentita, secondo i criteri di cui al citato decreto interministeriale. La scelta del Governo, finalizzata al contenimento della spesa pubblica, implica un'azione amministrativa indirizzata ad ottimizzare il rapporto tra risorse e sviluppo dello strumento militare. In tale contesto, l'amministrazione militare è pienamente consapevolePag. 54della notevole rilevanza che le attività dei docenti civili rivestono per il proprio funzionamento ma, soprattutto, della necessità di produrre il massimo sforzo consentito, al fine di garantirne la continuità. È proprio sulla base di tale consapevolezza che la difesa porrà la massima attenzione nel valutare le possibili azioni da intraprendere per mitigare, compatibilmente con le risorse che la legge finanziaria per il 2007 ha assegnato al bilancio della difesa, i riflessi che le riduzioni di stanziamento degli anni passati hanno prodotto sull'attività di docenza civile nelle scuole militari e per soddisfare, nel contempo, sia le esigenze proprie, sia le aspettative di quanti perseguono la via del legittimo riconoscimento di un rapporto stabile e duraturo di impiego.
Quindi, per quanto riguarda l'ultima sollecitazione rivolta dall'onorevole Satta, è chiaro che vi è una grande attenzione da parte del Ministero della difesa affinché si possa giungere rapidamente ad una stabilizzazione e si possa accettare la proposta che è stata formulata. Tuttavia, essa dovrà essere compendiata nell'ambito della proposta di bilancio che sarà presentata alle Camere.

PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di replicare.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, mi soffermo sulla parte finale della risposta del sottosegretario, dato che la prima parte è ineccepibile, in quanto ricostruisce perfettamente la storia di quanto è avvenuto. Come ripeto, è la parte finale quella che ci riguarda.
Prendo atto dell'impegno del sottosegretario e dell'intero Governo a risolvere definitivamente questo problema attraverso una norma che reperisca le risorse necessarie per assicurare giustizia. Si tratta infatti di una questione di giustizia sociale, di riconoscimento nei confronti di persone che hanno svolto il proprio dovere in una situazione difficile e non riconosciuta.
In ogni caso, ripresenteremo la questione in Assemblea, in occasione della discussione del provvedimento cosiddetto «mille proroghe» e ci proponiamo anche di presentare in Commissione difesa una risoluzione che impegni il Governo in tal senso.
Quello che chiediamo è uno sforzo forte, in quanto si tratta di docenti civili che hanno svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei sottufficiali della Marina a La Maddalena e a Taranto. Alcuni addirittura sono andati via, non avendo più alcuna speranza di risolvere la propria situazione lavorativa.
Ringrazio il sottosegretario per questo impegno, che mi auguro sia presto tradotto in una norma che assicuri finalmente giustizia ai lavoratori che hanno atteso trent'anni per ottenere il riconoscimento del lavoro svolto.

(Progetto di ampliamento delle infrastrutture militari statunitensi in provincia di Vicenza - n. 2-00311)

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00311 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, la nostra interpellanza affronta vicende e pone questioni gravi, che sono diventate ben più gravi dopo le ultime dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente Prodi da Bucarest. Non esito a definire tali dichiarazioni alquanto sorprendenti. Esse chiamano in causa nodi cruciali che attengono alla responsabilità politica del Governo e, persino, alla stessa concezione della sua legittimità nei rapporti con gli esecutivi precedenti; che, peraltro, presentano aspetti non pienamente congruenti rispetto ad affermazioni rese da autorevoli membri del Governo.
Proverò ad andare con ordine, esaminando la prima questione rilevante; mi riferisco alla sequenza dei fatti con cui il paese ha a che fare.
Il primo fatto risale a circa due anni fa, quando le autorità militari statunitensi hanno avviato le procedure per realizzarePag. 55la nuova base di Vicenza, nella cui caserma Ederle è già di stanza la 173o brigata Airborne.
Come vedremo, la decisione di dar vita a lavori di ampliamento e di potenziamento consegue ad un fatto che non è esclusivamente tecnico, ma strategico e quindi squisitamente politico. È dunque un fatto che coinvolge responsabilità politiche del nostro Governo in relazione al ruolo che i singoli Stati assumono nel sistema di guerra preventiva, permanente e globale, posto in essere e in attività dall'attuale amministrazione statunitense.
Ma, riprendiamo la nostra storia. Fin dalla primavera del 2005 le autorità militari statunitensi, peraltro con l'assistenza di tecnici del V reparto infrastrutture di Padova, avviano la progettazione esecutiva degli edifici e delle installazioni che dovrebbero ospitare le nuove unità all'interno della zona aeroportuale Dal Molin di Vicenza. Nello stesso periodo, lo stato maggiore dell'Aeronautica militare italiana dispone la chiusura o il trasferimento di tutti gli enti dislocati nel citato aeroporto, al fine di rendere libera l'area da ogni attività militare italiana.
Su questo punto si pone la prima domanda: perché queste decisioni? Sulla base di quali fondamenti si sono mosse le autorità militari e politiche americane in questi due anni? Su questo, signor Presidente, le risposte del Governo divergono e segnalano una gestione non totalmente trasparente della vicenda. Il Presidente Prodi, infatti, giustifica oggi la decisione affermando, tra l'altro, che essa era obbligata da precedenti scelte del Governo Berlusconi, soggiungendo che quando si va al governo si devono assumere attivi e passivi della gestione precedente.
Dunque, il Presidente fa riferimento a decisioni del Governo di centrodestra, che oggi non sarebbe stato possibile smentire; il che naturalmente pone, come dicevo all'inizio, questioni anche rilevanti dal punto di vista costituzionale. Signor Presidente, il punto è - e qui mi fermo nell'illustrazione della interpellanza, riservandomi in sede di replica di trattare gli altri aspetti - che oggi, proprio su tale questione, cioè sul fatto che vi siano o meno decisioni lasciate in eredità dal precedente esecutivo, registriamo interpretazioni del tutto difformi da parte di altri autorevoli ministri. Mi riferisco al vicepresidente Rutelli, al vicepresidente e ministro degli esteri D'Alema, al ministro della difesa Parisi.
Il primo di essi, in verità, fin dal maggio del 2006, rispondendo ad una interrogazione parlamentare rivoltagli dal collega Fabris, riferendosi agli atti del Governo Berlusconi aveva parlato di una mera ipotesi e di una disponibilità di massima, peraltro condizionata all'assunzione di un preciso piano di transizione sulla tempistica, che, signor sottosegretario, veniva considerato dal vicepresidente Rutelli come necessario «perché l'attività deve coinvolgere tutti i livelli, innanzitutto gli enti territoriali, perché ne sia informata ovviamente la popolazione locale».
Ad oggi, ed esattamente l'altro ieri, il vicepresidente e ministro degli esteri D'Alema ha chiarito che non esiste alcun atto ufficiale del Governo Berlusconi e che l'unico documento reperito è una lettera informativa scritta dal capo di stato maggiore delle Forze armate; da ultimo, proprio ieri, il ministro Parisi, per non smentire se stesso perché aveva già detto queste cose nei mesi scorsi, ha affermato che il Governo Berlusconi non aveva sottoscritto alcun impegno con Washington, ma aveva solo manifestato una disponibilità a considerare il progetto e questo aveva generato delle aspettative negli americani.
Allora, la questione è capire come stiano le cose: se si trattava o meno di decisioni impegnative e vincolanti; e se oggi consideriamo impegnative e vincolanti, paradossalmente, le «aspettative» degli americani (il che sarebbe davvero alquanto imbarazzante) oppure, semplicemente, se si tratta di una decisione sovrana assunta dall'Esecutivo, che tuttavia intende ridurne la rilevanza e la portata, forse anche perché tale decisione stride, piaccia o non piaccia, con gli impegni enunciati nel programma dell'Unione. Ricordo, infatti, che in tale programma si sostiene la necessità di «ridefinire le servitùPag. 56militari attraverso una conferenza nazionale», della quale non si è ancora vista la pallida ombra.
Insomma, qui abbiamo dei lavori che sono cominciati già tanto tempo fa!
Lo scorso 26 luglio, il ministro della difesa disse che il Governo intendeva riconsiderare il progetto della nuova base di Vicenza ma - ahimè! - il 6 luglio, cioè venti giorni prima, aveva già dato il via ai lavori di carotaggio, sulla base di un incontro tra autorità italiane e americane.
Mi fermo qui, ma questo è un primo aspetto. Vi sono altri temi che emergono nella nostra interpellanza, sui quali gradirei dei chiarimenti dal sottosegretario, che ringrazio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi, ha facoltà di rispondere.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, vista l'importanza della questione sollevata dall'onorevole Burgio e soprattutto vista anche l'eco che la stessa decisione ha sollevato, sia nell'aula del Parlamento, sia al di fuori, nei mass media, su giornali e televisioni, a fronte anche della richiesta che c'è stata da parte di alcuni parlamentari di una informativa molto puntuale e precisa da parte del Governo su questa vicenda, l'esecutivo nella persona del ministro si riserva di venire in Assemblea entro la prossima settimana, a rispondere a questa interpellanza e alle altre questioni che verranno sollevate. Si chiede quindi, se possibile, il rinvio della risposta all'interpellanza.

PRESIDENTE. Deputato Burgio, se vuole, ha facoltà di dichiarare se accede alla richiesta di rinvio avanzata dal sottosegretario Verzaschi, anche in considerazione del fatto che ieri è stata chiesta una informativa urgente sul medesimo argomento. Quindi lei, se lo ritiene, può anche dichiarare la sua disponibilità al rinvio dello svolgimento della sua interpellanza, così come proposto dal sottosegretario.

ALBERTO BURGIO. Non ho capito, signor Presidente: si tratta di un rinvio dello svolgimento dell'interpellanza oppure di un ritiro dell'interpellanza in considerazione della preannunziata informativa?

PRESIDENTE. Chiedo al sottosegretario Verzaschi di chiarire se proponga un rinvio dello svolgimento dell'interpellanza oppure se abbia inteso comunicare all'Assemblea che la questione sollevata con l'interpellanza Burgio sarà invece trattata dal Governo, nella persona del ministro - mi è parso di capire la settimana prossima - sulla base di accordi che dovranno intercorrere con la Presidenza.

MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il ministro vorrebbe rispondere di persona all'interpellanza dell'onorevole Burgio, anche in considerazione del fatto che sulla vicenda sollevata altri parlamentari hanno chiesto una esaustiva illustrazione. Credo quindi che, vista l'importanza e il rilievo della vicenda, essa necessiti di essere discussa in maniera molto più approfondita.

PRESIDENTE. Se mi consentite, vorrei provare a chiarire la questione. Ieri, è stata chiesta da diversi deputati una informativa urgente del Governo sull'orientamento dell'Esecutivo rispetto alla questione della base di Vicenza e a ciò che da quella vicenda si può dedurre in quanto ad orientamento politico del Governo stesso, in tema di politica estera, di difesa e così via.
Quindi, se ho capito bene, facendo riferimento a queste richieste e alla disponibilità che il Governo ha manifestato (già ieri tramite il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento) a svolgere un'informativa in merito con una rappresentanza dell'Esecutivo ai massimi livelli già la settimana prossima (la Presidenza della Camera deve ancora concordare le modalità), la risposta alle questioni sollevate nell'interpellanza Burgio verrà fornita nell'ambito di una discussione più articolata.
In ogni caso, sottosegretario Verzaschi, se ho capito bene, ciò non significa che ilPag. 57ministro verrà a rispondere all'interpellanza urgente presentata dal deputato Burgio, bensì si pronuncerà riguardo alle varie sollecitazioni.

ALBERTO BURGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, per un principio di economia dei tempi, suggerirei, se lei me lo permette, la seguente soluzione: io replicherei adesso al sottosegretario, dopodiché, proprio perché attraverso la mia risposta intendevo completare il ragionamento, preciserò altre domande. Successivamente, verificheremo la disponibilità di fatto del ministro a rispondere alle domande che prendono forma proprio dall'illustrazione e dalla replica originate dalla mia interpellanza urgente.

PRESIDENTE. Va benissimo, onorevole Burgio.

ALBERTO BURGIO. Se poi egli si riferisca a me, o meno rileva poco: ciò che conta è la non dispersione di queste domande nell'ambito della generica risposta o informativa del Governo.
Io intendevo porre brevemente in evidenza altre due questioni, oltre a quella già illustrata. La prima, forse di gran lunga la più essenziale, attiene alla sostanza politica di ciò di cui stiamo discutendo. Infatti, in realtà, si è voluto presentare questo potenziamento, questo raddoppiamento della base di Vicenza come una decisione meramente tecnica, addirittura derubricandola a questione urbanistico-territoriale.
Credo che non dobbiamo perdere di vista - anche su questo punto desidererei che il Governo si pronunciasse - il vero atto politico e strategico che l'autorità militare americana ha deciso di compiere mutando la natura della brigata Airborne, che diviene squadra di combattimento secondo un'informativa resa dal comandante delle forze americane di stanza in Europa, generale Jones, già il 7 marzo 2006. In questo modo si trasformano le forze stanziate a Ederle e nella nuova base nell'unica unità aviotrasportata e nell'unica forza di risposta rapida alle dipendenze del comando europeo in tutta Europa: altro che decisione di natura urbanistica! Si tratta di dare semaforo verde allo stanziamento di una unità che sarebbe destinata ad interventi di proiezione aggressiva in tutta l'area di competenza del comando europeo: stiamo parlando di 91 paesi compresi tra la regione caspica, il Caucaso, tutto il Medio Oriente ed il continente africano.
Consiste in questo - la domanda è retorica - il dialogo euromediterraneo inserito nel programma dell'Unione?
L'Italia rischia di essere trasformata in un unico e fondamentale trampolino di lancio per una forza di aggressione puntata su tutte le aree citate in precedenza; ciò accade - non possiamo nasconderci dietro un dito - nel momento in cui l'amministrazione americana punta sulla guerra per consolidare un sistema internazionale di potenza pianificando l'escalation in Iraq, prevedendo la durevole occupazione militare dell'Afghanistan, decidendo in totale autonomia (scontentando anche questo Governo) i bombardamenti sul Corno d'Africa e non escludendo interventi nucleari in Iraq.
Vogliamo che questo paese diventi il nodo strategico fondamentale del sistema di guerra americano? Non credo che noi si debba scantonare. Sappiamo anche che in Italia vi sono otto basi e che tre di queste (Camp Derby, Sigonella e quelle di Aviano, tristemente famosa per la vicenda di Abu Omar) sono già state incrementate negli scorsi mesi, mentre ora si vuole incrementare anche quella di Vicenza.
Chiudo questa metaforica replica facendo riferimento all'ultimo accenno - invero, alquanto misterioso - del Presidente Prodi, il quale, criticando giustamente i passi compiuti dal precedente Governo, lamentava un mancato coinvolgimento dell'opinione pubblica nelle trattative informali con gli americani. Ma io domando se adesso forse l'opinione pubblica viene coinvolta o considerata. StiamoPag. 58ai fatti. Da una parte abbiamo il comune di Vicenza, che a maggioranza delibera a favore di questo sviluppo e addirittura prevede uno stanziamento di circa 40 milioni di euro! È bene infatti che i cittadini italiani sappiano che il 41 per cento delle spese di mantenimento della forza americana è a carico della fiscalità generale di questo paese, cioè a carico del cittadino italiano. È bene che questo lo si sappia. Da una parte, quindi, abbiamo questa decisione del comune di Vicenza, dall'altra abbiamo tutti i sondaggi, tutte le inchieste giornalistiche e tutte le rilevazioni, che attestano una ferma avversione della popolazione vicentina e dell'intera popolazione italiana a questa decisione.
Mi limito a citare un dato che era oggi sui giornali: il 58 per cento degli elettori dell'Unione è contrario alla decisione annunciata dal Presidente Prodi e, viceversa, il 52 per cento degli elettori del centrodestra è favorevole. Anche questo è un fatto politico, mi pare. Una sorta di cambio della base sociale ed elettorale del Governo, che riflette il connotato politico di questa decisione e la gravità dei problemi di una scelta, che cade all'indomani di una finanziaria che incrementa dell'11,7 per cento gli stanziamenti per la difesa e, in generale, la spesa militare, peraltro alla vigilia di una discussione sulla missione in Afghanistan che non si annuncia propriamente serena, anche considerando il fatto che nessuno degli impegni assunti allora dal Governo in relazione alla missione afghana è stato mantenuto, a cominciare da quel comitato di monitoraggio, che fu presentato come il segno più importante di questa presunta discontinuità.
In conclusione affermo che noi siamo fermamente contrari a questa decisione, che pensiamo e speriamo possa essere revocata, non essendo ancora stata formalizzata. Ci pensi bene il Governo. Noi non possiamo accettare che si continui a profanare - uso un termine consapevolmente forte - la nostra Costituzione: da una parte si discorre di missioni di pace, dall'altra parte si fa del paese lo snodo strategico cruciale in un sistema di guerra. Non siamo d'accordo. Ripeto, non siamo d'accordo. Chiediamo al Governo di ripensarci. Chiediamo che rispetti la volontà della popolazione vicentina ed italiana, venga in Parlamento a riferire e a rispondere a queste e ad altre domande incresciose, che la nostra popolazione e il popolo della pace - con i voti del quale questo Governo ha potuto insediarsi alla guida del paese - pone; che, infine, risponda adeguatamente.

(Iniziative per la conservazione dei documenti processuali relativi alla strage di Piazza Fontana - n. 2-00271)

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00271 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).

ALBERTO BURGIO. Vorrei illustrare l'interpellanza, questa volta molto brevemente ed anche meno drammaticamente, anche se i fatti di cui essa tratta sono altrettanto tragici per la storia del nostro paese. Molto schematicamente, la situazione, della quale è ben a conoscenza anche il guardasigilli, che ha avuto modo di pronunciarsi a questo riguardo, è incresciosa. Praticamente l'intero fondo processuale connesso alla strage di Piazza Fontana - si tratta di circa mezzo milione di documenti - è in uno stato di tale deperimento, che rischia di essere totalmente inutilizzabile, non fruibile dal punto di vista della rilevanza civile e della utilità ai fini della ricostruzione storica. Rischia quindi di essere perduto sul terreno di un'azione politica di ricostruzione della memoria storica e persino di essere perso ai fini di un'ulteriore azione giudiziaria, che dovrebbe poter essere sempre esercitabile.
Non dimentichiamo che l'insieme unitario delle vicende connesse alla strategia della tensione attende in larga misura ancora l'individuazione dei responsabili. È uno stato di cose increscioso in relazione al quale i familiari delle vittime della strage si rivolsero, nel maggio 2005, all'allora Presidente della Repubblica, affermandoPag. 59il loro sgomento per questo stato di cose e sostenendo che la perdita anche di un solo tassello di quella storia significherebbe «vedere i nostri morti innocenti morire una seconda volta».
Ricordo molto brevemente, perché tutti qui ne siamo consapevoli, che Piazza Fontana fu non solo l'incipit, ma in qualche misura l'emblema di quella strategia della tensione che oggi gli storici riconoscono nella sua unitarietà e nella sua coerenza di ordito eversivo, che vide coinvolto in primo luogo il terrorismo neofascista, ma anche apparati legali deviati, come si suole dire, dello Stato, delle Forze armate e dei servizi. Visto che la storia ha buona memoria - noi, al contrario, non sempre - già rintracciamo anche in questa vicenda elementi che poi troviamo in quella di cui ci siamo occupati poc'anzi, perché anche nella strategia della tensione troviamo una traccia americana non flebile. La CIA, come gli storici hanno appurato e come fu peraltro documentato già nel 1975 nel rapporto della commissione Rockefeller, diede vita nel 1967, dunque due anni prima della strage di Piazza Fontana, all'operazione Kaos, pilotando l'infiltrazione di propri elementi nelle associazioni della sinistra che allora si definiva extraparlamentare.
Questo stato di cose è grave. Perdere un ingente patrimonio documentale sarebbe davvero una sciagura, perché impedirebbe la costruzione e la salvaguardia di una memoria storica di quei giovani, che oggi già tendono a non sapere. Recentemente leggevamo in qualche giornale che il 18 per cento dei giovani non sa nulla della strage. Sono tantissimi. La cosa è ancora più inquietante se consideriamo che nel 2000, appena sei anni fa, erano solo il 3 per cento.
Secondo un altro sondaggio il 43 per cento degli intervistati ritiene le Brigate rosse responsabili della strage di Piazza Fontana. È, dunque, urgente e necessario assicurare la conservazione di questo materiale. Nell'interpellanza ricordiamo che vi sono significativi precedenti positivi: a Brescia, dove è stata costruita una casa della memoria, che tutela e ordina i materiali di Piazza della Loggia; a Bologna, dove analoga iniziativa concerne la vicenda di Ustica.
Noi chiediamo quindi al ministro, che si è dichiarato consapevole e sensibile nei confronti di questo problema, quali misure intenda assumere per sottrarre all'attuale stato di deperimento e di rischio gli atti processuali relativi alla strage di Piazza Fontana.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevole Burgio, il presidente del tribunale di Catanzaro ha precisato che il materiale giudiziario afferente alla strage di Piazza Fontana è costituito da un unico procedimento composto da centinaia di faldoni che vedono la confluenza di quattro inchieste, con tutto il complesso iter giudiziario che ne è seguito in appello e in cassazione: Roma, Milano, Treviso e Catanzaro. Tutti gli atti sono di natura cartacea, in massima parte si tratta di fogli dattiloscritti quasi sbiaditi per il lungo tempo trascorso.
Gli stessi indici processuali sono parziali e spesso sul frontespizio dei singoli faldoni, contenente ognuno centinaia di pagine, neanche è indicato il contenuto. Tutto l'incartamento, che è di oltre 500 mila pagine, ha subito numerose trasferte tra diverse sedi giudiziarie e, quindi, c'è stato anche un «maltrattamento» del materiale cartaceo dovuto a questi continui spostamenti. Il presidente del tribunale di Catanzaro ha comunque chiarito che, attualmente, tutto il materiale si trova ben custodito, sia pure mal ridotto, negli archivi del tribunale di Catanzaro, ubicati nel nuovo palazzo di giustizia Francesco Ferlaino, in ambiente conforme alle prescrizioni. Quindi, intanto si è evitato quello che stava avvenendo, ossia l'ulteriore deperimento e depauperamento del materiale.
Il Ministero - il ministro in prima persona - è impegnato in questa battagliaPag. 60culturale e di civiltà, volta alla salvaguardia di questo immenso materiale storico e giudiziario. Un intervento in tal senso è già stato fatto, sperimentato positivamente, per gli atti relativi al gravissimo attentato di Piazza della Loggia a Brescia. In quel caso, è stata costituita la banca dati elettronica degli atti e dei documenti processuali. Sicché, partendo da questa esperienza, si è pensato di estendere la classificazione e l'informatizzazione di tutti i processi di terrorismo che hanno funestato il nostro paese dagli anni '60 ai primi anni '80. Ovviamente, il processo di Piazza Fontana costituisce il primo e il più importante e drammatico documento storico e giudiziario - assolutamente necessario per capire la storia del nostro paese e per essere fonte di conoscenza, che, diversamente, andrebbe dispersa - che non può essere sottratto alla conoscenza degli studiosi, delle università, del mondo scientifico e di tutti i cittadini. Personalmente, ho vissuto sei anni della mia vita soltanto trattando il processo di Catanzaro e, fortunatamente, penseremo anche al completamento dei fascicoli, qualora fossero andati sbiaditi, con l'apporto di tutti gli avvocati che hanno partecipato al processo - con i quali abbiamo preso già contatti - perché mettano a disposizione le loro copie per poter ricostruire la fascicolazione e, una volta attuato tutto ciò, si passerà alla digitalizzazione degli stessi.
A questo fine il ministro della giustizia ha dato queste disposizioni: individuare in maniera puntuale e completa l'intera base documentale del procedimento e, poi, salvare e conservare in modo elettronico tutti gli atti e i documenti (in questo modo si può individuare una modalità di fruizione del materiale da parte degli addetti ai lavori, mettendolo poi a disposizione del mondo scientifico, dell'università e dei cittadini); inoltre, utilizzare l'esperienza già sperimentata per l'informatizzazione del processo relativo alla strage di Piazza della Loggia anche per gli altri processi di terrorismo; di conseguenza, utilizzare la convenzione del progetto cosiddetto «lotta agli sprechi», che è cofinanziato dal Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, con un progetto che veda coinvolto anche quest'altro dicastero.
Sono state richieste, in questo senso, precise informazioni alle corti di appello di Catanzaro e di Milano, che sono i due centri in cui sono stati celebrati processi nelle diverse fasi, l'ultima e quella precedente (quella storica), per individuare, proprio nella sua completezza, la quantità del materiale. Quando gli uffici giudiziari avranno fornito i chiarimenti da noi richiesti, potremo quantificare in dettaglio l'impegno economico, perché è necessario avere una base di partenza per poter affrontare economicamente la questione e, quindi, provvedere ai necessari stanziamenti, che avranno priorità assoluta; quindi, si attiveranno tutte le procedure amministrative, anche potenziando il sito internet istituzionale del Ministero, in modo da consentire anche la consultazione degli atti. Contemporaneamente, verrà avviato dal Dicastero il lavoro per l'informatizzazione dei processi per la strage di Bologna del 2 agosto del 1980, per il disastro aereo del DC9 Itavia nei cieli di Ustica, del 27 giugno 1980, per gli attentati al treno n. 904, del 23 dicembre 1984 e al treno Italicus, del 4 agosto 1974. Questo è il programma che si è stabilito al Dicastero.

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto per la risposta, con una piccolissima glossa: trovo che quanto ci ha testé detto il sottosegretario, che ringrazio, a proposito dello stato, se non altro di arresto, del processo di deperimento, è positivo. Naturalmente, bisogna considerare che anche nella migliore delle sedi, nella più acconcia, il deperimento va avanti per ragioni materiche, perché gli inchiostri perdono visibilità e le carte perdono in consistenza. Per cui, non basta ben conservare e, comunque, anche ove avessimo raggiunto la certezza che i documenti non vadano persi, rimane - come diceva, da ultimo, il sottosegretario - il problema della fruizione dei documentiPag. 61stessi. Infatti, se i documenti non sono fruibili è come se non esistessero; sarebbero morti, a dispetto della loro conservazione. Apprendiamo, dunque, con soddisfazione, i propositi del ministro, rispetto ai quali avremmo gradito una più impegnativa tempistica. A tal riguardo, ci attendiamo ulteriori informazioni e, d'altra parte, seguiremo con attenzione costante questa vicenda.
Aggiungo solo un punto: credo che - tale era lo spirito della nostra interpellanza - sia vitale determinare, a valle di tale processo di conservazione, l'unità dell'intero corpus documentale che riguarda la vicenda della strategia della tensione, unità anche solo informatica, non necessariamente fisica; non stiamo pensando necessariamente ad una concentrazione, che sarebbe anche problematica dal punto di vista del reperimento dei luoghi, ma alla possibilità di unificare sul terreno informatico questo materiale. La strategia della tensione, infatti, costituisce un insieme complessivo e dalla possibilità di incrociare i summenzionati dati, potrebbero derivare - questa è convinzione di quanti se ne sono occupati e, quindi, probabilmente essa è condivisa anche dal signor sottosegretario - nuovi elementi significativi sul terreno giudiziario o sul terreno storiografico.
Tutto ciò presuppone il riordino, la schedatura, la trascrizione di tutti i documenti e per tali attività (ci eravamo permessi anche di segnalare ciò nell'interpellanza) sappiamo esistere forze ingenti nel paese, nei dipartimenti di storia, negli enti di ricerca, negli istituti per la storia del movimento di liberazione. Vi sono moltissimi giovani specialisti, laureati, dottori di ricerca in storia contemporanea, guidati da storici specialisti, che potrebbero mettere al servizio di questa iniziativa le loro forze e le loro competenze. La ringrazio, signor Presidente.

(Progetto di realizzazione di insediamenti abitativi nell'area del Chianti in Toscana - n. 2-00240)

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00240 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, questa interpellanza, che riguarda problemi urbanistici territoriali, è poca cosa rispetto al tema affrontato poc'anzi dal collega Burgio, che, non le sarà sfuggito - e credo che dovrà comunicarlo al Presidente della Camera - ha, di fatto, aperto una crisi parlamentare di non mantenimento di fiducia a questo Governo, con riferimento all'articolo 11 della Costituzione.
La mia interpellanza richiama l'articolo 9 della Carta costituzionale, che si riferisce alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione e ha ad oggetto quella bellissima zona del Chianti, nel territorio del comune di Greve in Chianti, che ha dato i natali anche a Verrazzano, esploratore e navigatore, cui gli americani hanno intitolato un ponte, quello da cui parte la famosa maratona di New York.
Ebbene, l'amministrazione comunale ha deciso, in queste terre famosissime in Italia e nel mondo, insediamenti abitativi per oltre 50 mila metri cubi, con un giro di affari di quasi 100 milioni di euro. La lottizzazione più importante di questo scempio è quella di Palaia nella frazione Chiocchio: una previsione del piano di fabbricazione del 1971 che il comune di Greve in Chianti ha tenuto in serbo per quasi quarant'anni e che ora consente di costruire una spianata di cemento di oltre 29-30 mila metri cubi. Sono circa 250, in totale, i nuovi appartamenti che vengono costruiti in un contesto ambientale e culturale che crediamo vada rispettato.
Si chiede, quindi, al Governo come mai tutto questo cemento in uno dei luoghi più belli della campagna toscana e come mai proprio ora. Inoltre, chiediamo quali sono le iniziative da avviare per scongiurare lo scempio urbanistico e territoriale prospettato. Fra l'altro, ricordo che, oltre a questi argomenti che riguardano la Toscana e la zona dei Liguri apuani, dove abito, ho presentato un'interrogazione che riguarda le Cinque Terre, anch'esso uno dei luoghiPag. 62più belli d'Italia, reso famoso da Lord Byron, come da poeti e pittori, cui il Governo non dà risposta.
Ritengo che l'attuale Governo stia estremizzando questi problemi urbanistici e territoriali e che, in tali casi, si possa parlare di violazione dell'articolo 9 della Costituzione. Non concordo, invece, con il collega che mi ha preceduto in relazione alla violazione dell'articolo 11, cui il Governo sicuramente ottempera. Mi trovo, quindi, in tal caso, dalla parte del Governo e non dalla parte di chi, prima di me, ha voluto addirittura aprire una crisi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Danielle Mazzonis, ha facoltà di rispondere.

DANIELLE MAZZONIS, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, vorrei anzitutto premettere che l'area in oggetto non è attualmente sottoposta a tutela paesaggistica seppure, già nel 2002, la sovrintendenza territoriale ha pensato di proporla alla regione Toscana. La procedura era in corso, quando è subentrato il codice dei beni culturali e paesaggistici nel 2004, rimettendo in causa alcune procedure che riguardavano le tutele.
Il problema è perdurato. È stato affrontato in varie sedi e riunioni collettive, però soltanto qualche mese fa la direzione regionale Toscana per i beni culturali e paesaggistici, proprio per le difficoltà di collegamento ed il numero degli attori coinvolti (è noto che si sta studiando come modificare il codice su alcuni aspetti, per trovare soluzioni più congrue e più rapide, dato che la natura delle norme genera difficoltà sugli accordi in merito alle questioni paesaggistiche) ha proposto una riunione con i soprintendenti, l'amministrazione comunale di Greve, la regione Toscana e la provincia di Firenze per trovare una soluzione a questa situazione, che anche la nostra soprintendenza considera un problema.
Si è cercato di capire se fosse possibile intervenire con un vincolo sostitutivo ministeriale o, in applicazione del codice, se bisognasse aspettare le commissioni regionali, in fase di nomina. In un modo o nell'altro si sta pensando di intervenire.
Vorrei dettagliare l'incontro per far capire che la questione non è sorta poco tempo fa, ma che si tratta di una storia (riassunta in una riunione di cui esiste un verbale dettagliato dallo stesso architetto del comune di Greve, a cui è stata richiesto non solo di riassumere la riunione ma anche di fornire la documentazione in suo possesso) che vale la pena riprendere.
La storia ha inizio nel 1974, quando è presentata la richiesta di un programma di fabbricazione. In risposta alla richiesta, sono emessi tre decreti di tutela. Votano a favore tutti, tranne il sindaco di Greve. Nel 1991, è presentato un progetto di lottizzazione, seppure nel rispetto paesaggistico, con un programma di fabbricazione. Il comune non approva il progetto in commissione urbanistica. La proprietà ricorre al TAR della Toscana contro il rifiuto e vince il ricorso.
Nel 1994, il comune di Greve approva una variante al piano regolatore per mettere in salvaguardia l'area. Nel 1999, rivede il piano strutturale approfittando del fatto che era stato autorizzato con legge regionale un processo di stralcio sulle previsioni urbanistiche non attuate. Pertanto, si riduce la capacità di costruzione nell'area di Palaia da 39 mila metri quadri a 29 mila. La proprietà presenta un nuovo ricorso e, per la seconda volta, nel 1999, vince.
L'amministrazione comunale, a questo punto, ha due possibilità: presentare ricorso al Consiglio di Stato (fatto che, in genere, avendo due sentenze contrarie, non porta a grandi risultati) o cercare di trovare un accordo per porre fine al contenzioso. Il 14 aprile 2001 si arriva ad una soluzione e nell'atto si decide che, invece dei 70 mila metri cubi previsti, se ne possano costruire 29 mila, e che la superficie su cui si può insistere passi da 140 mila a 70 mila, con una forte riduzione rispetto alla proposta. Oltre alla riduzione delle volumetrie, il lottizzante doveva garantire tutte le opere pubbliche collegate, il depuratore per la frazione diPag. 63Palaia, il passaggio pedonale lungo la strada regionale e l'ampliamento del deposito dell'acquedotto.
A seguito di tale accordo, il comune ha corretto il piano strutturale e si è impegnato a pubblicare nuovamente lo strumento urbanistico. Si possono ancora formulare osservazioni a questo piano urbanistico fino alla fine del gennaio 2007.
A questo punto, nel corso della recente riunione di cui ho parlato prima di cominciare questa lunga storia, si è comunque deciso che il valore paesaggistico dell'area deve essere riconosciuto in ogni caso, che bisogna proteggere le visuali panoramiche e che occorre favorire soluzioni architettoniche che corrispondano al carattere ambientale dell'area. Tutto ciò sarà contenuto nelle osservazioni al piano di lottizzazione.
La lottizzazione, inoltre, dovrà tener conto della vulnerabilità del luogo e, pertanto, dovrà rispettare le curve di livello dell'area, nonché le visuali dei crinali dei versanti degradanti della strada. Come alcuni di voi ricorderanno, si tratta di un punto (la questione delle curve e della visione paesaggistica) che non fu tenuto presente nella famosa lottizzazione di Monticchiello. In questo caso, invece, verrà inserito proprio nei termini delle osservazioni.
L'architetto Capelli del comune attende tali osservazioni, che comunque introdurrà anch'egli nella questione. La sovrintendenza, da parte sua, si incaricherà comunque di avanzarle, in modo formale, nel suo parere.
Inoltre, si chiede alla regione Toscana di accelerare al massimo la procedura della nomina delle commissioni regionali, in modo che questi stessi uffici possano nuovamente sottoporre l'area a tutela paesaggistica (come, ormai, sembrano orientati a fare). In ogni caso, se ciò non dovesse avvenire, il nostro Ministero - ed il ministro Rutelli si è impegnato in tal senso con il sindaco di Greve in Chianti, in un incontro svolto qualche giorno fa - procederà comunque ad esercitare il ruolo sostitutivo che gli compete.

PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, innanzitutto, visto che stiamo parlando di Chianti, ricordo che il vino buono sta nelle botti piccole: quindi, per quanto riguarda l'altezza, non me ne vorrà l'onorevole Verzaschi, ma in questo campo apprezziamo sicuramente di più lei, sottosegretario Mazzonis!
La fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) è che sono sindaco da più di un decennio, e dunque si tratta di problemi che conosco. L'amministrazione di Greve in Chianti vuole cementificare e l'amministrazione provinciale non fa nulla per impedirlo perché, comunque, qualsiasi lottizzazione deve essere accettata e deve corrispondere al piano territoriale di coordinamento (PTC) predisposto dalla stessa provincia. Se l'amministrazione provinciale non inserisce quell'area all'interno del PTC, allora non si potrà costruire! Quindi, la provincia di Firenze ha delle responsabilità in questa vicenda.
Ricordo, inoltre, che la regione attua il piano di investimenti territoriale (PIT), e tale area deve essere compresa anche in questo piano. Pertanto, se non si verifica, in sede di conferenza dei servizi prevista dalla legge regionale n. 1 del 2005, una convergenza tecnica e politica tra il comune di Greve in Chianti, l'amministrazione provinciale e la regione Toscana, non sarà possibile costruire in quella zona. Credo, quindi, che, se non vi saranno cambiamenti, vi sia la volontà di realizzare gli appartamenti, perché fino ad adesso nessuno l'ha impedito.
L'evento nuovo è rappresentato dalla visita compiuta dal ministro Rutelli in quelle zone. Io stesso ho ascoltato che gli è stato detto che si tratta di uno dei paesaggi più belli, in senso assoluto, della nostra bella Italia. Queste parole sono apparse sulla stampa ed è per tale motivo che, attraverso la presentazione della mia interpellanza, ho voluto sollecitarlo. Non può aver fatto solamente una passeggiata: le sue parole non possono restare tali, ma devono tramutarsi in fatti!Pag. 64
Il fatto che a Palaia, negli ultimi cinquant'anni, non sia stato posato un solo mattone significa che, per tutto quel periodo, le amministrazioni locali hanno voluto preservare, per la loro bellezza, quell'area da qualsiasi tipo di manipolazione urbanistica.
Mi associo alle parole del ministro Rutelli. Ancorché vi siano ricorsi, questi vengono meno quando si cambiano i piani; in qualsiasi momento, l'amministrazione comunale può modificare il sul piano, d'intesa con l'amministrazione provinciale e regionale. È questione solamente di buona volontà.
Ovviamente, prendo per positivo quello che lei è venuto a dirci, ossia che se ciò non si verificasse, il Ministero interverrebbe fortemente per impedire questo scempio. È la risposta ad una parte dell'interpellanza che mi trova abbastanza d'accordo.
Un'ultima riflessione. C'è un vecchio proverbio che dice che il diavolo si nasconde nei dettagli. In questo caso, credo che, parafrasando il titolo del famoso film Il diavolo veste Prada, il diavolo non vesta Rutelli, ma il ministro Pecoraro Scanio! Più che al ministro Rutelli, penso che quell'intervento interessi l'altro ministro, quello dell'ambiente.
Per questo motivo, non riesco a capire tutti i suoi appelli in materia ambientale, per poi «scivolare», con l'assessorato all'ambiente della regione Toscana, sulla cementificazione di un'area come questa.

(Iniziative per l'istituzione di un consolato italiano in Moldavia - n. 2-00255)

PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00255 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

IACOPO VENIER. Signor Presidente, l'interpellanza in oggetto riguarda le decine di migliaia di moldavi che lavorano nel nostro paese in modo regolare e che, sino al 31 dicembre di quest'anno, per ottenere il visto di ingresso in Italia potevano recarsi a Bucarest, perché tra Moldavia e Repubblica rumena esisteva un accordo bilaterale che consentiva ai cittadini moldavi di ottenere un ingresso quasi automatico e, quindi, di chiedere il visto all'ambasciata italiana in Bucarest, che svolgeva anche la rappresentanza consolare per la Repubblica di Moldova.
Questa situazione, Presidente, è cambiata radicalmente dal 1o gennaio di quest'anno, perché, con l'ingresso della Romania nell'Unione europea, questo paese è stato costretto ad applicare una delle normative comunitarie che impone ai cittadini della Moldavia il visto per l'ingresso negli Stati aderenti all'Unione europea.
Quindi, oggi, in Moldova, esiste una situazione terribile per decine di migliaia di lavoratori che vogliono venire in Italia (ma non solo) e che sono costretti a chiedere il visto di ingresso alla Romania per poter accedere all'ambasciata italiana e chiedere quindi la regolarizzazione del processo di ingresso nel nostro paese. Questo ci rimanda alla responsabilità che abbiamo come paese nella definizione degli strumenti per un corretto ingresso dei cittadini extracomunitari al mercato del lavoro nel nostro paese e in Europa.
Vi è la necessità di una rimodulazione della rete consolare italiana che, storicamente, si è articolata sulla definizione della sua proiezione internazionale, legata più all'insediamento delle nostre comunità di italiani all'estero, che ai processi di immigrazione verso il nostro paese; vi è dunque la necessità di governare questi processi.
Quando, come paese, dobbiamo affrontare il tema della regolarizzazione e della diffusione dei diritti dei cittadini extracomunitari che vengono nel nostro paese per lavorare, dobbiamo offrire a queste persone gli strumenti per accedere al percorso regolare, in modo dignitoso, senza dover passare le notti all'addiaccio in Moldova, davanti all'ambasciata rumena, per chiedere i visti e senza doversi inventare procedure che, spesso, spingono alcuni di loro a scegliere forme irregolari di ingresso nel nostro paese.Pag. 65
Inoltre, c'è un problema parallelo, costituito dal fatto che la Moldova sta diventando un partner economico e commerciale importante per il nostro paese e, quindi, c'è la necessità di sviluppare la nostra rete in Moldova per il sostegno della proiezione del nostro paese in quel territorio, che proprio il processo di allargamento dell'Unione ha reso molto importante per alcuni nostri imprenditori.
Per questo motivo, è molto grave il fatto che oggi, in Moldova, non esistano un'ambasciata né un consolato del nostro paese. Abbiamo sottolineato questo problema al nostro Governo con l'interpellanza in oggetto e riteniamo che, alla luce di ciò che è avvenuto dopo il 1o gennaio di quest'anno e degli impegni assunti in incontri importanti tra le autorità moldave e il nostro Governo, il Ministero degli affari esteri debba affrontare questo tema al più presto, insieme al Parlamento, per trovare gli strumenti per farvi fronte.
Ciò ci viene chiesto anche dall'associazionismo e dall'organizzazione delle comunità di lavoratori moldavi in Italia, che costituiscono anche un mezzo importante di autotutela e di costruzione dell'idea di cittadinanza e, quindi, di relazione con il nostro paese, in un percorso che vede i cittadini moldavi protagonisti nella società italiana. Tale aspetto costituisce un segnale in se stesso dell'importanza di consolidare questo tipo di relazioni e di evitare, per problemi legati alla nostra incapacità di riformulazione e di rimodulazione della rete consolare e diplomatica, difficoltà di relazioni con una comunità molto presente e attiva nel nostro paese.
Questo è il senso della nostra interpellanza e, quindi, ci rivolgiamo al Governo per conoscere quali iniziative su questo terreno intenda assumere per risolvere la questione della presenza diplomatica italiana nella Repubblica moldava.

PRESIDENTE. Il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.

PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Venier.
Com'è noto, i visti di ingresso in favore dei cittadini della Repubblica di Moldova sono rilasciati dall'ambasciata d'Italia a Bucarest.
Nel 2005 sono stati emessi complessivamente 7.848 visti a favore di cittadini moldavi, soprattutto per le tipologie di lavoro subordinato e ricongiungimento familiare, che rappresentano, rispettivamente, il 45,5 per cento e il 42,3 per cento del totale.
Nei primi dieci mesi del 2006, sono stati rilasciati 6.964 visti, rispetto ai 6.287 emessi nello stesso periodo del 2005, con una tendenza alla crescita del 10,78 per cento, peraltro, senza tenere conto dell'incremento atteso delle richieste di visto con il perfezionamento del secondo «decreto flussi» per il 2006, che prevede, complessivamente, 350 mila ingressi in Italia.
Per quanto riguarda le facilitazioni al rilascio dei visti di ingresso a cittadini moldavi, sul piano bilaterale, si è recentemente concretizzata la richiesta, formulata dalle autorità moldave, nel corso dell'incontro per consultazioni bilaterali in materia consolare, che si è tenuto a Chisinau nell'aprile 2006, per la concessione di visti di ingresso multipli a cento personalità della Repubblica moldava.
Le autorità locali hanno presentato alla nostra ambasciata a Bucarest, che è stata autorizzata al rilascio dei predetti visti, la relativa lista in cui figurano altresì le tre più alte cariche istituzionali: il Capo dello Stato, il Presidente del Parlamento, il Primo ministro e i rispettivi familiari, coniuge e figli conviventi di quest'ultimo.
Sul piano multilaterale, invece, l'Italia sostiene con convinzione la conclusione dell'accordo di facilitazione per il rilascio dei visti tra Moldova e Unione europea. Il nostro paese conferma altresì il proprio orientamento positivo per la costituzione di un common application center per i visti, proposto dall'Ungheria, tenuto conto del fatto che dal 1o gennaio il confine rumeno con la Moldova è diventato la frontiera estrema dell'Unione europea.
Riteniamo infatti necessario approfondire ulteriormente con i partner dell'Unione europea le modalità operative delPag. 66predetto centro e anche di fissare tutta la nostra rete consolare che, come veniva ricordato, deve essere anche riorganizzata.

PRESIDENTE. Il deputato Venier, ha facoltà di replicare.

IACOPO VENIER. Mi consentirà, viceministro Sentinelli, di dirmi parzialmente soddisfatto: lo sono molto riguardo la prima parte della sua risposta, che significa un impegno del nostro Governo ad individuare possibili forme per facilitare il rilascio dei visti e per la regolarizzazione dei processi di ingresso dei cittadini della Moldova. Questi ultimi, come si vede anche dai dati che sono stati riportati, sono in crescita e, pertanto, dobbiamo trovare il modo di far sì che il rilascio del visto non porti alle umiliazioni che oggi i moldavi subiscono. I visti sono stati concessi ad alcune personalità, ma, a partire dal 1o gennaio, i lavoratori moldavi potrebbero essere soggetti alla falsificazione di documenti prodotta da organizzazioni criminali.
Quindi, ben vengano tutte le azioni che possono portare al più presto ad una modifica delle decisioni anche in sede comunitaria e al coordinamento delle azioni di più paesi per la definizione delle procedure di rilascio dei visti in Moldova.
La questione su cui insisto e sulla quale torneremo è quella dell'apertura della nostra ambasciata a Chisinau. Infatti, essa diventa un elemento importante nella rete diplomatica italiana in quell'area per la questione dei visti, ma io credo anche per la proiezione del nostro paese in una zona di cui la Moldavia sta diventando un motore importante ed un soggetto attivo.
Dunque, mi reputo solo parzialmente soddisfatto, perchè quello su cui intendiamo lavorare - e solleciteremo ancora il Ministero degli affari esteri sul punto - è il progetto di definizione della rete consolare, al fine di trovare una forma di presenza stabile del nostro paese nella città di Chisinau.
Infine, voglio dire che questa vicenda ci riporta all'urgenza di una riflessione più generale sulle procedure di ingresso regolare dei lavoratori nel nostro paese. Per noi è urgentissimo che si affronti il tema del permesso di soggiorno per chi è alla ricerca di lavoro.
Credo che nei progetti del Governo questa debba essere una priorità di questo semestre. Approfitto di questa occasione per dire che, da parte nostra, questo è un elemento di qualificazione fondamentale di una diversa politica sul tema dell'immigrazione che consenta di sconfiggere la prima delle piaghe, vale a dire quella della clandestinità. Ringrazio il Presidente e il viceministro Sentinelli.

(Esito del deferimento alla Corte di giustizia europea in merito all'affidamento del megainceneritore in Sicilia - n. 2-00261)

PRESIDENTE. Il deputato Raiti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00261 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).

SALVATORE RAITI. Onorevole Presidente, onorevole viceministro, onorevoli colleghi, la sudetta interpellanza riguarda una questione particolarmente annosa ed importante, relativa allo smaltimento dei rifiuti in Sicilia. La regione siciliana ha provveduto, tramite il presidente della regione, nella sua qualità di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti e delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri con poteri di protezione civile, ad avviare il procedimento per l'assegnazione dei lavori di realizzazione di alcuni termovalorizzatori che non soltanto hanno creato, e creano tuttora, allarme nelle popolazioni, ma presentano anche profili di illegittimità dal punto di vista ambientale, tant'è che il ministro dell'ambiente ha dichiarato espressamente in quest'aula che avrebbe avviato - e lo sta facendo - le procedure per l'eliminazione degli atti illegittimi posti in essere dal presidente della regione nella qualità.
La procedura di assegnazione dei lavori di esecuzione dei termovalorizzatori presenta profili di irregolarità che integrano un'infrazione dello Stato italiano nei confrontiPag. 67dell'Unione europea. Per questo motivo ho presentato l'interpellanza in esame, nella quale richiamo un parere motivato della Commissione europea del 7 luglio 2004 (del commissario Bolkestein). Il testo del parere motivato, emesso ai sensi dell'articolo 226, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, è il seguente: «Avendo la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la protezione civile, ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque nella regione siciliana, indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei comuni della regione siciliana, ed avendo concluso le predette convenzioni senza applicare» - questo dice la Commissione europea - «le procedure previste dalla direttiva 92/50/CEE e, in particolare, senza pubblicazione dell'apposito bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi imposti dalla suddetta direttiva e, in particolare, dagli articoli 11, 15 e 17. In applicazione dell'articolo 226, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione invita la Repubblica italiana a prendere le disposizioni necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro due mesi dal ricevimento del medesimo». Nell'interpellanza faccio anche riferimento ad un provvedimento di deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia.
A questo punto, ritengo sia opportuno chiarire, ove vi siano le condizioni, le seguenti questioni. A seguito del provvedimento del 7 luglio 2004, il Governo ha provveduto a notificare il parere alla regione siciliana e ad invitarla a conformarvisi? Nel caso in cui, come sembrerebbe ovvio, dal momento che l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia, ciò non fosse avvenuto, la procedura innescata dal bando sub iudice (affidamento, approvazione dei progetti, inizio dei lavori) può ritenersi valida? Qual è, ad oggi, lo stato della situazione presso la Corte di giustizia? La domanda che poniamo per ultima - e credo che la risposta ad essa sia fondamentale anche sotto il profilo di un eventuale danno all'erario - è la seguente: qualora, a seguito della procedura di infrazione, lo Stato italiano fosse condannato, ciò implicherebbe la messa in discussione di tutto l'iter seguito dalla regione siciliana? E quali sanzioni comporterebbe?
Chiediamo al viceministro, nella sua qualità di responsabile degli affari esteri, di fornire risposte che riguardano argomenti di particolare rilevanza: vengono in rilievo, infatti, la realizzazione di termovalorizzatori per quasi due miliardi di euro e, inoltre, la previsione di smaltimento dei rifiuti per i prossimi vent'anni. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.
Il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.

PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Raiti, con l'interpellanza in esame si chiede di sapere quale sia stato l'esito della procedura di infrazione, relativa alla realizzazione di termovalorizzatori in Sicilia, avviata dalla Commissione europea nell'ottobre del 2003.
Risponderò, per così dire, in punto di diritto, illustrando gli sviluppi intervenuti nella vicenda a livello comunitario.
Nell'ottobre 2003 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione relativa alla decisione dell'ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia di indire una procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani dei comuni della regione siciliana.
Vorrei subito premettere che oggetto del contendere non erano tanto i profili ambientali relativi all'utilizzo di questi rifiuti urbani, quanto piuttosto il rispetto della normativa comunitaria in materia di concorrenza.
La Commissione riteneva, infatti, criticabile la decisione di concludere le predette convenzioni senza applicare le procedurePag. 68previste dalla direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, in particolare senza la pubblicazione dell'apposito bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea.
In proposito, l'ufficio del Commissario delegato ha sostenuto che il bando riguardava una concessione di pubblici servizi (relativi cioè alla produzione di energia elettrica) piuttosto che un appalto pubblico di servizi (incenerimento di rifiuti). Conseguentemente, ad esso si sarebbero dovute applicare, come in effetti è stato fatto, le procedure previste per la concessione di pubblici servizi e non le procedure previste per gli appalti pubblici: l'Esecutivo comunitario non ha ritenuto di condividere questa tesi.
Al termine della procedura precontenziosa, la Commissione ha quindi deferito l'Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee, chiedendo di constatare che l'Italia ha violato gli obblighi imposti dalla predetta direttiva. È stata aperta la causa C-382/05, che è tuttora in corso.
Da ultimo, l'Italia, dopo aver presentato la propria controreplica al ricorso della Commissione, ha richiesto la trattazione orale della causa il 26 giugno scorso, ma non è stata ancora fissata una data per tale udienza. La causa dovrebbe arrivare a conclusione nel corso del 2007.
Non è possibile evidentemente prevedere quali saranno le conclusioni della Corte. Si possono comunque prevedere due scenari alternativi.
Qualora la Corte riconoscesse la correttezza della procedura seguita dall'ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, il caso potrebbe dirsi, per così dire, chiuso.
Qualora invece la Corte decidesse di condannare l'Italia, occorrerebbe adottare sul piano interno le misure necessarie ad eliminare gli aspetti giudicati incompatibili con il diritto comunitario. Sul piano interno ne discenderebbe l'invalidità delle procedure in parola.
Vorrei ricordare che, in questa fase, la Corte può disporre le misure da adottare, ma non comminare le sanzioni di carattere finanziario. Queste sanzioni possono tuttavia intervenire in un secondo momento, a seguito di una nuova procedura di infrazione, qualora lo Stato condannato non provveda sollecitamente ad adempiere a quanto disposto da una sentenza.

PRESIDENTE. Il deputato Raiti ha facoltà di replicare.

SALVATORE RAITI. Onorevole Presidente, onorevole viceministro, sono moderatamente soddisfatto della risposta, perché il lavoro svolto dai suoi uffici inquadra perfettamente la vicenda e ci dice che, in sede di definizione della causa che si terrà nel corso di questo anno, noi verremo ad essere portati a conoscenza del verdetto della Comunità europea.
Vi sono due possibilità: vi potrà essere una sentenza di proscioglimento, e quindi ciò comporterà la presa d'atto che le procedure adottate dalla regione siciliana sono corrette (e quindi tutto va bene e continuerà regolarmente, e non vi sarà procedura di infrazione dell'Unione europea nei confronti del nostro paese) oppure, nel caso contrario, nell'ipotesi di condanna (il che, secondo il mio punto di vista, è l'ipotesi più plausibile), ne possono scaturire eventualmente due tipi di sanzioni: la eventuale rimessa in ripristino dei lavori eseguiti irregolarmente e forse anche una sanzione pecuniaria nei confronti dello Stato, con conseguente danno per l'erario.
Il quadro quindi è delineato in maniera assolutamente precisa e perfetta, e di questo ringrazio l'esposizione del ministro.
Mi chiedo però, e chiedo al Governo, della cui maggioranza io faccio parte, di verificare se non sia necessario, se non sia giusto e se non sia utile, al fine di evitare un potenziale danno all'erario, di mettere in mora la regione siciliana, per fare in modo che non si eseguano lavori fino a quando la materia è sub iudice.
Si tratterebbe quindi di tergiversare, attendere alcuni mesi, fino a quando nonPag. 69interverrà la sentenza della Corte di giustizia europea, in maniera tale da evitare un danno, o il rischio di un potenziale danno allo Stato. Nel caso in cui la procedura venisse dichiarata corretta, nulla osta ai fini della stretta regolarità giuridica delle procedure.
Nel caso in cui invece la sentenza dovesse essere negativa, se vi sarà un'azione del nostro Governo nella direzione che ho proposto, certamente noi potremmo evitare oggi un danno cospicuo non solo all'ambiente, non solo ai lavoratori che verrebbero assunti per lavorare nei cantieri aperti, e poi verrebbero licenziati in tronco, ma credo anche un ulteriore danno all'erario, alle casse dello Stato.
Per tale motivo, nel dichiararmi, ripeto, soddisfatto per la parte di risposta che ho appena menzionato, avuta dal rappresentante del Governo, invito il medesimo rappresentante a fare in modo di porre in essere gli atti conseguenziali, perché le paventate ipotesi di danno possano essere eliminate e quindi si possa attendere con serenità il giudizio della Corte di giustizia europea. Grazie.

(Offerta formativa delle scuole paritarie - n. 2-00303)

PRESIDENTE. L'onorevole Rusconi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00303 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, la legge n. 62 del 2000, ha di fatto riconosciuto le scuole paritarie, il loro ruolo di pubblico servizio, come parte fondamentale del sistema pubblico scolastico.
In particolare, le scuole dell'infanzia paritarie sono le uniche in numerosi piccoli comuni a proporre alle famiglie la possibilità di una prima indispensabile attività educativa. Non sempre gli enti locali ritengono (quindi danno questa interpretazione) che la normativa statale consenta di fornire a questi enti gli elenchi anagrafici, per una effettiva generalizzazione dell'offerta formativa.
Si chiede quindi al ministro, qui rappresentato dal sottosegretario, come si intende permettere a queste scuole di svolgere pienamente la propria azione educativa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione, Maria Letizia De Torre, ha facoltà di rispondere.

MARIA LETIZIA DE TORRE, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Grazie, Presidente. L'onorevole Rusconi ritiene che l'obiettivo dell'espansione dell'offerta formativa e della conseguente generalizzazione della domanda di istruzione non potrebbe essere compiutamente perseguito dalle scuole paritarie se non attraverso la collaborazione delle amministrazioni interessate, in specie degli enti locali che possiedono gli elenchi anagrafici dei residenti. Anche la conoscenza di tali elenchi rappresenta, a suo avviso, uno strumento necessario in funzione della generalizzazione della domanda di istruzione, dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita, obiettivo questo al cui raggiungimento concorrono tutte le scuole della Repubblica, sia statali che non statali, istituite da privati o dagli enti locali, che costituiscono, insieme alle prime, il sistema nazionale di istruzione.
L'onorevole interpellante chiede quindi iniziative presso le competenti amministrazioni affinché le scuole paritarie siano poste nelle condizioni di svolgere adeguatamente la loro azione educativa.
A questo proposito, va anzitutto richiamato il quadro giuridico di riferimento.
Circa gli elenchi degli iscritti nell'anagrafe della popolazione residente, il regolamento anagrafico della popolazione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 30 maggio 1989, all'articolo 34 stabilisce che «Alle amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità, l'ufficiale di anagrafe rilascia, anche periodicamente, elenchi degli iscritti nell'anagrafe della popolazione residente».Pag. 70
Questa disposizione è ribadita dall'articolo 177 del codice in materia di protezione dei dati personali, emanato con il decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003, in base al quale il comune può utilizzare i suddetti elenchi per esclusivo uso di pubblica utilità anche in caso di applicazione della disciplina di comunicazione istituzionale.
Lo stesso decreto legislativo, tra l'altro, indica i principi applicabili al trattamento dei dati diversi da quelli sensibili e giudiziari da parte di soggetti pubblici e stabilisce in particolare che il trattamento dei dati personali da parte delle pubbliche amministrazioni è consentito solo quando sia necessario allo svolgimento delle funzioni istituzionali, rispettando gli eventuali altri presupposti e limiti stabiliti dal codice nonché dalla legge e dai regolamenti.
Per quanto riguarda specificamente la legislazione scolastica, l'invio da parte dei comuni ai competenti dirigenti scolastici degli elenchi degli iscritti all'anagrafe è espressamente previsto soltanto in relazione alla vigilanza sull'osservanza dell'obbligo scolastico dall'articolo 114 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, emanato con il decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994.
È poi intervenuto il decreto legislativo n. 76 del 15 aprile 2005 che, all'articolo 5, ha individuato quali responsabili della vigilanza sull'assolvimento dell'obbligo il comune ove hanno residenza i giovani soggetti all'obbligo stesso, il dirigente dell'istituzione scolastica o il responsabile dell'istituzione formativa presso la quale gli obbligati sono iscritti, la provincia (attraverso i servizi per l'impiego) e, infine, i soggetti che assumono i giovani con contratto di apprendistato.
Dal suddetto quadro normativo si ricava in primo luogo che la competenza circa la gestione degli elenchi anagrafici è indubbiamente attribuita ai comuni quali responsabili della tenuta, conservazione e aggiornamento delle anagrafi locali; inoltre, le disposizioni in materia di utilizzazione degli stessi elenchi si riferiscono alle pubbliche amministrazioni e solo per motivi di pubblica utilità.
Ora, come già detto, non vi è dubbio che, come evidenziato anche nell'interpellanza, a norma della legge n. 62 del 10 marzo 2000, le scuole paritarie private svolgano un servizio pubblico nell'ambito del sistema nazionale di istruzione e concorrano, insieme alle scuole gestite dallo Stato e a quelle gestite dagli enti locali, al perseguimento dell'obiettivo prioritario posto dalla legge: l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione a cominciare dalla scuola dell'infanzia, obiettivo prioritario che il legislatore riferisce non solo alla scuola dell'obbligo, ma anche alle scuole di ogni ordine e grado nonché al sistema dell'educazione permanente.
Si è avuta, quindi, una progressiva evoluzione del quadro normativo; l'ordinamento si è aperto ad un respiro più ampio, che va oltre l'obbligo scolastico, ponendosi nella prospettiva della generalizzazione della domanda di istruzione «dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita».
In vista di questo obiettivo ed in considerazione del servizio pubblico reso dalle scuole paritarie gestite da privati, merita dunque attenzione quanto rappresentato nell'interpellanza circa l'esigenza di poter acquisire dalle amministrazioni interessate i dati necessari per il perseguimento dell'obiettivo stesso, ivi compresi gli elenchi anagrafici detenuti dai comuni; ciò al fine di rappresentare puntualmente alle famiglie la propria offerta educativa nell'esercizio della loro autonomia organizzativa e nell'esplicazione della libertà di orientamento culturale e di indirizzo pedagogico-didattico riconosciuta dall'ordinamento.
In considerazione di quanto esposto, tenuto conto del quadro normativo prima richiamato, è opportuno avviare un approfondimento della materia oggetto dell'interpellanza con il Ministero dell'interno, cui spetta la vigilanza e il controllo sulle anagrafi della popolazione, nonchéPag. 71con il garante della privacy, per acquisirne l'avviso in ordine alle esigenze rappresentate.
In relazione all'esito dell'approfondimento con il Ministero dell'interno e con il garante della privacy, saranno valutate eventuali iniziative che sarà possibile promuovere.

PRESIDENTE. Il deputato Rusconi ha facoltà di replicare.

ANTONIO RUSCONI. Direi che sono soddisfatto, in attesa del chiarimento e di quell'approfondimento che la sottosegretaria Maria Letizia De Torre ha chiesto al Ministero dell'interno. Prendo atto con piacere del riconoscimento pieno della funzione pubblica delle scuole paritarie, in base alla legge n. 62 del 2000. Soprattutto è chiara ormai la differenza - penso sia chiara a tutto il Parlamento; recentemente ho avuto l'occasione di essere relatore sul provvedimento relativo al nuovo esame di Stato - tra le scuole paritarie, che hanno un evidente funzione pubblica all'interno del sistema pubblico dell'istruzione, e i cosiddetti «diplomifici», che invece nulla hanno a che fare con questo sistema pubblico e che per questo sono stati penalizzati dalla recente normativa sull'esame di Stato.
Voglio ribadire in particolare il ruolo fondamentale delle scuole paritarie nella scuola dell'infanzia, per due motivi. Il primo motivo è che noi parliamo di una percentuale che va dal 40 al 50 per cento; quindi non possiamo parlare di una percentuale che riguarda le scuole d'élite o che riguarda le scuole solo in alcuni comuni particolari. Chiaramente è un servizio pubblico.
Il secondo motivo è che la scuola dell'infanzia non è ancora scuola dell'obbligo, pur avendo ormai una frequenza che supera ampiamente il 90 per cento. Quindi, in quei comuni dove la scuola paritaria nella scuola dell'infanzia è l'unica, cioè nei piccoli comuni, il non avere magari gli elenchi anagrafici impedisce di sollecitare e di informare tutte le famiglie, con il rischio che poi non si iscrivano e non frequentino proprio quei bambini, magari delle famiglie più disagiate, che avrebbero maggiore bisogno, da un punto di vista non solo educativo ma anche socio-educativo e sociale, di una frequenza della scuola dell'infanzia.

(Rinvio interpellanza urgente Mario Ricci - n. 2-00286)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Mario Ricci n. 2-00286 è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 17.10, è ripresa alle 17.15.

(Subingresso della società Porto di Lavagna SpA nella concessione attribuita alla Cala dei genovesi SpA relativa ad una zona di arenile nel comune di Lavagna (GE) - n. 2-00304) .

PRESIDENTE. Il deputato Camillo Piazza ha facoltà di illustrare l'interpellanza Lion n. 2-00304 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10), di cui è cofirmatario.

CAMILLO PIAZZA. Signor Presidente, questa interpellanza a firma di molti parlamentari dell'Ulivo riguarda il porto di Lavagna, il maggior porto commerciale presente nel Mediterraneo. Nella presentazione dell'interpellanza mi corre l'obbligo di leggere alcuni articoli della legge n. 327 del 1942.
L'articolo 46, ai commi primo e secondo, sul subingresso nella concessione dispone: quando il concessionario intende sostituire altri nel godimento della concessione deve chiedere l'autorizzazione dell'autorità concedente. In caso di vendita o di esecuzione forzata, l'acquirente o l'aggiudicatario di opere o impianti costruiti dal concessionario su beni demanialiPag. 72non può subentrare nella concessione senza l'autorizzazione dell'autorità concedente.
L'articolo 47 reca norme sulla decadenza dalla concessione, prevedendo in quali casi l'amministrazione può dichiarare la concessione del concessionario. Il successivo articolo 48, sull'autorità competente a dichiarare la revoca e la decadenza, dispone che la revoca e la decadenza della concessione siano dichiarate, con le formalità stabilite dal regolamento, dall'autorità che ha fatto la concessione.
È del tutto evidente che gli atti citati da parte degli interpellanti non costituiscono certamente un sistema perfetto nella concessione demaniale dell'area del porto di Lavagna. In merito alla citata autorizzazione al subingresso bisognerebbe evidenziare molteplici profili problematici, se non addirittura di nullità, perlomeno di vizi gravi. Di questo argomento si stanno occupando anche altri ministeri, perché sempre la concessionaria ha autorizzato in questo caso una discarica abusiva nel territorio e la magistratura, ormai dal 2003, è intervenuta in maniera forte e concreta in riferimento alla situazione in essere.
Per questo motivo gli interpellanti chiedono se il Ministero dei trasporti, che noi riteniamo quello in possesso della competenza specifica di questa materia, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario ed urgente disporre un'inchiesta ministeriale volta ad accertare eventuali o presunti atti irregolari o nulli o abusi da parte di funzionari del ministero in ordine alle avvenute autorizzazioni al sub ingresso nella concessione demaniale marittima in favore della società Porto di Lavagna SpA. In secondo luogo, chiediamo se non intenda valutare la necessità di provvedere a far annullare, secondo le procedure allo scopo previste, l'autorizzazione al sub ingresso nella concessione demaniale marittima da parte della Porto di Lavagna SpA, in ragione dei riscontri che già può effettuare tramite i pertinenti documenti che detengono sia il Ministero dei trasporti sia la capitaneria di porto di Genova.

PRESIDENTE. Il viceministro dei trasporti, Cesare De Piccoli, ha facoltà di rispondere.

CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. Signor Presidente, in relazione a quanto prospettato con l'interpellanza in argomento si fa presente quanto segue. Con decreto ministeriale del 13 luglio 1974 venne approvato l'atto n. 1680 del 22 giugno 1974, stipulato presso la capitaneria di porto di Genova, con il quale venivano concessi alla Cala dei genovesi SpA per cinquanta anni, fino al 12 luglio 2024, un'area demaniale marittima di metri quadri 23 mila ed uno specchio acqueo di 290 mila metri quadrati nel comune di Lavagna per la realizzazione e la gestione del locale porto turistico.
Con sentenza del tribunale di Milano n. 291 del 3 aprile 1998 la società concessionaria è stata dichiarata fallita ed il rapporto concessorio è proseguito senza interruzione in capo al curatore fallimentare, il quale ha provveduto alla gestione della struttura affidandosi proprio alla Lavagna sviluppo Srl e poi alla Porto di Lavagna SpA, sempre previa autorizzazione di questa amministrazione, ex articolo 45-bis del codice di navigazione. Con sentenza n. 4376 del 6 aprile del 2000 il tribunale di Milano omologava il concordato fallimentare, disponendo il trasferimento all'assuntore di tutto l'attivo della procedura, una delle cui condizioni è il passaggio in proprietà alla Porto di Lavagna Spa dei beni della Cala dei genovesi Spa, ivi compresi quelli che, realizzati in forza della concessione demaniale marittima, verranno acquisiti allo Stato alla scadenza della concessione, ai sensi dell'articolo 49 del codice della navigazione. Stanti tali premesse, il curatore fallimentare (nella qualità di interlocutore dell'amministrazione e di garante dell'esecuzione del concordato) e la Porto di Lavagna Spa hanno presentato a questa amministrazione istanza per ottenere a favore della società il subingresso nella concessione, ex articolo 46, secondo comma, del codice della navigazione. Il trasferimento dei beni disposto con la sentenza di omologa delPag. 73concordato può infatti a buon diritto essere equiparato alla fattispecie della vendita o dell'esecuzione forzata (in mancanza di concordato i beni sarebbero stati posti in vendita all'incanto), di cui alla citata disposizione.
Detta istanza è stata sottoposta a rituale istruttoria, tesa ad accertare le capacità gestionali del richiedente, nel corso della quale sono state utilizzate anche le informazioni acquisite ai fini delle già concessa autorizzazione ex articolo 45-bis del codice della navigazione. In data 13 ottobre 2000 la scrivente amministrazione, con decreto ministeriale 2o/2399 (allegato 1), autorizzava il subingresso della Porto di Lavagna Spa nella concessione già assentita alla Cala dei genovesi Spa, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del codice della navigazione. Con sentenza n. 511 del 14 febbraio 2002 la Corte costituzionale, all'esito di giudizio per conflitto di attribuzione, annullava la suddetta autorizzazione, dichiarando l'incompetenza del Ministero dei trasporti. Con nota protocollo n. 2A-0079 del 16 gennaio 2003, cessate le proprie competenze in materia di esercizio delle funzioni amministrative sul demanio marittimo nel territorio della regione Liguria, la scrivente amministrazione ha provveduto a trasmettere, al comune di Lavagna, tutti gli atti relativi alla concessione demaniale in esame, ad eccezione di quelli relativi al contenzioso.
Nei residuali atti relativi al contenzioso risulta quanto segue.
La società Porto di Lavagna Spa presentava quindi al comune di Lavagna nuova istanza di autorizzazione al subingresso, ai sensi del citato articolo 46, comma 2, del codice della navigazione, riscontrata positivamente con la determinazione dirigenziale n. 19060 del 7 agosto 2003, con la quale è stato disposto il subingresso nella concessione demaniale generale del porto turistico di Lavagna in favore della Porto di Lavagna Spa.
Avverso le determinazioni del comune di Lavagna la Cala dei genovesi Spa ha presentato ricorso giurisdizionale dinanzi al TAR della Liguria e, a seguito della dichiarata inammissibilità del ricorso proposto, ha successivamente proposto appello al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, sezione VI, con decisione n. 6370 del 2005 (allegato 2), ha respinto l'appello proposto, condividendo la gravata declaratoria di inammissibilità del ricorso di prime cure, in quanto «(...) il soggetto che abbia conseguito in sede di concordato la proprietà delle opere interessate dalla concessione è legittimata a chiedere l'autorizzazione al subingresso senza necessità di acquisizione del consenso della originaria concedente; consenso da reputarsi peraltro sotteso al negozio di trasferimento dell'intera massa attiva che, pur non potendo produrre effetto traslativo opponibile all'amministrazione in ordine al titolo pubblicistico, implica, anche alla stregua dei canoni civilistici di buona fede e tutela dell'affidamento, l'impegno a non ostacolare il conseguimento della legittimazione amministrativa idonea a conferire reale vitalità economica al passaggio di proprietà dei beni materiali».
Ne deriva il difetto di legittimazione del concedente a contestare l'autorizzazione al subingresso, alla luce del dettato dell'articolo 30, comma 2, del regolamento, ove, con disposizione anche in questo caso analogicamente applicabile al fallimento e sorretta, sul piano della ratio, dalla ricordata inscindibilità funzionale tra titolo ed opere, si statuisce che «qualora l'amministrazione, in caso di vendita o di esecuzione forzata, non intenda autorizzare il subingresso dell'acquirente o dell'aggiudicatario nella concessione, si applicano in caso di vendita le disposizioni sulla decadenza o, in caso di esecuzione forzata, le disposizioni sulla revoca». Il mancato intervento dell'autorizzazione non comporta, in definitiva, la reviviscenza o la persistenza del titolo concessorio, ma la sua caducazione obbligatoria, in guisa a rendere palese il difetto di interesse alla coltivazione di un ricorso volto ad un risultato: l'annullamento dell'autorizzazione al subingresso, che non consentirebbePag. 74all'odierna appellante di conseguire il bene della vita che sostiene il ricorso sul piano dell'interesse.
Tutto ciò premesso, si assume, quindi, che a seguito della sentenza n. 511, del 14 febbraio 2002, della Corte costituzionale, questa amministrazione - il Ministero dei trasporti - non è più competente in materia di esercizio delle funzioni amministrative sul demanio marittimo nel territorio della regione Liguria, in ordine al provvedimento in data 13 ottobre 2000, con il quale questa amministrazione ha autorizzato il subingresso della Porto di Lavagna Spa nella concessione già assentita alla Cala dei Genovesi Spa, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del codice della navigazione e si ritiene che il provvedimento sia stato correttamente adottato, in considerazione del fatto che il provvedimento stesso è stato annullato non per questioni di merito, ma unicamente per difetto di poteri; il provvedimento è stato successivamente reiterato dal comune di Lavagna, subentrato nell'esercizio delle funzioni sul demanio marittimo, sulla base dell'istruttoria svolta da questa amministrazione; il Consiglio di Stato, con la decisione n. 6370/2005, ha sostanzialmente confermato la legittimità dei provvedimenti subingresso adottati, prima, da questa amministrazione prima e, poi, dal comune di Lavagna.
In relazione ai fatti sopra esposti non sembra, quindi, sussistere alcun presupposto affinché questa amministrazione predisponga un atto di adempimento volto ad accertare irregolarità in merito al procedimento adottato per il subingresso della Porto di Lavagna Spa nella concessione in trattazione, fatto che non impedisce che ciò avvenga in altra sede.

PRESIDENTE. Il deputato Camillo Piazza ha facoltà di replicare.

CAMILLO PIAZZA. Signor Presidente, prendo atto della risposta del Governo alla nostra interpellanza. È del tutto evidente che non siamo soddisfatti completamente di tale risposta, perché alcune parti citate dal Governo riguardano contenziosi tra due soggetti privati, Cala dei Genovesi e Porto di Lavagna Spa, contenziosi cui gli interpellanti, ovviamente, non hanno un grande interesse. Il nostro interesse è capire (considerate anche le sentenze da parte della magistratura e gli interventi da parte di altri ministeri rispetto ad un dato di fatto, ossia che tale Porto è gestito in maniera pessima, con alcune difficoltà anche rispetto all'organizzazione del territorio) se il Ministero dei trasporti intenda procedere istituendo commissioni di inchiesta, constatato che la capitaneria di porto ha un ruolo preciso, forte e determinato anche rispetto al regio decreto n. 327 del 1942.
È del tutto evidente che gli interpellanti dell'Unione andranno avanti su questo argomento nel chiedere al ministro dei trasporti di far valere le proprie competenze, ossia di verificare nel concreto se, in questi anni, dal rilascio dell'autorizzazione cinquantennale, con il subentro, autorizzato e, poi, in qualche modo, sospeso da parte degli organi della magistratura, la capitaneria di porto abbia il ruolo e la funzione di verificare, anche nel merito, se i fatti da noi denunciati siano veri.
Se le infrazioni che abbiamo denunciato e sottoscritto fossero vere, riterrei giusto che il Ministero dei trasporti intervenisse anche utilizzando i propri poteri ispettivi.
Concludo chiedendo al Governo di non fermarsi alla risposta data in questa Assemblea e di verificare se, sempre con riguardo alle situazioni in questione, sia possibile attivare anche poteri diversi al fine di verificare tali rilevanti vicende ed i disastri che si stanno compiendo sui versanti ambientale e della gestione di questo enorme porto di 300 mila metri quadrati (il più grande porto turistico del Mediterraneo). Riteniamo altresì che, da parte del Governo, occorra maggiore fermezza verso i soggetti che hanno chiesto l'autorizzazione per subentrare in una concessione della durata di cinquant'anni, della quale i concessionari sono titolari su questo territorio.
A tale riguardo, ritengo che sia opportuno invitare il Ministero dei trasporti - e,Pag. 75naturalmente, da parte nostra inviteremo analogamente anche altri ministeri ed approfondire le altre vicende - a proseguire su tale punto, verificando se vi sia la possibilità di revocare una concessione che sta creando sul territorio gravi problemi.
Le forze politiche di tutti i partiti di Lavagna hanno chiesto a gran voce di intervenire su questo versante. Ovviamente, non condividiamo la risposta secondo la quale non esisterebbe la competenza del Governo al riguardo; noi riteniamo infatti che la competenza del Governo vi sia e richieda che si vada fino in fondo per verificare se chi ha autorizzato tale nuova concessione ha fatto tutto ciò che era nelle sue competenze.

(Misure per il potenziamento dell'aeroporto di Pescara - 2-00296)

PRESIDENTE. La deputata Fasciani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00296 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11).

GIUSEPPINA FASCIANI. Signor Presidente, nella sostanza l'interpellanza tende a porre il problema della messa in sicurezza dell'aeroporto di Pescara e delle risorse necessarie per il raggiungimento di tale obiettivo.
Voglio ricordare alcuni elementi fondamentali; l'aeroporto di Pescara sta conoscendo una grande fase di sviluppo con aumento di voli e destinazioni ed ha triplicato in pochi anni il traffico passeggeri. Per tale crescente traffico, si è reso necessario porre in essere tutti i lavori di messa in sicurezza dello scalo, con l'adeguamento della pista, dei parcheggi e delle strutture logistiche.
Lo svolgimento poi dei giochi del Mediterraneo del 2009, che si terranno a Pescara, manifestazione riconosciuta dalla Presidenza del Consiglio quale «grande evento», richiede con urgenza l'adeguamento ed il completamento della messa in sicurezza della struttura, comportando adeguati sostegni finanziari.
La stessa conferenza Stato-regioni si è impegnata, con atti e deliberazioni, a sostenere il potenziamento della struttura.
L'Ente nazionale dell'aviazione civile (ENAC), per tali motivi, aveva destinato 5 milioni di euro ma abbiamo saputo che tali risorse sono state invece finalizzate ad altri scali aeroportuali. Ciò ha suscitato molta preoccupazione da parte non solo delle istituzioni locali ma anche di numerosi operatori economici.
Ora, i tendenziali di crescita dell'aeroporto di Pescara, non solo per la previsione del «grande evento» dei giochi del Mediterraneo, ma anche per una politica del turismo e di commercio rivolta ai paesi dei Balcani, richiede una attenzione particolare. Pertanto, noi, preoccupati della situazione, chiediamo al ministro come intenda recuperare questa decurtazione dei finanziamenti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, l'articolo 1, comma 582, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) ha autorizzato l'ENAC ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali relativi agli anni 2004 e 2005 disponibili nel proprio bilancio per far fronte a spese di investimento per le infrastrutture aeroportuali individuate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A tale proposito, il Ministero dei trasporti ha proposto all'ENAC di finanziare opere infrastrutturali sugli scali aeroportuali di seguito elencati. Bologna: lavori di prolungamento e riqualificazione della pista di volo (euro 22.154.965,69); Torino: lavori di realizzazione del sistema automatico di smistamento dei bagagli e degli impianti di sicurezza per il controllo del 100 per cento dei bagagli da stiva (euro 20.621.987,00); Pescara: lavori di messa in sicurezza dell'aeroporto, per i quali il ministro pro tempore aveva messo a disposizione la somma di 5 milioni di euro; Roma Fiumicino: realizzazione del molo CPag. 76(euro 36.151.983,00); per tali lavori si fa presente che Aeroporti di Roma Spa ha già provveduto all'espletamento della gara d'appalto ed alla successiva aggiudicazione.
L'ENAC ha condiviso tale proposta e quantificato in complessivi 35 milioni di euro le risorse disponibili.
In conseguenza di ciò, il Ministero ha dovuto considerare prioritari i finanziamenti per gli interventi infrastrutturali già realizzati negli scali aeroportuali di Bologna e Torino, per i quali le società di gestione aeroportuali hanno presentato ricorso. In particolare, euro 22.154.965,69, per il rimborso totale alla SAB Spa per i lavori già effettuati di prolungamento e riqualificazione della pista di volo e opere connesse dell'aeroporto di Bologna; per la restituzione di tale somma la stessa società di gestione ha presentato ricorso al TAR per l'Emilia Romagna.
Euro 12.845.034,31, quale parziale rimborso (62 per cento) alla SAGAT Spa, in relazione ai lavori di realizzazione del sistema automatico di smistamento dei bagagli e degli impianti di sicurezza per il controllo del 100 per cento dei bagagli da stiva nell'aeroporto di Torino; per la restituzione della somma complessiva dell'opera la stessa società di gestione ha presentato apposito atto di diffida.
Detti lavori sono stati eseguiti in occasione dei XX giochi olimpici invernali di Torino 2006.
Al fine di consentire il completo rimborso a favore della SAGAT Spa e la realizzazione dei lavori sull'aeroporto di Pescara, che non potranno iniziare prima della fine del 2007, considerato che solo in data 12 ottobre 2006 si è conclusa la conferenza dei servizi che ha approvato il piano di sviluppo dell'aeroporto, nonché la realizzazione del molo C di Fiumicino, è stata inserita una norma, articolo 6, comma 6, del decreto-legge n. 300 del 2006, attualmente in corso di conversione, che consente all'Ente nazionale per l'aviazione civile di utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da finanziamenti statali, relativi all'anno 2006 e disponibili sul bilancio dell'ente per far fronte a spese di investimenti negli aeroporti.
Ciò consentirà di completare il programma di finanziamenti delle opere infrastrutturali sopra citate, per le quali non solo erano stati emanati atti di diffida, ma proposti ricorsi amministrativi (si era nella condizione di mora e, pertanto, vi era l'obbligo di pagamento).
Quello era il budget dell'ENAC; è evidente che, con riferimento ai tempi previsti per la realizzazione di ulteriori lavori dell'aeroporto di Pescara, stabilendo il termine della fine del 2007, si è recuperato sui lavori oggetto di diffida e, pertanto, dovremmo essere pronti a stanziare questi finanziamenti quando Pescara sarà pronta per i lavori.

PRESIDENTE. La deputata Fasciani ha facoltà di replicare.

GIUSEPPINA FASCIANI. Signor Presidente, prendo atto della risposta fornita dal sottosegretario; quindi, do per buono l'impegno che lei si è assunto per il futuro, sottosegretario Annunziata.
Mi auguro che tale assunzione di responsabilità del Governo si concretizzi, nel corso dei prossimi mesi, in atti formali. So che si sono svolte alcune riunioni con l'assessore regionale competente e che il sindaco di Pescara ha sollecitato un incontro. Seguiremo con molta attenzione, dunque, il concretizzarsi di tale impegno, per far in modo che i citati 5 milioni di euro tornino ad essere destinati allo scalo aeroportuale di Pescara.

(Normativa in materia di smaltimento dei residui della lavorazione della pietra - n. 2-00295)

PRESIDENTE. Il deputato Peretti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00295 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 12) di cui è cofirmatario.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, la presentazione della mia interpellanzaPag. 77urgente trae origine da una sollecitazione del sindaco di Grezzana (un grande comune della cintura veronese interessato molto da vicino, ed in maniera significativa, dall'industria del marmo), nonché da una presa di posizione assunta dall'intero consiglio comunale.
Vorrei segnalare che l'industria del marmo è un'attività molto importante presente non solo nel territorio veronese, ma anche in altre parti del paese, e crea un indotto molto importante a favore non solo del settore industriale, ma anche del commercio e dei servizi.
Lo smaltimento dei residui della lavorazione del marmo ha sempre rappresentato un problema molto grave per tale attività e la legislazione ad essa relativa è mutata nel tempo. Una volta, infatti, la normativa prevedeva che questi fossero assimilati ai rifiuti. Successivamente, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, i residui della lavorazione del marmo sono stati assimilati alle terre ed alle rocce di scavo, prevedendo, quindi, un procedimento di smaltimento più semplice. Pertanto, erano consentiti i reinterri, i riempimenti, i rilevati, i macinati, poiché la normativa, giustamente, non considerava tali residui dei rifiuti.
Il nuovo Governo ha cambiato la legislazione previgente, presentando uno schema di decreto legislativo di modifica al citato decreto legislativo n. 152 del 2006 che deve acquisire il parere delle Commissioni parlamentari competenti. In tal modo, si è tornati indietro, e quindi i residui della lavorazione del marmo non sono più assimilati alle terre di scavo, ma vengono considerati dei rifiuti veri e propri.
Pertanto, vogliamo interpellare il Governo per ottenere chiarimenti in ordine a tale questione. Crediamo si tratti di una normativa sbagliata, e quindi intendiamo rappresentare la necessità di ritornare alla legislazione previgente. Riteniamo che la modifica legislativa predisposta dal Governo sia del tutto ingiustificata, nonché inutilmente vessatoria nei confronti di un settore che, in passato, ha sempre attraversato grandi difficoltà, ma rappresenta comunque un comparto importante per la nostra economia. In particolare, vogliamo evidenziare come non esistano basi scientifiche per considerare «rifiuti» i residui della lavorazione della pietra.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.

LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto richiesto nell'interpellanza presentata dagli onorevoli Volontè e Peretti, che rilevano che lo schema di revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha escluso i residui della lavorazione della pietra dalla disciplina di cui all'articolo 186 dello stesso decreto e che chiedono un ripensamento in merito alle modifiche introdotte, lasciando immutata l'attuale previsione normativa che assimila detto materiale alle terre ed alle rocce da scavo (sottraendole, quindi, agli adempimenti ed alle prescrizioni disposte in materia di rifiuti), si rappresenta quanto segue.
Com'è noto, ai sensi dell'articolo 186 del decreto n. 152, le terre e rocce da scavo e i residui della lavorazione della pietra non costituiscono rifiuti e sono pertanto esclusi dal campo di applicazione delle disposizioni di cui alla parte IV del decreto, quando siano utilizzati per reinterri o riempimenti, senza trasformazioni preliminari e purché, anche contaminanti, non presentino una concentrazione di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti per legge.
Il tema delle terre e delle rocce da scavo costituisce una questione che, negli ultimi anni, ha impegnato il legislatore, la dottrina e la giurisprudenza in un dibattito tutt'oggi aperto, incentrato principalmente sulla possibilità o meno di inquadrare come rifiuto questo materiale di risulta, frutto di processi di escavazione, così da poterlo includere nel campo di applicazione della normativa sui rifiuti,Pag. 78sottoponendolo a tutte le forme di gestione e di controllo finalizzate alla tutela ambientale.
Al riguardo, si fa presente che l'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti di alcuni materiali, come le terre e le rocce da scavo, non è in linea con quanto disposto in materia dal diritto comunitario e ciò ha comportato per lo Stato italiano l'avvio di un contenzioso comunitario, tuttora in corso.
Al fine di risolvere detto contenzioso, si sono dovute introdurre alcune modifiche alla disposizione del decreto n. 152, in modo da conformare il diritto interno al dettato comunitario.
In questa prospettiva, è apparso necessario non solo escludere i residui della lavorazione della pietra dalla disciplina di cui all'articolo 186 del decreto suddetto, ma anche operare una rigorosa restrizione della possibilità di escludere le stesse terre e rocce da scavo dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti.
La nuova formulazione dell'articolo, infatti, sottrae alla predetta normativa solo le terre e rocce da scavo destinate, con certezza e senza necessità di trattamenti preventivi, all'effettivo utilizzo per reinterri o riempimenti rilevati nell'ambito di un progetto sottoposto a valutazione ambientale o di un progetto specifico approvato dall'autorità competente. Ciò a condizione che il relativo progetto contenga il riferimento analitico ai dati tecnici, che consentano di verificare che il materiale da utilizzare non superi i valori limiti di concentrazione di inquinanti normativamente disposti, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione, con specifico riferimento alle attività attuali e pregresse, realmente svolte sull'area interessata dall'attività di scavo.
Al riguardo, deve osservarsi come le modifiche al testo del citato articolo 186, approvate dal Governo, finalizzate ad evitare la sottrazione dal regime giuridico dei rifiuti di sostanze che, invece, devono esservi ricomprese, così come ribadito dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia, si inseriscono in un contesto più ampio, volto a garantire meglio una piena ed efficace tutela ambientale.
In quest'ottica, quindi, nella normativa in corso di emanazione, è previsto, innanzitutto, la revisione della definizione di rifiuto alla quale consegue, necessariamente, l'adeguamento di tutte le disposizioni ad essa connesse.

PRESIDENTE. Il deputato Peretti ha facoltà di replicare.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, ringrazio il viceministro per essere venuto in aula celermente a rispondere a questa interpellanza.
Prendo atto delle sue dichiarazioni, però non mi ritengo soddisfatto, perché è vero che, come ha detto, la modifica trae origine da un dettato extra italiano, quindi, da una normativa dell'Unione europea, ma mi sarei aspettato dal viceministro non un'accettazione supina di questa normativa, perché riteniamo (credo che questo non sia stato dimostrato nella risposta a questa interpellanza) che vi siano fondamenti scientifici per questo tipo di atteggiamento.
Crediamo, invece, che ciò sia sbagliato, proprio perché il fondamento scientifico dell'assimilazione dei residui della lavorazione della pietra ai rifiuti non esiste. Se ciò fosse dimostrato, saremmo i primi a riconoscere che la tutela dell'ambiente è importante e che, quindi, è prioritaria rispetto all'aspetto economico. Capiremmo questa impostazione, ma questo fondamento scientifico non viene riconosciuto.
Inoltre, riteniamo che sia sbagliato modificare continuamente la legislazione. In generale è sbagliato farlo, ma, in particolare, lo è per quanto riguarda gli aspetti ambientali, perché si mantiene il settore in una condizione di incertezza e di fibrillazione, perché c'è la necessità di adeguare la gestione dal punto di vista amministrativo. Infatti, se si tornasse alla normativa precedente, vi sarebbe la necessità di individuare le discariche e, quindi, di predisporre un piano amministrativo.
Ciò determina per il settore un aumento di costi e lo si sottopone, in unPag. 79momento di grande difficoltà dal punto di vista della competitività internazionale, ad una grande crisi, anche considerando che non è dimostrata la scientificità di tale impostazione.
Noi riteniamo che vi possa essere spazio per modificare questo atteggiamento. Non so se, in seno al Consiglio dei ministri, il ministro dello sviluppo economico Bersani abbia accettato una modifica in maniera supina, ma crediamo ci sia la possibilità, attraverso il parere delle Commissioni parlamentari competenti, di indicare al Governo una strada che dia a questo settore una certezza normativa, scientificamente provata.

(Rinvio interpellanza urgente Cassola - n. 2-00306)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Cassola n. 2-00306 è rinviato ad altra seduta.

[Lavori di ammodernamento della strada statale n. 36 (superstrada Monza-Cinisello) - n. 2-00310]

PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00310 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 13).

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, intervengo molto velocemente, vista l'ora.
L'annosa faccenda di viale Lombardia a Monza, ossia la strada statale n. 36, che collega la prima e la terza città della Lombardia e che serve da collegamento per le città di Desio, Lissone e Seregno, collegando il nord della Lombardia con il capoluogo regionale, da undici anni (quasi 12), aspetta una soluzione. Si formano, infatti, lunghe code in corrispondenza dei semafori del centro di Monza. Sembrava ci fosse uno spiraglio, perché il 20 dicembre è stato emesso un comunicato stampa da parte dell'ANAS, in cui si affermava che i lavori per la costruzione della galleria della strada statale n. 36, in corrispondenza del comune di Monza, si sarebbero svolti dividendo l'appalto in due stralci: il primo dell'importo di 61 milioni di euro circa, entro la fine dell'anno; il secondo per l'estate 2007.
Il problema è che il primo appalto, che prevedeva la realizzazione dello svincolo di Cinisello con l'autostrada A4, la cosiddetta «tangenzialina di Muggiò» e lo svincolo con la A52, per 61 milioni di euro, è stato appaltato, invece, per 35 milioni circa. Quindi, questa non è la cifra che è stata promessa.
Quel che più ci preoccupa è che questi lavori sono essenziali e vitali per procedere all'appalto per la costruzione della galleria vera e propria.
Il progetto non prevede il passaggio su queste opere preliminari sulle quali poi verrà deviato il traffico di viale Lombardia. Quello che ci preoccupa è che la situazione di rallentamento dei lavori porti ad eludere le promesse che i monzesi, i brianzoli e i lombardi si sentono raccontare ormai da dodici anni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Luigi Meduri, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, in riferimento alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, l'ANAS conferma anzitutto che il progetto per la realizzazione dei lavori della superstrada Monza-Cinisello Balsamo prevede un investimento complessivo di euro 61.718.719,97 di cui euro 35.195.881,33 per lavori a base d'appalto ed euro 26.522.838,62 per somme a disposizione.
Il progetto, approvato il 20 dicembre scorso dal consiglio di amministrazione dell'ANAS - che ha stabilito una immediata pubblicazione del bando di gara -, comprende il primo stralcio funzionale relativo alle sole opere all'aperto che ricadono nel comune di Cinisello Balsamo e prevede inoltre un tracciato dellaPag. 80sezione complessiva di 1,845 chilometri, caratterizzato fondamentalmente dall'adeguamento dell'asse stradale esistente.
Il progetto riguarda in particolare l'adeguamento della strada statale n. 36 dal chilometro 8+555 al chilometro 10+400 che interessa il viale Brianza nel comune Cinisello Balsamo sino alla rotatoria di San Fruttuoso. Lo stesso comprende inoltre lo svincolo con l'autostrada A4, la riqualifica della viabilità in comune di Cinisello Balsamo, nonché la bretella di Muggiò, con connessione all'autostrada A52, tangenziale nord di Milano.
L'opera, che era già inserita nel piano triennale ANAS 1997-1999 e confermata nei successivi strumenti programmatori, ha formato oggetto di specifico impegno preso con le autorità locali all'atto della firma della convenzione integrativa del 27 novembre 2006. Tale atto che accede alla convenzione sottoscritta il 21 novembre 2000 prevede la realizzazione in cofinanziamento dell'opera da parte del ministero delle infrastrutture, ANAS, regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Monza, comune di Cinisello Balsamo, consorzio Alto Lambro - oggi ALSI Spa - e autostrade Serravalle-Milano-Ponte Chiasso.
Nel progetto sono inoltre inserite le opere di sistemazione dello svincolo di Cinisello con l'autostrada A4 e con la tangenziale nord di Milano, che rappresentano i due nodi progettuali più complessi lungo l'asse principale. Il progetto è stato integrato e modificato per risolvere criticità legate ai ricorsi promossi dai privati per espropri eseguiti in accessi privati, nonché a precise richieste degli enti locali.
L'ANAS fa infine sapere che la redazione del progetto esecutivo del secondo lotto concerne opere in sotterraneo, relative alla galleria artificiale di viale Lombardia, lunga 2,427 chilometri. Il progetto, pronto entro il 31 dicembre 2007, verrà conseguentemente messo in appalto, così come stabilito nella convenzione integrativa.

PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, non sono soddisfatto, ma pregherei il sottosegretario di ascoltarmi con attenzione, in quanto vorrei sottolineare un paio di questioni. Il comunicato ANAS che è uscito ieri lo conosciamo tutti benissimo. Il sottoscritto - credo anche a differenza del sottosegretario - è andato a vedersi lo storico dei comunicati ANAS. Ebbene, negli ultimi dodici anni non ve n'è stato uno solo che poi sia corrisposto al vero.
Seconda considerazione: deduco che il sottosegretario non ha letto il bando di gara vero e proprio.
Il bando di gara per l'appalto del primo lotto (protocollo n. DGMI/74/06), pubblicato da ANAS Spa il 27 dicembre scorso, sezione 2, relativa all'oggetto dell'appalto, punto 1, capoverso 6, descrive l'intervento nel modo seguente: affidamento dei lavori di realizzazione della connessione tra la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga ed il sistema autostradale di Milano dal chilometro 8+555 al chilometro 10+400.
Si tratta, quindi, soltanto dell'ampliamento dello svincolo di Cinisello con la A4 e dell'adeguamento di un breve tratto di strada, dove - guarda caso (a pensar male si farà peccato, ma ci si azzecca...) - è in costruzione quel centro commerciale che sarà il più grande d'Europa. Non sono inclusi nell'oggetto del primo stralcio della gara d'appalto né il nuovo svincolo con la tangenziale nord, la A52, e la strada provinciale n. 151 (da viale De Amicis di Cinisello) né la viabilità di cantiere nei territori di Monza e Muggiò (la cosiddetta tangenzialina Muggiò), vale a dire proprio quelle opere che, come dicevo, sono indispensabili per appaltare il secondo lotto, relativo all'avvio degli scavi per la realizzazione del tunnel.
Signor sottosegretario, non è necessario essere tecnici del settore, ma basta saper leggere e scrivere: se nel bando di gara - la invito a leggerlo - è scritto che luogo di prestazione del servizio è soltantoPag. 81il comune di Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, ciò significa che nel bando di gara non si cita la «tangenzialina», che è nel comune di Muggiò e che passa per il comune di Monza e lo svincolo della A52 (che riguarda un altro comune). Questo è scritto nel bando di gara! Quindi, mettetevi d'accordo, perché o il ministro Di Pietro o l'ANAS ci racconta barzellette! Evidentemente, c'è qualcosa che non funziona.
Inoltre, le faccio notare, signor sottosegretario, che c'è poca chiarezza. È elusivo, infatti, affermare che lo svincolo di Cinisello è stato appaltato per un importo di 35 milioni di euro circa anziché 61, perché ci sono gli espropri, i sottoservizi, e via dicendo. Il sindaco di Monza ha addirittura ipotizzato che non fosse stata conteggiata l'IVA. Insomma, c'è poca chiarezza. Mi insospettisce, in particolare, un fatto. Abbiamo chiesto di vedere il progetto. Abbiamo detto: in base al bando di gara avete torto, fateci vedere il progetto! Provi lei ad averlo, signor sottosegretario, perché noi non siamo riusciti a reperirlo: il progetto non c'è!
Signor sottosegretario, la invito a verificare la situazione reale dando una lettura al bando di gara. C'è un problema reale che riguarda 100 mila persone che percorrono quella strada tutti i santi giorni per recarsi al lavoro: una città che, da sola, versa 2 mila miliardi allo Stato centrale, aspetta da dodici anni i 200 milioni di euro che sono necessari per realizzare questo benedetto tunnel! Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 22 gennaio 2007, alle 14:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (2114-A).
Relatore: Amici.

2. - Discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00071, Bertolini ed altri 1-00073, Fabris ed altri 1-00075, Gasparri ed altri 1-00076, Maroni ed altri 1-00077 e Villetti ed altri 1-00078 in tema di famiglia.

3. - Discussione del disegno di legge:
S. 1179 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005 (Approvato dal Senato) (2081).
Relatore: Ranieri.

La seduta termina alle 18,05.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 12
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1496-A ed abb. - em. 1.31 417 413 4 207 181 232 75 Resp.
2 Nom. em. 1.101 432 360 72 181 88 272 74 Resp.
3 Nom. em. 1.39 443 441 2 221 201 240 73 Resp.
4 Nom. em. 1.1 427 426 1 214 192 234 72 Resp.
5 Nom. em. 1.500 435 434 1 218 428 6 71 Appr.
6 Nom. em. 1.45 442 440 2 221 202 238 71 Resp.
7 Nom. em. 1.32 445 442 3 222 207 235 71 Resp.
8 Nom. em. 1.2 441 439 2 220 198 241 71 Resp.
9 Nom. em. 1.46 446 445 1 223 210 235 71 Resp.
10 Nom. em. 1.85 452 448 4 225 207 241 71 Resp.
11 Nom. em. 1.47 452 449 3 225 211 238 71 Resp.
12 Nom. em. 1.501 443 442 1 222 435 7 71 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.