XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 93 di mercoledì 17 gennaio 2007

[frontespizio]
[elenco e sigle dei gruppi parlamentari]
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[indice cronologico]
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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

La seduta comincia alle 9,10.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 dicembre 2006.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Castagnetti, Cirino Pomicino, Cordoni, D'Alema, Del Mese, Duilio, Fabris, Galati, Giovanardi, Letta, Mazzocchi, Meta, Migliore, Oliva, Leoluca Orlando, Pinotti, Piscitello, Realacci, Scajola, Stucchi, Villetti, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sul grave incidente avvenuto nelle acque dello stretto di Messina (ore 9,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul grave incidente avvenuto nelle acque dello stretto di Messina.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del ministro dei trasporti)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, riferirò sull'incidente avvenuto ieri l'altro nello stretto di Messina, dividendo il mio intervento per parti: effettuerò, dapprima, una ricostruzione dell'evento, per come finora è stata possibile; successivamente, illustrerò una valutazione della scena del disastro, compiuta a vista, ieri mattina, da me personalmente, insieme alle autorità preposte; in seguito, svolgerò una analisi tecnica dell'incidente; infine, affronterò il tema generale della sicurezza.
Anzitutto, signor Presidente, mi sia consentito esprimere, a nome del Governo e mio personale, il più sentito cordoglio per le quattro vittime dell'incidente: il comandante dell'aliscafo Sebastiano Mafodda, il direttore di macchina Marcello Sposito, il motorista Domenico Zona e il marinaio Lauro Palmiro.
La collisione si è verificata alle ore 17,53 del giorno 16 gennaio 2007 ed ha interessato l'aliscafo, altrimenti definito monocarena, delle Ferrovie dello Stato - in particolare, in questo momento, contrassegnato dalla denominazione Pluvia -, denominato Segesta Jet ed un mercantile denominato Susan Borchard, iscritto nei Pag. 2registri di Antigua e Barbuda. A bordo dell'aliscafo vi erano circa 150 passeggeri. Si tratta di una macchina di circa cinquanta metri di lunghezza e velocità massima di 30 nodi, che effettua regolarmente il servizio tra Messina e Reggio Calabria.
La dinamica dell'incidente - come ho accennato - ancora non è stata studiata nei dettagli. I due natanti, in questo momento, sono ricoverati nel porto di Messina. Attualmente, in base alla analisi a vista di quanto avvenuto, si può affermare che il mercantile Susan Borchard ha investito l'aliscafo sulla fiancata di dritta, aprendo uno squarcio di diversi metri, all'altezza della plancia di comando. Questa è la ragione dell'immediato decesso dei membri dell'equipaggio, che erano alloggiati nella medesima plancia. Come ho ricordato, i morti sono stati quattro ed il numero complessivo dei feriti è di circa cento, sei dei quali, in questo momento, in condizioni gravi (da «codice rosso», secondo la definizione clinica). Ventuno feriti sono ricoverati presso il Policlinico dell'università di Messina, altri venticinque presso l'ospedale Papardo e ulteriori ventuno presso l'ospedale Piemonte. Altri ventuno feriti si trovano negli Ospedali riuniti di Reggio Calabria.
Per quanto riguarda la valutazione a vista della scena, ieri ho effettuato un sopralluogo nel porto di Messina, unitamente al comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio Dassatti, a tecnici delle Ferrovie dello Stato, ad altri componenti delle strutture locali e a rappresentanti della prefettura.
Alcuni fatti sono abbastanza evidenti: vorrei riferirli.
Nella drammaticità dell'incidente, che ha determinato appunto quattro morti e cento feriti, vi è stata una casualità che ha impedito che esso si trasformasse in una vera e propria ecatombe, nel senso che se l'impatto fra la Susan Brochard e la Segesta Jet fosse avvenuto qualche metro più a poppa o qualche metro più a prua avrebbe investito in pieno le sale dei passeggeri, dove appunto erano distribuiti circa 150 passeggeri.
Devo riferire che vi è stata una assoluta prontezza e professionalità da parte delle forze che sono intervenute a soccorso, realmente nei minuti immediatamente successivi all'incidente. Mi riferisco in particolare ai corpi della Guardia costiera, dei vigili del fuoco, della polizia, dei carabinieri, della Guardia di finanza e della protezione civile, che hanno operato con il coordinamento delle due prefetture di Reggio Calabria e di Messina.
Anche qui va detto che alla prontezza e alla efficacia di questi soccorsi dobbiamo il fatto che non ci siano state conseguenze ulteriori.
Teniamo presente che, subito dopo l'incidente, queste 150 persone si sono trovate sole, nel senso che l'equipaggio non esisteva più, e quindi esse erano prive di qualunque assistenza di carattere professionale a bordo.
L'allarme è stato lanciato da un passeggero, non sappiamo esattamente da chi ancora in questo momento, e questo ha messo in moto la macchina dei soccorsi che, come ho detto, si è dimostrata estremamente efficace.
Altrettanto efficace si è dimostrata la «macchina sanitaria». I feriti, una volta arrivati sulla banchina del porto di Messina, sono stati distribuiti nelle varie strutture sanitarie e ieri, parlando anche con molti di loro, ho sentito parole di apprezzamento per la tempestività e l'efficacia di questi interventi.
Per quanto riguarda l'analisi tecnica dell'incidente, l'esame dei tracciati che sono disponibili presso la Guardia costiera inizierà oggi, il che permetterà, mi auguro nell'arco di poche settimane, di arrivare ad una ricostruzione esatta dell'evento e alla ricerca e anche alle indicazioni di quelle che possono essere state le motivazioni. Questo fermo restando la indipendenza dell'inchiesta di carattere giudiziario che è stata avviata e che investe contemporaneamente le due procure di Reggio Calabria e di Messina.
Posso dire, vi ripeto, da una analisi a vista e da un breve scambio di opinioni che ci è stato ieri, che l'incidente è avvenuto in una condizione di assoluta normalità Pag. 3di condizioni meteorologiche e di stato del mare. È avvenuto tra questa nave, la Susan Brochard, che procedeva da nord verso sud, quindi era entrata nello stretto di Messina venendo dal Tirreno ed era diretta verso sud, nel mare Ionio. La destinazione finale era Israele. La Segesta, partita da Reggio Calabria, era diretta al porto di Messina.
Sulla scena dell'impatto, nei momenti immediatamente precedenti all'impatto stesso, era presente una terza nave, questo è stato appurato con certezza: una nave della flotta Caronte, la Zancle, partita dallo scalo di Tremestieri e diretta a Villa San Giovanni.
Anche qui, da una ricostruzione di testimonianze, si è potuto appurare, per quello che può valere in questo momento, che l'incrocio fra la Zancle e la Segesta era avvenuto a poppa della Zancle stessa, quindi la Zancle sarebbe sfilata davanti alla Segesta e, una volta liberato il teatro dalla presenza di questa nave, la Segesta si sarebbe trovata in rotta di collisione con la Susan Brochard.
Non più di tanto è possibile attribuire anche per quanto riguarda i diritti di precedenza, che sono regolati da norme variabili, nel senso che il criterio generale è quello per il quale i mezzi in attraversamento (quindi quelli che vanno da una costa all'altra) hanno, di regola, la precedenza sugli altri, ma questa regola può essere cambiata in condizioni particolari.
Il tutto è regolato da una postazione di controllo a terra, a Messina, che non possiamo sapere se e in che termini sia intervenuta.
Per le navi che attraversano lo stretto è prevista l'assistenza di un pilota, che sale a bordo e accompagna le navi superiori a 5 mila tonnellate fino all'uscita, ma la Susan Brochard non superava tale stazza.
La Segesta ha caratteristiche di naviglio molto avanzate: è una nave costruita nel 1999 e aveva avuto l'ultima manutenzione nel maggio dell'anno scorso, per cui occorre presumere che fosse in buone condizioni. Non sappiamo molto della Susan Brochard, che tuttavia è una nave abbastanza nuova, costruita nel 1995.
L'ultimo aspetto riguarda il problema della sicurezza, problema che è stato discusso subito dopo l'incidente. Ricordo che stiamo parlando di una delle aree più trafficate del Mediterraneo, che rappresenta la rotta principale nord-sud e viceversa, dal Mediterraneo orientale e dal nostro paese verso il continente europeo. In quel tratto il traffico marittimo è aumentato notevolmente dopo l'entrata in funzione dello scalo porta-container dello scalo di Gioia Tauro, il che ha provocato una intersezione delle rotte in quel tratto.
Tuttavia il sistema generale, che sovraintende alla sicurezza sia degli impianti fissi sia delle procedure, è secondo noi efficiente e ciò è dimostrato dal fatto che incidenti di questo tipo non si erano mai verificati negli anni precedenti nello stretto. Si erano verificati incidenti di portata assai minore, senza vittime e l'ultimo di cui si ha memoria, avvenuto venti anni fa, coinvolse due navi mercantili, una in attraversamento da nord e l'altra da sud, una delle quali sbagliò una manovra, con un bilancio di tre morti.
Detto questo, non possiamo dire in linea generale che le misure di sicurezza che sovraintendono alla navigazione dello stretto siano inadeguate. Certamente è vero che queste misure sono state progettate e realizzate precedentemente a questo aumento tumultuoso del traffico e che quindi è necessario adeguare questi strumenti alla realtà attuale.
Di questo abbiamo inizialmente discusso nella sede della prefettura di Messina e di Reggio Calabria e abbiamo convenuto di convocare a breve una riunione di tutte le componenti interessate - dalle amministrazioni comunali delle città di Messina, Reggio Calabria e Villa S. Giovanni alle prefetture, alle province e alle due regioni - con il coinvolgimento di tutti i soggetti legati alla navigazione nello stretto - dagli armatori, agli enti di controlli fino alla Guardia costiera, che detiene il sistema VTS di controllo della navigazione - per discutere quali misure mettere in campo per ampliare le misure di sicurezza.

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(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, signor ministro, purtroppo stamani ci troviamo ancora una volta a commentare un disastro occorso nel nostro sistema dei trasporti; si tratta di un gravissimo incidente che ha provocato la morte di quattro naviganti, il ferimento di altri due membri dell'equipaggio e di quasi 100 passeggeri dell'aliscafo Segesta che trasportava, come di consueto, lavoratori ed altri passeggeri da un capo all'altro dello stretto tra Calabria e Sicilia.
Vorrei innanzitutto esprimere ai familiari delle vittime, ai feriti e ai loro familiari il cordoglio del gruppo dell'Ulivo e, credo, dell'intero Parlamento.
Colleghi, la ricostruzione dell'incidente è in corso, stando alle tempestive dichiarazioni rese dal ministro e dal comandante generale del corpo delle capitanerie di porto-guardia costiera. La tragedia avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi se solo l'impatto fosse avvenuto qualche istante dopo, in quanto avrebbe colpito in pieno lo scafo, coinvolgendo i passeggeri presenti a bordo.
In questa circostanza desidero associarmi al ringraziamento doveroso al personale di soccorso, a quello della Guardia costiera, che già a tre minuti dall'allarme è riuscita ad inviare un mezzo navale, nonché al personale delle altre navi che si sono recate sul posto, al personale sanitario ed infermieristico e ai volontari, che hanno dato una grande prova di solidarietà nei confronti dei feriti.
Non può sfuggire alla nostra attenzione il fatto che, purtroppo, la nave Segesta era ormai priva di equipaggio in grado di assistere e di aiutare i passeggeri in un momento davvero drammatico. Ora, sarà l'inchiesta della magistratura, coadiuvata dagli altri organi competenti e tecnici, a spiegare ciò che è avvenuto nello stretto. Tale quadro sembra peraltro più complesso di quanto era apparso in un primo momento.
In ogni caso, il tema che attrae la nostra attenzione è quello della sicurezza e del sistema in grado di prevenire disastri come quello in oggetto. Non è peraltro questo il momento di riaprire il polemiche sul ponte sullo stretto, come si è sentito fare in queste ore.
Il sistema di sicurezza che può prevenire questi incidenti esiste, come ci è stato ricordato. Dobbiamo chiederci quindi quando il sistema VTS entrerà compiutamente in funzione e quando il VTS di Messina verrà integrato con quello nazionale, assicurando in tal modo una piena funzionalità di tale dispositivo.
Sappiamo che il VTS di Messina è stato installato prima di quello nazionale e che è in attività, ma in modo non compiuto e non continuativo. La prima tranche è stata completata, mentre per la seconda il contratto è stato firmato a dicembre del 2006.
Cogliamo dunque questa occasione per auspicare che vi sia una pronta collaborazione tra tutti gli enti coinvolti, il Ministero e gli enti locali, affinché questo sistema di sicurezza, che il Parlamento ha voluto diversi anni fa, possa entrare pienamente in funzione.
Voglio ricordare ai colleghi che fu la legge di iniziativa parlamentare 14 marzo 2001, n. 51, recante disposizioni per la prevenzione dell'inquinamento derivante dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo, che, all'articolo 5, prevedeva che, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il ministro dei trasporti, di concerto con il ministro dell'ambiente, fissasse con propri decreti le disposizioni attuative del sistema di controllo del traffico marittimo, il Vessel Traffic Service, assicurandone la gestione operativa attraverso le strutture centrali e periferiche del Ministero. La stessa legge poi stanziava 39 miliardi di lire per il sistema di comunicazioni per la sicurezza nel mare.
Se, come abbiamo sentito, il VTS avrebbe potuto prevenire l'incidente, noi abbiamo il dovere di operare per far sì che sia accelerata la messa in atto del sistema, affinché in tutti i mari italiani tutti i Pag. 5naviganti e i passeggeri possano navigare sicuri e protetti (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Floresta. Ne ha facoltà.

ILARIO FLORESTA. Signor Presidente, signor ministro, la ringrazio per la solerzia dimostrata nel venire a riferire in Parlamento. Il gruppo di Forza Italia rinnova le più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e augura una pronta guarigione a tutti i feriti, sperando che il bilancio della sciagura non si aggravi ulteriormente.
Riguardo alle considerazioni svolte dal ministro, desidero porre l'accento sul fatto che, come ha riferito lo stesso ministro, la sciagura avrebbe potuto assumere dimensioni molto più gravi. Svilupperò questo aspetto nel corso del mio intervento; tengo a rilevare subito che, trattandosi di disgrazia, non possiamo dire di essere stati fortunati, ma possiamo sicuramente affermare che la disgrazia è stata attenuata dalla fortunata circostanza che lo speronamento, per frazioni di secondo, è avvenuto in un determinato punto dello scafo.
Lei, signor ministro, ha ribadito che gli interventi di soccorso sono stati pronti ed efficaci. Di ciò ringraziamo lei e chi è intervenuto con grande rapidità, a dimostrazione del fatto che il precedente Governo aveva tenuto sotto controllo tutto quanto attiene alla tempestività degli interventi in materia di sicurezza. Quindi, la struttura a ciò deputata non era stata smantellata, come taluno aveva voluto sostenere in precedenza; anzi, i fatti hanno dimostrato che gli interventi sono stati immediati.
Inoltre, lei ha affermato, signor ministro, che nello stretto non vi sono incidenti con vittime da decenni. È vero, ma le rammento, signor ministro, che, negli anni passati, si sono verificati molti incidenti - quasi una quarantina - che avrebbero potuto causare disgrazie simili a quella avvenuta ieri.
Tutto ciò mi porta a sviluppare con lei, signor ministro, considerazioni concernenti lo sviluppo strategico del crescente traffico marittimo nello stretto di Messina: va sempre più crescendo, infatti, il traffico passeggeri, basato sugli spostamenti dei pendolari (come lei ben sa, essendo del territorio) che arrivano con i treni ed altri mezzi di trasporto. Lei sa, signor ministro, che sono circa dieci milioni - una cifra impressionante - i passeggeri che transitano nello stretto di Messina; non a caso, ha ribadito poc'anzi che lo stretto è un punto nodale. Pertanto, non possiamo abbassare l'attenzione e dobbiamo far sì che non si ripetano simili episodi. È davvero increscioso che, con l'evoluzione tecnologica che ha caratterizzato la cantieristica navale ed i sistemi di sicurezza, siamo costretti a vedere capitare, purtroppo, queste disgrazie.
Mi auguro che le autorità competenti operino seri controlli su quello che è accaduto, ma una componente di errore umano c'è sicuramente stata: se fossero state rispettate le precedenze e tutte le norme di sicurezza e se fossero state utilizzate tutte le strumentazioni che regolano il traffico, l'incidente non si sarebbe verificato. Ad ogni modo, l'errore viene definito «umano» proprio perché sbagliare è umano!
Quindi, sollecito due misure. In primo luogo, si provveda ad un ammodernamento il più possibile veloce, non solamente a parole: in Italia, siamo abituati, ahimè, a piangerci addosso quando le cose non sono più rimediabili; per spingerci a prestare attenzione a quello che accade occorre che vi sia una vittima umana...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ILARIO FLORESTA. Inoltre, dobbiamo fare in modo che tutti i mezzi tecnologici ed i sistemi di sicurezza vengano attivati e consegnati ad autorità di vigilanza certe, in modo da non dare adito a «scaricabarili». Ancora, la cantieristica navale dovrebbe provvedere a che tutti i mezzi che normalmente passano nello stretto, con una frequenza veramente incredibile - uno al minuto! -, dispongano di tutti quegli accorgimenti, anche meccanici, atti a consentire che, in caso di incidenti navali, non si abbiano più perdite di vite umane.Pag. 6
Comunque, signor ministro, noi collaboreremo e saremo attenti, con grande assiduità, a tutto che ciò che questo Governo farà, perché vorremmo che alle parole corrispondessero fatti concreti. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Briguglio. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, signor ministro, il gruppo di Alleanza Nazionale rinnova i sentimenti di cordoglio per le vittime dell'incidente (si trattava di lavoratori) ed esprime solidarietà umana alle loro famiglie e ai feriti, che sono numerosi, soprattutto a quelli che sono ancora in pericolo di vita.
La sua, signor ministro, è stata una ricostruzione tecnica, ma questo è un Parlamento e in Parlamento, senza cedere alla tentazione della speculazione, dobbiamo fare delle valutazioni politiche. Le mie osservazioni, non strettamente riferite all'incidente, ma al sistema di sicurezza nello stretto, chiamano fortemente in causa le responsabilità politiche del Governo che lei rappresenta. Le spiegherò anche perché (se leggiamo le cifre, senza fornire una valutazione, non comprendiamo).
Oggi, si sostiene che lo stretto sia il luogo più trafficato del Mediterraneo, uno dei più trafficati, sicuramente il più trafficato d'Europa. Ma perché è il luogo più trafficato d'Europa? Perché 13 mila navi mercantili - 35 al giorno - attraversano lo stretto (questo è sicuramente un problema, ma ha anche una valenza positiva) e si registrano 140 mila attraversamenti l'anno, ossia 380 al giorno. Traghetti con treni, auto, camion ed aliscafi attraversano lo stretto: i cosiddetti dieci milioni di passeggeri usufruiscono di questo tipo di collegamento. Ecco perché lo stretto ormai è diventato un luogo estremamente pericoloso!
Le scelte del suo Governo e sue, signor ministro, sono quelle di allontanare l'attenzione da questo problema e di eliminare dall'agenda del Governo - un atto grave sul piano politico e storico che ricade sulle vostre spalle - il ponte sullo stretto. Lei dirà che si tratta di una sciocchezza, io invece le dico che è l'unico elemento di serietà che state cercando di occultare, il vero elemento di decongestionamento dello stretto. Infatti, questo tipo di traffico avrebbe potuto essere deviato sul manufatto stabile ed il vero sistema di sicurezza, da oggi agli anni che verranno, è proprio la realizzazione del ponte sullo stretto. Questo è il punto. Ma voi non lo potete ammettere.
Lei si è fatto sfuggire che la cosiddetta terza nave del gruppo Franza (per fare nomi e cognomi) ha creato le precondizioni dell'incidente (si assuma la responsabilità di quello che ha detto sul quotidiano la Repubblica di oggi). Noi diciamo che probabilmente c'è una disattenzione e negli anni è stata allontanata l'attenzione del Governo e della politica dal sistema di attraversamento dello stretto perché tutto è stato appaltato politicamente (e non soltanto) alla lobby dei traghettatori privati, che è garantita da questo Governo che lei rappresenta.
Queste sono le valutazioni politiche su cui il Parlamento deve riflettere e su cui deve riflettere anche il Governo. Sotto questo profilo, noi, come opposizione, come gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale, saremo estremamente severi ed incalzanti.
Diamo atto alle forze dell'ordine, alle forze preposte al soccorso, anche ai presidi sanitari, che prontamente hanno dato una risposta a questo grave incidente in termini soddisfacenti, ma il Governo, sul piano politico, porta questa responsabilità.
Prevediamo che, se non si interverrà in modo serio, rimettendo nell'agenda della politica nazionale e del Governo la realizzazione del ponte sullo stretto, tutti i sistemi di controllo del traffico e di sicurezza saranno un palliativo, perché il volume dei movimenti, degli scambi e del traffico che si registra nello stretto potrà essere radicalmente ridotto soltanto con la realizzazione del manufatto stabile.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

SERGIO OLIVIERI. Desidero esprimere, a nome di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dolore per le vittime, cordoglio ai familiari e auguri di pronta guarigione ai feriti. Ho ascoltato le sue parole, signor ministro, e le condivido. Apprezzo la determinazione con la quale ci ha anche rassicurati circa la rigorosità dell'inchiesta. Tuttavia, vorrei fare alcune considerazioni.
Oggi, piangiamo una tragedia del mare, così come, nelle scorse settimane, abbiamo assistito a disastri ferroviari. C'è un problema di sicurezza nel nostro sistema dei trasporti? Sì, c'è. Allora, il punto è: quale politica il Governo intende mettere in campo per garantire trasporti efficienti, ma anche sicuri? Lei crede, signor ministro, che le politiche portate avanti in questi anni non c'entrino niente con il tema dell'insicurezza nei trasporti? Intendo riferirmi alle politiche delle esternalizzazioni, delle privatizzazioni, dello smembramento delle grandi aziende pubbliche, con manager super pagati, da un lato, e il taglio delle manutenzioni, dall'altro. È qui, su queste politiche, signor ministro, che occorre intervenire con una vera svolta. Ci vuole un piano dei trasporti che sappia coniugare efficienza e sicurezza, ruolo del pubblico e ruolo dei lavoratori. Altro che licenziarli, come è accaduto quando segnalavano i problemi della sicurezza!
C'è poi una specificità del trasporto marittimo. L'incremento del traffico marittimo e le strade del mare ci dicono che il problema è sempre più urgente. Occorre, in primo luogo, una grande iniziativa per ammodernare il trasporto pubblico via mare e la finanziaria dà un primo importante, ancora insufficiente, segnale. Non voglio, poi, dire che, in questo incidente, c'è un problema di carrette del mare. Tuttavia, visto che parliamo di sicurezza del trasporto marittimo, è noto che ci sono nel mondo armatori senza scrupoli che mandano in giro delle vere e proprie bagnarole. Occorre che, su questo versante, ci sia una forte iniziativa del Governo, anche a livello europeo. Dobbiamo impedire che le carrette solchino i nostri mari.
C'è, infine, una specificità dello stretto. Anche qui, esiste un problema di sicurezza? Sì, ce lo ricordano le comunità locali. Leggo le dichiarazioni di amministratori: si pone seriamente il problema della sicurezza nell'attraversamento dello stretto di Messina. Ce lo dicono i sindacati. Leggo dalla nota nazionale di tutti i sindacati dei trasporti: occorre valutare attentamente la normativa, le procedure di sicurezza, la composizione, l'utilizzazione degli equipaggi e le attrezzature tecnologiche, in modo tale da garantire la massima sicurezza in navigazione, in una situazione di crescente aumento del traffico, in un tratto di mare particolarmente difficile.
È giunto il momento, quindi, di porre, con assoluta urgenza, sul tavolo la riorganizzazione del sistema dei trasporti tra le due sponde. Occorre farlo sul serio. Bisogna costruire con le regioni Calabria e Sicilia, con gli enti locali, con la comunità locale, un vero e proprio progetto che migliori, razionalizzi e renda più sicuro il collegamento tra le due sponde, riduca i tempi di attraversamento e traguardi la prospettiva di una sorta di metropolitana del mare tra le due coste, in sinergia con il trasporto su gomma e su ferro delle città.
Ho sentito dire, nei commenti di ieri, che ci voleva il ponte. No, è vero il contrario. I soldi spesi per sognare opere faraoniche dannose, come il ponte, o tutti soldi - una vera vergogna - che sono stati ingoiati da un'alta velocità che è diventata un'alta voracità avrebbero potuto ben più utilmente essere spesi per ammodernare il trasporto pubblico, renderlo più efficiente e sicuro. Questo è il nostro auspicio, signor ministro.

PRESIDENTE. È presente in tribuna una classe della scuola media Paola Sarro di Roma, cui la Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

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MARIO TASSONE. Signor Presidente, voglio intanto esprimere ai familiari delle vittime i sentimenti di un sincero cordoglio e, ovviamente, ai feriti l'augurio di pronta guarigione con la forte speranza che il bilancio delle vittime si fermi qui. Questo è il grande auspicio che noi formuliamo.
Voglio poi esprimere una stima particolare ed una considerazione avvertita nei confronti delle capitanerie di porto, di tutte le forze - polizia di Stato, carabinieri, Guardia di finanza, vigili del fuoco - che impegnate nei soccorsi con tempestività e celerità.
Signor ministro, sono queste le occasioni per fare delle valutazioni opportune e molte volte anche altre considerazioni che trascendono certamente da quelli che sono oggi le circostanze, i temi ed i problemi dinnanzi a noi. Certo l'auspicio da parte mia è che le commissioni di indagine possano accelerare il loro lavoro in modo che questo possa essere poi conosciuto dal Parlamento. Chi ha un minimo di esperienza, signor ministro, sa che si annunciano le commissioni per l'accertamento della verità su questi incidenti e poi si perdono le tracce dei risultati a cui queste pervengono. Dicevo prima che noi ci auguriamo ovviamente che vi possa essere una conclusione celere delle indagini ed una comunicazione opportuna e puntuale da parte del Governo.
Non faccio alcun riferimento, signor ministro, alle vicende del ponte. Mi limito ad una semplice battuta per dire che in fondo manca una strategia di politica infrastrutturale, che noi avevamo pensato e immaginato da molti anni, non soltanto verso la Sicilia, ma anche verso il Mediterraneo e l'Asia. Credo sia questo un dato che dimostri l'insufficienza della politica in questo momento rappresentata dall'attuale Governo, il quale ha operato un blocco rispetto ad un progetto e ad una proiezione su cui noi avevamo puntato moltissimo.
Vi è poi il problema della sicurezza. Ho ascoltato anche l'intervento dell'onorevole Barbi, che ringrazio molto, perché ha fatto riferimento ad una legislazione e ad alcuni provvedimenti che noi avevamo approvato sulla nautica di diporto, sulla tutela del mare e dei parchi ambientali, nonché sulla sicurezza che ancora non ho visto attuata e realizzata da parte di questo Governo. Non vi è dubbio che questa sia l'occasione per richiamare la sua attenzione, signor ministro, rispetto al lavoro che noi abbiamo fatto, sugli adempimenti mancati.
Vi è poi un'altra considerazione da fare. Questa mattina ho letto alcune sue dichiarazioni sulla stampa in cui lei fa riferimento ad una autorità per i trasporti e la sicurezza. Al di là del fatto che io ho una certa idiosincrasia nei confronti delle authority, perché quando si presenta un problema inestricabile o irrisolvibile si pensa sempre alle authority, faccio un richiamo molto serio. Nel finire della legislatura in un provvedimento di legge fu istituito l'Osservatorio per la sicurezza ed il trasporto all'interno del nostro paese, che dovrebbe essere il preludio di una Agenzia unica per la sicurezza, non soltanto per un monitoraggio, ma per creare sicurezza in termini intermodali. Poiché noi parliamo dell'intermodalità nei trasporti, non vi è dubbio che vi debba essere una intermodalità sulla sicurezza.
Vorrei richiamare la sua attenzione su questo e, soprattutto, sulla vicenda dello stretto di Messina. Tra Tremestieri, Messina, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e il collegamento con Gioia Tauro c'è veramente un affollamento incredibile. Il WTS serve per l'indicazione delle navi. Bisogna capire che cosa è successo, ma, soprattutto, in questi pochi minuti la mia richiesta è di dare corso alle istanze che noi avevamo avanzato nella scorsa legislatura, senza pensare ed immaginare iniziative nuove che certamente ci porterebbero lontano dalla verità, dalla realtà e dalla tempestività (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor ministro, purtroppo ancora una volta discutiamo in questa sede di un incidente intervenuto nel Pag. 9sistema dei trasporti che ha causato alcune vittime.
Non molto tempo fa, qualche settimana addietro, in Commissione trasporti abbiamo discusso di un altro incidente, ferroviario, verificatosi in Trentino; in quella occasione erano morti i due macchinisti. Oggi, invece, in questa sede l'informativa riguarda un incidente avvenuto nel mare di Messina nel quale, purtroppo, sono decedute quattro persone.
A nome del gruppo della Lega Nord Padania, esprimo il più sentito cordoglio ai familiari delle vittime, nonché l'auspicio che i feriti ancora ricoverati presso gli ospedali possano nel più breve tempo possibile tornare a condizioni normali di salute.
Certo, sentire le parole del ministro a proposito della circostanza che poteva essere ancora più grave il già drammatico episodio avvenuto fa riflettere e induce a ritenere che indubbiamente i sistemi di sicurezza e gli strumenti tecnologici utilizzati in tali contesti debbano necessariamente essere all'avanguardia.
Le parole del ministro, che ha dichiarato che molto deve essere ancora fatto in questa direzione, fanno ritenere che l'impegno delle autorità competenti nell'apprestare strumenti tecnologici nel modo più adeguato e più utile alla prevenzione di tali gravi incidenti sia importante e sempre più necessario.
A nome del gruppo della Lega Nord Padania, vogliamo ringraziare le forze dell'ordine, chi è intervenuto nelle operazioni di primo soccorso - abbiamo sentito che sono state tempestive, professionali e competenti - ed i tanti volontari che hanno dato il loro apporto per fare in modo che i feriti avessero il migliore e più rapido aiuto possibile. L'auspicio da parte nostra è che vi sia l'impegno da parte di tutti, nostro e delle autorità competenti, per fare in modo che tali fatti non si ripetano più e che gli strumenti tecnologici messi a disposizione possano esser sempre più all'avanguardia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, noi non possiamo essere sorpresi da quanto è successo. È chiaro che il gruppo dell'Italia dei valori si unisce all'unanime espressione di cordoglio per i quattro morti e si augura che i feriti, tra i quali i sei gravissimi, possano migliorare e tornare alla loro attività; ma la mancanza di sorpresa deve essere sottolineata.
È vero che vi è un incremento degli incidenti, come dichiara il ministro; ministro al quale va il nostro ringraziamento, non solo per l'esposizione che ha testè potuto svolgere in questa Assemblea, rispettando così gli impegni del Governo verso il Parlamento - esposizione che, allo stato, non poteva essere più ampia - , ma anche per la sua tempestiva presenza sul luogo del disastro, negli ospedali e nel rapporto con le autorità locali.
Questo ci deve far capire che l'incremento registrato negli ultimi anni, dovuto soprattutto - come ha giustamente sottolineato il ministro - all'aumento dei passaggi delle grandi navi porta-container, mette sempre più a repentaglio la sicurezza. Ciò determina una situazione che si può definire allarmante.
I mezzi di controllo della sicurezza sono vetusti rispetto alla situazione anomala che si è creata nello stretto. Ha detto il ministro che quest'ultimo è il punto di maggior traffico concentrato nelle Mediterraneo. Ormai è un incrocio, poiché passano longitudinalmente tra le coste oltre 1.500 navi al mese, di cui almeno 600 con stazza superiore al tonnellaggio per il quale si richiede il pilota per la traversata. Questo flusso crescente in modo esponenziale incrocia un traffico locale anch'esso in straordinario aumento. Messina Porto, Messina Tremestieri per i mercantili, Reggio Calabria per i pendolari, villa San Giovanni per le navi private e delle Ferrovie dello Stato determinano traiettorie che si incrociano nel centro di una striscia di mare.
Questo elenco mal si concilia con il decreto dell'8 maggio 1985 per le rotte nord-sud e sud-nord delle grandi navi, tant'è vero che questo fatto comincia ad Pag. 10essere fondamentale e costituisce un fattore limitante per la crescita delle merci in arrivo e in partenza dal porto di Gioia Tauro. Molte grandi società internazionali puntano a bypassare, ad aggirare la Sicilia e andar direttamente nei grandi porti di Algeciras e di Valencia. Quest'anno è la prima volta che il porto di Gioia Tauro ha ridotto il numero dei container arrivati dall'Estremo Oriente.
I sindacati e i lavoratori hanno da tempo segnalato questo pericolo. Le capitanerie di porto fanno pressione continua per installare in via continuativa gli strumenti disponibili oggi, vale a dire il Vessel Travel System (VTS). Ormai, a distanza di tanti anni dall'avvio del lavoro, quest'ultimo sistema è rimasto sperimentale. La ragione, secondo me, è la seguente: dopo gli incidenti si organizzano grandi attività, riunioni, commissioni, si avviano proposte e tutto il resto, ma poi tutto cade nuovamente nella dimenticanza più assoluta.
Dal 1954 ad oggi sono stati 44 gli incidenti sullo stretto e già sono molti i morti che sono stati dimenticati: sei nel 1978, tre nel 1985 oltre a questi attuali.
Pensiamo - e concludo, signor Presidente - che oggi dobbiamo dotare il sistema di sicurezza in modo più straordinario. Ci deve far riflettere sulle omissioni la circostanza che è solo casuale il fatto che non siano morti cento o centocinquanta persone.
Da oggi in poi, quella situazione va non solo monitorata, ma controllata in modo più moderno e con i mezzi più efficaci, spendendo il massimo di fondi perché la vita umana non ha prezzo. Dunque, io mi auguro - così come auspicano molti commentatori sui giornali di oggi - che si intervenga con decisione per salvare in futuro vite umane e si consideri necessario andare avanti lungo la linea tracciata dalla legge del 1971 per arrivare al collegamento stabile tra la Sicilia e il continente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, anche il gruppo della Rosa nel Pugno esprime il suo sentito cordoglio ai familiari delle vittime e anche l'augurio di una pronta guarigione a coloro - tantissimi - che sono rimasti feriti.
Con questo mio intervento, che sarà piuttosto breve, intendo soffermarmi su uno degli aspetti che io ritengo - non solo da oggi - cruciale per quanto riguarda la sicurezza dei trasporti.
Mi riferisco cioè a quello che io considero una mancanza del nostro paese, vale a dire al fatto che ogni volta che accade una tragedia di questo tipo (concernente il trasporto navale o quello aereo o quello ferroviario), ci si comporta secondo certe modalità: il ministero, come è stato già giustamente annunciato in questa occasione, apre un'inchiesta e così la magistratura; vengono posti sotto sequestro tutti i relitti disponibili e tutto il materiale; vengono istituite alcune commissioni che poi esprimeranno delle perizie (naturalmente vi saranno anche delle controperizie di parte). Si avvia, in altre parole, un procedimento che punta alla ricerca del colpevole e mette in secondo piano la ricerca della causa dell'incidente.
Molto spesso nel nostro paese, a differenza di quanto accade negli altri, si impiegano anni per sapere con qualche sicurezza cosa abbia provocato un incidente.
Lei, signor ministro, ha parlato di qualche settimana per quanto riguarda l'indagine ministeriale e le voglio assolutamente credere, ma credo anche di non sbagliare nel dire che, in altri sistemi, non ci vorrebbe neppure qualche settimana, ma, probabilmente, qualche giorno.
Nel nostro paese manca un'agenzia fatta di personale specializzato nello studio degli infortuni che svolga esclusivamente tale compito, che intervenga dopo una sciagura nel sistema dei trasporti e che accerti immediatamente le cause. In questo modo, i relitti dovrebbero essere accessibili immediatamente a coloro che veramente se ne intendono e non a esperti nominati dal pubblico ministero o dal giudice, perché, altrimenti, la causa dell'incidente non viene individuata con tempestività e, soprattutto, non si interviene Pag. 11per impedire che possa accadere di nuovo, come invece è richiesto anche dalla normativa transnazionale.
Pertanto, senza voler togliere nessuna competenza alla magistratura, credo che questo dovrebbe essere un percorso parallelo teso a individuare le cause, perché, mi permetta anche di dire che molto spesso tutto si conclude, anche per la metodologia che viene usata, con il fattore umano. Sicuramente si tratta di un fattore determinante in molti casi, ma vi sono molto spesso delle concause di carattere strutturale su cui bisognerebbe intervenire, perché facilitano in certe condizioni l'errore umano.
Tutto questo richiederebbe la costituzione di un'agenzia, che immediatamente acceda ai relitti e individui in pochi giorni la causa più probabile dell'incidente, proponendo dei correttivi.
Questa misura non è prevista e spero che il Governo che sosteniamo sarà in grado di ovviare a questa lacuna piuttosto seria (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, signor ministro, vorrei, in primo luogo, ringraziare il ministro per l'esaustiva esposizione di quanto è accaduto e per la tempestività dei suoi interventi, che abbiamo molto apprezzato.
Intendo esprimere anche a nome del mio gruppo il cordoglio alle famiglie delle vittime, con l'augurio di pronta guarigione ai feriti, le cui condizioni, come leggo sulla stampa questa mattina, stanno migliorando. Vorrei, soprattutto, rivolgere un ringraziamento a tutte le forze dell'ordine, alle capitanerie di porto, al personale sanitario che, in modo così intelligente e con spirito di servizio, si sono prodigati nelle azioni di soccorso.
Signor ministro, le premetto che non sono mai stato un fautore del ponte sullo stretto, anzi ho apprezzato che questa mattina non sia stata fatta polemica in ordine a tale aspetto (quando sono stato assessore alla regione Calabria ero uno dei pochi che sosteneva che bisognava riflettere sull'importanza di questa opera). Un fatto problematico ed emblematico è presente: vi sono continui punti di conflitto, perché tra il nord e il sud si evidenzia un traffico longitudinale il più alto d'Italia, mentre fra Reggio e Messina vi è un traffico trasversale in continua crescita.
Allora, per quanto possiamo disporre di mezzi sofisticati, l'errore umano è da mettere in conto, signor ministro. Né possiamo pensare di allungare le rotte dei container, perché ciò porterebbe comunque - lo diceva poco fa il collega Misiti - a un calo del traffico nei porti italiani, non solo di Gioia Tauro, ma anche di La Spezia e di Genova. Quindi, abbiamo un problema di carattere tecnico. Le norme di sicurezza vanno migliorate ed i sindacati avevano addirittura annunciato uno sciopero, perché era stata ridotta la tabella di armamento, ossia il numero minimo dei membri degli equipaggi. Negli ultimi cinquant'anni, però, vi sono state ben 44 collisioni, di cui quattro, esclusa quella di cui si tratta oggi, con vittime (nel 1972, 1978, 1982 e 1985).
Quindi, il problema c'è e va affrontato alla radice. Credo che bisogna riflettere su come evitare i punti di conflitto e aumentare la sicurezza, tenendo sempre presente che l'errore umano è possibile.
Nei secoli scorsi, quando fu inventata la bussola geoscopica, si pensava che la navigazione sarebbe stata più sicura. Si pensava di aver risolto il problema degli incidenti in mare, che, invece, stranamente, aumentarono notevolmente, perché, avendo la direzione assicurata, i marinai inglesi di notte si ubriacavano e non guardavano cosa stava succedendo. Per questo l'errore umano è stato più frequente. Quindi si ebbe addirittura un aumento degli incidenti in mare, invece di una loro diminuzione.
Pertanto, bisogna sempre tenere presente l'errore umano, pur con tutti i mezzi sofisticati che abbiamo a disposizione, e bisogna ridurre le occasioni del suo verificarsi e, quindi, i punti di conflitto nella navigazione.Pag. 12
Questo è ciò che penso, ma sono sicuro che il piano straordinario per la sicurezza per la navigazione, che lei ha già annunciato, dovrà tenere conto sia degli aspetti economici, sia di quelli tecnici e che affronterà questo problema in maniera adeguata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor ministro, dal momento che ieri, a nome del Movimento per l'Autonomia, ho avuto modo di richiedere per primo l'informativa urgente da parte del Governo, la ringrazio per essere qui questa mattina e per averci relazionato su quanto è avvenuto, anche se buona parte delle notizie che lei ha fornito era già stata data all'opinione pubblica dagli organi di informazione.
L'elemento più rilevante, assieme al cordoglio che già ieri avevamo espresso e che anche oggi tutti insieme rinnoviamo nei confronti delle vittime e delle loro famiglie, è che siamo di fronte a un tema particolarmente complesso, rispetto al quale constatiamo una certa inadeguatezza sul piano dell'attenzione.
Intendo riferirmi al fatto che lo stretto di Messina non è un ambito geografico uguale a tanti altri nell'ambito del territorio nazionale, ma è particolare, in quanto constatiamo, giorno dopo giorno, un incremento di flusso. Sappiamo che con il sistema della intermodalità c'è un'attenzione diversa e nuova nei confronti delle vie del mare e, quindi, è del tutto evidente che una situazione già complessa e difficile di per sé dal punto di vista del flusso di traffico, come quella dello stretto di Messina, è destinata a complicarsi sempre più.
Personalmente non sono convinto che gli strumenti che sono stati messi in atto fin qui possano rassicurarci in futuro circa le necessarie condizioni di sicurezza, che debbono esistere nell'attraversamento dello stretto. Lo stretto sarà sempre più caotico e convulso e occorre individuare un soggetto, una sorta di Authority - se volete - che sia in grado di coordinare quel tratto e il tipo di traffico che vi insiste.
Sarebbe troppo semplice, in questa sede, indulgere alla polemica: lungi da me il volerlo fare sulle questioni che riguardano la realizzazione o meno del ponte sullo stretto di Messina.
Ciò che importa, invece, è che dobbiamo renderci conto che l'attraversamento fondamentale dello stretto, dalla Sicilia alla Calabria e viceversa, comporta inevitabilmente uno spostamento - come è stato rilevato, nella giornata di ieri, da dati forniti da La Repubblica - di circa 16.500 persone e di circa 6.300 veicoli ogni giorno.
Vi è quindi, al di là dell'attraversamento delle grandi, medie e piccole navi mercantili, un problema fondamentale per quanto concerne il traffico tra Calabria e Sicilia, che non diminuisce, ma aumenta sempre più.
Rispetto a tale questione, ritengo non sia possibile lasciare che le condizioni di sicurezza rimangano quelle pensate ed immaginate - vorrei rilevare che ha fatto bene il ministro a precisarlo, in qualche modo - quando vi era un'altra realtà. Oggi la situazione è tumultuosamente diversa ed allora dobbiamo attrezzarci adeguatamente, al fine di evitare che possano ripetersi episodi di questo tipo.
Riguardo ad essi, per la verità anch'io, come l'onorevole Misiti, da un certo punto di vista non riesco, mestamente, a provare alcuna sorpresa, perché tali eventi sono prevedibili rispetto a quanto accade in quell'area. Chi apprende queste notizie solamente dalla lettura dei giornali, oppure non conosce i territori, non ha lontanamente idea di come si svolga il traffico nell'ambito dello stretto di Messina. Chi, invece, ci vive e sa cosa significhi tutto ciò, nutre evidentemente una certa preoccupazione.
Si tratta di quella stessa preoccupazione che veniva adombrata nei commenti di quei ragazzi, di quelle ragazze e di quegli studenti universitari che, dopo l'evento - sia per il trauma subito, sia per una razionale considerazione dei fatti - hanno giurato che non avrebbero più messo piede...

Pag. 13

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIUSEPPE MARIA REINA. ...su un aliscafo o su una nave.
Signor ministro, nutriamo l'aspettativa che venga prestata una grande attenzione, da parte del Governo e, segnatamente, del ministro dei trasporti, all'intera materia dello stretto. Riteniamo che, al di là delle polemiche e delle diverse prese di posizioni che si sono manifestate in questi mesi, si possa lavorare seriamente, affinché si garantisca allo stretto di Messina - anche se grazie a Dio, fino ad oggi, tranne questo episodio drammatico e terribile, non si sono verificati disastri enormi - una condizione...

PRESIDENTE. Deve concludere!

GIUSEPPE MARIA REINA. ...di sicurezza. Non solo, ma crediamo debba essere anche avviato un processo di ammodernamento e di adeguamento rispetto sia ai flussi del traffico, sia al sistema dei trasporti italiano ed europeo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,17).

RUGGERO RUGGERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. Desidero ricordare alla Camera dei deputati un problema che sta diventando, ormai, urgente e drammatico: sto parlando degli incidenti sul lavoro.
In due minuti, signor Presidente, vorrei ricordare - intervengo non solo a nome mio, ma anche per conto del collega Gianfranco Burchiellaro - che a Mantova, in questi ultimi giorni, sono morte tre persone. Si tratta di Mark Skabona, un albanese deceduto presso un'industria (un incidente banale, ma mortale) e di due giovani di Pegognaga, cioè Andrea Guaita, di 32 anni, e Roberto Azzoni, di 19 anni (quest'ultimo, morto tentando di salvare l'amico). Tali giovani sono rimasti incastrati in un ingranaggio all'interno di un silos agricolo.
Penso che il Presidente della Camera debba invitare in modo fermo il Governo ad intervenire per varare una nuova e vera politica della sicurezza sul lavoro, poiché nel nostro paese le morti sui luoghi di lavoro stanno raggiungendo livelli insopportabili, come ricordato anche dal Presidente della Repubblica. Sono necessarie, in attesa della conferenza nazionale sulla sicurezza sul lavoro, immediate misure al fine di destinare risorse agli ispettorati del lavoro i quali, a livello locale, stanno facendo salti mortali per far rispettare, al di là degli incidenti fortuiti che possono accadere, le norme elementari di sicurezza.
Il nostro è un invito che rivolgiamo al Presidente della Camera, sicuri che egli interverrà in modo diretto e immediato su questo drammatico tema, che ormai riguarda l'intero paese.

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, riferirò la sua richiesta al Presidente della Camera. Rimane ferma, comunque, la sua facoltà di presentare sull'argomento appositi atti di sindacato ispettivo.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 10,35.

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1042-B).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Disposizioni per Pag. 14l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.

(Esame degli articoli - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge modificati dal Senato.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezioni 1 e 2).
Avverto altresì che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
Avverto inoltre che, nell'emendamento Pini 12.17, per un mero errore tipografico, non risulta stampata la parte consequenziale del seguente tenore: «Conseguentemente, dopo la parola: perseguiti aggiungere le seguenti: per legge», che pertanto deve ritenersi parte integrante dell'emendamento stesso.
Avverto infine che non saranno posti in votazione gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, in quanto non modificati dal Senato.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare e non essendo state presentate proposte emendative, passiamo ai voti.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,38).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Assiste ai nostri lavori una classe della scuola elementare Guido Antonio Marcati di Roma, che la Presidenza saluta a nome di tutta l'Assemblea (Applausi).
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta fino alle 11.

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11,05.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Avverto che sono stati installati nuovi terminali di voto realizzati con componenti tecnologiche più avanzate. Questi terminali contengono nuove funzionalità volte ad agevolare l'espressione del voto, come, ad esempio, la messaggistica per il corretto inserimento della tessera di voto o la segnalazione esplicita del terminale in blocco, che comunque non modificano le modalità di voto attualmente previste. Di tale installazione era stata data comunicazione, prima della pausa natalizia, all'Ufficio di Presidenza e alla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Prendo atto che gli onorevoli Pili e Pini, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto, vi hanno rinunziato.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 439
Votanti 438
Astenuti 1
Maggioranza 220
Hanno votato
253
Hanno votato
no 185).

Pag. 15

Prendo atto che i deputati Adolfo e Baldelli non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario. Prendo atto, altresì, che il deputato Grillini non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Questo è il primo degli articoli del provvedimento in esame al quale sono state apportate alcune modifiche, a mio avviso, sostanziali. Come emerge anche alla luce dei ragionamenti e delle riflessioni proposte ieri, in sede di discussione sulle linee generali, con tali modifiche, purtroppo, si introducono, al pari di quanto è avvenuto al Senato, nell'ambito di un tema così delicato come quello dei mercati finanziari, alcuni passaggi che risultano problematici non soltanto per la loro collocazione ma anche per la tempistica di applicazione. È evidente - in base allo stesso disposto comunitario - che entro il 31 gennaio 2007 dovrà intervenire un completo adeguamento della normativa nazionale a quella comunitaria.
Il primo emendamento che illustrerò è relativo alla introduzione, da parte del Senato, di un elemento assolutamente contraddittorio. Da una parte, infatti, si intende estendere la soggettività finanziaria anche alle persone fisiche e, dall'altra, si vuole limitarne la competenza alla consulenza. Noi proponiamo di stralciare, di eliminare la parte che limita l'esercizio dei servizi e delle attività di investimento al servizio di consulenza. È una questione assolutamente delicata e credo non sfugga ad alcuno che il nostro paese, a differenza di molti altri, è stato interessato significativamente da alcune vicende delicate, come quelle della Cirio e della Parmalat, che hanno sottoposto gli investitori e gli utilizzatori del processo di investimento finanziario a rischi notevoli, con gravissime ripercussioni sull'economia del paese. Si consideri che quest'ultima si fonda in gran parte sull'attività creditizia, finanziaria e bancaria.
È evidente che occorre limitare al massimo i rischi per queste possibilità, che vengono messe in campo in un settore dove si registra un po' di tutto: migliaia di prodotti finanziari che mettono davvero a rischio l'investimento del piccolo consumatore di questi prodotti.
È evidente altresì che, se da una parte viene introdotto il limite al servizio di consulenza, dall'altra si pone sostanzialmente il risparmiatore nelle condizioni di non essere accompagnato sino in fondo in questa procedura; di fatto, quindi, l'utente usufruisce di un consiglio dato da un soggetto che, secondo la stessa norma, non avrebbe i requisiti necessari per garantire l'affidabilità stessa dell'investimento. Il Senato ha introdotto alcuni requisiti generici (assolutamente privi di possibilità di verifica e compatibilità con norme precise e puntuali), come la professionalità, l'onorabilità e l'indipendenza. Si tratta di elementi tutti assolutamente rilevanti sul piano dei principi, ma che non danno garanzie, che non possono essere misurati con atti e con documenti che attestino, appunto, la credibilità anche del livello consulenziale della proposta che viene fatta.
Per queste ragioni, il nostro obiettivo, con l'emendamento in esame, è quello di stralciare le parole: «limitatamente al servizio di consulenza», con l'intento di stabilire (poi ne successivi emendamenti lo dimostreremo) che le persone fisiche devono essere abilitate all'intero complesso della manovra relativa all'acquisto di prodotti finanziari e alla consulenza e collocazione sul mercato, ma che nel contempo queste persone fisiche devono essere messe nelle condizioni di avere tutti i requisiti di accreditamento rispetto a norme precise e regole altrettanto chiare.
Viene dato al ministro dell'economia un mandato perché predisponga un regolamento Pag. 16in questa materia. Noi riteniamo che sia necessario indicare alcuni elementi vincolanti, anche in fase di recepimento della direttiva comunitaria, proprio perché fatti rilevanti hanno condizionato negativamente il mercato finanziario, e quindi vi è bisogno di maggiori garanzie, perché attraverso queste si può ottenere un ulteriore incremento degli investimenti in un settore così rilevante.
Vedremo poi, nel corso dell'esame dei prossimi emendamenti, che vi è proprio una valutazione in tal senso dello stesso Governatore della Banca d'Italia, che richiama tutti a far sì, anche attraverso la norma, che ci sia maggiore certezza all'investimento, sotto il profilo delle regole che devono essere imposte ai soggetti che vi operano, perché la tutela del cittadino significa tutela del mercato, e la tutela del mercato significa tutela dell'economia. L'emendamento che noi proponiamo ha quindi proprio questa natura, propedeutica alla valorizzazione del mercato fondato sulle garanzie per gli investitori.

FRANCA BIMBI, Presidente della XIV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI, Presidente della XIV Commissione. Presidente, mi scusi, forse ha dimenticato di chiedere i pareri della Commissione e del Governo sugli emendamenti riferiti all'articolo 10.

PRESIDENTE. Mi pare che l'onorevole Pili abbia parlato sul complesso degli emendamenti; quindi, non credo vi sia stata dimenticanza.

FRANCA BIMBI, Presidente della XIV Commissione. No, ha parlato sul primo emendamento riferito all'articolo 10. C'è stato un equivoco.

PRESIDENTE. La ringrazio. Prendo atto che c'è stato un equivoco con il collega Pili, che intendeva parlare per dichiarazione di voto.
Invito pertanto il relatore ad esprimere il parere.

ROSELLA OTTONE, Relatore. Grazie, Presidente. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Pili 10.1, Leone 10.2, 10.3, 10.4, 10.5, 10.6, 10.7, 10.8 e 10.9, Pili 10.10, Leone 10.11, 10.12, 10.13, 10.15, 10.16 e 10.17.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Pili 10.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, vorrei soltanto ribadire che l'articolo 10 che torna in quest'aula, così come modificato dal Senato, ha per oggetto un tema delicatissimo, il risparmio gestito. Il patrimonio mobiliare delle famiglie avrebbe dovuto formare oggetto di un dibattito parlamentare specifico, mentre viene affrontato incidentalmente all'interno di una procedura di recepimento di una direttiva europea che va a modificarne un'altra.
Vorrei fare una valutazione di carattere politico, richiamando le parole del Governatore della Banca d'Italia, che ha analizzato il sistema economico e finanziario del paese e che ha chiesto delle soluzioni durature, nonchè maggiore chiarezza nelle comunicazioni relative alle offerte del risparmio gestito. Purtroppo, negli ultimi tempi, questo paese è stato teatro di crac finanziari, che hanno pesato quasi esclusivamente sui piccoli risparmiatori. Si tratta di situazioni che non vorremmo più rivivere, nè su larga scala, come è accaduto con i gruppi finanziari della Parmalat e della Cirio, né tantomeno in scala più ridotta, come potrebbe avvenire con piccole società che emettono obbligazioni di carattere privato.Pag. 17
Riteniamo che siano necessarie regole chiare per un mercato efficiente. Chiedo quindi ai colleghi di sottoscrivere l'emendamento 10.1 a firma dei colleghi Pili e Leone, riguardante lo stralcio della parte che fissa la possibilità di prevedere consulenze relative soltanto alla fase delle offerte e non alla successiva gestione del mercato mobiliare.
Riteniamo che il risparmio sia una risorsa fondamentale per lo sviluppo economico del nostro paese. Non c'è alcun dubbio al riguardo. I dati sulla tendenza del risparmio in Italia negli ultimi anni vedono una riduzione dei depositi bancari, scesi dal 40 al 25 per cento, così come una riduzione dei titoli di Stato, dal 23 al 7 per cento. Conseguentemente, vi è stato un aumento esponenziale dei fondi comuni di investimento, delle obbligazioni di carattere privato e dei fondi assicurativi, che determinano una maggiore complessità dell'offerta di risparmio per le famiglie.
Ci sembra quindi illogico introdurre una norma che non sia efficace e che non tenda ad una armonizzazione del sistema del risparmio gestito. È illogico limitare tale possibilità soltanto alla consulenza esterna per le persone fisiche. O si vuole effettivamente liberalizzare il mercato, comunque sia, prevedendo una vigilanza efficace sia sulle persone fisiche - ma secondo noi, anche sulle persone giuridiche (ci sono emendamenti presentati in tal senso) - oppure rischiamo di incappare in una falsa liberalizzazione, come già è avvenuto con questo Governo. Si vuol far passare nell'opinione pubblica l'idea che non debbano essere solo le banche a gestire il mercato mobiliare, ma poi non si danno gli strumenti per responsabilizzare questi soggetti che intrattengono rapporti diretti con le famiglie e con le piccole imprese.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 10.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 475
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
214
Hanno votato
no 261).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, anche in questo caso l'emendamento proposto tende a ribadire la contraddizione in termini che il Senato ha introdotto, ampliando alle persone fisiche la possibilità di essere partecipi e protagoniste del mercato finanziario, in questo caso, nella materia degli investimenti.
Come ben sapete, la materia degli investimenti è molto ampia, evidentemente vi si possono annidare mille perplessità e mille problematicità relative al mercato, pertanto necessitano di una maggiore esplicitazione.
Per sottolineare la difficoltà che il legislatore incontrerebbe nell'individuazione di un regolamento, abbiamo ritenuto di introdurre una serie di prodotti finanziari - come quello contenuto nel presente emendamento - che consentono di disciplinare, di codificare e di elencare tutte quelle fattispecie di prodotto finanziario che possano essere immesse sul mercato. Ciò evidenzia anche la contraddizione - poc'anzi ricordata anche dal collega Pini - relativa all'elemento della consulenza consentita alle persone fisiche, senza la previsione della diretta collocazione dell'intermediazione diretta o indiretta sul mercato finanziario che, certamente, rischia di condizionare negativamente la stessa proposta finanziaria, lasciando al Governo una eccessiva discrezionalità. Al contrario, in considerazione della grande difficoltà del mercato italiano di adeguarsi ai processi di Basilea 1 e Basilea 2, occorrerebbe Pag. 18una maggiore attenzione parlamentare con riferimento all'introduzione - com'è accaduto al Senato - di ulteriori elementi, senza discussione ed approfondimento, che rischiano di aprire fronti senza certezza del diritto e senza il richiamo a quegli aspetti che invece dovrebbero garantire al consumatore una chiarezza e una pubblicità del prodotto finanziario con tutta la trasparenza possibile e immaginabile.
In tale direzione, il presente emendamento intende introdurre un rafforzamento sul piano della liberalizzazione, nel senso che le persone fisiche dovrebbero avere un mandato più ampio, non limitato alla semplice consulenza, nonché tutti quegli elementi necessari per avere la certezza di un rischio calcolato.
Quindi, l'emendamento in esame è il primo di una serie di proposte emendative che avanziamo per consentire al Parlamento di introdurre elementi di maggiore certezza di diritto su un tema così delicato come quello dei prodotti finanziari che possono essere oggetto di consulenza da parte delle persone fisiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per sottoscrivere l'emendamento Leone 10.2.
Ribadisco la delicatezza dell'argomento che stiamo trattando: ci risulta difficile comprendere come possa, il Governo, «regalare» a chiunque, di fatto, la consulenza, ma non dare a coloro che svolgeranno tale attività la possibilità di portare fino in fondo, per così dire, il processo di investimento sottoposto ai piccoli risparmiatori ed alle famiglie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
217
Hanno votato
no 260).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,30)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, anche in questo caso, ci basiamo su un'analisi dettagliata della Banca d'Italia, secondo la quale gran parte dell'economia finanziaria del nostro paese trova nella gestione, da parte degli intermediari, dello strumento dei prodotti finanziari derivati una delle sue maggiori collocazioni sul mercato. Il senso dell'indicazione contenuta nella predetta analisi diventa evidente se si tiene conto del seguente dato: tra il 1995 ed il 2004, il peso dei depositi bancari e postali è passato, nel nostro paese, dal 40 per cento a poco meno del 25 per cento, mentre quello dei titoli pubblici è sceso dal 23 al 7 per cento. Questo andamento tendenziale offre la dimostrazione della necessità, da un lato, che il mercato riservi ai prodotti finanziari derivati un'attenzione particolare e, dall'altro, che anche quest'Assemblea dedichi al tema specifico maggiore attenzione.
In particolare, con la proposta emendativa in esame vogliamo dare ai consulenti persone fisiche, con le certificazioni che vedremo più avanti, la possibilità di consigliare gli investitori anche in merito agli investimenti relativi al più delicato settore dei prodotti finanziari derivati. È evidente che l'importanza dei soggetti che concorrono alla creazione dell'opinione in materia finanziaria, con riferimento specifico alla collocazione dei prodotti finanziari, Pag. 19abbisogna di un'esplicitazione chiara che consenta a noi tutti di avere riferimenti precisi. È evidente, altresì, che la riscontrata tendenza alla riduzione dell'investimento nel lungo periodo aumenta il rischio per quanto riguarda la gestione delle proposte finanziare (nel caso di specie, dei prodotti finanziari derivati).
L'ampia quota di risparmio non affidata ad investitori professionali e l'ampliamento dell'investimento delle famiglie nel campo dei prodotti finanziari ci richiamano ad una precisa responsabilità, istituzionale e legislativa, che non può essere lasciata soltanto al Governo: quella di individuare puntualmente le fattispecie. Ebbene, con gli emendamenti che abbiamo presentato tendiamo proprio ad individuare e ad esplicitare, una per una, tali fattispecie.
L'affinamento della regolamentazione della prassi di vigilanza viene auspicata dallo stesso Governatore della Banca d'Italia, secondo il quale un aggiornamento costante dovrebbe accompagnare la crescita di quegli elementi di sicurezza e di massima eliminazione del rischio, in modo da consentire al cittadino, all'investitore, di conoscere in maniera precisa le condizioni alle quali le sue risorse vengono collocate sul mercato finanziario.
Sotto quest'ultimo profilo, come voi tutti sapete, il Parlamento ha approvato, nella precedente legislatura, una legge che appresta alcuni presidi a salvaguardia degli investitori. È indispensabile che tali presidi siano puntualmente richiamati dal Parlamento nel provvedimento in esame.
Abbassare la guardia, come ci è sembrato sia avvenuto al Senato e conseguentemente alla Camera (mi riferisco al parere contrario espresso dalla relatrice su questi emendamenti), costituisce un segnale negativo rispetto ad un tema che ha condizionato negativamente non soltanto il portafoglio dei clienti che hanno investito in grandi operazioni, come la Parmalat e la Cirio, ma anche lo stesso sistema economico italiano che, proprio per quei due fatti così rilevanti, ha subito un condizionamento ed un mancato aggancio al sistema di crescita comunitario ed europeo degli investimenti nei fondi comuni.
Questa è la ratio dell'emendamento in esame che proponiamo all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 468
Maggioranza 235
Hanno votato
214
Hanno votato
no 254).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, anche in questo caso, tra le fattispecie proposte per le persone fisiche, previste dal Senato (quindi, con la conferma da parte della Camera, perché questa è l'indicazione del relatore), tra i prodotti finanziari che possono essere oggetto di consulenza certificata da alcuni elementi cardine della certezza del diritto aggiungiamo le obbligazioni di società quotate in borsa.
Riteniamo che questa fattispecie, essendo uno degli elementi più importanti, i cosiddetti titoli guida, che rappresentano davvero un elemento di concentrazione anche da parte dell'opinione pubblica, perché maggiore attenzione vi è da parte dell'informazione finanziaria del nostro paese, ha bisogno di essere introdotta in quei processi di liberalizzazione e di individuazione delle proposte finanziarie che possono essere immesse sul mercato.
In questa direzione, individuiamo due importanti livelli di tutela e di ripartizione della responsabilità, la Banca d'Italia e la Pag. 20Consob, nell'individuazione dei principi che devono distinguere la tutela della stabilità degli intermediari e la protezione e la vigilanza sugli investimenti sui mercati, ossia due elementi che costituiscono i piedi della stessa sedia, che hanno davvero bisogno di ricevere una maggiore attenzione da parte di quest'Assemblea.
È evidente uno spostamento dell'asse del mercato degli intermediari rispetto alla gestione del risparmio dei nostri concittadini. Non possiamo sottacere il fatto che quest'Assemblea stia abbassando la guardia su una partita così rilevante, mettendo i cittadini del nostro paese di fronte ad una normativa non chiara, non precisa, che rischia di condizionare gli investitori e, conseguentemente, l'economia del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo, sempre a titolo personale, per sottoscrivere l'emendamento Leone 10.4.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 462
Votanti 460
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato
211
Hanno votato
no 249).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, anche in questo caso, esaminiamo una delle fattispecie più evidenti del mercato finanziario nazionale e dello spostamento di asse dall'investimento pubblico dei nostri concittadini all'investimento in azioni di società quotate in borsa.
Siamo in quella fattispecie che ha causato quei due crac finanziari che hanno notevolmente condizionato l'andamento del mercato finanziario del nostro paese in questi ultimi anni. Mi riferisco alle società che hanno avuto quotazioni in borsa - con tutte le garanzie che dovevano essere date al riguardo dalla Consob alla Banca d'Italia - e che si sono rivelate per il piccolo risparmiatore un boomerang, se non hanno comportato veri tracolli finanziari.
Riteniamo necessario che, anche in questa partita, essendo ormai evidente la pluralità di prodotti finanziari e di società quotate in borsa, immesse sul mercato sempre con quei condizionamenti e quei richiami fatti alla certezza del diritto ed ai requisiti di affidabilità, che devono essere meglio esplicitati, questi prodotti finanziari vengano compresi tra quelli che possono essere oggetto di consulenza da parte delle persone fisiche. Questo emendamento, quindi, va nella direzione di fare maggiore chiarezza sulla liberalizzazione che si propone, di dare un ruolo maggiore alle persone fisiche ed una certezza del diritto che deve essere garantita per l'economia italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 465
Astenuti 3
Maggioranza 233
Hanno votato
209
Hanno votato
no 256).Pag. 21

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 464
Maggioranza 233
Hanno votato
208
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato
214
Hanno votato
no 260).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Questo emendamento tende a sottolineare la superficialità con la quale è stato effettuato questo passaggio da parte dell'altra Camera. È evidente la mancata disciplina tendenziale, anche nella riflessione del legislatore, sul quantum da individuare, per assoggettarlo ad un processo di certezza, di affidabilità e di campo, che deve, invece, essere individuato in maniera più che certa.
Abbiamo proposto due cifre che costituiscono i passaggi relativi alla media delle operazioni finanziarie del piccolo e medio risparmiatore e, in questo caso, la cifra è di 100 mila euro. È chiaro che, senza tale individuazione, possiamo davvero assoggettare la persona fisica limitatamente ad un supporto consulenziale (essendo, peraltro, stato respinto dall'aula l'emendamento che intendeva eliminare la parola «limitatamente»). Sarebbe necessario che, in tale ambito, il Parlamento dettasse la disciplina, almeno a grandi linee, così come è stato fatto in altri settori. Non credo che valga la valutazione, che qualcuno ha proposto, relativa al mandato che il Parlamento deve dare, al fine di regolamentare questo settore, al ministro dell'economia. Ritengo, invece, che una disciplina di sostanza e di merito, come quella che riguarda questa soglia che viene proposta, sia di competenza del Parlamento, essendo necessario disciplinare con maggiore certezza una potenzialità offerta al soggetto persona fisica consulenziale di intervenire sulla proposizione di questo prodotto.
In questa direzione, la soglia che abbiamo proposto si riferisce alla media del piccolo e medio risparmiatore, che ci consente di individuare una soggettualità davvero importante, da parte della consulenza, che viene messa in campo per le persone fisiche, così come indicato nell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Intervengo a titolo personale per sottoscrivere questo emendamento. Avendo l'aula, purtroppo, bocciato il primo emendamento volto a stralciare le parole «limitatamente al servizio di consulenza», ci ritroviamo così consulenti che, per quanto ne sappiamo, potrebbero essere anche dei cartomanti e risulta davvero importante porre un limite agli importi delle consulenze di carattere finanziario per il risparmio gestito offerte ai piccoli risparmiatori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 22

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
212
Hanno votato
no 257).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 474
Astenuti 2
Maggioranza 238
Hanno votato
219
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Pili 10.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. In questo emendamento si vuole sottolineare la posizione espressa, credo in termini frettolosi, nel corso dell'esame sia al Senato sia, conseguentemente, alla Camera sulla individuazione del nuovo soggetto di persona fisica. Nel momento in cui viene individuata la persona fisica e non viene ampliata questa fattispecie alle persone giuridiche delle piccole società, che possono concorrere, quindi, ad una ulteriore crescita del potenziale consulenziale sul mercato finanziario, si vuole eliminare e si elimina di fatto una presenza sul mercato finanziario che opera senza alcun tipo di inquadramento nella legislazione vigente, che, pertanto, non potrà essere al passo con la direttiva comunitaria.
Noi riteniamo questa aggiunta fondamentale, perché vi è una parte dei soggetti che operano nel settore finanziario che hanno appunto le caratteristiche individuate nell'emendamento 10.10. che proponiamo all'Assemblea. Vi è la necessità di introdurre questa ulteriore specifica rispetto ai soggetti che possono concorrere a livello consulenziale, in quanto vi è l'esigenza importante di fornire al cittadino una maggiore offerta, anche perché il sistema bancario è riuscito in questi anni da una parte a costituire il prodotto e dall'altra a realizzare tutte le società satellite per la collocazione dello stesso. Il sistema bancario italiano se la suona, se la canta e se la balla. È quindi indispensabile creare le condizioni affinché anche i soggetti giuridici possano concorrere in termini concorrenziali a questo processo seguendo quelle indicazioni, che daremo nei successivi emendamenti, di ulteriore garanzia e di ulteriore certificazione di affidabilità rispetto ad un tema così rilevante come è quello della collocazione sul mercato di prodotti finanziari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Intervengo per sottolineare un'incongruenza contenuta in questa norma, perché nel momento in cui si vuole fingere di liberalizzare il mercato delle consulenze nell'intermediazione mobiliare finanziaria del risparmio gestito, lo si mette in capo a persone fisiche, ben sapendo che queste persone, se offrono questo tipo di consulenza, lo fanno per svolgere una professione o un lavoro che dovrà in qualche modo essere retribuito. Ci chiediamo allora: come verrà retribuita questa professione se non prevediamo anche delle persone giuridiche? Come verranno poi messi a bilancio gli emolumenti che chi vorrà usufruire di queste consulenze andrà a pagare a questi fantomatici consulenti, di cui non si capisce in quale posizione lavorativa verranno inseriti?

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 23
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 10.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 467
Maggioranza 234
Hanno votato
211
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Grazie, Presidente. Questo emendamento richiama il Governo e la Commissione ad una maggiore attenzione sul fatto che viene prevista l'adozione del regolamento da parte del ministro dell'economia, sentite la Banca d'Italia e la Consob. In questo caso noi riteniamo che una tecnica legislativa corretta dovrebbe far capire a tutti che il ministro non può adottare un regolamento, senza specificare con quale tipo di atto lo adotta. Quindi, in questo caso, abbiamo ritenuto di introdurre al posto delle parole «adottato dal ministro» le parole «adottato con decreto del ministro».
È indispensabile, a nostro avviso, per l'adozione dell'atto regolamentare, un decreto del ministro in ragione del fatto che, per prassi consolidata, qualsiasi atto del ministro di approvazione di un regolamento deve avere la forma del decreto ed essere accompagnato da pubblicazione. Riteniamo che l'osservanza della consuetudine del Parlamento di indicare il tipo di atto con il quale il Governo dovrebbe esercitare la sua competenza adottando la norma venga in tal caso, invece, abbandonata; quindi, abbiamo ritenuto di sottolineare ciò, presentando una proposta emendativa e richiamando per l'appunto il Parlamento, e la Camera dei deputati in particolare, ad introdurre un dispositivo che dia al ministro il mandato di adottare il regolamento attraverso lo strumento del decreto.

PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, saluto gli studenti e gli insegnanti del liceo scientifico Kennedy di Roma, che sono presenti nelle tribune per assistere alla seduta (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato
217
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
218
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Leone 10.13.Pag. 24
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, con l'emendamento appena votato e con quello che ci accingiamo ora a votare, vogliamo evidenziare che tutta la fattispecie dei prodotti finanziari - a proposito dei quali è stata inserita in maniera molto generica da parte del Senato l'indicazione «materia di investimenti» - dovrebbe essere regolamentata attraverso un decreto del ministro dell'economia, sentito, oltre alla Banca d'Italia ed alla Consob, anche la Covip. In questi casi, infatti, esistono altri due istituti che per conto dello Stato italiano si occupano delle diverse fattispecie dei prodotti finanziari allocabili sul mercato. Ad esempio, quello di cui all'emendamento appena votato e respinto che mirava all'introduzione del soggetto Isvap, che è l'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private di interesse collettivo, con un richiamo precipuo alla partita degli investimenti di quella grande mole di cittadini che si riversano sulle assicurazioni private e di interesse collettivo. Quindi, in questa direzione, avremmo ritenuto utile integrare quel processo di verifica regolamentare e di contribuzione alla sua elaborazione anche da parte di altri organismi statali che si occupano della fattispecie.
Analogamente interviene l'emendamento che stiamo per votare adesso, che prevede l'introduzione, insieme alla Consob e alla Banca d'Italia, anche della Covip, che è la Commissione di vigilanza sui fondi pensionistici e sul risparmio previdenziale. La Covip appunto esprime il controllo dell'autorità di garanzia sul funzionamento del sistema dei fondi pensionistici. Quindi, riteniamo che su questa partita vi sia una dimenticanza assoluta della specificità, della delicatezza e dell'articolazione del mercato finanziario italiano, che meritava un coinvolgimento di tutti i soggetti. Una pluralità di soggetti che concorrono alla predisposizione del regolamento avrebbe garantito maggiore trasparenza e maggiore certezza per quanto riguarda i consumatori ed i fruitori di questi prodotti finanziari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato
218
Hanno votato
no 256).

Passiamo ora all'esame di tre emendamenti che costituiscono una serie a scalare; come è prassi, pertanto, procederemo alla votazione del primo, l'emendamento Leone 10.15, e dell'ultimo, l'emendamento Leone 10.17.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 485
Maggioranza 243
Hanno votato
225
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leone 10.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 25
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 473
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato
217
Hanno votato
no 256).

Passiamo alla votazione dell'articolo 10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Intervengo per dichiarazione di voto sull'articolo 10, annunciando il nostro voto contrario su un articolo in cui una serie di elementi inducono a pensare che il Senato - e conseguentemente la maggioranza - lo abbia voluto introdurre sulla base di una chiara incertezza riguardo ad un settore così delicato come quello dei mercati finanziari.
Abbiamo richiamato più volte in quest'aula - anche stamani - la necessità di una garanzia ulteriore per il soggetto che decide di investire. Avete scelto di avallare la tesi dell'ampliamento alle persone fisiche, ma avete in maniera contraddittoria limitato questa potenzialità consulenziale soltanto ad alcune fattispecie dei prodotti finanziari.
Per giunta, non avete dato quell'indicazione ulteriore, di controllo e di regolamentazione che, per alcuni versi, era di competenza stretta del Parlamento, proprio perché sul sistema economico italiano grava - ed ha gravato per molti anni - un processo condizionato da due importanti episodi. Questi ultimi hanno, sul piano della comunicazione esterna, influenzato non soltanto la percezione, ma anche il vero e proprio mercato economico del nostro paese.
Dunque, vi è la necessità di mantenere alta la guardia, così come è stato fatto nella precedente legislatura. Il Governo Berlusconi in questa direzione aveva posto degli argini importanti. Ora occorre agire di conseguenza su un tema così rilevante come quello dei mercati finanziari e disporre una revisione prudenziale, così come viene definita la partita di controllo e di garanzia. In questo caso, il Parlamento non ha voluto mettere in campo un processo di revisione prudenziale e di controllo sistematico, favorendo una dinamica che consenta di aggiornare in maniera puntuale il sistema finanziario. Ciò non è stato fatto e, quindi, questo articolo, anche per le modifiche introdotte al Senato, avrà il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 486
Votanti 484
Astenuti 2
Maggioranza 243
Hanno votato
262
Hanno votato
no 222).

(Esame dell'articolo 12 - AC 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 5).
Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Ovviamente i deputati del gruppo dei Verdi voteranno contro i numerosi emendamenti - mi pare quindici - a firma Pili, Leone ed un altro emendamento a firma Pini, che sono stati presentati riguardo l'articolo 12 del provvedimento in esame.
Mi spiace dirlo, ma riteniamo che queste proposte emendative siano tutte quante finalizzate a peggiorare il tenore di questo articolo. Tuttavia, in questa sede, io vorrei sollevare una questione di carattere diverso, sia pure in modo dialogico ed interlocutorio.Pag. 26
L'articolo 12 - come i colleghi probabilmente sanno - riguarda l'attuazione della direttiva n. 85 del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri, ai fini del riconoscimento della revoca dello status di rifugiato.
Come molti colleghi forse ricordano - almeno gli addetti ai lavori -, questo articolo fu introdotto in base ad una iniziativa della Commissione affari costituzionali, in particolare con un lavoro meritorio condotto allora dal collega Zaccaria.
Si propose alla Commissione di merito, vale a dire la Commissione delle politiche dell'Unione europea, un articolo aggiuntivo 8.02, che venne approvato dalla Commissione medesima. Successivamente, fu portato all'esame dell'aula - con riferimento al dibattito sull'AC 1042-A - e fu modificato a seguito di una discussione di alto livello politico, in termini di confronto parlamentare.
Per l'attenzione rivolta all'attuazione della direttiva, riguardante le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, tra i principi ed i criteri direttivi, indicati in quello che poi è diventato l'attuale articolo 12, ne è stato introdotto uno - si tratta di una formulazione prevista, come già ricordato, dal collega Zaccaria e da noi pienamente condivisa - che stabiliva di tenere conto, nella scelta delle opzioni che la direttiva fissa, di quelle più aderenti al disposto dell'articolo 10 della Costituzione. Era una proposta, per così dire, di mediazione tra posizioni originariamente molto lontane, che fu positivamente accolta dall'Assemblea.
Tuttavia, al Senato, nel corso del lungo esame della legge comunitaria, già in sede di Commissione nelle sedute dello scorso mese di ottobre, fu soppressa la lettera a), determinando un netto arretramento, sia pure non decisivo e stravolgente, dell'attuale articolo 12, così come varato dalla Camera. Al Senato è stato poi presentato il 19 dicembre un emendamento dal collega senatore Silvestri alla lettera b) dell'articolo 12, secondo la quale occorre, nel caso in cui il richiedente asilo sia cittadino di un paese terzo sicuro ovvero, se apolide, vi abbia in precedenza soggiornato abitualmente ovvero provenga da un paese d'origine sicuro, prevedere che la domanda di asilo è dichiarata infondata, salvo che siano invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel paese nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente.
L'emendamento Silvestri, molto discusso in aula, in parte modificato, ma alla fine approvato, ha previsto la seguente disposizione: «Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano». Ovviamente, vi è una problematica, che abbiamo già discusso e che riprendo solo allusivamente, che riguarda la questione dei cosiddetti paesi sicuri. Sappiamo che vi è un elenco dei paesi sicuri in base all'articolo 29 che viene indicato nell'allegato II della direttiva sulla base di alcuni criteri quali il rispetto dei diritti fondamentali, l'assenza di persecuzioni, di trattamenti disumani, di violenza legata a conflitti armati e via seguitando. Si avverte, quindi, il problema che la domanda di asilo venga giudicata infondata (articolo 23, paragrafo 4, lettera c)), se viene presentata da chi proviene da un paese di origine sicuro, salvo le eccezioni che ho poco fa esplicitamente indicato e che sono state introdotte nel testo.
Il combinato disposto, risultante dal peggioramento del testo, con la soppressione della lettera a), come già ricordato, a suo tempo presentata abilmente dal collega Zaccaria, nonché dalle disposizioni previste dall'emendamento citato, ci rende soddisfatti per l'ultimo aspetto, ma insoddisfatti per il primo.
Per concludere, il gruppo dei verdi ovviamente esprimerà voto contrario su tutti gli emendamenti peggiorativi, legittimamente presentati dai colleghi del centrodestra, ma da noi assolutamente non condivisi. Il gruppo voterà, per lealtà di coalizione, a favore dell'articolo 12, ma, Pag. 27personalmente, dopo aver segnalato questo problema che ho sottoposto alla vostra attenzione, nonché un certo disagio politico e costituzionale, mi asterrò dalla votazione dell'articolo 12 (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ROSELLA OTTONE, Relatore. Il parere della Commissione è contrario su tutti gli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Pili 12.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castiello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA CASTIELLO. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, l'emendamento Pili 12.1, che verte su una materia molto delicata e che già abbiamo discusso durante la prima lettura del disegno di legge comunitaria, ossia lo status di rifugiato.
Purtroppo, dobbiamo prendere atto che il Senato ha determinato una incongruenza, innanzitutto perché ha soppresso il principio che impegnava il Governo a privilegiare, nel predisporre il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria, un'opzione aderente all'articolo 10 della Costituzione.
Inoltre, l'incongruenza è data proprio dal fatto che va chiarito fortemente - noi lo facciamo con questo emendamento - che la domanda di asilo è infondata se il richiedente proviene da un paese terzo sicuro, salvo, come specificato in seguito, che vi siano gravi motivi, quali gravi discriminazioni o repressione di comportamenti, che possono determinare appunto la validità della domanda di asilo.
Quindi, riteniamo che questo emendamento, nel concreto, possa specificare e meglio chiarire ciò che, in effetti, il Senato non ha bene evidenziato, determinando un'incongruenza. Per questo, siamo favorevoli all'approvazione dell'emendamento Pili 12.1.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, ma, prima di entrare nel merito, vorrei chiedere alla Presidenza, gentilmente, di procedere ad una verifica. Io ho svolto almeno tre interventi a titolo personale, ma, rispetto al contingentamento dei tempi, il tempo da me utilizzato è stato detratto da quello spettante al mio gruppo.
Non mi sembra una cosa corretta, né di prassi, perché sono intervenuto a titolo personale e l'ho sempre dichiarato all'inizio dei miei interventi. Pertanto, chiedo gentilmente di verificare questa incongruenza.

PRESIDENTE. Stiamo verificando. Prosegua pure il suo intervento.

GIANLUCA PINI. La ringrazio, Presidente.
Per quel che riguarda il primo degli emendamenti presentati all'articolo 12, con buona pace dell'onorevole Boato e di buona parte della maggioranza, che capisco abbia dei mal di pancia; è quel che siamo riusciti a fare per limitare i danni che questa maggioranza produce in spregio ad una legge dell'ordinamento italiano, ovvero la legge Bossi-Fini.
Noi sottoscriviamo pienamente questo emendamento, perché riporta il recepimento della direttiva un minimo nell'alveo del buonsenso e del rispetto delle leggi vigenti nell'ordinamento italiano, perlomeno nei suoi principi. Poi vedremo quali danni questa maggioranza vorrà causare con lo schema di decreto legislativo.Pag. 28
Nella scelta dei principi, devono essere obbligatoriamente tenute presenti scelte compatibili con la vigente normativa, ossia la legge Bossi-Fini. Altrimenti, recepiamo una direttiva comunitaria in spregio alla vigente normativa sull'immigrazione.
Se questo è rispetto delle istituzioni e dello Stato, siamo abbastanza preoccupati per il futuro del nostro paese.

PRESIDENTE. Onorevole Pini, la Presidenza si riserva di darle una risposta dettagliata al quesito da lei posto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
217
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato
216
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che il deputato Belisario non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato
218
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che la deputata Siliquini non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 475
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
213
Hanno votato
no 262).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 484
Maggioranza 243
Hanno votato
225
Hanno votato
no 259).

Pag. 29

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato
223
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato
213
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che le deputate Siliquini e Dato non sono riuscite ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che i deputati Longhi e Lomaglio non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pini 12.17.
Per quanto concerne tale proposta emendativa, debbo precisare che, per un mero errore tipografico, non risulta stampata la parte consequenziale, del seguente tenore: «Conseguentemente, dopo la parola: perseguiti aggiungere le seguenti: per legge», che deve ritenersi parte integrante dell'emendamento stesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, sono ancora in attesa di una risposta riguardo alla questione del contingentamento dei tempi.

PRESIDENTE. Onorevole Pini, il suo intervento va computato nei tempi riservati agli interventi a titolo personale. Chiaramente, però, come avviene in questi casi, se lei dichiara di intervenire a titolo personale, potrà parlare solo per un minuto, anziché per i cinque minuti consentiti per le dichiarazioni di voto svolte a nome del gruppo.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, sono sicurissimo, parlando a titolo personale, di aver contenuto i miei interventi sempre entro il minuto consentito: è questo il motivo per cui la situazione risultava abbastanza incomprensibile!

PRESIDENTE. Sta bene: ciò varrà da adesso in poi, correggendo la decisione iniziale.

GIANLUCA PINI. La ringrazio, Presidente.
Signor Presidente, vorrei evidenziare che si tratta dell'unico emendamento che, di fatto, il gruppo della Lega Nord Padania ha voluto presentare, dopo aver cercato di arginare questa deriva ideologica della maggioranza di centrosinistra riguardo al recepimento della direttiva in materia di asilo politico. È un'operazione che è stata compiuta in primis alla Camera, qualche mese fa, e successivamente al Senato, in particolare grazie ai colleghi senatori Stiffoni e Castelli.
Tuttavia, ripeto che non siamo ancora soddisfatti dell'ultima formulazione dell'articolo 12 del provvedimento in esame, pur essendo notevolmente migliorata rispetto ad un testo che originariamente apriva, in maniera indiscriminata, a qualsiasi persona l'ingresso nel nostro paese. Infatti, bastava che qualcuno si dichiarasse discriminato nel proprio paese, senza dover fornire alcun tipo di controprova.
Comunque, anche per una questione di rapporti e di relazioni internazionali, vorrei Pag. 30evidenziare che qui stiamo un po' scherzando con il fuoco, perché esistono elenchi sia di paesi che vengono considerati sicuri, sia di paesi che vengono ritenuti non sicuri...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIANLUCA PINI. Non stavo intervenendo a titolo personale, Presidente: mi deve scusare, ma non ci siamo capiti!

PRESIDENTE. Va bene.

GIANLUCA PINI. Come stavo dicendo, per quanto riguarda la valutazione del rilascio dello status di rifugiato politico, o comunque della concessione dell'asilo politico, esistono due tipologie di paesi: quelli sicuri e quelli non sicuri.
Se il diritto internazionale riconosce alcuni paesi come sicuri - perché vi è il rispetto delle libertà individuali, religiose e politiche, nonché (visto che si è molto attenti a tali aspetti) il rispetto degli orientamenti sessuali -, allora mi domando chi siamo noi, come paese sovrano (sovrano all'interno del nostro territorio), per decidere, con riferimento ad un caso specifico (magari, solo ed esclusivamente per motivazioni di carattere ideologico), che il paese da cui proviene il richiedente l'asilo debba essere considerato non sicuro. Facendo ciò, di fatto, ci mettiamo in una situazione alquanto imbarazzante sul piano delle relazioni internazionali!
Infatti, posso anche comprendere ciò nel momento in cui arrivino richieste da paesi africani che vengono considerati sicuri, anche se sussiste qualche dubbio. Credo che la valutazione debba essere effettuata attentamente; tuttavia mi sorge il dubbio che qualcuno voglia «giostrare» un po' troppo sulla circostanza di essere perseguiti «oggettivamente» - e non per legge, come chiediamo noi - per creare, magari, casi politici a livello internazionale e fare un po' di can can! Alla fine, qualcuno potrebbe cercare di varare una megasanatoria in entrata a favore dei paesi terzi rispetto all'Unione europea: è questo il nostro timore!
Se vogliamo porci sullo stesso piano del diritto internazionale occorre che il riferimento, per quel che riguarda il paese di provenienza, non sia oggettivo ma di legge.
Con questo emendamento chiediamo, quindi, che si instauri una sorta di corrispondenza legislativa fra il nostro paese, che sta recependo come principio questa normativa, e il paese di origine del richiedente asilo. A noi sembra questa una cosa di assoluto buonsenso che non va minimamente a sminuire la portata della norma e, quindi, il diritto all'asilo politico e alla tutela dei diritti individuali, ma, al contrario, evita potenziali rischi di crisi internazionale con alcuni paesi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pini 12.17, nel testo corretto, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
220
Hanno votato
no 259).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 490
Votanti 489
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato
229
Hanno votato
no 260).

Pag. 31

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato
216
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 480
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato
222
Hanno votato
no 258).

Prendo atto che la deputata Siliquini non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pili 12.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castiello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA CASTIELLO. Signor Presidente, sull'emendamento in esame invito la maggioranza a svolgere una riflessione. Ricordo ai colleghi che al Senato è stato presentato dal senatore Malan ed approvato dall'Assemblea un ordine del giorno che impegna il Governo a porre in atto tutte le misure necessarie al fine di impedire che l'esercizio del diritto di cui all'articolo 7 della direttiva possa essere utilizzato come uno strumento per evitare l'espulsione. L'articolo 7 citato, difatti, recita che coloro i quali presentano richiesta per il riconoscimento dello status di rifugiato possono risiedere nel paese dove hanno presentato la domanda fino all'adozione della decisione finale, pur senza avere diritto a titolo di soggiorno.
Al fine di porre fine a questa incongruenza, che il Senato ha messo da parte, invito l'Assemblea, nel rispetto della legge e della Costituzione, a votare a favore dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
219
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che la deputata Siliquini non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato
223
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che i deputati Pelino, Giacomoni e Balducci non sono riusciti a votare e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere un voto contrario.Pag. 32
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 476
Maggioranza 239
Hanno votato
222
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che la deputata Balducci non è riuscita a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 475
Maggioranza 238
Hanno votato
220
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Pili 12.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intervengo per sottolineare l'importanza, anche alla luce dei fatti criminosi e terroristici che si verificano ormai quotidianamente nei paesi occidentali (per fortuna, in maniera non ancora preponderante nel nostro), dell'emendamento in esame, che sottoscrivo in pieno, a firma dei colleghi Pili e Leone.
Con tale proposta emendativa si prevede di rimettere ad una valutazione delle autorità di pubblica sicurezza la facoltà di concedere o meno asilo politico a persone che, ad esempio, abbiano dichiarato false generalità o abbiano avuto problemi sul piano delle comunicazioni iniziali in ordine alla richiesta d'asilo. Lo scopo è, quindi, quello di porre un ulteriore filtro a fini di sicurezza del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Probabilmente non è sfuggito a coloro che hanno seguito la vicenda sin dall'inizio in Commissione affari costituzionali della Camera che su questa partita si è giocata una difficile vertenza interna alla coalizione di Governo, sulla necessità o meno di introdurre tutta una serie di elementi. Abbiamo già denunciato ieri che questo articolo presenta la vera ragione della contesa politica all'interno della maggioranza di Governo. La domanda che ci siamo posti, e che abbiamo posto al Parlamento, è semplicemente questa: con l'introduzione di questo articolo nella legge comunitaria si facilita, attraverso l'asilo politico, l'apertura di nuovi canali migratori verso il nostro paese? Vi è inoltre la possibilità che tutto quel traffico clandestino di immigrati possa trovare ulteriore certificazione nel nostro paese?
La risposta non l'abbiamo data noi. Anche qualcuno oggi nel dibattito ha sostenuto che questa introduzione fatta dal Senato migliori il provvedimento. Io non sono di questo avviso. L'introduzione fatta dal Senato peggiora notevolmente i canali aperti verso l'immigrazione clandestina e fa dell'asilo politico uno strumento discrezionale in mano a soggetti non definiti, che possono utilizzare proprio la richiesta dell'asilo politico per introdurre nel nostro paese masse e flussi migratori che rischiano davvero di mettere a repentaglio un valore che doveva essere al di sopra delle parti, che doveva essere di destra e di sinistra che invece è stato ridotto a mera contesa politica tra la sinistra e la sinistra estrema da un lato e dall'altro il centro - che davvero è molto marginale - della vostra coalizione.Pag. 33
Su questo tema noi abbiamo detto più volte che era necessario introdurre regole certe e non una discrezionale individuazione di «gravi motivi». L'introduzione dell'espressione «gravi motivi» da parte del Senato è indice di una visione filosofica, non legislativa; non codifica, non dà certezza del diritto. Questo è invece un aspetto normativo delicato, che meritava rigidità, certezza del diritto, ai fini dell'individuazione delle ragioni di accoglimento dell'asilo politico. Per tradurre meglio e per far comprendere anche ai colleghi della mia coalizione cosa è successo ieri in Commissione, l'esponente di Rifondazione Comunista ha sostenuto la tesi che questa visione proposta dal Senato era una visione di maggiore apertura dei canali per l'accoglimento dell'asilo politico. Il rappresentante del Governo, intervenendo in Commissione, ha detto che, sì, effettivamente è una visione più ampia della concessione dell'asilo politico.
Quindi, colleghi, votando questo articolo e non introducendo regole di salvaguardia ulteriore, che consentano per esempio che l'ordine pubblico venga garantito anche sulla base di valutazioni degli organi di pubblica sicurezza, ci mettiamo alla mercé di nuovi flussi migratori clandestini, che come sapete molto spesso sono condizionati dai traffici dei mercati criminosi di questa tratta tra il Medio Oriente, il nord Africa e il nostro paese.
Dunque, questo emendamento rappresenta l'ultima possibilità per introdurre modifiche serie. Dopodiché, vi assumerete di fronte al paese tutta la responsabilità di aver aperto canali di ingresso dell'immigrazione clandestina nel nostro paese, attraverso l'utilizzo dell'asilo politico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pili 12.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 480
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato
220
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che il deputato Lovelli non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'articolo 12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.

FRANCO RUSSO. Signor Presidente, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea esprimerà voto favorevole sull'articolo 12, nel testo emendato dal Senato. A nome del gruppo cui appartengo, però, voglio esprimere alcune perplessità sulle modifiche introdotte presso l'altro ramo del Parlamento ed il dibattito ascoltato stamattina testimonia proprio della approssimazione - mi si consenta il termine - con cui si è modificata la norma in esame, seppure legittimamente, dato che il nostro ordinamento prevede un bicameralismo paritario.
Nuovamente si alimenta l'unico fantasma che, in questo momento, gira per l'Europa, quello della emigrazione e della immigrazione clandestine. Onorevoli colleghi e colleghe, noi stiamo discutendo del diritto di asilo, così come previsto dall'articolo 10, comma 3, della nostra Costituzione. Tale norma ancora non ha trovato attuazione in una disposizione legislativa e, purtroppo, siamo costretti ad intervenire attraverso la legge Bossi-Fini relativa all'immigrazione o in sede di attuazione di una direttiva europea, per introdurre nel nostro ordinamento il riconoscimento del diritto di asilo. La Camera dei deputati, con un emendamento proposto dall'onorevole Zaccaria, aveva introdotto, a mio avviso molto opportunamente, un riferimento all'articolo 10 della Costituzione, che il Senato ha ritenuto, invece, pleonastico e ridondante. Se fosse solo così, si potrebbe anche accettare la soppressione della lettera a), comma 1, dell'articolo 12, Pag. 34del disegno di legge in discussione. Tuttavia, ritengo che l'essere ridondante e pleonastico non costituisca una buona motivazione per cancellare il riferimento alla nostra Carta costituzionale. Infatti, signor Presidente, si tratta di una direttiva - non di un regolamento - per la cui attuazione lo Stato delega al Governo, attraverso una legge che è anche di recepimento. Proprio in virtù di questa circostanza, noi intendevamo vincolare - questa era l'intenzione della Camera dei deputati - il legislatore delegato ad ispirarsi all'articolo 10 della Costituzione. La soppressione operata dal Senato, invece, cancella questo parametro, questo riferimento e, dunque, si può rischiare di restringere i casi nei quali concedere l'asilo. L'immigrazione, quindi, non c'entra e l'immigrazione clandestina ancor meno: si tratta di disciplinare il diritto di asilo, sia pure in maniera inappropriata, a mio avviso, dato che si recepisce una direttiva dell'Unione europea.
Per questo motivo, noi esprimiamo il nostro dissenso sulla soppressione operata dal Senato e ribadiamo ancora l'importanza che l'emendamento Zaccaria aveva avuto. Al riguardo, il relatore Gozi, incaricato di esprimere il parere della Commissione affari costituzionali, ha presentato, a mio avviso opportunamente, un ordine del giorno, sul quale il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea esprimerà voto favorevole, che impegna il Governo ad attuare questa direttiva nella salvaguardia delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana. In altri termini, l'onorevole Gozi, seppure con un ordine del giorno, cioè con uno strumento meno vincolante di indirizzo al Governo, intende reintrodurre un parametro, quello delle libertà costituzionali, restituendo al legislatore delegato la possibilità di avere un ampio spettro nel riconoscimento del diritto d'asilo.
Noi esprimeremo voto favorevole perché l'onorevole Gozi, in sede di Commissione, ci ha convinti che effettivamente l'introduzione dell'ultimo periodo dell'articolo 12 del disegno di legge, operata dal Senato, costituisce una apertura, un ampliamento del novero dei gravi motivi per la concessione del diritto d'asilo. Si prevedono, infatti, tra essi, anche le gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultino oggettivamente perseguiti nel paese d'origine.
Per questo noi aderiamo all'interpretazione data dall'onorevole Gozi sulle modifiche introdotte dal Senato, anche se, in tema di libertà, meno la legge dice e più spazi di libertà ci sono.
Nonostante questi dubbi noi voteremo a favore dell'articolo 12, purché rimanga agli atti la nostra posizione e una interpretazione autentica come quella fornita (secondo me autorevolmente) dal relatore della I Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Castiello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA CASTIELLO. Dichiaro, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, il voto contrario sull'articolo 12. È vero che questo articolo affronta apparentemente una materia che riguarda il diritto di asilo, la domanda di asilo, ma, anche per rispondere al collega di Rifondazione Comunista, osservo che in realtà il tema principale è uno solo: si tratta delle perplessità e delle preoccupazioni, che condivido, espresse perfettamente poc'anzi dal collega Pili, rispetto al fatto che si vuole introdurre con un articolo inserito all'interno di un disegno di legge comunitaria (che dovrebbe essere semplicemente uno strumento per recepire le direttive comunitarie), una norma più ampia (questa maggioranza lo ha dimostrato anche al Senato), per superare probabilmente i problemi che si registrano all'interno della stessa maggioranza, consentendo l'introduzione di nuove fasce di immigrati nel nostro paese.
Quindi, diciamocela tutta: volete, attraverso un articolo di una legge che dovrebbe essere il mero strumento di recepimento di direttive comunitarie, apportare di fatto una modifica alla legge Bossi-Fini.
Questa è la preoccupazione di fondo che noi abbiamo; su questo tema, così Pag. 35delicato ed importante, il Parlamento tutto dovrebbe, al di là delle parti, superare qualsiasi controversia interna e dare vita ad un dibattito approfondito in quest'aula. Prendiamo quindi atto ancora una volta che la maggioranza dà vita ad un vero e proprio colpo di mano; non possiamo fare altro che esprimere il nostro voto fortemente contrario. Grazie.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 480
Votanti 478
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato
269
Hanno votato
no 209).

Prendo atto che il deputato Tabacci non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto altresì che il deputato Boato ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.

(Esame dell'articolo 27 - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 27 (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 27.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 489
Votanti 488
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato
271
Hanno votato
no 217).

(Esame dell'articolo 28 - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 28 (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 7), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 28.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 477
Votanti 476
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
258
Hanno votato
no 218).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1042-B sezione 8).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il parere è favorevole sull'ordine del giorno Nicco n. 9/1042-B/1. Il parere è altresì favorevole sull'ordine del giorno Gozi n. 9/1042-B/2.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno D'Agrò n. 9/1042-B/3, il Governo lo può accogliere come raccomandazione, perché il presentatore rileva che nella legge finanziaria abbiamo adottato una strategia diversa da quella che viene sollecitata. Pag. 36Quindi noi possiamo accogliere questo ordine del giorno come raccomandazione, per le parti in cui può essere compatibile con la scelta fatta nella finanziaria.
Il Governo può altresì accogliere come raccomandazione l'ordine del giorno Donadi n. 9/1042-B/4, a condizione che esso venga riformulato nel secondo capoverso del dispositivo.
Il parere è infine favorevole sull'ordine del giorno Perugia n. 9/1042-B/5.

PRESIDENTE. Invito il Governo a specificare la riformulazione che propone per quanto riguarda l'ordine del giorno Donadi n. 9/1042-B/4.

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Forse, potremmo sentire il presentatore...

PRESIDENTE. Procediamo con ordine. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Nicco n. 9/1042-B/1 e Gozi n. 9/1042-B/2 non insistono per la votazione.
Chiedo al deputato D'Agrò se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1042-B/3, accolto come raccomandazione dal Governo.

LUIGI D'AGRÒ. No, signor Presidente, non insisto.

PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo all'onorevole Donadi se intenda prospettare una riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1042-B/4 relativamente alla parte indicata dal rappresentante del Governo.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, vorrei proporre, come possibile riformulazione del secondo capoverso del dispositivo del mio ordine del giorno, la seguente espressione: «ad individuare le modalità attraverso le quali rendere possibile il reperimento dei soggetti rimasti sul territorio nazionale, nelle more del procedimento di esame della richiesta dello status di rifugiato».

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Sta bene.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C.1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha facoltà.

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, nel dichiarare che il gruppo della Rosa nel Pugno voterà a favore di questo provvedimento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto, a nome del gruppo.

PRESIDENTE. Onorevole Mancini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Nel dichiarare la nostra astensione sul disegno di legge comunitaria, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Barani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.

Pag. 37

ARNOLD CASSOLA. Il gruppo dei Verdi, voterà a favore del disegno di legge in esame.
Signor Presidente, anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Cassola, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castiello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA CASTIELLO. Grazie, Presidente. Vorrei evidenziare in questa sede alcuni concetti che abbiamo discusso durante la fase di dibattito, in prima lettura, del disegno di legge comunitaria, ricordando come tale strumento sia snello ed efficace e ci consentirà di recuperare il ritardo del nostro paese nelle procedure di recepimento delle direttive comunitarie. Purtroppo l'Italia, uno dei paesi fondatori dell'Unione europea, dovrebbe essere un virtuoso esempio per i nuovi Stati membri, in conformità con lo sforzo effettuato negli ultimi anni per il recepimento delle direttive comunitarie. Siamo fortemente preoccupati - tale preoccupazione è stata espressa anche durante i lavori della Commissione - del lungo elenco di violazioni nei confronti del nostro paese, che, se non risolte in breve tempo, potrebbero trasformarsi in sanzioni pecuniarie. Purtuttavia, vogliamo evidenziare il lavoro, svolto al Senato, sia in Commissione che in aula, con l'introduzione di alcuni miglioramenti, primo tra tutti la direttiva che riguarda i servizi finanziari, che consente un miglior coordinamento con la nuova disciplina del risparmio.
Per quel che riguarda la materia relativa all'articolo 12 appena discusso e approvato, ci appelliamo a quell'ordine del giorno, presentato al Senato, che dovrebbe in qualche modo creare un certo equilibrio. Questa legge comunitaria descrive una modalità di attuazione, in sede di fase ascendente - fase importantissima per il futuro del nostro paese - con riferimento alle sanzioni europee, che permetterà al Parlamento italiano di poter esprimere la sua opinione, al fine di evitare, come invece accadeva in passato, di recepire direttive il cui contenuto era deciso dagli altri paesi, mentre il nostro spesso si presentava impreparato.
Tuttavia, signor Presidente, oggi non faremmo un buon lavoro se non ci sottoponessimo a qualche interrogativo. Dobbiamo chiederci cosa stia accadendo oggi in Europa, perché stiamo attraversando una fase di delusione sia da parte dell'opinione pubblica che del Parlamento europeo. Perché in Europa i referendum di ratifica del trattato costituzionale sono in una fase di stallo? In due paesi che appartengono all'Unione europea quel referendum è stato bocciato. Cosa sta accadendo nei paesi europei e in Italia? Siamo fortemente convinti che tale problematica sia legata alla costruzione di una Europa essenzialmente di natura economica e monetaria, mentre nulla si è fatto per la creazione di una Europa politica.
Infatti, tendenzialmente, il mercato interno europeo risente fortemente dello schema sociale dell'Europa e non riveste le caratteristiche di un vero e proprio mercato libero e globalizzato, nel quale la competizione tra i vari paesi - soprattutto tra quelli europei e il resto del mondo - avviene ad armi pari.
Purtroppo, il complesso meccanismo derivante dalla normativa europea fa sì che non sempre i paesi europei riescano a competere alla pari, come appare evidente con la globalizzazione. In un certo senso, ci stiamo facendo male da soli, perché il suddetto meccanismo è determinato da direttive eccessivamente numerose e troppo dettagliate.
Pertanto, da un'Europa economica occorre passare ad un'Europa politica. Dobbiamo cercare di perseguire fortemente tale obiettivo, che è l'unico che può garantire coesione a 400 milioni di cittadini europei, per far sì che l'Europa possa tornare ad essere un faro dal punto di vista sia culturale, fortemente elevato, sia del modello di civiltà.Pag. 38
Ricordo che durante il Governo Berlusconi vi è stato l'allargamento dell'Unione europea a 12 paesi, nonché l'adesione di molti paesi alla NATO. Tuttavia, nonostante questo duplice intervento, l'Europa, dal punto di vista della politica estera e della politica di difesa, non è ancora riuscita a trovare una strada comune; ciò soprattutto rispetto a gravi temi come la famosa guerra terroristica scoppiata a livello mondiale che, purtroppo, vede la stessa Europa impreparata rispetto all'adozione dei provvedimenti da attuare.
Oggi l'Occidente, per vivere una convivenza sociale pacifica, deve porre attenzione a tale problematica. Se l'Europa non troverà una forte unità su questi temi, non sarà in grado di garantire la sua sicurezza e vedrà ridotta anche la prospettiva di fornire il proprio contributo nei prossimi decenni per un ordinato miglioramento delle condizioni economiche dei popoli del Medio Oriente e dell'Africa, tenendo conto anche della forte influenza della lontanissima Cina.
Per acquisire maggiore respiro e peso in Europa sono necessarie istituzioni valide, come previsto dal Trattato costituzionale, alla cui elaborazione l'allora vicepresidente del Consiglio del Governo Berlusconi, Gianfranco Fini, diede un apporto fondamentale.
Pertanto, riteniamo sia necessario un forte impegno da parte del ministro competente e dell'intero Governo, che deve prendere atto di due dati importanti.
In primo luogo, vi sono l'esigenza di evidenziare con forza i ritardi in cui incorre il nostro paese nel recepimento delle direttive comunitarie e quella, conseguente, di procedere ad una verifica periodica (ci eravamo ripromessi di effettuarla con cadenza semestrale). In secondo luogo, dobbiamo cercare di dare concretezza all'idea secondo la quale l'Italia deve essere molto partecipe.
Purtroppo, dobbiamo riscontrare che, molto spesso, i leader dei nostri partiti, eletti al Parlamento, non riescono a portare avanti l'incarico a causa del doppio mandato (e si tratta di una pecca che ha caratterizzato tanto la destra quanto la sinistra). Ciò ha indubbiamente creato, nel corso degli anni, problemi che oggi andrebbero risolti. Infatti, bisogna tenere conto dell'importanza del ruolo dell'Europa e, soprattutto, di quello che compete al nostro paese, in quanto appartenente al novero dei fondatori della Comunità europea.
Per quanto riguarda il voto sul disegno di legge comunitaria, esso sarà di astensione: essendo molto responsabili, ci rendiamo conto che si tratta di uno strumento di cui il paese ha bisogno, in particolare per rispondere all'esigenza di farci guardare in modo diverso dagli altri paesi dell'Unione europea.
Riteniamo che molto vada ancora fatto. Nel corso di tutto il dibattito, abbiamo affermato e ribadito che vogliamo capire quale idea il centrosinistra abbia dell'Europa, quali iniziative voglia intraprendere - ancora non ci sono chiare - e in quale modo...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIUSEPPINA CASTIELLO. ...si voglia attuare una politica estera che deve vedere l'Italia ai primi posti tra i paesi che cooperano e non tra gli ultimi nel recepimento delle direttive comunitarie. Grazie (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, nel ribadire che i deputati del gruppo Popolari-Udeur esprimeranno un voto favorevole sul disegno di legge in esame, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (ovvero, legge comunitaria 2006), chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 39
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esame del provvedimento si svolge in un momento particolarmente significativo per la storia dell'Unione europea, vale a dire nel cinquantenario della firma del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, che avviò un processo di integrazione economica, con l'obiettivo di giungere ad un'integrazione politica e culturale dei popoli europei.
All'inizio di quest'anno abbiamo registrato un ulteriore allargamento alla Bulgaria ed alla Romania e, più in generale, negli ultimi anni, una fortissima e significativa estensione verso est. D'altra parte, abbiamo dovuto constatare la mancata entrata in vigore del trattato costituzionale, a causa della mancata ratifica da parte di due paesi. Rispetto alla determinazione dei popoli europei di portare a compimento il processo di integrazione, ciò ha determinato allarme e preoccupazione. A mio giudizio, si tratta di un segnale che non deve essere valutato con toni eccessivamente drammatici o con eccessiva preoccupazione. Ritengo, infatti, che il processo in parola sia irreversibile e, in quanto tale, destinato a proseguire. Tuttavia, quanto è accaduto deve indurre i Governi, i paesi dell'Unione, a valutare eventuali errori e carenze, al fine di impegnarsi con rinnovata determinazione per coinvolgere i popoli nel processo costituzionale.
Per quel che riguarda il provvedimento in esame, credo che un convinto spirito europeista debba indurci a sottolineare con incisività alcuni elementi critici che hanno caratterizzato l'esame del predetto disegno di legge.
Emerge, infatti, il rischio di tornare indietro di dieci anni e di ripetere errori che, nel 1998, portarono il Parlamento italiano ad approvare la legge comunitaria triennale - dal 1995 al 1997 - per recuperare i ritardi che si erano accumulati, avviando contestualmente una revisione delle norme sulla partecipazione italiana all'Unione europea.
Tale revisione è stata coronata dall'approvazione della legge n. 11 del 2005, portata avanti dal ministro delle politiche comunitarie di allora, Rocco Buttiglione. Si tratta di una legge del Parlamento in cui ci riconosciamo pienamente, che ha posto, dopo diversi anni di dibattito, con il concorso di tutte le forze politiche, le basi procedurali non solo per assicurare una tempestiva attuazione del diritto comunitario, ma anche per favorire un dialogo istituzionale, a livello statale e regionale, ribadendo la centralità del Parlamento nella fase sia ascendente sia discendente di consolidamento del diritto comunitario.
Le modalità che hanno caratterizzato l'esame della legge comunitaria 2006, oggi al nostro esame, ci sembrano in controtendenza rispetto a questo processo, che venne avviato per semplificare e razionalizzare le norme sul processo di recepimento, da parte dell'Italia, del diritto comunitario.
Ci sembra in controtendenza il comportamento che questa maggioranza ha evidenziato nel corso di questo esame, in quanto sono state introdotte misure rilevanti sul piano politico che, per motivi di opportunità e in coerenza con le finalità della legge comunitaria annuale, avrebbero dovuto restare al di fuori di un disegno di legge omnibus, qual'è la legge comunitaria, nella quale gli ambiti di apprezzamento lasciati dal legislatore comunitario e nazionale risultano ristretti, tanto che che non può essere destinata a trattare questioni particolarmente delicate per loro rilevanza nella politica nazionale.
Così, per quanto concerne il complesso e sensibile tema dell'immigrazione e del diritto d'asilo, connesso con l'attuazione di direttive comunitarie sulle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato e per l'ammissione di cittadini di paesi terzi ai fini della ricerca scientifica, non è accettabile il tentativo di utilizzare questo peculiare strumento per mettere in discussione Pag. 40una riforma di carattere generale, come è stata la cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002.
Noi, rispetto a queste tematiche, viviamo un momento particolarmente delicato di vaste migrazioni di massa, di continui tentativi di sbarco clandestino, di quotidiano tentativo, da parte di tante fasce di popolazione dei paesi del terzo mondo, di cercare rifugio, ospitalità, assistenza, occasioni di lavoro nel nostro paese.
È un processo che si svolge in forme drammatiche, in una situazione in cui le strutture del nostro paese, dello Stato, non sono mai sufficientemente attrezzate a far fronte a migrazioni di queste dimensioni e necessariamente producono un impatto sul fronte della sicurezza, della coesione sociale, della coabitazione sul territorio nazionale di estrema rilevanza.
Sono questioni che richiedono mirati ed organici interventi di riforma della normativa esistente da parte del legislatore, perché su una tematica di questo tipo ritengo che, anche dopo pochi anni, una legislazione diventi vecchia ed inadeguata e richieda interventi correttivi.
Per quanto riguarda il diritto d'asilo e lo status di rifugiato, ritengo che, nelle mutate condizioni, occorrerebbe una normativa ad hoc, specifica, distinta da quella che riguarda l'immigrazione, ma che tenga conto delle normative che la regolano.
C'è la possibilità, in questa fase, ma non è compito di questo dibattito, approfondire una tematica così delicata, ma ritengo che, comunque, le sue implicazioni non possano essere affrontate in tema di legge comunitaria, se non per quanto riguarda il recepimento delle disposizioni esplicite, in quelli che sono i suoi limiti, circoscritti, delle direttive europee. Credo che siano temi che debbano essere affrontati con strumenti normativi specifici, nell'ambito di una riflessione parlamentare che, lungi dalla strumentalizzazione del diritto dell'Unione europea per fini politici o dalla polemica interna tra gli schieramenti, su una materia che notoriamente divide anche all'interno degli schieramenti stessi, valuti responsabilmente l'impatto della norma di recepimento nell'ordinamento italiano e ne definisca una portata sostenibile nell'ambito di una politica complessiva dell'immigrazione, di cui, come sappiamo, Parlamento e Governo, nei reciproci ruoli, assumono la responsabilità.
Appare inaccettabile, a nostro giudizio, forzare l'attuazione della legge comunitaria, utilizzando la delega legislativa, che non solo non consente il recepimento, demandato al decreto delegato del Governo, ma trasferisce proprio al Governo la funzione di legiferare. Non resta, quindi, che prendere atto della circostanza che la maggioranza si è dimostrata miope nel non cogliere l'importanza di dimostrare, ancora una volta, la credibilità dell'Italia a livello comunitario, attraverso una scelta parlamentare che si rivelasse compatta e che coinvolgesse tutti, così com'era nell'impostazione iniziale e così come è stato nel dibattito svolto nelle Commissioni. Non si è scelta la strada che avrebbe potuto consentire l'approvazione unanime da parte del Parlamento nazionale ed evidenziare la compattezza degli schieramenti nel recepimento del diritto comunitario.
È per tale ragione che, pur condividendo molti degli interventi previsti nel disegno di legge, proprio a causa di questo tentativo di forzatura su tali tematiche e della proposta di adottare, addirittura, la delega legislativa, non possiamo che dichiarare un voto non positivo, bensì di astensione del gruppo dell'UDC rispetto al provvedimento in esame...

PRESIDENTE. Deputato Forlani, deve concludere.

ALESSANDRO FORLANI. ...ricordando come lo stesso ministro Bonino, in diversi passaggi dell'iter parlamentare, abbia segnalato il rischio dell'introduzione di queste norme. Anche, quindi, da parte dello stesso Governo, si evidenziano interventi che non sottoscrivono questo metodo, che noi non condividiamo e che ci spingono al voto di astensione.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Falomi. Ne ha facoltà.

ANTONELLO FALOMI. Annuncio il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea al disegno di legge comunitaria 2006. Si tratta di un disegno di legge che consente di ridurre drasticamente il livello di inadempienza del nostro paese nel recepimento della legislazione europea e che sviluppa ulteriormente il ruolo del Parlamento nazionale nella fase di predisposizione degli atti europei.
La discussione che si è svolta nel corso dell'esame del provvedimento, anche in prima lettura, dimostra quanto sia diventata grande e crescente l'influenza della legislazione europea sulla vita quotidiana dei cittadini europei e credo che, proprio per tale ragione, il ruolo dei Parlamenti nazionali debba crescere di altrettanta misura, forza ed attenzione, e risulta un fatto importante che, nel disegno di legge che stiamo per varare, siano ulteriormente sviluppate queste funzioni.
Mi sembra, inoltre, che l'accoglimento da parte del Governo degli ordini del giorno relativi agli articoli 12 e 28 sia una risposta chiara anche alle perplessità, che in ordine a questi articoli modificati dal Senato della Repubblica abbiamo sollevato nel dibattito generale ed in fase di illustrazione degli emendamenti, nonché nel corso dell'esame da parte delle Commissioni competenti.
Questo, ovviamente, ci consente di potere esprimere il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Presidente, noi voteremo a favore della legge comunitaria, come è giusto che avvenga, trattandosi di un atto largamente dovuto, di un adempimento del Parlamento rispetto alla legislazione europea, pur con le riserve su alcuni degli articoli di cui ha parlato ad esempio l'onorevole Forlani. Tuttavia, il giudizio complessivo è che si tratta di un adempimento per il quale vi sarà il nostro voto favorevole. Notiamo però che, come sempre, l'esame di questo disegno di legge ha richiesto circa un anno, perché fu presentato il 31 gennaio del 2006 e che praticamente tra una settimana il Governo dovrebbe presentare al Parlamento il nuovo disegno di legge comunitaria.
Vorrei dire all'onorevole Falomi che l'approvazione del disegno di legge comunitaria non riduce il grado di inadempimento rispetto alle direttive comunitarie, perché la legge è soltanto l'inizio del procedimento di adempimento in quanto conferisce al Governo e all'amministrazione la possibilità di preparare il recepimento di queste direttive.
Pongo ancora una volta al Parlamento la questione che ho già posto all'inizio di questa discussione, che pregherei la XIV Commissione di affrontare, se non sia possibile predisporre una diversa procedura di esame di questa materia. Noi dovremmo potere introdurre nell'ordinamento italiano le direttive che provengono dall'Europa in modo più rapido, perché, essendo obbligati dalla supremazia del diritto comunitario rispetto al diritto italiano ad introdurre queste normative, non ha molto senso che il procedimento richieda due anni e mezzo o tre, come storicamente ha sempre richiesto. Vedremo tra una settimana, dalla relazione annuale del ministro, quale sia il grado di inadempimento cui siamo arrivati. Lo scorso anno lo avevamo ridotto e speriamo che si sia ulteriormente ridotto nel corso di questo anno, ma è il procedimento che è troppo lungo, cari colleghi. Mi auguro che la XIV Commissione voglia assumere questa come una priorità del suo lavoro nei prossimi mesi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Intervengo per annunciare, nostro malgrado - visto che si Pag. 42tratta di una legge che dovrebbe fare in modo che vi sia un obbligo di recepimento di direttive comunitarie e quindi di adeguamento all'ordinamento comunitario da parte del nostro - il voto contrario sul disegno di legge comunitaria. Votiamo contro perché siamo principalmente contrari al tentativo, a nostro avviso assolutamente inopportuno, che una legge comunitaria debba in qualche modo travalicare il suo primo obiettivo, quello dell'adeguamento dell'ordinamento italiano a quello comunitario, e che di fatto sia trasformata in uno strumento di modifica, altrettanto inopportuna, soprattutto per il tipo di dibattito che viene sviluppato, di leggi importantissime dello Stato, come quelle sull'immigrazione e sulla sicurezza. Questo, di fatto, è il nocciolo vero, la questione politica, all'interno di questa legge comunitaria.
Come ho già avuto modo di dire ieri, voi avete preso un disegno di legge comunitaria, presentato dal precedente Governo in maniera neutra, tranquilla, tecnica e priva di qualsiasi tipo di riferimento di carattere ideologico e lo avete stravolto per questioni di vostre beghe all'interno della maggioranza. Non possiamo accettare questo, quindi il nostro voto è contrario e va contro la vostra ipocrisia di sfruttare una legge, che dovrebbe essere condivisa da tutti, per appianare equilibri interni, che tendono sempre più, purtroppo, verso l'estrema sinistra.
Votiamo contro il vostro tentativo di fatto di scardinare la società introducendo dei principi, che sono anche contro lo stesso ordinamento italiano attualmente in vigore, ovvero la legge Bossi-Fini.
Votiamo contro il vostro falso europeismo, che non ha portato a nostro modo di vedere alcun tipo di frutti, soprattutto da quando voi siete al Governo, tant'è che proprio nei giorni scorsi lo stesso ministro Bonino ha dovuto ammettere mestamente che l'Italia in Europa conta sempre di meno.
Ne è controprova la «figuraccia» che avete fatto nell'attribuzione degli alti funzionari all'interno della Commissione europea.
Dunque, è inutile che voi, anche in politica internazionale, cerchiate di vendere questo vostro europeismo, quasi in contrapposizione ad un logico contatto con l'altra parte dell'Atlantico, mentre poi, di fatto, dalla situazione politica europea non riuscite assolutamente ad ottenere alcuna utilità per i cittadini e per il paese. Certo, quest'anno effettivamente l'Unione compie cinquant'anni, ma si tratta di cinquant'anni che, a nostro modo di vedere, non hanno portato grossi frutti; hanno comportato, anzi, pesanti limitazioni per quanto riguarda lo sviluppo, soprattutto nei nostri territori, soprattutto in Padania. Mi riferisco ai cavilli ed alle spese che noi continuiamo a sostenere contribuendo di fatto, in questo momento, solo ed esclusivamente ad un allargamento di cui nessuno sentiva il bisogno.
I fondi strutturali se ne stanno andando ad est, i nostri territori vengono completamente dimenticati e non esistono più risorse per sostenere lo sviluppo. Quindi, il nostro voto è contrario anche per la vostra incapacità di approfittare di quelle poche risorse, che potrebbero essere attinte dall'Europa e portate sul nostro territorio per sostenere la competitività delle nostre imprese. Penso ad esempio alla competizione con paesi emergenti come Cina ed India, che stanno letteralmente massacrando la spina dorsale del paese costituita dalle piccole e medie imprese, dai piccoli professionisti, dai piccoli artigiani.
Quindi, il nostro voto è contrario alla vostra ideologia di stravolgere il principio di adeguamento dell'ordinamento italiano a quello comunitario solo ed esclusivamente per scardinare la nostra società. Non possiamo neppure pensare di astenerci dal voto, considerato il tentativo così subdolo di utilizzare impropriamente uno strumento che fino all'anno scorso era di natura tecnica e che ora è stato trasformato in una clava politica, che peserà fortemente sulla nostra gente e sui nostri territori.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, intervengo per esprimere a nome del gruppo di Forza Italia la dichiarazione di voto finale. Anche rispetto alle considerazioni fatte poc'anzi da diversi colleghi, vorrei chiarire subito che il nostro voto di astensione è indotto solo ed esclusivamente da un senso di responsabilità, venuto meno nella coalizione di maggioranza e nel Governo, che ha tentato di introdurre, in una legge di valenza internazionale e comunitaria, disposizioni che riguardano la semplice e mera contesa politica su temi del tutto estranei al contenuto della legge comunitaria.
Vorrei ricordare a questa Assemblea che la legge sulla partecipazione dell'Italia all'Unione nasce con due fondamentali obiettivi. Il primo - così il legislatore lo ha indicato - attiene alla costruzione della «posizione italiana» rispetto alla formazione del diritto comunitario, ovvero al ruolo della nostra nazione nella realizzazione di tale ordinamento anche attraverso la valorizzazione di una funzione di proposta del Parlamento italiano. La seconda parte della legge - e non è un caso che sia appunto 'seconda' - concerne il recepimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario.
Noi votiamo astenendoci, ma il nostro è comunque un voto di «sonora bocciatura» del Governo rispetto alla funzione richiamata dalla legge come primo adempimento, ovvero quella della proposta. Non è contenuto, in questa legge comunitaria, nemmeno un solo passaggio in cui il Parlamento italiano manifesti verso l'Unione europea un ruolo politico e di proposta in fase ascendente. Abbiamo scelto di relegare il nostro paese ad un ruolo di semplice e mero esecutore di tutti gli obblighi, che da una parte e dall'altra l'Unione europea fa calare. Aggiungo: se questa bocciatura riguarda l'impianto della legge, soltanto per un senso di responsabilità nei confronti di un testo così rilevante, che implica una esposizione internazionale del nostro paese, il nostro sarà un voto di astensione, ma - ribadisco - va interpretato come una sonora bocciatura di alcuni elementi che la contesa politica della vostra coalizione ha introdotto in questo provvedimento.
Ne cito semplicemente due. Mi riferisco innanzitutto al tentativo di introdurre - lo avete fatto al Senato ed avallato qui alla Camera - la possibilità per le persone fisiche di introdurre nel mercato finanziario il termine «consulenziale», dando così allo stesso ulteriore incertezza rispetto ai soggetti che vi possono operare. Inoltre, avete dimenticato di dare regole certe e dichiarate, che possano essere verificabili e misurabili rispetto al prodotto finanziario che viene introdotto sul mercato.
Così, avete messo a repentaglio l'Italia dal punto di vista del processo di unificazione del mercato finanziario europeo. Tuttavia, tale processo di unificazione deve avvenire tenendo conto delle peculiarità di ciascuno stato membro. In Italia i crack della Cirio e della Parmalat, bruciano ancora nelle tasche di tanti piccoli risparmiatori del nostro paese.
Ebbene, l'alta guardia che abbiamo invocato è stata disattesa ed abbassata, nell'intenzione poco nobile di creare ulteriore confusione in un mercato così delicato come quello finanziario. Ma vi è poi l'aspetto più delicato della contesa politica che vi ha riguardato. Se ve ne fosse ancora bisogno, ci avete messo di fronte al fatto compiuto di una maggioranza che non esiste sul piano politico. Essa ha ancora ragione di esistere solo sul piano numerico per la contesa e per il mero potere, ma di fronte a temi come quello della sicurezza del paese - elemento fondamentale rispetto alla politica dell'immigrazione, in questo caso, clandestina -, vi trovate non solo divisi, ma davvero protesi a cedere le armi all'estrema sinistra. Quest'ultima, ancora una volta, vi ha condizionato sulle scelte.
Avete deciso di aprire corridoi di flussi migratori nel nostro paese senza regole e, per giunta, introducendo il termine dell'asilo politico come elemento fondamentale per dare risposta a quel mercato Pag. 44clandestino, criminale e criminoso, che si contraddistingue proprio per il traffico dell'immigrazione nel nostro paese e nel Mediterraneo tutto. È evidente che la posizione geografica del nostro paese ci metteva - e ci mette - in condizioni diverse rispetto ai paesi del nord Europa. Il confine, che segna il Mediterraneo rispetto ai paesi del nord Africa, ci pone nelle condizioni di avere regole più chiare e certe e ci induce a rivendicare certezza del diritto nell'applicazione dell'asilo politico.
La modifica che sta per essere approvata è avallata a gran voce e rivendicata dall'estrema sinistra per l'ulteriore ampliamento delle possibilità di introduzione di flussi migratori nel nostro paese attraverso l'asilo politico; è la dimostrazione che non vi stanno a cuore l'interesse del nostro paese e quello della sicurezza dei nostri cittadini, ma solo l'esigenza ideologica di caratterizzare un atto internazionale come quello della legge comunitaria con passaggi meramente strumentali e strumentalizzabili dalla parte politica che ve li ha imposti.
Allora, colleghi, il nostro voto di astensione significa ribadire in quest'aula il nostro senso di responsabilità, richiamando quell'adempimento disposto dalla norma che istituisce la legge comunitaria, ma anche proporre di più e mettere al di sopra della contesa politica una legge internazionale e comunitaria come questa, nonché salvaguardare quegli elementi cardine che garantiscono la sicurezza del nostro paese.
Il fatto che con questa legge comunitaria voi avete messo in discussione la certezza del diritto ci consente di esprimere solamente un voto di astensione. Avremmo voluto - e credo che le parole dell'onorevole La Malfa lo abbiano richiamato - esprimere un voto favorevole, ma il peso delle modifiche introdotte e l'assenza di una proposta ci hanno indotto ad un voto contrario.
Il nostro senso di responsabilità ci porta ad un voto di astensione, ma con l'auspicio che nel futuro questo Parlamento stia più attento a valutare la legge comunitaria come norma valida per l'intero paese e non per una sola parte politica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, il disegno di legge recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2006 -, che ci apprestiamo ad approvare, introduce delle innovazioni molto importanti nel nostro ordinamento nel campo, ad esempio, della tutela dei consumatori, dei trasporti, degli strumenti dei mercati finanziari e del diritto di asilo.
Non entrerò nel dibattito di fondo che ha caratterizzato l'iter di questo provvedimento se non per confermare - mi rivolgo ai colleghi del gruppo di Rifondazione - quanto ho affermato in Commissione e quanto risulta dall'ordine del giorno accettato dal Governo: la modifica apportata dal Senato certamente integra e non restringe la tutela del richiedente l'asilo.
Vorrei anche dire, con riferimento ad alcune affermazioni espresse dai colleghi dell'opposizione, che non è strano, con riferimento alla legge comunitaria in materia di direttive, che il Parlamento eserciti le proprie prerogative: la direttiva consente al Parlamento, laddove il testo ne preveda l'opzione, di indicare degli orientamenti all'Esecutivo. Ciò è stato previsto, in particolare, nell'articolo 12. Abbiamo indicato un orientamento politico, una preferenza, laddove il testo comunitario ci consentiva di farlo. Non vi è snaturamento né della legge comunitaria né dell'atto comunitario!
Vi sono poi altri aspetti procedurali su cui credo dovremmo riflettere. Esprimo un certo apprezzamento per la scelta del Governo, perché, ai fini di un più rapido adeguamento all'ordinamento comunitario, il Governo è tornato al termine di 12 mesi per l'esercizio della delega per l'attuazione Pag. 45di direttive comunitarie, piuttosto che a quello di 18 mesi, previsto dalle due leggi comunitarie precedenti.
Credo però sia anche opportuno iniziare la preparazione dei decreti legislativi, anticipando il lavoro fin dal momento dell'inoltro del disegno di legge comunitaria alle Camere, senza aspettare, come avviene di regola e come è avvenuto anche nel recente passato, l'approvazione definitiva della legge.
In realtà, sarebbe molto opportuno che l'amministrazione italiana cominciasse a preparare l'attuazione delle direttive subito dopo l'adozione formale a livello comunitario da parte del Consiglio dei ministri e del Parlamento europeo.
Credo, inoltre, che questa legge comunitaria abbia compiuto notevoli passi in avanti per quanto riguarda l'attuazione delle direttive in via amministrativa; vi è, inoltre, una maggiore efficienza della nostra amministrazione, evitando e chiudendo le procedure di infrazione, dalle quali, oltre che da altri aspetti, dipende la credibilità di un paese a livello comunitario.
Credo, comunque, che la considerazione più significativa debba concernere l'opportunità di avviare una riflessione approfondita sulla natura e sui contenuti della legge comunitaria. Certamente, i tempi di questo disegno di legge non sono stati particolarmente lunghi, tenuto conto che, per effetto dello scioglimento delle Camere, il disegno di legge è stato ripresentato dal Governo Prodi il 9 giugno 2007.
Credo che sette mesi in totale per l'approvazione non sia un tempo lunghissimo, anche perché, se l'esame di tale provvedimento non si fosse incrociato in Senato in seconda lettura con la legge finanziaria, i tempi sarebbero stati ancora più rapidi.
È evidente che l'adeguamento del nostro ordinamento a quello europeo avrebbe bisogno di tempi più certi e più rapidi e ciò verrebbe assicurato se venisse introdotta nei nostri lavori una vera e propria sessione comunitaria che potrebbe garantire tempi programmati e certi di approvazione della legge comunitaria.
A tal fine, credo anche che si dovrebbe riflettere sul ruolo della XIV Commissione sia in fase ascendente sia in fase discendente che è palesemente troppo debole anche rispetto a modelli di altri paesi.
La sessione comunitaria, cari colleghi, permetterebbe anche a questo Parlamento di avere ciò che non mi sembra oggi abbia, cioè un vero dibattito ampio, di fondo, sulle grandi questioni legate alla vicenda comunitaria sia che si tratti di fase ascendente, cioè del momento in cui vengono elaborate le politiche, sia che si tratti della fase discendente; parlo di una sessione comunitaria, cioè di un dibattito europeo che, in questo periodo, da qui al 2009, in cui certamente ritornerà al centro del dibattito in vari paesi la questione costituzionale, ritengo sarebbe ancora più giustificato. Infatti, il nostro ruolo, in questo processo, che si apre dal 25 marzo 2007 sino al 2009, è centrale. La democrazia europea nasce, innanzitutto, a livello nazionale, nella società e nelle aule parlamentari. È qui, in quest'aula, che avviene il primo raccordo tra cittadini ed Europa.
In conclusione, signor Presidente, ritengo che questa legge comunitaria rappresenti certamente un primo significativo passo avanti per una partecipazione più efficace ed influente del nostro paese alla politica europea e per questi motivi annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, intervengo pochi minuti soltanto per sottolineare un dato. Io mi sono astenuto nella votazione dell'articolo 12 e non ho fatto una particolare dichiarazione di voto in quella occasione, perché già mi riconoscevo in ciò che era stato detto dall'onorevole Boato e dall'onorevole Franco Russo.
Vorrei ora intervenire brevemente su una materia che non mi appartiene, ossia Pag. 46sul significato dell'aggettivo «pleonastico», che è stato adottato dal Senato per sopprimere, all'articolo 12, comma 1, la lettera a), che, sostanzialmente, recepiva nel nostro ordinamento un principio contenuto nella direttiva comunitaria relativa ai rifugiati.
Mi dispiace che alcuni colleghi, che ho sentito con attenzione, si siano lamentati del fatto che la legge comunitaria recepisca nell'ordinamento interno alcuni principi dell'ordinamento comunitario. Ho sentito parlare tutti voi dell'importanza del ruolo del Parlamento, soprattutto nella fase discendente, volto a stabilire criteri direttivi affinché il Governo non debba, da solo, senza criteri o con criteri molto generici, adottare i decreti legislativi di attuazione.
Ebbene, quel concetto affermava principi, contenuti nella direttiva: il principio della giurisdizionalizzazione (è un diritto, quindi, si va davanti al giudice per avere la garanzia della sua effettività) e il carattere sospensivo dei ricorsi, in base al quale un asilante che venga ritenuto non meritevole dell'asilo, nelle more del ricorso, oggi può anche essere allontanato e riportato nel paese dove è perseguitato. Noi chiedevamo di prevedere il carattere sospensivo, come richiesto dalla direttiva.
Questo principio, che la Camera aveva introdotto, è stato ritenuto pleonastico e, quindi, soppresso dal Senato. Siccome sono esperto in diritto, ma non certo nella materia linguistica, questa mattina ho letto su un dizionario qual è il significato dell'aggettivo «pleonastico», che io, in parte, già conoscevo. Il De Mauro così lo descrive: «non necessario», inutile o superfluo. Quindi, possiamo scegliere tra una di queste accezioni.
Il Senato non ha fatto un torto alla Camera dei deputati e alla sua maggioranza ritenendo pleonastica quella disposizione, ma, siccome, soprattutto da parte della opposizione, è stato svolto un dibattito durato una giornata intera (si trattava dell'articolo 8, oggi articolo 12), e da parte vostra è stata fatta un'opposizione molto dura e giustificatissima, perché si può non condividere un principio; sinceramente, non ritengo giustificato considerare pleonastico, quindi non necessario, inutile o superfluo, un principio sul quale la Camera discute per una giornata intera, confrontandosi e anche scontrandosi.
Questa è la ragione, signor Presidente, per la quale mi sono astenuto nella votazione sull'articolo 12.
Devo dire che sono parzialmente tranquillizzato dal fatto che, in occasione della prima lettura, il Governo abbia accettato un ordine del giorno da noi sottoscritto. Ricordo che, con tale documento di indirizzo, si chiede che il decreto legislativo in materia di diritto di asilo venga adottato con priorità assoluta, vale a dire sei mesi dopo l'entrata in vigore della legge comunitaria, e non entro i termini previsti dalla stessa.
Pertanto, aspettiamo con ansia che il Governo mantenga l'impegno che ha assunto su questo punto e che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria 2006, presenti al Parlamento tale provvedimento, sul quale le competenti Commissioni potranno esprimere il proprio parere.

PRESIDENTE. La prego di concludere!

ROBERTO ZACCARIA. Allora, se io ormai non userò più l'aggettivo «pleonastico» (perché mi terrorizza un po' farvi ricorso), immagino che continuerà ad impiegarlo il Governo, ritenendo che «pleonastico» voglia dire che un principio è implicito nel testo che approveremo. Mi esprimo in tal senso perché preannunzio che voterò a favore del provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

FRANCA BIMBI, Presidente della XIV Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, intervengo innanzitutto per ringraziare i colleghi Pag. 47sia dell'opposizione sia della maggioranza per il lavoro corretto e costruttivo che è stato svolto, pur nell'ambito del doveroso scontro politico che ha avuto luogo durante questo percorso.
Ritengo che tutti si siano mostrati profondamente consapevoli della necessità per cui, nel corso dell'intera attività parlamentare, si debba prestare una maggiore attenzione alle tematiche europee, nonché della rilevanza che queste possiedono rispetto a tutte le questioni di merito di cui si occupa lo stesso Parlamento.
Pertanto, nel riprendere la proposta avanzata dal deputato Gozi circa la necessità di prevedere un'apposita sessione comunitaria, annuncio che prospetterò alla XIV Commissione di proporre al Presidente Bertinotti di far svolgere, prima della celebrazione del cinquantesimo anniversario dei Trattati istitutivi della Comunità europea, una sessione della Camera dedicata al nostro rapporto con l'Europa, poiché credo che ciò sia assolutamente necessario (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Italia dei Valori).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1042-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1042-B, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Disposizioni per l'adeguamento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006» (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1042-B):

Presenti 486
Votanti 298
Astenuti 188
Maggioranza 150
Hanno votato 265
Hanno votato no 33
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che la deputata Ravetto ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,26).

ANTONIO MARTINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, a nome del gruppo di Forza Italia, interpretando un'esigenza avvertita anche da altri gruppi, chiedo che il Governo fornisca al Parlamento una informativa urgente sulla sua politica estera (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
Sono convinto che il Parlamento e gli italiani abbiano il diritto di sapere se questo Governo abbia una politica estera - e, se sì, quale (Commenti) -, o se invece, come appare da dichiarazioni rilasciate dai suoi esponenti, abbia più di una politica estera - il che significa nessuna! -, e che sia per questa ragione che il Presidente del Consiglio abbia inteso delegare, nelle relazioni internazionali, la responsabilità al sindaco di Vicenza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania)!
Veda, Presidente, la politica estera non è uno dei tanti compiti dello Stato: la politica estera «è» lo Stato; è lo Stato in quanto soggetto di relazioni internazionali. Non ho bisogno di sottolineare l'importanza del fatto che gli italiani sappiano qual è la politica estera di questo Governo!
Nell'ultimo mezzo secolo ed oltre, la politica estera di tutti i Governi che si sono succeduti, a volte anche a ritmo affannoso, è stata basata su due pilastri fondamentali: l'Unione europea e l'Alleanza atlantica.Pag. 48
Le dichiarazioni che si sono susseguite prima della decisione relativa all'allargamento della base americana a Vicenza fanno ritenere che il Governo voglia rimettere in discussione uno di quei due pilastri. È giusto che il Parlamento sia informato e che lo sia al più presto (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).

ALBERTO FILIPPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, anche il gruppo della Lega Nord Padania chiede che il Governo venga in Assemblea a riferire quale sia, se vi è, la sua politica estera. Le prime pagine dei giornali e le dichiarazioni ANSA riportano e descrivono nel migliore dei modi come sia ormai evidente la confusione che regna nel Governo. Sulla questione della base americana di Vicenza alcuni esponenti del Governo si dichiarano contrari, altri a favore. Ancora una volta, è il regno della contraddizione, soprattutto per questa Unione che tutto può essere meno che, appunto, un'unione.
Va subito detto, signor Presidente, che sarebbe sbagliato cercare di rifugiarsi dietro la scusa del chiedere ai cittadini cosa ne pensino attraverso un referendum. Il motivo è semplice: purtroppo, non vi sono più i tempi per farlo. Sarebbe anche sbagliato nascondersi dietro le scelte compiute dall'amministrazione comunale che, senza entrare nel merito della loro giustezza, sono comunque chiare. Oggi, l'Italia e la «mia» Vicenza stanno guardando ed aspettando il comportamento di questo Governo.
Vogliamo sapere cosa intende fare la maggioranza. Vogliamo sapere se avete una politica estera. Prodi si dichiara favorevole. L'onorevole Migliore, lo riporto per chiarezza, rispetto all'affermazione di Prodi, dichiara: «Una posizione che non condividiamo e non condivideremo mai. Ci opporremo». Bene: avete intenzione di opporvi? Fatelo! Questa è la sede giusta: uscite dalla vostra maggioranza!
L'onorevole Pecoraro dichiara: «Non condivido Prodi. È una posizione pilatesca e ci batteremo in ogni modo». Fatelo! Uscite dalla vostra maggioranza! L'onorevole Deiana: «Prodi tradisce il programma e la vocazione di pace dell'Unione». Se ha tradito il programma, diteglielo; fatelo in quest'aula! Uscite dalla vostra maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
L'onorevole Caruso, che si è affrettato ad andare alla buvette, dichiara che è pronto ad organizzarsi ed a mobilitarsi. Invece di andare a mettersi gli scarponi per inneggiare a spaccare qualche vetrina, lo faccia in quest'aula. È un parlamentare; esca dalla sua maggioranza!
I deputati dell'Unione della mia regione, l'onorevole Fincato, l'onorevole Trupia, l'onorevole Zanella, l'onorevole Valpiana, l'onorevole Galante dichiarano: «Se quella del Governo è una decisione, la riteniamo gravissima. Ci devono spiegare perché i ministri in Parlamento non ci hanno detto la verità, quando sostenevano che non vi erano impegni e che la decisione sarebbe stata assunta di concerto con la popolazione vicentina. Quale rispetto hanno per i cittadini e per i parlamentari che sostengono il Governo?» Ebbene, anche noi lo chiediamo. Agiscano con coerenza. Danno del bugiardo al Governo: esiste tra loro e il Governo quel rapporto fiduciario che, anche nell'ultima finanziaria, hanno deciso di concedere? Se tale rapporto fiduciario non vi è più, se si è interrotto, siano coerenti. Noi siamo presenti per valutare e, come noi, vi sono gli italiani e tutta la «mia» Vicenza.
Lo dico con un certo disagio, ma non vi è più nessuno di coloro che sostengono il Governo che rilasciano queste dichiarazioni seduti al loro posto.
Mi sembra anche poco responsabile...

PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Filippi.

ALBERTO FILIPPI. Concludo, Presidente. Oltre a voler ricordare che ci sono comunque 4.400 lavoratori a rischio (oltre all'indotto), faccio presente che davanti a Pag. 49Palazzo Montecitorio ci sono rappresentanti della CISL e della UIL che stanno manifestando a favore della base, mentre la CGIL dichiara che intende manifestare contro il Governo. Ebbene, vorrei dire che la coerenza è un dovere nei confronti sia dei cittadini, sia delle istituzioni che si rappresentano. Venga quindi in quest'aula il Governo, venga Prodi, a dirci qual è - se c'è - la loro politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Anche il gruppo di Alleanza Nazionale chiede che il Governo intervenga rapidamente in quest'aula - peraltro mi sembra che l'organizzazione dei lavori lo consentirebbe anche in giornata -, per chiarire le linee di politica estera, che si sono offuscate intorno alla vicenda di Vicenza. Il Presidente del Consiglio a volte si meraviglia e dice che l'Italia è impazzita quando legge i declinanti indici di consenso sulla sua persona e sul Governo. Ma se egli rivedesse le dichiarazioni rilasciate ieri agli organi di informazione, capirebbe perché perde fiducia e consenso.
La vicenda di Vicenza non riguarda la costruzione di un garage sotterraneo, di competenza del comune o del sindaco Hüllweck, amico stimato di molti di noi. È una vicenda di rilevanza politica. Quindi, quando il Presidente del Consiglio, con aria apparentemente ingenua, quasi impaurita, per i dissidi della coalizione, delega il comune di Vicenza a decidere, sembra valutare un fatto politico alla stregua di una vicenda urbanistica: questo, invece, è un fatto politico. Noi riteniamo che la presenza a Vicenza di quella base sia un fatto positivo e che rientri nel quadro della solidarietà occidentale. In anni di attacchi del terrorismo fondamentalista, l'alleanza fra l'Italia, l'Europa e gli Stati Uniti è un punto di riferimento, che il Governo di centrodestra ha tenuto sempre ben presente e che questo Governo invece spesso ha ignorato. Ricordiamo le passeggiate estive del ministro D'Alema con un ministro libanese appartenente agli Hezbollah. Ricordiamo i tanti atteggiamenti equivoci soprattutto sulla vicenda mediorientale, così come ricordiamo le parole sulla vicenda somala, nei giorni scorsi, che pure rappresenta un momento importante della lotta al terrorismo fondamentalista.
Venga quindi il Governo in aula a dirci come la pensa. C'è una linea politica, c'è una maggioranza. Abbiamo letto anche noi le dichiarazioni di ministri, leader di formazioni politiche che sostengono la maggioranza, contrarie a questa vicenda. Non è un problema di competenza solo dell'amministrazione civica di Vicenza, che ha tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno. È un problema che attiene alla credibilità del l'Italia, alla solidarietà atlantica. Questo Governo balbetta! Prodi ha fatto una figura ancora una volta pessima, perché con il suo atteggiamento ha suscitato il dissenso di molti suoi alleati di sinistra e, come di consueto, non è stato capito, nemmeno in termini letterali, dagli altri elettori più moderati.
Venga dunque il Governo in Parlamento. Invito pertanto il Presidente dell'Assemblea a farsi latore di questa richiesta; d'altronde, ripeto, credo che l'organizzazione odierna dei nostri lavori possa consentire il suo svolgimento. Non ci si venga a dire che domani un sottosegretario risponderà ad interrogazioni in materia in Commissione difesa! Non trattandosi di una vicenda di tipo urbanistico del comune di Vicenza, con tutto il rispetto per le Commissioni, delle quali ciascuno di noi fa parte, essa impone una attenzione dell'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il deputato Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, anche il gruppo dell'UDC si associa alla richieste di ottenere risposte chiare in quest'aula, da parte del Governo, sulla Pag. 50questione relativa alla base militare americana di Vicenza. È evidente che il trascorrere del tempo, le dichiarazioni che si sono susseguite da parte di esponenti della maggioranza determinano un clima, anche con risvolti internazionali importanti, nel cui ambito si dà forza ad un'opinione antiamericana, antiatlantista, antialleanza, anti-Nato - perché uno di questi aeroporti è una base Nato -, che qualifica il nostro paese in maniera equivoca in un momento delicato come quello attuale, in considerazione delle questioni che si agitano in campo internazionale.
Voglio ricordare alcune dichiarazioni, a dir poco stupefacenti, rese dallo stesso ministro degli affari esteri quando ha sostenuto che da un sondaggio gli risultava che il 70 per cento della popolazione sarebbe contrario.
Non so se dobbiamo affidare le scelte relative alla politica estera e alle alleanze del nostro paese ai sondaggi di opinione del ministro degli esteri, effettuati in una determinata e circoscritta zona del paese, senza considerare il fatto che le autorizzazioni all'ampliamento della base militare di Vicenza sono state rilasciate dall'amministrazione comunale e dalla regione Veneto. Perciò, abbiamo tutte le ragioni per ritenere che la maggioranza che sostiene il Governo Prodi stia tremendamente vacillando in materia di alleanze internazionali. Il Parlamento, l'opinione pubblica e anche i nostri alleati hanno finalmente diritto, a mio avviso, ad una parola chiara. Soprattutto, si deve finalmente chiarire se l'Italia sia saldamente ancorata al sistema di difesa atlantico, attraverso la conferma delle tradizionali alleanze (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori ma, presumo, su altro argomento, la deputata Poretti. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema che intendo richiamare è decisamente molto diverso da quello fin qui affrontato. Riprendo quanto già abbiamo anticipato ieri, insieme alla collega Francescato, sul tema degli animali a quattro zampe, i cani. Siamo al secondo giorno di vigenza di una ordinanza del Ministero della salute denominata «Tutela dell'incolumità pubblica dalla aggressione dei cani». Con il mio intervento chiedo formalmente una informativa urgente da parte del Governo sulla materia, ovviamente non soltanto con riferimento all'ordinanza in oggetto ma anche con riguardo al modo in cui l'Esecutivo intenda affrontare il problema degli animali.
Ci sono alcuni animalisti nel Governo; purtroppo, però, i primi provvedimenti adottati vanno decisamente in una direzione contraria e opposta a quella che auspicherei. Questo, infatti, è il secondo provvedimento serio in materia, se seria si può definire l'ordinanza in questione, il primo essendo consistito nell'esclusione dal Comitato di bioetica dell'unico veterinario che ne faceva parte. Anche in quel caso, si è trattato di una scelta politica. Tra l'altro, lo stesso Comitato, in passato, aveva assunto la decisione, poi rispecchiata nella attuale ordinanza, di vietare il taglio della coda e delle orecchie dei cani.
Quanto alla richiamata ordinanza, il problema nasce dalla circostanza che essa, oltre a ribadire obblighi già esistenti, come quello relativo all'uso del guinzaglio in strada, e ad imporre l'obbligo di applicare museruola e guinzaglio, ove ci si trovi in locali pubblici, autobus, treni o altri mezzi di trasporto, elenca una lista di cani cosiddetti pericolosi, che si ritengono tali soltanto per la loro appartenenza ad una razza. Quindi, in base alla genetica, al DNA, si definisce la pericolosità o meno di un animale. Su questo presupposto, per questa tipologia di cani l'uso di museruola e guinzaglio è sempre obbligatorio, in ogni contesto pubblico. Inoltre, si prevede - questa è una disposizione culturalmente inspiegabile, da qualsiasi parte la si guardi - che il proprietario di un cane appartenente a tali razze può chiederne la soppressione, nel caso sia non più in grado di detenere l'animale. Dunque, senza basarsi Pag. 51sul comportamento o sulla provata aggressività e senza verificare se l'animale possa o meno essere tenuto sotto controllo e se debbano essere adottate particolari misure, ma soltanto in virtù della appartenenza ad una razza, si decide che un cane può essere soppresso. Credo che, politicamente e culturalmente questo sia un messaggio devastante riguardo al problema degli animali. Chiedo pertanto che il Governo intervenga in merito. Purtroppo, in Italia si preferisce spesso introdurre divieti e proibizioni per lavarsi la coscienza.
Il provvedimento demagogico e populista è stato adottato. La piazza si calma. Il bambino è stato sbranato da un rottweiler. Non indaghiamo, nè sui cani, nè sui motivi, nè sui proprietari che detengono questi animali. Populisticamente si dice di mettere la museruola al rottweiler quando passeggia per via del Corso a Roma, ma vorrei sapere quanti bambini stati morsi a via del Corso da una persona che aveva il cane al guinzaglio (credo davvero nessuna). Si adotta un provvedimento demagogico, ci si lava la coscienza, non si indaga sulle motivazioni. Noi auspichiamo che gli italiani non rispettino una legge ingiusta come questa.

CLAUDIO AZZOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CLAUDIO AZZOLINI. Sarò un molto breve. Vorrei anch'io sostenere la posizione della mia collega Poretti su questo tema e sollecito il Governo a render conto al più presto in Assemblea dei motivi di questo provvedimento. Tra l'altro, vorrei ricordare a me stesso e ai colleghi presenti che qualche tempo fa, nel corso della precedente legislatura, un atto del genere era stato già posto in essere. Ho il sospetto che, a prescindere dal ministro - all'epoca era Sirchia e oggi è il ministro Turco - vi sia al Ministero della salute qualche funzionario che ha perso il buonsenso e «somministra al ministro», mi si passi il bisticcio, documenti per una firma molto superficiale, senza valutazioni etologiche della condizione nella quale si sono venuti a trovare questi nostri amici (loro, nostri amici, non certo noi, per i comportamenti citati dalla collega).
Sarebbe allora il caso che, una volta per tutte, questo Parlamento, che si è fatto carico di approvare il 22 luglio del 2004 la legge n. 189, essendo stato io uno dei promotori, assuma una responsabile decisione, non lasciandola al libero arbitrio di funzionari molte volte maldestri, che non tengono conto del fatto che anche i parlamentari hanno una memoria.

PRESIDENTE. Colleghi e colleghe, naturalmente informerò il Presidente della Camera di queste due richieste, alle quali si sono associati diversi parlamentari. Sulla prima richiesta in ordine di tempo credo che il rappresentante del Governo possa già esprime una sua valutazione.

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo prende atto della richiesta avanzata, ritenendo utile un'informativa in Parlamento. Pertanto, si riserva di concordare con la Presidenza le modalità di svolgimento della stessa, anche per conciliare l'esigenza di una rappresentanza istituzionalmente autorevole con l'andamento dei lavori parlamentari.

PRESIDENTE. Colleghi, certamente la Presidenza si metterà al lavoro con il Ministero per i rapporti con il Parlamento per fornire una risposta tempestiva a queste richieste assolutamente motivate ma, incidentalmente, vorrei ricordare che, in questa settimana, vi sono state cinque richieste di informative urgenti in aula.
Pertanto, la Presidenza invita i parlamentari ad un uso più prudente di questo strumento, anche perché altrimenti si rischia di svilire gli strumenti di sindacato ispettivo che il regolamento ci fornisce, sia in Assemblea sia in Commissione. La Presidenza intende precisare che non tutte le questioni si risolvono richiedendo in merito un'informativa urgente in Parlamento, Pag. 52sussistendo comunque tutti gli strumenti di sindacato ispettivo. Ci tenevo a ricordare questa prassi.
In ogni caso, la Presidenza si metterà lavoro insieme al Governo per individuare le modalità per fornire risposta alle due questioni sollevate.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro delle politiche per la famiglia, il ministro dello sviluppo economico, il ministro dell'interno, il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il ministro dei trasporti, il ministro della giustizia e infine il ministro del lavoro e della previdenza sociale.

(Iniziative del Governo a favore della famiglia anche in attuazione delle misure previste nella legge finanziaria 2007 - n. 3-00517)

PRESIDENTE. L'onorevole Zanotti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00517 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).

KATIA ZANOTTI. Ministro Rosy Bindi, noi dell'Ulivo riteniamo che uno dei segni più netti ed inequivocabili della legge finanziaria riguardi esattamente l'impegno assunto a favore delle famiglie italiane e del loro sostegno. Dopo gli anni del centrodestra, di bonus economici, di una tantum episodiche, si esce dalla precarietà per dare un'impianto organico alle politiche a sostegno delle famiglie, per togliere finalmente le famiglie italiane stesse, sia pure con gradualità, da una situazione di solitudine e di abbandono e, dentro le famiglie italiane, per venire incontro alle donne e ai loro compiti di cura, sapendo bene che spesso le famiglie da sole sono costrette ad arrangiarsi nel cercare le soluzioni.
Cito soltanto 215 milioni di euro per il fondo nazionale delle politiche per le famiglie, 1 miliardo di euro in più per gli assegni familiari, 300 milioni di euro in più per gli interventi a favore degli asili nido, lo stanziamento per la non autosufficienza. Ministro, le rivolgiamo una domanda che tante famiglie italiane vorrebbero rivolgerle: come intende dare attuazione concreta agli interventi stabiliti in finanziaria?

PRESIDENTE. Il ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.

ROSY BINDI, Ministro delle politiche per la famiglia. La ringrazio, Presidente, e ringrazio anche per questa interrogazione. Vorrei innanzitutto citare un dato di massima concretezza: alla fine di questo mese di gennaio il 90 per cento dei lavoratori dipendenti riceverà i benefici della finanziaria in busta paga sotto forma di detrazioni fiscali e assegni familiari, aumenti significativi che riguardano i redditi fino a 45 mila euro. Porto un esempio per tutti: un lavoratore dipendente con 25 mila euro di reddito lordo annuo, con una moglie e due figli a carico, avrà un vantaggio di 772 euro. È questa la concretezza di una politica per la famiglia che vuole soprattutto investire verso le famiglie con figli, che vuole spostare le risorse a favore dei giovani perché possano decidere prima, rispetto ad oggi, di avere una famiglia e di mettere al mondo dei figli, così come desiderano, e a favore di anziani non autosufficienti.
Per tutte queste scelte è stato istituito il fondo per la famiglia e il nascente dipartimento ha già istituito gruppi di Pag. 53lavoro per dare attuazione ai vari capitoli; in maniera particolare, si sta lavorando per la Conferenza Stato-regioni, per l'accordo di programma per la qualificazione degli assistenti familiari, per il piano degli asili nido che in tre anni dovrebbe consentirci la costruzione di 90 mila posti per asili nido, da destinare soprattutto al sud, dove contestualmente il Governo ha previsto incentivi significativi per l'occupazione femminile, mentre, senza interruzioni, continua e si qualifica il piano del Governo per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne, ma anche per gli uomini.
Ci stiamo organizzando perché in ogni momento una donna che rimane incinta o una famiglia che ha bisogno di prendere in carico e in cura un anziano non autosufficiente possano inserirsi nei programmi di conciliazione con una attenzione particolare alle piccole imprese, consentendo questo anche ad alcune pubbliche amministrazioni.
Abbiamo visto che negli anni passati alcune risorse non sono state utilizzate per mancanza di conoscenza di questo programma, che pure riteniamo il più qualificante perché vogliamo che le nostre famiglie abbiano più servizi, più risorse, ma, soprattutto, più tempo per l'educazione e per la cura.

PRESIDENTE. L'onorevole Burtone, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, il gruppo dell'Ulivo è pienamente soddisfatto non soltanto della risposta, ma soprattutto dell'azione concreta messa in campo dal ministro a sostegno della famiglia italiana. Dobbiamo dare atto all'onorevole Rosy Bindi di aver avviato una politica per fornire risposte alle tante domande che provengono dalle famiglie vere.
Il Governo di centrosinistra, con la legge finanziaria per il 2007, ha compiuto una scelta di campo: non più generosi premi alla Berlusconi per la minoranza delle famiglie che vivono già in condizioni agiate, ma interventi seri per superare la precarietà del lavoro che genera precarietà della vita, assegni familiari più generosi per le famiglie numerose, una nuova politica dei servizi sociali. In questo quadro ci sembra doveroso sottolineare le risorse predisposte dal Governo Prodi per realizzare 90 mila nuovi posti negli asili nido nei prossimi tre anni, nonché per il Fondo per la non autosufficienza.
Da deputato meridionale voglio, signor ministro Bindi, apprezzare l'attenzione mostrata da lei e dal Governo nei confronti del sud, ricordando non solo la decisione di istituire una sede dell'osservatorio della famiglia, ma anche l'impegno per contrastare il disagio e la povertà presenti innanzitutto nelle aree del Mezzogiorno.
Credo che il Governo debba lavorare con impegno per superare la precarietà del mondo del lavoro e per dare spazio all'occupazione femminile.
Noi sappiamo che lei si impegnerà seriamente e da parte nostra vi sarà sostegno con entusiasmo e lealtà (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

(Misure per il contenimento dei prezzi al dettaglio dei carburanti - n. 3-00518)

PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00518 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2).

SALVATORE RAITI. Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, con la presente interrogazione il gruppo dell'Italia dei Valori intende sottolineare una distorsione che registriamo in Italia.
Sappiamo tutti che il costo degli idrocarburi in Italia incide molto sul bilancio dello Stato e su quello delle famiglie italiane. Registriamo però spesso - quest'anno è esemplare - che il costo dei carburanti alla pompa, a carico dell'utente finale, varia sensibilmente all'aumentare del costo del prodotto per le vicende internazionali e per il rapporto dollaro-euro, Pag. 54mentre non si registra la stessa velocità di adeguamento quando il costo del prodotto diminuisce.
Vorremmo sapere dal Governo quali iniziative intenda adottare per fare in modo che questa discrasia venga eliminata.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei svolgere una premessa ovvia, ma necessaria.
Nel caso del mercato dei prodotti petroliferi a benzina, liberalizzato fin dal 1993, non si può intervenire direttamente sul prezzo. Per quanto riguarda la struttura del prezzo della benzina si tratta per il 62 per cento di imposte e per il 37,5 per cento di prezzo industriale e più o meno, come livello di imposte, siamo in equilibrio con il livello europeo.
Pertanto, gli incrementi di prezzo vanno misurati in percentuale sul costo delle materie prime e non sull'insieme del prezzo, comprensivo della fiscalità, perché il Governo, come si sa, ha sterilizzato il meccanismo dell'IVA e, quindi, non compartecipa all'aumento del prezzo, a cominciare da quest'anno.
Il prezzo italiano calcolato sulla base del meccanismo «Fai da te», che è dominante in Europa, in questo momento corrisponde sostanzialmente all'andamento europeo. Tuttavia, le preoccupazioni degli onorevoli interroganti non possono non essere condivise.
Il Governo cosa ha fatto e cosa può fare? Lo ripeto, dal 1o gennaio ha sbloccato il meccanismo di compartecipazione agli aumenti per via fiscale, ha adottato misure di incentivazione per il ricambio di veicoli più efficienti e il risparmio dei consumi in un pacchetto di misure di risparmio energetico, che comprende moltissimi campi e che promuoveremo con grande sollecitudine. Si tratta di misure che si tradurranno in risparmi concreti per i cittadini.
Stiamo lavorando anche alla ristrutturazione della rete, non con meccanismi di razionalizzazione selvaggia, che hanno comportato problemi in altri paesi europei, ma rimuovendo vincoli anacronistici all'ingresso di nuovi operatori. In questo momento è in corso un tavolo di confronto con le regioni e con le parti sociali per rilanciare gli investimenti nella rete distributiva. Tornando ai prezzi, abbiamo ristabilito un monitoraggio quotidiano dell'andamento dei prezzi stessi e posso confermare che - lo ha registrato anche l'ISTAT - vi è stato, un abbassamento dei prezzi, in relazione all'andamento del costo del petrolio, ma certamente vi sono momenti nei quali la curva di adeguamento dei prezzi medesimi risulta più lenta nelle fasi di discesa rispetto alla rapidità che assume nelle fasi di crescita. Ciò, per esempio, è accaduto nelle ultime settimane, quando il prezzo è rimasto fermo per tutto il periodo natalizio, mentre è diminuito in modo sensibile sull'extrarete, ossia sulla parte di distribuzione sulla quale i petrolieri hanno un rapporto diretto, con un'improvvisa e singolarmente unanime discesa dal giorno 9 gennaio. Su questi comportamenti è opportuno attirare l'attenzione sotto il profilo del rispetto delle regole di concorrenza, chiamando in causa l'autorità responsabile. Posso pertanto annunciare che segnaleremo l'esito di tale monitoraggio all'autorità antitrust per l'eventuale adozione di provvedimenti da parte di quest'ultima, così come faremo tutte le volte che il nostro monitoraggio giornaliero ci segnalerà incongruenze.

PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di replicare.

SALVATORE RAITI. Signor ministro, l'Italia dei Valori ed io personalmente siamo moderatamente soddisfatti della risposta odierna che, tra l'altro, fa seguito a comportamenti, atti e posizioni, che lei e tutto il Governo avete adottato nel corso degli ultimi giorni. Occorre sapere - crediamo sia assolutamente utile al nostro paese, alla nostra Italia - intervenire in Pag. 55questa materia, così come in molte altre, tentando di rimettere in moto le energie che sono presenti in Italia. La liberalizzazione del sistema è assolutamente importante. La necessità di mettere al centro l'utente e il consumatore è un elemento fondamentale dell'azione di questo Governo. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a supportare l'azione del Governo, che andrà - spero - in questa direzione. In questa materia, così come lei, signor ministro, accennava ad esempio a per quanto riguarda il costo «medievale» delle ricariche dei telefonini, dobbiamo fare in modo di far «saltare» i cartelli industriali che si sono insediati in Italia, facendo sì che i prezzi all'utente finale siano comunque sempre gli stessi.
Quindi, vi è qualcosa nel meccanismo che non funziona ed allora proseguiamo in questa direzione, razionalizzando la rete di distribuzione, cercando di far dipendere meno il paese dagli idrocarburi e dal petrolio e utilizzando le energie alternative. Ciò servirà non solo a ridurre l'onere a carico del bilancio dello Stato, ma anche dell'ambiente. Siamo, infatti, consapevoli di quanto sia importante, considerato il clima che si sta registrando non solo in Italia, immettere ossigeno nell'atmosfera. Siamo certi che, se proseguiremo nella direzione della liberalizzazione e dell'efficienza dei meccanismi di circolazione dei beni in Italia, questo Governo avrà il consenso del paese e non solo delle forze politiche.

(Iniziative volte a garantire i livelli occupazionali degli stabilimenti della Finmek Access Spa di Pagani (SA) e per rilanciare il settore delle telecomunicazioni - n. 3-00519)

PRESIDENTE. L'onorevole Nardi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00519 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).

MASSIMO NARDI. Grazie, signor Presidente.
Signor ministro, sono qui a rivolgerle la seguente domanda: ricorda ancora la situazione in cui si trovano i lavoratori della Finmek di Pagani? Ricorda che quei lavoratori, attualmente in cassa integrazione, avevano la speranza che l'azienda desse indicazioni su come rilanciare la propria attività? Ciò accade nonostante vi siano una forte richiesta per il prodotto che lo stabilimento di Pagani produceva (contatori, centraline e via dicendo), una professionalità che, in qualche misura, era stata considerata positiva già in passato e una forte disponibilità da parte dei lavoratori ad adattarsi alle soluzioni che il Governo proporre.
Sono qui a chiederle, signor ministro, cosa lei ed il suo Governo pensano di fare, per dare una risposta certa ed efficace ai predetti lavoratori.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, non potendo esporre tutte le vicende del sito produttivo del gruppo Finmek di Pagani - la cui storia è lunghissima, tribolata, molto complessa e difficile - prenderò in considerazione la fase che ha avuto inizio con l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria.
Per evitare un pregiudizio sulle prospettive di collocazione sul mercato dell'unità produttiva, il commissario straordinario ha proseguito l'esercizio dell'impresa anche in perdita. L'interrogante fa riferimento ad un successo conseguito dall'azienda nel 2001, con l'aggiudicazione di una gara dell'ENEL. In realtà, quel risultato è stato scontato pesantemente dalla società, perché ha fatto accumulare alla medesima ulteriori perdite a causa del divario tra i ricavi conseguiti ed i costi di produzione effettivamente sostenuti a seguito della gara. Quindi, l'amministrazione straordinaria si è dovuta confrontare con una situazione veramente compromessa e difficile.
In questo momento, la società è in attesa di conoscere i risultati di una gara Pag. 56ENEL che ha ad oggetto circa tre milioni di contatori monofase ed altre apparecchiature (che non elenco). L'amministrazione straordinaria ha presentato offerte per tutti i lotti di gara.
Per quel che riguarda le prospettive di sbocco della procedura, come l'interrogante saprà, il 1o settembre 2005 era stato presentato un programma di cessione dell'attività aziendale del gruppo Finmek, con un procedimento di gara che, però, non aveva dato risultati né per il sito di Pagani né per altri siti significativi del Mezzogiorno. A questo punto, era partita una trattativa privata con un gruppo russo, la FK, ed a febbraio del 2006 vi era stata la formalizzazione di un protocollo d'intesa presso la Presidenza del Consiglio, a palazzo Chigi.
Dopo un anno - assicuro all'interrogante che vi sono stati, nel frattempo, sollecitazioni e sollecitudini di ogni genere, incontri a livello industriale, politico e diplomatico - abbiamo dovuto registrare che la società indicata non aveva intenzione di tradurre tutta la discussione svoltasi in un'impegnativa offerta d'acquisto (nonostante le manifestazioni di interesse più volte reiterate). Ne abbiamo preso atto e, a breve, avvieremo un nuovo procedimento di gara per la ricollocazione del sito produttivo.
Naturalmente, di tutti i suddetti sviluppi della vicenda abbiamo tenuto informate, come sempre, le organizzazioni sindacali, con le quali abbiamo un dialogo continuo. Grazie.

PRESIDENTE. L'onorevole Nardi ha facoltà di replicare.

MASSIMO NARDI. Signor Presidente, più che insoddisfatto, la risposta del ministro mi fa sentire profondamente deluso: lo sono non perché abbia pregiudizi nei confronti di quanto esposto dal ministro, ma semplicemente perché ricordo che amici di partito del ministro medesimo, ed anche altri, avevano manifestato, a Pagani, certezza assoluta circa la possibilità di una soluzione a breve termine per quanto riguarda quel sito.
Ricordo ancora lo sforzo che era stato compiuto da un precedente Governo, che, in qualche misura, aveva mostrato una prima, immediata capacità di dare una soluzione alle difficoltà nelle quali versava l'impresa (oggi considerata, tutto sommato, una pecca di quella realtà territoriale).
A me sembra che dovremmo rispondere, fondamentalmente, al seguente quesito: è utile, importante, necessario che, in Italia, vi sia un settore dell'elettronica che parli italiano? Dal mio punto di vista ciò è importante e fondamentale. Se è così, il Governo non dovrebbe venire ad esporci, in termini di prospettive, intenzioni che, almeno a mio giudizio, sono lontane dalla concretezza che gli era stato chiesto di dimostrare, ma dirci se abbia anche una volontà precisa di impegnarsi ad affrontare le difficoltà che oggettivamente vi sono, in relazione alle quali immagino che debba essere portata avanti un'iniziativa specifica ed efficace.
Noi della Democrazia Cristiana, signor ministro, siamo qui a chiederle di fare quello che è di sua competenza. Questo non significa un intervento diretto dello Stato, ma sicuramente questo ha gli strumenti per non accampare scuse, quando si trova di fronte ad una difficoltà di rilancio delle imprese. Se veramente c'è la volontà politica, se veramente il ministro intende portare avanti questo processo di rilancio, egli può farlo con cognizione ed immediatezza. Questo siamo qui a chiedere, come Democrazia Cristiana, e questo le chiedono, soprattutto, i lavoratori di Pagani (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Forza Italia).

(Iniziative per evitare la chiusura dello stabilimento Campari di Sulmona - n. 3-00520)

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00520 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).

PAOLA PELINO. Nei giorni scorsi, attraverso un provvedimento unilaterale annunciato Pag. 57dalla direzione aziendale della Crodo-Campari, è stata resa nota la decisione di far cessare l'attività produttiva dello stabilimento di Sulmona. Tale provvedimento comporterà il paventato licenziamento di 102 lavoratori con le prevedibili ed inevitabili dolorose conseguenze per le loro famiglie e, di riflesso, per il territorio, dove negli ultimi mesi abbiamo assistito alla crisi di ben 7 aziende. Del resto, come può un'azienda come la Campari, quotata in borsa, che ha assegnato, anche recentemente, il premio di produttività ai dipendenti dello stabilimento di Sulmona, giustificare la chiusura di detto impianto? Non voglio pensare che tale giustificazione nasca da logiche di mercato, che prevedono il disimpegno aziendale dalla regione Abruzzo, dopo aver usufruito delle agevolazioni territoriali. Chiedo, pertanto, al ministro dello sviluppo economico se ritenga di dover intervenire in merito per evitare la chiusura del citato stabilimento di Sulmona o, comunque, per accertare il reimpiego sullo stesso territorio della manodopera coinvolta.

PRESIDENTE. Il ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, ha facoltà di rispondere.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Voglio confermare che il Ministero ha ricevuto, in questi giorni, informazioni circa l'intendimento del gruppo Crodo-Campari di procedere alla chiusura dello stabilimento di Sulmona e, quindi, alla messa in mobilità di 102 lavoratori. Si tratta di una decisione che, se attuata, aggraverebbe ulteriormente la situazione dell'area, già molto pesante. Il Ministero, quindi, convocherà, nei prossimi giorni, i rappresentanti della società per capire le motivazioni di questa decisione e per valutare se vi sia un'ipotesi di possibile intenzione di recedere da questa chiusura o, comunque, di promuovere azioni di rilancio e sviluppo delle produzioni che siano in grado di garantire prospettive industriali ed occupazionali. Aggiungo che, essendo evidente che questa crisi si colloca in un territorio, quello della Valle Peligna, pieno di problemi, credo che sarà opportuno che il Ministero, anche superando gli schemi organizzativi usuali, che si svolgono per singole imprese, attivi anche le condizioni di un progetto d'area, che possa occuparsi più in generale dell'economia di questa Valle, per sviluppare elementi di attuazione di possibili investimenti. Siamo, quindi, impegnati in questo senso ad avviare un confronto con l'amministrazione regionale e quella locale, per cercare di individuare insieme eventuali azioni che diano concrete risposte alle prospettive di quella comunità e dei lavoratori, pesantemente coinvolti in questa crisi.

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di replicare.

PAOLA PELINO. Signor ministro, ho chiesto un intervento urgente del Governo non solo per scongiurare la chiusura dello stabilimento Crodo-Campari di Sulmona, ma anche per evitare che si possa decidere, in via subordinata, il trasferimento dei lavoratori in altri stabilimenti industriali fuori dal territorio di Sulmona. La risposta offertami non può soddisfarmi pienamente, poiché credo che i 102 lavoratori del suddetto sito produttivo abbiano il diritto di conoscere l'azione del Governo circa questa problematica e, soprattutto, se il Governo intenda impegnarsi al cento per cento e farsi carico di risolvere la situazione di crisi aziendale da me esposta nell'interrogazione. Affrontare il problema superficialmente, rimettendosi a soluzioni tese ad individuare semplici percorsi di mediazione, non serve né ai 102 lavoratori, che rischiano il licenziamento, né alle loro famiglie. Il Governo dovrebbe svolgere il concreto ruolo che ad esso compete e che i cittadini si aspettano, cioè quello di tutelare almeno il lavoro di quanti rischiano, senza loro demerito, ma, troppo spesso, solo per logiche di profitto aziendale, di doverlo perdere.
Infatti, molte volte il motivo di base degli annunci di chiusura degli stabilimenti siti in Abruzzo è costituito dal Pag. 58volersi sottrarre all'impegno iniziale assunto per accedere alle sostanziose agevolazioni previste dalla legge per il territorio. Quindi, come membro della Commissione lavoro, come imprenditrice e, infine, come cittadina di Sulmona non posso dichiararmi soddisfatta della risposta avuta e attendo con ansia, unitamente alle famiglie dei 102 lavoratori in questione, di conoscere gli sviluppi dell'azione governativa in merito al caso evidenziato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Questioni di sicurezza e di ordine pubblico in relazione alla pratica della macellazione rituale islamica - n. 3-00521)

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00521 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmatario.

MASSIMO GARAVAGLIA. La nostra interrogazione riguarda la macellazione rituale islamica. In particolare, nella cosiddetta festa del sacrificio avviene un vero e proprio massacro di agnelli senza il preventivo stordimento e senza il rispetto delle più elementari norme igieniche.
Il 30 dicembre, grazie ad un filmato-denuncia di Telepadania, abbiamo potuto constatare come questo fenomeno stia assumendo toni e direzioni sempre più allarmanti. Le leggi ci sono, ma non vengono rispettate e non vengono fatte rispettare.
Chiediamo, quindi, quali iniziative intenda intraprendere il ministro per evitare il ripetersi di queste pratiche, che la Lega Nord giudica semplicemente e assolutamente incivili.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, come il collega interrogante sa, questa è una materia che ricade in buona parte nella competenza del ministro della salute, che allerta anche gli assessorati alla sanità regionali perché vengano rispettate le norme esistenti sulla macellazione. Per il ministro dell'interno, come giustamente è stato detto, c'è un profilo di ordine pubblico e c'è anche un profilo generale che riguarda la competenza di questo ministro in materia di culti in genere.
Devo dire che in termini di ordine pubblico non si è determinato un problema significativo. Noi ci siamo trovati, con i nuclei specializzati dell'Arma dei carabinieri, ad avere tre denunce all'autorità giudiziaria, una a Bresso, una a Parabiago, una a Salsomaggiore Termini per mancanza di certificazione e macellazione abusiva. È stato messo sotto sequestro anche un capannone. Questo è stato fatto.
La questione della macellazione senza stordimento si lega alla libertà che ciascuna religione si vede riconosciuta in Europa, in ciascuno dei nostri paesi, di esercitare il proprio culto e, quindi, i riti del culto con garanzia costituzionale. L'Unione europea, che è attentissima alla tutela degli animali, ha adottato direttive, che l'interrogante di sicuro conosce, a partire da quella n. 93/119, in cui vi è una esplicita deroga per le macellazioni che avvengono nell'esercizio di culti religiosi.
Noi stessi, prima ancora della stagione delle intese, con un decreto del 1980 dei ministri della sanità e dell'interno, autorizzavamo la macellazione degli animali secondo i riti religiosi ebraico ed islamico, che da questo punto di vista sono fondamentalmente gli stessi. Vi è poi stata l'intesa con la comunità ebraica che lo ha ulteriormente codificato. L'interrogante ha ragione, la macellazione dovrebbe essere eseguita negli appositi stabilimenti autorizzati con le modalità di legge. Segnalo che le regioni sono competenti a vigilare sulla corretta applicazione delle norme di protezione degli animali. Questa è la questione in termini istituzionali; questa è la mia risposta.
Se devo concludere con un pensiero, devo dire che le do questa risposta con un qualche disagio personale perché ho il massimo rispetto per tutte le fedi religiose e per i loro riti ma, ecco, vivrei più felice Pag. 59in un mondo nel quale nessuna religione attribuisse al proprio Dio il bisogno di essere glorificato e celebrato attraverso la sofferenza di una qualunque creatura, ma dobbiamo rimettere tale pensiero alla comprensione di chi lo deve comprendere.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di replicare.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, la risposta non ci soddisfa sotto diversi profili.
Per quanto riguarda l'ordine pubblico, è vero che non vi sono stati problemi, ma semplicemente perché la forza pubblica non ha voluto intervenire; altrimenti, probabilmente ve ne sarebbero stati. E ciò rappresenta un elemento molto grave.
Ribadiamo che si tratta di una pratica assolutamente incivile, tant'è che abbiamo presentato una specifica proposta di legge a prima firma del collega Alessandri, che prevede che in ogni caso la macellazione sia preceduta dallo stordimento. A nostro avviso, approvare una norma del genere è il minimo che uno Stato civile possa compiere; così è in Olanda, in Austria e in tanti altri Stati civili; addirittura, è così anche in Malesia, uno stato a maggioranza musulmana, come tutti sapete.
La nostra preoccupazione riguarda anche il rispetto della Costituzione, a cui il ministro Amato faceva, per l'appunto, riferimento. Tante delle persone che in particolare a Parabiago hanno eseguito questo rito, con bambini che poi sguazzavano nel sangue di questi animali, sono ormai già cittadini italiani. Ebbene, rammentiamo che la formula di giuramento per diventare cittadini italiani è basata sull'articolo 54 della Costituzione, che chiude la bella parte I, intitolata «Diritti e doveri dei cittadini». Quindi, non vi sono solo diritti ma anche doveri e tra i doveri vi è l'obbligo di rispettare le nostre norme e le nostre tradizioni; infatti, in base all'articolo 19 della nostra Costituzione, chiunque, nell'ambito della propria religione, può eseguire i riti che vuole purché rispetti il buon costume. A nostro avviso, in questo caso il buon costume non è stato assolutamente rispettato, come non lo sono state le nostre leggi. La riflessione, quindi, parte da tale constatazione per spingersi oltre.
Poiché il ministro Amato si occupa anche della cosiddetta Carta dei valori, osserverei che si deve riflettere bene in quanto sui valori non si tratta; vi potrà essere integrazione solo se vi è rispetto reciproco...

PRESIDENTE. Deve concludere...

MASSIMO GARAVAGLIA. ... delle nostre leggi e delle nostre tradizioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Chiusura della scuola Allievi di polizia di Piacenza - n. 3-00522)

PRESIDENTE. L'onorevole Foti ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00522 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, signor ministro, in attuazione del comma 431 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007, il competente dipartimento della pubblica sicurezza ha dato comunicazione alle organizzazioni sindacali della chiusura di alcune scuole di formazione professionale, tra le quali quella degli Allievi di polizia di Piacenza.
Indipendentemente dalla giustificazione addotta, signor ministro, secondo la quale mancherebbero gli spazi idonei per l'addestramento del personale, io mi rivolgo alla sua sensibilità per un'opportuna verifica sul punto, in quanto quella scuola è stata un modello sotto il profilo organizzativo e dell'insegnamento; è una scuola per la completa ristrutturazione della quale sono stati spesi, non più tardi di alcuni anni fa, 25 miliardi di vecchie lire. Lo scorso anno è stato inaugurato uno dei dieci poligoni operativi della Polizia di Pag. 60Stato, anch'esso frutto di una ristrutturazione onerosa. Mi pare improvvida, dunque, la chiusura della scuola.

PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, come il collega sa, la norma della legge finanziaria che reca tale previsione nasce da un'esigenza oggettiva che la precede, ovvero dall'esigenza, nella quale ci troviamo, di ridimensionare comunque il nostro sistema di scuole, che ha una potenzialità di addestramento largamente superiore a quelle che, non solo nel breve ma anche nel medio termine, si prospettano come le nostre possibilità di addestrare personale.
Abbiamo, nell'insieme, tredici scuole in Italia, che hanno una ricettività complessiva di oltre 4.700 posti. Tenerle tutte in funzione implicherebbe addestrare 4.700 persone, mentre prevediamo - già ora siamo a quel punto - di addestrarne non più di mille.
Le ragioni non sono tanto e soltanto legate alla solita questione della finanza pubblica, ma alla modifica che è intervenuta nell'approvvigionamento, per cui, salvo un piccolo retraining al civile, si dovrà trattare di personale proveniente dal servizio militare, non più di leva.
Il piano, pertanto, prevede la chiusura di una serie di queste scuole, che, in tutto, dovrebbero essere sette su tredici. Al momento è già prevista e articolatamente definita, anche con le intese delle organizzazioni sindacali, la chiusura di quattro di esse. Le altre tre verranno scelte nel novero delle residue nove, ma nessuna decisione è stata assunta e la scuola di Piacenza fa parte di questo lotto di scuole escluse dalla chiusura, tra le quali verranno selezionate le altre tre.
Resta inteso che gli edifici e i luoghi avranno comunque altre utilizzazioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Concludo subito, signor Presidente. L'ipotesi di chiudere la scuola di Piacenza - perché, per me, di questo si tratta, ma va confrontata con altre ipotesi - si reggerebbe sul fatto che offre una ricettività limitata rispetto a scuole vicine (237 posti letto, contro i 786 di Alessandria) e ha alcuni spazi utili (il poligono), ma manca di un piazzale che, per le scuole di polizia, è particolarmente utile. In ogni caso, c'è una pressione per possibili utilizzazioni diverse, in primo luogo da parte della questura, che così avrebbe il suo poligono di tiro, in secondo luogo dalla polizia stradale, che ha bisogno a Piacenza di una collocazione migliore, perché quella in cui si trova è costituita da un edificio che avrebbe bisogno di pesanti ristrutturazioni.
Tutto questo lo dico in ipotesi, perché nessuna decisione è stata presa.

PRESIDENTE. L'onorevole Foti ha facoltà di replicare.

TOMMASO FOTI. Ringrazio il signor ministro perché ha esaustivamente illustrato la situazione. In verità, vi sono alcune scuole che hanno chiuso, ad esempio quella di Foggia, e, indubbiamente, le motivazioni sono state poco esposte.
Signor ministro, mi permetto di fare una considerazione. Sono d'accordo nella riconversione di questi contenitori, anche perché lo Stato negli stessi ha speso molto, però penso che si debba fare anche un esame corretto di quanto lei ha affermato. Infatti, se il numero di allievi diminuisce, non si capisce il motivo per cui, ad esempio, si dovrebbero tenere aperte le scuole che hanno una ricettività superiore, anziché quelle che, a livello ottimale, dimostrano, con 237 posti letto, di fare fronte a un terzo delle eventuali richieste. Mi pare che anche questo dovrebbe essere un criterio di economicità cui fare riferimento. Ritengo, altresì, che sia importante che questo piano sia accompagnato effettivamente da un progetto di recupero degli immobili in quelle città che non dovessero più avere scuole di polizia.
Aggiungo una considerazione: tra le scuole salvande, ve ne sarebbe una che si Pag. 61trova in una situazione molto critica dal punto di vista strutturale. Anche sotto questo aspetto, signor ministro, la richiesta che le rivolgo, non soltanto per la città di Piacenza, che ospita una scuola di polizia efficiente, ma anche per altre che, eventualmente, potrebbero venire penalizzate, è di fare ciò che lei ha prospettato, ossia una verifica puntuale, con sopralluoghi reali, non soltanto - mi sia consentito di dirlo - lasciandosi abbindolare con discorsi del tipo «possiamo metterci la polizia stradale piuttosto che altro». Non si vede per quale motivo una scuola che, funziona e nella quale c'è un personale docente valido, debba essere smantellata solo per trovare un contenitore ad un'altra struttura di polizia.

(Compatibilità ambientale degli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto - n. 3-00523)

PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00523 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, ministri, da qualche tempo ampi tratti di mare prospicienti le nostre coste sono stati presi d'assalto da varie compagnie internazionali che commercializzano gas naturale liquefatto. Sono state presentate otto, dieci o, come sostengono alcuni, quindici (non sappiamo quante) domande per l'installazione di impianti di rigassificazione, che sono la tecnologia di trasporto del gas, in assoluto, più pericolosa, più inquinante, più dissipativa di energia e più costosa. Per di più, nella situazione italiana tali impianti sono semplicemente inutili.
Abbiamo, infatti, appreso con soddisfazione che, lo scorso novembre, il Governo e l'ENI hanno firmato accordi importanti con la Gazprom russa, da un lato, e con la Sonatrach algerina, dall'altro, che garantiscono un approvvigionamento più che sufficiente per il fabbisogno italiano tramite i metanodotti.
Chiediamo, quindi, di evitare di mettere inutilmente in apprensione le popolazioni di molte località costiere italiane.

PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, voglio innanzitutto dire che condivido le preoccupazioni dell'interrogante. Sono sicuramente state molte le domande presentate, ma vi è una grande attenzione nell'esaminare, innanzitutto, il reale fabbisogno di energia di cui necessita il sistema economico italiano. Recentemente, abbiamo annunciato, insieme al ministro dello sviluppo economico, l'apertura, a fine marzo, di una Conferenza nazionale sull'energia, che riesca ad identificare ciò che nel programma di Governo è indicato come una strategia energetica nazionale e fornisca un quadro di insieme.
Ricordo, tra l'altro, che l'Unione europea considera, secondo proprie stime, che già soltanto il risparmio e l'efficienza energetica potrebbero ridurre del 20 per cento la domanda complessiva. Si aggiunga che l'Unione europea prevede che l'Italia produca almeno il 25 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili e che nel programma del Governo tale termine è anticipato al 2011. Allo stesso tempo, bisogna prestare attenzione alle necessità sul fronte dell'emergenza.
Esiste un coordinamento tra vari ministeri ed è in corso una verifica dei nuovi metanodotti. Non vi è dubbio che le domande di rigassificatori pervenute sono infinitamente superiori alle necessità reali. Alcune erano già state autorizzate, ma posso assicurare che su tutte il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è impegnato a valutare con il rigore necessario, secondo le leggi, l'impatto ambientale in corso, anche sulla base dell'ottemperanza alla direttiva Seveso II, per quanto riguarda i rischi. A tale proposito è stato istituito, presso la direzione Pag. 62salvaguardia ambientale del ministero, un gruppo tecnico interministeriale che osserva le ricadute ambientali.
Abbiamo anche chiesto che sia prestata attenzione al rapporto con le comunità locali, anche ai sensi della convenzione di Aarhus. Sicuramente è intenzione del Governo fare in modo che non avvenga ciò che l'interrogante definisce «la corsa al rigassificatore», ma sia posta una particolare attenzione al problema coerente con il programma di Governo. Ciò significa che gli approvvigionamenti saranno mantenuti.
Stiamo ponendo forte attenzione anche ad altre realizzazioni avviate dal precedente Governo, tra cui le autorizzazioni sul deposito di stoccaggio di San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, in merito al quale sono state presentate interrogazioni a risposta scritta cui il ministero risponderà con grande attenzione e cautela. Tutto ciò è fatto in vista dell'interesse che vi sia una strategia energetica nazionale e non impianti che non servano strettamente a garantire l'approvvigionamento del nostro paese, dato che questo sarà - è evidente - impegno di tutto il Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di replicare.

PAOLO CACCIARI. Sono molto soddisfatto della decisione, peraltro già annunciata dal Governo, di convocare la Conferenza nazionale sull'energia. Credo che però serva un vero e proprio piano nazionale energetico, o quanto meno un aggiornamento di esso. Se volessimo davvero essere coerenti, signor ministro, dovremmo far discendere delle decisioni conseguenti, cioè una vera e propria moratoria degli iter approvativi di questi impianti, in attesa di avere quel quadro di certezze sul reale fabbisogno energetico del nostro paese, senza il quale ogni infrastruttura che venisse creata potrebbe essere casuale e quindi non necessaria.
Noi quindi insistiamo con il Governo, affinché vengano interrotte le procedure autorizzative per questi rigassificatori.

PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori una classe della scuola media statale «L.M. Patrizi» di Recanati, che la Presidenza saluta a nome di tutta l'Assemblea (Applausi).

(Modalità di gestione dei parchi nazionali - n. 3-00524)

PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00524 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).

ANGELO PICANO. Signor ministro, nella passata legislatura si era rimproverato al ministro dell'ambiente di gestire i parchi nazionali con il commissariamento, piuttosto che con la gestione ordinaria, che coinvolge anche le comunità locali. Nonostante le rassicurazioni del Governo, arrivano segnali contraddittori. Si sta procedendo a restituire la gestione ordinaria ad alcuni parchi, mentre in altri casi si fa fatica a farlo.
Per questo vorremmo sapere da lei, signor ministro, quale tipo di iniziative intenda intraprendere, perché si arrivi nel breve periodo ad una gestione ordinaria di tutti quanti i parchi nazionali. Infatti i danni che sono stati compiuti nel passato dalle gestioni commissariali sono enormi.

PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. All'inizio di questa legislatura alcuni parchi nazionali erano commissariati, mentre la situazione di gestione di altri era molto delicata. Ovviamente l'impegno del Governo è quello di restituire le presidenze a tutti i parchi. Lo abbiamo già realizzato con il parco nazionale dell'Arcipelago toscano, che per la prima volta ha un presidente nazionale nella figura del dottor Mario Tozzi; poi con il parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano, Pag. 63con la nomina del senatore Fausto Giovanelli; infine, con il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, con riferimento al quale ho indicato l'attuale commissario, dottor Giuseppe Rossi, sul cui nome c'è stata già una larga intesa.
Si sta lavorando con i presidenti regionali, per raggiungere un'intesa per quanto riguarda il parco nazionale delle Foreste Casentinesi, quello dei Monti Sibillini e quello dell'Aspromonte, rispetto ai quali non dubito di poter arrivare ad un accordo in tempi rapidi. Sono scadute nel frattempo le presidenze di alcuni parchi, come quello del Cilento e Vallo di Diano e quello del Vesuvio, quindi lavoreremo per il rinnovo dei rispettivi organismi, mentre per quanto riguarda alcune situazioni delicate, come quella del parco nazionale dell'Arcipelago de La Maddalena, si è provveduto a mandare un commissario, per le difficoltà enormi esistenti in zona.
Al tempo stesso, ho chiesto al direttore generale di verificare la situazione dei parchi nazionali, perché noi siamo critici su quei commissariamenti che nascono da motivi politici, mentre riteniamo che essi siano molto utili quando ci siano difficoltà o incapacità di gestione, al fine di riavviare il funzionamento dei parchi. Lavoriamo quindi in questa direzione, sapendo che per quanto riguarda anche i consigli di amministrazione già da mesi ho provveduto a richiedere le terne per riuscire a fare le nomine. L'orientamento del Governo è di allineare la nomina dei consigli di amministrazione insieme, possibilmente, a quella dei presidenti. Quindi l'impegno è quello di rilanciare con forza i parchi. Abbiamo aumentato le risorse nella legge finanziaria. Stiamo rilanciando i parchi nazionali. Al riguardo è stata recentemente inaugurata, finalmente, la sede del parco nazionale della Sila. Questo sabato sarà insediato - andrò io personalmente - il parco dell'Arcipelago toscano.
Stiamo lavorando per rilanciare in tutta Italia una rete di parchi, che riteniamo molto utile non solo per la salvaguardia dell'ambiente (che consideriamo fondamentale), ma anche per promuovere quel turismo sostenibile e di qualità che garantisce un'occupazione sicura.
Infatti, in base ai dati comunicati recentemente dalle organizzazioni che monitorano il livello turistico, emerge che il turismo nei parchi nazionali italiani è quello in assoluto più avanzato e maggiormente in crescita degli ultimi anni. Quindi, lavoreremo sicuramente per conseguire tale obiettivo, ben sapendo che dobbiamo avere presidenti validi e la cui nomina sia condivisa con le autorità regionali.
Si tratta di un obiettivo che ci condurrà certamente a superare le difficoltà degli anni scorsi, citate dall'interrogante, durante i quali, oggettivamente, non solo vi era stata una sottovalutazione dei parchi, ma era invalsa l'idea di considerarli come qualcosa che doveva soltanto generare reddito. I parchi, invece, sono non una società per azioni, bensì un bene comune che serve alla società italiana, oltre che a quella natura che dobbiamo difendere.

PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di replicare.

ANGELO PICANO. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto per la risposta fornita dal Governo. Il ministro, però, ha dimenticato (forse inconsapevolmente) che il parco del Molise è uno tra quelli su cui bisogna...

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Abruzzo e Molise insieme: è un unico parco! Abruzzo, Molise e Lazio!

ANGELO PICANO. ...intervenire per completare i loro organismi.
Vorrei raccomandare al ministro, dandogli atto di essersi battuto per aumentare del 40 per cento gli stanziamenti a favore dei parchi, di coinvolgere anche le comunità locali nelle donazioni o in progettazioni che possano far beneficiare i parchi dell'istituto del 5 per mille.
Mi rendo conto, infatti, che lo Stato non può intervenire dappertutto, ma i Pag. 64parchi devono diventare gli elementi centrali di una politica di salvaguardia del territorio, anche al fine di avere un'atmosfera sempre più pulita.
Con tali raccomandazioni, dunque, ribadisco di essere soddisfatto della risposta fornita dal Governo.

(Misure relative all'emergenza ambientale - n. 3-00525)

PRESIDENTE. L'onorevole Poletti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00525 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).

ROBERTO POLETTI. Grazie, signor Presidente, e buongiorno, signor ministro! Debbo premettere che non devo certamente sensibilizzare lei, ministro Pecoraro Scanio, sul tema dei cambiamenti climatici, che rappresenta l'argomento della mia interrogazione. Infatti, i Verdi (dei quali lei è presidente nazionale) e gli ambientalisti denunciano da troppi anni quanto sta accadendo, ma sono sempre stati tacciati di catastrofismo, di opportunismo politico ed anche di essere dei «menagrami»!
Ciò che sta succedendo in questi giorni rappresenta, forse, una piccola rivincita, ma di quelle che non si dovrebbero mai ottenere. Non ci fa certo piacere, insomma, affermare che avevamo ragione; tuttavia, la realtà è ormai sotto gli occhi di tutti, a partire dall'uscio di casa, con un inverno impazzito e che, di fatto, non c'è stato.
Il clima del pianeta sta cambiando e la stragrande maggioranza degli scienziati è oggi d'accordo nel ritenere che ciò rappresenti una conseguenza sia di livelli insostenibili di inquinamento atmosferico, sia di politiche energetiche ed industriali miopi.
I ghiacciai si stanno sciogliendo...

PRESIDENTE. La prego di concludere!

ROBERTO POLETTI. ...ed abbiamo eventi atmosferici estremi, con un'estate torrida che ci attende.
Chiedo, in buona sostanza, in quali termini concreti - e sottolineo concreti -, l'emergenza ambientale sia al centro delle azioni di questo Governo.

PRESIDENTE. Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Alfonso Pecoraro Scanio, ha facoltà di rispondere.

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ringrazio l'interrogante e l'intero gruppo dei Verdi, perché questa è un'occasione per fare chiarezza ed annunciare, innanzitutto, che nel settembre 2007 si svolgerà la Conferenza nazionale sul clima. Essa sarà l'occasione più opportuna non solo per fare il punto, ma anche per far sì che la legge finanziaria per il 2008 abbia al centro il cambiamento climatico ed il rilancio dell'economia di questo paese nell'unico modo che possa garantire un futuro.
Si tratterà, quindi, di rilanciare il settore dell'energia, indirizzandolo verso l'efficienza e l'uso di fonti rinnovabili, nonché di predisporre un grande piano dell'edilizia del nostro paese, che permetta di offrire più case a prezzi più agevoli per gli italiani; dovranno essere, tuttavia, abitazioni «ambientalmente utili», che facciano risparmiare i consumatori e, allo stesso tempo, siano amiche dell'ambiente.
Soprattutto, si dovrà intervenire sul grande settore della mobilità sostenibile. Debbo anche dare atto del lavoro svolto dal Parlamento, poiché nell'ambito della legge finanziaria per il 2007 sono stati stanziati oltre 600 milioni di euro a favore del Protocollo di Kyoto, oltre 75 milioni di euro per progetti di sostenibilità in diversi settori e 270 milioni di euro per la mobilità sostenibile. Segnalo, inoltre, che anche per quanto concerne i fondi strutturali europei è stato previsto, nel settore della ricerca, un forte investimento sulle fonti rinnovabili e sull'innovazione.
È chiaro che il Governo italiano ritiene il cambiamento climatico una vera emergenza. Incontriamo grandi difficoltà nel Pag. 65far cogliere tale aspetto sia in Parlamento, sia nel paese, sia ai nostri organi di informazione che, quotidianamente, sono più attenti ai litigi o al gossip della politica che non alla vera emergenza planetaria che si chiama cambio climatico. Vogliamo che su questi aspetti si compia un intervento forte.
Prendo atto che il Presidente della Camera, onorevole Bertinotti, ha rilevato l'esigenza di rilanciare anche in Parlamento tale questione, come una necessità nazionale. Il Governo è fortemente impegnato.
Per quanto riguarda il famoso cip 6, citato nella sua interrogazione, il Ministero dell'ambiente ha inviato alla Presidenza del Consiglio un emendamento, perché sia presentato, come previsto, al decreto-legge sugli adempimenti comunitari o sul provvedimento «mille proroghe» (ovviamente, lo deciderà la Presidenza del Consiglio), per ripristinare un principio elementare, ossia che i fondi che i cittadini versano per le fonti rinnovabili di energia non vengano utilizzati per le fonti non rinnovabili, quali quelle prodotte dalla combustione dei residui delle raffinerie, come è avvenuto negli ultimi anni.
Anche da questo punto di vista, il Governo ha mantenuto il suo impegno. Auspico che si compia una forte azione parlamentare.

PRESIDENTE. La prego...

ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Riteniamo che il futuro dell'economia sia l'ecologia e che, come sostengono tutti gli osservatori internazionali, solo un'economia efficiente, che riesca a non distruggere i cicli naturali, riuscirà ad avere un futuro.
Questa è per noi non solo un'emergenza, ma anche una priorità del paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Poletti ha facoltà di replicare.

ROBERTO POLETTI. Signor Presidente, apprezziamo l'impegno del signor ministro (Il deputato Poletti mostra un piccolo vaso di fiori). Sono uno di quelli che si illude di non vedere le primule (mi sia consentito di mostrare un fiore in aula) fiorire con due mesi di anticipo.
Mi chiedo soltanto, signor ministro, quanto questa linea, che pensa innanzitutto alla salute del cittadino e al bene (con tale concetto intendo la conservazione) del pianeta, possa far breccia all'interno dell'Esecutivo.
Mi chiedo, signor ministro - e so di trovare buona sponda proprio in lei - se Prodi si muova velocemente soltanto quando c'è da ampliare la base militare degli americani a Vicenza (la Presidenza mi consenta di esprimere la solidarietà mia e del gruppo dei Verdi ai cittadini in lotta a Vicenza) o se la linea decisa debba prevalere soltanto nelle questioni che non piacciono a noi e che vanno contro le istanze delle comunità locali.
Signor ministro, la invito ad attivarsi, anche perché il servizio pubblico informi e sensibilizzi davvero i cittadini in merito alle questioni del cambiamento climatico. Le risorse ci sono: visto che il suo collega, Paolo Gentiloni, ha chiesto ed ottenuto un aumento di cinque euro del canone RAI, usiamo questi denari anche per fare servizio pubblico. Togliamo dalla RAI, specie al pomeriggio, i dibattiti sui seni al silicone e sulle corna: per rendersene conto, è sufficiente cambiare canale da RAI 3, che in questo momento sta trasmettendo il question time, a RAI 2. Sostituiamo questi dibattiti inutili nella televisione pubblica con vere trasmissioni di servizio. Ho richiamato solo un esempio, da semplice parlamentare, ma forse anche da telespettatore deluso. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

(Iniziative per la sicurezza del trasporto marittimo nello stretto di Messina - n. 3-00526)

PRESIDENTE. L'onorevole Neri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00526 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.

Pag. 66

SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, qualche giorno fa, com'è noto, vi è stato un gravissimo incidente nello stretto di Messina, che ha registrato la collisione di due grosse imbarcazioni con danni enormi e il decesso di quattro cittadini.
È evidente che le condizioni di sovraffollamento che oggi caratterizzano le acque dello stretto, la gestione sostanzialmente monopolistica in regime di concessione dell'attraversamento tra le sponde ed il transito sud-nord o nord-sud di chi non vuole più circumnavigare la Sicilia per arrivare a destinazione hanno creato tutte quelle condizioni ambientali ed oggettive perché si possa dire che non è strano che sia accaduto questo incidente. Viceversa, bisognerebbe meravigliarsi del fatto che questi incidenti - per fortuna - non accadono spesso.
Dunque, visto che il Governo ha annunciato che le infrastrutture che dovevano servire ad alleggerire il sovraffollamento nelle acque dello stretto sono state rinviate sine die, vorremmo sapere come il Governo intende dare soluzione a queste tematiche che pongono oggi tristemente al centro della nostra attenzione lo stretto di Messina.

PRESIDENTE. Il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Signor Presidente, i quesiti posti dagli onorevoli interroganti sono sostanzialmente due e riguardano rispettivamente le misure che il Governo intende adottare al fine di garantire maggiore sicurezza nel trasporto marittimo nell'area dello stretto e se il Governo ritenga che l'attuale regime di monopolio nella gestione dell'attraversamento non influisca negativamente sulla sicurezza del trasporto. Entrambi quesiti - mi sembra evidente - prendono le mosse dal tragico incidente di due giorni fa, di cui ho riferito stamani in aula.
Risponderò dopo una breve osservazione su due delle premesse ai quesiti degli interroganti ovvero che la realizzazione del ponte avrebbe ridotto il traffico nello stretto e che l'attivazione delle autostrade del mare potrebbero aggravare il problema della sicurezza.
Sul ponte devo dire - anche se in via meramente congiunturale - che l'ipotizzata diminuzione del traffico riguarderebbe le merci, in quanto il traffico dei passeggeri pendolari continuerebbe comunque a svolgersi via mare. Dico ciò sulla base della considerazione che, stando al progetto preliminare che conosciamo, l'accesso al ponte dalle altre città dello stretto sarebbe estremamente disagevole per le grandi distanze presenti, a parte i presumibili elevati costi.
Quanto al traffico merci, potrà essere considerevolmente eliminato dallo stretto proprio servendosi delle autostrade del mare che, per tutto il versante siciliano occidentale, collegheranno direttamente i porti del continente con quelli siciliani come Termini Imerese e Palermo.
Venendo ai quesiti, debbo innanzitutto osservare che l'attraversamento fra le due sponde dello stretto non avviene già attualmente in regime di stretto monopolio. Infatti, su quella tratta operano le Ferrovie dello Stato con navi traghetto, treni per autoveicoli e passeggeri, navi bidirezionali per autoveicoli e passeggeri, monocarene o aliscafi che dir si voglia, solo per passeggeri, del tipo della Bluvia, interessata dall'incidente di due giorni fa. Agisce peraltro la Caronte tourist, società privata con navi bidirezionali e la Meridiano lines, sempre società privata per autoveicoli e passeggeri.
Dunque, credo che si possa più propriamente parlare di un duopolio tra le Ferrovie ed i gruppi privati. Peraltro, tutte le concessioni degli uni e degli altri sono scadute nel dicembre 2006 e stiamo valutando le modalità di rinnovo, dato che attualmente vi è una parziale inagibilità degli approdi di Villa San Giovanni. In ogni caso, entro uno o due anni si arriverà alla messa in gara dell'intero servizio, compresi gli eventuali oneri.
Resta da dire che, in ogni caso, il livello di sicurezza dipende non tanto dal numero degli operatori ma dalla qualità dei sistemi installati e dei meccanismi di controllo. Pag. 67Da questo punto di vista, le misure che il Ministero intende adottare per aumentare la sicurezza, si basano sui finanziamenti contenuti nella legge finanziaria 2007, a partire dai quali si sta predisponendo un programma generale di interventi - concludo, signor Presidente - per il prossimo triennio; per l'area dello stretto, in particolare, verrà predisposto da un'apposito gruppo già attivo presso il Ministero, sulla base delle risultanze del lavoro svolto dal comitato per i servizi di sicurezza dello Stretto, che verrà convocato quanto prima.
In generale, i provvedimenti sui quali stiamo lavorando riguardano: il completamento del sistema vts di Messina e Reggio Calabria, lo studio di più avanzati sistemi di controllo, l'aggiornamento delle procedure e la realizzazione di un coordinamento operativo tra soggetti, in modo da ricondurre ad un'unica autorità la responsabilità relativa alla sicurezza.

PRESIDENTE. L'onorevole Neri ha facoltà di replicare.

SEBASTIANO NERI. Signor ministro, non solo non sono per nulla soddisfatto di ciò che lei mi ha risposto, ma le contesto l'uso distorto dell'informazione televisiva in diretta per diffondere notizie assolutamente destituite di fondamento. Non è vero, infatti, che la realizzazione del ponte non inciderebbe significativamente sul traffico dello stretto e, quanto meno, sul traffico transfrontaliero; non è vero, quindi, che la realizzazione di un'opera infrastrutturale sarebbe neutra rispetto alle problematiche che abbiamo sollevato con questa interrogazione.
Soltanto a conclusione della sua risposta lei ha parlato di un'unica autorità, probabilmente per caso, perché in nessuna parte della sua risposta vi è traccia del riconoscimento della peculiarità logistica dello stretto di Messina, che richiederebbe invece un'apposita authority allo scopo di gestire lo stretto nelle migliori condizioni.
La corporazione dei piloti dello stretto di Messina, gli unici abilitati a pilotare le navi in transito di stazza superiore alle quindicimila tonnellate, ci comunica che le navi di tale tonnellaggio che transitano ogni mese sono oltre 600 e che, complessivamente, ove si includano, cioè, anche quelle di stazza inferiore, si tratta di millecinquecento imbarcazioni. Considerando il tempo medio necessario per l'attraversamento, ciò significa che, ogni minuto di ogni giorno, nello stretto di Messina sono contemporaneamente presenti decine e decine di imbarcazioni. Ecco perché ho affermato che è strano che questi incidenti non accadano più spesso ed ecco perché le contesto l'uso distorto dell'informazione televisiva, quando dichiara che ci sono gli stanziamenti previsti per realizzare le infrastrutture. Certamente, in occasione della approvazione del disegno di legge finanziaria, ed anche in altre occasioni, avete blaterato di autostrade del mare e di potenziamento di non si sa quali infrastrutture: ma siamo alle promesse non programmate e non dimostrabili! In attesa di realizzare le autostrade del mare che, peraltro, aggraverebbero le condizioni di transito nello stretto di Messina, ci state regalando qualcosa di diverso: i camposanti del mare, nei quali siamo costretti a seppellire i nostri concittadini. Di questo dovete vergognarvi davanti al paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e Forza Italia)!

(Iniziative per garantire adeguate risorse finanziarie alla medicina penitenziaria - n. 3-00527)

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00527 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, signor ministro, a seguito della entrata in vigore della legge finanziaria per l'anno 2007 si è registrato un taglio di 13 milioni di euro delle risorse relative alla medicina penitenziaria. Già il precedente bilancio della medicina penitenziaria non era certamente all'altezza delle necessità. Siamo Pag. 68di fronte ad una riduzione del 25 per cento della spesa complessiva, a fronte di altri capitoli del bilancio che, in taluni casi, risultano aumentati in misura consistente. L'ufficio bilancio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha già diramato una direttiva ai provveditori regionali affinché diano corso ai tagli, che consistono nella riduzione delle convenzioni annuali con medici di guardia, infermieri e tecnici. In alcune regioni, come la Sicilia, la Campania, la Puglia, il Triveneto, la Liguria e l'Umbria, in cui le istituzioni territoriali non sono disposte a pagare i farmaci, ci sarà anche una riduzione di questi ultimi. Vorrei chiederle, pertanto, se sia in condizione di ripristinare o, almeno, di ridurre un grave deficit della medicina penitenziaria.

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, l'onorevole Turco pone un problema che, indubbiamente, esiste ed è effetto della legge finanziaria per il 2007, che ha previsto anche alcuni accantonamenti e l'indisponibilità di 4.571 milioni di euro nella attuazione delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato. Tutto questo, evidentemente, ha comportato una ricaduta, ahimé, in negativo per quanto riguarda l'assistenza e le rieducazione degli stessi detenuti. In particolare, per quanto attiene all'organizzazione e al funzionamento del servizio sanitario e farmaceutico, sullo stanziamento di bilancio di 99 milioni di euro è stato disposto l'accantonamento di una somma superiore ai 12 milioni di euro. Il dipartimento dell'amministrazione giudiziaria, quindi, è stato costretto a riverificare e determinare condizioni diverse. Quanto lei afferma, dunque, coglie nel segno, nel senso che, purtroppo, l'amministrazione incontra oggettiva difficoltà per le strutture, con riferimento alle risorse disponibili. L'unico elemento positivo che posso richiamare e portare alla sua attenzione è che mi dichiaro d'accordo con lei, benché sembri stravagante che, in questo caso, condivida le sue obiezioni; del resto, tale è stata la volontà del Parlamento. Risulta impossibile, peraltro, accogliere la sua richiesta di ridurre gli stanziamenti allocati in altri capitoli per depositarli in questo specifico aspetto o segmento. Questo, ahimè, dal punto di vista finanziario non è assolutamente possibile. Posso però dirle soltanto che per risolvere il problema cui lei ha fatto certo, il dipartimento della amministrazione penitenziaria ha prontamente provveduto a richiedere al Ministero dell'economia l'apposita integrazione del capitolo di spesa in esame, tramite prelevamento dal fondo di riserva per le spese impreviste al fine di ricostituire lo stanziamento originario.
Devo inoltre far presente che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in aggiunta a ciò, sta predisponendo un'ipotesi di riorganizzazione e razionalizzazione dell'intero sistema in modo da garantire in ogni caso il mantenimento dei livelli assistenziali finora assicurati con notevole difficoltà.

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di replicare.

MAURIZIO TURCO. Grazie, ministro, per la sua risposta. Vorrei però anche sottolineare che noi abbiamo avuto un aumento di 200 milioni di euro sul capitolo beni e servizi che in parte potrebbe - lo ripeto: potrebbe - compensare questo problema.
C'è un dato di fatto fondamentale, però, che sicuramente riguarda questo Parlamento, ma riguarda anche il Ministero, direi, e lei in particolare. Mi riferisco al fatto che si può tagliare su tutto, ma, mi chiedo, si può tagliare anche sui diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, in particolare, per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 32 della Costituzione? Noi crediamo di no.
Stiamo parlando di una situazione, signor ministro (lei è ministro da poco, capisco la situazione che ha ereditato), quella della medicina penitenziaria in questo Pag. 69paese, che è stata oggetto di attenta osservazione da parte del comitato prevenzione tortura del Consiglio d'Europa. Immagino quello che lei si sente dire nelle riunioni del Consiglio d'Europa dai ministri della giustizia di altri paesi rispetto all'intero sistema giudiziario del nostro paese. Sulla questione della sanità in carcere, in senso generale, ma anche con riferimenti specifici, io penso che ci siano dei profili di responsabilità, non suoi personali, ma all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di tipo penale. Su questo penso che avremo modo di incontrarci nuovamente e spero davvero che lei possa contribuire a risolvere queste gravi deficienze. Grazie.

(Orientamenti del Governo in merito alla riforma del sistema previdenziale - n. 3-00528)

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00528 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

LUCA VOLONTÈ. Onorevole ministro, onorevoli colleghi, stiamo chiedendo sostanzialmente che cosa il Governo vuol fare per affrontare il nodo pensionistico nel nostro paese. A novembre del 2006, il Commissario europeo Almunia, che si è fatto sentire anche qualche giorno fa, ha chiesto all'Italia di intervenire celermente su questa materia; al vertice di Caserta appariva che il Governo avesse intenzione di ridimensionare i coefficienti, come già indicato nel documento di programmazione economica e programmatica, poi invece i ministri Ferrero, Bianchi e Pecoraro Scanio hanno denunciato l'impraticabilità di questo percorso e hanno invece chiesto l'abbattimento nel cosiddetto scalone, che entrerà in vigore nel 2008.
Intanto, le agenzie internazionali di rating, la Standard and Poor's, l'OCSE e anche il Fondo monetario internazionale (è notizia proprio di queste ore) denunciano l'urgenza di intervenire su questa materia. Quindi lei, onorevole ministro, se può, ci porti una risposta esaustiva e anche, se possibile, univoca, vista la confusione che regna su questa materia all'interno dell'Esecutivo. Grazie.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Grazie, Presidente. Nel ringraziare gli onorevoli interroganti per avermi dato oggi l'occasione di fare il punto su un tema centrale di grande attualità, ritengo utile svolgere alcune precisazioni, ricordando a noi tutti alcuni aspetti che meritano di essere richiamati all'attenzione per capire bene lo stato delle cose.
Come è noto, l'articolo 1, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la cosiddetta «riforma Dini», prevede che il ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il nucleo di valutazione della spesa previdenziale, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, sentite le competenti Commissioni parlamentari e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ridetermini ogni dieci anni il coefficiente di trasformazione dell'importo della pensione annua nell'assicurazione generale obbligatoria.
Con riferimento alla questione dei coefficienti, appare dunque di tutta evidenza che all'obbligo relativo alla predetta rideterminazione avrebbe dovuto farsi fronte entro il 2005 e, dunque, da parte del precedente ministro del lavoro pro tempore che, al contrario, ha avviato il complesso procedimento solo all'indomani delle elezioni politiche del 2006. Difatti, solo pochi giorni prima dell'insediamento del nuovo Governo, risulta inoltrata da parte del ministro Maroni la richiesta di parere al nucleo.
Rilevato dunque, per amore di verità e non già per spirito polemico, come sia il Governo precedente a risultare inadempiente, osservo che da parte di questo Governo si è sempre confermato il rilievo Pag. 70che l'adeguamento dei coefficienti assume nel sistema contributivo previsto dalla legge Dini, ma si è altresì ribadito come esso sia la risultante di un complesso procedimento di confronto con le parti sociali e con lo stesso Parlamento, in conformità alle previsioni della legge n. 335 del 1995.
Tuttavia, occorre altresì ricordare come il quadro si sia andato articolando in modo molto più complesso, avviandosi il previsto percorso di confronto con le parti sociali per una più ampia e globale manutenzione del sistema previdenziale che, nel mantenerne e rafforzarne l'equilibrio, tenga conto anche delle profonde modifiche nel frattempo intervenute rispetto al contesto di riferimento della legge n. 335 e delle interazioni di tale manutenzione con altri interventi di riforma su settori strettamente correlati. Mi riferisco, in particolare, alla revisione del mercato del lavoro, alla riforma del sistema degli ammortizzatori sociali e ai nuovi interventi prefigurati in materia di stato sociale.
Data la brevità dei tempi, mi limito a richiamare l'attenzione degli onorevoli interroganti sul fatto che, rispetto al 1995, il contesto socio-economico si è profondamente modificato; basti pensare ai profondi cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro a seguito della diffusione di forme di lavoro non standard, con contribuzione discontinua e anche ridotte - come nel caso del lavoro a progetto - e alla prevalenza che esse stanno assumendo nei flussi di assunzione anche a seguito delle riforme del Governo di centrodestra.
Questo Governo, com'è noto, ha già iniziato ad intervenire con le misure previste nella legge finanziaria in funzione di un riequilibrio e di un cambio di rotta. Penso al mancato decollo della previdenza complementare negli 11 anni trascorsi dalla legge n. 335, che quest'ultima legge considerava fondamentale per integrare la riduzione della copertura previdenziale assicurata dal sistema obbligatorio. Penso inoltre alla profonda alterazione del sistema contributivo, previsto dalla legge n. 335, determinata dalla riforma previdenziale del Governo di centrodestra modificandone i requisiti di accesso e, dunque, la sua stessa funzione di flessibilità nelle uscite correlata alla volontà del lavoratore.

PRESIDENTE. Signor ministro, dovrebbe concludere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Si tratta dunque di avviare - come affermato da ultimo nel seminario di Caserta - un percorso di riconsiderazione, attraverso il confronto con le parti sociali, che, senza pregiudiziali e senza schemi precostituiti, possa individuare soluzioni condivise che sappiano assicurare equità nel rispetto di quelle esigenze di equilibrio finanziario complessivo del sistema.

PRESIDENTE. L'onorevole Casini, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor ministro, si tratta di un'occasione mancata, di una semplice risposta burocratica che, probabilmente, svela un imbarazzo comprensibile, ma è un'occasione mancata!
Mi ricorda la mia mamma, la quale mi dice: se sei all'opposizione, perché parli sempre di riforma previdenziale? Mia madre è una pensionata, come tanti altri che oggi ci ascoltano. Rispondo alla mia mamma guardando i ragazzi presenti in tribuna.
Parlo di questo tema, anche se sono all'opposizione, perché un'opposizione seria ha a cuore il futuro dei propri figli e perché, nel nostro paese, è necessaria una santa alleanza dei riformatori per i giovani italiani, che non possono pagare il nostro egoismo; questo è il senso della riforma previdenziale che occorre attuare in Italia!
Non si tratta di una riforma che si basa esclusivamente su problemi morali o economici, si basa su calcoli matematici, in quanto la formula su cui si regge l'attuale sistema previdenziale prevede un'età media per i cittadini italiani di dieci anni inferiore a quella oggi esistente.Pag. 71
Poiché il Governo non può cambiare la matematica e spero non si auguri che gli italiani muoiano prima - sono certo che non se lo augura -, occorre intervenire seriamente. È chiaro che un minatore del Sulcis svolge un lavoro usurante rispetto ad una maestra d'asilo, anche se, a dire il vero, ascoltando alcuni esponenti del Governo, sembra che un lavoro usurante sia anche quello della maestra d'asilo!
Non è una forma maniacale che avvince qualcuno di noi a riproporre sempre questo tema, ma è il senso di responsabilità verso l'Italia e verso i giovani, che andranno in pensione con un terzo di pensione in meno rispetto alla situazione di una persona della nostra generazione. Bisogna che abbiate coraggio! Bisogna che l'abbiate seriamente questo coraggio e che non vi trinceriate, onorevole ministro, dietro risposte burocratiche, nemmeno - ed ho concluso - dando le colpe e facendo lo scarica barile con il Governo passato, perché il Governo precedente - è qui presente in una veste diversa il presidente Tremonti che oggi ci presiede - può avere tante colpe, ma lo scalone del ministro Maroni rischia di essere l'ultima ancora di salvataggio per i riformatori della vostra maggioranza; dunque, pensateci bene prima di parlare (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori una classe della scuola media Genoino di Frattamaggiore, in provincia di Napoli: la Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi)!

(Emergenze occupazionali connesse alle vicende dello stabilimento industriale Nuova Scaini sito nel comune di Villacidro (CA) - n. 3-00529)

PRESIDENTE. L'onorevole Vacca ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00529 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).

ELIAS VACCA. La peculiarità della Nuova Scaini, signor ministro, è evidente dalla disamina del testo dell'interrogazione che le abbiamo proposto. Si tratta di uno di quei casi nei quali il meccanismo di privatizzazione e di dismissione della partecipazione azionaria da parte dell'Agip ha prodotto una devastazione sotto il profilo occupativo e sotto quello umano in un'area, quale quella della Sardegna centrale, che è già economicamente sufficientemente depressa.
Ciò che più allarma è che si sono verificate alcune violazioni. Ribadisco che - e sotto questo profilo vi è già anche una denuncia di carattere penale presentata dai lavoratori - nella più totale assenza dell'azionista Agip, che ci risultava fino a poco tempo fa detentore del 20 per cento del pacchetto azionario, si è consumata in maniera devastante la liquidazione della società senza alcuna preoccupazione per la ricollocazione al lavoro di circa 150 lavoratori. La situazione di questi padri di famiglia è assolutamente drammatica e per questo le sottoponiamo la nostra interrogazione.

PRESIDENTE. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano, ha facoltà di rispondere.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Con riferimento all'atto ispettivo in discussione vorrei rappresentare che, dalle informazioni assunte presso il competente Ministero dello sviluppo economico, risulta che, presso l'assessorato al lavoro della regione Sardegna nel maggio 2006 dalle organizzazioni sindacali, dal liquidatore della Nuova Scaini e dal rappresentante della New Millennium è stato sottoscritto un accordo che prevede l'impegno della stessa a riassumere da un minimo di 41 ad un massimo di 51 lavoratori nell'ambito della nuova attività che essa intende realizzare nel sito della Nuova Scaini di Villacidro.
La New Millennium si è impegnata inoltre ad assumere in priorità, a seconda del suo piano industriale debitamente presentato Pag. 72che prevede un effettivo totale di 107 unità lavorative, all'inizio del secondo anno di attività e nel limite della fattibilità operativa degli stabilimenti della Nuova Scaini, qualora, per qualsiasi ragione, non potessero usufruire della mobilità lunga.
L'accordo prevedeva anche che la società si sarebbe avvalsa di possibili sostegni della regione Sardegna. Successivamente, nella riunione tenuta nel luglio 2006 presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato evidenziato che, ai fini del successo dell'iniziativa, fosse preliminare un accordo tra le società Sindial e Nuova Scaini in liquidazione, che rendesse disponibile il sito per il nuovo insediamento produttivo. In tal senso è stato rivolto l'invito ad esaminare tale ipotesi alla società Sindial, che ha accolto tale invito, rendendo così possibile la chiusura della liquidazione.
Per quanto riguarda lo specifico punto di domanda dell'onorevole Vacca, tengo a precisare che, con decreto ministeriale del 2006 pubblicato nella Gazzetta ufficiale, è stato formato il piano di riparto del contingente numerico di 3 mila unità da inserire nel programma di reimpiego per i lavoratori ultracinquantenni, ai sensi del decreto-legge del marzo 2006, il quale prevede un programma sperimentale per il sostegno al reddito, finalizzato al reimpiego di 3 mila lavoratori sulla base di accordi sottoscritti tra il Ministero del lavoro e le organizzazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e delle imprese, ove non abbiano cessato l'attività.
La Nuova Scaini non è stata inclusa in detto piano di riparto - atteso che, come evidenzia il preambolo del citato decreto ministeriale del 2006, essa risulta tra le imprese cessate ma non sottoposte a procedure concorsuali -, sicché non si è conseguentemente potuto ammetterla al programma di reimpiego previsto, non sussistendo la copertura finanziaria per gli oneri derivanti dalla permanenza dei lavoratori in mobilità.
Infine, per quanto non contemplato da detto decreto, voglio assicurare l'onorevole Vacca che, attualmente, è allo studio presso il Ministero che rappresento la possibilità di adottare misure idonee ad affrontare l'emergenza occupazionale e sociale nella provincia di Cagliari.

PRESIDENTE. L'onorevole Vacca ha facoltà di replicare.

ELIAS VACCA. Signor ministro, decisamente la parte più soddisfacente della sua risposta è proprio l'ultima. È evidente che l'interrogazione mirava a sapere se, al di là del mancato inserimento della Nuova Scaini nel decreto che abbiamo citato nell'interrogazione, fosse nella sensibilità e allo studio del Ministero la risoluzione del problema di quella fabbrica e, apprendo adesso con soddisfazione, di quell'area. Quanto da lei enunciato nel resto dell'esposizione, naturalmente, mi soddisfa sotto il profilo della puntualità anche nella parte in cui si sono volute assumere informazioni al Ministero dello sviluppo economico, ma mi preoccupa perché è evidente che, per noi che viviamo in quella terra e per i lavoratori che conoscono le potenzialità di quello stabilimento, a seguito della procedura di liquidazione, il piano presentato dal nuovo acquirente non tranquillizza più di quanto tranquillizzasse precedentemente quello della Zacharias Management.
Quindi, poiché le prospettive relative ad un reinvestimento industriale legate alla società New Millennium non appaiono allo stato particolarmente concrete, anche in relazione agli sviluppi del mercato e alle potenzialità produttive di quella azienda, spero che lei voglia fare costante riferimento all'impegno assunto nell'ultima parte della sua risposta. Signor ministro, per i sardi la parola spesa ha un valore particolare e noi le concediamo volentieri questo credito, certi che, alla parola data, non vorrà mancare (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo brevemente la seduta.

Pag. 73

La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,40.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Brugger, Capodicasa, Cordoni, Donadi, Duilio, Folena, Lucà, Oliva, Stucchi, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Governo sulla vertenza in atto tra editori e giornalisti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Comunicazioni del Governo sulla vertenza in atto tra editori e giornalisti.
Dopo le comunicazioni del ministro del lavoro e della previdenza sociale avrà luogo la discussione.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 16 gennaio 2007.

(Intervento del rappresentante del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro del lavoro e della previdenza sociale.

CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la vertenza dei giornalisti, voglio ricordare che il contratto nazionale di lavoro del settore, stipulato tra la Federazione italiana degli editori e la Federazione nazionale della stampa, è scaduto il 28 febbraio 2005. Esso ha recepito il modello di contrattazione previsto dal protocollo governativo del luglio 1993 e, quindi, ha previsto che la parte normativa dell'accordo avesse una durata quadriennale e la parte economico-retributiva una durata biennale. Il contratto prevedeva, altresì, una parte obbligatoria che, per alcuni aspetti, regolava la condotta delle parti contraenti. Quindi, si può dire che il contratto dei giornalisti è scaduto da 689 giorni. I giornalisti professionisti contrattualizzati sono circa 12 mila, i lavoratori e le lavoratrici che si occupano di informazione e non hanno un contratto di lavoro standard sono circa 20 mila. Dai dati del bilancio consuntivo 2005 dell'INPGI, l'ente di previdenza del settore, emerge che 21.171 sono gli iscritti alla gestione separata, dei quali 15 mila sono iscritti solo alla gestione separata, e tra questi più di 8 mila non raggiungono i 5 mila euro di reddito annuo, mentre diverse centinaia superano di gran lunga i centomila euro. Possiamo, dunque, rilevare che il panorama dell'occupazione del settore giornalistico è piuttosto variegato. Accanto alle collaborazioni illustri, vi è un gran numero di lavoratori precari, i quali non possono godere né di un credito da collaborazione elevato, né di un contratto di lavoro stabile, subordinato, a tempo indeterminato o determinato.
Qual è la posizione delle parti a proposito di questa, ormai lunga, vertenza? I giornalisti sono disponibili ad aprire un confronto per il rinnovo del contratto senza alcuna pregiudiziale. La Federazione dei giornalisti non ha individuato alcun punto della propria piattaforma rivendicativa che non sia trattabile. La Federazione è disposta a rivedere il meccanismo delle percentuali degli scatti di anzianità biennali, a fronte di un'opera di chiarificazione sulla posizione organizzativa e professionale di quei lavoratori che oggi si collocano nella «zona grigia» tra rapporto autonomo genuino e lavoro subordinato. Essa teme che l'eccessivo impiego di giornalisti cui non si applica il contratto standard metterebbe a rischio l'autonomia e l'indipendenza dell'informazione. I giornalisti affermano, inoltre, che l'editoria italiana è sicuramente in grado Pag. 74di sostenere l'impegno economico che deriverebbe dalla stipula del contratto nazionale da loro proposto, perché la stessa editoria opera in un mercato protetto e gode di finanziamenti statali: 700 milioni di euro l'anno, secondo la Federazione dei giornalisti, 460 milioni di euro, secondo la Federazione degli editori.
Per quanto riguarda gli editori, essi si sono dichiarati, sin qui, non disponibili ad aprire una trattativa: la federazione considera troppo distanti le posizioni e quindi, a suo dire, da un eventuale confronto formale con la controparte non sortirebbe alcun utile effetto.
Secondo gli editori, il modello di contratto proposto dai giornalisti, se dovesse entrare in vigore, aggraverebbe le difficoltà gestionali delle aziende, le quali finirebbero per non essere più in grado di mantenere l'equilibrio economico. Il numero di copie vendute copre soltanto una piccola parte dei costi e le nuove forme di comunicazione (ad esempio, freepress, Internet, e così via) stanno erodendo la quota di mercato pubblicitario della carta stampata.
Sempre secondo la federazione degli editori, lo schema di contratto proposto dai giornalisti ingessa l'organizzazioni dei giornali e stravolge la funzione assolta da lavoro autonomo. Per mantenere in vita le aziende, gli editori chiedono la flessibilità del lavoro (ad esempio, introducendo la mobilità dei giornalisti all'interno del gruppo editoriale e raffreddando gli automatismi retributivi, o considerevoli scatti biennali che derivano dal contratto).
Quanto alla posizione del Ministero, il ministro del lavoro, consapevole che il rinnovo di un contratto collettivo di lavoro attiene alla sfera del diritto comune e rientra nelle precipue prerogative dell'autonomia privata collettiva, considerata la situazione di stallo assunta dalla trattativa, e considerati i rischi di ordine sociale sui lavoratori e sull'informazione che si andavano profilando con l'accendersi del conflitto, ha ritenuto opportuno offrire alle parti, fin dall'inizio del suo incarico, la propria opera di mediazione istituzionale. L'11 luglio del 2006, il ministro del lavoro ha incontrato separatamente le delegazioni dei giornalisti e degli editori. In quella sede, l'organizzazione degli editori ha espresso il proprio avviso circa l'impossibilità, in quella circostanza, di aprire un tavolo di confronto con la controparte. Sono seguiti diversi inviti e convocazioni, rivolti dal ministro alle parti stipulanti al fine di far precisare le rivendicazioni e di proporre possibili soluzioni di avvicinamento. Da parte degli editori, però, detti inviti sono stati sistematicamente declinati.
Non avendo il ministro intenzione di interferire nell'autonomia negoziale delle parti attraverso l'attivazione di strumenti cogenti, l'azione di moral suasion dovrà necessariamente essere fatta rientrare nel più vasto ambito degli interventi e delle azioni che interessano, in primo luogo, il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali del giornalisti, in secondo luogo, il loro sistema previdenziale e, infine, il sistema dell'editoria.
Lo scorso 9 gennaio, alla presenza del ministro, di Serventi Longhi e di Biancheri, in rappresentanza, rispettivamente, dei giornalisti e degli editori, si è insediato, presso il Ministero del lavoro, un tavolo tecnico di approfondimento sui temi del mercato del lavoro, del lavoro autonomo e degli ammortizzatori sociali del settore giornalistico. Gli incontri trilaterali proseguiranno a livello tecnico e provvederanno a condurre un'analisi sull'evoluzione dell'occupazione del settore giornalistico, sull'impiego delle diverse figure professionali - subordinazione, collaborazione, lavoro autonomo - e sul diverso patrimonio di tutele ad esso ricollegabile. Lo stesso tavolo provvederà, altresì, a proporre le opportune soluzioni alle criticità riscontrate.
Per quanto riguarda la previdenza dei giornalisti, presso il Ministero del lavoro si sta lavorando allo sblocco di due delibere dell'INPGI (la n. 6 del 2005, concernente la riforma dei requisiti pensionistici per mantenere l'equilibrio di gestione nel lungo periodo, e la n. 62 del 2006, concernente gli incentivi alle assunzioni dei giornalisti). La Federazione degli editori non toglie il proprio veto dai due provvedimenti. Pag. 75Infatti, in base al decreto legislativo n. 509 del 1994, le parti sociali devono ratificare le decisioni dell'ente previdenziale. Il predetto veto non viene tolto se, in cambio, non si ottiene, da parte degli editori, un riequilibrio della propria rappresentatività nella gestione dello stesso istituto.
Con la mediazione del ministro, è stato raggiunto un accordo tra le federazioni degli editori e dei giornalisti per il decollo della previdenza complementare: allo stato dei fatti, quest'ultimo rappresenta l'unico accordo concreto fin qui conseguito.
Infine, per quanto riguarda la riforma del sistema editoriale, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Franco Levi, è impegnato, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, in un'opera di riordino del sistema dell'editoria, affinché quest'ultimo possa assicurare il pluralismo dell'informazione.
La finanziaria ha previsto a favore dell'editoria circa 410 milioni di euro. La gestione di queste risorse e il processo di ammodernamento del sistema editoriale costituiscono ottime occasioni di contatto tra le parti e, quindi, di riflesso, non possono non giovare alla vertenza sul rinnovo del contratto.
Nel corso della vertenza, infine, come normalmente avviene per regolare i rapporti di forza e misurare la capacità di resistenza della controparte, la Federazione dei giornalisti ha fatto ricorso, diverse volte, all'esercizio del diritto di sciopero. Il sindacato dei giornalisti ha affermato sedici volte questo strumento di autotutela degli interessi collettivi. Il primo sciopero si è verificato il 17 giugno 2005, l'ultimo, di tre giorni, 21-22-23 dicembre ultimo scorso, senza soluzione di continuità con le festività natalizie. Sono state inoltre poste in essere azioni fortemente simboliche, quali quelle, per esempio, di non firmare gli articoli e di protestare di fronte alle aule parlamentari.
Per favorire la ripresa delle trattative ed addivenire ad una soluzione della vertenza in parola sono intervenute le più alte cariche dello Stato, come il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha affermato che il rinnovo del contratto dei giornalisti è un diritto primario. Il Capo dello Stato si è augurato che si possa arrivare presto ad una soluzione soddisfacente anche nell'interesse del regolare svolgimento dell'attività di informazione. Il Presidente del Consiglio Prodi ha dichiarato di essere esterrefatto per l'intransigente posizione assunta dalla Federazione degli editori. Sono altresì intervenuti il Presidente del Senato e quello della Camera. I rappresentanti delle due federazioni sono già stati auditi informalmente dalla Commissione cultura della Camera dei deputati, il cui presidente è l'onorevole Folena.
Tuttavia, il Governo, che ha già avviato un accordo sulla previdenza complementare e un tavolo tecnico per quanto riguarda il mercato del lavoro, nonché un tavolo di confronto sulla previdenza dei giornalisti, conferma la disponibilità a favorire una ripresa del confronto ai fini della definizione del contratto e, in tal senso, rivolge un rinnovato appello alle parti interessate.

PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori due classi: una della Scuola media statale Ugo Foscolo di Perugia, l'altra dell'istituto tecnico Atestino di Este in provincia di Padova, cui la Presidenza e l'Assemblea rivolgono un saluto (Applausi).

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritto a parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, in questi giorni di vertenza sindacale, ho sentito affermare che gli editori vogliono ampliare il precariato che, ora, è presente purtroppo nella stragrande maggioranza delle redazioni, per avere impiegati ricattabili e non giornalisti indipendenti. Rifiuto questa visione riduttiva e anche offensiva della categoria dei giornalisti, così Pag. 76come rifiuto la favola del giornalista indipendente, se ben pagato. La professionalità, la libertà, l'autonomia, l'indipendenza e la credibilità sono merce rara e, di sicuro, non hanno un prezzo. La storia del giornalismo è costellata di inchieste di collaboratori, di freelance, senza redazione o posto fisso. Infatti, sono molti quelli che hanno speso il loro impegno professionale nel racconto della realtà. Sono numerose le storie di reporter che hanno svolto il loro lavoro con coraggio e con passione. Ricordiamo Enzo Baldoni, il freelance assassinato nel deserto dell'Iraq o il giornalista Mauro de Mauro, trucidato dalla mafia per le sue inchieste sul golpe borghese. Ho citato due tra i tanti esempi possibili proprio per ricordare come contratto e tutele sindacali non fanno un buon giornalista e come, viceversa, la loro assenza non lo trasformino in un nulla che è acritico nei confronti dell'editore. Sentivo proprio la necessità di questa precisazione, doverosa nei confronti dei molti che, oggi, vivono di precariato, di contratti di collaborazione e che svolgono egregiamente il loro lavoro.
Sgombrato, quindi, il campo da equivoci, quella dei giornalisti è una legittima rivendicazione che non può diventare un alibi per coloro i quali si autocensurano. Occorre ora analizzare le cause di questa crisi, che ha visto protagonisti in negativo proprio uomini molto vicini alla sinistra e a questo Governo. Si è trattato di un fallimento dei padroni progressisti, di Luca Cordero di Montezemolo prima - ricordo che è stato lui ad aprire questa lunga vertenza - e dell'attuale presidente degli editori, quel Boris Biancheri invano sponsorizzato da Romano Prodi alla direzione dell'Ansa.
Il presidente della FIEG, lo abbiamo sentito in Commissione cultura, si è cimentato in un ardito parallelo tra la crisi del settore e quella di Alitalia. Ha paragonato le imprese e le società low cost a quelle su Internet e alle free press distribuite in molte città. Questo, evidentemente, palesa una carenza culturale di questa classe di editori che tali non sono, di gruppi economici il cui assetto editoriale è funzionale alle strategie di condizionamento della società, dei consumatori e della politica. In questi giorni abbiamo persino letto che la libertà di stampa e la libera scelta dell'informazione devono essere misurate in base al numero di copie vendute, di telespettatori, di radioascoltatori e di clic sul mouse. Si profilano, quindi, tempi cupi se si pretende di misurare la libertà di espressione, di racconto e di interpretazione in base ai bilanci o ai fustini di detersivo venduti. Mettere in discussione questo valore, come molti editori fanno, anche se a legittima difesa di comprensibili interessi economici, traccia il profilo di un'informazione a rischio di deriva, che non tocca solo i professionisti, ma l'intera società.
Nella visione dell'editoria dei Luca Cordero di Montezemolo o dei Boris Biancheri non vi è certo bisogno di inchieste, di approfondimenti o di dar conto di quanto realmente accade nel paese. Quelli sono inutili orpelli, inutili retaggi di un vecchio modo di fare giornalismo, a meno che non si voglia colpire il nemico di turno o blandire il compagno di scalata. Il punto è che la tecnologia digitale, il vero e proprio sconvolgimento epocale del mondo dell'informazione, che offre possibilità impensabili solo dieci anni fa, non è usata per accrescere la qualità dell'informazione, ma solo per fare economia e diminuire i costi. Non vi è certo bisogno di professionalità nel fare il taglia-incolla sul computer e allora porte aperte ad un esercito di giovani che non hanno tutele e che appena entrati in redazione vengono sbattuti al desk a fare cucito, senza che nessuno insegni loro un mestiere.
Sono profondamente mutate, quindi, le condizioni in cui si svolge il lavoro di giornalista, uno scenario senza più regole in cui il professionista deve tornare ad occupare un ruolo nevralgico. È questa la sfida che spetta ai giornalisti e a cui sono chiamati. È giunto il momento di riaffermare la loro identità e la loro autonomia, perché non riesco proprio ad immaginare un giornalismo che prescinda dal lavoro sul campo, dal rapporto diretto con la realtà, con i fatti da vivere e da raccontare. Pag. 77L'utilizzo consapevole, quindi, delle nuove tecnologie non è sostitutivo, ma può e deve essere uno strumento per arricchire il lavoro giornalistico. Questo supporto tecnologico diventa però pericoloso se non è sostenuto dall'intervento diretto della coscienza critica del giornalismo nel processo di traduzione della realtà. Rischia di accadere ciò che purtroppo troppo spesso accade oggi: una schiera di manovali della penna diventano strumento di un sistema sempre meno autonomo e credibile.
Colleghi, il mondo cambia mentre i nostri editori, purtroppo, sono sempre gli stessi.
Dopo il New York Times, che guadagna ormai più attraverso il web che non con la carta stampata, si conferma la tendenza, anche nei settimanali e nei mensili americani, ad abbandonare la carta stampata e a cambiare radicalmente il modo di fare giornalismo. Pensate che Time oltre che People, Sport Illustrated e Fortune hanno l'intenzione di tagliare nei prossimi mesi qualcosa come 150 posti di giornalisti e di responsabili editoriali. Si consideri che Time gode comunque di ottima salute: non effettuano tagli per motivi di crisi; semplicemente, si assume di più nelle redazioni che pubblicano le loro testate sul web che non in quelle tradizionali. Oggi, gli articoli di People - solo per citare un esempio - sono confezionati da sette persone - attenzione, non giornaliste - che poi consegnano i loro lavori ad un giornalista il quale verifica le fonti e poi dà il «Visto: si stampi». Quindi, è un mondo che sta cambiando radicalmente; sta cambiando, ad esempio, per la Time Warner, un colosso multimediale che ha deciso di chiudere tutti i suoi uffici di corrispondenza: quindi, non più segreterie, non più segretarie, ma solo inviati e giornalisti.
Ed è in tale ambito che si pone la sfida che attende il mondo del giornalismo; cambiano i mezzi, i supporti, la tecnologia a disposizione, ma restano i giornalisti: è quindi centrale la questione di come, dove e quando si formano, del ruolo dell'ordine professionale, di come interpretare il valore, alto ed irrinunciabile, dell'informazione.
In conclusione, porto due elementi di riflessione e di proposta.
Il primo è la perequazione interna alle redazioni. Un esperimento vissuto nel Corriere della sera alla fine degli anni Sessanta mi serve da spunto per esortarvi a fare qualcosa di sinistra puntando la vostra attenzione sulle talora ingiustificate differenze di trattamento all'interno delle relazioni tra gli sherpa ed i peones, tra quelli che stanno al desk e le presunte grandi firme.
Il secondo, invece, ci compete direttamente, riguardando il Parlamento in quanto è attinente alla cattiva interpretazione di una parte della riforma Dini del 1995, che intendeva assicurare una copertura previdenziale a coloro che, pur svolgendo un'attività giornalistica, non avevano un contratto di lavoro subordinato ed erano, quindi, ovviamente sprovvisti di qualsiasi tutela previdenziale. Stravolgendo l'intenzione del legislatore, è stato istituito l'ennesimo balzello, l'INPGI2. Si tratta di una norma insensata e totalmente iniqua, tanto per chi è vicino all'età della pensione quanto per chi inizia a lavorare oggi; di una contribuzione senza una contropartita, che servirà a tenere in piedi l'ennesimo baraccone di questa previdenza dei giornalisti, che è veramente al di sopra di ogni livello come prelievo effettuato sulla busta paga.
Come dicevo in premessa, quindi, i giornalisti sono lavoratori cui abbiamo il dovere di riconoscere tutti i diritti, anche quello di avere un costo del lavoro nella media europea; e ritengo che di questo il Governo si possa fare carico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carra. Ne ha facoltà.

ENZO CARRA. Signor Presidente, discutiamo di un contratto collettivo di lavoro che, come ha poc'anzi ricordato il ministro Damiano, deve essere rinnovato da 689 giorni; tra l'altro quello dei giornalisti è simbolicamente il primo contratto nazionale di lavoro firmato in questo paese, nel 1911. Non vorrei, signor ministro, Pag. 78fosse anche, a questo punto, l'alfa e l'omega della contrattazione nazionale di lavoro. Mi pare, infatti, che di ciò dobbiamo discutere.
Vede, una categoria che, ancora oggi - ho testé sentito al riguardo l'intervento del collega Caparini - viene ingiustamente ritenuta privilegiata, quella dei giornalisti, è ormai composta per lo più da precari.
Lei dirà, signor ministro, che questo è un aspetto del lavoro ormai costante e ordinario in questo paese: il precariato, il lavoro che cambia, il lavoro che cambia nome. Però, credo che questo sia un utile argomento, anche se grave, da approfondire da parte del Governo.
Lei, d'altra parte, ha parlato di veti imposti da una delle parti, dalla FIEG, addirittura su provvedimenti assunti all'interno dell'istituto di previdenza dei giornalisti, che, notoriamente, è pagato dai giornalisti stessi. Lo ha detto senza scandalo e anche questo è un segno dei tempi - se mi consente - perché in altri tempi osservazioni così prive di contraddittorio e senza punti esclamativi non ci sarebbero state.
Tutto ciò avviene in un sistema editoriale, che più di qualunque altro richiede modernizzazione e che ha sempre registrato le grandi novità, non soltanto nel nostro paese e nella nostra società, ma ovunque. Esso ha bisogno di modernizzazione e di innovazione tecnologica, rispetto alle quali, invece, siamo all'anno zero nell'ambito della contrattazione. Da una parte siamo all'inizio della fase industriale, dall'altra al massimo dello sviluppo tecnologico. Penso che anche questa sia una materia su cui riflettere.
Inoltre, se un sistema richiede altre innovazioni, ma è fermo nei reciproci arroccamenti delle parti, fa pagare dei costi che conosciamo. È chiaro, infatti, che negoziare significa anche rivedere e ammodernare, mentre stare fermi, in qualche modo, da qualche parte e in qualche misura, significa invecchiare.
Non si può stare fermi in un settore che deve rinnovarsi e in cui senza dubbio devono rinnovarsi anche le figure professionali e lo statuto dei giornalisti. Ci sono, ormai, in questo paese, due categorie di giornalisti: quelli propriamente detti e i precari. Bisogna prenderne atto. Non si può pensare che i precari, un giorno, potranno essere giornalisti regolarmente contrattualizzati.
Rinnovare il sistema editoriale in queste condizioni mi pare leggermente difficile. Si perdono posizioni e, naturalmente, ciò non dipende dal Parlamento, ma sicuramente, in qualche modo, dal Governo. Certamente, però, noi non possiamo entrare nella volontà degli editori, ma qualche cosa voi e noi insieme possiamo fare.
Vedete, stare fermi costa. Costa ai giornalisti, con i loro 16 giorni di sciopero, con lo sciopero delle firme e con una situazione di abiezione professionale che raramente avevamo visto. Si tratta di una eccezionalità che non definirei democratica, altrimenti qualcuno direbbe che tutto è una eccezionalità democratica in questo paese, ma che certamente è eccezionale.
Questa situazione non costa anche agli editori? Mi chiedo se uno sciopero del genere possa costare anche all'altra parte, perché ritengo che dall'altra parte qualche calcolo sia stato fatto e che abbia portato a pensare che, tutto sommato, l'indeterminatezza della trattativa e la non chiusura di essa facciano bene alla salute. Così non è e deve essere registrato, ma su questo fronte dovete fare qualcosa voi.
Lei ha parlato, signor sottosegretario, nelle nostre Commissioni, nelle settimane passate, prima di Natale, più e più volte della riforma del sistema editoriale e di tutto ciò che il dipartimento dell'informazione della Presidenza del Consiglio è riuscito, qualche volta in maniera fin troppo generosa e ambigua, a fare per questo settore. Certamente è necessario rivedere, ma, innanzitutto, è necessario fare. Penso ai 400 milioni fortunosamente trovati nella finanziaria per le provvidenze alle aziende editoriali: qualcuno eccepisce, non certamente da sinistra, che ci sono aziende editoriali che, forse, non ne avrebbero neanche diritto, essendo quotate in borsa. Non mi pare che sia stato qualche Pag. 79collega di Rifondazione comunista a scriverlo sul Corriere della Sera, più volte negli ultimi mesi.
Eppure le provvidenze continuano ad esservi e, tutto sommato, ne siamo ben felici.
Si parla tanto di eventuali futuri auspicati provvedimenti da prendere in seno ad una più generale legislazione di favore per l'innovazione tecnologica di cui, certamente, il sistema editoriale ha bisogno. Tutto ciò ha un costo, cioè che si chiuda la vertenza.
Da parte vostra è necessaria una riflessione seria e non superficiale. Avete qualche responsabilità in questo senso e gli editori devono sapere che le vostre responsabilità sono commisurate anche al loro grado di responsabilità. Se questo non vi sarà, la vostra responsabilità sarà diversa, come è diversa la nostra, che pure teniamo agli editori ed ai giornali. Non è possibile una situazione in cui ad una parte tutto è dovuto mentre l'altra deve, persino, giustificarsi e scusarsi dei propri scioperi.
Vi sono stati interventi (come ha ricordato il ministro Damiano), purtroppo solo in questa legislatura, dopo aprile (prima lo sciopero era nascosto), da parte del Presidente del Consiglio e dei Presidenti delle Camere. Il primo si è dichiarato esterrefatto, ma il vostro compito non è soltanto quello di rendere testimonianza e di rivolgere appelli, bensì di intervento e di proposta. Di questo vorrei sentirvi parlare. Un appello è davvero troppo poco. Il Governo può fare molto, può fare di più, ma può fare anche di meno. Lo faccia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Testoni. Ne ha facoltà.

PIERO TESTONI. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia che rappresento rivolge un'attenzione particolare al problema del rinnovo del contratto dei giornalisti, aperto da troppo tempo. Abbiamo citato il numero di giorni: si tratta di quasi due anni. È una vertenza che è costata troppo alla categoria, ed ai giornalisti in particolare, e che - a nostro avviso - va chiusa al più presto nell'unico modo possibile: evitando (ed è la prima considerazione politica che mi permetto di svolgere) interferenze improprie e malaccorte che il Governo può fare ed ha fatto, rendendo più aspra e radicale la contrapposizione in atto.
Non voglio entrare nel merito - me ne guardo bene - delle richieste e delle rivendicazioni sindacali. Non voglio prendere parte allo specifico delle questioni in discussione ed in gioco, per le quali esistono sedi e ruoli appropriati, che sono solo quelli. Le parti vanno certamente incoraggiate al dialogo ed all'incontro, ma non vanno supportate o, magari, surrogate, nel merito dei problemi.
Ebbene, non mi pare che gli sforzi giustificazionisti del ministro del lavoro in Assemblea abbiano cancellato la sensazione che su tale vicenda (che, ricordiamolo, interessa milioni di italiani, i lettori ed i fruitori dell'informazione di oggi e di domani, oltre che le categorie direttamente interessate e coinvolte dei giornalisti, soprattutto, e degli editori) il Governo si sia mosso eliminando il sospetto di averlo fatto troppo e male, sino ad ora, senza un vero disegno ed una precisa strategia nella materia.
Il risultato è stato quello di fare incancrenire la situazione, provocando uno stallo tra le parti, che pure qualche mese fa avevano lasciato intravedere uno spiraglio. Aggiungo, anzi, che da un certo momento in avanti il movimentismo del Governo, l'enfasi che Palazzo Chigi ha dato anche indirettamente alla vicenda ha prodotto una serie di reazioni, attenuando le reali possibilità di uscire dallo stallo.
Non dico questo per propaganda, ma perché mi è parsa clamorosa la scarsa cautela, per non dire l'imperizia tecnica e politica manifestata da questo Governo quando ha mescolato, in maniera totalmente impropria, la questione del rinnovo del contratto dei giornalisti con la riforma delle pensioni, già deliberata dall'istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani.
Si è trattato di una mossa pasticciata e confusa, che ha messo a rischio l'indipendenza Pag. 80dell'istituto previdenziale privato pagato dai giornalisti italiani, allarmando seriamente anche membri della vostra maggioranza. Ciò induce a rilevare che su tutta la materia il Governo si è mosso finora con una qualche pericolosa approssimazione o, peggio, con un'indiretta predilezione verso una delle parti in causa. In ogni caso, ci sarà modo e tempo per essere ancora più precisi.
I giornalisti ed i giornali sono certamente utili, anzi sono essenziali per la vita democratica del paese, di qualunque paese. Non sarà il partito della libertà a minimizzare un concetto di cui il Governo si è riempito la bocca, non riuscendo nel merito a cavare finora un ragno dal buco.
Cari colleghi, caro Presidente, il contratto di cui parliamo non è e non sarà un contratto come gli altri per la categoria dei giornalisti, per gli editori e le loro aziende e per il patrimonio più importante di tutti, quello dei lettori. A nostro avviso bisogna prendere atto con realismo e con misura dei cambiamenti avvenuti - ne hanno parlato anche membri della maggioranza - nel vasto universo della comunicazione. Infatti, i giornali non sono gemme preziose in un deserto, esiste un mondo dove si affermano e si confrontano sempre più imprese multimediali, con e senza giornali.
È paradossale che nel movimentismo disordinato di questo Governo una sola cosa sia emersa chiara: a nostro avviso, tra ministro e sottosegretario di competenza all'editoria, è risaltata una visione dei problemi rivolta più al passato che al futuro, con una concezione ottocentesca del mondo editoriale cartaceo, non attuale e proiettata in avanti.
Oggi, lo sanno soprattutto i giornalisti che vogliono restare protagonisti di questo grande processo culturale, i gruppi editoriali multimediali sono soprattutto dei gestori di contenuti; senza questa consapevolezza, caro ministro e caro sottosegretario, che provenite dal mondo sindacale e giornalistico - proprio per questo dovreste avere una maggiore sensibilità - rischiate di restare abbagliati da un mondo che non c'è più. Nel nuovo scenario dinamico e competitivo - italiano e mondiale - tutti i giornalisti hanno le loro buone e giuste ragioni da difendere, a sostegno di un contratto che ponga argine al crescente problema del precariato e dei collaboratori.
Il settore dell'editoria, però - è questa la seconda considerazione politica - ha bisogno come nessun altro di una convergenza bipartisan, perché non muove solo interessi, pur importanti, commerciali ed economici, ma è veicolo riconosciuto di circolazione di idee e di contenuti, dunque veicolo di cultura.
D'altronde, è questa la filosofia che ha ispirato tutti i progetti sull'editoria del precedente Governo e, in particolare - come ha spesso riconosciuto la maggioranza - il disegno di legge Bonaiuti.
Signor Presidente, colleghi, concludo il mio intervento affermando che non spetta a me dare suggerimenti o consigli, ma ribadire una richiesta politica che rispetti davvero il galateo di ogni seria trattativa sindacale e questa è una trattativa sindacale che deve rimanere seria. Dunque, dico al Governo che su questo tavolo poco si muove, meglio è.
Forza Italia è a favore di una soluzione contrattuale giusta ed equilibrata e c'è un solo modo per dimostrare che questa non è una nostra affermazione di circostanza sia pure detta in una sede solenne: ci dichiariamo pronti e disponibili, solo se richiesti dalle parti, cioè dagli interessati, a dare il nostro contributo con un rispetto autentico e non formale delle parti stesse. Ci pare che altri abbiano avuto poco di questo rispetto e lo abbiano esercitato male con enfatica ed inutile intermittenza, che anche oggi a mio avviso è stata dimostrata in quest'aula a danno dei giornalisti, a danno degli editori e delle loro imprese e, soprattutto, a danno dei lettori italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, oggi, con un'iniziativa che non ha precedenti, il Parlamento si riunisce per discutere Pag. 81del contratto dei giornalisti e in noi di Rifondazione Comunista - e anche in me come presidente della Commissione cultura che si è occupata attivamente di questa vicenda negli ultimi mesi - vi è un assoluto rispetto dell'autonomia dei movimenti e anche di un libero conflitto, che tale deve rimanere, fra le parti sociali, perché la democrazia nasce nel conflitto fra le parti. Tuttavia è indispensabile oggi un forte atto politico del Parlamento e a questo fine molti di noi - insieme ai colleghi Giulietti, Falomi e Carra - avevano presentato sin dalle settimane passate una mozione precisa, che rimane agli atti e che presto dovremo esaminare e votare. Si tratta di un forte atto politico del Parlamento che sostenga un forte e deciso atto politico del Governo che fino ad oggi, con il ministro Damiano, si è comportato con determinazione - non voglio dirlo in polemica con il collega Testoni - dopo un lunghissimo periodo di latitanza politica da parte del Governo precedente terminato con le elezioni politiche del 2006, affinché si apra quanto prima e si tenga aperto ad oltranza il tavolo delle trattative. Perché è indispensabile un atto politico? È indispensabile perché sono messi a repentaglio dalla prepotenza degli editori - dobbiamo dire le cose con il loro nome e cognome - valori democratici di enorme rilievo.
La Federazione nazionale della stampa ha parlato persino di emergenza democratica; infatti, quando per sei giorni consecutivi non ci sono i quotidiani in edicola - sto parlando del periodo delle festività natalizie, quando non sono usciti sia per lo sciopero sia per le festività - salvo per il 90 per cento tutti quelli dell'opposizione di centrodestra, si verifica evidentemente un enorme problema democratico di pluralismo dell'informazione nel nostro paese.
Quali sono i valori democratici di enorme rilievo? Il primo è il contratto collettivo nazionale di lavoro (lo hanno detto sia il collega Carra sia il ministro Damiano); infatti, sono trascorsi due anni dal mancato rinnovo della trattativa. Quando nell'anno passato dopo lunghi mesi - quasi due anni - si concluse la vertenza dei metalmeccanici, molti di noi si impegnarono attivamente per uscire fuori dal silenzio che copriva una modesta, ma decisa, richiesta dei lavoratori metalmeccanici di vedere rinnovato il loro contratto. Abbiamo sentito chiaramente in Commissione cultura - non dico da parte dell'ambasciatore Boris Biancheri che è un'ottima persona, ma da parte degli oltranzisti della Federazione degli editori - l'esplicita volontà di cancellare il contratto collettivo nazionale di lavoro, indicando come esempi tutti gli altri paesi europei, facendo capire che l'Italia sarebbe un'anomalia.
Certo, l'Italia è una anomalia, insieme forse alla Germania, non solo per i giornalisti, ma per tante categorie di lavoratori. La contrattazione collettiva nazionale di lavoro è considerata un ferrovecchio ed il lavoro è sempre più schiavizzato, debole, precarizzato. Oggi occorrerebbe un contratto europeo di lavoro per tante categorie ed, invece, in molti paesi, grandi democrazie, la forza lavoro si contratta individualmente. Così, un lavoratore diventa un ingranaggio che viene schiacciato da questa macchina prepotente che vuole massimizzare il profitto e descrive la situazione del mondo dell'informazione come quella in cui il solo problema è il costo del lavoro.
In secondo luogo, vi è l'articolo 21 della Costituzione. Noi siamo in presenza di un contratto collettivo nazionale del lavoro e di una vertenza in un settore, al quale non si può guardare come ad un mero campo economico regolato dalle leggi del mercato. L'informazione è un bene comune tutelato dalla Costituzione; si garantisce la libera competizione tra privati in questo mercato e, tuttavia, tutti i privati che operano in esso sanno che vi è un limite non superabile, in qualche modo codificato nello stesso impianto della nostra Costituzione repubblicana.
Ebbene, nel momento in cui vengono messi in discussione il contratto collettivo nazionale di lavoro e le libertà dell'informazione, è del tutto evidente che si mina un valore molto importante. Infine, tutto ciò avviene quando gran parte di questi Pag. 82imprenditori ed editori predicano bene e razzolano male. I loro giornali sono pieni di editoriali che spiegano che bisogna tagliare il costo del lavoro, avere flessibilità e precarizzazione, che si è riformisti solo se si distruggono alcune garanzie ed alcune condizioni. Tuttavia, questi editoriali sono scritti con la mano destra perché con la mano sinistra si bussa alla porta della Presidenza del Consiglio, da anni, per avere finanziamenti.
Non me ne dolgo, ho un'altra opinione rispetto a quella del professore Giavazzi e non sono d'accordo con lui. Penso che l'editoria sia un settore che merita finanziamenti pubblici proprio perché vi è un bene comune che va tutelato. Tuttavia, non si possono usare finanziamenti pubblici, come ad esempio quelli delle tariffe postali per gli abbonamenti. Colleghi, anche in questo caso, quando si parla di finanziamenti pubblici, non ci si riferisce al Secolo d'Italia, a l'Unità, ai giornali di partito o a il Manifesto, bensì ai quattrini che Il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera, il Resto del Carlino, la Repubblica, Il Messaggero e tutti grandi i gruppi privati ricevono dallo Stato.
Io credo nella regola per cui chi riceve soldi dallo Stato è in qualche modo chiamato ad un supplemento di attenzione rispetto ad un valore fondamentale, usando una parola un po' desueta, in questa sorta di ideologia e di «grande messa» che canta l'impresa come il cuore della società contemporanea. Tuttavia, il candidato della destra alle elezioni presidenziali francesi, Sarkozy, nel suo discorso di investitura dell'altro giorno ha detto che vuole rimettere al centro la parola «lavoro». Forse questa riscoperta, che viene anche da culture politiche molto lontane dalle nostre, magari un po' colbertiane - Presidente Tremonti? - e che mettono in critica una visione un po' povera della società e del mercato, prevalsa nel corso di tutti questi anni, dovrebbe essere tenuta in considerazione.
Le due grandi questioni esistenti in questa situazione sono, da un lato, la precarizzazione del lavoro giornalistico e dall'altra i fatturati di questi gruppi. Infatti, se fossimo di fronte a gruppi economici in enorme difficoltà da aiutare, saremmo in una condizione che non dico giustificherebbe il mancato rinnovo ma che obiettivamente sarebbe diversa.
Iniziando dal precariato, sono soltanto 12.500 i lavoratori dipendenti nelle più varie redazioni - dalla stampa ad Internet, dalla TV alla radio - a fronte di circa 30 mila lavoratori precari. I primi sono dati ufficiali dell'ordine dei giornalisti, i secondi vengono da una stima sugli iscritti alla cosiddetta gestione separata dell'INPGI, di cui si è già parlato, dove versano i contributi tutti i redattori parasubordinati e i collaboratori in diverse forme.
Gli iscritti alla cosiddetta INPGI 2, alla fine del 2005, sono risultati 22 mila; ma, fra questi ultimi, la vera fascia a rischio è composta da 10 mila lavoratori che non raggiungono i 700 euro lordi di compensi mensili.
Inoltre, i soli dati INPGI non bastano. Vi sarebbero diverse migliaia di giornalisti, che lavorano senza versare contributi di alcun tipo e che sono invisibili anche a queste statistiche. È il mondo del lavoro nero e del pagamento «a pezzo», ancora più sfruttato, ancor più dei contratti dei co.co.co o dei co.pro.co. A tutto ciò bisogna aggiungere 2.500 disoccupati.
Ora, nei gruppi Riffeser o De Benedetti (tanto per citare due esempi che possiamo definire bipartisan o, comunque, di colorazioni diverse) per un pezzo di corrispondenza regionale (noi abbiamo incontrato anche i lavoratori precari e non solo la Federazione nazionale della stampa in Commissione cultura) si paga un compenso pari ad un euro e mezzo, due euro e mezzo o tre euro! Allora, quel ragazzo che deve fare carriera (e che a trenta, trentacinque o quarant'anni deve ancora fare carriera) potrà essere un giornalista libero?
Il tema dei diritti dei lavoratori è importante per tutti i lavoratori e, nella nostra visione, è decisivo nell'ambito di un'idea di coesione sociale; ma quando si ha di fronte un bene come quello dell'informazione, Pag. 83tutelato dall'articolo 21 della Costituzione, tale tema riveste ancora maggiore importanza.
La FIEG ci ha inviato un dossier, in polemica con le nostre affermazioni, sostenendo che il precariato nel settore giornalistico è pari al 6,22 per cento, facendo riferimento alla percentuale di contratti a termine fra coloro che sono stati assunti. Poi, anche loro, però, sono costretti ad ammettere che 22 mila giornalisti - come ho già detto - ossia oltre la metà di tutti i giornalisti italiani, sono iscritti al fondo separato.
Quando vi sono tanti giornalisti che vivono con 7 mila euro l'anno si può legittimamente parlare di una proletarizzazione del lavoro culturale ed intellettuale che non conosce paragoni nell'epoca recente. Se a ciò aggiungiamo quanto succede in altri settori del lavoro culturale, ci rendiamo conto che vi è una generazione, che sta invecchiando, di giovani talenti e di ingegni, di capaci giornalisti, di creativi, di scrittori e anche di artisti che si trova a patire la fame, senza alcuna forma di protezione sociale.
A fronte di tutto ciò - e mi avvio alla conclusione - il mondo dell'informazione - come il sottosegretario Levi ha giustamente ricordato a più riprese in Commissione - è attraversato da cambiamenti profondissimi. Basti pensare a Internet ed alla sfida multimediale, che ha visto la riorganizzazione di alcuni gruppi, oppure alla free press: il dibattito francese di queste ore sulla crisi della stampa a pagamento è clamoroso ed in Francia si registrano similitudini impressionanti.
Tuttavia, i dati sono questi: la pubblicità, da gennaio a settembre 2006, è in crescita del 3 per cento; la stampa registra una crescita pari al 4,2 per cento (evidentemente, Internet corre al 48,8 per cento). I dati di novembre: stampa e pubblicità registrano un incremento pari al 3,7 per cento ed un fatturato da 1 a 8 miliardi. Per quanto concerne il gruppo Resto del Carlino-Riffeser-Poligrafici, che corrisponde i compensi che ho citato prima, vi è un utile netto di 2,7 milioni di euro al 30 settembre scorso. RCS porta i ricavi del 2006 a 2,3 miliardi. Per quanto concerne Caltagirone Spa, l'utile vola a più 119 per cento: vi sono ricavi in forte aumento con l'espansione all'estero. Per quanto riguarda il gruppo L'Espresso, il fatturato cresce a più 5,3.
C'è da domandarsi come mai il gruppo Caltagirone, per un verso, e il gruppo L'Espresso dall'altro, all'interno della Federazione degli editori siano gli oltranzisti che vogliono impedire il rinnovo del contratto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18,50)

PIETRO FOLENA. Credo che questa ideologia sia volta a rendere la forza lavoro (in questo caso la forza lavoro intellettuale) mera merce, per potere effettuare operazioni magari anche di diversificazione: abbiamo sentito parlare di interessi di alcuni di questi gruppi in tanti campi, dalla privatizzazione dell'acqua (per quanto riguarda il gruppo Caltagirone) a prospettive di privatizzazione in altri campi. Tutto ciò a mio modo di vedere merita una fermissima posizione politica.
Salutiamo con favore il fatto che la RAI, pur non facendo parte della FIEG, ha rotto il fronte e ha detto di voler concludere il contratto. Saluto con favore, inoltre, il fatto che anche editori come Grauso - non esprimo alcuna simpatia - o come un altro editore della provincia di Cremona hanno espresso le medesime dichiarazioni. Ci auguriamo che anche chi, più timidamente, ha subito la posizione degli oltranzisti della FIEG si dissoci. Noi andremo avanti e ne faremo una questione enorme, dato che il Parlamento dovrà affrontare la riforma dell'editoria. Se questa è la posizione degli editori, io credo che dobbiamo accelerare il processo che porta a questa riforma e vincolare sempre più chiaramente la erogazione dei finanziamenti alla lotta alla precarizzazione del lavoro e all'obiettivo della stabilizzazione dei lavoratori precari, come riportato nel testo della mozione che abbiamo presentato insieme al collega Giulietti e ad altri.Pag. 84
Da parte degli editori si chiede al Governo fermezza nella trattativa europea sulla direttiva «TV senza frontiere», fermezza che, in grande misura, vi è stata contro le impostazioni eccessivamente favorevoli alla televisione e ad un mercato pubblicitario che travolgerebbe la carta stampata. Non si può chiedere, però, fermezza e poi rifiutare financo di sedersi ad un tavolo delle trattative con una controparte, la Federazione nazionale stampa italiana, che ha già dichiarato che tutti i propri punti sono assolutamente negoziabili.
Per tutte queste ragioni, ribadiamo la nostra piena solidarietà a questi lavoratori e facciamo della stabilizzazione del lavoro precario nel settore giornalistico una grandissima battaglia. Chiediamo al Governo di essere conseguente, nelle prossime settimane. Il ministro Damiano ha tenuto un comportamento assolutamente ineccepibile, in questi mesi, nel perseguire con determinazione l'obiettivo di sbloccare la trattativa. Per nostra parte, anche in sede di Commissione cultura, senza condizionamenti e senza che ciò possa sembrare ritorsivo, agiremo dal punto di vista legislativo e normativo perché si dia una concreta mano a tantissime persone, decine di migliaia, che non riescono a vivere e che fanno la fame, pur avendo studiato e compiuto tanti sacrifici per poter realizzare una delle più grandi aspirazioni: credo, infatti, che quello di giornalista sia uno dei mestieri più difficili, ma anche uno dei più belli, che ci siano al mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nardi. Ne ha facoltà.

MASSIMO NARDI. Signor Presidente, lo scontro in atto tra la Federazione dei giornalisti e la Federazione degli editori, proprio perché molto aspro, è un terreno sul quale la capacità di mediazione della politica deve sentirsi impegnata al massimo livello, beninteso non per imporre impossibili e antistorici diktat a chicchessia, ma per offrire un contributo di idee e di attenzione all'interesse generale del paese, oltre alle pur legittime aspettative delle parti in causa.
In questa Assemblea, le esigenze dei giornalisti e degli editori sono fortemente sentite anche perché, spesso, gli esponenti politici provengono dai ranghi delle imprese editoriali, giornalisti e non solo, ai vari livelli di responsabilità, con ruoli che hanno una particolare sensibilità per il dibattito delle idee. È addirittura ovvio ricordare che la politica tiene costantemente accesi i riflettori sul modo con il quale sono diffuse, o meno, le iniziative del proprio schieramento o di quello avversario. In questi ultimi mesi, anche per effetto dei numerosi scioperi proclamati dalla Federazione nazionale stampa italiana, sembra che lo scontro si svolga unicamente per il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto, come giustamente ricorda il sindacato unitario dei giornalisti, due anni fa, per la precisione nel febbraio 2005.
Per la verità, questa non è la principale posta in gioco, almeno per quanto riguarda gli aspetti retributivi. Se fosse solo una questione di stipendi da ritoccare, devo ritenere che la vertenza si sarebbe già risolta positivamente, per lo più con reciproca, se non identica soddisfazione. I cittadini - noi con loro - non avrebbero subito l'assenza di vari quotidiani dalle edicole né la limitazione, appunto a causa dello sciopero, dell'informazione radiofonica, televisiva e via Internet. Per quanto siano importanti, non è solo questione di soldi. Non a caso, la Federazione degli editori ha ricordato che, già un anno fa, aveva proposto vantaggi economici per concludere la trattativa con il sindacato dei giornalisti, non riuscendo, tuttavia, a trovare ascolto nella controparte.
Lo scontro è così aspro perché si confrontano due strategie molto diverse tra loro e, si auspica, non destinate ad essere per sempre irriducibilmente contrapposte, entrambe con delle buone ragioni sul futuro della professione giornalistica, sul Pag. 85destino delle aziende editoriali, sulla trasformazione in atto dell'industria delle notizie.
Lo scontro sul contratto che non arriva non riguarda un rinnovo qualsiasi, ma più in generale la libertà del giornalismo italiano. Il 30 giugno 2005 il consiglio d'amministrazione dell'INPGI approvò, con il concorso della Federazione degli editori, la riforma previdenziale sollecitata dallo stesso ministro del lavoro. La delibera si è poi arenata perché gli editori non hanno ancora hanno espresso in sede sindacale il parere previsto dal decreto legislativo n. 509 del 1994. Un parere che non arriva in quanto la Federazione degli editori ritiene che la questione della previdenza, e quindi dell'INPGI, debba essere risolta nell'ambito del rinnovo del contratto di lavoro.
Gli editori contestano la chiusura espressa dai giornali di fronte ad ogni ipotesi di riequilibrio degli organi direttivi dell'INPGI e ricordano che nel consiglio d'amministrazione dell'istituto di previdenza siedono 12 rappresentanti dei giornalisti a fronte di due degli editori, mentre nel consiglio generale il rapporto è di 60 a 2.
In questo paradossale squilibrio, che non tiene conto del fatto che i fondi dell'INPGI provengono per il 60 per cento dagli editori di giornali - aggiunge la FIEG - risiede la causa prima della attuale insoddisfacente funzionamento della gestione politica dell'istituto. La differenza di vedute sull'INPGI dà la prova concreta che non basta prendere posizione a favore della FNSI o della FIEG. È troppo facile iscriversi ad uno dei due «partiti».
La questione è più complessa, perché ci troviamo in una stagione di cambiamento, di svolta di importanza fondamentale per un settore chiave quale quello dell'informazione.
Se le questioni sono complesse, di svolta appunto, non si può commettere l'errore di pensare di risolverle gli uni contro gli altri, nel caso accentuando lo scontro tra giornalisti ed editori. I problemi fondamentali si affrontano e si risolvono insieme.
Non è una affermazione ovvia. È, invece, la sintesi della strategia sempre adottata dalla Democrazia cristiana, che con Alcide De Gasperi ha fatto rinascere il nostro paese, lo ha ricostruito e proiettato tra le nazioni più avanzate. Occorre ricordarlo? Nella libertà di stampa c'è il pilastro della libertà.
Giornalisti ed editori, insieme, devono riflettere sul fatto di essere in ruoli diversi ma non conflittuali almeno per quanto riguarda il fatto di affrontare la sfida costante della libertà di stampa. La stampa è un veicolo privilegiato del dibattito delle idee, senza le quali non esiste la politica, cioè l'interesse generale del paese e dei cittadini.
La Federazione della stampa ha ragione nel sottolineare che non esiste informazione senza i giornalisti, ovvero di quella complessa figura professionale dove cultura, mestiere, autonomia e deontologia si mettono al servizio della realtà dei fatti e sanno pure fornire una interpretazione degli stessi, distinguendo e separando con onestà intellettuale le notizia dal commento.
Sappiamo che non è sempre così, ma in questo sforzo sta la qualità del giornalismo e dei giornalisti. I giornalisti sottolineano che non vi possono essere giornalismo e giornalisti liberi se c'è la precarietà; gli editori invitano a non confondere la flessibilità con la precarietà, perché anzi è nei sistemi estremamente rigidi che si sviluppano le sacche di lavoro nero e di mortificazione del ruolo dei giornalisti.
Gli editori hanno ragione quando insistono nel sottolineare che aziende editoriali sane sono anch'esse, come i giornalisti che vi lavorano, un presidio indispensabile della libertà di stampa e della qualità dell'informazione in un paese democratico.
È nell'interesse generale - costituisce un faro della politica in un paese democratico - avere sia giornalisti liberi e non riscattabili, sia aziende editoriali capaci di competere con il mercato e con le nuove sfide che tutti conosciamo e che ci affascinano.Pag. 86
Ai giornalisti e al paese non conviene che ci siano aziende editoriali incapaci di competere e fatalmente destinate a mettere in pericolo il lavoro di quanti vi operano; la flessibilità, nella giusta misura, non è sinonimo di precarietà, ma uno dei mezzi per combatterla. Agli editori e al paese non conviene che ci siano giornalisti mortificati nel proprio ruolo e nella propria autonomia; un giornalismo libero e autorevole rappresenta un capitale inestimabile per ogni azienda editoriale, perché attrae lettori e pubblicità e fornisce capacità di competizione. Ogni editore vorrebbe portare nelle edicole un quotidiano dotato di autorevolezza, piuttosto che il contrario.
Ogni editore sogna di avere un giornale con le «firme», piuttosto che un giornale dove gli articoli appaiono non firmati a causa della protesta per il rinnovo del contratto che - ripeto -, a nostro giudizio, non è la vera o la principale posta in gioco.
Non si deve trascurare, però, che bisogna avviare al più presto le trattative per il contratto, con ragionevolezza e senso di responsabilità, senza la pretesa di imporsi reciprocamente mortificazioni e tenendo presente che una rinnovata armonia tra i diversi protagonisti del mondo dell'informazione non è un punto di arrivo, ma di partenza, di fronte alle sfide che abbiamo tentato di sintetizzare in questo intervento. Sono sfide difficili da vincere anche con uno sforzo comune; sicuramente perdenti se ci si proverà in ordine sparso o addirittura pensando più agli sgambetti che agli ostacoli da saltare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.

NICOLA TRANFAGLIA. In questo dibattito, che mostra un grande interesse da parte di gran parte dei gruppi parlamentari, è emerso con evidenza un complesso di problemi non trascurabili, anche perché nella nostra Costituzione esistono articoli che definiscono la libertà di stampa come uno dei principi basilari dell'ordinamento.
Sappiamo di non brillare per quanto riguarda la diffusione della libertà di stampa; infatti, l'Italia è agli ultimi posti, non solo in Europa ma nel mondo intero, per quanto concerne l'attuazione di tale principio. Ciò evidenzia responsabilità sia da parte degli editori sia da parte dei giornalisti. Detto questo, non vi è dubbio sul fatto che la diffusione del precariato nel giornalismo, sia della carta stampata sia dell'assetto radiotelevisivo, è superiore a quello che si registra in molte altre importanti categorie professionali. Ciò è molto grave, in quanto vi sono intere generazioni che, praticamente, non accedono ad un lavoro stabile nelle aziende giornalistiche.
Mi chiedo perché il ministro del lavoro non promuova ispezioni molto ampie nelle aziende giornalistiche, visto che sicuramente una parte di quel precariato nasce dal mancato rispetto delle nostre leggi.
Siamo di fronte a giornalisti che non dispongono delle competenze necessarie per lavorare in quel settore o a giornalisti professionisti che vengono trattati come precari e pagati in maniera ridicola. Già l'onorevole Folena ha ricordato le condizioni economiche applicate a molti precari, evidenziando sempre di più che le regole contenute nel vigente contratto giornalistico non sono assolutamente rispettate. Ciò è preoccupante, perché il mancato rispetto delle leggi riguarda le grandi, le medie e le piccole aziende giornalistiche.
Sono sicuro che il ministro del lavoro si occuperà di tale problema, perché questa situazione non riguarda soltanto l'ultimo periodo, ma anche quello attuale.
Per quanto riguarda l'aspetto cui ho fanno cenno a proposito della libertà di stampa e del rispetto delle altre leggi che la riguardano, ritengo che, dietro l'atteggiamento oltranzista della maggioranza degli editori, vi sia qualcosa che fino ad ora non è stato citato, ma che conosce chi ha seguito la vertenza come noi, ad esempio, della Commissione cultura: gli editori, che hanno disposto fino ad alcuni anni fa con estrema libertà della formazione dei giornalisti, sono in gran parte preoccupati perché negli ultimi anni sono stati approvati una serie di atti legislativi che hanno Pag. 87portato a diventare professionisti attraverso un'altra strada, attraverso un accordo fatto tra la federazione della stampa e l'università italiana.
A tale proposito, da alcuni anni - da tre per l'esattezza - vi è un numero sempre più alto di giovani che diventano giornalisti non attraverso le scelte degli editori, ma attraverso il conseguimento di una laurea e, dopo essa, un praticantato con un master o una laurea specialistica. Ciò li sottrae nella fase iniziale del loro lavoro alle scelte arbitrarie degli editori, ponendoli in una condizione paritaria, certamente, attraverso lo studio e la pratica fatta nei giornali, nelle radio e nelle televisioni, ma molto anche attraverso la formazione culturale che proviene dalle università. Ciò rappresenta per gli editori un grosso problema, perché è la prima volta, da quando è stato istituito l'ordine dei giornalisti (durante il periodo fascista, come tutti sanno, nel 1928), che gli editori non possono decidere loro stessi, attraverso scelte di cui non conosciamo le caratteristiche, che qualcuno diventi o meno giornalista professionista.
È chiaro che la Federazione della stampa su questo punto non può cedere, perché, mentre in tutto l'Occidente, compresi gli Stati Uniti d'America, si diventa giornalisti attraverso la scuola fino al raggiungimento di una laurea, in Italia si vuole mantenere una situazione estremamente arretrata, che non ha nulla a che fare con le necessarie innovazioni tecnologiche su cui siamo tutti d'accordo.
Dunque, dietro l'atteggiamento degli editori vi è la motivazione della perdita di potere rispetto alle nuove generazioni di giornalisti: su questo il Governo dovrebbe dire qualcosa, non potendo restare passivo di fronte ad un atteggiamento di questo genere.
L'ultimo punto di cui vorrei parlare riguarda le richieste economiche e normative dei giornalisti che, leggendo la proposta di contratto, non determinano un particolare aggravio per le aziende editoriali; e questo lo si vede e lo si è visto perché, mentre vi sono alcune piccole aziende editoriali che sono disponibili e stanno firmando il nuovo contratto, alcune tra quelle più grandi, e che - come è stato ricordato già oggi - hanno ricevuto negli ultimi anni degli utili straordinari, sono le più estreme nel negare la possibilità del rinnovo del contratto.
Nel rifiuto di mantenere la figura professionale del giornalista e di riconoscergli quei requisiti che costituiscono la caratteristica della professione giornalistica, come anche quella di altre importanti categorie intellettuali, vi è un progetto di distruzione di tali figure professionali e di ritrovare, attraverso la nuova struttura precariale, la possibilità di mantenere un potere assoluto sulle scelte degli editori.
D'altra parte, non credo di dire nulla di particolarmente nuovo quando dico che, perfino nella percezione della maggior parte degli italiani, vi è la sensazione di aver avuto sempre aziende giornalistiche in gran parte legate al sistema politico e al potere di chi è al Governo. Si comprende dunque quella resistenza così forte a firmare il contratto.
Come Parlamento abbiamo tutti il dovere - come il Governo, a mio avviso, ha il diritto di intervenire in qualche modo con atti politici, senza per questo mettersi tra le parti - di salvare il bene assoluto della libertà di stampa e di informazione e, nello stesso tempo, di difendere la categoria, che è disposta a discutere e a negoziare di fronte ad un soggetto che continua a rifiutare addirittura di entrare nel merito del contratto. Quindi, da parte nostra chiediamo che il Governo affronti i problemi legati al precariato e al non rispetto delle leggi nelle aziende giornalistiche, ed intervenga sul piano politico (può esserlo in parte la legge sull'editoria, ma non credo che possa essere solo quella). Infine, abbiamo il dovere di fare atti politici per difendere una formazione dei giornalisti che li renda più preparati e, quindi, in grado di garantire al meglio le libertà di stampa, uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.

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MAURIZIO GASPARRI. Onorevole ministro, onorevoli colleghi, il fatto che la Camera dei deputati dedichi spazio ad una questione così rilevante come il mancato rinnovo del contratto giornalistico è di per sé un segnale di attenzione e un richiamo rivolto a tutti affinché questa vertenza, che da circa due anni dalla scadenza del contratto non vede la conclusione, possa subire un'accelerazione. Francamente, dall'intervento del ministro Damiano non ho tratto elementi utili a risolvere la vertenza. Forse non avrò seguito bene l'intervento, ma non c'è stata - né, forse, poteva esserci - un'indicazione, uno stimolo, una qualche utilità ai fini della soluzione di questa vertenza. Del resto, è una vertenza tra gli editori e i giornalisti, e, quindi, il Governo e il Parlamento ancor meno possono incidere; tuttavia, se discutiamo, si ritiene che una funzione di persuasione, si direbbe di moral suasion, si possa esercitare, altrimenti il dibattito non si sarebbe svolto.
Tuttavia, il Governo forse potrebbe assumere - pur nel rispetto dell'autonomia delle parti, a cui molti colleghi si sono richiamati - una funzione più incisiva e decisa in questa vertenza. Da questo punto di vista, invito personalmente il Governo - nelle persone che, per le competenze sull'editoria e sul lavoro, possono svolgere questa azione - ad assumere delle iniziative. Del resto, la vicenda delle crisi e delle trattative che si incagliano e tradizionalmente si sbloccano ha visto sempre i Governi fare tavoli. A volte, i Governi sembrano delle «falegnamerie» perché aprono tavoli su tavoli, che, poi, talvolta arrivano a conclusioni, mentre altre volte sono soltanto un luogo dove si decongestiona una situazione (già questa è una funzione di carattere politico e istituzionale che un Governo può assolvere). Quindi, da questo punto di vista, non troverei nulla di strano se ci fossero anche delle convocazioni e delle iniziative più concrete e dirette. Avviene in tanti casi e in tanti momenti della vita italiana e non sempre solo la natura pubblica delle società interessate può giustificare questa intromissione. Quando si rinnovano i contratti della pubblica amministrazione il Governo è controparte, ma in tanti altri casi è soggetto che funziona come stimolatore di intese.
Del resto, se tutto fosse devoluto interamente alle parti, dei Governi non ci sarebbe nemmeno necessità e il mondo si regolerebbe da solo; invece, i Governi devono tentare di svolgere una funzione. Probabilmente, questa vertenza si è incagliata perché, da un lato, forse abbiamo richieste rigide da parte del sindacato della federazione della stampa che poco si prestano ad un'evoluzione della professione giornalistica (c'è fatica a vivere e ad accettare il futuro) e, dall'altro, gli editori sono imputabili più dei giornalisti per un atteggiamento statico e rigido che non trova giustificazioni.
Peraltro, «dramma nel dramma», vi è uno scontro a sinistra, infatti la federazione nazionale della stampa, nella sua libera autonomia, esprime vertici la cui collocazione politica è ben nota, anche perché, nel libero dibattito della democrazia i vertici della federazione nazionale della stampa molte volte sono scesi in campo non solo su tematiche attinenti alla propria professione, ma un po' sull'«universo mondo». Del resto, la libertà di pensiero è ampia e, quindi, ognuno interviene su ciò che vuole, i giornalisti, poi, a maggior ragione. Quindi, è corretto che gli esponenti della federazione nazionale della stampa si pronuncino su tutto ciò che ritengono importante e non solo sulle materie di stretta attinenza alla loro professione ed è corretto che si individui una certa collocazione di quei vertici in una certa area politico-culturale. Così come alcuni editori che hanno preso di punta questa vertenza sono editori notoriamente schierati in un certo ambito. L'editore di la Repubblica vanta la tessera numero 2 - o numero 1, non ricordo -, forse la numero 1, del Partito Democratico. Forse ha portato sfortuna allo stesso Partito Democratico questa precoce iscrizione dell'ingegner Carlo De Benedetti, perché da quando lui ha preso la tessera numero 1 non si trova qualcuno che possa prendere - non che voglia, che possa - prendere la Pag. 89tessera numero 1, nel senso che non si trova questa creatura (ma questa è un'altra storia, come si suol dire, e non voglio introdurla). Però, lo scontro tra il gruppo la Repubblica-L'Espresso, la redazione di tali testate e la federazione nazionale della stampa è interessante, vissuto come una lacerazione interna alle varie anime giornalistiche, culturali, editoriali ed economiche della sinistra. Noi lo osserviamo così, non con fare divertito, perché le vertenze dure, che non hanno un esito, preoccupano e rattristano, spinti a fare considerazioni quale quella che ho testè fatto.
Faccio presente che in passato ho svolto il ruolo di ministro delle comunicazioni, ma sono anche - e ne sono orgoglioso - giornalista professionista dal 1985; ho fatto vita di redazione, dal praticantato fino alla direzione di giornali, e pertanto, a differenza di molti politici che poi diventano giornalisti per decisioni politiche, ho fatto anche esperienza giornalistica e in questa funzione spesso mi è capitato, prima e dopo l'esperienza di Governo di essere coinvolto in occasioni di confronto. Recentemente, la federazione nazionale della stampa mi ha invitato ad un dibattito sul lavoro nero nelle redazioni giornalistiche. È stato pubblicato un libro bianco sul lavoro nero (l'antinomia dei colori era provocatoriamente richiamata nei titoli). Si trattava di una seconda edizione di tale libro bianco. Debbo dire che nella prefazione, che ho citato ampiamente in tale occasione (mi ero diligentemente letto il libro prima di presenziare al dibattito, che si è svolto il mese scorso, al quale credo abbia partecipato anche il Presidente Bertinotti), redatta dai vertici della federazione nazionale della stampa, viene smentito uno tra i luoghi comuni che anche in quest'aula è riecheggiato. Sono autore di una riforma del sistema della radiotelevisione, attinente anche al mondo dei giornali; il «famigerato» sistema integrato delle comunicazioni e quel criterio antitrust, che mette insieme televisioni, giornali, Internet e quant'altro, è la fotografia del progresso, dove il mondo dell'editoria diventa qualcosa di generale e di globale. Ebbene, si era detto che tale legge avrebbe stroncato i giornali, perché, favorendo lo strapotere pubblicitario delle televisioni, avrebbe impoverito ancora di più i giornali e, quindi, si sarebbe assistito ad un disastro. Nella prefazione del libro bianco edito dalla federazione nazionale della stampa sul lavoro nero si afferma che nel 2005 (non vi sono ancora i dati di consuntivo del 2006), in epoca, quindi, di vigore della legge n. 112 del 2004 (la chiamo così per non autocitare il titolo della legge), si è riscontrato un aumento della pubblicità sui quotidiani in percentuali superiori al tasso di inflazione e, in percentuali ancora più elevate, sulla cosiddetta free press, uno dei veri problemi, secondo me, perché se si regalano giornali è chiaro che poi non se ne vendono molti altri (mi riferisco alla distribuzione, onorevole Bocchino, di giornali gratuiti, che non si pagano: questa è la free press). Ebbene, nei periodici la pubblicità è aumentata, cito a memoria, mi pare del cinque-sei per cento nel 2005. Quindi, possiamo dire - e lo diremo anche se si arriverà a discutere di riforma radiotelevisiva - che, vigente la legge n. 112 del 2004, la pubblicità per i periodici, per i quotidiani, per i giornali gratuiti è aumentata più del tasso di inflazione (fonte: Paolo Serventi Longhi, nella prefazione al libro bianco sul lavoro nero nei giornali).
Queste cifre le citava Serventi Longhi per invitare a mettere in regola - ha ragione! - tutti quelli che vengono impiegati nelle redazioni. Quindi, le entrate pubblicitarie sono cresciute.
Inoltre, la questione è oggetto di un altro dibattito. La Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo, che l'ha approvata, una proposta di aggiornamento della direttiva «TV senza frontiere», che aumenta le possibilità di affollamento pubblicitario delle televisioni. Forse se ne accorgeranno anche gli esponenti dell'attuale Governo, che, in effetti, se ne sono accorti: sono andati a fare lobbying in Parlamento europeo per non far votare a favore della nuova direttiva e sono state sconfitti, perché il Parlamento europeo ha votato a favore della proposta della Reding, che non è manovrata né da Mediaset Pag. 90e da Berlusconi né tanto meno (che volete che possa fare io?) dal sottoscritto. Il Parlamento europeo ha votato, e tornerà a votare, una direttiva che aumenta, al di là di quelli che la legge che porta il mio nome ha indicato - e che, peraltro, erano conformi a quelli che l'Europa ha tenuto in vigore -, i limiti di affollamento pubblicitario.
Ho fatto queste precisazioni per una duplice ragione: perché le nuove leggi sulla radiotelevisione non possono andare in controtendenza rispetto all'Europa e perché gli editori dei giornali di soldi in più ne hanno avuti. Ricordo che, come Governo, noi disponemmo stanziamenti - do un suggerimento all'attuale Governo - per abbattere il costo di acquisto della carta. Anche allora si discuteva della difficoltà dei giornali. Io, il sottosegretario all'editoria dell'epoca, Bonaiuti, ed altri esponenti del Governo proponemmo, e portammo all'approvazione, misure per abbattere gli oneri fiscali per l'acquisto della carta (non a favore degli editori in generale, ma per quelli che stampano i giornali: ovviamente, chi fa televisione, radio o Internet, acquista soltanto la carta che serve per compilare le fatture, ma non quella per stampare i giornali).
Allora, cari amici, bisogna guardare avanti. Invito il Governo a svolgere un'azione di stimolo un po' più incisiva di quella attuale e gli editori a guardare al futuro. Ci si lamenta che si vendono pochi giornali: cinque o sei milioni di copie. Attenti! Nel numero di copie al quale abbiamo riguardo ci sono quelle che, ogni mattina - ne siamo tutti testimoni -, vengono distribuite in omaggio nelle scuole, sui treni, negli alberghi, sugli aerei, dappertutto. Pertanto, le copie vendute a persone che si recano in edicola e che pagano 90 centesimi, un euro o quel che costano i copiosi inserti ed allegati che escono insieme ai giornali (e che comportano il pagamento di un sovrapprezzo) sono inferiori al numero indicato di cinque o sei milioni (all'interno del quale vi sono, ripeto, anche tutte quelle che vengono diffuse più o meno a titolo gratuito, nelle quali ci imbattiamo; non parlo della free press, ma dei quotidiani classici, per così dire, oggetto delle azioni promozionali degli editori). In sostanza, le copie vendute sono le stesse di sessant'anni fa! Quindi, non è colpa di questa o di quella legge: evidentemente, c'è la necessità di modernizzare il mondo dell'editoria.
Stamani, proprio leggendo i giornali, che, a mio avviso, sono essenziali e non possono essere sostituiti dal web, dalle televisioni, dalle radio o dalla società digitale - nulla può sostituire la possibilità di «toccare» i giornali (personalmente, non amo nemmeno le rassegne stampa, ma i giornali nella loro fisicità: amo conservarli o strapparli, come molti di noi fanno, ed ho un rapporto con il giornale come oggetto, oltre che come contenitore di articoli) -, mi sono imbattuto in un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa, dal titolo «Giornali, il rischio del gambero», anticipazione di un libro che uscirà venerdì: L'ultima copia del New York Times - titolo inquietante! - edito da Donzelli, del giornalista Vittorio Sabadin, del medesimo quotidiano.
Ovviamente, ci auguriamo che il giorno dell'uscita dell'ultimo numero del New York Times, come di qualunque altro giornale italiano, non sia in calendario, ma il titolo del libro è chiaramente provocatorio: esso allude all'evoluzione delle tecnologie. Avete fatto fuoco e fiamme, colleghi della sinistra, sulle televisioni digitali e simili: quali mostruosità! Ebbene, il libro che ho menzionato cita l'opinione di un editore che è caro, così si dice, più alla sinistra che alla destra (non lo so, ma viene sempre elogiato...). Mi riferisco al potente Rupert Murdoch, il quale ha affermato (traggo la citazione dal giornale La Stampa, che oggi anticipa l'uscita del libro): «Le società e le compagnie che sperano che un glorioso passato le protegga dalle forze del cambiamento guidate dall'avanzante tecnologia falliranno e cadranno. Una nuova generazione di consumatori di media» - parola che dovremmo correttamente pronunciare con la «e», vista la sua origine latina - «è davanti a noi e chiede di ricevere informazioni quando le vuole, dove le vuole e come le Pag. 91vuole. C'è un solo modo» - dice Murdoch nell'intervento citato nel libro - «utilizzare le nostre competenze per creare e distribuire un contenuto dinamico e brillante. Ma i giornali dovranno adattarsi, perché i loro lettori ora chiedono di ricevere notizie su una gran varietà di piattaforme: siti web, iPod, telefonia mobile, lap-top. Credo che i quotidiani avranno ancora molti anni di vita» (molti decenni e secoli di vita, aggiungiamo noi).
Tornando alla citazione, Murdoch dice: sono anche convinto che, nel futuro, l'inchiostro e la carta saranno solo uno dei molti modi con i quali comunicheremo con i nostri lettori; la sfida - aggiunge l'autore di questo libro - si è spostata altrove, ovvero sulle nuove tecnologie di comunicazione esistenti in arrivo, sulla concorrenza dei giornali gratuiti apparsi in ogni città, sulla conquista del tempo del lettore, sul rinnovamento dei formati e dei contenuti; la gente che vuole restare informata non ha mai vissuto un momento più felice - condivido di certo l'opinione dell'autore del libro - ora ha disposizione la più vasta offerta di media della storia dell'umanità, una combinazione di rotative del XIX secolo, di radio e televisioni del XX secolo e di siti web e wap del XXI secolo. Saranno i sistemi più vecchi a doversi adattare e a cambiare. Cambiare o morire.
Credo che questa sia una riflessione che devono fare anche gli editori. Essi dicono: faremo gli sconti sull'IVA nell'acquisto della carta. Sì, magari li farete e ricordo, a tale proposito, che, da ministro, ho proposto questa iniziativa per difendere i giornali che sono un dato essenziale della democrazia e della cultura. Un giornale fa riflettere; la cultura orale e visiva della televisione o della radio, spesso, non ha ricadute positive. Non voglio però svolgere troppo un dibattito unicamente di natura culturale (anche se siamo qui per svolgere un'azione di moral suasion).
Anche il sindacato dei giornalisti prenda atto che c'è una realtà in cui l'informazione si moltiplica. Oggi, gli uffici stampa, le strutture pubbliche, le società, sempre di più, devono attingere alla professionalità dei giornalisti. Oggi, rispetto a cinquant'anni fa, le occasioni di impiego del giornalista si sono moltiplicate; non sono scomparse le situazioni di sfruttamento di precarietà e di incertezza. Però, pensate alla moltiplicazione delle televisioni: sono nato nel 1956, quando c'era un solo canale in televisione e per di più in bianco e nero; oggi, invece, ci si perde tra analogiche, ancora residuali, digitali spaziali, digitali terrestri, per non parlare di Internet, l'abbondanza di canali e quindi anche di giornalisti che possono confezionare i telegiornali, gli speciali e le informazioni; anzi, talvolta, hanno fatto irruzione soprattutto nella televisione gli imbonitori, e le interviste - su questo si è giustamente polemizzato - invece di essere condotte dai giornalisti, le fanno le cantanti o le presentatrici.
Oggi, si sono moltiplicati i giovani che, forse, in misura eccessiva, hanno sperato di diventare ricchi affermati giornalisti, come chiaramente si sono moltiplicati anche coloro che riescono a fare questo lavoro nelle varie dimensioni.
Bisogna prendere atto che l'attività giornalistica, oggi, può essere multiforme e quindi anche un gruppo editoriale che ha un giornale avrà forse una televisione locale o un sito. Anche i principali quotidiani hanno le loro radio, dalle quali, spesso, molti di noi vengono intervistati. Quanti saranno coloro che le ascolteranno? Non lo so, ma comunque fanno opinione e sono strumenti che esistono. Anche i siti dei quotidiani principali sono uno strumento sempre più di conoscenza che in tempo reale ci consente di entrare nel mondo dell'informazione.
Forse il mondo sindacale non solo deve esigere un contratto, ma deve anche sedersi attorno ad un tavolo con il mondo della politica, delle istituzioni e dei governi. L'onorevole Raisi è stato autore di una piccola ristrutturazione, del nostro piccolo giornale Il Secolo d'Italia ed anche lui ha dovuto fare i conti con il colore, i formati o i problemi occupazionali. Perfino, quindi, piccoli giornali, ai quali molti di noi sono affezionati, devono prendere Pag. 92atto di una necessità di modernizzare e di dare più spazio ad Internet e forse di produrre un po' di carta in meno.
Allora, il Governo prenda iniziative e gli editori, la federazione della stampa, le Commissioni parlamentari, se vorranno insieme, intraprendano una riflessione vera sulla modernizzazione di questi settori, che, a mio avviso, offrono più possibilità di lavoro, tra l'altro, migliore e meno faticoso. Bisogna prendere atto. Cambiare o morire, diceva l'autore del libro citato. Siccome, però, non si può in alcun modo accettare la morte dell'editoria, dobbiamo lavorare in questa direzione, con meno rigidità ottocentesche sul fronte sindacale e con meno egoismo degli editori. Spesso, coloro che amministrano i giornali - forse, si offenderà qualcuno - sono impiegati di grandi gruppi finanziari. Si parla sempre di un certo conflitto di interessi che è ben noto a tutti gli italiani. Si pensi a quanti conflitti di interesse vi sono in questo campo. Quanti sono i grandi costruttori che fanno gli editori dei giornali? Pensate che si tratti di una vocazione culturale o forse, con il giornale, essi riescono, ad esempio, a contare quando si fanno i piani regolatori? Anche l'editore che ho citato all'inizio, caro alla sinistra, la tessera numero 1 un po' iettatoria del partito democratico, ha mille interessi in mille settori. I giornali sono autonomi ed indipendenti, per carità.
Tutti hanno un editore, però, e alla fine cercheranno di non offenderlo; grandi aziende automobilistiche e grandi società hanno interessi in tutti i settori. Spesso coloro che amministrano i giornali non hanno la capacità innovativa perché devono soltanto fare gli impiegati per conto terzi, e l'interesse dell'imprenditore x o y più che innovare nel settore è quello di avere uno strumento che al momento buono può influire sulla situazione. Sappiamo tutti, siamo politici, quanto siano importanti i giornali e tutti gli altri mezzi di comunicazione, e allora anche gli editori si sveglino, non usino in modo improprio i giornali e l'informazione perché devono edificare quartieri nelle periferie delle metropoli o vendere qualche automobile in più, cose che dovranno comunque fare, glielo auguriamo, perché contribuiranno così allo sviluppo.
Occorre un'editoria più coraggiosa, che sappia guardare al futuro. Credo che questo sia un invito, un'esortazione che deve provenire da questo dibattito e che probabilmente non sbloccherà le cose, ma dimostra comunque che il Parlamento e le forze politiche nutrono una preoccupazione. Ed oltre che ad urlare agli editori, che hanno i soldi e lo spazio economico per fare un contratto equo - tralascio indici e altri elementi per evitare conflitti di interesse come appartenente alla categoria - credo che questo dibattito serva se non altro a decidere, tutti insieme, di parlare di modernizzazione del mondo dell'editoria invece di fare le crociate contro il digitale terrestre o altro. Il mondo è ancora più avanti, cari colleghi, ce lo dice il Parlamento europeo con la direttiva «TV senza frontiere»; ce lo dice Murdoch, così almeno citiamo un editore che anche alla sinistra sembra essere molto caro; ce lo dice la realtà che viviamo tutti i giorni, tra siti Internet, SMS, videotelefonia e tutti i mezzi della tradizione che per fortuna sono rimasti, anche i libri, che da quando sono allegati ai giornali hanno avuto una possibilità di diffusione ben superiore al passato. Novità e modernizzazione non cancellano ciò che è tradizionale. I libri hanno antica e nobile tradizione e oggi ne circolano molti di più nelle case e c'è la speranza che qualcuno, oltre a comprarli a pochi euro, li possa poi anche leggere. Il Governo, allora, non resti inerte e faccia la sua parte (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Grazie, Presidente. Al di là delle battute che servono a poco, perché stiamo parlando di una grande questione politica e materiale che riguarda il lavoro di migliaia di persone e non credo che si possa affrontare schedando gli editori, i giornalisti o i sindacalisti, perchè non è questo il modo di Pag. 93affrontare la delicata situazione. È invece un modo per ridurla a poca cosa: a propaganda. Ho un grande rispetto per gli editori ed i giornalisti di destra, che sono molti, ma anche per i cittadini che avrebbero diritto ad una informazione libera e plurale e, quindi, alla chiusura di questa vertenza. Impariamo a rispettare gli oggetti e gli articoli della Costituzione, che non sono di proprietà di qualcuno o di un passante.
Che la situazione sia delicata - altro che delibere del Parlamento europeo lette di straforo - è dimostrato da questo dibattito. È la prima volta dopo anni che si discute di una vertenza simile in Assemblea e io ringrazio per la sensibilità il Presidente della Camera ed i presidenti di gruppo, li ringrazio soprattutto perché abbiamo già rimosso con queste battute il fatto che quest'Assemblea ascoltò l'unico messaggio del Presidente della Repubblica Ciampi proprio sulla libertà di informazione. Altro che paese normale: fu l'unico dibattito! Qualcuno stracciò quell'appello facendo finta di ascoltarlo! Vi fu una finta ed ipocrita condivisione su un messaggio che poneva proprio il problema della malattia italiana nel sistema della comunicazione, cioè il conflitto di interessi.
Altro che liberalizzazione! Abbiamo davanti a noi un mercato chiuso che si è vieppiù concentrato negli ultimi mesi. Dovremmo fare un grande sforzo per liberalizzare con più tenacia e con forza questo settore, liberandolo da ogni forma di pedaggio improprio, di conflitto di interesse, di rendita di posizione. Ecco perché si tratta di una grande questione e non di una piccola questione. È stata posta con chiarezza da Carra, da Folena, da Tranfaglia, ma precedentemente dai Presidenti delle Camere ed anche da esponenti del centrodestra quando non sono in vena di comizi, ma ragionano seriamente sulla questione.
Non avemmo esitazioni ad appoggiare la riforma Bonaiuti; vorrei quindi analoga correttezza in questa fase. La vertenza sul contratto non si è aperta con Damiano e Levi, ma sotto un altro Governo. Bisognerebbe riflettere anche sulle proprie inefficienze, sui propri ritardi, sui propri silenzi o sulla propria subalternità all'editore di riferimento, che magari è anche un capo partito! L'unico editore che non ho sentito citare in conflitto di interesse! Non c'è la tessera numero 1 di De Benedetti, ci sono ben altre tessere, di ogni tipo, di altri editori capipartito in questa aula. Vorrei un po' di correttezza, evitando di fare comizi postumi dopo essersi distratti rispetto a grandi questioni.
Ecco perché può essere inusuale parlare di una vertenza come questa in Assemblea, anche perché non vorrei che dimenticassimo - e lo sanno bene le colleghe ed i colleghi della Commissione lavoro di ogni schieramento - quante altre vertenze serie esistano in questo paese e quanti silenzi, in ipotesi sui meccanici o sui chimici, vi siano stati in altre stagioni. Quindi, non affrontiamo il dibattito perché si tratta di una corporazione più potente - in tal caso, la discussione mi interesserebbe poco, pur se provengo da quell'ambito - ma perché vi è una valenza nazionale. Anche in questo settore vi sono infatti vite precarie, ma guai a dimenticarsi delle altre.
Quindi, il dibattito non può avere come propria fonte la maggiore visibilità di editori e giornalisti; esso ha invece le sue origini - altrimenti, non si spiegherebbe - in una situazione di profonda anomalia del settore che ha destato lo scandalo internazionale. Il Parlamento europeo ha adottato anche una delibera, nel 2004; la porteremo in Assemblea quando discuteremo di altri temi e la leggeremo insieme.
Sono favorevole ad accogliere tutte le direttive del Parlamento, tutte! Smettiamola di servirci della Commissione europea come di un menu à la carte: ciascuno ne legge una riga.
Questo paese ha un tasso di concentrazione che è il più alto in Europa: ciò determina poca innovazione, poca libertà, poca qualità, poca mobilità delle idee e della professione. Ecco perché vi è un'anomalia che affrontiamo. E non è solo il conflitto di interessi (non voglio imitare altri) ma è anche un sistema di norme di chiusura del sistema industriale, che ha Pag. 94reso questo uno dei mercati più chiusi in Europa, con la presenza dei drammatici problemi di quando si assiste ad una chiusura; altro che l'innovazione!
Non è certo attraverso lo sviluppo della telefonia che si realizza la compensazione del settore; sono realtà molto diverse e bisogna studiarle bene. Del resto, questa anomalia è stata resa visibile in tutte le sedi; dunque, questa vertenza riguarda direttamente, ministro Damiano e sottosegretario Levi - e vi ringrazio della passione e della serietà con cui, a differenza di altri, state seguendo questo tema -, ebbene, riguarda direttamente l'articolo 21 della Costituzione, anche perché vi è una cessazione continuata dell'informazione, una modifica ed una alterazione dei flussi informativi. E vi è altresì un contratto che non riguarda solo la parte economica che poco interesserebbe ad una parte politica (dobbiamo imparare a distinguere le nostre professioni ed i nostri interessi dal ruolo di parlamentari), ma vi è una trasformazione del lavoro delle redazioni con una riduzione ulteriore dell'autonomia: pensate a cosa significa cancellare la figura dell'inviato in un momento in cui già le fonti sono sempre più ristrette. Fabrizio Gatti ha svolto un'inchiesta che può piacere o meno e tuttavia non potrebbe più fare un'inchiesta sugli ospedali in un meccanismo di giornale fatto solo di precari ricattabili. Ricatto il precario, ma ricatto la notizia! Si riduce il grado di conoscenza, di ciò discutiamo. Non facciamo finta che stiamo parlando del Parlamento europeo: a ciò dobbiamo rispondere.
Questo rischia di accadere: uno stravolgimento dell'articolo 21 della Costituzione e della libera contrattazione. Vedete, lo hanno detto il sottosegretario Levi ed il ministro Damiano, che ringrazio e a cui chiedo, tuttavia, di andare fino in fondo in questa mediazione, sapendo che vi è una novità: il consenso di tanta parte del Parlamento, e non solo del centrosinistra, che dice che bisogna proseguire trovando tutti i modi per portare a conclusione il percorso nell'interesse generale.
Allora, vedete, io ritengo sia assolutamente necessario realizzare alcuni interventi. Non si può accettare che una delle parti agisca in modo ideologico; quante volte abbiamo detto: la chiusura corporativa dei sindacati? Ma quando un'associazione di datori di lavoro dichiara che non risponde neanche all'invito del Governo, in questo caso che tipo di chiusura è? Siamo sempre preoccupati, e giustamente, delle corporazioni, ma occorre analoga attenzione alle corporation, che non sono meno insidiose nella tutela di interessi chiusi.
Occorre un'equivalenza, con garbo, perché io non penso che i partiti siano bande, non ritengo che dobbiamo approfittare del contratto per fare un regolamento di conti con gli editori che non ci piacciono, compresi quelli di destra che sono sempre in edicola nel giorno dello sciopero. Ne approfittano per fare propaganda, il che è uno sconcio. E se si vuole manifestare solidarietà ai giornalisti non lo si può fare insieme ai crumiri: dovete scegliere, perché non si può sempre portare avanti tutto insieme: anche la propaganda ha dei limiti oggettivi, di tipo matematico; non è possibile, non si può fare.
Allora, non si tratta di intervenire o di interferire, ma di agire politicamente; mi permetto di dire al Governo che non si tratta solo di convocare le parti sulla questione economica. Si deve anche intervenire di fronte ai tanti che cercano di ostacolare in questa Assemblea la riforma della cosiddetta legge Gentiloni, che vuol dire liberalizzazione delle frequenze e delle pubblicità. Inseriamola tra le prime dieci priorità del post-Caserta, acceleriamo l'approvazione in Assemblea di meccanismi di forte liberalizzazione del mercato perché ciò è una risposta comprensibile, che ricrea un mercato che oggi non esiste. Acceleriamo l'approvazione del provvedimento sull'editoria, come in questi giorni hanno dichiarato meglio di me l'onorevole Barbi, gli intervenuti in questa Assemblea, l'onorevole De Biasi ed i soliti parlamentari che con passione, Carra e tanti altri di ogni schieramento - non ne faccio una questione di parte - seguono con più attenzione di me questi temi ogni giorno.
La riforma dell'editoria deve essere una riforma che certamente ridistribuisce, allarga Pag. 95ed amplia il mercato; però, sottosegretario, deve esservi uno statuto dell'impresa che fissi i diritti degli imprenditori, perché non penso che siano nemici da abbattere. Trovo strano che ogni tanto in Italia vi sia una destra che scopre come nemico l'impresa ed il giorno dopo però dichiara che è stato Prodi. Inviterei tutti noi ad avere un atteggiamento più serio su tali situazioni.
Serve uno statuto dell'impresa giornalistica, che fissi diritti e doveri delle parti, in particolare, per quel mondo del precariato, ministro Damiano. Questa è la mia proposta: al di là di ciò che accadrà nella vertenza, per esempio, sulla previdenza, la si levi dalla vertenza, si porti ad approvazione la delibera; si dia il via libera ad un accordo che era stato raggiunto, e non sia messa nel contratto.
Sugli ammortizzatori sociali e le vite precarie, se non si vuole trattare in quella sede, se ne parli nell'ambito della cosiddetta legge Biagi! Più volte il Presidente Prodi ha detto che la materia dell'editoria non può riferirsi alla normale trattativa e alla normale organizzazione antitrust, ma essa deve avere un diverso modulo organizzativo. Si annunci che lo si farà!
So che voi avete posto questo problema con forza. Lo dico con passione, ma lo condivido: portiamolo in approvazione! Portiamo in approvazione, con il consenso del Parlamento, quegli elementi che sono maturi. Diamo un segnale al mondo dell'editoria, non sempre di chiusura: liberalizzazione dei mercati, ma anche attenzione su altri provvedimenti, sottosegretario, come le intercettazioni.
Non diamo la sensazione che qualcuno voglia ridurre il ruolo e le funzioni dei cronisti e i poteri di controllo in Italia. Dobbiamo sostenere, invece, che vogliamo una società più aperta, con una chiarezza di poteri, ma anche che non temiamo alcuna forma di controllo, anzi, che sollecitiamo i controlli positivi e trasparenti. Questa è una società aperta! Apre il mercato, ma anche le idee. Non ha paura, ma invita il meglio della comunicazione ad esprimersi!
Mi avvio alla conclusione. Non sono preoccupato, dunque, della parte economica, ma della tutela del pluralismo editoriale, sociale e culturale e del rischio della trasformazione del quotidiano in un fascicolo pubblicitario e lo sono per qualunque forma di giornale, fosse anche il più lontano da me. Non auspico una riforma dell'editoria che danneggi l'editore, il gruppo o le associazioni più lontani, perché questa è barbarie! È cosa diversa da una politica industriale e culturale.
Ecco perché, invece, penso che si debba procedere con il più largo consenso. Non cambio idea! Penso che ci sia del buono nella riforma Bonaiuti. Non mi faccio trascinare. Non facciamoci trascinare dalla ripicca, ma pensiamo alla difesa di un interesse e di uno scopo generali.
Questo deve essere l'appello comune agli editori e ai giornalisti: un Parlamento forte, che su queste questioni tenta di portare avanti un obiettivo comune. Non si fa trascinare. Porta avanti un cammino, un percorso e non approfitta per una polemica con il ministro Damiano, che, francamente, sarebbe spiacevole e sbagliata, perché rischia di portare il sottoscritto o altri a dare risposte che non si vorrebbero dare, in un momento che deve essere di grande convinzione e di lavoro comuni.
Ecco perché, sulla legge Gentiloni e sull'editoria, in particolare, penso che dobbiamo lavorare anche con l'altra parte di questo Parlamento, ascoltando, però, le forze sociali, per evitare che ciascuno si scelga l'editore o il sindacalista di riferimento. Ciò è sbagliato. Peraltro, nell'ordine dei giornalisti molti votano in modo opposto al mio. Quindi, attenzione anche alle schedature, che fanno irritare le persone, perché affermazioni sbagliate e infondate rischiano di essere offensive per la storia delle persone, dei sindacati, delle imprese e delle associazioni.
Vorrei difendere anche i diritti di costoro, che sono miei fieri avversari politici. Ciò richiede un grande sforzo di mediazione. Richiede la capacità, con pazienza, con forza e con tenacia, di riaprire quei Pag. 96tavoli e, se quei tavoli non saranno riaperti, di portare all'approvazione gli altri provvedimenti possibili, senza cedere al ricatto di nessuno, chiunque esso sia.
Quel cammino, però, va portato avanti con convinzione, perché oggi siete più forti e perché credo che il Governo - non so se replicherà - ha sentito non solo questa parte dell'aula, ma anche alcuni colleghi del centrodestra che, con capacità e passione, hanno sostenuto le stesse ragioni. Quindi, credo che siate più forti per sostenere questa mediazione e per portare alla conclusione questa vertenza. Ecco perché vi chiediamo di proseguire sull'azione intrapresa.
Concludo su un aspetto, senza alcun amore di polemica. Me lo consentirete, però, perché, se qualcuno ormai si è convinto che il centrosinistra ascolta, che ognuno dice quello che gli pare e nessuno replica. Ma è un film che è finito: non funziona più.
Ho sentito dire che la crisi dell'editoria è colpa di Prodi: forse, il conflitto di interesse è di Damiano e Levi (forse, Damiano è proprietario di Mediaset). Risparmiamocelo, però, tra di noi.
Ho sentito dire che la crisi è degli editori rossi (lo diremo ai tanti editori che hanno votato a destra). Non è un metodo. Ma ci avete sfidato. È stato detto: mi raccomando, quando arriveranno i provvedimenti in aula sul conflitto di interessi, l'editoria e la TV, non dovete difendere gli editori amici! Avete ragione. Non difendete De Benedetti: mi convincete con entusiasmo! Non fate provvedimenti per questo: bravissimi! Sono felice che ci sia questo empito! Questo sentimento sul conflitto di interessi mi fa ben sperare. Sapete perché? Perché mi auguro che noi vi dimostreremo che possiamo convergere o meno con questo o quell'editore, con questo o quel sindacato, ma questa volta mi auguro di vedervi dissentire in aula, per una volta, dall'unico editore non nominato.
Mi auguro che sarete capaci di votare anche contro gli interessi di Berlusconi in questo settore e di dimostrare che, anche per voi, è terminata questa situazione. Vorrei sentirvi nominare l'unico editore amico cancellato dal dibattito. Sarebbe utile per tutti che vi fosse una grande sorpresa e che ci possiate stupire, diciamo così, con effetti speciali, e che qualcuno si alzi a dire che non ne potete più di questo editore un po' invadente cui è necessario tagliare le unghie. Ditelo voi: sarebbe più elegante, più cortese, più apprezzato dagli italiani ed anche da molti giornalisti ed editori.
Mi rivolgo al ministro Damiano: so che il 25 si terrà una conferenza sulla sicurezza. Più volte il Governo, ma anche colleghi dell'opposizione, hanno richiamato l'attenzione sul dramma dei morti e degli infortuni sul lavoro. Questa è davvero una grande questione cancellata dai media italiani. Le chiedo, signor ministro, pur nello scontro che vi è tra le parti, di insistere sull'idea di una grande conferenza che coinvolga tutti su come i media e la cultura italiana oscurino un dramma che è stato cancellato, e vorrei che editori e giornalisti, anche nello scontro più aspro, almeno su questo punto, insieme, affermassero che, pur essendo divisi su tutto, su alcune grandi questioni, nei confronti di coloro che, spesso, non hanno né volto, né nome, né voce, sono disponibili a portare avanti una grande battaglia di civiltà comune.
Le rivolgo gli auguri che anche questa campagna possa giungere a conclusione e rivolgo gli auguri soprattutto al Governo affinché questa mediazione, con il nostro aiuto, possa concludersi positivamente, non per gli editori ed i giornalisti, ma per l'opinione pubblica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Comunisti Italiani e Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Laurentiis. Ne ha facoltà.

RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. La passione e le argomentazioni serie addotte nei singoli interventi dimostrano l'attenzione che il Parlamento e tutte le forze politiche rivolgono Pag. 97a questa lunga vicenda che si snoda, ormai (lo ricordava esattamente il ministro Damiano), da oltre 680 giorni. Proprio questa attenzione unanime e la generale condivisione della necessità di porre fine alla trattativa sul rinnovo del contratto dei giornalisti spingono ancora di più il Governo, viste le indicazioni del Parlamento, ad assumere un ruolo di grande responsabilità, un ruolo fondamentale di stimolo, di pungolo, di definizione di strumenti che facilitino, in modo concreto, il dialogo tra le parti.
Troppo spesso, in Assemblea e nelle Commissioni, alla serietà di argomentazioni che condivido in pieno, sento far seguito l'inevitabile, costante e continua tentazione di ritornare sul tema del conflitto di interessi, che, proprio per il fatto di essere agitato, pone la vicenda su una logica di parte, mentre si tratta di una questione che appartiene a tutte le forze politiche che condividono la necessità di affrontare seriamente il tema alla nostra attenzione.
Rivolgo allora un pacato e sommesso invito ai colleghi della maggioranza di evitare, in alcuni momenti, quando nel Parlamento vi è una posizione di assoluta condivisione, di agitare costantemente il tema del conflitto di interessi come un fantasma quando si parla di informazione e di comunicazione.
Si tratta di un tema su cui noi dell'UDC siamo sfidati, poiché crediamo che esso non debba rappresentare un alibi per le forze politiche.
Abbiamo perso troppe occasioni nell'intento di trovare delle regole condivise, comuni per questo settore che, voglio ripeterlo, appartiene al patrimonio indisponibile di ogni moderna democrazia. Ritengo che su questo terreno si possano individuare molte e diffuse responsabilità riguardanti anche l'incapacità di elaborare quelle regole condivise di cui parlavo in precedenza.
Il ministro Damiano ci ha esattamente riportato i termini della vicenda ricordando i sedici giorni di sciopero, che hanno contrassegnato questi due anni di difficoltà strutturali concernenti il dialogo tra le parti. Non sono stati affrontati e sciolti i veri nodi di questa vicenda contrattuale che - voglio ripeterlo e sottolinearlo - ovviamente appartiene all'autonomia contrattuale delle parti. Su questo il Governo può però svolgere un ruolo importante, fondamentale e strategico - al quale noi lo richiameremo, anche in successivi momenti - volto a facilitare il dialogo.
La nostra preoccupazione - emersa anche grazie a qualche collega intervenuto in precedenza - aumenta, poiché questa difficoltà di dialogo crea un freno allo sviluppo, alla crescita di un settore strategico. Ci troviamo dinnanzi ad uno scenario profondamente cambiato: l'informazione sta andando incontro a sviluppi epocali contrassegnati da nuovi strumenti informativi e da nuove e più sofisticate tecnologie che stanno modificando le regole fondamentali del settore stesso.
Si tratta di un cambiamento che non riguarda soltanto il nostro paese: basta vedere ciò che è successo in altre realtà - Inghilterra, Stati Uniti e così via - nell'ambito delle quali innovazioni tecnologiche profonde hanno prodotto un riallineamento, un assestamento delle imprese editoriali.
Rispetto a questo nuovo scenario occorre cambiare anche l'approccio culturale al tema in oggetto che, inevitabilmente, vede il principio del pluralismo garantito dalla nostra Carta costituzionale, poiché degno di rilievo in ogni moderna democrazia. In ogni caso, bisogna coniugare questo approccio con una nuova logica, che veda riconosciute le specificità di un settore industriale e si muova nell'ambito di più ampi scenari. Infatti, il quadro di riferimento è ormai internazionale e non corrisponde più al solo mercato domestico; quindi, ritengo che, coniugare il principio del pluralismo con le specificità di un settore industriale così rilevante rappresenti la prima sfida che un Governo deve saper affrontare per la modernità e il cambiamento.
Tra l'altro, sono del parere che questa sfida non vada affidata solamente alla buona volontà delle parti (editori, giornalisti Pag. 98e quant'altro), poiché compito del Governo è interpretare la modernità e introdurre quegli strumenti e quelle profonde innovazioni che tutti si aspettano.
Sono convinto che - lo ripeto e condivido le cose che hanno detto alcuni colleghi - questa vertenza possa essere affrontata in modo più incisivo ed efficace, ma solo se esistono dei mutamenti generali del quadro di riferimento che presuppongono inevitabilmente l'abbandono di un ruolo notarile da parte del Governo e l'assunzione di una forte responsabilità, che deve portare a provvedimenti organici che consentano di affrontare e aiutare le parti coinvolte nello sciogliere nodi strutturali. Questo è quello che ci aspettiamo.
Ho letto con attenzione le dichiarazioni del ministro, quelle di altri esponenti del Governo e di alcuni esponenti della maggioranza, in cui si parlava di maturità dei tempi per il rinnovo del contratto e di un intervento deciso da parte del Governo. Un rappresentante della maggioranza ha parlato di un Governo responsabile, che deve intervenire immediatamente per porre fine a questa anomalia.
Io sono convinto - lo dicevano anche i colleghi della maggioranza - che per facilitare il dialogo tra le parti occorre ridefinire, anche in termini innovativi, il quadro degli strumenti che abbiamo a disposizione, ma di questi provvedimenti finora non vedo traccia. Mi fa piacere che qualcuno abbia parlato del disegno di legge Gentiloni, ma non ritengo che esso aiuti a rinnovare il contratto collettivo di lavoro; infatti, solo incidentalmente tratta di un tema che riguarda l'editoria, solo incidentalmente affronta uno dei temi che è quello delle risorse pubblicitarie, delle risorse economiche da destinare al settore, sul quale c'è un ampio dibattito in Parlamento, anche con sensibilità diverse. Non credo che sia quello il termine di confronto di un Parlamento, che vuole affrontare seriamente il quadro di riferimento dei provvedimenti come è avvenuto in finanziaria. Non mi sembra che la legge finanziaria - non lo dico io, lo dice una delle parti coinvolte - offra strumenti innovativi che possano aiutare il dialogo.
Anch'io sono convinto che la riforma dell'editoria sia un'occasione perduta nella precedente legislatura, voglio affermarlo con grande determinazione e convinzione; infatti, la passata maggioranza, oltre alla riforma del sistema radiotelevisivo, avrebbe dovuto affrontare anche questa riforma, che rappresenta un altro elemento importante del sistema della comunicazione. È ovvio ed evidente però che, rispetto al protrarsi di una situazione di difficoltà strutturale del dialogo tra le parti - io ho ascoltato le dichiarazioni del sottosegretario alla Presidenza del consiglio per l'editoria, che afferma che il provvedimento sull'editoria non vedrà la luce se non nella prossima primavera - c'è una certa disorganicità nella tempistica dei provvedimenti.
Ritengo che rispetto all'eccezionalità della situazione bisogna evidentemente avere un'azione più incisiva, più fattiva che sia in grado di pungolare; quindi, provvedimenti di questo genere non possono attendere la prossima primavera, ma devono essere immediatamente predisposti e posti all'attenzione immediata delle istituzioni.
Mi voglio unire anch'io all'invito rivolto al Governo da tutti i colleghi che mi hanno preceduto a svolgere un ruolo più incisivo. Non dico ciò per mera polemica politica, ma perché lo crediamo profondamente; infatti, non bastano i tavoli tecnici e le enunciazioni di principio per affrontare alcuni temi. Ritengo che ci sia la necessità di costruire veramente un quadro di strumenti innovativi e di provvedimenti che incidano complessivamente sul settore, che sta assumendo sempre più un quadro di riferimento diverso, in modo da favorire appunto il dialogo tra le parti.
Di fronte a questo io e il mio gruppo vogliamo un'assunzione di responsabilità; quindi, siamo disponibili a discutere su provvedimenti seri che favoriscano questo settore, lo aiutino a crescere, gli diano un respiro anche internazionale, facilitando la chiusura di questa vertenza riguardante il rinnovo del contratto dei giornalisti.
Siamo, inoltre, disponibili a lavorare ad un'iter accelerato dal punto di vista legislativo Pag. 99in Parlamento affinché si possa chiudere per sempre e per tutti, con regole condivise, un quadro di riferimento da offrire al settore e a tutti i suoi operatori, sia lavoratori che imprenditori. Per questo richiamiamo fortemente e con convinzione il Governo a svolgere un'azione forte ed autorevole, come è nelle sue possibilità (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, credo che il nostro dibattito e le cose che ci diciamo possano avere un valore (lo avranno senz'altro) se oltre ai legittimi posizionamenti o riposizionamenti politici sapremo anche dar prova di aver compreso che la partita aperta tra editori giornalisti è certamente attinente alla sfera del diritto comune e rientra senz'altro nelle precipue prerogative dell'autonomia privata collettiva, come ricordato con assoluta correttezza dal ministro Damiano.
Tuttavia, essa non esaurisce certo i suoi effetti in questo ambito ristretto, altrimenti non si capirebbe il senso di questa «prima volta», in cui la Camera dei deputati si misura e si interroga su una vertenza contrattuale. Infatti, in questione vi è qualcosa di più; stiamo discutendo di pluralismo dell'informazione, stiamo parlando di civiltà, di libertà, di impresa, di lavoro, di diritti e di doveri. Insomma, stiamo parlando di democrazia. Non voglio enfatizzare né scomodare paroloni, ma, con tutto il rispetto, non stiamo parlando del rinnovo del contratto dei tessili.
Sarà perché del giornalismo mantengo ancora un'immagine romantica e, se mi si permette, «novecentesca» più che «ottocentesca», con riferimento all'intervento dell'onorevole Gasparri. Mi riferisco all'immagine romantica dei Barzini e degli Albertini, di Montanelli a Budapest nel 1956 con la Olivetti Lettera 22, così come ho in mente la Fallaci inviata di guerra, ma anche più recentemente la Anna Politkovskaia uccisa a Mosca, oppure la Giuliana Sgrena rapita in Iraq, oppure - è stato citato appropriatamente, ma non compiutamente - Enzo Baldoni, un free lance, definibile anche come precario, il cui corpo peraltro non è ancora rientrato in Italia. Qualcuno, che preferirei definire «pennivendolo» anche se regolarmente iscritto all'albo dei giornalisti, lo definì un «pirlacchione» (grande «pirla») partito per fare vacanze intelligenti in Iraq, dove in verità di intelligence c'erano soltanto i servizi segreti che pagavano queste espressioni offensive del «pennivendolo». Questa non è un'altra storia, ma attiene al senso della discussione e del confronto che dobbiamo fare oggi in quest'aula.
Dicevo che si tratta di un'immagine romantica, che si rivolge ancora al giornalismo come ad una sorta di quarto potere, che controlla e stimola gli altri tre, o almeno dovrebbe farlo. Si tratta di un quarto potere che oggi, anziché vedere una contrapposizione tra giornalisti ed editori, dovrebbe e potrebbe vedere una sinergia tra di essi, per conoscere una nuova ed esaltante stagione.
Vi è anche questo: il peso e la portata della rivoluzione informatica e delle nuove tecnologie ha certamente comportato trasformazioni profonde, lacerazioni violente, sacrifici, ma anche fusioni e sinergie. Soprattutto essa ha aperto possibilità nuove: basti pensare al ruolo delle TV e del web, alla telefonia mobile, all'interattività. Insomma, oggi nel mondo la possibilità di fare e fornire informazioni non è diminuita, bensì aumentata a dismisura così come oggi, ogni giorno di più, aumenta la domanda e la voglia di muoversi e comunicare, di muoversi e conoscere, di fare e ricevere informazioni.
Insomma, è quasi una sorta di assillo per ciascuno di noi, salvo poi essere capaci di rivendicare tali diritti all'Occidente ricco e prospero e, magari, negarli a qualcun altro. In questo quadro colloco il conflitto tra giornalisti ed editori di cui stiamo parlando.
Stiamo, dunque, discutendo di un conflitto tra datori di lavoro del tutto particolari (anche qui vi è un riferimento Pag. 100soltanto romantico all'editore puro) e lavoratori altrettanto particolari. È una categoria - questa dei giornalisti - a metà strada (forse, è meglio dire «compressa») tra il salario e la libera professione. È una categoria dove la maggior parte dei lavoratori si trova nella condizione dei nostri ricercatori universitari, costretti a barcamenarsi con mille euro al mese, e dove, invece, brillano, come le star del calcio professionistico, autorevolissime firme che il problema del rinnovo del contratto lo hanno già risolto in proprio.
La domanda, quindi, è la seguente: è davvero uno strumento desueto il contratto collettivo di lavoro per i 12 mila giornalisti che chiedono tutela anche per gli altri 8 mila i quali, a malapena - lo ha ricordato il Governo nel suo intervento - raggiungono i 5 mila euro all'anno? A nostro avviso, lo strumento non solo non è desueto, ma può contribuire a liberare le molte penne che oggi non sono libere perché precarie, intimidite e sotto ricatto.
Pertanto, invitiamo il ministro ed il Governo a continuare in questa azione di moral suasion; lo invitiamo a non ascoltare i consigli interessati dei vari Testoni o Gasparri. Non so se l'onorevole Giulietti nel suo intervento avesse in mente il nome di Silvio Berlusconi, non so se fosse questo il riferimento che intendeva fare menzionando un editore che in questa sede non è stato mai citato. Mi permetto sommessamente di fare io questo nome: egli non è soltanto un esponente politico portatore di un conflitto di interessi, ma è anche un editore (in verità, per niente puro, ma è un editore). E, forse, è tra quegli editori che possono dirsi veri padroni di deputati che prendono la parola in quest'aula.
Non ascolti, il Governo, questi consigli interessati, ma porti avanti la sua azione. Al tempo stesso, il Governo si impegni (lo sta già facendo e nelle prossime settimane avremo modo di approfondire il tema in occasione dell'esame del disegno di legge presentato dal ministro delle comunicazioni) affinché, davvero, la TV pubblica possa liberarsi dalla morsa dei partiti sull'esempio di Zapatero in Spagna. E non si faccia scrupoli, il Governo, neppure ad utilizzare la leva dei contributi pubblici. Però, più che per sbloccare la situazione contrattuale, usi questa leva per favorire innovazione, diritti, ricerca e tecnologia. E faccia ricorso ad una flessibilità che non significhi solo precarietà, sapendo, signor ministro, che per essere credibile dovrà usare la stessa leva anche verso i giornali di partito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Tana De Zulueta. Ne ha facoltà.

TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, questi sono tempi abbastanza duri per i giornalisti e per l'informazione in Italia. Oltre alla vertenza, che si è prolungata per un tempo davvero anomalo, vi sono stati anche atti legislativi recenti che rischiano di comprimere, addirittura compromettere, la libertà di stampa. Cito l'esempio delle recenti norme sulle intercettazioni: per tutelare la privacy si è fatto un torto - spero non irrimediabilmente - alla libertà di informazione con un provvedimento irragionevolmente punitivo.
Già nella scorsa legislatura si è evidenziata l'incapacità di approvare una norma che davvero fosse di tutela contro la diffamazione. Adesso, assistiamo a questa strana vertenza; strana perché è anomala, per la sua durezza, considerando il settore in cui si sta svolgendo. Due anni sono davvero molti. Nonostante le ripetute dichiarazioni di disponibilità da parte dei giornalisti e nonostante il Governo si sia reso mediatore e sostenitore di una vertenza importante, ci troviamo di fronte ad una sorprendente e totale intransigenza degli editori, guidati da un ambasciatore (anche questo mi sembra incongruo). Come ha affermato, prima di me, l'onorevole Tranfaglia, non credo che questa vertenza si basi sulla valutazione dell'eccessivo costo del contratto proposto. Credo, invece, che riguardi proprio il modo in cui il settore è organizzato; lo hanno quasi dichiarato, nel corso delle loro audizioni in Parlamento, alcuni editori. Si ambisce ad una destrutturazione del lavoro giornalistico, con la tentazione di seguire l'intermodalità mediatica in Pag. 101atto. Questa è, tuttavia, una interpretazione perversa di ciò che dovrebbe essere una opportunità di sviluppo, finalizzata a ridurre il lavoro, la produzione di idee e l'informazione ad una merce assolutamente non garantita, né tutelata.
Insomma, è una specie di battaglia ideologica i cui profili sono non soltanto economici. Il rinnovo del contratto dei giornalisti - come hanno ripetuto quasi tutti i colleghi che sono intervenuti in precedenza - non è una mera questione sindacale, ma riguarda la libertà di stampa, la tutela della professionalità dei giornalisti e, soprattutto e in primo luogo, il diritto di tutti noi, dei cittadini, ad una informazione corretta e completa, a quel pluralismo che è tutelato dalla Costituzione e che, nei fatti, in Italia fatica a realizzarsi pienamente. Gli editori, imprenditori del settore, parlano con convinzione della necessità di maggiore flessibilità. Nel contesto in cui essi operano, questo si è già tradotto in una perversa precarizzazione del lavoro: perversa, perché basta guardare alle cifre, a quanto guadagnano i giornalisti con contratti cosiddetti precari. Ci sono anche problemi di affidabilità nei pagamenti e chiunque abbia lavorato in questo settore lo sa. Sono stata giornalista free lance per quasi vent'anni; conosco bene questi problemi e sono ben contenta di non aver tentato di lavorare in tal modo in Italia, nel settore editoriale italiano, perché avrei faticato a sopravvivere. Semplicemente, si tenga presente che, oltre all'editore che paga poco, c'è anche l'editore che non paga affatto. In questa situazione, noi stiamo apponendo - come hanno affermato l'onorevole Giulietti e molti altri - una pesantissima ipoteca sulla indipendenza dei giornalisti. Ringrazio il Governo per l'attenzione e per lo sforzo profusi finora, anche se non ha raggiunto l'auspicato risultato. Proprio per questo motivo l'attenzione di questa Assemblea si è fatta così stringente.
Tutti i giornalisti (ma non solo, perché è stata citata molte volte) conoscono la tabella di Freedom House, quell'associazione americana che tenta di monitorare la libertà di espressione in tutto il mondo.
C'è chi si è lamentato con durezza del fatto che l'Italia è collocata in una posizione bassissima, sotto molti paesi che sono considerati del Terzo mondo. Faccio presente che la tabella di Freedom House non è costruita su criteri soggettivi, bensì su una griglia con la quale quell'associazione tenta di misurare la libertà di espressione.
Noi in Italia abbiamo dei problemi di cui si sa fin troppo: il duopolio televisivo, che, come ha detto il collega Giulietti, schiaccia il mercato, l'innovazione: il fatto è che schiaccia anche il mondo del lavoro e la qualità, a danno dei cittadini, cioè di quella categoria così ambita da alcuni editori, ovvero quella dei cosiddetti consumatori.
Vi è poi l'anomalia del conflitto di interesse, cioè del primo editore e monopolista assoluto della televisione commerciale, che è anche leader politico. C'è un altro aspetto della anomalia italiana di cui si parla poco: il collega Gasparri ha accennato al problema, egli dice, di direttori di testate o di amministratori del settore editoriale che non sono altro che impiegati per conto terzi. Si tratta cioè di persone che gestiscono l'impresa editoriale non in funzione della sua attività intrinseca, ma della capacità di influenzare la politica e magari di scambiarsi favori con questo mondo.
Le drammatiche vicende, spesso finite in sede penale, dei successivi tentativi di controllare il Corriere della Sera, a cominciare da quello della P2, nonché altri tentativi un poco meno criminogeni degli anni successivi (ma ce ne è stato uno solo un paio di anni fa) vanno molto al di là del valore intrinseco di quella testata. Nessuno si è scannato in quel modo per controllare il Times, ad esempio.
Il Corriere della Sera è considerato una piattaforma dalla quale gestire appunto l'attività dello scambio di influenze. Questo ha ben poco a che fare con l'informazione. Ritengo che gli editori italiani si siano adagiati in una nicchia che per certi versi è protetta. Godono, fatto unico in Europa, di centinaia di milioni di euro di provvigioni e di aiuti. Questo sistema sarà Pag. 102adesso sotto la lente, sotto l'esame del Governo con la riforma dell'editoria. Credo che questo sia una cosa sana.
Credo però che, se gli editori godono appunto di questi speciali incentivi (è stato citato il sussidio all'abbonamento postale) ciò è possibile perché operano in un settore con una valenza costituzionalmente rilevante: quella di garantire ai cittadini la pluralità della informazione. Non possono pretendere di godere soltanto delle provvigioni e non concepire invece che anche la merce che loro vorrebbero vendere in un sistema incontrollato, e cioè l'informazione, ha bisogno di garanzie nelle modalità e soprattutto negli autori che la producono, perché questo è lavoro di ingegno, che merita un trattamento speciale.
Il contratto nazionale dei giornalisti costituisce un tentativo di creare una regolamentazione corretta, aggiornandola al nuovo mondo dell'informazione e, appunto, a quella intermodalità. Tuttavia, la flessibilità che può essere contemplata all'interno di un contratto ben fatto è altra cosa rispetto al mondo selvaggio, che abbiamo di fronte e che mi sembra gli editori vorrebbero ingiustificabilmente ottenere.
È stato affermato che una riforma collegata a quella dell'editoria e al contratto dei giornalisti è quella del settore radiotelevisivo, che si trova sotto la pesantissima zavorra del duopolio, che ne impedisce un sano sviluppo e una corretta informazione. Ritengo che una buona riforma del settore aiuterebbe anche l'editoria ad uscire da un'eccessiva dipendenza dalle vendite e da sussidi magari impropri.
Non vi è paese nel mondo occidentale nel quale una quota così rilevante del reddito pubblicitario sia assorbita dall'idrovora della televisione. Spero che liberando tali risorse si possano creare migliori condizioni di sviluppo.
Pertanto, sollecito il Governo a lavorare con convinzione, come ha fatto fino ad oggi, per giungere ad una soluzione di questo contratto, tenendo presente che se il settore dell'editoria vuole continuare a godere dei sussidi e degli aiuti che ha fin qui ricevuto, deve anche affrontare le proprie responsabilità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, colleghi, ritengo che il fatto che si svolga in aula un dibattito sull'informazione, traendo spunto dal contratto nazionale dei giornalisti che rimane ancora appeso dopo diversi anni, costituisca un evento di grande rilevanza politica, non in quanto il Parlamento debba risolvere il contratto né tantomeno perché il Governo debba sottoscrivere il contratto tra giornalisti ed editori, ma in quanto il Parlamento, per il ruolo che ricopre nel paese, può certamente rafforzare e stimolare l'opera del Governo affinché le parti possano ritrovarsi e chiudere finalmente una vertenza che si trascina ormai da oltre due anni.
A fine anno i lettori dei giornali e gli ascoltatori delle radio e delle televisioni hanno più volte letto o sentito parlare di sciopero delle firme e del contratto di lavoro scaduto da quasi due anni, che gli editori non vogliono rinegoziare. Si tratta di una notizia che si ripete da mesi e che rimarrà attuale chissà ancora per quanto tempo; ricordo che vi sono state 18 giornate di sciopero in 22 mesi.
Il Presidente Prodi ha affermato di non ricordare una vertenza così lunga e difficile, sia per stipulare un contratto di lavoro sia per aprire un tavolo negoziale tra le parti sociali. Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il 28 settembre, aveva fatto sentire la sua voce per dire con chiarezza che il contratto dei giornalisti, come tutti i contratti, è un diritto primario, ma nello specifico rappresenta qualcosa di molto particolare perché interviene a garanzia della democrazia dell'informazione. Concetti simili hanno espresso più volte negli ultimi mesi anche i Presidenti di Camera e Senato.
Gli imprenditori della Federazione italiana editori di giornali però non ci sentono o fingono di non sentire, ingaggiando una sorta di lotta verso i giornalisti contro Pag. 103lo sciopero di questi ultimi, negando ogni confronto e finora qualsiasi ipotesi di discussione comune sui problemi del settore.
Si tratta di una linea di rottura assoluta, da resa dei conti finale nei confronti dei giornalisti che - occorre ricordarlo sempre - assicurano ogni giorno la circolazione delle notizie e delle idee: senza il loro intervento i giornali, la radio, i telegiornali non ci sarebbero, perché con le sole macchine e con i soli meccanismi tipici di qualsiasi altra produzione industriale non è possibile fare informazione.
Ha detto bene il ministro del lavoro, che certamente non è noto per i suoi eccessi ma per la sua moderazione e per il suo self control, quando alla fine, dopo tanti tentativi, ha affermato testualmente: «Il negoziato per il contratto dei giornalisti, che riguarda un ambito direttamente connesso alla salute della democrazia, è sin qui fallito per colpa della FIEG». Sono in gioco questioni attinenti alle libertà che si ricollegano alla vita del lavoro. Si vuol far credere - cari colleghi - che il tempo del contratto collettivo sia finito, che sia cioè antimoderno e non riformista. Ma a costoro (fra essi anche colleghi di centrosinistra e di centrodestra) bisognerebbe ricordare quello che sostiene il manifesto dell'Unione democratica nazionale di Giovanni Amendola, quando afferma che vanno respinte, come utopie retrive, incivili ed antieconomiche, le pretese di incatenare al capriccio di un sistema politico o al tornaconto di capitalisti o di imprenditori miopi, la legittima difesa e la contrattazione del lavoro. I sottoscrittori liberali del manifesto amendoliano affermano che la libertà dell'organizzazione del lavoro e dell'azione sindacale, entro i limiti della legge, è sacra quanto ogni altra libertà e rappresenta non soltanto un diritto dei lavoratori, ma altresì un interesse della produzione e perciò un interesse nazionale.
Cosa si può pensare di questo sistema contrattuale che non si chiude? Fino a qualche tempo fa poteva essere lecito considerare i rifiuti della Federazione degli editori la solita battaglia di posizione per - come si diceva una volta - «non pagare dazio», guadagnare cioè un anno prima del rinnovo contrattuale e quindi realizzare dei risparmi di costo. Ora, anche per chi un anno e mezzo fa non voleva guardare oltre e valutare appieno il nuovo scenario verso cui vorrebbero andare gli editori più potenti, è chiaro che l'obiettivo è diverso.
Accanto all'idea di risparmiare sui costi del lavoro si persegue il disegno di rendere marginale o nulla la contrattazione collettiva, di ampliare l'area del precariato, riducendo la quota di giornalisti a tempo indeterminato e aumentando a dismisura i contratti a termine e i rapporti anomali di collaborazione coordinata (i famosi co.co.co), che, nella maggior parte dei casi, nascondono forme di lavoro parasubordinato.
È di tutta evidenza che un giornalista, privato dei suoi diritti elementari di lavoratore, chiamato a trattare non con una merce qualsiasi ma con un bene speciale come l'informazione, fondamentale per l'espressione di una libera coscienza pubblica, può essere intimidito, piegato, ricattato, nel migliore dei casi indirizzato, a scrivere secondo il volere e il potere superiore. Sono in gioco, pertanto, le questioni del pane e quelle fondamentali della libertà.
Si tende talvolta ad ironizzare sui giornalisti inginocchiati, cortigiani, addirittura prezzolati. Capita che, come nelle migliori famiglie, vi sia chi si trovi realmente in queste condizioni, ma la realtà, quella della grande maggioranza della categoria, è un'altra e meritano una medaglia la correttezza e la lealtà delle migliaia di giornalisti precari che vengono impiegati del tutto o quasi come un collega a tempo indeterminato e che sono pagati tra i 3 e i 12 euro ad articolo (ricordo ai miei tempi 25 lire a riga), che rendono onore alla professione, a se stessi e anche alle televisioni o ai giornali per i quali lavorano: ma è giusto che continuino a lavorare in queste condizioni?
La Federazione nazionale della stampa dice di no! Ha chiesto perciò che venga fatta una ricognizione congiunta con gli Pag. 104editori: chi svolge attività tipica da lavoro dipendente deve essere inquadrato regolarmente negli organici; quanti invece svolgono una reale attività di collaborazione autonoma hanno diritto a un giusto compenso e non agli scandalosi tariffari applicati oggi dai nostri editori e al trattamento previdenziale. Si tratta forse di una richiesta fuori dal mondo? Sembra di sì, soprattutto quando si pensa che i giornali e gli editori possono ottenere benefici a basso costo da questo modo di trattare i giornalisti.
Allo stesso modo, si vuole abbattere lo stipendio dei nuovi assunti, ridurre gli incrementi retributivi per tutti, tagliare gli aumenti di anzianità, che, per chi non fa carriera, sono l'unica garanzia di progressione durante tutta la vita lavorativa. Ho sentito che il ministro ha già fatto un riferimento - in quel momento non ero presente - su un dato che non è conosciuto da molti, e cioè che sono più di 12 mila i giornalisti con un contratto di lavoro stabile. Ebbene, il 25 per cento di essi sta molto bene, forse è anche ricco, gode di molti benefit; un altro 25 per cento fa parte della classe media; il terzo 25 per cento ha difficoltà con il bilancio familiare mensile, con uno stipendio tra gli 800 e i 1.200 euro; l'ultimo 25 per cento è proprio povero. Se poi parliamo dei 22 mila giornalisti autonomi, ben 9 mila non superano i 7 mila euro di reddito annuo. Come se non bastasse, si vogliono mettere a rischio le pensioni, negando - questo è un fatto gravissimo, signor ministro - la firma su una riforma che agli editori non costa un euro e che paga tutta intera la categoria, aumentando l'età pensionabile ed introducendo altri correttivi sulla spesa. La firma degli editori, purtroppo, è necessaria perché così prevede la legge. L'istituto di previdenza dei giornalisti gode di un'autonomia che dà fastidio perché allo stesso per legge è affidato anche il compito dei controlli di legalità sulla correttezza dei versamenti contributivi da parte delle aziende.
Forse non è chiaro a tutti, ma quella del sindacato dei giornalisti è una battaglia di legalità e di civiltà per la dignità del lavoro e della libertà di informazione. Penso che chi avverte questa battaglia di civiltà e di libertà, il Governo e, in questo caso, il ministro Damiano, oggi si senta confortato da una presa di posizione generale, al di là delle considerazioni di parte fatte da questo o da quell'altro collega; tuttavia, al centro rimane il problema del giornalista, della libertà di stampa, dell'informazione, del trattamento economico e del precariato, per il quale questo Governo e questa maggioranza si stanno battendo a tutti i livelli nei vari settori. Quindi, il cambiamento positivo si può realizzare insieme - come afferma il presidente della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi -, tanto più in un settore dove, comunque la si pensi, le macchine, le tecnologie più sofisticate e i soldi non potranno mai sostituire le mani e il pensiero intelligente dell'uomo. Negoziare rimane l'unica via di uscita per affrontare i problemi e disegnare una nuova fase di sviluppo dell'industria dell'informazione, senza che nessuno rinunci in partenza alle proprie idee. Occorre però rinunciare ad idee di annientamento ed affrontare con serenità e rigore tutte le questioni, perché le ragioni di fondo delle parti possano avere uno sviluppo in una nuova composizione condivisa dei patti del lavoro.
Per tali motivi, facciamo gli auguri al ministro perché possa, ancora una volta, tentare di ricomporre al più presto questa vertenza durissima, di cui pagano le conseguenze non soltanto i lavoratori, ma l'intera opinione pubblica del nostro paese. Quindi, si tratta di un segnale di democrazia che viene a cadere, dopo che - qualche collega l'ha ricordato - siamo all'ottantesimo posto nel mondo sulla libertà di informazione. Di conseguenza, occorre una spinta maggiore e forzare i tempi perché questa vertenza possa davvero chiudersi in tempi veramente molto brevi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

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ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, il rischio che corre questo dibattito parlamentare, sicuramente importante, è quello di rimanere puramente e semplicemente sul terreno della moral suasion. Ci sono stati diversi inviti delle massime autorità dello Stato a questo proposito; c'è stato un intervento di evidente chiarezza fatto dal ministro del lavoro Damiano e, tuttavia, finora queste pressioni non hanno ottenuto dei risultati. La speranza è che questo dibattito parlamentare dia ancora più forza di persuasione al Governo.
Ci troviamo in una situazione nella quale, come è stato ricordato, il divario tra i rappresentanti dei giornalisti e quelli dell'editoria non riguarda soltanto il merito - tutti abbiamo compreso questo aspetto -, ma coinvolge la stessa valutazione se sia valido o non valido il contratto nazionale e, più al fondo, si prospetta una figura del giornalista totalmente deregolamentata e fortemente individualizzata. Credo che è di fronte a tale tipo di sfida che dobbiamo agire, ed agire come deve farlo il Parlamento, ossia attraverso le leggi e le regole.
Onorevoli colleghi, noi, quale gruppo parlamentare della Rosa nel Pugno, siamo stati sempre contrari a limitare le professioni entro ordini chiusi e corporativi, che, di fatto, pongono barriere nei confronti dei giovani. Questa nostra valutazione ci ha portato ad impegnarci per il superamento degli ordini professionali, non con molta fortuna e, tra questi, di quello dei giornalisti e, comunque, per operare affinché ci fosse - e ciò che si è verificato (ricordo il «pacchetto Bersani») - una spinta ad una forte liberalizzazione. Il caso, tuttavia, del settore giornalistico è emblematico. Esiste l'ordine professionale, ma non viene tutelata la professione di giornalista o, meglio, si è creata una situazione che presenta una forte distorsione, che non ha nulla a che vedere con la flessibilità. In altre parole, nel mondo giornalistico vi è quasi il doppio dei lavoratori a tempo determinato o, comunque, di collaborazioni. È un mondo molto complesso rispetto a quello dei lavoratori a tempo determinato. Ciò pone un problema molto forte al sindacato dei giornalisti, lo ricordava Paolo Serventi Longhi, segretario generale della federazione nazionale della stampa, che diceva che si devono riuscire a difendere gli interessi dei nostri rappresentati, dei 12.500 giornalisti con contratto di lavoro (articolo 1) e, nello stesso tempo, si deve ampliare il fronte delle tutele per coloro che da anni lavorano in regime di precariato, per chi un rapporto di lavoro, per quanto labile, lo vede come un miraggio. La possibilità di realizzare una tutela in merito passa attraverso un vero e proprio cambiamento, anche di mentalità. Occorre che nel campo del lavoro a tempo indeterminato prevalga una maggiore flessibilità e nel campo del lavoro che viene considerato flessibile vi sia una maggiore regolamentazione.
Ed è questo il punto di crisi che vedo molto forte nel mondo dell'editoria. Perché ce ne preoccupiamo? Onorevoli colleghi, la concezione liberale della libertà di informazione si è sempre fondata sul pluralismo, il pluralismo delle proprietà, il pluralismo degli editori, il pluralismo che assicura un ventaglio di voci. Stiamo assistendo ad un mastodontico processo di concentrazione che porta a grandi conglomerati multimediali, a livello nazionale ed internazionale. In Italia vi è addirittura un conglomerato che non è solo multimediale, ma anche politico, rappresentato da Berlusconi, un fattore assolutamente inedito nelle grandi democrazie liberali.
Questo ci deve far riflettere: una condizione di oligopolio non assicura quella concorrenza e quella competitività che sono necessarie per porre il pluralismo alla base della libertà di informazione. Quindi, dobbiamo trovare, in qualche modo, gli strumenti per tutelare la libertà di informazione, non in quanto concessione dello Stato, ma come qualcosa che sia attivato dalla società civile. In tale contesto, proprio perché il pluralismo non riesce più ad assicurare un ampio arco di voci, è necessario tutelare l'autonomia professionale dei giornalisti.
Guardate che la questione non è facile, perché ci sono l'orientamento della proprietà, Pag. 106l'orientamento del direttore e la linea politica del giornale: in qualche modo, l'autonomia del giornalista è già un oggetto misterioso, nient'affatto manifesto. Si tratta, però, di tutelare il giornalista rispetto ad un certo modo di fare informazione, come uno degli elementi, non l'unico, di un complesso insieme di interventi che devono riguardare il mercato pubblicitario, l'editoria, la valorizzazione dei giornali di opinione. In particolare, penso che quest'ultima sia una grandissima risorsa dell'Italia: il Riformista, diretto da Paolo Franchi, o Il Foglio, diretto da Giuliano Ferrara, sono due testate che danno sale alla nostra democrazia.
Lì dobbiamo operare o, meglio, rioperare. Mi rivolgo anche al sottosegretario Ricky Levi, il quale si occupa della materia presso la Presidenza del Consiglio: questo è un settore che non dobbiamo far vivere tra le ristrettezze, proprio per la crescita di forti conglomerati multimediali che, spesso, hanno risvolti evidentemente politici (pensiamo al ruolo che ha svolto e che svolge Murdoch nel mondo occidentale, al suo peso politico ed al modo in cui lo fa contare).
Quindi, deve esserci, da parte nostra, un aggiornamento di una concezione liberale che, a mio giudizio, conserva alcuni fondamenti assolutamente corretti e giusti, ma che non è più sufficiente nell'attuale situazione di profondo cambiamento.
Il modo per intervenire - mi rivolgo al ministro del lavoro e della previdenza sociale - è soprattutto quello di individuare questa immensa area del precariato giornalistico come qualcosa di patologico. È stato edito dalla federazione nazionale della stampa un libro bianco sul lavoro nero, a cura di Renzo Santelli. In Italia, siamo abituati a pensare, quando dobbiamo affrontare un problema, di approvare una nuova legge. Probabilmente, nuove leggi sono necessarie - e sicuramente lo sono per il riordino del sistema televisivo e nel settore dell'editoria -, ma io dico al ministro del lavoro che una delle cose che bisogna fare in Italia è quella di rispettare le leggi che ci sono. E tutto il mondo giornalistico deve essere una casa di vetro: le violazioni delle leggi che possono essere commesse in tale ambito acquistano maggiore gravità perché hanno a che fare con un bene comune prezioso come la libertà di informazione.
Quindi, sicuramente moral suasion, sicuramente un invito agli editori a togliere le pregiudiziali e a sedersi finalmente al tavolo dei negoziati, ma c'è bisogno anche di una volontà politica di fondo di un Governo che vuole, in questa materia, non creare ed ampliare la sua sfera di influenza e il suo condizionamento nei confronti dei giornali, ma vuole garantire che, in questo mercato giornalistico, ci possano essere più voci, voci contrastanti che sono fondamentali per lo sviluppo della nostra democrazia.
Signor Presidente, credo che questo dibattito dia forza al Governo ed al ministro Damiano, per riuscire, finalmente, a far sì che la vicenda di questo contratto non arrivi a durare tre anni. Già sta durando due anni. Se, infatti, arriva a durare due anni, allora, da questo punto di vista, è una battaglia che, forse, è già persa in partenza. Sono certo che il Governo, il ministro Damiano ed il Presidente del Consiglio si muoveranno in questa direzione e speriamo, finalmente, di vedere seduti ad un tavolo di trattative - lo sanno come si deve trattare - i rappresentanti dei giornalisti e quelli degli editori (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Verdi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con l'informativa urgente del Governo sul rinvenimento in Sardegna di ordigni esplosivi nei pressi delle abitazioni di due sottosegretari di Stato.
La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 19,35, è ripresa alle 19,40.

Informativa urgente del Governo sul rinvenimento in Sardegna di ordigni esplosivi nei pressi delle abitazioni di due sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente Pag. 107del Governo sul rinvenimento in Sardegna di ordigni esplosivi nei pressi delle abitazioni di due sottosegretari di Stato.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente secondo la rispettiva consistenza numerica, per 5 minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del viceministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il viceministro dell'interno, Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, come è noto, nella giornata di ieri sono stati rinvenuti due ordigni esplosivi davanti alle abitazioni dell'onorevole Emidio Casula, sottosegretario presso il Ministero della difesa, e dell'onorevole Antonangelo Casula, sottosegretario presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il primo ordigno è stato rinvenuto dal personale della scorta nella prima mattinata, in una busta di plastica collocata presso il portoncino di ingresso dell'abitazione dell'onorevole Emidio Casula in Cagliari. Il manufatto era composto da un cilindro con un diametro di circa venti centimetri, dodici centimetri di lunghezza, e conteneva circa 800 grammi di sostanza gelatinosa. Lo stesso era chiuso con due piastre di forma quadrata collegate tra loro con quattro perni e l'innesco consisteva in un detonatore elettrico collegato ad una sveglia predisposta per esplodere alle ore 4 del mattino. Alle ore 11,30 veniva rinvenuto un analogo ordigno dalla sorella dell'onorevole Antonangelo Casula, ex sindaco di Carbonia, all'interno di una busta di plastica lasciata davanti all'ingresso della sua abitazione in quel comune.
In entrambi i casi, sui luoghi dei ritrovamenti sono intervenuti gli organi investigativi e gli artificieri del comando provinciale del comando di Cagliari, che hanno eseguito i rilievi tecnici e hanno messo in sicurezza gli ordigni pressoché simili e confezionati in maniera artigianale. Entrambi gli ordigni, sebbene fossero presenti tutti gli elementi atti alla deflagrazione, sono però risultati volutamente difettosi nell'innesco e quindi non concretamente atti ad offendere.
Gli episodi, al momento non rivendicati, possono presumibilmente essere ricondotti agli ambienti antagonisti e anarco-indipendentisti locali, che, con tale duplice azione contro obiettivi di valenza non circoscritta soltanto al solo contesto sardo, intenderebbero evidenziare la loro perdurante capacità operativa, nonché a gruppi di aree marxiste-leniniste in fase di riorganizzazione.
Ricordo che l'ultimo attentato riconducibile ad una sigla eversiva, Nuclei proletari per il comunismo (Npc) e Resistenza rivoluzionaria sarda (Rrs), peraltro di scarso rilievo, consumato prima di quelli attuali, risale a quindici mesi fa ed è stato commesso a Palau ai danni del Naval Security Service. Sul citato sodalizio la polizia di Stato ha condotto un'indagine protrattasi per oltre tre anni e riguardante una ventina di attentati con uso di esplosivo compiuti dal 2002 al 2005 contro diversi obiettivi, tra cui quello, il 26 settembre 2002, alla prefettura e alla associazione industriale di Nuoro, quello del 15 maggio 2003 alla CISL di Cagliari, quello del 23 dicembre 2003 ad Oristano contro l'onorevole Mario Diana ed il senatore Ignazio Manunza e quello di Olbia ad una sede di Forza Italia del 7 dicembre 2004.
Al riguardo, l'11 luglio 2006, all'esito delle indagini svolte, è stata eseguita, da personale della Digos della Sardegna e della direzione centrale della polizia di prevenzione, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall'autorità giudiziaria di Cagliari nei confronti di dieci persone accusate a vario titolo di militare nelle formazioni eversive Organizzazione indipendentista rivoluzionaria e Nuclei proletari per il comunismo. Di particolare interesse va considerata, inoltre, l'inchiesta sul Comitato liberazione della Sardegna, con l'acronimo Cls, che ha portato nel marzo 2006 all'esecuzione di un'ordinanza Pag. 108di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone ritenute responsabili del fallito attentato alla sede elettorale di Nuoro dell'onorevole Bruno Murgia, realizzato il 22 marzo 2006 e rivendicato dal gruppo stesso.
In assenza di rivendicazioni, colgo l'occasione in questa sede per precisare che le presunte lettere di rivendicazione, di cui hanno parlato stamani alcuni organi di informazione, non hanno nulla a che vedere con gli atti intimidatori in questione; può essere presa in considerazione un'altra ipotesi investigativa, che potrebbe anche far considerare gli attentati come gesto di ritorsione nei confronti dei citati provvedimenti restrittivi che hanno colpito alcuni militanti di tale area.
Altre ipotesi investigative che non possono essere escluse sono quelle legate all'uso delle servitù militari nell'isola; è in corso infatti da tempo un confronto tra Governo e regione Sardegna sulla revisione del sistema delle servitù militari in quella regione e l'onorevole Emidio Casula, sottosegretario di Stato per la difesa, segue specificamente il tema delle servitù militari nell'isola. Sono in corso in tutta la Sardegna ulteriori indagini sui citati gruppi eversivi.
A seguito degli attentati, sono state sensibilizzate le autorità di pubblica sicurezza della regione perché siano potenziate le attività investigative volte ad individuare gli autori e siano poste in essere misure idonee di prevenzione e di vigilanza rispetto a tutti gli obiettivi sensibili.
Allo scopo di imprimere massimo e sinergico impulso alle investigazioni, si sono tenute riunioni tecniche da parte degli organismi deputati alle indagini, sia della Polizia di Stato sia dell'Arma dei carabinieri, nonché delle autorità giudiziarie, al fine di meglio evidenziare i profili tecnico-operativi che dovranno connotare le conseguenti attività di indagine.
Infine, il prefetto di Cagliari ha indetto una riunione di coordinamento delle Forze di polizia tenuta subito, nel pomeriggio di ieri, per un approfondito esame dei fatti e per la valutazione dell'esposizione al rischio delle due personalità politiche. Nel corso di tale riunione, è stata decisa l'adozione di incisive misure di vigilanza individuale nei confronti dei due sottosegretari, misure immediatamente applicate. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei, viceministro Minniti, per l'informativa resa.

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, noi vogliamo esprimere apprezzamento per la puntualità con la quale il Governo ha voluto riferire all'Assemblea su tale episodio e per l'impegno manifestato; a tale ultimo riguardo, vogliamo esprimere un sentimento di fiducia e anche di speranza affinchè possa essere concludersi positivamente l'iniziativa delle Forze dell'ordine e delle autorità preposte contro un fenomeno che evidentemente, come ha testé ricordato il viceministro Minniti, non è recentissimo.
Vogliamo però, proprio per tale ragione, rinnovare la nostra preoccupazione per gli episodi che hanno interessato i nostri due colleghi e soprattutto per la reiterazione di un fenomeno che segnala la permanenza della presenza in Sardegna, non definitivamente contrastata, di scorie indigerite di una vecchia esperienza politica - chiamiamola così; ma, la dignità della politica, non l'ha mai avuta! - che tenta di riprodurre forme e linguaggi di un vecchio terrorismo sconfitto dalla storia.
È stato richiamato in questa sede, anche stasera dall'onorevole Minniti, un qualche nesso possibile, evocato anche da alcuni documenti del passato di questi movimenti, con la questione delle servitù militari Sardegna.
Vi faccio un breve cenno, per ricordare che i sardi vivono una stagione di straordinario impegno da parte della regione sarda e del Governo (nel quale l'onorevole Emilio Casula, in prima persona, è impegnato, ma, insieme a lui, tutto il Governo) Pag. 109per ridurre il carico di servitù militari, per restituire ampi spazi di territorio della nostra regione al governo autonomistico e per redistribuire, secondo maggiore equità, l'onere della partecipazione italiana alla difesa della pace, prima di tutto, del nostro territorio e del nostro continente.
Tuttavia, vorrei dire ai colleghi che questo processo matura in un clima di grande comprensione, di partecipazione e di responsabilità da parte della comunità regionale sarda, senza distinzioni, in uno sforzo di operoso esercizio delle diverse funzioni, con l'obiettivo comune di una consistente diminuzione delle servitù militari, per restituire al territorio della Sardegna un uso economico da parte dei sardi, secondo le loro scelte.
Sappiamo che, in questo processo, nessuno spazio può esistere - lo abbiamo affermato in altre occasioni e vorremmo ribadirlo oggi - per quanti pretendono di usare questa giusta e sentita rivendicazione popolare per dare corpo e rivitalizzare una forma di ribellismo tanto improbabile quanto estraneo alla cultura civile e democratica della Sardegna.
Il Governo e le autorità responsabili della sicurezza si sono impegnate per un supplemento di lavoro, di indagine e di repressione. Vorremmo chiedere al qui presente responsabile del Ministero dell'interno di esercitare ogni sforzo, con maggiore convinzione, affinché si ponga la parola fine a questa presenza anacronistica, improbabile, non ragionevole ed estranea alla cultura della Sardegna, di questi ridicoli fenomeni e tentativi di proporsi come terroristi, che ridicoli non sono per i danni che hanno causato in passato e per quelli immateriali che, ancora oggi, sono stati causati con quest'ultimo episodio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONELLO SORO. Sappiamo che la comunità sarda, senza distinzioni, farà terra bruciata attorno a questi tentativi, e vogliamo dire che i nostri colleghi, ai quali va la nostra solidarietà, non rinunceranno, per queste intimidazioni, ad esercitare, con responsabilità e passione, il loro impegno civile (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, La Rosa nel Pugno e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, personalmente e a nome del gruppo Forza Italia, preliminarmente, esprimo piena solidarietà ai due rappresentanti del Governo rispetto ad atti che hanno trasmesso un messaggio che cerca di minare, ancora una volta, la legittimazione delle istituzioni sarde.
Il viceministro Minniti ha evocato, dal 2000 al 2006, i fatti gravi e importanti verificatisi, che sono stati diversificati, in quanto hanno colpito le organizzazioni sindacali e, quindi, il mondo del lavoro, continuamente impegnato in Sardegna per realizzare condizioni di dialogo e per definire progetti e programmi che vanno nella direzione del risanamento economico, finanziario ed occupazionale.
Egli ha ricordato un fatto che considero ricollegabile a quelli di oggi, perché, anche in quel caso, due soggetti politici appartenenti alle istituzioni sono stati colpiti nella stessa data: mi riferisco al presidente della provincia Mario Diana, di AN, e il senatore Manunza, dell'UDS-Forza Italia.
È chiaro che non possiamo assistere senza reagire, non possiamo declinare il ripetersi di questi episodi senza esercitare una riflessione che, da una parte, deve fornire la massima fiducia alle Forze dell'ordine (che, in Sardegna, hanno sempre operato in maniera straordinaria) e, allo stesso tempo, deve richiamare l'attenzione del Parlamento e del Governo sulle coincidenze temporali.
Il collega Soro ha richiamato il tema che la Sardegna ha vissuto e vive. Per cinque anni, mi sono occupato in maniera precisa e specifica delle servitù militari, ma non ho ricevuto una pallottola, neanche dentro una busta. Credo vi sia qualcos'altro. I tempi di operatività dei due sottosegretari non indurrebbero a ritenere Pag. 110abbinabile, anche per la serenità, l'equilibrio e la capacità con cui stanno realizzando tale processo, un atto così grave e minaccioso.
Credo che sia necessario riflettere sulla coincidenza temporale (lo dico, colleghi, come spunto di riflessione) con i fatti di Vicenza, fatti che stanno contrapponendo, con una spinta ideologica, una spinta di odio, una spinta di non accettazione del dialogo e del confronto all'interno delle istituzioni. Vicenza ha un'amministrazione comunale che, pur con una differenza minima, ha ritenuto di condividere l'impostazione prima del Governo Berlusconi e, non dimentichiamolo, l'impostazione, come linea di continuità, che segue il Governo Prodi.
Sono fatti che si inseriscono su vicende che vedono coinvolta, allo stesso modo, la regione Sardegna in cui manca la serenità, in cui manca l'equilibrio, in cui le aspettative che vengono sollevate dalle troppe enunciazioni portano inevitabilmente al richiamo della violenza, che tutti noi dobbiamo contrastare, realizzando risposte per evitare che ciò possa avvenire.
Per simili episodi terroristici non possiamo limitarci ad una semplice forma di condanna, ma dobbiamo anche dire basta alle bandiere bruciate, basta alle «crociate» che ci espongono ad una situazione che deve, invece, essere portata avanti con capacità di guardare agli obiettivi. In questo momento, in Sardegna esiste una grave frustrazione sociale, l'aumento della disoccupazione, il mancato sviluppo economico. La politica regionale e nazionale deve, conscia del proprio ruolo e con consapevolezza e serietà, fornire risposte ai sardi, affinché si possano emarginare e debellare simili atti di violenza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Murgia. Ne ha facoltà.

BRUNO MURGIA. Signor Presidente, colleghi, signor viceministro, innanzitutto manifesto solidarietà da parte del gruppo di Alleanza Nazionale ai due esponenti del Governo, Emidio Casula e Antonangelo Casula, per l'intimidazione subita.
Con un piccolo sorriso vorrei dire ai miei due colleghi sardi che, forse, a loro è andata meglio che a me. Io stesso sono stato vittima di un paio di attentati da quella che viene considerata la galassia anarco-insurrezionalista. Nel 2004, infatti (mancava nel report del viceministro Minniti), una bomba ha letteralmente distrutto il mio ufficio elettorale. È stata rivendicata dagli Npc, i nuclei proletari per il comunismo, sigla divenuta più nota, come si evince dai giornali di questi giorni. Nel 2006, poi, durante la campagna per le elezioni politiche, un ordigno è stato ritrovato inesploso (la dinamica sembrerebbe quasi la stessa) nella sede elettorale del mio partito. La sigla che lo rivendica è il Cls, comitato di liberazione della Sardegna.
Per quest'ultimo attentato le forze dell'ordine hanno arrestato tre persone e siamo in attesa del processo; di conseguenza, signor Presidente, colleghi, conosco bene il sentimento di rivendicazione di queste persone e il cosiddetto «arcipelago» terroristico sardo. Tra l'altro, ho letto i loro documenti con una certa curiosità, volendo comprendere i motivi per cui se l'erano presa con il sottoscritto. L'unica cosa che ho capito è che ci troviamo di fronte ad una pochezza culturale disarmante; le loro iniziative, infatti, sembrano spinte da uno spirito infantile, come infantili sono alcune delle loro presunte rivendicazioni contro lo Stato.
Signor viceministro Minniti, la pochezza culturale non li può scagionare; queste idee vanno combattute e stroncate duramente, anche perché vi è uno strano humus che si muove attorno ad una vecchia eversione - forse mai sopita in Sardegna - e nuove leve che, invece, ambiscono a legarsi ad essa.
Molti di questi giovani - alcuni sono stati anche arrestati - si muovono nei limiti della legalità e solo l'importante azione svolta in questi anni dalle forze dell'ordine, coordinate dall'ottimo ministro Pag. 111Pisanu, ha fatto luce su alcuni intrecci sotterranei e sugli obbiettivi di questa che noi definiamo una nuova eversione sarda. Però ho notato che una certa politica (ogni tanto, non sempre), la cosiddetta sinistra radicale - non tutta ovviamente: tra l'altro, i parlamentari sardi incontrano il mio rispetto -, flirta o difende alcuni giovani di queste frange: si tratta di un errore che non può essere compiuto. Chi viene arrestato sulla base di precise accuse e dati inconfutabili appare quasi come un perseguitato politico: in questo modo si agita un can can mediatico che non può essere accettato.
Un'altra considerazione va fatta sul destino delle basi americane in Sardegna. Il governatore Soru non ha mai fatto mistero di voler mandare via gli americani dall'isola: questo sta avvenendo a La Maddalena e ciò crea, com'è ovvio, anche delle particolari condizioni e problemi economici per le popolazioni locali. Tra l'altro, non è dato sapere - meglio di me lo avete fatto osservare voi - se il sottosegretario Emidio Casula, che ha la delega per trattare questi importanti temi (in particolare, quello delle dismissioni e, comunque, quello più ampio delle servitù militari in Sardegna), possa rappresentare un obbiettivo proprio perché, forse, ha una posizione diversa da quella del governatore e del Governo di cui egli fa parte.
Signor viceministro Minniti, la ringrazio anche per la celerità con la quale ella è venuto in aula a riferire di questi avvenimenti, ma le faccio osservare che il suo Governo è caratterizzato da un tratto di ambiguità. Come ha fatto osservare in precedenza il collega Cicu, emerge oggi una posizione - i fatti di Vicenza lo testimoniano - di antiamericanismo che possiamo definire rozza e desueta e che in Sardegna fa molta presa, ha un appeal addirittura mediatico.
Quindi, è facile che questi sentimenti di finta ribellione si trasformino in rivendicazioni sterili e pericolose, ed anche in bombe. Ecco perché il tema non può essere sottovalutato, e credo vada anche sostenuta l'azione delle forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cogodi. Ne ha facoltà.

LUIGI COGODI. Signor Presidente, colleghi, esprimo anch'io apprezzamento per la puntualità con la quale il Governo riferisce alla Camera e condivido altresì la ferma condanna, senza attenuante alcuna, che deve essere espressa di fronte ad atti di violenza che, seppur tentati, hanno tuttavia una loro idoneità ad esprimere elementi di turbativa nella vita democratica, nella dialettica politica e, comunque, producono degli effetti nefasti.
La condanna è senza appello perché nessuna giustificazione può essere addotta, neppure in ragione di esistenti, profonde e diffuse condizioni di malessere sociale in Sardegna, così come in altre parti del territorio nazionale.
Il disagio sociale ed anche il malessere, però, si esprimono democraticamente, a viso aperto e scoperto, nella lotta politica, nelle assemblee, nelle manifestazioni, così come accade diffusamente anche nella nostra regione; quindi penso che, oltre alla condanna ferma, non condizionata da alcuna riflessione giustificazionista, oltre alla solidarietà e alla amicizia che ancora esprimiamo ai nostri amici, colleghi e compagni Emidio Casula ed Antonangelo Casula, debba essere ancora compiuto uno sforzo di analisi ed anche di iniziativa politica. Lo dico in tutta sincerità: non condivido la ripetizione di una vecchia analisi, di una indicazione ormai consuetudinaria che individua nel teorema che ogni e qualsiasi forma di violenza politica in questo nostro paese, sia di carattere residuale sia di carattere nuovo, debba essere - non so perché - per forza individuata, attribuita a quelle configurazioni che si usa ancora definire - anche il Governo usa queste espressioni - «galassia» «arcipelago» e, guarda caso, sempre anarchico-insurrezionalista, indipendentista, non so se anche con venature islamiste-integraliste e quant'altro.Pag. 112
Chi è colpevole di fatti così gravi deve essere individuato, deve essere perseguito in quanto colpevole; infatti, non possiamo, non dovremmo più sentire in un'aula del Parlamento espressioni del tipo che esistono, e non si dice il perché, giovani - saranno dieci, inizialmente erano dieci adesso sono sei o sette, detenuti da circa otto mesi - nei confronti dei quali non è stata neppure ancora precisata l'accusa e che sono detenuti nelle carceri - spesso in isolamento e in carceri sparse per l'Italia - perché appartenenti o - come dice il Governo - responsabili di militare nelle associazioni eversive. Cosa vuol dire militare nelle associazioni eversive? Vuol dire che sono responsabili di atti, di fatti? Questo non è un modo...! Oppure vuol dire pensare a ipotesi investigative che riconducano a ritorsioni che ipotizzino reazioni a forme di contestazione politica...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole.

LUIGI COGODI. Sicuramente ciò non aiuta l'accertamento della verità; infatti, per sconfiggere la violenza, oltre alla trasparenza, oltre alla decisione con la quale la violenza politica deve essere contrastata, serve anche la responsabilità e il senso della giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, anche il gruppo UDC esprime solidarietà umana e politica ai sottosegretari Emidio Casula e Antonangelo Casula per l'attentato subito, che turba l'intera società sarda e nazionale.
Sono questi due episodi gravissimi che ci lasciano sconcertati perché lontani dalla nostra cultura di sardi e per i quali va espressa la nostra più ferma e convinta condanna. Dobbiamo respingere con forza questi tentativi terroristici che vorrebbero condizionare la vita sociale e democratica della collettività sarda; quindi, occorre che lo Stato mantenga alta la tensione verso il terrorismo, che deve essere isolato e sconfitto.
I problemi della Sardegna sono così tanti e gravi che vi è la necessità dell'impegno continuo e costante delle istituzioni e degli uomini che le rappresentano, senza che essi abbiano alcun condizionamento di natura violenta.
Chi sposta il luogo ed il modo del confronto delle proprie opinioni dalla dialettica politica e democratica allo scontro armato è sicuramente un criminale e come tale va perseguito e consegnato alla giustizia. Sono sicuro che gli autori degli attentati criminali rappresentano una parte minoritaria del popolo sardo, che nasconde la propria incapacità di pensiero e di azione politica con la violenza.
Tuttavia, a queste parole che ho pronunciato a nome del mio gruppo, vorrei aggiungerne altre, da sardo. Intendo farlo in questa sede perché, anche se non dobbiamo differenziarci in quanto sardi, qualcuno si aspetta una risposta «da sardi». Pertanto, non ritengo che sia sbagliato esprimere la mia solidarietà personale, unitamente al collega Oppi che siede al mio fianco, perché ritengo molto importante dare una risposta in Parlamento, in quanto sardo, ai sardi (almeno così ritengo) che hanno compiuto questo attentato. È importante che noi tutti facciamo capire loro che da qualunque parte politica ci troviamo, siamo comunque convinti che quella non è la strada che porta alla soluzione dei problemi della Sardegna.
Certamente dobbiamo dare una risposta oltre l'amicizia che ci lega. Non me ne voglia Emidio Casula, ma Antonangelo Casula appartiene anche alla mia città, è stato il mio sindaco e con lui sono stato consigliere comunale. Quindi, è come se mi avessero toccato nelle mie stesse tasche. Ritengo allora che una risposta di questo tipo sia proprio quella vincente, anche se poi dobbiamo affrontare politicamente il problema nei rapporti tra partiti. Dobbiamo interessarci anche a questo aspetto perché è chiaro che occorre evitare qualsiasi appiglio alle forme terroristiche. Non possiamo giustificare in alcun modo e Pag. 113per nessun motivo questo tipo di azioni. Una politica, anche se sbagliata, non può portare a risposte di tipo terroristico. Pertanto, mi rifiuto in questo momento di affrontare un problema così importante, che tocca personalmente non solo alcuni colleghi ma anche degli amici. Tra l'altro, si tratta anche di due galantuomini visto che insieme, sia pure da posizioni diverse, abbiamo fatto politica con la lealtà che contraddistingue le persone che nella politica credono. Quindi, bisogna dare una risposta e dire agli autori che stanno sbagliando. Siamo adirati anche noi e questo è il posto giusto per dirlo. In seguito potremo constatare che anche in Sardegna qualcosa va rivisto e che è ora di capire che chi svolge azione politica non può essere un avversario terribile, ma semplicemente qualcuno che la pensa in maniera diversa. Tutti insieme dobbiamo rivalutare la nostra azione affinché sia di esempio a chi ci vede ed ascolta.
Senza voler togliere nulla a chi sardo non è, credo che in questo momento occorra dare il segno di una presenza importante. Voglio evidenziare questo affinché tutti sappiano che la Sardegna risponde unita a chiunque vuole rompere la tranquillità di un popolo che ha l'ambizione di raggiungere un progresso. In questo momento, questo popolo ha problemi, come quello del lavoro. Questo, sì, che è un problema da affrontare tutti insieme per raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, a nome del gruppo della Lega Nord Padania, voglio esprimere solidarietà ai due sottosegretari, a quello alla difesa, Emidio Casula, e a quello all'economia, Antonangelo Casula, per i fatti occorsi e su cui stiamo discutendo. Siamo anche certi che da parte delle forze dell'ordine, come già è avvenuto, vi sarà un pronto intervento e sicuramente la capacità professionale e le competenze permetteranno di rintracciare nel più breve tempo possibile i responsabili di questo fatto.
Il rappresentante del Governo Minniti ha affermato che, con probabilità, i responsabili vanno cercati all'interno degli ambienti antagonisti, anarco-indipendentisti, dell'area marxista-leninista, dei nuclei proletari per il comunismo. È un film già visto, un libro già scritto: in quest'aula abbiamo ascoltato tante parole piene di ipocrisia, sono state dette cose già sentite. Ma tali parole poco servono o non servono a niente, se non c'è la volontà di una parte di questa sinistra di recidere il collegamento esistente, sotterraneo o quasi nascosto, con certi ambienti. È inutile nasconderlo: numerosi membri di questa Assemblea negli anni passati hanno fatto parte di questi ambienti antagonisti e anarco-indipendentisti, dell'area marxista-leninista, come la definiamo in questo momento. Sono membri di questa Assemblea, e sappiamo chi sono. Non sto attribuendo responsabilità: sto parlando del passato. È difficile, oggi, pensare che in quest'aula si possano affrontare, con serenità e senza ipocrisia (purtroppo, vi è stata molta ipocrisia), discorsi di questo tipo.
L'onorevole Soro ha parlato di preoccupazione. Sempre l'onorevole Soro ha affermato che nessuno spazio può esistere per questi ambienti e che questi ultimi in passato hanno creato dei danni. È ben vero, ma sappiamo anche che - lo ripeto - diversi esponenti, che appartenevano a certe aree, oggi si trovano a sedere nei banchi del Parlamento. Quindi, dobbiamo mettere da parte questa ipocrisia celata. Tali esponenti sono gli stessi che, molto spesso, si nascondono dietro certi cortei del centrosinistra. Vi è commistione ed una vicinanza; è difficile operare una separazione, poiché i confini sono sempre molto labili. Chi è padron del proprio male deve anche piangere se stesso!
Vorrei concludere con le parole dell'onorevole Soro, che ha affermato che la comunità sarda farà terra bruciata attorno a questi elementi. Siamo convinti anche noi che la comunità sarda farà terra bruciata attorno a questi elementi: quella terra bruciata che il centrosinistra, ad oggi, non è riuscita a fare.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, desidero, innanzitutto, esprimere un ringraziamento e un apprezzamento nei confronti del viceministro Minniti per la completa e puntuale esposizione. Vorrei esprimere, ancora, la piena ed affettuosa solidarietà, mia personale e dell'Italia dei Valori, ai due sottosegretari, per me cari amici, Emidio Casula ed Antonangelo Casula ed alle loro famiglie. Desidero anche rivolgere loro un ringraziamento per la forza morale che essi hanno dimostrato in questa circostanza, pur nel turbamento dei loro familiari, venendo a Roma e rimanendoci per adempiere alle loro funzioni. Ciò proprio per dimostrare che, comunque, questi atti eversivi non pagano e non producono risultati.
Vorrei esprimere anche solidarietà ai loro partiti e all'intero Governo, perché in fondo questo è un atto rivolto contro l'istituzione, da chiunque rappresentata. Perciò essa deve tenere un atteggiamento totale, deciso e senza distinzioni, né di maggioranza né di opposizione, come fortunatamente oggi è avvenuto.
In Sardegna sono attive alcune cellule eversive di varia radice, compresa quella insurrezionalista, che sperano di coinvolgere la popolazione nelle loro farneticazioni. Finora, non ci sono riuscite e siamo convinti che non ci riusciranno. Ma sarebbe un errore sottovalutare la gravità della situazione. Sembra trattarsi di un gesto dimostrativo che comunque, pur essendo tale, assume la sua gravità in un continuum di episodi analoghi che rappresentano un'escalation.
Credo che sarebbe anche un grave errore mantenere una atteggiamento giustificazionista, ossia di saldatura e di correlazione tra disagio sociale - pure esistente oggi in Sardegna - e legittimazione dell'attività eversiva. Ogni pur legittima protesta non può che svolgersi all'interno del binario tracciato dalla Costituzione e dalle leggi che da essa derivano e ad essa si ispirano: diritto di espressione del pensiero, ma rifiuto della violenza. Chi è violento deve pagare. Il conflitto politico, che è legittimo ed è anche il sale della democrazia, fa crescere; l'uso della violenza è aberrante e va inesorabilmente punito.
Non credo che sia necessario sollecitare un'azione incisiva ed invitare a non sottovalutare la gravità sostanziale e simbolica di questi atti criminali, che sono estremamente preoccupanti. In Sardegna, infatti, abbiamo fior di inquirenti di elevatissima professionalità, nella Procura della Repubblica e nelle forze dell'ordine, che già stanno profondendo un grande impegno per stroncare ciò che speriamo si dimostri un aborto di insurrezionalismo d'accatto. Se qualcosa possiamo suggerire, tuttavia, verosimilmente è che occorre potenziare i servizi di intelligence e di sicurezza, anche se ci rendiamo conto che si tratta di segmenti molto compartimentati e chiusi e che rendono più difficile penetrare nelle compagini eversive e conoscere piani e componenti. Abbiamo fiducia nel fatto che gli inquirenti sapranno presto assicurare alla giustizia i criminali autori dei vili gesti di cui oggi parliamo. Ciò contribuirà a dimostrare che - ce lo auguriamo, anzi, ne siamo certi - che si tratta di azioni di gruppuscoli isolati e senza collegamenti con il resto della società sarda. Tra quest'ultima e l'eversione c'è un abisso che reati come questi contribuiscono a scavare ulteriormente e a rendere incolmabile. Perciò, mentre contiamo sull'azione investigativa, siamo convinti che anche lo spirito democratico, profondamente radicato in Sardegna, contribuirà in misura uguale a sconfiggere ogni velleità o delirio di eversione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, ai sottosegretari Emidio Casula e Antonangelo Casula, colpiti da questo attentato, va anche la solidarietà incondizionata del gruppo dei Comunisti Italiani e, per quello che sommessamente può valere, la mia personale.Pag. 115
Credo che nessuno più di me e del collega Cogodi, che è intervenuto in precedenza e che appartiene ad un gruppo e ad un partito che ancora si definisce «comunista», può soffrire nel vedere l'applicazione di sigle e nomi e l'abuso di slogan che appartengono alla storia di un partito glorioso e democratico, che ho l'onore di continuare a rappresentare in questa Assemblea. Quindi, la nostra solidarietà è incondizionata, come è incondizionata la condanna di chi compie questi atti e di chi abusa di quella storia, di quel nome e di quei simboli. Voglio anche dire, in tutta serenità, che non sono affatto persuaso della ricostruzione che, di questa vicenda come di altre, ormai ritualmente e pedissequamente è fornita in alcuni ambienti inquirenti. Sono abituato a domandarmi, rispetto ad ogni azione, a chi giovi l'azione medesima. Allora, mi domando a chi giovi colpire due sottosegretari, in particolare il sottosegretario Emidio Casula, in un momento in cui la regione Sardegna vive una stagione importante di liberazione dall'oppressione delle servitù militari, attraverso le parole, molto significative, pronunciate anche dal presidente della regione nei confronti dei nostri alleati storici, gli Stati Uniti d'America. Infatti, egli ha affermato che, così come sono venuti da amici, da amici se ne devono andare. Che senso ha colpire l'istituzione, nel momento in cui, come mai in precedenza, c'è un rapporto tra l'istituzione nazionale e quella regionale, per liberare la Sardegna dalla schiavitù delle servitù militari? A chi giova tutto questo? Del resto, mi chiedo anche a chi giovi richiamare e collegare a questi episodi - l'ho appreso da un articolo di stampa, prima ancora della informativa del viceministro Minniti - alcuni arresti che sono stati effettuati. Mi riferisco esclusivamente a quelli del luglio dello scorso anno, perché di altri, per ragioni di opportunità, non intendo parlare. Mi domando, cioè, a chi giovi collegare questi episodi a quegli arresti, sostenendo che la lotta contro lo Stato potrebbe essere passata dalle parole ai fatti. Si paventa la possibilità che esista un movimento politico violento o si sollecita all'opinione pubblica questo tipo di interpretazione. In questo tipo di azioni non c'è coraggio, non c'è capacità di coinvolgimento della popolazione e, per usare un termine caro ai sardi - mi rivolgo ai due sottosegretari -, non c'è nemmeno «valentia». In altri termini, non c'è il coraggio di mostrare la contrapposizione con metodo civile e con metodo fermo.
Questo non è il metodo dei minatori della Sardegna; questo non è il metodo dei disoccupati della Sardegna; questo non è il metodo dei pacifisti e degli ambientalisti della Sardegna, e questo non è neanche il metodo dei comunisti della Sardegna. Allora, io credo che dobbiamo mantenere, saper mantenere distinti i due profili.
C'è un profilo che comporta una responsabilità penale; la responsabilità penale va accertata e, una volta accertata, vanno fatti processi e applicate le sanzioni. Ma questo non ci autorizza a strumentalizzare la Sardegna (come già in passato qualcuno ha fatto) come laboratorio di chissà quali operazioni eversive, pericolose addirittura per l'assetto democratico del nostro paese.
Continuo a ritenere, assumendomi la responsabilità dell'interpretazione che do, che siano state effettuate a carico di movimenti politici (dei quali, sia detto chiaramente, politicamente non condivido nulla) operazioni anche di polizia giudiziaria molto discutibili.
Credo che questi attentati nulla abbiano a che vedere né con quelle operazioni, né con chi, anche indirettamente, ne è rimasto coinvolto. Credo che sia un pessimo servizio quello di voler mischiare pessime azioni giudiziarie e deportazioni di carcerati con attentati che, ripeto, non hanno niente a che vedere neanche con la storia di più dura opposizione della mia terra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crema, al quale chiedo scusa, perché ho sbagliato nella lettura dell'ordine degli interventi. Ha facoltà di parlare, deputato Crema.

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GIOVANNI CREMA. La ringrazio, Presidente. Non posso che rinnovare questa sera, sia a titolo personale che a nome di tutti i colleghi parlamentari della Rosa nel Pugno, la più fraterna e affettuosa solidarietà ai nostri colleghi, i sottosegretari Emidio Casula e Antonangelo Casula. Mi rivolgo in modo particolare al mio compagno di partito, che conosco, stimo, apprezzo. Ritengo pertanto che possa essere ricordato anche in quest'aula il suo integerrimo comportamento di uomo pubblico.
Ritengo che questi siano e rimangano atti gravissimi, inqualificabili e criminali. Credo che non abbiano nulla a che vedere con i civilissimi cittadini della Sardegna. Essi non vanno sottovalutati, indipendentemente dal fatto che non abbiano per fortuna prodotto, o non abbiano voluto in questa occasione produrre, danni irreparabili.
Non c'è e non deve esserci alcuna giustificazione. Non dobbiamo rimanere indifferenti. Sono convinto invece che il protrarsi di questi gesti criminali susciti ulteriore preoccupazione proprio perché il loro ripetersi a maggior ragione non deve lasciare nessuno di noi indifferente.
Ritengo che sia giusto «leggere» questo atto criminale come un segnale alla politica, al Governo, al Parlamento. L'obiettivo è lo Stato: lo Stato è stato assunto come nemico, e quindi abbiamo a che fare e ci misuriamo con dei criminali, con dei delinquenti, anche se essi assumono un atteggiamento barbaro, primitivo nel loro linguaggio che, tra l'altro, la storia anche recente del nostro paese ha isolato e sconfitto.
Rimangono comunque dei fatti gravissimi. Essi sono di matrice terroristica e quindi, a mio avviso, ripropongono la necessità della massima allerta.
Ripeto: non dobbiamo strumentalizzarli l'uno contro l'altro, ed è sbagliato che anche una legittima difesa politica di chi ritiene in maniera ingiusta di essere sfiorato da accuse, possa in qualche maniera, per giustificare legittimamente e politicamente se stesso, dare qualche forma, appunto, di giustificazione a questi atti, che rimangono e sono degli atti inqualificabili e criminali. Anzi, proprio perché essi hanno come obiettivo lo Stato, le libere istituzioni democratiche e i loro rappresentanti, i loro servitori, la politica deve essere più unita, le istituzioni debbono dare una risposta più forte, più salda e non è questa l'occasione per dividerci.
Ho apprezzato molto l'intervento dei colleghi, in particolare quello del rappresentante dell'UDC, in quanto ritengo che questo sia lo spirito giusto in occasioni come queste, per unire il Parlamento e l'intero popolo al fine di isolare una teppaglia che non ha alcuna giustificazione.
Quindi, oltre alla solidarietà politica ed umana, intendo ringraziare anche il viceministro Minniti per la sua puntualità nell'informare il Parlamento. In ogni caso, invito il Governo a procedere senza incertezza e senza alcuna tolleranza nell'opera di indagine, che deve essere seguita da una democratica repressione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor viceministro, ho apprezzato la sua ricostruzione seria e corretta, diretta a fornire la giusta luce a quanto avvenuto e alla gravità dei fatti che non vengono disattesi e, nello stesso tempo, a guardare con fiducia ad uno Stato democratico che è forte e che non dovrà mai cedere al ricatto di delinquenti.
La solidarietà del gruppo dei Popolari-Udeur agli amici sottosegretari, Emidio e Antonangelo Casula, è forte e condivisa. A loro mi legano tra l'altro rapporti di profonda amicizia, avendo collaborato con Emidio Casula in giunta regionale in Sardegna e con l'amico Antonangelo nell'ANCI. Si tratta di due persone impegnate in prima linea.
Ho apprezzato molto le loro dichiarazioni rese subito dopo il fatto, nel senso di voler continuare a lavorare nell'interesse della democrazia e della libertà nel nostro paese. Credo che questa sia la più grande e la più forte risposta a tali atti delinquenziali.Pag. 117
Certo, onorevole Minniti, la situazione è pesante e non va sottovalutata. La verità è che in Sardegna questo malessere esiste, come dimostrato dal continuo ripetersi di attentati nei confronti di pubblici amministratori. Il problema della sicurezza esiste e va affrontato e lei, signor viceministro, stasera ci ha rassicurato sul fatto che il Governo sarà puntualmente impegnato su questa linea.
Credo che tutto il Parlamento, unito in questo momento di solidarietà verso i nostri colleghi nonché nella difesa della democrazia e della legalità, a questo punto possa davvero lavorare nel migliore dei modi affinché la popolazione sarda e quella italiana possano nuovamente avere fiducia nelle istituzioni.
Concludo, dicendo agli amici sottosegretari: tra chent'annos un'athera comente a custa cun pari fortuna!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, ho deciso di prendere la parola, pur non essendo sardo e non avendo quindi capito la battuta del collega Satta, perché credo che questo sia un problema che non riguarda solo la Sardegna e conseguentemente i soli parlamentari sardi.
Ritengo che sia un fatto nazionale e che come tale debba essere trattato anche dal Governo e, in particolare, dal Ministero dell'interno.
È vero che è sbagliato parlare di «galassie» e di «arcipelaghi», ma qui trattiamo di cose molto concrete, cioè di una situazione pericolosa per il nostro paese e di un intreccio possibile tra un terrorismo esterno di matrice islamica, e questo non è probabilmente il caso, e un estremismo interno di vocazione antioccidentale e antiamericana.
Penso che sia sempre sbagliato considerare le parole e i fatti come se fossero la stessa cosa, però io provengo da una esperienza (probabilmente anche Minniti, come me) negli anni Settanta in cui le parole e i fatti avevano qualche rapporto e, in qualche caso, si è passati proprio dalle parole, dalle indicazioni politiche, dalle strategie estremiste alle azioni eversive.
Penso che debba esservi da parte del Governo, proprio per questo, un livello di vigilanza molto alto. Leggevo proprio stamattina sul giornale che un uomo di fede, un prete di Vicenza, che sta guidando in questo momento la protesta contro il potenziamento della base americana, che è oggetto di discussione e di divisione all'interno del Governo, ha parlato testualmente di «insurrezione pacifista». Ritengo che la Chiesa, che è così attenta - a mio giudizio fin troppo - ai temi della difesa dei diritti dell'embrione o della famiglia, che è così presente sui temi delle coppie di fatto e degli omosessuali, dovrebbe essere attenta anche a far sì che i suoi rappresentanti a livello locale non compiano l'errore, che può essere davvero tragico, di fornire pretesti e indicazioni a coloro che poi - come dicevo prima - possono passare dalle parole ai fatti.
Desidero esprimere, infine, a nome del gruppo del Nuovo PSI e della Democrazia Cristiana, apprezzamento per la ricostruzione meticolosa fornita dall'onorevole Minniti, viceministro degli interni, e un'affettuosa solidarietà ai due sottosegretari colpiti. Non conosco Antonangelo, ma conosco molto bene Emidio, e a lui in particolare rinnovo l'amicizia storica (siamo stati in quest'aula insieme - lo ricordava l'onorevole Crema che però allora non c'era - nell'XI legislatura). Mi onoro della sua amicizia nel gruppo del partito socialista.
Ho avuto occasione oggi di vederlo proprio nei corridoi della Camera e gli ho detto: stai sereno e continua la tua attività come se questo non fosse avvenuto. Credo che sia questo il miglior modo di rispondere a simili attentati o atti dimostrativi, come prima ci ha ricordato il viceministro Minniti (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.Pag. 118
Ringrazio il viceministro Minniti e i deputati che hanno partecipato alla discussione. Naturalmente, la Presidenza della Camera si unisce alle espressioni di solidarietà, pronunciate da tutti i colleghi che sono intervenuti, nei confronti dei due sottosegretari che sono stati fatti oggetto dei gravi atti di intimidazione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 18 gennaio 2007, alle 9.

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale (1496-A);
e delle abbinate proposte di legge: CIOCCHETTI ed altri; GIANCARLO GIORGETTI e CAPARINI; RONCHI ed altri; PESCANTE ed altri; DEL BUE (587-711-1195-1803-1840).
- Relatore: Folena.

(al termine delle votazioni)

2. - Informativa urgente del Governo sulla situazione e sulle prospettive dell'Alitalia e del trasporto aereo e sul relativo confronto tra Governo e sindacati.

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,40.

DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI GIACOMO MANCINI, LUCIO BARANI, ARNOLD CASSOLA E VITO LI CAUSI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1042-B (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006).

GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'appuntamento annuale per l'approvazione della legge comunitaria rappresenta un momento molto importante in cui si esprime e si concretizza la partecipazione dell'Italia alla fase discendente del processo normativo comunitario. Fra pochi mesi festeggeremo il cinquantennio del Trattato di Roma istitutivo della Comunità economica europea e anche in vista di questa ricorrenza occorre che il Parlamento s'impegni, quest'anno in particolar modo, a promuovere il rilancio dell'integrazione europea. Questo passa anche, o forse soprattutto, attraverso l'applicazione delle direttive comunitarie. Come tutti noi sappiamo, purtroppo, l'Italia ha registrato e registra gravi ritardi nell'attuazione del diritto comunitario e per questo, in sede europea, sono state avviate, a carico del nostro paese, numerose procedure di infrazione. Tuttavia si può affermare che sono stati realizzati importanti passi in avanti: per l'Italia il tasso di recepimento delle direttive è passato dall' 80 per cento del 1990 ad una percentuale che attualmente si aggira intorno al 97 per cento. La legge comunitaria 2006 contiene alcuni significativi elementi di novità. Senza scendere nel dettaglio ne menzionerò solo alcuni. In primo luogo, occorre sottolineare che con questa legge il termine di esercizio della delega è stato riportato a 12 mesi (dai 18 precedentemente previsti) che si riducono a sei nel caso in cui il termine sia già scaduto o sia in scadenza nei sei mesi successivi all'entrata in vigore della legge comunitaria che oggi voteremo.
Viene introdotta la procedura del doppio parere parlamentare a carico delle Commissioni nel caso in cui il Governo violi l'obbligo previsto dall'articolo 81, Pag. 119quarto comma, della Costituzione e quando il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari relativi a sanzioni penali.
Mediante questa legge comunitaria è riconosciuto un ruolo più forte al Parlamento, anche attraverso la reintroduzione dell'obbligo per il ministro per le politiche comunitarie di trasmettere alle Camere, mediante relazioni periodiche, aggiornamenti sullo stato di attuazione delle normative comunitarie e informative complete e tempestive sulle sentenze e sulle procedure di contenzioso riguardanti l'Italia, e una relazione trimestrale sui flussi finanziari con l'Unione Europea. Uno degli articoli più dibattuti della legge è stato l'articolo 12 indicante le norme minime relative alle procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato. Su questa materia la direttiva europea stabilisce un sistema di tutele e garanzie superiori a quelle offerte attualmente dalla legislazione italiana. Per questo motivo non era pensabile non accogliere e non dare risalto a tale direttiva che rafforza il sistema delle tutele e delle garanzie implicitamente rinvenibili non solo nell'articolo 10, ma nell'intero impianto della nostra Costituzione.
Un secondo articolo concerne la tematica relativa all'immigrazione; è l'articolo 11 disciplinante l'ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica. L'immigrazione non è una politica europea (fuori dalla competenza europea restano altre due importanti politiche: quella estera e quella energetica) ma è importante che l'Italia abbia recepito queste disposizioni e s'impegni a dare maggiore impulso, come ha sostenuto tempo fa il ministro Bonino in un suo intervento, ad un prosieguo non «dell'Europa delle patrie», ma «dell'Europa dei popoli». Per migliorare e potenziare il proprio ruolo propositivo, all'interno dell'Unione, per presentarsi come un interlocutore valido e credibile, l'Italia deve accelerare i tempi di attuazione delle direttive europee, mettendosi al riparo dalle procedure di infrazione. Con questo provvedimento si vuole dare un segnale ai nostri colleghi europei: l'Italia non vuole restare indietro e una più veloce attuazione delle direttive comunitarie renderà il nostro paese un interlocutore (ancora?) più credibile e affidabile. Lo sviluppo di un nuovo concetto di cittadinanza che sia comune ai cittadini dell'Unione, implica l'impegno a porre in atto e rispettare regole comuni e condivise. Molto ancora si può fare, ma il provvedimento in esame ha posto le basi per l'individuazione di una migliore strada da percorrere. Questo Governo ha compiuto un grande sforzo per migliorare la percentuale di recepimento delle direttive e per fare in modo che il Parlamento svolga un ruolo più importante nelle materie di pertinenza comunitaria in linea con la tendenza manifestatasi negli altri Stati membri a rafforzare il controllo delle Assemblee legislative sugli esecutivi. Per questi motivi il mio gruppo, la Rosa nel Pugno, voterà a favore della legge comunitaria del 2006.

LUCIO BARANI. Come leggiamo dalle agenzie stampa, per il centrodestra si tratta di uno stravolgimento della legge Bossi-Fini; per l'Unione di un atto di civiltà oltre che di un doveroso adeguamento alle norme europee. Sta di fatto che, approvando la legge comunitaria per l'anno in corso, la maggioranza alla Camera ha dato una prima spallata alle norme sull'immigrazione volute dalla Casa delle Libertà.
Durante l'esame della legge comunitaria, sono stati accolti due emendamenti del Governo al Senato che cambiano le regole in vigore sul diritto di asilo.
La questione è semplice: oggi per avere diritto al riconoscimento dello status di rifugiato bisogna provenire da una regione del mondo teatro di violenze e presente in un apposito elenco. Se la domanda viene respinta, si viene caricati sul primo aereo disponibile e rispediti nel paese di origine.
Con le modifiche le regole diventano più elastiche. L'asilo politico potrà essere richiesto da cittadini di qualsivoglia paese, e non solo da quelli provenienti dalle zone «calde».Pag. 120
Tra le righe dell'emendamento, c'è la possibilità di accordare lo status di rifugiato anche ai gay che provengono da paesi dove l'omosessualità è considerata un reato.
Inoltre, in caso di respingimento della pratica, gli immigrati potranno presentare ricorso, restando in Italia fino al termine della procedura.
Per dare il senso delle proposte presentate dalla legge comunitaria è bene dividere il problema sotto due aspetti: lo status di rifugiato, io userei il termine di «rifugiato politico» anche se non spiega tutte le motivazioni di rifugiato, e lo status di persona che si dichiara gay in paesi dove l'omosessualità è perseguita sotto vari aspetti, anche con la morte.
Dirò subito che a mio parere non si possano ricomprendere sotto una unica categoria di «rifugiati» coloro che vengono perseguitati per ragioni politiche e i gay.
Credo che il trattamento vada contraddistinto, per quanto riguarda il rifugiato «politico», e quindi che non possano venir meno i necessari controlli che la situazione internazionale richiede e che occorre conoscere bene da quali paesi i richiedenti provengano.
Ciò tanto più in una democrazia come quella italiana che ha alcune aree di confusione, specialmente quando un giudice paragona i terroristi a combattenti della resistenza.
Quindi la Bossi-Fini va certamente migliorata, ma non eliminata per quanto riguarda questa categoria.
Sul problema dei gay, perseguitati in paesi ad alto tasso di intolleranza sessuale, religiosa e sociale, il discorso si fa e deve essere diverso. E purtuttavia è proprio in quest'area etica che esistono le maggiori contraddizioni da parte di quei partiti principalmente massimalisti e radicali che la sostengono.
È indubbio che l'Europa e l'Italia sono aree di democrazia e diritti conquistati nella storia dell'occidente dopo un lungo percorso a partire dalla cultura greco-cristiana e con l'illuminismo e la rivoluzione francese dopo. È grazie a questa storia, che ha conosciuto comunque sacrifici e sangue, che oggi viviamo in un'area geopolitica privilegiata per quanto riguarda il fondamento etico del diritto.
Purtuttavia ci rendiamo conto che l' Europa è un gigante economico ma un nano politico, poiché non ha ancora risolto il problema della sua legge fondamentale, la costituzione, e anzi su questa esistono numerose polemiche nel definire quali debbano essere le proprie radici e abbiamo serie difficoltà a «dirci anche cristiani».
È con queste debolezze che noi ci accingiamo ad affrontare nuovi diritti che erano impensabili alcuni anni fa e pertanto li affrontiamo nella massima confusione e spesso senza un consenso popolare.
Esiste inoltre una continua contraddizione, attuata da una potente e demagogica sinistra massimalista nel nostro paese, che ha sempre elogiato e fatto auguri di buon compleanno a sanguinari regimi comunisti e che nelle piazze del nostro paese si è sempre scagliata contro gli Stati Uniti, patria delle democrazie, bruciando bandiere a «stelle e strisce» a favore di posizioni terzomondiste spesso terroristiche e fondamentaliste.
È quella stessa sinistra che, tanto per ricordarlo, sta inaugurando o vuole inaugurare, anche con finanziamenti pubblici, le moschee nel nostro paese.
Oggi questa sinistra viene a dirci che i gay, in quei paesi che essi difendono ad oltranza, compresa la loro esclusività religiosa nel nostro paese, sono in pericolo di vita e dunque, e giustamente, essi vanno accolti nell'area del diritto occidentale europeo.
È quella sinistra massimalista che non accetta il crocifisso nelle scuole per non urtare la sensibilità di coloro che, con la massima facilità, nei loro paesi, lapidano le donne che tradiscono, perseguitano altri credi religiosi e mettono in prigione coloro che manifestano tendenze omosessuali.
In questa sinistra coabita il massimo dell'intolleranza critica verso i valori liberali Pag. 121occidentali e il massimo della demagogia verso diritti civili dirompenti nelle loro esagerazioni.
Io sono tra coloro che ritengono che il riformismo liberale abbia commesso e stia commettendo troppi errori verso i nuovi diritti, che si stanno affacciando nella società, ivi compresi i diritti per i gay e le coppie di fatto. Credo che in quest'ambito le posizioni conservatrici e veteroreligiose siano dominanti ma che non corrispondano all'idea di un nuovo riformismo liberale di cui ha bisogno il paese.
Il risultato è quello di aver spostato dentro ad un'area massimalista categorie di cittadini e diritti che sono costretti a convivenze politiche innaturali, poiché si rendono sicuramente conto, nella loro intelligenza, del clima demagogico e della strumentalizzazione a cui sono sottoposti.
Mi auguro che anche la discussione in atto possa far riflettere sulla necessità di una svolta riformista della quale l'Italia ha bisogno. Per tutto questo il Nuovo PSI si asterrà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, ministro, colleghe e colleghi, visto che siamo alla terza lettura di questa legge, mi limiterò solamente alle modifiche fatte al Senato.
Praticamente, la legge comunitaria è stata modificata solo in tre parti. La prima riguarda l'articolo 10, che introduce disposizioni in materia di mercati degli strumenti finanziari.
Al comma 1, lettera c), che prima prevedeva che l'esercizio dei servizi e delle attività di investimento fosse riservato alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in società per azioni, viene aggiunta una terza categoria. Si tratta - limitatamente al servizio di consulenza in materia di investimenti - delle persone fisiche in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.
Mi sembra che non ci sia nulla da eccepire su questo, in quanto garantire che gli operatori e i consulenti finanziari siano messi sotto continuo e scrupoloso scrutinio da parte degli organi preposti dallo Stato, costituisca una garanzia in più per i cittadini consumatori.
Definire poi, alla lettera h) del medesimo comma 1, con più precisione gli obblighi di informazione riguardo il grado di rischiosità di ciascun tipo specifico di prodotto finanziario, è un atto ulteriore di maggiore tutela del consumatore che si avvale di consulenze finanziarie.
Dopo i vari crac che si sono verificati in questo paese, ma anche considerando le varie truffe finanziarie di cui sono state fatte vittime migliaia di italiani da parte di gente senza scrupoli, questi cambiamenti contribuiscono a dare ai cittadini una maggiore sicurezza nelle loro operazioni finanziarie.
La soppressione di cui all'articolo 27 è d'obbligo onde evitare sanzioni da parte europea. Infatti, nella realtà di oggi, la presenza delle autorità consolari cozzerebbe contro le procedure di appalto in vigore a livello europeo.
Altro cambiamento importante pervenutoci dal Senato è quello dell'articolo 12, comma 1, dove si definiscono alcuni dei «gravi motivi», per cui un cittadino straniero non deve essere rimandato indietro in un paese terzo, normalmente ritenuto «sicuro», ma non effettivamente sicuro per il cittadino particolare. Infatti, adesso il testo specifica che «tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano».
Adesso, alcuni colleghi del centro-destra stanno facendo una battaglia contro questo articolo che, in Senato, è stato votato anche dai senatori Storace di Alleanza Nazionale, Rotondi della Democrazia Cristiana e Buttiglione dell'UDC.
Ho l'impressione che alcuni colleghi del centro-destra vengano presi dalla psicosi del tema dell'orientamento sessuale e dei matrimoni non contratti tra un uomo e una donna, tematica che riappare con frequenza nei loro interventi in quest'aula.Pag. 122
L'onorevole Pini ha parlato in discussione di scardinamento della Bossi-Fini, di snaturamento delle leggi vigenti. L'onorevole Germontani di «inganno ben architettato per aggirare, attraverso la legge comunitaria, la Bossi-Fini». L'onorevole Zacchera è stato più esplicito, parlando di ridicolaggine nell'introdurre il concetto della protezione dei gay. L'onorevole Barani ha detto chiaramente che bisogna distinguere fra chi è un rifugiato politico e chi un rifugiato gay.
Colleghi, io vi chiedo: Ma perché questa psicosi? Sapete benissimo che nel programma dell'Unione non si parla di matrimoni fra persone dello stesso sesso. Si parla invece di una legge che regoli le unioni fra le coppie di fatto (e ve ne sono vari tipi di queste coppie) e, se l'abbiamo promessa, questa legge dobbiamo farla.
Ma, ritornando all'articolo 12 della legge comunitaria, ciò che si chiede qui è quello che chiedono tutte le società civili: che vengano tutelati i diritti e l'incolumità di chi rischia la vita per la propria diversità. Qui non si fa altro che ribadire ciò che è scritto nell'articolo II, comma 81, della Costituzione europea dove si specifica che è vietata qualsiasi forma di discriminazione, compresa quella fondata sul sesso o sull'orientamento sessuale.
Chiedo ai colleghi: voi vorreste consegnare una donna o un uomo a quei regimi incivili le cui leggi permettono la lapidazione delle adultere e la condanna a morte degli omosessuali? Spero proprio di no. Perché, in caso contrario, con un atteggiamento del genere si rischia veramente di fomentare l'odio per chi è diverso da noi. Per favore, non ripetiamo errori del passato. Avete visto con quale facilità e con quale automatismo si arriva ad accusare tunisini, albanesi, slavi, romeni, rom di omicidi odiosi e selvaggi? Per poi scoprire che gli assassini erano Olindo e Rosa, Omar e Erica e altre persone dal sangue italico al cento per cento!
Ebbene, questo accostamento automatico da parte della gente è anche il frutto di dichiarazioni becere fatte nel passato da politici, sullo stile di un Calderoli o di un Borghezio. Spero proprio che alcuni dei nostri colleghi non vogliano continuare adesso a persistere nel criminalizzare chi è diverso.
Ricordo che il motto dell'Unione europea, di cui questa legge comunitaria è espressione, è proprio «Uniti nella diversità». Detto questo, noi Verdi diamo il nostro voto favorevole a questa legge non solo perché farà risparmiare milioni di euro in multe al popolo italiano ma anche perché nella sua complessità contribuirà a migliorare la qualità di vita di tutti coloro che abitano in Italia. E, cosa di non poco conto, un'Italia che si adegua di più alle leggi europee, è un'Italia che dà maggiori garanzie agli oltre due milioni di connazionali che vivono in Europa per godere degli alti standard di stabilità, pace e democrazia che l'Unione europea ha rafforzato in questi cinquanta anni. Grazie.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi! Con la votazione finale del presente disegno di legge, recante «disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee» o legge comunitaria 2006, ciascuno di noi è chiamato a prendere parte, con attenzione e vivo senso di responsabilità, al momento principale della fase discendente del processo normativo comunitario.
La legge comunitaria ha sempre rappresentato un valido strumento volto a garantire l'attuazione nazionale della normativa comunitaria. Con il passare del tempo però fattori diversi, ma correlati tra loro, hanno portato alla riformulazione della struttura e dei contenuti della legge in questione, imprimendo, al tempo stesso, una forte accelerazione al processo di adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 nei diversi commi del nuovo articolo 117 si afferma l'importanza dei vincoli comunitari nella determinazione della legislazione e tra le materie di legislazione concorrente rientra al primo posto la possibilità di una disciplina diretta dei rapporti tra l'Unione europea e le regioni, nonché si fa riferimento Pag. 123all'importanza della partecipazione alla normativa comunitaria delle regioni, sia nella fase ascendente che discendente, nelle materie d'interesse regionale.
Il nuovo titolo V, influenzato dall'esperienza europea, introduce una dialettica più flessibile nei rapporti e tra i diversi livelli governativi, a seconda degli interessi da tutelare, in modo tale che lo Stato non giochi più costantemente quel ruolo di «diaframma» tra le relazioni interne e quelle comunitarie.
Gli avvenimenti testé citati hanno trovato riscontro nella legge n. 11 del 2005 che, abrogando la legge 9 marzo 1989 n. 86, meglio nota come legge «La Pergola», ha ampliato la legge comunitaria, introducendo importanti novità circa: la partecipazione dello Stato e delle regioni al processo normativo comunitario; le procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, nonché il ruolo che, in tale contesto, il Parlamento italiano è chiamato a svolgere, sulla base dei principi di sussidiarietà, proporzionalità ed adeguatezza.
Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello comunitario rappresenta infatti lo scopo fondamentale della legge comunitaria ed è garantito da una serie di misure appositamente elencate dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005, alcune delle quali innovano l'omonima disciplina presente nella legge «La Pergola».
È questo il caso delle disposizioni volte a dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea; di quelle recanti i principi fondamentali per l'attuazione da parte delle regioni e delle province autonome degli atti comunitari, nelle materie di propria competenza legislativa, in base all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione ed infine delle disposizioni che disciplinano l'esercizio di poteri sostitutivi statali, in caso d'inadempienza da parte delle regioni, oppure che conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali, qualora fossero riscontrate violazioni delle disposizioni comunitarie, recepite dalle regioni e dalle province autonome.
In sintesi, la citata riforma del 2005 ha fornito nuovi impulsi all'emanazione della legge comunitaria annuale, in modo tale che quest'ultima rappresenti lo snodo ed il filtro tra la normativa comunitaria e quella nazionale e regionale.
Tra le modifiche di maggior rilievo mi sembra opportuno segnalare, al capo I, la riduzione da 18 a 12 mesi del termine per l'adozione dei decreti delegati di attuazione delle direttive contenute negli allegati A e B e l'ulteriore riduzione a sei mesi per quelle in scadenza o già scadute, entrambi provvedimenti che testimoniano la volontà dell'attuale Governo d'imprimere una responsabile accelerazione al processo di adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, tenendo fede agli impegni assunti in ambito europeo.
Altra importantissima innovazione è l'obbligo generalizzato, in capo al Governo, previsto dal comma 4 dell'articolo 1, di predisporre una relazione tecnica per tutte quelle direttive, contenute negli allegati A e B, che comportano conseguenze finanziarie, diversamente da quanto previsto dalle precedenti leggi comunitarie, dove si faceva riferimento a sole direttive specifiche.
Quanto testé affermato, unito alla previsione del doppio parere parlamentare a carico delle Commissioni, sempre al comma 4 dell'articolo 1, nel caso in cui il Governo non si conformi all'obbligo di indicare, come previsto dall'articolo 81 della Costituzione, nell'ipotesi d'introduzione di nuove spese, il modo in cui farvi fronte, rappresenta il riconoscimento del ruolo fondamentale che il Parlamento è chiamato a ricoprire in uno Stato democratico-rappresentativo, che voglia effettivamente essere tale.
A tal proposito occorre sottolineare l'importanza di un'altra disposizione sancita dalla legge comunitaria 2006, ossia l'aumento delle direttive per cui sussiste l'obbligo del parere parlamentare; ora, pur non avendo un potere vincolante dal punto di vista giuridico, ha sicuramente un forte peso politico ed in ogni caso la sua stessa previsione permette al Parlamento: di controllare l'attività del Governo; di esercitare Pag. 124una funzione più attiva a pregnante nel processo normativo comunitario e di colmare quel deficit di democraticità di cui tanto si parla.
Fondamentale è il comma 7 dell'articolo 1 che, rinviando a quanto disposto dalla legge n. 11 del 2005, prevede un intervento suppletivo, anticipato e cedevole da parte dello Stato in caso di inadempienza delle regioni nell'attuazione delle direttive, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.
Quanto disposto in realtà non compromette affatto il nuovo e sempre più attivo ruolo riconosciuto alle regioni nei rapporti con lo Stato nazionale e con l'Unione europea, ma trova la sua più acuta giustificazione nella necessità di garantire l'effettiva attuazione delle politiche comunitarie e di colmare eventuali lacune in proposito, entrambi compiti che spettano in via primaria allo Stato.
Per quanto concerne le modifiche apportate al disegno di legge in questione, durante l'esame al Senato, mi soffermo in particolare sull'articolo 10 che conferisce una delega legislativa al Governo per l'attuazione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, stabilendo principi e criteri direttivi specifici.
Nel corso dell'esame presso il Senato, il principio previsto al comma 1, capoverso 1, lettera c), relativo alla previsione della riserva dell'esercizio dei servizi e delle attività di investimento nei confronti del pubblico, a titolo professionale, alle banche e ai soggetti abilitati costituiti in forma di società per azioni, è stato integrato con la previsione secondo cui il servizio di consulenza in materia di investimenti - che secondo la direttiva rientra nel novero delle attività soggette a riserva - potrà essere svolto, oltre che dai soggetti sopra citati, anche dalle persone fisiche in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, nonché dei requisiti patrimoniali, stabiliti con regolamento adottato dal ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB. Alla lettera h) del medesimo capoverso 1, si è poi riformulato un altro importante aspetto, riguardante la possibilità riconosciuta alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, di disciplinare con regolamento alcune materie relative alla condotta dei soggetti abilitati. In particolare si è fatto riferimento agli obblighi d'informazione nei riguardi dei clienti, precisando che essi saranno determinati con particolare riferimento al grado di rischiosità di ciascun tipo specifico di prodotto finanziario, nonché delle gestioni individuali di portafogli.
Questa importante precisazione ha avuto l'importante merito di distinguere e quantificare la portata dei rischi su cui grava l'obbligo d'informazione al cliente, mentre il testo approvato dalla Camera faceva riferimento, solo in maniera generica, alla rischiosità dei prodotti finanziari.
Concludo il mio intervento nella seduta odierna, rinnovando il voto favorevole dei Popolari-Udeur al disegno di legge comunitaria 2006.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1042-B - articolo 1 439 438 1 220 253 185 58 Appr.
2 Nom. em. 10.1 476 475 1 238 214 261 55 Resp.
3 Nom. em. 10.2 478 477 1 239 217 260 55 Resp.
4 Nom. em. 10.3 468 468 235 214 254 55 Resp.
5 Nom. em. 10.4 462 460 2 231 211 249 55 Resp.
6 Nom. em. 10.5 468 465 3 233 209 256 55 Resp.
7 Nom. em. 10.6 464 464 233 208 256 55 Resp.
8 Nom. em. 10.7 474 474 238 214 260 55 Resp.
9 Nom. em. 10.8 471 469 2 235 212 257 55 Resp.
10 Nom. em. 10.9 476 474 2 238 219 255 55 Resp.
11 Nom. em. 10.10 467 467 234 211 256 55 Resp.
12 Nom. em. 10.11 477 477 239 217 260 55 Resp.
13 Nom. em. 10.12 471 469 2 235 218 251 55 Resp.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 10.13 474 474 238 218 256 55 Resp.
15 Nom. em. 10.15 485 485 243 225 260 55 Resp.
16 Nom. em. 10.17 474 473 1 237 217 256 55 Resp.
17 Nom. articolo 10 486 484 2 243 262 222 55 Appr.
18 Nom. em. 12.1 478 477 1 239 217 260 55 Resp.
19 Nom. em. 12.3 471 471 236 216 255 55 Resp.
20 Nom. em. 12.4 478 478 240 218 260 55 Resp.
21 Nom. em. 12.5 476 475 1 238 213 262 55 Resp.
22 Nom. em. 12.6 484 484 243 225 259 55 Resp.
23 Nom. em. 12.7 474 474 238 223 251 55 Resp.
24 Nom. em. 12.8 461 461 231 213 248 55 Resp.
25 Nom. em. 12.17 480 479 1 240 220 259 55 Resp.
26 Nom. em. 12.9 490 489 1 245 229 260 55 Resp.
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 37
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 12.10 459 459 230 216 243 55 Resp.
28 Nom. em. 12.11 481 480 1 241 222 258 55 Resp.
29 Nom. em. 12.12 480 479 1 240 219 260 55 Resp.
30 Nom. em. 12.13 477 477 239 223 254 55 Resp.
31 Nom. em. 12.14 476 476 239 222 254 55 Resp.
32 Nom. em. 12.15 475 475 238 220 255 55 Resp.
33 Nom. em. 12.16 481 480 1 241 220 260 55 Resp.
34 Nom. articolo 12 480 478 2 240 269 209 55 Appr.
35 Nom. articolo 27 489 488 1 245 271 217 55 Appr.
36 Nom. articolo 28 477 476 1 239 258 218 55 Appr.
37 Nom. ddl 1042-B - voto finale 486 298 188 150 265 33 55 Appr.